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Museo-grafare le culture locali - Antrocom, Online Journal of ...

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<strong>Antrocom</strong> <strong>Online</strong> <strong>Journal</strong> <strong>of</strong> Anthropology 2011, vol. 7. suppl. al n. 1 M. A. Bertolino - <strong>Museo</strong><strong>grafare</strong><br />

Abstract<br />

Antropologia cultura<strong>le</strong> 17-25<br />

<strong>Museo</strong>-<strong>grafare</strong> <strong>le</strong> <strong>culture</strong> <strong>locali</strong><br />

Un caso di studio: la sezione del <strong>le</strong>gno del museo etnografico di Pinerolo<br />

Maria Anna Bertolino *<br />

L’interesse per la tematica musea<strong>le</strong> ha da sempre accompagnato lo sviluppo del<strong>le</strong> discipline demoetnoantropologiche. Oggi,<br />

con i cambiamenti che ta<strong>le</strong> istituzione sta affrontando, si aprono nuovi stimolanti campi d’indagine antropologica,<br />

etnografica e sociologica, in particolar modo per quanto riguarda i “musei etnografici” (anche denominati “di Arti e<br />

Tradizioni popolari” o “della Civiltà contadina”). Il lavoro condotto all’interno del <strong>Museo</strong> di Arti e Tradizioni popolari<br />

della città di Pinerolo (Torino) ha voluto quindi essere un esempio pratico di museologia applicata ai beni<br />

demoetnoantropologici.<br />

Paro<strong>le</strong> chiave: antropologia cultura<strong>le</strong>, patrimonio demoetnoantropologico, musei etnografici,<br />

catalogazione, museologia.<br />

1. Introduzione<br />

Il patrimonio cultura<strong>le</strong> materia<strong>le</strong> e immateria<strong>le</strong> fa parte della cultura nel senso antropologico del termine<br />

in quanto questa espressione si riferisce a due tipologie di bene: la prima, composta dai beni mobili o<br />

immobili, comprende i prodotti materiali del<strong>le</strong> attività dell’uomo in società costruiti secondo <strong>le</strong><br />

conoscenze, i saper fare e <strong>le</strong> tecniche in vigore; la seconda ingloba invece <strong>le</strong> espressioni intangibili che<br />

caratterizzano la vita ritua<strong>le</strong>, socia<strong>le</strong> e pr<strong>of</strong>essiona<strong>le</strong> del<strong>le</strong> società come i canti, <strong>le</strong> danze, <strong>le</strong> feste e <strong>le</strong><br />

lingue.<br />

L’antropologia ha dunque come oggetto di studio ta<strong>le</strong> patrimonialistica, che può appartenere a <strong>culture</strong><br />

non europee o fare parte della tradizione rura<strong>le</strong> della società occidenta<strong>le</strong>. L’interesse nei confronti di<br />

quest’ultima ha dominato la tradizione italiana di studi antropologici, specialmente in risposta a quei<br />

fenomeni sociali <strong>le</strong>gati alla rivitalizzazione, rifunzionalizzazione e musealizzazione dei suoi prodotti.<br />

In questo caso, si è proceduto studiando la cultura del<strong>le</strong> classi popolari, caratterizzata da una forte<br />

componente ora<strong>le</strong> e storicamente determinata da una struttura socia<strong>le</strong> con un’accentuata disparità<br />

interna di cultura, ovvero da dislivelli e da divergenze economiche, politiche e culturali per cui tali<br />

forme d’espressione sono state etichettate come “folklore” o “tradizione popolare” (Cirese 1977).<br />

Tuttavia, se l’interesse del mondo accademico per i beni demoetnoantropologici 1 è stato rapido, così<br />

non si può dire del loro riconoscimento a livello stata<strong>le</strong>, avvenuto solo nel 1998 in seguito alla<br />

ristrutturazione del Ministero per i Beni e <strong>le</strong> Attività Culturali (D.L.gs 20 ottobre 1998, n.368) e con la<br />

creazione della Soprintendenza per il patrimonio antropologico che trova rappresentazione nel <strong>Museo</strong><br />

* dottoranda in Scienze Psicologiche, Antropologiche e dell’Educazione presso la Scuola di Dottorato in Scienze Umane e<br />

Sociali dell’Università degli Studi di Torino (XXVI ciclo) con un progetto di ricerca riguardante la tutela, la<br />

valorizzazione e il consumo del<strong>le</strong> tradizioni nell’arco alpino occidenta<strong>le</strong>. Collabora con il Centro Arti e Tradizioni<br />

popolari del Pinero<strong>le</strong>se dal 2009. mariaanna.bertolino@unito.it<br />

