Lezione III - L'arte paleocristiana e bizantina - Francesco Ridolfi

L’arte paleocristiana e bizantina
La vita dei primi cristiani si svolse in mezzo a quella dei pagani, senza
apprezzabili diversità esteriori, tranne l’astensione da certe attività e il rifiuto di
manifestazioni letterarie, artistiche e filosofiche contrarie alla loro fede e alla loro
morale. Tolto questo, essi continuarono ad esercitare gli stessi mestieri, ad
abitare nelle stesse case, ad obbedire alle stesse leggi e alle stesse consuetudini
dei pagani. Una differenziazione, prima che nelle forme di vita, sopraggiunge
negli usi sepolcrali; il nuovo credo, inoltre, si esprime in campo artistico con la
celebrazione e l’esaltazione della vita e delle parole di Cristo.
In campo architettonico, a Roma più che in ogni altro centro del mondo cristiano
antico è possibile individuare e seguire il processo di occupazione fisica dello
spazio urbano e suburbano, giungendo così a riconoscere nel secolo VI l’avvenuta
trasformazione dell’Urbs in città a forte e incisiva presenza cristiana.
L’occupazione di uno spazio “cristiano” ha inizio nell’area suburbana e in chiave
funeraria; con la deposizione nei cimiteri (catacombe) dei corpi dei martiri; con
l’inizio del culto a loro tributato si assiste ad un’opera di monumentalizzazione
delle sepolture venerate. Da questa prima trasformazione (dalla tomba alla
formazione dei santuari) si passa alla seconda fase (formazione degli spazi
fortificati). Dalla memoria di Pietro, e dal trofeo di Gaio si arriva alla fondazione
della basilica costantiniana in Vaticano, sulla via Cornelia, secoli dopo circondata
da mura. Anche sulla tomba di Paolo in via Ostiense sorse la prima basilica
(costantiniana), poi ingrandita, e secoli dopo fortificata; a Costantino si deve la
prima basilica presso la tomba di san Lorenzo, zona in seguito fortificata, sulla via
Tiburtina; altri luoghi sacri sorsero intorno a Roma presso le catacombe. Infine
nei secoli V e VI numerose chiese furono edificate all’interno della città; lo spazio
cristiano cominciò a comprendere ormai tutta la sua antica parte monumentale.
L’arte paleocristiana va dal periodo delle catacombe fino a Giustiniano (VI sec.);
dal punto di vista architettonico e iconografico appare evidente la diretta eredità
romana; l’arte cristiana sbocciò direttamente dalla corrente artistica propria del
mondo pagano. Il Cristianesimo operò una sintesi delle due tendenze dominanti;
da un lato mise l’accento sull’invisibile (di tipo orientale) e, proclamando la
priorità del Bene sul Male, gli donò un contenuto, considerandolo un attributo
divino; dall’altro non rifiutò il visibile (concezione classica, ellenistica dell’arte),
ma lo vide in una luce nuova, perché il Cristianesimo si proclamava la religione di
Dio incarnato che è sceso in terra e ha creato la Chiesa.
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La venerazione della comunità cristiana verso chi aveva sacrificato la vita per la
propria fede in Cristo fece sì che l’appellativo di martire divenisse nella Chiesa il
massimo titolo di gloria e diede origine ad atti di culto. A partire dall’età
costantiniana furono eretti edifici in onore dei martiri e propriamente sulle loro
tombe; i primi sorsero in Roma che nel IV secolo cessava di essere la capitale
dell’impero. Costantino decise di fondare una nuova Roma che si opponesse
all’ostinato paganesimo della vecchia e fondò la sua capitale nel 330,
Costantinopoli, sovrapponendola alla cittadella di Bisanzio; nonostante ciò, a
Roma sorsero i primi e più importanti edifici per il nuovo culto.
Dopo la libertà di culto proclamata nel 313 da Costantino, la Chiesa potè prendere
in esame tutto il suo atteggiamento verso l’arte; per contenere l’intera comunità
radunata per l’ufficio divino, le aule per il culto non vennero costruite sul modello
dei templi pagani, ma sullo schema delle basiliche, grandi “sale regie” adibite a
tribunali.
