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Major et sanior pars - Archivio di Diritto e Storia Costituzionali

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«AVANTI»<br />

24 febbraio 1945<br />

Democrazia e forza<br />

Bened<strong>et</strong>to Croce, in un articolo dal titolo «Libertà e Forza», pubblicato su<br />

«Risorgimento Liberale», pone il problema «<strong>di</strong> quel che un regime liberale debba o<br />

possa fare <strong>di</strong> fronte alle minacce <strong>di</strong> partiti che, essenzialmente, intrinsecamente<br />

antiliberali, si argomentano <strong>di</strong> valersi delle forme stesse costituzionali e liberali per<br />

giungere a sbarazzarsi, liberalmente, della libertà». E Croce afferma che si tratta <strong>di</strong> un<br />

problema inesistente perché pensare che il m<strong>et</strong>odo liberale possa condurre alla<br />

soppressione della libertà, è tanto assurdo quanto «pensare che la moralità possa<br />

decr<strong>et</strong>are un bel giorno <strong>di</strong> sopprimere la moralità e farsi suicida».<br />

Da questa premessa Croce passa a chiarire l’equivoco insito nell’identificazione del<br />

liberalismo <strong>et</strong>ico-politico col liberalismo economico, ossia, <strong>di</strong>remmo noi socialisti, della<br />

libertà politica col capitalismo, per concludere che la vita, essendo lotta e forza<br />

integrale, la libertà, sempre che la necessità ne la costringa, dove scoprire un austero<br />

volto guerriero.<br />

Lo stesso «volto guerriero» deve, a nostro avviso, scoprire la democrazia, che è il modo<br />

concr<strong>et</strong>o con cui la libertà si realizza sul piano politico. E facciamo grazia ai l<strong>et</strong>tori delle<br />

ben note <strong>di</strong>stinzioni tra libertà e democrazia, assumendo la nozione <strong>di</strong> democrazia per<br />

quello che essa significa alla coscienza dei popoli civili, cioè governo della<br />

maggioranza risp<strong>et</strong>tosa della libertà della minoranza.<br />

Il problema posto da Croce per la libertà si trasmuta nel problema della possibilità o<br />

meno per la democrazia <strong>di</strong> permanere, qualora tra i vari partiti che si sviluppano nel suo<br />

seno ve ne sieno che si propongano sia <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggerla con la violenza, quando le<br />

circostanze fossero a ciò favorevoli, sia <strong>di</strong> svuotarla <strong>di</strong> uno dei suoi attributi essenziali, e<br />

cioè il risp<strong>et</strong>to della libertà della minoranza, quando come maggioranza assumessero il<br />

potere.<br />

Lasciando da parte la casistica che scaturisce dalle varie combinazioni <strong>di</strong> tutte le<br />

possibilità del genere, rimane chiaro che se la maggioranza al potere non ha vivo il<br />

senso della libertà non resta alla minoranza che farsi essa animatrice <strong>di</strong> quella<br />

inderogabile necessità <strong>di</strong> vita, fintanto che la maggioranza ne sia permeata. Ma, pare a<br />

noi, che questa ipotesi <strong>di</strong> una maggioranza tirannica sia, in fondo, contrad<strong>di</strong>ttoria e più<br />

che altro un pr<strong>et</strong>esto che minoranze tirano in campo per giustificare la loro faziosità<br />

sempre quando si sentono colpite dalla democrazia nei loro privilegi. Non si vede infatti<br />

come la maggioranza dei componenti <strong>di</strong> una soci<strong>et</strong>à civile possa formarsi e<br />

raggrup<strong>pars</strong>i altro che attraverso la scuola della libertà, e si vede ancor meno per quale<br />

ragione questa maggioranza, d<strong>et</strong>entrice del potere, cioè della forza coercitiva dello<br />

Stato, dovrebbe abusarne contro una minoranza che non avesse intenzioni faziose e<br />

pertanto non fosse in grado <strong>di</strong> nuocere.<br />

Ciò che invece ci pare molto più concr<strong>et</strong>o è il caso <strong>di</strong> minoranze faziose che, con vari<br />

pr<strong>et</strong>esti, e magari senza nessun pr<strong>et</strong>esto, tentano <strong>di</strong> rompere il gioco della legalità<br />

democratica per imporre la loro tirannia alla maggioranza della nazione. È il caso che,<br />

purtroppo, si è verificato in Italia nel 1922, e <strong>di</strong> cui la nazione subisce oggi nelle sue<br />

carni e nella sua anima le terribili conseguenze. Non è quin<strong>di</strong> un problema filosofico<br />

quello <strong>di</strong> cui stiamo <strong>di</strong>scutendo, ma un problema politico dalla cui soluzione <strong>di</strong>pende<br />

l’avvenire stesso del nostro paese. Noi ci troviamo oggi nella fase costruttiva <strong>di</strong> una

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