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articolo ArcheologiaViva - Omar Fragomeni

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ARTE RUPESTRE<br />

NAMIBIA<br />

un museo nel deserto<br />

Testo e foto di <strong>Omar</strong> <strong>Fragomeni</strong><br />

Nelle profonde solitudini di questa estrema terra africana esiste<br />

un luogo magico agli occhi di quanti lo visitano<br />

oggi ma anche di chi lo ha frequentato migliaia di anni fa<br />

TWYFELFONTEIN. Sullo sfondo della prateria nel sito namibiano di Twyfelfontein una liscia superficie di arenaria<br />

con rappresentazioni di giraffa e orice (Oryx gazella): in questo caso la tecnica incisoria risulta più povera<br />

che in altre figure incise sulle rocce dello stesso sito, forse perché si tratta di un periodo più recente,<br />

circa duemila anni fa, quando questo tipo di “arte” risultava meno interessante per le popolazioni del luogo.<br />

CACCIA E RITUALITÀ. Un’altra roccia di Twyfelfontein, in questo caso dipinta: sono rappresentati momenti<br />

di vita tribale come le scene di caccia e anche fasi di raccoglimento, forse durante riti sacri.<br />

2 3


NAMIBIA<br />

a destra<br />

ETNIA HIMBA<br />

Donna con bambino<br />

dei Himba, una delle<br />

ultime popolazioni<br />

fra le tante giunte nella<br />

zona di Twyfelfontein.<br />

I Himba, forse originari<br />

della lontana Nubia,<br />

mantengono salde<br />

le antiche tradizioni.<br />

TERRA PRIMORDIALE<br />

Il suggestivo panorama<br />

che appare dal sito<br />

con arte rupestre di<br />

Twyfelfontein. La valle<br />

è chiusa dalle rocce<br />

arenarie del Giurassico<br />

erose e modellate<br />

nei milioni di anni.<br />

A<br />

prima vista il paese potrebbe<br />

suscitare poco entusiasmo:<br />

terre spoglie, bagnate da<br />

un oceano freddo, strade polverose<br />

dove per ore non si incontra<br />

anima viva… La Namibia è<br />

questa, ma è il suo fascino nascosto che la rende<br />

straordinaria. Sono tante le contraddizioni che<br />

la fanno apparire crudele e allo stesso tempo<br />

amabile. Chi la visita non può non innamorarsene.<br />

La sua straordinaria storia geologica impone<br />

paesaggi e strutture di una bellezza atavica che<br />

fanno calare l’osservatore in una terra senza tempo.<br />

Nel silenzio degli sterminati deserti s’incontra<br />

un luogo, Twyfelfontein, magico per chi lo<br />

visita ora, ma che dovette apparire tale anche agli<br />

occhi di chi lo ha frequentato migliaia di anni fa.<br />

Come un anfiteatro, le arenarie dominano la<br />

pianura erbosa, con il loro intenso colore rosso<br />

che spicca sul giallo della prateria secca. Dapprima<br />

denominato Uri-Ais dai Damara, popolazione<br />

indigena, venne poi ribattezzato Twyfelfontein<br />

che in lingua afrikaans vuol dire ‘fontana incerta’.<br />

Il nome è dovuto all’intermittenza della sorgente,<br />

più o meno attiva in base alle piogge. Così la<br />

chiamarono i primi coloni europei giunti nella<br />

prima metà del Novecento, che usavano l’acqua<br />

per gli animali al pascolo.<br />

Insegnare e dominare:<br />

immagini sulle rocce...<br />

I l<br />

sito è noto per una gran quantità di incisioni<br />

e pitture rupestri lasciate sulle lastre di<br />

arenaria, a partire da circa diecimila anni<br />

fa, da tribù di cacciatori-raccoglitori, appartenenti<br />

a gruppi etnici legati agli attuali San, i<br />

boscimani, che qui stazionavano per lunghi<br />

periodi proprio grazie alla presenza di acqua e<br />

alla posizione strategica per la caccia. Sono<br />

state catalogate oltre duemila rappresentazioni,<br />

con una varietà di tecniche e tematiche nelle<br />

migliaia di anni. Principalmente sono rappresentati<br />

animali, più rare le figure umane.<br />

Colpisce la diversità delle specie riprodotte: giraffe,<br />

