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PDF 13,3 MB - Collegio dei Docenti di Odontoiatria

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ABSTRACT<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


SESSIONE<br />

Clinica<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


VALUTAZIONE DELL’ABILITÀ MANUALE COME PARAMETRO PER LA SELEZIONE DEGLI<br />

STUDENTI DI ODONTOIATRIA.<br />

Giuliani M., Lajolo C., Clemente L. 1 , Querqui A. 1 , Viotti R. 2 , Boari A., Miani C. M.<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore. Roma. e-mail: michele.giuliani@rm.unicatt.it;<br />

1 Istituto Don Orione, Via della Camilluccia 112, 00100, Roma,; 2 CNR, Via del Fosso del Cavaliere 100, 00<strong>13</strong>3, Roma<br />

Obiettivo: Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> determinare se labilità manuale <strong>di</strong> base (BMD) possa essere un<br />

parametro importante nel selezionare gli studenti per il Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria e <strong>di</strong> valutare<br />

se il grado iniziale <strong>di</strong> abilità manuale potesse migliorare con il training pre-clinico e clinico. Materiali e meto<strong>di</strong>: E’ stato<br />

condotto uno stu<strong>di</strong>o presso l’Università Cattolica <strong>di</strong> Roma durante 5 anni accademici consecutivi. Nei 5 anni, 433<br />

can<strong>di</strong>dati all’ammissione al CLOPD (262 maschi e 171 femmine) sono stati testati con 10 prove, è stato così possibile<br />

calcolare la me<strong>di</strong>a <strong>dei</strong> punteggi delle singole prove (basic manual dexterity score - BMDS). Due re-test sono stati<br />

condotti dopo 3 e 5 anni dall’inizio della sperimentazione. Risultati: E’ stato possibile riscontare <strong>di</strong>fferenze nel BMDS<br />

tra i can<strong>di</strong>dati provenienti da licei <strong>di</strong>versi: coloro che possedevano una precedente laurea o un <strong>di</strong>ploma scientifico hanno<br />

ottenuto un risultato migliore rispetto a chi aveva un <strong>di</strong>ploma classico o <strong>di</strong> scuola professionale (p < 0.05). E’ stato<br />

<strong>di</strong>mostrato un miglioramento statisticamente significativo del BMDS negli studenti che avevano frequentato il CLOPD<br />

per almeno 32 mesi. Conclusioni: I dati da noi osservati hanno <strong>di</strong>mostrato che la manualità <strong>di</strong> base non è un parametro<br />

essenziale nella selezione degli studenti, infatti gli studenti che possono seguire un training specifico migliorano<br />

significativamente la propria manualità.


EFFETTO SULL’ALITOSI DI UN CHEWING-GUM CONTENENTE ESTRATTO DI THE VERDE.<br />

Abati S., Villa A., Scala A., Cargnel M.<br />

Clinica Odontostomatologica - Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina, Chirurgia e <strong>Odontoiatria</strong> - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

INTRODUZIONE: Il controllo dell’alitosi orale è possibile con interventi eziologici e/o sintomatici, tra i quali l’utilizzo<br />

<strong>di</strong> strumenti correttivi del cattivo odore quali caramelle o chewing-gum. I chewing-gum agiscono riducendo la quantità<br />

<strong>di</strong> microrganismi orali (i) meccanicamente, (ii) stimolando il flusso salivare, e (iii) per effetto <strong>di</strong> eventuali agenti attivi<br />

antisettici ad<strong>di</strong>zionati come fluoro, clorexi<strong>di</strong>na, oli essenziali; agiscono inoltre mascherando l’odore sgradevole con<br />

aromi a maggiore o minore persistenza. Recentemente è stato proposto e stu<strong>di</strong>ato l’uso <strong>di</strong> estratti vegetali del cosidetto<br />

“the verde” (Camelia sinensis) con effetto antibatterico naturale, efficaci contro l’alitosi e privi <strong>dei</strong> possibili effetti<br />

collaterali degli antisettici tra<strong>di</strong>zionali. OBIETTIVI: Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato <strong>di</strong> indagare su soggetti volontari<br />

l’effetto antialitogeno <strong>di</strong> un chewing-gum del commercio contenente estratto concentrato <strong>di</strong> Camelia sinensis nei<br />

confronti <strong>di</strong> un chewing-gum <strong>di</strong> controllo senza ingre<strong>di</strong>ente attivo. MATERIALI E METODI: Lo stu<strong>di</strong>o è stato<br />

condotto su 20 soggetti volontari in buone con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute generale, non affetti da con<strong>di</strong>zioni patologiche e malattie<br />

orali e/o sistemiche e che non erano stati sottoposti a terapia parodontale negli ultimi 3 mesi. E’ stato valutato l’effetto<br />

antialitosi <strong>di</strong> un chewing-gum del commercio contenente estratto <strong>di</strong> Camelia sinensis (0,1% in peso) nei confronti <strong>di</strong> un<br />

chewing-gum <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> identica composizione base e confezione, senza ingre<strong>di</strong>ente attivo. Il <strong>di</strong>segno dello stu<strong>di</strong>o<br />

adottato era <strong>di</strong> tipo aperto, comparativo, in due perio<strong>di</strong> sequenziali con una settimana <strong>di</strong> intervallo tra ciascun test. Dopo<br />

12 ore <strong>di</strong> astensione dalle manovre igieniche, ai soggetti veniva consegnato il chewing-gum che masticavano per un<br />

totale <strong>di</strong> 15 minuti. Prima dell’inizio e dopo la masticazione controllata, a intervalli <strong>di</strong> 15, 30, 45 e 180 minuti veniva<br />

effettuato il prelievo <strong>di</strong> aria orale e la misurazione del contenuto <strong>di</strong> composti volatili solforati (VSC) con OralChroma©<br />

(Abilit Corporation, Osaka, Japan), gascromatografo portatile a colonna miniaturizzata, pretarato per la misurazione <strong>dei</strong><br />

VSC orali. RISULTATI e CONCLUSIONI: Il test del prodotto contenente l'estratto <strong>di</strong> Camelia sinensis ha globalmente<br />

evidenziato la riduzione del contenuto orale <strong>di</strong> VSC rispetto al test pre-utilizzo, che risultava massima dopo 15 minuti<br />

dal termine dell’uso del prodotto. L’utilizzo del chewing-gum <strong>di</strong> controllo ha evidenziato una minore riduzione <strong>dei</strong><br />

valori <strong>di</strong> VSC, che risalivano più velocemente verso i valori pre-test. La masticazione <strong>di</strong> un chewing-gum è in grado <strong>di</strong><br />

ridurre significativamente il livello <strong>di</strong> composti volatili solforati dell’atmosfera orale, con effetto persistente per oltre 45<br />

minuti. Il chewing-gum contenente estratto <strong>di</strong> Camelia sinensis ha evidenziato una miglior efficacia nella riduzione del<br />

contenuto orale <strong>di</strong> VSC comparativamente al chewing-gum <strong>di</strong> controllo.


RITARDO DIAGNOSTICO: CARCINOMA MALPIGHIANO INTRAOSSEO IN PAZIENTE CON<br />

PARODONTITE CRONICA GENERALIZZATA.<br />

Tasciotti S, Guttadauro A, Tosoni A, Cicconetti A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Viale Regina Margherita 287/a<br />

Lo scopo <strong>di</strong> tale lavoro è <strong>di</strong> presentare un esempio <strong>di</strong> come la mancanza <strong>di</strong> un inquadramento <strong>di</strong>agnostico completo e la<br />

focalizzazione dell’attenzione del clinico su un unico aspetto della <strong>di</strong>agnosi e terapia odontoiatrica possano avere<br />

talvolta delle gravi ripercussioni.<br />

CASO CLINICO: Paziente D.F. <strong>di</strong> 40 anni, maschio, affetto da parodontite cronica generalizzata, senza patologie<br />

pregresse, fumatore <strong>di</strong> circa 30 sigarette al giorno, non sottoposto ad alcuna terapia farmacologia, si presentava alla<br />

nostra osservazione lamentando la presenza <strong>di</strong> una tumefazione gengivale, secernente materiale mucopurulento,<br />

debolmente sanguinante, localizzata in corrispondenza della sede dove era abituato a tenere la sigaretta. Il paziente<br />

faceva risalire l’insorgenza <strong>di</strong> tale lesione, dall’accrescimento graduale, a circa 2 mesi prima; si recava, per tale motivo,<br />

dal proprio odontoiatra <strong>di</strong> fiducia, il quale <strong>di</strong>agnosticava la presenza <strong>di</strong> un ascesso parodontale e mobilità degli elementi<br />

associati (4.2 e 4.3) che ritenne opportuno trattare con la sola terapia antibiotica. Dopo circa un mese, non essendo<br />

presenti miglioramenti, lo specialista procedeva con scaling e root planing e dopo qualche settimana all’estrazione<br />

dell’elemento dentale 4.2 seguita dopo pochi giorni anche dall’estrazione dell’elemento 4.3. Vista la persistenza della<br />

lesione l’odontoiatra inviava il paziente presso il nostro Dipartimento.<br />

All’esame obiettivo extraorale non si rilevavano linfoadenopatie né altri reperti palpatori degni <strong>di</strong> nota. All’esame<br />

obiettivo endorale si osservava la presenza <strong>di</strong> una tumefazione, situata in corrispondenza della cresta alveolare estesa<br />

dall’elemento dentale 4.2 (assente) al 4.4, dalla forma grossolanamente ovoidale, dalle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> circa 0,5 x 1,5 cm,<br />

estesa fino al fornice labiale, rivestita da mucosa liscia rossastra ed edematosa dalla superficie regolare, secernente<br />

materiale mucopurulento dalla sede delle pregresse estrazioni, ma non fluttuante, <strong>di</strong> consistenza duro-fibrosa,<br />

spontaneamente dolente e dolorabile alla palpazione, non mobile rispetto al processo alveolare. L’ortopantomografia<br />

mostrava una lesione osteolitica a scodella dai margini irregolari interessante la cresta edentula.<br />

La lesione che in sede intraopratoria si presentava <strong>di</strong> consistenza duro-fibrosa , colorito biancastro e infiltrante l’osso<br />

sottostante veniva escissa in toto, con curettage osseo.<br />

L’esame istologico dava <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> carcinoma malpighiano ben <strong>di</strong>fferenziato(T4N0Mx).<br />

Il paziente è stato inviato presso l’Istituto Tumori <strong>di</strong> Milano per le cure del caso (intervento demolitivo e ricostruttivo,<br />

linfadenectomia profilattica ma con esito infausto).


RIABILITAZIONE PROTESICA SU IMPIANTI POST ESTRATTIVI A CARICO IMMEDIATO<br />

P. Cardelli, M. Gallio, F. Balestra, R. Motta ;M. Montani<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> E Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”(Prof. Alberto Barlattani). U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S. Giovanni Calibita<br />

Fatebenefratelli”, Roma (Prof. Clau<strong>di</strong>o Arcuri)<br />

La zona interforaminale nei casi <strong>di</strong> riassorbimento osseo,esito <strong>di</strong> patologie parodontali, ben si presta ad una risoluzione<br />

implantare post estrattiva a carico imme<strong>di</strong>ato.<br />

Le particolari con<strong>di</strong>zioni anatomiche (volume osseo residuo sufficiente) unite a ridotte con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stress masticatorio<br />

ne fanno una zona <strong>di</strong> elezione per tale trattamento.<br />

Sono stati selezionati 4 casi con mobilità <strong>di</strong> tipo 2 dopo fase uno parodontale sul gruppo incisivo inferiore. Tali casi<br />

necessitavano <strong>di</strong> estrazione, e pur presentando un grave riassorbimento osseo, era possibile l‘inserimento <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong><br />

lunghezza 10 mm. I casi sono stati trattati con 2 impianti STRAUMANN posizionati in zona 4.2 e 3.2 e subito<br />

protesizzati con provvisori in contatto funzionale. Dopo il periodo <strong>di</strong> osteointegrazione <strong>di</strong> 4 mesi sono state eseguite<br />

protesizzazioni definitive e seguiti i casi con controlli perio<strong>di</strong>ci per un follow up <strong>di</strong> tre anni.<br />

Dopo il periodo <strong>di</strong> controllo, nessun impianto è stato perso e si sono registrati solo lievi riassorbimenti gengivali non<br />

significativi da un punto <strong>di</strong> vista statistico.


CARATTERIZZAZIONE DI CELLULE MESENCHIMALI INDOTTE AL DIFFERENZIAMENTO IN<br />

SISTEMI DI COLTURA TRIDIMENSIONALI.<br />

Vecchiatini R. 1,2 , Penolazzi L. 2 , Lambertini E. 2 , Torreggiani E. 2 , Franceschetti T. 2 , Nastruzzi C. 3 ,Piva R. 2 , Trombelli<br />

L. 1 , Calura G. 1 .<br />

1 Dip. Disc Med Chir CC, Sezione <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ferrara; 2 Dip. Biochimica e Biol Molecol,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ferrara; 3 Dip. Chim e tecnol farm, Università <strong>di</strong> Perugia. email: vccrnt@unife.it<br />

INTRODUZIONE In questi anni l’interesse per la me<strong>di</strong>cina rigenerativa del tessuto osseo è molto cresciuto, anche<br />

grazie a scoperte in campo molecolare e cellulare che forniscono le con<strong>di</strong>zioni necessarie per lo sviluppo <strong>di</strong> nuove<br />

strategie terapeutiche. Anche gli elementi dentari dopo la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> osso <strong>di</strong> sostegno a seguito <strong>di</strong> ospeopenie o infezioni<br />

parodontali sono target <strong>di</strong> simili terapie. Le cellule mesenchimali si sono rivelate <strong>di</strong>ttili per l’induzione del<br />

<strong>di</strong>fferenziamento sia osteoblastico che condrocitario, dopo trattamento specifico. Per ovviare alla elevata morbilità<br />

connessa al reclutamento <strong>di</strong> cellule mesenchimali (MSC) da midollo osseo, sono state indagate fonti alternative <strong>di</strong><br />

cellule mesenchimali, la cui presenza in “nicchie <strong>di</strong> tessuti adulti (tessuto osseo, cartilagineo, a<strong>di</strong>poso; tessuti dentali,<br />

come polpa, legamento parodontale e sacco follicolare) che negli negli annessi fetali (placenta, amnios, cordone e<br />

sangue cordonale) è documentata. OBIETTIVI La ricerca è stata rivolta a sviluppare sistemi efficaci sia per<br />

l’isolamento <strong>di</strong> MSC da tessuti adulti e fetali che per l’allestimento <strong>di</strong> sistemi <strong>di</strong> coltura 3-D multicompartimentali, in<br />

grado <strong>di</strong> migliorare le prestazioni <strong>di</strong> queste cellule per il loro utilizzo in vivo per l’ingegneria tissutale. MATERIALI E<br />

METODI Sono state isolate e caratterizzate cellule mesenchimali da: piatto tibiale, gelatina <strong>di</strong> Wharton del cordone<br />

ombelicale (prelievo del funicolo dopo parto spontaneo o cesareo) e tessuti dentari (legamento parodontale, polpa<br />

dentale e sacco follicolare). Le cellule sono state coltivate nel loro specifico terreno <strong>di</strong> induzione (D-MEM LG, con<br />

10% FBS, 1% antibiotici e 0.1 µM Dexa, 10 mM -glicerofosfato, 0.05 mM 2-P- acido ascorbico) in piastre da 24, in<br />

appositi vetrini quadripartiti e in fiaschina T25. Per creare con<strong>di</strong>zioni 3-D le cellule sono state prima incluse in capsule<br />

<strong>di</strong> alginato e bario e successivamente indotte in senso osteogenico. La caratterizzazione delle stesse in termini <strong>di</strong><br />

vitalità, capacità proliferativa, secretiva e <strong>di</strong> espressione <strong>di</strong> specifici marcatori del <strong>di</strong>fferenziamento osteoblastico e<br />

condrogenico (ALP, Runx2, Osterix, Collagene tipo 1, SOX9, Collagene tipo 2A1) è stata effettuata. CONCLUSIONI<br />

La comprensione <strong>dei</strong> fenomeni che sono alla base <strong>dei</strong> processi <strong>di</strong>fferenziativi delle cellule mesenchimali tramite<br />

l’allestimento <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> coltura <strong>di</strong>namici permetterà la realizzazione <strong>di</strong> sistemi multicompartimentali che<br />

prevederanno l'uso integrato <strong>di</strong> matrici polimeriche e molecole in grado <strong>di</strong> promuovere l'adesione cellulare o sistemi <strong>di</strong><br />

rilascio (come liposomi e microparticelle) per mo<strong>di</strong>ficatori della risposta biologica (antiossidanti, aci<strong>di</strong> nucleici, agenti<br />

<strong>di</strong>fferenzianti). Il trasferimento <strong>di</strong> tali sitemi “in vivo” e “in situ” permetterebbe <strong>di</strong> indurre la deposizione <strong>di</strong> tessuto<br />

rigenerato a sostituzione del tessuto residente, ovviando alla per<strong>di</strong>ta <strong>dei</strong> tessuti <strong>di</strong> sostegno dentali duri e molli.


RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA IN PAZIENTI CON CHERATOCISTI MANDIBOLARI<br />

P. Cardelli, R. Motta*, M. Gallio, F. Balestra, M. Montani<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> E Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”(Prof. Alberto Barlattani). U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S. Giovanni Calibita<br />

Fatebenefratelli”, Roma (Prof. Clau<strong>di</strong>o Arcuri)<br />

Il trattamento chirurgico <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> lesioni delle ossa mascellari, può comportare l’avulsione <strong>di</strong> numerosi elementi<br />

dentari, generando nei pazienti vari <strong>di</strong>sagi sia da un punto <strong>di</strong> vista estetico, che psicologico e funzionale.<br />

Il trattamento protesico <strong>di</strong> tali lesioni post chirurgiche non sempre si rivela <strong>di</strong> facile gestione e risoluzione. Le tecniche<br />

<strong>di</strong> protesi tra<strong>di</strong>zionale, infatti, in casi complessi, non sempre garantiscono la completa risoluzione delle suddette<br />

problematiche, orientando sempre più frequentemente l’operatore verso un approccio implanto-protesico.<br />

Sia in letteratura, che nella nostra osservazione clinica, abbiamo potuto verificare la vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tale impostazione<br />

terapeutica in numerosi pazienti, i quali ci richiedevano una riabilitazione protesica <strong>di</strong> tipo fisso in seguito al<br />

trattamento chirurgico.<br />

Tale richiesta è stata pienamente sod<strong>di</strong>sfatta tramite l’ausilio <strong>di</strong> impianti osteointegrati, posizionati nel sito post<br />

chirurgico. Tutti i casi trattati hanno avuto esito positivo con follow up a tre anni.


INGESTIONE ACCIDENTALE DI PROTESI DENTARIE: FREQUENZA IN UNA SERIE DI 414<br />

PAZIENTI ADULTI CON CORPI ESTRANEI NEL TRATTO DIGESTIVO SUPERIORE.<br />

Gambino A 1 ., Carbone M 1 ., Amitrano L. 2 , Carcieri P 1 3 , Broccoletti R. 1<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che e Oncologia Umana, Sezione <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina orale.Università <strong>di</strong> Torino<br />

2 Dipartimento <strong>di</strong> Gastroenterologia, ASO A. Cardarelli, Napoli<br />

3 Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro<br />

OBIETTIVI: L’ingestione <strong>di</strong> corpi estranei è un problema potenzialmente severo; è un evento relativamente frequente<br />

e rappresenta una in<strong>di</strong>cazione all’endoscopia <strong>di</strong>gestiva d’urgenza. Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è riportare la frequenza <strong>di</strong><br />

ingestione <strong>di</strong> protesi dentarie in 414 pazienti ricoverati per sospetta ingestione <strong>di</strong> corpo estraneo in un periodo <strong>di</strong> cinque<br />

anni.<br />

MATERIALI E METODI: Tutti i pazienti furono sottoposti a:<br />

-ra<strong>di</strong>ografia antero-posteriore del collo, torace e addome, per evidenziare corpi estranei ra<strong>di</strong>oopachi e eventuali<br />

perforazioni (è stato utilizzato un mezzo <strong>di</strong> contrasto nel caso <strong>di</strong> corpi estranei non-ra<strong>di</strong>oopachi);<br />

-tomografia computerizzata (TC) se necessario;<br />

-endoscopia <strong>di</strong>gestiva entro sei ore dal ricovero; in tutti i pazienti è stato utilizzato un endoscopio flessibile con una<br />

vasta gamma <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi accessori.<br />

RISULTATI: Quasi tutti i corpi estranei furono trovati nell’esofago. L’ingestione <strong>di</strong> protesi dentarie si è verificata<br />

nell’11% <strong>dei</strong> casi, e rappresenta nel nostro stu<strong>di</strong>o la terza causa <strong>di</strong> urgenza endoscopica, dopo il bolo alimentare con<br />

ossa o cartilagini. Non furono osservate complicanze relative alla procedura endoscopica, ma il 30,7% <strong>dei</strong> pazienti<br />

presentava una sottostante patologia esofagea, ad esempio una stenosi.<br />

CONCLUSIONI: L’ingestione accidentale <strong>di</strong> corpi protesici è un problema tutt’altro che trascurabile. La procedura<br />

endoscopica <strong>di</strong>gestiva è una tecnica efficace che consente la rimozione del corpo estraneo in quasi tutti i casi senza<br />

significative complicanze.<br />

L’odontoiatra dovrebbe evitare l’uso <strong>di</strong> protesi rimovibili <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, come pure la cementazione provvisoria<br />

<strong>di</strong> ponti e corone dotati <strong>di</strong> scarsa ritenzione.


REALTA’ ASSISTENZIALI DEI PAZIENTI NON COLLABORANTI NEL FRIULI VENEZIA GIULIA:<br />

ESPERIENZA DELL’AZIENDA OSPEDALIERA-UNIVERSITARIA “OSPEDALI RIUNITI” DI TRIESTE.<br />

Costantinides F, Biasotto M, Cadenaro M, Faraon M, Di Lenarda R.<br />

(U.C.O. <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica – Direttore: Prof. R. Di Lenarda - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste).<br />

OBIETTIVI: Il DGR n° 1096 dd. 29.04.2004 del Friuli Venezia Giulia ha co<strong>di</strong>ficato un percorso clinico per pazienti<br />

<strong>di</strong>sabili che necessitano <strong>di</strong> assistenza odontostomatologica allo scopo <strong>di</strong> qualificare le cure per <strong>di</strong>sabili ed in particolare<br />

<strong>di</strong> adottare programmi <strong>di</strong> chirurgia ed odontoiatria ricostruttiva per i portatori <strong>di</strong> <strong>di</strong>sabilità psicofisica implementando<br />

delle corsie preferenziali per le cure odontoiatriche.<br />

In ottemperanza a questa <strong>di</strong>rettiva, l’U.C.O. <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Trieste ha definito uno specifico percorso clinico per dare risposte puntuali non solo <strong>di</strong> cura ma anche <strong>di</strong> prevenzione<br />

delle patologie odontostomatologiche nei pazienti non collaboranti.<br />

MATERIALI E METODI: I pazienti trattati secondo questa procedura sono stati inviati presso la Clinica dagli enti<br />

territoriali della provincia <strong>di</strong> Trieste (CIM, SERT, Distretti Sanitari, Assistenza Sociale Comunale, Case <strong>di</strong> Cura<br />

Convenzionate per anziani e per <strong>di</strong>sabili psico-cognitivi gravi e gravissimi) o da altre strutture operative dell’ Azienda<br />

stessa (Psichiatria, Alcologia). I pazienti sono stati visitati e successivamente inseriti in corsie preferenziali per<br />

l’esecuzione delle terapie programmate.<br />

RISULTATI: Dall’Aprile 2005 gli accessi <strong>dei</strong> pazienti <strong>di</strong>sabili trattati in regime <strong>di</strong> anestesia locale secondo il<br />

protocollo d’intesa interaziendale sono stati 407 sud<strong>di</strong>visi in 148 prime visite, <strong>13</strong>0 accessi per chirurgia orale, 82 per<br />

conservativa/endodonzia, 47 per igiene orale. Sono stati inoltre consegnate 59 protesi totali. La scelta <strong>di</strong> effettuare le<br />

terapie in regime <strong>di</strong> sedazione/ anestesia generale (Day Hospital o ricovero or<strong>di</strong>nario) è stata riservata a casi selezionati,<br />

particolarmente complessi da un punto <strong>di</strong> vista operativo, per un totale <strong>di</strong> 27 pazienti.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il servizio offerto dall’U.C.O. <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica appare<br />

ben collaudato considerando sia il numero <strong>di</strong> afferenze, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una efficace comunicazione tra Azienda Ospedaliera e<br />

territorio, sia l’assenza <strong>di</strong> liste d’attesa. Ciò è particolarmente importante per il paziente <strong>di</strong>sabile e non collaborante che<br />

necessita <strong>di</strong> una risposta puntuale e <strong>di</strong> un percorso clinico in<strong>di</strong>vidualizzato per la prevenzione e la terapia delle patologie<br />

odontostomatologiche.


IL RUOLO DELL’ODONTOIATRA NELLA GESTIONE DEI DISASTRI DI MASSA.<br />

Schifter Giorgi T., Iachetti G, Nieri M, Franceschi D, Mori M, Buti J, Mervelt J, Cairo F, Bonaccini D, Giugno R,<br />

Rotundo R<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia.<br />

ABSTRACT. I <strong>di</strong>sastri <strong>di</strong> massa costituiscono delle emergenze <strong>di</strong> gravità ed estensioni tali da non poter essere gestite<br />

con le procedure e risorse <strong>di</strong> soccorso <strong>di</strong> routine. Il primo interesse è ovviamente incentrato sui sopravvissuti, sulla<br />

ricerca e soccorso <strong>dei</strong> feriti. Una volta superata tale fase dovrà essere affrontata la rimozione e la successiva gestione<br />

delle salme, quest’ultima costituisce, un’operazione estremamente importante e delicata che deve essere effettuata da<br />

personale idoneamente preparato che consenta <strong>di</strong> espletare una corretta quanto completa indagine forense, tappa<br />

fondamentale per stabilire l’identità <strong>dei</strong> soggetti coinvolti nonché le cause e i mezzi della morte. In Italia la carenza<br />

normativa relativa alla gestione delle salme è stata colmata con l’istituzione del servizio <strong>di</strong> protezione civile, il cui testo<br />

<strong>di</strong> legge <strong>di</strong>spone in or<strong>di</strong>ne al recupero e alla gestione delle salme con particolare attenzione all’identificazione <strong>dei</strong><br />

cadaveri sotto <strong>di</strong>versi profili, come quello penalistico, civilistico etico e sociale. Nella Regione Toscana è stato<br />

elaborato dalle istituzioni un accordo per la pianificazione sanitaria territoriale che prevede una collaborazione tra<br />

l’Istituto <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Legale <strong>di</strong> Firenze e la Protezione Civile in cui sono state delineate le rispettive responsabilità e<br />

competenze in or<strong>di</strong>ne all’operatività, relativamente al personale, me<strong>di</strong>ante la costituzione <strong>di</strong> team identificativi, nonchè<br />

alle risorse strutturali e materiali. Il gruppo destinato all’attività me<strong>di</strong>co legale è costituito da specialisti in settori<br />

<strong>di</strong>fferenti segnatamente dall’odontologo, tossicologo, ra<strong>di</strong>ologo, patologo e dal me<strong>di</strong>co legale. L’odontologo forense<br />

assume un ruolo <strong>di</strong> primaria importanza, la cui presenza risulta necessaria sin dalle prime fasi <strong>di</strong> recupero delle vittime,<br />

al fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzare al meglio le ricerche <strong>dei</strong> resti, registrando e proteggendo parti ossee, per esempio carbonizzate,<br />

in<strong>di</strong>spensabili per l’identificazione. Nelle procedure propriamente identificative risulta coinvolto nella raccolta <strong>dei</strong> dati<br />

ante e post mortem, in cui viene effettuato: un esame della dentatura che comprende lo stato della dentizione, eventuali<br />

descrizioni <strong>dei</strong> manufatti odontoiatrici e la segnalazione <strong>dei</strong> materiali utilizzati, nonché una descrizione delle con<strong>di</strong>zioni<br />

parodontali e dell’occlusione; impronte dentali, ra<strong>di</strong>ografie, fotografie e resezione della man<strong>di</strong>bola. Le procedure<br />

odontoiatriche costituiscono dunque un valido strumento identificativo, consentendo <strong>di</strong> pervenire ad un’identificazione<br />

sicura, soprattutto nei <strong>di</strong>sastri <strong>di</strong> massa, in cui il numero <strong>dei</strong> cadaveri è elevato, spesso in pessime con<strong>di</strong>zioni, emettendo<br />

un giu<strong>di</strong>zio conclusivo in tempi brevi e con pochissimi elementi.


ANGIODISPLASIE ORALI: TERAPIE CON LASER A DIODO<br />

De Biase M, Bruzzesi G*, Bombeccari GP, Bosotti M, Pellegrini M, Ruffoni D, Spadari F.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano Fondazione IRCCS<br />

Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli Regina Elena.<br />

*Servizio <strong>di</strong> Chirurgia Oro-Maxillo-Facciale ASL Modena<br />

OBIETTIVI. Gli scopi del lavoro sono stati quelli <strong>di</strong> poter valutare, le risposte terapeutiche e le modalità <strong>di</strong> guarigione<br />

nei trattamenti degli emangiomi orali utilizzando un <strong>di</strong>spositivo Laser a Diodo della lunghezza d’onda <strong>di</strong> 808 nm<br />

(Lambda Scientifica Doctor Smile D5®).<br />

MATERIALI E METODI. Sono stati selezionati 24 pazienti, <strong>di</strong> cui 16 sesso maschile e 8 <strong>di</strong> sesso femminile con un<br />

range <strong>di</strong> età compreso tra i 10 e i 29 anni e con un’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 20,48 +/- 6.33. Sono stati inclusi nello stu<strong>di</strong>o lesioni<br />

con un <strong>di</strong>ametro massimo <strong>di</strong> 15 mm, trattati in modalità pulsata e con la fibra ottica non a contatto.<br />

I risultati sono stati confrontati con un gruppo controllo similare per caratteristiche cliniche e anamnestiche trattati con<br />

chirurgia elettroablativa.<br />

Per i due gruppi le procedure chirurgiche e il follow-up <strong>di</strong> controllo risultavano standar<strong>di</strong>zzate e i dati analizzati<br />

comprendevano: l’entità del sanguinamento post-chirurgico, la sintomatologia algica analizzata attraverso una scala<br />

visualogica del dolore (VAS), le modalità <strong>di</strong> guarigione e le reci<strong>di</strong>ve.<br />

I risultati relativi all’entità del dolore e del tipo <strong>di</strong> guarigione, sono stati valutati con un test statistico <strong>di</strong> significatività<br />

T-Test. Si sono ritenuti significativi i risultati ottenuti per un p< 0.05<br />

RISULTATI. L’utilizzo del Laser a Diodo ha notevolmente minimizzato le complicanze emorragiche intrachirurgiche<br />

e <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va. Inoltre ,gli stu<strong>di</strong> statistici hanno rilevato una significativa riduzione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> guarigione<br />

rispetto al gruppo controllo soprattutto nel primo mese dall’intervento, ma una non significativa variazione della VAS<br />

dopo 4 ore dall’intervento (p> 0.05).<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI. In base ai risultati ottenuti, il Laser a Dio<strong>di</strong> a 808 nm , ha mostrato notevoli<br />

vantaggi nella gestione chirurgica degli emangiomi orali rispetto alla tecniche con elettro-bisturi.<br />

Il dato maggiormente significativo e obiettivamente vantaggioso riguarderebbe l’assenza <strong>di</strong> fenomeni <strong>di</strong> sanguinamento<br />

intra-chirurgico. Tuttavia, considerando l’entità del campione trattato e la tipologia <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o i risultati ottenuti<br />

dovranno essere maggiormente esaminati e valutati attraverso meto<strong>di</strong>che statistiche non parametriche.


RIABILITAZIONE IMPLANTOPROTESICA DEI SETTORI FRONTALI IN PAZIENTI PARODONTALI<br />

P. Cardelli; D. Mozzicato; M. Gallio; D. Gallo; M. Montani<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> E Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”(Prof. Alberto Barlattani). U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S. Giovanni Calibita<br />

Fatebenefratelli”, Roma (Prof. Clau<strong>di</strong>o Arcuri)<br />

La riabilitazione delle edentulie parziali <strong>dei</strong> settori frontali in pazienti parodontali comporta problematiche <strong>di</strong> natura<br />

estetica <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile gestione.<br />

Recessoni gengivali unite ad un riassorbimento osseo verticale nelle zone edentule, comportano riabilitazioni protesiche<br />

con risultati estetici insod<strong>di</strong>sfacenti ( fenomeno del dente allungato). Tale problematica quando non risolvibile<br />

chirurgicamente ( innesti ossei e gengivali) , va mascherata tramite tecniche <strong>di</strong> natura protesica (false ra<strong>di</strong>ci o utilizzo <strong>di</strong><br />

ceramica rosa).<br />

Sono stati selezionati 5 pazienti con edentulia parziale -conseguente a malattia parodontale- a carico <strong>dei</strong> settori frontali,.<br />

Tali pazienti dopo terapia iniziale <strong>di</strong> levigatura e courettage, non volendo sottoporsi a terapia rigenereativa, sono stati<br />

trattati con riabilitazione impianto protesica. Sono stati posizionati 8 impianti Staumann ( 3 NN 5 RN tutti <strong>di</strong> lunghezza<br />

10mm ), e successivamente protesizzati al fine <strong>di</strong> mascherarne le proporzioni estetiche. Tramite l’utilizzo <strong>di</strong> strutture e<br />

corone in zirconia o l’applicazione <strong>di</strong> ceramica rosa si è riuscito a garantire a tutti i pazienti un buon risultato estetico.<br />

In conclusione possiamo affermare che anche in quei pazienti dove non sia possibile posizionare impianti in maniera<br />

corretta, tramite l’utilizzo <strong>di</strong> stratagemmi protesici si ottenere un buon risultato estetico.


IL RESURFACING MEDICO DEL VISO: FILLERS, ULTIME NOVITA’ E STRATEGIE.<br />

Meleo D.*,Pacifici L.**<br />

*Univ. <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in Malattie Odontostomatologiche. **Univ. Di Roma “Sapienza”,<br />

CLSOPD, Titolare Insegnamento <strong>di</strong> Clinica Odontostomatologica III.<br />

L’incessante crescita <strong>di</strong> interesse per la salute nella società moderna è stata rivolta non solo al trattamento delle<br />

patologie importanti, ma anche all’esigenza <strong>di</strong> miglioramento della sfera psico-fisica dell’in<strong>di</strong>viduo attraverso la cura<br />

del proprio aspetto esteriore. A fronte <strong>di</strong> un allungamento della prospettiva <strong>di</strong> vita si pone contemporaneamente<br />

l’esigenza <strong>di</strong> mantenere un aspetto sano e giovanile: sulla scia <strong>di</strong> questa tendenza sempre più persone si rivolgono alla<br />

me<strong>di</strong>cina estetica per il raggiungimento <strong>di</strong> tali scopi, intesi sia come correzione <strong>di</strong> inestetismi sia come potenziamento<br />

del proprio corpo.<br />

Tra le meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> ringiovanimento, sempre meno invasive, meno costose e <strong>di</strong> rapida applicazione, notevole popolarità<br />

hanno acquistato le tecniche iniettive con utilizzo <strong>di</strong> materiali biocompatibili –fillers- per contrastare gli in estetismi e i<br />

processi <strong>di</strong> invecchiamento della regione cervico-facciale.<br />

Questo lavoro si pone come scopo quello <strong>di</strong> eseguire un breve escursus panoramico sulle varietà <strong>di</strong> filler attualmente<br />

<strong>di</strong>sponibili sul mercato e sulle <strong>di</strong>fferenti tecniche <strong>di</strong> impianto attraverso l’illustrazione <strong>di</strong> alcuni casi clinici trattati con<br />

notevole sod<strong>di</strong>sfazione da parte <strong>dei</strong> pazienti e comunque risolti dopo un’attenta valutazione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni,<br />

controin<strong>di</strong>cazioni ed effetti collaterali relativi a ciascun tipo <strong>di</strong> riempitivo.<br />

Considerando che in questo ambito le aspettative del paziente rivestono notevole importanza e che il trattamento <strong>di</strong> un<br />

inestetismo esercita sulla salute psichica dell’in<strong>di</strong>viduo un notevole impatto, <strong>di</strong>venta fondamentale <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong><br />

conoscenze specialistiche sull’argomento per consigliare in maniera precisa il paziente, informandolo <strong>dei</strong> risultati che<br />

potrebbe ottenere e <strong>dei</strong> possibili effetti collaterali, così da non generare false speranze.


MANAGEMENT DEL PAZIENTE CON GENGIVITE DESQUAMATIVA.<br />

STUDIO CASO-CONTROLLO<br />

Guiglia R, Randazzo R, Lo Russo L 1 , Campisi G 2 , Pizzo G.<br />

Dipartimento Scienze Stomatologiche “G. Messina”, Sezioni <strong>di</strong> Parodontologia e <strong>di</strong> 2 Me<strong>di</strong>cina Orale, Università <strong>di</strong><br />

Palermo, 1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche, Università <strong>di</strong> Foggia<br />

Obiettivi: L’utilizzo prolungato <strong>di</strong> un agente chimico antiplacca potrebbe risultare utile nella gestione clinica <strong>dei</strong><br />

pazienti affetti da lesioni gengivali desquamative (LGD), associate a patologie muco-cutanee autoimmuni. Scopo dello<br />

stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare l’efficacia <strong>di</strong> un collutorio contenente fluoruro amminico/fluoruro stannoso (ASF)<br />

(Meridol, GABA) in pazienti affetti da LGD e sottoposti a terapia parodontale <strong>di</strong> mantenimento (PST).<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati selezionati ed inclusi nello stu<strong>di</strong>o 18 pazienti <strong>di</strong> razza caucasica (15:3, F:M) <strong>di</strong> età<br />

compresa tra 42 e 78 anni, aventi manifestazioni cliniche orali riconducibili a LGD. La <strong>di</strong>agnosi istopatologica<br />

effettuata in precedenza in<strong>di</strong>cava come patologia <strong>di</strong> base il lichen planus. Il campione è stato sud<strong>di</strong>viso in maniera<br />

randomizzata in un gruppo test (T) e un gruppo controllo (K), ciascuno composto da 9 pazienti. Tutti i pazienti sono<br />

stati addestrati all’utilizzo dello spazzolino Meridol secondo la tecnica <strong>di</strong> Bass mo<strong>di</strong>ficata; i 9 pazienti del gruppo T<br />

hanno utilizzato un collutorio contenente ASF per 90 giorni (T=1), secondo il dosaggio consigliato dall’azienda<br />

produttrice. Sono stati valutati: 1) il numero <strong>dei</strong> siti gengivali positivi per presenza <strong>di</strong> placca (PLI) e sanguinamento al<br />

sondaggio (BOP); 2) la sintomatologia dolorosa (pain intensity) e il sollievo dal dolore (pain relief) me<strong>di</strong>ante Verbal<br />

Rating Scale (VRS).<br />

Risultati: L’analisi <strong>dei</strong> dati relativi al PLI non ha evidenziato <strong>di</strong>fferenze significative (p>0.05) tra i gruppi T e K al<br />

T=0, mentre al T=1 è stata riscontrata una significativa <strong>di</strong>minuzione del numero <strong>di</strong> siti PLI+ nel gruppo T sia in fullmouth<br />

(p=0.0<strong>13</strong>7) che nei sestanti anteriori (p=0.0465) e posteriori (p=0.0047). In merito alla <strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong><br />

BOP, al T=0 non sono emerse <strong>di</strong>fferenze significative tra i due gruppi, mentre al T=1 è stata evidenziata una<br />

significativa <strong>di</strong>minuzione <strong>dei</strong> siti BOP+ nel gruppo T (p


SINUSITI CRONICHE ODONTOGENE: ASPETTI MICROBIOLOGICI E COMPLICANZE IATROGENE<br />

1Privitera S., 1 Puglisi S., 1 Blan<strong>di</strong>no G., 1 Pisano M., 2 Serra A., 2 Maiolino L., 1 Speciale A.<br />

1Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Microbiologiche e Scienze Ginecologiche - Università <strong>di</strong> Catania<br />

2 Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co-Chirurgiche - Università <strong>di</strong> Catania<br />

INTRODUZIONE: Il seno mascellare, data la sua particolare conformazione anatomica, durante le <strong>di</strong>verse procedure<br />

odontoiatriche, qualora queste non vengano eseguite correttamente, può essere esposto al rischio <strong>di</strong> comunicazioni oroantrali<br />

che causano un’acutizzazione <strong>di</strong> carattere infiammatorio e infettivo. Le sinusiti mascellari sono fra le più note<br />

infezioni odontogene e possono <strong>di</strong>ffondere dal seno coinvolto al sistema nervoso centrale causando serie complicanze.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare, attraverso un approccio inter<strong>di</strong>sciplinare chirurgicoodontoiatrico,<br />

otorinolaringoiatrico e microbiologico, quali siano i più frequenti agenti batterici coinvolti<br />

nell’eziopatogenesi delle sinusiti croniche odontogene, analizzando le principali complicanze iatrogene riscontrate nella<br />

pratica odontoiatrica.<br />

MATERIALI E METODI: Lo stu<strong>di</strong>o è stato condotto su 43 pazienti affetti da sinusite mascellare cronica, in 19 <strong>dei</strong><br />

quali è stata <strong>di</strong>agnosticata una sinusite odontogena. Il materiale patologico è stato prelevato sterilmente dai seni<br />

mascellari con endoscopio durante interventi <strong>di</strong> FESS. I campioni sono stati quin<strong>di</strong> inoculati su terreni idonei, e <strong>dei</strong><br />

batteri aerobi e anaerobi isolati è stata valutata, rispettivamente, l’antibiotico-resistenza e la capacità <strong>di</strong> produrre -<br />

lattamasi. RISULTATI: In via preliminare, i microrganismi più comunemente isolati sono stati, tra gli aerobi, S.<br />

pneumoniae, Escherichia coli e Staphylococcus aureus, e, tra gli anaerobi, Peptostreptococcus spp., Fusobacterium<br />

spp., Prevotella spp. e Porphyromonas spp.. Sei degli otto S. pneumoniae isolati sono penicillino-resistenti e/o<br />

macrolide-resistenti, mentre quasi tutti gli isolati appartenenti alle altre specie aerobie sono sensibili agli antibiotici<br />

testati; un quarto degli anaerobi isolati è produttore <strong>di</strong> -lattamasi. Nei soggetti da noi trattati le sinusiti associate a<br />

comunicazioni oro-antrali sono state attribuite all’inserimento improprio <strong>di</strong> impianti endossei (38%), al rialzo del seno<br />

mascellare (31%), alle avulsioni dentarie (19%), all’escissione <strong>di</strong> lesioni cistiche (6%) e alla presenza <strong>di</strong> un corpo<br />

estraneo (6%). DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Sebbene la sinusite cronica odontogena sembrasse destinata a<br />

sparire, nel corso degli ultimi anni la frequenza <strong>dei</strong> pazienti affetti dalla suddetta patologia è in netto aumento.<br />

Nonostante la letteratura riporti che il 10-12% <strong>dei</strong> casi <strong>di</strong> sinusite mascellare sia odontogena, nel nostro stu<strong>di</strong>o, ancora<br />

in itinere, la percentuale <strong>dei</strong> casi è finora stata superiore. Inoltre abbiamo isolato solo spora<strong>di</strong>camente ceppi <strong>di</strong> H.<br />

influenzae e M. catarrhalis ed il numero <strong>di</strong> microrganismi produttori <strong>di</strong> -lattamasi è stato percentualmente superiore<br />

rispetto a quanto riportato dagli altri Autori. Le cause che possono determinare le comunicazioni oro-antrali sono<br />

numerose, e, tra queste, le avulsioni dentarie e la chirurgia implantare associata al rialzo del seno mascellare sono quelle<br />

che abbiamo riscontrato con maggiore frequenza.


INTERFERENZE ELETTROMAGNETICHE TRA DEVICES CARDIACI ED IL PIEZOSURGERY®.<br />

Ancona F, Raffaelli L, Manicone PF, D’Addona A.<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica -Università Cattolica del Sacro Cuore -Roma<br />

OBIETTIVI:Nella pratica clinica odontoiatrica è sempre più frequente l’utilizzo <strong>di</strong> strumenti sofisticati in aiuto al<br />

lavoro dello specialista, molti <strong>dei</strong> quali sono in grado <strong>di</strong> creare campi elettromagnetici <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa intensità . Qualora<br />

vengano utilizzati tali strumenti in pazienti portatori <strong>di</strong> devices car<strong>di</strong>aci, il cui impianto è in progressiva crescita, sono<br />

ipotizzabili possibili interferenze con il corretto funzionamento <strong>di</strong> questi ultimi. I dati a riguardo presenti in letteratura<br />

sono contrastanti e spesso si riferiscono a modelli <strong>di</strong> devices car<strong>di</strong>aci <strong>di</strong> vecchia generazione . Ad oggi in commercio<br />

esistono una vasta gamma <strong>di</strong> pacemakers e defibrillatori dotati <strong>di</strong> software sofisticati che, sebbene abbiano risolto in<br />

parte i problemi <strong>di</strong> interferenza con il “noise” circostante, li hanno resi potenzialmente più sensibili. Scopo dello stu<strong>di</strong>o<br />

è stato quello <strong>di</strong> valutare possibili interferenze generate dal piezosurgery in portatori <strong>di</strong> ICD <strong>di</strong> relativa nuova<br />

generazione.<br />

METODI: 26 Pazienti consecutivi reclutati attraverso l’ambulatorio del controllo <strong>dei</strong> PM/ICD del servizio <strong>di</strong><br />

elettrofisiologia ed il reparto <strong>di</strong> car<strong>di</strong>ologia dell’università Cattolica del Sacro Cuore , <strong>di</strong> età compresa tra 18 e 90 anni,<br />

portatori <strong>di</strong> ICD, sono stati considerati arruolabili per lo stu<strong>di</strong>o. Ogni pz, dopo aver eseguito un controllo dell’ICD, è<br />

stato sottoposto ad una simulazione <strong>di</strong> intervento con piezosurgery della durata <strong>di</strong> ca 30 secon<strong>di</strong> per ogni modalità <strong>di</strong><br />

funzionamento dell’apparecchio, sotto stretto monitoraggio clinico-strumentale car<strong>di</strong>ologico, ripetuta poi dopo aver<br />

aumentato la capacità <strong>di</strong> “sensing” del device. Al termine è stato eseguito un nuovo controllo completo dell’ICD. Una<br />

registrazione Holter ECG è stata applicata durante tutto il test per monitorizzare il ritmo.<br />

RISULTATI: 15 pazienti hanno avuto interferenze <strong>di</strong> vario grado (da minime a più importanti) durante l’applicazione<br />

del piezosurgery (57% della popolazione totale stu<strong>di</strong>ata). Di questi, il 67% era portatore <strong>di</strong> ICD bi ventricolare (10 pz),<br />

ed il 33% <strong>di</strong> ICD bicamerale. 11 pz erano stimolati al 100%, non sempre PM <strong>di</strong>pendenti, mentre 4 (16%) avevano un<br />

valido ritmo spontaneo o non necessitavano <strong>di</strong> stimolazione bi ventricolare. Le interferenze riscontrate sono state<br />

sud<strong>di</strong>vise in 4 tipi: rumori accertati, dubbi, sotto soglia, <strong>di</strong> sola telemetria. 6 pazienti hanno presentato rumori accertati<br />

(23% <strong>dei</strong> 26 totali), 1 dubbi (3%), 2 sottosoglia (8%) e 6 (23%) con problemi <strong>di</strong> telemetria. Considerando il primo ed il<br />

terzo gruppo, le interferenze accertate <strong>di</strong> rilevanza clinica rappresentano il 30% del totale <strong>dei</strong> pazienti stu<strong>di</strong>ati (<br />

8/26).Nel primo gruppo 4 su 6 sono ICD bi ventricolari. Nel secondo è un ICD bi ventricolare, mentre nel terzo sono 2<br />

ICD bicamerali. Nelle interferenze telemetriche 4 sono bi ventricolari, e 2 sono bicamerali.<br />

CONCLUSIONI :Il piezosurgery, considerato a basso rischio <strong>di</strong> interferenza per il piccolo campo magnetico che<br />

genera, si è <strong>di</strong>mostrato nel nostro stu<strong>di</strong>o uno strumento da usare con cautela nei pazienti con ICD, in quanto è in grado<br />

<strong>di</strong> creare malfunzionamenti che, anche se <strong>di</strong> breve durata e senza conseguenze cliniche, sono potenzialmente pericolosi<br />

per il paziente aritmico.


ANESTESIA LOCALE ED ALLATTAMENTO AL SENO.<br />

Giuliani M., Grossi GB. 1 , Pileri M. 2 , Lajolo C., Casparrini G 2 .<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore. Roma. e-mail: michele.giuliani@rm.unicatt.it;<br />

Clinica Odontoiatrica 1 e Chimica Clinica 2 , IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza,” San Giovanni Rotondo (FG).<br />

Introduzione ed obiettivo: Pochi stu<strong>di</strong> sono stati condotti per determinare il livello degli anestetici locali nel latte<br />

materno a seguito <strong>di</strong> anestesia odontoiatrica e la loro possibile tossicità per il lattante. Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato<br />

quello <strong>di</strong> determinare il livello <strong>di</strong> lidocaina e del suo metabolita monoethylglycinexyli<strong>di</strong>de (MEGX) nel latte materno<br />

dopo anestesia per procedure odontoiatriche.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono state arruolate 7 donne che allattavano (età 23–39 anni) le quali hanno ricevuto tra i 3,6 ed i<br />

7,2 ml <strong>di</strong> Lidocaina al 2% senza adrenalina. E’ stata valutata la concentrazione <strong>di</strong> lidocaina e <strong>di</strong> MEGX nel sangue e nel<br />

latte materno per mezzo <strong>di</strong> una cromatografia liquida ad alta performance. Sono stati calcolati il rapporto latte/plasma e<br />

la dose <strong>di</strong> lidocaina e <strong>di</strong> MEGX che potrebbe ricevere un lattante a seguito dell’anestesia nella madre.<br />

Risultati: La concentrazione <strong>di</strong> lidocaina nel plasma materno 2 ore dopo l’iniezione è stata <strong>di</strong> 347,6 ± 221,8 g/l, la<br />

concentrazione <strong>di</strong> lidocaina nel latte materno è stata tra i 120,5 ± 54,1 g/l (3 ore dopo l’iniezione) ed i 58,3 ± 22,8<br />

g/l (6 ore dopo l’iniezione), la concentrazione <strong>di</strong> MEGX nel plasma materno 2 ore dopo l’iniezione è stata <strong>di</strong> 58,9 ±<br />

30,3 g/l, e quella <strong>di</strong> MEGX nel latte materno è stata tra i 97,5 ± 39,6 g/l (3 ore dopo l’iniezione) ed i 52,7 ± 23,8<br />

g/l (6 ore dopo l’iniezione). Considerando una assunzione giornaliera <strong>di</strong> 90 ml <strong>di</strong> latte materno ogni 3 ore, la dose<br />

giornaliera <strong>di</strong> lidocaina e <strong>di</strong> MEGX potrebbe essere rispettivamente <strong>di</strong> 73,41± 38,94 g/l/<strong>di</strong>e e <strong>di</strong> 66,1 ± 28,5 g/l/<strong>di</strong>e.<br />

Conclusioni: I dati emersi da questo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>mostrano che una donna che allatta può continuare ad allattare in modo<br />

sicuro anche qualora ricevesse anestesie odontoiatriche con lidocaina senza adrenalina.


CRITERI DI VALUTAZIONE PER TERAPIA FARMACOLOGICA NELL’OSTEONECROSI DA<br />

BIFOSFONATI<br />

Mantovani S., Mirelli C., Bartorelli L., Dall’Agnola C., Grimal<strong>di</strong> R., Scandola O., Teti P., Aspesi M., Bal<strong>di</strong>sserri E.,<br />

Alessandrì G.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano- Clinica Odontoiatrica e Stomatologica- ICP-Direttore: Prof. F. Santoro - Reparto <strong>di</strong><br />

Conservativa ed Endodonzia –Responsabile: dott. L. Bartorelli<br />

INDICAZIONI E OBIETTIVI:<br />

I bisfosfonati sono farmaci introdotti negli ultimi vent’anni nella terapia<br />

delle alterazioni ossee , nel trattamento sia dell’osteoporosi, sia <strong>dei</strong> secondarismi ossei<br />

da patologia tumorale, soprattutto nel mieloma multiplo, nel carcinoma mammario e prostatico.<br />

Le vie <strong>di</strong> somministrazione sono orale o parenterale per infusione endovenosa. Più frequentemente si prescrive il<br />

bifosfonato orale ai pazienti affetti da osteoporosi, mentre la via parenterale è tipica, nell’ambito <strong>di</strong> una terapia<br />

farmacologia più complessa, per i soggetti oncologici. Tali pazienti spesso sono inseriti nell’ambito <strong>di</strong> protocolli che<br />

prevedono anche cicli <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>o o chemioterapia Unica complicanza grave, nota sino a oggi, è l’osteonecrosi <strong>dei</strong><br />

mascellari correlata alle terapie odontoiatriche chirurgiche.<br />

MATERIALI E METODI:<br />

Abbiamo considerato i casi <strong>di</strong> pazienti affetti da osteonecrosi <strong>dei</strong> mascellari che ci sono stati riferiti presso il reparto <strong>di</strong><br />

Conservativa ed Endodonzia della Clinica Odontoiatrica <strong>di</strong> Milano.<br />

La scelta della tipologia <strong>di</strong> terapia si è basata su molteplici considerazioni.<br />

RISULTATI:<br />

Nella buona parte <strong>dei</strong> casi, è escluso l'approccio chirurgico alla lesione, la valutazione tramite antibiogramma ci ha<br />

condotto all’ottenimento <strong>di</strong> una risposta efficace della terapia antibiotica mirata tranne in un caso anomalo <strong>di</strong><br />

contaminazione da enterobatterio in soggetto che viene presentato. In tale situazione l’antibiogramma è stato ripetuto al<br />

fine <strong>di</strong> ricercare farmaci efficaci per combatterlo.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI:<br />

L'analisi <strong>dei</strong> dati e la valutazione dello stato <strong>di</strong> salute generale <strong>dei</strong> pazienti rende più complessa la scelta della terapia<br />

farmacologica <strong>di</strong> supporto.<br />

La scelta <strong>di</strong> una terapia, che spesso è solo farmacologia, deve essere quanto più possibile personalizzata e <strong>di</strong>scussa in<br />

via multi<strong>di</strong>sciplinare con i colleghi curanti coinvolti.


LA TERAPIA CHIRURGICA DELL’OSTEONECROSI MASCELLARE DA BIFOSFONATI<br />

Errico D., Bucci E, Carile F, Laurelli L and Bucci P.<br />

Dipartimento Universitario <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Chirurgia Maxillo-Facciale Insegnamento <strong>di</strong> Clinica<br />

Odontostomatologica I – Titolare: Prof. Paolo Bucci<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli “Federico II”.<br />

INTRODUZIONE. L’”osteonecrosi mascellare da bifosfonati” (BON) è una patologia <strong>di</strong> recente identificazione e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fficile approccio terapeutico, che compromette significativamente la qualità <strong>di</strong> vita del paziente. OBIETTIVI. Scopo<br />

del lavoro è <strong>di</strong> confrontare i piani terapeutici proposti in letteratura ed evidenziare l’efficacia dell’approccio chirurgico<br />

nel trattamento della BON. MATERIALI E METODI. È stata condotta una ricerca utilizzando come banca dati<br />

pubmed e come parole chiave “bisphosphonate + management + osteonecrosis”. Tale ricerca ha prodotto 120 articoli<br />

che sono stati selezionati in base alla lingua (sono stati esclusi quelli non in lingua inglese), all’attinenza, alla<br />

reperibilità, ed al periodo <strong>di</strong> pubblicazione (dal 2003 a maggio 2008). Gli articoli selezionati sono risultati 22. Sono stati<br />

riportati un totale <strong>di</strong> 377 casi <strong>di</strong> BON, <strong>di</strong> cui 178 completi <strong>di</strong> trattamento effettuato ed esito. RISULTATI. Dall’analisi<br />

<strong>dei</strong> casi è stato riscontrato l’utilizzo <strong>di</strong> 11 in<strong>di</strong>rizzi terapeutici <strong>di</strong>versi, ma in tutti i gruppi veniva effettuata terapia <strong>di</strong><br />

base con clorexi<strong>di</strong>na e antibiotico (amoxicillina e ac. Clavulanico). La sola terapia <strong>di</strong> base è stata utilizzata nel 29% <strong>dei</strong><br />

pazienti mentre nella restante parte (71%) alla terapia me<strong>di</strong>ca è stata associato un trattamento chirurgico (52% <strong>dei</strong> casi)<br />

conservativo o demolitivo, e/o terapia iperbarica e/o laser terapia. Valutando i dati ed i risultati è stato osservata una<br />

buona efficacia della chirurgia invasiva nel risolvere la patologia, una efficacia scarsa della chirurgia conservativa nel<br />

risolvere la patologia. E’ stata riscontrata, altresì, una buona efficacia della terapia non chirurgica nello stabilizzare o<br />

migliorare la con<strong>di</strong>zione clinica del soggetto; inoltre si è riscontrato un miglioramento, non significativo, della prognosi<br />

nel caso <strong>di</strong> sospensione della terapia con bifosfonati dopo il manifestarsi dell’osteonecrosi.<br />

CONCLUSIONI. Da tale ricerca risulta evidente la necessità <strong>di</strong> trattare la BON in maniera adeguata, utilizzando un<br />

trattamento non invasivo, ove possibile, e passando ad uno più invasivo (sequestrectomia) solo quando realmente<br />

in<strong>di</strong>spensabile. D’altra parte una reci<strong>di</strong>va dell’osteonecrosi, che interessi i monconi ossei residui, risulta spesso non<br />

trattabile.


LA PARODONTITE ULCERATIVA NECROTIZZANTE; CASE REPORT<br />

Maida C., Bortone A*., Spano G.,Lugliè P.F.<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica<br />

Università Degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassari<br />

Azienda Ospedaliero Universitaria <strong>di</strong> Sassari<br />

Viene presentato il caso <strong>di</strong> una paziente ( J.M., F., 14 anni ), affetta da Sindrome <strong>di</strong> Kostmann (agranulocitosi infantile<br />

geneticamente determinata). Prima del 1987, anno nel quale è stato introdotto nella terapia il G-CSF, i bambini<br />

morivano a causa delle complicanze infettive. L’unica terapia in grado <strong>di</strong> guarire definitivamente i pazienti è<br />

rappresentata dal trapianto <strong>di</strong> midollo. Il quadro ematologico-clinico della suddetta paziente è risultato assai grave<br />

(percentuale <strong>dei</strong> neutrofili 27% ( range 40%-74% ), e frequenti infezioni settiche, in particolare, otite me<strong>di</strong>a cronica e<br />

parodontite ulcerativa necrotizzante. La giovane paziente si è presentata nel nostro Istituto con importanti lesioni<br />

necrotiche e ulcerative a carico della gengiva aderente e una mobilità <strong>di</strong> grado tre a carico <strong>di</strong> tutti gli elementi dentari e<br />

<strong>di</strong>fetti ossei verticali in corrispondenza <strong>di</strong> vari siti. Nel corso della prima seduta abbiamo asportato il tessuto necrotico<br />

con l’ausilio <strong>di</strong> bisturi e pinzette ed abbiamo effettuato un’ablazione del tartaro dentario, la più profonda possibile,<br />

compatibilmente con le con<strong>di</strong>zioni cliniche. Abbiamo impiegato il perossido <strong>di</strong> idrogeno ( al 3% ) per la rimozione <strong>dei</strong><br />

depositi nelle aree necrotiche e come collutorio orale, con effetti favorevoli attribuiti all’azione <strong>di</strong> pulizia meccanica e<br />

all’influenza dell’ossigeno sulla flora batterica anaerobica .Abbiamo istruito la paziente ad eseguire due volte al giorno<br />

sciacqui con collutorio a base <strong>di</strong> clorexi<strong>di</strong>na allo 0,2%, data la <strong>di</strong>fficoltà nello spazzolamentoe si è reso necessario il<br />

trattamento farmacologico supplementare con 250 mg <strong>di</strong> metronidazolo tre volte al dì in associazione ad<br />

amoxicillina+acido clavulanico 1g due volte al dì, per la durata <strong>di</strong> 9 giorni. Con il completamento del trattamento <strong>di</strong><br />

fase acuta, abbiamo osservato una scomparsa della necrosi e della sintomatologia acuta. Le aree necrotiche sono andate<br />

incontro a guarigione e i crateri gengivali presentano <strong>di</strong>mensioni ridotte, sebbene, persistano alcuni <strong>di</strong>fetti. Tali siti<br />

possono perciò richiedere in futuro un trattamento chirurgico: i crateri poco profon<strong>di</strong> possono essere rimossi me<strong>di</strong>ante<br />

una semplice gengivectomia, mentre <strong>di</strong>fetti più profon<strong>di</strong> possono esigere interventi <strong>di</strong> chirurgia resettiva. Il trattamento<br />

della NG non può ritenersi completo finchè non sia avvenuta l’eliminazione <strong>di</strong> tutti i <strong>di</strong>fetti gengivali e si siano ricreate<br />

le con<strong>di</strong>zioni ottimali per il controllo futuro della placca.


STRESS OSSIDATIVO E ATTIVAZIONE PIASTRINICA NELLE PARODONTITI<br />

Danese M.; Davì G; Piattelli M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche; Università <strong>di</strong> Chieti-Pescara “G.D'Annunzio”<br />

Introduzione: Nei pazienti affetti da parodontite si è documentato un incremento del rischio <strong>di</strong> sviluppare malattie<br />

sistemiche. Lo stress ossidativo e l'attivazione piastrinica rappresentano un interessante collegamento tra parodontite e<br />

malattie aterotrombotiche. Infatti gli stimoli pro-infiammatori sono in grado <strong>di</strong> aumentare la generazione <strong>di</strong> specie<br />

ra<strong>di</strong>cali dell'ossigeno con danno a livello della parete vasale.<br />

Obiettivi: Verificare l'esistenza <strong>di</strong> stress ossidativo e attivazione piastrinica attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> biomarkers validati<br />

nei pazienti parodontopatici.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati reclutati 48 pazienti, 24 affetti da parodontite (gruppo test) e 24 sani (gruppo controllo).<br />

Prima <strong>di</strong> effettuare qualsiasi terapia, sono stati dosati i biomarkers <strong>di</strong> stress ossidativo e attivazione piastrinica quali 8iso-PGF-2α<br />

e 11-<strong>dei</strong>dro-TXB2 nei campioni urinari <strong>dei</strong> soggetti.<br />

Risultati: I pazienti parodontopatici presentano escrezione urinaria <strong>di</strong> biomarkers <strong>di</strong> stress ossidativo e attivazione<br />

piastrinica significativamente più elevata rispetto ai soggetti <strong>di</strong> controllo.<br />

Conclusioni: É ipotizzabile che le risposte immuno-infiammatorie ed infettive che caratterizzano la malattia<br />

parodontale possano esplicare, attraverso l'aumentata formazione <strong>di</strong> specie reattive dell'ossigeno e l’attivazione<br />

piastrinica, la loro azione a livello della parete vasale.


REAZIONI LICHENOIDI DEL CAVO ORALE CORRELATE A RESTAURI DENTARI IN AMALGAMA.<br />

Clozza E, Biasotto M, Castellarin P, Serroni I, Di Lenarda R<br />

(U.C.O <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica – Direttore: Prof. R. Di Lenarda – Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste).<br />

OBIETTIVI: Le Reazioni Lichenoi<strong>di</strong> del Cavo Orale (ORL) sono <strong>di</strong> comune osservazione e <strong>di</strong> particolare<br />

preoccupazione per il paziente e l’odontoiatra poichè spesso su base i<strong>di</strong>opatica. Anche se il meccanismo patogenetico<br />

sia ancora controverso, sembra che alla base <strong>di</strong> queste lesioni ci siano fenomeni allergici <strong>di</strong> ipersensibilità ritardata e<br />

reazioni citotossiche. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> valutare la guarigione delle ORL in seguito alla sostituzione <strong>dei</strong> restauri<br />

in amalgama con le resine composite.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 12 pazienti c/o ambulatorio <strong>di</strong> Patologia e Me<strong>di</strong>cina Orale dell’<br />

U.C.O <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica dell’ Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.Tutti presentavano lesioni<br />

leucoplasiche e atrofiche, a volte simmetriche, con sintomatologia variabile da asintomatica a lieve/moderato bruciore, a<br />

stretto contatto con elementi dentari che esibivano estesi restauri in amalgama. Le lesioni sono state sottoposte a biopsia<br />

incisionale per analisi istologica e immunofluorescienza e documentazione fotografica.<br />

Le otturazioni in amalgama sono state rimosse e sostituite da ricostruzioni in composito.<br />

I pazienti sono stati richiamati a controllo a 1-2-4-8 e 12 settimane.<br />

RISULTATI: Dal referto anatomo-patologico tutti i campioni analizzati presentano un quadro istologico <strong>di</strong> mucosite<br />

lichenoide, senza evidenti segni <strong>di</strong> attività immunitaria (IFD). Al controllo <strong>di</strong> 1- 2 e 4 settimane i pazienti riferivano<br />

una significativa risoluzione della sintomatologia algica e 8-12 settimane dopo, una quasi completa regressione delle<br />

lesioni.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONE: I soggetti affetti da Reazioni Lichenoi<strong>di</strong> del Cavo Orale associate a otturazioni<br />

in amalgama hanno tratto beneficio dalla rimozione <strong>dei</strong> restauri. Alla luce <strong>di</strong> questi risultati, in pazienti colpiti da ORL<br />

con sintomatologia in atto si consiglia un approccio conservativo su tutti elementi dentali interessati e un follow-up<br />

sistematico.


NUOVE PROSPETTIVE NELLA GESTIONE DELLE LESIONI INIZIALI DELLO SMALTO.<br />

Marcelli F*, Chelariu C, Guerra F, Ottolenghi L<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, <strong>Odontoiatria</strong> Preventiva e <strong>di</strong> Comunità<br />

(Prof. L. Ottolenghi), Clinica Odontostomatologica I (Prof F. Guerra)<br />

INTRODUZIONE Allo scopo <strong>di</strong> fornire una standar<strong>di</strong>zzazione <strong>dei</strong> meto<strong>di</strong> <strong>di</strong>agnostici della carie dentale è stato<br />

sviluppato il sistema ICDAS II (International Caries Detection and Assesment System), un valido strumento a nostra<br />

<strong>di</strong>sposizione per la comprensione <strong>dei</strong> processi <strong>di</strong> inizio e <strong>di</strong> progressione della carie. L’attuale comprensione della<br />

natura <strong>di</strong>namica del processo carioso permette <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare l’ambiente degli sta<strong>di</strong> della carie allo stato reversibile, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>namica regressione e progressione, attraverso trattamenti mirati <strong>di</strong> remineralizzazione. Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o è<br />

stato quello <strong>di</strong> determinare se una soluzione 10% w/w CPP-ACP (fosfato <strong>di</strong> calcio amorfo-fosfopepti<strong>di</strong> caseinici)<br />

potesse remineralizzare in vitro le lesioni iniziali dello smalto.<br />

MATERIALI E METODI Sono stati utilizzati 20 premolari vitali estratti per motivi ortodontici i quali sono stati<br />

sottoposti ad un trattamento per sette giorni con una soluzione demineralizzante costituita da acido lattico 200mM,<br />

cloruro <strong>di</strong> calcio 3mM, fosfato acido <strong>di</strong> potassio 1.8 mM, a pH 4.5 (ten Cate 1998). I campioni sono stati sezionati e<br />

<strong>di</strong>visi in 2 gruppi. Il 1° gruppo è stato conservato per 15 giorni in acqua <strong>di</strong>stillata (gruppo controllo WS). Il 2° gruppo è<br />

stato trattato giornalmente, per 15 giorni con soluzione remineralizzante 10% w/w CPP-ACP (Tooth Mousse, GC<br />

Corporation) (gruppo test WST).<br />

RISULTATI Le immagini al SEM a ingran<strong>di</strong>menti crescenti 800x,15000x,25000x,50000x mostrano una superficie più<br />

regolare <strong>dei</strong> campioni remineralizzati con un riarangiamento <strong>dei</strong> cristalli <strong>di</strong> idrossiapatie all’interno della lesione.<br />

L’analisi <strong>dei</strong> dati ha mostrato un significativo aumento ponderale del calcio e del fosfato nei campioni trattati con la<br />

soluzione remineralizzante (p


CARCINOMA ORALE: DALLE PROBLEMATICHE TERAPEUTICHE E RIABILITATIVE ALLE<br />

DIRETTIVE FUTURE<br />

P. Cardelli; R. Barnabei; M.Gallio; F. Balestra, M. Montani<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> E Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”(Prof. Alberto Barlattani). U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S. Giovanni Calibita<br />

Fatebenefratelli”, Roma (Prof. Clau<strong>di</strong>o Arcuri<br />

Nei paesi europei circa il 2% <strong>di</strong> tutti i tumori maligni che colpiscono uomini e donne si presentano nella cavità orale.<br />

La maggior parte <strong>di</strong> questi tumori maligni ( 90%) sono carcinomi squamocellulari della mucosa orale, ovvero tumori<br />

che originano dagli epiteli superficiali, mentre i restanti ( 10%) sono rappresentati da melanomi maligni, da tumori<br />

maligni delle ghiandole salivari, da linfomi nodulari, da sarcomi <strong>dei</strong> tessuti molli e duri e da metastasi <strong>di</strong> tumori<br />

localizzati altrove nel corpo.<br />

Per questo motivo, quasi tutti i tumori maligni delle mucose orali possono essere in<strong>di</strong>viduati semplicemente con una<br />

visita accurata.<br />

Va poi ricordato che il cancro orale, per parecchi mesi o ad<strong>di</strong>rittura anni, è spesso preceduto da mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

clinicamente visibili della mucosa – le cosiddette lesioni o con<strong>di</strong>zioni precancerose – rappresentate da alterazioni<br />

biancastre ( leucoplachia ) e/o rossastre ( eritroplachia ). Il cancro dell’orofaringe è tra i 10 più comuni tumori maligni<br />

e , secondo stime dell’Organizzazione Mon<strong>di</strong>ale della Sanità, nel 1998, in tutto il mondo sono morti in seguito a questa<br />

malattia 352.000 persone tra maschi e femmine.<br />

In Italia il cancro dell’orofaringe è tutt’altro che raro : secondo i dati <strong>dei</strong> Registri <strong>dei</strong> Tumori, nei quattro anni dal 1990<br />

al 1994 più <strong>di</strong> 12.000 morti sono state provocate da questa neoplasia. A Nord la mortalità è sostanzialmente più elevata<br />

che al Sud : in Friuli Venezia Giulia il tasso grezzo <strong>di</strong> mortalità per il sesso maschile è circa 5 volte più elevato che in<br />

Sicilia.<br />

In Italia come nel resto del mondo il sesso maschile è il più colpito, il rapporto maschi/ femmine attuale è <strong>di</strong> circa 4 a 1.<br />

La mortalità nelle donne è però in continua ascesa, probabilmente in conseguenza dell’aumento delle donne fumatrici<br />

verificatosi dagli anni ’60 ad oggi.<br />

Questo lavoro è una revisione della letteratura riguardante le neoplasie che colpiscono il <strong>di</strong>stretto oro - facciale e le<br />

problematiche connesse al complesso approccio terapeutico – riabilitativo <strong>dei</strong> pazienti affetti da questa grave patologia.<br />

Vengono presi in considerazione anche quelli che sono gli obiettivi futuri della me<strong>di</strong>cina attuale nell’ambito delle<br />

terapie standard: chemioterapia, ra<strong>di</strong>oterapia e chirurgia.


RISCHIO CARDIOVASCOLARE IN PAZIENTI CON PARODONTOPATIA E INFEZIONE DA HIV<br />

Vecchiet F., Falasca K. 1 , Ucciferri C. 1 , Mancino P. 1 , Vignale F. 1 , Pizzigallo A 2 , Piattelli A, Vecchiet J. 1 .<br />

Servizio Odontostomatologia PO “SS Annunziata Chieti; 1 Clinica Malattie Infettive Università “G. d’Annunzio”<br />

Chieti-Pescara; 2 Clinica <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale Ospedale Sant’Orsola, Bologna<br />

INTRODUZIONE: La relazione tra le periodontiti e la malattia car<strong>di</strong>ovascolare è stata recentemente analizzata su due<br />

meta-analisi che hanno mostrato che gli in<strong>di</strong>vidui con periodontite hanno l’1,14 volte maggior rischio <strong>di</strong> sviluppare<br />

malattie coronariche rispetto ai soggetti senza periodontiti. Inoltre è stato ampiamente documentato in Letteratura come<br />

i pazienti con infezione da HIV abbiano un maggior rischio car<strong>di</strong>ovascolare (RCV) rispetto alla popolazione<br />

generale.Scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong> valutare l’incidenza <strong>di</strong> parodontopatie croniche (PC) e il grado <strong>di</strong> PC in una<br />

popolazione HIV infetta con alto e basso RCV.MATERIALI E METODI: Tutti i pazienti HIV+ seguiti presso il DH<br />

della Clinica <strong>di</strong> Malattie Infettive dell’Università <strong>di</strong> Chieti sono stati stu<strong>di</strong>ati per valutare il RCV secondo lo Score <strong>di</strong><br />

rischio <strong>di</strong> Framingham che stabilisce la probabilità <strong>di</strong> rischio car<strong>di</strong>ovascolare maggiore o minore del 10% a 10 anni. I<br />

pazienti che riferivano sangiunamento gengivale e/o odontalgia sono stati classificati secondo la presenza o meno <strong>di</strong> PC<br />

e in base al grado della stessa in lieve (1), moderata (2) e severa (3). Per tutti i pz sono stati considerati i principali dati<br />

viro-immunologici (CD4, CD8 e HIV-RNA) e metabolici, in particolare i livelli sierici <strong>di</strong> colesterolo totale, HDL e<br />

LDL, trigliceridemia, pressione arteriosa (PA), circonferenza vita, glicemia, in<strong>di</strong>ce HOMA <strong>di</strong> insulino-resistenza e<br />

calcolo dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> massa corporea (BMI). Inoltre è stata effettuata la misurazione sierica dell’IL-18 con test ELISA<br />

(R&D Systems, Minneapolis, MN, USA). Sono state calcolate me<strong>di</strong>e ± deviazioni standard e confrontati con test t <strong>di</strong><br />

Student; ed infine sono state effettuate delle correlazioni <strong>di</strong> Spearman tra il grado do parodontopatia e i principali<br />

parametri metabolici. Le p sono risultate statisticamente significative se < 0.05.RISULTATI: Sono stai stu<strong>di</strong>ati 23<br />

pazienti HIV+ con una valutazione del PC e sud<strong>di</strong>visi in due gruppi: 10 con RCV maggiore del 10% a 10 anni e <strong>13</strong> con<br />

RCV inferiore al 10% a 10 anni. Del gruppo con RCV maggiore il 40% non aveva una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> PC, il 40% aveva<br />

una PC <strong>di</strong> grado 1, il 10% aveva una PC <strong>di</strong> grado 2 e il 10 % <strong>di</strong> grado 3. Nessuno <strong>dei</strong> 23 pazienti (100%) con RCV<br />

basso ha avuto una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> PC. Inoltre il gruppo <strong>di</strong> pazienti con RCV elevato ha mostrato livelli statisticamente più<br />

alti dell’in<strong>di</strong>ce parodontale (0,9±0,9 vs 0±0; p=0,0001), <strong>di</strong> trigliceridemia (391±173 vs 186±<strong>13</strong>4; p=0,002); e<br />

statisticamente più bassi <strong>di</strong> colesterolo HDL (31±8 vs 44±<strong>13</strong>; p=0,008); mentre i valori <strong>di</strong> PA, glicemia, BMI e in<strong>di</strong>ce<br />

HOMA sono risultati più elevati nel gruppo con RCV elavato senza però raggiungere la significatività statistica. Inoltre<br />

i livelli sierici <strong>di</strong> IL-18 sono risultati statisticamente più elevati nel gruppo con RCV elevato rispetto al gruppo con un<br />

rischio basso (492±304 vs 253±205; p=0,04). Infine abbiamo evidenziato una correlazione positiva <strong>di</strong> Spearman tra il<br />

grado <strong>di</strong> parodontopatia e i livelli <strong>di</strong> IL-18 (r=0.84 e p=0.001). CONCLUSIONI: I nostri dati, seppure limitati dalla<br />

numerosità della casistica, confermano che i pazienti immunodepressi con RCV elevato secondo lo score <strong>di</strong><br />

Framingham hanno una maggiore incidenza <strong>di</strong> PC, che queste PC hanno più elevati livelli <strong>di</strong> citochine infiammatorie, in<br />

particolare dell’IL-18. ed inoltre sembra che tanto maggiore sia il grado <strong>di</strong> parodontapatie tanto più elevato è il livello <strong>di</strong><br />

IL-18. Alla luce <strong>dei</strong> nostri dati è possibile affermare che anche nei pazienti HIV+ il grado <strong>di</strong> PC sembra essere correlato<br />

con il RCV.


CSC DEL CAVO ORALE E RITARDO DIAGNOSTICO RELATIVO AL PAZIENTE: STUDIO<br />

RETROSPETTIVO DELLE VARIABILI SOCIODEMOGRAFICHE E COGNITIVE.<br />

Panzarella V 1 , Calvino F 1 , Colella G 2 , Falaschini S. 3 , Campisi G. 1<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Stomatologiche, Università <strong>di</strong> Palermo, Palermo.<br />

2 Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Seconda Università <strong>di</strong> Napoli, Napoli.<br />

3 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche – Università <strong>di</strong> Foggia;<br />

INTRODUZIONE. Il ritardo <strong>di</strong>agnostico relativo al paziente, definito come intervallo temporale tra insorgenza <strong>dei</strong><br />

sintomi e prima valutazione da parte <strong>di</strong> un operatore sanitario (Kerdpon D et al, 2001), sembra giocare un ruolo<br />

fondamentale nella <strong>di</strong>agnosi precoce del Carcinoma Squamo-Cellulare (CSC) del cavo orale (Scott SE et al, 2007).<br />

OBIETTIVI. Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> valutare, in un campione <strong>di</strong> pazienti dell’Italia Meri<strong>di</strong>onale, le<br />

relazioni tra le <strong>di</strong>verse variabili (socio-demografiche e cognitive) associate al ritardo <strong>di</strong>agnostico relativo al paziente.<br />

MATERIALI E METODI. Previo consenso informato, 156 pazienti (età me<strong>di</strong>a: 61.86 anni, M/F: 2.06/1) con <strong>di</strong>agnosi<br />

<strong>di</strong> CSC del cavo orale, progressivamente afferiti tra Gennaio 2000 e Dicembre 2006 presso il Settore <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale<br />

dell’Università <strong>di</strong> Palermo e quello <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale della Seconda Università <strong>di</strong> Napoli, sono stati<br />

sottoposti a questionario mirato. Sono state investigate le seguenti variabili socio-demografiche e cognitive: età,sesso,<br />

educazione, impiego, stato civile, residenza, consumo <strong>di</strong> tabacco ed alcol, anamnesi neoplastica remota, ignoranza,<br />

conoscenza del “problema cancro” e <strong>di</strong>niego. Il ritardo <strong>di</strong>agnostico relativo al paziente è stato registrato come variabile<br />

or<strong>di</strong>nale e sud<strong>di</strong>viso in due perio<strong>di</strong>: ≤1 mese, >1 mese. L’associazione tra le variabili investigate ed il ritardo<br />

<strong>di</strong>agnostico è stata valutata me<strong>di</strong>ante analisi statistica univariata (test χ 2 e Fisher). Il livello <strong>di</strong> significatività statistica è<br />

stato stabilito per p-value ≤ 0.05).<br />

RISULTATI. Le variabili più significative sono risultate essere: pregressa neoplasia (falso vs vero: p-value 0.02, OR<br />

0.30, CI 0.11-0.82), conoscenza del “problema cancro” (no vs si: p-value 0.07, OR 2.67, CI 0.92-7.76; non molto vs si:<br />

p-value 0.0<strong>13</strong>, OR 2.91, CI 1.25-6.76), ignoranza (falso vs vero: p-value 0.01, OR 0.42, CI 0.21-0.81) e <strong>di</strong>niego (falso<br />

vs vero: p-value 0.06, OR 2.38, CI 0.96-5.90).<br />

CONCLUSIONI. Nella popolazione esaminata, le variabili cognitive associate alla conoscenza della patologia<br />

neoplastica (sistemica e/o circoscritta al <strong>di</strong>stretto orale) sembrerebbero avere un ruolo cruciale nella <strong>di</strong>agnosi precoce<br />

del CSC orale. Mirati programmi <strong>di</strong>vulgativi e protocolli <strong>di</strong> prevenzione primaria si rendono necessari per ridurre<br />

l’incidenza della patologia ed aumentarne le percentuali <strong>di</strong> sopravvivenza.


STRUTTURE SANITARIE PUBBLICHE E DEL PRIVATO SOCIALE: POPOLAZIONI A CONFRONTO.<br />

D. Corridore*, B. Maisano, S. Geraci, R. Santopadre, L. Ottolenghi.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong><br />

Preventiva e <strong>di</strong> Comunità, Centro Odontoiatrico Caritas Roma.<br />

INTRODUZIONE: obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è confrontare le esperienze <strong>di</strong> cura in <strong>di</strong> due realtà assistenziali, ovvero<br />

della Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Sapienza Università <strong>di</strong> Roma (D.S.O.) e del Centro Odontoiatrico<br />

Caritas (C.O.C.), rispettivamente in qualità <strong>di</strong> struttura sanitaria pubblica e del privato sociale, comparando le situazioni<br />

<strong>di</strong> partenza <strong>dei</strong> soggetti e le effettive possibilità <strong>di</strong> cura e <strong>di</strong> gestione del paziente. MATERIALI E METODI: Per<br />

in<strong>di</strong>viduare la realtà sociale e verificare lo stato <strong>di</strong> salute orale <strong>dei</strong> pazienti che si rivolgono alle due realtà assistenziali<br />

abbiamo utilizzato un questionario che si compone <strong>di</strong> 32 domande <strong>di</strong>vise in quattro parti <strong>di</strong>stinte e costruito secondo le<br />

<strong>di</strong>rettive WHO – World Health Survey - Oral Health Care. Si è condotto uno stu<strong>di</strong>o statistico <strong>dei</strong> dati desunti dal<br />

confronto, in modo tale da evidenziare <strong>di</strong>fferenze ed analogie. L'analisi <strong>dei</strong> dati è stata ottenuta utilizzando il test del χ 2 .<br />

RISULTATI: il campione preso in esame è <strong>di</strong> 250 soggetti <strong>di</strong> età maggiore ai 18 anni, <strong>di</strong> cui 100 utenti della C.O.C. e<br />

150 del D.S.O., intervistati durante il periodo settembre 2006 e marzo 2007. Gli utenti <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza italiana<br />

rappresentano il 19% del campione C.O.C. e l'83.3% del D.S.O., mentre l'utenza non italiana del C.O.C. è dell'81% e<br />

quella del D.S.O. Del 16%. DISCUSSIONE : La prima osservazione è relativa alla composizione <strong>dei</strong> campioni, che<br />

identifica quella della C.O.C. come utenza a prevalenza straniera e quella del D.S.O. italiana. Dall'analisi <strong>dei</strong> risultati è<br />

emerso come la variabile che maggiormente influenza l'accesso al SSN è il periodo <strong>di</strong> permanenza dell'immigrato sul<br />

nostro territorio in relazione al grado <strong>di</strong> integrazione sociale, a prescindere dallo stato giuri<strong>di</strong>co. Abbiamo <strong>di</strong>stinto due<br />

categorie: gli immigrati <strong>di</strong> breve permanenza con maggiore fragilità sociale e quelli <strong>di</strong> lunga permanenza con maggiore<br />

stabilità sociale. Abbiamo inoltre riscontrato evidenza <strong>di</strong> risultati significativi nell'ambito dell'analisi <strong>dei</strong> dati sullo stato<br />

socio-abitativo, lavorativo, <strong>di</strong> approccio terapeutico alla risoluzione <strong>dei</strong> problemi oro-dentali e sulle abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vita in<br />

relazione alla salute orale. CONCLUSIONI Da quanto analizzato emerge una certa <strong>di</strong>fficoltà da parte della popolazione<br />

immigrata utente della C.O.C ad acquisire normali standard <strong>di</strong> accesso alle cure odontoiatriche, che si evidenziano a<br />

livello lavorativo, abitativo ed in ambito <strong>di</strong> supporto ed identificazione giuri<strong>di</strong>ca. Abbiamo infine in<strong>di</strong>viduato, anche<br />

alla luce <strong>di</strong> cambiamento <strong>di</strong> assetto organizzativo del Privato Sociale, quali dovrebbero essere gli obiettivi che questo ed<br />

il SSN debbano prefiggersi per realizzare un progressivo incremento dell'accessibilità ai servizi e sopratutto <strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong><br />

integrazione sociale per tutte le categorie <strong>di</strong> immigrati.


LESIONI E PERDITA DI SOSTANZA NEI TESSUTI DURI DENTALI: L’EROSIONE<br />

Salucci S., Solidani M., E. Bove, Guerra F, Brugnoletti O<br />

SAPIENZA-Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. UOD Percorso Diagnostico<br />

Odontoiatrico Complesso<br />

OBIETTIVI. L’erosione <strong>dei</strong> tessuti duri del dente è una delle più comuni evidenze riscontrabili nella pratica clinica<br />

quoti<strong>di</strong>ana. Dati riportati dalla letteratura mon<strong>di</strong>ale testimoniano come negli ultimi venti anni anni ci sia stato un<br />

incremento esponenziale <strong>di</strong> tale fenomeno, legato in<strong>di</strong>scutibilmente al cambiamento delle abitu<strong>di</strong>ni alimentari e ai<br />

costumi socio-economici delle varie popolazioni. Ciò nonostante, l’erosione non è ancora classificabile tra le con<strong>di</strong>zioni<br />

patologiche propriamente dette e ad oggi è ancora poco chiaro alla maggior parte degli operatori sanitari del campo<br />

odontoiatrico, quali siano le linee <strong>di</strong> confine tra questo tipo <strong>di</strong> lesioni ed altre affezioni <strong>dei</strong> tessuti duri del dente, tutte<br />

accomunate da una più o meno vasta per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza. MATERIALI E METODI. Partendo dalla definizione <strong>di</strong><br />

erosione dentale, considerata una <strong>di</strong>ssoluzione <strong>dei</strong> tessuti duri del dente come risultato dell’azione <strong>di</strong> aci<strong>di</strong> o chelanti su<br />

<strong>di</strong> una superficie priva <strong>di</strong> placca batterica, gli Autori chiariscono le <strong>di</strong>fferenze sostanziali rispetto ad altri tipi <strong>di</strong> lesioni<br />

quali abrasioni, lesioni da attrito ed effrazioni, spesso considerate erroneamente sinonimo <strong>di</strong> erosione. Da ciò sarà<br />

quin<strong>di</strong> possibile tornare alla erosione vera e propria, descrivendone caratteristiche micro e macroscopiche, per poi<br />

esaminare le possibili cause etiologiche. RISULTATI. Grazie alle evidenze acquisite nella premessa e partendo dalle<br />

più recenti scoperte in materia, si passerà alla presentazione del BEWE, un esame base per classificare il grado <strong>di</strong><br />

erosione, introdotto nel 2008 dal Prof. Lussi dell’Università <strong>di</strong> Berna. Sarà possibile quin<strong>di</strong> chiarire le modalità <strong>di</strong><br />

svolgimento <strong>di</strong> tale esame, con particolare attenzione alla raccolta <strong>di</strong> dati ed evidenze cliniche che permetteranno <strong>di</strong><br />

classificare accuratamente e senza possibilità <strong>di</strong> errore i vari livelli <strong>di</strong> erosione. In base alla gravità delle lesioni, il<br />

BEWE propone una serie <strong>di</strong> opzioni terapeutiche da mettere in atto nella pratica quoti<strong>di</strong>ana. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONE. Tale criterio classificativo permette <strong>di</strong> ottenere un accurato gra<strong>di</strong>ng delle lesioni erosive e questo,<br />

secondo gli Autori, dovrebbe chiarire definitivamente il concetto <strong>di</strong> erosione verso tutte le altre lesioni <strong>dei</strong> tessuti duri<br />

del dente, così da adottare le opzioni terapeutiche più opportune per ogni tipo <strong>di</strong> affezione. L’utilizzo del BEWE è<br />

estremamente semplice, e ciò dovrebbe inserirlo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto negli abituali esami <strong>di</strong> routine che si eseguono nel cavo orale.<br />

L’intercettamento precoce, la corretta <strong>di</strong>agnosi e la messa in atto <strong>di</strong> opportuni protocolli terapeutici rappresentano la più<br />

efficace barriera contro l’erosione e i suoi effetti destruenti nei confronti degli elementi dentali oltre che profondamente<br />

invalidanti per l’estetica <strong>di</strong> una buona dentizione.


LO STATO DI SALUTE ORALE IN UN GRUPPO DI PAZIENTI PSICHIATRICI OSPITI IN UNA<br />

STRUTTURA RESIDENZIALE DI ROMA<br />

Usai GD, Solidani M., Migale D, Guerra F, Ottolenghi L.<br />

SAPIENZA Università <strong>di</strong> Roma . CLSOPD <strong>Odontoiatria</strong> Preventiva e <strong>di</strong> Comunità<br />

INTRODUZIONE La malattia mentale non comporta <strong>di</strong> per se lo sviluppo <strong>di</strong> patologie odontoiatriche <strong>di</strong>verse da quelle<br />

del resto della popolazione. Quasi tutti gli stu<strong>di</strong> sulla salute orale <strong>dei</strong> pazienti psichiatrici, condotti in <strong>di</strong>versi paesi del<br />

mondo, riguardano pazienti istituzionalizzati in Ospedali Psichiatrici. A seguito della Legge 180 del 1978, oggi l’Italia è<br />

l’unico paese al mondo in cui sia stata realizzata la completa chiusura degli Ospedali Psichiatrici. Nell’ambito <strong>di</strong> tale<br />

riforma, uno degli aspetti più rilevanti è stato l’apertura <strong>di</strong> comunità terapeutiche in tutto il territorio nazionale, destinate<br />

ad accogliere pazienti lungo-assistiti con <strong>di</strong>sturbi mentali gravi e finalizzate al reinserimento sociale. MATERIALI E<br />

METODI. In questo stu<strong>di</strong>o è stato valutato lo stato <strong>di</strong> salute orale <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> pazienti ospiti presso una Struttura<br />

Residenziale gestita dal Dipartimento <strong>di</strong> Salute Mentale della ASL RM C <strong>di</strong> Roma. Nello stu<strong>di</strong>o sono stati inclusi tutti<br />

pazienti ospiti nella SR. L’indagine è stata condotta da un solo esaminatore. Dopo la somministrazione <strong>di</strong> un<br />

questionario per la valutazione della Qualità della Vita in relazione alla Salute Orale (OHIP14), è stata effettuato<br />

l’esame clinico per la valutazione della salute orale. Per il rilevamento <strong>dei</strong> dati è stata utilizzata la cartella clinica<br />

EGOHID. La valutazione clinica è stata eseguita per ogni paziente con uno specchietto, una sonda parodontale tipo<br />

Williams e rotolini <strong>di</strong> cotone idrofilo per asciugare le superfici dentali, con il paziente sdraiato sotto una buona fonte <strong>di</strong><br />

luce (luce naturale e lampada fluorescente). RISULTATI. Dei 12 pazienti ospiti nella SR, 11 (91.6%) hanno dato il<br />

loro consenso alla visita. L’età me<strong>di</strong>a <strong>dei</strong> soggetti è risultata 36.6 anni. Al questionario OHIP-14 è risultato che<br />

nell’ultimo anno il 54.5% <strong>dei</strong> pazienti ha avvertito spesso o molto spesso <strong>di</strong>sagi psicologici a causa <strong>di</strong> problemi orali; e<br />

il 36.3% spesso o molto spesso <strong>di</strong>sagi funzionali a causa <strong>di</strong> problemi orali. All’esame intraorale un solo paziente è<br />

risultato totalmente edentulo. Tra i pazienti dentati il valore del D3MFT me<strong>di</strong>o per tutti i gruppi <strong>di</strong> età è risultato 5.50 (±<br />

5.19). Il valore del D3MFS me<strong>di</strong>o per tutti i gruppi <strong>di</strong> età è risultato 20. Per quanto concerne lo stato parodontale è<br />

risultato: sanguinamento al sondaggio nel 30% <strong>dei</strong> pazienti; tartaro e tasche ≤ 3mm nel 30%; tasche <strong>di</strong> 4-5mm nel 40%.<br />

DISCUSSIONE I risultati evidenziano un incremento significativo della gravità dello stato <strong>di</strong> salute orale con l’età. Nel<br />

nostro stu<strong>di</strong>o l’accesso alle cure nell’ultimo anno risulta migliore (54.5%) <strong>dei</strong> risultati <strong>di</strong> letteratura precedenti. Anche<br />

l’esperienza <strong>di</strong> carie risultano minore rispetto agli altri stu<strong>di</strong>. CONCLUSIONI. I risultati, suggeriscono l’ipotesi che un<br />

progetto terapeutico e riabilitativo personalizzato possa determinare anche un miglioramento dello stato <strong>di</strong> salute orale<br />

ne paziente psichiatrico grave.


PROGETTO DI PROMOZIONE ALLA SALUTE ORALE IN COMUNITÀ DI RECUPERO DA<br />

TOSSICODIPENDENZE<br />

Umbaldo F*, Chelariu C, Giordano G, Ottolenghi L<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma - Master <strong>di</strong> I Livello in Prevenzione Odontostomatologica, (Direttore Prof. L Ottolenghi)<br />

INTRODUZIONE I pazienti che hanno fatto uso <strong>di</strong> sostanze stupefacenti presentano generalmente mancanza<br />

d’interesse per la cura personale, scarsa igiene orale, alta incidenza <strong>di</strong> carie destruenti, infezioni parodontali e lesioni<br />

delle mucose orali. SCOPO Il progetto <strong>di</strong> promozione alla salute orale in pazienti ex tossico<strong>di</strong>pendenti da noi effettuato,<br />

ha come scopo la prevenzione delle patologie <strong>dei</strong> denti e delle mucose ed il miglioramento della Qualità della Vita in<br />

relazione alla Salute Orale. MATERIALI E METODI Sono stati selezionati 60 pazienti <strong>di</strong> sesso maschile, integrati in<br />

un programma <strong>di</strong> recupero dalle tossico<strong>di</strong>pendenze presso la Fondazione “Exodus” <strong>di</strong> Cassino e presso la Comunità “In<br />

<strong>di</strong>alogo” <strong>di</strong> Trivigliano (età me<strong>di</strong>a 34,9 anni) ai quali sono state presentate proiezioni sulla salute e le patologie del cavo<br />

orale e istruzioni all’igiene orale. Prima della visita è stato consegnato il consenso informato ed il questionario sulla<br />

Qualità della Vita in relazione alla Salute Orale, Oral Health Impact Profile 14 (OHIP 14). E’ seguito l’esame obiettivo<br />

intra-extra orale e lo screening per le patologie della mucosa utilizzando una cartella clinica sviluppata sulla base dell’<br />

European Global Health In<strong>di</strong>cators development (EGOHID II). RISULTATI Dall’analisi <strong>dei</strong> dati si evince che<br />

un’elevata percentuale <strong>dei</strong> pazienti che hanno fatto uso <strong>di</strong> sostanze psicoattive per un tempo prolungato era<br />

inconsapevole riguardo i danni provocati al cavo orale durante l’uso <strong>di</strong> droghe e che da più <strong>di</strong> cinque anni non effettua<br />

una visita odontostomatologica, presenta un’incidenza molto elevata <strong>di</strong> carie e <strong>di</strong> edentulia ed una scarsa igiene orale.<br />

Dal questionario sulla percezione della salute orale OHIP 14 emergono dati interessanti riguardo il dolore fisico,<br />

<strong>di</strong>saggio funzionale e la <strong>di</strong>sabilità psicosociale. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI L’abuso <strong>di</strong> droghe è un problema<br />

sanitario in crescita, principalmente per quanto riguarda il tabacco, l’alcool, la cannabis e la cocaina. Alla luce <strong>dei</strong> dati<br />

rilevati possiamo concludere che sono necessari programmi <strong>di</strong> educazione sanitaria nei confronti <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong><br />

pazienti, con un aumento del numero <strong>di</strong> operatori odontoiatrici che possano fornire adeguato sostegno sanitario, con un<br />

approccio basato su un’intervento multi<strong>di</strong>sciplinare da parte <strong>di</strong> psicologi, operatori del settore, <strong>di</strong>etologi, igienisti dentali<br />

e odontoiatri.


MANIFESTAZIONI ORALI NEI PAZIENTI CON SINDROME DI DOWN<br />

Valenzano A.L. *1 ; Inchingolo A.D. 1 ; Marrelli M.W. 1,2 ; Tatullo M. 1 ; Inchingolo A.M. 1 ; Picciariello V. 1 ; Dipalma<br />

G. 1,2 ; Mingrone R. 2 ; Decarolis M. 1 ; Inchingolo F. 1,2<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

La Sindrome <strong>di</strong> Down interessa circa 1 su 800 nati vivi. I soggetti con Sindrome <strong>di</strong> Down rappresentano in realtà il 22%<br />

degli embrioni concepiti con trisomia del 21: il restante 78% è abortito spontaneamente.<br />

Lo scopo del lavoro è valutare la prevalenza <strong>di</strong> patologie riguardanti nello specifico l’apparato stomatognatico in una<br />

coorte <strong>di</strong> soggetti presentanti la Sindrome <strong>di</strong> Down, correlando i più significativi risultati dalle nostre analisi con quelli<br />

fornitici dalla letteratura internazionale.<br />

Dall’analisi della letteratura internazionale, gli Autori hanno dunque soffermato la loro attenzione su nove tra le più<br />

frequenti manifestazioni orali della Trisomia del 21. La prevalenza delle suddette nove anomalie è stata quin<strong>di</strong> calcolata<br />

nell’ambito del gruppo <strong>dei</strong> 125 pazienti; i dati a <strong>di</strong>sposizione sono stati raccolti, analizzati e tradotti in percentuale al<br />

fine <strong>di</strong> esser poi trascritti nella prima tabella.<br />

Essa rappresenta le nove principali manifestazioni orali dagli Autori selezionate, il numero <strong>di</strong> pazienti presentanti<br />

ciascuna delle citate anomalie, nonché la prevalenza delle stesse all’interno del gruppo stu<strong>di</strong>o.<br />

Nella seconda tabella sono raccolti i dati riguardanti le due manifestazioni orali riscontrate con maggiore frequenza,<br />

ossia le malocclusioni e l’ipodonzia (identificata sia nella dentizione decidua, sia in quella permanente).<br />

La presenza <strong>di</strong> anomalie nei pazienti con Sindrome <strong>di</strong> Down risulta piuttosto pronunciata. Ciò induce a sottolineare<br />

l’importanza della prevenzione e del controllo in ambito stomatologico nella categoria <strong>di</strong> pazienti presa in<br />

considerazione, vista la elevata frequenza con cui tali anomalie si verificano.


SINDROME DI GARDNER: CASE-REPORT<br />

Schinco F. *1 ; Inchingolo A.D. 1 ; Marrelli M.W. 1,2 ; Picciariello V. 1 ; Inchingolo A.M. 1 ; Palla<strong>di</strong>no A. 1 ; Tatullo M. 1 ;<br />

Dipalma G. 1,2 ; Decarolis M. 1 ; Scandale F. 1 ; Inchingolo F. 1,2<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

La sindrome <strong>di</strong> Gardner è una con<strong>di</strong>zione ere<strong>di</strong>taria rara, trasmessa come carattere autosomico dominante ad alta<br />

penetranza (80-100%) , causata dalla mutazione del gene APC situato sul braccio lungo del cromosoma 5 q21-q22. La<br />

sindrome si presenta in 1:14000 nati ed è caratterizzata clinicamente da poliposi intestinale (principalmente del colon<br />

ma anche del tenue e dello stomaco: in genere si presenta con poliposi <strong>di</strong> tipo adenomatoso, raramente <strong>di</strong> tipo villoso), il<br />

loro numero varia da centinaia a migliaia e presentano <strong>di</strong>mensioni minute (dai 2 ai 5 mm) con base sessile; se non<br />

intercettata e trattata chirurgicamente, questa con<strong>di</strong>zione clinica della mucosa intestinale evolve obbligatoriamente in<br />

adenocarcinoma colorettale entro 15 anni. Altre malformazioni extraintestinali della sindrome <strong>di</strong> Gardner sono i tumori<br />

ossei, <strong>di</strong> solito benigni (localizzati in particolare alla man<strong>di</strong>bola, mascella, sfenoide). Vi sono anche anomalie dentali<br />

rappresentate principalmente da odontomi, cisti odontogene, e denti sovrannumerari e patologie oculari, implicanti una<br />

iperpigmentazione retinica dovuta a ipertrofia dello strato pigmentato della retina, che si manifestano come macchie,<br />

visibili all'esame del fondo dell'occhio; alcuni Autori descrivono anche la presenza <strong>di</strong> tumori <strong>dei</strong> tessuti molli (ad<br />

esempio: lipomi, cisti sebacee, fibromi, leiomiomi, ecc.). L’insorgenza è <strong>di</strong> regola più tar<strong>di</strong>va rispetto alla poliposi<br />

familiare <strong>di</strong> cui la sindrome <strong>di</strong> Gardner costituisce una variante; la tendenza alla cancerizzazione è sempre molto<br />

elevata.<br />

L’esperienza degli Autori consiste in un case-report in cui si sono evidenziate le tipiche alterazioni ra<strong>di</strong>ologiche del<br />

paziente con denti sovrannumerari ed inclusioni dentarie multiple. Dopo una valutazione <strong>di</strong> tipo internistico e<br />

chirurgico, è stato consigliato al paziente lo svolgimento <strong>di</strong> un ulteriore esame strumentale per valutare le con<strong>di</strong>zioni<br />

della mucosa intestinale,in particolare del colon. Dall’esame colonscopico si è evidenziata la presenza <strong>di</strong> polipi multipli;<br />

inoltre le analisi genetiche, successivamente eseguite, hanno confermato la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> sindrome <strong>di</strong> Gardner.<br />

E’ utile ricordare il fondamentale ruolo intercettivo dell’odontoiatria e del chirurgo maxillo-facciale utile per<br />

<strong>di</strong>agnosticare tempestivamente la sindrome che, se non trattata, può portare ad exitus del paziente.


RUOLO DELL’ODONTOIATRA NELLA SINDROME DI TURNER<br />

G. Dipalma 1,2 ; V. Angelini *1 ; A.M. Inchingolo 1 ;M.W. Marrelli 1,2 ;F. Inchingolo 1,2 .<br />

1Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M.W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

La sindrome <strong>di</strong> Turner è una patologia legata ad un’anomalia citogenetica caratterizzata da un genotipo 45 X0, con<br />

produzione <strong>di</strong> un fenotipo femminile. Ciò è frutto <strong>di</strong> un’anomalia <strong>dei</strong> gameti dovuta a errori nel corso della meiosi, che<br />

portano alla formazione <strong>di</strong> cellule uovo o spermatozoi privi del cromosoma sessuale. Lo zigote 45 X0 si forma quando<br />

lo spermatozoo 0 si fonde con una cellula uovo normale (80% <strong>dei</strong> casi) o viceversa l’ovocita 0 si fonde con uno<br />

spermatozoo X. La prevalenza è <strong>di</strong> 1/2500 femmine nate vive. Il 99% <strong>dei</strong> concepimenti 45 X esitano in aborti. E’ utile<br />

evidenziare l’importanza del ruolo dell’odontoiatria nel seguire fin dai primi anni <strong>di</strong> vita queste pazienti al fine <strong>di</strong><br />

intercettare e correggere tempestivamente le frequenti anomalie maxillo-facciali.L’alterazione principale <strong>di</strong> questa<br />

sindrome è la progressiva fibrosi delle ovaie che comporta ipogona<strong>di</strong>smo ipergonadotropo. Nei neonati i principali<br />

aspetti clinici che fanno sospettare la malattia sono basso peso alla nascita, linfoedema duro del dorso delle mani e <strong>dei</strong><br />

pie<strong>di</strong>, <strong>di</strong>sfagia, pterigio del collo (segno del collo <strong>di</strong> gatto), bassa attaccatura <strong>dei</strong> capelli e delle orecchie, torace a scudo<br />

con capezzoli ampiamente <strong>di</strong>stanziati, coartazione aortica e anomalie facciali (“viso <strong>di</strong> sfinge”) e dentali. Altre<br />

manifestazioni cliniche sono bassa statura (in me<strong>di</strong>a 145 cm), infertilità, valgismo del gomito, osteoporosi,<br />

accorciamento del quarto metacarpo e metatarso, falangi <strong>di</strong>stali prominenti, anomalie renali. Oltre ad una terapia<br />

ormonale sostitutiva, è importante un attento follow-up car<strong>di</strong>aco e renale. Non va però <strong>di</strong>menticato il ruolo<br />

dell’odontoiatra sin dai primi anni <strong>di</strong> vita delle pazienti nel <strong>di</strong>agnosticare e trattare le frequenti anomalie dento-facciali<br />

presenti.


SARCOGLICANI ED INTEGRINE NELL’EPITELIO GENGIVALE DI PAZIENTI AFFETTI DA<br />

OSTEONECROSI DEI MASCELLARI DA BIFOSFONATI: STUDIO IMMUNOISTOCHIMICO<br />

Oteri G., Cicciù D., Favaloro A., Cutroneo G., Anastasi G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia - Dipartimento <strong>di</strong> Biomorfologia e Biotecnologie. Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Messina.<br />

Introduzione. I complessi proteici <strong>di</strong>strofina-glicoproteine-associate (DGC) e vinculina-talina-integrine sono due<br />

sistemi, comprendenti recettori <strong>di</strong> superficie cellulare, che modulano l’adesione alla matrice extra-cellulare. Inoltre<br />

questi componenti giocano un ruolo chiave nel controllo del legame cellula-cellula e nella attività <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti tipi<br />

citologici. Sebbene numerosi stu<strong>di</strong> abbiano evidenziato l’azione <strong>di</strong> queste proteine in molti tessuti, esistono pochi dati<br />

sulla loro espressione nella mucosa orale sia in con<strong>di</strong>zioni normali che patologiche. Obiettivo. Scopo del lavoro è stato<br />

analizzare alcune proteine del sistema vinculina-talina-integrine e del DGC nella mucosa orale prelevata da pazienti<br />

oncologici affetti da osteonecrosi <strong>dei</strong> mascellari da bifosfonati (BRONJ) per valutarne il ruolo in questa particolare<br />

con<strong>di</strong>zione patologica. Materiali e meto<strong>di</strong>. Per lo stu<strong>di</strong>o sono stati selezionati 6 pazienti <strong>di</strong>visi in tre gruppi. Gruppo A:<br />

due pazienti in trattamento con bifosfonati endovenosi e che presentavano lesioni osteonecrotiche; gruppo B: due<br />

pazienti in trattamento con bifosfonati endovenosi e senza BRONJ; gruppo C (controllo): due pazienti non in<br />

trattamento con bifosfonati e senza BRONJ. I campioni <strong>di</strong> mucosa orale sono stati prelevati me<strong>di</strong>ante tecnica ”punch”,<br />

fissati in Immunofix e successivamente analizzati me<strong>di</strong>ante tecnica <strong>di</strong> immunofluorescenza al microscopio confocale a<br />

scansione laser. Risultati. Tutte le proteine testate sono risultate presenti in minima quantità nella mucosa orale <strong>di</strong><br />

soggetti in trattamento con bifosfonati ma privi <strong>di</strong> lesioni osteonecrotiche (gruppo B). Differentemente, nei campioni <strong>di</strong><br />

mucosa orale <strong>di</strong> pazienti affetti da BRONJ (gruppo A) è stata riscontrata una marcata fluorescenza <strong>di</strong> queste proteine,<br />

maggiormente sulla lamina basale, ma in misura ridotta rispetto ai risultati del gruppo controllo (gruppo C). Inoltre, sui<br />

campioni <strong>di</strong> mucosa orale <strong>di</strong> pazienti con BRONJ è stata evidenziata la presenza <strong>di</strong> nuova formazione cellulare e<br />

spiccata angiogenesi, limitatamente ad alcune zone. Conclusioni. Nei limiti del presente stu<strong>di</strong>o, gli autori ritengono<br />

determinante il ruolo delle proteine del sistema vinculina-talina-integrina e del DGC nei meccanismi <strong>di</strong> segnale<br />

intercellulare e tra cellule e matrice extracellulare. Nel caso della BRONJ, l’incremento <strong>di</strong> queste proteine sulla lamina<br />

basale, riscontrato in concomitanza con la formazione <strong>di</strong> lesioni osteonecrotiche, potrebbe in<strong>di</strong>cativo <strong>di</strong> un<br />

comportamento compensativo nel processo <strong>di</strong> rimodellamento della mucosa orale, allo scopo <strong>di</strong> ripristinare<br />

l’architettura epiteliale e ristabilire il pathway <strong>di</strong> segnali cellulari. Le zone <strong>di</strong> neoangiogenesi riscontrate nei campioni <strong>di</strong><br />

mucosa orale del gruppo test sembrerebbero confermare questo ruolo <strong>di</strong> compenso esercitato da entrambi i sistemi<br />

proteici.


IL TEST DI ATTIVAZIONE BASOFILA (T.A.B.): UN INNOVATIVO TEST DIAGNOSTICO NELLE<br />

“REAZIONI AVVERSE A FARMACI” (ANESTETICI LOCALI E/O ANTIBIOTICI) NELLA PRATICA<br />

ODONTOIATRICA.<br />

Rumi G, Rumi C*, Rumi G**, Puggioni P*,Fancello G**, Buono L, la Torre G, Marigo L, Romano A**<br />

Istituto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> U.C.S.C. Roma<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Ematologia U.C.S..C. Roma<br />

** Unità Operativa <strong>di</strong> Allergologia U.C.S.C. C.I.C. Roma<br />

La recente elaborazione da parte della “Société Française d’Anesthésie et de Réanimation” delle linee guida per la<br />

prevenzione del rischio allergico perianestetico, ha indotto ad estendere tali raccomandazioni all’ambito odontoiatrico,<br />

dal momento che, anche in questo settore, viene fatto uso <strong>di</strong> farmaci e sostanze (anestetici locali, antibiotici) che<br />

possono essere responsabili <strong>di</strong> reazioni <strong>di</strong> tipo anafilattico-anafilattoide. Fra le <strong>di</strong>verse “Reazioni avverse a farmaci” un<br />

ruolo estremamente importante è rivestito da quelle a patogenesi IgE-me<strong>di</strong>ata per la gravità <strong>dei</strong> quadri clinici che<br />

possono determinare. Molti <strong>dei</strong> farmaci e delle sostanze responsabili delle reazioni perianestetiche trovano impiego in<br />

campo odontoiatrico (antibiotici, analgesici, anestetici locali, lattice). Reazioni <strong>di</strong> tipo allergico agli anestetici locali<br />

sono state descritte con una relativa frequenza in seguito all’impiego <strong>di</strong> farmaci del gruppo esterico, particolarmente <strong>di</strong><br />

quelli derivati dall’acido para-aminobenzoico (procaina, tetracaina, clorprocaina). L’introduzione in clinica degli<br />

anestetici locali del gruppo ami<strong>di</strong>co ha portato ad una notevole riduzione <strong>di</strong> queste complicanze che rappresentano circa<br />

l’1% delle reazioni avverse a farmaci. Spesso inoltre, per evitare complicazioni infettive locali o a <strong>di</strong>stanza,<br />

l’odontoiatra è chiamato ad effettuare una antibioticoterapia profilattica. La frequente osservazione <strong>di</strong> reazioni<br />

allergiche ad antibiotici beta-lattamici (penicilline, cefalosporine) ha messo in evidenza come questi farmaci siano in<br />

grado in alcuni soggetti <strong>di</strong> evocare una risposta IgE-me<strong>di</strong>ata o comunque <strong>di</strong> far espandere cloni <strong>di</strong> linfociti Th2 propri<br />

delle risposte allergiche. Il Test <strong>di</strong> attivazione basofila (TAB) viene effettuato, non sul paziente, ma su un campione <strong>di</strong><br />

sangue dello stesso (3 cc in EDTA), me<strong>di</strong>ante due <strong>di</strong>verse procedure citofluorimetriche (Allergenicity kit I.L.;<br />

Fastimmune B.D.) ed è in grado <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, in tempi brevissimi (2 h) e con elevata specificità e sensibilità, tutte le<br />

forme IgE-me<strong>di</strong>ate, e quin<strong>di</strong> potenzialmente pericolose, responsabili <strong>di</strong> gravi reazioni sistemiche ad anestetici locali e/o<br />

antibiotici. Abbiamo partecipato nell’ambito <strong>di</strong> un gruppo europeo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sull’ipersensibilità ai farmaci ENDA<br />

(European Network for Drug Allergy) dell’EAACI, in 10 <strong>di</strong>versi centri europei, allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 181 pazienti con reazione<br />

avversa ai beta-lattamici e 80 soggetti <strong>di</strong> controllo. All’interno della casistica, 129 pazienti presentavano una positività<br />

anamnestica e una risposta positiva ai test cutanei, mentre 44 pazienti pur avendo una storia anamnestica positiva ed un<br />

test <strong>di</strong> provocazione positivo, risultavano negativi ai test cutanei. Sulla base <strong>dei</strong> risultati estremamente positivi del TAB<br />

in questo stu<strong>di</strong>o, abbiamo impiegato questo test in ambito odontoiatrico anche per lo stu<strong>di</strong>o delle reazioni avverse a<br />

farmaci, <strong>di</strong>versi dai beta-lattamici, in particolare agli anestetici locali (procaina, clorprocaina, tetracaina; lidocaina,<br />

mepivacaina, prilocaina, bupivacaina, etidocaina, ropivacaina).


TRATTAMENTO ADIUVANTE DELLE OSTEONECROSI DEI MASCELLARI DA BISFOSFONATI CON<br />

LLLT.<br />

Palaia G, Galanakis A*, Tenore G, Marias C, Romeo U.<br />

“SAPIENZA” Università <strong>di</strong> Roma. Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche.<br />

EMDOLA European Master Degree on Oral Laser Applications Direttore: Prof. U. Romeo<br />

OBIETTIVI: Le osteonecrosi <strong>dei</strong> mascellari indotte da bisfosfonati si manifestano come aree <strong>di</strong> osso necrotico, esposto<br />

nei mascellari, che persistono per più <strong>di</strong> otto settimane, in pazienti che stanno assumendo o hanno assunto in passato un<br />

farmaco appartenente alla classe <strong>dei</strong> BF e non riferiscono in anamnesi una terapia ra<strong>di</strong>ante delle ossa mascellari. Questi<br />

farmaci sono impiegati per la terapia delle metastasi ossee <strong>di</strong> tumori soli<strong>di</strong>, nella terapia del mieloma multiplo<br />

dell’osteoporosi, oltre ad altre patologie dell’osso meno comuni. Segni e sintomi che accompagnano lo sviluppo <strong>di</strong><br />

osteonecrosi includono dolore, mobilità dentale, tumefazioni mucose, eritema, ulcerazioni e fistole. Scopo <strong>di</strong> questo<br />

contributo scientifico, vuole essere quello <strong>di</strong> verificare l’effetto della terapia laser a bassa potenza (Low Level Laser<br />

Therapy) nelle osteonecrosi <strong>dei</strong> mascellari da BF. MATERIALI E METODI: Nel trattamento <strong>dei</strong> pazienti affetti da<br />

questa patologia sono state seguite le raccomandazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi protocolli riportati in letteratura. I 12 pazienti sono<br />

stati inquadrati clinicamente grazie ad una scheda anamnestica appositamente realizzata, inoltre sono stati prescritti<br />

sciacqui con collutorio alla clorexi<strong>di</strong>na allo 0,12%, 3 volte al giorno, e i pazienti sono stati istruiti a mantenere una<br />

corretta igiene orale. Le lesioni sono state sottoposte a lavaggi con soluzione fisiologica sterile, me<strong>di</strong>cazioni con garza<br />

iodoformica ed è stata prescritta terapia antibiotica ove necessario. I frammenti ossei o dentali acuminati sono stati<br />

rimossi. I pazienti con sintomatologia algica sono stati sottoposti a terapia laser a bassa potenza (Low Level Laser<br />

Therapy) con apparecchiatura (Lumix®2;PRODENT ITALIA) dotata <strong>di</strong> doppia sorgente laser: una ra<strong>di</strong>azione laser<br />

visibile (λ=650nm, emissione continua, P=<strong>13</strong>mW, fluenza=26mJ/cm 2 ) e una ra<strong>di</strong>azione laser dell’infrarosso<br />

(λ=904÷910nm, emissione pulsata o super pulsata, P=0,5W, fluenza=0,03mJ/cm 2 ). Il laser è stato impiegato con il<br />

programma “necrosi” impostato dalla casa costruttrice, per 5 applicazioni, due volte a settimana. RISULTATI: Il<br />

protocollo terapeutico adottato si è rivelato, nella maggior parte <strong>dei</strong> casi, efficace nel controllo della sintomatologia<br />

algica, mentre, in alcuni casi, è stato possibile a <strong>di</strong>stanza dalla fine del ciclo terapeutico con soft laser, una espulsione<br />

spontanea <strong>dei</strong> sequestri ossei ed una tendenza alla guarigione <strong>dei</strong> tessuti gengivali sovrastanti. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: I risultati, anche se su un campione limitato, sono tangibili sia dal punto <strong>di</strong> vista del miglioramento<br />

sintomatologico sia da quello della riduzione nella prescrizione <strong>di</strong> farmaci analgesici. Tutto ciò ci spinge ad un<br />

ampliamento della casistica, al fine <strong>di</strong> ottenere un protocollo ripetibile e risultati statisticamente significativi. In ogni<br />

caso, alla LLLT, bisogna sempre affiancare corrette manovre <strong>di</strong> igiene orale ed una ottimizzazione delle con<strong>di</strong>zioni<br />

delle arcate dentarie, che risultano fondamentali per una buona riuscita del trattamento.


IL TRATTAMENTO DEI FRENULI ORALI PATOLOGICI MEDIANTE LASER KTP 532nm<br />

Tenore G, Zicari S*, Palaia G, Del Vecchio A, Romeo U.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma – Dipartimento Scienze Odontostomatologiche : Direttore Prof. ssa Polimeni A) -<br />

EMDOLA (European Master Degree on Oral Laser Applications – Roma):<br />

Direttore: Prof. U. Romeo<br />

INTRODUZIONE: L’utilizzazione dell’apparecchiatura laser in campo odontostomatologico, continua a riscuotere<br />

notevole interesse scientifico, non solo per i vantaggi che il laser stesso può apportare in alternativa o in aggiunta alle<br />

tecniche terapeutiche tra<strong>di</strong>zionali, ma anche per la richiesta, sempre crescente, da parte <strong>dei</strong> pazienti stessi, <strong>di</strong> un<br />

trattamento laser-assistito. La letteratura sicentifica, riguardo al trattamento chirurgico <strong>dei</strong> frenuli orali patologici<br />

me<strong>di</strong>ante i laser a Erbio, <strong>di</strong>o<strong>di</strong> e Nd:YAG, riporta <strong>dei</strong> risultati interessanti che permettono <strong>di</strong> affermare che la chirurgia<br />

laser può rappresentare una valida alternativa alla tecnica tra<strong>di</strong>zionale per gli interventi <strong>di</strong> frenulectomia e <strong>di</strong><br />

frenulotomia. Gli Autori, partendo da queste premesse, hanno voluto verificare l’efficacia <strong>di</strong> una lunghezza d’onda,<br />

relativamente nuova, quale il KTP per il trattamento <strong>dei</strong> frenuli patologici. OBIETTIVI: Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è sia<br />

<strong>di</strong> esaminare la con<strong>di</strong>zione patologica <strong>dei</strong> frenuli orali, in<strong>di</strong>cando quando è necessario intervenire per la risoluzione<br />

della patologia, sia <strong>di</strong> sottolineare i vantaggi che derivano dall’impiego della chirurgia laser, rispetto alla chirurgia a<br />

lama fredda, ed in particolare con il laser KTP. Ulteriore obiettivo del presente lavoro vuole essere quello <strong>di</strong> valutare se<br />

la chirurgia me<strong>di</strong>ante laser ha la possibilità oggettiva <strong>di</strong> sostituire in toto l’approccio convenzionale oppure se deve<br />

essere considerata come una meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> ausilio, associando così i vantaggi della macchina laser a quelli delle tecniche<br />

tra<strong>di</strong>zionali me<strong>di</strong>ante bisturi. MATERIALI E METODI: Presso la UOC <strong>di</strong> Clinica Odontostomatologica del nostro<br />

Dipartimento, sono stati eseguiti, seguendo un preciso iter <strong>di</strong>agnostico e terapeutico, alcuni interventi chirurgici <strong>di</strong><br />

frenulectomia labiale e linguale me<strong>di</strong>ante l’impiego dell’apparecchiatura laser KTP (λ=532 nm). RISULTATI:<br />

L’intervento <strong>di</strong> frenulectomia me<strong>di</strong>ante tecnologia laser KTP, si è rivelato estremamente efficace per la semplificazione<br />

<strong>dei</strong> tempi chirurgici, per un ottimo controllo dell’emostasi e per la possibilità, in alcuni casi, <strong>di</strong> evitare l’anestesia<br />

plessica e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> eseguire l’intervento semplicemente con un’ anestesia <strong>di</strong> superficie. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: Nel trattamento chirurgico <strong>dei</strong> frenuli orali patologici, il laser apporta notevoli vantaggi rispetto alla<br />

tecnica convenzionale come la semplificazione <strong>dei</strong> tempi chirurgici, un ottimo controllo dell’emostasi e la riduzione <strong>dei</strong><br />

tempi operatori proprio per la possibilità, in alcuni casi, <strong>di</strong> evitare la sutura e <strong>di</strong> eseguire l’intervento esclusivamente con<br />

un’anestesia <strong>di</strong> superficie, me<strong>di</strong>ante applicazione topica <strong>di</strong> una pomata anestetica. In base all’analisi della letteratura<br />

scientifica e secondo la nostra esperienza clinica, nella maggior parte <strong>dei</strong> casi, il laser è in grado <strong>di</strong> sostituire<br />

completamente la meto<strong>di</strong>ca convenzionale a lama fredda; ci sono, tuttavia, delle situazioni come la <strong>di</strong>sinserzione<br />

completa del frenulo tectolabiale o quando esiste la necessità <strong>di</strong> eseguire degli innesti <strong>di</strong> tessuto post-frenulectomia, in<br />

cui il trattamento chirurgico tra<strong>di</strong>zionale deve affiancare la meto<strong>di</strong>ca laser.


Roma, 22-24 Aprile 2009<br />

SESSIONE<br />

Conservativa-Endodonzia


RESISTENZA ALL’INFILTRAZIONE DI QUATTRO SISTEMI DI ADESIVI SMALTO-DENTINALI.<br />

Marigo L., Iadanza M., Buono L., la Torre G., Giuliani M., Rumi G.<br />

Istituto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservativa, Università Cattolica Sacro Cuore, Roma<br />

OBIETTIVI: lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare l’efficacia e il sigillo garantito da quattro sistemi <strong>di</strong> adesione,<br />

attraverso il test della microinfiltrazione con nitrato d’argento; tale test è in grado <strong>di</strong> fornirci utili informazioni riguardo<br />

alla qualità dello strato ibrido.<br />

MATERIALI E METODI: lo stu<strong>di</strong>o è stato condotto su 40 campioni ottenuti trattando altrettanti terzi molari estratti per<br />

motivi parodontali. A ciascuno <strong>di</strong> loro è stato rimosso lo smalto occlusale, in modo da esporre la dentina. Le superfici<br />

dentinali esposte sono state rifinite con <strong>di</strong>schi <strong>di</strong> carta abrasivi da 600 Grit e quin<strong>di</strong> sono state sottoposte alle procedure<br />

<strong>di</strong> adesione utilizzando quattro <strong>di</strong>fferenti meto<strong>di</strong>che adesive: il primo gruppo è stato trattato con il sistema Link<br />

(Sweden&Martina), la cui caratteristica è quella <strong>di</strong> essere un adesivo self-etching; nel secondo gruppo abbiamo<br />

utilizzato sempre lo stesso Link, pretrattando però la dentina con acido ortofosforico al 37%; nel terzo gruppo abbiamo<br />

applicato il sistema adesivo Prime&Bond NT (Dentsply De Trey), un adesivo ad azione self-priming, preceduto<br />

anch’esso da mordenzatura con acido ortofosforico al 34%; il quarto gruppo ha previsto l’utilizzo <strong>di</strong> un adesivo a tre<br />

passaggi All-Bond 3 (Bisco). Tutti gli strati <strong>di</strong> adesivo sono stati ricoperti da un sottile strato <strong>di</strong> composito (Supreme,<br />

3M-ESPE) e, dopo una settimana in immersione in acqua <strong>di</strong>stillata a 37°C, le superfici dentali sono state ricoperte con<br />

tre strati <strong>di</strong> smalto per unghie fino ad 1 mm sotto il limite della ricostruzione. I campioni sono stati successivamente<br />

immersi in una soluzione <strong>di</strong> nitrato d’argento al 50% per 24h e successivamente in una soluzione <strong>di</strong> fotosviluppo per 8h<br />

ed esposti a luce fluorescente. I denti sono stati poi tagliati longitu<strong>di</strong>nalmente, levigati, osservati al microscopio<br />

elettronico (SEM) attraverso immagini “backscattered” e valutati qualitativamente.<br />

RISULTATI: i campioni del primo gruppo, mostrano precipitati <strong>di</strong> sali d’argento alla base dello strato ibrido e<br />

all’interno <strong>dei</strong> tubuli dentinali. Lo stesso sistema adesivo, utilizzato con la mordenzatura supplementare (secondo<br />

gruppo), ha mostrato un’infiltrazione scarsa; in alcune parti dello strato ibrido è possibile osservare macchie isolate <strong>di</strong><br />

depositi d’argento. Il terzo gruppo rivela un’infiltrazione irregolare: alcune zone dello strato ibrido ed alcuni tubuli<br />

dentinali sono stati raggiunti dai sali d’argento, mentre altre zone sono rimaste integre. I campioni del quarto gruppo<br />

non hanno evidenziato infiltrazioni <strong>di</strong> nitrato d’argento né a livello delle fibre collagene peritubulari né a livello della<br />

zona intertubulare tra adesivo e dentina..<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’utilizzo del sistema self-etching sui tessuti dentali non ha determinato una<br />

ottimale impregnazione delle fibre collagene da parte della resina adesiva. La tecnica con simultanea applicazione <strong>di</strong><br />

primer e bon<strong>di</strong>ng combinati ha mostrato prestazioni interme<strong>di</strong>e; senza ridurre però gli “steps” esecutivi. Pur<br />

necessitando un maggiore numero <strong>di</strong> passaggi operativi, nel test in vitro con immersione nel nitrato d’argento, è<br />

evidente la migliore resistenza all’infiltrazione in quelle procedure che utilizzano mordenzante, primer e bon<strong>di</strong>ng.


VALUTAZIONE AL PROFILOMETRO DELLA LUCIDATURA DEI MATERIALI DA RESTAURO<br />

Ballesio I, Gallusi G, Libonati A, Paolucci P, Campanella V<br />

Cattedra <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservatrice, Titolare: Prof. V.Campanella, Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata.<br />

iaiaballes@yahoo.com<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del nostro lavoro è il confronto fra vari sistemi <strong>di</strong> lucidatura <strong>dei</strong> materiali da restauro <strong>di</strong>retto<br />

me<strong>di</strong>ante osservazioni al profilometro. MATERIALI E METODI: La ricerca è stata condotta su campioni realizzati con<br />

due materiali <strong>di</strong>versi: una amalgama dentale a fase <strong>di</strong>spersa (IQC Dispersalloy) vibrata con Rotomix (3M ESPE) ed un<br />

composito microibrido (Enamelplus, Micerium) fotopolimerizzato con una lampada alogena (Coltolux Coltene) usando<br />

forme cilindriche in vetro. I campioni sono stati compattati su matrice in poliestere al fine <strong>di</strong> ottenere un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 6<br />

mm e altezza <strong>di</strong> 4.5 mm. La superficie <strong>di</strong> contatto con la matrice in poliestere è stata adoperata come superficie <strong>di</strong><br />

controllo. Successivamente i campioni sono stati catalogati secondo il tipo <strong>di</strong> materiale e le meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> lucidatura<br />

effettuate. Le fasi <strong>di</strong> lucidatura sono state ottenute con <strong>dei</strong> gommini siliconici (brownie e greenie) montati su manipolo<br />

contrangolo a 40.000 giri e il sistema <strong>di</strong> lucidatura Enhance (Dentsply) per i campioni in composito; fresa multilama, e<br />

gommini siliconici (brownie e greenie) montati su manipolo contrangolo a 40.000 giri per i campioni in amalgama. Al<br />

fine <strong>di</strong> ridurre la variabilità, la fase <strong>di</strong> lucidatura <strong>dei</strong> campioni è stata effettuata da un unico operatore. I campioni<br />

ottenuti sono stati così analizzati usando un profilometro ALPHA –STEP IQ della TENCOR INSTRUMENTS per<br />

stabilire i parametri <strong>di</strong> rugosità delle superfici. RISULTATI: Il composito non trattato presenta i valori più bassi <strong>di</strong><br />

rugosità. In seguito alle manovre <strong>di</strong> lucidatura si osserva sempre un aumento della rugosità, con valori simili al gruppo<br />

controllo utilizzando il sistema Enhance da solo. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La lucidatura dell’amalgama<br />

migliora sempre i valori <strong>di</strong> rugosità superficiale in modo significativo in tutti i gruppi con abbassamento maggiore <strong>dei</strong><br />

valori quando viene utilizzata una fresa multilama.


TRE METODICHE DI CEMENTAZIONE PER VENEERS A CONFRONTO: ANALISI AL SEM<br />

Libonati A, Ballesio I, Gallusi G, Paolucci P, Campanella V<br />

Cattedra <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservatrice, Titolare: Prof. V.Campanella, Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata.<br />

antlib76@libero.it<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del nostro lavoro è stata la valutazione della precisione nell’adattamento delle Venners alla<br />

preparazione dopo cementazione, gli spessori <strong>di</strong> cemento e l’adesione per le <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> faccette. MATERIALI<br />

E METODI: La ricerca è stata condotta su manufatti realizzati con 2 materiali <strong>di</strong>versi: una ceramica feldspatica tipo IPS<br />

(Ivoclar) ed un composito microibrido (Enamelplus, Micerium). La cementazione è stata effettuata con 3 materiali<br />

<strong>di</strong>versi: un cemento composito duale (foto-auto polimerizzabile,Ivoclar), lo stesso composito microibrido<br />

fotopolimerizzabile (Enamelplus, Micerium) usato nella realizzazione delle faccette e la base del cemento duale. Il<br />

nostro lavoro vuole,inoltre, verificare le <strong>di</strong>fficoltà operative in fase <strong>di</strong> assestamento <strong>dei</strong> manufatti in relazione al<br />

materiale utilizzato per la cementazione. Abbiamo quin<strong>di</strong> voluto verificare la resistenza delle 2 tipologie <strong>di</strong> manufatti al<br />

carico pressorio applicato clinicamente in fase <strong>di</strong> assestamento e polimerizzazione andando ad indagare eventuali<br />

fratture o microcrepe. Il lavoro sperimentale è stato condotto su repliche in resina poliuretanica <strong>di</strong> un incisivo superiore<br />

su cui abbiamo eseguito una preparazione <strong>di</strong> una faccetta. L’analisi al SEM <strong>dei</strong> manufatti sezionati secondo l’asse lungo<br />

delle repliche ha lo scopo <strong>di</strong> verificare l’integrità del margine <strong>di</strong> chiusura e lo spessore <strong>dei</strong> vari cementi utilizzati.<br />

RISULTATI: Un analisi degli spessori <strong>di</strong> cemento in sezione sagittale sia nel gruppo delle ceramiche, che nel gruppo<br />

<strong>dei</strong> compositi, non ha messo in evidenza <strong>di</strong>fferenze sostanziali tra i tre <strong>di</strong>versi materiali da cementazione usati. In tutti i<br />

campioni osservati al SEM, lo spessore <strong>di</strong> cemento riscontrato è <strong>di</strong> circa 100µm misurato nell’angolo assio-pulpare.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Da questo stu<strong>di</strong>o non si sono apprezzate <strong>di</strong>fferenze degli spessori tra i vari<br />

materiali, ne problematiche <strong>di</strong> assestamento. Questa considerazione supporta la scelta clinica <strong>di</strong> utilizzare composito<br />

microibrido fotopolimerizzabile nella cementazione delle faccette estetiche, in quanto, per le migliori caratteristiche<br />

fisiche, assicura nel tempo una maggiore stabilità <strong>dei</strong> margini <strong>di</strong> chiusura.


VALUTAZIONE IN VITRO DELL’EFFICACIA POLIMERIZZANTE DI SORGENTI LUMINOSE LED DI<br />

ULTIMA GENERAZIONE.<br />

Pisu S., Ennas G., Cotti E., Dettori C..<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Sc. Odontost. Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari. Cattedra <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservatrice.<br />

Introduzione. Le resine composite fotopolimerizzabili rappresentano allo stato attuale lo standard nel campo<br />

dell’odontoiatria restaurativa sia <strong>di</strong>retta, che in<strong>di</strong>retta Il Grado <strong>di</strong> Conversione (GC) influenza le caratteristiche finali <strong>di</strong><br />

un restauro in materiale composito<br />

Obiettivo. Lo scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare, me<strong>di</strong>ante l’impiego della tecnica DSC, l’efficacia <strong>di</strong><br />

tre sorgenti luminose LED <strong>di</strong> ultima generazione impiegate nella foto polimerizzazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi materiali compositi<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>. Per eseguire il presente lavoro sono stati impiegati 3 <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> materiale composito<br />

(Estelite® ,Tokuyama Dental Corp; CeramX, Dentsply; Spectrum , Densply), 3 unità LED (LEDA, Castellini,<br />

Italia,; Satelec, Novaxa, Francia; ltralume Led, Ultradent, USA), .e un Calorimetro a Scansione Differenziale (DSC7),<br />

Perkin Elmer, USA). Ciascun campione è stato preparato secondo una tecnica standard e posizionato all’interno della<br />

cella del calorimetro . Quest’ultima è stata opportunamente mo<strong>di</strong>ficata e le polimerizzazioni <strong>dei</strong> campioni sono state<br />

effettuate in situ.; tutto ciò allo scopo <strong>di</strong> ottenere una migliore riproducibilità <strong>dei</strong> risultati. Le sorgenti luminose sono<br />

state impiegate secondo <strong>di</strong>fferenti cicli <strong>di</strong> polimerizzazione sulla base delle in<strong>di</strong>cazioni fornite dalla casa produttrice. Le<br />

modalita’ impiegate sono state quelle standard e soft-start. I dati relativi all’analisi termica <strong>di</strong> ciascun campione sono<br />

stati elaborati me<strong>di</strong>ante l’impiego <strong>di</strong> un apposito programma <strong>di</strong> software e quin<strong>di</strong> analizzati statisticamente (ANOVA<br />

test per P


EFFETTO DELLE POLVERI DI GLICINA E DI BICARBONATO SULLA RUGOSITÀ SUPERFICIALE DI<br />

UN NANO COMPOSITO, DATI PRELIMINARI.<br />

Derchi G*Genovesi A*.,Barone A.*, Pacini V.*,Marconcini S.*,Giacomelli L*<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> chirurgia Prof. Ugo Covani Università <strong>di</strong> Pisa<br />

Introduzione<br />

Il primo fattore eziologico dell’accumulo <strong>di</strong> placca è rappresentato dalla rugosità superficiale a livello dello smalto, del<br />

cemento e <strong>dei</strong> materiali utilizzati per la ricostruzione dentale 1-3 . Infatti, un aumento <strong>di</strong> rugosità si traduce in un<br />

incremento dell’area superficiale, associato a un aumento della proliferazione batterica 4 . In particolare, l’utilizzo non<br />

ottimale <strong>di</strong> ultrasuoni o polveri nel processo <strong>di</strong> air-polishing durante il de-plaquing può determinare la formazione <strong>di</strong><br />

abrasioni e/o scalfitture sulla superficie <strong>dei</strong> compositi 5 .<br />

Materiali e meto<strong>di</strong><br />

In questo stu<strong>di</strong>o, è utilizzata una resina composita nano-riempita, polimerizzata per 40 secon<strong>di</strong> all’interno <strong>di</strong> box <strong>di</strong><br />

plastica (volume V=5 mm 3 ) secondo le in<strong>di</strong>cazioni della casa produttrice. I campioni sono sottoposti a un processo <strong>di</strong><br />

air-polishing utilizzando una polvere <strong>di</strong> e una <strong>di</strong> bicarbonato. I campioni così ottenuti sono conservati per una settimana<br />

a 37°Cin soluzione fisiologica.<br />

L’air-polishing è effettuato me<strong>di</strong>ante una strumentazione apposita, a pressione fissa, utilizzando <strong>di</strong>verse combinazioni<br />

<strong>di</strong> tempi e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> applicazione, come in<strong>di</strong>cato nella tabella sottostante. L’angolazione del getto è mantenuta<br />

costante a 90° rispetto alla superficie.<br />

Risultati<br />

Questo stu<strong>di</strong>o potrà fornire in<strong>di</strong>cazioni preliminari circa un protocollo <strong>di</strong> utilizzo dell’air-polishing con polveri <strong>di</strong><br />

glicina e <strong>di</strong> bicarbonato sul composito. I risultati preliminari <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o seranno presentati durante il congresso<br />

nazionale del collegio docenti in odontoiatria.<br />

Bibliografia <strong>di</strong> riferimento<br />

[1] Berastegui E, Canalda C, Brau E, Miquel C. Surface roughness of finished composite resins. J Prosthet Dent 1992;<br />

68: 742–9.<br />

[2] Jefferies SR, Barkmeier WW, Gwinnett AJ. Three composite finishing systems: a multisite in vitro evaluation. J<br />

Esthet Dent 1992; 4: 181–5.<br />

[3] Tate WH, DeSchepper EJ, Cody T. Quantitative analysis of six composite polishing techniques on a hybrid<br />

composite material. J Esthet Dent 1992; 4: 30–2.<br />

[4] Uctaslı <strong>MB</strong>, Bala O, Gulu A. Surface roughness of flowable and packable composite resin materials after finishing<br />

with abrasive <strong>di</strong>scs. J Oral Rehabil 2004; 31: 1197–202.


UTILIZZO DEL LASER AD ERBIO IN CONSERVATIVA.<br />

Manconi FM*, Campailla M*, Tonoli G*, Crippa R.*, Tonoli A.°, Iaria G.*<br />

*Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genova – Di.S.T.Bi.M.O. – Centro Dipartimentale <strong>di</strong> Laser Chirurgia e Laser Terapia<br />

°Ospedale”S. Giovanni Calibita”Fatebenefratelli-Isola Tiberina, Roma<br />

INTRODUZIONE: L’utilizzo del laser ad Erbio in terapia conservativa costituisce una realtà clinica ormai consolidata.<br />

Il laser Er:YAG ha una lunghezza d’onda <strong>di</strong> 2940 nm che è altamente assorbita dall’acqua e dall’idrossiapatite. Questa<br />

caratteristica consente un’efficace rimozione del tessuto carioso e la preparazione <strong>di</strong> cavità nello smalto e nella dentina<br />

me<strong>di</strong>ante un effetto fotoablativo. OBIETTIVI: scopo del presente lavoro scientifico era la valutazione soggettiva del<br />

dolore durante preparazioni <strong>di</strong> cavità <strong>di</strong> prima classe MATERIALI E METODI: Nel centro <strong>di</strong>partimentale <strong>di</strong> laser<br />

terapia e laser chirurgia dell’Università <strong>di</strong> Genova sono state preparate 20 cavità <strong>di</strong> classe I con l’ausilio <strong>di</strong> un laser<br />

Er:YAG. I parametri utilizzati sono stati: energia compresa tra 200 mJ e 250 mJ ad una frequenza <strong>di</strong> 15 Hz con<br />

raffreddamento me<strong>di</strong>ante spray aria-acqua. E’ stata effettuata una valutazione soggettiva della percezione del dolore<br />

attraverso una Scala Analogica Visiva (rappresentazione visiva dell’ampiezza del dolore che un paziente crede <strong>di</strong><br />

avvertire). Tale scala prevede un valore 0 pari all’assenza <strong>di</strong> dolore e un valore 10 pari al massimo dolore ritenuto<br />

possibile. RISULTATI: I pazienti a cui veniva chiesto <strong>di</strong> rappresentare me<strong>di</strong>ante la suddetta scala il dolore percepito<br />

riferivano valori compresi tra 0 e 4. CONCLUSIONI: Il laser Er:YAG si è rivelato essere strumento adatto alla<br />

preparazione <strong>di</strong> cavità <strong>di</strong> piccole e me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni garantendo una riduzione del dolore e <strong>di</strong> altre sensazioni<br />

fasti<strong>di</strong>ose, quali ad esempio le vibrazioni, associate alle meto<strong>di</strong>che tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> preparazione <strong>di</strong> cavità. Tale<br />

tecnologia, pertanto, trova utili applicazioni in particolare nel trattamento del paziente pe<strong>di</strong>atrico o fobico.


INFLUENZA DELL’EFFETTO FERULA SU PREMOLARI TRATTATI ENDODONTICAMENTE CON<br />

PERNI IN FIBRA CEMENTATI A DIVERSE PROFONDITÀ.<br />

R.Schiavetti 1 , C.Goracci 1 , A.Barlattani 2 , M.Ferrari 1<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università <strong>di</strong> Siena<br />

2 Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”<br />

OBIETTIVO: Determinare la resistenza <strong>di</strong> perni in fibra cementati a tre <strong>di</strong>fferenti profon<strong>di</strong>tà nella ra<strong>di</strong>ce,con ferula<br />

cervicale <strong>di</strong> 2mm . MATERIALI E METODI: In trenta premolari estratti privi <strong>di</strong> carie e precedenti restauri la corona è<br />

stata tagliata a livello della giunzione amelo-cementizia. I denti sono stati trattati endodonticamente e <strong>di</strong>visi<br />

casualmente in 3 gruppi (n=10). Con apposite frese si è proceduto a preparare lo spazio per l’inserimento <strong>di</strong> un perno in<br />

fibra ENDO LIGHT #09 (RTD). Nei 3 gruppi la preparazione dello spazio per il perno è stata estesa per 3 <strong>di</strong>verse<br />

profon<strong>di</strong>tà: 5, 7 e 9mm dal terzo coronale a terzo apicale. Insieme alla cementazione del perno veniva eseguita una<br />

ferula <strong>di</strong> 2mm sulle pareti mesio-vestibolari. Dopo 24 ore in cui i denti sono stati conservati in ambiente umido a<br />

temperatura costante <strong>di</strong> 37°C. Successivamente, ogni premolare è stato montato su basette <strong>di</strong> resina epossi<strong>di</strong>ca, e<br />

inserito in una macchina universale (Instron),per essere testato fino alla frattura del perno, con una angolo <strong>di</strong> carico <strong>di</strong><br />

45°, e velocità costante <strong>di</strong> 0,75mm/min. La resistenza a frattura è stata misurata in Newton (N). I dati sono stati<br />

analizzati statisticamente (Kruskal-Wallis ANOVA, test <strong>di</strong> Dunn, p


VALUTAZIONE DELLA CONVERSIONE DI MATERIALI RESINOSI CON DIVERSE LAMPADE<br />

POLIMERIZZABILI<br />

Fumelli F. Ciolino F. Sampalmieri F. Tosi G. Orsini G. Putignano A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze cliniche specialistiche ed odontostomatologiche Universita’ <strong>di</strong> Ancona<br />

Oggetto: La determinazione del grado <strong>di</strong> conversione è fondamentale in quanto influenza le proprietà meccaniche e<br />

comportamentali, la stabilità <strong>di</strong>mensionale e l’adesione con la struttura dentale.<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questa ricerca è <strong>di</strong> valutare l’efficacia <strong>di</strong> due nuove lampade fotopolimerizzanti al LED: la Demi della<br />

Kerr che sfrutta una potenza pulsante che oscilla dai 1100mW/cm 2 e la Dna della Anthos che possiede quattro<br />

programmi <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tipo ed è in grado <strong>di</strong> raggiungere valori me<strong>di</strong> <strong>di</strong> potenza <strong>di</strong> <strong>13</strong>80mW/cm 2 .<br />

Il confronto è stato fatto utilizzando la lampada alogena Optilux 501 (DEMETRON/KERR) con una potenza me<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

800 mW/ cm 2 .<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>:<br />

Per effettuare questo stu<strong>di</strong>o sono stati preparati stampini cilindrici in teflon con un foro del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 6mm e tagliati<br />

ad altezze <strong>di</strong> 1mm, 2 mm e 3mm. Gli stampini forati sono stati riempiti con il composito trimodale Premise della Kerr<br />

base <strong>di</strong> Bis-GMA e per ogni programma da analizzare sono stati prodotti tre campioni da 1mm, tre da 2mm e tre da<br />

3mm per un totale <strong>di</strong> 63 campioni <strong>di</strong> resina polimerizzata. La fase <strong>di</strong> polimerizzazione è stata effettuata con il puntale<br />

della lampada a contatto del campione, separati da una matrice trasparente per eliminare l’ossigeno in superficie.<br />

Risultati:<br />

I campioni <strong>di</strong> resina polimerizzati sono stati stu<strong>di</strong>ati tramite la spettrometria infrarossa a trasformata <strong>di</strong> Fourier, per<br />

evidenziare le <strong>di</strong>fferenze riscontrabili sul gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> polimerizzazione prodotto dalle lampade a <strong>di</strong>verse potenze,<br />

programmi e tempi.<br />

Discussioni:<br />

Da una prima analisi risulta evidente come il grado <strong>di</strong> polimerizzazione (DC, conversion degree) assume lo stesso<br />

valore me<strong>di</strong>o (90%) in<strong>di</strong>pendentemente dalla profon<strong>di</strong>tà.<br />

La durata dell’esposizione <strong>di</strong>venta importante nel processo <strong>di</strong> polimerizzazione solo per la lampada alogena mentre per<br />

quelle <strong>di</strong> nuova generazione anche a tempi brevi (10-20 sec) la conversione è sod<strong>di</strong>sfacente.<br />

Conclusioni: I dati ci permettono <strong>di</strong> affermare che la lampada alogena OPTILUX 501, se utilizzata per 40’’, garantisce<br />

un DC ed una microdurezza ottimali, mentre a 20’’ evidenzia una sostanziale <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> entrambi i valori.<br />

L’utilizzo delle lampade DEMI KERR e della DNA ANTHOS porta a risultati ottimali in tempi ragionevolmente brevi;<br />

la DEMI in particolare, ha evidenziato una migliore costanza nel rapporto tra DC e microdurezza.


VALUTAZIONE DI UN NUOVO MATERIALE ESTETICO E SUE MODIFICAZIONI NEI PROCESSI DI<br />

INVECCHIAMENTO ARTIFICIALE<br />

Marcantoni I, Morici F, Mattioli-Belmonte M, Kyriakidou K, Orsini G, Putignano A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Cliniche Specialistiche ed Odontostomatologiche<br />

Oggetto: Scopo del presente stu<strong>di</strong>o è un’analisi della compatibilità biologica e della durabilità del composito Filtek<br />

Silorano.<br />

A tal fine su campioni <strong>di</strong> materiale opportunamente rifiniti e su superfici <strong>di</strong> controllo sono state eseguite indagini<br />

relative al grado <strong>di</strong> finitura superficiale me<strong>di</strong>ante indagini al Microscopio a forza atomica (AFM) e al Microscopio<br />

elettronico a scansione (SEM) e stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> compatibilità cellulare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Utilizzando una lampada fotopolimerizzante sono stati preparati 63 campioni <strong>di</strong> materiale, e sono<br />

stati poi <strong>di</strong>visi in due gruppi: 1) 21 campioni non hanno subito alcuna procedura <strong>di</strong> rifinitura (campioni non finiti); 2) 42<br />

campioni sono stati rifiniti con <strong>di</strong>schetti Sof-Lex (3M ESPE) <strong>di</strong> quattro <strong>di</strong>fferenti granature (campioni finiti). Alcuni<br />

campioni sono stati sottoposti a procedura <strong>di</strong> termociclaggio. La morfologia <strong>di</strong> superficie <strong>dei</strong> campioni invecchiati<br />

artificialmente e non invecchiati è stata valutata attraverso analisi con AFM e SEM. Per determinare la compatibilità<br />

cellulare sono state utilizzate culture <strong>di</strong> fibroblasti (usando il SEM e il test MTT <strong>di</strong> vitalità cellulare). La vitalità<br />

cellulare è stata valutata a 1 e 3 settimane attraverso gli eluati <strong>di</strong> silorano. Culture <strong>di</strong> fibroblasti sono state usate come<br />

controllo.<br />

Risultati: La morfologia <strong>di</strong> superficie <strong>dei</strong> campioni non finiti è risultata completamente perduta mentre nei campioni<br />

finiti erano ancora riconoscibili le caratteristiche <strong>di</strong> superficie, nonostante l’invecchiamento artificiale. I risultati<br />

riguardanti la vitalità cellulare hanno mostrato una riduzione significativa della vitalità sia sui campioni finiti che non<br />

finiti, paragonati con le culture <strong>di</strong> controllo; in particolare con l’eluato <strong>dei</strong> campioni finiti ad una settimana.<br />

Discussioni e Conclusioni: Questo stu<strong>di</strong>o ha evidenziato come, dopo la procedura <strong>di</strong> rifinitura, le caratteristiche <strong>di</strong><br />

superficie del silorano siano rimaste pressoché le stesse anche dopo processo <strong>di</strong> invecchiamento, a <strong>di</strong>mostrazione<br />

dell’elevata affidabilità del materiale che vede combinate le note proprietà <strong>dei</strong> tra<strong>di</strong>zionali compositi ibri<strong>di</strong><br />

all’innovativo basso grado <strong>di</strong> contrazione da polimerizzazione. Sebbene la vitalità cellulare risultasse <strong>di</strong>minuita dopo la<br />

prima settimana, i suoi valori si sono poi normalizzati dopo 3 settimane.


STUDIO PRELIMINARE SUL COLORE IN ODONTOIATRIA CONSERVATIVA MEDIANTE<br />

SPETTROFOTOMETRO “HR4000” CON SONDA A FIBRE OTTICHE.<br />

Varoni E, Federighi V, Ludwig N, Gargano M, Pan<strong>di</strong>ni D, Carrassi A<br />

Unità Di Me<strong>di</strong>cina E Patologia Orale E.<strong>Odontoiatria</strong> Geriatrica, Dipartimento Di Me<strong>di</strong>cina Chirurgia E <strong>Odontoiatria</strong>,<br />

Dipartimeto Di Fisica, Università Degli Stu<strong>di</strong> Di Milano, Italy<br />

OBIETTIVI: La scelta del colore per la ricostruzione degli elementi dentali si basa sul paragone degli stessi ad uno o<br />

più colori standard. La determinazione del colore del dente, attraverso questo metodo viene considerata altamente<br />

soggettiva. Il colore del dente comprende solo una piccola parte dello spettro del visibile, rendendo ancora più <strong>di</strong>fficile<br />

la sua riproduzione in odontoiatria restaurativa. Nel tempo sono stati sviluppati meto<strong>di</strong> innovativi per ottenere un<br />

corretto ed oggettivo matching tra colore naturale e colore artificiale fino all’introduzione <strong>di</strong> spettrofotometri a<br />

riflessione e colorimetri a contatto. L’utilizzo <strong>di</strong> questi apparecchi è stato finora limitato delle loro grosse <strong>di</strong>mensioni.<br />

L’utilizzo <strong>di</strong> fibre ottiche sembra poter far fronte a questo problema. Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è verificare le<br />

caratteristiche <strong>di</strong> atten<strong>di</strong>bilità e ripetibilità inter ed intrain<strong>di</strong>viduali dello spettrofotometro “HR4000” a fibre ottiche. Si<br />

vuole inoltre indagare la <strong>di</strong>fferenza ipotizzabile tra i valori colorimetrici delle più comuni case produttrici <strong>di</strong> compositi e<br />

i corrispondenti compositi fotopolimerizzati in laboratorio. MATERIALI E METODI: le misurazioni sono state raccolte<br />

me<strong>di</strong>ante spettrofotometro a riflessione “HR4000” con sonda a fibre ottiche capace <strong>di</strong> analizzare un’area <strong>di</strong> 2 mm 2 <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ametro. Due osservatori hanno ripetuto per 3 volte i rilevamenti sui denti-campione della scala VITA e della scala<br />

VOCO. E’ stata effettuato un confronto colorimetrico tra le due scale. Sono stati ricreati in laboratorio spessori<br />

confrontabili con i denti-campione per mezzo <strong>di</strong> impronte degli stessi; in esse si è compattato il materiale composito da<br />

otturazione VOCO poi fotopolimerizzato.RISULTATI: Non si evidenziano <strong>di</strong>fferenze tra le misure riprodotte dallo<br />

stesso operatore e da operatori <strong>di</strong>versi. La SCALA VITA mostra una variazione continua nel <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> cromaticità<br />

xy seppure entro valori limitati e prossimi alle coor<strong>di</strong>nate centrali. La SCALA VOCO mostra una maggior componente<br />

giallo-rossa. Le stesure <strong>di</strong> composito VOCO si collocano in una zona del <strong>di</strong>agramma <strong>di</strong> cromaticità xy piuttosto lontana<br />

dal centro a tinta neutra. Differenze fra le due scale sono apprezzabili ed influiscono sulla tinta. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: Lo strumento mostra riproducibilità intra ed inter in<strong>di</strong>viduali nell’ottenere misurazioni su materiali da<br />

otturazione compositi. I risultati ottenuti in<strong>di</strong>cano come vi sia <strong>di</strong>fferenza oggettivabile tra i valori colorimetrici delle<br />

varie scale <strong>di</strong> colore, fornite in commercio. E’ possibile determinare una <strong>di</strong>ssomiglianza tra i colori <strong>dei</strong> denti campione<br />

ed i compositi corrispondenti fotopolimerizzati, con una sostanziale sensazione <strong>di</strong> “ingiallimento” passando dai<br />

campioni più chiari a quelli più scuri. Lo spettrofotometro a fibre ottiche può essere utile nella scelta oggettiva del<br />

colore.


INFLUENZA DEL TIPO DI CEMENTO RESINOSO SULLA FORZA DI ADESIONE ALLA DENTINA DI<br />

RESTAURI INDIRETTI IN COMPOSITO ED IN CERAMICA<br />

Carluccio F, De Angelis F, Pirani M, Va<strong>di</strong>ni M, D’Arcangelo C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università “G. d’Annunzio”, Chieti, ITALY<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è stato <strong>di</strong> confrontare, tramite Micro Tensile Bond Strenght (µTBS) test ed<br />

analisi frattografica, l’influenza <strong>di</strong> quattro <strong>di</strong>verse sistematiche adesive sulla forza <strong>di</strong> adesione alla dentina <strong>di</strong> manufatti<br />

realizzati in resina composita ed in ceramica. MATERIALI E METODI: Quaranta molari recentemente estratti sono<br />

stati sezionati trasversalmente al fine <strong>di</strong> esporre superfici dentinali piatte. Sono stati realizzati quaranta campioni <strong>di</strong><br />

forma cilindrica <strong>di</strong> cinque millimetri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro e <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci millimetri <strong>di</strong> altezza così sud<strong>di</strong>visi: venti in resina composita<br />

e venti in ceramica leucitica.<br />

I <strong>di</strong>schetti in resina composita sono stati sabbiati con particelle <strong>di</strong> ossido <strong>di</strong> alluminio <strong>di</strong> 50 µm. I <strong>di</strong>schetti in ceramica<br />

sono stati trattati con gel <strong>di</strong> acido idrofluoridrico al 9,5% e applicazione <strong>di</strong> silano. Tutti i <strong>di</strong>schetti sono poi stati<br />

cementati sulle superfici dentinali utilizzando i seguenti agenti cementanti: due sistematiche etch and rinse (XP<br />

bond/CoreXFlow; Dentsply) (XP) (Enabond/EnaCem HF; Micerium) (ENA), una self-etch (ED Primer II A+B/Panavia<br />

F2.0; Kuraray-Dental) (PAN) e una self-adhesive (RelyX Unicem; 3M ESPE) (UNI). I sistemi adesivi e i cementi sono<br />

stati applicati attenendosi alle istruzioni fornite dalle case produttrici. Successivamente i campioni sono stati sezionati<br />

perpen<strong>di</strong>colarmente all’interfaccia adesiva al fine <strong>di</strong> ottenere sticks aventi sezione <strong>di</strong> circa 1 mm 2 . Tutti gli sticks sono<br />

stati realizzati da un solo ed esperto operatore. Gli sticks sono stati sottoposti a trazione ad una velocità <strong>di</strong> 0,5 mm/min<br />

fino a rottura. I risultati del Micro Tensile Bond Strenght sono stati analizzati con l’ANOVA test a due vie e una<br />

comparazione multipla col Tukey Test (α=0.05). Tutti gli stick fratturati sono stati osservati al Microscopio Elettronico<br />

a Scansione a 200X per poter osservare i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> frattura.<br />

RISULTATI: I valori me<strong>di</strong> <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> adesione, espressi in MPa (SD), per i campioni in composito e per quelli in<br />

ceramica sono stati: XP-Co = 31.39 (<strong>13</strong>.51), ENA-Co = 30.93 (10.17), PAN-Co = 18.29 (10.02), UNI-Co = 19.33<br />

(7.91); XP-Ce = 4.83 (1.86), ENA-Ce = 5.15 (1.66), PAN-Ce = 4.36 (1.80), UNI-Ce = 7.16 (2.52).<br />

Le analisi statistiche hanno <strong>di</strong>mostrato che le forze <strong>di</strong> adesione sono state significativamente influenzate dall’agente<br />

cementante utilizzato sia per il gruppo composito che per il gruppo ceramica (p < 0.001). In particolare i gruppi XP-Co<br />

e ENA-Co non <strong>di</strong>fferiscono l’uno dall’altro (p > 0.05) e hanno mostrato forze <strong>di</strong> adesione significativamente più alte<br />

rispetto al gruppo PAN-Co e al gruppo UNI-Co (p < 0.05). Al contrario il gruppo UNI-Ce ha mostrato le forze <strong>di</strong><br />

adesione più alte rispetto agli altri gruppi sperimentali in ceramica (p < 0.05).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:Per quanto riguarda il tipo <strong>di</strong> frattura sono state rilevate <strong>di</strong>fferenze nei gruppi in<br />

composito: per gli agenti cementanti etch-and-rinse (XP-Co and ENA-Co groups) abbiamo notato molte fratture <strong>di</strong> tipo<br />

coesivo nello spessore del cemento, mentre per gli agenti cementanti self-etch (PAN-Co) e self-adhesive (UNI-Co)<br />

abbiamo registrato fratture all’interfaccia cemento-dentina. Nei gruppi in ceramica le fratture erano principalmente <strong>di</strong><br />

tipo adesivo tra il cemento e la ceramica.


L’IMPORTANZA DELLA DETERMINANTE RADICOLARE NELLA COMPLESSITA’ ANATOMICA DEL<br />

SISTEMA CANALARE E DELLA CAMERA PULPARE.<br />

Citterio C.L., Maddalone M., Pellegatta A., Bellinzona A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> Milano – Bicocca, Clinica Odontoiatrica, Servizio <strong>di</strong> Endodonzia. clau<strong>di</strong>o.citterio@unimib.it<br />

OBIETTIVI: La revisione della letteratura dell’ultimo secolo è stata eseguita con lo scopo <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re la<br />

conoscenza dell’anatomia endodontica e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, nonostante la <strong>di</strong>somogeneità <strong>dei</strong> dati che emergono, quei<br />

parametri che possano <strong>di</strong>ventare determinanti nella <strong>di</strong>agnosi e nella esecuzione della terapia endodontica. In ultima<br />

analisi valutare se esista una determinante ra<strong>di</strong>colare che possa con<strong>di</strong>zionare nell’aspetto anatomico la forma e la<br />

tipologia del sistema canalare dalla camera pulpare al forame apicale. MATERIALI E METODI: L’analisi della<br />

letteratura, dal 1900 ad oggi, è stata realizzata recuperando circa un centinaio d’articoli, sia cartacei che su supporto<br />

informatico. Successivamente sono state analizzate macroscopicamente e fotografate le sezioni <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci <strong>dei</strong> denti<br />

mascellari e man<strong>di</strong>bolari estratti (per motivi ortodontici o parodontali) e confrontate con immagini estratte da<br />

tomografie assiali computerizzate. Ciò ci ha permesso <strong>di</strong> formulare una nostra classificazione dalla quale sono state<br />

dedotte una serie <strong>di</strong> considerazioni sulla anatomia della sezione ra<strong>di</strong>colare e del sistema canalare. RISULTATI: Il<br />

risultato della revisione della letteratura sull’anatomia del sistema ra<strong>di</strong>colare e canalare <strong>dei</strong> denti permanenti è stato<br />

quello <strong>di</strong> proporre una nuova classificazione per quello che riguarda la sezione delle ra<strong>di</strong>ci dentali in laminari (ellittiche,<br />

reniformi e a forma <strong>di</strong> otto) e tubulari (rotonde triangolo-ovalari e ovalari) e <strong>di</strong> affermare che la vera determinate per la<br />

forma del sistema canalare (dalla camera pulpare al forame apicale) sia la sezione della ra<strong>di</strong>ce. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: abbiamo così costruito uno schema mentale per in<strong>di</strong>viduare più facilmente anatomie canalari<br />

complesse o semplici. Abbiamo visto così come una ra<strong>di</strong>ce laminare presenti un sistema canalare complesso e come<br />

ampiamente sia rappresentata tra le varie tipologie dentali e come sia possibile <strong>di</strong>stinguere queste ra<strong>di</strong>ci da quelle<br />

tubulari sia dal punto <strong>di</strong> vista anatomico sia da quello ra<strong>di</strong>ologico; si è messo in relazione la sezione ra<strong>di</strong>colare con la<br />

complessità del sistema canalare nelle ra<strong>di</strong>ci laminari e la complessità delle camere pulpari a secondo della sezione<br />

ra<strong>di</strong>colare sottostante.


CELLULE STAMINALI PULPARI SU SCAFFOLD CALCIO-SILICATICI A BASE DI CEMENTI MTA.<br />

Gandolfi MG* # , Devescovi V*°, Siboni F*, Fiorentini E*°, Marchionni S*, Ciapetti G°, Rossi PL # , Prati C*<br />

(*Dip. Scienze Odontostomatologiche Reparto <strong>di</strong> Endodonzia (Lab. Biomateriali), Università <strong>di</strong> Bologna; # Dip.<br />

Scienze della Terra, Università <strong>di</strong> Bologna; °Laboratorio <strong>di</strong> Fisiopatologia, Istituti Ortope<strong>di</strong>ci Rizzoli, Bologna).<br />

mgiovanna.gandolfi@unibo.it<br />

OBIETTIVI: I cementi calcio-silicatici sono utilizzati per otturazioni retrograde, perforazioni laterali, apicectomie,<br />

apicogenesi e pulp capping. Scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato valutare la capacità <strong>di</strong> adesione e proliferazione su tali cementi<br />

da parte <strong>di</strong> cellule staminali isolate da polpa dentale umana (dental pulp stem cells DPSCs). MATERIALI E METODI:<br />

Un cemento sperimentale calcio-silicatico (PulpCap cement) ad indurimento rapido (initial setting time approx. 31 ± 2<br />

minuti) sviluppato presso la Università <strong>di</strong> Bologna è stato utilizzato come scaffold per la crescita <strong>di</strong> cellule staminali.<br />

Un cemento calcio-silicatico attualmente in commercio (ProRoot MTA, Dentply, USA) è stato utilizzato come<br />

controllo. Sono stati preparati <strong>di</strong>schi standard <strong>di</strong> cemento e sono stati imme<strong>di</strong>atamente posti in piastre <strong>di</strong> coltura, trattati<br />

per 2 ore con una soluzione <strong>di</strong> antibiotico/antimicotico e poi sottoposti a pre-con<strong>di</strong>zionamento con alpha-<br />

MEM+10%FBS per 24h a 37°C. Successivamante DPSCs sono state seminate sui cementi alla densità <strong>di</strong> 1x10 4 /cm 2 e<br />

coltivate in terreno inducente il <strong>di</strong>fferenziamento. DPSCs <strong>di</strong> controllo sono state seminate <strong>di</strong>rettamente su plastica<br />

(TCPS). La proliferazione cellulare è stata valutata dopo 24 e 72 ore <strong>di</strong> coltura me<strong>di</strong>ante l’Alamar Blue test. La<br />

produzione della fosfatasi alcalina (ALP) è stata valutata sui lisati cellulari dopo 72 ore <strong>di</strong> coltura con test biochimico.<br />

La morfologia cellulare è stata osservata attraverso microscopia SEM. RISULTATI: La proliferazione cellulare è<br />

favorita sul cemento sperimentale PulpCap rispetto all’ MTA sia dopo 24 che 72 ore <strong>di</strong> coltura (fig.A). Le cellule<br />

cresciute sul controllo TCPS hanno mostrato una proliferazione superiore rispetto ad entrambi i cementi ed un<br />

raddoppio <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> RFU dalle 24 alle 72 ore (2287±14 24h vs 4974 ± 479 72h). Le DPSC coltivate con terreno<br />

<strong>di</strong>fferenziante hanno espresso ALP su entrambi i cementi (Fig.B,C). L’analisi morfologica al SEM ha mostrato cellule<br />

ben adese con numerosi pseudopo<strong>di</strong> e numerose mitosi. CONCLUSIONI: I cementi calcio-silicatici sono in grado <strong>di</strong><br />

favorire la crescita cellulare <strong>di</strong> DPSCs. Tali cellule in vivo possono avere un ruolo determinante nella rigenerazione <strong>di</strong><br />

tessuto dentinale in corso <strong>di</strong> incappucciamento <strong>di</strong>retto della polpa.<br />

A) Proliferazione cellulare (Alamar Blue test, RFU) dopo 24 e<br />

72 ore <strong>di</strong> coltura. Risultati (me<strong>di</strong>a ± deviazione standard) <strong>di</strong><br />

RFU (relative fluorescence units). L’analisi statistica effettuata<br />

me<strong>di</strong>ante il test <strong>di</strong> Wilcoxon con un livello <strong>di</strong> significatività<br />

con p


ISOLAMENTO E CARATTERIZZAZIONE DI CELLULE STAMINALI DA POLPA DENTALE UMANA.<br />

Gandolfi MG*, Fiorentini E*°, Devescovi V*°, Ciapetti G°, Chersoni S*, Bal<strong>di</strong>ni N°, Prati C*<br />

(*Dip. Scienze Odontostomatologiche Reparto <strong>di</strong> Endodonzia (Lab. Biomateriali), Università <strong>di</strong> Bologna;<br />

°Laboratorio <strong>di</strong> Fisiopatologia, Istituti Ortope<strong>di</strong>ci Rizzoli, Bologna). mgiovanna.gandolfi@unibo.it<br />

OBIETTIVI: La presenza <strong>di</strong> cellule staminali <strong>di</strong> origine mesenchimale in <strong>di</strong>versi tessuti adulti umani è stata<br />

ampiamente <strong>di</strong>mostrata. Per le loro caratteristiche quali plasticità, capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziarsi in <strong>di</strong>versi lineages cellulari e<br />

<strong>di</strong> self-renewal sono già utilizzate in me<strong>di</strong>cina rigenerativa. In questo stu<strong>di</strong>o preliminare cellule staminali da polpa<br />

dentale (DPSC) sono state isolate e caratterizzate allo scopo <strong>di</strong> creare un modello cellulare in vitro per lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

materiali odontoiatrici innovativi. MATERIALI E METODI: Le cellule sono state isolate da polpa dentale prelevata in<br />

corso <strong>di</strong> devitalizzazione. La polpa è stata frammentata meccanicamente e <strong>di</strong>gerita in una soluzione <strong>di</strong> collagenasi tipo I<br />

(3mg/ml) per 1 ora e 30 minuti a 37°C. Le cellule sono state seminate in 1 fiasca da 25cm 2 con terreno <strong>di</strong> coltura (α-<br />

MEM + 10% FBS +3% penicillina/streptomicina) e mantenute a 37°C con il 5% <strong>di</strong> CO2 fino al raggiungimento della<br />

prima confluenza (T0). La popolazione cellulare è stata caratterizzata immunofenotipicamente per l'espressione <strong>di</strong><br />

CD166, CD105, CD90, CD44, CD45, CD117. Sono state quin<strong>di</strong> allestite due con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> coltura (seminando<br />

1x10 4 /cm 2 cellule), rispettivamente in terreno <strong>di</strong> induzione (α-MEM + 10% FBS + 3%P/S + acido ascorbico 50mg/ml +<br />

desametasone 10 -8 M) ed in terreno <strong>di</strong> controllo (α-MEM + 10% FBS + 3%P/S). La proliferazione cellulare è stata<br />

valutata me<strong>di</strong>ante l’Alamar Blue test. L'espressione <strong>di</strong> fosfatasi alcalina (ALP) è stata analizzata sia qualitativamente<br />

(saggio citochimico) che me<strong>di</strong>ante dosaggio biochimico ai successivi passaggi (1, 2 e 3p). La capacità <strong>di</strong> formare<br />

noduli minerali è stata valutata me<strong>di</strong>ante colorazione Von Kossa e con rosso <strong>di</strong> Alizarina, dopo 5 gg <strong>di</strong> coltura in<br />

terreno ad<strong>di</strong>zionato con β-glicerofosfato 10 mM. RISULTATI: Le DPSC esprimono antigeni <strong>di</strong> superficie simili a quelli<br />

delle cellule stromali isolate da midollo osseo (BMSC), quali CD166+ (96.1%), CD105+ (87.3%), CD90+ (99.6%),<br />

CD44+ (97.9%), CD45- e CD117-. L'aggiunta <strong>di</strong> acido ascorbico e desametasone al terreno <strong>di</strong> coltura favorisce la<br />

proliferazione cellulare (Tabella 1) ai passaggi successivi (1p, 2p e 3p). Anche l'espressione <strong>di</strong> fosfatasi alcalina e la<br />

deposizione <strong>di</strong> matrice risultano più elevate rispetto al controllo (Fig.1). CONCLUSIONI: Cellule staminali possono<br />

essere ottenute da tessuto pulpare umano.<br />

Tabella 1 - Vitalità cellulare DPSC. I<br />

risultati dell’Alamar Blue test sono<br />

espressi come relative fluorescence units<br />

(RFU) e presentati come me<strong>di</strong>a ±<br />

deviazione standard <strong>di</strong> RFU. Terreno <strong>di</strong><br />

controllo (C), terreno <strong>di</strong> induzione (I)<br />

C<br />

I<br />

p1 p2 p3<br />

942.25±96.9<br />

1117±20.7<br />

14<strong>13</strong>±27.7<br />

1477±14.8<br />

1119±60<br />

1270±31<br />

Fig.1 - Fosfatasi alcalina citochimica A) in<br />

terreno <strong>di</strong> controllo e B) terreno <strong>di</strong> induzione;<br />

Mineralizzazione evidenziata con la<br />

colorazione Von Kossa C) in terreno <strong>di</strong><br />

controllo e D) terreno <strong>di</strong> induzione.


IL LASER A DIODI IN ENDODONZIA: DALLA RICERCA ALLA CLINICA.<br />

Campailla M*, Tonoli A°, Manconi FM*, Tonoli G*.Olivi G*.<br />

*Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genova – Di.S.T.Bi.M.O. – Centro Dipartimentale <strong>di</strong> Laser Chirurgia e Laser Terapia.<br />

°Ospedale”S. Giovanni Calibita”Fatebenefratelli-Isola Tiberina, Roma<br />

INTRODUZIONE: E’ stata <strong>di</strong>mostrata l’azione sinergica del laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> e degli irriganti <strong>di</strong> comune utilizzo clinico<br />

nella decontaminazione del S.C.R. in stu<strong>di</strong> in vitro. OBIETTIVI: scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> confrontare<br />

le evidenze scientifiche sperimentali con i risultati clinici. MATERIALI E METODI: Nel Centro Dipartimentale <strong>di</strong><br />

Laser Terapia e Laser Chirurgia, a decorrere dal gennaio 2008 sono stati applicati i protocolli clinici suggeriti dagli<br />

stu<strong>di</strong> citati. Tali protocolli prevedono, prima dell’otturazione tri<strong>di</strong>mensionale del SCR, l’irra<strong>di</strong>azione laser alternata a<br />

lavaggi endocanalari <strong>di</strong> ipoclorito <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o e acido citrico. E’ stato utilizzato un laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> 980 nm con i seguenti<br />

parametri: 1,5 W, modalità pulsata (10 msec Ton, 10 msec Toff) per tre cicli <strong>di</strong> 5 sec ciascuno. RISULTATI: I risultati<br />

clinici, necessariamente qualitativi, hanno mostrato tempi <strong>di</strong> guarigione ridotti che fanno pensare a una<br />

decontaminazione profonda ed efficace del SCR in Endodonzia laser-assistita. CONCLUSIONI: i risultati clinici<br />

preliminari sono confortanti. Ulteriori stu<strong>di</strong> clinici con valutazione statistica della “success rate” saranno necessari per<br />

confermare i risultati clinici preliminari.


FORMAZIONE DI APATITE DA PARTE DI CEMENTI CALCIO SILICATI TIPO MTA.<br />

Gandolfi MG 1 , Colin A 1 , Tad<strong>dei</strong> P 2 , Tinti A 2 , Prati C 1 .<br />

1.Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche , 2.Diparetimento <strong>di</strong> Biochimica - Alma Mater Stu<strong>di</strong>orum, Università<br />

<strong>di</strong> Bologna, ITALY( mgiovanna.gandolfi@unibo.it)<br />

OBIETTIVI: Cementi idraulici a base <strong>di</strong> calcio silicato definiti anche Mineral Trioxide Aggregate (MTA) sono stati<br />

sviluppati recentemente. Sono materiali reattivi che rilasciano ioni calcio durante il loro indurimento e sono<br />

caratterizzati dalla capacità <strong>di</strong> indurire in presenza <strong>di</strong> sangue ed altri flui<strong>di</strong>. Le loro applicazioni cliniche, inizialmente<br />

limitate all’utilizzo per le otturazioni retrograde, sono state nel tempo estese ad altre applicazioni quali materiali per<br />

riparazioni <strong>di</strong> perforazioni e false strade, pulp capping e apecificazione/apicogenesi. Poche informazioni sono<br />

<strong>di</strong>sponibili sulla loro trasformazione chimica e morfologica in presenza <strong>di</strong> SBF (Simulated Body Fluid). Nel presente<br />

stu<strong>di</strong>o è stata valutata la reattività ed il comportamento <strong>di</strong> cementi calcio silicatici immersi in SBF. MATERIALI E<br />

METODI: Sono stati stu<strong>di</strong>ati il cemento commerciale Pro-Root MTA e il cemento sperimentale RetroTC. Lo stu<strong>di</strong>o<br />

chimico e morfologico è stato svolto me<strong>di</strong>ante micro-Raman, FTIR-ATR e ESEM/EDX dopo immersione <strong>dei</strong> cementi<br />

in SBF per tempi <strong>di</strong>fferenti, fino a 14 giorni. I campioni sono stati preparati miscelando 1g <strong>di</strong> polvere con 0,33ml <strong>di</strong><br />

SBF e successivamente sono stati immersi in 5ml <strong>di</strong> SBF a 37°C. RISULTATI: L’analisi SEM/EDX ha rivelato la<br />

formazione su una superficie inizialmente omogenea con numerosi cristalli aghiformi (needle-like crystals) <strong>di</strong> numerosi<br />

precipitati rotondeggianti, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni inferiori al micron, formanti aggregati depositati su cristalli <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

maggiori. La superficie <strong>dei</strong> campioni dopo 14 giorni <strong>di</strong> storaggio è risultata porosa e irregolare. Nei campioni freschi<br />

l’analisi al Raman ha rivelato la presenza <strong>dei</strong> componenti tipici <strong>dei</strong> cementi portland quali alite, belite ed ettringite,<br />

evidenziati dalle bande tipiche <strong>di</strong> questi elementi. Dopo storaggio ha rivelato la comparsa delle bande tipiche del calciofosfato.<br />

Già dopo 24 ore <strong>di</strong> immersione le analisi Raman e FTIR hanno evidenziato la presenza <strong>di</strong> spessi depositi <strong>di</strong><br />

apatite (calcio-fosfato). DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Lo stu<strong>di</strong>o ha <strong>di</strong>mostrato la innovativa capacità <strong>dei</strong> cementi<br />

calcio silicatici tipo MTA <strong>di</strong> formare apatite (bioactivity) quando immersi in SBF. Il rilascio <strong>di</strong> Ca(OH)2 da parte del<br />

cemento e la presenza <strong>di</strong> ioni PO4 3- in soluzione innescano un meccanismo <strong>di</strong> precipitazione con formazione <strong>di</strong> cristalli<br />

<strong>di</strong> fosfato <strong>di</strong> calcio che si stratificano sulla superficie del cemento, fenomeno che probabilmente si verifica anche<br />

all’interno delle porosità del cemento stesso.


EFFETTO DELL’APPLICAZIONE DI OZONO SU MODULO DI ELASTICITÀ E DUREZZA VICKER<br />

DELLA DENTINA.<br />

Magni E 1,2 , Francini F 1 , Ilie N 2 , Hickel R 2 , Ferrari M 1 .<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena, Siena, Italia;<br />

2<br />

Dipartimento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservativa e Parodontologia, Ludwig-Maximilians Universität, Monaco <strong>di</strong> Baviera,<br />

Germania.<br />

OBIETTIVI: L’ozono è stato recentemente proposto come agente antibatterico per la <strong>di</strong>sinfezione del canale ra<strong>di</strong>colare.<br />

Alcuni stu<strong>di</strong> hanno valutato l’effetto <strong>di</strong> convenzionali <strong>di</strong>sinfettanti endodontici sulle proprietà meccaniche della dentina,<br />

ma attualmente non sono presenti informazioni analoghe riguardanti l’applicazione <strong>di</strong> ozono. Lo scopo del presente<br />

stu<strong>di</strong>o è stato, pertanto, quello <strong>di</strong> valutare l’effetto dell’ozono sul modulo <strong>di</strong> elasticità e sulla durezza Vicker della<br />

dentina. MATERIALI E METODI: Do<strong>di</strong>ci terzi molari estratti sono stati sezionati al centro, parallelamente al loro asse,<br />

in <strong>di</strong>rezione mesio-<strong>di</strong>stale, per ottenere da ciascuno una fettina spessa 1mm comprendente sia dentina coronale che<br />

ra<strong>di</strong>colare. Ciascuna fettina è stata successivamente sud<strong>di</strong>visa in due porzioni (mesiale e <strong>di</strong>stale) me<strong>di</strong>ante un ulteriore<br />

taglio longitu<strong>di</strong>nale. Una delle metà così ottenute è stata trattata con ozono (HealOzone, KaVo) per 60sec, mentre l’altra<br />

non è stata sottoposta ad alcun trattamento ed è servita da controllo. Il modulo <strong>di</strong> elasticità (E) e la durezza Vicker (VH)<br />

sono stati misurati con un “microhardness indenter” (Fischerscope H100C, Fischer) effettuando 15 indentazioni per<br />

ciascun campione nella dentina contigua alla camera pulpare ed al canale ra<strong>di</strong>colare. I dati sono stati analizzati col t-test<br />

per campioni <strong>di</strong>pendenti. RISULTATI: Le me<strong>di</strong>e (Dev. St.) delle proprietà testate sono risultate, rispettivamente nel<br />

gruppo pretrattato con ozono e nel gruppo controllo: E: 18.4(3.7) GPa, 18.1(2.5) GPa; VH: 71.7(19.8) N/mm 2 ,<br />

75.1(17.2) N/mm 2 . Il t-test per campioni <strong>di</strong>pendenti ha rivelato che non sono presenti <strong>di</strong>fferenze statisticamente<br />

significative per entrambe le proprietà testate tra il gruppo pretrattato con ozono ed il gruppo controllo (p>0.05).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il trattamento con ozono non compromette il modulo <strong>di</strong> elasticità e la durezza<br />

Vicker della dentina. I risultati del presente stu<strong>di</strong>o in<strong>di</strong>cano che l’applicazione <strong>di</strong> ozono come agente per la <strong>di</strong>sinfezione<br />

del canale ra<strong>di</strong>colare può essere effettuata senza determinare una riduzione delle proprietà meccaniche della struttura<br />

dentale residua. Ulteriori stu<strong>di</strong> dovrebbero essere condotti con lo scopo <strong>di</strong> validare clinicamente i risultati del presente<br />

stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> laboratorio.


INFLUENZA DI DIFFERENTI SPESSORI DENTINALI SULLA PROPAGAZIONE DEL CALORE LUNGO<br />

LA SUPERFICIE RADICOLARE<br />

Enzo Cumbo, Riccardo Russo 1 , Salvatore Passarello, Giuseppe Gallina<br />

Università Degli Stu<strong>di</strong> Di Palermo - Dipartimento Di Scienze Stomatologiche”G. Messina” - Sezione Di Endodonzia e<br />

Conservativa (Prof. G. Gallina)<br />

Introduzione Uno degli obiettivi del trattamento endodontico è l’otturazione tri<strong>di</strong>mensionale del sistema <strong>dei</strong> canali<br />

ra<strong>di</strong>colari dopo accurata detersione e sagomatura. Un inadeguato sigillo dell’apice e un’incompleta otturazione <strong>dei</strong><br />

canali ra<strong>di</strong>colari potrebbe essere la causa <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi post-trattamento. Obiettivi Valutare l’nfluenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti spessori<br />

dentinali sulla propagazione del calore lungo la superficie ra<strong>di</strong>colare durante la tecnica dell’onda continua <strong>di</strong><br />

condensazione valutata me<strong>di</strong>ante termografica a infrarossi. Materiali e Meto<strong>di</strong>: Venti incisivi laterali mascellari (gruppo<br />

A) e venti incisivi laterali man<strong>di</strong>bolari (Gruppo B), estratti per motivi parodontali, sono stati selezionati e alesati con Mtwo<br />

ottenendo un <strong>di</strong>ametro apicale <strong>di</strong> #25 e una conicità della preparazione <strong>di</strong> 0.06. In tutti i campioni è stata eseguita<br />

un’otturazione canalare me<strong>di</strong>ante coni <strong>di</strong> guttaperca non standar<strong>di</strong>zzati (Fine-Me<strong>di</strong>um) e il System B settato a 250°C,<br />

con un plugger FINE portato a 4mm dalla LDL. Durante ciascuna otturazione canalare le temperature sono state<br />

misurate e registrate me<strong>di</strong>ante una Termocamera a infrarossi (IR FlexCam Thermal Imagers Ti45FT; Fluke<br />

Corporation, Everett, USA) ad intervalli <strong>di</strong> 2sec. per un periodo <strong>di</strong> 180sec. Una termocoppia in cromo-alluminio <strong>di</strong> tipo<br />

K, connesse a un termometro <strong>di</strong>gitale, è stata posizionata nel terzo me<strong>di</strong>o della superficie ra<strong>di</strong>colare mesiale <strong>di</strong> ciascun<br />

elemento. In seguito alla registrazione <strong>dei</strong> valori sono stati misurati i <strong>di</strong>ametri mesio-<strong>di</strong>stale degli elementi appartenenti<br />

ai due gruppi. Risultati: I risultati ottenuti evidenziano nel gruppo A uno spessore dentinale residuo dopo la<br />

strumentazione <strong>di</strong> 2.2mm e la temperatura me<strong>di</strong>a raggiunta, durante l’intera fase <strong>di</strong> otturazione canalare è <strong>di</strong> 39,44 ±<br />

1,15°C con valori massimi nella la fase <strong>di</strong> inserimento del plugger e <strong>di</strong> separazione, fino a raggiungere livelli massimi <strong>di</strong><br />

48,9°C. Nel gruppo B si evidenzia invece uno spessore dentinale residuo della parete canalare mesiale me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 1,8mm<br />

e una temperatura me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 40,81± 2,67 °C con valori massimi nella la fase <strong>di</strong> inserimento del plugger e <strong>di</strong> separazione,<br />

fino a raggiungere livelli massimi <strong>di</strong> 61,5°C. Conclusioni: Confrontando i <strong>di</strong>fferenti spessori dentinali residui si<br />

verificano, a parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni, aumenti <strong>di</strong> temperatura superficiali <strong>di</strong>fferenti. Durante la tecnica dell’onda continua <strong>di</strong><br />

condensazione si realizzano due picchi <strong>di</strong> temperatura, il primo causato dall’inserimento del plugger all’interno del<br />

canale, il secondo durante la fase <strong>di</strong> separazione. Visti gli spessori dentinali esigui degli elementi in esame, gli<br />

incrementi <strong>di</strong> temperatura raggiunti superano <strong>di</strong> gran lungo i 10°C limite stabilito oltre il quale si posso verificare danni<br />

ai tessuti parodontali. Probabilmente l’assenza <strong>di</strong> un circuito vascolare periapicale e la selezione <strong>di</strong> elementi con ridotti<br />

spessori dentinali sta alla base <strong>di</strong> incrementi così elevati.


LESIONI PERIAPICALI DI ORIGINE ENDODONTICA: UNO STUDIO EPIDEMIOLOGICO IN ITALIA<br />

Rignanese MC, Savoia V, Migliau G, Galli M, Tornese P, Tucci E, Gallottini L.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.P. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservativa<br />

Introduzione<br />

Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> realizzare uno stu<strong>di</strong>o statistico trasversale o <strong>di</strong> prevalenza circa lo stato <strong>di</strong> salute<br />

orale <strong>di</strong> un campione <strong>di</strong> popolazione italiana, dal punto <strong>di</strong> vista endodontico e conservativo e valutare la relazione tra la<br />

qualità del sigillo apicale ottenuto da precedenti trattamenti endodontici e il rilevamento <strong>di</strong> lesioni periapicali.<br />

Obiettivi<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> investigare circa la prevalenza e la <strong>di</strong>stribuzione delle lesioni endodontiche in<br />

un campione <strong>di</strong> popolazione italiana.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong> Il campione è costituito da un totale <strong>di</strong> 312 soggetti recatisi in uno stu<strong>di</strong>o privato <strong>di</strong> roma cui è stata<br />

eseguita gratuitamente sotto consenso una ortopanoramica <strong>di</strong>gitale e una visita specialistica odontoiatrica, tra il 24<br />

settembre 2007 e il 5 marzo 2008. Lo stato periapicale è stato valutato basandosi sull’in<strong>di</strong>ce periapicale (PAI) a<br />

punteggio <strong>di</strong> Ørstavik. Sono state valutate le <strong>di</strong>fferenze tra le <strong>di</strong>verse fasce <strong>di</strong> età, tra sesso femminile e maschile e tra i<br />

vari gruppi <strong>di</strong> denti.<br />

Risultati<br />

E’ stato esaminato un totale <strong>di</strong> 8101 denti, <strong>di</strong> questi 1<strong>13</strong> (1,39%) presenta una lesione periapicale e 534 (6,59%) è stato<br />

precedentemente trattato endodonticamente. Di quelli trattati endodonticamente 91 (17,04%) presenta lesione<br />

periapicale. Tra i denti trattati endodonticamente , la lesione periapicale è osservata più frequentemente tra i molari<br />

inferiori (27,89%).<br />

Discussione e conclusioni<br />

Dallo stu<strong>di</strong>o è scaturito che i valori risultanti sono sovrapponibili a quelli desunti da stu<strong>di</strong> internazionali analoghi.


DISABILITA’: UNA SFIDA ODONTOIATRICA PER IL LAVORO IN EQUIPE.<br />

Tosi C., Tosi A., Magistro S.<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica dell’Universita degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

OBIETTIVI: a causa <strong>di</strong> eventi settici ricorrenti si e’ dovuto intervenire tempestivamente in paziente con gravissimo<br />

grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>sabilita’ e dopo sviluppo <strong>di</strong> crisi fobica durante un trattamento svoltosi in altra struttura pubblica. Si e’<br />

pensato <strong>di</strong> procedere a risolvere il processo infettivo affrontando ciascuna seduta come una nuova sfida con trattamenti<br />

conservativi senza sedazione o anestesia ausiliaria e senza ricorrere alla bonifica dentaria. MATERIALI E METODI: Si<br />

e’ dovuto procedere all’uso <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> ausilio all’apertura buccale del paziente e all’aiuto paterno per mantenere<br />

una buona con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> lavoro, si e’ formata un’equipe <strong>di</strong> due odontoiatri, un me<strong>di</strong>co esperto in problemi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

abilita’ e adolescentologia e un assistente alla poltrona. Oltre alle competenze tecniche, l’equipe <strong>di</strong> lavoro ha messo in<br />

atto capacita’ <strong>di</strong> implementare continuamente le abilita’ del paziente e <strong>di</strong> promuovere la sua collaborazione<br />

stimolandone la possibilita’ <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione degli strumenti <strong>di</strong> lavoro con nomi a lui familiari in modo da non<br />

scatenare probabili eventi fobici <strong>di</strong> fronte a oggetti ignoti. Si e’ lavorato con il massimo del risultato sulla interazione a<br />

livello percettivo, sfruttando a pieno la sensibilita’ e le notevoli capacita’ affettive proprie del piccolo paziente <strong>di</strong> anni<br />

14 ma con sviluppo mentale pari ad un bimbo <strong>di</strong> anni sei. Risultati: Il paziente ha imparato a sviluppare un eloquio<br />

prima e durante la seduta, ha imparato a riconoscere e a chiamare singolarmente i componenti dell’equipe odontoiatrica<br />

e a raccontare quanto fatto con un livello <strong>di</strong> coscienza compatibile con le sue capacita’ personali. Ha <strong>di</strong>mostrato un<br />

crescendo della sua abilita’ nel prolungamento del tempo <strong>di</strong> collaborazione consapevole. Ha sviluppato e imparato un<br />

metodo, da lui unicamente elaborato, <strong>di</strong> auto training al punto che dopo un breve periodo <strong>di</strong> rigi<strong>di</strong>ta’ e ipertono nelle<br />

sedute iniziali, ha fatto poi seguito l’ipotonia muscolare caratteristica del suo stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>paresi spastica <strong>di</strong> grado severo<br />

con paralisi flaccida. Ha imparato ad usare abilita’ manuali per segnalare l’insorgere dolorifico operativo e a<br />

localizzarne l’origine e l’impossibilita’ a procedere oltre il dovuto causa un esaurimento delle capacita’ <strong>di</strong><br />

collaborazione consapevole cosciente e attiva. Ha mo<strong>di</strong>ficato in meglio il suo tono dell’umore da assente e pensieroso a<br />

allegro e sereno. Discussione e conclusioni: Al termine del trattamento si e’ deciso <strong>di</strong> fissare controlli frequenti al fine<br />

<strong>di</strong> monitorare eventuali nuovi foci cariogeni e settici ed intervenire su <strong>di</strong> essi precocemente sfruttando il circuito della<br />

memoria a breve termine, causa il grave deficit intellettivo compromettente circuiti <strong>di</strong> memoria piu’ evoluti e complessi<br />

e si e’ deciso <strong>di</strong> premiare questo <strong>di</strong>fficilissimo e complesso percorso <strong>di</strong> costruzione <strong>di</strong> abilita’. L’equipe <strong>di</strong> lavoro e’<br />

convinta, in caso <strong>di</strong> presentazione <strong>di</strong> altri pazienti <strong>di</strong>versamente abili, <strong>di</strong> portare avanti interventi <strong>di</strong> natura conservativa<br />

<strong>di</strong>scostandosi da interventi tra<strong>di</strong>zionali che prevedono la bonifica dentaria.


UTILIZZO DEL PERASAFE (DUPONT) COME IRRIGANTE ENDODONTICO: ANALISI COMPARATIVA<br />

SU PIASTRA DELL’EFFICACIA ANTIMICROBICA.<br />

Pira G.,Floris GM, Dettori C, Cotti E.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong><br />

<strong>Odontoiatria</strong> Conservatrice.<br />

Introduzione.Il principale obiettivo della terapia endodontica consiste nell’eliminazione <strong>dei</strong> batteri dal sistema<br />

endodontico. La strumentazione meccanica deve essere effettuata in associazione con un irrigante che abbia ampie ed<br />

efficaci proprietà antibatteriche.<br />

Obiettivo. Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> comparare su piastra l’attività antimicrobica del Perasafe 2% e del NaOCl 5.25%,<br />

verso microrganismi con <strong>di</strong>fferenti caratteristiche strutturali e frequentemente reperibili nel sistema endodontico.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>. L’ efficacia <strong>di</strong>sinfettante <strong>di</strong> due sostanze <strong>di</strong> natura liquida allo stato attivo: l’NaOCl 5% Niclor 5<br />

(OGNA) e il Perasafe 2% (So<strong>di</strong>o perborato + Tetra-acetiletilen<strong>di</strong>amina) (DuPont) è stata valutata su piastra me<strong>di</strong>ante il<br />

test con i tempi <strong>di</strong> contatto. Gli agenti contaminanti impiegati sono stati: Pseudomonas aeruginosa (ATCC 9027),<br />

Staphylococcus aureus (ATCC 6538), Enterococcus faecalis (ATCC 29212) e Can<strong>di</strong>da Albicans (ATCC 10231).<br />

L’efficacia antimicrobica <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sinfettanti in oggetto sui microrganismi è stata eseguita in presenza <strong>di</strong> una sostanza<br />

interferente <strong>di</strong> natura organica, in modo tale da simulare il più possibile una con<strong>di</strong>zione in vivo. I <strong>di</strong>sinfettanti sono stati<br />

testati alla concentrazione standard 1:1 e a quelle più <strong>di</strong>luite <strong>di</strong> 1:2, 1:4 e 1:8, dopo 2 e 5 minuti. Con l’Enterococcus<br />

faecalis si è eseguito anche il test sulla torbi<strong>di</strong>tà residua dopo aver lasciato il ceppo, precedentemente sottoposto al<br />

contatto con i <strong>di</strong>sinfettanti, ad incubazione per una notte.<br />

Risultati. Il comportamento <strong>dei</strong> due <strong>di</strong>sinfettanti è risultato <strong>di</strong> pari efficacia in tutti i test effettuati. Ottimi risultati si<br />

sono avuti a tutte le concentrazioni sia dopo 2 che dopo 5 minuti <strong>di</strong> contatto con i ceppi batterici e fungini.<br />

Entrambi i <strong>di</strong>sinfettanti hanno dato totale assenza <strong>di</strong> torbi<strong>di</strong>tà dopo la notte <strong>di</strong> incubazione del’enterococcus faecalis.<br />

Conclusioni. Perasafe e Niclor, risultano avere potere battericida totale alle concentrazioni e ai tempi testati nei<br />

confronti <strong>dei</strong> microrganismi selezionati per lo stu<strong>di</strong>o.


VALUTAZIONE RADIOGRAFICA DELLA GUARIGIONE OSSEA DOPO L’USO DELLA CHIRURGIA<br />

ULTRASONICA IN ENDODONZIA<br />

Esposito S, Savasta A, Sergi C, Cotti E.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong><br />

<strong>Odontoiatria</strong> Conservatrice.<br />

Introduzione. La chirurgia ultrasonica è una tecnica innovative per effettuare l’osteotomia e l’osteoplastica con<br />

precisione, tagliando l’osso per mezzo <strong>di</strong> microvibrazioni ultrasoniche con frequenza variabile. Esiste l’evidenza<br />

scientifica che la chirurgia ossea piezoelettrica sia più efficace nella prima fase della guarigione ossea.<br />

Obiettivi Lo scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare in vivo le <strong>di</strong>fferenze nei tempi della guarigione ossea<br />

ra<strong>di</strong>ografica usando il manipolo ad ultrasuoni ( Surgison, Castellini, Castelmaggiore, Italia) e il manipolo ad alta<br />

velocità con rispettive frese, per effettuare l’osteotomia e l’osteoplastica durante l’endodonzia chirurgica.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. In questo stu<strong>di</strong>o sono stati inclusi 20 pazienti: l’in<strong>di</strong>cazione all’endodonzia chirurgica era data dalla<br />

persistenza della parodontite apicale dopo trattamenti o ritrattamenti ortogra<strong>di</strong>.<br />

Il Gruppo 1 comprendeva nove pazienti in cui l’osteotomia era effettuata con gli ultrasuoni; il Gruppo 2 comprendeva<br />

un<strong>di</strong>ci pazienti in cui l’ osteotomia era effettuata con l’alta velocità e le frese.<br />

Il follow-up clinico e ra<strong>di</strong>ografico è stato fatto a 3; 6 e12 mesi; le ra<strong>di</strong>ografie sono state esaminate da due osservatori<br />

in<strong>di</strong>pendenti, dopo avere verificato il grado <strong>di</strong> accordo usando il Cohen kappa Test. Il PAI score è stato attribuito ad<br />

ogni caso e I dati raccolti sono stati riportati in una cartella.<br />

I risultati sono stati valutati con il Krskall Wallis One-Way Anova (P


PROPRIETÀ MECCANICHE E CARATTERIZZAZIONE DIMENSIONALE DI ROEKO CANALBRUSH TM .<br />

Plotino G 1 , Grande NM 1 *, Melo MC 2 , Bahia MG 2 , Somma F 1 .<br />

1Department 2<br />

of Endodontics, Catholic University of Sacred Heart, Rome, Italy. Federal University of Minas Gerais,<br />

Belo Horizonte, Brasil.<br />

Scopo del lavoro: analizzare le proprietà meccaniche ed effettuare la caratterizzazione <strong>di</strong>mensionale dello strumento<br />

rotante in polipropilene Roeko CanalBrush TM (Coltène/Whaledent, Langenau, Germany).<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: 10 CanalBrushes mai usati sono stati analizzati dopo aver ottenuto immagini <strong>di</strong>gitali con fotocamera<br />

ad alta risoluzione (12 Megapixel), per determinare la lunghezza della parte lavorante, il numero e la lunghezza delle<br />

barbellature laterali, la <strong>di</strong>stanza tra le barbellature, il <strong>di</strong>ametro dello stelo principale ad ogni millimetro. E’ stato inoltre<br />

effettuato un test <strong>di</strong> resistenza alla fatica ciclica <strong>di</strong> 20 CanalBrush in un canale artificiale in acciaio costruiti in modo<br />

tale che lo strumento seguisse una curvatura avente un raggio <strong>di</strong> 5 mm ed un angolo <strong>di</strong> 60 gra<strong>di</strong>, il centro della curvatura<br />

è stato posizionato a 6 mm dalla punta dello strumento. Gli strumenti sono stati messi in rotazione all’interno del canale<br />

artificiale per 5 e 10 minuti. Inoltre un totale <strong>di</strong> 30 CanalBrush sono stati usati rispettivamente in un elemento dentario<br />

monora<strong>di</strong>colato con canale dritto e ovale e in un elemento dentario con ra<strong>di</strong>ce curva per 1, 3 e 5 minuti a 300 rpm. La<br />

parte lavorante <strong>di</strong> ogni strumento è stata osservata dopo ogni periodo <strong>di</strong> utilizzo per valutare la presenza <strong>di</strong> segni <strong>di</strong><br />

deformazione o frattura delle barbellature laterali. I dati registrati sono stati analizzati con test <strong>di</strong> Kruskal-Wallis, il<br />

livello <strong>di</strong> significatività è stato stabilito ad un livello <strong>di</strong> confidenza del 95%.<br />

Risultati: nessuno strumento si è fratturato durante le prove <strong>di</strong> resistenza alla fatica ciclica, le barbellature laterali non si<br />

sono fratturate dopo l’utilizzo clinico. L’usura delle barbellature è aumentata con il tempo <strong>di</strong> utilizzo (p0.05): la lunghezza me<strong>di</strong>a della parte<br />

lavorante è stata 17,1 mm, le barbellature laterali erano 30 per ogni lato ed avevano una lunghezza <strong>di</strong> 0,4 e 0,5 mm, la<br />

<strong>di</strong>stanza tra le barbellature era <strong>di</strong> 0,4 mm. Il <strong>di</strong>ametro dello stelo centrale ad ogni millimetro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dalla punta è<br />

stato regolare per tutti i campioni analizzati.<br />

Conclusioni: le <strong>di</strong>mensioni <strong>dei</strong> Roeko CanalBrush si sono <strong>di</strong>mostrate omogenee, gli strumenti possono essere utilizzati<br />

con sicurezza senza rischio <strong>di</strong> frattura anche in canali curvi ed inoltre il rischio <strong>di</strong> fratture delle barbellature laterali è<br />

assente.


PROPRIETA’ MECCANICHE DI STRUMENTI ENDODONTICI NI-TI<br />

Gambarini G, Folli G, Vincenzi V, De Paolis G, Testarelli L.<br />

(Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CLSOPD, Insegnamento <strong>di</strong><br />

Endodonzia, Titolari: Proff. Gambarini G, Testarelli L)<br />

INTRODUZIONE: Nonostante gli innegabili vantaggi della lega nichel-titanio (Ni-Ti), la strumentazione rotante<br />

incontra ancora <strong>dei</strong> problemi legati per lo più all’aumentato rischio <strong>di</strong> frattura intraoperatoria ed alla relativa rigi<strong>di</strong>tà<br />

degli strumenti a conicità aumentate. Si è visto in precedenza come negli anni siano stati effettuati numerosi tentativi<br />

atti a migliorare le caratteristiche degli strumenti variandone <strong>di</strong>segno, <strong>di</strong>mensioni e sequenze operative, mentre non<br />

sono mai state proposte ulteriori significative innovazioni delle proprietà della lega Ni-Ti. Solo <strong>di</strong> recente si registra un<br />

certo interesse da parte delle case produttrici nell’utilizzare nuove leghe e processi <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong>versi dalla comune<br />

tornitura impiegata finora. In questa ottica la Sybron Endo (Orange, CA, USA) ha sviluppato un originale processo <strong>di</strong><br />

fabbricazione per torsione degli strumenti rotanti Ni-Ti (Twisted File, SybronEndo, Orange, Ca, USA). Il processo <strong>di</strong><br />

fabbricazione per torsione sopramenzionato si avvale <strong>di</strong> innovativi trattamenti termici e processi <strong>di</strong> finitura brevettati<br />

che consentono un controllo delle fasi e delle caratteristiche della lega. OBIETTIVI: Scopo del presente stu<strong>di</strong>o è stato<br />

quello <strong>di</strong> comparare le proprietà <strong>di</strong> flessibilità <strong>di</strong> strumenti endodontici rotanti in nichel-titanio prodotti per torsione<br />

Twisted File (TF) con quelle <strong>di</strong> altri strumenti in nichel-titanio, prodotti con meto<strong>di</strong>che tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> intaglio (Mtwo,<br />

Protaper F2). MATERIALI E METODI: Lo stu<strong>di</strong>o è stato condotto secondo i dettami della normativa ISO 3630-1. Il<br />

momento <strong>di</strong> flessione è stato misurato nel momento in cui lo strumento ha raggiunto un angolo <strong>di</strong> flessione pari a 45°. I<br />

dati ottenuti sono stati raccolti ed analizzati statisticamente (ANOVA test p < 0.05). RISULTATI: I valori me<strong>di</strong> (e DS)<br />

ottenuti sono i seguenti: TF 06 25 = 20,62 (DS 2,5), Mtwo 06 25 = 39,59 (DS 4,2), Protaper F2 06 25 = 104,23 (DS<br />

7,7). I risultati <strong>di</strong>mostrano come gli strumenti TF siano i più flessibili con un aumento della flessione statisticamente<br />

significativo (p< 0.05). CONCLUSIONI: Sebbene la flessibilità sia influenzata anche dal <strong>di</strong>segno e dalla massa degli<br />

strumenti un miglioramento così significativo si può spiegare anche in virtù dell’innovativo processo <strong>di</strong> produzione<br />

della lega Ni-Ti con cui sono realizzati gli strumenti TF.


VALUTAZIONE DEL SIGILLO DELLA GUTTAPERCA SECONDO LE VARIAZIONI DI TEMPO DI<br />

COMPATTAZIONE E DI TEMPERATURA: STUDIO SPERIMENTALE IN VITRO.<br />

Generali L, Mancuso R, Ambu E, Dotti A, Giannetti L.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

Dipartimento integrato <strong>di</strong> Chirurgie Specialistiche Testa-Collo<br />

Struttura Complessa <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Oro-Maxillo-Facciale<br />

Direttore: Prof. Ugo Consolo<br />

OBIETTIVI: lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è confrontare il sigillo della guttaperca ottenuto con la tecnica dell’onda continua <strong>di</strong><br />

condensazione e con una sua mo<strong>di</strong>fica, variando parametri quali il tempo <strong>di</strong> compattazione e la temperatura.<br />

MATERIALI E METODI: la sperimentazione è stata condotta in <strong>di</strong>verse fasi: in un primo step è stata utilizzata una<br />

termocoppia in cromo/alluminio <strong>di</strong> tipo K, connessa ad un termometro <strong>di</strong>gitale (ScanTemp 440), al fine <strong>di</strong> valutare la<br />

reale corrispondenza tra i valori nominali della temperatura, espressi in gra<strong>di</strong> centigra<strong>di</strong>, <strong>di</strong> cinque <strong>di</strong>verse sorgenti <strong>di</strong><br />

calore Elements Obturation Unit (SybronEndo, Orange, CA) ed i valori rilevati a livello della punta <strong>dei</strong> pluggers <strong>di</strong><br />

Buchanan. In una seconda fase, tre elementi dentari, estratti per motivi parodontali, sono stati otturati con la tecnica<br />

dell’onda continua <strong>di</strong> condensazione; grazie all’utilizzo <strong>di</strong> una termocoppia <strong>di</strong> tipo K, fissata sulla superficie ra<strong>di</strong>colare<br />

in corrispondenza <strong>di</strong> un foro eseguito a 2 mm dall’apice, è stato possibile registrare, ad intervalli regolari <strong>di</strong> 5 secon<strong>di</strong>,<br />

le variazioni termiche della guttaperca durante le fasi dell’otturazione e nei secon<strong>di</strong> successivi, per un totale <strong>di</strong> due<br />

minuti. Nello step finale della sperimentazione sono stati selezionati 24 ulteriori elementi dentari monora<strong>di</strong>colati,<br />

estratti per motivi parodontali, e sud<strong>di</strong>visi casualmente in due gruppi: il primo è stato otturato me<strong>di</strong>ante la tecnica<br />

tra<strong>di</strong>zionale dell’onda continua <strong>di</strong> condensazione, mentre il secondo con una mo<strong>di</strong>fica <strong>di</strong> questa stessa tecnica,<br />

aumentando il tempo <strong>di</strong> compattazione e la temperatura della sorgente <strong>di</strong> calore Elements Obturation Unit. Queste<br />

variazioni sono state effettuate in base ai risultati ottenuti dalle fasi preliminari della sperimentazione. I 24 campioni<br />

sono stati quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sidratati, fratturati previa immersione in azoto liquido, fissati su appositi stubs e metallizzati per<br />

poter essere osservati al microscopio elettronico a scansione (SEM XL-30, Fei Company- Oxford Instruments). Grazie<br />

ad un software <strong>di</strong> elaborazione (ImageJ) e previa calibratura delle immagini ottenute al SEM è stato misurato il gap tra<br />

guttaperca e pareti dentinali. RISULTATI: dall’analisi statistica, condotta con il test t <strong>di</strong> Student, sono risultate<br />

<strong>di</strong>fferenze non statisticamente significative ma con tendenza alla significatività tra i due gruppi, sia nel dato totale, che<br />

nei dati parziali riferiti al terzo coronale, me<strong>di</strong>o ed apicale <strong>dei</strong> campioni. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: la tecnica<br />

dell’onda continua <strong>di</strong> condensazione, mo<strong>di</strong>ficata nel tempo <strong>di</strong> compattazione e nella temperatura secondo opportune<br />

variazioni che hanno riscontro nelle analisi sperimentali, può determinare un migliore sigillo canalare.


INDURIMENTO DI SUPEREBA E MTA A DIVERSI pH: INFLUENZA DELL’A<strong>MB</strong>IENTE ACIDO SULLE<br />

PROPRIETA’ MECCANICHE.<br />

Loghi S, Nicosia D, Antoniolli F § , Eramo S # , Angerame D § .<br />

§ Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste, # Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Perugia, d.angerame@fmc.units.it<br />

Obiettivi: Fine ultimo dell’endodonzia chirurgica è realizzare un sigillo apicale del sistema canalare qualora non sia<br />

stato possibile ottenerlo per via ortograda. I materiali da otturazione <strong>di</strong> riferimento sono oggi il SuperEBA (SE) e<br />

l’MTA. Nei tessuti periapicali, dove si manifesta una flogosi postoperatoria, il pH tende a <strong>di</strong>venire acido. Scopo del<br />

lavoro è stato valutare in vitro l’influenza del pH acido sulla durezza Vickers <strong>di</strong> MTA e SE durante la fase <strong>di</strong><br />

indurimento. Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati allestiti 18 <strong>di</strong>schetti <strong>di</strong> MTA e 18 <strong>di</strong> SE in stampi ad hoc <strong>di</strong> PVC (<strong>di</strong>ametro 4<br />

mm, spessore 2 mm); i campioni sono stati lasciati indurire 24h (MTA) e 1h (SE) in soluzioni tamponate a pH7, pH5 e<br />

pH3. Sono stati in<strong>di</strong>viduati 6 gruppi <strong>di</strong> 6 campioni ciascuno, <strong>di</strong>stinti per materiale e pH. Al termine dell’indurimento la<br />

superficie libera <strong>dei</strong> <strong>di</strong>schetti è stata levigata con <strong>di</strong>schi abrasivi al carburo <strong>di</strong> silicio (10 e 5 micron) sotto irrigazione<br />

con acqua <strong>di</strong>stillata e successivamente colorata con fucsina basica per una migliore lettura allo stereomicroscopio (Leica<br />

DMR Microscope, Germany) delle indentature del microdurimetro (Leica VMHT MOT, Germany). I campioni sono<br />

stati sottoposti a 3 misurazioni ciascuno <strong>di</strong> durezza Vickers (25-100g/20 sec per MTA, 50g/20sec per SE) per un totale<br />

<strong>di</strong> 18 per gruppo. I dati sono stati sottoposti ad analisi statistica me<strong>di</strong>ante one-way ANOVA e Scheffe post hoc test.<br />

Risultati: La me<strong>di</strong>a e deviazione standard <strong>di</strong> durezza Vickers ai pH 7, 5, 3 è stata per MTA: 38,59(2,59), 4,02(1,57),<br />

1,21(0,47); per SE 18,46(5,38), 20,65(5,49), 21,69(6,10). Le migliori caratteristiche <strong>di</strong> durezza sono state raggiunte<br />

dall’MTA a pH neutro; i valori si riducono sensibilmente quando i campioni vengono sottoposti ad indurimento in<br />

soluzioni acide. Il Super EBA, anche se caratterizzato da durezza inferiore, mostra un lieve aumento <strong>dei</strong> valori a pH<br />

acido. E’ stata riscontrata <strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa <strong>dei</strong> gruppi MTA rispetto agli altri e fra loro (p


VALUTAZIONE DEI FATTORI CHE INFLUENZANO LA RESISTENZA ALLA FATICA CICLICA DI<br />

STRUMENTI AL NICHEL-TITANIO.<br />

Chiappetta E., Cafaro G., Goracci C., Papacchini F., Ounsi H., Ferrari M., Gran<strong>di</strong>ni S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche,Università <strong>di</strong> Siena. ester.84@libero.it<br />

OBIETTIVI: La frattura degli strumenti al Nichel-Titanio è un argomento <strong>di</strong> notevole interesse in endodonzia. Scopo<br />

del seguente lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare la resistenza alla fatica ciclica <strong>di</strong> strumenti endodontici rotanti al Ni-Ti ed i<br />

fattori che la influenzano. MATERIALI E METODI: Sono stati testati in totale 220 strumenti endodontici rotanti al<br />

Ni-Ti (Flex Master, VDW, Dentsply, Monaco, Germania). La resistenza alla fatica è stata testata in laboratorio per<br />

mezzo <strong>di</strong> un apposito <strong>di</strong>spositivo. E’ stato fatto un confronto della resistenza alla fatica ciclica <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi campioni <strong>di</strong><br />

strumenti rotanti al Ni-Ti (FlexMaster con altri dati già in possesso). E’ stata inoltre valutata l’influenza della conicità,<br />

della flessibilità, della sterilizzazione, dell’affaticamento (strumentazione in vitro) e dell’utilizzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti soluzioni<br />

irriganti sulla resistenza alla fatica ciclica. I risultati <strong>di</strong> tutti i test sono stati elaborati attraverso analisi statistiche. La<br />

superficie <strong>di</strong> frattura degli strumenti testati è stata analizzata al microscopio elettronico a scansione (SEM), e, per<br />

valutare le caratteristiche della modalità <strong>di</strong> frattura, è stata attuata l’analisi frattografica delle superfici. E’ stata anche<br />

attuata una indagine spettroscopica con l’ausilio <strong>di</strong> uno spettroscopio a <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> energia (EDS). RISULTATI: I<br />

valori <strong>di</strong> resistenza a fatica ciclica ottenuti (tempo espresso in secon<strong>di</strong>) sono stati i seguenti (me<strong>di</strong>e ±ds):<br />

FlexMaster 20.02 25.02 25.04 25.06 30.06<br />

Conicità/ Flessibilità 494,6 ±109,2 327,8 ±58,9 83,5 ±<strong>13</strong>,2 63,3 ±10,6 42,7±9<br />

Affaticamento 183,5 ±83,2 77,2 ±15,5 52,1 ±6,04<br />

NaOCl/Sterilizzazione 5 cicli 10 cicli 20 cicli<br />

FlexMaster 25.06 63,4 ±10,5 49,4 ±17,2 37,9 ±<strong>13</strong>,2<br />

Soluzioni irriganti EDTA EDTA+NaOCl NaOCl H2O<br />

FlexMaster 25.06 87,6 ±9,7 111,5 ±14,9 105 ±15,9 <strong>13</strong>8,2 ±17,7<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: L’affaticamento (tranne che per gli strumenti con conicità e <strong>di</strong>ametro minore) e le<br />

procedure <strong>di</strong> sterilizzazione non influenzano la capacità <strong>di</strong> resistenza alla fatica ciclica, la quale si riduce<br />

significativamente solo dopo un numero elevato <strong>di</strong> cicli consecutivi <strong>di</strong> sterilizzazione. La resistenza alla fatica ciclica è<br />

significativamente influenzata dal tipo <strong>di</strong> strumento e dal design dello stesso. Inoltre, al <strong>di</strong>minuire della conicità e del<br />

<strong>di</strong>ametro in punta dello strumento aumenta la capacità <strong>di</strong> resistenza a frattura dello stesso. Infine, l’utilizzo <strong>di</strong> soluzioni<br />

irriganti aumenta il tempo <strong>di</strong> ce<strong>di</strong>mento a fatica ciclica degli strumenti testati.


RESISTENZA ALLA FATICA CICLICA A FLESSIONE DI STRUMENTI ROTANTI IN NITI IN<br />

CURVATURE APICALI ACCENTUATE.<br />

Grande NM 1 *, Plotino G 1 , Melo MC 2 , Bahia MG 2 , Somma F 1 .<br />

1Insegnamento 2<br />

<strong>di</strong> endodonzia, Universitaà Cattolica del Sacro Cuore, Roma. Federal University of Minas Gerais, Belo<br />

Horizonte, Brasile.<br />

Scopo del lavoro: Valutare la resistenza alla fatica ciclica <strong>di</strong> cinque <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> strumenti rotanti in NiTi, in<br />

curvature molto accentuate nella zona apicale <strong>di</strong> canali artificiali..<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: la resistenza alla fatica ciclica in rotazione è stata testata in canali artificiali in acciaio costruiti<br />

appositamente sulle <strong>di</strong>mensioni degli strumenti da testare in modo tale che essi seguissero una curvatura avente un<br />

raggio <strong>di</strong> 2 mm ed un angolo <strong>di</strong> 90 gra<strong>di</strong>, il centro della curvatura è stato posizionato a 2,5 mm dalla punta dello<br />

strumento. Dieci FlexMaster (VDW, Munich, Germany) <strong>di</strong> taglia 25, taper .06, <strong>di</strong>eci Mtwo (Sweden & Martina,<br />

Padova, Italy) <strong>di</strong> taglia 25, taper .06, <strong>di</strong>eci ProFile <strong>di</strong> taglia 25, taper .06 <strong>di</strong> produzione Dentsply-Maillefer (Ballaigues,<br />

Switzerland), <strong>di</strong>eci ProFile <strong>di</strong> taglia 25, taper .06 <strong>di</strong> produzione Dentsply-Tulsa (Tulsa, USA), <strong>di</strong>eci ProTaper Universal<br />

(Dentsply-Maillefer, Ballaigues, Switzerland), sono stati messi in rotazione all’interno del canale artificiale con una<br />

velocità <strong>di</strong> 300 giri al minuto fino a che lo strumento non si è fratturato, il numero <strong>di</strong> rotazioni effettuate al momento<br />

della frattura è stato registrato (NCF). I dati registrati sono stati analizzati con test ANOVA ad una via e qualora il<br />

valore <strong>di</strong> F fosse risultato significativo I confronti incrociati tra i gruppi sono stati effettuati con Tukey HSD il livello <strong>di</strong><br />

significatività è stato stabilito ad un livello <strong>di</strong> confidenza del 95%.<br />

Risultati: gli strumenti Mtwo hanno registrato il miglior risultato in termini <strong>di</strong> resistenza alla fatica ciclica (NCF me<strong>di</strong>a<br />

124); non sono state registrate <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative tra i ProFile provenienti da i due <strong>di</strong>versi<br />

produttori, anche se gli strumenti provenienti da Maillefer hanno registrato una resitenza maggiore (NCF me<strong>di</strong>a 75)<br />

rispetto agli strumenti provenienti da Tulsa (NCF me<strong>di</strong>a 66). Non sonno state registrate <strong>di</strong>fferenze statisticamente<br />

significative tra FlexMaster (NCF me<strong>di</strong>a 53), e Profile provenienti da Tulsa; il ProTaper F2 ha registrato una resistenza<br />

inferiore rispetto agli altri strumenti (NCF me<strong>di</strong>a 29).<br />

Conclusioni: gli strumenti rotanti in NiTi testati in canali artificali aventi curvature apicali accentuate hanno registrato<br />

valori decrescenti nell’or<strong>di</strong>ne: Mtwo > ProFile from Maillefer > ProFile from Tulsa > FlexMaster > ProTaper.


ACCURATEZZA DELLE TECNICHE PER LA DIAGNOSI DI LESIONI ENDODONTICHE PERIAPICALI<br />

Acquaviva GL, Chersoni S, Ghigi G, Pisi P, Prati C<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bologna, Reparto <strong>di</strong> Endodonzia<br />

La tecnica <strong>di</strong> tomografia computerizzata cone-beam (CBCT) è stata recentemente introdotta per visualizzare la struttura<br />

ossea delle regioni maxillo-facciali. La tecnica permette <strong>di</strong> ottenere una risoluzione sub-millimetrica con brevi tempi <strong>di</strong><br />

esposizione per il paziente (10-70 secon<strong>di</strong>) e quantità <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azioni fino a 15 volte inferiori a quelli delle convenzionali<br />

tomografie computerizzate.<br />

OBIETTIVI: L’obiettivo del presente stu<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong> valutare l’accuratezza <strong>dei</strong> meto<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ografici <strong>di</strong> osservazione<br />

delle parodontiti apicali (AP). MATERIALI E METODI: Sono state selezionate 12 immagini ra<strong>di</strong>ografiche <strong>di</strong> pazienti<br />

con sospetta patologia periapicale (15 denti) eseguite me<strong>di</strong>ante CBCT, panoramiche e ra<strong>di</strong>ografie endorali. Sono state<br />

analizzate la sensibilità, la specificità, i valori pre<strong>di</strong>ttivi e l’accuratezza delle ra<strong>di</strong>ografie endorali e panoramiche.<br />

RISULTATI: La tecnica CBCT ha evidenziato un maggior numero <strong>di</strong> lesioni periapicali e <strong>di</strong> identificarne le <strong>di</strong>mensioni<br />

e la topografia. DISCUSSIONE:. Ogni qualvolta residui la corticale esterna vestibolare in una lesione endodontica<br />

periapicale, l’analisi ra<strong>di</strong>ografica bi-<strong>di</strong>mensionale rappresentata da ra<strong>di</strong>ografia endorale o panoramica risulta<br />

insufficiente ad effettuare una corretta <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> AP. CONCLUSIONI:. L’analisi tri-<strong>di</strong>mensionale me<strong>di</strong>ante tecnica<br />

CBCT risulta essere l’esame più affidabile per il riscontro <strong>di</strong> lesioni periapicali <strong>di</strong> origine endodontica.


STRUMENTAZIONE NiTi E SISTEMA THERMAFIL: VALUTAZIONE DEL SIGILLO APICALE<br />

Clochiatti G, Angerame D.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste, d.angerame@fmc.units.it<br />

OBIETTIVI: I presupposti fondamentali per una corretta terapia endodontica sono un’efficace detersione delle pareti<br />

canalari, una sagomatura canalare a conicità adeguata e un’otturazione in grado <strong>di</strong> garantire il sigillo. La strumentazione<br />

NiTi ha permesso <strong>di</strong> standar<strong>di</strong>zzare i risultati nelle fasi <strong>di</strong> alesatura e detersione, sia in canali dritti che con curvatura più<br />

o meno accentuata. Scopo della presente sperimentazione è stata la valutazione del sigillo apicale che il sistema<br />

Thermafil è in grado <strong>di</strong> determinare in canali curvi sottoposti a strumentazione con tre <strong>di</strong>versi sistemi NiTi.<br />

MATERIALI E METODI: Sono state selezionate 30 ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> denti plurira<strong>di</strong>colati con curvatura non accentuata (α


USO CLINICO DEI NUOVI STRUMENTI IN NI-TI TWISTED FILES. COMPARAZIONE TRA DUE<br />

TECNICHE.<br />

Pisacane C., Pitorri F.E.*, Bartalotta S., Martorelli E.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” – UOC <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale ”S.Giovanni Calibita”<br />

Fatebenefratelli, Isola Tiberina Roma.<br />

Obiettivi: la strumentazione <strong>dei</strong> canali ra<strong>di</strong>colari è un requisito in<strong>di</strong>spensabile per il successo in endodonzia.<br />

L’operatore può fare affidamento oggi su strumenti, in lega al Nichel-Titanio, estremamente efficaci che gli consentono<br />

un’ottima preve<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> risultato. Motivo <strong>di</strong> preoccupazione clinica, però, risulta essere l’evenienza <strong>di</strong> frattura,<br />

durante le fasi <strong>di</strong> sagomatura, degli strumenti summenzionati. Per eliminare questo spiacevole inconveniente l’industria<br />

ha cercato <strong>di</strong> realizzare nuovi prodotti, più resistenti alla “separazione”, avvalendosi <strong>di</strong> sempre più avanzate tecnologie<br />

<strong>di</strong> fabbricazione. Il più recente e innovativo sistema è rappresentato dai Twisted Files (Sybron Endo) che raggiungono<br />

l’obiettivo con files rotanti al Ni-Ti <strong>di</strong> particolare concezione costruttiva. Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stabilire se la<br />

sequenza operativa suggerita dalla casa possa essere mo<strong>di</strong>ficata allo scopo <strong>di</strong> preservare l’integrità delle spire degli<br />

strumenti e poterli quin<strong>di</strong> utilizzare più a lungo; giacché i TF tendono a rispondere allo stress <strong>di</strong> utilizzo con una sorta <strong>di</strong><br />

“stiramento” piuttosto che con la frattura.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: 40 ra<strong>di</strong>ci mesiali <strong>di</strong> molari inferiori, con curvature inferiori a 20°, sono state selezionate per la<br />

strumentazione con Twisted Files (Sybron Endo). La strumentazione completata con soli tre strumenti, come suggerito<br />

dalla casa, è stata comparata, nel secondo canale presente, con la medesima fatta precedere da preflaring, eseguito<br />

facendo precedere tre file manuali in acciaio (10-15-20 F) e un TF con conicità 0.4. Questo anche nella fase <strong>di</strong><br />

preparazione del terzo apicale.<br />

Risultati: lo stiramento delle spire degli strumenti, avvenimento che precede la separazione, è l’unico inconveniente<br />

verificatosi. Non si sono registrate fratture (separazioni) <strong>di</strong> strumenti nelle fasi <strong>di</strong> strumentazione. Il preflaring manuale<br />

migliorava la percezione dell’anatomia canalare e creava con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> scorrimento per gli strumenti rotanti che<br />

mostravano segni <strong>di</strong> affaticamento delle spire in meno casi ma in numero statisticamente non significativo.<br />

Discussione e Conclusioni: il preflaring manuale sembra ridurre, anche se in numero statisticamente non significativo,<br />

lo “stiramento” delle spire dello strumento; permettendo, in alcuni casi, un maggior numero <strong>di</strong> utilizzi dello stesso<br />

strumento. Ulteriori test ex vivo e <strong>di</strong> analisi al S.E.M., per investigare l’effettivo affaticamento, prodotto sugli strumenti<br />

dalla strumentazione proposta, si rendono necessari.


CARATTERISTICHE DI SAGOMATURA DI MTWO E FLEXMASTER.<br />

Angerame D, Dolso E, Antoniolli F, Clochiatti G.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste, d.angerame@fmc.units.it<br />

Obiettivi: Scopo del presente stu<strong>di</strong>o era effettuare un confronto in vitro fra le due sistematiche Mtwo e FlexMaster (FM)<br />

valutando le caratteristiche <strong>di</strong> sagomatura laterale e apicale. Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati utilizzati 20 simulatori<br />

endodontici <strong>di</strong> plexiglass endo-training-bloc con canali stretti e curvatura accentuata (r=6,5 mm, α=67° secondo Pruett),<br />

sud<strong>di</strong>visi in 2 gruppi <strong>di</strong> strumentazione (n. 10): il gruppo 1 (G1) è stato strumentato con Mtwo, il gruppo 2 (G2) con<br />

FM, portando il <strong>di</strong>ametro apicale a 30 con la sequenza consigliata; degli Mtwo è stato usato anche il 25/.07. Nel G1 è<br />

stato eseguito sondaggio con H-File 10, nel G2 preflaring manuale con H-File (10 e 15). I campioni sono stati<br />

fotografati con fotocamera <strong>di</strong>gitale montata su stereomicroscopio in proiezione laterale (7x) e apicale (100x) prima e<br />

dopo strumentazione. Le immagini sono state sovrapposte ed elaborate me<strong>di</strong>ante software Autocad al fine <strong>di</strong> valutare<br />

l’area <strong>di</strong> trasporto laterale e apicale, sud<strong>di</strong>videndo le proiezioni laterali in 6 zone (coronale, me<strong>di</strong>a e apicale,<br />

rispettivamente esterna e interna). Me<strong>di</strong>ante software ImageProPlus è stata calcolata l’area <strong>di</strong> ciascuna zona e quella<br />

apicale. I dati sono stati analizzati statisticamente con test T <strong>di</strong> Student. Risultati: I valori (mm 2 ) delle aree laterali pre- e<br />

post-strumentazione sono sintetizzati per zona nella tabella; l’analisi statistica ha messo in evidenza <strong>di</strong>fferenza<br />

significativa tra le aree considerate (p


VALUTAZIONE SPERIMENTALE DI UN DISPOSITIVO PER IRRIGAZIONE CANALARE<br />

Milana V, Testarelli L, Vincenzi V, De Paolis G, Gambarini G.<br />

(Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CLSOPD, Insegnamento <strong>di</strong><br />

Endodonzia, Titolari: Proff. Gambarini G, Testarelli L)<br />

INTRODUZIONE: E’ ben testimoniato come nessun irrigante possa essere considerato ideale ai fini <strong>di</strong> una idonea<br />

detersione dello spazio endodontico, risulta allora necessario l’utilizzo sinergico <strong>di</strong> più soluzioni irriganti. In questa<br />

ottica la migliore associazione è rappresentata dall’impiego iniziale dell’ipoclorito <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o (NaOCl) seguito dall’EDTA<br />

che agisce sullo smear layer. Sebbene nel corso degli anni siano state affinate sistematiche <strong>di</strong> preparazione<br />

chemiomeccanica del sistema canalare sempre più efficaci non è possibile, ad oggi, detergere completamente l’intero<br />

spazio endodontico. In virtù delle problematiche operative sopra espresse appare evidente la necessità da parte<br />

dell’endodontista <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi in grado <strong>di</strong> consentire una adeguata penetrazione degli irriganti anche<br />

nelle aree anatomiche <strong>di</strong> più <strong>di</strong>fficile accesso (canali laterali, terzo apicale, ecc.). OBIETTIVI: Valutare l’efficacia in<br />

vitro <strong>di</strong> un <strong>di</strong>spositivo sperimentale per l’irrigazione canalare che sfrutta il principio del “vuoto”: DentalAID.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 52 elementi dentari monocanalari, estratti <strong>di</strong> recente, ed eseguite delle<br />

sezioni a 12,5 mm dall’apice ra<strong>di</strong>colare. Nei due millimetri più coronali è stato realizzato un serbatoio per l’irrigante<br />

tale da simulare la camera pulpare. I campioni sono stati preparati attraverso tecnica crown-down. Al momento del test i<br />

campioni <strong>di</strong> ogni gruppo sono stati inoculati con 0,05 ml <strong>di</strong> brodocoltura (10 7 UFC <strong>di</strong> Staphylococcus aureus) e<br />

sud<strong>di</strong>visi in modo random in 4 gruppi. Gruppo A (n=2): controllo positivo per la quantizzazione della carica batterica<br />

iniziale; Gruppo B (n=2): controllo negativo per la verifica della sterilità iniziale <strong>dei</strong> campioni; Gruppo C (n=24):<br />

irrigazione con tecnica tra<strong>di</strong>zionale NaOCl 0,52%; Gruppo D (n=24): irrigazione con DentalAID NaOCl 0,52%. I dati<br />

ottenuti sono stati raccolti ed analizzati statisticamente (test ANOVA, significatività fissata al 95%).<br />

RISULTATI: I risultati mostrano fra i gruppi C e D una <strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa nel numero <strong>di</strong> colonie<br />

batteriche residue, attribuendo alla tecnica del vuoto una <strong>di</strong>screta efficacia. E’ stata altresì rilevata, una <strong>di</strong>fferenza<br />

statisticamente significativa fra i gruppi D e C e i gruppi <strong>di</strong> controllo positivo (A) e negativo (B).<br />

CONCLUSIONI: Dai dati ottenuti si evidenzia come il DentalAID rappresenti un presi<strong>di</strong>o efficace nel potenziamento<br />

delle procedure <strong>di</strong> irrigazione canalare anche se la sua vali<strong>di</strong>tà deve essere confermata anche da stu<strong>di</strong> clinici.


STUDIO PILOTA PER LA VALUTAZIONE CLINICA DELLA SICUREZZA E DELL’EFFICACIA DI UN<br />

NUOVO IRRIGANTE CANALARE: TETRACLEAN<br />

D’Apolito FA, Spagnuolo G., D’Ambrosio C., Carratù, P., Ausiello P., Valletta A., Riccitiello F., Amato M., Simeone<br />

M., Rengo S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, Reparto <strong>di</strong> Endodonzia, Università <strong>di</strong> Napoli<br />

“Federico II”<br />

Gli irriganti canalari, attualmente utilizzati in endodonzia, non rispondono a tutti i requisiti <strong>di</strong> una ideale soluzione<br />

canalare. Recentemente è stata proposta una nuova generazione <strong>di</strong> irriganti a base <strong>di</strong> doxaciclina: MTAD e Tetraclean.<br />

Sul Tetraclean sono stati condotti numerosi stu<strong>di</strong> pre-clinici, ma l’efficacia clinica in vivo non è stata ancora<br />

confermata. Quin<strong>di</strong>, scopo del nostro lavoro è stato uno stu<strong>di</strong>o pilota <strong>di</strong> fase II per valutarne: la sicurezza, l’efficacia,<br />

l’insorgenza <strong>di</strong> effetti collaterali.<br />

MATERIALI E METODI: Lo stu<strong>di</strong>o pilota è stato effettuato su un gruppo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 25 pazienti tra 18 e 65 anni, con<br />

pulpite acuta o cronica e presenza o meno <strong>di</strong> lesione apicale. Sono stati esclusi pazienti in gravidanza, allergici a<br />

tetracicline, con gravi patologie sistemiche o con parodontopatie. La terapia canalare prevedeva l’irrigazione <strong>dei</strong> canali<br />

con 5% So<strong>di</strong>o Ipoclorito (Niclor5, OGNA) seguito da lavaggio con soluzione fisiologica e, prima dell’otturazione<br />

canalare, dall’ ultima irrigazione con Tetraclean (OGNA).<br />

RISULTATI: Il 55% <strong>dei</strong> pazienti era affetto da pulpite irreversibile, il 45% da parodontite apicale <strong>di</strong> cui il 35%<br />

presentava una parodontite apicale con lesione osteolitica. Gli elementi dentari maggiormente trattati sono stati i molari<br />

seguiti da premolari, incisivi e canini. La terapia canalare nel 75% <strong>dei</strong> casi è stata conclusa in una sola visita. La<br />

partecipazione allo stu<strong>di</strong>o è stata del 65%. Dopo 6 mesi dalla terapia canalare, all’esame clinico, i pazienti trattati non<br />

lamentavano nessun sintomo, mentre le ra<strong>di</strong>ografie endorali sono state valutate in base all’in<strong>di</strong>ce periapicale (PAI).<br />

Tutti i pazienti con il PAI iniziale pari ad 1 sono rimasti stabili anche dopo 6 mesi, mentre coloro che avevano un PAI=<br />

2,3 e/o 4, dopo 3 mesi, mostavano l’in<strong>di</strong>ce in regressione. Gli effetti indesiderati sono stati quasi del tutto assenti.<br />

CONCLUSIONI: In conclusione, i nostri risultati suggeriscono che il Tetraclean è clinicamente efficace e sicuro; e<br />

confermano che i rischi connessi all’utilizzo <strong>di</strong> questo irrigante sono quasi del tutto assenti.


VALUTAZIONE DEL SIGILLO ENDODONTICO: THERMAFIL VS SYSTEM B<br />

Calamai P, Scaminaci Russo D, Baccini M, Giachetti L.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze.<br />

INTRODUZIONE: La guttaperca associata al cemento endodontico è considerata il materiale d’elezione per il<br />

riempimento del sistema canalare.Tra le tecniche proposte per otturare il sistema canalare , attualmente sono da<br />

preferire quelle che utilizzano la guttaperca termoplasticizzata rispetto alle tecniche a freddo. Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è<br />

stato quello <strong>di</strong> misurare la percentuale dell’area riempita da guttaperca (GPFA) in canali <strong>di</strong> incisivi man<strong>di</strong>bolari otturati<br />

con la tecnica System B e la tecnica Thermafil utilizzando per quest’ultima otturatori convenzionali e otturatori<br />

de<strong>di</strong>cati. MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 30 incisivi man<strong>di</strong>bolari con canale singolo e anatomia simile.<br />

Tutti i campioni sono stati preparati endodonticamente con la stessa tecnica crown down (prima manuale utilizzando K<br />

File poi meccanica con Protaper). I campioni sono stati randomizzati e sud<strong>di</strong>visi in tre gruppi <strong>di</strong> 10 elementi.<br />

L’otturazione canalare è stata eseguita nel gruppo 1 con tecnica System B, nel gruppo 2 con tecnica Thermafil e<br />

otturatori convenzionali, nel gruppo 3 con tecnica Themafil e otturatori de<strong>di</strong>cati. I campioni sono stati inglobati in<br />

resina e sezionati a 2 mm e a 4 mm dal forame apicale. Per ogni sezione, fotografata a ingran<strong>di</strong>mento 100x e acquisita<br />

su computer, è stata calcolata l’area totale del canale e quella occupata da guttaperca tramite un software <strong>di</strong> gestione<br />

delle immagini (Image J). I risultati ottenuti sono stati analizzati con test ANOVA e Tukey HSD. RISULTATI: A 6 mm<br />

dal forame apicale la GPFA ha mostrato i seguenti valori me<strong>di</strong>: Gruppo 1 (System B): 83.31; Gruppo 2 (Thermafilotturatore<br />

convenzionale): 95.45; Gruppo 3 (Thermafil-otturatore Protaper): 97.75. A 4 mm dal forame apicale nel<br />

Gruppo1 (System B) il valore me<strong>di</strong>o della percentuale dell’area occupata da guttaperca è <strong>di</strong> 85.31; nel Gruppo2<br />

(Thermafil- otturatore convenzionale) è <strong>di</strong> 95.04; nel Gruppo 3 (Thermafil-otturatore Protaper) è <strong>di</strong> 95.05. L’analisi <strong>dei</strong><br />

risultati mostra una <strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa tra il gruppo System B e i gruppi Thermafil a tutti i livelli, la<br />

tecnica System B produce un’ area <strong>di</strong> riempimento significativamente più bassa della tecnica Thermafil, mentre non<br />

esistono <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative tra i due gruppi Thermafil. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il<br />

sistema Thermafil garantisce una percentuale <strong>di</strong> riempimento con guttaperca <strong>dei</strong> canali ra<strong>di</strong>colari significativamente più<br />

alta, realizzando pertanto una performance superiore a quella offerta dal System B.


PROTAPER E GT-ROTARY FILES NELLA SAGOMATURA CANALARE: VALUTAZIONE<br />

COMPARATIVA IN VITRO.<br />

Cocchetti R, Pace R, Giuliani V, Vannetti L, Pagavino G<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Fireneze<br />

OBIETTIVI: lo scopo del lavoro è la comparazione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> lavoro e della quota <strong>di</strong> resina rimossa all’interno e<br />

all’esterna della curva in simulatori canalari dopo l’utilizzo <strong>di</strong> ProTaper e ProSystem GT Rotary files (Dentsply<br />

Maillefer, Ballaigues, Switzerland).<br />

MATERIALI E METODI: ventidue simulatori in resina <strong>di</strong> canali ra<strong>di</strong>colari (Endo/Training Bloc, Maillefer,<br />

Switzerland) con curvatura compresa tra 34° e 35° sono stati <strong>di</strong>visi in due gruppi: G1 e G2. I gruppi sono stati<br />

strumentati utilizzando rispettivamente ProTaper e ProSystem GT Rotary files fino ad ottenere un <strong>di</strong>ametro apicale pari<br />

a Ø 20. L’irrigazione è stata eseguita con acqua. I campioni sono stati analizzati con l’ausilio <strong>di</strong> un profilometro <strong>di</strong><br />

precisione (Profile Projector Models V-12B Series, Nikon Corporation, Tokyo, Japan) che ha permesso <strong>di</strong> ottenere<br />

misure reali sulla quota <strong>di</strong> resina rimossa all’interno e all’esterno della curva a 0,1, 2, 3, 4, 5 mm. dall’apice del canale. I<br />

dati sono stati analizzati utilizzando REstricted Maximum Likelihood (REML)model; inoltre i tempi attivi <strong>di</strong> lavoro<br />

sono stati registrati per ogni gruppo e le <strong>di</strong>fferenze analizzate utilizzando il t-test.<br />

RISULTATI La sagomatura con ProTaper risulta più breve rispetto all’uso <strong>di</strong> ProSystem GT Rotary files. Esiste una<br />

<strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa nella rimozione della resina all’interno e all’esterno della curva a livello<br />

coronale tra le due tecniche <strong>di</strong> sagomatura testate; in queste se<strong>di</strong> i ProSystem GT Rotary files rimuovono una quantità <strong>di</strong><br />

resina significativamente maggiore rispetto ad i ProTaper.<br />

DISCUSSIONI L’uso <strong>di</strong> ProTaper, limitatamente alle con<strong>di</strong>zioni dello stu<strong>di</strong>o, permette <strong>di</strong> mantenere centrato l’asse del<br />

canale originario senza trasporti della porzione apicale del canale. L’utilizzo del profilometro <strong>di</strong> precisione consente <strong>di</strong><br />

superare gli errori <strong>di</strong> lettura che si possono avere in caso <strong>di</strong> immagini <strong>di</strong>gitalizzate ingran<strong>di</strong>te, dove, a causa <strong>di</strong> un<br />

confine non univoco e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile da tracciare, le misure risultano spesse arbitrarie. La significativa riduzione <strong>dei</strong><br />

tempi <strong>di</strong> lavoro utilizzando i ProTaper potrebbe essere legata alla maggiore capacità <strong>di</strong> taglio <strong>di</strong> questi strumenti a<br />

sezione triangolare convessa.<br />

CONCLUSIONI ProTaper e ProSystem GT Rotary files risultano strumenti che permettono <strong>di</strong> ottenere una sagomatura<br />

continua e progressiva del canale senza importanti mo<strong>di</strong>fiche dell’asse originario.


SESSIONE<br />

Gnatologia<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


FOLLOW UP CLINICO E RADIOLOGICO IN PAZIENTI PEDIATRICI AFFETTI DA AIG.<br />

Ferraboli F. 1 , Coppi C. 1 , Mon<strong>di</strong>na P. 2 , Pregarz M. 3 , Meini A 4 , Bertoletti G.<br />

1 Clinica odostomatologica ,Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia. (<strong>di</strong>rettore Prof. U. Consolo)<br />

2 Clinica odontostomatologica ,Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia (reparto <strong>di</strong> gnatologia <strong>di</strong>rettrice Prof.ssa C. Bo<strong>di</strong>n)<br />

3 Clinica Pederzoli Peschiera D/G. Dipartimento RM/TC.<br />

4 Clinica pe<strong>di</strong>atrica <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> Reumatologia ( <strong>di</strong>rettore Prof. A. Plebani)<br />

OBIETTIVI: Il termine artrite i<strong>di</strong>opatica giovanile (AIG) identifica un’artrite <strong>di</strong> origine sconosciuta, che decorre in<br />

pazienti <strong>di</strong> età inferiore ai 16 anni con una durata <strong>di</strong> malattia superiore alle 6 settimane. L'eziologia della patologia è<br />

multifattoriale con patogenesi <strong>di</strong> tipo autoimmunitario. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è la valutazione clinica e ra<strong>di</strong>ologica del<br />

coinvolgimento dell’ATM in pazienti affetti da AIG<br />

.MATERIALI E METODI: 39 bambini-AIG, M/F 10-29, seguiti dall' immunologia e Reumatologia pe<strong>di</strong>atrica<br />

dell’Università <strong>di</strong> Brescia; range età: 1-16 a; <strong>di</strong> cui 15 AIG poliarticolari fattore reumatoide negativo (f.r.-), 5 AIG<br />

oligoarticolari estese, <strong>13</strong> AIG oligoarticolari persistenti, 2 AIG psoriasiche, 4 AIG con entesite. La patologia viene<br />

<strong>di</strong>agnosticata dall'immunologia e Reumatologia pe<strong>di</strong>atrica dell’Università <strong>di</strong> Brescia attraverso indagini cliniche e<br />

sierologiche, successivamente i pazienti sono sottoposti a 1)valutazione gnatologica presso la Clinica Odontoiatrica<br />

dell’Università <strong>di</strong> Brescia, 2) valutazione funzionale FKT, orofaciale e testa collo e 3) RM con mdc, per i pazienti <strong>di</strong> età<br />

superiore a 7 anni, in reparto TC/RM della clinica Pederzoli <strong>di</strong> Peschiera del Garda.<br />

RISULTATI: all'interno <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> AIG, la <strong>di</strong>stribuzione delle variabili risulta 1)età <strong>di</strong> insorgenza: M: 8,02;<br />

2)coinvolgimento TMJ, 5% 2 ATM+, 3% 1 ATM +,23% NEG, 28% 2 ATM + e altre articolazioni coinvolte, 41% 1<br />

ATM + e altre articolazioni coinvolte; 3)coinvolgimento TMJ nei <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> AIJ: AIG poliarticolare fr- (82,3%),<br />

AIG oligoarticolare estesa (100%), AIG oligoarticolare persistente (75%), AIG psoriasica (100%), AIG con<br />

entesite(25%) 4) tipi <strong>di</strong> malocclusioni (deep bite (22%) , open bite (21%) e cross bite (5%) deep + open (18%) deep +<br />

cross (5%)open + cross (8%)), 5) abitu<strong>di</strong>ni nocive sud<strong>di</strong>vise per numero: 1 ab (21%), 2 ab (18%), 3 ab (8%), 4 ab<br />

(<strong>13</strong>%), 5 ab (3%), 6) pre<strong>di</strong>cibilità dell'indagine clinica in rapporto al risultato della RM: falsi positivi (FP) <strong>13</strong>%; falsi<br />

negativi (FN) 46%, veri positivi (VP) <strong>13</strong>%; veri negativi (VN)28%.DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Nella nostra<br />

casistica 1)l'AIG oligoarticolare estesa e l'AIG psoriasica sono i 2 tipi <strong>di</strong> AIG con maggior coinvolgimento dell'ATM.<br />

2)si ha un maggiore coinvolgimento unilaterale della ATM in associazione ad altre articolazioni. La letteratura<br />

internazionale non presenta stu<strong>di</strong> specifici relativi al coinvolgimento della ATM nei <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> AIG. Gli ultimi stu<strong>di</strong><br />

eseguiti in reumatologia propongono l'utilizzo della RM come mezzo <strong>di</strong>agnostico, linea guida raramente eseguita negli<br />

stu<strong>di</strong> odontoiatrici. Il risultato del 46% <strong>di</strong> FN clinici nel nostro stu<strong>di</strong>o conferma tale in<strong>di</strong>rizzo <strong>di</strong>agnostico.


IL BRUXISMO ED I DISORDINI TEMPORO-MANDIBOLARI :<br />

ANALISI CLINICA ED ELETTROMIOKINESIOGRAFICA<br />

Favero L, Cocilovo F, Sartor F, Winkler A, Fioretti G.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co-Chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica<br />

Introduzione: La relazione tra il bruxismo e i <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporoman<strong>di</strong>bolari (DTM) risulta essere molto complessa e, ad<br />

oggi, non ancora interamente compresa. Molti stu<strong>di</strong> hanno messo in evidenza che il bruxismo ha una prevalenza<br />

moderatamente alta nei pazienti con DTM e, da sempre, si <strong>di</strong>batte sul ruolo <strong>di</strong> questa patologia nell’eziologia delle<br />

<strong>di</strong>sfunzioni dell’articolazione temporo-man<strong>di</strong>bolare. Attualmente, in letteratura è accettata l’idea che l’eziologia <strong>dei</strong><br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporo-man<strong>di</strong>bolari sia multifattoriale. Scopo del lavoro è l’analisi della relazione tra bruxismo e DTM,<br />

mettendo in evidenza la prevalenza <strong>di</strong> alcuni segni e sintomi <strong>di</strong> DTM in un gruppo <strong>di</strong> pazienti affetti da bruxismo <strong>di</strong><br />

grado moderato-severo. Materiali e meto<strong>di</strong>: un gruppo <strong>di</strong> 28 pazienti è stato selezionato tra soggetti rivoltisi alla<br />

Clinica Odontoiatrica <strong>di</strong> Padova per visita specialistica gnatologica. Un protocollo clinico-anmnestico è stato utilizzato<br />

per classificare i pazienti come bruxisti. Successivamente, l’utilizzo dell’ esame elettromiokinesiografico ( K7 della<br />

Myotronic Research, Seattle) in particolare degli SCAN 1, 9 e 11, ha permesso <strong>di</strong> valutare <strong>dei</strong> parametri in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sfunzione temporo-man<strong>di</strong>bolare: apertura limitata, deviazione in apertura/chiusura, presenza <strong>di</strong> incisure<br />

kinesiografiche o tracciati caratterizzati da <strong>di</strong>scinesia e bra<strong>di</strong>cinesia, grado severo <strong>di</strong> ipertono basale <strong>di</strong> alcuni muscoli<br />

masticatori e alterazione della funzione masticatoria. Risultati e <strong>di</strong>scussione: il 75% <strong>dei</strong> pazienti ha mostrato almeno<br />

un segno <strong>di</strong> DTM e <strong>di</strong> questi il 94.6% riferiva almeno 2 segni; 5 pazienti hanno evidenziato un’apertura<br />

significativamente limitata tale da supporre la presenza <strong>di</strong> una lussazione meniscale senza riduzione (closed lock) e <strong>di</strong><br />

questi 1in particolare mostrava i segni <strong>di</strong> un blocco articolare acuto. La deviazione in apertura/chiusura era presente nel<br />

60% <strong>dei</strong> soggetti mentre l’incisura kinesiografica, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocamento del <strong>di</strong>sco con riduzione, è stata rilevata nel<br />

36% <strong>dei</strong> soggetti; 2 pazienti presentavano un quadro caratterizzato da degenerazione delle superfici articolari; un<br />

ipertono basale <strong>dei</strong> muscoli masticatori, <strong>di</strong> grado moderato-severo, è stato evidenziato nel 70% <strong>dei</strong> soggetti.<br />

Conclusioni: L’analisi <strong>dei</strong> dati ricavati dalla EMKG man<strong>di</strong>bolare, unitamente a quelli dell’esame clinico, ha permesso<br />

<strong>di</strong> rilevare la relazione esistente tra il bruxismo ed i DTM: il paziente bruxista è un soggetto potenzialmente a rischio <strong>di</strong><br />

sviluppo <strong>di</strong> DTM visto che il 75% circa <strong>dei</strong> pazienti presenta, oltre ad un <strong>di</strong>ffuso ipertono muscolare, anche <strong>dei</strong> segni <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sfunzione articolare quali limitazione <strong>dei</strong> movimenti man<strong>di</strong>bolari, <strong>di</strong>slocamento del <strong>di</strong>sco con e senza riduzione e<br />

possibile artrosi.


VALUTAZIONE A DISTANZA DEI RISULTATI DELL’APPARECCHIO DISTRATTORE RA.DI.CA NEL<br />

TRATTAMENTO DEL CLOSED LOCK ARTICOLARE<br />

Greco A., Contrafatto R., Rampello A., Di Paolo C, Cascone P.<br />

Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Direttore Prof.Giorgio Iannetti.<br />

Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Direttore. Prof. Polimeni A, Cattedra<br />

<strong>di</strong> Gnatologia Clinica, Direttore Prof. Carlo Di Paolo<br />

INTRODUZIONE: La patologia <strong>di</strong>sfunzionale dell’articolazione temporoman<strong>di</strong>bolare riconosce come momento<br />

patologico fondamentale la lussazione antero-me<strong>di</strong>ale del <strong>di</strong>sco articolare. Nella fase <strong>di</strong> lock, i rapporti con<strong>di</strong>lomeniscali<br />

sono permanentemente alterati. Questa con<strong>di</strong>zione deve essere <strong>di</strong>agnosticata e trattata precocemente per<br />

evitare il verificarsi <strong>di</strong> alterazioni strutturali delle componenti articolari.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del lavoro è stato quello <strong>di</strong> descrivere l’efficacia terapeutica dell’apparecchio <strong>di</strong>strattore<br />

Ra.Di.Ca, nei casi <strong>di</strong> closed lock articolare.<br />

MATERIALI E METODI: Il protocollo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o comprende: esame anamnestico e esame clinico-<strong>di</strong>agnostico.<br />

L’attenzione è stata focalizzata sulla valutazione <strong>di</strong> alcuni parametri : presenza o assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>morfismi cranio-facciali e<br />

<strong>di</strong> alterazioni occlusali, grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfunzione, valutando la qualità e quantità <strong>dei</strong> movimenti man<strong>di</strong>bolari, grado della<br />

sintomatologia algica.<br />

RISULTATI: La trattazione dettagliata <strong>dei</strong> risultati e la relativa valutazione statistica verranno proposte in sede <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scussione del poster.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’applicazione del <strong>di</strong>strattore Ra.Di.Ca, consente la risoluzione <strong>di</strong> lock acuti e<br />

cronici, con recupero della funzione articolare, attraverso il ripristino <strong>di</strong> un normo-equilibrio <strong>dei</strong> rapporti con<strong>di</strong>lomeniscali,<br />

permettendo il ritorno <strong>di</strong> un fisiologico trofismo delle componenti articolari.


CROSSBITE BILATERALE: CLASSIFICAZIONE E PATTERN MASTICATORIO<br />

Piancino M.G.,Vallelonga T., Teal<strong>di</strong> E., Sabbagh F., Cirigliano*M.F., Frongia G., Debernar<strong>di</strong> C., Bracco P.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Ortodonzia e Gnatologia (Funzione Masticatoria), Dental School, Università <strong>di</strong>Torino.<br />

OBIETTIVI<br />

Lo scopo del presente lavoro è stu<strong>di</strong>are un gruppo <strong>di</strong> pazienti affetti da morso incrociato bilaterale, confrontandolo con<br />

un gruppo <strong>di</strong> controllo sano non affetto da morso incrociato e/o da gravi malocclusioni, al fine <strong>di</strong> evidenziare la<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> chiusura del ciclo masticatorio le <strong>di</strong>ssimmetrie basali su piano frontale per mezzo del tracciato<br />

cefalometrico postero-anteriore della Scuola <strong>di</strong> Torino e la classe basale e la <strong>di</strong>vergenza nel tracciato latero-laterale<br />

secondo vari Autori.( Cervera, Schudy, Bracco, Steiner, Ricketts, Jaraback, Bjork)<br />

MATERIALI E METODI<br />

Il campione, costituito da 71 soggetti, è stato sud<strong>di</strong>viso in base agli elementi dentari coinvolti nella malocclusione<br />

in:crossbite bilaterale simmetrico,asimmetrico e anteriore.I 71 pazienti del gruppo campione bilaterale e i 33 soggetti<br />

del gruppo <strong>di</strong> controllo sano sono stati sottoposti all’esame <strong>dei</strong> cicli masticatori registrati con il kinesiografo k6<br />

I(Myotronics Inc., Seattle, WA-USA) ed elaborati con un software de<strong>di</strong>cato.Inoltre sono state eseguiti i tracciati<br />

cefalometrici latero-laterale e postero-anteriore per ciascun soggetto.<br />

RISULTATI<br />

Le caratteristiche cefalometriche del tracciato latero-laterale secondo la cefalometria comparata, mostrano una tendenza<br />

alla dolicocefalia nei soggetti affetti da crossbite bilaterale. Il tracciato cefalometrico postero-anteriore mostra una<br />

maggior percentuale <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssimmetrie nei soggetti affetti da crossbite bilaterale rispetto al gruppo controllo sano. La<br />

percentuale <strong>dei</strong> cicli con <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> chiusura inversa è risultata molto bassa nei crossbite bilaterali anteriori (14%),<br />

comprende circa la metà <strong>dei</strong> soggetti con crossbite bilaterale simmetrico (57%) ed è elevata nei crossbite bilaterali<br />

asimmetrici (86%).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI<br />

Il crossbite bilaterale è una malocclusione complessa e il trattamento ortodontico deve essere adeguato in modo da<br />

evitare una correzione insufficiente, che può portare a un crossbite monolaterale, e fare attenzione alla ricadute, molto<br />

frequenti, se il trattamento non è mantenuto nel tempo.


CICLI MASTICATORI: FOLLOW UP A DUE ANNI DALLA CORREZIONE DEL CROSSBITE<br />

MONOLATERALE.<br />

Piancino M.G., Talpone F., Vallelonga T., De Lama* P., Cirigliano M.F., Garrone B., Debernar<strong>di</strong> C., Bracco P.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Ortodonzia e Gnatologia (Funzione Masticatoria), Dental School, Università <strong>di</strong>Torino.<br />

OBIETTIVI<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è analizzare il pattern masticatorio prima e dopo correzione con apparecchiature<br />

funzionalizzanti del morso incrociato con follow up a due anni..<br />

MATERIALI E METODI<br />

Sono stati analizzati 11 pazienti portatori <strong>di</strong> morso incrociato monolaterale posteriore destro e 6 pazienti portatore <strong>di</strong><br />

morso incrociato monolaterale posteriore sinistro. Con il Kinesiografo K6-I, Myotronics, sono stati registrati i cicli<br />

masticatori e l’attività elettromiografica <strong>dei</strong> muscoli masseteri e temporali anteriori, durante la masticazione <strong>di</strong> un bolo<br />

molle e <strong>di</strong> un bolo duro, prima dell’applicazione dell’apparecchiatura funzionalizzante dopo terapia, ad un anno e a due<br />

anni dalla correzione del morso incrociato.<br />

RISULTATI<br />

Dall’analisi <strong>dei</strong> risultati si evince che:prima della terapia il ciclo masticatorio nei pazienti con crossbite monolaterale<br />

durante la masticazione dal lato del morso incrociato è caratterizzato da: inversione della <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> chiusura, angolo<br />

<strong>di</strong> chiusura verticale, minor spostamento laterale e minor altezza del ciclo.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI<br />

Il follow up a due anni ha <strong>di</strong>mostrato in modo statisticamente significativo che le caratteristiche del pattern sono<br />

paragonabili a quelle del ciclo masticatorio dal lato sano (7)Il pattern <strong>dei</strong> cicli masticatori eseguiti durante la<br />

masticazione dal lato sano e dal lato del morso incrociato presenta caratteristiche ben precise. Dopo correzione del<br />

morso incrociato con apparecchiatura funzionalizzante, il ripristino <strong>di</strong> cicli masticatori permette il recupero della<br />

funzione masticatoria.


TERAPIA CO<strong>MB</strong>INATA (OCCLUSALE E FARMACOLOGICA) NEL TRATTAMENTO DEI DCM<br />

Valenzano A.L. *1 ; Inchingolo A.D. 1 ; Marrelli M.W. 1,2 ; Inchingolo A.M. 1 ; Tatullo M. 1 ; Picciariello V 1 .; Dipalma<br />

G. 1,2 ; Schinco F. 1 ; Scandale F. 2 ; Inchingolo F. 1,2 ;<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

Con l’espressione mioartropatia del sistema masticatorio si intende un nutrito insieme <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni patologiche che<br />

possono interessare la muscolatura masticatoria e/o l’articolazione temporo-man<strong>di</strong>bolare.<br />

Lo scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> valutare l’efficacia e la capacità <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire la sintomatologia algica <strong>di</strong> un<br />

protocollo volto al trattamento <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni cranio-man<strong>di</strong>bolari, in relazione alla sola tra<strong>di</strong>zionale terapia occlusale.<br />

Nello stu<strong>di</strong>o che presentiamo sono stati presi in considerazione 24 pazienti.<br />

Il protocollo è stato applicato a pazienti adulti che riferivano segni e sintomi <strong>di</strong> DCM da più <strong>di</strong> sei mesi.<br />

I pazienti sono stati sud<strong>di</strong>visi in due gruppi: il primo gruppo è stato sottoposto ad una terapia combinata, ossia terapia<br />

occlusale con Placca <strong>di</strong> Michigan e terapia farmacologia con Delorazepam e Tiocolchicoside; il secondo, invece, è stato<br />

trattato con Placca <strong>di</strong> Michigan e somministrazione <strong>di</strong> un Placebo.<br />

L’efficacia <strong>dei</strong> due tipi <strong>di</strong> terapia è stata valutata attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> una scala (v.a.s.) a cinque gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

sintomatologia. I dati clinici sono stati comparati con le valutazioni ra<strong>di</strong>ologiche: sono state infatti eseguite RMN<br />

<strong>di</strong>namica della A.T.M. pre- e post-terapia (a 24 mesi), e sono stati refertati i miglioramenti delle affezioni articolari<br />

riguardanti almeno uno <strong>dei</strong> due con<strong>di</strong>li. La percentuale <strong>dei</strong> pazienti per i quali si è riscontato un marcato miglioramento<br />

o la scomparsa <strong>di</strong> segni e sintomi appare nettamente maggiore all’interno del primo gruppo (p< 0.05)<br />

Rileviamo dunque l’efficacia del protocollo presentato, ma sottolineiamo l’importanza e la necessità <strong>di</strong> ulteriori<br />

approfon<strong>di</strong>menti in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> riduzione del carico terapeutico, sì da conseguire i medesimi risultati con una<br />

combinazione farmacologica che sia meno impegnativa e più compliante per il paziente.


UN SERVIZIO DI VALUTAZIONE DELLO STRESS PSICOFISICO PER PERSONE CON DISTURBO<br />

TEMPORO-MANDIBOLARE (DTM)<br />

Mingarelli A. 1 , Parisi C. 2 , Nizzi S. 2 , Di Pirchio R. 2 , Solano L. 2, , Rampello A. 3 , Di Paolo C. 3<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Psicologia, 2 Dipartimento <strong>di</strong> Psicologia Dinamica e Clinica,<br />

3 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche; “ Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma<br />

Introduzione In linea con il concetto <strong>di</strong> salute positivo dell’OMS, che coinvolge anche le risorse personali per la<br />

promozione del benessere fisico, mentale e sociale, <strong>di</strong>viene rilevante integrare i fattori personologici nella valutazione e<br />

nel trattamento <strong>dei</strong> DTM.<br />

In letteratura è nota la relazione tra <strong>di</strong>stress, fattori emozionali e i DTM (es. 1). Melzack et al. considerano i DTM<br />

all’interno <strong>di</strong> un’eziologia multifattoriale, sostenendo che macro e micro-traumi, possono rappresentare l’evento<br />

scatenante del <strong>di</strong>sturbo. Questi traumi interagendo con con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vulnerabilità in<strong>di</strong>viduale comporterebbero<br />

l’insorgenza e la cronicizzazione <strong>dei</strong> DTM.<br />

Obiettivi Gli obiettivi del presente stu<strong>di</strong>o sono quelli <strong>di</strong>:<br />

• valutare alcuni tratti personologici <strong>dei</strong> pazienti con DTM;<br />

• connettere la sintomatologia del DTM con i vissuti emotivi e la storia della persone (2), evidenziando l’impatto <strong>di</strong><br />

“come si vivono le situazioni” sulla salute psicofisica (3).<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong> Da giugno 2008, presso il Servizio <strong>di</strong> Gnatologia Clinica del Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />

Odontostomatologiche della“Sapienza” <strong>di</strong> Roma, 50 pazienti con <strong>di</strong>agnosi scientificamente accertata <strong>di</strong> DTM tra quelli<br />

che si sono rivolti nello stesso periodo per una visita specialistica, sono stati casualmente invitati ad usufruire <strong>di</strong> un<br />

servizio <strong>di</strong> Valutazione dello Stress Psicofisico (VSP). Il servizio <strong>di</strong> VSP comprendeva la somministrazione <strong>di</strong> alcuni<br />

questionari e un colloquio. Sono stati somministrati i seguenti questionari: Psychological Well-being Scales (PWB);<br />

Coping Inventory to Stressful Situation (CISS); Toronto Alexithymia Scale a 20 item (TAS-20); Health Locus of<br />

Control Scale (HLC). Il colloquio riguardava le seguenti aree d’indagine: storia della sintomatologia del DTM e storia<br />

<strong>di</strong> vita delle persone nel periodo d’insorgenza del <strong>di</strong>sturbo e i relativi vissuti (2); come vengono vissute le situazioni<br />

stressanti (3); cosa la persona pensa <strong>di</strong> poter fare per il suo ben-essere.<br />

I risultati preliminari verranno presentati in occasione del convegno.<br />

Bibliografia<br />

1. Tomassoni, M. & Solano, L. (2003). Una Base più sicura. Esperienze <strong>di</strong> collaborazione <strong>di</strong>retta tra me<strong>di</strong>ci e<br />

psicologi. Milano: Franco Angeli.<br />

2. Suvinen, T.I., Reade, P.C., Kemppainen, P., Könönen, M. & Dworkin, S.F. (2005). Aetiological concepts of<br />

temporoman<strong>di</strong>bular pain <strong>di</strong>sorders: towards a biopsychosocial model for integration of physical <strong>di</strong>sorder factors with<br />

psychological and psychosocial illness impact factors. European Journal of Pain. 9. pp. 6<strong>13</strong>–633.<br />

3. Richardson, K.M. & Rothstein, H.R. (2008). Effects of occupational stress managemen intervention programs: a<br />

meta-anaysis. Journal of Occupational Health Psychology. <strong>13</strong>(1). pp. 69-93.<br />

4. Ryff, C.D. (1989). Happines is everything, or is it? Explorations on the meaning of psychological well-being. Journal<br />

of Personality and Social Psychology. 57(6). pp. 1069-1081.<br />

5. Endler, N.S. & Parker, J.D.A. (1995). Assessing a patient’s ability to cope. In J.N., Butcher (Ed.). Clinical personality<br />

assessment: pratical approaches. pp. 329-352. New-York: Oxford University Press.<br />

6. Bagby, R.M., Parker, J.D.A. & Taylor, G.J. (1994). The twenty-item Toronto Alexithymia Scale – I. Item selection<br />

and cross-validation of the factor structure. Journal of Psychosomatic Research. 38. pp. 23-32.


FATTORI OCCUPAZIONALI E CEFALEA PRIMARIA IN UN GRUPPO DI PAZIENTI CON DISORDINI<br />

TEMPOROMANDIBOLARI<br />

Cuminetti D, Lauriola A, Borgese S, Pucci E*, Segù M, Collesano V<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Pavia, Dipartimento <strong>di</strong> Discipline Odontostomatologiche, CLOsPD<br />

* Centro Interuniversitario Cefalee e Disor<strong>di</strong>ni Adattativi, IRCCS C. Mon<strong>di</strong>no, Pavia<br />

OBIETTIVI identificare gli specifici fattori occupazionali che possono mo<strong>di</strong>ficare l’incidenza della cefalea in un<br />

gruppo <strong>di</strong> pazienti con <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporoman<strong>di</strong>bolari. MATERIALI E METODI Da un database <strong>di</strong> 345 pazienti TMD<br />

sottoposti a visita gnatologica secondo i Criteri Diagnostici <strong>di</strong> Ricerca per i Disor<strong>di</strong>ni Temporoman<strong>di</strong>bolari<br />

(RDC/TMD), è stato selezionato un campione <strong>di</strong> 73 pazienti in base ai seguenti criteri <strong>di</strong> inclusione: che abbiano riferito<br />

la presenza <strong>di</strong> cefalea nel questionario RDC/TMD, che svolgano un’attività lavorativa e in base ai seguenti criteri <strong>di</strong><br />

esclusione: casalinghe, studenti, pensionati. I soggetti selezionati sono stati raggiunti telefonicamente ed è stato loro<br />

proposto <strong>di</strong> rispondere a due questionari, sulle caratteristiche del lavoro svolto e della cefalea. 40 soggetti hanno aderito<br />

allo stu<strong>di</strong>o. RISULTATI 36 soggetti sono <strong>di</strong> sesso femminile e 4 maschi, età me<strong>di</strong>a 44 anni. In accordo con l’Asse I<br />

RDC/TMD, 4 pazienti presentano <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni muscolari, 1 <strong>di</strong>slocazione <strong>di</strong>scale, 4 artralgia/osteoartrite/osi e<br />

32 pazienti hanno <strong>di</strong>agnosi mista. Nella valutazione dell’Asse II, lo stato <strong>di</strong> dolore cronico risulta essere <strong>di</strong> grado 0 in 7<br />

pazienti, <strong>di</strong> grado 1 in 6, <strong>di</strong> grado 2 in 14, <strong>di</strong> grado 3 in 2 e <strong>di</strong> grado 4 in 5. 20 pazienti risultano avere un grado <strong>di</strong><br />

depressione severo, 4 pazienti moderato. 24 pazienti mostrano un grado severo <strong>di</strong> somatizzazione e 7 moderato. Per<br />

quanto riguarda i risultati emersi dal questionario sull’attività lavorativa il tipo <strong>di</strong> lavoro più frequentemente svolto<br />

risulta essere l’impiegato (21 pazienti), seguito dal libero professionista (7), dall’operaio (5), dall’insegnante (3), dal<br />

fisioterapista (1), dallo scrittore (1), dalla sarta (1) e dal pulitore orafo (1). La maggioranza del campione in esame ha un<br />

ritmo <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong>urno, mentre la restante parte un ritmo turnista. L’attività lavorativa <strong>di</strong> 20 pazienti prevede uno<br />

spostamento pendolare. La me<strong>di</strong>a delle ore giornaliere <strong>di</strong> lavoro è <strong>di</strong> 7, con 2 giorni liberi a settimana. Le crisi <strong>di</strong> cefalea<br />

si presentano con orari preferenziali, in particolare la mattina appena svegli (10 pazienti) e nel tardo pomeriggio (per 12<br />

pazienti) con un’intensità <strong>di</strong> dolore me<strong>di</strong>a (parzialmente <strong>di</strong>sabilitante) nel 47% <strong>dei</strong> casi e forte (totalmente <strong>di</strong>sabilitante)<br />

nel 45%. In me<strong>di</strong>a la durata delle crisi risulta dalle 3 alle 24 ore, e alleviabile nel 47% <strong>dei</strong> casi solo con l’assunzione <strong>di</strong><br />

farmaci anti dolorifici (FANS), nel 23% con il riposo mentre nel 15% <strong>dei</strong> casi non esistono fenomeni allevanti per<br />

queste crisi. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI La cefalea è spesso lamentata dai pazienti affetti da <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni<br />

temporoman<strong>di</strong>bolari con il suo carico in termini <strong>di</strong> costo sociale e sofferenza in<strong>di</strong>viduale. Le specifiche con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

lavoro, come il lavoro dell’impiegato, il lavoro sedentario e l’uso del personal computer, possono giocare un importante<br />

ruolo nell’insorgenza della cefalea in concomitanza a fattori <strong>di</strong> rischio professionali, come l’assunzione <strong>di</strong> una scorretta<br />

postura durate le ore lavorative.


L’UTILIZZO DELL’ELETTROMIOGRAFIA PER LA VALUTAZIONE DEL RAPPORTO TRA<br />

OCCLUSIONE E D.T.M: VALUTAZIONE EMG PRIMA E DOPO 6 MESI DI TERAPIA CON PLACCA.<br />

Scarpa D; Scarpa A; Deli R.<br />

Department of orthodontics, , University of U.C.S.C.- ROMA.<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> valutare l’utilità <strong>di</strong>agnostica e prognostica <strong>di</strong> un esame strumentale<br />

non invasivo,l’elettromiografia <strong>di</strong> superficie, nella valutazione del rapporto tra occlusione e DTM. Non è ancora chiaro<br />

quale sia il ruolo svolto dall’occlusione e non c’è evidenza che trattamenti occlusali curino o prevengano i DTM.<br />

Tuttavia attraverso l’applicazione <strong>di</strong> rigorosi protocolli standar<strong>di</strong>zzati è possibile con la SEMG eseguire una valutazione<br />

dell’impatto dell’occlusione sul sistema neuromuscolare del paziente. Esso risulta pertanto un nuovo approccio per<br />

valutare il rapporto tra l’occlusione e i DTM me<strong>di</strong>ante una valutazione neuromuscolare della stabilità<br />

occlusale.MATERIALI E METODI:<br />

Un campione <strong>di</strong> 12 pazienti affetti da DTM è stato sottoposto ad un completo esame clinico corredato anche <strong>di</strong><br />

valutazione EMG. Sulla base <strong>dei</strong> dati raccolti attraverso l’axis I (RDC/TMD) è stato possibile sud<strong>di</strong>videre i pazienti in<br />

articolari e muscolari in accordo con la classificazione proposta da Dworkin e Le Resche del 1992 (RDC/TMD). I<br />

pazienti sono stati trattati con terapia occlusale con placca <strong>di</strong> rilassamento per un periodo <strong>di</strong> circa sei mesi. Al termine<br />

della terapia i pazienti sono stati rivalutati sia clinicamente sia attraverso una seconda indagine elettromiografica.<br />

RISULTATI:<br />

L’impatto dell’occlusione sul sistema neuromuscolare è stato valutato attraverso l’interpretazione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci<br />

a<strong>di</strong>mensionali (POC e IMPACT) considerati i più rappresentativi, elaborati dal programma EMA dopo due acquisizioni<br />

elettromiografiche effettuate in serramento massimale prima sui cotoni e poi sui denti. In alcuni <strong>dei</strong> pazienti rivalutati a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa 6 mesi si è riscontrato un netto miglioramento <strong>dei</strong> valori elettromiografici analizzati sia con placca sia<br />

in occlusione abituale mentre in altri pazienti i valori sono migliorati solo effettuando l’esame EMG con la<br />

placca.DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:<br />

I D.T.M. riconoscono una eziologia multifattoriale e i risultati riportati sono in accordo; per quanto riguarda il ruolo<br />

eziologico dell’occlusione sembra da questa prima analisi che in alcuni casi e cioè laddove i parametri elettromiografici<br />

migliorano solo sulla placca ci possa essere una in<strong>di</strong>cazione alla finalizzazione occlusale mentre nei casi in cui i valori<br />

elettromiografici migliorano sia sulla placca sia in occlusione abituale la finalizzazione occlusale non sia necessaria.


VALUTAZIONE CLINICA ED EMATOCHIMICA DEL DOLORE NEL PAZIENTE DISFUNZIONALE<br />

D’Ermes V., Boccassini A., Rampello A., Zilia M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Sapienza”<br />

Cattedra <strong>di</strong> Gnatologia Clinica: Prof. C. Di Paolo<br />

Il dolore nell’ambito <strong>dei</strong> DTM è un sintomo riferito con altissima frequenza: essendo un insieme <strong>di</strong> due componenti,<br />

una percettiva e l’altra esperienziale, ha una spiccata soggettività nel suo manifestarsi. Lo stu<strong>di</strong>o ha come obiettivo<br />

quello <strong>di</strong> evidenziare la relazione esistente tra il valore soggettivo riferito dal paziente al proprio dolore secondo la scala<br />

V.A.S. e il valore ematico del cortisolo per valutarne la correlazione, come <strong>di</strong>mostrato da stu<strong>di</strong> fatti in letteratura i quali<br />

ne affermano un incremento in corso <strong>di</strong> algie dovute a DTM per via della sua azione antiinfiammatoria.<br />

E’ stato selezionato un campione <strong>di</strong> 12 pazienti affetti da DTM, <strong>di</strong>agnosticati me<strong>di</strong>ante visita specialistica gnatologica<br />

secondo i criteri RDC/RMD, i quali riferivano algie temporoman<strong>di</strong>bolari. Queste sono state quantificate da ciascun<br />

soggetto me<strong>di</strong>ante un valore numerico compreso tra 0 e 100; è stato effettuato sul campione l’emocromo completo più il<br />

valore del cortisolo.Il risultato è stato che il valore me<strong>di</strong>o del cortisolo in corso <strong>di</strong> un processo doloroso a carico<br />

dell’ATM è lievemente superiore alla norma ma non a livelli patologici (182 ng/ml) e, inoltre, non vi è una relazione<br />

<strong>di</strong>retta con il valore numerico riferito dal paziente al sintomo dolore. I valori del cortisolo ematico non rivelano un<br />

rapporto <strong>di</strong>retto con quelli riferiti dal paziente per il proprio dolore in quanto a valori elevati dell’ormone può<br />

corrispondere una sintomatologia molto più attenuata rispetto a casi invece in cui tale valore ormonale risulta minimo<br />

ma il dolore riferito dal paziente al contrario è elevato. Il sintomo dolore pertanto è rappresentato da una forte<br />

componente soggettiva legata alla sua parte esperienziale oltre che alla parte percettiva, che ne spiega la tolleranza<br />

in<strong>di</strong>viduale. Gli autori ritengono che i valori ematici del cortisolo in corso <strong>di</strong> algie riferibili ad un DTM non possono<br />

essere considerati oltre il range <strong>di</strong> normalità, e cioè patologici, come affermato da stu<strong>di</strong> precedenti; tuttavia, non vi è<br />

una correlazione tra questi valori e quelli della scala V.A.S. riferiti dal paziente.


DISORDINI TEMPORO-MANDIBOLARI E CEFALEA: RISULTATI DI UNO STUDIO RETROSPETTIVO.<br />

Lumbroso P, Piccotti F, Bion<strong>di</strong> K, Piacentini C, Bosco M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Pavia, CLsOPD, Dipartimento <strong>di</strong> Discipline Odontostomatologiche. Insegnamento <strong>di</strong><br />

Riabilitazione Orale, Titolare: Prof. M. Bosco.<br />

OBIETTIVI:. Scopo dello stu<strong>di</strong>o, dopo revisione critica della recente letteratura sul rapporto tra <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporoman<strong>di</strong>bolari<br />

(DTM) e cefalea e l’analisi <strong>dei</strong> dati <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o retrospettivo su 394 pazienti con segni e sintomi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne temporo-man<strong>di</strong>bolare, è stato quello <strong>di</strong> rivalutare l’attualità <strong>di</strong> un semplice ed originale questionario <strong>di</strong><br />

pluriennale impiego per l’inquadramento clinico-<strong>di</strong>agnostico delle caratteristiche salienti del dolore cefalalgico. La<br />

cefalea è infatti uno <strong>dei</strong> sintomi che più frequentemente accompagnano la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne temporo-man<strong>di</strong>bolare.<br />

E’ <strong>di</strong> fondamentale importanza identificare tale <strong>di</strong>sturbo quale sintomo o comorbi<strong>di</strong>tà <strong>dei</strong> Disor<strong>di</strong>ni<br />

Temporoman<strong>di</strong>bolari, poiché entrambe presentano una serie <strong>di</strong> complesse interconnessioni fisiopatologiche e<br />

sovrapposizioni sintomatologiche che rendono ardua la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale. MATERIALI E METODI: I dati del<br />

presente stu<strong>di</strong>o sono relativi all’esame retrospettivo delle cartelle cliniche <strong>di</strong> 394 pazienti con segni e sintomi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne temporo-man<strong>di</strong>bolare, rapporto femmine-maschi <strong>di</strong> 4,4:1 ed età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 37,4±12,7 anni. I soggetti<br />

esaminati, a cui è stata formulata una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> DTM me<strong>di</strong>ante i Research Diagnostic Criteria/TMD, sono stati<br />

sottoposti ad un questionario che indagava l’esor<strong>di</strong>o, la frequenza, la durata, la sede e il tipo <strong>di</strong> dolore cefalalgico<br />

percepito. RISULTATI: I risultati dello stu<strong>di</strong>o hanno rilevato nel campione in esame, una prevalenza <strong>di</strong> cefalalgia pari<br />

al 40% con un’età <strong>di</strong> esor<strong>di</strong>o compresa tra i 9 e i 18 anni, evidenziando altresì la natura frequentemente cronica della<br />

patologia. La prevalenza <strong>di</strong> cefalalgia per ogni gruppo RDC/TMD, ha evidenziato valori più elevati nel Gruppo I e nei<br />

gruppi misti comprendenti la componente muscolare (Gruppo I + II, Gruppo I + III, Gruppo I + II + III) rispetto ai<br />

gruppi con <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> natura articolare (Gruppo II, Gruppo III, Gruppo II + III) con percentuali oscillanti<br />

dal 50% al 25.6%. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Dal presente stu<strong>di</strong>o è emerso che un’elevata percentuale <strong>di</strong><br />

pazienti con DTM lamenta un dolore cefalalgico e tale <strong>di</strong>sturbo secondo l’analisi <strong>dei</strong> dati preliminari, ha manifestazioni<br />

sovrapponibili per frequenza, sede, tipo <strong>di</strong> dolore e componente muscolare coinvolta ad un quadro <strong>di</strong> cefalea <strong>di</strong> tipo<br />

tensivo. Alla luce <strong>di</strong> tali riscontri, sono necessari ulteriori approfon<strong>di</strong>menti dello stu<strong>di</strong>o che permettano <strong>di</strong> allestire un<br />

nuovo e più aggiornato questionario che permetta allo specialista odontoiatra, ed in particolare ai cultori della branca<br />

gnatologica un semplice, agevole e preciso inquadramento clinico-<strong>di</strong>agnostico del dolore cefalalgico, nonché una<br />

corretta <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale dell’espressione algica <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporo-man<strong>di</strong>bolari.


STUDIO EPIDEMIOLOGICO SULLA CORRELAZIONE TRA DISORDINI TEMPORO-MANDIBOLARI E<br />

QUALITA’ DELLA VITA<br />

Lomaglio D., Macrì L.A., Brama L., Deli R.<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore <strong>di</strong> Roma- Scuola <strong>di</strong> specializzazione <strong>di</strong> ortognatodonzia. Direttore:Prof. R. Deli<br />

OBIETTIVI: I <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporo-man<strong>di</strong>bolari (DTM) sono spesso caratterizzati da una forte componente algica che va<br />

a limitare le capacità fisiche ed emotive del paziente. Possono essere pertanto definiti come delle patologie invalidanti e<br />

progressive che alterano l’equilibrio psico-fisico del nostro organismo fino a limitare e compromettere le normali<br />

abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> vita. Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare e quantificare l’influenza che i <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporo-<br />

man<strong>di</strong>bolari hanno sulla componente fisica ed emotiva del paziente e, più in generale, sulla qualità della vita.<br />

MATERIALI E METODI: E’ stato analizzato un campione <strong>di</strong> 100 pazienti <strong>di</strong>sfunzionali, <strong>di</strong> cui 82 donne e 18<br />

uomini, <strong>di</strong> età compresa tra 21 e 60 anni (età me<strong>di</strong>a 44±8,08[SD] anni). I pazienti erano tutti affetti da <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni<br />

temporo-man<strong>di</strong>bolari <strong>di</strong> tipo intra o extra capsulare associati a sintomatologia algica del <strong>di</strong>stretto cranio facciale e a<br />

limitazione funzionale della cinematica man<strong>di</strong>bolare. A completamento dell’iter <strong>di</strong>agnostico è stato somministrato lo<br />

Short Form-36 (SF-36), un questionario <strong>di</strong> auto compilazione che mette in evidenza la percezione che il paziente ha<br />

della propria salute e della propria qualità <strong>di</strong> vita. L’SF-36 è stato analizzato nelle sue otto componenti principali: 1)<br />

attività fisica; 2) ruolo fisico; 3) dolore fisico; 4) salute generale; 5) vitalità; 6) attività sociali; 7) ruolo emotivo; 8)<br />

salute mentale. Da questi valori sono stati calcolati l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> salute fisica (ISF) e l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> salute mentale (ISM) che,<br />

raggruppando gli otto parametri precedentemente elencati, sintetizzano la qualità della componente fisica e mentale <strong>di</strong><br />

ogni singolo paziente.<br />

RISULTATI: I risultati sono stati calcolati come me<strong>di</strong>a <strong>dei</strong> valori ottenuti dall’analisi <strong>dei</strong> 100 pazienti stu<strong>di</strong>ati,<br />

considerando che il range <strong>dei</strong> punteggi dell’SF-36 va da un minimo <strong>di</strong> 0 ad un massimo <strong>di</strong> 100. Il valore dell’ ISM<br />

registrato in questo stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> 41,18±5,88 (me<strong>di</strong>a±SD) mentre il valore dell’ ISM è <strong>di</strong> 40±4,68 (me<strong>di</strong>a±SD).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Considerando che il valore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> normalità è per entrambi gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> 50, si<br />

può affermare che la percezione della salute fisica ed emotiva <strong>dei</strong> pazienti stu<strong>di</strong>ati è inferiore alla me<strong>di</strong>a della<br />

popolazione italiana. Questo dato rafforza la nostra ipotesi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e conferma che i DTM rappresentano una patologia<br />

altamente invalidante, in grado <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare negativamente le abitu<strong>di</strong>ni quoti<strong>di</strong>ane e, in senso più generale, <strong>di</strong><br />

abbassare significativamente la qualità della vita.


UTILIZZO DELLO SPLINT DI E.FEDERICI NEL TRATTAMENTO PROTESICO DEL PAZIENTE<br />

DISFUNZIONALE.<br />

Danti S.E., Fusco R., De Angelis F., Ceci A., Pompa G., Di Carlo S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Sapienza Università <strong>di</strong> Roma.<br />

OBIETTIVI Proporre una meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> utilizzo della placca <strong>di</strong> E. Federici con lo scopo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

occlusali che hanno generato la <strong>di</strong>sfunzione e definire una riabilitazione protesica gnatologicamente idonea.<br />

MATERIALI E METODI Dei pazienti presentatisi nel reparto <strong>di</strong> Riabilitazioni Implantoprotesiche del Dipartimento<br />

<strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche della Sapienza Università <strong>di</strong> Roma 52 mostravano <strong>di</strong>sfunzione con dolori <strong>di</strong>ffusi a<br />

livello dell’ articolazioni temporo-man<strong>di</strong>bolari, click articolari in apertura e chiusura e frequenti dolori temporali. 44<br />

pazienti erano stati sottoposti negli anni precedenti a riabilitazione protesica e <strong>di</strong>chiaravano <strong>di</strong> avvertire un dolore<br />

localizzato e click articolari a livello delle ATM. E’ stato applicato uno splint interocclusale inferiore adattato secondo<br />

la meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> E.Federici per ottenere: per<strong>di</strong>ta della memoria neurale; riposizionamento man<strong>di</strong>bolare e con<strong>di</strong>lare guidato<br />

attuazione sullo splint <strong>di</strong> un molaggio selettivo progressivo e particolarmente mirato, riducendo progressivamente<br />

l’altezza della <strong>di</strong>mensione verticale della splint. Si è evidenziato che le protesi presentavano una riduzione della<br />

<strong>di</strong>mensione verticale con rotazioni della man<strong>di</strong>bola alla ricerca <strong>di</strong> contatti uniformi e simultanei e la presenza <strong>di</strong><br />

interferenze nelle lateralità che avevano determinato in 31 casi anche la frattura della ceramica.<br />

RISULTATI La posizione man<strong>di</strong>bolare è stata corretta; le protesi sono state sostituite con nuove protesi<br />

gnatologicamente guidate con una corretta <strong>di</strong>mensione verticale e le stesse caratteristiche <strong>di</strong> altezza, <strong>di</strong>mensione e<br />

inclinazione delle cuspi<strong>di</strong>, dello splint e del provvisorio anch’esso funzionalizzato .I pazienti <strong>di</strong>sfunzionali che hanno<br />

seguito il protocollo descritto con lo splint interocclusale come previsto durante tutte le notti e che si sono presentati<br />

regolarmente alle visite, hanno evidenziato, dopo uno/due mesi, una riduzione <strong>dei</strong> dolori nel 100%. Per rendere stabile e<br />

duraturo il benessere raggiunto, ai pazienti è stata proposta una finalizzazione protesica gnatologicamente guidata: se<br />

con lo splint avevano subito una riduzione del dolore, con il rifacimento delle protesi, il 53,85% <strong>dei</strong> pazienti presentava<br />

una ulteriore riduzione del sintomo che con l’adattamento tendeva a scomparire mentre il restante 46,15% presentava<br />

una completa scomparsa del dolore. DISCUSSIONE E CONCLUSIONE: l’utilizzo dello splint ci permette <strong>di</strong><br />

identificare le cause della <strong>di</strong>sfunzione e <strong>di</strong> proporre una terapia opportuna per la loro correzione. Possiamo quin<strong>di</strong><br />

concludere che per l’atraumaticità dell’apparecchio, per il suo basso costo e per la grande efficacia, quando si deve<br />

iniziare un trattamento protesico su pazienti <strong>di</strong>sfunzionali è sempre necessario l’utilizzo dello splint prima <strong>di</strong> ogni<br />

possibile riabilitazione protesica fissa o mobile.


RAPPORTO TRA POSTURA DELLA LINGUA E VERTIGINI POSIZIONALI<br />

De Angelis F., Danti S.E., Fusco R., Di Carlo S., Pompa G.<br />

UOD <strong>di</strong> Riabilitazioni Implantoprotesiche (Prof.G.Pompa)<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche – “Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma<br />

OBIETTIVI<br />

Lo scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare il ruolo della stabilometria statica nella <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi del<br />

sistema tonico posturale in 5 pazienti con vertigini posizionali e cervicalgia, confrontando le <strong>di</strong>fferenze tra i risultati<br />

ottenuti con l’utilizzo dello splint interocclusale e quelli ottenuti con l’utilizzo del <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> rieducazione linguale<br />

E.L.N.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Inizialmente è stato applicato e funzionalizzato in bocca uno splint interocclusale. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tre mesi i sintomi<br />

algici cervicali e i problemi posturali si sono attenuati in 4 <strong>dei</strong> 5 pazienti esaminati; è stato realizzato l’ELN<br />

(“Enveloppe Linguale Nocturne”) <strong>di</strong> B. Bonnet per valutare quanto la componente <strong>di</strong>sfunzionale potesse giocare un<br />

ruolo determinante. Ai 5 pazienti è stato effettuato un esame su pedana stabilometrica come ausilio <strong>di</strong>agnostico in<br />

cinque <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni: occhi aperti e denti staccati, occhi chiusi e denti staccati, capo retroflesso, denti staccati e<br />

occhi chiusi, con splint interocclusale e occhi chiusi, con ELN e occhi chiusi.<br />

I parametri <strong>di</strong> valutazione sono: lunghezza del gomitolo e superficie dell’ellisse. Dopo due mesi <strong>di</strong> utilizzo dell’ELN i<br />

pazienti sono stati nuovamente sottoposti all’esame stabilometrico.<br />

RISULTATI<br />

I risultati preliminari del nostro stu<strong>di</strong>o in<strong>di</strong>cano, nella valutazione pre-trattamento, <strong>di</strong>verse interferenze (oculari ed<br />

posturali) che miglioravano sia con lo splint interocclusale sia con l’ELN. Si è riscontrata una similarità del valore<br />

superficie ellisse tra i risultati con splint interocclusale e quelli con ELN mentre per quanto riguarda il gomitolo i valori<br />

<strong>di</strong>fferivano a favore dello splint del 20% circa; tale dato è riconducibile ad uno stato adattativo <strong>dei</strong> pazienti allo splint<br />

che utilizzavano da più tempo. Dopo 45 giorni <strong>di</strong> adozione dell’ELN, i pazienti pur avendo peggiorato i dati riguardanti<br />

il gomitolo e la superficie ellisse in me<strong>di</strong>a del <strong>13</strong>5% avevano tutti migliorato le interferenze oculari e posturali con la<br />

quasi totale scomparsa degli eventi vertiginosi.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI<br />

Il tratto cervicale della colonna in 3 pazienti durante il primo esame stabilometrico permaneva in uno stato <strong>di</strong><br />

"Equilibrio precario", ovvero, alterazione sì, ma in fase <strong>di</strong> compenso, tanto che è bastato un evento scatenante,<br />

rappresentato dall’introduzione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>spositivi, a "slatentizzare" l'equilibrio. I risultati sono da ritenersi preliminari, ma<br />

sufficienti a <strong>di</strong>mostrare l'efficacia del protocollo che <strong>di</strong>mostra come lingua, occlusione e postura possano essere<br />

intimamente legate tra loro.


UTILIZZO DELLA CEFALOMETRIA JARABAK-BONDI, CON PLACCA DI FEDERICI, PER LA<br />

DIAGNOSI E LA TERAPIA DEL PAZIENTE DISFUNZIONALE.<br />

Fusco R, Danti S.E., De Angelis F., Gentile T., Di Carlo S., Pompa G.<br />

UOD <strong>di</strong> Riabilitazioni Implantoprotesiche (Prof.G.Pompa)<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche –“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma<br />

OBIETTIVI<br />

L’obiettivo del lavoro è quello <strong>di</strong> illustrare e proporre una procedura per porre <strong>di</strong>agnosi e programmare una corretta<br />

riabilitazione nel paziente <strong>di</strong>sfunzionale.<br />

MATERIALI E METODI<br />

La procedura prevede: realizzazione <strong>di</strong> una placca neuromuscolare funzionalizzata secondo la meto<strong>di</strong>ca Federici sulla<br />

base <strong>dei</strong> principi del modello del feed-back occlusale; la funzionalizzazione è progressiva e richiede almeno 4 sedute <strong>di</strong><br />

appuntamento, <strong>di</strong>stanti 15 giorni l’una dall’altra. Raggiunto lo stato <strong>di</strong> benessere soggettivo del paziente, si realizzano<br />

due rx tele cranio in proiezione L.L. , una con e l’altra senza la placca; da entrambe le proiezioni si ottengono i rispettivi<br />

tracciati cefalometrici (meto<strong>di</strong>ca Jarabak-Bon<strong>di</strong>) che si andranno a sovrapporre per lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> comparazione tra<br />

posizione patologica e terapeutica della man<strong>di</strong>bola.<br />

RISULTATI<br />

Nei 50 casi da noi trattati, la terapia protesica ha ottenuto, nel 95% <strong>dei</strong> casi, il raggiungimento stabile e definitivo del<br />

benessere soggettivo del paziente confermando in tal modo la vali<strong>di</strong>tà del modello <strong>di</strong>agnostico da noi proposto; risultati<br />

meno sod<strong>di</strong>sfacenti (5 %) sono associati ai casi con presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>scinesie linguali dove la sola correzione<br />

dell’instabilità occlusale non ha garantito la totale guarigione <strong>dei</strong> pazienti.<br />

DISCUSSIONE<br />

Una postura patologica della man<strong>di</strong>bola può essere dovuta ad una sua <strong>di</strong>slocazione anteriore o posteriore sul piano<br />

sagittale. La <strong>di</strong>slocazione anteriore patologica sarà associata o ad una sovraocclusione posteriore o ad una falsa terza<br />

classe da scivolamento anteriore per rapporti <strong>di</strong> testa a testa tra gli elementi frontali antagonisti; la placca in questi due<br />

casi determinerà una <strong>di</strong>stalizzazione man<strong>di</strong>bolare. La <strong>di</strong>slocazione posteriore patologica sarà associata o ad un overbite<br />

aumentato o ad una beanza anteriore con interposizione linguale. La placca, in questi casi, determinerà una<br />

mesializzazione man<strong>di</strong>bolare.<br />

CONCLUSIONI<br />

Dalla combinazione <strong>dei</strong> casi precedenti si potranno avere <strong>di</strong>slocazioni man<strong>di</strong>bolari patologiche a doppia componente,<br />

anteriore e posteriore; in questi casi, quantizzando e comparando, tramite CFM, con e senza placca, l’entità della<br />

<strong>di</strong>stalizzazione man<strong>di</strong>bolare rispetto a quella dell’aumento verticale, saremo in grado <strong>di</strong> identificare, quale, tra le due<br />

componenti, risulta essere più influente nel quadro <strong>di</strong>sfunzionale.


STUDIO SPERIMENTALE DEI MOVIMENTI MANDIBOLARI NEI PAZIENTI AFFETTI DA MORBO DI<br />

PARKINSON<br />

Falisi G¹., Mazzone P.², Scarnati E.³,D’Ermes V.¹, Di Nunno A.¹,Di Paolo C.¹<br />

¹Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche; “Sapienza”Università <strong>di</strong> Roma<br />

²Centro <strong>di</strong> Neurochirurgia Funzionale e Stereotassica dell’Ospedale CTO “A.Alesini” <strong>di</strong> Roma<br />

³Dipartimento <strong>di</strong> scienze e tecnologie biome<strong>di</strong>che Università dell’Aquila.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o si prefigge <strong>di</strong> valutare il grado <strong>di</strong> miglioramento <strong>dei</strong> parametri oro-motori nei pazienti con patologia<br />

parkinsoniana(PD) avanzata, sottoposti a trattamento chirurgico stereotattico, eseguendo uno stu<strong>di</strong>o longitu<strong>di</strong>nale sia<br />

nella fase in off therapy che in quella on therapy. Presso Presso il Centro <strong>di</strong> Neurochirurgia Funzionale e Stereotassica<br />

dell’Ospedale CTO “A.Alesini” <strong>di</strong> Roma e in collaborazione con il Centro per lo stu<strong>di</strong>o delle <strong>di</strong>sfunzioni dell’ATM e<br />

del Dolore Oro-facciale del Dipartimento <strong>di</strong> Discipline Odontostomatologiche della “Sapienza”, Università <strong>di</strong> Roma<br />

sono stati selezionati 10 pazienti affetti da Malattia <strong>di</strong> Parkinson prima <strong>di</strong> essere sottoposti a trattamento chirurgico<br />

stereotassico PPTg(Pedunculus Pontini), STN(Nucleo Subtalamico), DBS (Deep Brain Stimulation) .<br />

Tutti i pazienti sono stati stu<strong>di</strong>ati in base al nostro protocollo clinico-anamnestico per valutare il grado <strong>di</strong> Malattia <strong>di</strong><br />

Parkinson e valutati odontostomalogicamente se fossero stati affetti da <strong>di</strong>sfunzione TM e/o la presenza <strong>di</strong> alterazioni<br />

strutturali delle componenti osteo-articolari, integrati con i criteri <strong>di</strong>agnostici RDC/TMD. Tutto ciò per valutare<br />

all’interno dello stesso paziente i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> miglioramento o peggioramento (comparati in off terapy che in DBS)<br />

dell’apertura, chiusura e della velocità man<strong>di</strong>bolare attraverso le registrazioni elettrognatografiche.<br />

L’esame <strong>dei</strong> dati dell’apertura man<strong>di</strong>bolare prima e dopo trattamento con DBS , evidenzia un netto miglioramento<br />

quantitativo dell’apertura man<strong>di</strong>bolare. Considerando che i target oro-motori non vengono mo<strong>di</strong>ficati dalla terapia con<br />

L-dopa come riferito da stu<strong>di</strong> precedenti e la stimolazione DBS migliora i valori della scala UPDRS <strong>dei</strong> pazienti con<br />

PD, dai risultati dalla nostra sperimentazione i dati sono molto interessanti in quanto, la stimolazione del PPtg , porta al<br />

miglioramento <strong>dei</strong> parametri oro-motori, anche se il campione è rappresentato da un numero ridotto <strong>di</strong><br />

pazienti.Bibliografia:A. Lewin: “Electrognathographics: Atlas of <strong>di</strong>agnostic procedures and interpretation”Quintessence<br />

Publishing Co. Inc., 1985. Evans WG, Lewin A. Lower incisors and man<strong>di</strong>bular movement. J Dent Assoc S Afr. 1987<br />

Aug;42(8):469-74. Lee T Robertson, John P Hammerstad : Jaw movement dysfunction related to Parkinson's <strong>di</strong>sease<br />

and partially mo<strong>di</strong>fied by levodopa Journal of Neurology, Neurosurgery, and Psychiatry 1996;60:41-50.


VALUTAZIONE DEL MOVIMENTO MANDIBOLARE: NUOVA METODICA KINESIOGRAFICA.<br />

Notaro V. Rolando M. Bassi F.<br />

Dip. Di Scienze Biome<strong>di</strong>che ed Oncologia Umana e Dip. Di Neuroscienze dell’Università <strong>di</strong> Torino<br />

Premessa: L’obiettivo <strong>di</strong> questo progetto consiste nel convalidare un sistema per la valutazione del controllo motorio<br />

della man<strong>di</strong>bola. La tecnica proposta può essere impiegata come trattamento riabilitativo <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni maxillofacciali<br />

oppure come supporto alla <strong>di</strong>agnosi. Materiali e meto<strong>di</strong>: Lo strumento è basato su un kinesiografo in grado <strong>di</strong> fornire<br />

uscite analogiche; i dati sono acquisiti e processati tramite un software in grado <strong>di</strong> mostrare la posizione istantanea della<br />

man<strong>di</strong>bola (incisivi inferiori) tramite il movimento <strong>di</strong> un cursore sullo schermo. Lo stu<strong>di</strong>o è stato condotto su 19<br />

soggetti sani (9 donne e 10 uomini), ai quali è stato inizialmente chiesto <strong>di</strong> compiere gli spostamenti limite della<br />

man<strong>di</strong>bola sul piano frontale , in modo da acquisire il loro range of movement (ROM): movimenti <strong>di</strong> massima apertura<br />

e massima lateralità. Al soggetto è stato chiesto <strong>di</strong> realizzare un esercizio nel quale si doveva raggiungere un target<br />

generato casualmente all’interno del proprio ROM secondo una <strong>di</strong>stribuzione uniforme <strong>di</strong> probabilità. L’esercizio è<br />

costituito da trenta target della durata <strong>di</strong> sette secon<strong>di</strong> l’uno alternati da tre secon<strong>di</strong> <strong>di</strong> pausa durante nei quali il<br />

soggetto torna nella posizione <strong>di</strong> riposo. La prova è stata ripetuta tre volte in un giorno, con pause da cinque minuti, per<br />

ciascun soggetto, e l’intera performance è stata ripetuta a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> una settimana. La performance in<strong>di</strong>viduale (me<strong>di</strong>a<br />

della <strong>di</strong>stanza cursore-target o mean <strong>di</strong>stance, MD) è ottenuta me<strong>di</strong>ando le singole performance <strong>dei</strong> soggetti, prendendo<br />

in considerazione due componenti principali: l’abilità nel raggiungere il target (<strong>di</strong>stanza della posizione me<strong>di</strong>a del<br />

cursore dal target, o Offset Error OE), e l’abilità nel mantenere la posizione raggiunta (ampiezza me<strong>di</strong>a dell’oscillazione<br />

attorno al valor me<strong>di</strong>o MO). Risultati: Dall’analisi statistica (me<strong>di</strong>ando i risultati <strong>di</strong> tutti i soggetti )si è osservato un<br />

significativo miglioramento della performance nell’arco della prima giornata (p


FISIOPATOLOGIA DELLA MASTICAZIONE NEI PAZIENTI AFFETTI DA MALATTIA DI PARKINSON<br />

TRATTATI FARMACOLOGICAMENTE E SOTTOPOSTI A STIMOLAZIONE CEREBRALE PROFONDA.<br />

Piancino M., Zibetti M., Azzaro C.,Talpone F., Vallelonga T., Lanotte M., Lopiano L., Bracco P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino, Dental School, Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino, Dipartimento <strong>di</strong> Neuroscienze<br />

OBIETTIVI La masticazione è un movimento ritmico, espressione <strong>di</strong> una funzione neuromuscolare coor<strong>di</strong>nata. Il suo<br />

stu<strong>di</strong>o nei pazienti portatori <strong>di</strong> malattia <strong>di</strong> Parkinson è del tutto originale.<br />

Lo scopo è evidenziare il cambiamento cinetico ed elettromiografico in <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni terapeutiche<br />

MATERIALI E METODI La cinetica della man<strong>di</strong>bola e l’attività elettromiografica <strong>dei</strong> muscoli masseteri e temporali<br />

anteriori sono state registrate in contemporanea con un Kinesiografo K7-I, Myotronics Inc. Tukwila, WA, USA<br />

interfacciato con un computer.<br />

Il sistema misura i movimenti della man<strong>di</strong>bola grazie ad un piccolo magnete fissato agli incisivi centrali inferiori e ad<br />

un' antenna fissata sul capo del paziente che percepisce le variazioni <strong>di</strong> intensità del campo magnetico. Il protocollo<br />

d’esame comprende masticazioni deliberate dal lato destro, dal lato sinistro e libere. Ognuno <strong>di</strong> questi set <strong>di</strong><br />

masticazioni è stato ripetuto tre volte ed è stato eseguito prima con bolo molle e poi con bolo duro.<br />

RISULTATI In questo stu<strong>di</strong>o preliminare, sono stati eseguiti i cicli masticatori a tre pazienti affetti da malattia <strong>di</strong><br />

Parkinson, prima e dopo l’intervento <strong>di</strong> DBS del Nucleo Subtalamico (NST) in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> med on/med off, stim on/<br />

stim off, stim on dx/stim on sx. In generale, si è evidenziato un aumento dell’incoor<strong>di</strong>nazione neuromuscolare e <strong>dei</strong> cicli<br />

masticatori <strong>di</strong>scinetici in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> med on/med off, <strong>di</strong> stim on dx o sx/stim on bilaterale<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Questo stu<strong>di</strong>o preliminare originale ha permesso <strong>di</strong> mettere a punto un protocollo<br />

non invasivo <strong>di</strong> analisi della masticazione per valutare l’influenza della terapia me<strong>di</strong>ca e della stimolazione elettrica ad<br />

alta frequenza (DBS) del nucleo subtalamico bilaterale e monolaterale che potrà essere applicato ad un grande numero<br />

<strong>di</strong> pazienti. L’analisi statistica <strong>dei</strong> risultati permetterà <strong>di</strong> migliorare le conoscenze sul ruolo del nucleo subtalamico nella<br />

masticazione e sul controllo neuromuscolare del <strong>di</strong>stretto cefalico delle attuali terapie della malattia <strong>di</strong> Parkinson.


VALUTAZIONI DELL’IMPATTO DEL DOLORE SULLA QUALITÀ DELLA VITA DI PAZIENTI AFFETTI<br />

DA DISORDINE TEMPOROMANDIBOLARE.<br />

Piccotti F, Lumbroso P, Chiappe G, Bosco M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Pavia, CLsOPD, Dipartimento <strong>di</strong> Discipline Odontostomatologiche<br />

OBBIETTIVI: Gli scopi dello stu<strong>di</strong>o erano quelli <strong>di</strong> indagare l’impatto del dolore oro-facciale sulla qualità della vita<br />

<strong>dei</strong> pazienti; analizzare la prevalenza <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sturbi <strong>di</strong> somatizzazione e depressione; e vagliare quin<strong>di</strong> l’ipotesi secondo<br />

cui le forme <strong>di</strong> DTM caratterizzate da dolore, abbiano un impatto maggiore sulla sfera psico-affettiva rispetto ai DTM<br />

pain-free.<br />

MATERIALI E METODI: Il <strong>di</strong>segno dello stu<strong>di</strong>o prevedeva una visita clinica gnatologica secondo i criteria degli<br />

RDC/TMD asse I e la compilazione <strong>di</strong> due questionari self-report. Di 71 pazienti che hanno accettato <strong>di</strong> partecipare allo<br />

stu<strong>di</strong>o, 68 sod<strong>di</strong>sfacevano i criteri d’inclusione. Il campione è stato sud<strong>di</strong>viso in 4 gruppi: Gruppo Assenza <strong>di</strong> Dolore(19<br />

pz ), Gruppo Dolore Muscolare(12 pz,) Gruppo Dolore Articolare(26 pz) e Gruppo Dolore Misto(11 pz). I due<br />

questionari utilizzati sono stati l’OHIP e l’asse II degli RDC/TMD.<br />

RISULTATI: I risultati ottenuti mostrano come il Gruppo Assenza <strong>di</strong> Dolore presenta una qualità della vita migliore<br />

(Me<strong>di</strong>a OHIP=74,74±7,48), mentre i punteggi più bassi sono stati totalizzati nel gruppo con Dolore Muscolare (Me<strong>di</strong>a<br />

OHIP=59,83±12,01). Per quanto concerne l’asse II <strong>dei</strong> RDC/TMD, la valutazione della presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi depressivi<br />

ha permesso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare quadri <strong>di</strong> Depressione e Somatizzazione gravi sia per il gruppo Dolore Misto (Valore Me<strong>di</strong>o<br />

per la Depressione= 2,266 e Somatizzazione=1,535) sia per il Gruppo Muscolare (D=2,00 e S=1,305) mentre il Gruppo<br />

Articolare e il Gruppo Assenza <strong>di</strong> Dolore presentano valori ridotti con quadri <strong>di</strong> depressione e somatizzazione moderati<br />

(rispettivamente D=1,09 e S= 0,854 e D=0,933 S=0,654). In seguito sono stati associati i risultati <strong>dei</strong> due questionari<br />

evidenziando come l’intensità della gravità del dolore cronico (GSCP) sia l’aspetto che principalmente influisce sulla<br />

qualità della vita. Infine, sud<strong>di</strong>videndo il campione secondo i 3 livelli <strong>di</strong> depressione e somatizzazione è emerso come il<br />

gruppo caratterizzato da un grado severo, abbia una percezione della qualità della vita significativamente peggiore<br />

rispetto ai gruppi caratterizzati dai livelli me<strong>di</strong>ocre o normale.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Si riscontra una consistente associazione tra <strong>di</strong>sturbi della sfera psico-emotiva e<br />

con<strong>di</strong>zioni cliniche del paziente. Il dolore ha <strong>di</strong>mostrato avere un ruolo <strong>di</strong>scriminante nell’inferenza con <strong>di</strong>sturbi<br />

psicoemotivi in<strong>di</strong>pendentemente dalla tipologia <strong>di</strong> DTM: in tutte le indagini effettuate, sia per la depressione che per la<br />

somatizzazione i gruppi con dolore hanno prodotto risultati significativamente più elevati rispetto al gruppo composto<br />

da pazienti con patologie pain-free. In particolare, la presenza o meno <strong>di</strong> dolore muscolare sembra essere un fattore<br />

prognostico negativo.


DTM E ANSIA IN SOGGETTI PARAFUNZIONANTI IN PRESENZA DI UN’INTERFERENZA<br />

OCCLUSALE SPERIMENTALE.<br />

Lan<strong>di</strong>no D, Cioffi I, Festa P.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, Università <strong>di</strong> Napoli “Federico II”.<br />

OBIETTIVI: Valutare la prevalenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporoman<strong>di</strong>bolari (DTM)e i livelli <strong>di</strong> ansia in soggetti<br />

parafunzionanti rispetto a soggetti non parafunzionanti. Valutare inoltre gli effetti <strong>di</strong> una interferenza occlusale<br />

sperimentale sull’attività parafunzionale e sui segni e sintomi <strong>di</strong> DTM. MATERIALI E METODI: E’ stato<br />

somministrato a 250 studenti <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina l’OBC (Oral Behaviour Checklist), questionario <strong>di</strong> autovalutazione qualitativa<br />

e quantitativa delle attività parafunzionali. Sono stati quin<strong>di</strong> selezionati 9 soggetti senza parafunzioni <strong>di</strong>urne (5<br />

femmine, 4 maschi; età me<strong>di</strong>a±SD: 22,11±1,83) e 9 soggetti con parafunzioni <strong>di</strong>urne (8 femmine, 1 maschio; età<br />

me<strong>di</strong>a±SD: 20,22±1,09). Lo stu<strong>di</strong>o si è articolato in 3 fasi consecutive (B1, IA, B2) della durata <strong>di</strong> tre giorni ciascuna.<br />

Tra una fase e la successiva è intercorsa una settimana. In B1, tutti i soggetti sono stati sottoposti al protocollo<br />

RDC/TMD per l’esame clinico iniziale (Asse I) e la valutazione del dolore cronico (Asse II); inoltre in tale fase i<br />

soggetti hanno compilato lo STAI (State-Trait Anxiety Inventory), per la valutazione dell’ansia <strong>di</strong> stato e <strong>di</strong> tratto. La<br />

fase IA è stata caratterizzata dall’applicazione <strong>di</strong> un’interferenza occlusale in composito a livello del primo molare<br />

inferiore sul lato preferito per la masticazione: tale interferenza è stata rimossa dopo tre giorni, al termine <strong>dei</strong> quali è<br />

stato effettuato l’esame clinico Asse I RDC/TMD. Durante la successiva fase B2, l’esame clinico Asse I è stato ripetuto.<br />

In ogni fase dello stu<strong>di</strong>o è stata valutata la presenza <strong>di</strong> cefalea, dolore muscolare alla palpazione e <strong>di</strong>scomfort occlusale<br />

con tre scale analogiche visive (VAS), somministrate la mattina <strong>dei</strong> tre giorni <strong>di</strong> ogni fase, per un totale <strong>di</strong> nove giorni.<br />

RISULTATI: I soggetti parafunzionanti presentano più frequentemente rispetto ai non parafunzionanti una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />

DTM. Significativa (p


ELETTROMIOGRAFIA ED ESAME POSTURALE NELLA VALUTAZIONE CLINICA DEI DISORDINI<br />

TEMPORO-MANDIBOLARI.<br />

Muzzi F, Izzi B*, Arcuri C, Santini F.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” – UOC <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale ”S.Giovanni Calibita”<br />

Fatebenefratelli, Isola Tiberina Roma.<br />

INTRODUZIONE: Il collegamento tra occlusione e postura è in<strong>di</strong>pendente dalla volontà; una patologia a carico <strong>di</strong> una<br />

delle componenti dell’apparato stomatognatico (p.e. a livello ATM) può mo<strong>di</strong>ficare l’equilibrio, influenzando le<br />

afferenze propriocettive agli altri <strong>di</strong>stretti. L’esame elettromiografico consente <strong>di</strong> analizzare l’attività <strong>dei</strong> muscoli<br />

masticatori, mentre la stabilometria fornisce dati qualitativi e quantitativi sul deficit posturale in pazienti con patologie<br />

<strong>di</strong> interesse ortope<strong>di</strong>co, neurologico e odontostomatologico-gnatologico.<br />

OBIETTIVI: Gli Autori riportano la propria esperienza clinica relativamente ad un paziente affetto da <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni<br />

temporo-man<strong>di</strong>bolari (DTM) ed indagano la relazione esistente tra sistema stomatognatico e sistema tonico-posturale<br />

MATERIALI E METODI: Il paziente, <strong>di</strong> sesso maschile e anni 57, si è presentato alla nostra osservazione per un<br />

dolore ricorrente all’orecchio destro e all’area circostante non correlato a problemi ORL. È stato eseguita una visita<br />

gnatologica, completata dall’esame elettromiografico <strong>di</strong> superficie <strong>dei</strong> muscoli masseteri e temporali anteriori e<br />

dall’esame posturale me<strong>di</strong>ante pedana stabilometrica e posturometrica. Si è provveduto, quin<strong>di</strong>, all’equilibratura del<br />

bite già in possesso del paziente. Il paziente è stato sottoposto nuovamente ad un controllo elettromiografico a 5 mesi <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanza dalla scomparsa della sintomatologia.<br />

RISULTATI: All’esame EMG si evidenziava un ipertono del muscolo temporale destro, mentre l’esame posturostabilometrico<br />

mostrava una postura sbilanciata sul piede sinistro con conseguente torsione ed irrigi<strong>di</strong>mento della<br />

regione lombo-sacrale. Il quadro clinico non mostrava variazioni quando veniva indossato il bite in possesso del<br />

paziente.<br />

In seguito all’equilibratura del bite in base ai dati ottenuti dai due esami, si è riscontrato un imme<strong>di</strong>ato miglioramento<br />

<strong>dei</strong> valori posturali, ma non <strong>di</strong> quelli elettromiografici. Si è registrata inoltre una regressione della sintomatologia a<br />

carico delle ATM. Ad un controllo a 5 mesi si è ottenuta anche la normalizzazione <strong>dei</strong> parametri elettromiografici.<br />

CONCLUSIONI: L’esame stabiliometrico ha confermato la corretta equilibratura del bite visibile attraverso i contatti<br />

occlusali, nonostante l’esame elettromiografico non avesse ancora evidenziato variazioni significative. L’esperienza<br />

nella gestione <strong>di</strong> questo soggetto affetto da DTM, ci porta a concludere che la pedana e’ un valido strumento<br />

<strong>di</strong>agnostico e un utile ausilio terapeutico, in grado <strong>di</strong> evidenziare variazioni della postura anche in seguito a<br />

cambiamenti minimi dell’occlusione.


VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DI VITA NEI PAZIENTI CON DTM<br />

Lauretti A.*, Boccassini A., Abib S., Cosentino R., Di Paolo C.<br />

Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche Dir. Prof.ssa A. Polimeni<br />

Cattedra <strong>di</strong> Gnatologia Clinica. Prof. C. Di Paolo<br />

I <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni TM comprendono una serie <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni patologiche a carico dell’ATM, <strong>dei</strong> muscoli masticatori e delle<br />

strutture ad essi associati. In base alla loro gravità tali con<strong>di</strong>zioni possono, in alcuni soggetti, determinare limitazione<br />

funzionale e limiti sia nel lavoro che una normale interazione sociale. L’American Academy of Orol Facial Pain rileva<br />

che tra il 50% e l’ 80% della popolazione sono colpite da qualsiasi segno o sintomo <strong>di</strong> DTM. I fattori pre<strong>di</strong>sponenti ai<br />

DTM sono numerosi: abitu<strong>di</strong>ni parafunzionali, malocclusione dentale, <strong>di</strong>fetti posturali, deglutizione atipica, iperattività<br />

muscolare, stress emotivi. Appare chiaro come in questi pazienti sia facile riscontrare una componente biopsicosociale<br />

che agisce come fattore aggravante, perpetuante o scatenante della patologia <strong>di</strong> base. Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è quello<br />

<strong>di</strong> valutare la qualità <strong>di</strong> vita nei pazienti con DTM attraverso l’applicazione <strong>di</strong> un questionario. Tale stu<strong>di</strong>o è stato<br />

condotto valutando un gruppo campione <strong>di</strong> 155 pazienti affluenti nel “Centro per la cura delle <strong>di</strong>sfunzioni e <strong>dei</strong> dolori<br />

cranio-cervico-man<strong>di</strong>bolari del Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche del Policlinico Umberto I° Università <strong>di</strong><br />

Roma “Sapienza” confrontandolo con un gruppo controllo <strong>di</strong> 98 soggetti asintomatici. La raccolta <strong>dei</strong> dati è stata<br />

effettuata <strong>di</strong>rettamente me<strong>di</strong>ante uno strumento <strong>di</strong> valutazione della qualità <strong>di</strong> vita il Questionario SF-36. Tale<br />

Questionario è un indagine Sanitaria in forma breve in 36 punti creato su una revisione <strong>dei</strong> vari strumenti già esistenti in<br />

letteratura che valutano le mo<strong>di</strong>fiche e le limitazioni in varie <strong>di</strong>mensioni come la capacità funzionale, gli aspetti sociali,<br />

la salute mentale e la percezione generale <strong>di</strong> salute. I dati sono stati catalogati su programma excel e sulla loro base<br />

sono stati calcolati i valori me<strong>di</strong> e le rispettive deviazioni standard. L’analisi <strong>di</strong> risultati ha evidenziato come il lavoro<br />

sod<strong>di</strong>sfi gli obiettivi pianificati, documentando significatività tanto nella coerenza interna del questionario SF-36<br />

attraverso l’alfa <strong>di</strong> Cronbach come nella correlazione <strong>di</strong> Pearson e nel Test T in<strong>di</strong>pendent <strong>di</strong>mostrando come nei<br />

pazienti affetti da DTM si evidenzi una riduzione della qualità <strong>di</strong> vita in particolare degli aspetti vitali che coinvolgono i<br />

sintomi della malattia come il dolore, la capacità funzionale e stato <strong>di</strong> salute.