L’origine della basilica cristiana ha dato luogo a molte dispute; si è scomodato
tutto l’Oriente per trovare in edifici di culto misteriosi il prototipo sicuro della
stessa. Ma è a Roma che dobbiamo rivolgerci; non mancano nella sua architettura
esempi antichi come l’edificio sotterraneo di via Prenestina, dei primi anni
dell’Impero, diviso da sei pilastri in tre navate e provvisto di abside centrale, o
come la vasta aula con navate, divise in due piani, nei Mercati traianei, opere che
presentano grandi analogie con il tipo della basilica cristiana.
Questa è un edificio rettangolare, diviso da file di colonne e di pilastri in più
navate, tre o cinque; uno dei lati brevi porta gli ingressi; l’altro, opposto, si
incurva in tre o cinque nicchioni semicircolari che si dicono absidi. L’aula interna
della basilica è preceduta da un vestibolo, detto nartece; la navata centrale è più
alta delle laterali, nei suoi muri sono aperte le finestre. Talora le navate laterali
hanno un piano interno superiore (che si affaccia su quella mediana) frequentato
dalle donne e detto matroneo. Sul diametro del semicerchio dell’abside è posto
l’altare per la celebrazione eucaristica, lungo la curva absidale sono i banchi degli
ecclesiastici e al vertice del semicerchio la cattedra del vescovo che dirige la
riunione dei fedeli. Davanti all’altare è un’area di rispetto, con la schola cantorum,
chiusa da transenne di marmo alle cui estremità sono due pulpiti o amboni per la
lettura del vangelo e dell’epistola. Spesso tutto questo spazio per il clero, detto
presbiterio, è separato dal resto dell’aula da un grande arco che si eleva fino al
tetto e si dice arco trionfale. Davanti alla basilica può sorgere un atrio
quadrangolare con al centro la vasca per i catecumeni.
La tradizione attribuisce a Costantino la prima basilica, sorta in Roma (S.Giovanni
in Laterano, 311-314),in origine dedicata al Salvatore: la forma basilicale, pur
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attraverso le più svariate trasformazioni, è rimasta fino ad oggi la più consueta
nelle costruzioni religiose cristiane; nei primi secoli essa si identificò in Italia,
come in Gallia, in Egitto, in Asia Minore, a Costantinopoli.
Accanto al grande edificio per la riunione di tutti i fedeli, la basilica cristiana ebbe
bisogno di un locale per somministrare il battesimo; gli edifici termali,
diffusissimi, offrivano nelle loro sale facili esempi; si prescelsero per lo più, come
modelli, sale rotonde od ottagone. L’esempio forse più antico è il battistero
lateranense, sala da bagno del palazzo dei Laterani, ereditato da Costantino,
ricostruito da Sisto III.
Degli edifici costruiti per onorare le tombe dei martiri (martyria), i modelli furono
tratti dall’architettura funeraria classica, da edifici a pianta circolare (mausolei).
Queste forme architettoniche, sviluppandosi, dettero origine al secondo tipo di
chiesa cristiana, quello detto a pianta centrale, ordinariamente circolare o
poligonale. Martyria e chiese a pianta centrale si diffusero in special modo in Asia
Minore e in Siria, senza che per altro questo autorizzi in nessun modo ad asserire
che questa forma architettonica sia dovuta a quell’area dell’impero, esistendo
tombe romane, in quelle province, che si rifanno ai templi circolari (per esempio al
Pantheon).
I tipi primordiali della basilica costantiniana ebbero ampliamenti e trasformazioni;
troviamo basiliche a forma di croce (greca e latina), quando una navata trasversale
taglia ad angolo retto le navate longitudinali all’altezza dell’arco di trionfo
(transetto). L’uso della cripta, un sotterraneo del presbiterio, cominciò a
diffondersi nel secolo VI, dopo il primo esempio realizzato in una chiesa di
Ravenna.
Anche in pittura e in scultura il passaggio stilistico tra l’arte romana e quella
paleocristiana è stato diretto. La prova evidente che nella prima fase di tensione
tra arte pagana e arte cristiana sono solamente i “motivi” che cambiano, che si
hanno cioè contenuti nuovi immessi nelle forme consuete, è dimostrata con alcuni
esempi: la statuaria attinse per le sue espressioni al simbolismo funerario pagano
(il Buon Pastore, l’Orante); al secolo IV appartiene la maggior parte dei sarcofagi
noti, produzione per lo più di laboratori romani, di gusto ellenistico, con scene
tratte dal Vecchio e Nuovo Testamento.
