IL MALATO D'ALZHEIMER E LA SUA FAMIGLIA - Donne & Donne
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CITTÀ DI VITERBO<br />
Politiche Sociali<br />
1<br />
ASL<br />
VITERBO<br />
<strong>IL</strong> <strong>MA<strong>LA</strong>TO</strong> D’ALZHEIMER<br />
E <strong>LA</strong> <strong>SUA</strong> <strong>FAMIGLIA</strong><br />
GUIDA PRATICA<br />
ALL’ASSISTENZA
Città<br />
di Viterbo<br />
Il morbo di Alzheimer è una patologia tra le più terribili che<br />
affliggono la nostra società. Terribile non solo per chi viene<br />
direttamente colpito, ma anche per coloro che gli sono vicini,<br />
alle prese con il quotidiano, doloroso disagio di vivere con qualcuno<br />
che, giorno dopo giorno, vede sfuggire le proprie capacità<br />
e abilità, la propria memoria.<br />
I malati di Alzheimer ed i loro familiari non devono essere<br />
lasciati soli in questa delicata situazione.<br />
Le Istituzioni devono saper dare risposte, assistenza, aiuto concreto.<br />
E’ per questo che l’Amministrazione Comunale, consapevole delle<br />
difficoltà affrontate da chi si trova alle prese con questa grave<br />
patologia, ha scelto di concentrare in particolare la propria<br />
attenzione sull’attuazione di un intervento concreto: da qualche<br />
anno ormai, il Centro Alzheimer del Comune, grazie anche alla<br />
stretta collaborazione con esperti ed addetti ai lavori del settore,<br />
può essere considerato un esempio eccellente di come si<br />
possono migliorare le condizioni del malato ed alleviare i disagi<br />
della sua famiglia.<br />
La nostra volontà è di continuare in questo senso, offrendo un<br />
servizio sempre più efficace ed efficiente e cercando magari di<br />
potenziarlo, nel preciso intento di garantire assistenza ed aiuto<br />
a tutti coloro che ne hanno bisogno.<br />
3<br />
<strong>IL</strong> SINDACO<br />
Giancarlo Gabbianelli
Il particolare contesto territoriale ed epidemiologico della<br />
Azienda Sanitaria Locale di Viterbo ci chiama ad intervenire con<br />
strategie sempre più mirate nell’ambito assistenziale geriatrico.<br />
E’ con soddisfazione quindi che presento questo opuscolo informativo<br />
dedicato ai familiari dei pazienti affetti da demenza di<br />
Alzheimer perchè frutto di un lavoro integrato e di sinergie<br />
positive.<br />
Una strategia programmatoria congiunta attraverso lo strumento<br />
dei Piani di Zona e l’impegno professionale di diverse Unità<br />
Operative della ASL (Unità Operativa di Neurologia, Distretto<br />
3, Unità Operativa di Psicologia) e del Comune di Viterbo, hanno<br />
reso possibile la realizzazione di uno specifico percorso assistenziale<br />
che ha visto anche la nascita di un Centro Diurno<br />
Alzheimer.<br />
Ci auguriamo che questa esperienza sia di stimolo per ulteriori<br />
nuovi interventi integrati finalizzati a fornire risposte “appropriate”<br />
alla complessità dei bisogni socio-sanitari dei cosiddetti<br />
“soggetti deboli”.<br />
<strong>IL</strong> DIRETTORE GENERALE ASL VITERBO<br />
Giuseppe Antonio Maria Aloisio<br />
4
Città<br />
di Viterbo<br />
L’attività dell’Assessorato ai Servizi Sociali è estremamente<br />
varia, suddivisa in numerosi settori di intervento a favore delle<br />
categorie disagiate, delle cosiddette fasce deboli della comunità<br />
cittadina: la creazione di un Centro Alzheimer, alcuni anni<br />
orsono, voleva e vuole rispondere all’esigenza di dare una risposta<br />
reale e professionale alle persone affette da questo morbo<br />
ed allo stesso tempo di offrire assistenza alle loro famiglie.<br />
Devo dire che, già al suo inizio, l’esperienza del Centro<br />
Alzheimer si è rivelata estremamente positiva: in percentuale,<br />
riusciamo ad assistere un numero di malati superiore alla capitale,<br />
fatto che per una città delle dimensioni di Viterbo rappresenta<br />
un vero successo e testimonia quanto impegno abbiamo<br />
destinato a questa iniziativa. In alcuni casi, il malato ha trovato<br />
una rinnovata dimensione di tranquillità ed ha potuto riscoprire<br />
il positivo effetto della socializzazione, mentre i suoi familiari<br />
hanno conosciuto più approfonditamente questa patologia ed<br />
hanno imparato a meglio affrontarla, oltre ad avere alcune ora<br />
al giorno di sollievo dalla loro quotidiana preoccupazione.<br />
Uno splendido risultato, sul quale continueremo a lavorare, insieme<br />
alle realtà sanitarie e socio assistenziali che tanto bene<br />
hanno collaborato con noi in questi anni e che ringrazio per il loro<br />
costante e prezioso operato.<br />
5<br />
L’ ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI<br />
Mauro Rotelli
<strong>IL</strong> <strong>MA<strong>LA</strong>TO</strong> DI ALZHEIMER<br />
E <strong>LA</strong> <strong>SUA</strong> <strong>FAMIGLIA</strong><br />
Guida Pratica all’Assistenza<br />
PREMESSA<br />
L’ESPERIENZA DEL <strong>LA</strong>VORO DEL MEDICO CON <strong>IL</strong><br />
<strong>MA<strong>LA</strong>TO</strong> DI ALZHEIMER<br />
Antonio Lanzetti, Elettra Lazzaroni.<br />
GLI ASPETTI EMOTIVI CORRE<strong>LA</strong>TI<br />
AL<strong>LA</strong> MA<strong>LA</strong>TTIA DI ALZHEIMER NEL PAZIENTE<br />
E NEL<strong>LA</strong> <strong>FAMIGLIA</strong><br />
Paolo Salotti, Sergio Cavasino.<br />
ALZHEIMER E RIAB<strong>IL</strong>ITAZIONE<br />
Daniela Gangi, Silvana Rossi.<br />
I BISOGNI EVIDENZIATI E L’OFFERTA<br />
DEI SERVIZI<br />
Marisa Vitale, Mariella Pizzetti.<br />
6
PREMESSA<br />
Questo opuscolo nasce dalla nostra esperienza di lavoro iniziata nel 2000 all’interno<br />
del Progetto Cronos e dell’Unità Valutativa Alzheimer (U.V.A.) presso l’ospedale<br />
“Belcolle” di Viterbo.<br />
Tale attività ha riguardato da una parte aspetti valutativi diagnostici delle funzioni<br />
neuropsicologiche e affettive dei pazienti anziani con sospetta demenza e dall’altro<br />
attività di conduzione di gruppi di sostegno per familiari di pazienti affetti da<br />
Alzheimer.<br />
Dalla conoscenza diretta dei pazienti e delle loro famiglie, abbiamo avuto modo di<br />
constatare con forte evidenza il bisogno di informazioni relativo a questa realtà che<br />
ha assunto via via anche nella nostra provincia, come in Italia e in tutti i paesi sviluppati,<br />
una elevata incidenza sociale.<br />
In primo luogo, è decisivo, infatti, saper riconoscere i primissimi segnali con cui “in<br />
tempi non sospetti” comincia a manifestarsi questa malattia, come pure<br />
individuare quali sono i possibili fattori di rischio in grado di influenzare in modo<br />
silenzioso, ma poi irreparabile, il funzionamento cognitivo, emotivo e comportamentale<br />
della persona candidata alla demenza e ciò al fine di attivare in tempo utile le<br />
possibili e più idonee contromisure.<br />
Dal punto di vista poi della possibilità di intervento con strumenti efficaci, oggi,<br />
nonostante gli enormi passi avanti compiuti dalla ricerca scientifica in questi ultimi<br />
anni, non sono per il momento in commercio farmaci capaci di “guarire” la demenza.<br />
Ciò rende ancora più importante la necessità di focalizzare l’attenzione sugli aspetti<br />
funzionali e riabilitativi e sottolineare con forza, quindi, il ruolo decisivo giocato<br />
dal contesto familiare come insostituibile “attivatore” e “riabilitatore” della personalità<br />
e delle competenze della persona malata.<br />
Coloro che ormai da tempo sono “costretti” ad avere a che fare con un proprio caro<br />
affetto da demenza, si trovano in condizioni spesso di solitudine, di affaticamento<br />
fisico ed emotivo, di incertezza e confusione sul da farsi con una attivazione impropria<br />
di moltissime risorse e di energie non canalizzate. Tutto ciò non consente di<br />
agire dove e come invece ce ne è bisogno e provoca un logoramento (stress fisico ed<br />
emotivo) che in realtà non solo non consente di aiutare e supportare il malato che ne<br />
ha bisogno ma che produce ulteriori danni (fisici e psicologici) e malattie in chi lo<br />
accudisce.<br />
Alla luce di queste considerazioni si è ritenuto utile la stesura di questo opuscolo,<br />
intendendolo come uno strumento di aiuto concreto per le famiglie e per tutti coloro<br />
che hanno quotidianamente a che fare con persone affette dalla malattia di<br />
Alzheimer.<br />
7
L’ESPERIENZA DEL <strong>LA</strong>VORO DEL MEDICO<br />
CON <strong>IL</strong> <strong>MA<strong>LA</strong>TO</strong> DI ALZHEIMER<br />
Dott. Antonio Lanzetti, neurologo resp. “Centro U.V.A. - ASL VT”<br />
Dott.ssa Elettra Lazzaroni, geriatra UVA, resp. ADI - Distretto 3 ASL VT<br />
Lavorando come medici neurologo e geriatra abbiamo avuto l’opportunità di vedere centinaia<br />
di pazienti affetti da demenza senile e fra loro molti avevano sviluppato un tipo di demenza<br />
rapidamente progressiva, quella che oggi sono soliti chiamare Malattia di Alzheimer e ciò<br />
che ci ha maggiormente colpito è l’enorme diversità e varietà delle manifestazioni cliniche<br />
con cui questa malattia si presenta, nonostante il fatto che tutti i pazienti abbiano la medesima<br />
diagnosi e soffrano del medesimo processo degenerativo.<br />
Ci si trova di fronte ad una varietà coleidoscopica di lesioni e disfunzioni mai esattamente<br />
identiche in pazienti diversi le cui disfunzioni neurologiche interagiscono con tutto ciò che<br />
vi è di specifico ed unico in ogni individuo.<br />
L’Alzheimer può presentarsi sotto forma di sindrome ma può altresì manifestarsi come una<br />
serie di sintomi isolati solitamente quasi impercettibili tanto da rendere difficile l’inquadramento<br />