ANALISI DEI CARICHI TRASVERSALI NELLA GENESI DELLE RECESSIONI GENGIVALI.<br />

Giacomello MS, Maddalone M, Gioco M, Giovene A.<br />

Università Statale Milano-Bicocca, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Corso <strong>di</strong> laurea Magistrale in <strong>Odontoiatria</strong> e<br />

Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> laurea in Igiene Dentale, Clinica Odontoiatrica (<strong>di</strong>rettore Prof. M. Baldoni).<br />

gnatos@yahoo.it.<br />

OBIETTIVI: confrontare la posizione spaziale <strong>di</strong> premolari superiori con recessione gengivale (gruppo stu<strong>di</strong>o) e senza<br />

recessione (gruppo controllo) per valutare l'eventuale implicazione delle forze occlusali trasversali nella genesi delle<br />

recessioni gengivali. MATERIALI E METODI: gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o: 9 pazienti (età me<strong>di</strong>a 37,56 aa, dev. St. 6,39, range<br />

29-48, M:F=4:5) con recessioni a livello premolare superiore; gruppo controllo senza recessioni: 9 pazienti (età me<strong>di</strong>a<br />

31,22 aa, dev. St. 5,04, range 26-41, M:F=5:4) per un totale <strong>di</strong> 30 premolari analizzati nel gruppo uno e 36 nel due.<br />

Criteri <strong>di</strong> esclusione: assenza <strong>di</strong> più <strong>di</strong> due denti per emiarcata (in particolare molari), presenza <strong>di</strong> flogosi parodontale<br />

(sanguinamento positivo), una alterata tecnica <strong>di</strong> spazzolamento, la presenza <strong>di</strong> malattie sistemiche interessanti<br />

connettivo e tessuto osseo, uso <strong>di</strong> sostanze psicotrope o altre forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza (tabagismo e alcolismo). Me<strong>di</strong>ante<br />

analisi tomografica TVG (maxiScan, software NewTome 3G, QR Verona, Verona – Italy) si è valutata la morfologia<br />

d’arcata e l’asse <strong>dei</strong> singoli elementi e delle ra<strong>di</strong>ci (non rilevabile dai modelli): è stato analizzato l’angolo sotteso tra<br />

l’asse dentale e l’asse del processo alveolare in cui insiste il premolare (denominato α) e quello sotteso tra gli assi<br />

interdentali <strong>di</strong> premolari antagonisti (denominato β). L’analisi funzionale è stata eseguita con una apparecchiatura<br />

prototipo <strong>di</strong> nostra progettazione e realizzazione: durante i cicli masticatori la pressione trasversale applicata<br />

sull’elemento dentale era trasformata in segnale elettrico da un trasduttore ceramico inserito in un sistema stabilizzatore<br />

e collegato con un voltmetro amplificatore. RISULTATI: gruppo stu<strong>di</strong>o: α=38,22°±7,87° (range 24,7°-56,2°) e<br />

β=189,78°±9,06° (range 174,5°-212,3°); gruppo controllo: α=14,6°±3,59° (range 5,4°-21,5°); β=170,36°±6,85° (range<br />

161,3°-192,7°). Confronto statistico me<strong>di</strong>ante test T <strong>di</strong> Student eteroschedastico (per campioni con varianza <strong>di</strong>ssimile):<br />

<strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa (p


MANIFESTAZIONI CLINICHE DELLA SINDROME DI EAGLE IN PAZIENTI AFFETTI DA DISORDINI<br />

TEMPOROMANDIBOLARI.<br />

Costantinides F, Vidoni G, Contardo L, Bo<strong>di</strong>n C, Di Lenarda R.<br />

(Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste - Corso <strong>di</strong> Laurea<br />

Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia ).<br />

OBIETTIVO: La sindrome <strong>di</strong> Eagle è caratterizzata da una sintomatologia algica ricorrente nella regione anterolaterale<br />

del collo o a livello della gola spesso associato ad una sensazione <strong>di</strong> corpo estraneo e <strong>di</strong>sfagia che si manifesta in<br />

presenza <strong>di</strong> un processo stiloideo allungato o <strong>di</strong> una calcificazione del legamento stiloioideo. Poiché spesso il dolore<br />

può irra<strong>di</strong>arsi a livello dell’orecchio ipsilaterale, i sintomi associati a questa patologia entrano in <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale<br />

con un’ampia varietà <strong>di</strong> nevralgie facciali. Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è la presentazione <strong>di</strong> un caso clinico relativo ad una<br />

paziente <strong>di</strong> 59 anni con una sintomatologia algica cronica localizzata al collo destro da circa 2 anni insorta in seguito ad<br />

una sublussazione man<strong>di</strong>bolare.<br />

MATERIALI E METODI: La paziente presentava una anamnesi patologica positiva per <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni<br />

temporoman<strong>di</strong>bolari <strong>di</strong> carattere artrosico. Nonostante la riabilitazione protesica in occlusione bilanciata e l’assunzione<br />

<strong>di</strong> farmaci miorilassanti, i segni e sintomi, caratterizzati da o<strong>di</strong>nofagia e dolorabilità alla palpazione in zona sottogoniaca<br />

destra, persistevano con la medesima intensità. E’ stata eseguita una ortopantomografia allo scopo <strong>di</strong> escludere<br />

eventuali focolai <strong>di</strong> origine odontogena. Il riscontro <strong>di</strong> un’evidente alterazione morfologica del processo stiloideo<br />

destro, associato ai sintomi sopra descritti (sindrome <strong>di</strong> Eagle), ha richiesto un ulteriore approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>agnostico<br />

me<strong>di</strong>ante TAC eseguita senza mezzo <strong>di</strong> contrasto.<br />

RISULTATI: I risultati della TAC hanno evidenziato la presenza <strong>di</strong> processo stiloideo <strong>di</strong> lunghezza superiore alla<br />

norma confermando il sospetto <strong>di</strong>agnostico <strong>di</strong> sindrome <strong>di</strong> Eagle.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Una sintomatologia algica a livello cervicofacciale si riscontra comunemente nei<br />

pazienti affetti da sindrome <strong>di</strong> Eagle spesso coesistendo e sovrapponendosi ai sintomi tipici delle patologie che<br />

coinvolgono l’articolazione temporoman<strong>di</strong>bolare. Per tale motivo, sebbene la sindrome <strong>di</strong> Eagle sia una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

raro riscontro, essa deve essere tenuta in considerazione ogniqualvolta un dolore cronico cervicofacciale risulti<br />

refrattario al trattamento.


CORRELAZIONE TRA SOGLIA DEL DOLORE VALUTATA CON COLD PRESSOR TEST E IL DOLORE<br />

POSTOPERATORIO DOPO ESTRAZIONE DI TERZO MOLARE INFERIORE.<br />

Pramstraller M, Mobilio N, Vecchiatini R, Catapano S, Calura G.<br />

Dip. Disc. Med. Chir.C.C., Sez. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ferrara, Ferrara.<br />

INTRODUZIONE: I dati recenti presentati in letteratura suggeriscono che una sensazione dolorosa provata<br />

sperimentalmente potrebbe pre<strong>di</strong>re la severità del dolore provato dal paziente nel periodo postoperatorio. Tali previsioni<br />

sono state <strong>di</strong>mostrate per interventi in laparoscopia ed al ginocchio, ma non è presente alcun lavoro inerente alla<br />

chirurgia del <strong>di</strong>stretto oro-facciale. OBIETTIVI: Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare sperimentalmente la<br />

relazione esistente tra soglia del dolore, rilevata prima dell’intervento <strong>di</strong> chirurgia tramite Cold Pressor Test<br />

(Quantitative Sensory Testing), ed il dolore riferito dal paziente nella prima settimana post-operatoria dopo estrazione<br />

del terzo molare inferiore incluso. MATERIALI E METODI: Sono stati reclutati 20 pazienti (15 femmine e 5 maschi)<br />

afferenti alla Sezione <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ferrara per estrazione <strong>di</strong> terzo molare inferiore.<br />

L’età me<strong>di</strong>a del campione analizzato era <strong>di</strong> 29,8 ± 9,2 anni. Prima <strong>di</strong> essere sottoposti all’intervento chirurgico ogni<br />

soggetto ha eseguito il Cold Pressor Test, una tipologia <strong>di</strong> QST, in accordo con il protocollo proposto in letteratura.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> test consiste nell’immergere la mano non dominante del soggetto in un box contenente acqua e giaccio<br />

(in rapporto <strong>di</strong> 2:1) con temperatura me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> circa 0°C. Le variabili analizzate in questo test erano il tempo <strong>di</strong><br />

immersione della mano non dominante, la sensazione <strong>di</strong> dolore ed il <strong>di</strong>sagio provati dal paziente al termine del test.<br />

Ogni soggetto valutava il dolore postoperatorio provato nei 7 giorni successivi tramite l’utilizzo <strong>di</strong> una scala VAS.<br />

Ansia e depressione sono state valutate tramite test psicometrici prima dell’intervento chirurgico. Per l’analisi statistica<br />

è stato usato un modello <strong>di</strong> regressione multivariata a variabili in<strong>di</strong>pendenti. Lo stu<strong>di</strong>o è stato approvato dal comitato<br />

etico locale ed i pazienti hanno firmato il consenso scritto. RISULTATI: È stata riscontrata una correlazione pari ad r 2<br />

= 0,3 tra il massimo dolore postoperatorio provato e la sensazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio provata dal paziente durante il Cold<br />

Pressor Test, raggiungendo la significatività statistica.I pazienti con depressione moderata hanno riferito un esperienza<br />

postoperatoria più dolorosa ( p < 0,05). Non è stata riscontrata nessuna significatività <strong>di</strong>videndo i pazienti in base allo<br />

stato ansiogeno. CONCLUSIONI: Nonostante i limiti intrinseci a questo stu<strong>di</strong>o, ovvero il numero limitato <strong>di</strong> soggetti,<br />

si è <strong>di</strong>mostrata una correlazione tra i risultati ottenuti tramite QST ed il dolore postoperatorio dopo avulsione <strong>di</strong> terzo<br />

molare inferiore.


VALUTAZIONE ELETTROMIOGRAFICA E KINESIOGRAFICA DELLO SPAZIO LIBERO NEI<br />

PAZIENTI DISFUNZIONALI PRIMA E DOPO TRATTAMENTO CON BITE<br />

Favero L, Stellini E, Fioretti G, Favero V, Cocilovo F.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> Di Padova, Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co-Chirurgche, Sezione <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica<br />

Introduzione: nella pratica clinica i segni e i sintomi delle <strong>di</strong>sfunzioni temporo-man<strong>di</strong>bolari sono estremamente<br />

frequenti e presentano una incidenza del 50-60% sull’intera popolazione. L’approccio al paziente <strong>di</strong>sfunzionale deve<br />

seguire un protocollo <strong>di</strong>agnostico completo che si basi sui criteri della semeiotica tra<strong>di</strong>zionale e la <strong>di</strong>agnosi definitiva<br />

sarà il risultato dell’integrazione <strong>dei</strong> dati forniti dall’anamnesi, dall’esame clinico, dagli esami ra<strong>di</strong>ografici e da altre<br />

indagini strumentali quali la risonanza magnetica, l’elettromiografia, specie se in associazione con la kinesiografia, e la<br />

sonoartrografia. Scopo del lavoro è la valutazione dell’utilità <strong>di</strong>agnostica della elettromiografia associata alla<br />

kinesiografia man<strong>di</strong>bolare (EMKG), nell’ambito <strong>dei</strong> pazienti affetti da <strong>di</strong>sfunzioni dell’articolazione temporoman<strong>di</strong>bolare,<br />

con particolare riferimento all’inquadramento <strong>di</strong>mensionale dello spazio libero ed alla sua<br />

correlazione/correlabilità con l’assetto elettromiografico del <strong>di</strong>stretto cranio-cervico-man<strong>di</strong>bolare. Materiali e Meto<strong>di</strong>:<br />

un campione <strong>di</strong> 23 soggetti è stato selezionato tra i pazienti del servizio <strong>di</strong> EMKG della Clinica Odontoiatrica <strong>di</strong><br />

Padova. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad anamnesi ed esame obiettivo: l’iter anamnestico ha reso possibile la<br />

classificazione <strong>dei</strong> pazienti in base al tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfunzione (articolare, muscolare, combinazione delle due); i pazienti<br />

sono stati sottoposti, poi, ad EMKG al fine <strong>di</strong> ottenere informazioni riguardanti la <strong>di</strong>namica man<strong>di</strong>bolare, il tono<br />

muscolare in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> riposo ed il freeway space. Gli SCAN <strong>di</strong> riferimento sono stati il 3, che visualizza il<br />

movimento man<strong>di</strong>bolare dalla posizione <strong>di</strong> riposo accomodativa all’occlusione centrica, ed il 9 (elettromiografia basale<br />

<strong>dei</strong> muscoli masticatori, prima del rilassamento); in base ai dati ottenuti tramite l’EMKG, è stata adottata una specifica<br />

terapia con placca (<strong>di</strong> svincolo, riposizionamento, stabilizzazione o riposizionamento associata successivamente a<br />

placca <strong>di</strong> svincolo). A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 9 mesi dal trattamento è stato nuovamente realizzata una EMKG per valutare le<br />

variazioni correlate <strong>di</strong> spazio libero e <strong>di</strong> tono muscolare. Risultati e Discussione: i pazienti, prima del trattamento,<br />

presentavano valori elettromiografici basali elevati e valori <strong>di</strong> freeway space me<strong>di</strong>amente inferiori al range fisiologico;<br />

dopo il trattamento è stato possibile rilevare una riduzione <strong>dei</strong> valori basali <strong>di</strong> gran parte <strong>dei</strong> muscoli considerati ed un<br />

correlato e relativo aumento del freeway space. Il trattamento specifico con placca <strong>di</strong> svincolo ha permesso la riduzione<br />

più consistente del tono muscolare <strong>dei</strong> masseteri e <strong>dei</strong> temporali ant ed un aumento relativo del freeway space (da<br />

0.7mm a 1.7mm circa); tali valori sono accompagnati quasi sempre da un miglioramento del quadro sintomatologico.<br />

Conclusioni: l’elettromiografia, in associazione alla kinesiografia, è un’indagine strumentale importante sia in fase<br />

<strong>di</strong>agnostica, per quantificare l’entità delle <strong>di</strong>sfunzioni muscolo-scheletriche ed i valori reali <strong>di</strong> freeway space, sia in fase<br />

terapeutica, in quanto consente la monitorizzazione delle variazioni indotte dalle placche sul sistema neuromuscolare<br />

<strong>dei</strong> pazienti <strong>di</strong>sfunzionali.


IL RUOLO DEI DTM E DEI DISORDINI CRANIO-CERVICALI NEI DISTURBI DELL’EQUILIBRIO: UNO<br />

STUDIO MEDIANTE STABILOMETRIA STATICA<br />

A. Di Nunno, F. Panti, S. Brunelli, C. Di Paolo<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong> Gnatologia Clinica – Direttore: Prof. Carlo Di Paolo,<br />

“Sapienza”, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma.<br />

INTRODUZIONE: l’equilibrio è una complessa funzione biologica regolata da input sensoriali provenienti dal sistema<br />

visivo, propriocettivo e vestibolare. Negli ultimi anni molti autori hanno indagato i vari determinanti in grado <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficarlo. Tra questi l’apparato stomatognatico ricoprirebbe un ruolo <strong>di</strong> importanza primaria nel mantenimento della<br />

funzione posturale e soprattutto nell’influenzare la postura del capo e del rachide cervicale.<br />

Scopo dello stu<strong>di</strong>o è valutare se la stabilometria statica possa essere <strong>di</strong> ausilio nell’intercettare le possibili interferenze<br />

<strong>dei</strong> recettori craniocervicoman<strong>di</strong>bolari sull’equilibrio.<br />

MATERIALI E METODI: lo stu<strong>di</strong>o ha previsto 2 popolazioni. Il primo gruppo comprendeva 40 soggetti (female/male:<br />

35/5) affetti da DTM; il secondo era costituito da 20 soggetti sani. Ciascun soggetto è stato sottoposto a visita<br />

stomatognatica e ad esame stabilometrico nelle prove standard (occhi aperti, occhi chiusi, occhi chiusi con capo<br />

retroflesso, occhi chiusi con svincolo occlusale). Sulla base degli in<strong>di</strong>ci del Prof. Guidetti sono state determinate le<br />

eventuali interferenze oculari, occlusali e cervicali sull’equilibrio.<br />

RISULTATI: non sono emerse significative <strong>di</strong>fferenze tra le due popolazioni in merito alle interferenze oculari e<br />

occlusali, mentre è stata riscontrata una netta prevalenza del valore LG (lunghezza del gomitolo) dell’interferenza<br />

cervicale della popolazione <strong>di</strong> pazienti con DTM rispetto al campione controllo (LG: 42,5%/0).<br />

DISCUSSIONE: l’elevata prevalenza <strong>di</strong> un’interferenza cervicale nella prima popolazione rispetto ai soggetti sani tende<br />

a <strong>di</strong>mostrare la presenza <strong>di</strong> una maggiore tensione cervicale nei DTM, come <strong>di</strong>mostrato dalla netta predominanza del<br />

valore LG (espressione del sistema propriocettivo) nei pazienti con <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporoman<strong>di</strong>bolari.<br />

CONCLUSIONI: gli Autori ritengono che la stabilometria statica possa rappresentare un valido supporto nel<br />

determinismo <strong>dei</strong> recettori cranio-cervico-man<strong>di</strong>bolari in grado <strong>di</strong> alterare la funzione posturale del paziente. Attraverso<br />

lo stu<strong>di</strong>o dell’equilibrio, infatti, è possibile anche valutare le correlazioni esistenti tra apparato stomatognatico e colonna<br />

cervicale.


VALUTAZIONI SULLA PEDANA POSTURO_STABILOMETRICA NEI PILOTI MILITARI<br />

DELL’AERONAUTICA MILITARE ITALIANA.<br />

Bal<strong>di</strong>ni A. * ,Nanussi A.**, Cioffi D.***,Monguzzi R.*,Sarlo O.***<br />

*Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in Parodontologia Sperimentale(Coord .Prof.M.Baldoni)<br />

**Università Milano – Bicocca, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia.Corso <strong>di</strong> Laurea Magistrale in <strong>Odontoiatria</strong> (Pres:<br />

Prof. M. Baldoni).Insegnamento <strong>di</strong> Gnatologia (Tit.Dott.A.Bal<strong>di</strong>ni)<br />

***Servizio Sanitario Aeronautica Militare Italiana<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del presente lavoro e’ quello <strong>di</strong> verificare i parametri Posturo-stabilometrici <strong>dei</strong> piloti<br />

dell’Aeronautica militare italiana per poter valutare statisticamente se e come tali parametri si <strong>di</strong>scostano dalla<br />

popolazione normale.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati esaminati 10 piloti dell’Aeronautica Militare Italiana che si sono recati presso<br />

l’Istituto Me<strong>di</strong>co Legale A.Mosso <strong>di</strong> Milano per un Check Up Gnato-Posturale .Sono stati selezionati 30 casi controllo<br />

presso il Centro <strong>di</strong> Posturologia e Gnatologia Sportiva dell’Universita’ della Milano Bicocca (,Clinica Odontoiatrica<br />

H.S. Gerardo <strong>di</strong> Monza ) I casi controllo sono soggetti sani non <strong>di</strong>sfuzionali e con un buona salute gnato<br />

posturale(studenti ). Ai piloti e ai casi controllo e’ stato effettuato anche un check up Gnato-posturale con valutazioni<br />

occlusali cliniche e Strumentali (T-Scan III,Dl Me<strong>di</strong>ca) e posturali statiche (scoliosimetro e podoscopio) e<br />

strumentali con Pedana Posturo-Stabilometrica Correkta(DL Me<strong>di</strong>ca).Il protocollo con Pedana Posturo-stabilometrica<br />

ha previsto le valutazioni posturo-stabilometriche ad occhi aperti e chiusi in rest position,,occlusione centrica,con rulli<br />

<strong>di</strong> cotone Ogni esame su pedana ha avuto la durata <strong>di</strong> 51 sec e 3 decimi come da parametri co<strong>di</strong>ficati dalla<br />

Posturologia Francese ed in particolare e’ stato valutato lo Statokinesigramma (lunghezza e Superficie gomitolo) oltre<br />

che i parametri posturometrici.<br />

RISULTATI:<br />

Dalla sperimentazione in atto risulta come statisticamente significativo un miglior controllo posturale in generale nei<br />

piloti rispetto ai casi controllo in tutte le varie situazioni (RC,OC,con rulli).In particolare rispetto alla letteratura<br />

internazionale in cui viene co<strong>di</strong>ficato una <strong>di</strong>fficolta’ maggiore a ritrovare l’equilibrio con gli occhi chiusi rispetto a<br />

quelli aperti(In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Romberg),nel caso <strong>dei</strong> piloti e’ stato rilevato una miglior equilibrio posturale strumentale ad<br />

occhi chiusi rispetto agli occhi aperti.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:<br />

Appare quin<strong>di</strong> chiaro come il pilota militare sia assimilabile ad uno sportivo ad elevate prestazioni che proprio per le<br />

elevatissime prestazioni a cui e’ sottoposto necessita anche <strong>di</strong> un perfetto equilibrio gnato-posturale.<br />

Inoltre proprio perche’ abituato a volare in situazioni estreme ha inserito nel sistema posturale la capacita’ <strong>di</strong> ritrovare<br />

l’equibrio anche senza l’afferenza visiva.Tale situazione viene rilevata anche in professionisti <strong>di</strong> Kick Boxing i quali<br />

sono sottoposti ad allenamenti bendati.


PROPOSTA DI PROTOCOLLO SPERIMENTALE PER L’INDIVIDUAZIONE DI PARAMETRI<br />

CEFALOMETRICI CORRELABILI CON DCCM, STUDIO PRELIMINARE.<br />

Coppi C, Padalino S, Ferraboli F, Bortolini S, Consolo U.<br />

Università <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è proporre un protocollo standar<strong>di</strong>zzabile per evidenziare alterazioni dentoscheletriche<br />

e cefalometriche, me<strong>di</strong>ante telera<strong>di</strong>ografia latero-laterale, che permettano l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> pazienti a<br />

rischio per DCCM.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati esaminati 20 pazienti affetti da DCCM (17F, 3M) con età compresa tra 16 e 64<br />

anni (età me<strong>di</strong>a 37) con <strong>di</strong>agnosi eseguita attraverso esame obiettivo, RM e telera<strong>di</strong>ografia latero-laterale in posizione<br />

naturale della testa, intesa come posizione ortologica del paziente che mira l’orizzonte<br />

RISULTATI: Gli angoli Cranio-vertebrale (MGp-OP)e CVT-OPT (In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Lordosi) si situano nel range <strong>di</strong> normalità<br />

, così come il triangolo ioideo; l’angolo intercervicale risulta <strong>di</strong>minuito in modo statisticamente significativo (P


DISORDINI TEMPORO-MANDIBOLARI NEI BA<strong>MB</strong>INI E NEGLI ADOLESCENTI. UNA “REVIEW”<br />

SISTEMATICA EVIDENCE BASED<br />

Annunziata A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania<br />

Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia<br />

Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in Ortognatodonzia Intercettiva<br />

Obiettivi. Scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è la valutazione della prevalenza <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporo-man<strong>di</strong>bolari nei soggetti in<br />

età evolutiva attraverso la ricerca e la <strong>di</strong>samina degli stu<strong>di</strong> epidemiologici presenti in letteratura.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. E’ stata condotta una ricerca su ”Medline Me<strong>di</strong>cal Subjects Hea<strong>di</strong>ngs (MeSH) Database” e”<br />

PubMed”.Sono stati scelti come mesh terms/subhea<strong>di</strong>ngs, “cranioman<strong>di</strong>bular <strong>di</strong>sorders/epidemiology [Majr]” or “facial<br />

pain/epidemiology[Majr]” .<br />

Il seguente criterio d’inclusione è stato scelto in maniera da selezionare gli articoli pubblicati:<br />

Articoli che siano chiaramente riferiti a stu<strong>di</strong> epidemiologici sui <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni cranio-man<strong>di</strong>bolari nei bambini e negli<br />

adolescenti. I criteri d’esclusione sono stati: -impiego dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Helikimo o del RCD,-argomenti riferiti non<br />

esclusivamente ai TMD,- soggetti con età superiore ai 18 anni,- pazienti con sindromi.<br />

Discussione. Nel 1986 Wanman & Ageberg condussero il loro stu<strong>di</strong>o in Svezia, su 285 soggetti <strong>di</strong>ciassettenni. Si tratta<br />

<strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o longitu<strong>di</strong>nale della durata <strong>di</strong> due anni che si prefiggeva lo scopo precipuo <strong>di</strong> accertare la prevalenza <strong>di</strong><br />

segni e sintomi <strong>di</strong> TMD. La ricerca è <strong>di</strong>visa in due momenti <strong>di</strong>versi, il primo <strong>dei</strong> quali ha lo scopo <strong>di</strong> indagare la<br />

presenza <strong>di</strong> sintomi nel campione tramite un questionario strutturato in modo da dover rispondere si o no alle domande,<br />

mentre in un secondo momento veniva effettuata sui soggetti un’indagine clinica alla ricerca <strong>di</strong> eventuali segni <strong>di</strong> TMD.<br />

L’altro stu<strong>di</strong>o che ha superato i nostri criteri d’esclusione è stato quello <strong>di</strong> Kononen e coll, eseguito su <strong>13</strong>1 adolescenti<br />

finlandesi presso l’Università <strong>di</strong> Helsinki. Nell’arco <strong>di</strong> 4 anni <strong>13</strong>1 giovani furono intervistati e visitati all’età <strong>di</strong> 14, 15 e<br />

18 anni. Come nello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Ageberg e Wanman, gli autori si sono serviti <strong>di</strong> un questionario per l’indagine<br />

anamnestica, ma stavolta, purtroppo, non hanno espresso la prevalenza <strong>dei</strong> sintomi secondo l’in<strong>di</strong>ce anamnestico <strong>di</strong><br />

Helkimo.Per quello che invece riguarda la prevalenza <strong>dei</strong> segni, a seguito <strong>di</strong> un esame clinico del tutto simile a quello<br />

visto nello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Wanman ed Ageberg, i dati furono organizzati secondo l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong>sfunzionale <strong>di</strong> Helkimo.<br />

Diversamente da quanto descritto da Wanman ed Ageberg, in questo caso non furono rilevate <strong>di</strong>fferenze significative<br />

tra maschi e femmine, mentre fu confermata la fluttuazione intrain<strong>di</strong>viduale elevata.<br />

Risultati. I <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni temporo-man<strong>di</strong>bolari sono tutt’altro che rari nell’infanzia e nell’adolescenza e la mitezza <strong>dei</strong><br />

sintomi probabilmente costituisce un fattore determinante nella sottostima del problema. Queste caratteristiche tendono<br />

a sfumare col tempo nel sesso femminile, mentre nei ragazzi tende a mantenersi perlopiù costante.<br />

Conclusioni. I dati sulla prevalenza <strong>dei</strong> TMD raccolti nella nostra ricerca emergono da una letteratura ristretta su stu<strong>di</strong><br />

ritenuti metodologicamente vali<strong>di</strong> e, dato che non mancano voci contrastanti in merito alle questioni trattate, è evidente<br />

la necessità della realizzazione <strong>di</strong> altri stu<strong>di</strong>, condotti con gli stessi meto<strong>di</strong>, in grado <strong>di</strong> confermare quei risultati. Il<br />

primo passo in questa <strong>di</strong>rezione dovrebbe essere quello dell’adozione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci standar<strong>di</strong>zzati da parte degli autori, in<br />

maniera da rendere i risultati confrontabili.


TERAPIA FARMACOLOGICA ALTERNATIVA NEI PAZIENTI CON DISORDINI TEMPORO-<br />

MANDIBOLARI: RIMEDI FITOTERAPICI (ARTIGLIO DEL DIAVOLO) E INTEGRATORI ALIMENTARI<br />

(MAGNESIO).<br />

Cecchetti T, Lomaglio D, Deli R.<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore. Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia”A.Gemelli”.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia. Direttore: Prof R. Deli.<br />

OBIETTIVI: Le <strong>di</strong>sfunzioni temporo-man<strong>di</strong>bolari (DTM) rappresentano al momento una patologia <strong>di</strong> grande<br />

interesse. Il dolore orofaciale e la contrazione muscolare sono elementi pressoché costanti in ogni tipo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sfunzione, la cui etiologia è certamente multifattoriale.<br />

La terapia farmacologica s’inserisce pertanto nel trattamento <strong>dei</strong> DTM sia come momento risolutivo nelle fasi<br />

dolorose acute, sia come ausilio nel trattamento <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sturbi cronici, nei quali dovranno essere associate terapie<br />

specifiche. Il ricorso a farmaci, in maniera spesso continuativa da parte <strong>dei</strong> pazienti e ancora il loro abuso, ci ha<br />

portati a cercar una terapia alternativa che potesse avere effetti positivi sul dolore e la contrazione muscolare, ma con<br />

effetti collaterali minori rispetto alle terapie convenzionali. MATERIALI E METODI: Si è preso in esame un<br />

gruppo <strong>di</strong> 10 pazienti, composto <strong>di</strong> 2 maschi e 8 femmine <strong>di</strong> età compresa fra i 21 e 52 anni, (me<strong>di</strong>a 35anni), che<br />

manifestavano, nell’ambito della patologia <strong>di</strong>sfunzionale, sia dolore sia una componente muscolo-tensiva a carico <strong>dei</strong><br />

muscoli dell’apparato stomatognatico. A questi pazienti è stata prescritta terapia farmacologica alternativa: un<br />

prodotto fitoterapico (artiglio del <strong>di</strong>avolo) nella dose <strong>di</strong> 2 compresse al giorno e un integratore alimentare a base <strong>di</strong><br />

magnesio (il Mag2), una bustina al giorno per 4 settimane. La valutazione è stata eseguita in base all’entità del dolore<br />

(scala <strong>di</strong> VAS da 0 a 10), alla limitazione funzionale (apertura massima della bocca in mm) e alla contrazione e<br />

dolorabilità <strong>dei</strong> muscoli masticatori rilevata con l’esame obiettivo. RISULTATI: L’intensità del dolore, riportato<br />

secondo la scala VAS, era in me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 7,0 (DS ±3,341); l’apertura massima della bocca era <strong>di</strong> 42,5 mm (DS ±5,466).<br />

Dopo un mese <strong>di</strong> terapia l’intensità del dolore scendeva ad una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 2,5 (DS ±1,509), mentre l’apertura massima<br />

della bocca rimaneva invariata. Inoltre, all’esame obiettivo <strong>dei</strong> pazienti, si è osservato un netto miglioramento della<br />

contrattura <strong>dei</strong> muscoli masticatori . DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Dall’analisi <strong>dei</strong> risultati emerge un<br />

miglioramento della sintomatologia dolorosa e dello stato <strong>di</strong> contrattura muscolare mentre la massima apertura della<br />

bocca rimane invariata in quanto i valori registrati nella fase pre-trattamento rientravano già nel range <strong>di</strong> normalità. In<br />

definitiva possiamo <strong>di</strong>re <strong>di</strong> avere avuto <strong>dei</strong> risultati positivi anche se sarebbe opportuno valutare quanta parte <strong>di</strong> tali<br />

effetti sia dovuta alla componente psichica del paziente stesso.


SIGNS AND SYMPTOMS OF TEMPOROMANDIBULAR JOINT DISORDERS IN CAUCASIAN CHILDREN<br />

AND ADOLESCENTS.<br />

Tecco S, Macrì M *, Chiarelli L, Squadrilli A, Caruso D,<br />

Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong> Ortodonzia, Università G. D’Annunzio <strong>di</strong> Chieti simtecc@unich.it<br />

OBIETTIVI: Questo stu<strong>di</strong>o ha avuto lo scopo <strong>di</strong> valutare la prevalenza <strong>di</strong> segni e sintomi <strong>di</strong> Disor<strong>di</strong>ni Temporoman<strong>di</strong>bolari<br />

(TMD) in una popolazione <strong>di</strong> bambini ed adolesenti.<br />

MATERIALI E METODI: Segni e sintomi sono stati valutati nell’ambito <strong>di</strong> una popolazione <strong>di</strong> 1<strong>13</strong>4 soggetti (593<br />

maschi e 541 femmine; range <strong>di</strong> età dai 5 ai 15 anni), sud<strong>di</strong>visi in vari gruppi, in base a: (1) la classe molare seondo<br />

Angle; (ii) la presenza ed il tipo <strong>di</strong> crossbite; (iii) il genere; e (iv) l’età (età compresa tra i 5 e gli 11 anni ed età<br />

compresa tra i 12 ed i 15 anni). La prevalenza <strong>di</strong> segni e sintomi è stata comparata tra i vari gruppi attraverso il χ 2 -<br />

testper determinare le <strong>di</strong>fferenze tra i gruppi per ciò che riguarda le variabili cliniche (sintomi <strong>di</strong> TMD; bruxismo;<br />

rumori articolari; deviazione durante l’apertura; riduzione <strong>dei</strong> movimenti <strong>di</strong> apertura/lateralità/protrusiva; e dolore<br />

muscolare).<br />

RISULTATI: I soggetti con età compresa tra i 12 ed i 15 anni mostravano una prevalenza <strong>di</strong> dolore muscolare<br />

significativamente maggiore <strong>di</strong> quelli che avevano un età compresa tra i 5 e gli 11 anni (χ 2 = 4.263; P


CORRELAZIONE TRA L’AMPIEZZA DELL’ARTICOLAZIONE ATM E LA DISTRIBUZIONE DEI<br />

CARICHI POSTURALI IN SOGGETTI ADULTI CAUCASICI. STUDIO CROSS-SECTIONAL.<br />

Tecco S, Dell’Olio V *, Comparelli U, Colicchia G, Macrì M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong> Ortodonzia, Università G. D’Annunzio <strong>di</strong> Chieti<br />

simtecc@unich.it<br />

OBIETTIVI: Scopo del lavoro è stato valutare se la <strong>di</strong>fferenza nell’ ampiezza intra-articolare delle ATM (spazio tra<br />

con<strong>di</strong>lo e fossa) tra i lati <strong>di</strong> destra e <strong>di</strong> sinistra (valutata con immagini RMN) si correla ad una <strong>di</strong>fferenza nella<br />

<strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong> carichi posturali a livello podalico (valutati con pedana posturo-stabilometrica).<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati arruolati nello stu<strong>di</strong>o 10 soggetti, 2 maschi (20%)e 8 femmine (80%), età me<strong>di</strong>a<br />

39 anni (range <strong>di</strong> età tra i 22 ed i 52), in base ai seguenti criteri: (i) buone con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute generale valutate<br />

attraverso una attenta anamnesi me<strong>di</strong>ca; (ii) negatività <strong>di</strong> pregressi problemi <strong>di</strong> vertigini dovuti a malattie del sistema<br />

nervoso centrale; (iii) assenza <strong>di</strong> una situazione <strong>di</strong> stress psicologico nei do<strong>di</strong>ci mesi precedenti; (iv) nessuna anomalia<br />

dell’apparato vestibolare.<br />

Le RMN delle ATM sono state eseguite con un apparecchio 1,5 T. Gli spazi intra-articolari sono stati valutati secondo<br />

la meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Bumann (Bumann et al. 1996). Delle 51 variabili previste da Bumann et al. sono stati selezionati 3<br />

parametri significativi. Inoltre ai soggetti è stato eseguito un esame posturo-stabilometrico, con pedana Lizard (Lizard,<br />

lemax s.r.l, Como, Italia).<br />

RISULTATI: I soggetti con valori intra-articolari minori rispetto alla norma nell’ATM destra e con carico maggiore<br />

sul piede destro erano 4 su 4 (associazione nel 100% <strong>dei</strong> casi). I soggetti con valori intra-articolari minori rispetto alla<br />

norma nell’ATM sinistra e con carico maggiore sul piede sinistro erano 3 su 4 (associazione nel 75% <strong>dei</strong> casi).<br />

I soggetti con valori intrarticolari maggiori rispetto alla norma nell’ATM destra e con carico minore sul piede destro<br />

erano 1 su 2 (associazione nel 50% <strong>dei</strong> casi) I soggetti con valori intrarticolari maggiori rispetto alla norma nell’ATM<br />

sinistra e con carico minore sul piede sinistro erano 5 su 6 (associazione nel 83% <strong>dei</strong> casi). In generale, l’associazione<br />

tra valori intra-articolari <strong>di</strong>fferenti rispetto alla norma e carico sul piede omolaterale è stata osservata in <strong>13</strong> soggetti su<br />

16 ATM (81,25%), ed il coefficiente <strong>di</strong> correlazione valutato con le meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> Kendall’s tau b (coefficiente: 0.601),<br />

Spearman’s rho (coefficiente: 0.763) è risultato statisticamente significativo.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Nonostante il campione ridotto e la mancanza <strong>di</strong> un gruppo controllo questo<br />

stu<strong>di</strong>o pilota sottolinea l’esistenza <strong>di</strong> importanti correlazioni da valutare riguardo ai rapporti tra apparato stomatognatico<br />

e postura corporea.


SESSIONE<br />

Liberi Professionisti<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


ANOMALIE DELLA DENTIZIONE PERMANENTE INDOTTE DALLA CHEMIOTERAPIA IN NEURO-<br />

ONCOLOGIA PEDIATRICA: CASE REPORT<br />

Pirrelli S., Pirrelli E.<br />

Odontoiatri liberi professionisti, Verzino (KR).<br />

silvio.pirrelli@libero.it & emanuelepirrelli@yahoo.it<br />

INTRODUZIONE: La neuro-oncologia si occupa <strong>dei</strong> tumori del sistema nervoso centrale; tali neoplasie in età<br />

pe<strong>di</strong>atrica hanno valori <strong>di</strong> prevalenza e <strong>di</strong> incidenza seconde solo alle leucemie. I chemioterapici antiblastici sono i<br />

farmaci che contrastano la crescita tumorale; producono effetti collaterali importanti sia per la citotossicità non selettiva<br />

nei confronti delle cellule tumorali, sia per l’immunodepressione secondaria. Quando sono utilizzati in età pe<strong>di</strong>atrica<br />

sono più efficaci permettendo una sopravvivenza globale a 5 anni > 70%, per contro danno ripercussioni sulla<br />

dentizione permanente perchè interferiscono pesantemente con il metabolismo <strong>dei</strong> germi dentari in fase <strong>di</strong> sviluppo: ne<br />

derivano agenesie, microdontie e malformazioni corono/ra<strong>di</strong>colari. OBIETTIVI: Il presente lavoro vuole essere<br />

propositivo per una programmazione multi<strong>di</strong>sciplinare <strong>dei</strong> controlli perio<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> questi pazienti, con il coinvolgimento<br />

dell’Odontoiatra libero professionista. MATERIALI E METODI: Giunge alla nostra osservazione un bambino <strong>di</strong> anni<br />

12 che all’età <strong>di</strong> circa 3 anni aveva mostrato i segni e i sintomi <strong>di</strong> uno <strong>dei</strong> più frequenti tumori cerebrali maligni<br />

pe<strong>di</strong>atrici, il medulloblastoma. La guarigione da tale neoplasia è stata ottenuta con un intervento <strong>di</strong> neurochirurgia<br />

ablativa seguito da cicli <strong>di</strong> chemioterapia antiblastica ad alte dosi sequenziali (Carboplatino, Lomustina, Vincristina,<br />

Cisplatino e Ciclofosfamide). I buoni risultati ottenuti hanno permesso <strong>di</strong> non effettuare il successivo, insi<strong>di</strong>oso,<br />

trattamento con ra<strong>di</strong>oterapia. L’esame obiettivo odontoiatrico evidenzia la presenza tartaro sugli incisivi inferiori; i<br />

denti permanenti hanno sia un’anomalia <strong>di</strong> numero (ipodonzia) per l’assenza <strong>di</strong> ben 8 denti permanenti (1.7, 1.8, 2.7,<br />

2.8, 3.7, 3.8, 4.7, 4.8) e sia un’anomalia <strong>di</strong> volume (1.5 e 2.5 sono microdonti); tutti i denti hanno subìto la chiusura<br />

precoce degli apici ra<strong>di</strong>colari; il 3.6 ed il 4.6 hanno una carie occlusale <strong>di</strong> II/III grado e pulpite reversibile; il 1.6 e 2.6<br />

hanno una carie occlusale <strong>di</strong> II grado e ipersensibilità dentinale; il dente deciduo 5.5, persistente in arcata, è<br />

pretermobile. RISULTATI: Il nostro piano <strong>di</strong> cura odontoiatrico, accettato con il consenso scritto <strong>dei</strong> genitori, prevede:<br />

motivazione all’igiene orale domiciliare, consigli <strong>di</strong>etetici, fluoroprofilassi topica da effettuarsi a cadenza<br />

quadrimestrale, detartrasi degli incisivi inferiori e restaurazioni conservative con resine composite <strong>di</strong> 3.6, 4.6, 1.6. e 2.6.<br />

I controlli clinici perio<strong>di</strong>ci rilevano il mantenimento della vitalità <strong>dei</strong> denti più compromessi e un buon livello <strong>di</strong> igiene<br />

orale, risultato dell’accresciuta compliance con il bambino ed i suoi genitori. CONCLUSIONI: L’<strong>Odontoiatria</strong> liberoprofessionale,<br />

molte volte l’unico riferimento per le cure, collabora in modo occasionale con i Centri <strong>di</strong> Oncologia<br />

Pe<strong>di</strong>atrica perchè la salute oro-dentale <strong>di</strong> questi bambini è spesso sottovalutata dai genitori.


I RITRATTAMENTI.<br />

Dott.ssa. Galli, R.<br />

Roma. romigalli@hotmail.com<br />

OBBIETTIVI: L’elevata qualità dell’Endodonzia attuale e l’elevato numero <strong>di</strong> pazienti che non desiderano estrarre i<br />

denti devitalizzati ci fanno consigliare giorno per giorno il ritrattamento endodontico. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong><br />

valutare i rischi durante la terapia e la durata nel tempo <strong>dei</strong> ritrattamenti. MATERIALI E METODI: Si hanno eseguito<br />

le valutazione per i ritrattamenti. 40 denti tra premolari e molari, con la procedura <strong>di</strong> protocollo: isolamento, uso <strong>di</strong><br />

solvente per la guttaperca, strumentazione combinata, manuale e meccanica, irrigazione con ipoclorito e chiusura<br />

endodontica con thermafill. Si hanno eseguito <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong> ricostruzione post endodontica: ricostruzioni, intarsi e<br />

capsule. I nostri parametri <strong>di</strong> misurazioni per valutare il successo sono stati l’assenza <strong>di</strong> frattura, l’assenza <strong>di</strong> dolore e<br />

rigonfiamento, l’inattività della tasca parodontale e l’assenza <strong>di</strong> lesione <strong>di</strong> forca.<br />

RISULTATI: su 40 denti: 2 denti sono stati estratti per frattura degli strumenti al momento della strumentazione e 7<br />

denti sono stati estratti per calcificazione nei canali. 31 denti al momento risultano sani, senza tasca, senza lesioni <strong>di</strong><br />

forca e l’immagine ra<strong>di</strong>otrasparente risulta <strong>di</strong>minuita.<br />

DISCUSSIONI: l’utilizzo delle moderne tecnologie, occhialini d’ingran<strong>di</strong>menti, localizzatori apicali, strumenti<br />

innovativi per la rimozione della guttaperca è possibile fare un’endodonzia <strong>di</strong> alta qualità. I denti ritrattati servono come<br />

pilastri <strong>di</strong> ponti corti e ricostruzioni come intarsi. No si consiglia ritrattare pazienti bruxisti e con grave lesioni<br />

parodontali.<br />

CONCLUSIONI: i denti possono rimanere in bocca, bisogna puntare come me<strong>di</strong>ci odontoiatri sulla <strong>di</strong>agnosi per<br />

selezionare accuratamente i denti. Bisogna fare un’analisi costi benefici. Non più <strong>di</strong> tre sedute per il ritrattamento, per<br />

evitare l’accanimento terapeutico. Questo stu<strong>di</strong>o è più che altro un metodo <strong>di</strong> incoraggiamento all’endodonzia, i giovani<br />

colleghi odontoiatri possano riscoprire il valore delle endodonzia e del ritrattamento. Come conclusione finale se ci<br />

sono denti devitalizzati gravemente compromessi da estrarre è giusto pensare alla sostituzione con gli impianti, branca<br />

specialistica molto consolidata è bene eseguire una accurata <strong>di</strong>agnosi per il corretto ritrattamento endodontico.


APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE IN IMPIANTO-PROTESI: UN CASE-REPORT<br />

Campanelli C., Paganelli A., Odt.Fabiani M., Falaschini S.<br />

Obiettivi: Scopo <strong>di</strong> questo case-report è presentare una soluzione impianto-protesica ad alta valenza estetica, adottata in<br />

un caso <strong>di</strong> frattura <strong>di</strong> incisivo centrale superiore con un approccio multi<strong>di</strong>sciplinare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Il paziente Q.A., età 26, si presenta all’esame obiettivo con una fistola localizzata sulla gengiva<br />

aderente vestibolare a carico dell’1.1. Allo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziare la <strong>di</strong>agnosi tra lesione parodontale o endodontica, è<br />

stato effettuato il sondaggio circonferenziale dell’elemento, che si è <strong>di</strong>mostrato essere al livello vestibolare <strong>di</strong> 2-4-3<br />

mm. La ra<strong>di</strong>ografia endorale, realizzata con il cono <strong>di</strong> guttaperca posizionato all’interno della fistola, ha mostrato il<br />

trattamento endodontico dell’elemento, assenza <strong>di</strong> lesione periapicale, buona ra<strong>di</strong>opacità dell’otturazione, e presenza <strong>di</strong><br />

una rima <strong>di</strong> frattura al livello del terzo coronale ra<strong>di</strong>colare con per<strong>di</strong>ta del picco osseo interprossimale <strong>di</strong>stale. Si è<br />

deciso a questo punto <strong>di</strong> impiegare il trattamento ortodontico estrusivo sull’1.1, per esporre la frattura ed effettuare poi<br />

la terapia protesica. Nonostante l'esposizione della rima <strong>di</strong> frattura palatale, la fistola sulla gengiva vestibolare non<br />

scompariva, anzi se ne presentava una seconda localizzata mesialmente al dente. In accordo con il pz. si è proceduto<br />

all'estrazione dell'elemento, confermando l'ipotesi <strong>di</strong>agnostica <strong>di</strong> frattura ra<strong>di</strong>colare ”a becco <strong>di</strong> flauto”, che giustificava<br />

la persistenza della fistola a livello vestibolare. Contestualmente è stato applicato un provvisorio adesivo. Dopo 10<br />

settimane si è proceduto all’inserimento <strong>di</strong> un impianto a carico imme<strong>di</strong>ato in zona 1.1.<br />

Risultati: All’applicazione del definitivo, grazie anche alla rigenerazione del picco osseo interprossimale, il risultato<br />

estetico è stato sod<strong>di</strong>sfacente, per noi e per il paziente. Si è mantenuto tale al controllo a 6 mesi e a 1 anno, con una<br />

buona stabilità <strong>dei</strong> tessuti molli perimplantari e completa assenza della fistola vestibolare, presente alla <strong>di</strong>agnosi.<br />

Conclusioni: L’approccio multi<strong>di</strong>sciplinare in caso <strong>di</strong> frattura ra<strong>di</strong>colare in elementi anteriori con per<strong>di</strong>ta <strong>dei</strong> picchi<br />

ossei, può garantire risultati estetici apprezzabili, ottenendo papille interdentali sostenute.


IMPIANTI CORTI PER ILTRATTAMENTO DELL’EDENTULIA POSTERIORE NELLA MANDIBOLA:<br />

ESPERIENZA CLINICA CON RISULTATI A 3 ANNI.<br />

Longhi C, Cucchi A, Ghensi P.<br />

Stu<strong>di</strong>o odontoiatrico Dr. Longhi Carlo, Ostiglia, Mantova, Italia. research.univr@hotmail.it<br />

OBIETTIVI: Gli impianti corti rappresentano il trattamento <strong>di</strong> prima scelta in pazienti parzialmente edentuli,<br />

caratterizzati da una atrofia della cresta alveolare edentula, che non possono o che non vogliono essere sottoposti a<br />

complessi interventi <strong>di</strong> chirurgia orale. La percentuale <strong>di</strong> successo degli impianti corti è sovrapponibile a quella <strong>di</strong><br />

impianti associati ad innesti ossei. Questo poster ha lo scopo <strong>di</strong> mostrare i risultati a 3 anni <strong>di</strong> 11 pazienti trattati<br />

me<strong>di</strong>ante impianti corti. MATERIALI E METODI: 11 pazienti con aree edentule nei settori posteriori sono stati<br />

trattati me<strong>di</strong>ante 18 impianti corti. Gli impianti hanno una lunghezza <strong>di</strong> 7 mm (44,4%) o <strong>di</strong> 8 mm (55,6%), e una<br />

superficie liscia (27,8%) o ossidata (72,2%). Tutti gli impianti sono stati inseriti in aree edentule, a livello della<br />

man<strong>di</strong>bola, in cui l’altezza ossea era minore <strong>di</strong> 10 mm. La riabilitazione protesica è stata una corona singola nel 22,2%<br />

<strong>dei</strong> casi e un ponte a 2 o 3 elementi nel 77,8% <strong>dei</strong> casi. RISULTATI: Dopo un follow-up clinico e ra<strong>di</strong>ografico <strong>di</strong> circa<br />

3 anni (38±4mesi), nessun impianto è stato perso: i 18 impianti sono ancora perfettamente in funzione, con una<br />

sopravvivenza del 100%. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’affidabilità e la pre<strong>di</strong>cibilità dell’uso <strong>di</strong> impianti<br />

corti in aree atrofiche è stata già <strong>di</strong>mostrata da numerosi autori. I risultati <strong>di</strong> questo poster convalidano l’ipotesi secondo<br />

cui gli impianti corti possono rappresentare una efficace alternativa agli impianti lunghi associati ad innesti ossei per il<br />

ripristino <strong>dei</strong> denti posteriori in aree con gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> atrofia severa.


RIABILITAZIONE ORTODONTICO-PROTESICA IN UN CASO DI IPODONTIA IN ETA’ PEDIATRICA<br />

Altieri P.<br />

– PRIMI SORRISI – Roma<br />

La terapia <strong>di</strong> patologie orali in età pe<strong>di</strong>atrica viene sovente rinviata ad una età più adulta spesso per motivi <strong>di</strong> approccio<br />

al piccolo paziente: la frequente e relativa mancanza <strong>di</strong> collaborazione <strong>dei</strong> bambini dal dentista (dovuta semplicemente<br />

alla loro fisiologica immaturità emotiva) non scagiona l’operatore dall’intervenire il più tempestivamente possibile,<br />

specie nei casi in cui la patologia si presenta particolarmente invalidante.<br />

Tutto questo allo scopo <strong>di</strong> rimettere al più presto i bambini affetti sui corretti binari della crescita generale, sulla quale<br />

una salute orale stabile gioca un ruolo fondamentale, ancor maggiore <strong>di</strong> quanto comunemente si possa immaginare.<br />

La mancanza <strong>di</strong> uno o più denti in età pe<strong>di</strong>atrica (ipodontia) va affrontata appena il bambino giunge alla prima<br />

osservazione del dentista; una corretta terapia evita che la derivante malocclusione possa avere ripercussioni generali.<br />

OBIETTIVO: ristabilire un corretto equilibrio estetico-morfo-funzionale nella bocca <strong>di</strong> un bambino <strong>di</strong> 3 anni e mezzo<br />

affetto da ipodontia e morso inverso anteriore<br />

MATERIALI E METODI: allo scopo viene usato un approccio ortodontico protesico con Quadhelix ed attacchi <strong>di</strong>retti<br />

(ortodonzia) e con apparecchio <strong>di</strong> Groper (protesi) con perla <strong>di</strong> Toucat associata (funzionalizzazione)<br />

RISULTATI: il corretto ristabilimento dell’armonia morfo-funzionale dell’apparato masticatorio del piccolo paziente<br />

ha consentito la risoluzione <strong>di</strong> problemi <strong>di</strong> alimentazione legati ad una scorretta deglutizione e masticazione, <strong>di</strong><br />

fonazione legati ad una scorretta postura linguale e inadeguato combaciamento <strong>dei</strong> denti, <strong>di</strong> postura e<br />

deambulazione legati a quanto appena detto, nonché <strong>di</strong> relazioni sociali per un migliorato aspetto estetico.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: la grande capacità <strong>di</strong> compenso e recupero <strong>dei</strong> bambini consente il<br />

raggiungimento <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> successi terapeutici se correttamente impostati ed eseguiti. La restituzione <strong>di</strong> una corretta<br />

armonia orale estetico-morfo-funzionale rende un pregevolissimo servizio alla crescita generale del piccolo in<strong>di</strong>viduo.


DOXICICLINA A DOSAGGIO SUB-ANTIMICROBICO: EFFICACIA NELLA TERAPIA DELLE<br />

PARODONTITI CRONICHE<br />

Puzzo S*, Tanteri L**, Adamo G***<br />

*: Libero Professionista – Assoro (EN), Barrafarnca (EN)<br />

**: Libero Professionista – Catania (CT)<br />

***: Libero Professionista – Piazza Armerina (EN)<br />

Obiettivo: In questo stu<strong>di</strong>o, è stata valutata l’efficacia della somministrazione sistemica <strong>di</strong> doxiclina a dosaggio subantimicrobico(SDD),<br />

nel trattamento a lungo termine delle parodontiti croniche.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Sono stati selezionati pazienti affetti da parodontite cronica e sono stati sud<strong>di</strong>visi in due gruppi: il<br />

primo trattato con SRP+placebo ed il secondo con SRP+SDD. La valutazione dell’efficacia è stata <strong>di</strong>mostrata me<strong>di</strong>ante<br />

la misurazione <strong>di</strong> alcuni parametri clinici (PI, PD e CAL) e <strong>di</strong> laboratorio prima del trattamento e a 3 mesi dall’inizio<br />

della terapia.<br />

Risultati: Irisultati ottenuti hanno mostrato un netto miglioramento <strong>dei</strong> parametri, sia clinici che <strong>di</strong> laboratorio, nei<br />

pazienti trattati con SRP+SDD.<br />

Discussione e conclusioni: Gli stu<strong>di</strong> effettuati sulle tetracicline e sugli analoghi, hanno mostrato che questa famiglia <strong>di</strong><br />

farmaci, possiederebbe la capacità <strong>di</strong> inibire la cascata <strong>di</strong> reazioni che indurrebbe la <strong>di</strong>struzione del connettivo e il<br />

riassorbimento osseo, anche a dosi inferiori a quelle necessarie ad indurre un’azione antimicrobica. Questo risulta <strong>di</strong><br />

notevole importanza, in quanto la somministrazione prolungata <strong>di</strong> tali farmaci, a dosaggi inferiori, non indurrebbe<br />

alcuna antibiotico-resistenza.<br />

I risultati hanno mostrato la notevole efficacia della somministrazione <strong>di</strong> doxiciclina a dosaggio sub-antimicrobico (cps<br />

20 mg), in aggiunta al classico trattamento <strong>di</strong> SRP.


DALLA PREVENZIONE ALLA DIAGNOSI PRECOCE<br />

Briganti S.<br />

Presidente Associazione Nazionale Dentisti Italiani Sezione <strong>di</strong> Pistoia<br />

OBIETTIVI : Trasmettere alla popolazione, secondo quanto sostenuto dalla Associazione Nazionale Dentisti Italiani,<br />

l’importanza della salute orale quale primum movens per prevenire non solo le malattie tipiche della cavità orale a<br />

carico <strong>dei</strong> denti (carie) e <strong>dei</strong> tessuti <strong>di</strong> sostegno (parodontopatie), ma anche patologie a <strong>di</strong>stanza a carico <strong>di</strong> organi ed<br />

apparati <strong>di</strong> vitale importanza. La me<strong>di</strong>cina odontoiatrica, quin<strong>di</strong>, non più parente povera, bensì componente essenziale<br />

della salute globale del citta<strong>di</strong>no-paziente. MATERIALE E METODI : Nei giorni <strong>13</strong>-14-15 giugno a Montecatini<br />

Terme e 10-11-12 ottobre a Pistoia circa 60 dentisti ANDI Pistoia hanno effettuato, all’interno <strong>di</strong> un gazebo ove erano<br />

state allestite, perfettamente funzionanti, due postazioni <strong>di</strong> lavoro (riuniti), visite gratuite sulla popolazione. Tali visite<br />

hanno riguardato in<strong>di</strong>scriminatamente un campione volontario <strong>di</strong> popolazione italiana non selezionato e senza<br />

<strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> sesso e istruzione. E’ stato compilato per l’occorrenza il questionario inserito nel progetto <strong>di</strong> rilevanza<br />

europea EGOHID ed è stato utilizzato il <strong>di</strong>spositivo me<strong>di</strong>co VELSCOPE quale ausilio per la rilevazione <strong>di</strong> lesioni <strong>dei</strong><br />

tessuti molli. RISULTATI : Nel totale delle due manifestazioni <strong>di</strong> tre giorni ciascuna sono stati visitati e registrati<br />

compilando l’apposito questionario 350 pazienti. I dati che emergono dalla rilevazione denunciano uno stato <strong>di</strong> salute<br />

orale parzialmente sod<strong>di</strong>sfacente in quanto a igiene orale e malattie dento-parodontali. Significativa poi<br />

l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> 4 casi <strong>di</strong> dubbia interpretazione <strong>di</strong> lesioni a carico <strong>di</strong> tessuti molli che sono state inviate a centri <strong>di</strong><br />

riferimento. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI : L’esperienza <strong>di</strong> portare fuori dagli stu<strong>di</strong> la professionalità <strong>dei</strong><br />

dentisti, al fine <strong>di</strong> promuovere e sensibilizzare la popolazione verso la salute orale, ha riscosso unanime e convinta<br />

approvazione non solo tra gli utenti, ma anche negli Organi Istituzionali (Regione Toscana, Provincia <strong>di</strong> Pistoia,<br />

Comuni <strong>di</strong> Pistoia e Montecatini Terme). Importante a tal proposito la richiesta pervenutaci dalle varie componenti in<br />

causa -popolazione, istituzioni, professionisti – <strong>di</strong> ripetere manifestazioni similari. E’ con queste premesse che ANDI<br />

Pistoia si propone, anche per l’anno 2009 e oltre, <strong>di</strong> organizzare tali eventi con il contributo e la con<strong>di</strong>visione<br />

progettuale <strong>di</strong> ANDI Nazionale e Regionale. Per arricchire professionalmente l’agenda <strong>dei</strong> lavori è in cantiere già per la<br />

prima manifestazione <strong>di</strong> Montecatini Terme -5,6,7 giugno 2009- un evento culturale specifico <strong>di</strong> significativa rilevanza.


LA PROTESI TOTALE SUPERIORE SENZA PALATO (P.S.S.P)<br />

R.Chiavacci, N. Chiavacci, A. Capuano.<br />

Scopo dello stu<strong>di</strong>o: è la realizzazione <strong>di</strong> una protesi mobile completa per l’arcata superiore senza la copertura protesica<br />

del palato duro. La continua ricerca e l’approfon<strong>di</strong>ta conoscenza dell’anatomia orale ci ha permesso <strong>di</strong> realizzare una<br />

protesi mobile completa per l’arcata superiore che mantiene la stessa tenuta e la stessa funzionalità della protesi totale<br />

tra<strong>di</strong>zionale. È comprensivo, per il ridotto ingombro e l’ottima funzionalità il vantaggio per il paziente. L’anatomia del<br />

palato è costituita, nel versante linguale da una porzione <strong>di</strong> mucosa che al <strong>di</strong>sotto cela la presenza <strong>di</strong> un cuscinetto<br />

a<strong>di</strong>poso che protegge l’arteria palatina. Questa regione può essere sfruttata per la formazione <strong>di</strong> un solco ben calcolato<br />

e posizionato, simile al post-dam che viene da noi definito later-dam e che mantiene la stessa funzionalità lasciando<br />

libero il palato.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: sono stati selezionati un gruppo <strong>di</strong> pazienti che richiedevano una riabilitazione protesica con<br />

protesi totale superiore in resina ma che avevano una spiccata intolleranza alla protesi tra<strong>di</strong>zionali e che non potevano o<br />

non volevano trattamenti alternativi (implantoprotesi). È stato ricercato il cuscinetto a<strong>di</strong>poso nel palato e segnato con<br />

una matita copiativa. È stata presa una impronta in alginato e costruito il porta-impronta in<strong>di</strong>viduale con il solco <strong>di</strong><br />

riferimento. È stata presa l’impronta definitiva in materiale da impronta ribasante ed e stata preparata la protesi totale<br />

con il later-dam. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un mese è stata eseguita una ribasatura in<strong>di</strong>retta.<br />

Risultati e conclusioni: il campione trattato ha <strong>di</strong>mostrato che una stabilità e funzionalità perfettamente sovrapponibile<br />

alla protesi tra<strong>di</strong>zionale con un netto miglioramento dell’approccio psicologico, della fonetica, della percezione <strong>dei</strong><br />

sapori, della deglutizione, una netta assenza <strong>di</strong> stimolo al vomito e la ripresa <strong>di</strong> attività quali il canto, la stabilità alle<br />

gran<strong>di</strong> aperture della bocca, essendo libero il palato molle


CHIRURGIA IN DUE FASI NELLE IV CLASSI DI MISCH TRAMITE DISPOSITIVO S.I.S.: STUDIO<br />

CLINICO.<br />

Gran<strong>di</strong> C*, Fiorentini F**, Pacifici L*<br />

* Sapienza Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma CLSOPD, Ins. <strong>di</strong> Clinica Odontostomatologica III<br />

Titolare Prof. L. Pacifici<br />

** Responsabile UO Urgenze <strong>di</strong>fferibili, Osp. George Eastman, Roma<br />

OBIETTIVI:<br />

Nelle IV classi <strong>di</strong> Misch non è <strong>di</strong> norma possibile inserire impianti dentali contestualmente alla procedura <strong>di</strong> rialzo <strong>di</strong><br />

seno. Per queste situazioni è stato proposto l’uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi presi<strong>di</strong> per stabilizzare imme<strong>di</strong>atamente impianti provi <strong>di</strong><br />

stabilità primaria. Tra questi risulta <strong>di</strong> uso più semplice la placca in titanio S.I.S. La placca S.I.S. consente <strong>di</strong><br />

stabilizzare tra loro ed alla cresta residua gli impianti dentali inseriti in assenza <strong>di</strong> stabilità primaria. Nelle classi IV <strong>di</strong><br />

Misch ciò comporta un notevole accorciamento dell’iter terapeutico. La letteratura fino ad oggi <strong>di</strong>sponibile su questo<br />

tipo <strong>di</strong> tecniche è numericamente limitata e costituita per la maggior parte da case report . Questo stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong><br />

valutare l’efficacia <strong>di</strong> questa meto<strong>di</strong>ca su un maggiore numero <strong>di</strong> pazienti monitorando livelli ossei e stabilità<br />

implantare.<br />

MATERIALI E METODI:<br />

In 14 pazienti con edentulie postero-superiori comprendenti gli elementi 14, 15 e 16 e atrofie crestali con spessori ossei<br />

inferiori a 5mm ( IV classe <strong>di</strong> Misch ) sono stati inseriti 42 impianti in posizione 14, 15 e 16. All’inserimento sono stati<br />

rilevati spessore osseo nella zona <strong>di</strong> inserimento e stabilità dell’impianti tramite misurazione della frequenza <strong>di</strong><br />

risonanza (ISQ). A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 8 mesi la placca S.I.S. è stata rimossa e gli impianti protesizzati. I livelli ossei<br />

perimplantari e la stabilità degli impianti sono state monitorate fino ad un anno dal carico.<br />

RISULTATI: .<br />

Al momento della scopertura 1 solo impianto ha mostrato stabilità insufficiente. 1 solo impianto è stato rimosso a 3<br />

mesi dal carico per mobilità. Controlli ra<strong>di</strong>ografici e della frequenza <strong>di</strong> risonanza all’inserimento delle fixture ed a 0,1,6<br />

e 12 mesi dal carico testimoniano ISQ e livelli ossei in linea con i criteri <strong>di</strong> successo della letteratura. La percentuale <strong>di</strong><br />

successo globale ad un anno dal carico protesico è risultata del 95,23%<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:<br />

Questo stu<strong>di</strong>o clinico pur su un piccolo numero <strong>di</strong> pazienti (14) e <strong>di</strong> impianti (42) rappresenta la maggiore casistica<br />

pubblicata. La tecnica descritta sembra poter assicurare il successo nei casi <strong>di</strong> IV Classe <strong>di</strong> Misch con inserimento<br />

contestuale <strong>di</strong> impianti osseo integrati. La tecnica appare semplice e riproducibile senza essere causa <strong>di</strong> ulteriore<br />

traumatismo.


CASE REPORT: MARYLAND BRIDGE O PONTI ADESIVI, COME PROVVISORI PRIMA E DOPO GLI<br />

INSERIMENTI DEGLI IMPIANTI.<br />

Dssa. Galli, R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Ricerca. Reparto <strong>di</strong> Protesi fissa. Clinica Calabrodental, Direttore Sanitario Prof. Dott. Marrelli, M.<br />

Laboratorio Dentalia, Crotone. Italia. romigalli@hotmail.com.<br />

Introduzione: La sostituzione protesica con il Maryland Bridge, dopo la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un elemento dentario, rappresenta<br />

un momento importante nella nostra quoti<strong>di</strong>ana pratica professionale. Molti fattori devono essere presi in<br />

considerazione al momento della scelta fra le <strong>di</strong>verse opzione terapeutiche allo scopo <strong>di</strong> ridare al paziente<br />

sod<strong>di</strong>sfazione, estetica, tranquillità psicologica, una riabilitazione protesica funzionale. In mancanza <strong>di</strong> un singolo dente<br />

anteriore, la scelta terapeutica cade negli impianti. Per quanto concerne l’avulsione, il rimodellamento della cresta ossea<br />

necessita <strong>di</strong> circa 2 mesi per il raggiungimento della guarigione definitiva (Anderson & Storer, 1987) e la fase<br />

postchirurgica varia da 4-6 mesi in relazione alla sede <strong>di</strong> inserzione (mascellare superiore e inferiore) (Atwood, 1971).<br />

Non c’e ancora sufficiente esperienza, ad oggi, sulla integrazione precoce, e le opinioni sulla implantologia imme<strong>di</strong>ata<br />

sono molte e contrastante. L’obbiettivo <strong>di</strong> questo case report è valutare la durata, la estetica e la sod<strong>di</strong>sfazione del<br />

paziente con il Maryland bridge come soluzione provvisoria, conservativa, fissa e poco costosa. Si escluderanno<br />

pazienti con bruxismo o con mancanza <strong>di</strong> spazio. Si prenderanno l’impronte in alginato. Le alette, in lega vile (cr-co) o<br />

fibra <strong>di</strong> vetro, copriranno la massima superficie linguale e occlusale, tenendo conto dell’occlusione. Si cementeranno<br />

<strong>di</strong>versi Maryland bridge scrupolosamente progettati, secondo il caso. Si cementeranno d’accordo alle Guidelines<br />

prestabilite, subito dopo l’estrazione del dente o a una settimana, e si ricementeranno dopo l’inserimento degli impianti,<br />

poi al momento del scappucciamento, dopo l’impronta definitiva. I pazienti saranno richiamati per un follow-up a 2<br />

settimane, a un mese e a 6 mesi.<br />

Scopo dello stu<strong>di</strong>o: lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o clinico è quello <strong>di</strong> presentare un report clinico riguardante la<br />

sopravivenza delle <strong>di</strong>verse progettazione <strong>dei</strong> Maryland e la valutazione della sod<strong>di</strong>sfazione generale del paziente.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Si sono cementati 30 Maryland bridge <strong>dei</strong> quali 4 Maryland in lega vile Cromo-Cobalto nel settore<br />

antero-inferiore, 20 Maryland in lega vile (Cr-Co) nel mascellare superiore, 6 Maryland in Targis Vectris (fibra <strong>di</strong><br />

vetro) selettivamente selezionati nel settore frontale superiore. Sono stati cementati con un cemento resinoso duale,<br />

“Calibra”, usando le guidelines prestabilite, controllando scrupolosamente l’occlusione. Il livello <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione <strong>dei</strong><br />

pazienti è stato misurato con <strong>dei</strong> questionari <strong>di</strong>stribuiti prima, 2 mesi dopo e dopo gli inserimento degli impianti.<br />

Risultati e conclusioni: 5 Maryland Bridge realizzati in fibra <strong>di</strong> vetro, non si sono staccati fino all’atto chirurgico i<br />

pazienti si mostravano molto sod<strong>di</strong>sfatti per la altissima resa estetica, 1 <strong>MB</strong> in fibra <strong>di</strong> vetro si ha spezzato all’unione tra<br />

l’aletta e il dente. 15 <strong>MB</strong> in lega vile nel mascellare superiore non si sono staccati fino all’atto chirurgico i pazienti<br />

erano sod<strong>di</strong>sfatti per la resa estetica e per la como<strong>di</strong>tà del manufatto fisso, dopo dell’atto chirurgico cadevano ogni 2<br />

settimane, con aumento del sconforto <strong>dei</strong> pazienti, che però non volevano la protesi mobile provvisoria. 5 <strong>MB</strong> in lega<br />

vile nel mascellare superiore si staccavano ogni mese e lo sconforto era aumentato e preferivano cambiare per una<br />

protesi provvisoria mobile. I 4 <strong>MB</strong> realizzati nei mascellare inferiore in lega vile e con 6 alette laterali si sono staccati<br />

subito, con un altissimo livello <strong>di</strong> sconforto del paziente. Nei 75% <strong>dei</strong> casi del mascellare superiore la tecnica si è<br />

<strong>di</strong>mostrata efficace poiché ha permesso <strong>di</strong> non utilizzare una protesi rimovibile, seppure <strong>di</strong> transizione, per la<br />

sostituzione <strong>di</strong> un solo elemento dentale.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista estetico, soprattutto per il settore anteriore, con questa tecnica si riesce ad ottenere un risultato senza<br />

dubbio migliore che con una protesi mobile. Il M.B. è una tecnica <strong>di</strong> protesi fissa non invasiva, che permette <strong>di</strong> non<br />

ridurre gli elementi dentali pilastro; solo in alcuni casi è necessario, per creare lo spazio interocclusale alle alette <strong>di</strong><br />

ritenzione, togliere piccole quantità <strong>di</strong> smalto che, <strong>di</strong> fatto, non minano l’integrità globale del dente. Questa tecnica, se<br />

confrontata con una protesi rimovibile <strong>di</strong> transizione, presenta alcuni <strong>di</strong>fetti, riassumibili in un maggior costo ed in un<br />

tempo maggiore de realizzazione sia alla poltrona che in laboratorio.<br />

Il contenimento del costo è rappresentato solo dall’uso <strong>di</strong> una lega vile e <strong>di</strong> fibra <strong>di</strong> vetro e dalla modesta quantità <strong>di</strong><br />

materiale impiegato.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista clinico, il risultato è stato ottimale in tutti i casi, eccetto nel settore inferiore che si è <strong>di</strong>mostrato<br />

improponibile, poiché per il tempo d’uso necessario (8 mesi all’arcata superiore e 6 mesi all’arcata inferiore<br />

considerando il tempo <strong>di</strong> guarigione delle avulsioni e dell’integrazione degli impianti) la protesi non si è quasi mai<br />

staccata, eccetto negli inferiori, quando era necessario in funzione delle fasi chirurgiche. Nelle fasi protesica era<br />

ottimale.


RIABILITAZIONE ESTETICA NELLA SOSTITUZIONE DEL DENTE SINGOLO IN REGIONE<br />

FRONTALE: CONFRONTO TRA ABUTMENT METALLICO ED ABUTMENT IN ZIRCONIO.<br />

CASE REPORT.<br />

Ciatti M*, Russo A**, Ciatti A*.<br />

*Libero professionista in Varese, **Libero professionista in Torino<br />

OBIETTIVI: le riabilitazioni implanto-protesiche sono <strong>di</strong>ventate una pratica molto <strong>di</strong>ffusa nell’attività quoti<strong>di</strong>ana. Nel<br />

sostituire un dente mancante nelle regioni frontali la sfida per il clinico <strong>di</strong>venta maggiore. In questi casi le aspettative<br />

estetiche, in particolare nei pazienti giovani, fanno si che si ricerchi sempre più una perfetta integrazione del manufatto<br />

implanto-protesico. Scopo del lavoro è stato confrontare l’aspetto estetico <strong>di</strong> due <strong>di</strong>fferenti abutment, in metallo e in<br />

zirconio.<br />

MATERIALI E METODI: paziente femmina <strong>di</strong> anni 19, si presenta in stu<strong>di</strong>o nel 1998 per per<strong>di</strong>ta dell’elemento 1.1<br />

in seguito a trauma. L’elemento è stato sostituito con un impianto endosseo ASTRA TECH 3.5 Tioblast <strong>13</strong>mm; a 6<br />

mesi sono stati posizionati un abutment in metallo e la relativa corona. Dopo 9 anni anche l’elemento 2.1 è stato<br />

sostituito; in questo caso è stato posizionato un impianto endosseo ASTRA TECH 3.5 Osseo-Speed <strong>13</strong>mm. La fase<br />

protesica ha previsto l’utilizzo <strong>di</strong> un abutment in zirconio e la realizzazione <strong>di</strong> due corone in ceramica sugli elementi 1.1<br />

e 2.1.<br />

RISULTATI:. in entrambi gli elementi da noi analizzati il margine gengivale libero appare privo <strong>di</strong> segni infiammatori,<br />

tuttavia il colore dello stesso appare <strong>di</strong>fferente. Il margine gengivale libero relativo all’ abutment metallico risulta più<br />

scuro e meno naturale. Questo effetto è dovuto alla traslucenza del margine stesso, il quale permette, nel caso dell’<br />

abutment metallico, la percezione del suo colore scuro. L’elemento a<strong>di</strong>acente, riabilitato con abutment in zirconio,<br />

presenta un margine gengivale armonico ed il colore fisiologico della gengiva non è alterato.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: gli stu<strong>di</strong> effettuati sugli abutment in ossido <strong>di</strong> zirconio hanno <strong>di</strong>mostrato<br />

l’elevata resistenza alla frattura e l’ottima integrazione con i tessuti molli grazie al minor accumulo <strong>di</strong> placca su questo<br />

materiale. A queste caratteristiche si aggiunge il fatto che grazie al colore dello zirconio si riescono ad evitare le<br />

traslucenze grigie, date dagli abutment in metallo, a livello del margine gengivale, in particolare nei biotipi sottili,.<br />

Grazie a queste qualità l’utilizzo <strong>di</strong> abutment in ossido <strong>di</strong> zirconio può risultare un valido aiuto per il clinico che deve<br />

riabilitare zone ad elevata importanza estetica.


CARICO PRECOCE SU IMPIANTO OSSEOSPEED DOPO GRANDE SINUS LIFT: CASO CLINICO CON<br />

FOLLOW-UP DI 3 ANNI.<br />

Dott. Caselli E.***, Dott. Papa M.*, Dott. Rampello A.*, Prof. Di Giorgio R.**, Prof. Di Paolo C.*<br />

*Cattedra <strong>di</strong> Gnatologia Clinica - Prof. C. Di Paolo<br />

**Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale - sede regione Molise - Presidente : Prof. R. Di Giorgio<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche – Prof.ssa A. Polimeni - “Sapienza" Università <strong>di</strong> Roma - *** Libero<br />

professionista in Ancona<br />

Introduzione: L’osteointegrazione rappresenta una delle acquisizioni clinicamente più significative degli ultimi<br />

decenni. La riabilitazione implanto-protesica ha raggiunto un’alta pre<strong>di</strong>cibilità grazie alle tecniche e ai materiali<br />

utilizzati, con risultati a lungo termine molto affidabili.<br />

L’utilizzo <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> ultima generazione, con superficie mo<strong>di</strong>ficata al fluoro, ci permette <strong>di</strong> avere risultati pre<strong>di</strong>cibili<br />

e ridotti tempi <strong>di</strong> guarigione.<br />

Le premesse per un successo preve<strong>di</strong>bile a lungo termine sembrano essere rappresentate da:<br />

• Spessore osseo residuo <strong>di</strong> almeno 6 mm<br />

• Altezza ossea <strong>di</strong> 10 mm<br />

• Corretti rapporti intermascellari<br />

• Buona qualità <strong>dei</strong> tessuti molli intermascellari<br />

La tecnica del grande rialzo del Seno mascellare, proposta da Boyne e James nel 1970, trova oggi una grande<br />

percentuale <strong>di</strong> successo e <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cibilità a lungo termine, dopo terapia implantologia.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Gli autori illustrano un caso clinico in cui viene eseguito un rialzo del seno mascellare eseguendo<br />

la co<strong>di</strong>ficata tecnica chirurgica con accesso laterale utilizzando come materiale <strong>di</strong> riempimento una miscela <strong>di</strong> osso<br />

autogeno e idrossiapatite in rapporto 1:1.<br />

L’osso autogeno viene prelevato me<strong>di</strong>ante un grattino da osso sia dalla zona <strong>di</strong> accesso mascellare prima<br />

dell’osteotomia, che dalla zona antistante e del tuber.<br />

Dopo 6 mesi viene eseguito l’intervento per inserire un impianto osteointegrato Astratech Osseospeed <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro 4mm<br />

e <strong>di</strong> lunghezza 11mm.<br />

Per le peculiari caratteristiche <strong>di</strong> Osseospeed e della sua superficie si esegue la riapertura chirurgica a 30 giorni e viene<br />

inserita una vite <strong>di</strong> guarigione. Dopo 10 giorni viene effettuato il carico funzionale.<br />

Risultati: Le caratteristiche della superficie Osseospeed ci permettono <strong>di</strong> anticipare il carico a 38 giorni, anche in un<br />

sito osseo come quello sottoposto ad un grande rialzo <strong>di</strong> seno, con una altissima pre<strong>di</strong>cibilità <strong>di</strong> risultato.<br />

Discussione: Grazie all’utilizzo <strong>di</strong> impianti con superficie mo<strong>di</strong>ficata al fluoro (Osseospeed), associati ad una adeguata<br />

tecnica chirurgica ed una corretta scelta <strong>dei</strong> materiali da innesto, è possibile ottenere una alta pre<strong>di</strong>cibilità del risultato<br />

finale ed affidabilità nel tempo, anche in riabilitazioni implanto-protesiche che interessano i settori posteriori <strong>dei</strong><br />

mascellari atrofici.


IMPLANTOLOGIA POST ESTRATTIVA A CARICO IMMEDIATO SU ELEMENTI SINGOLI A LIVELLO<br />

DEL MASCELLARE SUPERIORE. RISULTATI CLINICO RADIOGRAFICI A 2 ANNI.<br />

Campos L.***,Ghirlanda G.*, Tedeschini B.*, Ghirlanda C.**<br />

*Odontoiatra, Libero Professionista, Roma<br />

** Me<strong>di</strong>co Chirurgo Specialista in Odontostomatologia, Libero Professionista Roma<br />

***Odontoiatra, Libero Professionista, Salvador-Bahia-Brasile<br />

La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un elemento dentale nei settori ad alta valenza estetica costituisce sempre un evento altamente invalidante<br />

la qualità <strong>di</strong> vita del paziente e, nel corso degli anni, l’inserimento <strong>di</strong> impianti è <strong>di</strong>venuto il trattamento d’elezione in tali<br />

casi. Resta comunque il fatto che, osservando un protocollo <strong>di</strong> carico così definito “convenzionale” (sec. Consensus<br />

Barcellona 2002), il paziente sia costretto ad indossare una riabilitazione provvisoria spesso carente dal punto <strong>di</strong> vista<br />

funzionale ed estetico. Di contro, è oramai noto che un impianto anche se sottoposto imme<strong>di</strong>atamente dopo<br />

l’inserimento ad un carico funzionale può comunque integrarsi. Appaiono evidenti i vantaggi, per l’odontoiatra e per i<br />

pazienti, derivanti dall’utilizzo <strong>di</strong> un protocollo <strong>di</strong> carico imme<strong>di</strong>ato, in particolare nei settori ad alta valenza estetica e<br />

su elementi singoli. Resta invece da valutare l’efficacia a <strong>di</strong>stanza sia sotto il profilo della salute degli impianti sia per<br />

quanto riguarda la stabilità <strong>dei</strong> tessuti perimplantari e la valutazione estetica del risultato ottenuto. Scopo <strong>di</strong> questo<br />

lavoro è la valutazione <strong>di</strong> un campione <strong>di</strong> impianti inseriti in siti post estrattivi e caricati imme<strong>di</strong>amente nell’arco <strong>di</strong> un<br />

periodo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> circa 24 mesi.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Per questo lavoro sono stati selezionati <strong>13</strong> pazienti, sui quali sono stati inseriti 16 impianti in siti post-estrattivi<br />

localizzati nel settore anteriore del mascellare superiore. Tutti gli impianti sono stati caricati tramite l’applicazione <strong>di</strong><br />

un provvisorio in resina entro le 48 h dall’inserimento. I pazienti sono stati poi seguiti ad intervalli regolari per un<br />

periodo <strong>di</strong> 21,6±10,7 mesi, controlli ra<strong>di</strong>ografici sono stati eseguiti ad 1,6,12,18 mesi. Su ciascun paziente sono state<br />

poi rilevate le variazioni <strong>dei</strong> profili tissutali in rapporto agli elementi dentali contigui ed alla conservazione<br />

dell’architettura papillare (sec. Class. Jemt 1997).<br />

RISULTATI<br />

Nel periodo <strong>di</strong> osservazione considerato non è stato rilevato nessuna per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> impianti, per una percentuale pari al<br />

100% . Ra<strong>di</strong>ograficamente non sono state rilevati segni <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>o trasparenza o riassorbimento osseo crestale<br />

perimplantare. L’aspetto <strong>dei</strong> tessuti molli perimplantari non ha subito variazioni significative nel periodo considerato.<br />

CONCLUSIONI<br />

Seppur con i limiti dati dall’esiguità del campione considerato, i dati <strong>di</strong> questo lavoro evidenziano come un protocollo<br />

<strong>di</strong> carico imme<strong>di</strong>ato a carico <strong>di</strong> elementi singoli, anche in siti post estrattivi, offra positivi risultati anche nel me<strong>di</strong>o<br />

periodo.


APPROCCIO CHIRURGICO – PROTESICO SEMPLIFICATO PER IL CARICO IMMEDIATO NEL<br />

MASCELLARE EDENTULO. CASO CLINICO.<br />

Ghirlanda C*., Ghirlanda G**.<br />

*Odontoiatra,Libero Professionista, Roma<br />

** Me<strong>di</strong>co Chirurgo,Specialista Odontostomatologia,Libero Professionista,Roma<br />

Numerosi stu<strong>di</strong> condotti inizialmente su modelli animale e poi confermati sull’uomo hanno <strong>di</strong>mostrato<br />

l’osteointegrazione <strong>di</strong> un impianto anche se questo venga sottoposto a carico funzionale imme<strong>di</strong>atamente dopo<br />

l’inserimento (entro 48 ore dall’inserimento dell’impianto) (Romanos 2004) .<br />

A seguito <strong>di</strong> tali risultati scientifici ed in relazione al conseguente aumento della richiesta clinica <strong>di</strong> procedure <strong>di</strong><br />

implantoprotesi condotte con carico imme<strong>di</strong>ato,si sono sviluppate numerose procedure <strong>di</strong> ausilio <strong>di</strong>agnostico e<br />

chirurgico,quali le tecniche computer guidate, con notevole aumento della complessità strumentale e <strong>dei</strong> costi.<br />

Sorge quin<strong>di</strong> l’esigenza <strong>di</strong> pensare ad un modello operativo semplificato in grado <strong>di</strong> combinare le aspettative del<br />

paziente con una gestione clinico organizzativa del caso efficace ed efficiente al tempo stesso.<br />

Attraverso l’esposizione <strong>di</strong> un caso clinico condotto sull’arcata mascellare ,gli AA propongono una loro metodologia <strong>di</strong><br />

approccio semplificato chirurgico-protesico al carico imme<strong>di</strong>ato ed i risultati a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 12 mesi.


MONCONI PIENI IN TITANIO-ZIRCONIA: SEMPLICITÀ ED EFFICIENZA NELLE RIABILITAZIONI<br />

IMPLANTO-PROTESICHE IN ZONE ESTETICHE<br />

Meli R.<br />

Libero professionista, Firenze Italia<br />

Obiettivi: nella riabilitazione <strong>dei</strong> settori estetici, soprattutto in zona anteriore superiore l’ operatore, deve sempre<br />

rispondere ad esigenze contrastanti: da un lato il paziente che aspira ad una rapida e ottimale risoluzione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sagi dall’<br />

altro le con<strong>di</strong>zioni anatomiche <strong>di</strong> partenza che imporrebbero tecniche chirurgiche e protesiche cautelative con<br />

conseguente <strong>di</strong>latazione <strong>dei</strong> tempi. L’impianto Exacone TM (Leone Spa, Sesto Fiorentino) prevede una connessione<br />

impianto/moncone conometrica autobloccante priva quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> viti che riduce il numero <strong>dei</strong> componenti implantoprotesici<br />

a due e permette l’utilizzo <strong>di</strong> monconi in titanio pieni (completamente personalizzabili da parte dell’operatore<br />

senza alcuna riduzione in termini <strong>di</strong> resistenza biomeccanica).<br />

Una importante possibilità offerta dai monconi pieni in titanio è quella <strong>di</strong> poter realizzare con semplicità la porzione<br />

transmucosa del moncone protesico in zirconia.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: come esempio viene mostrato un caso monoedentulia dell’elemento 12 in una paziente donna <strong>di</strong> 50<br />

anni. Il caso è stato riabilitato con un impianto (Exacone TM , Leone spa) post-estrattivo imme<strong>di</strong>ato in tecnica monofasica<br />

che ha permesso sia <strong>di</strong> ridurre i tempi chirurgici che <strong>di</strong> maturare e stabilizzare i tessuti molli in modo eccellente. Dopo<br />

sei mesi si è effettuata la fase protesica con la realizzazione <strong>di</strong> un moncone in<strong>di</strong>vidualizzato in titanio zirconia con<br />

l’ausilio della tecnica CAD-CAM Sirona. Il proce<strong>di</strong>mento CAD_CAM impiegato per la realizzazione del moncone in<br />

titanio/zirconia è stato utilizzato anche per la realizzazione in zirconia delle corone per gli elementi naturali a<strong>di</strong>acenti<br />

all’impianto (elementi 11, 21).<br />

Risultati: Il risultato estetico ottenuto sull’impianto è in<strong>di</strong>stinguibile da quello ottenuto sugli elementi naturali ed è<br />

stato ottenuto con un trattamento contemporaneo dell’impianto e <strong>dei</strong> denti naturali.<br />

Discussione e conclusioni: Un simile sistema permette <strong>di</strong> rispondere alle richieste del paziente ottimizzando i tempi<br />

chirurgici ma soprattutto semplificando la fase <strong>di</strong> protesizzazione rendendola simile a quella utilizzata sui denti naturali.<br />

Il moncone in zirconia così in<strong>di</strong>vidualizzato permette: un ottimo con<strong>di</strong>zionamento della mucosa grazie alla forma<br />

anatomica, una estetica ineccepibile nel tempo, la eliminazione <strong>di</strong> pericolosi residui <strong>di</strong> cemento nello spessore <strong>dei</strong> tesuti<br />

molli in quanto la chiusura della corona può essere realizzata a livello del margine gengivale.


GBR IN TECNICA MONOFASICA: NUOVE POSSIBILITÀ CHIRURGICHE IN IMPLANTOLOGIA<br />

Targetti L.<br />

Libero professionista, Firenze Italia<br />

Obiettivi: In implantologia osteointegrata i principi base normalmente co<strong>di</strong>ficati per la tecnica GBR (Guided Bone<br />

Regeneration) sono: la stabilità primaria della fixture nell’osso, l’utilizzo <strong>di</strong> bone chips e materiale da riempimento,<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> una membrana per ricercare l’effetto tenda e una tecnica chirurgia bifasica per il posizionamento della<br />

fixture. Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> presentare la possibilità <strong>di</strong> applicare la tecnica chirurgica monofasica<br />

anche ai casi <strong>di</strong> GBR.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: La nuova procedura prevede l’utilizzo <strong>di</strong> un tappo <strong>di</strong> guarigione transmucoso in titanio tramite il<br />

quale viene fissata la membrana. Il tappo <strong>di</strong> guarigione si innesta nella fixture tramite una connessione conometrica<br />

autobloccante assicurando così all’interno dell’impianto il perfetto sigillo batterico e una totale assenza <strong>di</strong><br />

micromovimenti tappo/impianto, parametri molto importanti nel periodo <strong>di</strong> guarigione in tecniche rigenerative. Il case<br />

report descritto riguarda un paziente con monoedentulia e grave per<strong>di</strong>ta ossea in zona 14. Durante l’alesaggio dell’osso<br />

per l’inserimento dell’impianto si utilizzano frese a basso numero <strong>di</strong> giri per il recupero <strong>dei</strong> bone chips. È stato inserito<br />

endocrestalmente un impianto Exacone TM (Leone Spa, Sesto Fiorentino) ad accoppiamento conometrico autobloccante.<br />

Una membrana riassorbibile è stata forata, il tappo è stato inserito attraverso il foro e attivato nell’impianto. Il <strong>di</strong>fetto<br />

osseo è stato riempito <strong>di</strong> bone chips e osso bovino e coperto con la membrana.<br />

Risultati: I risultati ottenuti con questa nuova tecnica sono del tutto sovrapponibili a quelli della GBR classica ma con<br />

una notevole semplificazione del protocollo chirurgico a tutto vantaggio del successo chirurgico e della preservazione<br />

<strong>dei</strong> tessuti duri e molli.<br />

Discussione e conclusioni: Con questo metodo il con<strong>di</strong>zionamento <strong>dei</strong> tessuti molli è fortemente incentivato poiché il<br />

tappo transmucoso offre un valido ancoraggio durante la guarigione iniziale e una guida alla maturazione <strong>dei</strong> tessuti<br />

molli per tutto il periodo <strong>di</strong> attesa dell’osteointegrazione eliminando anche i danni e i <strong>di</strong>sagi legati ad un secondo rientro<br />

chirurgico.


TERAPIA FOTODINAMICA NEL TRATTAMENTO DELLA PERIMPLANTITE NELL’UOMO. CASE<br />

REPORT<br />

Ghirlanda G.*, Vizethum F.**<br />

*Odontoiatra, Libero Professionista, Roma<br />

**Odontoiatra, Libero Professionista, Heidelberg, Germania<br />

La decontaminazione della superficie implantare rappresenta uno <strong>dei</strong> problemi più <strong>di</strong>fficili da risolvere nel trattamento<br />

della peri-implantite. Nel corso degli anni nella letteratura sono stati proposti <strong>di</strong>fferenti protocolli <strong>di</strong> pulizia della<br />

superficie implantare così da poter ottenere, eventualmente, la re-osteointegrazione dell’impianto. Di recente,<br />

l’attenzione <strong>dei</strong> ricercatori si è rivolta anche verso l’effetto decontaminante collegato all’azione <strong>di</strong> una sorgente laser<br />

applicata su una superficie precedentemente contaminata. In particolare, tra le <strong>di</strong>verse sorgenti laser stu<strong>di</strong>ate, si è potuto<br />

osservare che sottoponendo una superficie precedentemente trattata con Blu <strong>di</strong> Tolui<strong>di</strong>na all’azione <strong>di</strong> un fascio laser a<br />

960nm si ottiene una completa eliminazione <strong>dei</strong> batteri presenti, più comunemente conosciuta come terapia<br />

foto<strong>di</strong>namica.<br />

Stu<strong>di</strong> condotti su animale, in un modello <strong>di</strong> peri-implantite sperimentalmente indotta, hanno evidenziato buoni risultati<br />

sia da un punto <strong>di</strong> vista clinico che istologico. Poche informazioni sono ancora note circa l’efficacia della terapia<br />

foto<strong>di</strong>namica nel trattamento della peri-implantite nell’uomo.<br />

Gli AA attraverso l’esposizione <strong>di</strong> due casi clinici <strong>di</strong> perimplantite illustrano gli effetti clinici e ra<strong>di</strong>ografici della<br />

terapia foto<strong>di</strong>namica associata ad intervento <strong>di</strong> rigenerazione ossea.


L’UTILIZZO DEL LE<strong>MB</strong>O MULTIPLO A POSIZIONAMENTO CORONALE IN UN CASO DI IMPIANTO<br />

POST-ESTRATTIVO CARICATO IMMEDIATAMENTE<br />

Giannelli V.*, Ghirlanda G.* e Ghirlanda C**.<br />

*Odontoiatri Liberi Professionisti, Roma<br />

** Me<strong>di</strong>co Chirurgo Specialista in Odontostomatologia, Libero Professionista Roma<br />

OBIETTIVI<br />

Nell’ultimo decennio la richiesta estetica ha raggiunto un livello assolutamente paragonabile alla richiesta <strong>di</strong> “funzione”<br />

tanto che la categoria odontoiatrica l’ha aggiunta come priorità nella riabilitazione del sistema stomatognatico, ivi<br />

comprese le terapie implantari. Oggi non è più fondamentale sostituire un elemento dentale mancante, ma è essenziale<br />

farlo “esteticamente funzionante” (funzione estetica nelle relazioni sociali).<br />

Questo concetto applicato all’implantologia, in particolare quella che viene eseguita nei siti ad alta valenza estetica,<br />

richiede all’odontoiatra <strong>di</strong> integrare nel piano <strong>di</strong> trattamento implanto-protesico sia la gestione <strong>dei</strong> tessuti duri sia quella<br />

<strong>dei</strong> tessuti molli. A tale scopo <strong>di</strong>viene naturale l’applicazione <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong> chirurgia parodontale nella gestione <strong>dei</strong><br />

tessuti perimplantari. In particolare, <strong>di</strong> recente è stato proposta una <strong>di</strong>versa applicazione <strong>di</strong> una tecnica <strong>di</strong><br />

posizionamento coronale del lembo (Bernimoulin 1975) consistente nello spostamento simultaneo del margine<br />

gengivale <strong>di</strong> più elementi dentali contigui fra loro (De Sanctis e Zucchelli 2000) .<br />

Il vantaggio <strong>di</strong> tale tecnica consiste nella possibilità <strong>di</strong> conservare completamente la mucosa cheratinizzata presente e<br />

nella contemporanea coronalizzazione del lembo senza ricorrere ad incisioni <strong>di</strong> scarico. Il posizionamento coronale del<br />

lembo consente <strong>di</strong> compensare la contrazione post-operatoria <strong>dei</strong> tessuti mantenendo inalterati i livelli tissutali<br />

originariamente presenti.<br />

Sulla base <strong>di</strong> questi presupposti, il lemb multiplo a posizionamento coronale appare particolarmente in<strong>di</strong>cato nei settori<br />

ad elevata richiesta estetica nei casi <strong>di</strong> recessioni gengivali ma allo stesso modo nella terapia impiantare.<br />

Partendo da questi presupposti gli AA propongono, attraverso l’esposizione <strong>di</strong> un caso clinico, l’applicazione del lembo<br />

multiplo a posizionamento coronale in un caso <strong>di</strong> implantologia a carico imme<strong>di</strong>ato in un sito ad alta valenza estetica. Il<br />

caso verrà descritto in tuute le sua fasi operative fino al controllo ad un anno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dall’inizio della terapia.


LASER FRAZIONALE: IL SORRISO COME ESTETICA DEL VISO.<br />

Guragna M.<br />

Libero professionista.Pomezia (RM)<br />

INTRODUZIONE:Attualmente,un sempre maggior numero <strong>di</strong> persone si sottopone a trattamenti <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina estetica.<br />

Con il crescere dell’età me<strong>di</strong>a aumenta la richiesta <strong>di</strong> apparire.Una delle nuove frontiere dell’<strong>Odontoiatria</strong> è sicuramente<br />

l’estetica del volto.Il terzo inferiore,inteso come campo operativo, si presta in maniera eccelsa all’applicazione <strong>di</strong> nuove<br />

tecnologie. Fillers,laser e peeling concorrono in arminia tra loro o singolarmente alla “ restituito ad integrum “ <strong>di</strong> un<br />

mento o <strong>di</strong> un labbro,creando un’estetica del sorriso,fino a poco tempo fa impensabile.<br />

OBIETTIVI: E’ stato preso in esame il laser CO2 “ Mixto sx” con modalità frazionale. Questo nuovo sistema è stato<br />

testato per il ringiovanimento della pelle ed è risultato molto ben tollerabile anche senza l’uso <strong>di</strong> sostanze anestetizzanti.<br />

MATERIALI E METODI:questo tipo <strong>di</strong> laser è stato sviluppato per trattare specialmente alcune zone della pelle.<br />

Vengono creati <strong>dei</strong> micro cilindri <strong>di</strong> raggio laser che penetrano nel derma,con un intervallo <strong>di</strong> 300 micron rendendo<br />

l’applicazione molto tollerabile.Si ottengono,quin<strong>di</strong>,multipli e microscopici trattamenti sotto la superficie trattata.<br />

Questi microtrattamenti promuovono un mutamento del collagene e dell’elastina producendo un vero effetto lifting. Il<br />

resurfacing frazionale si muove in un range variabile da 20 a 500 micron per un trattamento interessante dal 5% al 40%<br />

dell’area interessata.E’ stato preso in considerazione un campione ( Prof. D.Cassuto) <strong>di</strong> 24 pazienti ed è stato trattato<br />

con il laser frazionale CO2, senza utilizzare alcuna anestesia,utilizzando una potenza variabile da 8 a 10 Watts in base<br />

alla soglia <strong>di</strong> tolleranza del paziente. Tutta l’area è stata trattata in n’unica seduta ed il postoperatorio si è basato<br />

sull’uso <strong>di</strong> ghiaccio, crema idratante e <strong>di</strong> trucco.RISULTATI: tutti i pazienti hanno <strong>di</strong>mostrato un significativo<br />

miglioramento.Gli effetti indesiderati postoperatori sono stati un eritema istantaneo e la presenza <strong>di</strong> micropori. Questi<br />

ultimi si verificano sempre e scompaiono entro una settimana.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’utilizzo del laser frazionale si è <strong>di</strong>mostrato vantaggioso nell’estetica facciale per<br />

i risultati che si ottengono e per la versatilità dello strumento.I tempi <strong>di</strong> recupero sono ridotti al minimo,così come il<br />

numero delle applicazioni(da tre a sei) <strong>di</strong>stanziate da due – quattro settimane l’una dall’altro.


TRATTAMENTO MINIMAMENTE INVASIVO MULTIDISCIPLINARE NELLA SOSTITUZIONE<br />

DELL’ELEMENTO DENTALE SINGOLO IN ZONA FRONTALE.CASE REPORT.<br />

Frezzato I, Tocchio C, Frezzato A.<br />

Liberi professionisti a Rovigo.<br />

INTRODUZIONE: La riduzione del <strong>di</strong>sagio al paziente, la riduzione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> trattamento, l’approccio<br />

multi<strong>di</strong>sciplinare sono concetti in via <strong>di</strong> affermazione negli ultimi anni in campo implantare e, più in generale,<br />

odontoiatrico.<br />

OBIETTIVI: Di fronte ad una monoedentulia frontale superiore causata da frattura ra<strong>di</strong>colare risulta necessario<br />

eseguire una corretta <strong>di</strong>agnosi e considerare vari fattori al fine <strong>di</strong> formulare un preciso piano <strong>di</strong> trattamento . Lo scopo è<br />

<strong>di</strong> ripristinare me<strong>di</strong>ante protesi implanto-supportata una corretta morfologia della zona interessata adottando opzioni<br />

terapeutiche atte a ridurre il <strong>di</strong>sagio (chirurgia minimamente invasiva, ortodonzia minimamente invasiva) e a ridurre i<br />

tempi <strong>di</strong> trattamento senza lasciare il paziente edentulo (carico imme<strong>di</strong>ato).<br />

MATERIALI E METODI: Giovane paziente adulta viene alla nostra osservazione per frattura ra<strong>di</strong>colare,<br />

coinvolgente l’ampiezza biologica, dell’elemento 11. Il quadro clinico depone per la non ricuperabilità del dente.La<br />

scelta terapeutica cade su una sostituzione del dente me<strong>di</strong>ante protesi implantare. Si esegue un con<strong>di</strong>zionamento preestrattivo<br />

del sito implantare me<strong>di</strong>ante Eruzione Forzata (adozione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivo linguale “personalizzato”). Si pratica<br />

Estrazione Atraumatica della ra<strong>di</strong>ce cui segue inserimento <strong>di</strong> impianto Exacone TM (Leone Spa, Sesto Fiorentino) in<br />

Tecnica Flapless. L’intervento viene completato con la connessione imme<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> un tappo <strong>di</strong> guarigione, utilizzato<br />

come moncone, sul quale si modella una corona provvisoria in composito (Carico Imme<strong>di</strong>ato non funzionale). A<br />

maturazione tissutale avvenuta si procede alla protesizzazione definitiva me<strong>di</strong>ante corona oro-ceramica.<br />

RISULTATI: Si è ottenuto un adeguato ripristino morfo-funzionale in zona ad alta valenza estetica, sottoponendo la<br />

paziente ad un trattamento <strong>di</strong> basso impatto che le ha permesso <strong>di</strong> non rimanere temporaneamente edentula e <strong>di</strong> non<br />

mo<strong>di</strong>ficare il suo stile <strong>di</strong> vita.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’accurata <strong>di</strong>agnosi e la valutazione <strong>dei</strong> vari parametri del paziente ( tipo e sede<br />

della lesione, biotipo parodontale, posizione del labbro, estetica del sorriso, esigenza del paziente) permettono <strong>di</strong> poter<br />

programmare in casi selezionati un approccio minimamente invasivo nell’ambito della sostituzione <strong>di</strong> un elemento<br />

dentale in zona frontale. Questo si traduce in una riduzione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> trattamento e <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sagi del paziente senza però<br />

compromettere il risultato funzionale ed estetico.


UTILIZZO DI CAVITA’ CISTICHE PER LA STABILIZZAZIONE DI IMPIANTI ENDOSSEI<br />

Dott.ri Stefano Tiroli – Imbrioscia Nicola<br />

La pratica chirurgica ci pone spesso <strong>di</strong> fronte a granulomi, cisti o lacune ossee. Il protocollo prevedeva in questi casi <strong>di</strong><br />

procedere ad una toilettatura chirurgica del sito con rigenerazione ossea e successivamente ad un rientro chirurgico per<br />

l’inserimento degli impianti. Gli autori descrivono come seguendo uno specifico protocollo chirurgico sia possibile<br />

risolvere questi casi con un unico intervento.


UTILIZZO DI IMPIANTI IN ZIRCONIA NELLA RESTAURAZIONE PROTESICA ESTETICA.<br />

Dott.ri Stefano Tiroli – Imbrioscia Nicola<br />

Per migliorare significativamente gli standard estetici, non sono piu’ sufficienti, soltanto le pregiate restaurazioni<br />

protesiche implantari, e’ necessario adottare protocolli e materiali innovativi. Gli impianti in zirconia non sono solo la<br />

base della restaurazione protesica ma possono concorrere significativamente al risultato estetico finale a lungo termine.<br />

La documentata biocompatibilita’ <strong>di</strong> questo materiale contribuisce ad una rapida ed ottimale risposta <strong>dei</strong> tessuti molli al<br />

tempo stesso al termine del periodo necessario la sua osteointegrazione sovrapponibile a quella del titanio garantisce un<br />

risultato stabile e duraturo.


UTILIZZO DELLE BARRE STABILIZZATRICI ( SIS ) NEL RIALZO DEL SENO, IV° CLASSE DI MISH,<br />

SENZA STABILITA’ PRIMARIA.<br />

Dott.ri Stefano Tiroli – Imbrioscia Nicola<br />

La grave atrofia dell’osso sottosinusale descritta nella IV° classe <strong>di</strong> MISH impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> eseguire contemporaneamente<br />

l’intervento <strong>di</strong> grande rialzo del seno mascellare e l’inserimento degli impianti a causa della mancanza <strong>di</strong> stabilita’<br />

primaria. L’utilizzo delle barre SIS consente <strong>di</strong> stabilizzare gli impianti permettendo l’esecuzione contestuale del<br />

grande rialzo del seno mascellare e del posizionamento degli impianti, al termine del periodo necessario all’<br />

osteointegrazione la barra SIS sara’ rimossa e si potra’ procedere alla protesizzazione.


UTILIZZO DELLE BARRE STABILIZZATRICI SIS NEGLI IMPIANTI POST ESTRATTIVI SENZA<br />

STABILITA’ PRIMARIA.<br />

Dott.ri Stefano Tiroli – Imbrioscia Nicola<br />

Nell’esecuzione <strong>di</strong> impianti post estrattivi molto spesso il <strong>di</strong>ametro dell’alveolo è maggiore <strong>di</strong> quello dell’impianto<br />

<strong>di</strong>sponibile. Questa situazione ci impone <strong>di</strong> utilizzare le opportune tecniche <strong>di</strong> rigenerazione ossea con impianti che<br />

hanno una stabilità primaria bassissima o nulla. L’utilizzo delle barre SIS opportunamente in<strong>di</strong>vidualizzate ed ancorate<br />

alle strutture ossee limitrofe consente <strong>di</strong> stabilizzare gli impianti permettendo <strong>di</strong> trascorrere con la stabilità ottimale il<br />

periodo necessario alla rigenerazione ossea ed all’osteointegrazione al termine del quale la barra SIS in<strong>di</strong>vidualizzata<br />

sarà rimossa per procedere alla protesizzazione.


SOLUZIONI ESTETICHE IN IMPLANTOLOGIA: TRATTAMENTO E CONDIZIONAMENTO DEI<br />

TESSUTI MOLLI NELLA FASE CHIRURGICA E POST CHIRURGICA CON L’IMPIEGO DI<br />

TECNOLOGIE E MATERIALI INNOVATIVI.<br />

Dott.ri Stefano Tiroli – Imbrioscia Nicola<br />

Gli impianti non sono solo la base della restaurazione protesica ma possono concorrere significativamente al risultato<br />

estetico e non solo a quello funzionale della protesi. Il fatto che gli impianti siano oggi <strong>di</strong>ventati parte integrante <strong>dei</strong> più<br />

ampi concetti <strong>di</strong> restauro protesico, deve inevitabilmente comportare, unitamente ad un successo clinico sempre<br />

maggiore, una minore <strong>di</strong>sponibilità ad accettare <strong>dei</strong> compromessi. Per migliorare significativamente gli standard, non<br />

saranno più sufficienti, nella protesi implantare, soltanto le pregiate restaurazioni, è necessario adottare protocolli e<br />

materiali innovativi che concorrano concretamente al risultato estetico finale sia per gli impianti che per la<br />

componentistica protesica provvisoria che per quella definitiva. L’importanza crescente del con<strong>di</strong>zionamento <strong>dei</strong> tessuti<br />

molli richiede che si lasci intercorrere il minor tempo possibile tra la per<strong>di</strong>ta del dente e l’inserimento dell’impianto,<br />

questo per evitare, non solo la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tessuto duro ma anche quella <strong>di</strong> tessuto molle, in particolare delle papille.<br />

Ampliare i confini dell’estetica oltre l’ambito del restauro con ponti e corone fino a comprendere il settore implantare<br />

<strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong> solo una logica conseguenza.


I TRAUMI DENTALI E L’IMPLANTOLOGIA ENDOSSEA<br />

Dott.ri Stefano Tiroli – Imbrioscia Nicola<br />

Negli ultimi anni la chirurgia implantare ha permesso <strong>di</strong> trattare con successo numerosissimi casi <strong>di</strong> lesioni traumatiche<br />

<strong>dei</strong> denti. Nei casi in cui ci troviamo <strong>di</strong> fronte a denti fratturati che non è possibile recuperare con ricostruzioni, terapie<br />

canalari, perni, corone o interventi <strong>di</strong> apicectomia la terapia implantare ha permesso <strong>di</strong> restituire sia la funzionalità che<br />

l’estetica degli elementi interessati. Allo stesso modo la terapia implantare viene efficacemente utilizzata nei casi <strong>di</strong><br />

reimpianto dentale ( V classe <strong>di</strong> Ellis ) in presenza <strong>di</strong> possibili fenomeni <strong>di</strong> rizalisi. In questo caso quando gli elementi<br />

interessati dovranno essere estratti potranno essere sostituiti con impianti endossei.


LA NUOVA FRONTIERA: I TRAUMI SUI PAZIENTI CON IMPIANTI ENDOSSEI.<br />

Dott.ri Stefano Tiroli – Imbrioscia Nicola<br />

Successivamente alla <strong>di</strong>ffusione delle terapie implantoprotesiche ci troviamo sempre più frequentemente <strong>di</strong> fronte a casi<br />

<strong>di</strong> pazienti traumatizzati con danni ai lavori <strong>di</strong> restaurazione protesica sugli impianti.<br />

Questi traumi possono provocare lievi danni, come per esempio la frattura <strong>di</strong> alcune parti della porcellana della protesi,<br />

sino a danni più complessi che possono portare anche alla frattura ed alla per<strong>di</strong>ta degli impianti coinvolgendo, a volte,<br />

estese porzioni <strong>di</strong> osso.<br />

Parallelamente, la risoluzione <strong>di</strong> questi casi necessita una conoscenza approfon<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> più sistematiche implantari e <strong>di</strong><br />

terapie chirurgiche e protesiche adatte poiché spesso alcuni segmenti <strong>dei</strong> lavori precedenti possono essere recuperati.


SESSIONE<br />

Materiali Dentari<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


FORZA DI ADESIONE MICROTENSILE E CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE<br />

DELL’INTERFACCIA CON LA DENTINA DI NUOVI ADESIVI ‘ALL-IN-ONE’.<br />

Margvelashvili M, Goracci C, Beloica M, , Papacchini F, Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Materiali Dentari e Protesi Fissa, Università <strong>di</strong> Siena, Siena, Italia. mari_margvel@yahoo.com<br />

Obiettivi: Gli adesivi all-in-one, a fronte dell’indubbio vantaggio della semplicità <strong>di</strong> uso, hanno originariamente<br />

rivelato alcuni limiti riguardo alla forza ed alla durabilità del legame ai substrati dentali. Nell’intento <strong>di</strong> superare tali<br />

limiti, nuove formulazioni sono state proposte per gli adesivi monocomponente <strong>di</strong> più recente introduzione. Scopo dello<br />

stu<strong>di</strong>o è stato pertanto valutare il potenziale adesivo alla dentina <strong>di</strong> nuovi adesivi all-in-one. Materiali e Meto<strong>di</strong>: Gli<br />

adesivi monocomponente AdheSE One (Ivoclar-Vivadent, AD), Bond Force (Tokuyama, BF), Xeno V (Dentsply, XV)<br />

sono stati testati confrontandoli con l’adesivo ‘etch-and-rinse’ XP Bond (Dentsply, XPB), che è stato considerato come<br />

controllo. La forza <strong>di</strong> adesione alla dentina interme<strong>di</strong>a è stata misurata con la tecnica microtensile. Tre molari estratti<br />

per gruppo hanno fornito i campioni necessari per il test. I valori <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> adesione in MPa sono stati sottoposti ad<br />

analisi statistica (test <strong>di</strong> Kolmogorov- Smirnov, test <strong>di</strong> Levene, Analisi della Varianza a Una Via, test post hoc <strong>di</strong><br />

Tukey; p


INFLUENZA DELLE PROPRIETA’ MECCANICHE DELLE RESINE COMPOSITE SULL’ADESIONE<br />

MICROTENSILE ALLA DENTINA DI ADESIVI ‘ALL-IN-ONE’.<br />

Goracci C, Margvelashvili M, Magni E, Apicella D, Sedda M, Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Materiali Dentari e Protesi Fissa, Università <strong>di</strong> Siena, Siena, Italia. cecilia.goracci@gmail.com<br />

Obiettivi: Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato valutare l’influenza delle proprietà meccaniche delle resine composite da<br />

restauro <strong>di</strong>retto sulla forza <strong>di</strong> adesione microtensile alla dentina <strong>di</strong> adesivi all-in-one. Vi sono infatti in letteratura<br />

in<strong>di</strong>cazioni che le proprietà meccaniche e lo stress da contrazione delle resine composite influiscano sulla forza <strong>di</strong><br />

legame degli adesivi ai substrati dentali, con effetti che potrebbero risultare rilevanti sul relativamente basso potenziale<br />

adesivo <strong>dei</strong> nuovi adesivi all-in-one. In particolare è stato suggerito <strong>di</strong> usare con cautela resine composite rigide in<br />

combinazione con i nuovi adesivi all-in-one. Materiali e meto<strong>di</strong>: Con il test <strong>di</strong> adesione microtensile si è misurata la<br />

forza <strong>di</strong> adesione alla dentina <strong>di</strong> due adesivi all-in-one (Bond Force, Tokuyama; adesivo sperimentale GBA400, GC),<br />

usati in combinazione con <strong>di</strong>versi compositi da restauro <strong>di</strong>retto (Gra<strong>di</strong>a Lo Flo, GC, flowable, GLF; Gra<strong>di</strong>a Direct<br />

Anterior, GC, micro-riempito, GDA; Estelite Sigma, Tokuyama, sub-micron-riempito, ES). Di tali compositi si sono<br />

valutate le seguenti proprietà in<strong>di</strong>cative del loro comportamento meccanico durante la polimerizzazione ed il test<br />

microtensile: stress da contrazione, forza tensile, resistenza a flessione, modulo elastico, durezza Vicker, creep, lavoro<br />

elastico d’indentazione, modulo <strong>di</strong> Poisson. Inoltre, con l’analisi degli elementi finiti è stata simulata la <strong>di</strong>stribuzione<br />

degli stress in stick microtensili ottenuti con gli adesivi ed i compositi testati. Le <strong>di</strong>fferenze nei valori <strong>di</strong> forza <strong>di</strong><br />

adesione microtensile e nelle proprietà meccaniche <strong>dei</strong> compositi sono state analizzate statisticamente. Risultati: Il tipo<br />

<strong>di</strong> resina composita per restauro <strong>di</strong>retto ha influenzato in maniera significativa i valori <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> adesione microtensile<br />

misurati. In particolare, con ES si sono registrati valori <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> adesione significativamente superiori,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dal tipo <strong>di</strong> adesivo applicato. Proprietà <strong>di</strong>stintive del composito ES rispetto a GLF e GDA sono<br />

risultate essere un più alto modulo elastico, una maggiore durezza Vicker, un modulo <strong>di</strong> Poisson più basso e più vicino<br />

a quello della dentina. Discussione e Conclusioni: Lo stu<strong>di</strong>o ha fornito evidenza dell’influenza delle proprietà<br />

meccaniche della resina composita da restauro sull’adesione alla dentina <strong>di</strong> adesivi all-in-one. Tale osservazione ha<br />

rilevanza clinica e nella progettazione <strong>di</strong> test <strong>di</strong> adesione microtensile in laboratorio. Un modulo <strong>di</strong> Poisson della resina<br />

composita più vicino a quello della dentina ha dato luogo ad una <strong>di</strong>stribuzione degli stress tensili più favorevole al<br />

mantenimento dell’adesione interfacciale. In questo stu<strong>di</strong>o, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> lavori scientifici precedenti, non si è<br />

riscontrata una corrispondenza tra i valori <strong>di</strong> adesione microtensile e lo stress da contrazione del composito,<br />

probabilmente in relazione alla geometria del substrato adesivo (superficie piatta), relativamente favorevole alla<br />

<strong>di</strong>ssipazione dello stress.


ANALISI IN VITRO ED IN VIVO DI QUATTRO METODICHE DI RIFINITURA DEI RESINE<br />

COMPOSITE MEDIANTE INTERFEROMETRIA E REPLICHE.<br />

Giuliani M., Marigo L., la Torre G., Sigismon<strong>di</strong> M. Piselli D, Rumi G.<br />

Istituto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservativa, Università Cattolica Sacro Cuore, Roma<br />

OBIETTIVI: lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare gli effetti <strong>di</strong> quattro tecniche <strong>di</strong> lucidatura, e <strong>di</strong><br />

comprovarne l’applicabilità e l’efficacia clinica, sulla superficie <strong>di</strong> due resine composite “universali” utilizzate per<br />

restauri <strong>di</strong>retti. La ricerca è stata condotta sia in laboratorio con l’ausilio dell’interferometria ottica, che nella pratica<br />

clinica con repliche esaminate al SEM.<br />

MATERIALI E METODI: due gruppi <strong>di</strong> resine composite (Filtek Supreme, 3M-ESPE e Esthet•X HD, Dentsply) per<br />

un totale <strong>di</strong> 24 campioni sono stati sottoposti a lucidatura superficiale utilizzando le seguenti procedure: 1) <strong>di</strong>schetti<br />

Sof-lex (3M-ESPE) 2) spazzolini Occlubrush (Have Neos) 3) punte <strong>di</strong> silicone HiLuster 4) Enhance system (Dentsply)<br />

ed analizzati con l’Interferometro Ottico Zygo New view 5000, prendendo in esame i valori Ra (me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> ruvidezza<br />

superficiale) e Rms (me<strong>di</strong>a aritmetica dell’ampiezza delle irregolarità del profilo all’interno della singola lunghezza <strong>di</strong><br />

lavoro). I dati ottenuti sono stati esaminati statisticamente con i test one-way ANOVA e Sheffé. Parallelamente 24<br />

otturazioni <strong>di</strong> V classe, eseguite con i suddetti compositi, sono state rifinite con frese <strong>di</strong>amantate a grana fina e lucidate<br />

con i quattro sistemi in questione e, dopo aver rilevato impronte delle superfici vestibolari (DEI Rainbow Superlight,<br />

DEI Italia), sono state replicate con resina epossi<strong>di</strong>ca (EM-BED 812), metallizzate per l’osservazione al SEM e valutate<br />

qualitativamente.<br />

RISULTATI: Interferometria Ottica: i test statistici hanno evidenziato <strong>di</strong>fferenze significative tra i sistemi <strong>di</strong><br />

lucidatura (p


L'ADESIONE TRA BRACKET ED ELEMENTO DENTALE:<br />

VALUTAZIONE SPERIMENTALE DI ALCUNI TIPI DI BRACKETS<br />

Lotito M, Cianetti S, Tondo M, Pegiati V, Negri P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Perugia, CLSOPD<br />

Cattedra <strong>di</strong> Materiali Dentari: Tit. Prof M.Lotito<br />

Cattedra <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> in età evolutiva: Tit. Prof. S.Cianetti<br />

Cattedra <strong>di</strong> Patologia Speciale Odontostomatologica: tit. per aff. dott. Paolo Negri<br />

OBIETTIVI:Il <strong>di</strong>stacco degli attacchi ortodontici è un inconveniente frustrante nella pratica ortodontica. Gli adesivi<br />

ortodontici hanno il compito <strong>di</strong> garantire un legame durevole sia con la struttura dello smalto mordenzato che con la<br />

base dell’attacco.Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare la forza <strong>di</strong> legame <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi attacchi ortodontici e i<br />

suoi effetti sui siti <strong>di</strong> fallimento <strong>di</strong> legame e sul comportamento dello smalto dopo il debon<strong>di</strong>ng.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati utilizzati quaranta elementi dentali estratti da animali bovini. I denti sono stati<br />

<strong>di</strong>visi casualmente in 4 gruppi da 10. Gli attacchi in metallo utilizzati in questo stu<strong>di</strong>o sono stati: Roth Evolution (SIA<br />

Orthodontic Manufacturer), Roth (Micerium), Step (Leone), Opti-mim (Target Ortho Organizer). Ogni gruppo <strong>di</strong><br />

attacchi presenta forma della base <strong>di</strong>versa, come pure l’area della superficie della base. L’adesivo utilizzato è stato<br />

uguale per ogni tipo <strong>di</strong> attacco (Transbond XT-3M Unitek).Un <strong>di</strong>namometro è stato usato per valutare le forze <strong>di</strong><br />

legame per tutti gli attacchi. RISULTATI : Dopo il debon<strong>di</strong>ng è stata stimata la quantità <strong>di</strong> composito rimasto sulla<br />

base del bracket utilizzando l’in<strong>di</strong>ce ARI me<strong>di</strong>ante immagini al microscopio ottico. È stata anche valutata la quantità <strong>di</strong><br />

smalto staccato rimasta sulla base dell’attacco tramite l’in<strong>di</strong>ce EDI. In base ai risultati <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o si è evidenziato<br />

che i fallimenti <strong>di</strong> legame si sono verificati più frequentemente a livello dell’interfaccia composito-bracket (80%); le<br />

osservazioni al microscopio hanno <strong>di</strong>mostrato che la maggior parte <strong>dei</strong> campioni (90%) non presenta <strong>di</strong>stacchi dello<br />

smalto dopo il debon<strong>di</strong>ng. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Tutti i campioni del nostro stu<strong>di</strong>o hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong><br />

poter superare la soglia minima <strong>di</strong> resistenza al <strong>di</strong>stacco riportata in letteratura (2,86 MPA) garantendo un buon<br />

successo nella pratica clinica .La maggioranza <strong>dei</strong> fallimenti che si sono verificati lungo le interfacce in esame (attaccocomposito-smalto)<br />

hanno riguardato il legame attacco-composito. Questo tipo <strong>di</strong> fallimento genera numerose<br />

problematiche cliniche legate alla necessità <strong>di</strong> rimozione dal tessuto dentale <strong>dei</strong> residui <strong>di</strong> composito , con notevole<br />

<strong>di</strong>spen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tempo alla poltrona nonché aumentato rischio <strong>di</strong> fenomeni abrasivi sulla superficie dello smalto. Sarebbe<br />

auspicabile un miglioramento delle proprietà ritentive della base degli attacchi al fine <strong>di</strong> minimizzare i fenomeni <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stacco durante la terapia e comunque ridurre la necessità <strong>di</strong> intervenire sulla superficie dentale con meto<strong>di</strong>che abrasive<br />

al termine della terapia stessa.


STUDIO SPERIMENTALE DELLE RESISTENZE FRIZIONALI TRA BRACKETS ESTETICI E FILI<br />

ORTODONTICI IN NITI E ACCIAIO.<br />

Verzì P., Verzì G.<br />

DIPARTIMENTO DI SPECIALITA’ MEDICO-CHIRURGICHE<br />

SEZIONE ODONTOSTOMATOLOGIA I. DIRETTORE: PROF. ERNESTO RAPISARDA<br />

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA<br />

INTRODUZIONE : L’attrito tra filo e attacco è sicuramente uno <strong>dei</strong> parametri che più influenza- lo spostamento<br />

dentale nei trattamenti ortodontici per cui è fondamentale conoscerne l’entità nel sistema biomeccanico che ogni<br />

clinico utilizza. Al fine <strong>di</strong> ridurre l’entità <strong>di</strong> tale forza, <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> fili e brackets realizzati in acciaio sono stati<br />

sperimentati e prodotti. Per esigenze estetiche i brackets in allumina sono però quelli più utilizzati.<br />

OBBIETTIVI : Scopo della nostra ricerca è stato quello <strong>di</strong> valutare sperimentalmente l'entità delle forze <strong>di</strong> resistenza<br />

frizionali, prodotte dallo scorrimento <strong>di</strong> fili ortodontici in NITI e acciaio su brackets estetici rispetto a quelli in acciaio.<br />

MATERIALI E METODI : Tre <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> attacchi ortodontici (un bracket in ceramica con slot in vetro, uno in<br />

allumina ed uno in metallo) legati con legature elastiche a quattro <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> fili (tre in acciaio <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa sezione e<br />

uno in nichel-titanio termosensibile) sono stati sottoposti, in con<strong>di</strong>zioni asciutte, a test <strong>di</strong> resistenza frizionale me<strong>di</strong>ante<br />

apparecchiatura Instron assemblata con computer e software Instron Series IX che consente <strong>di</strong> elaborare e archiviare i<br />

dati <strong>dei</strong> singoli test; i valori delle forze <strong>di</strong> resistenza frizionali ottenuti con i vari test sono stati quin<strong>di</strong> elaborati<br />

statisticamente.<br />

RISULTATI : I risultati ottenuti dalla nostra ricerca sperimentale hanno <strong>di</strong>mostrato che, in accordo con quanto presente<br />

in letteratura, gli attacchi in ceramica determinano un attrito maggiore rispetto ai bracket in acciaio. In considerazione<br />

<strong>dei</strong> vantaggi estetici offerti da tali attacchi abbiamo eseguito i test frizionali utilizzando anche bracket in ceramica con<br />

slot in ossido <strong>di</strong> silicio: il confronto con i bracket in acciaio ha permesso <strong>di</strong> stabilire che tra questi ultimi due tipi <strong>di</strong><br />

attacchi non si hanno <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative, mentre rispetto agli attacchi in allumina si ha una<br />

significativa riduzione dell’attrito.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI : La presente ricerca ha permesso, grazie alle accurate misurazioni eseguite con<br />

l’Instron machine ,<strong>di</strong> stabilire che, durante lo scorrimento <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi complessi filo-bracket-legatura presi in esame: i<br />

brackets in ossido <strong>di</strong> alluminio presentano una resistenza frizionale superiore a quelli in acciaio mentre quelli con<br />

rivestimento in ossido <strong>di</strong> silicio sono paragonabili a quelli in acciaio; i fili in acciaio aumentano le resistenze frizionali<br />

all’aumentare della sezione; i fili al Nickel-Titanio a parità <strong>di</strong> sezione presentano minor attrito rispetto ai fili in acciaio.


INFLUENZA DELLA PRESSIONE PULPARE SULLA FORZA DI UNIONE DI CEMENTI RESINOSI<br />

AUTO-ADESIVI ALLA DENTINA.<br />

Mazzitelli C, Monticelli F, Chieffi N, Papacchini F, Toledano M, Ferrari M.<br />

Università <strong>di</strong> Siena, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Siena, Italia; Università <strong>di</strong><br />

Saragozza, Dipartimento <strong>di</strong> Materiali Dentari, Huesca, Spagna; Università <strong>di</strong> Granada, Dipartimento <strong>di</strong> Materiali<br />

Dentari, Granada, Spagna.<br />

Obiettivi: Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare la forza <strong>di</strong> adesione <strong>di</strong> cementi auto-adesivi alla dentina in<br />

presenza <strong>di</strong> una pressione intrapulpare simulata (PP). Materiali e Meto<strong>di</strong>: Diciotto overlays in composito sono stati<br />

cementati alla dentina profonda <strong>di</strong> molari umani con tre cementi resinosi auto-adesivi (RelyX Unicem, G-Cem e<br />

Breeze). Nella metà <strong>dei</strong> casi, la cementazione è avvenuta in presenza <strong>di</strong> una pressione pulpare <strong>di</strong> 15 cm <strong>di</strong> H2O. In<br />

questo caso, la pressione pulpare è stata mantenuta fino alla realizzazione del test <strong>di</strong> microtensione. Dopo essere stati<br />

conservati per 24 h in ambiente umido, tutti i campioni sono stati tagliati in sezioni <strong>di</strong> 1 mm 2 e testati in tensione con<br />

una macchina universale da carico. I dati ottenuti sono stati sottoposti ai test statistici <strong>di</strong> Kruskal-Wallis (p


PUÒ L’ACIDO POLIACRILICO MIGLIORARE L’INTERAZIONE TRA CEMENTI AUTO-ADESIVI E LA<br />

DENTINA?<br />

Mazzitelli C, Monticelli F, Chieffi N, Toledano M, Osorio R, Ferrari M.<br />

Università <strong>di</strong> Siena, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Siena, Italia; Università <strong>di</strong><br />

Saragozza, Dipartimento <strong>di</strong> Materiali Dentari, Huesca, Spagna; Università <strong>di</strong> Granada, Dipartimento <strong>di</strong> Materiali<br />

Dentari, Granada, Spagna.<br />

Obiettivi: L’adesione <strong>dei</strong> cementi resinosi auto-adesivi alla dentina desta alcune perplessità. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è<br />

stato quello <strong>di</strong> valutare l’effetto dell’acido poliacrilico sul meccanismo <strong>di</strong> adesione tra <strong>di</strong>versi cementi auto-adesivi e la<br />

dentina. Materiali e Meto<strong>di</strong>: La corona <strong>di</strong> venti molari umani è stata tagliata per esporre la dentina profonda. Sono stati<br />

formati due gruppi (n=5): 1) Nessun trattamento della dentina (NT); 2) Mordenzatura con acido poliacrilico al 10%,<br />

applicato su dentina per 30s (PAA). Sono stati utilizzati due cementi resinosi auto-adesivi (RelyX Unicem [RXU] e G-<br />

Cem [GC]) per la cementazione <strong>di</strong> onlays in composito. La cementazione è stata realizzata simulando una pressione<br />

pulpare (PP) <strong>di</strong> 15 cm <strong>di</strong> H2O. I campioni sono stati conservati per un mese (37°C), tagliati in sticks (1 mm 2 ) e<br />

sottoposti ad un test microtensile con una macchina da carico universale. Gli sticks fratturati sono stati osservati con un<br />

microscopio elettronico a scansione (SEM). I test <strong>di</strong> Kruskall-Wallis e Mann-Withney sono stati utilizzati per l’analisi<br />

statistica (p


RILASCIO DI FLUORO DI UN CEMENTO ORTODONTICO: STUDIO IN VITRO ED IN VIVO<br />

Michelini G*, Contardo L, Antoniolli F, De Stefano Dorigo E, Cadenaro M.<br />

Dipartimento Clinico-Universitario <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cina, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste<br />

OBIETTIVI: Valutare, sia in vitro che in vivo, il rilascio <strong>di</strong> fluoro (F - ) <strong>di</strong> un cemento ortodontico a base <strong>di</strong> F -<br />

(Transbond Plus, 3M ESPE), comparandolo con uno tra<strong>di</strong>zionale (Transbond XT, 3M ESPE). MATERIALI E<br />

METODI: Per lo stu<strong>di</strong>o in vitro sono stati preparati 10 campioni per entrambi i cementi, immersi in acqua <strong>dei</strong>onizzata.<br />

La concentrazione <strong>di</strong> F - nell’acqua è stata misurata me<strong>di</strong>ante un analizzatore ionico connesso ad un elettrodo selettivo<br />

per gli ioni F - (Thermo Scientific Orion Star Series) ogni giorno per 7 giorni, poi ogni 2 giorni per altre 3 settimane; al<br />

28° giorno i campioni sono stati immersi per 4 min in gel al fluoro (Elmex Gel, GABA Int.) e le misurazioni ripetute il<br />

giorno successivo ed ogni 2 giorni per 3 settimane. Per lo stu<strong>di</strong>o in vivo sono stati selezionati 16 pazienti che non<br />

fossero stati sottoposti a fluoroprofilassi topica o sistemica nei 6 mesi precedenti al bandaggio ortodontico e che<br />

dovevano utilizzare un dentifricio senza F - . In 10 pazienti i brackets sono stati cementati con cemento sperimentale<br />

(Transbond Plus), 6 con quello <strong>di</strong> controllo (Transbond XT). La concentrazione <strong>di</strong> F - nella saliva <strong>dei</strong> pazienti è stata<br />

misurata, con lo stesso analizzatore ionico, il giorno del bandaggio, il giorno successivo, una settimana ed un mese<br />

dopo. Sono stati infine selezionati molari permanenti estratti privi <strong>di</strong> carie, a cui sono stati applicati i brackets<br />

utilizzando entrambi i cementi. I denti sono stati immersi in una soluzione demineralizzante (pH 4.5) per 3 giorni; sono<br />

stati poi sezionati ed analizzati al microscopio ottico misurando l’estensione dell’area <strong>di</strong> demineralizzazione dello<br />

smalto intorno ai brackets. RISULTATI: Nello stu<strong>di</strong>o in vitro si è evidenziato un picco iniziale <strong>di</strong> rilascio <strong>di</strong> F - da parte<br />

del cemento sperimentale durante i primi 3 giorni, seguito da un decremento progressivo fino a un plateau con rilascio<br />

minimo. L’andamento è stato paragonabile dopo ricarica in gel fluorato. Il cemento <strong>di</strong> controllo non ha <strong>di</strong>mostrato<br />

alcuna capacità <strong>di</strong> rilascio <strong>di</strong> F - né <strong>di</strong> ricarica (p


CARATTERISTICHE DI SUPERFICIE DI QUATTRO CERAMICHE DA RIVESTIMENTO SOTTOPOSTE<br />

A RIFINITURA.<br />

Rossi Iommetti P , Russo A, Manicone P F, Raffaelli L, Damis G, Manni A.<br />

Istituto <strong>di</strong> clinica odontoiatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Italia. pierf.rossi@tiscali.it<br />

OBIETTIVI: Le procedure <strong>di</strong> rifinitura delle ceramiche da rivestimento estetico devono garantire una superficie<br />

levigata e non devono compromettere la resistenza della ceramica stessa. Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è la valutazione <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenti sistematiche <strong>di</strong> rifinitura applicate a 4 <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> ceramica preparate con sistema tra<strong>di</strong>zionale e<br />

tramite un essiccatore da laboratorio (Kriox). Sono state valutati quin<strong>di</strong> per ogni tipologia <strong>di</strong> campione la levigatura<br />

superficiale e la durezza superficiale. MATERIALI E METODI: Sono stati prodotti 96 <strong>di</strong>schi in ceramica, con<br />

<strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 2 cm circa e spessore <strong>di</strong> circa 3 mm tramite uno stampo. Sono state utilizzate 4 ceramiche da rivestimento<br />

con composizioni o in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong>fferenti. Per ogni ceramica sono stati prodotti 24 campioni <strong>di</strong> cui la metà con sistema<br />

Kriox: ceramica sintetica (A ed E), Avantè (Pentron Ceramics, Somerset, New Jersey), vetroceramica (B e F), OPC 3G<br />

(Memorial Drive, Somerset, New Jersey), ceramica feldspatica (C e G), Creation (Willigeller International AG<br />

Oberneuhofstrasse, Baar, Schweiz) e ceramica mista (D e H), Initial (3373 w., Abip, IL.). Per ogni gruppo, <strong>di</strong>fferenti<br />

campioni sono stati rifiniti con: pietra per ceramica (Chipless, Shofu dental GmbH, Ratingen, Germany), gommino per<br />

ceramica (Edenta, AG, Svizzera) <strong>di</strong>schetti per rifinitura Sof-Lex (3M-Espe, Shaan, Lichteinstein). I restanti campioni<br />

sono stati glasati ed inseriti nei gruppi <strong>di</strong> controllo. Per ogni campione è stato eseguito il test <strong>di</strong> micro durezza Vickers e<br />

l’osservazione al SEM. RISULTATI: Le ceramiche preparate con sistema Kriox sono me<strong>di</strong>amente più dure <strong>di</strong> quelle<br />

realizzate con meto<strong>di</strong>ca tra<strong>di</strong>zionale (762-1045HV). È stato riscontrato che le ceramiche realizzate con sistema Kriox e<br />

rifinite con <strong>di</strong>schetti Sof-Lex sono me<strong>di</strong>amente le più dure (1040 HV) Le ceramiche sottoposte a glasure sono<br />

me<strong>di</strong>amente le più morbide (689HV), probabilmente perché le masse <strong>di</strong> glasatura sono più morbide della ceramica<br />

sottostante. La superficie delle ceramiche glasate e preparate con sistema Kriox appare omogenea al S.E.M. I sistemi <strong>di</strong><br />

rifinitura meccanica creano superfici omogenee, ma non perfettamente lisce se confrontate con quelle sottoposte a<br />

glasure. CONCLUSIONI: Le ceramiche realizzate con il Kriox hanno generalmente una durezza maggiore, poiché<br />

questo sistema elimina i vuoti e conferisce più compattezza alla massa ceramica. L’utilizzo del sistema Kriox rende<br />

minimi i <strong>di</strong>fetti superficiali e strutturali delle ceramiche rifinite con sistemi meccanici, consentendo maggiori rifiniture<br />

durante le prove cliniche <strong>dei</strong> manufatti protesici. Per raggiungere i risultati <strong>di</strong> rifinitura ottimale non è soltanto<br />

necessario scegliere il miglior sistema <strong>di</strong> rifinitura, ma occorre che questo venga selezionato in base al tipo <strong>di</strong> ceramica<br />

prescelta.


VALUTAZIONE DELLA FORZA DI ADESIONE DI UN NUOVO SISTEMA ADESIVO CON E SENZA<br />

CLOREXIDINA.<br />

Visintini E, Cadenaro M, Di Lenarda R, Breschi L.<br />

Dipartimento Clinico-Universitario <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cina, Università <strong>di</strong> Trieste. e.visintini@fmc.units.it<br />

OBIETTIVI: Le metalloproteinasi della dentina (MMPs) sembrerebbero avere un ruolo fondamentale nel determinare<br />

la degradazione delle fibre collagene dello strato ibrido qualora non vengano completamente infiltrate dalla resina<br />

adesiva. È stato ipotizzato che la clorexi<strong>di</strong>na (CHX) utilizzata come pre-primer possa inibire efficacemente le<br />

metalloproteinasi e quin<strong>di</strong> la degradazione dello strato ibrido nel tempo. Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong><br />

valutare se l’aggiunta della clorexi<strong>di</strong>na ai componenti <strong>di</strong> un nuovo sistema adesivo, utilizzabile sia con la meto<strong>di</strong>ca<br />

etch-and-rinse che con la meto<strong>di</strong>ca self-etch, ne influenzi la forza <strong>di</strong> adesione. MATERIALI E METODI: Sono stati<br />

utilizzati 20 molari umani non cariati estratti, <strong>dei</strong> quali è stata esposta la dentina me<strong>di</strong>o-profonda, su cui è stato creato<br />

uno smear-layer me<strong>di</strong>ante carta abrasiva a 180 grid. Dieci campioni sono stati mordenzati con acido ortofosforico al<br />

37% per 15s e risciacquati per 15s. I campioni sono stati ulteriormente sud<strong>di</strong>visi in due sottogruppi (n=5): nel primo è<br />

stato applicato l’adesivo Peak LC (Ultradent) e nel secondo lo stesso adesivo con aggiunta <strong>di</strong> CHX. Sugli altri <strong>di</strong>eci<br />

campioni è stato applicato il self-etch-primer abbinato al sistema adesivo Peak. Anche in questo caso i campioni sono<br />

stati sud<strong>di</strong>visi in due sottogruppi (n=5): nel primo è stato applicato l’adesivo Peak SE (Ultradent) e nel secondo lo<br />

stesso adesivo con aggiunta <strong>di</strong> CHX. Su tutti i campioni è stato quin<strong>di</strong> preparato un build-up in composito (Filtek Z250,<br />

3M ESPE) dello spessore <strong>di</strong> 4 mm, con apporti incrementali <strong>di</strong> 2 mm ciascuno, polimerizzati per 20s. I campioni sono<br />

stati quin<strong>di</strong> sezionati me<strong>di</strong>ante microtomo, in sticks con superficie <strong>di</strong> adesione pari a 0.9 mm 2 , misurati me<strong>di</strong>ante calibro<br />

<strong>di</strong>gitale. Gli sticks così ottenuti sono stati sottoposti a test <strong>di</strong> microtensile. I dati sono stati analizzati statisticamente<br />

me<strong>di</strong>ante test two-way ANOVA (p


INVECCHIAMENTO IN VITRO DI UN SISTEMA COMPOSITO ED OSSERVAZIONE DELLE SUE<br />

VARIAZIONI MORFOLOGICHE SUPERFICIALI.<br />

Bal<strong>di</strong> M., Capogreco M, Gatto R., Giannoni M., Marzo G.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> L’Aquila, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Salute, Clinica Odontoiatrica.<br />

INTRODUZIONE – Il successo delle ricostruzioni conservative in resine composite è con<strong>di</strong>zionato dalle caratteristiche<br />

superficiali <strong>dei</strong> materiali e dalla stabilità nel tempo della chiusura marginale . L’efficienza funzionale <strong>di</strong>pende<br />

dall’esecuzione <strong>di</strong> un corretto protocollo terapeutico e dalla rivalutazione a <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>ante tecniche <strong>di</strong> rifinitura e<br />

lucidatura con l’eventuale applicazione <strong>di</strong> un nuovo strato <strong>di</strong> bon<strong>di</strong>ng. OBIETTIVI – Utilizzando la meto<strong>di</strong>ca del<br />

termociclaggio per simulare l’invecchiamento ed il S.E.M. per le osservazioni sono state valutate le superfici ed i<br />

margini <strong>di</strong> otturazione realizzate con lo stesso composito, lucidate con due <strong>di</strong>versi sistemi ed infine trattate con la<br />

deposizione <strong>di</strong> nuovo bon<strong>di</strong>ng per la sigillatura delle imperfezioni. MATERIALI E METODI - Su 15 elementi dentari,<br />

premolari e molari, sono state realizzate due cavità <strong>di</strong> V° una vestibolare e una linguale, sono state otturate con un<br />

composito microibrido Opallis (Dentscare LTDA) con l’impiego dell’adesivo Excite (Ivoclar-Vivadent). Su ogni<br />

campione un’otturazione è stata lucidata con il sistema Enhance (Dentsply) ed una con il sistema Diamond Pro<br />

(Dentscare LTDA). Tre campioni sono stati tenuti per controllo gli altri a sono stati termociclati (LCT 100 Lam<br />

Tecnologies) a 5°C- 55°C con un tempo <strong>di</strong> immersione <strong>di</strong> 30 sec., rispettivamente tre per 4700 cicli, tre per 6700 e<br />

infine sei per 8700 cicli. Prima dell’osservazione al SEM (Philips XL30) i sei dell’ultimo gruppo sono stati metà<br />

lucidati nuovamente con i due sistemi e metà dopo mordenzatura per 30 sec. hanno subito l’applicazione del sigillante<br />

Embrace Wet Bond Seal-n-Shine (Pulpdent) RISULTATI E CONCLUSIONI – Le immagini ottenute evidenziano,<br />

all’aumentare <strong>dei</strong> cicli termici, una progressione, sia per estensione che per spessore, <strong>di</strong> soluzioni <strong>di</strong> continuo<br />

nell’interfaccia smalto-composito sempre nell’or<strong>di</strong>ne del micron o <strong>di</strong> frazioni <strong>di</strong> esso in maniera sovrapponibile tra i due<br />

sistemi <strong>di</strong> lucidatura. La superficie del composito non appare invece con<strong>di</strong>zionata alla stessa maniera, infatti il materiale<br />

mantiene la sua morfologia superficiale <strong>di</strong> partenza con impercettibili variazioni al progre<strong>di</strong>re del termociclaggio. E’ da<br />

evidenziare però che i due sistemi <strong>di</strong> lucidatura fin dal campione <strong>di</strong> controllo denotano due superfici leggermente<br />

<strong>di</strong>fferenti nella presenza della matrice organica che risulta asportata maggiormente con il sistema Diamond Pro che fa<br />

uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>schi abrasivi rispetto all’Enhance che impiega gommini. Dopo 8700 cicli sui campioni in cui è stato effettuato<br />

il rebon<strong>di</strong>ng le linee <strong>di</strong> frattura risultano obliterate dalla nuova resina ed anche la superficie del composito risulta più<br />

omogenea ed uniforme. Il protocollo realizzato ha messo in evidenza il buon comportamento superficiale del composito<br />

utilizzato, e la tenuta delle chiusure marginali nei limiti riportati in letteratura. Il rebon<strong>di</strong>ng è un’opzione valida anche se<br />

clinicamente deve essere rivalutata nel tempo .


RESISTENZA A FLESSIONE E MODULO ELASTICO DI UN COMPOSITO INDIRETTO POST-<br />

POLIMERIZZATO RIPARATO CON METODICA DIRETTA.<br />

Sedda M, Papacchini F, Borgia V, Borracchini A, Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena.<br />

OBIETTIVI: I moderni compositi possono essere utilizzati nella realizzazione <strong>di</strong> restauri in<strong>di</strong>retti, grazie al costante<br />

sviluppo delle loro proprietà estetiche e funzionali. In caso <strong>di</strong> frattura del restauro la riparazione può essere<br />

un’alternativa conservativa alla completa sostituzione. I materiali <strong>di</strong> riparazione suggeriti sono i compositi <strong>di</strong>retti fotopolimerizzabili.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è verificare la resistenza a flessione ed il modulo <strong>di</strong> elasticità <strong>di</strong> un composito<br />

in<strong>di</strong>retto post-polimerizzato riparato con un composito <strong>di</strong>retto foto-polimerizzato. MATERIALI E METODI: Sono<br />

stati selezionati tre materiali: un composito resinoso in<strong>di</strong>retto (Gra<strong>di</strong>a Forte, GC Corp.,Tokyo, Giappone - F), prima<br />

foto-polimerizzato con lampada da laboratorio e successivamente post-polimerizzato in stufa a secco (110°C, 15 min);<br />

due compositi resinosi <strong>di</strong>retti (Gra<strong>di</strong>a Direct Anterior, GC Corp. - A; Gra<strong>di</strong>a Direct Posterior, GC Corp. - P), fotopolimerizzati<br />

con lampada alogena. Per ogni materiale sono stati prodotti 20 campioni. In aggiunta, sono stati realizzati<br />

80 campioni bi-strato, usando F come substrato e P ed A come materiali <strong>di</strong> riparazione (AF, FA, PF ed FP, dove la<br />

prima lettera in<strong>di</strong>ca il materiale posizionato verso l’alto). I 140 campioni ottenuti in totale sono stati sottoposti ad un test<br />

<strong>di</strong> resistenza a flessione a tre punti secondo la Normativa ISO 4049:2000. I dati <strong>di</strong> resistenza a flessione e modulo<br />

elastico sono stati sottoposti ad analisi della varianza ad una via (One-Way ANOVA) ed analisi Weibull. la modalità <strong>di</strong><br />

frattura è stata osservata al SEM. RISULTATI: Sia per la resistenza a flessione che per il modulo elastico il gruppo F<br />

ha ottenuto i valori più alti, seguito dai gruppi bi-strato, e dai gruppi A e B. La <strong>di</strong>stribuzione cumulativa <strong>di</strong> Weibull a 2<br />

parametri ha seguito lo stesso andamento. Le immagini al SEM hanno evidenziato che la frattura origina molto<br />

frequentemente da un vuoto, un’inclusione o un <strong>di</strong>fetto presente nella superficie inferiore del campione. Nei campioni<br />

bi-strato si è spesso notata la presenza <strong>di</strong> un gap all’interfaccia composito-composito. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: Il composito in<strong>di</strong>retto post-polimerizzato (F) ha mostrato migliori proprietà meccaniche <strong>dei</strong> due<br />

compositi <strong>di</strong>retti. E’ possibile che questo sia dovuto sia ad una <strong>di</strong>fferente formulazione chimica (matrice,<br />

qualità/quantità <strong>dei</strong> riempitivi), sia ad un maggiore grado <strong>di</strong> conversione <strong>dei</strong> monomeri resinosi. Il gap osservato<br />

all’interfaccia composito-composito <strong>dei</strong> campioni bi-strato può essere in<strong>di</strong>cativa <strong>di</strong> un’adesione non ottimale tra F<br />

(substrato) e A e P (materiali da riparazione). Questa osservazione necessita <strong>di</strong> ulteriori indagini volte a verificare la<br />

forza <strong>di</strong> adesione tra <strong>di</strong>versi materiali e il possibile vantaggio <strong>di</strong> un trattamento <strong>di</strong> superficie chimico o meccanico.


INFLUENZA DI UN TRATTAMENTO TERMICO POST-POLIMERIZZAZIONE SULLA RESISTENZA A<br />

FLESSIONE DI DUE COMPOSITI INDIRETTI.<br />

Papacchini F., Sedda M., Salonna P., Borracchini A., Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena<br />

OBIETTIVI: Valutare l’effetto <strong>di</strong> un trattamento termico post-polimerizzazione sulla resistenza a flessione <strong>di</strong> due<br />

compositi in<strong>di</strong>retti. MATERIALI E METODI: Per ogni composito (Gra<strong>di</strong>a, GC, Tokyo, Giappone; Gra<strong>di</strong>a Forte,<br />

GC), sono state selezionate tre masse: dentina opaca (OD), dentina (D) e smalto (E). Per ogni massa sono state<br />

realizzate 20 barrette <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni 25x2.1x2.1 mm, ottenute con tecnica incrementale all’interno <strong>di</strong> una matrice <strong>di</strong><br />

polivinilsilossano (Elite H-D+, Ba<strong>di</strong>a Polesine, Italia). Tutti i campioni sono stati fotopolimerizzati per 3 min (Labolight<br />

LV-II, GC), mentre <strong>di</strong>eci campioni per ogni massa sono stati ulteriormente trattati a caldo per 15 min a 110 °C (Petit<br />

Oven PO-I, GC). I campioni sono stati poi rifiniti con carta metallografica (600/1200 FEPA) fino ad ottenere le<br />

<strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> 2.0±0.1 mm in altezza e in larghezza, conservati in acqua per 24 h e sottoposti ad un three-point ben<strong>di</strong>ng<br />

test su una macchina da carico universale (Triaxial Tester T400 Digital, v: 0.75 mm/min) fino a frattura. Per l’analisi<br />

statistica <strong>dei</strong> dati sono state applicate una ANOVA a 3 vie per esaminare l’effetto <strong>di</strong> “materiale”, “massa” e “modalità<br />

<strong>di</strong> polimerizzazione” sulla resistenza a flessione e un’analisi Weibull a 2 parametri per determinare la probabilità <strong>di</strong><br />

fallimento a specifici carichi. RISULTATI: Il materiale e la modalità <strong>di</strong> polimerizzazione sono risultati fattori<br />

significativi (p


VANTAGGI CLINICI NELL’UTILIZZO DI FILI ORTODONTICI ELASTICI E SUPERELASTICI.<br />

A. Laino, C. Barreiro, G. Laino<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze odontostomatologiche e maxillo-facciale Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli Federico II<br />

Introduzione: Il notevole progresso delle nuove leghe ortodontiche, conseguito negli ultimi anni, ha permesso <strong>di</strong><br />

potenziare i vantaggi generati dalle caratteristiche sia fisiche che termo-meccaniche <strong>dei</strong> fili ortodontici <strong>di</strong> ultima<br />

generazione.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Vengono valutate tre tipologie <strong>di</strong> situazioni cliniche più frequenti caratterizzate da grave<br />

affollamento dentario vestibolo-linguale, grave affollamento dentario associato a <strong>di</strong>sallinemento <strong>di</strong> tipo verticale, gravi<br />

affollamenti dentari in cui coesistono entrambe le precedenti con<strong>di</strong>zioni. La sequenza <strong>di</strong> allineamento dentale è<br />

monitorata con fotografie intraorali in visione frontale , laterale ed occlusale, ripetute mensilmente onde poter<br />

apprezzare lo spostamento tri<strong>di</strong>mensionale degli stessi elementi dentari.<br />

Risultati: La <strong>di</strong>samina <strong>dei</strong> casi clinici ci permette <strong>di</strong> evidenziare i vantaggi terapeutici nell’utilizzo clinico <strong>di</strong> tali fili,<br />

associati ad un minimo <strong>di</strong>sconfort per il paziente in quanto erogano forze continue e leggere con prevalenza <strong>di</strong> forze<br />

singole rispetto a momenti incongrui e incoerenti.<br />

Conclusioni: I vantaggi dell’utilizzo <strong>dei</strong> fili superelastici termici nella correzione delle gravi <strong>di</strong>sarmonie dento-basali a<br />

sviluppo sia verticale che orizzontale, consente al clinico <strong>di</strong> avere un’opportunità terapeutica più biologica e<br />

confortevole per i pazienti.


INFLUENZA DI UN NUOVO DESENSIBILIZZANTE SULLA FORZA DI ADESIONE AL SUBSTRATO<br />

DENTINALE<br />

Ametrano G., Rengo C., Spagnuolo G., Siemone M., De Santis R*., Rengo S.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli Federico II, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali<br />

* Istituto <strong>dei</strong> Materiali Compositi e Biome<strong>di</strong>ci IMCB, CNR Napoli<br />

INTRODUZIONE: Nell’ambito delle tecniche <strong>di</strong> restaurativa <strong>di</strong>retta, recentemente è stato proposto l’utilizzo <strong>di</strong><br />

desensibilizzanti come sottofondo per ricostruzioni in resina composita al fine <strong>di</strong> proteggere il tessuto pulpare da<br />

stimoli fisici o chimici. Scopo del presente stu<strong>di</strong>o era valutare, me<strong>di</strong>ante test microtensile, gli effetti <strong>di</strong> un nuovo<br />

desensibilizzante sulla forza <strong>di</strong> adesione degli adesivi dentinali. MATERIALI E METODI: Trenta secon<strong>di</strong> molari<br />

indenni da processi cariosi, sono stati privato del tavolato occlusale e <strong>di</strong>visi in 4 gruppi. Nel gruppo 1 (controllo) è stato<br />

evvettuato soo il restauro in composito, mentre nei restanti tre gruppi sono stati applicati tre <strong>di</strong>versi desensibilizzanti<br />

prima della ricostruzione: Desen <strong>di</strong> nuova formulazione (Distribuito da OGNA Laboratori Farmaceutici, Italia) , Viva<br />

Sens (Ivoclar Vivadent, Liechtenstein) e Gluma Desenzitizer (Heraus Kulzer, Germany). Ogni dente è stato<br />

successivamente sezionato me<strong>di</strong>ante microtomo, ottenendo da ciascuno se<strong>di</strong>ci provini delle <strong>di</strong>mensioni 10,0×1,0×1,0<br />

mm. I provini, cosi realizzati, sono stati analizzati me<strong>di</strong>ante test microtensile ed i risultati sottoposti ad elaborazione<br />

statistica (One-Way ANOVA, p


SLER ® : UNA NUOVA TECNOLOGIA PER LA FOTOPOLIMERIZZAZIONE DEI MATERIALI<br />

COMPOSITI.<br />

Prisco D. 1 , De Santis R. 2 , * Rengo C. 1 , Nar<strong>di</strong> GM. 3 , Ambrosio L. 2 , Rengo S. 1 , Nicolais L. 2<br />

1<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli “Federico II”, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, Via<br />

S. Pansini 5, 80<strong>13</strong>1 Napoli, Italy<br />

2<br />

Istituto per i Materiali Compositi e Biome<strong>di</strong>ci (IMCB), Consiglio Nazionale delle Ricerche, P.le Tecchio 80, 80125,<br />

Napoli, Italy<br />

3<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”<br />

OBIETTIVI:La tecnologia SLER® (Soft Light Energy Release) è stata recentemente proposta in campo odontoiatrico<br />

per la fotopolimerizzazione <strong>dei</strong> materiali compositi. Attraverso una nuova modalità <strong>di</strong> polimerizzazione, che prevede un<br />

decremento graduale della potenza nella fase finale dell’irraggiamento del materiale, è possibile conseguire un controllo<br />

termico del processo <strong>di</strong> cura. L’effetto SLER® sul processo <strong>di</strong> fotopolimerizzazione è stato valutato attraverso prove<br />

estensimetriche <strong>di</strong> contrazione assistite da misure termiche, mentre l’effetto sulle proprietà meccaniche è stato valutato<br />

per mezzo <strong>di</strong> prove meccaniche <strong>di</strong> penetrazione standar<strong>di</strong>zzate. MATERIALI E METODI: I materiali compositi<br />

selezionati per l’allestimento <strong>dei</strong> provini per le prove condotte sono stati il Gra<strong>di</strong>a Direct (GC, Japan) ed il Venus<br />

(Heraeus Kulzer, Germany). La contrazione lineare e la temperatura, durante la fase <strong>di</strong> polimerizzazione, <strong>di</strong> campioni<br />

<strong>dei</strong> materiali compositi selezionati (n=10 per ogni materiale e per ciascuna unità <strong>di</strong> fotopolimerizzazione in modalità<br />

“Standard” e “Sler”) sono state valutate attraverso un estensometro (Instron, UK) e termocoppie tipo “K” controllate da<br />

un sistema <strong>di</strong> acquisizione DAC (National Instruments, USA) e il software Signal Express (National Instruments,<br />

USA). Una caratterizzazione <strong>dei</strong> materiali compositi selezionati è stata condotta attraverso prove meccaniche <strong>di</strong> smallpunch<br />

test. Le prove sono state condotte utilizzando un <strong>di</strong>namometro servomeccanico Instron 5566 (Instron, UK) con<br />

una velocità <strong>di</strong> movimento della traversa pari a 0,5 mm/min. L’acquisizione dati è stata effettuata a 10 pt/s.<br />

RISULTATI: I risultati in<strong>di</strong>cano che questo nuovo processo <strong>di</strong> fotopolimerizzazione determina un miglioramento della<br />

resistenza meccanica <strong>dei</strong> materiali compositi che sono polimerizzati con alta intensità luminosa. Inoltre, questa nuova<br />

meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> fotopolimerizzazione rappresenta un importante ausilio in campo clinico per il controllo delle<br />

problematiche legate alla contrazione <strong>dei</strong> materiali compositi durante il processo <strong>di</strong> polimerizzazione ad elevata<br />

potenza. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La tecnologia SLER® permette un controllo <strong>dei</strong> gra<strong>di</strong>enti termici a cui<br />

vanno incontro i materiali compositi nell’istante in cui viene spenta l’unità utilizzata per la fotopolimerizzazione.<br />

Questo controllo, attraverso un “addolcimento” delle curve <strong>di</strong> contrazione e conseguentemente degli sforzi interni<br />

residui, determina un miglioramento delle proprietà meccaniche finali del materiale composito e notevoli vantaggi<br />

clinici in termini <strong>di</strong> longevità del restauro e stabilità delle interfacce adesive restauro-tessuti dentari.


RESISTENZA A FATICA CICLICA, FRATTOGRAFIA E SPETTROSCOPIA A DISPERSIONE DI<br />

ENERGIA DI UN NUOVO STRUMENTO ENDODONTICO IN NICHEL-TITANIO.<br />

Costa F, Gran<strong>di</strong>ni S, Goracci C, Cafaro G, Papacchini F, Ounsi H, Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università <strong>di</strong> Siena. federicacosta85@hotmail.it<br />

OBIETTIVI: Numerosi sono i fattori capaci <strong>di</strong> influenzare il rischio <strong>di</strong> frattura per fatica ciclica degli strumenti<br />

endodontici in Ni-Ti all’interno del canale. Gli obiettivi del presente stu<strong>di</strong>o sono stati: 1) valutare l’influenza<br />

dell’esposizione a ripetuti cicli <strong>di</strong> sterilizzazione e del contatto con NaOCl; 2) interpretarne, attraverso uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

tipo frattografico, il meccanismo <strong>di</strong> frattura; 3) definire, attraverso un’indagine spettroscopica a <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> energia<br />

della lega, la possibile causa <strong>di</strong> frattura in termini <strong>di</strong> composizione chimica. MATERIALI E METODI: Un totale <strong>di</strong> 150<br />

strumenti endodontici rotanti in Ni-Ti (Alpha System, Komet) aventi grandezza ISO 25 e conicità 0,02, 0,04 e 0,06 sono<br />

stati sud<strong>di</strong>visi, in maniera casuale, in cinque gruppi <strong>di</strong> 30 strumenti l’uno e trattati come segue: esposizione a 5 e 20<br />

cicli <strong>di</strong> sterilizzazione in autoclave con e senza precedente contatto con NaOCl (5,25%), e test <strong>di</strong> fatica ciclica. Un<br />

gruppo <strong>di</strong> strumenti è stato scelto come controllo. I tempi <strong>di</strong> resistenza a fatica ciclica, espressi in s, sono stati sottoposti<br />

ad analisi statistica (test <strong>di</strong> Kolmogorov-Smirnov, test <strong>di</strong> Levene, Analisi della Varianza a Due Vie, test post hoc <strong>di</strong><br />

Tukey; p


GRADO DI CONVERSIONE DELLO STRATO IBRIDO DI TRE ADESIVI SELF-ETCH<br />

Navarra CO, Cadenaro M, Antoniolli F, Di Lenarda R, Breschi L.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cina, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.<br />

OBIETTIVI: Il grado <strong>di</strong> conversione è capace <strong>di</strong> influenzare le proprietà meccaniche <strong>dei</strong> materiali resinosi (Ferracane<br />

e Greener, J Biomed Mater Res 1986; 20: 121-31). Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> caratterizzare lo strato<br />

ibrido (HL) e <strong>di</strong> calcolare il grado <strong>di</strong> conversione (DC) <strong>di</strong> tre adesivi self-etch one-step attraverso microspettroscopia<br />

Raman. L’ipotesi testata era che non ci fossero <strong>di</strong>fferenze tra i tre adesivi.<br />

MATERIALI E METODI: Dopo aver applicato tre adesivi commerciali (AdheseOne Click&Bond, Vivadent; Adper<br />

Prompt L-Pop, 3M; iBond, Heraeus Kulzer) su <strong>di</strong>schi <strong>di</strong> dentina secondo le in<strong>di</strong>cazioni <strong>dei</strong> produttori, i campioni sono<br />

stati sezionati trasversalmente per preparare l’interfaccia adesiva all’analisi Raman (Renishaw InVia; laser wl 785 nm).<br />

Spettri Raman sono stati raccolti ad 1µm d’intervallo lungo l’interfaccia. La simultanea comparsa <strong>dei</strong> picchi correlati<br />

alla dentina (960cm -1 ) ed all’adesivo rappresentava l’inizio dell’HL, mentre lo spettro <strong>di</strong> dentina mineralizzata ne<br />

delimitava la parte più profonda. Le intensità relative delle bande associate con il doppio legame C=C (1640 cm -1 ) ed un<br />

picco interno <strong>di</strong> riferimento (1610 o 605 cm -1 ) sono state determinate per calcolare il DC <strong>dei</strong> tre adesivi e sono state<br />

analizzate statisticamente (one-way ANOVA).<br />

RISULTATI: Le me<strong>di</strong>e e le deviazioni standard del DC (%) <strong>dei</strong> materiali testati sono riportati nella tabella seguente:<br />

Click&Bond 48.1% a ±16.1<br />

L-Pop 83.5% b ±2.6<br />

iBond 89.9% b ±6.1<br />

Le <strong>di</strong>verse lettere in apice in<strong>di</strong>cano <strong>di</strong>fferenze significative (p


VARIAZIONI CHIMICO-FISICHE DI GUTTAPERCHE COMMERCIALI A SEGUITO DI CICLI TERMICI<br />

Ferrante M.*, Trentini P., Croce F., Spoto G.<br />

(Materiali Dentari, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze del Farmaco, Università<br />

“G. D’Annunzio” Chieti)<br />

Il presente stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong> valutare, qualitativamente e quantitativamente, il comportamento <strong>di</strong> alcune guttaperche<br />

commerciali, in seguito a cicli termici <strong>di</strong> riscaldamento e raffreddamento. I materiali utilizzati sono stati: guttaperca PD,<br />

Inline, Mynol, Microseal e Softcore. I campioni sono stati sottoposti a simulazioni delle reali con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> utilizzo ed<br />

analizzati al TG/DTA. L’analisi termogravimetrica (TG) stu<strong>di</strong>a le variazioni <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> un campione solido in<br />

funzione della temperatura; l'analisi termica <strong>di</strong>fferenziale (DTA) misura la quantità <strong>di</strong> calore scambiato in reazioni o<br />

transizioni <strong>di</strong> stato. I coni <strong>di</strong> guttaperca sono stati sottoposti a quattro cicli <strong>di</strong> riscaldamento-raffreddamento dalla<br />

temperatura <strong>di</strong> 25°C a quella <strong>di</strong> <strong>13</strong>0°C, con successivo raffreddamento spontaneo fino a 25°C.<br />

Alcuni prodotti hanno mostrato un comportamento tipico dell’α guttaperca (un solo picco endotermico); qualche<br />

materiale, ha mostrato caratteristiche simili alle convenzionali β-guttaperca. Allorquando la β guttaperca è analizzata<br />

termicamente, si evidenziano due picchi. Il primo (tra 42 e 49°C) corrispondente alla trasformazione dalla forma β alla<br />

α, il secondo (tra 53 e 59°C) accompagna la conversione dall’α alla guttaperca amorfa.<br />

Dopo il primo ciclo <strong>di</strong> riscaldamento-raffreddamento abbiamo osservato la scomparsa del picco <strong>di</strong> conversione β-α;<br />

questo fenomeno si ritiene essere dovuto ad una cinetica <strong>di</strong> cristallizzazione relativamente lenta che impe<strong>di</strong>sce il<br />

riformarsi della fase α prima del successivo riscaldamento; affinchè la cristallizzazione sia completa occorrerebbero<br />

tempi assai più lunghi (mesi-anni) oppure la permanenza del campione a temperature sensibilmente inferiori. A<br />

temperature sufficientemente basse, inoltre, tutti i materiali tendono a cristallizzare. La cristallizzazione rende il<br />

materiale più duro e più fragile. Anche la guttaperca, nel tempo, subisce questo processo che porta a <strong>dei</strong> cambiamenti<br />

meccanico-fisici, che possono influire sull’otturazione canalare.<br />

Tutti i campioni analizzati hanno mostrato una significativa per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> peso dopo il primo e il secondo ciclo termico,<br />

solo dopo il terzo ciclo si osserva la stabilizzazione <strong>di</strong> questo fenomeno.<br />

Il nostro stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>mostra che il riscaldamento fino a <strong>13</strong>0° provoca delle mo<strong>di</strong>ficazioni chimico-fisiche <strong>dei</strong> materiali<br />

analizzati; questo fenomeno è legato alla presenza <strong>di</strong> ad<strong>di</strong>tivi non inerti (70-80%) che, mo<strong>di</strong>ficando il comportamento<br />

della guttaperca, possono mettere a rischio la vali<strong>di</strong>tà dell’otturazione canalare.


COMPARAZIONE TRA IDROSSIAPATITI DI DERIVAZIONE SINTETICA E BOVINA SU UN MODELLO<br />

ANIMALE.<br />

Bertol<strong>di</strong> C., Veneziani A., Zaffe D., Giannetti L., Consolo U.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

Dipartimento integrato <strong>di</strong> Chirurgie Specialistiche Testa-Collo<br />

Struttura Complessa <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Oro-Maxillo-Facciale<br />

Direttore: Prof. Ugo Consolo<br />

Obbiettivi: Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o preliminare è l’analisi istologica comparativa a breve termine del comportamento<br />

dell’idrossiapatite <strong>di</strong> origine bovina (IA-B) e sintetica (IA-S) dopo riempimento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti ossei critici prodotti<br />

sperimentalmente in entrambi i femori del coniglio.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>:. In cinque conigli New Zealand (maschi del peso <strong>di</strong> 3,5 kg circa), è stato praticato un foro <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ametro 3 mm e <strong>di</strong> 8 mm <strong>di</strong> lunghezza nell’epifisi <strong>di</strong>stale del femore, sul con<strong>di</strong>lo me<strong>di</strong>ale in <strong>di</strong>rezione me<strong>di</strong>o-laterale,<br />

tramite trephine. In ciascun coniglio, il foro prodotto nei due femori era riempito in modo randomizzato con<br />

idrossiapatite <strong>di</strong> origine bovina (IA-B – Bio-Oss®, Geistlich Sönne AG, Svizzera) o con idrossiapatite sintetica (IA-S -<br />

Ostim®, Heraeus Kulzer, Germania). I conigli sono stati sacrificati dopo 2 mesi e i campioni prelevati sono stati fissati<br />

in paraformal<strong>dei</strong>de.<br />

Dopo inclusione in metilmetacrilato senza alcuna decalcificazione, sezioni spesse e sottili sono state analizzate su<br />

microra<strong>di</strong>ografie o istologicamente con colorazione <strong>di</strong> Blu <strong>di</strong> tolui<strong>di</strong>na, Gomori , Congo rosso/Solocromo cianina.<br />

Risultati: Nessun coniglio innestato ha manifestato problemi clinici e si sono mantenuti in buona salute fino al<br />

sacrificio. Il sito scheletrico <strong>di</strong> accesso non mostrava macroscopicamente alcuna evidenza del precedente intervento <strong>di</strong><br />

innesto. Le ra<strong>di</strong>ografie <strong>dei</strong> segmenti scheletrici recisi, contenenti il biomateriale innestato, permettevano <strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminare<br />

solamente il lato contenente l'IA-B. Nelle microra<strong>di</strong>ografie delle sezioni, i granuli <strong>di</strong> IA-B riempivano completamente il<br />

foro chirurgico prodotto e in corrispondenza dell’opercolo osseo <strong>di</strong> accesso si assisteva sempre alla formazione <strong>di</strong><br />

un’esile corticale non incorporante i granuli. L'analisi istomorfometrica evidenziava la presenza <strong>di</strong> IA-B 50%, osso<br />

neoformato 16,5 %, tessuto molle 33,5%. Nelle microra<strong>di</strong>ografie delle sezioni <strong>di</strong> IA-S l’opercolo <strong>di</strong> accesso era sempre<br />

ricostituito sulla base <strong>di</strong> una porzione scheletrica formata da uno spesso trabecolato inglobante porzioni del graft. L'IA-<br />

S formava una massa cilindrica che riempiva gran parte del foro prodotto chirurgicamente e mostrava stati <strong>di</strong><br />

degradazione variabili. L'analisi istomorfometrica in<strong>di</strong>cava la presenza <strong>di</strong> IA-S 78.5%, osso neoformato 8,5%, tessuto<br />

molle <strong>13</strong>,0%, questi ultimi presenti alla periferia del graft.<br />

Discussione e Conclusioni: I risultati preliminari <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o pilota in<strong>di</strong>cherebbero una sostanziale identità <strong>di</strong><br />

comportamento delle due idrossiapatiti nel brevissimo termine ma stu<strong>di</strong> più prolungati si rendono necessari per meglio<br />

definire i rispettivi comportamenti.


EFFETTO DELL’APPLICAZIONE DI OZONO SULLE PROPRIETÀ MICROMECCANICHE DI UN<br />

COMPOSITO NANOIBRIDO.<br />

Magni E 1,2 , Chazine M 1 , Ilie N 2 , Hickel R 2 , Ferrari M 1 .<br />

1Dipartimento<br />

<strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena, Siena, Italia;<br />

2<br />

Dipartimento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservativa e Parodontologia, Ludwig-Maximilians Universität, Monaco <strong>di</strong> Baviera,<br />

Germania.<br />

OBIETTIVI: Grazie alle sue proprietà antibatteriche, l’ozono è stato introdotto nella pratica odontoiatrica ed il suo<br />

ruolo nel trattamento minimamente invasivo della carie è stato oggetto <strong>di</strong> svariati stu<strong>di</strong>. L’applicazione <strong>di</strong> ozono sui<br />

tessuti duri dentali sembra, inoltre, non interferire negativamente con le procedure adesive. La possibilità <strong>di</strong> dover<br />

talvolta applicare l’ozono su denti con una preesistente otturazione o <strong>di</strong> utilizzarlo come agente antisettico prima <strong>di</strong><br />

procedure <strong>di</strong> riparazione <strong>di</strong> restauri adesivi, solleva interesse sull’azione che questo gas esercita sulle proprietà del<br />

preesistente restauro. Pertanto, lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare l’effetto dell’applicazione <strong>di</strong> ozono<br />

sulle proprietà micromeccaniche <strong>di</strong> un composito nanoibrido. MATERIALI E METODI: Campioni <strong>di</strong> composito<br />

(TetricEvoCeram, Ivoclar-Vivadent) sono stati realizzati in una matrice 4mm×4mm×2mm, fotopolimerizzati per 20sec<br />

e conservati per 24 ore in acqua <strong>di</strong>stillata a 37°C. Successivamente, i campioni sono stati sud<strong>di</strong>visi in due gruppi<br />

(n=10): nel Gruppo 1 è stata effettuata l’applicazione <strong>di</strong> ozono (HealOzone, KaVo) per 60sec; nel Gruppo 2 non è stato<br />

effettuato alcun pretrattamento. La metà <strong>dei</strong> campioni <strong>di</strong> ciascun gruppo (Sottogruppo A) è stata prima sottoposta a<br />

termociclaggio (5000 cicli, 5°C-55°C, immersione 30sec, transizione 5sec), mentre l’altra metà (Sottogruppo B) è stata<br />

imme<strong>di</strong>atamente testata. Il modulo <strong>di</strong> elasticità (E), il lavoro elastico <strong>di</strong> indentazione (We/Wtot), il creep (Cr) e la<br />

durezza Vicker (VH) sono stati misurati con un “microhardness indenter” (Fischerscope H100C, Fischer) effettuando 6<br />

indentazioni per campione. I dati sono stati analizzati statisticamente (ANOVA a due vie, test <strong>di</strong> Tukey). RISULTATI:<br />

Le me<strong>di</strong>e (Dev. St.) delle proprietà micromeccaniche, nei gruppi 1A, 1B, 2A e 2B rispettivamente, sono risultate: E<br />

(GPa): 9.7(2.2), 10.8(1.2), 9.9(1.4), 10.2(1.7); We/Wtot (%): 51.4(4.7), 47.3(2.8), 49.1(3.8), 48.2(2.6); Cr (%): 3.9(0.3),<br />

4.0(0.3), 3.9(0.2), 4.2(0.3); VH (N/mm 2 ): 70.1(12.2), 66.5(10.3), 63.7(10.5), 65.8(8.7). Il pretrattamento non ha<br />

influenzato significativamente le proprietà testate (p>0.05), mentre il termociclaggio ha presentato un effetto<br />

significativo su E, We/Wtot e Cr. Le interazioni tra i due fattori sono risultate significative solo per We/Wtot (p=0.016).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’applicazione <strong>di</strong> ozono non compromette le proprietà micromeccaniche del<br />

composito preso in esame, pertanto l’utilizzo <strong>di</strong> questo gas su elementi dentari con un preesistente restauro sembra<br />

essere incoraggiato dai risultati del presente stu<strong>di</strong>o. Ulteriori stu<strong>di</strong>, che abbiano come obiettivo la validazione clinica <strong>dei</strong><br />

risultati ottenuti in vitro, sarebbero auspicabili.


EFFETTO DELL’APPLICAZIONE DI OZONO SULLA RIPARAZIONE DI SILORANO E COMPOSITO<br />

ORMOCER-BASED.<br />

Magni E 1,2 , Ilie N 2 , Papacchini F 1 , Hickel R 2 , Ferrari M 1 .<br />

1<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena, Siena, Italia;<br />

2<br />

Dipartimento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservativa e Parodontologia, Ludwig-Maximilians Universität, Monaco <strong>di</strong> Baviera,<br />

Germania.<br />

OBIETTIVI: L’utilizzo dell’ozono nella terapia minimamente invasiva della carie è stato oggetto <strong>di</strong> numerosi stu<strong>di</strong>.<br />

L’applicazione <strong>di</strong> ozono può essere effettuata prima <strong>di</strong> eseguire restauri adesivi e sembra non compromettere la forza <strong>di</strong><br />

riparazione <strong>di</strong> un composito convenzionale. La ricerca nel campo <strong>dei</strong> materiali dentari ha portato negli ultimi anni allo<br />

sviluppo <strong>di</strong> materiali da restauro alternativi al composito tra<strong>di</strong>zionale. Il presente stu<strong>di</strong>o ha valutato l’effetto che<br />

l’applicazione <strong>di</strong> ozono ha sulla forza <strong>di</strong> riparazione <strong>di</strong> un silorano e <strong>di</strong> un composito ormocer-based. MATERIALI E<br />

METODI: Centosessanta cavità cilindriche con <strong>di</strong>ametro 6mm ed altezza 2mm sono state simulate in cilindri <strong>di</strong><br />

metacrilato. Metà delle cavità sono state otturate con silorano (Filtek Silorane, 3M ESPE), mentre l’altra metà è stata<br />

otturata con un composito ormocer-based (Admira, VOCO). I campioni sono stati conservati per 7 giorni in acqua<br />

<strong>di</strong>stillata a 37°C. Successivamente i campioni <strong>di</strong> ciascun materiale sono stati <strong>di</strong>visi in 2 gruppi: nel Gruppo 1 è stato<br />

effettuato un pretrattamento con ozono (HealOzone, KaVo) per 60sec; nel Gruppo 2 non è stato effettuato<br />

pretrattamento. Cilindretti del materiale corrispondente, simulanti una riparazione, sono stati condensati sulla superficie<br />

<strong>dei</strong> campioni. Per ciascun materiale è stato impiegato come agente interme<strong>di</strong>o il corrispondente adesivo: Silorane<br />

System Adhesive-Bond per il silorano e AdmiraBond per il composito ormocer-based. Dopo conservazione in acqua<br />

<strong>di</strong>stillata 24 ore a 37°C, metà <strong>dei</strong> campioni <strong>di</strong> ciascun gruppo è stata imme<strong>di</strong>atamente sottoposta a test, mentre l’altra<br />

metà è stata prima termociclata (5000 cicli, 5°C-55°C, immersione 30sec, transizione 5sec). La forza <strong>di</strong> riparazione è<br />

stata valutata con il test shear. I dati sono stati analizzati con l’ANOVA a due vie. RISULTATI: La tabella riporta<br />

me<strong>di</strong>e (Dev. St.) della forza <strong>di</strong> riparazione nei gruppi sperimentali. Il pretrattamento, il termociclaggio e la loro<br />

interazione non hanno influenzato significativamente la forza <strong>di</strong> riparazione <strong>di</strong> entrambi i materiali (p>0.05).<br />

Pretrattamento<br />

24ore<br />

Silorano<br />

Termociclaggio<br />

Composito ormocer-based<br />

24ore Termociclaggio<br />

Ozono 28.07(<strong>13</strong>.77)MPa 27.67(9.66)MPa 31.53(9.27)MPa 31.42(6.04)MPa<br />

Controllo 28.81(8.81)MPa 29.46(11.11)MPa 35.63(10.58)MPa 34.17(4.50)MPa<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’applicazione <strong>di</strong> ozono non porta ad un peggioramento della forza <strong>di</strong><br />

riparazione <strong>di</strong> silorano e composito ormocer-based, pertanto il suo utilizzo in questo tipo <strong>di</strong> procedura può essere preso<br />

in considerazione dal clinico.


STUDIO IN VITRO SULLA VARIAZIONE VOLUMETRICA DI PERNI ENDODONTICI IN FIBRA DI<br />

VETRO A DIFFERENTI TEMPERATURE.<br />

Rapone B, Corsalini M, Ballini A, Scivetti M, Boccaccio A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari;<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Ingegneria Meccanica e Gestionale, Politecnico <strong>di</strong> Bari. biagiorapone@virgilio.it<br />

OBIETTIVI: Le crescenti esigenze estetiche nella riabilitazione protesica <strong>dei</strong> denti anteriori (protesi Metal-Free)<br />

con<strong>di</strong>zionano la scelta <strong>dei</strong> sistemi <strong>di</strong> ritenzione endocanalare, dovendo utilizzare quelli esteticamente più accettabili<br />

(perni in fibra <strong>di</strong> vetro). Come tutti i perni endocanalari, anche quelli in fibra <strong>di</strong> vetro sono sottoposti ad uno stato <strong>di</strong><br />

sforzo complesso durante i normali processi <strong>di</strong> masticazione; a questo si aggiunge la loro possibile deformazione<br />

termica alla temperatura presente a livello del cavo orale e a quella raggiunta dopo l’assunzione <strong>di</strong> cibi particolarmente<br />

cal<strong>di</strong>. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è testare “in vitro” il comportamento <strong>di</strong> perni realizzati in fibra <strong>di</strong> vetro, portati a <strong>di</strong>fferenti<br />

temperature, e valutare se la loro deformazione sia tale da poter compromettere, a lungo andare, la durata del restauro<br />

protesico. MATERIALI E METODI: Per i nostri test sperimentali sono stati utilizzati 10 perni Surgi Post<br />

Multiconical in fibra <strong>di</strong> vetro <strong>di</strong> conicità pari a 6° con lunghezza <strong>di</strong> 25 mm ed un <strong>di</strong>ametro, rispettivamente, <strong>di</strong> 0,50 mm<br />

in punta e 3,12 mm in testa. Sulla superficie assiale del perno sono stati <strong>di</strong>segnati <strong>dei</strong> puntini neri con un pennarello a<br />

punta sottile alla <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 2 mm l’uno dall’altro. La presenza <strong>di</strong> tali punti facilita la rilevazione dello spostamento<br />

assiale del perno riscaldato, da parte del sistema ottico. I perni sono stati riscaldati per mezzo <strong>di</strong> uno strumento in grado<br />

<strong>di</strong> produrre un flusso <strong>di</strong> aria calda fino alla temperatura massima <strong>di</strong> 200°C. Prima <strong>di</strong> iniziare il riscaldamento <strong>dei</strong> perni,<br />

la superficie <strong>dei</strong> nostri provini è stata analizzata attraverso un sistema ottico e fotografata alla temperatura ambiente <strong>di</strong><br />

18°C. Le deformazioni termiche sono state testate alle temperature <strong>di</strong> 38°C, 60°C, 150°C e misurate per mezzo <strong>di</strong> uno<br />

strumento chiamato termocoppia. Per quanto riguarda l’acquisizione <strong>dei</strong> dati è stato utilizzato un set-up ottico collegato<br />

ad un computer in grado <strong>di</strong> leggere ed elaborare i dati ottenuti. RISULTATI: Dall’analisi sperimentale si evince che la<br />

deformazione <strong>dei</strong> provini presenta un andamento lineare e quin<strong>di</strong>, all’aumentare delle temperature si ha un aumento<br />

proporzionale delle deformazioni. Per quanto riguarda l’entità <strong>di</strong> tali deformazioni alle temperature considerate e<br />

soprattutto a quella normalmente presente a livello del cavo orale, è stata osservata sul piano trasversale una deflessione<br />

me<strong>di</strong>a <strong>dei</strong> provini <strong>di</strong> 3 micron, mentre a livello assiale lo spostamento me<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong> 25 micron. DISCUSSIONI E<br />

CONCLUSIONI: Dati gli spostamenti me<strong>di</strong> osservati durante le prove sperimentali, non possiamo parlare <strong>di</strong> un vero e<br />

proprio aumento volumetrico, ma <strong>di</strong> una <strong>di</strong>latazione termica <strong>di</strong> tipo lineare con un aumento <strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> tipo assiale.<br />

Tale tipo <strong>di</strong> deformazione, non essendo una espansione volumetrica, più che a fenomeni <strong>di</strong> compressione, porterà a<br />

delle sollecitazioni <strong>di</strong> tipo tensivo, compatibili con la formazione <strong>di</strong> micro-fratture e quin<strong>di</strong> con una possibile, lenta ed<br />

insi<strong>di</strong>osa, infiltrazione del restauro. Resta comunque da valutare se la deformazione ottenuta sperimentalmente sia<br />

effettivamente in grado <strong>di</strong> provocare in “vivo” tali micro-fratture.


VALUTAZIONE DELLO SPESSORE DEL CEMENTO INTORNO A PERNI CIRCOLARI E OVALI IN<br />

CANALI OVALI .<br />

Coniglio I 1 , Magni E 1,2 , Cantoro A 1 , Ferrari M 1 .<br />

1Dipartimento<br />

<strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena, Siena, Italia;<br />

2<br />

Dipartimento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Conservativa e Parodontologia, Ludwig-Maximilians Universität, Monaco <strong>di</strong> Baviera,<br />

Germania.<br />

OBIETTIVI: Lo spessore del cemento intorno a un perno in fibra può aumentare quando sono cementati perni a<br />

sezione circolare in canali a sezione ovalare, a causa della <strong>di</strong>screpanza fra la sezione del perno e quella del canale ovale.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong> confrontare lo spessore <strong>di</strong> un cemento resinoso utilizzato per cementare perni in<br />

fibra a sezione circolare e perni a sezione ovale in canali a sezione ovale, in cui lo spazio per il perno è stato creato<br />

utilizzando una fresa a sezione circolare e una punta ultrasonica a sezione ovale. MATERIALI E METODI: Dieci<br />

premolari estratti per motivi ortodontici/parodontali con un canale a sezione ovale sono stati selezionati e sottoposti a<br />

trattamento endodontico. Successivamente i denti sono stati in maniera random sud<strong>di</strong>visi in due gruppi in base alla<br />

meto<strong>di</strong>ca utilizzata per il restauro con perno in fibra: Gruppo A: fresa a sezione circolare (Mtwo Post File, Mtwo files,<br />

VDW, Munchen, Germany) per la preparazione del post space e perni in fibra a sezione circolare ( DT Light Post; RTD,<br />

St. Egreve, France); Gruppo B: punta ultrasonica <strong>di</strong>amantata a grana fine a sezione ovale ( Ellipson tip, RTD/Satelec,<br />

Merignac, France) per la preparazione del post space e perni in fibra a sezione ovale (Ellpison posts, RTD/Satelec,<br />

Merignac, France). Lo stesso sistema adesivo-cemento resinoso è stato utilizzato per entrambi i gruppi (Prime&Bond<br />

NT and Self Activator Dual come adesivo e FluoroCore 2, Dentsply come cemento). Dopo 24 ore a 37°C, i campioni<br />

sono stati sezionati in fettine orizzontali per la lunghezza del post space. Di ogni campione, la fettina coronale, la me<strong>di</strong>a<br />

e la apicale sono state preparate per essere osservate al microscopio elettronico a scansione. Sulle immagini SEM a 40x<br />

<strong>di</strong> ciascuna fettina, è stato valutato lo spessore del cemento misurando in 8 punti standar<strong>di</strong>zzati segnati sul perimetro del<br />

canale la <strong>di</strong>stanza minima fra le pareti del canale e del perno. I dati raccolti, non essendo normalmente <strong>di</strong>stribuiti, sono<br />

stati statisticamente analizzati con il test <strong>di</strong> U Mann-Whitney (SPSS software). RISULTATI: I gruppi <strong>di</strong>fferivano<br />

significativamente fra <strong>di</strong> loro (p


STUDIO IN VITRO DELL’EFFETTO DELLA LUNGHEZZA DEI PERNI IN FIBRA DI VETRO SULLA<br />

RESISTENZA A FRATTURA DEGLI INCISIVI CENTRALI SUPERIORI CON RESTAURO DIRETTO<br />

Borelli B.*, Sorrentino R., Zarone F., Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università <strong>di</strong> Siena<br />

INTRODUZIONE: Il restauro <strong>dei</strong> denti trattati endodonticamente resta un problema comune dell’odontoiatria<br />

restaurativa. Questi denti hanno un maggiore rischio <strong>di</strong> fallimento biomeccanico <strong>dei</strong> denti vitali, in particolare a causa<br />

della per<strong>di</strong>ta del tetto della camera pulpare. Un perno non rinforza la struttura dentaria residua, bensì aiuta la ritenzione<br />

del restauro coronale. La regione incisiva è sottoposta a carichi trasversali e il comportamento a flessione <strong>dei</strong> perni va<br />

considerato attentamente. OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare l’influenza della lunghezza del<br />

perno sulla resistenza a frattura del dente, osservandone il comportamento biomeccanico. MATERIALI E METODI:<br />

Sono stati selezionati 50 incisivi centrali superiori e <strong>di</strong>visi in maniera randomizzata i 5 gruppi: 1. Dente integro; 2.<br />

Dente trattato endodonticamente; 3. Dente restaurato con inserzione del perno a 5 mm dall giunzione amelo-cementizia<br />

(CEJ); 4. Dente restaurato con inserzione del perno a 7 mm dalla CEJ; 5. Dente restaurato con inserzione del perno a 9<br />

mm dalla CEJ. I gruppi 2, 3, 4 e 5 sono stati trattati endodonticamente e successivamente i gruppi 3, 4, e 5 restaurati con<br />

perni alle lunghezze stabilite. Tutti i campioni sono stati testati con la Triaxial Tester Machine con un’inclinazione <strong>di</strong><br />

<strong>13</strong>0° per simulare la protrusione incisale. Il carico è stato applicato 2 mm al <strong>di</strong> sotto del margine incisale con una<br />

velocità <strong>di</strong> 1 mm/ min fino a frattura. Per verificare la normalità della <strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong> dati è stato utilizzato il<br />

Kolmogorov-Smirnov Test. Il livello <strong>di</strong> significatività è stato testato con la one-way ANOVA, seguita dal post hoc test<br />

<strong>di</strong> Tukey. RISULTATI: Le me<strong>di</strong>e <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> resistenza a frattura registrati sono per il gruppo 1=232.9 N, gruppo<br />

2=312.2 N, gruppo 3=366.4 N, gruppo 4=507.4 N e gruppo 5=509.9 N. CONCLUSIONI: Con le limitazioni <strong>di</strong> questo<br />

stu<strong>di</strong>o in vitro si potrebbe concludere che la lunghezza del perno non influenza la resistenza a frattura <strong>dei</strong> denti<br />

restaurati, in quanto non è stata rilevata significatività statistica tra i gruppi <strong>dei</strong> denti restaurati con <strong>di</strong>fferenti lunghezze<br />

<strong>dei</strong> perni; tuttavia, la presenza del perno sembra influenzare la modalità <strong>di</strong> frattura, riportando un numero maggiore <strong>di</strong><br />

fratture restaurabili piuttosto che non restaurabili rispetto ai denti trattati endodonticamente e restaurati senza perno. Di<br />

conseguenza si potrebbe concludere che la cementazione del perno potrebbe essere effettuata, con la massima<br />

preservazione <strong>di</strong> dentina canalare e del sigillo apicale, cementando il perno a lunghezza ridotta.


VALUTAZIONE QUANTITATIVA DELLA PROFONDITA’ DI POLIMERIZZAZIONE NELLA<br />

CEMENTAZIONE DI PERNI IN FIBRA.<br />

Carrabba M, Vichi A, Goracci C, Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Materiali Dentari e Protesi Fissa, Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena.<br />

OBIETTIVI: Scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato valutare se la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> polimerizzazione <strong>di</strong> un cemento duale impiegato<br />

per la cementazione <strong>di</strong> perni endocanalari in fibra <strong>di</strong> vetro è influenzata dalla modalità <strong>di</strong> polimerizzazione dell’adesivo<br />

e del cemento stesso. MATERIALI E METODI: Sono state testate le seguenti modalità <strong>di</strong> cementazione: 1) cemento<br />

duale Variolink II (Ivoclar-Vivadent, V) autopolimerizzato (SC); 2) V fotopolimerizzato (LC); 3) Excite (Ivoclar<br />

Vivadent, E) LC/V SC; 4) E LC/V LC; 5) E/V LC secondo la tecnica ‘one-shot’; 6) Excite DSC (Ivoclar-Vivadent,<br />

EDSC)/V SC; 7) EDSC/V LC secondo la tecnica ‘one shot’. Trentacinque denti monora<strong>di</strong>colati sono stati tagliati<br />

trasversalmente alla giunzione smalto-cemento e 9 mm apicalmente, così da ottenere sezioni <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ce in cui sono stati<br />

cementati perni RelyX Fiber Post (3M ESPE, size #2). Per la fotopolimerizzazione si è utilizzata la lampada alogena<br />

TriLight (3M ESPE), posizionandone il puntale sul perno. Al fine <strong>di</strong> evidenziare la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> polimerizzazione delle<br />

resine all’interno delle ra<strong>di</strong>ci, si è fatto ricorso al metodo ‘Acetone Shake’, che solubilizza la componente resinosa non<br />

adeguatamente polimerizzata. Il rapporto tra profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> polimerizzazione e lunghezza della ra<strong>di</strong>ce è stato misurato su<br />

immagini <strong>di</strong>gitali <strong>di</strong> sezioni longitu<strong>di</strong>nali. Per tali misurazioni si è impiegato il software Digimizer. I dati così acquisiti<br />

sono stati analizzati con test statistici. RISULTATI: I risultati dell’analisi statistica <strong>dei</strong> dati sono riassunti in tabella ed<br />

evidenziano che solo con l’utilizzo <strong>di</strong> un adesivo ad attivazione duale (gruppi 6 e 7) si è ottenuta una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />

polimerizzazione pressochè totale, in<strong>di</strong>pendentemente dall’applicazione della sorgente luminosa.<br />

Gruppo Me<strong>di</strong>a Dev. Stand Significatività (p


RESISTENZA MECCANICA DI UNA RESINA PER BASI PROTESICHE RINFORZATA CON FIBRE.<br />

Argenti B*, Rizzo R, Angerame D, Fratter G, Di Lenarda R.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste<br />

OBIETTIVI: Da precedenti sperimentazioni è emerso che l’uso <strong>di</strong> fibre <strong>di</strong> carbonio, Kevlar e vetro all’interno delle<br />

basi in resina delle protesi totali non ne mo<strong>di</strong>fica in misura significativa la resistenza al carico <strong>di</strong> flessione. Stante<br />

invece la verifica in altri settori dell’efficacia <strong>di</strong> dette fibre nel rinforzo <strong>di</strong> materiali compositi, scopo della ricerca è<br />

stato valutare se il loro inserimento all’esterno della resina lungo la superficie soggetta alla trazione si traduce in un<br />

incremento <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> resistenza alla flessione. MATERIALI E METODI: Me<strong>di</strong>ante termoformatura in muffola<br />

sono stati prodotti 80 campioni <strong>di</strong> 60x10x3 mm <strong>di</strong> resina Pro Base Hot (Ivoclar), sud<strong>di</strong>visi in quattro gruppi da 20, il<br />

primo <strong>di</strong> controllo (G1), gli altri tre con inserito sulla superficie opposta al carico uno strato <strong>di</strong> tessuto intrecciato<br />

(Dupont) <strong>di</strong> carbonio (G2), Kevlar (G3) e vetro (G4). I campioni sono stati conservati in acqua <strong>di</strong>stillata a 20°C per 24<br />

ore. Me<strong>di</strong>ante sostegno progettato secondo la normativa ISO 1567 per campioni in resina destinati alle prove <strong>di</strong><br />

resistenza alla flessione, si è proceduto tramite macchina universale SUN 500 (Galdabini) al three points ben<strong>di</strong>ng test<br />

con carico a velocità costante pari a 5 mm/min. I valori ottenuti sono stati sottoposti ad analisi statistica con One-way<br />

ANOVA e post hoc Bonferroni test (SPSS 11.0 statistical package). RISULTATI: Le me<strong>di</strong>e <strong>di</strong> resistenza al carico (Rm<br />

reale, N/mm²) erano: G1=77,25(12,82); G2=<strong>13</strong>6,69(29,02); G3=148,68(31,15); G4=127,85(15,97). E’ stata riscontrata<br />

<strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa tra G1 e gli altri gruppi (p


VALUTAZIONE PRELIMINARE DI UNA RESINA IPOALLERGENICA FOTOPOLIMERIZZABILE PER<br />

BASI PROTESICHE.<br />

Simionato F.°, Marcato A.*, Gallo C.*<br />

*= Servizio <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> <strong>di</strong> Comunità, Ospedale <strong>di</strong> Piove <strong>di</strong> Sacco(PD) Resp. Dott. C. Gallo<br />

°= Presidente AIMAD- Accademia Italiana <strong>dei</strong> Materiali Dentari<br />

Obiettivi. Le resine acriliche a base <strong>di</strong> polimetilmetacrilato termopolimerizzabili vengono impiegate da vari decenni per<br />

la realizzazione <strong>di</strong> basi <strong>di</strong> protesi rimovibili totali e parziali. La lavorazione <strong>di</strong> questi materiali prevede un proce<strong>di</strong>mento<br />

relativamente lungo ed inoltre il loro impiego può a volte comportare reazioni allergiche, specialmente nei confronti del<br />

monomero residuo in essi presente. Sono stati introdotti vari tipi <strong>di</strong> resine alternative, denominate genericamente<br />

ipoallergeniche, aventi lo scopo <strong>di</strong> ridurre al minimo il rischio <strong>di</strong> reazioni allergiche nei pazienti. Una <strong>di</strong> queste resine,<br />

(Eclipse. Dentsply,U.S.A.), presenta anche un meccanismo <strong>di</strong> attivazione della polimerizzazione <strong>di</strong> tipo fotochimico.<br />

Grazie a ciò, il materiale viene fornito già allo stato plastico e la sua lavorazione risulta semplificata in quanto non<br />

richiede premiscelazioni ed l’uso <strong>di</strong> muffole. Gli scopi <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o in vitro erano quelli <strong>di</strong> valutare la resistenza<br />

meccanica <strong>di</strong> questa resina fotopolimerizzabile per basi protesiche e la precisione conseguibile nella realizzazione <strong>di</strong><br />

protesi totali, confrontandola con quella <strong>di</strong> una resina acrilica tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. Per la valutazione della resistenza meccanica della resina Eclipse sono stati preparati quattro<br />

provini per prove <strong>di</strong> flessione, secondo le in<strong>di</strong>cazioni della norma ISO 1567 Dentistry-Denture base polimers, seguendo<br />

le istruzioni del produttore. Tali provini sono stati conservati e sottoposti a prove <strong>di</strong> flessione seguendo le modalità<br />

in<strong>di</strong>cate nella norma suddetta. Per la valutazione della precisione sono state costruite quattro protesi totali. Due <strong>di</strong> tali<br />

protesi sono state realizzate con le basi in resina fotopolimerizzabile Eclipse e le altre due con le basi in resina acrilica<br />

termopolimerizzabile (Vertex Rapid Semplified. Vertex-Dental B.V, Olanda). Le lavorazioni delle due resine sono state<br />

eseguite secondo le istruzioni <strong>dei</strong> rispettivi produttori. Dopo la loro rifinitura le protesi sono state conservate in acqua<br />

per 48 ore e quin<strong>di</strong> ricollocate sui rispettivi modelli. Me<strong>di</strong>ante uno squadramodelli la parte <strong>di</strong>stale <strong>di</strong> ciascun modello,<br />

recante la rispettiva protesi, è stata ridotta fino ad interessare l’estremità <strong>di</strong>stale della base protesica. Tramite<br />

stereomicroscopio dotato <strong>di</strong> oculare <strong>di</strong> misura, per ogni protesi è stata valutata e misurata la fessura presente tra base<br />

protesica e modello. Ciascun modello, recante la rispettiva protesi, è stato quin<strong>di</strong> sezionato in senso antero-posteriore<br />

lungo la sua linea me<strong>di</strong>ana. Sempre tramite stereomicroscopio è stata valutata e misurata la fessura presente tra la base<br />

protesica ed il modello.<br />

Risultati. La resistenza a flessione della resina fotopolimerizzabile Eclipse è risultata ampiamente superiore rispetto a<br />

quella minima richiesta dalla norma ISO 1567. La precisione <strong>di</strong> combaciamento delle basi protesiche realizzate con la<br />

resina fotopolimerizzabile Eclipse è risultata nel complesso simile a quella delle basi protesiche realizzate con la resina<br />

acrilica termopolimerizzabile Vertex Rapid Semplified.<br />

Conclusioni. Nei limiti <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o in vitro, per quanto riguarda la resistenza e la precisione <strong>di</strong> combaciamento con<br />

i tessuti orali si può ritenere che la resina fotopolimerizzabile Eclipse sia sod<strong>di</strong>sfacente per la realizzazione <strong>di</strong> basi <strong>di</strong><br />

protesi totali.


CONFRONTRO TRA UN SISTEMA DI SBIANCAMENTO AT-HOME E UNO IN-OFFICE MEDIANTE<br />

STUDIO CLINICO RANDOMIZZATO. FOLLOW-UP A 9 MESI.<br />

Scaminaci Russo D, Bambi C, Ugoni M, Giachetti L.<br />

Università Degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia.<br />

INTRODUZIONE: le procedure oggi <strong>di</strong>sponibili per eseguire lo sbiancamento <strong>dei</strong> denti vitali possono essere <strong>di</strong>vise in<br />

due categorie: in-office che prevede l’utilizzo <strong>di</strong> alte concentrazioni <strong>di</strong> agente sbiancante; at-home che, gestita<br />

<strong>di</strong>rettamente dal paziente, prevede l’impiego <strong>di</strong> agenti sbiancanti a basse concentrazioni. Esistono ancora pochi stu<strong>di</strong><br />

clinici randomizzati che abbiano confrontato l’efficacia e la longevità dell’effetto sbiancante delle due procedure. Scopo<br />

<strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato mettere a confronto una tecnica at-home con una in-office con valutazione dell’effetto<br />

sbiancante fino a 9 mesi. MATERIALI E METODI: sono stati selezionati 17 volontari con i primi premolari superiori<br />

sani e privi <strong>di</strong> ogni tipo <strong>di</strong> restauro. In modo randomizzato uno <strong>dei</strong> due premolari <strong>di</strong> ciascun volontario è stato<br />

sottoposto a sbiancamento con un sistema at-home contenente perossido <strong>di</strong> carbammide al 10% (Opalescence 10,<br />

Ultradent Products Inc.) applicato con una mascherina in<strong>di</strong>viduale per almeno 6 ore consecutive per 14 giorni, l’altro<br />

premolare è stato trattato con un sistema in-office contente perossido <strong>di</strong> idrogeno al 38% (Opalescence Boost, Ultradent<br />

Products Inc.) applicato 2 volte consecutive per 10 minuti e irra<strong>di</strong>ato con luce led (General Project). Il colore <strong>dei</strong> denti è<br />

stato registrato prima del trattamento sbiancante, dopo 1 settimana, dopo 1 mese e dopo 9 mesi utilizzando uno<br />

spettrofotometro (Vita Easyshade, Vita Zahnfabrik) ed una chiave in<strong>di</strong>viduale in resina che ha consentito il<br />

riposizionamento ripetibile della sonda dello spettrofotometro. Sono state misurate le variabili del colore (L, a, b) dalle<br />

quali è stato calcolato l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sbiancamento W. Me<strong>di</strong>ante modello lineare generale i dati sono stati sottoposti ad<br />

analisi statistica. RISULTATI: tra i due gruppi non esiste alcuna <strong>di</strong>fferenza significativa in nessuno <strong>dei</strong> 3 step <strong>di</strong><br />

misurazione per ogni singola variabile valutata: dopo 1 settimana (L: p=0,6627; a: p=0,8530; W: p=0,5036), dopo 1<br />

mese (L: p=0,0892; a: p=0,45<strong>13</strong>; b: p=0,8447; W: p=0,2643), dopo 9 mesi (L: p=0,4477; a: p=0,3495; b: p=0,1438; W:<br />

p=0,1508). Soltanto b ha presentato una <strong>di</strong>minuzione significativamente maggiore nella tecnica at-home dopo 1<br />

settimana dallo sbiancamento (b: p=0,0302).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: le due tecniche <strong>di</strong> sbiancamento confrontate non hanno mostrato alcuna<br />

<strong>di</strong>fferenza in termini <strong>di</strong> efficacia e longevità durante tutto il periodo <strong>di</strong> osservazione.


SPERIMENTAZIONE IN VIVO DI SCAFFOLD DI ALGINATO E IDROSSIAPATITE PER<br />

RIGENERAZIONE OSSEA.<br />

Serroni I.*, Bellomo F.,. Biasotto M., Turco G., Di Lenarda R.<br />

(U.C.O. <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica-Dir. Prof. Roberto D Lenarda- Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste)<br />

OBIETTIVI: Nell’ingegneria tissutale gli scaffold biodegradabili vengono utilizzati come matrice temporanea in grado<br />

condurre o indurre la rigenerazione ossea. Gli scaffold costituiti da polisaccari<strong>di</strong> naturali, che presentano elevati livelli<br />

<strong>di</strong> biocompatibilità e adeguate proprietà meccaniche, rappresentano una promettente soluzione. L’alginato (Alg) <strong>di</strong>venta<br />

un can<strong>di</strong>dato ottimale quando i suoi limiti, ridotte proprietà meccaniche e mancanza d’interazione con le cellule,<br />

vengono superati con l’introduzione <strong>di</strong> componenti inorganiche bioattive. Nell’osso nativo, i cristalli <strong>di</strong> apatite, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni nanometriche, sono inclusi nella matrice ossea e tra le fibre collagene come elemento <strong>di</strong> rinforzo. La<br />

nanoidrossiapatite (nHap) è biocompatibile, bioattiva, osteoconduttiva, non-immunogenica ed è in grado <strong>di</strong> indurre la<br />

formazione <strong>di</strong> interazioni stabili tra l’impianto e il tessuto circostante. Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o è valutare in vivo i<br />

livelli d’integrazione <strong>di</strong> scaffold porosi 3D <strong>di</strong> Alg e Hap. In particolare sono stati comparati i livelli d’integrazione <strong>di</strong><br />

due tipologie <strong>di</strong> impianti, uno contenente nHap e l’altro Hap commerciale. MATERIALI E METODI: Scaffold misti<br />

<strong>di</strong> Alg 2% e Hap3% (Fluka) e <strong>di</strong> Alg 2% e nHap 3% sono stati prodotti utilizzando un metodo <strong>di</strong> gelificazione in situ<br />

che sfrutta il rilascio <strong>di</strong> ioni Ca dall’Hap dopo idrolisi acida del glucono-δ-lattone. La struttura porosa è stata ottenuta<br />

con freeze-casting. Gli scaffold sono stati inseriti in <strong>di</strong>fetti ossei del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 2 mm nell’epifisi femorale <strong>di</strong>stale <strong>di</strong><br />

conigli New Zealand. Agli animali sono stati somministrati 5 <strong>di</strong>versi fluorocromi ad intervalli regolari <strong>di</strong> sei giorni.<br />

Dopo 28 e 56 giorni i conigli sono stati sacrificati e gli espianti ossei conservati per 10gg in formalina tamponata. I<br />

campioni sono stati analizzati prima con µ-CT e successivamente inglobati in resina epossi<strong>di</strong>ca, tagliati con micrometro<br />

e lappati fino ad ottenere <strong>dei</strong> vetrini con uno spessore <strong>di</strong> 100 µm. I vetrini sono stati quin<strong>di</strong> colorati con blu <strong>di</strong> tolui<strong>di</strong>na<br />

2% e fucsina acida 2% e analizzati con microscopia ottica e confocale. RISULTATI: Le analisi degli espianti ossei<br />

hanno confermato la deposizione <strong>di</strong> nuova matrice lamellare ben organizzata in entrambi i tipi <strong>di</strong> scaffold.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I fluorocromi somministrati hanno permesso <strong>di</strong> visualizzare i livelli <strong>di</strong><br />

deposizione <strong>di</strong> matrice mineralizzata nello scaffold. Con l’analisi istomorfometrica e con la ricostruzione µ-CT si sono<br />

misurati i livelli <strong>di</strong> integrazione degli impianti. Le immagini ottenute da microscopia confocale mostrano una maggiore<br />

presenza <strong>di</strong> minerale nella matrice neodeposta in presenza <strong>di</strong> scaffold <strong>di</strong> Alg e nHap. Tuttavia i risultati ottenuti<br />

dall’analisi istomorfometrica e dalla µ-CT mostrano livelli d’integrazione maggiore per i campioni contenenti Hap, con<br />

deposizione <strong>di</strong> nuova matrice anche all’interno dello scaffold. L’analisi del tessuto conferma in entrambi i casi la<br />

deposizione <strong>di</strong> nuova matrice lamellare ben organizzata.


STRESS DA POLIMERIZZAZIONE DI UNA RESINA COMPOSITA A BASE DI SILORANO.<br />

Marchesi G, Breschi L , Antoniolli F , Di Lenarda R, Cadenaro M.<br />

Dipartimento Clinico-Universitario <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cina Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste<br />

OBIETTIVI: Negli ultimi anni è stato sviluppato un nuovo tipo <strong>di</strong> materiale resinoso a base <strong>di</strong> silorano, che deriva<br />

dalla combinazione <strong>di</strong> silossani con oxirani.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stata la misurazione dello stress da polimerizzazione della resina siloranica Filtek Silorane<br />

(3M Espe) in confronto con altre tre resine composite metacriliche.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati sottoposti ad analisi i seguenti materiali: Filtek Silorane (3M ESPE), Filtek<br />

Z250 (3M ESPE), Quixfil (Dentsply); Tetric Evoceram (Ivoclar-Vivadent).<br />

Sono stati valutati 10 campioni per ogni materiale, sottoposti alla misurazione dello stress da polimerizzazione<br />

attraverso una macchina universale (SUN 500 Galdabini) collegata ad un estensimetro (2630-101 Instrom), che<br />

consisteva in due barrette cilindriche (∅ 5mm, h 40 mm) parallele e opposte, <strong>di</strong>stanti tra loro 4 mm. Per ogni<br />

misurazione i materiali testati sono stati inseriti nella cavità con unico apporto, isolati con una matrice <strong>di</strong> Mylar e<br />

polimerizzati con una lampada alogena (Elipar 2500, 3M ESPE) con un'intensità luminosa <strong>di</strong> 600 mW/cm 2 .<br />

Le forze generate dalla contrazione sono state continuamente registrate per 300 secon<strong>di</strong> dopo la foto-iniziazione. Lo<br />

stress da contrazione è stato calcolato dal rapporto forza (Newton) su unità <strong>di</strong> area a 40s e 300 s; i dati sono stati<br />

analizzati statisticamente con il test 2-way Anova e test post-hoc <strong>di</strong> Tukey.<br />

RISULTATI: Me<strong>di</strong>e e deviazioni standard dello stress da polimerizzazione (MPa):<br />

Filtek Silorane Quixfil Tetric EC Filtek Z250<br />

40s 1.22±0.14 a<br />

1.96±0.22 c<br />

1.26±0.14 a<br />

1.87±0.10 bc<br />

300s 2.06±0.18 c<br />

2.54±0.23 d<br />

1.60±0.15 b<br />

3.03±0.20 e<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La struttura del silorano è completamente <strong>di</strong>versa dalla resina metacrilica. Essa è<br />

costituita da un anello dell'oxirano che, una volta aperto con l'inizio del processo <strong>di</strong> polimerizzazione, forma <strong>dei</strong> legami<br />

con gli anelli cationici. Precedenti stu<strong>di</strong> sui silorani hanno <strong>di</strong>mostrato che questi nuovi materiali presentano uno<br />

sviluppo <strong>di</strong> stress da polimerizzazione minore rispetto alle resine metacriliche. In questo stu<strong>di</strong>o, al contrario, Filtek<br />

Silorane non ha mostrato valori <strong>di</strong> stress significativamente inferiori rispetto ai compositi. Queste <strong>di</strong>fferenze sono<br />

probabilmente dovute alla <strong>di</strong>versa configurazione del setup per la misurazione dello stress. Ogni <strong>di</strong>spositivo, infatti, ha<br />

caratteristiche peculiari, per cui i risultati derivanti da <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong> misurazione non possono essere paragonati. In<br />

conclusione in questo stu<strong>di</strong>o Filtek Silorane non ha mostrato valori <strong>di</strong> stress significativamente inferiori rispetto ai<br />

compositi ibri<strong>di</strong> e condensabili.


ANALISI MORFOLOGICA DI TRE TIPI DI ZIRCONIA SOTTOPOSTI A DIFFERENTI TRATTAMENTI<br />

DI SUPERFICIE.<br />

Casucci A, Mazzitelli C, Papacchini F, Monticelli F, Osorio E, Borracchini A, Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Universtà degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena, Italia; Dipartimento<br />

<strong>di</strong> Materiali Dentari, School of Dentistry, Università <strong>di</strong> Granada, Spagna; Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia, Faculty of Sport<br />

and Health Sciences, Università <strong>di</strong> Saragozza, Spagna.<br />

OBIETTIVI: Valutare l’effetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti trattamenti <strong>di</strong> superficie sulla morfologia <strong>di</strong> tre tipi <strong>di</strong> zirconia attraverso<br />

un’analisi <strong>di</strong> microscopia elettronica a scansione e microscopia a forza atomica. MATERIALI E METODI: Sono stati<br />

utilizzati tre tipi <strong>di</strong> zirconia sinterizzata (Lava, Cercon e sperimentale della GC) da cui sono stati ottenuti <strong>di</strong>eci <strong>di</strong>schi<br />

per gruppo (Ø 10 x 1 mm altezza).Sono stati formati cinque sottogruppi (n=2) a seconda del tipo <strong>di</strong> trattamento <strong>di</strong><br />

superficie della zirconia: 1)Sabbiatura con particelle <strong>di</strong> 125 µm Al2O3, 2) Soluzione mordenzante sperimentale, in cui i<br />

campioni sono stati immersi per 30 min, a 100° C; 3) Selective infiltration etching (SIE); 4)Nessun Trattamento. La<br />

rugosità superficiale <strong>di</strong> ogni campione è stata valutata attraverso Microscopio a Forza Atomica (AFM) . I dati ottenuti<br />

sono stati sottoposti ad analisi statistica attraverso il Two-way Anova (p


SESSIONE<br />

Ortognatodonzia<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


BIOCOMPATIBILITA’ DEI PRIMER ORTODONTICI.<br />

Valletta R., D’Antò V., Polito I., Martina R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillofacciali, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli “Federico II”.<br />

Direttore Prof. Martina R.<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro era valutare l’effetto citotossico <strong>di</strong> quattro <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> adesivi ortodontici<br />

su fibroblasti gengivali umani (HGF) e cheratinociti umani (HaCat), e l’effetto protettivo <strong>di</strong> un antiossidante.<br />

MATERIALI E METODI: Quattro adesivi, Transbond XT (3M, Monrovia, USA) Transbond Mip (3M, Monrovia,<br />

USA), Ortho Solo (Ormco, Glendora,USA) Spectrum (American Orthodontics, Sheboygan, USA) erano testati su<br />

fibroblasti gengivali umani (HGF) e cheratinociti umani (HaCat) coltivati in mezzo DMEM. Le cellule erano esposte a<br />

varie concentrazioni <strong>dei</strong> materiali per 24h. L’effetto citotossico <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fferenti adesivi era valutato me<strong>di</strong>ante MTT test e<br />

citofluorimetria me<strong>di</strong>ante colorazione con ioduro <strong>di</strong> propi<strong>di</strong>o (PI). I dati erano analizzati statisticamente utilizzando il<br />

Mann-Whitney U-test (p ≤ 0.05).<br />

RISULTATI: La vitalità delle cellule esposte ai primers <strong>di</strong>minuiva significativamente rispetto al controllo, mentre<br />

l’aggiunta <strong>di</strong> NAC riduceva la morte cellulare.<br />

CONCLUSIONI: I nostri risultati <strong>di</strong>mostrano l’effetto citotossico <strong>dei</strong> vari tipi <strong>di</strong> adesivi con un aumento della morte<br />

cellulare <strong>di</strong> tipo dose-<strong>di</strong>pendente in entrambe le linee cellulari. Tale effetto può essere contrastato da sostanze<br />

antiossidanti.


AGENESIE DENTALI: IMPLICAZIONI MORFOSCHELETRICHE SU UN CAMPIONE DI SOGGETTI<br />

CON NECESSITÀ DI TRATTAMENTO ORTOGNATODONTICO<br />

Laganà G., Lombar<strong>di</strong> C.C., Marino A.*, Rosignoli L.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” - Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia - Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in<br />

Ortognatodonzia (Direttore: Prof. Paola Cozza)<br />

* Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La Sapienza” - II Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia<br />

SCOPO DEL LAVORO: Scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato analizzare da un punto <strong>di</strong> vista scheletrico, dentale, estetico e<br />

morfologico delle arcate un gruppo <strong>di</strong> soggetti con agenesia e confrontarlo con un campione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui non affetti da<br />

tale patologia, al fine <strong>di</strong> valutare variazioni significative.<br />

MATERIALI E METODI: Il campione esaminato consta <strong>di</strong> 124 in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> cui 84 affetti da agenesia dentale (gruppo<br />

A), età me<strong>di</strong>a <strong>13</strong>,4 anni e 40 soggetti, scelti come gruppo controllo (gruppo C), età me<strong>di</strong>a 11,6, nei quali tale anomalia<br />

risulta assente. La selezione degli in<strong>di</strong>vidui costituenti il campione in esame è stata effettuata sulla base <strong>di</strong>:<br />

interpretazione anamnestica e valutazione ra<strong>di</strong>ografica su ortopantomografia, parametri utili per effettuare la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />

agenesia dentale. Lo stu<strong>di</strong>o ha analizzato telera<strong>di</strong>ografia in proiezione latero-laterale, postero-anteriore e modelli in<br />

gesso <strong>di</strong> ogni singolo soggetto, rilevati prima dell’inizio delle <strong>di</strong>verse terapie. Il protocollo cefalometrico utilizzato per<br />

lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> due gruppi comprende per la telera<strong>di</strong>ografia latero-laterale <strong>di</strong>versi parametri relativi a: base cranica,<br />

mascellare superiore, man<strong>di</strong>bola, analisi sagittale, analisi verticale, incisivi superiori, incisivi inferiori, piano occlusale,<br />

analisi estetica. Sulla telera<strong>di</strong>ografia postero-anteriore sono stati rilevati: <strong>di</strong>stanza tra i punti maxilloman<strong>di</strong>bolari,<br />

<strong>di</strong>stanza tra i punti maxillari, <strong>di</strong>stanza tra i punti goniaci, <strong>di</strong>stanza tra i punti anterogoniali , <strong>di</strong>stanza tra i punti<br />

lateronasali. L’analisi <strong>dei</strong> modelli in gesso ha invece considerato sei parametri lineari: larghezza delle arcate (<strong>di</strong>stanza<br />

tra i punti <strong>di</strong> repere anteriori e posteriori), lunghezza/profon<strong>di</strong>tà delle arcate, altezza palatale, ampiezza transpalatale. Le<br />

<strong>di</strong>fferenze significative tra i gruppi trattato e controllo sono state confermate con il T- test (p


AGENESIA DEGLI INCISIVI LATERALI SUPERIORI: MODERNI ORIENTAMENTI TERAPEUTICI A<br />

CONFRONTO.<br />

Iazzetti F, Yaghoubchi S., Galbiati G., Giannini L.,. Tremolati M., Maspero C<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore: prof. G. Farronato<br />

OBIETTIVI: La riabilitazione <strong>di</strong> pazienti affetti da agenesia degli incisivi laterali superiori presenta notevoli <strong>di</strong>fficoltà<br />

per la forte componente estetica della sede coinvolta. Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è descrivere i principali orientamenti<br />

terapeutici con le relative in<strong>di</strong>cazioni e protocolli terapeutici.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati analizzati in letteratura articoli riguardanti le agenesie degli incisivi laterali<br />

superiori con le relative opzioni terapeutiche. I lavori esaminati propongono piani <strong>di</strong> trattamento <strong>di</strong> tipo conservativo,<br />

ortodontico, protesico e, in alcuni casi, la riabilitazione tramite autotrapianto <strong>di</strong> elementi dentali, in genere estratti per<br />

motivi ortodontici. La chiusura ortodontica degli spazi affetti da agenesia e la sostituzione degli incisivi laterali<br />

mancanti con i canini, è generalmente in<strong>di</strong>cata in soggetti con profilo labiale pieno, con severa protrusione <strong>dei</strong> denti<br />

anteriori o in caso <strong>di</strong> affollamento dentale man<strong>di</strong>bolare con necessità <strong>di</strong> estrazione <strong>di</strong> alcuni elementi dentari inferiori.<br />

Al contrario, l’apertura ortodontica degli spazi ai fini <strong>di</strong> un trattamento protesico può essere la scelta d’elezione nei<br />

pazienti in cui sussistono incompatibilità <strong>di</strong> colore tra canino e incisivo centrale, stabile relazione <strong>di</strong> classe I <strong>di</strong> Angle,<br />

eccesso <strong>di</strong> spazio in arcata, tendenza ad una malocclusione <strong>di</strong> classe III o presenza <strong>di</strong> altre agenesie congenite nello<br />

stesso quadrante da riabilitare. Le opzioni protesiche attualmente prese in considerazione sono la protesi fissa parziale<br />

<strong>di</strong> tipo convenzionale o cementata con resina, la protesi parziale rimovibile e gli impianti osteointegrati.<br />

RISULTATI: L’agenesia degli incisivi laterali superiori ha gran<strong>di</strong> implicazioni <strong>di</strong> carattere estetico, pertanto il piano <strong>di</strong><br />

trattamento deve essere scelto in base alle variabili legate al paziente (età, grado <strong>di</strong> cooperazione, presenza <strong>di</strong> eventuali<br />

quadri <strong>di</strong> malocclusione) ma ponendo particolare attenzione alle sue aspettative.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La scelta del piano <strong>di</strong> trattamento per l’agenesia degli incisivi laterali superiori<br />

deve essere condotta con un approccio multi<strong>di</strong>sciplinare che prevede la collaborazione <strong>di</strong> ortodontista, protesista ed<br />

implantologo.


AGENESIA DI 3 INCISIVI LATERALI: A CASE REPORT<br />

Celli D., Grecolini M. E., Grippaudo C., Deli R.<br />

Università cattolica del Sacro Cuore – Roma<br />

Introduzione:L´agenesia degli incisivi laterali mascellari è,in or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> frequenza,la seconda forma <strong>di</strong> assenza dentale<br />

congenita.<br />

In letteratura sono attualmente riportati da 2 a 3 <strong>di</strong>fferenti opzioni <strong>di</strong> trattamento per ripristinare il dente mancante.<br />

Queste includono:<br />

-sostituzione con spostamento mesiale del canino,<br />

-corona singola con supporto su elementi a<strong>di</strong>acenti,<br />

-impianto singolo.<br />

L´opzione terapeutica appropriata è ovviamente selezionata in funzione della malocclusione,della necessità specifica <strong>di</strong><br />

spazio, <strong>dei</strong> rapporti dentali e della forma e <strong>di</strong>mensione del canino.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>:Si riporta un caso <strong>di</strong> agenesia <strong>di</strong>:22,12 e 42 in pz in crescita con malocclusione scheletrica <strong>di</strong> 1<br />

classe. Il pz è stato trattato con av del 32, mesializzazione <strong>dei</strong> canini e successive ameloplastiche su <strong>13</strong>,23,32,42.<br />

Il caso è presentato con controllo a 5 anni.<br />

Conclusioni:La scelta <strong>di</strong> un piano terapeutico in<strong>di</strong>viduale,l´intervento precoce ed un corretto management del caso<br />

permettono <strong>di</strong> ottenere risultati stabili nel tempo ed esteticamente vali<strong>di</strong>.


STRATEGIE DI TRATTAMENTO NEI CASI DI AGENESIE DEI LATERALI IN PAZIENTI A FINE<br />

CRESCITA: CASI CLINICI.<br />

Galluccio M, Dionisi D, Cillepi S, Fatale C.<br />

Università “Sapienza” <strong>di</strong> Roma, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore Prof.ssa E.Barbato.<br />

INTRODUZIONE: L’agenesia è un’anomalia caratterizzata da un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> numero degli elementi dentali presenti<br />

normalmente in arcata per mancata formazione, per <strong>di</strong>struzione o per riassorbimento <strong>dei</strong> germi dentali.<br />

Le agenesie rivestono un ruolo <strong>di</strong> primario interesse tra le anomalie dentarie per la loro incidenza relativamente alta<br />

(6%) e per le problematiche terapeutiche che generano. Il sesso femminile risulta essere maggiormente interessato <strong>di</strong><br />

quello maschile con un rapporto M:F=2:3.<br />

Gli elementi dentali più colpiti sono in or<strong>di</strong>ne decrescente: i terzi molari, i secon<strong>di</strong> premolari inferiori e gli incisivi<br />

laterali superiori. L’eventuale assenza <strong>di</strong> quest’ultimi presenta, ovviamente, una maggiore valenza clinica per il loro<br />

in<strong>di</strong>scutibile valore estetico.<br />

OBIETTIVI:. Lo scopo del nostro lavoro è la comparazione <strong>di</strong> varie meto<strong>di</strong>che terapeutiche nella gestione clinica <strong>dei</strong><br />

pazienti con agenesie dentali <strong>di</strong> uno o due laterali in pazienti a fine crescita.<br />

MATERIALI E METODI: Verrano presentati in modo dettagliato gli aspetti relativi alla <strong>di</strong>agnosi, alla formulazione<br />

del piano <strong>di</strong> trattamento e all’esecuzione della terapia <strong>di</strong> una casistica <strong>di</strong> casi clinici trattati presso la UOC <strong>di</strong><br />

Ortognatodonzia del Policlinico Universitario “Umberto I” <strong>di</strong> Roma, con due meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong>fferenti:<br />

1. Chiusura degli spazi agenesici degli incisivi laterali superiori per mesializzazione <strong>dei</strong> settori posteriori me<strong>di</strong>ante<br />

terapia ortodontica fissa.<br />

2. Apertura o mantenimento degli spazi agenesici degli incisivi laterali superiori me<strong>di</strong>ante terapia ortodontica fissa e<br />

successiva riabilitazione implanto-protesica.<br />

RISULTATI: I casi, giunti alla nostra osservazione, presentanti una malocclusione <strong>di</strong> prima classe molare con<br />

dentatura <strong>di</strong>astemata, tendenza <strong>di</strong> crescita antioraria, agenesia degli incisivi laterali sono stati trattati me<strong>di</strong>ante apertura<br />

degli spazi per mantenere un’ occlusione bilanciata con rapporti occlusali corretti ed una buona estetica.<br />

I casi, invece, caratterizzati da un rapporto molare <strong>di</strong> testa-testa, tendenza <strong>di</strong> crescita oraria, agenesia degli incisivi<br />

laterali e trasposizione <strong>dei</strong> canini al posto <strong>dei</strong> laterali, sono stati approcciati in maniera più conservativa, me<strong>di</strong>ante<br />

chiusura degli spazi per mesializzazione <strong>dei</strong> settori posteriori.<br />

CONCLUSIONI: La decisione del trattamento da attuare <strong>di</strong>pende dalla valutazione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> parametri <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

dentale, scheletrico, estetico e funzionale ( tipo <strong>di</strong> malocclusione, tendenza <strong>di</strong> crescita, con<strong>di</strong>zione dello spazio,<br />

affollamento, <strong>di</strong>astemi, stato degli elementi presenti etc..) che potranno in<strong>di</strong>rizzare verso la scelta terapeutica più<br />

opportuna.


GESTIONE ORTODONTICA DELLE AGENESIE<br />

P. Rasicci –E. Libertone – R. Od<strong>di</strong> – E.R. Benvenuto – V. Parziale<br />

Universita’ <strong>di</strong> L’Aquila- Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche- Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia:<br />

titolare : Prof. C. Chimenti<br />

L'assenza <strong>di</strong> denti (ipodonzia) e' <strong>di</strong> solito associata ad alterazioni morfologiche <strong>dei</strong> denti, dell'osso alveolare e <strong>dei</strong><br />

rapporti tra le ossa mascellari.<br />

La sua gestione puo' essere complessa coinvolgendo <strong>di</strong>verse branche dell'odontoiatria.<br />

Molte indagini ipotizzano problematiche genetiche ed ere<strong>di</strong>tarie come fattore eziopatogenetico delle anomalie <strong>di</strong><br />

numero, grandezza, posizione forma e cronologia <strong>di</strong> eruzione.<br />

L'evenienza unilaterale è piu' frequente <strong>di</strong> quella bilaterale.<br />

Tuttavia , le agenesie <strong>di</strong> entrambi gli incisivi laterali mascellari sono più frequenti <strong>di</strong> quelle unilaterali.<br />

La <strong>di</strong>agnosi ortodontica ed il piano <strong>di</strong> trattamento multi<strong>di</strong>sciplinare sono molto importanti.<br />

Le opzioni <strong>di</strong> trattamento <strong>di</strong>pendono dai dati clinici, dall'analisi cefalometrica,dal biotipo e dai parametri occlusali.<br />

Le possibilità risolutive alternative per un dente mancante includono :<br />

1) la chiusura spontanea dello spazio determinata dall'eruzione <strong>dei</strong> denti ;<br />

2) la chiusura dello spazio con terapia ortodontica ;<br />

3) l'autotrapianto <strong>di</strong> altri denti erotti ;<br />

4) risoluzione protesica;<br />

5) impianti.<br />

Questo lavoro prende in considerazione meto<strong>di</strong>che ortodontiche moderne e tra<strong>di</strong>zionali per ricreare gli spazi.


IMPLICAZIONI ALLERGOLOGICHE NELLA PRATICA ORTOGNATODONTICA<br />

Lapenna B., Castellano M., Massotti S., Prof.ssa Masieri S., Prof.ssa Barbato E.<br />

Università <strong>di</strong> Roma “LA SAPIENZA”<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Direttore: Profssa Polimeni A.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof.ssa Barbato E.<br />

Introduzione: In letteratura i numerosi stu<strong>di</strong> condotti per evidenziare la correlazione tra materiali ortodontici e<br />

fenomeni <strong>di</strong> tossicità sistemica\locale e reazioni allergologiche <strong>di</strong> tipo cellulo-me<strong>di</strong>ato evidenziano pareri <strong>di</strong>scordanti.<br />

Obiettivi: In<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un’eventuale prevalenza in termini <strong>di</strong> sesso colpito; Identificazione <strong>di</strong> composti più<br />

allergizzanti e possibilità <strong>di</strong> fenomeni <strong>di</strong> sensibilizzazione e <strong>di</strong> tolleranza a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: E’ stata analizzata la componente chimica <strong>dei</strong> <strong>di</strong>spositivi ortodontici utilizzati nella UOC <strong>di</strong><br />

Ortognatodonzia ed è stata creata una serie ortodontica, costruita da: nichel, rame, titanio, argento, zinco, ferro, cromo<br />

III, bisfenolo A e metilmetacrilato.<br />

Sono stati valutati 48 soggetti, <strong>di</strong> età compresa tra 7 e 15 anni, affetti da malocclusione dentaria che richiedevano un<br />

trattamento ortodontica. Tali soggetti sono stati sottoposti a patch test prima (T0) e dopo (T1) l’applicazione<br />

dell’apparecchio ortodontico. I dati ottenuti sono stati analizzati me<strong>di</strong>ante “Chi-square test”.<br />

Risultati: Nessuna <strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa, in relazione al sesso, è stata osservata in pazienti positivi al<br />

nichel; invece, una percentuale maggiore <strong>di</strong> soggetti <strong>di</strong> sesso maschile risultarono positivi al rame.<br />

Prendendo in considerazione il grado <strong>di</strong> sensibilizzazione, i soggetti <strong>di</strong> sesso femminile presentarono un’elevata<br />

sensibilizzazione al nichel ma scarsa verso gli altri materiali; i soggetti <strong>di</strong> sesso maschile presentarono un basso grado <strong>di</strong><br />

sensibilizzazione al nichel ma elevato al rame.<br />

Nessuna <strong>di</strong>fferenza significativa è stata osservata in relazione all’uso <strong>di</strong> apparecchi ortodontici (prima e dopo),<br />

in<strong>di</strong>cando positività in pazienti già sensibili.<br />

Conclusioni: Il nostro stu<strong>di</strong>o smentisce la prevalenza della reazione allergica al nichel nel sesso femminile, ma ne<br />

evidenzia soltanto una maggiore gravità della sintomatologia. Altro dato interessante, non rilevato in letteratura, è la<br />

maggiore sensibilità del sesso maschile al rame.<br />

Inoltre è stato <strong>di</strong>mostrato che gli apparecchi ortodontici non rilasciano quote <strong>di</strong> nichel o altri allergeni tali da poter<br />

rappresentare potenziale fattore <strong>di</strong> rischio per la salute del paziente.


APPLICAZIONE CLINICA DEL PROTOCOLLO DI LIOU IN PAZIENTE LPS.<br />

Vierucci F, Doldo T, Allegrini S.<br />

Università Degl Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena - Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia - Direttore Prof. R. Giorgetti<br />

OBIETTIVI:L’utilizzo associato dell’espansore palatale rapido e della maschera <strong>di</strong> Delaire rappresenta la terapia<br />

elettiva per le terze classi nei pazienti in crescita. Il fine dell’espansore è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>sarticolare il mascellare in modo<br />

tale che esso possa essere fatto avanzare in maniera adeguata e non quello <strong>di</strong> essere sovraespanso. A tal proposito è<br />

stato sviluppato un nuovo protocollo terapeutico denominato Alternate Rapid Maxillary Expansions and Contractions<br />

che consente <strong>di</strong> <strong>di</strong>sarticolare il mascellare senza espanderlo in maniera eccessiva. Fine <strong>di</strong> questo lavoro è valutare<br />

l’efficacia del nuovo metodo <strong>di</strong> espansione.<br />

MATERIALI E METODI:La <strong>di</strong>sarticolazione mascellare viene raggiunta utilizzando un espansore a due punti <strong>di</strong><br />

snodo e la terapia prevede l’alternanza <strong>di</strong> fasi <strong>di</strong> espansione a fasi <strong>di</strong> contrazioni per un periodo totale <strong>di</strong> circa 7-9<br />

settimane. Ogni settimana il mascellare è espanso o contratto <strong>di</strong> 7 mm<br />

RISULTATI: Il mascellare viene <strong>di</strong>sarticolato grazie all’espansore a doppio punto <strong>di</strong> snodo nell’arco <strong>di</strong> sette settimane<br />

e fatto avanzare grazie alla maschera <strong>di</strong> Delaire.<br />

DISCUSSIOI E CONCLUSIONI: La risoluzione delle terze classi secondo il nuovo protocollo terapeutico proposto<br />

da E.I.W Liou si raggiunge grazie all’utilizzo associato <strong>di</strong> un espansore mascellare a doppia cerniera che espande e<br />

ruota in fuori le due metà del mascellare e <strong>di</strong> una maschera facciale.


CONCENTRAZIONE DI EGF NEL FLUIDO CREVICOLARE DI DENTI ANCHILOSATI, IN<br />

ESFOLIAZIONE FISIOLOGICA E SOTTOPOSTI A FORZE ORTODONTICHE INTERMITTENTI<br />

Bracco P., Debernar<strong>di</strong> C., Piancino M.G., Rubiano R., Gambatesa A.M., Orifici P., Massucco C., Burdese A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che ed Oncologia Umana / Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia <strong>di</strong> Torino<br />

Obiettivi: stu<strong>di</strong>are le cause dell’anchilosi e l’influenza delle forze intermittenti sul trofismo del legamento parodontale<br />

<strong>dei</strong> denti decidui me<strong>di</strong>ante l’analisi della concentrazione <strong>di</strong> EGF.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: sono stati inclusi nello stu<strong>di</strong>o tre campioni costituiti da 12 denti ciascuno: campione<br />

“ANCHILOSI”, campione “ESFOLIAZIONE FISIOLOGICA” e campione “ESFOLIAZIONE FISIOLOGICA +<br />

FORZE INTERMITTENTI”. Il primo campione (ANCHILOSI) è costituito da denti decidui in anchilosi con <strong>di</strong>agnosi<br />

clinica ispettiva in presenza <strong>di</strong> infraocclusione <strong>di</strong> tipo 2 o 3 secondo la classificazione <strong>di</strong> Tollaro e <strong>di</strong>agnosi strumentale<br />

ra<strong>di</strong>ografica me<strong>di</strong>ante ortopantomografia. Il secondo campione (ESFOLIAZIONE FISIOLOGICA) e il terzo campione<br />

(ESFOLIAZIONE FISIOLOGICA + FORZE INTERMITTENTI appartenenti a pazienti in terapia con apparecchiatura<br />

funzionalizzante secondo la Scuola <strong>di</strong> Torino) sono costituiti da denti decidui in esfoliazione fisiologica con <strong>di</strong>agnosi<br />

clinica ispettiva <strong>di</strong> assenza <strong>di</strong> patologia cariosa e <strong>di</strong>agnosi strumentale ra<strong>di</strong>ografica me<strong>di</strong>ante ortopantomografia non più<br />

vecchia <strong>di</strong> un anno in presenza <strong>di</strong> dente succedaneo permanente in sta<strong>di</strong>o D, E o F secondo la classificazione <strong>di</strong> Nolla.<br />

I prelievi <strong>di</strong> fluido crevicolare sono eseguiti me<strong>di</strong>ante l’applicazione <strong>di</strong> Perio Paper Strips (Oralflow TM NY) per 30<br />

secon<strong>di</strong> ad una profon<strong>di</strong>tà nel solco <strong>di</strong> 1 mm. La quantità <strong>di</strong> fluido prelevata viene calcolata me<strong>di</strong>ante un analizzatore<br />

elettronico (Periotron 8000, Oralflow TM NY). Dopo il prelievo, le strips vengono poste in provette <strong>di</strong> polipropilene<br />

contenenti 350 µl <strong>di</strong> soluzione tamponata <strong>di</strong> NaCl e in un secondo tempo analizzate me<strong>di</strong>ante test ELISA per la<br />

valutazione della concentrazione <strong>di</strong> EGF.<br />

Risultati: i dati ottenuti, confrontati me<strong>di</strong>ante T test, risultano statisticamente significativi con p


APPARECCHI ELASTODONTICI: UNA METODICA SEMPLICE ORTODONTICA CHE PERMETTE LA<br />

NORMALIZZAZIONE DELL’OVERBITE E DELL’OVERJET<br />

Pizzone S., Di Palma E., Lucci M., Leopar<strong>di</strong> M., Parziale V.<br />

Università degli Su<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche, Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Prof. Chimenti<br />

C.<br />

INTRODUZIONE: attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi apparecchi elastodontici, quali Occlus-O-Giude, Myobrace, Multi-P<br />

Low e High, è stato possibile normalizzare l’aumento e la <strong>di</strong>minuzione dell’overbite e dell’overjet.<br />

SCOPO: lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> correggere l’aumento o la <strong>di</strong>minuzione dell’overbite e dell’overjet e<br />

la presenza <strong>di</strong> affollamento o rotazioni dentali<br />

tramite apparecchiature elastodontiche, utilizzate in due <strong>di</strong>fferenti gruppi <strong>di</strong> pazienti.<br />

MATERIALI E METODI: in tale stu<strong>di</strong>o sono stati trattati 20 pazienti, sud<strong>di</strong>visi in due gruppi:<br />

- pazienti con riduzione dell’overbite e dell’overjet, senza l’inversione del combaciamento anteriore <strong>dei</strong> denti<br />

- pazienti con aumneto dell’overbite e dell’overjet<br />

Ai pazienti sono stati applicati <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> apparecchi elastodontici e per ogni paziente sono state raccolti i record<br />

fotografici per valutare l’evoluzione e i miglioramenti della situazione clinica.<br />

L’unica <strong>di</strong>fficoltà riscontrata nell’uso <strong>di</strong> apparecchi elastodontici consiste nella necessaria collaborazione <strong>dei</strong> pazienti,<br />

fondamentale per il successo terapeutico.<br />

Per tanto i pazienti sono stati incoraggiati nel portare l’apparecchio elastodontico <strong>di</strong> notte e per altre 2 ore durante il<br />

giorno, alternando 10 minuti <strong>di</strong> bite e 10 minuti <strong>di</strong> riposo.<br />

Solo il Multi-P High è stato applicato nei pazienti con overbite e overjet ridotti.<br />

RISULTATI: I risultati <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o hanno evidenziato clinicamente come per tutti i pazienti sia stata raggiunta la<br />

normalizzazione <strong>dei</strong> rapporti dentali, sia per coloro che presentavano un aumento dell’overbite e/o overjet ad inizio<br />

terapia, che per quelli con overbite e/o overjet <strong>di</strong>minuiti, attraverso una meto<strong>di</strong>ca ortodontica molto semplice.<br />

Al momento i pazienti sono ancora in trattamento. CONCLUSIONI: la<br />

conoscenza della tecnica, della fabbricazione, delle in<strong>di</strong>cazioni e delle controin<strong>di</strong>cazioni degli apparecchi elastodontici,<br />

insieme all’abilità dell’operatore nella motivazione del paziente, rappresentano fattori importanti per ottenere il<br />

successo clinico.


STUDI DI CINETICA DI DANNO DI CELLULE DELLA MUCOSA BUCCALE DI PAZIENTI PORTATORI<br />

DI APPARECCHI ORTODONTICI.<br />

Di Leonardo B, Faccioni F., Bozzola N., Soave E. e Fracasso M.E.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona. Sezione <strong>di</strong><br />

chirurgia maxillo – facciale e <strong>di</strong> odontostomatolgia, Direttore prof. P.F. Nocini.<br />

Introduzione: I materiali che costituiscono le apparecchiature ortodontiche, quando inserite nell’ambiente orale, vanno<br />

incontro a processi corrosivi che ne determinano il rilascio <strong>di</strong> ioni metallici e <strong>di</strong> monomeri, che a loro volta sono in<br />

grado <strong>di</strong> determinare la comparsa <strong>di</strong> effetti citotossici a carico delle cellule delle mucosa orale. Scopo. Lo scopo <strong>di</strong><br />

questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> investigare me<strong>di</strong>ante valutazione tossico- cinetica, dopo quanto tempo dall’inizio del<br />

trattamento ortodontico si possono evidenziare tali effetti, me<strong>di</strong>ante prelievi <strong>di</strong> cellule della mucosa orale a intervalli <strong>di</strong><br />

tempo <strong>di</strong>versi. Materiali e meto<strong>di</strong>. Sono stati stu<strong>di</strong>ati 23 soggetti <strong>di</strong> età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 12,0±3,7. Di questi 3 sono stati trattati<br />

con espansore rapido palatino, 3 con Andresen e 17 con apparecchiatura fissa multi attacco. Per ciascun soggetto sono<br />

stati effettuati <strong>dei</strong> prelievi della mucosa buccale prima del trattamento (T0) e dopo sette (T7), quin<strong>di</strong>ci (T15), trenta (T30),<br />

sessanta (T60) e novanta (T90) giorni. Su ciascun campione cellulare sono state eseguite le seguenti analisi: conta,<br />

vitalità cellulare, valutazione del danno al DNA me<strong>di</strong>ante Comet test, valutazione del danno me<strong>di</strong>ante test <strong>dei</strong><br />

micronuclei. Risultati. L’esposizione ai materiali costituenti le apparecchiature ortodontiche stu<strong>di</strong>ate non mo<strong>di</strong>fica la<br />

vitalità cellulare, che rimane me<strong>di</strong>almente invariata per tutto il periodo <strong>di</strong> osservazione (70% circa). I danni al DNA<br />

cellulare rilevati me<strong>di</strong>ante Comet test, si presentano già dopo sette giorni dall’applicazione dell’apparecchio: i parametri<br />

<strong>di</strong> danno (TM, TL, TI) mostrano un aumento significativo rispetto al valore <strong>di</strong> base T0 in tutti i tempi considerati. Esiste<br />

una buona correlazione anche se non significativa tra tempo espositivo e danno registrato (r=0,600; p=0,1208). Volendo<br />

sud<strong>di</strong>videre i pazienti secondo il tipo <strong>di</strong> apparecchio impiegato, emerge che i soggetti portatori <strong>di</strong> apparecchi in metallo<br />

e in sola resina presentano valori <strong>di</strong> danno percentualmente superiori rispetto a quelli portatori <strong>di</strong> apparecchi in metallo<br />

– resina. Il test <strong>dei</strong> micronuclei ha rilevato la presenza <strong>di</strong> un graduale aumento della frequenza <strong>di</strong> cellule con<br />

micronuclei a partire dalla seconda settimana espositiva e correlando i due parametri, il tempo espositivo e le frequenza<br />

<strong>di</strong> micronuclei, è emersa una correlazione altamente significativa (r=0,9429; p=0,0083). Sud<strong>di</strong>videndo la popolazione in<br />

base al tipo <strong>di</strong> apparecchio impiegato si nota che i portatori <strong>di</strong> apparecchio fisso multi attacco e soprattutto quelli<br />

portatori <strong>di</strong> Andresen presentano i maggiori livelli <strong>di</strong> danno, dato che risulta ben correlato con i valori ottenuti con il<br />

Comet test. Conclusioni. I <strong>di</strong>versi materiali contenuti nelle apparecchiature ortodontiche stu<strong>di</strong>ate inducono eventi <strong>di</strong><br />

danno al DNA (Comet test e test <strong>dei</strong> micronuclei) già a partire dalle prime settimane <strong>di</strong> esposizione. E’ interessante<br />

sottolineare che gli eventi citotossici rilevati sono riferibili al tipo <strong>di</strong> materiale che costituisce l’apparecchio stu<strong>di</strong>ato, e<br />

tale dato merita <strong>di</strong> essere ulteriormente approfon<strong>di</strong>to.


EFFICACIA DELL’ARCO LINGUALE NEL MANTENIMENTO DELLO SPAZIO IN ARCATA:<br />

REVISIONE DELLA LETTERATURA<br />

Viglianisi Azzurra<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Ortognatodonzia/ Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania<br />

Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in Ortognatodonzia Intercettiva<br />

Scopo del lavoro: Scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare l’efficacia dell’utilizzo dell’arco linguale come<br />

mantenitore <strong>di</strong> spazio in dentizione mista.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: E’ stata effettuata una ricerca in letteratura per identificare lavori riguardanti l’arco linguale<br />

impiegato come mantenitore <strong>di</strong> spazio in dentizione mista. Tale ricerca è stata condotta nei seguenti databases<br />

elettronici: Pubmed, Pubmed Central, Hubmed.<br />

Utilizzando come parole chiave lingual arch* AND (anchor* OR space maint*) sono stati selezionati gli abstracts<br />

pubblicati negli ultimi 10 anni in lingua inglese e ne sono stati analizzati gli articoli originali. Sono stati infine<br />

considerati solo quegli articoli che, rispondendo ai criteri <strong>di</strong> inclusione iniziale, riportavano dati in termini <strong>di</strong> spazio<br />

mantenuto, guadagnato o perso.<br />

Risultati: Gli abstracts sod<strong>di</strong>sfacenti i criteri <strong>di</strong> inclusione temporale e linguistico sono risultati essere 16. Di questi, 8<br />

non mostravano pertinenza con l’argomento <strong>di</strong> ricerca e sono stati quin<strong>di</strong> scartati. Degli 8 abstracts rimanenti sono stati<br />

considerati gli articoli originali. Tra questi soltanto 1 riportava quantitativamente i risultati derivati dall’impiego<br />

dell’arco linguale come mantenitore <strong>di</strong> spazio. Da quanto emerso dall’analisi della letteratura, in dentizione mista,<br />

l’arco linguale risulta efficace nel mantenere la lunghezza d’arcata, preservando il leeway space e limitando la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong><br />

spazio a soli 0,4 mm.<br />

Discussione: Diversi stu<strong>di</strong> della recente letteratura descrivono l’impiego dell’arco linguale come mantenitore <strong>di</strong> spazio,<br />

ma soltanto un articolo traduce gli effetti in termini <strong>di</strong> mm <strong>di</strong> spazio. In soggetti in dentizione mista tale <strong>di</strong>spositivo è in<br />

grado <strong>di</strong> preservare il leeway space, contrastando la fisiologica migrazione mesiale <strong>dei</strong> primi molari permanenti, con<br />

una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> spazio <strong>di</strong> soli 0,4 mm.<br />

Sarebbe auspicabile che si realizzassero nuovi stu<strong>di</strong> capaci <strong>di</strong> documentare con dati millimetrici o percentuali l’efficacia<br />

legata all’utilizzo dell’arco linguale come mantenitore <strong>di</strong> spazio.<br />

Conclusioni: Nonostante in letteratura l’arco linguale sia in molti casi citato come trattamento ausiliare, solo uno stu<strong>di</strong>o<br />

ha sod<strong>di</strong>sfatto i criteri <strong>di</strong> inclusione ed esclusione della ricerca. L’efficacia dell’arco linguale è acclarata da anni in<br />

letteratura, quantificarne gli effetti in termini <strong>di</strong> mm <strong>di</strong> spazio preservato, potrebbe rappresentare un ulteriore ausilio alla<br />

pratica clinica dell’ortodontista.


ASIMMETRIE FACCIALI DA IPERSVILUPPO EMIMANDIBOLARE<br />

Mazzoli V*, Di Vito F, Ferraris L, Vernucci R A, Silvestri A<br />

SAPIENZA Università <strong>di</strong> Roma<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof. E.Barbato<br />

CLSOPD, Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia III, Titolare: Prof. A.Silvestri<br />

Una corretta <strong>di</strong>agnosi e un attento stu<strong>di</strong>o eziopatogenetico delle malformazioni sono in<strong>di</strong>spensabili per una adeguata<br />

programmazione terapeutica: tra le asimmetrie facciali vengono in<strong>di</strong>viduate inoltre le forme da ipersviluppo<br />

monolaterale che comprendono l’ipercon<strong>di</strong>lia, l’emiman<strong>di</strong>bular elongation e l’iperplasia emiman<strong>di</strong>bolare (Obwegeser).<br />

Per quanto riguarda l’ipercon<strong>di</strong>lia è possibile <strong>di</strong>stinguere una “forma attiva” e una “forma inattiva” in base al tipo <strong>di</strong><br />

crescita con<strong>di</strong>lare. Tali forme da ipersviluppo possono intervenire sia in fase <strong>di</strong> crescita che in età adulta; intercettare in<br />

fase <strong>di</strong> crescita queste asimmetrie può essere vantaggioso al fine <strong>di</strong> limitare l’evoluzione della patologia e gli interventi<br />

terapeutici necessari per la loro correzione. Nonostante ciò una terapia ortodontica precoce spesso non è in grado <strong>di</strong><br />

frenare e correggere la malformazione che si sta sviluppando; la terapia è preminentemente chirurgica e la terapia<br />

ortodontica sarà <strong>di</strong> supporto nella preparazione delle arcate alla chirurgia ortognatica.


DIAGNOSI DELLE DISFUNZIONI INTRACAPSULARI DELL’ ARTICOLAZIONE TEMPORO-<br />

MANDIBOLARE, E VALUTAZIONE CLINICA-STRUMENTALE<br />

Lucci M., Quinzi V.,Od<strong>di</strong> R., Rasicci R.,Di Palma E.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> dell’ Aquila- Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia: Prof.C. Chimenti<br />

Introduzione :Nelle patologie intracapsulari dell’ Articolazione temporo-man<strong>di</strong>bolare (ATMD) l’eziopatogenesi è multi<br />

fattoriale e la <strong>di</strong>agnosi a volte può risultare non semplice ed imme<strong>di</strong>ata ed in pazienti senza gravi malocclusioni tale<br />

tipo <strong>di</strong> patologia, che riguarda il con<strong>di</strong>lo ed il proprio menisco, la <strong>di</strong>agnosi risulta spesso essere ancor più complicata.<br />

Scopo:In questo lavoro si analizzano tre tipi <strong>di</strong> indagini che consentono al clinico <strong>di</strong> intuire la patogenesi del problema e<br />

<strong>di</strong> scegliere, quin<strong>di</strong>, il tipo <strong>di</strong> terapia. La valutazione clinica Neuro-Occlusale (NOE), l’ analisi con il T-Scan System II<br />

e L’ elettromiografia <strong>di</strong> superficie permettono <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosticare il tipo <strong>di</strong> problema funzionale alla base delle ATMD nei<br />

soggetti che non presentano malocclusione.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>:20 pazienti, precedente selezionati ed esaminati <strong>di</strong> età compresa tra i 24 ed i 30 anni affetti da<br />

ATMD e 10 soggetti sani. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ai 3 tipi <strong>di</strong> indagini previste: la valutazione NOE è stata<br />

effettuata sulle foto frontali <strong>dei</strong> pazienti evidenziando eventuali <strong>di</strong>fferenze degli angoli masticatori funzionali (AFM)<br />

nelle latero deviazioni destra e sinistra della man<strong>di</strong>bola. Il T-Scan, un analizzatore computerizzato che consente <strong>di</strong><br />

evidenziare i contatti occlusali, ha permesso <strong>di</strong> valutare il centro <strong>di</strong> forza (COF) e la traiettoria del baricentro dell’<br />

Occlusione (COFT). Infine è stata eseguito l’ esame elettromiografico in due <strong>di</strong>fferenzi con<strong>di</strong>zioni: Posizione <strong>di</strong> riposo<br />

(resting position) ed in massima chiusura.<br />

Risultati: Nei pazienti affetti da ATMD era presente un minor AFM, un maggiore stress occlusale (COF maggiore nel<br />

lato affetto) e la deviazione del COFT nel lato interessato da dolore e da rumore articolare. Nell’ esame<br />

elettromiografico, valutando le <strong>di</strong>fferenze <strong>dei</strong> i valori me<strong>di</strong> tra i soggetti sani e i pazienti non sani, si è evidenziato l’<br />

alterazione della funzionalità muscolare nei pazienti affetti da ATMD .<br />

Conclusioni:In questo stu<strong>di</strong>o si evidenziano gli aspetti funzionali che potrebbero generare delle lesioni dell’<br />

articolazione Temporo-Man<strong>di</strong>bolare in pazienti senza gravi malocclusioni e le indagini clinico - strumentali non<br />

invasive che permettono al clinico <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosticare e trattare tale tipo <strong>di</strong> problema.


ANALISI DELLA VARIAZIONE DEGLI ANGOLI SNA, SNB ED ANB NELLE SECONDE CLASSI<br />

TRATTATE CON ATTIVATORE DI TEUSCHER.<br />

Scalise R, Di Girolamo R, Di Lonardo A, Cosentino S, Tonoli A.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”, UOC <strong>di</strong> Odontostomatologia, Ospedale San Giovanni Calabita,<br />

Fatebenefratelli, Isola Tiberina, Roma.<br />

INTRODUZIONE: Nell’analizzare la presenza <strong>di</strong> una malocclusione è importante valutare il corretto posizionamento<br />

delle basi scheletriche; in una seconda classe scheletrica risulta evidente come un mascellare ipersviluppato ed una<br />

man<strong>di</strong>bola iposviluppata portino ad una <strong>di</strong>sarmonia nello sviluppo del terzo inferiore del viso, è pertanto importante<br />

cercare <strong>di</strong> favorire, con una terapia ortope<strong>di</strong>co-funzionale, una corretta crescita delle basi ossee al fine <strong>di</strong> ottenere sia<br />

una migliore occlusione funzionale che una migliore armonia del volto.<br />

OBIETTIVI: Scopo del nostro lavoro è stato <strong>di</strong> mettere in relazione la variazione degli angoli SNA, SNB ed ANB<br />

nelle seconde classi scheletriche trattate con attivatore <strong>di</strong> Teuscher ed evidenziare lo sviluppo <strong>di</strong> una corretta armonia<br />

scheletrica nel terzo inferiore del viso in seguito alla terapia. MATERIALI E METODI: Sono stati esaminati 15<br />

pazienti, <strong>di</strong> età compresa tra 7 ed 11 anni, con classe II I <strong>di</strong>visione caratterizzati da iposviluppo man<strong>di</strong>bolare e<br />

protrusione mascellare. Nel trattare questi pazienti è stata utilizzata una terapia funzionale con attivatore <strong>di</strong> Teuscher.<br />

Sono stati analizzati i tracciati cefalometrici <strong>di</strong> inizio terapia, due tracciati in corso <strong>di</strong> terapia ed uno finale a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong><br />

cinque anni. Sono stati presi in esame in particolare gli angoli SNA, SNB ed ANB e si è valutata la variazione <strong>di</strong> tali<br />

angoli con il procedere della terapia. RISULTATI: Nel campione esaminato abbiamo ottenuto una progressiva<br />

<strong>di</strong>minuzione degli angoli SNA, SNB ed ANB. Tali variazioni sono risultate evidenti anche dall’analisi del profilo del<br />

volto e dalla <strong>di</strong>minuzione dell’overjet che come risultato significativo si è ridotto in me<strong>di</strong>a della metà.<br />

CONCLUSIONI: Analizzando i risultati ottenuti da questo stu<strong>di</strong>o possiamo concludere che il trattamento <strong>di</strong> pazienti in<br />

II classe con attivatore <strong>di</strong> Teuscher ci consente <strong>di</strong> ottenere un controllo della crescita nei tre piani dello spazio ed il<br />

conseguente riequilibrio delle basi scheletriche.


FORZE RILASCIATE DA ATTACCHI AUTOLEGANTI ED ATTACCHI CON LEGATURE NON<br />

CONVENZIONALI DURANTE L’ALLINEAMENTO ORTODONTICO<br />

Camporesi M., Franchi L., Baccetti T.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia. Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze<br />

Obiettivi: analizzare le forze rilasciate da 4 tipi <strong>di</strong> attacchi autoleganti passivi (Carriere, Ortho Organizers; Damon 3<br />

MX SDS Ormco; SmartClip, 3M Unitek; Opal-M, Ultradent Products) e da 2 sistemi a bassa frizione con legature non<br />

convenzionali (attacchi Logic Line con legature Slide, Leone Ortodonzia; attacchi Synergy con legature Synergy a<br />

bassa frizione, Rocky Mountain Orthodontics) rispetto a quelle sviluppate da attacchi in acciaio convenzionali con<br />

legature elastiche convenzionali (attacchi Logic Line con legature elastiche me<strong>di</strong>e, Leone Ortodonzia) durante la<br />

simulazione <strong>di</strong> allineamento <strong>di</strong> un canino in malposizione vestibolare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: un modello costituito da 5 attacchi (dal secondo premolare all’incisivo centrale) sono stati utilizzati<br />

per valutare le forze rilasciate da fili superelastici NiTi 0.012” e 0.014” (archi Memoria, Leone Ortodonzia) in<br />

combinazione con i 7 tipi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> sistemi attacchi-legatura simulando un <strong>di</strong>sallineamento vestibolare del canino (1.5<br />

mm, 3.0 mm, 4.5 mm, 6.0 mm). Le forze sviluppate dagli archi sono state misurate attraverso una macchina Instron<br />

4301. Sono state eseguite 20 prove per ciascun gruppo <strong>di</strong> sistemi attacco-arco-legatura per un totale <strong>di</strong> 1120 prove (160<br />

prove per ciascun gruppo). I risultati ottenuti dalle <strong>di</strong>verse combinazioni attacco/arco/legatura sono stati messi a<br />

confronto attraverso un test ANOVA a 3 vie con Tukey’s post-hoc test (P


LA BIOMECCANICA DELLE MOLLE BI-METALLICHE NEI MOVIMENTI VERTICALI.<br />

Di Blaiso A., Mandelli G., Di Blasio C.*, De Tullio A., Gandolfini M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Otorino-odonto-oftalmologiche e Cervico-facciali. * Corso <strong>di</strong><br />

Laurea in Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia.<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: In ortodonzia, uno <strong>dei</strong> problemi <strong>di</strong> più complessa soluzione è rappresentato dalla<br />

corretta progettazione biomeccanica delle apparecchiature. In particolare, le molle destinate alla correzione verticale<br />

della dentatura presentano non semplici problematiche progettuali sia per quanto concerne la loro componente verticale<br />

che per quanto concerne quella, forse meno evidente ma molto importante, componente sagittale. Nel lavori proposto<br />

gli autori analizzano il problema e propongono una nuova soluzione alla progettazione delle suddette molle basandosi<br />

anche sull’impiego <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> leghe a <strong>di</strong>verso modulo elastico nelle varie parti della molla stessa. MATERIALI E<br />

METODI: la biomeccanica <strong>dei</strong> cantilevers (meccanica del “trave sospeso”) viene spesso utilizzata per la confezione <strong>di</strong><br />

molle verticali. Le leggi fisiche che regolano il variare del rapporto carico-flessione in base al variare del <strong>di</strong>ametro e<br />

della lunghezza della molla stessa sono ben note. Una loro corretta applicazione permette <strong>di</strong> selezionare non solo la lega<br />

più adatta allo scopo che si desidera ottenere, ma anche <strong>di</strong> progettarne adeguatamente il <strong>di</strong>ametro e la lunghezza. Nelle<br />

molle <strong>di</strong> controllo verticale della dentatura conviene sempre adeguare la progettazione in base al criterio <strong>di</strong> ancoraggio<br />

controlaterale per ridurre il rapporto carico-flessione, mentre l’impiego <strong>di</strong> leghe a base <strong>di</strong> titanio ha permesso al giorno<br />

d’oggi <strong>di</strong> ottimizzare un’azione assolutamente progressiva e fisiologica. Tuttavia uno <strong>dei</strong> problemi più rilevanti, quando<br />

si utilizzano molle contenenti leghe a base <strong>di</strong> titanio, è rappresentato dalla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> realizzare una solida interfaccia<br />

tra la lega stessa e le parti in acciaio ss. Gli autori propongono alcune soluzioni originali ai suddetti problemi<br />

RISULTATI: gli autori presentano alcuni casi clinici <strong>di</strong> molle estrusive che sono state realizzate presso la Sezione <strong>di</strong><br />

Odontostomatologia dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, per l’assistenza a pazienti con necesità portatori <strong>di</strong> esito <strong>di</strong><br />

trauma e <strong>di</strong> problemi parodontali. In particolare in questi casi si presentano alcune <strong>di</strong>fferenti ed originali soluzioni al<br />

problema dell’interfaccia titanio-acciaio. Le molle realizzate vengono presentate nella loro strutturazione biomeccanica<br />

e nel loro effettivo risultato clinico. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: la progettazione corretta <strong>di</strong><br />

un’apparecchiatura ortodontica in termini biomeccanici è l’in<strong>di</strong>spensabile premessa per il successo terapeutico. Alcune<br />

apparecchiature, come per esempio le molle destinate al controllo verticale della dentatura, sono particolarmente<br />

complesse da progettare poichè le variazioni del <strong>di</strong>ametro, della lunghezza e del modulo elastico complessivo<br />

dell’apparecchio possono mo<strong>di</strong>ficare drasticamente l’effetto clinico complessivo. In questo lavoro gli autori<br />

ripercorrono I fondamenti teorici alla base della progettazione delle suddette molle e propongono soluzioni originali al<br />

problema dell’unione meccanica delle superfici realizzate in lega <strong>di</strong> titanio ed in acciaio ss.


PROBLEMI BIOMECCANICI LEGATI ALLA CORREZIONE TRASVERSALE DEL SECONDO MOLARE:<br />

MORSO CROCIATO, MORSO A FORBICE.<br />

Cassi D., Di Blasio A., Mandelli G., Di Blasio C.*, Gandolfini M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Otorino-odonto-oftalmologiche e Cervico-facciali. * Corso <strong>di</strong><br />

Laurea in Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia.<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: Le anomalie in senso vestibolo-linguale più frequentemente riscontrabili sono A)<br />

il morso a forbice, caratterizzato da un’eccessiva inclinazione linguale del secondo molare inferiore e/o eccessiva<br />

inclinazione vestibolare del secondo molare superiore fino a per<strong>di</strong>ta del contatto occlusale tra i due elementi dentari e<br />

B) il morso crociato, caratterizzato da un’eccessiva inclinazione vestibolare del secondo molare inferiore e/o eccessiva<br />

inclinazione linguale del secondo molare superiore che provoca l’inversione <strong>dei</strong> rapporti tra i versanti cuspidali. Lo<br />

scopo <strong>di</strong> questo lavoro è <strong>di</strong> descrivere le <strong>di</strong>verse possibilità biomeccaniche, con particolare attenzione ai criteri <strong>di</strong> scelta<br />

utilizzati per la selezione dell’ausilio ortodontico più idoneo. MATERIALI E METODI: L’analisi si basa su una<br />

personale casistica, integrata con i dati <strong>di</strong>sponibili in letteratura. RISULTATI: Le meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> correzione del morso a<br />

forbice e del morso crociato sono <strong>di</strong>fferenti quando sia presente o meno il contatto occlusale tra gli elementi dentari<br />

superiori e inferiori interessati. Nel caso <strong>di</strong> assenza del contatto occlusale, quando sia interessato un molare dell’arcata<br />

inferiore, la terapia che offre i maggiori vantaggi consiste nell’intervenire precocemente prima che giunga in contatto<br />

con l’antagonista. L’eccessiva inclinazione linguale dell’elemento potrà essere corretta rapidamente me<strong>di</strong>ante<br />

l’applicazione vestibolare al primo molare contiguo <strong>di</strong> un doppio tubo nella cui cannula occlusale viene inserita una<br />

barra stabilizzatrice, che solidarizza il primo molare ai due premolari, mentre nella cannula gengivale viene inserito un<br />

sezionale che si porta <strong>di</strong>stalmente fino all’altezza della commissura delle due cuspi<strong>di</strong> del secondo molare, dove è<br />

realizzato un occhiello. A quest’ultimo viene collegata una trazione elastica, che viene poi fissata alla superficie<br />

occlusale del dente tramite l’applicazione sulla stessa <strong>di</strong> un piccolo attacco. Qualora sia già presente il contatto tra i due<br />

molari antagonisti o ci si trovi <strong>di</strong> fronte ad un morso a forbice, è spesso necessario intrudere prima i molari ed avere così<br />

la possibilità <strong>di</strong> correggerne poi più facilmente l’inclinazione linguo-vestibolare. Per l’intrusione del molare superiore<br />

può essere in<strong>di</strong>cato l’utilizzo <strong>di</strong> un arco <strong>di</strong> Gosgharian mo<strong>di</strong>ficato. Una ulteriore possibilità è rappresentata dall’utilizzo<br />

<strong>di</strong> elastici criss-cross, che producono una coppia <strong>di</strong> forze favorenti un corretto riposizionamento vestibolo-linguale degli<br />

elementi dentari; questa tecnica presenta tuttavia limitazioni <strong>di</strong> una certa rilevanza: è necessaria una avanzata ma<br />

incomplete eruzione degli elementi interessati, contestuale a una inclinazione anomala <strong>di</strong> entrambi gli elementi.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Le meto<strong>di</strong>che descritte consentono <strong>di</strong> ottenere il corretto riposizionamento <strong>dei</strong><br />

secon<strong>di</strong> molari con anomalie <strong>di</strong> posizione trasversale in modo semplice ed efficace.


PROBLEMI BIOMECCANICI LEGATI ALLA CORREZIONE ASSIALE DEL SECONDO MOLARE<br />

Generali I., Di Blasio A., Mandelli G., Di Blasio C.*,Gandolfini M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Otorino-odonto-oftalmologiche e Cervico-facciali. * Corso <strong>di</strong><br />

Laurea in Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia.<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: Il secondo molare, se presente durante una terapia ortodontica, viene <strong>di</strong> norma<br />

interessato dall’azione del <strong>di</strong>spositivo ortodontico utilizzato al fine <strong>di</strong> stabilizzare l’arcata. Le eventuali anomalie <strong>di</strong><br />

posizione che lo possono riguardare, vengono in tal caso trattate contemporaneamente alla terapia globale. Può però<br />

verificarsi che la terapia ortodontica attuata sul paziente sia già terminata al momento dell’eruzione del secondo molare:<br />

in tal caso, il raddrizzamento del secondo molare mal allineato rappresenta un problema ortodontico isolato e come tale<br />

deve essere trattato. Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è illustrare le <strong>di</strong>verse meto<strong>di</strong>che ortodontiche a <strong>di</strong>sposizione per la<br />

risoluzione delle anomalie <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione assiale <strong>dei</strong> secon<strong>di</strong> molari con particolare riferimento ai criteri <strong>di</strong> scelta<br />

utilizzati. MATERIALI E METODI: Presentazione <strong>di</strong> meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong>verse, sulla base <strong>di</strong> una personale casistica, ed<br />

integrazione con i dati presenti in letteratura. RISULTATI: Numerose sono le possibilità terapeutiche a <strong>di</strong>sposizione<br />

dell’ortodontista per la correzione delle anomalie <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione assiale <strong>dei</strong> secon<strong>di</strong> molari, benché <strong>di</strong>verse siano<br />

risultate le in<strong>di</strong>cazioni per il loro utilizzo. L’arco vestibolare è in<strong>di</strong>cato in caso <strong>di</strong> una malocclusione complessa che<br />

richieda un trattamento ortodontico completo, da effettuarsi contestualmente al riposizionamento del secondo molare.<br />

La rimozione della banda ortodontica può essere utilizzata nel caso in cui il margine gengivale e <strong>di</strong>stale della stessa si<br />

appoggi sulla cresta marginale mesiale del settimo, impedendone l’eruzione. La separazione elastica può risolvere I casi<br />

in cui l’inclinazione del settimo sia piuttosto lieve; se l’inclinazione è più marcata o se il secondo molare è troppo<br />

vicino al primo, nei primi giorni si sostituisce la separazione elastica con una metallica. La frusta metallica è un’altra<br />

soluzione: se in Arcata sono già presenti un arco continuo o un sezonale, l’estremità mesiale del cantilever si attacca a<br />

questi; in caso contrario si può modellare opportunamente il terminale mesiale e appoggiarlo <strong>di</strong>rettamente alla corona<br />

del canino o del premolare, le cui ra<strong>di</strong>ci sono in grado <strong>di</strong>b en sopportare la forza intrusiva <strong>di</strong> reazione. In caso <strong>di</strong><br />

incompleta eruzione del secondo molare, che non consenta l’applicazione <strong>di</strong> un attacco o <strong>di</strong> una frusta metallica, oppure<br />

in caso <strong>di</strong> una inclinazione tale da impe<strong>di</strong>re l’applicazione <strong>di</strong> una separazione elastica o metallica, si può utilizzare una<br />

molla <strong>di</strong>stalizzante, che ha il vantaggio <strong>di</strong> produrre esclusivamente una forza orizzontale con <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>stale,<br />

evuitando <strong>di</strong> produrre forze verticali che tenderebbero a far erompere il dente. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Le<br />

<strong>di</strong>verse meto<strong>di</strong>che descritte, con i relativi criteri per la scelta biomeccanica, offrono all’ortodontista la possibilità <strong>di</strong><br />

risolvere le anomalie <strong>di</strong> posizione assiali del secondo molare riducendo l’impegno biologico per il paziente.


RIASSORBIMENTO RADICOLARE CORRELATO A TERAPIA ORTODONTICA: EPIDEMIOLOGIA E<br />

ASPETTI CLINICI<br />

Iazzetti F., Riva R., Giannini L., Galbiati G., Tremolati M., Maspero C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore: prof. G. Farronato<br />

OBIETTIVI: L’obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è descrivere gli aspetti epidemiologici, ezio-patogenetici, clinici e terapeutici<br />

dell’EARR (riassorbimento ra<strong>di</strong>colare apicale esterno) <strong>di</strong> origine ortodontica.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati analizzati i dati rilevati in letteratura correlati all’EARR <strong>di</strong> origine ortodontica.<br />

Il riassorbimento ra<strong>di</strong>colare è una con<strong>di</strong>zione che può interessare ogni campo dell’odontoiatria. Sebbene siano stati<br />

in<strong>di</strong>viduati <strong>di</strong>versi potenziali fattori pre<strong>di</strong>sponenti, la causa <strong>di</strong> gran lunga più comune è il movimento dentario<br />

ortodontico. Il movimento dentario ortodontico provoca, nel sito <strong>di</strong> pressione, la necrosi del legamento parodontale, con<br />

formazione <strong>di</strong> una zona ialina acellulare. Durante la rimozione della zona ialina, le cellule macrofago-simili e<br />

multinucleate implicate nel processo, possono danneggiare anche la superficie ra<strong>di</strong>colare esterna ad essa a<strong>di</strong>acente, con<br />

conseguente esposizione del sottostante cemento denso altamente mineralizzato. Nei casi più gravi, il riassorbimento <strong>di</strong><br />

tali aree è conseguente a danni <strong>di</strong>rettamente indotti dalla forza ortodontica sullo strato ra<strong>di</strong>colare più superficiale.<br />

RISULTATI: Di tutte le variabili <strong>di</strong> tipo ortodontico, la durata del trattamento sembra essere il fattore più significativo<br />

correlato alla presenza e alla severità dell’EARR. Fattori <strong>di</strong> rischio per l’EARR correlato al trattamento ortodontico<br />

possono essere la pre<strong>di</strong>sposizione genetica, alcuni fattori sistemici, le terapie farmacologiche in atto, la morfologia<br />

ra<strong>di</strong>colare, i traumi pregressi a carico degli elementi dentari e le variabili del trattamento ortodontico (<strong>di</strong>rezione ed<br />

entità del movimento dentario, caratteristiche delle forze impiegate, modello <strong>di</strong> estrazione). In letteratura, in base<br />

all’entità del riassorbimento ra<strong>di</strong>colare, si <strong>di</strong>stinguono una forma <strong>di</strong> EARR moderata-severa (con riassorbimento<br />

compreso tra 2 mm e 1/3 della lunghezza ra<strong>di</strong>colare) e una forma grave (riassorbimento >1/3 della lunghezza<br />

ra<strong>di</strong>colare)<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Parametri significativi riguardanti l’approccio terapeutico e la prevenzione <strong>di</strong><br />

EARR sono l’uso <strong>di</strong> forze leggere e intermittenti, un approccio ortodontico precoce, perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> interruzione/riposo del<br />

trattamento, controllo delle abitu<strong>di</strong>ni orali e monitoraggio ra<strong>di</strong>ologico a partire dal sesto mese <strong>di</strong> trattamento (o dal terzo<br />

mese per casi a rischio elevato <strong>di</strong> EARR). Nonostante la sua prevalenza, raramente l’EARR risulta invalidante dopo la<br />

terapia ortodontica e il processo <strong>di</strong> riassorbimento cessa con la rimozione delle forze attive.


DISINCLUSIONE DI CANINI INCLUSI IN PAZIENTI ADULTI<br />

Medoro L, Redaelli C, Periti G, Yaghoubchi S, Galbiati G, Maspero C<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore:<br />

prof. G. Farronato.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è analizzare le problematiche relative alle inclusioni dentarie <strong>di</strong> canini in<br />

soggetti adulti, valutandone le strategie terapeutiche e la prognosi. La <strong>di</strong>sinclusione e il riposizionamento ortodontico<br />

rappresentano la terapia abituale delle inclusioni dentarie in soggetti in fase <strong>di</strong> crescita ma , quando possibile, anche il<br />

trattamento d’elezione in soggetti adulti.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati esaminati pazienti adulti con canini inclusi privi <strong>di</strong> vis eruttiva. La <strong>di</strong>agnosi è<br />

stata eseguita attraverso un attento esame clinico obiettivo e la valutazione <strong>di</strong> indagini ra<strong>di</strong>ografiche. Nei casi<br />

considerati favorevoli, la scelta terapeutica è stata la <strong>di</strong>sinclusione del canino incluso attraverso una terapia combinata<br />

chirurgica-ortodontica. Il trattamento ha compreso: ripristino o mantenimento dello spazio in arcata necessario al<br />

riposizionamento dell’elemento incluso, chirurgia <strong>di</strong>sinclusiva, applicazione <strong>di</strong> una forza ortodontica, rifinitura del caso<br />

e contenzione. L’intervento chirurgico è stato eseguito nel massimo rispetto del tessuto parodontale al fine <strong>di</strong> ottenere<br />

un corretto attacco epiteliale al termine della terapia. L’estrusione ortodontica ha previsto l’utilizzo <strong>di</strong> forze<br />

estremamente leggere.<br />

RISULTATI: A fine terapia, in tutti i pazienti trattati, è stato ottenuto il corretto riposizionamento in arcata del canino<br />

con formazione <strong>di</strong> un fisiologico attacco epiteliale.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: E’ noto quanto i canini siano elementi fondamentali per l’equilibrio<br />

morfostrutturale dell’apparato stomatognatico da un punto <strong>di</strong> vista funzionale ed estetico. Per questo motivo, quando<br />

possibile, in caso <strong>di</strong> inclusione del canino la scelta terapeutica migliore è rappresentata dal recupero chirurgicoortodontico<br />

anche in pazienti adulti.


UN CASO DI DISINCLUSIONE BILATERALE DI CANINI MASCELLARI MEDIANTE L’UTILIZZO DI<br />

MINI VITI<br />

Corvo O*, Sgritta G, Fusco R, Tufano G, Corvo G.<br />

Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia Direttore: Prof. Letizia<br />

Perillo<br />

Obiettivi: illustrare un caso <strong>di</strong> inclusione bilaterale <strong>di</strong> canini mascellari me<strong>di</strong>ante l’applicazione <strong>di</strong> 2 miniviti a livello<br />

man<strong>di</strong>bolare, approccio innovativo e vantaggioso che limita le problematiche connesse alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> ancoraggio e<br />

riduce, in me<strong>di</strong>a, i tempi <strong>di</strong> trattamento.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: paziente <strong>di</strong> sesso femminile <strong>di</strong> 15 anni, in dentizione permanente con malocclusione <strong>di</strong> classe I<br />

dentale e inclusione palatale <strong>di</strong> <strong>13</strong> e 23. L’analisi cefalometrica ha evidenziato una classe I scheletrica (ANB: 2°) con<br />

tendenza alla classe III (AOBO: - 2,5 mmm) e all’iper<strong>di</strong>vergenza (SNGoMe: 36°); linguoinclinazione degli incisivi<br />

superiori (1/SN: 96°) e inferiori (IMPA:82°).<br />

Risultati: il piano <strong>di</strong> trattamento ha previsto una prima fase ortodontica per il bandaggio delle arcate con tecnica<br />

straight-wire ed il recupero dello spazio necessario per il <strong>13</strong> e 23; una seconda fase chirurgica per l’esposizione e<br />

l’aggancio <strong>di</strong> <strong>13</strong> e 23 me<strong>di</strong>ante bottoni bondati e l’ inserimento <strong>di</strong> due miniviti (minispider screw short neck da 1.5 x 8<br />

mm) nella regione interra<strong>di</strong>colare tra 34-35 e 43-44, su cui è stata applicata una trazione elastica me<strong>di</strong>ante elastici<br />

intermascellari (5 once a destra e 3 once a sinistra), una terza fase ortodontica <strong>di</strong> definizione occlusale dopo<br />

<strong>di</strong>sinclusione e applicazione <strong>dei</strong> brackets su <strong>13</strong> e 23, una quarta fase <strong>di</strong> contenzione con placche rimovibili. La<br />

<strong>di</strong>sinclusione è durata quattro mesi per il 23 e sei mesi per il <strong>13</strong> posizionato più alto, la durata complessiva del<br />

trattamento è stata <strong>di</strong> 2 anni.<br />

Conclusioni: le miniviti come ancoraggio scheletrico rappresentano per l’ortodontista una nuova prospettiva che<br />

semplifica e riduce i tempi <strong>di</strong> trattamento. Tuttavia il raggiungimento degli obiettivi prevede, in casi particolari come<br />

questo, la collaborazione del paziente.


DISINCLUSIONE DI UN CANINO MASCELLARE IN PAZIENTE BIRETRUSO CON SEVERO<br />

AFFOLLAMENTO INFERIORE<br />

Ferro F, De Gregorio F, Esercizio D*, Maggi A, Perillo L.<br />

Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia<br />

Direttore: Prof. Letizia Perillo<br />

Obiettivi: illustrare un caso <strong>di</strong> inclusione <strong>di</strong> canino superiore e severo affollamento inferiore trattato senza estrazioni in<br />

paziente biretruso.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: paziente <strong>di</strong> sesso maschile <strong>di</strong> 16 anni, in dentizione permanente con malocclusione <strong>di</strong> classe I,<br />

morso profondo, inclusione <strong>13</strong> e severo affollamento inferiore. L’analisi cefalometrica ha evidenziato una classe I<br />

scheletrica (ANB: 3°) , una normo<strong>di</strong>vergenza (SNGoMe: 31,5°), linguoinclinazione degli incisivi superiori (1/SN:<br />

102°) e inferiori (IMPA: 69°), e un profilo biretruso (LL-EL: -5 mm).<br />

Risultati: il piano <strong>di</strong> trattamento ha previsto una prima fase con barra palatale in arcata superiore per il recupero dello<br />

spazio per il <strong>13</strong> e la regolarizzazione della morfologia <strong>di</strong> arcata ; e lip-bumper in arcata inferiore per il recupero ,<br />

almeno parziale, dello spazio necessario all’allineamento. In arcata superiore, dopo aver definito lo spazio per il <strong>13</strong>, si è<br />

proceduto all’esposizione chirurgica e all’aggancio del <strong>13</strong> che è stato, poi, riposizionato progressivamente in arcata. In<br />

arcata inferiore, dopo il riposizionamento <strong>dei</strong> canini, è stato bandato il settore anteriore per raggiungere gradualmente<br />

l’allineamento senza estrazioni.<br />

Conclusioni: l’utilizzo combinato <strong>di</strong> barra palatale e lip bumper associati a terapia fissa ha consentito il<br />

riposizionamento in arcata del canino mascellare e la risoluzione <strong>di</strong> un affollamento severo senza il ricorso ad estrazioni<br />

nel tentativo <strong>di</strong> offrire al paziente il migliore risultato occlusale ed estetico. Tuttavia, il raggiungimento <strong>di</strong> tali obiettivi,<br />

prevede, in casi particolari come questo, una corretta biomeccanica per il rispetto delle inclinazioni assiali e una<br />

contenzione prolungata per il mantenimento <strong>dei</strong> risultati.


I CANONI NEOCLASSICI POSSONO ANCORA DESCRIVERE LA BELLEZZA FACCIALE? STUDIO<br />

ANTROPOMETRICO SU 50 MODELLE CAUCASICHE<br />

Mirigliani L, Torsello F, Grippaudo C, Deli R.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

SCOPO: L’obiettivo del lavoro è determinare se i Canoni Neoclassici possono descrivere tutt’oggi la bellezza del viso<br />

femminile.<br />

MATERIALI E METODI: Sono state effettuate le foto frontali e profilometriche <strong>di</strong> 50 modelle partecipanti alla<br />

selezione finale <strong>di</strong> un importante concorso <strong>di</strong> bellezza e stampate in rapporto 1:1. I Canoni Neoclassici sono stati<br />

misurati su ogni foto frontale e <strong>di</strong> profilo <strong>di</strong> ciascuna modella: 1) Altezza della testa=altezza della faccia. 2) Divisione<br />

della faccia in terzi uguali. 3)Divisione della faccia in quarti uguali. 4) Altezza del naso= altezza dell’orecchio. 5)<br />

Inclinazione del ponticello nasale= inclinazione dell’orecchio. 6) Distanza intercantale=ampiezza della base nasale. 7)<br />

Distanza intercantale= ampiezza della fessura oculare. 8) Ampiezza della bocca= 150% ampiezza del naso. 9)<br />

Ampiezza del naso= ¼ ampiezza della faccia. 10) Divisione della parte inferiore del viso in terzi uguali. 11) Divisione<br />

della parte inferiore del viso in quarti uguali. Il test One-way Anova è stato eseguito al fine <strong>di</strong> confrontare le me<strong>di</strong>e <strong>dei</strong><br />

valori <strong>di</strong> ciascuna misurazione. Il confronto tra i singoli gruppi è stato eseguito me<strong>di</strong>ante il test Turkey’s post hoc con<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> determinare la significatività statistica tra coppie <strong>di</strong> gruppi. Il livello <strong>di</strong> significatività è stato posto a<br />

p


VALUTAZIONE ANATOMO-FUNZIONALE DELLE CAVITÀ NASALI DOPO ESPANSIONE<br />

MASCELLARE.<br />

C. Napoli*, R. Nucera, V. Iu<strong>di</strong>cello, M. Portelli, P. Manzo<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Messina, Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia,<br />

Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia: Prof. G. Cordasco.<br />

Università <strong>di</strong> Napoli “Federico II”, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodnzia,<br />

Direttore: Prof. R. Martina<br />

Obiettivi: Obettivo dello stu<strong>di</strong>o è stata la valutazione tri<strong>di</strong>mensionale comparativa, delle mo<strong>di</strong>ficazioni anatomofunzionali<br />

delle cavità nasali indotte rispettivamente dalla espansione mascellare rapida e lenta. Materiali e Meto<strong>di</strong>: Il<br />

campione era composto complessivamente da 20 pazienti (11 maschi, 9 femmine) affetti da endognazia mascellare<br />

simmetrica e con una età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 11,6 anni; il campione è stato sud<strong>di</strong>viso in due sottogruppi: il primo costituito da 10<br />

pazienti, comprendente soggetti trattati con protocollo <strong>di</strong> espansione rapida (tre attivazioni da un quarto <strong>di</strong> giro ogni<br />

giorno), il secondo composto da 10 pazienti comprendente soggetti trattati con protocollo <strong>di</strong> espansione lenta (tre<br />

attivazioni da un quarto <strong>di</strong> giro settimanali). Per l’espansione è stato utilizzato un <strong>di</strong>spositivo tipo Hirax cementato sui<br />

primi molari superiori e con bracci in estensione. Le immagini TC sono state acquisite con un protocollo originale a<br />

bassa dose (80Kv, 15MA) in due tempi: T0 prima dell’applicazione dell’apparecchiatura e T1 dopo 6 mesi <strong>di</strong><br />

contenzione. I files DICOM sono stati processati ed analizzati con un software de<strong>di</strong>cato (Mimics 8.11, Materialise<br />

Belgium). Il volume delle cavità nasali è stato analizzato in un duplice modo, anatomico e funzionale: la valutazione<br />

anatomica è relativa alla porzione ossea complessivamente interessata dall’espansione mascellare, ed è stata effettuata<br />

me<strong>di</strong>ante software AUTOcad; l’analisi funzionale invece è relativa alla misurazione dello spazio aereo effettivo, isolato<br />

me<strong>di</strong>ante software Mimics 8.11. Per quanto attiene la riproducibilità del metodo utilizzato nello stu<strong>di</strong>o, le <strong>di</strong>fferenze tra<br />

le letture relative alla variabilità intra osservatore sono state valutate tramite il t-test, la correlazione tra la prima e la<br />

seconda lettura è stata calcolata tramite il test <strong>di</strong> Spearman (r), mentre la determinazione dell’errore del metodo è stata<br />

calcolata con la formula <strong>di</strong> Dahlberg. Risultati: Le misure della variabilità intra-osservatore non presentavano<br />

<strong>di</strong>fferenze statisticamente significative, ed un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> correlazione molto alto (R= 0.97). Il protocollo <strong>di</strong> espansione<br />

rapido ha <strong>di</strong>mostrato incrementi anatomici e funzionali, statisticamente significativi (p


ANALISI CEFALOMETRICA 3D<br />

Colombo M., Ferrantino L., Zanoni D., Alesina L., Ghezzi L., Panigalli A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Dir: Prof. F.<br />

Santoro. Insegnamento in Ortognatodonzia, Resp: Prof. G. Farronato<br />

OBIETTIVI: lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è presentare una nuova ed innovativa procedura <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi cefalometrica<br />

tri<strong>di</strong>mensionale in uso presso il reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia della Clinica Odontoiatrica e Stomatologica dell’Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano.<br />

MATERIALI E METODI: per questo stu<strong>di</strong>o è stato preso in esame un campione <strong>di</strong> 300 pazienti, ai quali è stata<br />

prescritta una TC Cone Beam a basso dosaggio. I dati TC ricavati (DICOM) sono stato analizzati attraverso softwares<br />

specifici, Mimics (Materialize) e 3D Diagnosys (3Diemme), in grado <strong>di</strong> elaborare e ricostruire la struttura<br />

tri<strong>di</strong>mensionale del <strong>di</strong>stretto cranio-facciale del paziente.<br />

RISULTATI: avendo a <strong>di</strong>sposizione la ricostruzione tri<strong>di</strong>mensionale delle strutture ossee, è stato possibile stu<strong>di</strong>are le<br />

principali componenti, base cranica, mascellare superiore, man<strong>di</strong>bola, per valutarne la crescita nelle tre <strong>di</strong>mensioni ed i<br />

rapporti scheletrici.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: il vantaggio <strong>di</strong> questa nuova meto<strong>di</strong>ca è la possibilità <strong>di</strong> lavorare su un’ immagine<br />

tri<strong>di</strong>mensionale delle strutture facciali estremamente precisa e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> ottenere misurazioni cefalometriche più<br />

atten<strong>di</strong>bili e fedeli alla realtà.


VANTAGGI LEGATI ALL'UTILIZZO DELLA CONE BEAM CT (CBCT) NELLA PIANIFICAZIONE<br />

GLOBALE DEL TRATTAMENTO DEL PAZIENTE CON MICROSOMIA EMIFACCIALE (HFM)<br />

Dalessandri D 1 , Laffranchi L 1 , Ricci C 1 , Piancino MG 1 , Paganelli C 2 , Bracco P 1 .<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che e Oncologia Umana, Scuola <strong>di</strong> Dottorato in Me<strong>di</strong>cina e Terapia Sperimentale –<br />

In<strong>di</strong>rizzo in Fisiopatologia della Masticazione e dell'Apparato Stomatognatico. Materiali Dentari, Università degli<br />

Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino. 2 Dipartimento Specialità Chirurgiche, Scienze Ra<strong>di</strong>ologiche e Me<strong>di</strong>co Forensi, CLsOPD, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia.<br />

Introduzione: la microsomia emifacciale può essere genericamente definita come una malformazione congenita nella<br />

quale c'è un deficit unilaterale <strong>di</strong> tessuti duri e molli del viso. Più precisamente è una sindrome del primo arco<br />

branchiale che comporta un iposviluppo dell'articolazione temporo-man<strong>di</strong>bolare, del ramo man<strong>di</strong>bolare, <strong>dei</strong> muscoli<br />

masticatori e dell'orecchio, spesso accompagnata da sor<strong>di</strong>tà. Occasionalmente coesiste con <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti del secondo arco<br />

branchiale che coinvolgono il nervo facciale ed i muscoli facciali. La HFM colpisce circa 1 ogni 5600 nati e perciò è la<br />

seconda anomalia facciale più frequente, preceduta solamente dalle schisi del labbro e del palato; ne sono affetti più<br />

maschi che femmine. La forma più severa <strong>di</strong> HFM è la sindrome <strong>di</strong> Goldenhar, che spesso associa tumori oculari ai<br />

<strong>di</strong>fetti precedentemente elencati. Obbiettivi: scopo del presente stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare i vantaggi connessi<br />

all'utilizzo della CBCT nella pianificazione globale del trattamento del paziente con HFM. Materiali e meto<strong>di</strong>: per il<br />

trattamento <strong>dei</strong> pazienti con HFM è necessaria la formazione <strong>di</strong> un team <strong>di</strong> specialisti, tra cui l'ortodontista ed il<br />

chirurgo maxillo-facciale. Normalmente gli approfon<strong>di</strong>menti <strong>di</strong>agnostici, necessari per quantificare il grado <strong>di</strong><br />

deformità anatomica e <strong>di</strong> alterazione funzionale, consistono in una OPT, una telera<strong>di</strong>ografia del cranio in proiezione LL<br />

ed una in PA e delle ra<strong>di</strong>ografie occlusali, per evidenziare la presenza <strong>di</strong> una eventuale schisi ossea del palato. Una TC<br />

con ricostruzione 3D viene spesso richiesta dal chirurgo per meglio pianificare l'intervento e simularne i risultati. Nel<br />

nostro stu<strong>di</strong>o sono stati coinvolti 7 soggetti con HFM da sola o associata a labiopalatoschisi (LPS). E' stato utilizzato il<br />

programma <strong>di</strong> visualizzazione QR NNT e lo scanner NewTom 3G (QR s.r.l.– Verona) con il FOV (Field of view) da<br />

12"(20 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro) per i pazienti con la sola HFM, mentre per quelli con HFM e LPS abbiamo utilizzato il FOV da<br />

12" e da 6"(10 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro). Risultati: la scansione con il FOV da 12" ha permesso al chirurgo <strong>di</strong> ottenere delle<br />

ricostruzioni 3D del cranio utili per la pianificazione dell'intervento <strong>di</strong> allungamento tramite <strong>di</strong>strattore del ramo<br />

ipoplasico e all'ortodontista <strong>di</strong> ottenere delle visioni LL <strong>di</strong>stinte per i due lati del cranio e PA. La scansione con il FOV<br />

da 6" ha permesso la pianificazione dell'intervento <strong>di</strong> chiusura della schisi alveolare, ove richiesto, e la corretta<br />

visualizzazione <strong>di</strong> tutti gli elementi dentari, compresi i soprannumerari, inclusi o già erotti. Conclusioni: l'esame con<br />

CBCT permette <strong>di</strong> ottenere con un solo esame tutte le informazioni necessarie per la pianificazione del trattamento<br />

ortodontico-chirurgico del paziente con HFM e LPS, oltre a ridurre le dosi <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azioni complessivamente<br />

somministrate durante gli approfon<strong>di</strong>menti ra<strong>di</strong>ologici.


VALUTAZIONE DELLA VALIDITÀ DELL'ANALISI DI BUTOW NELLA DIAGNOSI DELLE<br />

PROPORZIONI FACCIALI<br />

Focarelli Barone Francesco, Scuto Stefano, Grippaudo Cristina, Deli Roberto<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore <strong>di</strong> Roma<br />

Scuola Specializzazione in Ortognatodonzia.Direttore Prof. Roberto Deli<br />

Obiettivi: Valutazione dell'efficacia che l'analisi <strong>di</strong> Butow presenta nel <strong>di</strong>agnosticare le proporzioni facciali <strong>di</strong> un<br />

soggetto.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Sono stati esaminati 15 pazienti, me<strong>di</strong>ante analisi <strong>di</strong> Butow e Ricketts. Sono stati quin<strong>di</strong> confrontati<br />

i tracciati eseguiti e i valori misurati, focalizzando principalmente l'attenzione sui parametri fondamentali e comuni<br />

(posizione sagittale e verticale <strong>dei</strong> mascellari e inclinazione del piano man<strong>di</strong>bolare).<br />

Risultati: La principale caratteristica dell'analisi <strong>di</strong> Butow è la personalizzazione. Essa infatti adatta il tracciato e i range<br />

<strong>di</strong> riferimento "ideali" a ogni singolo paziente in funzione della <strong>di</strong>stanza presente fra glabella e trago.<br />

Risulta quin<strong>di</strong> una notevole atten<strong>di</strong>bilità a ogni età.<br />

L'analisi inoltre si può considerare completa, dal momento che esamina sia le posizioni sagittali e verticali della<br />

mascella e della man<strong>di</strong>bola, che l'inclinazione del piano man<strong>di</strong>bolare.<br />

Tutti i parametri possono essere valutati <strong>di</strong>rettamente e rapidamente dalla semplice osservazione del tracciato,<br />

focalizzando l'attenzione sulle <strong>di</strong>stanze lineari presenti tra strutture anatomiche e piani <strong>di</strong> riferimento "ideali".<br />

Il raffronto con l'analisi <strong>di</strong> Ricketts rivela una significativa concordanza <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio nella valutazione <strong>dei</strong> parametri<br />

comuni (p value


100 ANNI DI CERNIERA DI HERBST: CONSIDERAZIONI SULLA LETTERATURA ESISTENTE.<br />

Angori G., Francioli D.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena.<br />

OBBIETTIVI: La cerniera <strong>di</strong> Herbst è un <strong>di</strong>spositivo ortope<strong>di</strong>co-ortodontico finalizzato al trattamento delle<br />

malocclusioni <strong>di</strong> II Classe da iposviluppo man<strong>di</strong>bolare. L’obbiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è quello <strong>di</strong> fornire una panoramica<br />

ed un’analisi della letteratura esistente sull’argomento a 100 anni esatti dalla invenzione del <strong>di</strong>spositivo.<br />

MATERIALI E METODI: Per la realizzazione del lavoro sono state compiute due ricerche bibliografiche sul<br />

database <strong>di</strong> Medline utilizzando i termini <strong>di</strong> ricerca “Herbst appliance” ed incrociando i termini MeSh “Orthodontic<br />

Appliances, Functional” e “Sleep Apnea, Obstructive”. Queste ricerche hanno prodotto rispettivamente 159 e 26<br />

risultati. A questi si sono aggiunti anche 9 articoli pubblicati su riviste ortodontiche italiane non presenti nel database <strong>di</strong><br />

Medline forniti dalla Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia dell’Università <strong>di</strong> Siena. Tutti i lavori sopracitati<br />

sono stati pubblicati in un arco temporale compreso tra Ottobre 1979 e Marzo 2008. I 194 articoli frutto della ricerca<br />

bibliografica sono stati successivamente selezionati in base a criteri <strong>di</strong> inclusione ed esclusione.<br />

RISULTATI: L’applicazione <strong>dei</strong> criteri ha portato all’inclusione nel lavoro <strong>di</strong> 65 articoli così ripartiti in base alla<br />

tipologia <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o: 2 revisioni sistematiche (3,1% del TOT), 1 RCTs (1,5%), 16 stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> casistica clinica prospettici<br />

controllati non randomizzati, (24,6%), 21 stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> casistica clinica prospettici non controllati non randomizzati (32,4%),<br />

1 stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> casistica clinica retrospettivo non controllato non randomizzato (1,5%), 2 revisioni non sistematiche (3,1%),<br />

22 articoli descrittivi (33,8%). DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Confrontando i risultati ottenuti con la gerarchia<br />

delle tipologie <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o scientifico in funzione del livello <strong>di</strong> prove presentate (piramide delle evidenze) appare<br />

abbastanza chiaro come la maggior parte <strong>dei</strong> lavori presenti in letteratura sull’argomento sia realizzata con tipologie <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o dal basso livello <strong>di</strong> evidenza scientifica. Il basso livello <strong>di</strong> evidenza deriva principalmente dalla mancanza <strong>di</strong><br />

randomizzazione <strong>dei</strong> campioni riscontrata nella maggior parte <strong>dei</strong> lavori presi in esame.


EFFETTO DI MATERIALE, SEZIONE E TORQUE SULLA FRIZIONE DI DUE APPARECCHIATURE<br />

SELF-LIGATING<br />

Cacciatore G.*, Zanoni D., Dickers C., Alesina L., Ghezzi L., Esposito L.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica, ICP,<br />

Direttore Prof. Santoro F, Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria,<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia Prof. Farronato G<br />

OBIETTIVI: scopo del lavoro è stato quello <strong>di</strong> confrontare i valori <strong>di</strong> frizione generati durante lo scorrimento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> archi ortodontici, all’interno <strong>di</strong> due apparecchiature self-ligating, simulando in vitro <strong>di</strong>verse situazioni<br />

cliniche <strong>di</strong> frequente riscontro. MATERIALI E METODI: nella sperimentazione, sono stati testati 6 tipi <strong>di</strong> archi:<br />

0,014” roton<strong>di</strong> in nichel-titanio superelastico (NiTi), 0,018” roton<strong>di</strong> in NiTi, 0,018”×0,025” rettangolari in NiTi, 0,014”<br />

roton<strong>di</strong> in acciaio inossidabile (SS), 0,018” roton<strong>di</strong> in SS, 0,018”×0,025” rettangolari in SS. Tutti questi archi sono stati<br />

combinati con 2 bracket self-ligating (SmartClip, 3M Unitek; Quick, Forestadental). Per simulare in vitro le <strong>di</strong>verse<br />

situazioni cliniche, sono state realizzate 16 “piastrine” in acciaio (8 per ciascun tipo <strong>di</strong> bracket), su ciascuna delle quali<br />

sono stati posizionati 3 bracket che hanno simulato i bracket presenti a livello <strong>di</strong> laterale, canino e primo premolare<br />

superiore destro. Ciascuna piastrina <strong>di</strong>fferiva dalle altre per i valori <strong>di</strong> slivellamento, in-out e torque del bracket a livello<br />

del canino. Le prime due piastrine presentavano slivellamento <strong>di</strong> 0 mm, quelle dalla numero 3 alla numero 6<br />

slivellamento <strong>di</strong> 1 mm, le ultime due slivellamento <strong>di</strong> 2 mm. Inoltre, nelle prime due piastrine è stata inserita la variabile<br />

torque, nelle ultime due la variabile in-out, mentre in quelle dalla 3 alla 6 torque ed in-out sono stati combinati in modo<br />

<strong>di</strong>verso. Tutti i test sono stati eseguiti con il <strong>di</strong>namometro LR30K Plus della Lloyd Instruments. RISULTATI: si è<br />

visto che la frizione aumenta all’aumentare del <strong>di</strong>ametro dell’arco, perchè aumenta la rigi<strong>di</strong>tà 1 . Gli archi in NiTi<br />

generano <strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong> frizione inferiori rispetto agli archi in acciaio. Nonostante la superficie dell’acciaio sia più liscia<br />

<strong>di</strong> quella del NiTi e ci si potrebbe aspettare che gli archi in acciaio frizionino meno <strong>di</strong> quelli in NiTi 2 , evidentemente in<br />

questo tipo <strong>di</strong> prove la rigi<strong>di</strong>tà del materiale è la variabile fisica che più influenza la frizione. La frizione aumenta<br />

all’aumentare <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> slivellamento ed in-out, rimane invariata all’aumentare del torque in presenza <strong>di</strong> archi<br />

roton<strong>di</strong>, aumenta all’aumentare del torque in presenza <strong>di</strong> archi rettangolari. Infine, dal punto <strong>di</strong> vista frizionale, i bracket<br />

Quick si comportano meglio rispetto ai bracket SmartClip. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: la frizione aumenta<br />

passando da archi in NiTi ad archi in acciaio. Migliori risultati si sono registrati con i bracket Quick.<br />

1. Kusy RP: Comparison of nickel-titanium and beta-titanium wire sizes to conventional orthodontic arch wire<br />

materials, Am J Orthod 79:625-629, 1981.<br />

2. Kusy RP, Whitley JQ: Coefficients of friction for arch wires in stainless steel and polycrystalline alumina bracket<br />

slots. I. The dry state, Am J Orthod Dentofacial Orthop. 1990 Oct;98(4):300-12.


VERIFICA DELLA STABILITA’ DENTOSCHELETRICA IN 23 PAZIENTI PROGENICI SOTTOPOSTI AD<br />

INTERVENTO DI CHIRURGIA ORTOGNATICA CON TECNICA OSTEOTOMICA MANDIBOLARE SEC<br />

GOTTE E FISSAZIONE INTERNA RIGIDA<br />

Spinelli M., Bertossi D., Grendene E., Faccioni F., Nocini P. F.<br />

Clinica Odontoiatrica e <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo Facciale, Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi<br />

Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona.<br />

Obiettivo: Lo scopo del seguente stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are la stabilità dento-scheletrica in un campione <strong>di</strong> 23 pazienti<br />

progenici sottoposti ad intervento combinato <strong>di</strong> chirurgia ortognatica, seguendo i pazienti durante il follow-up post<br />

chirurgico-ortodontico <strong>di</strong> 3 anni in me<strong>di</strong>a.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati inclusi nello stu<strong>di</strong>o 23 pazienti affetti da malocclusione severa <strong>di</strong> Classe III senza<br />

asimmetrie sul piano frontale e senza anomalie verticali. L’intervento chirurgico è consistito in tutti i casi in<br />

un’osteotomia sagittale bilaterale all’angolo man<strong>di</strong>bolare secondo Gotte e in un’osteotomia mascellare secondo Le<br />

FortI. Tutti i casi sono stati fissati tramite fissazione interna rigida. Sulle telera<strong>di</strong>ografie in L-L ottenute ai 4 tempi dello<br />

stu<strong>di</strong>o (T1,T2,T3,T4) sono state effettuate misurazioni lineari ed angolari seguendo le linee guida fornite dalla<br />

letteratura per verificare la stabilità dento-scheletrica nel breve e lungo periodo.<br />

Risultati: I dati ottenuti suggeriscono che, seppure in minimi termini, si è verificata una lieve reci<strong>di</strong>va entro i primi sei<br />

mesi dall’intervento sul piano sagittale <strong>dei</strong> punti Pog, Me e B, quantificabili attorno al 18% dello spostamento<br />

chirurgico iniziale. Lo stesso comportamento è stato seguito dai denti dell’arcata man<strong>di</strong>bolare. Sul piano verticale non si<br />

è manifestata alcuna reci<strong>di</strong>va. Il mascellare superiore ha mostrato una buona stabilità a lungo termine, sia sul piano<br />

sagittale che soprattutto su quello verticale, comportamento seguito anche dagli elementi dentali dell’arcata superiore.<br />

Le misurazioni angolari non hanno mostrato nessuna variazione statisticamente significativa.<br />

Discussione e conclusione: In conclusione si può affermare che si è presentata, seppur in minima parte, una reci<strong>di</strong>va<br />

man<strong>di</strong>bolare <strong>di</strong> circa 1,5 millimetri in me<strong>di</strong>a, nonostante l’osservazione <strong>di</strong> rapporti occlusali normali in tutti i pazienti.<br />

Tale reci<strong>di</strong>va tuttavia non ha mai superato il valore <strong>di</strong> 2 millimetri, considerato in letteratura il valore limite al <strong>di</strong> sotto<br />

del quale non sussiste necessità <strong>di</strong> trattamento ortodontico correttivo. I valori <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va inoltre si <strong>di</strong>mostrano essere in<br />

me<strong>di</strong>a inferiori rispetto a quelli occorsi quando viene applicata la tecnica <strong>di</strong> osteosintesi a filo. Interessante inoltre<br />

notare come a livello dentale gli incisivi inferiori hanno subito un impattamento sugli incisivi superiori in seguito della<br />

lieve reci<strong>di</strong>va in senso anteriore, risultando in una linguoversione e <strong>di</strong>minuzione dell’angolo IMPA.


TRATTAMENTO PRECOCE DELLE III CLASSI SCHELETRICHE: GRADO DI COLLABORAZIONE,<br />

RISULTATI E STABILITA’ NEL TEMPO.<br />

Palma T.*,Buschi P., D'Andre R. , Luchetta A. , Sabatucci A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze cliniche Specialistiche Odontostomatologiche<br />

Università politecnica delle Marche , Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia , Corso <strong>di</strong> laurea magistrale in <strong>Odontoiatria</strong> e<br />

protesi dentaria<br />

OBIETTIVI: È riconosciuto ed accettato che la terapia intercettiva precoce nelle forme <strong>di</strong> III classe scheletrica sia<br />

significativamente correlata ad una buona efficacia terapeutica. In particolare le forme mascellari o combinate sono<br />

quelle che meglio rispondono ai trattamenti proposti in quanto principalmente associate a cause ambientali e funzionali.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare i risultati <strong>di</strong> una terapia effettuata in età precoce considerando il<br />

grado <strong>di</strong> collaborazione <strong>dei</strong> piccoli pazienti e la stabilità nel tempo <strong>dei</strong> risultati ottenuti. Ripristinare ortope<strong>di</strong>camente il<br />

corretto sviluppo scheletrico delle ossa mascellari e favorire un corretto rapporto <strong>di</strong> classe in età precoce significa<br />

agevolare uno sviluppo armonico dell’intero <strong>di</strong>stretto cranio-facciale.<br />

MATERIALI E METODI: I 5 bambini da noi trattati avevano un’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 6 anni e presentavano un OverJet<br />

invertito ed un rapporto <strong>di</strong> classe III molare.<br />

Le indagini cefalometriche mostravano un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Witz negativo (me<strong>di</strong>a -3mm) ed una ridotta <strong>di</strong>mensione del piano<br />

bi-spinale (spP-spA) a <strong>di</strong>mostrare una componente mascellare della malocclusione. Il trattamento <strong>di</strong> elezione per tutti ha<br />

previsto l’utilizzo per circa <strong>di</strong>eci mesi della maschera <strong>di</strong> Delaire associata in due casi ad un’espansione rapida del<br />

palato.<br />

RISULTATI: Dopo una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci mesi <strong>di</strong> trattamento è stato recuperato un normale rapporto molare e ristabilito<br />

un corretto OverJet e tutti i piccoli pazienti, nonostante la tenera età e l’effettiva inesteticità del <strong>di</strong>spositivo, sono<br />

risultati collaboranti e precisi nell’orario d’uso della trazione (circa 15 ore/<strong>di</strong>e).<br />

La fase <strong>di</strong> terapia attiva è stata seguita da una <strong>di</strong> contenzione semestrale tramite l’utilizzo <strong>di</strong> una placca <strong>di</strong> Ashler.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Ad un anno in me<strong>di</strong>a dalla sospensione del trattamento i risultati ottenuti sono<br />

decisamente stabili. L’OverJet è rimasto positivo ed i rapporti molari corretti. Cio’ <strong>di</strong>mostra l’importanza, la stabilità e<br />

l’attuabilità <strong>di</strong> una terapia cosi’ precoce nella cura delle classi III scheletriche da deficit man<strong>di</strong>bolare in attesa del<br />

conforto ra<strong>di</strong>ografico a <strong>di</strong>stanza.


CLEARSTEP. ALLINEATORI ORTODONTICI TRASPARENTI.<br />

Yaghoubchi*S. , Ferrantino L. , Gioventù S. , Iazzetti F. , Medoro L. , Periti G. .<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore:<br />

prof. G. Farronato.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è <strong>di</strong> descrivere un nuovo tipo <strong>di</strong> allineatore ortodontico trasparente rimovibile secondo la<br />

meto<strong>di</strong>ca Clearstep.<br />

La motivazione ad utilizzare questa meto<strong>di</strong>ca che rientra nella famiglia <strong>dei</strong> cosi’ detti apparecchi invisibili deriva dalla<br />

necessità <strong>di</strong> rispondere alle esigenze estetiche <strong>dei</strong> pazienti,soprattutto adulti, mimetizzando al massimo i mezzi<br />

necessari per il trattamento ortodontico mantenendo nel contempo l’efficacia.<br />

La produzione è basata sull’utilizzo <strong>di</strong> laser 3D e scanner 3D CT per l’analisi <strong>di</strong> precisione delle arcate dentali ,<br />

realizzando così modelli tri<strong>di</strong>mensionali sui quali viene termo stampato ogni singolo allineatore,guidando lo<br />

spostamento dentale dalla posizione attuale a quella desiderata.<br />

Nella nostra ricerca stiamo trattando con gli allineatori plastici rimovibili 10 pazienti (8 femmine e 2 maschi) che hanno<br />

rifiutato il trattamento ortodontico convenzionale che invece si avvale dell’utilizzo <strong>di</strong> attacchi, bande, fili e legature.<br />

Gli allineatori vengono indossati venti ore al giorno (eccetto pasti e pratiche <strong>di</strong> igiene orale) e vengono sostituiti ogni<br />

quin<strong>di</strong>ci giorni, passando da uno step terapeutico all’altro.<br />

Ogni quattro mesi vengono prese nuove impronte per impostare la sequenza <strong>di</strong> correzione successiva e si procede in<br />

questo modo fino al raggiungimento del risultato programmato.<br />

I risultati ottenuti fino ad oggi sono incoraggianti.


PROBLEMATICHE CORRELATE ALL’ INCLUSIONE DEL CANINO MASCELLARE<br />

De Gregorio F, Grassia V, Sorrentino M, Di Cecilia A*, Napolitano A.<br />

Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia<br />

Direttore: Prof. Letizia Perillo<br />

Obiettivi: valutare la prevalenza delle problematiche correlate all’inclusione del canino mascellare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: tra i pazienti afferenti al Servizio <strong>di</strong> Ortognatodonzia della Seconda Università <strong>di</strong> Napoli, sono stati<br />

selezionati i casi con uno o due canini superiori non erotti e con apice formato. Il campione è risultato costituito da 40<br />

soggetti, 27 femmine e <strong>13</strong> maschi, <strong>di</strong> età compresa tra 12 e 25 anni con un età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 14.5 anni. Sono stati esaminati<br />

l’ortopantomografia e la telera<strong>di</strong>ografia del cranio in proiezione latero-laterale. Sono stati riscontrati 53 canini inclusi,<br />

23 a sinistra, 20 a destra, e 10 bilaterali. Le problematiche indagate sono state: pericoronarite, degenerazione cistica<br />

del sacco follicolare, impattamento con gli elementi dentari contigui, riassorbimento ra<strong>di</strong>colare degli elementi dentari<br />

contigui. La <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> pericoronarite e <strong>di</strong> degenerazione cistica è stata posta in base alle <strong>di</strong>mensioni e alle<br />

caratteristiche della lesione. Nello specifico, il riscontro <strong>di</strong> un’area ra<strong>di</strong>otrasparente > 2 mm con margini netti e<br />

presenza <strong>di</strong> orletto sclerotico ha in<strong>di</strong>cato una degenerazione cistica. Sono stati considerati impattati i denti con ra<strong>di</strong>ce<br />

completamente formata ed apice chiuso, non ancora presenti in arcata superato il fisiologico periodo <strong>di</strong> eruzione; come<br />

riassorbimento è stata valutata la caratteristica lesione a “colpo d’unghia” nell’area delle ra<strong>di</strong>ci contigue al canino<br />

incluso.<br />

Risultati: la prevalenza delle problematiche correlate all’inclusione del canino mascellare è risultata la seguente:<br />

pericoronarite 41%, degenerazione cistica 7.5%, impattamento 5.1%, riassorbimento 46.1% .<br />

Conclusioni: da tale indagine preliminare è emerso che l’inclusione del canino è associata spesso con altre<br />

problematiche e in particolare con riassorbimento e pericoronarite, a conferma <strong>di</strong> quanto già riportato da altri autori.<br />

Questo risultato dovrebbe indurre il clinico ad effettuare controlli più accurati, clinici e ra<strong>di</strong>ografici, e a monitotare con<br />

maggiore attenzione i pazienti con canini inclusi. Il ricorso alla terapia intercettiva, quando possibile, può risultare utile<br />

per evitare l’insorgenza <strong>di</strong> tali problematiche.


IL (CPI) E LA VALUTAZIONE OCCLUSALE COMPUTERIZZATA NELLO STUDIO DELLE PATOLOGIE<br />

INTRACAPSULARI DELL’ ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE.<br />

Quinzi V., Alonzi S., Natali A., Iancu Potrubacz M., Di Palma E.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze chirurgiche – Università degli stu<strong>di</strong> dell’Aquila – Insegnamento <strong>di</strong> Ortodonzia : Prof. C.<br />

Cimenti<br />

Obiettivo: Negli ultimi anni è stata posta grande attenzione alla prevenzione ed alla <strong>di</strong>agnosi precoce delle con<strong>di</strong>zioni<br />

pre<strong>di</strong>sponenti l’insorgenza delle <strong>di</strong>scopatie da incoor<strong>di</strong>namento <strong>di</strong>namico con<strong>di</strong>lo meniscale dell’ATM (TMD).<br />

Quest’ultime, dette anche patologie intracapsulari dell’ATM, sono svariate ed hanno un eziopatogenesi multi fattoriale,<br />

la cui <strong>di</strong>agnosi è spesso <strong>di</strong>fficile e comporta l’esecuzione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> test clinici e ra<strong>di</strong>ografici non sempre <strong>di</strong> facile<br />

esecuzione. Nel presente stu<strong>di</strong>o gli autori presentano due tipi <strong>di</strong> valutazione clinica che aiutano nella comprensione<br />

della loro eziopatogenesi: Il CPI ed i T-Scan II. Materiali e Meto<strong>di</strong>: 15 pazienti affetti da TMD (mean age 24,5) e 10<br />

soggetti sani (gruppo controllo mean age 25,4) sono stati valutati con il CPI ed il T-Scan. Lo stu<strong>di</strong>o della posizione <strong>dei</strong><br />

con<strong>di</strong>li in massima intercuspidazione (MI) ed in relazione centrica (CR) è stata valutata sul CPI. Ad ogni paziente è<br />

stata rilevato il calco dell’ impronta, successivamente colato in gesso e montato in articolatore, e, utilizzando la<br />

meto<strong>di</strong>ca descritta da Roth, è stata rilevata la posizione <strong>dei</strong> con<strong>di</strong>li in MI ed in CR. Successivamente è stata effettuata la<br />

registrazione <strong>dei</strong> contatti occlusali e della <strong>di</strong>stribuzione delle forze occlusali con il T-Scan II. Ogni paziente ha<br />

compilato un questionario anamnestico ed è stato sottoposto a visita clinica per la valutazione del rumore articolare nei<br />

movimenti <strong>di</strong>namici <strong>di</strong> apertura e chiusura e la valutazione del dolore muscolare. Risultati: 8 pazienti affetti da TMD<br />

hanno evidenziato una <strong>di</strong>strazione verticale del con<strong>di</strong>lo <strong>di</strong> 3,41 mm (i.e. mean value; SD 0,79; SEM 0,29) rispetto ai<br />

soggetti sani. La registrazione occlusale con il T-Scan ha evidenziato che il baricentro occlusale era spostato nella<br />

porzione posteriore, dell’ area in<strong>di</strong>cata come fisioloigica presente sul <strong>di</strong>splay, e che questo era dovuto al contatto<br />

precoce ed intenso presente per tutta la registrazione sui 7°. 7 pazienti affetti da TMD presentavano al CPI una <strong>di</strong>versa<br />

posizione sagittale <strong>dei</strong> con<strong>di</strong>li in MI <strong>di</strong> 3,5 mm (mean value; SD 0,76; SEM 0,31) rispetto al gruppo controllo. Il T-scan<br />

evidenziava che le forze generate dal contatto occlusale in MI era <strong>di</strong>fferente con una elevata percentuale <strong>di</strong> forza sul lato<br />

affetto con una <strong>di</strong>fferenza tra i due lati maggiore al 5%. Il terzo gruppo ha mostrato alterazioni sui piani: trasversale<br />

1,66 mm (i.e. mean value), verticale 2,2 mm (i.e. mean value) e sagittale 3,1 mm (i.e. mean value). Questi pazienti, alla<br />

registrazione con il T-Scan, presentavano: il baricentro delle forze, la concentrazione % delle forze ed i contatti<br />

occlusali prevalenti dal alto affetto rispetto al gruppo controllo. In ultimo i soggetti sani, alla registrazione T-Scan,<br />

hanno mostrato una più lunga intensità <strong>di</strong> chiusura (IC) in MI rispetto ai soggetti non sani ( IC sani 6,203 sec.; IC non<br />

sani 3,68 sec.). Conclusioni: La finalità del trattamento gnatologico e ortodontico è data dalla ricerca della stabilità<br />

occlusale con i con<strong>di</strong>li in relazione centrica. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tale posizione può essere causa <strong>di</strong> patologie o <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>ve a<br />

fine trattamento. Grazie al T-Scan che valuta in manera <strong>di</strong>namica e neuro funzionale l’ occlusione ed al CPI che registra<br />

la posizione <strong>dei</strong> con<strong>di</strong>li si può ridurre il rischio d’ insuccesso.