Per quanto riguarda la suppellettile, la pisside romana, di uso esplicitamente
mondano, decorata con scene di gioco e di caccia, diviene un oggetto sacro,
ecclesiastico, per conservare il Sacramento. Il dittico che i consoli presentavano
all’imperatore in occasione dell’investitura è ora tavoletta per scrivere, e il nome
del magistrato è sostituito da quello del vescovo.
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Un medesimo discorso vale per la pittura nelle basiliche e nelle catacombe. Essa
si presenta come un vero e proprio capitolo a se stante del divenire dell’arte
occidentale e quasi un’introduzione allo studio dell’arte medioevale; mostra,
nell’avanzata età imperiale romana in rapporto alle correnti figurative ufficiali
(dello stile romano-aulico) e popolari (del tipo italico-romano), i riflessi immediati
o mediati del nuovo contenuto cristiano, quale verrà a poco a poco affermandosi
negli sviluppi artistici della tarda antichità e del primo Medioevo. I cristiani si
avvalsero del linguaggio figurativo del tempo in cui vissero; essi usarono in
prevalenza due forme, una tonale-disegnativa, l’altra compendiarla. Mentre alla
base della prima si trova una spiccata tendenza naturalistica, vicina alle eleganti
pitture romane contemporanee, a fondamento invece della forma compendiarla
sta un fare rapido e sommario, così che la visione pittorica si attua per mezzo di
un mutevole gioco di luci e ombre, date da macchie di colore. In un primo tempo
la decorazione pittorica delle catacombe si manifesta con motivi ornamentali e
simbolici tratti dalla contemporanea arte pagana, ma ai quali i cristiani poterono
anche attribuire un loro particolare significato, come Amore e Psiche, Orfeo che
ammansisce le belve, gli amorini, i genî, e poi paesaggi, vasi, candelabri,
ghirlande, tralci di vite, ecc.
Anche in altre parti d’Italia l’arte cristiana ha espresso opere di notevole
importanza; la basilica di S. Lorenzo in Milano, eretta nella seconda metà del IV
secolo, presenta un’immensa struttura quadrilobata a doppio guscio con quattro
grandi esedre a semicupola; un deambulatorio con galleria anima il guscio
esterno. L’articolazione spaziale solenne e vasta è sufficiente a fare di S. Lorenzo
una delle più straordinarie creazioni cristiane dell’Occidente.
L’insegnante ha quindi parlato brevemente dell’arte paleocristiana ravennate.
Quando Teodosio il grande morì nel 395, l’impero romano andò diviso tra i figli
Arcadio (Oriente) e Onorio (Occidente); questi trasportò la capitale a Ravenna. Alla
sua morte, la sorella Galla Placidia si rifugiò a Costantinopoli presso il nipote
Teodosio II, cui richiese aiuto; a Ravenna venne posto a morte l’usurpatore
Giovanni e Valentiniano fu proclamato imperatore sotto la tutela della madre;
nella stessa città il mausoleo di Galla Placidia ha l’interno interamente ricoperto di
mosaici; essi manifestano quanto fosse fortemente sentita la tradizione
ellenistica. Se i soggetti sono simbolici, le figure, le piante, gli animali o
l’immagine del Buon Pastore sono trattati veristicamente con la freschezza della
tecnica propria della pittura compendiarla; è perciò giusto riavvicinare quest’opera
musiva ai più importanti mosaici di Roma, ricollegandosi a quelli di S. Pudenziana,
e di S. Costanza (IV sec.), a quelli della navata mediana di S. Maria Maggiore (V
sec.), dei SS. Cosma e Damiano (VI sec.). Caratteri ellenistici hanno la tecnica del
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panneggio e la fattura dei volti, mossa e vivace, propria della pittura
impressionistica del tempo.
La stessa imperatrice eresse la basilica di S. Giovanni Evangelista, sul tipo di
quelle costantiniane, con abside a due ordini di logge. Il battistero del vescovo
Neone, anch’esso della metà del V secolo, è adattato entro la sala ottagona di un
edificio termale romano e ha la cupola adorna di mosaici col battesimo di Gesù e
con gli apostoli, figure ancora statuarie e monumentali.