1 Conosciuti nell’acronimo beni DEA.<br />

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Naziona<strong>le</strong> del<strong>le</strong> Arti e Tradizioni Popolari e nel <strong>Museo</strong> Naziona<strong>le</strong> Preistorico Etnografico “Luigi<br />

Pigorini”, entrambi siti in Roma.<br />

Oggigiorno un impegno importante deriva dal<strong>le</strong> Regioni, che hanno favorito l’emergere di Centri di<br />

documentazione e collaborano con <strong>le</strong> Università.<br />

I due aspetti <strong>le</strong>gati alla patrimonializzazione della cultura del<strong>le</strong> classi popolari sono la nascita di musei<br />

<strong>locali</strong>, luoghi per eccel<strong>le</strong>nza della conservazione e dell’esposizione della cultura materia<strong>le</strong>, e la rinascita<br />

di un apparato festivo, religioso e non, anche in risposta ad una crescente domanda di turismo cultura<strong>le</strong>.<br />

Nel primo caso ci troviamo di fronte ad una museografia che è stata qualificata come “spontanea”<br />

(Bravo & Tucci 2006, 60- 67) in quanto è stata sovente <strong>le</strong>gata al<strong>le</strong> attività di gruppi e di comunità<br />

animati da un “desiderio del ritorno” (C<strong>le</strong>mente & Rossi 1999, 20) e impegnati in un'etnografia di<br />

recupero che hanno originato musei fortemente ancorati ad un territorio.<br />

Negli ultimi anni si è assistito al sorgere di numerose realtà museali <strong>locali</strong> con lo sviluppo di alcune<br />

tipologie particolari quali i musei etnografici e gli ecomusei, che svolgono un ruolo primario nel mettere<br />

in risalto il significato antropologico che una comunità attribuisce alla patrimonializzazione del<strong>le</strong><br />

proprie espressioni materiali e immateriali e alla propria rappresentazione e musealizzazione 2 . Questo<br />

campo è particolarmente propizio per l'antropologia, in quanto permette di analizzare il museo qua<strong>le</strong><br />

organizzatore di cultura radicato nella società civi<strong>le</strong> dal punto di vista della sua “cultura implicita”<br />

(Cirese 1977).<br />

L'antropologia musea<strong>le</strong> nasce in Italia come specializzazione del discorso antropologico e dalla<br />

necessità di aprire uno spazio di dibattito e di rif<strong>le</strong>ssione sul museo etnografico qua<strong>le</strong> fenomeno nella<br />

sua comp<strong>le</strong>ssità storica e cultura<strong>le</strong>, interrogandosi sulla natura sostanzia<strong>le</strong> dell'impresa musea<strong>le</strong>, della<br />

demo-etnoantropologia qua<strong>le</strong> dimensione disciplinare capace di esprimersi in forma musea<strong>le</strong> e del<br />

museo di antropologia qua<strong>le</strong> luogo di espressione, in termini didattici e dell'azione socio-cultura<strong>le</strong>, del<strong>le</strong><br />

categorie degli sguardi dell'antropologia (Turci 1999). La <strong>le</strong>gittimità dell'apertura nella comunità degli<br />

antropologi al museo è stata sancita, come nota Mariotti, dal costituirsi della sezione di Antropologia<br />

Musea<strong>le</strong> in seno all’Associazione Italiana per <strong>le</strong> Scienze Etnoantropologiche (A.I.S.E.A.), mentre un<br />

contributo molto importante alla promozione e allo sviluppo di pr<strong>of</strong>essionalità <strong>le</strong>gate alla museografia<br />

antropologica deriva dalla Società Italiana per la <strong>Museo</strong>logia e i Beni Demoetnoantropologici<br />

(SIMBDEA).<br />

2. Il museo etnografico di Pinerolo: un caso di studio<br />

2.1 Il luogo e la <strong>locali</strong>zzazione<br />

Il <strong>Museo</strong> etnografico di Pinerolo (TO) è situato nel<strong>le</strong> cantine di Palazzo Vittone, edificio settecentesco<br />

che sorge nel centro della città, ed è nato nel 1980 per vo<strong>le</strong>re del Centro Arti e Tradizioni Popolari del<br />

Pinero<strong>le</strong>se, un’associazione che dal 1967 si propone di studiare, recuperare e conservare <strong>le</strong><br />

testimonianze della società e della cultura contadina sia della pianura pinero<strong>le</strong>se sia del<strong>le</strong> Valli che la<br />

circondano.<br />

Attualmente la col<strong>le</strong>zione copre uno spazio di 500 mq e <strong>of</strong>fre una ricca documentazione della cultura<br />

materia<strong>le</strong> e del<strong>le</strong> tradizioni popolari, dei costumi, degli ambienti e dei lavori tradizionali. Di particolare<br />

interesse è la Sezione del Legno, che occupa tre del<strong>le</strong> dodici sa<strong>le</strong> di cui si compone il museo.<br />