riservando ad un secondo tempo l’identificazione dell’aspetto diffuso della malattia.<br />
Possono verificarsi irrilevanti problemi di linguaggio e di memoria, indefinibili problemi percettivi<br />
come illusioni momentanee o percezioni erronee, impalpabili problemi intellettuali<br />
come la difficoltà a capire una battuta spiritosa o a seguire un ragionamento.<br />
In generale le prime ad essere colpite sono le funzioni cerebrali associative complesse ed<br />
in queste prime fasi iniziali della malattia le disfunzioni tendono ad essere effimere e<br />
momentanee. Ben presto, tuttavia, seguono più conclamate incapacità ad eseguire movimenti<br />
preordinati, di riconoscere oggetti di uso comune percepiti, oltre a più accentuati disturbi<br />
cognitivi, della memoria, del comportamento, della coerenza e dell’ordinamento<br />
spaziotemporale, che alla fine convergono tutti insieme in un unico quadro di demenza<br />
globale profonda.<br />
Con il progredire della malattia, tendono ad apparire forti disturbi sensoriali e motori,<br />
accompagnati da spasticità, rigidità, contrazioni muscolari involontarie, spesso squilibrio e<br />
parkinsonismo. Alla fine, nell’ultima fase di questa devastante malattia si possono osservare<br />
i più svariati sintomi neurologici sebbene la malattia sia progredita in modi così dissimili<br />
nei vari pazienti. Considerata dunque la varietà delle forme con cui la malattia si presenta,<br />
nonchè il carattere di mosaico a essa impartito dal particolare sistema neuronale coinvolto,<br />
è possibile capire come l’Alzheimer sia una malattia polimorfa sia per la vasta gamma di modi<br />
con i quali essa può influenzare l’esperienza e il processo cognitivo, sia per i modi coi quali<br />
l’organismo colpito vi reagisce e vi si può adattare. Particolare riguardo si dovrà riservare a<br />
come simili pazienti possono talora essere aiutati. Si afferma talora che i pazienti affetti<br />
da Alzheimer non si rendono conto di avere dei problemi e che perdano sin dall’inizio il senso<br />
di introspezione e analisi. Sebbene ciò possa essere vero, l’esperienza ci ha insegnato che è<br />
molto più frequente il contrario: i pazienti si rendono conto della propria situazione sin dall’inizio<br />
e spesso sono atterriti o sgomenti sapendo ciò che li aspetta. Ci sono pazienti che<br />
restano in uno stato di profonda paura a mano a mano che perdono le loro capacità intellettuali<br />
e si trovano a vivere in un modo frammentario e caotico e crediamo che la maggioranza<br />
diventi progressivamente più tranquilla via via che smarrisce il senso di ciò che ha perduto<br />
e si trova trasportata in un mondo più elementare e irriflessivo.<br />
8
Le performances di questi pazienti possono anche risultare molto scadenti nei test di valutazione<br />
mentale, nonostante siano in grado di descrivere perfettamente, con chiarezza,<br />
vivacità d’espressione, correttezza e senso dell’umorismo, o siano capaci di cantare una canzone,<br />
raccontare una storia, recitare una parte, coltivare un orto, suonare uno strumento o<br />
dipingere un quadro senza incontrare difficoltà di rilievo. In un certo senso, nello studio di<br />
queste si osserva una storia di caos organizzato dalle modalità con le quali il cervello viene<br />
a patti con se stesso tanto che sembra di occuparsi di un organismo che lotta per preservare<br />
la propria identità anche nelle circostanze avverse e ciò significa che il paziente affetto<br />
da Alzheimer può rimanere se stesso, in grado di provare emozioni e relazioni normali fino<br />
a fasi avanzate nella malattia. La relativa conservazione dell’identità personale consente una<br />
vasta gamma di attività terapeutiche e di sviluppo che hanno in comune il fatto di sfruttare<br />
proprio la capacità dell’identità personale residua. Lezioni di musica, frequentazione delle<br />
funzioni religiose, giochi, gruppi artistici e recitativi, giardinaggio terapeutico e cucina possono<br />
per esempio ancorare il paziente, trattenerlo nel suo processo degenerativo e ripristinare,<br />
anche solo per una volta o per poco, un centro di attrazione, un interesse, un’isola di<br />
identità personale. Melodie familiari, poesie, storie possono essere ancora riconosciute e<br />
ricevere adeguata risposta nonostante la malattia sia uno stadio avanzato.<br />
Non una risposta, dunque, ma una risposta riccamente associativa, in grado di riportare<br />
indietro per un po’ molti dei ricordi del paziente, i suoi sentimenti, le competenze possedute<br />
e i suoi mondi, servono a un risveglio quanto meno temporaneo e utile a restituire per un<br />
po’ pienezza di vita a pazienti che altrimenti sarebbero lasciati andare o ignorati, abbandonati<br />
in uno stato di grande sconcerto e assenza, portati in ogni istante a perdere l’orientamento<br />
e ad avere reazioni catastrofiche di confusioni o panico inimmaginabile.<br />
L’invecchiamento di per se stesso non comporta necessariamente una malattia neurologica<br />
come dimostrato gli anziani che sono intellettualmente e neurologicamente integri tanto che<br />
molti dei pazienti che pervengono a visita sono intelligenti, ottuagenari, intellettualmente<br />
attivi che hanno mantenuto il gusto per la vita, i loro interessi e le loro facoltà; nel cervello,<br />
nella mente, non vi è nulla di automatico in quanto questo organo cerca costantemente a<br />
ogni possibile livello, dalla semplice percezione all’elaborazione di un pensiero filosofico, di<br />
categorizzare il mondo, di comprendere e dare significato alla propria esperienza. Si tratta<br />
in definitiva di poter permettere di vivere una vera vita, nella quale l’esperienza non è<br />
mai uniforme, ma cambia in continuazione, ponendo sempre nuove sfide, richiedendo costantemente<br />
e sempre più un’integrazione complessiva. Non è sufficiente che il cervello si limiti<br />
a funzionare mantenendo uniforme la propria funzione come fa il cuore, esso deve avventurarsi<br />
e progredire per tutta la vita.<br />
Il concetto stesso di salute o di benessere esige una definizione particolare per ciò che concerne<br />
il cervello tanto che nel paziente che invecchia occorre saper distinguere tra longevità<br />
e validità: robustezza costituzionale e fortuna possono contribuire ad una vita lunga e<br />
sana.<br />
Se il cervello vuole rimanere sano deve rimanere attivo fino all’ultimo, chiedendo, indagando,<br />
giocando, esplorando e sperimentando fino alla fine. Queste attività o stati d’animo possono<br />
non essere rilevate dagli esami radiografici che si eseguono e che riprendono il nostro<br />
cervello nelle sue diverse funzioni e neppure, peraltro, dai test neuropsicologici, ma sono<br />
proprio loro, tuttavia, che determinano lo stato di salute del cervello e ne consentono lo sviluppo<br />
per tutta la vita con l’auspicio di ritrovare in ogni anziano una combinazione fra la<br />
vastità del pensiero raggiunta nell’arco di una vita intera con l’immediatezza spontanea del<br />
bambino che 80 anni prima giocava spensierato.<br />
9
GLI ASPETTI EMOTIVI CORRE<strong>LA</strong>TI AL<strong>LA</strong><br />
MA<strong>LA</strong>TTIA DI ALZHEIMER NEL<br />
PAZIENTE E NEL<strong>LA</strong> <strong>FAMIGLIA</strong><br />
Dott. Paolo Salotti - U.O.C. Psicologia ASL VT<br />
Dott. Sergio Cavasino - U.O.C. Psicologia ASL VT<br />
<strong>LA</strong> MA<strong>LA</strong>TTIA D’ALZHEIMER<br />
Il morbo di Alzheimer è la causa più comune di demenza, rappresenta infatti il 60%<br />
di tutte i tipi di deterioramento delle funzioni cognitive dell' età avanzata.<br />
COS'È <strong>LA</strong> DEMENZA?<br />
La demenza è un insieme di sintomi che possono accompagnare alcune malattie o condizioni<br />
fisiche. Più precisamente essa consiste in un peggioramento di alcune funzioni<br />
cognitive quali memoria, capacità di risolvere i problemi quotidiani, linguaggio,<br />
capacità di orientarsi nello spazio, ecc. - che progredisce con il trascorrere del<br />
tempo, fino a provocare l'abbandono delle attività sociali e lavorative della persona.<br />
A CHE ETÀ SI MANIFESTA?<br />
Il morbo d'Alzheimer è un disturbo dell'età avanzata: raramente cioè colpisce le<br />
persone prima dei 60 anni di età e le probabilità che si manifesti crescono con l'avanzare<br />
dell'età.<br />
Infatti è affetto da morbo di Alzheimer circa il 5% della popolazione al di sopra dei<br />
65 anni; la percentuale sale all' 11% in persone tra gli 80 e gli 85 anni e al 25% negli<br />
anziani che hanno più di 86 anni.<br />
QUAL È <strong>LA</strong> CAUSA DEL<strong>LA</strong> MA<strong>LA</strong>TTIA<br />
DI ALZHEIMER?<br />
Le cause del morbo di Alzheimer non sono ancora conosciute.<br />
Attualmente sono state fatte alcune ipotesi: GENETI-<br />
CA, INFIAMMATORIA, VIRALE, AMBIENTALE. É probabile<br />
che tutti questi fattori concorrano a determinare la<br />
malattia, che consiste in una degenerazione e malfunzionamento delle cellule che<br />
costituiscono il cervello (neuroni).<br />
Si ringrazia la Dott.ssa Elisabetta Pizzi per il valido aiuto fornito.<br />
10
<strong>LA</strong> MA<strong>LA</strong>TTIA D’ALZHEIMER È<br />
CONTAGIOSA?<br />
No, essa non è causata da un agente infettivo<br />
trasmissibile e per questo non si trasmette<br />
con il contatto tra una persona e l’altra.<br />
<strong>LA</strong> MA<strong>LA</strong>TTIA D’ALZHEIMER<br />
È EREDITARIA?<br />
No. Come tutte le malattie si eredita una maggiore<br />
predisposizione a svilupparla, ma perché<br />
la malattia si manifesti sono necessari altri fattori<br />