USO DELL ‘ELETTROMIOGRAFIA DI SUPERFICIE NELLA RECIDIVA DI CROSS-BITE<br />

MONOLATERALE<br />

Fontana P, Leo M,<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia<br />

Direttore: Prof.ssa Ersilia Barbato<br />

Il cross-bite monolaterale è una malocclusione frequente che deve essere intercettata precocemente per evitare<br />

l’instaurarsi <strong>di</strong> una laterodeviazione man<strong>di</strong>bolare che può stabilizzarsi in laterognazia, con <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> sviluppo facciale<br />

e alterazione delle funzioni muscolo-articolari che possono riflettersi anche ai muscoli cervicali posteriori e al trapezio<br />

superiore. La correzione del cross-bite può reci<strong>di</strong>vare anche se condotta secondo le linee guida vigenti. L’emg <strong>di</strong><br />

superficie consente <strong>di</strong> indagare l’attività muscolare in muscoli in attività e a riposo e può consentire <strong>di</strong> valutare lo stato<br />

del muscolo prima e dopo un intervento <strong>di</strong> correzione ortodontica, con coinvolgimento posturale e funzionale. Obiettivi:<br />

Lo scopo del presente lavoro è <strong>di</strong> valutare se l’attività elettrica <strong>dei</strong> muscoli trapezio superiore e cervicali posteriori è<br />

influenzata dalla presenza <strong>di</strong> cross-bite monolaterale. Si valuta e confronta l’attività, a riposo e in massimo serramento<br />

volontario, del muscolo trapezio superiore e <strong>dei</strong> cervicali posteriori in presenza <strong>di</strong> malocclusione, alla sua risoluzione e<br />

alla eventuale reci<strong>di</strong>va della stessa. Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati analizzati 30 pazienti trattati con quad-helix per<br />

correzione <strong>di</strong> cross-bite monolaterale (età 7-9 aa; me<strong>di</strong>a 8,1 aa; 17 F e <strong>13</strong> M) per un periodo <strong>di</strong> 24 mesi. Nessun<br />

paziente presentava problematiche note <strong>di</strong> scoliosi, deviazioni man<strong>di</strong>bolari consolidate o patologia atm. E’stata<br />

effettuata una telera<strong>di</strong>ografia latero-laterale estesa a tutta la porzione cervicale per evidenziare anomalie posturali,<br />

in<strong>di</strong>pendenti dal posizionamento nel cefalostato. E’ stata realizzata una valutazione EMGs sui muscoli cervicali<br />

posteriori e il trapezio superiore a riposo e in massimo serramento volontario. La EMGs è stata ripetuta a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 3<br />

mesi dal termine del trattamento <strong>di</strong> correzione del cross. In me<strong>di</strong>a, il trattamento ha richiesto 8 mesi <strong>di</strong> cura. Infine, tutti<br />

i pazienti sono stati richiamati per controlli perio<strong>di</strong>ci ogni 4 mesi. In presenza <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va della malocclusione, con<br />

inversione dell’articolato anche a carico <strong>di</strong> un solo elemento, è stata condotta una terza EMGs. Risultati: La valutazione<br />

EMGs post trattamento del trapezio superiore e <strong>dei</strong> muscoli cervicali posteriori mostra la riduzione della iperattivazione<br />

in tutti i pazienti a riposo e in massimo serramento. Al 1° controllo quadrimestrale (15 mesi dall’inizio) si era verificata<br />

1 reci<strong>di</strong>va. Al 2° controllo (19 mesi dall’inzio) sono state rilevate 3 reci<strong>di</strong>ve. Le indagini EMGs condotte su questi<br />

pazienti hanno rivelato un’attività muscolare sovrapponibile a quella imme<strong>di</strong>atamente post correzione a riposo, alterata<br />

in massimo serramento. Tali pazienti non presentavano sintomatologia algico-<strong>di</strong>sfunzionale. Conclusioni: I risultati<br />

ottenuti in presenza <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va <strong>di</strong> malocclusione possono essere dovuti all’esiguo campione, ma anche alla possibile<br />

riorganizzazione fisiologica della attività muscolare in soggetti in grado <strong>di</strong> compensare funzionalmente <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni<br />

strutturali.


STUDIO SU OPT DELL’ANATOMIA CONDILARE NEI CROSS-BITES MONOLATERALI.<br />

Poli F, Mantero A, Menini A, Oniboni E, Silvestrini Biavati A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genova, DI.S.T.BI.M.O., Corso Laurea Specialistica <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria,<br />

Insegn. <strong>di</strong> Ortognatodonzia e Gnatologia, Titolare: Prof. A. Silvestrini Biavati<br />

OBIETTIVI: Valutare la forma e la simmetria (soprattutto in senso verticale) <strong>dei</strong> due con<strong>di</strong>li nei cross-bites<br />

monolaterali, mettendola in relazione con il lato del morso incrociato. Stabilire se l’OPT può essere utile per questa<br />

valutazione pre- e post-terapia, pur non essendo la ra<strong>di</strong>ografia <strong>di</strong> elezione nella <strong>di</strong>agnosi delle asimmetrie scheletriche.<br />

MATERIALI E METODI: In un primo screening, sono stati selezionati n^ 42 pazienti, in cura presso il Servizio <strong>di</strong><br />

Ortognatodonzia del DI.S.T.BI.M.O.-Università <strong>di</strong> Genova, portatori <strong>di</strong> cross-bite monolaterale. Per ogni paziente, era<br />

stato effettuato il check-up iniziale (OPT, teleRx in latero-laterale, tracciato cefalometrico sec. Jarabak, modelli in<br />

gesso). Fra questi, sono stati scelti N^19 pazienti (età 5,11-15,4 anni), l’OPT <strong>dei</strong> quali non presentasse <strong>di</strong>storsioni (quale<br />

riferimento è stata controllata la misura mesio<strong>di</strong>stale delle corone <strong>dei</strong> 1^ molari permanenti inferiori, che dovevano<br />

risultare uguali bilateralmente). Per ognuno <strong>di</strong> essi è stato eseguito un tracciato su carta millimetrata, eseguito<br />

tracciando una linea me<strong>di</strong>ana verticale (LM), i segmenti orizzontali, X1, X2, Xn perpen<strong>di</strong>colari a LM e <strong>di</strong>stanti tra loro<br />

cm 1 partendo dal punto più basso del ramo man<strong>di</strong>bolare, e le rette <strong>di</strong>agonali Co-Me. E’ stato creato per ogni pz. uno<br />

schema riassuntivo, che riportava misurazioni, lato del cross-bite, età, tipologia scheletrica. Quale gruppo <strong>di</strong> controllo,<br />

sono stati selezionati N^ 12 pz, che non presentavano cross-bites né evidenti asimmetrie. RISULTATI: nel gruppo con<br />

cross-bite, l’asimmetria con<strong>di</strong>lare verticale varia da 0,1 a 0,9 cm (val. me<strong>di</strong>o 0,5), mentre nel gruppo <strong>di</strong> controllo<br />

l’asimmetria varia tra 0,2 e 0,6 (val me<strong>di</strong>o 0,35). Il 74% <strong>dei</strong> portatori <strong>di</strong> cross-bite presenta il con<strong>di</strong>lo controlaterale più<br />

lungo. DISCUSSIONE: L’alta percentuale <strong>di</strong> pz. che hanno sviluppato un con<strong>di</strong>lo più lungo controlateralmente al<br />

morso incrociato è da mettersi in relazione ad uno scivolamento man<strong>di</strong>bolare indotto dal contatto fra le arcate (con<br />

fulcro in zona canina), che porta avanti il con<strong>di</strong>lo opposto, mentre l’altro con<strong>di</strong>lo ruota o si porta in <strong>di</strong>etro. Dal lato ove<br />

il con<strong>di</strong>lo viene avanti, si instaura un meccanismo <strong>di</strong> attivazione della crescita con<strong>di</strong>lare, che porta allo sviluppo<br />

verticale <strong>di</strong> un con<strong>di</strong>lo più lungo e spesso <strong>di</strong>versamente conformato rispetto al controlaterale. Questa situazione non<br />

avviene in tutti i casi, verosimilmente perché questo scivolamento non si verifica sempre con le stesse modalità, ma<br />

varia in base all’entità della <strong>di</strong>screpanza trasversale, alla conformazione della articolazione temporoman<strong>di</strong>bolare (e<br />

quin<strong>di</strong> all’età, essendo l’ATM in formazione fino alla pubertà) ed alla componente muscolare relativa alla tipologia<br />

scheletrica. CONCLUSIONI: L’OPT si è rivelata utile come prima valutazione <strong>di</strong> asimmetrie con<strong>di</strong>lari e man<strong>di</strong>bolari,<br />

dopo una attenta valutazione delle possibili <strong>di</strong>storsioni legate al movimento del pz. Si sottolinea l’importanza del<br />

trattamento precoce <strong>dei</strong> morsi incrociati monolaterali, proprio nell’ottica <strong>di</strong> evitare e/o limitare lo sviluppo <strong>di</strong><br />

asimmetrie scheletriche con<strong>di</strong>lari e/o man<strong>di</strong>bolari


CONFRONTO DELLA PREVALENZA DEI CICLI INVERSI TRA CROSSBITE MONOLATERALE<br />

ANTERIORE E MONOLATERALE POSTERIORE<br />

Piancino M.G., Sabbagh F., Di Nola M., Cohen N., Altieri E., De Lama P., Debernar<strong>di</strong> C., Bracco P.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che e Oncologia umana<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia e Gnatologia (funzione masticatoria)<br />

Direttore: Prof. P. Bracco<br />

OBIETTIVI<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è <strong>di</strong> valutare la prevalenza <strong>di</strong> cicli masticatori con <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> chiusura inversa in bambini<br />

con morso incrociato monolaterale anteriore e in bambini con morso incrociato monolaterale posteriore.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Sono stati selezionati 12 bambini (età, 9.91 +/-2.49 aa) con morso incrociato monolaterale anteriore e 12 bambini (età,<br />

9,84 +/-2.44 aa) con morso incrociato monolaterale posteriore, a cui è stato chiesto <strong>di</strong> masticare un chewing gum (bolo<br />

molle) e una caramella gommosa (bolo duro). I dati sono stati registrati con il kinesiografo K6-I Myotronics.<br />

Successivamente, è stata fatta l’analisi delle masticazioni con un software ad hoc (Università <strong>di</strong> Torino). L’analisi<br />

statistica (Mann-Whitney test) è stata eseguita al fine <strong>di</strong> comparare la percentuale <strong>di</strong> cicli masticatori inversi rilevati nei<br />

bambini con morso incrociato monolaterale anteriore e nei bambini con morso incrociato monolaterale posteriore sul<br />

lato patologico e su quello sano.<br />

RISULTATI<br />

La percentuale <strong>di</strong> cicli masticatori con <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> chiusura inversa sul lato patologico è più alta nei bambini con morso<br />

incrociato monolaterale posteriore rispetto ai bambini con morso incrociato monolaterale anteriore durante la<br />

masticazione sia <strong>di</strong> un bolo molle (P


UN ORIGINALE DISPOSITIVO FISSO INTRAORALE NON COMPLIANCE PER IL TRATTAMENTO<br />

DELLE MALOCCLUSIONI DI CLASSE III IN ETA’PEDIATRICA<br />

Favero L, Winkler A, Mazzoleni S, Stellini E.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co Chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Gnatologia Clinica.<br />

Introduzione e scopo del lavoro. Il trattamento delle malocclusioni <strong>di</strong> classe III a prevalente sede mascellare in età<br />

pe<strong>di</strong>atrica si avvale dell’impiego <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi fissi per la risoluzione della <strong>di</strong>screpanza trasversale, se presente, mentre<br />

sul piano sagittale ad oggi il <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> prima scelta è la trazione extra orale inversa secondo Delaire.<br />

L’implantologia per ancoraggio ortodontico si è molto <strong>di</strong>ffusa negli ultimi anni ed il suo impiego nel paziente pe<strong>di</strong>atrico<br />

è consentito, fatte salve alcune limitazioni e cautele. Scopo del presente lavoro è <strong>di</strong> proporre un innovativo <strong>di</strong>spositivo<br />

intraorale, monomascellare e fisso, ancorato su microimpianti palatini, che non richiede la collaborazione del paziente<br />

ed evita un impatto pesante sull’estetica e la vita <strong>di</strong> relazione del paziente durante il trattamento. Materiali e meto<strong>di</strong>.<br />

Dopo un’accurata fase <strong>di</strong> sperimentazione biomeccanica in vitro, eseguita su simulatori analizzati con tecnica analogica<br />

e <strong>di</strong>gitale 3D, già oggetto <strong>di</strong> comunicazione a congresso internazionale, è stato selezionato un caso <strong>di</strong> malocclusione <strong>di</strong><br />

classe III in dentizione mista, che si è valutato, dopo analisi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o ed esame clinico e psicologico comportamentale<br />

del paziente, necessitare <strong>di</strong> terapia ortodontica con trazione postero – anteriore e contemporaneamente non offrire<br />

adeguate garanzie <strong>di</strong> collaborazione per l’impiego <strong>di</strong> maschera <strong>di</strong> Delaire. È stato allestito un <strong>di</strong>spositivo ad ancoraggio<br />

palatino misto su microimpianti e mucosa, <strong>di</strong> tipo Pendulum inverso, con componente attiva costituita da due molle in<br />

lega TMA che applicano una forza <strong>di</strong> entità adeguata ad una struttura fissa tipo ferula <strong>di</strong> solidarizzazione degli elementi<br />

dentari dell’intera arcata superiore. Un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> sicurezza per evitare conseguenze <strong>di</strong> un accidentale evento<br />

avverso <strong>di</strong> decementazione dell’apparecchio è stato inoltre previsto nella parte anteriore dello stesso. Risultati. Dopo un<br />

tempo <strong>di</strong> trattamento <strong>di</strong> 6mesi il morso crociato anteriore è stato risolto, con ripristino <strong>di</strong> una più corretta relazione<br />

incisiva e miglioramento della <strong>di</strong>screpanza sagittale dento – alveolare, nel riscontro clinico così come cefalometrico<br />

telera<strong>di</strong>ografico. Discussione. L’impiego <strong>dei</strong> microimpianti per l’ancoraggio palatale <strong>di</strong> una placca acrilica tipo Nance<br />

ha consentito l’applicazione <strong>di</strong> una forza ingente <strong>di</strong> protrazione mascellare senza ausiliari rimovibili intra ed extra orali,<br />

ottenendo un effetto Delaire – simile in tempi ridotti e ricevendo dalle stesse strutture scheletriche mascellari non<br />

oggetto <strong>di</strong> movimento l’ancoraggio necessario. I riscontri telera<strong>di</strong>ografici confermano le evidenze cliniche.<br />

Conclusioni. Il <strong>di</strong>spositivo descritto ha consentito il trattamento <strong>di</strong> una malocclusione <strong>di</strong> classe III in età pe<strong>di</strong>atrica in<br />

modo estetico, prescindendo dalla attiva collaborazione del paziente stesso.


AGENESIA DEGLI INCISIVI LATERALI SUPERIORI: ALTERNATIVE TERAPEUTICHE FRA GIUDIZIO<br />

ESTETICO DEL PAZIENTE ED EVIDENZA SCIENTIFICA.<br />

Favero L, Celato F, Stellini E.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co Chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Gnatologia Clinica.<br />

Introduzione e scopo del lavoro. Scopo del presente lavoro è <strong>di</strong> descrivere tre <strong>di</strong>fferenti alternative terapeutiche per il<br />

trattamento dell’agenesia degli incisivi laterali superiori e <strong>di</strong> analizzare le basi e le evidenze scientifiche <strong>di</strong> questi<br />

approcci terapeutici presenti in letteratura, con il giu<strong>di</strong>zio estetico soggettivo del paziente, ultimo fruitore del<br />

trattamento stesso. Le alternative terapeutiche prese in considerazione sono state: la chiusura ortodontica degli spazi;<br />

l’apertura ortodontica degli spazi con riabilitazione protesica degli elementi agenesici con ponti ad incollaggio<br />

(Maryland Bridge); l’apertura ortodontica degli spazi con riabilitazione protesica degli elementi agenesici con corone<br />

singole cementate su impianti osteointegrati.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. È stata eseguita una revisione della letteratura specialistica internazionale degli anni 1950 – 2007,<br />

utilizzando le parole chiave: “space opening in hypodontia”; “space closure in hypodontia”. È stata inoltre analizzata<br />

una casistica clinica <strong>di</strong> 12 casi, <strong>dei</strong> quali: 4 hanno previsto chiusura degli spazi per agenesia bilaterale; 4 apertura degli<br />

spazi con riabilitazione con ponti ad incollaggio; 4 hanno invece previsto l’inserimento <strong>di</strong> impianti ad osteointegrazione<br />

con allestimento <strong>di</strong> corone in metallo ceramica.<br />

Risultati. L’analisi della letteratura ha portato alla definizione <strong>di</strong> parametri <strong>di</strong>agnostici per l’in<strong>di</strong>rizzo del clinico fra le<br />

<strong>di</strong>verse alternative terapeutiche, come pure alla definizione <strong>di</strong> criteri e parametri <strong>di</strong> successo estetico e ancor più<br />

funzionale delle riabilitazioni protesiche, anche a <strong>di</strong>stanza. I risultati estetici del trattamento <strong>dei</strong> casi clinici è stato<br />

valutato me<strong>di</strong>ante questionario.<br />

Discussione. La chiusura degli spazi è risultata in<strong>di</strong>cata in soggetti con rapporti scheletrici tendenti alla classe II, con<br />

relazioni verticali iper<strong>di</strong>vergenti e rapporti trasversali nella norma, meglio se con <strong>di</strong>screpanza dento alveolare.<br />

L’apertura degli spazi è invece risultata in<strong>di</strong>cata in casi con rapporti scheletrici tendenti alla classe III, ipo<strong>di</strong>vergenti,<br />

rapporti trasversali <strong>di</strong>minuiti, meglio se senza <strong>di</strong>screpanza dento alveolare. I parametri estetici obiettivi e i giu<strong>di</strong>zi <strong>dei</strong><br />

pazienti, come pure la sopravvivenza nel tempo <strong>dei</strong> manufatti protesici sono stati riportati in una tabella sinottica.<br />

Conclusioni. La chiusura degli spazi agenesici degli incisivi superiori è la terapia <strong>di</strong> prima scelta quando i parametri<br />

scheletrici, occlusali e dentali siano appropriati e lo consentano. L’alternativa è l’apertura degli spazi. Tuttavia devono<br />

essere poste delle riserve sul costo biologico e sui risultati estetici a lungo termine delle riabilitazioni impianto<br />

supportate nel settore incisivo superiore, anche per la spesso <strong>di</strong>fficile gestione <strong>dei</strong> tessuti parodontali..


IL D-GAINER UTILIZZATO PER ESPANDERE LE ARCATE IN DENTIZIONE MISTA<br />

P.Rasicci – R.Rasicci – D.Ciavarella – M.Lucci – V.Parziale<br />

Università <strong>di</strong> l’Aquila- Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche- Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia,<br />

titolare:Prof.C.Chimenti<br />

Il D-Gainer space è un apparecchio tipo utility,che viene teso tra il primo molare ed i quattro incisivi laterali<br />

,ottenendo,in tal modo, l’estensione dell’arcata sia in senso sagittale che trasversale. Nella fase iniziale , gli attacchi a<br />

bassa frizione della sistematica Damon vengono collegati tra loro me<strong>di</strong>ante filo 014 CuNiti e coil spring in titanio<br />

inserito tra molare e incisivi laterali con 2 mm <strong>di</strong> sviluppo anteriore della molla.<br />

Decorse otto settimane, il filo 014 CuNiti viene sostituito con un filo 0,16 CuNiti o,in alternativa,con un filo<br />

0,14x0,25 CuNiti, fino al raggiungimento dell’allineamento degli incisivi.<br />

Decorse ulteriori otto settimane, si procede all’applicazione <strong>di</strong> un filo 017x0,25 CuNiti.<br />

Nella quarta fase, si prosegue con l’applicazione <strong>di</strong> un filo 017x025 TMA continuando sempre ad utilizzare coil<br />

spring in titanio nei settori laterali piu’ lunghi <strong>di</strong> un bracket.<br />

E’ possibile capovolgere i bracket sui laterali ,nell’ipotesi in cui si pre<strong>di</strong>liga l’espansione trasversale a quella sagittale.<br />

Ogni otto settimane, si rende necessario serrare gli stop dell’arco, uno mesiale ed uno <strong>di</strong>stale al<br />

dente piu’ anteriore e mentre ogni quattro settimane occorre attivare le molle <strong>di</strong> 1mm per lato .<br />

La <strong>di</strong>stalizzazione molare viene favorita dall’utilizzo del bite turbo al fine <strong>di</strong> <strong>di</strong>sarticolare l’occlusione.<br />

L’apparecchiatura sopra descritta è stata utilizzata presso il reparto <strong>di</strong> ortodonzia dell’Università <strong>di</strong> L’Aquila in 25 casi.<br />

I risultati ottenuti hanno <strong>di</strong>mostrato un incremento trasversale e sagittale <strong>di</strong> entrambe le arcate, la creazione <strong>di</strong> spazio<br />

per consentire l’eruzione spontanea <strong>dei</strong> denti nonché l’allineamento degli incisivi.<br />

In conclusione, il D-Gainer Space,può ,essere considerato un valido apparecchio per consentire l’allineamento degli<br />

incisivi e con “effetto Frankel” favorire l’allineamento <strong>dei</strong> denti in caso <strong>di</strong> deficit dello spazio nei pazienti in crescita.


DISCREPANZE SCHELETRICHE VERTICALI: ANALISI COMPUTERIZZATA IN RAPPORTO ALLE<br />

DIMENSIONI SAGITTALI<br />

Passaler G., Assandri F., Toma L., Viganò V., Della Moretta D.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano , Dipartimento <strong>di</strong> Ortognatodonzia<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del nostro lavoro è la valutazione della relazione funzionale tra i vettori <strong>di</strong>mensionali sagittali e<br />

verticali nelle <strong>di</strong>sgnazie.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati eseguiti 103 tracciati cefalometrici <strong>di</strong> pazienti (60 femmine e 43 maschi <strong>di</strong> età<br />

compresa tra 7 e 42 anni) in terapia presso il nostro reparto <strong>di</strong> ortognatodonzia, in<strong>di</strong>viduando la relazione funzionale tra<br />

due variabili cefalometriche: l’angolo ANB e la <strong>di</strong>mensione verticale totale N-Me. L’algoritmo da noi messo a punto è<br />

capace <strong>di</strong> correlare le <strong>di</strong>screpanze verticali ai valori <strong>di</strong> ANB mettendo in luce il valore sagittale reale che si avrebbe<br />

normalizzando la verticalità. L’algoritmo è stato integrato in un foglio <strong>di</strong> calcolo elettronico Excel 2000© <strong>di</strong> Microsoft<br />

per rendere più semplice l’analisi <strong>dei</strong> dati.<br />

A conferma della vali<strong>di</strong>ta’ della funzione da noi messa a punto, sono stati confrontati valori teorici <strong>di</strong> ANB calcolati con<br />

l’algoritmo e valori reali <strong>di</strong> ANB misurati sulle telera<strong>di</strong>ografie.<br />

DISCUSSIONE: Utilizzando l’Algoritmo Matematico è stato possibile correlare misure cefalometriche, sagittali e<br />

verticali, in uno stesso soggetto e prevedere la variazione <strong>di</strong> uno o più parametri in funzione <strong>di</strong> altri.<br />

RISULTATI: I grafici <strong>di</strong> correlazione, ottenuti confrontando i dati cefalometrici, evidenziano che le variabili ANB<br />

sono simili, con coefficiente <strong>di</strong> Pearson pari a 0,99.<br />

In pratica il programma da noi messo a punto è in grado <strong>di</strong> fornire una previsione precisa delle variazioni del valore <strong>di</strong><br />

ANB in funzione della variazione <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> N-Me. In tal modo il programma puo’ essere un ausilio importante per<br />

la <strong>di</strong>agnosi ortognatodontica .


VALUTAZIONE DELLA POSIZIONE DELL’INCISIVO SUPERIORE PRIMA DEL TRATTAMENTO<br />

ORTODONTICO<br />

Gubbini L., Rasicci P., Od<strong>di</strong> R., Libertone E., Parziale V.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila - Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche – Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia : Prof. C.<br />

Cimenti<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> presentare, attraverso <strong>dei</strong> casi clinici, le varie meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sinclusione Ortodontica e Ortodontico-chirurgica <strong>dei</strong> canini inclusi per poterne valutare l’efficacia da un punto <strong>di</strong><br />

vista biomeccanico.<br />

MATERIALI E METODI: Per l’analisi delle <strong>di</strong>verse meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinclusione e’ stato utilizzato un campione <strong>di</strong> 4<br />

pazienti, <strong>di</strong> età compresa tra gli 11 e i 18 anni, trattati presso il Reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia dell’Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> L’Aquila. Per ogni paziente è stato effettuato un Check-Up Ortognatodontico, condotto attraverso esami clinici,<br />

strumentali e ra<strong>di</strong>ografici. Tutti i pazienti sono stati sottoposti successivamente a trattamento ortodontico fisso con<br />

meto<strong>di</strong>ca Straight Wire. Una volta ottenuto lo spazio necessario e pre<strong>di</strong>sposto il sistema <strong>di</strong> ancoraggio per la<br />

<strong>di</strong>sinclusione, si è proceduto all’intervento chirurgico e al recupero dell’elemento incluso, effettuato con tecniche<br />

<strong>di</strong>verse a seconda <strong>dei</strong> casi. I soggetti sono stati monitorati mensilmente durante tutto il trattamento.<br />

RISULTATI: In tutti i casi riportati è stato possibile recuperare gli elementi inclusi e ripristinare quin<strong>di</strong> la formula<br />

dentaria, l’estetica e la funzione delle arcate dentarie trattate.<br />

CONCLUSIONI: Tutte le meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinclusione prese in esame, se utilizzate nei tempi e nei casi opportuni e con i<br />

giusti principi biomeccanici, possono essere considerate efficaci per poter ottenere risultati ortodontici e funzionali<br />

ottimali.


DISINCLUSIONE DEL SECONDO MOLARE INFERIORE CON MICROVITE NEL RAMO<br />

MANDIBOLARE.<br />

Esercizio D*, Monsurrò A, Parlato D, Ferro F, Perillo L.<br />

Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli, Scuola <strong>di</strong> Specializzzazione in Ortognatodonzia<br />

Direttore: Prof. Letizia Perillo<br />

Obiettivi: l’inclusione parziale o totale del secondo molare inferiore si verifica nel 2-3% <strong>dei</strong> pazienti ortodontici. Le<br />

cause possono essere: ridotta lunghezza <strong>di</strong> arcata, per<strong>di</strong>ta o estrazione precoce del primo molare, prematura eruzione del<br />

terzo molare, anomala <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> eruzione del secondo molare, recupero <strong>di</strong> spazio in dentizione mista. L’inclusione<br />

del secondo molare può causare carie, riassorbimenti ra<strong>di</strong>colari al primo molare, problemi parodontali al primo e<br />

secondo molare. Il trattamento può essere <strong>di</strong> tipo estrattivo, <strong>di</strong> tipo chirurgico o <strong>di</strong> recupero tramite eruzione guidata<br />

ortodonticamente. Il recupero ortodontico può essere particolarmente indaginoso nei casi <strong>di</strong> inclusione profonda.<br />

L’inserimento <strong>di</strong> microviti in siti particolari, poco consueti ma affidabili, può, in questi casi, risultare utile ed efficace.<br />

L’obiettivo del seguente lavoro è stato quello <strong>di</strong> illustrare il recupero <strong>di</strong> un secondo molare inferiore in inclusione<br />

profonda con l’inserimento <strong>di</strong> una microvite nella branca montante della man<strong>di</strong>bola.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: una paziente <strong>di</strong> <strong>13</strong> anni presentava il 47 in inclusione profonda e con rapporti <strong>di</strong> contiguità con le<br />

ra<strong>di</strong>ci del primo molare, il 37 in inclusione più superficiale, e le gemme <strong>di</strong> 38 e 48. La scelta terapeutica è stata quella<br />

<strong>di</strong> procedere alla germectomia degli ottavi e <strong>di</strong> recuperare tramite eruzione guidata ortodonticamente i settimi. Per il<br />

recupero del 47 sono stati utilizzati: una microvite <strong>di</strong> 12 mm <strong>di</strong> lunghezza per 1,8 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro inserita lungo il<br />

margine anteriore della branca montante in corrispondenza del terzo inferiore, previa anestesia locale ed invito con<br />

fresa pilota, un bottone in oro solidarizzato ad una catenella e incollato con composito foto polimerizzabile sulla<br />

superficie <strong>di</strong>stale del 47, e una trazione <strong>di</strong> tipo elastico che collegava la microvite al bottone. Sono stati eseguiti<br />

controlli ra<strong>di</strong>ografici per verificare che la <strong>di</strong>sinclusione non provocasse danni a carico delle ra<strong>di</strong>ci del 46. La<br />

<strong>di</strong>sinclusione del 47 è stata poi completata applicando un cantilever in TMA 16 x 22. Quest’ultima procedura è stata<br />

utilizzata anche per <strong>di</strong>sincludere il 37, che si presentava in inclusione più superficiale.<br />

Risultati: la scelta <strong>di</strong> utilizzare un ancoraggio scheletrico in posizione <strong>di</strong>sto-occlusale rispetto al centro <strong>di</strong> resistenza del<br />

molare inclinato mesialmente ha consentito <strong>di</strong> applicare la corretta biomeccanica per correggere , in circa 8 mesi, la<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> eruzione del 47 e favorire la sua <strong>di</strong>sinclusione.<br />

Conclusioni: l’inserimento <strong>di</strong> microviti in siti particolari, poco consueti ma affidabili, per qualità <strong>di</strong> osso, quali la<br />

branca montante della man<strong>di</strong>bola, può risultare utile ed efficace per il recupero <strong>di</strong> un molare mesioinclinato ed in<br />

inclusione profonda, in quanto consente <strong>di</strong> applicare una corretta biomeccanica senza utilizzare l’ancoraggio dentale, se<br />

non nella fase finale <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinclusione.


LA DISTRAZIONE OSSEA NEL TRATTAMENTO DI DEFICIT TRASVERSALI DI MASCELLA E<br />

MANDIBOLA MEDIANTE DISPOSITIVI ANCORATI ALL’OSSO : CASE REPORT<br />

Fusetti S, Stomaci D, Ferronato G, Miotti F.A.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia e Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia<br />

Maxillo-facciale – Università <strong>di</strong> Padova<br />

La tecnica <strong>di</strong> <strong>di</strong>strazione osteogenica (DO) consiste nella formazione <strong>di</strong> nuovo osso tra 2 segmenti ossei che vengono<br />

gradualmente allontanati me<strong>di</strong>ante <strong>dei</strong> <strong>di</strong>spositivi ortope<strong>di</strong>ci.<br />

Incrementi significativi <strong>di</strong> osso neoformato sono stati riportati per la DO <strong>di</strong> ossa lunghe, in quanto questa tecnica è<br />

particolarmente in<strong>di</strong>cata per l’allungamento degli arti e il riempimento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti osse.<br />

Tuttavia, la <strong>di</strong>strazione osteogenica presenta un grande potenziale per la correzione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti trasversi della man<strong>di</strong>bola<br />

come hanno <strong>di</strong>mostrato Guerrero et al. nel 1997, usando sia apparecchiature per l’espansione ancorate ai denti che<br />

all’osso e fornendo una valida alternativa alla chirurgia ortognatica nel trattamento <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti trasversali.<br />

Il deficit della <strong>di</strong>mensione trasversale del mascellare superiore e della man<strong>di</strong>bola e l’affollamento <strong>dei</strong> settori anteriori<br />

sono i fra i problemi più comuni a cui gli ortodontisti devono far fronte.<br />

Nell’arcata superiore l’espansione rapida del palato, e l’espansione chirurgicamente assistita, sono considerate valide<br />

opzioni per aumentare lo spazio <strong>di</strong>sponibile. Al contrario, l’utilizzo <strong>di</strong> tecniche per incrementare il perimetro dell’arcata<br />

man<strong>di</strong>bolare è limitato, a causa delle note restrizioni anatomiche e dell’alto rischio <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va.<br />

L’obbiettivo del case report presentato è <strong>di</strong> descrivere l’applicazione <strong>di</strong> due <strong>di</strong>strattori ancorati all’osso, nel mascellare<br />

superiore ed nell’inferiore, allo scopo <strong>di</strong> aumentare i <strong>di</strong>ametri trasversi, in una paziente <strong>di</strong> 17 anni affetta da Tetralogia<br />

<strong>di</strong> Fallot precedentemente trattata, con <strong>di</strong>ffusa ipotonia muscolare, long-face syndrome e contrazione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ametri<br />

trasversi <strong>di</strong> ambedue i mascellari, con conseguente <strong>di</strong>ffuso e marcato affollamento da <strong>di</strong>screpanza dento-alveolare.


IL CONTROLLO DELLE LINEE MEDIANE ATTRAVERSO L’UTILIZZO DI APPARECCHIATURE<br />

ELASTODONTICHE.<br />

Zanoni D*, Grillo E, Cacciatore G, Alesina L, Ghezzi L, Giannini L.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche,Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Direttore: Prof.<br />

F.Santoro.Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia,Direttore: Prof. G. Farronato.<br />

OBIETTIVI: Nella <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale delle asimmetrie <strong>di</strong>stinguiamo:asimmetrie dentali, posizionali della<br />

man<strong>di</strong>bola e strutturali da alterata crescita.Le asimmetrie dentali possono essere determinate da:esfoliazione precoce <strong>di</strong><br />

un elemento deciduo, agenesie o elementi sovrannumerari o più frequentemente da rotazioni o malposizioni degli<br />

elementi dentari. Nelle asimmetrie posizionali la man<strong>di</strong>bola è strutturalmente simmetrica ma è posizionata in modo<br />

asimmetrico rispetto alle strutture circostanti.In questa con<strong>di</strong>zione si ha spesso cross-bite mono o bi-laterale e le linee<br />

me<strong>di</strong>ane non coincidono in massima intercuspidazione,ma il <strong>di</strong>fetto si corregge in relazione centrica.In questi pazienti è<br />

necessario un intervento precoce per evitare che l’asimmetria si trasformi in strutturale.Le asimmetrie strutturali<br />

derivano da un’alterata crescita della man<strong>di</strong>bola (ipo o iper sviluppo) e possono essere associate a sindromi genetiche.<br />

Obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è valutare la coincidenza delle linee me<strong>di</strong>ane dopo l’utilizzo <strong>di</strong> apparecchiature<br />

elastodontiche in pazienti con asimmetrie. MATERIALI E METODI:I casi clinici trattati presentavano una iniziale<br />

non coincidenza delle linee me<strong>di</strong>ane e sono stati trattati con l’utilizzo <strong>di</strong> apparecchiature elastodontiche.Dopo circa 6<br />

mesi dall’inizio del trattamento in un caso si è ottenuta la correzione delle linee me<strong>di</strong>ane, nell’altro caso invece, si è<br />

manifestata la comparsa <strong>di</strong> un cross-bite monolaterale sinistro e si è reso necessario l’utilizzo <strong>di</strong> un espansore rapido<br />

palatale perché la non coincidenza delle linee me<strong>di</strong>ane era causata da un’ipoplasia trasversa del mascellare superiore. Le<br />

apparecchiature elastodontiche sono <strong>di</strong>spositivi ortodontici preformati; svolgono sia un’azione dentale guidando<br />

l’eruzione <strong>di</strong> canini e premolari verso un corretto rapporto occlusale e allineando i denti anteriori sia un’azione<br />

scheletrica, incoraggiando la crescita man<strong>di</strong>bolare ed inibendo la crescita mascellare. L’utilizzo <strong>di</strong> apparecchiature<br />

elastodontiche è estremamente versatile anche in associazione con altre apparecchiature. I <strong>di</strong>spositivi preformati sono<br />

in<strong>di</strong>cati per: I e II classi scheletriche deep-bite scheletrico, overbite <strong>di</strong> vario grado e overjet fino a 10 mm,<br />

intercettamento delle abitu<strong>di</strong>ni viziate,affollamento precoce degli incisivi inferiori,eruzione linguale o rotazioni degli<br />

incisivi permanenti inferiori e superiori, <strong>di</strong>astemi interincisivi, cross bite dentali. RISULTATI: In entrambi si è<br />

ottenuto il riallineamento delle linee me<strong>di</strong>ane. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La non coincidenza delle linee<br />

me<strong>di</strong>ane se è causata da rotazioni o <strong>di</strong>sallineamenti degli elementi dentali può essere corretta esclusivamente con<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> apparecchiature elastodontiche mentre se è determinata da alterazioni scheletriche è necessario completare<br />

il trattamento con apparecchiature ortope<strong>di</strong>che.


CARATTERISTICHE ELETTROMIOGNATOGRAFICHE DEI PAZIENTI CON CLOSED LOCK<br />

Vernucci R. A. *, Ferraris L.., Di Vito F., Mazzoli V., Silvestri A.<br />

(Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “SAPIENZA”, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof. E.<br />

Barbato; CLSOPD, Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia III Titolare: Prof. A. Silvestri).<br />

Il closed lock articolare rappresenta la per<strong>di</strong>ta permanente del rapporto con<strong>di</strong>lo-<strong>di</strong>sco con <strong>di</strong>slocazione irriducibile<br />

antero-me<strong>di</strong>ale completa del <strong>di</strong>sco stesso. Clinicamente, si manifesta con una limitazione in apertura della bocca, una<br />

latero-deviazione verso il lato affetto e l’impe<strong>di</strong>mento al movimento <strong>di</strong> lateralità verso il lato sano. è una con<strong>di</strong>zione in<br />

cui vi è una <strong>di</strong>slocazione anteriore irriducibile del <strong>di</strong>sco articolare.<br />

L’elettromiografia e l’elettrognatografia sono <strong>dei</strong> test funzionali elettro<strong>di</strong>agnostici facenti parte degli esami strumentali<br />

complementari nella <strong>di</strong>agnostica delle DTM: con esse è possibile stimare lo stato <strong>di</strong> salute del sistema neuromuscolare e<br />

l'analisi <strong>dei</strong> movimenti funzionali della man<strong>di</strong>bola. Nella letteratura è stato rilevato che in questa con<strong>di</strong>zione i muscoli<br />

masticatori sono meno efficienti e più inclini alla fatica in questi pazienti rispetto a soggetti sani, e la durata <strong>dei</strong> cicli<br />

masticatori significativamente più grande.<br />

Scopo dello stu<strong>di</strong>o è riportare la nostra esperienza nell’uso <strong>di</strong> queste apparecchiature applicate alla <strong>di</strong>agnosi delle DTM.<br />

E’stato quin<strong>di</strong> effettuato uno stu<strong>di</strong>o retrospettivo su un campione <strong>di</strong> pazienti affetti da closed lock articolare per<br />

evidenziare le caratteristiche elettromiografiche e kinesiografiche <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfunzione temporo-man<strong>di</strong>bolare.


TERAPIA FUNZIONALE ORTOGNATODONTICA: RISPOSTA NEUROMUSCOLARE<br />

Dickers C., Ferrantino L., Zanoni D., Soragni F., Della Moretta D., Esposito L..<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore:<br />

prof. G. Farronato<br />

OBIETTIVI: analizzare gli effetti neuromuscolari indotti dalla terapia con attivatore in soggetti caratterizzati da<br />

<strong>di</strong>sgnazia <strong>di</strong> II classe deep-bite scheletrico.<br />

MATERIALI E METODI: è stata valutata la risposta elettromiografica in 33 pazienti a inizio, 6 e 12 mesi <strong>di</strong> terapia.<br />

In questo stu<strong>di</strong>o è stato utilizzato l’elettromiografo <strong>di</strong> superficie FREELY (De Götzen, VA, Italia) per la misurazione<br />

<strong>dei</strong> potenziali elettrici <strong>dei</strong> muscoli massetere e temporale anteriore <strong>di</strong> entrambi i lati. Durante ogni acquisizione<br />

elettromiografica sono state eseguite le seguenti prove (protocollo LAFAS, Milano): 1)massimo serramento volontario<br />

(MVC) su rulli <strong>di</strong> cotone (Cotton), 2) su dentatura (Clench), 3) tre cicli <strong>di</strong> massimo serramento e rilascio (Clench-Rest),<br />

4) battuta ripetuta <strong>dei</strong> denti (Tap), 5) MVC su apparecchio.<br />

RISULTATI: l’in<strong>di</strong>ce POC (simmetria muscolare) mostra una riduzione quando l’apparecchiatura viene consegnata,<br />

aumentando successivamente nel corso della terapia. Invece l’in<strong>di</strong>ce ottenuto nel clench si mantiene sempre alto<br />

(>87%). L’apparecchio determina quin<strong>di</strong> solo inizialmente una riduzione della simmetria dx/sx. L’in<strong>di</strong>ce TORS<br />

(torsione) aumenta considerevolmente a inizio trattamento, portandosi successivamente a valori simili a quelli ottenuti<br />

nel Clench. Ciò è dovuto verosimilmente ad un’ iniziale <strong>di</strong>fficoltà del soggetto a posturare correttamente la man<strong>di</strong>bola<br />

quando l’apparecchiatura viene calzata per la prima volta. Dall’analisi elettromiografica si è potuto notare come vi sia a<br />

inizio trattamento un’ inibizione nella contrazione muscolare quando viene compiuto un massimo serramento su<br />

apparecchiatura rispetto ai valori ottenuti dal Clench. Questa inibizione muscolare si perde gradualmente durante il<br />

periodo <strong>di</strong> osservazione.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: questo stu<strong>di</strong>o ha evidenziato l’ esistenza <strong>di</strong> un equilibrio neuromuscolare<br />

compensatorio alla <strong>di</strong>sgnazia nei soggetti in fase <strong>di</strong> crescita e l’assenza <strong>di</strong> un’alterazione degli in<strong>di</strong>ci elettromiografici al<br />

<strong>di</strong> fuori del range fisiologico in presenza dell’apparecchiatura. Questa ricerca conferma i dati, presenti in letteratura,<br />

riguardo l’inibizione generalizzata della muscolatura masticatoria, causata dal rilazo del morso e dalla propulsione<br />

man<strong>di</strong>bolare realizzati dall’apparecchiatura. Quin<strong>di</strong> l’attivatore trasmette lo stimolo <strong>di</strong> crescita al tessuto osseo non<br />

tramite contrazioni muscolari attive aumentate, ma tramite la creazione <strong>di</strong> forze elastiche passive <strong>di</strong> ritorno, generate<br />

dalla viscoelasticità <strong>dei</strong> tessuti molli


CONFRONTO DEI DATI ELETTROMIOGRAFICI ED ELETTROGNATOGRAFICI FRA PAZIENTI OPEN<br />

E DEEP BITE SCHELETRICI IN TRATTAMENTO ORTODONTICO-CHIRURGICO.<br />

Giannini L*, Galbiati G, Iazzetti F, Zanoni D, Ghezzi L, Maspero C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore: prof. G. Farronato<br />

SCOPO: obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è il confronto della kinesiologia man<strong>di</strong>bolare e della funzionalità neuromuscolare<br />

tra pazienti adulti open e deep bite scheletrici prima e dopo il trattamento ortodontico-chirurgico.<br />

MATERIALI E METODI: è stata condotta un’analisi elettromiografia ed elettrognatografica ad intervalli <strong>di</strong> tempo<br />

prestabiliti su 26 pazienti a fine crescita con deep bite scheletrico e 36 con open bite scheletrico in terapia ortodonticochirurgica.<br />

Sono stati utilizzati l’elettrognatografo K6-I della Myotronics e l’elettromiografo Freely della De Gotzen in<br />

fase <strong>di</strong> ortodonzia prechirurgica, prima dell’intervento, durante il blocco intermascellare, nella fase postchirurgica e<br />

follow-up. Sono stati analizzati il fascio anteriore del muscolo temporale ed il muscolo massetere. I dati ottenuti dai<br />

pazienti open e deep bite scheletrici sono stati confrontati tra loro sia in fase <strong>di</strong>agnostica che ad intervento avvenuto.<br />

Entrambi i gruppi sono poi stati confrontati con il gruppo controllo, costituito da pazienti a fine crescita in prima classe<br />

scheletrica senza alterazioni <strong>di</strong>sfunzionali. L’analisi statistica è stata effettuata con il test t e la significatività statistica è<br />

stata stabilita per p


CONFRONTO DEI DATI ELETTROMIOGRAFICI ED ELETTROGNATOGRAFICI FRA PAZIENTI IN II<br />

E III CLASSE SCHELETRICA IN TRATTAMENTO ORTODONTICO-CHIRURGICO.<br />

Giannini L*, Galbiati G, Iazzetti F, Zanoni D, Cossellu G, Maspero C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore: prof. G. Farronato<br />

SCOPO: lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro consiste nel valutare la kinesiologia man<strong>di</strong>bolare e la funzionalità muscolare <strong>di</strong><br />

pazienti a fine crescita in II e III classi scheletriche prima e dopo il trattamento ortodontico-chirurgico.<br />

MATERIALI E METODI: 61 pazienti in trattamento ortodontico-chirurgico, <strong>di</strong> cui 19 in II classe scheletrica e 42 in<br />

III classe scheletrica, sono stati monitorati ad intervalli <strong>di</strong> tempo prestabiliti durante l’iter terapeutico. Sono stati<br />

effettuati esami funzionali quali l’elettromiografia e l’elettrognatografia durante la fase <strong>di</strong> ortodonzia prechirurgica,<br />

prima dell’intervento, durante la fase <strong>di</strong> blocco intermascellare, nella fase postchirurgica e durante l’intero follow-up<br />

del paziente. I muscoli analizzati sono il fascio anteriore del temporale ed il massetere. Entrambi i gruppi sono stati<br />

confrontati tra loro e con il gruppo controllo, composto da 14 soggetti adulti a fine crescita ed in prima classe<br />

scheletrica. L’analisi statistica è stata effettuata con il test t e la significatività statistica è stata stabilita per p


VALUTAZIONI ELETTROMIOGRAFICHE NEL PAZIENTE ORTODONTICO CHIRURGICO<br />

Giannini L*, Galbiati G, Alesina L, Ghezzi L, Ferrantino L, Maspero C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore: prof. G. Farronato<br />

SCOPO: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro consiste nel valutare la funzionalità neuromuscolare <strong>di</strong> 70 pazienti in trattamento<br />

ortodontico chirurgico presso il reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia della Clinica Odontoiatrica e Stomatologica ICP<br />

dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano attraverso un’analisi elettromiografica <strong>dei</strong> muscoli massetere e temporale<br />

anteriore.<br />

MATERIALI E METODI: Il protocollo <strong>di</strong> ricerca è stato interamente eseguito da un solo operatore al fine <strong>di</strong><br />

eliminare ogni tipo <strong>di</strong> variabilità intraoperatore. Il campione è costituito da 70 pazienti ( 27 maschi e 43 femmine) a fine<br />

crescita. Gli esami elettromiografici, condotti attraverso l’elettromiografo Freely della de Gotzen e il K6-I della<br />

Myotronics, sono stati eseguiti in fasi prestabilite: in fase <strong>di</strong>agnostica, prima del bandaggio, a cadenza bimestrale<br />

durante la fase <strong>di</strong> ortodonzia prechirurgica, il giorno prima dell’intervento chirurgico, durante il blocco intermascellare,<br />

allo sblocco, a cadenza bimestrale durante la fase <strong>di</strong> ortodonzia postchirurgica, alla rimozione del bite chirurgico, allo<br />

sbandaggio e nel follow-up. Sono stati utilizzati elettro<strong>di</strong> monouso e bipolari <strong>di</strong>sposti parallelamente alle fibre<br />

analizzate. È stato selezionato un gruppo controllo composto da soggetti adulti, a fine crescita ed in prima classe<br />

scheletrica.<br />

I dati sono stati valutati statisticamente con il test t e il test ANOVA.<br />

RISULTATI: In fase <strong>di</strong>agnostica i pazienti presentano un equilibrio compensatorio omeostatico alla grave <strong>di</strong>sgnazia <strong>di</strong><br />

cui sono portatori. I valori elettromiografici peggiorano durante l’ortodonzia prechirurgica, che molto spesso determina<br />

una riduzione <strong>dei</strong> contatti occlusali. L’intervento chirurgico determina un ulteriore sconvolgimento funzionale. In fase<br />

<strong>di</strong> ortodonzia postchirurgica ed allo sbandaggio si assiste ad un miglioramento dell’attività neuromuscolare che, durante<br />

il follow-up, tende a superare i valori iniziali.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I dati ottenuti testimoniano l’importanza delle valutazioni funzionali del sistema<br />

neuromuscolare in fase <strong>di</strong>agnostica, durante il trattamento ortodontico-chirurgico e nel follow-up. Le valutazioni<br />

elettromiografiche consentono <strong>di</strong> verificare il ripristino della corretta funzionalità neuromuscolare ed il progressivo<br />

miglioramento del nuovo equilibrio neuromuscolare raggiunto. Soltanto il rispetto <strong>di</strong> tali fattori può garantire il<br />

successo del trattamento e la stabilità <strong>dei</strong> risultati ottenuti.


FOLLOW-UP DELL’IMPIEGO DI UN DISPOSITIVO ANTIRUSSAMENTO SULL’ATTIVITA’<br />

ELETTROMIOGRAFICA DI SUPERFICIE DEL TRAPEZIO E DEI MUSCOLI CERVICALI POSTERIORI<br />

Fontana P, Simonini S, Dalessandri D, Laffranchi L, Bonetti S.<br />

Dipartimento Specialità chirurgiche, Scienze ra<strong>di</strong>ologiche e me<strong>di</strong>co forensi, CLsOPD, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />

Il Somnodent, <strong>di</strong>spositivo antirussamento bimascellare, è stato applicato su 12 pazienti adulti per il controllo del<br />

russamento. Tutti i pazienti riferivano dolenzia e rigi<strong>di</strong>tà muscolare al risveglio, che si protraeva durante il giorno.<br />

L’attività <strong>dei</strong> muscoli trapezio superiore e cervicali posteriori è stata indagata per mezzo della elettromiografia <strong>di</strong><br />

superficie a inizio terapia, in posizione <strong>di</strong> riposo man<strong>di</strong>bolare e in massimo serramento volontario. Al raggiungimento<br />

della attivazione efficace antirussamento del <strong>di</strong>spositivo, le rilevazioni elettromiografiche mostrano un<br />

ri<strong>di</strong>mensionamento dell'iperattivazione precedentemente presente.<br />

Obiettivi: Lo scopo del lavoro è <strong>di</strong> valutare a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 3, 6 e 9 mesi l’influenza, a riposo e in massima occlusione<br />

volontaria, sui muscoli trapezio e cervicali posteriori, della postura man<strong>di</strong>bolare mo<strong>di</strong>ficata dal <strong>di</strong>spositivo in pazienti<br />

adulti cui è stato applicato il trattamento antirussamento, con risoluzione iniziale del russamento e della iperattivazione<br />

muscolare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: I 12 pazienti adulti (età 35-58 anni; me<strong>di</strong>a 43 anni; 10M e 2F), rispondenti a requisiti richiesti<br />

(valutazione ORL, odontoiatrica, fisiatrica), sottoposti al trattamento con Somnodent fino al raggiungimento della<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> non russamento, dopo la prima valutazione EMGs (circa 4 settimane), sono stati istruiti nell’effettuare<br />

ulteriori attivazioni del <strong>di</strong>spositivo qualora il fenomeno del russamento si riproponesse. A intervalli <strong>di</strong> 3 mesi i pazienti<br />

sono stati richiamati per 3 volte (a 3, 6, 9 mesi), è stata raccolta l’anamnesi e valutato l’avvenuto ulteriore avanzamento<br />

della placca inferiore e sono stati sottoposti a ulteriore EMGs.<br />

Risultati: Al termine della prima attivazione efficace del <strong>di</strong>spositivo antirussamento, l'attività a riposo <strong>dei</strong> muscoli<br />

controllati è ri<strong>di</strong>mensionata e la dolenzia muscolare è nettamente migliorata. Al controllo <strong>dei</strong> 3 mesi, 2 soggetti hanno<br />

riferito <strong>di</strong> aver attivato la placca inferiore per reci<strong>di</strong>va <strong>di</strong> russamento, senza dolenzia muscolare intercorsa. Il rilievo<br />

EMGs rimane stabilmente ridotto per tutti, a riposo. Ai 6 mesi altri 3 pazienti hanno attivato la placca inferiore, con<br />

dolenzia e reci<strong>di</strong>va <strong>di</strong> attività EMGs alterata nei cervicali posteriori in 1 paziente. Ai 9 mesi 1 altro paziente ha dovuto<br />

attivare la placca. L’esame EMGs mostra alterati sia i rilievi <strong>di</strong> cervicali posteriori che del trapezio, sia a riposo che in<br />

massimo serramento.<br />

Discussioni e conclusioni: L’anamnesi rilevata e le valutazioni EMG mostrano che la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> russamento dovuta<br />

a postrotazione man<strong>di</strong>bolare e collasso <strong>dei</strong> tessuti molli, oltre al <strong>di</strong>spositivo antirussamento, necessita <strong>di</strong> altri interventi<br />

per essere risolta stabilmente. Invero, il campione ridotto presuppone ulteriori accertamenti.


VALUTAZIONE DELL’EQUILIBRIO NEUROMUSCOLARE IN PAZIENTI DOPO 2 ANNI DALLA FINE<br />

DELLA TERAPIA ORTOPEDICO-FUNZIONALE<br />

Rasicci R., Quinzi V., Alonzi S., Leopar<strong>di</strong> M., Parziale V.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Università degli Stu<strong>di</strong> dell’Aquila Insegnamento <strong>di</strong> Ortodonzia Prof. C. Chimenti.<br />

OBIETTIVI: Valutazione dell’attività elettrica <strong>dei</strong> muscoli temporali anteriori e masseteri <strong>di</strong> destra e sinistra in pazienti<br />

dopo 2 anni dalla fine della terapia ortope<strong>di</strong>co-funzionale con apparecchio <strong>di</strong> Sander.<br />

MATERIALI E METODI: Dieci pazienti (5 maschi e 5 femmine) con malocclusione <strong>di</strong> II Classe <strong>di</strong> Angle, età<br />

compresa tra 9 e <strong>13</strong> anni, sono stati selezionati presso il reparto <strong>di</strong> ortodonzia dell’Università dell’Aquila. Tutti i<br />

soggetti sono stati sottoposti ad esame strumentale con elettromiografo Freely prima, dopo il trattamento e dopo 2 anni<br />

dalla fine dello stesso.<br />

Per verificare l’equilibrio neuromuscolare, l’attività <strong>dei</strong> muscoli temporali anteriori <strong>di</strong> destra e <strong>di</strong> sinistra sono stati<br />

registrati e analizzati calcolando: POC (in<strong>di</strong>ce della simmetrica <strong>di</strong>stribuzione dell’attività muscolare determinata<br />

dall’occlusione); TORS (in<strong>di</strong>ce della possibile presenza <strong>di</strong> torque man<strong>di</strong>bolare) e ATTIV (in<strong>di</strong>ce che informa sulla<br />

posizione del baricentro occlusale).<br />

E’ stata calcolata l’attività muscolare durante un test in massimo serramento volontario.<br />

I valori sono stati confrontati con il t-test <strong>di</strong> Student per campioni appaiati con una significatività del 5% (p


VARIAZIONE DELLA DIMENSIONE VERTICALE DOPO ESPANSIONE RAPIDA DEL PALATO (ERP)<br />

Leopar<strong>di</strong> M., Gubbini L.,Lucci M., Quinzi V.,Parziale V.<br />

Università degli Su<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche, Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Prof. Cimenti C.<br />

INTRODUZIONE:attraverso l’applicazione <strong>di</strong> forze pesanti generate dall’uso dell’ERP, è possibile agire sulle suture<br />

mascellari e circum-mascellari, causando mo<strong>di</strong>fiche del mascellare superiore nei tre piani dello spazio (trasversale,<br />

verticale, sagittale).<br />

SCOPO: lo stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong> valutare gli effetti a lungo termine sulla <strong>di</strong>mensione verticale scheletrica dopo<br />

trattamento con espansore rapido del mascellare (ERM).<br />

MATERIALI E METODI: i pazienti sono stati sud<strong>di</strong>visi in2 gruppi:<br />

-Gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o (gruppo A): costituito da 30 soggetti, fra gli 8 e i 16 anni che presentavano contrazione del<br />

mascellare, trattati con RME. I soggetti sono stati selezionati in<strong>di</strong>pendentemente dal sesso, dalla classe e dalla<br />

<strong>di</strong>vergenza scheletrica. -Gruppo controllo (gruppo<br />

B): costituito da 30 soggetti aventi lo stesso sesso e stessa età <strong>di</strong> quelli del gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o selezionati dall’Atlante <strong>di</strong><br />

crescita cranio-facciale dell’Università del Michigan.<br />

Per valutare le eventuali mo<strong>di</strong>fiche della <strong>di</strong>mensione verticale scheletrica sono state eseguite delle ra<strong>di</strong>ografie prima e<br />

dopo il trattamento (durato in me<strong>di</strong>a 2 anni) e su <strong>di</strong> esse,sono state analizzate le più importanti variabili cefalometriche<br />

come:<br />

S-Go/N-Me; Go-Gn/ S-N; Ba-N/Pt-Gn; Fh/Go-Me; S-Go-Me; ANB; N-S-Gn; NL//Go-Me; SN/NL. Poichè non tutti<br />

questi valori sono presenti sull’Atlante dell’Università del Michigan, alcune variabili non sono state confrontate con il<br />

gruppo controllo. Successivamente, sono<br />

state valutate le <strong>di</strong>fferenze significative fra le me<strong>di</strong>e <strong>dei</strong> tracciati cefalometrici prima e dopo il trattamento per il gruppo<br />

trattato, e nello stesso intervallo <strong>di</strong> tempo, per il gruppo controllo per valutare le normali variazioni della verticalità<br />

dovute alla crescita. RISULTATI: I risultati<br />

dell’analisi statistica <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o, hanno evidenziato che nei nostri pazienti non è stato rilevato alcun aumento della<br />

<strong>di</strong>mensione verticale a lungo termine. Tale dato è in accordo con ciò che è riportato nella letteratura internazionale.<br />

Tuttavia è importante sottolineare che confrontando I 2 gruppi <strong>di</strong> pazienti, nel gruppo controllo c’è stata una<br />

<strong>di</strong>minuzione della <strong>di</strong>mensione verticale , che non è stata rilevata invece nei pazienti trattati con RME.<br />

CONCLUSIONI:dall’analisi condotta si evince che L’ERM rappresenta l’apparecchio che per eccellenza, permette <strong>di</strong><br />

risolvere il deficit trasversale del mascellare. Ciò nonostante, esso comporta delle mo<strong>di</strong>fiche della <strong>di</strong>mensione verticale<br />

scheletrica, che non sono evidenziabili se non si prende in considerazione anche un gruppo controllo.


ECTOPIA DEI SECONDI MOLARI: DIFFERENTI ALTERNETIVE TERAPEUTICHE.<br />

Iacopini L, Germano F, Giancotti A.<br />

Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata - U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia – Ospedale S.G. Calibita Fatebenefratelli – Isola<br />

Tiberina<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del seguente lavoro è quello <strong>di</strong> analizzare la letteratura ortodontica sull’eruzione ectopica <strong>dei</strong><br />

secon<strong>di</strong> molari man<strong>di</strong>bolari per valutarne l’incidenza, l’eziologia, le complicanze e le alternative terapeutiche.<br />

Nonostante si tratti <strong>di</strong> un’anomalia piuttosto rara, rilevanti sono i problemi ad essa correlati e che ne richiedono una<br />

corretta gestione dal punto <strong>di</strong> vista terapeutico.<br />

MATERIALI E METODI: La <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> ectopia <strong>dei</strong> secon<strong>di</strong> molari man<strong>di</strong>bolari <strong>di</strong> solito viene elaborata dall’analisi<br />

ra<strong>di</strong>ografica (OPT) e dall’esame clinico. Le opzioni <strong>di</strong> trattamento <strong>di</strong>pendono dal grado <strong>di</strong> inclinazione dell’elemento<br />

interessato e dall’età <strong>di</strong>agnostica: inclinazioni lievi, in pazienti in crescita, anche se raramente, potrebbero<br />

autorisolversi; inclinazioni maggiori richiedono l’applicazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi ortodontici fissi; inclinazioni severe<br />

necessitano <strong>di</strong> un trattamento ortodontico non convenzionale me<strong>di</strong>ante l’applicazione <strong>di</strong> miniviti retromolari a carico<br />

imme<strong>di</strong>ate; posizioni orizzontali del secondo molare prevedono infine un intervento chirurgico <strong>di</strong><br />

riposizionamento/trapianto.<br />

RISULTATI: Il trattamento chirurgico è senza dubbio quello che presenta maggiori rischi <strong>di</strong> complicanze (necrosi,<br />

anchilosi, riassorbimento ra<strong>di</strong>colare), per questo dovrebbe esser scelto solo nei casi in cui il trattamento ortodontico sia<br />

controin<strong>di</strong>cato. Il trattamento ortodontico convenzionale o non convenzionale invece garantiscono l’estrusione ed il<br />

raggiungimento <strong>di</strong> un corretto assetto sia della corona che della ra<strong>di</strong>ce del secondo molare man<strong>di</strong>bolare, con rischi<br />

minori, nel rispetto <strong>dei</strong> tessuti circostanti e, me<strong>di</strong>ante l’impiego <strong>di</strong> miniviti, senza alcuna collaborazione da parte del<br />

paziente.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Le meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> recupero dell’elemento ectopico prevedono una vasta gamma <strong>di</strong><br />

interventi dal semplice posizionamento <strong>di</strong> un elastico separatore, all’uprighiting ortodontico o al riposizionamento<br />

chirurgico. Un trattamento combinato ortodontico-chirurgico permette <strong>di</strong> risolvere casi anche complessi con una buona<br />

compliance del paziente ed un ridotto rischio <strong>di</strong> complicanze. I migliori risultati clinici si ottengono trattando l’ectopia<br />

<strong>dei</strong> secon<strong>di</strong> molari in età adolescenziale, sfruttando la spinta eruttiva delle ra<strong>di</strong>ci ancora in formazione. In caso <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>agnosi tar<strong>di</strong>va o posizione particolarmente sfavorevole del secondo molare, sebbene il riposizionamento chirurgico<br />

appaia una procedura semplice e rapida, un trattamento ortodontico non convenzionale che preveda l’inserzione <strong>di</strong><br />

miniviti per l’ancoraggio scheletrico si <strong>di</strong>mostra altrettanto efficace, offrendo al tempo stesso una prognosi migliore a<br />

lungo termine


ESPANSIONE LENTA DEL MASCELLARE SUPERIORE: ORIENTAMENTI ATTUALI E VALUTAZIONE<br />

DELLE POSSIBILI APPLICAZIONI IN A<strong>MB</strong>ITO CLINICO<br />

Buccarella L, Mazzucchelli L, Illuzzi M, Mushtaq S, Malerba A, Strohmenger L.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano. Dipartimento <strong>di</strong> odontostomatologia e otorinolaringoiatria, Ospedale San Paolo,<br />

Milano. laura.buccarella@hotmail.it<br />

INTRODUZIONE: Il deficit trasverso del mascellare superiore può riconoscere <strong>di</strong>verse eziologie. Nei casi <strong>di</strong> origine<br />

dentale o dento-alveolare, può essere utile il ricorso ad una meto<strong>di</strong>ca espansiva che preveda l’erogazione <strong>di</strong> forze<br />

leggere, meglio se anche continue, con <strong>di</strong>spositivi fissi o rimovibili. OBIETTIVI: Scopo del lavoro è fornire una<br />

valutazione clinica delle possibili applicazioni dell’espansione lenta sui soggetti in crescita, sulla base delle in<strong>di</strong>cazioni<br />

fornite a riguardo dalla letteratura. MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati due casi (una bambina <strong>di</strong> 12 anni e<br />

un bambino <strong>di</strong> 10) considerati passibili <strong>di</strong> espansione lenta. Per entrambi si è scelto per una terapia con quad helix<br />

perché meglio rispondente alle esigenze terapeutiche e alle caratteristiche <strong>dei</strong> pazienti. Il <strong>di</strong>spositivo, con bracci<br />

simmetrici, è stato costruito dal laboratorio in filo Cromo-Cobalto <strong>di</strong> 0,9 mm. Per entrambi i pazienti a inizio e fine<br />

terapia sono stati rilevati, sui modelli stu<strong>di</strong>o, i seguenti in<strong>di</strong>ci: 1)<strong>di</strong>stanza intercanina con riferimento palatale, 2)<br />

<strong>di</strong>stanza intermolare con riferimento palatale, 3) <strong>di</strong>stanza intermolare con riferimento vestibolare e 4) <strong>di</strong>stanza<br />

intermolare con riferimento alveolare. RISULTATI: Tutti i <strong>di</strong>ametri sono aumentati. La <strong>di</strong>stanza intercanina è cresciuta<br />

<strong>di</strong> 3,5 mm, solo laddove i bracci dell’apparecchio hanno contattato i canini. I <strong>di</strong>ametri intermolari vestibolare e palatale<br />

sono aumentati in maniera molto simile( 4 e 3,5 mm in vestibolare e 4,5 mm in palatale), anche se il secondo in<br />

maniera più rilevante, il che fa pensare ad un movimento essenzialmente <strong>di</strong> vestibolo inclinazione delle corone dentali.<br />

L’effetto scheletrico è stato considerato trascurabile. I risultati e la durata <strong>dei</strong> trattamenti sono in linea con gli stu<strong>di</strong><br />

ritrovati in letteratura relativamente all’espansione lenta nei soggetti in crescita. CONCLUSIONI: L’espansione lenta ha<br />

una finalità e un’applicazione <strong>di</strong>versa dalla rapida, essendo l’effetto essenzialmente dentale o dento-alveolare.<br />

Presupponendo una corretta identificazione della natura del <strong>di</strong>fetto da trattare, la sua capacità <strong>di</strong> aumentare il <strong>di</strong>ametro<br />

intermolare e quello intercanino è confermata dalla letteratura e avvalorata ancor più da stu<strong>di</strong> recenti che ne paragonano<br />

i risultati alla crescita fisiologica <strong>di</strong> soggetti non trattati. I <strong>di</strong>spositivi fissi sono i più efficaci e, tra questi, il quad helix è<br />

ancora il più utilizzato, in virtù della sua versatilità e del fatto che vanta una solida base <strong>di</strong> letteratura. Sulla stabilità <strong>dei</strong><br />

risultati non esiste invece evidenza alcuna né conclusioni si possono trarre se non relativamente a quanto questa <strong>di</strong>penda<br />

da una corretta e ben ponderata scelta terapeutica, che tenga conto delle caratteristiche peculiari <strong>di</strong> ogni paziente.


EFFETTI SCHELETRICI TRIDIMENSIONALI DELL’ESPANSIONE MASCELLARE.<br />

Annarumma F., Ammendola V., Cilia A., Leoni V., Barbato E.<br />

“Sapienza” Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore Prof.ssa Ersilia<br />

Barbato.<br />

Obiettivi:<br />

Analizzare e confrontare gli effetti scheletrici indotti dall’espansione, tramite l’utilizzo <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>spositivi espansivi: RME<br />

banded, RME bonded ed il Quad-helix.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>:<br />

Il campione è costituito da soggetti in cura presso la UOC Ortognatodonzia della Sapienza, Università <strong>di</strong> Roma. Tutti i<br />

soggetti presentavano un crossbite mono o bilaterale riconducibile a deficit trasversale del mascellare superiore. Per<br />

risolvere tale <strong>di</strong>screpanza, sono stati applicati due <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>spositivi d’espansione rapida ed il Quad-helix. Sulle<br />

telera<strong>di</strong>ografie latero-laterali, sono state eseguite analisi cefalometriche, prima del trattamento espansivo (T0) e alla fine<br />

della contenzione (T1). I tempi terapeutici sono stati analoghi per i <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>spositivi utilizzati e comunque<br />

confrontabili. E’ stata condotta un’analisi statistica al fine <strong>di</strong> valutare la significatività delle variazioni scheletriche<br />

indotte dall’espansione tramite l’utilizzo del Wilcoxon test, determinando inoltre, tramite l’applicazione del Kruskal-<br />

Wallis e del Mann-Whitney test, l’esistenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze significative, negli effetti scheletrici sagittali e verticali, tra i<br />

vari presi<strong>di</strong> d’espansione. I cambiamenti nelle variabili cefalometriche sono stati confrontati con quelli rilevati in un<br />

gruppo controllo.<br />

Risultati:<br />

Nei due gruppi RME risulta significativo un avanzamento sagittale del mascellare, un arretramento del punto B rispetto<br />

alla base cranica con conseguente aumento della <strong>di</strong>screpanza sagittale. E’stato altresì riscontrato, specialmente nel<br />

gruppo RME banded, un aumento degli angoli <strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenza man<strong>di</strong>bolare rispetto alla base cranica responsabili<br />

dell’arretramento man<strong>di</strong>bolare. I soggetti trattati con Quad-helix <strong>di</strong>mostrano un avanzamento significativo del punto A e<br />

la variazione verticale del punto A rispetto a FH ma con effetti trascurabili nel riposizionamento delle basi scheletriche<br />

mascellari.<br />

Discussioni e Conclusioni:<br />

I cambiamenti scheletrici indotti dall’espansione rapida mascellare sono <strong>di</strong> estremo interesse in quanto attraverso una<br />

mo<strong>di</strong>fica del <strong>di</strong>ametro trasversale del mascellare superiore si ha la possibilità <strong>di</strong> ottenere variazioni nel rapporto<br />

scheletrico significative nei tre piani dello spazio.


VALUTAZIONE COMPARATIVA MEDIANTE TC LOW DOSE DEGLI EFFETTI DENTO-SCHELETRICI<br />

INDOTTI DA ESPANSIONE RAPIDA VS LENTA DEL MASCELLARE<br />

Triolo G.*, Gatto E., Nucera R., Fastuca R., Leone P.<br />

Università <strong>di</strong> Messina, Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia,<br />

Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia: Prof. G. Cordasco<br />

Università <strong>di</strong> Napoli “Federico II”, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodnzia,<br />

Direttore: Prof. R. Martina<br />

Obiettivo: Obiettivo dello stu<strong>di</strong>o è stata la valutazione comparativa delle mo<strong>di</strong>ficazioni dentali e scheletriche indotte<br />

rispettivamente da espansione rapida e lenta del mascellare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: È stato effettuato uno stu<strong>di</strong>o clinico randomizzato (RCT) su un campione <strong>di</strong> 20 pazienti, reclutati<br />

secondo i seguenti criteri <strong>di</strong> inclusione: età uguale o inferiore a <strong>13</strong> anni per le femmine e 15 per i maschi, primi molari<br />

superiori erotti, presenza <strong>di</strong> morso crociato mono o bilaterale, con almeno una cuspide <strong>di</strong> <strong>di</strong>screpanza. I pazienti sono<br />

stati assegnati ai due gruppi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o (espansione mascellare rapida e lenta) me<strong>di</strong>ante un criterio <strong>di</strong> randomizzazione<br />

bilanciata. Per l’espansione è stato utilizzato un <strong>di</strong>spositivo tipo Hirax cementato sui primi molari superiori e con bracci<br />

in estensione anteriori. Il protocollo <strong>di</strong> espansione rapida prevedeva tre attivazione <strong>di</strong> ¼ <strong>di</strong> giro della vite, tre volte al<br />

giorno, il protocollo <strong>di</strong> espansione lenta invece prevedeva due attivazioni settimanali <strong>di</strong> ¼ <strong>di</strong> giro della vite. Sono state<br />

eseguite acquisizioni TC a basso dosaggio: prima del trattamento (T0) , con estensione dal bordo inferiore della<br />

man<strong>di</strong>bola alla glabella, e dopo 5 mesi dall’inizio dell’espansione palatale (T1), con estensione dall’estremità caudale<br />

degli incisivi superiori al margine inferiore dell’orbita. I volumi ottenuti sono stati analizzati tramite una meto<strong>di</strong>ca<br />

originale 3D, me<strong>di</strong>ante software specifico per elaborazioni <strong>di</strong> volumi DICOM (Mimics 9.1, Materialise).<br />

Risultati: Con entrambe le meto<strong>di</strong>che si è evidenziata un <strong>di</strong>slocazione anteriore del mascellare che in me<strong>di</strong>a è<br />

dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 0.95mm. Non sono stati osservati effetti sul piano verticale , ad eccezione <strong>di</strong> una leggera post-rotazione<br />

palatale me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 0.98°. I pazienti hanno subito <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> espansione in rapporto al loro grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>screpanza<br />

sagittale, quin<strong>di</strong>, al fine <strong>di</strong> comparare le due meto<strong>di</strong>che, è stato preso in considerazione il valore percentuale <strong>di</strong><br />

espansione scheletrica in rapporto all’espansione dentale. L’ERP mostra un incremento me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> maggiore entità se<br />

comparato a quello dell’ELP (49,8% Vs 35,7%).<br />

Discussioni e Conclusioni: Dall’ analisi inferenziale emergono <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative tra le due<br />

meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> espansione mascellare soltanto per il valore <strong>di</strong> Tipping dentale, il quale è risultato inferiore per il<br />

protocollo <strong>di</strong> espansione lenta. Tale risultato potrebbe essere relativo all’esiguità del campione.


EFFETTI DENTO-SCHELETRICI DELL’RME A BREVE E A LUNGO TERMINE VALUTATI TRAMITE<br />

SCANSIONI TC CORONALI IN SOGGETTI IN CRESCITA.<br />

Righi M, Mucedero M, Fanucci E<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CI <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Università Degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor<br />

Vergata”, Prof. P Cozza<br />

OBIETTIVI: Scopo del nostro lavoro è stato quello <strong>di</strong> utilizzare scansioni TC coronali per valutare gli effetti<br />

dell’espansione rapida mascellare (RME) sugli incisivi centrali superiori, sulla sutura platino-me<strong>di</strong>ana, e sulle cavità<br />

nasali.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 17 pazienti (7 M e 10 F) con età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 11.2 aa. Tutti<br />

presentavano contrazione trasversale dell’arcata superiore, morso crociato latero-posteriore, affollamento ed uno o<br />

entrambi i canini inclusi. Ad ogni paziente è stato applicato un espansore rapido tipo Butterfly ancorato a bande sui<br />

primi molari permanenti e attivato <strong>di</strong> due giri/<strong>di</strong>e per 14 gg. fino ad ottenere un espansione <strong>di</strong> 7 mm della vite centrale.<br />

Ogni soggetto è stato sottoposto ad un esame TC Dentascan dell’arcata mascellare prima dell’espansione (T0), alla fine<br />

della fase attiva (T1) e dopo un periodo <strong>di</strong> ritenzione <strong>di</strong> sei mesi (T2). E’ stato utilizzato un protocollo ra<strong>di</strong>ologico a<br />

basso dosaggio che ha permesso <strong>di</strong> ottenere una riduzione significativa della dose <strong>di</strong> raggi X somministrata al paziente e<br />

una buona risoluzione delle immagini. Sono state effettuate misurazioni millimetriche su tre <strong>di</strong>verse scansioni coronali<br />

perpen<strong>di</strong>colari al piano occlusale e passanti per ANS, punto me<strong>di</strong>ano imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong>etro lo sbocco del canale nasopalatino<br />

e PNS. Le misurazioni sono state valutate statisticamente con il test Friedman-Anova per valori ripetuti con<br />

confronti post-hoc.<br />

RISULTATI: Analizzando i cambiamenti T0-T1 si osserva un aumento statisticamente significativo dell’ampiezza<br />

interincisale coronale (+2.54 mm) e apicale (+3.49 mm). Tra T0-T2 le ra<strong>di</strong>ci degli incisivi superiori rimangono<br />

<strong>di</strong>vergenti, mentre le corone si muovono verso la linea me<strong>di</strong>ana per effetto delle fibre transettali. Si assiste all’apertura<br />

della sutura palatino-me<strong>di</strong>ana in tutte e tre le scansioni coronali sia sul versante palatale che su quello nasale secondo un<br />

gra<strong>di</strong>ente decrescente in senso antero-posteriore. L’analisi T0-T1 ha messo in evidenza un aumento della <strong>di</strong>mensione<br />

trasversale delle cavità nasali (ANW: +1.5mm, MNW: +1.4mm, PNW: +1.0mm); a T2 l’ampiezza trasversale nasale<br />

mantiene una percentuale <strong>di</strong> incremento stabile.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Attraverso le scansioni TC coronali è stato possibile evidenziare che i due<br />

emimascellari sono separati sul piano frontale in maniera parallela. A T2 la sutura appare riorganizzata e l’incremento<br />

dell’ampiezza delle cavità nasali è stabile. Durante i 6 mesi <strong>di</strong> osservazione viene confermato il ciclo <strong>di</strong> Haas per gli<br />

incisivi centrali superiori.


BASI MASCELLARE E MANDIBOLARE MISURATE IN CRANI ANTICHI E UOMINI MODERNI<br />

PROVENIENTI DALLA STESSA REGIONE DEL CENTRO ITALIA (OPI, ABRUZZO)<br />

Tecco S, * Comparelli U, Di Bisceglie B, Grassi C, Verrocchi I.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong> Ortodonzia, Università G. D’Annunzio <strong>di</strong> Chieti<br />

simtecc@unich.it<br />

OBIETTIVI: Nella letteratura ortodontica, la forma e la <strong>di</strong>mensione <strong>dei</strong> due mascellari sono state via via correlate alla<br />

funzione masticatoria ed all’esigenza <strong>di</strong> spazio adeguato, nel cavo orale, allo sviluppo della dentizione;<br />

conseguentemente, i muscoli mimici e masticatori ed i denti sono considerati le matrici funzionali per lo sviluppo <strong>dei</strong><br />

due mascellari. Comunque, questi stu<strong>di</strong> non hanno, in effetti, mai considerato, come variabile <strong>di</strong>pendente, il rapporto<br />

<strong>di</strong>mensionale tra le due basi mascellari, ma esclusivamente la loro <strong>di</strong>mensione millimetrica in assoluto. Quin<strong>di</strong>, poiché<br />

il principale parametro clinico che viene considerato dall’ortodontista è, in effetti, il rapporto <strong>di</strong>mensionale tra le due<br />

basi (ovvero, la classe scheletrica), lo scopo del lavoro è stato quello <strong>di</strong> comparare tale rapporto (chiamato m-m ratio)<br />

tra un gruppo <strong>di</strong> crani antichi provenienti da un’area precisa dell’Italia Centrale (Opi, Abruzzo, un piccolo villaggio <strong>di</strong><br />

montagna geograficamente molto isolato) e risalenti all’epoca Romana ed un gruppo <strong>di</strong> viventi provenienti dalla stessa<br />

area.<br />

MATERIALI E METODI: Un campione <strong>di</strong> 40 soggetti viventi provenienti da Opi ed un egual numero <strong>di</strong> crani antichi<br />

(reperti antropologici) sono stati usati in questo stu<strong>di</strong>o.<br />

La lunghezza sul Piano Sagittale delle basi man<strong>di</strong>bolare e mascellare ed il rapporto mascella-man<strong>di</strong>bola (m-m ratio)<br />

sono stati calcolati e comparati tra I due gruppi.<br />

RISULTATI: L’m-m ratio è risultato significativamente più basso nel campione <strong>di</strong> soggetti viventi, rispetto ai crani<br />

antichi; questa <strong>di</strong>fferenza è stata associata alla minor <strong>di</strong>mensione della base mascellare (<strong>di</strong>fferenza statisticamente<br />

significativa), nei soggetti viventi, rispetto ai crani.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I nostri risultati sembrano affermare che variazioni filogenetiche sono avvenute,<br />

nella morfologia facciale dell’Homo Sapiens, anche durante gli ultimi due millenni; essi inoltre sembrano supportare<br />

l’ipotesi che la crescita dello scheletro sia fortemente modulata dalla “matrice funzionale” grazie alla quale un’unità<br />

morfologica si sviluppa (Moss, 1960, 1968).


EFFETTI DENTO-PARODONTALI DELL’ESPANSIONE RAPIDA MASCELLARE VALUTATI CON<br />

PROTOCOLLO TC.<br />

Lione R, Pavoni C, Righi M<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CI <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Università Degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor<br />

Vergata”, Prof. P Cozza<br />

OBIETTIVI: Scopo del nostro lavoro è stato quello <strong>di</strong> verificare gli effetti dento-parodontali dell’espansione rapida<br />

mascellare (RME) tramite protocollo TC a basso dosaggio.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 17 pazienti (7 M e 10 F) con età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 11.2 aa. Tutti<br />

presentavano contrazione trasversale dell’arcata superiore, morso crociato latero-posteriore, affollamento ed uno o<br />

entrambi i canini inclusi. Ad ogni paziente è stato applicato un espansore rapido tipo Butterfly ancorato a bande sui<br />

primi molari permanenti e attivato <strong>di</strong> due giri/<strong>di</strong>e per 14 gg. fino ad ottenere un espansione <strong>di</strong> 7 mm della vite centrale.<br />

Ogni soggetto è stato sottoposto ad un esame TC Dentascan dell’arcata mascellare prima dell’espansione (T0), alla fine<br />

della fase attiva (T1) e dopo un periodo <strong>di</strong> ritenzione <strong>di</strong> sei mesi (T2). E’ stato utilizzato un protocollo ra<strong>di</strong>ologico a<br />

basso dosaggio che ha permesso <strong>di</strong> ottenere una riduzione significativa della dose <strong>di</strong> raggi X somministrata al paziente e<br />

una buona risoluzione delle immagini. Sono state effettuate misurazioni millimetriche per visualizzare gli effetti dentoparodontali<br />

dell’RME, valutate statisticamente con il test Friedman-Anova per valori ripetuti con confronti post-hoc.<br />

RISULTATI: Si è ottenuta l’apertura della sutura palatino-me<strong>di</strong>ana in tutti i pazienti del gruppo campione. Alla fine<br />

della fase attiva (T1) si assiste ad un aumento statisticamente significativo del <strong>di</strong>ametro intermolare apicale (+4.4mm),<br />

mentre quello coronale non può essere valutato per l’interferenza del materiale metallico dell’espansore sull’immagine.<br />

Dopo sei mesi <strong>di</strong> ritenzione (T2) viene mantenuto il rapporto pre-trattamento tra l’ampiezza intermolare apicale e quella<br />

coronale con un incremento stabile <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ametri trasversali dentali.<br />

Nella valutazione <strong>dei</strong> cambiamenti tra T0 e T1 si osserva una riduzione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 0.4mm dello spessore dell’osso<br />

alveolare vestibolare in corrispondenza della ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong>stale e mesiale <strong>dei</strong> denti <strong>di</strong> ancoraggio; sul versante palatale non si<br />

verifica alcuna mo<strong>di</strong>ficazione significativa. Nella valutazione tra T1-T2 e T0-T2 l’osso alveolare vestibolare recupera il<br />

corretto spessore pre-trattamento e si assiste ad una significativa apposizione ossea (+ 0.6 mm) sul lato palatale per<br />

effetto del movimento traslatorio <strong>dei</strong> primi molari superiori.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Le forze ortope<strong>di</strong>che esercitate dall’espansore permettono <strong>di</strong> ottenere un<br />

incremento significativo delle ampiezze trasversali dentali senza causare danni permanenti alle strutture parodontali <strong>dei</strong><br />

denti <strong>di</strong> ancoraggio e senza la comparsa <strong>di</strong> <strong>dei</strong>escenze o fenestrazioni rilevabili all’esame TC.


EFFETTI SCHELETRICI DELL’RME A BREVE E A LUNGO TERMINE VALUTATI CON PROTOCOLLO<br />

TC IN SOGGETTI IN CRESCITA.<br />

Lione R, Giuntini V, Fanucci E<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CI <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Università Degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor<br />

Vergata”, Prof. P Cozza<br />

OBIETTIVI: Scopo del nostro lavoro è stato quello <strong>di</strong> utilizzare un protocollo TC a basso dosaggio e scansioni assiali<br />

per valutare gli effetti imme<strong>di</strong>ati e a <strong>di</strong>stanza dell’espansione rapida mascellare (RME) sulla sutura palatino-me<strong>di</strong>ana e<br />

sui processi pterigoi<strong>dei</strong>.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 17 pazienti (7 M e 10 F) con età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 11.2 aa. Tutti<br />

presentavano contrazione trasversale dell’arcata superiore, morso crociato latero-posteriore, affollamento ed uno o<br />

entrambi i canini inclusi. Ad ogni paziente è stato applicato un espansore rapido tipo Butterfly ancorato a bande sui<br />

primi molari permanenti e attivato <strong>di</strong> due giri/<strong>di</strong>e per 14 gg. fino ad ottenere un espansione <strong>di</strong> 7 mm della vite centrale.<br />

Ogni soggetto è stato sottoposto ad un esame TC Dentascan dell’arcata mascellare prima dell’espansione (T0), alla fine<br />

della fase attiva (T1) e dopo un periodo <strong>di</strong> ritenzione <strong>di</strong> sei mesi (T2). E’ stato utilizzato un protocollo ra<strong>di</strong>ologico a<br />

basso dosaggio che ha permesso <strong>di</strong> ottenere una riduzione significativa della dose <strong>di</strong> raggi X somministrata al paziente e<br />

una buona risoluzione delle immagini. Sono state effettuate misurazioni millimetriche per visualizzare gli effetti sulla<br />

sutura palatino-me<strong>di</strong>ana e sui processi pterigoi<strong>dei</strong> dell’RME, valutate statisticamente con il test Friedman-Anova per<br />

valori ripetuti con confronti post-hoc.<br />

RISULTATI: Si è ottenuta l’apertura della sutura palatino-me<strong>di</strong>ana in tutti i pazienti del gruppo campione. Nella<br />

valutazione <strong>dei</strong> cambiamenti tra il tempo T0 e T1 si osserva una <strong>di</strong>sgiunzione <strong>dei</strong> due emimascellari decrescente in<br />

senso antero-posteriore pari a 3.01 mm, 2.17 mm ed 1.15 mm rispettivamente in corrispondenza <strong>dei</strong> tre punti <strong>di</strong><br />

osservazione anteriore, me<strong>di</strong>o e posteriore. L’entità dell’espansione ottenuta posteriormente è pari al 40% <strong>di</strong> quella<br />

ottenuta anteriormente. A fine fase attiva (T1) i processi pterigoi<strong>dei</strong> vengono <strong>di</strong>slocati lateralmente <strong>di</strong> circa 1.12 mm.<br />

Dopo un periodo <strong>di</strong> ritenzione <strong>di</strong> sei mesi (T2) la sutura si mostra completamente riossificata e riorganizzata; non si<br />

osserva alcuna reci<strong>di</strong>va statisticamente significativa del <strong>di</strong>ametro trasversale compreso tra i processi pterigoi<strong>dei</strong>.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’RME permette <strong>di</strong> ripristinare la coor<strong>di</strong>nazione tra le arcate attraverso una reale<br />

neoapposizione ossea in corrispondenza della sutura palatino-me<strong>di</strong>ana <strong>di</strong>sgiunta. Dopo sei mesi <strong>di</strong> ritenzione la sutura<br />

appare riossificata e riorganizzata. I processi pterigoi<strong>dei</strong> vengono resi più <strong>di</strong>vergenti dalle forze ortope<strong>di</strong>che in maniera<br />

stabile anche nel controllo a <strong>di</strong>stanza.


ESPANSORE RAPIDO DEL MASCELLARE SUPERIORE: VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA IN UN<br />

GRUPPO DI SOGGETTI IN ETÁ EVOLUTIVA.<br />

Mazzucchelli L., Sonzogni C.*, Crosetto F., Illuzzi M., Mushtaq S., Malerba A., Strohmenger L.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia e<br />

Otorinolaringoiatria; Ospedale San Paolo – Milano<br />

Scopo del lavoro: in<strong>di</strong>viduare la fascia d’età in cui si ottengano i maggiori effetti terapeutici dal trattamento con<br />

espansore rapido del palato, dopo avere analizzato le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> risposta alla terapia stessa tra soggetti in età evolutiva<br />

appartenenti a 2 <strong>di</strong>verse fasce d’età.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: a partire da tutti i pazienti da noi sottoposti a trattamento con espansore rapido del palato, abbiamo<br />

selezionato un campione <strong>di</strong> 16 soggetti, che è stato a sua volta <strong>di</strong>viso in due <strong>di</strong>stinte classi d’età: 8 soggetti tra i 5 e gli 8<br />

anni e 8 soggetti tra i 9 ed i 12 anni. A tutti sono state rilevate impronte in alginato al tempo T0 (pre-espansione) ed al<br />

tempo T1 (dopo 6 mesi <strong>di</strong> contenzione tramite espansore bloccato); sui modelli così ottenuti sono state effettuate due<br />

misurazioni <strong>di</strong> tipo dentale: l’ampiezza intermolare e l’ampiezza intercanina, prendendo a riferimento i punti palatini<br />

più interni del margine gengivale, rispettivamente, <strong>dei</strong> sesti superiori (o <strong>dei</strong> quinti decidui per i soggetti più giovani) e<br />

<strong>dei</strong> canini decidui. Per entrambe le misurazioni, si è calcolata l’entità <strong>di</strong> espansione effettivamente ottenuta, in rapporto<br />

ai millimetri d’espansione materialmente impressi tramite la vite centrale dell’espansore.<br />

Risultati: abbiamo rilevato un maggior numero <strong>di</strong> successi considerabili pieni nei soggetti più giovani (gruppo 5-8<br />

anni), in quanto l’entità d’aumento della <strong>di</strong>stanza 6°-6° tendeva più frequentemente, in questo gruppo, ad eguagliare<br />

l’entità d’espansione materialmente impressa alla vite; per quanto riguarda l’ampiezza intercanina abbiamo registrato un<br />

aumento variabile dal 10 al 64% rispetto al totale d’espansione prescritto, trovando risultati peggiori sempre nei pazienti<br />

più gran<strong>di</strong> (gruppo 9-12 anni).<br />

Conclusioni: il presente stu<strong>di</strong>o ha confermato ulteriormente quanto riba<strong>di</strong>to in letteratura, cioè che un trattamento più<br />

precoce (sotto gli 8-9 anni) è assolutamente più efficace, in quanto permetterà <strong>di</strong> ottenere un buon successo clinico;<br />

inoltre, arrecherà probabilmente minore <strong>di</strong>sagio al paziente dal momento che, data la maggiore lassità della sutura<br />

palatina me<strong>di</strong>ana durante quest’età, si attuerà un’espansione maggiormente fisiologica. In virtù <strong>dei</strong> risultati analizzati<br />

riguardo all’ampiezza intercanina, possiamo ipotizzare una maggiore utilità in caso si utilizzi un espansore a 4 bande,<br />

nei soggetti ove si voglia ottenere un maggiore aumento <strong>di</strong> spazio nella zona incisivo-canina.


LA PERCEZIONE DELL’ESTETICA FACCIALE TRA GLI ORTODONTISTI ITALIANI.<br />

Di Giandomenico D., Chimenti C.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila – Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche – Insegnamento <strong>di</strong> Ortogantodonzia: Prof. C.<br />

Chimenti<br />

OBIETTIVI: Valutare come gli ortodontisti italiani percepiscono l’estetica facciale.<br />

MATERIALI E METODI: Sono state effettuate foto del profilo ( con e senza sorriso ), frontali ( con e senza sorriso )<br />

e foto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> sorriso.<br />

Le foto sono state mo<strong>di</strong>ficate utilizzando il programma Adobe Photoshop:<br />

1. Per valutare la <strong>di</strong>vergenza sul piano frontale, le foto sono stare mo<strong>di</strong>ficate aumentando e <strong>di</strong>minuendo la lunghezza<br />

del terzo inferiore del viso <strong>di</strong> circa 1 cm.<br />

2. Per valutare la <strong>di</strong>vergenza sul piano sagittale, è stata aumentata e <strong>di</strong>minuita la lunghezza del terzo inferiore <strong>di</strong> 1 cm.<br />

3. Per valutare la sagittalità, è stata mo<strong>di</strong>ficata la posizione della man<strong>di</strong>bola facendola avanzare e arretrare in entrambi i<br />

casi <strong>di</strong> 1 cm.<br />

4. Per valutare la simmetria, si è effettuata l’inversione della metà destra e della metà sinistra del viso nelle foto frontali.<br />

5. Per valutare l’impatto del sorriso, è stato sostituito il sorriso originale con uno <strong>di</strong>verso.<br />

6. Per valutare come cambia l’estetica del viso a seconda del colore degli occhi, si è mo<strong>di</strong>ficato il colore degli occhi<br />

nelle foto frontali.<br />

7. Per valutare la gradevolezza <strong>dei</strong> vari tipi <strong>di</strong> sorrisi ne sono stati selezionati 10.<br />

È stato, quin<strong>di</strong>, elaborato un questionario da sottoporre a ortodontisti italiani provenienti da <strong>di</strong>fferenti scuole<br />

ortodontiche.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I risultati che emergono dall’elaborazione del questionario saranno importanti<br />

per evidenziare se c’è unanimità nella valutazione <strong>dei</strong> parametri estetici.


FLUIDO GENGIVO-CREVICOLARE E MARKERS BIO-MOLECOLARI NEL MOVIMENTO<br />

ORTODONTICO.<br />

Tremolati M, Ferrantino L, Zanoni D, Cossellu G, Galbiati G, Martin C;<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche,della Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Dir. Prof.<br />

Santoro F; Scuola <strong>di</strong> specializzazione in Ortognatodonzia, Dir. Prof. Farronato G; Faculdad de Odontologia de la<br />

Universidad Complutense de Madrid.<br />

INTRODUZIONE Questa revisione della letteratura ha lo scopo <strong>di</strong> valutare gli stu<strong>di</strong> sui mar-kers nel fluido<br />

crevicolare durante il trattamento ortodontico, riassumendo i loro cambiamenti e le loro implicazioni cliniche. La non<br />

invasività del proce<strong>di</strong>mento (inserimento <strong>di</strong> coni assorbenti <strong>di</strong> carta a livello del solco gengivale) e la possibilità <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenziare vari tipi d’infiammazione (analisi con ELISA) rendono lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> markers crevicolari un possibile<br />

strumento per il futuro dell’Ortodonzia Clinica.<br />

OBIETTIVI<br />

1.Valutare i <strong>di</strong>fferenti meto<strong>di</strong> per collezionare il fluido crevicolare, i loro problemi e qualità<br />

2.Identificare quali markers abbiano un ruolo nel movimento dentario.<br />

3.Verificare l’esistenza <strong>di</strong> una relazione <strong>dei</strong> markers fra zone <strong>di</strong> tensione e <strong>di</strong> compressione.<br />

4.Identificare le <strong>di</strong>fferenze riscontrabili nel fluido crevicolare nei gruppi <strong>di</strong> adolescenti ed adulti.<br />

MATERIALI E METODI Le ricerche sono state effettuate nei data base chiave (Pubmed, Medline, Embase,<br />

Cochrane Library e Scopus) utilizzando i Mesh Terms: Orthodontic, Tooth movement e Crevicular Fluid. Ai 120<br />

articoli analizzati sono stati applicati rigorosi criteri d’es-clusione e selezione che hanno ridotto gli articoli stu<strong>di</strong>ati a 39.<br />

I Risultati sono stati estratti e <strong>di</strong>-visi in tre categorie: Meccaniche ortodontiche, Meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> dosaggio e prelievo del fluido<br />

crevico-lare e Misurazione delle citochine. Gli errori sistematici sono stati minimizzati con l’uso del QUORUM<br />

statement, un protocollo prestabilito per selezionare gli stu<strong>di</strong> con un approccio siste-matico. RISULTATI Risulta facile<br />

capire che il metodo più produttivo per campionare il fluido crevicolare sia quello delle “paper strips”, per la quantità <strong>di</strong><br />

fluido collezionato e per la sua faci-lità <strong>di</strong> utilizzo. Molti markers potrebbero giocare un ruolo nel movimento dentario:<br />

RANK-L/ OPG, IL-1β, IL-6, TNF-α e PGE2 sicuramente rivestono un’importante posizione; ma anche al-tre molecole<br />

come ALP, IL-8, OC e LDH potrebbero essere fondamentali. RANK-L/OPG, GM-CSF e IL-6 raggiungono valori<br />

considerevoli nel gruppo giovanile, mentre IL-1β e IL-8 sembra-no più espressi negli adulti. DISCUSSIONI E<br />

CONCLUSIONI Si è riscontrata, però, una significativa eterogeneità nei risultati ottenuti dalla classificazione degli<br />

stu<strong>di</strong> effettuata, dovuta allo scarso numero <strong>di</strong> campioni e alla <strong>di</strong>fficile ripetibilità del test. Un protocollo rifinito, che<br />

spieghi come ricercare in questo campo potrebbe portare agli stu<strong>di</strong>osi uno strumento utile per scoprire tutte le possibilità<br />

ed applicazioni <strong>di</strong> questo fluido, che potrebbe realmente cambiare le nostre prospettive ed obiettivi per quanto riguarda<br />

la materia ortodontica.


VALUTAZIONE DELLE FORME D'ARCATA DI 197 PAZIENTI MEDIANTE L'ESAME DEI MODELLI.<br />

Ferrantino L., Pasciuti E., Tremolati M., Alesina L., Ghezzi L., Zanoni D.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: Prof. F.<br />

Santoro. Scuola <strong>di</strong> specializzazione in ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore: Prof. G. Farronato<br />

OBIETTIVI: Obiettivo del lavoro è effettuare un'indagine statistica <strong>di</strong> tipo epidemiologico delle forme d'arcata della<br />

popolazione italiana in dentizione permanente. Statistiche <strong>di</strong> questo tipo sono utili per l'organizzazione razionale<br />

ergonomica <strong>di</strong> qualsiasi reparto o stu<strong>di</strong>o odontoiatrico.<br />

MATERIALI E METODI: La statistica è stata condotta basandosi sui modelli stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 197 pazienti (112 femmine e 85<br />

maschi), <strong>di</strong> un range <strong>di</strong> età tra i 14 e i 64 anni, tutti a fine della permuta dentaria. Sui modelli stu<strong>di</strong>o sono stati valutati<br />

la classe dentaria, l'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Bolton (rapporto tra i <strong>di</strong>ametri mesio-<strong>di</strong>stali <strong>dei</strong> denti dell'arcata inferiore e quelli<br />

dell'arcata superiore) e <strong>di</strong> Pont (rapporto tra la misura lineare del gruppo frontale superiore e l'ampiezza della maxilla).<br />

Sono stati inoltre utilizzati template (3M TM ) trasparenti per classificare le arcate inferiori come Orthoform I (Tapered),<br />

Orthoform II (Square) e Orthoform III (Ovoid).<br />

RISULTATI: Dall'analisi statistica sono stati ricavati i seguenti dati: nel campione sono presenti 67 I classi (34%), 110<br />

II classi (56%) e 20 III classi (10%). L'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Bolton è stato valutato sia per il settore frontale (me<strong>di</strong>a 0,76; deviazione<br />

standard 0,09) sia per l'intera arcata fino al primo molare (me<strong>di</strong>a 0,91; deviazione standard 0,05). L'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Pont è<br />

stato calcolato utilizzando al denominatore sia la <strong>di</strong>stanza intercanina (me<strong>di</strong>a 0,83; deviazione standard 0,07), sia la<br />

<strong>di</strong>stanza interpremolare (me<strong>di</strong>a 0,70; deviazione standard 0,06), sia la <strong>di</strong>stanza intermolare (me<strong>di</strong>a 0,55; deviazione<br />

standard 0,04). La classificazione della forma dell'arcata inferiore utilizzando i template ha dato come risultati: 73<br />

Ovoid (37%), 46 Square (23%), 78 Tapered (40%).<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Confrontando i dati ottenuti con i valori presenti in letteratura si è notato che le<br />

percentuali delle forme d'arcata riscontrate nel nostro campione <strong>di</strong> popolazione si <strong>di</strong>scostano per una elevata presenza <strong>di</strong><br />

arcate tipo Orthoform I (40%); in altre parole abbiamo una maggiore presenza <strong>di</strong> arcate affusolate. Per quanto riguarda<br />

l'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Bolton, la <strong>di</strong>stinzione fra la valutazione del settore frontale e dell'arcata intera mostra come ci sia una<br />

maggiore variazione interin<strong>di</strong>viduale quando vengono considerati i <strong>di</strong>ametri mesio<strong>di</strong>stali del gruppo frontale<br />

(deviazione standard 0.09). I dati su in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Pont e forme d'arcata possono essere utili punti <strong>di</strong> partenza per stu<strong>di</strong><br />

successivi e per la creazione <strong>di</strong> database epidemiologici. Un'analisi statistica <strong>dei</strong> dati ottenuti effettuata me<strong>di</strong>ante<br />

l'incrocio <strong>dei</strong> valori reperiti dall'esame <strong>dei</strong> modelli potrebbe in<strong>di</strong>care eventuali ulteriori correlazioni tra <strong>di</strong>mensioni <strong>dei</strong><br />

denti e caratteristiche <strong>di</strong> forma e <strong>di</strong>mensione della maxilla.


ANALISI DELLA FORZA DI ATTRITO IN VITRO: EFFETTO DELL’APPOSIZIONE DI LEGATURE<br />

CONVENZIONALI SU BRACKETS SELF-LIGATING<br />

Rozzi M, Ricchiuti MR, Cozza P<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CI <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”,<br />

Prof P Cozza<br />

OBIETTIVI: scopo del lavoro è stato quello <strong>di</strong> analizzare la Resistenza allo Scorrimento dell’arco ortodontico<br />

attraverso brackets self-ligating e <strong>di</strong> confrontarla con quella misurata con l’utilizzo <strong>di</strong> legature convenzionali applicate<br />

sia su brackets convenzionali che su autoleganti.<br />

MATERIALI E METODI: sono stati utilizzati: 4 modelli <strong>di</strong> brackets (Time3, InOvationR, Damon 3MX, Standard<br />

Boston), legature convenzionali metalliche ed elastiche, 3 sezioni <strong>di</strong> archi ortodontici in acciaio SS (.016x.022,<br />

.017x.025, .019x.025). Per ogni tipologia <strong>di</strong> attacco il test campione si è composto <strong>di</strong> due brackets premolari ed un tubo<br />

molare montati su una basetta in plexiglass in perfetto allineamento tale da consentire il successivo ingaggio del filo<br />

ortodontico negli slots. I campioni sono stati sottoposti ad un test <strong>di</strong> scorrimento tra filo ortodontico e brackets per<br />

mezzo <strong>di</strong> una Instron Machine mod. 3340. Per ogni combinazione bracket/arco/legatura il test è stato ripetuto 10 volte<br />

per un totale <strong>di</strong> 330 tests.<br />

L’analisi statistica è stata eseguita attraverso i tests <strong>di</strong> varianza ANOVA ad unica e doppia via; il Post-Hoc Test è stato<br />

effettuato utilizzando il Test HSD <strong>di</strong> Tukey.<br />

RISULTATI: l’analisi <strong>dei</strong> risultati evidenzia che la Forza d’Attrito aumenta per sezioni <strong>di</strong> filo maggiori; i meccanismi<br />

<strong>di</strong> ingaggio autoleganti fanno registrare valori <strong>di</strong> Attrito minori rispetto a quelli che si evidenziano con l’uso <strong>di</strong> legature<br />

metalliche o elastiche applicate sia sui brackets self-ligating che su quelli convenzionali. I brackets Damon 3MX in<br />

associazione con legature convenzionali mostrano livelli <strong>di</strong> Attrito inferiori rispetto agli attacchi standard ad eccezione<br />

della combinazione arco .019x.25 / legatura metallica. I brackets InOvationR in associazione con archi .017x.025,<br />

.019x.025 / legatura elastica o con archi .016x.022 / legatura metallica evidenziano valori <strong>di</strong> Attrito paragonabili a quelli<br />

degli attacchi convenzionali mentre sono stati evidenziati valori maggiori per la combinazione arco .017x.025 o<br />

.019x.025 / legatura metallica. I brackets Time3 hanno mostrato valori <strong>di</strong> Resistenza allo Scorrimento costantemente<br />

maggiori rispetto a quelli prodotti dai brackets standard se utilizzati nella combinazione arco <strong>di</strong> sezione .017x.025 o<br />

.019x.025 / legatura metallica.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’apposizione <strong>di</strong> legature metalliche o elastiche su brackets self-ligating provoca<br />

un aumento della Resistenza allo Scorrimento rendendola paragonabile o superiore a quella riscontrata con l’utilizzo<br />

delle medesime legature in associazione con brackets convenzionali.


ANALISI KINESIOGRAFICA DI PAZIENTI CON APPARECCHIATURA DI HERBST<br />

Vigano V., Della Moretta D., Pisoni L., Soragni F., Dickers C.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Dir:Prof.G.Farronato<br />

OBIETTIVI: con questo lavoro si vogliono presentare i risultati preliminari ottenuti dall’analisi kinesiografica <strong>di</strong><br />

pazienti sottoposti a trattamento con apparecchiatura <strong>di</strong> Herbst.<br />

MATERIALI E METODI: per questa ricerca è stato utilizzato l’elettrokinesiografo K6-I (Myotronics- Noromed).<br />

Sono stati considerati 5 pazienti, selezionati da un campione <strong>di</strong> 15, in quanto arrivati a fine trattamento. Il protocollo<br />

prevede un’analisi della kinesiologia man<strong>di</strong>bolare prima del trattamento, dopo la cementazione dell’apparecchiatura, in<br />

controlli perio<strong>di</strong>ci e a fine terapia. Nei controlli viene effettuata u n’acquisizione con l’apparecchio in situ ed una senza<br />

i sistemi telescopici, mentre a fine trattamento l’esame viene svolto dopo la rimozione completa dell’apparecchiatura.<br />

Ogni acquisizione prevede <strong>di</strong>verse prove: 1) tre cicli <strong>di</strong> massima apertura e chiusura, 2) massima apertura e chiusura in<br />

massima velocità,<br />

3) movimenti limite in apertura, lateralità e protrusione.<br />

RISULTATI: confrontando le acquisizioni a inizio e fine trattamento si notano un aumento della componente sagittale<br />

durante il movimento <strong>di</strong> massima apertura, un incremento della protrusiva, ed una riduzione della lateralità.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: l’aumento della componente sagittale rispecchia l’avvenuta crescita con<strong>di</strong>lare e lo<br />

spostamento dento-alveolare. La riduzione della lateralità si può attribuire probabilmente alla ridotta escursione laterale<br />

permessa dall’apparecchiatura durante il trattamento.


DISPOSITIVI HERBST MODIFICATI CON SISTEMI TELESCOPICI CILINDRO – PISTONE.<br />

Toma L., Passaler G. , Pasciuti E., Soragni F., Tavecchia G.,Viganò V.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano , Dipartimento <strong>di</strong> Ortognatodonzia<br />

INTRODUZIONE: Presentato per la prima volta nel 1905, ma lentamente caduto in <strong>di</strong>suso, l’apparecchio <strong>di</strong> Herbst<br />

ritornò prepotentemente alla ribalta negli anni 70, quando H. Pancherz richiamò l’attenzione sulle possibilità <strong>di</strong><br />

stimolare la crescita man<strong>di</strong>bolare per mezzo <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>spositivo. Negli ultimi anni la meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> trattamento secondo<br />

Herbst ha riscosso crescente interesse, tanto è vero che <strong>di</strong>versi Autori hanno proposto mo<strong>di</strong>fiche personali<br />

all’apparecchiatura per migliorarne l’efficienza e la gestione clinica. MATERIALI E METODI: Recemente sono state<br />

introdotte sul mercato due nuove rivisitazioni dell’iniziale <strong>di</strong>segno dell’apparecchiatura <strong>di</strong> Herbst: l’HTH e l’Herbst<br />

Miniscope. L’Hanks Telescopic Herbst Appliance (HTH, <strong>di</strong>stribuito dalla Micerium) è un Herbst con un sistema<br />

telescopico cilindro – pistone, preassemblato in un unico pezzo. L’HTH è costituito da due bande superiori e due bande<br />

inferiori sui primi molari, da due sistemi telescopici, da due bracci <strong>di</strong> sostegno e da 4 giunti per fissare il sistema<br />

telescopico alle bande. Il sistema telescopico è formato da due cilindri, uno esterno e uno interno, e da un pistone che<br />

scorrono l’uno dentro l’altro, come in una canna da pesca. L’Herbst Miniscope, oltre ad essere dotato <strong>di</strong> unità<br />

telescopiche, è fornito <strong>di</strong> occhielli alle estremità che gli permettono <strong>di</strong> sostituire sia gli Herbst standard che i <strong>di</strong>spositivi<br />

HTH. L’HTH e il Miniscope possono essere utilizzati associati alle classiche bande, anche se è preferibile l’utilizzo in<br />

combinazione con le Rollo Band (Micerium). La Rollo Band è un ibrido tra una corona parziale e una banda, in quanto<br />

presenta una porzione occlusale che ne aumenta, rispetto ad una banda tra<strong>di</strong>zionale, la rigi<strong>di</strong>tà e la resistenza.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Nonostante i notevoli risultati ottenibili con l’Herbst, tale apparecchiatura è da<br />

sempre stata oggetto <strong>di</strong> numerose critiche, sia per i frequenti <strong>di</strong>sassemblaggi <strong>dei</strong> suoi componenti che per i <strong>di</strong>sagi<br />

causati al paziente. Oggi, grazie ai nuovi <strong>di</strong>spositivi telescopici HTH ed Herbst Miniscope, si sono ottenuti <strong>dei</strong><br />

miglioramenti fondamentali con ottimi vantaggi clinici. Herbst Miniscope e HTH con sistema telescopico<br />

monocomponente garantiscono infatti un maggior confort per il paziente, sia per il sofisticato sistema che ne impe<strong>di</strong>sce<br />

il <strong>di</strong>sassemblaggio <strong>dei</strong> componenti, riducendo il rischio <strong>di</strong> lesioni mucose, che per una migliore libertà <strong>dei</strong> movimenti <strong>di</strong><br />

escursione laterale dovuti all’efficienza del meccanismo <strong>di</strong> snodo. L’uso della Rollo Band, inoltre, ha apportato al<br />

sistema una maggior resistenza e rigi<strong>di</strong>tà, fornendo una forza <strong>di</strong> ancoraggio simile a una corona ma con la versatilità <strong>di</strong><br />

una banda. Il nuovo design del sistema telescopico e l’uso delle Rollo Band ha permesso una notevole rivalutazione <strong>di</strong><br />

tale <strong>di</strong>spositivo ortope<strong>di</strong>co e quin<strong>di</strong> un più agevole e frequente utilizzo dell’apparecchiatura <strong>di</strong> Herbst nel trattamento<br />

delle II Classi man<strong>di</strong>bolari nella fase finale <strong>di</strong> crescita, ottenendo risultati terapeutici consistenti con minori <strong>di</strong>sagi per il<br />

paziente.


UTILIZZO DELL’HERBST MINISCOPE NEL CONTESTO DEL TRATTAMENTO<br />

ORTOGNATODONTICO<br />

Soragni F., Della Moretta D., Pisoni L., ViganòV., Dickers C.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Dir:Prof.G.Farronato<br />

OBIETTIVI: lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è descrivere il protocollo <strong>di</strong> applicazione dell’apparecchiatura <strong>di</strong> Herbst in uso<br />

presso il reparto <strong>di</strong> ortognatodonzia della clinica odontoiatrica <strong>di</strong> Milano ICP.<br />

MATERIALI E METODI: il tipo <strong>di</strong> apparecchio utilizzato è il Miniscope prodotto dalla Micerium, costruito<br />

utilizzando quattro bande, due superiori e due inferiori da cementare a livello <strong>dei</strong> primi molari, e due pistoni propulsori<br />

telescopici. Il principio telescopico si basa sullo scorrimento <strong>di</strong> due cilindri, uno all’interno dell’altro, costruiti per non<br />

permetterne l’uscita, riducendo le complicanze che si presentano con l’Herbst tra<strong>di</strong>zionale. Grazie alla lunghezza <strong>dei</strong><br />

pistoni non viene limitata l’ampiezza <strong>di</strong> apertura della bocca. Il primo appuntamento prevede l’applicazione degli<br />

elastici separatori e dopo una settimana si procede con la prova bande. Durante la stessa seduta si rilevano le impronte e<br />

il morso <strong>di</strong> costruzione in cera con un avanzamento man<strong>di</strong>bolare tale da consentire la correzione sul piano sagittale. Il<br />

laboratorio finalizza l’apparecchiatura. A questo punto l’Herbst è pronto per essere cementato. La terapia ha una durata<br />

<strong>di</strong> circa un anno. E’in<strong>di</strong>cata in soggetti in fase post-adolescenziale caratterizzati da una seconda classe scheletrica,<br />

soprattutto se respiratori orali o non collaboranti.<br />

RISULTATI: al termine della terapia si ottiene generalmente una ipercorrezione della relazione sagittale tra le arcate<br />

dentarie. È necessario quin<strong>di</strong> un periodo <strong>di</strong> contenzione attiva o una fase <strong>di</strong> terapia ortodontica fissa tra<strong>di</strong>zionale per la<br />

finalizzazione ortodontica del caso.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’apparecchiatura <strong>di</strong> Herbst è risultata essere molto utile nel contesto del<br />

trattamento ortognatodontico poiché permette la correzione <strong>di</strong> tali quadri <strong>di</strong>sgnatici anche dopo il picco <strong>di</strong> crescita.


TRATTAMENTO PREVENTIVO DELLA II CLASSE COMPLESSA IN UN PAZIENTE IN ETÀ<br />

EVOLUTIVA: CASE REPORT.<br />

Gemma R*, Pacifici E, Campanella S, Coloni C, Fidato R.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir.: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

OBIETTIVI: Scopo del lavoro è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire l’incidenza <strong>di</strong> lesioni traumatiche eliminando i fattori <strong>di</strong> rischio<br />

quale l’aumento dell’overjet con un trattamento ortodontico precoce in un paziente poco collaborante e con un DMFT<br />

elevato.<br />

MATERIALI E METODI: La terapia del paziente ha previsto una prima fase con l’utilizzo <strong>di</strong> un lip-bumber<br />

nell’arcata inferiore per allontanare il labbro e <strong>di</strong> una placca con vite centrale <strong>di</strong> espansione ed arco vestibolare per<br />

lingualizzare gli incisivi superiori nell’arcata superiore.<br />

La seconda fase <strong>di</strong> terapia ha previsto l’applicazione <strong>di</strong> un Frankel <strong>di</strong> tipo 2.<br />

L’utilizzo <strong>di</strong> apparecchi removibili ha permesso <strong>di</strong> non influire negativamente sull’igiene orale del paziente altresì non<br />

ha interferito con il normale iter terapeutico <strong>di</strong> tipo conservativo e/o endodontico.<br />

RISULTATI: a seguito <strong>di</strong> questa seconda fase abbiamo ottenuto la correzione dell’overjet ed overbite e della classe<br />

dentale. A fine permuta si procederà ad un trattamento ortodontico <strong>di</strong> tipo fisso per una rifinitura dell’occlusione.


IMMAGINI 3D : APPLICAZIONI IN ORTOGNATODONZIA<br />

Rossini G., Gentile A., Barbato E.<br />

“Sapienza” Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma , I Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia<br />

Scuole <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: E. Barbato<br />

INTRODUZIONE – La <strong>di</strong>agnosi ortodontica ed i movimenti dentoalveolari applicati allo scopo <strong>di</strong> risolvere le<br />

malocclusioni per anni sono stati eseguiti basandosi su immagini fotografiche e ra<strong>di</strong>ologiche bi<strong>di</strong>mensionali. Il<br />

trattamento delle malocclusioni richiede altresì l’applicazione <strong>di</strong> forze che agiscono nei tre piani dello spazio:<br />

trasversale, sagittale e verticale. La telera<strong>di</strong>ografia del cranio in proiezione latero-laterale e postero-anteriore,<br />

l’ortopanoramica, le ra<strong>di</strong>ografie occlusali e periapicali sono solo alcune delle indagini ra<strong>di</strong>ografiche 2D che vengono<br />

utilizzate dal clinico per la <strong>di</strong>agnosi e la stesura del piano <strong>di</strong> trattamento ortodontico. Nonostante abbiano rappresentato<br />

fino ad oggi i mezzi elettivi della <strong>di</strong>agnostica ra<strong>di</strong>ologica, le informazioni che si ottengono dalle immagini 2D non sono<br />

sicure e dettagliate e pongono <strong>dei</strong> limiti alla pianificazione <strong>di</strong> un corretto iter terapeutico. Le immagini ra<strong>di</strong>ografiche<br />

tri<strong>di</strong>mensionali <strong>di</strong> nuova generazione consentono <strong>di</strong> ottenere informazioni più chiare e precise riguardo al <strong>di</strong>stretto<br />

dento-maxillo-facciale, permettendo <strong>di</strong> impostare un piano <strong>di</strong> trattamento in maniera più precisa e sicura.<br />

OBIETTIVI - Descrivere i <strong>di</strong>versi utilizzi delle immagini ra<strong>di</strong>ografiche 3D in ortodonzia, ponendo enfasi sui recenti ed<br />

assai utili campi <strong>di</strong> applicazione, al fine <strong>di</strong> puntualizzare il ruolo ed i vantaggi <strong>di</strong> tali indagini sia nella <strong>di</strong>agnostica<br />

ortodontica, che ai fini prognostici e terapeutici.<br />

MATERIALI E METODI – Viene eseguita una revisione della recente letteratura che prende in<br />

esame le caratteristiche tecniche e ra<strong>di</strong>ologiche ed i vari impieghi della 3D in ortodonzia. Vengono<br />

approfon<strong>di</strong>ti i <strong>di</strong>fferenti campi <strong>di</strong> applicazione nelle quali tale indagine risulta <strong>di</strong>rimenti ai fini<br />

<strong>di</strong>agnostici, prognostici e terapeutici.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI – La letteratura scientifica internazionale conferma l’ampio<br />

ambito <strong>di</strong> utilizzazione delle immagini tri<strong>di</strong>mensionali, in considerazione anche <strong>dei</strong> limitati dosaggi<br />

a tutt’oggi utilizzati. Me<strong>di</strong>ante tali indagini risulta possibile rilevare informazioni dettagliate su<br />

elementi dentali, tessuti ossei, tessuti molli, vie aeree e relazioni spaziali esistenti tra le <strong>di</strong>verse<br />

strutture del <strong>di</strong>stretto maxillo-facciale. Risulta possibile approfon<strong>di</strong>re quadri clinici <strong>di</strong> inclusioni<br />

dentarie, riassorbimenti e fratture ra<strong>di</strong>colari, indagando su relazioni interra<strong>di</strong>colari e volumi ossei<br />

che sono <strong>di</strong> ausilio al posizionamento <strong>dei</strong> <strong>di</strong>spositivi temporanei <strong>di</strong> ancoraggio (TAD) o miniimpianti; <strong>di</strong>agnosticare<br />

quadri <strong>di</strong> asimmetrie scheletriche, con la possibilità <strong>di</strong> valutare le<br />

caratteristiche morfologiche <strong>di</strong> ogni singola struttura ossea e <strong>di</strong> eventuali cambiamenti degenerativi<br />

a carico dell’articolazione temporo-man<strong>di</strong>bolare. L’uso <strong>dei</strong> dati estrapolati dalle rielaborazioni 3D,<br />

eseguite ad esempio con il Cone-Beam CT, stanno cambiando sicuramente in modo sostanziale<br />

l’approccio <strong>di</strong>agnostico e l’impostazione terapeutica. L’introduzione <strong>di</strong> un’analisi cefalometrica eseguita sulle immagini<br />

3D completerà in modo essenziale e definitivo le modalità <strong>di</strong> utilizzo <strong>di</strong> tali procedure ra<strong>di</strong>ografiche in ambito<br />

ortognatodontico.


LE IMMAGINI 3D NELLA DIAGNOSTICA DELLE INCLUSIONI DENTARIE<br />

Rossini G., Gentile A., Barbato E.<br />

“Sapienza” Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma , I Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: E. Barbato<br />

INTRODUZIONE – Le inclusioni dentarie rappresentano uno stato patologico <strong>di</strong> sostanziale importanza sia in<br />

ortodonzia che nelle altre branche dell’odontoiatria, da un punto <strong>di</strong> vista sia estetico che funzionale. Il trattamento<br />

ortodontico atto a riportare in arcata l’elemento incluso non ha l’unico scopo <strong>di</strong> correggere l’allineamento delle arcate,<br />

ma anche quello <strong>di</strong> effettuare la correzione con il minor danno possibile sia per i denti che per le strutture <strong>di</strong> sostegno.<br />

Da ciò l’importanza dell’indagine ra<strong>di</strong>ografica nella valutazione della localizzazione e della natura <strong>di</strong> tali anomalie. Lo<br />

scopo <strong>di</strong> avere informazioni precise sulla posizione del dente incluso nei tre piani dello spazio, sui rapporti spaziali che<br />

esso ha con le ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> denti contigui, col canale man<strong>di</strong>bolare o con il seno mascellare, su eventuali anomalie <strong>di</strong> forma<br />

della corona e della/e ra<strong>di</strong>ce/i, è quello <strong>di</strong> poter impostare il piano <strong>di</strong> trattamento chirurgico e/o ortodontico più adeguato<br />

a seconda del caso. OBIETTIVI - Mettere a confronto le informazioni ottenute dalle ra<strong>di</strong>ografie bi<strong>di</strong>mensionali<br />

convenzionali (OPT, Rx endorali ed occlusali) con quelle offerte dalla TC 3D, allo scopo <strong>di</strong> valutare il ruolo ed i<br />

vantaggi delle immagini tri<strong>di</strong>mensionali nella <strong>di</strong>agnostica delle inclusioni dentarie e nell’impostazione <strong>di</strong> un corretto<br />

piano <strong>di</strong> trattamento.<br />

MATERIALI E METODI – Vengono approfon<strong>di</strong>ti casi complessi <strong>di</strong> inclusioni dentarie e selezionati a partire da un<br />

campione <strong>di</strong> soggetti in cura presso il reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia del Policlinico Umberto I <strong>di</strong> Roma. È stata<br />

inizialmente raccolta la documentazione ra<strong>di</strong>ografica convenzionale (OPT, telera<strong>di</strong>ografia LL, Rx endorali ed<br />

occlusali). Dove necessario è stato richiesto un approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>agnostico me<strong>di</strong>ante TC 3D. Gli esami sono stati<br />

eseguiti con tecnica volumetrica multistrato e rielaborazioni elettroniche de<strong>di</strong>cate Dentalscan. Per ogni caso descritto<br />

sono state messe a confronto le informazioni ottenute tramite le ra<strong>di</strong>ografie 2D e quelle fornite dalle immagini 3D. Si è<br />

così potuto valutare se i dettagli forniti dalla TC 3D aggiungono o meno informazioni che permettono <strong>di</strong> confermare o<br />

altrimenti <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare il piano terapeutico precedentemente impostato con l’ausilio delle sole immagini 2D.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI – In tutti i casi osservati la TC, in particolare nelle ricostruzioni tri<strong>di</strong>mensionali, ha<br />

fornito informazioni determinanti, più sicure e dettagliate rispetto alle ra<strong>di</strong>ografie bi<strong>di</strong>mensionali convenzionali circa il<br />

possibile riassorbimento ra<strong>di</strong>colare <strong>dei</strong> denti a<strong>di</strong>acenti all’elemento incluso o i rapporti <strong>di</strong> contiguità tra i denti inclusi e<br />

le strutture limitrofe, particolari non chiaramente visibili nelle ra<strong>di</strong>ografie periapicali, occlusali o panoramiche. Ha<br />

permesso così <strong>di</strong> impostare un piano <strong>di</strong> trattamento chirurgico e/o ortodontico in maniera più precisa e sicura. In alcuni<br />

casi l’esecuzione della TC ha consentito <strong>di</strong> inquadrare il contesto clinico-<strong>di</strong>agnostico, <strong>di</strong>fferenziando, altresì, la priorità<br />

nell’iter terapeutico, talvolta <strong>di</strong>scordante con quanto preliminarmente e clinicamente stabilito.


ASPETTI BIOMECCANICI NEL TRATTAMENTO DEGLI INCISIVI MASCELLARI DLACERATI.<br />

Mozzicato P, Germano F, Giancotti A.<br />

"Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata - U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S.G. Calibita Fatebenefratelli Isola<br />

Tiberina"<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è <strong>di</strong> descrivere un ideale approccio biomeccanico da eseguire in presenza <strong>di</strong><br />

pazienti in crescita che presentino in fase <strong>di</strong>agnostica l’inclusione con <strong>di</strong>lacerazione dell’incisivo centrale superiore.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati tre pazienti <strong>di</strong> 9 anni d’età, che presentavano all’esame clinico una<br />

dentizione mista precoce e l’inclusione con <strong>di</strong>lacerazione dell’incisivo centrale superiore. All’ esame strutturale ( Rx<br />

ortopantomografia, Rx telera<strong>di</strong>ografia del cranio in proiezione latero/laterale dx e Tc dentascan dell’arcata superiore) è<br />

risultato che tutti gli incisivi mascellari inclusi presentavano una severa inclinazione ra<strong>di</strong>colare in <strong>di</strong>rezione palatale ed<br />

una rotazione antioraria della corona rispetto al proprio asse lungo. Il piano <strong>di</strong> trattamento è stato <strong>di</strong> tipo combinato<br />

ortodontico-chirurgico. Prima <strong>di</strong> procedere con l’esposizione chirurgica, è stato <strong>di</strong>segnato e poi applicato un sistema<br />

d’ancoraggio fisso che rendesse possibile un migliore approccio biomeccanico. Il sistema d’ancoraggio era costituito da<br />

un’arco palatale saldato su bande cementate sui primi molari mascellari. Per garantire il massimo ancoraggio, sono stati<br />

aggiunti <strong>dei</strong> rest sui primi molari decidui. In corrispondenza dell’area dell’incisivo incluso è stata <strong>di</strong>segnata una closed<br />

loop a cui agganciare il filo <strong>di</strong> trazione. Per favorire un eruzione naturale dell’incisivo centrale <strong>di</strong>lacerato, la trazione<br />

ortodontica ha seguito il seguente schema biomeccanico:<br />

1. la Forza inizialmente è stata <strong>di</strong>retta sagittalmente<br />

2. successivamente la Forza <strong>di</strong> trazione è stata <strong>di</strong>retta verticalmente.<br />

RISULTATI: Al termine della trazione ortodontica, durata circa 6 mesi, gli incisivi impattati sono stati portati in una<br />

corretta posizione occlusale, rispettando i tessuti parodontali a<strong>di</strong>acenti. Gli esami ra<strong>di</strong>ografici al termine della trazione<br />

ortodontica, hanno evidenziato un lieve riassorbimento apicale dell’elemento incluso, del tutto compatibile con la<br />

morfologia sfavorevole dell’incisivo <strong>di</strong>lacerato. CONCLUSIONI: Questo approccio biomeccanico può essere<br />

considerato come un’opzione ideale e facilmente riproducibile in caso <strong>di</strong> incisivi centrali superiori inclusi con un grado<br />

severo <strong>di</strong> <strong>di</strong>lacerazione, in quanto in grado <strong>di</strong> favorire una naturale eruzione dell’elemento incluso.


ESPOSIZIONE CHIRURGICA DEL CANINO MASCELLARE INCLUSO: TECNICA APERTA<br />

Ricchiuti MR, Ballanti F, Muzzi F.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof. P.<br />

Cozza<br />

UOC <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> – Ospedale “S. Giovanni Calibita” Fatebenefratelli Isola Tiberina, Roma<br />

Direttore: Prof. C. Arcuri<br />

Introduzione: I canini mascellari, dopo i terzi molari man<strong>di</strong>bolari, sono gli elementi che più frequentemente vanno<br />

incontro ad inclusione. Il loro importante ruolo nella realizzazione <strong>di</strong> una corretta occlusione sia da un punto <strong>di</strong> vista<br />

funzionale che estetico ne giustifica la necessità del ripristino in arcata. Obiettivi: Scopo del presente lavoro è stato<br />

quello <strong>di</strong> analizzare l’esposizione chirurgica <strong>dei</strong> canini mascellari inclusi attraverso la tecnica a cielo aperto. Prima <strong>di</strong><br />

effettuare un intervento chirurgico <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinclusione e conseguentemente applicare una corretta <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> trazione è<br />

fondamentale conoscere la sede dell’inclusione al fine <strong>di</strong> valutare: la posizione vestibolo-palatale del canino impattato,<br />

la posizione verticale del dente rispetto alla giunzione muco-gengivale, la quantità <strong>di</strong> gengiva nell’area d’inclusione, i<br />

rapporti del dente incluso con gli elementi contigui. Materiali e meto<strong>di</strong>: La tecnica chirurgica aperta prevede<br />

l’esecuzione <strong>di</strong> un lembo a riposizionamento apicale nei casi <strong>di</strong> inclusione vestibolare in cui la corona del canino sia<br />

posizionata parzialmente o completamente al <strong>di</strong> sotto della linea muco-gengivale, mesialmente e sopra la ra<strong>di</strong>ce<br />

dell’incisivo laterale e lo spessore della gengiva sovrastante la corona sia insufficiente. Allo scollamento del lembo<br />

paramarginale trapezoidale a tutto spessore, segue la rimozione dell’osso alveolare con esposizione <strong>di</strong> circa due terzi<br />

della corona del canino incluso; il lembo viene quin<strong>di</strong> riposizionato apicalmente e suturato al periostio, coprendo la<br />

giunzione amelo-cementizia e lasciando libera una porzione della superficie coronale per l’applicazione del bracket. La<br />

tecnica aperta può prevedere l’opercolizzazione quando la corona del canino sia posizionata completamente o<br />

parzialmente al <strong>di</strong> sotto della linea muco-gengivale, qualora sia presente gengiva cheratinizzata spessa, o qualora il<br />

canino si trovi in posizione submucosa o intraossea superficiale sul versante palatale. Tale approccio consiste<br />

nell’asportazione chirurgica della mucosa orale e dell’osso alveolare sovrastante la corona del canino impattato. Dopo<br />

l’esposizione chirurgica si procede all’attacco del <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> aggancio ed alla trazione dell’elemento incluso.<br />

Risultati: La tecnica chirurgica aperta garantisce la formazione <strong>di</strong> 2-3 mm <strong>di</strong> attacco gengivale dopo l’eruzione del<br />

canino consentendo un <strong>di</strong>retto monitoraggio del movimento del dente incluso sottoposto a trazione. Durante l’intervento<br />

tuttavia possono occorrere complicanze chirurgiche e parodontali (sanguinamento, eccessiva rimozione <strong>di</strong> osso o <strong>di</strong><br />

tessuti molli). Conclusioni: L’esposizione chirurgica del canino mascellare incluso me<strong>di</strong>ante la tecnica aperta, la<br />

trazione forzata ed il corretto allineamento in arcata, conducendo il dente in una posizione stabile, contribuiscono al<br />

successo <strong>di</strong> tale approccio terapeutico.


VALUTAZIONI CEFALOMETRICHE E DENTALI IN PAZIENTI CON L’INCLUSIONE DEI SECONDI<br />

MOLARI INFERIORI.<br />

Astolfi F, Criniti V, Montanari S, Galluccio G Pilotto A.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia dell’Università <strong>di</strong> Roma La Sapienza, <strong>di</strong>rettore: prof. E.Barbato.<br />

OBIETTIVI: L’inclusione del secondo molare inferiore permanente è un’evenienza alquanto rara. La patologia<br />

eruttiva <strong>di</strong> questo elemento dentale richiede una <strong>di</strong>agnosi accurata e tempestiva, in considerazione delle possibili<br />

complicanze, nonché delle <strong>di</strong>fficoltà cliniche che potrebbero presentarsi durante un trattamento ortodontico.<br />

Lo scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> verificare la presenza <strong>di</strong> caratteristiche quali la tipologia scheletrica, dentoscheletrica<br />

o dentale comuni in pazienti affetti da tale patologia.<br />

MATERIALI E METODI: È stato esaminato un campione <strong>di</strong> 7 pazienti, d’età compresa tra i <strong>13</strong> e i 21 anni, che<br />

presentavano l’inclusione <strong>di</strong> secon<strong>di</strong> molari inferiori permanenti. Sono stati presi in considerazione valori cefalometrici<br />

(SNA, SNB, ANB, angolo goniale, tipologia <strong>di</strong> crescita facciale, FMA, FMIA, IMPA) e dentali (rapporto molare,<br />

rapporto canino, overjet e overbite). Tali valori sono stati misurati sulle telera<strong>di</strong>ografie del cranio e sui modelli dentali,<br />

rispettivamente scattate e rilevati quando i pazienti avevano un’età <strong>di</strong> circa <strong>13</strong>-14 anni.<br />

RISULTATI: Secondo i dati da noi raccolti, i soggetti del presente stu<strong>di</strong>o tendono alla seconda Classe scheletrica<br />

(ANB= 5,57°), con tipologia <strong>di</strong> crescita antioraria (∑= 392,57°) e riduzione dell’angolo goniale (ArGogMe=124,57°).<br />

Tali pazienti presentano una <strong>di</strong>vergenza leggermene ridotta (FMA=21,85°) con aumento dell’angolo IMPA e aumento<br />

dell’overjet.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Tutto ciò fa supporre che questi pazienti posseggano <strong>dei</strong> corpi man<strong>di</strong>bolari<br />

tendenzialmente corti, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una tipologia <strong>di</strong> crescita verticale del con<strong>di</strong>lo.


CANINI MASCELLARI: LA PREVISIONE DI INCLUSIONE SU OPT<br />

Bitonto F.; Gubbini L.; Alonzi S.; Cirulli N.; Lucci M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila -Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia Prof.<br />

Chimenti C.<br />

INTRODUZIONE Nell’ambito delle patologie delle inclusioni dentarie, l’inclusione <strong>dei</strong> canini risulta essere seconda<br />

soltanto a quella <strong>dei</strong> terzi molari superiori e, dai dati epidemiologici emerge che l’inclusione dentaria <strong>dei</strong> suddetti<br />

elementi manifesta una frequenza pari al 50% in più rispetto a tutti gli altri elementi dentari; in particolare l’inclusione<br />

risulta ancor più frequente nel mascellare superiore rispetto all’inferiore con un rapporto <strong>di</strong> 20/1.<br />

Data dunque l’elevata incidenza con cui si verifica l’inclusione <strong>dei</strong> canini mascellari è necessario fornire all’ortodontista<br />

delle linee guida che gli consentano <strong>di</strong> fare <strong>di</strong>agnosi e prognosi <strong>di</strong> inclusione in maniera semplice ed imme<strong>di</strong>ata.<br />

OBIETTIVI Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è quello <strong>di</strong> tracciare delle in<strong>di</strong>cazioni che consentano al clinico <strong>di</strong> fare una<br />

previsione atten<strong>di</strong>bile sulla possibilità <strong>di</strong> inclusione <strong>dei</strong> canini mascellari me<strong>di</strong>ante una semplice <strong>di</strong>agnosi ed analisi<br />

ra<strong>di</strong>ologica basata sull’OPT.<br />

Si in<strong>di</strong>viduano dunque sull’OPT : 1. la <strong>di</strong>stanza in mm che intercorre tra la cuspide del canino incluso e il piano<br />

occlusale; 2. l’angolo α, formato dall’asse del canino incluso e dalla linea me<strong>di</strong>ana dell’arcata superiore; 3. la posizione<br />

della cuspide del canino incluso rispetto a tre aree <strong>di</strong>fferenti che risultano <strong>di</strong>segnate tra la linea me<strong>di</strong>ana e l’incisivo<br />

centrale (area 1); tra incisivo centrale e incisivo laterale (area 2); area <strong>di</strong>stale all’incisivo laterale (area 3).<br />

MATERIALI E METODI Al fine <strong>di</strong> verificare l’atten<strong>di</strong>bilità della previsione dell’inclusione su OPT sono stati<br />

monitorati 18 pazienti, <strong>di</strong> cui 4 maschi e 14 femmine. In questi soggetti sono state rilevate 15 inclusioni monolaterali e<br />

6 bilaterali per un totale <strong>di</strong> 21 canini inclusi. . Il follow up <strong>dei</strong> casi selezionati ha avuto una durata <strong>di</strong> circa tre anni per<br />

poter ottenere un protocollo prognostico clinico al fine <strong>di</strong> valutare, sulla base <strong>dei</strong> tre parametri soprascritti, il verificarsi<br />

<strong>di</strong> una eruzione spontanea oppure il perdurare dell’ inclusione dell’elemento dentario.<br />

RISULTATI Dall’analisi condotta sul campione <strong>di</strong> 18 pazienti si desume che, l’inclusione dentaria si manifesta quando<br />

la <strong>di</strong>stanza cuspide-piano occlusale è tra i 10 mm e i 21 mm; l’angolo α è compreso tra 20° e 49°; e la localizzazione<br />

della cuspide dell’elemento incluso è a livello dell’area 2.<br />

Il follow up degli elementi dentari inclusi <strong>dei</strong> pazienti presi in esame, ha dunque <strong>di</strong>mostrato che la probabilità che si<br />

verifichi un’eruzione spontanea dell’elemento dentario è del 91% se la cuspide si trova nell’area 3, del 64% se questa<br />

si trova nell’area 2, fino a scendere al 12% nel caso in cui si trovi nell’area 1.<br />

CONCLUSIONI: tale stu<strong>di</strong>o ha confermato l’affidabilità della valutazione <strong>di</strong>agnostica e prognostica dell’inclusione <strong>dei</strong><br />

canini mascellari condotta sull’ OPT attraverso la semplice in<strong>di</strong>viduazione dell’angolo α, della <strong>di</strong>stanza della cuspide<br />

del canino dal piano occlusale e della posizione della stessa nell’ambito delle tre <strong>di</strong>verse aree.


STUDIO CLINICO RANDOMIZZATO SUL TRATTAMENTO DELLA MALPOSIZIONE PALATINA<br />

INTRAOSSEA DEL CANINO SUPERIORE PERMANENTE CON ESPANSORE MASCELLARE RAPIDO.<br />

Armi P, Baccetti T, Giuntini V, Franchi L., Cozza P<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, e Università degli Stu<strong>di</strong> Tor Vergata, Roma<br />

OBIETTIVI: Valutare la percentuale <strong>dei</strong> casi <strong>di</strong> eruzione <strong>dei</strong> canini in malposizione palatina intraossea (Malposizione<br />

Palatina del Canino – MPC) <strong>di</strong>agnosticata con PA nei primi sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> sviluppo e trattati con espansore mascellare rapido.<br />

MATERIALI E METODI: E’ stato reclutato un gruppo campione <strong>di</strong> 60 soggetti <strong>di</strong> razza caucasica, con MPC<br />

<strong>di</strong>agnosticata con rx PA, <strong>di</strong> età compresa al momento della prima osservazione (T1) tra 7,6 e 9,6 anni e in sta<strong>di</strong>o<br />

prepuberale <strong>di</strong> maturazione delle vertebre cervicali ( SC1 o SC2, secondo il metodo <strong>di</strong> maturazione delle vertebre<br />

cervicali). I 60 soggetii selezionati sono stati assegnati con meto<strong>di</strong>ca random ad un gruppo <strong>di</strong> soggetti trattati (GT, 35<br />

casi) o ad un gruppo <strong>di</strong> soggetti non trattati (GNT, 25 casi, gruppo controllo). I soggetti assegnati a GT hanno iniziato il<br />

trattamento con <strong>di</strong>sgiuntore della sutura palatina su bande ortodontiche, mantenuto dopo la fase attiva <strong>di</strong> espansione in<br />

sede per 6 mesi e seguito da una fase <strong>di</strong> contenzione notturna con apparecchio mobile per 1 anno. Sono state analizzate<br />

le rx PA e le opt a T1 <strong>dei</strong> 60 soggetti e poi i soggetti sono stati rivalutati con nuove rx a T2 ( prima dentatura<br />

permanente, sta<strong>di</strong>o post-puberale <strong>di</strong> maturazione delle vertebre cervicali, SC4 ). Sono stati esclusi dallo stu<strong>di</strong>o i soggetti<br />

che hanno lasciato il protocollo. Il successo della terapia è in<strong>di</strong>viduato con l’eruzione del canino superiore permanente<br />

in MPC. Le starting forms a T1 per le misurazioni sulle rx PA e su opt sono state comparate in GT verso GNT con il<br />

metodo statistico <strong>di</strong> Mann-Whitney U test (p


APPROCCIO TERAPEUTICO ORTODONTICO-CHIRURGICO AL CANINO MASCELLARE CON<br />

MALPOSIZIONE INTRAOSSEA: TECNICA DEL “TUNNEL”<br />

Ricchiuti MR, Mucedero M, Santini F.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof. P.<br />

Cozza<br />

UOC <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> – Ospedale “S. Giovanni Calibita” Fatebenefratelli Isola Tiberina, Roma<br />

Direttore: Prof. C. Arcuri<br />

Introduzione: Il recupero in arcata <strong>di</strong> un canino mascellare incluso prevede il trattamento combinato ortodonticochirurgico<br />

che consta <strong>di</strong> tre fasi: una prima fase ortodontica, volta alla gestione dello spazio in arcata e alla scelta<br />

dell’ancoraggio per la trazione; una fase chirurgica che consiste nell’esposizione e nella trazione ortodontica del dente<br />

incluso; una terza fase ortodontica <strong>di</strong> finalizzazione delle arcate. L’approccio combinato ha l’obiettivo <strong>di</strong> forzare il<br />

dente incluso attraverso il centro della cresta alveolare simulando il modello <strong>di</strong> eruzione fisiologica.<br />

Obiettivi: Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> analizzare la tecnica chirurgica chiusa <strong>di</strong> esposizione <strong>di</strong> un canino<br />

mascellare incluso valutandone gli aspetti clinici parodontali. Materiali e meto<strong>di</strong>: La tecnica chirurgica chiusa prevede<br />

l’incisione <strong>di</strong> un lembo riposizionato quando la corona del canino è collocata apicalmente alla linea muco-gengivale in<br />

corrispondenza della mucosa alveolare, o si trova in posizione infraossea profonda, in assenza del canino deciduo. La<br />

“tecnica chiusa” consiste nell’effettuare un lembo a tutto spessore, nel rimuovere una quantità minima <strong>di</strong> osso in modo<br />

tale da esporre l’elemento incluso e consentire il posizionamento <strong>di</strong> un bottone ortodontico e nel riposizionare il lembo<br />

e suturarlo allo stesso livello dell’incisione iniziale. Intervento d’elezione nei casi <strong>di</strong> inclusione ossea profonda o<br />

quando si esegue la concomitante estrazione del canino deciduo è la “tecnica del tunnel” che prevede la trazione forzata<br />

dell’elemento incluso verso il centro della cresta alveolare attraverso un tunnel creato nell’osso dall’estrazione del<br />

canino deciduo. Dopo lo scollamento <strong>di</strong> un lembo paramarginale e l’asportazione dell’osso alveolare sovrastante<br />

l’elemento incluso, si procede all’estrazione del canino deciduo e all’applicazione del <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> aggancio sul dente<br />

esposto; il lembo viene quin<strong>di</strong> suturato nella sua posizione originale. Risultati: La tecnica chirurgica chiusa simula il<br />

processo <strong>di</strong> eruzione naturale garantendo livelli <strong>di</strong> attacco fisiologici senza recessioni e con un’adeguata quantità <strong>di</strong><br />

gengiva aderente; tuttavia il <strong>di</strong>stacco accidentale del <strong>di</strong>spositivo ortodontico <strong>di</strong> trazione rende necessario un nuovo<br />

intervento chirurgico. Conclusioni: La tunnelizzazione e la trazione guidata al centro della cresta alveolare rappresenta<br />

il trattamento <strong>di</strong> scelta ortodontico-chirurgico al canino mascellare con malposizione intraossea. La ridotta rimozione <strong>di</strong><br />

tessuto osseo e <strong>dei</strong> tessuti molli sovrastanti, il movimento ortodontico utilizzato per la trazione e l’allineamento in<br />

arcata, e la forza applicata contribuiscono al successo parodontale.


L’INCLUSIONE DEL CANINO SUPERIORE: ASPETTI EPIDEMIOLOGICI ED IPOTESI<br />

ETIOPATOGENETICHE<br />

Cilia A., Marigliano A., Leo M., Leonar<strong>di</strong> R., Barbato E..<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof. E. Barbato.<br />

Università <strong>di</strong> Catania. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia: Dir. Prof.R.Leonar<strong>di</strong><br />

Obiettivi: Realizzare un’indagine epidemiologica sull’inclusione del canino superiore ed a<br />

nalizzare le caratteristiche dento-scheletriche e le anomalie dentarie in un campione <strong>di</strong> pazienti affetti da inclusione del<br />

canino superiore in cura presso la UOC Ortognatodonzia del Policlinico Umberto I <strong>di</strong> Roma e dell’Università <strong>di</strong><br />

Catania.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: L’indagine epidemiologica è stata condotta su un campione <strong>di</strong> 3058 soggetti pervenuti in I visita e<br />

su tutti i pazienti attualmente in cura per inclusione del canino superiore.<br />

Per lo stu<strong>di</strong>o delle anomalie dentarie e delle caratteristiche dento-scheletriche è stato selezionato un campione <strong>di</strong><br />

soggetti con l’inclusione mono o bilaterale del canino superiore trattati con un approccio chirurgico-ortodontico. Per<br />

l’indagine sono stati utilizzati l’esame clinico e fotografico, lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> modelli in gesso, l’analisi<br />

dell'ortopantomografia e l'esame cefalometrico. Tutti i parametri stu<strong>di</strong>ati sono stati confrontati con quelli rilevati in un<br />

gruppo controllo. E’ stata condotta un’analisi statistica per valutare la significatività dell'associazione tra i parametri<br />

2<br />

analizzati e l’inclusione del canino superiore con l’utilizzo <strong>dei</strong> test <strong>di</strong> Fisher e del .<br />

Risultati: L’indagine epidemiologica ha evidenziato un’elevata prevalenza dell’inclusione del canino superiore, più<br />

frequente nel sesso femminile, con sede palatale e monolaterale. I pazienti affetti da inclusione del canino superiore, in<br />

particolare in sede palatale, presentano prevalentemente affollamento delle arcate superiore e inferiore, overjet<br />

aumentato e profilo convesso; inoltre si è evidenziata un’associazione statisticamente significativa tra inclusione<br />

palatale del canino superiore e inclusione <strong>di</strong> altri elementi dentari, agenesia <strong>dei</strong> terzi molari inferiori e altre anomalie.<br />

Discussione: L’etiopatogenesi dell’inclusione palatale del canino superiore non è stata ancora pienamente compresa, le<br />

ipotesi avanzate in letteratura possono essere sintetizzate in due concezioni principali: la “teoria della guida” e la “teoria<br />

genetica". Da una sempre maggiore evidenza scientifica, l’inclusione palatale del canino sembra avere un’origine<br />

genetica.<br />

Conclusioni: L’inclusione palatale del canino superiore è più frequente <strong>di</strong> quella vestibolare, interessando<br />

prevalentemente il sesso femminile e i fattori genetici potrebbero avere un ruolo rilevante nella sua etiopatogenesi .


INDAGINE PREDITTIVA SULL’INCLUSIONE PALATALE DEL CANINO SUPERIORE.<br />

Mercuri E, Ammendola V., Marigliano F., Leonar<strong>di</strong> R., Barbato E.<br />

Sapienza Università’ <strong>di</strong> Roma. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof. E. Barbato.<br />

Università <strong>di</strong> Catania. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Dir. Prof.R.Leonar<strong>di</strong><br />

Obiettivi: Lo stu<strong>di</strong>o propone una nuova meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> previsione dell’inclusione del canino superiore che si compone<br />

dell’analisi dell’inclinazione del canino superiore rispetto ad assi <strong>di</strong> riferimento (analisi angolare) e la valutazione della<br />

sua posizione rispetto all’incisivo laterale (analisi settoriale). E’ stata condotta un’analisi statistica sui parametri<br />

proposti per valutarne la pre<strong>di</strong>ttività e realizzato un confronto con le altre analisi pre<strong>di</strong>ttive descritte in letteratura.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Il gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o è stato selezionato tra i soggetti in cura presso la UOC Ortognatodonzia della<br />

Sapienza, Università <strong>di</strong> Roma, affetti da inclusione mono o bilaterale del canino superiore in sede palatale e trattati con<br />

un approccio chirurgico-ortodontico. I pazienti, tutti <strong>di</strong> razza caucasica, non presentavano anomalie tali da poter alterare<br />

il tragitto <strong>di</strong> eruzione del dente, né avevano subito precedenti trattamenti ortodontici o traumi facciali. I pazienti<br />

possedevano ortopantomografie realizzate precedentemente in dentizione mista tar<strong>di</strong>va, sulle quali è stata realizzata<br />

l’analisi <strong>di</strong> previsione introdotta dalla nostra Scuola. Tutti i parametri stu<strong>di</strong>ati sono stati confrontati con quelli rilevati in<br />

un gruppo controllo. E’ stata condotta un’analisi statistica con l’utilizzo del test T <strong>di</strong> Student e sono state valutate la<br />

varianza e la significatività per mezzo del p-value. Infine sono state calcolate la sensibilità e la specificità.<br />

Risultati: L’analisi proposta in questo stu<strong>di</strong>o permette <strong>di</strong> effettuare una previsione d’inclusione del canino superiore; in<br />

particolare l’angolo compreso tra l’asse dell’incisivo laterale ed il canino incluso risulta significativamente pre<strong>di</strong>ttivo<br />

sia in dentizione mista precoce che tar<strong>di</strong>va. L’analisi <strong>di</strong> Warford <strong>di</strong> è <strong>di</strong>mostrata efficace nel prevedere l’inclusione del<br />

canino superiore nei soggetti in dentizione mista tar<strong>di</strong>va.<br />

Discussioni: L’identificazione precoce <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni eruttivi del canino superiore è <strong>di</strong> fondamentale importanza per<br />

l’attuazione <strong>dei</strong> protocolli preventivi, come l’estrazione del canino deciduo. L’osservazione dell’OPT del paziente<br />

permette <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le possibili alterazioni connesse all’IPC, come la presenza <strong>di</strong> un’anomala inclinazione del<br />

canino rispetto a linee <strong>di</strong> riferimento, o la presenza <strong>di</strong> un rapporto <strong>di</strong> sovrapposizione con l’incisivo laterale superiore.<br />

Conclusioni: L’analisi pre<strong>di</strong>ttiva dell’IPC fornisce al clinico la possibilità <strong>di</strong> instaurare un approccio terapeutico<br />

adeguato e preventivo. Le meto<strong>di</strong>che descritte in letteratura presentano un buon coefficiente <strong>di</strong> atten<strong>di</strong>bilità ma<br />

un’applicazione limitata. L’analisi qui proposta si presenta atten<strong>di</strong>bile in ogni sua parte.


INDIVIDUAL-GUIDE NELLA PRATICA CLINICA<br />

Yaghoubchi S., Iazzetti F., Periti G., Medoro L., Redaelli C., Galbiati G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore: prof. G. Farronato<br />

OBIETTIVI: L’obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è quello <strong>di</strong> presentare le in<strong>di</strong>cazioni cliniche e i vantaggi dell’utilizzo<br />

dell’apparecchiatura elastodontica In<strong>di</strong>vidual-guide (IG).<br />

MATERIALI E METODI: L’In<strong>di</strong>vidual-guide è un’apparecchiatura rimovibile che nasce dall’evoluzione del<br />

posizionatore originale <strong>di</strong> Kesling, costruita tuttavia sul set-up <strong>dei</strong> modelli del paziente con morso <strong>di</strong> costruzione<br />

in<strong>di</strong>vidualizzato. Grazie al set-up dentale in<strong>di</strong>viduale, l’IG permette <strong>di</strong> superare limiti legati ad anomalie <strong>di</strong> numero,<br />

forma e posizione degli elementi dentali del singolo paziente che i <strong>di</strong>spositivi preformati, anche se <strong>di</strong> misure <strong>di</strong>verse,<br />

non sono in grado <strong>di</strong> controllare. Sono stati valutati pazienti in trattamento con IG al fine <strong>di</strong> osservare gli effetti<br />

terapeutici e i relativi vantaggi legati alla possibilità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualizzare l’apparecchio in base al singolo caso.<br />

RISULTATI: Dall’analisi e dal confronto <strong>dei</strong> risultati clinici prima e dopo la terapia con l’ In<strong>di</strong>vidual-guide si è<br />

riscontrato un netto miglioramento sia dal punto <strong>di</strong> vista scheletrico che dentale.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il posizionatore concepito come In<strong>di</strong>vidual-guide <strong>di</strong>venta un presi<strong>di</strong>o intercettivo<br />

da utilizzare nelle prime fasi <strong>di</strong> permuta dentale, durante il picco <strong>di</strong> crescita e per la correzione <strong>di</strong> lievi <strong>di</strong>sallineamenti<br />

dentali. In conclusione tale <strong>di</strong>spositivo abbinando al set-up ideale <strong>dei</strong> modelli un morso <strong>di</strong> costruzione in<strong>di</strong>vidualizzato<br />

permette <strong>di</strong> correggere <strong>di</strong>screpanze scheletriche ed è quin<strong>di</strong> utilizzabile come <strong>di</strong>spositivo ortope<strong>di</strong>co-funzionale lungo<br />

tutta la fase <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> crescita.


MECCANICHE DI INTRUSIONE DEGLI INCISIVI INFERIORI CON L’UTILIZZO DI TADS<br />

Maddalone M.,.Ferrari F.,.Rossi M.,.Mattacchini C.,Giacomello M.<br />

Universita’ Degli Stu<strong>di</strong> Di Milano Bicocca –Dipartimento <strong>di</strong> Ortodonzia<br />

OBIETTIVO<br />

L’utilizzo <strong>di</strong> TADS nelle meccaniche intrusive degli incisivi inferiori durante il livellamento della curva <strong>di</strong> Spee<br />

consente <strong>di</strong> velocizzare le tempistiche <strong>di</strong> trattamento e <strong>di</strong> raggiungere con ragionevole sicurezza gli obiettivi clinici<br />

stabiliti. La scarsa invasività chirurgica della meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> posizionamento rende la meto<strong>di</strong>ca utilizzabile anche in<br />

soggetti giovani scarsamente collaboranti o <strong>di</strong> età avanzata con edentulia nei settori molari o con con<strong>di</strong>zioni<br />

parodontali compromesse che non potrebbero sopportare le forze applicate .L’obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è <strong>di</strong><br />

confrontare una meccanica intrusive che utilizza miniscrews con una che utilizza una meto<strong>di</strong>ca tra<strong>di</strong>zionale .<br />

MATERIALI E METODI<br />

Sono stati presi in esame 30 pazienti <strong>di</strong> età variabile fra 12 e 54 anni che necessitavano <strong>di</strong> intrusione degli incisive<br />

inferiori <strong>di</strong> grado variabile fra 2 e 6 mm che sono stati assegnati casualmente a due gruppi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o :15 pazienti sono<br />

stati trattati con utility arch ,gli altri 15 con arco continuo supportato da una forza intrusiva erogata da una catenella<br />

elastica collegata ad una miniscrew posizionata 3-4 mm. sotto il livello del margine gengivale tra i 2 incisivi centrali<br />

inferiori. La testa della miniscrew è servita come riferimento per misurare la velocità <strong>di</strong> intrusione sia per I pazienti<br />

con miniimplant che per l’altro gruppo <strong>di</strong> pazienti che ha utilizzato archi <strong>di</strong> utilità nei casi che non avevano<br />

completato l’intrusione. Tutti i pazienti non hanno avuto problemi nel posizionamento delle microviti nè hanno assunto<br />

antibiotici prima durante o dopo la fase <strong>di</strong> posizionamento chirurgico.Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un regime<br />

<strong>di</strong> sciacqui con clorexi<strong>di</strong>na 0,2 per una settimana prima e 15 giorni dopo il posizionamento della microvite<br />

RISULTATI<br />

La velocità <strong>di</strong> intrusione con l’utilizzo <strong>di</strong> miniscrew è risultata me<strong>di</strong>amente pari a 1,1 mm mese dopo l’inizio<br />

dell’attivazione mentre <strong>di</strong> 0,8 mm mese con l’utilizzo <strong>di</strong> archi <strong>di</strong> utilità.In 4 casi su 15 con l’utilizzo <strong>di</strong> archi <strong>di</strong> utilità<br />

non si è riusciti a raggiungere il target <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong> intrusione nei 4 mesi <strong>di</strong> osservazione . In tutti i casi <strong>di</strong> intrusione<br />

in cui si è utilizzato un arco <strong>di</strong> utilità si è verificata una <strong>di</strong>slocazione <strong>dei</strong> molari su cui si applicava la forza <strong>di</strong> reazione<br />

con gra<strong>di</strong> variabili <strong>di</strong> tipping <strong>di</strong>stale .In un caso del gruppo <strong>di</strong> intrusione con miniscrew si è verificata la per<strong>di</strong>ta del<br />

sistema <strong>di</strong> ancoraggio che però è stato subito riposizionato più apicalmente senza per<strong>di</strong>ta apparente <strong>di</strong> velocità nel<br />

processo intrusivo..<br />

CONCLUSIONI<br />

Il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> intrusione si è <strong>di</strong>mostrato più rapido ed affidabile utilizzando le miniscrews così come ha consentito<br />

<strong>di</strong> evitare il tipping <strong>di</strong>stale <strong>dei</strong> molari .L’utilizzo delle microviti non ha dato luogo a particolari problemi ed è stato<br />

perfettamente tollerato dai pazienti coinvolti nella sperimentazione


VALUTAZIONE DELL’INTRUSIONE OTTENUTA ATTRAVERSO L’APPLICAZIONE DI BITES<br />

METALLICI IN RATTI<br />

Debernar<strong>di</strong> C., Massucco C, Gambatesa A.,Rubiano R., Orifici P., Burdese A., Bracco P.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che ed Oncologia Umana / Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia <strong>di</strong> Torino<br />

OBIETTIVI: stu<strong>di</strong>are l’intrusione con forze intermittenti e paragonarla a quella descritta in letteratura dopo<br />

l’applicazione <strong>di</strong> forze continue.MATERIALI E METODI: sono stati inclusi nello stu<strong>di</strong>o 21 ratti Wistar. A 9 ratti<br />

all’inizio dell’esperimento (T0) è stato cementato a livello <strong>dei</strong> 3 molari mascellari <strong>di</strong> destra un bites metallico.3 ratti<br />

sono stati sacrificati a T0 per valutare la con<strong>di</strong>zione istologica iniziale ritenuta fisiologica.3 ratti con apparecchio e 3<br />

ratti senza apparecchio sono stati sacrificati a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 1 giorno (T1), 1 settimana (T2) e 2 settimane (T3) dall’inizio<br />

dell’esperimento. Dopo sacrificio me<strong>di</strong>ante overdose <strong>di</strong> anestetico l’emiman<strong>di</strong>bola destra è stata <strong>di</strong>sarticolata ed è stato<br />

prelevato un frammento in corrispondenza <strong>dei</strong> 3 molari.I pezzi sono stati conservati in formalina, decalcificati, inclusi in<br />

paraffina,tagliati me<strong>di</strong>ante microtomo in sezioni vestibolo-linguali dello spessore <strong>di</strong> 3 µm, colorati me<strong>di</strong>ante<br />

ematossilina eosina e osservati al microscopio ottico. Per ogni preparato sono state effettuate 19 microfotografie, tutte<br />

allo stesso ingran<strong>di</strong>mento, al fine <strong>di</strong> potere meglio comparare i <strong>di</strong>versi vetrini tra <strong>di</strong> loro.RISULTATI: Dopo 1 giorno<br />

<strong>di</strong> applicazione della forza intermittente intrusiva è stato osservato edema del legamento parodontale (PDL) ed una<br />

riduzione della cellularità nei casi rispetto ai controlli a livello del 1/3 me<strong>di</strong>o della ra<strong>di</strong>ce (sito <strong>di</strong> tensione). A livello <strong>dei</strong><br />

siti <strong>di</strong> pressione lo spazio del legamento parodontale è risultato ridotto nei casi rispetto ai controlli, con una aumentata<br />

vascolarizzazione ad un aumento del <strong>di</strong>ametro <strong>dei</strong> capillari nei casi. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 1 settimana dall’inizio<br />

dell’esperimento è stato possibile osservare a livello del quadro generale una effettiva intrusione nei casi, con riduzione<br />

dello spessore della corticale vestibolare nei casi rispetto ai controlli. A livello <strong>dei</strong> siti <strong>di</strong> pressione lo spazio del PDL<br />

nei casi è risultato ridotto rispetto ai controlli a T2, ma maggiore rispetto ai casi a T1. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 2 settimane<br />

dall’inizio dell’esperimento l’intrusione ottenuta nei casi è apparsa ancora più evidente, con una riduzione maggiore sia<br />

dello spessore della corticale vestibolare che della <strong>di</strong>stanza tra l’apice della ra<strong>di</strong>ce linguale <strong>dei</strong> molari man<strong>di</strong>bolari e la<br />

ra<strong>di</strong>ce dell’incisivo nei casi rispetto ai controlli. Lo spazio del PDL è risultato maggiore nei casi rispetto ai controlli,<br />

segno <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> riassorbimento osseo <strong>di</strong>retto in atto. Il PDL è apparso invece <strong>di</strong> ampiezza ridotta a livello <strong>dei</strong><br />

siti <strong>di</strong> tensione, segno <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> apposizione ossea in atto. L’applicazione della forza intermittente intrusiva non<br />

ha determinato ne la comparsa <strong>di</strong> fenomeni degenerativi a livello pulpare ne <strong>di</strong> riassorbimento ra<strong>di</strong>colare a livello <strong>dei</strong><br />

siti <strong>di</strong> pressione.DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: la forza intermittente è in grado <strong>di</strong> ottenere uno spostamento<br />

ortodontico intrusivo, senza determinare la comparsa <strong>di</strong> ialinizzazione del legamento parodontale e quin<strong>di</strong> consentendo<br />

l’instaurarsi <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> riassorbimento osseo <strong>di</strong>retto..


ACCESSO AL SERVIZIO DI ORTODONZIA DELLA ASL 10 FIRENZE SECONDO I CRITERI STABILITI<br />

DAL PROGETTO ODONTOIATRIA DELLA REGIONE TOSCANA.<br />

Giorgini I., Mazza F.<br />

Servizio <strong>di</strong> Ortodonzia, UFMA <strong>Odontoiatria</strong> ASL 10 Firenze, resp. Dott. M.Massagli<br />

OBIETTIVI: All’interno <strong>dei</strong> servizi <strong>di</strong> Ortodonzia del Sistema Sanitario Nazionale è importante stabilire i criteri <strong>di</strong><br />

accesso alla terapia ortodontica. Dal 2005 presso l’Azienda Sanitaria <strong>di</strong> Firenze è stato adottato l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> necessità <strong>di</strong><br />

trattamento ortodontico (IOTN) come criterio d’accesso alla terapia ortodontica. L’IOTN è stato sviluppato da Brook e<br />

Shaw nel 1989 e in<strong>di</strong>vidua 5 livelli <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazione al trattamento ortodontico: nessuna (I), scarsa (II), moderata (III),<br />

notevole (IV), notevolissima (V), considerando le conseguenze delle malocclusioni sulla salute orale e generale del<br />

soggetto ed escludendo i fattori estetici. I pazienti che presentano un livello alto <strong>di</strong> necessità <strong>di</strong> trattamento ortodontico<br />

ricevono cure imme<strong>di</strong>ate presso le strutture della ASL 10 Firenze. Lo scopo del lavoro è in<strong>di</strong>viduare, rispetto alla<br />

totalità <strong>dei</strong> pazienti in cura presso il servizio <strong>di</strong> Ortodonzia della ASL 10, la percentuale che presenta un alto livello <strong>di</strong><br />

necessità <strong>di</strong> terapia, valutando inoltre l’occlusione dentale e il tipo <strong>di</strong> apparecchio applicato. MATERIALI E<br />

METODI: Sono state esaminate le cartelle cliniche <strong>dei</strong> pazienti in cura a <strong>di</strong>cembre 2008 presso il servizio <strong>di</strong><br />

Ortodonzia della ASL 10 Firenze. Il numero <strong>di</strong> pazienti è pari a 442; sono stati esclusi i pazienti che afferiscono al<br />

nostro reparto per i controlli delle contenzioni e quelli in attesa <strong>di</strong> un secondo periodo <strong>di</strong> terapia attiva. I soggetti sono<br />

stati sud<strong>di</strong>visi in base all’IOTN che presentano attualmente, in base al tipo <strong>di</strong> apparecchio applicato (mobile o fisso) e in<br />

base all’occlusione dentale (I, II, III classe). RISULTATI: Dallo stu<strong>di</strong>o è emerso che <strong>dei</strong> 442 pazienti in terapia a<br />

<strong>di</strong>cembre 2008, <strong>13</strong>3 presentano una malocclusione classificabile come V livello IOTN, 273 come IV livello, 36 come<br />

III livello. Inoltre <strong>dei</strong> 442 pazienti, 120 presentano un’occlusione dentale <strong>di</strong> I classe, 289 <strong>di</strong> II classe e 33 <strong>di</strong> III classe.<br />

Valutando il tipo <strong>di</strong> terapia ortodontica cui questi pazienti sono stati sottoposti, è emerso che in 225 casi sono state<br />

applicate apparecchiature mobili, in 217 casi apparecchiature fisse. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: In<br />

conclusione il 30,1% <strong>dei</strong> pazienti in cura presso il servizio <strong>di</strong> Ortodonzia della ASL 10 Firenze presenta necessità <strong>di</strong><br />

trattamento ortodontico notevolissima (V livello), il 61,8% notevole (IV livello), l’8,1% moderata (III livello). Inoltre il<br />

27,1 % presenta un’occlusione dentale <strong>di</strong> I classe, il 65,4% <strong>di</strong> II classe, il 7,5% <strong>di</strong> III classe. Infine nel 50,9% <strong>dei</strong> casi<br />

sono state applicate apparecchiature mobili, nel 49, 1% fisse. Tutti i pazienti con alto livello <strong>di</strong> necessità <strong>di</strong> trattamento<br />

ortodontico afferiti al nostro servizio <strong>di</strong> Ortodonzia sono stati presi imme<strong>di</strong>atamente in terapia assolvendo in maniera<br />

adeguata alla funzione attribuitaci secondo i criteri stabiliti dal Sistema Sanitario Toscano.


PROTOCOLLO DI TRATTAMENTO DELL’IPERCONDILIA<br />

Galbiati G*, Giannini L, Iazzetti F, Zanoni D, Cossellu G, Maspero C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore: prof. G. Farronato<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: L’ipercon<strong>di</strong>lia è un’eccessiva crescita mono o bilaterale <strong>dei</strong> con<strong>di</strong>li man<strong>di</strong>bolari e<br />

può esitare in asimmetrie scheletriche in grado <strong>di</strong> compromettere significativamente la funzionalità man<strong>di</strong>bolare.<br />

Questo lavoro vuole avere l’obiettivo <strong>di</strong> presentare alcuni casi clinici <strong>di</strong> pazienti affetti da ipercon<strong>di</strong>lia trattati presso il<br />

reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia della Clinica Odontoiatrica e Stomatologica ICP dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano.<br />

MATERIALI E METODI: tutti i pazienti che si presentano a fine crescita con asimmetrie scheletriche significative<br />

sono sottoposti ad esami ra<strong>di</strong>ografici e funzionali specifici. In particolare per tali <strong>di</strong>sgnazie è necessario richiedere una<br />

scintigrafia del con<strong>di</strong>lo e ad indagini elettromiografiche ed elettrognatografiche.<br />

La scintigrafia consente <strong>di</strong> obiettivare se persiste a livello con<strong>di</strong>lare una zona <strong>di</strong> crescita attiva.<br />

Gli esami elettromiografici ed elettrognatografici, condotti attraverso l’utilizzo dell’elettrognatografo K6-I della<br />

Myotronics, consentono <strong>di</strong> valutare un’eventuale alterazione della kinesiologia man<strong>di</strong>bolare e della funzionalità<br />

muscolare ad essa correlata.<br />

Una corretta <strong>di</strong>agnosi permette infatti <strong>di</strong> capire se l’asimmetria scheletrica è dovuta ad ipercon<strong>di</strong>lia e <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere tra<br />

ipercon<strong>di</strong>lia attiva e passiva. Tali elementi <strong>di</strong>agnostici sono i fattori che in<strong>di</strong>rizzano lo specialista nella scelta<br />

terapeutica, chirurgica o non chirurgica.<br />

RISULTATI: il protocollo attualmente in uso prevede nei casi <strong>di</strong> ipercon<strong>di</strong>lia attiva unilaterale della man<strong>di</strong>bola una<br />

con<strong>di</strong>lectomia, che deve essere eseguita il prima possibile.<br />

Nei casi particolarmente gravi si ricorre ad un intervento <strong>di</strong> chirurgia maxillo-facciale a livello man<strong>di</strong>bolare. Raramente<br />

si opta per un intervento a livello mascellare.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: una corretta <strong>di</strong>agnosi ed un’adeguata programmazione terapeutica permettono,<br />

anche nei casi <strong>di</strong> gravi asimmetrie scheletriche, <strong>di</strong> raggiungere ottimi risultati sia dal punto <strong>di</strong> vista estetico che<br />

funzionale, come confermato da esami ra<strong>di</strong>ografici e funzionali specifici.


ADATTAMENTO CHIRURGICO DELLA LINEA A-Po NEL SOGGETTO IPERDIVERGENTE CON<br />

ALTERATA MORFOLOGIA SINFISARIA.<br />

Toma L, Di Blasio A, Anghinoni ML, Di Blasio C, Gandolfini M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Otorino-odonto-oftalmologiche e Cervico-facciali<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: La posizione dell’incisivo inferiore rispetto alla linea APo è stata riconosciuta<br />

come una delle chiavi della <strong>di</strong>agnosi ortodontica e del piano <strong>di</strong> trattamento a causa del suo effetto sull’estetica, stabilità<br />

e spazio <strong>di</strong>sponibile sull’arcata man<strong>di</strong>bolare. In alcune forme <strong>di</strong> II classe iper<strong>di</strong>vergente <strong>di</strong> origine man<strong>di</strong>bolare,<br />

un’alterazione anatomica della sinfisi mentoniera comporta un’importante retroinclinazione <strong>di</strong> questa linea.<br />

L’ortodontista che tratta questi pazienti non riconoscendone la caratteristica alterazione, andrà incontro ad un risultato<br />

modesto a causa del deficit estetico e al <strong>di</strong>sequilibrio funzionale conseguenti all’allineamento dentale lungo un piano <strong>di</strong><br />

riferimento patologico. Pertanto, considerando le scarse possibilità <strong>di</strong> successo del solo camouflage ortodontico in<br />

queste <strong>di</strong>smorfosi, noi proponiamo <strong>di</strong> adattare la linea APo alle esigenze ortodontiche, anziché utilizzarla in modo<br />

acritico. MATERIALI E METODI: Il paziente presenta tipologia facciale iper<strong>di</strong>vergente ed incompetenza labiale a<br />

riposo. Dal punto <strong>di</strong> vista occlusale, il paziente mostra rapporti <strong>di</strong> II classe lievi ed una biprotrusione dentoalveolare.<br />

All’esame ra<strong>di</strong>ografico la sinfisi si presenta stretta ed allungata e si riscontra una <strong>di</strong>stanza ANS – Me superiore al 55%<br />

dell’altezza facciale anteriore, ed un grave <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> proiezione del Pogonion. Il paziente è stato sottoposto ad<br />

intervento <strong>di</strong> genioplastica funzionale al fine <strong>di</strong> permettere il ripristino del sigillo labiale e <strong>di</strong> avanzare la linea APo.<br />

Dopo la correzione della linea APo, si è proceduto al trattamento classico della biprotrusione tramite estrazione <strong>di</strong> un<br />

premolare per quadrante ed apparecchio fisso multibande, regolando la dentatura incisiva sulla nuova linea APo stessa.<br />

RISULTATI: Nell’imme<strong>di</strong>ato post operatorio il paziente ha presentato un miglioramento estetico dovuto<br />

all’incremento <strong>di</strong> proiezione del mento e una migliore funzione delle labbra. L’avanzamento della linea APo ha<br />

consentito <strong>di</strong> ridurre la protrusione degli incisivi inferiori mantenendo una inclinazione fra l’incisivo inferiore ed il<br />

piano bispinale e una <strong>di</strong>stanza fra l’incisivo inferiore e la linea APo nell’ambito della variabilità fisiologica. La corretta<br />

gestione degli ancoraggi durante il trattamento ortodontico ha portato alla completa correzione della biprotrusione e alla<br />

chiusura degli spazi estrattivi. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Nelle forme <strong>di</strong> II classe iper<strong>di</strong>vergente<br />

caratterizzate da un eccesso verticale associato ad un <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> proiezione anteroposteriore della sinfisi, il semplice<br />

camouflage ortodontico ha scarse possibilità <strong>di</strong> successo, a causa della alterazione della linea APo. In queste <strong>di</strong>smorfosi,<br />

la strategia terapeutica corretta sarà la genioplastica funzionale, associata al trattamento ortodontico della<br />

malocclusione. Il trattamento combinato ortodontico-chirurgico permetterà <strong>di</strong> eliminare le alterazioni anatomiche ed il<br />

<strong>di</strong>sequilibrio neuromuscolare associati alla malocclusione, garantendo al paziente e all’ortodontista il traguardo <strong>di</strong><br />

un’occlusione funzionale, estetica, e stabile.


IL LIP BUMPER PER IL CONTROLLO DEL TORQUE DEI MOLARI INFERIORI<br />

Celentano G*, Ferro F, Monsurrò A, Apicella D, Perillo L.<br />

Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia,<br />

Direttore: Prof. Letizia. Perillo<br />

Obiettivi: il lip bumper è un <strong>di</strong>spositivo costituito da un arco vestibolare in acciaio <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro 0,045” (1.1mm) da<br />

inserire nei tubi ton<strong>di</strong> delle bande degli ultimi molari erotti, con due anse ad U mesiali ai tubi. Il suo impiego ha<br />

introdotto la possibilità <strong>di</strong> una scelta razionale per il trattamento non estrattivo con aumento del perimetro <strong>di</strong> arcata per<br />

espansione trasversale, sagittale e verticale. A livello molare, in particolare, il lip bumper può derotare, <strong>di</strong>stalizzare,<br />

espandere o contrarre, raddrizzare e rinforzare l’ancoraggio, in dentizione mista e permanente. Manca però il controllo<br />

del torque. Ispirati alla barra palatale che consente, invece, un controllo tri<strong>di</strong>mensionale <strong>dei</strong> molari su cui è ancorata,<br />

scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> introdurre un prototipo <strong>di</strong> “lip bumper per il controllo del torque <strong>dei</strong> molari<br />

inferiori”.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: il prototipo è stato realizzato su modello in gesso utilizzando bande molari sulla cui superficie<br />

vestibolare sono stati puntati gli attacchi linguali per barra palatale, senza off-set. Tali attacchi, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni 0,036” x<br />

0,072” (0.9 x 1.8mm ) offrono il vantaggio <strong>di</strong> inserire il filo <strong>di</strong> acciaio <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro 0,036” (0.9 mm) ripiegato su se<br />

stesso, rendendolo quin<strong>di</strong> simile ad un filo rettangolare per il controllo tri<strong>di</strong>mensionale <strong>dei</strong> molari.<br />

Il lip bumper è stato, pertanto, modellato con filo tondo in acciaio 0,036” (0.9 mm). Utilizzando la pinza per archi<br />

linguali (Dentaurum 003-185-00 o ETM 410), il tratto terminale è stato ripiegato su se stesso per renderlo simile alla<br />

loop terminale <strong>di</strong> una barra palatale e consentire, quin<strong>di</strong>, il controllo del torque.<br />

Il prototipo è stato successivamente testato su un typodont appositamente costruito, attivando il torque ra<strong>di</strong>colo-linguale<br />

(TRL) e ra<strong>di</strong>colo-vestibolare (TRV) bilateralmente sui sesti inferiori. Per l’attivazione, è stata impressa una torsione alla<br />

loop corrispondente al molare da torcare in modo che la loop controlaterale risultasse, rispettivamente, gengivale (TRL)<br />

o occlusale (TRV) <strong>di</strong> 5 mm rispetto all’attacco.<br />

Risultati: riscaldando la cera, è stata visualizzata la correzione del torque. Durante l’attivazione, il filo 0,036” tendeva,<br />

rispettivamente, ad abbassarsi (TRL) o a sollevarsi (TRV) <strong>di</strong> circa 1 mm nel settore anteriore. Al fine <strong>di</strong> rendere più<br />

stabile il tratto anteriore è stato realizzato un prototipo con scu<strong>di</strong> anteriori in resina.<br />

Conclusioni: la possibilità <strong>di</strong> utilizzare il lip bumper anche per il controllo del torque rende ancora più completo lo<br />

spettro <strong>di</strong> azioni <strong>di</strong> questo utile ed efficace presi<strong>di</strong>o terapeutico. Sarebbe auspicabile, pertanto, testare clinicamente il<br />

prototipo ideato per valutarne l’efficacia.


COMPORTAMENTO DEI FILI HEAT-ACTIVATED NiTi E BRACKETS SELF-LIGATING INTERATTIVI<br />

SU MODELLO SPERIMENTALE IN VITRO.<br />

Ceschi M, Contardo L, Perinetti G, Castaldo A, Di Lenarda R.<br />

Dipartimento Universitario-Clinico <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cine, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.<br />

OBIETTIVI: Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o é stato valutare, me<strong>di</strong>ante prove meccaniche, la forza generata da un sistema<br />

bracket self-ligating interattivo associato a 3 <strong>di</strong>versi archi ortodontici NiTi termo attivi durante <strong>di</strong>slocazioni variabili in<br />

ampiezza. MATERIALI E METODI: sono stati scelti 3 fili NiTi termoattivi (Biostarter®, ForestaDent) <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso<br />

<strong>di</strong>ametro .010, .012, .014 inch abbinati al medesimo bracket autolegante Quick 2.0®, ForestaDent). Un modello<br />

sperimentale d’arcata in acciaio inossidabile basato su una forma “ideal” é stato usato per investigare la forza sviluppata<br />

dai tre <strong>di</strong>versi fili NiTi. Sul bordo del base-plate sono stati incollati, me<strong>di</strong>ante materiale composito, 9 brackets auto<br />

leganti Quick 2.0 e due tubi molari superiori con prescrizione Roth. Un solo bracket non era stato posizionato sulla<br />

<strong>di</strong>ma in corrispondenza del sito <strong>di</strong> analisi ovvero del canino dx. I brackets sono stati posizonati in maniera passiva<br />

me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> una <strong>di</strong>ma guida che, inserita all’interno <strong>di</strong> tutti gli slot degli brackets garantiva un incollaggio<br />

passivo sul bordo del base-plate. I brackets conseguentemente si comportavano in maniera passiva per quanto riguarda<br />

le attivazione nelle tre <strong>di</strong>mensioni dello spazio. L’arcata é stata posizionata all’interno <strong>di</strong> un box <strong>di</strong> plexiglass<br />

mantenuto a 37° C da una termocoppia. Le prove meccaniche, eseguite me<strong>di</strong>ante macchina per prove meccaniche<br />

universale Instrom a velocità <strong>di</strong> 2 mm/minuto, consistevano nel <strong>di</strong>slocare il filo nel sito corrispondente al canino a 1.5,<br />

3, 4.5, 6 mm me<strong>di</strong>ante penna a punta smussa e registrazione <strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong> carico prodotti. Sono state eseguite 10 prove<br />

per tipo <strong>di</strong> filo sostituendo brackets e filo dopo ogni utilizzo. I dati ottenuti sono stati analizzati statisticamente me<strong>di</strong>ante<br />

il software SPSS <strong>13</strong>.0 usando un test ANOVA two-way e un t-test per variabili in<strong>di</strong>pendenti. RISULTATI: I risultati<br />

statistici in<strong>di</strong>cano che le minori forze <strong>di</strong> carico sono state ottenute col filo .010 mentre le maggiori col filo .014 per<br />

qualsiasi valore <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione. L’incremento nella forza <strong>di</strong> carico da 1.5 a 6 mm segue lo stesso andamento<br />

percentuale per quanto riguarda il filo .010 e .012 mentre l’incremento della forza nel filo .014 é notevolmente<br />

maggiore. Per lo stesso grado <strong>di</strong> deflessione del filo comparando tra loro i <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>ametri tutti i dati hanno <strong>di</strong>mostrato<br />

un aumento della forza significativo all’aumentare del <strong>di</strong>ametro. Anche all’interno dello stesso filo si ha un aumento<br />

significativo della forza frizionante al variare della deflessione. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I risultati <strong>di</strong> questo<br />

stu<strong>di</strong>o hanno confermato la grande influenza della sezione del filo ortodontico sulle forze scaricate dallo stesso. Si può<br />

affermare che solo l’utilizzo <strong>di</strong> fili <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro minori (.010) generano forze con valori ridotti (da 60 a 90,2 g). In questo<br />

stu<strong>di</strong>o la minor forza frizionante é stata generata con il filo .010 mentre un aumento <strong>di</strong> .004 inch provoca un notevole<br />

aumento della forza scaricata dal filo da 2.5 volte maggiore per 1.5 mm <strong>di</strong> deflessione a 2.7 volte maggiore per 6 mm <strong>di</strong><br />

deflessione.


VALUTAZIONE DELLA FORMA D’ARCATA E DELL’AFFOLLAMENTO ANTERIORE INFERIORE.<br />

COMPARAZIONE TRA DUE TECNICHE AUTOLEGANTI.<br />

Tecco S., Colicchia G. *, De Vita V., Coco F., Giuliani V.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong> Ortodonzia, Università G. D’Annunzio <strong>di</strong> Chieti<br />

simtecc@unich.it<br />

OBIETTIVI: Scopo del lavoro è stato analizzare la capacità <strong>di</strong> due <strong>di</strong>fferenti apparecchiature self-ligating passive<br />

(Damon TM e SmartClip TM ) nell’incrementare la <strong>di</strong>stanza intercanina in arcate man<strong>di</strong>bolari con affollamento dentale<br />

durante le varie fasi del trattamento ortodontico.<br />

MATERIALI E METODI: Diciassette pazienti <strong>di</strong> età compresa tra i 14 e 28 anni, sono stati inclusi in base ai seguenti<br />

criteri: (a) assenza <strong>di</strong> trattamenti ortodontici precedenti, (b) presenza <strong>di</strong> dentizione permanente, (c) con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> normo<br />

o ipo<strong>di</strong>vergenza, (e) overbite normale o aumentato, (f) profilo dritto o concavo, (g) almeno 1 mm <strong>di</strong> affollamento per<br />

ogni emiarcata. I pazienti sono stati <strong>di</strong>visi in due gruppi. Il primo gruppo, contenente <strong>di</strong>eci pazienti, è stato trattato con<br />

il sistema self-ligating Damon-2 (Ormco SDS); l’altro gruppo (sette pazienti) è stato trattato con il sistema self-ligating<br />

SmartClip TM (3M-Unitek). La <strong>di</strong>stanza intercanina è stata misurata nell’arcata inferiore prima <strong>di</strong> eseguire il bon<strong>di</strong>ng<br />

delle apparecchiature, al termine della fase <strong>di</strong> allineamento (circa 3 mesi) ed al termine della fase <strong>di</strong> livellamento (circa<br />

3 mesi). Per il gruppo Damon è stato usato nell’arcata un arco .014 pollici CuNiTi per la fase <strong>di</strong> allineamento e un arco<br />

.014 x .025 pollici CuNiTi per la fase <strong>di</strong> livellamento. Il gruppo SmartClip è stato trattato con un arco .014 pollici NiTi<br />

(forma <strong>di</strong> arcata II) per a la fase <strong>di</strong> allineamento e un arco .019x .025 pollici NiTi (forma <strong>di</strong> arcata II) per la fase <strong>di</strong><br />

livellamento nell’arcata inferiore.<br />

RISULTATI:I risultati hanno messo in evidenza come l’ apparecchiatura Damon produca un incremento della<br />

<strong>di</strong>stanza intercanina maggiore rispetto allo SmartClip, il quale porta però a risultati più pre<strong>di</strong>cibili evidenziati<br />

nell’analisi statistica da un più ridotto valore della Deviazione Standard.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI. In base ai risultati, lo SmartClip risulta quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cato nei pazienti nei quali sono<br />

controin<strong>di</strong>cati eccessivi movimenti <strong>di</strong> vestibolarizzazione dentale e cambiamenti <strong>di</strong> forma d’arcata. Al contrario, il<br />

Damon appare in<strong>di</strong>cato in pazienti nei quali è presente una corticale ossea vestibolare spessa che consente uno<br />

spostamento degli elementi dentari con movimento centrifugo.


LOAD DEFLECTION: BRACKET TRADIZIONALI ED INTERATTIVI A CONFRONTO.<br />

Clochiatti G, Perinetti G, Contardo L, Castaldo A, Di Lenarda R.<br />

Dipartimento Universitario-Clinico <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cine, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.<br />

OBIETTIVI: i brackets interattivi sono stati concepiti allo scopo <strong>di</strong> minimizzare la frizione nella prime fasi <strong>di</strong> un<br />

trattamento ortodontico. Scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato valutare l’energia <strong>di</strong> carico necessaria alla <strong>di</strong>slocazione <strong>di</strong> un filo<br />

ortodontico Cu NiTi in sede canina <strong>di</strong> un’arcata dentaria con bracket interattivi metallici e in ceramica (In-Ovation R e<br />

C) e tra<strong>di</strong>zionali (Omni Arch). MATERIALI E METODI: il modello sperimentale utilizzato è costituito da un baseplate<br />

metallico, che simulava un’arcata superiore <strong>di</strong> forma ideal, su cui sono stati realizzati 9 indentature atte a<br />

identificare il punto <strong>di</strong> posizionamento <strong>dei</strong> brackets in esame ed una scanalatura in posizione canino superiore sinistro.<br />

Per il posizionamento degli attacchi è stata realizzata una apposita <strong>di</strong>ma, negativa al base-plate, che, inserita negli slot<br />

<strong>dei</strong> brackets, permetteva il posizionamento passivo degli stessi sul bordo del base-plate me<strong>di</strong>ante materiale composito.<br />

Nei bracket è stato ingaggiato un filo .014 Cu-NiTi, scelto per il <strong>di</strong>ametro ridotto e la sezione rotonda. Il modello così<br />

ottenuto è stato posizionato in una teca sigillata contenente una termocoppia che manteneva una temperatura costante <strong>di</strong><br />

37°C. Il terminale <strong>di</strong> analisi della macchina per test meccanici (Instrom), costituito da una penna a punta smussa,<br />

passando attraverso un foro nel coperchio della teca, scendendo alla velocità costante <strong>di</strong> 2 mm/min, ha <strong>di</strong>slocato il filo<br />

nella zona della scanalatura in corrispondenza dell’elemento canino e registrato la forza <strong>di</strong> carico necessaria per ottenere<br />

le <strong>di</strong>slocazioni <strong>di</strong> 1,5, 3, 4,5 e 6 mm. Dopo ogni prova sia i brackets che i fili venivano sostituiti. I valori così ottenuti<br />

sono stati sottoposti ad analisi statistica (SPSS <strong>13</strong>.0). RISULTATI: i valori ottenuti (g) alle <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>slocazioni sono<br />

stati <strong>di</strong> 197,20±14,02, 292,26±21,66, 374,48±33,25 e 416,64±42,66 per gli In-Ovation R; 204,25±18,49, 284,05±24,58,<br />

342,00±25,65 e 414,08±32,72 per gli In-Ovation C; 300,20±46,94, 589,03±73,11, 824,98±83,60 e 1033,45±81,33 per<br />

gli Omni Arch. L’analisi statistica ha mostrato sign. stat. per tutti i valori, sia nel confronto fra i <strong>di</strong>versi gruppi<br />

sperimentali alle <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>slocazioni che nelle valutazioni all’interno <strong>dei</strong> singoli gruppi tra le <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>slocazioni, ad<br />

eccezione del confronto 4,5 vs 6 mm per gli In-Ovation R. DISCUSSIONE: i brackets interattivi hanno mostrato valori<br />

inferiori rispetto a quelli tra<strong>di</strong>zionali a tutte le <strong>di</strong>slocazioni. Tale riscontro è spiegato dalle caratteristiche intrinseche <strong>di</strong><br />

tali attacchi: in presenza <strong>di</strong> fili <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro contenuto questi si comportano come passivi, minimizzando l’attrito<br />

determinato dallo scorrimento del filo stesso al loro interno e richiedendo, quin<strong>di</strong>, minore energia per tale scorrimento. I<br />

brackets interattivi in ceramica, seppur mostrano <strong>di</strong>fferenze stat. sign variabili rispetto a quelli metallici non mostrano<br />

variazioni <strong>di</strong> forza <strong>di</strong> carico considerabili sign. clinicamente. CONCLUSIONI: i brackets interattivi, associati a fili <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ametro ridotto, riducono notevolmente l’energia necessaria allo scorrimento <strong>dei</strong> fili al loro interno. Non sembra<br />

apprezzabile una reale <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> comportamento tra brackets interattivi in ceramica e metallici.


IL TRATTAMENTO LOGOPEDICO NEI PAZIENTI AFFETTI DA SINDROME DI MOEBIUS.<br />

Luzzani C*.,Barbot A.**, Mandelli G., Di Blasio A., Gandolfini M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Otorino-odonto-oftalmologiche e Cervico-facciali. * Corso <strong>di</strong> Laurea in Logope<strong>di</strong>a. **<br />

Logope<strong>di</strong>sta dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria.<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: La sindrome <strong>di</strong> Moebius è una malattia rara caratterizzata dalla paralisi congenita del<br />

VI e VII paio <strong>di</strong> nervi cranici, associata nel 30% <strong>dei</strong> casi a malformazioni degli arti superiori e/o inferiori. Spesso, però,<br />

il coinvolgimento <strong>dei</strong> nervi cranici non si limita al VI e VII paio, ma interessa anche altri nervi cranici. Lo scopo <strong>di</strong><br />

questo lavoro è <strong>di</strong> stimare, in un gruppo <strong>di</strong> pazienti affetti da sindrome <strong>di</strong> Moebius, l’interessamento <strong>di</strong> altri nervi<br />

cranici, oltre il VII e VI paio caratteristici della sindrome e proporre un protocollo logope<strong>di</strong>co, realizzato dal gruppo <strong>di</strong><br />

lavoro inter<strong>di</strong>sciplinare operativo presso la clinica odontoiatrica dell’Università <strong>di</strong> Parma.<br />

MATERIALI E METODI: Il trattamento logope<strong>di</strong>co prevede: valutazione e trattamento della <strong>di</strong>sfagia (0-3 mesi),<br />

Counselling sulla stimolazione propriocettiva orale e linguistica (6-15 mesi), riabilitazione e potenziamento delle<br />

funzioni oro-motorie residue (Oral Motor Therapy).<br />

RISULTATI: Il coinvolgimento anche <strong>di</strong> altri nervi cranici deputati allo svolgimento <strong>di</strong> importanti funzioni<br />

stomatognatiche come la suzione, la deglutizione e la masticazione ci ha portato a stilare un protocollo per la<br />

valutazione <strong>di</strong>: <strong>di</strong>sfagia neonatale; scialorrea; competenza labiale; sensibilità delle labbra; sensibilità e motilità della<br />

lingua ; prassie facciali residue. Sono stati esaminati 14 pazienti <strong>di</strong> età compresa tra 0 e 18 anni, con i seguenti risultati:<br />

<strong>di</strong>sfagia neonatale presente in 8 pazienti, scialorrea in 7, incompetenza labiale in 9, ipomobilità o assenza <strong>di</strong> mobilità<br />

linguale in 7, anche associata ad alterazioni <strong>di</strong> sensibilità.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Nei pazienti affetti da sindrome <strong>di</strong> Moebius il coinvolgimento <strong>dei</strong> nervi cranici<br />

deputati ad importanti funzioni come la suzione, la deglutizione e la masticazione, appare da questa valutazione<br />

preliminare molto frequente. La valutazione stessa è stata condotta su un numero elevato <strong>di</strong> casi se si considera la rarità<br />

della sindrome. L’intervento logope<strong>di</strong>co precoce rientra pertanto tra i primi interventi terapeutici da attuarsi nel<br />

paziente affetto da sindrome <strong>di</strong> Moebius. Nel paziente Moebius in crescita, inoltre, la terapia logope<strong>di</strong>ca risulta <strong>di</strong><br />

fondamentale importanza per stimolare il compenso neuromotorio soprattutto nei soggetti appartenenti al Gruppo B<br />

(presenza <strong>di</strong> alcune unità muscolo-nervose residue da un solo lato della faccia, Moebius incompleta) e al Gruppo C<br />

(paralisi facciale unilaterale, Sindrome Moebius–like). La terapia logope<strong>di</strong>ca infine, per l’influenza che la componente<br />

neuromuscolare esercita sullo sviluppo cranio-facciale, rappresenta nel paziente affetto da sindrome <strong>di</strong> Moebius, un<br />

intervento fondamentale per l’approccio ortodontico alla <strong>di</strong>smorfosi; sia prima per portare il paziente al momento del<br />

trattamento ortodontico nelle migliori con<strong>di</strong>zionio oro-muscolari possibili sia a trattamento concluso per mantenere i<br />

risultati ottenuti dalla correzione.


DISTRIBUZIONE DELLE MALOCCLUSIONI IN UN CAMPIONE DI 918 SOGGETTI.<br />

Cosentino S, Tonoli A, Montanari S, Cuzzocrea ML,<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” UOC <strong>di</strong> Odontostomatologia- Ospedale “S. Giovanni Calibita”<br />

Fatebenefratelli – Isola Tiberina - Roma<br />

Introduzione : Consapevoli delle variabili che possono caratterizzare una malocclusione, è stata osservata la<br />

<strong>di</strong>stribuzione delle <strong>di</strong>verse alterazioni dentali, alveolari e scheletriche.<br />

Obiettivi : lo scopo del lavoro era quello <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare eventuali correlazioni tra classe scheletrica,<strong>di</strong>vergenza,bite ecc.<br />

.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong> : Lo stu<strong>di</strong>o è stato condotto su 918 pazienti in trattamento presso l’ Ospedale Fatebenefratelli <strong>di</strong><br />

Roma tra il 2000-2008. Il campione sud<strong>di</strong>viso in 498 donne e 420 uomini è stato analizzato attraverso: esame obiettivo,<br />

analisi cefalometrica su telecranio in proiezione latero-laterale, stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> modelli in gesso. Per ogni paziente sono stati<br />

registrati i seguenti valori: angolo SNA,SNB,ANB per l’ identificazione della classe scheletrica; linea <strong>di</strong> Margolis per la<br />

valutazione della <strong>di</strong>vergenza; classe molare e canina (rilevata su modelli in gesso e all’ esame clinico); misura in mm.<br />

del valore <strong>di</strong> OverBite su tracciato cefalometrico e su modelli in gesso.<br />

Risultati e conclusioni :I risultati ottenuti mostrano: per l’ angolo ANB una prevalenza <strong>di</strong> soggetti (54,9%) in I classe<br />

scheletrica (0≤ ANB ≤4); per la <strong>di</strong>vergenza i pazienti si <strong>di</strong>stribuiscono in maniera omogenea tra IPER (34,1%), IPO<br />

(35,1%), NORMO-DIVERGENTI(30,7%); il 54,2% <strong>dei</strong> soggetti è NORMO-BITE (2,5 +/-2,5 mm); esiste una relazione<br />

significativa tra Bite e Classe scheletrica, in particolare la Classe III ha Bite profondo solo nell’ 11% <strong>dei</strong> casi, mentre la<br />

Classe II nel 31,7% ; esiste una corrispondenza tra classe scheletrica e dentale anche se non sempre rispettata.<br />

Dai parametri cefalometrici e clinici utilizzati , la malocclusione <strong>di</strong> I classe scheletrica e dentale sembra essere la più<br />

rappresentata dai soggetti esaminati.<br />

Esiste una relazione statisticamente significativa (chi square p


L’EFFETTO DELLA TRAZIONE EXTRA-ORALE CO<strong>MB</strong>INATA SULLA DISTALIZZAZIONE DEL<br />

SECONDO E DEL TERZO MOLARE SUPERIORI<br />

Greco M.- Fichera G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Ortognatodonzia/ Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania<br />

Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in Ortognatodonzia Intercettiva<br />

Scopo del lavoro: Scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare l’effetto della trazione extra-orale combinata sul pattern<br />

<strong>di</strong> eruzione del secondo e del terzo molare mascellari.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Lo stu<strong>di</strong>o è stato realizzato su un campione <strong>di</strong> 36 soggetti ( 14 maschi e 22 femmine) affetti da<br />

malocclusione <strong>di</strong> II Classe, con età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 10 ± 0,7 anni. Tutti i soggetti sono stati trattati con trazione extra-orale<br />

combinata per una durata me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 2 ± 0,1 anni. Sono state analizzate le ra<strong>di</strong>ografie latero-laterali pre-trattamento e<br />

post-trattamento <strong>di</strong> ciascun paziente, e per valutare la <strong>di</strong>stalizzazione e il pattern <strong>di</strong> eruzione del secondo e del terzo<br />

molare superiori, sono state realizzate 3 misurazioni cefalometriche lineari (6-PTV;7-PTV;8-PTV) e 2 angolari (angolo<br />

tra l’asse lungo del secondo e del terzo molare, rispettivamente,e la linea sella-nasion.<br />

Discussione: La malocclusione <strong>di</strong> II Classe costituisce uno <strong>dei</strong> più comuni problemi ortodontici e può derivare da<br />

svariate componenti contribuenti. Anche se essa può essere determinata da una protrusione mascellare, da una<br />

retrusione man<strong>di</strong>bolare o dalla combinazione <strong>di</strong> entrambe, spesso la risoluzione <strong>di</strong> una malocclusione <strong>di</strong> II Classe<br />

richiede la <strong>di</strong>stalizzazione <strong>dei</strong> primi molari superiori. Sebbene l’efficacia della trazione extra-orale nella <strong>di</strong>stalizzazione<br />

<strong>dei</strong> primi molari è clinicamente riconosciuta e largamente documentata in letteratura, la sua influenza sul pattern <strong>di</strong><br />

eruzione del secondo e del terzo molare mascellari non è stata sufficientemente investigata in letteratura.<br />

Risultati: Sono state osservate <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative (P


EFFETTI DEL PROTOCOLLO TERAPEUTICO CON MASCHERA FACCIALE E BITE-BLOCK CON O<br />

SENZA ESPANSIONE RAPIDA DEL PALATO<br />

Righi M, Ricchiuti MR, Franchi L<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CI <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”,<br />

Prof P Cozza<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> mettere a confronto gli effetti terapeutici <strong>di</strong> due protocolli <strong>di</strong><br />

trattamento con trazione postero-anteriore. Nel primo la Maschera Facciale è stata combinata con <strong>di</strong>spositivo Bite Block<br />

in arcata inferiore (FM/BB), nel secondo con espansore rapido mascellare incollato (RME/FM) in pazienti con<br />

malocclusione dento-scheletrica <strong>di</strong> Classe III. MATERIALI E METODI: Il campione FM/BB ha incluso 22 soggetti<br />

(12 F, 10 M) con malocclusione dento-scheletrica <strong>di</strong> Classe III in uno sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo scheletrico prepuberale, stimato<br />

secondo il metodo delle vertebre cervicali (CS1-CS2). L’età me<strong>di</strong>a prima del trattamento (T1) è stata <strong>di</strong> 8.7± 1.2 anni,<br />

l’età me<strong>di</strong>a al termine della fase attiva <strong>di</strong> trattamento (T2) è stata <strong>di</strong> 10.4± 1.3 anni e la durata me<strong>di</strong>a del trattamento è<br />

stata <strong>di</strong> 1.7± 0.8 anni. Il campione RME/FM ha compreso 17 soggetti (10 F, 7 M) con lo stesso tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>smorfosi dentoscheletrica<br />

in uno sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo scheletrico prepuberale (CS1-CS2). Le età me<strong>di</strong>e sono state <strong>di</strong> 7.8±1.8 anni a T1 e<br />

<strong>di</strong> 9.3± 1.9 anni a T2. La durata me<strong>di</strong>a del periodo <strong>di</strong> osservazione è stata <strong>di</strong> 1.5± 0.6 anni. Per ogni soggetto sono state<br />

analizzate le telera<strong>di</strong>ografie in proiezione latero-laterale a tempo T1 ed a tempo T2. I cambiamenti cefalometrici tra T1<br />

e T2 nei due gruppi sono stati messi a confronto statisticamente con il test independent sample t-test (p


LA SELEZIONE DEL MINI-IMPIANTO ORTODONTICO IN BASE AL SITO ANATOMICO DI<br />

INSERZIONE<br />

Luzi Valeriano 1 , Luzi Cesare 2<br />

1<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”<br />

2<br />

Libero professionista<br />

Introduzione: L’ancoraggio scheletrico ha ampliato notevolmente i limiti dell’ortodonzia moderna. Per il successo<br />

clinico risultano fondamentali la selezione del caso e la scelta del <strong>di</strong>spositivo adatto al sito anatomico scelto per<br />

l’inserzione.<br />

Obiettivi: Valutare forma e <strong>di</strong>mensioni <strong>dei</strong> mini-impianti ortodontici per una scelta ottimale in relazione al sito<br />

anatomico <strong>di</strong> inserzione, alla luce della letteratura sui fallimenti.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Ra<strong>di</strong>ografie e foto cliniche <strong>di</strong> 50 mini-impianti inseriti dagli autori.<br />

Risultati: Fattori quali la lunghezza totale del mini-impianto, la lunghezza della porzione filettata, la lunghezza del<br />

collo, il <strong>di</strong>ametro, e le caratteristiche anatomiche del sito <strong>di</strong> inserzione sono da considerare in dettaglio quando si<br />

effettua la scelta del <strong>di</strong>spositivo a cui affidarsi.<br />

Discussione e conclusione: L’utilizzo <strong>di</strong> mini-impianti ortodontici come <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> ancoraggio temporaneo è in forte<br />

aumento. Questi <strong>di</strong>spositivi presentano <strong>di</strong>verse caratteristiche da associare al sito <strong>di</strong> inserzione e da selezionare in base<br />

alle sue caratteristiche. Solo una attenta comprensione delle caratteristiche <strong>dei</strong> <strong>di</strong>spositivi consente <strong>di</strong> utilizzare il miniimpianto<br />

adatto nelle <strong>di</strong>verse situazioni cliniche.


TORQUE DI RIMOZIONE E CARATTERISTICHE MECCANICHE DI MINIVITI IN ACCIAIO E<br />

TITANIO.<br />

Ceschi M, Piazza P, Bellomo F, Contardo L, Di Lenarda R.<br />

Dipartimento Universitario-Clinico <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cine, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.<br />

OBIETTIVO: le miniviti per ancoraggio scheletrico in ortodonzia basano la propria funzione sul concetto <strong>di</strong> ritenzione<br />

primaria. Ovvero è l’intimo contatto con la corticale delle ossa mascellari a garantire la loro ritenzione. I sistemi <strong>di</strong><br />

ancoraggio ortodontici devono permanere all’interno della cavità orale per perio<strong>di</strong> brevi e, <strong>di</strong> conseguenza, il potenziale<br />

<strong>di</strong> osteointegrazione deve essere il minore possibile. Scopo della sperimentazione è comparare le caratteristiche<br />

meccaniche <strong>di</strong> miniviti in acciaio e titanio essendo oggigiorno appurato la non necessità <strong>di</strong> osteointegrazione da parte <strong>di</strong><br />

questi ausili. MATERIALI E METODI: 10 miniviti in titanio (Ortho Organizer) e 10 miniviti in acciaio (Leone) sono<br />

state impiantate nelle epifisi <strong>di</strong>stali femorali <strong>di</strong> 5 conigli <strong>di</strong> razza New Zealand. Tutti i conigli sono stati sottoposti a<br />

protocolli chirurgici, post-chirurgici (terapia antibiotica) e <strong>di</strong> terapia del dolore seguendo le normative in materia. Dopo<br />

30 gg i femori sono stati espianti e successivamente ridotti in cubetti per l’analisi meccanica delle miniviti in esso<br />

contenuti. Le analisi eseguite sono state: 1) valutazione del torque massimo <strong>di</strong> rimozione me<strong>di</strong>ante giravite elettronico;<br />

2) analisi della resistenza alla flessione sulle miniviti rimosse me<strong>di</strong>ante three point test fino alla frattura o deformazione<br />

della minivite e 3) analisi <strong>di</strong> superficie per i parametri rugosità me<strong>di</strong>a (Sa), skewness (Skk) e portanza <strong>di</strong> superficie<br />

(Sdr). Tutti i tests, eseguiti me<strong>di</strong>ante profilometro, sono stati eseguiti prima e dopo l’applicazione delle miniviti in punti<br />

prefissati sulla superficie della minivite. I valori sono stati analizzati statisticamente con software SPSS 12.0.<br />

RISULTATI: 1) torque <strong>di</strong> rimozione:acciaio 4,88 N (DS 1,86) e titanio 5,78 N (DS 0,52) (non stat. sign.). 2) resistenza<br />

a flessione: acciaio 375,4 N (DS 14,38) e titanio 195,20 (DS 11,27) (p< .01); 3) non sono state riscontrate <strong>di</strong>ff. stat.<br />

sign. tra miniviti pre e post utilizzo per nessuna variabile <strong>di</strong> analisi. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’analisi del<br />

torque <strong>di</strong> rimozione ci permette <strong>di</strong> affermare che la resistenza alla rimozione delle miniviti in esame non è influenzata<br />

dalla composizione della lega ma bensì da altri fattori quali geometria della minivite, <strong>di</strong>ametro, forma del pitch e<br />

lunghezza. L’analisi della resistenza alla flessione è stata eseguita in quanto la forza torsionale nel momento<br />

dell’applicazione è la principale responsabile delle fratture o deformazioni delle miniviti. Le miniviti in acciaio<br />

mostrano <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> resistenza alla flessione significativamente maggiori rispetto alle miniviti in titanio. Inoltre le<br />

miniviti in acciaio hanno una tendenza maggiore alla deformazione rispetto alla rottura. L’assenza <strong>di</strong> variazioni<br />

superficiali pre-post applicazione delle miniviti evidenzia che la superficie impiantare non risulta influenzata da alcun<br />

stimolo ambientale legato allo stress meccanico <strong>di</strong> applicazione o dal contatto con substrati infiammatori (qualora<br />

presenti) e tessuto osseo.


TRATTAMENTO MULTIDISCIPLINARE DELLE AGENESIE DEI LATERALI<br />

Mozzicato P, Greco M, Giancotti A.<br />

"Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata - U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S.G. Calibita Fatebenefratelli Isola<br />

Tiberina"<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è quello <strong>di</strong> mostrare la nostra esperienza clinica nel trattamento non<br />

convenzionale delle agenesie <strong>dei</strong> laterali combinando la chiusura ortodontica degli spazi e l’odontoiatria estetica.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 10 pazienti con malocclusione <strong>di</strong> Classe II con agenesia degli<br />

incisivi mascellari e moderato affollamento nell’arcata man<strong>di</strong>bolare.<br />

L’opzione <strong>di</strong> trattamento scelta è stata la chiusura degli spazi me<strong>di</strong>ante mesializzazione <strong>dei</strong> settori latero-posteriore e<br />

successivo camouflage conservativo <strong>dei</strong> canini mascellari e <strong>dei</strong> primi premolari superiori. Fondamentale al fine <strong>di</strong><br />

ottenere un buon risultato estetico e funzionale, è stata la fase <strong>di</strong> finishing caratterizzata dai seguenti criteri:<br />

1. posizionamento in<strong>di</strong>vidualizzato <strong>dei</strong> brackets per favorire l’estrusione del canino mascellare e l’intrusione del primo<br />

premolare<br />

2. corretto torque per favorire un buon contour gengivale<br />

3. camouflage conservativo <strong>dei</strong> canini e <strong>dei</strong> primi premolari<br />

4. sbiancamento <strong>dei</strong> canini<br />

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a Rx Ortopanoramica e Telera<strong>di</strong>ografia pre e post trattamento.<br />

RISULTATI: La durata me<strong>di</strong>a del trattamento è stata <strong>di</strong> 26 mesi; alla fine della fase ortodontica i canini e i premolari<br />

mascellari sono stati sottoposti a sbiancamento e camouflage conservativo, risultando così simili ai denti naturali nel<br />

rispetto dell’armonia del sorriso.<br />

CONCLUSIONI: La nostra esperienza clinica mostra come un approccio multi<strong>di</strong>sciplinare (chiusura ortodontica degli<br />

spazi e camouflage conservativo) possa essere la scelta ideale in caso <strong>di</strong> giovani pazienti con malocclusione <strong>di</strong> Classe<br />

II ed agenesia degli incisivi mascellari e come una scrupolosa fase <strong>di</strong> finitura consenta il conseguimento <strong>di</strong> un risultato<br />

stabile e naturale anche nel lungo termine.


VALUTAZIONE DELLE MODIFICAZIONI TRASVERSALI IN TECNICA LOW-FRICTION<br />

Natali A., Od<strong>di</strong> R., Benvenuto E.R., Casale M., Citrulli N.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> dell’ Aquila – Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche – Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia Prof.<br />

Clau<strong>di</strong>o Chimenti<br />

Introduzione: Negli ultimi anni, le apparecchiature “self- ligating” o auto leganti sembrano garantire la risposta più<br />

valida alle esigenze degli ortodontisti, riducendo al minimo la frizione tra arco e slot.<br />

Obiettivi: scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare se esiste un’espansione trasversale delle arcate misurando i<br />

<strong>di</strong>ametri inter-canini, inter-premolari e inter-molari in pazienti trattati con apparecchiatura self-ligating.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati presi in esame 6 pazienti trattati nel reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia della Clinica<br />

Odontoiatrica dell’Università Degli Stu<strong>di</strong> dell’ Aquila. Le registrazioni <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ametri trasversali e della profon<strong>di</strong>tà delle<br />

arcate superiore e inferiore sono state effettuate in 3 <strong>di</strong>verse fasi <strong>di</strong> trattamento: To (fase iniziale <strong>di</strong> trattamento), T1 (<br />

fase interme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> trattamento con archi 0,18 × 0,25 CoNiTi) e T2 ( fase finale del trattamento). Tutte le misurazioni<br />

sono state effettuate sui modelli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o ed elaborate dal programma cefalometrico Oris-ceph.<br />

Risultati: nel trattamento con tecnica self- ligating si assiste ad un’espansione delle arcate, specie <strong>di</strong> quella superiore. In<br />

alcuni casi si assiste a un particolare aumento delle <strong>di</strong>stanze interdentali al tempo T1 ed un aumento della profon<strong>di</strong>tà<br />

delle arcate nelle misurazioni interme<strong>di</strong>e. Questi valori, più alti in T1, tendono poi a <strong>di</strong>minuire nuovamente in fase<br />

finale T2, tornando ad essere più vicini ai valori iniziali T0, con una sorta <strong>di</strong> riassestamento dell’arcata, che si stabilizza<br />

in modo definitivo.<br />

Conclusioni: in generale nel trattamento con tecnica self- ligating si assiste ad un’espansione delle arcate in particolar<br />

modo dell’arcata superiore.


CARATTERISTICHE TRASVERSALI DENTO-SCHELETRICHE IN PAZIENTI IN DENTIZIONE MISTA<br />

CON MORSO APERTO ANTERIORE: STUDIO MORFOMETRICO SU TELERADIOGRAFIA POSTERO-<br />

ANTERIORE.<br />

Pavoni C, Ballanti F, Baccetti T<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CI d Ortognatodonzia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”,<br />

Prof P Cozza<br />

OBIETTIVI: scopo del lavoro è stato quello <strong>di</strong> confrontare le caratteristiche trasversali <strong>di</strong> soggetti in dentizione mista<br />

che presentano morso aperto anteriore con quelle <strong>di</strong> un gruppo controllo <strong>di</strong> soggetti con corretti rapporti verticali.<br />

MATERIALI E METODI: sono stati selezionati 22 pazienti con morso aperto anteriore (6 maschi, 16 femmine <strong>di</strong> età<br />

me<strong>di</strong>a 8.7 +/- 0.7 anni) confrontati con 22 soggetti con occlusione corretta (11 maschi e 12 femmine <strong>di</strong> età me<strong>di</strong>a 9.2 +/-<br />

0.8 anni). I pazienti appartenenti ai 2 gruppi presentavano dentizione mista e non avevano subito trattamenti ortodontici<br />

pregressi. Le caratteristiche dento-scheletriche trasversali sono state analizzate su telera<strong>di</strong>ografia postero-anteriore ed è<br />

stata effettuata una analisi cefalometrica standard ed uno stu<strong>di</strong>o morfometrico con analisi thin-plate spline (TPS). E’<br />

stata effettuata una valutazione statistica con in<strong>di</strong>pendent sample t-test and permutation tests.<br />

RISULTATI: dall’analisi morfometrica con TPS si nota come il gruppo <strong>di</strong> pazienti con morso aperto anteriore mostra<br />

una riduzione nelle caratteristiche trasversali rispetto al gruppo controllo a più livelli: zigomatica, mascellare superiore<br />

(dentale e scheletrico) e man<strong>di</strong>bola (con<strong>di</strong>lare e goniaco) con <strong>di</strong>slocamento posteriore del punto Menton. Dall’analisi<br />

cefalometrica tra<strong>di</strong>zionale su telera<strong>di</strong>ografia postero-anteriore, il gruppo campione mostra una riduzione statisticamente<br />

significativa nella regione zigomatica (-4.8mm), nel mascellare scheletrico (-2.0mm) e dento-alveolare (-3.0mm) e nella<br />

man<strong>di</strong>bola sia con<strong>di</strong>lare (-3.6mm) che goniaco (-4.0mm).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: i soggetti in dentizione mista con morso aperto anteriore, confrontati con un<br />

gruppo controllo con corretti rapporti verticale, mostrano una riduzione statisticamente significativa nei <strong>di</strong>ametri<br />

trasversi nella regione zigomatica, mascellare e man<strong>di</strong>bolare.


CORREZIONE DEL MORSO PROFONDO MEDIANTE OCCLUS-O-GUIDE. STUDIO SPERIMENTALE<br />

Catemario M., Laino G., Manzo P., Pellegrino G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze odontostomatologiche e maxillo-facciale Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli Federico II<br />

Introduzione: Il morso profondo dentario rappresenta uno degli aspetti delle malocclusioni più impegnativo da<br />

correggere me<strong>di</strong>ante l’ortodonzia tra<strong>di</strong>zionale, soprattutto per i tempi prolungati <strong>di</strong> trattamento a cui spesso possono<br />

corrispondere problemi <strong>di</strong> stabilità nel tempo.<br />

In questo stu<strong>di</strong>o è stata nostra intenzione indagare sull’intervento precoce, già prima del picco <strong>di</strong> crescita, me<strong>di</strong>ante<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>spositivo elastomerico commercializzato con il nome <strong>di</strong> Occlusoguide serie G che, alla luce delle<br />

in<strong>di</strong>cazioni proposte, potrebbe offrire interessanti benefici terapeutici, bassi costi sia nell’intercettamento del morso<br />

profondo che nella protrusione mascellare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Il nostro campione è rappresentato da 18 pazienti <strong>di</strong> età compresa tra i 9 ed i 12 anni. Ai pazienti<br />

sono state fatte eseguire l’ortopantomografia per analizzare i rapporti dentodentari ed eventuali anomalie quali agenesie,<br />

ostacoli all’eruzione o percorsi eruttivi anomali e la telera<strong>di</strong>ografia in proiezione latero-laterale sulla quale sona state<br />

effettuate le seguento analisi cefalometriche: Ricketts – Arvold – Woodside –Jarabak- Steiner. Sono state rilevate<br />

inoltre le impronte, sviluppate ed effettuata un’analisi spaziale sui modelli in gesso nonché registrati OVB e OVJ.<br />

Ogni paziente ha portato l’Occlusoguide me<strong>di</strong>amente 2 ore <strong>di</strong> giorno e tutta la notte per un periodo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 5 mesi<br />

mantenendo la contenzione esclusivamente notturna. Dopo 18 mesi <strong>di</strong> trattamento sono state effettuate le ra<strong>di</strong>ografie <strong>di</strong><br />

controllo. Sulle telera<strong>di</strong>ografie è stata ripetuta l’analisi cefalometrica e misurati i valori <strong>di</strong> OVB ed OVJ. Sono stati<br />

realizzati nuovamente i modelli in gesso per confermare, attraverso misurazioni <strong>di</strong>rette, i valori <strong>di</strong> OVB ed OVJ.<br />

Risultati: Scheletricamente non sono state rilevate variazioni sagittali, si assiste però ad un maggiore incremento del<br />

valore dell’angolo goniaco inferiore, espressione <strong>di</strong> una postrotazione man<strong>di</strong>bolare e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> un incremento del terzo<br />

inferiore; questo tipo <strong>di</strong> dato trova conferma nell’analisi <strong>dei</strong> dati dentari dove risulta che i molari sia superiori che<br />

inferiori erompono rispetto ai piani <strong>di</strong> riferimento con una contemporanea tendenza della correzione dell’overbite<br />

dentario.<br />

Conclusioni: Lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> dati <strong>di</strong> questo gruppo <strong>di</strong> pazienti ci ha permesso <strong>di</strong> trarre alcune conclusioni che ci<br />

consentono <strong>di</strong> utilizzare con maggiore “coscienza” questo tipo <strong>di</strong> presi<strong>di</strong>o: la correzione sagittale che appare evidente in<br />

molti casi trattati si basa su una mo<strong>di</strong>fica dentoalveolare; il morso profondo viene corretto prevalentemente a carico<br />

dentale soprattutto con una estrusione <strong>dei</strong> molari superiori; la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> crescita <strong>dei</strong> pazienti non cambia, anche se si<br />

assiste a delle risposte <strong>di</strong>fferenti in base alla tipologia facciale.


VALUTAZIONE DELLE MODIFICAZIONI DEI DERIVATI DELL’ ACIDO ARACHIDONICO IN CORSO<br />

DI MOVIMENTO DENTALE ORTODONTICO<br />

Lo Giu<strong>di</strong>ce A.*, Portelli M., Militi A., Gatto E., Artemisia A.<br />

Università <strong>di</strong> Messina, Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia,<br />

Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia: Prof. G. Cordasco<br />

Introduzione: Il movimento dentale ortodontico si accompagna ad una risposta infiammatoria acuta del tessuto<br />

parodontale alla quale consegue il rilascio <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> molecole <strong>di</strong> segnale. Questi me<strong>di</strong>atori chimici, provocano<br />

delle mo<strong>di</strong>ficazioni a livello dell’attività cellulare osteoclastica/osteoblastica traducendo lo stimolo meccanico nella<br />

reazione <strong>di</strong> “rimodellamento” osseo, determinando come ultimo effetto il movimento dentale ortodontico. Obbiettivo.<br />

Obiettivo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare gli effetti <strong>di</strong> una forza ortodontica leggera e continua e <strong>di</strong> una forza<br />

pesante e intermittente sulla secrezione circa<strong>di</strong>ana dell’ 8-isoprostano. Materiali e meto<strong>di</strong>. Il campione era costituito da<br />

un gruppo Test <strong>di</strong> 20 soggetti (12 F, 8 M), età me<strong>di</strong>a 11.8 anni, afferenti presso l’ Ambulatorio <strong>di</strong> Ortodonzia della<br />

U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Odontostomatologia dell’A.O.U. “G. Martino” <strong>di</strong> Messina, ed un gruppo Controllo <strong>di</strong> 10<br />

soggetti (4 F, 6M), età me<strong>di</strong>a 12.1 anni, non sottoposti ad alcun tipo <strong>di</strong> trattamento ortodontico. Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> igiene<br />

orale <strong>dei</strong> pazienti <strong>di</strong> entrambi i gruppi sono state standar<strong>di</strong>zzate me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> placca e <strong>di</strong> sanguinamento. I<br />

pazienti del gruppo Test sono stati <strong>di</strong>visi in due sottogruppi: il gruppo A comprendeva i soggetti in terapia con<br />

apparecchiatura ortodontica fissa (Time 3, AO), mentre il gruppo B era costituito da soggetti in terapia con<br />

apparecchiatura rimovibile (Attivatore tipo Andresen). I pazienti <strong>di</strong> entrambi i sottogruppi sono stati sottoposti al<br />

prelievo <strong>di</strong> FGC ad intervalli regolari: T0 (prima dell’ interruzione della forza), T1 (1 h dopo l’interruzione della forza),<br />

T2 (3 h dopo l’interruzione della forza), T3 (1 h dalla riapplicazione della forza). I soggetti del gruppo Controllo sono<br />

stati sottoposti ad un singolo prelievo <strong>di</strong> FGC. Risultati. In entrambi i sottogruppi Test, i livelli <strong>di</strong> 8-isoprostano sono<br />

risultati più elevati in relazione ai soggetti del gruppo Controllo; il dato significativo estrapolato dal gruppo B era che la<br />

concentrazione <strong>di</strong> 8-isoprostano presentava valori più alti in seguito alla riapplicazione della forza. Discussioni e<br />

conclusioni. In questo stu<strong>di</strong>o abbiamo valutato l’espressione <strong>di</strong> un marker infiammatorio poco considerato in<br />

letteratura, ed i risultati confermano che l’aumento <strong>di</strong> 8-isoprostano è associato al movimento dentale, al pari <strong>di</strong> altri<br />

me<strong>di</strong>atori dell’infiammazione. Nel gruppo B i livelli <strong>di</strong> 8-isoprostano erano superiori durante tutto il periodo <strong>di</strong><br />

osservazione rispetto al gruppo A, a testimonianza <strong>di</strong> un effetto sul movimento dentale che si mantiene a prescindere<br />

dall’applicazione della forza ortodontica, poiché l’infiammazione è un processo che non si esaurisce con la rimozione<br />

temporanea della forza stessa. Infatti, nei pazienti in terapia con apparecchiatura rimovibile lo spostamento dentale<br />

avviene in maniera continua seppur sotto l’azione <strong>di</strong> una forza pesante.


OCCLUS-O-GUIDE E POSITION TRAINER NEL TRATTAMENTO DEL PAZIENTE IN FASE DINAMICA<br />

DI CRESCITA<br />

Toma L., Maspero C., Passaler G., Tavecchia G., Della moretta D., Soragni F.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano , Dipartimento <strong>di</strong> Ortognatodonzia<br />

INTRODUZIONE Secondo la scuola <strong>di</strong> Milano le fasi del trattamento ortodontico devono trovare una corrispondenza<br />

ai <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> perio<strong>di</strong> crescita che il paziente attraversa. In tal senso possiamo <strong>di</strong>stinguere quattro fasi <strong>di</strong> accrescimento<br />

(prima del picco puberale, al picco puberale, alla fine del picco, alla fine dell’accrescimento) a cui corrispondono<br />

quattro fasi del trattamento ortodontico: fase preventiva, intercettiva, correttiva e contenitiva<br />

OBIETTIVI In fase <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> crescita, quin<strong>di</strong>, la finalità delle nostre apparecchiature sarà duplice: limitare i danni<br />

dai fattori estrinseci (abitu<strong>di</strong>ni viziate) e contrastare gli aspetti negativi intrinseci genetici che si manifesteranno lungo<br />

tutto l’arco <strong>di</strong>namico <strong>di</strong> crescita.<br />

MATERIALI E METODI Il progresso tecnologico e l’evoluzione nel campo <strong>dei</strong> materiali hanno messo a <strong>di</strong>sposizione<br />

delle apparecchiature costituite da materiale resiliente, che ben rispondono alle necessità terapeutiche <strong>di</strong> contrasto delle<br />

abitu<strong>di</strong>ni viziate e <strong>di</strong> guida funzionale nel miglioramento del potenziale <strong>di</strong> crescita del paziente. Nella nostra ricerca<br />

abbiamo trattato 30 pazienti (18 femmine e 12 maschi) afferenti al reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia della Clinica<br />

Odontoiatrica <strong>di</strong> Milano, e tutti nella fase prima del picco <strong>di</strong> crescita puberale.I pazienti sono stati trattati con due<br />

apparecchiature elastodontiche: Position Trainer e Occlus-o-Guide. Il Position Trainer è stato utilizzato preferibilmente<br />

nei pazienti in dentizione decidua, mentre Occlus-o-Guideè stato preferito per l’utilizzo in dentizione mista. Alla<br />

consegna del <strong>di</strong>spositivo elastodontico i pazienti sono stati istruiti sulle modalità <strong>di</strong> utilizzo, in particolare è stato<br />

richiesto <strong>di</strong> portare il <strong>di</strong>spositivo nelle ore serali e notturne e in tutti gli altri momenti in cui solitamente i pazienti<br />

manifestavano eventualmente l’abitu<strong>di</strong>ne viziata<br />

RISULTATI Il ripristino <strong>dei</strong> corretti rapporti spaziali tra gli incisivi superiori e quelli inferiori è stato ottenuto<br />

precocemente e già al controllo dopo 3 mesi in molti casi abbiamo potuto verificare una notevole riduzione dell’overjet<br />

e la completa scomparsa dell’abitu<strong>di</strong>ne viziata.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI I risultati clinici preliminari ottenuti in questa ricerca hanno <strong>di</strong>mostrato l’efficacia<br />

<strong>dei</strong> <strong>di</strong>spositivi elastodontici nella terapia ortodontica precoce, nella risoluzione delle abitu<strong>di</strong>ni viziate e nel conseguente<br />

ripristino <strong>dei</strong> corretti rapporti dento-alveolari. Il successo terapeutico è comunque con<strong>di</strong>zionato dalle corrette<br />

in<strong>di</strong>cazioni che devono supportare la prescrizione dell’apparecchiatura e dal raggiungimento <strong>di</strong> una sufficiente<br />

compliance del paziente


G-VHA: DISPOSITIVO PER IL CONTROLLO VERTICALE NEI PAZIENTI IN CRESCITA.<br />

Greco M, Scalise R, Giancotti A.<br />

Università <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S.G. Calibita Fatebenefratelli Isola<br />

Tiberina<br />

OBIETTIVI: Valutare gli effetti dento-scheletrici <strong>di</strong> un nuovo <strong>di</strong>spositivo intraorale per il controllo verticale <strong>dei</strong> settori<br />

posteriori nei pazienti iper<strong>di</strong>vergenti. MATERIALI E METODI: In questo stu<strong>di</strong>o preliminare sono stati selezionati 12<br />

pazienti in crescita (età me<strong>di</strong>a 11 anni) con malocclusione <strong>di</strong> Classe II (rapporto <strong>di</strong> testa a testa) che presentavano<br />

pattern <strong>di</strong> crescita iper<strong>di</strong>vergente con conseguente incremento <strong>dei</strong> parametri cefalometrici verticali (SN/GoGn me<strong>di</strong>o<br />

38,5°), affollamento inferiore lieve e ridotto overbite (in me<strong>di</strong>a -2mm). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a Rx<br />

ortopanoramica e telera<strong>di</strong>ografia Pre e Post-trattamento (T1 e T2) e trattati dallo stesso operatore con una barra transpalatale<br />

sfilabile mo<strong>di</strong>ficata realizzata con un tra<strong>di</strong>zionale filo 0.9 in acciaio e con un bottone <strong>di</strong> resina posizionata<br />

intorno all’ansa centrale <strong>di</strong> Coffin. Il bottone è stato <strong>di</strong>segnato in modo da essere posizionato alla stessa altezza <strong>dei</strong><br />

molari (lontano dal palato) per sfruttare la pressione della lingua ed ottenere un vettore verticale intrusivo sui settori<br />

posteriori. Inoltre per mantenere la flessibilità della barra annullata dalla resina avvolgente l’ansa <strong>di</strong> Coffin , sono state<br />

modellate due anse aggiuntive più piccole lateralmente al bottone <strong>di</strong> resina. La barra mo<strong>di</strong>ficata è stata applicata e<br />

mantenuta per un periodo <strong>di</strong> circa 10 mesi, durate iu quali è avvenuta l’attivazione in senso trasversale e sagittale.<br />

RISULTATI: Il G-VHA (Vertical Hol<strong>di</strong>ng Appliance) (mo<strong>di</strong>ficato per effetto delle anse laterali aggiuntive), ha<br />

<strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> essere efficace nel trattamento dell’openbite in pazienti in crescita, riducendo la <strong>di</strong>vergenza in me<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

circa 1.6° (confronto T1 , T2) grazie alla pressione della lingua sul bottone <strong>di</strong> resina e senza alcuna collaborazione; la<br />

malocclusione <strong>di</strong> Classe II testa a testa è stata inoltre corretta grazie alla de-rotazione <strong>dei</strong> molari ottenuta me<strong>di</strong>ante<br />

l’attivazione delle anse laterali aggiuntive che consentono inoltre il corretto coor<strong>di</strong>namento trasversale oltre che<br />

sagittale tra le arcate. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il G-VHA può rappresentare un <strong>di</strong>spositivo intra-orale<br />

affidabile e soprattutto low-compliance nel trattamento delle malocclusioni <strong>di</strong> Classe II con pattern <strong>di</strong> crescita<br />

iper<strong>di</strong>vergente consentendo delle attivazioni in senso sagittale, trasversale e verticale. Ulteriori stu<strong>di</strong> sono necessari per<br />

valutare la sua atten<strong>di</strong>bilità nei casi <strong>di</strong> severa iper<strong>di</strong>vergenza.


MICROIMPIANTI NEL TRATTAMENTO NON COMPLIANCE DELLE MALOCCLUSIONI DI II CLASSE<br />

Favero L, Pisani C, De Francesco M, Winkler A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co Chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Gnatologia Clinica.<br />

Introduzione e scopo del lavoro. L’avvento <strong>dei</strong> TADs (Temporary Anchorage Devices) ha permesso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare<br />

delle alternative terapeutiche alle tra<strong>di</strong>zionali meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> ancoraggio ortodontico, in grado <strong>di</strong> eliminare le<br />

problematiche connesse alla compliance del paziente. Lo scopo del presente lavoro è l’analisi comparata delle<br />

caratteristiche peculiari <strong>dei</strong> TADs <strong>di</strong>sponibili attualmente sul mercato mon<strong>di</strong>ale, con riferimento al loro impiego nel<br />

trattamento non compliance delle malocclusioni <strong>di</strong> II Classe in dentatura permanente, per valutare l’esistenza <strong>di</strong><br />

protocolli standard <strong>di</strong> applicazione nel trattamento <strong>di</strong> tali malocclusioni.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. Revisione sistematica della letteratura internazionale, me<strong>di</strong>ante ricerca bibliografica on-line su<br />

Medline (PubMed), con selezione <strong>dei</strong> lavori pubblicati dall’anno 2000 al 2008 relativi all’impiego <strong>dei</strong> TADs in<br />

ortodonzia. È stato inoltre preso in considerazione il materiale informativo fornito dalle <strong>di</strong>tte produttrici. Sono stati<br />

inclusi nell’analisi comparata esclusivamente i TADs dotati <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro pari o inferiore a 2,2 mm.<br />

Risultati. Analisi comparata <strong>dei</strong> microimpianti ortodontici forniti dalle principali <strong>di</strong>tte produttrici mon<strong>di</strong>ali (15 in<br />

totale), sulla base <strong>di</strong> 12 <strong>di</strong>fferenti parametri: materiale <strong>di</strong> fabbricazione; forma; <strong>di</strong>ametro; lunghezza; trattamento delle<br />

superfici; proprietà self-tapping e/o self-drilling; utilizzo in pazienti in crescita; forza ortodontica applicabile; tipo e<br />

periodo <strong>di</strong> carico ortodontico; eventuale osteointegrazione del <strong>di</strong>spositivo; procedura <strong>di</strong> inserzione; procedura <strong>di</strong><br />

rimozione. Le suddette caratteristiche sono state riassunte in alcune tavole sinottiche. Per ogni <strong>di</strong>spositivo viene inoltre<br />

considerato l’eventuale impiego nella correzione non compliance delle malocclusioni <strong>di</strong> II Classe. Alla luce <strong>dei</strong> risultati<br />

del presente lavoro, è possibile affermare che 7 <strong>di</strong>tte produttrici, sul totale delle 15 analizzate, suggeriscono <strong>di</strong><br />

impiegare i propri microimpianti per ancoraggio ortodontico nel trattamento non compliance delle malocclusioni <strong>di</strong> II<br />

Classe in dentatura permanente con un approccio <strong>di</strong> tipo estrattivo. Nell’analisi della letteratura non sono stati<br />

in<strong>di</strong>viduati protocolli da utilizzare nei casi <strong>di</strong> correzione della malocclusione <strong>di</strong> II Classe in dentatura permanente con<br />

un approccio <strong>di</strong> tipo non estrattivo, con la sola eccezione delle <strong>di</strong>tte produttrici Dentos e Micerium.<br />

Discussione e conclusioni. L’impiego <strong>dei</strong> TADs consente all’ortodontista un ampliamento delle possibilità<br />

terapeutiche, con risultati incoraggianti nel trattamento non compliance delle malocclusioni <strong>di</strong> II Classe in dentatura<br />

permanente, ma vi è la necessità <strong>di</strong> ulteriore ricerca per la possibile creazione <strong>di</strong> protocolli standard <strong>di</strong> applicazione nel<br />

trattamento <strong>di</strong> tali malocclusioni. L’approfon<strong>di</strong>ta analisi della letteratura internazionale sull’argomento ha consentito <strong>di</strong><br />

delineare le caratteristiche essenziali della grande maggioranza <strong>dei</strong> <strong>di</strong>spositivi temporanei <strong>di</strong> ancoraggio scheletrico, in<br />

un’utile sintesi che può fungere da orientamento per il clinico.


EFFETTI A BREVE E A LUNGO TERMINE DEL TRATTAMENTO CON MASCHERA FACCIALE E BITE<br />

BLOCK IN SOGGETTI CON MALOCCLUSIONE DI CLASSE III<br />

Pavoni C, Mucedero M, Ballanti F<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CI <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”,<br />

Prof P Cozza<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> analizzare cefalometricamente gli effetti a breve e a lungo<br />

termine del protocollo terapeutico con Maschera Facciale combinata con <strong>di</strong>spositivo rimovibile Bite Block in arcata<br />

inferiore (FM/BB).<br />

MATERIALI E METODI: Il gruppo trattato è composto da 22 pazienti con malocclusione dento-scheletrica <strong>di</strong> Classe<br />

III in uno sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo scheletrico prepuberale, stimato secondo il metodo delle vertebre cervicali (CS1-CS2).<br />

L’età me<strong>di</strong>a prima dell’inizio del trattamento (T1) è stata <strong>di</strong> 8.9± 1.5 anni. I soggetti trattati sono stati valutati al termine<br />

della fase attiva <strong>di</strong> terapia con FM/BB (T2) e dopo un periodo <strong>di</strong> osservazione post trattamento in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi<br />

<strong>di</strong> contenzione (T3). Il gruppo trattato è stato messo a confronto con un gruppo controllo non trattato <strong>di</strong> 12 soggetti con<br />

malocclusione dento-scheletrica <strong>di</strong> Classe III. Tutti i soggetti, trattati e non trattati, si trovavano in uno sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

sviluppo post puberale (CS4, CS5 o CS6) a tempo T3. Le <strong>di</strong>fferenze significative tra il gruppo trattato e il gruppo<br />

controllo non trattato sono state analizzate con il Mann-Whitney U test (p


EFFICACIA CLINICA DEL PROTOCOLLO TERAPEUTICO CON MASCHERA FACCIALE E BITE<br />

BLOCK IN SOGGETTI CON MALOCCLUSIONE DI CLASSE III<br />

Lione R, Ballanti F, Mucedero M<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CI <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”,<br />

Prof P Cozza<br />

OBIETTIVI:Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l’efficacia clinica del trattamento con trazione extraorale<br />

pura o associata ad RME, combinata con <strong>di</strong>spositivo rimovibile Bite Block in arcata inferiore (FM/BB) in pazienti<br />

in Classe III.MATERIALI E METODI:Sono stati trattati presso il reparto <strong>di</strong> Ortodonzia del Policlinico <strong>di</strong> “Tor<br />

Vergata” pazienti con malocclusione dento-scheletrica <strong>di</strong> Classe III caratterizzata da un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Wits≤-2mm, una<br />

relazione incisiva <strong>di</strong> testa a testa o crossbite anteriore ed un rapporto molare <strong>di</strong> Classe III. Tutti i soggetti sono in<br />

crescita con sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo scheletrico prepuberale (CS1-CS2). Il protocollo si compone <strong>di</strong> Maschera Facciale tipo<br />

Delaire con ancoraggio intraorale fisso o tramite doppia ferula saldata su bande a livello <strong>dei</strong> primi molari superiori o<br />

attraverso espansore rapido del palato con bracci vestibolari saldati. Gli uncini per la trazione sono posti in entrambi i<br />

casi tra gli incisivi laterali e i canini decidui. Nei pazienti con crossbite l’espansore è stato attivato fino<br />

all’ipercorrezione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ametri trasversi prima della protrazione. La forza esercitata dagli elastici extraorali è <strong>di</strong> 600gr<br />

per lato con una <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> trazione in basso ed in avanti <strong>di</strong> 30°-40° rispetto al piano occlusale. La Maschera Facciale<br />

è stata indossata almeno 14ore al giorno e il Bite Block in arcata inferiore a tempo pieno. La durata me<strong>di</strong>a della terapia<br />

ortope<strong>di</strong>ca FM/BB è <strong>di</strong> 1.6±0.8anni. Il trattamento è stato interrotto al raggiungimento <strong>di</strong> un overjet pari a 4mm. I<br />

soggetti trattati sono stati valutati cefalometricamente all’inizio (T1) e al termine (T2) della fase attiva <strong>di</strong> terapia con<br />

FM/BB e dopo un periodo <strong>di</strong> osservazione post trattamento in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> contenzione (T3). I pazienti si<br />

trovavano in uno sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> sviluppo post puberale (CS4, CS5 o CS6) a tempo T3.RISULTATI:Il risultato clinico <strong>dei</strong><br />

casi trattati è sod<strong>di</strong>sfacente. L’analisi <strong>dei</strong> dati evidenzia come la correzione della malocclusione avvenga esclusivamente<br />

per l’avanzamento significativo del mascellare superiore, per tale ragione i valori <strong>di</strong>fferenziali maxillo-man<strong>di</strong>bolari<br />

subiscono un incremento nonostante la man<strong>di</strong>bola continui a crescere senza postrotazione. Le misurazioni verticali<br />

scheletriche non mostrano cambiamenti significativi e non ci sono variazioni delle inclinazioni degli incisivi superiori e<br />

inferiori. Ovj, ovb e <strong>di</strong>stanza del primo molare superiore dalla verticale SePtm aumentano.DISCUSSIONI E<br />

CONCLUSIONI:Il protocollo terapeutico FM/BB si mostra efficace nelle malocclusioni <strong>di</strong> Classe III in soggetti in<br />

fase <strong>di</strong> sviluppo scheletrico prepuberale (CS1-CS2). I casi clinici presentati mostrano l’ottimo controllo della<br />

<strong>di</strong>vergenza e della rotazione oraria man<strong>di</strong>bolare consentita dal Bite Block.


IL TIMING DI TRATTAMENTO ORTODONTICO NELLE SCHISI ALVEOLO-PALATINE:<br />

L’ESPERIENZA DELL’U.O. DI ODONTO-STOMATOLOGIA DELL’UNIVERSITÀ DI PARMA<br />

Di Blasio A.,Mandelli G., Di Blasio C.*, Banchini S.**, Gandolfini M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Otorino-odonto-oftalmologiche e Cervico-facciali. * Corso <strong>di</strong><br />

Laurea in Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia.**Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: nel 2001, in seno alla Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia del Dipartimento <strong>di</strong> scienze<br />

OOOCF dell’ Università <strong>di</strong> Parma, è stato attivato un ambulatorio per il trattamento ortodontico delle schisi alveolopalatine.<br />

L’età più opportuna per la presa in carico del paziente varia a secondo dell’orientamento <strong>dei</strong> vari autori e<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi Centri adottano timing tra <strong>di</strong> loro non sovrapponibili. Gli autori analizzano i risultati ottenuti adottando<br />

schemi <strong>di</strong> trattamento ad inizio precocisimo (4-5 anni). MATERIALI E METODI: La labiopalatoschisi è la<br />

malformazione congenita che colpisce più spesso la regione orofacciale. La E.R.C.A. (European Registration of<br />

Congenital Anomalies) ha rilevato che dal 1980 al 1988 vi è stato un incremento dell'incidenza, passata da 1,45/1000 a<br />

1,57/1000, aumento probabilmente correlato all'incremento del numero <strong>di</strong> madri meno giovani. Per quanto riguarda la<br />

Regione Emilia Romagna nel periodo dal 1978 al 1986 si è registrata un’incidenza <strong>di</strong> 1,33 per 1000 nati, mentre la<br />

realtà locale <strong>di</strong> Parma segna una frequenza <strong>di</strong> 0,93 per 1000 nati l’80% <strong>dei</strong> quali monolaterali. L’intervento su questi<br />

piccoli pazienti deve sempre essere inter<strong>di</strong>sciplinare e molto lungo nel tempo riguardando, per quanto concerne<br />

l’ortodontista, complesse problematiche sia a livello dentale che scheletrico e neuromuscolare. Il <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> crescita<br />

mascellare è quasi una costante e può venire affrontato con <strong>di</strong>versi protocolli temporali d’intervento. L’attivazione <strong>di</strong> un<br />

ambulatorio per il trattamento ortodontico della LPS, istituito nel 2001 in seno alla Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia del<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze OOOCF dell’ Università <strong>di</strong> Parma, ha permesso <strong>di</strong> coprire del tutto la domanda locale <strong>di</strong><br />

trattamento. L’orientamento seguito è quello dell’intervento correttivo precocissimo, vengono illustrate in questo lavoro<br />

le valutazioni sui risultati ottenuti. RISULTATI: I risultati vengono illustrati dagli autori sia in termini <strong>di</strong><br />

presentazione <strong>di</strong> casi clinici che in termini <strong>di</strong> ricerca statistica sulla qualità <strong>dei</strong> siti <strong>di</strong> ossificazione nelle se<strong>di</strong> <strong>di</strong> schisi<br />

trattate con gengivoalveoloplastica. Nonostante che il campione troppo ristretto non abbia permesso <strong>di</strong> ottenere una<br />

piena significatività dal punto <strong>di</strong> vista statistico, l’ossificazione alveolare nelle se<strong>di</strong> <strong>di</strong> schisi sembra giovarsi della<br />

correzione precocissima del morso incrociato. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’età più opportuna per iniziare il<br />

trattamento del piccolo paziente LPS è ancor oggi motivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione. L’intervento precocissimo, ovvero verso i 4-5<br />

anni e comunque non appena il paziente sia sufficientemente collaborante, viene adottato <strong>di</strong> solito presso l’U.O. <strong>di</strong><br />

Odontostomatologia dell’Università <strong>di</strong> Parma. In particolare il trattamento è rivolto alla correzione precocissima del<br />

<strong>di</strong>fetto mascellare trasversale e sagittale spesso presente nei piccolo pazienti. I risultati conseguiti sono incoraggianti in<br />

termini <strong>di</strong> sviluppo stomatognatico e sembrano esserlo anche dal punto <strong>di</strong> vista biologico in termini <strong>di</strong> qualità dello<br />

sviluppo alveolare in sede <strong>di</strong> gengivoalveolaplastica.


PIANIFICAZIONE PARODONTALE E ORTODONTICA DI CASI INTERDISCIPLINARI COMPLESSI.<br />

A. Laino, C. Cafiero, S. Colamaio<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze odontostomatologiche e maxillo-facciale Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli Federico II<br />

Introduzione: Nel corso degli ultimi anni è incrementato notevolmente il numero <strong>di</strong> pazienti ortodontici che<br />

necessitano <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong>agnostica-terapeutica tra ortodontisti e parodontologo. Gli autori propongono con<br />

l’analisi <strong>di</strong> casi clinici un iter procedurale nell’affrontare casi “orto-parodontali” complessi.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: me<strong>di</strong>ante l’analisi orto-parodontale <strong>di</strong> 3 casi clinici emblematici con problematiche<br />

inter<strong>di</strong>sciplinari complesse. Viene analizzato un caso <strong>di</strong> sventagliamento e migrazione estrusiva degli incisivi superiori<br />

ed inferiori con conseguente approfon<strong>di</strong>mento del morso e negativizzazione del rapporto corona- ra<strong>di</strong>ce. Talvolta la<br />

migrazione dentaria può interessare interi settori <strong>di</strong> arcata con apertura <strong>di</strong> <strong>di</strong>astemi antiestetici e <strong>di</strong> impatto negativo<br />

sull’autostima del paziente stesso. Frequente è la migrazione estrusiva <strong>di</strong> uno o più elementi del settore latero-posteriore<br />

con conseguenti precontatti <strong>di</strong>slocanti man<strong>di</strong>bolari. Determinante per il successo terapeutico è la preparazione iniziale<br />

parodontale eseguita in sinergia con igienista e parodontologo. É in<strong>di</strong>spensabile la realizzazione <strong>di</strong> apparecchiature<br />

ortodontiche che eroghino sistemi <strong>di</strong> forze coerenti leggere e continue con basso carico <strong>di</strong> flessione. Durante il<br />

trattamento ortodontico perio<strong>di</strong>che valutazioni parodontali permetteranno il controllo della salute <strong>dei</strong> tessuti <strong>di</strong> sostegno<br />

nonché la pre<strong>di</strong>cibilità tri<strong>di</strong>mensionale <strong>dei</strong> sistemi <strong>di</strong> forze erogati.<br />

Risultati: I risultati clinici esposti e commentati ci supportano nella convinzione <strong>di</strong> pianificare necessariamente il piano<br />

<strong>di</strong> trattamento in chiave inter<strong>di</strong>sciplinare dando priorità alla congrua preparazione parodontale e successivamente alla<br />

coerenza <strong>dei</strong> sistemi <strong>di</strong> forze erogati.<br />

Conclusioni: I vantaggi <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong>agnostico-terapeutica ortodonto-parodontale è alla base del successo<br />

clinico <strong>dei</strong> casi complessi abbinata ad una forte motivazione del paziente stesso durante tutto il trattamento.


PROPOSTA DI UN DISPOSITIVO M.A.D. MODIFICATO PER IL TRATTAMENTO DELL’OSAS NEL<br />

PAZIENTE PEDIATRICO<br />

Favero L, Arreghini A, Fioretti G, Cocilovo F.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co Chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Gnatologia Clinica.<br />

INTRODUZIONE. L’OSAS (Obstructive Sleep Apnea Syndrome) è una patologia caratterizzata da numerosi episo<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

parziale o completa interruzione del flusso respiratorio durante il sonno. È una problematica nota in età adulta, ma<br />

anche tra la popolazione pe<strong>di</strong>atrica la sua prevalenza è in costante aumento. Si associa a ipertrofia adenotonsillare,<br />

micrognatia, retrognazia e accumulo <strong>di</strong> tessuto a<strong>di</strong>poso nei tessuti molli del collo. Le sue conseguenze sullo sviluppo<br />

fisico e psichico del fanciullo sono molteplici e gravi: ipertensione sistemica, scarsa qualità del sonno, peggiore<br />

ren<strong>di</strong>mento scolastico, deficit <strong>di</strong> attenzione, cefalee, insufficienza car<strong>di</strong>aca.<br />

I M.A.D. (Man<strong>di</strong>bular Advancement Device) sono <strong>di</strong>spositivi ortodontici che, indossati durante la notte, forzano la<br />

man<strong>di</strong>bola in una posizione avanzata, innescando un feed-back neuromuscolare che <strong>di</strong>lata le vie aeree superiori. Si<br />

tratta <strong>di</strong> apparecchi poco ingombranti, facili da costruire, ed efficaci in caso <strong>di</strong> OSAS lieve-moderata. I M.A.D.<br />

utilizzati per la popolazione adulta non permettono movimenti man<strong>di</strong>bolari: sono pertanto meno confortevoli e la<br />

compliance può risentirne.<br />

SCOPO DEL LAVORO è la proposta <strong>di</strong> un M.A.D. mo<strong>di</strong>ficato per il trattamento dell’OSAS nella popolazione<br />

pe<strong>di</strong>atrica, che permetta maggiori movimenti man<strong>di</strong>bolari nelle tre <strong>di</strong>mensioni dello spazio, risultando più confortevole<br />

e quin<strong>di</strong> maggiormente tollerato.<br />

MATERIALI E METODI. È stato confezionato un M.A.D. bimascellare, in resina acrilica, a copertura molare<br />

completa. Il <strong>di</strong>spositivo assicura la protrusione man<strong>di</strong>bolare grazie all’articolazione <strong>di</strong> un anello posto palatalmente agli<br />

incisivi superiori e <strong>di</strong> una barra sita in posizione linguale rispetto gli incisivi inferiori. Tale <strong>di</strong>spositivo è stato<br />

consegnato ad un giovane paziente affetto da OSAS <strong>di</strong> grado moderato, sovrappeso, con Classe seconda scheletrica,<br />

posterorotaione funzionale della man<strong>di</strong>bola e incompetenza labiale a riposo.<br />

RISULTATI E DISCUSSIONE. Dopo 8 settimane <strong>di</strong> trattamento, il paziente ha riferito <strong>di</strong> tollerare bene l’apparecchio.<br />

La roncopatia è risultata <strong>di</strong>minuita, la sonnolenza <strong>di</strong>urna ridotta, il livello <strong>di</strong> attenzione a scuola migliorato.<br />

CONCLUSIONE. I M.A.D. sono <strong>di</strong>spositivi efficaci per il trattamento dell’OSAS tanto in età adulta che infantile.<br />

Consentono il miglioramento della qualità del sonno e la riduzione della sintomatologia <strong>di</strong>urna. L’allestimento <strong>di</strong> un<br />

M.A.D. che consenta maggiore libertà <strong>di</strong> movimento man<strong>di</strong>bolare ha aumentato la compliance e ha ottimizzato pertanto<br />

l’effetto del trattamento.


CARATTERISTICHE DENTOSCHELETRICHE ASSOCIATE AD UN OVERJET AUMENTATO<br />

Masucci C, Giuntini V, Franchi L, Baccetti T.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze.<br />

OBBIETTIVI: La maggior parte degli stu<strong>di</strong> che hanno valutato i risultati della terapia ortodontica della malocclusione<br />

<strong>di</strong> II Classe hanno selezionato l’incremento dell’overjet come un in<strong>di</strong>catore della malocclusione stessa. L’obbiettivo del<br />

presente stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare le associazioni tra l’incremento dell’overjet e le altre componenti<br />

dentoscheletriche della malocclusione <strong>di</strong> II Classe <strong>di</strong>visione 1. MATERIALI E METODI: E’ stato analizzato un<br />

gruppo campione <strong>di</strong> 146 soggetti in fase <strong>di</strong> dentatura mista con un overjet ≥ 7 mm. Di tutti i soggetti cono state<br />

esaminate teler<strong>di</strong>ografie in latero-laterale effettuate prima dell’inizio della terapia ortodontica. La prevalenza <strong>di</strong><br />

rapporto molare <strong>di</strong> II Classe, rapporto canino <strong>di</strong> II Classe, rapporto scheletrico <strong>di</strong> II Classe, protrusione superiore basale<br />

e retrusione inferiore basale sono state valutate statisticamente me<strong>di</strong>ante z-test sulle proporzioni nel campione con<br />

overjet aumentato (p


VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI CITOTOSSICI E GENOTOSSICI DEGLI ADESIVI ORTODONTICI<br />

SULLE PAPILLE GENGIVALI UMANE ATTRAVERSO L’ESPRESSIONE IMMUNOISTOCHIMICA DI<br />

P53, P63 E P16.<br />

Angiero F, Dessy E, Farronato G, Rossi E, Magistro S*, Farronato D, Seramon<strong>di</strong> R, Tetè S.<br />

Università M.Bicocca Anatomia Patologica, Università M.Clinica Odontoiatrica, Università Brescia, Università Chieti<br />

INTRODUZIONE:Nel cavo orale <strong>dei</strong> pazienti sottoposti a terapia ortodontica fissa permangono, per <strong>di</strong>versi mesi fino<br />

ad alcuni anni, <strong>dei</strong> materiali <strong>di</strong> varia natura (brackets, fili ortodontici, adesivi ortodontici).OBIETTIVI: Indagare sugli<br />

effetti citotossici e genotossici <strong>dei</strong> polimeri sintetici a livello delle papille gengivali umane attraverso l’espressione delle<br />

proteine p53, p63 e p16 che, essendo implicate nella regolazione del ciclo cellulare, sono importanti biomarkers a scopo<br />

<strong>di</strong>agnostico.<br />

• 69 pazienti sottoposti a terapia ortodontica fissa per un periodo minimo <strong>di</strong>12 mesi, 34F, 35M, età me<strong>di</strong>a 27<br />

• 30 pazienti non sottoposti a terapia ortodontica , 15F, 15M, età me<strong>di</strong>a 23<br />

MATERIALI E METODI: Criteri <strong>di</strong> Positività :<br />

- 53 positivi i campioni nei quali la p53 era presente nei 2/3 superiori dell’epitelio.<br />

- p63 normalmente è presente nello strato basale considerata positiva nei casi in cui vi era un aumento superiore al<br />

10% nell’espressione della proteina rispetto al controllo negativo.<br />

- p16 Normalmente non è espressa. La valutazione è stata considerata positiva in presenza <strong>di</strong> cellule colorate negli<br />

strati soprabasali.<br />

- FISH analisi , eseguita presso l’istituto <strong>di</strong> Patologia dell’Università <strong>di</strong> Brescia, al fine <strong>di</strong> evidenziare eventuali<br />

alterazioni cromosomiche.<br />

RISULTATI:Tot.casi: 99<br />

Trattamento: 29 mesi(circa) Casi positivi: p53 :4, p16 :2, p63: 1<br />

CONCLUSIONI:<br />

A) p16 normale, p53 alterata, p63 normale, nessuna alterazione morfologica.<br />

B) p16 normale, p53 alterata, p63 normale, nessuna alterazione morfologica.<br />

C) p16 alterata, p53 alterata, p63 alterata, nessuna alterazione morfologica<br />

Per il tipo <strong>di</strong> indagine condotta e per i risultati ottenuti, si può concludere che le alterazioni osservate siano<br />

riconducibili ad una liberazione <strong>di</strong> monomeri da parte dell’adesivo ortodontico, il tutto compatibile con precedenti stu<strong>di</strong><br />

che <strong>di</strong>mostrano come questi vengano rilasciati e come essi siano genotossici in vitro.


PATTERN MASTICATORIO ED ATTIVITA’ EMG IN PAZIENTI CON DEEP BITE PRIMA E DOPO LA<br />

TERAPIA<br />

Piancino M.G., Talpone F. , Di Nola M., Coviello A., Cohen E., Debernar<strong>di</strong> C., Bracco P.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che e Oncologia Umana<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia e Gnatologia (funzione masticatoria)<br />

Direttore: Prof. P. Bracco<br />

OBIETTIVI<br />

Scopo del lavoro è stu<strong>di</strong>are il pattern masticatorio e l’attività elettromiografica <strong>dei</strong> muscoli massetere e temporale<br />

anteriore in un gruppo <strong>di</strong> pazienti in crescita con morso profondo prima e dopo correzione ortodontica con<br />

apparecchiature funzionalizzanti secondo la Scuola <strong>di</strong> Torino.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong><br />

Il campione è costituito da 39 pazienti <strong>di</strong> età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 11±2 anni, con sovramorso maggiore <strong>di</strong> 3,5 mm, un gruppo<br />

controllo sano costituito da 33 soggetti <strong>di</strong> età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 10±2 anni, con occlusione fisiologica.<br />

Del gruppo campione , 10 hanno ripetuto l’esame dopo la correzione e 10, rimasti in osservazione, sono stati rivalutati<br />

dopo 6 mesi. Del GRUPPO CONTROLLO 10 hanno ripetuto l’esame dopo 6 mesi. A tutti i bambini è stato chiesto <strong>di</strong><br />

masticare deliberatamente dal lato destro e dal lato sinistro un chewing gum (bolo molle) e una caramella gommosa<br />

(bolo duro). La cinetica man<strong>di</strong>bolare è stata registrata con il kinesiografo K7-I MYOTRONICS. Le ANALISI<br />

STATISTICHE sono state effetuate con il metodo <strong>di</strong> analisi statistica della varianza (ANOVA) .<br />

Risultati<br />

L’analisi statistica fra il GRUPPO CAMPIONE e il GRUPPO CONTROLLO ha mostrato che nel gruppo campione a)<br />

l’ampiezza massima dell'inviluppo del segnale elettromiografico è significativamente più elevata sia per i masseteri<br />

(p


PATTERN MASTICATORIO ED ATTIVITA’ EMG IN UN PAZIENTE CON OPEN BITE<br />

Piancino M.G., Talpone F., Vallelonga T., Careri G., Frongia G., Coviello A., Debernar<strong>di</strong> C., Bracco P.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che e Oncologia Umana<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia e Gnatologia (funzione masticatoria)<br />

Direttore: Prof. P. Bracco<br />

OBIETTIVI<br />

Scopo del presente lavoro è la valutazione del pattern masticatorio e dell’attività elettromiografica <strong>dei</strong> muscoli<br />

massetere e temporale anteriore in un paziente con open bite prima della correzione ortodontica con apparecchiatura<br />

funzionalizzante (FGB) secondo la Scuola <strong>di</strong> Torino.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Il campione è costituito da 1 paziente <strong>di</strong> 9,2 anni, <strong>di</strong> sesso maschile con morso aperto e deglutizione atipica al quale è<br />

stato chiesto <strong>di</strong> masticare deliberatamente dal lato destro e dal lato sinistro un chewing gum (bolo molle) e una<br />

caramella gommosa (bolo duro). La cinetica man<strong>di</strong>bolare è stata registrata con il kinesiografo K7-I MYOTRONICS.<br />

RISULTATI<br />

L’esame <strong>dei</strong> cicli masticatori effettuato prima del trattamento ortodontico ha mostrato sul piano frontale una<br />

morfologia anomala del pattern masticatorio (ciclo a boomerang) ed un incrocio delle tracce <strong>di</strong> apertura e chiusura<br />

mentre sul piano sagittale ha evidenziato uno scivolamento in protrusiva in apertura, un asse verticale ed un incrocio<br />

delle tracce <strong>di</strong> apertura e chiusura.<br />

L’attività elettromiografica <strong>dei</strong> muscoli masseteri è risultata molto bassa durante la masticazione dal lato destro con una<br />

lieve coor<strong>di</strong>nazione mentre durante la masticazione a sinistra i muscoli masseteri sono risultati meglio coor<strong>di</strong>nati ma<br />

con un’attività elettromiografica ancora bassa.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI<br />

Dallo stu<strong>di</strong>o effettuato è risultato che sia il pattern masticatorio che l’attività elettromiografica potrebbero essere<br />

correlati alla mancanza della guida fronto-canina ed alla struttura iper<strong>di</strong>vergente del paziente in esame.


PROGRAMMAZIONE E VALIDAZIONE DI UN PROTOCOLLO DIAGNOSTICO PER IL<br />

MONITORAGGIO SU LARGA SCALA DELLE PROBLEMATICHE GNATOLOGICHE IN ETA’<br />

PEDIATRICA E DELLE SUE POSSIBILI INTERAZIONI CON ANSIA E STRESS<br />

Romani V.,Lilli C.,Campanile S.,Giansiracusa Rubini V. Prof. Galluccio G.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Dir.A.Polimeni, U.O.C .<strong>di</strong><br />

Ortogatodonzia e Gnatologia, Dir.E.Barbato,. Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Insegnamento <strong>di</strong><br />

Ortognatodonzia II e Gnatologia Clinica II, Prof. G.Galluccio<br />

OBIETTIVI: Lo stu<strong>di</strong>o delle problematiche gnatologiche in età pe<strong>di</strong>atrica mostra una grave carenza <strong>di</strong> lavori su larga<br />

scala. La grande variabilità <strong>di</strong> dati <strong>di</strong>agnostici presi in esame nei <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong>,peraltro, rende <strong>di</strong>somogenei i risultati<br />

ottenuti e non consente <strong>di</strong> confrontare tra loro le varie ricerche nè <strong>di</strong> avvalersi reciprocamente <strong>dei</strong> dati raccolti. Inoltre<br />

,nonostante le evidenze presenti in letteratura riguardo la relazione tra fattori psicologici quali ansia e stress e<br />

problematiche gnatologiche,mancano stu<strong>di</strong> più specifici che sottolineino questa interazione.<br />

A seguito <strong>di</strong> queste premesse è stata elaborata una cartella clinica che raccogliesse i parametri clinici che secondo<br />

letteratura sono più <strong>di</strong>rimenti la <strong>di</strong>agnosi, e che al tempo stesso fosse semplice e imme<strong>di</strong>ata nell’utilizzo. La cartella è<br />

stata corredata <strong>di</strong> uno specifico test psicologico e <strong>di</strong> un test per la <strong>di</strong>agnosi veloce <strong>di</strong> problematiche gnatologiche.<br />

MATERIALI E METODI: La cartella è stata sottoposta a 150 bambini <strong>di</strong> età compresa tra gli 8 e i 16 anni <strong>di</strong> età.Il<br />

campione è stato selezionato con una modalità randomizzata presso le UOC <strong>di</strong> Ortognatodonzia e Gnatologia e le UOC<br />

<strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica del Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche della I Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia<br />

della Sapienza Università <strong>di</strong> Roma.Il test psicologico inserito nello stu<strong>di</strong>o è l’ RCMAS(Revised Children Manifest<br />

Anxiety Scale), scelto per le sue caratteristiche, il suo ventennale utilizzo negli USA e la sua ampia validazione in<br />

letteratura. Il test selezionato per la <strong>di</strong>agnosi delle problematiche Gnatologiche nella popolazione in crescita è stato il<br />

Fonseca,ulteriormente adattato nella traduzione italiana ,per migliorarne la leggibilità,attraverso l’uso del Gulpease.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La cartella nel suo insieme si è rivelata affidabile ed adatta alla somministrazione<br />

nella fascia <strong>di</strong> età scelta. Ha rispettato la necessità <strong>di</strong> rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> somministrazione che ci eravamo prefissati <strong>di</strong> ottenere e<br />

la completezza <strong>di</strong> informazioni raccolte rivelandosi un utile proposta come mezzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi su larga scala. Nuovi<br />

lavori per aumentare la popolosità del campione sono auspicabili.


LE FASI DELLA DENTIZIONE PER LA DETERMINAZIONE DELLA MATURITÀ SCHELETRICA:<br />

VALUTAZIONE DELLA POSSIBILITÀ DIAGNOSTICA<br />

Mazzoleni S, Barattin A, Stellini E, Stomaci D, Meschia G,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Dipartimento <strong>di</strong> Pedodonzia, Castelfranco Veneto. barattin.<strong>di</strong>no@libero.it<br />

Introduzione: lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è analizzare la relazione tra le fasi circumpuberali della dentizione (mista<br />

precoce M1, mista interme<strong>di</strong>a M2, mista tar<strong>di</strong>va M3, permanente precoce P) e la maturità scheletrica determinata<br />

me<strong>di</strong>ante il metodo della maturazione delle vertebre cervicali (CVM). Materiali e meto<strong>di</strong>: il campione <strong>di</strong> 850 soggetti<br />

(422 maschi e 428 femmine) comprendeva 173 soggetti in M1, 214 in M2, 173 in M3 e 290 in P. Il grado <strong>di</strong> maturità<br />

scheletrica è stato stabilito usando il metodo CVM. La relazione tra le fasi della dentizione e il grado <strong>di</strong> maturità<br />

scheletrica (sta<strong>di</strong> in CVM) è stata calcolata utilizzando in<strong>di</strong>catori statistici <strong>di</strong> performance <strong>di</strong>agnostica,; in particolare è<br />

stata valutata la correlazione tra ogni fase della dentizione e lo sta<strong>di</strong>o CVM che al suo interno aveva la maggiore<br />

prevalenza. Infine, è stata calcolata, usando ciascuna fase della dentizione come cut-off, la capacità <strong>di</strong> classificare<br />

correttamente i soggetti nei due gruppi CS1-3 e CS>3. Risultati: lo sta<strong>di</strong>o prepuberale CS1 è stata la variabile<br />

maggiormente <strong>di</strong>agnosticata in M1 e in M2, lo sta<strong>di</strong>o puberale CS3 maggiormente in M3, lo sta<strong>di</strong>o postpuberale<br />

precoce CS4 in P. La fase della dentizione più affidabile come cut-off per classificare i soggetti nei due gruppi CS1-3 e<br />

CS>3 è P. Conclusioni: la fase della dentizione M1 ha <strong>di</strong>mostrato un forte valore <strong>di</strong>agnostico per l’identificazione dello<br />

sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> maturità scheletrica prepuberale CS1, a <strong>di</strong>fferenza della fase M2 che ha <strong>di</strong>mostrato scarsa correlazione per lo<br />

stesso sta<strong>di</strong>o prepuberale. La fase della dentizione M3 aveva uno scarso valore <strong>di</strong>agnostico nei confronti dello sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

maturità scheletrica puberale CS3, così come la fase della dentizione P verso lo sta<strong>di</strong>o postpuberale CS4. La fase della<br />

dentizione P risulta essere un valido cut-off per classificare i soggetti in base alla maturità scheletrica all’interno <strong>di</strong> uno<br />

<strong>dei</strong> due gruppi CS1-3 o CS>3.


VALUTAZIONE DELLA POSIZIONE DELL’INCISIVO SUPERIORE PRIMA DEL TRATTAMENTO<br />

ORTODONTICO<br />

Di Palma E., Rasicci R. Bitonto F., Alonzi S., Lucci M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila - Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche - Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia : Prof. C.<br />

Chimenti<br />

OBIETTIVI: lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> analizzare la posizione dell’incisivo superiore prima del trattamento.<br />

Sono state utilizzate varie meto<strong>di</strong>che: Posizione antero-posteriore dell’incisivo superiore in relazione alla linea A- Po,<br />

Posizione Incisale Pianificata “PIP”, “LAD” Limite Anteriore della Dentatura. E’ stato quin<strong>di</strong> possibile confrontarle e<br />

valutarne l’atten<strong>di</strong>bilità e l’utilità clinica.<br />

MATERIALI E METODI: e’ stato utilizzato un campione <strong>di</strong> 18 pazienti, 10 maschi e 8 femmine, <strong>di</strong> cui 10 in I classe<br />

scheletrica e 8 in II Classe scheletrica. La posizione dell’incisivo superiore <strong>di</strong> ogni paziente è stata calcolata con le<br />

meto<strong>di</strong>che prese in esame al fine <strong>di</strong> valutarne la coerenza e l’atten<strong>di</strong>bilità clinica delle informazioni ottenute e l’utilità<br />

nella pianificazione del trattamento.<br />

RISULTATI: da questo stu<strong>di</strong>o è risultato che, nei pazienti in I classe scheletrica, le valutazioni con le meto<strong>di</strong>che<br />

utilizzate non sono atten<strong>di</strong>bili per la pianificazione del trattamento ortodontico, ma è necessario valutare anche altri<br />

parametri cefalometrici e le componenti del volto. Nei pazienti in II classe scheletrica, invece, la valutazione<br />

dell’inclinazione dell’incisivo superiore risulta più utile, per la successiva pianificazione del trattamento ortodontico.<br />

CONCLUSIONI: le meto<strong>di</strong>che prese in esame sono affidabili, ripetibili e utili dal punto <strong>di</strong> vista clinico solo quando<br />

esiste, nei soggetti presi in esame, una <strong>di</strong>screpanza inter-scheletrica sagittale o verticale importante.


APPROCCIO MIOFUNZIONALE PRECOCE NELLE MALOCCLUSIONI DI II CLASSE CON MORSO<br />

PROFONDO<br />

Difalco P, Bilello G, Caradonna C , Cuccia A M , Provenzano F<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Stomatologiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Palermo, Palermo, Italia<br />

OBIETTIVO. Lo scopo del lavoro è la descrizione <strong>di</strong> un approccio precoce alle malocclusioni dentali <strong>di</strong> II classe con<br />

morso profondo trattate tramite un <strong>di</strong>spositivo miofunzionale . MATERIALI E METODI . Lo stu<strong>di</strong>o è stato<br />

condotto su 20 pazienti del Reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia del Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Stomatologiche “ G. Messina”<br />

dell’Università <strong>di</strong> Palermo. I pazienti erano <strong>di</strong> età compresa tra i 6 ed i 9 anni ( 8 <strong>di</strong> sesso maschile e 12 <strong>di</strong> sesso<br />

femminile) con una età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 7,5 anni. Per risolvere le malocclusioni sono stati impiegatati 2 <strong>di</strong>spositivi<br />

miofunzionali denominati Pre-Orthodontic Position Trainer Blu e Rosa. Tali <strong>di</strong>spositivi sono stati usati in sequenza<br />

prima il Pre-Orthodontic Position Trainer Blu e successivamente quello Rosa. Il primo <strong>di</strong>spositivo rappresenta il<br />

trainer iniziale ed ha il compito <strong>di</strong> ristabilire l’equilibrio miofunzionale tra la muscolatura della lingua , quella della<br />

labbra e quella delle guance. Esso permette <strong>di</strong> iniziare anche l’allineamento <strong>dei</strong> denti. Il secondo <strong>di</strong>spositivo si usa,<br />

dopo circa 6 mesi, e prosegue l’opera del Position trainer iniziale, permettendo <strong>di</strong> migliorare l’allineamento dentale. Il<br />

Position Trainer Blu è stato fatto portare per 8 mesi , mentre quello Rosa per 6 mesi. Entrambi i <strong>di</strong>spositivi sono stati<br />

portati nelle ore notturne e per un’ora durante il giorno. RISULTATI. I pazienti hanno mostrato lievi miglioramenti<br />

nell’occlusione già dopo il primo mese <strong>di</strong> utilizzo del Trainer iniziale. Dopo 6 mesi è stato possibile osservare una<br />

moderata correzione delle malocclusioni con una vistosa apertura del morso. Tale risultato non è stato migliorato dopo<br />

altri 2 mesi <strong>di</strong> utilizzo del Trainer Blu , pertanto si è passati al Trainer Rosa. L’utilizzo del <strong>di</strong>spositivo Rosa ha<br />

permesso <strong>di</strong> ottenere un lieve miglioramento dell’allineamento <strong>dei</strong> denti. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI. Il Pre-<br />

Orthodontic Position Trainer è un <strong>di</strong>spositivo che permette <strong>di</strong> ottenere <strong>dei</strong> buoni risultati nella correzione delle II classi<br />

con morso profondo, tuttavia tale <strong>di</strong>spositivo deve esser considerato come un <strong>di</strong>spositivo preortodontico, poiché non<br />

riesce a correggere completamente le malocclusioni ed in particolare non permette <strong>di</strong> allineare in modo ottimale i denti.<br />

Tuttavia nonostante i limiti, il <strong>di</strong>spositivo presenta numerosi pregi, infatti , permette <strong>di</strong> iniziare precocemente il<br />

trattamento delle seconde classi, è ben tollerato daii piccoli pazienti , evita il rilevamento <strong>di</strong> impronte delle arcate<br />

dentali e permette <strong>di</strong> posticipare l’esecuzione delle indagini ra<strong>di</strong>ografiche ai 9-10 anni e cioè quando si passerà al<br />

trattamento ortodontico fisso. Infine un ulteriore pregio del <strong>di</strong>spositivo è la sua versatilità, infatti, grazie al<br />

riequilibramento miofunzionale, può correggere in parte anche i problemi <strong>di</strong> malocclusione <strong>di</strong> prima o seconda classe<br />

con morso aperto e, in misura ridotta, permette una certa espansione del palato nei pazienti con mascellare superiore <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ametro trasverso ridotto e respirazione orale.


ANALISI DELL'ASSE RADICOLARE DEI PREMOLARI NELLA GENESI DELLE RECESSIONI<br />

GENGIVALI.<br />

Giacomello MS, Maddalone M, Ferrari M.<br />

Università Statale Milano-Bicocca, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Corso <strong>di</strong> laurea Magistrale in <strong>Odontoiatria</strong> e<br />

Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> laurea in Igiene Dentale, Clinica Odontoiatrica (<strong>di</strong>rettore Prof. M. Baldoni).<br />

gnatos@yahoo.it.<br />

OBIETTIVI: confrontare la posizione spaziale <strong>di</strong> premolari superiori con recessione gengivale (gruppo stu<strong>di</strong>o) e senza<br />

recessione (gruppo controllo) per valutare l'eventuale implicazione delle forze occlusali trasversali nella genesi delle<br />

recessioni gengivali.<br />

MATERIALI E METODI: gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o composto da 9 pazienti (età me<strong>di</strong>a 37,56 aa, dev. St. 6,39, range 29-48,<br />

M:F=4:5) con recessioni a livello premolare superiore e gruppo controllo senza recessioni (9 pazienti, età me<strong>di</strong>a 31,22<br />

aa, dev. St. 5,04, range 26-41, M:F=5:4) per un totale <strong>di</strong> 30 premolari analizzati nel gruppo uno e 36 nel due. Criteri <strong>di</strong><br />

esclusione: assenza <strong>di</strong> più <strong>di</strong> due denti per emiarcata (in particolare molari), presenza <strong>di</strong> flogosi parodontale<br />

(sanguinamento positivo), alterata tecnica <strong>di</strong> spazzolamento, presenza <strong>di</strong> malattie sistemiche con conseguenze su<br />

connettivo e tessuto osseo, uso o abuso <strong>di</strong> sostanze psicotrope e altre forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza (tabagismo e alcolismo). Si è<br />

proceduto a valutazione tomografica tramite TVG (maxiScan, software NewTome 3G, QR Verona, Verona – Italy) per<br />

valutare la morfologia d’arcata e l’asse <strong>dei</strong> singoli elementi dentali e delle ra<strong>di</strong>ci (non rilevabile dai modelli): a livello<br />

premolare è stato analizzato l’angolo sotteso tra l’asse dentale e l’asse del processo alveolare in cui insiste il dente<br />

stesso (denominato α) e quello sotteso tra gli assi interdentali <strong>di</strong> denti antagonisti (denominato β).<br />

RISULTATI: gruppo stu<strong>di</strong>o: α=38,22°±7,87° (range 24,7°-56,2°) e β=189,78°±9,06° (range 174,5°-212,3°); gruppo<br />

controllo: α=14,6°±3,59° (range 5,4°-21,5°); β=170,36°±6,85° (range 161,3°-192,7°). Confronto statistico me<strong>di</strong>ante test<br />

T <strong>di</strong> Student eteroschedastico (per campioni con varianza <strong>di</strong>ssimile): <strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa (p


L’EFFETTO DELL’ESTRAZIONE DEI PRIMI QUATTRO PREMOLARI SUL PROFILO DELLE LABBRA<br />

Fichera G.- Greco M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Ortognatodonzia/ Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania<br />

Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in Ortognatodonzia Intercettiva<br />

OBIETTIVI: Scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare se la retrazione degli incisivi dopo l’estrazione <strong>dei</strong> quattro<br />

primi premolari è correlata alla retrazione delle labbra.<br />

MATERIALI E METODI: Lo stu<strong>di</strong>o è stato realizzato su 28 pazienti (19 femmine e 9 maschi), con un affollamento <strong>di</strong><br />

almeno 9mm. Tutti i pazienti sono stati trattati con l’estrazione <strong>dei</strong> primi quattro premolari, con terapia ortodontica fissa<br />

secondo la terapia bioprogressiva per la retrazione degli incisivi in massimo ancoraggio. L’età me<strong>di</strong>a pre-trattamento<br />

<strong>dei</strong> pazienti era <strong>di</strong> 15.8±3.1 anni, e l’età me<strong>di</strong>a post-tratamento era <strong>di</strong> 19.2±3.6 anni. sono state analizzate le ra<strong>di</strong>ografie<br />

pre e post-trattamento <strong>di</strong> ciascun paziente e sono state realizzate misurazioni cefalometriche utilizzando un piano <strong>di</strong><br />

riferimento VRL( perpen<strong>di</strong>colare a SN passando per S) e misurando le <strong>di</strong>stanze pre e post- trattamento <strong>di</strong> punti<br />

scheletrici e punti nei tessuti molli in particolare nelle labbra alla VRL.<br />

DISCUSSIONE: L’estrazione <strong>dei</strong> primi quattro premolari è una pratica ben accettata nella terapia ortodontica da molti<br />

anni, ma rimane sempre una controversia tra gli autori sull’effetto dell’estrazione <strong>dei</strong> premolari sul profilo facciale.<br />

Infatti molti autori sostengono che esiste una grande correlazione tra la retrazione degli incisivi e la retrazione delle<br />

labbra, altri autori invece sostengono che la retrazione delle labbra non è necessariamente correlata alla retrazione<br />

dentale.<br />

RISULTATI : Sono state osservate: una retrazione degli incisivi superiori pari a 4,1±2,3mm, che ha causato una<br />

retrazione del labbro superiore <strong>di</strong> 2,7±1,4mm, con un rapporto <strong>di</strong> 1,5:1; una retrazione degli incisivi inferiori pari a<br />

2,9±1,2mm, che ha causato una retrazione del labbro superiore <strong>di</strong> 2,7±2,2 mm, con un rapporto <strong>di</strong> 1,1:1. La correlazione<br />

tra la retrazione degli incisivi e le labbra non è statisticamente significativa.<br />

CONCLUSIONI: L’estrazione <strong>dei</strong> quattro primi premolari non influenza in modo statisticamente significativo il profilo<br />

delle labbra e la variazione in<strong>di</strong>viduale nella risposta al trattamento è ampia.


EFFETTI DELL’ARCO DI AVANZAMENTO INFERIORE SULL’AFFOLLAMENTO DELL’ARCATA<br />

MANDIBOLARE.<br />

Minasi V., Antonini F., Baccetti T., Defraia E.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia.Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze.<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI<br />

La retrusione dentoalveolare inferiore è spesso associata ad affollamento degli incisivi inferiori, il quale rappresenta una<br />

delle malocclusioni più frequenti. L’affollamento degli incisivi inferiori si misura classicamente me<strong>di</strong>ante l’Irregularity<br />

Index (I.I.) <strong>di</strong> Little.<br />

In caso <strong>di</strong> allineamento (dal punto <strong>di</strong> contatto mesiale del canino <strong>di</strong> destra al punto <strong>di</strong> contatto mesiale del canino <strong>di</strong><br />

sinistra) il valore dell’I.I. è zero, mentre in caso <strong>di</strong> progressivo <strong>di</strong>sallineamento (e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> aumento dell’affollamento)<br />

l’I.I. ha un valore progressivamente più alto.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Scopo della ricerca è stato quello <strong>di</strong> valutare le mo<strong>di</strong>ficazioni dell’I.I. in pazienti trattati per retrusione dentoalveolare<br />

inferiore. La strategia <strong>di</strong> trattamento ha previsto l’utilizzo <strong>di</strong> un arco d’avanzamento inferiore con bande sui primi<br />

molari inferiori e un meccanismo <strong>di</strong> propulsione attiva dentoalveolare nella porzione linguale anteriore dell’arcata<br />

inferiore per la vestibolarizzazione degli incisivi inferiori. E’ stato selezionato un campione <strong>di</strong> 24 pazienti (12 maschi e<br />

12 femmine) con retrusione dentoalveolare inferiore trattati con arco d’avanzamento inferiore (ADAI). L’età me<strong>di</strong>a del<br />

campione è 10.4 anni. L’I.I. è stato calcolato in tre fasi successive:T1,T2,T3, rispettivamente prima del trattamento<br />

dopo la rimozione dell’ADAI, dopo un anno dalla sua rimozione. La durata della terapia attiva con ADAI è stata <strong>di</strong><br />

circa 12 mesi. Le mo<strong>di</strong>ficazioni dell’I.I.nel campione trattato tra T1, T2 e T3 sono state valutate con test <strong>di</strong> Wilcoxon<br />

(R


RISULTATI RINOMANOMETRICI IN BA<strong>MB</strong>INI DOPO ESPANSIONE RAPIDA DEL MASCELLARE<br />

(RME)<br />

Parziale V., Bitonto F., Fioretti A.B., Marini G., Quinzi V.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia Prof.<br />

Chimenti C.<br />

INTRODUZIONE. La rinomanometria è un esame strumentale eseguito al fine <strong>di</strong> valutare la funzione respiratoria<br />

nasale e come essa possa essere migliorata in seguito a trattamenti ortope<strong>di</strong>co-ortodontici con <strong>di</strong>spositivi tipo RME.<br />

OBIETTIVI. Lo scopo del lavoro è stato quello <strong>di</strong> evidenziare attraverso risultati rinomanometrici (rinomanometria<br />

attiva RAA) il miglioramento spontaneo dell’attività respiratoria fisiologica in giovani pazienti respiratori orali i quali<br />

presentavano all’osservazione iniziale contrazione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ametri trasversali del mascellare superiore e ai quali non è stata<br />

somministrata alcuna terapia farmacologica né chirurgica (adenoidectomia e/o tonsillectomia).<br />

MATERIALI E METODI. Sono stati selezionati 18 pazienti i quali sono stati sottoposti a visita otorinolaringoiatrica e a<br />

RAA prima dell’applicazione e della attivazione dell’espansore rapido mascellare (RME). A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 3 mesi<br />

dall’espansione è stato effettuato un secondo controllo e dunque un secondo riscontro rinomanometrico al fine <strong>di</strong><br />

valutare l’entità delle resistenze nasali.<br />

RISULTATI. A tre mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dal trattamento con RME nell’89% <strong>dei</strong> pazienti sotto osservazione si è riscontrato<br />

un aumento del flusso nasale all’esame rinomanometrico ed il 94% <strong>dei</strong> soggetti ha presentato un miglioramento<br />

soggettivo della respirazione con la sola terapia <strong>di</strong> espansione palatale.<br />

CONCLUSIONI. I risultati del nostro stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>mostrano come le resistenze nasali siano significativamente ridotte nei<br />

bambini trattati con RME.


LA RM NELLA VALUTAZIONE DELLE DISCREPANZE TRASVERSALI DEL MASCELLARE<br />

SUPERIORE<br />

Casale M., Salvati F., Leopar<strong>di</strong> M., Ciavarella D., Cimenti C.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila – Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche – Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia<br />

Prof. C. Chimenti<br />

Obiettivi: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è <strong>di</strong>mostrare che la meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Risonanza Magnetica presenta le stesse<br />

caratteristiche per la valutazione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ametri trasversi comparabile con la meto<strong>di</strong>ca TC multistrato.<br />

Valutare la possibilità che la RM rappresenti un valido mezzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi nella valutazione ra<strong>di</strong>ografica del mascellare<br />

superiore. Valutare me<strong>di</strong>ante la RM i movimenti mascellari indotti dall’espansione rapida; Valutare se la RM sia un<br />

valido mezzo nella descrizione e nella <strong>di</strong>agnosi delle <strong>di</strong>screpanze trasversali <strong>dei</strong> mascellari;<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: La RM garantisce assenza <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>azioni; breve durata ( tra 2-3 min ); costi inferiori alla TC; esame<br />

ripetibile a <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> breve tempo; e garantisce un elevato potenziale <strong>di</strong>agnostico. Me<strong>di</strong>ante la RM si possono fare<br />

delle ricostruzioni multiplanari e 3D per la valutazione della morfometria. Non è <strong>di</strong>mostrato da nessun stu<strong>di</strong>o scientifico<br />

che l’esposizione ai campi magnetici possa indurre mutazioni cellulari. La poca fruibilità del servizio <strong>di</strong> RM ( lunghe<br />

liste d’attesa ) rendono <strong>di</strong>fficoltoso il suo utilizzo. Per il nostro stu<strong>di</strong>o abbiamo utilizzato una macchina RM Horizon<br />

( General Electric ); 1,5 T ( ad intenso campo magnetico); con bobina de<strong>di</strong>cata allo stu<strong>di</strong>o dell’encefalo e del massiccio<br />

facciale a doppio canale; sequenze <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o volumetriche ( FSPGR ); con durata della sequenza , compreso il<br />

centraggio, <strong>di</strong> circa 2 min e 30.<br />

Per il nostro esame abbiamo valutato pazienti in età compresa tra 7-12 anni, e abbiamo eseguito una prima risonanza<br />

prima del trattamento per valutare il volume del palato; abbiamo montato un espansore; abbiamo eseguito una seconda<br />

risonanza a 6 mesi; e infine abbiamo valutato i <strong>di</strong>ametri.<br />

Risultati: A fine trattamento abbiamo valutato i <strong>di</strong>ametri sia sulle scansioni sul piano sagittale sia sul piano assiale. Dal<br />

confronto <strong>dei</strong> risultati si è potuto osservare l’avvenuta espansione.<br />

Conclusioni: Il protocollo può essere standar<strong>di</strong>zzato con tutto le macchine <strong>di</strong> RM che esistono in mercato. I risultati<br />

ottenuti ci hanno confermato la vali<strong>di</strong>tà della tecnica sperimentata, permettendoci lo sviluppo <strong>di</strong> un protocollo<br />

riproducibile me<strong>di</strong>ante scansioni con R.M.


VALUTAZIONE DELLE MODIFICAZIONI VERTICALI IN TECNICA LOW-FRICTION<br />

Alonzi S., Pizzone S., Marchione L., Cirulli N., Lucci M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila – Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche – Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia Prof.<br />

Clau<strong>di</strong>o Chimenti<br />

INTRODUZIONE. Negli ultimi anni le apparecchiature “self- ligating” sembrano rappresentare l’evoluzione e<br />

finalmente la risposta più valida alle esigenze degli ortodontisti riducendo al minimo la frizione tra arco e slot.<br />

OBIETTIVI. Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> valutare l’esistenza <strong>di</strong> variazioni delle <strong>di</strong>mensioni verticali in<br />

pazienti trattati con apparecchiatura self-ligating.<br />

MATERIALI E METODI. Sono stati presi in esame 6 pazienti trattati nel reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia della Clinica<br />

Odontoiatrica dell’Università <strong>di</strong> L’Aquila. Lo stu<strong>di</strong>o è stato condotto valutando i risultati delle analisi cefalometriche,<br />

delle misurazioni al CPI e degli esami elettromiografici condotti sui 6 pazienti prima <strong>di</strong> iniziare il trattamento<br />

ortodontico e al termine dello stesso.<br />

RISULTATI. Nel trattamento con tecnica self- ligating si verifica un aumento delle <strong>di</strong>mensioni verticali rilevabili<br />

soprattutto nelle valutazioni al CPI dove è possibile notare una <strong>di</strong>slocazione <strong>dei</strong> con<strong>di</strong>li in basso e in avanti all’interno<br />

della fossa articolare. Dalle analisi cafalometriche e dall’esame elettromiografico non si rilevano sostanziali<br />

mo<strong>di</strong>ficazioni della verticalità.<br />

CONCLUSIONI. In generale, nel trattamento con tecnica self- ligating la variazione della <strong>di</strong>mensione verticale causata<br />

dalla <strong>di</strong>slocazione <strong>dei</strong> con<strong>di</strong>li in basso e in avanti potrebbe essere interpretata come un mancato controllo dell’estrusione<br />

<strong>dei</strong> settori posteriori da parte <strong>di</strong> queste apparecchiature. Tali estrusioni possono generare precontatti posteriori che<br />

creano <strong>di</strong>slocazioni con<strong>di</strong>lari potenziali causa <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfunzione articolare.


VARIAZIONI SALIVARI IN PAZIENTI CON APPARECCHIATURE ORTODONTICHE<br />

Simonini S., Dalessandri D. Laffranchi L., Fontana P., Crovato B., Bonetti S.<br />

Dipartimento Specialità chirurgiche, Scienze ra<strong>di</strong>ologiche e me<strong>di</strong>co forensi, CLsOPD, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />

INTRODUZIONE: La saliva, oltre ad essere il principale sistema protettivo della cavità orale, ha molte altre funzioni ed<br />

è fondamentale per quanto riguarda il mantenimento della salute <strong>dei</strong> tessuti orali. E’ uno <strong>dei</strong> fattori più importanti che<br />

determina l'andamento del processo carioso. Il flusso salivare, il pH salivare e la sua capacità tampone contribuiscono<br />

all’equilibrio intraorale. Senza dubbio l’applicazione <strong>di</strong> apparecchiature ortodontiche porta a un cambiamento<br />

dell’ambiente orale del paziente e in letteratura sono molti gli stu<strong>di</strong> che ne indagano la correlazione con la presenza <strong>di</strong><br />

demineralizzazioni dello smalto e che ne analizzano il rilascio <strong>di</strong> ioni metallici nella saliva, oltre a focalizzare<br />

l'attenzione sull’aumento <strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong> streptococco mutans e <strong>di</strong> lactobacilli dovuto all’aumento <strong>di</strong> placca.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è, invece, <strong>di</strong> determinare la variazione <strong>di</strong> quantità e <strong>di</strong> pH dell’intera saliva sia<br />

in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> riposo che stimolata, prima e dopo il trattamento ortodontico. I brackets metallici ortodontici causano<br />

un decremento del pH e stu<strong>di</strong> precedenti mostrano un aumento del flusso salivare con l’applicazione <strong>di</strong> apparecchiature<br />

ortodontiche o protesiche.<br />

MATERIALI E METODI: Per questo stu<strong>di</strong>o è stato selezionato un gruppo <strong>di</strong> 30 pazienti sottoposto a terapia<br />

ortodontica: 15 soggetti in terapia mobile e 15 soggetti con apparecchiatura fissa in entrambe le arcate. La saliva è stata<br />

prelevata in con<strong>di</strong>zioni cliniche fra le 9.00 e le 11.00 del mattino. La quantità e il pH della saliva non stimolata<br />

prelevata con il metodo spitting e della saliva stimolata prelevata con il metodo meccanico della cera <strong>di</strong> paraffina sono<br />

stati misurati due volte: 1) prima del trattamento ortodontico 2) dopo il trattamento ortodontico.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI: I risultati della raccolta <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi campioni ha mostrato un incremento significativo<br />

della quantità <strong>di</strong> saliva totale, sia nei pazienti portatori <strong>di</strong> apparecchiature fisse che mobili, sia a riposo che dopo<br />

stimolazione, ma è stata trovata una grande variabilità fra i <strong>di</strong>versi pazienti. Come ci si aspettava, la capacità tampone<br />

aumentava con l’aumento del flusso salivare. Non sono state trovate <strong>di</strong>fferenze significative per il pH . Il prossimo<br />

passo sarà quello <strong>di</strong> determinare altri fattori estrinseci che potrebbero aver causato questa variabilità fra i vari pazienti.


EPIDEMIOLOGIA DI CARIE E MALOCCLUSIONI IN UN PICCOLO CENTRO DEL SUD ITALIA<br />

Migale D.*, Dall’Oca S., Solidani M., Corridore D., Avenali L.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, <strong>Odontoiatria</strong> Preventiva e <strong>di</strong> Comunità<br />

(Prof. L. Ottolenghi)<br />

INTRODUZIONE. Le indagini sulla Salute Orale e sulle malocclusioni sono cruciali per il trattamento precoce e per la<br />

progressione della patologia. Lo stu<strong>di</strong>o è stato condotto per determinare la prevalenza <strong>di</strong> carie e malocclusioni nei<br />

bambini <strong>di</strong> 11 anni <strong>di</strong> Cutro, Calabria.<br />

MATERIALI E METODI. L’indagine osservazionale cross-sectional è stata condotta su tutti gli alunni <strong>di</strong> V elementare<br />

del Circolo Didattico Giò Leonardo <strong>di</strong> Bona <strong>di</strong> Cutro (KR). Sono stati rilevati gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> esperienza <strong>di</strong> carie DMFS-<br />

DMFT (soglia <strong>di</strong>agnostica D3 – carie clinicamente evidente) e l’Index of Orthodontic Treatment Need (IOTN).<br />

Entrambi i componenti dello IOTN (DHC, Dental Health Component e AC, Aesthetic Component) sono stati esaminati.<br />

L’esame clinico è stato condotto nell’ambulatorio scolastico, dopo consenso <strong>dei</strong> genitori; l’indagine è stata eseguita da<br />

un unico odontoiatra calibrato. Dopo la visita, una lettera in<strong>di</strong>cante la presenza/assenza <strong>di</strong> carie e la possibile necessità<br />

<strong>di</strong> trattamento ortodontico è stata inviata ai genitori. RISULTATI. La popolazione selezionata consiteva in 103 ragazzi<br />

frequentanti la V elementare. Il campione esaminato è costituito da 97 soggetti (94%), 50 maschi (51,5%) e 47 femmine<br />

(48,5%) <strong>di</strong> età compresa tra i 10 e gli 11 anni. Il componente M (Missing) è risultato nullo; si è pertanto calcolato<br />

l’in<strong>di</strong>ce come DFT/S. Il DFS me<strong>di</strong>o è risultato = 4.30, il DFT =2.60, con <strong>di</strong>fferenze significative nei due sessi (> nei<br />

maschi). Il 22.7% presentava un DFS/T = 0; i maschi inoltre presentavano un DFT me<strong>di</strong>o (3.20) più alto dell’obiettivo<br />

OMS per l’anno 2000 a 12 anni <strong>di</strong> età, mentre le femmine (DFT = 1,96) erano significativamente sotto questo target<br />

(DMFT nei<br />

maschi), mentre l’autopercezione della malocclusione era bassa in entrambi i sessi (solo il <strong>13</strong>% del nostro campione si<br />

è infatti identificato nelle categorie 5-10 AC-IOTN). DISCUSSIONE: la risultanza del nostro stu<strong>di</strong>o in<strong>di</strong>ca che il<br />

21.6% <strong>dei</strong> bambini hanno una necessità obbiettivabile <strong>di</strong> trattamento ortodontico. Questo risultato è in linea con stu<strong>di</strong><br />

francesi, ma significativamente inferiore ai dati della popolazione inglese. CONCLUSIONI. Ulteriori indagini<br />

epidemiologiche dovrebbero essere condotte per monitorare la Salute Orale <strong>dei</strong> piccoli pazienti e per consentire<br />

l’intercettamento precoce <strong>di</strong> eventuali malocclusioni.


PROVE DI SCORRIMENTO DI ALCUNI ATTACCHI ESTETICI<br />

Crovato B, Fontana P, Simonini S, Dalessandri D, Bonetti S.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore Prof.C.Paganelli.<br />

Obiettivi. Con questo stu<strong>di</strong>o si vogliono valutare <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> attacchi ortodontici estetici, sottoponendoli a delle<br />

prove <strong>di</strong> scorrimento del filo con e senza legature, elastiche o metalliche. Per la misurazione dell'attrito all’interfaccia<br />

filo-attacco ortodontico esistono <strong>di</strong>versi meto<strong>di</strong> documentati in letteratura. La valutazione <strong>di</strong> questo parametro può<br />

aiutare il clinico nella scelta della meccanica da utilizzare, in vista <strong>di</strong> una sempre maggiore richiesta da parte <strong>dei</strong><br />

pazienti <strong>di</strong> una più alta valenza estetica anche nel corso della terapia ortodontica.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. Utilizzando una macchina Instron per la trazione si sono confrontate cinque tipologie <strong>di</strong> attacchi<br />

estetici, <strong>di</strong>versi per materiale <strong>di</strong> composizione e per la lavorazione superficiale, scegliendo come controllo un attacco<br />

metallico ed uno auto legante: attacco gemellare standard 0.22 in acciaio (attacco 0), attacco In-Ovation C autolegante<br />

0.22 (attacco 1), attacco Transcend 0.18 (attacco 2), attacco Ra<strong>di</strong>ance 0.22 (attacco 3), attacco InVu 0.22 (attacco 4). I<br />

fili scelti variano in sezione, tonda o rettangolare, e in materiale, nichel-titanio o stellite. Per l’elaborazione della<br />

misurazione si è progettato un sistema <strong>di</strong>verso da quelli presenti in letteratura, che consente <strong>di</strong> misurare la trazione solo<br />

in un’unica <strong>di</strong>rezione senza apportare mo<strong>di</strong>fiche all’angolazione tra filo ed attacco, in base ad una variazione<br />

predeterminata <strong>di</strong> carico sull’attacco stesso. Possiamo quin<strong>di</strong> associare le forze applicate al sistema sperimentale sia nel<br />

campo dell’elasticità del filo, che al verificarsi <strong>dei</strong> fenomeni <strong>di</strong> bin<strong>di</strong>ng e notching. Questo sistema ci dà inoltre la<br />

possibilità <strong>di</strong> misurare l’attrito senza alcun tipo <strong>di</strong> legatura.<br />

Risultati. Si sono verificate: una maggiore aderenza alla realtà clinica del nuovo modello proposto rispetto ai modelli<br />

preesistenti; un’influenza <strong>di</strong>versa <strong>dei</strong> vari tipi <strong>di</strong> legatura sull’attrito generato dal movimento reciproco degli elementi <strong>di</strong><br />

una data coppia filo-attacco; una minor influenza relativa del sistema <strong>di</strong> legatura adottato sulla frizione sviluppata da<br />

una data coppia filo-attacco nel caso in cui il filo e l’attacco siano inclinati rispetto al caso in cui i due elementi siano<br />

perfettamente paralleli.<br />

Discussione e conclusioni. La scelta, prima <strong>di</strong> iniziare la terapia ortodontica, <strong>di</strong> quale tipo <strong>di</strong> meccaniche utilizzare è un<br />

momento importante nella fase <strong>di</strong> progettazione <strong>di</strong> un trattamento; questa decisione include più parametri, tra i quali la<br />

possibilità <strong>di</strong> valutare le proprietà <strong>di</strong> scorrevolezza <strong>di</strong> un filo all'interno <strong>di</strong> un attacco e all’interfaccia che viene a crearsi<br />

con la legatura, oltre che il suo grado <strong>di</strong> flessione. L’introduzione <strong>di</strong> questo innovativo sistema <strong>di</strong> misurazione consente<br />

<strong>di</strong> avere un insieme <strong>di</strong> valori quanto più aderenti alla realtà clinica. Il proliferare in commercio <strong>di</strong> meccaniche lowfriction<br />

ha introdotto per l’ortodontista nuove <strong>di</strong>fficoltà, pur velocizzando alcune fasi del trattamento. Riteniamo<br />

pertanto fondamentali questo tipo <strong>di</strong> informazioni nel bagaglio culturale <strong>di</strong> un ortodontista.


VANTAGGI BIOLOGICI E MECCANICI DI TRE DIFFERENTI SISTEMI ADESIVI CON L’UTILIZZO DEI<br />

BRACKET SELF-LIGATING.<br />

M. Casillo, G. Merone, R. Valletta, R. Martina<br />

OBIETTIVI: Analizzare il comportamento biomeccanico ai test torsionali <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco <strong>dei</strong> backets self ligating Time 2,<br />

utilizzando <strong>di</strong>versi sistemi adesivi.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati utilizzati i brackets“Time 2” (American Orthodontic) con slot 22x28 e<br />

prescrizione Roth per incisivi inferiori;gli stessi brackets sono stati bondati utilizzando tre <strong>di</strong>versi sistemi adesivi:<br />

Concise ( 3M Unitek), Transbond (3M Unitek)e Spectrum (American Orthodontic). I campioni <strong>di</strong>visi nei rispettivi<br />

gruppi sono stati quin<strong>di</strong> sottoposti a test <strong>di</strong> torsione.<br />

L’analisi statistica è stata condotta me<strong>di</strong>ante l’analisi della varianza(ANOVA).<br />

Per valutare le proprietà <strong>di</strong> frattura, i campioni sono stati osservati al microscopio ottico ed è stato utilizzato l’in<strong>di</strong>ce<br />

Adesive Index Remnants. I campioni sono stati inoltre esaminati al Microscopio Elettronico a Scansione(SEM) e<br />

sottoposti alla spettrometria a <strong>di</strong>spersione d’energia (EDS) per valutare l’eventuale presenza <strong>di</strong> ioni calcio al <strong>di</strong> sopra<br />

della resina composita.<br />

In aggiunta, è stata eseguita anche una caratterizzazione meccanica <strong>dei</strong> tre materiali me<strong>di</strong>ante lo Small Punch Test.<br />

RISULTATI: Non sono state riscontrate <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative sotto il profilo meccanico tra il<br />

Transbond, lo Spectrum e il Concise nella prova a torsione.I tre materiali hanno mostrato un comportamento<br />

sovrapponibile.<br />

Il migliore comportamento biologico è stato mostrato dallo Spectrum, il quale a <strong>di</strong>fferenza degli altri due materiali non<br />

ha leso la superficie dentaria. Tale risultato è stato evidenziato da SEM ed EDS. Al contrario, Transbond e Concise<br />

hanno comportato nel debon<strong>di</strong>ng il <strong>di</strong>stacco <strong>di</strong> calcio dalla superficie dentaria. Questo aspetto è da collegare al<br />

maggiore grado <strong>di</strong> deformabilità <strong>di</strong> questi due materiali, così com’è stato <strong>di</strong>mostrato dallo Small Punch Test.<br />

CONCLUSIONI: A parità <strong>di</strong> bracket, in particolare un Self-ligating quale il Time 2, è stato <strong>di</strong>mostrato che si ottiene<br />

un beneficio maggiore con l’utilizzo dello Spectrum, che offre un’adeguata forza per il bracket e che alla rimozione non<br />

determina lesioni alla superficie dentaria rispetto all’utilizzo degli altri due materiali presi in considerazione.


G-SPRING: UN NUOVO AUSILIARIO PER BRACKETS AUTO-LEGANTI.<br />

Greco M, Cosentino S, Giancotti A.<br />

Università <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S.G. Calibita Fatebenefratelli Isola<br />

Tiberina<br />

OBIETTIVI: Descrivere la nostra esperienza e testare l’affidabilità <strong>di</strong> un nuovo ausiliario, una molla <strong>di</strong> uprighting per<br />

brackets auto-leganti, durante la fase <strong>di</strong> ancoraggio anteriore descritta in Tecnica Bi<strong>di</strong>mensionale nel trattamento<br />

estrattivo. MATERIALI E METODI: In questo stu<strong>di</strong>o preliminare sono stati selezionati 10 pazienti che presentavano<br />

una malocclusione <strong>di</strong> piena Classe II con severa <strong>di</strong>screpanza dento-alveolare inferiore. Il piano terapeutico prescelto è<br />

stato un trattamento <strong>di</strong> tipo estrattivo e l’apparecchiatura utilizzata il sistema interattivo <strong>di</strong> brackets auto-leganti In-<br />

Ovation-R con prescrizione Bi<strong>di</strong>mensionale (slot .018 su denti anteriori e .22 nei settori latero-posteriori). Tutti i<br />

pazienti sono stati sottoposti a Rx ortopanoramica e Telera<strong>di</strong>ografia Pre e Post-trattamento (T1-T2) ed ad estrazione <strong>dei</strong><br />

primi premolari mascellari e <strong>dei</strong> secon<strong>di</strong> premolari man<strong>di</strong>bolari. Durante il trattamento, risolto l’affollamento inferiore,<br />

al fine <strong>di</strong> completare la chiusura dello spazio estrattivo mantenendo la corretta inclinazione degli incisivi man<strong>di</strong>bolari, e<br />

seguendo le in<strong>di</strong>cazioni della Tecnica Bi<strong>di</strong>mensionale, un filo australiano con <strong>di</strong>ametro 0.018 è stato modellato come<br />

una molla <strong>di</strong> uprighting mo<strong>di</strong>ficata con due braccia laterali a forma <strong>di</strong> U in modo da poter essere bondato sulla<br />

superficie vestibolare <strong>dei</strong> canini man<strong>di</strong>bolari intorno al bracket auto-legante che non ha slot verticale, previa sabbiatura.<br />

RISULTATI: In tutti i pazienti in esame, la malocclusione <strong>di</strong> Classe II stata corretta e la chiusura degli spazi estrattivi<br />

è avvenuta senza per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> ancoraggio, mantenendo la corretta inclinazione degli incisivi man<strong>di</strong>bolari, anzi ottenendo<br />

un miglioramento (da 96° a T1 a 99° a T2- valori me<strong>di</strong>). DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La fase <strong>di</strong> ancoraggio<br />

anteriore tra<strong>di</strong>zionalmente descritta in Tecnica Bi<strong>di</strong>mensionale prevede l’utilizzo <strong>di</strong> ausiliari, molle <strong>di</strong> uprighting,<br />

associate ad archi a pieno spessore anteriore, inserite nello slot verticale <strong>dei</strong> brackets per ottenere un momento anteriore<br />

che contrasta la forza <strong>di</strong> mesializzazione <strong>dei</strong> settori latero-posteriori che tenderebbe a mo<strong>di</strong>ficare la posizione degli<br />

incisivi. Il limite <strong>dei</strong> bracket auto-leganti sprovvisti <strong>di</strong> slot verticale può essere superato grazie all’utilizzo del G-Spring<br />

in maniera efficace e pre<strong>di</strong>cibile come descritto in questo stu<strong>di</strong>o preliminare.


LO SVILUPPO TRASVERSALE D’ARCATA CON APPARECCHIATURE SELF-LIGATING<br />

Giansiracusa Rubini V, Castellano M, Romani V, Sallusti F, Galluccio G.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Direttore: A. Polimeni. U.O.C. <strong>di</strong><br />

Ortogatodonzia e Gnatologia, Direttore: E. Barbato. Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria,<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia 2 e Gnatologia Clinica 2.<br />

OBIETTIVI: tra i molteplici aspetti vantaggiosi delle nuove sistematiche ortodontiche low-friction viene spesso<br />

annoverata la notevole capacità espansiva <strong>di</strong> queste apparecchiature che permette al clinico <strong>di</strong> recuperare maggiore<br />

spazio in arcata per l’allineamento dentale nei casi non estrattivi, con tempi più veloci e minore utilizzo <strong>di</strong><br />

apparecchiature ausiliarie. L’obiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare le capacità espansive delle nuove<br />

apparecchiature self-ligating e paragonarle alle altrettanto valide caratteristiche delle più moderne apparecchiature<br />

preangolate convenzionali. MATERIALI E METODI: presso la UOC <strong>di</strong> Ortognatodonzia del Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />

Odontostomatologiche della “Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, sono stati esaminati 53 pazienti consecutivi che<br />

necessitavano <strong>di</strong> un trattamento ortodontico non estrattivo con apparecchiature fisse. Ventisei soggetti (14 M, 12 F)<br />

hanno dato la <strong>di</strong>sponibilità ad iniziare il trattamento ortodontico e sono stati inclusi nel presente stu<strong>di</strong>o. I pazienti sono<br />

stati <strong>di</strong>visi in un gruppo sperimentale (apparecchiatura self-ligating Damon3 MX-Ormco) e un gruppo controllo<br />

(apparecchiatura preangolata <strong>MB</strong>T ® -3M). Per entrambi i gruppi sono state prese impronte in alginato dell’arcata<br />

superiore al momento del bondaggio dell’apparecchiatura (T0) e dopo 6 mesi <strong>di</strong> terapia ortodontica fissa (T1).<br />

Sviluppati i rispettivi modelli dentali, sono state effettuate le misurazioni <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ametri intercanino, interpremolare<br />

(primo e secondo) ed intermolare. Le misurazioni sono state effettuate dallo stesso operatore e ripetute due volte<br />

utilizzando un calibro millimetrato (Storm ® ). RISULTATI: per il <strong>di</strong>ametro intercanino è stato riscontrato un aumento<br />

me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 1,63 mm (NS) nel gruppo Damon e <strong>di</strong> 1,37 mm (NS) nel gruppo <strong>MB</strong>T (<strong>di</strong>fferenza tra le me<strong>di</strong>e=NS).<br />

L’ampiezza tra primi premolari ha mostrato un aumento me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 3,61 mm nel gruppo Damon (p


SINDROME DI APERT: APPROCCIO ORTOGNATODONTICO PRE E POST-CHIRURGICO<br />

Ferraris L. *, Vernucci R. A., Mazzoli V, Silvestri A.<br />

(Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “SAPIENZA”, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof. E.<br />

Barbato; CLSOPD, Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia III Titolare: Prof. A. Silvestri).<br />

La Sindrome <strong>di</strong> Apert fa parte delle cosiddette cranio-facio-stenosi, cioè quelle forme sindromiche in cui sono<br />

combinati tra loro una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> crescita che coinvolgono più strutture del complesso cranio-facciale, come la<br />

volta cranica, le orbite, gli zigomi, i mascellari.<br />

La Sindrome <strong>di</strong> Apert è caratterizzata dall’associazione <strong>di</strong> una craniostenosi (brachicefalia o turricefalia dovuta alla<br />

sinostosi precoce della sutura coronale), <strong>di</strong>sturbi oculari (esorbitismo, ipertelorismo, ptosi palpebrale, inclinazione antimongoloide<br />

della rima palpebrale); ipoplasia del terzo me<strong>di</strong>o della faccia (contrazione trasversale e retrusione<br />

mascellare, spesso associata ad una schisi del palato, terza classe scheletrica, open bite anteriore) con frequenti <strong>di</strong>sturbi<br />

respiratori dovuti alla retrusione mascellare, sindattilia delle mani e <strong>dei</strong> pie<strong>di</strong>). Sono frequenti altri segni quali l’acne o<br />

la paralisi del nervo oculomotore.<br />

Una classificazione eziologica su base genetica ne identifica la causa in una mutazione nel gene FGFR-2 trasmessa su<br />

base autosomica dominante.<br />

Le opzioni terapeutiche sono <strong>di</strong>verse in base all’età del paziente: si tratta molto precocemente la craniostenosi per<br />

ottenere la decompressione cerebrale. L’avanzamento del terzo me<strong>di</strong>o facciale, viene oggi realizzato in età <strong>di</strong> crescita<br />

me<strong>di</strong>ante la tecnica della <strong>di</strong>strazione ossea. In età adulta, se il trattamento precoce non è stato sufficiente, si effettua un<br />

trattamento combinato ortodontico-chirurgico volto alla risoluzione delle problematiche scheletriche residue; le<br />

osteotomie che verranno effettuate saranno spesso degli interventi combinati in base alla gravità del caso; dal classico<br />

intervento combinato maxillo-man<strong>di</strong>bolare <strong>di</strong> Lefort I ed osteotomia sagittale bilaterale della man<strong>di</strong>bola ad osteotomie<br />

del terzo me<strong>di</strong>o della faccia (Lefort III), o ancora ad interventi più complessi che coinvolgono la regione oculare, quella<br />

frontale o la volta cranica. Il ruolo della terapia ortodontica in questa malformazione cranio-facciale è spesso complessa<br />

per la presenza <strong>di</strong> alterazioni strutturali delle arcate dentarie, legate agli esiti <strong>di</strong> palatoschisi, ove presente, e spesso a<br />

ritar<strong>di</strong> della permuta dentale con inclusioni dentarie multiple ed affollamenti dentari spesso considerevoli per la<br />

<strong>di</strong>screpanza dento-basale che l’alterazione <strong>di</strong> sviluppo maxillo-man<strong>di</strong>bolare comporta. Viene riportata la casistica<br />

clinica <strong>dei</strong> 4 casi trattati presso il nostro Istituto con la stretta collaborazione tra le Cattedre <strong>di</strong> Ortognatodozia e <strong>di</strong><br />

Chirurgia Maxillo-Facciale.


VALUTAZIONE CLINICA DEGLI ASPETTI CRANIOFACCIALI IN PAZIENTI AFFETTI DA SINDROME<br />

DI WILLIAMS.<br />

Gioventù S, Yaghoubchi S, Iazzetti F, Tavecchia G, Maspero C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze chirurgiche,ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche. Dir: Prof. F. Santoro. Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Milano. Scuola <strong>di</strong> specializzazione in ortognatodonzia. Dir: Prof. G. Farronato.<br />

INTRODUZIONE:<br />

Nel 1961 il me<strong>di</strong>co neozelandese J.C.P. Williams descrisse per la prima volta un raro <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne congenito, multi<br />

sistemico, causato da microdelezione del braccio lungo del cromosoma 7. La sindrome <strong>di</strong> Williams, che da lui prese il<br />

nome, ha una prevalenza <strong>di</strong> 1:10000-1.20000 nati vivi, si trasmette con modalità autosomica dominante. Il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne è<br />

causato dall’associazione <strong>di</strong> un ritardo mentale variabile, da un profilo cognitivo ed una personalità caratteristici, da<br />

<strong>di</strong>morfismi facciali e da anomalie car<strong>di</strong>ovascolari nel 90% <strong>dei</strong> soggetti. Le patologie orali ad esso correlate sono<br />

ritardata eruzione, macrodonzia, <strong>di</strong>stemi dentari, mal posizioni e mal occlusioni.<br />

MATERIALI E METODI:<br />

I pazienti afferenti all’ambulatorio <strong>di</strong> Sindromologia del Centro <strong>di</strong> genetica clinica della Clinica Pe<strong>di</strong>atrica De Marchi,<br />

vengono inviati alla nostra osservazione in regime <strong>di</strong> Day Hospital, e inseriti in un iter <strong>di</strong> prevenzione <strong>di</strong> igiene orale, e<br />

successivamente dopo aver valutato le capacità intellettive e manuali, e il grado <strong>di</strong> collaborazione viene eseguito un<br />

checkup <strong>di</strong>agnostico ra<strong>di</strong>ologico per valutare le strutture scheletriche <strong>di</strong> ogni singolo in<strong>di</strong>viduo. Diagnosticata la mal<br />

occlusione si appronta un trattamento ortognatodontico , cercando <strong>di</strong> stimolare la collaborazione del bambino e in alcuni<br />

casi rendendo il più possibile in<strong>di</strong>vidualizzato l’approccio terapeutico e il trattamento. Nello stu<strong>di</strong>o sono stati presi in<br />

esame 50 soggetti <strong>di</strong> età compresa fra i 6 e 27 anni.<br />

RISULTATI:<br />

Nell’80% <strong>dei</strong> soggetti con sindrome <strong>di</strong> Williams è stato riscontrato un buon grado <strong>di</strong> collaborazione, pertanto si è<br />

proceduto con la valutazione <strong>di</strong>agnostica e successivamente il trattamento ortognatodontico, che nella maggior parte <strong>dei</strong><br />

soggetti è <strong>di</strong> tipo funzionale.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONE:<br />

I pazienti affetti da sindrome <strong>di</strong> Williams, al termine <strong>di</strong> un iter <strong>di</strong> prevenzione, un’attenta valutazione <strong>di</strong>agnostica e un<br />

piano terapeutico ortodontico, correttamente istruiti e motivati me<strong>di</strong>ante regolari sedute, possono essere sottoposti con<br />

efficacia a trattamenti multi<strong>di</strong>sciplinari, ottenendo buoni risultati sia da un punto <strong>di</strong> vista riabilitativo che psicologico,<br />

migliorando l’autonomia <strong>di</strong> base e innalzando il livello <strong>di</strong> attenzione e cura <strong>di</strong> se stessi.


SLICING SEQUENZIALE: UNA METODICA SEMPLICE CHE PERMETTE DI RECUPERARE SPAZIO IN<br />

PAZIENTI GIOVANI E IN DENTIZIONE MISTA PRECOCE<br />

Od<strong>di</strong> R., Rasicci P., Benvenuto R., Natali A., Di palma E.<br />

Università degli Su<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche, Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia, Prof.<br />

Chimenti C<br />

.<br />

INTRODUZIONE:attraverso lo slicing <strong>di</strong> alcuni elementi decidui, in pazienti giovani ancora in dentizione mista, è<br />

possibile risolvere problemi <strong>di</strong> affollamento dentario <strong>di</strong> 2-3 mm. SCOPO: lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong><br />

effettuare lo slicing sugli elementi decidui nei pazienti giovani e in dentizione mista per risolvere l’affollamento<br />

dentario anteriore <strong>di</strong> circa 2-3 mm. MATERIALI E METODI: in<br />

tale stu<strong>di</strong>o sono stati trattati 15 pazienti, tutti con dentizione mista e affollamento dentario <strong>di</strong> circa 2-3 mm. Tale<br />

meto<strong>di</strong>ca prevede la rimozione dello smalto interprossimale dalle superfici mesiali <strong>di</strong> canini e molari decidui per<br />

risolvere problemi <strong>di</strong> affollamento dentario anteriore <strong>di</strong> circa 2-3 mm, sfruttando il lee-way space.Questa procedura<br />

clinica è riservata ai giovani pazienti, purchè questi presentino sia nell’ arcata mascellare che in quella man<strong>di</strong>bolare già<br />

gli incisivi laterali. Lo slicing viene effettuato senza anestesia con una fresa conica lunga a punta <strong>di</strong>amantata. Tali frese<br />

vengono preferite rispetto ai <strong>di</strong>schi perché evitano il danneggiamento delle papille interprossimali.<br />

Inizialmente, vengono eliminate le superfici mesiali <strong>dei</strong> canini decidui per favorire la corretta eruzione degli incisivi<br />

permanenti, che hanno possibilità <strong>di</strong> migrare <strong>di</strong>stalmente e raggiungere la loro posizione in arcata. In seguito, per<br />

favorire il corretto posizionamento <strong>dei</strong> canini permanenti, vengono rimosse anche le superfici mesiali <strong>di</strong> smalto <strong>dei</strong><br />

primi molari decidui.<br />

Successivamente si passa alla rimozione <strong>di</strong> smalto dalla superfici mesiali <strong>dei</strong> secon<strong>di</strong> molari decidui, in modo tale che<br />

anche i premolari occupino la loro giusta posizione in arcata.<br />

RISULTATI: I risultati <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o, hanno evidenziato che in tutti i pazienti è stato risolto perfettamente<br />

l’affollamento , favorendo l’allineamento dentale attraverso una meto<strong>di</strong>ca ortodontica molto semplice.<br />

CONCLUSIONI:lo slicing rappresenta una meto<strong>di</strong>ca ortodontica semplice che permette <strong>di</strong> risolvere l’affollamento <strong>dei</strong><br />

settori anteriori. In questo modo gli incisivi permanenti raggiungono la loro posizione corretta in arcata, permettendo<br />

anche ai canini e premolari permanenti <strong>di</strong> arrivare in arcata ed occupare la loro giusta posizione, evitando così rotazioni<br />

dentali o migrazioni linguali o vestibolari <strong>dei</strong> denti permanenti.<br />

Inoltre lo slicing non interferisce neanche con la pressione delle labbra e della lingua, favorendo lo spontaneo<br />

allineamento degli elementi dentari.