La città di Pinerolo conta 35.143 abitanti. Situata ai piedi del<strong>le</strong> Alpi Cozie, è stata da sempre considerata<br />

luogo strategico di col<strong>le</strong>gamento tra montagna e pianura, nonché centro redistributivo per quanto<br />

riguarda <strong>le</strong> attività economiche che hanno <strong>le</strong>gato <strong>le</strong> due zone, quali gli importanti commerci <strong>le</strong>gati al<strong>le</strong><br />

principali attività manifatturiera, cartacea, tessi<strong>le</strong> e laniera.<br />

Il ridimensionamento del<strong>le</strong> fabbriche a metà del Novecento è stato controbilanciato dalla crescita<br />

dell'<strong>of</strong>ferta di servizi, in particolar modo nel settore turistico e cultura<strong>le</strong>.<br />

2 Secondo i dati del MiBAC pubblicati nel 2009 nella terza edizione de Il patrimonio musea<strong>le</strong> antropologico si contano ben 1300<br />

realtà museali sul territorio italiano.<br />

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Il <strong>Museo</strong> Etnografico di Pinerolo: la sezione del Legno.<br />

La regione alpina è formata da tre Valli (Chisone, Pellice e Germanasca), caratterizzate per secoli da<br />

un'economia di sussistenza quasi esclusivamente fondata sul<strong>le</strong> attività agro-silvo-pastorali, che hanno a<br />

loro volta plasmato il territorio e il paesaggio. Le tre Valli, assieme alla Val<strong>le</strong> di Susa, sono l'estrema<br />

propaggine occidenta<strong>le</strong> della regione europea dell'Occitania, che prende il nome dalla lingua d'Oc, di<br />

famiglia franco-provenza<strong>le</strong>, e si estende dalla Catalogna spagnola al Piemonte italiano passando per la<br />

Provenza francese.<br />

La stretta convivenza di tradizioni e <strong>culture</strong> differenti ha dato origine ad un plurilinguismo che vede la<br />

coesistenza di quattro diversi codici linguistici: italiano, francese, piemontese e patois. Inoltre, sia la Val<strong>le</strong><br />

Pellice sia la Val<strong>le</strong> Germanasca sono note come Valli Valdesi: la loro storia è intrecciata con <strong>le</strong> vicende<br />

dell'omonimo movimento religioso medieva<strong>le</strong> (divenuto chiesa protestante con l'adesione alla Riforma<br />

nel XVI secolo) che, per fuggire al<strong>le</strong> persecuzioni, si rifugiò in tali vallate, ricevendo tuttavia la libertà di<br />

culto il 17 febbraio 1848 grazie al<strong>le</strong> Lettere Patenti concesse da Carlo Alberto di Savoia.<br />

Il <strong>Museo</strong> Etnografico di Pinerolo: la sezione del Legno.<br />

2.2 La metodologia della ricerca<br />

La metodologia della ricerca è stata caratterizzata dalla circolarità: la possibilità di entrare nel museo<br />

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etnografico ha portato ad analizzarne il contenuto e la forma. Ad una prima analisi teorica della figura<br />

dell'antropologo nel museo è seguita la sperimentazione sul campo del<strong>le</strong> competenze pratiche e la<br />

creazione di una cassetta degli attrezzi che racchiude e unisce un linguaggio proveniente dalla<br />

museologia con quello proprio dell'antropologia.<br />

Si è notato che, come ancora spesso avviene in molti al<strong>le</strong>stimenti, si trova di fronte un contenitore<br />

vuoto, riempito di soli oggetti che non riescono a trasformarsi in testimonianze.<br />

Si è reso necessario uscire dal<strong>le</strong> mura del museo per indagare il territorio dal qua<strong>le</strong> provengono gli<br />

oggetti esposti, per poi rientrarvi con un bagaglio di conoscenze da spendere in particolar modo<br />

riguardo alla comunicazione dell'istituzione.<br />

La scelta dei soggetti coinvolti è ricaduta su tre attori: i portatori di cultura, <strong>le</strong> cui esistenze dovrebbero<br />

essere rappresentate e per i quali si avverte il bisogno di un coinvolgimento nell'impresa musea<strong>le</strong>, i<br />

promotori di cultura, coloro i quali hanno dato vita alla realtà musea<strong>le</strong> ed il pubblico musea<strong>le</strong>.<br />

Lo studio di caso ha quindi posto attenzione al<strong>le</strong> questioni riguardanti la conservazione, la tutela e<br />

l’esposizione degli oggetti, la comunicazione del museo e i servizi <strong>of</strong>ferti.<br />