Di Teodorico restano a Ravenna la chiesa di S. Apollinare (già di S. Martino), di
tipo basilicale costantiniano, e il mausoleo, simile a molti edifici sepolcrali romani,
con una falsa cupola costituita da un solo blocco di calcare d’Istria, del peso di
circa 300 tonnellate. L’influenza ravennate, prima ancora che bizantina, si sente
su tutte le sponde dell’Adriatico settentrionale fino a Pola (qui si nota nei mosaici
pavimentali della Cattedrale e di S. Maria del Canneto).
La decorazione delle basiliche cristiane fu un problema arduo e serio perché si
presentò, e fu causa di dispute, la questione delle immagini sacre; benché tutti i
fedeli avversassero le grandi statue di proporzioni umane, le loro idee circa le
pitture differivano alquanto e vi erano alcuni che le ritenevano utili in quanto
aiutavano la comunità a ricordare gli insegnamenti ricevuti e a mantenere desto il
ricordo della storia sacra. Questo fu il punto di vista adottato nelle regioni
occidentali latine dell’impero, e questa fu la direttiva di papa Gregorio Magno; egli
ricordò a quanti avversavano ogni pittura che molti membri della Chiesa non
sapevano leggere né scrivere e che, per indottrinarli, i dipinti erano utili quanto ai
fanciulli le immagini di un libro illustrato. Il soggetto doveva essere rappresentato
nel modo più chiaro e semplice possibile; questo fu un avvenimento di immensa
portata nella storia dell’arte.
Per quanto riguarda l’architettura cristiana nelle province orientali dell’impero, il
tipo della basilica a cinque navate, il cui primo esempio è quello di S. Giovanni in
Laterano, si diffonde dalla Tingitania fino alla Siria; nel IV secolo sorgono in
Terrasanta combinazioni di basiliche a cinque navate con edifici a pianta centrale,
come la grandiosa chiesa della Natività a Betlemme, fondata da Costantino e da
sua madre Elena, e quella del S. Sepolcro a Gerusalemme, complesso costituito da
tre monumenti: a) martyrion, basilica costruita sulla cripta dell’Invenzione della
Croce, b) chiostro del Calvario, c) anastasis, edificio circolare sul tipo dei mausolei
principeschi romani, al cui centro era la tomba di Cristo. S. Elena fece costruire a
Gerusalemme anche la basilica dell’ ”Eleona”, a tre navate. A pianta ottagonale con
il matroneo è la chiesa principale di Antiochia, fondata da Costantino; della fine
del IV secolo in questa stessa città è il “martyrion” cruciforme di S. Babila con
edicola centrale a cupola e quattro navate.
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Contemporaneo è il complesso forse più importante dell’Africa, a Theveste in
Numidia, una basilica a tre navate absidate, preceduta da un atrio ed eretta su un
alto podio, con cella tricora e battistero Tra il IV e il V secolo fu edificata a
Cartagine la grande basilica di Damous el Karita, amplissima, con ben nove
navate, di cui la centrale più larga delle altre e absidata; nella stessa città è da
ricordare anche la basilica di S. Cipriano a sette navate. Altri esempi di edifici
paleocristiani che si rifanno alle strutture architettoniche romane sono le basiliche
di Ippona in Tunisia, di Tipasa e di Cuicul in Algeria, di Gaza e Sichem in Palestina,
il complesso di Abu Mina (San Mena) in Egitto (V-VI sec.), i”martyria” ottagonali
con ambulacro e strutture satelliti a Bosra e a Hierapolis in Siria.
Alla scuola architettonica palatina del periodo teodosiano si deve il primo S.
Giovanni ad Efeso, ” martyrion”, al cui vano centrale si innestano i quattro bracci,
costituiti, anziché da aule a una sola navata, da altrettante basiliche a più navate
ipostile.
In Grecia e in Macedonia il mondo paleocristiano ha continuato a servirsi degli
stessi luoghi cari al mondo antico, per erigervi le sue chiese e i suoi conventi;
degne di menzione sono la basilica di Epidauro del IV secolo, le due grandi
basiliche di Salonicco del V secolo, riccamente decorate. Per ordine di Teodosio si
cominciano a trasformare i templi pagani in chiese cristiane; della scuola
teodosiana è la ”Panaghia” nello Stoa di Adriano in Atene. A Nikopolis in Epiro
furono edificate quattro imponenti basiliche, tre a Corinto nel Peloponneso, tra le
più importanti della Grecia.