VALUTAZIONE DELLO STRESS OSSIDATIVO CELLULARE DEL LEGAMENTO PARODONTALE<br />

PROVOCATO DA STRESS MECCANICO INDOTTO DA APPARECCHI ORTODONTICI.<br />

Uccella F, Orrù G, Piras A, Montaldo C, Piga R.<br />

O.B.L. Oral Biotechnology Laboratory, Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche, Università degli<br />

stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, via Binaghi 4, 09121 Cagliari, Italy. rosariapiga@tiscali.it<br />

OBIETTIVI: Il trattamento ortodontico si basa sul principio secondo cui l’applicazione prolungata <strong>di</strong> una pressione su<br />

un dente ne causa lo spostamento attraverso un rimodellamento dell’osso alveolare circostante; il dente quin<strong>di</strong> si sposta<br />

all’interno dell’osso trascinando il proprio sistema parodontale <strong>di</strong> attacco. Per quanto sia impossibile evitare la<br />

formazione <strong>di</strong> aree ischemiche nel legamento parodontale anche durante l’ultilizzo <strong>di</strong> forze leggere, queste ultime,<br />

assicurando una riduzione delle zone <strong>di</strong> necrosi del legamento parodontale, non solo rendono il movimento dentale più<br />

efficiente, ma il fasti<strong>di</strong>o per il paziente è minore. Pertanto è preferibile evitare l’uso <strong>di</strong> forze pesanti. Lo stress<br />

ossidativo cellulare rappresenta un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sofferenza della cellula causato dalla formazione <strong>di</strong> molecole chimiche<br />

altamente reattive che danneggiano la cellula stessa e che si formano in seguito ad uno stress fisico, chimico o<br />

biologico. Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quin<strong>di</strong> la valutazione, me<strong>di</strong>ante meto<strong>di</strong> molecolari ad altissima precisione,<br />

dello stato <strong>di</strong> sofferenza cellulare delle cellule del parodonto sottoposte a stress meccanico dovuto a forze sia leggere<br />

che pesanti applicate tramite apparecchio ortodontico. MATERIALI E METODI: I denti del paziente sono stati messi<br />

in trazione con fili <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa entità (forza): il 25 è stato messo in trazione con un filo in N.T. dello spessore <strong>di</strong> 0,0014<br />

inc, il 35 con un filo N.T. 0,0016, infine un terzo dente non sottoposto ad alcuna trazione è stato utilizzato come<br />

controllo. Dopo 24 ore, i denti sono stati estratti, il legamento parodontale è stato quin<strong>di</strong> prelevato e sottoposto ad<br />

analisi dell’espressione <strong>dei</strong> geni da stress me<strong>di</strong>ante l’utilizzo della meto<strong>di</strong>ca RT-PCR real time (Reverse Transcriptase-<br />

Polymerase Chain Reaction), che permette l’amplificazione esponenziale <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> RNA, nel nostro caso relativi<br />

ai geni da noi presi in considerazione che altrimenti sarebbero <strong>di</strong>fficilmente evidenziabili. RISULTATI: Il gene stressindotto<br />

da noi preso in considerazione è stato quello che co<strong>di</strong>fica per la proteina Heat shock protein 70 (Hsp70), la cui<br />

funzione consiste nella prevenzione <strong>di</strong> anormali aggregazioni delle proteine cellulari sia in con<strong>di</strong>zioni fisiologiche che<br />

in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stress. La Hsp70 non è una proteina costitutiva, ossia non viene normalmente espressa nella cellula se<br />

non è necessaria una protezione. I risultati ottenuti con la RT-PCR real time mostrano una espressione del gene Hsp70<br />

nelle cellule del parodonto del dente <strong>di</strong> controllo, quello quin<strong>di</strong> non sottoposto a trazione, pari a 1, il parodonto del<br />

dente messo in trazione con il filo 0,0014 inc presenta una espressione della Hsp70 pari a 3 volte quella del controllo ed<br />

infine, il filo 0,0016 inc induce una espressione <strong>di</strong> Hsp70 nel parodonto pari a circa 12 volte quella del controllo, quin<strong>di</strong><br />

4 volte maggiore <strong>di</strong> quella del filo 0,0014 inc. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Questa meto<strong>di</strong>ca permette la<br />

valutazione del reale danno cellulare creato in vivo sui denti del paziente, <strong>di</strong> confrontare fra loro le varie meto<strong>di</strong>che<br />

normalmente utilizzate nella pratica clinica grazie alla quantizzazione del grado <strong>di</strong> stress provocato dall’uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<br />

forze applicate al dente, permettendo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> standar<strong>di</strong>zzare le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> utilizzo delle varie apparecchiature<br />

ortodontiche.


VARIAZIONI DELL’ANGOLO J E DELLE ALTEZZE FACCIALI INDOTTE DA TERAPIA ORTOPEDICO-<br />

FUNZIONALE NELLE III CLASSI.<br />

Menini A, Poli F, Gastaldo L, Silvestrini Biavati A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genova, Dip.DI.S.T.BI.M.O., Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi<br />

Dentaria, Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia e Gnatologia, Titolare: Prof. A. Silvestrini Biavati<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> confrontare, nelle III^ classi dentoscheletriche, le mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

verticali indotte da terapia ortope<strong>di</strong>co-funzionale vs. terapia ortodontica. MATERIALI E METODI: sono stati<br />

selezionati 18 pazienti, <strong>di</strong> età compresa fra i 5,2 ed i 15,5 anni, (7 maschi e 11 femmine) in cura da più <strong>di</strong> 18 mesi<br />

presso il servizio <strong>di</strong> Ortognatodonzia del DI.S.T.BI.MO. dell’Università <strong>di</strong> Genova., con <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> III classe dentale<br />

e/o scheletrica e con almeno 2 tele-Rx in latero-laterale effettuate dopo almeno un anno <strong>di</strong> terapia, nel medesimo stu<strong>di</strong>o<br />

con lo stesso apparecchio ra<strong>di</strong>ografico. Tali pazienti sono stati sud<strong>di</strong>visi in 2 gruppi: un Gruppo Analisi (GA) trattato<br />

con terapia ortope<strong>di</strong>co funzionale, e un Gruppo <strong>di</strong> Controllo (GC) trattato con terapia ortodontica. Sono stati effettuati i<br />

tracciati cefalometrici sec. Jarabak delle ra<strong>di</strong>ografie selezionate e sono state valutate in particolare l’ angolo J <strong>di</strong><br />

inclinazione del mascellare, e le altezze verticali AFP, AFA, N-SNA ed SNA-Me. I pz. sono stati poi sud<strong>di</strong>visi in<br />

sottogruppi per tipologia scheletrica e secondo le modalità <strong>di</strong> terapia. Il trattamento ortope<strong>di</strong>co funzionale è stato<br />

eseguito con Regolatore <strong>di</strong> funzione <strong>di</strong> Fraenkel 3 (FR3) e/o con maschera <strong>di</strong> Delaire ( MD).<br />

RISULTATI: dal confronto tra GA e GC i risultati più rilevanti sono stati: 1) l’angolo J <strong>di</strong>minuisce nel GA da 86,1° a<br />

85,2°, tendendo a normalizzarsi; 2) si verifica un riequilibrio tra le altezze facciali anteriori del GA (dove SNA-Me<br />

passa dal 56 al 54,2%), mentre nel GC tendono a peggiorare verso un aumento <strong>di</strong> quella inferiore, sia nel gruppo<br />

considerato totalmente che soprattutto nei pazienti iper<strong>di</strong>vergenti; 3) Nel GA AFP tende ad aumentare, portando il<br />

rapporto con AFA verso la norma, mentre nel GC abbiamo registrato variazioni minime.4) nel GC non si riscontrano<br />

mo<strong>di</strong>ficazioni significative delle basi ossee, sul piano verticale. DISCUSSIONE: nei pazienti trattati con FR3, AFP e<br />

AFA crescono omogeneamente, mentre nei pazienti trattati con Maschera <strong>di</strong> Delaire AFA ha incrementi annui<br />

maggiori, probabilmente dovuti alla post-rotazione della man<strong>di</strong>bola e del piano occlusale causata proprio da tale<br />

apparecchiatura. L’angolo J <strong>di</strong>minuisce maggiormente nel gruppo trattato con MD. CONCLUSIONI: Sul piano<br />

verticale sono stati riscontrate mo<strong>di</strong>ficazioni delle basi ossee che portano ad un riequilibrio delle proporzioni facciali<br />

anteriori. I risultati migliori si sono verificati nei pazienti trattati con MD. La riduzione dell’angolo <strong>di</strong> inclinazione del<br />

mascellare J rappresenta un fattore positivo, perché avanzando il punto A, migliora i rapporti sagittali <strong>di</strong> III^ classe.<br />

Inoltre mo<strong>di</strong>fica il piano occlusale, portando la man<strong>di</strong>bola a post ruotare, fattore che è favorevole soprattutto nei casi a<br />

crescita ipo<strong>di</strong>vergente.


TRATTAMENTO ORTODONTICO INTERCETTIVO DI UNA DOPPIA TRASPOSIZIONE INCISIVO<br />

LATERALE - CANINO INFERIORI.<br />

Marino A, Chiodo B, Ranieri R, Sarzi Amadè D, Malagola C.<br />

“ Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma II Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia.<br />

rossranieri@virgilio.it<br />

INTRODUZIONE: Si definisce trasposizione quella anomalia <strong>di</strong> eruzione per cui due denti contigui invertono in modo<br />

reciproco la loro posizione. Tale anomalia, <strong>di</strong> per sé abbastanza rara (frequenza < 1%), si riscontra più frequentemente<br />

nel mascellare superiore rispetto alla man<strong>di</strong>bola e nella maggioranza <strong>dei</strong> casi è unilaterale (89%). Le conseguenze più<br />

comuni <strong>di</strong> tale patologia sono: <strong>di</strong>sallineamento delle arcate, deviazione della linea me<strong>di</strong>ana e malocclusione.<br />

OBIETTIVI: Scopo del lavoro è presentare un caso clinico <strong>di</strong> una doppia trasposizione incisivo laterale- canino nella<br />

compagine dell’osso man<strong>di</strong>bolare in un soggetto in dentizione mista. MATERIALI E METODI: EM, 10 anni, sesso<br />

maschile, si è presentato alla UOC <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> dell’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea (II Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e<br />

Chirurgia), accompagnato dai genitori preoccupati per l’anomala posizione del 3.2 e del 4.2. L’esame intra-orale ha<br />

rivelato una dentizione mista precoce con rapporti <strong>di</strong> I classe molare sia a destra che a sinistra, arcata superiore contratta<br />

con tipica forma a V, arcata inferiore ampia <strong>di</strong> forma quadrata con 3.2 e 4.2 erotti <strong>di</strong>stalmente a 7.3 e 8.3 con le corone<br />

ruotate. L’ortopanoramica ha confermato la <strong>di</strong>agnosi clinica <strong>di</strong> trasposizione tra gli incisivi laterali inferiori permanenti<br />

e i canini. L’approccio terapeutico ha previsto il riposizionamento degli incisivi laterali nella loro corretta sede per<br />

consentire la fisiologica eruzione <strong>dei</strong> canini permanenti (3.3 e 4.3). A tale scopo è stata programmata l’estrazione <strong>di</strong> 7.2,<br />

8.2, 7.3, 8.3, il bon<strong>di</strong>ng <strong>di</strong> 3.1, 3.2, 4.1, 4.2, monitorando contemporaneamente lo spazio me<strong>di</strong>ante un arco linguale<br />

cementato sui primi molari inferiori, mo<strong>di</strong>ficato dall’aggiunta <strong>di</strong> due rest livello degli incisivi centrali e due uncini<br />

posizionati lingualmente a livello <strong>di</strong> 3.1 e 4.1, per l’inserimento <strong>di</strong> una trazione elastica per mesializzare e<br />

contemporaneamente deruotare gli incisivi laterali. In arcata superiore è stato applicato un espansore rapido della sutura<br />

palatina me<strong>di</strong>ana per correggere la contrazione trasversale del mascellare superiore. Dopo aver mesializzato gli incisivi<br />

laterali abbiamo completato il bon<strong>di</strong>ng in arcata inferiore per continuare la derotazione <strong>di</strong> 3.2 e 4.2. RISULTATI: Una<br />

ra<strong>di</strong>ografia ortopanoramica, eseguita a circa venti mesi dall’inizio della terapia, mostra la risoluzione della<br />

trasposizione, evidenziata dalla corretta posizione degli incisivi laterali inferiori e da una buona inclinazione assiale <strong>dei</strong><br />

canini permanenti inferiori in via <strong>di</strong> eruzione. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’idonea programmazione<br />

<strong>di</strong>agnostico-terapeutica e il giusto timing <strong>di</strong> intervento si sono <strong>di</strong>mostrati <strong>di</strong> fondamentale importanza, perché ci hanno<br />

permesso <strong>di</strong> risolvere la trasposizione in tempi relativamente brevi ottenendo una corretta sequenza <strong>di</strong> eruzione e un<br />

buon allineamento dentale.


TRASPOSIZIONI DENTALI: REVISIONE DELLA LETTERATURA<br />

Galbiati G*, Giannini L, Iazzetti F, Tavecchia M.G, Alesina L, Maspero C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze chirurgiche, ricostruttive e <strong>di</strong>agnostiche Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, <strong>di</strong>rettore: prof. F.<br />

Santoro.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, <strong>di</strong>rettore: prof. G. Farronato<br />

SCOPO: lo scopo del lavoro consiste nel presentare una revisione sistematica della letteratura riguardo<br />

l’epidemiologia, l’eziopatogenesi, la <strong>di</strong>agnosi e le possibilità terapeutiche delle trasposizioni dentali.<br />

MATERIALI E METODI: è stata effettuata una revisione sistematica della letteratura nella banca dati <strong>di</strong> Medline<br />

riguardante le trasposizioni dentali [www.ncbi.nim.nih.gov/pubmed].<br />

Sono state cercate le parole chiave “teeth transposition, canine transposition, man<strong>di</strong>bular teeth transposition, tooth<br />

eruption (ectopic), premolar transposition, incisor transposition, molar transposition” e considerati gli articoli che<br />

fornissero informazioni circa l’eziologia, l’eziopatogenesi, le opzioni terapeutiche, i risultati ottenuti riguardo le<br />

trasposizioni dentali a livello mascellare e man<strong>di</strong>bolare.<br />

RISULTATI: in letteratura sono presenti <strong>di</strong>verse definizioni <strong>di</strong> trasposizione dentaria. L’eziologia è varia, includendo<br />

cause genetiche e estrinseche.<br />

Inoltre sono variabili anche la prevalenza e l’incidenza, influenzate dalla provenienza geografica e razziale della<br />

popolazione selezionata.<br />

Le possibilità terapeutiche <strong>di</strong>pendono dall’età del paziente, dal tipo <strong>di</strong> trasposizione, dal vantaggio estetico che si vuole<br />

ottenere, dalla compliance del paziente, dagli elementi dentari interessati.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: in base alle evidenze scientifiche presenti in letteratura è possibile concludere<br />

che la correzione ortodontica delle trasposizioni è soltanto una delle possibilità terapeutiche attuabili. E’ altamente<br />

influenzata dall’età del paziente, dallo sta<strong>di</strong>o eruttivo, dalle strutture ossee <strong>di</strong> sostegno.<br />

Una <strong>di</strong>agnosi e un intervento precoce sono certamente elementi determinanti per raggiungere un buon risultato clinico.


ANALISI DELL’AGING FACCIALE IN PAZIENTI TRATTATI CON ESTRAZIONI.<br />

Iacopini L, Scalise R., Giancotti A.<br />

Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata - U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia – Ospedale S.G. Calibita Fatebenefratelli – Isola<br />

Tiberina<br />

OBIETTIVI: Casi caratterizzati da protrusione bimascellare hanno come obiettivi del trattamento ortodontico la<br />

retrazione e retroclinazione degli incisivi superiori ed inferiori con conseguente risoluzione dell’incompetenza labiale e<br />

riduzione della convessità del profilo. Tale risultato viene comunemente raggiunto me<strong>di</strong>ante l’estrazione <strong>dei</strong> primi 4<br />

premolari seguita dalla retrazione <strong>dei</strong> gruppo frontale, cercando <strong>di</strong> mantenere un buon supporto per le labbra e quin<strong>di</strong><br />

garantire un buon profilo. Lo scopo della ricerca consiste nell’analizzare in questa tipologia <strong>di</strong> pazienti, i cambiamenti<br />

riscontrati a livello <strong>dei</strong> tessuti mollii nel tempo (fino a 10 anni <strong>di</strong> follow up).<br />

MATERIALI E METODI: Per ciascuno <strong>dei</strong> 10 pazienti selezionati (età compresa tra i 25 ed i 30 anni, malocclusione <strong>di</strong><br />

Classe I con protrusione bialveolare) sono state osservate e messe a confronto le fotografie scattate ad inizio trattamento<br />

(T1), a fine trattamento (T2) ed a 10 anni <strong>di</strong> follow up (T3). I parametri estetici considerati sulle fotografie del profilo<br />

sono: l’ANL, la Linea Estetica <strong>di</strong> Ricketts, la <strong>di</strong>stanza del labbra dal Piano Nasion-Pogonion cutaneo, la proiezione<br />

man<strong>di</strong>bolare, il contorno dello zigomo. Tra i parametri frontali sono stati considerati: la forma della M labiale e la<br />

prominenza dell’arco zigomatico.<br />

RISULTATI: La retrazione corporea degli incisivi permette la risoluzione della protrusione bialveolare, mantenendo un<br />

buon supporto <strong>dei</strong> tessuti molli non solo a fine trattamento, ma anche a T3, quando i cambiamenti subiti dai tessuti<br />

molli nel tempo <strong>di</strong>vengono più evidenti. Durante i 10 anni <strong>di</strong> follow up si osserva inoltre: una riduzione della relazione<br />

tra la posizione degli incisivi e del labbro superiore (-1mm), un aumento <strong>di</strong> 4 gra<strong>di</strong> dell’ANL (+4°), un aumento della<br />

<strong>di</strong>stanza del labbro superiore dalla linea Estetica (+1 mm), una riduzione <strong>di</strong> quella del labbro inferiore (-2 mm) ed un<br />

appiattimento della M labiale.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Sebbene il comportamento <strong>dei</strong> tessuti molli <strong>di</strong>penda da vari fattori (tipologia<br />

facciale, spessore <strong>dei</strong> tessuti, tono muscolare…), con il tempo il profilo tende comunque ad appiattirsi. La valutazione<br />

<strong>dei</strong> parametri estetici considerati è estremamente importante per elaborare una buona <strong>di</strong>agnosi ed impostare un corretto<br />

piano <strong>di</strong> trattamento. Nei trattamenti estrattivi in modo particolare, al fine <strong>di</strong> mantenere un buon supporto per le labbra<br />

ed evitare quin<strong>di</strong> un detrimento del profilo, durante la fase <strong>di</strong> arretramento del gruppo frontale, è fondamentale<br />

controllare il torque degli incisivi, movimento che risulta abbastanza semplice da gestire con la Tecnica<br />

Bi<strong>di</strong>mensionale.


FATTORE ANATOMICO DI RISCHIO PER IL TRAUMA DEGLI INCISIVI: OVERJET AUMENTATO O<br />

MALOCCLUSIONE DI II CLASSE?<br />

Vangelisti A, Giuntini V, Baccetti T, De Lisa S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze.<br />

OBIETTIVI: Valutare se l’incremento della prevalenza del trauma degli incisivi permanenti superiori è associato<br />

significativamente con un overjet aumentato o con altre componenti dentoscheletriche della malocclusione <strong>di</strong> II Classe<br />

in dentatura mista. MATERIALI E METODI: E’ stato analizzato un gruppo campione <strong>di</strong> 1800 soggetti in fase <strong>di</strong><br />

dentatura mista <strong>di</strong> cui 94 soggetti (54 maschi e 40 femmine) presentavano trauma degli incisivi superiori permanenti<br />

(TIS). Nel gruppo con TIS è stato valutato overjet , biotipologia facciale, rapporto molare, protrusione superiore basale<br />

e retrusione inferiore basale. La prevalenza <strong>di</strong> TIS in associazione con overjet aumentato (overjet ≥ 5 mm) o in<br />

associazione con le altre componenti della malocclusione <strong>di</strong> II Classe è stata valutata statisticamente tramite il test del<br />

Chi-quadrato (p


EFFETTI DELLA TRAZIONE EXTRAORALE CERVICALE SULLA POSTURA DELLA TESTA.<br />

A. Proietti Checchi, F. Pachì, R. Turlà<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”, CLSOPD, Presidente Prof. A. Barlattani. Dipartimento <strong>di</strong><br />

Ortognatodonzia e-mail: ale.proiettichecchi@libero.it<br />

OBIETTIVO: Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o pilota è <strong>di</strong> valutare gli effetti della Trazione Extraorale Cervicale sulla postura<br />

cranio cervicale. MATERIALI E METODI: A tal fine sono stati selezionati 10 pazienti (5 maschi e 5 femmine, età<br />

me<strong>di</strong>a 12,7 anni) trattati con la trazione extraorale cervicale, ai quali era stato chiesto <strong>di</strong> portare l’apparecchio 16 ore al<br />

giorno. Per tutti i pazienti sono state eseguite telera<strong>di</strong>ografie del cranio in proiezione latero – laterale sia al tempo T0<br />

(inizio della terapia) che al tempo T1 (alla fine della <strong>di</strong>stalizzazione). La durata me<strong>di</strong>a del periodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stalizzazione è<br />

stata <strong>di</strong> 5,8 mesi. Per valutare la postura cranio – cervicali sono stati utilizzati gli angoli cranio – cervicali, cranio –<br />

verticali, cranio – orizzontali, l’angolo <strong>di</strong> curvatura cervicale, l’angolo <strong>di</strong> McGregor, l’angolo posturale, <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> C2<br />

dal ramo man<strong>di</strong>bolare, <strong>di</strong>stanza atlantoccipitale,. Per valutare la significatività statistica <strong>dei</strong> cambiamenti <strong>dei</strong> parametri<br />

esaminati è stato utilizzato il t-Test <strong>di</strong> Student. RISULTATI: Si evidenzia che l’uso della trazione extraorale porta ad<br />

una <strong>di</strong>minuzione statisticamente significativa degli angoli cranio cervicali (SN^CVT: t0=105,625 - t1=101,375 -<br />

P≤0,05) (SN^OPT: t0=100 – t1=94,125 - P≤0,05). Inoltre anche la <strong>di</strong>stanza tra C2 e il ramo man<strong>di</strong>bolare si riduce in<br />

maniera statisticamente significativa (C2r: t0=9,5 – t1=5,875 - P≤0,05). DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: La<br />

trazione extraorale cervicale sembrerebbe indurre significative mo<strong>di</strong>fiche a livello della postura cranio-cervicale. Più<br />

precisamente la forza <strong>di</strong> reazione della TEC, che si manifesta come una pressione dell’elastico cervicale in <strong>di</strong>rezione<br />

anteriore sui tessuti molli retro cervicali, porterebbe ad un significativo aumento della flessione della testa e del collo in<br />

avanti.


TSME:DESCRIZIONE E UTILIZZO<br />

Zanoni D.*, Alesina L., Ghezzi L., Giannini L., Briguglio E., Cacciatore G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche,Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Direttore: Prof.<br />

F.Santoro. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia, Direttore: Prof. G. Farronato.<br />

OBIETTIVI:<br />

Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è quello <strong>di</strong> descrivere l’apparecchiatura tipo TSME (Espansore mascellare trasversale sagittale)<br />

e il suo utilizzo presso il reparto <strong>di</strong> Ortognatodonzia dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano.<br />

MATERIALI E METODI:<br />

Il TSME è composto da due bande cementate sui primi molari superiori con una vite <strong>di</strong> tipo Hyrax per l’espansione<br />

trasversale, due braccetti che si estendono sulle superfici palatali degli incisivi centrali e due viti Hyrax da 8 mm<br />

inserite su questi braccetti tra le bande molari e gli incisivi.<br />

IL TSME è un’apparecchiatura fissa utilizzata nel trattamento <strong>di</strong> pazienti con ipoplasia mascellare e con ridotti <strong>di</strong>ametri<br />

trasversali e sagittali.<br />

E’ progettato specificamente per lo sviluppo trasverso e antero-posteriore dell’arcata.<br />

L’apparecchiatura va portata per un periodo variabile tra i 6 e i 12 mesi.<br />

Il protocollo dell’attivazione prevede :<br />

in una prima fase l’attivazione della vite trasversale <strong>di</strong> ¼ <strong>di</strong> giro 2 volte al giorno per 15 giorni;<br />

in una seconda fase l’attivazione delle viti sagittali <strong>di</strong> ¼ <strong>di</strong> giro ogni 7 giorni per 6- 8 mesi;<br />

una terza fase <strong>di</strong> contenzione passiva in cui l’apparecchiatura viene lasciata in posizione per 4 mesi.<br />

Viene descritto un caso <strong>di</strong> paziente con ridotti <strong>di</strong>ametri trasversali e sagittali risolto con l’utilizzo del TSME.<br />

RISULTATI:<br />

Nel paziente trattato, al termine della terapia, si sono ottenuti corretti rapporti trasversali e sagittali che si sono<br />

mantenuti nei controlli a <strong>di</strong>stanza.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:<br />

L’apparecchiatura presentata ha un’azione ortope<strong>di</strong>ca in quanto consente <strong>di</strong> ottenere un aumento <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ametri trasversali<br />

e sagittali del mascellare superiore. Tale apparecchiatura può essere utilizzata in associazione ad altri <strong>di</strong>spositivi<br />

ortope<strong>di</strong>ci allo scopo <strong>di</strong> ottenere il ripristino della morfologia e della funzione e un miglioramento dell’estetica del<br />

paziente.


L’IMPIEGO DELL’ARCO 3D ® DI WILSON NEL CONTROLLO VERTICALE DELLA DENTATURA:<br />

VALUTAZIONE DI UNA METODICA ORIGINALE<br />

Bergamaschi E., Di Blasio A., Patroni S., Mandelli G., Gandolfini M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Otorino-odonto-oftalmologiche e Cervico-facciali.<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: L’ortodonzia, come trattamento complementare alla riabilitazione protesica, ha lo<br />

scopo <strong>di</strong> semplificare il piano terapeutico e risolvere il caso in modo più conservativo, in particolare quando si tratti <strong>dei</strong><br />

denti frontali superiori. Una delle tecniche più usate, in questi casi, è l’estrusione ortodontica, ovvero una traslazione<br />

verticale in <strong>di</strong>rezione coronale che determini cambiamenti sia a carico del dente interessato che del suo parodonto. In<br />

letteratura sono descritte molte meto<strong>di</strong>che ortodontiche per ottenere l’estrusione dentaria, la maggior parte delle quali<br />

utilizza apparecchiature parziali fisse, con bracket incollati vestibolarmente, che sfruttano i denti a<strong>di</strong>acenti come<br />

ancoraggio. Altre meto<strong>di</strong>che utilizzano ganci o fili per sfruttare l’ancoraggio <strong>dei</strong> denti vicini, senza l’uso <strong>di</strong> bracket;<br />

altre ancora apparecchi rimovibili. Descrivere e valutare l’uso originale <strong>di</strong> un arco linguale (3D® <strong>di</strong> Wilson),<br />

abitualmente utilizzato sull’arcata inferiore, per l’estrusione ortodontica. MATERIALI E METODI: Revisione della<br />

letteratura e presentazione <strong>di</strong> una personale meto<strong>di</strong>ca per l’estrusione pre-protesica <strong>di</strong> un incisivo superiore.<br />

RISULTATI: L’arco linguale 3D ® <strong>di</strong> Wilson è un apparecchio ortodontico alquanto versatile, che presenta svariate<br />

in<strong>di</strong>cazioni cliniche. Viene proposta in questo caso un’applicazione originale <strong>di</strong> questo apparecchio. L’arco linguale è<br />

infatti utilizzato nell’arcata superiore, mentre nella maggioranza <strong>dei</strong> casi esso viene applicato all’arcata man<strong>di</strong>bolare.<br />

Inoltre, l’attivazione dell’arco è qui utilizzata per ottenere l’estrusione ortodontica <strong>di</strong> un elemento dentale del settore<br />

frontale a scopo riabilitativo. In particolare, per ottenere il movimento dentale desiderato, l’elemento da estrudere viene<br />

collegato all’apparecchiatura me<strong>di</strong>ante un uncino o un ferro attivato e una legatura elastica. L’attivazione dell’arco si<br />

ottiene agendo sulle anse in senso verticale con una pinza tonda quadra. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:<br />

L’estrusione ortodontica può essere considerata una valida tecnica complementare in ambito parodontale, implantare e<br />

protesico. Le meto<strong>di</strong>che ortodontiche descritte in letteratura sono spesso semplici e poco controllate, non richiedono<br />

competenze specialistiche e spesso ottengono il risultato desiderato a spese <strong>dei</strong> denti vicini, usati come ancoraggio.<br />

L’arco linguale 3D® <strong>di</strong> Wilson presenta invece alcuni vantaggi molto rilevanti dal punto <strong>di</strong> vista clinico. Riduce<br />

notevolmente l’entità <strong>dei</strong> movimenti indesiderati a carico degli elementi <strong>di</strong> ancoraggio e permette un migliore controllo<br />

e una maggiore continuità della forza esercitata, grazie al coinvolgimento <strong>di</strong> denti plurira<strong>di</strong>colati e posizionati il più<br />

<strong>di</strong>stalmente possibile rispetto all’elemento da estrudere. Inoltre consente il mantenimento <strong>di</strong> una ottima estetica ed è<br />

quin<strong>di</strong> più facilmente accettato dal paziente. L’estrusione ortodontica a scopo preprotesico me<strong>di</strong>ante arco <strong>di</strong> Wilson<br />

rappresenta quin<strong>di</strong> una procedura clinica conservativa e assai vantaggiosa sia per l’equipe odontoiatrica che affronta il<br />

caso (protesista, ortodontista, ecc.), sia per le esigenze estetiche e funzionali del paziente.


CARICO DI DEFLESSIONE TRA ARCHI CU-NiTi E HEAT-ACTIVATED: VALUTAZIONE<br />

SPERIMENTALE IN VITRO.<br />

Vidoni G, Contardo L, Perinetti G, Castaldo A, Di Lenarda R.<br />

Dipartimento Universitario-Clinico <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cine, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.<br />

OBIETTIVO: L’utilizzo in ortodonzia della lega in Ni-Ti rappresenta una realtà quoti<strong>di</strong>ana grazie alle sue proprietà<br />

meccaniche <strong>di</strong> memoria <strong>di</strong> forma e <strong>di</strong> rilascio costante della forza assorbita. Molto spesso la prima fase <strong>di</strong> un<br />

trattamento ortodontico corrisponde a una fase <strong>di</strong> allineamento dentale con la necessità <strong>di</strong> dover ingaggiare l’arco su<br />

brackets molto <strong>di</strong>sallineati. Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o, in vitro, è valutare la frizione esercitata dagli archi sui bracket<br />

me<strong>di</strong>ante la quantificazione del carico necessario per flettere due tipi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> filo (Cu-NiTi e Heat Activated NiTi) <strong>di</strong><br />

due <strong>di</strong>ametri <strong>di</strong>fferenti a <strong>di</strong>verse lunghezze. MATERIALI E METODI: 4 archi <strong>di</strong>versi 2 Cu-Niti e 2 Heat-Activated<br />

NiTi del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 0.14 e 0.16 sono stati usati per la sperimentazione; gli archi sono stati ingaggiati su brackets In-<br />

Ovation R (prescrizione Roth) posizionati e incollati in maniera passiva, grazie all’utilizzo <strong>di</strong> una <strong>di</strong>ma calibrata, su un<br />

modello sperimentale in acciaio inox costituito da un base-plate <strong>di</strong> forma ideal. A livello del 23 è stato realizzata una<br />

scanalatura per permettere le prove <strong>di</strong> analisi del carico me<strong>di</strong>ante macchina universale per prove meccaniche (Instrom).<br />

Le prove, eseguite me<strong>di</strong>ante deflessione degli archi a mezzo penna a punta smussa, prevedevano una forza costante <strong>di</strong><br />

carico fino ad una deflessione massima pari a 6 mm. I dati sono stati rilevati a 1.5, 3, 4.5 e 6 mm <strong>di</strong> deflessione. Per<br />

ogni tipo <strong>di</strong> arco il test è stato eseguito 10 volte sostituendo dopo ogni prova i brackets e l’arco. Le prove sono state<br />

eseguite a temperatura controllata (37°C) me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> un box in plexiglas regolato da termocoppia. I dati<br />

ottenuti sono stati analizzati statisticamente me<strong>di</strong>ante software SPSS <strong>13</strong>.0. RISULTATI: l’analisi stat. evidenzia <strong>di</strong>ff.<br />

stat. sign tra tutti i fili analizzati per ogni singola deflessione. L’analisi del comportamento <strong>di</strong> ogni filo testato alle<br />

<strong>di</strong>verse estensioni ha evidenziato <strong>di</strong>ff. stat. sign. tra le quattro deflessioni solo per Cu-NiTi 0.16 mentre per gli altri tre<br />

archi c’è stata sempre l’eccezione tra 4,5 mm vs 6 mm. Analizzando il comportamento <strong>dei</strong> fili alle <strong>di</strong>verse deflessioni si<br />

è osservato che gli archi in Cu-NiTi all’aumentare del <strong>di</strong>ametro mostrano il raddoppio della forza necessaria (me<strong>di</strong>a<br />

201%) in<strong>di</strong>pendentemente dalla lunghezza della deflessione mentre gli archi Heat NiTi presentano una forza <strong>di</strong> carico<br />

crescente da 161% al 235%. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’ipotesi che all’aumentare del <strong>di</strong>ametro del filo<br />

aumenta il carico necessario per la <strong>di</strong>slocazione è stata avvalorata; nell’analisi del comportamento <strong>dei</strong> due archi si è<br />

notato che per gli archi termici è necessaria una forza minore per ottenere una eguale deflessione rispetto ai Cu-NiTi.<br />

Inoltresi può affermare che è possibile prevedere il carico necessario <strong>di</strong> deflessione all’aumentare del <strong>di</strong>ametro del filo<br />

solo per gli archi Cu-NiTi. I valori esercitati dai <strong>di</strong>versi archi sono stati compresi tra <strong>13</strong>6 e 850gf/mm 2 attualmente<br />

considerati non fisiologici.


L’INFLUENZA DI UN INIBITORE DELLE METALLOPROTEINASI SULLA STABILITÀ DEL LEGAME<br />

AEDSIVO<br />

Martin P 1 , Mazzoni A 2 , Visintini E 1 , Cadenaro M 1 , Di Lenarda R 1 , Breschi L 1 .<br />

1 Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste, Italia, 2 Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bologna, Italia<br />

OBIETTIVI: Le MMP dentinali sono gli enzimi principalmente responsabili del processo <strong>di</strong> degradazione delle fibrille<br />

collagene all’interno dello strato ibrido non completamente infiltrato dalla resina adesiva. L’inibizione delle MMP<br />

endogene può, quin<strong>di</strong>, ridurre o rallentare la degradazione dello strato ibrido. Scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato la valutazione <strong>di</strong><br />

un inibitore sperimentale delle MMP (Galar<strong>di</strong>n - GL) sulla stabilità dello strato ibrido nel tempo.<br />

MATERIALI E METODI: Per lo stu<strong>di</strong>o è stato impiegato l’adesivo Scotchbond 1XT (SB, 3M ESPE). La superficie<br />

dentinale <strong>di</strong> 20 denti estratti è stata mordenzata con acido ortofosforico al 35% (per 15 s) e risciacquata con acqua. I<br />

denti sono stati sud<strong>di</strong>visi in due gruppi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o (N=10): (1) GL+SB; (2) SB-controllo. GL è stato applicato sulla<br />

dentina mordenzata per 60 s e asciugato secondo la wet-bon<strong>di</strong>ng technique nei campioni del primo gruppo. Il sistema<br />

adesivo è stato applicato in entrambi i gruppi secondo le in<strong>di</strong>cazioni della casa produttrice. E’ stato utilizzato il<br />

composito Filtek Z-250 (3M ESPE) per creare <strong>dei</strong> build-up <strong>di</strong> resina composita. I campioni sono stati quin<strong>di</strong> preparati<br />

per il test <strong>di</strong> microtensile e imme<strong>di</strong>atamente sottoposti al test <strong>di</strong> trazione o storati in saliva artificiale per 12 mesi prima<br />

delle prove <strong>di</strong> adesione. I dati raccolti sono stati valutati con test two-way ANOVA e post-hoc <strong>di</strong> Tukey. Ulteriori<br />

campioni sono stati preparati per l’analisi al TEM del nanoleakage all’interfaccia adesiva, quantificato da due<br />

osservatori, i dati sono stati sottoposti ad analisi statistica.<br />

RISULTATI: Analizzando i dati raccolti imme<strong>di</strong>atamente dopo la preparazione, non sono state rilevate <strong>di</strong>fferenze tra i<br />

due gruppi testati (forza <strong>di</strong> adesione: 43-44 MPa). E’stato invece evidente un progressivo e significativo decremento <strong>dei</strong><br />

valori <strong>di</strong> adesione per quanto concerne i campioni non trattati con GL ed invecchiati a 12 mesi (riduzione <strong>dei</strong> valori pari<br />

circa al 50%) (p


MINISCREW IN TITANIO E ACCIAIO: VALUTAZIONI ISTOMORFOMETRICHE.<br />

Martin P, Paoloni L, Bellomo F, Contardo L, Di Lenarda R.<br />

Dipartimento Universitario-Clinico <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cine, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.<br />

OBIETTIVO: Negli ultimi anni in ortodonzia sono stati proposti sistemi in grado <strong>di</strong> garantire un ancoraggio <strong>di</strong> tipo<br />

assoluto rappresentate dalle miniviti ortodontiche. Scopo del presente stu<strong>di</strong>o è verificare, in vivo, le caratteristiche<br />

istomorfometriche dell’osso periimplantare <strong>di</strong> due tipi <strong>di</strong> miniviti ortodontiche in lega <strong>di</strong> acciaio e <strong>di</strong> titanio.<br />

MATERIALI E METODI: 8 miniviti in titanio (Ortho Organizer) e 8 miniviti in acciaio (Leone) sono state impiantate<br />

nelle epifisi <strong>di</strong>stali femorali <strong>di</strong> conigli <strong>di</strong> razza New Zealand. Tutti i conigli sono stati sottoposti a protocolli chirurgici,<br />

post-chirugici e <strong>di</strong> terapia del dolore seguendo le normative in materia. A <strong>di</strong>stanze <strong>di</strong> 3,6,9,12 e 15 gg sono stati<br />

somministrati fluorocromi i quali, avendo affinità per il calcio dello strato amorfo, permettevano una analisi della<br />

mineralizzazione, associando ad ogni tipo <strong>di</strong> fluorocromo un colore <strong>di</strong> reazione. Dopo 30 gg le cavie sono state<br />

sacrificate; dopo espianto del femore sono stati preparati i campioni me<strong>di</strong>ante fissaggio e <strong>di</strong>sidratazione, inclusione in<br />

resina epossi<strong>di</strong>ca taglio e assottigliamento. Le analisi eseguite sono state: 1) microdurezza della corticale perimplantare<br />

me<strong>di</strong>ante prove Vickers a tre <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>stanze dalla superficie impiantare (100, 200 e 1000 µm), 2) BIC (percentuale <strong>di</strong><br />

contatto osso-impianto), 3) MAR (rateo <strong>di</strong> mineralizzazione dell’osso periimplantare). I valori ottenuti per 1) e 2) sono<br />

stati analizzati statisticamente con software SPSS 12.0. L’analisi del MAR è stata <strong>di</strong> tipo qualitativo. RISULTATI: 1)<br />

microdurezza: il confronto tra acciaio e titanio alle <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>stanze dalla superficie impiantare non hanno mostrato <strong>di</strong>ff.<br />

stat. sign. Nel confronto tra le <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>stanze all’interno dello stesso tipo <strong>di</strong> minivite si osserva per il gruppo acciaio<br />

<strong>di</strong>ff. stat. sign. tra 100-1000 µm e tra 200-1000 µm, il gruppo del titanio ha mostrato <strong>di</strong>ff. stat. sign. solo tra 100-1000<br />

µm. 2) BIC: non sono state evidenziate <strong>di</strong>ff. stat. sign. tra i due gruppi <strong>di</strong> analisi. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI. Si<br />

può dunque affermare che la qualità dell’osso, importante per la stabilità primaria della minivite, è similare tra i due<br />

gruppi <strong>di</strong> analisi. È tuttavia possibile affermare che le miniviti in acciaio determinano una alterazione della qualità<br />

dell’osso fino a 200 µm dalla superficie impiantare rispetto a corticale non intaccata dalla procedura <strong>di</strong> applicazione<br />

della minivite. Analizzando i valori del BIC si può affermare che la posizione/deposizione dell’osso perimplantare è<br />

similare tra i due gruppi (acciaio 65% e titanio 72%). Tale valore <strong>di</strong>mostra che l’applicazione <strong>di</strong> miniviti in acciaio non<br />

determinano importanti alterazioni ossee perimplantari. Il MAR ha mostrato una maggior velocità <strong>di</strong> mineralizzazione<br />

del gruppo in titanio. Si è osservata una maggior mineralizzazione dopo 6 e 9 giorni nelle miniviti in titanio rispetto a<br />

12-15 gg nel gruppo in acciaio. Nei limiti <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o si può affermare che non esistono <strong>di</strong>fferenze biologiche<br />

significative nella risposta tissutale tra miniviti in acciaio e titanio.


PREPARAZIONE DEL SITO IMPLANTARE MEDIANTE O.T.R.<br />

( RIGENERAZIONE TISSUTALE ORTODONTICA)<br />

Mozzicato P, Cortesi R, Cisternino A, Lucchi P,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia. Dipartimento <strong>di</strong> Ortognatodonzia.<br />

Direttore: Prof. V. Piras<br />

OBIETTIVI: Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è illustrare un’ alternativa nella rigenerazione ossea non chirurgica, definibile<br />

come OTR (orthodontic tissue rigeneration), in grado <strong>di</strong> aumentare la quantità <strong>di</strong> osso <strong>di</strong>sponibile per poter effettuare<br />

una riabilitazione implanto-protesica in pazienti adulti con elementi dentali gravemente compromessi sia da un punto <strong>di</strong><br />

vista parodontale che strutturale.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 7 pazienti adulti che presentavano una prognosi parodontale<br />

francamente sfavorevole sia clinica che ra<strong>di</strong>ologica a carico dell’incisivo centrale e/o laterale dell’arcata superiore. Tutti<br />

i pazienti selezionati presentavano un <strong>di</strong>fetto verticale severo (me<strong>di</strong>a 8 mm +-1,5 sd), ed erano trattati estrudendo<br />

l’elemento dentale compromesso me<strong>di</strong>ante un protocollo standar<strong>di</strong>zzato dallo stesso operatore. Tutti i pazienti trattati<br />

sono stati sottoposti ad una ra<strong>di</strong>ografia endorale, utilizzando un centratore <strong>di</strong> Rinn, sia ad inizio trattamento (T0) che a<br />

fine estrusione ortodontica (T1). Ai fini dell’estrusione e’ stata applicata un’attrezzatura fissa multibande su tutta<br />

l’arcata mascellare utilizzando brackets con prescizione Bi<strong>di</strong>mensionale ed <strong>MB</strong>T. L’entità <strong>di</strong> guadagno osseo postestrusione<br />

è stata misurato prendendo come riferimento I picchi ossei degli elementi dentali a<strong>di</strong>acenti, I pazienti sono<br />

stati rivalutati ogni 2 settimane per:<br />

• ridurre il precontatto della superficie incisale estrusa<br />

• valutare il grado <strong>di</strong> infiammazione<br />

• monitorare l’entità <strong>di</strong> estrusione<br />

Il completamento e la stabilizzazione dell’ estrusione è stato ottenuto in un tempo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 15 settimane (sd 3). Dopo<br />

un breve periodo <strong>di</strong> stabilizzazione, è stata effettuata la riabilitazione implanto-protesica.<br />

RISULTATI: In tutti i pazienti trattati con O.T.R. si è ottenuta un quantità <strong>di</strong> osso utile ai fini implantari senza dover<br />

effettuare una rigenerazione tissutale guidata o un innesto osseo.<br />

CONCLUSIONE:In presenza <strong>di</strong> elementi parodontali compromessi con prognosi altamente sfavorevole, un approccio<br />

ortodontico per aumentare I picchi ossei attraverso l’eruzione forzata dell’elemento compromesso può essere<br />

considerata una valida e spesso atraumatica alternativa per ottenere un sito implantare ideale.


MESIODENS:TIMING AND STRAIGHT-WIRE TREATMENT.<br />

Celli D., Grecolini M. E., Grippaudo C., Deli R.<br />

Istituto <strong>di</strong> appartenenza: Università cattolica del Sacro Cuore – Roma<br />

INTRODUZIONE:Il termine "mesiodens" fa riferimento ad un elemento dentario sovrannumerario presente a livello<br />

della linea me<strong>di</strong>ana del mascellare superiore e localizzato fra i due incisivi centrali.La mancata eruzione <strong>di</strong> elementi<br />

permanenti o sovrannumerari,la loro malposizione o la presenza <strong>di</strong> patologie associate rappresentano le in<strong>di</strong>cazioni più<br />

importanti per l'estrazione.<br />

CASO CLINICO:Pz <strong>di</strong> 8 aa All'esame clinico si evidenzia il <strong>di</strong>astema tra gli incisivi e l'OPT rivela la presenza <strong>di</strong> un<br />

mesiodens <strong>di</strong> notevoli <strong>di</strong>mensioni.<br />

Il trattamento ha previsto l'estrazione del sovrannumerario e,in un secondo momento,la gestione dello spazio con le<br />

meto<strong>di</strong>che S-W.<br />

Il posizionamento strategico degli attacchi,insieme alla sequenza degli archi,ha consentito il corretto posizionamento <strong>di</strong><br />

corone e ra<strong>di</strong>ci.<br />

CONCLUSIONI:Da stu<strong>di</strong> scientifici e da evidenza del nostro caso il timing ideale per l'estrazione del mesiodens è il<br />

momento dell'eruzione degli incisivi centrali superiori o un momento appena successivo.Un´attesa eccessiva può solo<br />

aumentare le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> intervento e ridurre le percentuali <strong>di</strong> successo.


INFLUENZA DEL RIVESTIMENTO IN TEFLON DEGLI ARCHI ORTODONTICI SULLA RESISTENZA<br />

ALLO SCORRIMENTO<br />

Cacciatore G.*, Zanoni D., Giannini L., Alesina L., Ghezzi L., Cossellu G.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica, ICP,<br />

Direttore Prof. Santoro F., Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria,<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia Prof. Farronato G.<br />

OBIETTIVI: la frizione può essere definita come la resistenza allo scorrimento che esiste quando un corpo solido è<br />

mosso tangenzialmente alla superficie <strong>di</strong> un altro corpo, con cui è in contatto 1 . Scopo del lavoro è stato quello <strong>di</strong><br />

verificare se il rivestimento in teflon degli archi ortodontici possa rappresentare o meno una reale possibilità per ridurre<br />

i livelli <strong>di</strong> frizione.<br />

MATERIALI E METODI: il teflon o politetrafluoroetilene (PTFE) è un materiale caratterizzato da una catena<br />

polimerica completamente fluorurata, ed è proprio questa catena ad essere responsabile delle sue caratteristiche fisicochimiche.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista prettamente ortognatodontico, è importante ricordare che il teflon è un materiale<br />

antiaderente, estetico (il suo colore bianco lattescente è sicuramente maggiormente accettato anche dai pazienti più<br />

esigenti) ed è dotato <strong>di</strong> un eccellente inerzia chimica. É prodotto me<strong>di</strong>ante un processo <strong>di</strong> sinterizzazione e numerose<br />

sono le sue applicazioni in ambito me<strong>di</strong>co. Contrariamente a quanto avviene per il problema della frizione, del quale la<br />

letteratura internazionale è ricchissima <strong>di</strong> articoli, non esiste nessun articolo che parla della possibilità <strong>di</strong> rivestire in<br />

teflon gli archi ortodontici e soprattutto <strong>di</strong> test frizionali eseguiti con questo tipo <strong>di</strong> archi. L’unico articolo che ne parla è<br />

<strong>di</strong> una rivista italiana e porta la firma del Prof. Farronato e <strong>dei</strong> suoi collaboratori 2 . Nella sperimentazione sono stati<br />

testati 12 tipi <strong>di</strong> arco: in NiTi ed acciaio, entrambi delle <strong>di</strong>mensioni 0,014”, 0,018” e 0,018”×0,025” e tutti questi archi<br />

anche rivestiti in teflon. Tutti questi archi sono stati combinati con un tipo <strong>di</strong> bracket self-ligating: i bracket SmartClip<br />

(3M Unitek). Tutti i test sono stati eseguiti con il <strong>di</strong>namometro LR30K Plus della Lloyd Instruments.<br />

RISULTATI: in tutti i confronti eseguiti, gli archi teflonati hanno generato <strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong> frizione nettamente inferiori<br />

rispetto ai corrispettivi archi non teflonati.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: il rivestimento in teflon degli archi ortodontici, in associazione con l’utilizzo<br />

delle apparecchiature self-ligating, può essere considerato una reale possibilità per un’ulteriore riduzione della frizione.<br />

1. Rabinowicz E: Friction and wear materials, Wiley, 1965.<br />

2. Farronato G, Casiraghi G, Giannì AB, Salvato A: Utilizzo del PTFE in ortognatodonzia, Mondo Ortodontico 2, 83-<br />

89, 1988.


SESSIONE<br />

Parodontologia<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


LA PARODONTITE GRAVE IN GIOVANI ADULTI E’ ASSOCIATA ALL’ATEROSCLEROSI SUB-<br />

CLINICA.<br />

Cinicinelli S, Cairo F, Mervelt J, Nieri M, Rotundo R, Franceschi D, Mori M, Buti J, Iacchetti G, Bonaccini D, Giugno<br />

R, Pini Prato GP.<br />

Department of periodontology, University of Florence, Florence, Italy.<br />

g.piniprato@odonto.unifi.it<br />

OBIETTIVI: Lo spessore della tonaca intima me<strong>di</strong>a carotidea è considerato un marker <strong>di</strong> aterosclerosi sub-clinica. Lo<br />

scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> valutare la possibile associazione tra la<br />

parodontite grave e l’aterosclerosi subclinica in giovani adulti (< 40 anni) senza malattie sistemiche. MATERIALIE<br />

METODI: in questo stu<strong>di</strong>o sono stati arruolati 90 soggetti, 45 affetti da parodontite grave e 45 controlli senza storia <strong>di</strong><br />

malattia parodontale. I pazienti e i controlli sono stati accoppiati per età, sesso, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> massa corporea e abitu<strong>di</strong>ne al<br />

fumo. E’ stato valutato lo spessore della tonaca intima me<strong>di</strong>a carotidea (IMT carotideo) bilateralmente con esame<br />

ecografico a livello dell'arteria carotide comune. Sono stati inoltre analizzati i fattori <strong>di</strong> rischio car<strong>di</strong>ovascolare per<br />

l’aterosclerosi. RISULTATI: i valori me<strong>di</strong> dell’IMT carotideo erano 0.82±0.<strong>13</strong> mm nel gruppo test e 0.72± 0.07 mm<br />

nel gruppo controllo e tale <strong>di</strong>fferenza era statisticamente significativa (p < 0.0001). La regressione logistica<br />

stepwise <strong>di</strong>mostrava che la parodontite (p < 0.0001) e l’attività fisica regolare (p = 0.0009) erano variabili pre<strong>di</strong>ttive<br />

dell’aterosclerosi sub-clinica.Considerando un valore <strong>di</strong> IMT ≤ 0.82 mm come valore pre<strong>di</strong>ttivo <strong>di</strong> aumentato rischio<br />

car<strong>di</strong>ovascolare, i pazienti parodontali avevano un odds ratio = 8.55 (CI 95%: 2.38; 39.81) <strong>di</strong> superare tale valore<br />

rispetto ai controlli. Le variabili ematiche analizzate non erano pre<strong>di</strong>ttive <strong>di</strong> IMT. CONCLUSIONI: La parodontite<br />

grave pre<strong>di</strong>ce l'aterosclerosi sub-clinica in giovani adulti.


COMPORTAMENTO IN VIVO DEI BIOVETRI ATTIVI NELLA RIGENERAZIONE DEI DIFETTI<br />

CRANIOFACCIALI.<br />

Devicienti P., De Risi V., Di Pietro P. Dassatti L., Deli G.<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia, Istituto Clinica Odontoiatrica , Università Cattolica del Sacro Cuore Roma.<br />

INTRODUZIONE: I recenti successi in chirurgia maxillo-facciale sono strettamente correlati all’ l’utilizzo <strong>di</strong> materiali<br />

rigenerativi osteoconduttivi che associati a tecniche chirurgiche sempre più sofisticate, mostrano una risposta sempre<br />

più pre<strong>di</strong>cibile. OBIETTIVI: Lo stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong> valutare l’utilizzo <strong>di</strong> biovetri, mettendoli a confronto con altri<br />

materiali osteoconduttivi, me<strong>di</strong>ante una tecnica chirurgica standar<strong>di</strong>zzata. MATERIALI E METODI: Il campione,<br />

composto da 18 conigli bianchi adulti, maschi e femmine, n gruppi da 6, è stato sottoposto alla seguente procedura<br />

chirurgica: anestesia i. m. tramite Medetomi<strong>di</strong>na; un’ incisione a concavità posteriore della cute compresa tra la zona<br />

preauricolare e le ossa nasali; due incisioni periostee sagittali; la creazione <strong>di</strong> due <strong>di</strong>fetti ossei simmetrici a tutto<br />

spessore a livello della calvaria , tramite due punch <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro 5,6 - 5,2 mm (Critical Size Defect). Una membrana in<br />

Vycril® è stata posta a protezione della dura madre ed assicurata ad una membrana a maglie larghe in Mersilene® che<br />

ricopriva entrambi i <strong>di</strong>fetti essendo <strong>di</strong>stesa sulla corticale esterna. Tra le due membrane sono stati inseriti i materiali<br />

(biovetri attivi nel <strong>di</strong>fetto test e osso corticale e midollare finemente ridotti in chips nel <strong>di</strong>fetto controllo). Infine è stato<br />

suturato il periostio ed è stato adattato e suturato il lembo cutaneo. Per verificare la formazione <strong>di</strong> nuovo osso sono stati<br />

utilizzati tre <strong>di</strong>versi markers fluorescenti (tetraciclina, calceina, alizarina) RISULTATI: I risultati, analizzati me<strong>di</strong>ante<br />

test Anova, sono stai registarti osservando l’interafccia osso-biovetro. 8 SETTIMANE: La guarigione iniziale era simile<br />

sia nei <strong>di</strong>fetti test che in quelli controllo. 16 SETTIMANE: nei <strong>di</strong>fetti test si osservava trabecolatura irregolare, con<br />

crescita ossea <strong>di</strong>retta sulle chips in biovetro, le quali presentavano un’interfase <strong>di</strong> circa la metà del loro volume. Nei<br />

<strong>di</strong>fetti controllo era presente una limitata necrosi ossea e si osservava uno stroma <strong>di</strong> osso vitale <strong>di</strong>sorganizzato con<br />

<strong>di</strong>fferenti pattern trabecolari. 36 SETTIMANE: rigenerazione ossea estesa. Tutti <strong>di</strong>fetti erano riempiti da osso maturo<br />

con restitutio ad integrum <strong>dei</strong> tessuti. Nei <strong>di</strong>fetti test si osservava crescita <strong>di</strong> nuovo osso sui granuli vetrosi senza<br />

interposizione <strong>di</strong> connettivo. CONCLUSIONI: Ad 8 e 16 settimane non si sono riscontrati risultati significativi anche<br />

se era presente nei <strong>di</strong>fetti test una lenta ma abbondante formazione <strong>di</strong> nuovo osso, specialmente sulle chips in biovetro<br />

caratterizzate da angoli acuti. A 36 settimane i risultati sono molto più significativi: è stata confermata una buona<br />

guarigione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti test considerando un relativo fallimento <strong>dei</strong> biovetri in seguito a problemi intra e post operatori<br />

come edemi e mancata stabilità <strong>dei</strong> biovetri. I <strong>di</strong>fetti controllo (con osso autologo ) guarivano più lentamente e<br />

mostravano maggiori problemi soprattutto nella regione a contatto con la membrana. Gli autori concludono che la<br />

rigenerazione ossea è per la maggior parte dovuta all’apposizione ossea a livello delle pareti laterali della cavità.


CANINI INCLUSI PALATALI: VALUTAZIONE PARODONTALE A DISTANZA.<br />

Santini F, Sonnino FR*, Arcuri C, Muzzi F.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” – UOC <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale ”S.Giovanni Calibita”<br />

Fatebenefratelli, Isola Tiberina Roma.<br />

INTRODUZIONE: Il canino è uno degli elementi dentali più frequentemente soggetto ad inclusione. La prognosi <strong>di</strong><br />

tale con<strong>di</strong>zione risente <strong>di</strong> fattori quali la sede e la posizione dell’elemento incluso, l’età del paziente e l’eventuale<br />

presenza <strong>di</strong> anchilosi o <strong>di</strong> patologie concomitanti.<br />

OBIETTIVI: Lo stu<strong>di</strong>o ha previsto la selezione <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> soggetti che presentavano inclusione palatale <strong>di</strong> un<br />

canino mascellare allo scopo <strong>di</strong> eseguire una valutazione dello stato parodontale e dell’integrità dell’elemento<br />

<strong>di</strong>sincluso a <strong>di</strong>stanza.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati raccolti i dati parodontali <strong>di</strong> 6 canini mascellari inclusi in sede palatale,<br />

sottoposti a <strong>di</strong>sinclusione chirurgica me<strong>di</strong>ante tecnica chiusa con lembo a tutto spessore e riposizionamento ortodontico<br />

in arcata. La valutazione è stata eseguita a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa 2 anni dal termine del trattamento ortodontico. Ciascun<br />

canino è stato valutato clinicamente, me<strong>di</strong>ante Rx endorale eseguita con il centratore <strong>di</strong> Rinn, fotografie intraorali e<br />

sondaggio.<br />

I valori ottenuti sono quin<strong>di</strong> stati confrontati con quelli relativi ai canini controlaterali non <strong>di</strong>sinclusi chirurgicamente.<br />

RISULTATI: Tutti i soggetti presentavano canini inclusi in sede palatale. In 2 casi è stata riscontrata la presenza <strong>di</strong><br />

recessione gengivale a carico dell’elemento <strong>di</strong>sincluso. Non sono state rilevate <strong>di</strong>fferenze significative al sondaggio, sia<br />

a livello palatale sia vestibolare. In 3 casi è stata misurata una <strong>di</strong>fferenza relativa alla quantità <strong>di</strong> gengiva aderente fra il<br />

canino <strong>di</strong>sincluso ed il canino <strong>di</strong> controllo. In un caso il canino presentava un riassorbimento ra<strong>di</strong>colare posttrattamento.<br />

CONCLUSIONI: In seguito alla valutazione parodontale si è evidenziata una <strong>di</strong>fferenza fra i canini sottoposti a<br />

<strong>di</strong>sinclusione rispetto al gruppo controllo per quanto riguarda la risposta <strong>dei</strong> tessuti molli, mentre non sono state<br />

registrate <strong>di</strong>fferenze significative <strong>dei</strong> parametri relativi al parodonto profondo . Nonostante l’esiguità del campione, i<br />

dati suggeriscono che, a parità <strong>di</strong> tecnica chirurgica e <strong>di</strong> sede <strong>di</strong> inclusione, sarebbe auspicabile impiegare tecniche<br />

ortodontiche mirate ad una eruzione del canino incluso il più vicino possibile alla cresta ossea.


LA PATOLOGIA DEI TESSUTI PARODONTALI E LE PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI:<br />

INTERAZIONI E POSSIBILI ASSOCIAZIONI DI RISCHIO. VALUTAZIONI CLINICHE E<br />

MICROBIOLOGICHE.<br />

Galluccio F., Falchetti P., 1 Sant’Angelo R., Raffaelli L., Manicone P.F., 1 Fadda G., D’Addona A.<br />

UOC Chirurgia Orale e Riabilitazione Implantoprotesica, Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, 1 Istituto <strong>di</strong> Microbiologia,<br />

Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.<br />

INTRODUZIONE: La malattia parodontale potrebbe essere un fattore <strong>di</strong> rischio per l’aterosclerosi e le malattie<br />

car<strong>di</strong>ovascolari. L’influenza <strong>dei</strong> patogeni parodontali sulle car<strong>di</strong>opatie non è stata a tutt’oggi del tutto chiarita e<br />

necessita <strong>di</strong> ulteriori approfon<strong>di</strong>menti. OBIETTIVI: Il presente stu<strong>di</strong>o clinico ha lo scopo <strong>di</strong> ricercare la presenza del<br />

DNA <strong>di</strong> batteri parodontopatogeni nella placca sub-gengivale, in campioni autoptici <strong>di</strong> valvole aortiche stenotiche e in<br />

campioni <strong>di</strong> sangue intero, prelevati da pazienti affetti da parodontite cronica e stenosi valvolare aortica.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati arruolati 19 pazienti, <strong>di</strong> cui 12 uomini e 7 donne, <strong>di</strong> età compresa tra i 49 e gli<br />

85 anni, affetti da stenosi valvolare aortica e ricoverati nel reparto <strong>di</strong> Car<strong>di</strong>ochirurgia del Policlinico Universitario “A.<br />

Gemelli” e sono stati valutati dal punto <strong>di</strong> vista parodontale prima <strong>di</strong> essere sottoposti ad intervento chirurgico per la<br />

sostituzione della valvola aortica calcifica con protesi valvolare. Tale valutazione preliminare è volta a identificare la<br />

presenza <strong>di</strong> parodontite cronica localizzata o generalizzata. La tecnica della polymerase chain reaction (PCR) è stata<br />

utilizzata per rilevare la presenza del genoma <strong>dei</strong> seguenti batteri parodontopatogeni: Campylobacter rectus, Eikenella<br />

corrodens, Tannerella forsythus, Fusobacterium nucleatum, Prevotella interme<strong>di</strong>a, Porphyromonas gingivalis,<br />

Aggregatibacter actinomycetemcomitans, Treponema denticola.<br />

RISULTATI: L’esame microbiologico me<strong>di</strong>ante PCR ha rilevato la presenza <strong>dei</strong> batteri parodontopatogeni ricercati nei<br />

prelievi <strong>di</strong> placca sub-gengivale e la loro assenza nei campioni autoptici <strong>di</strong> valvole aortiche e nel sangue <strong>dei</strong> 19 pazienti.<br />

CONCLUSIONI: Secondo i risultati del nostro stu<strong>di</strong>o i patogeni parodontali non colonizzano la valvola aortica <strong>di</strong><br />

pazienti affetti da parodontite cronica e stenosi valvolare aortica. Questo potrebbe <strong>di</strong>pendere dalla normale fisiologia<br />

car<strong>di</strong>aca a livello valvolare poiché la pressione del flusso sanguigno che agisce a livello delle cuspi<strong>di</strong> valvolari aortiche<br />

sarebbe tale da impe<strong>di</strong>re l’inse<strong>di</strong>amento e la proliferazione <strong>di</strong> colonie batteriche.


DAI PRIMI CASE REPORT AGLI STUDI CLINICI RANDOMIZZATI ATTRAVERSO 20 ANNI DI<br />

RICERCA NELLA TERAPIA PARODONTALE<br />

Iachetti G, Nieri M, Franceschi D, Mori M, Buti J, Mervelt J, Cairo F, Bonaccini D, Giugno R, Saletta D, Pagliaro U,<br />

Rotundo R<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia, Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze<br />

OBIETTIVI: I case reports (CRs) sono spesso delle prime pubblicazioni <strong>di</strong> un nuovo trattamento, ma gli stu<strong>di</strong> clinici<br />

randomizzati sono necessari per confermare i dati ottenuti. Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare quante terapie,<br />

pubblicate negli ultmi 20 anni come case reports, sono state seguite da stu<strong>di</strong> clinici randomizzati.<br />

MATERIALI E METODI: per la selezione degli articoli sono state condotte tre tipi <strong>di</strong> ricerche: una prima cartacea<br />

condotta dai ricercatori in quattro riviste internazionali ( Journal of Periodontology, Journal of Clinical Periodontology;<br />

International Journal of Periodontics and Restorative Dentistry e il Journal of Perodontal Research). Gli stessi<br />

ricercatori poi hanno eseguito una seconda ricerca <strong>di</strong> tipo elettronico dal gennaio 1984 al settembre 2006 su MEDLINE,<br />

sul database della Cochrane Collaboration (in particolare Cochrane Database of Sistematic Review e Cochrane Central<br />

Register of Control Trias) e su the Istitute for Scientific Information (ISI) ( in particolare the Science Citation Index<br />

Expanded). Una terza ricerca elettronica infine per controllo su Science Citation Index (ISI).<br />

RISULTATI: dopo l’esclusione <strong>dei</strong> case reports che trattavano <strong>di</strong> animali e stu<strong>di</strong> in vitro, la ricerca cartacea ha raccolto<br />

66 case reports, 33 <strong>di</strong> questi erano stati esclusi perché: 8 includevano malattie rare, 6 non erano in accordo con le terapie<br />

parodontali, 9 non <strong>di</strong>scutevano <strong>di</strong> terapie e 10 includevano nello stu<strong>di</strong>o più <strong>di</strong> 5 persone e quin<strong>di</strong> sono stati considerati<br />

come case series. La lista finale ha contato 33 case reports concernenti 31 terapie.<br />

DISCUSSIONE: più del 50% <strong>dei</strong> trattamenti <strong>di</strong>scussi dai case reports non sono stati seguiti da stu<strong>di</strong> clinici<br />

randomizzati nei vent’anni successivi e, molti <strong>di</strong> questi trattamenti vengono tutt’ora usati nonostante la mancanza <strong>di</strong><br />

un’evidenza scientifica. Considerando la natura descrittiva <strong>dei</strong> case reports e della posizione nei più bassi livelli del<br />

gra<strong>di</strong>ng scientific reliability i nuovi trattamenti proposti dovrebbero essere seguiti, per quanto possa essere possibile, da<br />

stu<strong>di</strong> clinici randomizzati a provare la loro vali<strong>di</strong>tà scientifica. Infatti questi tipi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> potrebbero risultare inefficaci o<br />

dannosi e non dovrebbero essere accettati senza un’attenta valutazione scientifica


SINGLE FLAP APPROACH CON ACCESSO VESTIBOLARE IN CHIRURGIA PARODONTALE<br />

RICOSTRUTTIVA. UNA SERIE DI CASI CLINICI.<br />

Minenna L, Farina R, Franceschetti G, Calura G, Trombelli L.<br />

Centro <strong>di</strong> Ricerca e Servizi per lo Stu<strong>di</strong>o delle Malattie Parodontali, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ferrara.<br />

roberto.farina@unife.it<br />

INTRODUZIONE: Recentemente abbiamo proposto una procedura minimamente invasiva, denominata Single Flap<br />

Approach (SFA), specificamente in<strong>di</strong>cata quando l’ estensione del <strong>di</strong>fetto infraosseo da ricostruire è prevalente sul<br />

versante vestibolare o linguale. Il principio <strong>di</strong> base del SFA è l’ elevazione <strong>di</strong> un lembo <strong>di</strong> accesso solamente su un<br />

versante (vestibolare o linguale), lasciando integro il versante opposto.<br />

OBIETTIVO: La presente serie <strong>di</strong> casi riporta i dati preliminari sull’ efficacia clinica del SFA con accesso vestibolare<br />

in associazione all’ utilizzo <strong>di</strong> una membrana in collagene e <strong>di</strong> un biomateriale a base <strong>di</strong> idrossiapatite nella terapia<br />

ricostruttiva <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti parodontali infraossei profon<strong>di</strong>.<br />

MATERIALI & METODI: Il SFA con accesso vestibolare è stato utilizzato per creare l’ accesso a 10 <strong>di</strong>fetti<br />

infraossei in 10 pazienti. Ciascun <strong>di</strong>fetto è stato trattato con una membrana in collagene e un biomateriale a base <strong>di</strong><br />

idrossiapatite. Il periodo <strong>di</strong> follow-up dopo la procedura ricostruttiva è variato da 6 a 14 mesi (me<strong>di</strong>a: 10.0 ± 3.0 mesi).<br />

RISULTATI: Il livello <strong>di</strong> attacco clinico (CAL) è variato da 11.2 ± 2.6 mm prima della chirurgia a 6.4 ± 1.9 mm dopo<br />

la chirurgia. La profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio (PPD) era 9.0 ± 2.8 mm prima della chirurgia ed è <strong>di</strong>minuita a 3.8 ± 1.5 mm<br />

dopo la chirurgia. La recessione gengivale (REC) è variata da 2.2 ± 1.9 mm prima della chirurgia a 2.6 ± 1.3 mm dopo<br />

la chirurgia.<br />

CONCLUSIONI: Difetti infraossei profon<strong>di</strong>, nei quali il trattamento è consistito nell’ accesso chirurgico creato con un<br />

SFA vestibolare e nel posizionamento <strong>di</strong> un innesto e <strong>di</strong> una membrana, possono guarire con sostanziale guadagno <strong>di</strong><br />

CAL. La limitata recessione gengivale post-chirurgica in<strong>di</strong>ca che il SFA può rappresentare una valida opzione per<br />

trattare <strong>di</strong>fetti in aree ad elevata valenza estetica.


EFFETTI DELLA SOMMINISTRAZIONE TOPICA DI CoQ10 IN PAZIENTI AFFETTI DA GENGIVITE –<br />

STUDIO PILOTA (RISULTATI PRELIMINARI).<br />

D’Ambrini R., Littarru C., Lajolo C., Occipite <strong>di</strong> Prisco M., Deli G.<br />

Reparto <strong>di</strong> Parodontologia, Istituto Clinica Odontoiatrica , Università Cattolica del Sacro Cuore Roma.<br />

INTRODUZIONE: Sono pochissimi gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>sponibili in letteratura che analizzano i benefici clinici derivanti dalla<br />

somministrazione topica <strong>di</strong> CoQ10 sul tessuto parodontale affetto da MP. OBIETTIVI: Il presente stu<strong>di</strong>o clinico si<br />

propone <strong>di</strong> valutare gli effetti derivanti dalla somministrazione topica <strong>di</strong> Q10 sullo stato <strong>di</strong> infiammazione <strong>dei</strong> tessuti<br />

parodontali in pazienti affetti da gengivite e i suoi riflessi sulla capacità antiossidante totale (CAT) del GCF.<br />

MATERIALI E METODI: CoQ10 in gel è stato somministrato per 2 settimane sul tessuto gengivale <strong>di</strong> sette pazienti<br />

(18-27 aa) affetti da gengivite papillare o <strong>di</strong>ffusa. Il trattamento è stato eseguito su uno o più sestanti <strong>di</strong> un’arcata<br />

dentaria per ogni paziente. Nel pre- e post-terapia sono state eseguite valutazioni cliniche (PPD, PMPS, P<strong>MB</strong>S, SPS,<br />

BOP, PlI, GI) e biochimiche (volume <strong>di</strong> GCF e CAT). I siti <strong>di</strong> controllo erano costituiti dalle aree antagoniste a quelle<br />

trattate.<br />

RISULTATI: Al baseline non sono state rilevate <strong>di</strong>fferenze significative all’analisi trasversale tra i gruppi stu<strong>di</strong>o e<br />

controllo (p>0,05). Il GI è migliorato significativamente a fine terapia nel gruppo stu<strong>di</strong>o rispetto ai sestanti <strong>di</strong> controllo<br />

(p


ROOT COVERAGE ESTHETIC SCORE (RES): UN METODO PER LA VALUTAZIONE DEI RISULTATI<br />

ESTETICI DOPO COPERTURA RADICOLARE.<br />

Mervelt J., Cairo F., Cincinelli S., Rotundo R., Franceschi D., Iachetti G., Buti J., Mori. M., Giugno R.,<br />

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE DIPARTIMENTO DI ODONTOSTOMATOLOGIA, Direttore: Prof.GP<br />

Pini Prato, CATTEDRA DI PARODONTOLOGIA, Titolare: Prof. GP Pini Prato<br />

Introduzione:I risultati estetici dopo copertura ra<strong>di</strong>colare non sono in genere valutati. Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è<br />

proporre un metodo per la valutazione estetica dopo interventi <strong>di</strong> chirurgia muco-gengivale per copertura ra<strong>di</strong>colare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati arruolati in questo stu<strong>di</strong>o 39 pazienti che presentavano recessioni gengivali <strong>di</strong> classe I e<br />

II <strong>di</strong> Miller e trattati con interventi <strong>di</strong> copertura ra<strong>di</strong>colare. Sei mesi dopo la chirurgia, i risultati estetici sono stati<br />

valutati usando il Root coverage Esthetic Score (RES). Questo score valuta la posizione finale del margine gengivale, il<br />

contorno del tessuto marginale, la tessitura superficiale <strong>dei</strong> tessuti, la posizione della giunzione mucogengivale ed il<br />

colore <strong>dei</strong> tessuti molli. Dato che la copertura ra<strong>di</strong>colare completa è il principale obiettivo <strong>di</strong> trattamento, il RES score<br />

assegna il 60% del suo valore al conseguimento della copertura ra<strong>di</strong>colare completa (CRC), mentre il restante 40% è<br />

assegnato alle altre variabili. In caso <strong>di</strong> CRC venivano assegnati 6 punti, in caso <strong>di</strong> copertura parziale ne venivano<br />

assegnati 3 mentre in caso <strong>di</strong> posizione del margine gengivale finale apicale o eguale a quello iniziale veniva assegnato<br />

un valore <strong>di</strong> RES=0, in<strong>di</strong>pendentemente dalle altre variabili. Infine le altre variabili avevano un punteggio <strong>di</strong> 1 oppure 0.<br />

Perciò un valore <strong>di</strong> RES=10 veniva considerato il punteggio massimo.Risultati: Delle 31 recessioni trattate, 24 (77%)<br />

riportarono CRC dopo 6 mesi. La percentuale me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> copertura ra<strong>di</strong>colare era 89.4% (range da 0 a 100%). Il valore<br />

me<strong>di</strong>o del RES era 7.8. Cinque casi su 24 <strong>di</strong> CRC ottennero RES= 10. In un caso il RES risultatava=0. Conclusioni: Il<br />

RES potrebbe essere un sistema valido per valutare i risultati estetici degli interventi <strong>di</strong> copertura ra<strong>di</strong>colare.


RAZIONALE CLINICO PER LA CHIRURGIA PLASTICA PARODONTALE DELLE RECESSIONI<br />

GENGIVALI.<br />

Valerio S. *, Cardarelli J.P. ***, Favero G. *, Bressan E. *, Mazzoleni S. **, Stellini E. *<br />

* Cattedra <strong>di</strong> Parodontologia Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova. silverio.valerio@unipd.it<br />

** Cattedra <strong>di</strong> Pedodonzia Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova<br />

*** Libero Professionista Padova<br />

INTRODUZIONE: L’integrità del supporto parodontale interprossimale è stato <strong>di</strong>mostrato essere il fattore più<br />

importante per ottenere copertura completa <strong>di</strong> una esposizione ra<strong>di</strong>colare della superficie buccale <strong>di</strong> un dente laddove<br />

esista una con<strong>di</strong>zione clinica in cui sia in<strong>di</strong>cata una tecnica chirurgica plastica parodontale. Se questa con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

integrità è presente, uno stesso caso clinico può presentare più soluzioni terapeutiche in funzione ad altri parametri<br />

clinici quali l’anatomia del <strong>di</strong>fetto, le caratteristiche <strong>dei</strong> tessuti molli a<strong>di</strong>acenti e il numero delle recessioni da trattare<br />

nonchè dalla necessità <strong>di</strong> minimizzare i <strong>di</strong>sturbi operatori e post-operatori del paziente e sod<strong>di</strong>sfare le sue esigenze<br />

estetiche. Lo scopo del presente lavoro clinico è quello <strong>di</strong> validare il razionale clinico per la scelta del trattamento<br />

chirurgico plastico parodontale più in<strong>di</strong>cato e più pre<strong>di</strong>cibile, in funzione a parametri quali l’esigenza estetica, la<br />

presenza <strong>di</strong> adeguata fibromucosa e altri, <strong>di</strong> un protocollo proposto da Zucchelli G. MATERIALI E METODI: al fine<br />

<strong>di</strong> ottemperare allo scopo del presente lavoro sono state trattate, nella pratica clinica, alcune recessioni gengivali che<br />

presentavano l’in<strong>di</strong>cazione al trattamento plastico per motivi <strong>di</strong> sensibilizzazione o perchè tali <strong>di</strong>fetti non rispondevano<br />

a miglioramenti della tecnica <strong>di</strong> spazzolamento (Wennstrom 1996) secondo il protocollo decisionale proposto da<br />

Zucchelli G. E’ stato riportato il caso clinico <strong>di</strong> un giovane ragazzo che era stato già sottoposto ad intervento per<br />

copertura con una tecnica inadeguata risultandone una reci<strong>di</strong>va e un peggioramento della sensibilizzazione ra<strong>di</strong>colare<br />

oltre che un aumento della profon<strong>di</strong>tà della recessione. RISULTATI: Varie tecniche chirurgiche sono state impiegate<br />

per ottenere la copertura <strong>di</strong> esposizioni ra<strong>di</strong>colari: alcune utilizzano lembi peduncolati, altre lembi liberi, altre una<br />

combinazione tra lembi liberi e peduncolati. La scelta della tecnica chirurgica è con<strong>di</strong>zionata da <strong>di</strong>versi fattori, alcuni<br />

riguardano il paziente, altri il <strong>di</strong>fetto stesso e la pre<strong>di</strong>cibilità <strong>dei</strong> risultati riportati in letteratura. Miller (1985) osservò<br />

che il parametro clinico critico per determinare il livello della copertura ra<strong>di</strong>colare che è possibile ottenere era il<br />

supporto parodontale interprossimale, ma altri parametric sono importanti per stabilire il tipo <strong>di</strong> intervento in<strong>di</strong>cato per<br />

quel particolare caso clinico. Questi parametri sono la presenza <strong>di</strong> gengiva cheratinizzata apicalmente alla recessione, la<br />

presenza <strong>di</strong> frenuli e inserzioni muscolari, gengiva <strong>di</strong>stale adeguata, ampiezza della recessione ecc. L’applicazione <strong>di</strong><br />

una corretta <strong>di</strong>agnosi e <strong>di</strong> una corretta procedura <strong>di</strong> chirurgia plastica ha permesso <strong>di</strong> risolvere le problematiche del<br />

giovane paziente con successo CONCLUSIONI: il protocollo decisionale clinico proposto da Zucchelli appare <strong>di</strong><br />

estrema utilità nella pratica clinica quoti<strong>di</strong>ana nella chirurgia plastica parodontale


STUDIO SULLA PERMANENZA IN VIVO DI DECAPINOL PERIO FIALE ALL'INTERNO DELLA<br />

TASCA PARODONTALE<br />

Dalessandri D, Crovato B, Dalessandri M, Fontana P, Simonini S, Bonetti S.<br />

Dipartimento Specialità chirurgiche, Scienze ra<strong>di</strong>ologiche e me<strong>di</strong>co forensi, CLsOPD, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />

Introduzione: il delmopinolo idrocloruro è un amino-alcool da tempo utilizzato come principio attivo <strong>di</strong> collutori<br />

antibatterici e antiplacca che, grazie alla sua azione surfactante, inibisce la formazione del biofilm sulla superficie<br />

dentale. Inoltre il delmopinolo ha il vantaggio <strong>di</strong> non interferire con la flora batterica commensale gram positiva, la cui<br />

presenza è compatibile con lo stato <strong>di</strong> salute gengivale, e <strong>di</strong> non pigmentare i tessuti molli e duri della cavità orale. Lo<br />

stesso agente è contenuto in Decapinol Perio Fiale, un liquido che può essere posizionato nella tasca parodontale<br />

me<strong>di</strong>ante apposito applicatore (Decapinol Perio Applicatore).<br />

Obbiettivi: scopo del presente stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare la permanenza nel tempo <strong>di</strong> Decapinol Perio Fiale<br />

all'interno della tasca parodontale.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: il campione preso in esame è costituito da 12 pazienti adulti in buona salute e non fumatori, affetti<br />

da malattia parodontale ma con tasche non superiori ai 5 mm <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà e in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sanguinamento me<strong>di</strong>o<br />

complessivo inferiore a 2. Per ogni paziente è stata preparata una fiala <strong>di</strong> prodotto colorato con la minima quantità<br />

necessaria <strong>di</strong> blu <strong>di</strong> metilene, inserito poi all'interno delle tasche dopo la seduta <strong>di</strong> scaling e rootplanning.<br />

Successivamente all'inserimento del prodotto è stato chiesto ai pazienti <strong>di</strong> sciacquarsi con acqua la bocca Il campione è<br />

stato sud<strong>di</strong>viso in modo random in tre sottogruppi A-B-C rispettivamente costituiti da 2-5-5 pazienti. Nel gruppo A<br />

dopo 10 minuti <strong>di</strong> attesa si è inserito un cono <strong>di</strong> carta bibula per uso endodontico fino a 4 mm <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà all'interno<br />

della tasca e poi lo si è estratto; nel gruppo B si è inserito il cono alla medesima profon<strong>di</strong>tà dopo 30 minuti <strong>di</strong> attesa; nel<br />

gruppo C l'attesa è stata <strong>di</strong> 60 minuti. Dopo l'estrazione i coni sono stati mantenuti in ambiente umido e fotografati nelle<br />

medesime con<strong>di</strong>zioni prestabilite <strong>di</strong> luce e sfondo, valutandone poi la quantità e l'intensità cromatica dell'imbibizione.<br />

Risultati: In questo stu<strong>di</strong>o il liquido parodontale utilizzato durante ogni singolo inserimento nella tasca deve essere<br />

maggiore <strong>di</strong> 2 ml altrimenti sarebbe <strong>di</strong>fficile pigmentarlo in modo corretto, poiché un'eccessiva pigmentazione<br />

colorebbe anche la saliva che successivamente potrebbe contaminare il sito analizzato. Dall'analisi delle fotografie <strong>dei</strong><br />

gruppi è emersa una omogeneità all'interno <strong>di</strong> ogni gruppo per ciò che riguarda sia la quantità <strong>di</strong> imbibizione che<br />

l'intensità cromatica. Il confronto tra i <strong>di</strong>versi gruppi ha invece mostrato come, sebbene l'intensità cromatica<br />

dell'imbibizione rimanga invariata, è possibile osservarne una <strong>di</strong>minuzione quantitativa progressivamente maggiore dal<br />

gruppo A al gruppo C.<br />

Conclusioni: i risultati <strong>di</strong> questa sperimentazione mostrano che Decapinol Perio Fiale inserito in tasche parodontali<br />

<strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà minore o uguale a 5mm è ancora presente in situ a 10, 30 e a 60 minuti dall’applicazione. I risultati<br />

inducono a procedere con determinazioni quantitative.


TRATTAMENTO TOPICO ANTIMICROBICO AGGIUNTIVO DELLE PARODONTITI CON<br />

DELMOPINOL<br />

Nar<strong>di</strong> G.M.*, Palmitessa M.*, Scattarella A.**, Grassi F. R. **<br />

*Università <strong>di</strong> Roma La Sapienza Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche Direttore Prof. A. Polimeni<br />

**Università <strong>di</strong> Bari Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia Direttore Prof. F.R.Grassi<br />

OBIETTIVI: Il Delmopinol presenta un’azione antibatterica selettiva per i Gram negativi, è in grado <strong>di</strong> inibire la<br />

vitalità <strong>dei</strong> batteri attraverso la formazione <strong>di</strong> legami con i lipi<strong>di</strong> e le proteine della parete batterica, forma una barriera<br />

cationica che riduce la tensione superficiale prevenendo l’adesione e colonizzazione microbica sulla superficie <strong>di</strong> denti<br />

e gengive, impedendo ai batteri <strong>di</strong> aderire sulle zone trattate strumentalmente e rallentando la neoformazione <strong>di</strong> placca.<br />

Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> constatare l’effetto del delmopinol (Perio System) nel trattamento delle tasche<br />

parodontali dopo detossificazione e valutare l’efficacia nella terapia <strong>di</strong> supporto della nuova tipologia <strong>di</strong> applicazione<br />

del delmopinol in fiala nelle tasche parodontali me<strong>di</strong>ante “Perio System”. MATERIALI E METODI: Un paziente<br />

(sesso maschile, 48 anni) affetto da malattia parodontale ad insorgenza nell’età adulta è stato sottoposto ad un<br />

trattamento <strong>di</strong> periodontal and coronal debridement seguito dal ricorso al Perio System. Prima <strong>di</strong> iniziare il protocollo,<br />

il suddetto paziente è stato sottoposto a sondaggio parodontale, che <strong>di</strong>mostrava la presenza <strong>di</strong> tasche gengivali profonde<br />

prevalentemente dai 4 ai 7 mm. L’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca era pari ad 1,9, l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sanguinamento era <strong>di</strong> grado 3 (emorragia<br />

che riempie lo spazio interdentale subito dopo il sondaggio). Si è proceduto quin<strong>di</strong> con la detossificazione <strong>dei</strong> tessuti<br />

attraverso terapia <strong>di</strong> tipo meccanico e manuale, seguita dall’applicazione all’interno delle tasche gengivali <strong>di</strong><br />

delmopinol in fiale, iniettato tramite un nuovo <strong>di</strong>spositivo, il Perio applicatore. RISULTATI: Il paziente si è presentato<br />

regolarmente alle visite <strong>di</strong> controllo. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 2 mesi è stato effettuato nuovamente il sondaggio parodontale, che<br />

evidenziava la notevole riduzione della profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio delle tasche parodontali, l’azzeramento dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

sanguinamento e la riduzione dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca da 1,9 a 0,5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Delmopinol è<br />

un derivato amino alcolico con azione antibatterica e antiplacca. La guarigione del paziente è stata caratterizzata dalla<br />

notevole riduzione dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sanguinamento sulculare e papillare, oltre che dalla riduzione della profon<strong>di</strong>tà delle<br />

tasche parodontali. Il delmopinol agisce, infatti, contrastando la capacità <strong>di</strong> adesione <strong>dei</strong> batteri patogeni sulle superfici<br />

dentali. I presi<strong>di</strong> antibatterici <strong>di</strong> rilascio topico, comunque, possono essere considerati ausili e non sostituti della terapia<br />

meccanica convenzionale.


I FATTORI PSICOLOGICI NELLA TERAPIA PARODONTALE.<br />

Bertol<strong>di</strong> C., Guaitolini S., Lucchi A, Travaglini D., Gran<strong>di</strong> T.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

Dipartimento integrato <strong>di</strong> Chirurgie Specialistiche Testa-Collo<br />

Struttura Complessa <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Oro-Maxillo-Facciale<br />

Direttore: Prof. Ugo Consolo<br />

Obbiettivi: Il presente stu<strong>di</strong>o si pone l’obbiettivo <strong>di</strong> valutare <strong>di</strong> analizzare il ruolo <strong>dei</strong> fattori psicologici nell’insorgenza<br />

della parodontite cercando <strong>di</strong> indagarne anche i meccanismi attraverso cui ciò potrebbe avvenire<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Ventisei pazienti, sistemicamente e psichiatricamente sani, non affetti da parodontite venivano<br />

selezionati per lo stu<strong>di</strong>o. Durante le fasi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o venivano registrati il full-mouth plaque score (FMPS) ed il full-mouth<br />

blee<strong>di</strong>ng score (F<strong>MB</strong>S) e fatto compilare un test “igiene-consapevolezza igienica” (I-CI) in grado <strong>di</strong> definire le<br />

conoscenze, le aspettative e le procedure effettivamente poste in essere dal paziente. Sul piano psicologico venivano<br />

eseguiti 3 test: il <strong>di</strong>agnostic and statistical manual of mental <strong>di</strong>sorders (DSM-SCID), il depression status inventory<br />

(DSI) ed il self-rating depression scale (SDS ) test che erano complessivamente <strong>di</strong>retti a definire la personalità ed il<br />

grado <strong>di</strong> ansia e depressione eventualmente presenti nel paziente. Nel complesso tutti e 3 i test erano in grado <strong>di</strong><br />

escludere atteggiamenti ossessivo/compulsivi patologici, nevrosi e psicosi. Questo stu<strong>di</strong>o longitu<strong>di</strong>nale prevedeva un<br />

follow-up complessivo <strong>di</strong> 18 mesi in cui il paziente veniva terapizzato per altre problematiche e mantenuto in regime <strong>di</strong><br />

terapia parodontale supportiva.<br />

Risultati: L’elaborazione <strong>dei</strong> dati ha fatto emergere un esito clinico finale significativamente sfavorevole in termini <strong>di</strong><br />

FMPS per i soggetti con <strong>di</strong>sturbi ansiosi e depressivi <strong>di</strong> personalità. In questa fase non è stata rilevata alcuna<br />

correlazione statisticamente significativa in rapporto a F<strong>MB</strong>S.<br />

Esaminando i dati in rapporto al solo test I-CI, in correlazione all’FMPS si sono osservati risultati finali<br />

significativamente favorevoli in rapporto <strong>di</strong>retto al numero <strong>dei</strong> lavaggi dentali /<strong>di</strong>e (NLD), all’uso del dentifricio (UD),<br />

alla conoscenza del ruolo patogeno della placca dentaria (ecosistemi patogeni) (CPD), al valore dell’igiene dentale<br />

professionale (VID) ed al valore <strong>dei</strong> controlli professionali perio<strong>di</strong>ci (VCP).<br />

In rapporto all’F<strong>MB</strong>S si sono ottenuti risultati finali favorevoli in rapporto al NLD ed alla CPD.<br />

Combinando in un unica valutazione statistica gli outcome psicologici e quelli derivati dall’I-CI, si sono ottenuti<br />

risultati favorevoli per FMPS in rapporto a all’UD, alla CPD, alla VID e al VCP mentre per F<strong>MB</strong>P risultati favorevoli si<br />

sono registrati in rapporto al NDL e alla CPD.<br />

Discussione e Conclusioni: Dall’elaborazione <strong>dei</strong> dati emersi da questo stu<strong>di</strong>o appare che la personalità ansiosa e<br />

quella depressiva hanno un carattere facilitatorio sulla parodontite e che, con ogni probabilità, tali problemi si<br />

slatentizzano soprattutto in rapporto a situazioni comportamentali igieniche <strong>di</strong>scontinue ed irregolari.


NUOVE STRATEGIE IN BIOINGEGNERIA DEI TESSUTI ORO-MAXILLO-FACCIALI MEDIANTE<br />

CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI POST-NATALI: PROPRIETÀ BIOLOGICHE,<br />

CARATTERISTICHE E POSSIBILI APPLICAZIONI CLINICHE.<br />

Ballini A, Cantore S, Rapone B, De Frenza G, Grassi F. R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari;<br />

andrea.ballinie@medgene.uniba.it<br />

OBIETTIVI: L’<strong>Odontoiatria</strong> ed in particolare la Parodontologia costituiscono settori della Me<strong>di</strong>cina ove le tecniche <strong>di</strong><br />

rigenerazione <strong>dei</strong> tessuti trovano ampia applicazione clinica. Le cellule staminali umane (hSCs) sono capaci <strong>di</strong> riparare i<br />

tessuti dell'organismo e sembrano rappresentare una possibilità concreta <strong>di</strong> nuove terapie. Isolare hSCs post-natali<br />

umane <strong>di</strong> alta qualità da risorse accessibili è un obiettivo importante per ricerca sulle stesse. Agendo come modello in<br />

vitro, lo stu<strong>di</strong>o sulle hSCs attualmente ha creato vivi interessi nel campo della ricerca biome<strong>di</strong>ca. MATERIALI E<br />

METODI: Le cellule staminali esaminate sono state ottenute attraverso prelevi da tessuti parenchimali <strong>di</strong> derivazione<br />

oro-maxillo-facciali. L’isolamento è stato eseguito secondo i protocolli descritti in letteratura. Gli anticorpi ed i primers<br />

usati nelle tecniche <strong>di</strong> cDNA Microarray genica sono stati selezionati per lo stu<strong>di</strong>o delle seguenti proteine: n-caderina,<br />

E-caderina, OB-caderina catenine, PCNA, PARP, myb-1, survivina, telomerasi, hsp, bcl-2.; le cellule sono state<br />

osservate me<strong>di</strong>ante tecniche per l’ evidenziazione della proliferazione cellulare (BrdU), necrosi ed apoptosi (DAPI).<br />

Abbiamo inoltre effettuato i seguenti saggi: citochimica per la fosfatasi alcalina (ALP); immunoistochimica per la<br />

microscopia a fluorescenza adoperando i medesimi anticorpi per la citofluorimetria ed i seguenti anticorpi per una<br />

precisa caratterizzazione: CD14, CD44, integrin beta 1, VCAM-1, MyoD, alpha SM actina, neurofilam., MUC-18,<br />

collagen II, osteopontina, PPAR gamma, FGF-2; microscopia elettronica in trasmissione. L'esame statistico <strong>dei</strong> dati<br />

ottenuti è stato effettuato avvalendosi del software Graphpad Prism 4.0. RISULTATI: Lo scopo della ricerca<br />

scientifica internazionale è quello <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are sia in vitro che in vivo l’espressione genica ed i markers che caratterizzano<br />

le cellule staminali derivate da tutti i tessuti dentali, dal loro isolamento alla loro <strong>di</strong>fferenziazione sotto stimoli induttivi.<br />

L’innovazione del presente stu<strong>di</strong>o è la possibilità <strong>di</strong> valutare, me<strong>di</strong>ante tecnica <strong>di</strong> cDNA microarray, il profilo genomico<br />

delle cellule staminali ottenute esaminando contemporaneamente <strong>di</strong>verse centinaia <strong>di</strong> geni. La validazione <strong>dei</strong> dati<br />

ottenuti con il cDNA microarray è stata effettuata a mezzo western blotting e RT-PCR che ha permesso anche una<br />

valutazione quantitativa dell'effettiva espressione genica. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: I risultati attesi dalla<br />

presente ricerca potranno contribuire in modo significativo allo sviluppo <strong>di</strong> biotecnologie capaci <strong>di</strong> rendere possibile un<br />

sempre maggiore utilizzo terapeutico delle cellule staminali provenienti da una fonte facilmente accessibile, come<br />

quella rappresentata dagli elementi dentali.


TERAPIA CON DOXICICLINA SOMMINISTRATA IN DOSI SUBANTIMICROBICHE NEL<br />

TRATTAMENTO DELLA MALATTIA PARODONTALE CRONICA. ANALISI DELLA LETTERATURA E<br />

PRESENTAZIONE DI UN PROTOCOLLO DI STUDIO.<br />

Motta A., Pavone E., Santolamazza C., Orlan<strong>di</strong> M., Fornì F., Dri M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” – UOC <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale ”S.Giovanni Calibita”<br />

Fatebenefratelli, Isola Tiberina Roma.<br />

Introduzione In questo lavoro viene valutato il trattamento della Malattia Parodontale cronica con Doxiciclina<br />

somministrata a dosi subantimicrobiche, in aggiunta alla terapia causale con Scaling e Root Planing (SRP) per la<br />

rimozione della placca batterica e del tartaro sopra e sottogengivale. La Doxiciclina a questi dosaggi (40 mg/<strong>di</strong>e) agisce<br />

<strong>di</strong>minuendo l’attività delle Metalloproteinasi della matrice (MMPs), enzimi coinvolti nei processi <strong>di</strong>struttivi della<br />

malattia parodontale e contribuisce a ridurre la collagenolisi indotta dai me<strong>di</strong>atori pro infiammatori e dalle citochine,<br />

favorendo la sintesi <strong>di</strong> collagene e l’attività degli osteoblasti.<br />

Obiettivi: In letteratura <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> hanno analizzato l’uso della doxiciclina come modulatore della risposta dell’ospite<br />

somministrata a dosi subantimicrobiche in pazienti affetti da parodontite cronica. La maggior parte <strong>di</strong> questi stu<strong>di</strong> però<br />

manca <strong>di</strong> un follow-up adeguato oppure il farmaco è stato somministrato per perio<strong>di</strong> brevi (6 settimane). Pertanto<br />

abbiamo ritenuto <strong>di</strong> mettere a punto uno stu<strong>di</strong>o che colmasse queste lacune.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Il <strong>di</strong>segno dello stu<strong>di</strong>o prevede la somministrazione <strong>di</strong> 40 mg <strong>di</strong> doxiciclina per os una volta al<br />

giorno per un periodo <strong>di</strong> tre mesi in pazienti affetti da parodontite cronica. I criteri <strong>di</strong> esclusione sono stati in<strong>di</strong>viduati<br />

nella presenza <strong>di</strong> patologie sistemiche, ipersensibilità alle tetracicline, stato <strong>di</strong> gravidanza o <strong>di</strong> allattamento, assunzione<br />

<strong>di</strong> contraccettivi orali o <strong>di</strong> antibiotici nei 4 mesi precedenti la terapia. La durata dello stu<strong>di</strong>o copre un periodo <strong>di</strong> 12 mesi<br />

ed è stata <strong>di</strong>visa in tre fasi: Screening, Trattamento e Valutazione. Nella prima fase si procederà alla raccolta <strong>dei</strong><br />

parametri parodontali quali profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> attacco clinico, in<strong>di</strong>ce gengivale ed in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca. La<br />

fase <strong>di</strong> Trattamento, della durata <strong>di</strong> tre mesi, prevede 4-6 sedute <strong>di</strong> SRP eseguite da un unico operatore, l’istruzione e la<br />

motivazione all’igiene orale domiciliare e la somministrazione <strong>di</strong> doxiciclina una volta al dì un’ora prima del pasto. La<br />

terza ed ultima fase <strong>di</strong> Valutazione, della durata <strong>di</strong> 9 mesi, prevede l’esecuzione <strong>di</strong> 4 sedute <strong>di</strong> terapia <strong>di</strong> mantenimento,<br />

cadenzate ogni 3 mesi, in occasione delle quali si procederà alla nuova registrazione <strong>dei</strong> parametri parodontali<br />

inizialmente raccolti.<br />

Discussioni e conclusioni: Lo svolgimento <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o consentirà <strong>di</strong> acquisire maggiori informazioni sull’effetto a<br />

lungo termine della somministrazione <strong>di</strong> doxiciclina a dosi subantimicrobiche..


MANAGEMENT DEL RISCHIO PARODONTALE CON UN SISTEMA DI CARTELLE INFORMATICHE.<br />

Cavino E, Di Tanna GL*, Cassini MA, Pilloni A, Ottolenghi L<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Master in Prevenzione<br />

Odontostomatologica, *Dipartimento Me<strong>di</strong>cina Sperimentale<br />

INTRODUZIONE: I fattori <strong>di</strong> rischio accertati per l’insorgenza o progressione delle malattie parodontali, possiedono<br />

una relazione causale scientificamente provata con la patologia parodontale. I fattori <strong>di</strong> rischio aumentano la probabilità<br />

che un evento patologico si manifesti. OBIETTIVI: Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è la valutazione <strong>di</strong> un sistema informatico<br />

<strong>di</strong> registrazione dello stato parodontale del paziente al fine <strong>di</strong> ottimizzare fruibilità <strong>dei</strong> dati clinico – anamnestici,<br />

rispetto alle tra<strong>di</strong>zionali cartelle cliniche cartacee. MATERIALI E METODI: Sono stati coinvolti in questo stu<strong>di</strong>o<br />

pazienti afferenti al reparto al reparto <strong>di</strong> Parodontologia, presso il Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche,<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma. I pazienti erano affetti da patologie parodontali <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa entità. La raccolta <strong>dei</strong> dati è<br />

stata effettuata attraverso l’uso <strong>di</strong> una cartella parodontale cartacea e della cartella parodontale informatica del<br />

programma Dental Management System (DMS). Al gruppo <strong>dei</strong> test è stata somministrata la cartella parodontale<br />

informatica del programma DMS, e gli sono state date tutte le stampe relative alla sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> salute, al calcolo<br />

<strong>dei</strong> fattori <strong>di</strong> rischio e all’istruzione all’igiene orale. Mentre al gruppo controllo è stata somministrata la cartella<br />

parodontale cartacea del reparto <strong>di</strong> Parodontologia del Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. Per ciò che<br />

concerne l’analisi statistica, sono stati utilizzati il test sulle varianze per verificare l’uguaglianza delle deviazioni<br />

standard ed i t-test (per dati appaiati e non) per confrontare le me<strong>di</strong>e pre-post e tra gruppi. RISULTATI: I pazienti<br />

erano 58 (34 donne e 24 uomini, <strong>di</strong> età compresa tra 23 e 69 anni, con una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 46 anni), tra cui 37 inseriti nel<br />

gruppo <strong>dei</strong> Test e 21 inseriti nel gruppo <strong>dei</strong> Controlli. Nel gruppo test il punteggio prima della somministrazione era<br />

pari a 8.22 (95% IdC= 7.33—9.11) è <strong>di</strong>minuito sensibilmente con l’introduzione della cartella attestandosi su un valore<br />

me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 4.94 (3.97-5.91) con una <strong>di</strong>minuzione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 3.28 (2.45-4.11) che è risultata essere statisticamente<br />

significativa (p


VARIAZIONE DELLA FLORA BATTERICA GENGIVALE IN PRESENZA DI MANUFATTI<br />

ORTODONTICI<br />

G.Cali’* ,V.Cannavò, B.Rossetti<br />

(Università <strong>di</strong> Catania,Dip.Spec.Med.Chir; Cattedra <strong>di</strong> Parodontologia.)<br />

OBIETTIVI. Il presente stu<strong>di</strong>o è stato effettuato su n. 10 giovani pazienti in salute parodontale che avevano necessità<br />

<strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> un manufatto ortodontico.<br />

L’ obiettivo del lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare l’ eventuale cambiamento <strong>di</strong> flora batterica subgengivale in seguito all’<br />

introduzione del manufatto ortodontico.<br />

La valutazione della flora microbica subgengivale è stata effettuata me<strong>di</strong>ante il prelievo del fluido creviculare dal solco<br />

gengivale me<strong>di</strong>ante l’ inserzione <strong>di</strong> coni <strong>di</strong> carta da filtro sterili nella tasca gengivale. Per ogni paziente sono stati<br />

effettuati n. 5 prelievi (nei quattro <strong>di</strong>versi quadranti scegliendo i siti più significativi, nonché un brushing linguale) in<br />

quattro <strong>di</strong>versi tempi: all’ applicazione del manufatto ortodontico, dopo 15 gg., uno dopo 30 gg., dopo 90 gg.<br />

I dati ottenuti in questa ricerca hanno mostrato che la flora microbica durante l’ applicazione del manufatto ortodontico<br />

subiva delle variazioni a favore <strong>di</strong> specie batteriche ritenute maggiormente responsabili <strong>di</strong> danno parodontopatico: P.<br />

gingivalis, A. viscosus, F. nucleatum, M. micros, P. anaerobius. Tra le specie aerobie, si ritrova, in alcuni pazienti con<br />

manufatto ortodontico , anche la presenza <strong>di</strong> Pseudomonas spp.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Questi risultati suggeriscono <strong>di</strong> porre una maggiore attenzione nei confronti <strong>dei</strong><br />

pazienti portatori <strong>di</strong> apparecchi ortodontici al fine <strong>di</strong> evitare l’ instaurarsi <strong>di</strong> infezioni che possano complicare la terapia<br />

ortodontia.


FRENULECTOMIA LABIALE SUPERIORE E DIASTEMA INTERINCISIVO: INDICAZIONI,<br />

CONTROINDICAZIONI E STABILITA’ DEI RISULTATI.<br />

Fucci N, Mazzucchelli L, Illuzzi M, Mushtaq S, Malerba A, Strohmenger L<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano- Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia e Otorinolaringoiatria- Ospedale San Paolo-<br />

Milano<br />

INTRODUZIONE: Il contributo del frenulo labiale all’eziologia del <strong>di</strong>astema interincisivo e le relative possibilità<br />

terapeutiche sono ancora oggi oggetto <strong>di</strong> controversie. Ciononostante la letteratura concorda nel definire patologico quel<br />

tipo <strong>di</strong> frenulo che mantiene nel tempo una bassa inserzione a livello della papilla palatina. Questa struttura, conosciuta<br />

come frenulo tecto-labiale, in quanto <strong>di</strong>sontogenia, dal momento che provocherà un mancato riavvicinamento degli<br />

incisivi centrali, è considerata l’unica in<strong>di</strong>cazione alla frenulectomia in età <strong>di</strong> sviluppo. OBIETTIVI: Lo scopo del<br />

lavoro è stato <strong>di</strong>mostrare il valore terapeutico dell’intervento <strong>di</strong> frenulectomia labiale nella correzione <strong>di</strong> un <strong>di</strong>astema in<br />

un paziente in dentatura mista che presentava allo stesso tempo problematiche <strong>di</strong> tipo ortope<strong>di</strong>co. Si è voluto verificare<br />

inoltre come la risoluzione primitiva dell’ostacolo alla chiusura del <strong>di</strong>astema possa agevolare le successive cure<br />

ortope<strong>di</strong>che e favorire la stabilità del risultato nel tempo. MATERIALI E METODI: E’ giunto alla nostra osservazione,<br />

nel reparto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Infantile della clinica odontoiatrica dell’Ospedale S. Paolo <strong>di</strong> Milano, un paziente <strong>di</strong> sesso<br />

maschile e <strong>di</strong> anni 8 per un consulto ortodontico. All’esame obiettivo è stata <strong>di</strong>agnosticata la presenza <strong>di</strong> open-bite <strong>di</strong><br />

tipo dentale, dovuto all’abitu<strong>di</strong>ne protratta al succhiamento, deficit traverso monolaterale sinistro del mascellare<br />

superiore e la presenza <strong>di</strong> un <strong>di</strong>astema interincisivo associato ad un frenulo dall’aspetto patologico. L’accertamento<br />

<strong>di</strong>agnostico relativo al frenulo è stato effettuato attraverso un’analisi clinica e ra<strong>di</strong>ologica. E’ stato pertanto stabilito <strong>di</strong><br />

eseguire prima la correzione chirurgica del frenulo, con un intervento in anestesia generale secondo la tecnica classica, e<br />

successivamente, ad un mese dall’intervento, <strong>di</strong> procedere con la terapia ortope<strong>di</strong>ca con un unico <strong>di</strong>spositivo che<br />

comprendesse una griglia linguale ed un espansore rapido palatale. RISULTATI: Si è osservata una riduzione<br />

progressiva dell’ampiezza del <strong>di</strong>astema interincisivo pari al 30% nel primo mese, è stato quin<strong>di</strong> cementato il <strong>di</strong>spositivo<br />

ortope<strong>di</strong>co con la sola funzione <strong>di</strong> griglia e si è ottenuta un’ulteriore riduzione del <strong>di</strong>astema pari al 20% nei due mesi<br />

successivi: a tre mesi dall’intervento <strong>di</strong> frenulectomia la riduzione è stata pertanto pari al 50%. CONCLUSIONI: Il<br />

valore terapeutico della frenulectomia risiede nell’eliminazione del fattore patologico alla chiusura fisiologica o<br />

ortodontica del <strong>di</strong>astema poiché elimina l’ostacolo fisico che impe<strong>di</strong>sce il contatto tra gli incisivi centrali. In letteratura<br />

non vi è unanimità circa l’epoca più adatta per intervenire, in pazienti con necessità <strong>di</strong> tipo ortope<strong>di</strong>co è plausibile<br />

ipotizzare che un intervento precoce sul frenulo possa aumentare l’efficacia <strong>dei</strong> <strong>di</strong>spositivi ortope<strong>di</strong>ci favorendo una<br />

crescita più armonica e la fisiologica chiusura degli spazi.


INFLUENZA DELL’HERPES SIMPLEX NELLA GUARIGIONE PARODONTALE.<br />

Bertol<strong>di</strong> C., Pellacani C., Lucchi A, Murri A., Bortolini S.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

Dipartimento integrato <strong>di</strong> Chirurgie Specialistiche Testa-Collo<br />

Struttura Complessa <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Oro-Maxillo-Facciale<br />

Direttore: Prof. Ugo Consolo<br />

Obbiettivi: Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> stimare il possibile ruolo degli herpes simplex virus 1 & 2 quali<br />

fattori <strong>di</strong> rischio parodontale.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Otto pazienti, in buona salute sistemica, con <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> parodontite cronica venivano selezionati<br />

per lo stu<strong>di</strong>o. I pazienti selezionati nei 6 mesi precedenti dovevano avere già superato la fase <strong>di</strong> terapia causale con<br />

decontaminazione del cavo orale. Venivano poi esclusi coloro che, dopo la preparazione iniziale, presentavano un fullmouth<br />

plaque score (FMPS) ed un full-mouth blee<strong>di</strong>ng score (F<strong>MB</strong>S) maggiore del 25%. I soggetti selezionati<br />

dovevano presentare infine almeno in una emiarcata un <strong>di</strong>fetto intraosseo angolare maggiore <strong>di</strong> 6 mm al sondaggio<br />

(PPD) e con una componente intraossea ra<strong>di</strong>ologica (CIR) maggiore a 3mm. I parametri clinici venivano registrati al<br />

baseline (T0) ed a 6 (T1) e a 12 mesi (T2) dall’intervento chirurgico. La procedura chirurgica utilizzata consisteva<br />

sempre nella minimally invasive surgical technique (MIST).<br />

In rapporto all’intero cavo orale, al sito selezionato per l’indagine ed ai siti ad esso prossimi venivano eseguiti esami<br />

microbiologici classici e biomolecolari (basati sulla RT-PCR) al fine <strong>di</strong> escludere l’influenza <strong>di</strong> altri, ben comprovati,<br />

fattori <strong>di</strong> rischio microbiologici o micologici. In rapporto al sito <strong>di</strong> indagine è stato prelevato in corso <strong>di</strong> intervento il<br />

materiale infiammatorio interno alla lesione ed evidenziata la presenza degli herpes simplex me<strong>di</strong>ante tecnica RT-PCR.<br />

Risultati: I valori <strong>di</strong> PPD raccolti a 6 mesi (T1) in<strong>di</strong>cavano un miglioramento (non statisticamente significativo) degli<br />

stessi <strong>di</strong>fetti per 11 delle tasche parodontali prese in esame, con una riduzione della profon<strong>di</strong>tà me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 1,5 mm, mentre<br />

in 3 casi non si registrava alcun sensibile miglioramento. Il confronto tra la presenza e la concentrazione <strong>di</strong> HSVs con la<br />

profon<strong>di</strong>tà del <strong>di</strong>fetto parodontale misurato a 12 mesi (T2) ha in<strong>di</strong>cato che i casi con un più alta concentrazione <strong>di</strong> copie<br />

virali coincidevano con il <strong>di</strong>fetto parodontale che non ha presentato un miglioramento significativo dopo il trattamento<br />

chirurgico dello stesso.<br />

Discussione e Conclusioni: In questo stu<strong>di</strong>o longitu<strong>di</strong>nale abbiamo voluto semplificare il problema eseguendo una<br />

terapia rigenerativa (test sotto stress), abbiamo inoltre cercato <strong>di</strong> eliminare tutte le variabili che potevano influenzare in<br />

qualche modo il dato. Gli effetti positivi della terapia così come le conseguenze dell’infezione erpetica <strong>di</strong>vengono<br />

significativi solo a T2. Questo stu<strong>di</strong>o sostanzialmente in<strong>di</strong>ca un ruolo patogeno, comunque me<strong>di</strong>ato, <strong>dei</strong> virus erpetici<br />

nella patologia parodontale.


LE<strong>MB</strong>O CORONALE MULTIPLO IN CHIRURGIA IMPLANTARE.<br />

Longo E,D’Elia C, Bal<strong>di</strong>ni N, De Sanctis M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche,Università <strong>di</strong> Siena.<br />

Le <strong>di</strong>mensioni ,la morfologia e l’integrità <strong>dei</strong> tessuti gengivali influiscono fortemente sull’impatto estetico del sorriso.<br />

La crescente richiesta estetica <strong>dei</strong> pazienti e l’evoluzione delle conoscenze in chirurgia implantare hanno focalizzato<br />

l’attenzione <strong>dei</strong> clinici sull’importanza della conservazione e ricostruzione <strong>dei</strong> tessuti molli,in termini <strong>di</strong> colore ,<br />

ampiezza, qualità e altezza delle papille ,come fattore chiave per il successo estetico.<br />

L’armonia del restauro implantare con i denti attigui e i tessuti molli circostanti assume la massima rilevanza in casi <strong>di</strong><br />

sostituzione del singolo elemento dentario nel mascellare superiore.<br />

Sono stati selezionati 15 pazienti con per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un singolo elemento dentario nel settore estetico(da 1.5 a 2.5)da<br />

sottoporre a chirurgia implantare. Gli impianti sono stati eseguiti con tecnica one-stage, al termine della quale è stata<br />

poi inserita la vite <strong>di</strong> guarigione .<br />

Il lembo d’accesso alla cresta edentula è stato effettuato con la tecnica del lembo coronale multiplo. Sia a livello del sito<br />

<strong>di</strong> posizionamento dell’impianto, che a livello degli elementi attigui , sono stati registrati i parametri parodontali e sono<br />

state effettuate misurazioni <strong>dei</strong> tessuti molli a T0, 3 mesi, 6 mesi e un anno dall’intervento.<br />

I dati <strong>di</strong>sponibili ad oggi , riportati in questo lavoro, sono i dati preliminari del controllo a 6 mesi.


LA GUARIGIONE DEI TESSUTI MOLLI PERIMPLANTARI DEGLI IMPIANTI TRASMUCOSI POST-<br />

ESTRATTIVI IMMEDIATI NEL SETTORE MOLARE POSIZIONATI IN ALVEOLI CON DEISCENZE<br />

VESTIBOLARI CONTENITIVE. STUDIO CLINICO CONTROLLATO.<br />

Andreuccetti G, Matarasso R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, Cattedra <strong>di</strong> Parodontologia, Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Napoli Federico II.<br />

OBIETTIVI: valutare la guarigione <strong>dei</strong> tessuti molli attorno ad impianti post-estrattivi imme<strong>di</strong>ati nel settore molare in<br />

presenza <strong>di</strong> <strong>dei</strong>scenze vestibolari contenitive ad 1 anno <strong>di</strong> follow-up. MATERIALI E METODI: Lo stu<strong>di</strong>o è stato<br />

<strong>di</strong>segnato come un clinical trial prospettico controllato con un follow-up ad 1 anno. Sono stati selezionati 30 pazienti<br />

<strong>di</strong>visi in un gruppo test ed uno controllo. Nel gruppo test gli impianti post-estrattivi imme<strong>di</strong>ati transmucosi sono stati<br />

posizionati in alveoli post-etrattivi del settore molare che presentavano una <strong>dei</strong>scenza vestibolare con un’altezza ed<br />

un’ampiezza ≥ 3 mm. Nel gruppo controllo sono stati inseriti impianti in alveoli, <strong>dei</strong> denti molari, guariti (6 mesi dopo<br />

l’estrazione dentaria). Una volta inserito l’impianto, nel gruppo test, sono state registrate le seguenti misure: IS-BD, C-<br />

BD, A-B e C-D. Dopo 12 mesi sono stati registrati i valori della profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio (PD) e del livello <strong>di</strong> attacco<br />

clinico (CAL) sia nel gruppo test che nel gruppo controllo. RISULTATI: Tutti gli impianti sono arrivati ad 1 anno <strong>di</strong><br />

follow-up con una percentuale <strong>di</strong> sopravvivenza pari al 100% e non si sono registrate complicanze. Tuttavia nel gruppo<br />

test le membrane in collagene risultavano esposte a causa dell’impossibilità <strong>di</strong> rilasciare il lembo palatale. La<br />

<strong>di</strong>mensione verticale della <strong>dei</strong>scenza vestibolare (A-B) e la sua ampiezza (C-D) sono state in me<strong>di</strong>a 5.2 ± 2.6 mm e 7.9<br />

± 1.7 mm, rispettivamente. Al follow-up il PD vestibolare è stato in me<strong>di</strong>a 3.7 ± 1.0 mm per il gruppo test e 2.2 ± 0.8<br />

mm per il gruppo controllo (p


EFFETTO BIOSTIMOLANTE DEL LASER A DIODI SU CELLULE OSTEOBLASTICHE.<br />

Rengo C. , Spagnuolo G. , Simeone M. , Nar<strong>di</strong> GM.*, Matarasso S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali. Università <strong>di</strong> Napoli “Federico II”, Via S. Pansini<br />

5, 80<strong>13</strong>1-Naples, Italy. - *Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”<br />

OBIETTIVI: Negli ultimi anni, l’utilizzo del laser a bassa intensità per accelerare la guarigione delle ferite e per<br />

ridurre l’infiammazione è stato fortemente incrementato. In particolare, in campo odontoiatrico la proliferazione degli<br />

osteoblasti è <strong>di</strong> grande interesse clinico per quanto riguarda la rigenerazione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti ossei. Tuttavia, gli effetti della<br />

luce laser applicata a basse dosi <strong>di</strong>rettamente sugli osteoblasti non sono stati ancora ampiamente investigati. Lo scopo <strong>di</strong><br />

questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare l’effetto dell’irra<strong>di</strong>azione con un laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> sulla proliferazione <strong>di</strong> cellule<br />

osteoblastiche. In particolare, vuole essere chiarita l’efficacia <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi livelli e tempi <strong>di</strong> irra<strong>di</strong>azione apportati tramite<br />

un laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong>.<br />

MATERIALI E METODI: cellule umane <strong>di</strong> osteosarcoma (U2OS) sono state irra<strong>di</strong>ate con un laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (Lasemar<br />

900, DL Me<strong>di</strong>ca, Italy) con lunghezza d’onda continua <strong>di</strong> 915nm e a <strong>di</strong>fferenti livelli <strong>di</strong> potenza (0,5 e 5 watt). Le<br />

cellule U2OS sono state irra<strong>di</strong>ate per 10, 20, 30, 40, 60 secon<strong>di</strong> una sola volta per un solo giorno o per 3 giorni<br />

consecutive. La proliferazione cellulare è stata valutata dopo 24 e 72 ore attraverso l’attività delle <strong>dei</strong>drogenasi<br />

mitocondriali (MTT). Inoltre è stata effettuata un’analisi della morfologia e della densità cellulare a 24, 48 e 72h,<br />

utilizzando un microscopio ottico invertito a luce polarizzata (Motic AE21, Spain).<br />

RISULTATI: l’irra<strong>di</strong>azione singola o ripetuta per 60 sec a 5w ha indotto un significativo aumento della proliferazione<br />

cellulare dopo 24 ore, mentre la stimolazione ripetuta a 40 e 60 secon<strong>di</strong> ha indotto un effetto significativo dopo 72 ore.<br />

La stimolazione singola a 0.5w per 60 secon<strong>di</strong> è stata in grado <strong>di</strong> determinare un effetto significativo sulla<br />

proliferazione cellulare a 24 ore dalla stimolazione. Gli effetti dell’irra<strong>di</strong>azione ad alta potenza(5w) erano<br />

statisticamente più elevati ed evidenti rispetto ad un’irra<strong>di</strong>azione a bassa potenza(0,5w). L’analisi microscopica<br />

confermava i risultati ottenuti tramite MTT Test: in tutti i casi il trattamento laser mostrava sempre un incremento <strong>di</strong><br />

densità cellulare rispetto alle cellule non stimulate.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I nostri risultati suggeriscono che l’irra<strong>di</strong>azione laser, sia a 0.5w che a 5w, ha un<br />

effetto biostimolante sugli osteoblasti in vitro. Questo risultato confermava precedenti stu<strong>di</strong> che hanno riportato un<br />

aumento della proliferazione ossea in seguito all’irra<strong>di</strong>azione laser.


LO STRESS COME FATTORE DI RISCHIO DELLA MALATTIA PARODONTALE.<br />

Migliorini L, Romoli L, Russo A, Corrocher G, Lombardo G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologico-Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica e <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona.<br />

OBIETTIVI: La malattia parodontale è una patologia infiammatoria cronica multifattoriale ad eziologia batterica che<br />

colpisce i tessuti <strong>di</strong> supporto del dente e, con il tempo, ne determina la progressiva <strong>di</strong>struzione. La presenza <strong>di</strong> una<br />

specifica flora batterica parodontopatogena, non rappresenta il solo fattore in grado <strong>di</strong> determinare la <strong>di</strong>versità <strong>dei</strong><br />

quadri clinici, caratterizzati da una minore o maggiore aggressività, che si possono rilevare nei pazienti affetti da<br />

Parodontite. Nel corso degli anni, sono stati chiamati in causa fattori <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso tipo, in grado <strong>di</strong> influire sulla risposta<br />

dell’ospite all’insulto batterico e tra questi lo stress ha riscosso un notevole interesse nella comunità scientifica. Questo<br />

stu<strong>di</strong>o si è proposto <strong>di</strong> esaminare le relazioni tra Stress e malattia parodontale, attraverso un’approfon<strong>di</strong>ta analisi della<br />

letteratura. MATERIALI E METODI: E’stata effettuata una ricerca su Data Base, utilizzando come motore <strong>di</strong> ricerca<br />

Pub med. Le parole chiave utilizzate per effettuare la ricerca sono state: “periodontal <strong>di</strong>sease”, “stress”, “systematic<br />

review”. Si sono reperite 5 revisioni sistematiche della letteratura sull’argomento, sulla base delle quali sono stati<br />

selezionati 22 stu<strong>di</strong> caso controllo, 20 stu<strong>di</strong> trasversali e 2 stu<strong>di</strong> prospettici, per un totale <strong>di</strong> 44 stu<strong>di</strong>. Gli stu<strong>di</strong> presi in<br />

esame sono tutti pubblicazioni in lingua inglese. Sono stati esclusi gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> tipo case report, expert opinion e lavori<br />

pubblicati su riviste senza IF. RISULTATI: in seguito alla revisione della letteratura è emerso come dato rilevante una<br />

stretta associazione fra stress e malattia parodontale. Lo stress è infatti in grado <strong>di</strong> alterare la risposta immunitaria<br />

dell’in<strong>di</strong>viduo, che porta ad una aumentata produzione <strong>di</strong> cortisolo e <strong>di</strong> catecolamine. In risposta ai microrganismi<br />

patogeni, si riscontra una <strong>di</strong>minuzione dell’attività leucocitaria cellulo me<strong>di</strong>ata, mentre viene amplificata la risposta <strong>di</strong><br />

tipo umorale ed infiammatoria. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Dai risultati ottenuti si è visto come lo Stress è<br />

strettamente associato a <strong>di</strong>versi quadri clinici della malattia Parodontale, che vanno dalla gengivite alla gengivite ulcero<br />

necrotica (GUNA) e dalla parodontite cronica alla parodontite aggressiva. Inoltre lo Stress è in grado <strong>di</strong> influire sui<br />

risultati della terapia chirurgica ed è chiamato in causa come importante fattore nell’insorgenza delle reci<strong>di</strong>ve (<br />

parodontite refrattaria). Sarebbe pertanto auspicabile che alla tra<strong>di</strong>zionale terapia della malattia parodontale possa essere<br />

aggiunto un protocollo che permetta <strong>di</strong> rilevare i livelli <strong>di</strong> stress del paziente, affinchè sia possibile migliorare la<br />

prognosi attraverso una terapia congiunta <strong>di</strong> tipo parodontale e <strong>di</strong> supporto psicologico.


COMPLICANZE PARODONTALI DELLA NEUTROPENIA IDIOPATICA CRONICA<br />

Abate R., Di Lella E, Bramanti E., Germano F.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” – UOC <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale ”S.Giovanni Calibita”<br />

Fatebenefratelli, Isola Tiberina Roma.<br />

INTRODUZIONE Per granulocitopenia o neutropenia si intende una riduzione del numero <strong>di</strong> granulociti neutrofili<br />

circolanti nel sangue periferico al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> 2000/mm 3<br />

Le granulocitopenie possono comparire ad ogni età, nei due sessi e senza <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> razza; e possono essere<br />

congenite o acquisite. Le forme congenite sono dovute a <strong>di</strong>fetti congeniti delle cellule staminali;le forme acquisite<br />

possono essere indotte da mancata o ridotta produzione <strong>di</strong> granulociti per soppressione della granulopoiesi, secondaria<br />

a malattie neoplastiche o ad agenti citotossici o ad altri farmaci.<br />

OBIETTIVI Il ruolo dell’ odontoiatra è fondamentale nella <strong>di</strong>agnosi precoce della neutropenia, in quanto segni e<br />

sintomi del cavo orale possono essere la prima manifestazione della patologia. In questi pazienti l’ igiene orale è<br />

notevolmente ridotta a causa del dolore provocato dalle ulcerazioni, con tutte le conseguenze in termini <strong>di</strong> aumento <strong>di</strong><br />

placca batterica. Ed è in questi soggetti che la malattia parodontale si manifesta in gra<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi a seconda della gravità<br />

della neutropenia; i pazienti con neutropenia grave possono arrivare a per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> supporto parodontale tale da rendere<br />

necessario il trattamento chirurgico exodontico degli elementi dentari coinvolti.<br />

CASO CLINICO Si presenta alla nostra osservazione un paziente <strong>di</strong> 39 anni, <strong>di</strong> sesso maschile, che presenta una<br />

leucopenia cronica i<strong>di</strong>opatica <strong>di</strong>agnosticata all’età <strong>di</strong> 29 anni. Tramite l’esame obiettivo, esami ra<strong>di</strong>ografici ed i seguenti<br />

in<strong>di</strong>ci parodontali, profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio(PD), livello <strong>di</strong> attacco clinico(CAL), sanguinamento al sondaggio(BOP), si<br />

<strong>di</strong>agnostica una parodontite aggressiva generalizzata associata a leucopenia. Effettuata la <strong>di</strong>agnosi si decide il piano<br />

terapeutico che prevede inizialmente un prelievo microbiologico per identificare i batteri patogeni parodontali coinvolti,<br />

seguito da trattamento causale parodontale non chirurgico e da un corretto programma <strong>di</strong> igiene orale. Alla rivalutazione<br />

si programmano interventi <strong>di</strong> chirurgia resettiva nei quadranti in cui il sondaggio superava 5 mm <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà e si<br />

procede in seguito a terapia parodontale <strong>di</strong> mantenimento con controlli perio<strong>di</strong>ci a 3 mesi.<br />

DISCUSSIONE Nonostante il paziente sia stato seguito in modo scrupoloso e nonostante la buona igiene domiciliare,<br />

gli in<strong>di</strong>ci parodontali (BOP, PD, CAL) sono migliorati leggermente, ma senza riuscire a stabilizzarsi.<br />

Macroscopicamente i tessuti presentano i segni dell'infiammazione, microscopicamente continuano, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> due<br />

anni, ad essere presenti batteri parodontopatogeni. Questo quadro clinico e' da imputarsi alle ridotte capacita' <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa<br />

dell'organismo causate dalla leucopenia cronica.


OLII ESSENZIALI: EFFETTO IN “VIVO” SULLA COLONIZZAZIONE BATTERICA DELLE TASCHE<br />

PARODONTALI.<br />

V.Cannavò*, G.Cali’, B.Rossetti<br />

(Università <strong>di</strong> Catania,Dip.Spec.Med.Chir; Cattedra <strong>di</strong> Parodontologia.)<br />

OBIETTIVI. Lo scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare le variazioni della componente microbica presente<br />

nelle tasche parodontali <strong>di</strong> pazienti affetti da parodontite cronica dell’adulto in seguito al trattamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinfezione<br />

One Stage Full Mouth Disinfection(OSFM) in associazione con olii essenziali. A tal scopo sono stati selezionati 10<br />

pazienti non fumatori <strong>di</strong> età compresa tra i 35 e i 50 anni affetti da parodontite cronica dell’adulto non sottoposti a<br />

trattamento parodontale da almeno 1 anno nè ad antibiotico terapia nei 3 mesi precedenti lo stu<strong>di</strong>o,che non dovevano<br />

soffrire <strong>di</strong> patologie sistemiche ed avere minimo 20 denti naturali. Dopo aver effettuato una completa profilassi<br />

parodontale sopragengivale per ciascun paziente venivano selezionati 4 siti ( 1 per quadrante) in fase attiva con lesioni<br />

parodontali <strong>di</strong> entità me<strong>di</strong>a o grave con profon<strong>di</strong>tà >5mm e sanguinanti al sondaggio, che venivano clinicamente<br />

identificati tramite charting completo attraverso i seguenti parametri: in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sanguinamento,<br />

profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tasca. Il gruppo stu<strong>di</strong>o veniva sottoposto a prelievo del campione <strong>di</strong> placca dai siti e all’esecuzione in<br />

un’unica seduta dello scaling con levigatura ra<strong>di</strong>colare <strong>dei</strong> quadranti, a brushing linguale e lavaggi sottogengivali con<br />

olii essenziali, infine veniva congedato con sciacqui <strong>di</strong> olii essenziali 3 volte al giorno per 30 giorni. Dopo 1 mese sono<br />

stati prelevati <strong>dei</strong> campioni <strong>di</strong> placca dai siti del gruppo stu<strong>di</strong>o.Il trattamento “OSFM” ha permesso <strong>di</strong> era<strong>di</strong>care<br />

E.corrodens nel 100% <strong>dei</strong> siti, P.gingivalis nel 91,4%, F.nucleaum nell’78%, P.interme<strong>di</strong>a nel 62% e A.odontolyticus<br />

nel 59,3%. Peptostreptococchi erano era<strong>di</strong>cati in 2/33 siti e venivano isolati in 3 nuovi siti dove erano stati era<strong>di</strong>cati<br />

P.gingivalis o P.interme<strong>di</strong>a.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI il trattamento “OSFM” con olii essenziali si è mostrato efficace e pertanto può<br />

essere considerato come un valido ausilio nel trattamento della parodontite cronica dell’adulto.


VALUTAZIONE COMPARATIVA SULL’INCIDENZA DELLA RECIDIVA DOPO L’UTILIZZO DI LE<strong>MB</strong>I<br />

A RIPOSIZIONAMENTO CORONALE E INNESTI DI CONNETTIVO NELLA PATOLOGIA RECESSIVA.<br />

Briguglio F., Sidoti Pinto G.A.*, Briguglio E., Lapi M., Milone N., Isola G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Messina, Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia Prof. R.<br />

Briguglio. gimmy1985@hotmail.it.<br />

Obiettivo: Nell’ambito della patologia recessiva sono molte le procedure chirurgiche che consentono la copertura delle<br />

esposizioni ra<strong>di</strong>colari al fine <strong>di</strong> risolvere non solo i problemi estetici ma anche l'ipersensibilità dentinale e le eventuali<br />

carie ra<strong>di</strong>colari.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: L'obiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> confrontare, me<strong>di</strong>ante valutazione clinico comparativa a 24<br />

mesi, la tecnica bilaminare e la tecnica del lembo a riposizionamento coronalmente.<br />

Risultati: I risultati in<strong>di</strong>cano come i due approcci chirurgici siano entrambi efficaci per la ricopertura delle recessioni<br />

gengivali. Tuttavia si ha una minore incidenza <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va allorquando viene usata la tecnica bilaminare rispetto al<br />

lembo riposizionato coronalmente.<br />

Discussione e Conclusioni: La minor incidenza <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>ve nei casi trattati con innesti bilaminari sembra essere dovuta<br />

all’aumento quantitativo e qualitativo <strong>di</strong> tessuto che si ottiene. Questa tecnica offre dunque una così una maggior<br />

pre<strong>di</strong>cibilità a lungo termine.


OPEN BITE ANTERIORE: INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO E POSSIBILITA’ TERAPEUTICHE.<br />

D’Alfonso A.M., Pironi R., Ammendola V., Galluccio G., Barbato E.<br />

“Sapienza” Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in ortognatodonzia, Direttore Prof.ssa Ersilia<br />

Barbato.<br />

Obiettivi:<br />

Obiettivo del presente lavoro è inquadrare l’open-bite anteriore dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>agnostico e in<strong>di</strong>carne le possibilità<br />

terapeutiche relativamente al tipo <strong>di</strong> alterazione, dentale o scheletrica in funzione del completamento, o meno, della fase<br />

<strong>di</strong> crescita e della gravità della <strong>di</strong>screpanza <strong>di</strong> tipo scheletrico.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>:<br />

Tenendo presente lo sviluppo embrionale delle basi ossee mascellari e la <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong> movimento delle<br />

stesse in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> normalità sono stati presi in considerazione tutti i parametri cefalometrici su telera<strong>di</strong>ografia LL<br />

fondamentali per una corretta <strong>di</strong>agnosi, e sono state valutate le <strong>di</strong>verse alternative terapeutiche proposte dai <strong>di</strong>versi<br />

Autori<br />

Risultati:<br />

A seguito della applicazione <strong>dei</strong> trattamenti proposti si sono ottenuti notevoli miglioramenti delle malocclusioni trattate<br />

e in alcuni casi la completa risoluzione delle stesse.<br />

Discussioni:<br />

Di fondamentale importanza è risultato l’inquadramento <strong>di</strong>agnostico della malocclusione me<strong>di</strong>ante tracciato<br />

cefalometrico eseguito su telera<strong>di</strong>ografia LL e la valutazione clinica del paziente con l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> eventuali<br />

abitu<strong>di</strong>ni viziate ( respirazione orale, deglutizione atipica etc.) in grado <strong>di</strong> provocare o aggravare la malocclusione in<br />

esame.<br />

Conclusioni:<br />

L’intercettazione precoce in ortodontia <strong>di</strong> malocclusioni come l’open-bite anteriore rappresenta una importantissima<br />

possibilità per una risoluzione completa ed efficace delle stesse me<strong>di</strong>ante un inquadramento clinico multi<strong>di</strong>sciplinare<br />

(logoterapia, otorinolaringoiatria) attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> apparecchiature ortodontiche <strong>di</strong> semplice applicazione e poco<br />

<strong>di</strong>sagevoli per il paziente in modo da ricorrere solo nei casi <strong>di</strong> perticolare gravità ad un trattamento combinato <strong>di</strong> tipo<br />

chirurgico-ortodontico.


IL TRATTAMENTO ORTODONTICO NEI DIFETTI OSSEI PARODONTALI. REVISIONE<br />

SISTEMATICA.<br />

Bonaccini D, Rotundo R, Cairo F, Franceschi D, Nieri M, Giugno R, Mori M, Iachetti G, Mervelt I, Cincinelli S, Buti J.<br />

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE, DIPARTIMENTO DI ODONTOSTOMATOLOGIA, Direttore: Prof. GP<br />

Pini Prato, CATTEDRA DI PARODONTOLOGIA, <strong>di</strong>rettore Prof. GP Pini Prato.<br />

OBIETTIVI: Sono stati pubblicati <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> riguardanti la possibilità <strong>di</strong> trattare pazienti affetti da <strong>di</strong>fetti parodontali<br />

me<strong>di</strong>ante terapia ortodontica. Lo scopo <strong>di</strong> questa revisione sistematica è quello <strong>di</strong> valutare l’efficacia del trattamento<br />

ortodontico applicato alla terapia <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti infraossei, recessioni gengivali e lesioni delle forcazioni.<br />

MATERIALI E METODI: Per stabilire una adeguata strategia <strong>di</strong> ricerca, è stato usato il sistemo PICO (Patient,<br />

Intervention, Comparison and Outcomes). Soltanto stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> tipo controllati (CCT), randomizzati (RCT) e revisioni<br />

sistematiche (SR) sono stati ricercati per la presente revisione. La ricerca elettronica (da gennaio 1966 a gennaio 2008)<br />

e la ricerca cartacea (da gennaio 1988 a gennaio 2008) sono state condotte da tre revisori <strong>di</strong>fferenti. Non c’erano<br />

restrizioni <strong>di</strong> lingua.<br />

RISULTATI: La ricerca non ha in<strong>di</strong>viduato nessuno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> tipo controllato (CCT), randomizzato (RCT) o revisioni<br />

sitematiche (SR) nel periodo <strong>di</strong> ricerca prestabilito e, conseguentemente, non è stato possibile eseguire una meta-analisi.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Sulla base <strong>dei</strong> seguenti risultati, appare importante incoraggiare i ricercatori a<br />

produrre RCT con lo scopo <strong>di</strong> investigare l’efficacia del trattamento ortodontico, da solo o in combinazione con la<br />

terapia parodontale, per la risoluzione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti ossei parodontali.


VALUTAZIONE CLINICA E ISTOLOGICA A 8 SETTIMANE DI UN BIOMATERIALE ALLOPLASTICO<br />

NANOCRISTALLINO”OSTIM ®”- HERAEUS KULZER- NELLA RIGENERAZIONE OSSEA GUIDATA<br />

Ceccato A., Simonetti A., Favero G., Ferro R., Bressan E., Stellini E.,Mazzoleni S.<br />

Universita degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Facolta’ <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentale<br />

SCOPO DEL LAVORO: valutazione clinica ed istologica <strong>di</strong> un materiale alloplastico - OSTIM ® nella rigenerazione<br />

ossea guidata. Ci proponiamo <strong>di</strong> verificare se: 1) la pasta Ostim ® risulta essere un materiale idoneo nella terapia<br />

rigenerativa <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti ossei parodontali; 2) la completa sostituzione del materiale e la formazione <strong>di</strong> nuovo osso<br />

avviene all’ottava settimana, come riportato dalle in<strong>di</strong>cazioni della <strong>di</strong>tta produttrice; 3) la valutazione clinica e<br />

ra<strong>di</strong>ologica del paziente a 16 settimane depone a favore <strong>di</strong> una rigenerazione ossea avvenuta in una fase avanzata e<br />

quin<strong>di</strong> della perfetta compatibilità del materiale. MATERIALI E METODI: sono stati selezionati alcuni pazienti (10<br />

donne e 5 uomini, età me<strong>di</strong>a 45,2 anni) che presentavano in<strong>di</strong>cazione per l’utilizzo <strong>di</strong> biomateriali da rigenerazione<br />

ossea e rientravano nei criteri <strong>di</strong> selezione per l’utilizzo della pasta Ostim® in caso <strong>di</strong> apicectomia ed alveolo postestrattivo.<br />

Tutti gli interventi richiedevano un timing successivo chirurgico per la rimozione <strong>di</strong> <strong>di</strong>spositivi applicati<br />

(membrane e chio<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> fissazione), e tutti i pazienti hanno acconsentito al prelievo me<strong>di</strong>ante fresa carotatrice <strong>di</strong> un<br />

tassello del materiale innestato.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI: I risultati in<strong>di</strong>cano che in 9 pazienti su 15 (3/5) l’intervento <strong>di</strong> rigenerazione ossea<br />

avrà un esito quasi sicuramente positivo. Ciò è documentato dal fatto che in tutti questi casi vi è un buon rapporto tra<br />

materiale innestato/tessuto osseo neoformato; inoltre anche se in alcuni <strong>di</strong> questi pazienti vi sono segni <strong>di</strong> flogosi, si<br />

tratta <strong>di</strong> una reazione focale e non generalizzata. Per quanto riguarda invece gli altri 6 casi, la prognosi invece risulta<br />

essere incerta e quin<strong>di</strong> necessitano una rivalutazione clinica a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> qualche mese. In questi pazienti i segni <strong>di</strong> una<br />

flogosi generalizzata sono evidenti, il rapporto materiale innestato/tessuto osseo neoformato depone a favore <strong>di</strong> una<br />

netta presenza del primo, come abbondante risulta essere lo stroma tessutale. L’osservazione istologica a 8 settimane<br />

<strong>di</strong>mostra la presenza <strong>di</strong> tessuto osseo in formazione con residuo <strong>di</strong> materiale <strong>di</strong> riempimento in rapporto da 1:1 fino ad<br />

un massimo <strong>di</strong> 1:4. L’assenza <strong>di</strong> infiammazione, nei casi favorevoli, testimonia una buona compatibilità del<br />

biomateriale e conferma la modalità <strong>di</strong> riassorbimento del materiale stesso per <strong>di</strong>ssolvimento e rimozione da parte delle<br />

cellule infiammatorie (macrofagi, neutrofili…).L’istologia a 8 settimane testimonia una rigenerazione ossea in atto con<br />

riassorbimento della pasta Ostim® in corso: infatti il tessuto neoformato a 8 settimane risulta costituito per più della<br />

metà dal materiale da riempimento. Si è deciso inoltre <strong>di</strong> rivalutare ra<strong>di</strong>ologicamente e clinicamente a 16 settimane i siti<br />

trattati. I risultati sono stati: la ra<strong>di</strong>otrasparenza della pasta Ostim® era pressoché scomparsa, a favore della ra<strong>di</strong>opacità<br />

del tessuto osseo neoformato; non vi erano segni <strong>di</strong> infiammazione (dolore, gonfiore,edema). La pasta Ostim® risulta<br />

pertanto essere un buon sostituto osseo, sicuro in termini <strong>di</strong> biocompatibilità e rigenerazione ossea.


TRATTAMENTO DELLA PARODONTITE AGGRESSIVA GENERALIZZATA CON LA ONE STAGE<br />

FULL MOUTH DISINFECTION: RISULTATI CLINICI E MICROBIOLOGICI<br />

Romano F, Guzzi N, Cricenti L, Aimetti M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che ed Oncologia Umana, Sezione <strong>di</strong><br />

Parodontologia.<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è stato analizzare l’efficacia clinica e microbiologica della One Stage Full<br />

Mouth Disinfection (OSFMD) nel trattamento della parodontite aggressiva generalizzata.<br />

MATERIALI E METODI: 27 in<strong>di</strong>vidui non fumatori affetti da parodontite aggressiva generalizzata (16 donne e 11<br />

uomini; età me<strong>di</strong>a 37.56 ± 4.52 anni) sono stati sottoposti a OSFMD secondo il protocollo <strong>di</strong> Quirynen mo<strong>di</strong>ficato da<br />

Bollen. La registrazione <strong>dei</strong> parametri parodontali è stata effettuata dal medesimo operatore al baseline, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 3 e<br />

6 mesi. L’analisi microbiologica è stata eseguita al baseline, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 7 giorni, 3 mesi e 6 mesi dal trattamento a<br />

livello <strong>di</strong> 4 siti, scelti in modo casuale, <strong>di</strong> cui 2 a moderata profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio (PD 4-5 mm) e 2 ad elevata<br />

profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio (PD ≥6 mm). Si è analizzata la presenza <strong>dei</strong> batteri del complesso rosso, <strong>di</strong> A.<br />

actinomycetemcomitans e P. interme<strong>di</strong>a I pazienti sono stati sottoposti a frequenti recalls per monitorare il controllo <strong>di</strong><br />

placca ed eseguire lo scaling sopragengivale. Non si è proceduto al debridement sottogengivale per non alterare il<br />

microbiota <strong>dei</strong> siti oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o durante il periodo <strong>di</strong> osservazione.<br />

RISULTATI: Non si sono verificati drop out. La terapia ha determinato una variazione statisticamente significativa <strong>di</strong><br />

tutti i parametri clinici presi in esame (P< 0.001). La massima variazione si è verificata nei primi 3 mesi dopo la terapia,<br />

mentre, pur registrando un ulteriore miglioramento tra 3 e 6 mesi, non è risultato statisticamente significativo (P> 0.05).<br />

A 6 mesi tutti i pazienti hanno raggiunto valori <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca e sanguinamento < 20% e la PD me<strong>di</strong>a si è ridotta da<br />

4.21± 1.07 mm a 2.83 ± 0.64 mm. La OSFMD si è <strong>di</strong>mostrata efficace nell’era<strong>di</strong>care nel post-terapia tutte e 5 le specie<br />

batteriche target nello 87% <strong>dei</strong> siti <strong>di</strong> moderata PD e nel 59% <strong>di</strong> quelli ad elevata PD (P


RUOLO DELL’ODONTOIATRA NELLA PREVENZIONE DELLE MALATTIE SISTEMICHE<br />

Lussu V, Santini N, Deschino A, Zorco S, Piras D.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, CdL in <strong>Odontoiatria</strong> e P.D. (Prof. Piras V.) Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia orale (Prof.<br />

Garau V.) Laboratorio <strong>di</strong> Biotecnologie Orali (Dott.ssa Montaldo C.)<br />

OBIETTIVI: L’aterosclerosi è il principale fattore <strong>di</strong> rischio delle patologie car<strong>di</strong>ovascolari. Da <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong><br />

sperimentali ed epidemiologici si evince che questa patologia è <strong>di</strong> natura multifattoriale, a cui concorrono età, sesso,<br />

ipercolesterolemia, fumo <strong>di</strong> sigaretta e altri fattori. Un elemento molto importante è dato dalle infezioni e dal loro<br />

possibile ruolo come potenziatori dell’azione <strong>di</strong> altri fattori <strong>di</strong> rischio. Vari stu<strong>di</strong> hanno evidenziato una maggiore<br />

incidenza <strong>di</strong> infarto del miocar<strong>di</strong>o nei pazienti affetti da parodontite cronica. Alcuni microrganismi parodontopatogeni,<br />

come l’Aggregatibacter actinomycetemcomitans, sono in grado <strong>di</strong> passare in circolo e determinare un’alterazione del<br />

profilo lipi<strong>di</strong>co e dell’omeostasi del colesterolo. Il nostro stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong> valutare se la patologia parodontale può<br />

essere inclusa come un fattore <strong>di</strong> rischio nella patologia aterosclerotica e il ruolo che l’odontoiatra verrebbe ad assumere<br />

nella prevenzione locale <strong>di</strong> una patologia sistemica <strong>di</strong> tale importanza. MATERIALI E METODI: su pazienti che<br />

dovevano essere sottoposti ad intervento chirurgico <strong>di</strong> tromboendoarteriectomia carotidea e che presentavano elementi<br />

dentari affetti da parodontopatia o pazienti edentuli per pregressa parodontopatia, è stata effettuata una visita<br />

parodontale con valutazione dello stato <strong>di</strong> salute parodontale e prelievo <strong>di</strong> placca sottogengivale e saliva. È stata<br />

eseguita un’analisi microbiologica sia della placca batterica sottogengivale che della placca ateromatosa, tramite<br />

meto<strong>di</strong>ca PCR, alla ricerca <strong>di</strong> patogeni parodontali. RISULTATI: dal nostro stu<strong>di</strong>o è emerso che il 58% <strong>dei</strong> pazienti ha<br />

presentato uno o più patogeni parodontali nella placca ateromatosa. Si è inoltre osservata una correlazione positiva con<br />

la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> edentulia, pur non essendo stata evidenziata alcuna correlazione tra patogeni orali presenti in placca<br />

carotidea ed in quella gengivale, sia per ogni tipo <strong>di</strong> microrganismo che complessivamente. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: questi dati in<strong>di</strong>cano che è possibile ipotizzare un ruolo <strong>dei</strong> patogeni parodontali quali co-fattori <strong>di</strong><br />

rischio nell’insorgenza della patologia aterosclerotica. La malattia parodontale, soprattutto se aggressiva, tenendo<br />

presente che molti casi positivi erano in pazienti edentuli, verrebbe a costituire un fattore <strong>di</strong> rischio per la patologia<br />

aterosclerotica. Si aprirebbero così nuove possibilità nel campo della prevenzione e della terapia della malattia<br />

aterosclerotica, introducendo anche la figura dell’odontoiatra e dell’igienista dentale per attuare nei pazienti a rischio<br />

<strong>dei</strong> protocolli <strong>di</strong> prevenzione della malattia parodontale.


CORRELAZIONE TRA MALATTIA PARODONTALE ED ATEROMATOSI.<br />

A.F. Carnovale*, F. Magliar<strong>di</strong>ti, M.R. Latella, P.D. Tornese<br />

(Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche).<br />

Le recenti tecniche (tecnica PCR e PCR real time) che permettono <strong>di</strong> isolare i batteri o loro tracce metaboliche nelle<br />

se<strong>di</strong> extra orali hanno rinnovato l’interesse verso gli stu<strong>di</strong> mirati a <strong>di</strong>mostrare le correlazioni tra infezioni orali e<br />

patologie sistemiche in particolare car<strong>di</strong>ovascolari e specificatamente tra parodontopatie ed ateromatosi. La gravità<br />

della batteriemia è <strong>di</strong>rettamente proporzionale al grado <strong>di</strong> infiammazione e <strong>di</strong> infezione <strong>dei</strong> tessuti parodontali, nonché<br />

all’efficienza del sistema immunitario dell’organismo ospite. I batteri maggiormente riconosciuti nell’etiopatogenesi<br />

sono cinque: Actinobacillus actinomycetemcomitans, Porphiromonas gingivalis, Bacteroides forsythus, Prevotella<br />

interme<strong>di</strong>a e Prevotella tannerae. Il nostro stu<strong>di</strong>o come numerosi altri ha confermato la presenza <strong>di</strong> colonie <strong>di</strong> tali batteri<br />

assieme alla Chlamy<strong>di</strong>a pneumoniae ed all’Helicobacter pylori (altri batteri comunque saprofiti del cavo orale) su<br />

ateromi caroti<strong>dei</strong> con una incidenza superiore al 50-75% a seconda della tecnica <strong>di</strong> indagine utilizzata. La formazione<br />

dell’ateroma muove dall’aumento ematico <strong>di</strong> concentrazione <strong>di</strong> LDL che si accumula negli strati interni dell’intima. Qui<br />

i lipi<strong>di</strong> subiscono mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>di</strong> ossidazione e degradazione inducendo a loro volta una reazione chemiotattica con<br />

richiamo <strong>di</strong> macrofagi e linfociti. Il macrofago inglobando grosse quantità <strong>di</strong> lipi<strong>di</strong> si trasforma nella c.d. “cellula<br />

schiumosa”. Il meccanismo è guidato da recettori <strong>di</strong> membrana attivabili anche da antigeni batterici <strong>dei</strong> suddetti<br />

microbi. Quin<strong>di</strong> i batteri parodontopatici possono promuovere ed amplificare in presenza <strong>di</strong> LDL circolante la<br />

formazione della c.d. stria lipi<strong>di</strong>ca dell’ateroma. L’ulteriore evoluzione della stria lipi<strong>di</strong>ca verso la c.d. placca fibrotica<br />

avviene per lo stress emo<strong>di</strong>namico e per l’attivazione infiammatoria. Con esito <strong>di</strong> progressivo restringimento del lume.<br />

Lo sviluppo ulteriore in placca complicata e fissurata con liberazione dl trombo richiede poi un’ulteriore attivazione. Il<br />

meccanismo sarebbe ancora una volta infiammatorio come suggerisce l’aumento sierico <strong>di</strong> Proteina C Reattiva,<br />

riscontrabile per altro anche nel paziente parodontopatico. Le cellule infiammatorie <strong>di</strong> già presenti nella placca fibrotica<br />

stabile, possono essere attivate, oltre che da lipi<strong>di</strong> pro-infiammatori e citochine, ancora una volta anche da antigeni<br />

batterici in corso <strong>di</strong> batteriemie, come <strong>di</strong>mostra l’isolamento <strong>dei</strong> batteri coinvolti nelle placche stabili. E’ dunque<br />

possibile affermare che i batteri tipici delle parodontopatie ovvero i loro prodotti metabolici ovvero <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgregazione<br />

sono in grado non solo <strong>di</strong> favorire l’accrescimento della placca ateromatosa nella fase <strong>di</strong> stria lipi<strong>di</strong>ca, ma anche <strong>di</strong><br />

determinarne l’attivazione nella fase fibrotica con conseguente fissurazione e possibile trombosi quale esito finale.


IL PDGF: CONOSCENZE ATTUALI E INNOVAZIONI FUTURE. REVISIONE DELLA LETTERATURA<br />

Grisa A, Limiroli E, Bellucci G, Batia S, Rasperini G<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Clinica Odontoiatrica degli ICP, <strong>di</strong>r. Prof. Franco Santoro, Reparto <strong>di</strong><br />

Parodontologia, resp. Prof. Massimo Simion<br />

OBIETTIVI: L’obiettivo della me<strong>di</strong>cina rigenerativa è <strong>di</strong> promuovere la ricostituzione della struttura e della funzione<br />

<strong>di</strong> un tessuto in modo pre<strong>di</strong>cibile, veloce e meno invasivo possibile. Il PDGF è una proteina ricombinante terapeutica<br />

che ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> possedere effetti mitogenici (proliferazione cellulare), chemotattici (reclutamento cellulare) e<br />

morfogenici (alterazione del fenotipo cellulare). La terapia genica è una nuova strategia clinica che può essere definita<br />

come introduzione <strong>di</strong> specifiche mo<strong>di</strong>ficazioni genetiche attraverso sequenze vettore omologhe. Con questo approccio<br />

si possono potenzialmente influenzare le cellule così da far loro esprimere i fattori <strong>di</strong> crescita richiesti per la<br />

rigenerazione ossea o per quella parodontale. L'utilizzo della terapia genica combinato all'applicazione del PDGF<br />

potrebbe essere in grado <strong>di</strong> potenziare la capacità rigenerativa <strong>di</strong> quest' ultimo. Questa review intende valutare quale sia<br />

l'utilizzo del PDGF come componente attivo dell’Ingegneria Tissutale, quali siano i suoi attuali campi <strong>di</strong> impiego in<br />

Parodontologia e Implantologia, e quali siano le sue potenzialità nell'ambito della terapia genica. MATERIALI E<br />

METODI: La review si è basata su <strong>di</strong> una ricerca effettuata online tramite Pubmed e sfruttando la bibliografia degli<br />

articoli inerenti. Sono state utilizzate come keywords: “PDGF therapeutic use” “PDGF subministration & dosage”<br />

“Periodontology” “Gene Terapy” “Implantology”. Sono risultati, secondo le combinazioni delle parole chiave utilizzate,<br />

189 articoli sull'uso del PDGF, <strong>di</strong> cui 127 stu<strong>di</strong> sull' uomo, 85 su animale e 7 su PDGF e terapia genica. Gli stu<strong>di</strong> su<br />

uomo sono poi risultati ulteriormente sud<strong>di</strong>visi in: 12 sul trattamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti parodontali, 12 sul trattamento della<br />

rigenerazione ossea implantare, 2 sulle recessioni gengivali. RISULTATI: L’utilizzo del PDGF in Parodontologia e<br />

Implantologia è supportato ad oggi da un solo stu<strong>di</strong>o multicentrico, randomizzato, in cieco, (Nevins e coll,2005) con un<br />

follow-up <strong>di</strong> due anni molto positivo. (Camelo e coll, 2006) Principalmente si hanno stu<strong>di</strong> case report o sperimentazioni<br />

cliniche con un ridotto numero <strong>di</strong> pazienti, i quali hanno dato risultati positivi. La terapia genica è ad oggi supportata in<br />

stu<strong>di</strong> pre-clinici eseguiti su animali e deve ancora risolvere i problemi <strong>di</strong> sicurezza e affidabilità per una<br />

sperimentazione sull’uomo. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Nonostante gli stu<strong>di</strong> eseguiti su PDGF siano limitati,<br />

risultano essere concor<strong>di</strong> nel confermarne l'efficacia. Sono comunque necessari ulteriori approfon<strong>di</strong>menti sull’utilizzo<br />

clinico <strong>di</strong> PDGF in campo odontoiatrico per confermare i positivi dati attuali e ottenere protocolli chirurgici efficaci e<br />

pre<strong>di</strong>cibili. La terapia genica unita all'uso <strong>di</strong> PDGF sembra una valida possibilità terapeutica, pur necessitando <strong>di</strong> altre<br />

conferme.


MALATTIA PARODONTALE E ARTRITE REUMATOIDE. REVISIONE DELLA LETTERATURA<br />

Broccaioli A, Limiroli E, Bellucci G, Batia S, Rasperini G<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Clinica Odontoiatrica degli ICP, <strong>di</strong>r. Prof. Franco Santoro, Reparto <strong>di</strong><br />

Parodontologia, resp. Prof. Massimo Simion<br />

OBIETTIVI:E' ormai ampiamente <strong>di</strong>mostrato che la malattia parodontale è un fattore <strong>di</strong> rischio associato a talune<br />

malattie sistemiche come l'aterosclerosi e le coronaropatie, il <strong>di</strong>abete, la broncopneumopatia cronica ostruttiva; inoltre<br />

essa è associata a complicanze in gravidanza (parto pretermine). In <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> è stato evidenziato anche un<br />

collegamento tra malattia parodontale e artrite reumatoide. Lo scopo <strong>di</strong> questa review è <strong>di</strong> analizzare quali siano gli<br />

eventuali legami tra le due patologie e quali possano essere le strategie terapeutiche a fronte <strong>di</strong> tali correlazioni.<br />

MATERIALI E METODI: Per la ricerca online è stato utilizzato il motore Pubmed, utilizzando le keyword:<br />

“periodontal <strong>di</strong>sease”, “rheumatoid arthritis”, “periodontal <strong>di</strong>sease versus rheumatoid arthritis”, “pathogenesis”.<br />

Incorociando queste chiavi <strong>di</strong> ricerca sono stati trovati 232 articoli; sono stati esclusi gli articoli senza abstract, non in<br />

lingua inglese o poco pertinenti ed il numero è sceso a 75 articoli <strong>di</strong> cui 25 review. Secondo 5 <strong>di</strong> questi stu<strong>di</strong>, l'artrite<br />

reumatoide non influisce sulla con<strong>di</strong>zione parodontale, 7 ritengono che l'artrite reumatoide peggiori la situazione<br />

parodontale, secondo 6 la parodontite peggiora o induce artrite reumatoide, in 39 stu<strong>di</strong> appare una relazione tra artrite<br />

reumatoide e malattia parodontale, mentre 14 stu<strong>di</strong> trattano delle terapie farmacologiche delle due patologie e 4<br />

evidenziano la correlazione tra artrite reumatoide e patologie del cavo orale. RISULTATI: Dei 75 stu<strong>di</strong> esaminati, 70<br />

convengono sull'esistenza <strong>di</strong> una relazione tra le due malattie, mentre 5 negano questa connessione; i dati<br />

epidemiologici evidenziano un' incidenza tre volte superiore dell'artrite reumatoide in una popolazione con malattia<br />

parodontale grave o moderata. Inoltre, estrapolando i dati immunologici, i quadri clinici delle due malattie risultano in<br />

buona parte sovrapponibili. Molti articoli mostrano anche come terapie causali mirate a curare la parodontite<br />

influiscano positivamente anche nel quadro dell' artrite reumatoide. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:I dati<br />

epidemiologici, i dati clinici e quelli immunologici, insieme alla storia naturale delle due patologie e agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

immunogenetica permettono <strong>di</strong> evidenziare con una certa sicurezza una patogenesi comune <strong>di</strong> malattia parodontale e<br />

artrite reumatoide. I protocolli atti a combattere l'artrite reumatoide possono essere supportati da nuovi approcci<br />

terapeutici comuni ad entrambe le patologie, utilizzabili per tenere sotto controllo la malattia parodontale in aggiunta<br />

alla terapia causale. Ovviamente vanno approfon<strong>di</strong>ti ancora molti aspetti (cellulari, molecolari e immunologici) e non è<br />

del tutto chiaro se queste patologie abbiano, oltre che una patogenesi, anche un'eziologia comune.


IPERTROFIA GENGIVALE DA CICLOSPORINA A IN RELAZIONE A POLIMORFISMI DEI GENI MDR1<br />

E PAI-1.<br />

Pico C., Bartoli F., Decorti G., De Iu<strong>di</strong>cibus S., Bevilacqua L., Castronovo G.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria Presidente: Prof Di Lenarda. Dipartimento <strong>di</strong><br />

Scienze della Vita, Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.<br />

OBIETTIVI: scopo dello stu<strong>di</strong>o è la valutazione <strong>di</strong> eventuali correlazioni tra i polimorfismi del gene MDR1 e del gene<br />

PAI-1 con l’entità d’ipertrofia gengivale in pazienti trapiantati d’organo trattati con Ciclosporina A (CsA). Stu<strong>di</strong> recenti<br />

hanno correlato polimorfismi del gene MDR1, che co<strong>di</strong>fica per la proteina trasportatrice <strong>di</strong> membrana P-gp, ad<br />

alterazioni della cinetica tissutale <strong>dei</strong> farmaci substrato <strong>di</strong> questa proteina. Lo SNP C3435T è stato associato ad<br />

ipoespressione della P-gp e conseguente accumulo <strong>di</strong> farmaci e xenobiotici a livello <strong>di</strong> vari tessuti tra cui la mucosa<br />

gengivale con comparsa <strong>di</strong> ipertrofia e stati infiammatori, mentre lo SNP G2677T pre<strong>di</strong>spone ad una maggiore attività<br />

della pompa. Di ulteriore interesse è la valutazione del ruolo <strong>di</strong> polimorfismi genetici del gene dell’inibitore<br />

dell’attivatore del plasminogeno <strong>di</strong> tipo 1 (PAI-1): questo enzima inibisce la conversione del plasminogeno in plasmina,<br />

portando come conseguenza ad una <strong>di</strong>minuita fibrinolisi. Il polimorfismo 4G/5G porta ad ipoespressione <strong>di</strong> PAI-1 con<br />

un ruolo protettivo nella comparsa d’ipertrofia gengivale da CsA. MATERIALI E METODI: sono stati esaminati e<br />

genotipizzati 64 pazienti trapiantati <strong>di</strong> cuore fegato e rene, reclutati e presi in carico dalla Clinica Odontoiatrica e<br />

Stomatologica dell’Università <strong>di</strong> Trieste. Per ogni paziente è stato effettuato un prelievo me<strong>di</strong>ante brush <strong>di</strong> saliva e<br />

cellule epiteliali, da cui è stato estratto il DNA ed eseguita una RFLP-PCR per i polimorfismi <strong>dei</strong> geni MDR1 e PAI-1. I<br />

parametri clinici (in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca, <strong>di</strong> sanguinamento, d’ipertrofia e profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio) sono stati rilevati all’inizio<br />

del trattamento e dopo 3 e 6 mesi: dai dati della prima visita i pazienti sono stati sud<strong>di</strong>visi in Responders (20) e Non<br />

Responders (44) sulla base dell’ipertrofia gengivale. RISULTATI: la mutazione C3435T è risultata significativamente<br />

più frequente nei responders (35.0%) rispetto ai non responders (11.4%, p value=0.03*). Questi risultati sono stati<br />

confermati dall’analisi multivariata tramite regressione logistica (p=0.0<strong>13</strong>*). Inoltre i pazienti mutati per questo SNP<br />

presentano un in<strong>di</strong>ce d’ipertrofia in prima valutazione significativamente più alto rispetto a quello <strong>dei</strong> non mutati.<br />

Questo stu<strong>di</strong>o ha <strong>di</strong>mostrato inoltre che una corretta igiene orale è in grado <strong>di</strong> portare a un miglioramento<br />

statisticamente (p


RUOLO DEI POLIMORFISMI DI CITOCHINE PRO-INFIAMMATORIE NELLA PROGRESSIONE DELLA<br />

MALATTIA PARODONTALE.<br />

Racano R., Bartoli F., Decorti G., De Iu<strong>di</strong>cibus S., Bevilacqua L., Castronovo G.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria Presidente: Prof Di Lenarda<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Vita, Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.<br />

OBIETTIVI: E’ stato suggerito che i polimorfimsi dell’IL-1α, dell’IL-1β e dell’IL-6 sembrerebbero essere correlati ad<br />

una maggiore infiammazione nei tessuti parodontali. Scopo della nostra ricerca è stu<strong>di</strong>are singolarmente la possibile<br />

correlazione tra gli SNPs C+3954T dell’IL-1β, C-889T dell’IL-1α e G-174C dell’IL-6 con la parodontite cronica e con<br />

la parodontite aggressiva ed esaminare l’influenza <strong>di</strong> tali polimorfismi nella variazione <strong>di</strong> un profilo <strong>di</strong> rischio<br />

in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> progressione della malattia durante una terapia parodontale <strong>di</strong> supporto.<br />

MATERIALE E METODI: Sono stati reclutati e presi in carico 69 pazienti afferenti al unità <strong>di</strong> parodontologia della<br />

Clinica Odontostomatologica dell’Università <strong>di</strong> Trieste e 100 controlli sani (donatori <strong>di</strong> sangue) per determinare una<br />

possibile <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione della frequenza degli SNPs tra pazienti e controlli e tra pazienti affetti da<br />

parodontite cronica e parodontite aggressiva. Per ogni singolo paziente sono stati raccolti i parametri clinici usati come<br />

in<strong>di</strong>catori <strong>di</strong> rischio della malattia e ritenuti, a nostro avviso, i più importanti per effettuare una valutazione del rischio<br />

in<strong>di</strong>viduale.<br />

RISULTATI: Il genotipo tt per il polimorfismo C+3954T dell’IL-1β è risultato significativamente più frequente nei<br />

pazienti stu<strong>di</strong>o rispetto ai controlli (p = 0.0006). Tale polimorfismo è risultato più frequente nei pazienti affetti da una<br />

parodontite aggressiva rispetto a quelli affetti dalla forma cronica (p = 0.006). L’associazione ottenuta è stata<br />

ulteriormente confermata dall’analisi multivariata (p = 0.009) che ha evidenziato inoltre una correlazione tra il<br />

polimorfismo dell’IL-6 ed il gruppo aggressivo (p = 0.031). Me<strong>di</strong>ante analisi multilocus abbiamo confermato il<br />

possibile ruolo dello SNP dell’IL-1β nella possibile pre<strong>di</strong>sposizione ad un fenotipo aggressivo <strong>di</strong> malattia (p = 0.004).<br />

L’influenza dello SNP C+3954T sulla variazione del profilo <strong>di</strong> rischio in<strong>di</strong>viduale durante la terapia parodontale <strong>di</strong><br />

supporto è risultato al limite della significatività (p = 0.0074).<br />

DISCUSSIONE:. Dal nostro stu<strong>di</strong>o sembrerebbe che il polimorfismo dell’IL-1beta occupi un ruolo fondamentale nella<br />

pre<strong>di</strong>sposizione del paziente ad una forma aggressiva della malattia parodontale.<br />

CONCLUSIONE: I dati ottenuti sono preliminari e necessitano pertanto <strong>di</strong> ulteriori conferme al fine <strong>di</strong> valutare la reale<br />

influenza <strong>dei</strong> polimorfismi genetici nell’insorgenza e nella progressione della parodontite.


VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI UN NUOVO DISPOSITIVO MANUALE PER IL PRELIEVO DI<br />

OSSO CORTICALE NELLA PRESERVAZIONE DEGLI ALVEOLI POST-ESTRATTIVI: RISULTATI<br />

PRELIMINARI.<br />

Forabosco A, Gran<strong>di</strong> T, Nar<strong>di</strong> GM*, Travaglini D, Consolo U<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistico in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

*Università <strong>di</strong> Roma-La Sapienza<br />

INTRODUZIONE: La preservazione dell’alveolo post-estrattivo a fini implantari rappresenta ormai una procedura<br />

routinaria fortemente consigliata per prevenire un eccessivo riassorbimento osseo centripeto. Quando non è possibile<br />

inserire un impianto contestualmente all’estrazione del dente l’osso autologo, in associazione o meno ad altri<br />

riempitivi, è considerato il miglior materiale da innesto per mantenere il volume alveolare. OBIETTIVI: Scopo <strong>di</strong><br />

questo lavoro è valutare l’efficacia <strong>di</strong> un nuovo raschietto per osso multiuso nel recuperare trucioli <strong>di</strong> osso corticale da<br />

innestare in alveoli post-estrattivi. MATERIALI E METODI: 10 pazienti: 4 maschi e 6 femmine (età compresa tra<br />

22 e 42 anni), non affetti da parodontopatia, hanno ricevuto un innesto osseo corticale autologo subito dopo l’estrazione<br />

<strong>di</strong> un molare senza l’utilizzo <strong>di</strong> membrane. Un raschiatore per osso multiuso (JDMultiscraper®, JDentalCare srl) è stato<br />

utilizzato per il prelievo intraorale <strong>di</strong> osso autologo corticale da zone a<strong>di</strong>acenti al sito <strong>di</strong> estrazione. Per un foll ow-up <strong>di</strong><br />

4 mesi si è osservato ra<strong>di</strong>ograficamente il processo <strong>di</strong> guarigione prendendo a riferimento la giunzione amelocementizia<br />

del/<strong>dei</strong> denti a<strong>di</strong>acenti. Sono state registrate inoltre le eventuali complicazioni temporanee e le lesioni<br />

permanenti. RISULTATI: Tutti i pazienti trattati non hanno lamentato <strong>di</strong>sturbi post-operatori dovuti al prelievo e non<br />

si sono manifestati dolore e gonfiore, così come non sono stati rilevati ematomi, infezioni e/o parestesie nella zona<br />

trattata. All’esame ra<strong>di</strong>ografico l’innesto <strong>di</strong> osso ha mostrato una perfetta integrazione e non è stato osservato<br />

riassorbimento <strong>di</strong> osso crestale.<br />

CONCLUSIONI: Il recupero e l’utilizzo <strong>di</strong> particolato osseo, ricco <strong>di</strong> cellule vitali, favorisce la preservazione del<br />

volume osseo negli alveoli post estrattivi. L’intervento è minimamente invasivo e per tollerato dal paziente. Grazie<br />

all’utilizzo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> raccolta manuale multiuso è possibile anche per gli operatori meno esperti ottenere<br />

risultati pre<strong>di</strong>cibili e ridurre i costi evitando l’uso <strong>di</strong> altri sostituti ossei.


VALUTAZIONE PROGNOSTICA DELLE PRINCIPALI VARIABILI PARODONTALI IN PAZIENTI<br />

TRATTATI ED IN MANTENIMENTO<br />

Giugno R., Rotundo R., Cairo F., Franceschi D., Nieri M., Bonaccini D. Iachetti G., Mervelt J., Buti I., Mori M.,<br />

Cincinelli S.<br />

DIPARTIMENTO DI ODONTOSTOMATOLOGIA, Direttore: Prof. GP Pini Prato, CATTEDRA DI<br />

PARODONTOLOGIA, Titolare: Prof. GP Pini Prato UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE<br />

INTRODUZIONE: La prognosi è parte integrante della pratica parodontale in quanto va ad influenzare <strong>di</strong>rettamente il<br />

piano <strong>di</strong> trattamento.OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è quello <strong>di</strong> analizzare, attraverso una valutazione<br />

prospettica ad almeno 2 anni, il valore prognostico delle principali variabili parodontali in pazienti trattati e<br />

mantenuti.MATERIALI E METODI: Sono stati reclutati 107 pazienti (39 uomini e 78 donne) affetti da malattia<br />

parodontale da lieve a grave; <strong>di</strong> questi 100 hanno portato a termine il protocollo mentre 7 hanno abbandonato lo stu<strong>di</strong>o.<br />

Tutti i pazienti hanno seguito il medesimo approccio terapeutico che consisteva in: <strong>di</strong>agnosi e registrazioni delle<br />

variabili parodontali, terapia causale, terapia chirurgica parodontale e terapia <strong>di</strong> mantenimento. Successivamente sono<br />

stati registrati dati sia a livello paziente che a livello dente che a livello sito. I dati venivano raccolti al baseline T0 e al<br />

termine del follow-up (<strong>di</strong> almeno 2 anni) T1. Le variabili registrate sono età, sesso, fumo, profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio,<br />

in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sanguinamento, profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> recessione, mobilità e lesione delle forcazioni registrati sia al T0<br />

che al T1. Sono stati effettuati 3 modelli multilevel: nel primo modello la variabile risposta era il guadagno <strong>di</strong> attacco<br />

clinico (CALgain); un secondo modello multilevel è stato condotto considerando come variabile risposta la per<strong>di</strong>ta del<br />

dente; un terzo modello multilevel infine è stato effettuato considerando come variabile risposta la progressione della<br />

malattia parodontale sul singolo dente. RISULTATI: lo stu<strong>di</strong>o ha messo in evidenza come per la variabile Calgain sono<br />

risultati significative il genere, l’età, il fumo, il tipo <strong>di</strong> dente, la mobilità iniziale, la presenza <strong>di</strong> recessioni, la profon<strong>di</strong>tà<br />

al sondaggio e l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca. Per la variabile Per<strong>di</strong>ta dentale sono risultati significativi il tipo <strong>di</strong> dente<br />

(plurira<strong>di</strong>colato), la mobilità iniziale e la sommatoria delle profon<strong>di</strong>tà iniziali. Per il terzo modello multilevel che aveva<br />

come variabile risposta la progressione della malattia parodontale sono risultate significative la mobilità iniziale, il tipo<br />

<strong>di</strong> dente, la profon<strong>di</strong>tà al sondaggio e l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca. CONCLUSIONI: L’analisi <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o mostra come le<br />

variabili in gioco nel determinare la prognosi sono molteplici e tra loro molto <strong>di</strong>fferenti a seconda del parametro a cui ci<br />

si riferisce (guadagno <strong>di</strong> attacco clinico, per<strong>di</strong>ta dell’elemento dentale o progressione della malattia parodontale).<br />

Pertanto il clinico dovrà considerare attentamente tutti questi fattori durante la valutazione prognostica al fine <strong>di</strong><br />

impostare un piano <strong>di</strong> trattamento il più appropriato possibile per ogni singolo pazien


FATTORI CHE INFLUENZANO GLI ESITI DELLA TECNICA DEL LE<strong>MB</strong>O A RIPOSIZIONAMENTO<br />

CORONALE: ANALISI MEDIANTE RETI BAYESIANE.<br />

Buti J, Nieri M, Rotundo R, Franceschi D, Cairo F, Cincinelli S, Mervelt J, Iachetti G, Giugno R, Borraccini D.<br />

Department of Periodontology, Dental School, University of Florence, Florence, Italy. g.piniprato@odonto.unif.it<br />

OBIETTIVI: L’obiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> esplorare possibili relazioni causali tra <strong>di</strong>verse variabili nella<br />

tecnica del lembo a riposizionamento coronale per ricopertura ra<strong>di</strong>colare utilizzando l’appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> struttura <strong>di</strong> reti<br />

bayesiane. MATERIALI E METODI: Sessanta pazienti con recessioni (≥2mm) vestibolari nell’arcata superiore sono<br />

stati consecutivamente inseriti nello stu<strong>di</strong>o. Tutti i <strong>di</strong>fetti sono stati trattati con la tecnica del lembo a riposizionamento<br />

coronale. Età, sesso, abitu<strong>di</strong>ne al fumo, profon<strong>di</strong>tà della recessione, ampiezza del tessuto cheratinizzato, profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />

sondaggio, <strong>di</strong>stanza tra il margine incisale e la giunzione amelo-cementizia, sensibilità ra<strong>di</strong>colare, <strong>di</strong>stanza tra il<br />

margine gengivale e la giunzione amelo-cementizia sono state registrate e calcolate per tutti i pazienti al baseline,<br />

imme<strong>di</strong>atamente dopo chirurgia e a 6 mesi dopo chirurgia. E’ stato utilizzato un algoritmo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> struttura<br />

<strong>di</strong> reti bayesiane. RISULTATI: la <strong>di</strong>stanza tra il margine gengivale e la giunzione amelo-cementizia imme<strong>di</strong>atamente<br />

dopo chirurgia era influenzata dalla profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> recessione al baseline; le recessioni più profonde erano associate ad<br />

un posizionamento più apicale del margine gengivale dopo chirurgia. Inoltre, anche la completa copertura ra<strong>di</strong>colare<br />

sembrava essere influenzata dal posizionamento del margine gengivale dopo chirurgia; un posizionamento più coronale<br />

del margine gengivale dopo chirurgia era associato ad una maggiore probabilità <strong>di</strong> completa copertura ra<strong>di</strong>colare.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’utilizzo dell’appren<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> struttura <strong>di</strong> reti bayesiane sembra facilitare la<br />

comprensione della possibile relazione tra le variabili considerate. Il risultato principale rivela che la completa copertura<br />

ra<strong>di</strong>colare sembra essere influenzata dal posizionamento post-chirurgico del margine gengivale e, in<strong>di</strong>rettamente, dalla<br />

profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> recessione al baseline.


VALUTAZIONE DEL TRAUMA OCCLUSALE TRASVERSALE NELLA GENESI DELLE RECESSIONI<br />

GENGIVALI.<br />

Giacomello MS, Monguzzi R, Giacomello A..<br />

Università Statale Milano-Bicocca, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Corso <strong>di</strong> laurea Magistrale in <strong>Odontoiatria</strong> e<br />

Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> laurea in Igiene Dentale, Clinica Odontoiatrica (<strong>di</strong>rettore Prof. M. Baldoni).<br />

gnatos@yahoo.it.<br />

OBIETTIVI: definire l'eventuale implicazione delle forze occlusali trasversali nella genesi delle recessioni gengivali<br />

confrontando la posizione spaziale <strong>di</strong> analoghi elementi dentali con recessione (gruppo stu<strong>di</strong>o) e senza recessione<br />

(gruppo controllo), al fine <strong>di</strong> comprendere la capacità <strong>di</strong> adattamento del sistema dento-parodontale alle forze trasversali<br />

liberate durante i cicli masticatori. MATERIALI E METODI: gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o composto da 9 pazienti (età me<strong>di</strong>a<br />

37,56 aa, dev. St. 6,39, range 29-48, M:F=4:5) con recessioni a livello premolare superiore e gruppo controllo senza<br />

recessioni (9 pazienti, età me<strong>di</strong>a 31,22 aa, dev. St. 5,04, range 26-41, M:F=5:4) per un totale <strong>di</strong> 30 premolari analizzati<br />

nel gruppo uno e 36 nel due. Criteri <strong>di</strong> esclusione: assenza <strong>di</strong> più <strong>di</strong> due denti per emiarcata (in particolare molari),<br />

presenza <strong>di</strong> flogosi parodontale (sanguinamento positivo), alterata tecnica <strong>di</strong> spazzolamento, presenza <strong>di</strong> malattie<br />

sistemiche con effetti su connettivo e tessuto osseo, uso o abuso <strong>di</strong> sostanze psicotrope e altre forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza<br />

(tabagismo e alcolismo). Si è proceduto a valutazione tomografica tramite TVG (maxiScan, software NewTome 3G,<br />

QR Verona, Verona – Italy) per valutare la morfologia d’arcata e l’asse <strong>dei</strong> singoli elementi dentali e delle ra<strong>di</strong>ci (non<br />

rilevabile dai modelli): a livello premolare è stato analizzato l’angolo sotteso tra l’asse dentale e l’asse del processo<br />

alveolare in cui insiste il dente stesso (denominato α) e quello sotteso tra gli assi interdentali <strong>di</strong> denti antagonisti<br />

(denominato β). L’analisi funzionale è stata eseguita con una apparecchiatura prototipo <strong>di</strong> nostra progettazione e<br />

realizzazione: durante i cicli masticatori la pressione trasversale applicata sul dente è stata trasformata in segnale<br />

elettrico da un trasduttore ceramico inserito in un sistema stabilizzatore e amplificatore. RISULTATI: gruppo stu<strong>di</strong>o:<br />

α=38,22°±7,87° (range 24,7°-56,2°) e β=189,78°±9,06° (range 174,5°-212,3°); gruppo controllo: α=14,6°±3,59° (range<br />

5,4°-21,5°); β=170,36°±6,85° (range 161,3°-192,7°). Differenza statisticamente significativa (p


VASCOLARIZZAZIONE ED INNERVAZIONE DEGLI INNESTI CONNETTIVALI NELLA TERAPIA<br />

DELLE RECESSIONI GENGIVALI: ANALISI ISTOLOGICA ED IMMUNOISTOCHIMICA.<br />

Perotto S., Graziano A., Cricenti L., Romano F., Aimetti M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che ed Oncologia Umana, Sezione <strong>di</strong><br />

Parodontologia.<br />

INTRODUZIONE: tra le procedure <strong>di</strong> chirurgia plastica parodontale la tecnica bilaminare presenta la maggiore<br />

pre<strong>di</strong>cibilità <strong>di</strong> copertura delle recessioni. Requisito fondamentale per la sopravvivenza e l’integrazione dell’innesto è la<br />

sua rivascolarizzazione. OBIETTIVI: Dato il numero esiguo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> sull’argomento, abbiamo analizzato i processi <strong>di</strong><br />

rivascolarizzazione e reinnervazione degli innesti connettivali da un punto <strong>di</strong> vista istologico ed immunoistochimico.<br />

MATERIALI E METODI: il campione comprendeva 10 in<strong>di</strong>vidui con problemi <strong>di</strong> estetica e/o sensibilità dovuti a<br />

recessioni gengivali <strong>di</strong> I o II Classe <strong>di</strong> Miller (6 donne e 4 uomini; età me<strong>di</strong>a 30.70 ± 4.37 anni). L’intervento <strong>di</strong><br />

copertura ra<strong>di</strong>colare prevedeva l’utilizzo della tecnica bilaminare con lembo spostato coronalmente e prelievo <strong>di</strong> tessuto<br />

connettivo dal palato. Durante l’intervento sono stati prelevati due campioni epitelio-connettivali, l’uno a livello del sito<br />

donatore e l’altro del sito ricevente per l’analisi istologica ed immunoistochimica. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 2 mesi, durante<br />

l’intervento <strong>di</strong> rimodellamento, è stato effettuato un secondo prelievo esteticamente non invasivo a livello del sito<br />

ricevente. L’analisi <strong>dei</strong> campioni è stata effettuata me<strong>di</strong>ante colorazione con ematossilina-eosina e tecniche<br />

immunoistochimiche. La vascolarizzazione è stata analizzata con anticorpi monoclonali per actina e collagene IV e<br />

l’innervazione con anticorpi per PGP (Protein Gene Product) 9.5 e CGRP (Calcitonine Gene-Related Product).<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI: All’analisi istologica del sito ricevente, effettuata al rientro a 2 mesi, si<br />

osservavano profon<strong>di</strong> cambiamenti nella struttura e nella composizione del tessuto connettivo del sito ricevente sia a<br />

livello del lembo primario sia dell’innesto. Lo stroma sembrava assumere le caratteristiche del sito ricevente per la<br />

componente cellulare nella porzione profonda e del sito donatore per la componente extracellulare nello strato<br />

superficiale. Il tessuto innestato appariva integrato anche se lo strato superficiale aveva un’architettura collagenica<br />

<strong>di</strong>sorganizzata. L’analisi immunoistochimica dell’innervazione mostrava una marcata riduzione delle fibre intrapapillari<br />

ed intraepiteliali, mentre la densità <strong>di</strong> fibre nervose era rimasta invariata nello stroma. Interessante sarebbe il<br />

comportamento delle cellule <strong>di</strong> Merkel che, assenti nello strato basale dell’epitelio gengivale al baseline, vi sono<br />

identificate al rientro a 2 mesi. Trattandosi <strong>di</strong> cellule con probabile funzione neuroendocrina, potrebbero essersi<br />

<strong>di</strong>fferenziate dalle cellule staminali della gengiva e svolgere funzioni vicarianti del sistema nervoso periferico.<br />

Parallelamente avverrebbe un importante fenomeno <strong>di</strong> rivascolarizzazione con aumento <strong>dei</strong> vasi <strong>di</strong> piccolo calibro ed<br />

integrazione nella rete vascolare gengivale <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o e grosso calibro <strong>di</strong> derivazione palatina. Tali vasi avevano<br />

perso completamente l’innervazione.


RIGENERAZIONE PARODONTALE DI DIFETTI INFRAOSSEI PROFONDI: AMELOGENINE VS<br />

AMELOGENINE IN ASSOCIAZIONE AL RIEMPITIVO HA/TCP.<br />

Porcelli D., Alvaro R., Crea A., Deli G.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Policlinico A. Gemelli - Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />

Roma, Italia.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o clinico randomizzato controllato è stato valutare l’efficacia <strong>dei</strong> derivati della<br />

matrice dello smalto (EMD) in associazione ad un bioriempitivo alloplastico (HA/TCP), rispetto all’EMD impiegato<br />

singolarmente, nella terapia rigenerativa <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti infraossei profon<strong>di</strong>. Nessuno stu<strong>di</strong>o con follow-up clinico e<br />

ra<strong>di</strong>ografico maggiore <strong>di</strong> 6 mesi ha comparato ad oggi l’efficacia <strong>dei</strong> due biomateriali in associazione (EMD +<br />

HA/TCP) rispetto al singolo utilizzo <strong>di</strong> EMD. MATERIALI E METODI: Nello stu<strong>di</strong>o sono stati inclusi 23 soggetti,<br />

affetti da parodontite cronica avanzata, per un numero totale <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti infraossei pari a 32. Tali <strong>di</strong>fetti sono stati<br />

assegnati, in modo randomizzato, a uno <strong>dei</strong> due regimi <strong>di</strong> trattamento: 16 <strong>di</strong>fetti sono stati trattati con EMD + HA/TCP<br />

(gruppo test) e 16 <strong>di</strong>fetti con il singolo utilizzo <strong>di</strong> EMD (gruppo controllo). Entrambi i gruppi erano statisticamente<br />

omogenei al completamento della terapia eziologica (baseline), per in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> igiene orale (FMPS/F<strong>MB</strong>S=20%),<br />

profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio PPD (test=8.31 mm, controllo=8.5 mm) livello <strong>di</strong> attacco clinico CAL (test=9.63<br />

mm,controllo=9.63 mm) e morfologia delle lesioni ossee (IBD test=5.31 mm, controllo=5.06 mm). I <strong>di</strong>fetti sono stati<br />

esposti me<strong>di</strong>ante sollevamento <strong>di</strong> un lembo a spessore totale, facendo ricorso a tecniche <strong>di</strong> preservazione della papilla.<br />

Dopo degranulazione, previo con<strong>di</strong>zionamento con EDTA, sui <strong>di</strong>fetti test è stato applicato EMD e successivamente una<br />

miscela <strong>di</strong> EMD + HA/TCP, fino a ottenerne un lieve sovrariempimento. I siti controllo sono stati riempiti solo con<br />

EMD. I lembi sono stati riposizionati e suturati. I parametri clinici e ra<strong>di</strong>ografici sono stati raccolti a 12 mesi.<br />

RISULTATI: A 12 mesi è stato ottenuto un guadagno me<strong>di</strong>o del CAL <strong>di</strong> 4 mm nei <strong>di</strong>fetti test e <strong>di</strong> 3.4 mm nei <strong>di</strong>fetti<br />

controllo. Una riduzione significativa della PPD è stata osservata in entrambi i gruppi (test=3.6 mm; controllo=4.3 mm).<br />

La recessione marginale (Rec) nei siti controllo presentava un incremento me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 0.9 mm, mentre nei siti test una<br />

riduzione <strong>di</strong> circa 0.5 mm rispetto ai valori osservati al baseline. Il guadagno osseo in termini <strong>di</strong> riduzione della<br />

profon<strong>di</strong>tà ra<strong>di</strong>ografica del <strong>di</strong>fetto (IBD) è stato <strong>di</strong> 3 mm nel gruppo test e 2.4 mm nel gruppo controllo. Il riempimento<br />

osseo (bone fill) osservato all’rx è stato maggiore nei siti test. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: L’applicazione<br />

clinica <strong>di</strong> EMD, singola o con un riempitivo, rappresenta una meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> rigenerazione parodontale efficace nel<br />

trattamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti infraossei profon<strong>di</strong>: in entrambi i gruppi è stato infatti osservato un miglioramento significativo <strong>di</strong><br />

PPD e CAL. Differenze statisticamente rilevanti sono state riscontrate nei siti test in termini <strong>di</strong> minor Rec e maggior<br />

riempimento osseo ra<strong>di</strong>ografico, verosimilmente per le proprietà <strong>di</strong> space-making del materiale da innesto.


IL GRANDE RIALZO DEL SENO MASCELLARE: STUDIO RETROSPETTIVO A 15 ANNI.<br />

Cianci A, Iorio Siciliano V.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, Cattedra <strong>di</strong> Parodontologia, Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Napoli Federico II.<br />

OBIETTIVO DELLO STUDIO: L’ obiettivo del presente stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare la sopravvivenza degli impianti<br />

inseriti me<strong>di</strong>ante tecnica <strong>di</strong> rialzo del seno mascellare con approccio laterale.<br />

MATERIALI E METODI : Tra le cartelle cliniche <strong>dei</strong> pazienti afferiti all’Area Funzionale <strong>di</strong> Parodontologia del<br />

Dipartimento Assistenziale <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Azienda Universitaria Federico II<br />

dal 1990 al 1993 sono stati selezionati 6 pazienti in cui sono stati inseriti 11 impianti contestualmente al rialzo del seno<br />

mascellare con approccio laterale , utilizzando come innesto osso bovino deproteinizzato . I pazienti, 4 uomini e 2<br />

donne, non erano fumatori, non presentavano patologie sinusali, acute e croniche e non avevano controin<strong>di</strong>cazioni<br />

generali e locali all’implantologia. Dopo circa 12 mesi <strong>di</strong> guarigione gli impianti sono stati protesizzati con corone<br />

protesiche in lega aurea-porcellana . Ra<strong>di</strong>ografie endorali sono state effettuate al baseline e dopo 15 anni <strong>di</strong> follow-up.<br />

E’ stata considerate come variabile la <strong>di</strong>stanza ra<strong>di</strong>ografica tra la cresta ossea ed il pavimento del seno mascellare (A-<br />

B). La comparazione al baseline e dopo 15 anni <strong>di</strong> follow-up è stata effettuata con il paired t-test.<br />

RISULTATI : Dei sei pazienti trattati , solo in un caso si è registrato un emoseno , che non ha inficiato la prognosi a<br />

lungo termine. Dopo 15 anni <strong>di</strong> follow-up nessun impianto ha avuto complicanze infettive, mentre in un solo paziente<br />

si è registrata una complicanza biomeccanica ( frattura della porcellana).Tutti gli impianti hanno mostrato in me<strong>di</strong>a<br />

una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> osso marginale <strong>di</strong> 4.1 ± 0.7 mm. Al baseline la <strong>di</strong>stanza tra la cresta ossea ed il pavimento del seno<br />

mascellare (A-B) era <strong>di</strong> 4.6 ± 2.3 mm , mentre dopo 15 anni <strong>di</strong> follow-up è stata registrata una <strong>di</strong>stanza (A-C) <strong>di</strong> 14.7 ±<br />

3.4 mm ( P>0.05).<br />

CONCLUSIONI: Da questo stu<strong>di</strong>o si evidenzia che dopo un follow-up <strong>di</strong> 15 anni , la sopravvivenza degli impianti<br />

inseriti con contestuale rialzo del seno mascellare è del 100% , e che il riassorbimento osseo marginale è in accordo con<br />

i principi <strong>di</strong> Albrektsson.


STRUMENTAZIONE MECCANICA E ANTIMICROBICI DOMICILIARI: EFFETTI MICROBIOLOGICI.<br />

Guarnelli ME, Farina R, Franceschetti G, Minenna L, Calura G, Trombelli L.<br />

Centro <strong>di</strong> Ricerca e Servizi per lo Stu<strong>di</strong>o delle Malattie Parodontali, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ferrara.<br />

roberto.farina@unife.it<br />

OBIETTIVO: Valutare l’effetto della strumentazione meccanica (SM) associata ad antimicrobici locali sulla flora<br />

microbica sub-gengivale in pazienti affetti da parodontite.<br />

MATERIALI & METODI: Ciascun paziente è stato sottoposto a sedute singole o multiple <strong>di</strong> SM associate a<br />

prescrizione <strong>di</strong> regime antimicrobico domiciliare, basato sull’utilizzo <strong>di</strong> dentifricio e collutorio a base <strong>di</strong> fluoruro<br />

amminico/fluoruro stannoso (AmF/SnF2) per 12 settimane. Il campionamento microbiologico della placca subgengivale<br />

è stato effettuato prima della SM e 12 settimane post-SM.<br />

RISULTATI: Tutte le conte batteriche rilevate 12 settimane post-SM hanno mostrato una sostanziale riduzione<br />

percentuale quando confrontate con i rispettivi valori pre-SM (Conta Batterica Totale: -70%; Patogeni Totali: -69%;<br />

Complesso Rosso: -75%; Aggregatibacter (Actinobacillus) actynomicetemcomitans: - 94%).<br />

CONCLUSIONI: In seguito a SM e regime antimicrobico domiciliare, la flora microbica sub-gengivale subisce una<br />

riduzione aspecifica, che coinvolge comunque anche i batteri maggiormente parodontopatogeni, ancora persistente a 12<br />

settimane dal trattamento.


FATTORI PREDITTIVI PER IL SUCCESSO DELLA TERAPIA PARODONTALE NON-CHIRURGICA:<br />

EFFETTO DELLO STATO DI FUMATORE.<br />

Simonelli A, Farina R, Rizzi A, Calura G, Trombelli L.<br />

Centro <strong>di</strong> Ricerca e Servizi per lo Stu<strong>di</strong>o delle Malattie Parodontali, Università <strong>di</strong> Ferrara, Ferrara, Italia.<br />

roberto.farina@unife.it<br />

OBIETTIVO: L’ obiettivo del presente stu<strong>di</strong>o è stato valutare lo stato <strong>di</strong> fumatore come fattore pre<strong>di</strong>ttivo per il<br />

successo della terapia parodontale non-chirurgica.<br />

MATERIALI & METODI: 65 pazienti fumatori e 66 pazienti non-fumatori precedentemente sottoposti a terapia<br />

parodontale non-chirurgica sono stati selezionati retrospettivamente per l’ analisi. Per ciascun soggetto, erano state<br />

rilevate la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio (PPD) e il sanguinamento al sondaggio (BoP) in 6 siti per ciascun dente<br />

imme<strong>di</strong>atamente prima della terapia (baseline) e 1-4 mesi dopo la terapia (rivalutazione). E’ stato calcolato il numero <strong>di</strong><br />

siti in ciascuna categoria <strong>di</strong> PPD (≤3mm o solchi gengivali, =4÷6mm o tasche moderate e ≥7mm o tasche profonde). E’<br />

stata calcolata la prevalenza <strong>di</strong> siti BoP-positivi per ciascun paziente (FM-BoP) e entro ciascuna categoria <strong>di</strong> PPD<br />

(BoPsolchi, BoPtasche moderate, BoPtasche profonde).<br />

RISULTATI: La terapia parodontale non-chirurgica è stata efficace in entrambi i gruppi, con un aumento<br />

statisticamente significativo <strong>dei</strong> solchi gengivali e una <strong>di</strong>minuzione delle tasche profonde e moderate, <strong>di</strong> FM-BoP,<br />

BoPshallow, BoPmoderate e BoPdeep (p< 0.05). Per ciascun parametro, non è stata rilevata alcuna <strong>di</strong>fferenza tra gruppi in<br />

termini <strong>di</strong> variazione post-terapia.<br />

CONCLUSIONI: I risultati del presente stu<strong>di</strong>o sembrano suggerire che lo stato <strong>di</strong> fumatore ha un limitato valore<br />

pre<strong>di</strong>ttivo per il successo della terapia parodontale non chirurgica, misurato in termini <strong>di</strong> variazione <strong>di</strong> PD e riduzione <strong>di</strong><br />

BoP.


FATTORI PREDITTIVI PER IL SUCCESSO DELLA TERAPIA PARODONTALE NON-CHIRURGICA:<br />

EFFETTO DELL' ETA'.<br />

Rizzi A, Farina R, Simonelli A., Calura G, Trombelli L.<br />

Centro <strong>di</strong> Ricerca e Servizi per lo Stu<strong>di</strong>o delle Malattie Parodontali, Università <strong>di</strong> Ferrara, Ferrara, Italia.<br />

roberto.farina@unife.it<br />

OBIETTIVO: Il presente stu<strong>di</strong>o è stato condotto al fine <strong>di</strong> valutare l’ età del paziente come fattore pre<strong>di</strong>ttivo per il<br />

successo della terapia parodontale non-chirurgica. MATERIALI & METODI: Per l’ analisi sono stati selezionati<br />

retrospettivamente due gruppi <strong>di</strong> soggetti (gruppo Y: n= 26, età me<strong>di</strong>a: 35.1 ± 6.7 anni; gruppo O: n=52, età me<strong>di</strong>a: 50.8<br />

± 9.2 anni). Per ciascun soggetto, erano state rilevate la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio (PPD) e il sanguinamento al sondaggio<br />

(BoP) in 6 siti per ciascun dente imme<strong>di</strong>atamente prima della terapia (baseline) e 1-4 mesi dopo la terapia<br />

(rivalutazione). E’ stato calcolato il numero <strong>di</strong> siti in ciascuna categoria <strong>di</strong> PPD (≤3mm o solchi gengivali, =4÷6mm o<br />

tasche moderate, ≥7mm o tasche profonde). E’ stata ottenuta la prevalenza <strong>di</strong> siti BoP-positivi per ciascun paziente<br />

(FM-BoP) e entro ciascuna categoria <strong>di</strong> PPD (BoPsolchi, BoPtasche moderate, BoPtasche profonde).<br />

RISULTATI: Alla rivalutazione, il gruppo O ha mostrato un numero più elevato <strong>di</strong> solchi (p


DIFFUSIONE DEL TITANIO NEI TESSUTI PERIMPLANTARI. ANALISI MEDIANTE ICP-MS (Plasma<br />

accoppiato induttivamente con Rivelatore <strong>di</strong> Massa).<br />

Gioia R., Alemanno P., Occipite <strong>di</strong> Prisco M., Petrone V., Vittorini G., Piselli D., Deli G.<br />

Reparto <strong>di</strong> Parodontologia, Istituto Clinica Odontoiatrica , Università Cattolica del Sacro Cuore Roma.<br />

INTRODUZIONE: I fattori locali che possono interagire con il titanio sono rappresentati dall’azione <strong>dei</strong> flui<strong>di</strong><br />

biologici, dall’aggressione cellulare, dalla risposta infiammatoria, dalle sollecitazioni meccaniche e dall’ abrasione.<br />

OBIETTIVI: Lo stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong> valutare la <strong>di</strong>ffusione del titanio nei tessuti perimplantari attraverso la valutazione<br />

me<strong>di</strong>ante ICP-MS. MATERIALI E METODI: Il campione è composto da 24 pazienti <strong>di</strong> età compresa tra 33 anni e 52<br />

anni (me<strong>di</strong>a 47aa), selezionati nell’arco <strong>di</strong> 24 mesi e sottoposto a riabilitazione implantare me<strong>di</strong>ante fixture Branemark<br />

System. Il campione è stato sud<strong>di</strong>viso in 4 gruppi in base alle caratteristiche del sito ricevente e del tipo <strong>di</strong> protesi<br />

provvisoria utilizzata (Gr 1: zona edentula compresa tra 2 elementi dentari, senza protesi provvisoria; Gr 2: zona<br />

edentula <strong>di</strong>stale senza protesi provvisoria; Gr 3: zona edentula protesi fissa provvisoria; Gr 4: zona edentula con protesi<br />

provvisoria rimovibile). Inoltre il campione è stato sottoposto ad un’ altra terapia chirurgica, in un quadrante <strong>di</strong>verso da<br />

quello dell’impianto in modo da poter ottenere un gruppo controllo. Sono stati così prelevati tasselli <strong>di</strong> tessuto nella<br />

zona sovrastante l’impianto e i campioni ottenuti inseriti in provette decontaminate e conservate in congelatore a -70°C.<br />

I prelievi sono stati poi pesati in tubo <strong>di</strong> quarzo, ad<strong>di</strong>zionati <strong>di</strong> 0.5 ml <strong>di</strong> HNO3, essiccati su piastra a 70 °C e<br />

mineralizzati in muffola a 400°C per 6 ore. I cicli <strong>di</strong> mineralizzazione sono stati ripetuti fino ad ottenere ceneri bianche,<br />

riprese con 2 ml <strong>di</strong> HNO3 al 6.5%. L’analisi <strong>dei</strong> campioni è stata effettuata me<strong>di</strong>ante Plasma Accoppiato<br />

induttivamente con Rivelatore <strong>di</strong> Massa (ICP-MS: In<strong>di</strong>ctively Coupled Plasma- Mass Spectrometry) Elan 5000. La<br />

massa analitica utilizzata è stata 48 Ti corretta per l’interferenza isobarica del 48 Ca con la seguente equazione: 48 Ti<br />

corretto= 48Ti- (44Ca x 0.0874). RISULTATI: Il confronto con il controllo è risultato statisticamente significativo (p‹<br />

0.05) in ciascun gruppo; i tasselli <strong>di</strong> gengiva prelevati come controllo sono risultati tutti negativi per la presenza <strong>di</strong><br />

titanio in traccia e/o ultratraccia. Nei casi in cui sono stati eseguiti prelievi multipli a <strong>di</strong>stanze progressive dalla sede in<br />

cui era inserita la fixture, si è evidenziato un decremento progressivo della concentrazione <strong>di</strong> titanio man mano che ci si<br />

allontanava dall’ impianto. CONCLUSIONI: Il presente contributo <strong>di</strong>mostra che una quantità variabile <strong>di</strong> titanio,<br />

seppur minima, <strong>di</strong>ffonde nei tessuti perimplantari. Le caratteristiche anatomiche del sito impiantare, l’eventuale tipo <strong>di</strong><br />

protesi temporanea e le abitu<strong>di</strong>ni del paziente, svolgono un ruolo determinante per l’ integrità dell’ impianto e nel<br />

prevenire <strong>di</strong>ffusioni del materiale nei tessuti circostanti.


LA TUNNEL TECHNIQUE PER IL TRATTAMENTO DEI CANINI MANDIBOLARI INCLUSI.<br />

Mori M, Nieri M, Franceschi D, Cairo F, Cincinelli S, Buti J, Iachetti G, Mervelt J, Bonaccini D, Giugno R, Schifter<br />

GT, Rotundo R.<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia, Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze<br />

INTRODUZIONE: La tunnel technique è un approccio chirurgo-ortodontico finalizzato al recupero in arcata <strong>di</strong> un<br />

canino incluso. La persistenza del deciduo corrispondente offre la possibilità <strong>di</strong> sfruttare l’alveolo post-estrattivo come<br />

un corridoio naturale (tunnel) che <strong>di</strong>segna un percorso eruttivo ideale in grado <strong>di</strong> raggiungere la mucosa masticatoria al<br />

centro della cresta alveolare. OBIETTIVI: Questa tecnica combinata si è rilevata efficace nel trattamento <strong>dei</strong> canini<br />

mascellari inclusi e quin<strong>di</strong> gli stessi principi potrebbero essere applicati anche a livello man<strong>di</strong>bolare. Questo stu<strong>di</strong>o si<br />

propone <strong>di</strong> illustrare i risultati terapeutici conseguiti con la tunnel technique in tre pazienti con canini man<strong>di</strong>bolari<br />

inclusi. MATERIALI E METODI: La tecnica si articola in tre momenti essenziali. Due fasi ortodontiche (prechirurgia<br />

e post-chirurgia) aprono e chiudono questo percorso per creare lo spazio in arcata prima, e per guidare<br />

l’eruzione del canino dopo; il posizionamento del dente viene quin<strong>di</strong> ultimato allineandolo in arcata. Il momento<br />

centrale della tecnica è rappresentato dalla fase chirurgica, rivolta al fissaggio del <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> trazione sulla corona<br />

del dente incluso, facendo emergere la catena <strong>di</strong> trazione al centro della cresta alveolare. In particolare, l’approccio<br />

chirurgico, e quin<strong>di</strong> lo stabilirsi <strong>di</strong> una pervietà (tunnel) tra l’alveolo post-estrattivo del deciduo e la corona del<br />

permanente incluso, rappresenta l’elemento caratterizzante <strong>dei</strong> tre casi clinici: Caso 1) dopo l’avulsione del deciduo<br />

persistente, un lembo a spessore totale e la fenestrazione della corticale ossea buccale, hanno permesso <strong>di</strong> esporre la<br />

cuspide canina; dopo aver verificato la comunicazione (tunnel) tra la cuspide e l’alveolo post-estrattivo, il <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong><br />

trazione è stato fissato facendo passare la catenella <strong>di</strong> trazione nel tunnel e nell’alveolo. Caso 2) Il sollevamento <strong>di</strong> due<br />

lembi a spessore totale (buccale e linguale) e l’avulsione del deciduo hanno permesso <strong>di</strong> esporre la cuspide canina; la<br />

posizione del dente incluso al centro del processo alveolare ha reso possibile un approccio più conservativo, essendo<br />

sufficiente allargare leggermente l’alveolo (tunnel). Caso 3) In questo caso, l’avulsione del deciduo e l’approccio<br />

chirurgico buccale erano rivolti in primis all’esposizione ed alla rimozione <strong>di</strong> un odontoma e quin<strong>di</strong> al recupero del<br />

canino incluso. RISULTATI E CONCLUSIONI: I risultati clinici ottenuti mostrano un parodonto sano del canino<br />

permanente con un’adeguata presenza <strong>di</strong> gengiva e <strong>di</strong> un solco fisiologico (1mm), con osso <strong>di</strong> supporto ottimale e senza<br />

segni <strong>di</strong> recessioni del margine gengivale. La Tunnel technique può essere pertanto applicata con successo anche a<br />

livello man<strong>di</strong>bolare.


CONFRONTO TRA DUE METODI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO PARODONTALE.<br />

Farina R, Ferrari S, Pasetti P, Calura G, Trombelli L.<br />

Centro <strong>di</strong> Ricerca e Servizi per lo Stu<strong>di</strong>o delle Malattie Parodontali, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ferrara.<br />

roberto.farina@unife.it<br />

INTRODUZIONE: La valutazione del rischio sta assumendo una importanza crescente in Parodontologia. Abbiamo<br />

recentemente proposto un nuovo metodo oggettivo (UniFe) al fine <strong>di</strong> semplificare le procedure <strong>di</strong> valutazione del<br />

rischio parodontale.<br />

OBIETTIVO: Confrontare UniFe con un sistema elettronico <strong>di</strong> calcolo del rischio (PAT ® ).<br />

MATERIALI & METODI: Sono stati calcolate le classi <strong>di</strong> rischio per UniFe e PAT ® per 107 pazienti, selezionati<br />

casualmente tra i pazienti afferenti ad un centro specializzato nel trattamento delle malattie parodontali. Per il calcolo<br />

del rischio con UniFe, è stato assegnato un punteggio <strong>di</strong> rischio a ciascuno <strong>dei</strong> 5seguenti parametri: stato <strong>di</strong> fumatore,<br />

stato <strong>di</strong>abetico, numero <strong>di</strong> siti con profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio ≥ 5mm, In<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Sanguinamento al Sondaggio (BoP) e<br />

rapporto per<strong>di</strong>ta ossea/età. I punteggi <strong>di</strong> rischio UniFe sono stati sommati e la somma algebrica è stata attribuita ad una<br />

classe <strong>di</strong> rischio variabile da 1 (rischio basso) a 5 (rischio elevato). PAT® ha generato una classe <strong>di</strong> rischio su una scala<br />

da 1 (rischio basso) a 5 (rischio elevato).<br />

RISULTATI: I valori me<strong>di</strong> delle classi <strong>di</strong> rischio UniFe e PAT ® erano 4.5 ± 0.9 e 4.6 ± 0.7, rispettivamente. Il<br />

coefficiente k <strong>di</strong> Cohen era 0.70, a in<strong>di</strong>care un buon livello <strong>di</strong> accordo tra i due meto<strong>di</strong>. La <strong>di</strong>fferenza nelle classi <strong>di</strong><br />

rischio tra i meto<strong>di</strong> era spiegata in modo significativo dai punteggi <strong>di</strong> rischio <strong>dei</strong> parametri BoP e per<strong>di</strong>ta ossea/età (R 2<br />

corretto= 0.378).<br />

CONCLUSIONI: Il confronto tra UniFe e PAT ® ha <strong>di</strong>mostrato un buon livello <strong>di</strong> accordo tra i meto<strong>di</strong> in un campione<br />

<strong>di</strong> pazienti selezionato casualmente all’ interno <strong>di</strong> una popolazione afferente ad un centro specializzato nel trattamento<br />

delle malattie parodontali.


DIAGNOSI DELLE FRATTURE RADICOLARI VERTICALI: ACCESSO CHIRURGICO OD<br />

ENDOSCOPICO?<br />

Montevecchi M. Checchi V.<br />

Reparto <strong>di</strong> Parodontologia ed Implantologia. Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. Alma Mater Stu<strong>di</strong>orum -<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bologna<br />

OBBIETTIVI: Le fratture ra<strong>di</strong>colari verticali costituiscono un insi<strong>di</strong>oso evento clinico la cui complessità gestionale si<br />

concretizza non solo nella prognosi infausta dell’elemento dentale, ma anche nelle effettive <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong>agnostiche che<br />

possono accompagnarla. Ad oggi, anche se un’attenta analisi <strong>di</strong> peculiari segni clinici e ra<strong>di</strong>ografici possono condurre<br />

ad una corretta <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale, è ancora estremamente frequente il ricorso ad un accesso chirurgico esplorativo<br />

per una conferma visiva della frattura. La recente introduzione dell’endoscopia dentale, rendendo per la prima volta<br />

possibile un accesso alle porzioni ra<strong>di</strong>colari sottogengivali in maniera praticamente atraumatica, sembra rappresentare<br />

una interessante alternativa all’accesso chirurgico. E’ finalità <strong>di</strong> questo lavoro presentare, tramite la descrizione <strong>di</strong> un<br />

caso clinico, il razionale applicativo <strong>di</strong> tale nuova procedura <strong>di</strong>agnostica. MATERIALI E METODI: Una paziente <strong>di</strong><br />

54 anni si presenta presso il nostro Reparto lamentando una tendenza al sanguinamento gengivale allo spazzolamento<br />

ed un fasti<strong>di</strong>o non ben definito a carico dell’elemento #4.6. La visita parodontale, coa<strong>di</strong>uvata da completo ra<strong>di</strong>ografico<br />

endorale, evidenzia un quadro <strong>di</strong> parodontite cronica <strong>di</strong> grado lieve, con localizzazione prevalentea carico degli<br />

elementi molari. Un unico sondaggio superiore ai 5 mm (7 mm) viene rilevato a carico dell’elemento #4.6, ra<strong>di</strong>ce<br />

mesiale, sede vestibolare. Tale elemento dentale, devitalizzato e ricoperto da corona oro-ceramica, risulta<br />

completamente asintomatico alla percussione. Dall’esame ra<strong>di</strong>ografico non si osservano lesioni periapicali a carica<br />

dell’elemento stesso. L’anamnesi dentale rivela come tale elemento sia stato recentemente sottoposto a ritrattamento<br />

endodontico. Dopo opportuna terapia causale e motivazione igienica la paziente viene rivalutata parodontalmente.<br />

Nonostante un generale migliramente <strong>dei</strong> tessuti ed una riduzione <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> sondaggio iniziali, permane la profon<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> sondaggio <strong>di</strong> 7mm a carico del #4.6 e la sensazione <strong>di</strong> fasti<strong>di</strong>o inizialmente descritta dalla paziente non ha subito<br />

sostanziali migliorie. Viene quin<strong>di</strong> ipotizzata la possibile presenza <strong>di</strong> una frattura verticale a carico della ra<strong>di</strong>ce mesiale<br />

ma nemmeno l’esecuzione <strong>di</strong> una lastra endorale sproiettata permette <strong>di</strong> aggiungere ulteriori segni a favore <strong>di</strong> tale<br />

<strong>di</strong>agnosi. Si opta quin<strong>di</strong> per una visione endoscopica dell’area. RISULTATI: Dopo aver frizionato nella regione<br />

d’interesse del Blu <strong>di</strong> Metilene sia a livello sopra che sotto gengivale, viene inserito l’endoscopio dentale avendo così<br />

chiara visone della presenza <strong>di</strong> una rima <strong>di</strong> frattura verticale. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Una <strong>di</strong>agnosi<br />

clinica atraumatica della frattura verticale costituisce sia per il paziente che per il clinico una innegabile risorsa pratica.<br />

L’eliminazione del trauma chirurgico a scopo <strong>di</strong>agnostico permette infatti una più semplice gestione del caso ed una<br />

miglior compliance del paziente.


RIGENERAZIONE OSSEA GUIDATA: CASO CLINICO.<br />

F.Magliar<strong>di</strong>ti*,A.F.Carnovale,M.R. La Tella,P.D. Tornese.<br />

Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche.<br />

Viene descritto un caso clinico <strong>di</strong> grave riassorbimento osseo interra<strong>di</strong>colare tra 31 e 41.<br />

Il paziente si presenta alla nostra osservazione per mobilità <strong>di</strong> 3° grado a carico del 41 e spora<strong>di</strong>ci episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> piorrea.<br />

L’esame clinico mostra tasca <strong>di</strong> 9 mm sul versante mesiale del 41.<br />

Non sono presenti alterazioni <strong>dei</strong> tessuti come edema, ipertrofia, variazioni <strong>di</strong> colore della mucosa, né sono presenti<br />

sanguinamento spontaneo e dolore.<br />

Il controllo ra<strong>di</strong>ografico mostra grave riassorbimento osseo a carico del 31 e 41 presentando una minima quantità <strong>di</strong><br />

osso residuo a carico del 41.<br />

Nonostante si trattasse <strong>di</strong> un caso limite con scarse aspettative <strong>di</strong> sopravvivenza dell’elemento in questione, il paziente,<br />

seppur dettagliatamente informato sulla prognosi, decideva <strong>di</strong> non estrarre l’elemento e ci autorizzava ad eseguire<br />

qualsiasi opportuna procedura per la preservazione dell’elemento. Pertanto, dopo la sottoscrizione del “consenso<br />

informato”, si decideva <strong>di</strong> intervenire chirurgicamente a titolo sperimentale previo splintaggio dell’elemento mobile. Si<br />

praticava quin<strong>di</strong> un lembo a tutto spessore, curettage e levigatura <strong>dei</strong> tessuti molli e toilette della tasca ossea residua,<br />

innesto <strong>di</strong> sostituto osseo (Bioss) con posizionamento <strong>di</strong> una membrana riassorbibile, sutura del lembo non trazionato a<br />

totale copertura della membrana con punti non riassorbibili rimossi dopo 7 giorni.<br />

Il controllo è stato effettuato a 15 giorni, 2 mesi, 4 mesi, 6 mesi, 1 anno, 2 anni.<br />

La ra<strong>di</strong>ografia effettuata dopo 2 anni mostra una ricca ricostituzione del tessuto osseo nel sito del <strong>di</strong>fetto con assenza <strong>di</strong><br />

tasche residue; l’esame clinico mostra assenza <strong>di</strong> mobilità ed il paziente riferisce <strong>di</strong> non aver più avuto manifestazioni<br />

piorroiche.<br />

In conclusione possiamo affermare che, in casi analoghi al nostro, il trattamento <strong>di</strong> elezione può non essere sempre<br />

quello dell’estrazione, dato che, come si è visto, anche nei casi con prognosi infausta e scarsissima probabilità <strong>di</strong><br />

successo, è possibile ottenere risultati positivi adoperando le più avanzate tecniche chirurgiche rigenerative e materiali<br />

osteoinduttivi che abbiano un accertato riscontro scientifico favorevole in letteratura.


VALUTAZIONE CLINICA E BIOCHIMICA DELL’UTILIZZO DI DOXICICLINA A DOSI SUB-<br />

ANTIMICROBICHE NEL TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA PARODONTITE: STUDIO<br />

RANDOMIZZATO E CONTROLLATO.<br />

Sal<strong>di</strong> M.*, Cheresheva D., Puzzo S., Romano L., Lisanti L.,Spoto G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong> Parodontologia II -Prof. Michele Paolantonio - Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> "G.D'Annunzio" – Chieti<br />

OBIETTIVI: dalla letteratura è ormai noto che la doxiciclina inibisce le metalloproteinasi della matrice (MMPs), enzimi<br />

responsabili della <strong>di</strong>struzione parodontale, quin<strong>di</strong> oggi si ritiene che la somministrazione <strong>di</strong> doxiciclina iclato<br />

(Periostat®), a dosaggi sub-antimicrobici (SDD), in aggiunta al trattamento parodontale non chirurgico porti benefici<br />

clinici. Lo scopo del seguente lavoro è quello <strong>di</strong> valutare in pazienti affetti da parodontite cronica moderata e/o grave,<br />

l’efficacia <strong>di</strong> SDD associata a trattamento meccanico delle superfici ra<strong>di</strong>colari in corso <strong>di</strong> chirurgia parodontale <strong>di</strong><br />

accesso, rispetto al solo trattamento chirurgico.<br />

MATERIALI E METODI: trial clinico controllato e randomizzato in cui sono stati presi in considerazione 50 pazienti,<br />

23 uomini e 27 donne, <strong>di</strong> età compresa tra i 35-60 anni, non fumatori, affetti da parodontite moderata e grave. I<br />

parametri clinici e biochimici considerati prima e dopo il trattamento sono stati: profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tasca (PPD), livello <strong>di</strong><br />

attacco clinico (CAL), recessione gengivale (REC), sanguinamento al sondaggio (BOP) e attività della fosfatasi alcalina<br />

(ALP) nel fluido crevicolare. Elevati valori dell’attività <strong>di</strong> tale enzima sono stati associati ad infiammazione e<br />

<strong>di</strong>struzione parodontale. In totale lo stu<strong>di</strong>o ha valutato 300 siti in 25 pazienti test (chirurgia + SDD) e 300 siti in 25<br />

soggetti <strong>di</strong> controllo (solo chirurgia) <strong>di</strong>fferenziandoli anche in siti con PPD iniziale


SESSIONE<br />

Studenti<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


ALLERGIA AL LATTICE E DESENSIBILIZZAZIONE IN ODONTOIATRIA.<br />

Brunori F, De Paolis M, Addessi G, Vozza I.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Corso <strong>di</strong> Laurea Igiene Dentale C,Cattedra <strong>di</strong> patologia speciale odontostom., titolare:<br />

Prof.ssa I. Vozza.<br />

OBIETTIVI: L'allergia al lattice rappresenta oggi un rilevante problema sociale ed occupazionale, poiché il prodotto<br />

costituisce la materia prima per la realizzazione <strong>di</strong> molti manufatti <strong>di</strong> uso comune, strumenti e presi<strong>di</strong> sanitari<br />

odontoiatrici; ne può essere affetto sia il paziente odontoiatrico che il personale che lo assiste. Inoltre vi è una crossreattività<br />

tra gli allergeni del lattice e le proteine presenti in molti alimenti <strong>di</strong> origine vegetale. Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o<br />

è stato quello <strong>di</strong> riscontrare casi d'allergia al lattice sperimentando un protocollo <strong>di</strong> desensibilizzazione per via<br />

percutanea, ottenendo così un generale miglioramento della qualità <strong>di</strong> vita per l’ in<strong>di</strong>viduo allergico sia dal punto <strong>di</strong><br />

vista sociale che dal punto <strong>di</strong> vista professionale.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati osservati 50 in<strong>di</strong>vidui (25 uomini e 25 donne) con pre<strong>di</strong>sposizione allergica,<br />

atopia o allergia accertata. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a patch test applicati sul dorso <strong>dei</strong> pazienti e rimossi dopo<br />

48 ore ed interpretati dopo 48 e 72 ore. Previo allontanamento <strong>di</strong> tutti i prodotti in lattice e delle sostanze che danno<br />

allergia crociata (kiwi, sedano, castagne, pomodoro, banana, ecc), i soggetti risultati sensibili al patch test sono stati<br />

sottoposti ad un processo <strong>di</strong> desensibilizzazione percutanea.<br />

RISULTATI: Sono risultati sensibili 11 soggetti (22%) e sono stati sottoposti a desensibilizzazione percutanea<br />

ottenendo i seguenti risultati: in 7 pazienti su 11 si verificata una regressione della sintomatologia; 2 pazienti (18,2%)<br />

hanno rifiutato il trattamento e 2 pazienti (18,2%) non hanno mostrato alcuna regressione.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: I risultati del presente stu<strong>di</strong>o hanno mostrato come i pazienti trattati possano<br />

gradualmente ritornare ad aver un contatto con lattice senza manifestare sintomi. Allo scopo <strong>di</strong> confermare e completare<br />

i risultati preliminari <strong>di</strong> questa sperimentazione sarà necessario allargare l’ osservazione ad un più ampio gruppo <strong>di</strong><br />

soggetti, e contemporaneamente valutare anche la recentissime desensibilizzazione che utilizza la via sublinguale al<br />

posto della percutanea, assicurando così un approccio terapeutico sicuro ed efficace verso le allergie al lattice.


IL CARCINOMA ORALE. NUOVE TECNICHE DIAGNOSTICHE<br />

Boatta D.*, Giordano G, Umbaldo F., Nar<strong>di</strong> G.M., Ottolenghi L.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, CLSOPD, <strong>Odontoiatria</strong> Preventiva e <strong>di</strong><br />

Comunità (Prof. L.Ottololenghi),<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è sperimentare le capacità e l'affidabilità <strong>di</strong> nuovi strumenti <strong>di</strong>agnostici che<br />

presentino minima invasività e facile utilizzo, con il fine <strong>di</strong> coinvolgere il maggior numero <strong>di</strong> pazienti ad effettuare le<br />

visite <strong>di</strong> prevenzione del cancro orale. Le nuove tecnologie ci permettono <strong>di</strong> effettuare un esame <strong>di</strong>agnostico rapido e<br />

non invasivo che sfrutta l'autofluorescenza tissutale per rilevare lesioni maligne e premaligne della mucosa del cavo<br />

orale. A questo esame abbiamo abbinato una cartella clinica <strong>di</strong> valutazione appositamente elaborata.<br />

MATERIALI E METODI: abbiamo sottoposto 22 soggetti <strong>di</strong> età compresa fra i 30 e i 45, ospiti in una comunità <strong>di</strong><br />

recupero per tossico-<strong>di</strong>pendenti (considerati a rischio per l’uso prolungato <strong>di</strong> tabacco e superalcolici) all'esame clinico<br />

visuale tra<strong>di</strong>zionale con l’ausilio <strong>di</strong> un’illuminazione normale; successivamente li abbiamo esaminati con uno strumento<br />

atto a rilevare aree <strong>di</strong>splasiche e ipercheratinizzate, sfruttandone l’autofluorescenza alterata (VELscope®).<br />

RISULTATI: all'esame clinico tra<strong>di</strong>zionale ognuno <strong>dei</strong> 22 pazienti risultava sano, senza alcun tipo <strong>di</strong> lesione delle<br />

mucose orali visibile ad “occhio nudo”, mentre all'esame dell’autofluorescenza abbiamo in<strong>di</strong>viduato 3 casi positivi, che<br />

sono stati in seguito avviati per i prescritti esami <strong>di</strong>agnostici <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>mento (controlli e biopsia). DISCUSSIONI<br />

E CONCLUSIONI: l’innovazione tecnologica può determinare le con<strong>di</strong>zioni per aumentare la sensibilità <strong>di</strong>agnostica al<br />

fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le aree della mucosa orale a rischio <strong>di</strong> degenerazioni maligne, riducendo al minimo l’invasività<br />

clinica. Questa tecnologia può pertanto risultare utile per effettuare screening delle mucose orali, sia per visite<br />

perio<strong>di</strong>che <strong>di</strong> prevenzione e <strong>di</strong>agnosi precoce del carcinoma orale, sia per delimitare l'area in cui effettuare una biopsia<br />

escissionale in caso <strong>di</strong> positività all'esame bioptico. Va comunque sottolineata la possibilità <strong>di</strong> falsi positivi in caso <strong>di</strong><br />

tessuti infiammati e in presenza <strong>di</strong> piccoli angiomi sottocutanei: sarà dunque utile fare riferimento all’anamnesi per<br />

prescrivere un protocollo corretto <strong>di</strong> richiami e biopsia <strong>di</strong> accertamento.


INNESTI ETEROLOGHI, ALLOGENICI E ALLOPLASTICI IN CHIRURGIA ORALE RIGENERATIVA:<br />

STUDIO COMPARATIVO IN VITRO SUL COMPORTAMENTO DI CELLULE OSTEOBLASTO-SIMILI<br />

MG63 A CONTATTO CON BIOMATERIALI DI DIFFERENTE ORIGINE.<br />

Carlino V. 1 *, Cantalupo Milazzo D. 1 , Stergiopoulos V. 1 , Bonanno A. 1 , Brutto D. 1 , Marescalco M.S. 1 , Domina M. 2 ,<br />

D’Agristina M. 2 , Sinatra F. 2 , Pappalardo S. 1 .<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania1.Dip. <strong>di</strong> Spec. me<strong>di</strong>co-chirurgiche. Azienda Ospedaliera -Universitaria Gaspare<br />

Rodolico, Catania. U.O.P.S. Odontoiatrico, Dir. Prof.ssa Sabrina Pappalardo. Catt. <strong>di</strong> Chirurgia Orale.2.Dip <strong>di</strong><br />

Scienze Biome<strong>di</strong>che,Sez.<strong>di</strong> Biologia Generale.<br />

INTRODUZIONE:La richiesta <strong>di</strong> una riabilitazione orale <strong>di</strong> tipo fisso implanto-supportata, ha indotto la ricerca<br />

nell’ambito della chirurgia orale rigenerativa, a focalizzare la propria attenzione, sui materiali da innesto.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> condurre un’analisi al microscopio elettronico a scansione<br />

(SEM) al fine <strong>di</strong> valutare l’interazione biologico-molecolare tra le cellule simil-osteoblastiche (MG-63) e i quattro<br />

<strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> materiali da innesto: Poly Lactic-co-glycolic Acid (PLGA), Deproteinized Bovine Bone (DPBB),<br />

Equine Bone (EB), Demineralized Bovine Matrix (DBM).<br />

MATERIALI E METODI: E’ stata usata una linea cellulare <strong>di</strong> osteosarcoma umano denominata MG-63 (ATCC,<br />

Catalog No CRL-1427). Le cellule sono state coltivate in MEM, ad<strong>di</strong>zionato con antibiotici e 10 % <strong>di</strong> siero bovino<br />

fetale (FBS), e mantenute in incubatore a 37 C° in atmosfera umida al 5% <strong>di</strong> CO2. 25 µL della sospensione <strong>di</strong> 2 x 10 6<br />

cellule/mL sono stati posti sia sui vari vetrini circolari sterili, <strong>di</strong> <strong>13</strong> mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, che contenevano ognuno un <strong>di</strong>verso<br />

biomateriale sia su quelli <strong>di</strong> controllo e posti in incubatore. I campioni sono stati processati per l’osservazione al SEM,<br />

prelevandoli a vari intervalli <strong>di</strong> tempo.<br />

RISULTATI:Osservazione al SEM e microanalisi a raggi X. PLGA: Le cellule cresciute su PLGA mostrano scarsa<br />

adesione ai granuli e nessuna mo<strong>di</strong>ficazione morfologica in senso osteoblastico. Alla microanalisi non è stata rivelata la<br />

presenza <strong>di</strong> calcio. DPBB: Le cellule osteoblasto-simili cresciute su DPBB acquisiscono una morfologia <strong>di</strong> tipo<br />

osteoblastico, caratterizzata dall’emissione <strong>di</strong> numerosi prolungamenti citoplasmatici che conferiscono alla cellula un<br />

aspetto stellato. Alla microanalisi è stata rivelata la presenza <strong>di</strong> calcio in micro-vescicole <strong>di</strong> esocitosi. EB: Le cellule<br />

cresciute su EB, dopo numerosi giorni <strong>di</strong> coltura, sembrano rivestire totalmente i frammenti <strong>di</strong> EB ma con una adesione<br />

ad essi. Inoltre, le cellule presentano mo<strong>di</strong>ficazioni morfologiche <strong>di</strong> tipo osteoblastico, rapportabili a quelle delle cellule<br />

cresciute su DPBB.<br />

DBM: Le cellule osteoblasto-simili cresciute su DBM manifestano una più intensa e precoce adesione al substrato;<br />

inoltre, col progre<strong>di</strong>re del tempo sperimentale, appaiono <strong>di</strong>stese e con numerosi prolungamenti che terminano con<br />

placche focali <strong>di</strong> adesione. Alla microanalisi a raggi X è stata evidenziata la presenza <strong>di</strong> elevate quantità <strong>di</strong> calcio nelle<br />

vescicole <strong>di</strong> esocitosi.<br />

CONCLUSIONI: Dall’analisi al SEM è possibile evincere come la morfologia, la capacità proliferativa, la modalità <strong>di</strong><br />

adesione e la <strong>di</strong>fferenziazione delle cellule osteoblasto-simili MG-63 siano influenzate in modo <strong>di</strong>verso dai vari<br />

biomateriali utilizzati come substrato <strong>di</strong> crescita.


SOSTITUZIONE DI UN INCISIVO CENTRALE CON FRATTURA CORONO-RADICOLARE MEDIANTE<br />

IMPIANTO POST-ESTRATTIVO A PROTESIZZAZIONE IMMEDIATA: TECNICA SEMPLIFICATA.<br />

Ghensi P, Cucchi A, Vartolo F, Scala R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologiche e Biome<strong>di</strong>che, Sezione <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale e <strong>Odontoiatria</strong>, Università<br />

<strong>di</strong> Verona, Italia. Direttore: Nocini PF. pabletto@tin.it<br />

OBIETTIVI: il trauma <strong>di</strong> un elemento mascellare è un incidente comune; nella maggior parte <strong>dei</strong> casi, il risultato è una<br />

frattura coronale o ra<strong>di</strong>colare, che richiede l’estrazione e l’inserimento <strong>di</strong> un impianto. Lo scopo <strong>di</strong> questo poster è<br />

quello <strong>di</strong> descrivere accuratamente un caso clinico in cui un incisivo centrale mascellare fratturato è stato sostituito da<br />

un impianto post-estrattivo a carico imme<strong>di</strong>ato, in un paziente fumatore e con scarsa igiene orale, utilizzando una<br />

tecnica semplificata, che permetta <strong>di</strong> ridurre il costo totale della riabilitazione impianto-protesica. MATERIALI E<br />

METODI: La tecnica descritta in questo poster è caratterizzata dalla non-esecuzione del lembo, riempimento <strong>dei</strong> gaps<br />

tra impianto e parete alveolare me<strong>di</strong>ante spugna <strong>di</strong> fibrina, dall’utilizzo <strong>dei</strong> mounts come abutment provvisorio, transfer,<br />

e abutment definitivo. La finalizzazione dell’impianto è stata eseguita me<strong>di</strong>ante una corona in metallo-ceramica dopo 7<br />

settimane. RISULTATI: Dopo un follow-up <strong>di</strong> 2 anni, i parametri clinici e ra<strong>di</strong>ografici risultano ottimali: i livelli della<br />

papilla interprossimale e del margine gengivale sono stabili, così come i livelli della creste interprossimali, che non<br />

hanno subito alterazioni significative. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il carico imme<strong>di</strong>ato <strong>di</strong> impianti postestrattivi<br />

è una tecnica pre<strong>di</strong>cibile e affidabile, che permette <strong>di</strong> raggiungere elevate percentuali <strong>di</strong> successo. La tecnica<br />

semplificata proposta in questo poster ha permesso <strong>di</strong> raggiungere un risultato estetico e funzionale accettabile, che si<br />

integra perfettamente nella dentatura residua del paziente, ma con un costo economico a carico del paziente<br />

estremamente limitato. È chiaro che la valutazione <strong>di</strong> un maggior numero <strong>di</strong> pazienti trattati con questa tecnica è<br />

necessario per confermarne la vali<strong>di</strong>tà e l’efficacia a lungo termine.


IL RUOLO DELL'IGIENISTA DENTALE NEI PAZIENTI ONCOLOGICI<br />

Caldarazzo V, Di Sante L, Vozza I.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Corso <strong>di</strong> Laurea Igiene Dentale C,Cattedra <strong>di</strong> patologia speciale odontostom., titolare:<br />

Prof.ssa I. Vozza.<br />

OBIETTIVI: La ra<strong>di</strong>o e chemioterapia a cui i pazienti oncologici sono sottoposti possono determinare effetti collaterali<br />

e/o tossici interessando anche il cavo orale. Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare l’importanza della<br />

prevenzione orale nel paziente oncologico. MATERIALI E METODI: Sono stati osservati 60 pazienti (36 uomini e 24<br />

donne, età me<strong>di</strong>a 68 anni) in regime chemioterapico da almeno 3 cicli presso il Day Hospital Oncologico dell’ Ospedale<br />

Fiorini <strong>di</strong> Terracina, <strong>di</strong>stretto Asl Latina per un periodo <strong>di</strong> 4 mesi. Tali pazienti erano in trattamento con docetaxel,<br />

doxorubicina cloridrato o gemcitabina per tumori della mammella, della vescica, del pancreas delle ovaie e tumori<br />

polmonari. RISULTATI: i pazienti osservati erano soggetti a xerostomia(58), aftosi (23), gengivite (41), can<strong>di</strong>dosi (45),<br />

<strong>di</strong>sgeusia (51) ulcerazioni (16) e presentavano una scarsa igiene orale generalizzata .<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Dal presente stu<strong>di</strong>o si evince che il ruolo dell’igienista è fondamentale prima<br />

durante e dopo la terapia antineoplastica poiché deve eliminare i fattori <strong>di</strong> rischio infettivo, educare il paziente a gestire<br />

i problemi legati alla terapia e fornire i mezzi per la prevenzione, motivare il paziente e impartire adeguate lezioni <strong>di</strong><br />

’igiene orale domiciliare, eseguendo richiami perio<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> igiene orale professionale anche dopo la fine del trattamento.


EFFETTI DELLA GUARIGIONE PER PRIMA E SECONDA INTENZIONE SULLE COMPLICANZE POST-<br />

OPERATORIE IN CHIRURGIA ESTRATTIVA<br />

Cirigliano N., Graziani F., Cei S., Tonelli M., La Ferla F., Ghionzoli L., Gabriele M.<br />

Università <strong>di</strong> Pisa, CLSOPD Presidente: Prof. M.Gabriele<br />

OBIETTIVI: il terzo molare incluso rappresenta un valido modello <strong>di</strong> ricerca per lo stu<strong>di</strong>o delle complicanze<br />

chirurgiche post-operatorie. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> osservare gli effetti del trauma chirurgico, in termini<br />

<strong>di</strong> edema e dolore post-operatori, utilizzando come modello <strong>di</strong> ricerca l’estrazione del terzo molare inferiore incluso.<br />

MATERIALI E METODI: 10 soggetti selezionati fra i pazienti afferenti alla U.O. <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia<br />

Orale dell’Università <strong>di</strong> Pisa per <strong>di</strong>sodontiasi bilaterale <strong>dei</strong> terzi molari inferiori. Gli interventi <strong>di</strong> estrazione del terzo<br />

molare sono stati sud<strong>di</strong>visi in due gruppi in cui la guarigione della ferita chirurgica è avvenuta rispettivamente per<br />

prima (gruppo controllo) e per seconda intenzione (gruppo test). I parametri clinici analizzati sono stati edema e dolore<br />

post-operatori valutati al 2° e 7° giorno post-operatorio. La significatività statistica è stata assunta per un valore <strong>di</strong> p<<br />

0,05. RISULTATI: i pazienti inclusi non hanno riportato alcuna complicanza post-operatoria. In entrambi i gruppi è<br />

stata osservata una riduzione dell’edema post-operatorio tra il secondo ed il settimo giorno. Non sono state osservate<br />

<strong>di</strong>fferenze significative tra il gruppo guarito per prima intenzione (nei giorni 2 e 7 i valori percentuali erano<br />

rispettivamente <strong>di</strong> 3,12±3,20 e 2,22±2,66) e quello guarito per seconda intenzione (nei giorni 2 e 7 i valori percentuali<br />

erano rispettivamente <strong>di</strong> 4,01±5,72 e 2,65±3,09). In entrambi i gruppi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o è stata osservata una <strong>di</strong>minuzione del<br />

dolore post-operatorio al secondo ed al settimo giorno post-operatorio. Non sono state osservate <strong>di</strong>fferenze significative<br />

tra i due gruppi <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o; i valori della VAS sono stati <strong>di</strong> 45,63±17,61 e 32,22±5,87 rispettivamente al secondo e<br />

settimo giorno nel gruppo controllo e 52,00±23,25 e 47,73±30,77 rispettivamente al secondo e settimo giorno nel<br />

gruppo test. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’edema facciale che insorge in seguito al trauma chirurgico tende a<br />

<strong>di</strong>minuire nei giorni che seguono l’intervento. Nonostante non vi siano <strong>di</strong>fferenze significative tra i due gruppi in<br />

esame, il gruppo test mostra valori maggiori rispetto al gruppo controllo. Ciò potrebbe essere verosimilmente spiegato<br />

dalla guarigione non ancora completa <strong>dei</strong> lembi mucosi e dall’esposizione dell’alveolo sottostante, che possono<br />

pre<strong>di</strong>sporre alla persistenza dell’infiammazione locale. In entrambi i gruppi è stata osservata una <strong>di</strong>minuzione del dolore<br />

post-operatorio fra il secondo ed il settimo giorno. Pur non avendo riscontrato <strong>di</strong>fferenze significative tra i due gruppi, è<br />

apprezzabile un maggiore <strong>di</strong>scomfort per il gruppo guarito per seconda intenzione. E’ pertanto plausibile supporre come<br />

sia necessario un campione maggiore per la valutazione del <strong>di</strong>scomfort operatorio secondario al processo <strong>di</strong> guarigione<br />

della ferita.


FROG: NUOVO DISPOSITIVO PER LA DISTALIZZAZIONE MOLARE SENZA COLLABORAZIONE.<br />

Montanari P, Bolamperti L, Caprioglio A.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia e Gnatologia (Funzione Masticatoria)<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> dell’Insubria<br />

OBIETTIVI: Descrivere un nuovo <strong>di</strong>spositivo per la <strong>di</strong>stalizzazione <strong>dei</strong> molari superiori, intraorale, monomascellare e<br />

fisso. Il Frog è in<strong>di</strong>cato per la terapia <strong>di</strong> malocclusioni <strong>di</strong> I e II Classe scheletriche in pazienti normo ed ipo<strong>di</strong>vergenti,<br />

con necessità <strong>di</strong> spazio e/o con rapporti occlusali <strong>di</strong> Classe II. Scopo del lavoro è valutare clinicamente e<br />

ra<strong>di</strong>ograficamente gli effetti del Frog, in seguito ad una fase <strong>di</strong> <strong>di</strong>stalizzazione, <strong>di</strong> circa 6-8 mesi.<br />

MATERIALI E METODI: Due pazienti, un maschio ed una femmina, rispettivamente <strong>di</strong> 10 e 11 anni <strong>di</strong> età, in<br />

dentatura permanente, sono stati sottoposti ai classici esami <strong>di</strong>agnostici preliminari, quali set <strong>di</strong> fotografie intra ed extraorali,<br />

ortopantomografia, telera<strong>di</strong>ografia del cranio in proiezione latero-laterale e modelli stu<strong>di</strong>o. Il paziente <strong>di</strong> sesso<br />

maschile presenta una II classe scheletrica ipo<strong>di</strong>vergente, deep-bite <strong>di</strong> natura dento-alveolare in assenza <strong>di</strong> affollamento,<br />

mentre la paziente femmina presenta una II Classe scheletrica normo<strong>di</strong>vergente ed un deep bite <strong>di</strong> natura dentoalveolare<br />

con lieve affollamento.<br />

Per entrambi i soggetti la terapia ha previsto l’utilizzo del Frog. Questo apparecchio sfrutta come ancoraggio un bottone<br />

<strong>di</strong> Nance palatino e degli appoggi metallici che fuoriescono dal margine laterale dell’acrilico, andando a contattare gli<br />

elementi dentari della regione premolare per la cementazione sul loro solco occlusale. La componente attiva è costituita<br />

da una molla in acciaio connessa ad una vite centrale, la cui attivazione è in grado <strong>di</strong> generare un movimento <strong>di</strong>stale <strong>dei</strong><br />

molari. La vite centrale è attivata mensilmente con tre attivazioni ad appuntamento, fino al raggiungimento <strong>di</strong><br />

un’ipercorrezione a livello <strong>dei</strong> molari superiori. In seguito il <strong>di</strong>spositivo è stato lasciato passivo in sede per un mese per<br />

essere poi sostituito da una barra transpalatina. Al termine <strong>di</strong> questa fase terapeutica sono stati eseguiti nuovi record<br />

<strong>di</strong>agnostici.<br />

RISULTATI: L’utilizzo del Frog per la <strong>di</strong>stalizzazione <strong>dei</strong> molari superiori ha permesso in entrambi i casi un buon<br />

controllo della <strong>di</strong>mensione verticale, un’ipercorrezione della seconda classe molare e l’assenza <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> ancoraggio<br />

a livello del settore anteriore. Si è inoltre ottenuto un tip mesiale <strong>dei</strong> primi molari superiori, contrariamente a quanto<br />

succede con altre meccaniche <strong>di</strong> <strong>di</strong>stalizzazione, in cui spesso si riscontra un tip <strong>di</strong>stale.<br />

DISCUSSIONE e CONCLUSIONI: Questo nuovo <strong>di</strong>spositivo, grazie alla sua facilità <strong>di</strong> costruzione e versatilità <strong>di</strong><br />

utilizzo rappresenta una valida alternativa ai <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong>stalizzanti oggi presenti. I vantaggi <strong>di</strong> questa<br />

apparecchiatura intraorale sono oltre ad una semplice meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> costruzione, la possibilità clinica <strong>di</strong> attivazioni<br />

progressive e dosabili, il controllo tri<strong>di</strong>mensionale <strong>dei</strong> molari superiori, l’assenza <strong>di</strong> collaborazione ed un comfort<br />

accettabile per il paziente, fermo restando i criteri <strong>di</strong> una corretta <strong>di</strong>agnosi. A questo si aggiunge la possibilità del suo<br />

utilizzo in associazione alle moderne tecniche <strong>di</strong> ancoraggio scheletrico, riducendo ulteriormente gli effetti indesiderati.


RUOLO DELLE VARIANTI ALLELICHE DEI GENI OPIATES RECEPTOR µ-1 (OPRM-1) E CATECOL-O-<br />

METILTRANSFERASI (COMT) NELLA NOCICEZIONE PARODONTALE<br />

Manfre<strong>di</strong> E, Carra MC, Calciolari E, Mauro G, Lumetti S, Di Blasio A, Gandolfini M, Galli C, Bonanini M, Macaluso<br />

GM<br />

Università <strong>di</strong> Parma, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia, coord: prof. M Bonanini<br />

INTRODUZIONE: Recentemente è stata posta grande attenzione sui fattori genetici che influenzano la nocicezione;<br />

sono stati stu<strong>di</strong>ati come possibili can<strong>di</strong>dati il gene Opiates Receptor µ-1 (OPRM-1), il gene Catecol-O-metiltransferasi<br />

(COMT), il gene per il recettore della melanocortina-1 (MC1R), il gene Citocromo P450-2D6 ed il gene della P-<br />

Glicoproteina (ABCB1)<br />

OBIETTIVI: Valutare l’associazione tra alcune varianti alleliche <strong>di</strong> Catecol-O-Metiltransferasi (COMT) e Opiates<br />

Receptor µ-1 (OPRM-1) e le caratteristiche <strong>di</strong> dolore parodontale sperimentalmente indotto in volontari sani.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati reclutati 42 volontari sani, che hanno sottoscritto un apposito consenso come da<br />

approvazione da parte del Comitato Etico, <strong>di</strong> età compresa tra 19 e 39 anni, 30 <strong>di</strong> sesso maschile e 12 femminile, in<br />

buono stato <strong>di</strong> salute parodontale (PSR≤1 in tutti i sestanti). Il modello <strong>di</strong> dolore parodontale è stato indotto con elastici<br />

separatori applicati mesialmente e <strong>di</strong>stalmente al primo molare inferiore <strong>di</strong> destra. Per le 48 ore <strong>di</strong> durata della<br />

sperimentazione è stato chiesto <strong>di</strong> compilare un apposito <strong>di</strong>ario in<strong>di</strong>cando ad ogni ora, tramite la compilazione <strong>di</strong> scale<br />

analogico visive (VAS), l'intensità del dolore. Sono stati inoltre effettuati tests <strong>di</strong> compressione e <strong>di</strong> percussione degli<br />

elementi dentari e un sondaggio parodontale subito prima <strong>di</strong> inserire i separatori e al termine della sperimentazione. La<br />

prova <strong>di</strong> percussione (su ogni dente esclusi ottavi e incisivi) è stata effettuata tramite il manico <strong>di</strong> uno specchietto<br />

odontoiatrico e la prova <strong>di</strong> compressione applicando una forza progressiva <strong>di</strong> 5 Kg (su ogni dente, sempre esclusi denti<br />

del giu<strong>di</strong>zio e incisivi) tramite l'utilizzo <strong>di</strong> un <strong>di</strong>namometro a molla. Per quanto riguarda il gene COMT, sono stati<br />

analizzati quattro polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) che formano gli aplotipi <strong>di</strong> più frequente riscontro nella<br />

popolazione: questi determinano a loro volta una funzionalità più o meno elevata dell'enzima COMT. Del gene OPRM-<br />

1 è stato analizzato un singolo SNP in grado <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare dal punto <strong>di</strong> vista funzionale il recettore µ-1.<br />

RISULTATI: L'analisi statistica tramite test <strong>di</strong> Kruskal-Wallis non ha rilevato per COMT alcuna significatività tra i<br />

<strong>di</strong>versi aplotipi, mentre per OPRM-1 sono state riscontrate delle evidenze significative tra le VAS dopo 48 ore<br />

(Unpaired t-test, p=0,0077) e durante il test <strong>di</strong> percussione effettuato al termine della sperimentazione (Unpaired t-test,<br />

p=0,037).<br />

CONCLUSIONI: Nei limiti della numerosità campionaria, ancora inadeguata per compiere affermazioni circa il gene<br />

COMT, il presente stu<strong>di</strong>o ha confermato l'esistenza <strong>di</strong> “profili genetici nocicettivi” anche per il parodonto.


CARATTERISTICHE DI UN MODELLO SPERIMENTALE DI DOLORE PARODONTALE.<br />

Lumetti S, Manfre<strong>di</strong> E, Calciolari E, Carra MC, Mauro G, Di Blasio A, Gandolfini M, Galli C, Bonanini M, Macaluso<br />

GM.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia, coord: prof M. Bonanini<br />

INTRODUZIONE: Il dolore è un'esperienza complessa che comprende elementi sensitivi, affettivi e cognitivi. E' una<br />

risposta soggettiva che mostra larghe variazioni inter-in<strong>di</strong>viduali; ciò <strong>di</strong>pende da una serie <strong>di</strong> fattori quali l'età, il sesso,<br />

la soglia <strong>di</strong> dolore, l'intensità della noxa, le <strong>di</strong>fferenze socio-culturali e le precedenti esperienze algiche. A livello<br />

parodontale la nocicezione mostra una componente mista, formata da un dolore <strong>di</strong> tipo superficiale (gengiva) e da un<br />

dolore <strong>di</strong> tipo profondo (legamento parodontale) ed è strettamente correlata con il carico a cui sono sottoposte le<br />

strutture parodontali stesse.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o è la valutazione delle caratteristiche temporali, quantitave e qualitative <strong>di</strong> un<br />

dolore parodontale in seguito a induzione sperimentale controllata in volontari sani.<br />

MATERIALI E METODI: La sperimentazione ha coinvolto 42 volontari <strong>di</strong> età compresa tra 19 e 39 anni, 30 <strong>di</strong> sesso<br />

maschile e 12 femminile, in buono stato <strong>di</strong> salute generale e parodontale (PSR≤1 in tutti i sestanti).<br />

Il sistema <strong>di</strong> induzione controllata <strong>di</strong> dolore parodontale è stato l'applicazione <strong>di</strong> elastici separatori posizionati<br />

mesialmente e <strong>di</strong>stalmente al primo molare inferiore <strong>di</strong> destra.<br />

I volontari hanno quin<strong>di</strong> compilato per le 48 ore successive un apposito <strong>di</strong>ario, in<strong>di</strong>cando ad ogni ora, tramite la<br />

compilazione <strong>di</strong> scale analogico visive (VAS), l'intensità del dolore.<br />

Subito prima <strong>di</strong> inserire i separatori sono stati effettuati tests <strong>di</strong> compressione e <strong>di</strong> percussione degli elementi dentari e<br />

un sondaggio parodontale. La prova <strong>di</strong> percussione (su ogni dente esclusi denti del giu<strong>di</strong>zio e incisivi sia centrali che<br />

laterali) è stata effettuata tramite il manico <strong>di</strong> uno specchietto odontoiatrico e la prova <strong>di</strong> compressione applicando una<br />

forza progressiva <strong>di</strong> 5 Kg (su ogni dente, sempre esclusi denti del giu<strong>di</strong>zio e incisivi) tramite l'utilizzo <strong>di</strong> un<br />

<strong>di</strong>namometro a molla. Questi tests sono stati poi ripetuti al termine della sperimentazione.<br />

Al termine della sperimentazione è stata quin<strong>di</strong> compilata la versione italiana del McGill Pain Questionnaire per gli<br />

aspetti qualitativi del dolore.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI: Lo stu<strong>di</strong>o ha evidenziato una <strong>di</strong>fferenza della nocicezione parodontale tra maschi e<br />

femmine per quanto riguarda la VAS a 48 ore dall’inserimento <strong>dei</strong> separatori (test <strong>di</strong> Mann-Whitney, p=0,0287), per il<br />

numero <strong>di</strong> elementi dentari dolenti al test <strong>di</strong> percussione effettuato al termine della sperimentazione (Unpaired t-test,<br />

p=0,0142), per il numero <strong>di</strong> elementi dentari dolenti al test <strong>di</strong> compressione effettuato sia all'inizio (test <strong>di</strong> Mann-<br />

Whitney, p=0,0198) che al termine della sperimentazione (test <strong>di</strong> Mann-Whitney, p=0,0235).<br />

Il profilo temporale mostra una stretta correlazione con il carico a cui sono sottoposti gli elementi dentari.


PROJECT WORK: “ GLUCO-BEEP”<br />

Altomare M. Caputo C. Di Biagio L. Gottar<strong>di</strong> F. Piterà M. Tunesi P.<br />

“Sapienza” Universita’ Di Roma I Facolta’ Di Me<strong>di</strong>cina E Chirurgia Corso Di Laurea Specialistica - Scienze Delle<br />

Professioni Sanitarie Tecnico Assistenziali Presidente: Prof.ssa Ersilia Barbato. Insegnamento <strong>di</strong> Informatica<br />

Applicata Alla Gestione Sanitaria titolare: Prof. Raffaele Principe<br />

Il Diabete Mellito è una malattia cronica estremamente <strong>di</strong>ffusa che, se non adeguatamente trattata, porta a complicanze<br />

gravi ed invalidanti. Negli ultimi anni si sono cercate soluzioni in grado <strong>di</strong> poter sod<strong>di</strong>sfare esigenze <strong>di</strong> follow-up<br />

frequenti senza gravare sul paziente , sulle strutture del sistema ospedaliero e cercando il drastico abbattimento <strong>dei</strong><br />

costi della gestione sanitaria. La teleme<strong>di</strong>cina rappresenta il futuro per un costante controllo me<strong>di</strong>co eseguito<br />

domiciliarmente.<br />

• Il Gluco-beep è un sistema <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>fica e <strong>di</strong> trasmissione a <strong>di</strong>stanza <strong>dei</strong> valori glicemici domiciliari<br />

• I valori glicemici trasformati in toni vengono trasmessi al terminale del servizio <strong>di</strong> <strong>di</strong>abetologia tramite telefono<br />

• Il me<strong>di</strong>co riceve i dati e se necessario mo<strong>di</strong>fica la terapia<br />

• Il Gluco-beep è dotato <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> ricezione , che avvisa il paziente che sono stati visionati i suoi profili<br />

glicemici. Il paziente chiama il numero verde per ascoltare il commento o l’ eventuale prescrizione me<strong>di</strong>ca.<br />

Gluco-beep permette <strong>di</strong> :<br />

• Correggere tempestivamente gli errori terapeutici eventualmente commessi<br />

• Correggere un eventuale stile <strong>di</strong> vita scorretto, dando la possibilità <strong>di</strong> una interazione tra me<strong>di</strong>co e paziente<br />

• Migliorare la consapevolezza e l’autonomia del paziente<br />

Un campione <strong>di</strong> pazienti preso in esame , ha giu<strong>di</strong>cato il Glucobeep positivamente; è stato in grado <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare<br />

utilmente la loro percezione e gestione della malattia ottenendo maggiore compliance e un miglior controllo<br />

metabolico.<br />

Tutti gli stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato, la fattibilità clinica e l’accettabilità degli interventi <strong>di</strong> teleme<strong>di</strong>cina, nel supportare la<br />

gestione dell’autocontrollo glicemico nei <strong>di</strong>abetici. Non è stata rilevata una forte evidenza sulla capacità <strong>dei</strong> sistemi<br />

analizzati <strong>di</strong> migliorare l’emoglobina glicosilata e ridurre i costi, rispetto ai sistemi tra<strong>di</strong>zionali. Emerge la necessità <strong>di</strong><br />

ulteriori stu<strong>di</strong>, soprattutto <strong>di</strong> trials controllati e randomizzati. I sistemi <strong>di</strong> teleme<strong>di</strong>cina rappresentano senza dubbio un<br />

valido mezzo per realizzare le raccomandazioni internazionali sull’autocontrollo della glicemia. Possono contribuire ad<br />

ottimizzare la gestione delle risorse ed il contenimento <strong>dei</strong> costi.<br />

Permettono <strong>di</strong> superare limiti legati a barriere geografiche (attività lavorativa <strong>dei</strong> pazienti, ai tempi <strong>di</strong> prenotazione e <strong>di</strong><br />

attesa per le visite ambulatoriali, alla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> spostamento <strong>dei</strong> pazienti anziani) .


VALUTAZIONE DELLA PROCEDURA DI GRANDE RIALZO DEL SENO MASCELLARE MEDIANTE<br />

POSIZIONAMENTO DI OSSO AUTOLOGO E MATERIALE ALLOGENICO PARTICOLATO (DBM).<br />

Marangio F.*, Cantalupo Milazzo D., Brutto D., Carlino V., Pappalardo S.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Specialità me<strong>di</strong>co-chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia II.<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria “Gaspare Rodolico”,Catania.<br />

U.O. Pronto Soccorso Odontoiatrico, Direttore Prof.ssa Sabrina Pappalardo.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Orale I.<br />

INTRODUZIONE: Il grande rialzo del seno mascellare è una tecnica chirurgica che consente <strong>di</strong> aumentare le<br />

<strong>di</strong>mensioni verticali delle creste edentule superiori, consentendo il posizionamento <strong>di</strong> impianti osteointegrati. Talvolta,<br />

infatti, il mascellare superiore può presentare caratteristiche tali da non consentire il corretto posizionamento <strong>di</strong> un<br />

impianto e la sua stabilità primaria a causa <strong>di</strong> insufficienti quantità ossee derivanti, sia dal riassorbimento crestale che<br />

segue la per<strong>di</strong>ta degli elementi dentali, sia dalla progressiva espansione del seno mascellare.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare, attraverso un’ indagine clinica e ra<strong>di</strong>ografica, i<br />

risultati dell’ impiego dell’osso autologo e <strong>di</strong> DBM nel grande rialzo del seno mascellare, al fine <strong>di</strong> ottenere un volume<br />

osseo sufficiente alla riabilitazione implanto-protesica.<br />

MATERIALI E METODI: Lo stu<strong>di</strong>o è stato condotto su un gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci pazienti in<strong>di</strong>viduati in base ai seguenti<br />

criteri <strong>di</strong> inclusione: edentulismo monolaterale del settore molare, atrofia alveolare, altezza residua pari a 2-4 mm. Tutti<br />

i pazienti sono stati sottoposti a grande rialzo del seno mascellare monolaterale me<strong>di</strong>ante innesto <strong>di</strong> osso autologo e <strong>di</strong><br />

DBM.<br />

RISULTATI: L’ indagine ra<strong>di</strong>ografica postoperatoria a 6 mesi, confrontata con le indagini preoperatorie, ha messo in<br />

evidenza un sufficiente volume <strong>di</strong> tessuto mineralizzato, pari a circa l’88,51%, ed un’ adeguato aumento dell’ altezza<br />

ossea.<br />

CONCLUSIONI: Dal presente stu<strong>di</strong>o si evince come la procedura <strong>di</strong> grande rialzo del seno mascellare, associata al<br />

posizionamento <strong>di</strong> autologo e DBM, permetta <strong>di</strong> ottenere un incremento dell’altezza ossea della cresta alveolare<br />

sufficiente all’inserimento <strong>di</strong> impianti osteointegrati, consentendo la successiva riabilitazione impianto-protesica <strong>dei</strong><br />

pazienti, con pre<strong>di</strong>cibilità <strong>di</strong> risultato in termini <strong>di</strong> integrazione dell’innesto e dell’impianto.


MANIFESTAZIONI ORALI DELL'HERPES ZOSTER. REVISIONE DELLA LETTERATURA.<br />

Antonelli G., Petrella A., Sarallo E., Corsi C, Vozza I.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Corso <strong>di</strong> Laurea Igiene dentale C,Cattedra <strong>di</strong> patologia speciale odontostomatologica,<br />

titolare: Prof.ssa Iole Vozza.<br />

L’Herpes zoster è una malattia acuta localizzata <strong>di</strong> origine virale dovuta alla riattivazione del virus varicella latente nei<br />

gangli spinali dorsali, i cui fattori pre<strong>di</strong>sponesti sono dovuti all’età avanzata, neoplasie maligne, immunodepressione,<br />

terapie antineoplastiche.<br />

Si manifesta con dolore nella zona del dermatomero colpito, associato a febbre, malessere e cefalea con ulcerazioni a<br />

grappolo unilaterali. Nel cavo orale può interessare la branca mascellare o man<strong>di</strong>bolare del trigemino, le lesioni sono<br />

simili a quelle presenti sulla cute quin<strong>di</strong> si manifestano sotto forma <strong>di</strong> vescicole unilaterali e dopo 2-3 giorni<br />

rompendosi danno origine a ulcere circondate da un alone eritematoso. La guarigione avviene in 2-3 settimane senza<br />

esiti cicatriziali. La complicanza più comune è la nevralgia del trigemino, ma si possono presentare anche osteomieliti<br />

in soggetti immunocompromessi, necrosi dell’osso man<strong>di</strong>bolare, e anche per<strong>di</strong>ta <strong>dei</strong> denti. La <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale<br />

deve considerare anche l’eritema multiforme e la stomatite erpetica secondaria. La terapia consigliata è il valaciclovir<br />

per via sistemica, oppure aciclovir locale, antipiretici, antidolorifici o neuramide che previene la demielinizzazione<br />

nervosa e la successiva nevralgia post-erpetica.


IMPIANTI PITT-EASY ® BIO-OSS FBR ® -COATED A CARICO IMMEDIATO. VALUTAZIONE<br />

ISTOLOGICA IN 3 PAZIENTI DOPO 8-12 SETTIMANE DI CARICO FUNZIONALE.<br />

Ghensi P, Cucchi A, D’Agostino A, Corrocher G, Malchio<strong>di</strong> M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologiche e Biome<strong>di</strong>che, Sezione <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale e <strong>Odontoiatria</strong>, Università<br />

<strong>di</strong> Verona, Italia. Direttore: Nocini PF. pabletto@tin.it<br />

OBIETTIVI: La superficie implantare FBR ® è un particolare tipo <strong>di</strong> rivestimento bioattivo e riassorbibile <strong>di</strong> fosfato <strong>di</strong><br />

calcio costituito principalmente da bruscite che è stata concepita per incrementare la pre<strong>di</strong>cibilità <strong>di</strong> successo degli<br />

impianti sottoposti a carico imme<strong>di</strong>ato. Stu<strong>di</strong> condotti su animale hanno osservato che la finestra <strong>di</strong> riassorbimento <strong>di</strong><br />

questo materiale avviene nell’arco <strong>di</strong> 6-12 settimane a favore <strong>di</strong> una completa osteointegrazione dell’impianto. Scopo <strong>di</strong><br />

questo lavoro è quello <strong>di</strong> valutare dal punto <strong>di</strong> vista istologico l’osteointegrazione dell’impianto PITT-EASY® BIO-<br />

OSS FBR®-coated sottoposto a carico imme<strong>di</strong>ato me<strong>di</strong>ante la valutazione della percentuale <strong>di</strong> superficie <strong>di</strong> contatto tra<br />

osso-impianto (BIC) e verificare se la finestra <strong>di</strong> riassorbimento della superficie FBR riscontrata in vivo sia tale anche<br />

nell’uomo. MATERIALI E METODI: In 3 pazienti è stato posizionato un impianto sottoposto a carico imme<strong>di</strong>ato in<br />

zona edentula in sede 38 e 48. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 8,10 e 12 settimane rispettivamente è stata eseguita la biopsia.<br />

RISULTATI: I 3 impianti hanno mostrato un buon livello <strong>di</strong> osteointegrazione con una percentuale <strong>di</strong> contatto ossoimpianto<br />

(BIC) compresa tra 54,4% e 70,1%. La finestra <strong>di</strong> riassorbimento della superficie FBR ® è risultata essere<br />

sovrapponibile a quella degli stu<strong>di</strong> in vivo su animale (6-12 settimane). L’istologico a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 12 settimane ha<br />

evidenziato inoltre la presenza <strong>di</strong> osso maturo attorno alla superficie implantare. CONCLUSIONI: questa superficie ha<br />

<strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> aver proprietà osteoconduttive che consentono <strong>di</strong> ottenere ottimi livelli <strong>di</strong> osteointegrazione in protocolli<br />

implantari a carico imme<strong>di</strong>ato.


IMPIANTI POST-ESTRATTIVI CON SUPERFICIE PLASMA-SPRAY RIVESTITA DA CA-P A CARICO<br />

IMMEDIATO: FOLLOW-UP A 7 ANNI.<br />

Cucchi A, Ghensi P, Trevisiol L, Corrocher G, Malchio<strong>di</strong> L.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologiche e Biome<strong>di</strong>che, Sezione <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale e <strong>Odontoiatria</strong>, Università<br />

<strong>di</strong> Verona, Italia. Direttore: Nocini PF. cucchi.uni@virgilio.it<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è la valutazione della soppravvivenza e della pre<strong>di</strong>cibilità <strong>di</strong> successo <strong>di</strong><br />

impianti con superficie plasma-spray rivestita da Ca-P inseriti in siti postestrattivi nel mascellare superiore, attraverso<br />

l’analisi <strong>dei</strong> dati clinici e ra<strong>di</strong>ografici, seguendo meto<strong>di</strong> approvati per la valutazione degli impianti.<br />

MATERIALI E METODI: 89 impianti sono stati inseriti in 47 patienti operati consecutivamente: ogni impianto è<br />

stato inserito subito dopo l’estrazione del dente ed è stato protesizzato secondo il protocollo <strong>di</strong> carico imme<strong>di</strong>ato. I dati<br />

sono stati raccolti prima, durante, e dopo l’inserimento degli impianti, con controlli clinici e ra<strong>di</strong>ografici. Per valutare la<br />

percentuale <strong>di</strong> successo degli impianti a carico imme<strong>di</strong>ato in siti post-estrattivi sono stati utilizzati i criteri <strong>di</strong> successo<br />

standar<strong>di</strong>zzati.<br />

RISULTATI: La riabilitazione protesica è stata eseguita entro 72 ore: nel 61.8% <strong>dei</strong> casi imme<strong>di</strong>atamente, nel 5.6%<br />

entro 24 ore, nel 29.2% entro 48 ore, e nel 3.4% entro 72 ore. Dopo un follow-up <strong>di</strong> almeno 7 anni, solo 2 su 89<br />

impianti sono stati persi a causa della mancata osteointegrazione, e un impianto a causa <strong>di</strong> una periimplantite dopo 4<br />

anni; <strong>di</strong> conseguenza, la percentuale <strong>di</strong> successo è stata del 97,8%, con un percentuale <strong>di</strong> successo complessiva del<br />

96,6%.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’uso degli impianti a carico imme<strong>di</strong>ato in siti post-estrattivi è una tecnica<br />

pre<strong>di</strong>cabile, soprattutto se gli impianti sono inseriti in casi selezionati e sono posizionati nel rispetto <strong>dei</strong> protocolli<br />

standar<strong>di</strong>zzati. Gli impianti con superficie plasma-spray rivestita da Ca-P hanno permesso <strong>di</strong> raggiungere un elevata<br />

percentuale <strong>di</strong> successo oltre i 7 anni <strong>di</strong> follow-up, <strong>di</strong>mostrandosi adatti a tale tecnica chirurgica.


FLEMMONE DELLA FACCIA E DEL COLLO DI ORIGINE ODONTOGENA: MANAGEMENT DI UN<br />

CASO CLINICO ASA 3.<br />

Marescalco M.S.*, Cantalupo Milazzo D., Bonanno A., Stergiopoulos V., Brutto D., Carlino V., Pappalardo S..<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Specialità me<strong>di</strong>co-chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia II.<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria “Gaspare Rodolico”,Catania.<br />

U.O. Pronto Soccorso Odontoiatrico, Direttore Prof.ssa Sabrina Pappalardo.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Orale I.<br />

INTRODUZIONE: Le infezioni della faccia e del collo sono infezioni potenzialmente letali se non vengono<br />

<strong>di</strong>agnosticate precocemente e trattate tempestivamente.<br />

OBIETTIVI: In questo lavoro viene descritto un caso <strong>di</strong> flemmone odontogeno della faccia e del collo associato a terzo<br />

molare inferiore <strong>di</strong> destra cariato e in semiclusione osteomucosa in un soggetto ASA 3 per la presenza delle seguenti<br />

patologie: car<strong>di</strong>opatia, immunodepressione, <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> II tipo, ipotiroi<strong>di</strong>smo, osteoporosi, bronchite cronica, lichen<br />

eritematoso orale, cutaneo, vaginale, Sindrome <strong>di</strong> Cushing, riferita allergia alle penicilline, pregressa ipofisectomia.<br />

MATERIALI E METODI: Il trattamento della tumefazione è stato eseguito con l’ausilio, dapprima, <strong>di</strong> una terapia<br />

antibiotica endovenosa a largo spettro e, imme<strong>di</strong>atamente dopo, da un drenaggio chirurgico dell’infiltrazione<br />

flemmonosa, associato ad exeresi del terzo molare inferiore; in seguito è stato effettuato un trattamento antibiotico<br />

multiplo endovenoso, mirato ad era<strong>di</strong>care le specie batteriche predominanti all’esame colturale microbiologico.<br />

RISULTATI: Attuando questo iter terapeutico, è stata ottenuta la totale remissione del quadro patologico.<br />

CONCLUSIONI: Il successo <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> chirurgia è dovuto al trattamento in urgenza grazie a un approccio<br />

multi<strong>di</strong>sciplinare tra le varie branche me<strong>di</strong>che <strong>di</strong> chirurgia orale, ra<strong>di</strong>ologia, immunologia, anestesiologia.


MANIFESTAZIONI ORALI DEL LICHEN PLANUS. CASISTICA CLINICA .<br />

Benigni C, Ciccarelli P, Marchionne M, Mosca F, Vozza I.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Corso <strong>di</strong> Laurea Igiene Dentale C,Cattedra <strong>di</strong> patologia speciale odontostomatologica.,<br />

titolare: Prof.ssa I. Vozza.<br />

OBIETTIVO: Il lichen planus è una patologia infiammatoria, cronica, autoimmunitaria, muco-cutanea. Il LP è spesso<br />

associato a malattie sistemiche come l'epatite croniche da HCV, <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni del metabolismo <strong>dei</strong> carboidrati, ansia,<br />

depressione e tiroi<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Hashimoto. Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> mostrare una chiara ed esaustiva<br />

descrizione <strong>dei</strong> vari quadri clinici a livello oro-facciale <strong>di</strong> e la terapia adeguata alla risoluzione <strong>dei</strong> numerosi problemi<br />

clinici, spesso contrad<strong>di</strong>ttori, che tale patologia pone al clinico. DIAGNOSI: La <strong>di</strong>agnosi clinica deve essere<br />

confermata da test <strong>di</strong> laboratorio, da biopsia della mucosa orale con esame istologico, da immunofluorescenza <strong>di</strong>retta.<br />

Nelle biopsie <strong>di</strong> patologie precancerose del cavo orale si osservano frequentemente aspetti istologici simili al LP che<br />

vengono definiti lichenoi<strong>di</strong>: lesioni farmaco-indotte, lesioni amalgama-indotte, lesioni orali in corso <strong>di</strong> <strong>di</strong>abete mellito<br />

ed ipertensione, <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni epatici. Presso la ASL <strong>di</strong> Latina sono state riscontrate le 6 varianti cliniche <strong>di</strong> Lichen Planus<br />

Orale: reticolare con una rete <strong>di</strong> strie reticolari bianche; papulare, con papule bianche; a placca, simil-leucoplachia;<br />

atrofico, con aree rosse atrofiche rosse <strong>di</strong>ffuse su gengive (gengivite desquomativa) e guance; erosivo-ulcerativo, con<br />

erosioni persistenti irregolari e dolorose; bolloso. Le lesioni bianche, spesso, sono asintomatiche nonostante sia<br />

frequente il bruciore in concomitanza con l'assunzione <strong>di</strong> cibi. Possibile emorragie nelle forme erosive, atrofiche,<br />

bollose. Il LP è una con<strong>di</strong>zione potenzialmente precancerosa, soprattutto nelle forme non reticolari. TERAPIA: è<br />

con<strong>di</strong>zionata dalle malattie concomitanti, specie dall'epatopia; trattamento farmacologico nei casi sintomatici con<br />

corticosteroi<strong>di</strong> topici oppure tacrolimus. Corticosteroi<strong>di</strong> sistemici e/o immunosoppressori (ciclosporine) in casi gravi o<br />

resistenti alle altre terapie. Inoltre occorre rimuovere i fattori pre<strong>di</strong>sponenti (otturazioni in amalgama, farmaci, fattori<br />

traumatici) ed effettuare i protocolli FULL MOUTH DISINFECTION.


MOTIVAZIONE E ISTRUZIONE ALL’IGIENE ORALE: L’ APPORTO FONDAMENTALE<br />

DELL’IGIENISTA DENTALE<br />

Felli A., La Penna C., Caputo A., Di Sante L., Quaranta A.<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia, Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale C, Polo Pontino<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma<br />

INTRODUZIONE: L’igienista dentale riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione delle affezioni del cavo orale; a<br />

tale figura professionale sono associate <strong>di</strong>verse mansioni, in gran parte mirate all’istruzione e alla motivazione<br />

dell’igiene orale professionale e domiciliare. Attraverso una formazione specifica il clinico deve essere in grado non<br />

solo <strong>di</strong> illustrare i mezzi e le pratiche <strong>di</strong> igiene orale, ma soprattutto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduarne le più corrette modalità , rispettando<br />

le esigenze anatomiche sia fisiologiche che patologiche del singolo paziente. OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è<br />

quello <strong>di</strong> valutare l’importanza che assumono i concetti <strong>di</strong> motivazione e istruzione <strong>di</strong> igiene orale come pilastri <strong>di</strong><br />

sostegno nel ruolo dell’ igienista dentale; quest’ultimo assume importanza nell’educazione e nella promozione della<br />

salute orale servendosi dell’informazione, dell’istruzione e successiva <strong>di</strong>mostrazione delle meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> igiene.<br />

Il mantenimento dello stato <strong>di</strong> salute del parodonto è strettamente correlato al controllo della formazione della<br />

placca dentale, quale causa scatenante delle <strong>di</strong>verse manifestazioni parodontali, . Tale operazione,dunque, presume la<br />

presa <strong>di</strong> coscienza da parte del paziente <strong>dei</strong> fattori <strong>di</strong> rischio che concorrono all’insorgere delle patologie orali , oltre<br />

che l’azione sinergica <strong>di</strong> procedure <strong>di</strong> igiene orale professionale e domiciliare. MATERIALI E METODI: Attualmente<br />

possono essere utilizzati ausili <strong>di</strong> igiene orale specifici per le esigenze in<strong>di</strong>viduali. In base alla risposta del paziente alle<br />

procedure terapeutiche esposte, il clinico deve saper riconoscere le capacità <strong>di</strong> gestione <strong>dei</strong> mezzi messi a <strong>di</strong>sposizione,<br />

affinché venga mantenuto alto il livello <strong>di</strong> compliance.<br />

Un ruolo fondamentale è assunto dall’utilizzo corretto dello spazzolino dentale; esso può variare nel design, nella forma<br />

<strong>dei</strong> manici e delle testine, nella <strong>di</strong>sposizione e nella conformazione delle setole per consentire un’azione più efficace<br />

durante le manovre d’ igiene orale.RISULATATI: Allo stato attuale delle conoscenze lo spazzolamento rimane il più<br />

efficace metodo <strong>di</strong> rimozione della placca ed esso deve essere effettuato tenendo conto <strong>di</strong> tre principi basilari<br />

rappresentati dalla frequenza, dalla durata e dalla pressione, non trascurando le <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong> spazzolamento<br />

conosciute (Charters; Stillman; Fones; Bass). Oltre agli ausili tecnici relativi ad un ottimo controllo della placca si<br />

possono associare supporti motivazionali , quali rilevatori <strong>di</strong> placca, che rendono più agevole l’appren<strong>di</strong>mento e<br />

l’autovalutazione da parte del paziente.DISCUSSIONE: Solo attraverso la rimozione e il controllo della placca si<br />

possono prevenire le patologie <strong>di</strong> maggior riscontro nel cavo orale; tutto ciò si può ottenere soltanto con una costante<br />

spinta motivazionale associata ad una scrupolosa informazione e conseguente istruzione.<br />

Punto car<strong>di</strong>ne nella professione dell’igienista dentale è dunque quello <strong>di</strong> realizzare piani <strong>di</strong> trattamento in<strong>di</strong>viduali al<br />

fine <strong>di</strong> stimolare la partecipazione attiva del paziente mo<strong>di</strong>ficandone il comportamento e le relative abitu<strong>di</strong>ni scorrette.


LESIONI OSTEOADDENSANTI DEI MASCELLARI: PRESENTAZIONE DI UN CASO DI OSTEOMA<br />

CENTRALE DELLA MANDIBOLA.<br />

Mangione F.*, Guarino G.*, Meleo D.**, Pacifici L.***.<br />

*Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, studente CLSOPD; **Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in<br />

Malattie Odontostomatologiche; ***Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, CLSOPD, Titolare Insegnamento <strong>di</strong> Clinica<br />

Odontostomatologica III.<br />

Gli osteomi sono delle rare neoplasie benigne <strong>di</strong> origine osteoblastica, nell’ambito delle quali si possono <strong>di</strong>stinguere una<br />

variante periferica, o sottoperiostale, ed una centrale, od endostale.<br />

Si tratta <strong>di</strong> entità nosologiche, caratterizzate da lenta ma eccessiva e persistente proliferazione <strong>di</strong><br />

tessuto osseo <strong>di</strong> tipo compatto (osteoma eburneo) o spongioso.<br />

Tali lesioni tumorali colpiscono, in modo prevalente, le ossa <strong>di</strong> origine membranosa, quali il cranio ed il massiccio<br />

facciale, ma, se si escludono le forme multiple associate alla sindrome <strong>di</strong> Gardner, nei mascellari il loro riscontro risulta<br />

decisamente raro, ancor più nelle manifestazioni <strong>di</strong> tipo centrale.<br />

Oggetto della presente trattazione sarà l’approccio <strong>di</strong>agnostico e terapeutico <strong>di</strong> un osteoma centrale, riscontrato in una<br />

donna <strong>di</strong> 45 anni, nella compagine ossea della sinfisi man<strong>di</strong>bolare. La lesione, assolutamente priva <strong>di</strong> sintomatologia, è<br />

stata evidenziata, in modo del tutto occasionale, durante lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> una ortopantomografia,effettuata dalla paziente per<br />

un semplice controllo.<br />

Le peculiarità cliniche e le informazioni ra<strong>di</strong>ografiche <strong>di</strong>sponibili hanno spinto i clinici a richiedere una TC Dentascan.<br />

L’interpretazione <strong>dei</strong> dati ottenuti ha notevolmente agevolato la formulazione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale con altre<br />

lesioni osteoaddensanti delle ossa mascellari e, quin<strong>di</strong>, l’in<strong>di</strong>viduazione, la programmazione e l'esecuzione del<br />

trattamento chirurgico più idoneo alla risoluzione del caso.


PREVENZIONE E TERAPIA DELL’OSTEONECROSI INDOTTA DA BIFOSFONATI: ESPERIENZA<br />

CLINICA DI UN A<strong>MB</strong>ULATORIO DEDICATO<br />

Citi A., Bastogi A., Graziani F., La Ferla F., Cei S., Tonelli M.,Gabriele M.<br />

Università <strong>di</strong> Pisa, CLSOPD Presidente: Prof. Mario Gabriele<br />

OBIETTIVI: scopo del lavoro è valutare le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute dell’apparato stomatognatico in pazienti oncologici, in<br />

attesa o in trattamento con bifosfonati (BPs), afferenti presso l’U.O <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Orale<br />

dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana ed inclusi nel protocollo <strong>di</strong> prevenzione e terapia delle lesioni<br />

osteonecrotiche <strong>dei</strong> mascellari.<br />

MATERIALI E METODI: nel periodo <strong>di</strong> tempo compreso tra gennaio 2008 e <strong>di</strong>cembre 2008, sono stati visitati nell’<br />

ambulatorio de<strong>di</strong>cato 195 soggetti oncologici (126 femmine) in attesa o sotto terapia (60%; in terapia da 3 a 52 mesi)<br />

con BPs, inviati dal loro me<strong>di</strong>co curante o dal reparto oncologico ospedaliero, per valutazione odontostomatologica. I<br />

pazienti sono stati sottoposti a visita odontostomatologica extra ed intra-orale, analisi ra<strong>di</strong>ografica completa (OPT e/o<br />

TC DENTASCAN) e trattati secondo protocollo in caso <strong>di</strong> lesioni osteonecrotiche (ONJ).<br />

RISULTATI: il 43% <strong>dei</strong> soggetti presentava anamnesi positiva per carcinoma mammario, il 26% per mieloma<br />

multiplo, il 16% per carcinoma prostatico, il 10% per carcinoma polmonare, il 4% per carcinoma renale ed l’1% per<br />

altre neoplasie.<br />

Il 17% <strong>dei</strong> pazienti presentava lesioni mucose (eritema, fistole, atrofia delle papille linguali), il 40% lesioni cariose, il<br />

2% presentava sinusite. Per quanto riguarda le con<strong>di</strong>zioni parodontali, il 52% presentava lieve parodontopatia <strong>di</strong>ffusa, il<br />

22% una parodontopatia moderata ed il 20% una parodontopatia grave. Il 34% <strong>dei</strong> pazienti presentava foci infettivi<br />

(53% residui ra<strong>di</strong>colari, 31% granulomi, 6% carie destruenti). Lesioni da ONJ erano apprezzabili nel 15% <strong>dei</strong> casi (65%<br />

man<strong>di</strong>bolari, 30% mascellari, 5% mascellare e man<strong>di</strong>bolare), <strong>di</strong> questi il 85% riferiva anamnesi positiva per pregressa<br />

estrazione, il 5% per pregresso intervento chirurgico nella sede ora interessata dalla necrosi e il 10% la riferiva<br />

spontanea. Il 67% delle lesioni erano visibili ra<strong>di</strong>ograficamente, nel 57% <strong>dei</strong> casi vi era esposizione ossea con lesione<br />

mucosa associata. I pazienti con ONJ sono stati trattati con terapia antibiotica ed uso locale <strong>di</strong> antisettici e<br />

antiinfiammatori. Il 46% <strong>dei</strong> pazienti è stato sottoposto anche a terapia chirurgica. Ai pazienti in attesa <strong>di</strong> terapia sono<br />

state consigliate terapie conservative, protesiche e chirurgiche profilattiche (60% igiene orale professionale, 32% cure<br />

conservative, 30% terapia chirurgica, <strong>13</strong>% ribasatura protesi removibile, 10% terapie protesiche fisse) .<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: la prevenzione e l’intercettazione <strong>di</strong> tutti i processi infettivi del cavo orale<br />

rappresenta ad oggi l’unico valido strumento <strong>di</strong> prevenzione delle lesioni osteonecrotiche. Un approccio<br />

multi<strong>di</strong>sciplinare conservativo, protesico e chirurgico è necessario nella gestione <strong>di</strong> questi pazienti. Nei soggetti affetti<br />

da ONJ l’obiettivo è ridurre la sintomatologia algico-flogistica e migliorare la qualità <strong>di</strong> vita con adeguata terapia<br />

me<strong>di</strong>ca e, solo in casi selezionati, con terapia chirurgica.


VALUTAZIONE DEL RISULTATO ESTETICO DI IMPIANTI POST-ESTRATTIVI A CARICO<br />

IMMEDIATO IN PREMAXILLA: UN FOLLOW-UP A 3 ANNI.<br />

Cucchi A, Ghensi P, Albanese M, Corrocher G, Malchio<strong>di</strong> L.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologiche e Biome<strong>di</strong>che, Sezione <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale e <strong>Odontoiatria</strong>, Università<br />

<strong>di</strong> Verona, Italia. Direttore: Nocini PF. cucchi.uni@virgilio.it<br />

OBIETTIVO: Questo stu<strong>di</strong>o ha lo scopo <strong>di</strong> valutare i dati clinici e estetici <strong>di</strong> impianti<br />

con superficie plasma-spray rivestita da Ca-P inseriti in siti postestrattivi nel mascellare superiore, e <strong>di</strong> verificare la<br />

possibile correlazione tra posizione degli impianti, con<strong>di</strong>zione <strong>dei</strong> tessuti duri e molli, e risultato estetico.<br />

MATERIALI E METODI: 58 pazienti sono stati riabilitati me<strong>di</strong>ante estrazione e successivo inserimento <strong>di</strong> impianti a<br />

carico imme<strong>di</strong>ato. Per questo stu<strong>di</strong>o sono stati inseriti complessivamente 64 impianti: i dati estetici sono stati raccolti al<br />

momento della chirurgia e dopo 3 anni, secondo il pink esthetic score (PES). L’altezza delle creste interprossimali<br />

mesiale e <strong>di</strong>stale rispetto al collo dell’impianto è stata accertata ra<strong>di</strong>ograficamente. Un’analisi statistica è stata eseguita<br />

per stabilire l’esistenza <strong>di</strong> una correlazione significativa tra i risultati del PES, la <strong>di</strong>stanza tra dente e impianto, e la<br />

<strong>di</strong>stanza tra cresta interprossimale e punti <strong>di</strong> contatto interprossimale. RISULTATI: dopo un follow-up <strong>di</strong> 3 anni, la<br />

percentuale <strong>di</strong> successo degli impianti è del 98.5% e i valori del PES sono simili a quelli ottenuti al momento della<br />

chirurgia. La correlazione tra PES e spazio interprossimale è statisticamente significativa, così come la correlazione tra<br />

Pink 3 e Pink 5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONE: Gli impianti postestrattivi a carico imme<strong>di</strong>ate rappresentano<br />

una tecnica pre<strong>di</strong>cibile in casi selezionati. Questo stu<strong>di</strong>o ha <strong>di</strong>mostro che i risultati clinici ed estetici statisticamente<br />

<strong>di</strong>pendono dalla larghezza e dall’altezza dello spazio interprossimale. Il posizionamento ideale nelle 3 <strong>di</strong>mensioni degli<br />

impianti e la con<strong>di</strong>zione <strong>dei</strong> tessuti duri e molli attorno ai denti estratti sono 2 punti chiave per il raggiungimento <strong>di</strong> un<br />

successo a lungo termine. Un altro punto chiave sembra essere la protesizzazione imme<strong>di</strong>ata, in quanto il profilo <strong>di</strong><br />

emergenza della corona determina l’estetica del contorno gengivale.


CASISTICA CLINICA SULLA STOMATITE DA CONTATTO NEI PAZENTI ODONTOIATRICI DELLA<br />

ASL DI LATINA.<br />

Fino F, Miccheli A, Velletri MR, Vozza I.<br />

Corso <strong>di</strong> laurea in Igiene dentale C-sede ASL Latina, “Sapienza Univesità” Di Roma, Cattedra <strong>di</strong> Patologia speciale<br />

ondontostomatologica, Tit: Prof.ssa I.Vozza<br />

Le reazioni allergiche che possono svilupparsi in campo odontoiatrico possono generalmente essere classificate in tipo I<br />

( <strong>di</strong> tipo imme<strong>di</strong>ato) e tipo IV (ipersensibilità <strong>di</strong> tipo ritardato / allergia da contatto). Entrambi i tipi <strong>di</strong> reazioni<br />

allergiche richiedono una esposizione all’allergene prolungata e ripetuta. I materiali <strong>di</strong> uso odontoiatrico portano a<br />

reazioni <strong>di</strong> tipo IV e il quadro classico caratteristico delle suddette è rappresentato dalla dermatite allergica da contatto.<br />

Nella sede del contatto, nelle prime 24 ore successive all’esposizione, si possono verificare prurito o sensazioni <strong>di</strong><br />

bruciore, seguiti da eritema, formazione e rottura delle vescicole con conseguente lesione erosiva cutanea. La<br />

manifestazione orale della dermatite allergica da contatto è la stomatite da contatto, più spesso caratterizzata da un<br />

eritema molto ben marcato, o da erosione. Il presente stu<strong>di</strong>o descrive le reazioni della stomatite da contatto e il loro<br />

trattamento nei pazienti odontoiatrici trattati presso il <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Terracina della ASL <strong>di</strong> Latina.


ANALISI ULTRASTRUTTURALE DI SUPERFICI SMALTEE INTERPROSSIMALI TRATTATE CON<br />

DIFFERENTI PROCEDURE DI STRIPPING.<br />

Montanari P, Bolamperti L, Caprioglio A.<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia e Gnatologia (Funzione Masticatoria)<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> dell’Insubria<br />

OBIETTIVI: La meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> riduzione delle superfici <strong>di</strong> smalto interprossimali è in<strong>di</strong>cata, come possibile soluzione<br />

terapeutica, nei casi <strong>di</strong> affollamento compreso tra 3 e 5 mm e/o nei settori anteriori dell’arcata inferiore. L’obiettivo <strong>di</strong><br />

questa ricerca è valutare, attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> un microscopio elettronico a scansione (SEM), la morfologia<br />

ultrastrutturale <strong>di</strong> superfici interprossimali <strong>di</strong> smalto <strong>di</strong> premolari estratti, trattate con <strong>di</strong>verse procedure <strong>di</strong> stripping.<br />

Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato inoltre confrontare meto<strong>di</strong>che convenzionali <strong>di</strong> stripping manuale con strisce abrasive<br />

<strong>di</strong>amantate, con una nuova serie <strong>di</strong> lime <strong>di</strong>amantate a <strong>di</strong>fferente granulometria montate su manipolo contrangolo<br />

de<strong>di</strong>cato.<br />

MATERIALI E METODI: 14 premolari estratti per motivi ortodontici e conservati in abbondante formalina pura, sono<br />

stati lavati con acqua <strong>di</strong>stillata ed inseriti in supporti <strong>di</strong> resina acrilica per tutta la lunghezza delle ra<strong>di</strong>ci in file lineari.<br />

Ogni superficie interprossimale dentale è stata ridotta <strong>di</strong> 0,3 mm <strong>di</strong> smalto, attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse lime<br />

<strong>di</strong>amantate. Gli strumenti utilizzati sono stati: una striscia abrasiva Diamond Separating Strip Fine (Horico) <strong>di</strong> 4 mm <strong>di</strong><br />

altezza e 6 cm <strong>di</strong> lunghezza, una striscia abrasiva Mesio-Distal Interproximal Reducer Coarse Blades (TP), montata<br />

sullo specifico archetto tensioattore, ed un kit completo Dentacare - Orthofile, costituito da cinque lime a <strong>di</strong>versa<br />

granulometria (15, 25, 40, 60 e 90 µm) montate su micromotore W&H PROFIN®SYNEA LS WA – 67 / 1,1 A, V a<br />

20.000 rpm. Le corone <strong>di</strong> questi elementi sono state in seguito sezionate verticalmente lungo l’asse bucco-linguale con<br />

un <strong>di</strong>sco taglia-corone <strong>di</strong>amantato. I campioni, dopo essere stati lavati, essiccati a temperatura ambiente per 4gg, e resi<br />

conduttivi attraverso una laminatura d’oro, sono stati inseriti nel microscopio elettronico e scansionati a 50X, 100X,<br />

200X, 500X e 1000X.<br />

RISULTATI: Tutti i campioni hanno mostrato alterazioni sulla superficie dello smalto, quali segni, incisioni e<br />

depressioni. Per le lime Orthofile le lesioni sono proporzionali alla grana degli strumenti, con solchi più regolari rispetto<br />

alle strisce manuali, e minor presenza <strong>di</strong> detriti. I campioni trattati con strisce TP presentano spaccature evidenti anche<br />

ad ingran<strong>di</strong>menti ridotti. I campioni trattati con strisce Horico presentano solchi interme<strong>di</strong> e numerosi detriti. Le lime<br />

Orthofile presentano una ridotta percentuale <strong>di</strong> abrasione superficiale, a <strong>di</strong>fferenza delle lime TP e Horico.<br />

DISCUSSIONE e CONCLUSIONI: La meto<strong>di</strong>ca della riduzione <strong>di</strong> smalto interprossimale con l’utilizzo <strong>di</strong> lime a<br />

granulometria predefinita rappresenta una valida alternativa a trattamenti estrattivi o espansivi nei casi <strong>di</strong> affollamento<br />

da 3 a 5 mm. Questo lavoro in vitro offre in<strong>di</strong>cazioni sull’efficacia degli strumenti testati e sulle mo<strong>di</strong>ficazioni che<br />

questi inducono sulle superfici smaltee degli elementi dentari in vitro.


VALUTAZIONI SPERIMENTALI SUL RUOLO DELLA SALIVA NELLE EROSIONI DENTALI NEI<br />

PILOTI MILITARI DELL’AERONAUTICA.<br />

Bal<strong>di</strong>ni A. * , Visconti S.**, Panzeri C.**, Cioffi D.***, Rinal<strong>di</strong> A.***<br />

*Dottorato <strong>di</strong> Ricerca in Parodontologia Sperimentale(Universita’ Milano-Bicocca,Coord:Prof .M.Baldoni)<br />

**Università Milano – Bicocca, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia.Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene dentale(Pres.:<br />

Prof.G.Tre<strong>di</strong>ci)<br />

***Servizio Sanitario Aeronautica Militare Italiana<br />

OBIETTIVI: Valutare quanto le caratteristiche chimiche e fisiche della saliva siano la causa o meno delle erosioni<br />

dentali nei piloti dell’aeronautica militare italiana.<br />

MATERIALI E METODI: I pazienti presi in considerazione sono stati 10 piloti dell’Aereonautica Militare <strong>di</strong><br />

Milano quin<strong>di</strong> soggetti sottoposti ad elevate sollecitazioni fisiche e <strong>di</strong> stress(Serramento). L’età <strong>dei</strong> piloti è compresa tra<br />

25-40 anni, sono tutti maschi ed in uno stato <strong>di</strong> salute ottimale con regolari visite me<strong>di</strong>che e odontoiatriche. Grazie al<br />

Saliva-Check(GC) abbiamo potuto valutare le possibili cause <strong>di</strong> un’eventuale erosione dentale e compararle alla Scala<br />

<strong>di</strong> valutazione proposta da Lussi. Il Test si basa sulla valutazione <strong>di</strong> alcuni parametri: ispezione visiva del livello <strong>di</strong><br />

idratazione, consistenza della saliva, misurazione del pH, quantità <strong>di</strong> saliva (con l’aiuto <strong>di</strong> una cera per stimolare il<br />

flusso salivare) e capacità <strong>di</strong> tamponamento.<br />

RISULTATI:<br />

- 1 pilota su 10 presenta un livello <strong>di</strong> idratazione superiore a 60 secon<strong>di</strong>, mentre 7 hanno una velocità <strong>di</strong> idratazione<br />

inferiore alla soglia <strong>di</strong> 60 secon<strong>di</strong>;<br />

- 2 piloti su 10 presenta una consistenza della saliva schiumosa e con bollicine;<br />

- 3 piloti su 10 hanno un pH inferiore alla norma e 3 superiore a 7,0;<br />

- 4 piloti hanno una quantità <strong>di</strong> saliva maggiore <strong>di</strong> 5,0 ml, 5 piloti tra 3,4-5,0 ml ed 1 pilota inferiore a 3,5 ml;<br />

- 4 piloti hanno una capacità tampone compresa tra 10-12, 6 pazienti compresa tra 6-9;<br />

- 3 piloti su 10 presentano erosione dentale <strong>di</strong> 1°grado sia vestibolare che occluso/palatale/linguale;<br />

- 3 piloti su 10 presentano erosione dentale <strong>di</strong> 1°grado culla faccia occluso/ palatale/linguale.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Tra i piloti con valori <strong>di</strong>scordanti la norma solo 2 hanno riscontrato erosione<br />

dentale <strong>di</strong> grado 1 sia vestibolare che palatale <strong>dei</strong> quali 1 pilota presenta un pH <strong>di</strong> 6,6, mentre l’altro <strong>di</strong> 7,2. 1 pilota con<br />

pH <strong>di</strong> 6,4 presenta erosione solo palatale. 1 pilota con pH superiore alla norma, ma con un’elevata idratazione e potere<br />

tampone presenta comunque un’erosione <strong>di</strong> primo grado. Tenendo presente questi risultati preliminari sembrerebbe che<br />

altre cause possano determinare erosioni dentali evidenziate (probabilmente serramento, bruxismo e assunzione <strong>di</strong><br />

bevande acide).


SINTOMATOLOGIA ORALE DEI PAZIENTI SCLERODERMICI.<br />

Magliozzi E, Giannetti C, Esposito E, D’Amico V, Vozza I.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Corso <strong>di</strong> Laurea Igiene dentale C,Cattedra <strong>di</strong> patologia speciale odontostomatologica,<br />

titolare: Prof.ssa Iole Vozza.<br />

La Sclerodermia è una malattia cronica che interessa il tessuto connettivo e viene spesso classificata come malattia<br />

autoimmune. E’ caratterizzata da una progressiva fibrosi <strong>di</strong> cute, mucosa orale e organi interni. Nel cavo orale si<br />

manifesta con can<strong>di</strong>dosi, xerostomia, microstomia, alterazioni dell’ATM, affezioni cariose e malattia parodontale. Nei<br />

casi gravi compaiono necrosi e ulcere cutanee che conferiscono al volto un aspetto caratteristico a causa del naso<br />

piccolo e affilato, dello sguardo inespressivo e assenza della mimica facciale. Le mucose orali appaiono pallide e sottili,<br />

la lingua appare liscia con atrofia delle papille e anchiloglossia che determina <strong>di</strong>fficoltà nella masticazione e nella<br />

deglutizione. Caratteristiche anche la microcheilia, le numerose teleangectasie talvolta presenti anche sul palato oltre<br />

che sul viso e l’appiattimento delle righe palatali. Sussiste bruciore orale determinato da mucosite da can<strong>di</strong>da e reflusso<br />

gastro-esofageo. A livello del parodonto si osservano: riassorbimento osseo (alveolisi), retrazioni gengivali, alterazione<br />

<strong>dei</strong> legamenti, mobilità <strong>di</strong> vario grado degli elementi dentali. Il presente stu<strong>di</strong>o mostra gli aspetti caratteristici <strong>di</strong> tale<br />

malattia in un paziente ricoverato presso l’ospedale Fiorini <strong>di</strong> Terracina, sede ASL Latina.


PROJECT WORK: “CENTRO ASSISTENZIALE DOWN”<br />

Tomassi D, Avanzini P., Giori A.,Lucci E. Sorgente G., Urzica Macean P., Zanconato G.,<br />

“Sapienza” Universita’ <strong>di</strong> Roma I Facolta’ <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia<br />

Laurea Specialistica - Scienze Delle Professioni Sanitarie Tecnico Assistenziali<br />

Presidente: Prof.ssa Ersilia Barbato.<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Scienze Umane e Psicopedagiche Prof. Sfasciotti G L<br />

Un "down" oggi è una persona con bisogni speciali: la sua <strong>di</strong>versità non va solo considerata come un deficit, ma<br />

piuttosto come un richiamo <strong>di</strong> attenzioni me<strong>di</strong>co-riabilitative, pedagogiche e sociali che consentano a questa persona<br />

una qualità <strong>di</strong> vita accettabile.<br />

Il Progetto nasce dall’esigenza <strong>di</strong> gestire la salute <strong>di</strong> persone/pazienti con Sindrome <strong>di</strong> Down e <strong>di</strong> supportare e tutelare<br />

le famiglie nel carico assistenziale.<br />

L’obiettivo specifico è dunque quello <strong>di</strong> ottenere una valida progettazione in un’ottica <strong>di</strong> interventi bio-psico-sociali, :<br />

programmare accertamenti clinici perio<strong>di</strong>ci;<br />

tenere contatti con le famiglie;<br />

coor<strong>di</strong>nare le prestazioni specialistiche;<br />

monitorare l’esistenza <strong>di</strong> malformazioni associate alla sindrome;<br />

osservare la comparsa <strong>di</strong> eventuali nuove patologie;<br />

valutare il funzionamento cognitivo e le capacità comunicative.


TELEMEDICINA E ODONTOIATRIA<br />

Bellucci B*, Botti R, Di Giacomo A, Nascenzi A, Rozzi A, Sansalone.<br />

“Sapienza” Universita’ Di Roma I Facolta’ Di Me<strong>di</strong>cina E Chirurgia Corso Di Laurea Specialistica - Scienze Delle<br />

Professioni Sanitarie Tecnico Assistenziali Presidente: Prof.Ssa Ersilia Barbato. Insegnamento <strong>di</strong> Informatica<br />

Applicata Alla Gestione Sanitaria titolare: Prof. Raffaele Principe<br />

L’utilizzo <strong>di</strong> strumenti dell’ information technology in ambito sanitario risulta sempre più <strong>di</strong>ffuso. In particolar modo si<br />

assiste ad un proliferare <strong>di</strong> applicazioni realizzate per supportare l’attività <strong>di</strong> teleconsulto: consulto me<strong>di</strong>co a <strong>di</strong>stanza tra<br />

specialisti con l’ausilio <strong>di</strong> tecnologie informatiche. Le applicazioni <strong>di</strong> teleconsulto per essere realizzate richiedono<br />

l’attivazione <strong>di</strong> un sistema interattivo <strong>di</strong> comunicazione tele-au<strong>di</strong>o-visivo il quale, attraverso lo scambio <strong>di</strong> immagini e<br />

<strong>di</strong> informazioni cliniche, consente <strong>di</strong> sottoporre a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>agnostico i dati trasmessi dagli specialisti del settore situati<br />

in se<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanti tra loro. Gli obiettivi sono molteplici: Garantire un’adeguata assistenza anche a coloro che si trovano in<br />

situazioni geografiche particolari; Estendere al maggior numero <strong>di</strong> persone le competenze specialistiche <strong>di</strong> alto livello;<br />

Ridurre gli spostamenti – e quin<strong>di</strong> il <strong>di</strong>sagio – per il paziente da sottoporre al consulto; Diminuire i costi delle strutture<br />

sanitarie. Anche se non rappresenta una novità in me<strong>di</strong>cina, la teleme<strong>di</strong>cina non è ancora <strong>di</strong>ventata la pratica quoti<strong>di</strong>ana<br />

nell'assistenza sanitaria me<strong>di</strong>ca o in odontoiatria. L’immaturità tecnica, l’elevato costo economico e le considerazioni<br />

giuri<strong>di</strong>che insieme all’analisi <strong>dei</strong> costi-benefici possono essere in parte responsabili per questa <strong>di</strong>fficoltà ad emergere ed<br />

affermarsi. Il sistema telematico permetterebbe <strong>di</strong> effettuare la valutazione delle con<strong>di</strong>zioni generali <strong>di</strong> salute orale,<br />

come la presenza <strong>di</strong> carie, assenza <strong>di</strong> denti, denti otturati o estratti. Le immagini trasmesse permetterebbero <strong>di</strong> effettuare<br />

consulenze a <strong>di</strong>stanza o ad<strong>di</strong>rittura formare il personale odontoiatrico o gli igienisti dentali. L’elevato costo per la<br />

creazione postazioni <strong>di</strong> teleme<strong>di</strong>cina rende in questo momento necessario un sostegno finanziario, ma se tale meto<strong>di</strong>ca<br />

fosse utilizzata anche per altre <strong>di</strong>scipline assistenziali, tale sistema potrebbe offrire una semplice e sicura alternativa per<br />

le cure odontoiatriche a <strong>di</strong>stanza.


IL SAT-P COME METODO PER VALUTARE LA SODDISFAZIONE IN PAZIENTI CON EDENTULIA<br />

TOTALE INFERIORE RIABILITATI MEDIANTE PROTESI FISSA SUPPORTATA DA IMPIANTI.<br />

Cucchi A, Ghensi P, Vartolo F, Pistoia E, Scala R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologiche e Biome<strong>di</strong>che, Sezione <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale e <strong>Odontoiatria</strong>, Università<br />

<strong>di</strong> Verona, Italia. Direttore: Nocini PF. cucchi.uni@virgilio.it<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> considerare la possibilità <strong>di</strong> utilizzare il SAT-P come test per<br />

valutare la sod<strong>di</strong>sfazione del paziente prima e dopo la riabilitazione protesica me<strong>di</strong>ante una protesi fissa supportata da<br />

impianti. MATERIALI E METODI: 11 pazienti parzialmente o totalmente edentuli sono stati trattati con 56 impianti<br />

a carico imme<strong>di</strong>ato che supportano un Toronto Bridge. Ad ogni paziente è stato sottoposto un questionario SAT-P che<br />

indagasse alcuni aspetti psicologici e non, correlati alla funzione e l’estetica dell’apparato stomatognatico, un mese<br />

prima e tre mesi dopo la riabilitazione protesica provvisoria. Il questionario comprendeva quattro <strong>di</strong>versi items: 3<br />

(qualità dell’alimentazione); 4 (comportamento alimentare); <strong>13</strong> (tono dell’umore); e 16 (fiducia in se stessi). La VAS è<br />

stata utilizzata come strumento <strong>di</strong> acquisizione delle risposte <strong>dei</strong> pazienti; mentre il T-student è stato utilizzato come<br />

strumento <strong>di</strong> analisi statistica <strong>dei</strong> dati ottenuti. RISULTATI: Secondo la VAS i valori post-riabilitazione <strong>dei</strong> 4 items<br />

rispettivamente 85.2±9.4 (item 3), 87.6±8.4 (item 4), 83±10.1 (item <strong>13</strong>), e 84.5±10.1 (item 16) sono significativamente<br />

maggiori rispetto ai valori pre-riabilitazione degli stessi 4 items rispettivamente 32.1±16.2 (item 3), 29.4±16.8 (item 4),<br />

43.6±17.7 (item <strong>13</strong>), e 47.7±10.1 (item 16). Le <strong>di</strong>fferenze prima e dopo sono staticamente significative (P=.005).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I risultati ottenuti suggeriscono che il SAT-P, associato ad una corretta analisi<br />

statistica (T-student), può rappresentare un metodo rigoroso e preciso per valutare la sod<strong>di</strong>sfazione del paziente. In<br />

questo poster, il SAT-P è utilizzato su pazienti con edentulia totale inferiore trattati con Toronto Bridge su impianti a<br />

carico imme<strong>di</strong>ato: il SAT-P ha permesso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare il miglioramento dovuto alla riabilitazione implanto-protesica in<br />

alcuni aspetti psicologici e alimentari del paziente.


SESSIONE<br />

Multime<strong>di</strong>ale<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


IMPIEGO CLINICO DEGLI ANESTETICI LOCALI NELLE PAZIENTI IN STATO DI GRAVIDANZA:<br />

REVISIONE DELLA LETTERATURA<br />

Chipaila N, Dinnella AM, Lombar<strong>di</strong> V, Besharat LK, Giordano S.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”, I Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, CLSOPD.<br />

INTRODUZIONE: Gli anestetici locali (AL) sono farmaci che bloccano in modo reversibile la generazione e la<br />

propagazione del potenziale d’azione responsabile della conduzione nervosa quando applicati localmente sulle fibre in<br />

concentrazioni adeguate. La donna in gravidanza, per la sua particolare con<strong>di</strong>zione che la espone a <strong>di</strong>verse<br />

complicazioni, deve essere considerata nell’ambito dell’odontoiatria, un paziente a rischio. I trattamenti a cui deve<br />

essere sottoposta e che richiedono l’uso degli AL possono essere eseguiti solamente prendendo in esame alcune<br />

considerazioni, ovvero lo stato psico-fisico della paziente, il periodo gestazionale, il tipo <strong>di</strong> intervento odontoiatrico, la<br />

durata delle sedute, il tipo <strong>di</strong> AL che si intende utilizzare. OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong><br />

effettuare una revisione della letteratura sull’utilizzo degli AL nei pazienti in stato <strong>di</strong> gravidanza. DISCUSSIONE:<br />

Nella pratica comune, gli AL più frequentemente utilizzati sono gli aminoami<strong>di</strong> in tubo fiala a dose unica o multipla o<br />

somministrati me<strong>di</strong>ante siringa monouso. La scelta dell’anestetico locale <strong>di</strong>pende anche dalla velocità <strong>di</strong> induzione del<br />

blocco nervoso e dalla sua durata clinica. Gli AL si legano in percentuale variabile alle proteine plasmatiche, soprattutto<br />

alla α1-glicoproteina acida, che possiede alta affinità ma rapida saturazione. L’entità del legame si correla al tipo <strong>di</strong><br />

anestetico locale impiegato. Situazioni che riducono la concentrazione <strong>di</strong> questa proteina, come lo stato <strong>di</strong> gravidanza,<br />

aumentano la quota <strong>di</strong> farmaco non legata e quin<strong>di</strong> la tossicità. Gli AL maggiormente impiegati in odontoiatria sono: la<br />

mepivacaina, l’articaina, la lidocaina e la prilocaina, in varie concentrazioni e combinazioni con vasocostrittori. La<br />

mepivacaina ha effetti nocivi sul prodotto <strong>di</strong> concepimento che comportano bra<strong>di</strong>car<strong>di</strong>a e acidosi fetale anche quando le<br />

concentrazioni fetali sono uguali o inferiori a quelle materne. La lidocaina può essere utilizzata in gravidanza solo in<br />

caso <strong>di</strong> effettiva necessità, tenendo presente che i possibili rischi sono rappresentati da insufficienza utero-placentare e<br />

da alterazioni comportamentali del neonato. La prilocaina può danneggiare il prodotto del concepimento causando<br />

metaemoglobinemia nel feto per un deficit <strong>di</strong> metaemoglobina-reduttasi eritrocitaria o causando metaemoglobinemia<br />

nella madre e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>minuendo la quantità <strong>di</strong> ossigeno <strong>di</strong>sponibile per i tessuti fetali. CONCLUSIONI: I risultati <strong>dei</strong><br />

vari stu<strong>di</strong> presenti in letteratura in<strong>di</strong>cano che la gravidanza <strong>di</strong> per sé non è una controin<strong>di</strong>cazione al trattamento<br />

odontoiatrico, anzi, la paziente dovrebbe essere sottoposta a controlli più frequenti. I trattamenti necessari devono<br />

essere programmati nel secondo trimestre, in quanto meno pericoloso per il feto. Tuttavia, in caso <strong>di</strong> urgenza, gli<br />

interventi devono essere tempestivi e l’uso degli AL deve essere razionale, in quanto rappresentano un serio rischio <strong>di</strong><br />

tossicità fetale.


CHIRURGIA ORALE E TAO: BRIDGE THERAPY O PROTOCOLLI ALTERNATIVI?<br />

Reale G, Crispino A, Colangeli W, Cristofaro MG.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> “Magna Graecia” <strong>di</strong> Catanzaro - U.O. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> - Cattedra ed U.O. <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-<br />

Facciale. Direttore: Prof. M. Giu<strong>di</strong>ce<br />

La chirurgia nei pazienti in terapia con anticoagulanti orali è un problema rilevante nella pratica clinica per il numero<br />

crescente in pazienti TAO, spesso in età avanzata e con patologie associate. In occasione <strong>di</strong> interventi chirurgici orali<br />

l’interruzione della TAO può aumentare il rischio tromboembolico mentre la sua continuazione può aumentare il rischio<br />

<strong>di</strong> emorragie. Nel caso in cui il paziente in TAO deve essere sottoposto ad interventi <strong>di</strong> chirurgia orale viene spesso<br />

richiesta la sospensione della stessa per un periodo variabile; ciò espone il paziente a rischio tromboembolico. La bridge<br />

therapy (EBMF o ENF) d’altro canto, non sempre è in grado <strong>di</strong> proteggere dal rischio tromboembolico. Recenti<br />

evidenze scientifiche pongono l’attenzione al fatto che per piccoli interventi <strong>di</strong> chirurgia orale il rischio emorragico in<br />

pazienti in TAO è basso a patto che l’INR preprocedurale sia < 3 . Un attento protocollo <strong>di</strong> preparazione del paziente,<br />

la compressione durante la procedura con tamponi <strong>di</strong> cellulosa ossidata associati all’uso topico <strong>di</strong> vit K e acido<br />

tranexamico riduce notevolmente il rischio emorragico. Per interventi <strong>di</strong> chirurgia orale più invasiva (estrazioni<br />

multiple, impianti con rialzo del seno mascellare, etc.) è possibile la riduzione della TAO e la sua sostituzione con un<br />

derivato antitrombotico alternativo (Bridge therapy con eparine a basso peso molecolare). Sulla base <strong>di</strong> queste evidenze<br />

scientifiche gli autori propongono un protocollo terapeutico applicato a 30 pazienti n TAO con <strong>di</strong>verso grado <strong>di</strong> rischio<br />

tromboembolico. Durante la procedura e nel postoperatorio il rischio emorragico è stato minimo; non si sono verificati,<br />

inoltre, incidenti tromboembolici.


ECTASIA VENOSA DEL LABBRO INFERIORE (BLOOD LAKE): A CASE REPORT.<br />

Bosotti M, De Biase M, Rubino T*, Pellegrini M, Ruffoni D, Spadari F.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano Fondazione IRCCS<br />

Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli Regina Elena.<br />

*Chirurgia d’urgenza.<br />

OBIETTIVI: valutare le meto<strong>di</strong>che chirurgiche e la qualità <strong>di</strong> guarigione nel trattamento <strong>di</strong> un lago venoso del labbro<br />

inferiore del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 10 mm circa attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> un Laser a <strong>di</strong>odo della lunghezza d’onda <strong>di</strong> 808 nm<br />

(LA<strong>MB</strong>DA Scientifica Doctor Smile D5®) .<br />

MATERIALI E METODI il caso descritto riguarda una paziente <strong>di</strong> 56 anni con una lesione nodulare, non dolente, <strong>di</strong><br />

colore violaceo (Blood lake) positiva alla <strong>di</strong>ascopia presente da alcuni anni a livello del labbro inferiore. La lesione è<br />

stata trattata in un’unica seduta con tecnica foto-coagulativa in modalità defocalizzata pulsata con una durata<br />

dell’impulso <strong>di</strong> 10 ms utilizzando una potenza <strong>di</strong> 2,5 Watt. In un secondo momento, dopo aver ottenuto una prima<br />

coagulazione superficiale della lesione, si sono utilizzate modalità continue a 2 Watt <strong>di</strong>rettamente a contatto con il<br />

tessuto. La sonda utilizzata presentava un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 300 um. La sede chirurgica veniva continuamente irrigata con<br />

soluzione salina sterile. Le <strong>di</strong>sposizioni post-operatorie hanno previsto l’applicazione locale <strong>di</strong> ghiaccio sintetico e<br />

gentamicina crema 2 volte al dì per 7 giorni.<br />

RISULTATI: durante le manovre chirurgiche non si sono rilevati fenomeni <strong>di</strong> sanguinamento,e il <strong>di</strong>scomfort riferito<br />

dalla paziente è risultato minimo. Alla visita <strong>di</strong> controllo a 7 giorni permaneva un modesto edema reattivo con una<br />

componente crostosa <strong>di</strong> tipo siero-emorragica compatibile all’estensione della lesione. Al controllo a 60 giorni non si<br />

rilevavano fenomeni cicatriziali con risultati estetici più che accettabili. Permaneva ,tuttavia, una leggera <strong>di</strong>scromia.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Sfruttando i principi e le teorie della Fototermolisi Selettiva il Laser a Diodo<br />

rappresenta per alcune patologie vascolari uno strumento particolarmente idoneo. Infatti, l’elevata affinità per i<br />

coefficienti d’assorbimento per l’emoglobina ha permesso <strong>di</strong> ottenere risultati intra-operatori (assenza <strong>di</strong><br />

sanguinamento)e terapeutici (mantenimento e limitazione <strong>dei</strong> danni ai tessuti limitrofi) sod<strong>di</strong>sfacenti e che hanno<br />

appagato anche le richieste estetiche della paziente.<br />

Il limitato sanguinamento,la semplicità <strong>di</strong> esecuzione e la riduzione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> guarigione, confermano nel caso<br />

trattato, la vali<strong>di</strong>tà dell’utilizzo del Laser a Diodo rispetto alle tecniche tra<strong>di</strong>zionali.


IL CARICO IMMEDIATO IN ZONA ESTETICA: A CASE REPORT.<br />

G. Conti, F. Vettorello, M. Rasia, P. Reo, M. Dolci<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Clinica Odontoiatrica ICP<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Chirurgia Orale: Titolare prof. Carlo Maiorana<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatogica<br />

Direttore: prof. Franco Santoro<br />

Il concetto <strong>di</strong> osteointegrazione è stato più volte rivisitato in Letteratura dalla sua introduzione da parte <strong>di</strong> Branemark. I<br />

ricercatori nel corso degli anni hanno introdotto nuovi protocolli terapeutici, mo<strong>di</strong>ficando forme e profili degli impianti,<br />

tecniche chirurgiche e materiali al fine <strong>di</strong> migliorare l’efficacia del trattamento e la sua pre<strong>di</strong>cibilità. Gli AA presentano<br />

un caso <strong>di</strong> riabilitazione implantare a carico imme<strong>di</strong>ato su elemento singolo in zona estetica con particolare attenzione<br />

al mantenimento dell’architettura e dell’armonia <strong>dei</strong> tessuti molli.


IPERPLASIE FIBROMATOSE ORALI E TRATTAMENTI CON LASER A DIODO: CASE REPORT.<br />

De Biase M, Pellegrini M, Ruffoni D, Bosotti M, Gualini S, Spadari F.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano Fondazione IRCCS<br />

Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli Regina Elena.<br />

OBIETTIVI: valutare gli aspetti chirurgici e <strong>di</strong> guarigione nel trattamento delle iperplasie fibromatose delle mucose<br />

orali utilizzando un Laser a Diodo.<br />

MATERIALI E METODI:il caso descritto riguarda un soggetto <strong>di</strong> sesso femminile <strong>di</strong> 72 anni che presentava una<br />

neoformazione nodulare a base <strong>di</strong> impianto sessile, non dolente a livello della mucosa geniena sinistra. L’escissione<br />

della lesione è stata effettuata con un <strong>di</strong>spositivo al <strong>di</strong>odo (808 nm) (Lambda Scientifica Doctor Smile D5®),<br />

utilizzando una fibra da 300 um in modalità superpulsata a 2 Watt <strong>di</strong> potenza utilizzando un impulso corto ogni 10 ms.<br />

Il pezzo è stato poi inviato per lo stu<strong>di</strong>o isto-patologico. Non sono state applicate suture <strong>di</strong> tipo contenitive.<br />

RISULTATI:. L’utilizzo nella modalità ad impulso corto e <strong>di</strong> raffreddamento della regione chirurgica ha permesso <strong>di</strong><br />

ottenere l’escissione della lesione con minimi danni termici perilesionali consentendo l’analisi istologica che ha<br />

confermato la nostra daignosi clinica (fibroma). Non si sono rivelate complicanze rilevanti né in sede intra-chirurgica<br />

né durante il follow-up <strong>di</strong> controllo con normali processi <strong>di</strong> guarigione con una completa restituito a integrum.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: le terapie escissionali delle lesioni iperplastiche a carattere squisitamente benigno<br />

possono essere effettuate attraverso delle meto<strong>di</strong>che ragionate utilizzando i raggi Laser. I dati maggiormente<br />

significativi possono essere ricondotti sia al comfort post-chirurgico , sia alla possibilità con queste meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong><br />

effettuare una indagine istologica.<br />

E’ tuttavia consigliabile laddove vi siano <strong>dei</strong> dubbi <strong>di</strong>agnostici e <strong>dei</strong> dati me<strong>di</strong>co-anamnestici significativi procedere<br />

sempre e comunque a tecniche <strong>di</strong>agnostiche incisionali a lama fredda.


CARATTERISTICHE CRANIO-FACCIALI IN PAZIENTI AFFETTI DA DISPLASIA ECTODERMICA IN<br />

ETA’ EVOLUTIVA.<br />

Pellegrini L, Battelli F, Montanari M, Tagariello T, Piana G.<br />

Servizio <strong>di</strong> Assistenza Odontoiatrica per Disabili, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli<br />

Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bologna.<br />

OBIETTIVI: Le Displasie Ectodermiche (E.D.s) sono un eterogeneo gruppo <strong>di</strong> malattie genetiche caratterizzate da<br />

anomalo sviluppo <strong>di</strong> due o più derivati ectodermici tra cui ghiandole, peli, capelli, denti e unghie. Le anomalie dentarie<br />

possono essere <strong>di</strong> numero, <strong>di</strong> forma e <strong>di</strong> struttura; l’oligo-anodonzia determina mancata formazione <strong>dei</strong> processi<br />

alveolari e riduzione della <strong>di</strong>mensione verticale del volto. Obiettivo dello stu<strong>di</strong>o è valutare le caratteristiche craniofacciali<br />

<strong>di</strong> pazienti in età evolutiva affetti da E.D.s con oligo-anodonzia riabilitati protesicamente me<strong>di</strong>ante manufatti<br />

removibili secondo il protocollo utilizzato presso il Dipartimento <strong>di</strong> Scienze odontostolatologiche – Unibo.<br />

MATERIALI E METODI: Il gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o è composto da 19 pazienti maschi tra i 3 ed i 17 anni affetti da E.D.s; il<br />

gruppo <strong>di</strong> controllo è composto da 32 pazienti sani (16 maschi e 16 femmine) tra i 5 e i 12 anni. Il protocollo operativo<br />

ha previsto: esecuzione <strong>di</strong> telera<strong>di</strong>ografia del cranio in proiezione latero-laterale con manufatti protesici in situ;<br />

realizzazione <strong>di</strong> tracciato cefalometrico me<strong>di</strong>ante software Nemoceph NX; calcolo <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a e deviazione standard <strong>dei</strong><br />

valori cefalometrici; analisi statistica utilizzando t-Student. RISULTATI: L’analisi statistica evidenzia che per la<br />

maggior parte <strong>dei</strong> parametri cefalometrici valutati (ANS-Me, ANS-N-S, ANS-PNS, Ba-N, Ba-S-N, FH/S-Me, Go-Ar,<br />

Go-Pg, SNA, S-N/Go-Gn, N-ANS, N-Me, N-S-Gn, S-ANS, S-Ba, S-N, S-Pg) la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e tra il gruppo <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o e il gruppo <strong>di</strong> controllo è statisticamente significativa, quin<strong>di</strong> correlabile alla patologia. DISCUSSIONI E<br />

CONCLUSIONI: I pazienti affetti da E.D.s presentano riduzione dell’altezza facciale anteriore, ipoplasia del terzo<br />

me<strong>di</strong>o del volto, profilo appiattito, retrusione mascellare, <strong>di</strong>mostrando come l’oligo-anodonzia influenzi lo sviluppo<br />

antero-posteriore del mascellare. In <strong>di</strong>saccordo con quanto riportato in Letteratura il gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o non presenta terza<br />

classe scheletrica e la crescita è <strong>di</strong> tipo normo<strong>di</strong>vergente. Una riabilitazione precoce dell’oligo-anodonzia influenza<br />

positivamente il pattern <strong>di</strong> crescita <strong>dei</strong> mascellari, favorendo un corretto rapporto in senso verticale e antero-posteriore<br />

ed evitando l’instaurarsi <strong>di</strong> una terza classe scheletrica. I pazienti affetti da E.D.s necessitano <strong>di</strong> un trattamento<br />

riabilitativo del cavo orale precoce e mirato allo scopo non solo <strong>di</strong> ripristinare le funzioni ma anche <strong>di</strong> consentire una<br />

corretta crescita cranio-facciale in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenza e assetto scheletrico intermascellare.