2.3 La catalogazione: un esempio di conservazione<br />

Nella prima fase della ricerca ho avanzato una catalogazione degli oggetti più significativi della sezione<br />

del <strong>le</strong>gno.<br />

Secondo il Ministero per i Beni e <strong>le</strong> Attività Culturali, la catalogazione “costituisce lo strumento conoscitivo per<br />

il corretto ed efficace esp<strong>le</strong>tamento del<strong>le</strong> funzioni <strong>le</strong>gate alla gestione del territorio ai fini del conseguimento di reali obiettivi<br />

di tutela ed è lo strumento essenzia<strong>le</strong> di supporto per la gestione e la valorizzazione del patrimonio immobi<strong>le</strong> e mobi<strong>le</strong> nel<br />

territorio e nel museo, nonché per la promozione e la realizzazione del<strong>le</strong> attività di carattere didattico, divulgativo e di<br />

ricerca” 3 . Negli anni l'Istituto centra<strong>le</strong> per il catalogo e la documentazione (ente preposto alla<br />

catalogazione del patrimonio cultura<strong>le</strong> e operativo dal 1968) ha messo a punto diverse schede per la<br />

catalogazione dei beni demoetnoantropologici 4 . La catalogazione del patrimonio cultura<strong>le</strong><br />

etnoantropologico, in virtù del forte <strong>le</strong>game con il territorio di appartenenza, si è esplicitata anche in<br />

azioni a livello regiona<strong>le</strong>, con una forte collaborazione tra Assessorati alla Cultura, Centri di<br />

Documentazione del<strong>le</strong> Regioni e Università, che hanno portato negli anni alla strutturazione di schede,<br />

riconoscendo la necessità di una tutela comune di tali beni ma anche una certa indipendenza d'azione a<br />

seconda del<strong>le</strong> specificità territoriali.<br />

Considerando l'articolazione dei beni DEA lungo i due assi dicotomici dei beni in museo e in archivio/<br />

beni sul territorio e beni materiali/beni immateriali (Bravo & Cafuri 2004, 91), la col<strong>le</strong>zione musea<strong>le</strong><br />

presa ad esame si inserisce nel<strong>le</strong> prime due categorie, trattandosi di beni materiali già oggetto di un<br />

prelievo e di una se<strong>le</strong>zione avvenuta sul territorio e conservati in un'istituzione qua<strong>le</strong> il museo.<br />

Il lavoro condotto ha portato alla raccolta di dati nei documenti già esistenti, come gli inventari del<br />

museo, ma anche alla ricerca sul terreno per mettere in evidenza la memoria storica di quanti hanno<br />

usato e poi conservato e col<strong>le</strong>zionato tali oggetti.<br />

Per questo si è utilizzata la scheda-oggetto per i musei in rete creata all’interno del CNR nell'ambito del<br />

progetto finalizzato “Beni Culturali” (Bravo 1999, 94) che si caratterizza per l'elaborazione di campi<br />

utili alla schedatura del materia<strong>le</strong> etnografico, qua<strong>le</strong> il thesaurus di paro<strong>le</strong> chiave etnoantropologiche, e si<br />

compone di contributi multimediali, fotografici, sonori e in video per una futura immissione on-line. A<br />

seguito della catalogazione si è notato che la maggior parte degli oggetti di cui si compone la col<strong>le</strong>zione<br />

riguarda gli strumenti per la lavorazione del <strong>le</strong>gno, mentre un numero minore mostra i motivi<br />

tradizionali dell'intarsio e dell'intaglio dell'artigianato ligneo. Si sono così prospettati sin dall'inizio due<br />

campi di indagine: la figura dell'artigiano fa<strong>le</strong>gname e l’arte popolare <strong>le</strong>gata all'iconografia<br />

3 Art. 2 dell’Accordo tra il Ministero per i Beni e <strong>le</strong> Attività culturali e <strong>le</strong> Regioni per la catalogazione dei beni culturali e ambientali siglato<br />

nel 2001 con l'intento di unificare <strong>le</strong> metodologie di catalogazione.<br />

4 Tra queste occorre ricordare <strong>le</strong> più recenti schede BDM e BDI, rispettivamente per i beni demoetnoantroologici<br />

materiali e per quelli immateriali.<br />

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dell'artigianato ligneo tradiziona<strong>le</strong>.<br />