che ancora non conosciamo.<br />
ESISTE UNA CURA?<br />
No. Attualmente non esiste un trattamento in grado<br />
di guarire. Tuttavia una associazione combinata di<br />
terapie farmacologiche e non-farmacologiche (riabilitazione,<br />
sostegno psicologico ai familiari, ecc.) possono<br />
rallentare il declino mentale della persona,<br />
mantenere attive le funzioni ancora presenti<br />
più a lungo nel tempo e migliorare così la qualità<br />
di vita del malato e dei suoi familiari.<br />
COME VIENE FATTA<br />
<strong>LA</strong> DIAGNOSI?<br />
Per giungere ad una diagnosi, gli specialisti<br />
(neurologo, psicologo, geriatra, ecc.) fanno<br />
un’ accurata valutazione neuropsicologica,<br />
con diversi strumenti diagnostici (il colloquio<br />
clinico, una batteria di test e alcuni esami di<br />
laboratorio – es. TAC, RM, ECG, ecc. - ).<br />
ASPETTATIVA DI VITA<br />
Dopo l'esordio della malattia, l'aspettativa di vita varia dai 7 ai 10 anni; seppure<br />
alcuni pazienti raggiungano i 12-15 anni di sopravvivenza. É stato osservato, inoltre,<br />
che i pazienti con una più accurata assistenza e una migliore qualità di vita hanno<br />
maggiori probabilità di vivere più a lungo.<br />
11
COME SI MANIFESTA?<br />
La malattia di Alzheimer colpisce ciascuna persona in<br />
modo differente e il suo impatto dipende, in larga<br />
misura, dalle caratteristiche individuali del paziente<br />
e cioè:<br />
1) dalla sua personalità;<br />
2) dalle sue condizioni fisiche;<br />
3) dal suo stile di vita.<br />
I sintomi possono essere meglio compresi se rapportati<br />
alle tre fasi del suo decorso: la fase iniziale,<br />
intermedia e terminale.<br />
A) FASE INIZIALE: in questa fase, che può durare alcuni anni, la persona è<br />
ancora autosufficiente ma presenta una serie di disturbi di tipo neuro-psicologico:<br />
✔ lieve perdita di memoria per eventi<br />
recenti (es. il paziente non si ricorda<br />
dove ha riposto oggetti di uso comune,<br />
cosa ha mangiato a pranzo, ecc.);<br />
✔ lievi deficit del linguaggio (difficoltà ad<br />
evocare nomi di tipo comune o anomia);<br />
✔ disorientamento temporale (es. a volte il<br />
paziente può non ricordare che giorno è,<br />
il mese ecc.);<br />
✔ modificazioni del carattere;<br />
✔ impoverimento del pensiero astratto e<br />
dalla capacità di giudizio;<br />
✔ difficoltà a ricordare la strada di casa;<br />
✔ difficoltà a prendere decisioni;<br />
✔ perdita d'iniziativa e motivazione;<br />
✔ segni e sintomi di depressione o nervosismo;<br />
✔ perdita di interesse verso la propria attività<br />
lavorativa e i propri hobbies.<br />
B) FASE INTERMEDIA: con il progredire<br />
della malattia, i problemi diventano più evidenti.<br />
Il malato presenta difficoltà nella vita quotidiana,<br />
si aggravano i deficit neuropsicologici e si<br />
evidenziano i disturbi del comportamento:<br />
✔ incapacità di apprendere nuove informazioni;<br />
✔ peggioramento dei disturbi della memoria;<br />
12
✔ difficoltà a riconoscere ed ad orientarsi, anche in ambiente familiari;<br />
✔ peggioramento del disorientamento temporale (il paziente non ricorda che giorno<br />
è, il mese, ecc.);<br />
✔ difficoltà a riconoscere gli oggetti, i volti delle persone, i luoghi, ecc. (agnosia);<br />
✔ perdita della capacità di eseguire movimenti volontari (aprassia), es. non riesce ad<br />
allacciarsi le scarpe;<br />
✔ comportamenti inappropriati in pubblico;<br />
✔ riduzione del linguaggio spontaneo (frequenti anomie e uso di frasi fatte);<br />
✔ comportamento aggressivo;<br />
✔ deliri e allucinazioni, ecc.<br />
C) FASE TERMINALE: questa fase è caratterizzata<br />
da una totale dipendenza del malato dai propri familiari;<br />
il malato deve essere infatti assistito e controllato<br />
in ogni momento della giornata. Il disturbo della<br />
memoria è molto grave e le componenti fisiche della<br />
malattia divengono più evidenti.<br />
La persona può sviluppare:<br />
✔ incapacità a riconoscere familiari, amici e oggetti<br />
noti;<br />
✔ difficoltà a capire o interpretare gli eventi;<br />
✔ incapacità ad esprimersi;<br />
✔ incapacità a camminare (il paziente dovrà utilizzare<br />
una sedia a rotelle);<br />
✔ incapacità a orientarsi dentro la propria abitazione;<br />
✔ incontinenza per urine e feci;<br />
✔ difficoltà nella deglutizione (il paziente viene alimentato<br />
artificialmente);<br />
✔ rischio di complicanze: malnutrizione, disidratazione, piaghe,<br />
malattie infettive (soprattutto polmonite), patologie<br />
cardiovascolari, ecc.<br />
I pazienti dementi raramente muoiono per conseguenza<br />
diretta della malattia; le cause sono da ricercarsi in una<br />
delle patologie sopra elencate, che insorgano nello stato<br />
avanzato della malattia.<br />
13
<strong>LA</strong> <strong>FAMIGLIA</strong><br />
La famiglia è il più importante sostegno per la persona<br />
affetta da morbo di Alzheimer ed è, spesso,<br />
costretta a sopportare da sola il peso della malattia.<br />
ASSISTERE <strong>LA</strong> PERSONA MA<strong>LA</strong>TA DI<br />
ALZHEIMER<br />
La diagnosi di Alzheimer modifica radicalmente la vita<br />
del malato e di chi se ne prende cura.<br />
Chi assiste il malato racconta, spesso, di trovarsi di<br />
fronte ad una persona completamente diversa rispetto<br />
a com’era prima della malattia; questa patologia, infatti,<br />
causa alcuni cambiamenti nel suo comportamento e,<br />
negli stadi avanzati, determina un impoverimento della<br />
sua personalità.<br />
La malattia ruba la persona a se stessa (N. Feil)<br />
Le modificazioni del comportamento osservabili nei<br />
pazienti sono, per questo, la principale causa di stress<br />
e di difficoltà per i familiari, rendono difficile la<br />
gestione della vita quotidiana e creano momenti di tensione<br />
tra il paziente e i suoi familiari.<br />
COME NORMALMENTE REAGISCE <strong>IL</strong><br />
FAM<strong>IL</strong>IARE AL<strong>LA</strong> DIAGNOSI DI ALZHEI-<br />
MER?<br />
Si distinguono tre momenti temporalmente distinti:<br />
Shock: il familiare si domanda: "come mai proprio a<br />
me?";<br />
Negazione: il familiare nega la possibilità che la malattia<br />
possa condizionare in modo così radicale lo svolgimento<br />
delle attività quotidiane;<br />
Accettazione: il familiare diventa consapevole dei<br />
cambiamenti dovuti alla malattia e della necessità di<br />
dover riadattare continuamente l’ organizzazione<br />
della propria vita quotidiana.<br />
Alcune volte, la vergogna o la difficoltà di far sapere “agli altri” della malattia può<br />
far assumere atteggiamenti d’isolamento e di ritiro che non aiutano certo nella<br />
gestione complessiva del problema.<br />
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COSA COMPORTA, PER <strong>IL</strong> FAM<strong>IL</strong>IARE,<br />
L'ACCUDIMENTO DEL<strong>LA</strong> PERSONA MA<strong>LA</strong>TA?<br />
L’assistenza ad un paziente affetto da morbo di Alzheimer<br />
impegna il familiare sia sul piano pratico-organizzativo che<br />
su quello emozionale.<br />
In questa difficile situazione è naturale che il familiare<br />
provi spesso un serie di emozioni a volte contrastanti.<br />
É importante che egli impari a riconoscere e accettare questi<br />
sentimenti; solo in questo modo potrà conviverci con<br />
serenità e, in alcuni casi, superarli.<br />
Questi sentimenti sono:<br />
1) SENSO DI COLPA<br />
È probabile che chi assiste la persona malata nutra<br />
sentimenti di colpa. Il familiare potrebbe sentirsi in<br />
colpa per i litigi che ha avuto in passato con il proprio<br />
caro, o perché sente di non avere la pazienza necessaria per sostenere la situazione,<br />
oppure per aver provato rabbia quando il paziente ha avuto scatti di aggressività<br />
nei suoi confronti, ecc..<br />
2) RABBIA E FRUSTRAZIONE<br />
E' probabile che, in alcuni momenti, il familiare si senta frustrato<br />
e arrabbiato.<br />
Diversi possono essere i motivi di tale rabbia: i cambiamenti<br />
che si sono verificati nella propria vita, il sentirsi solo nell’affrontare<br />
questa difficile situazione, ecc..<br />
3) IMBARAZZO<br />
Potrebbe, a volte, provare<br />
imbarazzo a causa dei comportamenti inadeguati<br />
che assume il proprio caro in pubblico (es. nel caso<br />
in cui offenda una persona che è venuta a fargli visita,<br />
ecc.).<br />
La reazione a questo sentimento è, in genere, quella<br />
di ridurre la propria vita sociale, ad es. evitando<br />
di invitare gli amici a casa. È importante che chi si<br />
prende cura dell’ammalato non ceda a questa tentazione.<br />
E' naturale che alcuni comportamenti possano imbarazzarlo, ma l’isolamento<br />
renderebbe ancor più difficile affrontare lo stress dovuto all'accudimento. Avere<br />
15
una vita sociale gratificante è per lui, oggi più che mai,<br />
una reale necessità.<br />
4) PAURA<br />
In alcuni momenti potrebbe provare paura, ad esempio<br />
pensando a quello che potrà succedere con l'avanzare<br />
della malattia o, nel caso di pazienti<br />
molto agitati, potrebbe temere che si<br />
faccia male, ecc..<br />
5) SCONFORTO<br />
Potrebbe provare sconforto, ad esempio<br />
di fronte a situazioni difficili da gestire,<br />
e trovarsi a pensare di non essere più in<br />
grado, con le proprie forze, di assistere il proprio caro<br />
ammalato.<br />
6) TRISTEZZA E ANGOSCIA<br />
Questi sentimenti rappresentano una risposta emotiva<br />
normale ad una “esperienza di perdita”. E' naturale che il familiare possa vivere questo<br />
tipo di sensazioni, ad esempio, nel passato e a come era il proprio caro prima di<br />