AZIONE BIOLOGICA DEGLI ESTRATTI ETANOLICI DELLA PROPOLI (EEP): POSSIBILI<br />

PROSPETTIVE IN ODONTOIATRIA<br />

Chipaila N, Besharat LK, Dinnella AM, Milana M, Giordano S.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”, I Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, CLSOPD.<br />

INTRODUZIONE: La propoli è una sostanza ceroide-balsamico-resinosa, elaborata dagli organi <strong>di</strong>gestivi delle api<br />

(Apis Mellifera) in seguito alla <strong>di</strong>gestione del polline, sostanza raccolta dalle api sulle gemme <strong>di</strong> vari alberi (Populus sp,<br />

Pinus sp, Betula sp, ecc.). Chimicamente la propoli è costituita da una miriade <strong>di</strong> sostanze <strong>di</strong> natura aromatica e<br />

fenolica, la cui azione biologica è fondamentale per le applicazioni in odontoiatria e nella me<strong>di</strong>cina generale.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> effettuare un’attenta revisione della letteratura sulle proprietà<br />

biologiche e farmacologiche degli estratti etanolici della propoli (EEP), sulla loro azione antibatterica, antivirale,<br />

antifungina, antiparassitaria, antinfiammatoria, anestetica, immunosoppressiva, citostatica e sulla loro applicazione in<br />

odontoiatria. DISCUSSIONE: La composizione chimica della propoli è rappresentata da bioflavonoi<strong>di</strong> (galangina,<br />

pinocembrina), idrossiaci<strong>di</strong> aromatici (ac. caffeico, ac.salicilico), aci<strong>di</strong> alifatici, al<strong>dei</strong><strong>di</strong>, chetoni, cumarine, idrocarburi<br />

alifatici ed aromatici, alcoli, esteri (CAPE), zuccheri, minerali e vitamine. La maggior parte <strong>dei</strong> costituenti della propoli<br />

hanno un’attività antibatterica sinergica. Gli EEP svolgono un’azione antibatterica (MIC, minimum inhibitory<br />

concentration:64-256µg/ml) sul Porphyromonas gingivalis e sulla Prevotella interme<strong>di</strong>a (patogeni coinvolti nella<br />

parodontite dell’adulto), inibiscono l’attività enzimatica glucosiltransferasica e la crescita del S. Mutans (MIC:50-<br />

400µg/ml), del S. sobrinus e del S. cricetus (MIC:25-400µg/ml). L’azione antifungina degli EEP al 20% inibisce la<br />

crescita <strong>dei</strong> miceti C. albicans, C. tropicalis, C. krusei, C. guilliermon<strong>di</strong>i e risulta efficace nel trattamento delle<br />

can<strong>di</strong>dosi orali associate a stomatiti da protesi. Gli EEP ed i bioflavonoi<strong>di</strong> da essi provenienti esercitano azioni<br />

antinfiammatorie in vitro ed in vivo, sopprimendo la generazione delle prostaglan<strong>di</strong>ne e <strong>dei</strong> leucotrieni da parte <strong>dei</strong><br />

macrofagi. Applicati sulla polpa camerale esposta, ne ritardano l’infiammazione sino a 2-4 settimane dopo<br />

l’applicazione e stimolano la formazione <strong>di</strong> dentina riparativa. L’esposizione <strong>dei</strong> fibroblasti del legamento parodontale e<br />

della polpa a concentrazioni ≤ 4mg/ml <strong>di</strong> propoli consente il 75% <strong>di</strong> vitalità cellulare, contro il 25% <strong>di</strong> vitalità cellulare<br />

dell’idrossido <strong>di</strong> calcio (0.4mg/ml). La propoli rappresenta un efficace mezzo <strong>di</strong> conservazione degli elementi dentari<br />

avulsi che devono essere reimpiantati. CONCLUSIONI: I risultati <strong>dei</strong> vari stu<strong>di</strong> presenti in letteratura in<strong>di</strong>cano che la<br />

propoli ed i suoi estratti etanolici (EEP) hanno importanti proprietà farmacologiche utilizzabili nell’ambito della<br />

parodontologia (igiene orale, inibizione batteri parodontopatogeni), dell’endodonzia (me<strong>di</strong>cazioni intracanalari), della<br />

chirurgia (conservazione elementi dentari e legamento parodontale) e della cariologia (inibizione S. mutans).


EFFETTI DEL FUMO DI SIGARETTA SULL’ATTIVITA’ DELLA GLUTATIONE PEROSSIDASI E DELLA<br />

SUPEROSSIDO DISMUTASI SALIVARI.<br />

Giuggioli E., Metelli M.R.*, Pasini M., Giuca M.R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia, Università <strong>di</strong> Pisa.<br />

*U.O. Analisi Chimico Cliniche Specializzate Universitaria <strong>di</strong> Pisa.<br />

OBIETTIVI: Molte patologie del cavo orale riconoscono nel fumo <strong>di</strong> sigaretta il principale agente eziologico o fattore<br />

<strong>di</strong> rischio. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato valutare i possibili effetti che il fumo <strong>di</strong> sigaretta esercita sull’attività <strong>di</strong> due<br />

enzimi antiossidanti salivari, la superossido <strong>di</strong>smutasi (SOD) e la glutatione perossidasi (GSH-Px), in quanto nei<br />

fumatori si liberano, all’interno del cavo orale, i ra<strong>di</strong>cali liberi dell’ossigeno, specie dannose in grado <strong>di</strong> provocare<br />

numerose alterazioni, tra cui la comparsa <strong>di</strong> lesioni precancerose. MATERIALI E METODI: I campioni salivari sono<br />

stati prelevati da 44 soggetti, reclutati tra i pazienti dell’”Ambulatorio <strong>di</strong> Odontostomatologia” dell’”Ospedale Santa<br />

Chiara” <strong>di</strong> Pisa, e sud<strong>di</strong>visi in un gruppo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 20 fumatori (12 uomini), e in un gruppo controllo <strong>di</strong> 24 non fumatori<br />

(<strong>13</strong> uomini), al cui interno sono stati in<strong>di</strong>viduati 14 soggetti che non hanno mai fumato (4 uomini) e 10 ex-fumatori (9<br />

uomini). I soggetti reclutati hanno posto circa 3 cc <strong>di</strong> saliva non stimolata all’interno delle provette e i campioni salivari<br />

sono stati analizzati presso il “Laboratorio <strong>di</strong> Analisi Chimico Cliniche Specializzate” dell’Università <strong>di</strong> Pisa, presso<br />

l’”Ospedale Santa Chiara” <strong>di</strong> Pisa, me<strong>di</strong>ante i kit <strong>di</strong>agnostici RANSEL, per la determinazione dell’attività della GSH-<br />

Px, e RANSOD per quella della SOD. I risultati sono stati confrontati con il test statistico t-student per campioni<br />

in<strong>di</strong>pendenti ed il livello <strong>di</strong> significatività è stato posto a 0,05. RISULTATI: Il livello me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> attività della GSH-Px è<br />

risultato significativamente più basso (p


GBR CON GRIGLIE IN TITANIO<br />

G. Conti, F. Vettorello, M. Rasia, M. Dolci, A. Borgonovo<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Clinica Odontoiatrica ICP<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Chirurgia Orale: Titolare prof. Carlo Maiorana<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatogica<br />

Direttore: prof. Franco Santoro<br />

La Letteratura riporta <strong>di</strong>verse tecniche per la ricostruzione pre-implantare delle creste atrofiche che descrivono l’utilizzo<br />

<strong>di</strong> membrane riassorbibili, non riassorbibili e griglie in titanio. Negli ultimi anni, l’utilizzo <strong>di</strong> griglie in titanio in<br />

combinazione ad innesti <strong>di</strong> osso autologo ed eterologo, è stato proposto e testato in chirurgia implantare per la<br />

rigenerazione parziale o totale del processo alveolare. Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> descrivere alcuni casi<br />

<strong>di</strong> pazienti sottoposti a trattamento chirurgico <strong>di</strong> rigenerazione ossea per atrofie alveolo mascellari attraverso l’uso <strong>di</strong><br />

griglie in titanio in combinazione con osso autologo ed eterologo. Gli AA presentano la loro personale casistica <strong>di</strong><br />

pazienti trattati con questa tecnica chirurgica, descrivendo le <strong>di</strong>verse modalità <strong>di</strong> intervento modulate secondo le<br />

in<strong>di</strong>cazioni cliniche in<strong>di</strong>viduali.


IPERCHERATOSI ORALI E TERAPIE CON LASER A DIODO: CASE REPORT.<br />

Bruzzesi G*, Serio A*, Palumbo C*, Pugliese BD**, De Biase M***,<br />

Bosotti M***, Spadari F***<br />

*Servizio <strong>di</strong> Chirurgia Oro-Maxillo-Facciale ASL Modena. **Centro Me<strong>di</strong>co Servizio <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Comunità <strong>di</strong> San<br />

Patrignano.***Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli Regina Elena.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare dal punto <strong>di</strong> vista istologico le mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

tissutali e cellulari dal punto <strong>di</strong> vista prettamente indagativo dopo una terapia escissionale con laser a <strong>di</strong>odo <strong>di</strong> una<br />

leucoplachia<br />

MATERIALI E METODI:il caso descritto riguarda un soggetto <strong>di</strong> sesso maschile <strong>di</strong> 35 anni ex tossico<strong>di</strong>pendente con<br />

una lesione bianca , non asportabile presente da circa 4 mesi a livello del III anteriore della mucosa geniena destra. La<br />

lesione si mostrava unica,omogenea e non si riscontravano altre mo<strong>di</strong>ficazioni tissutali riscontrabili clinicamente. E’<br />

stata effettuata una indagine isto-patologica della lesione attraverso biopsia incisionale con <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> ipercheratosi<br />

orto-cheratosica con note variabili <strong>di</strong> paracheratosi.<br />

La lesione è stata successivamente asportata utilizzando procedure <strong>di</strong> tipo foto-ablative attraverso un Laser a <strong>di</strong>odo a<br />

808 nm (Lambda Scientifica Doctor Smile D5®). I parametri operativi comprendevano un utilizzo in Continuos Wave,<br />

2,5 Watt. E’ stato poi programmato un follow-up <strong>di</strong> controllo a 7,14,30,60,90 giorni dall’intervento. A 30 e 90 giorni<br />

sono stati effettuati <strong>dei</strong> prelievi bioptici comparativi mirati sia nella sede chirurgica sia a livello del tessuto non<br />

patologico.<br />

RISULTATI: il confronto <strong>dei</strong> vetrini riguardanti i 2 pezzi istologici nel primo prelievo a 30 giorni hanno mostrato nel<br />

tessuto in fase <strong>di</strong> guarigione alterazioni minime rispetto al tessuto sano con la presenza <strong>di</strong> una modesta componente<br />

erosiva, un minimo infiltrato infiammatorio e una acantosi reattiva con degenerazione balloniforme della componente<br />

cellulare. Nel secondo prelievo a 60 giorni non si sono <strong>di</strong>mostrate alterazioni significative tra i due vetrini con una<br />

completa guarigione in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> normo-trofismo e normo irrorazione.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: l’utilizzo della meto<strong>di</strong>ca chirurgica descritta ha comportato una completa<br />

risoluzione del quadro clinico. Sarà tuttavia, necessario un follow-up maggiormente <strong>di</strong>luito nel tempo per la valutazione<br />

a lungo termine del risultato ottenuto. Infine, sarà comunque consigliabile l’eliminazione <strong>di</strong> tutti i fattori <strong>di</strong> rischio che<br />

possono contribuire all’instaurarsi <strong>di</strong> lesioni reattive <strong>dei</strong> tessuti orali.


IPERTROFIA GENGIVALE SECONDARIA ALL’ASSUNZIONE DI FARMACI: REVISIONE DELLA<br />

LETTERATURA.<br />

Chipaila N, Dinnella AM, Palermo T, Besharat LK, Mazza D.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”, I Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, CLSOPD.<br />

INTRODUZIONE: L'ipertrofia gengivale ovvero l'aumento <strong>di</strong> volume del tessuto gengivale in seguito all’incremento<br />

volumetrico <strong>dei</strong> suoi componenti cellulari è considerata il primo sintomo e talvolta anche l’unico elemento clinico <strong>di</strong><br />

una patologia localizzata del parodonto o <strong>di</strong> una patologia <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne sistemico o farmacologico. Farmaci <strong>di</strong> largo<br />

impiego somministrati per la terapia <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse patologie sistemiche come calcio antagonisti (nife<strong>di</strong>pina),<br />

anticonvulsivanti (<strong>di</strong>fenilidantoina), immunosoppressori (ciclosporina A), antiaci<strong>di</strong> e contraccettivi orali possono<br />

provocare ipertrofie gengivali infiammatorie con<strong>di</strong>zionate, che si manifestano a 4-6 mesi dall’inizio della terapia.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> effettuare una revisione della letteratura sulle ipertrofie<br />

gengivali farmaco indotte. DISCUSSIONE: L’attenta valutazione attraverso la letteratura internazionale <strong>dei</strong> casi con<br />

ipertrofia gengivale farmaco indotta ha <strong>di</strong>mostrato che tale fenomeno ha una duplice componente: un’azione ipertrofica<br />

fibrosa <strong>di</strong>rettamente ascrivibile all’assunzione del farmaco e una componente infiammatoria determinata dalla placca<br />

batterica. Ad un’analisi clinica le due componenti (fibrosa ed infiammatoria) sono inscin<strong>di</strong>bili anche se non è noto il<br />

ruolo <strong>di</strong> ciascuna <strong>di</strong> esse nell’insorgenza della patologia. Il piano <strong>di</strong> trattamento da seguire in pazienti sottoposti a<br />

terapia farmacologica deve essere concordato sia con il me<strong>di</strong>co curante che con il paziente, in base al farmaco<br />

somministrato e in base agli aspetti clinici del caso. Il trattamento deve essere sud<strong>di</strong>viso in tre fasi fondamentali. Nella<br />

prima fase, l’attenzione deve essere rivolta al farmaco impiegato per valutare la possibilità <strong>di</strong> personalizzarlo o<br />

sostituirlo con uno <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>fferente. Nella seconda fase l’odontoiatra deve essere attento all’eliminazione e al controllo<br />

<strong>di</strong> placca nella maniera più completa possibile per ridurre al massimo la componente infiammatoria dell’ipertrofia<br />

gengivale. L’eliminazione della componente batterica è fondamentale per ridurre il fenomeno della reci<strong>di</strong>va dopo<br />

l’eventuale terapia chirurgica. Quest’ultima, che si attua nella terza fase (quando nonostante tutte le procedure delle<br />

prime due fasi vengano condotte con la massima cura, si verifichi una persistenza dell’ipertrofia gengivale) consiste<br />

nella gengivectomia o nell’allestimento <strong>di</strong> un lembo, lì dove l’ipertrofia gengivale ha un’estensione maggiore <strong>di</strong> 6<br />

elementi dentali e dove sono presenti <strong>di</strong>fetti ossei. CONCLUSIONI: Nonostante i numerosi lavori condotti per chiarire i<br />

meccanismi patogenetici dell’ipertrofia gengivale indotta da <strong>di</strong>versi farmaci, non è ancora possibile formulare una teoria<br />

definitivamente e universalmente accettata. Gli autori ritengono che è fondamentale attuare rigorosi protocolli <strong>di</strong> igiene<br />

orale sui pazienti affetti da ipertrofia gengivale, per garantire miglioramenti delle con<strong>di</strong>zioni gengivali, come <strong>di</strong>mostrato<br />

in letteratura.


MALATTIA FOCALE ODONTOSTOMATOGENA: ATTUALI ORIENTAMENTI PREVENTIVI E<br />

TERAPEUTICI<br />

Chipaila N, Milana M, Dinnella AM, Besharat LK, Savona M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”, I Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, CLSOPD.<br />

INTRODUZIONE: La malattia focale odontostomatogena è un complesso <strong>di</strong> manifestazioni morbose legato da un<br />

rapporto eziopatogenetico con un focolaio infettivo cronico che interessa il cavo orale ed i seni paranasali. Fra i focolai<br />

infettivi cronici reperibili a livello <strong>dei</strong> tessuti dentali e parodontali, i più importanti sono: i granulomi apicali, le<br />

affezioni parodontali con presenza <strong>di</strong> tasche e lesioni ossee profonde, le osteiti apicali croniche, le necrosi e le gangrene<br />

della polpa, le terapie endodontiche incongrue, le pericoroniti <strong>di</strong> denti in <strong>di</strong>sodontiasi e le cisti ra<strong>di</strong>colari. Esistono<br />

strette correlazioni tra la malattia focale odontostomatogena e la patologia reumatica, oculare, dermatologica,<br />

car<strong>di</strong>ovascolare e cerebrovascolare. OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> analizzare la letteratura<br />

internazionale per in<strong>di</strong>viduare gli attuali protocolli <strong>di</strong> prevenzione, <strong>di</strong>agnosi e trattamento tempestivo <strong>dei</strong> focolai<br />

infettivi orali, spesso causa <strong>di</strong> patologie metafocali. DISCUSSIONE: I criteri <strong>di</strong>agnostici proposti dai ricercatori in<br />

merito alla in<strong>di</strong>viduazione delle sindromi cliniche secondarie a focolai infettivi orali, sono tutti basati su elementi <strong>di</strong><br />

presunzione, i quali possono essere <strong>di</strong> natura clinica, <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne batteriologico od immunologico. Nell’ambito <strong>di</strong> questi<br />

elementi riveste un maggiore valore clinico la constatazione <strong>di</strong> un aggravamento della patologia secondaria negli organi<br />

lontani in occasione <strong>di</strong> una riacutizzazione flogistica <strong>di</strong> focolai oro-dentari (criterio ex nocentibus), come anche la<br />

scomparsa o il miglioramento della malattia focale dopo l’asportazione mirata o fortuita del focus (criterio ex<br />

a<strong>di</strong>uvantibus). Un elemento <strong>di</strong>agnostico <strong>di</strong> certezza può essere il riscontro dell’identità colturale del microrganismo<br />

presente nella patologia secondaria con quello del focolaio infettivo in causa. I casi in cui è in<strong>di</strong>cata la ricerca<br />

sistematica <strong>dei</strong> foci orali da parte dell’odontoiatra e del me<strong>di</strong>co curante sono soprattutto le febbri e le artriti <strong>di</strong> origine<br />

sconosciuta, le uveiti e le iridocicliti, le vasculiti <strong>di</strong> incerta eziologia, le nevralgie o le paralisi del nervo facciale e le<br />

nevralgie del nervo trigemino, la febbre reumatica, l’endocar<strong>di</strong>te batterica, l’ascesso intraparenchimale (ascesso<br />

cerebrale), la preparazione per: interventi <strong>di</strong> chirurgia vascolare o <strong>di</strong> car<strong>di</strong>ochirurgia, trapianto d’organo, terapia<br />

immunosoppressiva e chemioterapia prolungata. CONCLUSIONI: I risultati <strong>dei</strong> vari stu<strong>di</strong> presenti in letteratura<br />

in<strong>di</strong>cano che il problema preventivo, <strong>di</strong>agnostico e terapeutico della malattia focale, chiama in causa la responsabilità <strong>di</strong><br />

più figure professionali, essendo ormai un concetto acquisito come la patologia focale costituisca un argomento <strong>di</strong><br />

interesse pluri<strong>di</strong>sciplinare. Si ritiene dunque in<strong>di</strong>spensabile una efficace collaborazione fra il me<strong>di</strong>co curante e<br />

l’odontoiatra, al quale il me<strong>di</strong>co si rivolge per una consulenza specialistica.


ISTITUZIONE DI UN PORTALE MULTIMEDIALE DI MEDICINA ORALE<br />

Greco G, Franceschini FG, Ehsani S, Leonida A, Bussolati A, Lauritano D.<br />

Clinica Odontoiatrica - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca – Direttore Prof. M.Baldoni<br />

OBIETTIVI. Creare uno strumento multime<strong>di</strong>ale accessibile per via telematica, de<strong>di</strong>cato alla descrizione degli aspetti<br />

clinico-istologici delle patologie del cavo orale, nel quale sia possibile reperire informazioni utili e al tempo stesso<br />

permettere un confronto in tempo reale tra odontoiatri operanti in ambito libero professionale, universitario ed<br />

ospedaliero. Tale portale vuole essere nel contempo un testo <strong>di</strong> libera consultazione costantemente aggiornato, uno<br />

strumento per la ricerca e il confronto tra <strong>di</strong>versi casi clinici ed un dettagliato manuale <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale<br />

MATERIALI E METODI. Registrazione <strong>di</strong> un dominio de<strong>di</strong>cato su web-server e programmazione <strong>di</strong> un sito internet<br />

in co<strong>di</strong>ce HTML, Javascript e PHP, con interfaccia per l’interazione con database MySql. Inserimento nel database<br />

delle informazioni riguardanti le singole patologie, richiamabili in base alle caratteristiche delle stesse, in modo da<br />

semplificare la consultazione e la ricerca. Programmazione <strong>di</strong> una sezione <strong>di</strong> ricerca per visualizzare le patologie che<br />

più si avvicinano, per segni e sintomi ai valori inseriti dall’utente, in modo da facilitare una <strong>di</strong>agnosi clinica. E’ stata poi<br />

verificata l’efficienza del portale sottoponendo un questionario a 47 Odontoiatri che si occupano <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale.<br />

RISULTATI. Il 98% degli utenti ha <strong>di</strong>chiarato che il database presente nel portale è uno strumento valido per una<br />

<strong>di</strong>agnosi clinica puntuale, il 94% degli operatori riporta <strong>di</strong> aver utilizzato il sito per comunicare in tempo reale con<br />

l’Ambulatorio <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale della Clinica Odontoiatrica dell’Università Milano-Bicocca, mentre il 91% degli<br />

utenti ha confrontato la propria casistica clinica con le immagini presenti nel sito e ha potuto effettuare una <strong>di</strong>agnosi<br />

clinica poi confermata dall’esame istologico.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI. Il Portale Multime<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale è uno strumento essenziale per<br />

svolgere un’attività clinica e <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> alto livello, in quanto è possibile confrontare in tempo reale dati ed immagini<br />

tra gli odontoiatri operanti nell’ambito della Me<strong>di</strong>cina Orale e gli specialisti dell’Ambulatorio <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale della<br />

Clinica Odontoiatrica dell’Università Milano-Bicocca. Il Portale è anche un fondamentale strumento <strong>di</strong> ricerca, in<br />

quanto contiene informazioni bibliografiche costantemente aggiornate e facilmente consultabili.


IMPIANTI POST-ESTRATTIVI A CARICO IMMEDIATO IN SETTORI ESTETICI: CASO CLINICO.<br />

Gentile A, Cristalli MP, La Monaca G, Annibali S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Sapienza Università <strong>di</strong> Roma<br />

Lo scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> testare l’utilizzo <strong>di</strong> un nuovo e particolare <strong>di</strong>segno implantare (NobelActive<br />

NobelBiocare) nella sostituzione imme<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> singoli elementi dentari in settori estetici. Questo innovativo tipo <strong>di</strong><br />

fixture presenta: un corpo conico con doppia filettatura variabile e lame apicali <strong>di</strong> fresatura, che consentono <strong>di</strong> ottenere<br />

una condensazione graduale dell’osso ed una elevata stabilità primaria; un protocollo <strong>di</strong> inserimento manuale che rende<br />

possibili mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong>rezionali “attive” per una posizione protesica ottimale; una porzione coronale con conicità inversa,<br />

che permette <strong>di</strong> preservare il massimo volume <strong>di</strong> tessuto osseo e <strong>di</strong> ottimizzare il supporto <strong>dei</strong> tessuti molli; una<br />

connessione conica con Platform Shifting che garantisce una maggiore resistenza meccanica ed una migliore<br />

integrazione con la mucosa perimplantare. Il caso presentato, che fa parte <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o prospettico multicentrico ed è<br />

stato eseguito secondo un protocollo clinico molto rigido e ben definito, riguarda un impianto post-estrattivo imme<strong>di</strong>ato<br />

inserito nell’alveolo <strong>di</strong> un premolare superiore non recuperabile a causa <strong>di</strong> una frattura verticale della ra<strong>di</strong>ce. In<br />

un’unica seduta operatoria si è proceduto all’avulsione dell’elemento dentario, al posizionamento della fixture ed al<br />

rilievo <strong>di</strong> un’impronta <strong>di</strong> precisione allo scopo <strong>di</strong> preparare un manufatto protesico provvisorio che è stato posto in<br />

occlusione a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 24 ore dall’intervento ed è stato sostituito sei mesi più tar<strong>di</strong> da una corona definitiva in oroceramica.<br />

Il follow-up a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un anno e le ra<strong>di</strong>ografie endorali <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong>mostrano la stabilità <strong>dei</strong> tessuti<br />

perimplantari ed il conseguente raggiungimento <strong>di</strong> un ottimo risultato sia estetico che funzionale.


MANAGEMENT ODONTOIATRICO DEI PAZIENTI IN TERAPIA PROLUNGATA CON BIFOSFONATI:<br />

REVISIONE DELLA LETTERATURA<br />

Chipaila N, Pljevljak N, Milana M, Dinnella AM, Besharat LK, Galli M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”, I Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, CLSOPD.<br />

INTRODUZIONE: I bifosfonati sono analoghi strutturali del pirofosfato inorganico, resistenti all’idrolisi enzimatica, in<br />

grado <strong>di</strong> legarsi ai cristalli <strong>di</strong> idrossiapatite nei siti <strong>di</strong> rimodellamento osseo. Il loro meccanismo d’azione si basa sulla<br />

capacità <strong>di</strong> inibire il riassorbimento osseo me<strong>di</strong>ato dagli osteoclasti. I più recenti bifosfonati (alendronato, risedronato,<br />

neridronato, ibandronato, pamidronato, zoledronato, clodronato), sono utilizzati nel trattamento dell’ipercalcemia<br />

neoplastica, del mieloma multiplo e delle secondarietà ossee, in particolare della prostata e della mammella, con<br />

l’intento <strong>di</strong> ridurre le complicanze scheletriche da metastasi ossee. Sono inoltre ampiamente usati per prevenire e<br />

trattare l’osteoporosi e nella terapia <strong>di</strong> alcune malattie ossee come il morbo <strong>di</strong> Paget. OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo<br />

stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> analizzare la letteratura internazionale per in<strong>di</strong>viduare aspetti clinici, epidemiologici e terapeutici<br />

dell’osteonecrosi <strong>dei</strong> mascellari, in<strong>di</strong>cando in particolare quale dovrebbe essere il ruolo dell’odontoiatra, gli attuali<br />

protocolli <strong>di</strong> prevenzione, <strong>di</strong>agnosi e trattamento. DISCUSSIONE: Si riscontra che la man<strong>di</strong>bola e la mascella sono<br />

coinvolte nell’osteonecrosi da bifosfonati. Nel 70% <strong>dei</strong> casi l’effetto si manifesta principalmente nella man<strong>di</strong>bola, a<br />

livello della regione <strong>dei</strong> molari, mentre nel 30% <strong>dei</strong> casi l’osteonecrosi compare nella regione mascellare posteriore.<br />

Soltanto in pochi casi sono coinvolte entrambe le ossa mascellari. Nel 70-80% <strong>dei</strong> casi, l’osteonecrosi della mascella da<br />

bifosfonati si manifesta dopo un estrazione dentaria o in seguito ad un qualsiasi altro intervento <strong>di</strong> chirurgia orale. Il<br />

me<strong>di</strong>co curante del paziente, prima <strong>di</strong> iniziare una terapia con bifosfonati, dovrebbe consigliare uno screening<br />

odontostomatologico e valutare la presenza <strong>di</strong> fattori <strong>di</strong> rischio locali o sistemici. Nel caso in cui si opti per una terapia<br />

con bifosfonati, dovrebbero essere evitati gli interventi <strong>di</strong> chirurgia estrattiva o <strong>di</strong> riabilitazione protesica con impianti, e<br />

preferite le terapie endodontiche e conservative degli elementi dentari. Viene raccomandata l’applicazione quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong><br />

farmaci antimicrobici o antinfiammatori ad uso topico ed il paziente deve essere motivato ad una corretta igiene orale<br />

ed osservato ogni 3 mesi. CONCLUSIONI: I risultati <strong>dei</strong> vari stu<strong>di</strong> presenti in letteratura in<strong>di</strong>cano che i bifosfonati<br />

captati dal tessuto osseo non vengono degradati e rimangono in sede per molti anni. Non è ancora noto se l’accumulo <strong>di</strong><br />

questi farmaci nello scheletro possa essere associato a rischio <strong>di</strong> soppressione del normale ciclo <strong>di</strong> rimodellamento, con<br />

conseguente alterazione della struttura ossea. È quin<strong>di</strong> necessaria una stretta collaborazione fra più figure professionali,<br />

ovvero fra l’oncologo, l’osteopata, l’internista, il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> base e l’odontoiatra per determinare l’inizio della terapia<br />

con bifosfonati e le giuste tempistiche del trattamento odontostomatologico.


LA PPR UNA REALTÀ CLINICA ANCORA MOLTO DIFFUSA: INDICAZIONI E MANTENIMENTO.<br />

Dott. Mirra M.; Dott. Giu<strong>di</strong>ce A.; Ig. Murraca M.G; Odoguar<strong>di</strong> F. & Cristofaro M.G.<br />

Cattedra ed UU.OO. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> Magna Græcia <strong>di</strong> Catanzaro<br />

Abstract<br />

Le richieste estetiche sempre maggiori da parte <strong>dei</strong> pazienti ci obbligano ad affrontare casi clinici sempre più complessi.<br />

L’implantologia è sicuramente un ausilio valido per ottenere tale obiettivo; ma la realtà clinica ci obbliga in alcuni casi<br />

a perseguire piani <strong>di</strong> trattamento più convenzionali, infatti, ancora oggi esiste un’ampia popolazione <strong>di</strong> pazienti che per<br />

problemi locali o generali non può effettuare una riabilitazione su impianti.<br />

Sicuramente in questi casi ci è d’aiuto la protesi parziale rimovibile.<br />

L’esecuzione <strong>di</strong> questa meto<strong>di</strong>ca ci consente <strong>di</strong> affrontare anche casi complessi con coinvolgimento sicuramente meno<br />

impegnativo da un punto <strong>di</strong> vista fisico da parte del paziente. Una volta realizzata questa meto<strong>di</strong>ca essa richiederà uno<br />

scrupoloso e attento mantenimento sia professionale che domiciliare.


PREPARAZIONE DEL SITO IMPLANTARE DIFFERENZIATA IN BASE ALLA QUALITÀ OSSEA NEI<br />

PROTOCOLLI DI CARICO IMMEDIATO.<br />

Reale G, Crispino A, Giu<strong>di</strong>ce A, Lidonnici L, Cristofaro MG.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> “Magna Graecia” <strong>di</strong> Catanzaro - U.O. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> - Cattedra ed U.O. <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-<br />

Facciale. Direttore: Prof. M. Giu<strong>di</strong>ce<br />

E’ universalmente accettato che il successo del carico imme<strong>di</strong>ato nei moderni protocolli <strong>di</strong> implantoprotesi <strong>di</strong>pende<br />

essenzialmente alla stabilità primaria dell’impianto stesso.<br />

E’ risaputo che la stabilità primaria <strong>di</strong>pende da:<br />

• qualità dell’osso<br />

• procedura chirurgica<br />

• caratteristiche chimico fisiche della superficie implantare<br />

Gli Autori propongono una preparazione <strong>di</strong>fferenziata del sito implantare in base alla qualità ossea che permette <strong>di</strong><br />

aumentare la stabilità primaria.<br />

Su un campione <strong>di</strong> 56 impianti inseriti in osso <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente qualità circa utilizzando questa meto<strong>di</strong>ca nel 93 % si è<br />

riusciti ad ottenere un torque d’inserimento > 30 Ncm, nel 7% <strong>dei</strong> casi si è dovuto ritardare il carico: a tre mesi dal<br />

carco imme<strong>di</strong>ato si è avuto la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tre impianti


CARATTERISTICHE CRANIO-FACCIALI IN PAZIENTI AFFETTI DA SINDROME DI NOONAN IN ETA’<br />

EVOLUTIVA.<br />

Armuzzi L, D’Alessandro G, Monari E, Faggella A, Piana G.<br />

Servizio <strong>di</strong> Assistenza Odontoiatrcia per Disabili, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli<br />

Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bologna.<br />

OBIETTIVI: La sindrome <strong>di</strong> Noonan (SN) è una patologia congenita <strong>di</strong> origine genetica caratterizzata da bassa statura,<br />

<strong>di</strong>fetti car<strong>di</strong>aci, <strong>di</strong>smorfia facciale, anomalie <strong>dei</strong> sistemi genito-urinario, ematologico, linfatico, u<strong>di</strong>tivo. In Letteratura<br />

sono descritte numerose malformazioni dento-scheletriche ma limitatamente a case report e mancano stu<strong>di</strong><br />

ortognatodontici su gruppi <strong>di</strong> pazienti affetti da SN. Obiettivo del lavoro è descrivere le caratteristiche dentoscheletriche<br />

<strong>di</strong> pazienti Noonan in età evolutiva attraverso esame <strong>dei</strong> modelli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o ed esame cefalometrico <strong>di</strong><br />

telera<strong>di</strong>ografie in proiezione latero-laterale (TLL). MATERIALI E METODI: Il gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o è costituito da 9<br />

pazienti affetti da SN <strong>di</strong> età compresa tra 6 e 18 a. (M=10,44 a). Per comparare i risultati prodotti dalle misurazioni<br />

palatali il gruppo <strong>di</strong> controllo è composto da 149 pazienti sani <strong>di</strong> età <strong>di</strong> 10 e 11 a.. Per comparare i risultati prodotti<br />

dall’esame <strong>dei</strong> tracciati cefalometrici il gruppo <strong>di</strong> controllo è composto da 37 pazienti sani, <strong>di</strong> età compresa tra 7,5 e 17<br />

a. (M=11,9 a.). Il protocollo operativo ha previsto: - costruzione <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o per misurare altezza e ampiezza del<br />

palato e calcolare l’in<strong>di</strong>ce palatale (PH/PW %); - esecuzione <strong>di</strong> TLL per <strong>di</strong>segnare tracciati cefalometrici me<strong>di</strong>ante<br />

software NemoCeph NX. Per i valori palatali e cefalometrici del gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>dei</strong> rispettivi gruppi <strong>di</strong> controllo<br />

sono calcolate me<strong>di</strong>a e deviazione standard e sono ricercate relazioni me<strong>di</strong>ante analisi statistica t-Student.<br />

RISULTATI: Dall’analisi statistica emerge che le <strong>di</strong>fferenza tra le me<strong>di</strong>e per i caratteri ANPg, ArGo, GoPog, SNB,<br />

angolo interincisivo, AnsPns/MeGo, NS/MeGo, angolo goniaco superiore, SNPg, altezza palatale, in<strong>di</strong>ce palatale,<br />

risultando significative, sono attribuibili alla SN mentre le <strong>di</strong>fferenze tra le me<strong>di</strong>e <strong>dei</strong> due gruppi per i caratteri<br />

Ili/MeGo, Ils/AnsPns, SNA, ANB, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Wits, NS/AnsPns, SarGo, ampiezza palatale, risultando non significative,<br />

non sono attribuibili alla SN. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Dall’analisi <strong>dei</strong> modelli emerge correlazione tra SN<br />

e palato ogivale, principalmente a causa del significativo aumento dell’altezza palatale. Dall’analisi cefalometrica si<br />

evidenzia maggiore prevalenza <strong>di</strong> II classe scheletrica, crescita iper<strong>di</strong>vergente e ipoplasia man<strong>di</strong>bolare rispetto al<br />

gruppo controllo. Il complesso quadro <strong>di</strong> patologie ortope<strong>di</strong>co-ortodontiche caratteristico della SN evidenzia la<br />

necessità <strong>di</strong> valutazione precoce, allo scopo <strong>di</strong> formulare la <strong>di</strong>agnosi e conseguentemente il piano <strong>di</strong> trattamento<br />

intercettivo più efficace. In questa ottica <strong>di</strong> particolare importanza è la valutazione del profilo auxologico <strong>dei</strong> pazienti<br />

affetti da SN frequentemente sottoposti a terapia con ormone della crescita (GH), considerando le potenziali<br />

ripercussioni sulla crescita del <strong>di</strong>stretto cranio-facciale.


LA RISPOSTA BIOLOGICA DELLE CELLULE STAMINALI MESENCHIMALI UMANE A SUPERFICI<br />

IMPLANTARI NANOSTRUTTURATE.<br />

Annunziata M, Oliva A, Gravagnuolo E, Guida L.<br />

Dip. Discipline Odontostom., Ortod. e Chir.; Dip. Biofisica e Biochimica “F. Cedrangolo” - Seconda Università Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Napoli. marco.annunziata@unina2.it<br />

OBIETTIVI: Con il presente stu<strong>di</strong>o è stata valutata la risposta biologica delle cellule staminali mesenchimali umane<br />

(MSC) nei confronti <strong>di</strong> superfici in titanio nanostrutturate (test) rispetto a superfici lisce (controllo). MATERIALI E<br />

METODI: Campioni in titanio commercialmente puro (10x10 mm) lisci ed a superficie nanostrutturata sono state<br />

fornite dalla P.H.I. s.r.l. (San Vittore Olona, Milano). Le superfici implantari sono state caratterizzate qualitativamente<br />

me<strong>di</strong>ante microscopia elettronica a scansione (SEM). Colture primarie <strong>di</strong> MSC umane sono state isolate ed amplificate<br />

a partire da campioni <strong>di</strong> midollo osseo <strong>di</strong> soggetti sani e sono state piastrate sulle due tipologie <strong>di</strong> superficie. L’adesione<br />

cellulare è stata valutata a 24h dal piastramento me<strong>di</strong>ante SEM e test <strong>di</strong> vitalità MTT. La proliferazione cellulare è stata<br />

indagata a 96h dal piastramento me<strong>di</strong>ante test MTT. Sono stati inoltre valutati marker <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziamento osteoblastico<br />

precoci (attività specifica della fosfatasi alcalina a 7gg) e tar<strong>di</strong>vi (sintesi <strong>di</strong> osteocalcina a 14gg, valutata me<strong>di</strong>ante test<br />

ELISA, e mineralizzazione della matrice extracellulare a 30 gg, valutata me<strong>di</strong>ante colorazione con Alizaren Red).<br />

RISULTATI: L’analisi SEM ha evidenziato caratteristiche topografiche peculiari della superficie <strong>dei</strong> campioni<br />

nanostrutturati ed una intima interazione con essa delle cellule in fase <strong>di</strong> adesione. Le superfici test hanno evidenziato<br />

valori <strong>di</strong> adesione cellulare tendenzialmente superiori al controllo, mentre la proliferazione a 96h dal piastramento ha<br />

mostrato valori comparabili. Il <strong>di</strong>fferenziamento osteoblastico è stato significativamente stimolato dalle superfici test<br />

rispetto al controllo in termini <strong>di</strong> attività specifica della fosfatasi alcalina, sintesi <strong>di</strong> osteocalcina e mineralizzazione<br />

della matrice extracellulare. DISCUSSIONE ECONCLUSIONI: Dai risultati ottenuti è possibile affermare che le<br />

superfici implantari nanostrutturate indagate nel presente stu<strong>di</strong>o hanno mostrato un effetto stimolatorio, soprattutto in<br />

termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziamento osteoblastico, sulla risposta biologica delle cellule staminali mesenchimali umane.


PERIMPLANTITI E DECONTAMINAZIONE FOTODINAMICA: STUDIO IN VIVO<br />

Bosotti M*, Bombeccari GP*, Gualini F**, Gualini S*, Spadari F*.<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano. **Libero<br />

Professionista Bergamo.<br />

OBIETTIVI: Lo stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong> analizzare gli effetti in vivo nell’applicazione della terapia foto<strong>di</strong>namica con blu<br />

<strong>di</strong> tolui<strong>di</strong>na (PDT), quale supporto alle meto<strong>di</strong>che convenzionali (TC) nella cura delle perimplantiti. Stu<strong>di</strong> in vitro<br />

hanno <strong>di</strong>mostrato, attraverso la PDT, la possibile era<strong>di</strong>cazione batterica dalle <strong>di</strong>verse superfici implantari, <strong>di</strong> tutti i<br />

patogeni periodontali. MATERIALI E METODI: L’attenzione si è focalizzata sulle stime microbiologiche<br />

comparative pre-post-trattamento e al controllo a 6 mesi. 20 pazienti erano sud<strong>di</strong>visi in 2 gruppi TEST (trattati con<br />

PDT+TC) e 2 gruppi CONTROLLO (trattati con TC), <strong>di</strong>stinti per profon<strong>di</strong>tà del <strong>di</strong>fetto osseo. La TC consisteva in<br />

scaling associato a irrigazione con clorexi<strong>di</strong>na e, nei <strong>di</strong>fetti >2mm, si allestiva un lembo mucoperiostale. La PDT<br />

consisteva nell’applicare blu <strong>di</strong> tolui<strong>di</strong>na nel sito affetto da perimplantite e irra<strong>di</strong>are con Laser a Dio<strong>di</strong> (Lambda<br />

Scientifica Doctor Smile D5®) per 1,5 minuti in modalità continua. Campionamenti batterici erano effettuati prima,<br />

imme<strong>di</strong>atamente dopo e al 6° mese dal trattamento.<br />

RISULTATI: La me<strong>di</strong>a della conta batterica anaerobia globale risultava ridotta del 93,6% nei gruppi TEST vs il<br />

83,5% <strong>dei</strong> gruppi CONTROLLO. L’analisi qualitativa delle specie patogene mostrava una riduzione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 3 gra<strong>di</strong><br />

log per P.gingivalis e Prevotella interme<strong>di</strong>a, e <strong>di</strong> 2 gra<strong>di</strong> log per A.Actinomycetemcomitans nei gruppi TEST rispetto i 2<br />

gra<strong>di</strong> log e 1 grado log <strong>di</strong> riduzione per le stesse specie nei gruppi CONTROLLO. Il controllo microbiologico a 6 mesi<br />

mostrava una parziale ricolonizzazione batterica.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I risultati <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o suggeriscono che la PDT con Laser a Dio<strong>di</strong> può essere<br />

considerata una vantaggiosa meto<strong>di</strong>ca ausiliaria alla TC nella decontaminazione <strong>dei</strong> siti affetti da perimplantite.<br />

L’elaborazione <strong>di</strong> futuri stu<strong>di</strong> clinici su gruppi più ampi <strong>di</strong> pz dovrà considerare l’aspetto della ricolonizzazione<br />

batterica a me<strong>di</strong>o termine, sull’attenta valutazione <strong>dei</strong> fattori eco-ambientali limitanti l’efficacia nel tempo della PDT.


AVULSIONI DENTALI: REVISIONE DELLE LINEE GUIDA IN BASE A COSTI-BENEFICI E COSTI<br />

INTANGIBILI.<br />

Zerman N.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Comunicazione e del Comportamento. Sez. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>. Direttore Prof. G. Calura.<br />

Università <strong>di</strong> Ferrara. nicoletta.zerman@unife.it<br />

INTRODUZIONE : Le linee guida basate su criteri <strong>di</strong> razionalità scientifica, dovrebbero sod<strong>di</strong>sfare parametri <strong>di</strong><br />

sostenibilità pratico-economica. OBIETTIVI : Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o consiste nella revisione delle recenti linee guida<br />

definite dallo IADT (International Association of Dental Traumatology), in base a parametri che tengano in<br />

considerazione sia i benefici reali del protocollo terapeutico consigliato che i costi intangibili. MATERIALI E<br />

METODI : Le linee guida relative all’avulsione <strong>dei</strong> denti permanenti dello IADT (Dent Traumatol 2007), sono state<br />

oggetto <strong>di</strong> una approfon<strong>di</strong>ta valutazione con revisione della letteratura. Abbiamo introdotto una variabile che tenesse in<br />

considerazione, in base alla prognosi più probabile, l’efficacia effettiva delle scelte terapeutiche, comprendendo i<br />

benefici reali ed i costi intangibili Sono stati evidenziati ed analizzati i dati che non appaiono conclusivi e sui quali<br />

esistono solo delle raccomandazioni. RISULTATI : Il fattore tempo è in assoluto il più importante ai fini prognostici. Il<br />

reimpianto imme<strong>di</strong>ato è il trattamento <strong>di</strong> scelta, ma essendo “invasivo” richiede il consenso informato. Non c’è accordo<br />

sul tempo critico per definire un reimpianto tar<strong>di</strong>vo: > 60’ secondo le linee guida, ma dopo i primi 5’ la prognosi<br />

peggiora drasticamente sia per la polpa che per il parodonto; quanto più giovane è il soggetto, tanto più saranno<br />

frequenti e complessi i problemi che rendono il follow-up particolarmente lungo e costoso anche in termini <strong>di</strong> costi<br />

intangibili. L’anchilosi è l’unica speranza per mantenere in arcata il dente reimpiantato tar<strong>di</strong>vamente, quin<strong>di</strong> si dovrebbe<br />

considerare uno splintaggio rigido che la favorisca. La conservazione a secco peggiora la prognosi: realisticamente gli<br />

unici mezzi <strong>di</strong> trasporto generalmente <strong>di</strong>sponibili, a parte la saliva, sono l’acqua e il latte. CONCLUSIONI : Linee<br />

guida semplici, chiare ed efficaci non garantiscono il risultato, ma sono in grado <strong>di</strong> migliorare la prognosi. Dobbiamo<br />

chiederci quanto sia realmente efficace una scelta terapeutica e soprattutto dobbiamo confrontarla con le alternative<br />

possibili e decidere nel singolo caso, ma nel rispetto <strong>di</strong> criteri generali <strong>di</strong> onestà intellettuale e professionale, nonché <strong>di</strong><br />

buon senso. Agire solo quando si è consapevoli della complessità delle conseguenze che l’azione scelta comporta. Sono<br />

da evitare percorsi terapeutici forieri <strong>di</strong> complicanze, costosi e quin<strong>di</strong> poco sostenibili soprattutto da un sistema sanitario<br />

in <strong>di</strong>fficoltà cronica. Sono altresì da evitare “esperimenti terapeutici” sulla base <strong>di</strong> qualche caso descritto in letteratura o<br />

presentato in un contesto scientifico, con follow-up troppo brevi. Ci vorrebbe maggiore coor<strong>di</strong>namento tra le <strong>di</strong>verse<br />

figure competenti e bisognerebbe investire <strong>di</strong> più nella informazione e nella prevenzione per ridurre i costi tangibili ed<br />

intangibili.


IL RUOLO DELLA BIOSTITE® NELLA RIGENERAZIONE OSSEA GUIDATA.<br />

Figliuzzi MM, Fortunato L, Pacifico D, Cristofaro MG.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> “Magna Graecia” <strong>di</strong> Catanzaro. Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia. CLSOPD. Cattedra e U.O. <strong>di</strong><br />

Chirurgia Maxillo Facciale. Dir. Prof. M.Giu<strong>di</strong>ce.<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> testare l’efficacia della Biostite® nel trattamento chirurgico<br />

rigenerativo <strong>dei</strong> trattamenti infraossei.<br />

MATERIALI E METODI: 30 pazienti, non fumatori, dopo attenta selezione del <strong>di</strong>fetto, sono stati sottoposti<br />

atrattamento chirurgico rigenerativo <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti infraossei me<strong>di</strong>ante tecnica <strong>di</strong> rigenerazione parodontale con innesto <strong>di</strong><br />

Biostite® e rivalutati, sia dal punto <strong>di</strong> vista clinico che ra<strong>di</strong>ografico ad una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo variabile tra i 18 e i 21<br />

mesi dalla terapia chirurgica.<br />

RISULTATI: Si è ottenuto l’azzerameto della profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio delle tasche trattate, in aggiunta alle ottime<br />

con<strong>di</strong>zioni cliniche <strong>dei</strong> tessuti parodontali; ra<strong>di</strong>ograficamente si è registrata la formazione, nel <strong>di</strong>fetto infraosseo, <strong>di</strong><br />

tessuto ra<strong>di</strong>opaco aderente alla superficie ra<strong>di</strong>colare.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONE: Gli ottimi risultati raggiunti, associati alla malagevolezza e alla risposta clinica<br />

<strong>di</strong> questo biomateriale, ci inducono a ritenere tale tecnica valida nel trattamento rigenerativo <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti infraossei<br />

parodontali anche nei casi <strong>di</strong> inserimento <strong>di</strong> impianti postestrattivi, nonché nei casi <strong>di</strong> lesioni localizzate in aree <strong>di</strong><br />

particolare importanza estetica, a patto che si effettui una strategica selezione del paziente e del <strong>di</strong>fetto da trattare. Per il<br />

mantenimento a lungo termine <strong>dei</strong> risultati ottenuti con tale meto<strong>di</strong>ca, si ritengono importanti non soltanto la vali<strong>di</strong>tà<br />

della tecnica e la sua corretta esecuzione, ma anche la completa attuazione del protocollo prechirurgico e<br />

postchirurgico, nonché l’adeguata motivazione e la pienacollaborazione del paziente.


Roma, 22-24 Aprile 2009<br />

SESSIONE<br />

Chirurgia Maxillo-Facciale


ANESTESIA LOCO REGIONALE NELLE OSTEOTOMIE SEGMENTARIE DEI SETTORI POSTERIORI<br />

DEI MASCELLARI.<br />

Diana G*, Pod<strong>di</strong> V*, Marini M**, Longobar<strong>di</strong> G***<br />

*Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia,Clinica Odontoiatrica<br />

**Tower Hamlets Primary Care Trust NHS London<br />

*** UO Chirurgia Maxillo Facciale, P.O.”SS.Trinità” ASL8 Cagliari<br />

Obiettivi: blocco anestesiologico <strong>dei</strong> rami del V2 per eseguire in day surgery interventi <strong>di</strong> osteotomie segmentarie <strong>dei</strong><br />

settori posteriori del mascellare, per fini riabilitativi implanto protesici.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: gli anestetici utilizzati sono stati la Lidocaina e Mepivacaina (2%) in associazione con adrenalina<br />

1:100.000 per il blocco mentre per infiltrazione locale 1: 80.000.Il dosaggio, aggiustato in base all'effetto clinico,<br />

variava dai 1 ai 3 ml per il blocco nervoso mentre per la plessica da 4 a 6 ml. Il blocco nervoso <strong>dei</strong> nervi alveolari<br />

superiori e del palatino maggiore veniva effetuato me<strong>di</strong>ante ago 25-27 G, 3,8-5 cm.<br />

Risultati: la meto<strong>di</strong>ca utilizzata del blocco nervoso <strong>dei</strong> rami del V ha permesso <strong>di</strong> ottenere l'analgesia loco-regionale <strong>dei</strong><br />

settori posteriori del mascellare permettendo su questi interventi <strong>di</strong> osteotomia segmentaria.<br />

Discussione e conclusioni: I nuovi modelli assistenziali operativi nelle strutture pubbliche in particolare il day surgery<br />

sono cresciuti grazie all’innovazione <strong>di</strong> sicure tecniche chirurgiche e grazie ad adeguate meto<strong>di</strong>che anestesiologiche<br />

de<strong>di</strong>cate. In chirurgia maxillo facciale, l'appren<strong>di</strong>mento e l'esecuzione <strong>di</strong> anestesie loco-regionali me<strong>di</strong>ante blocchi<br />

nervosi garantisce massimo controllo delle vie sensitive e limita il numero <strong>di</strong> interventi in anestesia generale.


ASIMMETRIE FACCIALI E “MAL DI SCHIENA”.<br />

Mastromatteo A, Villani D, Fabrizi A, Mancini P, Bourelaki D, Cutilli T.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> dell’Aquila, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Salute, Chirurgia Maxillo-Facciale - Scuola <strong>di</strong><br />

Specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale (Dir.:Prof. A.Corbacelli)<br />

Gli stu<strong>di</strong> effettuati per oltre <strong>di</strong>eci anni presso la Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Università degli Stu<strong>di</strong> dell’Aquila<br />

permettono <strong>di</strong> evidenziare, fra i molteplici quadri alla base della malattia sociale comunemente espressa con il generico<br />

termine <strong>di</strong> “mal <strong>di</strong> schiena”, l’influenza delle <strong>di</strong>smorfosi asimmetriche maxillo-facciali.<br />

Il <strong>di</strong>smorfismo delle strutture facciali, sia mascellare che man<strong>di</strong>bolare e maxillo-man<strong>di</strong>bolare, si <strong>di</strong>mostra associato a<br />

<strong>di</strong>smorfismi delle strutture cranio-axio-cervicali.<br />

Colonna e regione cranio-maxillo-facciale costituiscono infatti (anche sulla base <strong>di</strong> nostre ricerche approfon<strong>di</strong>te<br />

condotte con meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> fisiologia e <strong>di</strong> imaging TC, TC3D, TC spirale ed RM) una Unità morfo-funzioanale in cui l’<br />

alterazione osteo-neuro-muscolare <strong>di</strong> un singolo elemento si ripercuote <strong>di</strong> necessità su tutte le altre componenti del<br />

Sistema, inducendovi consensuali effetti <strong>di</strong>smorfici.<br />

In particolare, a carico della colonna si osservano alterazioni sia sul piano frontale che assiale, con manifestazioni, da<br />

una parte, <strong>di</strong> tipo sub-scoliotico o scoliotico; dall’altra, <strong>di</strong> tipo rotazionale.<br />

Gli squilibri muscolo-scheletrici tipici dell’asimmetria facciale si riflettono sulla componente capsulo-muscololegamentoso-articolare<br />

axio-cervico-dorsale, oltre che sui sistemi intersomatici <strong>dei</strong> corpi vertebrali, e sono alla base <strong>di</strong><br />

alterazioni posturali ed in ultima analisi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi dolorosi della colonna anche molto gravi ed invalidanti.<br />

Tale patologia, come <strong>di</strong>mostrano gli stu<strong>di</strong> eseguiti, non subisce alcun miglioramento, se non del tutto transitorio, dalle<br />

tecniche tra<strong>di</strong>zionali o anche più avanzate <strong>di</strong> posturologia, <strong>di</strong> fisiochinesioterapia e <strong>di</strong> riabilitazione in generale. Efficaci<br />

invece si <strong>di</strong>mostrano gli interventi <strong>di</strong> chirurgia ortognatica, condotti con peculiari accorgimenti e mirati sia al<br />

riequilibrio muscolo-scheletrico ed occlusale maxillo-facciale che al riposizionamento del baricentro facio-cranioassiale,<br />

compatibilmente con la tipologia del cranio del soggetto e la “plasticità” degli interventi combinati.<br />

Si assiste talora, in alcuni casi, alla scomparsa subitanea della sintomatologia dolorosa cranio-assiale ed in altri, ad un<br />

progressivo riequilibrio muscolo-scheletrico-posturale, con attenuazione progressiva della sintomatologia <strong>di</strong> tale<br />

specifica forma <strong>di</strong> “mal <strong>di</strong> schiena”.<br />

Solo dopo questi interventi chirurgici potranno essere utili trattamenti fisioterapici e <strong>di</strong> riabilitazione posturale, allo<br />

scopo <strong>di</strong> perfezionare e stabilizzare l’opera del chirurgo maxillo-facciale.


CORREZIONE DELLE SEVERE ATROFIE MASCELLARI CON OSTEOTOMIA DI LEFORT I E INNESTI<br />

OSSEI MASSIVI: RISULTATI DELLA RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA<br />

A 6-12 ANNI.<br />

L.Piersanti a , F.Pieri a , A.Bianchi b , C.Marchetti c<br />

a Reparto <strong>di</strong> Chirurgia Orale e Maxillo-Facciale, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong><br />

Bologna, Italia<br />

b U.O. <strong>di</strong> Chirurgia Orale e Maxillo-Facciale, Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Orsola Malpighi, Bologna, Italia<br />

c Professore Associato <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong><br />

Bologna, Italia<br />

Obbiettivo: Nelle atrofie mascellari con severi <strong>di</strong>fetti volumetrici, l’osteotomia <strong>di</strong> Le Fort I con innesti ossei è tecnica<br />

affidabile per consentire la riabilitazione implantoprotesica del paziente. Pochi stu<strong>di</strong> tuttavia, presentano un lungo<br />

follow-up implanto-protesico clinico e ra<strong>di</strong>ologico. L’obbiettivo dello stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare il riassorbimento<br />

perimplantare oltre che il successo e la sopravvivenza implantare.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: 12 pazienti con atrofia mascellare severa sono stati sottoposti a Le Fort I e innesti prelevati da<br />

cresta iliaca. Dopo 4/5 mesi sono stati posizionati un totale <strong>di</strong> 104 impianti <strong>di</strong>visi in 2 gruppi, nel primo (6 pz.) sono<br />

stati posizionati 53 Brånemark (Nobel Biocare, Gothenburg, Sweden) e nel secondo gruppo (6 pz.) posizionati 51<br />

impianti Frialit2 (Friadent, Mannheim, Germany). Dopo 6/7 mesi dal posizionamento gli impianti venivano protesizzati.<br />

In tutti i pazienti è stato effettuato controllo clinico e ra<strong>di</strong>ografico (ortopantomografia, rx endorale, cefalometria)<br />

Risultati: Dopo un follow-up variabile (6-12 anni), 11 impianti sono falliti (sopravvivenza totale 89.4%), secondo i<br />

criteri <strong>di</strong> Albrektsson: successo totale 67.3%. La me<strong>di</strong>a del riassorbimento perimplantare è stato <strong>di</strong> 2.88mm e <strong>di</strong><br />

2.69mm rispettivamente negli impianti Brånemark e in quelli Frialit2; senza <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative tra<br />

le 2 tipologie implantari (p>0.05).La percentuale <strong>di</strong> sopravvivenza degli impianti Frialit2 (92.2%) è stata <strong>di</strong> poco più<br />

elevata <strong>di</strong> quella degli impianti Brånemark (86.8%); il successo implantare è stato sovrapponibile: (68.7%) Frialit2,<br />

(66%) Brånemark. Non si sono riscontrate <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative nella percentuale <strong>di</strong> successo e <strong>di</strong><br />

sopravvivenza. (p>0.05).<br />

Conclusioni: La riabilitazione implantoprotesica <strong>dei</strong> mascellari atrofici trattati con LeFort I e innesti ossei ha<br />

evidenziato risultati <strong>di</strong> riassorbimento stabili a lungo termine, senza riscontrare <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative<br />

nella percentuale <strong>di</strong> successo, sopravvivenza


IL PRELIEVO DA CRESTA ILIACA: INDICAZIONI, TECNICHE E COMPLICANZE<br />

Stellin L, Giarda M, Nicolotti M, Arcuri F.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> del Piemonte Orientale “A. Avogadro”,Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Scuola <strong>di</strong><br />

Specializzazione in Chirurgia Maxillo Facciale, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità <strong>di</strong> Novara.<br />

OBIETTIVI: Il successo a lungo termine della riabilitazione protesica <strong>dei</strong> mascellari edentuli me<strong>di</strong>ante il<br />

posizionamento <strong>di</strong> impianti osteointegrati richiede un sufficiente volume osseo, una buona integrità dell'osso alveolare<br />

ed un'adeguata relazione occlusale. L'assenza <strong>di</strong> tali requisiti richiede la ricostruzione chirurgica <strong>dei</strong> processi alveolari<br />

atrofici al fine <strong>di</strong> ricreare una situazione anatomica ottimale. L'osso autologo, l'unico tra i materiali attualmente in uso a<br />

possedere attività osteoconduttiva, osteoinduttiva ed osteoproliferativa, è considerato dalla letteratura internazionale il<br />

gold standard nella chirurgia ricostruttiva <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti ossei mascellari. La scelta del sito donatore è influenzata da <strong>di</strong>versi<br />

fattori:, quantità <strong>di</strong> osso necessaria, morbilità associata al prelievo, esperienza e preferenza del chirurgo. La cresta iliaca<br />

viene considerata un ottimo sito donatore per la grande quantità <strong>di</strong> osso <strong>di</strong>sponibile sia midollare che corticale, per il<br />

semplice accesso e per le complicanze gestibili. Il nostro lavoro si pone come obiettivo la valutazione del successo preprotesico<br />

delle <strong>di</strong>verse tecniche <strong>di</strong> prelievo da cresta iliaca e la valutazione delle possibili complicanze sia al sito<br />

donatore che ricevente. MATERIALI E METODI: tra il gennaio 2005 e il <strong>di</strong>cembre 2008, 73 pazienti sono stati<br />

inviati alla nostra Divisione per la ricostruzione pre-protesica <strong>dei</strong> mascellari. 49 pazienti sono stati sottoposti a prelievo<br />

osseo da cresta iliaca, 21 pazienti a prelievo endorale (18 ramo man<strong>di</strong>bolare e 3 sinfisi man<strong>di</strong>bolare), 2 pazienti a<br />

prelievo da teca cranica ed 1 paziente a prelievo da rotula. Tutti i pazienti son stati sottoposti a ortopantomografia <strong>di</strong><br />

controllo nell’imme<strong>di</strong>ato post-operatorio ed a 5 mesi ed inseriti in un attento follow-up per la valutazione delle<br />

eventuali complicanze al sito donatore ed al sito ricevente. RISULTATI: Dei 49 pazienti sottoposti a prelievo <strong>di</strong> cresta<br />

iliaca 39 sono stati sottoposti alla fase implantare e 36 hanno completato la riabilitazione protesica. Dei restanti 10<br />

pazienti: cinque non hanno completato il percorso riabilitativo perché non ancora intercorso il tempo necessario per il<br />

posizionamento degli impianti, in 3 pazienti si è verificata la per<strong>di</strong>ta dell’innesto a seguito <strong>di</strong> fenomeni infettivi postoperatori<br />

e 2 pazienti all’OPT <strong>di</strong> controllo mostravano un insufficiente volume osseo ed hanno optato per una <strong>di</strong>versa<br />

soluzione riabilitativa. Per quanto concerne il follow up del sito donatore si sono osservati: 1 caso si dolore postoperatorio<br />

protratto, 5 casi <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta temporanea <strong>di</strong> sensibilità, 2 casi <strong>di</strong> infezione post-operatoria e 4 casi <strong>di</strong> ematoma.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Dalla nostra esperienza clinica ed in accordo con la letteratura internazionale la<br />

cresta iliaca risulta essere il miglior sito <strong>di</strong> prelievo <strong>di</strong> osso autologo per la semplicità dell’accesso e per la grande<br />

quantità ossea <strong>di</strong>sponibile con precursori pluripotenti e osteogenici che supportano l’osteogenesi nel primo periodo<br />

dopo l’innesto. Le complicanze post-operatorie, che possono comprendere dolore cronico, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sensibilità, fratture<br />

patologiche, infezioni, ematoma e sieroma, non sono risultate frequenti, sono facilmente gestibili e non comportano<br />

controin<strong>di</strong>cazione all’utilizzo <strong>di</strong> tale sito donatore e non espongono a rischi generali maggiori.


ACCESSO SOTTOMANDIBOLARE NEL TRATTAMENTO DELLE GRAVI ATROFIE OSSEE<br />

INTERFORAMINALI.<br />

Beltramini GA, Alì Youssef D, Goglio L, Bonanno V, Combi VA<br />

IRCCS Istituto Ortope<strong>di</strong>co Galeazzi Milano - Cattedra e Unità Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale Direttore<br />

Prof. AB Giannì.<br />

OBIETTIVI: Il trattamento delle gravi atrofie man<strong>di</strong>bolari impone una riabilitazione preimplantare me<strong>di</strong>ante innesti<br />

ossei. Il metabolismo dell’osso innestato è influenzato dal processo <strong>di</strong> rimodellamento indotto dalla contrazione<br />

cicatriziale della ferita chirurgica sovrastante l’osso con nuove per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> altezza e spessore. Accessi chirurgici<br />

transcutanei, <strong>di</strong>stanti dal sito da trattare, risultano favorevoli ai fini della conservazione metabolica dell’innesto con<br />

vantaggi a livello implantoprotesico. MATERIALI E METODI: Tra Gennaio 2007 e Maggio 2008 presso l’Unità<br />

Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale dell’Istituto Galeazzi <strong>di</strong> Milano, 6 pazienti, <strong>di</strong> età me<strong>di</strong>a 60 anni, affetti da<br />

atrofia man<strong>di</strong>bolare del settore interforaminale <strong>di</strong> grado VI sec. Cawood et Howell, sono stati trattati me<strong>di</strong>ante accesso<br />

sottoman<strong>di</strong>bolare. L’inquadramento <strong>di</strong>agnostico ha previsto l’esecuzione <strong>di</strong> OPT, ra<strong>di</strong>ogrammi in proiezione<br />

laterolaterale/posteroanteriore e TC per valutare tri<strong>di</strong>mensionalmente lo stato dell’osso basale residuo. I pazienti sono<br />

stati sottoposti ad intervento <strong>di</strong> ricostruzione della regione interforaminale me<strong>di</strong>ante innesti <strong>di</strong> apposizione <strong>di</strong> osso<br />

autologo monocorticale iliaco posizionato me<strong>di</strong>ante accesso transcutaneo sottomentale e stabilizzato me<strong>di</strong>ante impianti<br />

endossei. RISULTATI: A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 6 mesi dall’intervento chirurgico, a completamento della riabilitazione protesica,<br />

i pazienti mostrano stabilità degli impianti osteointegrati, buon sostegno <strong>dei</strong> tessuti molli periorali ed occlusione<br />

funzionalmente valida. I risultati estetici appaiono sod<strong>di</strong>sfacenti con eliminazione dell’effetto pseudo-terza classe e<br />

facies vecchieggiante. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Nella ricostruzione ossea del settore interforaminale gli<br />

accessi transcutanei riducono sollecitazioni meccaniche agli innesti, <strong>dei</strong>scenze delle ferite chirurgiche e relativi rischi<br />

infettivi e complicanze a carico del nervo alveolare inferiore. Corrette progettazione ed esecuzione dell’incisione<br />

cutanea associate a scrupolosa gestione postoperatoria minimizzano il rischio <strong>di</strong> esiti cicatriziali potenzialmente<br />

patologici rendendo questo tipo <strong>di</strong> accesso sicuro, fruibile e vantaggioso anche dal punto <strong>di</strong> vista estetico-cosmetico. Il<br />

contemporaneo posizionamento degli impianti endossei permette una migliore biomeccanica del sito implantare ed una<br />

risoluzione in tempi rapi<strong>di</strong> della parte protesica <strong>di</strong>minuendo il <strong>di</strong>scomfort del paziente. La meto<strong>di</strong>ca implantoprotesica<br />

descritta, unitamente ad una stretta collaborazione tra chirurgo, protesista e odontotecnico, rappresenta se condotta in<br />

maniera rigorosa e solo in casi selezionati, una valida alternativa ai protocolli implantari tra<strong>di</strong>zionalmente utilizzati nel<br />

settore interforaminale man<strong>di</strong>bolare.


DISTRAZIONE<br />

TRAUMATICA.<br />

ALVEOLARE PREIMPLANTARE NELL’ATROFIA MANDIBOLARE POST-<br />

Goglio L, Beltramini GA, Alì Youssef D, Bonanno V, Combi VA<br />

IRCCS Istituto Ortope<strong>di</strong>co Galeazzi Milano - Cattedra e Unità Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale Direttore<br />

Prof. AB Giannì.<br />

OBIETTIVI: Dopo un iniziale moltiplicarsi delle in<strong>di</strong>cazioni alla <strong>di</strong>strazione osteogenetica, abbiamo assistito negli<br />

ultimi anni ad un rimidensionamento delle stesse per trovare le con<strong>di</strong>zioni più appropriate all’utilizzo della tecnica. Per<br />

quanto riguarda la <strong>di</strong>strazione del processo dento-alvolare l’in<strong>di</strong>cazione principe è rappresentata sicuramente<br />

dall’atrofia man<strong>di</strong>bolare post-traumatica. MATERIALI E METODI: Da gennaio ad agosto 2008 presso l’Unità<br />

Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale dell’Istituto Galeazzi <strong>di</strong> Milano, 2 casi <strong>di</strong> atrofia ossea man<strong>di</strong>bolare anteriore <strong>di</strong><br />

origine post-traumatica sono stati trattati con il posizionamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>strattori custom made interni iuxtaossei<br />

bi<strong>di</strong>rezionali allo scopo <strong>di</strong> ridonare ai pazienti un’altezza ossea verticale ed una qualità <strong>dei</strong> tessuti molli gengivali<br />

circostanti adeguate per consentire una riabilitazione dentaria su impianti tanto delicata in questa regione dal valore<br />

estetico rilevante. In entrambi i casi è stato approntato un modello stereolitografico allo scopo <strong>di</strong> mimare il box osseo da<br />

<strong>di</strong>strarre e conformare preoperatoriamente il <strong>di</strong>strattore. Il box osseo è stato realizzato utilizzando uno strumento<br />

piezoleletrico che facilita l’osteotomia del segmento evitando pericolosi traumatismi della mucosa linguale. La<br />

<strong>di</strong>strazione è iniziata dopo circa 5 giorni dall’intervento con un’entità <strong>di</strong> 1 mm al giorno per 10 giorni. RISULTATI: In<br />

entrambi i pazienti abbiamo ottenuto un incremento verticale che si è mantenuto pari all’entità della <strong>di</strong>strazione<br />

progettata con una qualità <strong>dei</strong> tessuti molli gengivali e quantità <strong>di</strong> gengiva aderente nettamente meno retratta e più<br />

trofica rispetto alla situazione <strong>di</strong> preopatoria. Tale con<strong>di</strong>zione ha permesso il posizionamento <strong>di</strong> un adeguato numero <strong>di</strong><br />

impianti per una protesizzazione più corretta possibile da punto <strong>di</strong> vista funzionale ed estetico. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: La <strong>di</strong>samina della letteratura evidenzia come le primitive in<strong>di</strong>cazioni alla <strong>di</strong>strazione si siano ridotte<br />

nel tempo. La <strong>di</strong>strazione alveolare appare oggi in<strong>di</strong>cata nei casi <strong>di</strong> atrofia ossea postraumatica in quanto l’azione sulla<br />

componente tempo della guarigione ossea permette in questa situazione peculiare <strong>di</strong> guadagnare una quantità <strong>di</strong> osso<br />

adeguata e non soggetta a riassorbimento parallelamente ad una quota <strong>di</strong> rigenerazione <strong>dei</strong> tessuti molli nel vestibolo<br />

che minimizza o rende superflui interventi <strong>di</strong> chirurgia mucogenigivale. Riteniamo inoltre che l’utilizzo <strong>di</strong> un modello<br />

sterolitografico per simulare l’intervento prima dell’intervento stesso elimini gli inconvenienti riguardo l’appropriatezza<br />

del vettore <strong>di</strong> <strong>di</strong>strazione ed eventuali <strong>di</strong>fficoltà nell’adattare il <strong>di</strong>strattore alla forma della man<strong>di</strong>bola.


TARSAL STRIP NELLE SEQUELE DELLA CHIRURGIA TRAUMATOLOGICA DELL’ORBITA.<br />

Salgarelli A.C., Bellini P., Multinu A., Lan<strong>di</strong>ni B., Consolo U.<br />

Dipartimento Integrato Discipline Chirurgiche Testa-collo.<br />

U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Maxillo-facciale<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico <strong>di</strong> Modena<br />

Obiettivi: Dalla bibliografia si evince che l’approccio transcongiuntivale, subciliare e subpalbebrale, quail accessi<br />

chirurgici alla cornice orbitaria inferiore ed al pavimento orbitario, presentano vantaggi e svantaggi; le complicanze più<br />

frequenti sono l’errato posizionamento del canto laterale, la retrazione della palpebra inferiore con conseguente scleral<br />

show e l’ectropion.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Dal 2000 al 2007, abbiamo trattato 29 pazienti con malposizionamento della palpebra inferiore<br />

dopo trattamento chirurgico per fratture a carico del pavimento orbitario (22 pazienti trattati con approccio subciliare, 5<br />

con approccio transcongiuntivale con cantotomia laterale, 2 con il solo approccio transcongiuntivale); per la correzione<br />

della palpebra inferiore è stata utilizzata la tecnica del tarsal strip.<br />

Risultati: Nella casistica riportiamo 25 pazienti con scleral show, 4 con ectropion; tre erano stati trattati<br />

precedentemente me<strong>di</strong>ante approccio transcongiuntivale ed uno con accesso subciliare. In 26 pazienti abbiamo ottenuto<br />

una correzione sod<strong>di</strong>sfacente della malposizione palpebrale in un singolo step chirurgico, mentre in 3 pazienti siamo<br />

ricorsi ad un secondo intervento per correggere un residuo scleral show. In tutti i casi è stato raggiunto un buon risultato<br />

estetico e funzionale.<br />

Conclusioni: Ogni approccio chirurgico alla rima infraorbitale ed al pavimento orbitarlo può comportare<br />

sequele/inestetismi nel post-operatorio (ectropion, malposizione della palpebra inferiore, lagoftalmo). La tecnica del<br />

tarsal strip, secondo il nostro parere, risulta essere una meto<strong>di</strong>ca chirurgica relativamente semplice che i chirurghi<br />

maxillo-facciali hanno a <strong>di</strong>sposizione nella gestione del malposizionamento della palpebra inferiore, come ad esempio<br />

l’ectropion e lo scleral show.


FISSAZIONE MEDIANTE DOPPIA PLACCA DELLE FRATTURE CONDILARI: NOSTRA ESPERIENZA.<br />

Spinzia A., Friscia M., Lanero L., Ferrara S., Piombino P<br />

Dipartimento e Scuola Specializzazione <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Università Federico II <strong>di</strong> Napoli. Direttore:<br />

Prof. Luigi Califano<br />

OBIETTIVI: Le fratture con<strong>di</strong>lari, si verificano tra il 17.5% ed il 52% <strong>di</strong> tutte le fratture man<strong>di</strong>bolari. Le fratture<br />

intracapsulari vengono da noi trattate me<strong>di</strong>ante una terapia conservativa, <strong>di</strong> contro nelle fratture extracapsulari, la scelta<br />

ricade verso un trattamento <strong>di</strong> tipo chirurgico che permette <strong>di</strong> ottenere un buona restitutio ab integrum del sito<br />

fratturativo e un buon risultato estetico-funzionale. Lo scopo del nostro lavoro è riportare i risultati clinici e ra<strong>di</strong>ologici<br />

in pazienti sottoposti a trattamento chirurgico attraverso l’utilizzo delle doppia placca. MATERIALI E METODI: Dal<br />

2006 al 2009, 23 pazienti affetti da frattura monocon<strong>di</strong>lare o bicon<strong>di</strong>lare extracapsulare, attraverso un accesso<br />

chirurgico retroman<strong>di</strong>bolare retroparotideo, venivano sottoposti a riduzione e contenzione me<strong>di</strong>ante doppia placca. La<br />

prima veniva posizionata lungo il bordo posteriore del ramo man<strong>di</strong>bolare sulle linee <strong>di</strong> sollecitazione <strong>di</strong> tipo<br />

compressivo, la seconda placca parallelamente ed al <strong>di</strong> sotto dell’incisura sigmoide sulle linee <strong>di</strong> sollecitazione <strong>di</strong> tipo<br />

tensivo, in accordo con il concetto della stabile funzionalità dell’osteosintesi <strong>di</strong> Champy. I pazienti venivano sottoposti<br />

a Follow-up ambulatoriale per un periodo <strong>di</strong> circa 6 mesi. I parametri clinici da noi presi in considerazione sono stati: il<br />

ripristino della <strong>di</strong>mensione verticale del ramo, l’occlusione, la funzionaltà articolare, la possibile presenza <strong>di</strong> lesione a<br />

carico del nervo faciale ed infine l’esito cicatriziale cutaneo. I pazienti eseguivano esame ortopantomografico e tc della<br />

man<strong>di</strong>bola per valutare la stabilità dell’osteosintesi, andando a ricercare l’eventuale presenza <strong>di</strong> complicanze quali<br />

allentamento delle viti e frattura delle placche. RISULTATI: L’esame clinico ha evidenziato in tutti e 23 pazienti un<br />

buon ripristino dell’occlusione e della <strong>di</strong>mensione verticale del ramo associati ad un completo recupero del movimento<br />

<strong>di</strong> apertura e lateralita’ omolaterale alla frattura, mentre appariva deficitario il movimento <strong>di</strong> lateralità controlaterale. 10<br />

pazienti presentavano un' alterazione <strong>di</strong> conduzione nervosa del VII nervo cranico, che regre<strong>di</strong>va spontaneamente<br />

nell’arco <strong>di</strong> 6 mesi. Un buon esito cicatriziale si evidenziava in tutti i pazienti. Gli esami strumentali non<br />

documentavano complicanze ai mezzi <strong>di</strong> sintesi. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Dai risultati ottenuti<br />

l'osteosintesi me<strong>di</strong>ante la doppia placca ben supporta il carico masticatorio, infatti non si sono osservate complicanze<br />

quali l’allentamento delle viti e la frattura delle sintesi come riportate dalla letteratura internazionale in caso <strong>di</strong> utilizzo<br />

della singola placca. La scelta dell’approccio retroman<strong>di</strong>bolare retroparotideo è correlato ai benefits che esso comporta<br />

quali lavorare a minima <strong>di</strong>stanza dal sito fratturativo non incontrando le branche del nervo facciale e lasciando un buon<br />

esito cicatriziale. Tutti i pazienti da noi trattati hanno eseguito terapia riabilitativa funzionale per un recupero più rapido<br />

della corretta funzionalità man<strong>di</strong>bolare. La nostra Scuola ritiene che in caso <strong>di</strong> frattura extracapsulare sia sempre<br />

necessario un trattamento <strong>di</strong> tipo chirurgico. Esso permette infatti un buon ripristino anatomico del sito fratturativo<br />

associato a un buon risultato estetico-funzionale, evitando cosi la comparsa <strong>di</strong> complicanze correlate alla “non<br />

chirurgia”, quali malocclusione, laterodeviazione man<strong>di</strong>bolare, alterazione del piano occlusale, asimmetria facciale e<br />

deficit della funzionalita articolare.


MENTOPLASTICA MEDIANTE MANIPOLO PIEZOELETTRICO<br />

V.M. Festa, R. D’Aquino, E. Vessella, G. Laino, L. Laino, R. Rullo<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Discipline Odontostomatologiche, Ortodontiche e Chirurgiche,<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

Obiettivi: Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è il verificare i limiti ed i vantaggi nell’utilizzo del manipolo piezoelettrico negli<br />

interventi <strong>di</strong> mentoplastica.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: I pazienti stu<strong>di</strong>ati sono quattro soggetti <strong>di</strong> età compresa tra i 19 ed i 28 anni, giunti alla nostra<br />

osservazione per effettuare la correzione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sarmonia del profilo dovuta da un’alterata posizione del mento sia<br />

piano orizzontale che verticale. Si è deciso <strong>di</strong> effettuare una mentoplastica riduttiva con riposizionamento del mento. La<br />

tecnica ha previsto l’asportazione <strong>di</strong> un tassello <strong>di</strong> osso dalla forma <strong>di</strong> un parallelepipedo con incisioni parallele al piano<br />

orizzontale. L’asportazione <strong>di</strong> un tassello <strong>di</strong> osso dello spessore variabile, nei casi riportati, da circa 1cm ad 1,6 cm,<br />

<strong>di</strong>stante dalla punta del mento da 2,5 a 3,5 cm circa, ha permesso <strong>di</strong> riporre lo stesso mento in posizione più apicale ed<br />

arretrata. I pazienti hanno effettuato un follow-up quoti<strong>di</strong>ano per la prima settimana dopo l’intervento, quin<strong>di</strong> ogni tre<br />

giorni per le successive due settimane ed in fine settimanalmente fino allo scadere del terzo mese. I controlli erano<br />

mirati alla valutazione dell’edema post-operatorio, per entità e tempi <strong>di</strong> risoluzione, delle alterazioni nervose del<br />

<strong>di</strong>stretto trattato, <strong>di</strong> fenomeni infiammatori ed infettivi della sede chirurgica oltre alla valutazione del dolore e del<br />

<strong>di</strong>sconfort percepito dai pazienti me<strong>di</strong>ante la Scala <strong>di</strong> Vas.<br />

Risultati: I pazienti hanno riportato un edema davvero contenuto che si è risolto completamente in un tempo minimo <strong>di</strong><br />

15 giorni ad un massimo <strong>di</strong> tre settimane (nel caso con i tempi operatori più lunghi). Le alterazioni della sensibilità del<br />

mento (due casi) sono state sempre legate all’edema e si sono risolte con lo stesso. Le ferite chirurgiche sono guarite in<br />

modo ottimale senza alcuna insorgenza <strong>di</strong> fenomeni flogistici. I risultati ottenuti me<strong>di</strong>ante la Scala <strong>di</strong> Vas per quel che<br />

concerne il dolore ed il <strong>di</strong>sconfort sono stati evidentemente migliori rispetto a quelli avuti in seguito a mentoplastiche<br />

effettuate con manipolo meccanico tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Conclusioni: La tecnica descritta ha permesso <strong>di</strong> ottenere l’armonia del profilo desiderata con un elevato confort postoperatorio.<br />

I risultati ottenuti sono stati particolarmente positivi sia per quel che concerne l’estetica ottenuta sia per la<br />

riguardevole riduzione dell’edema post-operatorio rispetto all’impiego <strong>di</strong> manipolo rotante o sega meccanica, oltre alla<br />

totale assenza <strong>di</strong> postumi inerenti la sensibilità nervosa del <strong>di</strong>stretto interessato


CENTRAL GIANT CELL GRANULOMA OF JAWS.<br />

Nicolai G MD,Lorè B MD,De Marinis L DD,Mariani G MD DS,Calabrese L Phd MD DS.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillofacciale Università <strong>di</strong> Tor Vergata, Roma<br />

OBIETTIVI: Il granuloma centrale a cellule giganti, (CGCG), è stato classificato nel 2005 dalla WHO come una<br />

lesione benigna intraossea <strong>di</strong> natura i<strong>di</strong>opatica. Tale lesione risulta raramente aggressiva e si manifesta quasi<br />

esclusivamente a livello delle ossa mascellari. Il CGCG, è stato descritto per la prima volta da Jaffè nel 1953. Si<br />

manifesta più frequentemente nei soggetti giovani (età inferiore a 30 anni) con una lieve preferenze per il sesso<br />

femminile. Istologicamente il granuloma centrale a cellule giganti (CGCG) si presenta come una proliferazione <strong>di</strong><br />

tessuto fibroso, accumulo <strong>di</strong> depositi <strong>di</strong> emosiderina, presenza <strong>di</strong> cellule giganti similosteoclastiche e tessuto osseo<br />

neoformato <strong>di</strong> tipo reattivo. La <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale deve essere fatta con le altre lesioni osteolitiche mascellari sia <strong>di</strong><br />

tipo unicistico che pluricistco (tumori odontogeni; <strong>di</strong>splasia fibrosa; cisti ecc…) e quelle che presentano un quadro<br />

istologico sovrapponibile (granuloma periferico a cellule giganti, cherubismo, granuloma a cellue giganti da<br />

iperparatiroi<strong>di</strong>smo ecc).<br />

In questo lavoro esponiamo il caso <strong>di</strong> una paziente affetta CGCG del mascellare superiore.<br />

MATERIALI E METODI: Presentiamo il caso <strong>di</strong> un donna <strong>di</strong> 59 anni giunta alla nostra osservazione nel maggio del<br />

2006. Essa riferiva da circa 8 mesi la presenza <strong>di</strong> una lieve tumefazione della guancia destra con appianamento della<br />

piega nasolabiale. All’esame TC preoperatorio la lesione si presentava <strong>di</strong> natura osteolitica ed espansiva. Tale lesione si<br />

estendeva dalla parete laterale del naso sino alla parete anteriore del seno mascellare. Superiormente la lesione si<br />

estendeva sino alla parete inferiore dell’orbita mentre inferiormente contraeva rapporti <strong>di</strong> continuità con gli apici del<br />

canino e <strong>dei</strong> due premolari. Dopo aver eseguito una biopsia intraorale che ha rivelato trattarsi <strong>di</strong> granuloma a cellule<br />

giganti, la paziente è stata sottoposta ad intervento chirurgico <strong>di</strong> asportazione della neoformazione tramite un doppio<br />

approccio chirurgico intraorale ed extraorale subpalpebrale. L’intervento è stato mirato a preservare le strutture<br />

anatomiche quali il nervo infraorbitario, il seno mascellare, la cavità orbitaria e la cavità nasale.<br />

RISULTATI: Sono stato realizzate visite e TC <strong>di</strong> controllo ogni 6 mesi. Il follow up, giunto a 30 mesi, certifica<br />

l’assenza <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>ve.<br />

DICUSSIONI E CONCLUSIONI: Il granuloma centrale a cellule rappresenta il 7-10% <strong>di</strong> tutte le neoplasie benigne<br />

<strong>dei</strong> mascellari. Il trattamento è principalmente chirurgico anche se in letteratura negli ultimi anni sono presenti numerosi<br />

lavori che riportano trattamenti non-chirurgici. In particolare sono stati riportati casi trattati tramite iniezione<br />

intralesionale <strong>di</strong> corticosteroi<strong>di</strong>, calcitonina ed interferone alpha. La letteratura riporta risultati contrastanti al riguardo.<br />

Tale tipo <strong>di</strong> approccio potrebbe rappresentare in futuro non tanto un alternativa bensì un mezzo complementare alla<br />

chirurgia soprattutto nei casi <strong>di</strong> CGCG a comportamento clinico aggressivo nei quali si ha una maggiore percentuale <strong>di</strong><br />

reci<strong>di</strong>va (72%). Inoltre il trattamento farmacologico permetterebbe <strong>di</strong> evitare interventi troppo ra<strong>di</strong>cali, necessari nei<br />

casi <strong>di</strong> CGCG a comportamento aggressivo, migliorando la qualità <strong>di</strong> vita e riducendo le sequele chirurgiche al<br />

paziente. Tuttavia, il caso riportato, evidenzia come un adeguato trattamento chirurgico riesce a garantire buoni risultati<br />

in termini <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>calità e stabilità nel tempo.


TECNICHE IMPLANTOLOGICHE INTRA ED EXTRAORALI –EPITESI<br />

Fini G, Moricca Lm, Cascino F, Frontero L, Indrizzi E<br />

Obiettivi: La riabilitazione protesica del massiccio facciale è una valida alternativa estetico funzionale nei casi in cui la<br />

chirurgia ricostruttiva convenzionale non può essere applicata o per le con<strong>di</strong>zioni psicofisiche del paziente o per una<br />

eccessiva per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sostanza o per associata immunodeficienza.<br />

Questa meto<strong>di</strong>ca ricostruttiva ha vari campi <strong>di</strong> applicazione: traumi, patologie congenite, infezioni e chirurgia<br />

demolitiva.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong> : Dal maggio 2002 ad oggi, sono state posizionate 62 protesi facciali per un totale <strong>di</strong> 198 impianti. I<br />

<strong>di</strong>fetti erano congeniti (N=27), conseguenti a traumi (N=9), a chirurgia demolitiva post oncologica (N=17) e infezioni<br />

(N=9). In 7 pazienti sono stati posizionati impianti in aree da poco irra<strong>di</strong>ate. 198 impianti in titanio sono stati<br />

posizionati a supporto <strong>di</strong> 38 protesi auricolari (bilaterali in 5 casi), 9 protesi orbitarie, 11 protesi nasali e 4 protesi emifacciale.<br />

Risultati; La valutazione dell’avvenuta osteointegrazione è stata effettuata in un follow-up compreso fra 3 e 24 mesi<br />

dall’intervento chirurgico sia clinicamente che ra<strong>di</strong>ologicamente. Sono andati perduti 2 <strong>dei</strong> 3 impianti posizionati per la<br />

ritenzione <strong>di</strong> una protesi nasale in una paziente sottoposta a epatotrapianto per cirrosi da HCV e con importante<br />

parodontopatia <strong>di</strong>ffusa, per cui è stata applicata una protesi ritenuta me<strong>di</strong>ante adesivi, e 3 <strong>dei</strong> 10 impianti posizionati per<br />

la ritenzione <strong>di</strong> 2 protesi me<strong>di</strong>o-facciali in 2 pazienti <strong>di</strong>abetici, che presentavano esteso deficit a livello dell’emivolto<br />

destro a seguito <strong>di</strong> mucormicosi rino-cerebrale; tale per<strong>di</strong>ta non ha comunque pregiu<strong>di</strong>cato il posizionamento della<br />

protesi.<br />

Discussione e Conclusioni: È possibile ripristinare la con<strong>di</strong>zione fisiologica ottimale, sia nella ricostruzione in caso <strong>di</strong><br />

grave trauma, sia per ovviare a malformazioni o degenerazioni dovute a malattie oncologiche, con l’epitesi, che sono<br />

riproduzioni perfette in silicone o lattice, delle parti mancanti, o asportate, del volto. Una soluzione derivata dallo stu<strong>di</strong>o<br />

degli impianti odontoiatrici e sviluppatasi grazie alla <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> materiali che consentono un alto livello <strong>di</strong><br />

definizione delle aree ricostruite, pressocchè uguale per qualità ed estetica a quello naturale. I me<strong>di</strong>ci che adottano<br />

questo sistema <strong>di</strong> ricostruzione facciale, si avvalgono <strong>di</strong> tecnici specializzati: gli anaplastologi che ricavano le epitesi da<br />

impronte prese sul paziente.<br />

In virtù <strong>dei</strong> risultati ottenuti, ed in accordo con la letteratura, possiamo affermare che le protesi osteointegrate<br />

rappresentano un ottimo trattamento terapeutico e sono in<strong>di</strong>cate quando i convenzionali interventi ricostruttivi, risultano<br />

inapplicabili o inefficaci.


LA RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA NEI PAZIENTI IN ESITI DI LABIOPALATOSCHISI.<br />

E. Ar<strong>di</strong>to*°, S. Valsecchi*, S. Spotti*, C. Gervasoni*, A. Di Francesco*.<br />

* U.O. Chirurgia Maxillo-Facciale, Ospedale S. Anna, Como (Italy)<br />

° Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale UNIMIB, Monza (Italy).<br />

Introduzione: Il ripristino della continuità alveolo-dentale dell'arcata superiore negli esiti <strong>di</strong> labiopalatoschisi me<strong>di</strong>ante<br />

innesti ossei e la successiva riabilitazione implanto-protesica rappresentano una opzione riabilitativa sempre<br />

maggiormente impiegata nel trattamento degli esiti <strong>di</strong> labiopalatoschisi.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Gli Autori riportano la loro personale esperienza attraverso un analisi retrospettiva del periodo<br />

1993-2007. Sono stati valutati 19 pazienti (10 maschi e 9 femmine) affetti da schisi alveolare trattati con innesto osseo<br />

prelevato dalla cresta iliaca in 17 casi (89%) o con osso corticomidollare prelevato dalla sinfisi mentoniera in 2 casi<br />

(11%). Tutti i pazienti sono stati trattati in due tempi chirurgici <strong>di</strong>fferenti; l’intervento d’innesto osseo è stato effettuato<br />

in me<strong>di</strong>a a 32,27 anni (range 8-66 anni), il posizionamento degli impianti a un’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 33,82 anni (range 15-67<br />

anni). L’intervento <strong>di</strong> posizionamento degli impianti è stato eseguito in me<strong>di</strong>a a 18,27 mesi (range 4-88 mesi) <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanza dall’innesto osseo. Sono stati posizionati un totale <strong>di</strong> 30 impianti, <strong>di</strong> 2 selezioni <strong>di</strong>verse, con un’altezza me<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> 11,84mm. Vengono presi in considerazione il successo e la sopravvivenza degli impianti, l’altezza dell’osso<br />

alveolare e l’integrità <strong>dei</strong> tessuti molli perimplantari.<br />

Risultati: Il postoperatorio è stato privo <strong>di</strong> complicanze in tutti i pazienti. Il follow-up dopo il posizionamento degli<br />

impianti è stato in me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 44 mesi (range 6-116 mesi). È stata raggiunta una sopravvivenza me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 96,6%, con un<br />

successo implantare del 90%: 2 impianti hanno infatti mostrato una per<strong>di</strong>ta parziale dell’osteointegrazione, senza<br />

complicanze protesiche. Tutti i pazienti hanno avuto un significativo miglioramento funzionale e psicologico dopo il<br />

trattamento.<br />

Conclusioni: I risultati ottenuti <strong>di</strong>mostrano che la riabilitazione implanto-protesica dopo innesto osseo, in pazienti con<br />

esiti <strong>di</strong> labiopalatoschisi, rappresenta una valida alternativa alle meto<strong>di</strong>che ortodontiche e protesiche tra<strong>di</strong>zionali.


IPERCONDILIA MANDIBOLARE PRIMITIVA: FENOTIPO E PATOGENESI<br />

Leonar<strong>di</strong> R.,Contrafatto R., Greco A., Ramieri V., Cascone P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania, Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia e Gnatologia Direttore Prof. Mario Caltabiano<br />

Università “Sapienza” <strong>di</strong> Roma, Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale Direttore Prof. Giorgio Iannetti.<br />

OBIETTIVI:<br />

L’ipercon<strong>di</strong>lia man<strong>di</strong>bolare primitiva è una patologia alquanto rara caratterizzata da un iperaccrescimento con<strong>di</strong>lare<br />

monolaterale. Il con<strong>di</strong>lo iperplasico presenta un’alterazione scheletrica tri<strong>di</strong>mensionale ed appare <strong>di</strong>smorfico e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensioni aumentate rispetto al controlaterale.<br />

La crescita incontrollata ed i<strong>di</strong>opatica della cartilagine con<strong>di</strong>lare comporta il manifestarsi <strong>di</strong> un’asimmetria del terzo<br />

inferiore del viso, data dall’instaurarsi <strong>di</strong> alterazioni dello sviluppo scheletrico del <strong>di</strong>stretto maxillo-facciale che<br />

coinvolgono secondariamente ed in grado variabile sia la man<strong>di</strong>bola che il mascellare superiore.<br />

La variabilità delle caratteristiche cliniche che da ciò ne consegue, ha reso particolarmente <strong>di</strong>fficoltosa l’identificazione<br />

<strong>di</strong> un quadro tipico <strong>di</strong> tale forma patologica.<br />

Il lavoro è rivolto ad analizzare il fenotipo dell’ipercon<strong>di</strong>lia primitiva ed ad in<strong>di</strong>viduarne, attraverso un’analisi <strong>dei</strong><br />

processi <strong>di</strong> crescita maxillo-facciali e delle caratteristiche istologiche della cartilagine con<strong>di</strong>lare, i possibili meccanismi<br />

patogenetici.<br />

MATERIALI E METODI:<br />

E’ stata effettuata un’analisi clinica, ra<strong>di</strong>ografica e cefalometrica su un campione <strong>di</strong> 10 pazienti affetti da una forma<br />

primitiva <strong>di</strong> ipercon<strong>di</strong>lia. Per ciascuno <strong>di</strong> essi è stata valutata la <strong>di</strong>screpanza scheletrica esistente tra i due emilati<br />

facciali, sul piano verticale e sul piano trasversale, in fase pre-chirurgica.<br />

RISULTATI:<br />

Dallo stu<strong>di</strong>o è emerso che è possibile <strong>di</strong>stinguere forme verticali, trasversali e combinate <strong>di</strong> ipercon<strong>di</strong>lia primitiva e<br />

ciascun tipo <strong>di</strong> asimmetria è correlato a specifici meccanismi patogenetici.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:<br />

Attraverso un’analisi <strong>dei</strong> processi <strong>di</strong> crescita maxillo-man<strong>di</strong>bolari siamo giunti all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> una relazione tra<br />

fenotipo e patogenesi dell’ipercon<strong>di</strong>lia primitiva. Secondo le nostre valutazioni infatti, il fenotipo è strettamente<br />

<strong>di</strong>pendente dalla <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> crescita della zona iperplasica presente a livello della superficie con<strong>di</strong>lare.


L’IMPORTANZA DELLA SCINTIGRAFIA NELLA DIAGNOSI PRECOCE DI IPERPLASIA CONDILARE.<br />

Cascone P., Ramieri V., Basile E., Mitro V., Foresta E., Leonar<strong>di</strong> A., Sassano P.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”<br />

Introduzione:<br />

L’iperplasia con<strong>di</strong>lare è una patologia caratterizzata dalla crescita incontrollata <strong>di</strong> uno <strong>dei</strong> due con<strong>di</strong>li man<strong>di</strong>bolari nei<br />

tre piani dello spazio. Clinicamente si può manifestare come attiva o inattiva. La <strong>di</strong>agnosi pur essendo sostanzialmente<br />

clinica, si avvale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ografici tra<strong>di</strong>zionali come l’ortopantomografia della arcate dentarie e telecranio in<br />

proiezione latero laterale e posteroanteriore. La scintigrafia riveste un ruolo fondamentale in particolare<br />

nell’in<strong>di</strong>viduazione precoce delle forme attive della malattia. In letteratura internazionale non esiste al momento un<br />

consenso sulla sensibilità <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o per una corretta <strong>di</strong>agnosi<br />

Obiettivo:<br />

lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è <strong>di</strong> analizzare la vali<strong>di</strong>tà dell’esame scintigrafico nella <strong>di</strong>agnosi precoce dell’iperplasia<br />

con<strong>di</strong>lare. Gli autori si propongono <strong>di</strong> presentare un protocollo <strong>di</strong>agnostico efficace per l’in<strong>di</strong>viduazione delle forme<br />

attive prima che si instaurino alterazioni scheletriche il cui trattamento richieda una chirurgia più invasiva.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong><br />

Tramite una revisione della letteratura e l’analisi <strong>di</strong> alcuni casi clinici rappresentativim, tra quelli trattati presso la<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Università “Sapienza” <strong>di</strong> Roma, gli autori si propongono <strong>di</strong> evidenziare la<br />

sensibilità e la specificità della scintigrafia in relazione alla loro esperienza.


RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA IN LE<strong>MB</strong>I LIBERI OSSEI RIVASCOLARIZZATI<br />

Valentini V, Cassoni A, Battisti A, Aboh I.V, Priore P, Anelli A, Brauner E.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Policlinico Umberto I, Sapienza Università <strong>di</strong> Roma Direttore Prof.Giorgio<br />

Iannetti. Viale del Policlinico, 155 (00161 Roma).<br />

OGGETTO:Obiettivo del lavoro è <strong>di</strong> presentare i risultati ottenuti con la riabilitazione implantoprotesica in pazienti<br />

sottoposti a ricostruzioni complesse maxillo-man<strong>di</strong>bolari me<strong>di</strong>ante lembi liberi ossei rivascolarizzati, presso il reparto <strong>di</strong><br />

Chirurgia maxillo-facciale del Policlinico Umberto I° <strong>di</strong> Roma.Vengono <strong>di</strong> seguito presentati 3 casi<br />

esemplificativi.MATERIALI E METODI:Il campione in esame è costituito da un paziente <strong>di</strong> sesso maschile <strong>di</strong> 50 aa,<br />

e due pazienti <strong>di</strong> sesso femminile rispettivamente <strong>di</strong> 38 aa ed 48 aa.Il primo paziente era affetto da carcinoma a cellule<br />

endocrine della premaxilla. L’iter terapeutico ha previsto la resezione premaxillare in tessuto sano e contestuale<br />

ricostruzione con lembo libero osteomuscolare <strong>di</strong> fibula. La riabilitazione implantare è stata eseguita a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un<br />

anno, me<strong>di</strong>ante 8 fixtures e successiva riabilitazione protesica .Delle due pazienti <strong>di</strong> sesso femminile, una era affetta da<br />

ameloblastoma dell’emiman<strong>di</strong>bola destra, l’intervento chirurgico è consistito in emiman<strong>di</strong>bulectomia destra e<br />

ricostruzione con lembo libero <strong>di</strong> fibula a doppia barra ed apposizione <strong>di</strong> tre impianti su osso trapiantato ,a 15 mesi<br />

dall’intervento chirurgico, e <strong>di</strong> altri due impianti sull’osso man<strong>di</strong>bolare natio controlaterale.L’altra paziente perveniva<br />

presso la nostra struttura in seguito al fallimento <strong>di</strong> ricostruzione con innesto <strong>di</strong> cresta iliaca, eseguito presso altro<br />

nosocomio, per adamantinoma man<strong>di</strong>bolare. Si è optato nel suo caso a ricostruzione me<strong>di</strong>ante lembo libero <strong>di</strong> cresta<br />

iliaca su cui a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 10 mesi si sono impiantate 9 fixtures <strong>di</strong> cui 2 su osso natio e 7 su osso<br />

trapiantato.RISULTATI:La rivalutazione <strong>dei</strong> casi presentati a 4 anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza ha <strong>di</strong>mostrato l’ottenimento <strong>di</strong> una<br />

notevole stabilità degli impianti posizionati su lembi liberi, senza far rilevare alcuna <strong>di</strong>fferenza tra i tipi d’osso utilizzato<br />

come supporto. Inoltre la comparazione del riassorbimento osseo peri–implatare tra le fixtures apposte su osso<br />

trapiantato e quelle allocate su osso natio non ha mostrato considerevoli <strong>di</strong>fferenze.DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI:La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> ampie quantità <strong>di</strong> tessuto osseo maxillo-man<strong>di</strong>bolare può essere conseguenza <strong>di</strong><br />

patologie traumatiche, malformative od exeresi chirurgiche per motivi oncologici.Grazie alle attuali tecniche<br />

microchirurgiche, l’utilizzo <strong>di</strong> lembi liberi ossei rappresenta una prima importante fase nella riabilitazione maxilloman<strong>di</strong>bolare.<br />

A tale scopo i principali lembi ossei descritti in letteratura sono la fibula, la cresta iliaca e la scapola,<br />

ognuna delle quali presenta peculiari caratteristiche.Tuttavia, ai fini <strong>di</strong> una ottimale finalizzazione terapeutica, si rende<br />

necessario la riabilitazione con impianti osteointegrati, garantendo così il recupero <strong>di</strong> una funzionalità masticatoria,<br />

deglutitoria e fonatoria i più naturali possibili; inoltre, si ripristina il piano occlusale, stabilizzando l’articolazione<br />

temporo-man<strong>di</strong>bolare, si riduce il riassorbimento osseo <strong>dei</strong> lembi trapiantati e si migliora l’estetica del paziente,<br />

garanzia quest’ultima <strong>di</strong> una migliore reintegrazione sociale.


PROBLEMATICHE INERENTI LA RIABILITAZIONE IMPLANTOPROTESICA SU LE<strong>MB</strong>O LIBERO<br />

Pesucci B. - Iu<strong>di</strong>celli G.<br />

U.O.C. Chirurgia Maxillo Facciale Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini<br />

Gli Autori effettuano una revisione critica <strong>dei</strong> risultati <strong>di</strong> riabilitazione implanto-protesica postoncologica<br />

degli ultimi 10 anni.<br />

Sono analizzati i momenti fondamentali <strong>di</strong> questo trattamento:<br />

- timing<br />

- gestione <strong>dei</strong> tessuti molli peri-implantari<br />

- il grado <strong>di</strong> riassorbimento dell’innesto<br />

- le complicanze<br />

Alla luce <strong>dei</strong> risultati ottenuti, vengono messe a confronto la protesizzazione overdenture con la<br />

protesi fissa, sottolineando gli aspetti positivi e negativi delle due procedure.


ATROFIA MASCELLARE ESTREMA: RIABILITAZIONE PREPROTESICA MEDIANTE LE<strong>MB</strong>O<br />

MICROVASCOLARE DI FIBULA - CASO CLINICO.<br />

Alì Youssef D, Goglio L, Beltramini GA, Bonanno V, Combi VA<br />

IRCCS Istituto Ortope<strong>di</strong>co Galeazzi Milano - Cattedra e Unità Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale Direttore<br />

Prof. AB Giannì.<br />

OBIETTIVI: La riabilitazione ossea <strong>dei</strong> mascellari atrofici ha l’obiettivo <strong>di</strong> ottenere il ripristino del corretto rapporto<br />

tra i mascellari e delle <strong>di</strong>mensioni ossee per consentire l’inserimento <strong>di</strong> impianti osteointegrati. La riabilitazione delle<br />

classi VI secondo Cawood rappresenta da sempre una sfida sia nella ricostruzione ossea sia nella gestione <strong>dei</strong> tessuti<br />

molli. Le atrofie estreme possono essere affrontate me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>dei</strong> lembi liberi. MATERIALI E METODI:<br />

Presso l’Unità Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Istituto Galeazzi <strong>di</strong> Milano una paziente <strong>di</strong> sesso femminile,<br />

<strong>di</strong> anni 60, affetta da grave atrofia ossea (classe VI <strong>di</strong> Cawood) è stata sottoposta ad intervento chirurgico <strong>di</strong><br />

riabilitazione mascellare a mezzo <strong>di</strong> trapianto osteomuscolare <strong>di</strong> fibula. La fibula è stata modellata utilizzando un<br />

modello <strong>di</strong> materiale acrilico realizzato sulla base <strong>dei</strong> modelli in gesso delle arcate montati in articolatore in<strong>di</strong>viduale.<br />

La struttura ossea allestita è stata posizionata in funzione <strong>dei</strong> rapporti intermascellari e del deficit osseo e <strong>di</strong> tessuti molli<br />

nelle regioni della premaxilla e perinatale. Dopo 5 mesi, i modelli in gesso delle arcate montati in articolatore, la TC, la<br />

<strong>di</strong>ma chirurgica, la <strong>di</strong>ma ra<strong>di</strong>ologica e l’esame clinico hanno guidato la corretta pianificazione <strong>di</strong> una protesi fissa<br />

supportata da 8 impianti posizionati a livello canino, premolare e primo molare. Dopo un periodo <strong>di</strong> osteointegrazione<br />

<strong>di</strong> 3 mesi è stata eseguita la seconda fase chirurgica con concomitante approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> fornici. Dopo 2 mesi è stata<br />

realizzata la protesi fissa composta da una barra in titanio con denti in ceramica e tessuto gengivale in materiale<br />

composito. RISULTATI: Il trapianto osseo ha consentito una riabilitazione dentaria completa e quin<strong>di</strong> la riabilitazione<br />

masticatoria. L’espansione delle scheletro facciale ha prodotto inoltre notevoli cambiamenti sui tessuti molli grazie ad<br />

un effetto lifting inverso. Il rinnovato trofismo mascellare ed il sostegno dentario ai tessuti molli nella regione labiale e<br />

perinasale hanno fornito un ringiovanimento dell’aspetto della paziente. Il risultato estetico è reso più armonioso dal<br />

ripristino dell’altezza facciale anteriore con l’eliminazione dello pseudoprognatismo tipico <strong>dei</strong> pazienti edentuli.<br />

CONCLUSIONI: L’imme<strong>di</strong>ata rivascolarizzazione autonoma garantisce ai lembi microvascolari maggior resistenza<br />

alle infezioni e minor tasso <strong>di</strong> riassorbimento rispetto ai semplici innesti. La chiave del successo <strong>dei</strong> lembi liberi risiede<br />

nella ricerca delle corrette in<strong>di</strong>cazioni all’utilizzo, nella meticolosa programmazione e nella motivazione del paziente<br />

nel ritrovare la funzione masticatoria ottimale. La sod<strong>di</strong>sfazione del paziente è ampliata dall’effetto <strong>di</strong> ringiovanimento<br />

facciale che queste tecniche determinano.


MEDIASTINITE NECROTIZZANTE DISSEMINATA A PARTENZA DA UN ASCESSO ODONTOGENO:<br />

DUE CASI<br />

Ungari C, Filiaci F, Calafati E, Torre U, Agrillo A.<br />

UOC <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale Policlinico Umberto I Roma<br />

INTRODUZIONE: La Me<strong>di</strong>astinite Necrotizzante Disseminata (DNM) , invece, è un infezione acuta suppurativa del<br />

tessuto me<strong>di</strong>astinico derivante sempre da patologie infettive del collo o da ascessi odontogeni. Questa patologia <strong>di</strong> raro<br />

riscontro è gravata da una elevata mortalità legata principalmente al ritardo <strong>di</strong>agnostico e terapeutico. OBIETTIVI: I<br />

pazienti affetti giungono in ospedale in con<strong>di</strong>zioni cliniche critiche e molte volte il trattamento anche se tempestivo non<br />

è efficace. Infatti il tasso <strong>di</strong> mortalità della DNM è ancora oggi elevato (circa 40%) con complicanze quali shock settico,<br />

tamponamento car<strong>di</strong>aco, ostruzione delle via respiratorie, trombosi della giugulare ed erosione <strong>di</strong> importanti strutture<br />

vascolari con stravaso <strong>di</strong> sangue. In questo lavoro gli autori presentano la loro esperienza nella <strong>di</strong>agnosi, nella gestione<br />

e nel trattamento <strong>di</strong> due casi <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>astinite Necrotizzante Disseminata a partenza da un ascesso odontogeno.<br />

MATERIALI E METODI: È stato effettuata una valutazione retrospettiva su due casi <strong>di</strong> me<strong>di</strong>astinite necrotizzante<br />

<strong>di</strong>sseminata. Il primo, maschio <strong>di</strong> 26 anni che presentava, al momento del ricovero, una voluminosa raccolta ascessuale<br />

che coinvolgeva la regione parotidea e laterocervicale destra fino alla biforcazione carotidea , la regione<br />

sottomentoniera e sottoman<strong>di</strong>bolare bilaterale. Il secondo, maschio <strong>di</strong> 50 anni, che presentava al momento<br />

dell’osservazione flemmone regione latero-cervicale bilaterale e me<strong>di</strong>astinica antero-superiore. RISULTATI: I casi<br />

clinici riportati, in accordo con la letteratura internazionale, mettono in evidenza le potenziali gravi conseguenze <strong>di</strong><br />

un’infezione odontogena. Queste, infatti, nei casi più gravi, possono <strong>di</strong>ffondersi in maniera <strong>di</strong>retta e determinare, nella<br />

loro evoluzione la progressiva comparsa dell’Angina <strong>di</strong> Ludwig, della fascite necrotizzante della testa e del collo sino a<br />

raggiungere il me<strong>di</strong>astino determinando una me<strong>di</strong>astinite. CONCLUSIONI: La Me<strong>di</strong>astinite resta un’infezione<br />

altamente letale. Questa può essere una conseguenza grave <strong>di</strong> un ascesso odontogeno, e non va mai sottovalutata<br />

l’estensione del processo infiammatorio.Un ruolo importante è quello degli odontoiatri, una <strong>di</strong>agnosi corretta può<br />

evitare l’estensione del processo infiammatorio. La <strong>di</strong>agnosi non tempestiva e il drenaggio inadatto sono tra le cause<br />

principali dell’elevata mortalità della Me<strong>di</strong>astinite necrotizzante <strong>di</strong>sseminata.


IL MUCOCELE FRONTO-ETMOIDO-ORBITO-MASCELLARE<br />

E.Carta, R.Gobbi, M.T.Raho, A.Tullio<br />

Dipartimento Struttura attività microchirurgiche. Cattedra ed Unita Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

Universita’ degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassari<br />

Introduzione<br />

Il mucocele fronto-etmoido-orbito-mascellare e' una lesione benigna, rara . E' costituita da una parete epiteliale in grado<br />

<strong>di</strong> realizzare una vera e propria neoformazione cistica con contenuto mucoide, caratterizzata da una crescita espansiva<br />

in rapporto ad un processo <strong>di</strong>namico <strong>di</strong> riassorbimento, erosione e rimodellamento osseo.<br />

Il mucocele origina dalla ostruzione degli osti sinusali, quale conseguenza <strong>di</strong> anomalie anatomiche, pregressi interventi<br />

chirurgici, e traumi fronto-etmoidali.<br />

La sintomatologia clinica <strong>di</strong>pende dallo sviluppo del mucocele all'interno o all'esterno delle pareti sinusali. Per lungo<br />

tempo possono essere assenti segni clinici. Successivamente la crescita espansiva del mucocele si puo' manifestare con<br />

tumefazioni visibili o palpabili della regione periorbitaria, tanto da provocare nei casi piu' gravi esoftalmo e <strong>di</strong>plopia<br />

con <strong>di</strong>sturbi della motilita' oculare, nonche' improvvisa <strong>di</strong>minuzione della acuita' visiva da compressione del nervo<br />

ottico. La complicanza piu' frequente del mucocele e' l'infezione con comparsa <strong>di</strong> algia.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong><br />

Presentiamo a titolo <strong>di</strong> esempio del trattamento chirurgico due casi <strong>di</strong> mucocele fronto-etmoido-orbito-mascellare <strong>di</strong><br />

enormi <strong>di</strong>mensioni, trattati presso l' Unita' Operativa Complessa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale dell' Universita' <strong>di</strong><br />

Sassari nell’anno 2008.<br />

I pazienti presentavano esoftalmo ingravescente e dolore, in un caso si era instaurata una progressiva <strong>di</strong>minuzione della<br />

acuita' visiva,e nell'altro caso il paziente lamentava <strong>di</strong>plopia con evidente <strong>di</strong>fficolta' della motilita' oculare, il nervo<br />

ottico appariva fortemente angolato, ancora senza conseguenze per il visus.<br />

I pazienti hanno eseguito una TAC orbitaria che ha evidenziato una neoformazione fronto-etmoido-orbito-mascellare.<br />

In entrambi i casi e' stato eseguito un trattamento chirurgico <strong>di</strong> decompressione orbitaria e ampia controapertura <strong>di</strong><br />

drenaggio nelle cavita’ nasali, trasformando il mucocele in una cavita’ accessoria marsupializzata nella fossa nasale<br />

omolaterale in un caso e nel seno mascellare nell’altro, utilizzando un accesso cutaneo secondo Linch.<br />

Risultati<br />

In entrambi i casi si e' assistito alla imme<strong>di</strong>ata e completa regressione dell'esoftalmo, al ripristino sia della acuita' visiva<br />

che della motilita' oculare. Nella Tac <strong>di</strong> controllo non sono evidenti segni <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va ed in entrambi i casi la cavita’<br />

accessoria residua , <strong>di</strong> ridotte <strong>di</strong>mensioni, appare ben ventilata.<br />

Conclusioni<br />

Nei casi <strong>di</strong> mucocele fronto-etmoido-orbito-mascellare con esoftalmo ingravescente, <strong>di</strong>minuzione della acuita' visiva e<br />

<strong>di</strong>plopia, un tempestivo intervento chirurgico <strong>di</strong> decompressione orbitaria e' fondamentale per il ripristino della<br />

funzionalita' visiva.


VARIANTE ANATOMICA DEL NERVO MANDIBOLARE – CASE REPORT<br />

CatalfamoL., Petrocelli M., Nava C., Familiari E., Torres S., Nastro E., Romano F., Iu<strong>di</strong>cello V.<br />

Scuola <strong>di</strong> specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Messina<br />

Direttore: Prof. F.S. De Ponte<br />

Obiettivi: L’estrazione <strong>dei</strong> terzi molari inclusi è tra i più frequenti interventi <strong>di</strong> chirurgia del cavo orale. Il nervo<br />

man<strong>di</strong>bolare, essendo in prossimità del terzo molare man<strong>di</strong>bolare, è una struttura a rischio durante queste procedure<br />

chirurgiche. Presentiamo il caso clinico <strong>di</strong> una paziente sottoposta ad estrazione <strong>di</strong> 3.8 incluso, il cui nervo alveolare<br />

decorreva in sede vestibolo-crestale.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Paziente <strong>di</strong> sesso femminile, 44 anni, elemento dentale 38 incluso, in stretto rapporto con il canale<br />

alveolare inferiore come <strong>di</strong>mostrato da OPT e dentascan. L’intervento è stato realizzato in anestesia locale. Abbiamo<br />

utilizzato un’incisione sul fornice vestibolare inferiore per repertare la corona del dente, previa corticotomia.<br />

Risultati: Dopo aver fresato l’osso circostante all’elemento dentario abbiamo osservato il decorso del nervo alveolare<br />

inferiore in sede vestibolo-crestale in rapporto con la corona dell’ elemento incluso.<br />

Discusioni e conclusioni: La posizione dell’elemento dentario incluso quanto più lontana o anomala rispetto alla sede<br />

in cui fisiologicamente sarebbe dovuto erompere, aumenta le possibilità che esso contragga rapporti con strutture<br />

anatomiche <strong>di</strong> tipo vascolare e nervoso. L’attenta osservazione degli esami strumentali (opt e TC dentascan) consente<br />

d’in<strong>di</strong>viduare <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni ra<strong>di</strong>ologiche in base alle quali il terzo molare incluso profondo ed il fascio<br />

vascolonervoso contraggono rapporti <strong>di</strong> apparente vicinanza o reale contiguità. Nel caso <strong>di</strong> inclusioni profonde e/o<br />

eterotopiche è importante valutare attentamente i <strong>di</strong>stretti anatomici interessati al fine <strong>di</strong> minimizzare le eventuali<br />

possibili complicanze durante gli interventi <strong>di</strong> estrazione. Il nervo alveolare presenta molte variabili anatomiche, in<br />

alcuni casi molto rare. L’opt pre operatoria non ha documentato questa situazione, le immagini della tc dentalscan,<br />

invece, hanno posto il sospetto. La certezza <strong>di</strong> ciò l’abbiamo avuta nell’intraoperatorio, durante il quale abbiamo messo<br />

in atto tutte le misure precauzionali necessarie per non ledere il nervo.


GOLD STANDARDS OPERATIVI PER IL TRATTAMENTO DELLE MALORMAZIONI FACCIALI PER<br />

LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE: L’ESPERIENZA DI OPERATION SMILE<br />

Orsini R.*, Cipriani O.*, Arangio P.**, Marino S.*, Marrocco S.*, Spallaccia F.*, Scopelliti D.*<br />

* Dir. Med. Reparto <strong>di</strong> Chirurgia maxillo-facciale, Ospedale “S.Spirito” ASL RM/E Roma<br />

**Dottorando <strong>di</strong> Ricerca in Chirurgia Maxillo-Facciale “Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma<br />

OBIETTIVI: L’incidenza delle malformazioni congenite e post traumatiche del viso ed in particolare delle<br />

labiopalatoschisi, nei paesi in via <strong>di</strong> sviluppo rappresenta un problema sanitario importante in questi paesi dove non<br />

esistono le strutture specialistiche e le possibilità assistenziali per il corretto trattamento chirurgico e follow-up <strong>dei</strong><br />

pazienti. Dal 1992 la fondazione umanitaria Operation Smile organizza missioni me<strong>di</strong>che nei paesi in via <strong>di</strong> sviluppo<br />

fornendo tutte le attrezzature e il personale specialistico per il trattamento chirurgico <strong>di</strong> tali patologie e rispettando<br />

scrupolosamente <strong>dei</strong> protocolli che hanno la finalità <strong>di</strong> ottenere <strong>dei</strong> risultati sia sotto il profilo chirurgico che<br />

anestesiologico <strong>di</strong> eccellenza, salvaguardando quin<strong>di</strong> tutti gli standard <strong>di</strong> sicurezza nonostante si operi in con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong>sagiate e in strutture spesso non consone al trattamento <strong>di</strong> tali patologie. Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong><br />

illustrare l’esperienza <strong>di</strong> Operation Smile durante la missione e come si riescano ad ottenere standard <strong>di</strong> sicurezza e<br />

chirurgici <strong>di</strong> eccellenza.<br />

MATERIALI E METODI: La struttura organizzativa <strong>di</strong> ogni missione prevede una settimana <strong>di</strong> screening in loco per<br />

la valutazione clinica <strong>dei</strong> pazienti e per la selezione <strong>dei</strong> casi da trattare. Durante tale processo i pazienti ricevono una<br />

priorità chirurgica, vengono visitati da specialisti in pe<strong>di</strong>atria, odontoiatria, logope<strong>di</strong>a, anestesiologia. I casi <strong>di</strong> deformità<br />

congenita o post traumatica più complessi vengono inseriti in una lista internazionale e verranno seguiti e trattati in<br />

centri convenzionate con l’organizzazione in paesi come USA o Italia. Tutte le patologie ed in particolare le LPS<br />

vengono trattate con tecniche standard a cui l’operatore deve attenersi. La selezione degli operatori è molto accurata, a<br />

tutti infatti sono richiesti <strong>dei</strong> requisiti che poi vengono analizzati dai responsabili <strong>dei</strong> vari settori.<br />

RISULTATI: Attenendosi a tali protocolli i risultati riscontrati e analizzati missione dopo missione possono essere<br />

considerati <strong>di</strong> eccellenza sotto il profilo della quantità e della qualità <strong>dei</strong> trattamenti effettuati.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Gli standard qualitativi ottenuti durante le missioni <strong>di</strong> Operation Smile fanno si<br />

che l’esperienza della suddetta organizzazione permetta <strong>di</strong> garantire <strong>dei</strong> risultati <strong>di</strong> eccellenza sia sotto il profilo della<br />

sicurezza che della qualità chirurgica delle prestazione effettuate nonostante si operi in luoghi <strong>di</strong>sagiati.


PROTOCOLLI CHIRURGICI PER IL TRATTAMENTO DELLE LABIOPALATOSCHISI NEL CORSO<br />

DELLE MISSIONI MEDICHE INTERNAZIONALI OPERATION SMILE<br />

Arangio P.*, Scopelliti D.**, Marino S.**, Cipriani O.**, Orsini R.**,Spallaccia F.**, Marrocco S.**.<br />

* Dottorando <strong>di</strong> Ricerca in Chirurgia Maxillo-Facciale “Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma<br />

** Reparto <strong>di</strong> Chirurgia maxillo-facciale, Ospedale “S. Spirito” ASL RM/E Roma<br />

OBIETTIVI: L’incidenza delle malformazioni congenite, in particolare delle labiopalatoschisi, nei paesi in via <strong>di</strong><br />

sviluppo raggiunge il valore <strong>di</strong> 1/700 nati vivi, e rappresenta un problema sanitario importante in questi paesi dove non<br />

esistono le strutture specialistiche e le possibilità assistenziali per il corretto trattamento chirurgico e follow-up <strong>di</strong> questi<br />

pazienti. Dal 1992 la fondazione umanitaria Operation Smile organizza missioni me<strong>di</strong>che nei paesi in via <strong>di</strong> sviluppo<br />

fornendo tutte le attrezzature e il personale specialistico accre<strong>di</strong>tato per il trattamento chirurgico delle labiopalatoschisi.<br />

Scopo del presente lavoro è <strong>di</strong> illustrare il protocollo terapeutico operativo utilizzato durante la missione per la<br />

correzione chirurgica della labiopalatoschisi. Tale protocollo è stato messo a punto per garantire un intervento<br />

chirurgico <strong>di</strong> breve durata, che possa ridurre al minimo le complicanze postoperatorie senza nulla togliere alla qualità<br />

del trattamento stesso e per consentire il maggior numero <strong>di</strong> interventi possibile durante i 5 giorni <strong>di</strong> attività chirurgica<br />

che ogni missione ha a <strong>di</strong>sposizione.<br />

MATERIALI E METODI: La struttura organizzativa <strong>di</strong> ogni missione prevede una settimana <strong>di</strong> screening in loco per<br />

la valutazione clinica <strong>dei</strong> pazienti e per la selezione <strong>dei</strong> casi da trattare durante la settimana seguente. Durante tale<br />

processo i pazienti ricevono una priorità chirurgica che da precedenza ai pazienti con schisi primaria del labbro e del<br />

palato. Ogni paziente viene visitato da specialisti in pe<strong>di</strong>atria, odontoiatria, logope<strong>di</strong>a, anestesiologia, ed infine dai<br />

chirurghi che dopo aver valutato le caratteristiche del caso assegnano priorità del caso e tempo stimato per l’intervento.<br />

RISULTATI: Il protocollo chirurgico utilizzato durante le missioni me<strong>di</strong>che Operation Smile è stato stu<strong>di</strong>ato per<br />

ottenere un risultato d’eccellenza e duraturo che possa restituire al paziente affetto da labiopalatoschisi il completo<br />

recupero morfo-funzionale. Solo la stretta coor<strong>di</strong>nazione multi<strong>di</strong>sciplinare e l’applicazione del protocollo chirurgico<br />

rendono possibile l’esecuzione, in me<strong>di</strong>a, <strong>di</strong> oltre cento interventi nell’arco <strong>di</strong> soli 5 giorni.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: durante le missioni me<strong>di</strong>che si ha la necessità <strong>di</strong> trattare il maggior numero <strong>di</strong><br />

pazienti affetti da labiopalatoschisi, nel minor tempo possibile e garantendo un decorso postoperatorio scevro da<br />

complicanze. I pazienti infatti già in prima giornata si alimentano al seno e vengono <strong>di</strong>messi dopo 24-48 ore.


OTOPLASTICA CON TECNICA CO<strong>MB</strong>INATA: RISULTATI SU 140 CASI.<br />

Salgarelli A.C., Bellini P., Lan<strong>di</strong>ni B., Multinu A., Consolo U.<br />

Dipartimento Integrato Discipline Chirurgiche Testa-collo.<br />

U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Maxillo-facciale<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico <strong>di</strong> Modena<br />

Obiettivi: Viene presentata una tecnica combinata, basata sul metodo <strong>di</strong> Stenström, Mustardé e Furnas, per la<br />

correzione dell’orecchio prominente; la nostra esperienza viene riportata su una casistica <strong>di</strong> 140 casi.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Dal 1991 al 2007 abbiamo trattato 140 pazienti per problema estetico legato all’orecchio<br />

prominente; si tratta <strong>di</strong> una meto<strong>di</strong>ca “combinata”, descritta per la prima volta in letteratura nel 1997. Sono stati valutati<br />

i risultati ottenuti nei 140 pazienti trattati, con particolare attenzione alle motivazioni all’intervento, alla sod<strong>di</strong>sfazione<br />

del risultato atteso ed alle complicanze.<br />

Risultati: Non abbiamo osservato complicanze maggiori. In nove pazienti abbiamo rilevato complicanze minori<br />

(cicatrice ipertrofica, granuloma nella sede <strong>di</strong> sutura, ulcerazione superficiale sul versante anteriore dell’elice,<br />

estrusione <strong>dei</strong> punti <strong>di</strong> sutura). In due pazienti abbiamo verificato una residua asimmetria. Un buon risultato estetico è<br />

stato comunque raggiunto in tutti i casi analizzati.<br />

Conclusioni: La tecnica chirurgica descritta, secondo la nostra esperienza maturata, è una meto<strong>di</strong>ca sicura che permette<br />

la risoluzione globale <strong>di</strong> tutti i casi <strong>di</strong> orecchio prominente.


L'OSTEOBLASTOMA MANDIBOLARE<br />

Soma D., De Riu G., Massarelli O., Cossu Rocca P., Massarelli G., Tullio A.<br />

Dipartimento Struttura attività microchirurgiche. Unita Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale (<strong>di</strong>r. Prof. A.<br />

Tullio)<br />

Introduzione<br />

L’Osteoblastoma è una rara neoplasia primitiva dell’osso (circa l’1% <strong>di</strong> tutte le neoplasie dell’osso) che colpisce più<br />

frequentemente la colonna vertebrale e le ossa lunghe. Nel 15% <strong>dei</strong> casi interessa lo scheletro facciale e nella grande<br />

maggioranza <strong>dei</strong> casi la man<strong>di</strong>bola. Sebbene l’osteoblastoma sia una neoplasia benigna, che richiede solo un curettage<br />

locale come terapia chirurgica, una piccola percentuale <strong>dei</strong> casi mostra una spiccata aggressività locale e presenta<br />

caratteristiche istopatologiche atipiche, talvolta tali da rendere <strong>di</strong>fficile la <strong>di</strong>fferenziazione dall’Osteosarcoma a basso<br />

grado <strong>di</strong> malignità. C'è sono <strong>di</strong>saccordo in letteratura sulla corretta classificazione <strong>di</strong> questi tumori. La <strong>di</strong>agnosi corretta<br />

è basata su dati clinici, ra<strong>di</strong>ologici e anatomopatologici. La resezione chirurgica e la ricostruzione sono il trattamento<br />

raccomandato per queste lesioni invasive.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong><br />

Riportiamo un caso <strong>di</strong> osteoblastoma a cellule epitelioi<strong>di</strong> trattato presso l’Unità Operativa complessa <strong>di</strong> Chirurgia<br />

Maxillo-Facciale dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassari.<br />

Una paziente <strong>di</strong> 35 aa lamentava da circa un anno dolenzia ingravescente in corrispondenza <strong>di</strong> una tumefazione <strong>di</strong><br />

consistenza dura dell’emicorpo man<strong>di</strong>bolare destro del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> circa 4x3 cm. All’Rx OPT si evidenziava una<br />

neoformazione intraossea pluriconcamerata che deformava il bordo man<strong>di</strong>bolare inferiore <strong>di</strong> destra.<br />

All’AngioRMN la lesione, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> 3.5x2.2x2.5 cm, non aveva caratteri <strong>di</strong> alto flusso vascolare, assumeva il<br />

contrasto e assottigliava e rigonfiava la corticale esterna della man<strong>di</strong>bola, interrompendo la corticale interna. Per tali<br />

ragioni la paziente è stata sottoposta a biopsia e curettage chirurgico della lesione.<br />

L’esame istopatologico evidenziava un tessuto osteoide tra le cui maglie si repertavano numerosi elementi cellulari<br />

rigonfi, <strong>di</strong> aspetto epitelioide, a citoplasma abbondante e nucleo vescicoloso, spesso nucleolato. Queste cellule erano<br />

raggruppate in clusters ed associate a elementi stromali e osteoclasti, e seguivano il decorso delle trabecole. Non si<br />

osservavano aspetti <strong>di</strong> necrosi. Tale quadro orientava verso una forma <strong>di</strong> osteoblastoma a cellule epitelioi<strong>di</strong>. In seguito a<br />

reci<strong>di</strong>va la paziente è stata sottoposta ad intervento chirurgico <strong>di</strong> man<strong>di</strong>bulectomia parziale e ricostruzione con lembo<br />

libero rivascolarizzato osteomiocutaneo <strong>di</strong> fibula.<br />

Risultati<br />

Sebbene l’osteoblastoma sia una neoplasia benigna, la sua invasività locale e la tendenza alla reci<strong>di</strong>va impongono un<br />

trattamento chirurgico demolitivo. Al fine <strong>di</strong> ripristinare la funzionalità e l’estetica abbiamo ritenuto opportuno<br />

ricostruire il <strong>di</strong>fetto osseo man<strong>di</strong>bolare con lembo libero osteomiocutaneo <strong>di</strong> fibula, ricostruzione che permetterà anche<br />

la riabilitazione impianto protesica.<br />

Conclusioni<br />

Data la dubbia interpretazione ra<strong>di</strong>ologica dell'osteoblastoma è necessario prima <strong>di</strong> qualsiasi procedura chirurgica<br />

l'esclusione <strong>di</strong> una lesione vascolare ad alto flusso. Una volta escluso ciò, per la alta aggressività locale <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong><br />

neoplasia e la forte tendenza alla reci<strong>di</strong>va, la biopsia deve orientare ad una ampia resezione già al primo trattamento.


OSTEOTOMIA SEGMENTARIA (DENTO-MUCO-ALVEOLARE E MUCO ALVEOLARE) DEI<br />

MASCELLARI PER UNA CORRETTA RIABILITAZIONE IMPLANTO PROTESICA NEI CASI DI<br />

EDENTULIA DEI SETTORI POSTERIORI.<br />

Longobar<strong>di</strong> G:*, Pod<strong>di</strong> V.**, Dama G.**, Garau V.**,<br />

*P.O.”SS Trinità” ASL8, UO Chirurgia Maxillo Facciale Cagliari<br />

**Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Clinica Odontoiatrica.<br />

Obiettivi: la riabilitazione implanto protesica secondo criteri funzionali ed estetici delle edentulie <strong>dei</strong> settori posteriori<br />

<strong>dei</strong> mascellari me<strong>di</strong>ante tecniche <strong>di</strong> osteotomie segmentarie (dento-muco-alveolari e muco alveolari).<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: selezionato un campione <strong>di</strong> quattro pazienti affetti da edentulia parziale a cui si associa non solo un<br />

riassorbimento dell’osso alveolare del segmento mascellare interessato ed un abbassamento del margine crestale, ma<br />

anche una estrusione <strong>dei</strong> denti dell’arcata opponente per la per<strong>di</strong>ta dello stop dentale con alterazione del piano<br />

occlusale.<br />

Le tecniche utilizzate sono state quelle <strong>di</strong> osteotomia dento-muco-alveolare per i settori con estrusione dentaria e <strong>di</strong><br />

osteotomia muco alveolare con innesti onlay o inlay per i settori edentuli.<br />

Risultati: il ripristino della <strong>di</strong>mensione verticale delle creste atrofiche e l'allineamento del piano occlusale ha favorito<br />

una riabilitazione implanto protesica secondo canoni estetici e funzionali.<br />

Discussione e conclusioni: Una congrua riabilitazione implanto protesica deve mirare alla ricostruzione dell'architettura<br />

<strong>dei</strong> mascellari e <strong>dei</strong> loro rapporti. A tal fine spesso vengono richieste tecniche chirurgiche come quelle osteotomiche<br />

dento-muco-alveolari e muco alveolari associate ad innesti ossei, le quali permettono <strong>di</strong> sanare le <strong>di</strong>screpanze tra i<br />

mascellari che vengono a crearsi nei casi <strong>di</strong> edentulie parziali e quin<strong>di</strong> evitare l'utilizzo <strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> compromesso.


DOPPIO APPROCCIO RETRO-ANGOLO-MANDIBOLARE ED ENDORALE NELLE FRATTURE<br />

SUBONDILARI MANDIBOLARI.<br />

Nicolai G MD,Lorè B MD,De Marinis L DD,Mariani G MD ,Calabrese L Phd MD.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillofacciale <strong>di</strong>r. Prof. L. Calabrese Università degli<br />

Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”.<br />

OBIETTIVI: In letteratura non vi è un consenso unanime per quanto riguarda la terapia delle fratture subcon<strong>di</strong>lari<br />

man<strong>di</strong>bolari. Tuttavia, numerose pubblicazioni affermano come il trattamento chirurgico porti a migliori risultati in<br />

termini <strong>di</strong> riduzione <strong>dei</strong> monconi fratturativi, occlusione, funzione masticatoria; apertura della bocca e morfologia ossea<br />

(Palmieri et all.1999; Ellis and Throckmoton 2000 2001; Ellis et al 2000; Throckmoton and Ellis 2000; Throckmoton et<br />

all. 2004; Eckel et al. 2006; Biglioli et al 2008; Cascone et al. 2008).<br />

Nel corso degli anni sono stati proposti <strong>di</strong>versi approcci chirurgici, da quello endorale ai vari approcci extraorali transfacciali,<br />

come quello retroman<strong>di</strong>bolare (Danilo Borges Dantas et al 2007 Biglioli et al. 2008) e quello preauricolare.<br />

Tutti presentano vantaggi e svantaggi. Nel nostro lavoro proponiamo una tecnica che prevede un doppio approccio<br />

chirurgico endorale e retro-angolo-man<strong>di</strong>bolare.<br />

MATERIALI E METODI: Viene presentato il caso <strong>di</strong> un maschio <strong>di</strong> 36 anni, vittima <strong>di</strong> aggressione, giunto alla<br />

nostra osservazione nell’agosto del 2008. Il paziente presentava, all’esame TC preoperatorio, una frattura trifocale <strong>di</strong><br />

man<strong>di</strong>bola (frattura subcon<strong>di</strong>lare bilaterale e frattura sinfisaria). Il pz è stato sottoposto ad intervento chirurgico con<br />

approccio endorale per il trattamento della frattura sinfisaria e con doppio approccio endorale e retro-angoloman<strong>di</strong>bolare<br />

per il trattamento delle fratture subcon<strong>di</strong>lari; è stato <strong>di</strong>sinserito il ten<strong>di</strong>ne del muscolo temporale; sono state<br />

ridotte le fratture e contenute con una microplacca per lato posizionata attraverso gli accessi retroman<strong>di</strong>bolari. Non è<br />

stata applicato alcun bloccaggio bi mascellare postoperatorio.<br />

RISULTATI: La TC postoperatoria evidenziava il corretto posizionamento <strong>dei</strong> mezzi <strong>di</strong> sintesi e l’ottima riduzione <strong>dei</strong><br />

monconi fratturativi.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il doppio approccio chirurgico endorale e retro-angolo-man<strong>di</strong>bolare alle fratture<br />

sudcon<strong>di</strong>lari man<strong>di</strong>bolari consente, a nostro avviso, <strong>di</strong> avere una ottima visione intraoperatoria e uno spazio sufficiente<br />

per posizionare i mezzi da osteosintesi grazie all’accesso extraorale. Al tempo stesso l’approccio endorale ci consente<br />

<strong>di</strong> ottenere una ottima riduzione <strong>dei</strong> monconi fratturativi ottenibile tramite il <strong>di</strong>stacco del ten<strong>di</strong>ne del muscolo<br />

temporale che si oppone a tale riduzione. Va inoltre evidenziato come la posizione dell’incisione nell’approccio<br />

retroman<strong>di</strong>bolare sia più sicura rispetto a quella preauricolare in quanto essa ci consente la retrazione della ghiandola<br />

parotide e delle branche marginali e buccali del nervo facciale consentendoci <strong>di</strong> preservarle e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> evitare<br />

problematiche neurologiche a carico del nervo stesso. La <strong>di</strong>sposizione dell’incisione parallela al bordo posteriore della<br />

man<strong>di</strong>bola ci garantisce un eccellente risultato estetico.


COMPLICANZE IN CHIRURGIA IMPLANTOPROTESICA: PRESENTAZIONE DI UN CASO INSOLITO<br />

Ungari C, Filiaci F, Torre U, Calafati E, Agrillo A.<br />

UOC <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale Policlinico Umberto I Roma<br />

INTRODUZIONE: L’avvento e l’evoluzione dell’implantologia osteointegrata ha permesso, nel corso degli anni, un<br />

aumento delle opzioni terapeutiche <strong>dei</strong> pazienti affetti da edentulia parziale o totale, determinando, inoltre, un<br />

miglioramento <strong>dei</strong> risultati estetici e funzionali OBIETTIVI: La chirurgia impiantare tuttavia è una procedura non<br />

scevra da complicanze. Queste possono essere sia intraoperatorie, come emorragie, lesioni neurologiche, lacerazioni <strong>dei</strong><br />

tessuti molli, comunicazioni oro-antrali e <strong>di</strong>slocazioni <strong>di</strong> impianti nel seno mascellare, che postoperatorie come<br />

emorragie tar<strong>di</strong>ve, <strong>dei</strong>scenza <strong>dei</strong> lembi e sinusiti MATERIALI E METODI: In questo lavoro gli autori riportano la<br />

loro esperienza nel trattamento <strong>di</strong> un insolito caso <strong>di</strong> un paziente sottoposto a chirurgia implantoprotesica per la<br />

riabilitazione del mascellare superiore. Il paziente, infatti, è giunto alla nostra osservazione presentando una TC che<br />

mostrava un impianto che, penetrato in base cranica, si approfon<strong>di</strong>va per circa 1 cm nella massa cerebrale. Lo stesso è<br />

stato successivamente sottoposto ad asportazione dell’impianto sotto visione endoscopica e la ricostruzione della base<br />

cranica anteriore me<strong>di</strong>ante un innesto overlay <strong>di</strong> dura madre liofilizzata ed un lembo <strong>di</strong> rotazione utilizzando il turbinato<br />

me<strong>di</strong>o, il tutto tenuto in posizione con del tissucol. RISULTATI:I controlli post-operatori non hanno evidenziato la<br />

comparsa <strong>di</strong> nessuna complicanza (rinoliquorrea, meningiti, etc) e nessun deficit funzionale ne dal punto <strong>di</strong> vista della<br />

respirazione nasale ne nessun (più importante) deficit neurologico. Tuttavia lo stesso si è ripresentato alla nostra<br />

osservazione, nel febbraio 2009, dopo circa 1 anno dall’intervento chirurgico, riferendo nuovamente la comparsa <strong>di</strong><br />

rinoliquorrea. CONCLUSIONI: L’evoluzione della chirurgia implantoprotesica permette, sicuramente, un’ampia<br />

gamma <strong>di</strong> opzioni terapeutiche che però non sono scevre da complicanze insolite e gravi.


PROBLEMATICHE NELLA RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA : L’UTILIZZO DELL’OSSO DI<br />

BANCA NELLE ATROFIE MASCELLARI POST-TRAUMATICHE – nostra esperienza preliminare<br />

Dott. Falzea R., Dott. Micali G., Dott. Cecconi G., Dott. Scurria C.<br />

UOS <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale , Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Messina . Direttore : Prof. F.S. De Ponte<br />

OBIETTIVI : Nell’ambito della nostra <strong>di</strong>sciplina chirurgica è sempre crescente, da parte <strong>dei</strong> pazienti affetti da esiti <strong>di</strong><br />

trauma maxillo-facciale , la richiesta <strong>di</strong> una riabilitazione dell’apparato stomatognatico .<br />

MATERIALI E METODI : I pazienti selezionati presentano deficit ossei che impe<strong>di</strong>scono una <strong>di</strong>retta riabilitazione<br />

implanto-protesica se non preceduta da una ricostruzione del <strong>di</strong>fetto osseo al fine <strong>di</strong> ricostruire tri<strong>di</strong>mensionalmente<br />

l’impalcatura scheletrica .<br />

Le meto<strong>di</strong>che ricostruttive sono molteplici , innesti <strong>di</strong> osso autologo , omologo ed eterologo , innesti ossei liberi<br />

rivascolarizzati e la <strong>di</strong>strazione alveolare . Pur essendo il gold standard ricostruttivo l’osso autologo , presso questa U.O.<br />

<strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale viene vantaggiosamente utilizzato , nei casi selezionati , osso omologo <strong>di</strong> banca.<br />

RISULTATI : i pazienti sottoposti a ricostruzione me<strong>di</strong>ante osso liofilizzato e congelato proveniente dalla Banca <strong>di</strong><br />

osso hanno ottenuto un buon recupero della struttura ossea deficitaria per una buona successiva riabilitazione implantoprotesica<br />

.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI : Visti i buoni risultati ottenuti riteniamo vantaggioso , nei casi selezionati ,<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> osso omologo <strong>di</strong> banca perché ci consente <strong>di</strong> ridurre la morbilità del prelievo e la durata dell’intervento e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una maggior quantità <strong>di</strong> osso utilizzabile rispetto alle altre meto<strong>di</strong>che .


RISTRUTTURAZIONE DELLA VOLTA PALATALE NELLE LABIOPALATOSCHISI E SVILUPPO<br />

DELL’APPARATO STOMATOGNATICO.<br />

A Silvestri, P Cascone, F Di Vito, P Arangio<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Insegnamento <strong>di</strong> Ortognatodonzia III titolare Prof. A Silvestri, Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia<br />

Maxillo-Facciale <strong>di</strong>rettore Prof. G Iannetti<br />

Lo scopo del presente lavoro è <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care la tecnica chirurgica per le schisi palatali che consenta un’adeguata<br />

ristrutturazione anatomo–fisiologica della volta palatale e contribuisca al ripristino <strong>di</strong> una crescita proporzionata <strong>di</strong> tutto<br />

il massiccio facciale. Il fisiologico sviluppo cranio-facciale è con<strong>di</strong>zionato dalla stretta correlazione tra le componenti<br />

funzionali e strutturali dell’apparato stomatognatico spesso mutata negli esiti <strong>di</strong> labiopalatoschisi. I vari protocolli<br />

chirurgici proposti dalle <strong>di</strong>verse scuole hanno come obiettivo, oltre che la chiusura della schisi, ridurre al minimo gli<br />

esiti del paziente a fine crescita. Il protocollo adottato dalla Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Università <strong>di</strong><br />

Roma “La Sapienza” con il supporto della Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia della medesima Università <strong>di</strong>vide il trattamento<br />

primario in una preliminare chiusura della schisi labiale e del palato molle, lasciando aperto il palato duro per fornire<br />

una via aerea ad<strong>di</strong>zionale e impe<strong>di</strong>re l’instaurarsi <strong>di</strong> una respirazione orale. Con una placca otturatrice funzionale si<br />

favorisce l’accostamento <strong>dei</strong> processi palatini per rendere più agevole il successivo intervento <strong>di</strong> chiusura del palato<br />

duro; non si ricorre all’utilizzo <strong>di</strong> alcun lembo mucoperiostale proveniente dal palato, ma viene utilizzata la tecnica <strong>di</strong><br />

innesto <strong>di</strong> galea pericranio con suture prive <strong>di</strong> tensioni riducendo così la formazione <strong>di</strong> tessuto e retrazioni cicatriziali;<br />

attraverso la neoapposizione ossea favorita dalla presenza <strong>di</strong> periostio, si ha una riabilitazione in senso “evolutivo” della<br />

schisi ossea; si garantisce il ripristino anatomico della volta palale grazie anche alle caratteristiche morfologiche<br />

dell’innesto stesso. Grazie a questo tipo <strong>di</strong> trattamento chirurgico si può restituire al paziente una più fisiologica<br />

morfologia della volta palatale che permetterà anche un approccio terapeutico ortognatodontico meno impegnativo e più<br />

efficace.


CONFRONTO TRA METODOLOGIE TERAPEUTICHE NELLE PATOLOGIE OSTRUTTIVE DELLE<br />

GHIANDOLE SALIVARI MAGGIORI PRE- E POST-INTRODUZIONE DELLE TECNICHE<br />

MINIINVASIVE.<br />

Colella G., Vicidomini A., Trodella M., Avitabile D., Bion<strong>di</strong> P., Bove P.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Patologia della Testa, del Collo, del Cavo Orale e della Comunicazione Au<strong>di</strong>o Verbale, Facoltà <strong>di</strong><br />

Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia della Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli.<br />

OBIETTIVI: Le scialoadeniti ostruttive costituiscono la patologia infiammatoria preponderante delle ghiandole<br />

salivari maggiori. La localizzazione e le <strong>di</strong>mensioni del processo ostruttivo sono i parametri fondamentali da tenere in<br />

considerazione nella scelta del trattamento. Scopo dello stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> confrontare le meto<strong>di</strong>che operatorie pre- e<br />

post-introduzione delle tecniche mini invasive. MATERIALI E METODI: E’ stata fatta una revisione <strong>dei</strong> casi <strong>di</strong><br />

scialoadenite ostruttiva considerando il periodo compreso tra Gennaio 1999 e Dicembre 2008. Dal 2006, presso la<br />

nostra struttura, è stata adottata come meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong>agnostico-terapeutica la sialoendoscopia; il confronto è fatto tra le<br />

tecniche operatorie adottate dal 1999 al 2005 e quelle adottate dal 2006 al 2008. RISULTATI: Dal Gennaio 1999 al<br />

Dicembre 2008 sono stati sottoposti a intervento terapeutico per patologie ostruttive delle ghiandole salivari maggiori<br />

121 pazienti. Nel periodo 1999-2005 sono stati trattati 61 pazienti <strong>di</strong> cui 33 con scialoadenectomia, 21 con<br />

marsupializzazione e 7 con sondaggio associato a marsupializzazione. Nel periodo 2006-2008 sono stati trattati 60<br />

pazienti <strong>di</strong> cui 16 con scialoadenectomia, 10 con sialoendoscopia <strong>di</strong>agnostica associata a marsupializzazione, 25 con<br />

sialoendoscopia operativa, 10 con sialoendoscopia operativa associata a marsupializzazione, 2 con chirurgia duttale<br />

selettiva e 1 con litotrissia extracorporea associata a sialoendoscopia <strong>di</strong>agnostica. DISCUSSIONE: L’introduzione, a<br />

partire dal 2006, delle tecniche mini invasive, ha determinato una riduzione degli interventi <strong>di</strong> scialoadenectomia; la<br />

sialoendoscopia infatti consente la visualizzazione e la localizzazione <strong>di</strong>retta del processo ostruttivo fino ai dotti <strong>di</strong><br />

III or<strong>di</strong>ne, riuscendo in alcuni casi a essere operativa anche nei dotti <strong>di</strong> II or<strong>di</strong>ne. Questo si riflette in un minor ricorso<br />

alla chirurgia generale, in una riduzione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> ospedalizzazione <strong>dei</strong> pazienti, in un migliore decorso e in una<br />

minore incidenza <strong>di</strong> complicanze.


MECCANISMI PATOGENETICI NELLA SINDROME DI CROUZON<br />

Cascone P., Greco A., Contrafatto R., Fatone F.,R.Leonar<strong>di</strong><br />

Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Direttore Prof.Giorgio Iannetti.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania, Cattedra <strong>di</strong> Ortognatodonzia e Gnatologia, Direttore Prof. Mario Caltabiano.<br />

INTRODUZIONE: La sindrome <strong>di</strong> Crouzon, definita anche “<strong>di</strong>sostosi cranio-facciale”, è una tra le più conosciute<br />

sindromi craniofacciali con craniosinostosi. Essa è caratterizzata dalla chiusura precoce delle suture della volta, della<br />

base cranica e della faccia. OBIETTIVI: Lo scopo del lavoro è stato quello <strong>di</strong> delineare, tramite una review della<br />

letteratura e lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> pazienti affetti da tale patologia, in cura presso il reparto <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo Facciale<br />

dell’Università <strong>di</strong> Roma Sapienza, le caratteristiche cliniche fondamentali, i fattori eziologici, i meccanismi patogenetici<br />

responsabili e la fisiopatologia della crescita cranio-facciale <strong>dei</strong> pazienti affetti, comparandola con i processi <strong>di</strong> crescita<br />

fisiologici. MATERIALI E METODI: E’ stata eseguita, su PubMed, una ricerca bibliografica della letteratura,<br />

prendendo in considerazione gli articoli più rilevanti dal 1912 al 1975, evidenziando gli autori che inizialmente si sono<br />

maggiormente de<strong>di</strong>cati allo stu<strong>di</strong>o della sindrome, e le pubblicazioni degli ultimi 20 anni. Sono stati analizzati i dati<br />

clinici e ra<strong>di</strong>ografici <strong>dei</strong> pazienti in trattamento. RISULTATI: La review della letteratura ha permesso <strong>di</strong> delineare i<br />

possibili fattori eziologici che intervengono nella genesi della sindrome.La letteratura tratta ampiamente l’analisi del<br />

genotipo, non approfondendo però il rapporto tra genotipo e fenotipo e la fisiopatologia della crescita cranio-facciale nei<br />

pazienti affetti dalla sindrome <strong>di</strong> Crouzon.Comparando la crescita cranio facciale fisiologica, con i quadri clinici<br />

riscontrabili nei pazienti con tale sindrome, è stato possibile in<strong>di</strong>viduare, nei meccanismi <strong>di</strong> crescita, la spiegazione<br />

delle malformazioni della volta, della base cranica e del terzo me<strong>di</strong>o facciale. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La<br />

presenza <strong>di</strong> una craniosinostosi, produce, un rallentamento dell’accrescimento cranico perpen<strong>di</strong>colarmente alla sutura<br />

coinvolta, inoltre, si associa, una crescita compensatoria delle altre suture al fine <strong>di</strong> permettere un adeguato sviluppo<br />

cerebrale. Le alterazioni a carico del massiccio facciale, caratteristiche nei pazienti con sindrome <strong>di</strong> Crouzon,<br />

rappresentate dall’ipoplasia del terzo me<strong>di</strong>o facciale, sono invence conseguenti alla chiusura precoce della sincondrosi<br />

della base cranica e delle suture superiori e posteriori della maxilla, attorrno alle pareti orbitarie. Lo stu<strong>di</strong>o della<br />

fisiopatologia della crescita cranio –facciale potrebbe essere <strong>di</strong> grande ausilio per il trattamento delle malformazioni <strong>di</strong><br />

questi pazienti, al fine <strong>di</strong> poter effettuare una valida terapia intercettiva, prima che le alterazioni cliniche possano essere<br />

evidenti.


UTILIZZO DEI BIOMATERIALI NELLA SINDROME DI PARRY-RO<strong>MB</strong>ERG.<br />

Fini G, Indrizzi E, Leonar<strong>di</strong> A*, Buonaccorsi S*, Pellacchia V*.<br />

Chirurgia Maxillo-Facciale, Az. Osp. Sant’Andrea, Roma,Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo Facciale-Prof. G. Fini. Centro<br />

Epitesi.II Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”.*Scuola <strong>di</strong> Specializzazione<br />

<strong>di</strong> Chirurgia MaxilloFacciale. Prof. G. Iannetti I Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La<br />

Sapienza”<br />

.Introduzione. La sindrome <strong>di</strong> Parry-Romberg (PRS), si manifesta in forma <strong>di</strong> progressiva atrofia craniofacciale.<br />

L’evento atrofico risulta localizzato, il più delle volte, unilateralmente e può estendersi ai tessuti sottocutanei, fino ad<br />

interessare la componente muscolare, cartilaginea, nervosa ed ossea del volto. La letteratura descrive anche sintomi<br />

neurologici: epilessia, parkinsonismo unilaterale, emicrania e, nei casi più rari, l’associazione con l’encefalite <strong>di</strong><br />

Rasmussen. Le cause non sono note, anche se particolarmente suggestiva appare l’ipotesi <strong>di</strong> una pre<strong>di</strong>sposizione<br />

costituzionale elaborata sulla base <strong>di</strong> alcuni rilievi <strong>di</strong> autoanticorpi. Per tale motivo la PRS, può essere assimilabile ad<br />

una connettivite. La 2° decade <strong>di</strong> vita, rappresenta il periodo in cui può presentarsi con maggior frequenza, anche se è<br />

stata riscontrata in soggetti <strong>di</strong> età più avanzata, con maggiore incidenza nel sesso femminile. Materiali e Meto<strong>di</strong>.<br />

Obiettivo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare, in soggetti affetti da PRS, il risultato estetico-funzionale dopo<br />

trattamento con biomateriali. L’utilizzo <strong>di</strong> materiali bio-compatibili in soggetti affetti da patologia autoimmune, si è<br />

compiuto nel rispetto e nella valutazione dello sviluppo anticorpale. Il monitoraggio, prima e dopo trattamento, degli Ab<br />

ANA-ENA, è stato il parametro car<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> valutazione, nonché elemento <strong>di</strong>scriminante al successivo trattamento. Dal<br />

Dicembre 2000 al Settembre 2007 abbiamo condotto uno stu<strong>di</strong>o su un totale <strong>di</strong> 5 soggetti, affetti da PRS, <strong>di</strong> cui 2 <strong>di</strong><br />

sesso maschile e 3 <strong>di</strong> sesso femminile, <strong>di</strong> età compresa tra i 17 e 45 anni (età me<strong>di</strong>a 35.4 anni). Giungevano a noi con<br />

<strong>di</strong>agnosi certa della loro patologia e venivano quin<strong>di</strong> sottoposti ad accertamenti clinico-ra<strong>di</strong>ologici: TC3D del<br />

Massiccio-Facciale, <strong>di</strong> valutazione delle strutture ossee e <strong>dei</strong> tessuti molli, controllo immunologico <strong>di</strong> ANA-ENA<br />

pattern completo e Ab anti-Car<strong>di</strong>olipina.A seguito del trattamento, ad un follow-up <strong>di</strong> 1-3 mesi si richiedeva un esame<br />

ecografico, al fine <strong>di</strong> valutare la bio-integrazione del biomateriale iniettato nei tessuti interessati e monitoraggio degli<br />

anticorpi. Risultati. I risultati hanno <strong>di</strong>mostrato che la biocompatibiltà <strong>di</strong> integrazione del biomateriale, è stata<br />

<strong>di</strong>fferente nei soggetti, in relazione allo status della patologia: solo in un caso si è proceduto alla rimossione del<br />

biomateriale; tale evento si verificava in associazione ad una positività degli Ab. Sulla base <strong>di</strong> tali elementi, un’attenta<br />

valutazione clinica <strong>di</strong> laboratorio e ra<strong>di</strong>ologica, rappresenta l’iter <strong>di</strong>agnostico corretto nella gestione <strong>di</strong> pazienti con<br />

patologie <strong>di</strong> non certa evoluzione. L’utilizzo <strong>di</strong> un trattamento meno invasivo, ha dato ad un follow-up <strong>di</strong> 7 anni,<br />

risultati <strong>di</strong> buona tollerabilità sia da un punto <strong>di</strong> vista organico, che <strong>di</strong> stabilità immunologica. Discussione e<br />

conclusione. In letteratura sono descritte <strong>di</strong>verse tecniche ricostruttive, prettamente <strong>di</strong> ambito chirurgico, che vengono<br />

utilizzate in caso <strong>di</strong> atrofie del volto. Gli autori prendono in esame un tipo <strong>di</strong> trattamento meno invasivo per il paziente,<br />

adattandolo su una tipologia <strong>di</strong> soggetti con <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> atrofia tissutale. I cinque casi esaminati presentavano al<br />

momento dell’inizio del trattamento una stabilità anticorpale, accertata me<strong>di</strong>ante dosaggio; sulla base <strong>di</strong> questa<br />

valutazione i singoli in<strong>di</strong>vidui si sottoponevano ad accertamenti clinici-ra<strong>di</strong>ologici in relazione alla singolarità del caso.


IL RIALZO DEL SENO MASCELLARE CON UTILIZZO DI SOLO MATERIALE ALLOPLASTICO E<br />

ME<strong>MB</strong>RANA<br />

Dr. Marasco M.,# Dr. Bordonali D., # Dr. Bordonali G.,#Dr.ssa Bordonali C.<br />

Responsabile Chirurgia Maxillo-Facciale Istituto Ortope<strong>di</strong>co Villa Salus, Augusta (SR)<br />

# Liberi professionisti<br />

Obiettivi:<br />

Lo scopo <strong>di</strong> tale lavoro è <strong>di</strong>mostrare che l’utilizzo <strong>di</strong> solo Materiale alloplastico (Biooss e Membrana Biogide) per la<br />

ricostruzione del mascellare preimplantologica non è solo sufficiente, ma può rappresentare l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> scelta per<br />

la ricostruzione del seno mascellare in previsione <strong>di</strong> trattamento implanto protesico.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong><br />

Abbiamo trattato dal 2003 al gennaio 2009 56 pazienti affetti da edentulia parziale mascellare con atrofia <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso<br />

grado sec. Cawood and Howell (V-VI). In tutti in pazienti, a seconda del grado <strong>di</strong> atrofia, è stata eseguita una tecnica<br />

classica <strong>di</strong> grande rialzo del seno mascellare: approccio laterale, sollevamento della membrana, posizionamento in tutti i<br />

pazienti <strong>di</strong> membrana biogide a ricostruire il neo pavimento, anche in assenza <strong>di</strong> lacerazioni della mucosa,<br />

posizionamento <strong>di</strong> bioss S ed L miscelati insieme con aggiunta <strong>di</strong> soluzione fisiologica. Il tutto coperto da una seconda<br />

membrana biogide sulla finestra.<br />

L’intervento ha previsto il posizionamento degli impianti in contemporanea solo in presenza <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni cliniche che<br />

permettessero <strong>di</strong> farlo: altezza minima ossea valutabile alla TC <strong>di</strong> 5mm, buona qualità dell’osso. In tutti gli altri casi è<br />

stata eseguita una tecnica bifasica con il posizionamento implantare a circa 10 mesi.<br />

Risultati<br />

Sono stati posizionati <strong>13</strong>5 impianti (Biomet 3i, Thommen me<strong>di</strong>cal). Di questi soltanto 1 è stato perso in una paziente<br />

che si è sottoposta a doppio rialzo bilaterale, utilizzando dal lato dove ha perso l’impianto del bio vetro. In tutti i<br />

pazienti trattati il post operratorio è stato privo <strong>di</strong> compliucazioni particolari, l’edema e in alcuni casi l’ematoma sulla<br />

guancia, privo <strong>di</strong> dolori, sono stati presenti. Su 5 pazienti si è verificata una minima <strong>dei</strong>scenza della ferita che non ha<br />

comportato nessun tipo <strong>di</strong> problema facendo eseguire lavaggi quoti<strong>di</strong>ani ai pazienti con soluzione fisiologica e acqua<br />

ossigenata.<br />

Discussione e Conclusioni<br />

Il rialzo del seno mascellare rappresenta, in molti pazienti, l’unica scelta utile per poter avere denti fissi e stabili nei<br />

settori posteriori mascellare. Da quando nel 96 si parlava <strong>di</strong> gold standard solo per l’osso autologo, oggi, i materiali in<br />

nostro possesso ci permettono <strong>di</strong> eseguire grossi aumenti <strong>di</strong> volume <strong>dei</strong> seni mascellari senza la necessità <strong>di</strong> prelievi<br />

intra o extra orali. Ciò ha favorito enormemente la compliance <strong>dei</strong> pazienti e la fattibilità dell’intervento, con importante<br />

riduzione <strong>dei</strong> problemi post operatori.<br />

A nostro avviso l’utilizzo <strong>di</strong> certi materiali, senza la necessità <strong>di</strong> osso autologo, rappresenta il gold standard per il rialzo<br />

del seno mascellare.


NOSTRA ESPERIENZA SULL’IMPIEGO DI UN MATERIALE OSTEOCONDUTTORE A BASE DI CORALLO<br />

NATURALE NELLA METODICA DEL SINUS LIFT<br />

*Papa F. * Cortese A. *Savastano M. . °Banzi C. § Maltarello C.<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali –Universitò “FedericoII” Napoli °Libero Professionista Bologna-<br />

Italia §Istituto “Co<strong>di</strong>villa Putti” Bologna-Italia<br />

Introduzione ( premessa): La ricostruzione <strong>di</strong> un mascellare fisiologicamente atrofico o deficitario per cause patologiche costituisce<br />

molto spesso una vera sfida per i chirurghi oro-maxillo-facciali. Molte sono le problematiche, relative a tali necessità riabilitative, non<br />

definitivamente risolte e tra queste vi sono sicuramente quelle relative alla meto<strong>di</strong>ca chirurgica ed alla scelta del materiale più idoneo al<br />

raggiungimento dell’incremento osseo necessario. (Platelet Per quanto riguarda la scelta della procedura chirurgica va, secondo noi<br />

sottolineato, che essa deve essere proporzionata alla situazione clinica <strong>di</strong> partenza ed alle esigenze dell’obiettivo da raggiungere : in un<br />

paziente sottoposto ad una maxillectomia per cause neoplastiche può sicuramente essere giustificato il ricorso ad interventi più complessi<br />

( ad esempio ricostruzioni con innesti rivascolarizzati ) ,ma nei casi, per fortuna più frequenti, <strong>di</strong> ricostruzioni esclusivamente finalizzate<br />

alla realizzazione <strong>di</strong> protesi fisse su impianti, in alternativa ad una possibile protesizzazione mobile, è nostro dovere cercare soluzioni più<br />

semplici che riducano al massimo i rischi <strong>di</strong> complicanze per il paziente e che quin<strong>di</strong> possano essere più facilmente accettate. Obiettivi:<br />

In questo lavoro sintetizzeremo una nostra esperienza clinica riguardante la riabilitazione <strong>dei</strong> settori postero – laterali del mascellare<br />

superiore con ridotta <strong>di</strong>sponibilità ossea verticale, per atrofia fisiologica, me<strong>di</strong>ante utilizzo della meto<strong>di</strong>ca del sinus lift con impiego,<br />

come materiale per incremento, <strong>di</strong> carbonato <strong>di</strong> calcio aragonitico miscelato con P.R.P. Rich Plasma). La meto<strong>di</strong>ca del sinus lift, come<br />

risulta evidente dalla consultazione della letteratura internazionale, è indubbiamente a tutt’oggi una tra le più utilizzate per cercare <strong>di</strong><br />

ottenere un incremento delle creste alveolari posteriori del mascellare superiore. Vengono descritti sostanzialmente due tipi <strong>di</strong> sinus lift :<br />

quello in cui l’incremento osseo (<strong>di</strong> regola <strong>di</strong> piccola entità) viene realizzato con accesso trans alveolare (sinus lift minor) e quello in cui<br />

tale incremento (<strong>di</strong> regola <strong>di</strong> notevole entità) viene realizzato con un più ampio accesso dalla parete laterale del mascellare (sinus lift<br />

maior); la nostra sperimentazione clinica riguarda esclusivamente i casi trattati con approccio laterale. Per quanto riguarda il materiale da<br />

innesto utilizzabile va detto che in letteratura l’orientamento prevalente è quello <strong>di</strong> considerare l’osso autologo come il materiale più<br />

affidabile (golden standard ?), ma l’utilizzo <strong>di</strong> materiali alternativi, <strong>di</strong> varia natura e provenienza, è assai imponente e per <strong>di</strong> più con<br />

risultati, in genere, molto sod<strong>di</strong>sfacenti; noi, dopo una precedente sperimentazione in cui avevamo raffrontato l’osso autologo con l’osso<br />

bovino e con una idrossiapatite <strong>di</strong> corallo, stiamo utilizzando come innesto sinusale, dall’anno 2002, un preparato a base <strong>di</strong> corallo che<br />

amalgamiamo con un concentrato piastrinico autologo. L’impiego <strong>di</strong> tale materiale viene proposto, come alternativa, ai pazienti,<br />

can<strong>di</strong>dati al sinus lift, che non accettano <strong>di</strong> essere sottoposti a prelievi <strong>di</strong> osso autologo. Materiali E Meto<strong>di</strong>: Tale sperimentazione viene<br />

condotta su pazienti che ne fanno specifica richiesta e che vengono adeguatamente informati circa il protocollo della stessa; tale<br />

protocollo prevede approfon<strong>di</strong>ti accertamenti preliminari, l’esecuzione dell’intervento, l’applicazione <strong>di</strong> alcune rigide norme<br />

postoperatorie, controlli clinici postoperatori perio<strong>di</strong>ci, un controllo ra<strong>di</strong>ografico accurato preliminare alla implantologia, l’esecuzione<br />

dell’implantologia (vengono utilizzati impianti a spire larghe della linea Duravit appositamente ideati per il mascellare superiore), un<br />

prelievo bioptico nella sede dell’innesto in concomitanza con il <strong>di</strong>sseppellimento degli impianti ed il montaggio <strong>dei</strong> pilastri <strong>di</strong> guarigione.<br />

Tutti i dati che emergono vengono registrati ed alla fine verranno confrontati con quelli emersi da un gruppo <strong>di</strong> controllo in cui la stessa<br />

procedura viene effettuata utilizzando come materiale da incremento l’osso autologo. Fra l’anno 2000 e l’anno 2004 abbiamo sottoposto<br />

ad intervento chirurgico <strong>di</strong> sinus lift 34 pazienti, per un totale <strong>di</strong> 47 sinus lift, utilizzando come materiale osteoconduttore un preparato<br />

costituito da corallo naturale (Novocor). Tale materiale, amalgamato con P.R.P. autologo, è stato posizionato sul pavimento del seno<br />

mascellare me<strong>di</strong>ante accesso dopo averne accuratamente sollevato l’endostio (sinus lift maior). Nei casi in cui il residuo crestale era > <strong>di</strong><br />

4 mm abbiamo sempre inserito gli impianti contemporaneamente al sinus lift per poi iniziare le operazioni protesiche dopo sei/otto mesi<br />

mentre nei casi in cui il residuo crestale era < <strong>di</strong> 4 mm il posizionamento degli impianti veniva effettuato dopo 12 mesi e le operazioni<br />

protesiche avevano inizio con la <strong>di</strong>ssepoltura degli impianti dopo altri 6 mesi; i casi sono stati tutti analizzati clinicamente e<br />

ra<strong>di</strong>ograficamente ed alcuni (7 casi) sono stati stu<strong>di</strong>ati anche da un punto <strong>di</strong> vista istologico con prelievi, autorizzati dai pazienti, effettuati<br />

al momento della <strong>di</strong>ssepoltura degli impianti (ad 8 e 18 mesi dall’intervento <strong>di</strong> incremento) Risultati: Dalla nostra esperienza si evince<br />

che la meto<strong>di</strong>ca del sinus lift è affidabile anche se non priva <strong>di</strong> complicanze che non consentono <strong>di</strong> garantire il risultato finale al 100%;da<br />

sottolineare che, pur in assenza <strong>di</strong> complicanze intra e perioperatorie, si possono spesso riscontrare inspiegabili <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> risultato<br />

riguardanti in modo particolare la quantità e la qualità dell’incremento ottenuto; la nostra esperienza complessiva circa gli innalzamenti<br />

del pavimento sinusale ci porta ad osservare che il successo finale della meto<strong>di</strong>ca è in rapporto <strong>di</strong>rettamente proporzionale con la<br />

tipologia della cresta alveolare residua(quantità e qualità). Tra i materiali abitualmente impiegati per l’incremento, alternativi all’osso<br />

autologo, riteniamo che il corallo sia un materiale <strong>di</strong> ottima biocompatibilità e l’associazione con il P.R.P. offre sicuramente il vantaggio<br />

<strong>di</strong> creare un ottimo amalgama tra i suoi granuli e quin<strong>di</strong> la creazione <strong>di</strong> un composito particolarmente adesivo che ne facilita la<br />

collocazione nel sito <strong>di</strong> incremento e soprattutto la sua stabilità. Da un punto <strong>di</strong> vista istologico, è stato possibile identificare la presenza <strong>di</strong><br />

tessuto osteoide e <strong>di</strong>scriminare tra le varie fasi <strong>di</strong> maturazione ossea. Nei campioni prelevati a 8 mesi dall’incremento con Novocor è<br />

stato possibile osservare la formazione <strong>di</strong> nuovo osso composto da fini trabecole con adamento sinusoidale delle fibre e con una struttura<br />

trasecolare appena accennata.Gli osteociti erano raggruppati nelle trabecole e gli osteoblasti iniziavano a depositare la matrice collagene<br />

<strong>di</strong>rettamente sul biomateriale o in sua vicinanza. Nei campioni prelevati a 18 mesi dallincremento osseo con Novocor, si è riscontrato<br />

una maggiore presenza <strong>di</strong> tessuto osseo rispetto ai campioni presi a 8 mesi, con una maturazione ossea più avanzata con presenza <strong>di</strong><br />

trabecole e lamelle ossee. Conclusioni: In conclusione possiamom affermare che, come evidenziato dai dati sia clinici che istologici il<br />

corallo è sicuramente un buon materiale osteoconduttore caratterizzato da una particolare struttura chimica che consente una rapida<br />

penetrazione fibrovascolare e ossea da parte del sito ricevente già nelle prime settimane in concomitanza con una lenta degradazione del<br />

materiale a tutto vantaggio dell’effetto stampo (scaffold). La velocità <strong>di</strong> integrazione <strong>di</strong>pende dall’entità <strong>di</strong>mensionale dell’innesto : da 4-<br />

8 mesi per innesti <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni a 12-24 mesi per innesti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni. L’impiego come innesto sinusale del composito<br />

corallo-P.R.P., rispetto all’impiego degli innesti <strong>di</strong> osso autologo, sicuramente semplifica la realizzazione dell’intervento chirurgico,<br />

rendendolo più facilmente accettato dal paziente, ed inoltre riduce complessivamente l’insorgenza <strong>di</strong> complicanze chirurgiche.


PLANNING PREOPERATORIO PER LE PATOLOGIE MAXILLO-FACCIALI MEDIANTE NUOVA<br />

APPARECCHIATURA CONE BEAM TC<br />

L.Bussi,G.Pellegrino ,C.Marchetti*<br />

Dipartimento Chirurgie Specialistiche e Anestesiologiche _Unità Operativa Chirurgia Orale e Maxillo-Facciale<br />

Policlinico S. Orsola-Malpighi – Università degli Stu<strong>di</strong> –Bologna - Italy<br />

V. Loffredda, F.Toni, M. Cavina, G. Battista, R. Canini *<br />

Dipartimento Clinico <strong>di</strong> Scienze Ra<strong>di</strong>ologiche e Istopatologiche – Sezione Diagnostica per Immagini-Policlinico S.<br />

Orsola-Malpighi- Università degli Stu<strong>di</strong> –Bologna- Italy<br />

M. Ariu, R.Mirabella, A.Pasini<br />

MyRay, Cefla Dental Group, Via Bicocca 14/c Imola (Bo) Italy<br />

OBIETTIVI<br />

Già da tempo si ricorre sempre piu’ frequentemente all’utilizzo <strong>di</strong> meto<strong>di</strong>che imaging tipo TC nella valutazione <strong>di</strong><br />

patologie maxillo-facciali; questo tipo <strong>di</strong> indagine ci permette <strong>di</strong> valutare al meglio i rapporti con le strutture nobili <strong>dei</strong><br />

mascellari garantendo in questo modo la programmazione <strong>di</strong> un miglior piano <strong>di</strong> trattamento.<br />

Al fine <strong>di</strong> ridurre il costo biologico in termini <strong>di</strong> dose erogata, si stanno evolvendo <strong>dei</strong> sistemi <strong>di</strong> acquisizione quali TC<br />

a basso dosaggio con meto<strong>di</strong>che tipo cone beam.<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o e’ quello <strong>di</strong> valutare la qualità dell’ immagine generata da TC cone beam (CBCT) a basso<br />

dosaggio, comparata con l’immagine prodotta da tecnica tra<strong>di</strong>zionale multistrato (MSCT) La valutazione e’ stata<br />

basata sulla <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> tre specifici gruppi <strong>di</strong> patologie: denti in <strong>di</strong>sodontiasi e soprannumerari, patologia atrofica<br />

del mascellare e della man<strong>di</strong>bola .neoformazioni cistiche <strong>dei</strong> mascellari<br />

METODI<br />

Lo stu<strong>di</strong>o si compone <strong>di</strong> un gruppo test: 51 pazienti con età superiore ai 18 anni che presentavano le patologie <strong>di</strong><br />

interesse, sono stati stu<strong>di</strong>ati ra<strong>di</strong>ologicamente con esecuzione <strong>di</strong> CBCT (skyview); un gruppo controllo retrospettivo<br />

rappresentato da 51 pazienti sottoposti ad indagine tra<strong>di</strong>zionale multistrato MSCT per analoghe patologie.<br />

Con l’utilizzo <strong>di</strong> una scala <strong>di</strong> valori valutativa affidata a tre esperti e ‘ stato possibile confrontare le due meto<strong>di</strong>che<br />

per quello che concerne la valutazione globale delle immagini <strong>dei</strong> tessuti duri e <strong>dei</strong> tessuti molli, la percezione del<br />

contrasto, la rumorosità e la risoluzione, le caratteristiche delle patologie in essere e i rapporti con le strutture<br />

contigue.<br />

RISULTATI<br />

La CBCT ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> fornire immagini <strong>di</strong> qualità confrontabili ai fini <strong>di</strong>agnostici con quelli della MSCT a seguito<br />

<strong>dei</strong> risultati delle schede <strong>di</strong> valutazione. Si e’ quin<strong>di</strong> esaminato se la CBCT avesse lo stesso comportamento su tutte le 3<br />

patologie . Il kruskall-wallis test ha mostrato l’assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze significative. Tuttavia le immagini della CBCT<br />

sono apparse meno rumorose rispetto a quelle della MSCT nelle valutazioni delle atrofie <strong>dei</strong> mascellari rispetto a<br />

<strong>di</strong>sodontiasi o neoformazioni cistiche. Questo può’ essere spiegato considerando che per la patologia atrofica<br />

tipicamente le strutture ossee sono poco definite e le immagini della MSCT vengono trattate <strong>di</strong> default con un filtro che<br />

accentua il contrasto e così facendo anche il rumore. Inoltre va considerato che in pazienti affetti da questa patologia<br />

sono talvolta presenti protesi permanenti che generano artefatti da metallo, con conseguente peggioramento della<br />

qualità’ dell’ immagine , molto piu’ marcati nella MSCT in confronto con la CBCT.<br />

CONCLUSIONI<br />

La qualità delle immagini generate da CBCT skyview può essere adeguata per le patologie nell’ambito della chirurgia<br />

orale e maxillo-facciale , quali <strong>di</strong>sodontiasi, gravi atrofie <strong>dei</strong> mascellari e neoformazioni cistiche . L’uso <strong>di</strong> CBCT<br />

anziche’ MSCt può essere raccomandato per la valutazione routinaria delle patologie suddette nel pieno rispetto del<br />

principio ALARA in quanto pur mantenendo una vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong>agnostica espone il paziente ad una dose molto inferiore<br />

alla MSCT con conseguente minore rischio biologico.


VALUTAZIONE CON TC SPIRALE 64 STRATI DEL RIMODELLAMENTO CONDILARE NEI PAZIENTI<br />

OPERATI PER FRATTURA DI CONDILO CON FISSATORE RIGIDO ESTERNO<br />

Mazza D, Rinna C*, Marini M, Cascone P*.<br />

Università Sapienza <strong>di</strong> Roma – CLS in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria - Cattedra <strong>di</strong> Ra<strong>di</strong>ologia I e II Prof. M. Marini<br />

– *Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo Facciale Prof. G. Iannetti.<br />

OBIETTIVI: Da più <strong>di</strong> 10 anni nella Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo Facciale dell’Università Sapienza <strong>di</strong> Roma viene<br />

utilizzato come sistema <strong>di</strong> contenzione nelle fratture <strong>di</strong> con<strong>di</strong>lo un fissatore rigido esterno (FRE). Obiettivo <strong>di</strong> questo<br />

stu<strong>di</strong>o è valutare con TC il rimodellamento del con<strong>di</strong>lo a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> anni dopo l’intervento chirurgico con FRE.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati valutati i rimodellamenti morfologici <strong>dei</strong> con<strong>di</strong>li man<strong>di</strong>bolari nei pazienti con<br />

frattura con<strong>di</strong>lare sottoposti a FRE. I pazienti sono stati sottoposti durante il follow up ad un esame TC Spirale con una<br />

macchina Somatom Car<strong>di</strong>ac 64 Slices della Siemens – Erlangen, Germany. Il FoV esaminato comprendeva tutto il<br />

massiccio facciale dalle ATM alla sinfisi mentoniera con acquisizione a strato sottile <strong>di</strong> 0.6 mm e ricostruzioni ad 1<br />

mm. (Kv 120, mA 150 con una esposizione <strong>di</strong> circa 12 “). Le ricostruzioni sono state effettuate secondo piani coronali,<br />

parasagittali in<strong>di</strong>vidualizzate ed in 3D.<br />

RISULTATI: Si è evidenziata la capacità <strong>di</strong> rimodellamento con<strong>di</strong>lare sia della testa con<strong>di</strong>lare sia del sito fratturativi.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’esame TC, con le ricostruzioni in<strong>di</strong>vidualizzate, ha permesso <strong>di</strong> evidenziare la<br />

capacità <strong>di</strong> rimodellamento sia della testa del con<strong>di</strong>lo che del sito fratturativo ottenuta grazie all’intervento con FRE che<br />

permette l’imme<strong>di</strong>ata mobilizzazione dell’ATM riducendo al minimo le complicazioni circa la funzionalità articolare e<br />

consentendo al con<strong>di</strong>lo un fisiologico rimodellamento.


SIMPLIFIED TRACHEOTOMY STEP BY STEP.<br />

Salgarelli A.C., Bellini P., Lan<strong>di</strong>ni B., Multinu A., Consolo U.<br />

Dipartimento Integrato Discipline Chirurgiche Testa-collo.<br />

U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Maxillo-facciale<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico <strong>di</strong> Modena<br />

Obiettivi: Presentiamo step by step, una procedura chirurgica semplificata nell’esecuzione della tracheotomia. Si parte<br />

dalla corretta in<strong>di</strong>viduazione <strong>dei</strong> marker cutanei, per posizionare correttamente l’incisione e procedere verso la trachea<br />

riconoscendo le <strong>di</strong>verse strutture anatomicha profonde.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Nel periodo fra ottobre 2002 e <strong>di</strong>cembre 2008 sono stati sottoposti a tracheotomia temporanea 219<br />

pazienti, 140 femmine (63,9 %) e 79 maschi (36,1 %). La tracheotomia si è resa necessaria in <strong>13</strong>6 pazienti (62,1 %) per<br />

patologia neoplastica (neoplasie della base della lingua, della tonsilla, della regione orale e faringea) ed in 83 pazienti<br />

(37,9 %) per gravi patologia traumatica. In tutti i pazienti la chiusura della tracheotomia è stata effettuata dopo 7-12<br />

giorni dalla chirurgia; i pazienti trattati hanno un follow-up dai 3 ai 77 mesi.<br />

Risultati: In 33 pazienti (31,1 %) si sono verificate complicanze dopo la chiusura della tracheotomia: in 7 casi (3,2 %)<br />

abbiamo avuto <strong>dei</strong>scenza della ferita ed in 26 pazienti (11,8 %) la presenza <strong>di</strong> enfisema sottocutaneo. Nei pazienti che<br />

hanno presentato <strong>dei</strong>scenza della ferita, si è ottenuta la completa guarigione della ferita dopo 6 settimane. L’enfisema<br />

sottocutaneo è stato trattato me<strong>di</strong>ante me<strong>di</strong>cazione compressiva; la risoluzione si è ottenuta dopo 1 settimana dalla<br />

comparsa della complicanza.<br />

Conclusioni: La tecnica chirurgica presentata, secondo la nostra esperienza clinica, può essere utilizzata come<br />

procedura standard. Una riduzione importante <strong>dei</strong> rischi chirurgici viene sicuramente ottenuta se vengono marcati<br />

correttamente i reperi chirurgici e se vengono riconosciute e correttamente manipolate importanti strutture anatomiche.


TRAUMA BALISTICO ATIPICO DEL MASCELLARE INFERIORE: CASE-REPORT<br />

G. Dipalma 1,2 ; M. Tatullo *1 ; A.M. Inchingolo 1 ;M.W. Marrelli 1,2 ;F. Inchingolo 1,2 .<br />

1Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

Il trauma balistico nella regione maxillo-facciale ha un’importanza clinico-chirurgica rilevante causa delle entità<br />

anatomo-funzionali presenti in tale regione. Le lesioni a livello man<strong>di</strong>bolare sono soprattutto fratture multiple o<br />

comminute, che interessano solitamente il corpo (50%), la sinfisi e il ramo seguendo spesso le rime <strong>di</strong> debolezza<br />

caratteristiche dell’osso man<strong>di</strong>bolare. Il trattamento <strong>dei</strong> proiettili ritenuti nei tessuti del <strong>di</strong>stretto testa-collo è ancora<br />

controverso; l'orientamento attuale è quello <strong>di</strong> rimuovere il proiettile solo se posizionato in una zona mobile e<br />

pericolosa, vicino a grossi vasi o nervi, e <strong>di</strong> evitare interventi eccessivamente invasivi per rimuoverlo a tutti i costi.<br />

Riportiamo il caso <strong>di</strong> un uomo <strong>di</strong> 19 anni che giungeva alla nostra attenzione per aver subito un trauma balistico.<br />

L’indagine del perito balistico ha ricostruito la <strong>di</strong>namica dello sparo ipotizzando che il colpo sia stato sparato a <strong>di</strong>stanza<br />

ravvicinata, verosimilmente inferiore ad 1m, con traiettoria dall’alto verso il basso: l’angolo <strong>di</strong> sito negativo <strong>di</strong> ~45° fa<br />

pensare ad un colpo ricevuto dal paziente mentre era in ginocchio. Dalle indagini eseguite sulle lesioni riportate del<br />

paziente, si è ipotizzato che il proiettile sia entrato dalla regione mentoniera parasinfisaria sinistra, con un piccolo foro<br />

<strong>di</strong> ingresso privo del tipico orletto <strong>di</strong> detersione e <strong>di</strong> affumicatura; il proiettile avrebbe poi fratturato la regione<br />

mentoniera sinistra subito al <strong>di</strong> sotto del processo alveolare inferiore, infine, si fermava nella loggia sottoman<strong>di</strong>bolare,<br />

nella regione sovraioidea del collo. La peculiarità <strong>di</strong> questo report è data dalla ferita insolita rispetto ai comuni trauma<br />

balistici, infatti, erano assenti i canoni <strong>di</strong>stintivi della lesione da arma da fuoco , inoltre, l’assenza <strong>di</strong> sanguinamento ed<br />

edema rendevano il caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile interpretazione senza delle indagini <strong>di</strong>agnostiche supplementari.


TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE ASIMMETRIE FACCIALI: CASE-REPORT<br />

Fioriello A. *1 ; Dipalma G. 1,2 ; Tatullo M. 1 ; Inchingolo A.D. 1 ; Marrelli M.W. 1,2 ; Inchingolo A.M. 1 ; Picciariello V. 1 ;<br />

Genovese F.. 2 ; Cortelazzi R. 3 ; Inchingolo F. 1,2 .<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. 3 Scuoola <strong>di</strong> Specializzazione “Chirurgia Maxillo-Facciale” Bari, Direttore.: Prof. R. CORTELAZZI<br />

La nozione <strong>di</strong> asimmetria facciale patologica va intesa come grossolana e macroscopica alterazione dell’armonia<br />

facciale causata dallo sviluppo sproporzionato <strong>dei</strong> 2 antimeri destro e sinistro. Il problema non è assolutamente <strong>di</strong> scarsa<br />

rilevanza clinica: uno stu<strong>di</strong>o del National Research Council degli USA ha <strong>di</strong>mostrato come le asimmetrie facciali<br />

colpiscano il 20% della popolazione e come il 5% abbia deformità scheletriche gravi. Ogni tipo <strong>di</strong> asimmetria prevede<br />

una precisa strategia d’approccio terapeutico in relazione alla gravità del quadro clinico,all’età del pz,all’eventuale<br />

evolutività della lesione. I possibili in<strong>di</strong>rizzi terapeutici sono:<br />

a)trattamento ortodontico-ortope<strong>di</strong>co; b)trattamento funzionale; c)trattamento chirurgico.<br />

Si descrive uno tra i 12 interventi chirurgici-ortognatici combinati da noi eseguiti in un paziente a fine crescita, <strong>di</strong> anni<br />

29, con gravissima asimmetria facciale.<br />

Me<strong>di</strong>ante l’applicazione <strong>di</strong> un software innovativo,il “Digismile ® ”,è stato possibile eseguire un’analisi estetica più<br />

dettagliata <strong>di</strong>rettamente sulle foto del paziente. L’intervento eseguito è stato <strong>di</strong> tipo combinato,consistendo in una<br />

osteotomia del mascellare superiore secondo LeFort1 con retroposizionamento del segmento mobilizzato e <strong>di</strong>strazione<br />

man<strong>di</strong>bolare con riposizionamento man<strong>di</strong>bolare,con conseguente armonizzazione del piano occlusale e delle linee<br />

me<strong>di</strong>ane. La seduta è stata eseguita in narcosi,con intubazione rino-tracheale del paziente. Al termine dell’intervento, le<br />

con<strong>di</strong>zioni cliniche sono state attentamente monitorate. Sono seguiti, nel post-<strong>di</strong>missioni, <strong>dei</strong> second-look a 15 e 90<br />

giorni. In conclusione <strong>di</strong> questo nostro lavoro si riba<strong>di</strong>sce l’importanza del trattamento chirurgico combinato come<br />

presi<strong>di</strong>o terapeutico per la risoluzione <strong>di</strong> gravissime asimmetrie facciali su più spaziali in pazienti adulti,prendendo<br />

sicuramente le <strong>di</strong>stanze da qualsiasi aspettativa “miracolistica”,ma confermando come un intervento <strong>di</strong> tale<br />

entità,correttamente pianificato ed eseguito,possa davvero indurre miglioramenti funzionali e soprattutto estetici .


PROBLEMATICHE IMPLANTARI SU LE<strong>MB</strong>I LIBERI DI FIBULA DISTRATTA DOPO RESEZIONE<br />

CHIRURGICA: STUDIO CLINICO SEI CASI<br />

Giuseppe Lizio a ; Giuseppe Corinaldesi a Angelo Pizzigallo b ; Clau<strong>di</strong>o Marchetti c<br />

a Reparto <strong>di</strong> Chirurgia orale e maxillo-facciale, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong> Bologna,<br />

Italia<br />

b U.O. <strong>di</strong> Chirurgia Orale e MAxillo-facciale, Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Orsola Malpighi, Bologna, Italia<br />

c Professore Associato <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong><br />

Bologna, Italia<br />

Obiettivo: valutare e riportare i risultati implantari ottenuti su lembi liberi <strong>di</strong> fibula impiegati per la ricostruzione <strong>di</strong><br />

mascellari resecati e successivamente sottoposti a <strong>di</strong>strazione osteogenetica (DO).<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: sei pazienti (5 maschi, 1 femmina), dopo resezione e ricostruzione <strong>dei</strong> mascellari (5 man<strong>di</strong>bole, 1<br />

mascellare superiore) con lembo libero <strong>di</strong> fibula, sono stati sottoposti dopo un periodo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 19.2 (11-38) mesi dalla<br />

procedura ricostruttiva a <strong>di</strong>strazione osteogenetica (DO) per l’aumento della <strong>di</strong>mensione verticale delle fibule. Dopo<br />

una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 5 (2–11) mesi dalla rimozione del <strong>di</strong>strattore, 35 impianti sono stati inseriti e caricati dopo almeno 4 mesi<br />

con le relative sovrastrutture protesiche. Il periodo <strong>di</strong> follow-up me<strong>di</strong>o impiantare è stato <strong>di</strong> 38.5 (17–81) mesi.<br />

Risultati: il decorso post-operatorio dopo la procedura chirurgica <strong>di</strong> osteotomia e applicazione del <strong>di</strong>strattore è stato<br />

regolare tranne che per un caso <strong>di</strong> inclinazione linguale del vettore <strong>di</strong> <strong>di</strong>strazione in fase <strong>di</strong> consolidamento e per un<br />

caso <strong>di</strong> frattura della corticale basale della fibula innestata; tale complicanza è stata trattata con un innesto <strong>di</strong> osso da<br />

cresta iliaca per stabilizzare la porzione ossea <strong>di</strong>stratta. Il guadagno me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> altezza ossea ottenuto con la DO è<br />

risultato <strong>di</strong> <strong>13</strong>.6 (12–15) mm.<br />

4 su 35 impianti inseriti (11.4%) sono andati incontro a completo fallimento. Il riassorbimento me<strong>di</strong>o perimplantare<br />

risultava <strong>di</strong> 2.5 mm, per una sopravvivenza ed un successo implantare rispettivamente <strong>di</strong> 88.6% e 51.6 % .<br />

Discussione e conclusioni: La DO nei lembi liberi <strong>di</strong> fibula ha riportato un considerevole numero <strong>di</strong> complicanze; il<br />

riassorbimento osseo attorno agli impianti è risultato notevole ed è stato attribuito alla formazione <strong>di</strong> tessuto<br />

granulomatoso iperplastico attorno al collo delle viti implantari per la carenza <strong>di</strong> mucosa cheratinizzata. La gestione<br />

<strong>dei</strong> tessuti perimplantari e del riassorbimento osseo rendono imperativo un attento monitoraggio dopo l’inserimento<br />

delle fixtures ai fini del mantenimento <strong>di</strong> un elevato livello <strong>di</strong> igiene orale.


FOLLOW-UP NEI PAZIENTI CON DEFORMITA’ FACCIALI OPERATI NEL CORSO DELLE MISSIONI<br />

MEDICHE OPERATION SMILE<br />

Scopelliti D.*, Arangio P.**, Cipriani O.*, Marrocco S.*, Spallaccia F.*, Orsini R.*, Marino S.*<br />

* Dir. Med. Reparto <strong>di</strong> Chirurgia maxillo-facciale, Ospedale “S.Spirito” ASL RM/E Roma<br />

**Dottorando <strong>di</strong> Ricerca in Chirurgia Maxillo-Facciale “Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma<br />

INTRODUZIONE: Durante ogni missione me<strong>di</strong>ca Operation Smile, un team <strong>di</strong> specialisti accre<strong>di</strong>tati vengono<br />

trasportati in paesi in via <strong>di</strong> sviluppo dove la patologia malformativa facciale non viene trattata sia per motivi logistici<br />

che per la mancanza <strong>di</strong> chirurghi specializzati in chirurgia plastica e maxillo-facciale che possano far fronte a tale<br />

patologia. Durante ciascuna missione della durata <strong>di</strong> 2 settimane vengono sottoposti ad una visita me<strong>di</strong>ca completa da<br />

300 a 500 pazienti. Di questi solo 100-150 ricevono il trattamento chirurgico.<br />

MATERIALI E METODI: La strategia <strong>di</strong> gestione della Fondazione Operation Smile prevede oltre alla missione<br />

me<strong>di</strong>ca anche un’attività <strong>di</strong> formazione del personale me<strong>di</strong>co e parame<strong>di</strong>co locale che miri all’autonomizzazione del<br />

paese ospitante. In questo stu<strong>di</strong>o viene analizzato il lavoro svolto nei centri ospedalieri <strong>dei</strong> paesi ospitanti per il followup<br />

ad una settimana, un mese e a sei mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dall’intervento.<br />

RISULTATI: Durante i controlli a <strong>di</strong>stanza vengono valutati clinicamente i risultati morfo-funzionali dell’intervento<br />

chirurgico eseguito, viene anche eseguita una valutazione logope<strong>di</strong>ca per valutare i risultati funzionali nei pazienti<br />

trattati con palatoplastica.<br />

DISCUSSIONE E COCLUSIONI: Le missioni me<strong>di</strong>che organizzate da Operation Smile vengono programmate solo<br />

in paesi dove è possibile garantire ai pazienti una continuità assistenziale ed un follow-up me<strong>di</strong>co in seguito al<br />

trattamento chirurgico.


VALUTAZIONI SULL’IMPIEGO DI MATERIALI DA INNESTO NELLE GRAVI ATROFIE DEI<br />

MASCELLARI<br />

Giuseppe Iu<strong>di</strong>celli – Bruno Pesucci<br />

U.O.C. CHIRURGIA MAXILLO FACCIALE<br />

Azienda Ospedaliera S. Camillo Forlanini – Roma<br />

La nostra esperienza, basata sull’impiego <strong>di</strong> oltre 100 innesti <strong>di</strong> osso autologo prelevato dalla cresta iliaca, paragonata<br />

con l’utilizzo <strong>dei</strong> materiali alloplastici più recenti ha permesso alcune importanti considerazioni.<br />

Fermo restando un ruolo <strong>di</strong> prima scelta della cresta iliaca nel trattamento delle gravi atrofie man<strong>di</strong>bolari, le più recenti<br />

esperienze hanno evidenziato sod<strong>di</strong>sfacenti risultati a <strong>di</strong>stanza con l’impiego <strong>di</strong> osso collagenato nel sinus lift. La<br />

casistica <strong>di</strong> questa ultima procedura si è basata sullo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 30 pazienti e sulle complicanze registrate. A tal riguardo<br />

si segnala in 1 paziente la <strong>dei</strong>scenza della ferita con per<strong>di</strong>ta parziale del materiale innestato, in 2 pazienti l’infezione del<br />

sito ricevente con per<strong>di</strong>ta totale dell’innesto. Anche l’impiego nella stessa sede <strong>di</strong> osso autologo in 50 casi ha fatto<br />

registrare alcune complicazioni peraltro in linea con la letteratura internazionale: infezione del sito ricevente in 1 caso,<br />

per<strong>di</strong>ta del materiale da innesto in 1 caso. In ogni caso l’impiego <strong>di</strong> materiale alloplastico richiede un minore costo<br />

biologico al paziente, poiché non prevede un intervento <strong>di</strong> prelievo.<br />

In conclusione, alla luce delle più recenti nostre acquisizioni, l’uso <strong>dei</strong> materiali eterologhi si è <strong>di</strong>mostrato efficace nel<br />

trattamento delle atrofie mascellari a con<strong>di</strong>zione che vengano rispettato alcune precise in<strong>di</strong>cazioni.


PROBLEMATICHE NELLA RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA : L’UTILIZZO DELL’OSSO DI<br />

BANCA NELLE ATROFIE MASCELLARI POST-TRAUMATICHE – nostra esperienza preliminare<br />

Dott. Falzea R.*, Dott.G.Cristiano,<br />

UOS <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale , Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Messina . Direttore : Prof. F.S. De Ponte<br />

OBIETTIVI : Nell’ambito della nostra <strong>di</strong>sciplina chirurgica è sempre crescente, da parte <strong>dei</strong> pazienti affetti da esiti <strong>di</strong><br />

trauma maxillo-facciale , la richiesta <strong>di</strong> una riabilitazione dell’apparato stomatognatico .<br />

MATERIALI E METODI : I pazienti selezionati presentano deficit ossei che impe<strong>di</strong>scono una <strong>di</strong>retta riabilitazione<br />

implanto-protesica se non preceduta da una ricostruzione del <strong>di</strong>fetto osseo al fine <strong>di</strong> ricostruire tri<strong>di</strong>mensionalmente<br />

l’impalcatura scheletrica .<br />

Le meto<strong>di</strong>che ricostruttive sono molteplici , innesti <strong>di</strong> osso autologo , omologo ed eterologo , innesti ossei liberi<br />

rivascolarizzati e la <strong>di</strong>strazione alveolare . Pur essendo il gold standard ricostruttivo l’osso autologo , presso questa U.O.<br />

<strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale viene vantaggiosamente utilizzato , nei casi selezionati , osso omologo <strong>di</strong> banca.<br />

RISULTATI : i pazienti sottoposti a ricostruzione me<strong>di</strong>ante osso liofilizzato e congelato proveniente dalla Banca <strong>di</strong><br />

osso hanno ottenuto un buon recupero della struttura ossea deficitaria per una buona successiva riabilitazione implantoprotesica<br />

.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI : Visti i buoni risultati ottenuti riteniamo vantaggioso , nei casi selezionati ,<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> osso omologo <strong>di</strong> banca perché ci consente <strong>di</strong> ridurre la morbilità del prelievo e la durata dell’intervento e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una maggior quantità <strong>di</strong> osso utilizzabile rispetto alle altre meto<strong>di</strong>che .


LA RICOSTRUZIONE POST ONCOLOGICA IMPLANTO-PROTESICA TC GUIDATA : NOSTRA<br />

ESPERIENZA<br />

N. Pederneschi, P. Maremonti E R. Cocchi<br />

U.O.C. CHIRURGIA MAXILLO-FACCIALE Ospedale Bellaria, Bologna<br />

Le resezioni <strong>dei</strong> mascellari effettuate per motivi oncologici provocano molto spesso alterazioni dello scheletro facciale e<br />

deficit della funzione masticatoria. Le ricostruzioni effettuate con innesti ossei o lembi liberi devono sempre essere<br />

effettuate tenendo presente la successiva riabilitazione masticatoria con meto<strong>di</strong>ca implanto-protesica.<br />

In questi casi, dallo stu<strong>di</strong>o TC si possono evincere importanti informazioni che possono essere rielaborate tramite<br />

appositi sistemi informatici per poter programmare al meglio le fasi del posizionamento degli impianti in funzione del<br />

successivo carico.<br />

Gli Autori presentano l’esperienza <strong>di</strong> riabilitazione implanto-protesica TC guidata in pazienti post oncologici effettuata<br />

presso il reparto <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale dell’Ospedale Bellaria <strong>di</strong> Bologna degli ultimi tre anni, esaminando le<br />

problematiche e le prospettive future.


SESSIONE<br />

Chirurgia Orale<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


ADENOMA PLEOMORFO DEL LABBRO SUPERIORE: ESCISSIONE CHIRURGICA MEDIANTE IL<br />

BISTURI A RISONANZA QUANTICA (BLADION®) E APPLICAZIONE DI GEL A BASE DI<br />

IALURONATO SODICO E AMINOACIDI SINTETICI (AMINOGAM®). A CASE REPORT.<br />

Musciotto A 1 , Ciavarella D 2 , Paderni C 1 , Testa NF 3 , Campisi G 1<br />

1 Dip. Scienze Stomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Palermo; 2 Dip. Scienze Chirurgiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Foggia; 3 Dip. Odontostomatologia e Chirurgia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari.<br />

Il tumore benigno <strong>di</strong> gran lunga più frequente delle ghiandole salivari è l'Adenoma Pleomorfo (AP), che nel 50-80%<br />

<strong>dei</strong> casi colpisce la parotide, ma può svilupparsi in ogni ghiandola salivare non escluse le ghiandole salivari minori<br />

(GSM). Le labbra, seconde solo al palato, sono le se<strong>di</strong> <strong>di</strong> presentazione più frequenti (20-30%) degli AP “intra-orali”.<br />

Obiettivi: descrivere la tecnica <strong>di</strong> escissione chirurgica delle formazioni nodulari d.n.d.d. in sede labiale (mucocele vs<br />

tumori benigni delle GSM) utilizzando il bisturi a risonanza quantica (Bla<strong>di</strong>on ®) in un caso <strong>di</strong> AP. Case report:<br />

trattasi <strong>di</strong> un caso <strong>di</strong> AP dell’emi-labbro superiore destro, in un paziente <strong>di</strong> sesso maschile <strong>di</strong> anni 46 riferente la<br />

presenza della tumefazione da circa 2 anni, a crescita molto lenta. Si presenta alla nostra osservazione con un nodulo<br />

tondeggiante sottomucoso <strong>di</strong> circa 1 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, non dolente alla palpazione, <strong>di</strong> consistenza duro-elastica, rivestito<br />

da mucosa integra e mobile sui piani sottostanti. La <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong> tipo clinico deponeva per mucocele vs AP,<br />

quest’ultima supportata anche da precedente esame ecografico che evidenziava la presenza <strong>di</strong> una formazione<br />

iperecogena lievemente vascolarizzata, associabile verosimilmente a “ghiandola salivare aumentata <strong>di</strong> volume”. La<br />

procedura chirurgica, dopo anestesia plessica, si è svolta come segue: (1) incisione verticale della mucosa labiale in<br />

corrispondenza della tumefazione me<strong>di</strong>ante apposito elettrodo “a filo” Bla<strong>di</strong>on®; (2) separazione del nodulo dai tessuti<br />

circostanti; (3) asportazione chirurgica del nodulo sottomucoso, che si presentava ovoidale e con margini regolari, ben<br />

capsulato; (4) sutura non riassorbibile e prescrizione <strong>di</strong> terapia antisettica locale con applicazione <strong>di</strong> gel a base <strong>di</strong><br />

ialuronato so<strong>di</strong>co e aminoaci<strong>di</strong> sintetici (Aminogam®). La guarigione è avvenuta per prima intenzione senza alcuna<br />

complicazione. Risultati: La <strong>di</strong>agnosi istomorfologica del pezzo inviato è stata <strong>di</strong> AP delle GSM in presenza <strong>di</strong> capsula<br />

integra. Discussioni e Conclusioni: La possibilità <strong>di</strong> eseguire un taglio preciso, anche nella separazione della<br />

neoformazione dai tessuti circostanti, e l’assenza <strong>di</strong> pressione da parte dell’operatore, nell’impiego della chirurgia a<br />

risonanza quantica (Bla<strong>di</strong>on®), hanno permesso <strong>di</strong> mantenere l’integrità della capsula abbattendo drasticamente il<br />

rischio <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>ve. Pertanto, negli interventi bioptici incisionali o <strong>di</strong> exeresi totale <strong>di</strong> lesioni a carico delle labbra, il<br />

ridotto traumatismo termico e meccanico (con Bla<strong>di</strong>on®, in grado <strong>di</strong> rompere i legami molecolari senza comportare<br />

aumento <strong>di</strong> energia cinetica e quin<strong>di</strong> senza aumentare la temperatura) e la rapida rigenerazione <strong>dei</strong> tessuti, coa<strong>di</strong>uvata<br />

dall’applicazione del gel Aminogam® (in grado <strong>di</strong> stimolare l’attività <strong>dei</strong> fibroblasti e la produzione <strong>di</strong> matrice<br />

extracellulare e <strong>di</strong> collagene) permettono <strong>di</strong> ottenere ottimi risultati funzionali ed estetici e la completa restituzione<br />

dell’euritmia del profilo labiale, riducendo drasticamente il rischio <strong>di</strong> potenziali complicanze intra e post operatorie.


CHIRURGIA DEL TERZO MOLARE INFERIORE. ALVEOLITE POSTOPERATORIA.<br />

Piselli Domenico 1 Luca Fienga Lanciano Nicola<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore. Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia “A. Gemelli”. Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong><br />

e Protesi Dentaria - Roma<br />

Introduzione. L’alveolite consiste in un processo infiammatorio su base infettiva dell’osso alveolare (osteite) dopo<br />

un’avulsione dentale. Il presente lavoro si propone <strong>di</strong> stabilire l'ncidenza <strong>di</strong> tale complicanza per permetterci <strong>di</strong><br />

comunicare in modo preciso con l'Assistito durante l'informazione prima dell'acquisizione del consenso all'intervento<br />

stesso.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>. Sono stati valutati 160 interventi <strong>di</strong> avulsione del terzo molare inferiore totalmente incluso eseguiti<br />

su 140 soggetti (60 maschi, 80 femmine), <strong>di</strong> età compresa da 15 a 60 anni, in un periodo <strong>di</strong> 14 mesi: in 20 casi si è<br />

effettuato l'intervento bilateralmente a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa 3 mesi l'uno dall'altro. Gli interventi sono stati eseguiti in un<br />

periodo <strong>di</strong> 4 mesi da un solo operatore seguendo gli standard della Nostra Scuola. Tutti i pazienti hanno effettuato la<br />

profilassi antibiotica (amoxicillina 1g per 2/<strong>di</strong>e dalla sera precedente l'intervento fino alla settimana successiva), la<br />

ferita è stata <strong>di</strong>sinfettata con clorexi<strong>di</strong>na spray 0,2%. Il follow-up è avvenuto a 3, 7, 30 e 90 giorni dopo l'avulsione<br />

me<strong>di</strong>ante la compilazione <strong>di</strong> un questionario VAS e l'esame obiettivo.<br />

Risultati. L’alveolite post avulsione del terzo molare ha mostrato una incidenza del 6,87 % <strong>dei</strong> casi, con una netta<br />

prevalenza delle femmine (90%) rispetto ai maschi (10%). Non si è evidenziata nessuna prevalenza stagionale.<br />

Discussione e Conclusioni. Il workshop sul Consensus Statement del National Institute of Health (NIH) nel 1979 sulla<br />

Rimozione <strong>dei</strong> Terzi Molari ha raccomandato che i pazienti siano informati <strong>dei</strong> potenziali rischi chirurgici, inclusa ogni<br />

con<strong>di</strong>zione permanente che abbia un’incidenza più alta dello 0,5% o ogni con<strong>di</strong>zione transitoria che accada con una<br />

incidenza superiore o uguale al 5%: l’alveolite ricade proprio in quest’ultima con<strong>di</strong>zione.


IL PRF (PLATLET RICH FIBRIN) NELLA CHIRURGIA DEL TERZO MOLARE INFERIORE.<br />

Piselli Domenico 1 , Lanciano Nicola 1 , Merli Luigi 2 Antonio D’Addona 1 .<br />

1- Università Cattolica del Sacro Cuore. Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia “A. Gemelli”. Corso <strong>di</strong> Laurea in<br />

<strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria - Roma<br />

2- A.S.U.R Zona territoriale <strong>13</strong> Dipartimento chirurgico odontostomatologia, Ospedale civile C.G.Mazzoni – Ascolo<br />

Piceno<br />

Introduzione. Il PRF nasce come alternativa al PRP ed è stato scoperto da Choukroun et coll nel 2001. Si tratta <strong>di</strong> un<br />

agglomerato <strong>di</strong> fibrina, piastrine e fattori <strong>di</strong> crescita che si ottiene dalla centrifugazione <strong>di</strong> soli 10 ml <strong>di</strong> sangue del<br />

paziente senza l’utilizzo <strong>di</strong> altre sostanze (ad es. attivatori piastrinici). Il presente stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong> verificare<br />

clinicamente le potenzialità del PRF nella guarigione delle ferite post-estrattive.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>. Nel presente stu<strong>di</strong>o vengono inclusi 60 pazienti, in buone con<strong>di</strong>zioni generali, <strong>di</strong> età compresa tra<br />

i 22 e i 60 anni, che presentano i 2 ottavi man<strong>di</strong>bolari in inclusione mucosa totale o parziale (corrispondenti alla classe<br />

B o C della classificazione anatomo-patologica proposta dalla nostra Scuola). L’avulsione <strong>di</strong> entrambi gli ottavi<br />

man<strong>di</strong>bolari è stata effettuata nella stessa seduta da un operatore esperto, in modo da rendere i due interventi il più<br />

possibile sovrapponibili. Al termine dell’intervento si è stabilito in maniera randomizzata un sito per l’inserimento del<br />

PRF attivato.<br />

La valutazione della guarigione è stata effettuata con controlli a 3, 7 e 14 giorni dopo la fase chirurgica. La valutazione<br />

clinica (Cv) <strong>dei</strong> siti trattati con PRF è stata comparata con quella <strong>dei</strong> siti controllo.<br />

Risultati. Ogni caso è stato controllo <strong>di</strong> sé stesso e il rapporto Cv (sito PRF) / Cv (sito senza PRF) a 3 giorni è stato nell’92 % <strong>dei</strong><br />

casi minore <strong>di</strong> 1, a 7 giorni nel 70% <strong>dei</strong> casi minore <strong>di</strong> 1, a 14 giorni nel 55% <strong>di</strong> casi <strong>di</strong> uguale 1 e nel restante minore<br />

<strong>di</strong> 1.<br />

Discussione e conclusioni. In accordo con i risultati riportati in Letteratura relativi al Plasma Ricco <strong>di</strong> Piastrine, anche<br />

nel nostro lavoro abbiamo riscontrato una guarigione significativamente migliore nei siti sperimentali rispetto ai siti<br />

controlo. Il PRF è una tecnica <strong>di</strong> facile utilizzo che permette la riepitelizzazione delle ferite in sole 48 ore riducendo i<br />

tempi della guarigione delle ferite e in ultima analisi l’incidenza <strong>di</strong> complicanze infettive.


LA CELLULA ENDOTELIALE NELLA PATOGENESI DELL’ALVEOLITE FIBRINOLITICA E<br />

NELL’ACCRESCIMENTO DELLE CISTI ODONTOGENE INFIAMMATORIE<br />

Panzar<strong>di</strong> I., Duvina M., Brancato L., Borgioli A., Duvina G., Amunni F., Tonelli P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia<br />

INTRODUZIONE:<br />

Il Sistema Endoteliale(SE) <strong>dei</strong> vasi che alimentano il processo alveolare <strong>dei</strong> mascellari interagisce con la matrice<br />

extracellulare permettendo attraverso la neoangiogenesi la proliferazione delle cellule mesenchimali che potranno<br />

essere sostituite da osteoblasti,come pure maturare in un tessuto <strong>di</strong> granulazione che <strong>di</strong>verrà un connettivo fibroso. Ma il<br />

se attraverso complessi sistemi molecolari può anche interrompere il processo riparativo post-estrattivo, oppure favorire<br />

l’espansione <strong>di</strong> Cisti Infiammatorie degradando il connettivo osseo.<br />

OBIETTIVI:<br />

Identificazione e titolazione <strong>dei</strong> componenti del Sistema Fibrinolitico(SF) nell’Alveoilite Fibrinolitica (AF) e nelle Cisti<br />

Ra<strong>di</strong>colo-Dentali Infiammatorie (CRDI)<br />

MATERIALI E METODI:<br />

Il materiale raccolto dagli alveoli <strong>di</strong> 15 pazienti affetti da AF e <strong>di</strong> 10 <strong>di</strong> controllo sono stati sottoposti a<br />

zimografia;western blotting;test ELISA per identificare e titolare i me<strong>di</strong>atori della fibrinolisi:u-PAR;u-PA;PAI-1.E’<br />

risultata una notevole iperfibrinolisi nel gruppo AF sostenuta da un aumento <strong>di</strong> u-PA e <strong>di</strong> PAI-1. 10 pazienti affetti da<br />

CRDI e 5 da Cisti Follicolare (CF) sono stati sottoposti alla identificazione e titolazione delle Metalloproteasi (MMP-2;<br />

MMP-9) e <strong>di</strong> u-PA. Attraverso la zimografia e il western blotting è risultato un elevato titolo <strong>di</strong> queste tre proteine nelle<br />

CRDI rispetto alle CF<br />

CONCLUSIONI:<br />

Sia nell’arresto riparativo della AF che nell’accrescimento delle CRDI si verifica una degradazione del mezzo ECM.Il<br />

SF indotto dal SE è responsabile <strong>di</strong> entrambe le azioni,poiché nell’AF l’elevata quota <strong>di</strong> PAI-1 spiazza la Vitronectina<br />

(proteina che assicura l’avvio del processo riparativo) dal mezzo ECM;nell’accrescimento cistico invece il SF è<br />

sostenuto dalle cellule infiammatorie attivate dal SE che producono sia una quota rilevante <strong>di</strong> u-PA e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Plasmina ,sia <strong>di</strong> MMPs responsabili della degradazione del connettivo osseo pericistico


VALUTAZIONE DELL’ANGIOGENESI IN INNESTI DI OSSO AUTOLOGO VS. OSSO ETEROLOGO<br />

S. Tetè 1 , V. Zizzari 1 , F. Mastrangelo 1 , G. D’Apolito 1 , U. Desiato 1 , R. Vinci 2 & E. Gherlone 2<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. d’Annunzio”, Chieti<br />

2 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università “Ateneo Vita-Salute San Raffaele”, Milano<br />

Scopo del lavoro: Tale stu<strong>di</strong>o è stato svolto allo scopo <strong>di</strong> indagare in vivo il <strong>di</strong>fferente comportamento biologico in<br />

termini <strong>di</strong> neoangiogenesi <strong>di</strong> innesti <strong>di</strong> osso autologo intramembranoso ottenuto da prelievi intraorali ed extraorali e <strong>di</strong><br />

osso eterologo <strong>di</strong> origine suina.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: L’analisi microscopica e immunoistochimica è stata eseguita su campioni <strong>di</strong> tessuto osseo<br />

proveniente dalle se<strong>di</strong> oggetto <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> incremento osseo a scopo preimplantare. Il prelievo è avvenuto<br />

contestualmente all’intervento <strong>di</strong> inserimento implantare, ossia circa 4 mesi dopo la prima fase chirurgica. L’analisi<br />

immunoistochimica è stata effettuata al fine <strong>di</strong> valutare la <strong>di</strong>fferente espressione <strong>di</strong> molecole coinvolte nel processo <strong>di</strong><br />

neoangiogenesi, quali VEGF, MMP2 e MMP9.<br />

Risulati: Il miglior attecchimento e le migliori risposte dal punto <strong>di</strong> vista della guarigione e della neovascolarizzazione<br />

del biomateriale innestato sono risultate proprie dell’osso autologo intramembranoso. I campioni prelevati dalle se<strong>di</strong><br />

rigenerate con osso autologo hanno mostrato livelli <strong>di</strong> espressione <strong>di</strong> VEGF, MMP2 e MMP9 <strong>di</strong>fferenti tra i prelievi<br />

provenienti dai siti trattati con osso autologo ed osso eterologo.<br />

Conclusioni: Da tali risultati emerge come l’osso autologo intramembranosa, anche in virtù della sua macrostruttura e<br />

della sua derivazione embriologica, garantisca una migliore risposta rigenerativa, in quanto in grado <strong>di</strong> favorire in<br />

maniera più intensa il processo <strong>di</strong> neoangiogenesi, che risulta in<strong>di</strong>spensabile per l’integrazione e l’attecchimento del<br />

biomateriale innestato.


I VANTAGGI DELL’AVANZAMENTO MONO MASCELLARE NEL TRATTAMENTO DELLE TERZE<br />

CLASSI SCHELETRICHE<br />

A. Laino, G. Sammartino, T. Bocchino, L. Laino<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze odontostomatologiche e maxillo-facciale Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli Federico II<br />

Introduzione: Negli ultimi anni si è assistito ad una inversione <strong>di</strong> tendenza da parte <strong>dei</strong> chirurghi maxillo-facciali<br />

passando da interventi <strong>di</strong> arretramento solo man<strong>di</strong>bolare, a interventi combinati mascellari e man<strong>di</strong>bolari, per arrivare<br />

infine a pre<strong>di</strong>ligere interventi <strong>di</strong> esclusivo avanzamento del mascellare superiore. La motivazione è stata data<br />

prevalentemente da stu<strong>di</strong> profilometrici sia bi<strong>di</strong>mensionali che tri<strong>di</strong>mensionali che hanno evidenziato il maggiore<br />

incremento <strong>di</strong> attrattività facciale con tale procedura chirurgica nel trattamento della sindrome progenica. La possibilità<br />

<strong>di</strong> incrementare una espansione facciale migliora la percezione del terzo me<strong>di</strong>o facciale frequentemente deficitario nelle<br />

terze classi dento-scheletriche.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Vengono confrontati due casi clinici <strong>di</strong> terze classi dento-scheletriche da deficit del terzo me<strong>di</strong>o<br />

facciale, occlusalmente e scheletricamente simili, trattate con uno intervento combinato bimascellare e l’altro con<br />

intervento <strong>di</strong> solo avanzamento mascellare.<br />

Risultati: Pur ottenendo un risultato più che sod<strong>di</strong>sfacente occlusalmente in entrambi i casi, l’analisi profilometrica<br />

evidenzia un netto miglioramento <strong>dei</strong> parametri nell’intervento <strong>di</strong> solo avanzamento mascellare. L’espansione del solo<br />

terzo me<strong>di</strong>o facciale risulta essere l’intervento auspicabile nella soluzione delle terze classi da deficit del terzo me<strong>di</strong>o<br />

facciale.<br />

Conclusioni: Il trend della correzione delle terze classi da deficit del terzo me<strong>di</strong>o facciale va senza dubbio verso una<br />

maggiore espansione del terzo me<strong>di</strong>o facciale rispetto all’intervento combinato o <strong>di</strong> esclusivo arretramento<br />

man<strong>di</strong>bolare. Il limite è costituito dall’entità <strong>di</strong> avanzamento mascellare, che grazie alle tecniche <strong>di</strong> osteosintesi a viti e<br />

placche si è ulteriormente incrementato in questi ultimi anni.


LA PREVENZIONE DELLA OSTEONECROSI DA BIFOSFONATI (B - ONJ)<br />

Bignozzi I., Cristalli MP, Annibali S., La Monaca G.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dip. <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. Insegnamento <strong>di</strong> Chirurgia Orale III e IV<br />

(Prof. S. Annibali)<br />

I bifosfonati (BF) sono una famiglia <strong>di</strong> farmaci resistenti alla degradazione biologica e con grande affinità per<br />

l’idrossiapatite dell’osso, dove vengono trattenuti a lungo termine, interferendo con l’attività e il ciclo cellulare degli<br />

osteoclasti; il risultato è una alterazione <strong>dei</strong> fenomeni <strong>di</strong> riassorbimento e neoformazione che sono alla base della natura<br />

<strong>di</strong>namica e delle capacità riparative dell’apparato scheletrico. I BF vengono somministrati e.v. nella palliazione <strong>di</strong><br />

patologie oncologiche maggiori a localizzazione ossea primitiva o secondaria, e p. os al fine <strong>di</strong> ristabilire un bilancio<br />

osseo positivo in patologie del metabolismo scheletrico. Essi espongono però come effetto collaterale al rischio <strong>di</strong> una<br />

forma <strong>di</strong> osteonecrosi ischemica <strong>dei</strong> mascellari , denominata B-ONJ (Biphosphonates-osteonecrosis of the jaws),<br />

favorita dalla presenza <strong>di</strong> fattori pre<strong>di</strong>sponenti o scatenanti locali (traumatismi cronici, manovre invasive, foci<br />

odontogeni). La B-ONJ si manifesta con esposizione ossea, dolore, tumefazione, sovrainfezione, comparsa <strong>di</strong> fistole<br />

mucose o cutanee, fratture patologiche, trisma, iperpiressia. La terapia della B-ONJ conclamata non mostra a tutt’oggi<br />

risultati pre<strong>di</strong>cibili, pertanto le risorse del clinico risiedono soprattutto nella prevenzione.<br />

Il protocollo <strong>di</strong> prevenzione nei pazienti can<strong>di</strong>dati alla terapia con i bifosfonati prevede: la raccolta <strong>dei</strong> dati<br />

anagrafici e anamnestici ; l’esame del cavo orale e gli accertamenti ra<strong>di</strong>ologici per l’identificazione <strong>dei</strong> fattori anatomici<br />

o patologici locali pre<strong>di</strong>sponenti; l’igiene orale professionale e la motivazione a quella domiciliare; i trattamenti<br />

odontoiatrici necessari al ristabilimento della salute orale, con particolare attenzione alle procedure chirurgiche, che<br />

debbono essere concluse almeno 4–6 settimane prima della somministrazione <strong>di</strong> BF.<br />

Il protocollo <strong>di</strong> prevenzione nei pazienti in terapia con i bifosfonati prevede: oltre alla raccolta <strong>dei</strong> dati anagrafici e<br />

anamnestici, informazioni sulla terapia farmacologica assunta ( tipo <strong>di</strong> molecola, dosaggio, via <strong>di</strong> somministrazione,<br />

durata della terapia) e sull’ esistenza <strong>di</strong> eventuali co-morbi<strong>di</strong>tà e co-terapie, la <strong>di</strong>agnosi odontoiatrica, l’adozione <strong>di</strong><br />

terapie odontoiatriche non invasive (ribasature morbide <strong>di</strong> protesi mobili, trattamenti endodontici e amputazione<br />

coronale degli elementi non restaurabili, posizionamento sopragengivale <strong>di</strong> eventuali margini protesici); il follow-up<br />

clinico ogni 3-4 mesi per monitorare la compliance del paziente in materia <strong>di</strong> igiene orale, intercettare potenziali fattori<br />

<strong>di</strong> rischio, instaurare trattamenti tempestivi, onde evitare il ricorso alla chirurgia, e in<strong>di</strong>viduare qualsiasi segno o<br />

sintomo precoce <strong>di</strong> possibile insorgenza <strong>di</strong> necrosi. Le procedure chirurgiche inevitabili debbono essere eseguite, sotto<br />

copertura antibiotica e antisettica locale, con il minimo traumatismo a carico dell’osso e <strong>dei</strong> tessuti mucosi per favorire<br />

una guarigione per prima intenzione.<br />

CONCLUSIONI – Un atteggiamento preventivo <strong>di</strong> accurato monitoraggio e trattamenti mini-invasivi sono la chiave<br />

per evitare l’insorgenza <strong>di</strong> B-ONJ nei pazienti can<strong>di</strong>dati o in terapia con BF.


RIEMPIMENTO DI CAVITA CISTICHE CON BIOMATERIALI - CASO CLINICO<br />

Diaco S., La Terra S., Fidanza Fl., Fidanza Fr.<br />

Università dell’Aquila, Prof. Roberto Gatto<br />

Le cisti <strong>di</strong> grosse <strong>di</strong>mensioni (> 4 cm) necessitano quasi sempre dopo la cistectomia dell'utilizzo <strong>di</strong> osso autologo o <strong>di</strong><br />

materiali da riempimento al fine <strong>di</strong> ridurre deficit estetici e/o funzionali al paziente. Nonostante attualmente l’osso<br />

autologo rappresenta in termini <strong>di</strong> biocompatibilità, <strong>di</strong> osteogenicità e <strong>di</strong> osteoconduttività il materiale <strong>di</strong> elezione il suo<br />

utilizzo non è privo <strong>di</strong> limiti tra cui la necessità <strong>di</strong> un sito donatore, possibili complicanze post-operatorie, morbilità<br />

aumentata per il paziente e riassorbimento osseo successivo non preve<strong>di</strong>bile. Lo stesso <strong>di</strong>casi per l’osso umano<br />

demineralizzato e deproteinizzato DFDBA. Per quanto concerne invece i materiali <strong>di</strong> sintesi, questi presentano tutti<br />

caratteristiche <strong>di</strong> biocompatibilità ma con proprietà meccaniche e fisiche peculiari per ognuno. Nel nostro stu<strong>di</strong>o è stato<br />

analizzato come biomateriale l’idrossiapatite nano cristallina (HA) come riempitivo nella cavità post-operatoria <strong>di</strong> una<br />

cisti ra<strong>di</strong>colare.<br />

Si presenta alla nostra osservazione la paziente B. A. <strong>di</strong> anni 56 con necessità <strong>di</strong> una riabilitazione protesica fissa. Dopo<br />

un primo intervento <strong>di</strong> bonifica ad entrambe le arcate e contemporanea plastica ossea ricostruttiva con innesti <strong>di</strong><br />

biomateriale (HA) nel controllo posto operatorio a 6 mesi la rx opt presentava un’area <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>o trasparenza a margini<br />

netti con orletto sclerotico <strong>di</strong> addensamento con buoni presupposti <strong>di</strong>agnostici per una cisti residua del mascellare<br />

superiore. La paziente veniva sottoposta a intervento chirurgico <strong>di</strong> cistectomia in anestesia locale. Le fasi dell’intervento<br />

comprendevano incisione a tutto spessore, scollamento e osteotomia tramite manipolo piezoelettrico (Piezosurgery<br />

Mectron), enucleazione della cisti e revisione della cavità tramite curette alveolare tipo Lucas, lavaggi con soluzione<br />

fisiologica e antibiotica, riempimento della cavità residua con HA nano cristallina (OSTIM) in pasta e successiva<br />

copertura antibiotica. Alla rimozione della sutura la paziente non riferiva fenomeni algici <strong>di</strong> particolare interesse e non<br />

presentava <strong>dei</strong>scenze, fenomeni infettivi o infiammatori della ferita.<br />

Al controllo ra<strong>di</strong>ografico dopo sei mesi la opt evidenziava il completo riformarsi <strong>di</strong> tessuto osseo ra<strong>di</strong>opaco mentre<br />

all’esame obbiettivo il profilo osseo si presentava in perfetta armonia con le zone limitrofe. Possiamo pertanto <strong>di</strong>re che<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> idrossiapatite come riempitivo nelle cavità residue dopo cistectomia rappresenta una valida alternativa<br />

all’uso <strong>di</strong> osso autologo evitando siti donatori e riducendo la morbilità del paziente nel postoperatorio garantendo al<br />

paziente una chirurgia <strong>di</strong> tipo conservativo.


RIGENERAZIONE OSSEA CON CELLULE STAMINALI ADULTE: MODELLO ANIMALE.<br />

Maglione M, Salvador E, Villanova A, Melato M, Ruaro M.E, Di Lenarda R.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste,. CLSOPD:(Presidente prof R. Di Lenarda)<br />

Scuola <strong>di</strong> specializzazione in chirurgia odontostomatologica (Direttore prof M. Maglione)<br />

OBIETTIVI Le cellule staminali adulte <strong>di</strong> derivazione a<strong>di</strong>posa hanno dato ampiamente prova <strong>di</strong> poter calcificare, sia in<br />

vitro che in vivo, impiantate sottocute, se opportunamente <strong>di</strong>fferenziate. Al momento attuale però, in letteratura, non<br />

esiste uno stu<strong>di</strong>o conclusivo sulla loro efficacia nel contesto della rigenerazione ossea, e proprio questo è l’obiettivo <strong>di</strong><br />

tale sperimentazione. MATERIALI E METODI 10 conigli White Rabbit New Zealand sono stati sottoposti ad un<br />

primo intervento <strong>di</strong> prelievo <strong>di</strong> tessuto a<strong>di</strong>poso intrascapolare, da cui sono state isolate, espanse e <strong>di</strong>fferenziate verso la<br />

linea osteogenica le cellule staminali adulte, seguendo il protocollo pubblicato da Kakudo (Kakudo et al, 2007). In un<br />

secondo intervento sono stati creati 5 <strong>di</strong>fetti sulla calvaria <strong>di</strong> ciascun animale, delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> 0,6 cm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro x<br />

0,2 cm <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà, controllati con un apposito calibro. 4 <strong>di</strong>fetti sono stati rigenerati utilizzando due <strong>di</strong>versi scaffolds<br />

prodotti dalla Geistlich® opportunamente mo<strong>di</strong>ficati, con e senza l’ausilio delle cellule staminali adulte e<br />

successivamente agli innesti la zona è stata ricoperta con una membrana in collagene fissata da cinque pin in titanio<br />

mo<strong>di</strong>ficati. Il <strong>di</strong>fetto anteriore è stato lasciato volutamente vuoto come controllo interno a ciascun animale. Gli animali<br />

sono stati sacrificati a coppie, rispettivamente a 2, 4, 6, 8 e 10 settimane. I prelievi sono stati sottoposti ad analisi alla<br />

MicroCT a luce <strong>di</strong> sincrotrone, attraverso l’acquisizione <strong>di</strong> 1200 slice per ogni campione. Dopo aver binarizzato le slice<br />

attraverso un algoritmo <strong>di</strong> Otsu ne sono stati calcolati i parametri stereologici e successivamente i campioni sono stati<br />

sottoposti all’analisi istologica. RISULTATI La rigenerazione è avvenuta in modo ottimale in tutti i campioni trattati<br />

con l’utilizzo degli scaffolds. L’utilizzo delle cellule staminali adulte abbinate agli scaffolds sembra accelerare alcune<br />

tappe della normale rigenerazione ossea: infatti si assiste ad una precoce neodeposizione e calcificazione della matrice<br />

extracellulare e colonizzazione delle lacune osteocitarie presenti nella spongiosa bovina. Solamente il <strong>di</strong>fetto non<br />

rigenerato mostra deficit della calcificazione nel campione a 10 settimane. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI I<br />

prossimi stu<strong>di</strong> in materia dovranno in<strong>di</strong>viduare il biomateriale più adatto a sostenere il potenziale espresso da queste<br />

cellule e cercare <strong>di</strong> quantificarne l’effettivo contributo.


MONITORAGGIO DEI LIVELLI DI SATURAZIONE DI OSSIGENO E DEI PARAMETRI<br />

CARDIOVASCOLARI IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A CHIRURGIA ORALE IN SEDAZIONE COSCIENTE<br />

CON N2O-O2. STUDIO RANDOMIZZATO CONTROLLATO.<br />

Calogiuri P.L., Carbone M., Galtieri L, Gambino A., Broccoletti R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che e Oncologia umana, Sezione <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale. Università <strong>di</strong> Torino<br />

OBBIETTIVI : Analizzare la sicurezza della Sedazione Cosciente Inalatoria con Protossido d’Azoto ed Ossigeno<br />

applicata alla Chirurgia orale ambulatoriale, me<strong>di</strong>ante la registrazione <strong>dei</strong> parametri: car<strong>di</strong>ovascolari e respiratori<br />

MATERIALI E METODI: Criteri <strong>di</strong> inclusione: Pazienti ASA 1 e 2 . Criteri <strong>di</strong> esclusione: Depressione del SNC,<br />

Depressione respiratoria, Uso <strong>di</strong> farmaci o droghe con effetto depressivo sul SNC, Gravidanza accertata o presunta.<br />

Divisione in 2 gruppi randomizzati: Gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o: paz. sedati con N2O-O2 , Gruppo <strong>di</strong> controllo: paz. non sedati.<br />

Parametri rilevati: PRESSIONE ARTERIOSA, utilizzando uno Sfigmomanometro <strong>di</strong>gitale (Nais Diagnostec<br />

professional EW3041 ® ). FREQUENZA CARDIACA e SATURAZIONE DELL’OSSIGENO, utilizzando un<br />

Pulsiossimetro (Pulse Oximeter Palco 340 Me<strong>di</strong>aid ® con sensore universale Palco Lbs ® ). Misurazioni ripetute ad<br />

intervalli <strong>di</strong> 30 minuti, fino al termine dell’intervento; la cui durata è compresa tra 30 e 120 minuti. Somministrazione<br />

della miscela gassosa tramite “Sedation Machine” Tecno Gaz modello Master Flux ® 3000.<br />

RISULTATI: Pressione sistolica nei pazienti sedati: più stabile<br />

Pressione <strong>di</strong>astolica nei pazienti sedati: ha andamento lineare; nei pazienti non sedati, il valore me<strong>di</strong>o, a 120 minuti<br />

dall’inizio dell’intervento, si incrementa <strong>di</strong> 5 mm Hg. Frequenza car<strong>di</strong>aca: ha variazioni omogenee tra i due gruppi con<br />

<strong>di</strong>minuzioni significative nella prima ora e stabilità negli interventi più prolungati. Saturazione d’ossigeno nel gruppo<br />

<strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o è più elevata che nel gruppo <strong>di</strong> controllo; la tecnica non provoca depressione respiratoria,.<br />

Il confronto statistico tra i due gruppi non presenta significatività statistica (p>0,05).<br />

CONCLUSIONI<br />

Sedazione Cosciente con N2O-02 : Meto<strong>di</strong>ca sicura e maneggevole, senza apprezzabili effetti avversi. Buona stabilità<br />

della Pressione Sisto-Diastolica, della Frequenza Car<strong>di</strong>aca e della Saturazione <strong>di</strong> O2 Arterioso. Particolarmente in<strong>di</strong>cata<br />

nei soggetti ASA II.


VALUTAZIONE DELLA GUARIGIONE OSSEA SPONTANEA DOPO ENUCLEAZIONE DI LESIONI<br />

CISTICHE MANDIBOLARI DI GRANDI DIMENSIONI<br />

Lazzari P.*, Terlizzi S.*, Pozzobon L.**, Chiapasco M.***<br />

*: studente <strong>di</strong> odontoiatria presso Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

**: specializzando in chirurgia odontostomatologica presso Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

***: Professore aggregato Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano,<strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia ed <strong>Odontoiatria</strong>,<br />

Ospedale S. Paolo, Milano<br />

Scopo della ricerca: analisi <strong>dei</strong> risultati ra<strong>di</strong>ografici, clinici ed istologici ottenuti in pazienti sottoposti ad enucleazione<br />

chirurgica <strong>di</strong> cisti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: lo stu<strong>di</strong>o comprende 29 pazienti, 15 donne e 14 uomini, d’età compresa tra i 6 e 63 anni, affetti da<br />

cisti man<strong>di</strong>bolari <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni superiori a 4 cm. Successivamente all’intervento <strong>di</strong> enucleazione delle cisti è stata<br />

condotta nel tempo un’analisi computerizzata <strong>di</strong> ortopantomografie eseguite nel post-operatorio a 6, 12, 24 mesi per<br />

valutare la rigenerazione spontanea della cavità residua.<br />

L’analisi ha compreso sia la riduzione <strong>di</strong>mensionale della cavità che la variazione della <strong>di</strong>afania ossea.<br />

Risultati: il confronto delle aree residue all’enucleazione ha evidenziato una riduzione me<strong>di</strong>a della cavità del 12% a sei<br />

mesi, del 43% a do<strong>di</strong>ci e dell’ 81% a ventiquattro mesi. La variazione della <strong>di</strong>afania, espressa come variazione della<br />

tonalità <strong>di</strong> grigio, ha mostrato valori progressivamente crescenti nel tempo, con un aumento me<strong>di</strong>o del 37% a sei mesi,<br />

del 48% a 12 mesi e del 91% a 24 mesi.<br />

Conclusioni: i risultati <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>mostrano come, anche in presenza <strong>di</strong> lesioni cistiche <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, la<br />

rigenerazione ossea spontanea sia più che sufficiente per il riempimento del <strong>di</strong>fetto conseguente alla enucleazione, e<br />

come l’utilizzo <strong>di</strong> qualsiasi tipo <strong>di</strong> riempitivo, autologo, omologo o eterologo, debba essere attentamente rivalutato.<br />

L’analisi istologica dell’osso prelevato in sede <strong>di</strong> enucleazione cistica ha <strong>di</strong>mostrato che l’organizzazione del coagulo<br />

nel post-operatorio è da sola in grado <strong>di</strong> garantire la formazione <strong>di</strong> nuovo osso, del tutto sovrapponibile, per densità e<br />

trabecolatura all’osso nativo del paziente


TRATTAMENTO DI COMUNICAZIONE ORO-SINUSALE POST-ESTRATTIVA: CASO CLINICO<br />

M.R. La Tella, F. Magliar<strong>di</strong>ti, A.F. Carnovale, P.D. Tornese<br />

Università “ La Sapienza “ <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche<br />

Introduzione:La comunicazione oro-sinusale (COS) è una situazione patologica caratterizzata da una soluzione <strong>di</strong><br />

continuo <strong>dei</strong> tessuti osteo-mucosi , i quali separano il seno mascellare dal cavo orale.<br />

Questa lesione può essere congenita o più frequentemente acquisita in seguito a traumi, processi patologici <strong>di</strong> tipo<br />

infettivo, neoplasie, trattamenti chirurgici maxillo-facciali ed estrazioni dentali.<br />

Le COS iatrogene post-estrattive sono sicuramente le più frequenti e riguardano il settore latero-posteriore del<br />

mascellare.<br />

Caso clinico : giunge alla nostra osservazione un paziente <strong>di</strong> sesso maschile <strong>di</strong> 70 anni, inviatoci da un collega<br />

odontoiatra. Il paziente aveva subito in precedenza l’estrazione dell’elemento 26.<br />

A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> alcune settimane il paziente ha iniziato ad avvertire fuoriuscita <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> durante il risciacquo o<br />

l’assunzione <strong>di</strong> alimenti. Assenza <strong>di</strong> dolore, rinorrea o altri sintomi patognomonici.<br />

E.O.: all’esame obiettivo appare evidente, in corrispondenza del sito estrattivo, un orifizio circolare <strong>di</strong> circa 3mm <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ametro da cui si osserva una fuoriuscita spontanea <strong>di</strong> piccole quantità <strong>di</strong> liquido sieroso, più evidente durante la<br />

manovra <strong>di</strong> Valsalva con contemporanea presenza <strong>di</strong> bollicine d’aria.<br />

Trattamento: Si procede ad allestire un lembo <strong>di</strong> forma trapezoidale a tutto spessore con evidenziazione del <strong>di</strong>fetto. Si<br />

migliora l’anatomia della cresta con pinza ossivora, o altro strumento idoneo, recuperando i chips ossei che vengono<br />

miscelati ad un sostiuto osseo ( BioOss) e innestati a completa chiusura della comunicazione con l’antro <strong>di</strong> Higmoro.<br />

L’innesto viene coperto totalmente con membrana riassorbibile in 6 mesi (Ossix-3i).<br />

Viene, infine, riposizionato il lembo precedentemente allestito e suturato al tessuto palatale con punti staccati a<br />

materassaio in materiale non riassorbibile.<br />

I controlli clinici a 2 mesi dall’intervento <strong>di</strong>mostrano la scomparsa <strong>dei</strong> sintomi <strong>di</strong> comunicazione oro-sinusale.


PRELIEVI DA CRESTA ILIACA ANTERIORE A FINI PRE-IMPLANTARI: INDAGINE POST-<br />

OPERATORIA DEL SITO DONATORE<br />

Carini F, Greco F, Ingrosso R.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Dipartimento <strong>di</strong> Neuroscienze e Tecnologie<br />

Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica, Direttore Prof. M. Baldoni<br />

OBIETTIVI: lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è valutare attraverso indagini cliniche la morbilità del sito donatore in seguito a<br />

prelievo <strong>di</strong> osso dalla cresta iliaca anteriore per innesti orali e <strong>di</strong> evidenziare segni e sintomi ascrivibili ai postumi<br />

operatori. MATERIALI E METODI: sono stati analizzati 30 pazienti che si sono sottoposti a prelievo <strong>di</strong> osso<br />

autologo dalla cresta iliaca anteriore attraverso la tecnica del prelievo laterale. Dopo l’intervento è stato somministrato<br />

ai pazienti un questionario per registrare le impressioni e la convalescenza post-operatoria ed è stata eseguita un’analisi<br />

clinica per indagare alterazioni della sensibilità intorno alla sede del prelievo. E’ stata indagata la cicatrice residua dal<br />

punto <strong>di</strong> vista soggettivo e oggettivo correlandola al grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione del paziente. RISULTATI: Il grado me<strong>di</strong>o<br />

<strong>di</strong> dolore è stato pari a 52,6 sulla scala v.a.s. Dei 30 pazienti, 20 (66.6%) non hanno presentato particolare dolore o<br />

problemi e la ripresa della deambulazione è stata rapida e senza l’ausilio <strong>di</strong> sostegni, 7 (23.4%) presentavano dolore alla<br />

deambulazione e zoppia per un periodo <strong>di</strong> 1-2 settimane mentre in 3 (10%) pazienti era presente dolore più consistente e<br />

<strong>di</strong>fficoltà alla deambulazione per un periodo <strong>di</strong> 2-4 settimane. Nessun paziente ha presentato la formazione <strong>di</strong> sierosi o<br />

infezioni né si è verificata nessuna frattura patologica dell’ileo. Alla nostra visita e alle prove effettuate nessun paziente<br />

presentava deficit <strong>di</strong> sensibilità. Nonostante la cicatrice residua si trovi in un’area poco visibile, i pazienti non hanno<br />

espresso riguardo a questa un elevato livello <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione (valore me<strong>di</strong>o pari a 55 su una scala da 0-100).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Come in altri stu<strong>di</strong>, in cui le percentuali relative alla sod<strong>di</strong>sfazione <strong>dei</strong> pazienti<br />

oscillano tra l’82% e l’86%, anche nel nostro i pazienti hanno mostrato un buon grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione: 22 pazienti su<br />

30 (73.3%) ripeterebbero l’esperienza <strong>di</strong> ricovero ove vi fosse la necessità e raccomanderebbero questo tipo <strong>di</strong><br />

intervento ai conoscenti. Il prelievo <strong>di</strong> cresta iliaca a scopo ricostruttivo preimplantare è risultato una procedura con<br />

bassa incidenza <strong>di</strong> morbilità a livello del sito donatore. Nonostante gli esiti cicatriziali a livello iliaco risultino spesso<br />

inestetici, il decorso post-operatorio quasi sempre favorevole (90%) ha garantito una buona compliance <strong>dei</strong> pazienti.


OTTAVO INFERIORE COME MODELLO DI RICERCA: STUDIO SPERIMENTALE<br />

SULL’INFIAMMAZIONE ACUTA.<br />

Ghionzoli L., Graziani F., Cei S., Tonelli M., La Ferla F., Gabriele M.<br />

Università <strong>di</strong> Pisa, CLSOPD Presidente Prof. M. Gabriele<br />

OBIETTIVI: Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> osservare i riflessi sistemici secondari alla chirurgia dell’ottavo<br />

inferiore <strong>di</strong> giovani pazienti in buono stato <strong>di</strong> salute generale.<br />

MATERIALI E METODI: 20 pazienti (<strong>13</strong> maschi, 7 femmine) con un range d’età che variava tra i 19 e 42 anni sono<br />

stati inclusi nello stu<strong>di</strong>o. Il campione è stato sud<strong>di</strong>viso in un gruppo test , affetto da <strong>di</strong>sodontiasi bilaterale dell’ottavo<br />

inferiore, ed un gruppo controllo, costituito da soggetti sani, entrambi <strong>di</strong> 10 pazienti. Sia il gruppo test che il gruppo<br />

controllo sono stati tenuti in osservazione per un periodo <strong>di</strong> 90 giorni. In questo periodo i soggetti allocati al gruppo test<br />

sono stati sottoposti all’avulsione <strong>di</strong> entrambi gli ottavi inferiori. Ai <strong>di</strong>versi time points sono stati valutati la pressione<br />

arteriosa, la Pulse Wave Velocity (PWV), la Flow Me<strong>di</strong>ated Dilatation (FMD) e la <strong>di</strong>latazione flusso me<strong>di</strong>ata dopo<br />

somministrazione <strong>di</strong> nitroglicerina (GTN). Inoltre sono stati analizzati i parametri ematologici <strong>di</strong> infiammazione<br />

sistemica me<strong>di</strong>ante un emocromo completo con formula leucocitaria ed alcuni markers aspecifici (VES, PCR,<br />

Fibrinogeno).<br />

Tutti i dati raccolti ai <strong>di</strong>versi time points sono stati analizzati statisticamente me<strong>di</strong>ante l’utilizzo del software SPSS<br />

(SPSS for windows, version 12 SPSS Inc., Chicago, IL, USA). La significatività statistica è stata assunta per un valore<br />

<strong>di</strong> p< 0,05.<br />

RISULTATI: Nel gruppo controllo non sono state rilevate <strong>di</strong>fferenze significative tra T0 e T90. Nel gruppo test è stata<br />

osservata una riduzione <strong>dei</strong> valori pressori a seguito degli interventi chirurgici. La pressione <strong>di</strong>astolica in particolare è<br />

<strong>di</strong>minuita significativamente tra il giorno 31 (71,10 mmHg±6,53) ed il giorno 37 (63,20 mmHg±4,89). È stata osservata<br />

una riduzione non significativa della rigi<strong>di</strong>tà arteriosa misurata come PWV carotideo-femorale. Il dato FMD e GTN nel<br />

gruppo test sono risultati <strong>di</strong>minuiti nel tempo, con fluttuazioni non statisticamente significative. L’analisi <strong>dei</strong> parametri<br />

ematici non ha evidenziato <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative tra i <strong>di</strong>versi time points.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: In seguito all’avulsione <strong>dei</strong> terzi molari inclusi è possibile osservare una<br />

riduzione significativa <strong>dei</strong> valori della pressione arteriosa, una moderata <strong>di</strong>minuzione della rigi<strong>di</strong>tà arteriosa misurata<br />

come Pulse Wave Velocity e la <strong>di</strong>minuzione della funzionalità delle cellule endoteliali e delle cellule muscolari lisce. Il<br />

trauma chirurgico locale provoca sicuramente un riflesso sistemico, <strong>di</strong>mostrato dalla riduzione della funzionalità<br />

endoteliale totale.


ASSOCIAZIONE DENTISTA SENZA DOLORE - A D S D.<br />

Piselli D * .<br />

* Istituto <strong>di</strong> Clinica odontoiatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

Il 17.12.2008 è stata costituita l’ “Associazione Dentista Senza Dolore” da 14 Soci Fondatori presso il Notaio Pier Luca<br />

Trojani con sede a Roma.<br />

Il logo dell’Associazione raffigura, in una visione tri<strong>di</strong>mensionale, la montagna e il mare in una luce solare, due cime<br />

ver<strong>di</strong> degradanti verso una calma celeste, e reca scritto nell’ovale in azzurro il nome e l’acronimo dell’Associazione.<br />

L’Associazione è a carattere scientifico e culturale. Non ha fini <strong>di</strong> lucro.<br />

L’Associazione ha lo scopo <strong>di</strong> ridurre la paura e l’ansia eccessive delle Persone nei confronti del Dentista, eliminando o<br />

almeno alleviando il dolore relativo alla Patologia Odontostomatologica e alla sua Diagnosi e Terapia, contribuendo<br />

così a migliorare la qualità dell’Assistenza Odontoiatrica e preservare la Salute <strong>dei</strong> Citta<strong>di</strong>ni: impe<strong>di</strong>re<br />

fondamentalmente, in virtù della sua stessa costituzione e delle sue azioni, che la cosiddetta “paura del Dentista”,<br />

soprattutto la paura <strong>di</strong> sentire dolore dal Dentista, possa determinare <strong>di</strong> per sé il degrado <strong>di</strong> una bocca, con ripercussioni<br />

locali e generali, e impe<strong>di</strong>re, per l’impossibilità <strong>di</strong> effettuare le Visite <strong>di</strong> Controllo Specialistiche, la Prevenzione del<br />

Cancro Orale.<br />

L’Associazione si pone per oggetto principale il proporre, sperimentare, ottimizzare, validare e <strong>di</strong>ffondere ogni idea,<br />

meto<strong>di</strong>ca, strumento, protocollo o innovazione destinati a ridurre la paura e l’ansia eccessive, ed eliminare o alleviare il<br />

dolore, in relazione alla Visita ed al Trattamento Odontoiatrico, per ottenere fiducia e sod<strong>di</strong>sfazione da parte delle<br />

Persone Assistite, con finalità <strong>di</strong> Cura e Prevenzione delle Malattie Odontostomatologiche, migliorando altresì la qualità<br />

<strong>di</strong> vita professionale degli Operatori nel suddetto ambito.<br />

SOCI FONDATORI : Domenico Piselli, Maria Sammartino, Paola Tani,<br />

Lucia Gigli, Concetta Lucia Girasoli, Bene<strong>di</strong>cta Tedeschini,<br />

Gabriele Magrini, Luca Marigo, Massimo Ponti, Carlo Lajolo,<br />

Marco Mancinelli, Luca Fienga, Diego Laguar<strong>di</strong>a, Giuseppe Lalli .<br />

SOCI ONORARI : Prof. Antonio D’Addona, Prof. Roberto Deli, Prof. Massimo Cordaro,<br />

Prof. Luciano Fonzi, Prof. Antonella Polimeni.<br />

PRIMO CONSIGLIO DIRETTIVO: Presidente Domenico Piselli<br />

Vice Presidente Gabriele Magrini<br />

Segretario Concetta Lucia Girasoli<br />

Tesoriere Luca Marigo<br />

Consigliere Carlo Lajolo<br />

Per informazioni Tel. 06-3015 5278 Cell. 335-6341228


VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI RIGENERATIVI DEL DPBB NEI DEFICIT OSSEI IN SEGUITO A<br />

CISTECTOMIA: STUDIO ISTOLOGICO E ISTOMORFOMETRICO SULL’UOMO.<br />

Cantalupo Milazzo D. * , Curiale F., Stergiopoulos V., Marescalco M., Bonanno A., Brutto D., Carlino V., Pappalardo S.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Specialità me<strong>di</strong>co-chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia II.<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria “Gaspare Rodolico”,Catania.<br />

U.O. Pronto Soccorso Odontoiatrico- Direttore Prof.ssa Sabrina Pappalardo.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Orale I.<br />

INTRODUZIONE: Dopo l’exeresi <strong>di</strong> cisti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ( >40mm ), la guarigione del <strong>di</strong>fetto osseo può essere<br />

lunga e non completa, rappresentando un <strong>di</strong>sagio per il paziente.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è quello <strong>di</strong> valutare, me<strong>di</strong>ante un’analisi ra<strong>di</strong>ografica, istologica e<br />

istomorfometrica, gli effetti del DPBB nella guarigione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti ossei conseguenti al’intervento <strong>di</strong> cistectomia ed<br />

evidenziarne i tempi <strong>di</strong> guarigione.<br />

MATERIALI E METODI: Il presente stu<strong>di</strong>o ha incluso 20 pazienti 12 uomini e 8 donne, <strong>di</strong> età compresa tra i 30 e i 60<br />

anni, che presentavano lesioni cistiche man<strong>di</strong>bolari <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni comprese tra i 40 e i 61 mm in larghezza.<br />

I pazienti, non fumatori e senza patologie concomitanti, sono stati trattati in anestesia generale, con cistectomia e<br />

innesto <strong>di</strong> dpbb e posizionamento <strong>di</strong> membrana riassorbibile in collagene.<br />

Il rilevamento <strong>dei</strong> parametri <strong>di</strong> rigenerazione è stato eseguito a 3, 6, 12 e 24 mesi me<strong>di</strong>ante ortopantomografia e dentalscan.<br />

RISULTATI: La valutazione ra<strong>di</strong>ografica ha permesso <strong>di</strong> evidenziare i tempi <strong>di</strong> guarigione del <strong>di</strong>fetto e della<br />

formazione <strong>di</strong> nuovo tessuto osseo. Le analisi istologica e istomorfometrica hanno esplicitato la qualità dell’osso<br />

neoformato.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: L’utilizzo del DPBB, all’interno <strong>dei</strong> deficit ossei conseguenti a cistectomia<br />

consente una rapida guarigione del sito con tempi <strong>di</strong> rimaneggiamento più veloci rispetto a quelli fisiologici.


ANALISI COMPARATIVA DEGLI EFFETTI RIGENERATIVI IN DEFICIT OSSEI MANDIBOLARI DI<br />

LESIONI CISTICHE TRATTATE CON DPBB E SOLFA TO DI CALCIO.<br />

Bonanno A.*, Carlino V., Cantalupo Milazzo D., Stergiopoulos V., Brutto D., Marescalco M.S., Pappalardo S..<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Specialità me<strong>di</strong>co-chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia II.<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria “Gaspare Rodolico”,Catania.<br />

U.O. Pronto Soccorso Odontoiatrico, Direttore Prof.ssa Sabrina Pappalardo.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Orale I.<br />

INTRODUZIONE: In seguito alla escissione chirurgica delle lesioni cistiche <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni in regione<br />

man<strong>di</strong>bolare, numerosi sono i deficit ossei che potrebbero necessitare <strong>dei</strong> biomateriali da innesto per una più sicura e<br />

preve<strong>di</strong>bile rigenerazione ossea.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> ponderare, me<strong>di</strong>ante analisi ra<strong>di</strong>ografica, la rigenerazione ossea e la<br />

conseguente guarigione <strong>dei</strong> siti post chirurgici <strong>di</strong> pregresse lesioni cistiche in regione man<strong>di</strong>bolare ponendo in evidenza<br />

l’efficacia rigenerativa <strong>di</strong> due <strong>di</strong>versi biomateriali da innesto: DPBB e Solfato <strong>di</strong> Calcio.<br />

MATERIALI E METODI: In questo lavoro sono stati selezionati 10 pazienti <strong>di</strong> sesso maschile, <strong>di</strong> età compresa fra i 30<br />

e 60 anni, non fumatori e senza patologie sistemiche concomitanti, i quali presentavano lesioni cistiche in sede<br />

man<strong>di</strong>bolare <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni comprese tra 40 e 61 mm <strong>di</strong> larghezza. Di tali pazienti, dopo aver eseguito le cistectomie in<br />

anestesia generale, 5 hanno ricevuto nella cavità residua il DPBB e 5 il Solfato <strong>di</strong> Calcio con successivo posizionamento<br />

<strong>di</strong> membrana riassorbibile in collagene. Per esaminare la rigenerazione ossea è stato utilizzato l’esame ra<strong>di</strong>ografico<br />

Dentascan che ci ha consentito <strong>di</strong> quantificare la densità e la mineralizzazione <strong>di</strong> nuovo osso nei follow-up effettuati a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 3, 6, 12, e 24 mesi.<br />

RISULTATI: La valutazione ra<strong>di</strong>ografica ha consentito <strong>di</strong> osservare l’apposizione <strong>di</strong> nuovo tessuto osseo nei siti post<br />

chirurgici <strong>dei</strong> pazienti trattati con DPBB già dai primi follow-up. I deficit ossei <strong>dei</strong> pazienti trattati con Solfato <strong>di</strong> Calcio<br />

presentavano all’esame ra<strong>di</strong>ografico minor mineralizzazione e densità rispetto a quelli trattati con DPBB.<br />

CONCLUSIONI: L’impiego del DPBB nelle gran<strong>di</strong> cavità residuate dopo l’exeresi <strong>di</strong> lesioni cistiche in sede<br />

man<strong>di</strong>bolare consente <strong>di</strong> ottenere un guadagno <strong>di</strong> nuovo tessuto osseo nettamente superiore e una più rapida guarigione<br />

rispetto ai risultati che ha conseguito l’utilizzo del Solfato <strong>di</strong> Calcio.


EMANGIOMI DEL CAVO ORALE METODICHE E RISULTATI TERAPEUTICI OTTENUTI CON LASER<br />

A DIODI 810NM.<br />

Piras A. 1 , Erriu M. 1 , Calvino A. 2 , Arena N. 2 , Longobar<strong>di</strong> G. 3<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari<br />

2 Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari<br />

3 Dipartitmento <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Faccialre, Ospedale SS Trinità, Cagliari<br />

Obiettivi: <strong>di</strong>mostrazione d'uso <strong>di</strong> un laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (810 nm) come scelta terapeutica <strong>di</strong> elezione per gli emangiomi<br />

capillari e cavernosi del cavo orale.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: sono stati selezionati 15 pz affetti da emangioma del cavo orale affetti da patologie sistemiche per<br />

le quali risultava complesso il trattamento chirurgico tra<strong>di</strong>zionale.<br />

E' stato scelto <strong>di</strong> utilizzare un laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (810nm) con fibre 200 e 400 µm modalità cw a contatto e potenze da 1 a 2,5<br />

w. Quando opportuno venne effettuata una crio anestesia. La fibra era fatta strisciare sofficemente sula lesione con<br />

movimenti dapprima centripeti e successivamente a scacchiera. In alcuni casi si è eseguito un rientro a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> una<br />

settimana.<br />

Risultati: la luce laser ha permesso <strong>di</strong> ottenere un graduale riassorbimento dell'emagioma senza perforare l'epitelio <strong>di</strong><br />

superficie e provocare sanguinamento. Nessuna lacerazione <strong>dei</strong> tessuti si è verificata quin<strong>di</strong> nessuna necessità è <strong>di</strong><br />

mettere punti <strong>di</strong> sutura. L'unica anestesia effettuata è stata quella a frigore. Esiti in restitutio ad integrum.<br />

Discussione e conclusioni: la tra<strong>di</strong>zionale terapia chirurgica a freddo, in alcune situazione, pone <strong>dei</strong> limiti in casi <strong>di</strong><br />

emangiomi del cavo orale. Diversamente il laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (810 nm) si è <strong>di</strong>mostrato essere molto versatile. Un basso<br />

voltaggio associato a legeri tochi della fibra hanno favorito il trattamento delle lesioni senza necessità anestetica e senza<br />

rischi per le con<strong>di</strong>zioni cliniche generali <strong>dei</strong> pazienti. Alla luce <strong>di</strong> tutto questo possiamo affermare che la laser terapia<br />

può essere considerata il trattamento <strong>di</strong> elezione degli emengiomi del cavo orale.


EPULIDE DEL CAVO ORALE: ASPETTI CLINICO-TERAPEUTICI<br />

Palumbo RR, Abbate D, Ferrara C,Ramaglia L, <strong>di</strong> Lauro AE<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli “FedericoII”<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Speciale Odontostomatologica II Titolare : Prof. G Sammartino,<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica<br />

Direttore: Prof. Gilberto Sammartino<br />

OBIETTIVI: L’epulide è una neoformazione iperplastico-flogistica che, in alcune sue espressioni anatomopatologiche,<br />

è da inquadrare tra le lesioni cancerizzabili del cavo orale. L’eziopatogenesi non è univoca, si tratta <strong>di</strong><br />

reazioni fibroepiteliali secondarie a molteplici fattori: infiammazione cronica, irritazione locale (placca dentaria, tartaro,<br />

residui ra<strong>di</strong>colari, ricostruzioni debordanti, otturazioni e protesi incongrue); fattori ormonali (gravidanza, pubertà);<br />

infezioni da parte <strong>di</strong> microrganismi aspecifici. Esistono <strong>di</strong>fferenti tipi cellulari <strong>di</strong> epulide: granuloma giganto-cellulare<br />

periferico, granuloma piogenico, epulide fibrosa, epulide plasmacellulare, fibroma da protesi, epulide gravi<strong>di</strong>ca. Lo<br />

scopo della nostra trattazione è quello <strong>di</strong> presentare le linee guida, <strong>di</strong>agnostico terapeutico, che il clinico deve attuare<br />

nei confronti <strong>di</strong> queste lesioni. MATERIALI E METODI: Presentiamo 2 casi si epulide giganto-cellulare, selezionati<br />

tra i casi trattati presso l’area funzionale <strong>di</strong> Chirurgia Odontostomatologica, dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli<br />

“Federico II”. Si procede all’escissione chirurgica, me<strong>di</strong>ante l’utilizzo dell’elettrobisturi e al susseguente follow-up<br />

delle lesioni. RISULTATI: In entrambi i casi le lesioni si presentano come neoformazioni circoscritte, peduncolate,<br />

indolori, <strong>di</strong> consistenza semi-solida, la superficie appare liscia coperta da mucosa <strong>di</strong> colorito rosso violaceo. L’esame<br />

Istologico descrive un tessuto connettivo ricco <strong>di</strong> fibroblasti <strong>di</strong> aspetto fusato , con presenza <strong>di</strong> un abbondante infiltrato<br />

infiammatorio. CONCLUSIONI E DISCUSSIONI: Le zone <strong>di</strong> maggior riscontro dell’epulide sono la gengiva 70%,<br />

le labbra 10%, la lingua 5% e la mucosa buccale 4%. Negli ultimi tre <strong>di</strong>stretti tale lesione viene <strong>di</strong>agnosticata come<br />

“granuloma giganto-cellulare” e la prevalenza è maggiore nel sesso femminile. La terapia delle epulide è generalmente<br />

chirurgica, attuata me<strong>di</strong>ante resezione e courettage, accompagnata dall’eliminazione <strong>dei</strong> fattori irritativi locali;<br />

purtuttavia, tale approccio terapeutico varia in alcune con<strong>di</strong>zioni fisiologiche, come la gravidanza, dove si preferisce<br />

attendere il termine della gestazione, poiché la neoformazione generalmente tende spontaneamente a regre<strong>di</strong>re.


ESOSTOSI MULTIPLA MASCELLARE E MANDIBOLARE : CASE REPORT<br />

Dotti A., Travaglini D., Bertol<strong>di</strong> C., Bortolini S., Generali L.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

Dipartimento integrato <strong>di</strong> Chirurgie Specialistiche Testa-Collo<br />

Struttura Complessa <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

Direttore: Prof. Ugo Consolo<br />

INTRODUZIONE: In genere il termine esostosi in<strong>di</strong>ca una neoformazione non patologia <strong>di</strong> tipo osseo che insorge a<br />

livello dell’osso corticale; lo sviluppo e la crescita <strong>di</strong> tali anomalie ossee non sono significativi dal punto <strong>di</strong> vista<br />

strettamente patologico. La nomenclatura e le caratteristiche <strong>di</strong> queste anomalie sono strettamente legate alla loro<br />

localizzazione entro il cavo orale. Le caratteristiche istologiche <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> anomalie ossee sono quelle <strong>di</strong> un osso<br />

iper plastico.<br />

OBBIETTIVI: I tori palatini e le esostosi linguali del corpo della man<strong>di</strong>bola costituiscono le forme più comuni <strong>di</strong><br />

esostosi all’interno del cavo orale. Queste neoformazioni non costituiscono <strong>di</strong> norma un problema per il paziente e le<br />

in<strong>di</strong>cazioni alla exeresi chirurgica sono principalmente legate ad un ridotto spazio per la lingua, ad una ricorrente<br />

abrasione da cibo ed alla impossibilità <strong>di</strong> trovare un corretto alloggio per le eventuali strutture protesiche. L’eziologia <strong>di</strong><br />

tali masse ossee è stata oggetto <strong>di</strong> ricerca da parte <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi autori: malgrado ciò, l’argomento resta ancora <strong>di</strong>battuto.<br />

Scopo del seguente lavoro è quello <strong>di</strong> illustrare la tecnica <strong>di</strong> rimozione chirurgica delle esostosi vestibolari.<br />

MATERIALI E METODI: Una giovane donna <strong>di</strong> quarantatre anni si è presentata alla nostra osservazione lamentando<br />

fasti<strong>di</strong> alla masticazione e <strong>di</strong>sagi estetici legati alla presenza <strong>di</strong> voluminose esostosi vestibolari in entrambe le arcate.<br />

All’esame obiettivo, la sottile mucosa sovrastante le masse si presentava arrossata e dolente. L’indagine ra<strong>di</strong>ologica<br />

evidenziava <strong>di</strong>ffuse aree <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>opache presenti sulla faccia vestibolare <strong>di</strong> entrambe le arcate. Dall’anamnesi è emersa<br />

una pregressa terapia ortodontica associata a estrazioni <strong>di</strong> elementi permanenti. Vista l’estensione delle aree coinvolte si<br />

è optato per una rimozione delle masse in due tempi chirurgici, coinvolgendo in un primo tempo l’arcata mascellare e,<br />

successivamente, l’arcata inferiore.<br />

RISULTATI: La paziente, in seguito alla guarigione delle mucose, ha mostrato un marcato miglioramento<br />

dell’estetica associato ad una completa risoluzione della <strong>di</strong>ffusa algia coinvolgente entrambe le arcate.<br />

CONCLUSIONI: Il caso presentato illustra le possibilità terapeutiche <strong>di</strong> una corretta exeresi delle esostosi, la quale<br />

può essere condotta in regime ambulatoriale. L’utilizzo <strong>di</strong> strumenti specifici aiuta il clinico nella gestione <strong>dei</strong> tessuti<br />

coinvolti.


MANAGEMENT DEI FIBROMI DEL CAVO ORALE MEDIANTE LASER A DIODI (810NM) IN PAZIENTI<br />

CON PATOLOGIE SISTEMICHE (ALLERGIE, CARDIOPATIE E ALTERAZIONI DELLA<br />

COAGULAZIONE).<br />

Piras A. 1 , Erriu M. 1 , Arena N. 2 , Calvino A. 2 , Longobar<strong>di</strong> G. 3<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari<br />

2 Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari<br />

3 Dipartitmento <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Faccialre, Ospedale SS Trinità, Cagliari<br />

Obiettivi: terapia <strong>dei</strong> fibromi traumatici del cavo orale, me<strong>di</strong>ante l’uso del laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (810nm), in pz affetti da<br />

patologie sistemiche che controin<strong>di</strong>cano la chirurgia con lama fredda.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: selezionati 20 pz affetti da fibromi traumatici del cavo orale e su<strong>di</strong>visi sia per le patologia<br />

sistemica (allergia, car<strong>di</strong>opatia e alterazione della coagulazione) sia per il tipo <strong>di</strong> lesione (<strong>di</strong>mensione, sede,<br />

caratteristiche). Utilizzato un laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (810nm) fibra 4ooµm, a contatto a cw, con potenza dai 2,5 ai 3 watt. I pz<br />

allergici sono stati trattati con anestesia a frigore e non è stata necessaria terapia antibiotica ed antiinfiammatoria<br />

sistemica. I pz car<strong>di</strong>opatici e quelli in terapia anticoagulante non hanno eseguito prevenzione ne mo<strong>di</strong>ficato le terapie in<br />

loro possesso. Nessuna sutura è stata eseguita.<br />

Risultati: l'asportazione delle lesioni è risultata agevole in tutti i casi. Il tempo impiegato è stato variabile a seconda<br />

delle <strong>di</strong>mensioni delle lesioni, a volte lungo perchè, per scelta, sono state utilizzate potenze basse che per evitare sia la<br />

necrosi <strong>dei</strong> tessuti che talvolta l'anestesia.<br />

Difetti <strong>di</strong> coagulazione, allergie e car<strong>di</strong>opatie non hanno controin<strong>di</strong>cato il tarttamento.<br />

La guarigione per seconda intenzione non ha lasciato cicatrici.<br />

Discussione e conclusioni: i risultati ottenuti hanno evidenziato come il laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (810nm) è uno strumento non<br />

invasivo che permette l'asportazione <strong>dei</strong> fibromi in modo agevole mantenendo sotto controllo tutti i parametri clinici.<br />

Pertanto possiamo affermare per il management <strong>dei</strong> fibromi del cavo orale soprattutto in pz con patologie sistemiche il<br />

laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (810nm) è risultato <strong>di</strong> indubbia utilità.


PROBLEMATICHE IMPLANTARI SU LE<strong>MB</strong>I LIBERI DI FIBULA DISTRATTA DOPO RESEZIONE<br />

CHIRURGICA: STUDIO CLINICO SU SEI CASI<br />

Lizio G. a , Corinaldesi G. b , Pizzigallo A. c , Marchetti C. d<br />

a,b Reparto <strong>di</strong> Chirurgia orale e maxillo-facciale, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong><br />

Bologna, Italia<br />

c U.O. <strong>di</strong> Chirurgia Orale e Maxillo-facciale, Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Orsola Malpighi, Bologna, Italia<br />

c Professore Associato <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-facciale, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong><br />

Bologna, Italia<br />

OBIETTIVI: valutare e riportare i risultati implantari ottenuti su lembi liberi <strong>di</strong> fibula impiegati per la ricostruzione <strong>di</strong><br />

mascellari resecati e successivamente sottoposti a <strong>di</strong>strazione osteogenetica (DO).<br />

MATERIALI E METODI: sei pazienti (5 maschi, 1 femmina), dopo resezione e ricostruzione <strong>dei</strong> mascellari (5<br />

man<strong>di</strong>bole, 1 mascellare superiore) con lembo libero <strong>di</strong> fibula, sono stati sottoposti dopo un periodo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 19.2 (11-<br />

38) mesi dalla procedura ricostruttiva a <strong>di</strong>strazione osteogenetica (DO) per l’aumento della <strong>di</strong>mensione verticale delle<br />

fibule. Dopo una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 5 (2–11) mesi dalla rimozione del <strong>di</strong>strattore, 35 impianti sono stati inseriti e caricati dopo<br />

almeno 4 mesi con le relative sovrastrutture protesiche. Il periodo <strong>di</strong> follow-up me<strong>di</strong>o impiantare è stato <strong>di</strong> 38.5 (17–<br />

81) mesi.<br />

RISULTATI: il decorso post-operatorio dopo la procedura chirurgica <strong>di</strong> osteotomia e applicazione del <strong>di</strong>strattore è stato<br />

regolare tranne che per un caso <strong>di</strong> inclinazione linguale del vettore <strong>di</strong> <strong>di</strong>strazione in fase <strong>di</strong> consolidamento e per un<br />

caso <strong>di</strong> frattura della corticale basale della fibula innestata; tale complicanza è stata trattata con un innesto <strong>di</strong> osso da<br />

cresta iliaca per stabilizzare la porzione ossea <strong>di</strong>stratta. Il guadagno me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> altezza ossea ottenuto con la DO è<br />

risultato <strong>di</strong> <strong>13</strong>.6 (12–15) mm. 4 su 35 impianti inseriti (11.4%) sono andati incontro a completo fallimento. Il<br />

riassorbimento me<strong>di</strong>o perimplantare risultava <strong>di</strong> 2.5 mm, per una sopravvivenza ed un successo implantare<br />

rispettivamente <strong>di</strong> 88.6% e 51.6 % .<br />

CONCLUSIONI: La DO nei lembi liberi <strong>di</strong> fibula ha riportato un considerevole numero <strong>di</strong> complicanze; il<br />

riassorbimento osseo attorno agli impianti è risultato notevole ed è stato attribuito alla formazione <strong>di</strong> tessuto<br />

granulomatoso iperplastico attorno al collo delle viti implantari per la carenza <strong>di</strong> mucosa cheratinizzata. La gestione<br />

<strong>dei</strong> tessuti perimplantari e del riassorbimento osseo rendono imperativo un attento monitoraggio dopo l’inserimento<br />

delle fixtures ai fini del mantenimento <strong>di</strong> un elevato livello <strong>di</strong> igiene orale.


VALUTAZIONE CLINICA E IMMUNOISTOCHIMICA PRE E POST TRATTAMENTO LASER<br />

DI LESIONI PRENEOPLASTICHE DEL CAVO ORALE.<br />

Frini F., Felice P., Giorgi E., Montebugnoli L., Marchetti C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche- Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Bologna.<br />

OBIETTIVI: il trattamento delle lesioni del cavo orale a potenzialità maligna si avvale da tempo della tecnologia laser.<br />

Alte percentuali <strong>di</strong> guarigione clinica sono state più volte riportate insieme a notevoli vantaggi rispetto alla chirurgia<br />

tra<strong>di</strong>zionale. Rimane tuttavia da chiarire se la guarigione clinica ottenuta dopo trattamento laser si accompagni o meno<br />

ad una normalizzazione del turnover cellulare sottostante. Nel presente stu<strong>di</strong>o, la valutazione del turnover cellulare è<br />

stata eseguita in un gruppo <strong>di</strong> lesioni potenzialmente maligne prima e dopo guarigione clinica in seguito ad asportazione<br />

me<strong>di</strong>ante laser.<br />

MATERIALI E METODI: sono state stu<strong>di</strong>ate 16 lesioni leucoplasiche (6 presentanti <strong>di</strong>splasia lieve-moderata)<br />

clinicamente guarite dopo asportazione me<strong>di</strong>ante laser. Le lesioni sono state trattate dopo 15 giorni dalla biopsia iniziale<br />

tramite laser pulsato Nd:YAG 0,3-0,1 secon<strong>di</strong> con potenza 9 W per lingua, gengiva marginale, labbra; con potenza <strong>13</strong>W<br />

per le aree restanti. Gli interventi erano <strong>di</strong>stanziati 15 giorni gli uni dagli altri, il periodo me<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> trattamenti è stato <strong>di</strong><br />

8,6±2 mesi; il numero me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> trattamenti è stato 6,4± 4.2; il follow-up me<strong>di</strong>o 10.9±5.6 mesi. Le biopsie finali sono<br />

state eseguite dopo la completa guarigione clinica (4 settimane dall’ultimo trattamento). L’espressione <strong>di</strong> Ki67 e p53 è<br />

stata utilizzata per valutare il grado <strong>di</strong> turnover cellulare. Era considerato “elevato” il turnover cellulare con espressioni<br />

<strong>di</strong> Ki67 e p53 >20%.<br />

RISULTATI: i valori me<strong>di</strong> <strong>di</strong> p53 nelle 4 lesioni con <strong>di</strong>splasia erano significativamente più elevati rispetto alle 12<br />

lesioni senza <strong>di</strong>splasia (33.5 ±<strong>13</strong>% vs 18.5 ± 9%; F=4.6;p20%) <strong>di</strong> p53, e 8<br />

lesioni elevati valori (>20%) <strong>di</strong> Ki67. Al termine del trattamento laser, i valori me<strong>di</strong> <strong>di</strong> p53 si sono ridotti da 22.2 ±<br />

<strong>13</strong>% a 10.7 ±7% (t=3.1;p


FRENULECTOMIA: ANATOMIA, INDICAZIONI E TECNICA CHIRURGICA MODIFICATA<br />

Cirillo A, Mignogna J, Ferrigno R, Cimmino P, Perfetto F, Urciuolo V, Sammartino G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillofacciali. Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia<br />

Odontostomatologica Direttore: Prof. G Sammartino. Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli “ Federico II ”<br />

I frenuli della cavità orale rappresentano l’inserzione <strong>dei</strong> muscoli periorali alle ossa mascellari. Le in<strong>di</strong>cazioni<br />

all’asportazione o al riposizionamento <strong>dei</strong> frenuli in chirurgia orale, oltre che per problemi linguali dovuti<br />

all’anchiloglossia, possono essere ortodontiche, protesiche, parodontali o estetiche.<br />

Scopo del presente lavoro è soffermarci sull’anatomia, le in<strong>di</strong>cazioni all’ asportazione del frenulo me<strong>di</strong>ano superiore a<br />

scopo ortodontico e sulla tecnica chirurgica, in modo da fornire al clinico delle linee guida.<br />

Nel cavo orale, generalmente, <strong>di</strong>stinguiamo due frenuli me<strong>di</strong>ani vestibolari, quattro frenuli laterali vestibolari, un<br />

frenulo linguale. In alcuni casi è possibile osservare una piccola formazione mucosa sul frenulo labiale superiore detta<br />

Frenal Tag, che non rappresenta un reperto patologico, ma soltanto una variante anatomica.<br />

Prima <strong>di</strong> programmare un intervento <strong>di</strong> frenulectomia del frenulo tectolabiale, bisogna verificare la presenza <strong>di</strong>:<br />

• Diastema interincisivo<br />

• Inserzione coronale del frenulo labiale superiore ipertrofico<br />

• Ischemia della papilla palatina alla trazione del labbro superiore il cosidetto effetto “pull syndrome”<br />

• Immagine ra<strong>di</strong>ografica interincisiva endorale “V shaped” per la presenza <strong>di</strong> fibre connettivali che attraversano la<br />

cresta ossea interincisiva e si vanno ad inserire palatalmente.<br />

Nella nostra pratica clinica abbiamo mo<strong>di</strong>ficato la tecnica <strong>di</strong> Archer, utilizzando un solo klemmer applicato sul margine<br />

superiore del frenulo ed un’ incisione a losanga che contorna il frenulo fino alla papilla, in modo da asportare le fibre<br />

connettivali interincisive e ridurre al minimo il rischio <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va.


UTILIZZO DI FRESH FROZEN BONE NELLA RICOSTRUZIONE DEI MASCELLARI ATROFICI<br />

Borgonovo A., Giussani A., Marchetti A.*, Fabbri A., Bianchi A.<br />

Istituti Clinici <strong>di</strong> Perfezionamento, Direttore Prof. F. Santoro, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

Il Fresh frozen Bone (FFB) è osso omologo fresco congelato prelevato da in<strong>di</strong>vidui della stessa specie del ricevente.<br />

La procedura <strong>di</strong> preparazione per congelamento del frammento osseo prelevato permette <strong>di</strong> preservarne le capacità<br />

osteoconduttive e osteoinduttive, eliminando però il potere antigenico.<br />

Viene utilizzato negli interventi chirurgici ricostruttivi ed è reperibile, su richiesta, dalla banca del tessuto muscolo<br />

scheletrico.<br />

L’esperienza clinica in ambito oro-maxillo-facciale è piuttosto limitata e, <strong>di</strong> conseguenza, la documentazione in<br />

letteratura.<br />

Il frammento viene prelevato da donatori deceduti oppure da soggetti sottoposti ad intervento <strong>di</strong> protesizzazione d’anca,<br />

che prevede l’asportazione della testa del femore che viene recuperata e che può essere impiegata in questo tipo <strong>di</strong><br />

intervento.<br />

L’idoneità generale del frammento osseo viene valutata basandosi sulla raccolta <strong>di</strong> notizie approfon<strong>di</strong>te della storia<br />

me<strong>di</strong>ca, sociale e sessuale del potenziale donatore, associata ad esami strumentali al fine <strong>di</strong> accertare l’assenza <strong>di</strong><br />

patologie trasmissibili.<br />

Gli Autori presentano alcuni casi <strong>di</strong> rigenerazione ossea effettuati con l’utilizzo <strong>di</strong> FFB in pazienti affetti da atrofie <strong>dei</strong><br />

mascellari, dovute a pregresse avulsioni multiple o neoformazioni.<br />

Il tessuto osseo impiegato è stato sia della testa <strong>di</strong> femore sia della cresta iliaca, utilizzato sotto forma <strong>di</strong> innesti a<br />

blocchi stabilizzati con l’ausilio <strong>di</strong> placche e viti <strong>di</strong> osteosintesi, oppure morcellizzato.<br />

I risultati <strong>di</strong> rigenerazione ottenuta, benché valutati con follow-up a breve termine, sono positivi. E’ ragionevole<br />

affermare che tale osso possa essere una valida alternativa terapeutica all’uso <strong>di</strong> osso autologo prelevato dalla calvaria o<br />

dalla cresta iliaca, evitando al paziente un ulteriore intervento chirurgico necessario al prelievo.<br />

Valutata la quantità <strong>di</strong> osso <strong>di</strong>sponibile, maggiore a quella <strong>di</strong>sponibile con autotrapianto, e le capacità osteoconduttive e<br />

osteoinduttive conservate nel FFB, gli Autori affermano che questo tipo <strong>di</strong> materiale da innesto sod<strong>di</strong>sfi i criteri <strong>di</strong><br />

scelta per la rigenerazione ossea, con la possibilità d’impiego in chirurgia preprotesica minore e maggiore, nella terapia<br />

degli alterati rapporti maxillo-craniali, in oncologia e in traumatologia.


GRANDE RIALZO DI SENO MASCELLARE CON OSSO OMOLOGO: BLOCCO CORTICO-MIDOLLARE<br />

O BONE CHIPS?.<br />

Gregorig G * , Bellomo F, Stacchi C, Maglione M, Di Lenarda R.<br />

UCO <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.<br />

OBIETTIVI: In questo stu<strong>di</strong>o abbiamo voluto mettere a confronto due meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> utilizzo dell’osso omologo<br />

crioconservato (FFB) come materiale da innesto nel grande rialzo <strong>di</strong> seno mascellare. In particolare è stato valutato il<br />

comportamento del FFB utilizzato in blocco cortico-midollare ed in chips. MATERIALI E METODI: Sono stati<br />

selezionati otto pazienti con cresta mascellare atrofica che necessitavano <strong>di</strong> grande rialzo <strong>di</strong> seno mascellare per poter<br />

procedere ad una riabilitazione implanto-protesica. Quattro seni sono stati innestati con un blocco cortico-midollare <strong>di</strong><br />

FFB fissato con microviti in titanio, mentre negli altri quattro è stato utilizzato osso omologo in chips. Gli interventi<br />

sono stati eseguiti con un protocollo chirurgico comune che variava unicamente nella scelta della tipologia <strong>di</strong> innesto.<br />

Sono state realizzate delle mascherine con <strong>dei</strong> punti <strong>di</strong> repere ra<strong>di</strong>opachi per evidenziare la cresta residua pre-intervento<br />

ed il guadagno d’osso post-intervento. Sono state eseguite analisi <strong>di</strong> tipo quantitativo e qualitativo su carote ossee<br />

prelevate a 6 mesi con fresa trephine a livello dell’antrostomia durante l’inserimento degli impianti: in particolare, con<br />

indagini istologiche e micromeccaniche, abbiamo ricercato eventuali <strong>di</strong>fferenze nella struttura ossea degli innesti. Le<br />

analisi istologiche sono state realizzate al microscopio ottico a luce riflessa, colorando le sezioni con blu <strong>di</strong> tolui<strong>di</strong>na e<br />

fucsina basica, mentre le analisi micromeccaniche sono state realizzate utilizzando un microdurometro Leica. Tutti i<br />

dati sono stati sottoposti ad analisi statistica (t-test per dati in<strong>di</strong>pendenti, SPSS 16). RISULTATI: L’indagine<br />

quantitativa (TC) <strong>dei</strong> siti considerati ha evidenziato un aumento <strong>di</strong> volume della cresta ossea sovrapponibile nei due<br />

gruppi. Dal punto <strong>di</strong> vista qualitativo, i blocchi cortico-midollari <strong>di</strong> FFB apparivano solo parzialmente rimaneggiati, con<br />

ampie aree <strong>di</strong> FFB ancora visibile, mentre i chips risultavano totalmente riorganizzati in osso <strong>di</strong> nuova formazione. La<br />

microdurezza <strong>dei</strong> campioni prelevati dai blocchi cortico-midollari risultava maggiore rispetto a quelli innestati con<br />

chips in modo statisticamente significativo (p


L’INCREMENTO DELLE OSSA MASCELLARI A FINI IMPLANTARI :TECNICHE CHIRURGICHE<br />

ERISULTATI ISTOLOGICI A CONFRONTO<br />

Laino L. , Festa V.M. , Rullo R. , Men<strong>di</strong>tti D. , D’Aquino R. Laino G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Discipline Odontostomatologiche, Ortodontiche e Chirurgiche , Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Speciale<br />

Odontostomatologica<br />

Obiettivi : Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è valutare l’efficacia degli innesti <strong>di</strong> osso autologo prelevati da sede intra ed extra –<br />

orale per la rigenerazione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti ossei <strong>dei</strong> mascellari a fini implantari , osservando la qualità(clinica ed istologica )<br />

dell’osso neoformato a <strong>di</strong>stanza variabile <strong>di</strong> tempo .<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong> : Per la valutazione degli incrementi ossei oggetto <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o , sono stati selezionati 18<br />

pazienti , 12 femmine e 6 maschi , con età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 48 anni , che presentavano deficit ossei tali da non consentire una<br />

riabilitazione protesica con impianti osteointegrati . La tipologia del deficit osseo ha compreso : 3 casi con assenza<br />

totale <strong>di</strong> osso (esito <strong>di</strong> cheilognatopalatoschisi) con necessità <strong>di</strong> incremento tri<strong>di</strong>mensionale dell’osso ; 8 casi con<br />

<strong>dei</strong>scenza del seno mascellare trattati con tecniche <strong>di</strong> grande rialzo del seno ; 7 casi con necessità <strong>di</strong> incremento osseo<br />

del <strong>di</strong>ametro trasversale . Per la tipizzazione <strong>dei</strong> prelievi ossei da valutare istologicamente sono stati in<strong>di</strong>cati 4 gruppi :<br />

Pz. A :incremento 3D con prelievi da cresta iliaca sottoforma <strong>di</strong> blocchi ; Pz. B1: grande rialzo <strong>di</strong> seno mascellare con<br />

prelievo osseo da cresta iliaca sottoforma <strong>di</strong> chips ; B2 : grande rialzo <strong>di</strong> seno mascellare con prelievo intraorale<br />

me<strong>di</strong>ante bonescraper ; C incremento del <strong>di</strong>ametro trasversale con prelievi effettuati dalla linea obliqua esterna<br />

sottoforma <strong>di</strong> blocchi . L’inserimento degli impianti ,e il prelievo <strong>di</strong> carote <strong>di</strong> osso sede dell’intervento sono stati<br />

eseguiti in tempi variabili : Dopo 12 mesi per il Pz A , dopo 6-9 mesi per il Pz. B1 , dopo 5-10 mesi per il Pz.B2 e dopo<br />

4-6 mesi per il Pz.C.<br />

Risultati :Tutti gli impianti hanno presentato stabilità primaria al momento dell’inserimento nell’osso rigenerato. I<br />

risultati ottenuti sono stati i seguenti: per il Pz tipo A l’aspetto clinico della carota <strong>di</strong> osso rimossa mette in evidenza<br />

una quota <strong>di</strong> osso compatto a livello basale ,mentre la quota marginale appare <strong>di</strong> consistenza e qualità decisamente<br />

<strong>di</strong>versa ; all’esame istologico l’innesto non mostra segni <strong>di</strong> integrazione ma appare in alcune parti necrotico con una<br />

ricca presenza <strong>di</strong> osso neoformato ad<strong>di</strong>rittura in fase fibrosa ,la parte più superficiale è in preda ad infiammazione .Per il<br />

Pz. Tipo B1 l’aspetto clinico mette in evidenza una sufficiente delimitazione tra osso basale ed osso innestato ,<br />

all’esame istologico l’innesto mostra segni <strong>di</strong> integrazione intervallati da lacune <strong>di</strong> osso in sofferenza tissutale . Per il<br />

Pz. Tipo B2 l’aspetto clinico mette in evidenza una omogeneità strutturale tra osso basale ed osso innestato .All’esame<br />

istologico si apprezzano sostanzialii <strong>di</strong>fferenze tra i carotaggi effettuati a 5 mesi e quelli effettuati a 10 mesi . Per il Pz.<br />

Tipo C l’aspetto clinico ha mostrato una perfetta integrazione con l’osso circostante ,all’esame istologico l’osso appare<br />

perfettamente conformato sia dal punto <strong>di</strong> vista architettonico che molecolare .<br />

Conclusioni: Avendo cura <strong>di</strong> ben selezionare le tecniche da utilizzare in ogni singolo caso , l’utilizzo <strong>di</strong> innesti ossei ,<br />

sia particolato che in blocchi , è ormai una tecnica affermata e pre<strong>di</strong>cibile . I tempi della rigenerazione variano a<br />

secondo se utiliziamo innesti <strong>di</strong> particolato o in blocchi . Infatti mentre per I primi bisogna aspettare almento 7-8 mesi<br />

per essere certi della perfetta integrazione e neoformazione <strong>di</strong> tessuto , per i secon<strong>di</strong> il timing può scendere al <strong>di</strong> sotto<br />

<strong>dei</strong> 6 mesi , arrivando in alcuni casi anche a 4 mesi . Discorso a parte va fatto per gli innesti <strong>di</strong> tessuto extraorale dove<br />

perio<strong>di</strong> inferiori ai 12 mesi ,sia per chips che per blocchi , potrebbero inficiare il risultato clinico finale con un supporto<br />

non adeguato agli stress meccanici indotti da una fixture implantare.


USO DEL LASER NELLA DISINCLUSIONE DEI DENTI INCLUSI<br />

L. Bianchi*, G. De Blasio, A. Calpicchio, G. Vallogini, A. Manieri<br />

U.O.C. Accettazione-Pronto Soccorso-Urgenze Differibili Ospedale George Eastman<br />

INTRODUZIONE: Nonostante le tecniche <strong>di</strong> chirurgia tra<strong>di</strong>zionale siano ampiamente collaudate nell’ambito della<br />

<strong>di</strong>sinclusione degli elementi dentari, la tecnica Laser offre opportunità innovative, che la rendono un mezzo versatile e<br />

sicuro nelle manovre <strong>di</strong> allacciamento chirurgico-ortodontico.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare i benefici e la praticità della tecnica Laser nella<br />

<strong>di</strong>sinclusione chirurgico-ortodontica.<br />

MATERIALI E METODI: L’esposizione si svolge con il seguente proce<strong>di</strong>mento: 1) Applicazione della<br />

crema”EMLA” a base <strong>di</strong> Lidocaina al 2.5% e Prilocaina al 2.5% sull’area <strong>di</strong> esposizione 2)Con<strong>di</strong>zionamento della<br />

mucosa con il Laser Nd-Yag “DEKA” con fibra 300 (Potenza 0.60 W, Frequenza 10 Hz, Impulso<br />

lungo).3)Opercolectomia con Laser fibra 600 (potenza 2.40 W, Frequenza 60 Hz, impulso corto).4) Applicazione del<br />

<strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> ancoraggio<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: L’uso del Laser nella <strong>di</strong>sinclusione <strong>dei</strong> denti inclusi rappresenta una valida<br />

alternativa alle tecniche tra<strong>di</strong>zionali nei casi in cui sia auspicabile il sito esangue (garantito all’azione coagulativa del<br />

Laser), e nel paziente pedodontico, grazie alla possibilità <strong>di</strong> evitare l’anestesia plessica.


USO DELLA TECNOLOGIA LASER NELLA FRENULECTOMIA<br />

G. De Blasio*, L. Bianchi, A. Calpicchio, G. Vallogini, A. Manieri<br />

U.O.C. Accettazione-Pronto Soccorso-Urgenze Differibili Ospedale George Eastman<br />

INTRODUZIONE: La frenulectomia è un intervento chirurgico che pone l’odontoiatra, il paziente ed il genitore in una<br />

con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> stress psicologico. In quest’ottica è semplice intuire che sia <strong>di</strong> estrema utilità ogni mezzo in grado <strong>di</strong><br />

ridurre i <strong>di</strong>sagi.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> considerare la tecnica Laser nella frenulectomia come valida alternativa<br />

alle tecniche tra<strong>di</strong>zionali.<br />

MATERIALI E METODI: La tecnica si svolge con il seguente proce<strong>di</strong>mento: 1) Applicazione della crema”EMLA” a<br />

base <strong>di</strong> Lidocaina al 2.5% e Prilocaina al 2.5% sull’area <strong>di</strong> esposizione 2)Con<strong>di</strong>zionamento della mucosa con il Laser<br />

Nd-Yag “DEKA” con fibra 300 (Potenza 0.60 W, Frequenza 10 Hz, Impulso lungo).3)Incisione del frenulo con Laser<br />

fibra 600 (potenza 4 W, Frequenza 100 Hz, impulso corto per 2,2 secon<strong>di</strong>)<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Il Laser sembra essere lo strumento <strong>di</strong> elezione: incide in modo selettivo,<br />

cauterizza senza carbonizzare ed offre un campo operatorio esangue. Spesso è sufficiente l’anestesia topica e l’uso <strong>dei</strong><br />

punti <strong>di</strong> suturo <strong>di</strong>venta superfluo


VANTAGGI DELLA FRENULOTOMIA LINGUALE CON LASER A DIODI<br />

Palla<strong>di</strong>no A. *1 ; Inchingolo A.D. 1 ; Marrelli M.W. 1,2 ;Schinco F. 1 ; Tatullo M. 1 ; Inchingolo A.M. 1 ; Angelini V. 1 ;<br />

Dipalma G. 1,2 ; Valenzano A.L 1 .; Inchingolo F. 1,2<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

Un frenulo linguale ipertrofico rappresenta un importante limite nel corretto sviluppo ortognatodontico del soggetto in<br />

crescita. Esso, infatti, limitando i movimenti della lingua, impe<strong>di</strong>sce a quest’ultima <strong>di</strong> svolgere correttamente il suo<br />

ruolo <strong>di</strong> “matrice funzionale”. Per restituire a quest’ultima una fisiologica libertà gli interventi <strong>di</strong> scelta sono la<br />

frenulectomia (rimozione chirurgica del frenulo attraverso l’incisione dello stesso) o la frenulotomia linguale<br />

(intervento <strong>di</strong> recisione del frenulo). Sono stati evidenziati i numerosi vantaggi offerti dall’utilizzo del laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong><br />

nella frenulotomia linguale. Si riportano 11 interventi <strong>di</strong> frenulotomia linguale eseguiti su pazienti <strong>di</strong> età compresa tra i<br />

6 e 9 anni, previa infiltrazione <strong>di</strong> anestetico locale in sede perilesionale, me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> 810 nm con<br />

una potenza <strong>di</strong> 2 watt. I pazienti e gli accompagnatori, inoltre, sono stati istruiti sui movimenti <strong>di</strong> ginnastica linguale da<br />

effettuare nella settimana successiva all’intervento e sull’importanza degli stessi nel prevenire un’eventuale reci<strong>di</strong>va. Si<br />

è lasciato guarire la ferita per seconda intenzione. La sede <strong>di</strong> intervento è stata sottoposta a controllo a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 21<br />

giorni. Le numerose proprietà del laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> ne spiegano il sempre più largo uso dello stesso nella pratica clinica a<br />

<strong>di</strong>scapito del bisturi a lama fredda. Infatti oltre all’ effetto ablativo ottenuto attraverso il contatto con il tessuto ad alte<br />

temperature, esso presenta anche azione emostatica ed effetto biostimolante, promuovendo la sintesi <strong>di</strong> collagene e<br />

matrice extracellulare e la proliferazione <strong>di</strong> fibroblasti. Non bisogna infine <strong>di</strong>menticare lo scarso o nullo dolore che il<br />

suo utilizzo provoca nel paziente. Tutto ciò in termini clinici nel nostro stu<strong>di</strong>o si è tradotto in brevissima durata<br />

dell’intervento (inferiore ai 5 minuti), campo operatorio asciutto, ottima compliance del paziente. Nessuno <strong>dei</strong> nove<br />

pazienti trattati ha riferito sintomatologia algica nel periodo post-operatorio. Il controllo a 21 giorni ha mostrato un<br />

ottima guarigione della ferita per seconda intenzione con una reci<strong>di</strong>va inferiore al 10%. L’utilizzo del laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> nella<br />

frenulotomia linguale appare, da quanto emerso dai risultati ottenuti, nettamente preferibile rispetto all’utilizzo del<br />

bisturi a lama fredda.


VALUTAZIONE DELL’ERMETICITA’ DEL SIGILLO APICALE DOPO APICECTOMIA CON LASERA<br />

ERBIO vs STRUMENTI ROTANTI: STUDIO PILOTA.<br />

Zareh Dehkhargani S*, Romeo U°, Marasca R^, Altamura C**, D’Addona A*,<br />

* U.C.S.C Policlinico A. Gemelli,^ Dirigente I livello Ospedale George Eastman,** ISS Istituto Superiore <strong>di</strong> Sanità,<br />

Dipartimento <strong>di</strong> ingegneria biome<strong>di</strong>ca.°, “Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma EMDOLA (European Master Degree on Oral<br />

Laser Applications): Dir. Prof. Umberto Romeo<br />

OBIETTIVI: Un’insufficiente rimozione <strong>di</strong> batteri da un sistema canalare infetto è la causa più frequente <strong>di</strong> un<br />

fallimento endodontico. Nei casi in cui il trattamento endodontico non chirurgico ha fallito, bisogna ricorrere alla<br />

chirurgia endodontica. Lo stu<strong>di</strong>o effettuato “in vitro”, consiste nell’osservazione al microscopio ottico del grado <strong>di</strong><br />

ermeticità e permeabilità del sistema canalare dopo aver eseguito l’apicectomia con tecnica laser-assistita o tra<strong>di</strong>zionale<br />

e l’otturazione retrograda con i materiali <strong>di</strong> più frequente impiego in endodonzia chirurgica.<br />

MATERIALI E METODI: 36 elementi dentali monora<strong>di</strong>colati estratti, per motivi parodontali ed ortodontici, sono<br />

stati trattati endodonticamente ed otturati con guttaperca termoplasticizzata secondo la meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Schilder, e quin<strong>di</strong><br />

sud<strong>di</strong>visi in due gruppi <strong>di</strong> 18 ciascuno, a seconda della tecnica utilizzata per l’apicectomia: laser a Erbio (2940 nm)<br />

(G1) o convenzionale (strumenti rotanti) (G2).<br />

Ogni gruppo è stato a sua volta <strong>di</strong>viso in tre sottogruppi <strong>di</strong> 6 elementi ciascuno, a seconda del materiale utilizzato per<br />

l’otturazione retrograda: nessuno, cemento con acido etossibenzoico (super-EBA) e cemento<br />

MineralTriossidoAggregato (MTA). I dati sono stati valutati statisticamente con il test t <strong>di</strong> Student.<br />

RISULTATI: Per l’analisi <strong>dei</strong> risultati è stato attribuito un punteggio ai vari campioni, a seconda della percentuale <strong>di</strong><br />

infiltrazione <strong>di</strong> colorante nel sistema canalare. L’attribuzione del punteggio è avvenuta utilizzando il seguente criterio:<br />

infiltrazione <strong>di</strong> colorante in percentuale pari o minore al 10% del campo microscopico (2), infiltrazione maggiore del<br />

10% e minore del 50% del campo microscopico (1) ed infine infiltrazione pari o maggiore del 50% del campo<br />

microscopico (0).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Una minore infiltrazione <strong>di</strong> colorante è stata riscontrata nei campioni trattati con<br />

tecnica laser-assistita. Ciò potrebbe essere attribuibile alla capacità del laser Er-YAG <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare la superficie<br />

dentinale.<br />

La sperimentazione è da considerarsi preliminare e riteniamo, inoltre, che sarà necessario completare l’indagine<br />

attraverso una valutazione al MES al fine <strong>di</strong> capire gli effetti microstrutturali sulla dentina ra<strong>di</strong>colare trattata con il laser.


POSIZIONAMENTO IMMEDIATO DI IMPIANTO IN SITO INFETTO CON AUSILIO DI LASER ERBIO<br />

Nitti M., Capo<strong>di</strong>ferro S., Dolci M., Perfetti G., Favia G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze odontostomatologiche, Università degli stu<strong>di</strong> “G.D’Annunzio”-chieti-, Dipartimento <strong>di</strong><br />

odontostomatologia e chirurgia, Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari.<br />

OBIETTIVO- valutare la guarigione <strong>di</strong> un sito post-estrattivo, che presentava una lesione periapicale e un processo<br />

fistoloso, trattato sia con un curretage manuale sia con l’ausilio del laser erbium con la contemporanea inserzione <strong>di</strong> un<br />

impianto post-estrattivo, sebbene la letteratura affermi che c’è una sopravvivenza del 92% per gli impianti postestrattivi<br />

vs la sopravvivenza del 98% degli impianti successivamente inseriti.<br />

MATERIALI E METODI- L’intervento è stato eseguito su una paziente <strong>di</strong> circa 35 anni, con una terapia endodontica<br />

incompleta dell’elemento 25. Presentava una lesione granulomatosa all’apice con un tragitto fistoloso vestibolare,<br />

ascessi parodontali reci<strong>di</strong>vanti e una mobilità dentale <strong>di</strong> tipo M1. Si è provato invece un approccio terapeutico<br />

alternativo, cioè effettuando l’avulsione, un curretage, un debridment con il laser erbium assistito della cavità residua, al<br />

fine <strong>di</strong> decontaminazione e sterilizzazione e posizionamento imme<strong>di</strong>ato <strong>di</strong> impianto in sito con infezione cronica.<br />

Abbiamo eseguito anche un innesto eterologo con membrana riassorbibile con un lembo <strong>di</strong> copertura ad evitare trazioni<br />

con una sutura ermetica con lembo scivolato a chiusura palatale. RISULTATI- A 90 giorni è stata fatta la riapertura<br />

dell’impianto me<strong>di</strong>ante un lembo palatale e inserita la vite <strong>di</strong> guarigione. Dalle ra<strong>di</strong>ografie endorali si poteva riscontrare<br />

la guarigione del sito preso in considerazione. A do<strong>di</strong>ci giorni i tessuti erano pronti per le successive fasi <strong>di</strong><br />

riabilitazione protesica.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI- Il posizionamento sincrono <strong>di</strong> impianti in siti con infezione cronica sicuramente<br />

aumenta il rischio <strong>di</strong> insuccesso, passando dal 98% <strong>di</strong> successo della terapia impiantare al 92%. Per tale motivo crea<br />

sempre nel chirurgo una certa apprensione, sopratutto perché è, <strong>di</strong> contro, il modo migliore per conservare <strong>di</strong>mensione<br />

verticale dell’osso alveolare. Le capacità decontaminanti e anche <strong>di</strong> debridment del laser erbio potrebbero essere<br />

sfruttate per incrementare la % <strong>di</strong> successo <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> chirurgia. Anche se non ci sono stu<strong>di</strong> pubblicati su tale<br />

applicazione del laser erbio, da un punto <strong>di</strong> vista concettuale questo <strong>di</strong>spositivo ci può fornire una maggiore tranquillità<br />

esecutiva nel trattamento con implantologia <strong>dei</strong> siti infetti.


MANTENIMENTO DI CRESTA POST-ESTRATTIVO CON OSSO BOVINO DEPROTEINIZZATO IN<br />

ASSOCIAZIONE A UN PREPARATO A BASE DI SOLFATO DI CALCIO.<br />

Dell’Acqua F, Russo A, Fagan<strong>di</strong>ni D, Corrocher G, Lombardo G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologico-Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica e <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona. federico_dellacqua@libero.it<br />

OBIETTIVI lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o caso controllo randomizzato a doppio cieco è stato quello <strong>di</strong> paragonare le<br />

caratteristiche istomorfometriche <strong>di</strong> creste edentule post-estrattive preservate con osso bovino deproteinizzato associato<br />

o meno a un preparato a base <strong>di</strong> solfato <strong>di</strong> calcio. MATERIALI E METODI: sono stati selezionati 8 pazienti, ognuno<br />

<strong>dei</strong> quali richiedeva bonifica dentaria dell’arcata superiore e riabilitazione implanto-supportata. Con metodo split-mouth<br />

ed in modo randomizzato un’emiarcata è stata trattata con osso bovino deproteinizzato associato a un preparato a base<br />

<strong>di</strong> solfato <strong>di</strong> calcio (TEST), mentre nella controlaterale è stato utilizzato unicamente osso bovino deproteinizzato<br />

(CONTROLLO). In entrambi i gruppi la procedura ha previsto la copertura del materiale da innesto con una membrana<br />

collagene. Al momento della bonifica è stata misurata l’ampiezza orizzontale crestale e a 4 mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza sono state<br />

ripetute le misurazioni e ottenute 2 biopsie ossee per ogni paziente per l’analisi istomorfometrica. RISULTATI:<br />

l’ampiezza ossea crestale orizzontale ha mostrato un riassorbimento simile nei due gruppi, 3.78±2.27 per il gruppo<br />

TEST e 3.70±2.76 per il gruppo CONTROLLO (P>0.05). L’analisi istomorfometrica ha rilevato percentuali <strong>di</strong> osso<br />

vitale <strong>di</strong> 62.5±15.3% nel gruppo TEST e <strong>di</strong> 31.2±8.0% nel gruppo CONTROLLO (P


CISTI FOLLICOLARE DELLA MANDIBOLA: CASO CLINICO<br />

Nisi A*., Santini F., Santolamazza C., Luciani F.,. Bartuli F.N.<br />

Università <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” – U.O.C. Odontostomatologia Osp. F.B.F - Isola Tiberina Direttore Prof. C. Arcuri<br />

– Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia, Prof. C. Arcuri<br />

INTRODUZIONE: Lo scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> analizzare tutti i fattori prognostici favorevoli e<br />

sfavorevoli, <strong>di</strong> evidenziare le in<strong>di</strong>cazioni e le controin<strong>di</strong>cazioni dell’asportazione in toto o della marsupializzazione<br />

(intervento <strong>di</strong> Parsh 1 e <strong>di</strong> Parsch 2) delle neoformazioni cistiche <strong>di</strong> natura follicolare, per permetterne il recupero<br />

funzionale e la corretta eruzione in arcata dell'elemento dentario interessato.<br />

OBIETTIVI: Abbiamo valutato, tutte le complicanze occorse nel periodo intra e post-operatorio, degli esiti e le possibili<br />

sequele che questo intervento avrebbe potuto provocare sul parodonto marginale e sull'endodonto <strong>dei</strong> denti contigui alla<br />

neoformazione osteolitica.<br />

MATERIALI E METODI: Viene proposto in particolare, un caso clinico <strong>di</strong> una giovanissima paziente <strong>di</strong> anni 10, che<br />

presentava all'esame ortopantomografico, una neoformazione osteolitica a margini netti con orletto periferico ben<br />

rappresentato, a partenza dal secondo premolare man<strong>di</strong>bolare che aveva provocato una <strong>di</strong>slocazione della gemma dello<br />

stesso dalla normale sede eruttiva. Esaminati attentamente i ra<strong>di</strong>ogrammi a nostra <strong>di</strong>sposizione per l'attenta valutazione<br />

chirurgica delle strutture anatomiche, <strong>dei</strong> rapporti <strong>di</strong> contiguità e <strong>di</strong> continuità che la lesione presentava con gli altri<br />

elementi dentari in corso <strong>di</strong> sviluppo, eseguiti gli esami emato-chimici <strong>di</strong> routine per l'accertamento delle con<strong>di</strong>zioni<br />

generali del soggetto e valutato, l'ottimo grado <strong>di</strong> collaborazione della paziente, seppur giovanissima, si decide <strong>di</strong><br />

procedere alla marsupializzazione della neoformazione <strong>di</strong> probabile natura cistica secondo la tecnica Parsch 1.<br />

RISULTATI: La patologia è stata trattata con un intervento <strong>di</strong> marsupializzazione della neoformazione cistica, in<br />

anestesia loco-regionale, preservando in tal modo il parodonto marginale degli elementi contigui, la gemma del secondo<br />

premolare e le strutture anatomiche presenti quali il nervo alveolare inferiore ed il nervo mentoniero.<br />

Grazie alla repentina tempestività della <strong>di</strong>agnosi ra<strong>di</strong>ologica, è stato possibile salvaguardare la paziente da un intervento<br />

molto più demolitivo e traumatico, dovendo inoltre avvalersi dell'anestesia generale.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Possiamo pertanto concludere che, la tecnica <strong>di</strong> marsupializzazione delle<br />

neoformazioni osteolitiche <strong>dei</strong> mascellari ad eziologia cistica, secondo Parsch 1, se correttamente programmata ed<br />

eseguita, prendendo in considerazione tutti i fattori che ne influenzano il decorso, può rappresentare un'ottima<br />

alternativa terapeutica in virtù dell'età anagrafica del soggetto e del suo orologio biologico, al fine <strong>di</strong> ridurre al minimo<br />

le complicanze legate ad un intervento più ra<strong>di</strong>cale.


ODONTOMA COMPOSTO. UN CASO CLINICO.<br />

Prof. Itro A., Prof. Marra A., Dott. Itro L., Dott. Lupo G., Dott. Cocozza E., Dott.ssa Filipi M.<br />

Dipartimento Universitario <strong>di</strong> Patologia della Testa, del Collo, del Cavo Orale e della Comunicazione au<strong>di</strong>o-verbale<br />

Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli<br />

Scuola <strong>di</strong> specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

Direttore. Prof. Angelo Itro<br />

Introduzione: Gli odontomi sono neoformazioni benigne <strong>dei</strong> mascellari <strong>di</strong> origine dentaria, originano dai tessuti dentari<br />

durante le varie fasi del loro sviluppo.<br />

Rappresentano il 30% <strong>dei</strong> tumori odontogeni, insorgono in soggetti tra i 10- 30 anni. Si localizzano con maggiore<br />

frequenza a livello della regione anteriore del mascellare superiore e a livello della regione posteriore della man<strong>di</strong>bola<br />

(angolo). Di solito la <strong>di</strong>agnosi è occasionale dopo Rx ortopantomografia e possono restare asintomatici per anni. La<br />

terapia è chirurgica e consiste nell’asportazione della neoformazione, non tendono a reci<strong>di</strong>vare.<br />

Obiettivi: Lo scopo del lavoro è quello <strong>di</strong> inquadrare dal punto <strong>di</strong> vista epidemiologico, eziologico, clinico, <strong>di</strong>agnostico<br />

e terapeutico questo tipo <strong>di</strong> patologie benigne. E inoltre <strong>di</strong> presentare un caso clinico giunto alla nostra osservazione<br />

dove sono ben evidenti le complicanze associate agli odontomi.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Dopo un’ attenta revisione della letteratura viene presentato un caso clinico <strong>di</strong> un paziente <strong>di</strong> 11<br />

anni che presentava la presenza <strong>di</strong> un odontoma composto a livello del mascellare inferiore in regione 41 e 42 e la<br />

contemporanea presenza <strong>di</strong> un elemento supplementare a livello della porzione anteriore del mascellare superiore in<br />

regione 12. Il paziente presentava una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> affollamento dentario del gruppo frontale superiore e inferiore e<br />

malocclusione <strong>di</strong> II classe <strong>di</strong> Angle con associate inclusioni multiple causate dalle patologie preesistenti. Viene<br />

illustrato l’iter <strong>di</strong>agnostico e terapeutico da noi intrapreso per la risoluzione del caso clinico.<br />

Risultati: Il paziente è stato sottoposto in anestesia generale ad intervento chirurgico <strong>di</strong> asportazione dell’odontoma ed<br />

avulsione dell’elemento supplementare, l’intervento terapeutico ha favorito l’eruzione degli elementi inclusi, anche se<br />

per correggere la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> malocclusione dovrà intraprendere un trattamento ortodontico.<br />

Discussione e conclusioni: Gli odontomi sono patologie frequenti in età pe<strong>di</strong>atrica, nelle prime fasi sono <strong>di</strong> solito<br />

asintomatici, possono favorire l’insorgenza <strong>di</strong> inclusioni dentarie e la comparsa <strong>di</strong> malocclusioni, la <strong>di</strong>agnosi è spesso<br />

tar<strong>di</strong>va e quin<strong>di</strong> l’iter terapeutico può essere più complesso perché deve essere mirato non solo alla risoluzione della<br />

patologia ma anche alla risoluzione delle complicanze ad essa correlate.


PRESENTAZIONE DI DUE CASI CLINICI DI OSTEOMIELITE DEI MASCELLARI DA PSEUDOMONAS<br />

AERUGINOSA.<br />

Stergiopoulos V.*, Cantalupo Milazzo D., Bonanno A., Brutto D., Marescalco M.S., Carlino V., Pappalardo S..<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Specialità me<strong>di</strong>co-chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia II.<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria “Gaspare Rodolico”,Catania.<br />

U.O. Pronto Soccorso Odontoiatrico, Direttore Prof.ssa Sabrina Pappalardo.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Orale I.<br />

INTRODUZIONE: Recenti e sempre più numerosi stu<strong>di</strong> presenti in Letteratura, <strong>di</strong>mostrano come le osteomieliti delle<br />

ossa mascellari, anche se grazie alla loro più ricca vascolarizzazione sono meno frequenti delle osteomieliti delle ossa<br />

lunghe, sono spesso sostenute da una popolazione polimicrobica, che nella maggior parte <strong>dei</strong> casi è identificabile con<br />

specie batteriche autoctone del cavo orale.<br />

OBIETTIVI: Questo case report illustra due casi <strong>di</strong> osteomielite sviluppatesi a livello man<strong>di</strong>bolare, in siti<br />

precedentemente sottoposti all’enucleazione <strong>di</strong> neoformazioni cistiche. Si tratta <strong>di</strong> casi rari in Letteratura in quanto<br />

l’osteomielite delle ossa mascellari possiede tipicamente una genesi polimicrobica, ma, in questi casi, l’agente<br />

eziologico isolato è unico ed è rappresentato dallo Pseudomonas Aeruginosa.<br />

MATERIALI E METODI: Dopo l’identificazione dell’agente microbico me<strong>di</strong>ante esame colturale, i pazienti sono stati<br />

sottoposti a terapia antibiotica a base <strong>di</strong> ciprofloxacina (cpr, 250 mg/12 ore) per 10 giorni, mirata ad era<strong>di</strong>care la specie<br />

batterica incriminata, associata a debridement chirurgico sia <strong>dei</strong> tessuti duri che <strong>dei</strong> tessuti molli.<br />

RISULTATI: In entrambi i casi si è ottenuta la completa remissione sia del quadro clinico sia del quadro<br />

sintomatologico.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il management che permette la risoluzione <strong>di</strong> questa patologia infiammatoria si<br />

basa sull’associazione del debridement chirurgico sia <strong>dei</strong> tessuti duri che <strong>dei</strong> tessuti molli, e <strong>di</strong> un trattamento<br />

farmacologico sistemico, possibilmente mirato alla specie batterica incriminata.


ANALISI RETROSPETTIVA E UTILITA’ DIAGNOSTICA DELL’INDAGINE RADIOLOGICA IN CASI DI<br />

OSTEONECROSI MASCELLARE<br />

Mirelli C., Bartorelli L., Mantovani S., Dall’Agnola C., Grimal<strong>di</strong> R., Scandola O., Teti P., Aspesi M., Bal<strong>di</strong>sserri E.,<br />

Alessandrì G.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano- Clinica Odontoiatrica e Stomatologica- ICP-Direttore: Prof. F. Santoro - Reparto <strong>di</strong><br />

Conservativa ed Endodonzia –Responsabile: dott. L. Bartorelli<br />

L’esame ra<strong>di</strong>ologico è fondamentale nella pratica quoti<strong>di</strong>ana, data la sua utilità nel risolvere i dubbi <strong>di</strong>agnostici insorti<br />

durante l’esame obiettivo. Talvolta la mancanza <strong>di</strong> sufficiente comunicazione tra colleghi, odontostomatologo e<br />

ra<strong>di</strong>ologo, può essere d’ostacolo ad una <strong>di</strong>agnosi precoce. L’anamnesi e l’esame obiettivo sono fondamentali nell’iter<br />

<strong>di</strong>agnostico in me<strong>di</strong>cina; in particolare nelle patologie a carico del cavo orale con coinvolgimento <strong>di</strong> tessuti duri, ad essi<br />

segue l’utilizzo <strong>di</strong> tecniche d’indagine ra<strong>di</strong>ografica più o meno invasive che aiuteranno il curante a confermare il dubbio<br />

<strong>di</strong>agnostico. Allo scopo <strong>di</strong> ottenere la maggior efficienza <strong>di</strong>agnostica, è fondamentale informare il ra<strong>di</strong>ologo <strong>di</strong> ciò che<br />

l’odontostomatologo ricerca o dubita, soprattutto in caso <strong>di</strong> patologie altamente invalidanti come l’osteonecrosi <strong>dei</strong><br />

mascellari secondaria alla terapia con bisfosfonati.<br />

MATERIALI E METODI:si sono valutati esami ra<strong>di</strong>ografici <strong>di</strong> alcuni pazienti giunti nel nostro reparto,<br />

all’osservazione <strong>dei</strong> colleghi del “Progetto bifosfonati” poiché in terapia con bifosfonati e con sospetta <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />

osteonecrosi. Si tratta <strong>di</strong> OPTe <strong>di</strong> esami tomografici.<br />

DISCUSSIONE:l’indagine retrospettiva ha messo in evidenza quanto sarebbe stata utile una corretta ed esaustiva<br />

comunicazione tra l’odontostomatologo ed il ra<strong>di</strong>ologo, per anticipare la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> osteonecrosi in casi asintomatici o<br />

sventare <strong>dei</strong> falsi positivi. Infatti, l’informare il ra<strong>di</strong>ologo della somministrazione <strong>di</strong> Bifosfonati in corso e della sua<br />

durata, oltre che delle eventuali altre associazioni farmacologiche e terapeutiche a rischio per osteonecrosi<br />

(cortisone/chemioterapia) meglio lo orienterebbe nell’interpretazione dell’immagine ra<strong>di</strong>ologica.<br />

CONCLUSIONI :la collaborazione multi<strong>di</strong>sciplinare lungo l’asse oncologo-odontostomatologo –ra<strong>di</strong>ologo può senza<br />

dubbio essere l’elemento <strong>di</strong>agnostico <strong>di</strong>rimente per la precoce in<strong>di</strong>viduazione o l’esclusione <strong>di</strong> patologie<br />

osteonecrotiche a carico <strong>dei</strong> mascellari.