2.4 Dal museo al territorio: l’indagine sul terreno<br />

Il lavoro di catalogazione mi ha portato a svolgere una ricerca sul terreno per ricostruire la storia degli<br />

oggetti, indagando <strong>le</strong> trasformazioni di significato che nel tempo li hanno investiti e la storia socia<strong>le</strong> e<br />

cultura<strong>le</strong> del territorio mediante il ricorso al<strong>le</strong> biografie dei portatori di cultura, in questo caso gli<br />

artigiani del <strong>le</strong>gno.<br />

Grazie alla loro memoria e tramite interviste libere basate su una griglia messa a punto per l'artigianato<br />

del <strong>le</strong>gno 5 , si è ricostruito il contesto storico di produzione, uso e consumo dei prodotti lignei, nonché i<br />

rapporti sociali ed economici all'interno della comunità prima e dopo l'industrializzazione del<strong>le</strong> valli<br />

negli anni '50 del secolo scorso.<br />

Parlando inoltre di artigianato del <strong>le</strong>gno, ho appr<strong>of</strong>ondito la tematica dell'arte popolare, indagando gli<br />

aspetti simbolici e il linguaggio dell'iconografia dell'artigianato alpino, <strong>le</strong> situazioni storiche in cui si<br />

sono prodotti e consumati tali manufatti e il prob<strong>le</strong>ma dell'elaborazione e trasmissione del<strong>le</strong> concezioni,<br />

del<strong>le</strong> tecniche e degli stili.<br />

La possibilità di fare entrare questo tipo di fonte nel quadro del museo permette di conferire una<br />

<strong>le</strong>gittimità al discorso museografico, di storicizzare gli artefatti e <strong>le</strong> espressioni culturali e di volgersi alla<br />

pr<strong>of</strong>ondità diacronica del vissuto in vista di una comunicazione tra passato e presente che renda quindi<br />

tangibi<strong>le</strong> la memoria nella ricostruzione di micro-storie.<br />

L'indagine riguardante il fenomeno iconografico dell'artigianato ligneo ha preso in considerazione il<br />

territorio del<strong>le</strong> Valli pinero<strong>le</strong>si ed è stata condotta presso il Centro di documentazione del mobi<strong>le</strong> e della<br />

cultura valligiana di Pinasca (TO), che raccoglie numerosi oggetti provenienti dal<strong>le</strong> diverse <strong>locali</strong>tà<br />

alpine, la cui datazione è compresa tra il XV e il XX secolo.<br />

Il territorio della Val<strong>le</strong> Chisone, in particolare, è stato per secoli importante crocevia tra il confine<br />

italiano e quello francese, originando così una commistione di stili e motivi non riconducibili ad una<br />

tipicità esclusiva. Questo, tuttavia, non significa che non si possa rinvenire in numerosi oggetti della vita<br />

quotidiana un'esigenza decorativa che si esprime in motivi ben definiti e ricorrenti, suddivisi inoltre per<br />

area geografica: <strong>le</strong> contaminazioni dell'artigianato aristocratico sensibi<strong>le</strong> al<strong>le</strong> influenze cittadine per la<br />

Bassa Val<strong>le</strong>, la linearità per la Media Val<strong>le</strong> e l'intaglio per l'Alta Val<strong>le</strong>. L'artigianato del <strong>le</strong>gno, che per<br />

secoli ha prodotto una grande varietà di utensili con i quali si sono perpetuati gesti e pratiche, si esprime<br />

attraverso un linguaggio simbolico, religioso e pr<strong>of</strong>ano che si materializza in molteplici e originari<br />

motivi ornamentali che coprono l'intero arco del<strong>le</strong> Alpi Occidentali. In esso alcune tipologie sono bene<br />

<strong>locali</strong>zzate mentre altre sembrano essere trasportate e utilizzate anche molto lontano dal loro luogo di<br />

origine, rispondendo ad una tradizione del commercio e degli scambi interalpini.<br />

I decori che maggiormente ricorrono nell'artigianato del<strong>le</strong> Alpi Occidentali sono il rosace (la stella a<br />

quattro o sei raggi) e la torsade (la spira<strong>le</strong>).<br />

Si riscontra poi una predominanza del geometrico e del lineare che permette una relativa facilità di<br />

esecuzione e di riproduzione. La decorazione anima<strong>le</strong> è scarsa, con preminenza di uccelli, galli e pesci<br />

per l'Alta Val<strong>le</strong> e di animali domestici per la Bassa Val<strong>le</strong>, mentre la flora è sovente rappresentata nella<br />

forma stilizzata. L'intaglio del decoro, a rilievo o a incavo rispetto alla superficie, può avvenire per punta<br />

di coltello, in particolar modo per la scultura decorativa tradiziona<strong>le</strong> degli oggetti di casa (cassapanche,<br />

c<strong>of</strong>anetti, ecc.) o con attrezzi quali sgorbie e bulini per la decorazione di stampi, marche o tavo<strong>le</strong>tte.<br />