Trattiamo ora dell’arte paleocristiana nelle province occidentali dell’impero.
In Gallia durante il V e il VI secolo sorsero i primi grandi edifici cristiani,
specialmente fitti nel Mezzogiorno, cioè nelle zone maggiormente romanizzate:
battisteri ad Aix, Angers, Cimiez, Frèjus, Marsiglia, Melas, Nevers, Poitiers, Riez,
Saint Remy, Valence, Venasque; chiese episcopali (che prendono il posto di quelle
situate in abitazioni private) ad Angers, Clermond Ferrand, Lione, Marsiglia, Metz,
Nantes, Orlèans, St.Bertrand de Comminges, Tolosa, Tours, Vaison la Romaine,
Vienne, ecc.
Sidonio Apollonio (V sec.), tipico esponente della cultura e della civiltà latina in
Gallia, vescovo e scrittore, così descrive la basilica di St. Jean a Lione, derivata dal
tipo delle basiliche costantiniane di Roma: ”Una selva di colonne separa le navate,
un soffitto a cassettoni dorati risplende quando è illuminato dal sole, marmi
variegati rivestono i pavimenti e i muri, in alto vi è un mosaico…”; la basilica aveva
anche doppio portico e atrio. Lo stesso schema presentavano le basiliche di S.
Victor di Marsiglia e S. Bertrand de Comminges, un transetto era in quelle di
Clermond Ferrand, Nantes e Vaison la Romaine.
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Anche la pittura in Gallia si rifà alla tradizione classica e all’iconografia
paleocristiana di Roma ( mosaici di St. Jean di Lione, di Nantes, di Tolosa, ecc.); lo
stesso si può dire per i sarcofagi di Aquitania, Borgogna e Poitou; grande
importanza hanno quelli di Arles (in queste regioni fiorirà la grande scultura
romanica e gotica). A Treviri, nella Gallia belgica, fu innalzata la basilica doppia
costantiniana, opera della scuola architettonica di S. Simpliciano a Milano; da
questo tipo derivarono S. Pietro a Metz e S. Pantaleone a Colonia; qui è importante
anche il “martyrion” di S. Gereone (IV sec.), edificio a pianta ellittica, con otto
nicchie disposte attorno a un vano centrale, schema risalente ai modelli tipici di
Roma.
In Spagna sono notevoli testimonianze di arte paleocristiana il mausoleo di
Centcelles con cupola decorata a mosaico e il “martyrion”di La Alberga, entrambi
del IV secolo; basiliche di tipo costantiniano sono ad Alcantara, nelle Baleari, a
Burgos, a Elche, a Jàtiva, a Merida, a Palencia, a Tarragona, a Tarrasa, ecc. (tutte
del periodo V-VII sec.). A queste architetture si affianca una serie di sculture
eseguite da botteghe tardo-romane; scuole locali traggono origine dal cospicuo
complesso di sarcofagi antichi; a Merida si afferma una ricchissima
ornamentazione di origine romana che influenzerà anche l’arte aulica di Toledo.
L’insegnante ha quindi parlato dell’arte paleocristiana nell’impero romano
d’Oriente; quando per le invasioni di Odoacre e di Teodorico non si nominò più
l’imperatore d’Occidente, rimase Costantinopoli sede unica dell’impero e Ravenna
sede del rappresentante imperiale in Italia, fosse egli un re dei Goti come
Teodorico o un magistrato bizantino. Costantinopoli poteva, molto più di Roma,
sentire influenze di quelle regioni d’Oriente che avevano avuto proprie visioni e
tradizioni artistiche, e poteva sentirle specialmente in questo tempo in cui l’arte
greco-romana universalmente accettata nell’impero non rispondeva più così
pienamente alle nuove concezioni della vita, della religione, dell’autorità
imperiale, dello stato, ecc.