CASE REPORT: TRATTAMENTO CHIRURGICO DI UN CASO DI OSTEONECROSI DA BISFOSFONATI.<br />

Saggese V, Venegoni C, Francesconi M, Gatti G, Carini F.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Dipartimento <strong>di</strong> Neuroscienze e Tecnologie<br />

Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica, Scuola <strong>di</strong> Specialità in Chirurgia Odontostomatologica, Direttore Prof. M.Baldoni<br />

L’osteonecrosi <strong>dei</strong> mascellari correlata all’assunzione <strong>di</strong> bisfosfonati è una complicanza nota, che si manifesta in<br />

seguito ad eventi traumatici con mancata guarigione e compromissione vascolare <strong>dei</strong> tessuti orali corrispondenti. Le<br />

metastasi ossee <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> tumore e l’ipercalcemia maligna vengono spesso trattati con ottimi risultati tramite<br />

somministrazione endovenosa <strong>di</strong> tali farmaci.<br />

Viene qui presentato un caso <strong>di</strong> osteonecrosi correlato ad assunzione <strong>di</strong> Zoledronato per mieloma multiplo. L’esame<br />

intraorale <strong>di</strong> una paziente <strong>di</strong> 69 anni mostrava un’area eritematosa, producente essudato sieroso, con un’iniziale zona <strong>di</strong><br />

esposizione dell’osso sottostante in corrispondenza <strong>di</strong> estrazioni dentarie (zona 44 e 45) effettuate all’incirca 6 mesi<br />

prima. L’aspetto della lesione, la sintomatologia riferita dalla paziente, l’anamnesi positiva per mieloma multiplo con<br />

concomitante assunzione <strong>di</strong> Zometa per un periodo <strong>di</strong> 3 anni e mezzo e gli esami ra<strong>di</strong>ografici più recenti (OPT e TC)<br />

deponevano per una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> osteonecrosi da bisfosfonati.<br />

In seguito ad un primo intervento conservativo <strong>di</strong> debridement dell’osso necrotico, la lesione dopo un mese reci<strong>di</strong>vava<br />

nella medesima sede in maniera più estesa.<br />

La paziente veniva quin<strong>di</strong> sottoposta ad un nuovo intervento, più invasivo, con ampia asportazione dell’osso e <strong>dei</strong><br />

tessuti necrotici, con coinvolgimento <strong>di</strong> alcuni millimetri <strong>di</strong> tessuto osseo perilesionale sano e chiusura me<strong>di</strong>ante lembo<br />

<strong>di</strong> rotazione dal fornice e dalla guancia.<br />

Controlli a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 10 giorni, uno, tre e sei mesi <strong>di</strong>mostravano non solo la guarigione <strong>dei</strong> tessuti molli ma anche la<br />

ricomparsa <strong>di</strong> osso regolarmente trabecolato, evidenziato me<strong>di</strong>ante indagini ra<strong>di</strong>ografiche a livello delle zone trattate.


MANAGEMENT DEL PAZIENTE CON OSTEOPETROSI MALIGNA: CASE REPORT<br />

G. Dipalma 1,2 ; M. Tatullo *1 ; A.D. Inchingolo 1 ;M.W. Marrelli 1,2 ;F. Inchingolo 1,2 .<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

La Osteopetrosi è inquadrabile come una <strong>di</strong>splasia ossea rara e con una forte componente ere<strong>di</strong>taria nell'incipit della<br />

eziopatogenesi. La manifestazione <strong>di</strong> questa con<strong>di</strong>zione presenta una variabilità con: a) forme severe, in cui sono<br />

importanti le alterazioni ossee e metaboliche soprattutto a carico <strong>di</strong> soggetti in età infantile, e b) forme più benigne, in<br />

cui sono colpiti soggetti adulti.<br />

La osteopetrosi generalizzata, conosciuta anche come malattia <strong>di</strong> Albers-Schönberg o come malattia dalle "ossa<br />

marmoree", è caratterizzata da un incremento della densità ossea, con conseguente decremento dell'ampiezza degli spazi<br />

midollari, determinata da un non corretto funzionamento degli osteoclasti, i quali non consentono il corretto fisiologico<br />

turn-over osseo.<br />

La patologia non preclude la pre<strong>di</strong>cibilità del trattamento odontostomatologico, pur prevedendo una particolare cautela<br />

nelle manovre cruente, nella exodonzia ed in genere nelle manovre che sottendono traumatismi <strong>dei</strong> tessuti duri.<br />

L’esperienza degli Autori si basa su un case-report in cui sono manifeste le tipiche alterazioni clinico-ra<strong>di</strong>ologiche del<br />

paziente con osteopetrosi avanzata: la manovra exodontica non ha comportato intrinseche complicanze operative,<br />

benché si sia dovuto approntare un contestuale trattamento <strong>di</strong> chirurgia muco-gengivale al fine <strong>di</strong> ripristinare una<br />

corretta anatomia <strong>dei</strong> tessuti molli peri-lesionali.


IL CARICO IMMEDIATO NELLA MANDIBOLA EDENTULA. UN NUOVO CONCETTO DI<br />

TRATTAMENTO<br />

Cacchio L, Eccellente T, Piombino M, Ortolani M, Rossi A, Piattelli A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara.<br />

INTRODUZIONE: La ritenzione delle protesi totali nella man<strong>di</strong>bola con due o quattro impianti rappresenta, oggi, il<br />

trattamento <strong>di</strong> elezione nelle riabilitazioni implanto-protesiche. Tutte le meto<strong>di</strong>che implantari presentano <strong>di</strong>versi sistemi<br />

<strong>di</strong> ancoraggio per le overdenture. Il carico imme<strong>di</strong>ato <strong>di</strong> quattro impianti bloccati con barra nella man<strong>di</strong>bola edentula è<br />

stato presentato, per la prima volta, da Ledermann nel 1979.<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è stato quello descrivere una meto<strong>di</strong>ca ricostruttiva basata sul carico<br />

imme<strong>di</strong>ato <strong>di</strong> quattro impianti Ankylos inseriti nella regione interforaminale della man<strong>di</strong>bola, senza ricorrere alla<br />

connessione a barra per il bloccaggio secondario degli impianti. MATERIALI E METODI: Quattro impianti<br />

Ankylos sono stati inseriti nella regione interforaminale della man<strong>di</strong>bola. Per la ritenzione della protesi sono state<br />

utilizzate corone coniche prefabbricate polimerizzate <strong>di</strong>rettamente all’interno della protesi preesistente. Tali corone<br />

sono state inserite sui pilastri conici corrispondenti, solidarizzati agli impianti al termine della fase chirurgica.<br />

L’inserimento della protesi determina il bloccaggio secondario degli impianti.<br />

RISULTATI: L’utilizzo <strong>di</strong> corone coniche ha garantito una notevole ritenzione della protesi totale, determinando,<br />

inoltre, un minor ingombro dello spazio linguale ed una migliore igiene orale del paziente, come si evince dai valori del<br />

PlI e del SBI.<br />

CONCLUSIONI: Questa meto<strong>di</strong>ca consente la riabilitazione imme<strong>di</strong>ata in pazienti ormai completamente edentuli con<br />

ottima stabilità della protesi e costi ridotti.


VANTAGGI NELLA RIGENERAZIONE OSSEA CON UTILIZZO DI PLATELET RICH FIBRIN (P.R.F.)<br />

ASSOCIATO A BIO-OSS<br />

Schinco F. *1 ; Inchingolo A.D. 1 ; Marrelli M.W. 1,2 ; Tatullo M. 1 ; Inchingolo A.M. 1 ; Valenzano A.L. 1 ; Scandale F. 2 ;<br />

Picciariello V. 1 ; Dipalma G . 1,2 ; Inchingolo F. 1,2<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

Le cisti <strong>dei</strong> mascellari sono delle cavità patologiche neoformate. Il progressivo accumulo del contenuto fluido,<br />

semifluido o gassoso all’interno del lume cistico comporta l'incremento <strong>di</strong> una pressione intraluminale maggiore<br />

rispetto all’ambiente iuxtacistico con un conseguente azione espansiva/compressiva che favorisce il progressivo <strong>di</strong> autoaccrescimento<br />

della cisti stessa. Le cisti del <strong>di</strong>stretto orale, man<strong>di</strong>bolari e mascellari, aumentano <strong>di</strong> volume lentamente e<br />

progressivamente a <strong>di</strong>scapito del tessuto osseo circostante e possono raggiungere <strong>di</strong>mensioni notevoli, fino ad intaccare<br />

le corticali ossee arrivando anche ad indurre fratture patologiche <strong>dei</strong> mascellari.<br />

Lo scopo del presente lavoro è <strong>di</strong>mostrare l’utilità dell’uso del P.R.F. associato a Bio-Oss nella cavità post-chirurgica,<br />

dopo l’enucleazione della cisti, al fine <strong>di</strong> accelerare la rigenerazione ossea e migliorare la qualità del tessuto rigenerato<br />

con conseguente <strong>di</strong>minuzione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> attesa per il paziente.<br />

Gli Autori hanno reclutato una coorte <strong>di</strong> 42 pazienti: in 21 pazienti, dopo la cistectomia, è stato utilizzato come<br />

riempitivo il PRF; negli altri 21 pazienti si è atteso che la rigenerazione ossea nella cavità post-chirurgica avvenisse<br />

senza l'ausilio <strong>di</strong> coa<strong>di</strong>uvanti. Tutti i pazienti si sono sottoposti a follow-up a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 12 e 48 mesi dall’intervento:<br />

nei follow-up si sono eseguite le routinarie valutazioni obiettive corroborate da indagini ra<strong>di</strong>ologiche (RX-O.P.T. +<br />

Rvg). I risultati sono stati valutati con test statistici (T D Student): si è potuto riscontrare che i pazienti in cui era stato<br />

usato il PRF+Bio-Oss sono andati incontro a una guarigione più rapida.<br />

Ciò <strong>di</strong>mostra quanto siano reali i vantaggi dell’uso del PRF+Bio-Oss nel favorire la crescita dell’osso nella cavità postchirurgica<br />

e nel ridurre i tempi <strong>di</strong> attesa <strong>dei</strong> pazienti senza che siano aumentati gli effetti indesiderati nel postoperatorio.


ANALISI OGGETTIVA E SOGGETTIVA SULL’INFLUENZA DELLA PIEZOCHIRURGIA NEL DECORSO<br />

INTRA E POSTOPERATORIO: STUDIO PILOTA<br />

Valente NA, Raffaelli L, Manicone PF, D’Addona A.<br />

UOC Chirurgia Orale e Riabilitazione Implantoprotesica, Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Policlinico Universitario<br />

“Agostino Gemelli”, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

OBIETTIVI: L’avulsione degli ottavi in inclusione ossea è una procedura traumatica e la più comune nel campo della<br />

chirurgia orale. Essendo una zona altamente vascolarizzata e costituita prevalentemente da tessuto connettivo lasso sono<br />

preve<strong>di</strong>bili in maniera pressoché costante una serie <strong>di</strong> alterazioni strutturali, soprattutto gonfiore, trisma e dolore. Molti<br />

fattori pre, intra e postoperatori possono influenzare in maniera anche notevole il manifestarsi <strong>di</strong> tali sintomi. In questo<br />

stu<strong>di</strong>o si è fatto ricorso a due <strong>di</strong>stinte procedure chirurgiche: quella tra<strong>di</strong>zionale, con manipoli e frese rotanti e quella<br />

piezoelettrica. Lo scopo è stato quin<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> osservare, e confrontare, gli effetti, oggettivi e soggettivi, che le due<br />

<strong>di</strong>fferenti meto<strong>di</strong>che hanno sul decorso intra e post-operatorio.METODI: Sono stati selezionati 7 pazienti, 4 uomini e 3<br />

donne, <strong>di</strong> età compresa fra 19 e 49 anni, afferenti alla Clinica Odontoiatrica del Policlinico Universitario Agostino<br />

Gemelli. Sei pazienti sono stati sottoposti ad intervento <strong>di</strong> avulsione dell’ottavo inferiore in <strong>di</strong>sodontiasi, un paziente è<br />

stato sottoposto ad avulsione <strong>dei</strong> due primi premolari inferiori per ragioni ortodontiche; per un totale <strong>di</strong> 9 elementi<br />

estratti. Sei interventi sono stati eseguiti con le meto<strong>di</strong>che standard, tre con l’ausilio della piezochirurgia. Per l’analisi<br />

istologica sono stati prelevati <strong>dei</strong> campioni <strong>di</strong> mucosa orale dal sito operato, comprendenti epitelio e connettivo<br />

sottostante, ai giorni 0 e 6 e a 4 settimane dopo l’intervento. Per l’analisi soggettiva degli effetti delle meto<strong>di</strong>che, si è<br />

scelto <strong>di</strong> utilizzare la scala VAS. La scala viene compilata dal paziente, imme<strong>di</strong>atamente dopo l’intervento, tracciando<br />

su una linea <strong>di</strong> 100 mm, un segno che rappresenti il livello <strong>di</strong> dolore provato.RISULTATI: Dall’analisi <strong>dei</strong> campioni<br />

non si evidenzia una reale <strong>di</strong>fferenza o tendenza nella risposta flogistica <strong>dei</strong> tessuti tra le due meto<strong>di</strong>che. La misurazione<br />

della VAS sui pazienti trattati con meto<strong>di</strong>ca tra<strong>di</strong>zionale ha dato valori tra 5 mm e 27mm, su pazienti trattati con<br />

piezochirurgia ha dato valori tra 19 mm e 31 mm.DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Dal confronto, limitato nel<br />

numero <strong>di</strong> campioni, <strong>dei</strong> risultati non si evidenzia una reale <strong>di</strong>fferenza o una tendenza, che ci permetta <strong>di</strong> affermare che<br />

una tecnica sia realmente <strong>di</strong>fferente dall’altra nella risposta flogistica <strong>dei</strong> tessuti. I due pazienti che hanno avuto<br />

esperienza <strong>di</strong> tutte e due le meto<strong>di</strong>che hanno riportato valori più alti alla VAS per l’intervento con chirurgia<br />

piezoelettrica; il paziente sottoposto a estrazione <strong>dei</strong> premolari inferiori, ha riferito <strong>di</strong> avere avuto una sensazione <strong>di</strong><br />

fasti<strong>di</strong>o provocato dalle vibrazioni dell’inserto piezoelettrico. In effetti, in questo caso, il paziente avverte le vibrazioni<br />

che, durante l’intervento eseguito tra<strong>di</strong>zionalmente, non avverte. Il <strong>di</strong>spositivo piezoelettrico porta sicuramente molti<br />

benefici alle tecniche <strong>di</strong> chirurgia orale. Sussistono tuttavia delle caratteristiche sfavorevoli, tra queste è opportuno<br />

evidenziare la relativa lentezza del taglio, che aumenta la durata degli interventi e può rendere le manovre chirurgiche<br />

meno sopportabili, influenzando probabilmente la risposta negativa <strong>dei</strong> soggetti alla VAS.


L’IMPIEGO DEL PRF IN CHIRURGIA ENDODONTICA<br />

* D’Annibale M ** Roiate A, *** Capi V.<br />

STUDIO ODONTOIATRICO DOTT. MASSIMO D’ANNIBALE<br />

ROMA VIA ARICCIA 19°<br />

INTRODUZIONE: Alcuni componenti del sangue hanno trovato negli ultimi anni utilizzi non trasfusionali, da<br />

sfruttare come stimolo locale rigenerativo e/o emostatico nelle lesioni tissutali <strong>di</strong> vario genere.<br />

1. « PRP » Platelet Rich Plasma (1)<br />

2. « PRGF » Plasma Rich in Growth factors (2)<br />

3. « PRF » Platelet Rich Fibrin (3)<br />

Il PRF appartiene all’ultima generazione <strong>di</strong> concentrati piastrinici ricavati senza manipolazione biochimica del sangue<br />

(come eparina, EDTA, trombina bovina, cloruro <strong>di</strong> calcio) e può essere considerato come un cicatrizzante autologo.<br />

Puo essere usato sia come membrana che sotto forma <strong>di</strong> frammenti.<br />

La preparazione avviene per singola centrifugazione e il suo impiego deve essere contestuale alla preparazione poiché<br />

non è possibile la conservazione .<br />

La rete <strong>di</strong> fibrina formata con il protocollo PRF presenta una organizzazione tri<strong>di</strong>mensionale particolarmente omogenea<br />

maggiore <strong>di</strong> quella ottenuta in vivo.<br />

L’architettura <strong>di</strong> questa matrice risulta alquanto elastica e particolarmente favorevole alla migrazione cellulare ed alla<br />

ritenzione delle molecole in soluzione. All’analisi immunoistochimica risulta che la modalità <strong>di</strong> polimerizzazione lenta<br />

della fibrina durante la formazione del P.R.F. permette l’incorporazione intrinseca delle citochine piastriniche<br />

all’interno della trama del composto stesso. Tali caratteristiche sono risultate idonee nel trattamento della lesione<br />

intraossea riscontrata nella regione alveolare inferiore del nostro paziente.<br />

OBIETTIVI: Rigenerazione delle lesioni intraossee, attraverso l’azione stimolante e rigenerativa <strong>dei</strong> tessuti, e<br />

l’incremento nella rapi<strong>di</strong>tà dell’ emostasi locale, per mezzo della meto<strong>di</strong>ca P.R.F. e uso <strong>di</strong> osso eterologo .<br />

MATERIALI e METODI: Biomateriale in forma <strong>di</strong> granuli in mix <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> CORTICALE<br />

/SPONGIOSA <strong>di</strong> origine equina inserito in cavità a strati per ottenere un effetto osteoconduttivo ricoperto da un<br />

concentrato piastrinico arricchito in fibrina (P.R.F.) ricavato con prelievo ematico e centrifugazione con meto<strong>di</strong>ca<br />

E.L.I.S.A. senza alcuna manipolazione biochimica .<br />

RISULTATI: L’efficacia del protocollo utilizzato è stata supportata dai ripetuti followup <strong>di</strong> controllo eseguita a 4gg,<br />

8gg 15gg ,1 mese, 3 mesi, 6 mesi.<br />

DISCUSSIONE e CONCLUSIONI: Il risultato ottenuto con l’uso combinato <strong>di</strong> emoderivati autologhi e materiali<br />

eterologhi che stimolano sinergicamente sia la guarigione del sito chirurgico che la rigenerazione <strong>dei</strong> tessuti molli nella<br />

terapia delle lesioni infraossee conforta il loro attento uso ed apre la strada all’ulteriore approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> tali<br />

meto<strong>di</strong>che nella pratica clinica quoti<strong>di</strong>ana.<br />

* LIBERO PROFESSIONISTA IN ROMA<br />

** LIBERO PROFESSIONISTA IN ROMA<br />

*** LIBERO PROFESSIONISTA IN ROMA


LE COMPLICANZE NELLA CHIRURGIA DEL 3° MOLARE RITENUTO IN RELAZIONE AL DISEGNO<br />

DI LE<strong>MB</strong>O ADOPERATO : VALUTAZIONI CLINICO STATISTICHE.<br />

Briguglio F, Isola G.*, Briguglio E., Lapi M., Sidoti Pinto G.A..<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Messina, Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia Prof. R.<br />

Briguglio. gaetanoisola@virgilio.it<br />

Obiettivo:<br />

Lo scopo del seguente stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare le complicanze post chirurgiche a seguito dell’avulsione del terzo<br />

molare ritenuto, in base alla <strong>di</strong>versa tipologia <strong>di</strong> lembo utilizzato per accedere al sito chirurgico.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Gli autori hanno preso in considerazione i vari tipi <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno del lembo comunemente utilizzati<br />

nella chirurgia del terzo molare ritenuto mettendoli in rapporto col tipo <strong>di</strong> complicanze alle quali si andava incontro. Lo<br />

stu<strong>di</strong>o è stato effettuato su 46 pazienti che presentavano <strong>di</strong>sodontiasi del terzo molare man<strong>di</strong>bolare. I pazienti sono stati<br />

sud<strong>di</strong>visi in più sottogruppi, in ognuno <strong>dei</strong> quali è stato effettuato un <strong>di</strong>verso <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> lembo per l’accesso al sito<br />

chirurgico..<br />

Risultati: Sono state effettuate delle valutazioni, impiegando analisi clinico statistiche, in base al tipo <strong>di</strong> complicanze<br />

alle quali solitamente si va incontro a seconda del tipo <strong>di</strong> lembo adoperato.<br />

Discussione e Conclusioni: I dati clinici in<strong>di</strong>cano come sia importante l’utilizzo <strong>di</strong> una tecnica adeguata che possa<br />

risultare poco invasiva e sicura ai fini <strong>di</strong> una migliore pre<strong>di</strong>cibilità


VALUTAZIONE CITOFLUORIMETRICA DI PRP E PRF PRIMA E DOPO GELIFICAZIONE.<br />

Sajn S, Maglione M, Costantinides F, Rizzar<strong>di</strong> C, Melato M, Di Lenarda R.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.CLSOPD (Presidente: Prof. R. Di Lenarda)<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica (Direttore: Prof. M. Maglione)<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> valutare, me<strong>di</strong>ante citofluorimetria a flusso, la percentuale <strong>di</strong><br />

attivazione e degranulazione delle piastrine nel PRP (Platelet-Rich-Plasma) durante le prime 24 ore dalla sua<br />

preparazione. E’ stata inoltre analizzata la popolazione <strong>di</strong> piastrine residue nel surnatante <strong>di</strong> PRP e PRF (Platelet-Rich-<br />

Fibrin) dopo gelificazione.<br />

MATERIALI E METODI: L’analisi è stata effettuata sul PRP <strong>di</strong> 24 pazienti (range d’età 24-67 anni) e sul PRF <strong>di</strong> 10<br />

soggetti (range d’età 16-67 anni) che necessitavano <strong>di</strong> estrazioni dentarie complesse o <strong>di</strong> chirurgia preprotesica<br />

(cfr.grande rialzo <strong>di</strong> seno mascellare).<br />

Per la preparazione del PRP ci si è avvalsi della meto<strong>di</strong>ca classica <strong>di</strong> preparazione, mentre per il PRF è stata utilizzata la<br />

tecnica <strong>di</strong> Chouckron e Dohan. I campioni <strong>di</strong> PRP sono stati raccolti a 1, 6 e 24 ore dal suo stoccaggio ed<br />

imme<strong>di</strong>atamente trattati con uno stabilizzatore piastrinico (TromboFix®) allo scopo evitare un’attivazione secondaria<br />

<strong>dei</strong> trombociti. Per l’analisi con citometria a flusso, è stata eseguita la marcatura con anticorpi CD 42 Fitc (isolamento<br />

della popolazione piastrinica), con CD 62 Pe (analisi delle piastrine in fase <strong>di</strong> attivazione) e CD 63 Pe (analisi delle<br />

piastrine in fase <strong>di</strong> degranulazione). Sono stati successivamente analizzati <strong>dei</strong> campioni <strong>di</strong> surnatante <strong>di</strong> PRP e PRF<br />

dopo gelificazione utilizzando la stessa meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> fissazione, marcatura e lettura.<br />

RISULTATI: I risultati ottenuti in<strong>di</strong>cano che: 1) la concentrazione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> piastrine nel PRP puro è del 79,82%; 2) la<br />

me<strong>di</strong>a delle piastrine in fase <strong>di</strong> attivazione risulta, ad un’ora dalla preparazione, del 25,7%, a 6 ore del 32,25% e a 24<br />

ore del 39,2%; 3) la percentuale <strong>di</strong> piastrine degranulate risulta, ad 1 ora, del 59,86%, a 6 ore del 62,99% e a 24 ore del<br />

80,52%; 4) la concentrazione piastrinica presente nel surnatante del PRP e del PRF dopo gelificazione risulta<br />

rispettivamente del 7,8% e del 2,34%.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Considerando che l’efficacia del PRP è tanto maggiore quanto più elevata è la<br />

percentuale <strong>di</strong> piastrine attivate e ridotta la quantità <strong>di</strong> piastrine degranulate, è possibile suggerire l’utilizzo <strong>di</strong> un PRP<br />

stoccato da non più <strong>di</strong> 6 ore. La meto<strong>di</strong>ca e la tecnica <strong>di</strong> gelificazione <strong>di</strong> PRP e PRF appaiono congrue date le basse<br />

percentuali <strong>di</strong> piastrine residue presenti nei surnatanti <strong>di</strong> questi biomateriali durante il loro utilizzo clinico.


COMPARAZIONE CLINICA TRA PRP E PRF NEL CONTESTO DELLA GUARIGIONE TISSUTALE.<br />

Maglione M, Cocevari I, Costantinides F, Angerame D, Di Lenarda R.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste.CLSOPD (Presidente: Prof. R. Di Lenarda)<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica (Direttore: Prof. M. Maglione)<br />

OBIETTIVI: Scopo della sperimentazione, svolta presso la Clinica Odontoiatrica e Stomatologica dell’Università degli<br />

Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste, è stato quello <strong>di</strong> confrontare clinicamente l’efficacia del PRP e PRF dopo la loro applicazione in siti<br />

chirurgici.<br />

MATERIALI E METODI: Nello stu<strong>di</strong>o sono stati inclusi 19 pazienti d’età compresa tra 20 e 74 anni; tutti godevano<br />

<strong>di</strong> buona salute generale. Sono stati considerati 27 siti operatori (derivanti da cistectomie, fratture, estrazioni <strong>di</strong> terzi<br />

molari) nei quali sono stati applicati i gel per un totale <strong>di</strong> 15 PRP e 12 PRF. Tutti i pazienti sono stati visitati prima<br />

dell’intervento, il giorno dello stesso, nonché a 1, 4, 7 giorni e a 1, 2, 3, 6 mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza tenendo in considerazione<br />

alcuni parametri per la valutazione clinica quali alveolite, edema, ematoma, emorragia post-operatoria, dolore, trisma,<br />

<strong>dei</strong>scenza della ferita, livello <strong>di</strong> attacco parodontale, valutazione ra<strong>di</strong>ografica.<br />

RISULTATI: l’uso del PRF rispetto al PRP è risultato più vantaggioso per i parametri edema, ematoma, emorragia<br />

post-operatoria, dolore, trisma, e <strong>dei</strong>scenza della ferita.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La sperimentazione clinica è stata effettuata con due biomateriali inerti quali il<br />

PRP e il PRF. A <strong>di</strong>fferenza del PRP, il PRF viene preparato in toto durante l’intervento chirurgico, per cui la facilità<br />

d’esecuzione della tecnica preoperatoria, l’assenza <strong>di</strong> ripetute manipolazioni del prelievo ematico, e l’impossibilità <strong>di</strong><br />

conservazione della membrana, sono elementi <strong>di</strong> sicurezza della meto<strong>di</strong>ca PRF che potrebbe rappresentare la soluzione<br />

alle <strong>di</strong>verse problematiche procedurali legate alla complessità <strong>dei</strong> protocolli <strong>di</strong> preparazione del PRP. L’imbrigliamento<br />

delle citochine intrinseche nel PRF garantisce una loro durata <strong>di</strong> vita accresciuta poiché esse non sono liberate ed<br />

utilizzate che al momento del rimodellamento della matrice cicatriziale (effetto a più lungo termine). Ciò comporta<br />

anche un effetto stimolante per la cicatrizzazione, poiché i fattori <strong>di</strong> crescita colpiscono il loro bersaglio al momento in<br />

cui le cellule sono nel sito cicatriziale. Per quanto riguarda l’utilizzo clinico, le proprietà emostatiche, antiinfiammatorie<br />

e antalgiche del PRP sono note da tempo ed apprezzate in varie branche della chirurgia; non altrettanto si può <strong>di</strong>re del<br />

PRF essendo esso un biomateriale <strong>di</strong> nuova generazione, del quale si conoscono solamente i risultati clinici a breve<br />

termine. Confrontando i dati ottenuti, si evidenzia che dolore, edema, ematoma e trisma nel postoperatorio con l’utilizzo<br />

del PRF sono meno imponenti rispetto all’uso del PRP. Questi dati hanno maggior valenza se si tiene conto che nel<br />

gruppo PRF sono stati inclusi pazienti sottoposti a interventi più invasivi rispetto a quelli inclusi nel gruppo PRP.


PROFILASSI ANTIBIOTICA NELLA PREVENZIONE DELL’ENDOCARDITE.<br />

A.F. Carnovale*, F. Magliar<strong>di</strong>ti, M.R. Latella, P.D. Tornese<br />

(Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche).<br />

I car<strong>di</strong>ologi hanno da sempre raccomandato <strong>di</strong> procedere ad una profilassi antibiotica (PA) prima <strong>di</strong> interventi chirurgici<br />

odontoiatrici, spesso però questo è avvenuto in modo piuttosto in<strong>di</strong>scriminato. In genere in letteratura si in<strong>di</strong>ca l’uso <strong>di</strong><br />

amoxicillina come antibiotico ad ampio spettro nella prevenzione della endocar<strong>di</strong>te infettiva secondo vari protocolli,<br />

nessuno <strong>dei</strong> quali ha <strong>di</strong>mostrato una reale migliore efficacia sugli altri. Nel 2006 l’associazione nazionale britannica <strong>dei</strong><br />

car<strong>di</strong>ologi pubblica, e le relative raccomandazioni sono introdotte nel British National Formulary, delle nuove linee<br />

guida che limitano la PA solo in tre casi specifici: 1 anamnesi positiva all’endocar<strong>di</strong>te infettiva, 2 protesi valvolari, 3<br />

pazienti sottoposti ad importanti interventi <strong>di</strong> car<strong>di</strong>ochirurgia.<br />

L’endocar<strong>di</strong>te batterica da <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> batteri dal <strong>di</strong>stretto stomatognatico è una infezione caratterizzata da una<br />

infiammazione <strong>di</strong> tipo essudativo-proliferativo che può colpire le valvole car<strong>di</strong>ache, un <strong>di</strong>fetto del setto e/o<br />

dell’endocar<strong>di</strong>o murale, producendo ampie vegetazioni batteriche sull’endocar<strong>di</strong>o stesso. La malattia prende origine<br />

come conseguenza della localizzazione <strong>di</strong> microrganismi su vegetazioni sterili, costituite da piastrine e fibrina che si<br />

formano su aree <strong>di</strong> endotelio traumatizzato, in aree <strong>di</strong> turbolenza, su cicatrici od in pazienti defedati affetti da patologie<br />

gravi a tipo neoplastico. Streptococchi e stafilococchi sono responsabili <strong>di</strong> circa l’ottanta per cento <strong>dei</strong> casi. Di recente<br />

si è verificata una riduzione cospicua delle endocar<strong>di</strong>ti da streptococcus viridans, a cui però fa riscontro un aumento <strong>di</strong><br />

quelle la cui etiologia è rappresentata dal faecalis e dal bovis. Per gli stafilococchi il maggiormente rappresentativo è<br />

l’aureus. Il rimanente venti per cento è indotto da altri germi opportunisti quali pseudomaonas, serratia, <strong>di</strong>fteroi<strong>di</strong> e<br />

bacilli gram- anaerobi: fusobacterium, actinobacillus actinomycetemcomitans. Tutti i suddetti batteri sono stati isolati<br />

nel cavo orale in forma saprofitica od in corso <strong>di</strong> patologia parodontale acuta o subacuta. I sintomi dell’endocar<strong>di</strong>te, che<br />

sia in forma subacuta che acuta grave, iniziano <strong>di</strong> solito entro due settimane dall’evento precipitante e sono<br />

rappresentati da febbre moderata e soffi car<strong>di</strong>aci costantemente presenti. Le incertezze sulla reale efficacia della PA<br />

sulla prevenzione della endocar<strong>di</strong>te batterica iatrogena odontoiatrica sono infine <strong>di</strong>mostrate dai dati che l’Istituto<br />

Superiore <strong>di</strong> Sanità ha pubblicato <strong>di</strong> recente atti a <strong>di</strong>mostrare che l’incidenza dell’endocar<strong>di</strong>te batterica è rimasta la<br />

stessa dagli anni quaranta (11-50 casi per milione per anno) nonostante le terapie odontoiatriche siano enormemente<br />

aumentate in termini percentuali sul pari campione. Rimane in ogni caso doverosa la PA, nei casi suddetti, per evitare<br />

successive implicazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne me<strong>di</strong>co-legale.


PROFILASSI ANTIBIOTICA NELLA CHIRURGIA DEL TERZO MOLARE. STUDIO COMPARATIVO<br />

MICROBIOLOGICO-CLINICO : AMOXICILLINA + ACIDO CLAVULANICO VS CLARITROMICINA.<br />

Lalli G * , Cattani P ** , Piselli D * .<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia orale, Istituto <strong>di</strong> Clinica odontoiatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

**Istituto <strong>di</strong> Microbiologia,Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma<br />

OBIETTIVI: Il seguente stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong> testare l’efficacia clinica riguardo al controllo delle infezioni e delle<br />

complicanze infiammatorie, ed il potere battericida su particolari specie microbiche patogene del cavo orale, <strong>di</strong> due<br />

classi <strong>di</strong> antibiotici: la claritromicina (Klacid ® cpr 250 mg) del gruppo <strong>dei</strong> macroli<strong>di</strong>, e l’amoxocillina + acido<br />

clavulanico (Augmentin ® cpr 875 mg + 125 mg) del gruppo delle penicilline. Come modello chirurgico è stata utilizzata<br />

l’avulsione <strong>dei</strong> terzi molari. MATERIALI E METODI: Lo stu<strong>di</strong>o ha valutato un gruppo <strong>di</strong> 20 pazienti non fumatori<br />

<strong>di</strong> età superiore ai 18 anni, che necessitavano <strong>di</strong> almeno due avulsioni <strong>di</strong> terzi molari della stessa arcata. Ogni paziente<br />

ha subito un intervento sotto copertura con Augmentin ® e l’altro sotto copertura con Klacid ® . I controlli, eseguiti<br />

sempre dallo stesso operatore, sono stati effettuati a 3, 7, 14 giorni dall’intervento. Dal punto <strong>di</strong> vista clinico, oltre a<br />

considerare igiene orale (me<strong>di</strong>ante in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca <strong>di</strong> Ainamo & Bay a livello del dente mesiale al molare da estrarre)<br />

ed eventuali complicanze (alveolite, trisma, enfisema sottocutaneo, emorragia, anomala guarigione, <strong>di</strong>sturbi sensibilità,<br />

ecc.) si sono tenuti presenti i parametri: tumefazione (presente/assente); dolore (presente/assente); tessuti (assegnando<br />

valori da 0 a 3) con 0 = tessuti normali, 1 = mite infiammazione, 2 = edema evidente, 3 = edema marcato. Dal punto <strong>di</strong><br />

vista microbiologico, al fine <strong>di</strong> evidenziare la presenza <strong>dei</strong> microrganismi ritenuti <strong>di</strong> fondamentale importanza<br />

nell’eziopatogenesi delle infezioni odontogeniche più frequenti sono stati eseguiti prelievi <strong>di</strong> fluido crevicolare<br />

gengivale a livello dell’elemento da estrarre e del sito <strong>di</strong>stale dell’elemento contiguo (secondo molare) nei seguenti<br />

tempi: al momento della visita, prima della somministrazione dell’antibiotico (2 prelievi); al momento dell’estrazione<br />

quin<strong>di</strong> sotto copertura antibiotica (2 prelievi); al controllo a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 7 giorni (solo dente contiguo); al controllo a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 14 giorni (solo dente contiguo). RISULTATI: Su un totale <strong>di</strong> 40 avulsioni <strong>di</strong> terzi molari non si è verificata<br />

alcuna complicanza grave. Si è evidenziato 1 solo caso <strong>di</strong> alveolite secca verificatosi a seguito <strong>di</strong> avulsione <strong>di</strong> elemento<br />

38 in paziente che assumeva Klacid ® . L’esame clinico non ha evidenziato <strong>di</strong>fferenze tra i due gruppi per quanto riguarda<br />

i parametri evidenziati. In<strong>di</strong>pendentemente dall’antibiotico assunto si sono verificate complicanze infiammatorie <strong>di</strong><br />

varia entità. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I risultati <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o in<strong>di</strong>cano che la profilassi antibiotica<br />

sistemica risulta efficace nel ridurre il rischio <strong>di</strong> alveolite ed infezione del sito chirurgico dopo avulsione <strong>di</strong> terzi molari.<br />

Entrambi gli antibiotici testati hanno portato a buoni risultati però le analisi microbiologiche hanno <strong>di</strong>mostrato una<br />

maggior efficacia dell’Augmentin ® rispetto al Klacid ® nel sopprimere i principali ceppi batterici patogeni del cavo<br />

orale. Le analisi cliniche suggeriscono una totale ininfluenza dell’antibiotico nel prevenire le complicanze<br />

infiammatorie più o meno gravi su base non infettiva.


EVALUATION OF QUALITY OF LIFE IN PATIENTS WITH TOTAL OR PARTIAL EDENTULISM<br />

TREATED WITH COMPUTER-ASSISTED IMPLANTOLOGY<br />

Nocini P.F., De Santis D., Piubelli C., Frustaci A., de Gemmis A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologico- Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica e <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona.<br />

PURPOSE: the study deals with a preliminar analysis that compares quality of life of a randomized sample of patients<br />

with total or partial edentulism rehabilitated with conventional and Nobelguide computer assisted implantology. The<br />

randomized sample was sub<strong>di</strong>vided into two groups: the first group has been treated with conventional implantology,<br />

while the second group with computer-assisted implantology. Every patient has filled up a questionnaire on quality of<br />

life in presurgical period, postsurgical period and about the gratification after prosthetic treatment. Statistical data were<br />

significant and revealed an improvement in quality of life in patient treated with computer assisted implantology.<br />

MATERIALS & METHODS: the sample was selected with inclusion and exclusion criteria, then <strong>di</strong>vided into two<br />

randomized groups. The first group was treated with conventional implantology, while the second group was treated<br />

with Nobelguide computer-assisted implantology. Every patient has filled up a questionnaire about quality of life in<br />

presurgical period (SF-36), in postsurgical period (SF-36; TIQ) and about the gratification after prosthetic treatment.<br />

The questionnaire has evaluated physical, general and psycho-emotive health parameter.<br />

RESULTS: SF-36 has demonstrated an improvement in quality of life after computer-assisted surgery. Statistical data<br />

were significant (p=0,008). TIQ has revealed that patients symptoms in postsurgical week were inferior in quality and in<br />

quantity in Nobelguide technique. Gratification questionnaire has demonstrated that quality of life improvement<br />

matches patient full satisfaction after the treatment.<br />

DISCUSSION & CONCLUSION: Nobelguide protocol improves physical health after implantology with positive<br />

reflections on psycho-emotive health. Furthermore prefabricated temporary prostheses reduces treatment time and<br />

patient <strong>di</strong>scomfort.


UTILIZZO DEL PIEZOSURGERY NELLA CHIRURGIA MINI-INVASIVA DEL RIALZO DI SENO<br />

Bal<strong>di</strong> D, Menini M, Bonica P, Pera P.<br />

OBIETTIVI La riabilitazione implantoprotesica del mascellare superiore risulta spesso ostacolata nei settori posteriori<br />

dall’estensione del seno mascellare. In caso <strong>di</strong> osso residuo <strong>di</strong> scarsa qualità e <strong>di</strong> altezza inferiore ai 5 mm, le tecniche<br />

chirurgiche tra<strong>di</strong>zionali prevedono l’applicazione <strong>di</strong> procedure chirurgiche invasive per ripristinare un volume osseo<br />

sufficiente all’inserzione degli impianti, quali il rialzo del pavimento sinusale tramite antrostomia laterale. In questi casi<br />

è inoltre generalmente proposto un approccio two-stage, con inserzione degli impianti non contestuale al rialzo <strong>di</strong> seno,<br />

ma una volta avvenuta la guarigione dell’innesto.<br />

Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è descrivere una tecnica chirurgia innovativa per il rialzo del pavimento del seno mascellare per<br />

via crestale, con inserzione degli impianti nella stessa seduta, in casi in cui l’osso subantrale residuo ha un’altezza<br />

inferiore ai 5 mm.<br />

MATERIALI E METODI La tecnica prevede, in pazienti con altezza ossea subantrale inferiore a 5 mm, la<br />

realizzazione <strong>di</strong> un’osteotomia in sede crestale. Questa può essere ottenuta tramite frese tra<strong>di</strong>zionali e osteotomi o<br />

utilizzando esclusivamente il Piezosurgey® (Mectron Me<strong>di</strong>cal Technology, Carasco, Italy). Il materiale da innesto<br />

utilizzato consiste in Bi-Oss® (Geistlich Pharma AG, Wolhusen, Switzerland) misto ad osso autologo ed antibiotico<br />

(Ambramicina). Nella stessa seduta vengono inseriti impianti Osseotite® (Biomet 3i, Palm Beach Gardens, FL, USA)<br />

della <strong>di</strong>mensione appropriata.<br />

RISULTATI La meto<strong>di</strong>ca proposta ha mostrato risultati paragonabili a quelli ottenibili con le tecniche chirurgiche<br />

tra<strong>di</strong>zionali, riducendo però l’invasività del trattamento e i tempi per la riabilitazione, essendo l’inserzione degli<br />

impianti contestuale all’intervento per il rialzo <strong>di</strong> seno. L’utilizzo del Piezosurgery, in particolare, ha consentito un<br />

intervento meno traumatico e più confortevole per il paziente rispetto all’utilizzo degli osteotomi. Il Piezosurgery ha<br />

inoltre facilitato le tecniche operative da parte del clinico, grazie alla sua precisione <strong>di</strong> taglio, alla selettività <strong>di</strong> taglio<br />

(che riduce il rischio <strong>di</strong> perforazione della membrana Schneideriana) e grazie al mantenimento <strong>di</strong> un sito chirurgico<br />

pulito, libero da sangue, tramite l’effetto cavitazione.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI La tecnica chirurgica proposta consente il rialzo <strong>di</strong> seno mascellare per via<br />

crestale con tecnica one-stage, in casi in cui l’altezza dell’osso subantrale residuo è inferiore a 5 mm.<br />

I vantaggi della tecnica consistono in una minore morbilità per il paziente, che deve sottoporsi ad un unico intervento<br />

chirurgico, e una minore invasività rispetto alle tecniche con antrostomia laterale.<br />

L’utilizzo del Piezosurgery sembra particolarmente in<strong>di</strong>cato per questo tipo <strong>di</strong> intervento, rendendolo più confortevole<br />

sia per il clinico che per il paziente.


STUDIO STATISTICO SU PAZIENTI DI ETÀ SUPERIORE AI 14 ANNI AFFETTI DA INCLUSIONE DEI<br />

CANINI SUPERIORI.<br />

Di Franco P.L. e Bogo P.A.<br />

Facoltà <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> <strong>di</strong> La Plata , Università Nazionale <strong>di</strong> La Plata.<br />

Obiettivi: determinare la frequenza <strong>di</strong> inclusioni a carico <strong>dei</strong> canini superiori in pazienti <strong>di</strong> età maggiore <strong>di</strong> 14 anni.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: la popolazione stu<strong>di</strong>ata è composta da pazienti <strong>di</strong> età superiore ai 14 anni, trattati negli ambulatori<br />

della Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia A (F.O.L.P.), nel periodo compreso tra marzo e novembre 2008. Su ciascun paziente, per un<br />

totale <strong>di</strong> 2920, sono state eseguite visite cliniche ed esami ra<strong>di</strong>ografici al fine <strong>di</strong> formulare una corretta <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />

inclusione <strong>dei</strong> canini superiori. Sui pazienti che presentavano tale con<strong>di</strong>zione dentaria è stato effettuato lo stu<strong>di</strong>o<br />

statistico, elaborando i dati ottenuti in formato numerico e grafico.<br />

Risultati: sono stati in<strong>di</strong>viduati <strong>13</strong>4 pazienti per un totale <strong>di</strong> 155 canini inclusi, cioè il 4,59%. Riferendoci quin<strong>di</strong> al<br />

numero <strong>di</strong> canini inclusi (155) il 4.52% <strong>di</strong> questi si trovano in posizione orizzontale, il 16.77% in quella verticale, il<br />

78.71% semiverticale. Le localizzazioni nelle quali sono state in<strong>di</strong>viduate le inclusioni sono: il 56.77% sul lato destro,<br />

43.22% sul lato sinistro. Tra questi ultimi in inclusione unilaterale destra il 43.23%, in quella sinistra il 29.67% e in<br />

quella bilaterale il 27.10%. Tra la popolazione stu<strong>di</strong>ata si è <strong>di</strong>agnosticato un solo paziente con <strong>di</strong>sostosi cleido-cranica,<br />

che però non è stato inserito nell’elaborazione statistica in quanto risulta impossibile la sua classificazione.<br />

Discussione: l’inclusione più frequente è quella del canino destro, in <strong>di</strong>saccordo con quanto in<strong>di</strong>cato da Rorher (1929).<br />

I risultati delle inclusioni bilaterali sono risultati contrari a quelli descritti da Dachiy Howell (1961) , Ericson e Kurol<br />

(1986), Matheo Chiapasco (2004) e Raspall (1994).<br />

Conclusioni: tra i pazienti esaminati, <strong>di</strong> età superiore ai 14 anni, è stata rilevata una frequenza <strong>dei</strong> canini inclusi<br />

superiori pari al 4.59%. La localizzazione delle inclusioni più frequentemente <strong>di</strong>agnosticata è quella <strong>di</strong> destra e in<br />

posizione semiverticale. Nella popolazione esaminata non è stata osservata una <strong>di</strong>fferenza statistica significativa tra<br />

uomini e donne.


L’ESPANSIONE CHIRURGICAMENTE ASSISTITA DEL MASCELLARE SUPERIORE IN ANESTESIA<br />

LOCO-REGIONALE , UN ULTERIORE PASSO IN AVANTI PER UNA FUTURIBILE CHIRURGIA<br />

ORTOGNATICA A<strong>MB</strong>ULATORIALE.<br />

Laino L. , Festa V.M. , Rullo R. , Men<strong>di</strong>tti D. , Lanza V. , Laino G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Discipline Odontostomatologiche, Ortodontiche e Chirurgiche , Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Speciale<br />

Odontostomatologica<br />

Obiettivi : Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è valutare la possibilità <strong>di</strong> effettuare l’espansione chirurgicamente assistita del<br />

mascellare superiore (SARME) in anestesia loco-regionale. Per questo motivo abbiamo comparato e valutato in uno<br />

stu<strong>di</strong>o retrospettivo il <strong>di</strong>scomfort intra e post – operatorio <strong>di</strong> pazienti che avevano necessità <strong>di</strong> sottoporsi sia ad un<br />

intervento, comunemente eseguito in regime ambulatoriale , quale la avulsione chirurgica <strong>dei</strong> terzi molari inferiori<br />

inclusi , che alla SARME.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong> :I pazienti sottoposti a questa tipologia <strong>di</strong> intervento sono stati 18 ; 11 maschi e 7 femmine con età<br />

me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 24 anni , il tipo <strong>di</strong> <strong>di</strong>astasatore utilizzato è stato sempre quello <strong>di</strong> Haas (con ricopertura in resina acrilica delle<br />

superfici occlusali ) , la tecnica anestesiologica effettuata è la loco-regionale con mepivacaina al 2% mentre le tecniche<br />

chirurgiche eseguite sono state Odontectomia previa ostectomia per l’avulsione chirurgica <strong>dei</strong> terzi molari inferiori<br />

inclusi Vs Kennedy mo<strong>di</strong>ficata per la SARME . Per valutare il <strong>di</strong>scomfort intra e post-operatorio <strong>dei</strong> pazienti ci siamo<br />

avvalsi della scala VAS (Visual Analogue Scale). Criteri <strong>di</strong> inclusione: Pazienti con almeno un ottavo inferiore in<br />

<strong>di</strong>sodontiasi ed affetti da contrazione del mascellare superiore da sottoporre a SARME . Criteri <strong>di</strong> Esclusione : Pazienti<br />

allergici alla mepivacaina.<br />

Numero 15 Pazienti ripondenti ai criteri ed arruolati nello stu<strong>di</strong>o .<br />

Risultati : Dall’analisi <strong>dei</strong> test effettuati dai pazienti , si evince una non marcata <strong>di</strong>fferenza nella percezione del<br />

<strong>di</strong>scomfort sia intra che post- operatoria nella SARME rispetto ad un intervento chirurgico comunemente eseguito in<br />

regime ambulatoriale .<br />

Conclusioni :Alla luce della nostra esperienza clinica e valutando attentamente i risultati ottenuti da questo stu<strong>di</strong>o<br />

retrospettivo riteniamo che l’espansione chirurgicamente assistita del mascellare superiore (SARME) sia un intervento<br />

che porta a delle mo<strong>di</strong>fiche strutturali e funzionali evidenti e che può essere eseguita in anestesia loco-regionale perché<br />

ben accettata dal paziente sia in fase intra che post-operatoria , e inoltre abbatte quella percentuale <strong>di</strong> rischi , se pur<br />

minima , legati alla narcosi.


COMPLICANZE IATROGENE DEL SENO MASCELLARE. (VERE E FALSE).<br />

Sarzi Amadè D., Ban<strong>di</strong>era G. , Murè C., Macrì C, Marino A..<br />

Dipartimento Organi Di Senso II Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina La Sapienza Università Degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma Azienda<br />

Ospedaliera S. Andrea carmelomure@gmail.com<br />

OBIETTIVI: I rapporti fra le arcate alveolo dentarie e il seno mascellare sono tali che patologie a carico degli<br />

elementi dentari o interventi <strong>di</strong> chirurgia implantare nel mascellare posteriore possono determinare la comparsa <strong>di</strong><br />

quadri patologici e sintomatici a carico del seno mascellare. Scopo del lavoro è quello <strong>di</strong> illustrare alcuni casi <strong>di</strong><br />

patologie sinusali giunti alla nostra osservazione e trattati nel nostro Dipartimento analizzando eziopatogenesi e<br />

trattamento. MATERIALI E METODI : Il primo paziente presentava la migrazione <strong>di</strong> un impianto all’interno del<br />

seno mascellare <strong>di</strong> sinistra . L’impianto risultava dalla storia clinica posizionato contestualmente con il rialzo del seno<br />

mascellare con materiale alloplastico e osso autologo. La sintomatologia compariva dopo circa 4 anni dal carico<br />

protesico ed era costituita da rinorrea mucopurulenta e frequenti episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> cefalea prevalentemente fronto-oculare<br />

sinistra. Per tale motivo si sottoponeva ad una TC <strong>dei</strong> seni paranasali che evidenziava la migrazione dell’impianto<br />

all’interno del seno mascellare e la contestuale ipertrofia della mucosa del seno mascellare che appariva completamente<br />

opacato. Il paziente trattato con tecnica endoscopica (FESS) effettuava l’antrotomia intranasale del seno in questione<br />

con asportazione del tessuto infiammatorio ivi presente e rimozione dell’impianto dentale completo <strong>di</strong> moncone<br />

protesico. Il secondo paziente riferiva l’insorgenza <strong>di</strong> cefalea gravativa , rinorrea idro-mucosa e ostruzione respiratoria<br />

nasale unilaterale e ad un esame TC <strong>dei</strong> seni paranasali si rilevava una ipertrofia unilaterale della mucosa del seno<br />

mascellare con blocco osteo-meatale , opacamento <strong>dei</strong> seni etmoidali e del seno frontale omolateralmente con presenza<br />

<strong>di</strong> tessuto polipoide a livello del meato me<strong>di</strong>o. Per tale motivo veniva sottoposto a intervento <strong>di</strong> FESS senza remissione<br />

della sintomatologia. Un esame dentascan rilevava la presenza dell’elemento 27 necrotico con comunicazione<br />

endosinisale. Si procedeva a terapia endodontica con remissione della sintomatologia sinusale.<br />

Il terzo paziente, che lamentava cefalea gravativa e cacosmia intensa, era stato inviato dallo specialista ORL poiché ad<br />

una TC <strong>dei</strong> seni paranasali si evidenziava la presenza <strong>di</strong> un immagine ra<strong>di</strong>opaca da corpo estraneo all’interno del seno<br />

mascellare in concomitanza all’ ipertrofia della mucosa del seno stesso . Pertanto si sottoponeva a intervento <strong>di</strong> FESS<br />

che mostrava assenza <strong>di</strong> corpi estranei all’interno del seno mascellare mentre l’esame microbiologico del tessuto<br />

infiammatorio asportato dava esito positivo <strong>di</strong> colonizzazione micotica.<br />

CONCLUSIONI: Sebbene la maggioranza delle sinusiti mascellari monolaterali abbiano un’eziologia odontogena, a<br />

causa della stretta correlazione anatomica tra le arcate alveolo dentarie e il seno stesso , è sempre necessario tuttavia<br />

escludere che la patologia non sia legata ad altri agenti eziologici (per esempio miceti) o che sottenda ad una patologia<br />

<strong>di</strong> origine neoplastica. Dunque è sempre opportuno una stretta collaborazione tra l’odontoiatria e l’otorino per ridurre al<br />

minimo le possibilità <strong>di</strong> errore.


L’USO DEL SOLFATO DI CALCIO NELLA DISINCLUSIONE CHIRURGICA/ ORTODONTICA DEI<br />

DENTI: UN NUOVO APPROCCIO TERAPEUTICO.<br />

Cimorelli E*.; Mancino C.*; Iezzi G.*; Pecora G.**; Scarano A* , **.<br />

*Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D'Annunzio” <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

Presidente: Prof. A. Piattelli<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D'Annunzio” <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

Direttore: Prof. Sergio Caputi<br />

**Corso <strong>di</strong> Perfezionamento in Microscopia Operatoria in Chirurgia Orale<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

Introduzione: Il Solfato <strong>di</strong> calcio (CaS) è un materiale biocompatibile, con una lunga storia <strong>di</strong> utilizzo in <strong>di</strong>verse<br />

situazioni cliniche. Il CaS viene riassorbito rapidamente e durante il suo riassorbimento, forma un lattice <strong>di</strong> fosfato <strong>di</strong><br />

calcio che promuove la rigenerazione ossea e l’emostasi.<br />

Obiettivi: Lo scopo del presente lavoro è la valutazione clinica dell’effetto emostatico del CaS (Surgiplaster, Ghimas,<br />

Casalecchio <strong>di</strong> Reno, BO) nel trattamento chirurgico-ortodontico <strong>dei</strong> denti inclusi.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: 43 pazienti con 66 denti inclusi sono stati arruolati nello stu<strong>di</strong>o. Dopo l’isolamento del dente<br />

incluso, lo spazio tra dente e osso è stato riempito con strati <strong>di</strong> CaS. Ogni strato <strong>di</strong> CaS veniva compresso con delle<br />

garze imbevute <strong>di</strong> una soluzione <strong>di</strong> solfato <strong>di</strong> potassio. Dopo l’indurimento, l’eccesso <strong>di</strong> CaS veniva rimosso in modo<br />

da poter applicare un bracket al dente incluso.<br />

Risultati: In nessun caso si è osservato il <strong>di</strong>stacco del bracket dal dente.<br />

Conclusione: I risultati del presente stu<strong>di</strong>o confermano la biocompatibilità e l’effetto emostatico del solfato <strong>di</strong> calcio.


SEDAZIONE COSCIENTE TRAMITE MIDAZOLAM DEI PAZIENTI “SPECIAL CARE” ALL’INTERNO<br />

DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE (NHS) DEL REGNO UNITO.<br />

Marini MF 1,2 , McGeoch R 2 , Deschino A 3 , Piras D 3 , Lussu V 3<br />

1 Special Care Dental Department, Tower Hamlets Primary Care Trust NHS, London UK.<br />

2 Barts and the London, Queen Mary’s School of Me<strong>di</strong>cine and Dentistry, London UK.<br />

3 Universita’ degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche (Dir. Prof. V. Piras),<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Orale (Prof. V. Garau), Cagliari, Italy.<br />

OBIETTIVI: Per pazienti Special Care (SC) si intende la categoria <strong>dei</strong> pazienti odontoiatrici affetta da problematiche<br />

me<strong>di</strong>che, fisiche, psichiatriche, sociali, o <strong>di</strong>sabilita’ che impe<strong>di</strong>scono <strong>di</strong> poterli trattare in cliniche convenzionali. Nel<br />

Regno Unito storicamente tali pazienti vengono riferiti dai sanitari presso Cliniche Ospedaliere SC per ricevere<br />

trattamenti odontoiatrici specialisti. Tra i <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> approccio SC quello piu’ usato per i pazienti con scarsa<br />

cooperativita’ e’ quello della Sedazione Intravenosa Cosciente (SIC) tramite Midazolam.<br />

MATERIALI E METODI: Dopo una anamnesi prossima e remota il paziente viene sottoposto ad un accertamento per<br />

la SIC (max ASA III). Se il paziente risulta idoneo per SIC gli vengono date istruzioni verbali e scritte per il giorno<br />

della SIC e viene ottenuto il consenso informato. Il giorno del trattamento al paziente viene accertata la pressione<br />

sanguigna, quin<strong>di</strong> avviene l’incannulazione solitamente nella vena metacarpale o in quelle della fossa cubitale. La<br />

preparazione usata e’ <strong>di</strong> 10mg /5 ml attraverso una siringa da 5 ml. La siringa viene connessa alla canula e 2 mg (1ml)<br />

vengono inietati in 30 secon<strong>di</strong>. Quin<strong>di</strong> dopo una pausa <strong>di</strong> 90 secon<strong>di</strong> (controllando reazioni anafilattiche) si susseguono<br />

incrementi <strong>di</strong> 1 mg (0,5 ml) ogni 30 secon<strong>di</strong> sino a raggiungere il livello <strong>di</strong> sedazione desiderato. Il Midazolam<br />

dettermina una depressione car<strong>di</strong>ocircolatoria; quin<strong>di</strong> il sistema car<strong>di</strong>o-respiratorio viene monitorato me<strong>di</strong>ante un<br />

pulsiossimetro durante tutta la procedura. Il Flumazenil e’ l’antidoto del Midazolam in caso <strong>di</strong> overdose; e puo’ essere<br />

utilizzato per un recupero piu’ veloce del paziente. Il recupero normale avviene dopo circa un’ora dall’ultimo<br />

incremento <strong>di</strong> Midazolam. Alle <strong>di</strong>missioni ad un responsabile vengono date sia verbalmente che per iscritto le istruzione<br />

per le successive 24 ore.<br />

RISULTATI: Il Midazolam e’ <strong>di</strong>sponibile dal 1983, sebbene ha proprieta’ simili al Diazepam possiede 4 <strong>di</strong>fferenze<br />

che ne fanno un valido farmaco per la SIC in odontoiatria: la soluzione non e’ irritante, ha una emivita inferiore, non<br />

possiede nessun significativo metabolita attivo, ha una potenza da 2 a 3 volte superiore al Diazepam il quale percio’ non<br />

viene usato per questa tecnica. Nelle nostre cliniche in 9 anni abbiamo trattato con Midazolam circa 9500 pazienti<br />

riferiti e non e’ stato riportato nessun grave incidente. Nel Regno Unito, dal 2000 ci sono stati solo 2 decessi dovuti alla<br />

SIC, ma era stata eseguita da me<strong>di</strong>ci non dentisti.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il protocollo sopra descritto presenta tutti i vantaggi del Midazolam. Sulla base<br />

<strong>dei</strong> dati clinici del Distretto Tower Hamlets <strong>di</strong> Londra i risultati mostrano che la SIC e’ una procedura sicura se eseguita<br />

da odontoiatri ed assistenti adeguatamente preparati. Inoltre offre una efficace sedazione breve, ma lunga abbastanza<br />

per effettuare terapie conservative e chirurgiche in pazienti SC e pazienti fobici alle cure odontoiatriche che<br />

<strong>di</strong>versamente non potrebbero essere trattati.


IL PAZIENTE ‘ SPECIAL NEEDS ’ IN CHIRURGIA ORALE<br />

Maglione* M, Pantano R, Serroni I, Di Lenarda R<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste, CLSOPD ( Presidente Prof. R. Di Lenarda )<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica ( Direttore Prof. M. Maglione )<br />

OBIETTIVI: Fornire delle linee guida per il trattamento <strong>di</strong> pazienti special needs in ambito ospedaliero. Si definiscono<br />

pazienti special needs, coloro che presentano affezioni croniche a livello fisico, psichico, comportamentale e dello<br />

sviluppo e che pertanto richiedono cure e servizi ad esse correlati, maggiori rispetto a quelli richiesti dalla popolazione<br />

generale. Tali pazienti presentano un quadro clinico generale spesso complicato dalla coesistenza <strong>di</strong> più patologie<br />

croniche, <strong>di</strong> altre con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sabilitanti (epilessia, <strong>di</strong>fetti car<strong>di</strong>aci) o dall’assunzione <strong>di</strong> farmaci (TAO), che possono<br />

complicare od interferire con il normale trattamento odontoiatrico. A livello del cavo orale presentano più<br />

comunemente: carie destruenti, gravi parodontopatie, iperplasie gengivali, traumi dentari e dento-facciali e<br />

parafunzioni. MATERIALI E METODI: Dall’aprile 2005 a <strong>di</strong>cembre 2008, sono stati trattati presso la sala operatoria<br />

della Clinica Odontoiatrica e Stomatologia <strong>di</strong> Trieste un totale <strong>di</strong> 32 pazienti special needs gravi. I pazienti special<br />

needs collaboranti vengono usualmente trattati in poltrona. Gli interventi sono stati eseguiti in anestesia generale,<br />

privilegiando l’intubazione rino-tracheale, per i pazienti non collaboranti e per quei pazienti parzialmente collaboranti<br />

che dovevano essere sottoposti a sedute lunghe e invasive (bonifiche dentarie, trattamento <strong>dei</strong> traumi), mentre per<br />

procedure poco invasive e brevi, in pazienti parzialmente collaboranti si è optato per l’intervento in anestesia locale e<br />

sedazione, ricorrendo in alcuni casi al protocollo <strong>di</strong> ingresso in sala in compagnia <strong>di</strong> un genitore o tutore. Nella<br />

maggior parte <strong>dei</strong> casi l’operatività in sala non si è limitata al solo trattamento chirurgico ma, qualora necessario, anche<br />

all’esecuzione delle manovre <strong>di</strong> igiene professionale, delle cure conservative ed endodontiche, al fine <strong>di</strong> ottenere il<br />

massimo risultato terapeutico in una sola seduta. RISULTATI: Nei pazienti giovani, è stata privilegiata la scelta<br />

conservativa a quella estrattiva, salvo che per quegli elementi dentari seriamente compromessi da un punto <strong>di</strong> vista<br />

endodontico e parodontale, per preservare più a lungo possibile la funzione masticatoria, fonetica ed estetica del cavo<br />

orale in funzione dell’aumentata aspettativa <strong>di</strong> vita del paziente <strong>di</strong>sabile; mentre nei pazienti anziani con demenza grave<br />

o nei pazienti affetti da patologie sistemiche gravi, è stata preferita la scelta estrattiva, al fine <strong>di</strong> ridurre i rischi legati<br />

alla persistenza <strong>di</strong> focolai settici cronici. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: E’ importante sottolineare la necessità<br />

<strong>di</strong> sensibilizzare gli operatori sanitari, i pazienti e i loro tutori a non considerare i problemi odontostomatologici <strong>di</strong><br />

secondaria importanza rispetto ai problemi <strong>di</strong> salute generale e a incrementare le misure <strong>di</strong> prevenzione primaria e<br />

secondaria, sottolineando l’importanza del ruolo della struttura pubblica come centro <strong>di</strong> riferimento per i pazienti<br />

special needs.


LA CHIRURGIA DELLA PRIMA META’ DELLO SCORSO SECOLO<br />

Severino G., Masoli V., Nula D.<br />

CLSOPD – Corso Integrato <strong>di</strong> Chirurgia Oro-Dento-Parodontale. Insegnamento <strong>di</strong> Chirurgia Orale 2° corso.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania<br />

Scopo del lavoro è quello <strong>di</strong> portare all’attenzione <strong>di</strong> giovani odontoiatri il percorso evolutivo della chirurgia orale a<br />

decorrere dai primi decenni dello scorso secolo.<br />

Vengono ripercorse le tappe più importanti della chirurgia orale,dall’istituzione dell’obbligo della laurea per esercitare<br />

la professione <strong>di</strong> odontoiatria all’istituzione delle prime cliniche odontoiatriche.<br />

Le vere cure odontoiatriche, fondate anche su basi scientifiche,iniziarono con l’avvento dell’anestesia nel 1844 con la<br />

scoperta del protossido d’azoto,gas esilarante.<br />

Si deve ad Einhor, nel 1905 la scoperta della novacaina.<br />

Anche lo sviluppo della ra<strong>di</strong>ologia consentì una svolta determinante agli aspetti <strong>di</strong>agnostici in campo odontoiatrico e<br />

soprattutto consentirono miglioramenti <strong>dei</strong> trattamenti chirurgici.<br />

Sotto l’aspetto terapeutico una grande svolta si ebbe anche con la scoperta <strong>dei</strong> primi antibiotici.<br />

E’ del 1928 la scoperta della penicillina ad opera <strong>di</strong> Fleming che isolò la sostanza dal fungo Penicillium Notatum e che<br />

nel 1945 gli consentì <strong>di</strong> conseguire il premio Nobel. Tuttavia l’assenza <strong>di</strong> elementari principi <strong>di</strong> sterilizzazione per lo<br />

strumentario era spesso causa <strong>di</strong> gravi infezioni e, prima della scoperta della penicillina, queste erano trattate in maniera<br />

molto ru<strong>di</strong>mentale. Anche gli ambienti dove si esercitava la professione odontoiatrica non erano consoni ad un ambiente<br />

me<strong>di</strong>co, né tantomeno chirurgico; infatti, dalle riviste del tempo, si evidenziava come spesso soggetti abusivi della<br />

professione odontoiatrica esercitavano anche in angoli della propria cucina.<br />

Gli anni ’20 e ’30 erano caratterizzati dall’esigenza <strong>di</strong> un cambiamento e soprattutto dall’esigenza <strong>di</strong> valorizzare le<br />

figure <strong>dei</strong> me<strong>di</strong>ci nelle cure odontoiatriche, sino ad allora troppo spesso affidate a barbieri.<br />

Interessanti le tecniche utilizzate, molte con scarso successo, negli interventi sui terzi molari inclusi fino a tutta la prima<br />

metà del secolo scorso, così pure il trattamento delle neoformazioni cistiche sulle quali si interveniva spesso in due<br />

tempi.<br />

Molto <strong>di</strong>verse rispetto ai giorni nostri le pubblicazioni scientifiche attraverso le quali era possibile un <strong>di</strong>alogo<br />

costruttivo tra stu<strong>di</strong>osi. Spesso, attraverso le poche riviste specializzate, si assisteva a commenti e critiche o espressioni<br />

<strong>di</strong> opinioni rispetto ad un articolo pubblicato precedentemente. Tuttavia gli sforzi compiuti lo scorso secolo da chirurghi<br />

e ricercatori, consentono oggi una chirurgia meno demolitiva e più qualificata.


VALUTAZIONE DELLO STRESS OSSIDATIVO NELLA POLPA DENTALE IN DIFFERENTI STADI DI<br />

SVILUPPO<br />

T. Marchese 1 , F. Mastrangelo 1 , N. Fiorentino 1 , M. Tranasi 1 , G. D’Apolito 1 & S. Tetè 1<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. d’Annunzio”, Chieti<br />

Scopo del lavoro. Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare l’attività del network enzimatico antiossidante e<br />

l’espressione genica dell’enzima iNOS nella polpa dentaria umana a <strong>di</strong>fferenti sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> sviluppo.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. I campioni <strong>di</strong> tessuto sono stati ottenuti da terzi molari estratti in soggetti appartenenti a tre<br />

<strong>di</strong>fferenti classi <strong>di</strong> età: età me<strong>di</strong>a <strong>13</strong> anni (sta<strong>di</strong>o papilla dentale), età me<strong>di</strong>a 18 anni (sta<strong>di</strong>o della polpa giovane,<br />

precedente la completa maturazione dell’apice ra<strong>di</strong>colare), età me<strong>di</strong>a 45 anni (sta<strong>di</strong>o della polpa adulta). L’espressione<br />

genica dell’iNOS e <strong>di</strong> altre molecole coinvolte nel network enzimatico antiossidante è stata valutata me<strong>di</strong>ante<br />

MicroArray ed i dati ottenuti analizzati me<strong>di</strong>ante S.A.M (Significance Analysis of Microarray) e I.P.A. (Ingenuity<br />

Pathways analysis). Infine, per validare i risultati ottenuti me<strong>di</strong>ante MicroArray sono state effettuate sulle stesse<br />

tipologie <strong>di</strong> campioni analisi spettrofotometrica e RT-PCR.<br />

Risultati. I risultati in<strong>di</strong>cano una maggior espressione della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> stress ossidativo e dell’attività dell’enzima<br />

iNOS nei campioni <strong>di</strong> papilla dentaria rispetto a quelli <strong>di</strong> polpa. L’espressione dell’iNOS, così come quelle <strong>di</strong> altre<br />

molecole quali Superossido Dismutasi (SOD), Glutatione Reduttasi (GR), e Glutatione Perossidasi (GPX) decresce con<br />

la progressiva maturazione del tessuto pulpare. Al contrario, l’enzima Catalasi (CAT) mostra bassi valori <strong>di</strong> attività<br />

nella polpa negli sta<strong>di</strong> iniziali <strong>di</strong> sviluppo rispetto a quella ottenuta da soggetti adulti.<br />

Conclusioni. L’attivazione dell’iNOS indotta dallo stress ossidativo sembrerebbe agire da importante regolatore<br />

durante lo sviluppo del tessuto pulpare. Inoltre, l’elevata espressione dell’iNOS durante le fasi <strong>di</strong> proliferazione e<br />

<strong>di</strong>fferenziazione <strong>dei</strong> tessuti embrionali in<strong>di</strong>ca come la produzione <strong>di</strong> ossido nitrico garantisca una corretta omeostasi<br />

cellulare promuovendo una fisiologica crescita cellulare.


IL CHIRURGO ORALE NELLA GESTIONE DEL PAZIENTE IN T.A.O.<br />

G. Dipalma 1,2 ; A.L. Valenzano *1 ; A.M. Inchingolo 1 ;M.W. Marrelli 1,2 ;F. Inchingolo 1,2 .<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M.W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

Oggi spesso il chirurgo orale si trova a gestire pazienti in "Terapia Anticoagulante Orale" (TAO), una profilassi contro<br />

il verificarsi <strong>di</strong> eventi tromboembolici. Il chirurgo deve sapere esattamente quale sia la gestione <strong>di</strong> questi pazienti, al<br />

fine <strong>di</strong> evitare complicanze emorragiche o tromboemboliche.<br />

Gli Autori hanno un background <strong>di</strong> 193 pazienti (119 uomini, <strong>di</strong> età compresa tra i 46 e 82aa, e 74 donne, <strong>di</strong> età<br />

compresa tra i 54 e 76aa) in trattamento con la TAO da più <strong>di</strong> 5 anni: questa coorte è stata trattata per le patologie<br />

odontostomatologiche <strong>di</strong> rilevanza chirurgica con un trattamento standar<strong>di</strong>zzato e follow-up fino a 60gg. Gli Autori<br />

hanno voluto applicare un protocollo in grado <strong>di</strong> rendere sicura la gestione intra e post-operatoria <strong>dei</strong> pazienti in terapia<br />

con la TAO. I risultati, rivelano che <strong>dei</strong> 193 pazienti trattati, solo 2 <strong>di</strong> essi hanno mostrato lievi problematiche<br />

nell'imme<strong>di</strong>ato post-operatorio legate ad una non corretta coercizione della emorragia post-avulsiva. Gli Autori,<br />

pertanto, considerano il paziente in TAO come un paziente assolutamente gestibile in sicurezza da parte del chirurgo<br />

orale, inoltre, previa corretta valutazione del caso, si può risolvere la patologia chirurgica con buona pre<strong>di</strong>cibilità circa il<br />

trattamento eseguito.


RIGENERAZIONE OSSEA CON MATERIALE ETEROLOGO (DPBB) E ME<strong>MB</strong>RANA IN COLLAGENE,<br />

DEI SITI POST-ESTRATTIVI NELLA CHIRURGIA DEI TERZI MOLARI.<br />

STUDIO CLINICO COMPARATIVO TRA SITI TRATTATI CON TECNICA GBR E SITI NON TRATTATI.<br />

Brutto D.*, Stergiopoulos V., Marescalco M.S., Bonanno A., Bonaccorsi G., Cantalupo Milazzo D., Carlino V.,<br />

Pappalardo S.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Catania.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Specialità me<strong>di</strong>co-chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia II.<br />

Azienda Ospedaliero-Universitaria “Gaspare Rodolico”,Catania.<br />

U.O. Pronto Soccorso Odontoiatrico, Direttore Prof.ssa Sabrina Pappalardo.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Orale I.<br />

INTRODUZIONE: l’intervento chirurgico <strong>di</strong> maggior riscontro nella pratica clinica odontoiatrica è rappresentato<br />

dall’exeresi <strong>dei</strong> terzi molari inferiori; tra le complicanze <strong>di</strong> maggior rilievo, un posto <strong>di</strong> primaria importanza va<br />

assegnato alla formazione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti ossei <strong>di</strong>stalmente al secondo molare.<br />

OBIETTIVI: scopo del presente stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> confrontare , la guarigione <strong>dei</strong> siti post-estrattivi e <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti<br />

parodontali, insorti a carico della superficie <strong>di</strong>stale del secondo molare inferiore, trattati me<strong>di</strong>ante tecnica GBR (DPBB<br />

e membrana in collagene) con quella <strong>di</strong> siti non trattati, attraverso un’analisi clinica, un esame ra<strong>di</strong>ografica, e un<br />

sondaggio parodontale <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti stessi.<br />

MATERIALI E METODI: Il seguente stu<strong>di</strong>o ha previsto l’inclusione <strong>di</strong> 60 pazienti,<strong>di</strong> cui 32 uomini e 28 donne, <strong>di</strong> età<br />

compresa tra i 20 e i 35 anni. Criteri <strong>di</strong> inclusione: in<strong>di</strong>cazione all’exeresi del terzo molare inferiore, semi-incluso in<br />

mesioversione, classe I B secondo la classificazione <strong>di</strong> Pell e Gregory; assenza <strong>di</strong> patologie sistemiche; assenza <strong>di</strong><br />

controin<strong>di</strong>cazioni per la somministrazione <strong>di</strong> corticostero<strong>di</strong>. Il campione test (30 pazienti) è stato trattato con un innesto<br />

<strong>di</strong> DPBB e membrana riassorbibile in collagene; il campione controllo è andato incontro a guarigione naturale del sito<br />

post-estrattivo.I dati ottenuti sono stati poi elaborati statisticamente attraverso l’applicazione del test <strong>di</strong> significatività<br />

T <strong>di</strong> student.<br />

RISULTATI: Attraverso uno stu<strong>di</strong>o ra<strong>di</strong>ografico e il sondaggio parodontale si è potuto appurare la presenza <strong>di</strong> osso<br />

neoformato a livello <strong>dei</strong> siti precedentemente innestati con DPBB e membrana in collagene; è stato, inoltre, ottenuto un<br />

aumento in altezza dell’osso alveolare <strong>dei</strong> siti trattati con DPBB rispetto a quelli non innestati.<br />

CONCLUSIONI: L’applicazione delle tecniche <strong>di</strong> GBR con innesto <strong>di</strong> osso bovino deproteinizzato (DPBB) e<br />

membrana in collagene nei siti post-estrattivi, consentirebbe il raggiungimento <strong>di</strong> una più rapida guarigione <strong>dei</strong> siti<br />

stessi , riducendo l’entità della tasca parodontale <strong>di</strong>stalmente al secondo molare inferiore, rispetto ai siti non trattati.


CLASSIFICAZIONE ANATOMO-RADIOLOGICO-CHIRURGICA DEI TERZI MOLARI SUPERIORI<br />

EROTTI E TECNICHE PER LA LORO ESTRAZIONE. STUDIO PILOTA.<br />

Piselli Domenico 1 , Lajolo Carlo 1 , Mancinelli Marco 1 , Tani Paola 1 , Tedeschini Bene<strong>di</strong>cta 1<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore. Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia “A. Gemelli”. Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong><br />

e Protesi Dentaria - Roma<br />

Introduzione. Nel presente lavoro viene proposta una classificazione anatomo-ra<strong>di</strong>ologico-chirurgica <strong>dei</strong> terzi molari<br />

superiori erotti al fine <strong>di</strong> ottimizzare le tecniche operatorie ed i risultati clinici (utilizzo ergonomico della<br />

strumentazione, tempo operatorio, trauma chirurgico, complicanze intra- e post-operatorie).<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>. Sono stati presi in esame 166 terzi molari superiori erotti <strong>di</strong> <strong>13</strong>0 soggetti (età me<strong>di</strong>a 43,8 anni, max<br />

67 - min 16 - DS: 12,6; 90 m, 40 f; 56 fumatori)successivamente <strong>di</strong>visi in due gruppi (G1=97, G2=69) con modalità<br />

random: il primo è stato trattato con la meto<strong>di</strong>ca proposta e l’altro con libera scelta dello strumentario da parte<br />

dell’operatore. Secondo la meto<strong>di</strong>ca proposta i molari sono stati inizialmente classificati secondo la classe ra<strong>di</strong>colare<br />

evidenziata dall’immagine ra<strong>di</strong>ografica in: Molare, Semplice, Tozza e Ricurva (M, S, T, R). Chirurgicamente viene<br />

impiegato un solo strumento per ogni classe: pinza per molari per la classe Molare (M); pinza contrangolata per la<br />

classe Semplice (S); pinza <strong>di</strong> Oghden Falesh (pinza a cestello) per la classe Tozza (T); leva Apexo A (Martin) per la<br />

classe Ricurva (R). Sono stati rilevati i seguenti parametri clinici: il tempo operatorio, le complicanze intra e postoperatorie.<br />

Risultati. Differenze statisticamente significative sono state riscontrate per le variabili tempo (G1 vs G2, p


RINGIOVANIMENTO DEI TESSUTI MOLLI PERIORALI CON GEL DI AGAROSIO.<br />

Carlo Mancino, Antonio Scarano.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

Corso <strong>di</strong> Perfezionamento in Ausili Cosmetici e Me<strong>di</strong>cina Estetica in <strong>Odontoiatria</strong>: Direttore Prof. Antonio Scarano<br />

Il processo <strong>di</strong> invecchiamento facciale avviene ad opera <strong>di</strong> fattori estrinseci ed intrinseci. I meccanismi intrinseci<br />

avvengo a carico del derma e determinano la riduzione <strong>dei</strong> glicosaminoglicani e <strong>dei</strong> proteoglicani. Generalmente il<br />

processo <strong>di</strong> invecchiamento cutaneo è un processo <strong>di</strong> atrofia. Le labbra svolgono un ruolo fondamentale e centrale su<br />

cui si concentra la regione periorale. Il processo <strong>di</strong> invecchiamento inizia con una fase proliferativa che va dalla nascita<br />

sino alla pubertà, rappresentato da ipertrofia ghiandolare e muscolare che determinano un aspetto <strong>di</strong> labbra piene e<br />

giovani. Dopo la pubertà, si assiste alla graduale atrofia delle strutture cutanee ma anche delle strutture <strong>di</strong> sostegno<br />

come osso, denti e muscoli. Il ringiovanimento della regione periorale è una procedura frequentemente richiesta dai<br />

pazienti <strong>di</strong> età superiore a 50 anni, soprattutto se fumatori o neofumatori a causa della maggiore contrazione del<br />

muscolo orbicolare. Meto<strong>di</strong>Sono stati trattati 62 pazienti affetti da edentulismo <strong>di</strong> vario grado e con presenza <strong>di</strong> rughe<br />

nella regione periorale. Meto<strong>di</strong>: E’ stato usato il gel <strong>di</strong> agarosio con concentrazione <strong>di</strong> 1,5 e 2,5 delle aziende (Easy-<br />

Filler, Ghimas, Casalecchio <strong>di</strong> Reno- Bologna, Italy) e (Easy-agarose, SIFARMA S.p.A., Milano, Italy) con la<br />

caratteristica <strong>di</strong> essere contenuto in una speciale siringa a “svuotamento totale” che permette <strong>di</strong> usare tutto il gel<br />

contenuto nella siringa. Risultati: L’inari<strong>di</strong>mento, la rugosità e l’aspetto a «carta <strong>di</strong> sigaretta» dell’epidermide<br />

apparivano fortemente regre<strong>di</strong>ti, mentre il turgore e soprattutto l’idratazione <strong>dei</strong> tessuti erano significativamente<br />

aumentati su tutto l’ambito cutaneo sottoposto al trattamento. L’aspetto dentale aveva un rapporto più armonico con i<br />

tessuti molli periorali. Conclusioni: Nel presente articolo è stato usato il gel <strong>di</strong> agarosio per il ringiovanimento <strong>dei</strong><br />

tessuti periorali. L’uso del gel <strong>di</strong> agarosio si è <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> facile utilizzo, affidabile e preve<strong>di</strong>bile per il<br />

ringiovanimento <strong>dei</strong> tessuti periorali.


CLASSIFICAZIONE ANATOMO-CHIRURGICA DEI TERZI MOLARI INFERIORI E TECNICHE PER LA<br />

LORO ESTRAZIONE.<br />

Piselli Domenico1, Gigli Lucia, Lanciano Nicola, Ponti Massimo.<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore. Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia “A. Gemelli”. Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong><br />

e Protesi Dentaria - Roma<br />

Introduzione. Nel presente lavoro viene proposta una classificazione anatomo-chirurgica <strong>dei</strong> terzi molari inferiori al<br />

fine <strong>di</strong> ottimizzare le tecniche operatorie ed i risultati clinici (utilizzo ergonomico della strumentazione, tempo<br />

operatorio, trauma chirurgico, complicanze intra- e post-operatorie).<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>. Sono stati effettuati 98 interventi <strong>di</strong> avulsione del terzo molare inferiore eseguiti su 46 soggetti<br />

(20 maschi, 26 femmine), <strong>di</strong> età compresa da 15 a 60 anni, in un periodo <strong>di</strong> 20 mesi: in tutti i casi si è effettuato<br />

l'intervento bilateralmente a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa 3 mesi l'uno dall'altro. I molari <strong>di</strong> destra sono stati trattati con la meto<strong>di</strong>ca<br />

proposta e quelli <strong>di</strong> sinistra con libera scelta dello strumentario da parte dell’operatore. Secondo la meto<strong>di</strong>ca proposta i<br />

molari sono stati inizialmente classificati in base al grado <strong>di</strong> inclusione in classe A, B1, B2, C. Per l'intervento <strong>di</strong> classe<br />

A l'incisione seguirà un tracciato che rispetta l'integrità del secondo molare passando ad una certa <strong>di</strong>stanza da esso; per<br />

la classe B l'incisione prevede un tracciato che preserva la salute parodontale del secondo molare pur interessandone il<br />

solco gengivale. Nella classe C l'incisione e soprattutto la successiva sutura prevedono una certa chiusura della breccia<br />

postavulsiva..<br />

Sono stati rilevati i seguenti parametri clinici: il tempo operatorio, le complicanze intra e post-operatorie.<br />

Risultati. Differenze statisticamente significative sono state riscontrate per le variabili tempo (G1 vs G2, p


TUMORE CHERATOCISTICO ODONTOGENO DELLA PREMAXILLA IN PAZIENTE EDENTULO:<br />

CASE REPORT<br />

Andrisani A, Corvino V, Piattelli M, Scarano A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D'Annunzio” <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

Introduzione: Introduzione: il tumore cheratocistico odontogeno (KCOT), nuova denominazione della cheratocisti<br />

odontogena, è una neoplasia intraossea <strong>di</strong> origine odontogena e rappresenta circa il 10 % delle lesioni cistiche <strong>dei</strong><br />

mascellari. Il quadro istopatologico è caratterizzato da elevata attività mitotica dell’epitelio e da mutazioni del gene<br />

PTCH che si accompagnano ad un quadro clinico molto aggressivo ed ad una elevata percentuale <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>ve dopo<br />

l’enucleazione.<br />

Obiettivi: Valutare con un follow-up <strong>di</strong> due anni una lesione KCOT trattata con la sola enucleazione della parete<br />

cistica.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: nel Febbraio del 2007 un soggetto <strong>di</strong> 82 anni edentulo, con deformazione della maxilla anteriore e<br />

reperto ra<strong>di</strong>ografico (OPT, TAC-DENTALSCAN) <strong>di</strong> lesione cistica uniloculare , è stato trattato con un intervento <strong>di</strong><br />

cistectomia e curettage con strumenti manuali. Il referto istologico ha evidenziato un KCOT e il paziente è stato inserito<br />

in follow-up.<br />

Risultati: A due anni dall’enucleazione della lesione cistica, nonostante non sia stato eseguito un curettage chimico,<br />

meccanico o ultrasonico della cavità residua, clinicamente e ra<strong>di</strong>ograficamente non si evidenzia nessuna reci<strong>di</strong>va.


LA PREVENZIONE DELLE LESIONI NEUROLOGICHE NELLA CHIRURGIA DEL TERZO MOLARE<br />

INFERIORE<br />

Cristalli M.P., La Monaca G., Bignozzi I, Annibali S.<br />

Università “Sapienza” <strong>di</strong> Roma - Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica- Dir. Prof. Maurizio<br />

Ripari<br />

L’estrazione del terzo molare inferiore, dati gli stretti rapporti anatomici che questo elemento dentale contrae con il<br />

canale man<strong>di</strong>bolare e con la corticale linguale della man<strong>di</strong>bola, può esporre al rischio <strong>di</strong> lesioni neurologiche, in<br />

particolare al nervo alveolare inferiore e al nervo linguale. La prevenzione delle lesioni neurologiche si avvale: <strong>di</strong><br />

un’accurata valutazione pre-operatoria, della corretta programmazione dell’intervento, dell’utilizzo dello strumentario<br />

più idoneo, dell’abilità chirurgica dell’operatore e dell’èquipe odontoiatrica che lo coa<strong>di</strong>uva. La valutazione preoperatoria<br />

deve essere: sistemica del paziente, regionale del cavo orale e locale del dente. La valutazione locale del<br />

dente oltre all’esame clinico richiede l’esecuzione <strong>di</strong> accertamenti ra<strong>di</strong>ografici, Rx ortopanoramica e Rx endorali iuxtagengivali,<br />

e se necessario, dalla TC Dentascan, per evidenziare le caratteristiche anatomo-topografiche, in base alle<br />

quali sarà possibile effettuare la programmazione dell’intervento che deve riguardare la scelta :del tipo <strong>di</strong> anestesia; del<br />

<strong>di</strong>segno del lembo, vestibolare o linguale; dell’ampiezza della breccia ossea e del tipo <strong>di</strong> strumentazione da utilizzare<br />

per eseguirla; <strong>dei</strong> tagli odontotomici da adottare; della <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> lussazione e avulsione in funzione degli assi<br />

ra<strong>di</strong>colari; del materiale e della tecnica <strong>di</strong> sutura. Per prevenire le lesioni al nervo alveolare inferiore è necessario:<br />

eseguire un’odontotomia che non oltrepassi i limiti periferici del dente onde evitare <strong>di</strong> coinvolgere con gli strumenti<br />

rotanti il tronco nervoso; assecondare il movimento estrusivo imposto a ciascuna ra<strong>di</strong>ce dalla morfologia che la<br />

caratterizza; valutare in caso <strong>di</strong> fratture apicali l’opportunità <strong>di</strong> lasciare in situ il frammento residuo. Nella prevenzione<br />

delle lesioni al nervo linguale è buona norma : accertare l’integrità della corticale interna della man<strong>di</strong>bola per escludere<br />

la presenza <strong>di</strong> fenestrazioni che potrebbero favorire la <strong>di</strong>slocazione dell’elemento dentario o <strong>di</strong> un suo frammento nella<br />

loggia sottolinguale o nello spazio sottoman<strong>di</strong>bolare; prevenire la frattura della corticale linguale, evitando manovre<br />

lussative incongrue o eccessive; valutare esattamente la posizione del dente, che se inclinato lingualmente richiede<br />

un’odontotomia orizzontale con sezione della corona in senso mesio-<strong>di</strong>stale; proteggere il lembo linguale, nei casi in<br />

cui debba essere eseguito, con un <strong>di</strong>varicatore che evidenzi la corticale; apporre il punto <strong>di</strong> sutura in corrispondenza del<br />

trigono retromolare non troppo apicalmente e in <strong>di</strong>rezione vestibolo-orale.


TMC: THIRD MOLAR CODE - IL CODICE OTTAVALE<br />

Piselli Domenico1, Lanciano Nicola, Tani Paola, Marchionni Pierdavide<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore. Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia “A. Gemelli”. Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong><br />

e Protesi Dentaria - Roma<br />

Introduzione. Nel presente lavoro si propone una classificazione clinica <strong>dei</strong> terzi molari. Si tratta <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce<br />

alfanumerico <strong>di</strong> 17 caratteri che in<strong>di</strong>ca l'identità del dente nel paziente..<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>. Il co<strong>di</strong>ce può essere <strong>di</strong>stinto in tre parti: una relativa al paziente, una relativa al dente e una relativa<br />

all'aspetto prettamente chirurgico.<br />

Nella parte relativa al paziente vengono specificati il sesso, l'età, la pre<strong>di</strong>sposizione all'intervento, lo stato <strong>di</strong> salute<br />

generale e orale dell'Assistito.<br />

Nella parte relativa al dente si in<strong>di</strong>cano le caratteristiche anatomiche e cliniche dell'ottavo, riprendendo le classificazioni<br />

originali della Scuola per gli ottavi superiori ed inferiori.<br />

Nell'ultima porzione relativa all'intervento chirurgico si in<strong>di</strong>ca il valore delle <strong>di</strong>fficoltà anatomo-chirurgiche e delle<br />

<strong>di</strong>fficoltà relative al paziente, attraverso una selezione delle stesse ed una segnalazione <strong>di</strong> grado molto semplificata.<br />

Discussione e Conclusioni. Il co<strong>di</strong>ce ottavale, come un co<strong>di</strong>ce fiscale, in<strong>di</strong>ca in maniera univoca il terzo molare <strong>di</strong> un<br />

paziente specificandone tutti gli aspetti, specialmente inerenti l'attività chirurgica. Le finalità sono quelle <strong>di</strong> avere a<br />

<strong>di</strong>sposizione uno strumento <strong>di</strong> comunicazione fra colleghi specialisti e <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o scientifico, specialmente<br />

epidemiologico relativo ai terzi molari.


AUMENTO VERTICALE DI CRESTA IN MANDIBOLA POSTERIORE ATROFICA CON TECNICHE DI<br />

INNESTO AD INTERPOSIZIONE (INLAY) E AD APPOSIZIONE (ONLAY): STUDIO CLINICO<br />

PROSPETTICO CONTROLLATO<br />

Pietro Felicea; Roberto Pistilli b; Giuseppe Lizioa;<br />

Gerardo Pellegrinoa; Clau<strong>di</strong>o Marchettia<br />

aDipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong> of Bologna, Italia<br />

bU.O. <strong>di</strong> Chirurgia Orale eMaxillo-facciale, Ospedale S. Filippo Neri,<br />

Roma, Italia<br />

Obiettivo: confrontare due tecniche chirurgiche <strong>di</strong> innesto (tecnica ad interposizione: Inlay vs tecnica ad apposizione<br />

Onlay) in termini <strong>di</strong> aumento osseo nell’imme<strong>di</strong>ato post-operatorio (Bone Gain: BG), <strong>di</strong> riassorbimento osseo in fase<br />

implantare (Bone Resorption: BR), <strong>di</strong> aumento verticale finale ( Final Vertical Augmentation, FVA: sottraendo i valori<br />

<strong>di</strong> BR da quelli <strong>di</strong> BG), <strong>di</strong> riassorbimento complessivo peri-implantare alla fine del follow-up, <strong>di</strong> sopravvivenza e <strong>di</strong><br />

successo implantare, <strong>di</strong> livello <strong>di</strong> complicanze in due gruppi <strong>di</strong> pazienti affetti da grave atrofia man<strong>di</strong>bolare posteriore .<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: 20 pazienti, per un totale <strong>di</strong> 20 siti chirurgici, sono stati <strong>di</strong>stribuiti secondo randomizzazione in due<br />

gruppi in base al tipo <strong>di</strong> trattamento <strong>di</strong> aumento verticale <strong>di</strong> cresta man<strong>di</strong>bolare posteriore atrofica: gruppo Inlay e<br />

gruppo Onlay. L’osso autologo da innestare è stato prelevato dalla cresta iliaca antero-me<strong>di</strong>ale. Dopo 3-4 mesi dalla<br />

procedura chirurgica, è stato inserito un numero complessivo <strong>di</strong> 43 impianti, 20 nel gruppo Inlay e 23 nel gruppo<br />

Onlay. La protesi provvisoria e la definitiva sono state applicate rispettivamente 4 e 8 mesi dopo la fase implantare. Il<br />

periodo complessivo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> follow-up è stato <strong>di</strong> 18 mesi.<br />

Risultati: Il BG me<strong>di</strong>o è stato 4.9 vs 6.5 mm (Inlay vs. Onlay, p-value 0.019); Il BR me<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong> 0.5 vs 2.75 mm<br />

(Inlay vs. Onlay, p-value


AMINOGAM GEL: AMINOACIDI E ACIDO IALURONICO NELLA GUARIGIONE E RIGENERAZIONE<br />

TISSUTALE. STUDIO STATISTICO DI VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA CLINICA.<br />

Capo<strong>di</strong>ferro S., Cicchelli C., Amo<strong>di</strong>o A. Favia G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari.<br />

OBIETTIVI: Aminoaci<strong>di</strong> e acido ialuronico sono due <strong>dei</strong> principali fattori che intervengono nella guarigione delle<br />

ferite, stimolando la neocollagenogenesi, la proliferazione fibroblastica e la rigenerazione della matrice extracellulare,<br />

ragion per cui sono stati combinati in un gel odontoiatrico ad uso topico, Aminogam, costituito da jaluronato <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o e<br />

aminoaci<strong>di</strong> sintetici (glicina, lisina, leucina e prolina), da utilizzarsi in presenza <strong>di</strong> ferite chirurgiche, al fine <strong>di</strong><br />

accelerarne e a<strong>di</strong>uvarne la guarigione. Il suddetto gel ha, inoltre, un effetto emostatico ed antiedemigeno, con riduzione<br />

o assenza dell’edema post operatorio e del dolore post operatorio, effetto protettivo della ferita dal punto <strong>di</strong> vista<br />

meccanico, con notevole riduzione delle complicanze infettive, effetto osteoinduttivo <strong>di</strong>retto, con guarigione delle aree<br />

<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>otrasparenza. MATERIALI E METODI: Abbiamo selezionato una coorte <strong>di</strong> 240 pazienti, che sono stati in<br />

seguito raggruppati in 7 gruppi, sud<strong>di</strong>visi in base alla patologia e al tipo <strong>di</strong> intervento: 1)avulsioni dentarie,<br />

2)posizionamento <strong>di</strong> impianti, 3)osteonecrosi da bifosfonati, 4)avulsioni in pazienti in terapia con bifosfonati,<br />

5)escissione <strong>di</strong> neoformazioni benigne e maligne con laser, 6)escissione <strong>di</strong> neoformazioni benigne e maligne con lama<br />

fredda, 7)interventi <strong>di</strong> chirurgia ossea profonda. Tali pazienti hanno effettuato terapia con Aminogam gel, applicato 3<br />

volte al giorno fino alla guarigione della ferita. E’ stato, quin<strong>di</strong>, operato un raffronto <strong>dei</strong> dati clinici ottenuti per il<br />

gruppo sperimentale con un gruppo <strong>di</strong> controllo, costituito da pazienti che non hanno effettuato applicazione topica <strong>di</strong><br />

Aminogam gel. RISULTATI: Dal punto <strong>di</strong> vista clinico, abbiamo riscontrato: assoluta assenza <strong>di</strong> edema ed infezioni<br />

post-operatorie, riduzione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> guarigione delle ferite chirurgiche, comprese anche quelle non suturate, con<br />

risultati ottimali sia per le ferite superficiali, che per quelle profonde, oltre ad una situazione <strong>di</strong> maggior confort nel<br />

post-operatorio per i pazienti. In particolare, nei <strong>di</strong>versi gruppi abbiamo riscontrato: 1) riduzione del tempo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

guarigione dell’alveolo post-estrattivo a circa 9 giorni, 2)riduzione del tempo <strong>di</strong> guarigione a circa 11 giorni,<br />

3)guarigione delle ferite in circa 22 giorni, 4)una riduzione del 25% <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> guarigione, 5) tempo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

guarigione <strong>di</strong> circa 12 giorni, 6) tempo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> guarigione <strong>di</strong> circa 14 giorni, 7) guarigione della lesione in 16 giorni<br />

circa. CONCLUSIONI: Il gel topico Aminogam si è <strong>di</strong>mostrato un ottimo ausilio, in quanto ha determinato una<br />

riduzione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> guarigione rispetto al gruppo controllo in tutte le patologie e gli interventi considerati, anche<br />

nelle casistiche più problematiche, come l’osteonecrosi da bifosfonati.


SESSIONE<br />

Implantologia<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


ELEVAZIONE DEL SENO MASCELLARE CON ALGIPORE®: UNO STUDIO ISTOLOGICO<br />

SULL’UOMO.<br />

Annecchini S, Scarano A, Degi<strong>di</strong> M, Perrotti V, Piattelli A, Iezzi G<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D’Annunzio”, Chieti – Pescara<br />

OBIETTIVI: L’Algipore® (DENTSPLY-Friadent, Mannheim, Germania) è una idrossiapatite derivata dalle alghe<br />

marine. Scopo del presente stu<strong>di</strong>o è una valutazione istologica <strong>dei</strong> prelievi ottenuti, in 10 pazienti, dopo rialzo <strong>di</strong> seno<br />

mascellare con l’utilizzo <strong>di</strong> questo biomateriale. MATERIALI E METODI: Tutti i prelievi sono stati ottenuti con una<br />

fresa trephine dopo un periodo <strong>di</strong> 6 mesi dall’inserimento del biomateriale. RISULTATI: Microscopicamente, tutte le<br />

particelle <strong>di</strong> biomateriale erano circondate da osso neoformato. Alcune delle particelle apparivano parzialmente<br />

riassorbite e sostituite da osso neoformato. Non esistevano gap all’interfaccia osso-biomateriale. In alcune aree era<br />

possibile osservare osteoblasti che deponevano matrice osteoide <strong>di</strong>rettamente sulle particelle. DISCUSSIONI E<br />

CONCLUSIONI: Questo biomateriale utilizzato nel rialzo <strong>di</strong> seno mascellare si è <strong>di</strong>mostrato un materiale altamente<br />

biocompatibile, osteoconduttivo e riassorbibile.


SOLUZIONI DI DESIGN PER VITI DI CONNESSIONE IMPLANTARI: STUDIO AGLI ELEMENTI FINITI.<br />

Forabosco A, Gran<strong>di</strong> T, Gran<strong>di</strong> G*, Giannetti L, Bertol<strong>di</strong> C<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistico in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

*Ingegnere meccanico<br />

INTRODUZIONE: La maggior parte <strong>dei</strong> sistemi implantari presenti in commercio prevede un accoppiamento fixtureabutment<br />

me<strong>di</strong>ante una vite passante. Ciò rende più semplici, rispetto agli accoppiamenti conometrici, le procedure<br />

protesiche da parte dell’odontoiatra e del laboratorio. Tuttavia nella pratica clinica è rilevabile il rischio <strong>di</strong> svitamento e<br />

<strong>di</strong> frattura della vite <strong>di</strong> connessione. OBIETTIVI: Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare possibili soluzioni<br />

<strong>di</strong> design alternativi per ridurre lo stato tensionale della vite <strong>di</strong> connessione fixture-abutment nel nuovo sistema<br />

implantare JDEvolution® (JDentalCare srl). MATERIALI E METODI: E’ stato realizzato un calcolo agli elementi<br />

finiti su varie geometrie della vite per in<strong>di</strong>viduare quella che rappresenta il gold standard. RISULTATI: Dalle analisi<br />

effettuate a calcolo si e’ evidenziato come le massime sollecitazioni che interessano il sistema fixture-abutment-vite <strong>di</strong><br />

connessione si concentrino in corrispondenza della vite passante: e’ dunque necessario ottimizzare la sezione del fusto<br />

della vite per massimizzarne le performance quando essa e’ sottoposta ai carichi masticatori. E’stato verificato a calcolo<br />

il comportamento della vite sotto l’azione <strong>di</strong> un carico flettente e del carico <strong>di</strong> serraggio: da queste analisi si e’<br />

evidenziato come la regione della vite maggiormente sollecitata sia quella in corrispondenza del passaggio tra il fusto e<br />

la porzione coronale della filettatura. E’ stato osservato che ottimizzando il profilo del fusto della vite ed in particolare<br />

riducendone il <strong>di</strong>ametro in prossimità dell’inizio del filetto si migliora significativamente lo stato tensionale della vite<br />

riducendo così il rischio <strong>di</strong> frattura. E’ stato inoltre introdotto un sistema <strong>di</strong> antisvitamento realizzato attraverso un<br />

accoppiamento conico tra sottotesta della vite e abutment. CONCLUSIONI: E’ necessario ottimizzare il profilo del<br />

fusto della vite <strong>di</strong> connessione fixture-abutment, riducendone il <strong>di</strong>ametro in prossimità dell’inizio del filetto, per ridurre<br />

lo stato tensionale al carico flettente e al carico <strong>di</strong> serraggio e minimizzare così il rischio <strong>di</strong> svitamento e <strong>di</strong> frattura.


MODULAZIONE DELL’ESPRESSIONE INFIAMMATORIA NEL FLUIDO CREVICOLARE PERI-<br />

IMPLANTARE MEDIANTE L’UTILIZZO DI ANTISETTICI A BASE DI FLUORURO<br />

AMMINICO/FLUORURO STANNOSO: STUDIO RANDOMIZZATO CONTROLLATO.<br />

Tognonato T.L., Ronconi L.F., Di Carlo F., Ciavar<strong>di</strong>ni S., Quaranta A.<br />

Insegnamento <strong>di</strong> parodontologia, Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale C., Polo Pontino, “Sapienza università <strong>di</strong> Roma”.<br />

OBIETTIVI: Il mantenimento nei soggetti con impianti dentali è fondamentale al fine <strong>di</strong> ottenere un successo a lungo<br />

termine. Le patologie peri-implantari sono caratterizzate dall’infiammazione <strong>dei</strong> tessuti molli e duri intorno alla fixture<br />

riconducibili ad un’eziologia microbica. Il riassorbimento <strong>dei</strong> tessuti peri-implantari è me<strong>di</strong>ata da molecole proinfiammatorie<br />

come IL-1ß, VEGF, PGE2. Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o era quello <strong>di</strong> valutare la potenziale influenza<br />

dell’ utilizzo <strong>di</strong> antisettici a base <strong>di</strong> fluoruro amminico/stannoso (AmF-SnF2) per due settimane rispetto all’ impiego <strong>di</strong><br />

clorexi<strong>di</strong>na 0.12% (CHX) prima settimana e AmF-SnF2 durante la seconda settimana nei confronti della secrezione <strong>di</strong><br />

me<strong>di</strong>atori dell’infiammazione nel fluido crevicolare peri-implantare. MATERIALI E METODI: Trenta pazienti sono<br />

stati riabilitati con un impianto dentale singolo ed inseriti in tale stu<strong>di</strong>o. I soggetti sono stati inseriti me<strong>di</strong>ante<br />

randomizzazione nel gruppo test o nel gruppo controllo. I pazienti del gruppo test hanno adottato un protocollo<br />

antisettico a base <strong>di</strong> AmF-SnF2 per due settimane mentre i soggetti del gruppo controllo hanno impiegato CHX la prima<br />

settimana e AmF-SnF2 durante la seconda settimana. Questo tipo <strong>di</strong> protocollo del gruppo <strong>di</strong> controllo aveva la finalità<br />

<strong>di</strong> valutare l’eventuale sinergia tra i due antisettici. Campioni del fluido crevicolare sono stati raccolti me<strong>di</strong>ante l’<br />

impiego <strong>di</strong> strisce <strong>di</strong> carta sterili e sono stati valutati con il test ELISA per l’ espressione <strong>dei</strong> tre me<strong>di</strong>atori (IL-1ß,<br />

VEGF, PGE2). Tutti i dati sono stati raccolti statisticamente con i test paired e unpaired me<strong>di</strong>ante elaborazione con<br />

apposito software (SPSS <strong>13</strong>.0). RISULTATI: I livelli <strong>di</strong> IL-1ß e VEGF sono stati significativamente più bassi nel<br />

gruppo sperimentale rispetto a quello del gruppo controllo. Sono stati successivamente paragonati i valori della prima e<br />

seconda settimana nel gruppo controllo ed era risultato evidente una <strong>di</strong>minuzione maggiore <strong>di</strong> tutti i valori durante la<br />

seconda settimana rispetto alla prima. Inoltre è stato possibile osservare una <strong>di</strong>minuzione minore <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> IL-1ß e<br />

VEGF durante l’intero trattamento nel gruppo controllo. Infine le <strong>di</strong>fferenze <strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong> PGE2 tra i due gruppi non<br />

sono stati statisticamente significative dopo una settimana ma lo sono stati al termine della seconda settimana.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I dati <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o hanno suggerito che l’utilizzo <strong>di</strong> antisettici a base <strong>di</strong> AmF-<br />

SnF2 potrebbero <strong>di</strong>minuire la produzione delle molecole pro-infiammatorie IL-1ß, VEGF e PGE2 da parte <strong>di</strong> elementi<br />

cellulari che partecipano ai processi infiammatori nei tessuti peri-implantari. I prodotti a base <strong>di</strong> AmF-SnF2 potrebbero<br />

essere adottati come alternativa alla CHX nel mantenimento <strong>di</strong> pazienti portatori <strong>di</strong> riabilitazioni implanto-supportate.


UTILIZZO CLINICO DELLE BMP NEL TRATTAMENTO DELLE ATROFIE OSSEE DEI MASCELLARI:<br />

STUDIO PRELIMINARE<br />

Serafico L.*, Luciani F., Carnovale P., Nisi A., Mozzicato D.<br />

Università <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” – U.O.C. Odontostomatologia Osp. F.B.F - Isola Tiberina Direttore Prof. C. Arcuri<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia, Prof. C. Arcuri<br />

INTRODUZIONE: Sempre più spesso, nell’attività odontoiatrica giornaliera, si viene in contatto con <strong>dei</strong> pazienti che<br />

richiedono una riabilitazione <strong>di</strong> tipo implanto-protesica. OBIETTIVI: Le con<strong>di</strong>zioni cliniche spesso si complicano<br />

fasti<strong>di</strong>osamente se il paziente che richiede il trattamento, non possiede una con<strong>di</strong>zione ossea nel cavo orale tale da<br />

permettere una riabilitazione me<strong>di</strong>ante impianti osteointegrati. Le problematiche delle persone colpite da atrofie ossee, a<br />

causa <strong>di</strong> un trauma o <strong>di</strong> una malattia, possono essere risolte con degli innesti, in previsione <strong>di</strong> una possibile<br />

riabilitazione fissa. MATERIALI E METODI: Il nostro stu<strong>di</strong>o si avvale dell’utilizzo <strong>di</strong> un materiale da innesto<br />

Allogenico, che presenta come componenti principali le DBM (matrice ossea demineralizzata) all’interno della quale<br />

troviamo le BMP (proteine morfogenetiche) in pool. Lo scopo della nostra sperimentazione, è quello <strong>di</strong> andare ad<br />

analizzare, oltre la clinica, anche la situazione istologica dell’osso neoformato, verificando la vali<strong>di</strong>tà del materiale<br />

utilizzato. RISULTATI: In realtà, i risultati da noi ottenuti, conferiscono a questi prodotti (Regenaform, Regenafil,<br />

Osteofil) delle caratteristiche importanti che li portano ad un livello <strong>di</strong> sicurezza e qualità, molto vicine all’innesto<br />

autologo che, attualmente, rappresenta il gold standard nelle risoluzioni delle atrofie <strong>dei</strong> mascellari. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: Se un paziente, si presenta alla nostra osservazione per una riabilitazione protesica <strong>di</strong> tipo implantare<br />

e la situazione clinica mostra <strong>dei</strong> deficit dell’osso <strong>di</strong> sostegno, possiamo consigliargli una terapia rigenerativa con<br />

materiali da innesto. Siamo assolutamente convinti, in accordo con la letteratura internazionale, che i risultati migliori si<br />

avrebbero con l’utilizzo <strong>di</strong> osso autologo, ma in alcuni casi le problematiche dovute al prelievo del tessuto, potrebbero<br />

causare degli inconvenienti. L’utilizzo <strong>dei</strong> materiali allogenici fino a qualche anno fa, incontrava <strong>dei</strong> problemi dovuti al<br />

rischio <strong>di</strong> antigenicità e <strong>di</strong> rigetto. I prodotti trattati in questo stu<strong>di</strong>o preliminare, provengono da banche <strong>di</strong> tessuto osseo<br />

che detengono protocolli <strong>di</strong> sterilizzazione accettati dai governi occidentali che risultano essere molto rigi<strong>di</strong>. I quattro<br />

materiali da noi utilizzati (REGENAFORM, REGENAFIL FD, REGENAFIL FZ e OSTEOFIL), sono <strong>di</strong> facile<br />

reperibilità e vengono venduti in confezioni a partire da 0.5 cc fino a 2 cc, perciò a seconda dell’anatomia del <strong>di</strong>fetto, si<br />

può scegliere il giusto quantitativo, evitando sprechi. Questi materiali arrivano all’<strong>Odontoiatria</strong> dopo lunghi anni <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o nel campo dell’Ortope<strong>di</strong>a chirurgica, dove hanno riportato enormi successi. Il loro utilizzo è molto semplice e<br />

possiamo pertanto concludere, che questo tipo <strong>di</strong> materiale può rappresentare una valida alternativa, laddove l’innesto<br />

autologo, fosse per qualche motivo, controin<strong>di</strong>cato.


RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA IN PAZIENTE TRATTATA CON BIFOSFONATI.<br />

Magagnin E, Veclani N, Drago G, Sivolella S, Bressan E.<br />

Clinica Odontoiatrica Università <strong>di</strong> Padova – Master in Implantologia Osteointegrata<br />

Dir. Prof. G.A. Favero<br />

OBIETTIVI: L’osteonecrosi <strong>dei</strong> mascellari (ONJ) in soggetti trattati con bifosfonati per osteoporosi o patologie<br />

neoplastiche è da qualche anno importante argomento <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione in campo odontoiatrico e maxillo facciale. Molti<br />

stu<strong>di</strong> sono stati condotti, ma molti sono ancora i quesiti senza risposta, in primis se e quando sottoporre tali pazienti ad<br />

interventi invasivi quali estrazioni dentarie o interventi <strong>di</strong> chirurgia implantare. Non esiste in effetti ancora un vero e<br />

proprio protocollo comportamentale, ma sono state tracciate delle linee guida, in parte fondate sulla ricerca ed in parte<br />

<strong>di</strong> carattere prudenziale. Queste in sintesi prevedono, in vista <strong>di</strong> un intervento chirurgico sui mascellari, una sospensione<br />

del farmaco variabile da qualche mese ad 1 anno o più a seconda del tipo <strong>di</strong> somministrazione del farmaco stesso. La<br />

via orale è considerata quella con minori rischi <strong>di</strong> osteonecrosi e ne è prevista la sospensione preventiva più breve.<br />

Consigliato il dosaggio del CTX (C-terminal cross linked telopeptide), marker sierico del turnover osseo. Costituisce un<br />

in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> rischio in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> malattia. Altri accorgimenti riguardano la copertura antibiotica pre e post-operatoria, sia<br />

sistemica che locale. È consigliata anche la riduzione <strong>dei</strong> tempi chirugici e la scelta <strong>di</strong> interventi il meno invasivi<br />

possibile. Questo case report descrive la riabilitazione implantoprotesica dell’arcata superiore, previa estrazione <strong>dei</strong><br />

denti residui, in una paziente in trattamento con bifosfonati per osteoporosi.<br />

MATERIALI E METODI: La paz. V.R., <strong>di</strong> anni 68, si è presentata per l’estrazione <strong>di</strong> 4 elementi dentari dell’arcata<br />

sup. (17-11-21-27), in precedenza pilastri <strong>di</strong> protesi scheletrata, con lesioni parodontali e cariose gravi. Questi elementi,<br />

in base ai sondaggi ed alle ra<strong>di</strong>ografie, sono stati giu<strong>di</strong>cati irrecuperabili. Dall’anamnesi emerge che la paziente si<br />

sottopone a terapia i.m. con bifosfonati (Clodronato) per patologia osteoporotica senile. In seguito alla ricerca nella<br />

letteratura scientifica effettuata usando come keyword i termini “bifosfonati” e “impianti dentali”, nella necessità <strong>di</strong><br />

estrarre i denti in questione e <strong>di</strong> riabilitare l’arcata, è stata intrapresa la terapia attenendoci alle linee guida. Dopo<br />

sospensione per 3 mesi del farmaco e terapia parodontale non chirurgica, sotto copertura antibiotica sono state effettuate<br />

le estrazioni. A guarigione accertata <strong>dei</strong> tessuti duri e molli, abbiamo proposto alla paziente, che desiderava una<br />

riabilitazione fissa, una soluzione implantoprotesica <strong>di</strong> tipo Toronto Bridge. Ottenuto il consenso informato, sono stati<br />

pertanto inseriti 6 impianti standard con tecnica sommersa. La guarigione è stata regolare. Dopo 5 mesi viene effettuato<br />

il rientro chirurgico ed iniziata la fase protesica. Il caso è stato finalizzato con una protesi dento-scheletrica del tipo<br />

Toronto Bridge con denti del commercio, cementata su pilastri preparabili in titanio.<br />

CONCLUSIONI: L’aderenza alle linee guida in tema <strong>di</strong> bifosfonati ha permesso <strong>di</strong> portare a termine senza<br />

complicanze un caso <strong>di</strong> riabilitazione implantare fissa totale. Il risultato estetico e funzionale è stato sod<strong>di</strong>sfacente anche<br />

per la paziente.


PRESERVAZIONE DEI SITI POST-ESTRATTIVI NELLA REGIONE MOLARE SUPERIORE INNESTATI<br />

CON BIO-OSS COLLAGEN: VALUTAZIONE CLINICA<br />

Rasperini G. 1 , Pellegrini G. 1 , Bellucci G. 1 , Limiroli E. 1 , Canullo L. 2<br />

1 Unità <strong>di</strong> Parodontologia, Clinica Odontoiatrica, Università Statale degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Fondazione IRCCS<br />

Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano, Italia<br />

2 Stu<strong>di</strong>o Privato, Roma, Italia<br />

Obbiettivi: In seguito alla avulsione degli elementi dentari, la cresta alveolare incorre in un fisiologico processo <strong>di</strong><br />

riassorbimento che ne determina complessivamente la riduzione volumetrica. Il successivo posizionamento <strong>di</strong> impianti<br />

può risultare compromesso dalla insufficiente quantità <strong>di</strong> osso residuo. Scopo <strong>di</strong> tale stu<strong>di</strong>o è comparare il<br />

riassorbimento della cresta alveolare post-estrattiva trattata o meno con Bio Oss Collagen e membrana riassorbibile<br />

BioGide. Materiali e Meto<strong>di</strong>: Se<strong>di</strong>ci pazienti che necessitavano della avulsione <strong>di</strong> un dente molare superiore sono stati<br />

inclusi nello stu<strong>di</strong>o. Dopo avulsione, 7 pazienti sono stati trattati con Bio Oss Collagen coperto da una membrana<br />

riassorbilile (gruppo test), e 9 pazienti non hanno ricevuto alcun trattamento aggiuntivo. Per mezzo <strong>di</strong> uno stent acrilico<br />

ad appoggio dentale sono state prese le misure della cresta ossea e della profon<strong>di</strong>tà dell’alveolo appena dopo<br />

l’estrazione e dopo 3 e 6 mesi. A sei mesi gli impianti sono stati posizionati nel sito post estrattivo. La procedura <strong>di</strong><br />

aumento del seno mascellare è stata effettuata ove l’altezza verticale <strong>di</strong> tessuto osseo rilevata ra<strong>di</strong>ograficamente,<br />

risultava inferiore a 8 mm. I dati sono stati analizzati statisticamente per mezzo del test <strong>di</strong> Wilkoxon-Mann Withney<br />

Risultati: Nessuna <strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa è stata rilevata a 3 e 6 mesi comparado il rimodellamento<br />

osseo avvenuto nel gruppo test e nel gruppo controllo. Tuttavia nel momento in cui si sono isolati, nelle valutazioni<br />

statistiche, i soggetti del gruppo test e del gruppo controllo che dopo avulsione avevano mantenuto la parete vestibolare,<br />

è emerso che nel gruppo test il riassorbimento verticale della parete vestibolare conservata era nettamente inferiore<br />

rispetto al gruppo controllo. Alla analisi statistica è risultato che il gruppo controllo aveva una probabilità doppia <strong>di</strong><br />

ricevere la procedura <strong>di</strong> rialzo del seno per il posizionamento degli impianto (Odds Ratio 2.25).<br />

Conclusioni: Questo stu<strong>di</strong>o conferma dati <strong>di</strong> precedenti articoli, secondo i quali il Bio Oss Collagen coperto da una<br />

membrana riassorbilile funge da mantenitore <strong>di</strong> spazio, impedendo il collasso delle pareti dell’alveolo. Tale risultato<br />

può aiutare a mantenere un volume <strong>di</strong> tessuto osseo sufficiente al posizionamento degli impianti senza procedura <strong>di</strong><br />

aumento del seno mascellare.


LA VALUTAZIONE ISTOLOGICA DELLA GUARIGIONE A MEDIO E LUNGO TERMINE DEGLI<br />

ALVEOLI POST ESTRATTIVI INNESTATI CON BIO OSS COLLAGEN E COPERTI CON ME<strong>MB</strong>RANA<br />

RIASSORBIBILE.<br />

Rasperini G. 1 , Pellegrini G. 1 , Bellucci G. 1 , Limiroli E. 1 , Dellavia C 2 .<br />

1 Unità <strong>di</strong> Parodontologia, Clinica Odontoiatrica, Università Statale degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Fondazione IRCCS<br />

Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, Milano, Italia<br />

2 Dipartimento <strong>di</strong> Morfologia Umana e Scienze Biome<strong>di</strong>che Città Stu<strong>di</strong>, Milano, Italia<br />

Il posizionamento <strong>di</strong> materiali ossei sostitutivi nel <strong>di</strong>fetto alveolare post estrattivo ha lo scopo <strong>di</strong> stabilizzare la ferita,<br />

evitare il collasso delle pareti alveolari e fornire un supporto per la formazione <strong>di</strong> nuovo osso. Bio Oss Collagen è un<br />

materiale biocompatibile che ha già <strong>di</strong>mostrato la sia efficacia nella preservazione delle creste edentule. Scopo del<br />

presente lavoro è valutare istologicamente ed istomorfometricamente la guarigione <strong>dei</strong> siti molari mascellari post<br />

estrattivi, innestati con Bio Oss Collagen e coperti con membrana riassorbibile. Materiali e meto<strong>di</strong>: Tre pazienti con<br />

precisi criteri <strong>di</strong> inclusione, e che richiedevano l'estrazione <strong>di</strong> un molare superiore, sono stati selezionati. Dopo<br />

avulsione, il <strong>di</strong>fetto è stato colmato con Bio Oss Collagen, coperto da una membrana riassorbibile e suturato. Una carota<br />

<strong>di</strong> tessuto neoformato è stato prelevato da un paziente, dal centro del <strong>di</strong>fetto a 3, 6 e 9 mesi. Il frammento <strong>di</strong> tessuto è<br />

stato processato, colorato con blu <strong>di</strong> tolui<strong>di</strong>na e pironina G e osservato al microscopio elettronico. una griglia con 100<br />

punti è stata posta su ciascuna sezione istologica per effettuare la valutazione istomorfometrica. Risultati: A 3 mesi le<br />

particelle <strong>di</strong> materiale innestato erano cercondate da matrice provvisionale altamente cellulare. La densità <strong>di</strong> osso<br />

neoformato immaturo era del 2,8%, il Bio Oss Collagen residuo era del 43,7% ed il tessuto connettivo era il 53,5%. A 6<br />

mesi l'osso neaoformato rappresentava il 44,4%, il materiale da innesto il 12,5% ed il tessuto connettivo il 43%. A 9<br />

mesi il tessuto osseo era organizzato in lamelle e rappresentava il 47,2%, il Bio Oss Collagen (17,4%) era circondato da<br />

osso maturo e tessuto connettivo ed il tessuto connettivo o tessuto midollare rappresentava il 35,4%.Conclusioni: I dati<br />

del presente stu<strong>di</strong>o mostrano un processo ritardato <strong>di</strong> guarigione del <strong>di</strong>fetto e <strong>di</strong> rigenereatione del tessuto osseo. Il Bio<br />

Oss Collagen è un materiale biocompatibile adatto per le procedure <strong>di</strong> aumento osseo. Dopo nove mesi, comunque<br />

particelle <strong>di</strong> biomateriale innestato sono ancora rilevabili nelle sezioni istologiche. L’osso bovino era parzialmente<br />

immerso nel tessuto osseo maturo neaoformato, e nel tessuto connettivo.


RIABILITAZIONE IMPLANTARE DI PAZIENTE PARAFUNZIONALE (IIª CLASSE DI KENNEDY) A<br />

SEGUITO DI INSUCCESSO CON IMPIANTO A LAMA. A CASE REPORT<br />

Costalonga P, Curti M, La Scala G, Drago G, Parpaiola A, Bressan E.<br />

Università Degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co-Chirurgiche, Sezione Clinica Odontoiatrica,<br />

Direttore Prof. G.A. Favero.<br />

INTRODUZIONE: La riabilitazione protesica <strong>di</strong> pazienti con parafunzioni ed in particolare bruxisti rappresenta per<br />

l’odontoiatra-implantologo una sfida che il più delle volte esita in fallimenti.<br />

OBBIETTIVI: Lo scopo del presente lavoro è la riabilitazione implanto-protesica <strong>di</strong> un’edentulia <strong>di</strong>stale monolaterale<br />

inferiore (IIª Classe <strong>di</strong> Kennedy) in paziente bruxista con importante riassorbimento osseo verticale dovuto alla<br />

rimozione <strong>di</strong> un impianto a lama fratturato.<br />

MATERIALI E METODI: Dopo aver eseguito un attento stu<strong>di</strong>o del caso con modelli in articolatore a valore<br />

semin<strong>di</strong>viduale con arco facciale, elettromiografia (per testare il grado <strong>di</strong> contrazione muscolare), ceratura <strong>di</strong>agnostica e<br />

<strong>di</strong>ma chirurgica, si è proceduto all’inserimento <strong>di</strong> 3 impianti sommersi del tipo short implants a largo <strong>di</strong>ametro (in zona<br />

35,36,37) 3I e Brånemark. È stata registrata un’impronta <strong>di</strong> precisione con polietere (Impregum Penta Soft) su cucchiaio<br />

in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> tipo aperto. Il laboratorio ha provveduto alla realizzazione <strong>di</strong> una struttura unica in materiale<br />

policeramico a base PEX (Diamond Crown) supportata dai 3 pilastri implantari.<br />

RISULTATI: Recupero ottimale dell’estetica e della funzione masticatoria<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Le parafunzioni ed in particolar modo il bruxismo sviluppano, soprattutto nei<br />

settori posteriori, forze <strong>di</strong> notevole intensità che mettono a dura prova le strutture implanto-protesiche. I numerosi stu<strong>di</strong><br />

presenti in letteratura avvalorano l’ipotesi secondo la quale in edentulie <strong>di</strong> questo tipo, l’implantologia secondo il<br />

protocollo Brånemark rappresenta attualmente il Gold Standard per una riabilitazione protesica <strong>di</strong> tipo fisso.


IL CARICO IMMEDIATO COME OPZIONE TERAPEUTICA NEI PAZIENTI CARDIOCHIRURGICI<br />

SCOAGULATI<br />

Scaravilli MS*, Panico C, Bocchetti T, Mariniello M, Marenzi G, Sammartino G<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli “Federico II”<br />

Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Speciale Odontostomatologica II - Titolare: Prof. G. Sammartino Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in<br />

Chirurgia Odontostomatologica - Direttore. Prof G Sammartino<br />

Obiettivi I pazienti sottoposti ad intervento cardochirurgico <strong>di</strong> sostituzione della valvola mitralica <strong>di</strong> tipo meccanico<br />

necessitano <strong>di</strong> una stabilizzazione “a vita” della loro con<strong>di</strong>zione postoperatoria con terapie anticoagulanti orali (TAO).<br />

Scopo fondamentale <strong>di</strong> tale terapia è quello <strong>di</strong> deprimere, in modo controllato e reversibile, la coagulabilità del sangue<br />

per ottenere la massima protezione possibile dagli incidenti trombo-embolici, con il minimo rischio <strong>di</strong> emorragie. Gli<br />

anticoagulanti orali sono farmaci molto efficaci e nel corso degli anni il loro uso è <strong>di</strong>venuto sempre più sicuro.<br />

Attualmente in Italia i derivati <strong>di</strong>cumarolici, dotati <strong>di</strong> attività anticoagulante orale sono il warfarin (Couma<strong>di</strong>n®) e<br />

l’acenocumarolo (Sintrom®). Fino a poco tempo fa, questi pazienti venivano esclusi dalla possibilità <strong>di</strong> accedere a<br />

terapie riabilitative implantoprotesiche confinando i protocolli operativi speciali ad interventi chirurgici inderogabili e<br />

non <strong>di</strong> elezione. Questo comporta l’effetto bizzarro che a tali pazienti venga negata una riabilitazione in una situazione<br />

già invalidante per altri versi. Per tale motivo, il nostro Reparto ha inteso approntare un protocollo operativo che<br />

consentisse l’attuazione <strong>di</strong> una riabilitazione implantoprotesica anche in pazienti sottoposti a TAO per pregressa terapia<br />

car<strong>di</strong>ochirurgia. Materiali e Meto<strong>di</strong> La sperimentazione è avvenuta in 49 pazienti car<strong>di</strong>ochirurgici con un INR<br />

compreso tra 1.5 e 3.1 edentuli alla man<strong>di</strong>bola o resi edentuli dalla “bonifica”. Nei pazienti con un INR compreso tra<br />

1.5 e 2.5 (22) l’immissione degli impianti intraforaminali avveniva senza la sospensione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>cumarolici. Mentre nei<br />

pazienti con un INR compreso tra 2.5 e 3.1 (27) si procedeva alla sospensione e alla relativa “eparinizzazione” del<br />

paziente. La scelta del carico imme<strong>di</strong>ato si è giustificata dalla necessità <strong>di</strong> non reintervenire e <strong>di</strong> promuovere una<br />

guarigione <strong>dei</strong> tessuti molli totalmente stabilizzata senza rischi emorragici nelle fasi protesiche riabilitative definitive.<br />

Risultati. I risultati per entrambi i gruppi sono stati eccellenti con una sopravvivenza implantare del 97,59 % e con la<br />

presenza <strong>di</strong> fenomeni emorragici, controllati con soli presi<strong>di</strong> emostatici locali, soltanto in 11 pazienti; tuttavia non si è<br />

riscontrata alcuna <strong>di</strong>fferenza statistica tra i due gruppi.Conclusioni L’utilizzo <strong>di</strong> impianti con una nuova superficie con<br />

proprietà spiccatamente antibatteriche ha contribuito all’assenza o alla <strong>di</strong>minuzione <strong>dei</strong> fenomeni infiammatori<br />

contribuendo quin<strong>di</strong> al controllo dell’emostasi perimplantare.


RISPOSTA OSSEA AD IMPIANTI CONICI RESTAURATI CON PROTESI ACRILICA O METALLICA.<br />

STUDIO ISTOLOGICO SU MINIPIG.<br />

Di Bisceglie <strong>MB</strong>, Assenza B, Scarano A, Perrotti V, Quaranta A, Quaranta M, Piattelli A, Iezzi G.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara<br />

Presidente: Prof. A. Piattelli<br />

INTRODUZIONE: : Dopo l’inserimento degli impianti si assiste ad un rimodellamento osseo. Il carico imme<strong>di</strong>ato<br />

degli impianti migliora l’estetica e la funzione masticatoria <strong>dei</strong> pazienti, facilitando la riabilitazione funzionale degli<br />

stessi.<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare le reazioni ossee peri-implantari intorno ad impianti<br />

conici a carico imme<strong>di</strong>ato.<br />

MATERIALI E METODI: Sei minipigs sono stati utilizzati in questo stu<strong>di</strong>o. Dieci impianti (Bone System, Milano)<br />

sono stati inseriti in ogni minipig. Tutti gli impianti sono stati caricati imme<strong>di</strong>atamente. In metà <strong>dei</strong> casi la<br />

ricostruzione protesica è stata realizzata con protesi in metallo, nell’altra metà <strong>dei</strong> casi in protesi acrilica. Tutti i<br />

minipigs sono stati sacrificati dopo un periodo <strong>di</strong> carico <strong>di</strong> 3 mesi. I prelievi sono stati trattati in modo da ottenere<br />

sezioni sottili da 30 microns.<br />

RISULTATI: L’analisi istologica mostrava la presenza <strong>di</strong> osso compatto, maturo intorno a tutti gli impianti. Non<br />

esistevano <strong>di</strong>fferenze statisticamente significative nella percentuale <strong>di</strong> contatto osso-impianto nei 2 gruppi.<br />

CONCLUSIONI: Questa meto<strong>di</strong>ca consente la riabilitazione imme<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> settori edentuli garantendo un’ integrazione<br />

ossea intorno a tutti gli impianti.


RISOLUZIONE ESTETICA NEI MASCELLARI ATROFICI PARZIALMENTE EDENTULI: CASE<br />

REPORT<br />

Drago G, De Biagi M*, Emanuele B, Bressan E.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Clinica Odontoiatrica<br />

INTRODUZIONE: La pianificazione del trattamento implantologico si scontra spesso con la <strong>di</strong>fficoltà<br />

nell’accettazione da parte del paziente <strong>di</strong> un’opzione protesica provvisoria rimovibile. Nel paziente giovane le<br />

importanti necessità <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne estetico si riflettono nella scelta <strong>dei</strong> materiali <strong>di</strong> costruzione del manufatto protesico<br />

provvisorio e nella rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> esecuzione dello stesso. Per garantire il successo <strong>di</strong> una protesizzazione a carico<br />

imme<strong>di</strong>ato, il posizionamento degli impianti, oltre a rispondere agli obiettivi restaurativi protesici, deve considerare le<br />

specifiche limitazioni anatomiche nei casi <strong>di</strong> atrofia e offrire adeguata stabilità primaria.<br />

OBIETTIVI: L’obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è illustrare una riabilitazione implanto-protesica estetica attraverso una<br />

protesi fissa avvitata a carico imme<strong>di</strong>ato in una giovane paziente parzialmente edentula con importante atrofia<br />

mascellare.<br />

MATERIALI E METODI: Paziente <strong>di</strong> sesso F, età 46, buone con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute generale, con edentulia parziale<br />

superiore e richiesta <strong>di</strong> riabilitazione estetica fissa. Lo stu<strong>di</strong>o del caso attraverso ortopantomografia, TC dentascan ed<br />

elaborazione 3D del mascellare superiore, rivela importante atrofia mascellare con per<strong>di</strong>ta della componente trasversale<br />

della cresta alveolare residua. Si decide per una soluzione tipo Toronto su impianti, con barra laser sinterizzata passiva<br />

costruita in laboratorio sulla base <strong>di</strong> impronte preliminari che forniscano informazioni riguardo le se<strong>di</strong> nelle quali è stato<br />

pianificato il posizionamento degli impianti. Si concorda inoltre il mantenimento degli elementi residui, pilastri <strong>di</strong><br />

precedente provvisorio in resina, fino a sicura osteointegrazione delle fixtures. Vengono posizionati 6 impianti a vite<br />

Semados RI (Semados, Bego, Bremen, Germany) in titanio, in sede 14, <strong>13</strong>, 11, 23, 24, 25 (<strong>di</strong>ametro 3,75, lunghezza<br />

variabile); in sede intraoperatoria la barra laser sinterizzata, con punti <strong>di</strong> repere sulle preparazioni degli elementi residui,<br />

viene utilizzata come guida chirurgica. La forma implantare conica e la sottopreparazione del sito chirurgico hanno<br />

permesso <strong>di</strong> ottenere un’ottima stabilità primaria delle fixtures, con conseguente carico imme<strong>di</strong>ato. L’impronta<br />

intraoperatoria con portaimpronte in<strong>di</strong>viduale su montatori consente al laboratorio <strong>di</strong> ultimare la protesi montando i<br />

denti artificiali in resina composita sulla barra. La consegna è stata effettuata nel giorno successivo all’intervento.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONE: Attraverso la riabilitazione implantologica con protesizzazione imme<strong>di</strong>ata è stata<br />

utilizzata una protesi provvisoria fissa durante tutte le fasi del trattamento, con ottimo risultato estetico e comfort del<br />

paziente. E’ stato inoltre possibile ottenere una guida alla guarigione <strong>dei</strong> tessuti molli compatibile con una buona<br />

estetica ed un’ottima funzione parodontale.


FULL ARCH A CARICO IMMEDIATO NELL’ARCATA MANDIBOLARE<br />

P. Cardelli, D. Gallo, F. Balestra, M. Gallio, M. Montani<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> E Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”(Prof. Alberto Barlattani). U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S. Giovanni Calibita<br />

Fatebenefratelli”, Roma (Prof. Clau<strong>di</strong>o Arcuri<br />

Lo scopo del lavoro è stata la valutazione della resa <strong>di</strong> impianti a carico imme<strong>di</strong>ato con ridotto numero <strong>di</strong> impianti in<br />

man<strong>di</strong>bole atrofiche. Sono stati realizzati full arch a carico imme<strong>di</strong>ato in man<strong>di</strong>bole con ridotti volumi ossei nelle<br />

regioni posteriori. In 5 pazienti sono stati posizionati 6 impianti Straumann sui quali sono state realizzate riabilitazioni<br />

protesiche a carico imme<strong>di</strong>ato funzionale, al posizionamento <strong>di</strong> un provvisorio nelle 48 ore dall’intervento chirurgico a<br />

fatto seguito una riabilitazione definitiva in oro porcellana dopo 3 mesi <strong>di</strong> osteointegrazione.In un caso <strong>di</strong> grave atrofia<br />

secondaria alla rimozione <strong>di</strong> vecchi impianti a lama sono stati realizzati due elementi a sbalzo <strong>di</strong>stali (uno per<br />

quadrante) al fine <strong>di</strong> garantire una masticazione accettabile. Tutti i casi trattati e controllati con un follow up a 3 anni,<br />

hanno <strong>di</strong>mostrato come sia possibile realizzare una riabilitazione completa imme<strong>di</strong>ata anche in con<strong>di</strong>zioni ossee<br />

critiche


NOBEL ACTIVE : UNA TECNICA IMPLANTARE CON ESTETICA E FUNZIONE IMMEDIATA<br />

Moretto D., Gargari M., Ottria L., Gloria F., Nordsjö E., Bollero R.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”<br />

L’avvento dell’implantologia osteointegrata ha permesso la realizzazione <strong>di</strong> protesi fisse in pazienti dove, fino a pochi<br />

anni prima, era quasi impossibile fornire delle soluzioni accettabili e confortevoli. Il successo delle procedure <strong>di</strong><br />

osteointegrazione, è stato però con<strong>di</strong>zionato dal rigoroso rispetto <strong>dei</strong> lunghi tempi d’attesa, che si pensavano essere<br />

necessari per evitare l’interposizione <strong>di</strong> tessuto connettivo fibroso nell’interfaccia osso-impianto. Nell’ambito della<br />

pratica implantologica attuale, questo viene considerato un grave limite, responsabile <strong>di</strong> importanti <strong>di</strong>sagi nel decorso<br />

post-operatorio del paziente, e talvolta colpevole <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssuadere il paziente stesso dal sottoporsi a terapia implantologica.<br />

Le esperienze e gli stu<strong>di</strong> sul carico imme<strong>di</strong>ato hanno permesso una significativa riduzione <strong>dei</strong> tempi della riabilitazione,<br />

e questo oltre ad espandere le possibilità degli interventi implanto-protesici, rappresenta un grande vantaggio<br />

psicologico e funzionale per i pazienti. Stu<strong>di</strong> recenti compiuti sul carico imme<strong>di</strong>ato <strong>di</strong> impianti singoli e ponti in<br />

entrambi i mascellari mostrano come, previa un’attenta valutazione clinica del paziente e l’utilizzo <strong>di</strong> un corretto<br />

protocollo chirurgico-protesico, i risultati ottenuti siano completamente sovrapponibili con quelli del carico ritardato.<br />

Obiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è valutare a breve termine l’esito funzionale ed estetico <strong>di</strong> una nuova sistematica implantare,<br />

il Nobel Active. La sua elevata capacità auto-filettante e <strong>di</strong> compressione ossea assiale e ra<strong>di</strong>ale, il collare conico<br />

verso l’interno (<strong>di</strong>segnato per una maggiore stabilizzazione <strong>dei</strong> tessuti molli e per il mantenimento dell’osso marginale),<br />

la superficie TiUnite® arricchita da numerose porosità sulle spire, e il <strong>di</strong>segno stesso della fixture, rendono possibile un<br />

facile raggiungimento della stabilità primaria. Tutto questo consente il posizionamento delle fixture anche in mascellari<br />

fortemente riassorbiti, in quanto Nobel Active, rispetto alle tecniche tra<strong>di</strong>zionali, richiede una minore osteotomia. Un<br />

gruppo <strong>di</strong> pazienti, con monoedentulie o edentulie parziali, selezionato secondo un protocollo clinico <strong>di</strong> ricerca, è stato<br />

trattato avvalendosi della suddetta tecnica. Questo sistema, inoltre, prevede due soluzioni protesiche <strong>di</strong>fferenti: external<br />

o internal connection. La prima prevede un moncone primario fuso con l’impianto (one piece) sul quale andrà ad<br />

incastrarsi l’abutment definitivo. La seconda invece, presenta un classica interfaccia protesica ad esagono interno.<br />

Tutti i casi dai Noi trattati hanno mostrato l’estrema semplicità operativa delle fasi chirurgiche e protesiche, nonché il<br />

ripristino funzionale ed estetico imme<strong>di</strong>ato. Nei controlli a 3, 6, 12 mesi l’e.o. ha mostrato una perfetta stabilità degli<br />

impianti ed una buona salute <strong>dei</strong> tessuti parodontali. I controlli ra<strong>di</strong>ografici hanno confermato la perfetta<br />

osteointegrazione, e l’assenza <strong>di</strong> zone <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>otrasparenze e/o <strong>di</strong> riassorbimento osseo coronale. Il tutto a <strong>di</strong>mostrare una<br />

valida e sod<strong>di</strong>sfacente integrazione delle riabilitazioni implanto-protesiche Nobel Active.


RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA A CARICO IMMEDIATO ED A CARICO DEFFERITO<br />

Schinco F. *1 ; Valenzano A.L. 1 ; Inchingolo A.D. 1 ; Marrelli M.W. 1,2 ; Inchingolo A.M. 1 ; Tatullo M. 1 ; Scandale F. 2 ;<br />

Picciariello V. 1 ; Dipalma G . 1,2 ; Inchingolo F. 1,2<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

La riabilitazione protesica a carico imme<strong>di</strong>ato consente, in una sola seduta, <strong>di</strong> procedere alla bonifica chirurgica del<br />

cavo orale fino alla fase <strong>di</strong> riabilitazione impianto-protesica con realizzazione <strong>di</strong> provvisori fissi su impianti. Quin<strong>di</strong>, il<br />

paziente entra nello stu<strong>di</strong>o odontoiatrico parzialmente o totalmente edentulo e ne esce con gli impianti inseriti ed i denti<br />

provvisori fissati nel cavo orale, ottenendo un importante vantaggio nella slatentizzazione della tempistica implantare<br />

pur mantenendo standard estetici e funzionali ottimi. Tuttavia, il carico imme<strong>di</strong>ato necessita <strong>di</strong> quantità e qualità<br />

dell’osso tali da assicurare un ancoraggio stabile e sicuro degli impianti. Nel momento in cui vengono meno queste<br />

con<strong>di</strong>zioni, è preferibile procedere secondo il protocollo convenzionale che prevede, dopo l’estrazione <strong>di</strong> denti naturali,<br />

la completa guarigione ossea prima <strong>di</strong> procedere al posizionamento implantare. Questa tecnica impone un’attesa iniziale<br />

<strong>di</strong> 3 ÷ 6 mesi dopo le estrazioni per inserire le fixture, un’ulterore attesa <strong>di</strong> 4 ÷ 6 mesi per garantire una corretta<br />

osteointegrazione, inoltre richiede un periodo <strong>di</strong> ulteriori 40 giorni per poter prendere l’impronta e costruire il manufatto<br />

protesico definitivo. Gli Autori hanno valutato i vantaggi e gli svantaggi delle due tecniche su una coorte <strong>di</strong> 20 pazienti:<br />

10 pazienti , aventi un’ampiezza minima <strong>di</strong> almeno 8 mm tra la cresta ossea ed il pavimento del seno mascellare, hanno<br />

subito una riabilitazione implanto-protesica del mascellare superiore e 10 pazienti, aventi una ampiezza minima <strong>di</strong> 5<br />

mm tra la cresta alveolare e il bordo inferiore della man<strong>di</strong>bola, hanno subito una riabilitazione implanto-protesica del<br />

macellare inferiore. Del primo gruppo, su 5 pazienti è stato effettuato una riabilitazione impianto-protesica a carico<br />

imme<strong>di</strong>ato, mentre sui restanti 5 a carico <strong>di</strong>fferito. Anche sui 10 pazienti sottoposti alla riabilitazione implantare del<br />

mascellare inferiore si è provvisto ad una sud<strong>di</strong>visione in 2 gruppi da 5, attribuendo a ciascun gruppo la <strong>di</strong>versa<br />

modalità <strong>di</strong> riabilitazione. Tutti i 20 pazienti si sono sottoposti a follow-up clinico-ra<strong>di</strong>ologico a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 12 e 18<br />

mesi dall’inserimento dell’impianto con un evidente successo implantare, tale successo si è presentato nei 4 sottogruppi<br />

da 5 pz. in modo sovrapponibile e senza variazioni statisticamente rilevanti (p>0.05).


TORONTO A CARICO IMMEDIATO SU 8 IMPIANTI WAY ® CON SUPERFICIE TRATTATA A LASER:<br />

CASE REPORT<br />

Bion<strong>di</strong> E., Duvina M., Viviani C., Delle Rose G., Civitelli V., Casella G., Amunni F., Tonelli P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia<br />

INTRODUZIONE: Le superfici implantari a trattamento laser (Geass-Synthegra ® ) sono caratterizzate da una<br />

topografia controllata e riproducibile per <strong>di</strong>mensioni e <strong>di</strong>stribuzione delle microporosità e promuovono inoltre<br />

un’attività specifica delle cellule osteoblastiche significativamente superiore rispetto alle altre tipologie <strong>di</strong> superfici.<br />

OBIETTIVI: Il protocollo <strong>di</strong> questo caso clinico consiste nella valutazione nel tempo della stabilità implantare (ISQ)<br />

ottenuta con l’analisi della frequenza <strong>di</strong> risonanza (RFA), nell’analisi ra<strong>di</strong>ografica <strong>dei</strong> livelli ossei perimplantari e nella<br />

valutazione della guarigione <strong>dei</strong> tessuti molli con misurazioni effettuate con sonde in teflon su impianti dotati <strong>di</strong><br />

adattamento perimplantare tipo platform switching.<br />

MATERIALI E METODI: fase prechirurgica <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o clinico del caso, stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> OPT e TC e <strong>dei</strong> modelli in<br />

articolatore, realizzazione in laboratorio della <strong>di</strong>ma chirurgica. Fase chirurgica <strong>di</strong> inserimento <strong>di</strong> otto impianti (Way ® )<br />

mascellari con valutazione della stabilità primaria e misurazione della curva <strong>di</strong> riferimento dell’energia spesa al<br />

frenaggio e al posizionamento implantare. Registrazione della posizione degli impianti e suo trasferimento in<br />

articolatore per la realizzazione in laboratorio del provvisorio. Carico a 24 ore. Controlli effettuati a 2 settimane e 1<br />

mese con RFA e sondaggio, a 3 e 6 mesi dal carico con OPT, RFA e sondaggio.<br />

RISULTATI: ottimali valori <strong>di</strong> ISQ nei controlli successivi alla chirurgia fino a 7 mesi hanno evidenziato una buona<br />

stabilità implantare, anche l’adattamento <strong>dei</strong> tessuti molli perimplantari è risultato stabile. Alla seconda OPT il livello<br />

osseo si è mantenuto stabile e non sono presenti coni <strong>di</strong> riassorbimento.<br />

CONCLUSIONI: I risultati a breve termine hanno mostrato che i valori me<strong>di</strong> <strong>di</strong> ISQ ottenuti sono comparabili a quelli<br />

registrati in casi a carico ritardato, dunque che la stabilità implantare a 6 mesi tra essi è similare. Inoltre si è ottenuta una<br />

migliore stabilità iniziale poiché c’è stato un minor decremento <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> ISQ, normalmente presente dopo la fase<br />

chirurgica. Sono tuttavia ancora necessari stu<strong>di</strong> inerenti alla definizione <strong>di</strong> linee guida sui valori ISQ nelle varie fasi <strong>di</strong><br />

guarigione sia <strong>di</strong> carico imme<strong>di</strong>ato, anticipato che ritardato.


RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA DEI MASCELLARI EDENTULI. VANTAGGI DELLE<br />

METODICHE CHIRURGICHE CAD-CAM T.C. GUIDATE E DEL CARICO IMMEDIATO.<br />

Meloni S.M., De Riu G., Cattina G., Pisano M., Tullio A.<br />

Dipartimento Struttura Specialità Microchirurgiche. Unita Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale (<strong>di</strong>r. Prof. A.<br />

Tullio)<br />

Introduzione La riabilitazione implanto-protesica <strong>dei</strong> mascellari edentuli necessita <strong>di</strong> una accurata valutazione preoperatoria<br />

al fine <strong>di</strong> posizionare gli impianti dentari in modo protesicamente guidato. Nuove tecnologie ed in particolar<br />

modo l’associazione tra Software <strong>di</strong> indagine ra<strong>di</strong>ografica con meto<strong>di</strong>che CAD-CAM permettono indagini ra<strong>di</strong>ografiche<br />

e valutazioni accurate e la possibilità <strong>di</strong> costruire delle guide chirurgiche basate sull’analisi della T.C.. In particolar<br />

modo il software Procera Nobel Guide (NOBEL BIOCARE), permette <strong>di</strong> fabbricare delle guide chirurgiche con<br />

possibilità <strong>di</strong> inserire le fixtures implantari con una meto<strong>di</strong>ca flapless con la possibilità <strong>di</strong> caricare imme<strong>di</strong>atamente le<br />

fixtures stesse in breve tempo al termine della fase chirurgica.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong> Nel presente lavoro descriviamo tre casi esemplificativi.<br />

Caso 1 Paziente <strong>di</strong> 58 anni con edentulia del mascellare superiore. Inserimento <strong>di</strong> sei impianti dentali Replace (Nobel<br />

Biocare), con meto<strong>di</strong>ca flapless T.C guidata e carico imme<strong>di</strong>ato per mezzo <strong>di</strong> una protesi provvisoria avvitata in resina<br />

metallo Dopo sei mesi si rileva l’impronta definitiva e successivamente si costruisce in articolatore un Implat-Bridge<br />

in Titaniao con denti in composito.<br />

Caso 2 Paziente <strong>di</strong> 55 anni in buono stato <strong>di</strong> salute generale con scarsa attenzione alla propria igiene orale, e con grave<br />

<strong>di</strong>sagio nei rapporti interpersonali a causa del’assenza <strong>di</strong> numerosi elementi dentari e <strong>di</strong> una riabilitazione protesica<br />

insod<strong>di</strong>sfacente. In seguito all'esame obiettivo, valutazione parodontale ed esame rx completo si evidenzia una grave<br />

parodontopatia a carico <strong>di</strong> tutti gli elementi dentari e la compromissione funzionale <strong>di</strong> tutti gli elementi del mascellare<br />

superiore. Dopo preparazione iniziale e levigatura ra<strong>di</strong>colare si decide <strong>di</strong> sostituire gli elementi del mascellare superiore<br />

con sei impianti Replace Nobel Biocare inseriti, con la meto<strong>di</strong>ca Nobel Guide (Procera planing Software; Nobel<br />

biocare) e caricati imme<strong>di</strong>atamente procedendo nella stessa seduta all’avulsione degli elementi dentari e all’inserimento<br />

delle fixtures. L’arcata inferiore viene trattata con la riabilitazione protesica <strong>di</strong> tutti gli elementi dentari in associazione<br />

a chirurgia parodontale resettiva.<br />

Dopo la fase con i provvisori il mascellare superiore viene riabilitato in modo definitivo con un Implant-Bridge (<br />

Procera Nobel Biocare) in zirconio ceramizzato. L’arcata inferiore viene protesizzata con corone in zirconio-ceramica<br />

(Procera CAD-CAM; Nobel Biocare).<br />

Caso 3 Paziente con grave parodontopatia a carico <strong>di</strong> tutti gli elementi del mascellare sup e d inferiore con profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />

sondaggio superiori agli 8mm a carico <strong>di</strong> tutti gli elementi dentari e con notevole per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> attacco.<br />

Dopo accurata valutazione clinica parodontale e ra<strong>di</strong>ologica si decide <strong>di</strong> estrarre in fasi successive tutti gli elementi<br />

dentari. In seguito alll’avulsione degli elementi mascellari e il posizionamento <strong>di</strong> una protesi rimovibile, popo due mesi<br />

si insericcono sei fixtures mascellari che vengono caricati imme<strong>di</strong>tamente con una protesi provvisoria. Dopo due mesi si<br />

procede all’avulsione degli elementi inferiori ed al mantenimento <strong>di</strong> quattro elementi dentari al fine <strong>di</strong> sorreggere un<br />

provvisorio in resina. A tre mesi dal primo intervento si procede all’avulsione <strong>di</strong> tutti gli elementi e al contempoareneo<br />

inserimento <strong>di</strong> sei fixtures implatari <strong>di</strong> cui una in un sito post estrattivo che vengono caricate imme<strong>di</strong>atamente con una<br />

protesi avvitata in resina con armatura metallica. Successivamente la paziente verrà riabilitata in modo definitivo in<br />

zirconio ceramica.Conclusioni Le meto<strong>di</strong>che Cad Cam associate alla chirurgia implantare T.C. guidata e alla<br />

possibilità <strong>di</strong> caricare imme<strong>di</strong>atamente le fixtures permettono <strong>di</strong> trattare al meglio protesicamente e dal punto <strong>di</strong> vista<br />

estetico i casi complessi riducendo notevolmente i tempi operativi ed il <strong>di</strong>sconfort per li pazienti evitando sovente <strong>di</strong><br />

ricorrere a tecniche <strong>di</strong> innesto o rigenerazione ossea.


LA CHIRURGIA ULTRASONICA NELLA RIABILITAZIONE DI MANDIBOLE ATROFICHE<br />

Cancellieri M,Voccola A, Piattelli M, Scarano A<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D'Annunzio” <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

Introduzione: La chirurgia piezoelettrica, nota come piezochirurgia, è una tecnica innovativa che permette <strong>di</strong> eseguire<br />

osteoplastica e tagli osteotomici con massima precisione ed efficienza; il taglio osseo è determinato dall’azione <strong>di</strong><br />

microvibrazioni ultrasoniche a modulazione <strong>di</strong> frequenza variabile.<br />

Obiettivi: Valutazione dell’elettività dell’apparecchio verso i tessuti mineralizzati e preservazione delle strutture<br />

anatomiche a rischio.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Hanno partecipato a questo stu<strong>di</strong>o 4 pazienti (<strong>di</strong> età compresa tra i 44 ed i 59 anni, me<strong>di</strong>a 51 anni).<br />

All'esame obiettivo e ad una valutazione ra<strong>di</strong>ografica i pazienti presentavano uno spessore osseo residuo <strong>di</strong> 2-3 mm dal<br />

nervo alveolare, spessore che impe<strong>di</strong>va anche il posizionamento <strong>di</strong> short implant. I pazienti presentavano una edentulia<br />

che si estendeva dalla regione premolare alla regione molare e risultavano evidenti i deficit ossei a carico della<br />

man<strong>di</strong>bola posteriore. Sotto la guida <strong>di</strong> un modellato in cera da osso precedentemente allestito, la ricostruzione delle<br />

creste deficitarie è stata ottenuta con un blocco <strong>di</strong> osso <strong>di</strong> origine sinfisaria con l’utilizzo della piezochirurgia<br />

(Surgysonic, Esacrom, Imola Italia). A 4 mesi sono stati inseriti almeno due impianti 4,1x10mm (Bone System, Milano<br />

Italy) per zona rigenerata.<br />

Risultati: L’elettività d’azione esclusiva dell’apparecchio verso i tessuti mineralizzati ha permesso <strong>di</strong> operare con<br />

maggiore sicurezza in siti chirurgici limitrofi a strutture anatomiche a rischio, quali fasci vascolo-nervosi o tessuti molli,<br />

preservando la loro integrità anche in caso <strong>di</strong> contatto accidentale con essi. L’osso veniva tagliato facilmente e con<br />

grande precisione, senza l’interessamento del tessuto molle.<br />

Conclusione: Abbiamo trovato la piezochirurgia utile e precisa nelle osteotomie per prelievi <strong>di</strong> osso autologo intraorali.


COMPLICANZA IMPLANTOPROTESICA IN ZONA AD ALTA VALENZA ESTETICA: GESTIONE DEL<br />

CASO<br />

Camilleri D, Morando M, Drago G, Bressan E.<br />

Clinica Odontoiatrica, Master in Implantologia Osteointegrata, Università <strong>di</strong> Padova, Padova<br />

domenico.camilleri@gmail.com<br />

OBIETTIVI: l’utilizzo dell’implantologia negli stu<strong>di</strong> odontoiatrici è <strong>di</strong>ventato negli ultimi anni sempre più frequente.<br />

Parimenti sono aumentate le complicanze sia <strong>di</strong> natura protesica che chirurgica. Diventa perciò importante per la figura<br />

dell’odontoiatra, gestire le complicanze sia <strong>dei</strong> propri casi che <strong>di</strong> quelli riferiti dai colleghi. Obiettivo del presente<br />

lavoro è descrivere la soluzione <strong>di</strong> alcune complicanze verificatesi in una paziente riabilitata implanto-protesicamente<br />

alcuni anni prima in una struttura <strong>di</strong>versa, garantendo un ricon<strong>di</strong>zionamento <strong>dei</strong> tessuti molli traumatizzati.<br />

MATERIALI E METODI: La paziente, prima dell’incidente stradale subito, presentava una soluzione protesica fissa<br />

in oro-ceramica cementata su 4 abutment avvitati su impianti 3I in sede 21, 11, 12 e <strong>13</strong>. Con il trauma ha perso il ponte<br />

E le viti <strong>di</strong> connessione degli abutment in sede <strong>13</strong> e 21 . Alla paziente è stato ricementato sugli abutment residui (11 e<br />

12) il ponte provvisorio in resina che aveva conservato dal primo trattamento. Grazie al fatto che la paziente aveva<br />

recuperato comunque i due abutment svitati nell’incidente ed aveva conservato il modello master e la <strong>di</strong>ma <strong>di</strong><br />

posizionamento degli abutment è stato possibile procedere alla riabilitazione del caso in tempi rapi<strong>di</strong>. RISULTATI: La<br />

paziente è stata riabilitata assicurandole un ottimale con<strong>di</strong>zionamento <strong>dei</strong> tessuti molli ed il comfort <strong>di</strong> avere sempre in<br />

ciascuna fase del trattamento una protesi provvisoria che le garantisse una vita <strong>di</strong> relazione adeguata anche alla sua<br />

giovane età e professione. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il fatto <strong>di</strong> aver avuto a <strong>di</strong>sposizione modelli master<br />

originali, <strong>di</strong>me <strong>di</strong> posizionamento degli abutment e manufatti protesici provvisori ha consentito <strong>di</strong> velocizzare i tempi <strong>di</strong><br />

riabilitazione e <strong>di</strong> garantire alla paziente <strong>di</strong> non rimanere senza protesi per perio<strong>di</strong> anche limitati <strong>di</strong> tempo. Tutto ciò<br />

porta a dedurre che, nei casi <strong>di</strong> riabilitazioni complesse e/o ad alta valenza estetica, bisognerebbe prendere in<br />

considerazione l’ipotesi <strong>di</strong> dotare i pazienti, a fine trattamento, <strong>dei</strong> modelli maestri , delle <strong>di</strong>me <strong>di</strong> posizionamento degli<br />

abutment, delle protesi provvisorie e <strong>di</strong> quant’altro possa essere utile in caso <strong>di</strong> necessità, tenendone ovviamente conto<br />

in fase <strong>di</strong> preventivo <strong>di</strong> spesa. Questi accorgimenti permetterebbero al paziente <strong>di</strong> venir trattato anche in altre strutture.


“ECTOPIE” IMPLANTARI NEL MASCELLARE SUPERIORE<br />

Sozzi D., Novelli G., Mazzoleni F., Ferrari L., Canzi G, Morelli O.*<br />

U.O Chirurgia Maxillofacciale Ospedale S. Gerardo Monza - Ospedale Niguarda Cà Granda Milano Cattedra <strong>di</strong><br />

Chirurgia Maxillofacciale, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca, Direttore: Prof. A. Bozzetti<br />

* U.O. Otorinolaringoiatria Ospedale Niguarda Cà Granda Milano, Direttore: Dr. E. Colombo<br />

INTRODUZIONE: Nonostante la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> tecniche chirurgiche che permettono il posizionamento degli impianti<br />

con elevata precisione e <strong>di</strong> indagini ra<strong>di</strong>ologiche che consentono un’ adeguata programmazione pre operatoria nella<br />

pratica clinica permane frequentemente il riscontro <strong>di</strong> complicanze legate al mal posizionamento degli impianti<br />

mascellari. Oltre alle complicanze implantologiche generiche nel mascellare superiore vi sono delle complicanze<br />

specifiche legate alla presenza <strong>dei</strong> “corpi estranei” implantari all’interno delle cavità paranasali o delle cavità nasali<br />

stesse, con conseguenti danni legati prevalentemente allo sviluppo <strong>di</strong> infezioni e flogosi.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del lavoro prevede <strong>di</strong> descrivere i casi giunti alla nostra osservazione con complicanze relative<br />

all’invasione delle cavità aeree mascellari da mal posizionamento degli impianti endoossei.<br />

MATERIALI E METODI: Dal 2000 ad Oggi sono giunti all’osservazione numerosi casi <strong>di</strong> mal posizionamento <strong>di</strong><br />

impianti dentali. I pazienti presentavano segni <strong>di</strong> flogosi, infezione, sinusiti reci<strong>di</strong>vanti, dolore. Vengono descritti casi <strong>di</strong><br />

mal posizionamento <strong>di</strong> impianti a livello delle fosse nasali, <strong>dei</strong> seni mascellari ed un caso particolare con <strong>di</strong>slocazione<br />

intradurale nella base cranica anteriore. Questa situazione ha richiesto la rimozione dell’impianto per via endoscopica<br />

nasale associata ad una plastica durale me<strong>di</strong>ante patch <strong>di</strong> mucosa settale. Tutti gli altri casi sono stati trattati con la<br />

rimozione chirurgica degli impianti endoossei associata a trattamento me<strong>di</strong>co. Il riposizionamento degli impianti non è<br />

mai stato eseguito contemporaneamente alla loro rimozione, ma <strong>di</strong>lazionato ad almeno 6 mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />

RISULTATI: In tutti i casi è stata ottenuta la completa risoluzione del quadro clinico e ra<strong>di</strong>ologico, senza complicanze<br />

intra e post operatorie.<br />

CONCLUSIONI: Le tecniche <strong>di</strong> valutazione preoperatorie oggi <strong>di</strong>sponibili, in particolare TC Dentascan e TC<br />

Volumetrica, devono essere a nostro avviso associate all’OPT. Si raccomanda la corretta osservanza delle tecniche<br />

chirurgiche, soprattutto per gli operatori meno esperti. Le moderne tecniche che prevedono la programmazione<br />

computerizzata non sono, a nostro avviso, in<strong>di</strong>spensabili per il corretto posizionamento degli impianti mascellari, se le<br />

norme sopraccitate vengono osservate correttamente.


IMPIANTI A CONNESSIONE CONOMETRICA AUTOBLOCCANTE: STUDIO CLINICO PROSPETTICO<br />

SULLA SOPRAVVIVENZA A 46 MESI.<br />

Dr Guerra M, Belcastro S., Palazzo L.<br />

Ospedale <strong>di</strong> Gubbio Servizio <strong>di</strong> odontoiatria, Responsabile Dr. Guerra M.<br />

OBIETTIVI: Requisito fondamentale per la sopravvivenza degli impianti a lungo termine è il mantenimento dell’osso<br />

perimplantare. Le conoscenze attuali in<strong>di</strong>viduano i seguenti fattori in grado <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re o attenuare il riassorbimento<br />

osseo: riduzione del microgap moncone-impianto, assenza <strong>di</strong> micromovimenti moncone-impianto; trattamento <strong>di</strong><br />

superficie anche a livello del collo implantare; platform switching. Scopo del presente stu<strong>di</strong>o è la valutazione della<br />

sopravvivenza implantare a me<strong>di</strong>o termine, 46 mesi, <strong>di</strong> impianti che possiedono tutte le caratteristiche sopra citate.<br />

MATERIALI E METODI: Nel presente stu<strong>di</strong>o clinico prospettico è stato valutato un campione <strong>di</strong> 901 impianti<br />

Exacone TM (LEONE Spa, Sesto Fiorentino) posizionati su 294 pazienti dal novembre 2002 a <strong>di</strong>cembre 2004 presso il<br />

servizio <strong>di</strong> odontoiatria <strong>di</strong> Gubbio. La connessione protesica del sistema Exacone TM che consiste in un cono Morse<br />

puro e un esagono <strong>di</strong> riposizionamento, consente un’ottima stabilità dell’unità moncone-impianto, una drastica<br />

riduzione del microgap e <strong>dei</strong> micromovimenti.<br />

RISULTATI: I risultati in<strong>di</strong>cano una sopravvivenza implantare a 46 mesi del 97%. È importante sottolineare che<br />

nessuno <strong>dei</strong> pazienti è stato selezionato per essere inserito nello stu<strong>di</strong>o e dunque sono state affrontate le situazioni<br />

cliniche, compresi casi <strong>di</strong> chirurgia avanzata, e protesiche, da edentulia singola a edentulia totale con protesi fisse re<br />

rimovibili, più <strong>di</strong>sparate. Analizzando i dati relativamente alle <strong>di</strong>mensioni dell’impianto, il minor numero <strong>di</strong> per<strong>di</strong>te è<br />

stato registrato per il <strong>di</strong>ametro più piccolo (3,3 mm) e per la lunghezza maggiore (14 mm) con una sopravvivenza del<br />

100%, mentre le maggiori per<strong>di</strong>te si sono verificate per la lunghezza più piccola (8 mm). Riguardo le densità ossee, la<br />

sopravvivenza implantare è stata minore nelle densità ossee D1 eD4,<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Considerando il fatto che il campione esaminato conteneva numerosi casi <strong>di</strong><br />

chirurgia avanzata (come piccolo e grande rialzo del pavimento del seno mascellare ed espansione <strong>di</strong> cresta), i risultati<br />

ottenuti possono essere considerati più che sod<strong>di</strong>sfacenti. Sono sicuramente degni <strong>di</strong> nota la quasi totale assenza <strong>di</strong><br />

complicanze a carico della connessione protesica e l’ottimo mantenimento <strong>dei</strong> livelli ossei crestali.


IL CONSENSO INFORMATO<br />

Duvina G., Duvina M., Maltoni L., Delle Rose G., Brancato L., Marganti S., Tonelli P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia<br />

DEFINIZIONE: Il consenso informato è l’atto fondamentale che regola il rapporto tra curante e paziente.<br />

PRINCIPI GIURIDICI: I principi giuri<strong>di</strong>ci che lo regolano sono: art.32, comma II della Costituzione, art.<strong>13</strong>, comma<br />

I-V della Costituzione, legge 833/1978, art.33, commi I-V istituzione del SSN, art.50c.p., artt. 39/42 co<strong>di</strong>ce<br />

deontologico.<br />

FORMA: Tutto è lasciato alla fantasia del sanitario: orale, scritta, <strong>di</strong>segni, foto ecc. L’importante è che il cons. sia<br />

adeguatamente documentato dal sanitario pur conscio che tale procedura potrebbe in qualche caso, allontanargli quei<br />

pazienti che preferiscono odontoiatri faciloni, e magari garantisti non solo nei mezzi utilizzati, ma anche nel risultato.<br />

OBIETTIVI: Il cons. serve ad evitare <strong>di</strong> incorrere nei seguenti articoli:art. 610 c.p “chiunque con violenza o minaccia,<br />

costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni”- art. 728 c.p.<br />

“chiunque pone taluno, col suo consenso, in stato <strong>di</strong> narcosi o d’ipnotismo, o esegue su <strong>di</strong> lui un trattamento che ne<br />

sopprima la coscienza o la volontà, è punito con l’arresto da uno a sei mesi o con l’ammenda… tale sanzione non si<br />

applica se il fatto è commesso a scopo scientifico o da chi esercita una professione sanitaria -“art. 589 c.p.“chiunque<br />

cagiona per colpa la morte <strong>di</strong> una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni” - art. 590<br />

c.p.“chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa<br />

<strong>di</strong> … il delitto è punibile a querela <strong>di</strong> persona offesa …” - art.582 c.p.”chiunque cagiona ad alcuno una lesione<br />

personale, dalla quale deriva una malattia del corpo o della mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni …<br />

se la malattia ha una durata non superiore a venti giorni è punibile a querela ” - art. 584 c.p.“chiunque, con atti <strong>di</strong>retti<br />

a commettere uno <strong>dei</strong> delitti previsti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte <strong>di</strong> un uomo, è punito con la reclusione<br />

da <strong>di</strong>eci a <strong>di</strong>ciotto anni .“<br />

CONCLUSIONI: In conclusione in caso <strong>di</strong> esplicito rifiuto del paziente capace <strong>di</strong> intendere e <strong>di</strong> volere, il sanitario è<br />

tenuto a desistere da qualsiasi atto <strong>di</strong>agnostico e curativo non essendo consentito alcun trattamento me<strong>di</strong>co contro la<br />

volontà del malato. Dunque consenso informato, possibilmente documentato, prima <strong>di</strong> qualsivoglia proce<strong>di</strong>mento<br />

chirurgico che comporti qualche rischio per l’incolumità del paziente. Misura doverosa nei confronti del paziente<br />

medesimo, ma in<strong>di</strong>spensabile per cautelarsi dai pericoli della professione.


STABILIZZAZIONE DELLA PROTESI MOBILE INFERIORE IN CRESTE EDENTULE SOTTILI<br />

TRAMITE MINIMPIANTI.<br />

Di Cristinzi A.; Mancino C.; Cimorelli E.; Amoruso M.; *Scarano A.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> "G. D'Annunzio" <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

Presidente: Prof. Piattelli A. Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> "G. D'Annunzio"<br />

<strong>di</strong> Chieti-Pescara Direttore: Prof. Caputi S. *Corso <strong>di</strong> Perfezionamento in Microscopia Operatoria in Chirurgia Orale<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

OBIETIVI: Il quin<strong>di</strong>ci percento <strong>dei</strong> portatori <strong>di</strong> protesi totale inferiormente lamenta instabilità e dolore nelle zone <strong>di</strong><br />

appoggio della protesi. Numerosi stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato che l'uso <strong>di</strong> impianti per riabilitazioni overdenture aumenta la<br />

sod<strong>di</strong>sfazione e la qualità della vita <strong>dei</strong> pazienti edentuli e ne migliora l'efficacia masticatoria con un effetto positivo<br />

anche sullo stato nutritivo. MATERIALI METODI: Sei partecipanti edentuli e con man<strong>di</strong>bole atrofiche ricevevano<br />

quattro minimpianti <strong>di</strong> 2.7x<strong>13</strong> mm (Dental Tech Srl. Misinto, Milano) per overdenture nella regione sinfisaria. I<br />

minimpianti furono posizionati con una tecnica microinvasiva, senza sollevare un lembo, che può essere praticata anche<br />

nei pazienti ad alto rischio me<strong>di</strong>co, come quelli in trattamento con basso valore <strong>di</strong> piastrine, anticoagulanti, <strong>di</strong>abetici,<br />

ecc. RISULTATI:L'uso <strong>di</strong> questi impianti è in molti casi una valida alternativa clinica agli impianti <strong>di</strong> largo <strong>di</strong>ametro,<br />

in quanto, riducono la durata della seduta chirurgica, il sanguinamento, il <strong>di</strong>sagio post operatorio e il tempo <strong>di</strong><br />

guarigione <strong>dei</strong> tessuti. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I risultati suggeriscono che man<strong>di</strong>bole atrofiche trattate<br />

con quattro minipianti per overdenture, può essere considerata una buona strategia <strong>di</strong> trattamento per pazienti edentuli e<br />

con creste atrofiche.


ANALISI FRATTALE DELLA TOPOGRAFIA DI SUPERFICIE<br />

Aprile G*, Perrotti V, Degi<strong>di</strong> M, Piattelli A, Iezzi G<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong> Chieti-Pescara, Chieti, Italia<br />

OBIETTIVI:<br />

L’osseointegrazione degli impianti dentali è correlata anche alla rugosità della superficie implantare. La rugosità <strong>di</strong><br />

superficie può essere descritta analizzandone i parametri <strong>di</strong> ampiezza e <strong>di</strong> organizzazione. La <strong>di</strong>mensione frattale (Df)<br />

è un parametro che descrive l’organizzazione della rugosità <strong>di</strong> una superficie. Maggiore è il valore <strong>di</strong> Df, più è caotica<br />

la superficie. La proliferazione cellulare risulta inferiore su superfici più caotiche e quin<strong>di</strong> con valori alti <strong>di</strong> Df. Lo<br />

scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è un’analisi <strong>di</strong> Df <strong>di</strong> tre <strong>di</strong>verse superfici implantari.<br />

MATERIALI E METODI:<br />

Sono stati analizzati 45 <strong>di</strong>schi <strong>di</strong> titanio commercialmente puro (10 x 2 mm) con <strong>di</strong>versa topografia <strong>di</strong> superficie<br />

(Dentsply, Friadent GmbH, Mannheim, Germany): gruppo A: superficie macchinata, gruppo B: superficie sabbiata e<br />

mordenzata (DPS), gruppo C: superficie sabbiata e mordenzata (PLUS). I campioni sono stati processati e osservati al<br />

microscopio elettronico a scansione (SEM) (LEO 435 Vp, LEO Electron Microscopy Ltd., Cambridge, United<br />

Kingdom). L’analisi <strong>di</strong> Df è stata effettuata utilizzando il metodo del box counting.<br />

RISULTATI:<br />

I valori <strong>di</strong> Df sono risultati <strong>di</strong>pendenti dall’ingran<strong>di</strong>mento delle immagini utilizzate nell’analisi. Ad un ingran<strong>di</strong>mento<br />

<strong>di</strong> 50,000 X, la superficie macchinata ha una Df <strong>di</strong> 1,78, la superficie DPS <strong>di</strong> 1, 59 e la superficie PLUS <strong>di</strong> 1,42. Ad un<br />

ingran<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> 20,000 X la superficie macchinata ha una Df <strong>di</strong> 1,77, la superficie DPS <strong>di</strong> 1, 64 e la superficie PLUS<br />

<strong>di</strong> 1,59.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:<br />

La Df viene utilizzata con successo per caratterizzare strutture anatomiche (cuore, polmone, fegato, reni, retina, vasi<br />

sanguigni, neuroni), processi fisiologici (angiogenesi, farmacocinetica, guarigione su immagini ra<strong>di</strong>ografiche) e<br />

processi patologici (crescita tumorale).<br />

L’analisi della Df fornisce un in<strong>di</strong>ce dell’organizzazione spaziale della rugosità e non solo <strong>dei</strong> valori <strong>di</strong> ampiezza <strong>di</strong><br />

quest’ultima; pertanto potrebbe essere un metodo promettente per <strong>di</strong>scriminare tra superfici rugose che possono favorire<br />

l’osteointegrazione.


VALUTAZIONE DELLE PROCEDURE DI STERILIZZAZIONE E DETERSIONE DELLE FRESE PER<br />

IMPLANTOLOGIA.<br />

Tullio F, Scarano A, Assenza B, Di Iorio D, Piattelli A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Azienda Sanitaria Locale,Chieti. fabriziatullio@gmail.com<br />

OBIETTIVI: La sterilizzazione ed il riutilizzo delle frese possono alterare l’efficienza <strong>di</strong> taglio oltre a<br />

deteriorare le tacche <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà stampate sulle frese, alterando i riferimenti che il chirurgo ha durante<br />

l’intervento chirurgico per il controllo della lunghezza <strong>di</strong> lavoro.<br />

MATERIALI E METODI: Nello stu<strong>di</strong>o sono state utilizzate delle frese del sistema impiantare Bone System (Bone<br />

System, Milano) avente la seguente composizione chimica: 0,2% zolfo, 0,2% carbonio, 0,6% silicio, 0,8% nichel,<br />

1,2% molibdeno, 1,6% manganese, 16% cromo, 22% carbonio e ferro <strong>di</strong> bilanciamento. Dalla composizione<br />

chimica si evincono delle caratteristiche tipiche <strong>di</strong> una lega <strong>di</strong> acciaio inossidabile. Sono stati presi in<br />

considerazione <strong>di</strong>sinfettanti decontaminanti come glutaral<strong>dei</strong>de, fenoli, perossido <strong>di</strong> idrogeno, acido peracetico,<br />

clorexi<strong>di</strong>na, ipocloriti ed ammonio quaternario oltre agli effetti <strong>dei</strong> cicli <strong>di</strong> sterilizzazione.<br />

RISULTATI: Danni evidenti con alterazione a carico delle lame delle frese si sono osservati soprattutto con i liqui<strong>di</strong><br />

decontaminanti come: glutaral<strong>dei</strong>de, fenolo, ipocloriti, acido peracetico ed ammonio quaternario. Nessun danno si<br />

è osservato sulle frese decontaminate con perossido <strong>di</strong> idrogeno al 6% e su quelle trattate con clorexi<strong>di</strong>na.<br />

CONCLUSIONI: Si può concludere che il perossido <strong>di</strong> idrogeno al 6% si è rilevato molto efficace, privo <strong>di</strong> tossicità<br />

ed a basso costo.


ELEVAZIONE DI SENO MASCELLARE CON L’UTILIZZO DI OSSO DI DERIVAZIONE PORCINA.<br />

Tartaro D, Scarano A, Perrotti V, Piattelli A, Iezzi G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Azienda Sanitaria Locale, Chieti.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del presente lavoro è una valutazione istologica <strong>di</strong> campioni prelevati dopo sei mesi da seni<br />

mascellari trattati con un materiale <strong>di</strong> derivazione porcina.<br />

MATERIALI E METODI: Un totale <strong>di</strong> 15 prelievi sono stati utilizzati in questo stu<strong>di</strong>o. Tutti i prelievi sono stati<br />

trattati in modo da poter ottenere sezioni sottili<strong>di</strong> 30 microns.<br />

RISULTATI: L’esame istologico mostrava che la maggior parte delle particelle <strong>di</strong> biomateriale innestato era<br />

circondata da osso neoformato. Non esistevano spazi all’interfaccia osso neoformato-biomateriale. Non erano presenti<br />

cellule giganti o cellule da corpo estraneo. Non erano presenti cellule infiammatorie.<br />

CONCLUSIONI: Questo biomateriale si è <strong>di</strong>mostrato essere molto biocompatibile ed altamente osteonduttivo.


PLATFORM SWITCHING: ESTETICA E FUNZIONALITÀ IN IMPLANTOLOGIA ANCHE IN<br />

SITUAZIONI LIMITE.<br />

Dr Guerra M, Belcastro S., Palazzo L.<br />

Ospedale <strong>di</strong> Gubbio Servizio <strong>di</strong> odontoiatria, Responsabile Dr. Guerra M.<br />

OBIETTIVI: L’implantologia osteointegrata ha subito nel corso una serie <strong>di</strong> evoluzioni concettuali: negli anni 70-80<br />

primaria importanza era attribuita all’osteointegrazione (tuttora requisito in<strong>di</strong>spensabile), negli anni 90 l’attenzione si<br />

era spostata a tecniche chirurgiche avanzate che permettevano <strong>di</strong> inserire impianti anche in situazioni <strong>di</strong> scarsa qualiquantità<br />

ossea mentre attualmente se volessimo riassumere in tre punti fondamentali le principali richieste potremo<br />

parlare <strong>di</strong> estetica, semplicità e affidabilità nel tempo. Tale evoluzione riguardato in particolare lo sviluppo e la<br />

realizzazione <strong>di</strong> nuove connessioni impianto/moncone che riducono o drasticamente le complicanze protesiche. In<br />

questo contesto tende sempre più ad affermarsi il concetto del platform switching unito alla conometria priva <strong>di</strong> viti che<br />

permette una riduzione del gap moncone impianto un ottimo mantenimento del livello osseo marginale e<br />

conseguentemente del volume e della qualità <strong>dei</strong> tessuti molli e dell’estetica gengivale.<br />

MATERIALI E METODI: A titolo esemplificativo si illustra un caso <strong>di</strong> riabilitazione implanto-protesica nell’arcata<br />

superiore in presenza <strong>di</strong> una situazione <strong>di</strong> grave carenza ossea,. La paziente con assenza degli elementi 23, 24, 25, 26<br />

mostrava all’esame ra<strong>di</strong>ografico iniziale una scarsa quantità ossea residua. La presenza <strong>di</strong> una altezza ossea minima <strong>di</strong> 5<br />

mm a livello degli elementi 25-26 faceva optare il posizionamento <strong>di</strong> 4 impianti Exacone TM (LEONE Spa, Sesto<br />

Fiorentino) inseriti me<strong>di</strong>ante mini-rialzo del pavimento del seno mascellare con tecnica osteotomica con l’aggiunta <strong>di</strong><br />

materiale da innesto, tecnica co<strong>di</strong>fica da Summers come BAOSFE (Bone-Added Osteotome Sinus Floor Elevation).<br />

Le fasi protesiche hanno portato all’allestimento <strong>di</strong> un manufatto <strong>di</strong> 4 elementi in metallo-ceramica uniti, cementati sui<br />

monconi preparati in laboratorio.<br />

RISULTATI: Dai controlli ra<strong>di</strong>ografici effettuati a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 4 mesi dall’inserimento degli impianti (durante la<br />

seconda fase chirurgica), a 5 mesi (alla consegna del manufatto protesico) e a 10 mesi, si evidenzia un perfetto<br />

mantenimento dell’osso perimplantare. Inoltre confrontando le fotografie scattate durante i vari controlli clinici<br />

effettuati a 1 settimana, a 1 mese, a 3 mesi, a sei mesi e a 8 mesi, si evidenzia un notevole miglioramento dell’estetica<br />

gengivale con completo ripristino della normale festonatura e recupero delle papille interdentali.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il recupero estetico gengivale da una parte <strong>di</strong>pende dalla morfologia protesica<br />

con profilo <strong>di</strong> emergenza adeguato e corretto posizionamento del punto <strong>di</strong> contatto, ma sicuramente un ruolo importante<br />

è giocato dal platform switching unito alla connessione conometrica impianto/moncone autobloccante. Questi fattori<br />

infatti, grazie all’annullamento del gap e <strong>dei</strong> micromovimenti moncone/impianto, consente un ottimo mantenimento<br />

crestale e una eccellente qualità <strong>dei</strong> tessuti molli perimplantari.


ANALISI FEM DI IMPIANTI INCLINATI VS IMPIANTI DRITTI<br />

Bevilacqua M, Tealdo T, Pera F, Menini M, Pera P.<br />

Reparto <strong>di</strong> Protesi Dentaria e Implantoprotesi, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e<br />

Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genova, Genova, Italia.<br />

OBIETTIVI Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è misurare, con un’analisi agli elementi finiti tri<strong>di</strong>mensionale, lo stress trasmesso<br />

all’osso periimplantare e alla sottostruttura metallica <strong>di</strong> una protesi full-arch, usando impianti dritti o inmpianti inclinati.<br />

MATERIALI E METODI È stato realizzato un modello virtuale <strong>di</strong> mascellare superiore edentulo. Nel primo test sono<br />

stati valutati gli stress trasmessi all’osso periimplantare simulando l’inserzione <strong>di</strong> impianti singoli con <strong>di</strong>verse<br />

inclinazioni (0°, 15°, 30° and 45°), sotto un carico verticale <strong>di</strong> 150 N. Nel secondo test, sono stati inseriti 4 impianti e<br />

splintati fra loro con una protesi totale fissa. Un carico verticale <strong>di</strong> 150 N è stato applicato sul cantilever <strong>di</strong>stale. In<br />

questo caso, è stato valutato lo stress trasmesso all’osso periimplantare e alla sottostruttura metallica della protesi in due<br />

<strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni: usando impianti dritti o impianti <strong>di</strong>stali inclinati.<br />

RISULTATI Un impianto singolo inclinato trasmette all’osso periimplantare stress più alti rispetto ad un impianto<br />

dritto, fino a +<strong>13</strong>5%. Quando gli impianti sono splintati da una protesi totale fissa, l’uso <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong>stali inclinati <strong>di</strong><br />

45° riduce lo stress a livello dell’osso periimplantare (fino a -66%) e nella sottostruttura metallica (fino a -42,3%),<br />

rispetto all’uso <strong>di</strong> impianti dritti.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI In una protesi totale fissa, l’uso <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong>stali inclinati <strong>di</strong> 45° consente <strong>di</strong><br />

ridurre il cantilever <strong>di</strong>stale e, <strong>di</strong> conseguenza, <strong>di</strong> ridurre lo stress a livello dell’osso periimplantare e a livello della<br />

sottostruttura metallica.


IL PRELIEVO IN BLOCCO DI OSSO AUTOLOGO COME ALTERNATIVA ALLA GUIDE BONE<br />

RIGENERATION (GBR)<br />

Mauro L.*, Marini R., Tonoli F., Sfasciotti G.L.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Sc. Odontostomatologiche, UOC <strong>di</strong> Odont. Pe<strong>di</strong>atrica, Dir. Prof. A.<br />

Polimeni; insegn. <strong>di</strong> Odont. Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti<br />

Introduzione: lo scopo del lavoro è quello <strong>di</strong> illustrare quale meto<strong>di</strong>ca, tra gli Innesti in blocco d’osso autologo e la<br />

GBR, sia migliore nella risoluzione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti pre e peri-implantari, sulla base <strong>di</strong> dati storici, biologici, clinici, mettendo<br />

a confronto le tecniche chirurgiche, per il raggiungimento del ripristino della integrità anatomo-strutturale ed estetica<br />

<strong>dei</strong> siti mascellari interessati da edentulia grave.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: in questo stu<strong>di</strong>o riportiamo il trattamento <strong>di</strong> un paziente <strong>di</strong> 45 anni <strong>di</strong> sesso femminile, con<br />

edentulia dell’elemento 2.1, me<strong>di</strong>ante la tecnica chirurgica <strong>di</strong> GBR; l’altro <strong>di</strong> una giovane paziente <strong>di</strong> anni 20 <strong>di</strong> sesso<br />

femminile con agenesia dell’elemento 1.2 adottando la tecnica chirurgica dell’innesto d’osso autologo in blocco,<br />

prelevato a livello della zona retromolare.<br />

Conclusioni: alla luce <strong>di</strong> dati storici, biologici e clinici appare evidente che nel caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti limitati sia orizzontali che<br />

verticali, nelle <strong>dei</strong>scenze, nelle fenestrazione e nei <strong>di</strong>fetti combinati è sicuramente consigliato applicare la tecnica <strong>di</strong><br />

GBR; nel caso invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti con maggiori <strong>di</strong>mensioni è consigliato applicare la tecnica con Innesto.<br />

Tuttavia tale affermazione sembrerebbe essere troppo semplicista in quanto, in realtà, la scelta della tecnica da usare<br />

dovrebbe essere dettata non solo dalle in<strong>di</strong>cazioni fornite in letteratura quanto piuttosto dalla consapevolezza<br />

dell’operatore <strong>di</strong> essere capace <strong>di</strong> affrontare l’intervento più con una meto<strong>di</strong>ca anziché con l’altra; ciò vuol <strong>di</strong>re che<br />

entrambe le tecniche, grazie ai notevoli risultati clinici ottenuti, permettono <strong>di</strong> acquisirle tra le meto<strong>di</strong>che più valide per<br />

il ripristino <strong>di</strong> adeguati volumi ossei pre e peri-implantari a fini estetici e funzionali. Entrambi sono affidabili, efficaci e<br />

pre<strong>di</strong>cabili, con alte percentuali <strong>di</strong> successo, ma molto sensibili alla precisione tecnica e alla abilità dell’operatore.<br />

Pertanto, la scelta della meto<strong>di</strong>ca da utilizzare dovrebbe essere dettata dalla <strong>di</strong>ligenza, prudenza e perizia del<br />

professionista, le quali risultano essere virtù in<strong>di</strong>spensabili, in una professione dove il successo clinico è legato ad una<br />

serie <strong>di</strong> fattori e doti personali, più che ad una semplice applicazione meccanica <strong>di</strong> regole fornite dalla letteratura.


TRATTAMENTO CHIRURGICO DI UN INCISIVO LATERALE INFERIORE GEMINATO.<br />

Lorenzano G., Oliveto G., Nocita L., Porticelli M.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, UOC <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica Dir.<br />

Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> Odontoitria Pe<strong>di</strong>atrica Prof. A. Polimeni, Prof. G.L.Sfasciotti<br />

La geminazione, la più frequente malformazione dentaria tra gli elementi anteriori, viene classificata, insieme alla<br />

fusione e alla concrescenza, tra le anomalie che traggono origine dalla sud<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> un unico germe dentario o<br />

dall’unione <strong>di</strong> elementi dentari originariamente <strong>di</strong>stinti. La terapia della geminazione prevede quasi sempre l’estrazione<br />

dell’elemento malformato.<br />

MATERIALI E METODI: La paziente V.F. <strong>di</strong> anni 8 presentava un 3.2 geminato in inclusione osteo-mucosa che aveva<br />

già compromesso il tragitto eruttivo del 3.3. Si è quin<strong>di</strong> deciso <strong>di</strong> procedere all’estrazione dell’elemento malformato al<br />

fine <strong>di</strong> permettere la corretta eruzione del canino in arcata. La paziente è stata ricoverata in regime <strong>di</strong> DH e l’intervento<br />

è stato eseguito in anestesia generale.<br />

RISULTATI: Trascorsi 18 mesi è stato eseguita una ortopanoramica <strong>di</strong> controllo che ha evidenziato la corretta fase<br />

eruttiva dell’elemento 3.3. L’esame obiettivo a 28 mesi dall’intervento mostra il corretto posizionamento dell’elemento<br />

3.3 in arcata.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La <strong>di</strong>agnosi precoce dell’elemento malformato e la sua estrazione hanno permesso<br />

<strong>di</strong> recuperare il fisiologico tragitto eruttivo del canino evitando così il successivo intervento chirurgico-ortodontico,<br />

altrimenti in<strong>di</strong>spensabile per consentirne il corretto posizionamento in arcata


VALUTAZIONI CLINICO STRUMENTALI SULL’UTILIZZO DEI VARI SISTEMI DI BARRIERA NELLA<br />

RIGENERAZIONE VERTICALE DEL SITO IMPLANTARE ATROFICO.<br />

Briguglio F., Zappia D.*, Tripo<strong>di</strong> S., Sbano D., Isola G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Messina, Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia Prof. R.<br />

Briguglio. danila.dz@live.it<br />

Obiettivo: Lo scopo del seguente stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> confrontare le <strong>di</strong>verse membrane barriera utilizzate nella<br />

rigenerazione ossea guidata (GBR) per l’incremento verticale del sito implantare atrofico.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: E’ stata scelta una coorte <strong>di</strong> pazienti da sottoporre a riabilitazione implantare preceduta da<br />

rigenerazione ossea, me<strong>di</strong>ante materiale da innesto e membrane barriera secondo le tecniche <strong>di</strong> GBR verticale.<br />

Risultati: Vengono effettuate delle valutazioni statistico comparative sui risultati ottenuti in relazione all’insufficienza<br />

<strong>di</strong>mensionale del sito e in base al tipo <strong>di</strong> membrana utilizzata.<br />

Discussione e Conclusioni: Le basi biologiche della GBR sono quelle <strong>di</strong> creare un ambiente protetto contiguo al<br />

tessuto osseo in modo da contenere un coagulo <strong>di</strong> sangue meccanicamente protetto ed isolato,in modo stabile, dal<br />

tessuto gengivale. Tale obiettivo è raggiunto dall’utilizzo delle <strong>di</strong>verse membrane barriera presenti in commercio. È una<br />

meto<strong>di</strong>ca pre<strong>di</strong>cibile a lungo termine ma che <strong>di</strong>pende da <strong>di</strong>verse variabili tra le quali la scelta del tipo <strong>di</strong> membrana e<br />

l’altezza ossea residua. Il futuro appartiene all’ingegneria tissutale, ad essa il compito <strong>di</strong> sviluppare materiali che siano a<br />

minor rischio possibile per il paziente e <strong>di</strong> facile uso per il chirurgo in modo da rendere la meto<strong>di</strong>ca sempre più<br />

pre<strong>di</strong>cibile.


VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA A FATICA CICLICA DI UNA CONNESSIONE<br />

IMPIANTO/ABUTMENT CONE MORSE E AVVITATA<br />

Amoroso M.; Mancino C.; Di Iorio D.; Vrespa G.; Scarano A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche; Università <strong>di</strong> Chieti-Pescara “G.D'Annunzio”<br />

Introduzione: Le cause che possono determinare il fallimento implantare possono essere <strong>di</strong> natura biologica o<br />

meccanica. Le cause meccaniche <strong>di</strong> fallimento implantare sono: frattura dell’impianto, frattura dell’abutment,<br />

allentamento dell’abutment, frattura della porcellana. Numerosi stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrano come l’allentamento dell’abument<br />

costituisca una delle complicanze che determina un reintervento da parte del professionista.<br />

Obiettivi: Scopo del presente lavoro è la valutazione della tenuta ai carichi ciclici <strong>di</strong> una nuova connessione impiantoabutment<br />

con cone morse e vite <strong>di</strong> serraggio. L’obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare in vitro<br />

l’accoppiamento tra l’impianto con l’abutment poiché durante l’utilizzo in vivo, cioè sotto carico e vibrazioni, tale<br />

connessione può essere soggetta ad allentamento.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: I campioni sono stati sottoposti a test <strong>di</strong> fatica, tramite l’utilizzo <strong>di</strong> strumentazione pneumatica, per<br />

la simulazione <strong>di</strong> un periodo <strong>di</strong> cicli pari a cinque anni <strong>di</strong> invecchiamento. Il test <strong>di</strong> resistenza a carichi ciclici è stato<br />

eseguito con una macchina per test universali tipo Lloyd 30K universal testing machine (Lloyd Instruments Ltd,<br />

Segensworth, UK). Il carico è stato applicato nella porzione più coronale del moncone con carico minimo <strong>di</strong> 5 N and a<br />

massimo <strong>di</strong> 230 N applicato tramite una bolla in acciaio <strong>di</strong> 5 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro. I valori del carico <strong>di</strong> ce<strong>di</strong>mento sono stati<br />

registrati automaticamente tramite il Nexigen software (Nexigen, Batch Version 4.0, Issue 23, Lloyd Instruments Ltd,<br />

Segensworth, UK).<br />

Risultati: Non si sono osservate per<strong>di</strong>te <strong>di</strong> tenuta o <strong>di</strong> fratture del moncone.<br />

Conclusioni: Questo stu<strong>di</strong>o conclude che la connessione impianto-protesica analizzata nel presente stu<strong>di</strong>o è molto<br />

resistente ed affidabile.


VALIDAZIONE FUNZIONALE IN VITRO DELL'UTILIZZO DI CELLULE STAMINALI UMANE DI<br />

LEGAMENTO PARODONTALE SU SUPERFICI IMPLANTARI A RUVIDITA’ DIFFERENZIALE.<br />

Di Iorio D, Palu<strong>di</strong> M., Murmura G., Caputi S, Trubiani O.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Univ. Degli Stu<strong>di</strong> “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara Direttore Prof. S.<br />

Caputi<br />

L’ingegneria tissutale muove le basi da tre fattori chiave: (I) le capacità osteoconduttive, ovvero osteoinduttive <strong>dei</strong><br />

biomateriali utilizzati come “scaffolds”; (II) l’impiego del potenziale rigenerativo intrinseco alle cellule mesenchimali<br />

pluripotenti; (III) la presenza, nel sito ricevente, <strong>di</strong> fattori biochimici in concentrazioni necessarie a favorire la<br />

rigenerazione tissutale. OBIETTIVI. Scopo del presente lavoro è <strong>di</strong> condurre un’ analisi in vitro sulla capacità <strong>di</strong><br />

adesione e <strong>di</strong> colonizzazione <strong>di</strong> cellule staminali prelevate da legamento parodontale umano su tre <strong>di</strong>verse superfici<br />

implantari. MATERIALI E METODI: per il presente stu<strong>di</strong>o sono stati utilizzati 45 campioni <strong>di</strong> titanio<br />

commercialmente puro <strong>di</strong> grado 2 <strong>di</strong> forma <strong>di</strong>scoidale con <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 10 mm. I campioni, <strong>di</strong>visi in tre gruppi,<br />

presentavano superfici trattate in maniera <strong>di</strong>versa; gruppo 1: superfice machined; gruppo 2: superficie DPS (Deep<br />

Profile Structure); gruppo 3: superficie PLUS ® , ovvero superficie sabbiata e mordenzata ad alta temperatura. Le cellule<br />

staminali sono state prelevate dal parodonto <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci soggetti sani adulti, <strong>di</strong> età compresa tra i 20 ed i 35 anni. I prelievi<br />

sono stati coltivati per 4 settimane,seguendo un protocollo messo a punto nel nostro laboratorio,successivamente le<br />

cellule staminali ottenute sono state tripsinizzate e seminate sui <strong>di</strong>schi in titanio per 1 settimana. Al termine del periodo<br />

<strong>di</strong> incubazione ciascun campione è stato lavato in PBS, fissato in formalina tamponata al 37% , <strong>di</strong>sidratato in una serie<br />

ascendente <strong>di</strong> alcool ed osservato in microscopia elettronica a scansione. RISULTATI: dai risultati del presente stu<strong>di</strong>o si<br />

evince che le cellule staminali prelevate da legamento parodontale presentano una morfologia simile ai fibroblasti,<br />

mostrano un fenotipo carartteristico delle cellule staminali mesenchimali e che la capacità proliferativa delle cellule si<br />

correla con le caratteristiche <strong>di</strong> ruvi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> superficie. I campioni machined appaiono scarsamente colonizzati; le cellule,<br />

inoltre, dopo 2 settimane <strong>di</strong> incubazione non raggiungono la confluenza e presentano pochi prolungamenti<br />

citoplasmatici. I campioni con superficie DPS e PLUS, invece, appaiono completamente ricoperti dai corpi cellulari, le<br />

cellule mantengono la morfologia fibroblastica, raggiungono la confluenza e si presentano appiattite e fortemente adese<br />

al substrato, con un maggior numero <strong>di</strong> filopo<strong>di</strong> e <strong>di</strong> lamellopo<strong>di</strong>. I corpi cellulari, infine, presentano numerose<br />

vescicole <strong>di</strong> secrezione, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una intensa attività metabolica in atto. CONCLUSIONI: dal presente stu<strong>di</strong>o si evince<br />

che (1) le cellule staminali prelevate da legamento parodontale hanno la capacità <strong>di</strong> colonizzare le superfici in titanio;<br />

(2) un aumento della ruvi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> superficie aumenta la performance cellulare promuovendo la capacità <strong>di</strong> proliferazione<br />

e <strong>di</strong> adesione al substrato.


VALUTAZIONE ISTOLOGICA ED ULTRASTRUTTURALE DELLA RISPOSTA OSSEA INTORNO AD<br />

IMPIANTI OTTENUTI MEDIANTE DIRECT LASER METAL SINTERING<br />

Esposito P, Mangano C, Raspanti M, Piattelli A, d’Avila S, Pecora G, Mangano F, Iezzi G, Shibli JA<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D’Annunzio” <strong>di</strong> Chieti<br />

Presidente: Prof. A. Piattelli<br />

Obiettivi: scopo del presente lavoro è una valutazione della risposta ossea ad impianti ottenuti con una nuova tecnica.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: quattro impianti sperimentali (Leader, Novaxa, Milano) sono stati inseriti nella man<strong>di</strong>bola<br />

posteriore in 4 pazienti. Dopo 2 mesi gli impianti sono stati rimossi ed esaminati.<br />

Risultati: tutti e 4 gli impianti presentavano tessuto osseo alla interfaccia; erano presenti sia tessuto osseo preesistente<br />

che tessuto osseo neoformato a fibre intrecciate. Zone <strong>di</strong> rimodellamento osseo erano presenti, soprattutto in vicinanza<br />

della superficie dell’impianto. Osteoblasti erano visibili intorno alle zone <strong>di</strong> osso neoformato.<br />

Discussioni e conclusioni:questa nuova superficie è in grado <strong>di</strong> offrire una ottima risposta ossea in impianti non<br />

caricati, dopo un periodo <strong>di</strong> guarigione <strong>di</strong> 2 mesi.


RIABILITAZIONE PROTESICA IN ZIRCONIA CERAMICA SU DENTI NATURALI E IMPIANTI NEL<br />

SETTORE LATERO POSTERIORE. UN CASO CLINICO<br />

P. Cardelli; G. Conte; F. Balestra; M. Gallio; M. Montani<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> E Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”(Prof. Alberto Barlattani). U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S. Giovanni Calibita<br />

Fatebenefratelli”, Roma (Prof. Clau<strong>di</strong>o Arcuri)<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> illustrare un caso <strong>di</strong> riabilitazione protesica in zirconiaceramicasu<br />

denti naturali e impianti nel settore latero posteriore.<br />

La paziente X.X <strong>di</strong> anni......, si presenta alla nostra osservazione lamentando un'estetica insufficiente e l'inagevole<br />

mantenimento igienico <strong>di</strong> un precedente restauro protesico a livello del primo quadrante. All'esame clinico e<br />

ra<strong>di</strong>ografico la paziente mostra un' edentulia intercalata a livello del 1.4 ed 1.6, riabilitata con una protesi parziale fissa<br />

in metallo-ceramica a livello <strong>di</strong> 1.7-x-1.5-x. La recessione del tessuto parodontale marginale a livello dell' 1.5 rende<br />

visibile il margin <strong>di</strong> chiusura metallico del precedente restauro. All'esame anamnestico la paziente non riferisce alcuna<br />

patologia sistemica o locale <strong>di</strong> rilievo. Unico elemento da rilevare è il ridotto spazio interarcata che in assenza <strong>di</strong><br />

un'attenta fase <strong>di</strong> valutazione degli spessori e <strong>di</strong> preparazione <strong>dei</strong> pilastri protesici avrebbe potuto inficiare la stabilità e<br />

la resistenza <strong>dei</strong> nuovi manufatti protesici. Il piano <strong>di</strong> trattamento previsto è stata la ribilitazione implanto protesica con<br />

abutment in zirconio e corone in zirconia-ceramica a livello dell'1.4 e dell'1.6 e con corone in zirconia-ceramica a<br />

livello dell'1.7 ed 1.5 <strong>di</strong> cui è stata mantenuta la vitalità.<br />

In seguito alla sostituzione del precedente restauro con una protesi parziale fissa provvisoria ed ad un'esame clinco e<br />

ra<strong>di</strong>ografico <strong>dei</strong> volumi ossei a livello delle aree edentule si è pertanto optato per l'inserimento <strong>di</strong> n° 2 fixture implantari<br />

Strauman RN x 10 mm a livello <strong>di</strong> 1.6 ed 1.4. Trascorsi 5 mesi dall'intervento, e verificata l'avvenuta osteintegrazione<br />

tramite Ostell Mentor, si è proceduto, previo realizzazione <strong>di</strong> un'impronta <strong>di</strong> precisione con transfer avvitati, ad<br />

applicare il carico protesico a livello degli impianti tramite due provvisori in resina avvitati.<br />

Dopo un'adeguato con<strong>di</strong>zionamento <strong>dei</strong> tessuti periimplantari per mezzo <strong>dei</strong> manufatti provvisori, è stata rilevata una<br />

prima impronta <strong>di</strong> precisione bimateriale bifase con polivinilsilossani a livello degli elementi naturali. In una fase<br />

successiva, si è proceduto a rilevare contestualmente la posizione delle fixture implantari, la morfologia <strong>dei</strong> tessuti<br />

periimplantari, e la posizione delle cappette in zirconia realizzate trammite tecnologia CAD-CAM Procera. In fine gli<br />

abutment definitivi in zirconia realizzati con tecnologia CAD-CAM sono stati serrati sugli impianti con un torque <strong>di</strong><br />

30N e le corone singole zirconia-ceramica sono state cementate previa verifica del fitting marginale e della corretta<br />

occlusione.


IMPIANTI STRATEGICAMENTE INSERITI NEL TRIANGOLO RETROCANINO DELLA MASCELLA:<br />

RISULTATI AD UN ANNO.<br />

Veltri M, Balleri P, Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena.<br />

veltri3@unisi.it<br />

OBIETTIVI: il trattamento implantare nella mascella parzialmente edentula è spesso complesso a causa <strong>dei</strong> ridotti<br />

volumi ossei presenti nelle aree posteriori. Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è valutare dopo 1 anno <strong>di</strong> carico il risultato clinico<br />

<strong>di</strong> ponti <strong>di</strong> tre elementi sostenuti da due impianti inclinati inseriti nel triangolo retrocanino.<br />

MATERIALI E METODI: 20 pazienti con aree posteriori della mascella caratterizzate da edentulia latero-parziale e<br />

creste alveolari atrofiche sono stati inclusi nello stu<strong>di</strong>o. 40 impianti sono stati inseriti nell’osso residuo anteriormente al<br />

seno mascellare e posteriormente alla ra<strong>di</strong>ce del canino. Lunghezze e angolazioni degli impianti sono state scelte per<br />

adattarsi il più possible ai confini dell’osso <strong>di</strong>sponibile. Dopo un periodo <strong>di</strong> guarigione <strong>di</strong> sei mesi, <strong>dei</strong> ponti <strong>di</strong> tre<br />

elementi sono stati connessi agli impianti. I pazienti sono stati riesaminati clinicamente e ra<strong>di</strong>ograficamente dopo 1<br />

anno <strong>di</strong> carico. Dopo aver controllato la <strong>di</strong>stribuzione normale <strong>dei</strong> dati, <strong>di</strong>fferenze nel riassorbimento osseo dopo un<br />

anno <strong>di</strong> carico tra impianti assiali e inclinati sono state valutate con il T-test.<br />

RISULTATI: tutti gli impianti sono sopravvissuti al primo anno <strong>di</strong> carico. Non sono state registrate <strong>di</strong>fferenze<br />

significative nel riassorbimento osseo marginale tra gli impianti assiali e quelli inclinati. Non sono state registrate<br />

complicanze biologiche o meccaniche.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: entro i limiti <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o a breve termine e su pochi pazienti, ponti <strong>di</strong> tre<br />

elementi sostenuti da due impianti hanno mostrato risultati sod<strong>di</strong>sfacenti. L’inserimento <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> lunghezza ed<br />

angolazione attentamente determinata nel triangolo retrocanino può essere un’alternativa alle procedure <strong>di</strong> innesto osseo<br />

per la riabilitazione <strong>dei</strong> settori edentuli delle aree posteriori della mascella.


IMPIANTI A CONNESSIONE CONOMETRICA: CARICO IMMEDIATO MEDIANTE UTILIZZO DI<br />

PROTESI AVVITATA.<br />

Drago G.* Pipinato G. Emanuele B. Bressan E.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Clinica Odontoiatrica, Master in implantologia osteointegrata<br />

OBIETTIVO: Scopo del presente lavoro è la riabilitazione del mascellare superiore edentulo me<strong>di</strong>ante protesi avvitata<br />

su impianti a connessione conometrica stabilizzati nell’arco <strong>di</strong> 24/48 ore, garantendo funzionalità e massima estetica in<br />

tempi rapi<strong>di</strong>.<br />

MATERIALI E METODI: Paziente maschio <strong>di</strong> 48 anni si presenta all’osservazione con unico elemento residuo<br />

nell’arcata superiore (23). Previa valutazione clinico-ra<strong>di</strong>ografica, si rilevano le impronte pre-operatorie in alginato per<br />

la fabbricazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ma chirurgica utilizzando come punto <strong>di</strong> repere il canino residuo. Il paziente viene sottoposto a<br />

terapia antibiotica con Amoxicillina e Acido Clavulanico 1 gr/12h dal giorno prima dell’intervento e per i 6 giorni<br />

successivi all’intervento. Dopo <strong>di</strong>sinfezione del cavo orale con Clorexi<strong>di</strong>na e <strong>dei</strong> tessuti periorali con Beta<strong>di</strong>ne, si<br />

procede all’infiltrazione <strong>di</strong> anestetico locale e al posizionamento, secondo protocollo, in sede 12, 14, 16, 21, 24 e 25 <strong>di</strong><br />

impianti rispettivamente dal ø 4.10 x 12, 4.10 x 10, 4.10 x 10, 4.10 x 10, 3.30 x 12 e 3.30 x 10 con l’ausilio <strong>di</strong> <strong>di</strong>ma<br />

chirurgica. Intraoperatoriamente si selezionano <strong>dei</strong> monconi per barra. Si invia al tecnico l’impronta rilevata con<br />

silicone per ad<strong>di</strong>zione utilizzando i transfer e si <strong>di</strong>mette il paziente previo montaggio <strong>dei</strong> 6 tappi <strong>di</strong> guarigione, anch’essi<br />

a connessione conometrica tale da permettere un efficace sigillo anti-batterico. Nell’arco <strong>di</strong> 24/48 ore il laboratorio<br />

odontotecnico restituisce il manufatto protesico temporaneo tipo Toronto Bridge eseguito avvalendosi <strong>di</strong> sovrastruttura<br />

costruita su cappette per monconi per barra solidarizzate da una barra fusa me<strong>di</strong>ante procedura <strong>di</strong> laser sinterizzazione .<br />

Il paziente viene richiamato in stu<strong>di</strong>o per la consegna della protesi temporanea. Rimossi i tappi <strong>di</strong> guarigione, si<br />

uniscono le cappette ai monconi tramite viti <strong>di</strong> connessione.<br />

RISULTATI: Il controllo clinico e ra<strong>di</strong>ografico a 5 mesi <strong>di</strong>mostra buona stabilità <strong>dei</strong> tessuti duri e molli, oltre che un<br />

buon risultato estetico.<br />

CONCLUSIONI: Nella pratica clinica quoti<strong>di</strong>ana cresce la richiesta <strong>di</strong> riabilitare parzialmente o totalmente pazienti con<br />

impianti osteointegrati. Si impongono però agli operatori, viste le aumentate esigenze da parte <strong>dei</strong> pazienti, tempi<br />

sempre più brevi senza rinunciare alla pre<strong>di</strong>cibilità <strong>dei</strong> risultati funzionali ed estetici. Risultano evidenti da questo stu<strong>di</strong>o<br />

i vantaggi della tecnica usata (scelta in base a valutazioni intraoperatorie e quin<strong>di</strong> strettamente correlate alla stabilità<br />

degli impianti e alla tipologia d’osso in cui sono stati posizionati) in termini <strong>di</strong> precisione, stabilità, funzionalità,<br />

semplicità d’esecuzione, tempistica ed estetica.


RIPOSIZIONAMENTO CHIRURGICO DI UN IMPIANTO MALPOSTO CON OSTEOTOMIE<br />

SEGMENTALI PIEZOELETTRICHE.<br />

Stacchi C, Furlan F, Serroni I, Maglione M, Di Lenarda R.<br />

UCO <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica e Stomatologica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste, clau<strong>di</strong>o@stacchi.it<br />

OBIETTIVI: Un impianto osteointegrato posizionato non correttamente può essere un ostacolo a volte insormontabile<br />

per il protesista nell’ottenere una riabilitazione sod<strong>di</strong>sfacente sia dal punto <strong>di</strong> vista estetico che funzionale. La tecnica <strong>di</strong><br />

riposizionamento chirurgico descritta in questo report rappresenta un’alternativa per rendere l’impianto malposto<br />

utilizzabile protesicamente. MATERIALI E METODI: Nel caso in esame, la paziente presentava un impianto in zona<br />

15 gravemente malposto collegato ad una protesi fissa incongrua, e lamentava, oltre ad una grave compromissione<br />

estetica, frequenti decementazioni e svitamenti della vite <strong>di</strong> connessione. Dall’esame della TC si evidenziava che<br />

l’impianto era inserito in una cresta ossea molto sottile e che penetrava per 3 mm. all’interno del seno mascellare. Con i<br />

dati della TC, è stato costruito un modello stereolitografico dell’osso mascellare sul quale si è simulato il movimento<br />

che l’impianto avrebbe dovuto compiere per giungere in una posizione protesicamente accettabile. Utilizzando queste<br />

in<strong>di</strong>cazioni, è stata costruita una placchetta in titanio con il duplice scopo <strong>di</strong> guidare il movimento chirurgico e <strong>di</strong> fissare<br />

l’impianto nella posizione desiderata. In anestesia locale, si è proceduto quin<strong>di</strong> allo scollamento <strong>di</strong> un lembo a spessore<br />

totale esteso solo sul versante vestibolare ed all’apertura <strong>di</strong> un’antrostomia per erosione con il Piezosurgery ® . E’stata<br />

scollata ed elevata la membrana <strong>di</strong> Schneider e sono state praticate, sempre con il Piezosurgery ® , due osteotomie a tutto<br />

spessore parallele all’asse lungo dell’impianto, dalla corticale vestibolare a quella palatina e dalla parte più coronale<br />

della cresta al pavimento del seno mascellare. La mobilizzazione del blocco osseo contenente l’impianto è stata quin<strong>di</strong><br />

completata con una frattura a legno verde della porzione palatina non osteotomizzata. Utilizzando la placchetta in<br />

titanio e microviti, il blocco è stato posizionato e fissato nella posizione programmata. RISULTATI: A due mesi la<br />

placca è stata rimossa: le osteotomie apparivano chiuse ed il blocco stabilizzato. A cinque mesi l’impianto è stato<br />

protesizzato con una corona avvitata in titanio-ceramica. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: In caso <strong>di</strong><br />

malposizionamento implantare, se l’utilizzo <strong>di</strong> custom abutments in materiali estetici non è sufficiente ad ottenere un<br />

risultato protesico accettabile, l’impianto viene usualmente lasciato “dormiente” sotto i tessuti molli o rimosso. Dopo la<br />

rimozione però, spesso, il volume osseo non è più sufficiente per l’inserimento <strong>di</strong> un nuovo impianto se non dopo<br />

procedure rigenerative. Il riposizionamento chirurgico è un’opzione terapeutica che, in un solo intervento, consente <strong>di</strong><br />

rendere utilizzabili impianti altrimenti protesicamente inservibili. L’uso del Piezosurgery ® consente <strong>di</strong> effettuare<br />

osteotomie precise e controllabili, <strong>di</strong> rispettare i tessuti molli del lato palatino e <strong>di</strong> poter contare su un ottimo potenziale<br />

<strong>di</strong> guarigione ossea.


PATOLOGIA ORALE E RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA CON IMPIANTI CON COLLARE IN<br />

OSSIDO DI ANATASE.<br />

Capo<strong>di</strong>ferro S., Amo<strong>di</strong>o A., Cicchelli C., Favia G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia, Università <strong>di</strong> Bari.<br />

OBIETTIVI: Osteointegrazione <strong>di</strong> impianti e riabilitazione in pazienti con problematiche anatomiche ossee, mucose e<br />

psico-funzionali. Sono stati trattati quattro pazienti. Diagnosi: Carcinoma mucosa retromolare; Carcinoma gengivale<br />

zona 3.3 – 3.5; istiocitosi X, Lichen Planus<br />

MATERIALI E METODI: Previa valutazione implanto-protesica con l’ausilio <strong>di</strong> TC o Rx OPT, sono stati inseriti<br />

impianti bnXGHIMAS e trattamento protesico. Primo paziente: due impianti <strong>di</strong> ø 5 x 11,5mm. Secondo paziente:<br />

cinque impianti man<strong>di</strong>bolari ø 4 x 11mm transmucosi. Terzo paziente: quattro impianti man<strong>di</strong>bolari e due mascellari <strong>di</strong><br />

ø 4 x 10mm e ø 3,5 x 11,5mm. Quarto paziente: due impianti in zona 1,6 e 2,6 <strong>di</strong> ø 4 x 10mm<br />

RISULTATI: La riabilitazione implanto-protesica si è rivelata efficace non solo dal punto <strong>di</strong> vista funzionale per il<br />

paziente, ma anche dal punto <strong>di</strong> vista dell’ integrazione sia ossea sia mucosa.<br />

Si sono riscontrate <strong>di</strong>fficoltà a causa del riassorbimento osseo e dell’anatomia alterata, nel riposizionamento<br />

gengivale e nella riapertura degli impianti.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La riabilitazione implanto-protesica me<strong>di</strong>ante impianti con collare in ossido <strong>di</strong><br />

anatase , seppur particolarmente complessa in questa tipologia <strong>di</strong> pazienti rispetto alle normali procedure routinarie, è<br />

una utile meto<strong>di</strong>ca per poter fornire al paziente post-neoplastico una adeguata qualità <strong>di</strong> vita, tenendo in considerazione<br />

la situazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio e <strong>di</strong> ansia alla quale il paziente è stato sottoposto, sia dal punto <strong>di</strong> vista funzionale, sia<br />

soprattutto dal punto <strong>di</strong> vista psicologico.


APPLICAZIONE DI UNA NUOVA TECNOLOGIA LASER NEL TRATTAMENTO DELLE SUPERFICI IN<br />

TITANIO: Progetto Synthegra ®<br />

Duvina M., Del Frate S., Prosperi M., Duvina G., Amunni F., Tonelli P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia. Centro <strong>di</strong> ricerca Geass.<br />

INTRODUZIONE: Nel campo dell’implantologia orale è ormai generalmente riconosciuto ed accettato che le<br />

proprietà chimico-fisiche e morfologiche della superficie implantare hanno un ruolo <strong>di</strong> primaria importanza nel<br />

determinare la risposta del tessuto osseo all’impianto e quin<strong>di</strong> l’entità della sua osteointegrazione.<br />

OBIETTIVI: E’ quin<strong>di</strong> evidente che lo sviluppo <strong>di</strong> un trattamento superficiale (Geass-Synthegra ® ) in grado <strong>di</strong> portare a<br />

una topografia altamente controllata, riproducibile e con caratteristiche <strong>di</strong>mensionali ottimali per stimolare l’adesione e<br />

il <strong>di</strong>fferenziamento delle cellule osteoblastiche, può accelerare, regolarizzare e rendere maggiormente preve<strong>di</strong>bile il<br />

processo <strong>di</strong> guarigione e la formazione <strong>di</strong> nuovo osso dopo l’inserimento dell’impianto. Ulteriore obiettivo dell’attività<br />

<strong>di</strong> ricerca qui presentata è stato quello <strong>di</strong> ottenere le caratteristiche morfologiche appena descritte eliminando il rischio<br />

che sulla superficie permangano residui derivanti dalla meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> irruvi<strong>di</strong>mento utilizzata o si inneschino pericolose<br />

reazioni <strong>di</strong> corrosione con rilascio <strong>di</strong> ioni metallici.<br />

MATERIALI E METODI: Applicazione <strong>di</strong> una nuova tecnologia laser nel trattamento delle superfici in titanio nel<br />

settore dell’ implantologia orale. La tecnologia presentata utilizza laser Nd:YAG pompati a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (DPSS laser) in<br />

regime <strong>di</strong> Q-Switching per il trattamento <strong>di</strong> superficie (Synthegra ® ) del titanio per impianti dentali.<br />

RISULTATI: La breve durata temporale (regime a nanosecon<strong>di</strong>), la lunghezza d’onda corta (UV) e l’ottima qualità<br />

ottica del fascio (modo TEM00) hanno consentito per la prima volta <strong>di</strong> ottenere una topografia della superficie<br />

perfettamente controllata in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione, <strong>di</strong>stribuzione e riproducibilità della porosità micrometrica su<br />

<strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni molto limitate e con geometria estremamente complessa come gli impianti dentali.<br />

Le analisi chimiche <strong>di</strong> superficie hanno inoltre consentito <strong>di</strong> verificare che la tecnologia presentata non introduce alcun<br />

tipo <strong>di</strong> contaminazione e non altera le caratteristiche chimico-fisiche del titanio.<br />

CONCLUSIONI: Tutte queste considerazioni evidenziano l’eccezionalità della composizione superficiale degli<br />

impianti trattati laser. Il particolare pattern <strong>di</strong> questa superficie è stato selezionato me<strong>di</strong>ante l’attività <strong>di</strong> ricerca,<br />

sviluppata in modo tale da avere caratteristiche stu<strong>di</strong>ate per promuovere l’adesione e stimolare le cellule osteoblastiche<br />

e successivamente validato me<strong>di</strong>ante sperimentazione in vivo su modello animale.


RIDUZIONE DEI TEMPI DI TERAPIA NEL CASO DI RIABILITAZIONE IMPLANTOPROTESICA DI<br />

ELEMENTI SINGOLI: UNO STUDIO CLINICO<br />

Bertoli M, Lumetti S, Manfre<strong>di</strong> E, Galli C, Carra MC, Ferrara A, Bonanini M, Macaluso GM<br />

Università <strong>di</strong> Parma, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia, coord: prof. M Bonanini<br />

INTRODUZIONE La sostituzione <strong>di</strong> un singolo elemento dentale per mezzo <strong>di</strong> implantoprotesi è costituita da<br />

molteplici momenti: avulsione dentaria, eventuali ricostruzioni <strong>dei</strong> tessuti duri e/o molli, inserimento implantare,<br />

scopertura implantare ed infine protesizzazione. L'intera procedura può arrivare a durare anche 16 mesi. Negli ultimi<br />

anni, <strong>di</strong>versi autori hanno proposto varie soluzioni per ridurre il numero <strong>di</strong> interventi e la durata del trattamento, tra cui<br />

l’inserimento imme<strong>di</strong>ato dell’impianto dopo l’estrazione, la protesizzazione imme<strong>di</strong>ata dell’impianto, e, più raramente,<br />

la combinazione delle due procedure. Queste soluzioni hanno <strong>di</strong>mostrato un elevato grado <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cibilità <strong>dei</strong> risultati e<br />

stanno entrando nella pratica quoti<strong>di</strong>ana. In questi protocolli la presenza <strong>di</strong> un deficit <strong>di</strong> osso vestibolare è considerata<br />

una controin<strong>di</strong>cazione, non essendo contemplata implantoprotesi a carico imme<strong>di</strong>ato posizionata al momento<br />

dell'estrazione e della ricostruzione ossea.<br />

OBIETTIVI: Lo stu<strong>di</strong>o si propone <strong>di</strong> valutare i risultati clinici <strong>di</strong> un protocollo che associ inserimento post-estrattivo,<br />

restauro imme<strong>di</strong>ato e ricostruzione del deficit osseo vestibolare in un unico intervento.<br />

MATERIALI E METODI: La popolazione oggetto dello stu<strong>di</strong>o è stata <strong>di</strong> 19 pazienti con elementi singoli da estrarre<br />

per parodontite o frattura verticale ra<strong>di</strong>colare e presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto osseo vestibolare. Il protocollo prevede: elevazione<br />

del lembo buccale, estrazione dentaria minimamente traumatica dopo attenta fibrotomia, debridement dell’alveolo,<br />

preparazione del sito implantare con frese <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro crescente ed eventuale compattazione con osteotomi (a seconda<br />

della qualità ossea), posizionamento implantare e rigenerazione me<strong>di</strong>ante osso autologo misto a eterologo<br />

deproteinizzato (Bio-Oss) e ricoperto con membrane riassorbibili in collagene (Bio-Gide). L’impianto, posizionato con<br />

la testa implantare 2-3 mm apicalmente rispetto al margine della cresta ossea linguale/palatina, è caricato<br />

imme<strong>di</strong>atamente con una corona provvisoria in resina acrilica, che verrà sostituita a 8 mesi da una corona definitiva in<br />

ceramica.<br />

RISULTATI: Al follow-up (da 1 a 3 anni) non sono stati riportati dolore, infiammazione, mobilità o ra<strong>di</strong>otrasparenza<br />

<strong>dei</strong> tessuti peri-implantari, con un 100% <strong>di</strong> sopravvivenza. La contrazione <strong>dei</strong> tessuti molli vestibolari, valutata rispetto<br />

alle fotografie iniziali, è stata minima. CONCLUSIONI: I risultati sono in linea con le percentuali <strong>di</strong> sopravvivenza<br />

riportate da stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> carico imme<strong>di</strong>ato postestrattivo senza ricostruzione ossea durante la stessa procedura. La stabilità<br />

<strong>dei</strong> tessuti vestibolari è stata buona, probabilmente anche grazie all'impiego <strong>di</strong> un materiale da innesto scarsamente<br />

riassorbibile anche se non è possibile verificare se questo innesto sia semplicemente un riempitivo o abbia funzionato da<br />

scaffold per la neocostituzione <strong>di</strong> osso vitale. Il protocollo sembra essere un’alternativa praticabile in pazienti<br />

selezionati ma richiede ulteriori approfon<strong>di</strong>menti e controlli a lungo termine.


IMPIANTI ZIGOMATICI CON CARICO FUNZIANLE A 3 MESI: 3 ANNI DI FOLLOW-UP.<br />

Nocini PF, De santis D, Cucchi A, Musumeci S, Canton LC, D’Agostino A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> scienze morfologiche e biome<strong>di</strong>che, sezione <strong>di</strong> chirurgia maxillo-facciale e odontoiatria, università <strong>di</strong><br />

Verona, Italia lucianocanton@hotmail.com<br />

OBIETTIVI: Gli impianti zigomatici, inizialmente utilizzati in pazienti oncologici, sono oggi utilizzati anche nella<br />

riabilitazione <strong>di</strong> mascellari estremamente atrofici, in cui hanno <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> essere una valida alternativa all’utilizzo <strong>di</strong><br />

innesti ossei. Lo scopo <strong>di</strong> questo poster è quello <strong>di</strong> riportare i risultati clinici <strong>di</strong> 5 pazienti con atrofia del mascellare<br />

sup., trattati con impianti zigomatici sottoposti a carico funzionale dopo 3 mesi, oltre a quello <strong>di</strong> descrivere il<br />

managment pre- e post-operatorio <strong>di</strong> tali pazienti. MATERIALI E METODI: 5 pazienti sono stati trattati con 12<br />

impianti zigomatici e sono stati valutati per almeno 3 anni, attraverso esami clinici e ra<strong>di</strong>ografici. Inoltre, sono state<br />

registrate tutte le complicanze insorte durante e dopo l’inserimento e la protesizzazione degli impianti. Gli impianti<br />

zigomatici sono stati caricati dopo un periodo <strong>di</strong> non-carico <strong>di</strong> 3 mesi. Tutti gli interventi sono stati eseguiti in anestesia<br />

generale. Il successo degli impianti è stato valutato attraverso criteri <strong>di</strong> successo predeterminati. RISULTATI: I 5<br />

pazienti trattati avevano un’età compresa tra 51 e 68 anni, 2 pazienti erano fumatori, e un paziente era affetto da<br />

labiopalatoschisi (LPS). Dopo un follow-up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 32,5 mesi (range 22,4-41,2 mesi), su 12 impianti inseriti nessuno<br />

è fallito secondo i criteri <strong>di</strong> successo, dando una percentuale <strong>di</strong> successo del 100%. In solo 1 paziente sono state<br />

riscontrate complicanze correlate all’intervento chirurgico; e in nessun paziente complicanze protesiche. Inoltre, le<br />

riabilitazioni protesiche appaiono integrate dal punto <strong>di</strong> vista estetico, funzionale, e biologico. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: Gli impianti zigomatici sono una soluzione clinica, che deve sempre essere presa in considerazione<br />

per trattare pazienti con atrofia macellare, in quanto essa sembra garantire un’elevata percentuale <strong>di</strong> successo e una<br />

ridotta incidenza <strong>di</strong> complicanze. L’affidabilità e la pre<strong>di</strong>cibilità <strong>di</strong> un carico anticipato a 3 mesi degli impianti<br />

zigomatici è stata confermata, soprattutto in pazienti selezionati, senza l’insorgernza <strong>di</strong> gravi complicanze postoperatorie.


IL RIMODELLAMENTO CRESTALE E PLATFORM SWITCHING. STUDIO RETROSPETTIVO CON UN<br />

FOLLOW-UP DI 2 ANNI.<br />

Vecchiet F, Scarano A, Assenza B, Iezzi G, Perrotti V, Piattelli A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara.<br />

INTRODUZIONE: Dopo l’inserimento dell’impianto si assiste <strong>di</strong> solito ad un rimodellamento dell’osso crestale. Il<br />

“platform switching” è una tecnica che, con l’utilizzo <strong>di</strong> un abutment <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro minore dell’impianto, cerca <strong>di</strong> ridurre<br />

l’entità <strong>di</strong> questo rimodellamento. Il carico imme<strong>di</strong>ato degli impianti dentali permette una migliorata estetica e funzione<br />

e facilita la riabilitazione funzionale <strong>dei</strong> pazienti. MATERIALI E METODI: Nel periodo compreso tra Giugno 2004 e<br />

Giugno 2007 sono stati selezionati 21 pazienti <strong>di</strong> età compresa tra 48 e 58 anni (<strong>13</strong> uomini e 8 donne) che necessitavano<br />

<strong>di</strong> almeno un impianto. Venivano inseriti un totale <strong>di</strong> 64 impianti LN Large Neck (Bone System, Milano) <strong>di</strong> cui 32 test<br />

e 32 controllo. Gli impianti avevano un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 4,1 e 5 mm ed una lunghezza <strong>di</strong> 10-<strong>13</strong> mm I controlli venivano<br />

eseguiti a 6, 12 e 24 mesi dal carico. Sono stati utilizzati solo i dati osservati su 29 impianti controllo e 30 impianti test.<br />

RISULTATI: L’esame ra<strong>di</strong>ografico evidenziava nel gruppo test uno scarso riassorbimento osseo che non superava mai<br />

0,8 ± 0,3 mm nei 24 mesi <strong>di</strong> osservazione con un range 0-1,2, e nel gruppo controllo 1,2 ± 0,4 mm nei 24 mesi <strong>di</strong><br />

osservazione con un range 0,4-1,4 mm. La percentuale cumulativa <strong>di</strong> sopravvivenza delle protesi e degli impianti, dopo<br />

24 mesi <strong>di</strong> carico, è stata del 100%, sia nella man<strong>di</strong>bola che nella mascella. La percentuale cumulativa <strong>di</strong> successo degli<br />

impianti è stata del 100% nella man<strong>di</strong>bola e 96% nella mascella. CONCLUSIONI: I risultati ottenuti nel presente<br />

stu<strong>di</strong>o mettono in evidenza un riassorbimento osseo coronale inferiore a quello osservato con gli stessi impianti aventi il<br />

collare transmucoso <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro uguale a quello del collo dell’impianto. In conclusione, l’utilizzo del collare<br />

sotto<strong>di</strong>mensionato consente <strong>di</strong> migliorare ulteriormente l’intregrazione impianto-tessuti molli in un sistema implantare<br />

che presenta come caratteristica peculiare l’assenza del microgap.


OTTIMIZZAZIONE DEI TESSUTI MOLLI PERIMPLANTARI IN PRIMA FASE CHIRURGICA. CASE<br />

REPORT.<br />

Benigni M, Beretta M, Panigalli A, Cremonesi S, Cicciù M, Maiorana C.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Clinica Odontoiatrica e Stomatologica. Direttore Prof. F. Santoro, Reparto <strong>di</strong><br />

Riabilitazione Implantare, Responsabili Prof. C. Maiorana, Dott. G.B. Grossi.<br />

OBIETTIVI: La qualità e la quantità <strong>dei</strong> tessuti molli perimplantari rappresentano un fattore fondamentale per<br />

l’ottenimento <strong>di</strong> un risultato finale sod<strong>di</strong>sfacente e stabile nel tempo. Lo scopo del seguente case report è quello <strong>di</strong><br />

presentare un caso clinico in cui, contestualmente all’inserimento <strong>di</strong> un impianto in zona 2.5, è stato effettuato un rollflap<br />

al fine <strong>di</strong> incrementare lo spessore <strong>dei</strong> tessuti molli sul versante vestibolare.<br />

MATERIALI E METODI: Un paziente <strong>di</strong> 36 anni presentava un’edentulia singola in posizione 2.5. Clinicamente era<br />

evidente una contrazione del <strong>di</strong>ametro trasverso dovuta ad una riduzione delvolume <strong>di</strong> mucosa cheratinizzata.<br />

All’esame ra<strong>di</strong>ografico (OPT) era possibile apprezzare la presenza <strong>di</strong> 10 mm <strong>di</strong> osso residuo in senso verticale.<br />

L’incisione longitu<strong>di</strong>nale è stata effettuata 3 mm palatalmente al centro della cresta ossea e un lembo a spessore parziale<br />

è stato eseguito, me<strong>di</strong>ante 2 incisioni verticali, fino a raggiungere il versante vestibolare della cresta alveolare. Le<br />

incisioni verticali sono state estese fino a raggiungere il margine vestibolare della cresta ossea. Sul versante vestibolare,<br />

l’incisione a spessore parziale ha consentito <strong>di</strong> creare un adeguato letto ricevente al fine <strong>di</strong> posizionare la quota <strong>di</strong><br />

mucosa mobilizzata dal versante palatale. In seguito all’utilizzo <strong>di</strong> frese rotanti e osteotomi per la procedura <strong>di</strong> rialzo del<br />

seno mascellare per via crestale, è stato posizionato in zona 2.5 un impianto Camlog® 3,8 x 11 mm (Camlog<br />

Biotechnologies, Basel, CH). Successivamente al posizionamento dell’abutment <strong>di</strong> guarigione, la procedura <strong>di</strong> roll-flap<br />

è stata terminata inserendo la porzione <strong>di</strong>sepitelizzata del lembo all’interno della busta creata sul versante vestibolare.<br />

A 6 mesi dall’inserimento dell’impianto, l’esame ra<strong>di</strong>ografico mostrava una buona integrazione dell’impianto. Le<br />

impronte <strong>di</strong> precisione sono state rilevate e un elemento provvisorio avvitato è stato posizionato in zona 2.5. Al termine<br />

del con<strong>di</strong>zionamento <strong>dei</strong> tessuti molli, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 8 mesi dall’inserimento dell’impianto, sono state rilevate le<br />

impronte per la realizzazione della protesi definitiva me<strong>di</strong>ante la tecnica <strong>di</strong> personalizzazione della vite transfer. La<br />

protesizzazione definitiva ha previsto una corona in metallo-ceramica cementata su un moncone in titanio.<br />

RISULTATI: L’esame clinico e ra<strong>di</strong>ografico a 4 mesi dall’inserimento della protesi definitiva non evidenziano segni <strong>di</strong><br />

mancata integrazione dell’impianto. I tessuti perimplantari sono caratterizzati dalla presenza <strong>di</strong> mucosa cheratinizzata <strong>di</strong><br />

qualità ideale.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La corretta gestione <strong>dei</strong> tessuti molli al momento dell’inserimento dell’impianto è<br />

<strong>di</strong> fondamentale importanza ai fini protesici. La possibilità <strong>di</strong> utilizzare tecniche <strong>di</strong> chirurgia plastica peri-implantare al<br />

momento dell’inserimento dell’impianto rappresenta il vantaggio <strong>di</strong> ridurre il numero degli interventi chirurgici e la<br />

durata totale del trattamento per il paziente.


IL CLODRONATO UNITO AD UN SURFATTANTE (TWEEN 20) NON MIGLIORA<br />

L’OSTEOINTEGRAZIONE DI IMPIANTI IN TITANIO IN OSSO SOFFICE: STUDIO<br />

ISTOMORFOMETRICO SU CONIGLIO.<br />

De Bene<strong>di</strong>ttis S.*, Berar<strong>di</strong> D.*, Malagola C. ¥ and Perfetti G.*<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. d’Annunzio”, Chieti<br />

¥ II Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina,Università “La Sapienza”, Roma<br />

simona.debene<strong>di</strong>ttis@virgilio.it<br />

OBIETTIVI: I bifosfonati sono farmaci che inibiscono il riassorbimento osseo me<strong>di</strong>ato dagli osteoclasti o la<br />

progressione della malattia parodontale in<strong>di</strong>pendente dalla risposa dell’ospite agli agenti patogeni che colonizzano la<br />

superficie dentale. L’uso <strong>di</strong> bifosfonati in implantologia è ancora in fase sperimentale. Questo stu<strong>di</strong>o,condotto in vivo su<br />

coniglio, ha come scopo quello <strong>di</strong> valutare l’efficacia <strong>di</strong> una somministrazione topica <strong>di</strong> un non aminobifosfonato,<br />

combinato ad un surfattante utilizzato per aumentare la capacità del farmaco <strong>di</strong> legarsi alla superficie implantare e alla<br />

superficie ossea, sul processo <strong>di</strong> osteointegrazione.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati messi a punto impianti a superficie macchinata per essere impiegati nel femore<br />

<strong>dei</strong> conigli. E’ stata effettuata una somministrazione topica <strong>di</strong> Clodronato miscelato ad un surfattante (Tween 20) a tre<br />

<strong>di</strong>verse concentrazioni, applicato sia alla superficie che al sito implantare. Al gruppo controllo è stata somministrata<br />

soluzione placebo. Sono stati utilizzati conigli <strong>di</strong> razza New Zealand, sacrificati con CO2 dopo 8 settimane dalla<br />

chirurgia. Sui campioni ottenuti abbiamo eseguito analisi istologica ed istomorfometrica.<br />

RISULTATI: La percentuale <strong>di</strong> contatto osso impianto <strong>di</strong>fferisce <strong>di</strong> poco tra i gruppi tests ed il gruppo controllo. Per i<br />

primi due gruppi test è <strong>di</strong> circa 45% per il terzo gruppo test e controllo è <strong>di</strong> circa 41%..Un altro dato importante da<br />

sottolineare è il valore elevato della deviazione standard nel secondo gruppo. Dall’analisi statistica effettuata le<br />

<strong>di</strong>fferenze tra i gruppi tests ed il gruppo controllo non sono statisticamente significative ( p ≈ 0.9).<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Questi risultati <strong>di</strong>vergono da quelli mostrati in stu<strong>di</strong> simili in cui emergono<br />

<strong>di</strong>fferenze statisticamente significative tra i gruppi test ed i gruppi controllo. Le <strong>di</strong>fferenze riscontrate potrebbero<br />

<strong>di</strong>pendere da due importanti aspetti: l’efficacia del farmaco utilizzato e la procedura <strong>di</strong> applicazione dello stesso<br />

sull’impianto. Per quanto riguarda il tipo <strong>di</strong> farmaco noi abbiamo utilizzato il Clodronato che è molto meno potente<br />

degli aminobifosfonati utilizzati in altri stu<strong>di</strong>.<br />

Per quanto riguarda il tipo <strong>di</strong> applicazione del farmaco, invece, ci siamo limitati a bagnare l’impianto e il sito<br />

implantare durante l’intervento, mentre in letteratura il farmaco viene fissato su impianti rivestiti <strong>di</strong> HA con precise<br />

tecniche.<br />

Dal nostro stu<strong>di</strong>o possiamo concludere che il clodronato combinato al con il surfattante (Tween 20), somministrato<br />

topicamente con la nostra tecnica, non ha migliorato la B.I.C. in impianti con superficie liscia. Questo non significa che<br />

il farmaco non è efficace. Pensiamo infatti <strong>di</strong> eseguire un nuovo stu<strong>di</strong>o nel quale lo stesso farmaco venga fissato<br />

secondo le tecniche, certamente più complesse, ma che sono ampiamente <strong>di</strong>scusse in letteratura.


VALUTAZIONE CLINICA E RADIOLOGICA DELLA OSTEOINTEGRAZIONE DELL’IMPIANTO CON<br />

SUPERFICIE TRATTATA CON LASER.<br />

R.Chiavacci, Pc. Visconti, S. Parrini, A. Capuano.<br />

Dip. Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche - Università <strong>di</strong> Siena<br />

Scopo dello stu<strong>di</strong>o: valutazione della risposta clinica e biologica dell’organismo nei confronti <strong>di</strong> un impianto in titanio<br />

trattato in superficie con proce<strong>di</strong>mento laser. La superficie implantare viene tra<strong>di</strong>zionalmente trattata con proce<strong>di</strong>menti<br />

fisici e chimici quali sabbiatura e mordenzatura acida. Questo produce superfici irregolari che sono non ripetibili, non<br />

potendo avere un controllo della superficie stessa che non risulti standar<strong>di</strong>zzata. Grazie ad un nuovo proce<strong>di</strong>mento ora è<br />

possibile stabilire a priori la superficie dell’impianto e la sua microruvi<strong>di</strong>tà potendola anche variare. Sulla base <strong>di</strong><br />

numerosi stu<strong>di</strong> che trattano <strong>di</strong> osteoinduttività <strong>di</strong> superficie è stato deciso per un trattamento laser allo stato solido<br />

pompato a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> con sorgente Nd:YAG con regime <strong>di</strong> Q-switching. Una volta reputata ottimale la microruvi<strong>di</strong>tà pari a<br />

20 micron essa è stata applicata ad impianti standard.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: sono stati selezionati 20 pazienti <strong>di</strong> età compresa fra i 18 e 70 anni ai quali sono stati inseriti in<br />

totale 35 impianti con un protocollo clinico e chirurgico uguale per tutti. Sono stati eseguiti controlli ra<strong>di</strong>ologici e clinici<br />

alla prima settimana, al primo mese e al terzo mese per l’arcata inferiore e fino al quarto mese per l’arcata superiore.<br />

Questo timing è stato valutato come tempo utile per una corretta osteointegrazione procedendo così all’attivazione della<br />

fixture.<br />

Risultati: dai risultati del nostro campione trattato abbiamo avuto la osteointegrazione del totale delle fixture con una<br />

risposta clinica e ra<strong>di</strong>ologica eccellente nonostante si sia scelto <strong>di</strong> ridurre il tempo <strong>di</strong> attivazione.<br />

Conclusioni: la nuova superficie impiantare ha <strong>di</strong>mostrato una risposta clinica e ra<strong>di</strong>ologica incoraggiante anche se per<br />

il momento il numero <strong>di</strong> fixture testate è limitato.


L’IMPORTANZA DEL MODELLO TRIMENSIONALE NELLA RICOSTRUZIONE DELLE CRESTE<br />

ALVEOLARI<br />

Travaglini D.; Dotti A., Generali L., Bertol<strong>di</strong> C., Consolo U.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

Dipartimento integrato <strong>di</strong> Chirurgie Specialistiche Testa-Collo<br />

Struttura Complessa <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> e Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

Direttore: Prof. Ugo Consolo<br />

INTRODUZIONE: La moderna implantologia si basa su concetti biomeccanici atti a favorire l’osteointegrazione <strong>di</strong><br />

impianti posizionati in volumi ossei consoni alle <strong>di</strong>mensioni degli impianti stessi; inoltre, al fine <strong>di</strong> favorire il successo a<br />

lungo termine della soluzione protesica, i carichi masticatori e le <strong>di</strong>namiche biologiche devono rispettare i principi<br />

messi i luce dalla letteratura.<br />

OBBIETTIVI: La prototipazione rapida è una tecnologia all’avanguar<strong>di</strong>a che consente <strong>di</strong> realizzare modelli<br />

tri<strong>di</strong>mensionali attraverso la soli<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> resina liquida me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> un fascio laser. Volumi ossei<br />

insufficienti, compromissione delle creste alveolari da riabilitare e richieste del paziente in merito ai tempi della<br />

riabilitazione, possono essere affrontati in anticipo dal clinico. Questo protocollo <strong>di</strong> gestione del caso è volto a<br />

semplificare e ottimizzare la fase chirurgica <strong>di</strong> ricostruzione.<br />

MATERIALI E METODI: I progressi della moderna ra<strong>di</strong>ologia, attraverso le indagini tomografiche computerizzate,<br />

hanno permesso, migliorato e semplificato la visualizzazione delle strutture anatomiche; partendo dai dati <strong>di</strong><br />

acquisizione della tomografia computerizzata, si possono ottenere ricostruzioni tri<strong>di</strong>mensionali virtuali che possono a<br />

loro volta essere trasformate, attraverso i processi <strong>di</strong> prototipazione rapida , in modelli soli<strong>di</strong> tri<strong>di</strong>mensionali in scala<br />

1:1, sterilizzabili e altamente fedeli. Il modello stereo litografico, oltre a garantire una alta efficacia comunicativa con il<br />

paziente, costituisce un’affidabile base su cui programmare la modellazione <strong>di</strong> innesti, qual’ora questi siano <strong>di</strong> natura<br />

omologa/eterologa, o <strong>di</strong> perfezionare le modalità <strong>di</strong> prelievo dell’innesto autologo.<br />

RISULTATI: I bassi costi <strong>di</strong> realizzazione <strong>dei</strong> modelli stereo litografici e la alta fedeltà degli stessi, hanno consentito<br />

interventi <strong>di</strong> ricostruzione delle basi ossee più semplici e migliorato la comunicativa con il paziente.<br />

CONCLUSIONI: Alla luce delle esperienze maturate nel campo della riabilitazione preprotesica me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong><br />

modelli stereo litografici, i vantaggi offerti da tale meto<strong>di</strong>ca non si limitano alla riduzione <strong>dei</strong> tempi operatori, ma si<br />

estendono a più fasi della riabilitazione, costituendo una valida opportunità per il chirurgo orale.


STUDIO CLINICO SUL TEMPO DI CARICO DI RIABILITAZIONI IMPLANTOPROTESICHE DI TIPO<br />

TORONTO<br />

Morini F, Lumetti S, Manfre<strong>di</strong> E, Galli C, Carra MC, Conforti GP, Bonanini M, Macaluso GM.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia, coord: prof M. Bonanini<br />

INTRODUZIONE: Negli ultimi anni sono stati proposti protocolli per la riabilitazione implantoprotesica <strong>di</strong> intere<br />

arcate accorciati rispetto a quello <strong>di</strong> Branemark. Ciò per limitare i <strong>di</strong>scomfort <strong>dei</strong> pazienti e ridurre le potenziali<br />

complicanze riferibili all'uso <strong>di</strong> protesi rimovibili durante il periodo <strong>di</strong> guarigione.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o è confrontare le performance cliniche e ra<strong>di</strong>ologiche <strong>di</strong> una riabilitazione<br />

protesica su impianti <strong>di</strong> tipo Toronto a carico imme<strong>di</strong>ato rispetto ad una eseguita secondo protocollo <strong>di</strong> carico<br />

tra<strong>di</strong>zionale a 6 mesi.<br />

MATERIALI E METODI: Una popolazione <strong>di</strong> 26 pazienti, 11 maschi e 15 femmine con età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 68,5 anni<br />

(range da 56 a 83), edentuli completi superiori e/o inferiori per un totale <strong>di</strong> 27 arcate edentule (un paziente è stato<br />

trattato per entrambe le arcate) è stata sottoposta a riabilitazione implantoprotesica <strong>di</strong> tipo “Toronto” in due modalità: un<br />

gruppo è stato sottoposto a carico imme<strong>di</strong>ato (CI, test, n = 15) e uno a carico tra<strong>di</strong>zionale (CT, controllo, n = 12). Il<br />

totale <strong>di</strong> impianti inseriti è stato 140, <strong>di</strong> cui 28 postestrattivi imme<strong>di</strong>ati. Il gruppo CI ha ricevuto 77 impianti con protesi<br />

provvisoria consegnata entro le 24 ore dalla seduta chirurgica e riabilitazione definitiva a 6 mesi. Il gruppo CT ha<br />

ricevuto 63 impianti e ottenuto la protesi definitiva dopo 6 mesi (senza protesizzazione provvisoria). Gli outcome<br />

primari valutati sono stati il successo implantare (criteri <strong>di</strong> Albrektsson) e il successo protesico (permanenza e funzione<br />

della protesi). I controlli e le valutazioni <strong>dei</strong> pazienti sono stati eseguiti ra<strong>di</strong>ograficamente tramite ortopantomografie<br />

<strong>di</strong>gitali al momento del carico implantare e a 24 mesi. Nel gruppo CI il carico implantare è avvenuto tramite una protesi<br />

provvisoria e nel gruppo CT al momento della protesizzazione finale. I tessuti ossei perimplatari <strong>di</strong> ogni impianto sono<br />

stati analizzati con l’utilizzo <strong>di</strong> un software <strong>di</strong> analisi <strong>di</strong> immagine per valutare i cambiamenti nell’intervallo <strong>di</strong> tempo<br />

tra i controlli ra<strong>di</strong>ografici. Inoltre, una indagine telefonica ha permesso <strong>di</strong> valutare la sod<strong>di</strong>sfazione soggettiva della<br />

riabilitazione.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI: Nessuna riabilitazione protesica ha evidenziato problemi tali da comprometterne la<br />

funzionalità, mentre si è osservato un singolo fallimento implantare in ciascun gruppo, avvenuti entro 1 mese<br />

dall'inserimento implantare e che non ha comportato un fallimento protesico. Nel gruppo CI si è osservata una per<strong>di</strong>ta<br />

ossea marginale me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 0,29±0,57 mm; nel gruppo CT il riassorbimento osseo me<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong> 0,55±0,67 mm; tali<br />

valori non sono statisticamente significativi. Inconvenienti protesici <strong>di</strong> scarsa entità sono stati osservati in 9 pazienti, 5<br />

in CI e 6 in CT, riparabili senza la rimozione della protesi. I giu<strong>di</strong>zi espressi dai pazienti sono stati favorevoli per<br />

entrambe le procedure in modo analogo.


RICOSTRUZIONE DELLE SELLE EDENTULE MANDIBOLARI. VALUTAZIONE CLINICA DEGLI<br />

INNESTI DI CORONOIDE NEGLI INCREMENTI OSSEI ORIZZONTALI.<br />

Pisano M, Meloni S.M., Soma D, Massarelli O.,De Riu G.,<br />

Dipartimento Struttura Specialità Microchirurgiche. Unita Operativa <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale (<strong>di</strong>r. Prof. A.<br />

Tullio)<br />

Introduzione<br />

La crescente richiesta <strong>di</strong> riabilitazioni implanto-protesiche anche in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> forti atrofie ossee ha determinato la<br />

necessità utilizzare tecniche <strong>di</strong> incremento osseo al fine <strong>di</strong> poter inserire degli impianti dentari in modo protesicamente<br />

guidato.<br />

Diverse tecniche chirurgiche e se<strong>di</strong> <strong>di</strong> prelievo vengono utilizzati al fine <strong>di</strong> incrementare i volumi ossei: gli innesti in<br />

blocco, le tecniche <strong>di</strong> GBR con membrane o con griglie in titanio, l’osteo<strong>di</strong>strazione , e l’espansione della cresta. In<br />

tutte queste tecniche si pre<strong>di</strong>lige l’utilizzo <strong>di</strong> osso autologo e <strong>di</strong>fferenti possono essere le regioni <strong>di</strong> prelievo: da quelle<br />

intraoralli: ( mento, branca montante della man<strong>di</strong>bola, tuber maxillae, mensola zigomatica) a quelle extraorali ( cresta<br />

iliaca, calvaria). Nel presente lavoro abbiano valutato la applicabilità clinica, le percentuali <strong>di</strong> sopravvivenza<br />

implantare e la morbi<strong>di</strong>tà in seguito a procedure chirurgiche <strong>di</strong> innesto in blocco del processo coronoide al fine <strong>di</strong><br />

incrementare lo spessore delle creste edentule man<strong>di</strong>bolari.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong><br />

Un totale <strong>di</strong> 12 pazienti 7 femmine e 5 maschi sono stati trattati in modo sequenziale. Tutti presentavano gravi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

atrofia orizzontale man<strong>di</strong>bolare (spessore compreso tra 1.5 e 3 mm). Sono stati inseriti un totale <strong>di</strong> 45 impianti a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tre mesi dal primo intervento.<br />

In tutti i pazienti la sede <strong>di</strong> prelievo è stata il processo coronoide della man<strong>di</strong>bola, prelevato per via intraorale e inserito<br />

nel sito ricevente, tramite una piccola incisione in regione 3.3 4.3 dopo scollamento sub-periosteo per via smussa senza<br />

incisione in cresta della mucosa alveolare. In tutti i casi sono stati effettuati fori sulla cresta alveolare per favorire il<br />

sanguinamento e tutti gli innesti sono stati fissati con viti in titanio. Tre pazienti sono stati riabilitati bilateralmente.<br />

Risultati<br />

In tutti i pazienti sono stati inseriti il numero <strong>di</strong> impianti previsto dalla progettazione protesica.Un solo paziente è<br />

andato incontro a infezione del sito chirurgico nel post operatorio risolto con somministrazione <strong>di</strong> antibiotici per os e<br />

localmente.<br />

Dopo un anno <strong>di</strong> follow-up 2 impianti sono stati persi al momento <strong>di</strong> carico protesico, la percentuale <strong>di</strong> sopravvivenza<br />

implantare è del 95,5 % con un riassorbimento me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> -1.7± 1.1.mm.<br />

Conclusioni<br />

Le atrofie man<strong>di</strong>bolari posteriori sono molto frequenti e spesso limitano il posizionamento protesicamente guidato delle<br />

fixtures implantari. La letteratura in materia non è concorde su quali tecniche <strong>di</strong> ricostruzione ossea vada privilegiata,<br />

anche se tutti gli autori concordano sulla necessità <strong>di</strong> utilizzare osso autologo in caso <strong>di</strong> ampie ricostruzioni. Il processo<br />

coronoide della man<strong>di</strong>bola rappresenta un ottimo sito <strong>di</strong> prelievo grazie alla relativa abbondanza <strong>di</strong> tessuto osseo, alla<br />

ottima qualità ( osso corticale ) e alla limitata morbi<strong>di</strong>tà nel post operatorio, inoltre l’accesso mini invasivo al sito<br />

ricevente, <strong>di</strong>stante dalla regione <strong>di</strong> innesto, riduce le possibilità <strong>di</strong> infezione del sito chirurgico. Pertatanto riteniamo<br />

che questa tecnica <strong>di</strong> incremento orizzontale abbia una buona pre<strong>di</strong>cibilità e rappresenti una valida opzione nelle<br />

ricostruzioni me<strong>di</strong>o ampie <strong>dei</strong> settori posteriori della man<strong>di</strong>bola.


INFLUENZA DEL CARICO MASTICATORIO FUNZIONALE DURANTE IL PERIODO DI<br />

OSTEOINTEGRAZIONE<br />

P. Cardelli, M. Montani*, M. Gallio, F. Balestra, F. Germano<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> E Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”(Prof. Alberto Barlattani). U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S. Giovanni Calibita<br />

Fatebenefratelli”, Roma (Prof. Clau<strong>di</strong>o Arcuri)<br />

Lo scopo del lavoro è stata la valutazione dell’influenza del carico masticatorio sul grado <strong>di</strong> stabilità primaria in<br />

impianti osteointegrati a carico imme<strong>di</strong>ato e <strong>di</strong>fferito (3-4 mesi). Tale influenza è stata valutata tramite la misurazione<br />

del grado <strong>di</strong> stabilità primaria ad intervalli prestabiliti, utilizzando la scala ISQ(implant stability quotient). Sono stati<br />

selezionati 20 impianti con valori <strong>di</strong> ISQ superiore a 65, questi sono stati sud<strong>di</strong>visi in due gruppi da 10; un gruppo è<br />

stato trattato con carico imme<strong>di</strong>ato, mentre l‘altro con carico <strong>di</strong>fferito secondo la tempistica classica .Tutti i pazienti<br />

sono stati controllati tramite l’utilizzo dell’apparecchio Ostell Mentor (Osstell; Integration Diagnostics, Goteborg,<br />

Sweden), oltre che al tempo zero, a 1,2,3,4,6,8 e 12 settimane al fine <strong>di</strong> valutare l’andamento del grado <strong>di</strong><br />

osteointegrazione in funzione del carico. Tutte le misurazioni sono state effettuate su sistematica implantare Straumann<br />

tramite l’inserimento del trasduttore magnetico Smartpeg, <strong>di</strong>rettamente sulla fixture implantare, dopo la rimozione del<br />

provvisorio nel caso <strong>di</strong> carico imme<strong>di</strong>ato e della vite tappo nel caso <strong>di</strong> carico <strong>di</strong>fferito.<br />

Il picco massimo registrato al tempo zero è stato 85 in un impianto in zona 4.5 con osso D1. La me<strong>di</strong>a riscontrata al<br />

tempo zero per il gruppa CS è stata <strong>di</strong> 71,909 ISQ, mentre per il gruppo CI e stata <strong>di</strong> 73,166 ISQ; mentre a 12 settimane<br />

i valori sono stati rispettivamente 75,818 ISQ per il CS e 76,853 ISQ per il CI.<br />

Dai dati misurati si è potuto valutare un calo <strong>di</strong> stabilità primaria successivo all’inserimento dell’impianto nella seconda<br />

settimana, in<strong>di</strong>pendente dalla presenza o meno del carico masticatorio.


EFFETTI DEL TRATTAMENTO SUPERFICIALE DI SUPERFICI DENTINALI CON LASER ER:YAG SU<br />

COLTURE PRIMARIE DI FIBROBLASTI PARODONTALI ED OSTEOBLASTI<br />

Gualini G, Galli C, Passeri, G, Manfre<strong>di</strong> E, Lumetti S, Carra MC, Bonanini M, Macaluso GM<br />

Università <strong>di</strong> Parma, Sezione <strong>di</strong> Odontostomatologia, coord: prof. M Bonanini<br />

INTRODUZIONE: La levigatura ra<strong>di</strong>colare oggi viene effettuata per lo più tramite strumenti manuali, sonici o<br />

ultrasonici.A questo scopo vengono utilizzati anche alcuni tipi <strong>di</strong> laser, tra i quali il più promettente è il laser ad<br />

Er:YAG. OBIETTIVI: L’obiettivo del presente stu<strong>di</strong>o è reare un modello sperimentale <strong>di</strong> dentina utilizzabile per stu<strong>di</strong><br />

in vitro e verificare l’effetto <strong>di</strong> un laser ad Erbio sull’attività <strong>di</strong> cellule primarie ossee e <strong>di</strong> legamento parodontale con<br />

tale modello. MATERIALI E METODI:Sono stati utilizzati <strong>di</strong>schetti standar<strong>di</strong>zzati <strong>di</strong> dentina animale (Osteosite<br />

Dentin Disk). Gli osteoblasti sono stati coltivati a partire da frammenti <strong>di</strong> osso alveolare man<strong>di</strong>bolare prelevati nel corso<br />

<strong>di</strong> interventi chirurgici odontoiatrici. I fibroblasti sono stati derivati dal ligamento parodontale <strong>di</strong> denti terzi molari<br />

inclusi, estratti per motivi ortodontici. Il Laser (OpusDUO, DL MEDICA, Milano) utilizzato per l’esperimento è un<br />

laser a stato solido ad Erbio, caratterizzato da una lunghezza d’onda <strong>di</strong> 2940 nm. Dischetti <strong>di</strong> dentina sono stati trattati<br />

tramite Er:YAG laser a una <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 1 mm con raggio focalizzato e puntale da 1 mm. Il trattamento laser è stato<br />

effettuato con 5 settaggi laser per gli osteoblasti: 150mJ/10Hz (Dose 0,75J/cm 2 , 60J/<strong>di</strong>schetto), 200mJ/10Hz (Dose<br />

1J/cm 2 , 80J/<strong>di</strong>schetto), 100mJ/15Hz (Dose 0,5J/cm 2 , 60J/<strong>di</strong>schetto), 150mJ/15Hz (Dose 0,75J/cm 2 , 90J/<strong>di</strong>schetto),<br />

200mJ/15Hz (Dose 1J/cm 2 , 120J/<strong>di</strong>schetto); e 2 per i fibroblasti: 150mJ/10Hz (Dose 0,75J/cm 2 , 60J/<strong>di</strong>schetto) e<br />

200mJ/15Hz (Dose 1J/cm 2 , 120J/<strong>di</strong>schetto). In tutti gli esperimenti è stato valutata la dentina non trattata, o wild type,<br />

come controllo. La crescita cellulare è stata valutata tramite saggio MTT a 5 tempi sperimentali: 3, 6, 12, 24 e 48 ore.<br />

Le mo<strong>di</strong>fiche strutturali sui <strong>di</strong>schetti <strong>di</strong> dentina sono state analizzate al SEM ai tempi sperimentali 3, 6 e 24 ore.<br />

RISULTATI: Tutti i trattamenti laser utilizzati, fino a 12 ore <strong>di</strong> coltura, non hanno mostrato <strong>di</strong>fferenza significative <strong>di</strong><br />

crescita degli osteoblasti tra loro o rispetto al controllo. Anche l’andamento della crescita <strong>dei</strong> fibroblasti parodontali è<br />

risultata sovrapponibile nelle tre con<strong>di</strong>zioni considerate dopo 3, 6 e 12 ore. La dentina wild type è caratterizzata da una<br />

superficie molto regolare e liscia con fissurazioni attribuibili ai tubuli dentinali. Le superfici irraggiate mostrano<br />

consistente un aumento della irregolarità. All’analisi morfologica si riscontra un’adesione delle cellule anche a poche<br />

ore dalla semina. Le cellule su sui campioni irraggiati mostrano una particolare pre<strong>di</strong>lezione per l’adesione sulle aree<br />

più regolari lisce e ricorrono a lunghi filopo<strong>di</strong> e pseudopo<strong>di</strong> per ancorarsi alle aree dentinali irregolari. Ai tempi più<br />

tar<strong>di</strong> gli osteoblasti ed i parodontoblasti raggiungono la confluenza e formano un monostrato, pur esibendo segni <strong>di</strong><br />

sofferenza cellulare a livello citoplasmatico. CONCLUSIONE: Dai risultati ottenuti, si può concludere che la dentina<br />

animale rappresenta un modello sperimentale adatto per lo stu<strong>di</strong>o in vitro delle risposte cellulari ai trattamenti della<br />

superficie ra<strong>di</strong>colare. Si può concludere inoltre che il trattamento laser mo<strong>di</strong>fica sostanzialmente la topografia <strong>di</strong><br />

superficie e questo influenza l’adesione e la proliferazione cellulare


OSTEONEOMORFOGENESI BIOSTIMOLATA DA CAMPI MAGNETICI CO<strong>MB</strong>INATI.<br />

Nicolini E., Giovannetti A., Corigliano M., Di Carlo S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Italia. emanuele.nicolini@libero.it<br />

OBIETTIVI: I campi magnetici combinati (CMF) sono comunemente utilizzati in ortope<strong>di</strong>a ed in terapia riabilitativa<br />

traumatologica. Sono inoltre generalmente applicati in reumatologia ed in terapie dermatologiche a sostegno del tessuto<br />

connettivo colpite dalla patologia. L'obiettivo del presente stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> verificare e <strong>di</strong> sottolineare l'efficacia del<br />

trattamento con campi magnetici combinati (CMF) <strong>di</strong> pazienti che hanno subito trattamento <strong>di</strong> chirurgia ossea<br />

implanatare. Nella chirurgia ortope<strong>di</strong>ca, i campi magnetici sono utilizzati per promuovere la stimolazione osteogenetica,<br />

in particolare in fratture complesse o in pazienti che hanno <strong>di</strong>fficoltà con la mineralizzazione delle ossa. L'unione della<br />

Terapia Magneto Electrica (TEM) combinata ai campi magnetici (CMF), insieme con la Riparazione Ossea Primaria<br />

(ROP), permette <strong>di</strong> ottenere importanti risultati affidabili e una risposta al problema dell’Osteogenesi in tempi più brevi.<br />

MATERIAL E METODI: Sono stati curati con terapia implantoprotesica 458 pazienti <strong>di</strong> entrambi i sessi, <strong>di</strong> età<br />

compresa tra i 35 ei 72 anni. Questi hanno subito un intervento chirurgico secondo il protocollo del sistema <strong>di</strong><br />

impiantare a Riparazione Ossea Primaria (ROP) associata a GBR. Sono stati inseriti 1024 impianti me<strong>di</strong>ante il sistema<br />

implantare TMI ® (Pressing Dental, RSM). La TEM e CMF (IFM Italia) sono state applicate a tutti i pazienti per 74<br />

giorni. Sono stati eseguiti controlli ra<strong>di</strong>ologici, per verificare l’Osteogenesi a 30, 60, 90 e 120 giorni. Tutti gli impianti<br />

sono stati caricati in 120 giorni. RISULTATI: Tutti coloro che hanno subito la terapia implantare con GBR ,trattati con<br />

la combinazione <strong>di</strong> TEM e CMF, ha mostrato completa mineralizzazione in un lasso <strong>di</strong> tempo più breve rispetto a quella<br />

comunemente riportati in questi casi. CONCLUSIONI: L'uso combinato <strong>di</strong> TEM e CMF, insieme con il sistema<br />

impiantare a ROP, possono migliorare e rafforzare i meccanismi fisiologici <strong>di</strong> riparazione del tessuto osseo.


RIPARAZIONE DI AMPIE LESIONI DELLA ME<strong>MB</strong>RANA SCHNEIDERIANA DURANTE IL GRANDE<br />

RIALZO DI SENO MASCELLARE.<br />

Corbi S.*, Meleo D.**, Car<strong>di</strong> A.***, Pacifici L.****<br />

*Ospedale San Camillo-Forlanini <strong>di</strong> Roma, U.O.S.D. “<strong>Odontoiatria</strong>. **Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Dottorato <strong>di</strong><br />

Ricerca in Malattie Odontostomatologiche. ***Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in<br />

Chirurgia Odontostomatologica. ****Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Titolare Insegnamento <strong>di</strong> Clinica<br />

Odontostomatologica III.<br />

Negli ultimi anni si è assistito ad una crescente <strong>di</strong>ffusione dell’intervento <strong>di</strong> rialzo del seno mascellare a fini<br />

implantoprotesici, <strong>di</strong>mostrato anche dal numero crescente <strong>di</strong> lavori scientifici pubblicati sull’argomento. Il seno<br />

mascellare impe<strong>di</strong>sce infatti molto spesso l’inserimento <strong>di</strong> impianti lunghi nella posizione e inclinazione ideali.<br />

La complicanza intraoperatoria più frequente dell’intervento <strong>di</strong> grande rialzo del seno mascellare con approccio laterale<br />

è la perforazione della membrana schneideriana, che avviene in me<strong>di</strong>a tra il 7% e il 35%. Come riportato<br />

estensivamente in letteratura, ampie perforazioni rappresentano una controin<strong>di</strong>cazione assoluta alla prosecuzione<br />

dell’intervento, soprattutto se l’innesto è in forma <strong>di</strong> granuli o chips. Ampie perforazioni possono causare la <strong>di</strong>spersione<br />

del particolato nel seno, l’infezione dell’innesto e il fallimento dello stesso.<br />

Varie tecniche che prevedono l’utilizzo <strong>di</strong> membrane riassorbibili sono state proposte per il trattamento delle<br />

perforazioni. Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> illustrare, attraverso la <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> un caso clinico, l’utilizzo della<br />

pouch technique mo<strong>di</strong>ficata in associazione ad un innovativo biomateriale <strong>di</strong> derivazione umana e dotato <strong>di</strong> proprietà<br />

osteoinduttive e osteoconduttive: il Moldable Block.<br />

Per evitare il passaggio del particolato all’interno del seno, alcuni Autori suggeriscono <strong>di</strong> miscelare l’innesto con del<br />

sangue venoso del paziente, PRP o con della colla <strong>di</strong> fibrina autologa al fine <strong>di</strong> aumentarne la consistenza e la coesione;<br />

altri suggeriscono l’utilizzo <strong>di</strong> innesti a blocco e quest’ultimo sembra essere il trattamento più comunemente utilizzato<br />

dai clinici. Il biomateriale <strong>di</strong> derivazione umana qui proposto sembra poter ovviare in tutta sicurezza a queste<br />

problematiche: plastico e malleabile quando riscaldato, acquista consistenza e stabilità <strong>di</strong>mensionale alla temperatura<br />

corporea senza <strong>di</strong>spersione <strong>di</strong> particolato. L’istologia e i controlli ra<strong>di</strong>ografici a <strong>di</strong>stanza documentano l’integrazione<br />

dell’innesto e dunque il successo della rigenerazione ossea e della riabilitazione implanto-protesica eseguita.


GESTIONE DEI TESSUTI PERIMPLANTARI NEI SITI POST-ESTRATTIVI POSTERIORI UTILIZZANDO<br />

ME<strong>MB</strong>RANE RIASSORBIBILI: CASI CLINICI<br />

Scrascia A, Giordano G, Spota A<br />

SAPIENZA-Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. UOD Percorso Diagnostico<br />

Odontoiatrico Complesso<br />

SCOPO DEL LAVORO Lo scopo <strong>dei</strong> casi clinici è stato quello <strong>di</strong> valutare nei siti implantari post-estrattivi nei settori<br />

posteriori la chiusura dell’alveolo guidando la guarigione <strong>dei</strong> lembi utilizzando membrane riassorbibili (osseoguard<br />

biomet-3i). MATERIALI E METODI – Sono stati trattati 2 pazienti che hanno presentato la compromissione <strong>di</strong><br />

molari (sup. e inf.). I parametri clinici dello stu<strong>di</strong>o sono stati: inserimento degli impianti (Nanotite–3i) in siti postestrattivi<br />

imme<strong>di</strong>ati in zona molare, il bone soun<strong>di</strong>ng, che ha messo in evidenza la presenza in tutti i due casi<br />

dell’integrità <strong>dei</strong> quattro piatti ossei alveolari e la valutazione del biotipo e della presenza <strong>di</strong> banda <strong>di</strong> tessuto<br />

cheratinizzato (biotipo spesso e tessuto cheratinizzato residuo > 2mm). I fallimento della tecnica è stato stabilito<br />

dall’osservazione <strong>di</strong> due parametri clinici: 1) se era visibile la vite tappo dell’impianto, 2) se era sondabile il tessuto<br />

neo formato ovvero se era presente una soluzione <strong>di</strong> continuità tra cavità orale ed impianto. La tecnica chirurgica<br />

adottata è stata: esecuzione <strong>di</strong> un’incisione intrasulculare a mezzo spessore vestibolare garantendo così la<br />

vascolarizzazione del piatto osseo vestibolare eseguendo un’incisone orizzontale perpen<strong>di</strong>colare alla base delle papille<br />

interprossimali estendendosi agli elementi contigui con incisioni intrasulculari evitando incisioni <strong>di</strong> rilascio; l’aspetto<br />

orale è stato trattato con incisioni intrasulculari senza coinvolgere le papille <strong>dei</strong> siti eseguendo un lembo a tutto<br />

spessore. E’ stata eseguita l’estrazione atraumatica per la conservazione del <strong>di</strong>fetto a quattro pareti, inserimento<br />

dell’impianto nella confort zone, è stato riempito il <strong>di</strong>fetto con osso eterologo (Endobond-Biomet- 3i) e la membrana<br />

riassorbibile, dopo averla anatomizzata rispetto al <strong>di</strong>fetto, è stata inserita a busta nel lembo a mezzo spessore della zona<br />

vestibolare senza fissarla dopo averla collocata sopra all’impianto, è stata bloccata all’interno del lembo orale a tutto<br />

spessore. Le suture sono state eseguite con fili monofilamento in poliammide 5/0 con suture a materassaio orizzontale<br />

mo<strong>di</strong>ficato nella zona <strong>dei</strong> tessuti pericoronali. RISULTATI E CONCLUSIONI Dall’osservazione clinica <strong>dei</strong> due casi<br />

trattati emerge che è stata ottenuta a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 30gg la completa riepitelizzazione <strong>dei</strong> siti, con<strong>di</strong>zione anatomica che<br />

permetterà <strong>di</strong> gestire la fase protesica ricon<strong>di</strong>zionando i tessuti perimplantari in funzione <strong>dei</strong> tessuti gengivali degli<br />

elementi dentari a<strong>di</strong>acenti.


MICROTOMOGRAFIA E CARATTERIZZAZIONE MORFOMETRICA DI SOSTITUTI OSSEI:<br />

VALUTAZIONE PRELIMINARE DI ALCUNI CAMPIONI.<br />

Be<strong>di</strong>ni R.*, Meleo D.**, Pecci R.*, Pacifici L.***<br />

*Istituto Superiore <strong>di</strong> Sanità, Dipartimento <strong>di</strong> Tecnologie e Salute. **Univ. <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Dottorato <strong>di</strong> Ricerca<br />

in Malattie Odontostomatologiche. ***Univ. Di Roma “Sapienza”, CLSOPD, Titolare Insegnamento <strong>di</strong> Clinica<br />

Odontostomatologica III.<br />

OBIETTIVI:<br />

La microtomografia a raggi X (microTC) è una forma miniaturizzata <strong>di</strong> tomografia assiale computerizzata<br />

convenzionale a maggiore risoluzione (


MINIMPIANTI PER LA STABILIZZAZIONE DELLA PROTESI MOBILE INFERIORE: OSSERVAZIONI<br />

SPERIMENTALI.<br />

Panvino M, Scarano A, Iezzi G, Ravera L, Piattelli A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomalologiche, Azienda Sanitaria Locale, Chieti.<br />

manuela.panvino@virgilio.it<br />

INTRODUZIONE: Numerosi stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato che l’uso <strong>di</strong> impianti per riabilitazioni con l’uso <strong>di</strong><br />

overdentures aumenta la sod<strong>di</strong>sfazione e la qualità della vita <strong>dei</strong> pazienti edentuli e ne migliora l’efficacia<br />

masticatoria con un effetto positivo anche sullo stato nutritivo e sulla vita <strong>di</strong> relazione. OBIETTIVI: Lo scopo del<br />

presente lavoro è la valutazione istologica dell’osso peri-implantare intoro a minimpianti (Oralplant, Cordenons,<br />

Pordenone), costituiti da titanio <strong>di</strong> grado 5, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni 2.6 x 10 mm, prodotti con strumenti <strong>di</strong> alta precisione.<br />

MATERIALI E METODI: La superficie è stata ottenuta trattando il metallo con una microlavorazione per<br />

asportazione micromeccanica me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> punte <strong>di</strong> ossido <strong>di</strong> alluminio <strong>di</strong> 0.5 microns (superficie<br />

Titanium Pull Spray Superficial-TPSS). Con questa tecnica, tramite l’estrazione superficiale <strong>di</strong> parti <strong>di</strong><br />

metallo, vengono create cavità arrotondate e porose. La struttura molecolare del metallo non è sottoposta a<br />

nessuna variazione o sollecitazione. Tre conigli New Zealand sono stati utilizzati nella presente sperimentazione.<br />

Sei minimpianti TPSS sono stati inseriti nell’articolazione <strong>di</strong> femore <strong>di</strong> coniglio. Ogni coniglio, a cui sono stati<br />

inseriti due impianti, è stato sacrificato dopo 60 giorni. RISULTATI: Nella corticale si evidenziavano numerosi<br />

osteoni primari e secondari che si adattavano alla concavità delle spire, gli stessi si <strong>di</strong>sponevano con l’asse maggiore<br />

orientato perpen<strong>di</strong>colarmente all’asse dell’impianto. Sempre nella corticale ossea si osservava l’intimo contatto tra<br />

osso e impianto, poiché non erano visibili gaps all’ interfaccia. A maggiore ingran<strong>di</strong>mento si evidenziavano le<br />

unità multicellulari <strong>di</strong> rimodellamento osseo, infatti erano visibili osteoblasti ed osteoclasti impegnati nel<br />

rimodellamento osseo perimplantare, tale fenomeno portava alla neoformazione <strong>di</strong> numerose trabecole ossee a<br />

stretto contatto con la superficie implantare. Anche la porzione implantare immersa in ampi spazi midollari era<br />

in contatto con piccole trabecole ossee localizzate preferibilmente in corrispondenza delle concavità delle spire. Dal<br />

presente stu<strong>di</strong>o è emerso come l’utilizzo <strong>di</strong> mini-impianti, in situazioni sperimentali, induca un processo <strong>di</strong><br />

guarigione ossea molto simile a quello ottenuto con impianti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro standard. CONCLUSIONI: Si può<br />

concludere che lo stu<strong>di</strong>o fornisce nuove informazioni su una tipologia <strong>di</strong> impianti utilizzati in pazienti anziani e per i<br />

quali mancavano dati circa il comportamento biologico.


REALIZZAZIONE DI MODELLI OSSEI 3D MEDIANTE PROTOTIPAZIONE RAPIDA: DESCRIZIONE DI<br />

UN SISTEMA.<br />

L. Mora*, P. Gigola*, G. Rappelli° T. Toti^, E. Gherlone.<br />

*Clinica Odontoiatrica-Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia, Titolare Insegnamento Protesi Fissa: Prof. Pierangelo<br />

Gigola;<br />

°Università Politecnica delle Marche, Titolare Insegnamento <strong>di</strong>Protesi Dentaria;<br />

^Istituto Scientifico Universitario S.Raffaele. Direttore :Prof. E. Gherlone)<br />

Uno <strong>dei</strong> passaggi fondamentali della me<strong>di</strong>cina e anche dell’ odontoiatria è l’ acquisizione delle informazioni per<br />

generare una <strong>di</strong>agnosi. In odontoiatria l’utilizzo <strong>di</strong> tac per formulare piani <strong>di</strong> trattamento chirurgici che prevedono la<br />

ricostruzione protesica con impianti sono ormai un dato acquisito.<br />

Obiettivi:un passaggio fondamentale degli ultimi anni e’ l’introduzione della cone beam tc come elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi e<br />

per la costruzione <strong>di</strong> un’ immagine tri<strong>di</strong>mensionale. In ultima analisi e’ stato possibile portare in campo me<strong>di</strong>co<br />

odontoiatrico la tecnologia della prototipazione rapida che permette <strong>di</strong> realizzare modelli reali partendo da un’<br />

immagine elaborata al computer.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>:Questa tecnica gia’ in uso in altri settori della tecnologia permette <strong>di</strong> analizzare in modo reale<br />

prototipi <strong>di</strong> qualsiasi tipo pensati e <strong>di</strong>segnati attraverso un software con estrema precisione e ricreando parti cave<br />

interne. L’ idea <strong>di</strong> poter generare modelli anatomici ossei <strong>di</strong> man<strong>di</strong>bola e mascella in<strong>di</strong>viduali con la presenza <strong>dei</strong><br />

forami e’ sicuramente affascinante in quanto può permettere una progettazione protesica e una analisi chirurgica senza<br />

precedenti.<br />

Risultati:L’analisi <strong>dei</strong> modelli ossei realizzati permette in<strong>di</strong>pendentemente dalla tecnica chirurgica e rigenerativa<br />

applicata <strong>di</strong> valutare in modo obiettivo ed analitico l’ architettura dell’ osso residuo e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> poter progettare una<br />

chirurgia protesicamente guidata.Scopo del presente lavoro e’ quello <strong>di</strong>:<br />

Ripercorrere bibliograficamente le tappe fondamentali dell’evoluzione ra<strong>di</strong>ologica;<br />

Descrivere il sistema <strong>di</strong> realizzazione <strong>di</strong> modelli 3D con tecnologia 3DP (Stampa Tri<strong>di</strong>mensionale) brevettata dal<br />

Massachussetts Institute of Technology; Valutare il sistema in un caso clinico.<br />

Discussione e Conclusioni.La possibilità <strong>di</strong> realizzare modelli 3d rappresenta un valido sistema <strong>di</strong> supporto <strong>di</strong>agnostico<br />

e apre nuove frontiere alla realizzazione <strong>di</strong> piani <strong>di</strong> trattamento sempre più mirati e precisi. La valutazione delle<br />

strutture anatomiche attraverso questo sistema permette <strong>di</strong> affrontare la fase chirurgica con più serenità. Del resto<br />

esistono limiti imposti sia dalla macchina <strong>di</strong> rilevazione <strong>dei</strong> dati attraverso ra<strong>di</strong>azioni ionizzanti sia nella costruzione del<br />

modello 3d. Questi limiti sono ancora <strong>di</strong>fficilmente quantizzabili e il margine <strong>di</strong> errore generato potrebbe precludere la<br />

riuscita del piano <strong>di</strong> trattamento. Pur riuscendo a realizzare prototipi creati da macchinari in grado <strong>di</strong> stampare sezioni o<br />

fette che possono avere uno spessore tra 0,075 mm e 0,25 mm, rimane il problema della scansione cone beam che può<br />

generare <strong>di</strong>fetti e approssimazioni <strong>di</strong> grado superiore.


NOBELGUIDE INFLUENCE IN THE PERCEPTION OF POST-OPERATIVE PAIN<br />

Nocini P.F., De Santis D., Schembri L.E., Rigoni G., Zanotti G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologico-Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica e <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona.<br />

PURPOSE: the aim of this study was to evaluate the perception of pain after the Nobelguide TM Implant Surgery<br />

(Nobel Biocare Göteborg, Sweden) comparing this technique with the conventional one. It compares the perception of<br />

post-operative pain after implant surgery, with two <strong>di</strong>fferent technique: Conventional Implant Surgery (Flapped) and<br />

Nobelguide TM Implant Surgery (Flapless), which shows the superiority of the latter. This study shows that<br />

Nobelguide Implant surgery (flapless) reduces the perception of the post-operative pain if compared to conventional<br />

implant surgery (flapped).<br />

MATERIALS & METHODS: 18 patients from dentistry ambulatory of Policlinico G.B. Rossi (Verona, Italy) have<br />

been recruited: 9 were treated with the Nobelguide Technique, and 9 with the conventional one. The experimental<br />

protocol was accepted by the Ethics Committee of “Azienda Ospedaliera <strong>di</strong> Verona”. After the operation, painkillers<br />

(Ibuprofen tablets of 400mg) were prescribed the patients. Patients were asked to answer a questionnaire during the<br />

post-operative days and to report on the VAS the intensity of pain and the number of painkillers used.<br />

RESULTS: The VAS mean one day after the operation (peak of maximum pain) was 47,22 for the conventional<br />

technique, and 12,77 for the Nobelguide technique, and also the number of painkillers assumed is smaller for the<br />

Nobelguide technique. The 5 th day after the operation all the patients treated with the Nobelguide Technique<br />

stopped painkillers and nobody felt pain, while the patients treated with the conventional technique felt more pain and<br />

for a longer period. They also took painkillers until the 7 th day.<br />

DISCUSSION & CONCLUSIONS: the pain is minor and <strong>di</strong>sappears more quickly with the Nobelguide Implant<br />

Surgery compared with the conventional surgical technique. Nobelguide Implant Surgery can reduce post-operative<br />

confinement ai<strong>di</strong>ng the odontophobic patients to accept a surgery in order to establish the masticatory function and to<br />

improve the quality of life.


UTILIZZO DELLA METODICA CRESCO PER LA PASSIVAZIONE DI UNA PROTESI DI TIPO<br />

TORONTO DOPO PROCEDURA DI CARICO IMMEDIATO. CASE REPORT.<br />

Cremonesi S, Bett F, Calderini A, Beretta M, Benigni M, Maiorana C.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Clinica Odontoiatrica e Stomatologica, Reparto <strong>di</strong> Riabilitazione Implantare.<br />

OBIETTIVI: Scopo del seguente lavoro è <strong>di</strong> presentare un caso clinico in cui un paziente con edentulia totale<br />

man<strong>di</strong>bolare è stato riabilitato a mezzo una protesi tipo toronto a carico imme<strong>di</strong>ato su 5 impianti in regione sinfisiaria<br />

imme<strong>di</strong>ata, e finalizzato a mezzo <strong>di</strong> protesi <strong>di</strong> tipo Toronto-bridge passivata attraverso la meto<strong>di</strong>ca Cresco (Astra<br />

Tech®, Mölndal, Sweden). MATERIALI E METODI: un paziente <strong>di</strong> 50 anni, portatore <strong>di</strong> protesi totale rimovibile da<br />

molti anni presentavaera un severo riassorbimento verticale della cresta alveolare man<strong>di</strong>bolare, con superficializzazione<br />

<strong>dei</strong> forami mentonieri e del canale man<strong>di</strong>bolare. E’ stato programmato l’inserimento <strong>di</strong> 5 impianti in man<strong>di</strong>bola e il<br />

confezionamento <strong>di</strong> una protesi <strong>di</strong> tipo Toronto Bridge a carico imme<strong>di</strong>ato. In posizione interforaminale sono stati<br />

inseriti 5 impianti cilindrici (MKIII Branemark Implants, Nobel Biocare )<strong>di</strong> misura 4 x 8,5 mm, con torque superiore a<br />

50 Ncm. Attraverso l’uso <strong>di</strong> un cucchiaio in<strong>di</strong>viduale forato, che presentasse nella sua porzione posteriore uno spessore<br />

in resina corrispondente alla corretta <strong>di</strong>mensione verticale precedentemente stabilita, è stata registrata la posizione <strong>di</strong> 2<br />

<strong>dei</strong> 5 impianti me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> resina autoindurente. Successivamente è stata registrata l’impronta <strong>di</strong> precisione con<br />

tecnica pick-up e cucchiaio aperto. Le viti <strong>di</strong> guarigione sono state inserite e i lembi sono stati avvicinati con sutura 4/0<br />

non riassorbibile. A 48 ore dall’intervento è stato possibile consegnare al paziente la protesi provvisoria. Questa<br />

procedura prevede l’utilizzo <strong>di</strong> un metodo tra<strong>di</strong>zionale per la costruzione delle protesi. Dopo aver rimosso i pilastri <strong>di</strong><br />

guarigione, la protesi è stata avvitata agli impianti me<strong>di</strong>ante viti in titanio serrate con torque pari a 20 Ncm e il paziente<br />

è stato <strong>di</strong>messo. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 7 giorni dall’intervento, le suture sono state rimosse ed è stata effettuata una ra<strong>di</strong>ografia<br />

panoramica <strong>di</strong> controllo. A 6 mesi dall’inserimento della protesi provvisoria è stata rilevata l’impronta per la<br />

realizzazione della protesi definitiva. Al termine delle fasi protesiche è stata consegnata una protesi definitiva tipo<br />

Toronto bridge passivata secondo la meto<strong>di</strong>ca Cresco. RISULTATI: L’esame clinico e ra<strong>di</strong>ografico a 12 mesi<br />

dall’inserimento della protesi definitiva non mostra segni <strong>di</strong> mancata osteointegrazione degli impianti. DISCUSSIONE<br />

E CONCLUSIONI: In letteratura numerosi stu<strong>di</strong> descrivono la tecnica del carico imme<strong>di</strong>ato come una procedura<br />

affidabile e pre<strong>di</strong>cibile. La meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> passivazione Cresco consente <strong>di</strong> ridurre il grado <strong>di</strong> misfit tra la piattaforma<br />

impiantare e la mesostruttura protesica, riducendo il rischio <strong>di</strong> fratture protesiche e secondo alcuni autori anche il<br />

riassorbimento osseo perimplantare.


DISTANZA CRITICA INTERIMPLANTARE<br />

De Martinis Terra E., Di Stasio R., Danza M., Fanali S., Carinci F.<br />

Universita’ Degli Stu<strong>di</strong> G. D’annunzio Chieti-Pescara<br />

Facolta’ Di Me<strong>di</strong>cina E Chirurgia Corso Di Laurea In Odontoiatri E Protesi Dentaria<br />

Presidente: Prof. Adriano Piattelli<br />

Dipartimento Di Scienze Odontostomatologiche irettore: Prof. Sergio Caputi<br />

Cattedra Di Odontostomatologia II Titolare:Prof. Stefano Fanali<br />

Universita' Degli Stu<strong>di</strong> Di Ferrara<br />

Scuola Di Specializzazione In Chirurgia Maxillo-Facciale Direttore: Prof. Francesco Carinci.<br />

L’obiettivo dell’ implantologia moderna è quello <strong>di</strong> fornire un’estetica eccellente, la stabilita’ e la salute <strong>dei</strong> tessuti<br />

molli perimplantari con il riassorbimento minimo o nullo della cresta ossea. Lo scopo del nostro lavoro è valutare la<br />

preservazione dell'osso marginale, in situazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza interimplantare critica. Nell’implantologia bifasica il punto<br />

<strong>di</strong> partenza dell’ampiezza biologica perimplantare è rappresentato dal microgap <strong>di</strong> connessione abutment/fixture. Il<br />

collegamento della vite <strong>di</strong> guarigione o dell’abutmant determina apicalmente all’interfaccia una per<strong>di</strong>ta ossea compresa<br />

tra 1,5 e 2 mm. (1-5). Allo stesso modo, Tarnow (6) ha <strong>di</strong>mostrato come la <strong>di</strong>stanza interimplantare giochi un ruolo<br />

importante nell’ influenzarne il riassorbimento osseo. La misura critica in<strong>di</strong>viduata è <strong>di</strong> 3 mm, al <strong>di</strong> sotto della quale si<br />

viene ad avere una per<strong>di</strong>ta ossea > <strong>di</strong> 1,5 mm che può comportare l’assenza della papilla interimplantare. Altri stu<strong>di</strong> più<br />

recenti (7, 8) hanno confermato l’incidenza che la <strong>di</strong>stanza interimplantare ed il relativo riassorbimento osseo possa<br />

portare alla formazione della papilla. Traini T. e coll (9) hanno valutato e paragonato la microstruttura dell’osso<br />

alveolare tra impianti inseriti ad intervalli <strong>di</strong>fferenti. Il risultato della ricerca ha evidenziato l’importanza della<br />

microstruttura ossea sia per il mantenimento dell’osteointegrazione che per la localizzazione <strong>dei</strong> tessuti molli gengivali.<br />

I valori riportati confermano che la <strong>di</strong>stanza non deve essere inferiore ai 3 mm. Il nostro obiettivo è quello <strong>di</strong> trovare<br />

una soluzione che permetta <strong>di</strong> guadagnare quella <strong>di</strong>stanza necessaria per la preservazione dell’osso marginale.Lazzara<br />

(10) ha analizzato la <strong>di</strong>mensione orizzontale del riassorbimento osseo attraverso la me<strong>di</strong>alizzazione della connessione<br />

abutment/impianto, verificando che l’allontanamento del microgap dal tessuto osseo ne determina un minore<br />

riassorbimento verticale.


RIABILITAZIONE IMPLANTOPROTESICA DOPO RIGENERAZIONE OSSEA GUIDATA: UN CASO<br />

CLINICO<br />

Canargiu F., Piras A., Erriu M., Pani S., Melis A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari<br />

La riabilitazione protesica <strong>dei</strong> pazienti con edentulia totale o parziale me<strong>di</strong>ante impianti dentali è <strong>di</strong>venuta negli ultimi<br />

decenni una pratica comune con ottimi risultati a lungo termine. Per questo motivo sono state sviluppate meto<strong>di</strong>che che<br />

permettessero <strong>di</strong> rendere possibile il piazzamento dell’impianto anche in corrispondenza <strong>di</strong> creste alveolari insufficienti<br />

o rese tali da precedenti patologie infettive o da traumi. La rigenerazione ossea guidata (GBR) è una tecnica che nasce<br />

proprio al fine <strong>di</strong> aumentare il volume osseo, me<strong>di</strong>ante l’applicazione <strong>di</strong> una membrana che ha lo scopo <strong>di</strong> guidare la<br />

rigenerazione del <strong>di</strong>fetto osseo parziale. Il caso presentato in questo lavoro riguarda un paziente maschio <strong>di</strong> 60 anni,<br />

forte fumatore che, al momento della prima visita, presentava una protesi fissa su 3 impianti , posizionati in area 1.4-<br />

1.6, splintata con l’elemento 1.3 ed in situ da circa 15 anni. All’esame clinico è stata <strong>di</strong>agnosticata una perimplantite<br />

avanzata con forte riassorbimento osseo vestibolare e mobilità <strong>di</strong> tutti e 3 gli impianti. Dopo la prima visita il paziente è<br />

stato sottoposto all’estrazione <strong>dei</strong> 3 impianti ormai irrime<strong>di</strong>abilmente compromessi. Dopo 2 mesi, verificata la<br />

guarigione del sito, è stata effettuata la rigenerazione ossea guidata con il posizionamento sulla cresta ossea <strong>di</strong> Bio-Oss,<br />

biomateriale osseo <strong>di</strong> origine bovina, inorganico a lento riassorbimento, su cui è stata piazzata una membrana non<br />

riassorbibile GORE-TEX rinforzata con titanio. A 6 mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza è stato possibile rimuovere la membrana e inserire<br />

3 nuovi impianti che sono poi stati esposti con le viti <strong>di</strong> guarigione dopo ulteriori 4 mesi. A 2 mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza è stata<br />

eseguito un innesto gengivale al fine <strong>di</strong> ampliare la gengiva aderente intorno agli impianti. Guarito il sito <strong>di</strong> innesto è<br />

stata infine realizzata la nuova protesi formata da 3 elementi spintati su impianti. All’esame ra<strong>di</strong>ografico a <strong>di</strong>stanza si<br />

notano gli impianti senza per<strong>di</strong>ta ossea crestale.<br />

L’applicazione <strong>dei</strong> principi della GBR utilizzando membrane non riassorbibili per il trattamento <strong>di</strong> estesi <strong>di</strong>fetti ossei,<br />

causati in questo caso da pregressa periimplantite, conferisce risultati pre<strong>di</strong>cibili a lungo termine , sia in termini <strong>di</strong><br />

sopravvivenza implantare sia <strong>di</strong> mantenimento del livello osseo crestale.


RUOLO DEL PLATFORM SWITCHING NEL MANTENIMENTO DELL’OSSO PERIMPLANTARE:<br />

STUDIO CASO CONTROLLO<br />

Ricci M.*, Pacini V, Barone A, Covani U.<br />

Università <strong>di</strong> Genova<br />

Istituto Stomatologico Tirreno, ospedale unico della Versilia.<br />

**Dottorando <strong>di</strong> Ricerca Nanoworld Institue, Università <strong>di</strong> Genova<br />

INTRODUZIONE: Diversi stu<strong>di</strong> in<strong>di</strong>cano che, dopo un anno dalla restaurazione protesica, i livelli ossei crestali attorno<br />

all’impianto si attestano 1- 1.5 mm al <strong>di</strong> sotto della giunzione impianto abutment. Recentemente è stato suggerito come<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> abutment <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro inferiore (platform switching) consenta un minor riassorbimento osseo.<br />

MATERIALI E METODI: questo stu<strong>di</strong>o è stato <strong>di</strong>segnato per valutare l’efficacia del restauro protesico utilizzando il<br />

modello platform switching versus l’uso <strong>di</strong> abutment tra<strong>di</strong>zionale. I livelli ra<strong>di</strong>ografici <strong>di</strong> osso attorno agli impianti sono<br />

stati comparati nei due gruppi.<br />

RISULTATI: i risultati in<strong>di</strong>cano che il riassorbimento osseo periimplantare dopo un anno dalla restaurazione protesica<br />

sia inferiore nel gruppo platform switching (0.65 mm , ds 0.5) rispetto al gruppo controllo (1.875, d.s 0.5).<br />

CONCLUSIONI: appare evidente che la tecnica del platform switching consenta una minore per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> osso crestale<br />

attorno all’impianto rispetto al modello tra<strong>di</strong>zionale.


TIMING OPERATIVO PER LA RIABILITAZIONE IMPLANTO-SUPPORTATA CON PROTESI<br />

AVVITATA DELLE EDENTULIE COMPLETE<br />

Manicone PF, Raffaelli L, Damis G, Rossi Iommetti P, Manni A, D’Addona A<br />

UOC Chirurgia Orale e Riabilitazione Implantoprotesica, Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Università Cattolica del<br />

Sacro Cuore, Roma<br />

Le soluzioni terapeutiche per la riabilitazione implanto-protesica delle edentulie complete richiedono per un successo a<br />

lungo termine: a) una progettazione biomeccanica adeguata <strong>di</strong>pendente da un corretto posizionamento implantare; b) un<br />

design protesico in grado <strong>di</strong> sostituire i tessuti duri e molli in relazione al grado <strong>di</strong> atrofia esistente; c) una<br />

pianificazione ed una esecuzione delle procedure cliniche e <strong>di</strong> laboratorio in base alle in<strong>di</strong>cazioni derivanti dalla<br />

elaborazione del piano <strong>di</strong> trattamento.<br />

Nella fase <strong>di</strong>agnostica il montaggio <strong>dei</strong> modelli <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o in articolatore consente l’analisi funzionale,estetica e fonetica<br />

del caso. A partenza da un montaggio in cera con denti in resina e’ possibile realizzare : a) le <strong>di</strong>me ra<strong>di</strong>ologiche per la<br />

selezione del numero,<strong>di</strong>mensione e posizione degli impianti; b) le protesi totali rimovibili utilizzabili in fase provvisoria<br />

senza mo<strong>di</strong>fiche nel caso <strong>di</strong> un carico implantare ritardato; con l’eliminazione delle flange e la connessione avvitata nel<br />

caso <strong>di</strong> un carico implantare imme<strong>di</strong>ato.<br />

La fase <strong>di</strong> posizionamento implantare viene protesicamente guidata grazie alla trasformazione delle <strong>di</strong>me ra<strong>di</strong>ologiche<br />

in <strong>di</strong>me chirurgiche, utilizzando cosi’ le informazioni derivanti dallo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> modelli. La <strong>di</strong>stribuzione razionale degli<br />

impianti consente la realizzazione <strong>di</strong> un poligono <strong>di</strong> ancoraggio adatto alla soluzione protesica selezionata.<br />

La fase <strong>di</strong> finalizzazione protesica ha inizio con il trasferimento della posizione implantare tramite la rilevazione delle<br />

impronte <strong>di</strong> precisione e la costruzione <strong>dei</strong> modelli <strong>di</strong> lavoro. L’utilizzo <strong>di</strong> un protocollo rigido, in questa fase, consente<br />

<strong>di</strong> ridurre al minimo i coefficienti <strong>di</strong> imprecisione in grado <strong>di</strong> compromettere il trasferimento <strong>dei</strong> dati.<br />

Le prove fonetiche e funzionali sono effettuate sulla base del montaggio definitivo <strong>dei</strong> denti;<br />

In laboratorio la ceratura delle sottostrutture metalliche viene effettuata a partenza dal montaggio <strong>dei</strong> denti, utilizzando<br />

mascherine in silicone per la definizione <strong>dei</strong> volumi spaziali a <strong>di</strong>sposizione. Successivamente vengono effettuate la<br />

verifica intraorale ed il controllo ra<strong>di</strong>ografico della precisione e dell’adattamento passivo delle sottostrutture metalliche;<br />

in caso <strong>di</strong> conferma <strong>di</strong> tali parametri si procede con il completamento delle protesi secondo le procedure <strong>di</strong> laboratorio<br />

previste.<br />

La consegna <strong>dei</strong> restauri protesici richiede infine un controllo accurato del posizionamento tramite la connessione<br />

avvitata; un controllo dello schema occlusale ed una sua eventuale stabilizzazione; una verifica dell’accesso alle<br />

manovre <strong>di</strong> igiene da parte del paziente.


UN NUOVO METODO PER MIGLIORARE LA PRECISIONE IN PROTESI FISSA SU IMPIANTI.<br />

Manzella C, Schierano G, Burello V, Carossa S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che ed Oncologia Umana, Dental School, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino.<br />

carlo.manzella@unito.it<br />

OBIETTIVI: La tecnologia CAD-CAM è sempre più frequentemente utilizzata in protesi fissa su impianti per la<br />

produzione <strong>di</strong> mesostrutture in titanio o zirconia. Maggiore è l’accuratezza del modello maestro, migliore sarà la<br />

precisione della mesostruttura. Viene proposto un <strong>di</strong>spositivo economico e <strong>di</strong> facile esecuzione per verificare la<br />

posizione degli impianti sul modello maestro, rispetto al cavo orale, prima della fabbricazione della protesi.<br />

MATERIALI E METODI: 6 impianti sono stati inseriti su una base metallica al fine <strong>di</strong> simulare un’arcata dentaria e 6<br />

Multi-unit Abutment sono stati montati sugli impianti. Sono stati costruiti 80 jig identici in gesso che incorporavano 6<br />

Multi-unit Temporary Coping in titanio. Tutti i jig sono stati fabbricati nella stessa posizione definita: “posizione<br />

standard” (SP). Da SP sono stati creati degli spostamenti noti in senso orizzontale, verticale e angolare per simulare<br />

<strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> imprecisioni. E’ stata, quin<strong>di</strong>, valutata la capacità <strong>dei</strong> jig <strong>di</strong> gesso <strong>di</strong> rilevare tali <strong>di</strong>fetti. RISULTATI: i<br />

jig <strong>di</strong> gesso hanno rilevato imprecisioni sul piano orizzontale <strong>di</strong> 150 micron, sul piano verticale <strong>di</strong> 50 micron ed angolari<br />

<strong>di</strong> 1 grado. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: i jig <strong>di</strong> gesso sono in grado <strong>di</strong> rilevare <strong>di</strong>fetti, anche minimi, che<br />

possono compromettere la precisione. Nella pratica clinica l’uso <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>spositivi permette <strong>di</strong> correggere eventuali<br />

errori prima della realizzazione della mesostruttura protesica.


RIABILITAZIONE IMPLANTO-PROTESICA COMPLESSA IN UN CASO DI ATELEBLASTODONTIA.<br />

Bruno M.P., Capece G., Esposito D., Saviano R., Ramaglia L.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali. Università <strong>di</strong> Napoli “Federico II”, Napoli, Italia,<br />

gabriele.capece@unina.it<br />

OBIETTIVI. L’ateleblastodontia può comportare l’elaborazione <strong>di</strong> piani <strong>di</strong> trattamento complessi per la riabilitazione<br />

funzionale delle arcate dentarie. In particolare, nel caso <strong>di</strong> riabilitazioni implanto-protesiche, la pneumatizzazione del<br />

seno mascellare per assenza prolungata <strong>di</strong> elementi dentari del settore postero-superiore, rende spesso impossibile una<br />

riabilitazione protesica fissa supportata da impianti senza opportune procedure <strong>di</strong> rialzo del seno. MATERIALI E<br />

METODI. Giungeva alla nostra osservazione la paziente R.A., <strong>di</strong> anni 21, lamentando persistenza <strong>dei</strong> canini e secon<strong>di</strong><br />

molari decidui superiori, <strong>dei</strong> canini e del secondo molare deciduo inferiore destro e l’assenza del secondo premolare<br />

inferiore sinistro. All’esame anamnestico odontostomatologico si evidenziava la mancata permuta fisiologica <strong>dei</strong> canini<br />

e secon<strong>di</strong> premolari mascellari e man<strong>di</strong>bolari e l’assenza del secondo molare deciduo inferiore sinistro riferita<br />

conseguente ad estrazione; L’esame ra<strong>di</strong>ografico OPT mostrava l’assenza nella compagine ossea <strong>dei</strong> canini e secon<strong>di</strong><br />

premolari mascellari e man<strong>di</strong>bolari. Si formulava <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> ateleblastodontia per agenesia <strong>dei</strong> canini e secon<strong>di</strong><br />

premolari superiori ed inferiori permanenti e persistenza in arcata degli elementi dentari decidui 53, 55, 63, 65, 73, 83,<br />

85. Il piano <strong>di</strong> trattamento prevedeva, in prima istanza, la sostituzione <strong>dei</strong> molari decidui superiori con impianti<br />

osteointegrati secondo un protocollo implantologico post-estrattivo ritardato. All’esame OPT si apprezzava, in<br />

corrispondenza delle ra<strong>di</strong>ci del 55 e del 65, una <strong>di</strong>screta pneumatizzazione della porzione anteriore <strong>dei</strong> seni mascellari,<br />

responsabile <strong>di</strong> una riduzione della quota ossea favorevole ad una adeguata riabilitazione con fixtures implantari. Si<br />

rendeva necessario procedere a sollevamento della membrana sinusale con innesto <strong>di</strong> biomateriali. Effettuata<br />

l’estrazione <strong>dei</strong> molari decidui, si eseguivano endorali peri-apicali standar<strong>di</strong>zzate <strong>dei</strong> siti interessati per valutare la<br />

presenza <strong>di</strong> una quota ossea sufficiente a garantire la stabilità primaria degli impianti. Si sceglieva <strong>di</strong> procedere dunque,<br />

bilateralmente, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 6 settimane, a rialzo atraumatico del seno con approccio crestale me<strong>di</strong>ante osteotomi<br />

(minirialzo), ed inserimento contestuale <strong>di</strong> impianti osteointegrati. In una seconda fase si procedeva all’estrazione <strong>dei</strong><br />

canini decidui inferiori e del secondo molare deciduo inferiore destro ed all’inserimento, dopo 6 settimane, <strong>di</strong> impianti<br />

osteointegrati nei siti post-estrattivi ed in regione molare inferiore sinistra. Si rendeva necessaria, inoltre, in regione<br />

canina inferiore destra, rigenerazione ossea guidata. Il paziente veniva seguito con follow-up annuale per <strong>di</strong>eci anni.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI. Il minirialzo del seno mascellare risulta opzione terapeutica valida nell’ambito del<br />

trattamento implanto-protesico complesso <strong>di</strong> agenesie dentarie multiple con mantenimento per 10 anni della stabilità <strong>dei</strong><br />

tessuti peri-implantari duri e molli.


PROCEDURA DI RIALZO DI SENO IN ASSOCIAZIONE ALL’INSERIMENTO DI IMPIANTO SINGOLO E<br />

PROTESIZZAZIONE IMMEDIATA. CASE REPORT.<br />

Beretta M, Benigni M, Cremonesi S, Panigalli A, Cicciù M, Maiorana C.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Clinica Odontoiatrica e Stomatologica, Reparto <strong>di</strong> Riabilitazione Implantare.<br />

OBIETTIVI: La riabilitazione <strong>dei</strong> mascellari atrofici con impianti osteointegrati si è <strong>di</strong>mostrata una meto<strong>di</strong>ca affidabile<br />

e pre<strong>di</strong>cibile. L’associazione <strong>di</strong> più fasi terapeutiche nella medesima seduta consentirebbe <strong>di</strong> ridurre consistentemente il<br />

numero <strong>di</strong> sedute chirurgiche. Questo case report presenta un caso clinico in cui la procedura <strong>di</strong> rialzo del pavimento<br />

del seno mascellare è stata condotta in associazione all’inserimento <strong>di</strong> impianto singolo, con contestuale<br />

protesizzazione.<br />

MATERIALI E METODI: Un paziente <strong>di</strong> 38 anni presentava un’edentulia singola in zona 2.6 associata a<br />

pneumatizzazione del seno mascellare sinistro. All’esame ra<strong>di</strong>ografico (OPT) l’altezza residua della cresta alveolare<br />

mascellare risultava pari a 5 mm. L’incisione longitu<strong>di</strong>nale è stata effettuata 3 mm palatalmente rispetto al centro della<br />

cresta edentula e un lembo a spessore parziale è stato elevato fino a raggiungere il versante vestibolare della cresta.<br />

Raggiunta la regione della parete laterale del seno mascellare, è stata effettuata un’incisione longitu<strong>di</strong>nale a tutto<br />

spessore per consentire lo scollamento del periostio e la conseguente scheletrizzazione della parete laterale del seno<br />

mascellare e la successiva elevazione del pavimento del seno stesso consentendo il posizionamento <strong>di</strong> un impianto<br />

Camlog® 4,3 x <strong>13</strong> mm (Camlog Biotechnologies AG, Basel, CH) ed un innesto <strong>di</strong> osseo eterologo. Al termine della<br />

sutura, è stata eseguita un’incisione circolare in corrispondenza dell’impianto, in modo da consentirne la<br />

protesizzazione. Un moncone Peek® (Camlog Biotechnologies AG, Basel, CH) è stato avvitato all’impianto e una<br />

corona provvisoria è stata ribasata al <strong>di</strong> sopra del moncone provvisorio e posizionato... A 8 mesi dall’intervento<br />

chirurgico sono state effettuate le impronte <strong>di</strong> precisione utilizzando la tecnica della personalizzazione della vite<br />

transfer, al fine <strong>di</strong> duplicare il profilo <strong>di</strong> emergenza dell’elemento provvisorio sull’elemento definitivo. La<br />

protesizzazione definitiva ha previsto una corona in metallo-ceramica cementata su un moncone in titanio.<br />

RISULTATI: L’esame clinico e ra<strong>di</strong>ografico a 6 mesi dall’inserimento della protesi definitiva non evidenziano segni <strong>di</strong><br />

mancata integrazione dell’impianto. L’impianto è stabile e i tessuti peri-implantari non mostrano segni <strong>di</strong><br />

infiammazione.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’utilizzo contestuale <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse procedure chirurgiche e protesiche rappresenta un<br />

vantaggio in quanto consente <strong>di</strong> ridurre notevolmente i tempi del trattamento, il numero <strong>di</strong> sedute chirurgiche e quin<strong>di</strong> il<br />

<strong>di</strong>scomfort per il paziente. L’attenta selezione del caso e una corretta formulazione del piano <strong>di</strong> trattamento sono <strong>di</strong><br />

fondamentale importanza per il successo finale.


TECNICA SMART-LIFT: UNA NUOVA METODICA MINIMAMENTE INVASIVA PER L' ELEVAZIONE<br />

DEL PAVIMENTO DEL SENO MASCELLARE CON ACCESSO CRESTALE.<br />

Franceschetti G 1 , Farina R 1 , Minenna P 2 , Minenna L 1 , Calura G 1 , Trombelli L 1 .<br />

1<br />

Centro <strong>di</strong> Ricerca e Servizi per lo Stu<strong>di</strong>o delle Malattie Parodontali, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ferrara.<br />

2<br />

U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia, Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza”, S. Giovanni Rotondo (Foggia).<br />

roberto.farina@unife.it<br />

RAZIONALE: L’ elevazione del pavimento del seno mascellare con accesso crestale è una procedura chirurgica<br />

clinicamente validata (Tan et al. 2008). Tuttavia, le tecniche chirurgiche convenzionali per elevare il seno mascellare<br />

attraverso la cresta alveolare sono affette da importanti limitazioni, come il controllo limitato delle profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> lavoro<br />

degli strumenti utilizzati e il trauma subito dalla cresta ossea residua.<br />

OBIETTIVO: L’ obiettivo del presente stu<strong>di</strong>o è stato descrivere un nuovo metodo per l’ elevazione del pavimento del<br />

seno mascellare con accesso crestale (tecnica SmartLift), elaborato nel tentativo <strong>di</strong> superare le limitazioni delle tecniche<br />

convenzionali.<br />

MATERIALI & METODI: I passaggi chirurgici e i risultati preliminari delle procedure <strong>di</strong> elevazione del pavimento<br />

del seno mascellare eseguite in accordo alla tecnica SmartLift vengono illustrate in dettaglio attraverso una serie <strong>di</strong> casi<br />

clinici.<br />

RISULTATI & CONCLUSIONI: La tecnica SmartLift sembra rappresentare una valida opzione per le procedure <strong>di</strong><br />

elevazione del pavimento del seno mascellare grazie (i) alla possibilità <strong>di</strong> controllare le profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> lavoro degli<br />

strumenti utilizzati, (ii) alla minimizzazione del trauma meccanico durante la chirurgia, e (iii) alla possibilità <strong>di</strong><br />

utilizzare l’ osso nativo, ottenuto durante la preparazione del sito implantare, per l’ elevazione del seno mascellare.


RIALZO SENO MASCELLARE PER VIA CRESTALE SENZA AGGIUNTA DI MATERIALE DA INNESTO.<br />

STUDIO CLINICO A 5 ANNI.<br />

Asimi A., Ghirlanda G.<br />

Odontoiatri, Liberi Professionisti, Roma<br />

La riabilitazione delle edentulie nei settori posteriori <strong>dei</strong> mascellari superiori presentanti atrofie ossee sono state, e sono<br />

tuttora, affrontate me<strong>di</strong>ante <strong>di</strong>fferenti tecniche <strong>di</strong> sollevamento della mucosa del seno mascellare ed inserimento <strong>di</strong><br />

impianti osteointegrati. L’impiego <strong>di</strong> materiali da innesto, sia essi <strong>di</strong> provenienza autologa o <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa origine, è<br />

sempre stato in<strong>di</strong>cato come prerequisito alla riuscita dell’intervento. Tuttavia, recenti stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato come<br />

anche il semplice sollevamento della mucosa sinusale ed il contemporaneo inserimento <strong>di</strong> impianti esiti in una<br />

riformazione ossea.<br />

Tutti questi stu<strong>di</strong>, sia essi su modello animale o sull’uomo, sono stati condotti me<strong>di</strong>ante sollevamento della mucosa<br />

sinusale previo accesso tramite una finestra ossea vestibolare, secondo la Tecnica <strong>di</strong> Tatoum (1994). Non sono riportati<br />

in letteratura stu<strong>di</strong> simili nell’ambito <strong>dei</strong> quali si sia seguito un approccio per via crestale, secondo la Tecnica <strong>di</strong><br />

Summers.<br />

Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è illustrare i risultati clinici a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 5 anni <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> impianti inseriti me<strong>di</strong>ante<br />

approccio per via crestale con sollevamento della mucosa sinusale senza l’impiego <strong>di</strong> materiali <strong>di</strong> riempimento.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Per questo lavoro sono stati seguiti 48 pazienti, <strong>di</strong> età compresa tra i 31 ed i 75 anni, giunti alla nostra osservazione<br />

per l’inserimento <strong>di</strong> impianti osteointegrati nei settori posteriori superiori presentanti una cresta ossea <strong>di</strong> altezza<br />

inferiore ai 10 mm.<br />

Sono stati inseriti complessivamente 83 impianti me<strong>di</strong>ante un approccio eseguito per via crestale senza aggiunta <strong>di</strong><br />

alcun materiale <strong>di</strong> riempimento. I casi così realizzati sono stati seguiti per un periodo variabile tra i 12 ed i 60 mesi.<br />

Sono stati eseguiti controlli ra<strong>di</strong>ografici dopo 6 mesi e successivamente ogni 12 mesi me<strong>di</strong>ante esame orto panoramico<br />

acquisito me<strong>di</strong>ante tecnologia <strong>di</strong>gitale ed elaborato tramite software de<strong>di</strong>cato (Gendex Dental System, v 1.5d), in un<br />

caso è stato invece possibile <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un’esame TC Dentascan pre e post-operatorio . La valutazione degli impianti è<br />

stata eseguita da un operatore <strong>di</strong>fferente (AA) seguendo i parametri <strong>di</strong> sopravvivenza implantare secondo Albrektsson.<br />

RISULTATI<br />

I pazienti sino stati seguiti per un periodo <strong>di</strong> 33,9 ± 17 mesi. Nell’arco <strong>di</strong> tale periodo si è avuta la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> due<br />

impianti, su un solo paziente, per una percentuale <strong>di</strong> sopravvivenza complessiva pari al 97,6%.<br />

CONCLUSIONI<br />

L’inserimento <strong>di</strong> impianti con sollevamento della mucosa sinusale per via crestale senza aggiunta <strong>di</strong> materiale <strong>di</strong><br />

riempimento si <strong>di</strong>mostra, anche a me<strong>di</strong>o termine, una tecnica in grado <strong>di</strong> garantire un considerevole successo clinico.<br />

Ulteriori stu<strong>di</strong> sono necessari per valutare il grado e la qualità <strong>di</strong> riformazione ossea ottenibile


PERFORAZIONE DELLA ME<strong>MB</strong>RANA DI SCHNEIDER NEL RIALZO DI SENO MASCELLARE: È<br />

ANCORA UN PROBLEMA CON LA METODICA PRGF © ?<br />

Giacomello MS, Monguzzi R, Giacomello A, Anitua Aldecoa E*.<br />

Università Statale Milano-Bicocca, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Corso <strong>di</strong> laurea Magistrale in <strong>Odontoiatria</strong> e<br />

Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> laurea in Igiene Dentale, Clinica Odontoiatrica (<strong>di</strong>rettore Prof. M. Baldoni).<br />

gnatos@yahoo.it. *Istituto Eduardo Anitua, Vitoria, Spain.<br />

OBIETTIVI: nella procedura <strong>di</strong> rialzo <strong>di</strong> seno mascellare l’integrità della membrana <strong>di</strong> Schneider è un parametro<br />

cruciale per il successo terapeutico: eventuali lacerazioni della stessa, quando <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni, impe<strong>di</strong>scono la<br />

stabilizzazione del materiale innestato con effetti negativi sulla rigenerazione ossea. Il presente lavoro mostra come sia<br />

possibile sopperire a tale inconveniente utilizzando la meto<strong>di</strong>ca PRGF © , ovvero miscelando il materiale innestato con<br />

plasma ricco <strong>di</strong> piastrine e fattori <strong>di</strong> crescita. MATERIALI E METODI: sette casi <strong>di</strong> rialzo <strong>di</strong> seno mascellare con<br />

importanti lacerazioni della mucosa sinusale. In due casi si è proceduto alla sua totale asportazione in corrispondenza<br />

della zona trattata. In tutti i casi é stato effettuato un innesto <strong>di</strong> osso autologo ed eterologo miscelato con PRGF © , dopo<br />

aver ricreato artificialmente con membrane gelificate <strong>di</strong> fibrina e PRGF © un sigillo a livello della perforazione della<br />

mucosa (materiale autologo). Nei due casi estremi l’innesto è stato ricoperto e stabilizzato con analoghe membrane<br />

inserendo contemporaneamente le fixtures implantari (altezza dell’osso originario: 3-4 mm). RISULTATI: tutti i casi<br />

hanno avuto una guarigione della ferita in un arco <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> 7-10 giorni senza incisione <strong>di</strong> scarico del periostio. In<br />

nessun caso si è avuto gemizio <strong>di</strong> sangue dalle cavità nasali né <strong>di</strong> materiale osseo innestato. Si è lasciato maturare<br />

l’innesto per 6 mesi, periodo durante il quale non si è avuto alcun fenomeno flogistico o <strong>di</strong> sovra infezione batterica o<br />

micotica sinusale. Dopo 6 mesi si è proceduto a inserimento delle fixtures implantari in osso <strong>di</strong> qualità 3 e 4. Nei due<br />

casi <strong>di</strong> completa asportazione della mucosa si è avuta l’osteointegrazione delle fixtures, che sono state protesizzate dopo<br />

6 mesi con forza <strong>di</strong> serraggio degli abutment superiore a 25 Ncm. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: la meto<strong>di</strong>ca<br />

PRGF © si è <strong>di</strong>mostrata sempre efficace nel chiudere importanti fenestrazioni della mucosa sinusale garantendo il<br />

completamento della procedura. Infatti una volta posizionata la membrana gelificata ricavata dal PRGF © la mucosa<br />

riprendeva la corretta pneumatizzazione muovendosi in sincronia con gli atti respiratori. In tutti i casi si è proceduto<br />

dopo 6 mesi a inserimento <strong>di</strong> fixtures in osso <strong>di</strong> qualità 3-4 anche e alla loro successiva protesizzazione dopo 4 mesi. In<br />

due casi le membrane derivate dal PRGF © hanno sostituito la mucosa danneggiata (e rimossa completamente)<br />

permettendo il contemporaneo inserimento delle fixtures che si sono osteointegrate e protesizzate dopo 6 mesi.


RIALZO DEL SENO MASCELLRALE PER VIA CRESTALE E RIBILITAZIONE IMPLANTOPROTESICA<br />

MEDIANTE IMPIANTI MONOFASICI ELETTROSALDATI<br />

Nivoli L.G., Grivet Brancot L., Baldoni E.<br />

OBBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è valutare l'affidabilità del rialzo del pavimento del seno per via crestale<br />

nell'implantologia monofasica elettrosaldata contestuale al posizionamento degli impianti. Questa tecnica implantare si<br />

basa su due fondamentali principi: il carico imme<strong>di</strong>ato e la solidarizzazione degli impianti me<strong>di</strong>ante la saldatura <strong>di</strong> una<br />

o più barre che <strong>di</strong>stribuiscono i carichi masticatori. Il rialzo del pavimento del seno viene eseguito in modo<br />

minimamente invasivo e non necessita del prelievo <strong>di</strong> osso autologo, ma sfrutta quello recuperato durante la<br />

perforazione della corticale me<strong>di</strong>ante il successivo lavaggio delle frese impiegate ad un regime <strong>di</strong> 100 giri al minuto<br />

così da non surriscaldare e denaturare le proteine dell'osso. L'innesto è formato da una miscela in rapporto 1:1 costituita<br />

da osso autologo e eterologo (Gel 40). Il controllo <strong>dei</strong> casi trattati è avvenuto me<strong>di</strong>ante richiami ogni 3 mesi durante il<br />

primo anno e OPT dopo uno e due anni.<br />

MATERIALI E METODI:Sono stati trattati 60 casi <strong>di</strong> rialzo del pavimento del seno per via crestale (52 monolaterali<br />

e 4 bilaterali). Il campione preso in esame è costituito da 27 uomini <strong>di</strong> età compresa tra 42 e 70 anni (età me<strong>di</strong>a 56 anni)<br />

<strong>di</strong> cui 8 fumatori e 33 donne con età compresa fra 39 e 74 anni (età me<strong>di</strong>a 56,5 anni) <strong>di</strong> cui 5 fumatrici. Lo spessore<br />

residuo del pavimento del seno è compreso in un range tra 3 mm e 8 mm. Sono stati usati 92 impianti monofasici<br />

(lunghezza da 10 mm a 18 mm e <strong>di</strong>ametro da 3.75 mm a 6 mm) <strong>di</strong> cui 14 <strong>di</strong> forma cilindrica e 78 <strong>di</strong> forma conica. Di<br />

questi sono stati inseriti 56 per via transmucosa, 22 contestualmente all'estrazione e 14 a lembo aperto. La parte<br />

emergente degli impianti è stata elettrosincristallizzata me<strong>di</strong>ante una saldatrice intraorale. Il materiale da impiegato per<br />

l'innesto è composto da una matrice <strong>di</strong> collagene <strong>di</strong> tipo 1 e 3 con aci<strong>di</strong> grassi poliinsaturi e caricato con osso eterologo<br />

al 40% (OsteoBiol gel 40).<br />

RISULTATI:A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un anno dall'intervento l'OPT eseguita in tutti i casi trattati non ha evidenziato note <strong>di</strong><br />

rilievo come pure l'esame clinico. La percentuale <strong>di</strong> successi è stata del 96,74% e solo due impianti cilindrici in soggetti<br />

non fumatori ed uno conico in soggetto fumatore (3 impianti in totale) pari al 3.26% sono falliti. Il fallimenti sono stati<br />

recuperati, dopo la rimozione dell'impianto non osteointegrato, con la sostituzione me<strong>di</strong>ante un altro <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro<br />

maggiore.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Questa meto<strong>di</strong>ca allo stato attuale, dopo 2 anni <strong>di</strong> osservazione e controllo, ha<br />

dato risultati in linea con i dati della letteratura: il carico imme<strong>di</strong>ato consente infatti <strong>di</strong> riabilitare in una sola seduta il<br />

paziente permettendo <strong>di</strong> attuare in un unico tempo un insieme <strong>di</strong> interventi che, con gli impianti bifasici, vengono<br />

eseguiti sottoponendo i pazienti a svariati cicli terapeutici. Dai dati emersi appare che la forma elettiva degli impianti da<br />

adottare per questo tipo <strong>di</strong> intervento è quella root-form (conica). La con<strong>di</strong>zione irrinunciabile è rappresentata dal<br />

fondamento scientifico della meto<strong>di</strong>ca che prevede la costruzione <strong>di</strong> un sistema reticolare me<strong>di</strong>ante l'impiego <strong>di</strong><br />

impianti monofasici uniti da congiuntori rigi<strong>di</strong> elettrosaldati costituenti una struttura monolitica in grado <strong>di</strong> ripartire i<br />

carichi masticatori e le ben più temibili forze laterali impresse dalla lingua su tutto il sistema, in particolare a carico<br />

della man<strong>di</strong>bola, salvaguardando così gli elementi più sollecitabili da queste forze. Le meto<strong>di</strong>che implantari bifasiche a<br />

parità <strong>di</strong> patologia necessitano <strong>di</strong> tempi superiori <strong>di</strong> circa 8-10 mesi durante i quali la protesi temporanea resta nella<br />

maggior parte <strong>dei</strong> casi inapplicabile.