ammalarsi.<br />
Queste emozioni (senso di colpa, rabbia, frustrazione, imbarazzo, ecc.) possono,<br />
però, attenuarsi parlando con persone che stanno<br />
vivendo la loro stessa esperienza. Sono molti, infatti,<br />
a raccontare di essere riusciti a superare questi<br />
momenti difficili grazie al supporto offerto da un<br />
gruppo di sostegno per familiari.<br />
CHE COS’ È UN GRUPPO DI SOSTEGNO<br />
PER FAM<strong>IL</strong>IARI?<br />
È un gruppo formato da parenti<br />
di persone affette da<br />
Alzheimer e uno, o più, conduttori (psicologi), con cui il familiare<br />
può parlare delle sue condizioni emotive, condividere problemi<br />
e soluzioni. Anche se frequentare un gruppo di sostegno non<br />
può risolvere tutti i problemi che comporta l’accudimento della<br />
persona malata, è comunque, ritrovare un equilibrio personale e<br />
quindi di conseguenza migliorare la relazione con il congiunto<br />
malato, un aiuto importante per trovare in loro stessi la forza<br />
necessaria.<br />
16
QUALI RISCHI PER <strong>IL</strong> FAM<strong>IL</strong>IARE?<br />
Le emozioni negative, l’ansia, il nervosismo ecc., se non sufficientemente supportate,<br />
possono condurre il familiare verso una condizione di disadattamento e di solitudine<br />
che, in alcuni casi, può portare ad una vera e propria depressione.<br />
Non è raro inoltre che chi assiste il malato, se non supportato, possa con il passare<br />
del tempo perdere la capacità di prendersi cura della persona cara. Questo non solo<br />
a causa della difficoltà pratiche legate all'accudimento, ma soprattutto<br />
in seguito ad un esaurimento psico-fisico del familiare.<br />
È per questo importante imparare ad affrontare nel modo migliore le<br />
varie situazioni che si possono presentare. Infatti, agendo in modo<br />
efficace sui disturbi del comportamento o dell’umore, si riuscirà a<br />
ridurre il sentimento di impotenza e di sconforto causato da<br />
una gestione della malattia poco adatta alle esigenze del<br />
paziente.<br />
COSA PUÒ FARE <strong>IL</strong> FAM<strong>IL</strong>IARE PER RESTARE<br />
IN FORMA?<br />
1) Riconoscere e accettare i propri limiti!<br />
È necessario non pretendere troppo da se stessi. Se il carico dell’assistenza è troppo<br />
pesante, è opportuno chiedere aiuto, in modo da evitare una possibile situazione<br />
di crisi.<br />
2) Mangiare in modo equilibrato!<br />
Se una persona è stanca e sotto stress, tende a non cucinare e a fare degli spuntini.<br />
È invece opportuno alimentarsi in modo corretto per<br />
restare in forma!<br />
3) Riposare a sufficienza!<br />
Nel caso che il paziente nonostante le cure soffra ancora<br />
di insonnia, il familiare che lo assiste deve individuare<br />
alcune possibili strategie quali per esempio: farsi aiutare<br />
da un altro parente o accettare di chiamare un collaboratore<br />
esterno oppure modificare le proprie abitudini e<br />
dormire durante il giorno quando anche lui riposa. Infatti<br />
se chi assiste il malato non dorme non riuscirà poi a continuare<br />
ad aiutare il proprio caro.<br />
4) DEDICARE OGNI GIORNO UN PO’ DI TEMPO A SE STESSI!<br />
Non si può stabilire una cosa che vada bene per tutti ma quello che è importante è<br />
fare qualcosa che per sé che ci piace e ci rilassi: per esempio, incontrare amici,<br />
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andare al bar, guardare le vetrine, ascoltare della musica, leggere qualche pagina<br />
ecc..<br />
È IMPORTANTE NON SENTIRSI IN COLPA PER QUESTO!<br />
RITROVANDO UN PO’ DI SERENITÀ E ALLENTANDO <strong>LA</strong><br />
TENSIONE DOVUTA ALL’ASSISTENZA, SI RIESCE,<br />
INFATTI, AD ESSERE PIÙ PAZIENTI E ATTENTI AI BISO-<br />
GNI DEL PROPRIO CARO.<br />
ALCUNI SUGGERIMENTI UT<strong>IL</strong>I<br />
Vi sono diversi accorgimenti che il familiare può osservare<br />
per garantire una migliore assistenza alla persona<br />
malata; ne elenchiamo alcuni, che potrebbero rivelarsi<br />
utili in molte situazioni:<br />
1) AIUTARE <strong>IL</strong> PAZIENTE A DIVENTARE<br />
CONSAPEVOLE DEL PROPRIO FUNZIONA-<br />
MENTO<br />
Nella prima fase è probabile che la persona malata negherà a se stesso e agli altri<br />
la sua malattia. È importante che il familiare cerchi di aiutalo ad<br />
accettare le difficoltà e i cambiamenti a cui va incontro.<br />
2) SOSTENERE L’AUTONOMIA DEL PAZIENTE<br />
È necessario che la persona rimanga indipendente il maggior<br />
tempo possibile; in questo modo diminuisce il carico della persona<br />
che lo assiste, ma soprattutto preservare nel malato la stima<br />
nelle proprie capacità e la sua motivazione a “fare”.<br />
3) AIUTARE <strong>IL</strong> PAZIENTE A FARE UN BUON USO<br />
DELLE AB<strong>IL</strong>ITÀ CHE ANCORA POSSIEDE<br />
Favorire nel paziente lo svolgimento di alcune attività può rafforzare<br />
e promuovere la sua dignità e la sua autostima, oltre a<br />
dare uno scopo e un significato alla sua vita. È importante, però,<br />
che il familiare proponga dei compiti semplici, che il proprio caro<br />
possa portare avanti con successo.<br />
4) STAB<strong>IL</strong>IRE ABITUDINI DI VITA CONSOLI-<br />
DATE E MANTENERE UNO STANDARD DI<br />
NORMALITÀ<br />
Lo stabilire delle abitudini di vita consolidate ha un duplice<br />
vantaggio: diminuisce il numero di decisioni da prendere per<br />
18
<strong>IL</strong> COMPORTAMENTO<br />
Il comportamento del malato d’Alzheimer, e i suoi cambiamenti<br />
d'umore, sono il riflesso dello stato generale di confusione nel quale egli viene<br />
progressivamente a trovarsi.<br />
Durante la prima fase della malattia, un comportamento “inadeguato” o diverso dal<br />
solito può essere, per il familiare, uno dei primi campanelli d’allarme.<br />
Successivamente, però, i disturbi del comportamento diventano così difficili da<br />
gestire, da essere considerati la maggiore fonte di stress per chi si prende cura di<br />
una persona con demenza.<br />
I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO PIÙ FREQUENTI SONO:<br />
1) COMPORTAMENTO AGGRESSIVO<br />
2) VAGABONDAGGIO<br />
3) COMPORTAMENTI STRANI E IMBARAZZANTI<br />
I DISTURBI LEGATI ALL’UMORE SONO:<br />
1) ANSIA E PAURA<br />
2) AGITAZIONE E NERVOSISMO<br />
3) COLLERA<br />
4) DEPRESSIONE<br />
5) APATIA<br />
I DISTURBI DEL PENSIERO SONO:<br />
1) DELIRI E ALLUCINAZIONI<br />
il familiare e crea nel paziente dei punti di riferimento<br />
sicuri, grazie ai quali riesce mettere ordine alla sua quotidianità<br />
e attenuare il suo stato di confusione.<br />
5) MANTENERE <strong>IL</strong> SENSO DELL’UMORISMO<br />
L’umorismo può essere un ottimo modo per trarre sollievo<br />
da una situazione di stress. È importante, dunque, ridere<br />
insieme al proprio caro malato (ma non di lui!).<br />
6) CONSERVARE UNA BUONA COMUNICAZIONE<br />
Man mano che la malattia avanza, la comunicazione con l’ammalato<br />
può diventare difficile. La capacità di farsi capire è<br />
una delle condizioni indispensabili per conservare una buona<br />
qualità di vita. Le parole, però, non sono l’unico mezzo per<br />
comunicare. L’espressione del volto, il contatto fisico, la<br />
mimica e il tono della voce, sono modalità di comunicazione<br />
importanti quanto le parole.<br />
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Capire le caratteristiche ed il significato di<br />
ciascuno di questi disturbi, permette al<br />
familiare di affrontarli in modo corretto.<br />
<strong>IL</strong> COMPORTAMENTO<br />
AGGRESSIVO<br />
Uno dei disturbi del comportamento più frequenti,<br />
nel paziente affetto da Alzheimer, è<br />
quello aggressivo.<br />
Può agire in questo modo anche chi prima della malattia mostrava un carattere dolce<br />
e tranquillo.<br />
Si tratta di un comportamento che, in genere, spaventa molto i familiari, poiché non<br />
sempre è possibile individuare la causa che lo ha generato.<br />
VERSO CHI È DIRETTA L’AGGRESSIVITÀ?<br />
Il comportamento aggressivo è per il familiare particolarmente pesante da accettare,<br />
poiché l'ostilità sembra rivolta proprio verso chi assiste il malato. Questo accade<br />
perché si è soliti interpretare l’aggressività come se provenisse da una persona<br />
non malata. È importante che il familiare sia consapevole che il comportamento<br />
aggressivo è dovuto alla malattia.<br />
QUAL È <strong>LA</strong> CAUSA DI QUEST’AGGRESSIVITÀ?<br />
Sono molti i motivi che possono portare il malato di Alzheimier ad agire con aggressività<br />
(es. frustrazione, ansia, ecc.) ma molto spesso questo tipo di reazione è dovuta<br />
alla paura. I malati d’Alzheimer, infatti, reagiscono spesso con aggressività per<br />
difendersi contro una falsa percezione del pericolo e di minaccia. Sono frequenti<br />
reazioni di questo tipo, ad esempio, quando qualcuno si avvicina al paziente troppo<br />
velocemente può accadere, infatti, che lui non comprendendo le sue richieste, si<br />
possa spaventare e reagire in modo violento.<br />
CHE COSA FARE?<br />
✔ Evitare di reagire con arroganza, in quanto aumenterebbe<br />
il suo stato di agitazione; inoltre egli non ha coscienza<br />
dell'esagerazione delle sue reazioni.<br />
✔ Non rimproverarlo o punirlo, sarebbe una cosa inutile.<br />
Anche se il paziente, a volte, agisce come un bambino,<br />
non è opportuno trattarlo come tale; infatti egli non<br />
impara dagli insegnamenti dei propri familiari, ma perde<br />
sempre più le sue capacità di apprendimento e le informazioni<br />
acquisite, senza poterle recuperare.<br />