5 La griglia per l'intervista audio ha previsto lo sviluppo di tre gruppi tematici che tengono in considerazione l'artigianato<br />

ligneo come attività produttiva che si inserisce in maniera organica nel contesto della vita familiare e comunitaria del<strong>le</strong><br />

genti del<strong>le</strong> Valli.<br />

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Dal<strong>le</strong> testimonianze raccolte è emersa in maniera ri<strong>le</strong>vante una forte tensione avvertita tra l'attenersi alla<br />

tradizione e il dare libero sfogo alla creatività: quella che è stata chiamata una “rusticità inventata” deve<br />

rifarsi ad un passato più o meno <strong>le</strong>gittimato e ad un uso più o meno codificato dei simboli. Sono quindi<br />

pervenuti oggetti creati attraverso un uso invettivo della materia da parte non solo dell'artigiano ma di<br />

chiunque, all'interno della comunità, si cimentasse un tempo nella lavorazione del <strong>le</strong>gno. In tal modo,<br />

pur essendo andata persa larga parte della conoscenza sul significato simbolico che accompagna tali<br />

decori, è venuta a crearsi un'idea di tradizione che tutt'oggi conduce l'artigiano a rivolgersi al passato per<br />

trovare una continuità che dia pregio al proprio prodotto.<br />

Griglia per l'intervista<br />

1. Tecniche ed oggetti<br />

1.1 Esame dell'utensi<strong>le</strong>: <strong>le</strong> parti componenti.<br />

1.2 Modi di fabbricazione o acquisizione.<br />

1.3 Materiali, usura, riparazione, scarto, riciclaggi.<br />

1.4 Utilizzo nella lavorazione del <strong>le</strong>gno.<br />

2. Rapporti di lavoro, reddito, impresa<br />

2.1 Legno: vendita e denaro liquido.<br />

2.3 La divisione del lavoro e <strong>le</strong> generazioni; lavoro salariato e servi<strong>le</strong>; l'entrata in<br />

bottega: i garzoni.<br />

2.4 Forme di cooperazione e concorrenza tra artigiani nella comunità;<br />

imprenditorialità dei piccoli artigiani.<br />

2.5 I rapporti di mercato: venditori e acquirenti.<br />

2.6 Produzione e consumo di autosussistenza e scambi in natura.<br />

3. Lavoro e vita contadina<br />

3.1 Ciclo del <strong>le</strong>gno: abbattimento e lavoro.<br />

3.2 Proprietà privata e proprietà comunitaria del<strong>le</strong> terre: la gestione dei boschi.<br />

3.3 Tipi di <strong>le</strong>gno.<br />

3.4 Scadenze, tecniche produttive e andamento climatico nei saperi tradizionali<br />

Griglia per l'intervista audio<br />

Nella foto a sinistra una Marca per il burro con motivo decorativo; nella foto a destra una scatola decorata con motivi floreali e “rosace”.<br />

2.5 La comunicazione musea<strong>le</strong><br />

Una volta ricostruiti i contesti e <strong>le</strong> storie di vita, si è rientrati nel museo per appr<strong>of</strong>ondire l'aspetto della<br />

comunicazione musea<strong>le</strong>. Lo studio di questa dimensione si fa sempre più strada nell'antropologia<br />

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musea<strong>le</strong> ed è stato definito come “un'antropologia dell'uomo nel museo e che fa musei” (Kezich 1994) in<br />

quanto si compone di una triade che vede coinvolti l'antropologo-museografo, i promotori di cultura e<br />

il pubblico.<br />

L'indagine è stata condotta attraverso la compilazione del questionario per il censimento dei musei<br />

demoetnoantropologici piemontesi 6 , tramite un paio di interviste orali agli operatori museali e<br />

attraverso un questionario creato ad hoc, sottoposto al pubblico del museo durante l’ultimo trimestre<br />

del 2009.<br />

Grazie a questi strumenti ho analizzato come si articola il rapporto tra museo e territorio ed ho<br />

osservato il carattere dei suoi promotori, <strong>le</strong> concezioni, i punti di vista, gli ideali e i pregiudizi che ne<br />

hanno accompagnato gli intenti (ovvero quella cultura implicita che ha guidato i criteri di se<strong>le</strong>zione degli<br />

oggetti), vedendo nel museo una costruzione cultura<strong>le</strong> che si inserisce nella dinamica territoria<strong>le</strong> e che<br />

deve essere contestualizzata storicamente. Nell'attività passata di questi promotori si <strong>le</strong>gge una forte<br />

spinta ecologista, manifesta nella revisione critica degli anni della meccanizzazione e nella necessità di<br />

recuperare una “civiltà al tramonto” 7 mentre attualmente si focalizza l'attenzione sulla finalità educativa<br />

e informativa del museo, che non ripiega in una visione nostalgica ma si volge verso la concezione del<br />

museo qua<strong>le</strong> operazione cultura<strong>le</strong> e centro di formazione, con un forte impegno per <strong>le</strong> generazioni più<br />