RIASSORBIMENTO OSSEO PERI-IMPLANTARE. REVISIONE CRITICA A 5 ANNI DI UN CASO DI<br />

RIABILITAZIONE IMPLANTOPROTESICA DI MONOEDENTULIA IN ZONA ESTETICA.<br />

Tocchio C, Frezzato I, Frezzato A.<br />

Liberi professionisti in Rovigo.<br />

INTRODUZIONE: Scopo del presente case report è valutare criticamente a cinque anni la mantenibilità del risultato<br />

estetico.<br />

OBIETTIVI:Obiettivo della moderna implantologia è la stabilità a lungo termine del trattamento implantoprotesico<br />

adottato per il ripristino morfo-funzionale <strong>di</strong> una edentulia.<br />

MATERIALI E METODI: DESCRIZIONE DEL CASO.<br />

Il paziente viene rivisto a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 5 anni da un intervento <strong>di</strong> inserimento implantare post-estrattivo imme<strong>di</strong>ato in<br />

sede 12 associato a procedura rigenerativa ossea per sito <strong>di</strong> tipo 2 secondo Salama, eseguito dopo trattamento <strong>di</strong><br />

estrusione ortodontica della ra<strong>di</strong>ce.<br />

Non vi é mobilità, né presenza <strong>di</strong> segni in<strong>di</strong>cativi <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> integrazione, ma riassorbimento osseo <strong>di</strong> circa 2 mm con<br />

recessione vestibolare ed esposizione della connessione impianto-abutment.. La problematica è <strong>di</strong> natura estetica, e si<br />

ritiene <strong>di</strong> affrontarla me<strong>di</strong>ante management <strong>dei</strong> tessuti molli peri-implantari: si esegue un innesto libero <strong>di</strong> connettivo “a<br />

manicotto” nell’inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> dare una stabilità tessutale nel tempo.<br />

Il controllo a sette giorni, ad un mese, a 12 mesi mostra una regolarizzazione del profilo della mucosa vestibolare.<br />

RISULTATO:Nel breve periodo ( un anno) appare sod<strong>di</strong>sfacente dal punto <strong>di</strong> vista estetico.<br />

DISCUSSIONE:Non sempre i risultati iniziali sod<strong>di</strong>sfacenti <strong>di</strong> un trattamento implantare si mantengono nel tempo.<br />

Nel case report in esame la procedura <strong>di</strong> GBR che sembrava votata al successo non si è <strong>di</strong>mostrata stabile nel tempo. Il<br />

biomateriale è andato incontro a riassorbimento proprio nella parete vestibolare dove era presente la iniziale <strong>dei</strong>scenza,<br />

e dove appare maggiore l’esigenza estetica. Se la per<strong>di</strong>ta tissutale in tale settore non compromette la permanenza<br />

dell’impianto, compromette però l’estetica e sicuramente la mantenibilità igienica. Il fallimento è forse attribuibile al<br />

non uso <strong>di</strong> una membrana <strong>di</strong> copertura dell’innesto? A ridotto tempo <strong>di</strong> stabilizzazione post-ortodontica?<br />

CONCLUSIONI:La gestione <strong>dei</strong> tessuti molli può risultare una opzione valida nella correzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti tissutali in<br />

zona estetica. Tale approccio può offrire un risultato nell’imme<strong>di</strong>ato, ma riserva un “quid” <strong>di</strong> impre<strong>di</strong>cibilità quanto al<br />

risultato a <strong>di</strong>stanza in relazione ad ulteriore riassorbimento osseo peri-implantare. .L’intervento ideale potrebbe apparire<br />

una tecnica rigenerativa ossea peri-implantare associata a rimozione della protesi e sommersione dell’impianto. Non<br />

sempre le con<strong>di</strong>zioni cliniche e le esigenze del paziente permettono una tale scelta. L’innesto <strong>di</strong> connettivo può<br />

rappresentare una ragionevole scelta operativa <strong>di</strong> limitato impatto per il paziente.


RIGENERAZIONE OSSEA CON ALGIPORE®: UNO STUDIO ISTOLOGICO NEL CONIGLIO.<br />

D’Alimonte E, Scarano A, Degi<strong>di</strong> M, Perrotti V, Piattelli A, Iezzi G<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. Università degli Stu<strong>di</strong>”G.D’Annunzio”, Chieti-Pescara<br />

OBIETTIVI: L’Algipore® (DENTSPLY-Friadent, Mannheim, Germania) è una idrossiapatite derivata dalle alghe<br />

marine. Questo biomateriale presenta una elevata microporosità che dovrebbe aiutare la neovascolarizzazione e la<br />

crescita ossea. Scopo del presente stu<strong>di</strong>o è una valutazione istologica della rigenerazione ossea, nella tibia <strong>di</strong> coniglio,<br />

con l’utilizzo <strong>di</strong> questo biomateriale.<br />

MATERIALI E METODI: Sei conigli New Zealand sono stati utilizzati nella presente sperimentazione. In ogni tibia<br />

venivano preparati con la fresa due <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> 7 mm. Uno <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>fetti veniva riempito con il biomateriale, mentre<br />

l’altro <strong>di</strong>fetto veniva lasciato vuoto ed utilizzato come controllo. Tutti i <strong>di</strong>fetti venivano ricoperti da una membrana<br />

riassorbibile (Evolution, Tecnoss, Torino). Tutti gli animali sono stati sacrificati dopo 4 settimane. Un totale <strong>di</strong> 24<br />

prelievi (12 test e 12 controllo) è stato esaminato. Tutti i prelievi sono stati trattati per ottenere sezioni sottili <strong>di</strong> 30<br />

microns.<br />

RISULTATI: Nei siti controllo si osservava neoformazione ossea prevalentemente nelle zone periferiche del <strong>di</strong>fetto,<br />

mentre nei siti test una notevole quantità <strong>di</strong> tessuto osseo neoformato era presente intorno alle particelle <strong>di</strong> biomateriale.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Questo biomateriale si è <strong>di</strong>mostrato essere un materiale biocompatibile,<br />

osteconduttivo e riassorbibile.


VALUTAZIONE ISTOLOGICA DELL’UTILIZZO DI GRANULI DI SOLFATO DI CALCIO A LENTO<br />

RILASCIO DI IODIO NELLA RIGENERAZIONE DI SITI POST- ESTRATTIVI.<br />

Del Corso C, Fiera E, Pecora G, Iezzi G, Bonelli M, Piattelli A<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G.D’Annunzio”, Chieti-Pescara<br />

OBIETTIVI: Nelle riabilitazioni implanto-protesiche che prevedano l’estrazione e la sostituzione <strong>di</strong> elementi dentari<br />

gravemente compromessi, lo scopo principale consiste nella prevenzione del riassorbimento crestale e nella eventuale<br />

rigenerazione delle pareti ossee. A tale scopo si utilizzano tecniche e materiali finalizzati a consentire una<br />

rigenerazione post-estrattiva più efficace e più rapida possibile impedendo la colonizzazione del sito da parte <strong>di</strong> tessuto<br />

fibroso o <strong>di</strong> tessuti molli in genere. Il Solfato <strong>di</strong> Calcio (CaS) è un biomateriale utilizzato da anni come sostituto osseo<br />

per le proprie capacità osteoconduttive, per la possibilità <strong>di</strong> essere sterilizzabile, completamente riassorbibile e <strong>di</strong> facile<br />

reperibilità. Attualmente la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> nuove forme <strong>di</strong> solfato (Surgiplaster P30 Cemento e Surgiplaster<br />

G170 in granuli) con tempi <strong>di</strong> riassorbimento modulabili alle varie necessità rigenerative, ha rinnovato l’interesse e<br />

promosso la sperimentazione su questo materiale. MATERIALI E METODI: In questo stu<strong>di</strong>o abbiamo valutato gli<br />

effetti <strong>di</strong> una preparato a base <strong>di</strong> CaS associato allo Io<strong>di</strong>o nella rigenerazione ossea post-estrattiva e li abbiamo<br />

comparati ai risultati ottenuti utilizzando il CaS tra<strong>di</strong>zionale. RISULTATI: La rigenerazione ossea post-estrattiva con<br />

un preparato a base <strong>di</strong> CaS associato allo Io<strong>di</strong>o e con il CaS tra<strong>di</strong>zionale dà sovrapponibilità <strong>di</strong> risultati. DISCUSSIONI<br />

E CONCLUSIONI: E’ possibile associare alle ben note potenzialità rigenerative del CaS le proprietà battericide dello<br />

Io<strong>di</strong>o con innumerevoli vantaggi nella gestione <strong>di</strong> siti post-estrettivi infetti o a rischio d’infezione.


STUDIO DEI BIOFILM PATOGENI NELLE PERIMPLANTITI TRAMITE METODI MOLECOLARI:<br />

RUOLO DELLO S.INTERMEDIUS.<br />

Blus. C., Zuddas D., Piga R., Pilia F., Piras A., Montaldo C., Orrù G.<br />

O.B.L. Oral Biotechnology Laboratory, Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche, Università degli<br />

stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, via Binaghi 4, 09121 Cagliari, Italy. orru@unica.it<br />

OBIETTIVI : Streptococcus interme<strong>di</strong>us è un microrganismo Gram positivo che fa parte della flora batterica della<br />

cavità orale, del tratto gastrointestinale, delle vie urinarie ed è responsabile <strong>di</strong> infezioni purulente, in particolare nel<br />

cervello e nel fegato. È spesso associato a patologie paradontali, ma soprattutto riveste un ruolo <strong>di</strong> primaria importanza<br />

come iniziatore <strong>di</strong> biofilm nelle perimplantiti. Lo scopo del lavoro è quello <strong>di</strong> descrivere con uno stu<strong>di</strong>o preliminare la<br />

cinetica <strong>di</strong> adesione dello S. interme<strong>di</strong>us su impianti in titanio, in cui è già stata costituita una pellicola acquisita<br />

proteica.<br />

MATERIALI E METODI: Dopo 8 ore <strong>di</strong> incubazione degli impianti con saliva umana a 37° C, è stato aggiunto lo<br />

S.interme<strong>di</strong>us in fase stazionaria con un titolo <strong>di</strong> 10 8 CFU/ml. La cinetica <strong>di</strong> adesione delle proteine salivari agli<br />

impianti è stata valutata me<strong>di</strong>ante il metodo descritto da Arneberg et al. Il biofilm è stato monitorato quantificando il<br />

gene 16S rRNA del microorganismo ad intervalli <strong>di</strong> tempo regolari. A tale scopo è stata utilizzata la PCR real time.<br />

RISULTATI: Analizzando i dati ottenuti in <strong>di</strong>fferenti prove, la massima estensione della pellicola proteica veniva<br />

osservata dopo 4 ore <strong>di</strong> incubazione e successivamente la quantità <strong>di</strong> proteine salivari rimaneva pressoché costante<br />

almeno per le 4 ore successive. Contrariamente, l’adesione dello S. Interme<strong>di</strong>us veniva osservata nei primi minuti<br />

dell’esperimento; è stato calcolato che nei primi 10 minuti venivano rilevati circa 1*10 7 batteri/impianto. Nelle<br />

successive 8 ore, il titolo rimaneva nello stesso or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza con un picco intorno alle 5 ore (6,0*10 7 batteri<br />

impianto).<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Questi risultati evincono che lo S. interme<strong>di</strong>us mostra una forte tendenza per<br />

l’adesione alle superfici degli impianti in titanio. Questi esperimenti, <strong>di</strong> ricostruzione in vitro, sottolineano l’estrema<br />

velocità del processo (meno <strong>di</strong> 10 minuti); questo aspetto poterebbe suggerire che la formazione del biofilm<br />

perimplantare avvenga probabilmente già durante l’inserimento dell’impianto nella cavità orale. Come prospettive<br />

future si intende procedere con lo stu<strong>di</strong>o più dettagliato delle componenti molecolari del batterio che modulano<br />

l’adesione “quorum sensing” al fine <strong>di</strong> utilizzare efficaci misure profilattiche contro l’infezione perimplantare.


SHORT IMPLANT: UNA VALIDA ALTERNATIVA<br />

Mascherini C., Duvina M., Brancato L., Sartori M., Longoni S., Amunni F., Tonelli P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia<br />

INTRODUZIONE: Si definisce stress meccanico il modo con cui una forza si <strong>di</strong>stribuisce su una superficie (S= F/A).<br />

Piu’ e’ grande la superficie <strong>di</strong> contatto imp./osso e migliore sara’ la prognosi perche’ lo stress sarà meno concentrato:<br />

un aumento <strong>di</strong> 1 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro in più corrisponde ad una area totale del 20-30% maggiore. Più il <strong>di</strong>ametro è grande e<br />

minore sarà lo stress della zona crestale. La lunghezza <strong>di</strong> un impianto: è comunque una funzione della superficie totale:<br />

un aumento <strong>di</strong> 3mm in lunghezza corrisponde ad una superficie aumentata del 10%. Minore è l’area <strong>di</strong> appoggio e<br />

maggiore sarà l’intensità dello stress applicato all’osso ( lo Stress = F / Unità <strong>di</strong> superficie). L’impianto Corto è quello<br />

che ha una lunghezza <strong>di</strong> 8 mm come massimo ed una larghezza <strong>di</strong> almeno 4,5mm. Si definiscono in letteratura impianti<br />

corti quelli che si possono inserire in un altezza <strong>di</strong> osso <strong>di</strong> 7 mm o anche meno. REVISIONE DELLA<br />

LETTERATURA: Misch ha revisionato 15 pubblicazioni: 2837 impianti corti complessivi con un tasso <strong>di</strong><br />

sopravvivenza dell'85,3%. In tutte: il fallimento avveniva non in fase chirurgica, ma quando sottoposti al carico. Il<br />

fallimento degli impianti corti può essere dovuto a cause biomeccaniche, è quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> fondamentale importanza eliminare<br />

i contatti in lataralità così come i cantilever protesici; <strong>di</strong>stribuire le forze sull'area funzionale, in sintesi riducendo lo<br />

stress biomeccanico. MATERIALI E METODI: Nel caso <strong>di</strong> una marcata atrofia <strong>dei</strong> settori posteriori possono essere<br />

impiegati impianti con una lunghezza ridotta. L'incremento del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> questi impianti vicaria la riduzione della<br />

lunghezza con una migliore <strong>di</strong>stribuzione delle forze occlusive. Sono stati posizionati 30 impianti (Megagen ® : <strong>di</strong>am. 6,<br />

6.5, 7, 7.5, 8 mm; alt. 5,6,6.5,7,7.5,8 mm) nell'area posteriore del mascellare inferiore e del mascellare superiore. La<br />

lunghezza delle fixture è stata determinata dall’analisi RX-OPT e da RX endorali. Dopo 3 mesi dalla chirurgia sono<br />

stati protesizzati 20 impianti con corone singole o ponti <strong>di</strong> massimo 2 elementi. Ad oggi non si sono verificati<br />

fallimenti. CONCLUSIONI: Dall’analisi della letteratura e alla luce della nostra esperienza, si vuol mettere in evidenza<br />

che l'utilizzo <strong>di</strong> impianti corti consente in molti casi (in special modo quando la compliance del paziente non permette<br />

altri trattamenti) la sostituzione <strong>di</strong> procedure rigenerative sia nel mascellare superiore che nel mascellare inferiore e la<br />

riduzione delle in<strong>di</strong>cazioni per procedure d'innesto in blocco. In sintesi l'utilizo degli impianti corti può essere<br />

considerata una valida alternativa per la riabilitazione implanto-protesica <strong>di</strong> aree colpite da marcata atrofia in<br />

sostituzione <strong>di</strong> tecniche chirurgiche più elaborate.


IMPIEGO DI IMPIANTI SHORT IN MANDIBOLE ATROFICHE. STUDIO RETROSPETTIVO A DUE<br />

ANNI DI FOLLOW-UP<br />

A. Andrisani ,V. Corvino,M. Piattelli , A. Scarano<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D'Annunzio” <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

Introduzione: Negli ultimi anni i <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato la possibilità <strong>di</strong> inserire impianti corti (short) <strong>di</strong><br />

lunghezza inferiore a10 mm <strong>di</strong>mostrando degli ottimi risultati quando inseriti con la tecnica two-stage.<br />

Obiettivi: valutare la stabilità e la sopravvivenza degli impianti inferiori a10 mm inseriti in man<strong>di</strong>bole atrofiche dopo<br />

carico funzionale.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Nel periodo compreso tra marzo 2003 e giugno del 2004 sono stati inseriti in 14 pazienti, <strong>di</strong> età<br />

compresa tra 45 e 68 anni (9 uomini e 5 donne) che necessitavano <strong>di</strong> una riabilitazione impianto-protesica in man<strong>di</strong>bola<br />

posteriore, un totale <strong>di</strong> 42 impianti 4,5 X 6 mm (P.H.I., S.Vittore Olona, Milano, Italy) con superficie in plasma-spray .<br />

Risultati: la sopravvivenza degli impianti a 5 anni è stata del 95,24%.<br />

Conclusione: In conclusione gli impianti short rappresentano una valida alternativa in caso <strong>di</strong> estrema atrofia dell’osso<br />

alveolare evitando <strong>di</strong> sottoporre il paziente a trattamenti <strong>di</strong> chirurgia rigenerativa o <strong>di</strong> trasposizione del nervo alveolare<br />

inferiore. Se ne deduce che gli impianti corti sono una valida soluzione in casi <strong>di</strong> altezza ossea insufficiente.


INFLUENZA DI DIVERSE SUPERFICI IMPLANTARI SULL’ACCUMULO DI PLACCA E IL<br />

COMPORTAMENTO DEI TESSUTI PERIIMPLANTARI. STUDIO CLINICO A 12 MESI.<br />

Bal<strong>di</strong> D, Menini M, Pera F, Ravera G, Pera P.<br />

Reparto <strong>di</strong> Protesi Dentaria e Implantoprotesi, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e<br />

Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genova, Genova, Italia.<br />

OBIETTIVI Scopo <strong>di</strong> questa ricerca è valutare l’accumulo <strong>di</strong> placca e la risposta <strong>dei</strong> tessuti periimplantari a contatto<br />

con una superficie macchinata e con una superficie sottoposta a doppia mordenzatura acida, simulando l’esposizione nel<br />

cavo orale <strong>di</strong> alcune spire implantari.<br />

MATERIALI E METODI Sono stati utilizzati due tipi <strong>di</strong> impianti: gli impianti controllo presentavano una superficie<br />

trattata con doppia mordenzatura acida (DAE) nella porzione apicale e una porzione coronale macchinata; gli impianti<br />

test presentavano una superficie DAE per tutta la loro lunghezza. Un minimo <strong>di</strong> 2 impianti (un test e un controllo) sono<br />

stati inseriti in 8 pazienti. In totale 10 coppie <strong>di</strong> impianti sono stati inseriti. Per simulare l’esposizione degli impianti nel<br />

cavo orale, sono stati avvitati abutment macchinati sugli impianti controllo e abutment con superficie DAE sugli<br />

impianti test.<br />

Sono stati rilevati gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> placca e <strong>di</strong> sanguinamento e i tessuti molli periimplantari sono stati sottoposti ad analisi<br />

istologica (a 3 mesi <strong>di</strong> guarigione) e microbiologica (a 4 mesi). È stata valutata la facilità <strong>di</strong> rimozione della placca dalle<br />

due superfici e gli abutment sono stati analizzati al microscopio elettronico a scansione a 5 mesi dall’intervento<br />

chirurgico. Ra<strong>di</strong>ografie intraorali standar<strong>di</strong>zzate sono state realizzate al momento dell’inserzione degli impianti, a 3, 6<br />

mesi e 1 anno.<br />

RISULTATI Le superfici DAE hanno mostrato un maggior accumulo <strong>di</strong> placca rispetto alle superfici macchinate (P-<br />

Value


VALUTAZIONE DI UNA NUOVA SUPERFICIE IMPLANTARE AL LASER: ANALISI AL SEM/EDX ED<br />

ANALISI XPS.<br />

Scoccia A.*, Berar<strong>di</strong> D.* , Malagola C. ¥ , Perfetti G.*<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. d’Annunzio” , Chieti ¥ II Facoltà <strong>di</strong><br />

Me<strong>di</strong>cina,Università “La Sapienza”, Roma scoccia.andrea@libero.it<br />

OBIETTIVI: La rugosità e la purezza delle superfici implantari rappresentano un punto chiave nel processo <strong>di</strong><br />

osteointegrazione.<br />

Le superfici ottenute con le meto<strong>di</strong>che classiche presentano <strong>dei</strong> pattern irregolari e non riproducibili ed inoltre<br />

contaminano la superficie dell’impianto con materiali <strong>di</strong>fferenti dal titanio che vanno ad interferire nel processo <strong>di</strong><br />

osteointegrazione.<br />

Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> valutare,me<strong>di</strong>ante analisi SEM/EDX ed analisi XPS, la microstruttura superficiale<br />

e la purezza <strong>di</strong> nuove superfici implantari trattate con il laser.<br />

Il trattamento al laser permette <strong>di</strong> preimpostare i parametri che determineranno la rugosità dell’impianto in modo da<br />

ottenere una superficie con un pattern regolare e ripetibile. Inoltre, non avvenendo nessun contatto tra l’impianto e la<br />

macchina, non c’è contaminazione superficiale con elementi <strong>di</strong>fferenti dal titanio.<br />

MATERIALI E METODI: In questo lavoro abbiamo utilizzato un laser pompato a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> (DPSS) con sorgente Nd-<br />

YAG in regime Q-Switching su campioni <strong>di</strong> titanio.<br />

Sono stati utilizzati campioni in titanio <strong>di</strong> grado 4 <strong>di</strong> varia morfologia (pastiglie con <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 6 mm, altezza 2 mm;<br />

cilindri <strong>di</strong> varie <strong>di</strong>mensioni, impianti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni e geometria reale).<br />

I campioni ottenuti sono stati analizzati al SEM/EDX per esaminarne l’aspetto morfologico e con il sistema XPS per<br />

valutarne la purezza <strong>di</strong> superficie.<br />

RISULTATI: Le analisi SEM-EDX e XPS ci hanno consentito <strong>di</strong> osservare che le superfici trattate con il laser<br />

presentano una rugosità <strong>di</strong> superficie controllata, sia in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione e forma che <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione, e una totale<br />

assenza <strong>di</strong> contaminanti.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Dai risultati ottenuti si evidenzia che il trattamento laser migliori lo stato <strong>di</strong><br />

pulizia della superficie in titanio rendendo possibile il confezionamento imme<strong>di</strong>atamente dopo il trattamento <strong>di</strong><br />

superficie senza ulteriori operazioni. E quin<strong>di</strong> ragionevole supporre che il trattamento laser possa essere interessante<br />

anche per la sua capacità <strong>di</strong> abbattere notevolmente il carico microbiologico (bioburden) presente sugli impianti. Così<br />

come l'aspetto della purezza <strong>di</strong> superficie, questo stu<strong>di</strong>o ha evidenziato che questa tecnica ha la capacità <strong>di</strong> creare<br />

superfici con caratteristiche biomimetiche. Infatti, il laser permette <strong>di</strong> ottenere porosità micrometriche perfettamente<br />

riproducibili per forma, <strong>di</strong>ametro e profon<strong>di</strong>tà così come per <strong>di</strong>stribuzione e passo, garantendo allo stesso tempo che<br />

queste caratteristiche siano ripetibili sull'intera superficie implantare. Questo aspetto è estremamente interessante in<br />

quanto permette <strong>di</strong> valutare accuratamente come ogni caratteristica microgeometrica influenzi la risposta delle cellule<br />

del tessuto osseo, al contrario <strong>dei</strong> meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> irruvi<strong>di</strong>mento tra<strong>di</strong>zionali, i quali permettono <strong>di</strong> controllare la morfologia <strong>di</strong><br />

superficie soltanto sulla base <strong>di</strong> parametri che quantificano la rugosità su parametri statistici.


VALUTAZIONE IN VITRO DELL’EFFICACIA DI UNA NUOVA SUPERFICIE IMPLANTARE AL LASER:<br />

TEST DI ADESIONE CELLULARE E DELLA PRODUZIONE DI FOSFATASI ALCALINA.<br />

Colagiovanni M.*, Berar<strong>di</strong> D.*, Polimeni A.**, and Perfetti G.*<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. d’Annunzio”, Chieti<br />

**Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università “La Sapienza”, Roma<br />

marco_colagiovanni@libero.it<br />

OBIETTIVI: In questo stu<strong>di</strong>o abbiamo valutato l’adesione cellulare e la produzione <strong>di</strong> fosfatasi alcalina, enzima che<br />

gioca un importante ruolo nella fisiopatologia dell’osso e che rappresenta un in<strong>di</strong>catore importante <strong>di</strong> attività<br />

osteoblastica, da parte delle cellule SaOS-2, una linea cellulare continua, da osteosarcoma umano, fenotipicamente<br />

stabile ed omogenea ed in grado <strong>di</strong> esprimere molte delle proprietà degli osteoblasti non trasformati e considerate un<br />

modello rappresentativo per ricercare le funzioni degli osteoblasti.<br />

MATERIALI E METODI: Abbiamo eseguito una comparazione tra <strong>di</strong>versi pattern <strong>di</strong> superficie generati al laser ed<br />

una superficie sabbiata tra<strong>di</strong>zionale utilizzata come controllo. In particolare sono stati utilizzati superfici con fori<br />

prodotti dal laser <strong>di</strong> 5, 10 e 20 micrometri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro . Le piastre <strong>di</strong> titanio sono state inserite in un terreno <strong>di</strong> cultura <strong>di</strong><br />

cellule SaOS-2 poi introdotto in contenitori in incubatore a 37 gra<strong>di</strong> centigra<strong>di</strong> per tre perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong>fferenti: 3, 7 e<br />

10 giorni.<br />

RISULTATI: I risultati ottenuti mostrano, dopo 3 giorni <strong>di</strong> interazione, che tutte le superfici con trattamento laser<br />

promuovono un’attività fosfatasica specifica significativamente superiore rispetto alla superficie sabbiata. La superficie<br />

L20 risulta la più stimolante nei confronti delle cellule SaOS-2, seguita dalla L10. A 7 giorni <strong>di</strong> crescita l’attività<br />

specifica più elevata appartiene a L5. Dopo 10 giorni c’è un appiattimento generale e le <strong>di</strong>fferenze tra tutte le coppie<br />

non sono più significative. Per quanto riguarda invece la conta cellulare, dopo 3 giorni <strong>di</strong> contatto la superficie L20<br />

risulta quella con il minimo numero <strong>di</strong> cellule adese. A 7 giorni <strong>di</strong> crescita è il campione L5 a risultare l’impianto con il<br />

minor numero <strong>di</strong> cellule sulla superficie ed L10 quello a cui sono adese più cellule. A 10 giorni non ci sono <strong>di</strong>fferenze<br />

significative tra i gruppi test e il gruppo controllo.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Il livellamento <strong>dei</strong> valori probabilmente <strong>di</strong>pende dal fatto che le cellule hanno già<br />

densamente colonizzato tutta la superficie e vanno incontro a fenomeni <strong>di</strong> inibizione e rallentamento metabolico.<br />

Possiamo concludere che questa tipologia <strong>di</strong> laser ci permette <strong>di</strong> ottenere superfici che influenzano positivamente la<br />

proliferazione cellulare e l’attività fosfatasica delle cellule osteogeniche. Queste caratteristiche ci inducono a passare<br />

allo step successivo, ovvero a test in vivo su modello animale.


CHIRURGIA IMPLANTARE POST –ESTRATTIVA:VALUTAZIONE CLINICA DELLE VARIAZIONI<br />

DIMENSIONALI DEI TESSUTI MOLLI CON FOLLO-UP A SEI MESI<br />

Cosentino MV. , Manni A. , D’Addona A.<br />

UOC Chirurgia Orale e Riabilitazione Implantoprotesica, Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Policlinico Universitario<br />

“Agostino Gemelli”, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare le mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>dei</strong> tessuti molli peri-implantari in<br />

impianti post-estrattivi imme<strong>di</strong>ati nel mascellare superiore ed inferiore, confrontandoli con le fixture tra<strong>di</strong>zionali<br />

“delayed” nel restauro <strong>di</strong> elementi singoli. La nostra ricerca è relativa alla fase chirurgica della terapia implantare.<br />

METODI: Sono stati creati due gruppi uno <strong>di</strong> controllo e uno sperimentale. Il gruppo controllo era composto da 6<br />

pazienti per un totale <strong>di</strong> 8 fixture inserite, il gruppo sperimentale da 4 pazienti che presentavano un elemento<br />

compromesso che necessitava <strong>di</strong> estrazione. Tutti i pazienti sono stati trattati presso il reparto <strong>di</strong> chirurgia orale del<br />

Policlinico Universitario “A. Gemelli” <strong>di</strong> Roma. Sui pazienti <strong>di</strong> entrambi i gruppi si misuravano le variazioni<br />

<strong>di</strong>mensionali <strong>dei</strong> tessuti molli il giorno dell’intervento, ad 1 settimana, ad 1 mese, 2 mesi, 3 mesi ( connessione<br />

abutment ), 6 mesi. Tali misure sono state prese con la sonda <strong>di</strong> Williams utilizzando come guide la <strong>di</strong>ma chirurgia per<br />

il gruppo controllo e uno stent per il gruppo sperimentale. Su entrambe sono stati segnati <strong>dei</strong> punti <strong>di</strong> riferimento<br />

mesiale, centrale e <strong>di</strong>stale sia vestibolarmente che lingualmente/palatalmente per rendere riproducibili tali misurazioni.<br />

RISULTATI: In tutti e due i gruppi vi è una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tessuti molli, tale per<strong>di</strong>ta risulta maggiore in me<strong>di</strong>a nel gruppo<br />

sperimentale, la <strong>di</strong>fferenza tra i due gruppi risulta statisticamente significativa (Sign. ≤ 0,05) per alcune delle variabili<br />

esaminate: nel sito mesio-vestibolare ad una settimana il gruppo sperimentale perde in me<strong>di</strong>a 1,75mm in più del gruppo<br />

controllo,il sito <strong>di</strong>sto-vestibolare 4,25mm, ad un mese il sito mesio-vestibolare 2,375mm, a tre mesi il sito mesiovestibolare<br />

2,375 e il <strong>di</strong>sto-vestibolare 2,25. Solo il sito centro-linguale/palatale ad 1 mese il gruppo sperimentale<br />

presenta 1,25mm in più del controllo.<br />

I siti principalmente interessati sono quelli vestibolari.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Secondo quanto riferito dai pazienti tra le due tecniche non vi è <strong>di</strong>fferenza nel<br />

<strong>di</strong>sconfort post operatorio, nessun paziente infatti ha lamentato gonfiore e/o dolore incontrollabile. Inoltre tutti sono<br />

stati sod<strong>di</strong>sfatti del risultato finale. Chirurgicamente invece si è notato che tra le due tecniche chirurgiche vi è una<br />

<strong>di</strong>fferente risposta tessutale. In tutti e due i trattamenti si assiste ad una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> tessuti molli nel tempo, che però<br />

risulta maggiore negli impianti post-estrattivi. Considerando ciò l’utilizzo <strong>di</strong> una fixture post-estrattiva imme<strong>di</strong>ata<br />

risulta più opportuno nei siti posteriori, dove l’estetica non rappresenta una priorità, ciò permette, in casi <strong>di</strong> fratture<br />

coronali e/o ra<strong>di</strong>colari o <strong>di</strong> terapie endodontiche fallite, <strong>di</strong> avere una terapia implanto-protesica più rapida: estrazione<br />

dell’elemento compromesso e inserimento dell’impianto nella stessa seduta.


EVIDENZA PRELIMINARE DI UNA POSSIBLE CORRELAZIONE TRA L’ESPRESSIONE DELLA<br />

TRANSGLUTAMINASI 2 E IPERTROFIA DEI TESSUTI MOLLI PERI-IMPLANTARI.<br />

Ceruti P, Asioli S, Cassoni P ,Schierano G, Carossa S.<br />

Dip. Di Scienze Biome<strong>di</strong>che ed Oncologia Umana dell’Università <strong>di</strong> Torino<br />

Obiettivo: verificare una possibile correlazione tra la vascolarizzazione e l'espressione della transglutaminasi2 (TG2) e<br />

alcuni in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> salute parodontale nei tessuti peri-implantari.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati inclusi nello stu<strong>di</strong>o pazienti edentuli portatori <strong>di</strong> protesi totale man<strong>di</strong>bolare e mascellare<br />

cui sia stata proposta una overdenture ritenuta da impianti. Sono state eseguite biopsie <strong>dei</strong> tessuti molli peri-implantari<br />

al primo tempo chirurgico a 4, 6, 12 mesi dal carico protesico. E’ stato impostato un pinao <strong>di</strong> controlli per registrare gli<br />

in<strong>di</strong>ci parodontali ( in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca, sanguinamento al sondaggio, profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio). E’ stata eseguita una<br />

valutazione della densità <strong>dei</strong> vasi sanguigni con un approccio immunoistochimico (anticorpi antiCD31, anti TG2).<br />

Risultati: Nel 33,3% <strong>dei</strong> casi è stata osservata una aumentata densità <strong>dei</strong> vasi sanguigni , una iperplasia della gengiva<br />

peri-implantare con normale livello <strong>di</strong> attacco e una aumentata espressione del TG2.<br />

Conclusioni: Il numero e il tipo <strong>dei</strong> neovasi così come la <strong>di</strong>stribuzione del TG2 nei tessuti peri-implantari può variare.<br />

L’associazione <strong>di</strong> una aumentata espressione <strong>di</strong> TG2 nella matrice extracellulare e un aumentata quantità <strong>di</strong> vasi<br />

neoformati immaturi potrebbe avere un impatto significativo sullo sviluppo <strong>di</strong> iperplasia mucosa intorno all’impianto.


L’IMPIEGO DI IMPIANTI NELLA REGIONE DELLA TUBEROSITA’ COME TERAPIA ALTERNATIVA<br />

ALL’INTERVENTO DI GRANDE RIALZO DEL SENO MASCELLARE. CONSIDERAZIONI<br />

ANATOMICHE E CHIRURGICHE.<br />

Dr Palazzo L.*, Dr.ssa Rossi C., Dr.ssa Mannarino M.R., Dr Sessa M., Dr Belcastro S., Dr.ssa Flori<strong>di</strong> P., Dr.ssa<br />

Sansone N., Dr Guerra M.<br />

Servizio <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Ospedale <strong>di</strong> Gubbio (PG).<br />

Obiettivi:<br />

Il limitato spessore osseo in senso verticale <strong>dei</strong> settori mascellari posteriori dovuto ai danni causati dalla malattia<br />

parodontale e alla pneumatizzazione del seno mascellare rende particolarmente <strong>di</strong>fficoltoso l’uso <strong>di</strong> protesi a supporto<br />

implantare. L’elevazione del seno mascellare è un metodo per risolvere questo problema, ma non è l’unica soluzione e<br />

non è sempre attuabile. Lo scopo <strong>di</strong> questo articolo è <strong>di</strong> valutare l’impiego degli impianti inseriti nella regione della<br />

tuberosità (solitamente osso tipo D4) come alternativa terapeutica all’intervento <strong>di</strong> grande rialzo del seno mascellare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>:<br />

Dopo aver illustrato un caso clinico esemplificativo <strong>di</strong> tale tecnica chirurgica,viene preso in esame un campione <strong>di</strong> 1253<br />

impianti Exacone TM ( Leone Spa, Sesto Fiorentino) inseriti tra novembre 2002 e novembre 2005 presso il servizio <strong>di</strong><br />

odontoiatria dell’ospedale <strong>di</strong> Gubbio. .<br />

Il 38 % <strong>di</strong> tale campione è stato posizionato nei settori posteriori superiori.<br />

Risultati:<br />

La sopravvivenza totale degli impianti da noi posizionati è del 98,5%. La nostra esperienza clinica rileva un’elevata<br />

percentuale <strong>di</strong> successi, confermando i dati riportati in letteratura ,anche per impianti inseriti in qualità ossea D4.<br />

Discussione e Conclusioni :<br />

I risultati relativi alla sopravvivenza implantare <strong>di</strong>mostrano che tali alternative terapeutiche descritte permettono <strong>di</strong><br />

evitare interventi <strong>di</strong> rialzo del seno senza rinunciare ad un’elevata percentuale <strong>di</strong> successo.


VITI DI GUARIGIONE E ADESIONE BATTERICA: VALUTAZIONE A LUNGO TERMINE.<br />

Berar<strong>di</strong>ni M, Petrini M, D’Ercole S, Scarano A<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Chieti, Italy<br />

INTRODUZIONE: La vite <strong>di</strong> guarigione permette <strong>di</strong> ottenere tessuti parodontali stabili e quin<strong>di</strong> adatti a ricevere la<br />

protesi definitiva garantendo un risultato biologico ed estetico ottimale. Tuttavia, durante il periodo <strong>di</strong> permanenza nel<br />

cavo orale della vite <strong>di</strong> guarigione un’eventuale colonizzazione microbica massiva è in grado <strong>di</strong> compromettere l’esito<br />

della terapia implanto-protesica. OBIETTIVI: E’ stato comprovato che la colonizzazione microbica delle superfici <strong>dei</strong><br />

biomateriali implantari <strong>di</strong>pende da quattro variabili del substrato: rugosità superficiale, carica elettrica, idrofobicità e<br />

composizione elementare. Questo stu<strong>di</strong>o si prefigge gli scopi <strong>di</strong> identificare il modello <strong>di</strong> sviluppo nel tempo<br />

dell’adesione batterica attraverso analisi microbiologiche qualitative e quantitative e <strong>di</strong> valutare se tale adesione venga<br />

ostacolata dal rivestimento delle viti <strong>di</strong> guarigione con PVD-TiN. MATERIALI E METODI: 17 viti <strong>di</strong> guarigione<br />

appartenenti a <strong>di</strong>verse sistematiche implantari (4 viti Osseotite® 3I, 5 collarini Bone System® e 8 viti PHI gold®<br />

rivestite PVD-TiN) posizionate nel cavo orale <strong>di</strong> alcuni pazienti sono state prelevate ed analizzate a <strong>di</strong>fferenti perio<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

tempo (20 giorni, 30 giorni, 90 giorni, 365 giorni). In una seconda analisi le viti sono state sud<strong>di</strong>vise in un gruppo test<br />

cui appartenevano le 8 viti PVD-TiN e in un gruppo controllo cui appartenevano le 9 viti tra<strong>di</strong>zionali in titanio. Dunque<br />

sono state valutate le <strong>di</strong>fferenze microbiologiche tra i due gruppi a 30 e 90 giorni. RISULTATI E CONCLUSIONI:<br />

L’analisi microbiologica ha permesso <strong>di</strong> accertare che la placca batterica si deposita inevitabilmente sulle viti <strong>di</strong><br />

guarigione dopo il loro posizionamento nel cavo orale. L’andamento osservato della colonizzazione batterica nel tempo<br />

è ciclico: a 20 giorni i batteri adesi sono in massima parte anaerobi (circa 4/5 del totale), a 30 giorni si assiste ad un<br />

<strong>di</strong>mezzamento del numero degli anaerobi con parallelo aumento delle forme aerobie, a 90 giorni nuovamente i batteri<br />

anaerobi risultano più numerosi (il triplo degli aerobi) mentre a 365 giorni i batteri adesi sono in numero assolutamente<br />

trascurabile. Il confronto tra gruppo test e controllo ha evidenziato, invece, come le viti rivestite PVD-TiN abbiano una<br />

minor tendenza all’accumulo <strong>di</strong> masse microbiche rispetto alle viti in titanio tra<strong>di</strong>zionali. A 30 giorni la CBT anaerobia<br />

ha un valore me<strong>di</strong>o nel gruppo test <strong>di</strong> 4355*10 2 CFU/ml contro 8575*10 2 CFU/ml del controllo. A 90 giorni le CBT<br />

anaerobia e aerobia del gruppo test hanno valori me<strong>di</strong> inferiori <strong>di</strong> 10 volte rispetto al gruppo controllo. L’analisi<br />

microbiologica qualitativa ha permesso altresì <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare forme batteriche anaerobie ritenute parodonto-patogene in<br />

percentuali rilevanti nel gruppo controllo. Sebbene non sia ancora possibile evitare totalmente la colonizzazione<br />

microbica <strong>dei</strong> biomateriali implantari il rivestimento PVD-TiN si è <strong>di</strong>mostrato efficace nell’ostacolare e limitare<br />

l’adesione batterica sulle viti <strong>di</strong> guarigione rispetto alle viti tra<strong>di</strong>zionali sia a 30 che a 90 giorni dal loro posizionamento.


ANALISI MICROBIOLOGICA DELLE VITI DI GUARIGIONE IN TITANIO E NITRURATE: RISULTATI<br />

A 7 GIORNI<br />

Petrini M, Berar<strong>di</strong>ni M, D’Ercole S, Scarano A<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> G. d'Annunzio <strong>di</strong> Chieti / Pescara - Italia<br />

Diversi stu<strong>di</strong> affermano che il principale fattore eziologico della perimplantite è quello infettivo, quin<strong>di</strong> un efficace<br />

controllo della placca batterica riduce la possibilità della malattia perimplantare così come per la malattia parodontale.<br />

OBIETTIVI: l’obiettivo della nostra sperimentazione è valutare se il rivestimento in TiN delle viti <strong>di</strong> guarigione possa,<br />

similmente ai trattamenti superficiali delle fixtures, avere effetti sulla flora microbica e quin<strong>di</strong> sulla salute <strong>dei</strong> tessuti<br />

perimplantari.<br />

MATERIALI E METODI: Il gruppo test, rappresentato dalle viti <strong>di</strong> guarigione rivestite in TiN, ed il controllo, in<br />

seguito ad una permanenza <strong>di</strong> 7 giorni nel cavo orale, sono stati sottoposti ad alcune procedure microbiologiche ed<br />

analizzati.<br />

RISULTATI: il gruppo test presenta una carica batterica totale inferiore rispetto al controllo ed in più è caratterizzato da<br />

specie prevalentemente <strong>di</strong> tipo aerobico.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Dal nostro stu<strong>di</strong>o emerge che il trattamento superficiale delle viti <strong>di</strong> guarigione in<br />

TiN è in grado <strong>di</strong> influenzare sia l’adesione, rappresentata dalla <strong>di</strong>fferenza quantitativa della conta batterica totale <strong>dei</strong><br />

due gruppi, sia l’ecosistema microbico, rappresentato dalle <strong>di</strong>fferenze qualitative, favorendo la crescita <strong>di</strong> specie<br />

batteriche soprattutto aerobiche e compatibili con la salute <strong>dei</strong> tessuti perimplantari.


VALUTAZIONE IN VITRO DELL’ADESIONE CELLULARE DI FIBROBLASTI SU OSSIDO DI ZIRCONIO<br />

PER TRAVATE PROTESICHE<br />

Rossi Iommetti P., Raffaelli L., Manicone P.F., D'Addona A.<br />

UOC Chirurgia Orale e Riabilitazione Implantoprotesica, Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Università Cattolica del<br />

Sacro Cuore, Roma.<br />

OBIETTIVI: L’ossido <strong>di</strong> zirconio è un materiale affine alla ceramica ma con proprietà meccaniche decisamente<br />

superiori. Per tale motivo è proposto per la realizzazione <strong>di</strong> travate protesiche e abutment implantari.Scopo della ricerca<br />

è <strong>di</strong> valutare in vitro l’adesione <strong>di</strong> fibroblasti su ossido <strong>di</strong> zirconia per travate protesiche rispetto alla ceramica<br />

convenzionale per protesi dentaria. MATERIALI E METODI: Con l’ausilio <strong>di</strong> un software CAD/CAM è stato<br />

<strong>di</strong>segnato il campione, un <strong>di</strong>sco <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro 14 mm e <strong>di</strong> spessore <strong>di</strong> 1mm. Tramite il sistema <strong>di</strong> fresaggio e <strong>di</strong> successiva<br />

sinterizzazione sono stati prodotti 30 <strong>di</strong>schi in ZrO2. Grazie ad un apposito stampo sono stati modellati e quin<strong>di</strong><br />

sinterizzati tra<strong>di</strong>zionalmente 30 <strong>di</strong>schi in ceramica feldspatica, <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni analoghe a quelli in ZrO2, quali campioni<br />

<strong>di</strong> controllo. I campioni sono stati sottoposti a sterilizzazione con ossido <strong>di</strong> etilene. La linea cellulare utilizzata è quella<br />

<strong>dei</strong> fibroblasti immortalizzati <strong>di</strong> ratto RAT-1. 10 <strong>di</strong>schi <strong>di</strong> ogni campione sono stati utilizzati per l’analisi<br />

citofluorimetrica effettuata dopo 16 h <strong>di</strong> incubazione delle cellule, per valutare l’adesione cellulare. Altri 10 <strong>di</strong>schi sono<br />

stati impiegati per l’esame ad immunofluorescenza dell’espressione da parte delle cellule dopo 12 h e 24 h della<br />

fibronectina quale molecola in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> adesione cellulare. Gli ultimi 10 campioni <strong>di</strong> ogni gruppo sono stati impiegati per<br />

l’osservazione al SEM; dopo 48, 72 e 144 h <strong>di</strong> coltura delle cellule sui <strong>di</strong>schi, gli stessi sono stati fissati e preparati per<br />

l’osservazione tramite microscopia elettronica a scansione. RISULTATI: L’adesione <strong>dei</strong> fibroblasti è risultata<br />

significativamente maggiore su zirconia che non su ceramica con un numero <strong>di</strong> cellule aderenti superiore del 36%.<br />

Anche la fibronectina osservata all’immunofluorescenza appare decisamente più espressa sulle cellule poste in coltura<br />

su zirconia che non quelle su ceramica tra<strong>di</strong>zionale. Tali aspetti sono ulteriormente confortati dall’osservazione al SEM<br />

che conferma una crescita cellulare più rapida e meglio <strong>di</strong>ffusa, soprattutto nelle prime 72 h <strong>dei</strong> fibroblasti sull’ossido <strong>di</strong><br />

zirconia. CONCLUSIONI: Alla luce <strong>di</strong> queste ricerche è possibile affermare che l’ossido <strong>di</strong> zirconio è un materiale<br />

ben tollerato dalle cellule fibroblastiche le quali riescono ad aderire, a crescere e ad organizzarsi sullo stesso con<br />

maggior facilità che non sulla ceramica tra<strong>di</strong>zionale. Inoltre, poiché la zirconia è utilizzata come materiale per travate<br />

protesiche e per pilastri implantari, tale aspetto appare molto interessante per quanto riguarda l’integrazione <strong>di</strong> tali<br />

<strong>di</strong>spositivi protesici con i tessuti parodontali superficiali.


VALUTAZIONE DELLE CITOCHINE NEL FLUIDO CREVICOLARE PRIMA E DOPO L’ACCUMULO DI<br />

PLACCA DENTARIA INTORNO A CORONE IN ZIRCONIA E DENTI NATURALI.<br />

Schierano G, Manzella C, Pejrone G, Notaro V, Canuto R.A, Carossa S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che ed Oncologia Umana, Dental School, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino.<br />

gianmario.schierano@unito.it<br />

OBIETTIVI: lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o split-mouth è <strong>di</strong> valutare il volume, la quantità <strong>di</strong> Interleuchina 1-beta (IL-1β) e<br />

Prostaglan<strong>di</strong>na-due (PGE2) nel fluido crevicolare (GCF) prima e dopo l’accumulo <strong>di</strong> placca de novo per 21 giorni.<br />

MATERIALI E METODI: 15 pazienti completamente dentati, in buone con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute, con almeno un dente<br />

riabilitato per mezzo <strong>di</strong> una corona in zirconia , furono inseriti nello stu<strong>di</strong>o. Tutti i pazienti erano ben motivati all’igiene<br />

orale. Una settimana dopo una seduta <strong>di</strong> igiene professionale furono rilevati l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca (PI) e l’in<strong>di</strong>ce gengivale<br />

(GI). Un campione <strong>di</strong> GCF fu prelevato, per mezzo <strong>di</strong> un’apposita carta assorbente, inserita per 30’ nel solco <strong>di</strong> un dente<br />

naturale (D) e <strong>di</strong> un dente riabilitato con una corona in zirconia (Z). Il volume del GCF fu determinato me<strong>di</strong>ante<br />

Periotron 8000® e i livelli <strong>di</strong> (IL-1β) e PGE2 furono determinati me<strong>di</strong>ante il metodo ELISA. Ai pazienti fu chiesto <strong>di</strong><br />

astenersi dalle procedure <strong>di</strong> igiene orale per 21 giorni; dopo questo periodo furono nuovamente rilevati il PI ed il GI e<br />

un secondo campione <strong>di</strong> GCF fu prelevato. Quin<strong>di</strong> i pazienti ripresero le normali manovre <strong>di</strong> igiene orale e dopo 3 mesi<br />

furono nuovamente rilevati i medesimi parametri. RISULTATI: Il volume nello zirconio (Z) al primo prelievo e al<br />

secondo è aumentato significativamente rispetto al primo e al secondo prelievo del dente (D) rispettivamente. Il terzo<br />

prelievo dello Z è <strong>di</strong>minuito significativamente rispetto al primo e al secondo (Z) ed è uguale al terzo del (D). Il terzo<br />

prelievo dello (D) è <strong>di</strong>minuito significativamente rispetto al primo e al secondo (D).<br />

IL-1β, valutata in picogrammi/µl <strong>di</strong> liquido crevicolare, non ha determinato <strong>di</strong>fferenze significative tra (Z) e (D) ai vari<br />

prelievi.<br />

La PGE2 al primo e secondo prelievo nello (Z) è <strong>di</strong>minuita significativamente rispetto al primo e al secondo del (D)<br />

rispettivamente. Terzo prelievo (Z) non è significativo rispetto al terzo (D).<br />

Terzo prelievo <strong>di</strong> (Z) e <strong>di</strong> (D) sono significativi rispetto al primo e al secondo dello (Z) e del (D) rispettivamente.<br />

Discussione e Conclusioni: con le limitazioni dello stu<strong>di</strong>o, l’accumulo <strong>di</strong> placca per 3 settimane ha determinato un<br />

aumento significativo del volume <strong>di</strong> GCF nel dente protesizzato (Z) rispetto al dente naturale (D). Non si sono rilevate<br />

<strong>di</strong>fferenze nell’espressione <strong>di</strong> IL-1β tra (Z) e (D) ai vari tempi dello stu<strong>di</strong>o. L’espressione della PGE2 ha dato valori<br />

inferiori nel dente protesizzato (Z) rispetto al dente naturale (D).


SOSTITUZIONE ELEMENTO DENTARIO CON CARICO IMMEDIATO IN MASCELLARE ATROFICO E<br />

TECNICA DI COSCI<br />

Curti M,Costalonga P,Drago G,Bressan E,Parpaiola A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova,Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia,<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co-Chirurgiche,Direttore Gian Antonio FAVERO.<br />

Master <strong>di</strong> II° livello Implantologia Osteointegrata<br />

Introduzione: L’inserimento <strong>di</strong> fixture nella zona posteriore dell’arcata superiore presenta spesso complessità a causa<br />

della pneumatizzazione del seno mascellare e del riassorbimento osseo, tali da affrontare metodologie invasive—grande<br />

rialzo <strong>di</strong> seno—per poter introdurre impianti. La tecnica chirurgica sviluppata dal dott. COSCI,che si avvale <strong>di</strong> una serie<br />

<strong>di</strong> frese calibrate in lunghezza e con ridotto angolo <strong>di</strong> taglio, permette <strong>di</strong> inserire impianti con un’altezza crestale<br />

residua <strong>di</strong> almeno 4 mm.<br />

Obbiettivo: Inserire una fixture <strong>di</strong> adeguata lunghezza per consentire una protesizzazione imme<strong>di</strong>ata post-avulsione..<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Rilievo delle impronte per ceratura <strong>di</strong>agnostica, per la realizzazione della mascherina chirurgica; e<br />

costruzione <strong>di</strong> un provvisorio in resina armata per motivi estetici; ra<strong>di</strong>ografia periapicale con centratore personalizzato<br />

per una identificazione delle <strong>di</strong>mensioni bucco-linguali ed apico-occlusali della cresta alveolare; Bio-Oss ® . Previa<br />

anestesia locale si è provveduto ad una estrazione il più atraumatica possibile,rimozione del tessuto <strong>di</strong> granulazione sia<br />

con curette che tramite il fresaggio dell’osso per l’inserimento dell’impianto. Con la tecnica <strong>di</strong> Cosci si è ottenuto un<br />

mini rialzo del pavimento del seno mascellare, con conseguente aumento della superficie <strong>di</strong> contatto osso/impianto. E’<br />

stato inserito un impianto Straumann TE SLA ® seguendo la <strong>di</strong>ma chirurgica , e successivamente si verificata la stabilita<br />

primaria con Ostell ® . E’ stato avvitato un moncone protesico Peek/titanio su cui è stata adattata la corona in resina<br />

armata con la precauzione <strong>di</strong> escluderne l’occlusione centrica e le interferenze <strong>di</strong> lateralità.<br />

Risultati: La parte superiore conica dell’impianto TE sia adatta in modo ottimale alla forma cervicale dell’alveolo<br />

post-estrattivo,e il collo dell’impianto consente una gestione ideale <strong>dei</strong> tessuti biologici con contemporanea<br />

applicazione <strong>di</strong> una corona provvisoria.<br />

Conclusioni: Il rialzo particellare con uso <strong>di</strong> osteotomi semplifica l’intervento,anche se la frattura a legno verde è<br />

<strong>di</strong>fficilmente controllabile poiché il ribaltamento <strong>di</strong> frammenti ossei all’interno della,cavità potrebbe determinare la<br />

perforazione della membrana,mentre al contrario la perforazione della corticale da parte <strong>di</strong> frese con ridotto angolo <strong>di</strong><br />

taglio comporta l’impossibilità <strong>di</strong> lacerare la membrana oltre che meno traumatica per il paziente.


L’UTILIZZO DELL’OZONO IN IMPLANTOPROTESI.<br />

Basile MP, Giovannetti A,Dell’Aquila D,Di Carlo S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche,Insegnamento <strong>di</strong> Riabilitazione Protesica III, Titolare Prof. Stefano Di<br />

Carlo, Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Italia. mariapiabasile@libero.it<br />

OBIETTIVI: Numerosi sono i campi d’applicazione terapeuitica del gas Ozono far cui il trattamento delle <strong>di</strong>sfunzioni<br />

immunitarie e delle patologie infettive, articolari, autoimmuni , ischemiche e neurodegenerative. Lo scopo del presente<br />

lavoro è <strong>di</strong> sperimentare in vivo gli effetti che l’Ozono produce nel Cavo Orale, esaminarli e valutarne gli effetti in<br />

implantoprotesi. MATERIALI E METODI : Presso il nostro ambulatorio abbiamo utilizzato un apparecchio in grado<br />

<strong>di</strong> emettere una miscela Ossigeno-Ozono e veicolarla attraverso delle sonde vetrose nel sito da trattare. L’ossigeno<br />

viene trasformato in Ozono attraverso il contatto della punta <strong>di</strong> un elettrodo <strong>di</strong> vetro con la zona interessata.<br />

L’apparecchio è costituito da un corpo principale che permette <strong>di</strong> variare l'intensità dell'emissione (da 0, apparecchio<br />

spento a 5, massima intensità) collegato con la massa-paziente e col supporto per la sonda, dove vengono introdotti gli<br />

elettro<strong>di</strong> <strong>di</strong> vetro contenenti una miscela <strong>di</strong> argon e neon alla pressione <strong>di</strong> 4 mBar. Esistono i seguenti tipi <strong>di</strong> sonde:a<br />

punta (per tasche parodontali e neoalveolo implantare), piatta (per superfici mucose), sferica (per cavità cariose e<br />

alveoli), conica (per spazi interdentali e canali ra<strong>di</strong>colari). L'uso topico dell'Ozono risulta battericida e induce<br />

vaso<strong>di</strong>latazione locale, neoangiogenesi e attiva il rilascio <strong>di</strong> fattori <strong>di</strong> crescita favorenti la guarigione. In genere il<br />

trattamento è asintomatico, tuttavia durante la nostra esperienza clinica abbiamo constatato una risposta soggettiva<br />

quando le sonde attive toccano gli elementi dentali. Alcuni pazienti avvertono un senso <strong>di</strong> "scossa", più frequentemente<br />

in caso <strong>di</strong> recessioni gengivali. Dopo ogni applicazione è preferibile la <strong>di</strong>sinfezione “ a freddo” degli elettro<strong>di</strong> attraverso<br />

soluzioni alcoliche o fenoliche per minimizzare il rischio <strong>di</strong> rottura. RISULTATI: L’Ozono è la formula triatomica<br />

dell’ossigeno, è molto instabile e reattivo. Gli effetti biologici che gli si possono attribuire sono: sterilizzante (è un<br />

potente ossidante che elimina batteri, virus, miceti); metabolico (aumenta la <strong>di</strong>sponibilità energetica dato che fornisce<br />

ossigeno alla cellula, innescando la catena metabolica che porta alla fomazione <strong>di</strong> ATP); reologico (permette una<br />

riduzione della viscosità ematica ed una migliore penetrazione nel microcircolo da parte dell’ossigeno favorendo una<br />

migliore guarigione); ossigenativo (aumenta la concentrazione <strong>di</strong> 2, 3 DPF negli eritrociti con una conseguente<br />

maggiore ossigenazione <strong>dei</strong> tessuti); immunomodulatore (stimola la produzione <strong>di</strong> citochine ed attivando il Sistema<br />

Reticolo Endoteliale accelera il fenomeno della guarigione) ;antinfiammatorio (modula l’attività collagenasica,<br />

rallentando i processi infiammatori cronici); antiemorragico (stimola il metabolismo delle piastrine).<br />

CONCLUSIONI: Visti i risultati ottenuti riteniamo opportuno che l’utilizzo dell’ozonoterapia sia considerato un<br />

valido ausilio clinico e terapeutico per la risoluzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse problematiche nell’ambito della patologia <strong>dei</strong> tessuti<br />

duri e molli del cavo orale.


TRATTAMENTO IMPLANTARE SUCCESSIVO A RIGENERAZIONE OSSEA GUIDATA.<br />

M.R. La Tella, F. Magliar<strong>di</strong>ti, A.F. Carnovale, P.D. Tornese<br />

Università “ La Sapienza” <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche<br />

Introduzione: La rigenerazione ossea guidata (GBR) è una tecnica chirurgica che consente la neoformazione <strong>di</strong> osso<br />

nelle zone dove è presente un <strong>di</strong>fetto permettendo così una migliore pre<strong>di</strong>cibilità <strong>di</strong> successo.<br />

Caso Clinico: Si presenta alla nostra osservazione un paziente <strong>di</strong> sesso maschile dell’età <strong>di</strong> 64 anni che riferisce ascessi<br />

parodontali ripetuti in zona 46. L’elemento dentale, coperto con corona in oro-ceramica presenta mobilità <strong>di</strong> II° grado<br />

e il delicato sondaggio nella zona interra<strong>di</strong>colare mostra una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> 7mm.<br />

L’esame ra<strong>di</strong>ografico <strong>di</strong>gitale endorale evidenzia l’elemento devitalizzato e ricostruito con perno moncone in oro.<br />

E’ visibile una rima <strong>di</strong> frattura trasversale <strong>di</strong> entrambe le ra<strong>di</strong>ci a livello del terzo cervicale ed un inizio <strong>di</strong><br />

riassorbimento osseo nella zona interra<strong>di</strong>colare.<br />

Piano <strong>di</strong> trattamento: Si decide per l’estrazione dell’elemento dentale e contestuale procedura <strong>di</strong> GBR per annullare o<br />

ridurre il riassorbimento osseo postestrattivo soprattutto nella zona interra<strong>di</strong>colare dove, in seguito, verrà posizionato un<br />

impianto.<br />

Procedura operativa: Dopo detartasi e terapia antibiotica si procede alla delicata estrazione delle ra<strong>di</strong>ci associata ad<br />

accurata toilette degli alveoli con cucchiaio chirurgico e lavaggi con soluzione fisiologica. Successivamente si innesta<br />

nell’alveolo una miscela <strong>di</strong> sostituto osseo rappresentato da Bio-Oss e Fosfato tricalcico che viene protetto da una<br />

membrana riassorbibile ( Ossix-3i).<br />

Infine viene applicato un mantenitore <strong>di</strong> spazio ortodontico per conservare lo spazio dell’elemento estratto.<br />

Il controllo ra<strong>di</strong>ografico <strong>di</strong>gitale a 6 mesi <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong>mostra una perfetta rigenerazione ossea, anche nella zona<br />

interra<strong>di</strong>colare, idonea ad accogliere un impianto endoosseo (Biomax-3i).<br />

Dopo tre mesi dalla procedura implantare il caso viene finalizzato con corona in oro e ceramica.<br />

Il controllo ra<strong>di</strong>ografico <strong>di</strong>gitale, dopo un anno, mostra il totale mantenimento del tessuto osseo.


RIABILITAZIONE IMPLANTOPROTESICA NEI SETTORI ESTETICI CON FIXTURE IN ZIRCONIO.<br />

Borgonovo A., Giussani A.*, Dolci M., Arnabol<strong>di</strong> O., Bianchi A.<br />

Istituti Clinici <strong>di</strong> Perfezionamento, Direttore Prof. F. Santoro, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

INTRODUZIONE: La per<strong>di</strong>ta degli elementi dentari è da sempre considerata come un evento inficiante, sia per la<br />

funzione che per l’estetica della bocca.<br />

La richiesta <strong>di</strong> riabilitazioni implantoprotesiche <strong>dei</strong> settori estetici è in aumento: la ricerca dello stato dell’arte non si<br />

limita al cavo orale, bensì si estende al sorriso e, naturalmente, al viso nel suo insieme.<br />

Il ricorso ad un innovativo tipo <strong>di</strong> impianto in zirconio <strong>di</strong> ultima generazione, in combinazione a restauri integrali in<br />

ceramica, nella riabilitazione <strong>dei</strong> settori estetici, abbinano la risoluzione del problema estetico ad una elevata stabilità,<br />

sod<strong>di</strong>sfando allo stesso tempo le esigenze estetiche del paziente.<br />

MATERIALI E METODI: Presso la Clinica Odontoiatrica degli Istituti Clinici <strong>di</strong> Perfezionamento dell’Università <strong>di</strong><br />

Milano sono stati impiegati impianti endossei monocomponente (White-SKY®, Bredent, Germany), realizzati in ossido<br />

<strong>di</strong> zirconio sinterizzato stabilizzato con ittrio, per la riabilitazione <strong>di</strong> monoedentulie ed edentulie parziali nei settori<br />

frontali.<br />

L’ossido <strong>di</strong> zirconio è un materiale ceramico ad elevata resistenza, derivato dalla depurazione del biossido <strong>di</strong> zirconio e<br />

del silicato <strong>di</strong> zirconio.<br />

La tecnica chirurgica necessaria all’inserimento delle fixture ha previsto il posizionamento degli impianti con l’ausilio<br />

<strong>di</strong> una mascherina chirurgica guida ottenuta tramite ceratura <strong>di</strong>agnostica. Gli impianti sono stati posizionati dopo aver<br />

<strong>di</strong>segnato ed elevato un lembo mucoperiosteo a spessore totale evitando <strong>di</strong> effettuare incisioni <strong>di</strong> scarico verticale, in<br />

modo da evitare possibili inestetismi derivati dagli esiti cicatriziali.<br />

RISULTATI: Questo tipo <strong>di</strong> impianto ceramico, impiegato come supporto al manufatto protesico, permette <strong>di</strong> evitare<br />

gli inestetismi tipici più <strong>di</strong>rettamente associati all’implantologia, quali colletti visibili o opacità innaturali e consente <strong>di</strong><br />

avere, a partire dall'emergenza dell’impianto stesso dalla mucosa gengivale, un materiale perfettamente analogo come<br />

estetica, trasparenza ed opalescenza, a un dente naturale.<br />

La risposta <strong>dei</strong> tessuti molli, verificata me<strong>di</strong>ante un follow-up accurate, è eccellente: questi seguono un naturale<br />

adattamento all’impianto stesso, limitando il deposito <strong>di</strong> placca e la conseguente infiammazione <strong>dei</strong> tessuti<br />

periimplantari.<br />

L’elevata resistenza alla flessione e la buona elasticità, la resistenza alla rottura e l’ottima integrazione tissutale ed<br />

estetica sono tutte premesse affinché l’ossido <strong>di</strong> zirconio <strong>di</strong>venti il materiale <strong>di</strong> riferimento, per il futuro, in campo<br />

implantologico.


ANALISI MECCANICA DI UNA NUOVA CONNESSIONE IMPIANTO ABUTMENT<br />

Scarano A.*, Di Iorio D.**, SaccoL.M.**, Vrespa G***.<br />

* Corso <strong>di</strong> Perfezionamento in Chirurgia Ossea Piezoelettrica e Microscopica<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Chieti-Pescara, **Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D'Annunzio” <strong>di</strong> Chieti, Corso <strong>di</strong> Laurea in<br />

<strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, *** Istituto scientifico S.Raffaele <strong>di</strong> milano responsabile ricerca implantologia e<br />

biomateriali <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> odontoiatria<br />

Obiettivi Dopo l’inserimento dell’impianto si assiste <strong>di</strong> solito ad un rimodellamento dell’osso crestale. Il “platform<br />

switching” è una tecnica che, con l’utilizzo <strong>di</strong> un abutment <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro minore dell’impianto, cerca <strong>di</strong> ridurre l’entità <strong>di</strong><br />

questo rimodellamento. Scopo del presente lavoro è la valutazione della resistenza meccanica <strong>di</strong> una nuova connessione<br />

impianto-abutment con cone morse e vite <strong>di</strong> serraggio.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong> Il test <strong>di</strong> resistenza meccanica è stato eseguito con una macchina per test universali tipo Lloyd 30K<br />

universal testing machine (Lloyd Instruments Ltd, Segensworth, UK). Il carico è stato applicato nella porzione più coronale<br />

del monocone con una velocità <strong>di</strong> avanzamento <strong>di</strong> 10 mm/min.<br />

RisultatiI valori del carico <strong>di</strong> frattura sono stati registrati automaticamente tramite il Nexigen software (Nexigen, Batch<br />

Version 4.0, Issue 23, Lloyd Instruments Ltd, Segensworth, UK). I risultati in<strong>di</strong>cano che la frattura/ce<strong>di</strong>mento della<br />

connessione impianto-abutment con cone morse e vite <strong>di</strong> serraggio avviene a 1050±60 N.<br />

Discussioni e Conclusioni In conclusione la tipologia della connessione impianto abutment testata presenta una elevata<br />

resistenza alla frattura.


Roma, 22-24 Aprile 2009<br />

SESSIONE<br />

<strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica


ALIMENTAZIONE E SALUTE ORALE IN ETÀ EVOLUTIVA<br />

Genoviva R.-Lacaita M.G.- Lacarbonara V.-Favia G..-Cazzolla A.P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari,Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia.<br />

L’alimentazione deve assicurare una crescita corretta e un adeguato sviluppo <strong>di</strong> organi e apparati evitando carenze che<br />

possono portare a vari gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> malnutrizione o eccessi che possono determinare la comparsa <strong>di</strong> obesità essenziale,<br />

ipercolesterolemia, <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> tipo 2 e sindrome metabolica. È importante soprattutto in età pre-scolare e scolare evitare<br />

errori sia quantitativi che qualitativi, stabilire un’educazione nutrizionale caratterizzata da buone abitu<strong>di</strong>ni alimentari<br />

(corretto apporto <strong>di</strong> fibre e vegetali, limitato consumo <strong>di</strong> snack, succhi <strong>di</strong> frutta o bevande dolci) e da una corretta<br />

ripartizione <strong>dei</strong> nutrienti e promuovere un’attività fisica <strong>di</strong> tipo aerobico <strong>di</strong> grado me<strong>di</strong>o.<br />

L’alimentazione nei primi anni <strong>di</strong> vita è in grado <strong>di</strong> influenzare a lungo termine lo stato <strong>di</strong> salute dentario. L’apporto <strong>di</strong><br />

Ca, P e vitamina D è importante non solo per lo sviluppo scheletrico e per il mantenimento della massa ossea, ma anche<br />

per lo sviluppo della dentizione. Infatti, la carenza <strong>di</strong> vitamina D (rachitismo) si manifesta con mancata<br />

mineralizzazione delle ossee in formazione e ritardo nella dentizione, mentre l’intolleranze alimentari che portano ad<br />

alterazioni del rapporto Ca/P causano anomalie dentarie <strong>di</strong> forma e <strong>di</strong> struttura. Anche i deficit vitaminici (vit.A, B2, C)<br />

dovuti a malassorbimenti intestinali (sprue, <strong>di</strong>sfunsioni epatiche, deficienza delle secrezione biliari, itteri,) o alle<br />

manipolazioni industriali e domestiche <strong>dei</strong> cibi causano stomatiti, glossopatie, alterazioni <strong>di</strong> struttura della dentina e del<br />

legamento paradentale con gravi parodontopatie.


VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI DELL’UTILIZZO DEL SUCCHIETTO SULLE DINAMICHE<br />

DELL’ALLATTAMENTO: UNO STUDIO PILOTA<br />

Abraham Ghilazgi H., Guaragna M., Fabbrizi M., Viscogliosi A, Luzzi V.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Direttore Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti<br />

Introduzione<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questa ricerca è stato quello <strong>di</strong> avviare uno stu<strong>di</strong>o pilota, finalizzato a rilevare possibili correlazioni tra<br />

l’uso del succhietto e i pattern <strong>di</strong>namici degli schemi dell’allattamento. Questo lavoro rappresenta un primo passo verso<br />

la costruzione <strong>di</strong> un metodo <strong>di</strong> indagine e raccolta dati <strong>di</strong> tipo statistico , che negli anni analizzerà i comportamenti e le<br />

abitu<strong>di</strong>ni del bambino durante la sua crescita.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong><br />

Lo stu<strong>di</strong>o è stato condotto , in collaborazione con l’Unità Operativa <strong>di</strong> Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale <strong>di</strong> Tivoli.<br />

E’ stato selezionato un campione preliminare <strong>di</strong> 50 mamme , alle quali sono stati somministrati, quali strumenti <strong>di</strong><br />

indagine, due questionari , altamente elaborati, sud<strong>di</strong>visi per fasce <strong>di</strong> età che andavano dai 0-5 mesi ai 6-12 mesi. Nella<br />

fase successiva , sono stati raccolti i dati relativi per l’analisi statistica. Il passo successivo e stato quello <strong>di</strong> selezionare<br />

cinque , tra le domande presenti nei questionari , per verificare , non solo , l’andamento statistico delle abitu<strong>di</strong>ni alla<br />

suzione non nutritiva nei primi 12 mesi , ma anche eventuali correlazioni/ associazioni o <strong>di</strong>pendenza , delle stesse,<br />

con l’allattamento al seno.<br />

Conclusioni<br />

Nel corso del lavoro è stato possibile affinare le tecniche <strong>di</strong> somministrazione e raccolta <strong>dei</strong> questionari, verificando le<br />

metodologie <strong>di</strong> analisi statistica <strong>dei</strong> dati che verranno utilizzate nella versione definitiva <strong>di</strong> questo progetto. I meto<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

analisi statistica qui utilizzata hanno <strong>di</strong>mostrato ad oggi <strong>di</strong> essere in grado <strong>di</strong> evidenziare delle prime correlazioni<br />

oggetto <strong>di</strong> questa ricerca le quali saranno sviluppate, con le modalità qui descritte, nel campione definitivo.


INDAGINE EPIDEMIOLOGICA SULL’INCIDENZA DELLE PATOLOGIE ORALI IN QUATTRO<br />

REGIONI DEL MADAGASCAR.<br />

Papais E, Verrando M, Di Lenarda R, Cadenaro M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Biome<strong>di</strong>cina, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste. elisapapais@virgilio.it<br />

OBIETTIVI: Scopo dello stu<strong>di</strong>o è stata la valutazione della prevalenza delle patologie orali in un contesto povero<br />

come quello del Madagascar rispetto a un contesto più ricco e civilizzato quale la città <strong>di</strong> Trieste. MATERIALI E<br />

METODI: L’indagine è stata effettuata in 4 zone del Madagascar (Antananarivo, Yazholava, Vohipeno e Sakalalina),<br />

confrontate con il contesto <strong>di</strong> Trieste. Il campione comprendeva un totale <strong>di</strong> 376 pazienti (5-7 anni: Madagascar 154,<br />

Trieste 22; 12-14 anni: Madagascar 154, Trieste 46). Sono stati valutati: la situazione socio-economica e socioculturale,<br />

le abitu<strong>di</strong>ni alimentari e <strong>di</strong> igiene orale, l’assunzione del fluoro, la frequenza <strong>dei</strong> controlli odontoiatrici e la<br />

situazione dentaria e parodontale (in<strong>di</strong>ci DMFT e PSR). I dati sono stati confrontati con il test del chi-quadrato.<br />

RISULTATI: in Madagascar la maggioranza <strong>dei</strong> pazienti presentava una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> vita me<strong>di</strong>o-bassa (73%), mentre<br />

a Trieste la situazione era ben bilanciata(50%). La maggior parte <strong>dei</strong> soggetti malgasci proveniva da zone rurali e<br />

l’istruzione <strong>dei</strong> soggetti <strong>di</strong> 12-14 anni era per lo più <strong>di</strong> livello elementare. In Madagascar i bambini consumavano tre<br />

pasti al giorno, ma la <strong>di</strong>eta era poco varia: l’alimento principale era il riso e venivano consumati raramente carne e<br />

pesce. Tra i cibi dolci vi era largo consumo <strong>di</strong> caramelle, canna da zucchero e frutta molto dolce e appiccicosa. A<br />

Trieste la <strong>di</strong>eta era molto più varia e bilanciata. L’igiene orale era alquanto scadente in Madagascar, mentre la maggior<br />

parte <strong>dei</strong> soggetti <strong>di</strong> Trieste si lavavano i denti almeno due volte al giorno (66%) ed effettuava regolari controlli<br />

odontoiatrici ogni sei mesi o almeno una volta all’anno (38%). Sia nella prima che nella seconda fascia d’età la maggior<br />

parte <strong>dei</strong> soggetti caries free si trovava a Trieste (45%). In Madagascar nei bambini tra i 5-7 anni il dmft era 5.9 e il PSR<br />

1.55, mentre a Trieste i valori erano rispettivamente 4.3 e 0.85 (p


AVULSIONE DENTARIA: TERAPIA D’URGENZA E KNOW HOW<br />

Murri Dello Diago A., Giannetti L., Generali L., Forabosco A., Malaguti G.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria<br />

Cattedra <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Infantile: Prof. Luca Giannetti<br />

OBIETTIVI I traumi dento-alveolari sono una problematica clinica <strong>di</strong> frequente riscontro e la loro gestione imme<strong>di</strong>ata<br />

risulta spesso essere la variabile <strong>di</strong>scriminante il successo prognostico.<br />

L’avulsione dentaria in particolare è un problema <strong>di</strong> importante valore sociale che necessita <strong>di</strong> scelte terapeutiche chiare<br />

e ben co<strong>di</strong>ficate.<br />

L’alta incidenza <strong>di</strong> tali traumi in ambienti scolastici e sportivi rende necessaria una precisa conoscenza delle linee guida<br />

d’emergenza da parte <strong>di</strong> insegnanti, allenatori, pe<strong>di</strong>atri e me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> pronto soccorso.<br />

Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare la conoscenza <strong>di</strong> tali linee guida per la gestione del dente avulso in una<br />

popolazione <strong>di</strong> insegnanti <strong>di</strong> scuole elementari e allenatori <strong>di</strong> calcio/pallacanestro.<br />

MATERIALI E METODI Sono stati inviati specifici questionari a 50 insegnanti e 50 allenatori che avessero <strong>di</strong>retto<br />

contatto con una popolazione tra i 6 e gli 11 anni <strong>di</strong> età.<br />

I risultati ottenuti hanno permesso <strong>di</strong> identificare una scala <strong>di</strong> valori al fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care il livello <strong>di</strong> conoscenza<br />

dell’emergenza.<br />

RISULTATI Il totale della popolazione valutata (100%) non ha mai eseguito corsi <strong>di</strong> prima emergenza includenti<br />

l’emergenza odontoiatrica.<br />

36 insegnanti (72%) rispetto a 27 allenatori (54%) hanno però conoscenze sulla gestione dell’emergenza. Me<strong>di</strong>amente<br />

gli insegnanti <strong>di</strong>mostrano maggiori livelli <strong>di</strong> conoscenza (62%) rispetto agli allenatori (40%), laddove però questi ultimi<br />

hanno maggiori livelli <strong>di</strong> eccellenza (8% rispetto al 4%). Le <strong>di</strong>fferenze tra i due gruppi valutati hanno riportato una<br />

significatività statistica.<br />

CONCLUSIONI Il trauma avulsivo necessita <strong>di</strong> una terapia imme<strong>di</strong>ata ben co<strong>di</strong>ficata in letteratura e ben nota agli<br />

specialisti. La gestione imme<strong>di</strong>ata avviene però a livello scolastico e a livello sportivo prima ancora dello specialista<br />

odontoiatra. Gli insegnanti elementari <strong>di</strong>mostrano una maggiore preparazione rispetto agli allenatori, ma in ogni caso la<br />

formazione risulta carente per entrambe le categorie.<br />

Appare quin<strong>di</strong> chiara la necessità <strong>di</strong> corsi <strong>di</strong> formazione nell’ambito dell’emergenza odontoiatrica per tutto il personale<br />

docente che quoti<strong>di</strong>anamente si rapporta con una popolazione pe<strong>di</strong>atrica.


INTERCETTAMENTO IN DENTIZIONE MISTA DELL’INCLUSIONE DEL CANINO CON<br />

APPARECHIATURE SELF-LIGATING<br />

Modestini M, Sfaciotti G.L., Fidato R, Mirra C, Coloni C, Luzzi V<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Direttore: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfaciotti.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del nostro lavoro è stato quello <strong>di</strong> analizzare i vantaggi delle apparecchiature self-ligating nel<br />

trattamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinclusione del canino. MATERIALI E METODI: Le apparecchiature ortodontiche fisse si<br />

definiscono self ligating (auto leganti) quando sono in grado, me<strong>di</strong>ante uno speciale meccanismo a serratura, <strong>di</strong><br />

assicurare l’arco ortodontico all’interno del bracket senza l’ausilio <strong>di</strong> legature elastiche o metalliche. In questo modo il<br />

filo è in grado <strong>di</strong> scorrere liberamente all’interno dello slot senza subire forze d’attrito che ne riducano il movimento. Il<br />

successo <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>spositivi è legato anche all’utilizzo <strong>di</strong> archi ortodontici superelastici ottimizzati per lavorare in<br />

sinergia con la bassa frizione (low friction). La trazione a l’allineamento in arcata del canino incluso sono stati ottenuti<br />

me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> archi 0.014 e 0.016 CuNiTi. RISULTATI: Le apparecchiature self ligating consentono <strong>di</strong><br />

applicare forze leggere e costanti sul dente incluso, ottimali per indurre il fisiologico rimodellamento <strong>dei</strong> tessuti<br />

parodontali che presiede al movimento dentale, dovendo fronteggiare una frizione inesistente o comunque minima tra<br />

arco ortodontico e bracket. Non bisogna trascurare la possibilità <strong>di</strong> ridurre sia i tempi operativi alla poltrona sia il<br />

numero complessivo <strong>di</strong> appuntamenti. Infatti, l’utilizzo <strong>di</strong> archi super-elastici permette <strong>di</strong> non dover riattivare il sistema<br />

<strong>di</strong> trazione ad ogni controllo. La capacità dell’arco ortodontico <strong>di</strong> scivolare liberamente all’interno del bracket facilita il<br />

corretto riposizionamento in arcata del canino in tempi ridotti poiché la forza ortodontica applicata non viene <strong>di</strong>ssipata<br />

sotto forma <strong>di</strong> frizione ma si trasmette completamente al dente incluso rendendo più rapido il suo spostamento. Grazie<br />

all’ottimizzazione delle forze applicate possiamo avere una riduzione dai 3 ai 6 mesi nei tempi <strong>di</strong> trattamento<br />

considerando che comunque questi <strong>di</strong>pendono sempre dalla complessità del caso clinico. Altro vantaggio che si ottiene<br />

è quello <strong>di</strong> poter spesso ottenere lo spazio necessario in arcata contemporaneamente alla trazione del canino incluso,<br />

riducendo così la fase preliminare <strong>di</strong> preparazione all’arcata. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’intercettamento<br />

precoce dell’inclusione del canino è fondamentale in<strong>di</strong>pendentemente dal <strong>di</strong>spositivo ortodontico utilizzato per il suo<br />

recupero ed è quin<strong>di</strong> importante monitorare le fasi <strong>di</strong> permuta, conoscere i fattori eziologici ed eventualmente effettuare<br />

una ra<strong>di</strong>ografia <strong>di</strong> controllo all’età <strong>di</strong> 7/8 anni. Questo atteggiamento, in associazione all’utilizzo <strong>di</strong> apparecchiature che<br />

consentano <strong>di</strong> ottenere un trattamento complessivamente piu’ efficiente, consente <strong>di</strong> ottenere il recupero del canino in<br />

tempi ottimali per il paziente in età evolutiva.


ACCURATEZZA DEL DIAGNOdent Pen NELL’INDIVIDUAZIONE DI LESIONI CARIOSE OCCLUSALI<br />

IN DENTI DECIDUI E PERMANENTI<br />

M.R. Piscopo, C. Drago, I. Pizzo, S. Orlando, G. Giuliana, G. Pizzo<br />

Dipartimento Scienze Stomatologiche “G. Messina”, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Palermo<br />

INTRODUZIONE: La <strong>di</strong>agnosi precoce delle lesioni cariose in bambini ed adolescenti, in particolare della carie <strong>dei</strong><br />

solchi con superficie dentale apparentemente intatta, rappresenta un elemento chiave nella prevenzione e nel<br />

trattamento della carie. Il DIAGNOdent è un nuovo <strong>di</strong>spositivo basato sull’utilizzo della fluorescenza laser, sviluppato<br />

per l’identificazione e la quantificazione della carie sulla superficie dello smalto occlusale.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> determinare l’accuratezza del DIAGNOdent Pen (KaVo,<br />

Biberach, Germany) per la <strong>di</strong>agnosi della carie iniziale occlusale <strong>di</strong> denti decidui e permanenti rispetto alle meto<strong>di</strong>che<br />

<strong>di</strong>agnostiche convenzionali (esame clinico visivo-tattile), e <strong>di</strong> paragonare l’accuratezza e la riproducibilità interexaminer<br />

del DIAGNOdent tra due operatori (EV1 e EV2) con esperienza clinica <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi della carie.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati inclusi nello stu<strong>di</strong>o 108 siti occlusali (36 molari permanenti e 72 molari decidui)<br />

<strong>di</strong> 9 bambini <strong>di</strong> età compresa tra 5 e <strong>13</strong> anni. Nella fase <strong>di</strong>agnostica dello stu<strong>di</strong>o, tutti i molari permanenti e decidui<br />

apparentemente sani del campione sono stati analizzati da due operatori attraverso l’esame clinico visivo-tattile (goldstandard)<br />

e me<strong>di</strong>ante il DIAGNOdent Pen in accordo con le istruzioni del produttore.<br />

RISULTATI: In seguito alla registrazione delle lesioni cariose me<strong>di</strong>ante esame clinico visivo-tattile, gli esaminatori<br />

hanno in<strong>di</strong>viduato 93.95% (EV1) e 94.26% (EV2) superfici sane (Co<strong>di</strong>ce 0), 6.05% (EV1) e 5.73% (EV2) con carie<br />

iniziale dello smalto (co<strong>di</strong>ce 1) e 0% (EV1, EV2) con carie della dentina (Co<strong>di</strong>ce 2). L’indagine con il DIAGNOdent<br />

Pen ha rilevato 84.71% (LD1) e 85.98% (LD2) superfici sane, 9.55% e 7.64% con carie iniziale dello smalto, 5.73% e<br />

6.37% con carie della dentina.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’esame me<strong>di</strong>ante il DIAGNOdent Pen ha una maggiore accuratezza nella<br />

<strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> lesioni dello smalto e della dentina <strong>di</strong> superfici occlusali rispetto all’esame clinico visivo-tattile.


CARIE E CLASSE SOCIALE : ESISTE UNA RELAZIONE NEI PRESCHOOLERS?<br />

Ferro 1 R, Cecchin 1 C, Besostri 1 A, Olivieri A 2 , Stellini E 3 3 1<br />

. Mazzoleni S<br />

U.O.A. <strong>Odontoiatria</strong> AULSS n.15 Reg. Veneto – 2 Dipartimento <strong>di</strong> Prevenzione, Servizio <strong>di</strong> Epidemiologia AULSS n.<br />

15 Reg. Veneto – 3 Università <strong>di</strong> Padova, Dipartimento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> – Cattedra <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica<br />

OBIETTIVO: Correlare l’esperienza <strong>di</strong> carie con un in<strong>di</strong>catore <strong>di</strong> classe sociale in un campione <strong>di</strong> bambini in età<br />

prescolare della regione Veneto. MATERIALI E METODI : Nell’area dell’ULSS 15 “Alta Padovana”, nel periodo<br />

settembre 2005 - marzo 2006, è stato condotto uno stu<strong>di</strong>o osservazionale <strong>di</strong> tipo trasversale selezionando con modalità<br />

random 20 scuole dell’infanzia su un totale <strong>di</strong> 88. Prima dell’indagine, ai genitori <strong>dei</strong> 1820 bambini coinvolti nello<br />

stu<strong>di</strong>o sono stati inviati un modulo per il consenso alla visita (secondo i principi etici stabiliti dalla World Me<strong>di</strong>cal<br />

Association nella Dichiarazione <strong>di</strong> Helsinki) ed un questionario atto a definire la posizione lavorativa del padre e della<br />

madre. Presso gli istituti scolastici 2 odontoiatri calibrati hanno esaminato 1410 bambini; i 410 soggetti non visitati<br />

erano assenti (372) o privi dell’autorizzazione <strong>dei</strong> genitori (38). La valutazione dell’in<strong>di</strong>ce dmft è stata realizzata<br />

secondo i criteri stabiliti dall’ OMS per le indagini odontoiatriche <strong>di</strong> base .La classe sociale <strong>di</strong> appartenenza è stata<br />

stabilita in base alla posizione lavorativa migliore tra le due occupate dai genitori. Sono stati restituiti 1205 questionari,<br />

con una percentuale <strong>di</strong> risposta dell’85.5%. I bambini sono stati <strong>di</strong> conseguenza <strong>di</strong>stribuiti secondo quattro gruppi <strong>di</strong><br />

classe sociale : classe borghese (n. 211), classe me<strong>di</strong>a impiegatizia (n. 395), piccola borghesia (n. 200) e classe operaia<br />

(n. 399). Per le variabili continue sono state calcolate me<strong>di</strong>e e deviazioni standard, mentre per le variabili categoriche i<br />

risultati sono stati forniti come proporzioni. I confronti tra gruppi sono stati effettuati utilizzando il test X 2 .<br />

L’associazione tra l’esperienza <strong>di</strong> carie e la variabile in<strong>di</strong>pendente classe sociale è stata valutata me<strong>di</strong>ante un modello <strong>di</strong><br />

regressione logistica. RISULTATI : La prevalenza <strong>di</strong> carie e l’in<strong>di</strong>ce dmft me<strong>di</strong>o del campione sono risultati pari,<br />

rispettivamente, a 23% - 0.8±2.1 nella classe borghese, 21% - 0.7±2.0 nella classe me<strong>di</strong>a impiegatizia, 27% - 1.2±2.8<br />

nella piccola borghesia e 36% - 1.7±3.2 nella classe operaia. L'occorrenza <strong>di</strong> carie ha evidenziato un significativo trend<br />

lineare tra i quattro gruppi <strong>di</strong> classe sociale. Il fatto <strong>di</strong> appartenere ad una classe sociale bassa si è <strong>di</strong>mostrato un fattore<br />

prognostico circa la presenza <strong>di</strong> carie, avendo i soggetti appartenenti alla classe operaia un OR pari a 1.9 (I.C. 95% 1.3–<br />

2.8) rispetto ai soggetti della classe borghese. CONCLUSIONI : I dati emersi sottolineano come la classe sociale sia<br />

un potente elemento <strong>di</strong>scriminante per ciò che concerne la salute orale, confermando in questo quanto finora asserito in<br />

letteratura internazionale.


ANALISI IN VITRO DEI CEMENTI VETRO IONOMERICI. STUDIO DI DUE MATERIALI.<br />

Pacifici E*, Pungitore <strong>MB</strong>, Gemma R, D’Errico A, Bossù M.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir.: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> valutare a livello microscopico i cementi vetro ionomerici<br />

all’interno delle otturazioni e sulla loro superficie. Sono stati confrontati materiali <strong>di</strong>versi anche nella loro miscelazione:<br />

uno con capsule da vibrare e un altro con miscelazione tra<strong>di</strong>zionale polvere liquido.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati realizzati 10 campioni con il cemento GC Fuji IX (GC corporation, Tokyo<br />

Japan) e 10 campioni con il cemento Vitremer (3M) simulando con uno stampino in silicone una cavità <strong>di</strong> classe I. I<br />

campioni avevano <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> 4 mm <strong>di</strong> larghezza per 5 mm <strong>di</strong> lunghezza con altezza <strong>di</strong> 2,5 mm. I campioni <strong>di</strong> Fuji IX<br />

sono stati ricoperti con vernice G-Coat Plus (GC corporation, Tokyo Japan). I 10 campioni <strong>di</strong> Vitremer sono stati<br />

ricoperti con vernice Finishing Gloss, in dotazione nella confezione base. I campioni così ottenuti sono stati sezionati in<br />

maniera trasversale lungo il lato lungo dell’otturazione ottenendo così tre sezioni <strong>di</strong> ogni campione. Le 60 sezioni sono<br />

state essiccate per 6 giorni, successivamente metallizzate. Le superfici sono state poi esaminate con il Microscopio<br />

Elettronico a Scansione Hitachi S 4000 (Hitachi Ltd. Tokyo, Giappone).<br />

RISULTATI: Per ogni sezione sono state acquisite immagini da 1 a 5 aree del materiale per un totale <strong>di</strong> 197 aree. Per<br />

ogni area le immagini avevano ingran<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> 50x, 250x e 500x. Le immagini ci hanno permesso <strong>di</strong> valutare la<br />

<strong>di</strong>versa porosità <strong>dei</strong> materiali, il loro profilo superficiale e dove presente l’interazione tra materiale e coating.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il cemento Vitremer si presenta nel suo spessore molto meno omogeneo<br />

probabilmente a causa della <strong>di</strong>fficile miscelazione ottenuta con metodo tra<strong>di</strong>zionale miscelando polvere e liquido con<br />

spatola su piastra <strong>di</strong> vetro. Il Fuji, invece, si <strong>di</strong>mostra più omogeneo, non presentando granuli <strong>di</strong> materiale non<br />

polimerizzato, grazie alla miscelazione con vibratore.<br />

La superficie, invece, si presenta meno rugosa quella ottenuta con Vitremer rispetto al Fuji.<br />

Dopo l’applicazione del coating si poteva notare che lo stesso presentava uno spessore maggiore nel prodotto 3M<br />

rispetto a quello GC. La stessa vernice però si mostrava meno coesa con suo cemento nel caso <strong>di</strong> quello mo<strong>di</strong>ficato con<br />

resina, mostrandosi quasi come 2 materiali separati. Il cemento tra<strong>di</strong>zionale, invece, mostrava un numero maggiore <strong>di</strong><br />

inter<strong>di</strong>gitazioni.<br />

In conclusione anche se presenta una superficie meno liscia, è preferibile l’utilizzo del Fuji IX per una sua più facile e<br />

veloce miscelazione e per una migliore relazione con il suo coating.


CPP-ACP: PREVENZIONE DELLE EROSIONI DENTALI NEI GIOVANI SPORTIVI<br />

Tripo<strong>di</strong> D. MD, DDS, Spechiulli A.DDS, Guglielmi V. DDS *, Gianfrate F. DDS, Latrofa M. DDS<br />

Università “G. d’Annunzio” Chieti – Pescara. Dip. Scienze Odontostomatologiche, Cattedra Pedodonzia: Prof. D.<br />

Tripo<strong>di</strong><br />

Scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare il trattamento e la profilassi delle erosioni dentali con CPP-ACP in<br />

un gruppo <strong>di</strong> 146 giovani sportivi, praticanti <strong>di</strong>fferenti tipi <strong>di</strong> sport tenendo in considerazione le loro abitu<strong>di</strong>ni alimentari<br />

ed in particolar modo l’utilizzo <strong>di</strong> integratori, bibite gassate e succhi <strong>di</strong> frutta. Il 9,9 % <strong>dei</strong> soggetti esaminati presentava<br />

erosioni dentali ovvero demineralizzazioni dello smalto <strong>di</strong> natura chimica dovute sia a fattori intrinseci quali aci<strong>di</strong><br />

gastrici, sia a fattori estrinseci come le abitu<strong>di</strong>ni alimentari. Sono state esaminate <strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> profilassi che<br />

possano intervenire nella prevenzione o nel trattamento delle erosioni dentali fra cui l’utilizzo <strong>di</strong> CPP-ACP. Il<br />

fosfopeptide caseinico calcio-fosfato amorfo è un derivato della caseina una fosfoproteina del latte, proteina questa da<br />

cui, per azione delle proteasi gastrointestinali come la tripsina, si liberano in vitro ed in vivo numerosi pepti<strong>di</strong><br />

fosforilati: frammenti dall'alfa-caseina e della beta-caseina. I caseinofosfopepti<strong>di</strong> (CPP), per la loro resistenza all'idrolisi<br />

enzimatica, hanno elevato potere chelante verso il calcio ed essendo molto solubili possono inibire la precipitazione del<br />

fosfato <strong>di</strong> calcio mantenendo un’elevata concentrazione <strong>di</strong> questi ioni sulla superficie delle lesioni in modo da<br />

permettere un efficiente grado <strong>di</strong> rimineralizzazione dello smalto.<br />

L’introduzione <strong>di</strong> CPP-ACP sotto forma <strong>di</strong> mousse per la cura delle erosioni dentarie <strong>dei</strong> giovani sportivi può essere un<br />

valido supporto ad altre meto<strong>di</strong>che quali l’utilizzo <strong>di</strong> fluoro per la sua azione rimineralizzante o <strong>di</strong> composito come<br />

protezione meccanica alle aree erose.


ALTERAZIONI ORALI E CRANIOFACCIALI NELLE CROMOSOMOPATIE<br />

Andriuolo I, Carli E, Melis A, Pani S<br />

Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia (Direttore: Prof.V.Piras)<br />

INTRODUZIONE: le cromosomopatie interessano il 9% <strong>di</strong> tutti i concepimenti, rappresentano la principale causa <strong>di</strong><br />

mortalità pre e perinatale e si riscontrano nell’ 1% <strong>dei</strong> nati vivi; si <strong>di</strong>stinguono in anomalie <strong>di</strong> numero e <strong>di</strong> struttura,<br />

quest’ultime ulteriormente sud<strong>di</strong>visibili in sbilanciate e bilanciate a seconda che vi sia o meno per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> materiale<br />

genico.<br />

Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> evidenziare le alterazioni inerenti il cavo orale e il <strong>di</strong>stretto craniofacciale<br />

riscontrabili nei pazienti affetti dalle principali patologie riconducibili ad aberrazioni cromosomiche.<br />

MATERIALI E METODI: è stata condotta una revisione della recente letteratura al fine <strong>di</strong> raccogliere informazioni<br />

dettagliate inerenti le più frequenti cromosomopatie. Sono state incluse nello stu<strong>di</strong>o 15 patologie, sia a carico degli<br />

autosomi che <strong>dei</strong> cromosomi sessuali, caratterizzate da una facies tipica e riconoscibile.<br />

Sono state invece escluse dallo stu<strong>di</strong>o le cromosomopatie per le quali in letteratura non sono presenti sufficienti dati<br />

scientifici.<br />

RISULTATI: le alterazioni riscontrate sono state sud<strong>di</strong>vise in tre categorie: anomalie orali, dentarie e scheletriche.<br />

Le anomalie orali <strong>di</strong> più comune riscontro sono rappresentati da un’aumentata suscettibilità a patologie quali carie e<br />

gengiviti e dall’ipotono muscolare; le anomalie dentali più frequentemente riscontrate includono le anomalie <strong>di</strong> numero,<br />

<strong>di</strong> forma e <strong>di</strong> eruzione; per quanto concerne le anomalie scheletriche risultano frequenti la labiopalatoschisi e la<br />

riduzione del <strong>di</strong>ametro trasversale del mascellare.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: dai risultati <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o si evince che le cromosomopatie si associano<br />

frequentemente a problematiche orali e dento-scheletriche che necessitano <strong>di</strong> trattamento. L’odontoiatra deve quin<strong>di</strong><br />

essere in grado <strong>di</strong> rispondere alla necessità <strong>di</strong> cure pedo-ortodontiche <strong>di</strong> questi pazienti nonostante il loro grado <strong>di</strong><br />

collaborazione sia spesso limitato, il loro stato <strong>di</strong> salute generale sia seriamente compromesso e tenendo conto che,<br />

nonostante queste patologie siano relativamente rare, i progressi in campo me<strong>di</strong>co consentono sempre più<br />

frequentemente a questi pazienti <strong>di</strong> raggiungere l’età adulta.


DENTI NATALI ASSOCIATI A PALATOSCHISI: REPORT DI UN CASO<br />

Soave E, Faccioni F.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona. Sezione <strong>di</strong><br />

Chirurgia Maxillo-Facciale e <strong>di</strong> Odontostomatologia, Direttore Prof. P.F Nocini<br />

Gli elementi dentari decidui iniziano ad erompere generalmente in prossimità <strong>dei</strong> sei mesi <strong>di</strong> vita. Si possono osservare<br />

però, variazioni <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> eruzione, rappresentate clinicamente dalla presenza <strong>di</strong> elementi dentali in arcata alla<br />

nascita o nelle prime settimane <strong>di</strong> vita.<br />

Tali elementi vengono definiti come denti natali i denti che sono presenti alla nascita e denti neonatali quelli che<br />

erompono durante il primo mese <strong>di</strong> vita.<br />

L’eziologia non è conosciuta.<br />

Gli elementi natali o neonatali spesso sono associati a schisi della volta palatina e localizzati nel mascellare superiore e<br />

nella regione della schisi.<br />

Questo case report invece si presenta il caso <strong>di</strong> una neonata con schisi me<strong>di</strong>ana del palato duro e molle associata a<br />

micrognazia man<strong>di</strong>bolare con la presenza <strong>di</strong> due elementi dentali neonatali corrispondenti ai denti 7.1 e 8.1.<br />

Tali elementi si presentano <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte, <strong>di</strong> color bianco perlaceo e senza apparente grado <strong>di</strong> mobili.<br />

Si è deciso <strong>di</strong> procedere all’ estrazione <strong>di</strong> tali elementi in sedazione profonda.<br />

Il giorno seguente all’estrazione si è provveduto alla consegna dell’otturatore palatale che ha permesso al neonato una<br />

corretta suzione.<br />

Si effettuano ripetuti controlli per valutare il corretto adattamento della protesi.


VALUTAZIONE EPIDEMIOLOGICA ED IMMUNOLOGICA IN PAZIENTI IN ETA’ EVOLUTIVA CON<br />

DIABETE MELLITO TIPO 1<br />

Tripo<strong>di</strong> D. MD DDS 1 , Savo S. DDS, Ragazzo L. DDS *, D’Ercole S.DDS 2 PhD, Latrofa M. DDS<br />

Università “G. d’Annunzio” Chieti – Pescara. Dip. Scienze Odontostomatologiche, Cattedra Pedodonzia: Prof. D.<br />

Tripo<strong>di</strong><br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong> Pedodonzia Prof. D. Tripo<strong>di</strong><br />

2 Dipartimento Sc. Biome<strong>di</strong>che - Laboratorio <strong>di</strong> Microbiologia Clinica Prof. R. Piccolomini<br />

Il <strong>di</strong>abete mellito è un <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne cronico del metabolismo <strong>dei</strong> carboidrati, lipi<strong>di</strong>, proteine caratterizzato da una risposta<br />

insufficiente dell’insulina o dalla completa assenza <strong>di</strong> quest’ultima che determina la compromissione del metabolismo<br />

<strong>dei</strong> carboidrati (glucosio) con conseguente iperglicemia. Con il termine <strong>di</strong>abete inten<strong>di</strong>amo un eterogeneo gruppo <strong>di</strong><br />

affezioni accomunate da iperglicemia¸ tuttavia le forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>abete più importanti originano da <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni del sistema <strong>di</strong><br />

segnale insulina-cellula insulare. Le varianti più comuni sono il Tipo 1 e il Tipo 2. Il <strong>di</strong>abete <strong>di</strong> tipo 1 chiamato <strong>di</strong>abete<br />

mellito insulino <strong>di</strong>pendente, insorge in circa la metà <strong>dei</strong> casi in età inferiore ai 20 anni e più frequentemente nel corso<br />

della pubertà.<br />

Scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare le variazioni <strong>dei</strong> fattori immunologici salivari e la correlazione <strong>di</strong><br />

questi con lo stato <strong>di</strong> salute orale in un gruppo <strong>di</strong> bambini ed adolescenti con DM 1, comparando i dati ottenuti con<br />

quelli del gruppo controllo costituito da bambini ed adolescenti che non presentano <strong>di</strong>abete. Dai risultati è emerso che i<br />

pazienti con DM 1 presentano livelli <strong>di</strong> IgA salivare superiore rispetto ai controlli (p


COLLABORAZIONE DEL PAZIENTE PEDODONTICO COME FULCRO NELLA SCELTA DELLA<br />

TERAPIA<br />

Iovino E*, Mari D, Pungitore <strong>MB</strong>, Panetta R, Bossù M.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir.: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

INTRODUZIONE: La Sindrome da biberon è una patologia ad eziologia multifattoriale ad esor<strong>di</strong>o precoce che<br />

colpisce bambini durante la prima infanzia.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo è <strong>di</strong> curare gli elementi dentari compromessi, con nuove apparecchiature, quali il laser ad<br />

Erbio, cercando <strong>di</strong> ottenere una massima collaborazione da parte del piccolo paziente e <strong>di</strong> effettuare delle ricostruzioni<br />

congrue e durature nel tempo per permettere a questi bambini, <strong>di</strong> età compresa tra i 2 ed i 6 anni, <strong>di</strong> condurre una vita<br />

normale.<br />

MATERIALI E METODI: Nell’Unità Operativa Complessa <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, “Sapienza” Università <strong>di</strong><br />

Roma, sono stati selezionati n° 50 pazienti <strong>di</strong> età compresa tra i 4 e i 6 anni con ECC <strong>di</strong> grado lieve e moderato.<br />

Gli elementi dentari trattati, circa 200, presentavano carie destruenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso grado senza, però, interessamento<br />

dell’organo pulpare. Tutti i pazienti sono stati osservati prima del trattamento e soprattutto prima del “Tell-Show-Do”<br />

per cercare <strong>di</strong> capirne il carattere e lo stato d’animo in modo da comportarci <strong>di</strong> conseguenza durante il colloquio ed il<br />

trattamento. Gli elementi dentari trattati,tutti senza ricorrere all’uso dell’anestesia, sono stati ricostruiti nella stessa<br />

seduta utilizzando materiali esteticamente e funzionalmente vali<strong>di</strong>. Nei pazienti collaboranti, dove si è potuto creare un<br />

congruo isolamento dell’elemento dentale sono state effettuate ricostruzioni estetiche in materiale composito.<br />

Nei pazienti poco collaboranti, gli elementi dentari trattati con il laser sono stati ricostruiti con cementi vetro-ionomeri<br />

quali il Vitremer ed il Fuji IX.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Si può affermare che il laser si è <strong>di</strong>mostrato un elemento fondamentale per le<br />

cure <strong>dei</strong> piccoli pazienti che non avendo avuto nessun dolore sono risultati nell’80% <strong>dei</strong> casi collaboranti. Il laser,<br />

infatti, è visto come un gioco che li affascina e tutti i pazienti hanno sperimentato volentieri questa particolare: “lucetta<br />

rossa che insieme all’acqua pulisce tutto il dentino dai batteri cattivi senza fare male”.


IRRAGGIAMENTO DEI DENTI DECIDUI CON LASER ER:YAG A TRE DIVERSI PARAMETRI DI<br />

ENERGIA. STUDIO COMPARATIVO AL S.E.M. DELLA SUPERFICIE DENTINALE.<br />

Mari D*, Kornblit R, Pacifici E, Gemma R, Rocca JP, Polimeni A.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir.: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

INTRODUZIONE:Il laser ad Erbio viene utilizzato attualmente in odontoiatria conservativa per il trattamento della<br />

lesione cariosa . Numerosi stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato l’efficacia e l’efficienza <strong>di</strong> questa lunghezza d’onda (2,94 nm)<br />

nell’ablare lo smalto e la dentina <strong>dei</strong> denti decidui e permanenti.<br />

La rimozione <strong>dei</strong> tessuti duri dentali accompagnata da spray-aria acqua avviene senza che si verifichino cambiamenti o<br />

danni all’organo pulpare ed in assenza <strong>di</strong> carbonizzazione o crack dello smalto e della dentina irra<strong>di</strong>ati.<br />

L’energia elettromagnetica del laser Er:YAG quando viene assorbita dalle molecole dell’acqua e dall’idrossiapatite<br />

contenuta nei tessuti duri dentali , si trasforma in energia termica.<br />

L’aumento della temperatura dell’acqua, che passa dallo stato liquido al quello <strong>di</strong> vapore, causa un aumento <strong>di</strong><br />

pressione intracellulare e una serie <strong>di</strong> microesplosioni che provocano la <strong>di</strong>struzione e la rimozione del tessuto duro.<br />

OBIETTIVO: Analizzare al SEM, la superficie della dentina <strong>dei</strong> denti decidui dopo l’irraggiamento con laser Er:yag<br />

utilizzando tre <strong>di</strong>versi parametri <strong>di</strong> energia e verificare se esistono <strong>di</strong>fferenze fra le immagini al SEM della dentina<br />

irra<strong>di</strong>ata cambiando l’energia.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 9 elementi decidui intatti (senza alcuna patologia né a carico dello<br />

smalto né della dentina), estratti o per motivi ortodontici o <strong>di</strong> ritardo nella permuta. Gli elementi, <strong>di</strong>visi in tre gruppi,<br />

sono stati trattati con i seguenti parametri: 150mJ 15 Hz per il primo gruppo, 200mJ 15Hz per il secondo gruppo, 250<br />

mJ 15Hz per il terzo gruppo.<br />

In seguito ogni elemento è stato sezionato e preparato per analizzare al SEM la dentina irra<strong>di</strong>ata .<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI: Le immagini al SEM hanno <strong>di</strong>mostrato che usando il laser ad Erbio per la<br />

preparazione delle cavità nei denti decidui utilizzando energie fra 150-250 mJ 15Hz la superficie della dentina si<br />

presenta con tubuli dentinali aperti, senza tracce <strong>di</strong> smear layer con <strong>di</strong>fferenza nello spessore fra la dentina peritubulare<br />

e intertubulare . Non sono state comunque osservate <strong>di</strong>fferenze significative fra le <strong>di</strong>verse superfici dentinali analizzate<br />

al SEM , cambiando l’energia da 150 a 200 e a 250 mJ.


ESPERIENZA DI CARIE E PREVALENZA DI MALOCCLUSIONE NEL BASSO POLESINE:<br />

MONITORAGGIO A DISTANZA DI 15 ANNI<br />

Mercuri G., Balestro G., Cocito M.G., Miotti F.A<br />

Cattedra <strong>di</strong> Ortodonzia e Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortodonzia – Università <strong>di</strong> Padova<br />

Introduzione: l'epidemiologia anche in odontoiatria ed ortodonzia assume un'importanza <strong>di</strong> assoluto rilievo per la<br />

necessità <strong>di</strong> conoscere la reale prevalenza delle patologie del cavo orale nella popolazione, specie nel SSN per<br />

permettere <strong>di</strong> programmare efficaci ed efficienti protocolli preventivi e terapeutici. Obiettivi: scopo dell'analisi era <strong>di</strong><br />

esaminare lo stato <strong>di</strong> salute orale in una popolazione giovanile nel territorio del Basso Polesine e <strong>di</strong> confrontare questa<br />

prevalenza con i dati relativi ad una popolazione omogenea stu<strong>di</strong>ata con la medesima metodologia operativa nel 1993.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: è stata stu<strong>di</strong>ata una popolazione <strong>di</strong> 714 soggetti <strong>di</strong> 6, 9 e 12 anni nel Basso Polesine. La rilevazione<br />

è stata effettuata nelle scuole da operatori addestrati e calibrati per il rilievo epidemiologico. Per ogni bambino è stato<br />

utilizzato un kit sterile con specchietto piano, specillo e calibro (Manchester Ruler). Risultati: l'in<strong>di</strong>ce DMFT è passato<br />

da 0.1 a 0.36 a 6 anni, da 1.7 a 0.83 a 9 anni e da 3.1 a 1.83 a 12 anni. L' esperienza <strong>di</strong> carie sembra dunque <strong>di</strong>minuita.<br />

Fra le variabili relative alla malocclusione, si può notare come la prevalenza della classe I scheletrica sia rimasta simile<br />

(50% della popolazione), mentre la prevalenza della classe II scheletrica ora passa dal 19% al 38% e la classe III<br />

scheletrica segue un andamento inverso, dal 31 al 12%. La classe I incisiva presente nel 70% <strong>dei</strong> soggetti è ora<br />

rilevabile nel 48%, e la classe II/1 è passata dal 18% al 39%. La prevalenza <strong>di</strong> classe incisiva II/2 e III invece resta<br />

invariata sul 4-5%. La prevalenza dell'overjet aumentato passa dal 25% al 45% e l'overjet <strong>di</strong>minuito dal 6.5 al 1.5%.<br />

Per quanto riguarda i parametri della verticalità. la prevalenza della <strong>di</strong>mensione verticale scheletrica (DVS) normo è<br />

variata dal 50 al 61%, la DVS deep dal 20 al 10% e la DVS open è rimasta intorno al 30%. L'overbite aumentato<br />

presente nel 31% della popolazione ora si rileva nel 40%, mentre l'overbite <strong>di</strong>minuito passa dal 22 al <strong>13</strong>%. La presenza<br />

del morso incrociato rimane sul 12%. La DDA risulta più frequente che in passato (60 - 43%). Fra le abitu<strong>di</strong>ni viziate si<br />

può notare un aumento della deglutizione atipica (dal 30 al 45%), della respirazione orale (<strong>13</strong> - 23%) e del<br />

succhiamento (7 - <strong>13</strong>%). Il limitato ricorso alla terapia ortodontica è rimasto costante (19% - 17%). Conclusioni:si può<br />

notare come dopo 15 anni l'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> esperienza <strong>di</strong> carie sia lievemente <strong>di</strong>minuito, in<strong>di</strong>cando un'aumentata<br />

sensibilizzazione verso la prevenzione della patologia cariosa. Invece, nonostante l'ancora alta prevalenza della<br />

malocclusione, per alcune variabili anche aumentata, il già limitato ricorso alla terapia ortodontica è rimasto invariato.<br />

Sarà quin<strong>di</strong> importante trasmettere alle Autorità locali le informazioni rilevate, per consentire <strong>di</strong> programmare opportuni<br />

interventi <strong>di</strong> prevenzione, ma anche l'auspicabile adeguamento dell'offerta terapeutica.


FLUOROPROFILASSI IN GRAVIDANZA: INDAGINE IN UN CAMPIONE DI SOGGETTI PEDIATRICI<br />

Maturo P., Costacurta M., Bartolino M., Perugia C.<br />

<strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata, titolare Prof. R. Docimo<br />

OBIETTIVI: attraverso uno stu<strong>di</strong>o clinico retrospettivo, si è voluto valutare se la somministrazione sistemica <strong>di</strong> fluoro<br />

durante la gestazione abbia determinato una riduzione nella prevalenza della patologia cariosa in un gruppo <strong>di</strong> soggetti<br />

pe<strong>di</strong>atrici rispetto ad un gruppo controllo.<br />

MATERIALI E METODI: su un campione <strong>di</strong> 2000 soggetti fra 0 e <strong>13</strong> anni afferenti presso il servizio <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong><br />

Pe<strong>di</strong>atrica dell’ Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata, sono stati slezionati 84 pazienti sud<strong>di</strong>visi in due gruppi: Gruppo<br />

TEST: 34 pazienti (16 M- 18 F, età me<strong>di</strong>a 9,23 anni), le cui madri durante la gravidanza avevano assunto fluoro; gruppo<br />

CONTROLLO: 50 pazienti (23M - 27F, età me<strong>di</strong>a 9 anni) le cui madri non avevano assunto fluoro durante la<br />

gestazione. I pazienti sono stati sottoposti ad un esame clinico e ra<strong>di</strong>ografico per valutare i soggetti caries free ed il<br />

valore <strong>di</strong> dfs/DFS.<br />

RISULTATI: Soggetti caries free: gruppo TEST: 35%, gruppo CONTROLLO 28%. Valore <strong>di</strong> dfs/DFS: gruppo TEST:<br />

3,41, gruppo CONTROLLO 2,49. Il gruppo TEST è stato ulteriormente sud<strong>di</strong>viso in soggetti a cui era stato<br />

somministrato fluoro solo durante la gravidanza (33%), il cui dfs/DFS è risultato 3,14 e soggetti che lo avevano assunto<br />

anche dopo la nascita (67%) con dfs/DFS pari a 3.<br />

DISCUSSIONI: La considerevole prevalenza della patologia cariosa nella popolazione infantile italiana suggerisce <strong>di</strong><br />

considerarla tutta a rischio <strong>di</strong> carie. Alcuni Autori in<strong>di</strong>cano come ulteriore integratore durante la gravidanza il fluoro<br />

somministrato per via sistemica, in<strong>di</strong>candolo come un primo passo verso la prevenzione della carie. Nello stu<strong>di</strong>o da noi<br />

effettuato l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> carie (dfs/DFS) nel gruppo test e nel gruppo controllo non mostra <strong>di</strong>fferenze significative.<br />

Nell’ambito del nostro gruppo <strong>di</strong> osservazione l’assunzione <strong>di</strong> fluoro anche dopo la nascita non sembra influire<br />

significativamente sull’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> carie.<br />

CONCLUSIONI: L’assunzione <strong>di</strong> fluoro in gravidanza sembra non influenzare in maniera significativa la riduzione<br />

dell’incidenza della patologia cariosa. La somministrazione in gravidanza e dopo la nascita può essere considerata nelle<br />

aree geografiche in cui le concentrazioni <strong>di</strong> fluoro nelle acque siano al <strong>di</strong> sotto del livello ritenuto accettabile ai fini<br />

della prevenzione della patologia cariosa e del rischio <strong>di</strong> carie.


CORRELAZIONI TRA ALTERAZIONI DELLA FUNZIONALITA' OCULARE ED APPARATO<br />

STOMATOGNATICO: INDAGINE CLINICO STATISTICA SU PAZIENTI IN ETA' EVOLUTIVA.<br />

Mannella E* Carli E** Bonfigli D* Galli V*. Giuca MR*.<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia , Università <strong>di</strong> Pisa, , Ambulatorio <strong>di</strong> Pedodonzia.<br />

**Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Ortognatodonzia Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari.<br />

OBIETTIVI: In vari stu<strong>di</strong> clinici presenti in letteratura è stata indagata l'esistenza <strong>di</strong> correlazioni tra apparato<br />

stomatognatico e visivo. Questo stu<strong>di</strong>o è stato condotto al fine <strong>di</strong> valutare, su un campione <strong>di</strong> pazienti in età evolutiva,<br />

l'associazione tra alterazioni della funzionalità oculare e presenza <strong>di</strong> malocclusioni. MATERIALI E METODI: In<br />

questo stu<strong>di</strong>o sono state eseguite visite ortodontiche su un campione <strong>di</strong> 269 bambini pervenuti presso la Clinica<br />

Oculistica Universitaria <strong>di</strong> Pisa per visite oftalmologiche complete. Tutti i soggetti avevano una età inferiore ai 15 anni<br />

e all'anamnesi non presentavano <strong>di</strong>sturbi <strong>di</strong> natura congenita o acquisita. I pazienti sono stati sud<strong>di</strong>visi in 4 gruppi <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o sulla base della <strong>di</strong>agnosi fornitaci: 1)emmetropia ed ortoforia 2)vizi <strong>di</strong> rifrazione 3)strabismi 4)quadri misti. Le<br />

alterazioni della funzionalità oculare sono state correlate con le variabili ortodontiche emerse dall'esame ispettivo<br />

extraorale ed intraorale; i dati sono stati analizzati con con χ-quadro, assumendo come significativi valori <strong>di</strong> p


GVHD ORALE IN UN PAZIENTE PEDIATRICO SOTTOPOSTO A TRAPIANTO DI CELLULE<br />

STAMINALI EMOPOIETICHE<br />

Maturo P., Costacurta M., Della Modesta M.<br />

<strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica Università <strong>di</strong> Roma tor Vergata, titolare Prof. R. Decimo<br />

Lo scopo del presente questo è quello <strong>di</strong> valutare quale siano le manifestazioni orali della Graft-versus-Host Disease<br />

(GvHD) maggiormente riscontrate nei pazienti pe<strong>di</strong>atrici affetti da <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> natura neoplastica ed ematologica e<br />

comunque sottoposti a specifici protocolli <strong>di</strong> trapianto <strong>di</strong> cellule staminali emopoietiche (HSCT).<br />

E’ giunto alla nostra osservazione, presso il servizio <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica del Policlinico Tor Vergata <strong>di</strong> Roma.un<br />

soggetto <strong>di</strong> 12 anni, <strong>di</strong> sesso maschile e <strong>di</strong> nazionalità iraniana, il quale, essendo affetto da una severa forma <strong>di</strong> anemia<br />

aplastica, era stato sottoposto al trapianto <strong>di</strong> cellule staminali emapoietiche da 3 mesi. Il paziente lamentava <strong>di</strong>sfagia e<br />

dolore a livello orale caratterizzato da odontalgia, secchezza e bruciore delle mucose orali, glossopatia, alterazione del<br />

gusto. Esame Clinico: All’esame extraorale il paziente presenta capelli ra<strong>di</strong>, sottili e fragili, secchezza oculare e lesioni<br />

lichenoi<strong>di</strong> e sclerodermiche della pelle del viso soprattutto nelle aree intorno agli occhi, al naso alla bocca e al mento.<br />

All’esame intraorale si riscontra: ridotta apertura della bocca per riduzione della rima buccale, presenza <strong>di</strong> numerosi<br />

processi cariosi deostruenti, mucositi generalizzate, ulcerazioni <strong>di</strong> tipo afoso, eruzioni vescicolari simili a lesioni<br />

erpetiche e reazioni lichenoi<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffuse su lingua, mucosa geniena e gengivale, caratterizzate clinicamente da striature<br />

bianche confluenti in placche rilevate e uniformi e xerostomia che rende <strong>di</strong>fficile e dolorosa qualsiasi manovra<br />

terapeutica compresa la semplice ispezione.<br />

Le lesioni ectodermiche quali le alterazioni patologiche <strong>di</strong> capelli, unghie, pelle e mucose, costituiscono le prime e più<br />

comuni manifestazioni cliniche. Il 40-70% <strong>dei</strong> pazienti sottoposto a trapianto <strong>di</strong> midollo sviluppano GVHD in forma<br />

acuta o cronica, con manifestazioni in <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>stretti ed apparati. Obiettivo primario della terapia è <strong>di</strong> intervenire con<br />

la risoluzione <strong>dei</strong> processi cariosi e la bonifica degli elementi dentari con lesioni che possano rappresentare focolai<br />

d’infezione sistemici. L’odontoiatra dovrà lenire quin<strong>di</strong> la sintomatologia dolorosa agevolando la possibilità <strong>di</strong><br />

alimentarsi migliorando, quin<strong>di</strong>, la qualità <strong>di</strong> vità , prevenendo la <strong>di</strong>struzione <strong>dei</strong> tessuti duri e molli della cavità orale.<br />

La terapia sistemica, generalmente a base <strong>di</strong> immunosoppressori può portare ad effetti collaterali, mentre le terapie<br />

locali offrono <strong>di</strong>versi vantaggi, specie per la possibilità <strong>di</strong> somministrare più farmaci, <strong>di</strong>minuendone le complicanze<br />

sistemiche. I farmaci più utilizzati a livello orale sono corticosteroi<strong>di</strong> topici (desametasone), clorexi<strong>di</strong>na 0,2%,<br />

bicarbonato, soluzioni anestetiche (lidocaina).<br />

I pazienti con GVHD frequentemente sviluppano lesioni orali, alcune delle quali talmente gravi da interferire con la<br />

normale alimentazione. Una <strong>di</strong>agnosi tempestiva e un buon piano <strong>di</strong> trattamento <strong>di</strong> tipo multi<strong>di</strong>sciplinare sono quin<strong>di</strong><br />

essenziali per migliorare la qualità <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> questi piccoli pazienti.


TECNICHE CHIRURGICHE E TRATTAMENTO DEI CENTRALI SUPERIORI INCLUSI O RITENUTI.<br />

Oliveto G.*, Lorenzano G., Chilelli F., Fidato R.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir.: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

I <strong>di</strong>sturbi eruttivi degli elementi permanenti, intesi come ritardo <strong>di</strong> eruzione oltre i limiti fisiologici, sono comuni<br />

anomalie che si verificano frequentemente durante il periodo <strong>di</strong> dentizione mista. Essi riconoscono <strong>di</strong>versi fattori<br />

eziologici: strutturali, come ipoplasia del mascellare superiore o patologie congenite; generali, come ere<strong>di</strong>tarietà,<br />

<strong>di</strong>sendocrinie, malattie infettive o <strong>di</strong>smetaboliche. Tra i fattori eziologici locali che costituiscono le cause più frequenti<br />

<strong>di</strong> inclusione/ritenzione ricor<strong>di</strong>amo la permanenza del dente deciduo anchilosato o la sua precoce esfoliazione, le<br />

anomalie <strong>di</strong> posizione o decorso eruttivo dell’elemento permanente e la presenza <strong>di</strong> ostacoli meccanici all’eruzione<br />

come soprannumerari, odontomi, neoformazioni cistiche. Gli elementi dentari che più frequentemente risultano inclusi<br />

sono: terzi molari inferiori e superiori, canini superiori, incisivi centrali superiori, seguiti da canini inferiori e premolari.<br />

Negli ultimi tre anni presso l’ U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Infantile dell’Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza” sono giunti <strong>di</strong>versi<br />

casi <strong>di</strong> ritenzione/inclusione <strong>di</strong> incisivi centrali superiori. Lo scopo del nostro lavoro è quello <strong>di</strong> mostrare attraverso tre<br />

<strong>dei</strong> nostri casi clinici le <strong>di</strong>verse modalità terapeutiche, dettate dalla valutazione <strong>dei</strong> fattori eziologici, dalla posizione e<br />

dalla morfologia dell’elemento non erotto e soprattutto dalla presenza o meno della “vis eruttiva”. In seguito ad un’<br />

attenta analisi anamnestica, l’esame clinico intra ed extraorale e gli accertamenti ra<strong>di</strong>ografici è stato programmato il<br />

piano <strong>di</strong> trattamento.<br />

Nel primo caso, è stato adottato il metodo chirurgico-ortodontico con esposizione dell’incluso ed applicazione <strong>di</strong><br />

sussi<strong>di</strong>o ortodontico. Nel secondo paziente, invece, in seguito al trattamento delle con<strong>di</strong>zioni patologiche che<br />

ostacolavano l’eruzione ed in presenza in arcata dello spazio adeguato, si è verificata l’eruzione spontanea<br />

dell’elemento ritenuto. Nell’ultimo caso, si è proceduto al l’estrazione dell’incluso per impossibilità <strong>di</strong> recupero e<br />

conservazione.<br />

Il trattamento <strong>dei</strong> denti non erotti deve porsi, comunque, come principale obiettivo il recupero degli stessi, considerata<br />

l’ìmportanza che una corretta formula dentaria ed una giusta sequenza eruttiva rivestono nel corretto assetto<br />

dell’apparato stomatognatico.


LASER IN PEDODONZIA: RIABILITAZIONE LOGOPEDICA DOPO FRENULECTOMIA LINGUALE<br />

Tripo<strong>di</strong> D. MD, DDS, Cuscela C., DDS*, Rongione M.P. DDS, Pernotti V. DDS PhD, Filippakos A.DDS<br />

Università “G. d’Annunzio” Chieti – Pescara. Dip. Scienze Odontostomatologiche, Cattedra Pedodonzia: Prof. D.<br />

Tripo<strong>di</strong><br />

Il frenulo linguale rappresenta una struttura <strong>di</strong> interesse chirurgico poiché in caso <strong>di</strong> inserzione anomala può provocare<br />

l’insorgenza <strong>di</strong> problemi parodontali ovvero recessioni gengivali, problemi nella fonetica, anchiloglossia, <strong>di</strong>astemi,<br />

problematiche <strong>di</strong> tipo ortodontico con possibili alterazioni dentoscheletriche oltre ad una maggior pre<strong>di</strong>sposizione alla<br />

carie nei settori posteriori a causa della minore detersione legata alla minore mobilità della lingua. L’utilizzo del laser in<br />

pedodonzia nel trattamento della frenulectomia linguale risulta essere una valida alternativa al trattamento tra<strong>di</strong>zionale<br />

in quanto tecnica molto veloce e poco dolorosa sia durante l’intervento che nel periodo successivo per il piccolo<br />

paziente poiché permette <strong>di</strong> agire in modo minimamente invasivo limitando la necessità <strong>di</strong> anestesie e <strong>di</strong> applicazioni <strong>di</strong><br />

punti <strong>di</strong> sutura. Scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare i benefici per il piccolo paziente <strong>di</strong> un trattamento<br />

meno invasivo come quello con il laser per la frenulectomia linguale e l’affiancamento <strong>di</strong> questo con una adeguata<br />

terapia logope<strong>di</strong>ca rispetto ad un gruppo <strong>di</strong> pazienti in cui non è stata effettuata terapia logope<strong>di</strong>ca. E’stato riscontrato<br />

che effettuare esercizi <strong>di</strong> stretching muscolare seriali e ripetibili che il paziente può eseguire, a seguito delle giuste<br />

istruzioni da parte dello specialista, anche autonomamente a casa a partire dal giorno successivo all’intervento e per un<br />

periodo <strong>di</strong> tempo <strong>di</strong> due settimane, risulti essere un valido ausilio per una più rapida riabilitazione e un più celere<br />

recupero della mobilità linguale e una maggiore acquisizione dell’autonomia <strong>dei</strong> movimenti limitati dalla presenza <strong>di</strong> un<br />

frenulo corto.<br />

L’associazione <strong>di</strong> queste due meto<strong>di</strong>che ha permesso al piccolo paziente <strong>di</strong> affrontare questo piccolo intervento ed il<br />

periodo riabilitativo molto più velocemente e in modo meno traumatico.


APPLICAZIONE DEL LASER Er:YAG IN ORTODONZIA. STUDIO PRELIMINARE IN VITRO AL SEM<br />

DOPO DEBONDING.<br />

Di Carlo G, Kornblit R, Petrillo F, Saccucci M, Ierardo G.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Direttore: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L.Sfasciotti<br />

OBIETTIVI: i progressi nella ricerca circa le applicazioni del laser nel cavo orale hanno reso possibile l’uso dello<br />

stesso in <strong>di</strong>fferenti campi dell’odontoiatria; dalla chirurgia orale alla paradontologia , dalla conservativa all’endodonzia.<br />

In passato l’uso nella terapia ortodontica è stato limitato al trattamento chirurgico <strong>dei</strong> frenuli patologici. Recentemente è<br />

stata stu<strong>di</strong>ata l’applicazione della luce laser nella preparazione dello smalto al bon<strong>di</strong>ng <strong>dei</strong> brackets ortodontici. Si<br />

propone uno stu<strong>di</strong>o preliminare in vitro al SEM della superficie dello smalto dopo debon<strong>di</strong>ng <strong>dei</strong> brackets ortodontici.<br />

MATERIALI E METODI: sono stati selezionati 33 molari umani inclusi, man<strong>di</strong>bolari e mascellari, <strong>di</strong>visi in tre<br />

gruppi e trattati ciascuno con procedure <strong>di</strong> bon<strong>di</strong>ng <strong>di</strong>verse. Il primo gruppo è stato mordenzato con acido ortofosforico<br />

al 37%. Il secondo gruppo ha subito trattamento con luce laser Er:YAG. Il terzo è stato trattato sia con acido<br />

ortofosforico sia con laser Er:YAG. Dopo 48 ore dal trattamento è stato eseguito il <strong>di</strong>stacco del bracket me<strong>di</strong>ante pinza<br />

specifica per debon<strong>di</strong>g. Per ogni campione, inoltre, è stato calcolato l’ ARI Index. RISULTATI: all’analisi al SEM la<br />

prima osservazione è stata compiuta nei confronti dell’area periferica tra bracket e smalto ricercando eventuali<br />

microfratture periferiche dello smalto ed eventuali <strong>di</strong>fferenze tra i tre gruppi. L’osservazione non ha identificato<br />

microfratture dello smalto. Successivamente è stata analizzata l’area centrale <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco <strong>dei</strong> campioni sottoposti a<br />

debon<strong>di</strong>ng avendo verificato la morfologia <strong>di</strong> quest’area ed le eventuali <strong>di</strong>fferenze fra i campioni. Nel gruppo trattato<br />

con acido ortofosforico si evidenzia una lesione uniforme, mentre, nel gruppo trattato unicamente con luce laser si nota<br />

un’ adesione <strong>di</strong>somogenea. Per ultimo, nel campione trattato sia con acido ortofosforico che con luce laser l’aspetto<br />

dell’area centrale è certamente <strong>di</strong>somogeneo, sebbene in misura minore rispetto ai campioni trattati con il laser.<br />

CONCLUSIONI: in base ai risultati ottenuti e alla letteratura non si evidenzia una adesione superiore da parte <strong>dei</strong><br />

campioni trattati con laser, inoltre, avendo notato che l’acido orto fosforico non determina gravi danni allo smalto si può<br />

concludere ch,e non esiste un reale vantaggio circa l’uso del laser Er:YAG nella preparazione dello smalto per il<br />

bon<strong>di</strong>ng <strong>dei</strong> brackets ortodontici, considerati la praticità d’uso e i costi.


TERAPIE LASER A DIODI ASSISTITE IN ODONTOIATRIA PEDIATRICA<br />

Maturo P., Bartolino M., Perugia C., Pistilli L.<br />

<strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica Università <strong>di</strong> Roma Tor Vergata, titolare Prof. R. Docimo<br />

OBIETTIVI: Il nostro obiettivo è stato quello <strong>di</strong> valutare l’efficacia clinica e <strong>di</strong> approccio psicologico, nell’utilizzo del<br />

laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> come ausilio nelle terapie odontoiatriche nel paziente pe<strong>di</strong>atrico.<br />

MATERIALI E METODI: è stato utilizzato una sorgente laser a <strong>di</strong>odo con lunghezza d’onda 810 nm, potenza<br />

massima 3 watt e frequenza continua o pulsata fino a 20kHz, fibre da 400 micron per l’utilizzo in chirurgia e 200<br />

micron per l’utilizzo endodontico. Presso il servizio <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica del Policlinico dell’ Università <strong>di</strong> Roma<br />

Tor Vergata sono state eseguite 23 frenulectomie labiali, 8 gengivectomie, 10 opercolizzazione <strong>di</strong> elementi dentari<br />

ritenuti, 5 asportazioni <strong>di</strong> neoformazioni mucose, 16 pulpotomie <strong>di</strong> elementi decidui. E’ stato utilizzato anestetico<br />

topico <strong>di</strong> superficie nei casi <strong>di</strong> gengivectomie, opercolizzazioni e nel 44% delle frenulectomie. Per le restanti terapie è<br />

stato somministrata anestesia plessica senza vasocostrittore. Tutti i casi sono stati sottoposti a controllo clinico a 7<br />

giorni, 14 giorni, 1 mese e 3 mesi.<br />

RISULTATI:. Dal punto <strong>di</strong> vista clinico si è osservato: la totale emostasi durante l’azione del laser sui tessuti in tutti i<br />

casi; la guarigione completa della ferita nei casi chirurgici entro 14 giorni post-op; l’assenza <strong>di</strong> sintomatologia clinica o<br />

ra<strong>di</strong>ograficamente apprezzabile nei casi <strong>di</strong> pulpotomia in tutti i controlli. Dal punto <strong>di</strong> vista della compliance del<br />

paziente pe<strong>di</strong>atrico, la possibilità <strong>di</strong> effettuare molti interventi con anestesia topica ha aumentato la collaborazione <strong>dei</strong><br />

pazienti poco motivati ed in tutti i casi è stata riferita assenza <strong>di</strong> sintomatologia post-operatoria.<br />

DISCUSSIONI: la lunghezza d’onda <strong>di</strong> 810 nm presenta scarsa affinità per l’acqua ed ha come bersagli <strong>di</strong> elezione<br />

sostanze scure come l’emoglobina. I vantaggi offerti dal laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> sono la rapi<strong>di</strong>tà con la quale si effettuano le<br />

incisioni e il controllo del sanguinamento, senza la necessità <strong>di</strong> suture chirurgiche nelle tecniche da noi eseguite e con<br />

efficace azione antimicrobica e biostimolante sia nei casi chirurgici che endodontici.<br />

CONCLUSIONI:Il laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> si è <strong>di</strong>mostrato un mezzo utile ed efficace in odontoiatria pe<strong>di</strong>atrica. La compliance<br />

del paziente è incrementata notevolmente grazie alla mini-invasività, alla minor necessità <strong>di</strong> anestesia, al minore<br />

sanguinamento e a minor <strong>di</strong>sturbi peri e post-operatori. Tutto questo si traduce in tempi operatori e tempi <strong>di</strong> guarigione<br />

minori rispetto alle procedure odontoiatriche standard.


UTILIZZO DEI CEMENTI VETROIONOMERICI MICROIBRIDI NEL RESTAURO CONSERVATIVO DEI<br />

DENTI DECIDUI<br />

Manici MC., Caputo A., Pizzi S.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Otorino-odonto-oftalmologiche e Cervico-facciali - Sezione <strong>di</strong><br />

Odontostomatologia Direttore: Prof. Mauro Bonanini<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: La carie dentale, come in<strong>di</strong>cano i dati epidemiologici, è una patologia in costante<br />

declino, ma rimane comunque l’infezione orale più <strong>di</strong>ffusa soprattutto in età pe<strong>di</strong>atrica. Obiettivo del pedodontista è<br />

fornire ai piccoli pazienti salute e non terapia. Tuttavia, qualora questa si renda necessaria, sono <strong>di</strong>sponibili tecniche e<br />

materiali che garantiscono il mantenimento della salute orale residua del paziente con una elevata percentuale <strong>di</strong><br />

successo. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è valutare il grado <strong>di</strong> successo-insuccesso dell’adesione in restauri <strong>di</strong> cavità, attraverso<br />

un test <strong>di</strong> microinfiltrazione: l’esistenza <strong>di</strong> una fessura periferica all’interfaccia dente-otturazione permetterebbe il<br />

passaggio <strong>di</strong> flui<strong>di</strong>, batteri e residui alimentari creando il substrato per una carie secondaria.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati utilizzati due <strong>di</strong>versi materiali, entrambi realizzati con la nanotecnologia e<br />

fotopolimerizzabili: il vetroionomero Ketac N100 con relativo primer e Filtek Supreme XT composito universale<br />

utilizzato con un sistema adesivo 3M ESPE Adper Prompt L-Pop. Utilizzando un campione <strong>di</strong> 48 denti decidui, sono<br />

state eseguite 71 cavità, 35 sono state restaurate con Ketac N100, 36 con Filtek Supreme XT. Dopo aver immerso i<br />

denti per 24 ore in una soluzione al blu <strong>di</strong> metilene all’1%, i campioni sono stati sezionati con <strong>di</strong>sco <strong>di</strong>amantato e<br />

analizzati in microscopia ottica ad un ingran<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> 4X per poter osservare l’entità <strong>di</strong> penetrazione del colorante.<br />

L’ermeticità del sigillo marginale è stata valutata avvalendosi <strong>di</strong> uno score che va da 0 a 2 e che assegna un valore<br />

specifico alla profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> penetrazione del colorante: score 0 corrisponde ad assenza <strong>di</strong> penetrazione; score 1<br />

corrisponde a penetrazione del colorante limitata allo smalto; score 2 corrisponde a penetrazione del colorante che<br />

coinvolge anche la dentina.<br />

RISULTATI: Presentano score 0: 9 cavità restaurate con Filtek Supreme XT e 2 restaurate con Ketac N100; score 2:<br />

19 cavità restaurate con Filtek Supreme XT e 17 restaurate con Ketac N100; score 3: 8 cavità restaurate con Filtek<br />

Supreme XT e 16 cavità restaurate con Ketac N100. Il test <strong>di</strong> Mann-Whitney ha rilevato che le <strong>di</strong>fferenze tra i due<br />

analizzati sono statisticamente significative: p=0,0171.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il sigillo marginale del restauro in composito è migliore rispetto a quelli del<br />

cemento vetroionomerico. Tuttavia l’utilizzo del cemento vetroionomerico rimane attuale ed efficace considerando che<br />

i restauri <strong>dei</strong> denti decidui rimangono nel cavo orale per un tempo limitato e che questo materiale associa finalità<br />

terapeutiche a finalità preventive. Il cemento vetroionomerico, infatti, grazie alla sua peculiare caratteristica <strong>di</strong> rilasciare<br />

fluoro, sviluppa un effetto cariostatico e concorre attivamente al mantenimento della salute orale residua del bambino.


BISOGNI DI CURE DENTALI ED EFFICACIA DELLA SEDAZIONE COSCIENTE NEI BA<strong>MB</strong>INI CON<br />

MALATTIE ONCOLOGICHE.<br />

Garret-Bernar<strong>di</strong>n A. 1 , Jung S. 1 , Lutz P. 2 , Manière M-C 1 .<br />

1 : Dipartimento <strong>di</strong> odontologia pe<strong>di</strong>atrica, Facoltà <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>, Università <strong>di</strong> Strasburgo.<br />

2 : Dipartimento <strong>di</strong> onco-ematologia pe<strong>di</strong>atrica, Ospedale Hautepierre, Università <strong>di</strong> Strasburgo.<br />

Mucositis, infezione o emorragia orale, <strong>di</strong>sfunzione delle ghiandole salivari e dolore sono effetti acuti comuni trovati<br />

nei bambini trattati per malattie oncologiche. Carie dentali e ascessi sono anche all’origine <strong>di</strong> un’importante fonte <strong>di</strong><br />

batteremia e <strong>di</strong> infezione durante gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> neutropenia conseguenti alla chemioterapia citotossica in questi pazienti.<br />

Di conseguenza, un esame orale regolare e un programma <strong>di</strong> cure orali preventive sono necessari per impe<strong>di</strong>re lo<br />

sviluppo <strong>di</strong> infezioni orali.<br />

I piccoli pazienti affetti da cancro possono aver subito delle procedure me<strong>di</strong>che invasive, ripetitive e dolorose, che sono<br />

fattori <strong>di</strong> rischio per l’ansia dentale. Adeguati analgesici e sedazione durante le cure dentali sono dunque necessari per<br />

ridurre lo stress e i problemi <strong>di</strong> comportamento <strong>di</strong> questi pazienti.<br />

Obiettivi: Il primo obiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> capire i bisogni <strong>di</strong> cure dentali <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> bambini<br />

prima, durante, e dopo il trattamento del cancro ; il secondo obiettivo quello <strong>di</strong> valutare la tolleranza e l’impatto sul<br />

comportamento della sedazione per inalazione durante il trattamento dentale in questi pazienti.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Tra il 2005 ed il 2007 sono stati esaminati 75 pazienti (<strong>di</strong> età compresa tra 3 e 19 anni) trattati nel<br />

reparto <strong>di</strong> oncologia <strong>di</strong> Strasburgo (Francia). Sono stati rilevati il loro stato orale e i bisogni <strong>di</strong> cure dentali. È stata usata<br />

la sedazione per inalazione, con somministrazione della miscela 50% O²-50% N20 come unico agente. Il<br />

comportamento è stato valutato usando la scala mo<strong>di</strong>ficata <strong>di</strong> Venham nei vari momenti delle cure dentali.<br />

Risultati: il 33% <strong>dei</strong> pazienti necessitavano <strong>di</strong> cure dentali. Il ricorso all’anestesia generale è stato necessario nell’8%<br />

<strong>dei</strong> casi. Il piano <strong>di</strong> trattamento è stato eseguito sotto sedazione per inalazione nel 62% delle sedute. Questa tecnica ha<br />

permesso <strong>di</strong> ridurre l’ansia durante le cure dentali nel 93% <strong>dei</strong> pazienti. Non è stato incontrato nessun effetto collaterale,<br />

né maggiore, né minore.<br />

Discussioni e conclusioni: I pedodontisti devono giocare un ruolo importante nella gestione della salute orale <strong>dei</strong><br />

pazienti prima, durante e dopo la terapia oncologica. Inoltre, il controllo del dolore e dell’ansia è essenziale e la<br />

sedazione per inalazione della miscela equimolare N20/O2 costituisce una soluzione adeguata e sicura da usare per i<br />

dentisti per curare i pazienti pe<strong>di</strong>atrici oncologici.


OSTACOLI MECCANICI ALL’ ERUZIONE DENTARIA: INCIDENZA E MODALITA’ TERAPEUTICHE<br />

Ciccolo F.*, Artemisia A., Militi A., Portelli M., Matarese G.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Messina, Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Pedodonzia: Titolare Dott. G. Matarese<br />

OBIETTIVI: Numerose sono le cause della mancata comparsa <strong>di</strong> un elemento dentario in arcata. Nella nostra indagine<br />

abbiamo tralasciato volutamente <strong>di</strong> considerare i fattori eziologici generali e quelli strutturali che <strong>di</strong> volta in volta<br />

possono essere chiamati in causa nel determinismo <strong>di</strong> tale patologia. Abbiamo voluto invece porre la nostra attenzione<br />

su tutta una miriade <strong>di</strong> fattori eziologici locali che con vari meccanismi eziopatogenetici concorrono a creare un<br />

ostacolo meccanico all’eruzione dentaria o che comunque pre<strong>di</strong>spongono verso questa anomalia.<br />

MATERIALI E METODI: La nostra indagine epidemiologica è stata condotta su un campione <strong>di</strong> pazienti che<br />

afferivano per svariate problematiche <strong>di</strong> odontoiatria pe<strong>di</strong>atrica nell’ambulatorio <strong>di</strong> pedodonzia del Policlinico<br />

Universitario <strong>di</strong> Messina. Nell’ambito della routinaria attività ambulatoriale abbiamo posto la nostra attenzione su un<br />

gruppo <strong>di</strong> pazienti che presentavano al <strong>di</strong> là <strong>dei</strong> limiti fisiologici un ritardo <strong>di</strong> eruzione, legato ad un ostacolo meccanico<br />

rappresentato <strong>di</strong> volta in volta dalla presenza <strong>di</strong> elementi sovrannumerari, <strong>di</strong> neoformazioni odontogene quali odontomi<br />

composti e complessi, <strong>di</strong> formazioni cistiche e tra <strong>di</strong> esse in particolare <strong>di</strong> cisti follicolari. I dati in nostro possesso sono<br />

stati processati secondo un metodo statistico.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Le scelte terapeutiche da noi adottate per la risoluzione <strong>dei</strong> casi clinici giunti<br />

alla nostra osservazione sono state valutate criticamente <strong>di</strong> volta in volta tenendo conto dell’eziologia, delle possibili<br />

correlazioni con patologie associate, della stretta vicinanza topografica a strutture nobili e della giovane età <strong>dei</strong> pazienti.<br />

Allorquando le con<strong>di</strong>zioni anatomiche lo consentivano ed era ancora presente una vis eruttiva a tergo abbiamo fatto<br />

ricorso alla semplice rimozione dell’impe<strong>di</strong>mento meccanico all’eruzione; ci si è avvalsi invece <strong>di</strong> una procedura<br />

chirurgico-ortodontica nella gran maggioranza <strong>dei</strong> casi. Il criterio chirurgico da noi adottato è stato quanto mai<br />

conservativo, facendo ricorso a manovre minimamente invasive, senza però inficiare in alcun modo il risultato finale.<br />

Mai nella nostra casistica ci siamo dovuti avvalere <strong>di</strong> un intervento chirurgico ra<strong>di</strong>cale.


TRATTAMENTO CHIRURGICO-ORTODONTICO IN PRESENZA DI ODONTOMI IN ETA’<br />

PEDIATRICA: INDAGINE CLINICO-STATISTICA<br />

Fraietta F.*, Di Conza L., Nocita L., Zeb<strong>di</strong>e M.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica ,<br />

Dir.: A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni , Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

INTRODUZIONE: L’eruzione tar<strong>di</strong>va degli elementi dentari, sia decidui che permanenti, è una problematica molto<br />

frequente in odontoiatria. In questo stu<strong>di</strong>o viene posta l’attenzione a quei problemi <strong>di</strong> eruzione causati da un gruppo <strong>di</strong><br />

tumori odontogeni benigni, molto frequenti in età pe<strong>di</strong>atrica: gli odontomi. OBIETTIVI: Questo lavoro si propone <strong>di</strong><br />

valutare, tramite un’analisi clinico statistica, la frequenza degli odontomi in età pe<strong>di</strong>atrica, verificando se la loro<br />

incidenza e le loro caratteristiche siano in accordo con quelle esistenti in letteratura ed inoltre, <strong>di</strong> descrivere le possibili<br />

tecniche chirurgiche da utilizzare per la risoluzione della patologia e delle problematiche connesse all’eruzione in età <strong>di</strong><br />

crescita. MATERIALI E METODI: L’indagine retrospettiva è stata condotta su 6093 prime visite effettuate nel<br />

reparto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Infantile dal 2004 al 2008. Lo stu<strong>di</strong>o retrospettivo effettuato, si è avvalso, per la raccolta <strong>dei</strong><br />

dati, <strong>di</strong> una “ scheda paziente”, nella quale vengono riportati i dati anagrafici, il numero e il tipo <strong>di</strong> odontomi, la sede, la<br />

prospicienza, le patologie associate. Per quanto concerne la <strong>di</strong>agnosi, sono stati raccolti i dati delle indagini cliniche e<br />

ra<strong>di</strong>ografiche. Per ciò che riguarda i dati inerenti l’intervento, sono stati registrati il tipo <strong>di</strong> anestesia, il tipo <strong>di</strong> incisione,<br />

il versante orale e/o vestibolare dell’aggressione chirurgica, l’esecuzione o meno <strong>di</strong> una breccia ed è stato allegato a<br />

questi dati il relativo supporto fotografico. RISULTATI: Sono stati riscontrati 14 casi <strong>di</strong> odontomi su un totale <strong>di</strong> 6093<br />

bambini. Dei 14 pazienti 5 erano <strong>di</strong> sesso maschile e 9 <strong>di</strong> sesso femminile, <strong>di</strong> età compresa tra i 7 e gli 11 anni. I tumori<br />

sono stati ritrovati in dentizione mista, associati a denti permanenti. Tutti gli odontomi sono stati rimossi<br />

chirurgicamente con o senza l’estrazione <strong>dei</strong> denti decidui ancora in arcata. In tutti i casi da noi rilevati, gli odontomi<br />

creavano <strong>di</strong>sturbi dell’eruzione <strong>dei</strong> denti permanenti, causando ritenzione o inclusione <strong>di</strong> questi ultimi. Nessuno <strong>di</strong><br />

questi denti è stato estratto durante l’intervento <strong>di</strong> rimozione dell’odontoma e 8 <strong>dei</strong> denti impattati sono erotti<br />

correttamente in arcata. Gli altri, trattati più recentemente sono in via <strong>di</strong> eruzione. 4 sono stati trattati con la meto<strong>di</strong>ca<br />

chirurgico-ortodontica, 7 tramite meto<strong>di</strong>ca chirurgica associata a trattamento ortodontico e 3 tramite la sola meto<strong>di</strong>ca<br />

chirurgica. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il presente stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>mostra che l’elevata percentuale <strong>di</strong> successo<br />

nell’eruzione <strong>dei</strong> denti ostacolati dagli odontomi è dovuta alla rimozione chirurgica della lesione quando gli elementi<br />

coinvolti possiedono ancora vis eruttiva . Al contrario, <strong>di</strong>agnosi e trattamenti tar<strong>di</strong>vi, richiedono spesso, non solo<br />

l’intervento chirurgico <strong>di</strong> escissione della lesione, ma anche la terapia ortodontica, a volte lunga e complessa, per<br />

ripristinare la corretta occlusione.


PSICOLOGIA DEL PAZIENTE ORTODONTICO PREADOLESCENZIALE<br />

Saccucci M, Tavella S°, Salsedo G, Longhi V.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento Testa-Collo, Area Odontoiatrica, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir. Prof. A. Polimeni.<br />

°Unità <strong>di</strong> Psicologia Università <strong>di</strong> Roma “ Sapienza”, <strong>di</strong>rettore Prof. G. Crocetti.<br />

Obiettivi: L’ipotesi <strong>di</strong> partenza, maturata nell’attività clinica quoti<strong>di</strong>ana con soggetti in età evolutiva, fa riferimento alla<br />

possibile stretta relazione tra lo stress, dovuto ai prolungati interventi sul cavo orale e le variazioni in senso<br />

psicopatologico della personalità. La ricerca ha preso in considerazione una fase <strong>di</strong> sviluppo particolarmente a rischio<br />

quale è quell della preadolescenza, fase in cui i cambiamenti indotti dagli interventi ortodontici si aggiungono a quelli<br />

propri <strong>di</strong> tali età, che ne risultano pertanto amplificati nella loro componente emozionale, fino a poter <strong>di</strong>venire<br />

<strong>di</strong>sadattativi. Materiali e meto<strong>di</strong>: In collaborazione con l’Unità <strong>di</strong> Psicologia dell’Università <strong>di</strong> Roma “ Sapienza”,<br />

<strong>di</strong>retta dal Prof. G. Crocetti sono stati selezionati, presso l’UOC <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica dell’Università <strong>di</strong> Roma<br />

“Sapienza” <strong>di</strong>rettore Prof. A. Polimeni, 46 soggetti, 23 <strong>di</strong> sesso maschile e 23 <strong>di</strong> sesso femminile, tutti <strong>di</strong> età compresa<br />

tra 8 e <strong>13</strong> anni, in trattamento con apparecchiature <strong>di</strong> tipo rimovibile e fisso. Al campione sono stati somministrati<br />

(singolarmente ed in ambiente protetto) due test proiettivi grafici: il test grafico della figura umana e il test grafico del<br />

bambino nella pioggia.<br />

Risultati: Dai dati presi in esame emergono aspetti rilevanti.<br />

1) Il più importante è che le caratteristiche della personalità del preadolescente in trattamento ortodontico sono<br />

accomunabili non secondo le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> età cronologica, ma secondo gli anni <strong>di</strong> storia odontoiatrica, intendendo, per<br />

storia odontoiatrica tutto l’iter storico <strong>di</strong> problematiche a carico del cavo orale, che ha accompagnato l’adolescente fino<br />

ad evolvere in un intervento ortodontico. Si deve evidenziare l’importanza del 1^evento <strong>di</strong> cura odontoiatrica, come<br />

determinante del vissuto della malattia.<br />

2) Nei primi tempi <strong>di</strong> terapia sono presenti nel ragazzo preadolescente, meccanismi specifici <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa adattativi e<br />

reattivi <strong>di</strong> tipo inibitorio. Progressivamente con l’aumentare degli anni trascorsi in cura, in<strong>di</strong>pendentemente dall’età<br />

cronologica, si nota una crescente rigi<strong>di</strong>tà dell’Io e <strong>dei</strong> suoi meccanismi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa, fino ad arrivare ad una vera e propria<br />

mo<strong>di</strong>ficazione della personalità, nel senso <strong>di</strong> un Io sempre meno flessibile e adattativo.<br />

3) L’importanza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare i possibili rischi evolutivi in base alle <strong>di</strong>namiche innescate dalla cura e la necessità <strong>di</strong><br />

apportare proposte cliniche operative a tali rischi, anche con l’ausilio <strong>di</strong> psicoterapeuti.<br />

Conclusioni: E’ importante quin<strong>di</strong> la capacità del terapeuta <strong>di</strong> ammortizzare gli stressor psico emozionali dovuti alla<br />

terapia, egli si dovrebbe fare carico non solo della cura della malattia, ma anche del vissuto della malattia. Deve in altre<br />

parole saper ascoltare il paziente come in<strong>di</strong>viduo, cosa che non fa parte del modello culturale attualmente proposto.


INDIVIDUAZIONE DI FATTORI DI RISCHIO DI MALATTIA PARODONTALE NEL PAZIENTE IN ETÀ<br />

EVOLUTIVA.<br />

Srdoc Milos L., Sarvia S., Defabianis P.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale, Reparto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica (Prof. P. Defabianis), Dental School-Lingotto,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Torino.<br />

Obiettivi: L’esistenza <strong>di</strong> un’estrema variabilità nella suscettibilità alla malattia parodontale nei pazienti in crescita è<br />

stata ampiamente confermata, anche se i dati riportati in letteratura sono scarsi e controversi. Molti dati epidemiologici<br />

e numerosi stu<strong>di</strong> clinici <strong>di</strong>mostrano che la placca batterica che colonizza il solco gengivale rappresenta la causa<br />

principale della malattia parodontale in generale e della parodontite in particolare. Inoltre pare accertato come circa il<br />

50% del rischio della suscettibilità alla patologia sia riconducibile a fattori ere<strong>di</strong>tari, mentre il rimanente 50% sia<br />

imputabile a fattori <strong>di</strong> rischio sia ambientali che acquisiti. Scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è stata l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> fattori in<br />

grado <strong>di</strong> aumentare il rischio <strong>di</strong> insorgenza <strong>di</strong> malattia parodontale nei pazienti in crescita. Materiali e meto<strong>di</strong>: 10<br />

bambini <strong>di</strong> età compresa tra 6 e 12 anni sono stati reclutati tra quelli inviati al reparto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica da<br />

Settembre 2007 a Settembre 2008. Nessuno <strong>di</strong> loro presentava lesioni cariose in atto, ma tutti presentavano un quadro <strong>di</strong><br />

malattia parodontale; nessuno inoltre riferiva patologie sistemiche rilevanti ad eccezione <strong>di</strong> un bambino <strong>di</strong> 6 anni affetto<br />

da neutropenia autoimmune ed un altro <strong>di</strong> 8 anni che presentava un quadro <strong>di</strong> osteomielite cronica a livello <strong>di</strong> 3.6<br />

indenne e già erotto in arcata ( Sindrome <strong>di</strong> Garrè). In tutti i pazienti il quadro parodontale è stato valutato con l’in<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> placca (O’Leary Inox), l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> tartaro (OHI), l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sanguinamento (BOP) ed integrato con l’esame<br />

ra<strong>di</strong>ografico, Tutti presentavano un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca superiore a 80% e tasche <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà superiore a 6 mm sui denti<br />

permanenti con presenza <strong>di</strong> un sanguinamento profuso al sondaggio. Il paziente affetto da neutropenia autoimmune<br />

presentava assenza in arcata <strong>di</strong> 7.4 e 7.5 esfoliati precocemente all’età <strong>di</strong> 3 anni , recessioni gengivali pari a 4 mm a<br />

livello <strong>di</strong> 5.4, 5.5, 6.4 e mobilità <strong>di</strong> primo grado a livello 7.3 ed 8.3 assolutamente non compatibile con l’età anagrafica;<br />

inoltre i valori dell’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sanguinamento a livello <strong>di</strong> 1.6,2.6,3.6,4.6,3.1 e 4.1 erano pari all’80%. Il paziente con<br />

Sindrome <strong>di</strong> Garrè presentava a livello <strong>di</strong> 3.6 una tasca parodontale con profon<strong>di</strong>tà pari a 10 mm e sanguinamento<br />

profuso al sondaggio. Questi 10 pazienti sono stati inseriti in un programma <strong>di</strong> trattamento parodontale articolato in<br />

quattro fasi: compilazione <strong>di</strong> una cartella parodontale, seduta <strong>di</strong> motivazione del paziente ed istruzioni all’igiene<br />

domiciliare, trattamento parodontale non chirurgico e pianificazione del follow-up. Risultati: Tutti bambini hanno<br />

raggiunto buoni livelli <strong>di</strong> igiene orale, con normalizzazione <strong>dei</strong> valori relativi agli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> placca, tartaro e<br />

sanguinamento. In particolare nel paziente affetto da neutropenia autoimmune gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> placca, tartaro e<br />

sanguinamento sono nettamente migliorati scendendo ad un valore inferiore al 30% con stabilizzazione <strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong><br />

recessione gengivale a livello <strong>dei</strong> decidui ed assenza <strong>di</strong> mobilità a carico <strong>di</strong> 7.3 e 8.3. Nella paziente affetta da Sindrome<br />

<strong>di</strong> Garrè si è osservato la regressione della profon<strong>di</strong>tà della tasca parodontale a 4 mm con assenza <strong>di</strong> sanguinamento al<br />

sondaggio. Non è stato invece possibile in<strong>di</strong>viduare fattori <strong>di</strong> rischio comuni, in grado <strong>di</strong> aumentare la suscettibilità<br />

in<strong>di</strong>viduale alla malattia. Discussione e conclusioni: Indubbiamente la placca batterica gioca un ruolo importante<br />

nell’insorgenza della malattia parodontale, ma probabilmente nel paziente in crescita entrano in gioco anche altri fattori<br />

non ancora identificati poiché tutte le fasi dello sviluppo dentale sono caratterizzate da mo<strong>di</strong>ficazioni e processi <strong>di</strong><br />

adattamento, influenzati a loro volta dalla crescita ossea, dalla permuta dentale e dallo sviluppo <strong>dei</strong> tessuti <strong>di</strong> sostegno.<br />

Per questo il follow-up a <strong>di</strong>stanza è importante al fine <strong>di</strong> verificare se una patologia parodontale insorta età giovanile<br />

possa essere pre<strong>di</strong>ttivo dell’insorgenza <strong>di</strong> un eventuale problema parodontale in età adulta.


IL TRATTAMENTO DELLA PULL-SYNDROME CON LASER CO₂ E BISTURI A LAMA FREDDA: CASI A<br />

CONFRONTO.<br />

Di Conza L.*, Mauro L., Fabbrizi M., Kornblit R.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica;<br />

Dir.: A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L.Sfasciotti.<br />

L’utilizzo dell’energia laser nella professione odontoiatrica è ormai da tempo consolidata e ampiamente documentata. Il<br />

presente lavoro si pone l’obiettivo <strong>di</strong> mettere a confronto la tecnologia laser e l’utilizzo della lama fredda nell’ambito<br />

della chirurgia <strong>dei</strong> tessuti molli, in particolare nel trattamento <strong>di</strong> frenuli patologici che causano problematiche<br />

parodontali quali recessioni gengivali e/o tasche. Questo tipo <strong>di</strong> patologia è nota più propriamente con il termine <strong>di</strong> pullsyndrome<br />

ed è causata da frenuli che presentano un’inserzione in gengiva marginale e una struttura particolarmente<br />

fibrosa e breve. Queste caratteristiche morfologiche creano, <strong>di</strong> conseguenza, trazioni anomale sul margine libero<br />

gengivale durante i movimenti funzionali. L’approccio terapeutico a tale quadro patologico si basa su interventi <strong>di</strong><br />

frenulectomia o frenulotomia eseguiti con bisturi a lama fredda o me<strong>di</strong>ante laserchirurgia. Il tipo <strong>di</strong> laser prescelto in<br />

tale ambito è il <strong>di</strong>ossido <strong>di</strong> carbonio che è , senz’altro, il più utilizzato ed il più <strong>di</strong>ffuso negli interventi <strong>di</strong> chirurgia<br />

odontostomatologica.<br />

Presi in esame i casi <strong>di</strong> pull-syndrome giunti presso l’U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Infantile dell’Università <strong>di</strong> Roma<br />

“Sapienza” , è stata eseguita un’indagine statistica al fine <strong>di</strong> evidenziare vantaggi e svantaggi delle rispettive tecniche.<br />

Dai risultati prodotti si evince che il protocollo terapeutico eseguito con laser è preferibile in quanto presenta maggiori<br />

vantaggi rispetto alla meto<strong>di</strong>ca tra<strong>di</strong>zionale, quali: elevata precisione <strong>di</strong> taglio, effetto antiflogistico ed antalgico ed un<br />

buon controllo del sanguinamento. Con l’impiego del laser, infatti, si ottiene un’ emostasi pressoché completa e si<br />

riesce a lavorare in un campo operatorio praticamente esangue. Il laser riduce il trauma strumentale poiché ha un raggio<br />

d’azione molto circoscritto e sterilizza i tessuti colpiti dalla sua ra<strong>di</strong>azione; tutto ciò si traduce in un edema<br />

postoperatorio ridotto ed in una precoce riabilitazione funzionale delle se<strong>di</strong> operate. Da rilevare poi, vista la possibilità<br />

<strong>di</strong> evitare fenomeni emorragici, l’importanza ed il vantaggio dell’uso del laser CO₂ nel trattamento <strong>di</strong> pazienti<br />

coagulopatici.


ANALISI QUANTITATIVA DEL CONTENUTO MINERALE DELLO SMALTO E DELLA DENTINA DI<br />

ELEMENTI DECIDUI IN PAZIENTI CON RACHITISMO IPOFOSFATEMICO FAMILIARE (XLH)<br />

E. Zampollo*, R. Saggese*, G.I. Baroncelli°, M. D’Orazio § e M.R. Giuca*.<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia, Unità <strong>di</strong> Pedodonzia,Università <strong>di</strong> Pisa; °U.O. Pe<strong>di</strong>atria II, Azienda Ospedaliero-<br />

Universitaria Pisana; § Dipartimento <strong>di</strong> Scienze della Terra, Università <strong>di</strong> Pisa.<br />

OBIETTIVI: I pazienti affetti da XLH possono presentare gravi lesioni odontostomatologiche (ascessi e fistole in<br />

assenza <strong>di</strong> carie o traumi). Scopo del lavoro era <strong>di</strong> comparare al SEM-EDS le caratteristiche morfologiche e la<br />

composizione minerale dello smalto e della dentina <strong>di</strong> elementi dentari decidui <strong>di</strong> pazienti affetti da XLH con quelle <strong>di</strong><br />

un soggetto sano.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati esaminati il 1° molare deciduo inferiore (8.4) <strong>di</strong> una paziente con XLH (10.5<br />

anni) ed un canino inferiore (7.3) <strong>di</strong> una bambina sana (10.1 anni). Entrambi i denti erano caduti spontaneamente e non<br />

presentavano processi cariosi. I denti, sezionati sul piano frontale, sono stati preparati per il SEM-EDS ed è stata<br />

valutata la struttura e la composizione minerale dello smalto e della dentina.<br />

RISULTATI: Lo smalto del paziente affetto da XLH è risultato apparentemente normale, con piccole irregolarità nel<br />

decorso della giunzione amelo-dentinale. La struttura della dentina è risultata <strong>di</strong>somogenea, con larghe zone <strong>di</strong> dentina<br />

interglobulare caratterizzate da formazioni sferoidali, dette "sferule calcaree". Non sono state osservate <strong>di</strong>fferenze<br />

significative nelle concentrazioni minerali totali nello smalto del paziente rispetto al controllo sano. La dentina del<br />

paziente XLH mostrava concentrazioni totali ridotte <strong>di</strong> MgO (p < 0.001) ed aumentate <strong>di</strong> SO3 (p < 0.01), mentre le<br />

concentrazioni totali <strong>di</strong> Na2O, Al2O3, P2O5 e CaO sono risultate sovrapponibili. Sia nello smalto che nella dentina è<br />

stato osservato un rapporto MgO/Na2O più elevato nel dente sano (p < 0.02) rispetto al dente patologico (p < 0.001).<br />

Lo smalto nelle zone analizzate separatamente (sede 1: 10 µm dalla superficie vestibolare; sede 2: porzione interme<strong>di</strong>a<br />

tra la superficie vestibolare e la giunzione amelo-dentinale; sede 3: 10 µm dalla giunzione amelo-dentinale) ha mostrato<br />

valori più elevati <strong>di</strong> Na2O e più bassi <strong>di</strong> MgO nelle se<strong>di</strong> 1 e 3, valori ridotti <strong>di</strong> Cl nella sede 3 e valori sovrapponibili <strong>di</strong><br />

CaO e P2O5 nel dente XLH rispetto al dente sano. La dentina nelle zone analizzate separatamente (sede 1: 10 µm dalla<br />

giunzione amelo-dentinale; sede 2: porzione interme<strong>di</strong>a tra la giunzione amelo-dentinale e la camera pulpare; sede 3:<br />

200 µm dalla camera pulpare) ha messo in evidenza valori più elevati <strong>di</strong> Na2O nella sede 1 e più bassi nelle se<strong>di</strong> 2 e 3,<br />

valori ridotti <strong>di</strong> MgO in tutte e tre le se<strong>di</strong>, valori più elevati <strong>di</strong> Al2O3 nella sede 2 e <strong>di</strong>minuiti nelle se<strong>di</strong> 1 e 3, valori<br />

ridotti <strong>di</strong> SO3 nella sede 2 ed aumentati nelle se<strong>di</strong> 1 e 3, e valori sovrapponibili <strong>di</strong> CaO e P2O5 nel dente XLH rispetto al<br />

dente sano.<br />

COMMENTO: I pazienti affetti da XLH presentano gravi alterazioni morfologiche e minerali della dentina mentre le<br />

lesioni a carico dello smalto sono modeste. Le anomalie minerali della dentina risultano soprattutto a carico delle<br />

concentrazioni <strong>di</strong> MgO, che potrebbero essere geneticamente determinate, e che potrebbero rappresentare una possibile<br />

causa nell'insorgenza delle tipiche complicanze odontostomatologiche <strong>dei</strong> pazienti con XLH.


IL “RIPOSIZIONAMENTO FORZATO”: UNA TECNICA CHIRURGICA PER IL TRATTAMENTO<br />

CONSERVATIVO DEI DENTI RITENUTI O INCLUSI.<br />

Saccucci M, Fraietta F, Favero M.I., Saturno N.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir. Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti<br />

Il riposizionamento forzato è una meto<strong>di</strong>ca chirurgica <strong>di</strong> tipo conservativo adottata per il trattamento <strong>di</strong> denti ritenuti o<br />

inclusi. Si definiscono ritenuti gli elementi dentari non erotti in arcata e che non hanno terminato il processo <strong>di</strong> sviluppo<br />

e maturazione dell’apice ra<strong>di</strong>colare, mentre sono definiti inclusi se non sono erotti in arcata e hanno terminato il<br />

processo <strong>di</strong> sviluppo e maturazione dell’apice ra<strong>di</strong>colare. In caso <strong>di</strong> inclusione o ritenzione, in funzione delle <strong>di</strong>fferenti<br />

situazioni cliniche, possono essere attuati <strong>di</strong>fferenti approcci terapeutici: ortodontico, chirurgico-ortodontico,<br />

chirurgico-conservativo e chirurgico-ra<strong>di</strong>cale. Una delle meto<strong>di</strong>che chirurgico-conservative è il riposizionamento<br />

forzato, che può rappresentare una soluzione terapeutica in casi selezionati e, in particolare, se sussistono le seguenti<br />

con<strong>di</strong>zioni relative all’elemento dentario in ritenzione o inclusione: morfologia corono-ra<strong>di</strong>colare normale o con lievi<br />

anomalie, <strong>di</strong>rezione assiale sfavorevole e spazio in arcata adeguato. La tecnica in esame consiste nel mo<strong>di</strong>ficare<br />

me<strong>di</strong>ante un’azione lussativa la <strong>di</strong>rezione del dente fino a quando lo stesso non raggiunga il suo fisiologico tragitto<br />

eruttivo, imprimendo un movimento <strong>di</strong> tipo traslatorio all’intero elemento dentario; una volta ottenuto lo spostamento,<br />

in caso <strong>di</strong> mancata stabilità dello stesso, si possono impiegare vari sistemi quali osso autologo, un filo <strong>di</strong> ottone, uno<br />

spessore (filo <strong>di</strong> ottone intrecciato, cuneo <strong>di</strong> legno). Dalla letteratura emerge che il riposizionamento forzato è una<br />

tecnica impiegata principalmente nei casi <strong>di</strong> ritenzione/inclusione <strong>dei</strong> secon<strong>di</strong> molari permanenti man<strong>di</strong>bolari: pur non<br />

essendo particolarmente frequente (0.03-0.21 % della popolazione) può accadere che la cresta marginale mesiale <strong>di</strong> tale<br />

elemento dentario vada ad impattare contro la superficie <strong>di</strong>stale del primo molare permanente e si inclini mesialmente,<br />

in genere a causa <strong>di</strong> mancanza <strong>di</strong> spazio in arcata e/o in seguito a terapia ortodontica. Inoltre con questo metodo sono<br />

sati risolti anche casi <strong>di</strong> inclusione/ritenzione <strong>di</strong> altri denti quali secon<strong>di</strong> molari permanenti superiori, elementi del<br />

gruppo frontale e incisivi <strong>di</strong>lacerati.<br />

CONCLUSIONI: Il riposizionamento forzato è una tecnica chirurgico-conservativa che può essere adottata per la<br />

<strong>di</strong>sinclusione <strong>di</strong> elementi dentari ritenuti o inclusi <strong>di</strong> pazienti in dentizione mista tar<strong>di</strong>va o permanente iniziale: infatti<br />

essa rappresenta una valida meto<strong>di</strong>ca a con<strong>di</strong>zione che sia preceduta da un’attenta analisi delle con<strong>di</strong>zioni locali, delle<br />

in<strong>di</strong>cazioni al trattamento e che venga effettuata una corretta tecnica chirurgica.


VALUTAZIONE DI DUE MATERIALI PER SIGILLATURA<br />

Soave E, Faccioni F, Bozzola N, Di Leonardo B.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona. Sezione <strong>di</strong><br />

Chirurgia Maxillo-Facciale e <strong>di</strong> Odontostomatologia, Direttore Prof. P.F Nocini<br />

Obiettivo: Valutare attraverso stu<strong>di</strong> in vitro l’efficacia <strong>di</strong> un composito fluido come materiale per sigillatura,<br />

paragonandolo ad un comune sigillante a base <strong>di</strong> fluoro<br />

Meto<strong>di</strong>: I materiali testati sono stati: Filtek XT Supreme Flowable (3M ESPE, MN,USA) ed Helioseal F (Ivoclar<br />

Vivadent, Schaan, Liechtenstein). Sono stati ricavati specifici campioni <strong>di</strong> entrambi i materiali ed eseguiti test <strong>di</strong><br />

resistenza a compressione e a flessione; test <strong>di</strong> microdurezza e <strong>di</strong> misura della flui<strong>di</strong>tà; valutazione della quantità <strong>di</strong><br />

acqua assorbita dopo 14 e 26 giorni <strong>di</strong> immersione in acqua <strong>di</strong>stillata; calorimetria <strong>di</strong>fferenziale a scansione.<br />

Risultati: Le prove effettuate hanno <strong>di</strong>mostrato che il composito fluido è più resistente a stress <strong>di</strong> compressione e<br />

flessione, ha maggiore durezza e maggiore viscosità. Inoltre entrambi i materiali risultano quasi del tutto polimerizzati<br />

già dopo 20 secon<strong>di</strong>.<br />

Conclusioni:Filtek XT Supreme Flowable presenta caratteristiche idonee da poter essere utilizzato come materiale per<br />

sigillature: reticola in tempi sufficientemente brevi e resiste in maniera adeguata ai carichi masticatori. L’impiego <strong>di</strong> un<br />

composito fluido può quin<strong>di</strong> essere utile in ambito pedodontico, in cui si ritrovano piccoli pazienti che spesso<br />

sopportano mal volentieri le procedure operative odontoiatriche.


RIABILITAZIONE PROTESICA DI UN PAZIENTE IN ETA’ EVOLUTIVA AFFETTO DA SINDROME DI<br />

SECKEL.<br />

Montanari M, Battelli F, Amadori S, Bianchi A, Marchetti C, Piana G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche. U.O. Chirurgia Orale e Maxillo-Facciale Sant’Orsola Malpighi. Alma<br />

Mater Stu<strong>di</strong>orum Università <strong>di</strong> Bologna.<br />

OBIETTIVI: La sindrome <strong>di</strong> Seckel è una con<strong>di</strong>zione autosomica recessiva che implica severe e multiple<br />

malformazioni con un caratteristico <strong>di</strong>smorfismo cranio-facciale associato talvolta ad anormalità ematopoietiche,<br />

endocrine e del sistema nervoso centrale. La sindrome è caratterizzata da grave ritardo <strong>di</strong> crescita intrauterina con<br />

nanismo prenatale e postnatale, severa microcefalia con profilo “a becco d’uccello”, ossificazione anormale<br />

generalizzata e ritardo mentale. Dal punto <strong>di</strong> vista odontoiatrico possono essere presenti anomalie dello smalto e della<br />

dentina (ipoplasia), taurodontismo ed agenesie. L’obiettivo dello stu<strong>di</strong>o è stato riabilitare protesicamente il paziente allo<br />

scopo <strong>di</strong> ripristinarne la funzione masticatoria e l’estetica oro-facciale, favorendo l’integrazione sociale. MATERIALI<br />

E METODI: Il paziente si è presentato presso il Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche all’età <strong>di</strong> 4.5 anni<br />

mostrando: profilo a becco d’uccello, micrognatia, microcefalia e bassa statura. Dopo aver fatto un attento esame intra<br />

ed extraorale è stata effettuata una OPT. Particolarmente interessante è stato il fatto che il numero <strong>dei</strong> germi presenti<br />

era normale ma l’eruzione appariva alterata e fortemente ritardata con il risultato che il paziente presentava un solo<br />

elemento dentario in arcata e quin<strong>di</strong> richiedeva una riabilitazione protesica. Il paziente è stato riabilitato con due protesi<br />

totali, superiore e inferiore. Ogni mese sono state effettuate sedute <strong>di</strong> controllo per valutare la ritenzione delle protesi ed<br />

è stata scaricata la protesi inferiore nella zona dell’elemento in eruzione. Ogni tre mesi le protesi sono state ribasate con<br />

un materiale siliconico morbido per migliorarne la stabilità, la ritenzione ed il comfort per il paziente. Ogni 6 mesi è<br />

stata effettuata una TLL con piano in bario per valutare il parallelismo tra piano occlusale e base cranica. RISULTATI:<br />

La riabilitazione protesica ha permesso il ripristino della funzione masticatoria, fonatoria ed estetica con un<br />

miglioramento dell’integrazione sociale. I germi degli elementi dentari erano presenti ma l’eruzione appariva alterata e<br />

ritardata determinando un affollamento sottocorticale. L'assenza <strong>di</strong> elementi dentari ha richiesto un trattamento con<br />

protesi totali seguendo attentamente le regole che dettano la crescita del massiccio facciale. Non è stato necessario<br />

inserire le viti <strong>di</strong> espansione a causa della ridotta crescita delle basi craniche. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La<br />

riabilitazione protesica in età precoce ha permesso un sensibile miglioramento della qualità <strong>di</strong> vita del paziente<br />

permettendo una più equilibrata funzione masticatoria e fonetica così favorendo l’integrazione sociale.


MANIFESTAZIONI ORALI DI PARTICOLARI QUADRI SINDROMICI RISCONTRATI DURANTE LA<br />

PRATICA CLINICA NELLA UOC DI PEDODONZIA DELL’UNIVERSITA’ DI ROMA “SAPIENZA”.<br />

Tonoli F. , Fiorini Morosini G. , Chilelli F. , Tariciotti A.<br />

“ Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir.Prof. A.Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A.Polimeni, Prof. G.L.Sfasciotti .<br />

Lo scopo del nostro lavoro è quello <strong>di</strong> descrivere particolari quadri sindromici riscontrati durante la pratica clinica<br />

quoti<strong>di</strong>ana nella UOC <strong>di</strong> Pedodonzia dell’Università <strong>di</strong> Roma<br />

“La Sapienza,,.<br />

Verranno illustrate varie sindromi e, per ognuna <strong>di</strong> esse, verranno esposte e schematizzate le manifestazioni più comuni,<br />

sia dal punto <strong>di</strong> vista sistemico, ma soprattutto odontoiatrico.<br />

NEUROFIBROMATOSI: anomalia <strong>di</strong> sviluppo delle guaine nervose che porta alla comparsa <strong>di</strong> masse amartomatose<br />

simil-tumorali multiple. Le manifestazioni orali ad essa associate si verificano come tumefazioni della mucosa che<br />

interessano la lingua, la gengiva oppure tumefazioni intraossee man<strong>di</strong>bolari,associate ai nervi dentali inferiori e ai nervi<br />

mentonieri.<br />

DISPLASIA ECTODERMICA IPODROTICA: caratterizzata dall’assenza congenita delle strutture <strong>di</strong> origine<br />

ectodermica che livello orale porta a ipodonzia e corone <strong>di</strong> forma conica.<br />

DISOSTOSI CLEIDO CRANICA: malattia a trasmissione autosomico dominante caratterizzata da anomalie ossee<br />

(cranio, mascelle e clavicole). Nel <strong>di</strong>stretto orale i pazienti affetti mostrano una mascella iposviluppata, palato alto,<br />

stretto ed arcuato, iperdonzia e elementi soprannumerari.<br />

SINDROME DI WILLIAMS: associata a una microdelezione del gene che regola la sintesi dell’elastina, all’interno del<br />

cromosoma 7. I pazienti affetti presenteranno microcefalia, ipertelorismo, iride stellata, strabismo e <strong>di</strong>fetti visivi che<br />

interessano rifrazione e senso della profon<strong>di</strong>tà. Le alterazioni dentarie sono caratterizzate da oligodonzia, microdonzia,<br />

carenze dello smalto e pre<strong>di</strong>sposizione alla carie.<br />

SINDROME DI KABUKI, raro <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne genetico ad eziologia genetica ancora non confermata. I pazienti avranno un<br />

caratteristico aspetto che ricorda gli attori kabuki giapponesi, anomalie dermatologiche, alterazioni scheletriche,<br />

moderato ritardo mentale e bassa statura. Le manifestazioni orali comprendono micrognatia, retrognazia, arco palatale<br />

elevato, crossbite posteriori, schisi del labbro e del palato, ipodonzia, microdonzia, ampie camere pulpari, corone<br />

coniche, lingua e ugola bifida.<br />

Successivamente verranno affrontati altri quadri collegati <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente(per fattori sistemici) a<br />

manifestazioni orali.<br />

Tra <strong>di</strong> essi ricorderemo aids, sindrome <strong>di</strong> down, morbo celiaco, glicogenosi, leucemia linfoide acuta ed emofila.


PROTOCOLLO DIAGNOSTICO E TRATTAMENTO NEI DENTI SOPRANNUMERARI<br />

Savoia V.*, Marini R., Bucca A., Tsoullos A.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir.: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

INTRODUZIONI: I denti soprannumerari rappresentano un'anomalia definita iperodonzia vera. Sono infatti elementi<br />

dentali in esubero rispetto a quelli della serie normale, sia decidua che permanente.<br />

Secondo gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi autori, la loro incidenza è maggiore nella dentizione permanente rispetto a quella decidua,<br />

essendo rispettivamente dell'1-3% e dello 0.8%. Si possono sviluppare in qualsiasi zona delle arcate dentarie, anche se<br />

si ritrovano più <strong>di</strong> frequente nell'arcata superiore, interessando maggiormente la premaxilla e la zona molare mascellare,<br />

seguite dalla zona premolare man<strong>di</strong>bolare. I denti soprannumerari vengono classificati in base alla loro morfologia e<br />

alla loro localizzazione. In dentizione decidua la morfologia è solitamente normale o conoide; nella dentizione<br />

permanente, invece, possiamo avere <strong>di</strong>verse forme: conoide, tubercolata, infun<strong>di</strong>boliforme, e supplementare. In base<br />

alla loro posizione nell'arcata, i denti soprannumerari possono essere classificati in: mesiodens, paramolari, e<br />

<strong>di</strong>stomolari. La presenza <strong>di</strong> elementi soprannumerari può comportare <strong>di</strong>verse conseguenze: mancata eruzione <strong>di</strong> uno o<br />

più denti permanenti, permanenza protratta <strong>di</strong> denti decidui in arcata, <strong>di</strong>slocazione <strong>di</strong> un dente permanente, affollamento<br />

dentale, presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>astemi, formazione <strong>di</strong> cisti follicolari, e riassorbimenti ra<strong>di</strong>colari <strong>dei</strong> denti vicini. La terapia <strong>dei</strong><br />

denti soprannumerari può essere: chirurgica, chirurgica-ortodontica, oppure nei casi in cui non viene effettuata nessuna<br />

terapia, l'unica in<strong>di</strong>cazione prevista è un controllo ra<strong>di</strong>ografico perio<strong>di</strong>co.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> determinare quei casi in cui i denti soprannumerari<br />

rappresentino un ostacolo meccanico all'eruzione, o comunque una complicanza per il corretto allineamento in arcata<br />

degli elementi permanenti, e <strong>di</strong> valutare per ogni singolo caso il protocollo <strong>di</strong>agnostico e il piano terapeutico più<br />

opportuno.<br />

CONCLUSIONI: L'intercettazione e il trattamento precoce evita il verificarsi <strong>di</strong> sequele a carico della dentizione<br />

permanente connesse alla presenza <strong>di</strong> elementi soprannumerari.


STUDIO RETROSPETTIVO SULLA PREVALENZA DI MALOCCLUSIONI CORRELATE AD ABITUDINI<br />

DI SUZIONE NON NUTRITIVA.<br />

Guaragna M., Luzzi V., Ierardo G., Fabbrizi M., Coloni C.,Gemma R.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Direttore Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti<br />

Introduzione. Il fine <strong>di</strong> questo lavoro è valutare la prevalenza <strong>di</strong> malocclusioni correlate ad abitu<strong>di</strong>ni viziate in un<br />

campione in età pe<strong>di</strong>atrica in dentizione decidua e mista iniziale. Lo stu<strong>di</strong>o si basa sulla valutazione retrospettiva <strong>di</strong> tali<br />

comportamenti e sulla loro correlazione con parametri rilevati all’esame obiettivo. Materiali e meto<strong>di</strong>. Presso la<br />

U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica del Dip. <strong>di</strong> Scienze Odontost. del Policlinico Umberto I in Roma, sono stati<br />

selezionati 81 bambini, tutti in dentizione decidua o mista iniziale, che all’esame clinico, in prima visita, presentavano<br />

malocclusioni che potevano essere correlate a fattori ambientali negativi instauratisi nei loro primi anni <strong>di</strong> vita. Sono<br />

stati presi come riferimento i seguenti parametri: openbite anteriore, crossbite posteriore, overjet aumentato,<br />

deglutizione atipica e respirazione orale e abitu<strong>di</strong>ni alla suzione del succhietto, del biberon, del <strong>di</strong>to, del labbro inferiore<br />

prolungati oltre i tre anni <strong>di</strong> età. Contestualmente, sono stati somministrati alle madri <strong>dei</strong> piccoli pazienti <strong>di</strong>ari composti<br />

da un vasto elenco <strong>di</strong> domande riguardanti tutti gli ambiti della clinica pe<strong>di</strong>atrica. Le mamme dovevano rispondere<br />

relativamente ai primi tre anni <strong>di</strong> vita del bambino, secondo una scala <strong>di</strong> valori: mai, a volte, spesso, sempre. I dati sono<br />

stati raccolti ed inseriti in una scheda appositamente strutturata per ciascun paziente ed, in seguito, pre<strong>di</strong>sposti per<br />

l’analisi statistica. Risultati. Dall’analisi descrittiva è risultato che il campione era composto per il 57% da pazienti <strong>di</strong><br />

sesso femminile e per il 43% <strong>di</strong> sesso maschile, con un’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 5.8 anni. Nei primi 36 mesi il campione che<br />

utilizzava “sempre” il succhietto più <strong>di</strong> 2 ore al giorno era me<strong>di</strong>amente del 42.7%, mentre quello che succhiava il <strong>di</strong>to in<br />

maniera costante era me<strong>di</strong>amente del 18.9%; faceva un uso notturno <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>spositivo il <strong>13</strong>.17% e del <strong>di</strong>to l’8.2%. La<br />

prevalenza <strong>di</strong> openbite anteriore, crossbite posteriore e overjet aumentato era rispettivamente del 64.2%, del 29.6%, del<br />

40.7%; la prevalenza <strong>di</strong> deglutizione atipica risultava del 69,1% e quella <strong>di</strong> respirazione orale era dell’11.1%; le<br />

abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> suzione si prolungavano oltre i 3 anni con una prevalenza del 30.9% per l’uso del succhietto, del 28.4% del<br />

<strong>di</strong>to, del 28.4% per l’utilizzo del biberon. Discussione e conclusioni. E’ stato <strong>di</strong>mostrato, in accordo con stu<strong>di</strong> nazionali<br />

ed internazionali, attraverso l’analisi <strong>di</strong> Kaplan Meier e del test Chi Quadro <strong>di</strong> Pearson, che nel nostro campione<br />

esisteva un rischio cumulativo maggiore <strong>di</strong> sviluppare una malocclusione nei bambini con abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> suzione non<br />

nutritiva rispetto a coloro i quali non avevano questi comportamenti, più frequentemente intorno a 48 mesi, già<br />

presente a 24 e che aumentava oltre i 62; inoltre sussisteva una correlazione statisticamente significativa(p


LA TERAPIA ORTODONTICA INTERCETTIVA MINIMAMENTE INVASIVA: VANTAGGI DEI<br />

DISPOSITIVI PREFORMATI.<br />

Tarantino D.*, Guarino A., Andrisani A., Mastrantoni C., Ierardo G.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Direttore: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

INTRODUZIONE:<br />

In campo ortopedodontico, accanto ai <strong>di</strong>spositivi tra<strong>di</strong>zionali si sono affermati, ormai da <strong>di</strong>versi anni, i <strong>di</strong>spositivi<br />

preformati che rappresentano un importante ausilio nel trattamento del paziente in età evolutiva.<br />

OBIETTIVI:<br />

Tali <strong>di</strong>spositivi consentono, attraverso una corretta <strong>di</strong>agnosi e selezione del caso, <strong>di</strong> gestire una terapia ortodontica<br />

intercettiva, coniugando efficacia terapeutica, comfort, semplicità <strong>di</strong> utilizzo e riduzione <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> trattamento. La<br />

versatilità d’uso è uno <strong>dei</strong> principali vantaggi che consente <strong>di</strong> <strong>di</strong>versificare timing ed obiettivo terapeutico; la tecnologia<br />

<strong>dei</strong> materiali consente <strong>di</strong> trattare anche pazienti con bisogni speciali per i quali può esistere una controin<strong>di</strong>cazione<br />

relativa ai <strong>di</strong>spositivi tra<strong>di</strong>zionali. Da non trascurare anche l’aspetto <strong>dei</strong> costi contenuti che, nell’ottica <strong>di</strong> una ortodonzia<br />

“sociale”, deve essere tenuto in debito conto.<br />

CONCLUSIONI:<br />

Tali <strong>di</strong>spositivi, quin<strong>di</strong>, sono stati inseriti ormai routinariamente, dopo esperienza pluriennale, nei protocolli <strong>di</strong><br />

ortodonzia intercettiva dell’ U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica <strong>di</strong> “Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma. Vengono illustrati<br />

esempi clinici <strong>di</strong> pazienti “special need” con patologie generali e con patologie speciali odontostomatologiche.


TRAUMA DENTO-ALVEOLARE COMPLESSO DEGLI INCISIVI SUPERIORI<br />

Cardarelli F*, Cardarelli A**, Biagi R*.<br />

*Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, CLSOPD, Polo Centrale, Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica (Prof. R. Biagi,<br />

Prof. G. Farronato) **Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Sapienza”, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia<br />

Odontostomatologica (Direttore: Prof. M. Ripari)<br />

Le patologie traumatiche del <strong>di</strong>stretto dento-facciale hanno assunto nel corso degli anni un interesse sempre crescente;<br />

la loro alta frequenza (30%), riscontrabile in campioni <strong>di</strong> popolazione <strong>di</strong> età compresa tra 8 e 28 anni, è un dato<br />

confermato dalle più recenti ricerche. Lo scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> presentare un caso clinico <strong>di</strong> trauma<br />

dento-alveolare complesso interessante il gruppo frontale superiore.<br />

La paziente P.I. <strong>di</strong> anni 16,2 giunge all’osservazione dello specialista in urgenza, 75 minuti dopo l’evento traumatico<br />

per incidente d’auto. All’esame obiettivo, con l’ausilio <strong>di</strong> esami ra<strong>di</strong>ografici quali ortopantomografia e ra<strong>di</strong>ografie<br />

periapicali, si riscontra: concussione a carico <strong>di</strong> 1.2 in assenza <strong>di</strong> lesioni ai tessuti duri, lussazione estrusiva/laterale a<br />

carico <strong>di</strong> 1.1, in assenza <strong>di</strong> lesioni ai tessuti duri, exarticolazione a carico <strong>di</strong> 2.1, concussione a carico <strong>di</strong> 2.2 con frattura<br />

coronale complicata al terzo me<strong>di</strong>o. L’ortopantomografia richiesta per valutare l’eventuale presenza <strong>di</strong> altre lesioni,<br />

quali ad esempio fratture con<strong>di</strong>lari, non evidenzia lesioni apprezzabili. Le ra<strong>di</strong>ografie periapicali evidenziano un<br />

allargamento dello spazio parodontale <strong>di</strong> 1.1 per la sua lussazione, e consentono <strong>di</strong> escludere altre lesioni (ad esempio<br />

fratture ra<strong>di</strong>colari) a carico <strong>di</strong> altri elementi dentali interessati dal trauma. Si decide <strong>di</strong> reimpiantare il dente avulso (2.1),<br />

<strong>di</strong> riposizionare correttamente nell’alveolo l’1.1 e contemporaneamente si procede a bloccare il dente me<strong>di</strong>ante<br />

splintaggio, eseguito con filo ortodontico 0.16 in acciaio e resina composita. Lo splintaggio viene lasciato in sede per 3<br />

settimane; trascorso tale periodo viene rimosso dopo aver verificato la stabilità dell’elemento dentale stesso; si procede<br />

quin<strong>di</strong> alla terapia endodontica <strong>di</strong> 1.1, 2.1 e 2.2, infine alla terapia protesica del 2.2 con corona in ceramica integrale,<br />

previa ricostruzione del moncone con perno ra<strong>di</strong>colare in fibra. I controlli ra<strong>di</strong>ografici, eseguiti secondo le attuali linee<br />

guida internazionali, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 1, 3 e 6 mesi, non evidenziano processi patologici in atto quali ad esempio<br />

riassorbimento ra<strong>di</strong>colare oppure aree <strong>di</strong> osteolisi.<br />

Con questo lavoro si vuole evidenziare l’importanza <strong>dei</strong> fattori che con<strong>di</strong>zionano la prognosi: la <strong>di</strong>agnosi accurata delle<br />

<strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> trauma che possono essere presenti contemporaneamente quando, come in questo caso, sono<br />

interessati più elementi dentali; il corretto approccio terapeutico in urgenza; il successivo trattamento e l’importanza <strong>di</strong><br />

un follow-up finalizzato alla <strong>di</strong>agnosi e terapia delle eventuali complicanze. È importante infine sottolineare come i<br />

traumi rappresentino per il carattere <strong>di</strong> urgenza un evento a cui dare sempre priorità <strong>di</strong> trattamento: un corretto e<br />

tempestivo intervento può assumere un ruolo strategico nel ripristino <strong>di</strong> morfologia, funzione e quin<strong>di</strong>, non da ultimo,<br />

estetica per il paziente.


UTILIZZO CLINICO DI UN CEMENTO BASE PORTLAND NEI TRAUMI DENTALI IN ETÀ<br />

PEDIATRICA.<br />

Panetta R*, Mari D, Pungitore <strong>MB</strong>, Pacifici E, Bossù M.<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir.: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

OBIETTIVI:.In odontoiatria pe<strong>di</strong>atrica la traumatologia dentale rappresenta spesso una sfida per il clinico, vista la<br />

necessità <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are tra la risoluzione dell’urgenza e il mantenimento dell’elemento dentale, spesso ancora in via <strong>di</strong><br />

formazione, con tecniche e materiali dai risultati pre<strong>di</strong>cibili. Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> poter verificare<br />

clinicamente le capacità riparative <strong>di</strong> un cemento a base Portland in commercio, impiegandolo nel trattamento <strong>di</strong> denti<br />

traumatizzati, necrotici, ad apice immaturo. Le caratteristiche salienti e peculiari <strong>di</strong> questi cementi ne hanno indotto una<br />

specifica sperimentazione ed applicazione nell’ambito della riparazione e del ripristino delle strutture ra<strong>di</strong>colari, in virtù<br />

delle eccellenti proprietà bio<strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> cui questi prodotti <strong>di</strong>spongono.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati presi in esame 5 casi in cui i giovani pazienti avevano subito un trauma ad<br />

elementi del gruppo incisivo anteriore. La necessità <strong>di</strong> trattamento è stata <strong>di</strong>versa da caso a caso trattandosi <strong>di</strong> traumi<br />

che andavano da semplici fratture smalto dentinali complicate fino ad osservare fratture corono ra<strong>di</strong>colari verticali o<br />

fratture ra<strong>di</strong>colari orizzontali. Tutti casi trattati richiedevano, per motivi <strong>di</strong>versi, l’utilizzo <strong>di</strong> un cemento a base<br />

Portland, permettendo così la risoluzione <strong>dei</strong> casi con tempi operativi ridotti Per ogni caso sono state acquisite le<br />

immagini ra<strong>di</strong>ografiche all’inizio della terapia, a 3 mesi, 6 mesi ed infine ad 1 anno dal termine del trattamento al fine <strong>di</strong><br />

supportare e documentare i riscontri clinici<br />

RISULTATI: Nel controllo clinico ad 1 anno non apparivano infiammazioni <strong>dei</strong> tessuti molli, e sempre ad 1 anno le<br />

ra<strong>di</strong>ografie periapicali <strong>di</strong> controllo non evidenziavano lesioni a livello osseo, e laddove fossero in precedenza presenti,<br />

le stesse risultavano risolte o in via <strong>di</strong> guarigione.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Può accadere che chi si occupa <strong>di</strong> odontoiatria pe<strong>di</strong>atrica possa esitare ed essere<br />

<strong>di</strong>ffidente nell’utilizzare materiali da ricostruzione relativamente recenti, magari per scarsa conoscenza <strong>dei</strong> risultati<br />

clinici, per via del costo o magari per le <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> manipolare gli stessi. Questo lavoro ha avuto lo scopo <strong>di</strong> illustrare<br />

il successo nell’utilizzo <strong>di</strong> un cemento a base Portland in elementi dentari che avevano subito un trauma, anche se la<br />

letteratura internazionale ne attesta l’efficacia anche nel trattamento delle perforazioni endodontiche, nei riassorbimenti<br />

canalari, e nella pulpotomia nei denti decidui.


I TRAUMI DENTARI E I FATTORI DI RISCHIO AD ESSI CORRLATI<br />

Prof. Marra A., Prof. Itro A., Dott. Itro L., Dott. Lupo G., Dott. Cocozza E., Dott.ssa Filipi M.<br />

DipartimentoUniversitario <strong>di</strong> Patologia della Testa, del Collo, del Cavo Orale e della Comunicazione au<strong>di</strong>o-verbale<br />

Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli<br />

Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

Direttore. Prof. Angelo Itro<br />

Introduzione: I traumi dentari sono patologie piuttosto frequenti in età evolutiva, con un’incidenza intorno al 30%,<br />

interessano soprattutto soggetti in età puberale. Numerosi sono gli stu<strong>di</strong> effettuati, dai quali si evince che alla base <strong>di</strong><br />

queste lesioni c’è la scarsa informazione circa l’associazione tra i traumi e i loro fattori <strong>di</strong> rischio.<br />

Obiettivi: Gli autori con questo articolo analizzano la letteratura esistente in materia, ponendo particolare attenzione ai<br />

fattori <strong>di</strong> rischio, alle cause, ai segni e ai sintomi <strong>dei</strong> traumi a carico degli elementi dentari che interessano soggetti in<br />

età evolutiva.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Vengono presi in esame tutti i pazienti, in età compresa tra 1-16 anni, giunti alla nostra<br />

osservazione negli ultimi 5 anni.<br />

Risultati: Dei 2000 pazienti giunti alla nostra osservazione clinica circa il 40% presentava traumi dentari, nel 90% <strong>di</strong><br />

essi era presente associazione con almeno un fattore <strong>di</strong> rischio. I fattori <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> più frequente riscontro sono stati<br />

un’overjet maggiore <strong>di</strong> 5 mm e la conseguente inadeguata copertura labiale (55% <strong>dei</strong> casi). La maggior parte <strong>di</strong> questi<br />

traumi erano insorti durante la pratica <strong>di</strong> attività sportive senza l’adozione <strong>di</strong> misure protettive adeguate (45% <strong>dei</strong> casi).<br />

Gli elementi più frequentemente interessati sono stati gli incisivi centrali superiori (75% <strong>dei</strong> casi), è stato interessato<br />

uno solo degli incisivi centrali nel 55% <strong>dei</strong> casi, nel 45% <strong>dei</strong> casi entrambi gli incisivi centrali. Anche il basso ceto<br />

sociale e il sesso maschile sono stati <strong>di</strong> frequente riscontro.<br />

Nel restante 60% <strong>dei</strong> pazienti giunti alla nostra osservazione, che non presentavano traumi dentari, circa il 35%<br />

presentava almeno un fattore <strong>di</strong> rischio.<br />

Discussione e conclusioni: Gli autori sottolineano l’elevata frequenza <strong>di</strong> traumi dentari in età pe<strong>di</strong>atrica soprattutto in<br />

soggetti <strong>di</strong> sesso maschile; vista la loro esperienza clinica e quanto è riportato in letteratura evidenziano la stretta<br />

associazione tra traumi dentari e fattori <strong>di</strong> rischio. Gli autori suggeriscono che è importante ridurre questi fattori <strong>di</strong><br />

rischio attraverso campagne preventive a largo raggio in modo tale da <strong>di</strong>minuire l’incidenza <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> lesioni.


TRATTAMENTO CHIRURGICO-ORTODONTICO DEGLI ELEMENTI MACRODONTICI : CASE<br />

REPORT.<br />

Fiorini Morosini G., Savoia V., Sfasciotti G.L., Galluccio G.<br />

“Sapienza” Uniersità <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, UOC <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica Dir.<br />

Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica Prof. A. Polimeni, G.L. Sfasciotti<br />

INTRODUZIONE: La macrodonzia è una rara alterazione dentaria che può riguardare un singolo elemento così come<br />

l’intera arcata. E’ un’anomalia morfologica,clinicamente caratterizzata da un aumento delle <strong>di</strong>mensioni della corona e<br />

da una quasi costante alterazione della sua forma. L’eziopatogenesi della macrodonzia è spesso riconducibile ad<br />

un’anomalia <strong>di</strong> sviluppo, quale una fusione od una geminazione, avvenuta in uno sta<strong>di</strong>o precoce della formazione della<br />

gemma dentale. La prevalenza degli elementi permanenti macrodontici è molto bassa (0.05-0.2%), ed è per questo che il<br />

loro riscontro ed il successivo trattamento risultano <strong>di</strong> notevole interesse clinico.<br />

OBIETTIVI: La rilevazione <strong>di</strong> un elemento macrodontico in dentizione permanente deve porre il clinico ad un’attenta<br />

valutazione del caso al fine <strong>di</strong> poter adottare il piano <strong>di</strong> trattamento più idoneo. Qual’ora fosse possibile, questo<br />

trattamento deve mirare al recupero estetico e funzionale , considerando anche il fatto che la maggior parte <strong>di</strong> queste<br />

alterazioni si riscontrano nel settore anteriore e sono quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> grande impatto estetico. MATERIALI E METODI:<br />

Presentiamo un caso clinico, giunto alla nostra osservazione, <strong>di</strong> un bambino, affetto da una macrodonzia bilaterale a<br />

carico degli incisivi centrali superiori, dovuta a fusione degli elementi della serie normale con due soprannumerari.<br />

Sono stati effettuati l’esame obiettivo extra ed intra-orale, sono state prescritte e valutate le indagini ra<strong>di</strong>ografiche (rx<br />

opt e TC Dentascan) ed infine, in collaborazione con l’ortodontista, si è deciso <strong>di</strong> intervenire con una’emisezione degli<br />

elementi dentari, l’asportazione <strong>dei</strong> soprannumerari, ed in un secondo momento con il loro riallineamento in arcata.<br />

RISULTATI: La corretta <strong>di</strong>agnosi del caso e la conseguente scelta terapeutica hanno portato , grazie ad un intervento<br />

chirurgico-ortodontico, al recupero degli elementi dentari sia dal punto <strong>di</strong> vista estetico che funzionale, ed al corretto<br />

ripristino della formula dentaria e del tavolato occlusale. La corretta risoluzione del caso non può ovviamente<br />

prescindere da un’attenta valutazione dell’anatomia dell’elemento macrodontico, con particolare riguardo nei confronti<br />

del suo endodonto che più <strong>di</strong> ogni altro parametro influenza le possibilità terapeutiche.<br />

CONCLUSIONI: E’ clinicamente rilevante trattare le macrodonzie, sia per i problemi estetici ad esse correlate, ma<br />

soprattutto per evitare l’instaurarsi delle complicanze, cui questi elementi vanno frequentemente incontro: patologia<br />

cariosa, malattia parodontale e mal occlusioni. Nel caso <strong>di</strong> elementi fusi o geminati, che presentano un endodonto<br />

in<strong>di</strong>pendente, la sezione chirurgica associata ad una corono plastica ed al successivo riallineamento ortodontico si sono<br />

rilevati un ottimo trattamento per la soluzione del caso.


AGENESIE DENTARIE. QUANDO FARE DIAGNOSI? DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO IN<br />

PREVISIONE DI UNARIABILITAZIONE IMPLANTARE.<br />

Illuzzi M, Mazzucchelli L, Angileri C, Mushtaq S, Malerba A, Strohmenger L.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia e Otorinolaringoiatria, Ospedale San Paolo -<br />

Milano.<br />

INTRODUZIONE : Le agenesie dentarie, specie se multiple, hanno un forte impatto sullo sviluppo delle ossa<br />

mascellari e sulla vita <strong>di</strong> relazione <strong>dei</strong> pazienti. OBIETTIVI : Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è presentare un quadro<br />

epidemiologico delle agenesie, in<strong>di</strong>carne le varei eziologie, indagare sulla presenza quadri genetici correlati e in<strong>di</strong>care<br />

una linea guida sulla gestione clinica odontoiatrica <strong>dei</strong> pazienti agenetici attraverso una revisione della letteratura e la<br />

descrizione <strong>di</strong> un caso clinico. MATERIALI E METODI : è stata eseguita una revisione della letteratura <strong>di</strong> tutti gli<br />

articoli in merito ad agenesie non legate a sindromi, sia per la genetica che per i piani <strong>di</strong> trattamento. Il paziente in cura<br />

presso la clinica odontoitarica unversitaria con <strong>di</strong>angosi <strong>di</strong> Oligodonzia non-sindromica (elementi agenetici: 22<br />

permanenti - 12 decidui) è stato trattato ortope<strong>di</strong>camente con la mascher <strong>di</strong> Delaire per la trazione postero anterior del<br />

mascellare superior e con <strong>dei</strong> cunei <strong>di</strong> rialzo sui secon<strong>di</strong> molaretti decidui inferiori, protesicamente con una protesi<br />

parziale rimovibile in resina, per l’arcata inferior, dotata <strong>di</strong> agganci a filo e appoggi occlusali tali da alloggiarsi nei<br />

cunei <strong>di</strong> rialzo e con delle corono-plastiche sui canini decidui superiori. RISULTATI : dopo un anno <strong>di</strong> trattameno il<br />

paziente ha mostrato un risoluzione della III classe scheletrica <strong>di</strong> partenza in I classe scheletrica e un aumento<br />

dell'altezza del terzo inferiore del volto che risultava comunque ridotta rispetto alla normalità. L'arcata inferiore<br />

parzialmente edentula è stata riabilitata protesicamente e l'arcata superiore rabilitata esteticamente con la coronoplastica<br />

<strong>dei</strong> canini decidui. CONCLUSIONI : I geni MSX1, PAX9 e AXIN2, correlati ad agenesie non sindromiche,<br />

sono in relazione con <strong>di</strong>versi quadri <strong>di</strong>splasici e tumorali <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>stretti corporei. La gestione <strong>dei</strong> pazienti agenetici<br />

si basa sul ripristino <strong>di</strong> un corretto supporto dentario a scopo riabilitativo estetico e funzionale, sulla gestione ortope<strong>di</strong>ca<br />

delo sviluppo delle basi ossee, sulla gestione ordodontica degli spazi agenesici e sulla riabilitazione implantare a fine<br />

crescita.


STRATEGIE MOTIVAZIONALI PER LA CORREZIONE DELLE ABITUDINI VIZIATE NELL’A<strong>MB</strong>ITO<br />

DI UN APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE AL PAZIENTE IN CRESCITA.<br />

R.Fidato*, F. Capasso, F. Panetta, V. Parisella, R.Gemma<br />

“Sapienza” Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma Dipertimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche,UOC <strong>Odontoiatria</strong><br />

Pe<strong>di</strong>atica, Direttore Prof. A. Polimeni, Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A.polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti<br />

La noxa patogena ,più frequentemente causa delle numerose <strong>di</strong>smorfosi <strong>di</strong>agnosticabili attualmente nel bambino , è<br />

rappresentata da una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> squilibrio neuromuscolare conseguente spesso a deficit funzionali legati ad abitu<strong>di</strong>ni<br />

viziate; così come la mancanza del raggiungimento <strong>di</strong> un equilibrio muscolare al termine <strong>di</strong> un trattamento ortodontico,<br />

può essere spesso causa <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va.<br />

L’abitu<strong>di</strong>ne viziata più incriminata nell’ambito della eziologia <strong>di</strong> una malocclusione è l’ alterazione della postura e della<br />

<strong>di</strong>namica linguale, ciò è dovuto all’importanza “olistica” <strong>di</strong> questo organo, che travalica le semplici funzioni <strong>di</strong><br />

deglutizione e fonazione e che , in virtù della sua origine embrionale, anatomica e fisiologica, assolve all’altissima<br />

funzione <strong>di</strong> equilibratore generale, <strong>di</strong> meccanismo omeostatico primario dell’organismo.<br />

Da ciò nasce l’esigenza ,all’interno della nostra attività clinica, <strong>di</strong> re<strong>di</strong>gere, in collaborazione con il logope<strong>di</strong>sta, un<br />

protocollo <strong>di</strong>agnostico specifico per il trattamento degli squilibri neuromuscolari. Al fine <strong>di</strong> ottenere i risultati da noi<br />

prefissati, in particolare il recupero <strong>di</strong> un’adeguata occlusione, il ripristino <strong>di</strong> una corretta deglutizione, e <strong>di</strong><br />

conseguenza, un buon equilibrio muscolare, è importante la motivazione del paziente.<br />

Sono stati ideati un questionario anamnestico ed una cartella <strong>di</strong>agnostica specifica per questi pazienti, inoltre sono stati<br />

proposti percorsi motivazionali, basati sui principi <strong>di</strong> rinforzo positivo e su strategie metacognitive. A seconda <strong>dei</strong> casi<br />

sono state coniate schede specifiche finalizzate a monitorare gli esercizi appresi nelle sedute logope<strong>di</strong>che.


L’MTA NELLA PULPOTOMIA DEI DENTI DECIDUI: FOLLOW-UP CLINICO-RADIOGRAFICO A 12<br />

MESI<br />

C. Massaccesi*, L. Tomassini, F. Sampalmieri, A. Putignano, M. Procaccino<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Cliniche Specialistiche e Odontostomatologiche, Università Politecnica delle Marche, Ancona<br />

INTRODUZIONE<br />

L’MTA è un materiale che è stato proposto come me<strong>di</strong>camento nel trattamento <strong>di</strong> pulpotomia <strong>dei</strong> denti decidui per le<br />

sue ottime proprietà fisico-chimiche e biologiche.<br />

SCOPO<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare a <strong>di</strong>stanza, clinicamente e ra<strong>di</strong>ograficamente, molari decidui in<br />

cui è stato effettuato il trattamento <strong>di</strong> pulpotomia.<br />

MATERIALI E METODI Sono stati selezionati do<strong>di</strong>ci pazienti <strong>di</strong> età compresa tra cinque e <strong>di</strong>eci anni, afferenti<br />

all’Istituto <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche dell’Universita’ Politecnica delle Marche. Dopo <strong>di</strong>agnosi clinica e<br />

ra<strong>di</strong>ografica <strong>di</strong> carie dentinale i denti che necessitavano <strong>di</strong> pulpotomia erano ventiquattro molari decidui. E’ stato<br />

pre<strong>di</strong>sposto, per ogni paziente da sottoporre a pulpotomia, un <strong>di</strong>ario clinico che è stato aggiornato dopo ogni seduta, e<br />

una scheda follow-up, per registrare i controlli eseguiti..La Pulpotomia è stata eseguita rispettando il protocollo<br />

convenzionale, usando come me<strong>di</strong>cazione <strong>dei</strong> monconi pulpari l’MTA (Angelus. E’ stato ricostruito il dente con CVI<br />

(Vitrebond) e poi con Resina Composita Microibrida. Sono stati fatti controlli clinici e ra<strong>di</strong>ografici <strong>dei</strong> denti tratttati, a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 3, 8, 12 mesi<br />

RISULTATI- A do<strong>di</strong>ci mesi dal trattamento <strong>di</strong> pulpotomia non sono stati riscontrati segni clinici <strong>di</strong> fallimento. Nel caso<br />

<strong>di</strong> denti trattati con MTA <strong>di</strong> colore grigio è stata riscontrata la presenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>scromia a carico <strong>dei</strong> tessuti dentali in<br />

tutti i campioni.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista ra<strong>di</strong>ografico non sono stati in<strong>di</strong>viduati segni <strong>di</strong> patologia.<br />

CONCLUSIONI- Dalla nostra valutazione clinico-ra<strong>di</strong>ologica emerge che l' MTA è un materiale efficace nel<br />

trattamento <strong>di</strong> pulpotomia <strong>di</strong> denti decidui.<br />

I nostri dati concordano con quanto presente in letteratura al riguardo.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

(1) Camilleri J., Montesin F.E., Brady K, Sweeney R., Curtis R.V., Pitt Ford T.R. “The constitution of mineral trioxide<br />

aggregate”. Dent Mater 2005; 21: 297-303.<br />

2) Moretti A.B.S., Sakai V.T., Oliveira T.M., Fornetti A.P.C., Santos C.F., Machado M.A.A.M., Abdo R.C.C. “The<br />

effectiveness of mineral trioxide aggregate,calcium hydroxide and formocresol for pulpotomies in primary teeth”.<br />

International Endodontic Journal 2008;41: 547-555.


SESSIONE<br />

Patologia Orale<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


EFFETTO DEL BETA-CAROTENE SULLE IDROLASI LISOSOMIALI, E SUI LORO SUBSTRATI<br />

NATURALI, NELLE GHIANDOLE SALIVARI MAGGIORI IN CORSO DI CANCEROGENESI<br />

SPERIMENTALE ORALE.<br />

Giuliani M., Antuzzi D., Lajolo C., Marigo L., Marino MC.<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica ed Istituto <strong>di</strong> Pe<strong>di</strong>atria, Università Cattolica del Sacro Cuore. Roma. e-mail:<br />

michele.giuliani@rm.unicatt.it.<br />

Obiettivo: Scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare l’effetto del -carotene, un precursore della vitamina A,<br />

somministrato topicamente, sull’attività <strong>di</strong> alcune idrolasi lisosomiali e sui valori <strong>dei</strong> loro substrati naturali, nelle<br />

ghiandole salivari maggiori <strong>di</strong> criceti durante la carcinogenesi sperimentale orale on 7,12-<strong>di</strong>methylbenzanthracene<br />

(D<strong>MB</strong>A). Materiali e Meto<strong>di</strong>: 64 criceti (Cricetus auratus) sono stati <strong>di</strong>visi in 4 gruppi: G1: controllo non trattato; G2:<br />

Animali trattati con D<strong>MB</strong>A: il D<strong>MB</strong>A è stato spennellato 3 volte alla settimana nella tasca buccale sinistra; G3:<br />

Controllo trattato con -carotene: il -carotene è stato spennellato 3 volte a settimana nella tasca buccale sinistra; G4:<br />

gruppo sperimentale: il D<strong>MB</strong>A ed il carotene sono stati spennellati nella tasca buccale sinistra 3 volte alla settimana a<br />

giorni alterni. Dopo 16 settimane, gli animali sono stati sacrificati e l’attività delle idrolasi lisosomiali e la<br />

concentrazione <strong>dei</strong> loro substrati naturali sono state valutate nelle ghiandole salivari maggiori. Risultati: Il -Carotene<br />

amministrato topicamente negli animali del gruppo 4 ha riportato la concentrazione della maggior parte degli enzimi e<br />

<strong>dei</strong> substrati ad un livello più simile a quello riscontrato nel gruppo <strong>di</strong> controllo non trattato, <strong>di</strong>mostrando che il -<br />

Carotene ha un moderato effetto protettivo nei confronti dello stress cancerogeno del D<strong>MB</strong>A. Conclusioni: La presenza<br />

però <strong>di</strong> alcuni enzimi che non hanno risposto alla somministrazione del -carotene ha suggerito la necessità <strong>di</strong> ulteriori<br />

stu<strong>di</strong> sul -carotene, magari a concentrazioni <strong>di</strong>verse, con una somministrazione sistemica o in associazione con altri<br />

farmaci chemiopreventivi.


OSTEONECROSI DEI MASCELLARI DA BIFOSFONATI: PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO<br />

Spinelli D, De Vico G, Bonino M, Bollero R, Dolci A, Ciulli E, Baiocchi V, Barlattani A Jr, Bollero P.<br />

Policlinico universitario Tor Vergata <strong>di</strong> Roma . AFO <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>. Direttore: Prof. Alberto Barlattani.<br />

INTRODUZIONE L’osteonecrosi <strong>dei</strong> mascellari da bifosfonti è una con<strong>di</strong>zione caratterizzata da esposizione dell’osso<br />

a livello delle ossa mascellari che persiste per otto settimane in pazienti che hanno assunto o stanno assumendo farmaci<br />

della classe <strong>dei</strong> bifosfonati e che hanno un’anamnesi negativa per la ra<strong>di</strong>oterapia <strong>dei</strong> suddetti segmenti<br />

scheletrici.Clinicamente la malattia si presenta come una esposizione dell’osso alveolare o che <strong>di</strong>viene evidente in<br />

seguito ad una procedura chirurgia invasiva come ad esempio un’avulsione dentale. OBIETTIVI Scopo principale del<br />

nostro lavoro è quello <strong>di</strong> focalizzarte l’attenzione della classe me<strong>di</strong>ca ed odontoiatrica su una problematica cosi’ seria e<br />

<strong>di</strong> cosi’ scottante attualita’. Basti pensare che solo nel 2003 negli Usa sono state compilate 17 milioni <strong>di</strong> prescrizioni<br />

me<strong>di</strong>che per Fosamax (alendronato:bifosfonato per via orale con catena azotata piu’ comunemente usato per il<br />

trattamento dell’osteoporosi e dell’osteopenia. MATERIALI E METODI Si presentava alla nostra osservazione una<br />

pz <strong>di</strong> 60 anni razza africana non fumatrice affetta da grave osteoporosi in trattamento farmacologico con alendronato<br />

per via orale . L’esame obiettivo metteva in evidenza a livello del III quadrante una <strong>dei</strong>scenza importante della mucosa<br />

alveolare man<strong>di</strong>bolare con zone <strong>di</strong> esposizione ossea associate a dolore e pirosi. Dopo ulteriori esami ra<strong>di</strong>ografici ed<br />

alla luce dell’anamnesi farmacologica positiva per i bifosfonati si giungeva alla <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> osteonecrosi del mascellare.<br />

Prtanto seguendo scrupolosamente il protocollo famacologico co<strong>di</strong>ficato da Marx e Stern. nel 2002 si procedeva sotto<br />

profilassi antibiotica ,e con il pz in “vacanza terapeutica dal farmaco” ad un generoso e scrupoloso curetaggio<br />

chirurgico della zona interassata dalla necrosi e alla simultanea avulsione degli elemeti dentali coinvolti dal processo<br />

patologico. RISULTATI E CONCLUSIONI Seppure in presenza <strong>di</strong> un ottimo risultato clinico pst-operatorio in<br />

considerazione della situazione iniziale ci preme sottolineare l’importanza <strong>di</strong> una maggiore inter<strong>di</strong>sciplinarieta’ tra le<br />

varie branche me<strong>di</strong>che al fine <strong>di</strong> poter intercettare i pazienti prima dell’inizio <strong>di</strong> terapie con bifosfonati e ridurre il<br />

rischio <strong>di</strong> una complicanza cosi’ severa com’è la necrosi <strong>dei</strong> mascellari.


AGOPUNTURA NEL TRATTAMENTO DELLA SINDROME DELLA BOCCA CHE BRUCIA: UNO STUDIO<br />

PILOTA<br />

Andreatini F., Tarozzi M., Sardella A., Lo<strong>di</strong> G., Demarosi F., Carrassi A.<br />

Unità <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Patologia Orale e <strong>Odontoiatria</strong> Geriatrica, Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Chirurgia e <strong>Odontoiatria</strong>,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Italy<br />

OBIETTIVI: La <strong>di</strong>mensione sindromica della BMS comprende, oltre al bruciore orale, sintomi locali (<strong>di</strong>sgeusia,<br />

xerostomia, <strong>di</strong>sestesie), <strong>di</strong>sturbi sistemici (<strong>di</strong>sturbi gastro-intestinali,<strong>di</strong>sturbi del sonno,cefalee/emicranie) e alterazioni<br />

psicologiche (ansia,depressione). Può l’agopuntura, antica arte terapeutica inserita nel contesto <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>cina olistica<br />

quale è la me<strong>di</strong>cina tra<strong>di</strong>zionale cinese, rappresentare una valida opzione nel trattamento <strong>di</strong> questa complessa patologia?<br />

L’obiettivo che si pone la sperimentazione è valutare l’efficacia dell’agopuntura in merito a:<br />

1) azione anti-dolorifica sulla sintomatologia urente<br />

2) effetti sui <strong>di</strong>sturbi associati al bruciore orale<br />

3) eventuale influenza sulla salute generale e sulla qualità <strong>di</strong> vita del paziente BMS<br />

MATERIALI E METODI: Abbiamo reclutato 10 pazienti con <strong>di</strong>agnosi clinica e laboratoristica <strong>di</strong> BMS afferenti al<br />

nostro ambulatorio. Ad essi sono stati posti 4 questionari (scheda <strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi specialistica BMS, <strong>di</strong>stribuzione della<br />

sintomatologia, questionario HAD, questionario SF-36) e un <strong>di</strong>ario giornaliero con scale VAS da compilare.<br />

Successivamente, i pazienti si sono sottoposti a 10 sedute <strong>di</strong> agopuntura presso un me<strong>di</strong>co specialista in me<strong>di</strong>cina<br />

tra<strong>di</strong>zionale cinese. RISULTATI: Il campione è rappresentato da 10 donne, <strong>di</strong> età me<strong>di</strong>a 64 ± 8,2 anni, con<br />

sintomatologia presente da 4,9 ± 1 anni. Dopo la terapia non si è osservata alcuna riduzione statisticamente significativa<br />

nell’intensità della sintomatologia urente rispetto ai valori iniziali. Si è rilevata una lieve <strong>di</strong>minuzione del numero delle<br />

aree coinvolte dal dolore, non significativa. I sintomi locali associati al dolore sono rimasti immo<strong>di</strong>ficati. A livello<br />

sistemico, si è osservata una netta <strong>di</strong>minuzione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sturbi che si accompagnano al dolore, mentre a livello del profilo<br />

psicologico si è osservata una riduzione <strong>dei</strong> punteggi relativi ad ansia e depressione. Nel questionario qualità <strong>di</strong> vita si è<br />

riscontrata una <strong>di</strong>minuzione statisticamente significativa del parametro “dolore fisico”. DISCUSSIONI E<br />

CONCLUSIONI: Dallo stu<strong>di</strong>o emerge l’inefficacia dell’agopuntura nell’influire positivamente sul bruciore orale e sui<br />

sintomi locali, ma una capacità reale dell’agopuntura <strong>di</strong> migliorare lo stato <strong>di</strong> salute psico-fisico globale,<br />

frequentemente compromesso nel paziente BMS. Ciò può tradursi, in ultimo, in una concreta riduzione della percezione<br />

del dolore nel paziente.


LA BOLLA ADIPOSA DEL BICHAT NELLA RIPARAZIONE DI DIFETTI MUCOSI POST CHIRURGICI<br />

Giuliani M., Lajolo C., Moro A., Pelo A.<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore. Roma. e-mail: michele.giuliani@rm.unicatt.it<br />

Introduzione: La bolla a<strong>di</strong>posa del Bichat è una massa <strong>di</strong> grasso specializzato collocata al <strong>di</strong> sotto del dotto della<br />

ghiandola parotide, anteriormente al massetere e profondamente rispetto al buccinatore. Da molto tempo, la bolla viene<br />

usata chirurgicamente con vari fini ricostruttivi (comunicazioni oro-antrali, ricostruzioni oncologiche, chirurgia<br />

dell’articolazione temporoman<strong>di</strong>bolare ecc.). Materiali e meto<strong>di</strong>: Nel caso da noi presentato, la bolla a<strong>di</strong>posa è stata<br />

utilizzata per la ricostruzione della parete della guancia sinistra <strong>di</strong> un soggetto <strong>di</strong> 42 anni, affetto da una vasta lesione<br />

eritro-leucoplasica, con <strong>di</strong>agnosi istologica <strong>di</strong> carcinoma micro-invasivo. Dopo l’asportazione chirurgica della lesione,<br />

la boIla a<strong>di</strong>posa è stata in parte <strong>di</strong>slocata nella cavità orale e <strong>di</strong>stesa per ricoprire l’ampia breccia chirurgica. Il decorso<br />

post operatorio è trascorso senza complicanze ed a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 4 mesi il tessuto della guancia si è presentato<br />

normotrofico. Conclusione: Il processo <strong>di</strong> guarigione della bolla utilizzata come protezione <strong>di</strong> una ferita non suturabile<br />

tramite la sua iniziale trasformazione in tessuto fibroso (1 settimana) e la conseguente riepitelizzazione che avviene a<br />

partire dalla periferia verso il centro nel giro <strong>di</strong> 6-8 settimane a secondo della <strong>di</strong>mensione del <strong>di</strong>fetto mucoso.


BRUXISMO AUTO-RIFERITO E SINTOMATOLOGIA ANSIOSO-FOBICA<br />

Pelliccioni GA*., Gatto MRA**., Marini I***<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche- Università <strong>di</strong> Bologna “Alma Mate Stu<strong>di</strong>orum”<br />

*Sezione <strong>di</strong> Chirurgia Orale **Servizio <strong>di</strong> Statistica ***Sezione <strong>di</strong> Ortodonzia ed Ortognatodonzia<br />

Obbiettivi Ricerche sui <strong>di</strong>sturbi dell’ansia condotti in pazienti afferenti al Reparto <strong>di</strong> Chirurgia Orale hanno consentito<br />

<strong>di</strong> focalizzare la nostra attenzione sulle caratteristiche che permettono <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere i pazienti che si <strong>di</strong>chiarano bruxisti<br />

dai non bruxisti. L’obbiettivo <strong>di</strong> questa analisi secondaria è stato quello <strong>di</strong> paragonare i due gruppi in base alla presenza<br />

<strong>di</strong> sintomi ansioso/fobici. Materiale e Metodo Uno stu<strong>di</strong>o cross-sectional su 250 pazienti consecutivi reclutati nel<br />

2007 è stato condotto valutando la frequenza <strong>di</strong> bruxismo attraverso una scala Likert da 1 a 5 (1=mai, 2=raramente,<br />

3=qualche volta , 4=spesso, e 5=continuamente); 43 pazienti che si <strong>di</strong>chiaravano bruxisti “spesso” o “continuamente “<br />

sono stati paragonati ad un campione <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong> 89 pazienti non bruxisti scelti randomicamente Due questionari<br />

psicologici (STAI-Y1 e Phobia Scale <strong>di</strong> Marks- Sheehan), sono stati compilati dai pazienti sotto la supervisione <strong>di</strong> uno<br />

psicologo. Risultati. La prevalenza del bruxismo sul totale del campione è del 17%. I bruxisti erano vedovi/<strong>di</strong>vorziati<br />

(p=0.001) con titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o più elevato (p=0.03) rispetto ai non bruxisti; essi erano più ansiosi (p=0.02) e<br />

presentavano con maggiore frequenza agorafobia (p=0.0001), claustrofobia (p=0.008), patofobia (p=0.03), sociofobia<br />

(p


TUMORIGENICITÀ DELLE CANCER STEM CELL DEL CARCINOMA ORALE.<br />

Pastore L 1 , Santarelli A 1 2 , Compilato D 3 , Panzarella V 3 , Rocchetti R 1 2 , Lo Muzio L 1 .<br />

1 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Foggia, 2 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Stomatologiche -<br />

Università Politecnica delle Marche, 3 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Stomatologiche - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Palermo.<br />

OBIETTIVI: In <strong>di</strong>verse neoplasie maligne (es. cervello, mammella, prostata) è stata <strong>di</strong>mostrata la presenza <strong>di</strong> una<br />

sottopopolazione <strong>di</strong> cellule tumorali con caratteristiche <strong>di</strong> staminalità (cancer stem cell, cellule staminali tumorali). Tali<br />

cellule sono state identificate attraverso l’espressione <strong>di</strong> specifici marker superficiali, quali il CD<strong>13</strong>3. È stato osservato<br />

che l’inoculazione <strong>di</strong> cancer stem cell in topi nu<strong>di</strong> determina lo sviluppo <strong>di</strong> un tumore con caratteristiche identiche a<br />

quelle del paziente dal quale sono state prelevate le cellule. Nel presente stu<strong>di</strong>o abbiamo indagato la possibilità da parte<br />

<strong>di</strong> cellule staminali tumorali selezionate da linee cellulari <strong>di</strong> carcinoma squamoso del cavo orale (OSCC KB) <strong>di</strong><br />

determinare lo sviluppo <strong>di</strong> una neoplasia una volta inoculate in topi nu<strong>di</strong>. MATERIALI E METODI: La presenza <strong>di</strong><br />

cancer stem cell nella linea cellulare OSCC KB è stata identificata attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> biglie magnetiche (MACS<br />

sorting, Miltenyi Technology); le cellule staminali tumorali sono state marcate con microbiglie <strong>di</strong> 50 nanometri<br />

in<strong>di</strong>rizzate verso il marker CD<strong>13</strong>3 ed isolate come frazione ritenuta all’interno <strong>di</strong> una colonna posta dentro il separatore.<br />

Le cellule staminali selezionate sono state quin<strong>di</strong> inoculate sottocute sul dorso <strong>di</strong> topi BALB/c-nu/nu <strong>di</strong> cinque<br />

settimane. Il volume del tumore è stato determinato con misurazioni giornaliere <strong>dei</strong> <strong>di</strong>ametri del nodulo. RISULTATI:<br />

Dalla linea cellulare KB <strong>di</strong> carcinoma squamocellulare del cavo orale è stato possibile evidenziare due sub-popolazioni<br />

cellulari: una con positività al marker CD<strong>13</strong>3 (che ammontava al 2% circa del totale), l’altra CD<strong>13</strong>3-negativa che<br />

costituiva la restante parte. Questo risultato è in linea con altri stu<strong>di</strong> effettuati sui tumori epiteliali, come il carcinoma<br />

laringeo. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 6 settimane dall’inoculo nei topi, solo le cellule CD<strong>13</strong>3-positive determinavano lo sviluppo del<br />

tumore ad una concentrazione <strong>di</strong> appena 5.000 unità, mentre le cellule CD<strong>13</strong>3-negative non erano in grado <strong>di</strong><br />

determinare lo sviluppo del tumore se non a seguito <strong>di</strong> inoculi <strong>di</strong> almeno 500.000 unità. CONCLUSIONI: I risultati del<br />

presente stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong>mostrano il possibile ruolo ricoperto dalle cellule staminali tumorali nella cancerogenesi orale,<br />

suggerendo nuove prospettive terapeutiche basate sulla in<strong>di</strong>viduazione e l’eliminazione delle cancer stem cell.


DIAGNOSI PRECOCE DEL CANCRO ORALE: UTILIZZO DELLA LUCE A FLUORESCENZA<br />

Pacini V., Marconcini S., Derchi G., Barone A., Covani U.<br />

Università <strong>di</strong> Pisa.<br />

Istituto Stomatologico Tirreno , Ospedale unico della Versilia.<br />

Introduzione: In Italia, negli ultimi 30 anni, l’incidenza <strong>dei</strong> tumori del cavo orale risulta sostanzialmente costante, infatti<br />

nel nostro paese sono colpite circa 8000 persone l’anno, in particolare il carcinoma orale rappresenta circa il 6% <strong>di</strong> tutte<br />

le forme maligne. Per amplificare la possibilità <strong>di</strong> una <strong>di</strong>agnosi precoce ricercatori canadesi hanno messo a punto un<br />

<strong>di</strong>spositivo ottico, il Vescope (visual enhanced lesion scope), che emette un cono <strong>di</strong> luce blu volto a stimolare varie<br />

molecole all’interno delle cellule, le quali assorbono energia riflettendola come luce a fluorescenza visibile attraverso<br />

un oculare. Le variazioni della naturale fluorescenza <strong>dei</strong> tessuti sani generalmente riflettono mo<strong>di</strong>fiche biochimiche o<br />

strutturali che possono in<strong>di</strong>care delle lesioni sospette, è così possibile esaminare in modo non invasivo le mucose orali<br />

ed effettuare una <strong>di</strong>agnosi precoce.<br />

Obiettivi:Nel nostro istituto è venuto alla nostra osservazione un paziente <strong>di</strong> anni 76 anni con una neoformazione<br />

eritroplasica ulcerata sul bordo linguale <strong>di</strong> sinistra, non dolente e presente da circa 20 giorni.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Succesivamente all’esame obiettivo, la neoformazione veniva indagata tramite il Velscope che<br />

mostrava cambiamenti della normale fluorescenza dal verde al nero, per questo la lesione veniva asportata in toto e<br />

inviata all’istituto <strong>di</strong> anatomia patologica<br />

Risultati: l’esame istologico metteva in evidenza una <strong>di</strong>splasia lieve del tessuto.<br />

Conclusioni : Anche se i risultati sono incoraggianti, la luce a fluorescenza nella <strong>di</strong>agnosi precoce del cancro orale<br />

necessita <strong>di</strong> ulteriori stu<strong>di</strong> prospettici multicentrici per avere una conoscenza preve<strong>di</strong>bile sulle potenzialità <strong>di</strong>agnostiche<br />

<strong>di</strong> questa tecnologia.


QUALITÀ DELLA VITA DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRATTAMENTO CHIRURGICO PER CANCRO<br />

ORALE: RISULTATI PRELIMINARI DI UNO STUDIO PROSPETTICO.<br />

Rossi V.,Rampinelli G., Tarozzi M., Sardella A., Carrassi A.<br />

Me<strong>di</strong>cina e Patologia Orale e <strong>Odontoiatria</strong> Geriatrica, Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Chirurgia e <strong>Odontoiatria</strong>, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Italy<br />

OBIETTIVI: il carcinoma squamocellulare orale è tra i <strong>di</strong>eci tumori maligni più comuni nella popolazione<br />

mon<strong>di</strong>ale.Valutare la qualità della vita (QOL) <strong>di</strong> pazienti trattati chirurgicamente per cancro orale, <strong>di</strong>agnosticato presso<br />

l’Unità <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Patologia Orale dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano. MATERIALI E METODI: tutti i pazienti<br />

<strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o prospettico hanno compilato la versione italiana del questionario sulla qualità della vita proposto<br />

dall’Università <strong>di</strong> Washington (UW-QOL, 4 versione). Il questionario si compone <strong>di</strong> due parti: una <strong>di</strong> tre<strong>di</strong>ci domande<br />

relative alla qualità della vita degli ultimi sette giorni (dolore, aspetto fisico, attività ricreative, attività fisiche,<br />

deglutizione, masticazione, uso della parola, spalla, gusto, salvazione, umore, ansia) e un’altra <strong>di</strong> tre domande relative<br />

alla salute generale prima e dopo la malattia. RISULTATI: dai risultati emerge che la maggior parte <strong>dei</strong> pazienti non<br />

accusa dolore a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo dall’intervento chirurgico, riferisce una salivazione e una deglutizione normali,<br />

afferma <strong>di</strong> non aver subito cambiamenti nell’aspetto fisico e limitazioni circa le proprie attività ricreative e fisiche<br />

rispetto a prima dell’intervento. La maggior parte, tuttavia, ha <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> avere <strong>di</strong>fficoltà nel pronunciare alcune<br />

parole, nel masticare alcuni cibi e <strong>di</strong> non riuscire ad percepire il sapore <strong>di</strong> alcuni cibi consumati. DISCUSSIONI E<br />

CONCLUSIONI: i risultati preliminari <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o confermano una buona ripresa funzionale ed estetica<br />

dell’apparato stomatologico ed un’accettabile qualità della vita <strong>dei</strong> pazienti. Il nostro prossimo obiettivo sarà il<br />

completamento <strong>dei</strong> dati a nostra <strong>di</strong>sposizione e la l’analisi <strong>di</strong> variabili quali età e sesso del paziente, sito e sta<strong>di</strong>o della<br />

neoplasia nella valutazione della qualità della vita.


CARCINOMA EPIDERMOIDALE INFILTRANTE –ULCERATO DELLA LINGUA E DELLA REGIONE<br />

SUBLINGUALE. DIAGNOSI-TERAPIA-FOLLOW-UP A TRE ANNI : CASE REPORT<br />

V. Corvino*, A. Andrisani*,V. Valentini***, M. Piattelli*<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D'Annunzio” <strong>di</strong> Chieti-Pescara<br />

**Cattedra <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo- faciale ,Direttore Prof. G. Iannetti, Università “ La Sapienza”, Roma<br />

Introduzione: il carcinoma orale è un tumore maligno caratterizzato da una mortalità elevata se non curato in tempo, e<br />

dà notevoli percentuali <strong>di</strong> completa guarigione se <strong>di</strong>agnosticato nelle sue fasi iniziali.<br />

Obiettivi: confermare l’importanza della <strong>di</strong>agnosi precoce nella prognosi a me<strong>di</strong>o termine <strong>di</strong> patologie neoplastiche a<br />

prognosi sfavorevole e il ripristino della funzionalità d’organo me<strong>di</strong>ante tecniche <strong>di</strong> chirurgia oncologica resettiva e<br />

ricostruttiva .<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: nel marzo 2005 è giunto alla nostra osservazione un soggetto maschio <strong>di</strong> anni 50 non fumatore che<br />

presentava una lesione ulcerativa della regione sublinguale destra in corrispondenza <strong>di</strong> un elemento dentario scoronato.<br />

A seguito del prelievo bioptico e del relativo esame istologico è stato <strong>di</strong>agnosticato un carcinoma epidermoidale<br />

infiltrante–ulcerato. Il paziente è stato trattato con terapia chirurgica resettiva e ricostruttiva ed inserito in programma<br />

<strong>di</strong> follow-up che prosegue a tutt’oggi.<br />

Risultati: a più <strong>di</strong> tre anni dalla <strong>di</strong>agnosi il paziente mantiene una <strong>di</strong>screta qualità <strong>di</strong> vita e non sono documentabili<br />

reci<strong>di</strong>ve né da un punto <strong>di</strong> vista clinico né strumentale..<br />

Conclusione: considerata l’aggressività biologica delle neoplasie interessanti la lingua e il pavimento orale,e la<br />

percentuale <strong>di</strong> sopravvivenza me<strong>di</strong>a a 5 anni del 52% , con oscillazioni tra l’84-95% <strong>dei</strong> pazienti con tumore confinato<br />

alla sede d’insorgenza e del 5% <strong>dei</strong> pazienti con tumori metastatici, è possibile affermare che la <strong>di</strong>agnosi precoce è un<br />

fattore determinante ai fini prognostici .


CARCINOMA SQUAMOCELLULARE INSORTO SU INNESTO CUTANEO: CASE REPORT.<br />

Gissi DB, Montebugnoli L, Marchetti C, Foschini MP.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Unità <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Ospedale S.Orsola, Università <strong>di</strong><br />

Bologna<br />

INTRODUZIONE: Nell’ambito del carcinoma squamoso del cavo orale, la ricostruzione <strong>di</strong> ampi <strong>di</strong>fetti derivati<br />

dall’escissione della massa tumorale si avvale generalmente dell’utilizzo <strong>di</strong> vari tipi <strong>di</strong> innesti cutanei o miocutanei. Le<br />

complicanze precoci dopo posizionamento <strong>di</strong> un lembo cutaneo sono ampiamente descritte in letteratura, mentre sono<br />

pochi i lavori che riportano la comparsa <strong>di</strong> eventi avversi a lungo termine. In particolare esistono solo 3 reports che<br />

hanno descritto la comparsa <strong>di</strong> tumori secondari sul lembo <strong>di</strong> cute impiantato nel cavo orale.<br />

CASE REPORT: nel presente lavoro viene riportato il caso <strong>di</strong> una paziente operata nel 2004 per un carcinoma<br />

squamocellulare del pavimento orale, con success posizionamento <strong>di</strong> un lembo cutaneo derivato dall’avambraccio. A<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 4 anni la paziente ha sviluppato una lesione al margine sinistro del lembo, la quale dopo asportazione<br />

chirurgica ha mostrato la presenza all’esame istologico <strong>di</strong> un carcinoma squamocellulare in situ. A <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 6 mesi è<br />

comparsa una nuova lesione eritroplasica questa volta posizionata sul margine destro del lembo cutaneo, il cui esame<br />

istologico ha mostrato la presenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>splasia moderato-severa.<br />

DISCUSSIONE: la comparsa <strong>di</strong> una lesione tumorale ai margini <strong>di</strong> un lembo cutaneo dopo asportazione <strong>di</strong> un<br />

carcinoma del cavo orale può essere secondaria ad una reci<strong>di</strong>va locale del tumore primitivo, allo sviluppo <strong>di</strong> un tumore<br />

primitivo ad origine dalla cute, oppure ad un tumore secondario a partenza dalla mucosa orale con invasione successiva<br />

del lembo cutaneo o piuttosto ad un tumore secondario a partenza dal lembo cutaneo con invasione successiva della<br />

mucosa orale circostante. La <strong>di</strong>namica degli eventi nel presente case report esclude le prime due possibilità, a causa del<br />

lungo periodo <strong>di</strong> tempo intercorso tra il primo ed il secondo tumore. La comparsa successiva <strong>di</strong> una lesione <strong>di</strong>splasica<br />

nella parte opposta del lembo cutaneo suggerisce l’ipotesi <strong>di</strong> un tumore secondario a partenza dal lembo cutaneo con<br />

invasione successiva della mucosa orale circostante. La comparsa <strong>di</strong> carcinomi secondari nel cavo orale è regolata dalla<br />

teoria della “cancerizzazione a campo” che prevede la presenza <strong>di</strong> aree <strong>di</strong> mucosa geneticamente alterata nelle zone<br />

peritumorali da cui possono svilupparsi tumori secondari in seguito al sommarsi <strong>di</strong> ulteriori danni genetici. Il presente<br />

case report suggerisce che il concetto della cancerizzazione a campo debba applicarsi non solo alla mucosa orale<br />

circostante il tumore primitivo, ma anche riguardare tessuti <strong>di</strong>versi, quale la cute, in seguito ad un processo <strong>di</strong><br />

“mucosalizzazione” che prende inizio con il posizionamento del lembo all’interno del cavo orale. Una indagine<br />

citogenetica è attualmente in corso sul tumore primitivo e sul tumore secondario per valutare se i due corre<strong>di</strong><br />

cromosomici sono identici o meno per confermare l’ipotesi.


VALUTAZIONE IMMUNOISTOCHIMICA DELLA PROTEINA p16 INK4A IN UN GRUPPO DI<br />

LEUCOPLACHIE ESITATE IN CARCINOMA SQUAMOCELLULARE.<br />

Grelli I, Montebugnoli L, Cocchi R, Pennesi MG, Farne<strong>di</strong> A, Flamminio F, Foschini MP.<br />

Dipartimento Scienze Odontostomatologiche dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bologna, Unità <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-<br />

Facciale, Ospedale Bellaria Bologna<br />

OBIETTIVI: il gene onco-soppressore p16 ed il suo prodotto la proteina p16 INK4A hanno un importante ruolo nei<br />

meccanismi <strong>di</strong> regolazione del ciclo cellulare. Una riduzione dell’espressione della p16 INK4A è stata rilevata nella<br />

maggior parte <strong>dei</strong> carcinomi del cavo orale, ma una certa percentuale <strong>di</strong> carcinomi viceversa presenta una elevata<br />

espressione della proteina. Risultati contrastanti sono stati riportati anche riguardo l’espressione della proteina nelle<br />

lesioni potenzialmente maligne, nelle quali la presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia è stata a volte correlata con una ipoespressione della<br />

p16 INK4A , a volte con una iperespressione. Non esiste ancora uno stu<strong>di</strong>o longitu<strong>di</strong>nale che abbia valutato il valore<br />

prognostico della p16 INK4A in lesione che hanno poi sviluppato un carcinoma. Nel presente stu<strong>di</strong>o la p16 INK4A è stata<br />

valutata in un gruppo <strong>di</strong> lesioni leucoplasiche che hanno sviluppato un carcinoma nella stessa sede a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> anni.<br />

MATERIALI E METODI: lo stu<strong>di</strong>o comprende 20 campioni <strong>di</strong> carcinomi preceduti almeno da un anno (range 1-11<br />

anni; me<strong>di</strong>a 3.15±3.1anni) da leucoplachie nella stessa sede, <strong>di</strong> cui era <strong>di</strong>sponibile materiale bioptico, e 20 campioni <strong>di</strong><br />

mucosa normale come controllo. La proteina p16 INK4A è stata valutata me<strong>di</strong>ante meto<strong>di</strong>ca immunoistochimica e<br />

campioni con >5% <strong>di</strong> cellule colorate sono stati considerati positivi. RISULTATI: tutti i 20 campioni <strong>di</strong> controllo sono<br />

risultati negativi. Le lesioni leucoplasiche sono risultate positive in 9 casi e negative in 11. Nessuna relazione è stata<br />

rilevata tra positività alla p16 INK4A e presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia. Riguardo i carcinomi, 9 sono risultati positivi e 11 negativi.<br />

E’ stata rilevata una significativa relazione (Chi quadrato 7.1; p


VALORE PROGNOSTICO DEL KI67 NELLA MUCOSA A DISTANZA DAL TUMORE NEI PAZIENTI<br />

OPERATI DI CARCINOMA DEL CAVO ORALE: STUDIO LONGITUDINALE PROSPETTICO.<br />

Felicetti L, Montebugnoli L, Gissi DB, Marchetti C, Ba<strong>di</strong>ali G, Foschini MP<br />

Dipartimento Scienze Odontostomatologiche, Università <strong>di</strong> Bologna<br />

OBIETTIVI: il carcinoma squamoso del cavo orale si caratterizza per l’elevata frequenza <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>ve locali e tumori<br />

secondari, caratteristica spiegata dalla teoria della “cancerizzazione a campo” che prevede la presenza <strong>di</strong> aree <strong>di</strong><br />

mucosa geneticamente alterata nelle zone peritumorali, clinicamente e istologicamente in<strong>di</strong>stinguibile da una mucosa<br />

normale. Lo stu<strong>di</strong>o delle zone peritumorali può pertanto non fornire dati riproducibili e confrontabili tra soggetto e<br />

soggetto in quanto risente, oltre che del <strong>di</strong>verso approccio chirurgico, anche della <strong>di</strong>stanza presa in considerazione dal<br />

margine libero da cellule tumorali, non conoscendo l’estensione del campo geneticamente alterato in ogni singolo<br />

soggetto. Nel presente stu<strong>di</strong>o è stata presa in considerazione la mucosa controlaterale alla massa primitiva, al fine <strong>di</strong><br />

ottenere informazioni più affidabili e valutare se l’applicazione <strong>di</strong> markers biologici in tale sede possa essere utile ai fini<br />

della prognosi a <strong>di</strong>stanza. MATERIALI E METODI: lo stu<strong>di</strong>o comprende 47 pazienti operati <strong>di</strong> carcinoma<br />

squamocellulare dal Febbraio 2004 al Febbraio 2008. La sopravvivenza libera da malattia è stata valutata a Dicembre<br />

2008 ed è stata definita come la durata tra l’intervento <strong>di</strong> asportazione del tumore e la comparsa <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va locale,<br />

secondo tumore o linfono<strong>di</strong> positivi. Il turnover cellulare all’interno della massa tumorale e nella mucosa clinicamente e<br />

istologicamente “normale” nella guancia controlaterale è stato valutato me<strong>di</strong>ante indagine immunoistochimica<br />

utilizzando la proteina Ki67. RISULTATI: i valori me<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ki67 nella mucosa a <strong>di</strong>stanza sono risultati<br />

significativamente superiori (p20%). E’ stata rilevata una relazione statisticamente significativa tra l’espressione <strong>di</strong><br />

Ki67 nella mucosa a <strong>di</strong>stanza e l’espressione <strong>di</strong> Ki67 nella massa tumorale (F=7.98; r=.42; p


NUOVE STRATEGIE PER LA DIAGNOSI PRECOCE DI CANCERIZZAZIONE SU MUCOSA ORALE: VELSCOPE ® ,<br />

UN DISPOSITIVO PER LA VISUALIZZAZIONE DELL’AUTO-FLUORESCENZA TISSUTALE. RISULTATI DI UNO<br />

STUDIO SU DISORDINI POTENZIALMENTE MALIGNI AD ALTO E BASSO GRADO DI DISPLASIA<br />

Paderni C. a , Compilato D. a , Nar<strong>di</strong> G. b , Lo Muzio L. c , Campisi G. a<br />

a Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Palermo; b Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma; c Università <strong>di</strong> Foggia.<br />

Introduzione: Il Carcinoma Orale a Cellule Squamose (COCS) è preceduto nel 50 % <strong>dei</strong> casi da <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni<br />

potenzialmente maligni (DPM), spesso clinicamente simili o occulti e non visibili all’esame clinico. Inoltre, l’esame<br />

bioptico, benché invasivo per il paziente, rappresenta ancora il “gold standard” per la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale <strong>dei</strong> DPM<br />

dalle più comuni lesioni infiammatorie/irritative del cavo orale. Pertanto, l’utilizzo <strong>di</strong> nuove meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong>agnostiche<br />

non invasive, come il VELscope (Visually Enhanced Lesion scope) che utilizza la fluorescenza <strong>di</strong>retta, potrebbe essere<br />

utile ai clinici nello screening e nel riconoscimento precoce delle lesioni “ad alto rischio”. Tale <strong>di</strong>spositivo permette <strong>di</strong><br />

esaminare la mucosa orale, valutando visivamente eventuali cambiamenti nella auto-fluorescenza <strong>dei</strong> tessuti orali<br />

esaminati. In particolare, la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> fluorescenza sembrerebbe essere associata alle alterazioni della <strong>di</strong>stribuzione<br />

intrinseca <strong>dei</strong> fluorofori tissutali che accompagnano lo sviluppo neoplastico. Obiettivi: Valutare la sensibilità, la<br />

specificità e l’accuratezza <strong>di</strong>agnostica del VELscope, utilizzando la biopsia orale come “gold standard”, nel<br />

<strong>di</strong>scriminare lesioni in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia da lesioni presentanti istologicamente <strong>di</strong>splasia <strong>di</strong> vario grado fino al<br />

Carcinoma invasivo. Meto<strong>di</strong>: 30 pazienti (14 M, 16 F; eta me<strong>di</strong>a: 57,6 ± 11,5 anni; range 29-72 anni) con sospetto<br />

DPM, afferiti presso il Settore <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Palermo, sono stati sottoposti ad esame<br />

clinico, esame clinico me<strong>di</strong>ante VELscope, biopsia orale e, successivo esame istologico. Le lesioni orali che, all’esame<br />

con il VELscope, evidenziano una colorazione verde-mela sono state definite “VELscope negative” (VsN), mentre le<br />

lesioni che appaiono come aree scure, sono state classificate come “VELscope positive” (VsP). Tutte le lesioni VsP<br />

sono state sottoposte a compressione per evidenziare l’eventuale scomparsa dell’auto-fluorescenza verde; in tal caso, le<br />

lesioni sono state definite VsN. Infine, è stata valutata l’associazione tra variazioni nella fluorescenza della mucosa<br />

orale, sede della lesione, e l’aspetto istologico (assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia, <strong>di</strong>splasia lieve, <strong>di</strong>splasia moderata/severa e<br />

carcinoma invasivo) delle lesioni sottoposte ad esame bioptico. Risultati: Delle 30 biopsie eseguite, 10 sono state<br />

eseguite in lesioni VsP mentre le rimanenti 20 sono state eseguite in lesioni VsN. Il 90% <strong>dei</strong> campioni bioptici,<br />

istologicamente risultati DPM in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia, si presentavano come lesioni VsN, il 100 % <strong>di</strong> DPM con <strong>di</strong>agnosi<br />

istologica <strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia lieve si presentavano come lesioni VsN, mentre il 100% <strong>dei</strong> DPM con <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia<br />

moderata/severa e carcinoma invasivo si evidenziavano come lesioni VsP. Pertanto, utilizzando l’esame istologico<br />

come “gold standard”, il VELscope ha riportato una specificità del 90 % e una sensibilità del 70%. L’accuratezza<br />

<strong>di</strong>agnostica del <strong>di</strong>spositivo è dell’83,3% (VPP=77,8%; VPN= 85,7%). Conclusioni: il presente stu<strong>di</strong>o pilota suggerisce<br />

che i <strong>di</strong>spositivi come il VELscope sono degli strumenti utili per lo screening <strong>di</strong> DPM con eventuale <strong>di</strong>splasia<br />

moderata/severa e carcinoma, ma non sono, atten<strong>di</strong>bili per evidenziare eventuali quadri <strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia lieve. Sulla base <strong>dei</strong><br />

risultati ottenuti, si conclude che il <strong>di</strong>spositivo testato non può sostituirsi completamente all’esame bioptico routinario.


CISTI DEI MASCELLARI: DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO.<br />

Ciulli E, Baiocchi V, Barlattani A.J, Bollero R, Pandolfi C, Mampieri G, Spinelli D, Rocci M, Bollero P.<br />

Policlinico Universitario “Tor Vergata” Roma. AFO <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>. Direttore Prof. Alberto Barlattani.<br />

INTRODUZIONE: Le cisti <strong>dei</strong> mascellari sono cavità patologiche a contenuto liquido o semiliquido; esse sono<br />

rivestite da epitelio, la cui origine permette <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere la natura odontogena o non odontogena della lesione. Seppur<br />

benigne e in molti casi asintomatiche, possono necessitare <strong>di</strong> trattamento per la tendenza all’accrescimento che spesso le<br />

caratterizza. L’approccio chirurgico può essere <strong>di</strong>verso in base alla situazione clinica; é possibile una enucleazione della<br />

neoformazione (Partsch I), una tecnica <strong>di</strong> marsupializzazione (Partsch II) o una combinazione delle due.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del lavoro è <strong>di</strong> valutare l’efficacia della tecnica chirurgica Partsch I, considerata dalla<br />

letteratura internazionale la prima scelta nel trattamento delle lesioni cistiche; è altresì importante valutare la capacità <strong>di</strong><br />

rigenerazione del tessuto osseo, in assenza <strong>di</strong> procedure <strong>di</strong> grafting.<br />

MATERIALI E METODI: Il paziente giunto alla nostra osservazione lamentava sintomatologia algica in<br />

corrispondenza del II quadrante. L’esame obiettivo intraorale evidenziava una tumefazione <strong>di</strong> consistenza duro-elastica<br />

e gli esami rx opt e tc mostravano una lesione osteolitica che si estendeva dall’elemento 2.3 all’elemento 2.6 con<br />

interessamento del seno mascellare. Si procedeva dunque alla rimozione della lesione me<strong>di</strong>ante tecnica Partsch I, previa<br />

<strong>di</strong>sinfezione e sagomatura <strong>dei</strong> canali ra<strong>di</strong>colari dell’elemento 2.3. Non si riteneva necessario alcun trattamento del seno<br />

mascellare per la presenza <strong>di</strong> un sottile strato <strong>di</strong> corticale residua. La neoformazione asportata veniva inviata al Servizio<br />

<strong>di</strong> Anatomia ed Istologia Patologica.<br />

RISULTATI: L’esame istologico confermava l’origine ra<strong>di</strong>colare della neoformazione odontogena, a contenuto<br />

necrotico-emorragico. Clinicamente il decorso post-operatorio si mostrava privo <strong>di</strong> complicanze, con una buona<br />

guarigione del tessuto osseo, in assenza <strong>di</strong> comunicazioni oro-antrali.<br />

CONCLUSIONI: I risultati clinici ottenuti confermavano la vali<strong>di</strong>tà della tecnica <strong>di</strong> enucleazione nel trattamento delle<br />

neoformazioni cistiche; in assenza <strong>di</strong> rischi intraoperatori infatti, tale approccio è sempre da preferire, soprattutto in<br />

riferimento al decorso post-operatorio. Era altresì confermata l’ottima capacità <strong>di</strong> rigenerazione del tessuto osseo in<br />

seguito all’organizzazione del coagulo ematico.


CLOBETASOLO TOPICO ED ASSORBIMENTO SISTEMICO: STUDIO PRELIMINARE DOPO<br />

APPLICAZIONE SULLA MUCOSA ORALE.<br />

Molteni A, Varoni E., Demarosi F., Di Can<strong>di</strong>a D., Lo<strong>di</strong> F., Lo<strong>di</strong> G.<br />

Unità <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Patologia Orale e <strong>Odontoiatria</strong> Geriatrica, Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Chirurgia e<br />

<strong>Odontoiatria</strong>,Sezione autonoma <strong>di</strong> Tossicologia Forense dell’Istituto <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Legale <strong>di</strong> Milano, Università degli<br />

Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Italy<br />

OBIETTIVI: Clobetasolo-17-proprionato (CP) è il più potente tra i corticosteroi<strong>di</strong> topici utilizzati in me<strong>di</strong>cina orale<br />

per il trattamento <strong>di</strong> alcune malattie infiammatorie croniche muco-cutanee. Al fine <strong>di</strong> migliorare la sintomatologia<br />

dolorosa e curare la presenza <strong>di</strong> ulcere ed erosioni, queste patologie spesso richiedono terapie prolungate, esponendo il<br />

paziente a parecchi effetti avversi. Il nostro obiettivo è stato controllare nei pazienti il reale assorbimento sistemico <strong>di</strong><br />

CP topico, dopo la sua applicazione sulle mucose della bocca, andando a misurare la presenza del farmaco nel sangue.<br />

MATERIALI E METODI: Presso dell’Unità Operativa <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Patologia Orale del Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e<br />

Chirurgia dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, sono stati raccolti campioni <strong>di</strong> sangue da pazienti affetti da LPO o<br />

PMM ed in terapia locale con CP allo 0,05% presso il nostro ambulatorio. Ad ogni paziente è stato effettuato un<br />

prelievo ematico, poi centrifugato al fine <strong>di</strong> ricavarne il siero. Per determinare le concentrazioni sieriche <strong>di</strong> CP è stata<br />

utilizzata una nuova apparecchiatura per analisi con HPLC (high-perfomance liquid chromatrography) abbinata alla<br />

spettrometria <strong>di</strong> massa. RISULTATI: L’assorbimento <strong>di</strong> CP è reale ed è stato <strong>di</strong>mostrato in molti <strong>dei</strong> campioni<br />

analizzati, con un certo fattore <strong>di</strong> accumulo in relazione alla durata complessiva della terapia. La concentrazione<br />

massima è stata osservata nel paziente in terapia per PMM, circa 12 volte più elevata rispetto ai restanti pazienti<br />

esaminati, affetti da LPO; nei pazienti che utilizzavano la formulazione in unguento i livelli non risultavano, invece,<br />

dosabili. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Sono stati riscontrati <strong>di</strong>fferenti livelli <strong>di</strong> farmaco in relazione al tipo <strong>di</strong><br />

formulazione utilizzata e alla patologia del paziente, sebbene non sembrerebbero raggiungere concentrazioni sieriche<br />

tali da produrre effetti sistemici clinicamente rilevabili. I pazienti che facevano uso <strong>di</strong> unguento non hanno mostrato<br />

livelli rintracciabili <strong>di</strong> CP, probabilmente perché, essendo liposolubile, esso viene facilmente spiazzato dall’ambiente<br />

salivare a base acquosa. Il paziente con PMM ha mostrato una concentrazione <strong>di</strong> CP molto più elevata, motivabile dai<br />

dati <strong>di</strong> letteratura, per cui questa patologia si è vista capace <strong>di</strong> incrementare la permeabilità muco-cutanea <strong>di</strong> circa 16<br />

volte. I risultati preliminari suggeriscono, inoltre, che l’assorbimento possa <strong>di</strong>pendere dagli anni <strong>di</strong> terapia, seppure<br />

senza una significatività statistica. Questo stu<strong>di</strong>o, pertanto, si propone <strong>di</strong> dare conferma, per la prima volta, al fin’ora<br />

solo supposto assorbimento transmucoso <strong>di</strong> CP e <strong>di</strong> sottolineare l’importanza clinica <strong>di</strong> un attento monitoraggio del<br />

paziente in terapia con CP, soprattutto se da un periodo superiore alle 3 settimane, così da intercettare precocemente<br />

possibili effetti avversi sistemici.


SVILUPPO DI UN MODELLO CELLULARE TRIDIMENSIONALE DI CARCINOMA ORALE PER<br />

APPLICAZIONE SPERIMENTALE IN VITRO DEL TOPICAL DRUG DELIVERY.<br />

Paderni C. a , Bucchieri F. b , Siragusa M.G. c , Lo Muzio L. d , Campisi G. a<br />

a Dipartimento Scienze Stomatologiche, Università <strong>di</strong> Palermo; b Istituto <strong>di</strong> Anatomia Umana, Università <strong>di</strong> Palermo; c<br />

Dip. Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, Università <strong>di</strong> Palermo; d Dipartimento Scienze Chirurgiche, Università <strong>di</strong><br />

Foggia.<br />

Il 5-Fluoruracile (5FU) viene attualmente utilizzato, da solo o in combinazione con altri farmaci, per la chemioterapia<br />

del Carcinoma Orale a Cellule Squamose (COCS). In virtù dello scarso assorbimento del farmaco nel tratto<br />

gastrointestinale, attualmente la sua somministrazione avviene per infusione endovenosa lenta ma l’emivita è breve (16<br />

minuti) e dose-<strong>di</strong>pendente; inoltre, una non specifica <strong>di</strong>stribuzione del farmaco nell’area desiderata può comportare una<br />

grave tossicità sistemica. Pertanto, l’applicazione topica <strong>di</strong> 5FU nelle lesioni maligne del cavo orale potrebbe essere <strong>di</strong><br />

estrema efficacia per ridurre allo stesso tempo gli effetti sistemici avversi. Nostri precedenti test <strong>di</strong> permeazione in vitro<br />

ed ex vivo hanno <strong>di</strong>mostrato come il 5FU penetri in modelli rappresentativi della mucosa buccale umana e rimanga<br />

nell’ambito <strong>dei</strong> tessuti orali in modo da svolgere la sua nota azione citotossica; solo una minima concentrazione del<br />

farmaco, raggiunge la circolazione sistemica. Gli obiettivi del presente stu<strong>di</strong>o sono <strong>di</strong> a) sviluppare un modello<br />

tri<strong>di</strong>mensionale standar<strong>di</strong>zzato del COCS e b) valutare il pattern <strong>di</strong> permeazione <strong>di</strong> soluzioni <strong>di</strong> 5FU a <strong>di</strong>fferenti<br />

concentrazioni (0,5, 1 e 5%) applicate a tale modello; e c) valutarne l’efficacia citotossica. Materiali linee cellulari<br />

utilizzate: HFFF2 (Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova, Italia); HEK001 cell line (LGC Promochen,<br />

Ted<strong>di</strong>ngton UK). Mezzi <strong>di</strong> coltura utilizzati: Cellmatrix type I-A (Nitta Gelatin Inc., Osaka, Giappone), Keratinocyte-<br />

SFM, Hepes, DMEM, DMEM+F12, FBS (Invitrogen, California USA), idrocortisone (Sigma-Aldrich, Milano,<br />

Italia); cell strainers con <strong>di</strong>mensioni 70 µm (Becton Dickinson, NJ, USA); 5FU acquistato presso Sigma-Aldrich<br />

(Milano, Italia). Dopo lo sviluppo del modello tri<strong>di</strong>mensionale e l’applicazione <strong>di</strong> soluzioni <strong>di</strong> 5FU a <strong>di</strong>fferenti<br />

concentrazioni per un periodo <strong>di</strong> 3 ore, i campioni sono stati fissati in formalina, inclusi in paraffina, sezionati e colorati<br />

con ematossilina-eosina per la valutazione istomorfologica. Inoltre, è stata effettuata una colorazione capace <strong>di</strong><br />

evidenziare l’apoptosi nei campioni istologici esaminati. Risultati: Le procedure utilizzate nel presente stu<strong>di</strong>o<br />

permettono lo sviluppo <strong>di</strong> un modello tri<strong>di</strong>mensionale standar<strong>di</strong>zzato <strong>di</strong> COCS, che può essere utilizzato come<br />

alternativa facilmente riproducibile ai tessuti animali simili morfologicamente ed istologicamente alla mucosa orale<br />

umana. In particolare, il nostro modello tri<strong>di</strong>mensionale è stato utilizzato per valutare l’efficacia <strong>di</strong> soluzioni a <strong>di</strong>fferenti<br />

concentrazioni (0.5 – 1 e 5%) <strong>di</strong> 5FU ad esso applicate. Sulla base <strong>dei</strong> nostri risultati, la permeazione del farmaco<br />

attraverso il tessuto epiteliale sembra essere un processo passivo dose-<strong>di</strong>pendente e, <strong>di</strong> conseguenza, l’utilizzo <strong>di</strong><br />

concentrazioni elevate <strong>di</strong> 5FU (5%) non è utile al fine <strong>di</strong> ridurre le concentrazioni plasmatiche del farmaco. Soluzioni a<br />

basse concentrazioni <strong>di</strong> 5FU (0.5 – 1 %) sono in grado <strong>di</strong> garantire la massima efficacia citotossica nel tessuto epiteliale<br />

con la minima concentrazione plasmatica del farmaco, come confermato dall’analisi istologica <strong>dei</strong> tessuti esaminati.<br />

Conclusioni: il presente stu<strong>di</strong>o si inserisce nell’ambito <strong>di</strong> un panel <strong>di</strong> ricerca destinato allo sviluppo <strong>di</strong> patch<br />

mucoadesivi caricati con 5FU, eventualmente in combinazione con altri chemioterapici, per il “Topical Drug Delivery”<br />

in presenza <strong>di</strong> lesioni maligne del cavo orale.


LE LESIONI IPERPARACHERATOSICHE: ASPETTI CLINICI ED ISTOLOGICI<br />

F. Magliar<strong>di</strong>ti*,A.F. Carnovale,M.R. La Tella,P.D. Tornese.<br />

Università “La Sapienza” <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche.<br />

Queste lesioni, nella loro forma benigna, sono costituite da un semplice ispessimento dell’epitelio <strong>di</strong> rivestimento della<br />

mucosa e appaiono <strong>di</strong> aspetto biancastro perché l’ispessimento nasconde il colorito roseo derivante dalla ricca<br />

irrorazione <strong>dei</strong> capillari sanguigni della mucosa .<br />

L’ispessimento è dovuto ad una acantosi (proliferazione degli elementi dello strato spinoso con accentuazione<br />

dell’irregolarità del limite fra epitelio e corion).<br />

Normalmente, quando si parla <strong>di</strong> paracheratosi, si intende una cheratinizzazione abnorme degli elementi superficiali<br />

che nella mucosa orale non cheratinizzano, essi infatti mantengono il nucleo mentre, <strong>di</strong> solito, le cellule che<br />

cheratinizzano lo perdono. Nei punti ove già si ha una cheratinizzazione, a volte, è presente anche ipercheratosi<br />

dell’epitelio della mucosa orale; in questa circostanza le lesioni possono associarsi ad un modesto infiltrato linfocitario<br />

del corion sottostante.<br />

Vi sono, infine, altre varianti della patologia descritta con atipie cellulari che istologicamente vengono considerate precancerose<br />

(<strong>di</strong>splasia: lieve, moderata, grave).<br />

Nella <strong>di</strong>splasia lieve viene coinvolto il terzo inferiore <strong>di</strong> tutta l’altezza dell’epitelio <strong>di</strong> rivestimento della mucosa, nella<br />

<strong>di</strong>splasia moderata viene coinvolto il terzo me<strong>di</strong>o e nella <strong>di</strong>splasia grave è interessato anche il terzo superiore<br />

dell’altezza dell’epitelio. Quando l’alterazione <strong>di</strong>splastica interessa tutta l’altezza dell’epitelio fino alle cellule<br />

superficiali si parla <strong>di</strong> “carcinoma in situ”, perché la detta alterazione cellulare non ha ancora superato la membrana<br />

basale, ma nel momento in cui ciò avviene possono essere invasi i capillari sanguigni e linfatici dando luogo a<br />

metastasi.<br />

In generale possiamo affermare che le lesioni iperperacheratosiche <strong>di</strong>splastiche possono rimanere tali per molto tempo<br />

oppure possono regre<strong>di</strong>re ma anche progre<strong>di</strong>re, pertanto l’in<strong>di</strong>rizzo terapeutico più corretto è quello della massima<br />

prudenza ed eliminarle con un’accurata pulizia del sito coinvolto.<br />

Presentiamo un caso giunto alla nostra osservazione che presentava il quadro clinico e morfologico<br />

dell’iperparacheratosi senza <strong>di</strong>splasia.<br />

L’enucleazione della lesione veniva effettuata in anestesia locale e l’esame istologico, effettuato presso il Dipartimento<br />

<strong>di</strong> Anatomia Patologica dell’Università <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”, dava la seguente <strong>di</strong>agnosi: “Iperparacheratosi in<br />

assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>splasia”.


TRE GENERAZIONI DI PAZIENTI AFFETTI DA DISPLASIA ECTODERMICA CON ANOMALIE<br />

DENTALI, POLIDATTILIA , SINDATTILIA, OSTEOPENIA E RITARDO MENTALE.<br />

M. Viviano, L. Di Vece, , M. Piciotti, E. Bertelli G. Lorenzini<br />

Dip. Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche Universita’ degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena<br />

INTRODUZIONE<br />

Il caso proposto presenta una polidattilia postassiale tipo A e B trasmessa probabilmente come autosomica dominante<br />

associata ad altri deficit sistemici in una famiglia nella quale con modalità <strong>di</strong>verse si ripropone in cinque membri da tre<br />

generazioni.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Il paziente preso in esame (8 anni) presentava (oltre alla polidattilia <strong>di</strong> mani e pie<strong>di</strong>): sindattilia carnosa (in parte risolta<br />

chirurgicamente dopo la nascita), <strong>di</strong>spasia a carico <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi elementi dentari e delle unghie, presenza <strong>di</strong> due premolari<br />

supplementari nell’arcata man<strong>di</strong>bolare, grave quadro osteopenico delle mani e <strong>dei</strong> pie<strong>di</strong> ed un grave ritardo mentale.<br />

RISULTATI<br />

Il paziente stu<strong>di</strong>ato è fonte <strong>di</strong> riflessione in quanto si cerca <strong>di</strong> capire come le mo<strong>di</strong>ficazioni genetiche si estrinsecano in<br />

una stessa famiglia e si aggravano nel corso delle generazioni.<br />

Stu<strong>di</strong> preliminari suggeriscono che più loci genetici sono coinvolti nella patomorfogenesi della polidattilia postassiale.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI<br />

In ambito odontoiatrico è molto interessante notare come anomalie dentarie possano essere in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> strutture genetiche<br />

compromesse che possono portare a porre in essere per questi pazienti uno screeing genetico per valutare la possibile<br />

trasmissibilità <strong>di</strong> deficit più gravi ed invalidanti


ISOLAMENTO DI E.FAECALIS NEL CAVO ORALE DI UNA POPOLAZIONE SARDA TRAMITE ESAME<br />

COLTURALE E PCR. STUDIO PRELIMINARE<br />

Dettori C., Pisu S., Montano MT, Cotti E., Massidda O, Fadda D.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche, Cattedra <strong>di</strong> Patologia<br />

Speciale Odontostomatologica.<br />

Introduzione: Gli Enterococchi sono stati associati negli ultimi anni sia ad infezioni nosocomiali, sia a quelle<br />

opportunistiche. La specie più comunemente isolata a livello del cavo orale è l’Enterococcus faecalis in corrispondenza<br />

delle lesioni periapicali a carico <strong>di</strong> elementi dentali già trattati endodonticamente I dati relativi alla prevalenza dell’<br />

Enterococcus faecalis nella cavità orale sono <strong>di</strong>fferenti e gli stessi sembrerebbero <strong>di</strong>rettamente e/o in<strong>di</strong>rettamente legati<br />

allo stato <strong>di</strong> salute del cavo orale<br />

Obiettivo. Lo scopo del presente lavoro e’ stato quello <strong>di</strong> valutare la presenza dell’Enterococcus faecalis nella placca<br />

sottogengivale e nella saliva <strong>di</strong> un campione <strong>di</strong> pazienti sar<strong>di</strong> affetti da parodontite cronica.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: Per eseguire il presente lavoro sono stati esaminati 25 pazienti affetti da parodontite cronica. I<br />

pazienti sono stati opportunamente selezionati sulla base <strong>di</strong> criteri standard <strong>di</strong> inclusione ed esclusione. I parametri<br />

clinici (presenza <strong>di</strong> placca, infiammazione della gengiva, profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tasca (PD), per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> attacco clinico (CAL)., e<br />

sanguinamento al momento del prelievo (BOP)) sono stati valutati in 6 siti per ogni dente: mesiobuccale, buccale,<br />

<strong>di</strong>stobuccale, <strong>di</strong>stopalatale/linguale, palatale/linguale e mesiopalatale/linguale. Al fine <strong>di</strong> valutare il titolo <strong>di</strong><br />

Enterococcus faecalis è stato eseguito un prelievo salivare prima <strong>di</strong> quello parodontale. L’esame salivare e’ stato<br />

effettuato su un 1 ml <strong>di</strong> saliva opportunamente prelevato da ciascun paziente e raccolto in un contenitore sterile<br />

sud<strong>di</strong>viso in due aliquote: una per l’esame colturale e una per l’esame molecolare. Ogni campione cosi’ prelevato è<br />

stato analizzato me<strong>di</strong>ante l’esame colturale e me<strong>di</strong>ante PCR.<br />

I dati rilevati sono stati analizzati statisticamente me<strong>di</strong>ante Test Chi Quadro e Test Anova (P


ANALISI DELL’ATTIVITA’ DIAGNOSTICA DELL’A<strong>MB</strong>ULATORIO DI PATOLOGIA E MEDICINA<br />

ORALE DELL’UNIVERSITA’ DI MILANO NEGLI ANNI 1997-2007.<br />

Martini V, Carrassi A., Sardella A, Franchini R, Fumagalli M.<br />

Unità <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Patologia Orale e <strong>Odontoiatria</strong> Geriatrica, Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Chirurgia e <strong>Odontoiatria</strong>,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Italy<br />

OBIETTIVI: La nostra ricerca ha lo scopo <strong>di</strong> indagare l’attività <strong>di</strong>agnostica effettuata dall’unità <strong>di</strong> patologia e<br />

me<strong>di</strong>cina orale dell’ Università <strong>di</strong> Milano attraverso l’analisi degli esami istologici svolti nell’arco degli ultimi 10 anni.<br />

MATERIALI E METODI: Tutti i risultati istologici <strong>dei</strong> prelievi effettuati dal 1997 al 2007 sono stati archiviati in un<br />

database elettronico appositamente preparato, in cui si pone l’attenzione sull’età e sesso <strong>dei</strong> pazienti, sull’esito<br />

istologico e sulla sede <strong>di</strong> prelievo e delle lesioni. RISULTATI: Durante questo periodo sono stati analizzati 3004<br />

prelievi effettuato su 2656 pazienti, con un rapporto maschi-femmine <strong>di</strong> 0,7:1. Tra le prima sei, il lichen planus risulta<br />

essere la lesione <strong>di</strong>agnosticata con maggior frequenza (22,67%), seguita dal fibroma traumatico (16,54%),<br />

l’ipercheratosi (5,69%), il cancro orale (5,19%), il mucocele (4,99%), e il papilloma (4,53). Se analizziamo questi dati<br />

sud<strong>di</strong>videndoli in <strong>di</strong>fferenti gruppi <strong>di</strong> età, riscontriamo che al <strong>di</strong> sotto <strong>dei</strong> 18 anni (2,89% <strong>di</strong> tutti i prelievi), la lesione<br />

più frequente risulta essere il mucocele, tra i 19 ed i 40 anni (18,18%) il fibroma traumatico e tra i 41 ed i 65 anni<br />

(50,57%) il lichen planus. Questa patologia risulta essere la più frequente anche nella fascia <strong>di</strong> età superiore ai 65 anni.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Pochi stu<strong>di</strong> esaminano la prevalenza delle patologie orali, e molti <strong>di</strong> questi<br />

utilizzano dati solamente clinici sulla frequenza e la <strong>di</strong>stribuzione delle lesioni, mancando <strong>di</strong> conferma istologica. I<br />

nostri risultati non in<strong>di</strong>cano la prevalenza attuale delle lesioni, ma riflettono la frequenza relativa delle patologie basata<br />

sull’esame istologico. Molte <strong>di</strong>agnosi sono <strong>di</strong> natura benigna, nonostante il dato relativo alla frequenza del cancro orale<br />

mostra la rilevanza delle patologie maligne. Le con<strong>di</strong>zioni autoimmuni sono rappresentati dal dato relativo al lichen<br />

planus. La <strong>di</strong>stribuzione delle <strong>di</strong>fferenti lesioni orali è strettamente correlata all’età analizzata.


FASCITE CERVICALE NECROTIZZANTE DI ORIGINE ODONTOGENO: PATOGENESI E TERAPIA<br />

L. Di Vece, M. Viviano, F. Viviano, E. Bertelli, G. Lorenzini<br />

Dip. Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche Universita’ degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena<br />

INTRODUZIONE<br />

La Fascite Necrotizzante (FN) è una rara forma <strong>di</strong> infezione, solitamente polimicrobica, degli strati profon<strong>di</strong> della pelle<br />

e <strong>dei</strong> tessuti sottocutanei, caratterizzata principalmente da una rapida espansione attraverso i tessuti molli connettivali. (1)<br />

PATOGENESI E FATTORI DI RISCHIO<br />

La FN cervicale è dovuta principalmente a patologie <strong>di</strong> origine odontogena quali carie, chirurgia estrattiva, ascessi<br />

endodontici e parodontali, sebbene possa essere secondaria anche ad altre patologie interessanti il <strong>di</strong>stretto craniocefalico.<br />

Gli agenti patogeni più frequentemente responsabili sono: Streptococco ß emolitico Gruppo A, Stafilococco Aureo,<br />

Enterobacteriaceae, Clostri<strong>di</strong>um, Salmonella. (2)<br />

L'incidenza della fascite necrotizzante risulta aumentata nei pazienti immunocompromessi ,negli etilisti cronici, nei<br />

fumatori, negli anziani, negli obesi, nei soggetti affetti da <strong>di</strong>abete mellito, neoplasie, insufficienze vascolari. (11)<br />

TERAPIA<br />

Nei casi in cui la terapia farmacologica risulti inefficace e il quadro clinico si mostri progressivamente ingravescente, è<br />

necessario effettuare un trattamento chirurgico volto al drenaggio e alla bonifica <strong>dei</strong> tessuti coinvolti.<br />

Il materiale prelevato in fase intraoperatoria, deve essere inviato in microbiologia per isolare i patogeni responsabili ed<br />

eseguire un antibiogramma, procedendo quin<strong>di</strong> alla somministrazione <strong>di</strong> una terapia farmacologica mirata.<br />

Il debridement chirurgico deve essere molto generoso ed effettuato ripetutamente se necessario, La fase chirurgica del<br />

trattamento non è considerata ultimata finché vi sia evidenza <strong>di</strong> persistenza dell’infezione. (2,8,14)<br />

Quando le con<strong>di</strong>zioni generali del paziente lo consentono, risultati positivi si ottengono associando oltre al trattamento<br />

farmacologico e chirurgico l’uso della camera iperbarica (HBO).<br />

(2,15, 16,17)<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI<br />

La fascite necrotizzante cervicale, pur essendo una evenienza abbastanza rara rispetto al numero molto più alto <strong>di</strong><br />

infezioni che interessano tutti gli altri <strong>di</strong>stretti dell’organismo, pone il clinico <strong>di</strong> fronte ad una con<strong>di</strong>zione patologica<br />

caratterizzata da una evoluzione rapida ed ingravescente, tale da imporre un trattamento me<strong>di</strong>co e chirurgico<br />

tempestivo. Le <strong>di</strong>fficoltà per il clinico constano nel riconoscere tempestivamente quelle con<strong>di</strong>zioni che possono<br />

pre<strong>di</strong>sporre ad una evoluzione infausta dell’infezione.


LEUCOPLACHIA DEL PAVIMENTO ORALE E FIELD CANCERIZATION: PRESENTAZIONE DI UN<br />

CASO CLINICO<br />

Di Fede O. 1 , Giannone G. 2 , Pastore L. 2 , Ciavarella D. 2 , Campisi G. 1<br />

1 Dipartimento Scienze Stomatologiche - Università <strong>di</strong> Palermo, Palermo<br />

2 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche – Università <strong>di</strong> Foggia;<br />

Il concetto <strong>di</strong> Field Cancerization fu proposto nel 1953 da Slaughter, il quale riscontrò la presenza <strong>di</strong> epitelio <strong>di</strong>splastico<br />

a<strong>di</strong>acente ai carcinomi orali indagati. Esso, quin<strong>di</strong>, descrive la tendenza <strong>dei</strong> pazienti con lesioni potenzialmente e<br />

francamente maligne delle mucose del <strong>di</strong>stretto testa –collo a sviluppare carcinomi del tratto aero<strong>di</strong>gestivo superiore.<br />

Nel tempo, le <strong>di</strong>verse ipotesi <strong>di</strong> carcinogenesi hanno confermato che la concretizzazione della fase <strong>di</strong> carcinoma<br />

invasivo viene raggiunta attraverso il passaggio <strong>di</strong> alterazioni genetiche indotte da agenti carcinogenetici: durante<br />

questo processo due sono i fattori eziologici principali (fumo e tabacco) che inducono la mutazione del DNA attivando<br />

gli oncogeni, interferendo con i geni soppressori ed interagendo con i vari fattori <strong>di</strong> crescita epiteliali.<br />

In questo lavoro esponiamo il caso <strong>di</strong> un paziente <strong>di</strong> sesso maschile (60 ani, fumatore, non bevitore) che si è presentato<br />

alla nostra osservazione, per la prima volta nel 2004, con una lesione bianca omogenea del pavimento orale. Tale<br />

lesione è stata sottoposta a registrazioni fotografiche, prelievo bioptico, indagini microbiologiche per valutare la<br />

eventuale presenza <strong>di</strong> HPV e <strong>di</strong> miceti. E’ stata confermata la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> Leucoplachia, HPV negativa, Can<strong>di</strong>dosi<br />

positiva. Il paziente, dopo terapia antimicotica e counselling contro il fumo, è stato sottoposto ad un follow up ogni 6<br />

mesi.<br />

Nell’anno 2007, durante uno <strong>dei</strong> controlli routinari, la lesione si presentava con un aspetto non omogeneo, verrucoso,<br />

non sovrapponibile a quella <strong>dei</strong> record fotografici registrati durante l’ultima visita. Pertanto, si è proceduto con un altro<br />

prelievo bioptico, che date le <strong>di</strong>mensioni ridotte (circa 1 cm), ha coinvolto tutta la lesione: la <strong>di</strong>agnosi istologica ha<br />

confermato la presenza <strong>di</strong> “Carcinoma squamoso invasivo ben <strong>di</strong>fferenziato”. Sono state, inoltre, eseguite altre indagini,<br />

ecografia del collo per linfono<strong>di</strong> e RM oro faringe che non hanno mostrato alterazioni <strong>di</strong> rilievo delle strutture<br />

orofaringee, né linfono<strong>di</strong> iperplastici. Dopo consulenza con il chirurgo maxillo- facciale, si è optato per il protocollo<br />

wait and see, posto che non esisteva clinicamente altra lesione.<br />

Nell’anno 2008, il paziente, il quale ha continuato a fumare, ha cominciato a riferire <strong>di</strong>sturbi alla deglutizione che erano<br />

supportati dal riscontro endoscopico <strong>di</strong> una piccola neoformazione irregolare in corrispondenza della ra<strong>di</strong>ce della<br />

lingua. Il paziente è attualmente sottoposto a cicli alternati <strong>di</strong> che mio- e <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>o-terapia.<br />

In conclusione, il management <strong>dei</strong> pazienti con lesioni potenzialmente e francamente maligne deve essere condotto<br />

considerando la confermata possibilità <strong>di</strong> insorgenza <strong>di</strong> altre lesioni nel <strong>di</strong>stretto testa collo.


VALUTAZIONE SIERO-EMATICA DEI DOSAGGI DI FOLATI E VITAMINE B12 NEI PAZIENTI<br />

AFFETTI DA CARCINOMA SQUAMOCELLULARE DEL DISTRETTO MAXILLO-FACCIALE: STUDIO<br />

PRELIMINARE<br />

Luciani F.*, Nisi A., Cecchetti F., Bramanti E., Bartuli F.N.<br />

Università <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata” – U.O.C. Odontostomatologia Osp. F.B.F - Isola Tiberina Direttore Prof. C. Arcuri<br />

– Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia, Prof. C. Arcuri<br />

INTRODUZIONE: Lo scopo del nostro lavoro sperimentale, effettuato in collaborazione con l'U.O. <strong>di</strong><br />

Otorinolaringoiatria, vuole <strong>di</strong>mostrare la possibile correlazione tra la i valori sierici <strong>dei</strong> folati e della vitamina B12, nei<br />

soggetti affetti da neoplasie maligne del <strong>di</strong>stretto maxillo-facciale, accertando i dati emersi dalla revisione della<br />

letteratura e confrontandoli con i dati del nostro reparto, raccolti nell'anno 2008.<br />

OBIETTIVI: Valutare la possibilità <strong>di</strong> ottenere <strong>dei</strong> dati sensibili che aumentino la pre<strong>di</strong>cibilità clinica e prognostica <strong>dei</strong><br />

tumori del massiccio facciale, attraverso lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> queste particolari sostanze normalmente presenti nel circolo<br />

ematico. Inoltre, ci si prefigge lo scopo <strong>di</strong> sfruttare la già nota azione protettiva dell’iperfolatemia per valutare la<br />

possibilità <strong>di</strong> interagire nella genesi tumorale e sulla prognosi “quod vitam”. MATERIALI E METODI: Il nostro<br />

protocollo sperimentale si propone la selezione <strong>di</strong> n° 30 soggetti, affetti da Carcinoma Squamoso del massiccio facciale.<br />

I pazienti, 21 uomini e 9 donne, <strong>di</strong> età me<strong>di</strong>a 61,5 aa, compresa tra 41 e 85. 23 soggetti (20 uomini e 3 donne) erano<br />

forti fumatori, mentre i restanti 7 (1 uomo e 6 donne) erano ex-fumatori. L'anamnesi per il consumo <strong>di</strong> alcolici era<br />

positiva per 26 soggetti (19 uomini e 5 donne) su 30. Al gruppo <strong>dei</strong> pazienti “Stu<strong>di</strong>o”, è stato affiancato, un gruppo<br />

“Controllo” <strong>di</strong> 30 soggetti sani, 21 uomini e 9 donne, selezionate nel nostro reparto <strong>di</strong> D.H. Le meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> laboratorio<br />

sono state le seguenti: abbiamo utilizzato la meto<strong>di</strong>ca ARCHITECT, una tecnica immunoenzimatica chemiluminescente<br />

a cattura <strong>di</strong> microparticelle con protocolli analitici flessibili denominati Chemiflex, per la determinazione della presenza<br />

<strong>di</strong> Folati e Vit.B12 nei campioni sierici. RISULTATI: Il livello sierico me<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> folati nel gruppo “Stu<strong>di</strong>o” era<br />

4,1ng/ml contro i 8.2 ng/ml del gruppo “controllo”, sottolineando l'ipofolatemia presente nei soggetti affetti da<br />

neoplasia. I valori più bassi sono stati registrati nei pazienti forti fumatori (3.2 ng/ml). I livelli ematici della Vit<br />

B12 nel gruppo “Stu<strong>di</strong>o” era 474,7 ng/ml contro i 502,3 ng/ml del gruppo <strong>dei</strong> soggetti sani. Non è stata registrata<br />

praticamente nessuna <strong>di</strong>fferenza tra fumatori ed ex-fumatori o soggetti che assumevano alcolici. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: La relazione esistente tra Neoplasie del massiccio facciale e livelli sierici <strong>di</strong> Folati e Vit. B12 è ancora<br />

oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione. Al contrario i test sulla Vit. B12 non hanno dato esito positivo mentre l'ipofolatemia nel nostro<br />

campione è sempre stata associata a pazienti neoplastici. Infatti i folati rientrano nei processi metabolici del ciclo della<br />

metionina e nella riparazione <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti replicativi del DNA facendo ipotizzare un loro ruolo nella carcinogenesi.


DENTISTI E PAZIENTI HIV-POSITIVI: STUDIO OSSERVAZIONALE.<br />

Lajolo C., Tumbarello M., Cauda R., Giuliani M.<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica ed Istituto Malattie Infettive, Università Cattolica del Sacro Cuore. Roma.<br />

e-mail: odonto_hiv@rm.unicatt.it<br />

Obiettivo. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> valutare il comportamento e le conoscenze <strong>dei</strong> dentisti nella gestione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui<br />

HIV+. Materiali e meto<strong>di</strong>: E’ stato effettuato uno stu<strong>di</strong>o nazionale osservazionale, a mezzo <strong>di</strong> un questionario anonimo, su 8300<br />

dentisti selezionati utilizzando gli elenchi telefonici, rappresentativi del nord, centro e sud Italia. Il questionario è stato strutturato in<br />

4 parti: la prima sezione ha indagato i dati demografici ed epidemiologici; la seconda il rapporto dentista-paziente HIV+, al fine <strong>di</strong><br />

identificare eventuali comportamenti <strong>di</strong>scriminatori e capirne le motivazioni; la terza la conoscenza delle problematiche legate<br />

all’HIV; la quarta le precauzioni usate normalmente nello stu<strong>di</strong>o odontoiatrico per evitare il <strong>di</strong>ffondersi delle infezioni crociate<br />

(cross-infection). Risultati: Dei 8230 questionari effettivamente consegnati a dentisti, 2112 (25,66%) sono ritornati in<strong>di</strong>etro<br />

compilati entro 6 mesi; 93 dentisti su 2112 (4,5%) ha ammesso <strong>di</strong> essersi rifiutato <strong>di</strong> trattare un soggetto sieropositivo per HIV.<br />

L’analisi multivariata ha messo in luce che le seguenti variabili sono statisticamente associate al rifiuto a curare soggetti<br />

sieropositivi: l’utilizzare strumenti monouso (OR 1,83; IC 95% 1,18-2,83; p=0,007); “ritenere giusto non trattare soggetti<br />

sieropositivi” (OR 2,24; IC 95% 1,25-4,03; p=0,007); un grado <strong>di</strong> paura basso a trattare soggetti sieropositivi (OR 4,52; IC 95%<br />

2,41-8,49; p


FREQUENZA E CONCORDANZA GENOTIPICA DELL’INFEZIONE ORALE DA HPV IN DONNE CON<br />

INFEZIONE CERVICALE: METODICHE DI PRELIEVO A CONFRONTO.<br />

Termine N 1 , Falaschini S 2 , Giovannelli L 3 , Pastore L 2 , Campisi G 1 .<br />

1Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Stomatologiche - Settore <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale - Università <strong>di</strong> Palermo; 2 Dipartimento <strong>di</strong><br />

Scienze Chirurgiche – Università <strong>di</strong> Foggia;<br />

3 Dipartimento <strong>di</strong> Scienze per la Promozione della Salute - Sezione <strong>di</strong> Microbiologia - Università <strong>di</strong> Palermo.<br />

Obiettivi: La frequenza dello status infettivo bifocale oro-cervicale è stata tuttora poco indagata. La mancata uniformità<br />

<strong>dei</strong> risultati <strong>di</strong>sponibili in letteratura è altresì imputabile alle <strong>di</strong>fferenti procedure <strong>di</strong>agnostiche impiegate per la <strong>di</strong>agnosi<br />

dell’infezione orale, specialmente in termini <strong>di</strong> campionamento. Scopo primario del presente stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> verificare, in<br />

donne con infezione cervicale da HPV, la presenza <strong>di</strong> HPV DNA in campioni citologici orali prelevati me<strong>di</strong>ante due<br />

<strong>di</strong>fferenti meto<strong>di</strong>che (brushing ed oral rinse) . Secondariamente l’indagine mira ad esaminare la frequenza <strong>di</strong><br />

concordanza genotipica oro-cervicale in relazione alle variabili anamnestiche e comportamentali pre<strong>di</strong>sponenti lo status<br />

infettivo. Materiali e meto<strong>di</strong>: La casistica include 166 donne con infezione cervicale da HPV microbiologicamente<br />

accertata consecutivamente reclutate nel periodo gen. 2005-lug. 2008. Previo consenso informato, le pazienti sono state<br />

sottoposte ad esame obiettivo odontostomatologico, questionario volto ad indagare le variabili anamnestiche (età, fumo,<br />

abuso <strong>di</strong> bevande alcoliche, presenza <strong>di</strong> verruche cutanee/genitali, presenza <strong>di</strong> lesioni cervicali <strong>di</strong> basso/alto grado) e<br />

comportamentali (età <strong>di</strong> esor<strong>di</strong>o sessuale, numero <strong>di</strong> partner, abitu<strong>di</strong>ni sessuali oro-genitali, uso del preservativo,<br />

assunzione <strong>di</strong> contraccettivi orali). La casistica è stata quin<strong>di</strong> sud<strong>di</strong>visa, in relazione alla meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> prelievo citologico<br />

orale, in gruppo controllo, testato me<strong>di</strong>ante brushing (76 donne) e gruppo test, sottoposto ad oral rinse me<strong>di</strong>ante Scope®<br />

(90 donne). L’indagine virologica è stata condotta me<strong>di</strong>ante amplificazione selettiva e genotipizzazione con duplice<br />

meto<strong>di</strong>ca (INNO-LiPA HPV Genotyping system e nPCR con successivo sequenziamento nucleoti<strong>di</strong>co). I dati sono stati<br />

valutati me<strong>di</strong>ante statistica univariata. Risultati: Sebbene in assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze statisticamente rilevanti tra i due<br />

gruppi in relazione alle variabili anamnestiche e comportamentali indagate, la frequenza <strong>di</strong> infezione oro-cervicale è<br />

risultata significativamente maggiore nel gruppo test (<strong>13</strong>/90: 14.4%) rispetto ai controlli (2/76: 2.6%; p=0.008). I<br />

genotipi orali più frequentemente identificati sono stati: HPV-16 (3/15; 20.0%) e 107 (2/15; <strong>13</strong>.3%). Una concordanza<br />

genotipica oro-cervicale è stata complessivamente riscontrata nel 26.7% (4/15) <strong>dei</strong> soggetti. Discussioni e conclusioni:<br />

I risultati del presente stu<strong>di</strong>o, seppur limitatamente alla misura campionaria indagata, suggeriscono la significativa<br />

influenza della meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> campionamento nella accurata <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> infezione orale da HPV ed, altresì, la ridotta<br />

frequenza <strong>di</strong> concordanza genotipica dell’infezione oro-cervicale, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una probabile in<strong>di</strong>pendenza delle due<br />

con<strong>di</strong>zioni infettive.


ISTIOCITOSI A CELLULE DI LANGERHANS DEL CAVO ORALE: ASPETTI CLINICI ED<br />

ISTOPATOLOGICI<br />

Angiero F., Seramon<strong>di</strong> R., Tosi C., Magistro S., Crippa R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Anatomia Patologica, Università Milano-Bicocca<br />

Clinica Odontoiatrica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

Clinica Odontoiatrica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

Clinica Odontoiatrica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

Istituto Stomatologico Italiano Milano<br />

Obbiettivo. Malattia rara caratterizzata da espansione clonale delle cellule <strong>di</strong> Langerhans. Interessa qualsiasi organo o<br />

sistema, coinvolgendo raramente anche il cavo orale, con manifestazioni cliniche <strong>di</strong>verse a secondo del <strong>di</strong>stretto colpito.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>. Sono giunti alla nostra osservazione, presso il reparto <strong>di</strong> Patologia Orale dell’Istituto<br />

Stomatologico Italiano, <strong>di</strong>eci pazienti (4 maschi e 6 femmine), <strong>di</strong> cui nove associati a forma multisistemica con sintomi<br />

e segni generali, come <strong>di</strong>spnea, dolore toracico, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> peso e ingrossamento me<strong>di</strong>astinico ed una forma unifocale<br />

con segni e sintomi localizzati al cavo orale, quali edema ,arrossamento della mucosa orale e <strong>di</strong>slocazione dentaria.<br />

Tutti i casi, dopo accurato esame clinico e strumentale, sono stati sottoposti ad esame istologico ed a valutazione<br />

immunoistochimica per l’espressione dell’immunofenotipo.<br />

Risultati. L’esame immunoistochimico ha rivelato espressione positiva per la protena S-100 e per CD1a. I pazienti<br />

sono stati sottoposti ad un trattamento terapeutico e trattati secondo le linee guida.<br />

Discussione e Conclusione. Riportiamo 10 casi con interessamento orale, in cui lo sviluppo e il coinvolgimento <strong>dei</strong> vari<br />

organi e/o sistemi molto variabile, ha prodotto quadri clinici e programmi terapeutici <strong>di</strong>versi. In particolare questo<br />

stu<strong>di</strong>o focalizza l'attenzione sul cavo orale, rilevando l’importanza <strong>di</strong> una corretta ed imme<strong>di</strong>ata <strong>di</strong>agnosi delle <strong>di</strong>verse<br />

forme <strong>di</strong> istiocitosi.


EFFETTO DELLA LUCE LASER 915 nm SULLA PROLIFERAZIONE E DIFFERENZIAZIONE DI<br />

OSTEOBLASTI E FIBROBLASTI IN VITRO.<br />

Mergoni G, Gatti R, Belletti S, Uggeri J, Vescovi P.<br />

CLSOPD (Presidente Prof. Mauro Bonanini)<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Sperimentale – Sezione <strong>di</strong> Istologia ed Embriologia<br />

EMDOLA: European Master Degree on Oral Laser Applications (Dir. Prof. Paolo Vescovi)<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: La biostimolazione laser (low level laser therapy - LLLT) è una terapia fisica che<br />

utilizza luce laser <strong>di</strong> bassa intensità <strong>di</strong> potenza per il controllo del dolore e per favorire la guarigione delle ferite. I<br />

meccanismi biologici alla base della LLLT non sono ancora completamente compresi. In questo stu<strong>di</strong>o sperimentale<br />

sono stati indagati gli effetti della luce laser 915 nm su proliferazione e <strong>di</strong>fferenziazione <strong>di</strong> osteoblasti e fibloblasti.<br />

MATERIALI E METODI: Sono state utilizzate colture primarie <strong>di</strong> osteoblasti e fibroblasti umani prelevati da<br />

donatori sani. La proliferazione è stata valutata contando le cellule con un contaparticelle Coulter Counter ZM dopo<br />

<strong>di</strong>versi protocolli <strong>di</strong> irraggiamento e <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni colturali e confrontando il numero delle cellule trattate con i<br />

controlli non trattati. Per indagare il grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione dopo trattamento laser si è determinato il livello <strong>di</strong><br />

mineralizzazione ossea (noduli calcifici) negli osteoblasti e la produzione <strong>di</strong> collagene nei fibroblasti. Per trattare le<br />

colture cellulari è stato utilizzato un laser a <strong>di</strong>odo GaAs che emette luce a 915 nm in modalità continua, variando <strong>di</strong><br />

volta in volta i parametri <strong>di</strong> irraggiamento (power output, power density, dose, tempo) in base al protocollo<br />

sperimentale. RISULTATI: Gli osteoblasti, in<strong>di</strong>pendentemente dalle dosi utilizzate, dal numero degli irraggiamenti,<br />

dal power output, dalla power density, dalle con<strong>di</strong>zioni colturali (% <strong>di</strong> fetal calf serum presente nel mezzo <strong>di</strong> coltura)<br />

non hanno mostrato incrementi significativi nella proliferazione rispetto alle cellule non trattate. L’andamento <strong>di</strong><br />

crescita <strong>dei</strong> fibroblasti, sovrapponibile ai controlli per irraggiamenti multipli con bassa power density (0,03 – 0,1<br />

W/cm 2 ; dosi: 2 – 20J/cm 2 ), è invece significativamente rallentato dopo ripetuti trattamenti con power density e dosi più<br />

elevate (1,25 W/cm 2 , 15 - 45 J/cm 2 ). Risultati interessanti sono emersi dallo stu<strong>di</strong>o della <strong>di</strong>fferenziazione: negli<br />

osteoblasti si è riscontrato un <strong>di</strong>verso pattern <strong>di</strong> deposizione del calcio con zone mineralizzate maggiormente definite e<br />

con un elevato numero <strong>di</strong> noduli calcifici me<strong>di</strong>amente <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro maggiore rispetto al controllo, mentre nei fibroblasti<br />

si è verificato un aumento significativo <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> collagene dopo 6 irraggiamenti alla dose <strong>di</strong> 20 J/cm 2 e power<br />

density = 0,1 W/cm 2 . CONCLUSIONI: La LLLT su colture cellulari <strong>di</strong> osteoblasti e fibroblasti è risultata efficace nel<br />

favorire la <strong>di</strong>fferenziazione cellulare mentre non è ne ha aumentato la proliferazione. Questi risultati, in accordo con<br />

altri stu<strong>di</strong> presenti in letteratura, contribuiscono a chiarire il meccanismo alla base dell’utilizzo della LLLT nel<br />

coa<strong>di</strong>uvare la guarigione delle ferite e la riparazione ossea. Ulteriori indagini sono necessarie per in<strong>di</strong>viduare parametri<br />

ottimali e ripetibili per indurre la biostimolazione in modelli cellulari.


BIOSTIMOLAZIONE MEDIANTE ND:YAG LASER NELLE ESTRAZIONI DENTARIE NEI PAZIENTI IN<br />

TERAPIA CON BISFOSFONATI . ESPERIENZA CLINICA IN 281 INTERVENTI.<br />

Manfre<strong>di</strong> M, Meleti M, Merigo E, Guidotti R, Ripasarti A, Fornaini C, Vescovi P<br />

CLSOPD (Presidente Prof. Mauro Bonanini)<br />

EMDOLA: European Master Degree on Oral Laser Applications (Dir. Prof. Paolo Vescovi)<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma<br />

L’insorgenza <strong>di</strong> osteonecrosi mascellare (ONJ) si verifica tra il 2 ed il 10% <strong>dei</strong> pazienti oncologici (mieloma multiplo e<br />

metastasi ossee) e nello 0,004% <strong>dei</strong> pazienti osteoporotici in terapia con bisfosfonati (BPT). L’intervento invasivo<br />

odontoiatrico viene identificato in letteratura come evento scatenante solo nel 60% delle ONJ mentre nei rimanenti casi<br />

si parla <strong>di</strong> forme spontanee legate al traumatismo protesico o ad infezioni endo-parodontali. Si pone quin<strong>di</strong> il problema<br />

se sia più a rischio estrarre un dente compromesso oppure lasciare una fonte <strong>di</strong> infezione che, oltre a limitare la qualità<br />

<strong>di</strong> vita del paziente, può innescare il processo <strong>di</strong> necrosi. Molti stu<strong>di</strong> in vitro ed in vivo hanno <strong>di</strong>mostrato che la Low<br />

Level Laser Therapy (LLLT) praticata con <strong>di</strong>fferenti lunghezze d’onda sostiene la guarigione delle ferite cutanee e<br />

mucose, promuove la rigenerazione ossea nei <strong>di</strong>fetti chirurgici e nelle fratture incrementando la proliferazione e la<br />

<strong>di</strong>fferenziazione <strong>di</strong> osteoblasti e fibroblasti nonché la neoangiogenesi.<br />

Presso l’Ambulatorio <strong>di</strong> Patologia e Chirurgia Orale Laser Assistita dell’Università <strong>di</strong> Parma tra il maggio 2006 ed il<br />

<strong>di</strong>cembre 2008 sono state praticate 281 estrazioni dentarie in 83 pazienti in BPT (36 per metastasi ossee, 14 per<br />

mieloma multiplo e 33 per osteoporosi) da un tempo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 35 mesi (1-92) . Di questi 17 erano già affetti da ONJ in<br />

altre se<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse da quella dell’estrazione. A tutti I pazienti è stata prescritta una terapia antibiotica (1 grammo <strong>di</strong><br />

amoxicillina ogni 12 ore) a partire da due giorni prima e per almeno due settimane dopo l’intervento chirurgico. E’ stata<br />

programmata LLLT intra-operatoria (5 applicazioni successive <strong>di</strong> un minuto per 4 sedute post-operatorie settimanali.<br />

A tale scopo è stato impiegato un laser Nd: Yag (1064 nm, Fidelis Plus-Fotona Slovenia) con i seguenti parametri: 1,25<br />

W, 15 Hz e <strong>di</strong>ametro della fibra <strong>di</strong> 320 µm. Le applicazioni sono state praticate in maniera defocalizzata a 2 mm <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stanza con una power density <strong>di</strong> Power density 268,57 W/ cm 2 ed una fluence <strong>di</strong> 2.0175 J/cm 2 ).<br />

I pazienti sono stati seguiti per un follow up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 18 mesi ed in nessun caso si è verificata una ONJ progressiva.<br />

Solo in tre siti post estrattivi si è evidenziata una esposizione ossea asintomatica inferiore ai 3 mm. che è stata<br />

vaporizzata me<strong>di</strong>ante Er. YAG laser con successiva completa riepitelizzazione mucosa. In base alla nostra esperienza<br />

possiamo concludere che le estrazioni dentarie associate a LLLT rappresentano una valida soluzione per la gestione<br />

della qualità <strong>di</strong> vita <strong>di</strong> questi pazienti e per la prevenzione dell’insorgenza <strong>di</strong> ONJ.


QUANTIFICAZIONE GENOMICA DELLA PLACCA NEL BA<strong>MB</strong>INO LEUCEMICO.<br />

Bussolati A.; Leonida A.; Franceschini F. G.; Ehsani S.; Greco G.; Lauritano D.<br />

Clinica odontoiatrica, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina. Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano – Bicocca<br />

L’odontoiatria, sia dal punto <strong>di</strong> vista clinico che della ricerca, ha visto aumentare molto l’interesse nei confronti della<br />

patologia leucemica e delle sue possibili implicazioni.<br />

OBBIETTIVI: La finalità del nostro stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare la necessità <strong>di</strong> applicare un protocollo <strong>di</strong> prevenzione orale,<br />

ai fini <strong>di</strong> ridurre l’incidenza <strong>di</strong> infezioni <strong>di</strong>rettamente correlate alla leucemia stessa, sia a livello locale che sistemico.<br />

MATERIALI E METODI: Abbiamo esaminato 30 bambini leucemici <strong>di</strong> età compresa tra i 4 ed i 15 anni (gruppo <strong>di</strong><br />

stu<strong>di</strong>o), trattati in conformità con gli standard AIEOP (Associazione Italiana Emato - Oncologia Pe<strong>di</strong>atrica).<br />

In tali pazienti, sottoposti ad un protocollo <strong>di</strong> igiene orale, abbiamo eseguito campioni <strong>di</strong> placca prima, durante e dopo<br />

la terapia antiblastica.<br />

I risultati ottenuti con il gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o sono stati confrontati con quelli del gruppo <strong>di</strong> controllo.<br />

Abbiamo usato il metodo della PCR per analizzare, sia dal punto <strong>di</strong> vista quantitativo e qualitativo, i microrganismi<br />

patogeni presenti nei campioni <strong>di</strong> placca.<br />

RISULTATI: In seguito alla prima acquisizione, il numero <strong>dei</strong> microrganismi è notevolmente <strong>di</strong>minuito ai successivi<br />

controlli: tra la prima visita e l’ultimo controllo abbiamo rilevato decrementi superiori al 50% (p < 0.05); al contrario,<br />

nei campioni <strong>di</strong> placca del gruppo <strong>di</strong> controllo non abbiamo trovato alcuna <strong>di</strong>fferenza per la presenza <strong>di</strong> patogeni (p ><br />

0.05).<br />

DISCUSSIONI: L’obiettivo del nostro lavoro era valutare l’efficacia dell’igiene orale nella prevenzione delle<br />

complicanze orali nella patologia leucemica. La base del nostro protocollo si ritrova in numerosi stu<strong>di</strong> che <strong>di</strong>mostrano<br />

come la rimozione meccanica della placca batterica dovrebbe precedere il controllo chimico della formazione <strong>di</strong> neoplacca<br />

e quin<strong>di</strong> portare a benefici a livello del cavo orale durante le fasi <strong>di</strong> chemioterapia. I nostri risultati ci<br />

incoraggiano nel proseguire l’applicazione del protocollo d’igiene orale in tutti i bambini leucemici, insieme con la<br />

creazione <strong>di</strong> una equipe specializzata ai fini <strong>di</strong> una stretta collaborazione con il reparto <strong>di</strong> Emato – Oncologia pe<strong>di</strong>atrica.<br />

CONCLUSIONI : Il controllo della placca batterica è fondamentale per la riduzione <strong>dei</strong> patogeni orali potenzialmente<br />

pericolosi nel paziente pe<strong>di</strong>atrico leucemico.


LEUCOPLACHIA PROLIFERATIVA VERRUCOSA: CASISTICA CLINICA E FOLLOW-UP.<br />

Moltrasio G., Salis A, Fumagalli M., Rampinelli G., Demarosi F., Sardella A.<br />

Unità <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Patologia Orale e <strong>Odontoiatria</strong> Geriatrica, Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Chirurgia e <strong>Odontoiatria</strong>,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Italy<br />

OBIETTIVI: La leucoplachia proliferativa verrucosa (LPV) è una particolare forma <strong>di</strong> leucoplachia caratterizzata da<br />

lesioni bianche multifocali <strong>di</strong> aspetto verrucoso e da una possibilità <strong>di</strong> trasformazione maligna nel 74% <strong>dei</strong> casi. Scopo<br />

<strong>di</strong> questo lavoro è analizzare i pazienti affetti da tale patologia ed in cura presso l’ambulatorio <strong>di</strong> Patologia e Me<strong>di</strong>cina<br />

Orale, Ospedale San Paolo, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano. MATERIALI E METODI: sono stati inclusi in questo<br />

stu<strong>di</strong>o 20 pazienti, seguiti nei nostri ambulatori per un periodo <strong>di</strong> follow-up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 3,2 anni. RISULTATI: nella<br />

popolazione <strong>di</strong> pazienti presa in esame, 5 sono <strong>di</strong> sesso maschile (25%) e 15 <strong>di</strong> sesso femminile (75%); l’età me<strong>di</strong>a alla<br />

<strong>di</strong>agnosi è risultata essere <strong>di</strong> 64,9 anni. Sono stati analizzati come fattori <strong>di</strong> rischio l’abitu<strong>di</strong>ne al fumo ed il consumo <strong>di</strong><br />

alcolici, non evidenziando risultati significativi. Le se<strong>di</strong> maggiormente colpite da lesioni sono state la gengiva aderente<br />

e la mucosa geniena. Durante il periodo <strong>di</strong> follow-up sono stati eseguiti 45 prelievi bioptici nel campione; 3 <strong>dei</strong> pazienti<br />

inclusi nello stu<strong>di</strong>o sono incorsi in una trasformazione maligna delle lesioni (15%). DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: la LPV è una lesione precancerosa ad altissimo rischio <strong>di</strong> trasformazione maligna. È più <strong>di</strong>ffusa nel<br />

sesso femminile, ma i pazienti che nel nostro campione hanno sviluppato un carcinoma sono tutti <strong>di</strong> sesso maschile. A<br />

causa dell’aggressività <strong>di</strong> questa patologia, i pazienti affetti da LPV devono essere seguiti con frequenti controlli e<br />

prelievi bioptici per in<strong>di</strong>viduare precocemente una trasformazione maligna delle lesioni.


LEUCOPLACHIA VERRUCOSA PROLIFERATIVA. ANALISI CLINICOPATOLOGICA DI 12 CASI.<br />

Meleti M, Mergoni G, Manfre<strong>di</strong> M, Merigo E, Ripasarti A, Guidotti R, Bonanini M, Vescovi P.<br />

Unità <strong>di</strong> Patologia Orale e Chirurgia Orale Laser-assistita; Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Otorino-Odonto-Oftalmologiche e<br />

Cervicofacciali; Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Pama.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria (Direttore: Prof. M. Bonanini)<br />

European Master Degree on Oral Laser Application (EMDOLA) (Direttore Prof. P. Vescovi)<br />

OBIETTIVI La leucoplachia verrucosa proliferativa (LVP), una variante clinicopatologica della leucoplachia orale<br />

(OLEP), è una patologia caratterizzata da un’ alta tendenza alla trasformazione maligna. La <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> LVP è<br />

problematica a causa dell’assenza <strong>di</strong> criteri riproducibili per le parole “proliferativa” e “verrucosa” oltre che per<br />

l’estrema variabilità delle caratteristiche cliniche e patologiche della malattia. Le lesioni sono in genere <strong>di</strong>ffuse e<br />

multifocali e le reci<strong>di</strong>ve dopo trattamento sono piuttosto frequenti.<br />

Nel presente lavoro sono riportate le caratteristiche clinicopatologiche <strong>di</strong> 12 pazienti affetti da LVP, trattati negli ultimi<br />

15 anni presso l’Unità <strong>di</strong> Patologia Orale e Chirurgia Orale Laser-assistita dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma.<br />

MATERIALI E METODI. Sono stati valutati i dati clinici e patologici <strong>di</strong> 146 pazienti (60 maschi, 86 femmine; M/F =<br />

1/1.2; età me<strong>di</strong>a: 57.7 years) con una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> OLEP, trattati tra il 1993 e il 2008 presso l’Unità <strong>di</strong> Patologia Orale e<br />

Chirurgia Orale Laser-assistita dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma. Sulla base degli originali criteri <strong>di</strong> selezione per la<br />

<strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> LVP proposti da Hansen et al., sono stati selezionati 12 pazienti (2 maschi, 10 femmine; M/F = 1:5). L’età<br />

al momento della <strong>di</strong>agnosi era compresa tra 54 e 89 anni (età me<strong>di</strong>a 70.1). I siti coinvolti dalla patologia includevano le<br />

mucose geniene, le gengive, la lingua, il palato e il labbro inferiore. Le caratteristiche istopatologiche variavano dalla<br />

ipercheratosi senza <strong>di</strong>splasia fino all’iperplasia verrucosa, al carcinoma verrucoso (CV) e al carcinoma squamocellulare<br />

(CSC). Il follow-up era compreso tra 1.4 e 8.8 anni (me<strong>di</strong>a 4.3 anni).<br />

RISULTATI. In 11 pazienti è stata effettuata la rimozione chirurgica delle lesioni utilizzando vari strumenti, inclusi il<br />

bisturi a risonanza quantica molecolare (RQM) e i laser Er:Yag e Nd:Yag.. In aggiunta alla terapia chirurgica, 8 pazienti<br />

sono stati trattati con la terapia me<strong>di</strong>ca (p.e. retinoi<strong>di</strong>). Un paziente ha rifiutato qualsiasi tipo <strong>di</strong> terapia.<br />

Reci<strong>di</strong>ve singole o multiple sono state osservate in 10 pazienti. Otto pazienti (66.7%) hanno sviluppato un carcinoma (6<br />

CSC e 2 CV) in un periodo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 2.7 anni dalla <strong>di</strong>agnosi.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI. La nostra esperienza conferma la mancanza <strong>di</strong> criteri riproducibili per la <strong>di</strong>agnosi<br />

<strong>di</strong> LVP e sottolinea l’assenza <strong>di</strong> strategie terapeutiche efficaci per il management questa patologia.


TRATTAMENTO PALLIATIVO DEL LICHEN ORALE ATROFICO-EROSIVO: COMPARAZIONE<br />

D’EFFICACIA NELL’UTILIZZO DI UNA MOLECOLA TRIVALENTE AD USO TOPICO<br />

Vicidomini R, Bombeccari GP, Saviotti F, Frigerio I, Spadari F.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche-Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Ambulatorio <strong>di</strong><br />

Patologia e Me<strong>di</strong>cina Orale-Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli Regina Elena Milano<br />

OBIETTIVI: Il trattamento palliativo del lichen planus orale atrofico-erosivo (LPOAE), in supporto alle terapie<br />

immunomodulanti <strong>di</strong> fase acuta, rientra nel panorama <strong>di</strong> controllo sintomatologico nelle fasi sub-acute. Lo scopo dello<br />

stu<strong>di</strong>o era <strong>di</strong> valutare comparativemente l’efficacia clinico-sintomatologica <strong>di</strong> una soluzione topica a base <strong>di</strong> Acido 18<br />

Beta Glicirretico, Polivinilpirrolidone e So<strong>di</strong>o Ialuronato (Mucosyte ® ) rispetto a un sostituto salivare a base <strong>di</strong><br />

Lisozima, Lattoferrina e Lattoperossidasi (Oral Balance ® ), utilizzati singolarmente ed in modalità combianata nelle<br />

interfasi <strong>di</strong> remissione erosiva. MATERIALI E METODI: 30 pazienti (17 femmine e <strong>13</strong> maschi) affetti da LPOAE<br />

venivano inseriti at random in 3 gruppi <strong>di</strong> 10 soggetti ciascuno, tutti precedentemente trattati, con identica posologia,<br />

me<strong>di</strong>ante corticosteroi<strong>di</strong> a base <strong>di</strong> clobetasolo propionato topico allo 0,05% associato a miconazolo topico al 2%. Un<br />

1°operatore selezionava il principio attivo ed il paziente, mentre un 2°operatore raccoglieva i dati clinici e<br />

sintomatologici, questi ultimi con questionario, riferito alla scala visual analogica (VAS), predefinito e comune per tutti<br />

i pazienti. Il 2°operatore ed il paziente erano all’oscuro della molecola utilizzata. Per tutti i gruppi (gruppo<br />

A=Mucosyte, gruppo B=Oral Balance, gruppo C=Mucosyte+Oral Balance) era istituita la posologia, con quantità nota,<br />

<strong>di</strong> 3 applicazioni/<strong>di</strong>e per 4 settimane. RISULTATI: I dati clinici registravano una maggior stabilizzazione delle lesioni<br />

atrofico-erosive, in particolare delle aree gengivali, nei pazienti <strong>dei</strong> gruppi A e C, mentre la sintomatologia VAS riferita<br />

deponeva per un miglior controllo della stomato<strong>di</strong>nia nei gruppi B e C, in particolare durante l’alimentazione.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: IL complesso enzimatico salivare, costituente <strong>di</strong> base dell’Oral Balance,<br />

potrebbe supportare l’ipotesi <strong>di</strong> un’a<strong>di</strong>uvante funzione inibitoria la proliferazione batterica crevicolare, responsabile <strong>dei</strong><br />

quadri <strong>di</strong> gengivite lineare spesso associati al LPOAE. Il composto trivalente attivo nel Mucosyte, in grado <strong>di</strong> permeare<br />

le mucose orali <strong>di</strong> un film protettivo, sembra essere alla base <strong>di</strong> un rilevabile grado <strong>di</strong> riduzione algesica, peculiarmente<br />

nelle fasi <strong>di</strong> maggior stimolo meccanico <strong>dei</strong> tessuti. I dati emersi in questo stu<strong>di</strong>o suggeriscono pertanto la potenziale<br />

sinergia d’azione positiva nell’uso combinato <strong>dei</strong> composti testati, derivante dalle proprietà intrinseche delle<br />

molecole,entrambi attive verso variabili patogenetiche <strong>di</strong>stinte nei quadri <strong>di</strong> LPOAE. Stu<strong>di</strong> futuri potranno analizzare<br />

l’equilibrio batterico legato all’utilizzo <strong>dei</strong> due composti, quale supporto microbiologico ai dati clinico-obiettivi e<br />

sintomatologici da noi registrati.