✔ Reagire con calma in modo da mantenere il controllo della situazione; in questi<br />
momenti può essere utile che il familiare si ripeta che ciò che il paziente fa o dice<br />
20
non è dovuto a lui, ma è causato dalla malattia.<br />
✔ Individuare la causa della sua reazione; a volte un<br />
semplice mal di testa può renderlo irritabile o<br />
aggressivo.<br />
✔ Rassicurare e confortare il paziente (es. avvicinandosi<br />
a lui con dolcezza, accarezzarlo e spiegandogli<br />
cosa sta succedendo).<br />
✔ Attirare la sua attenzione, distraendolo; può essere<br />
utile, ad es., che il familiare accenda la televisione o gli proponga di fare qualche<br />
cosa insieme a lui.<br />
CI SONO PERÒ DELLE SITUAZIONI IN CUI <strong>IL</strong> PAZIENTE NON RIESCA A CAL-<br />
MARSI. IN QUESTI MOMENTI DIVENTA INDISPENSAB<strong>IL</strong>E, PER CHI PRESTA<br />
ASSISTENZA, …<br />
✔ Tutelare la propria integrità; es: uscendo dalla stanza (ovviamente dopo essersi<br />
assicurato che non vi sono pericoli per il malato) gli si offre il tempo e lo spazio<br />
per calmarsi e tranquillizzarsi, oltre a garantire che il familiare si conservi in<br />
buona salute per continuare ad assisterlo. Il paziente, in seguito ai suoi problemi<br />
di memoria, scorderà l’accaduto in tempo molto breve.<br />
PER PREVENIRE <strong>IL</strong> COMPORTAMENTO AGGRESSIVO È OPPORTU-<br />
NO...…<br />
✔ Favorire in famiglia un ambiente calmo e sereno.<br />
✔ Mantenere abitudini di vita consolidate.<br />
AGITAZIONE E NERVOSISMO<br />
COME SI MANIFESTA?<br />
Ci sono dei casi in cui il paziente si può sentire agitato e<br />
nervoso: cammina avanti e indietro per la stanza percorrendo<br />
sempre lo stesso tratto, tocca e sposta tutti gli<br />
oggetti, apre i cassetti, le ante e i rubinetti della casa. Si<br />
tratta di un comportamento che indispone fortemente chi<br />
si prende cura dell’ammalato e lo rende teso e irritabile.<br />
QUAL È <strong>LA</strong> CAUSA?<br />
Queste manifestazioni sono nella maggioranza dei casi dovuti alla malattia, tuttavia<br />
possono essere amplificati dalla situazione in cui il paziente viene a trovarsi.<br />
È opportuno per questo sapere cosa fare.<br />
CHE COSA FARE?<br />
✔ Evitare di inviargli dei messaggi contraddittori: se qualcuno gli parla dolcemente<br />
21
con l'intento di calmarlo e poi lo afferra con un gesto veloce, sicuramente egli<br />
avrà difficoltà a capire le sue intenzioni e questo può aumentare il suo nervosismo.<br />
✔ Restare calmo.<br />
✔ Lasciargli lo spazio necessario per muoversi (dopo essersi assicurato che non c'è<br />
nella stanza qualcosa con cui si potrebbe fare<br />
male); ognuno di noi ha questa necessità quando è<br />
nervoso, camminare e muoversi è, infatti, un<br />
mezzo con cui scaricare la tensione.<br />
✔ Distrarlo, proponendogli di fare qualcosa che lo<br />
possa interessare; ad es. chiedendogli di svolgere<br />
qualche mansione domestica che richieda<br />
movimento (anche se un eccessivo carico di attività<br />
potrebbe portare ad un effetto contrario).<br />
✔ Introdurre alcune modifiche nella dieta del paziente, eliminando le sostanze che<br />
aumentano l'agitazione (the, caffè, cioccolata, ecc.).<br />
✔ Introdurre dei piccoli cambiamenti nell'ambiente, ad es. evitare il rumore oppure<br />
la presenza di troppe persone nella stanza.<br />
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<strong>LA</strong> COLLERA<br />
A volte potrai assistere ad esplosioni di collera incontenibili.<br />
COME SI MANIFESTA?<br />
Si tratta di attacchi di rabbia esagerati e mal diretti (es.<br />
urla, lanci di oggetti, ecc.), che possono provocare, nel familiare,<br />
uno profondo stato di tristezza e sconforto, dal<br />
momento che sono un segno evidente di cambiamento nella<br />
personalità della persona cara. Anche se la causa di tale<br />
comportamento non è facile da individuare (es. a volte<br />
potrebbe essere solo un brusco cambiamento d’umore) è possibile agire sullo stato<br />
di collera del paziente; in questo modo anche il familiare potrà sentirsi, in queste<br />
situazioni, meno impaurito ed impotente.<br />
CHE COSA FARE?<br />
✔ Allontanarsi per qualche secondo, questo permetterà al familiare di restare<br />
calmo e di non perdere il controllo della situazione. Inoltre accade spesso che,<br />
dopo pochi minuti dallo scoppio della collera, il malato si calmi e diventi cordiale<br />
ed affettuoso;<br />
✔ Ripensare ai fatti accaduti prima dell'incidente; capire, infatti, ciò che ha portato<br />
allo scoppio della collera può servire ad evitare che accada di nuovo; la malattia<br />
predispone a facili esplosioni di rabbia, ma sono gli eventi specifici, in genere,<br />
a provocare simili reazioni. Per esempio alcuni pazienti hanno questo tipo di reazioni<br />
quando non riescono più a fare ciò che prima facevano con disinvoltura; in<br />
questi casi è opportuno aiutare il malato nello svolgimento del compito, senza<br />
sostituirsi a lui, oppure evitare che si trovi nuovamente in situazioni che non<br />
riesce a gestire. Altri pazienti, invece, s’infuriano quando si sentono trattati<br />
come dei bambini. In questi casi è opportuno controllare il tono della voce ed evitare<br />
di assumere atteggiamenti o troppo protettivi o anche prepotenti; per esempio,<br />
al posto di "Togliti il maglione!" è più appropriato dire "È caldo, non credi?<br />
Lascia che ti aiuti a togliere il maglione".<br />
PAURA E ANSIA<br />
La paura e l'ansia sono tra i disturbi più frequenti.<br />
QUAL È <strong>LA</strong> CAUSA?<br />
Paura o ansia possono essere causate da:<br />
1) deliri e allucinazioni, che possono far perdere al paziente il contatto con la realtà;<br />
2) disturbi di memoria, che portano il paziente a mescolare presente passato - es.<br />
può essere ansioso perché non sono rientrati i bambini da scuola oppure perché è<br />
preoccupato per i problemi che ci sono in ufficio, pur essendo in pensione da anni e<br />
i suoi figli ormai degli adulti;<br />
23
3) dal clima teso presente in famiglia, ecc.<br />
CHE COSA FARE?<br />
✔ Dimostrare comprensione per il suo stato d’animo;<br />
✔ Rimuovere la causa (es. togliendo un soprammobile, uno<br />
specchio, un quadro, ecc.) oppure allontanare il malato dall'oggetto<br />
ansiogeno, nel caso in cui questo sia noto.<br />
✔ Ridurre al minimo le possibili fonti d’ansia, es. mantenendo inalterato l'ambiente<br />
e le abitudini del paziente (nel caso in cui non sia stato possibile capire cosa causi<br />
questo tipo di reazione).<br />
✔ Dare conforto e rassicurazioni (es. prendendogli le mani con<br />
dolcezza o abbracciandolo).<br />
✔ Creare in famiglia un clima sereno, poiché un ambiente in cui<br />
vi è tensione e nervosismo favorisce l’insicurezza e lo stato di<br />
confusione della persona malata.<br />
✔ Fare una “telecronaca” di quello che sta accadendo intorno a<br />
lui; il familiare dovrebbe descrivere cosa sta facendo in quel<br />
momento e chi sono le persone presenti nella stanza; anche nel caso in cui non<br />
riuscisse a comprendere le sue parole, sicuramente si sentirà rassicurato dalla<br />
sua presenza e dal tono della sua voce.<br />
L'APATIA<br />
Tra i vari cambiamenti che si possono verificare a causa della<br />
malattia, l'apatia è il più semplice da gestire; nonostante ciò,<br />
determina, in chi assiste il malato, un forte disagio e preoccupazione<br />
per il benessere del proprio caro.<br />
COME SI MANIFESTA?<br />
Il paziente apatico rimane seduto per ore senza fare nulla, evita di parlare con la<br />
gente, è sempre triste e chiuso in se stesso.<br />
CHE COSA FARE?<br />
1) Creare stimoli nuovi con cui svolgere delle attività che<br />
potrebbero interessargli; questo non è semplice poiché il<br />
più delle volte vi troverete a persuadere il paziente a fare<br />
qualcosa contro la sua volontà. In questa situazione è preferibile<br />
non insistere per evitare reazioni aggressive.<br />
2) Nel caso in cui trovaste difficoltà a catturare l'attenzione<br />
del malato, è importante che v’impegniate a cercare delle attività piacevoli da<br />
proporgli, che lui è in grado di fare.<br />
3) Porre l’accento, sempre, sui risultati raggiunti, senza mai soffermarsi sugli insuccessi,<br />
poiché egli si potrebbe demotivare.<br />
4) Rispettare i suoi ritmi (es. permettendogli di fermarsi quando è stanco).<br />
24
VAGABONDAGGIO<br />
Ad un certo stadio della malattia i pazienti perdono il senso dell'orientamento e se<br />
non adeguatamente accuditi possono incominciare a vagabondare.<br />
COME SI MANIFESTA <strong>IL</strong> VAGABONDAGGIO?<br />
Molti malati vagano all’interno della propria casa, durante il giorno e anche di notte<br />
mentre le persone dormono; altri tentano di uscire<br />
dalle loro abitazioni ed in alcuni casi ci riescono<br />
(difficilmente queste persone riescono a trovare<br />
la strada del ritorno).<br />
QUAL È <strong>LA</strong> CAUSA?<br />
Tale comportamento è raramente privo di scopo<br />
ma il paziente, nella maggioranza dei casi, si dimentica dove stava andando, cosa<br />
doveva fare o non è capace di spiegarlo.<br />
Possono essere molte le cause che motivano tale comportamento:<br />
1) la noia;<br />
2) il cambiamento d’ambiente;<br />
3) il desiderio di fuga da una situazione di disagio e di<br />
sofferenza;<br />
4) la ricerca di qualcosa che crede di aver perso;<br />
5) l’errata convinzione di dover andare da qualche parte;<br />
6) l'esigenza di fare esercizio fisico; ecc.<br />
CHE COSA ESPRIME?<br />
Indipendentemente dalla causa, il vagabondare è espressione<br />