giovani.<br />

Il punto di vista degli organizzatori è stato poi confrontato con <strong>le</strong> valutazioni del pubblico musea<strong>le</strong><br />

relative alla fruizione dell'istituzione. Si sono così avanzate alcune proposte per il futuro: tra queste si<br />

nota la necessità di un nuovo al<strong>le</strong>stimento che utilizzi <strong>le</strong> possibilità <strong>of</strong>ferte dai mezzi multimediali e<br />

informatici in vista di un'esperienza multisensoria<strong>le</strong> che permetta di superare la percezione del museo<br />

qua<strong>le</strong> luogo immobi<strong>le</strong> in vista di una sua apertura struttura<strong>le</strong> e <strong>of</strong>fra la possibilità al visitatore di<br />

concorrere a plasmare l'istituzione stessa attraverso la propria esperienza di vita.<br />

3. Conclusioni<br />

L'antropologo che vuo<strong>le</strong> dedicarsi alla ricostruzione del<strong>le</strong> <strong>culture</strong> <strong>locali</strong> si trova da qualche decennio a<br />

questa parte di fronte al nascere di numerose realtà museali, più o meno istituzionalizzate, con <strong>le</strong> quali<br />

inevitabilmente deve confrontarsi.<br />

Analizzando la situazione contemporanea, si constata che l’antropologia cultura<strong>le</strong> è occupata<br />

nell’applicazione dei suoi diversi campi di competenza all’impresa di conservazione e comunicazione<br />

propria del museo etnografico.<br />

L’etnografia, d’altronde, si presenta oggigiorno come una tecnica centra<strong>le</strong> della rif<strong>le</strong>ssione antropologica<br />

sull’organizzazione e la produzione dello specifico patrimonio della stessa istituzione musea<strong>le</strong>.<br />

Il museo diventa quindi l’osservatorio privi<strong>le</strong>giato dove guardare il cambiamento. Al suo interno<br />

l’antropologia cultura<strong>le</strong> interviene con la propria “cassetta degli attrezzi” che permette un approccio<br />

unico: essa può favorire l’integrazione del museo sul territorio, lavorando per una comunicazione<br />

efficace tra <strong>le</strong> forme sociali che vi figurano, quel<strong>le</strong> della comunità residente e quel<strong>le</strong> al<strong>le</strong> quali appartiene<br />

il visitatore e mostrare, al di là di una visione idilliaca di un passato immaginario, i cambiamenti e i<br />

conflitti sociali, che implicano un processo di interazione e di scambio tra <strong>le</strong> <strong>culture</strong> ma anche relazioni<br />

di potere e di egemonia.<br />

6 Il questionario è stato curato dal gruppo di ricerca dell’Unità operativa facente capo al Dipartimento di Scienze<br />

Antropologiche, Archeologiche e Storico-territoriali dell’Università di Torino, su commissione della Regione Piemonte<br />

(Bravo 2005, 135).<br />

7 Questa espressione ha dato il titolo alla prima mostra realizzata dal Centro Arti e Tradizioni popolari del Pinero<strong>le</strong>se nel<br />

1975.<br />

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In questa prospettiva l’antropologo può colmare alcune lacune proprie dei musei cosiddetti spontanei<br />

ricostruendo la rete di relazioni sociali in cui i beni sono stati prodotti, usati e poi abbandonati, nonché i<br />

tratti di continuità di quel<strong>le</strong> comunità di cui il museo si fa rappresentante.<br />

Inoltre oggi il museo si pone come uno strumento di comunicazione di massa e domanda<br />

all’esperienza antropologica di tradurre i propri codici comunicativi nel linguaggio dell’al<strong>le</strong>stimento<br />

musea<strong>le</strong>. Per giungere a questo l’antropologo ha bisogno di considerare il museo come un luogo di<br />

rappresentazione. Si tratta di un'operazione non faci<strong>le</strong>: la resa visibi<strong>le</strong> del<strong>le</strong> forme di vita nel museo<br />

include una serie di strategie di metodo che dovrebbero portare a riconoscere nella museografia<br />

antropologica una chiave d’accesso ad un rinnovato modo di fare musei nel qua<strong>le</strong>, come si è visto,<br />

concorrono sempre più spesso <strong>le</strong> nuove tecnologie.<br />

Per questo oggi è necessario lavorare su una rete virtua<strong>le</strong> che, <strong>le</strong>gando diversi musei presenti sul<br />

territorio, permetta una più grande diffusione della conoscenza della cultura materia<strong>le</strong> e del<strong>le</strong> tradizioni<br />

popolari ma anche la possibilità di analizzare i beni in prospettiva comparativa.<br />