Ed era naturale che, quanto più quella forma d’arte scadeva, tanto più facilmente
ripigliassero vita concezioni e tecniche delle antiche arti orientali non mai del
tutto spente, alcune delle quali parevano rispondere meglio alle esigenze e alle
idee del tempo. Per esempio, alla concezione quasi mistica del “basileus”
bizantino carico d’oro e di gemme, invisibile negli splendori del suo palazzo al
quale si accede solo prosternandosi, meglio si adatta la divina rigidità impassibile
di un faraone egizio o di un re assiro che non le immagini della colonna traiana
con l’imperatore che precede a piedi le sue truppe o che traversa il Danubio,
reggendo il timone della propria barca. Queste influenze si avvertono soprattutto
nelle arti figurative in cui si ha l’innesto, sulla tradizione ellenistico-romana, di
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elementi stilistici di origine orientale (mesopotamici, persiani, armeni, siriani); ad
essi richiamano l’esuberanza delle decorazioni, il gusto del policromo, il senso di
frontalità e di ieraticità delle figure, molto allungate, le pose ritmiche, lo sfondo
quasi interamente dorato, il nuovo simbolismo.
La pittura si realizza essenzialmente attraverso la tecnica del mosaico che viene
adottata come la più idonea ad esprimere l’assolutezza trascendente delle
figurazioni sacre dei personaggi della corte imperiale. All’Occidente latino la
pittura bizantina deve alcuni caratteri, come la persistenza di soggetti mitologici
ed allegorici e la costante ricerca di equilibrio compositivo.
La netta separazione nell’ambito dell’impero di un’arte bizantina già a partire dal
330 (quando Costantino fece dell’antica Bisanzio la capitale dell’impero romano,
dandole il proprio nome e edificando la prima S. Sofia e l’Apostoleion a pianta
cruciforme) e addirittura di un’arte prebizantina di più lontana origine nel tardo
ellenismo, non è giustificata nel periodo precedente il regno giustinianeo (518-
565), ricordando che fino a Giustiniano gli imperatori, eccetto Zenone, sono tutti
di stirpe latina o latinizzata, e ribadiamo che fino al secolo VII la lingua ufficiale in
Oriente era il latino; possiamo dire che il mondo bizantino ebbe anche forma
romana dello stato e fede cristiana, oltre che cultura greca (lo stesso Giustiniano
può definirsi cesaro-papista, e i sudditi un’aristocrazia romanizzata).
Scartando l’ambiguo termine di “bizantino”, per tutto il periodo che va dal IV alla
metà del VI secolo riserviamo la più propria definizione di romaico, cioè
pertinente all’impero romano d’Oriente, mentre sarà adoperato il termine
”bizantino” per la produzione seguente, quando avvenimenti politici staccano in
modo definitivo l’Oriente dall’Occidente e gli imperatori di Bisanzio cessano di
rivendicare l’imperium sull’Occidente e restaurare l’universalità romana. Questa
distinzione si oppone così alle tesi storiografiche che in vari tempi hanno cercato
di isolare uno specifico stile bizantino contrapposto a uno romano, cercandone le
origini e le precedenze determinanti nell’Oriente ellenistico e cristiano.
Alcuni punti fermi possono meglio precisare le ragioni di questa impostazione
antischematica; ricordiamo prima di tutto che quando Costantino volle fare di
Bisanzio la capitale imperiale, impiegò i migliori architetti, scultori e marmorari
chiamati dall’Italia, e che ai suoi editti seguirono quelli di Costanzo II e di
Costante, per reclutare valenti operatori, che erano scarsi fuori d’Italia, ad
eccezione delle province d’Africa; si sa perfino che un portico di Costantinopoli fu
fatto da artefici di Napoli e Pozzuoli.
Si concretò lo sforzo degli imperatori, teso a continuare la tradizione romana e a
creare sulle rive del Bosforo una seconda Urbe. Archi onorari, colonne celebrative,
statue, monumenti vengono eretti nella città; grandi colonnati ne adornano le vie
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principali, mentre gli edifici pubblici cercano di rivaleggiare con quelli famosi che
si specchiano nel Tevere. Le statue adornano anche le prime chiese cristiane,
legate alla più viva tradizione classica, allo stesso modo delle numerose statue
marmoree di magistrati del V secolo, rinvenute ad Efeso e ad Afrodisia, del
colosso bronzeo di Barletta, ecc.
A Costantinopoli l’imperatore Valente costruì l’acquedotto; Arcadio ( IV-V sec.)
dette alla città un nuovo foro in periferia; Teodosio II promosse un nuovo
ampliamento e costruì un nuovo, fortissimo giro di mura e fossati (fino al 1204
questo baluardo, creato con profonda nozione della scienza militare, rimase
imprendibile, a difesa non solo della capitale ma di tutto l’impero d’Oriente),
edificò il Palazzo, ricostruì la grande chiesa, incendiata sotto Arcadio, innalzò i
propilei con colonne di marmo verde, reggenti architravi con arco al centro.