dello stato di confusione e di smarrimento che il<br />
malato vive dentro di sé. Alcuni pazienti raccontano di<br />
vivere come se fossero avvolti dalla nebbia, dove le persone,<br />
gli oggetti e gli ambienti sono senza contorni e<br />
quindi difficili da riconoscere.<br />
CHE COSA FARE?<br />
1) E’ importante capire la vera causa del vagabondaggio e rimuoverla:<br />
✔ Se la causa è la noia, basterà incrementare le attività<br />
ricreative che attirano l'attenzione del paziente;<br />
✔ Se la causa è la mancanza d’esercizio fisico si potrà<br />
accompagnare il malato a fare una passeggiata ogni giorno<br />
con regolarità;<br />
✔ Se è la reazione al trasferimento in un ambiente nuovo è<br />
25
importante sia portare al paziente i propri oggetti personali in modo da riorganizzargli<br />
la vita in un ambiente in parte conosciuto che rassicurarlo facendogli<br />
capire che la sua famiglia sa dove lui si trova;<br />
✔ Se è alla ricerca di qualcosa o di qualche persona del passato<br />
(es. il coniuge deceduto, gli oggetti della casa in cui<br />
viveva quando era piccolo, ecc.) bisogna rassicurarlo e circondarlo<br />
d’oggetti familiari e di foto della<br />
sua famiglia;<br />
2) Applicare alla porta una serratura difficile<br />
da aprire per scoraggiare la fuga;<br />
3) Far indossare una catenina o un braccialetto con scritto il proprio<br />
nome e l’indirizzo.<br />
DELIRI E ALLUCINAZIONI<br />
Non è raro che nei pazienti affetti da Alzheimer si possano presentare deliri e allucinazioni.<br />
COME SI MANIFESTANO?<br />
Il paziente può accusare i familiari di avergli rubato delle<br />
cose, di volerlo avvelenare, di avergli nascosto degli oggetti,<br />
ecc. (deliri) oppure vede e sente cose o persone che non ci<br />
sono (allucinazioni).<br />
L’incapacità di riconoscere la propria immagine nello specchio<br />
e i volti delle persone conosciute (prosopagnosia) alimenta,<br />
inoltre, simili convinzioni.<br />
COSE DA EVITARE:<br />
1) Non entrare mai nel comportamento allucinatorio fingendo di vedere o sentire ciò<br />
che il paziente riferisce.<br />
2) Evitare di convincere il paziente che quello che ha visto e<br />
udito non esiste, si rischia altrimenti di aumentare la sua frustrazione.<br />
CHE COSA FARE?<br />
1) Distrarlo, proponendogli di fare qualcosa insieme a te.<br />
2) Eliminare dall’ambiente gli oggetti che possono favorire lo<br />
sviluppo d’allucinazioni (es. quadri, specchi, statue ecc.).<br />
3) Cercare di rassicurarlo, dicendogli, per esempio, che pur<br />
non vedendo ciò che lui in quel momento vede, Lei capisce quello che è il suo stato<br />
d’animo e quello che prova.<br />
4) Rispondere alle accuse con gentilezza. Ad esempio, se Lei è accusato di avergli<br />
portato via un oggetto, dovrà aiutare il paziente a ritrovarlo per rassicurarlo.<br />
26
DEPRESSIONE<br />
Molto spesso i pazienti con Alzheimer soffrono di<br />
depressione.<br />
COME SI MANIFESTA?<br />
Il paziente depresso è triste, piange spesso, si isola di<br />
frequente; parla, pensa e agisce con particolare lentezza;<br />
non dorme, ecc..<br />
La depressione può inoltre nascondersi dietro un’ulteriore<br />
alterazione del funzionamento e delle abitudini quotidiane.<br />
CHE COSA FARE?<br />
1) Esprimergli comprensione e amore<br />
(es. con una carezza, un abbraccio).<br />
2) Impegnarlo in attività gradevoli al<br />
paziente; è necessario, però, accertarsi che egli riesca a svolgere<br />
con successo tali compiti, perché è importante che sia<br />
soddisfatto di quello che fa; anche dei piccoli fallimenti, infatti,<br />
potrebbero incrementare la sua angoscia.<br />
3) Fare in modo che parli spesso con i suoi amici (nel caso in cui<br />
non voglia parlare, chiedere ad uno dei suoi amici di stargli comunque vicino anche se<br />
in silenzio).<br />
COMPORTAMENTI STRANI<br />
E IMBARAZZANTI<br />
COME SI MANIFESTANO?<br />
Il comportamento del paziente a volte può essere particolarmente<br />
inappropriato e incongruo (ad es. offendere gli altri, spogliarsi in<br />
pubblico, ecc.).<br />
CHE COSA FARE?<br />
In questi casi è opportuno:<br />
1) Cercare di distrarlo coinvolgendolo in un’altra possibile attività.<br />
2) Allontanarlo dalla situazione imbarazzante, con modi gentili e rassicuranti.<br />
3) Cercare anche di individuare un eventuale possibile motivo che possa aver scatenato<br />
il comportamento inadeguato: per esempio, se ogni volta che un conoscente<br />
viene a trovarlo il paziente stringe a sé un oggetto particolare, può voler dire che<br />
teme che gli sia rubato; nel caso in cui, invece, si allontanasse da questa persona,<br />
potrebbe voler dire che ha paura di lui, ecc.<br />
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ALZHEIMER E RIAB<strong>IL</strong>ITAZIONE<br />
Daniela Gangi, coordinatore fisioterapista serv. ADI distretto 3 ASL VT<br />
Silvana Rossi, collaboratore esperto fisioterapista presso Direzione<br />
Strategica<br />
LE TERAPISTE CONSIGLIANO:<br />
Il Linguaggio verbale e non verbale assume per il malato di Alzheimer molta importanza<br />
perchè produce le sue sensazioni positive o negative ed influenza le sue reazioni<br />
alle richieste.<br />
✔ Il linguaggio gestuale ossia i nostri occhi, bocca, testa, spalle, braccia e gambe<br />
deve corrispondere al nostro linguaggio verbale.<br />
✔ Il linguaggio non verbale influenza ed è compreso dal malato anche quando questi<br />
non comprende più il linguaggio verbale.<br />
✔ Parlare al paziente lentamente, con frasi brevi, parole semplici, tono chiaro pacato<br />
e dolce.<br />
✔ Essere sempre sicuri che il malato abbia capito ciò che gli chiediamo.<br />
✔ Spiegare sempre ed eseguire un’azione per volta.<br />
✔ Non sottolineare gli errori.<br />
✔ Toccare il paziente lievemente senza metterlo in una<br />
situazione che gli dia una sensazione di “schiacciamento”.<br />
✔ Non stare troppo vicino al paziente.<br />
✔ Mimare l’attività che si deve compiere.<br />
✔ Sottolineare con un “ bene ” l’azione che il paziente sta facendo.<br />
✔ Avere con il paziente un “aggancio” visivo.<br />
✔ Richiedere sempre al paziente l’attività che riesce a fare perché il fallimento di<br />
una attività porta all’ aggressività, all’opposizione, alla negatività in una parola alla<br />
difficile possibilità di interagire con il malato.<br />
✔ Il paziente va sostenuto con pazienza, è necessario comprenderne gli umori e i<br />
comportamenti perché ciò ci può servire per prevenire anche eventuali situazioni<br />
di pericolo in cui può incorrere il malato.<br />
✔ E’ importante e necessario per entrare in contatto con il paziente anche rispettarne<br />
i suoi rifiuti e i suoi tempi.<br />
✔ Evitare situazioni che possano determinare<br />
ansia, rifiuto, stress e quando<br />
questo accade è bene interrompere<br />
l’attività.<br />
28
PRINCIPALI DIFFICOLTA’ PRATICHE<br />
NEL<strong>LA</strong> QUOTIDIANITA’<br />
Il paziente con malattia di Alzheimer ha problemi di comunicazione in quanto presenta<br />
difficoltà di comprensione e di espressione del linguaggio, che diviene impoverito,<br />
non riesce a trovare le parole “giuste” per esprimere i propri bisogni ed identificarli:<br />
avverte soltanto una generica sensazione che c’è qualcosa che vorrebbe dire o<br />
fare ma non sa ne cosa ne come.<br />
Vi possono essere difficoltà di lettura e di scrittura.<br />
Ha difficoltà a compiere attività complesse come alcune attività domestiche o di<br />
igiene personale in quanto perde la capacità di eseguire attività con una sequenza<br />
logica, e la capacità di ragionamento per cui, non riesce a prendere decisioni anche<br />
semplici.<br />
Il malato non riconosce più l’uso sociale degli oggetti: gli oggetti che generalmente<br />
utilizziamo per lui ad un certo punto non hanno più senso.<br />
Presenta confusione, instabilità e girovagare “è come alla ricerca di qualcosa che non<br />
trova”.<br />
Ha una perdita dell’orientamento e dello spazio, ed una alterata percezione a livello<br />
sensoriale di ciò che vede per cui interpreta erroneamente gli stimoli sensoriali che<br />
riceve.<br />
La consapevolezza degli errori e delle proprie incapacità porta il paziente ad essere<br />
aggressivo da un lato e dall’altro lo porta ad isolarsi e a ridurre gradualmente le<br />
attività e i rapporti sociali.<br />
Per aiutare una persona che soffre di decadimento cognitivo cerchiamo di fornirgli<br />
fonti di informazioni e piccoli ausili che possono compensare questo disagio.<br />
Ad esempio:<br />
✔ Un calendario per ricordare il giorno, il mese, l’anno (orientamento<br />
temporale).Teniamo bene in vista orologi per aiutare il paziente a ricordare l’ora,<br />
accertandosi che calendario e orologio, siano sempre aggiornati.<br />
✔ Fotografie della famiglia attuale e di quella di provenienza, etichettate con chiarezza,possono<br />
aiutare il paziente a ricordare chi sono quelle persone e chi è lui.<br />
Gli album fotografici familiari sono grande fonte diffusa di stimolo e conversazione.<br />
✔ Illustrazioni raffiguranti spazi domestici, arredi, utensili da cucina, capi di abbigliamento,<br />
ecc…. possano aiutare il paziente ad orientarsi nel proprio ambiente<br />
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domestico.<br />
✔ Cartoline di attori, cantanti, animali, fiori, città,ecc…. possono evocare ricordi e<br />
quindi instaurare un dialogo.<br />
✔ Musiche e canzoni degli anni della giovinezza. La musica ha un valore inestimabile,<br />
alcuni pazienti riescono a cantare meglio di quanto non riescano a parlare.<br />