Riferimenti bibliografici<br />

Bonato L. 2007. Musei e feste: mappe a confronto. Etnoantropologia on line, 1, 64-73.<br />

---- 2008. Portatori di cultura, costruttori di memorie. Edizioni dell’Orso, A<strong>le</strong>ssandria.<br />

Bravo G.L. 1995. Paro<strong>le</strong> chiave etnoantropologiche. Università di Torino, Dipartimento di Scienze<br />

Antropologiche, Torino.<br />

---- 1999. Fantasie in gesso e stanze contadine. Meltemi, Roma.<br />

---- 2005. La comp<strong>le</strong>ssità della tradizione. Festa, museo e ricerca antropologica. Franco Angeli, Milano.<br />

Bravo G.L. & Cafuri R. 2004. Comunicare il passato: appunti di metodo per una didattica musea<strong>le</strong> sul<strong>le</strong> <strong>culture</strong><br />

<strong>locali</strong>. Provincia di Torino, Torino.<br />

Bravo G.L. & Tucci R. 2006. I beni culturali demoetnoantropologici. Carocci, Roma.<br />

Cirese A.M. 1977. Oggetti, segni, musei. Sul<strong>le</strong> tradizioni contadine. Einaudi, Torino.<br />

C<strong>le</strong>mente P. 1996. Graffiti di museografia antropologica italiana. Protagon, Siena.<br />

C<strong>le</strong>mente P. & Rossi E. 1999. Il terzo principio della museografia. Antropologia, contadini, musei. Carocci, Roma.<br />

Commissione Naziona<strong>le</strong> per i Beni Demoetnoantropologici 2009. Il patrimonio musea<strong>le</strong> antropologico:<br />

itinerari del<strong>le</strong> regioni italiane: rif<strong>le</strong>ssioni e prospettive. MiBAC - adnkronos, Roma.<br />

De Varine H. 2005. Le radici del futuro. Il patrimonio cultura<strong>le</strong> al servizio dello sviluppo loca<strong>le</strong>. Clueb, Bologna.<br />

Kezich G. & Turci M. 1994. Antropologia Musea<strong>le</strong>. Caratteri, rappresentazioni e progetti dei musei<br />

antropologici, demologici ed etnografici. Atti del 1° Seminario Naziona<strong>le</strong> di Antropologia Musea<strong>le</strong><br />

(Roma-San Miche<strong>le</strong> all'Adige, 1993). S.M. Annali di San Miche<strong>le</strong>, 7.<br />

Maffi I. 2006. Il Patrimonio Cultura<strong>le</strong>. Antropologia, 6:7. Meltemi, Roma.<br />

Mariotti M. 1999. Antropologia musea<strong>le</strong>. I luoghi del dibattito della formazione e del mestiere, in Turci M. 1999.<br />

Antropologia musea<strong>le</strong>. La Ricerca Folklorica, 39, 101-16.<br />

Turci M. 1999. Antropologia musea<strong>le</strong>. La Ricerca Folklorica, 39.<br />

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<strong>Antrocom</strong> <strong>Online</strong> <strong>Journal</strong> <strong>of</strong> Anthropology 2011, vol. 7. suppl. al n. 1 M. A. Bertolino - <strong>Museo</strong><strong>grafare</strong><br />

Appendice<br />

Esempio di Scheda del CNR per i Musei in rete<br />

________________________________________________________________________________________<br />

DATI CATALOGO<br />

Numero inv.<br />

Ente conservatore: Centro Arti e Tradizioni popolari-<strong>Museo</strong> Etnografico<br />

Cognome e Nome ri<strong>le</strong>vatore: Bertolino Maria Anna<br />

Data schedatura: 9/10/2009<br />

Stato di conservazione: discreto<br />

OGGETTO<br />

Codice<br />

Definizione: utensi<strong>le</strong> per lisciare, spianare, assottigliare<br />

Paro<strong>le</strong> chiave: lavoro-artigiano, strumenti<br />

Altre indicazioni<br />

Denominazione: pialla<br />

Altra denominazione: ver<strong>le</strong>pa<br />

USO<br />

Localizzazione geografica:<br />

Regione Piemonte<br />

Provincia Torino<br />

Comune Pinerolo<br />

Altra specificazione<br />

Utente:<br />

Mestiere o pr<strong>of</strong>essione: fa<strong>le</strong>gname<br />

Funzione: lisciare, spianare e assottigliare gli oggetti lignei<br />

Modalità d'uso: nella parte centra<strong>le</strong> del ceppo di <strong>le</strong>gno sporge un ferro a scalpello usato per lavorare<br />

l'oggetto.<br />

Occasione: lavoro in fa<strong>le</strong>gnameria<br />

DATI TECNICI<br />

Materia: <strong>le</strong>gno, ferro.<br />

Tecnica:<br />

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