La chiesa dei SS. Sergio e Bacco, del periodo giustinianeo, ha un vano centrale
coperto da cupola a spicchi che sembra derivare da prototipi dell’età adrianea,
come quella della villa dell’imperatore a Tivoli, contornata da nicchie
alternativamente curve e rette; la stessa chiesa di S. Sofia è costruita secondo
sistemi romani con una grande cupola emisferica del diametro di 31 metri, in cui
le spinte laterali di questa grande massa di copertura sono ricevute e sostenute da
altre semicupole che determinano enormi nicchie; ne furono architetti Antemio e
Isidoro che chiamano se stessi “romani di Tralle e di Mileto” (Un altro grande
architetto, molto più orientale di loro, Apollodoro di Damasco, aveva quattro
secoli prima diretto le costruzioni di Traiano, restando nelle linee di un’assoluta e
perfetta romanità).
Frontalità e bidimensionalità, altri attributi del “bizantino”, discendono
dall’Oriente antico, ma il fattore orientale ha precedenti in Roma fin dal I secolo.
Il Dawson, a proposito dell’asserita origine orientale della pittura romana e
pompeiana di paesaggio illusionistico, ha mostrato che la stessa non ebbe
precedenti nemmeno ellenici ma fu l’effetto di un’innovazione stilistica. Il caso
limite è forse quello del rivestimento marmoreo policromo che è stato definito
“peculiarità orientale esotica”; il gusto dell’impiego di marmi colorati in colonne,
pilastri, pareti e pavimenti ad opus sectile è romano dal secolo I a.C.; molti marmi
pregiati sono stati estratti da cave imperiali dello stesso periodo. L’oro è il
simbolo della luce divina e dell’infinito mistico della concezione cristiana
orientale; a parte l’uso, per il fondo dorato dei mosaici, delle tessere vitree auree
già diffuse all’inizio del secolo IV, ci si deve chiedere se la stessa assegnazione di
significato religioso-trascendente si dovrà dare alla “domus aurea“ di Nerone e
alla “domus augustana” rinnovata da Domiziano e celebrata da Plinio e Plutarco
per lo splendore dell’oro. Inoltre già a Pompei si usavano decorazioni parietali a
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specchi geometrici colorati prima degli esempi in Egitto e in Crimea. Così
respingiamo la fittizia subordinazione a fonti ”prebizantine orientali” dell’arte in
Italia fino dal IV secolo.
A Ravenna il nuovo stile si avverte principalmente nella concezione decorativa,
plastica e pittorica; del periodo giustinianeo è la chiesa di S. Vitale, elegantissimo
edificio ottagono che ha all’interno otto grandi pilastri a sostenere la cupola; la
singolarità della pianta, i problemi costruttivi che essa induce e gli espedienti
usati per risolverli (per esempio la cupola costruita in materiali leggeri con
nervature di tubi di terracotta vuota) trovano tutti dei precedenti nell’architettura
romana classica (edifici della villa Adriana a Tivoli, ninfeo degli “horti liciniani”,
detto di Minerva Medica, a Roma). Le influenze di Bisanzio si avvertono invece
nelle decorazioni architettoniche (forma dei capitelli a pulvino, intagli minuziosi,
trafori in luogo del rilievo sporgente), nei mosaici dalle figure lunghe, rigide,
frontali, quasi irreali, opere in cui Bisanzio esprime tutto il suo splendore artistico.
L’insegnante ha concluso la lezione parlando brevemente dell‘influenza della
architettura romana su quella islamica. La moschea di Omar, detta cupola della
roccia, eretta a Gerusalemme nel 691 come reliquiario per proteggere la roccia
sacra, a forma ottagonale, con doppio ambulacro interno e cupola poggiante su
alto tamburo, ricalca il tipo architettonico dei grandi “martyria” di età
costantiniana. I palazzi-castello, residenza degli Omayyadi, derivano dagli
accampamenti del limes, generalmente a pianta quadrata, rinforzati da torri; lo
schema assiale del tipo di Spalato, ricorre nella Darù l-Imara di Merv, nel palazzo
del califfo di Al-Mu’Tasim a Samarra e in quello di Dar-Al-Bahr (Algeria, sec. X).
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