✔ Lettura. Bisogna cercare di mantenerla costante anche quando la capacità di elaborazione<br />
del contenuto si va attenuando.<br />
Non ostinarsi a verificare l’apprendimento di ciò che si è letto.<br />
✔ Scrittura. Se non ci sono grossi problemi di attenzione, concentrazione o alterazioni<br />
della grafia, privilegiare la forma scritta rispetto a quella verbale nell’esecuzione<br />
degli esercizi.<br />
Suggerire alla persona con disturbi cognitivi di compilare giornalmente un diario.<br />
Le annotazioni quotidiane potranno comprendere l’ora del risveglio, le condizioni<br />
metereologiche, l’abbigliamento scelto, le attività domestiche, la descrizione del<br />
cibo assunto al momento del pranzo e della cena, le varie ricette, i contatti sociali,<br />
lo stato d’animo.<br />
In forma più generalizzata potranno essere inoltre rievocati alle corrispondenti<br />
date compleanni, anniversari, ricorrenze celebrazioni, eventi autobiografici significativi<br />
della propria vita.<br />
E’ utile identificare nella raccolta degli esercizi quelli che possono essere eseguiti<br />
con maggiore gradimento, tenendo ovviamente conto degli interessi, delle attitudini<br />
e della predisposizioni della persona prima del manifestarsi della malattia.<br />
E’ utile ricordare che le proposte troppo complesse vanno evitate, poiché il malato<br />
potrebbe trasformare la frustrazione derivante da un insuccesso in una diminuzione<br />
della propria motivazione ad impegnarsi nell’attività di stimolazione.<br />
30
L'AUTONOMIA<br />
La persona presenta delle difficoltà cognitive e motorie con conseguente perdita<br />
dell’autonomia.<br />
Il malato può presentare il “ wandering” ( girovagare) e mentre alcuni passeggiano<br />
continuamente, quasi incapaci di stare fermi, altri al contrario, restano seduti, come<br />
“impigriti”, scarsamente propositivi nei riguardi di tutto ciò che li circonda.<br />
Il malato ha una perdita dell’orientamento del tempo e dello spazio.<br />
La perdita del controllo spaziale può accentuare nel malato atteggiamenti di tipo<br />
catastrofico quando gli vengono richiesti movimenti di coordinazione come ad esempio<br />
entrare in una vasca sedersi, alzarsi in piedi, scendere e salire scale ecc.<br />
E’ necessario mantenere l’AUTONOMIA DI MOVIMENTO il più a lungo possibile.<br />
Controllo dell’ambiente<br />
SE <strong>LA</strong> PERSONA COMINCIA AD AVERE DIFFICOLTÀ NELL’ALZARSI DAL LETTO.<br />
✔ Valutare l’altezza del letto ne troppo alto ne troppo basso.<br />
✔ Procurare una poltrona comoda che faciliti i trasferimenti autonomi.<br />
✔ Accertarsi che in casa possa trovare appoggi sicuri per gli spostamenti (corrimano,<br />
maniglioni, appoggi e rialza wc), mobili senza spigoli.<br />
✔ Incoraggialo a deambulare sfruttando gli ausili più adatti;<br />
✔ Avere pazienza quando si cammina assieme: camminare lentamente in modo che<br />
possa seguirci con facilità.<br />
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PREVENIRE LE CADUTE<br />
Nel facilitare gli spostamenti si deve avere l’accortezza di non mettere la persona a<br />
rischio di cadute che potrebbero causare la totale perdita di autosufficienza.<br />
✔ Eliminare i tappeti ai bordi del letto o nella camera.<br />
✔ Adottare una illuminazione adeguata che non formi ombre e che si accenda automaticamente<br />
quando il malato entra in una stanza .<br />
✔ Illuminare adeguatamente eventuali gradini.<br />
✔ Coprire o eliminare superfici lucidi e riflettenti.<br />
✔ Sostituire i mobili bassi e con spigoli acuti.<br />
✔ Eliminare le “ciabatte” e far indossare pantofole chiuse e con suola di gomma e<br />
no di cuoio, far indossare scarpe comode e con allacciature senza lacci.<br />
E’ consigliabile, là dove è possibile una attività fisica moderata nelle persone che<br />
fanno troppa vita sedentaria perché:<br />
✔ Scarica la tensione e facilita il riposo notturno.<br />
✔ Migliora l’attività respiratoria e circolatoria.<br />
✔ Migliora la mobilità articolare e muscolare.<br />
✔ Può aiutare a comunicare con gli altri.<br />
Per questi motivi si consiglia di fare una passeggiata di circa 20 minuti e se possibile<br />
sempre alla stessa ora e per lo stesso percorso.<br />
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ALIMENTAZIONE<br />
La deglutizione e la masticazione viene mantenuta fino ad una fase avanzata della<br />
malattia.<br />
Il paziente può però avere difficoltà nel provvedere a se stesso per esempio: si prepara<br />
il cibo perché l’abitudine e la routine può aiutarlo, ma dimentica di mangiare;<br />
può non riconoscere i cibi: può mangiare cibi avariati così come può mangiare foglie<br />
di piante velenose o bere sostanze tossiche; oppure può manifestare un appetito<br />
eccessivo, in questo caso è bene ridurre l’apporto di cibi eccessivamente calorici<br />
(biscotti, dolci) per evitare problemi digestivi o di soprappeso.<br />
A malattia avanzata invece, la persona , può avere bisogno di essere imboccata poiché<br />
ha difficoltà a ricordare le sequenze corrette dei movimenti necessari a nutrirsi.<br />
In questo caso:<br />
✔ Gli oggetti per apparecchiare (tovaglia, piatti, posate , bicchiere, devono essere<br />
percepibili e distinguibili gli uni dagli altri).<br />
✔ Utilizzare per posata un cucchiaio forchetta eliminando le forchette o i coltelli<br />
se vengono utilizzati in modo improprio.<br />
✔ Utilizzare per tutto il pasto un unico piatto ( a bordo alto), il malato può non percepire<br />
la temperatura caldo o freddo degli alimenti e scottarsi.<br />
✔ A tavola mettersi di fronte in modo che possa imitare i nostri gesti.<br />
✔ Tagliare il cibo in piccoli pezzi e nelle fasi avanzate della malattia tritarlo o utilizzare<br />
cibi liquidi.<br />
✔ Consentirgli di usare la mani per mangiare.<br />
✔ Se vi è difficoltà nella deglutizione e nella masticazione, è bene consultare il<br />
medico, per rivalutare lo stato della malattia ed adottare i provvedimenti più adeguati.<br />
✔ Se la persona vuole mangiare spesso, sminuzzare il cibo ed offrigli ogni volta delle<br />
piccole porzioni, preferibilmente di verdura, si eviterà di fargli acquisire un<br />
eccesso di peso.<br />
33
IGIENE E CURA PERSONALE<br />
La persona può non ricordare la collocazione degli oggetti di uso sociale ed ha difficoltà<br />
a ritrovarli es: pentole, piatti, abiti, ecc.; ha difficoltà di riconoscere l’uso corretto<br />
di essi come ad es. del water, delle posate ecc.<br />
Vi può essere una difficoltà ad eseguire correttamente delle azioni in sequenza logica,<br />
per es. può indossare le calze sopra le scarpe questa manifestazione è definita<br />
aprassia ovvero la difficoltà di coordinare varie sequenze di movimenti per compiere<br />
una determinata azione ed è ciò che rende, in questo caso, difficile al malato, il<br />
vestirsi o lo spogliarsi.<br />
Con il procedere della malattia egli potrebbe dimenticare di lavarsi, ma si può ostinare<br />
a dire di averlo già fatto o può non essere in grado di ricordare le sequenze dei<br />
movimenti necessari per farlo.<br />
Può non riconoscere il grado di temperatura dell’acqua.<br />
E’ necessario pertanto che il nostro sostegno sia mirato al mantenimento delle abitudini<br />
del paziente. In questo caso:<br />
✔ Rendere il momento del bagno rilassante e piacevole dosargli l’acqua ed eliminare<br />
specchi e bottiglie trasparenti esempio i profumi.<br />
✔ Mettere una tenda intorno alla doccia o alla vasca di colore diverso dal sanitario,<br />
mettere maniglie che facilitano al malato gli spostamenti.<br />
Per far entrare il paziente nella vasca farlo sedere prima sul bordo.<br />
✔ Aiutarlo a pettinare o a radersi .Avere qualcuno che ti cura ci fa sentire meglio.<br />
✔ Per quanto è possibile rispettare il senso di pudore e la privacy.<br />
✔ Utilizzare vestiti che si slacciano facilmente e non chiusi avanti utilizzare abiti<br />
con chiusura a velcro o con elastici in vita.<br />
✔ Riporre gli abiti nello stesso ordine in cui devono essere indossati, possibilmente<br />
su un unica stampella.<br />
✔ Utilizzare sempre scarpe comode con suola anti sdrucciolo e facili da calzare e<br />
scarpe senza lacci.<br />
✔ Far usare oggetti conosciuti, ad esempio le saponette a Lui note ed usare oggetti<br />
che abbiano colori diversi esempio il portasapone a ventosa di colore diverso<br />
dal sanitario.<br />
✔ Eliminare gli oggetti quando il paziente non sa più usarli.<br />
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✔ Incoraggiare la persona ad avere autonomia in tutte le varie attività dandogli<br />
tutto il tempo che gli è necessario per compiere un’azione.<br />
✔ Eliminare i fili elettrici volanti.<br />
✔ Inserire un controllo automatico prefissato per la temperatura dell’acqua.<br />
✔ Scarico automatico per il WC.<br />
✔ Inserire la carta igienica a foglietti separati.<br />
✔ Inserire una doccetta nel WC per l’igiene intima.<br />
FARMACI<br />
35<br />
CASA SICURA<br />
Non è in grado di assumere medicinali nelle giuste dosi e al giusto orario .<br />
E’ pertanto necessaria un’attenta supervisione.<br />
✔ Scrivere chiaramente o anche disegnare su un<br />
foglio orario, dosi e nome del farmaco da assumere<br />
durante il giorno , essere però certi che il<br />
paziente è in grado di leggere e comprendere ciò<br />
che abbiamo scritto.<br />
✔ Suddividere i medicinali in scatole differenziate<br />
da un colore , da un disegno di riferimento tipo:<br />
per il mattino una tazza per la colazione, un piatto<br />
di pasta per il pranzo ecc. oppure con la scritta<br />
colazione , pranzo , cena.