rinoceronti, kudu, struzzi, elefanti, leoni<br />

e tante altre specie di erbivori e carnivori.<br />

Alcuni studiosi sostengono che queste opere<br />

rispondessero a uno scopo didattico, per far<br />

apprendere ai futuri cacciatori le caratteristiche<br />

delle prede da colpire a cominciare dal riconoscimento<br />

delle orme; altri pensano che siano<br />

state realizzate da sciamani, che avrebbero<br />

riprodotto figure apparse negli stati di trance.<br />

La prima teoria sarebbe convalidata da rappresentazioni<br />

di animali che presentano sulla<br />

parte terminale degli arti la forma delle impronte<br />

stesse. A sostegno della seconda, invece,<br />

vi sarebbe la presenza di forme antropomorfe,<br />

a rappresentare la fusione dell’uomo<br />

con la natura (in modo da dominarla): una<br />

rappresentazione famosa, significativa in tal<br />

senso, è The lion man, raffigurante un leone<br />

con impronte di mani, replicate anche sull’estremità<br />

della coda; oppure quella nota come<br />

Dancing kudu, raffigurante un essere metà antilope<br />

e metà uomo. Poi viene un gran numero<br />

di pitture, realizzate con impasti d’ocra e ossidi<br />

di ferro, spesso raffiguranti scene di caccia,<br />

oppure umani in raccoglimento.<br />

Politiche di salvaguardia<br />

per il futuro della Namibia<br />

T wyfelfontein<br />

rappresenta, dunque, uno<br />

dei siti con arte rupestre più importanti<br />

dell’Africa e dal 2007 è nella lista Unesco.<br />

Alcuni reperti si trovano presso l’Alte Feste,<br />

un vecchio fortino tedesco, oggi sede del<br />

Museo nazionale della Namibia nella capitale<br />

Windhoek. Inoltre, iniziative come l’istituzione<br />

dello Etosha National Park, uno dei più<br />

grandi del Continente, nel nord del Paese, le<br />

leggi e gli investimenti sulla tutela ambientale<br />

e culturale, la creazione di musei e aree protette,<br />

fanno capire che lo sforzo per la salvaguardia<br />

del patrimonio è notevole in questo giovane<br />

Stato (indipendente dal Sud Africa solo dal<br />

1990). Basti pensare che in Namibia il numero<br />

dei rinoceronti è in crescita, a differenza degli<br />

altri Paesi africani dove il trend è decisamente<br />

negativo. Un Paese lungimirante, capace<br />

di offrire molto a chi la visita, ma che non<br />

pensa solo al presente.<br />

<strong>Omar</strong> <strong>Fragomeni</strong><br />

Specialist Member A.I.E.A. (Associazione Italiana<br />

Esperti d’Africa) per la Geologia e la Paleontologia<br />

qui a lato e sotto<br />

ANATOMIA<br />

Erbivori al pascolo<br />

e giraffa incisi<br />

sulle arenarie<br />

di Twyfelfontein.<br />

In questo caso<br />

si noti l’abilità<br />

degli “artisti”<br />

preistorici nelle<br />

proporzioni e nei<br />

dettagli anatomici.<br />

THE LION MAN<br />

La famosa roccia<br />

di Twyfelfontein con<br />

un leone, circondato<br />

da zebre, antilopi e una<br />

giraffa. La lunga coda<br />

del felino potrebbe<br />

rappresentare<br />

un braccio con una<br />

mano all’estremità,<br />

simboleggiando la<br />

metamorfosi da animale<br />

a umano. Le incisioni<br />

venivano realizzate<br />

scalfendo la patina<br />

di ossido presente sulla<br />

superficie; la patina<br />

poi si riformava.<br />

DANCING KUDU<br />

Un’altra famosa<br />

roccia incisa<br />

di Twyfelfontein:<br />

intorno al<br />

therianthrope, essere<br />

metà uomo e metà kudu<br />

(tipo di antilope del<br />

genere Tragelaphus)<br />

ribattezzato “Dancing<br />

kudu”, sono presenti<br />

numerose immagini<br />

stilizzate: potrebbero<br />

rappresentare le fasi<br />

lunari o degli astri,<br />

o una “mappa” di punti<br />

in cui erano presenti<br />

sorgenti o corsi d’acqua.<br />

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