ORIENTAMENTO ED ADATTAMENTI<br />
Può manifestare confusione ad orientarsi nella sua casa e fuori di essa poiché può<br />
dimenticare la disposizione e l’uso appropriato delle varie stanze,<br />
Le finestre e i terrazzi possono costituire un pericolo perché il malato nel suo girovagare<br />
può scavalcarli.<br />
Inoltre può non riconoscere o dimenticare la via dove abita e la strada per ritornarvi.<br />
In questo caso è bene:<br />
✔ Eliminare le chiavi dalle porte interne , il malato può chiudersi dentro, ma non<br />
riesce più ad aprire dall’interno.<br />
✔ Mettere alle finestre delle zanzariere o delle maniglie estraibili che non gli consentano<br />
di scavalcare.<br />
✔ Rendere riconoscibile le stanze, compreso il bagno, lasciandole aperte o ponendo<br />
dei disegni sulle porte.<br />
✔ Inserire l’illuminazione con rilevatori infrarossi per far si che la luce si accenda<br />
o si spenga quando si entra o si esce da un’ambiente.<br />
✔ Mettere sulla porta un disegno che ricordi la funzione della stanza.<br />
✔ Facilitare i percorsi più utilizzati in casa , ad esempio verso il bagno o la cucina,<br />
eliminando i possibili ostacoli.<br />
✔ Dargli dei punti di riferimento per ritrovare il percorso intorno casa, (chiese,<br />
giornalaio, negozi banche ecc.).<br />
✔ E’ bene fargli tenere un braccialetto o in tasca un foglio con nome cognome, indirizzo<br />
ecc.<br />
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I BISOGNI EVIDENZIATI<br />
E L’OFFERTA DEI SERVIZI<br />
Pizzetti Mariella, Assistente Sociale ASL Servizio Sociale Distretto 3 ASL VT<br />
Marisa Vitale, Assistente Sociale Comune di Viterbo<br />
L’invecchiamento della popolazione nelle società occidentali è considerato attualmente<br />
il fenomeno demografico di maggior rilievo per le molteplici conseguenze di<br />
natura economica, sociale, sanitaria, politica e culturale che esso rappresenta.<br />
Le persone anziane presentano bisogni e risorse diverse, per questo sono necessarie<br />
risposte più aderenti ai contesti di vita personali, tramite l’organizzazione di una<br />
rete di servizi mirata a garantire il diritto dell’anziano ad un’informazione compiuta,<br />
il diritto ad un’assistenza sanitaria e sociale commisurata alle esigenze della persona,<br />
il diritto al riconoscimento della famiglia quale ambito privilegiato di vita.<br />
L’A.S.L. di Viterbo ed il Comune di Viterbo, nell’ottica dell’integrazione socio sanitaria<br />
come previsto dalle vigenti leggi, da tempo stanno predisponendo delle azioni<br />
affinchè possa essere il più ampio possibile il ventaglio di risposte ai bisogni della<br />
popolazione anziana.<br />
Il Centro Diurno Alzheimer è nato all’insegna dell’integrazione anche di tipo gestionale<br />
tra sfera sociale e sfera sanitaria, per garantire un servizio intensivo di strategie<br />
di nursing; è un progetto in cui l’integrazione è perseguibile attraverso una continua<br />
coordinazione tra ASL, Ente Locale e Terzo Settore.<br />
L’integrazione delle responsabilità e delle risorse è necessaria per migliorare la qualità<br />
degli interventi, così come necessaria è la verifica continua di ciò che si fa.<br />
L’esperienza del Centro Diurno Alzheimer è una delle risposte integrate al bisogno<br />
di una particolare fascia di popolazione che soffre della malattia diagnosticata come<br />
Alzheimer.<br />
Tutti gli interventi ed i servizi che vengono erogati dall’Azienda Sanitaria Locale e<br />
dal Comune di Viterbo in base alle leggi vigenti in materia socio – sanitaria, hanno<br />
come finalità principale il miglioramento della qualità della vita dei cittadini anziani.<br />
Tra le attività di carattere sociale, altre a quelle riferite allo sportello di Servizio<br />
Sociale all’interno del Centro, va sottolineata l’importanza del ruolo del Servizio<br />
Sociale riguardo alla promozione di iniziative rivolte alla valorizzazione della famiglia<br />
come risorsa fondamentale, nella gestione del malato; sensibilizzazione nei confronti<br />
delle famiglie e del caregiver, sulle possibile iniziative attuabili e sulle risorse<br />
esistenti nel territorio. Sensibilizzazione del territorio sulle problematiche connesse<br />
alla malattia, funzione di raccordo tra gli operatori e le varie attività svolte<br />
nel Centro.<br />
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<strong>IL</strong> CENTRO DIURNO ALZHEIMER<br />
Nel gennaio 2001 inizia la sperimentazione del Centro Diurno Alzheimer presso il<br />
Centro Sociale Polivalente Comunale sito a Piazza dei Caduti a Viterbo. L’iniziativa<br />
nasce dall’esigenza di dare delle risposte anche di tipo sociale e riabilitativo alle problematiche<br />
che si erano evidenziate sul territorio presso il centro U.V.A.<br />
dell’Ospedale di Belcolle, avente il compito di valutare i pazienti idonei al Progetto<br />
Cronos e di elaborare per ognuno di loro un piano d’intervento farmacologico, riabilitativo<br />
e sociale.<br />
Il 19 novembre 2002 viene inaugurato il primo Centro Diurno Alzheimer del<br />
Distretto 3 con sede a Viterbo nel quartiere S. Barbara , Piazzale dei Buccheri, 5/E<br />
tel. 0761/270153 destinato ad una fascia di utenza con caratteristiche di gravità<br />
lieve - medio di deterioramento.<br />
Il Centro Diurno é aperto per tre giorni settimanali (martedì giovedì e venerdì) dalle<br />
ore 9,00 alle ore 15,00. Viene garantito il pasto ed il trasporto per alcune persone<br />
che non hanno risorse parentali disponibili all’accompagnamento.<br />
Il personale impiegato nella gestione e nel coordinamento del servizio é costituito da<br />
psicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, educatori professionali ed<br />
assistenti domiciliari. Il personale suddetto viene fornito in parte dall’ASL di<br />
Viterbo in parte dal Comune di Viterbo e dal Terzo Settore.<br />
Presso il Centro Diurno è operativo per due giorni settimanali uno sportello di<br />
Servizio Sociale ASL - VT Distretto 3 - Comune di Viterbo - Assessorato Politiche<br />
Sociali con le seguenti funzioni:<br />
✔ Ascolto e sostegno per gli utenti i loro familiari e i caregiver;<br />
✔ Attività di Segretariato Sociale con supporto e informazione nei percorsi sociosanitari<br />
e burocratici-amministrativi di cui la persona e i suoi familiari possano<br />
avere bisogno;<br />
✔ Informazioni generali sulla legislazione inerente la tutela e i diritti di questa<br />
fascia di utenza e sulle risorse esistenti nel territorio e la rete dei servizi;<br />
✔ Collegamento e raccordo tra le Istituzioni, le Associazioni di Volontariato e il<br />
Centro Diurno.<br />
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All’interno del Centro Diurno vengono svolte attività di carattere cognitivo, riabilitativo,<br />
occupazionale e ricreativo al fine di migliorare le condizioni del paziente,<br />
favorire la socializzazione e stimolare le capacità residue.<br />
Giornata Tipo all’interno del Centro Diurno<br />
9,00 - 9,30 Accoglienza<br />
9,30 - 11,00 Attività psicomotoria e<br />
musicoterapia<br />
11,00 - 11,30 Pausa<br />
11,30 - 12,30 Terapia cognitiva e occupazionale<br />
12,30 - 13,00 Preparazione al pranzo<br />
13,00 - 14,00 Pranzo<br />
14,00 - 15,00 Attività ricreative<br />
15,00 Rientro in famiglia<br />
A chi possiamo rivolgerci<br />
Per informazioni possiamo rivolgerci all’Assistente Sociale Marisa Vitale<br />
(0761.348561) c/o Comune di Viterbo - Assessorato Politiche Sociali - Via del<br />
Ginnasio 1 e all’Assistente Sociale Mariella Pizzetti (0761.236684) del Servizio<br />
Sociale Distretto 3 ASL VT - Via S. Lorenzo Nuovo, 101 (vicolo dell’Ospedale)<br />
Possiamo inoltre rivolgerci al centro di riferimento specializzato, l'Unità Valutativa<br />
Alzheimer presso l’Ospedale di Belcolle (0761.339446).<br />
www.politichesociali.vt.it www.asl.vt.it<br />
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VOLONTARIATO<br />
Al fine di coinvolgere tutti gli organismi istituzionali e non nel processo<br />
di sostegno e coinvolgimento diretto delle famiglie (sia di<br />
coloro i quali usufruiscono del Centro Diurno, sia di coloro che hanno<br />
familiari affetti da malattia di Alzheimer o altre demenze; è intenzione<br />
creare le condizioni affinchè cresca la cultura della “solidarietà”<br />
attraverso un volontariato adeguadamente formato che stimoli<br />
anche la creazione di forme di associazionismo che tutelino e diano<br />
voce ai malati di Alzheimer e alle loro famiglie.<br />
Stampa: Tip. Grazini & Mecarini snc - Viterbo<br />
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