TERAPIA CO<strong>MB</strong>INATA FARMACOLOGICA E CON LASER A DIODI DI LICHEN PLANUS ORALE<br />

(LPO): CASE REPORT<br />

Contaldo M., Esposito V., Serpico R., Busciolano M., Pannone G.<br />

Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Napoli (S.U.N). maria_contaldo@hotmail.it<br />

OBIETTIVI: Il presente lavoro vuole riportare la nostra esperienza in merito al trattamento <strong>di</strong> lesioni orali da lichen<br />

planus, erigendo a modello <strong>di</strong> riferimento il protocollo terapeutico adottato nei confronti <strong>di</strong> una paziente giunta alla<br />

nostra osservazione, presso il reparto <strong>di</strong> Patologie delle Mucose Orali della S.U.N. MATERIALI E METODI: Una<br />

donna <strong>di</strong> 70 anni, priva <strong>di</strong> patologie sistemiche degne <strong>di</strong> nota, all’esame obiettivo intraorale, presentava edentulia<br />

parziale <strong>dei</strong> settori anteriori, con estese lesioni biancastre a placca, non spatolabili, né sanguinanti, né dolenti,<br />

interessanti creste edentule supero-posteriore destra e sinistra, parte del palato duro e gengiva aderente e marginale<br />

vestibolare superiore. Data la spiccata ipercheratosi della lesione e la sua negatività alla colorazione con blu <strong>di</strong><br />

tolui<strong>di</strong>na, si è intrapreso un protocollo terapeutico che ha previsto l’applicazione <strong>di</strong> Tazarotene in gel acquoso allo<br />

0,1%, due volte al dì, veicolato da tray creato ad hoc, dotato <strong>di</strong> spugna assorbente sul versante a contatto con le mucose<br />

ed antimicotico <strong>di</strong> copertura. Dopo due mesi <strong>di</strong> trattamento, si è rilevato un miglioramento delle lesioni a carico delle<br />

gengive aderenti. Per le lesioni non responsive a carico della sella edentula destra, si è proceduto alla escissione<br />

chirurgica, eseguita con un laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong>, utilizzato in modalità <strong>di</strong> taglio, focalizzato, con lunghezza d’onda <strong>di</strong> 808 nm,<br />

potenza <strong>di</strong> 4 W, Ton/Toff <strong>di</strong> 0,50 ms e fibra da 300 µm. I campioni ottenuti sono stati analizzati dall’anatomopatologo<br />

che ha confermato la <strong>di</strong>agnosi clinica <strong>di</strong> lichen. Dopo l’intervento la paziente ha proseguito la terapia farmacologia per<br />

altri otto mesi, durante i quali si è avuto una ulteriore riduzione delle lesioni ancora presenti. Un secondo intervento è<br />

stato eseguito sulla mucosa della sella edentula sinistra per persistenza <strong>di</strong> una piccola placca biancastra, effettuando una<br />

vaporizzazione ed utilizzando il medesimo laser in modalità non focalizzata. La paziente è tuttora in trattamento<br />

farmacologico alternando il Tazarotene ad altri riepitelizzanti, come composti oleosi a base <strong>di</strong> Vitamina E.<br />

RISULTATI: Grazie al trattamento farmacologico la paziente ha presentato un notevole miglioramento delle<br />

con<strong>di</strong>zioni cliniche nella zona <strong>di</strong> gengiva aderente vestibolare; nelle zone delle selle edentule, non responsive, il<br />

trattamento escissionale e con vaporizzazione me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> è risultato risolutivo e tuttora, a 10<br />

mesi dall’intervento, privo <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>ve. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’utilizzo della terapia combinata<br />

farmacologica e con laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> si è rivelato più efficace rispetto all’utilizzo del solo laser o della sola terapia me<strong>di</strong>ca,<br />

riducendo i tempi <strong>di</strong> terapia me<strong>di</strong>ca ed ottenendo un ripristino del normale turn-over cellulare delle mucose interessate.<br />

Ciò ha garantito alla paziente minori <strong>di</strong>sagi, nonché una risoluzione della patologia in tempi minori, con necessità <strong>di</strong><br />

ridotte quantità <strong>di</strong> anestetico locale e minore sanguinamento intraoperatorio rispetto alla tecnica operatoria a lama<br />

fredda.


PARAMETRI CLINICI E LIVELLI DI IL-1β E TNF-α NEL FLUIDO GENGIVALE CREVICOLARE DI<br />

SOGGETTI FUMATORI E NON FUMATORI, AFFETTI DA MALATTIA PARODONTALE.<br />

Romboni G.,Pescatori A., Viviano M., Di Vece L.,E. Bertelli, Lorenzini G.<br />

Reparto <strong>di</strong> Patologia Orale, Dip. Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche Universita’ degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena<br />

lorenzinig@unisi.it<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è stato valutare gli effetti del fumo su alcuni parametri clinici e sul contenuto<br />

nel fluido gengivale crevicolare (GCF) delle citochine pro-infiammatorie IL-1β e TNF-α in pazienti affetti da<br />

parodontite. MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 18 soggetti (6 uomini e 12 donne <strong>di</strong> età compresa tra i<br />

34 e i 72 anni, 54.83±10.80). I criteri <strong>di</strong> inclusione sono stati i seguenti: evidenza <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci 3, 4, * al PSR; assenza <strong>di</strong><br />

malattie sistemiche <strong>di</strong> rilievo; non accertata pre<strong>di</strong>sposizione genetica per la parodontopatia; le donne non dovevano<br />

essere in stato <strong>di</strong> gravidanza. I pazienti sono stati in prima istanza <strong>di</strong>stinti in 2 gruppi: fumatori (9 soggetti, 54.11 ±<br />

11.47) e non fumatori (9 soggetti, 55.56 ± 10.74). I 2 gruppi sono stati ulteriormente sud<strong>di</strong>visi in 4 sottogruppi, in modo<br />

randomizzato: fumatori-casi (4 soggetti, 48.50 ± 16.38), fumatori-controlli (5 soggetti, 58.60 ± 2.30), non fumatori-casi<br />

(6 soggetti, 53.17 ± 12.48) e non fumatori-controlli (3 soggetti, 60.33 ± 4.51). La durata dello stu<strong>di</strong>o è stata <strong>di</strong> tre mesi: i<br />

casi venivano visitati al tempo 0 (T0), sottoposti a manovre <strong>di</strong> igiene orale professionale (scaling e root planing); e<br />

rivalutati un mese dopo la terapia (tempo T1) e a tre mesi (tempo T2). I controlli venivano visitati al tempo 0 (T0) e a tre<br />

mesi (tempo T2). In questo modo tutte le misurazioni compiute sui soggetti trattati (casi), e sui non trattati (controlli)<br />

venivano compiute nello stesso lasso temporale. I parametri analizzati ai tempi T0, T1, T2, sono stati i seguenti:<br />

periodontal probing depth (PPD), full mouth plaque score (FMPS), full mouth blee<strong>di</strong>ng score (F<strong>MB</strong>S), plaque index<br />

(PI) e blee<strong>di</strong>ng on probing (BOP); sono stati inoltre prelevati campioni <strong>di</strong> GCF da siti prescelti, per valutarne il<br />

contenuto <strong>di</strong> IL-1β e TNF-α, me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> PerioPaper strips. Tali campioni sono stati poi analizzati con il<br />

Periotron 6000 e con tecnica E.L.I.S.A. <strong>di</strong>retta. RISULTATI: Nessuna <strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa<br />

(p


LA TELANGIECTASIA EMORRAGICA EREDITARIA: STUDIO DELLE LESIONI INTRA- ED EXTRA-<br />

ORALI<br />

Leonida A.; Teti P.; Franceschini F.G.; Bussolati A.; Greco G.; Lauritano D.<br />

Clinica odontoiatrica, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina. Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano – Bicocca<br />

La Telangiectasia emorragica ere<strong>di</strong>taria o malattia <strong>di</strong> Rendu-Osler-Weber è una malattia a trasmissione autosomica<br />

dominante a penetranza incompleta che determina alterazioni a carico <strong>dei</strong> vasi del microcircolo (capillari e venule)<br />

dovute alla per<strong>di</strong>ta <strong>dei</strong> tessuti <strong>di</strong> sostegno che normalmente circondano i vasi sanguigni, ed emorragie che possono<br />

interessare potenzialmente ogni organo. La sindrome si manifesta clinicamente con teleangiectasie multiple <strong>di</strong> piccole<br />

<strong>di</strong>mensioni a livello della cute e delle mucose, per esempio del tratto gastrointestinale o <strong>di</strong> altri organi, associata ad<br />

episo<strong>di</strong> ricorrenti <strong>di</strong> sanguinamento delle se<strong>di</strong> colpite e da melena evidente od occulta. . I primi casi della malattia<br />

furono descritti nel 1864 da Herry Sutton, in un quadro clinico noto come “ Disorder of Epistaxis and Degeneration of<br />

the vascular system”. Nel 1865, Benjamin Guy Babington, data la natura familiare della patologia, iniziò a parlare <strong>di</strong><br />

“Here<strong>di</strong>tary Epistaxis”. Tale sindrome viene oggi definita Morbo <strong>di</strong> Rendu-Osler-Weber, perché descritta dal me<strong>di</strong>co<br />

francese Henri Jules Louis Marie Rendu, che la identificò nel 1896 come malattia ere<strong>di</strong>taria, caratterizzata da epistassi e<br />

lesioni cutanee <strong>di</strong> colore rosso, <strong>di</strong>stinguendola dall’emofilia. Stu<strong>di</strong> recenti suggeriscono che è molto più comune <strong>di</strong><br />

quanto si ritenesse in passato con una prevalenza <strong>di</strong> 1/5000-10000, senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> sesso, razza o etnia; per quanto<br />

riguarda l’età, tale sindrome si presenta con maggiore frequenza durante la terza decade, anche se spesso può rimanere<br />

clinicamente silente per anni se pur presente fin dalla nascita; ciò probabilmente <strong>di</strong>pende soltanto in parte da un reale<br />

aumento <strong>dei</strong> casi <strong>di</strong> HHT (Here<strong>di</strong>tary Hemorrhagic Telangiectasia), quanto piuttosto da una maggiore conoscenza<br />

dell’affezione e quin<strong>di</strong> da una migliorata capacità <strong>di</strong>agnostica nei confronti <strong>di</strong> una malattia per troppo tempo non<br />

adeguatamente conosciuta e stu<strong>di</strong>ata e <strong>di</strong> conseguenza non riconosciuta. Il trattamento è <strong>di</strong> supporto e aiuta a prevenire<br />

le complicanze.<br />

Questo stu<strong>di</strong>o presenta una relazione su una serie <strong>di</strong> casi clinici <strong>di</strong> pazienti affetti da questa sindrome che sono in cura<br />

presso il reparto <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale dell’Universtità <strong>di</strong> Milano Bicocca. Inoltre è stata fatta una revisione bibliografica<br />

dell’etiopatogenesi, delle manifestazioni cliniche e delle opzioni <strong>di</strong> terapeutiche <strong>di</strong> tale malattia.


MANIFESTAZIONI ORALI IN CORSO DI MALATTIE GASTROINTESTINALI: REVISIONE DELLA<br />

LETTERETURA<br />

D. Compilato 1 , L. Pastore 2 , M. Suriano 2 , L. Lo Russo 2 , G. Campisi 1 .<br />

1 2<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Stomatologiche, Settore <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale, Università <strong>di</strong> Palermo; Dipartimento <strong>di</strong> Scienze<br />

Chirurgiche, Università <strong>di</strong> Foggia.<br />

Anatomicamente e funzionalmente, la cavità orale costituisce la prima parte del tratto gastrointestinale e, per tale<br />

motivo, numerose patologie potrebbero rappresentare un segno locale <strong>di</strong> un più complesso processo patologico che<br />

interessa l’apparato gastrointestinale. Le più importanti patologie gastrointestinali che possono essere caratterizzate da<br />

un coinvolgimento orale sono: <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni da reflusso gastroesofageo, malattie da malassorbimento come la malattia<br />

celiaca, patologie infiammatorie croniche intestinali, ittero, metastasi, sindromi neoplastiche e paraneoplastiche. Infine,<br />

la con<strong>di</strong>zione “alitosi”, anche se raramente, potrebbe essere associata a patologie gastroenteriche. Le manifestazioni<br />

orali potenzialmente correlate alla malattia da reflusso gastroesofageo includono: bocca urente, prurito e bruciore non<br />

specifici, <strong>di</strong>sgeusia, sensibilità linguali, xerostomia, erosioni dentali, alitosi, scialorrea, ulcere “simil-aftosiche”, eritema<br />

palato molle ed uvula, eritema palato molle ed uvula, glossite, aumentato numero <strong>dei</strong> fibroblasti nel chorion ed atrofia<br />

epiteliale. Le patologie gastrointestinali, come la malattia celiaca, associate a malassorbimento <strong>dei</strong> micronutrienti<br />

potrebbero avere delle conseguenze sui tessuti orali come: <strong>di</strong>fetti dello smalto dentario (ipoplasia ed ipocalcificazioni),<br />

ritardo <strong>di</strong> eruzione dentaria, ulcere “simil-aftosiche”, glossiti atrofiche aspecifiche e cheilite angolare. Stigmate orali<br />

sono state riportate anche in corso <strong>di</strong> malattie infiammatorie croniche intestinali (malattia <strong>di</strong> Crohn e retto colite<br />

ulcerativa). Esse possono includere: bocca secca, <strong>di</strong>sgeusia, gusto acido, <strong>di</strong>sfagia, bruciore orale, alitosi, ulcere orali<br />

(snail-track ulcers e ulcere “simil-aftosiche”), cheilite angolare, fissurazioni, glossite atrofica aspecifica, gengiviti ed<br />

aumenti <strong>di</strong> volume gengivali, aumentato rischio <strong>di</strong> carie, tumefazioni delle mucose dall’aspetto acciottolato, escrescenze<br />

mucose, aumenti <strong>di</strong> volume labiali, eritema periorale nei bambini e piostomatite vegetans. L’ittero, che può essere un<br />

segno <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti patologie epatobiliari si può manifestare con pigmentazione giallastre delle mucose e <strong>dei</strong> denti.<br />

Inoltre il cavo orale può essere sede <strong>di</strong> metastasi che possono colpire le ossa mascellari manifestandosi come aree<br />

ra<strong>di</strong>olucenti irregolari, non ben circoscritte e spesso multifocali, odontalgia o dolore a livello osseo, parestesia, mobilità<br />

dentaria o per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> elementi dentari; ed i tessuti molli, principalmente la gengiva, presentandosi come neoformazioni,<br />

solitamente sessili, con superficie lobulata e/o ulcerata, a crescita variabile, sanguinanti o meno e solitamente<br />

asintomatiche. Tra le sindromi neoplastiche e paraneoplastiche che possono presentarsi con lesioni orali vanno<br />

menzionate le poliposi gastrointestinali ere<strong>di</strong>tarie come la sindrome <strong>di</strong> Gardner (osteomi, enostosi mascellari multiple,<br />

denti soprannumerari e/o non erotti e l’aumentato rischio <strong>di</strong> odontomi, cisti epidermoi<strong>di</strong> della cute del <strong>di</strong>stretto testacollo),<br />

la sclerosi tuberosa (fossette multiple nello smalto dentario, fibromi gengivali e macule), la malattia <strong>di</strong> Cowden<br />

(papule orali, palato eccessivamente arcuato e lingua fissurata) e la sindrome <strong>di</strong> Peutz-Jeghers (macule blu-nere sul<br />

bordo vermiglio ed intra-orali), la neoplasia endocrina multipla tipo 2B (neuromi orali), il pemfigo paraneoplastico<br />

(lesioni vescicolo bollose ed ulcere), l’acantosi nigrans (lesioni papillomatose e/o verrucose) e la sindrome <strong>di</strong> Sweet<br />

(ulcere “simil-aftosiche”). Tra le patologie gastrointestinali responsabili <strong>di</strong> alitosi rientrano le malattie esofagee con<br />

incontinenza sfinterica gastroesofagea come il reflusso gastroesofageo, le patologie che alterano i movimenti peristaltici<br />

dell’esofago (acalasia), le incontinenze car<strong>di</strong>ali e le <strong>di</strong>slocazioni dell’esofago (ernia iatale, <strong>di</strong>verticoli), le epatopatie<br />

gravi (insufficienza e infezioni epatiche, cirrosi del fegato), la gastrite e le ulcere duodenali e gastriche, le patologie<br />

infiammatorie croniche intestinali, le emorragie <strong>di</strong>gestive, la sindrome del colon irritabile, le <strong>di</strong>spepsie gastriche, le<br />

neoplasie gastriche ed esofagee e le infezioni da Helicobacter pylori.


UTILIZZO DEI MARKERS MOLECOLARI PER LA DIAGNOSI PRECOCE DELLE LESIONI PRE-<br />

CANCEROSE ORALI<br />

Franceschini FG, Greco G, Ehsani S, Leonida A, Bussolati A, Lauritano D.<br />

Clinica Odontoiatrica - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca – Direttore Prof. M.Baldoni<br />

OBIETTIVI. Le MAP Kinasi (Mitogen Activated Protein Kinase) sono molecole necessarie alla <strong>di</strong>fferenziazione ed<br />

apoptosi cellulare in risposta a stimoli esogeni. Le MAPK sono attivate attraverso un processo <strong>di</strong> fosforilazione a<br />

cascata. Livelli alterati <strong>di</strong> fosforilazione sono stati osservati in <strong>di</strong>versi tumori e lesioni pre-cancerose orali. Scopo dello<br />

stu<strong>di</strong>o è valutare l’alterata espressione delle MAPK nelle lesioni precancerose del cavo orale. MATERIALI E<br />

METODI. 120 pazienti (60 <strong>di</strong> sesso femminile e 60 <strong>di</strong> sesso maschile) <strong>di</strong> età compresa tra 54 ed 81 anni affetti da<br />

leucoplachia e sottoposti a biopsia. Per ogni campione abbiamo valutato me<strong>di</strong>ante immunoblotting la quantità totale<br />

delle <strong>di</strong>verse MAPK (p38,ERK1/ERK2,JNK/SAPK) e la quantità delle forma fosforilata (attivata) delle stesse proteine<br />

(pp38, pERK1/ERK2, pJNK/SAPK). RISULTATI. L’analisi statistica non ha <strong>di</strong>mostrato alcuna variazione quantitativa<br />

o qualitativa (forma fosforilata) <strong>di</strong> p38 e JNK/SAPK nei campioni tumorali rispetto ai tessuti sani <strong>di</strong> controllo (p>0.05).<br />

Al contrario nel 90% <strong>dei</strong> campioni è stata evidenziata una <strong>di</strong>minuzione nei livelli <strong>di</strong> espressione della forma fosforilata<br />

(attivata) <strong>di</strong> entrambe le isoforme <strong>di</strong> ERK nella leucoplachia rispetto al tessuto sano perilesionale (p


NEVO ACROMICO DELLA MUCOSA DEL CAVO ORALE.<br />

PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO E SUO TRATTAMENTO<br />

Porrini R.^ , Rocchetti V. * , Valente G **, Furlan G.***, Leigheb G***<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Clinica e Sperimentale, Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, Novara, Italia<br />

Sezioni <strong>di</strong>: *Clinica Odontostomatologica, **Anatomia Patologica, ***Clinica Dermatologica<br />

Libero Professionista,Specialista Chirurgia Odontostomatologica, Novara, Italia^<br />

RIASSUNTO: Il nevo è una neoformazione circoscritta della cute, <strong>dei</strong> suoi annessi o delle mucose visibili <strong>di</strong> origine<br />

<strong>di</strong>sembriogenetica. Si tratta <strong>di</strong> una lesione circoscritta, <strong>di</strong> forma e <strong>di</strong>mensioni variabili, piana o rilevata, pigmentata o<br />

no. Si <strong>di</strong>stinguono nevi <strong>di</strong> origine melanocitaria e non melanocitaria. Oggi è <strong>di</strong>sponibile un esame specifico per la D.D.<br />

delle formazioni neviche: lo “skinview” (dermatoscopia). Per una accurata <strong>di</strong>agnosi è in<strong>di</strong>spensabile l'esame istologico;<br />

il nevo del cavo orale deve in ogni caso essere escisso, asportandolo tutto con un buon margine <strong>di</strong> tessuto sano intorno.<br />

In generale i nevi <strong>di</strong> origine congenita sono statisticamente più soggetti a trasformazione maligna, tuttavia sussiste la<br />

possibilità che le formazioni neviche possano comparire o ad<strong>di</strong>rittura scomparire con l’avanzare dell’età. Gli Autori<br />

dopo una attenta revisione della letteratura propongono un caso clinico <strong>di</strong> nevo acromico localizzato alla mucosa del<br />

cavo orale, giunto alla loro osservazione, ed il trattamento chirurgico conseguente. CASO CLINICO:Viene descritto il<br />

caso <strong>di</strong> M.L., femmina, <strong>di</strong> anni 37, la quale giunge all’ osservazione odontoiatrica per banali motivi <strong>di</strong> natura<br />

conservativa. All’ispezione del cavo orale viene evidenziata una neoformazione papulo-nodulare palatale asintomatica,<br />

ricoperta da mucosa apparentemente normale, la quale viene biopsiata e che all’esame microscopico si <strong>di</strong>mostra essere<br />

una lesione nevica melanocitaria. Effettuata l’escissione completa della lesione la ferita chirurgica viene trattata con una<br />

membrana in PRF allo scopo <strong>di</strong> facilitarne la guarigione. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il riscontro <strong>di</strong> una<br />

lesione nevica all’interno del cavo orale risulta anche in letteratura rara. Normalmente tali formazioni neviche sono<br />

iperpigmentate e sono quin<strong>di</strong> facilmente in<strong>di</strong>viduabili all’ispezione <strong>di</strong>retta. L’odontoiatra e lo stomatologo non devono<br />

<strong>di</strong>menticare però, che oltre alle forme iperpigmentate, i nevi possono manifestarsi anche nella forme ipo- e/o<br />

normocromica, ancora più rare. La <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong>fferenziale nelle forme ipo- e/o normocromiche, soprattutto quando<br />

clinicamente si presentano sotto forma <strong>di</strong> papula o nodulo è quanto mai <strong>di</strong>fficile; solitamente viene fatta con forme<br />

tumorali benigne (fibromi, papillomi, ecc.). L’esame istologico è <strong>di</strong>rimente ed allo stesso tempo la terapia; va effettuata<br />

una escissione chirurgica in toto della lesione, incidendo a 3 mm in margine sano. Nelle forme iperpigmentate, quando<br />

la lesione per localizzazione anatomica lo permette, può essere effettuato anche un esame dermoscopico preliminare a<br />

completamento della <strong>di</strong>agnosi. Va sempre considerata la possibile trasformazione melanomatosa delle lesioni neviche,<br />

anche se acromiche della mucosa orale: l’in<strong>di</strong>cazione è quin<strong>di</strong> senza esitazioni essenzialmente chirurgica.


INDAGINE CLINICA IN 403 PAZIENTI AFFETTI DA LICHEN PLANUS ORALE (OLP) E LESIONI<br />

LICHENOIDI ORALI (OLL): INFEZIONE DA HCV E CANCERIZZAZIONE.<br />

Sarraj A, Meleti M, Manfre<strong>di</strong> M, Merigo E, Bonanini M, Vescovi P.<br />

CLSOPD (Presidente Prof. Mauro Bonanini) EMDOLA: European Master Degree on Oral Laser Applications (Dir.<br />

Prof. Paolo Vescovi) Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma.<br />

INTRODUZIONE E OBIETTIVI: Il Lichen Planus (LP) è una patologia muco-cutanea cronica, infiammatoria, ad<br />

eziologia ignota ed a patogenesi immuno-me<strong>di</strong>ata. Colpisce prevalentemente gli in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> sesso femminile tra la terza<br />

e la sesta decade <strong>di</strong> vita ed è caratterizzata dalla comparsa <strong>di</strong> lesioni bilaterali e simmetriche a carico della mucosa orale<br />

talvolta associate a lesioni cutanee ed in altri <strong>di</strong>stretti mucosi. Il lichen planus orale (OLP) è considerato<br />

dall’Organizzazione Mon<strong>di</strong>ale della Sanità (OMS) un <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne potenzialmente maligno sebbene su questo argomento<br />

vi siano alcuni aspetti controversi. Le lesioni lichenoi<strong>di</strong> orali (OLL) sono entità nosologiche simili all’ OLP ma se ne<br />

<strong>di</strong>stinguono in quanto non sod<strong>di</strong>sfano completamente i criteri clinici ed istopatologici necessari per la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> OLP.<br />

Lo scopo del presente stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> effettuare una valutazione epidemiologica e clinico patologica <strong>di</strong> 403 pazienti<br />

affetti da OLP e da OLL. MATERIALI E METODI: Sono state analizzate le cartelle cliniche <strong>di</strong> 403 pazienti affetti<br />

da OLP e da OLL seguiti dal 1988 al 2008 presso l’Unità <strong>di</strong> Patologia e Chirurgia Orale Laser-Assistita dell’Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parma. Per 262 pazienti è stato possibile analizzare sia gli aspetti clinici che quelli istopatologici. Tali<br />

pazienti sono stati sud<strong>di</strong>visi in due gruppi (pazienti affetti da OLP/OLL) in base ai criteri dell’OMS mo<strong>di</strong>ficati da Van<br />

der Waal e Van der Meij. RISULTATI: In base alla nostra analisi 194 pazienti sono risultati affetti da OLP. Il sesso più<br />

colpito è quello femminile e l’età me<strong>di</strong>a totale alla <strong>di</strong>agnosi è <strong>di</strong> 59,3 anni. Le se<strong>di</strong> anatomiche maggiormente<br />

interessate sono le mucose geniene (42%). La variante clinica più comune è quella reticolare (37%), seguita da quella<br />

erosiva (24%). Il 29% <strong>dei</strong> pazienti è positivo al virus dell’epatite C (HCV). Sessantotto pazienti sono risultati affetti da<br />

OLL. Il sesso più colpito è quello femminile e l’età me<strong>di</strong>a totale alla <strong>di</strong>agnosi è <strong>di</strong> 60,8 anni. La sede anatomica più<br />

frequentemente interessata è la mucosa geniena (42%). La variante clinica più comune è quella erosiva (33%) seguita<br />

da quella reticolare (29%). Il 29% <strong>dei</strong> pazienti è positivo all’HCV. Sul totale <strong>di</strong> 403 pazienti 21 (5%) hanno sviluppato<br />

un carcinoma. Nove (43%) carcinomi sono insorti su OLP, 12 (57%) sono insorti su OLL. Il sesso in cui si ha la<br />

maggior incidenza <strong>di</strong> carcinomi insorti su OLP ed OLL è quello femminile. La sede anatomica più interessata è<br />

rappresentata dalla lingua (35%) e il 42% <strong>dei</strong> pazienti presentava lesioni erosive. Il 62% <strong>dei</strong> pazienti era positivo al<br />

virus dell’epatite C. CONCLUSIONI: Un dato emergente dalla nostra analisi è l’elevata frequenza dell’infezione da<br />

HCV nei pazienti affetti da OLP (29%) ed OLL (29%) ed in particolare in quelli affetti da carcinoma insorto in<br />

concomitanza <strong>di</strong> OLP/OLL (62%) rispetto ai pazienti affetti da altre patologie in cui la frequenza dell’infezione, in base<br />

alla nostra ricerca, è del 8%. Da rimarcare infine l’insorgenza <strong>di</strong> carcinoma non limitata alle forme lichenoi<strong>di</strong>, ma in<br />

misura pressoché comparabile, anche nei lichen “puri”.


ESTRAZIONI DENTARIE IN UN GRUPPO DI PAZIENTI CHE ASSUMONO BIFOSFONATI: UN<br />

PROTOCOLLO PER LA PREVENZIONE DELL’OSTEONECROSI.<br />

Salis A., Rampinelli G., Moltrasio G., Lo<strong>di</strong> G., Carrassi A.,<br />

Unità <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Patologia Orale e <strong>Odontoiatria</strong> Geriatrica, Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Chirurgia e <strong>Odontoiatria</strong>,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Italy<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> descrivere la frequenza <strong>di</strong> insorgenza <strong>di</strong> lesioni osteonecrotiche in<br />

seguito a estrazioni dentarie in pazienti che assumono o hanno assunto bifosfonati per via parenterale. MATERIALI E<br />

METODI: Sono stati selezionati 24 pazienti per un totale <strong>di</strong> 30 estrazioni. Questi pazienti sono stati precedentemente<br />

trattati con bifosfonati per problemi oncologici (mieloma multiplo, secondarismi ossei da carcinoma mammario) e<br />

necessitano <strong>di</strong> estrazioni dentarie. Quando possibile è stata eseguita una seduta <strong>di</strong> igiene orale professionale entro 3<br />

settimane dall’intervento. Sono stati prescritti sciacqui con un collutorio a base <strong>di</strong> clorexi<strong>di</strong>na 0.2% ogni 12 ore per 2<br />

settimane prima e dopo l’intervento, antibiotici (soprattutto Amoxicillina) da almeno 2 giorni prima e per almeno 2<br />

settimane dopo l’intervento (minimo 2 gr al giorno) e applicazioni <strong>di</strong> clorexi<strong>di</strong>na gel 1% sulla ferita chirurgica per<br />

almeno 2 settimane. Le estrazioni sono state eseguite minimizzando il trauma <strong>dei</strong> tessuti duri e molli e cercando <strong>di</strong><br />

ottenere una chiusura a lembi accostati per prevenire la contaminazione dell’osso in fase <strong>di</strong> guarigione. Sono stati<br />

eseguiti controlli a una settimana, 15 giorni, 1, 2, 3, 6 e 12 mesi dopo l’intervento. RISULTATI: Non ci sono stati casi<br />

<strong>di</strong> osteonecrosi in un follow-up <strong>di</strong> 1-31mesi, nemmeno in pazienti che presentavano lesioni osteonecrotiche in altre se<strong>di</strong>.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Nonostante i risultati siano incoraggianti vanno considerati con attenzione a causa<br />

del ridotto numero <strong>di</strong> pazienti inclusi, sono necessari ulteriori trial clinici randomizzati per verificarne la vali<strong>di</strong>tà.


LE AVULSIONI DENTARIE NEI PAZIENTI IN TRATTAMENTO CON AMINOBIFOSFONATI<br />

Ferlito S., Verzì P., Di Prima T.<br />

DIPARTIMENTO DI SPECIALITA’ MEDICO-CHIRURGICHE<br />

SEZIONE ODONTOSTOMATOLOGIA I. DIRETTORE: PROF. ERNESTO RAPISARDA<br />

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA<br />

Negli ultimi anni le osteonecrosi (Onj) da aminobifosfonati (BP) hanno rappresentano la patologia emergente del<br />

mondo odontoiatrico.<br />

Esse si verificano nei pazienti sottoposti alla somministrazione <strong>di</strong> tali farmaci, perchè affetti da Mieloma multiplo o da<br />

metastasi ossee derivanti da altre neoplasie. La necrosi delle ossa mascellari si manifesta in genere dopo una estrazione<br />

dentaria sia a causa dell’intrinseco meccanismo <strong>dei</strong> bifosfonati, che impe<strong>di</strong>scono il riassorbimento dell’osso alveolare<br />

che a causa della infezione concomitante che si instaura nel sito estrattivo.<br />

Presso la I° Clinica Odontoiatrica della Università <strong>di</strong> Catania da tre anni si è messo a punto un protocollo me<strong>di</strong>co<br />

chirurgico che ha consentito con successo, <strong>di</strong> praticare, quando necessario, avulsioni dentarie ai pazienti sottoposti a<br />

terapia con aminobifosfonati, senza che si siano verificate osteonecrosi.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong> : La nostra casistica è costituita da 77 pazienti provenienti dai reparti <strong>di</strong> ematologia ed oncologia <strong>dei</strong><br />

nosocomi presenti nella Sicilia Orientale in trattamento con BP e con patologie orali sintomatiche (ascessi reci<strong>di</strong>vanti,<br />

patologie paradontali non risolvibili con terapie specifiche, insuccessi endodontici con lesioni periapicali, patologie che<br />

provocano sepsi e flogosi reci<strong>di</strong>vanti, residui ra<strong>di</strong>colari che provocano periodontiti purulente). Il protocollo da noi<br />

messo a punto prevede tre fasi terapeutiche: I fase preoperatoria in cui il paziente viene addestrato ad una corretta igiene<br />

orale, viene eseguita l’ablazione del tartaro, prescritto l’uso <strong>di</strong> un collutorio a base <strong>di</strong> clorexi<strong>di</strong>na in soluzione non<br />

alcolica allo 0.12% e viene somministrata terapia antibiotica (imipenem 500mg intramuscolo/endovena) per 10 gg<br />

prima dell’intervento; II fase operatoria che oltre all’avulsione dentale prevede la rimozione dell’osso alveolare<br />

residuo con esecuzione <strong>di</strong> un lembo <strong>di</strong> chiusura e sutura completa con punti a materassaio; III fase postoperatoria con<br />

prosecuzione della terapia antibiotica, somministrazione <strong>di</strong> collutorio alla clorexi<strong>di</strong>na e controllo clinico fino alla<br />

completa guarigione.<br />

CONCLUSIONI : Il successo determinato dalle procedure terapeutiche da noi adottate ci fa ritenere che attualmente<br />

l’emergenza determinata dalle BRONJ sia in fase <strong>di</strong> risoluzione a con<strong>di</strong>zione però che si rispettino due regole<br />

fondamentali e cioè che si faccia prevenzione e che si adotti un corretto protocollo farmacologico e chirurgico.


SVILUPPO DI UN MODELLO ANIMALE PER LO STUDIO DELL’OSTEONECROSI MASCELLARE<br />

INDOTTA DA BIFOSFONATI<br />

Mecchia A.*, Biasotto M., Chiandussi S., Bellomo F., Di Lenarda R.<br />

OBIETTIVI: La patogenesi dell’osteonecrosi <strong>dei</strong> mascellari in pazienti sottoposti a somministrazione intravenosa <strong>di</strong><br />

bifosfonati non è ancora stata completamente chiarita, probabilmente coesiste l’associazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi fattori, sia <strong>di</strong><br />

natura vascolare e strutturale del tessuto osseo, sia <strong>di</strong> natura infettiva. Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> creare<br />

un modello animale per l’ osteonecrosi mascellare che possa significativamente contribuire alla comprensione<br />

dell’eziopatogenesi <strong>di</strong> questa malattia. MATERIALI E METODI A cinque ratti Wistar (peso 450 g) sono stati<br />

somministrati, una volta alla settimana per 5 settimane, 0.04 mg <strong>di</strong> acido zoledronico in soluzione salina (0.2 mg/ml)<br />

per via intravenosa. Dopo 7 settimane, sono stati estratti i primi molari superiori e nella stessa zona è stato creato un<br />

<strong>di</strong>fetto osseo <strong>di</strong> 4 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro. Dopo 7 settimane dall’estrazione, gli animali sono stati sottoposti a scintigrafia ossea<br />

utilizzando 99mTc-MDP metilen <strong>di</strong>fosfonato con gamma camera dotata <strong>di</strong> pinhole collimator (Siemens- Ecam). Dopo<br />

un’ulteriore settimana i ratti sono stati sacrificati ed effettuata una tomografia computerizzata (CT). Le se<strong>di</strong> <strong>dei</strong> <strong>di</strong>fetti<br />

ossei sono stati decalcificati ed analizzati istologicamente. Come controllo sono stati utilizzati 5 ratti, non trattati con<br />

acido zoledronico e sottoposti agli stessi trattamenti chirurgici. RISULTATI: Dopo 7 settimane dall’estrazione, tutti i<br />

ratti trattati con acido zoledronico mostrano una alterazione della guarigione, con estensione del <strong>di</strong>fetto ed esposizione<br />

del tessuto osseo. Questi risultati sono stati confermati dalla scintigrafia ossea che ha mostrato una localizzazione<br />

anormale dell’attività, se comparata con il tessuto circostante. Nell’analisi clinica, i ratti appartenenti al gruppo <strong>di</strong><br />

controllo presentano epitelizzazione del <strong>di</strong>fetto osseo e un normale assorbimento del mezzo <strong>di</strong> contrasto durante la<br />

scansione. La scansione con CT mostra irregolarità <strong>dei</strong> margini e <strong>di</strong>struzione dell’osso corticale non evidenziata nel<br />

gruppo <strong>di</strong> controllo. L’istologia mostra zone <strong>di</strong> osso necrotico, con assenza <strong>di</strong> osteociti nelle lacune ossee e<br />

riassorbimento periferico .Non si osservano infiltrazioni infiammatorie. Il gruppo <strong>di</strong> controllo mostra un normale<br />

processo <strong>di</strong> guarigione. Tutti gli animali sono stati trattati in accordo con i principi guida, per le procedure sperimentali,<br />

espressi nella Declaration of Helsinki of the World Me<strong>di</strong>cal Association.<br />

DISCUSSIONE e CONCLUSIONI: Basandosi su questi stu<strong>di</strong>, i ratti trattati con acido zoledronico possono essere<br />

considerati un nuovo, affidabile e riproducibile modello per comprendere meglio la patofisiologia dell’osteonecrosi<br />

mascellare e per lo sviluppo <strong>di</strong> un approccio terapeutico.


BISPHOSPHONATE-RELATED OSTEONECROSIS OF THE JAW, BRONJ: PREVENZIONE E<br />

POSSIBILITÀ TERAPEUTICHE<br />

Brancato L., Duvina M., Borgioli A., Viviani C., Mascherini C., Amunni F., Tonelli P.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Firenze, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia<br />

INTRODUZIONE: I bisfosfonati sono farmaci impiegati efficacemente nel trattamento <strong>di</strong> patologie come<br />

l’osteoporosi, la malattia <strong>di</strong> Paget, l’osteogenesi imperfetta, l’ipercalcemiatumorale maligna, le neoplasie primitive<br />

esecondarie dello scheletro, l’osteopenia e il mielomamultiplo. La <strong>di</strong>ffusione <strong>dei</strong> bisfosfonati <strong>di</strong> IIIgenerazione<br />

(zoledronato, pamindronato) è stata messa in relazione negli ultimi anni con la comparsa <strong>di</strong> una nuova patologia:<br />

l’osteonecrosi mascellare correlata all’utilizzo <strong>dei</strong> bisfosfonati (Bisphosphonate-Related Osteonecrosis of the Jaw,<br />

BRONJ). PREVENZIONE: Un’accorta considerazione <strong>di</strong> quali trattamenti odontoiatrici è consigliabile o<br />

sconsigliabile eseguire, sia prima dell’inizio della terapia con bisfosfonatiche durante la stessa, riduce la possibilità <strong>di</strong><br />

BRONJ. Infatti in circa il 60% <strong>dei</strong> casi tale patologia si è verificata a seguito <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> chirurgia orale su osso o<br />

tessuti molli. Una volta insorta la necrosi, la gestione <strong>di</strong> questi pazienti risulta problematica e non può <strong>di</strong>sgiungersi da<br />

un approccio multi<strong>di</strong>sciplinare. Attualmente l’unica strategia realmente efficace risulta la prevenzione, la cui<br />

metodologia <strong>di</strong>fferisce a seconda della tipologia del paziente in esame. Per i pazienti can<strong>di</strong>dati alla terapia con<br />

bisfosfonati, la visita odontoiatrica prima <strong>di</strong> iniziare la terapia con bisfosfonati definisce tutti quei trattamenti necessari<br />

a raggiungere uno stato <strong>di</strong> salute orale ottimale, al fine <strong>di</strong> minimizzare la necessità <strong>di</strong> futuri reinterventi. POSSIBILITÀ<br />

TERAPEUTICHE: Per i pazienti in terapia con bisfosfonati, è sconsigliata, soprattutto in caso <strong>di</strong> bisfosfonati<br />

somministrati per via endovenosa, l’esecuzione <strong>di</strong> terapie chirurgiche, inclusa l’implantologia; l’approccio <strong>di</strong> elezione si<br />

fonda pertanto su terapie conservative, endodontiche e parodontali. In caso <strong>di</strong> estrazione <strong>di</strong> elementi dentali<br />

irrime<strong>di</strong>abilmente compromessi la procedura chirurgica deve prevedere un traumatismo osseo minimo. È argomento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scussione la sospensione temporanea del farmaco. Il risultato a breve termine delle terapie spesso non è la restitutio<br />

ad integrum, ma la scomparsa <strong>dei</strong> sintomi può già rappresentare un successo terapeutico. Nel paziente che non presenta<br />

complicanze sono in<strong>di</strong>cati interventi <strong>di</strong> chirurgia conservativa con delicati courettage. Si associano sciacqui <strong>di</strong><br />

clorexi<strong>di</strong>na gluconato allo 0,12% e antibiosi sistemica con amoxicillina (1 g 3 volte/<strong>di</strong>e) e metronidazolo (500 mg 3<br />

volte/<strong>di</strong>e) in modo continuativo o intermittente. Nel paziente che presenta complicanze quali fistole, sequestri o fratture<br />

patologiche sono in<strong>di</strong>cati interventi chirurgici più invasivi <strong>di</strong> courettage profondo, segmentectomie, sequestrectomie e<br />

riduzione <strong>di</strong> fratture me<strong>di</strong>ante placche rigide. Nelle lesioni più estese è contemplata la resezione del segmento osseo e la<br />

sua ricostruzione con lembi liberi e innesti vascolarizzati.


INDAGINE PRELIMINARE SULLA ESPRESSIONE DEL GENE HLA CORRELATA ALLO SVILUPPO DI<br />

CARCINOMA ORALE DA HPV<br />

Erriu M., Boscarelli F., Zorco S., Santini N., Peluffo C.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Chirurgia e Scienze Odontostomatologiche, Unviersità degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari<br />

Negli ultimi anni la ricerca ha rivolto particolare attenzione al polimorfismo <strong>dei</strong> geni responsabili degli antigeni <strong>di</strong><br />

istocompatibilità leucocitaria umana (HLA), i quali potrebbero essere alla base <strong>di</strong> una suscettibilità genetica<br />

pre<strong>di</strong>sponente allo sviluppo <strong>di</strong> neoplasie nei pazienti HPV positivi. In questa <strong>di</strong>rezione sono stati condotti <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong><br />

al fine <strong>di</strong> determinare l’esistenza <strong>di</strong> un’associazione tra lo sviluppo del cancro alla cervice uterina (nel 90 % <strong>dei</strong> casi<br />

causato dall’infezione da HPV) e determinati geni HLA <strong>di</strong> classe II, tra i quali gli alleli -DRB1 e -DQB1. Lo scopo<br />

della nostra ricerca è cercare <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare, me<strong>di</strong>ante lo stu<strong>di</strong>o dell’espressione degli aplotipi HLA-DR/DQ, possibili<br />

correlazioni tra la positività al virus HPV, lo sviluppo <strong>di</strong> lesioni neoplastiche orali maligne e determinati gruppi <strong>di</strong><br />

popolazioni che co<strong>di</strong>fichino per specifici antigeni <strong>di</strong> istocompatibilità leucocitaria. Per questo stu<strong>di</strong>o preliminare sono<br />

stati stu<strong>di</strong>ati 17 pazienti, ad 8 <strong>di</strong> questi è stato <strong>di</strong>agnosticato un carcinoma squamocellulare orale (OSCC) e<br />

successivamente positività all’HPV 16 e 31 (genotipi ad alto rischio), a 4, pur con <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> OSCC, è stata riscontrata<br />

positività all’HPV 6 (a basso rischio) ed infine a 5 <strong>di</strong> questi alla <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> OSCC si è in<strong>di</strong>viduata una negatività per<br />

l’HPV. Per avere tali risultati ogni paziente è stato sottoposto ad una biopsia incisionale ed i tessuti ottenuti sono stati<br />

sezionati in due parti <strong>di</strong> cui una parte è stata utilizzata per l’analisi istopatologica, mentre dall’altra è stato estratto il<br />

DNA. Da tale DNA estratto è stato quin<strong>di</strong> possibile ricercare con la tecnica della PCR la presenza del HPV, i campioni<br />

positivi sono stati quin<strong>di</strong> purificati per ottenere il genotipo del virus me<strong>di</strong>ante sequenziamento. Allo stesso modo da tutti<br />

i campioni <strong>di</strong> DNA, sempre me<strong>di</strong>ante la tecnica della PCR, è stata determinata l’espressione degli alleli HLA-DQB1 e -<br />

DRB1 per valutare l’eventuale associazione <strong>di</strong> tali alleli con l’insorgenza del carcinoma orale associato all’infezione da<br />

HPV. I risultati delle analisi, confrontando i campioni HPV+ con gli HPV-, hanno evidenziato tra i due gruppi HLA-<br />

DQB1 e -DRB1 una tendenza del primo a rispecchiare la <strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong> pazienti stu<strong>di</strong>ati, nel secondo caso è stato<br />

invece possibile notare come l’allele HLA-DRB1*11 risultasse maggiormente espresso tra i pazienti HPV- dato che<br />

potrebbe suggerire per questo allele un ruolo protettivo nei confronti dell’infezione da HPV. Ad un confronto tra i<br />

campioni HPV+ ad alto rischio con quelli a basso rischio è stato invece possibile evidenziare alcuni alleli –DRB1 che<br />

sembrano essere pre<strong>di</strong>sponenti delle infezioni da genotipi HPV ad alta aggressività. Per quanto questo stu<strong>di</strong>o<br />

preliminare ancora non ci abbia fornito dati sufficienti per poter correlare con esattezza l’espressione del gene HLA con<br />

lo sviluppo <strong>di</strong> carcinoma orali in pazienti positivi ad HPV I risultati ci incoraggiano senz’altro ad estendere lo stu<strong>di</strong>o ad<br />

un maggior numero <strong>di</strong> campioni.


PROTOCOLLO DI MANTENIMENTO IMPLANTARE NEI PAZIENTI DIABETICI<br />

Fanara C, De Vico G, Spinelli D, Dolci A, Bonino M, Bollero R, Barlattani A Jr, Bollero P<br />

Policlinico universitario “Tor Vergata <strong>di</strong> Roma” . AFO <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>.<br />

Direttore: Prof. Alberto Barlattani.<br />

INTRODUZIONE: La salute <strong>dei</strong> tessuti periimplantari è il requisito fondamentale per la durata a lungo termine <strong>dei</strong><br />

manufatti protesici supportati da impianti .La terapia <strong>di</strong> mantenimento è la fase in cui il paziente viene inserito in un<br />

sistema personalizzato <strong>di</strong> richiami perio<strong>di</strong>ci, allo scopo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare ed intercettare tempestivamente eventuali<br />

problematiche infiammatorie che se trascurate potrebbero compromettere la riabilitazione impianto-supportata. Tale<br />

tipo <strong>di</strong> terapia permette <strong>di</strong> valutare perio<strong>di</strong>camente il quadro clinico del paziente e verificarne il grado <strong>di</strong> compliance.<br />

OBIETTIVI:La nostra attenzione si è rivolta in particolare allo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> pazienti <strong>di</strong>abetici che in con<strong>di</strong>zioni normali<br />

sono più soggetti a sviluppare la malattia parodontale.ricercando le cause e i fattori <strong>di</strong> rischio;<br />

Scopo del nostro lavoro è stato quello <strong>di</strong> sviluppare un valido protocollo <strong>di</strong> mantenimento attuabile attraverso<br />

strumentario, farmaci, richiami perio<strong>di</strong>ci valorizzando cosi’ la possibilita’ <strong>di</strong> riabilitare i pazienti <strong>di</strong>abetici me<strong>di</strong>ante<br />

l’inserimento <strong>di</strong> impianti osteointegrati , collocandoli in uno scrupoloso programma <strong>di</strong> igiene professionale.<br />

MATERIALI E METODI: Abbiamo effettuato sviluppando <strong>dei</strong> piani <strong>di</strong> trattamento personalizzati , delle relative<br />

procedure <strong>di</strong> profilassi igienica professionale seguendo il protocollo standard il quale prevede per il mantenimento della<br />

salute <strong>dei</strong> tessuti periimplantari e dell’ osteointegrazione: la prevenzione delle lesioni a carico <strong>dei</strong> tessuti duri e molli, la<br />

<strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> insuccessi biologici e meccanici ,e l’eventuale terapia farmacologica . Un programma <strong>di</strong> mantenimento<br />

ideale richiede il richiamo del paziente dopo un mese dalla protesizzazione e per ogni tre mesi durante il primo anno.<br />

Dal secondo anno, i pazienti verranno inseriti in uno schema <strong>di</strong> richiami stu<strong>di</strong>ato in relazione alla capacità in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong><br />

mantenere un controllo <strong>di</strong> placca adeguato.<br />

Ad ogni richiamo, il paziente è stato sottoposto a una serie <strong>di</strong> test <strong>di</strong>agnostici, i quali hanno analizzato: la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong><br />

sondaggio, grado <strong>di</strong> sanguinamento, presenza <strong>di</strong> essudato, iperplasia, grado <strong>di</strong> mobilità ed eventuali riassorbimenti ossei<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI: Gli ottimi risultati ottenuti con questo tipo <strong>di</strong> protocollo <strong>di</strong> mantenimento<br />

confermano ulteriormente la possibilità <strong>di</strong> trattamento implantare in questo tipo <strong>di</strong> pazienti. E’ necessario sottolineare<br />

quanto <strong>di</strong> fondamentale importanza sia nell’ambito <strong>di</strong> un successo implantare riabilitativo la sinergia tra il professionista<br />

odontoiatra e il professionista igienista dentale, che ancor più nel trattamento e nella monitorizzazione del paziente con<br />

patologie sistemiche deve essere espresso, per i potenziali rischi <strong>di</strong> eventuali complicanze pre-operatorie, intraoperatorie<br />

e post-operatorie.


PESO SPECIFICO DELLA SALIVA TOTALE BASALE RACCOLTA MEDIANTE SPITTING METHOD<br />

Federighi V., Varoni E., Sardella A., Demarosi F., Lo<strong>di</strong> G.<br />

Unità <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Patologia Orale e <strong>Odontoiatria</strong> Geriatrica, Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Chirurgia e <strong>Odontoiatria</strong>,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Italy<br />

OBIETTIVI: Ad oggi sono <strong>di</strong>sponibili poche informazioni riguardanti il peso specifico <strong>dei</strong> flui<strong>di</strong> orali, che viene<br />

comunemente consiederato pari a quello dell’acqua. Lo scopo del nostro stu<strong>di</strong>o è stato misurare il peso specifico<br />

salivare e l’atten<strong>di</strong>bilità dello Spitting Method, quale metodo <strong>di</strong> raccolta della saliva totale basale più preciso, second<br />

quanto riportato in letteratura.<br />

MATERIALI E METODI: Abbiamo selezionato casualmente due gruppi <strong>di</strong> soggetti sani, che non assumevano<br />

farmaci, ed un gruppo <strong>di</strong> pazienti, <strong>di</strong> cui abbiamo annotato patologie locali e sistemiche presenti, terapie farmacologiche<br />

in corso e sintomatologia orale. Il primo gruppo <strong>di</strong> soggetti si è sottoposto alla racolta della saliva totale basale in<br />

con<strong>di</strong>zioni standar<strong>di</strong>zzate, tra le 8.30 e le <strong>13</strong>.30, evitando <strong>di</strong> fumare, bere e mangiare per almeno un’ora prima del test,<br />

riposando per tre minuti, facendo uno sciacquo con acqua, deglutendo e cominciando la raccolta della saliva all’interno<br />

del cavo orale. Ai soggetti è stato chiesto <strong>di</strong> sputare in un imbuto collegato ad un test tube pre-pesato e graduato ogni 60<br />

secon<strong>di</strong>, per 3 minuti, e <strong>di</strong> ripetere l’intero test per 3 volte consecutive. Il secondo gruppo ed i pazienti hanno eseguito il<br />

test in con<strong>di</strong>zioni cliniche, dopo la registrazione <strong>di</strong> informazioni su cibi, bevande e fumo assunti, ed entrambi i gruppi <strong>di</strong><br />

soggetti sani hanno ripetuto il test a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> alcune settimane. I test tubes sono stati imme<strong>di</strong>atamente pesati ed il<br />

volume valutato. Sono stati calcolati flusso salivare totale basale, espresso in ml/min e g/min, peso specifico salivare,<br />

variabilità intra ed inter-in<strong>di</strong>viduale e ripetibilità del test. RISULTATI: I nostri dati riguardanti lo Spitting Method su<br />

tre minuti sono in accordo con la letteratura, sia in con<strong>di</strong>zioni standar<strong>di</strong>zzate che cliniche, mentre il peso specifico<br />

salivare appare, costantemente maggiore <strong>di</strong> uno, sia per tassi <strong>di</strong> flusso salivare totale basale normali che bassi.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Questo semplice metodo risulta atten<strong>di</strong>bile per valutare il flusso salivare totale<br />

basale <strong>dei</strong> pazienti, sia in con<strong>di</strong>zioni standar<strong>di</strong>zzate che ambulatoriali.


SARCOIDOSI ORALE: CASE SERIES E REVISIONE DELLA LETTERATURA.<br />

Giuliani M., Lajolo C., Marigo L., Capo<strong>di</strong>ferro S 1 .<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore. Roma. e-mail: michele.giuliani@rm.unicatt.it;<br />

1 Istituto <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo Facciale Università <strong>di</strong> Bari – P.zza G. Cesare 11, Bari.<br />

La Sarcoidosi (SA) è una patologia granulomatosa multisistemica piuttosto frequente ad eziologia incerta caratterizzata<br />

dal coinvolgimento polmonare. Sebbene le manifestazioni orali siano rare, esse possono rappresentare la prima<br />

manifestazione e possono essere confuse con molte altre patologie orali. La SA si può manifestare a livello orale con<br />

mobilità degli elementi dentari, per coinvolgimento delle basi ossee, tumefazioni, gengiviti, ulcere o coinvolgimento<br />

delle ghiandole salivari. I riscontri ra<strong>di</strong>ologici, biochimici ed istologici sono spesso aspecifici, rendendo la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong><br />

SA una <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> esclusione. Nella nostra casistica <strong>di</strong> 7 casi, la localizzazione più frequente è stata la guancia (3 casi),<br />

un caso sulla lingua, uno sul labbro, uno sulla gnengiva ed uno nel fornice. In 5 soggetti è stata la prima manifestazione<br />

e l’età me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> insorgenza è stata 57 anni (max 73, min 42) ed una netta prevalenza per il sesso maschile (6 maschi ed<br />

1 femmina). Tutte le lesioni sono state stu<strong>di</strong>ate tramite biopsia. I soggetti sono stati stu<strong>di</strong>ati con esami chimicoematologici<br />

e tramite visite specialistiche per definire la gravità della malattia. Generalmente la SA non necessita <strong>di</strong><br />

terapia a meno che non sia presente un coinvolgimento nervoso o car<strong>di</strong>aco o oculare o la presenza <strong>di</strong> ipercalcemia.<br />

Sebbene più farmaci siano stati utilizzati per la cura della sarcoidosi (antimalarici, antiblastici, inibitori del TNF- ), i<br />

corticosteroi<strong>di</strong> e la terapia chirurgia escissionale con curettage rimangono la terapia <strong>di</strong> elezione per le forme orali. Nella<br />

nostra casistica la maggior parte <strong>dei</strong> casi non ha necessitato <strong>di</strong> terapia.


SINDROME DI GORLIN-GOLTZ: ASPETTI CLINICI, ISTOPATOLOGICI E GENETICI.<br />

Angiero F., Ordesi P., Seramon<strong>di</strong> R., Magistro S., Farronato D.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Anatomia Patologica, Università Milano-Bicocca<br />

Istituto Stomatologico Italiano, Reparto <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo Facciale<br />

Clinica Odontoiatrica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

Clinica Odontoiatrica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

Clinica Odontoiatrica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

Obbiettivo: la sindrome <strong>di</strong> Gorlin Goltz è un <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne genetico, raro, a trasmissione autosomica dominante, ad alta<br />

penetranza e variabile espressività, con interessamento multisistemico. Frequentemente caratterizzata dalla presenza <strong>di</strong><br />

carcinomi basocellulari multipli, cheratocisti delle ossa mascellari, calcificazione della falce cerebrale, pits palmari e/o<br />

plantari, costole bifide, labiopalatoschisi. Scopo dello stu<strong>di</strong>o è valutare la correlazione tra gli aspetti clinici della<br />

sindrome e le alterazioni geniche, in particolare del gene PTCH. Materiali e meto<strong>di</strong>: sono stati osservati presso il<br />

reparto <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Istituto Stomatologico Italiano <strong>di</strong> Milano 4 pazienti (3 maschi e 1 femmina).<br />

Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame clinico anamnestico, strumentale e a prelievo ematico per l’analisi<br />

molecolare del gene PTCH. Risultati:l’analisi molecolare per il gene PTCH1 (assimilabile RN 1660) 6 pcr → 9129.3; 2<br />

seq → 9<strong>13</strong>0.3. Il gene PTCH co<strong>di</strong>fica per una proteina transmembrana con funzione <strong>di</strong> oncosoppressore all’interno<br />

della via <strong>di</strong> segnalazione Hedgehog, responsabile della regolazione dell’organogenesi nei vertebrati. Discussione e<br />

Conclusioni: sulla base <strong>dei</strong> risultati clinici e dell’analisi molecolare, abbiamo potuto rilevare l’esistenza <strong>di</strong> una<br />

correlazione tra un’alterata espressività del gene PTCH1 e lo sviluppo della Sindrome <strong>di</strong> Gorlin Goltz. Tuttavia, non è<br />

possibile stabilire una <strong>di</strong>retta associazione tra singola mutazione ed espressione fenotipica.


FERTOMCIDINA “U” VS CLOREXIDINA 0.2% NELLA TERAPIA DELLA STOMATITE AFTOSA<br />

RICORRENTE: STUDIO RANDOMIZZATO E COMPARATO IN DOPPIO CIECO.<br />

Galtieri L 1 , Arduino P 1 , Carbone M 1 , Gandolfo S 2 , Broccoletti R 1 .<br />

1Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che e Oncologia Umana, Sezione <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale. Università <strong>di</strong> Torino.<br />

2 SCDU Odontostomatologia, AOU S. Luigi, Orbassano, Scuola <strong>di</strong> Specializzazione in Chirurgia Odontostomatologica.<br />

OBIETTIVI: Questo stu<strong>di</strong>o si è proposto <strong>di</strong> valutare e confrontare l’efficacia della clorexi<strong>di</strong>na 0,2% e della<br />

Fertomci<strong>di</strong>na “U”, un <strong>di</strong>sinfettante topico per cute e mucose, in pazienti con storia clinica <strong>di</strong> stomatite aftosa ricorrente<br />

(SAR) minor da almeno 2 anni.<br />

MATERIALI E METODI: 32 pazienti con SAR hanno partecipato e portato a termine questo stu<strong>di</strong>o randomizzato e<br />

controllato in doppio cieco per valutare l’efficacia della clorexi<strong>di</strong>na (n=17) e della Fertomci<strong>di</strong>na “U” (n=15)<br />

somministrate entrambe 2 volte/<strong>di</strong>e per 7 giorni in forma <strong>di</strong> sciacquo. Per valutare l’efficacia del trattamento sono stati<br />

inizialmente presi in considerazione come parametri il numero <strong>di</strong> ulcere e il dolore riferito (VAS) ad inizio e fine<br />

terapia, in seguito le ricorrenze e la durata del dolore durante un follow-up <strong>di</strong> 8 settimane. Durante il trattamento e il<br />

follow-up i pazienti hanno compilato un <strong>di</strong>ario con le caratteristiche degli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> ulcere.<br />

RISULTATI: Nei soggetti femminili il numero <strong>di</strong> ricorrenze durante il follow-up è stato significativamente <strong>di</strong>verso tra i<br />

due gruppi <strong>di</strong> trattamento (P= .029). La Fertomci<strong>di</strong>na “U” ha ridotto in modo statisticamente significativo il numero <strong>di</strong><br />

afte tra inizio e fine terapia (P = .001). Sia la clorexi<strong>di</strong>na 0,2% (P = .005) sia la Fertomci<strong>di</strong>na “U” (P = .001) hanno<br />

ridotto in modo statisticamente significativo il valore VAS tra inizio e fine terapia Nei maschi la clorexi<strong>di</strong>na non ha<br />

apportato nessun beneficio significativo, mentre nelle femmine ha ridotto significativamente il numero <strong>di</strong> ulcere e il<br />

dolore. La Fertomci<strong>di</strong>na “U” ha invece ridotto in modo statisticamente significativo i valori <strong>di</strong> entrambi i parametri<br />

analizzati sia nei maschi sia nelle femmine.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONE: In questo stu<strong>di</strong>o è stato possibile <strong>di</strong>mostrare che l’utilizzo <strong>di</strong> collutori è un<br />

presi<strong>di</strong>o terapeutico efficace nel controllare la stomatite aftosa ricorrente. Nello specifico la Fertomci<strong>di</strong>na “U” si è<br />

<strong>di</strong>mostrata più efficace rispetto alla clorexi<strong>di</strong>na 0.2% soprattutto nel ridurre il numero delle afte durante la settimana <strong>di</strong><br />

terapia. Entrambi i farmaci si sono <strong>di</strong>mostrati sicuri, ben tollerati e con una buona compliance.


RADIOTRASPARENZA DELL’ANGOLO MANDIBOLARE, DIAGNOSI DIFFERENZIALE E<br />

PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO.<br />

Fimmanò M, Seramon<strong>di</strong> R, Farronato D, Cicciù M, Borgonovo A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano, Clinica Odontoiatrica degli ICP, Insegnamento <strong>di</strong> Chirurgia Orale: Titolare Prof.<br />

Carlo Maiorana .Direttore: Prof. Franco Santoro.<br />

Introduzione<br />

Nel presente lavoro è descritto un caso clinico <strong>di</strong> lesione asintomatica rara che si mostra all’rx come una lesione<br />

ra<strong>di</strong>otrasparente a livello dell’angolo della man<strong>di</strong>bola al <strong>di</strong> sotto del canale alveolare inferiore.<br />

Caso Cinico<br />

Una paziente si è presentata alla nostra osservazione con ortopantomografia che evidenziava una lesione asintomatica<br />

situata nell’angolo man<strong>di</strong>bolare <strong>di</strong> sx.<br />

All’esame obiettivo non si evidenziavano alterazioni del profilo del volto nè <strong>di</strong> colore, né <strong>di</strong> forma, né <strong>di</strong>consistenza<br />

delle mucose orali.<br />

Allo scopo <strong>di</strong> indagare in maniera più approfon<strong>di</strong>ta la lesione è stata richiesta una tomografia computerizzata dell’arcata<br />

man<strong>di</strong>bolare che ha evidenziato una lesione ra<strong>di</strong>ograficamente compatibile con la <strong>di</strong>agnosi presuntiva <strong>di</strong> lacuna <strong>di</strong><br />

Stafne.<br />

Discussione<br />

La lacuna <strong>di</strong> Stafne, descritta per la prima volta da Stafne nel 1942, rappresenta un <strong>di</strong>fetto osseo a livello man<strong>di</strong>bolare<br />

contenente, in genere, tessuto ghiandolare.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> lesione, tipicamente, si mostra all’rx come un <strong>di</strong>fetto corticale, unilaterale, ovoidale, ra<strong>di</strong>otrasparente a<br />

livello dell’angolo della man<strong>di</strong>bola al <strong>di</strong> sotto del canale alveolare inferiore.<br />

Conclusioni<br />

La lacuna <strong>di</strong> Stafne con inclusione <strong>di</strong> tessuto ghiandolare non richiede alcun trattamento. È in<strong>di</strong>cato effettuare un<br />

perio<strong>di</strong>co follow-up ra<strong>di</strong>ografico in modo da escludere mo<strong>di</strong>ficazioni, cambiamenti nell’aspetto della lesione o<br />

degenerazioni <strong>di</strong> varia natura.


UTILIZZO DEL LASER A DIODO NELLE TERAPIE CHIRURGICHE DEL LICHEN IPERPLASTICO<br />

ORALE: CASE REPORT.<br />

De Biase M, Bombeccari GP, Pallotti F, Gualini S, Ruffoni D, Spadari F.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Chirurgiche Ricostruttive e Diagnostiche Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano Fondazione IRCCS<br />

Ospedale Maggiore Policlinico Mangiagalli Regina Elena.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del presente lavoro è stato quello <strong>di</strong> presentare un caso <strong>di</strong> lichen iperplastico trattato con<br />

chirurgia Laser attraverso un <strong>di</strong>spositivo al Diodo della Lunghezza d’onda <strong>di</strong> 808 nm (Lambda Scientifica Doctor Smile<br />

D5®).<br />

MATERIALI E METODI:il caso descritto riguarda un soggetto <strong>di</strong> sesso femminile <strong>di</strong> 63 anni affetta da Lichen orale.<br />

All’esame obiettivo locale si rilevavano manifestazioni cliniche bilaterali asintomatiche a carattere micro-papulare<br />

evidenti a livello delle mucose geniene. A livello del III posteriore della mucosa geniena destra era rilevabile una<br />

lesione bianca non asportabile a carattere iperplastico. E’ stata effettuata indagine isto-patologica della lesione<br />

attraverso una biopsia incisionale con <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> ipercheratosi orto-cheratosica con infiltrati <strong>di</strong> tipo lichenoide.<br />

La lesione è stata successivamente asportata utilizzando procedure <strong>di</strong> tipo foto-ablative attraverso un Laser a <strong>di</strong>odo a<br />

808 nm. I parametri operativi comprendevano un utilizzo in Continuos Wave, 2 Watt <strong>di</strong> potenza. E’ stato poi<br />

programmato un follow-up <strong>di</strong> controllo a 7,14,30,60,90 giorni dall’intervento.<br />

RISULTATI:. Durante le manovre chirurgiche i fenomeni <strong>di</strong> sanguinamento si sono mostrati nettamente ri<strong>di</strong>mensionati<br />

rispetto le chirurgie tra<strong>di</strong>zionali. Alla visita <strong>di</strong> controllo a 7-14 giorni non si sono rilevati fenomeni settici considerevoli,<br />

e la paziente riferiva un <strong>di</strong>scomfort minimo rispetto alle procedure a lama fredda. Alla visita <strong>di</strong> controllo a 90 giorni si<br />

rilevava una completa restituito a integrum con mucose normo-trofiche e normo-irrorate.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: le terapie me<strong>di</strong>co-chirurgiche del lichen , patologia a carattere auto-immunitaria <strong>di</strong><br />

tipo cronico-reci<strong>di</strong>vante, conducono a risultati non sempre risolutivi e migliorativi.<br />

Le stesse meto<strong>di</strong>che Laser, sebbene il caso descritto abbia riportato risultati accettabili, non risolvono il quadro<br />

patologico, ma possono facilitare il clinico nel iter terapeutico-decisionale per il trattamento comunque sempre selettivo<br />

e ragionato <strong>di</strong> alcune aree a rischio in cui è possibile l’ evoluzione in senso <strong>di</strong>splastico.


ORAL CANCER:<br />

DALLA BIOLOGIA MOLECOLARE AL PERCORSO CLINICO-DIAGNOSTICO -RIABILITATIVO DEL<br />

PAZIENTE ONCOLOGICO<br />

Ingrosso R , Baldoni M, Carini F, , Porcaro G, Ciaravino M.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Dipartimento <strong>di</strong> Neuroscienze e Tecnologie<br />

Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica, Scuola <strong>di</strong> Specialità in Chirurgia Odontostomatologica, Direttore Prof. M.Baldoni<br />

OBIETTIVI: scopo della ricerca è valutare se le MAPK siano espresse nei tessuti prelevati da lesioni e con<strong>di</strong>zioni<br />

precancerose del cavo orale, e se una loro modulazione dell’espressione e dell’attivazione sia correlabile al grado <strong>di</strong><br />

alterazione istologica. Infatti i carcinomi orali possono essere preceduti per mesi o per anni da alterazioni della mucosa<br />

orale definite lesioni e con<strong>di</strong>zioni precancerose. MATERIALI E METODI: in uno nostro stu<strong>di</strong>o abbiamo analizzato<br />

27 casi <strong>di</strong> carcinoma squamocellulare del cavo orale. I campioni sono stati prelevati presso la Clinica Odontoiatrica<br />

dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca. Ogni campione tumorale è stato analizzato confrontandolo con il<br />

rispettivo tessuto sano peritumorale. Attraverso tecniche <strong>di</strong> immunoblotting, meto<strong>di</strong>ca con valore quantitativo, è stato<br />

valutato sia lo stato <strong>di</strong> espressione, ovvero la quantità totale <strong>di</strong> proteina presente, che il grado <strong>di</strong> fosforilazione <strong>di</strong><br />

ognuna delle MAPK. RISULTATI: l'analisi condotta me<strong>di</strong>ante immunoblotting sui campioni <strong>di</strong> carcinoma orale non<br />

ha mostrato alcuna modulazione statisticamente significativa nei livelli d'espressione <strong>di</strong> entrambe le isoforme <strong>di</strong> ERK<br />

nei campioni tumorali in confronto con il tessuto sano perilesionale. Al contrario l'analisi <strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong> attivazione <strong>di</strong><br />

ERK1 ed ERK2 ha evidenziato una <strong>di</strong>minuizione statisticamente significativa (p


Roma, 22-24 Aprile 2009<br />

SESSIONE<br />

Prevenzione ed Igiene Dentale


VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DELL’ACIDO IALURONICO NEL TRATTAMENTO<br />

PARODONTALE NON CHIRURUGICO<br />

Eriani* J, Bevilacqua L, Serroni I, Borelli V, Cadenaro M, Castronovo G.<br />

(CdL in Igiene Dentale - Presidente: prof.ssa M. Cadenaro - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Trieste).<br />

Obiettivi: Scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato valutare i benefici aggiuntivi dell’applicazione topica <strong>di</strong> un gel a base <strong>di</strong> aminoaci<strong>di</strong><br />

e so<strong>di</strong>o jaluronato nella terapia parodontale non chirurgica.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati selezionati 11 soggetti con parodontite cronica, non fumatori, in buono stato <strong>di</strong> salute,<br />

non sottoposti a terapia parodontale o antibiotica nei 6 mesi precedenti. Per ogni soggetto sono stati selezionati 4 siti<br />

con CAL≥5mm e PPD≥5mm. Al baseline sono stati rilevati: sanguinamento al sondaggio (BoP), in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca (IP),<br />

quantità <strong>di</strong> fluido crevicolare (GCF) e concentrazione <strong>di</strong> mieloperossidasi (MPO) e calprotectina. Dopo la<br />

strumentazione meccanica sono stati inseriti 0,5 ml <strong>di</strong> gel a base <strong>di</strong> so<strong>di</strong>o jaluronato e aminoaci<strong>di</strong> nei 2 siti del gruppo<br />

test e 0,5 ml <strong>di</strong> gel placebo nei 2 siti del gruppo controllo. L’applicazione è stata ripetuta a 7, 15, 30, 45 giorni. La<br />

rilevazione della quantità <strong>di</strong> GCF è stata ripetuta il giorno 7, 15, 30, 45 ed i dosaggi enzimatici <strong>di</strong> calprotectina e MPO a<br />

7 e 45 giorni. Le rivalutazioni parodontali sono state eseguite a 45 e 90 giorni ed i risultati analizzati statisticamente<br />

(SPSS 16.0).<br />

Risultati: Nel gruppo test è stata evidenziata una riduzione statisticamente significativa del BoP e del PPD a 45 giorni e<br />

a 90 giorni (p


ACQUE MINERALI ‘IN BOTTIGLIA’ E FLUORO: NORMA E REALTA’<br />

Ghessa I. G.*, Fontanella L, Belli M., Brugnoletti L., Ottolenghi L.<br />

Università <strong>di</strong> Roma Sapienza , CLID A<br />

<strong>Odontoiatria</strong> Preventiva e <strong>di</strong> Comunità: Prof. Ottolenghi L.<br />

Patologia speciale Odontostomatologica: Prof. Brugnoletti L.<br />

Obiettivi Dalla consapevolezza che lo sfruttamento delle acque rappresenta verosimilmente il business del secolo -<br />

caratterizzato da una forte concentrazione industriale e finanziaria - e che l’acqua ‘in bottiglia’ ha ormai assunto un<br />

ruolo <strong>di</strong> primo piano nella <strong>di</strong>eta quoti<strong>di</strong>ana, si intende approfon<strong>di</strong>rne gli effetti sulla salute in generale e sulla salute<br />

orale in particolare (con una ulteriore <strong>di</strong>stinzione fra l’assunzione nell’età pe<strong>di</strong>atrica ed in età adulta) chiarendo la<br />

realtà circa il contenuto <strong>di</strong> fluoro e la normativa che ad esso si riferisce.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong> Nel nostro lavoro, innanzitutto, vogliamo analizzare i punti caratterizzanti le normative più recenti<br />

per l’identificazione e la definizione delle acque minerali naturali; focalizzare la co<strong>di</strong>ficazione riportata sull’etichetta<br />

ai fini della commercializzazione; definire più in particolare le regole che normano le acque ‘in bottiglia’ la<br />

concentrazione <strong>di</strong> ioni fluoro e l’obbligo <strong>di</strong> <strong>di</strong>citure particolari in etichetta, spesso <strong>di</strong>sattese. Solo a scopo<br />

esemplificativo, facciamo riferimento a casi oggetto <strong>di</strong> indagine per consentire una ulteriore riflessione: se la normativa<br />

vigente possa o consenta <strong>di</strong> essere in parte od integralmente <strong>di</strong>sattesa oppure se la stessa risulti troppo ‘flessibile’ - in<br />

rapporto all’imprecisione o non definizione nelle <strong>di</strong>rettive impartite – per cui generi ambiguità ed incertezza<br />

interpretativa nei potenziali utilizzatori.<br />

Risultati In letteratura abbiamo rintracciato pochi stu<strong>di</strong> sul consumo <strong>di</strong> acqua minerale fluorata e sulla sua assunzione,<br />

mentre i dati ufficiali <strong>di</strong>ffusi dall’Associazione <strong>dei</strong> Produttori delle acque minerali in bottiglia riportano che nel 2005 un<br />

italiano su due ha bevuto solo l’acqua in bottiglia ritenendola più affidabile. Dalla nostra indagine sulle normative che<br />

regolano i controlli, il D.M 2003, in recepimento della Direttiva Comunitaria 2003/40/CE, sembra aver colmato lacune<br />

e incompletezze da noi focalizzate in precedenti Leggi e Decreti.<br />

Conclusioni Programmi <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Preventiva che coinvolgano una intera Comunità - ed ancor più se in<strong>di</strong>rizzati<br />

specificatamente a bambini e adolescenti - impongono nel nostro Paese (1° consumatore in Europa <strong>di</strong> acqua minerale in<br />

bottiglia e 2° nel mondo dopo gli Usa) una maggiore conoscenza sul tenore <strong>di</strong> fluoro nelle <strong>di</strong>verse tipologie <strong>di</strong> acqua e<br />

<strong>dei</strong> loro parametri classificativi per in<strong>di</strong>rizzare potenziali consumatori ad una scelta razionale e consapevole tra le<br />

acque minerali <strong>di</strong>sponibili in commercio.


PROTOCOLLO D’IGIENE ORO-DENTALE NEL PAZIENTE AFFETTO DA LABIOPALATOSCHISI IN<br />

DENTATURA DECIDUA.<br />

Laffranchi L, Dalessandri D, Fontana P, Simonini S, Bonetti S, Casula I, Bengazi M, Pisoni A.<br />

Clinica Odontoiatrica, Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia-Italy<br />

OBIETTIVI:I pazienti con labiopalatoschisi richiedono un approccio al trattamento <strong>di</strong> tipo multi<strong>di</strong>sciplinare. La terapia<br />

ricostruttiva prevede l’associazione tra chirurgia e ortodonzia e la gestione <strong>di</strong> tali pazienti deve essere costantemente<br />

supportata da una valida igiene orale al fine d’evitare complicazioni e mantenere stabili a lungo termine i risultati<br />

ottenuti. Lo scopo del presente lavoro è in<strong>di</strong>viduare e proporre un protocollo d’igiene oro-dentale appropriato per ogni<br />

fase del recupero anatomo-funzionale, estetico e psicologico del paziente affetto da labiopalatoschisi durante il periodo<br />

della dentizione decidua e la conseguente realizzazione <strong>di</strong> una brochure guida per i genitori che serva come promemoria<br />

e contenga informazioni ed utili consigli. MATERIALI E METODI:E’ stata effettuata un’accurata revisione della<br />

letteratura consultando banche dati informatiche me<strong>di</strong>che internazionali quali: The Cochrane Library, Pubmed e riviste<br />

odontoiatriche (Journal of Dental Research, The Cleft Palate-Cranio Facial Journal). Sono stati selezionati gli articoli<br />

dal 2000 al 2008, sono stati analizzati i protocolli terapeutici addottati nei reparti <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale<br />

Pe<strong>di</strong>atrica e <strong>di</strong> Ortodonzia della Clinica Odontoiatrica <strong>dei</strong> Spedali Civili <strong>di</strong> Brescia. Le attenzioni principali erano<br />

rivolte al controllo della placca batterica per la prevenzione della carie e delle patologie gengivali. Il programma <strong>di</strong><br />

prevenzione primaria ha incluso motivazione ed istruzione all’igiene orale ed alimentare, test salivari, fluoroprofilassi,<br />

igiene orale professionale dove sono stati rilevati gli in<strong>di</strong>ci d’igiene orale per determinare la compliance del paziente e<br />

della famiglia e controllati eventuali segni d’infiammazione nel sito della schisi, rimossi tutti i depositi molli e<br />

mineralizzati e organizzato un programma <strong>di</strong> prevenzione oro-dentale in<strong>di</strong>viduilalizzato. RISULTATI:E’ stato possibile<br />

realizzare un protocollo d’igiene orale schematico che possa guidare i clinici ed i <strong>di</strong>scenti afferenti ai reparti <strong>di</strong><br />

Chirurgia Maxillo-Facciale pe<strong>di</strong>atrica e <strong>di</strong> Ortodonzia della Clinica Odontoiatrica degli Spedali Civili <strong>di</strong> Brescia ed è<br />

stata creata una brochure informativa da <strong>di</strong>stribuire ai genitori ed ai pazienti esclusivamente all’interno <strong>dei</strong> reparti<br />

coinvolti per supportare visivamente le informazioni ricevute durante le visite specialistiche. DISCUSSIONI E<br />

CONCLUSIONI:Durante la terapia <strong>di</strong> recupero, è basilare la presenza <strong>di</strong> una figura professionale che si occupi<br />

essenzialmente del mantenimento della salute e dell’igiene orale: l’igienista dentale, in qualità <strong>di</strong> professionista sanitario<br />

specializzato nella prevenzione e nel mantenimento della salute oro-dentale è colui, che all’interno del team, può<br />

ricoprire al meglio e con competenza questo ruolo. Si tratta <strong>di</strong> una lavoro propedeutico per lo stu<strong>di</strong>o e la realizzazione <strong>di</strong><br />

altri protocolli <strong>di</strong> igiene orale che andranno ad analizzare il periodo della permuta dentaria e quello della dentizione<br />

permanente al fine <strong>di</strong> mantenere nel me<strong>di</strong>o/lungo tempo i risultati raggiunti attraverso la terapia multiriabilitatoria.


TERAPIA FARMACOLOGICA DI SUPPORTO IN PAZIENTI PARODONTOPATICI CON STORIA DI<br />

PREGRESSO UTILIZZO DI SOSTANZE STUPEFACENTI<br />

Forletta D.*, Scattarella A.**, Nar<strong>di</strong> G.M.*<br />

*Università <strong>di</strong> Roma CLID sede <strong>di</strong> Isernia Presidente Prof. R. Di Giorgio<br />

**Università <strong>di</strong> Bari Dipartimento <strong>di</strong> Odontostomatologia Direttore Prof. G.Rizzo<br />

OBIETTIVI: Il delmopinolo è una sostanza surfattante attiva che agisce riducendo la formazione della placca,<br />

contrastando la capacità <strong>di</strong> adesione <strong>dei</strong> batteri dannosi sulle superfici dentali, senza danneggiare la microflora orale. Il<br />

presente lavoro si prefigge l’obiettivo <strong>di</strong> valutare l’efficacia dell’utilizzo del Decapinol Gel sulla salute parodontale <strong>di</strong><br />

una popolazione <strong>di</strong> pazienti in mantenimento per patologie parodontali e con una storia <strong>di</strong> pregresso utilizzo <strong>di</strong> sostanze<br />

stupefacenti. MATERIALI E METODI: Sono stati selezionati 12 pazienti tra gli ospiti della Fondazione “Exodus” <strong>di</strong><br />

Cassino in base a ben precisi criteri <strong>di</strong> inclusione ed esclusione. I pazienti sono stati quin<strong>di</strong> istruiti ad una corretta<br />

igiene orale e sud<strong>di</strong>visi casualmente in due gruppi: “Gruppo Controllo ” e “Gruppo Test”. I pazienti classificati come<br />

“Pazienti Gruppo Controllo “ sono stati sottoposti al protocollo <strong>di</strong> “Full Mouth Debridement” nell’ambito <strong>di</strong> due<br />

appuntamenti compresi entro 24 ore: sono stati effettuati sciacqui, irrigazioni sottogengivali e spazzolamento della<br />

lingua con clorexi<strong>di</strong>na collutorio (0,2%) privo <strong>di</strong> alcool. Per il controllo chimico domiciliare della placca è stato<br />

consigliato l’utilizzo <strong>di</strong> analogo collutorio e spray per l’area tonsillare per 20 giorni dopo la terapia iniziale. Anche i<br />

“Pazienti del Gruppo Test” sono stati sottoposti al protocollo <strong>di</strong> “Full Mouth Debridement” nell’ambito <strong>di</strong> due<br />

appuntamenti compresi entro 24 ore, ma in questo caso, il trattamento chimico-farmacologico è stato effettuato<br />

impiegando delmopinolo. I controlli sono stati effettuati a 1, 2 e 3 mesi dal “T0”. RISULTATI: I dati ottenuti, in<br />

termini <strong>di</strong> variazioni <strong>di</strong> presenza della placca (VPI) e <strong>di</strong> sanguinamento (GBI), analizzati statisticamente con il Test<br />

Anove, consentono <strong>di</strong> registrare come a 90 giorni il gruppo test abbia manifestato una <strong>di</strong>minuzione statisticamente<br />

significativa del VPI e GBI (p


I DENTIFRICI: ANALISI COMPARATIVA DELLE FORMULAZIONI DALL’OTTOCENTO AD OGGI<br />

*Casula I., Rossini A., Rossini M., Marchesini E., Porro A.<br />

Clinica Odontoiatrica - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />

Le più antiche testimonianze sull’utilizzo <strong>di</strong> dentifrici e sciacqui orali risalgono al 4000 a.C. Il primo popolo che<br />

utilizzò il dentifricio fu quello egizio (Sonabou polvere a base <strong>di</strong> ceneri e argilla Papiro <strong>di</strong> Ebers). L’azione principale<br />

delle preparazioni <strong>di</strong> quel periodo era <strong>di</strong> natura cosmetica: mantenere bianco il dente e rendere profumato l’alito. Il<br />

dente bianco era considerato un elemento <strong>di</strong> integrità fisica e morale. Scopo: verificare e comprendere l’evoluzione<br />

storica della formulazione <strong>dei</strong> dentifrici nel periodo compreso tra il 1840 e il 2008. Materiali e meto<strong>di</strong>: 1° fase analisi<br />

delle formulazioni dentifrice riportate in alcuni testi storici <strong>di</strong>ffuse dal 1841 al 1944. La selezione delle opere si è basata<br />

sulla presenza <strong>di</strong> capitoli de<strong>di</strong>cati alle manovre <strong>di</strong> detersione orale con l’impiego <strong>di</strong> dentifrici, polveri ed elisir.<br />

L’attenzione è stata rivolta alle sostanze che i singoli autori consigliavano e quelle da evitare perché dannose per lo<br />

smalto dentale e le mucose orali. Testi analizzati: “Sul cattivo odore dell’alito e del sudore e relative istruzioni per<br />

correggere quel <strong>di</strong>fetto” <strong>di</strong> G. Silvestri (1840-41); “Nouvelle hygiène de la bouche ou traité complet des soins<br />

qu’exigent l’entretien de la bouche et la conservation des dents” <strong>di</strong> O. Taveau (1843); “Nuovo trattato igienico e<br />

curativo <strong>dei</strong> denti e delle gengive” <strong>di</strong> G. Corbetta (1872); “Trattato delle malattie della bocca e <strong>dei</strong> denti” <strong>di</strong> V. Caccia<br />

(1900); “Igiene della bocca e <strong>dei</strong> denti” <strong>di</strong> L. Coulliaux (1901); “Elementi <strong>di</strong> odontologia per me<strong>di</strong>ci e studenti” <strong>di</strong> S.<br />

Palazzi e G. Fasoli (1936-1944). La 2° fase ha in<strong>di</strong>viduato i principi attivi che compongono i moderni dentifrici. Quin<strong>di</strong>,<br />

è stata messa a confronto l’analisi <strong>dei</strong> testi storici con le moderne conoscenze. Risultati: dalla ricerca storica si ha una<br />

chiara testimonianza su come la natura sia stata fonte primaria <strong>di</strong> sostanze <strong>di</strong>venute veri e propri ingre<strong>di</strong>enti alla base <strong>di</strong><br />

complicate e spesso fantasiose polveri, paste dentifrice e rime<strong>di</strong> per l’igiene della bocca. La prima considerevole<br />

<strong>di</strong>fferenza riguarda il contenuto abrasivo delle composizioni; all’unanimità gli autori affermano che l’uso <strong>di</strong> sostanze<br />

troppo abrasive può causare danni anche irreparabili allo smalto dentale. Ritroviamo, però, le cosiddette “porcellette”<br />

(ossa <strong>di</strong> seppia, vongole, chiocciole, ostriche), spesso utilizzate dopo un trattamento a base <strong>di</strong> succo <strong>di</strong> limone. L’aver<br />

identificato l’agente responsabile delle malattie orali, la placca batterica, ha permesso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzare le ricerche per<br />

contrastarne la formazione e l’azione sui tessuti orali. Le tappe fondamentali riguardano l’inserimento nelle<br />

composizione del dentifricio: <strong>di</strong> fluoruri nel 1950, per la prima volta, <strong>di</strong> agenti anti-tartaro nel 1980 e <strong>di</strong> sostanze antibatteriche<br />

nel 1990 e <strong>di</strong> sostanze pulenti non abrasive oggi. Discussione conclusioni: Le attuali conoscenze<br />

sull’importanza dell’igiene orale hanno portato ad una nuova concezione del dentifricio definito come “… una sostanza<br />

usata con uno spazzolino o altro applicatore per rimuovere la placca batterica da gengive e denti, con scopo cosmetico e<br />

sanitario, e per l’applicazione <strong>di</strong> agenti specifici alle superfici dentali, per scopi preventivi e/o terapeutici”.


TECNICHE DIAGNOSTICHE INNOVATIVE PER LA DIAGNOSI PRECOCE DELLA CARIE DENTALE<br />

M.R. Piscopo, C. Drago, M. Pala<strong>di</strong>no, S. Orlando, G. Giuliana, G. Pizzo<br />

Dipartimento Scienze Stomatologiche “G. Messina”, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Palermo<br />

INTRODUZIONE: La <strong>di</strong>agnosi precoce delle lesioni cariose costitutisce elemento chiave nella prevenzione e nel<br />

trattamento della carie in bambini ed adolescenti. L’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong>agnostiche innovative per la <strong>di</strong>agnosi<br />

precoce della carie rappresenta un tema <strong>di</strong> ricerca che <strong>di</strong> recente ha registrato un crescente interesse scientifico. Sulla<br />

base del principio fisico responsabile del loro funzionamento, i <strong>di</strong>versi <strong>di</strong>spositivi <strong>di</strong>agnostici vengono classificati in: a)<br />

tecniche ra<strong>di</strong>ografiche; b) tecniche visive avanzate (FOTI, DIFOTI); c) tecniche a fluorescenza (QLF e DIAGNOdent);<br />

d) tecnologia LED; e) corrente elettrica (ECM). MATERIALI E METODI: E’ stata effettuata una revisione della<br />

letteratura utilizzando la banca dati PubMed (MEDLINE). RISULTATI: Le ra<strong>di</strong>ografie convenzionali sono utili per<br />

l'in<strong>di</strong>viduazione della carie dentinale <strong>di</strong> superfici occlusali ed interprossimali. La ra<strong>di</strong>ografia <strong>di</strong>gitale offre l’opportunità<br />

<strong>di</strong> incrementare il potenziale <strong>di</strong>agnostico delle ra<strong>di</strong>ografie dentali me<strong>di</strong>ante la tecnica della sottrazione che permette <strong>di</strong><br />

rilevare anche piccoli cambiamenti <strong>di</strong> mineralizzazione dello smalto nella zona interprossimale, prima che la<br />

demineralizzazione <strong>di</strong>venti visibile con la ra<strong>di</strong>ografia convenzionale; la sensibilità e la specificità me<strong>di</strong>a me<strong>di</strong>a riportati<br />

in letteratura sono rispettivamente del 95% e 83%. Tra i <strong>di</strong>spositivi che sfruttano la transilluminazione delle superfici<br />

dentali, il DiFOTI evoluzione <strong>di</strong>gitale del FOTI, mostra una sensibilità 4 volte superiore alla ra<strong>di</strong>ografia <strong>di</strong>gitale per la<br />

<strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> carie interprossimali e 10 volte maggiore per la carie occlusale, sebbene non sia in grado <strong>di</strong> valutare la<br />

profon<strong>di</strong>tà della lesione. Il QLF (fluorescenza indotta quantitativamente) è un sistema che offre l’opportunità <strong>di</strong><br />

monitorare nel tempo la progressione e/o regressione delle lesioni incipienti grazie all’acquisizione delle immagini ed al<br />

calcolo quantitativo del grado <strong>di</strong> demineralizzazione. La sensibilità e la specificità nella <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> carie nelle superfici<br />

lisce sono rispettivamente del 76% e del 85%, nelle superfici occlusali 61% e 59%. Il DIAGNOdent è un nuovo<br />

<strong>di</strong>spositivo basato sull’utilizzo della fluorescenza laser, sviluppato per l’identificazione e la quantificazione della carie<br />

delle superfici lisce ed occlusali. Il range <strong>di</strong> sensibilità del DIAGNOdent, nella <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> carie occlusale <strong>di</strong> smalto e<br />

dentina, è <strong>di</strong> 78-96%, ed il range della specificità è <strong>di</strong> 69-89%. La <strong>di</strong>agnosi delle white spot ha mostrato una sensibilità e<br />

specificità maggiore (rispettivamente 84-92% e 81-93%). La tecnologia della riflessione e rifrazione della luce LED ha<br />

mostrato un’accuratezza <strong>di</strong>agnostica per le lesioni occlusali del 92% e per le lesioni interprossimali dell’80%. Il<br />

<strong>di</strong>spositivo ECM (Electronic Caries Monitor), che utilizza una corrente singola alternata a frequenza fissa per la<br />

misurazione della ”resistenza” del tessuto dentale, ha una sensibilità nella <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> carie dentinale del 67-96%, e una<br />

specificità del 71-98%. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Ogni meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong>agnostica per lesioni cariose incipienti ha<br />

i suoi vantaggi e svantaggi: alcuni hanno un potenziale <strong>di</strong>agnostico maggiore su alcune superfici rispetto ad altre,<br />

mentre non tutte le meto<strong>di</strong>che in<strong>di</strong>viduano accuratamente le lesioni iniziali, potendo verificarsi falsi positivi e falsi<br />

negativi. Per tale motivo, la scelta del <strong>di</strong>spositivo da utilizzare, sempre in associazione all’esame clinico, deve prendere<br />

in considerazione la soglia <strong>di</strong>agnostica del <strong>di</strong>spositivo e l’influenza dell’operatore sulla sua performance.


DIPARTIMENTI, GOVERNO CLINICO E PERCORSI ASSISTENZIALI: LA NUOVA REALTA’<br />

INTERDISCIPLINARE<br />

Principato F, Guerra F, Romeo U, Leonar<strong>di</strong> R.*, Barbato E.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Corso <strong>di</strong> laurea in Scienze delle professioni sanitarie Tecniche Assistenziali, Presidente:<br />

Ersilia Barbato<br />

* Università <strong>di</strong> Catania Corso <strong>di</strong> laurea in Scienze delle Professioni Sanitarie Tecniche Assistenziali, Presidente: Rosy<br />

Leonar<strong>di</strong><br />

OBIETTIVI: Nel contesto <strong>di</strong> profonda innovazione che negli anni ‘90 ha coinvolto la realtà sanitaria pubblica italiana<br />

con l’introduzione <strong>di</strong> riforme atte a favorire sempre più la fruizione del bene salute, l’Azienda Sanitaria importa nel<br />

pubblico elementi del privato, introduce principi <strong>di</strong> management ed elementi <strong>di</strong> competitività fra le strutture. E poiché il<br />

finanziamento e la sopravvivenza dell’Azienda Sanitaria <strong>di</strong>pendono dalla sua attitu<strong>di</strong>ne a erogare servizi<br />

qualitativamente e quantitativamente accettabili e a basso costo, la capacità <strong>di</strong> stare sul “mercato” si gioca sulla<br />

possibilità <strong>di</strong> orientare gli sforzi e le abilità professionali <strong>di</strong> tutti gli operatori all’ottenimento <strong>di</strong> buoni risultati,<br />

applicando la qualità ad ogni livello del processo assistenziale. MATERIALI E METODI: L’attenta analisi della<br />

letteratura <strong>di</strong>mostra la necessità <strong>di</strong> sviluppare un’organizzazione che possa rispecchiare la visione olistica del paziente.<br />

RISULTATI: L’azienda è una struttura aperta verso l’esterno e non esiste un modello organizzativo aziendale che possa<br />

risultare il migliore in assoluto: un’azienda è migliore dell’altra nella misura in cui è capace <strong>di</strong> adattare la propria<br />

organizzazione all’ambiente esterno in modo da cogliere le richieste e da sfruttare, meglio <strong>di</strong> altre, le opportunità offerte<br />

dal mercato. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: L’azienda è un insieme <strong>di</strong> risorse umane, tecniche e finanziarie che<br />

vengono coor<strong>di</strong>nate e poste in interazione fra loro. È quin<strong>di</strong> necessaria una ridefinizione del ruolo <strong>di</strong> ogni operatore<br />

all’interno delle organizzazioni sanitarie. Il laureato in Professioni sanitarie tecniche assistenziali può inserirsi<br />

nell’ambito del SSN. Nel <strong>di</strong>partimento delle Professioni Sanitarie, benché oggi non sia una realtà molto <strong>di</strong>ffusa, si può<br />

sviluppare l’idea <strong>di</strong> un percorso all’interno dell’area tecnico-assistenziale coinvolgendo le varie figure professionali<br />

poiché da tempo è noto come numerose patologie possano esprimere segni e sintomi a livello del cavo orale. E l’attività<br />

clinica svolta nell’area tecnico assistenziale può e deve essere mirata, grazie alla presenza <strong>di</strong> figure <strong>di</strong> riferimento per<br />

queste patologie, alla prevenzione ed alla cura <strong>di</strong> ciascun fattore <strong>di</strong> rischio. Così, un paziente che giunge nel<br />

Dipartimento delle professioni sanitarie tecniche assistenziali seguirà il percorso assistenziale adeguato, che favorisca<br />

un’inter<strong>di</strong>sciplinarietà sostenuta da appropriatezza professionale ed organizzativa, in grado <strong>di</strong> assicurare health<br />

intervention, timing, setting e professional. Non riunire le varie professioni sarebbe un errore metodologico e tecnico e<br />

potrebbe significare occuparsi <strong>di</strong> una parte del tutto. Emerge la centralità del paziente-utente: il concetto <strong>di</strong> customer<br />

satisfaction lascia l’area dell’impresa e <strong>di</strong>viene patient satisfaction.


EFFICACIA DI UN PROGRAMMA DI SALUTE ORALE IN UNA POPOLAZIONE DI DISABILI ADULTI.<br />

Avenali L*, Pasquini T, Pagano M, Guerra F, Ottolenghi L.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche.<br />

OBIETTIVI: Lo stu<strong>di</strong>o condotto si è posto l’obiettivo <strong>di</strong> valutare il grado <strong>di</strong> miglioramento dello stato <strong>di</strong> salute<br />

parodontale <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sabili adulti, residenti in strutture assistenziali presenti sul territorio romano, attraverso la<br />

motivazione e l’educazione all’igiene orale <strong>dei</strong> pazienti e <strong>dei</strong> loro tutor. MATERIALI E METODI: I pazienti sono stati<br />

sud<strong>di</strong>visi in due gruppi (stu<strong>di</strong>o e controllo) costituiti da 18 persone ciascuno ed omogenei per età, sesso, patologie e<br />

grado <strong>di</strong> collaborazione. Sono stati organizzati degli incontri educativi rivolti ai tutor <strong>di</strong> tutti i pazienti e<br />

successivamente si è passati alla fase educativa <strong>dei</strong> pazienti appartenenti al gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. La valutazione dello stato<br />

parodontale è stata eseguita me<strong>di</strong>ante la <strong>di</strong>agnosi microbiologica effettuata attraverso la Real-Time PCR (GABA<br />

International - meridol® Perio Diagnostics), per la determinazione quantitativa <strong>di</strong> 6 batteri marker della parodontite e<br />

della carica batterica totale. L’analisi microbiologica è stata effettuata al termine della fase educativa (T0), dopo un<br />

mese (T1) e dopo sei mesi (T2). RISULTATI: Al tempo T1 è emersa in entrambi i gruppi una riduzione quantitativa<br />

della carica batterica totale e <strong>di</strong> tutti i ceppi batterici, ad eccezione <strong>di</strong> Fusobacterium nucleatum che, nel gruppo<br />

controllo, mostra un lieve aumento quantitativo. Al tempo T2 vi è un’ulteriore riduzione della carica batterica totale nel<br />

gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e un valore che si mantiene invece costante rispetto a T1 nel gruppo controllo. Nel gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o vi è<br />

inoltre una riduzione, rispetto a T1, <strong>di</strong> tutti i ceppi batterici, ad eccezione <strong>di</strong> Actinobacillus actinomycetemcomitans e <strong>di</strong><br />

Fusobacterium nucleatum. Rispetto a T0 invece si ha una riduzione quantitativa <strong>di</strong> tutti i batteri, tranne Actinobacillus<br />

actinomycetemcomitans. Nel gruppo controllo invece al tempo T2 abbiamo, rispetto a T1, un aumento quantitativo <strong>di</strong><br />

tutti i batteri marker, ad eccezione <strong>di</strong> Fusobacterium nucleatum. Rispetto a T0 infine si evidenzia un aumento <strong>di</strong> tutti i<br />

valori fatta eccezione per Porphyromonas gengivalis e Fusobacterium nucleatum. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI:<br />

I pazienti ai quali è stata rivolta la fase educativa hanno mostrato un’evidente riduzione degli in<strong>di</strong>ci microbiologici sia a<br />

T1 che a T2. Anche nel gruppo controllo vi è stata una riduzione degli in<strong>di</strong>ci a T1; a T2 invece si è mostrato evidente un<br />

ritorno pressoché costante ai valori iniziali. Questi risultati evidenziano come l’educazione rivolta personalmente ai<br />

pazienti <strong>di</strong>sabili possa migliorare le loro abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> salute orale. I notevoli miglioramenti del gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e quelli<br />

ottenuti dal gruppo controllo <strong>di</strong>mostrano però l’importanza predominante della fase <strong>di</strong> educazione rivolta ai tutor. Alla<br />

luce <strong>di</strong> queste considerazioni, il coinvolgimento attivo <strong>di</strong> tutte le figure <strong>di</strong> riferimento nella vita <strong>dei</strong> <strong>di</strong>sabili non può che<br />

rappresentare un’ulteriore chiave <strong>di</strong> successo per la loro compliance.


PROTOCOLLO CLINICO NELL’IDENTIFICAZIONE E NELLA GESTIONE DEI PAZIENTI TMD<br />

D’Agate R.*, Ricci M.**, Genovesi AM*.<br />

*Università <strong>di</strong> Genova ,Corso <strong>di</strong> laurea in igiene dentale , insegnamento <strong>di</strong> scienze e tecniche <strong>di</strong> igiene dentale titolare<br />

A. Genovesi<br />

**Dottorando <strong>di</strong> Ricerca Nanoworld Institue, Università <strong>di</strong> Genova<br />

INTRODUZIONE: il ruolo dell’equipe odontoiatrica è fondamentale nel successo, nell’identificazione e nella gestione<br />

<strong>di</strong> pazienti con <strong>di</strong>sfunzione dell’articolazione temporo-man<strong>di</strong>bolare. Fondamentale è il ruolo dell’igienista dentale<br />

nell’identificazione e nel trattamento <strong>di</strong> questa tipologia <strong>di</strong> pazienti in continuo aumento.<br />

OBIETTIVI: creare un protocollo clinico che aiuti l’igienista a identificare e trattare,assieme agli altri componenti<br />

dell’equipe odontoiatrica, i pazienti con DTM.<br />

MATERIALI E METODI: un numero <strong>di</strong> 47 pazienti è stato incluso nello stu<strong>di</strong>o. Ciascuno <strong>di</strong> essi è stato sottoposto a<br />

una visita generale del cavo orale da parte <strong>di</strong> un igienista dentale, inoltre gli aspetti psicologici e relazionali sono stati<br />

indagati durante l’anamnesi. Successivamente un questionario appositamente redatto per lo stu<strong>di</strong>o con l’ausilio <strong>di</strong><br />

psichiatri, è stato somministrato durante la visita.<br />

RISULTATI: Sono state prese in considerazione le risposte positive <strong>di</strong> tutti i questionari, <strong>di</strong>stribuite in base alla fascia<br />

d’età,e si è osservato che i pazienti con un più alto numero <strong>di</strong> risposte positive sono quelli nella fascia d’età compresa<br />

tra i 30 e 40 anni. I risultati ottenuti in base agli accoppiamenti tra le varie tipologie <strong>di</strong> domanda hanno evidenziato una<br />

influenza della sfera emotiva e sociale nell’insorgenza delle <strong>di</strong>sfunzioni del sistema oro facciale.<br />

CONCLUSIONI: Il questionario clinico è un utile ausilio per comprendere l'interazione fra le sfere clinica, emotiva e<br />

sociale e la possibile influenza <strong>di</strong> queste ultime nello sviluppo o nell'aggravamento della patologia,. Ciò consente<br />

all’igienista <strong>di</strong> capire quale piano <strong>di</strong> trattamento instaurare per lo specifico caso al fine <strong>di</strong> interagire con le altre figure<br />

del team odontoiatrico per il benessere del paziente.


ANALISI DELLE VARIAZIONI ANNUALI DEL FLOW RATE E DEL pH SALIVARE.<br />

Foglio Bonda P. L., Gueli L, Migliario M.<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea n Igiene dentale. Università degli stu<strong>di</strong> del Piemonte Orientale “A. Avogadro”<br />

INTRODUZIONE: Dalla revisione della letteratura emergono dati contrastanti sul valore del flow rate (FR) e del pH<br />

salivare. Tale <strong>di</strong>somogeneità <strong>di</strong> valori è, a nostro avviso, imputabile a <strong>di</strong>verse modalità e tempi <strong>di</strong> prelievo e <strong>di</strong><br />

misurazione oltre che a campioni non omogenei e comparabili. OBIETTIVI: Determinare in un campione <strong>di</strong><br />

popolazione sana, utilizzando una meto<strong>di</strong>ca riproducibile, il valore del F.R. e del pH della saliva non stimolata, la loro<br />

variazione in quattro orari <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> prelievo, in quattro perio<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi dell’anno e sottoporre i dati ottenuti ad analisi<br />

statistica per trovare le possibili correlazioni tra sessi, fumatori (F) e non fumatori (NF) e in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> massa corporea<br />

(BMI) e ciclo mestruale. MATERIALI E METODI: Campione composto da 30 giovani adulti clinicamente sani (6 ♂<br />

maschi, 24 ♀ femmine; 18 NF, 12 F), sottoposto a visita me<strong>di</strong>ca, esami ematochimici ed urine, ecg, compilazione <strong>di</strong> un<br />

questionario anamnestico, visita odontoiatrica. Sono stati esclusi i soggetti con patologie sistemiche e/o del cavo orale e<br />

che assumevano farmaci. I prelievi salivari sono stati effettuati con meto<strong>di</strong>ca “spitting” per una durata <strong>di</strong> 5 minuti. Il<br />

F.R. è stato valutato me<strong>di</strong>ante una pesa tecnica (Sartorius BL 1500) ponendo 1g=1ml. Il pH è stato misurato con un pHmetro<br />

portatile (Hanna Instruments HI 9026). L’analisi statistica è stata condotta con il test Huber White (significativi<br />

“p-value” ≤ 0,05). RISULTATI: È stato evidenziato che il F.R. ha una <strong>di</strong>minuzione dalla stagione autunnale a quella<br />

estiva al limite della significatività (p=0,06805, D.S.±0,029); aumenta in modo significativo in autunno tra le ore 9.00-<br />

<strong>13</strong>.00 (p


VALUTAZIONE DEI LIVELLI DI FLUORO SALIVARI DOPO APPLICAZIONE DI DIVERSI SEALANTS.<br />

Baron G*, Botti R, Zallocco N, Campus G, Bossù M .<br />

“Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma, Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, U.O.C. <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica,<br />

Dir.: Prof. A. Polimeni; Insegnamento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Pe<strong>di</strong>atrica, Prof. A. Polimeni, Prof. G.L. Sfasciotti.<br />

INTRODUZIONE: I sigillanti, come le applicazioni <strong>di</strong> fluoro, sono le manovre <strong>di</strong> prevenzione più comuni nella<br />

prevenzione della carie. Vengono effettuate nei bambini al momento in cui i primi molari erompono nel cavo orale. In<br />

questo periodo della loro vita le manovre <strong>di</strong> igiene orale non sono perfezionate e i molari con la loro anatomia rendono<br />

<strong>di</strong>fficoltosa la pulizia per un bambino. I sigillanti oltre ad espletare la loro funzione meccanica <strong>di</strong> protezione al dente e<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> barriera contro i microrganismi, rilasciano fluoro a lungo termine al dente, rendendolo ancora più<br />

inattaccabile.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> valutare il livello <strong>di</strong> fluoro salivare nei pazienti sottoposti a<br />

sigillature <strong>di</strong> solchi e fossette utilizzando due <strong>di</strong>versi materiali: la resina composita e il sigillante vetrionomerico. Il fine<br />

dello stu<strong>di</strong>o è quello <strong>di</strong> valutare quale <strong>dei</strong> due materiali rilascia più fluoro creando un ambiente salivare ideale, ed<br />

inoltre si è valutato anche la facilità <strong>di</strong> utilizzo del sigillante vetroiononero a beneficio <strong>di</strong> una migliore collaborazione.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati arruolati per questo stu<strong>di</strong>o 23 bambini <strong>di</strong> età compresa tra i 6 e gli 8 anni tutti con<br />

i primi molari permanenti completamente erotti ed una buona igiene orale. Sono stati <strong>di</strong>visi in due gruppi a seconda del<br />

materiale utilizzato:<br />

- Gruppo 1: n° pazienti 10 con materiale A (resina composita 3M ESPE Concise)<br />

- Gruppo 2: n° pazienti 10 con materiale B (cemento vetroionomerico Gc Fujii Triage)<br />

Sono stati effettuati 5 step <strong>di</strong> prelievi <strong>di</strong> saliva:il primo imme<strong>di</strong>atamente prima del trattamento, il secondo subito dopo il<br />

trattamento, il terzo, il quarto e il quinto a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> una settimana, un mese e tre mesi dalla seduta delle sigillature.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: I campioni salivari sono stati analizzati presso il laboratorio <strong>di</strong> ricerca<br />

dell’Università <strong>di</strong> Sassari; in seguito è stata effettuata un’analisi statistica <strong>dei</strong> dati ottenuti dai quali abbiamo riscontrato<br />

variazioni <strong>di</strong> fluoro nella saliva dopo utilizzo per la sigillatura <strong>di</strong> materiali a <strong>di</strong>versa formulazione e meccanismo<br />

d’azione. Dai dati ottenuti si evince che l’utilizzo <strong>di</strong> CVI ad alta viscosità abbia maggior efficacia nella captazione del<br />

fluoro da parte della saliva. La quantità <strong>di</strong> fluoro che rilascia nella saliva, la facilità e l’ampia modalità <strong>di</strong> utilizzo fa <strong>dei</strong><br />

CVI uno <strong>dei</strong> materiali d’elezione per le sigillature <strong>di</strong> solchi e fossette soprattutto in casi dove non è possibile isolare il<br />

campo operatorio.


EFFETTO DELLO XILITOLO SULLA CONCENTRAZIONE SALIVARE DEGLI STREPTOCOCCHI<br />

MUTANS E SULL’ACIDOGENICITA’ DELLA PLACCA.<br />

Sacco G 1 , Sale S 1 , Campus G 1 , Cagetti MG 2 , Bossù M 3 , Lugliè PF 1<br />

1 Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassari; 2 Centro <strong>di</strong> Collaborazione OMS per<br />

l’Epidemiologia e l’<strong>Odontoiatria</strong> <strong>di</strong> Comunità, Milano; 3 Dipartimento <strong>di</strong> Pedodonzia, Università <strong>di</strong> Roma La Sapienza<br />

gsacco@uniss.it<br />

OBIETTIVO: Valutare l'effetto dell'assunzione giornaliera <strong>di</strong> 11,6 g <strong>di</strong> xilitolo (in chewing gum) sulla concentrazione<br />

salivare degli Streptococchi mutans (SM) e sulla acidogenicità della placca in un campione <strong>di</strong> bambini ad alto rischio <strong>di</strong><br />

carie. MATERIALI E METODI: E' stato effettuato un clinical trial randomizzato, che ha coinvolto 204 soggetti (quota<br />

d'adesione 88,3%) <strong>di</strong> età compresa tra i 7 e i 9 anni. Criteri d'inclusione sono stati: la presenza <strong>di</strong> almeno due lesioni<br />

cariose ed una concentrazione <strong>di</strong> SM >10 5 CFU/mL <strong>di</strong> saliva. I soggetti sono stati dunque <strong>di</strong>visi in modo random a un<br />

gruppo che consumava chewing gum con xilitolo e ad un gruppo che consumava chewing gum senza xilitolo ma con<br />

eguale sapore, consistenza e colore. I soggetti hanno masticato una chewing gum per 3 minuti 4 volte al giorno (dopo<br />

colazione, dopo pranzo, dopo la merenda pomeri<strong>di</strong>ana, dopo cena). Lo stu<strong>di</strong>o ha previsto una valutazione degli<br />

outcomes al tempo iniziale (t0), dopo 3 mesi dall'assunzione giornaliera del prodotto (t1), dopo 6 mesi (t2) e dopo 3 mesi<br />

dalla cessazione dall'uso del prodotto medesimo (t3). Campioni <strong>di</strong> saliva stimolata sono stati raccolti e processati per la<br />

determinazione della conta degli SM. L'acidogenicità della placca è stata valutata tramite la tecnica microtouch<br />

(Beetrode ® ) dopo l'assunzione <strong>di</strong> zucchero. I dati ottenuti sono stati analizzati per la ricerca della significatività statistica<br />

tramite l'analisi della varianza (ANOVA) e l'area sotto la curva del pH (AUC) è stata calcolata. RISULTATI: La<br />

<strong>di</strong>fferenza tra i due gruppi <strong>di</strong> trattamento è stata statisticamente significativa sia per la conta microbica che per<br />

l'acidogenicità della placca (p=0,01 e p=0,035 rispettivamente). E' stato osservato un forte decremento nella conta<br />

microbica nel gruppo sperimentale. L'AUC è stato significativamente maggiore (p


MANAGEMENT DI UN INTERVENTO DI EDUCAZIONE SANITARIA PER LA GRAVIDANZA E LA<br />

PRIMA INFANZIA<br />

*Sibille A., Bonfanti L., Ganda A.R., Salucci S., Casula I.<br />

Clinica Odontoiatrica - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia, Master <strong>di</strong> I livello in Prevenzione Odontostomatologica -<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma (Prof. L. Ottolenghi)<br />

INTRODUZIONE: Occuparsi <strong>di</strong> prevenzione e igiene orale nel periodo gravi<strong>di</strong>co assume una duplice valenza:<br />

salvaguardare la salute orale della madre ed intervenire sulla salute orale <strong>dei</strong> figli. OBIETTIVI: Scopo del lavoro è <strong>di</strong><br />

instaurare un intervento formativo nel periodo gravi<strong>di</strong>co per la prevenzione delle complicanze orali nelle donne in<br />

gravidanza e per la salute orale nella prima infanzia. MATERIALI E METODI: Il programma è rivolto a tutte le donne<br />

residenti sul territorio nazionale che si trovino nel primo trimestre <strong>di</strong> gravidanza e che abbiano avanzato domanda <strong>di</strong><br />

partecipazione ai corsi <strong>di</strong> preparazione al parto in una delle strutture de<strong>di</strong>cate, identificate nei Consultori pubblici e<br />

privati presenti sul territorio, nei quali vengano svolti regolarmente tali corsi e si occupino anche della prima infanzia<br />

con un servizio pe<strong>di</strong>atrico. Per ogni regione italiana si prendono in esame due Consultori per ogni Capoluogo regionale<br />

e altri due al <strong>di</strong> fuori. Si occupano del programma due igienisti per ogni regione dopo apposito training. Ci si propone <strong>di</strong><br />

somministrare alle donne in gravidanza un questionario conoscitivo e <strong>di</strong> svolgere poi un incontro/ lezione con<br />

informazioni generali relative al cavo orale e alle patologie più comuni, informazioni specifiche relative al periodo<br />

gravi<strong>di</strong>co, informazioni e norme igieniche rivolte al neonato e al bambino nei primi anni <strong>di</strong> vita. Per verificare<br />

l’efficacia dell’intervento si intende organizzare un nuovo incontro post-parto alle mamme in occasione della prima<br />

visita ginecologica dopo il parto o della prima visita pe<strong>di</strong>atrica del neonato riproponendo loro lo stesso questionario<br />

conoscitivo iniziale. Per valutare l’impatto della lezione tenuta sulla salute orale e le abitu<strong>di</strong>ni <strong>dei</strong> bambini, si esegue<br />

una visita <strong>di</strong> controllo ai bambini all’età <strong>di</strong> sei anni con rilevamento del dmft e la somministrazione <strong>di</strong> un nuovo<br />

questionario ai genitori. RISULTATI: Raccolta <strong>di</strong> dati epidemiologici relativi alle conoscenze della donna in gravidanza<br />

riguardo la prevenzione delle patologie oro-dentali nell’adulto e nel bambino. Analisi <strong>dei</strong> dati per valutare l’efficacia<br />

dell’intervento informativo. La riduzione del dmft all’età <strong>di</strong> sei anni. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Un servizio<br />

<strong>di</strong> educazione sanitaria per la salute orale è una necessità sociale e solo attraverso interventi precoci <strong>di</strong>retti ai genitori in<br />

quanto educatori <strong>dei</strong> propri figli sarà possibile aumentare la probabilità <strong>di</strong> avere e mantenere la salute orale nel bambino<br />

e nel futuro adulto.


TRATTAMENTO DI IGIENE ORALE NELLA PAZIENTE GRAVIDA<br />

Calamari V., Gueli L., Migliario M.<br />

Università degli stu<strong>di</strong> del Piemonte Orientale “A. Avogadro”. Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale.<br />

INTRODUZIONE: Recenti stu<strong>di</strong> hanno in<strong>di</strong>cato nella malattia parodontale un fattore <strong>di</strong> rischio per la gravidanza con<br />

nascita <strong>di</strong> bambini pretermine e sottopeso. Poiché il periodo gravi<strong>di</strong>co induce variazioni psicologiche nella donna<br />

rendendola atta a recepire comportamenti favorevoli pre<strong>di</strong>sponenti alla salute del nascituro, è <strong>di</strong> fondamentale<br />

importanza in questo periodo l’opera <strong>di</strong> istruzione, motivazione e igienizzazione dell’Igienista Dentale. OBIETTIVI:<br />

Promuovere nelle donne gravide comportamenti atti a prevenire lo sviluppo delle affezioni parodontali. MATERIALI E<br />

METODI: Sulla base <strong>di</strong> precedenti stu<strong>di</strong> clinico – statistici effettuati su un campione <strong>di</strong> 100 donne gravide, da cui era<br />

risultato che la scarsa informazione odontoiatrica (p


SALUTE ORALE ED ESITI AVVERSI DELLA GRAVIDANZA: STUDIO DI INTERVENTO.<br />

Villa A., Abati S., Campus G., Strohmenger L.<br />

Clinica Odontostomatologica - Dipartimento <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina, Chirurgia e <strong>Odontoiatria</strong> - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

INTRODUZIONE: Come evidenziato già da <strong>di</strong>versi Autori, gengivite e parodontiti possono aumentare il rischio <strong>di</strong> esiti<br />

avversi della gravidanza quali il parto prematuro o il basso peso alla nascita. OBIETTIVI: L’obiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è<br />

stato <strong>di</strong> valutare lo stato parodontale <strong>di</strong> 38 pazienti gravide e <strong>di</strong> 38 puerpere, verificare la relazione tra malattia<br />

parodontale e parto prematuro e verificare l’efficacia <strong>di</strong> un protocollo <strong>di</strong> intervento parodontale sull’esito del parto.<br />

MATERIALI E METODI: Trentotto pazienti gravide afferenti all'ambulatorio <strong>di</strong> Igiene Orale in gravidanza della<br />

Clinica Odontostomatologica dell’Ospedale San Paolo <strong>di</strong> Milano sono state selezionate ed incluse nel presente stu<strong>di</strong>o<br />

(Gruppo 1). Un secondo gruppo (Gruppo 2) includeva trentotto pazienti estratte da un gruppo <strong>di</strong> 350 puerpere<br />

sottoposte a visita odontoiatrica presso una la Clinica Ostetrico-Ginecologica "L.Mangiagalli". In tutte le pazienti è<br />

stato effettuato un esame clinico dento-parodontale che prevedeva la misurazione del livello <strong>di</strong> attacco clinico (CAL),<br />

delle recessioni gengivali (REC), della profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio (PD), il sanguinamento al sondaggio (BOP) e del<br />

DMFT. Sono state successivamente raccolte informazioni sulla gravidanza attuale e successivamente sull'esito ostetrico<br />

della stessa. In base all’esito del parto in termini <strong>di</strong> peso ed età gestazionale le pazienti <strong>di</strong> questi due gruppi sono state<br />

sud<strong>di</strong>vise nei gruppo Caso (parto avvenuto prima della trentasettesima settimana <strong>di</strong> gestazione e neonati con peso<br />

minore <strong>di</strong> 2500 g) e Controllo (parto avvenuto dopo 37 settimane <strong>di</strong> gestazione e neonati con peso maggiore o uguale a<br />

2500 g). RISULTATI: Si è evidenziato che la percentuale <strong>di</strong> siti sondati minori <strong>di</strong> 4 mm nel Gruppo 1 era del 98%,<br />

mentre quelli maggiori <strong>di</strong> 6 mm era dello 0,17%. Nel Gruppo 2 la percentuale <strong>di</strong> siti sondati minori <strong>di</strong> 4 mm era del<br />

95% e quella <strong>dei</strong> siti maggiori <strong>di</strong> 6 mm era dello 0,12%. Il CAL me<strong>di</strong>o per il Gruppo 2 era <strong>di</strong> 1,90 mm, mentre per il<br />

Gruppo 1 <strong>di</strong> 2,<strong>13</strong> mm. Nel Gruppo 1 risultava maggiore la percentuale <strong>di</strong> siti che mostravano BOP (27,40%) rispetto al<br />

Gruppo 2 (6,50%). L’in<strong>di</strong>ce DMFT me<strong>di</strong>o del Gruppo 1 era <strong>di</strong> 7,58, mentre quello del Gruppo 2 <strong>di</strong> 8,58. Riguardo<br />

l’esito del parto i casi <strong>di</strong> esito avverso riscontrati sono stati tre nel Gruppo 1 e nove nelle gravide del Gruppo 2. Nel<br />

gruppo Caso risultava maggiore la percentuale <strong>di</strong> siti che mostravano sanguinamento al sondaggio (me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 28 siti<br />

sanguinanti), rispetto al gruppo Controllo (15 siti sanguinanti). Nel gruppo Controllo la percentuale <strong>di</strong> siti con<br />

profon<strong>di</strong>tà maggiore <strong>di</strong> 6 mm era dello 0,9% mentre nei Casi era del 43%. Il gruppo Controllo aveva un CAL me<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

1,90 mm; nel gruppo Caso era <strong>di</strong> 2,30 mm. CONCLUSIONI: Sebbene il numero minore <strong>di</strong> esiti avversi sia stato<br />

osservato nel gruppo d’intervento in cui era stato condotto il controllo professionale dell'igine orale, il campione<br />

esaminato è troppo esiguo per consentire conclusioni definitive sull'effetto preventivo nei confronti <strong>di</strong> esiti sfavorevoli<br />

della gravidanza. Nel presente stu<strong>di</strong>o è stato tuttavia rilevato che CAL, PD e BOP erano più elevati nelle donne che<br />

partorivano pretermine rispetto agli in<strong>di</strong>ci delle donne con parto a termine: visite odontoiatriche e sedute d’igiene orale<br />

nelle pazienti gravide potrebbero quin<strong>di</strong> contribuire alla <strong>di</strong>minuzione <strong>dei</strong> casi <strong>di</strong> parto pretermine o a basso peso.<br />

.


PROTOCOLLO D’IGIENE ORALE PROFESSIONALE E DOMICILIARE IN PAZIENTI CON LESIONI<br />

GENGIVALI DA LICHEN PLANUS ORALE.<br />

Carcieri P.*°, Orengia M.°, Conrotto D.°, Calogiuri P.°, Broccoletti R.°<br />

* Università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”.<br />

° Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che e Oncologia Umana,Sezione <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina Orale. Università <strong>di</strong> Torino<br />

OBIETTIVI: La gengiva è una delle se<strong>di</strong> <strong>di</strong> maggiore frequenza delle lesioni da OLP dopo la mucosa geniena e la<br />

lingua. Gli effetti del controllo della placca dentale nei pazienti con lichen gengivale non ha ricevuto grande attenzione<br />

in letteratura nonostante sia nota una stretta relazione tra OLP gengivale e la presenza <strong>di</strong> fattori d’irritazione locale.<br />

Il nostro stu<strong>di</strong>o stabilisce un appropriato protocollo d’igiene orale professionale e domiciliare al fine <strong>di</strong> valutare se la<br />

rimozione della placca e del tartaro possano migliorare il quadro clinico e sintomatologico delle lesioni gengivali da<br />

lichen.<br />

MATERIALI E METODI: 15 pazienti sono stati sottoposti ad un protocollo <strong>di</strong> sedute d’igiene orale professionale e<br />

motivazione all’igiene orale domiciliare della durata <strong>di</strong> un mese.<br />

RISULTATI: alla fine del trattamento d’igiene orale professionale, tutti i pazienti hanno avuto un miglioramento della<br />

sintomatologia (P=0,003); 9 pazienti su 15 hanno mostrato una <strong>di</strong>minuzione <strong>dei</strong> segni clinici (P=0,011) con una netta<br />

riduzione delle lesioni atrofiche-erosive e una riduzione ma senza regressione totale delle lesioni a componente bianca.<br />

Il confronto tra i pazienti parodontopatici e i pazienti non parodontopatici evidenzia il raggiungimento <strong>di</strong> valori<br />

omogenei alla fine del trattamento.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: il controllo <strong>di</strong> fattori d’irritazione locale come la placca e il tartaro attraverso un<br />

protocollo d’igiene orale ha un ruolo fondamentale nella gestione clinica del paziente. La rimozione <strong>dei</strong> fattori<br />

d’irritazione anche se non elimina la causa principale del lichen determina un netto miglioramento sia a livello <strong>dei</strong><br />

sintomi sia a livello <strong>dei</strong> segni clinici.


VERIFICA DI APPLICABILITA’ E AFFIDABILITA’ DI UN PROTOCOLLO DI MONITORAGGIO<br />

CLINICO DELLE CONDIZIONI DEI TESSUTI PERIMPLANTARI MEDIANTE SONDAGGIO.<br />

E.M. Polizzi, R. Iozzo*<br />

Istituto Scientifico Universitario S. Raffaele <strong>di</strong> Milano Dipartimento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Direttore Prof. E.F. Gherlone,<br />

Università Vita Salute San Raffaele Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia<br />

Corso <strong>di</strong> Laurea Igiene Dentale Presidente E.F.Gherlone, rossellaiozzo@libero.it<br />

OBIETTIVI: La terapia implanto–protesica risulta ad oggi essere la terapia d’elezione per le riabilitazioni estetiche<br />

funzionali <strong>dei</strong> pazienti edentuli: sia parzialmente che totalmente edentuli. Da qui la necessità <strong>di</strong> verificare la salute, la<br />

stabilità con parametri clinici che siano affidabili e sensibili a qualsiasi variazione che potrebbe portare all’insuccesso<br />

della terapia. MATERIALI E METODI: Registrare elementi d’osservazione clinica e statistica attraverso un programma<br />

soft-ware della cartella implantare, utili a perfezionare e calibrare i parametri stessi <strong>di</strong> monitoraggio e <strong>di</strong>agnosi utilizzati<br />

nel programma. Gli in<strong>di</strong>ci clinici richiesti sono: IP, BOP, GI, PPD, Suppurazione e Mobilità.<br />

RISULTATI: Il sondaggio peri – implantare risulta essere in<strong>di</strong>spensabile per monitorare nel tempo lo stato <strong>di</strong> salute.<br />

L’importanza <strong>di</strong> applicare un protocollo per monitorare il paziente impianto- supportato ha permesso <strong>di</strong> controllare i<br />

tessuti peri – implantari e le sue mo<strong>di</strong>fiche, <strong>di</strong> motivare il paziente al controllo della placca, e <strong>di</strong> verificarne la<br />

compliance. Il gruppo test, che presentava una profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio compresa tra 4 e 5 mm con tessuti edematosi, ha<br />

risposto positivamente al recall successivo con il miglioramento del livello <strong>di</strong> igiene orale e <strong>dei</strong> tessuti perimplantari.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: L’applicazione del protocollo specifico ha permesso <strong>di</strong> raccogliere dati clinici<br />

sensibili nel gruppo test preso in esame; tuttavia il numero esiguo <strong>di</strong> pazienti e la relativa brevità della sperimentazione<br />

non consentono valutazioni che abbiano un significativo valore statistico.


MANAGEMENT DI UN SERVIZIO DI PREVENZIONE E IGIENE ORALE RIVOLTO AL PAZIENTE<br />

SPECIAL NEEDS<br />

Casula I., Bardellini E., Galiazzo L., Bonfanti L., Marchesini E.<br />

Master <strong>di</strong> I livello in Prevenzione Odontostomatologica - Sapienza Università <strong>di</strong> Roma (Prof.ssa L.Ottolenghi) - Clinica<br />

Odontoiatrica - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />

Presso la Clinica Odontoiatrica dell’Università <strong>di</strong> Brescia da <strong>di</strong>versi anni è stato attivato un servizio <strong>di</strong> prevenzione e<br />

igiene orale rivolta a utenti che presentano particolari fragilità al cavo orale derivanti da patologie delle mucose orali,<br />

patologie sistemiche e/o conseguenti a terapie farmacologiche e/o strumentali. L’obiettivo dell’attività clinicoassistenziale<br />

è <strong>di</strong> mettere a punto e verificare specifici e mirati protocolli <strong>di</strong> intervento <strong>di</strong> igiene orale modulati sui<br />

particolari bisogni del paziente adulto Special Needs. Scopo: valutare i benefici dell’igiene orale in pazienti affetti da<br />

Lichen Planus Orale (LPO) me<strong>di</strong>ante la conduzione <strong>di</strong> uno stu<strong>di</strong>o clinico controllato basato sull’attività clinicoassistenziale.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati selezionati, con randomizzazione semplice, 84 pazienti con <strong>di</strong>agnosi<br />

istopatologica <strong>di</strong> Lichen Planus Orale (LPO) tra i 3016 pazienti afferenti al Reparto <strong>di</strong> Patologia Orale (gennaio 2002 –<br />

settembre 2008). Il campione è stato <strong>di</strong>viso in due gruppi <strong>di</strong> 43 pazienti: il gruppo caso inserito in un programma <strong>di</strong><br />

Prevenzione e Igiene Orale rivolto a pazienti Special Needs e il gruppo controllo non inseriti in un programma <strong>di</strong><br />

prevenzione e igiene orale presso la nostra struttura. La valutazione dell’igiene orale è stata rilevata in prima visita e a<br />

18 mesi, secondo il seguente schema: 0 = assenza <strong>di</strong> placca/tartaro; 1 = placca/tartaro presente a livello del colletto<br />

dentario; 2 = placca/tartaro che ricopre i 2/3 della corona dentaria; 3 = placca/tartaro che ricopre più <strong>dei</strong> 2/3 della corona<br />

dentaria. Risultati: Gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> placca iniziali <strong>dei</strong> due gruppi erano sovrapponibili, con una marcata prevalenza degli<br />

in<strong>di</strong>ci 2 (57% caso, 56% controllo) e 3 (28% caso, 29% controllo). A 18 mesi il gruppo caso presenta in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca 0<br />

nel 54% <strong>dei</strong> casi e in<strong>di</strong>ce 1 nel 46% <strong>dei</strong> casi. Il gruppo <strong>di</strong> controllo, invece, presentava un in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca 2 nel 60% <strong>dei</strong><br />

casi, in<strong>di</strong>ce 1 nel 35% <strong>dei</strong> casi e in<strong>di</strong>ce 0 nel 5% <strong>dei</strong> casi. Discussione e conclusioni: Il confronto tra i due gruppi ha<br />

evidenziato un maggior in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca nei pazienti non inseriti in un programma <strong>di</strong> prevenzione e igiene oro-dentale<br />

specifico. E’ in<strong>di</strong>spensabile attuare protocolli <strong>di</strong> igiene orale mirati rispettosi <strong>dei</strong> tessuti orali, al fine <strong>di</strong> evitare eventuali<br />

sovrainfezioni e recrudescenze. Il continuo monitoraggio delle lesioni da parte dell’igienista dentale e l’eliminazione <strong>di</strong><br />

agenti irritanti, come placca e tartaro, sono elementi fondamentali che contribuiscono al miglioramento della qualità <strong>di</strong><br />

vita <strong>di</strong> questi pazienti e possono permettere una intercettazione precoce <strong>di</strong> eventuali evoluzioni da in<strong>di</strong>rizzare al<br />

patologo orale.


RAPPORTI TRA PATOLOGIE SISTEMICHE E MALATTIE PARODONTALI: VALUTAZIONE DELLA<br />

LETTERATURA E RUOLO DELL’IGIENISTA DENTALE.<br />

Santarelli E., Sobol T., Frattarelli S., Brunori F., Quaranta A.<br />

“Sapienza”, Università <strong>di</strong> Roma. Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Clid C, A.S.L. Latina.<br />

Introduzione ed Obiettivi: La parodontite è un’infezione cronica che causa una risposta infiammatoria. Se non trattata è<br />

la prima causa <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> denti nell’adulto e quin<strong>di</strong> fonte <strong>di</strong> grave han<strong>di</strong>cap e <strong>di</strong> importante deficit funzionale.<br />

Nell’eziopatogenesi della parodontite si attribuisce grande importanza non solo agli stili <strong>di</strong> vita non corretti, come fumo<br />

e cattive abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> igiene orale, ma anche altri fattori, come la suscettibilità in<strong>di</strong>viduale su base genetica e la presenza<br />

<strong>di</strong> patologie sistemiche che possono accentuare gli effetti destruenti specifici. Lo scopo del presente lavoro è una<br />

valutazione della letteratura riguardo i rapporti tra patologie sistemiche e parodontali con particolare attenzione al ruolo<br />

dell’igienista dentale nel management <strong>di</strong> queste con<strong>di</strong>zioni. Materiali e Meto<strong>di</strong>: una revisione della letteratura su<br />

database specifico (Pubmed) e su siti <strong>di</strong> Società scientifiche parodontali è stata effettuata nel periodo tra Settembre e<br />

Dicembre 2008.Risultati: Dati derivanti da stu<strong>di</strong> clinici controllati hanno messo in evidenza un miglioramento<br />

dell’infiammazione sistemica dopo terapia parodontale non chirurgica. Questo suggerisce che la parodontite possa<br />

aumentare il carico infiammatorio sistemico contribuendo alla patogenesi <strong>di</strong> malattie infiammatorie croniche quali, ad<br />

esempio, l’aterosclerosi. Numerosi stu<strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrano che chi soffre <strong>di</strong> parodontite ha valori <strong>di</strong> granulociti neutrofili<br />

circolanti e parametri sistemici (come la proteina C reattiva) elevati rispetto alle persone sane. In particolare,<br />

quest’ultimo parametro è un ottimo pre<strong>di</strong>ttore per lo sviluppo <strong>di</strong> malattie ischemiche, aterosclerosi, infezioni<br />

respiratorie ed imperfetto controllo metabolico del <strong>di</strong>abete. Le malattie parodontali sono associate anche ad un<br />

aumentato rischio <strong>di</strong> nascita <strong>di</strong> bambini prematuri e/o sottopeso. Oggi, infatti, sappiamo che alcuni processi<br />

infiammatori acuti della madre, anche localizzati lontani dal tratto genito-urinario, possono svolgere un ruolo non<br />

secondario nella comparsa <strong>di</strong> alterazioni patologiche della gravidanza. Conclusioni:La figura dell’Igienista all’interno<br />

del team Odontoiatrico assume, nella gestione del paziente affetto da malattie sistemiche, un ruolo <strong>di</strong> fondamentale<br />

importanza. In particolare l’Igienista deve essere a conoscenza <strong>dei</strong> meccanismi biologici <strong>di</strong> correlazione fra molte<br />

patologie sistemiche e il cavo orale, delle interrelazioni fra i meccanismi eziopatogenetici, <strong>dei</strong> risultati crociati che le<br />

terapie possono avere. Il tutto si inserisce all’interno <strong>di</strong> un approccio al paziente non riferito solo alla salute della sua<br />

bocca bensì inteso alla salute dell’intero organismo.


PROPOSTA DI PROTOCOLLO RADIOGRAFICO PER IL MONITORAGGIO DELLE VARIAZIONI<br />

OSSEE PERI-IMPLANTARI<br />

Dr.Merlone A. Dott.ssa Polizzi E.<br />

UNIVERSITA' VITA-SALUTE SAN RAFFAELE<br />

Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale<br />

Presidente Prof. E. Gherlone<br />

Introduzione. Analogamente ai denti naturali anche gli elementi supportati da impianti possono essere oggetto <strong>di</strong><br />

patologie <strong>di</strong> natura infiammatoria.<br />

Uno strumento importante nella valutazione della salute implantare è l’indagine ra<strong>di</strong>ografica, che ci permette <strong>di</strong><br />

visualizzare il livello e le caratteristiche dell’osso marginale. Per una corretta interpretazione e confronto delle<br />

immagini ra<strong>di</strong>ografiche nel tempo è <strong>di</strong> fondamentale importanza che queste vengano rilevate con un metodo che le<br />

renda sovrapponibili e confrontabili.<br />

Scopo. Fine della nostra ricerca, è stato mettere a punto un protocollo <strong>di</strong> monitoraggio ra<strong>di</strong>ografico delle mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

del margine osseo, in rapporto alla superficie implantare.<br />

Ulteriore scopo della nostra ricerca è stato verificarne l’applicabilità clinica da parte dell’igenista in modo rutinario, al<br />

fine <strong>di</strong> rendere più efficace il controllo e monitoraggio nel tempo dello stato <strong>di</strong> salute implantare e peri-implantare.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. Nel Centro <strong>di</strong> Igiene Orale e Prevenzione, del <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> dell’Istituto Scientifico<br />

Universitario <strong>di</strong> Ricerca San Raffaele, Milano, sono stati selezionati 20 pazienti e monitorati per 12 mesi.<br />

I soggetti <strong>di</strong> cui 8 maschi e 12 femmine, <strong>di</strong> età compresa tra i 25 e 70 anni (età me<strong>di</strong>a 48,3), fumatori e non fumatori<br />

sono stati selezionati in modo casuale nel <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>.<br />

Ad ogni paziente è stata consegnata preventivamente una lettera informativa, che chiarisce le finalità ed il modus<br />

operan<strong>di</strong> del protocollo <strong>di</strong> monitoraggio delle protesi implanto-supportate.<br />

Per ottenere la stessa proiezione in tutte le immagini ra<strong>di</strong>ografiche, quin<strong>di</strong> immagini ripetibili e confrontabili, sono state<br />

eliminate le variabili geometriche , presenti durante il rilevamento ra<strong>di</strong>ografico. Pertanto sono stati utilizzati, un<br />

centratore ra<strong>di</strong>ografico <strong>di</strong> Rinn, una <strong>di</strong>ma in<strong>di</strong>viduale in polivinilsilossano ed un protocollo standar<strong>di</strong>zzato <strong>di</strong><br />

acquisizione ra<strong>di</strong>ografica <strong>di</strong>gitale.<br />

Per lo sviluppo e l’archiviazione <strong>dei</strong> rilevamenti ra<strong>di</strong>ografici <strong>di</strong>gitali è stato utilizzato il <strong>di</strong>spositivo “Digora Optime”, un<br />

sistema <strong>di</strong> rilevamento ra<strong>di</strong>ografico interfacciato ad un personal computer tramite un software specifico per la gestione<br />

delle immagini ra<strong>di</strong>ografiche.<br />

Risultati. Ci si è avvalsi <strong>di</strong> un software <strong>di</strong> elaborazione ed archiviazione <strong>dei</strong> dati ra<strong>di</strong>ografici <strong>di</strong>gitali, con il quale sono<br />

state ottenute le misurazioni relative al rimodellamento osseo peri-implantare nel tempo. Il margine <strong>di</strong> errore me<strong>di</strong>o<br />

rilevato da un singolo operatore, ad una singola verifica su un singolo campione, è risultato, su 100 misurazioni, molto<br />

basso.<br />

Conclusioni. In conclusione questo stu<strong>di</strong>o ha <strong>di</strong>mostrato che il monitoraggio ra<strong>di</strong>ografico degli impianti può essere<br />

eseguito con un metodo ripetibile, riproducibile ed affidabile. Questo protocollo può rappresentare un ottimo presi<strong>di</strong>o<br />

per la valutazione nel tempo della salute implantare.


IL MANTENIMENTO DELL’IGIENE ORALE NEL PAZIENTE GERIATRICO<br />

Volpato G, Volpato L, Zuccon A, Ferro R, Favero L, Stellini E<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale<br />

INTRODUZIONE: L’invecchiamento della popolazione ha recentemente rilevato la necessità <strong>di</strong> focalizzarsi sulla salute<br />

globale del paziente anziano. Secondo l’Organizzazione Mon<strong>di</strong>ale della Sanità la salute del cavo orale e delle relative<br />

strutture funzionali, negli anziani, necessita <strong>di</strong> maggiore attenzione poiché le con<strong>di</strong>zioni orali possono indurre gravi<br />

complicazioni ed avere effetti invalidanti.<br />

OBBIETTIVO: Questo lavoro cerca <strong>di</strong> evidenziare, in campo odontoiatrico, le patologie orali <strong>di</strong> più frequente riscontro<br />

nel paziente geriatrico e <strong>di</strong> farne conoscere i fattori <strong>di</strong> rischio specifici affinché si possano attuare programmi <strong>di</strong> terapia<br />

mirati ed efficaci, che rispondano alle reali necessità del paziente.<br />

MATERIALI E METODI: Per la ricerca del materiale, utile alla stesura <strong>di</strong> questo lavoro, ci si è avvalsi del motore <strong>di</strong><br />

ricerca “Pubmed”; inoltre, sono state visionate numerose riviste scientifiche trattanti l’argomento.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI: Nelle persone anziane si riscontrano spesso scarsi livelli <strong>di</strong> igiene orale, infezioni,<br />

xerostomia e <strong>di</strong>sturbi della deglutizione che incidono negativamente sui <strong>di</strong>versi aspetti della qualità della vita, quali<br />

l’alimentazione, il benessere sociale e psicologico. In particolare, gli anziani più fragili, a causa delle limitazioni fisiche<br />

e della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> autonomia, hanno enormi <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> accesso alle cure odontoiatriche e, tale con<strong>di</strong>zione risulta ancora<br />

più infelice per gli anziani che risiedono in case <strong>di</strong> cura. Dunque, si rende necessaria un’assistenza geriatrica che sia in<br />

grado <strong>di</strong> migliorare le con<strong>di</strong>zione orali <strong>di</strong> tali pazienti. Diviene così essenziale la gestione multi<strong>di</strong>sciplinare<br />

dell’anziano, incentrata sulla stretta collaborazione geriatra-odontoiatra ed igienista dentale. E’ fondamentale la<br />

formazione specialistica <strong>di</strong> un team <strong>di</strong> assistenza, al fine <strong>di</strong> realizzare campagne <strong>di</strong> prevenzione volte al miglioramento<br />

delle con<strong>di</strong>zioni del cavo orale. Si rende necessario, inoltre, intervenire me<strong>di</strong>ante progetti <strong>di</strong> assistenza e tipologie <strong>di</strong><br />

intervento alle reali esigenze <strong>di</strong> ogni singolo paziente.


L’OSSIGENOTERAPIA IPERBARICA A CONFRONTO CON L’ANTIBIOTICO TERAPIA SISTEMICA<br />

NELL’APPROCCIO INIZIALE ALLE PARODONTITI AGGRESSIVE.<br />

Pardo A, Campanaro E, Bagnoli G, Corrocher G, Lombardo G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologico-Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica e <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona. alessiapardo@hotmali.it<br />

OBIETTIVI: scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> confrontare da un punto <strong>di</strong> vista clinico e microbiologico me<strong>di</strong>ante<br />

analisi PCR “real-time”, l’efficacia dell’antibioticoterapia sistemica e dell’ossigenoterapia iperbarica in associazione<br />

all’igiene orale professionale sottogengivale nell’approccio iniziale al trattamento delle forme aggressive <strong>di</strong> parodontite.<br />

MATERIALI E METODI: Allo stu<strong>di</strong>o hanno partecipato 21 pazienti selezionati sulla base della presenza <strong>di</strong> un quadro<br />

clinico <strong>di</strong> parodontite aggressiva generalizzata. I pazienti sono stati successivamente sud<strong>di</strong>visi in tre gruppi <strong>di</strong><br />

trattamento: il gruppo test A è stato trattato con terapia meccanica in associazione ad antibiotico terapia sistemica; il<br />

gruppo test B è stato trattato con terapia meccanica in associazione a ossigenoterapia iperbarica; il gruppo controllo è<br />

stato trattato invece con la sola igiene orale. Per ogni paziente è stato selezionato un sito che presentava un PPD≥5 mm<br />

e sanguinamento al sondaggio a carico <strong>di</strong> un dente monora<strong>di</strong>colati, il quale è stato monitorato per un periodo <strong>di</strong> tre mesi<br />

sia per quanto riguarda i parametri clinici che per quanto riguarda i parametri microbiologici. L’analisi microbiologica è<br />

stata effettuata me<strong>di</strong>ante PCR “real time” ricercando le specie batteriche appartenenti al complesso rosso: T.denticola,<br />

P.gingivalis e T.forsythia. RISULTATI: dal punto <strong>di</strong> vista clinico e microbiologico sia il gruppo test A che il gruppo<br />

test B hanno dato risultati statisticamente significativi in termini <strong>di</strong> riduzione dell’infiammazione e <strong>di</strong> riduzione della<br />

carica microbica rispetto al gruppo controllo. Nel gruppo <strong>di</strong> soggetti trattati con ossigenoterapia iperbarica la riduzione<br />

iniziale <strong>di</strong> tali parametri sembrerebbe rimanere costante rispetto al gruppo A in cui si è assistito ad un progressivo<br />

peggioramento nel tempo. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: entrambi i gruppi <strong>di</strong> trattamento sono risultati essere<br />

efficaci nel trattamento delle forme aggressive <strong>di</strong> parodontite rispetto al gruppo controllo. Tuttavia è da sottolineare<br />

come l’ossigeno iperbarico sembrerebbe inibire per un periodo <strong>di</strong> osservazione superiore a quello del presente stu<strong>di</strong>o sia<br />

la ripresa dell’infiammazione che della ricolonizzazione <strong>dei</strong> siti parodontali.


“OVERLAND FOR SMILE”: LA PERCEZIONE DELLA VISITA ODONTOIATRICA ATTRAVERSO I<br />

DISEGNI DEI BA<strong>MB</strong>INI<br />

Gualini S.<br />

Igienista Dentale CLID Università Vita-Salute San Raffaele<br />

Nar<strong>di</strong> G.M. ricercatore Università <strong>di</strong> Roma “Sapienza”<br />

Lo stu<strong>di</strong>o presentato nasce dalla necessità <strong>di</strong> raccogliere in<strong>di</strong>cazioni e suggerimenti per un miglior approccio<br />

odontoiatrico ai bambini in istituto.<br />

L’obiettivo consiste nel valutare l’efficacia del progetto sui pazienti considerati, non solo sotto il profilo della salute<br />

orale ma anche sotto quello psicologico.<br />

Sono stati analizzati i <strong>di</strong>segni post-trattamento, con tema suggerito, eseguiti da un campione <strong>di</strong> 25 bambini, machi e<br />

femmine, tra 5 e 14 anni.<br />

Alcuni <strong>di</strong>segni hanno suffragato l’ipotesi che la visita odontoiatrica induca ansia e stress nel bambino. Altri <strong>di</strong>segni,<br />

tuttavia, hanno rivelato un atteggiamento positivo e rilassato nei confronti della visita e dell’operatore.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o, prettamente improntato su una valutazione psicologica, può, in ambito pluri<strong>di</strong>sciplinare, fornire utili<br />

in<strong>di</strong>cazioni e suggerimenti agli operatori odontoiatrici per affrontare gli interventi su questa tipologia <strong>di</strong> pazienti.<br />

I risultati positivi dello stu<strong>di</strong>o hanno inoltre indotto a programmare un ulteriore sviluppo del progetto per un prossimo<br />

futuro, con l’utilizzo <strong>di</strong> altri strumenti <strong>di</strong> indagine, oltre al <strong>di</strong>segno, che permettano <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re questo tema.


MEDICINA PARODONTALE ED IL RUOLO DELL’IGIENISTA DENTALE<br />

Chelariu C, Di Caterino* D, Calvani M, Salucci S, Solidani M<br />

SAPIENZA Università <strong>di</strong> Roma .CLID C <strong>Odontoiatria</strong> Preventiva e <strong>di</strong> Comunità (Prof.Livia Ottololenghi)<br />

INTRODUZIONE Numerosi stu<strong>di</strong> associativi e nessi casuali ancora in corso suggeriscono come la parodontite severa<br />

possa aggravare <strong>di</strong>verse patologie sistemiche come malattie respiratorie, <strong>di</strong>abete mellito, patologie<br />

cerebro/car<strong>di</strong>ovascolari, parti prematuri e osteoporosi. I modelli proposti per l’associazione sono: suscettibilità comune<br />

alle patologie (genotipo), infiammazione sistemica con conseguente aumento <strong>di</strong> citochine proinfiammatorie e me<strong>di</strong>atori<br />

circolanti, infezione <strong>di</strong>retta, cross reattività o mimica molecolare tra antigeni batterici e autoantigeni. L’ampia<br />

prevalenza delle malattie parodontali <strong>di</strong> grado severo impone un rigoroso atteggiamento preventivo da parte <strong>di</strong> tutti gli<br />

operatori sanitari, nella consapevolezza che il mantenimento o il ripristino della salute orale ha notevoli ed ampie<br />

ripercussioni sullo stato <strong>di</strong> benessere psico-fisico-sociale dell’in<strong>di</strong>viduo. Allo scopo <strong>di</strong> mantenere un buon controllo<br />

della malattia parodontale, possibile fattore <strong>di</strong> rischio infiammatorio cronico per l’aterosclerosi (OR=1.40-2.27), è stato<br />

effettuato un protocollo <strong>di</strong> prevenzione in pazienti con pregresso infarto del miocar<strong>di</strong>o. MATERIALI E METODI Sono<br />

stati selezionati, fra gli utenti della ASL <strong>di</strong> Latina, 20 pazienti maschi con pregresso infarto del miocar<strong>di</strong>o antecedente<br />

ai 12 mesi e senza con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> rischio per endocar<strong>di</strong>te, affetti da malattia parodontale <strong>di</strong> grado severo, I pazienti sono<br />

stati sottoposti ad un protocollo <strong>di</strong> Full Mouth Disinfection. Sono stati valutati gli in<strong>di</strong>ci clinici <strong>di</strong> Igiene Orale, <strong>di</strong><br />

sanguinamento al sondaggio e profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> sondaggio prima e dopo il protocollo FMD. RISULTATI I risultati hanno<br />

<strong>di</strong>mostrato una buona compliance e miglioramento <strong>di</strong> tutti gli in<strong>di</strong>ci rilevati e, poiché cattiva igiene orale ed infezioni<br />

parodontali possono provocare batteriemia anche in assenza <strong>di</strong> trattamenti odontoiatrici, gli in<strong>di</strong>vidui a rischio per<br />

l’infarto del miocar<strong>di</strong>o sono stati motivati a mantenere un’ottima igiene orale per ridurre la concentrazione <strong>di</strong> germi nel<br />

cavo orale. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI nL’ipotesi che una buona salute parodontale abbia un ruolo<br />

determinante nella riduzione del rischio <strong>di</strong> incorrere in problematiche car<strong>di</strong>ovascolari, è stata usata come importante<br />

motivazione aggiuntiva portando i pazienti alla consapevolezza che il cavo orale non è separato dal resto<br />

dell’organismo. Un compito determinante dell’igienista dentale sarà quello <strong>di</strong> garantire controlli mirati a rilevare<br />

l’insorgenza <strong>di</strong> malattie a carico del parodonto nel modo più precoce possibile, concentrarsi sulla necessità <strong>di</strong> ridurre la<br />

carica batterica, e conseguentemente delle endotossine e citochine e quin<strong>di</strong>, del rischio <strong>di</strong> batteriemia.


STUDIO DI PREVENZIONE ED EPIDEMIOLOGICO DI COMUNITÀ: “PROGETTO ODONTODAY”<br />

Satta N. Proietti S. Piras A. Pani S. Denotti G.<br />

U.O.C. Odontostomatologia Azienda Ospedaliera Universitaria <strong>di</strong> Cagliari Dir.Prof. V. Piras Cattedra <strong>di</strong> Pedodonzia<br />

Tit. Prof.ssa G.Denotti<br />

L’odontoiatria moderna, come tutta la me<strong>di</strong>cina, si fonda sull’assioma che “prevenire sia meglio che curare”. Per<br />

prevenire le più importanti malattie del cavo orale è importante conoscere le cause che le determinano, dopo<strong>di</strong>chè si<br />

deve agire con decisione nel controllarle. L’Odontoday o “ Giorno della Prevenzione dentale per la Classe singola” è un<br />

progetto pluriennale <strong>di</strong> prevenzione odontoiatrica che, in accordo con il Comune <strong>di</strong> Cagliari, coinvolgerà più <strong>di</strong> 12.000<br />

studenti delle scuole elementari e me<strong>di</strong>e della città. Il progetto sarà realizzato presso la UO <strong>di</strong> Odontostomatologia dell’<br />

Azienda Ospedaliera Universitaria <strong>di</strong> Cagliari dove ogni giorno saranno accolti e visitati circa 50 bambini<br />

l’equivalente <strong>di</strong> due classi. Il gruppo verrà sud<strong>di</strong>viso in tre gruppi più piccoli <strong>di</strong> circa 15 bambini ciascuno,che, saranno<br />

contrad<strong>di</strong>stinti secondo un co<strong>di</strong>ce colore (verde giallo e rosso) Ognuno <strong>di</strong> questi piccoli pazienti seguirà un percorso<br />

accu<strong>di</strong>to da odontoiatri e igienisti , sarà visitato seguirà una lezione animata che tratterà dell’importanza dell’igiene<br />

orale e <strong>dei</strong> meto<strong>di</strong> per mantenerla vedrà un filmato sulla storia e sulle specificità dell’odontoiatria. La prima visita sarà<br />

eseguita da un odontoiatra coa<strong>di</strong>uvato da uno studente del corso <strong>di</strong> laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentaria e da uno<br />

studente del corso <strong>di</strong> laurea in Igiene Dentale. Il percorso che nella visita vede impegnati anche posturologo, otorino,<br />

dermatologo, optometrista e logope<strong>di</strong>sta si concluderà con un test d’appren<strong>di</strong>mento. Gli esiti della prima visita saranno<br />

opportunamente comunicati, a cura <strong>di</strong> un equipe specializzata, ai genitori <strong>di</strong> ogni partecipante che informati via lettera<br />

attraverso la Scuola, ne avranno fatto richiesta . Il colloquio con la famiglia prevede la spiegazione della cartella<br />

compilata e consigli per il migliore approccio specialistico per la prevenzione o la cura delle patologie riscontrate.<br />

Collegati alla manifestazione , aventi lo scopo <strong>di</strong> coinvolgere la classe docente e da tenersi prima della visita saranno<br />

anche organizzati presso le Scuole <strong>dei</strong> corsi <strong>di</strong> primo soccorso traumatologia e consigli me<strong>di</strong>co legali odontoiatrici.<br />

Questi corsi, per i quali il Provve<strong>di</strong>tore agli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari ha <strong>di</strong>sposto l’accre<strong>di</strong>tamento come percorso <strong>di</strong><br />

formazione e aggiornamento, sono rivolti ai maestri e ai professori delle Scuole citta<strong>di</strong>ne e comunque aperti anche ai<br />

genitori che chiederanno <strong>di</strong> frequentarli. Lo scopo <strong>di</strong> queste giornate sarà <strong>di</strong> visitare e prendere dati sulla popolazione<br />

pe<strong>di</strong>atrica sensibilizzare le famiglie riguardo l’importanza <strong>di</strong> eseguire frequenti controlli odontoiatrici al fine <strong>di</strong><br />

prevenire le patologie orali. Inoltre si otterranno significativi dati riguardanti il mantenimento della salute orale tra i<br />

giovanissimi dell’ area urbana <strong>di</strong> una città <strong>di</strong> me<strong>di</strong>e <strong>di</strong>mensioni quale Cagliari. Tale conoscenza epidemiologica inoltre<br />

permetterà <strong>di</strong> preparare in modo efficace gli operatori del settore al fine <strong>di</strong> poter ridurre l’incidenza delle patologie orali<br />

tra i pazienti pe<strong>di</strong>atrici


SALUTE ORALE E COMPLIANCE IN ONCOEMATOLOGIA PEDIATRICA<br />

Liverani E.; Toschi C.; Giordano G.; Giona F.; Ottolenghi L.<br />

Master <strong>di</strong> I livello in Prevenzione Odontostomatologica, Università Sapienza, Roma<br />

OBIETTIVI:Obiettivo primario del progetto è il miglioramento della qualità <strong>di</strong> vita del paziente oncoematologico<br />

prevenendo e contrastando l’insorgenza della mucosite orale e favorendo il mantenimento <strong>di</strong> un buono stato <strong>di</strong> salute<br />

orale tramite istruzioni <strong>di</strong> igiene orale domiciliare affrontando adeguatamente le problematiche legate ad un particolare<br />

stato sistemico del paziente. Lo stu<strong>di</strong>o è stato però inficiato per lo scarso grado <strong>di</strong> compliance <strong>dei</strong> pazienti<br />

oncoematologici fuori terapia verso i check up perio<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> salute orale. Si analizzano pertanto i fattori che possono<br />

determinare una ottimizzazzione <strong>dei</strong> risultati. MATERIALI E METODI: Il gruppo oggetto dello stu<strong>di</strong>o è composto da<br />

pazienti del Reparto <strong>di</strong> Oncoematologia Pe<strong>di</strong>atrica dell'Azienda Policlinico Umberto I <strong>di</strong> Roma che erano stati già<br />

coinvolti in un programma <strong>di</strong> Salute Orale 12 mesi prima. La scelta del campione è stata limitata ai soggetti affetti da<br />

Linfoma <strong>di</strong> Hodgkin (LH).La durata delle visite era <strong>di</strong> circa 30 minuti, periodo nel quale, oltre ad un controllo dello<br />

stato del cavo orale tramite compilazione della scheda EGOHID (European Global Oral Health In<strong>di</strong>cators), i pazienti<br />

e/o genitori compilavano un questionario. RISULTATI: L’iniziale stu<strong>di</strong>o riportava come la quasi totalità <strong>dei</strong> soggetti<br />

presi in esame mostravano una buona collaborazione e compliance verso il progetto. Data tale collaborazione si<br />

supponeva che l’affluenza agli eventuali successivi controlli odontoiatrici sarebbe stata maggiore. I soggetti<br />

sembravano essere entusiasti <strong>di</strong> aver ricevuto, nuovamente e gratuitamente, l’attenzione <strong>di</strong> un operatore esterno. Questo<br />

non si è <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> sufficiente impatto motivazionale per i singoli in<strong>di</strong>vidui, con una conseguente scarsa affluenza ad<br />

un check up con l’igienista dentale. Tra i 14 pazienti affetti da LH in<strong>di</strong>viduati per lo stu<strong>di</strong>o, 1 (7%) non era<br />

rintracciabile; 7 (50%) hanno rifiutato la visita; 4 (29%) hanno preso appuntamento ma non si sono presentati alla<br />

visita; solo 2 (14%) sono stati visitati (1 maschio e una femmina entrambi <strong>di</strong> 18 anni). DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: La scarsa partecipazione <strong>dei</strong> pazienti nella nostra ricerca potrebbe essere interpretato con una carenza<br />

metodologica del protocollo.Il risultato significativo è stato propriamente l'alta percentuale <strong>di</strong> non adesione ai controlli,<br />

che <strong>di</strong>mostra la necessità <strong>di</strong> insistere maggiormente sull’aspetto <strong>di</strong> prevenzione orale. Lo scambio d’informazioni con il<br />

personale <strong>di</strong> reparto (me<strong>di</strong>ci e infermieri) ha inoltre dato conferma che questo atteggiamento <strong>di</strong> poca compliance nel<br />

mantenere gli appuntamenti <strong>di</strong> controllo nel tempo sia generale, anche per i follow-up oncologici. Nonostante la prima<br />

fase <strong>di</strong> questo progetto avesse riscontrato una buona partecipazione, la nostra osservazione <strong>di</strong>mostra come, senza una<br />

costante e perio<strong>di</strong>ca motivazione <strong>dei</strong> pazienti, la loro attenzione e compliance va scemando nel tempo. Da ciò deriva il<br />

suggerimento <strong>di</strong> un inserimento permanente della figura professionale dell' igienista dentale nel reparto <strong>di</strong> ematologia<br />

pe<strong>di</strong>atrica


L’AUSILIO MULTIMEDIALE NELLA MOTIVAZIONE E ISTRUZIONE DEL PAZIENTE IN ETÀ<br />

EVOLUTIVA<br />

Russo A, Sibille A, Bonfanti L, Marchesini E, Casula I<br />

Clinica Odontoiatrica - Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Brescia<br />

La promozione della salute rappresenta il punto fondamentale della strategia preventiva primaria. Iniziando sin<br />

dall’infanzia, è possibile intervenire su una popolazione sana, inducendo comportamenti preventivi corretti. Ciò si<br />

ottiene istruendo e motivando opportunamente il paziente sin dai primi anni <strong>di</strong> vita, età in cui ha un’insita voglia <strong>di</strong><br />

capire e conoscere: sfruttando questa caratteristica è possibile renderlo attivamente partecipe all’appren<strong>di</strong>mento. La<br />

comunicazione è senza dubbio più imme<strong>di</strong>ata se effettuata sfruttando un linguaggio prevalentemente non verbale, ricco<br />

<strong>di</strong> gioco e grafismi: per il piccolo, il <strong>di</strong>segno è la forma <strong>di</strong> rappresentazione della realtà più significativa. Scopo:<br />

contribuire all’educazione in campo oro-dentale e rilevare l’efficacia <strong>di</strong> un ausilio multime<strong>di</strong>ale nel rafforzare i concetti<br />

trasmessi durante gli incontri <strong>di</strong> motivazione ed istruzione all’igiene orale ed alimentare, effettuati con bambini <strong>di</strong> età<br />

scolare. Materiali e meto<strong>di</strong>: sono stati realizzati 12 interventi <strong>di</strong> motivazione ed istruzione in scuole elementari,<br />

coinvolgendo 224 bambini <strong>di</strong> età compresa tra i 5 ed i 7 anni. In ciascuno degli interventi è stato presentato un elaborato<br />

multime<strong>di</strong>ale, <strong>di</strong>scusso successivamente con i bambini. L’efficacia dell’incontro è stata valutata me<strong>di</strong>ante l’uso <strong>di</strong> un<br />

semplice questionario (presentato prima e dopo l’intervento) e da un <strong>di</strong>segno sull’attività svolta. Il supporto<br />

multime<strong>di</strong>ale è una storia realizzata sotto forma <strong>di</strong> fumetto, dalle immagini semplici e dai colori vivaci, commentata<br />

dalla voce <strong>di</strong> un bambino vero. Il protagonista è Ciccio, un bambino <strong>di</strong> 6 anni che, raccontandosi, educa ad una corretta<br />

igiene orale ed alimentare, sviluppando i seguenti punti: dentature decidua, permanente, anatomia del dente, i batteri, i<br />

prodotti del loro metabolismo e la loro azione aggressiva in presenza <strong>di</strong> zuccheri, carie, cibi cariogeni e non, frequenza<br />

<strong>di</strong> assunzione <strong>di</strong> zuccheri, importanza <strong>di</strong> una corretta igiene orale, frequenza e modalità <strong>di</strong> spazzolamento, quantità e<br />

tipo <strong>di</strong> dentifricio, importanza <strong>di</strong> uno spazzolino in buone con<strong>di</strong>zioni e <strong>dei</strong> controlli perio<strong>di</strong>ci. La durata della<br />

presentazione (circa 5 min.) ha considerato la capacità <strong>di</strong> attenzione del campione in base all’età. La presentazione ha<br />

anche stimolato i bambini a leggere. Risultati: nel questionario effettuato prima dell’intervento il 74,25% <strong>dei</strong> bambini<br />

ha risposto correttamente. Dopo l’intervento, si è verificato un incremento <strong>di</strong> risposte corrette pari all’84%. I <strong>di</strong>segni<br />

pervenuti sono stati realizzati con cura e manifestano un grado <strong>di</strong> comprensione elevato. Discussione e conclusioni: i<br />

risultati in<strong>di</strong>cano che l’incontro è stato proficuo. La partecipazione è stata attiva ed entusiasta e il personale scolastico si<br />

è <strong>di</strong>mostrato sod<strong>di</strong>sfatto. La cura con cui sono stati elaborati alcuni <strong>di</strong>segni realizzati dai bambini manifesta la voglia <strong>di</strong><br />

sod<strong>di</strong>sfare la persona che l’ha richiesto: il rapporto instaurato è stato positivo e piacevole ed il grado <strong>di</strong> comprensione<br />

<strong>dei</strong> bambini è stato elevato. L’auspicio è quello <strong>di</strong> accrescere il numero <strong>di</strong> interventi <strong>di</strong> questo genere, coinvolgendo<br />

anche i genitori.


PROGETTO DI SALUTE ORO-DENTALE “NONNI-NIPOTI”. IL RUOLO DELL’ODONTOIATRA.<br />

Ricci M*., Ricci A., Solidani M., Salucci S., Brugnoletti O.<br />

SAPIENZA Università <strong>di</strong> Roma Master <strong>di</strong> I Livello in Prevenzione Odontostomatologica (Direttore Prof. L Ottolenghi),<br />

Lions Club Ciampino (RM)<br />

OBIETTIVI: Attraverso il <strong>di</strong>alogo intergenerazionale attivare l’informazione e la formazione <strong>di</strong> una corretta gestione<br />

con<strong>di</strong>visa e compartecipata della propria salute oro-dentale grazie all’intervento <strong>di</strong> un’equipe formata da più figure<br />

professionali quali Odontoiatri, Igienisti Dentali, Dietisti, Assistenti Sanitari, Ingegneri Informatici. Il progetto è<br />

in<strong>di</strong>rizzato sia agli studenti delle scuole elementari e me<strong>di</strong>e sia ai soggetti in terza età. MATERIALI E METODI: I<br />

bambini e gli anziani coinvolti frequentavano scuole e centri sociali anziani del comune <strong>di</strong> Ciampino (Roma). Il<br />

progetto si è svolto in quattro tappe. Le prime due <strong>di</strong> informazione-formazione nelle scuole per i “nipoti” e nei centri<br />

anziani per i “nonni”. Un terzo incontro mette a confronto le due fasce d’età sui <strong>di</strong>versi temi della Salute Orale e della<br />

Salute Generale, toccando anche l’argomento dell’alimentazione come confronto fra i piatti tra<strong>di</strong>zionali e quelli attuali.<br />

La quarta ed ultima tappa è il momento della Festa, durante il quale gli studenti coinvolti, accompagnati dai loro docenti<br />

e dai tutor, svolgono la funzione <strong>di</strong> accoglienza e guidano gli ospiti in una sala appositamente pre<strong>di</strong>sposta all’interno<br />

della scuola. In un percorso attrezzato con tavoli con i piatti tra<strong>di</strong>zionali che si alternano con altri <strong>di</strong> informazione, i<br />

tutor e gli studenti tirocinanti, assistenti sanitari, infermieri, igienisti dentali, <strong>di</strong>etisti e odontoiatri illustrano il loro ruolo<br />

professionale, rinforzano i messaggi socio-sanitari delle lezioni precedenti, facendo vedere nella pratica il proprio ruolo<br />

e funzione nell’ambito delle attività socio-sanitarie. Ruolo dell’odontoiatra è stato quello <strong>di</strong> spiegare attraverso sussi<strong>di</strong><br />

informatici e <strong>di</strong>dattici tra<strong>di</strong>zionali le patologie e le relative cure del cavo orale, mettendo a confronto il modo <strong>di</strong><br />

affrontare la salute orale nelle <strong>di</strong>verse epoche e quin<strong>di</strong> nelle <strong>di</strong>verse generazioni. RISULTATI: Hanno partecipato<br />

cinque classi elementari per un totale <strong>di</strong> 112 soggetti, quattro classi <strong>di</strong> scuola me<strong>di</strong>a per un totale <strong>di</strong> 93 ragazzi e quattro<br />

centri anziani con 200 “nonni”. Il progetto ha trovato riscontro positivo tra la popolazione <strong>di</strong> varie fasce d’età come<br />

risposta non sanitarizzata. Positivo è stato anche il risultato del lavoro in equipe dove i ruoli ben <strong>di</strong>stinti <strong>di</strong> ogni figura<br />

professionale si sono integrati nel progetto. Importante è stata la sinergia dell’odontoiatra e dell’igienista dentale, che<br />

pur avendo una base comune, hanno un ruolo specifico ben delineato e separato. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: Si<br />

prevede l’espansione del progetto ad altri Comuni e Regioni con mo<strong>di</strong>fiche <strong>di</strong> organizzazione e <strong>di</strong> intervento,<br />

rispondendo alle criticità emergenti. Fondamentale per gestire questa previsione è formare gruppi <strong>di</strong> operatori al lavoro<br />

in equipe al fine <strong>di</strong> ottimizzare il progetto.


RUOLO E FUNZIONE DELL’IGIENISTA DENTALE IN UN PROGETTO DI PROMOZIONE DELLA<br />

SALUTE ORALE IN A<strong>MB</strong>ITO SCOLASTICO.<br />

Rocchi M.A.*, Mazza C.°, Ottolenghi L.*<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche Master <strong>di</strong> I livello Prevenzione Odontostomatologica - Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “La Sapienza”<br />

°Dipartimento <strong>di</strong> Discipline Odontostomatologiche, Ortodontiche e Chirurgiche - Seconda Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Napoli<br />

OBIETTIVI: L’Igienista dentale promuove comportamenti <strong>di</strong> igiene orale e alimentari adeguati per la prevenzione della<br />

carie e della gengivite. L’obiettivo del progetto è quello <strong>di</strong> fornire una conoscenza relativa alla gestione della salute del<br />

cavo orale, fornendo informazioni sull’igiene orale e alimentare, con l’utilizzo <strong>di</strong> materiale informativo, au<strong>di</strong>tivo e<br />

cartaceo, realizzando una mo<strong>di</strong>ficazione delle abitu<strong>di</strong>ni in<strong>di</strong>viduali attraverso l’istruzione all’igiene orale e abituando i<br />

bambini alle varie figure professionali, tra cui quella dell’igienista dentale come <strong>di</strong>retto interlocutore nel controllo<br />

dell’igiene orale, al fine <strong>di</strong> ridurre l’incidenza <strong>di</strong> carie e gengivite. MATERIALI E METODI: Sono in<strong>di</strong>viduate le varie<br />

fasi: scegliere la zona dove produrre l’intervento formativo, in<strong>di</strong>viduare il ceto sociale a cui il messaggio deve essere<br />

rivolto per trovare il linguaggio da utilizzare negli incontri, stabilire un contatto con il personale docente della scuola<br />

che preparerà la scolaresca all’incontro, presentando i temi che verranno trattati. Durante il primo incontro i bambini<br />

possono essere sottoposti ad un primo test conoscitivo per capire le loro conoscenze ed abitu<strong>di</strong>ni. Questo prevede una<br />

selezione della scolaresca o la necessità <strong>di</strong> intervenire su piccoli gruppi per evitare la <strong>di</strong>spersione del messaggio.<br />

L’utilizzo <strong>di</strong> au<strong>di</strong>ovisivi permette l’invio <strong>di</strong> un messaggio tarato per l’età <strong>dei</strong> bambini che si devono motivare. La<br />

motivazione può essere ulteriormente approfon<strong>di</strong>ta con l’utilizzo <strong>di</strong> materiale specifico: modelli <strong>di</strong> bocche giganti,<br />

spazzolini giganti, filo interdentale, paste dentifrice. Risulterà importante in<strong>di</strong>carne forma e funzione. In questa fase<br />

l’osservazione <strong>di</strong>retta degli alunni riguardo alla propria igiene orale rileverà eventuali situazioni che necessitano <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficazioni. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: In virtù <strong>di</strong> quanto stabilito dalle ultime Linee Guida, sicuramente è<br />

necessario da parte dell’Igienista dentale, <strong>di</strong>vulgare il messaggio <strong>di</strong>dattico ed estendere il Progetto oltre che alle scuole<br />

elementari, anche alle scuole me<strong>di</strong>e; sarebbe auspicabile rendere possibile a tutti i bambini che parteciperanno al<br />

progetto <strong>di</strong> fruire della I visita; organizzare visite guidate da operatori sanitari, con pulmini scolastici, agli ambulatori<br />

odontoiatrici <strong>dei</strong> vari <strong>di</strong>stretti delle relative città; coinvolgere nel progetto altri professionisti: Odontoiatri, Pe<strong>di</strong>atri,<br />

Igienisti dentali, Infermieri, Dietisti, Psicologi e Logope<strong>di</strong>sti, i quali potrebbero fornire lezioni <strong>di</strong> rinforzo <strong>di</strong>dattico a<br />

bambini e genitori; realizzare la formazione <strong>di</strong> Insegnanti.


QUALITA’ DI VITA E SALUTE ORALE. OHIP – 49 E OHIP – 14 IN DUE FASCE DI ETA’ IN SARDEGNA<br />

Sale S, Sacco G, Campus G . , Lugliè PF<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassari.da.sale@tiscali.it<br />

OBIETTIVi: in questo stu<strong>di</strong>o si è valutata l’ affidabilità <strong>di</strong> due in<strong>di</strong>ci: OHIP-14 e OHIP- 49, per descrivere quanto le<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute del cavo orale possano incidere sulla qualità <strong>di</strong> vita della popolazione del Nord – Sardegna. I<br />

gruppi, oggetto dello stu<strong>di</strong>o comprendono quello in età scolare tra i 6 – 7 anni e quello adulto.<br />

MATERIALI E METODI: Per questo progetto, sono state selezionate la popolazione adulta e la popolazione in età<br />

scolare. Lo stu<strong>di</strong>o si è svolto dal mese <strong>di</strong> ottobre 2007 al mese <strong>di</strong> marzo 2008. A tutti i pazienti è stato consegnato un<br />

opuscolo che spiegava gli obiettivi del progetto e ne chiedeva la loro partecipazione. Nei mesi, presi in considerazione,<br />

sono state effettuate 384 visite per la popolazione adulta, la percentuale <strong>di</strong> soggetti che ha accettato l’indagine è stata<br />

del 53,8%. Altra popolazione oggetto del nostro stu<strong>di</strong>o sono stati i bambini in età compresa trai sei e i sette anni della<br />

città <strong>di</strong> Sassari. Con un campionamento a random sistematico sono stati raccolti 99 questionari. Sono stati utilizzati<br />

OHIP -14 e OHIP – 49. E’ stata calcolata la sommatoria <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi items non pesati, OHIP – 14 e OHIP – 49 ,<br />

sommando i punteggi delle risposte <strong>dei</strong> 14 e <strong>dei</strong> 49 items; mentre i punteggi ponderati dell’ OHIP sono stati calcolati<br />

sommando delle risposte alle voci corrispondenti <strong>dei</strong> vari sottogruppi. La coerenza interna è stata valutata utilizzando<br />

l’α <strong>di</strong> Cronbach, per ciascuno <strong>dei</strong> settori della salute. Invece per valutare il test <strong>di</strong> affidabilità intraclasse è stato<br />

calcolato il coefficiente <strong>di</strong> correlazione sulla base delle ripetute somministrazioni del questionario al 25% del campione,<br />

dopo 60 giorni. RISULTATI: il 16% <strong>dei</strong> bambini, ha presentato un OHIP – 14 alto, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> un livello me<strong>di</strong>o – basso <strong>di</strong><br />

qualità <strong>di</strong> vita. Il restante 84% invece, ha riportato un punteggio basso, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> un livello <strong>di</strong> qualità <strong>di</strong> vita alto. E’<br />

risultato, inoltre, tra la popolazione adulta, si è riscontrata maggiore sensibilità da parte delle donne rispetto agli uomini<br />

riguardo i problemi legati alla salute orale. Inoltre, tale punteggio ha valori più elevati nei soggetti <strong>di</strong> età avanzata, ciò<br />

infatti riflette una qualità <strong>di</strong> vita bassa nelle persone più anziane.. I fattori con<strong>di</strong>zionanti, dunque, sono legati<br />

prevalentemente al sesso e all’età. CONCLUSIONI: Il presente stu<strong>di</strong>o ha <strong>di</strong>mostrato che lo stato <strong>di</strong> salute del cavo orale<br />

ha un notevole impatto per la maggior parte degli intervistati, ma solo una minima parte riferisce una qualità <strong>di</strong> vita<br />

bassa che si associa spesso all’ avanzare dell’ età.


CONDIZIONI DI SALUTE ORALE DELLA POPOLAZIONE INFANTILE NELLA PROVINCIA<br />

DELL’OUDALAN IN BURKINA FASO: INDAGINE PRELIMINARE.<br />

Mazza C.*, Strohmenger L. § , Campus G.°, Benedetti G.^, Caruso F.*<br />

*Dipartimento <strong>di</strong> Discipline Odontostomatologiche, Ortodontiche e Chirurgiche della Seconda Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Napoli<br />

§ Centro <strong>di</strong> Collaborazione OMS per l’Epidemiologia e l’<strong>Odontoiatria</strong> <strong>di</strong> Comunità <strong>di</strong> Milano<br />

°Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica Università <strong>di</strong> Sassari; Centro <strong>di</strong> Collaborazione OMS per l’Epidemiologia e<br />

l’<strong>Odontoiatria</strong> <strong>di</strong> Comunità <strong>di</strong> Milano<br />

^Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassari; Gruppo Italiano per l’Accesso alle Cure Orali (GIACO), Roma<br />

OBIETTIVI: Il presente lavoro descrive la prima missione esplorativa e lo stu<strong>di</strong>o pilota sulle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute orale<br />

in età evolutiva effettuati nel 2008 nella provincia dell’Oudalan situata nel territorio del Sahel in Burkina Faso.<br />

Premessa del lavoro è stato l’esame delle con<strong>di</strong>zioni sociali, politiche ed economiche del territorio nazionale e locale.<br />

Questo ha permesso <strong>di</strong> instaurare i necessari legami con la popolazione e le autorità locali al fine <strong>di</strong> svolgere l’indagine<br />

epidemiologica.<br />

MATERIALI E METODI: Il campione oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o è stato formato da 692 bambini appartenenti alle fasce <strong>di</strong> età<br />

5/6 anni e 12 anni.<br />

I soggetti, maschi e femmine, scolarizzati e non, sono stati intervistati e visitati nei villaggi del comune <strong>di</strong> Gorom<br />

Gorom, nella provincia dell’Oudalan. Il team è stato composto da una igienista dentale e da un interprete locale con<br />

funzione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>atore culturale. L’interprete locale ha assistito l’operatore nella compilazione della cartella clinicoanamnestica.<br />

Sulla base delle <strong>di</strong>rettive OMS circa la raccolta <strong>di</strong> dati epidemiologici <strong>di</strong> salute dento-parodontale sono<br />

state raccolte informazioni personali <strong>dei</strong> soggetti, le loro abitu<strong>di</strong>ni e pratiche <strong>di</strong> igiene orale, quelle alimentari, le<br />

con<strong>di</strong>zioni igieniche delle mani, l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> fluorosi, l’in<strong>di</strong>ce parodontale <strong>di</strong> comunità e l’in<strong>di</strong>ce dmft/DMFT.<br />

RISULTATI: I risultati, ancora in fase <strong>di</strong> analisi, sembrano in<strong>di</strong>care la chiara necessità <strong>di</strong> strutturare un intervento <strong>di</strong><br />

prevenzione odontoiatrica primaria e secondaria.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Tale intervento potrà effettuarsi grazie all’invio <strong>di</strong> una equipe col duplice compito<br />

<strong>di</strong> intervenire sulla popolazione e formare personale locale in modo da assicurare sostenibilità futura all’intervento.


VALUTAZIONE DI DUE TECNICHE DI SBIANCAMENTO IN PAZIENTI TRATTATI<br />

ORTODONTICAMENTE CON METODICA SPETTROFOTOMETRICA.<br />

Colombo C, Maddalone M ,Bassani E, Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Neuroscienze e Tecnologie Biome<strong>di</strong>che, Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e<br />

Chirurgia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca.<br />

OBIETTIVI: I canoni estetici sono fortemente influenzati dalla società moderna. Il colore <strong>dei</strong> denti, nel corso della vita,<br />

tende a ingiallire, sia per un consumo fisiologico dello smalto sia per una deposizione <strong>di</strong> pigmenti che, con il normale<br />

spazzolamento, non si riescono a rimuovere. I pigmenti che si formano possono essere <strong>di</strong> due tipi: estrinseci ed<br />

intrinseci. Lo scopo dello stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> comparare due meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> sbiancamento ritenute tra le più attuali in<br />

odontoiatria ,su pazienti che erano stati sottoposti a terapia ortodontica ,con l’obiettivo <strong>di</strong> stabilirne l’efficacia.<br />

MATERIALI E METODI: Nel periodo compreso tra giugno 2007 e luglio 2008, presso la clinica dell’Università degli<br />

Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca, sono stati selezionati, con precisi criteri <strong>di</strong> inclusione, 30 pazienti. I pazienti sono stati<br />

casualmente sud<strong>di</strong>visi in due gruppi da 15. Nel primo gruppo è stato utilizzato il prodotto Yotuel Splecial Kit che<br />

prevede due applicazioni da 20 minuti ciascuna, nel secondo gruppo è stato utilizzato il prodotto Beyond Whitening<br />

System che prevede tre applicazioni da 8 minuti ciascuna durante le quali il perossido viene irra<strong>di</strong>ato da un’apposita<br />

fonte luminosa al plasma. Le rilevazioni colorimetriche per sviluppare lo stu<strong>di</strong>o comparativo sono state effettuate con<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> Spectroshade, una unità spettrofotometrica gestita da un apposito programma in ambiente Windows; in tal<br />

modo non si sono presentati problemi legati a variabili instabili quali la visione soggettiva <strong>dei</strong> colori e l’influenza della<br />

luce ambientale. I risultati sono stati quantificati secondo il sistema CIE Lab e in Scala Vita Classical. Il sistema CIE<br />

Lab rileva la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> colore con L, a ,b, dove L è la variazione <strong>di</strong> luminosità, a è la <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> giallo e b è la<br />

<strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> rosso. Inoltre lo strumento fornisce un valore definito ∆E che tiene conto <strong>dei</strong> tre parametri precedenti e<br />

fornisce un singolo valore che rispecchia la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> colore dal pre-trattamento al post-trattamento. Per lo stu<strong>di</strong>o<br />

sono stati valutati i denti da canino a canino dell’arcata superiore. RISULTATI: Dalla raccolta <strong>dei</strong> risultati vengono<br />

calcolate le me<strong>di</strong>e. Il ∆E me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Yotuel risulta 4,03 (± 0,04) mentre quello Beyond risulta 3,83 (± 0,05). La <strong>di</strong>fferenza<br />

me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tono in Scala Vita per Yotuel risulta 2,78 (± 0,05) mentre per Beyond risulta <strong>di</strong> 2,16 (± 0,06).<br />

CONCLUSIONI: L’utilizzo <strong>di</strong> SpectroShade a fatto si che venissero annullati tutti i fattori soggettivi relativi alla<br />

rilevazione del colore; in questo modo siamo riusciti a effettuare una raccolta dati oggettiva e standar<strong>di</strong>zzata.<br />

Quantificando i valori attraverso il ∆E del sistema CIE Lab la <strong>di</strong>fferenza tra i due trattamenti è <strong>di</strong> 0,20 a favore del<br />

prodotto Yotuel, quantificando in toni Scala Vita Classical la <strong>di</strong>fferenza è <strong>di</strong> 0,62 sempre a favore del prodotto Yotuel.<br />

Per rendere statisticamente vali<strong>di</strong> i risultati ottenuti si è reso necessario il calcolo degli intervalli <strong>di</strong> probabilità: essi non<br />

con<strong>di</strong>zionano il risultato finale.


VALUTAZIONE DELL'EFFICACIA DI UN NUOVO COLLUTORIO CONTENENTE CLOREXIDINA E<br />

ADS (ANTI DISCOLORATION SYSTEM) IN UN GRUPPO DI PAZIENTI ORTODONTICI<br />

Bassani E., Maddalone M., Colombo C.Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Neuroscienze e Tecnologie Biome<strong>di</strong>che, Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale, Facoltà <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e<br />

Chirurgia, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano-Bicocca<br />

Obiettivi: Valutare l'efficacia antibatterica e <strong>di</strong> antipigmentazione <strong>di</strong> un nuovo collutorio a base <strong>di</strong> clorexi<strong>di</strong>na allo<br />

0.20% contenente l'Anti Discoloration System (ADS), confrontato con un collutorio allo 0.20% <strong>di</strong> clorexi<strong>di</strong>na, senza<br />

l'ADS. Razionale: Riportare alla salute i tessuti parodontali con l'ausilio <strong>di</strong> collutorio a base <strong>di</strong> clorexi<strong>di</strong>na che non<br />

pigmenti i tessuti del cavo orale.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati selezionati 50 pazienti che necessitavano <strong>di</strong> un supporto aggiuntivo alle normali pratiche<br />

igieniche. Lo stu<strong>di</strong>o è stato eseguito secondo il criterio del "doppio cieco". Il campione è stato sud<strong>di</strong>viso in due gruppi:<br />

ad uno è stato somministrato il gel dentifricio e collutorio contenente l'ADS, mentre all'altro gel dentifricio e collutorio<br />

senza l'ADS. A tutti i pazienti è stato consegnato uno spazzolino Curaprox 1560, due partite <strong>di</strong> gel-dentifricio e due lotti<br />

<strong>di</strong> collutorio con l'in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> associare un lotto <strong>di</strong> un gel-dentifricio ad un determinato lotto <strong>di</strong> collutorio. E' stato<br />

inoltre chiesto <strong>di</strong> non assumere nessuna sostanza che potesse pigmentare. Ogni settimana per 4 settimane sono state<br />

effettuate le misure <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sanguinamento e l'analisi spettrofotometrica per in<strong>di</strong>viduare lo stain<br />

index. Risultati Nell'analisi statistica <strong>dei</strong> dati che si riferiscono all'in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca e l'in<strong>di</strong>ce gengivale, nessuna<br />

<strong>di</strong>fferenza significativa è stata trovata tra i due collutori. Questo <strong>di</strong>mostra come, anche con il sistema antipigmentazione,<br />

l'efficacia antibatterica della clorexi<strong>di</strong>na non <strong>di</strong>minuisce in modo statisticamente rilevabile. I dati che si riferiscono alle<br />

misurazioni spettrofotometriche mostrano delle <strong>di</strong>fferenze significative tra i due collutori. La presenza <strong>di</strong> pigmentazione<br />

si è rilevata molto importante nel caso del collutorio tra<strong>di</strong>zionale (K), e poco significativa nel caso del collutorio<br />

contenente il sistema ADS (M).<br />

Discussione e conclusioni: Il collutorio contenente il sistema antipigmentazione ADS riduce in modo significativo<br />

l'effetto collaterale delle pigmentazioni nel cavo orale. Entrambi I collutori sono andati a riportare alla salute i tessuti<br />

del cavo orale.


VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA CLINICA DELLO SPAZZOLINO ELETTRICO ORAL-B<br />

PROFESSIONAL CARE 8500<br />

Licata ME, Vinci L, Garaffa A, Pizzo I, Pizzo G.<br />

Dipartimento Scienze Stomatologiche “G. Messina”, Università <strong>di</strong> Palermo<br />

Obiettivi: Valutare l’efficacia nella rimozione della placca batterica sopragengivale <strong>di</strong> uno spazzolino elettrico dotato <strong>di</strong><br />

movimento 3D della testina (Oral-B Professional Care 8500; PC 8500). Sono stati altresì testati, a fini comparativi, due<br />

spazzolini manuali: Oral-B CrossAction Vitalizer (CAV) e Oral-B In<strong>di</strong>cator (IND). Materiali e meto<strong>di</strong>: Lo stu<strong>di</strong>o è stato<br />

realizzato come single-use clinical trial, in singolo cieco e in cross-over. Sono stati arruolati 64 soggetti che hanno<br />

interrotto le manovre <strong>di</strong> igiene domiciliare 24 ore prima dell’inizio dello stu<strong>di</strong>o. L’assegnazione degli spazzolini è<br />

avvenuta in modo randomizzato. Prima e dopo l’utilizzo dello spazzolino sono stati rilevati gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> placca me<strong>di</strong>ante<br />

l’in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Turesky et al. (1970). Per determinare le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> efficacia nella rimozione della placca sono stati<br />

utilizzati il test t <strong>di</strong> Student per dati appaiati e l’ANOVA. Per lo spazzolino PC 8500 è stata inoltre valutato il profilo <strong>di</strong><br />

sicurezza (presenza <strong>di</strong> lesioni <strong>dei</strong> tessuti molli dopo un uso <strong>di</strong> 30 giorni). Risultati: Lo spazzolino PC 8500 ha<br />

<strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> possedere un’efficacia nella rimozione della placca superiore agli spazzolini CAV e IND a livello <strong>di</strong><br />

superfici interprossimali e <strong>di</strong> Full Mouth (P


EFFETTI DI UN CHEWING GUM CONTENTE ESTRATTO DI CORTECCIA DI MAGNOLIA SULLA<br />

CONCENTRAZIONE SALIVARE DI STREPTOCOCCUS MUTANS: STUDIO PILOTA<br />

Mastroberar<strong>di</strong>no S 1,2 , Adami R 3 , Campus G 2 , Cagetti MG 2<br />

1 Dottorando <strong>di</strong> ricerca in Odontostomatologia Preventiva, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassari e Milano 2 Centro <strong>di</strong><br />

Collaborazione OMS per l’Epidemiologia e l’<strong>Odontoiatria</strong> <strong>di</strong> Comunità, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

3 Studente del Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Milano<br />

OBIETTIVI<br />

Numerosi stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato che l’utilizzo <strong>di</strong> chewing gum contenenti dolcificanti non cariogeni e principi attivi<br />

con azione antimicrobica, riducano il rischio <strong>di</strong> carie. La formulazione <strong>dei</strong> chewing gum spesso include estratti vegetali<br />

utili per rinfrescare l’alito; per alcuni <strong>di</strong> questi, inoltre, è stato <strong>di</strong>mostrato un effetto antibatterico verso Streptococcus<br />

mutans (Sm), principale agente eziologico della carie.<br />

In un recente stu<strong>di</strong>o (2007) Greenberg e coll., hanno <strong>di</strong>mostrato come l’estratto <strong>di</strong> corteccia <strong>di</strong> magnolia (Magnolia<br />

Bark Extract - <strong>MB</strong>E) abbia un effetto significativo nel ridurre l’alitosi e i batteri cariogeni sia in vitro, sia in vivo. Il<br />

presente stu<strong>di</strong>o in vivo, ha avuto come scopo la valutazione dell’effetto sulla concentrazione salivare <strong>di</strong> Sm <strong>di</strong> un<br />

chewing gum contenente 2,1 mg <strong>di</strong> <strong>MB</strong>E in un campione <strong>di</strong> volontari sani ad elevato rischio <strong>di</strong> carie.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Attraverso uno screening preliminare sono stati selezionati 10 giovani adulti sani (età me<strong>di</strong>a 31,5 aa) con una<br />

concentrazione salivare <strong>di</strong> Sm≥10 5 CFU/ml. Lo stu<strong>di</strong>o è stato eseguito come un trial clinico a doppio-cieco.<br />

Due tipi <strong>di</strong> chewing gum, identici nell’aspetto e nel sapore, uno contenente l’<strong>MB</strong>E e l’atro privo, sono stati utilizzati per<br />

la sperimentazione che ha avuto una durata complessiva <strong>di</strong> tre settimane. Tutti i soggetti hanno masticato 4 confetti <strong>di</strong><br />

un primo chewing gum per 4 giorni consecutivi secondo il seguente schema: uno a metà mattina, due dopo pranzo e<br />

l’ultimo a metà del pomeriggio. I prelievi salivari sono stati effettuati al secondo, al quarto ed il giorno successivo il<br />

termine della masticazione. Trascorsa una settimana <strong>di</strong> wash out gli stessi soggetti, con le medesime modalità, hanno<br />

utilizzato l’altro chewing gum e nuovi campioni salivari sono stati raccolti.<br />

RISULTATI<br />

Una riduzione della concentrazione salivare <strong>di</strong> Sm è stata osservata per entrambi i chewing gum, a <strong>di</strong>mostrazione <strong>dei</strong><br />

benèfici effetti della masticazione. Tuttavia, una <strong>di</strong>fferenza statisticamente significativa nella concentrazione del<br />

microorganismo cariogeno, è stata registrata dopo 4 giorni <strong>di</strong> utilizzo a favore del prodotto contenente l’estratto <strong>di</strong><br />

magnolia.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI<br />

L’utilizzo quoti<strong>di</strong>ano, per un periodo <strong>di</strong> 4 giorni, <strong>di</strong> chewing gum contenente estratto <strong>di</strong> corteccia <strong>di</strong> magnolia (<strong>MB</strong>E) si<br />

è <strong>di</strong>mostrato efficace nel ridurre significativamente la concentrazione <strong>di</strong> Streptococcus mutans in saliva, <strong>di</strong>mostrando<br />

un’attività antibatterica contro il principale microorganismo cariogeno. Questi risultati, seppur incorraggianti,<br />

dovrebbero essere oggetto <strong>di</strong> ulteriori indagini, effettuate su un più ampio campione <strong>di</strong> soggetti.


MANAGEMENT NELLE TECNOLOGIE DI IGIENE E PREVENZIONE ORALE<br />

R. Caputo- M. Nuzzolese- G.M. Nar<strong>di</strong><br />

Questo lavoro vuole evidenziare come, grazie all'ausilio della tecnologia informatica, è possibile migliorare<br />

enormemente in uno stu<strong>di</strong>o odontoiatrico la gestione sia clinica che economica del paziente e allo stesso tempo <strong>di</strong><br />

ottimizzare il lavoro e il tempo, tutto a vantaggio sia del paziente che dell'odontoiatra e dell'igienista dentale. In più<br />

viene evidenziato come l'utilizzo <strong>di</strong> sistemi fotografici informatizzati insieme ad apposite cartelle parodontali<br />

informatizzate, riescano ad aumentare notevolmente la compliance e la fidelizzazione del paziente. Nelle scienze<br />

avanzate <strong>di</strong> igiene orale, l'ausilio <strong>di</strong> queste tecnologie comportano per l'odontoiatra e l'igienista dentale un essenziale<br />

supporto tecnico-organizzativo in un epoca ove vengono richiesti standard operativi sempre più qualitativi.


LA PERDITA DI ELEMENTI DENTALI IN PAZIENTI AFFETTI DA PARODONTITE GENERALIZZATA<br />

SOTTOPOSTI AD UNA CORRETTA TERAPIA PARODONTALE DI SUPPORTO. RISULTATI A LUNGO<br />

TERMINE.<br />

Del Fabro S, Campanaro E, Pardo A, Corrocher G, Lombardo G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologico-Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica e <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona. maverich84@virgilio.it<br />

OBIETTIVI: la terapia parodontale <strong>di</strong> supporto (TPS) gioca un ruolo chiave nel segnalare e prevenire le eventuali<br />

reci<strong>di</strong>ve della malattia parodontale. Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è quello <strong>di</strong> valutare nel lungo termine la sopravvivenza degli<br />

elementi dentari nei settori posteriori ovvero le cause d’estrazione dentaria in pazienti inseriti in terapia parodontale <strong>di</strong><br />

mantenimento. MATERIALI E METODI: nel nostro stu<strong>di</strong>o sono stati arruolati 100 pazienti (58 uomini e 42 donne) i<br />

quali dopo aver effettuato la terapia attiva sono stati inseriti in un protocollo <strong>di</strong> mantenimento parodontale. Al momento<br />

della prima visita, la <strong>di</strong>agnosi parodonatale iniziale <strong>di</strong> questi pazienti è stata eseguita me<strong>di</strong>ante esami clinici e<br />

ra<strong>di</strong>ografici. Al momento dell’esame originale basato sulla gravità delle con<strong>di</strong>zioni parodontali, ad ogni dente fu<br />

assegnato un valore <strong>di</strong>agnostico in<strong>di</strong>viduale secondo i criteri derivanti dall’AAP. Tutti i pazienti dopo aver eseguito la<br />

fase attiva del trattamento parodontale sono stati inseriti in un protocollo <strong>di</strong> mantenimento ogni 3-4 mesi. Il numero e il<br />

tipo <strong>di</strong> denti persi, sono stati catalogati dalle cartelle cliniche, dalle cartelle parodontali, gli stu<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ografici e le<br />

ortopantomografie <strong>di</strong> ogni singolo paziente. RISULTATI: la durata me<strong>di</strong>a della TPS fu <strong>di</strong> 11,5 anni, con un range dai 8<br />

ai 15 anni e la frequenza me<strong>di</strong>a <strong>dei</strong> richiami è stata <strong>di</strong> 3-4 mesi. Il numero totale <strong>dei</strong> denti presenti all’inizio del<br />

protocollo <strong>di</strong> mantenimento era <strong>di</strong> 1564 denti <strong>dei</strong> quali 190 sono stati persi alla rivalutazione con una percentuale <strong>di</strong><br />

sopravvivenza totale pari al 87,9%. I pazienti fumatori 52 (52% del totale), i pazienti uomini 58 (58%) e i pazienti che<br />

hanno seguito <strong>dei</strong> richiami intermittenti nei 3,4 mesi <strong>di</strong> TPS (25% ), hanno <strong>di</strong>mostrato un maggior numero <strong>di</strong> denti<br />

persi. A parità <strong>di</strong> gravità <strong>di</strong> parodontite i pazienti fumatori che risultarono aver perso un totale <strong>di</strong> <strong>13</strong>8 denti ovvero il<br />

16,1% rispetto ai non fumatori in cui si è avuta una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> 52 denti pari al 7%. Le cause <strong>di</strong> estrazione dentaria sono<br />

state: 48 (25,2%) persi a causa della malattia parodontale, 115 denti (60,5%) persi per cause conservative,endodontiche<br />

e protesiche, 27 denti (14,3%) erano invece terzi molari compromessi. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: nell’ambito<br />

<strong>dei</strong> limiti <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o questa analisi descrittiva è risultata essere in linea con quanto riportato in letteratura riguardo<br />

la per<strong>di</strong>ta dentaria durante il mantenimento a lungo termine. Vista l’elevata percentuale <strong>di</strong> sopravvivenza a lungo<br />

termine, la TPS si è <strong>di</strong>mostrata essere <strong>di</strong> fondamentale importanza per il mantenimento <strong>dei</strong> denti in pazienti affetti da<br />

malattia parodontale. A parità <strong>di</strong> grado <strong>di</strong> severità <strong>di</strong> malattia parodontale gli elementi dentari che vengono<br />

maggiormente persi sono i molari superiori ed in particolare i settimi. Tuttavia le cause <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta dentaria non sono alla<br />

malattia parodontale bensì a cause conservative, endodontiche e protesiche.


LA TERAPIA PARODONTALE NON CHIRURGICA LASER-ASSISTITA.<br />

Bagnoli G, Campanaro E, Del Fabro S, Corrocher G, Lombardo G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Morfologico-Biome<strong>di</strong>che, Clinica Odontoiatrica e <strong>di</strong> Chirurgia Maxillo-Facciale, Università<br />

degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Verona. sheeva@alice.it<br />

OBIETTIVI: Lo scopo <strong>di</strong> questa ricerca è quello <strong>di</strong> valutare l’efficacia <strong>di</strong> un laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> in associazione alla<br />

strumentazione meccanica e manuale nell’approccio iniziale non chirurgico alla parodontite cronica dell’adulto.<br />

MATERIALI E METODI: Allo stu<strong>di</strong>o hanno partecipato 20 pazienti (10 donne e 10 uomini), selezionati sulla base <strong>di</strong><br />

un quadro clinico <strong>di</strong> parodontite dell’adulto. La bocca <strong>dei</strong> pazienti è stata <strong>di</strong>visa in quattro quadranti. In ognuno <strong>dei</strong><br />

quadranti è stato preventivamente in<strong>di</strong>viduato un sito interessante monora<strong>di</strong>colato con PPD ≥ 5 mm e positivo al<br />

sanguinamento al sondaggio.Ogni quadrante è stato poi assegnato ad una delle terapie prese in esame secondo un<br />

principio <strong>di</strong> casualità (lancio della monetina). Ogni paziente è stato quin<strong>di</strong> sottoposto ai quattro <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong><br />

trattamento applicati ognuno ad un quadrante <strong>di</strong>verso:Terapia Test 1 (TEST1: SRP + LASER); Terapia Test 2 (TEST2:<br />

US + LASER); Terapia Controllo 1 (CTR1: SRP); Terapia Controllo 2 ( CTR2: US). I pazienti sono stati valutati prima<br />

<strong>di</strong> iniziare la terapia, dopo 45 giorni e rivalutati dopo 3 mesi. Ad ogni controllo sono stati registrati:FM-VplI (Full<br />

Mouth Visibile Plaque Index); FM-BOP (Full Mouth Blee<strong>di</strong>ng On Probing); a livello <strong>dei</strong> siti presi in esame il Visible<br />

Plaque Index; BOP; PPD; REC. Al fine <strong>di</strong> valutare l’efficacia delle <strong>di</strong>verse terapie non solo su base clinica, ma anche<br />

microbiologica, durante la prima seduta <strong>di</strong> trattamento (T0) e a tre mesi (T1), prima <strong>di</strong> valutare i parametri parodontali,<br />

tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un prelievo <strong>di</strong> placca batterica sottogengivale a livello <strong>di</strong> ognuno <strong>dei</strong> quattro siti<br />

presi in esame. Sono stati quin<strong>di</strong> ricercati me<strong>di</strong>ante analisi PCR-real time i seguenti batteri parodontopatogeni:<br />

Porphyromonas gingivalis, Tannerella (Bacteroides) forsythia e Treponema denticola. RISULTATI: sia da un punto <strong>di</strong><br />

vista clinico che microbiologico il laser a <strong>di</strong>odo utilizzato nel nostro stu<strong>di</strong>o in associazione alla strumentazione<br />

meccanica e manuale non ha dato risultati statisticamente significativi rispetto ai gruppo controllo. DISCUSSIONE E<br />

CONCLUSIONI: nonostante i risultati da noi ottenuti è da sottolineare come la nostra ricerca sia ancora in una fase<br />

embrionale <strong>di</strong> sperimentazione e risulta quin<strong>di</strong> necessario stu<strong>di</strong>are <strong>di</strong>fferenti protocolli che prevedano sedute ravvicinate<br />

<strong>di</strong> strumentazione parodontale laser assistita per valutare se, e in qual modo questo tipo <strong>di</strong> terapia possa fornire<br />

miglioramenti statisticamente significativi nell’ambito della terapia iniziale delle parodontiti croniche.Ulteriori ricerche<br />

pertanto saranno necessarie al fine <strong>di</strong> valutare quale sia il protocollo <strong>di</strong> trattamento più efficace a lungo termine.


EFFETTO DEL PEROSSIDO DI IDROGENO SULLA SUPERFICIE SMALTEA DI DENTI BOVINI:<br />

STUDIO CON LA MICROSCOPIA ELETTRONICA A SCANSIONE A<strong>MB</strong>IENTALE (ESEM)<br />

Turchetto A, Stomaci D, Meschia G, Volpato G, Mazzoleni S, Stellini E.<br />

Universita degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Facolta’ <strong>di</strong> Me<strong>di</strong>cina e Chirurgia, Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale<br />

INTRODUZIONE: Lo sbiancamento <strong>dei</strong> denti vitali ha suscitato notevole interesse nella recente letteratura ed, in<br />

particolare, l’effetto che esso ha sulla superficie smaltea <strong>dei</strong> denti trattati. Le tecniche suggerite includono numerosi<br />

prodotti commerciali che utilizzano come principio attivo agenti ossidanti <strong>dei</strong> quali e’ stata <strong>di</strong>mostrata la potenziale<br />

carcinogenesi e la possibilita’ <strong>di</strong> reazione pulpare.<br />

OBBIETTIVO: Questo stu<strong>di</strong>o in vitro ha lo scopo <strong>di</strong> valutare l’effetto <strong>di</strong> un sistema sbiancante <strong>di</strong> nuova generazione<br />

sulla microstruttura della superficie smaltea <strong>di</strong> denti bovini, utilizzando la microscopia elettronica a scansione<br />

ambientale (ESEM). In particolare, si propone <strong>di</strong> confrontare la potenzialita’ della modalita’ <strong>di</strong> osservazione ambientale<br />

rispetto a quella ad alto vuoto (HVSEM), in relazione al <strong>di</strong>fferente metodo <strong>di</strong> preparazione <strong>dei</strong> campioni.<br />

MATERIALI E METODI: Per la sperimentazione sono stati utilizzati 8 denti bovini, estratti in maniera atraumatica da<br />

man<strong>di</strong>bole <strong>di</strong> animali della stessa eta’. Successivamente essere stati <strong>di</strong>sinfettati e conservati in soluzione fisiologica, i<br />

campioni sono stati <strong>di</strong>visi in 4 <strong>di</strong>fferenti gruppi: A, B, C e D. Il gruppo A, costituito da un solo elemento e’ servito come<br />

setting sperimentale, in modo da decidere gli ingran<strong>di</strong>menti e le zone migliori <strong>di</strong> osservazione; il gruppo B, costituito da<br />

4 campioni e’ stato poi sud<strong>di</strong>viso in 2 sottogruppi: gruppo sperimentale e gruppo controllo; il gruppo C contenente un<br />

solo dente, la cui superficie vestibolare e’ stata sud<strong>di</strong>visa in 2 zone, trattata e non trattata; il gruppo D, costituito da 2<br />

elementi, uno controllo e uno sperimentale, successivamente fratturati lungo il loro asse maggiore.<br />

RISULTATI E CONCLUSIONI: La microscopia eletronica a scansione, sia in modalita’ alto vuoto (HVSEM) che<br />

ambientale (ESEM), permette <strong>di</strong> osservare la morfologia del campione ad elevati ingran<strong>di</strong>menti e <strong>di</strong> determinare la<br />

composizione chimica <strong>di</strong> piccolissime aree del campione stesso. Comparando le immagini ottenute con le due<br />

modalita’ <strong>di</strong> osservazione non si riscontrano cambiamenti morfo-strutturali della superficie dello smalto tra i campioni<br />

trattati e quelli non trattati. Ad eccezione <strong>di</strong> poche immagini, nelle foto effettuate sui campioni trattati ed osservati con<br />

la modalita’ ad alto vuoto, sono presenti delle microfratture della superficie dello smalto, che non possono essere<br />

attribuite all’effetto dell’agente sbiancante, in quanto nelle foto inerenti le stesse zone osservate in modalita’ ambientale<br />

non sono presenti. E’ evidente, quin<strong>di</strong>, che i processi <strong>di</strong> <strong>dei</strong>dratazione e liofilizzazione <strong>dei</strong> campioni, in<strong>di</strong>spensabili per<br />

eseguire l’analisi in modalita’ ad alto vuoto, inducono macro e micro fratture della superficie smaltea.


IMPATTO DELLO XILITOLO NEL CONTROLLO DEL RISCHIO CARIE: REVIEW<br />

Liverani E.; Giordano G.; Brugnoletti O.; Ottolenghi L.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma , Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Master <strong>di</strong> I livello in Prevenzione<br />

Odontostomatologica<br />

OBIETTIVI: La presente revisione <strong>di</strong> letteratura si propone la visione degli stu<strong>di</strong> più importanti e <strong>di</strong> maggiore interesse<br />

clinico condotti sulle potenzialità preventive della carie dentale dello xilitolo, per comprenderne i meccanismi d’azione<br />

e le linee guida <strong>di</strong> utilizzo a livello nazionale ed internazionale. ANALISI DELLA LETTERATURA: Sebbene<br />

utilizzato da più <strong>di</strong> tre decenni come sostituto dello zucchero bianco raffinato, ha subito nel corso degli anni molti elogi<br />

e svariate critiche riguardanti i suoi benefici nel campo della prevenzione dentale. Sulla scia <strong>dei</strong> primi stu<strong>di</strong> condotti in<br />

Finlan<strong>di</strong>a nei primi anni ’70 iniziarono molti altri esperimenti e stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> laboratorio in <strong>di</strong>versi Paesi del mondo, con<br />

conseguenti tentativi d’inserimento dello xilitolo nel mondo dell’odontoiatria preventiva e <strong>di</strong> comunità. A tutt’oggi,<br />

l’azione preventiva dello xilitolo è stata <strong>di</strong>mostrata in vivo ed in vitro con particolare attenzione alla sua azione <strong>di</strong><br />

controllo dell’omeostasi salivare, ed al contrasto della patogenicità <strong>di</strong> S. mutans e della sua potenziale trasmissione oroorale.<br />

Negli ultimi anni inoltre sembra aumentato enormemente l’interesse per possibili strategie nel ridurre il rischio <strong>di</strong><br />

trasmissione da madre a figlio <strong>di</strong> patogeni cariogeni, creando antagonismo alla colonizzazione <strong>di</strong> S. mutans durante il<br />

periodo <strong>di</strong> più facile infezione, chiamato Window of Infectivity. Tale interesse ha trovato riscontri positivi in stu<strong>di</strong> su<br />

larga scala rivolti a donne in stato interessante. Il fine era la valutazione della possibile proprietà <strong>di</strong> xilitolo <strong>di</strong><br />

prevenire/ridurre tale trasmissione batterica ai nascituri. In questo contesto lo xilitolo sembra aver <strong>di</strong>mostrato specifici<br />

effetti inibitori su S. mutans, suggerendone appunto una riduzione permanente nel cavo orale. DISCUSSIONE:<br />

L’interazione della placca batterica con i carboidrati della <strong>di</strong>eta esula nella produzione <strong>di</strong> sostanze acide che creano un<br />

rapido e aggressivo calo del pH, per un periodo <strong>di</strong> tempo variabile. Questa produzione acida (fattore <strong>di</strong> virulenza <strong>dei</strong><br />

batteri cariogeni) è meglio descritta dalla risposta del pH della placca dentale all’esposizione agli zuccheri. Le<br />

principali proprietà dello xilitolo si esplicano sulla saliva e sul pH della cavità orale, in funzione della sua capacità <strong>di</strong><br />

stimolare il flusso salivare con incremento della capacità tampone e della <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> prodotti aci<strong>di</strong> finali – dovuti<br />

alla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> metabolizzazione da parte <strong>dei</strong> batteri. Questo avviene perché lo xilitolo, incorporato nelle cellule<br />

batteriche, inibisce l’attività enzimatica nel metabolismo dello zucchero, risultando nell’inibizione sia della crescita<br />

batterica che della produzione <strong>dei</strong> cataboliti aci<strong>di</strong>. CONCLUSIONI: Le conclusioni raggiungibili dalle ricerche cliniche<br />

sono da interpretare con cautela, in quanto fattori <strong>di</strong> <strong>di</strong>versità come lo stato socio-economico della popolazione, le<br />

abitu<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>etetiche e <strong>di</strong> igiene orale, la compliance ed il rischio <strong>di</strong> carie, possono interferire nei risultati. Molti<br />

esperimenti sull’insorgenza <strong>di</strong> carie in vivo, alcuni <strong>dei</strong> quali controllati dalla WHO e condotti da gruppi in<strong>di</strong>pendenti <strong>di</strong><br />

ricercatori, hanno suggerito che i programmi <strong>di</strong> salute pubblica che includono lo xilitolo possono essere considerati<br />

come potenziali meto<strong>di</strong>che nella prevenzione delle carie. Avviare stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricerca nel nostro Paese è sicuramente<br />

auspicabile, soprattutto in popolazioni <strong>di</strong> facile controllo, come ad esempio quelle reperibili nelle strutture scolastiche.


TERAPIA DI MANTENIMENTO PARODONTALE: IL RUOLO DELL’IGIENISTA DENTALE.<br />

Ciliberti S., Colaceci S., Quaranta A.<br />

Me<strong>di</strong>cina e chirurgia, Corso <strong>di</strong> Laurea in Igiene Dentale C Polo Pontino, “ La Sapienza” Università <strong>di</strong> Roma,<br />

Insegnamento <strong>di</strong> Parodontologia.<br />

INTRODUZIONE: Stu<strong>di</strong> clinici sugli effetti a lungo termine del trattamento della parodontite hanno chiaramente<br />

<strong>di</strong>mostrato che la fase <strong>di</strong> mantenimento professionale successiva alla terapia costituisce parte integrante del trattamento<br />

e rappresenta l’unico mezzo che permette il mantenimento a lungo termine degli effetti benefici della terapia. Una volta<br />

completata la terapia <strong>di</strong> fase I (Terapia Causale), i pazienti vengono inseriti in un programma <strong>di</strong> richiamo perio<strong>di</strong>co per<br />

il mantenimento delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute raggiunte, al fine <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re la reci<strong>di</strong>va della malattia; tale sta<strong>di</strong>o del piano<br />

<strong>di</strong> trattamento parodontale è il passo definitivo nella cura del paziente e richiede tempo ed impegno da parte <strong>di</strong> tutto lo<br />

staff odontoiatrico.. Pertanto le procedure <strong>di</strong> richiamo per il mantenimento rappresentano la base <strong>di</strong> un accurato<br />

programma <strong>di</strong> prevenzione a lungo termine. SCOPO DELLO STUDIO: Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> rivisitare<br />

l’importanza delle procedure <strong>di</strong> mantenimento parodontale con particolare riferimento al ruolo dell’igienista dentale,<br />

figura professionale che per il tipo <strong>di</strong> formazione universitaria e per il proprio ruolo clinico è probbalmente l’operatore<br />

più adatto ad attuare le misure terapeutiche necessarie durante il mantenimento parodontale. MATERIALI E METODI:<br />

I programmi <strong>di</strong> mantenimento parodontale devono essere attuati con metodo al fine <strong>di</strong> monitorare e aggiornare i<br />

cambiamenti che si sono verificati dall’ultimo esame e pre<strong>di</strong>sporre i successivi trattamenti attraverso protocolli efficaci<br />

e la continua valutazione del rischio a piú livelli seguendo i para<strong>di</strong>gmi dell’eziologia e della patogenesi della<br />

malattia.RISULTATI E DISCUSSIONE: I fattori causali, ovvero i batteri che inducono e mantengono la reazione<br />

infiammatoria, non possono essere completamente eliminati dall’ambiente dentogengivale per cui è necessaria la<br />

rimozione professionale, a intervalli regolari, <strong>di</strong> tutti i depositi microbici nelle aree sottogengivali e sopragengivali dal<br />

momento che dopo le procedure attive vi sarà una ricolonizzazione. A tal fine il ruolo dell’igienista dentale è<br />

fondamentale sia dal punto <strong>di</strong> vista operativo (attuazione delle procedure <strong>di</strong> strumentazione, intercettazione <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>ve o<br />

<strong>di</strong> nuove patologie in modo precoce) sia nel rinforzo delle istruzioni <strong>di</strong> igiene orale e nella motivazione del paziente.


VALUTAZIONE DELL’INQUINAMENTO A<strong>MB</strong>IENTALE ATTRAVERSO L’ANALISI QUALI-<br />

QUANTITATIVA DEI METALLI PRESENTI NEGLI ELEMENTI DENTALI.<br />

Lugliè PF., Lumbau A., Chessa G., Schinocca L.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassari. Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatric Dir. Prof.ssa PF Lugliè.<br />

Obiettivo. L’inquinamento ambientale è uno degli argomenti più <strong>di</strong>battuti degli ultimi anni. Sostanze inquinanti, usate<br />

nei settori dell’industria, in agricoltura, in tutte le attività antropometriche hanno portato allo sviluppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in tal<br />

senso, volti cioè a impostare protocolli <strong>di</strong> lavoro che permettano il loro stoccaggio e quin<strong>di</strong> il loro smaltimento, nonché<br />

alla valutazione del rischio per i singoli citta<strong>di</strong>ni. I metalli pesanti sono tra i composti più pericolosi e dannosi tra le<br />

sostanze inquinanti e possano essere assorbiti dagli organismi attraverso cibo, acqua e aria; inoltre dalla letteratura<br />

risulta come il superamento <strong>di</strong> determinate quantità possa causare danni biologici. Esiste una correlazione positiva tra<br />

inquinamento, organismo umano e monitor biologici utilizzati. Tale correlazione mette in evidenza le reazioni fra quegli<br />

elementi che competono per i gruppi anionici (fosfato e/o carbonato) presenti nello smalto dentale che vanno a formare<br />

idrossifosfato stabile e/o idrossicarbonato Materiali e Meto<strong>di</strong>. Abbiamo analizzato 79 elementi caries free e privi <strong>di</strong><br />

otturazioni, 40 della città Sassari, 26 <strong>di</strong> Porto Torres e <strong>13</strong> <strong>di</strong> Ottana. Per l’analisi degli elementi dentali pretrattati e<br />

portti in soluzione, è stato utilizzato uno spettrometro Perkin-Elmer B110 con fornetto <strong>di</strong> grafite per la valutazione <strong>dei</strong><br />

seguenti metalli pesanti; nichel, piombo, zinco e rame. Conclusioni. Il nostro stu<strong>di</strong>o, grazie alle ricerche svolte nello<br />

stesso settore in anni precedenti e da un équipe multi<strong>di</strong>sciplinare, vuole offrire una valutazione dell’inquinamento<br />

ambientale attraverso l’analisi (grazie ad un protocollo già messo a punto dagli stessi autori) <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori biologici quali<br />

gli elementi dentali.


LO SVILUPPO NORMATIVO DELLE PROFESSIONI SANITARIE<br />

Principato F, Guerra F, Romeo U, Leonar<strong>di</strong> R.*, Barbato E.<br />

Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Corso <strong>di</strong> laurea in Scienze delle professioni sanitarie Tecniche Assistenziali, Presidente:<br />

Ersilia Barbato<br />

* Università <strong>di</strong> Catania Corso <strong>di</strong> laurea in Scienze delle Professioni Sanitarie Tecniche Assistenziali, Presidente: Rosy<br />

Leonar<strong>di</strong><br />

OBIETTIVI: La realtà sanitaria pubblica italiana ha subìto notevoli cambiamenti attraverso un percorso legislativo che prima ha<br />

determinato il passaggio dal Sistema Mutualistico al SSN e ha poi introdotto delle riforme atte a favorire sempre più la fruizione<br />

del bene salute contenendo, al contempo, i costi a livelli sostenibili per la finanza pubblica. E’ in questo periodo <strong>di</strong> profonda<br />

innovazione che nascono, si sviluppano e si affermano le professioni sanitarie. MATERIALI E METODI: Analisi dello<br />

sviluppo normativo. RISULTATI: lo Stato e le regioni promuovono lo sviluppo e la valorizzazione delle funzioni delle<br />

professioni sanitarie dell’area tecnico-sanitaria, al fine <strong>di</strong> contribuire, anche attraverso la <strong>di</strong>retta responsabilizzazione <strong>di</strong> funzioni<br />

organizzative e <strong>di</strong>dattiche, al <strong>di</strong>ritto alla salute del citta<strong>di</strong>no, al processo <strong>di</strong> aziendalizzazione e al miglioramento della qualità<br />

organizzativa e professionale nel Servizio Sanitario Nazionale con l’obiettivo <strong>di</strong> una integrazione omogenea con i servizi sanitari<br />

e gli or<strong>di</strong>namenti degli altri Stati dell’Unione europea.<br />

DISCUSSIONI E CONCLUSIONI: La tappa fondamentale è rappresentata dalla aziendalizzazione della sanità me<strong>di</strong>ante i<br />

D.lgs 502/92 e 229/99 che, ponendo l’accento sui principi <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità della persona umana, sul bisogno <strong>di</strong> salute, sull’equità<br />

nell’accesso all’assistenza e sulla qualità delle cure, apportano notevoli cambiamenti nell’organizzazione del Servizio Sanitario<br />

con la regionalizzazione. Queste riforme hanno potenziato il ruolo degli Enti locali ed hanno portato ad uno sviluppo normativo<br />

delle professioni sanitarie ben preciso: Legge 42/99, Legge 251/2000: il primo intervento normativo ha determinato la scomparsa<br />

della anacronistica sud<strong>di</strong>visione delle professioni sanitarie in “principali” e in “ausiliarie” eliminando così, dal vocabolario<br />

normativo, come da quello quoti<strong>di</strong>ano, il termine <strong>di</strong> "ausiliario" per sostituirlo con la nuova ed unica denominazione <strong>di</strong><br />

"professione sanitaria". Con la legge 251/2000 invece è prevista anche la possibilità <strong>di</strong> corsi <strong>di</strong> laurea e specializzazione per il<br />

conseguimento <strong>di</strong> una laurea che costituisce una opportunità per i giovani <strong>di</strong> inserirsi nel mondo del lavoro. Con la Legge 01<br />

febbraio 2006, n.43, il personale laureato (afferente alle professioni sanitarie) è articolato in 4 categorie: professionisti,<br />

coor<strong>di</strong>natori, specialisti e <strong>di</strong>rigenti. Infine si giunge così al Decreto del Presidente del Consiglio <strong>dei</strong> Ministri del 25 gennaio 2008<br />

che <strong>di</strong>sciplina l’accesso alla qualifica unica <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigente delle professioni sanitarie ed offre reali possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere, sancendo<br />

definitivamente la professionalità <strong>di</strong> questi operatori.


SESSIONE<br />

Protesi<br />

Roma, 22-24 Aprile 2009


TRATTAMENTO IMPLANTO-PROTESICO DELL’AGENESIA DI INCISIVI LATERALI MASCELLARI:<br />

STUDIO CLINICO PROSPETTICO CON FOLLOW-UP A 5 ANNI.<br />

Costagliola E.*, Sorrentino R., Borelli B., De Simone G., Vaccaro F., Zarone F.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali, Università <strong>di</strong> Napoli<br />

INTRODUZIONE: Il presente stu<strong>di</strong>o clinico prospettico ha valutato le complicanze meccaniche ed il successo<br />

protesico delle <strong>di</strong> incisivi laterali mascellari riabilitate con restauri a supporto implantare.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati inseriti nel protocollo 46 pazienti affetti da agenesia degli incisivi laterali<br />

mascellari, 18 <strong>dei</strong> quali presentavano agenesia bilaterale. Laddove necessario, si è ricorso a terapia ortodontica preprotesica.<br />

64 impianti ITI-SLA NN sono stati inseriti e caricati 4 mesi dopo la fase chirurgica, con controllo a 1 mese<br />

dal carico e, successivamente, ogni 6 mesi, per un follow-up complessivo da 24 a 63 mesi. La riabilitazione protesica ha<br />

previsto l’impiego <strong>di</strong> abutments in titanio con corone in metallo-ceramica aureo-galvaniche (AGC) o <strong>di</strong> abutments in<br />

zirconia con corone in ceramica integrale (allumina o zirconia). Tutti i restauri sono stati cementati. Ad ogni controllo,<br />

sono state effettuate ra<strong>di</strong>ografie periapicali standar<strong>di</strong>zzate e sondaggio periimplantare in 6 punti. Sono state monitorate<br />

le complicanze meccaniche a carico <strong>dei</strong> restauri.<br />

RISULTATI: Si è verificato lo svitamento <strong>di</strong> 1 abutment dopo 6 mesi <strong>di</strong> carico ed 1 impianto è stato perso al follow-up<br />

dopo 39 mesi. Al termine del periodo <strong>di</strong> osservazione, è stato riscontrato un Success Rate del 94.12% e del 100%<br />

rispettivamente per le corone AGC e per quelle in ceramica integrale mentre il Survival Rate è stato pari rispettivamente<br />

al 97.06% ed al 100%. Globalmente, sono stati registrati un Cumulative Success Rate del 96.8% ed un Cumulative<br />

Survival Rate del 98.5%.<br />

CONCLUSIONI: Dal presente stu<strong>di</strong>o a me<strong>di</strong>o termine si evince che, in caso <strong>di</strong> agenesia mono- o bilaterale <strong>di</strong> incisivi<br />

laterali mascellari, il trattamento implanto-protesico consente <strong>di</strong> ottenere risultati estetici e funzionali ottimali.


PIANIFICAZIONE PROTESICA NELLA RICOSTRUZIONE DELLE GRAVI ATROFIE OSSEE<br />

UTILIZZANDO MODELLI STEREOLITOGRAFICI<br />

Longoni S, Sartori M, Duvina M, Brancato L, Tonelli P, Baldoni M<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Neuroscienze e Tecnologie biome<strong>di</strong>che, Università <strong>di</strong> Milano-Bicocca e Università <strong>di</strong> Firenze.<br />

OBIETTIVO: Obiettivo della ricostruzione della grave atrofia ossea è raggiungere la con<strong>di</strong>zione anatomica per<br />

l’inserimento <strong>di</strong> impianti protesicamente guidati. In questo modo si possono progettare riabilitazioni protesiche che<br />

sod<strong>di</strong>sfano le con<strong>di</strong>zioni estetiche e biomeccaniche ideali per garantire a lungo termine il mantenimento<br />

dell’osteointegrazione ed il risultato per i pazienti trattati. La <strong>di</strong>fficoltà operativa principale è quella <strong>di</strong> quantificare per<br />

<strong>di</strong>mensioni e forma l’osso da prelevare in rapporto alla quantità <strong>di</strong> osso necessario per la ricostruzione del mascellare<br />

atrofico. In particolare, il posizionamento e l’adattamento corretto <strong>dei</strong> blocchi ossei è il momento più complesso<br />

dell’intervento (operatore <strong>di</strong>pendente) che spesso determina il <strong>di</strong>latarsi <strong>dei</strong> tempi chirurgici e successivamente<br />

con<strong>di</strong>ziona il risultato.<br />

Scopo del lavoro è proporre l’utilizzo <strong>dei</strong> modelli stereolitografici per migliorare le modalità ed i tempi delle fase<br />

chirurgica. E’ quin<strong>di</strong> possibile pianificare l’intervento sia nella fase <strong>di</strong> prelievo che in quella <strong>di</strong> innesto favorendo un più<br />

rapido e migliore atto chirurgico.<br />

MATERIALI E METODI: sono stati selezionati 8 pazienti (5 maschi e 3 femmine; età me<strong>di</strong>a: 54,7 anni) caratterizzati<br />

da atrofia mascellare <strong>di</strong> grado IV e V (secondo Cawood and Howell). L’esame obiettivo del paziente (generale ed<br />

orale), lo stu<strong>di</strong>o <strong>dei</strong> modelli, e l’esame ra<strong>di</strong>ologico (OPT e TAC) sono stati completati dalla richiesta del modello<br />

stereolitografico ottenuto con tecnologia CAD CAM.<br />

Successivamente il modello stereolitografico è stato messo in articolatore a valori me<strong>di</strong> e si è realizzata la ceratura<br />

<strong>di</strong>agnostica. Sono stati misurati e programmati i volumi <strong>di</strong> osso mancanti tra l’osso ricevente e gli elementi dentari della<br />

ceratura <strong>di</strong>agnostica. Questi dati sono stati forniti all’equipe chirurgica con il modello stereolitografico per<br />

l’adattamento extraorale <strong>dei</strong> blocchi ossei.<br />

RISULTATI: i vantaggi chirurgici ottenuti sono stati: la possibilità <strong>di</strong> preventivare la quantità e la morfologia del<br />

prelievo, un migliore e rapido adattamento del prelievo al sito ricevente riducendo il pericolo <strong>di</strong> fibroincapsulazione, il<br />

posizionamento tri<strong>di</strong>mensionale corretto dell’innesto per il futuro inserimento degli impianti protesicamente guidati.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: l’utilizzo del modello stereolitografico per la ricostruzione delle gravi atrofie<br />

ossee ha determinato una gestione <strong>dei</strong> volumi del sito ricevente congrua al progetto protesico. In questo modo si è<br />

ottenuta una maggiore preve<strong>di</strong>bilità della riabilitazione: l’inserzione degli impianti protesicamente guidata è risultata<br />

semplificata è si raggiunta una maggior sod<strong>di</strong>sfazione funzionale ed estetica del paziente.


RESTAURI ADESIVI IN ALLUMINA IN SETTORI AD ELEVATA VALENZA ESTETICA: UN CASO<br />

CLINICO.<br />

Rappelli G, Coccia E, Carlozzi C*, Gigola PG1, Procaccini M.<br />

(Università Politecnica delle Marche. 1Università <strong>di</strong> Brescia ).<br />

Obiettivi. L’introduzione della tecnologia CAD-CAM in odontoiatria ha rappresentato un grosso passo in avanti nella<br />

realizzazione <strong>di</strong> manufatti protesici. Questa meto<strong>di</strong>ca consente, infatti, la creazione <strong>di</strong> restauri a partire da materiali<br />

dalle caratteristiche fisiche estremamente vantaggiose, ma, altrimenti, molto <strong>di</strong>fficili da lavorare, quali lo zirconio, il<br />

titanio e l’allumina. Viene proposto, qui, un caso clinico <strong>di</strong> riabilitazione, tramite 4 restauri adesivi in ceramica, <strong>di</strong> un<br />

inestetismo del settore antero-superiore, legato alla presenza <strong>di</strong> restauri insufficienti a carico degli incisivi centrali e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>smorfismo <strong>dei</strong> laterali.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. Dopo l’esecuzione della ceratura <strong>di</strong>agnostica e la previsualizzazione del risultato finale tramite<br />

mock-up semi-<strong>di</strong>retto, si è proceduto alla preparazione degli elementi dentali e si è rilevata un’impronta in polietere<br />

(Impregum®, 3M) con tecnica bifasica in un tempo. In laboratorio è stata eseguita la fase CAD (Disegno Assistito al<br />

Computer), che consiste nel tra<strong>di</strong>zionale sviluppo delle impronte e preparazione <strong>dei</strong> modelli e monconi.<br />

Successivamente, si sono acquisiti i dati con l'apposito scanner PROCERA® e sono stati elaborati al computer i<br />

manufatti virtuali in 3D (in questo caso, il core in allumina su cui viene stratificata, successivamente, la tra<strong>di</strong>zionale<br />

porcellana vetrosa). A questo punto, i file lavorati sono stati inviati per via telematica allo stabilimento <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong><br />

Stoccolma, dove si è provveduto alla produzione del manufatto, con la tecnica CAM (Produzione Assistita al<br />

Computer). Sui core alluminosi così realizzati, il laboratorio ha terminato i restauri applicando la ceramica vetrosa e<br />

procedendo alle fasi <strong>di</strong> lucidatura. La cementazione <strong>dei</strong> manufatti è stata eseguita con tecnica adesiva, dopo avere<br />

adeguatamente isolato gli elementi dentari tramite <strong>di</strong>ga <strong>di</strong> gomma.<br />

Discussioni e conclusioni. L’associazione <strong>di</strong> un nucleo <strong>di</strong> allumina estremamente resistente e <strong>di</strong> una ceramica vetrosa<br />

dalle eccellenti proprietà ottiche ha consentito <strong>di</strong> trovare una soluzione affidabile alle problematiche estetiche della<br />

paziente.


PERIOINTEGRAZIONE IN IMPLANTOPROTESI<br />

Menghini D., Dolci G., Madaschi M., Folegatti G.P.<br />

Istituto Scientifico San Raffaele Milano, Reparto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>. Direttore Prof E. F. Gherlone<br />

INTRODUZIONE Oggi la sola osteointegrazione degli impianti dentali non è più sufficiente a determinarne il successo<br />

clinico in implantoprotesi. Tra i requisiti richiesti, che devono <strong>di</strong>ventare gli obiettivi da raggiungere per il clinico, si<br />

inseriscono i parametri parodontali relativi all’ identificazione <strong>di</strong> un tessuto perimplantare aderente e ben rappresentato.<br />

OBIETTIVI Ottenere il concetto <strong>di</strong> periointegrazione riguarda la corretta interazione a vari livelli tra i biomateriali<br />

utilizzati e i tessuti che li circondano. . Il ruolo <strong>dei</strong> tessuti molli è fondamentale in implantologia, in quanto essi<br />

forniscono un contributo necessario a ristabilire e garantire salute ed estetica del cavo orale. I tessuti molli forniscono<br />

un sigillo biologico che evita l’infiltrazione <strong>di</strong> microorganismi provenienti dalla cavità orale. Tra gli obiettivi del nostro<br />

gruppo <strong>di</strong> ricerca clinica, che ha sede presso il reparto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> dell’Istituto San Raffaele <strong>di</strong> Milano <strong>di</strong>retto dal<br />

Prof. E. Gherlone, vi è quello <strong>di</strong> ampliare il concetto <strong>di</strong> osteointegrazione, in modo che comprenda anche l’integrazione<br />

<strong>dei</strong> tessuti molli perimplantari, ossia la biointegrazione intesa come ottenimento <strong>di</strong> una ampiezza biologica<br />

perimplantare. MATERIALI E METODI Gli Autori fanno riferimento all’applicazione <strong>di</strong> impianti <strong>di</strong> tipo<br />

osteointegrato in siti edentuli o in siti postestrattivi. Il piano <strong>di</strong> trattamento prevede, sempre l’applicazione <strong>di</strong> una<br />

protesi provvisoria <strong>di</strong> tipo fisso appena possibile con lo scopo <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionare la guarigione, e quin<strong>di</strong> la forma <strong>dei</strong><br />

tessuti perimplantari interessati In<strong>di</strong>pendentemente dal tipo <strong>di</strong> carico occlusale applicato la provvisorizzazione<br />

imme<strong>di</strong>ata o precoce rappresenta la chiave <strong>di</strong> successo. Con questa tecnica gli autori ottengono risultati finali<br />

sovrapponibili alla protesi su dente naturale. DISCUSSIONE A tale scopo le tecniche <strong>di</strong> applicazione imme<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> un<br />

impianto e <strong>di</strong> una protesi provvisoria <strong>di</strong> tipo fisso in siti postestrattivi contribuiscono e favoriscono sensibilmente,<br />

secondo gli Autori, il raggiungimento del concetto <strong>di</strong> periointegrazione. CONCLUSIONE Si vuole proporre<br />

l’applicazione <strong>di</strong> un provvisorio imme<strong>di</strong>ato come contributo per la conservazione delle geometrie gengivali, nel me<strong>di</strong>o<br />

e nel lungo periodo, favorendo il successo implantare nel lungo termine.Inoltre secondo i criteri del successo estetico<br />

tale procedura può essere considerata una valida alternativa all’applicazione <strong>di</strong> protesi provvisorie convenzionali,<br />

contribuendo in modo determinante al successo del risultato finale.


STUDIO SPETTROFOTOMETRICO SULL’INFLUENZA DEL VENEERING SUI PARAMETRI DEL<br />

COLORE NELLE METAL CERAMICHE.<br />

Corciolani G, Vichi A, Ferrari M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena, Italia.<br />

gabriele.corciolani@gmail.com<br />

OBIETTIVI: Una delle più gran<strong>di</strong> sfide dell’odontoiatria restaurativa e protesica è sempre stata la realizzazione <strong>di</strong><br />

restauri che si integrassero correttamente con i tessuti biologici circostanti avendo un estetica più naturale possibile. Lo<br />

scopo <strong>di</strong> questo lavoro è stato stabilire, me<strong>di</strong>ante l’ausilio <strong>di</strong> uno spettrofotometro clinico, l’influenza che i vari strati <strong>di</strong><br />

ceramica utilizzati nella stratificazione delle metal ceramiche avevano sulla Tinta, il Valore e il Croma del restauro.<br />

MATERIALI E METODI: La ceramica Vita VM<strong>13</strong> nella tinta 2M3 è stato selezionata per questo stu<strong>di</strong>o. Le<br />

<strong>di</strong>fferenze parametriche del colore sono state misurate me<strong>di</strong>ante lo spettrofotometro clinico Vita Easyshade in modalità<br />

“Verifica Restauro”. Sono stati stratificati 40 <strong>di</strong>schi secondo <strong>di</strong>fferenti schemi (8 schemi <strong>di</strong> stratificazione [LP]) e<br />

spessori <strong>di</strong> Base Dentine (BD range tra 0,25mm e 0,90mm), Transpa Dentine (TD range tra 0,35mm e 0,75mm) e<br />

Enamel (En range tra 0,15mm e 0,50mm). Lo spessore dell’Opaco è stato mantenuto costante a 0,15mm. Sono stati<br />

scelti 4 spessori finali <strong>di</strong> veneering (1,0mm; 1,3mm; 1,6mm e 2,0mm). Per stabilire la significatività statistica delle<br />

<strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> colore sono state eseguite 4 Analisi della Varianza ad una via assumendo rispettivamente il Delta E, Delta<br />

C, Delta H e Delta L come variabili <strong>di</strong>pendenti e lo schema <strong>di</strong> stratificazione come fattore. RISULTATI: I <strong>di</strong>fferenti<br />

schemi <strong>di</strong> stratificazione e spessori <strong>dei</strong> vari strati hanno influenzato i parametri del colore. Per quanto riguarda il Croma,<br />

considerando i campioni stratificati seguendo schemi con lo stesso spessore finale ma con <strong>di</strong>versi rapporti tra BD e TD,<br />

come lo schema LP1 (me<strong>di</strong>a ∆C=-0,32±0,16) e LP2 (me<strong>di</strong>a ∆C=-1,06±0,21), si è notato come un aumento <strong>di</strong> spessore<br />

<strong>di</strong> BD ha comportato un aumento dell’intensità del restauro (p


REALIZZAZIONE DI UN CASO AD ALTA VALENZA ESTETICA METAL FREE.<br />

P. Cardelli, M. Montani, F. Balestra, G. Conte, M. Gallio<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Corso <strong>di</strong> Laurea Specialistica in <strong>Odontoiatria</strong> E Protesi Dentaria Università degli Stu<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”(Prof. Alberto Barlattani). U.O.C. <strong>di</strong> Odontostomatologia Ospedale S. Giovanni Calibita<br />

Fatebenefratelli”, Roma (Prof. Clau<strong>di</strong>o Arcuri)<br />

Si è presentato alla nostra osservazione un paziente <strong>di</strong> 50 anni con gravi problemi estetici a carico del 12,11,21,22. I<br />

denti presentavano VECCHIE ricostruzioni in composito incongrue , <strong>di</strong>scromiche ed infiltrate. Venivano programmate<br />

quattro corone integrali in materiale composito della DEI ITALIA : il FIBER COMPOSITE associato al DEI<br />

EXPERIENCE. Si procedeva quin<strong>di</strong> alla realizzazione delle preparazioni preliminari <strong>dei</strong> denti secondo i corretti<br />

spessori nel rispetto <strong>dei</strong> tessuti gengivali e all’adattamento <strong>dei</strong> provvisori in resina metacrilica .A guarigione <strong>dei</strong> tessuti<br />

venivano effettuate le impronte con un polivinilsilossano (DEI RAI<strong>MB</strong>OW) con la tecnica “putty wash”s,. Venivano<br />

realizzate delle corone singole e dopo la seduta <strong>di</strong> prova, venivano cementate con un cemento composito duale secondo<br />

la tecnica adesiva.In conclusione una tecnica standar<strong>di</strong>zzata <strong>di</strong> preparazione coronale completa, associata ad una<br />

corretta tecnica <strong>di</strong> impronta<br />

Unita alla conoscenza <strong>dei</strong> materiali, rende pre<strong>di</strong>cibile il nostro intervento riabilitativo.


ESTETICA E PREDICIBILITA’ IN PROTESI FISSA: APPLICAZIONE CLINICA DEL MOCK-UP<br />

INDIRETTO. PRESENTAZIONE DI UN CASO CLINICO<br />

De Vico G, Spinelli D,Bonino M, Bollero R, Dolci A, Barlattani A Jr, Bollero P.<br />

Policlinico Universitario “Tor Vergata” <strong>di</strong> Roma AFO <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong>. Direttore : Prof.alberto Barlattani.<br />

Introduzione: Le sempre maggiori richieste estetiche e le sempre maggiori aspettative, pongono molto spesso la classe<br />

odontoiatrica <strong>di</strong> fronte al problema <strong>di</strong> come ottenere un valido consenso informato da parte del paziente. A tal proposito<br />

proponiamo, nei casi in cui sia previsto dal piano <strong>di</strong> cura la mo<strong>di</strong>fica morfologica della lunghezza o del volume degli<br />

elementi dentali, e quin<strong>di</strong> soprattutto nella zona anteriore con un’alta valenza estetica e psicologica, <strong>di</strong> utilizzare della<br />

mascherine in acetato in modo da pre-visualizzare il risultato estetico finale, prima <strong>di</strong> intraprendere manovre<br />

irreversibili come la preparazione protesica degli elementi dentali. Obiettivo: Sottolineare l’importanza dello stu<strong>di</strong>o<br />

preliminare del caso, anche attraverso mascherine <strong>di</strong> mock-up, soprattutto nelle situazioni in cui sia previsto uno<br />

sconvolgimento importante delle morfologie e <strong>dei</strong> volumi dentali presenti. Materiali e Meto<strong>di</strong>: La paziente, 52 anni,<br />

non fumatrice, in trattamento farmacologico per un ipotiroi<strong>di</strong>smo su base autoimmune, giunge alla nostra osservazione<br />

con la precisa richiesta <strong>di</strong> migliorare l’estetica del suo sorriso, gravemente compromessa dalla presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>astemi e da<br />

un incisivo centrale superiore destro (1.1) mobile e vestibolarizzato. Un attento esame clinico e ra<strong>di</strong>ografico evidenzia<br />

infatti i segni <strong>di</strong> una malattia parodontale <strong>di</strong>ffusa particolarmente grave a carico dell’elemento suddetto, pertanto<br />

destinato all’avulsione. A questo punto, non volendo la paziente sottoporsi all’intervento per il posizionamento <strong>di</strong> un<br />

impianto osteointegrato, che peraltro avrebbe sicuramente richiesto parallele tecniche <strong>di</strong> rigenerazione ossea, ed essendo<br />

inoltre sua esplicita richiesta quella <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> ridurre i <strong>di</strong>astemi presenti, si opta per una riabilitazione protesica<br />

classica me<strong>di</strong>ante preparazione degli elementi protesici contigui e realizzazione <strong>di</strong> un ponte in zirconio e ceramica. E’ a<br />

questo punto che, prima <strong>di</strong> iniziare qualsiasi manovra irreversibile, e quin<strong>di</strong> ancora prima <strong>di</strong> eseguire l’estrazione<br />

dell’elemento compromesso, si confeziona, a partire dalla ceratura <strong>di</strong>agnostica del caso, una mascherina <strong>di</strong> mock-up in<br />

acetato. Tale mascherina, eventualmente anche super colorata, provata nel cavo orale del paziente forzandola al <strong>di</strong><br />

sopra degli elementi presenti, viene lasciata per qualche giorno, in modo tale che il paziente possa portarla con sé e<br />

sottoporsi alla approvazione <strong>di</strong> familiari e/o amici. Solo a tal punto, una volta raggiunto l’ok definitivo da parte del<br />

paziente si procederà con l’avulsione dell’elemento e le consuete procedure protesiche irreversibili. Risultati e<br />

Conclusioni: Gli ottimi risultati raggiunti e la sod<strong>di</strong>sfazione piena <strong>dei</strong> nostri pazienti, ci permettono <strong>di</strong> affermare la<br />

grande importanza della previsualizzazione estetica e morfologica del risultato finale, me<strong>di</strong>ante mascherine <strong>di</strong> mock-up<br />

in<strong>di</strong>retto. A tal proposito desideriamo infine sottolineare che in alcuni casi dopo l’iniziale previsualizzazione con la<br />

prima mascherina, è possibile ancora apportare delle mo<strong>di</strong>fiche morfologiche laddove espressamente richiesto dal<br />

paziente, pur sempre però nei limiti dettati dalle determinanti del sistema stomatognatico. Laddove, nonostante i nostri<br />

sforzi, le eccessive aspettative si rivelano incompatibili con le reali possibilità cliniche, la scelta migliore potrebbe<br />

essere quella <strong>di</strong> non trattare lo specifico caso. destinato ad un sicuro insuccesso.


RIABILITAZIONE DI MANDIBOLE ATROFICHE CON OVERDENTURE, BARRA E CONTROFRESATO<br />

VS IMPIANTI CON ATTACCHI A SFERE.<br />

Carlo Mancino, Gaetano Mastrapasqua, Antonio Scarano<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Univ. Degli Stu<strong>di</strong> “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara Direttore Prof. S.<br />

Caputi<br />

Numerosi stu<strong>di</strong> hanno <strong>di</strong>mostrato che l’uso <strong>di</strong> impianti per riabilitazioni overdenture aumenta la sod<strong>di</strong>sfazione e la<br />

qualità della vita <strong>dei</strong> pazienti edentuli e ne migliora l’efficacia masticatoria con un effetto positivo anche sullo stato<br />

nutritivo.<br />

Meto<strong>di</strong>: 12 partecipanti edentuli e con man<strong>di</strong>bole atrofiche ricevevano quattro/tre impianti Dental Tech Implogic Ø<br />

4.5x <strong>13</strong> (Dental Tech Srl. Misinto, Milano) in zona sinfisaria. Sei pazienti venivano riabilitati con impianti barra e<br />

scheletrato controfresato, mentre 6 pazienti ricevevano una protesi mobile con attacchi a sfera. Dopo 6-12 mesi si è<br />

valutato il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione del paziente attraverso la compilazione <strong>di</strong> un questionario vertente sul grado <strong>di</strong><br />

sod<strong>di</strong>sfazione riguardante la ritenzione, la masticazione e l’incidenza <strong>di</strong> ulcere, dando un punteggio da 1 (poco<br />

sod<strong>di</strong>sfatto) a 5 (molto sod<strong>di</strong>sfatto).<br />

Risultati: Tutti i pazienti erano sod<strong>di</strong>sfatti della ritenzione e della stabilità e quin<strong>di</strong> non si riscontravano <strong>di</strong>fferenze<br />

statisticamente significative. Nel gruppo con attacchi a sfera si riscontrava una incidenza <strong>di</strong> svitamento <strong>di</strong> circa il 25%.<br />

In un caso lo svitamento dell’attacco ha determinato la rottura della protesi.<br />

Conclusioni: In conclusione la riabilitazione man<strong>di</strong>bolare tramite impianti, barra con scheletrato controfresato<br />

garantisce una eccellente stabilità della protesi con assenza <strong>di</strong> complicanze protesiche.


GESTIONE DI UN CASO COMPLESSO IN IMPLANTOPROTESI. PRESENTAZIONE DI UN CASO<br />

CLINICO.<br />

Bonino M*., De Vico G.,Bollero R.,Dolci A.,Barlattani A.Jr,Spinelli D. Bollero P.<br />

Policlinico Universitario ″ Tor Vergata″ Roma. AFO <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> Direttore Prof. A. Barlattani .* AFar Ospedale<br />

Fatebenefratelli Isola Tiberina Roma Direttore Prof. C. Arcuri<br />

INTRODUZIONE:La possibilità <strong>di</strong> una riabilitazione implantoprotesica completa rappresenta un obiettivo importante<br />

per il clinico e un enorme vantaggio per il paziente che passerà da una <strong>di</strong>sagevole situazione <strong>di</strong> protesi mobile ad un<br />

lavoro fisso.<br />

OBIETTIVI:Per l ‘operatore ci saranno molti aspetti clinici e tecnici complessi da considerare, quali:<br />

la presenza <strong>di</strong> elementi dentari naturali, gestione <strong>dei</strong> tessuti molli, conservazione della corretta <strong>di</strong>mensione verticale,<br />

protesizzazione provvisoria, molteplici componentistiche implantari coesistenti, funzionalità, estetica, alti costi.<br />

MATERIALI E METODI:Il caso clinico riguarda una paziente <strong>di</strong> 65 anni, in buona salute, portatrice <strong>di</strong> protesi<br />

mobile , con 2 elementi naturali e 3 fixture già posizionate e protesizzate in passato. La forte richiesta <strong>di</strong> una<br />

riabilitazione fissa da parte della paziente ci induce a pianificare il posizionamento <strong>di</strong> altri 4 impianti nell’arcata<br />

superiore. Pertanto abbiamo inserito 3 fixture BT Lock <strong>di</strong>ametro 4,5 mm, lunghezza 11,5 mm e 1 impianti Straumann<br />

<strong>di</strong>ametro 4.1 mm lunghezza 12mm.<br />

RISULTATI:Trascorsi 4 mesi per l’osteointegrazione proce<strong>di</strong>amo alla presa dell’impronta in monofase del bloccaggio,<br />

con portaimpronta in<strong>di</strong>viduale forato per i transfer sulle varie fixture e fibre <strong>di</strong> retrazione gengivale sugli elementi<br />

naturali. Il materiale da impronta usato è un putty polivinilsilossilano e light. Il laboratorio quin<strong>di</strong> ha prodotto le<br />

primarie in oro con vite passante sulle quali è stato cementato il provvisorio. Il tecnico inoltre ha costruito delle <strong>di</strong>me<br />

(chiavette) in resina per il corretto posizionamento delle primarie. Molta cura viene poi de<strong>di</strong>cata al con<strong>di</strong>zionamento<br />

<strong>dei</strong> tessuti molli tramite il perfetto <strong>di</strong>segno <strong>dei</strong> margini del provvisorio. Con la medesima impronta il laboratorio ha<br />

prodotto nuovamente della primarie fornite <strong>di</strong> chiavette per il posizionamento delle stesse. Come già detto in<br />

precedenza importante è la conservazione della giusta <strong>di</strong>mensione verticale della paziente. A tal fine sono stati usati <strong>dei</strong><br />

check articolari in Dura Lay uniti sulle chiavette <strong>di</strong> posizionamento, per dare la corretta informazione al laboratorio<br />

riguardante sia la <strong>di</strong>mensione verticale che l’ articolazione.<br />

Acquisiti tali parametri si procede alla prova delle secondarie ed infine alla prova della ceramica.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: La risoluzione <strong>di</strong> un caso cosi` complesso dal punto <strong>di</strong> vista tecnico richiede<br />

pertanto uno sforzo in più da parte del laboratorio e dell’operatore par avere la massima precisione e per il corretto<br />

trasferimento <strong>di</strong> informazioni dalla bocca del paziente al laboratorio e viceversa.Solo una attenta pianificazione e stu<strong>di</strong>o<br />

approfon<strong>di</strong>to delle molteplici variabili, puo` consentire al clinico un risultato pre<strong>di</strong>cibile e la piena sod<strong>di</strong>sfazione del<br />

paziente.


UTILIZZO DEL LASER A DIODI IN PROTESI FISSA.<br />

Tonoli G*, Manconi FM*, M*, Campailla,.*, Tonoli A.°,<br />

*Università degli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genova – Di.S.T.Bi.M.O. – Centro Dipartimentale <strong>di</strong> Laser Chirurgia e Laser Terapia<br />

°Ospedale”S. Giovanni Calibita”Fatebenefratelli-Isola Tiberina, Roma<br />

INTRODUZIONE: L’utilizzo del laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> in protesi fissa per l’apertura del solco pre-impronta è stato descritto da<br />

numerosi autori nel corso degli anni. La lunghezza d’onda <strong>di</strong> 810nm e 980 nm permette un’efficace azione <strong>di</strong> taglio,<br />

oltre a garantire una adeguata emostasi.<br />

OBIETTIVI: scopo del presente lavoro scientifico era la valutazione comparativa <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenti tecniche <strong>di</strong> apertura del<br />

solco protesico.<br />

MATERIALI E METODI: Nel centro <strong>di</strong>partimentale <strong>di</strong> laser terapia e laser chirurgia dell’Università <strong>di</strong> Genova sono<br />

state rilevate 40 impronte <strong>di</strong> elementi dentari che necessitavano <strong>di</strong> corone protesiche totali. 20 elementi sono stati trattati<br />

con la meto<strong>di</strong>ca del doppio filo, 20 elementi con apertura del solco me<strong>di</strong>ante laser a <strong>di</strong>o<strong>di</strong> 980 nm, potenza 1 W in<br />

modalità continua con fibra da 320 micron. Le impronte sono state realizzate con tecnica bifase bicomponente con<br />

polivinilsilossano per ad<strong>di</strong>zione ( putty e light body)<br />

RISULTATI: Le meto<strong>di</strong>che utilizzate consentono, nelle mani <strong>di</strong> operatori esperti, <strong>di</strong> aprire efficacemente il solco<br />

protesico e <strong>di</strong> rilevare correttamente il finishing line e l’oltre fine preparazione.<br />

CONCLUSIONI: Entrambe le tecniche consentono <strong>di</strong> ottenere buoni risultati clinici, se applicate correttamente.


RESTAURAZIONI IN ZIRCONIA SU PILASTRI NATURALI: PRECISIONE MARGINALE E LEGAME<br />

CON LA CERAMICA.<br />

Pettinicchio M, Murmura G, Traini T, Di Iorio D, Caputi S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Università degli Stu<strong>di</strong> “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara Direttore:<br />

Prof. S.Caputi<br />

OBIETTIVI: La zirconia è un materiale <strong>di</strong> largo impiego nei restauri metal-free in virtù delle sue proprietà fisicomeccaniche<br />

e delle sue caratteristiche ottiche. Nonostante vi sia stata un’accelerazione della ricerca sui materiali<br />

innovativi, a fronte <strong>di</strong> molti dati sulla biocompatibilità, restano scarse le informazioni inerenti la precisione marginale<br />

ed il legame zirconia-ceramica. Scopo del presente lavoro è quello <strong>di</strong> valutare il legame zirconia-ceramica in funzione<br />

del trattamento <strong>di</strong> superficie e la precisione marginale in vivo <strong>di</strong> corone singole dopo cementazione. MATERIALI E<br />

METODI: Per lo stu<strong>di</strong>o sono stati valutati 15 campioni costituiti da barre <strong>di</strong> 1 mm <strong>di</strong> spessore, 4mm <strong>di</strong> larghezza e 20<br />

mm <strong>di</strong> lunghezza <strong>di</strong> zirconia (DIADEM SAS, Louey, France) con trattamento <strong>di</strong> sabbiatura e rifinitura meccanica sovra<br />

cotte con ceramica (E-Max IVOCLAR VIVADENT AG, Schaan, Liechtenstein). Le analisi sono state condotte al SEM<br />

(Zeiss EVO 50 LaB6, Carl Zeiss SMT Ltd, Cambridge, England), ed al CSLM (510 Meta, Carl Zeiss SMT Ltd,<br />

Oberkochen, Germany) dopo test meccanici a flessione su tre punti, secondo la normativa 40/678, fino a rottura,<br />

impiegando una UTM (Lloyd 30k, Lloyd Instruments Ltd, Segensworth, UK). La precisione marginale è stata valutata<br />

facendo delle repliche del gap marginale su corone singole <strong>di</strong> una riabilitazione totale in zirconia-ceramica a 24 mesi<br />

dalla cementazione. I campioni sono stati valutati al SEM con misurazioni ed analisi <strong>dei</strong> valori me<strong>di</strong> e <strong>di</strong> varianza del<br />

gap marginale. RISULTATI: I campioni sabbiati hanno mostrato uno sforzo massimo a flessione statisticamente<br />

superiore rispetto a quelli fresati (p


ADESIONE DI TRE DIVERSE CERAMICHE DI RIVESTIMENTO ESTETICHE AD UNA STRUTTURA DI<br />

ZIRCONIO PER RESTAURI COMPLETAMENTE CERAMICIA, MISURATA MEDIANTE LA METODICA<br />

“MICROTENSILE”.<br />

Fazi G, Vichi A, Ferrari M<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Siena – Dottorato <strong>di</strong> ricerca in biotecnologie – Siena – Italy.<br />

OBIETTIVI: Le strutture <strong>di</strong> zirconio per uso dentale devono essere necessariamente rivestite da una ceramica<br />

feldspatica al fine <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le necessità estetiche. L’adesione tra ceramica <strong>di</strong> rivestimento e struttura zirconica<br />

rappresenta un requisito fondamentale al fine <strong>di</strong> evitare fallimenti catastrofici. Nella routine <strong>dei</strong> laboratori odontotecnici<br />

le strutture <strong>di</strong> zirconio <strong>di</strong> varia provenienza vengono ceramizzate con una ceramica idonea ma non necessariamente<br />

della stessa casa costruttrice della struttura. Lo scopo <strong>di</strong> questa ricerca è stato <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are, me<strong>di</strong>ante un test<br />

“microtensile” la forza <strong>di</strong> adesione fra tre <strong>di</strong>verse ceramiche feldspatiche e una struttura in zirconio. MATERIALI E<br />

METODI: Sono stati creati <strong>di</strong>schi bilaminari del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> 15mm e dello spessore <strong>di</strong> 6 mm, costituiti da una struttura<br />

in zirconio LAVA <strong>di</strong> spessore 3mm e da una ceramica da rivestimento sempre <strong>di</strong> spessore 3mm fra le tre testate<br />

ovvero:VITA VM9, Lava Ceram e Creation ZI. La struttura in zirconio è stata sabbiata prima della ceramizzazione. È<br />

stata impiegata una tecnica <strong>di</strong> stratificazione convenzionale con al massimo tre cotture utilizzando le informazioni dalla<br />

casa produttrice. I <strong>di</strong>schi sono stati sezionati me<strong>di</strong>ante una sega rotante <strong>di</strong> precisione con raffreddamento ad acqua, in<br />

“microsticks” <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni 6mm x 1mm x 1mm. La forza d’adesione tra ceramica <strong>di</strong> rivestimento e struttura in<br />

zirconio è stata misurata me<strong>di</strong>ante il test “microtensile”. Le superfici <strong>dei</strong> campioni fratturati sono stati analizzate<br />

me<strong>di</strong>ante microscopio a scansione elettronica. RISULTATI: Le me<strong>di</strong>e della forze <strong>di</strong> adesione registrate con il test <strong>di</strong><br />

“microtensile” sono risultate essere: VITA VM9 23.52 MPa (8.33), Creation ZI 18.35 MPa (6.40), and Lava Ceram<br />

14.76 MPa (4.00). Le <strong>di</strong>fferenze erano statisticamente significative. I fallimenti erano prevalentemente adesivi.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: VITA VM9 su una struttura allo zirconio LAVA ha esibito una forza d’adesione<br />

significativamente più alta rispetto a Creation ZI. VITA VM9 and Creation ZI senza l’impiego <strong>di</strong> alcun “liner” hanno<br />

mostrato valori d’adesione significativamente più alti rispetto a Lava Ceram con l’applicazione dello specifico “liner”.


ESTETICA IN IMPLANTOPROTESI: PERSONALIZZIONE DI MONCONI IN ZIRCONIO<br />

Sartori M, Longoni S, Monguzzi R, Baldoni M.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Neuroscienze e Tecnologie biome<strong>di</strong>che , Università <strong>di</strong> Milano-Bicocca.<br />

OBIETTIVO: <strong>di</strong>verse aziende implantari propongono oggi l’utilizzo <strong>di</strong> monconi costituiti dall’incollaggio <strong>di</strong> una parte<br />

in titanio (che riproduce la connessione) ed una in zirconio (moncone) per la soluzione <strong>dei</strong> casi a forte valenza estetica.<br />

Tuttavia, esistono <strong>dei</strong> limiti rappresentati dalla impossibilità <strong>di</strong> migliorarne la forma me<strong>di</strong>ante aggiunta <strong>di</strong>retta <strong>di</strong><br />

materiale ceramico a causa delle elevate temperature necessarie alla cottura, che comprometterebbero l’incollaggio<br />

industriale tra titanio e zirconio del moncone stesso. Inoltre, l’alto valore della quantità <strong>di</strong> bianco dello zirconio, spesso<br />

non rappresenta un vero e proprio svantaggio: in caso <strong>di</strong> retrazione gengivale si può assistere alla scopertura <strong>di</strong> un<br />

bordo bianco molto chiaro che determina il fallimento estetico.<br />

Scopo del lavoro è proporre una meto<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> personalizzazione <strong>di</strong> monconi realizzati interamente in zirconio per<br />

superare i limiti sopracitati.<br />

MATERIALI E METODI: sono stati trattati 5 pazienti me<strong>di</strong>ante l’inserzione <strong>di</strong> 10 impianti Prima (Keystone Dental)<br />

nel settore anteriore superiore. Per la riabilitazione protesica si sono scelti monconi interamente in zirconio con vite<br />

passante in titanio. Si sono rilevate le impronte con tecnica pick-up e si è proceduto a colare il modello master con la<br />

riproduzione <strong>dei</strong> tessuti molli in silicone. Successivamente si sono posizionati i monconi sul modello master e si è<br />

personalizzato il moncone in relazione alla posizione <strong>dei</strong> tessuti molli del tunnel implantare. In particolare<br />

l’odontotecnico è intervenuto me<strong>di</strong>ante fresatura ed apposizione <strong>di</strong> ceramica. Infine, la riabilitazione è stata completata<br />

con corone in ceramica integrale.<br />

RISULTATI: in tutti i casi trattati il profilo <strong>di</strong> emergenza si è ottenuto aggiungendo ceramica specifica sull’abutment<br />

standard fornito dall’industria, modulandone così il profilo <strong>di</strong> emergenza ed il colore del moncone in relazione al<br />

restauro finale. Dopo 18 mesi dal carico definitivo il camouflage estetico è risultato ottimale e in nessun caso si è<br />

verificato il <strong>di</strong>stacco della ceramica aggiunta.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: utilizzando abutment interamente in zirconio si sono potuti realizzare monconi<br />

con colore e profilo <strong>di</strong> emergenza ottimali superando i limiti tecnologici <strong>di</strong> quelli costituiti da titanio e zirconio incollati<br />

fra loro. Unico svantaggio della tecnica riscontrato è quello che la ceramica specifica non è completamente ra<strong>di</strong>opaca e<br />

pertanto fornisce scarse in<strong>di</strong>cazioni sul fit tra la corona e la spalla dell’abutment personalizzato.


ANALISI FONETICA IN PROTESI TOTALE: INFLUENZA DEL MONTAGGIO DEI DENTI FRONTALI.<br />

Giovannetti M, Casucci A, Mazzitelli C, Borracchini A.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche ed Oftalmologiche, Università <strong>di</strong> Siena, Siena, Italia.<br />

OBIETTIVI: Valutare l’effetto del montaggio in posizione crestale <strong>dei</strong> denti frontali in protesi totale sulla pronuncia<br />

del fonema /s/ attraverso l’utilizzo del software Multispeech ed in<strong>di</strong>viduare possibili <strong>di</strong>fferenze tra campioni maschili e<br />

femminili. MATERIALI E METODI: La protesi totale superiore <strong>di</strong> sei pazienti (3 uomini e 3 donne) è stata duplicata.<br />

Una chiave in silicone è stata utilizzata per registrare la posizione corretta degli elementi frontali superiori. Questo<br />

proce<strong>di</strong>mento ha permesso <strong>di</strong> trasferire la posizione <strong>dei</strong> denti frontali superiori in una <strong>di</strong>rezione più crestale. Tutti i<br />

campioni sono stati invitati a pronunciare la parola italiana “sasso” per 8 volte sia con la protesi corretta che con quella<br />

mo<strong>di</strong>ficata in senso crestale. I suoni sono stati analizzati con il software Multispeech. Il suono del fonema /s/ è stato<br />

misurato e la frequenza fondamentale (F0), lo spettro d’energia e la trasformata <strong>di</strong> Fourier (FFT) sono stati determinati.<br />

Il Kolmogorov-Smirnoff e il Paried t tests sono stati utilizzati per l’analisi statistica (p0.05). Differenze statisticamente significative della frequenza fondamentale si sono<br />

osservate tra i soggetti maschili e femminili (p


VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI PROTESICHE NEL SOGGETTO ANZIANO<br />

ISTITUZIONALIZZATO<br />

Spinas E, Pittau R, Atzeni L, Savasta A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> P. D.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Tit. Prof. Spinas E.<br />

INTRODUZIONE: Sebbene le cure odontoiatriche abbiano avuto dall’inizio del secolo un’evoluzione straor<strong>di</strong>naria,<br />

raggiungendo alti livelli <strong>di</strong> efficienza in molti paesi, l’assistenza odontoiatrica agli anziani è nettamente carente.<br />

OBIETTIVI: L'obiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato indagare le con<strong>di</strong>zioni delle riabilitazioni protesiche in soggetti<br />

anziani, ospiti <strong>di</strong> case protette, al fine <strong>di</strong> valutare la necessità d’intervento terapeutico.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati esaminati 90 residenti in case protette <strong>di</strong> Cagliari e <strong>di</strong>ntorni oppure ospiti <strong>di</strong><br />

strutture del S.S.N. Come strumento d’indagine è stato utilizzato un questionario sud<strong>di</strong>viso in <strong>di</strong>verse sezioni<br />

riguardanti lo stato mentale, la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> salute generale ed orale.<br />

RISULTATI: Per quanto riguarda lo stato mentale 30 pazienti non erano collaboranti e <strong>di</strong> questi 11 non hanno<br />

permesso una visita odontoiatrica. E' stata rilevata la quantità <strong>di</strong> soggetti protesizzati: 43 pazienti su un totale <strong>di</strong> 79<br />

esaminati, <strong>di</strong> cui 10 portatori <strong>di</strong> protesi scheletrate e 33 riabilitati con protesi totali . Per quanto riguarda la valutazione<br />

delle con<strong>di</strong>zioni protesiche i parametri considerati sono stati: la ritenzione, la stabilità, la manutenzione, l’usura, la<br />

<strong>di</strong>mensione verticale, il giu<strong>di</strong>zio estetico dell’odontoiatra, il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione del paziente (l’insufficienza <strong>di</strong><br />

almeno due <strong>di</strong> questi parametri ha determinato la classificazione della protesi come incongrua) e l’igiene della protesi<br />

dentaria.<br />

La percentuale <strong>dei</strong> soggetti che presentavano incongruità della protesi totale era quasi del 91% , inoltre il 45% delle<br />

protesi totali presentavano inadeguata mantenimento igienico del manufatto protesico.<br />

CONCLUSIONI: Alla luce <strong>dei</strong> dati emersi è auspicabile l’attuazione <strong>di</strong> terapie odontoiatriche anche presso questa<br />

tipologia <strong>di</strong> strutture al fine <strong>di</strong> garantire ai pazienti ospiti non solo la salute generale ma anche quella orale.


VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI DEL CAVO ORALE IN SOGGETTI GERIATRICI OSPITI IN<br />

STRUTTURE PROTETTE<br />

Spinas E, Pittau R, Atzeni L, Savasta A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> P. D.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Tit. Prof. Spinas E.<br />

INTRODUZIONE: L’invecchiamento progressivo della popolazione è un fenomeno <strong>di</strong> massa con importanti risvolti<br />

socio-sanitari poichè molte persone anziane non potendo godere <strong>di</strong> un’assistenza familiare devono essere ospitate in<br />

case <strong>di</strong> riposo. Si rendono quin<strong>di</strong> necessarie specifiche e <strong>di</strong>versificate forme <strong>di</strong> intervento sul piano sociale oltre che su<br />

quello strettamente sanitario.<br />

OBIETTIVI:L’obiettivo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato indagare lo stato <strong>di</strong> salute del cavo orale <strong>di</strong> soggetti anziani ospiti <strong>di</strong><br />

case <strong>di</strong> riposo o strutture del SSN al fine <strong>di</strong> valutare la necessità d’intervento terapeutico.<br />

MATERIALI E METODI: Sono stati esaminati 90 soggetti utilizzando come strumento d’indagine un questionario<br />

riguardante lo stato mentale, la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> salute generale ed orale e le abitu<strong>di</strong>ni nutrizionali .<br />

RISULTATI:Per quanto riguarda lo stato mentale 30 pazienti non erano collaboranti e <strong>di</strong> questi 19 non hanno<br />

collaborato alla compilazione <strong>dei</strong> questionari e 11 non hanno reso possibile una visita odontoiatrica . Nei 71 pazienti<br />

collaboranti ai questionari sono stati posti quesiti riguardanti l'aspetto psicologico, il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione legato<br />

all'utilizzo della protesi ed informazioni <strong>di</strong>etetiche.<br />

Nei 79 soggetti visitati sono stati esaminati l’igiene orale e la con<strong>di</strong>zione <strong>dei</strong> denti residui. E' rilevante la quantità <strong>di</strong><br />

soggetti che presentano inadeguata igiene orale: 37 pazienti con placca e/o tartaro su una totalità <strong>di</strong> 38 pazienti<br />

parzialmente edentuli e 1 con placca su 41 totalmente edentuli. Inoltre per quanto riguarda le con<strong>di</strong>zioni <strong>dei</strong> denti<br />

residui, 32 pazienti erano affetti da parodontopatia, mentre uno solo era affetto da carie.<br />

CONCLUSIONI: Alla luce <strong>dei</strong> dati emersi è necessario prendere coscienza della precaria con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> salute del cavo<br />

orale <strong>dei</strong> soggetti anziani ospiti delle case protette e della necessità d’istituzione <strong>di</strong> un presi<strong>di</strong>o terapeutico da affiancare<br />

a quelli già esistenti.


VANTAGGI NELLA RIABILITAZIONE PROTESICA CON UTILIZZO DI OSSIDO DI ZIRONIO E<br />

TECNOLOGIA CAD/CAM.<br />

Picciariello V. *1 ; Dipalma G. 1,2 ; Tatullo M. 1 ; Inchingolo A.D. 1 ; Marrelli M.W. 1,2 ; Inchingolo A.M. 1 ; Mingrone R. 2 ;<br />

Scandale F. 2 ; Schinco F. 1 ; Inchingolo F. 1,2 .<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

Il termine CAD in<strong>di</strong>ca una tecnologia <strong>di</strong> design in grado <strong>di</strong> progettare oggetti in format <strong>di</strong>gitale con estremo dettaglio e<br />

in prospettive <strong>di</strong>verse, <strong>di</strong> effettuare misurazioni sugli stessi, <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficarne le <strong>di</strong>mensioni ed anche <strong>di</strong> simularne il<br />

comportamento meccanico in relazione alle forme, alle <strong>di</strong>mensioni, alle proprietà fisiche ed alle forze alle quali essi<br />

vengono sottoposti. La trasformazione dell'oggetto <strong>di</strong>gitale in oggetto materiale avviene attraverso l'utilizzo <strong>di</strong> sistemi<br />

<strong>di</strong> macchine utensili robotizzate (CAM) che traducono le forme sviluppate dal computer in oggetti reali. Scopo del<br />

lavoro degli Autori è evidenziare i vantaggi pratici, estetici, funzionali e biologici del binomio ossido <strong>di</strong> zirconio e<br />

tecnologia CAD/CAM rispetto a tra<strong>di</strong>zionali riabilitazioni protesiche in metallo-ceramica. E’ stata considerata una<br />

coorte <strong>di</strong> 22 pazienti con vecchia protesi in metallo ceramica. Si effettua un riabilitazione protesica <strong>dei</strong> singoli casi<br />

avvalendosi della tecnologia CAD/CAM e dell'ossido <strong>di</strong> zirconio. La riabilitazione protesica ottenuta utilizzando la<br />

tecnologia CAD/CAM, nelle fasi <strong>di</strong> laboratorio, e protesi in ossido <strong>di</strong> zirconio nella fase clinica, è caratterizzata da<br />

<strong>di</strong>versi vantaggi rispetto alle meto<strong>di</strong>che tra<strong>di</strong>zionali ed all'utilizzo della metallo-ceramica. In particolare, si apprezza un<br />

maggior rispetto per i tessuti parodontali nella presa dell'impronta (per il mancato uso del filo retrattore) ,una più<br />

naturale translucentezza offerta dall'ossido <strong>di</strong> zirconio, la possibilità <strong>di</strong> evitare sovracontorni in maniera più efficiente,<br />

evitando l'accumulo <strong>di</strong> placca , il posizionamento del margine in posizione più superficiale rispetto alla metalloceramica<br />

ed infine l'eccellente rispetto biologico dell'ossido <strong>di</strong> zirconio. Infine, grazie a stu<strong>di</strong> ingegneristici inerenti il<br />

comportamento meccanico della protesi in ossido <strong>di</strong> zirconio, si è appurato come tale materiale protesico abbia una<br />

resistenza superiore a comuni materiali protesici (leghe) nel sopportare anche elevati carichi masticatori.<br />

.


L’USO CLINICO DELLO ZIRCONIO NELLA RIABILITAZIONE PROTESICA.<br />

Giovannetti A, Corigliano M, Pompa G, Di Carlo S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Sapienza Università <strong>di</strong> Roma, Italia. agostino.giovannetti@uniroma1.it<br />

OBIETTIVI: L’obbiettivo della ricerca è quello <strong>di</strong> dertiminare il grado <strong>di</strong> resistenza alla rottura <strong>di</strong> ponti nei settori<br />

posteriori con cementi <strong>di</strong>versi e <strong>di</strong> definire <strong>di</strong>segno e spessori che garantiscano la resistenza ai carichi masticatori.<br />

MATERIAL E METODI: Il sistema CAD/CAM “ECHO” (Sweden & Martina) è composto da tre moduli. L’ECHO<br />

scanner crea automaticamente un modello in 3D dell’elemento dentale prodotto dal laboratorio. Il tempo <strong>di</strong> scansione ed<br />

elaborazione dati per un’arcata o un singolo moncone è <strong>di</strong> circa 2-3 min. in funzione della risoluzione impostata. Per<br />

l’elaborazione dati l’operatore può progettare lavori protesici personalizzati utilizzando ECHO Software. Si possono<br />

visualizzare inoltre tutti i modelli <strong>di</strong> riferimento scansionati in precedenza come la registrazione del morso e la ceratura<br />

<strong>di</strong>agnostica. ECHO è l’unico sistema in grado <strong>di</strong> offrire un software <strong>di</strong> modellazione <strong>di</strong> monconi in<strong>di</strong>viduali che<br />

permette <strong>di</strong> personalizzare dettagli minimi come profili anatomici, altezze e angolazioni variabili, coulisse<br />

antirotazione, ecc.<br />

RISULTATI: Sono stati selezionati 16 pazenti per stabilire la resistenza alla rottura <strong>di</strong> ponti in ossido <strong>di</strong> zirconio nei<br />

settori posteriori con cementi <strong>di</strong>versi. Sono stati inglobati 32 molari umani in resina PMMA per simulare la situazione<br />

clinica <strong>di</strong> un ponte <strong>di</strong> tre elementi. Le ra<strong>di</strong>ci sono state coperte con uno strato <strong>di</strong> poliestere <strong>di</strong> circa 1 mm. che simulava<br />

il parodonto. Sono stati realizzati 16 ponti in ossido <strong>di</strong> zirconio, cementati sia con tecnica adesiva (Variolink2) che in<br />

modo convenzionale vetroionomero-resinoso (Fuji Plus), vetroionomero (Ketac Cem), ossido <strong>di</strong> zinco (Harvard).<br />

Dopo aver applicato carico termico variabile e carico meccanico [TCML; 6.000 cicli termici (5 °C/55 °C) e 1,2 x 10 6<br />

cicli masticatori simulati (50 N)] è stata rilevata la resistenza alla rottura (UTM 1446, v = 1 mm/min) <strong>di</strong> 12 ponti. Nei<br />

ponti in ossido <strong>di</strong> zirconio cementati in maniera tra<strong>di</strong>zionale non si sono potute stabilire <strong>di</strong>fferenze statistiche<br />

significative. Cementando con la tecnica adesiva tutti i ponti hanno mostrato forze <strong>di</strong> rotture limitate. Solo con<br />

vetroionomero-resinoso (Fuji Plus) i risultati sono stati statisticamente significativi. Per ciò che riguardo il <strong>di</strong>segno e lo<br />

spessore se sviluppato in altezza sviluppa una resistenza <strong>di</strong> due volte maggiore rispetto al carico occlusale. Mentre se<br />

sviluppato in larghezza la sua resistenza aumenta <strong>di</strong> otto volte. Le forze <strong>di</strong> rottura <strong>di</strong> tutti i ponti in ossido <strong>di</strong> zirconio si<br />

trovano in un range che lascia prevedere una prospettiva <strong>di</strong> successo per l’utilizzo clinico del materiale nei settori<br />

posteriori.<br />

CONCLUSIONI: Si è quin<strong>di</strong> sempre alla ricerca <strong>di</strong> restauri dentali con alti coefficienti estetici e <strong>di</strong> resistenza e<br />

l’ossido <strong>di</strong> zirconio risponde ottimamente a tale requisito.


VALUTAZIONE DEL RIASSORBIMENTO OSSEO PERIMPLANTARE NEI PAZIENTI PORTATORI DI<br />

OVERDENTURE IMPLANTO-SUPPORTATE.<br />

Rickjievic I., Di Iorio D., Sinjari B., Varvara G., Traini T.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Univ. Degli Stu<strong>di</strong> “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara Direttore Prof. S.<br />

Caputi<br />

OBIETTIVI: Scopo del presente lavoro è <strong>di</strong> condurre una valutazione quantitativa sul riassorbimento osseo periimplantare<br />

in pazienti riabilitati con overdentures supportate da impianti.<br />

MATERIALI E METODI: Per il presente stu<strong>di</strong>o sono stati selezionati 32 pazienti <strong>di</strong> età compresa tra 48-72<br />

(59,5±9,98 Me<strong>di</strong>a±Dev. St.). I pazienti sono portatori <strong>di</strong> overdenture implanto-supportate ancorate a 4 impianti nell’area<br />

interforaminale della man<strong>di</strong>bola e 4 impianti nel mascellare superiore per un totale <strong>di</strong> 128 impianti man<strong>di</strong>bolari e 128<br />

mascellari. Per valutare il riassorbimento osseo perimplantare ciascun impianto è stato ra<strong>di</strong>ografato al T0 (momento del<br />

carico); T1 (6 mesi) T2 (12 mesi) T3 (24 mesi). Sulle immagini ottenute sono state realizzate le misurazioni relative al<br />

livello osseo perimplantare me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> un software de<strong>di</strong>cato (Image j).<br />

RISULTATI: Per gli impianti inseriti nel mascellare si è rilevato un riassorbimento me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 0,60±0,23 (M±SD); per<br />

gli impianti inseriti nella man<strong>di</strong>bola il riassorbimento era pari a 0,40±0,19 (M±SD) al T1; 1,0±0,31 (M±SD) e 0,9±0,28<br />

(M±SD) a T2; 1,3±0,19 (M±SD) e 1,2±0,17 (M±SD) al T3. L’analisi statistica evidenzia la presenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferenza<br />

significativa tra i gruppi T1-T2 e T1-T3, mentre non esiste <strong>di</strong>fferenza significativa tra T2 e T3.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Dal presente stu<strong>di</strong>o si evince che il carico protesico determina un riassorbimento<br />

osseo peri-implantare maggiore durante il primo anno <strong>di</strong> funzione.


TRATTAMENTO RIABILITATIVO IMPLANTO PROTESICO NELLE EDENTULIE TOTALI<br />

FOLLOW-UP A CINQUE ANNI CON ANCORAGGI BALL- ATTACHMENT.<br />

Laplena D. Posa<strong>di</strong>nu A. Folegatti G.P.<br />

Istituto Scientifico San Raffaele Milano- Reparto <strong>di</strong> odontoiatria Dir.Prof. E. Gherone<br />

Obiettivo:presentare un modello <strong>di</strong> riabilitazione protesica in pazienti con edentulia totale nell’ottica <strong>di</strong> un progetto <strong>di</strong><br />

protesi sociale.Materiali e meto<strong>di</strong>: Viene presentata una casistica eseguita presso il reparto <strong>di</strong> <strong>Odontoiatria</strong> dell’Istituto<br />

Scientifico San Raffaele <strong>di</strong> Milano (Dir.E.Gherlone) nella quale sono stati riabilitati e monitorati 18 pazienti <strong>di</strong> età<br />

compresa tra 49 e 78 anni in buone con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute generale.Sono stati esclusi pazienti che presentavano patologie<br />

sistemiche, problemi <strong>di</strong>sfunzionali, bruxisti, sottoposti trattamenti ra<strong>di</strong>oterapici negli ultimi sei mesi.Nella scelta <strong>dei</strong><br />

pazienti da sottoporre a tale riabilitazione sono stati valutati oltre ai fattori riabilitativi propri ( fattori <strong>di</strong> tipo anatomico<br />

quali deficit ossei trasversali e verticali, rapporti interarcate, <strong>di</strong>mensione verticale, estetica e sostegno <strong>dei</strong> tessuti molli)<br />

anche e prevalentemente problematiche <strong>di</strong> tipo economico in funzione della tipologia <strong>di</strong> pazienti che presentano queste<br />

patologie <strong>di</strong> edentulismo totale.I pazienti sono stati sottoposti ad una prima fase chirurgica che prevedeva l’inserimento<br />

<strong>di</strong> 4 impianti in regione infrasinusale o inframentoniera. Dopo un periodo <strong>di</strong> 3 mesi circa necessario<br />

all’osteointegrazione degli impianti inseriti, si provvedeva alla realizzazione <strong>di</strong> una protesi totale <strong>di</strong> tipo classico per<br />

l’arcata inferiore , ma con copertura palatale ridotta per l’arcata superiore. Dopo una settimana venivano montati 4<br />

attacchi in teflon sulla protesi per ottenere un supporto impianto-mucoso e un ancoraggio implantare. Tali pazienti sono<br />

stati sottoposti a follow-up clinici e ra<strong>di</strong>ografici fino a 5 anni.Risultati: Dei 72 impianti inseriti 2 non osteointegrati sono<br />

stati rimossi e sostituiti prima del carico protesico . I pazienti riabilitati con questa meto<strong>di</strong>ca riferiscono un sensibile<br />

miglioramento soggettivo della capacità e funzionalità masticatoria, oltre che un aumento <strong>di</strong> autostima, della qualità <strong>di</strong><br />

vita e relazioni sociali.Conclusioni: Questa riabilitazione protesica presenta rispetto ad una protesi totale tra<strong>di</strong>zionale<br />

una serie <strong>di</strong> vantaggi tra i quali, la possibilità <strong>di</strong> ridurre il palato e accorciare o quando necessario per ragioni estetiche<br />

rimuovere la flangia vestibolare anteriore, e rispetto alla barra, il vantaggio <strong>di</strong> una più facile igiene da parte del paziente,<br />

necessità <strong>di</strong> minor spazio verticale e costi e passaggi clinici ridotti. Riteniamo questa possa essere una valida alternativa<br />

protesica, anche se un periodo <strong>di</strong> follow-up maggiore e altri stu<strong>di</strong> clinici sono certamente in<strong>di</strong>cati.


ANALISI FOTOELASTICA SULLA PASSIVAZIONE DELLE STRUTTURE PROTESICHE A SUPPORTO<br />

IMPLANTARE.<br />

Frisone S., Di Iorio D., Pettinicchio M., Sinjari B., Murmura G.<br />

Univ.degli Stu<strong>di</strong> “G.D’Annunzio”Chieti-Pescara Dipartimento <strong>di</strong> scienze Odontostomatologiche Direttore:Prof.S.<br />

Caputi<br />

Obiettivi: scopo del presente lavoro è la valutazione quali-quantitativa degli effetti <strong>di</strong> una barra estensoria <strong>di</strong> 5-7mm in<br />

overdenture man<strong>di</strong>bolari su 2 impianti. Materiali e meto<strong>di</strong> : sono stati realizzati 2 modelli in resina fotoelastica,<br />

simulanti una man<strong>di</strong>bola, in ciascuno <strong>dei</strong> quali sono stati inseriti 2 impianti cilindrici OSSEOTITE Certain tm 5,0 mm per<br />

11,5 mm. Su questi sono state realizzate nel primo una barra senza cantilever, nel secondo una barra con cantilever e<br />

due overdenture connesse con cavalieri <strong>di</strong> Ackermann: i due cantilever non si estendono oltre la superficie <strong>di</strong>stale del<br />

primo premolare. In seguito ogni modello è stato sottoposto a carico in <strong>di</strong>versi punti del tavolato occlusale tramite<br />

macchina per test universali ed è stata valutata con lenti polarizzate la trasmissione del carico al peri-impianto.<br />

Risultati: nel modello con cantilever ad un carico <strong>di</strong> 70N nella fossa centrale del primo premolare sono stati registrati i<br />

seguenti valori: 1 or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> frangia che dalla regione apicale dell’impianto del lato caricato si irra<strong>di</strong>a lungo la superficie<br />

mesiale e lievemente <strong>di</strong>stalmente; 1 or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> frangia è stato visto anche sulla sella edentula caricata e nella porzione<br />

mesio-apicale dell’impianto dal lato non caricato. Nel modello senza cantilever ad un carico <strong>di</strong> 70N sono stati registrati<br />

i seguenti i valori: meno <strong>di</strong> 1 or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> frangia che dalla regione apicale dell’impianto del lato caricato si irra<strong>di</strong>a lungo la<br />

superficie mesiale e lievemente <strong>di</strong>stalmente; meno <strong>di</strong> 1 or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> frangia è stato visto anche sulla sella edentula caricata<br />

e nella porzione mesio-apicale dell’impianto del lato non caricato, non è stato possibile <strong>di</strong>scernere stress sulla cresta<br />

edentula non caricata. Discussione e conclusioni : entrambi i modelli evidenziano un basso trasferimento <strong>di</strong> stress all’<br />

impianto omolaterale e controlaterale; dal presente stu<strong>di</strong>o, pertanto, si evince che la presenza o meno del cantilever è<br />

ininfluente rispetto all’ ampiezza delle forze.


VARIAZIONE DEL PERIODO SILENTE PRIMA E DOPO L'ANCORAGGIO IMPLANTARE NEL<br />

PAZIENTE EDENTULO.<br />

Notaro V Ferretti F. Carrozzo G.. Bassi F.<br />

Dip. Di Scienze Biome<strong>di</strong>che ed Oncologia Umana dell’Università <strong>di</strong> Torino<br />

Il Periodo Silente (PS) è un silenzio elettromiografico (una pausa dell’attività) o una inibizione che si manifesta in<br />

seguito ad uno stimolo. Questo evento è stato osservato anche nei muscoli masticatori (in particolare nel muscolo<br />

massetere e nel temporale) e può essere generato da vari stimoli.<br />

In letteratura la tecnica più utilizzata per evocare questo fenomeno è rappresentata da una stimolazione meccanica <strong>dei</strong><br />

denti. I recettori parodontali creano un PS che è me<strong>di</strong>ato da un circuito oligosinaptico (nella maggior parte <strong>dei</strong> casi è<br />

<strong>di</strong>sinaptico), il quale attiva un neurone inibitore nei confronti del motoneurone del muscolo. Il PS nei pazienti edentuli,<br />

dopo che sono stati riabilitati con protesi mobile totale è più lungo rispetto a quello fisiologico <strong>dei</strong> dentati. Questo è<br />

possibile perché intervengono circuiti nervosi <strong>di</strong>versi che ricreano questo fenomeno. Obiettivi: Lo scopo <strong>di</strong> questo<br />

stu<strong>di</strong>o è stabilire se l’ancoraggio implantare della protesi mobile totale man<strong>di</strong>bolare in pazienti completamente edentuli<br />

induce mo<strong>di</strong>ficazioni nel PS.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Lo stu<strong>di</strong>o prevede il reclutamento <strong>di</strong> 5 pazienti completamente edentuli, i quali sono stati riabilitati<br />

con protesi totale. Queste sono state ancorate a impianti posizionati nell'area interforaminale.<br />

L'attività elettromiografica del muscolo massetere è stata registrata con elettro<strong>di</strong> <strong>di</strong> superficie. Ad ogni paziente è stato<br />

chiesto <strong>di</strong> aprire e chiudere la bocca al fine <strong>di</strong> ottenere una rapida occlusione delle protesi mascellari e man<strong>di</strong>bolari. Ai<br />

soggetti è stato chiesto <strong>di</strong> esercitare una lieve pressione nella parte finale del movimento <strong>di</strong> chiusura, prima della<br />

riapertura. Il processo è stato ripetuto per tre volte da ogni singolo paziente al fine <strong>di</strong> ottenere le caratteristiche me<strong>di</strong>e<br />

del PS. In seguito le protesi sono state ancorate agli impianti e la procedura è stata ripetuta con le relative registrazioni<br />

dopo un giorno dall’ancoraggio. Conclusioni: Dopo la connessione implantare l’attività elettromiografica presenta<br />

caratteristiche simili al paziente dentato.


NUOVA METODICA D’IMPRONTA PER LA REALIZZAZIONE DEL PERNO MONCONE<br />

Palla<strong>di</strong>no A. *1 ; Inchingolo A.D. 1 ; Marrelli M.W. 1,2 ;Schinco F. 1 ; Tatullo M. 1 ; Inchingolo A.M. 1 ; Angelini V. 1 ;<br />

Dipalma G. 1,2 ; Valenzano A.L 1 .; Scandale F. 2 ; Inchingolo F. 1,2<br />

1 Univ. degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Bari. Dip.<strong>di</strong> Odontostomatol. e Chir., Dir.:Prof. G.RIZZO. 2 Calabrodental S.r.l. Unità Operativa<br />

complessa <strong>di</strong> Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale Regione Calabria – Crotone Dir. San: Dott. M. W.<br />

MARRELLI. CLSOPD Bari, Pres.: Prof. L. NITTI<br />

L’obiettivo del presente lavoro è illustrare una nuova tecnica <strong>di</strong> presa dell’impronta <strong>dei</strong> canali per la realizzazione <strong>di</strong> un<br />

perno moncone che consente <strong>di</strong> ottenere un’ impronta altamente precisa per mezzo del completo deflusso dell’aria<br />

contenuta all’interno <strong>dei</strong> canali. Viene presentato un caso clinico con realizzazione <strong>di</strong> perni moncone sugli elementi 4.6<br />

e 4.7 precedentemente devitalizzati. Si è proceduto a preparare i sei canali me<strong>di</strong>ante l’utilizzo <strong>di</strong> alesatori Peeso,<br />

lasciando almeno 4 mm <strong>di</strong> otturazione canalare apicale e uno spessore ra<strong>di</strong>colare non inferiore ai 2/3 della ra<strong>di</strong>ce. Dopo<br />

aver valutato l’assenza <strong>di</strong> imperfezioni all’interno delle preparazioni canalari, è stata rilevata l’impronta delle due arcate<br />

utilizzando un silicone per ad<strong>di</strong>zione in formulazione “putty”. Dopo aver lubrificato i canali degli elementi dentari 4.6 e<br />

4.7 con vaselina applicata con pellet in cotone sterile, sono stati inseriti al loro interno degli aghi monouso per anestesia<br />

, opportunamente ridotti nella loro lunghezza. E’ stato inserito un ago in ogni canale adeguatamente preparato,<br />

ponendolo al centro del canale e con asse parallelo a quello del canale stesso. Del materiale light è stato poi inserito<br />

all’interno <strong>dei</strong> canali mentre con l’aiuto dell’assistente gli aghi venivano mantenuti all’interno <strong>dei</strong> canali. Prima <strong>di</strong> un<br />

completo indurimento del light, sono stati rimossi gli aghi, è stato aggiunto del materiale light sulla prima impronta,<br />

precedentemente scartata degli eccessi, e si è proceduto a rilevare una nuova impronta. Avvenuta la polimerizzazione e<br />

valutata la precisione dell’impronta, quest’ultima è stata inviata all’odontotecnico per la realizzazione <strong>dei</strong> perni<br />

moncone.Questa meto<strong>di</strong>ca, attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> comuni aghi monouso, consente una maggiore precisione nel<br />

rilevamento dell’impronta del canale in quanto permette all’aria presente nel canale <strong>di</strong> defluire all’esterno. Tutto ciò<br />

viene ottenuto senza un significativo aumento <strong>dei</strong> costi <strong>di</strong> realizzazione. L’utilizzo <strong>di</strong> questa meto<strong>di</strong>ca nella realizzaione<br />

dell’impronta <strong>dei</strong> canali consente <strong>di</strong> ottenere una maggiore precisione nella realizzazione del perno moncone senza<br />

influire sui costi <strong>di</strong> produzione.


TRATTAMENTO RIABILITATIVO COMPLESSO IN UN CASO DI AGENESIA<br />

Spinas E, Petti E,Pittau R<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> P. D.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Tit. Prof. Spinas E.<br />

INTRODUZIONE: Il caso presentato ha necessitato <strong>di</strong> un approccio multi<strong>di</strong>sciplinare che ha interessato tutte le fasi <strong>di</strong><br />

maturazione dentale della paziente, finalizzato, poi, con un ponte adesivo FRC per ripristinare l’estetica del sorriso e la<br />

funzione masticatoria compromessa dall’agenesia dell’ incisivo laterale.<br />

OBIETTIVI: Lo scopo del nostro lavoro è quello <strong>di</strong> evidenziare l’importanza <strong>di</strong> un approccio minimamente invasivo in<br />

una patologia <strong>di</strong> interesse multi<strong>di</strong>sciplinare, grazie soprattutto ai nuovi sistemi adesivi e all’introduzione dell’uso delle<br />

fibre <strong>di</strong> vetro e composito (FRC).<br />

MATERIALI E METODI: La giovane paziente ha eseguito un trattamento complesso ortodontico – chirurgico –<br />

protesico sviluppatosi nell’arco <strong>di</strong> 12 anni, che ha visto, dopo un’iniziale visita post-trauma e un accertamento <strong>di</strong><br />

agenesia dell’incisivo laterale deciduo e permanente, un trattamento ortodontico fisso con recupero chirurgico –<br />

ortodontico del canino incluso. Tale trattamento ortodontico ha condotto alla creazione ed il mantenimento in arcata<br />

dello spazio edentulo dell’incisivo laterale permanente. Il dente agenesico, infine, è stato sostituito con una protesi<br />

parziale fissa me<strong>di</strong>ante ponte adesivo FRC.<br />

RISULTATI: Il trattamento ortodontico – protesico, intrapreso sulla giovane paziente, ha permesso un buon<br />

allineamento occlusale con ottenimento <strong>di</strong> corretti rapporti dentali e il mantenimento-riapertura dello spazio agenesico<br />

per la successiva riabilitazione protesica perseguita con la Tecnica del ponte FRC , con il raggiungimento <strong>di</strong> un<br />

complessivo buon risultato estetico finale.<br />

CONCLUSIONI: IL caso esposto <strong>di</strong>mostra come la riabilitazione protesica me<strong>di</strong>ante ponte adesivo FRC è in<strong>di</strong>cata(in<br />

particolare nei giovani adulti ) ogniqualvolta in arcata non risultino con<strong>di</strong>zioni sufficienti per una riabilitazione implanto<br />

– protesica, o quando uno <strong>dei</strong> denti pilastro presenti un rapporto corona – ra<strong>di</strong>ce insufficiente per dare stabilità ad una<br />

riabilitazione protesica fissa tra<strong>di</strong>zionale in metallo – ceramica.


RIABILITAZIONE PROTESICA MEDIANTE L’UTILIZZO DEI PONTI ADESIVI FRC NEI CASI DI<br />

MONOEDENTULIA.<br />

Spinas E, Petti E.,Pittau R.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Cagliari, Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> P. D.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi Dentaria, Tit. Prof. Spinas E.<br />

INTRODUZIONE: Non infrequentemente i pazienti più giovani possono presentare delle forme congenite o acquisite<br />

<strong>di</strong> edentulia, tali situazioni se non opportunamente trattate, possono rappresentare situazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio all’interno del<br />

proprio gruppo adolescenziale, perciò è necessario che vengano correttamente affrontate e risolte anche per assicurare a<br />

tali adolescenti una normale vita <strong>di</strong> relazione.<br />

OBIETTIVI: Scopo del nostro lavoro nell’ambito <strong>di</strong> tali tipologie <strong>di</strong> edentulie è stato quello <strong>di</strong> applicare e verificare un<br />

protocollo conservativo utilizzando le moderne tecniche adesive unite alle fibre <strong>di</strong> vetro e composito come valida<br />

alternativa funzionale ed estetica,rispetto ad altre meto<strong>di</strong>che, nella preparazione <strong>di</strong> ponti adesivi.<br />

MATERIALI E METODI: Negli ultimi 5 anni su un gruppo <strong>di</strong> 20 giovani pazienti (<strong>di</strong> età compresa tra i 14 – 18 aa)<br />

che necessitavano <strong>di</strong> terapia riabilitativa per edentulie parziali, venivano selezionati 9 casi per essere riabilitati con<br />

ponte adesivo (FRC). Per quanto concerne il tipo <strong>di</strong> edentulia <strong>di</strong> tali soggetti, 5 casi presentavano agenesia dell’incisivo<br />

laterale, 2 casi <strong>di</strong> agenesia dell’incisivo laterale esitata da schisi labio – maxillo – palatina e infine 2 casi da trauma<br />

dento-alveolare con per<strong>di</strong>ta in entrambi i casi <strong>di</strong> uno degli incisivi centrali superiori. In tutti questi casi abbiamo<br />

realizzato un ponte adesivo FRC costituito da un materiale ceromero e un materiale rinforzato <strong>di</strong> fibre.<br />

RISULTATI: In tutti i casi realizzati con riabilitazione protesica del tipo ponte adesivo FRC, abbiamo ottenuto una<br />

buon risultato estetico con minima preparazione degli elementi a<strong>di</strong>acenti lo spazio edentulo.<br />

Per quanto concerne il frequente <strong>di</strong>stacco <strong>dei</strong> ponti adesivi descritto ,spesso, in letteratura (con percentuali del 25-31%<br />

), nella nostra casistica i <strong>di</strong>stacchi ammontano al 15% <strong>dei</strong> manufatti cementati e possono essere facilmente emendati.<br />

Di converso si segnalano casi stabili a 8/10 anni soprattutto quando i contatti occlusali e la protrusiva siano state<br />

attentamente verificate. Fattore determinante per la durata in posizione <strong>di</strong> tali protesi è l’accorta preparazione <strong>dei</strong><br />

monconi e l’attenta fase <strong>di</strong> cementazione che deve essere compiuta all’asciutto, con materiali <strong>di</strong> ottima qualità e<br />

secondo protocolli co<strong>di</strong>ficati.<br />

CONCLUSIONI: La tecnica con ponte adesivo FRC è utile e da perseguirsi soprattutto negli adolescenti e giovani<br />

adulti ogniqualvolta si debba posticipare un intervento protesico definitivo o quando la situazione anatomica locale o <strong>di</strong><br />

salute generale sconsiglino interventi più invasivi, nel contempo si puo’ ottenere un risultato funzionalmente ed<br />

esteticamente apprezzabile e con un impegno economico accettabile.


LA CEMENTAZIONE IN COMPOSITO DELLE FACCETTE IN CERAMICA: CONFRONTO FRA DUE<br />

METODICHE<br />

Feletto L.*, Donà M., Zambon V., Favero G., Stellini E.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova – Corso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong> e Protesi Dentatria - Cattedra <strong>di</strong> Parodontologia<br />

Clinica – Direttore: Prof. Edoardo Stellini<br />

Scopo del lavoro: Le faccette in ceramica rappresentano una delle ultime frontiere dell’odontoiatria estetica e<br />

cosmetica. L’obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro è stato quello <strong>di</strong> confrontare sperimentalmente due meto<strong>di</strong>che <strong>di</strong> cementazione<br />

adesiva <strong>dei</strong> manufatti: la tecnica con composito riscaldato e la tecnica con composito a freddo.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>: Sono stati selezionati 20 incisivi centrali, <strong>di</strong>visi random in due gruppi <strong>di</strong> 10 elementi ciascuno.<br />

I denti sono stati preparati con tecnica butt-joint in sola superficie smaltea per uno spessore massimo <strong>di</strong> 0,7 mm.<br />

Mordenzati con acido orto fosforico al 37% per 30 secon<strong>di</strong>, ibri<strong>di</strong>zzati con adesivo e polimerizzati. Le faccette sono<br />

state mordenzate con acido idrofluoridrico per 30 secon<strong>di</strong>, trattate con silano caldo, spalmate <strong>di</strong> adesivo, non<br />

polimerizzate, e caricate <strong>di</strong> composito. Il composito del gruppo A era a temperatura ambiente, quello del gruppo B<br />

riscaldato a 45°C. I manufatti sono stati posizionati sui denti; sono stati rimossi i debor<strong>di</strong> <strong>di</strong> composito ed isolati i bor<strong>di</strong><br />

con glicerolo liquido. Il campione è stato polimerizzato per 120 secon<strong>di</strong>.<br />

In laboratorio sono state eseguite per ogni dente due sezioni al microtomo, una me<strong>di</strong>ana e una marginale. Di ciascuna<br />

sezione sono state ingran<strong>di</strong>te 3 parti: margine cervicale, porzione centrale, margine incisale. Le sezioni così ottenute<br />

sono state sottoposte a doratura per SEM. Gli ingran<strong>di</strong>menti al SEM sono stati ripetuti, costanti per tutti i campioni a<br />

35, 200 e 350 volte. Sono state misurate le <strong>di</strong>stanze tra unità dente – composito e faccetta nelle 3 posizioni e costruite<br />

delle tabelle. Valutata visivamente la <strong>di</strong>stribuzione <strong>dei</strong> riempitivi nei due gruppi alla ricerca <strong>di</strong> eterogeneità.<br />

Risultati: In fase <strong>di</strong> cementazione si è trovata una maggiore maneggevolezza nel gruppo B. In fase <strong>di</strong> preparazione 2<br />

faccette del gruppo A e 4 del gruppo B si sono separati nettamente dall’unità dente – composito. Le <strong>di</strong>stanze misurate<br />

nelle <strong>di</strong>verse posizioni hanno rivelato un minor spessore <strong>di</strong> composito tra dente e faccetta nel gruppo B (circa 4,5%).<br />

Dato rilevante statisticamente. All’esame visivo non si sono rilevati cambiamenti nella <strong>di</strong>stribuzione del riempitivo, non<br />

si sono viste inclusioni <strong>di</strong> bolle d’aria in fase <strong>di</strong> cementazione tra gruppo A e B. tuttavia il gap tra composito e ceramica<br />

è visibile in tutte le fotografie.<br />

Conclusioni: Il riscaldamento del composito agevola la cementazione della faccetta: riduce lo spessore <strong>di</strong> cementazione<br />

e ne aumenta la maneggevolezza, riducendo il rischio <strong>di</strong> frattura durante il lavoro. Il riscaldamento delle masse sembra<br />

non mo<strong>di</strong>ficare sostanzialmente il composito, tuttavia il fatto che le faccette cementate a caldo si siano staccate con<br />

maggior facilità ci ha spinto ad avviare nuovi stu<strong>di</strong>. A breve saranno pubblicati i risultati ottenuti.


VALUTAZIONE QUANTITATIVA SULLA SOPRAVVIVENZA IMPLANTARE DOPO CARICO<br />

PROTESICO. STUDIO CLINICO.<br />

Mirra C., Di Iorio D., Frisone S., Pettinicchio M., Murmura G.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Univ. Degli Stu<strong>di</strong>“G. D’Annunzio” Chieti-Pescara Direttore Prof. S.<br />

Caputi<br />

INTRODUZIONE: L’allungamento della vita me<strong>di</strong>a, la semplificazione del protocollo chirurgico, le recenti<br />

acquisizioni in ambito biome<strong>di</strong>co, hanno contribuito ad incrementare notevolmente l’uso dell’implantologia<br />

osteointegrata come presi<strong>di</strong>o terapeutico. OBIETTIVI: L’obiettivo del presente stu<strong>di</strong>o è <strong>di</strong> valutare il riassorbimento<br />

osseo peri -implantare dopo carico con protesi fissa in metallo ceramica. MATERIALI E METODI: Sono stati<br />

arruolati 56 pazienti (20 uomini e 36 donne) con età compresa tra 23 e 74 anni (53,11±10,27; Me<strong>di</strong>a±Dev. St.). Sono<br />

stati inseriti complessivamente 174 impianti. I pazienti sono stati visitati perio<strong>di</strong>camente dopo 1 mese, 3 mesi, 6 mesi, 1<br />

anno e 2 anni dopo la cementazione definitiva della protesi. Ogni visita veniva sud<strong>di</strong>visa in una fase anamnestica in cui<br />

si chiedeva al paziente se avvertiva dolori, rumori, precontatti e sanguinamento ed un esame clinico. In quest ultimo si<br />

valutava il sondaggio tramite sonda a pressione calibrata 0,2 N, in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> placca e <strong>di</strong> sanguinamento mo<strong>di</strong>ficati<br />

(Mombelli et al. 1987), essudazione e suppurazione, mobilità, percussione e prova occlusale sia in occlusione centrica,<br />

sia nelle escursioni man<strong>di</strong>bolari. Infine veniva valutato il grado <strong>di</strong> riassorbimento osseo perimplantare con esame<br />

ra<strong>di</strong>ografico endorale utilizzando un Gig personalizzato ed una griglia millimetrata ra<strong>di</strong>opaca. RISULTATI: n° 2<br />

impianti falliti ed uno sviamento della vite interna; in 3 pazienti si rilevava la presenza <strong>di</strong> infiammazione a carico <strong>dei</strong><br />

tessuti molli perimplantari; in 6 imianti, infine, era presente un riassorbimento osseo verticale maggiore <strong>di</strong> 2mm. In<br />

totale il tasso <strong>di</strong> sopravvivenza implantare risultava pari al 99,43% a due anni dal carico. CONCLUSIONI: le<br />

complicanze biologiche osservate nel presente stu<strong>di</strong>o sono essenzialmente riconducibili alla scarsa igiene orale; i<br />

pazienti, infatti, presentavano una normalizzazione del quadro clinico dopo trattamento con protocollo CIST ( Mombelli<br />

e Lang ). In 2 casi però anche dopo igiene professionale il riassorbimento osseo non si è interrotto. Questo segno è stato<br />

in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> perimplantite retrograda, cioè riassorbimento osseo dovuto ad overload, senza fenomeni infiammatori. Il<br />

controllo dell’occlusione statica e <strong>di</strong>namica ha interrotto il riassorbimento. Per quanto riguarda lo svitamento della vite<br />

<strong>di</strong> connessione potrebbe essere ricondotto ad un overload, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> precarico, tipo <strong>di</strong> lega, gap tra fixture e vite. La<br />

sostituzione della stessa e serraggio controllato a 35 N/cm e controllo occlusale successivo, ha determinato la<br />

risoluzione <strong>di</strong> tale complicanza.


TECNICA CAD CAM PER LA REALIZZAZIONE DI EPITESI FACCIALI: CASE REPORT<br />

Gassino G. 2 , Bianchi S.D. 1 , Ramieri G. 3 , Rizzatti A. 2 , Cemenasco A.F. 1 , Cavallari V. 2 , Carossa S. 2 .<br />

1 2<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Me<strong>di</strong>co Chirurgiche, Università <strong>di</strong> Torino Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che ed<br />

Oncologia Umana, Università <strong>di</strong> Torino<br />

3<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Fisiopatologia Clinica, Università <strong>di</strong> Torino<br />

Introduzione: La protesi maxillo-facciale rappresenta una branca specialistica dell’odontoiatria protesica che si occupa<br />

della riabilitazione <strong>di</strong> pazienti con <strong>di</strong>fetti oro-facciali non adeguatamente ricostruibili chirurgicamente. L’eziologia più<br />

comune <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>fetti sono i tumori, i traumi e le malformazioni congenite. Una delle <strong>di</strong>fficoltà maggiori incontrate<br />

dal protesista durante il trattamento riabilitativo è la costruzione <strong>di</strong> epitesi facciali che ripristinino parti del viso con una<br />

estetica accettabile. In questa <strong>di</strong>sciplina arte e scienza confluiscono per raggiungere un risultato che venga esteticamente<br />

accettato dal paziente e dai suoi familiari in modo da influenzare positivamente il suo recupero psico-sociale. Oggi, la<br />

meto<strong>di</strong>ca per la realizzazione dell’epitesi è un proce<strong>di</strong>mento complesso che richiede tante sedute tecniche, molte delle<br />

quali de<strong>di</strong>cate alla modellazione in cera <strong>di</strong> parti del viso con anatomia complessa come orecchio, naso e occhio.<br />

Obiettivi: Lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è valutare la qualità delle protesi facciali e il risparmio <strong>di</strong> tempo che si ottiene<br />

introducendo una meto<strong>di</strong>ca CAD CAM nella lavorazione tra<strong>di</strong>zionale delle stesse.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>: E’ stata eseguita TC volumetrica (Multislice CT scanner-Lightspeed 16Pro, GE, Milwakee, WI,<br />

USA) <strong>di</strong> un paziente con sindrome <strong>di</strong> Pierre-Robin con mancanza dell’orecchio destro. I dati acquisiti sono stati<br />

elaborati con un programma per gestione immagini 3D (Mimics 11.1, Materialise, Leuven, BE), che ha permesso <strong>di</strong><br />

adattare al <strong>di</strong>fetto le informazioni ricavate dall’orecchio sinistro in maniera speculare (mirroring). La ricostruzione è<br />

stata poi trasformata in un modello <strong>di</strong> plastica grazie alla tecnica <strong>di</strong> prototipazione rapida (Stratasys Pro<strong>di</strong>gy, Stratasys,<br />

Eden Prairie, MN, USA). Dopo perfetta duplicazione in cera del modello, si è proceduto alla rifinitura su paziente ed<br />

infine alla trasformazione in silicone dello stesso con tecnica tra<strong>di</strong>zionale della messa in muffola. Infine la protesi<br />

auricolare è stata rifinita e colorata su paziente.<br />

Risultati: La protesi è risultata perfettamente adattata al paziente in termini <strong>di</strong> simmetria e mimetismo. L’intera<br />

procedura ha richiesto solo 3 sedute con il paziente: una per l’acquisizione delle immagini, un’altra per la modellazione<br />

finale e l’ultima per la colorazione e la consegna.<br />

E’ stato calcolato per l’intera procedura un tempo totale <strong>di</strong> 2:43 ore contro un minimo <strong>di</strong> 6 ore con l’impiego della<br />

tecnica tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Discussione e Conclusioni: Il metodo proposto è risultato <strong>di</strong> semplice applicazione e si sono ottenuti risultati migliori<br />

in termini <strong>di</strong> qualità della protesi applicata e <strong>di</strong> risparmio <strong>di</strong> tempo. I molteplici benefici derivanti dai risultati <strong>di</strong> questa<br />

procedura giustificano l’esposizione ai raggi X del paziente per l’acquisizione <strong>dei</strong> dati anatomici.


ADATTAMENTO MARGINALE: CONFRONTO SPERIMENTALE TRA PROTESI PROVVISORIA<br />

SINGOLA INDIRETTA CONVENZIONALE E PROTEMP CROWN ®<br />

Favero L, De Francesco M, Winkler A.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Padova, Dipartimento <strong>di</strong> Specialità Me<strong>di</strong>co Chirurgiche, Sezione <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica.<br />

Cattedra <strong>di</strong> Protesi.<br />

Introduzione e scopo del lavoro. Le funzioni che deve svolgere un provvisorio sono multiple e complesse, e includono<br />

comfort, estetica, funzionalità (masticazione, linguaggio), proprietà meccaniche, salute orale, valutazioni <strong>di</strong>agnostiche.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è valutare e confrontare l’adattamento marginale al moncone protesico, tra provvisori in<strong>di</strong>retti<br />

in resina e Protemp Crown ® 3M ESPE.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. Sono stati preparati venti modelli <strong>di</strong> monconi dentali in resina. Su <strong>di</strong>eci modelli sono stati adattati<br />

<strong>dei</strong> provvisori in<strong>di</strong>retti in resina a caldo a base <strong>di</strong> metilmetacrilato costruiti in laboratorio e sui restanti <strong>di</strong>eci sono stati<br />

adattati i provvisori Protemp Crown ® 3M ESPE seguendo le in<strong>di</strong>cazioni operative del produttore. I provvisori Protemp<br />

Crown ® sono provvisori preformati in<strong>di</strong>cati per singoli elementi da molare a canino. La struttura del materiale è resina<br />

composita che ingloba riempitivi quali zirconio, silanato, etc. Tutti i provvisori sono stati ribasati con del composito<br />

fluido Filtek Supreme XT. Diciotto modelli (nove per tipo) con applicati i provvisori sono stati inclusi in resina<br />

epossi<strong>di</strong>ca trasparente e sezionati a livello me<strong>di</strong>ano in senso vestibolo linguale. Sono poi stati valutati con il<br />

microscopio SEM e valutati con il software Screen Calipers, l’unità <strong>di</strong> misura utilizzata e stata il µm. Due campioni<br />

sono stati inoltre scansionati con il laser Konica Minolta, innovativa tecnica per aver un termine <strong>di</strong> paragone con la<br />

tecnica classica <strong>di</strong> misurazione dell’adattamento marginale.<br />

Risultati. I dati ottenuti riguardano due misurazioni vestibolare e linguale per ogni elemento. Per il gruppo L, ovvero<br />

provvisori in<strong>di</strong>retti, si sono riscontrati un valore minimo pari a 50,00 µm ed un massimo <strong>di</strong> 730,00 µm. Per il gruppo P,<br />

ovvero i provvisori Protemp Crown ® 3M ESPE, si sono riscontrati un valore minimo <strong>di</strong> 15,00 µm ed un massimo <strong>di</strong><br />

338,00 µm. La misurazione me<strong>di</strong>a delle <strong>di</strong>stanze fra preparazione e provvisorio è risultata significativamente maggiore<br />

per i provvisori in<strong>di</strong>retti, con un valore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 164,4 µm, contro una me<strong>di</strong>a pari a 95 µm per i provvisori Protemp<br />

Crown ®. Per il confronto tra me<strong>di</strong>e ci si è avvalsi del test non parametrico U <strong>di</strong> Mann-Whitney.<br />

Discussione e conclusioni. I dati ottenuti dalla presente sperimentazione in vitro, nonostante non considerino alcuni<br />

importanti parametri clinicamente significativi, consentono <strong>di</strong> affermare che le corone provvisorie Protemp Crown ®<br />

presentano un miglior adattamento marginale rispetto alle corone provvisorie convenzionali del laboratorio,<br />

consentendo un minor gap al margine <strong>di</strong> chiusura. Tuttavia vanno considerate anche le con<strong>di</strong>zioni cliniche in cui è<br />

in<strong>di</strong>cato il loro utilizzo, per quanto concerne la durata prevista del trattamento e il tipo <strong>di</strong> edentulia. Il presente stu<strong>di</strong>o<br />

in<strong>di</strong>ca come le Protemp Crown ® abbiano un buon potenziale ma necessitano <strong>di</strong> una pianificazione accurata pretrattamento<br />

e un’accurata valutazione a livello clinico.<br />

I provvisori in<strong>di</strong>retti convenzionali offrono un margine <strong>di</strong> chiusura meno preciso, che tuttavia potrebbe essere<br />

migliorato con ulteriori ribasature alla poltrona. Potrebbero essere consigliabili nel caso in cui si intenda mantenere il<br />

provvisorio nel cavo orale per tempi più lunghi, e sono ancora insostituibili nel caso <strong>di</strong> brecce edentule.


INDAGINE SULLA QUALITA' DI VITA E SUL LIVELLO DI SODDISFA- ZIONE IN PAZIENTI<br />

EDENTULI RIABILITATI PROTESICAMENTE.<br />

Manicone PF, D'Elia I, Raffaelli L, Damis G, Rossi Iommetti P, Manni A.<br />

Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.<br />

OBIETTIVI: Scopo del lavoro è quello <strong>di</strong> effettuare un'analisi complessiva dello stato <strong>di</strong> salute e <strong>di</strong> benessere in un<br />

campione <strong>di</strong> 48 pazienti portatori <strong>di</strong> protesi totale così <strong>di</strong>stribuito: protesi convenzionale 36 (gruppo A), protesi ancorata<br />

a 2 impianti: 12 (gruppo B). MATERIALI E METODI: L’indagine è stata articolata in sei parti: a) confronto <strong>dei</strong> 48<br />

pazienti portatori <strong>di</strong> protesi totale con un gruppo <strong>di</strong> controllo (pazienti non portatori <strong>di</strong> protesi totale) b) valutazione<br />

funzionale ed estetica della protesi su base soggettiva da parte <strong>dei</strong> pazienti c) valutazione della qualità <strong>di</strong> vita nei<br />

pazienti del gruppo A e nei pazienti del gruppo B misurata attraverso il QOLD (Quality Of Life with Denture) d)<br />

correlazione tra la qualità <strong>di</strong> vita e il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione <strong>dei</strong> pazienti portatori <strong>di</strong> protesi totale (gruppo A) e)<br />

valutazione del grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione prima e dopo ribasatura o aggiustamenti minori f) valutazione oggettiva e<br />

funzionale della protesi secondo i criteri FAD (Functional Assessment of Dentures). RISULTATI: I risultati ottenuti<br />

sono i seguenti: a) <strong>di</strong>fferenze, rilevate attraverso il test del χ 2 , nella percezione della propria salute orale, sociale e<br />

psicologica ma non fisica. Dall'analisi <strong>di</strong> regressione si è evidenziato che i pazienti con protesi totale che si ritengono<br />

sod<strong>di</strong>sfatti hanno riportato una più alta percezione della propria salute orale e pochi problemi sociali rispetto a quelli<br />

non sod<strong>di</strong>sfatti b) maggiore casistica <strong>di</strong> dolore e <strong>di</strong>scomfort relativi alla protesi inferiore rispetto alla superiore (19% vs<br />

11%); mentre non è significativo il numero <strong>di</strong> pazienti che si è lamentato dell’aspetto estetico della protesi (4%) o della<br />

sua mobilità (7%) c) valore del QOLD più alto nel gruppo B rispetto al gruppo A (6,7 vs 6,2) d) correlazione<br />

significativa tra i punteggi relativi alla qualità generale della vita, definita dal QOL (Quality Of Life) e i punteggi<br />

relativi alla sod<strong>di</strong>sfazione con la protesi totale, definiti dal QOLD e) percezione <strong>di</strong> maggiore sicurezza, notevoli<br />

miglioramenti nell’eloquio e nella funzione masticatoria quando protesi oggettivamente poco adattate vengono<br />

mo<strong>di</strong>ficate f) sod<strong>di</strong>sfazione nella maggior parte <strong>dei</strong> pazienti (19) che presenta protesi ben <strong>di</strong>segnate e costruite,<br />

insod<strong>di</strong>sfazione in un numero limitato <strong>di</strong> pazienti (4) nonostante la perfetta esecuzione del manufatto protesico.<br />

CONCLUSIONI: L'utilizzo della protesi totale mo<strong>di</strong>fica la percezione della propria salute orale e psicologica; essa, a<br />

sua volta, è influenzata dal grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione con la protesi. I pazienti con protesi totale rimovibile ancorata ad<br />

impianti hanno una qualità <strong>di</strong> vita migliore rispetto a quelli con protesi convenzionale. I pazienti con una buona qualità<br />

<strong>di</strong> vita sono anche quelli sod<strong>di</strong>sfatti con le loro protesi. La ribasatura o piccoli aggiustamenti incidono sulla<br />

sod<strong>di</strong>sfazione del paziente attraverso una maggiore autostima ed una migliore funzionalità orale. Nella maggior parte<br />

<strong>dei</strong> casi c'è corrispondenza tra il grado <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione espresso dal paziente e la valutazione oggettiva della stessa<br />

effettuata dall'odontoiatra.


STUDIO AGLI ELEMENTI FINITI DI RIABILITAZIONI PROTESICHE ANTERIORI.<br />

Rappelli G, Scalise L1, Coccia E, Bonci G*, Toti T2, Procaccini M.<br />

(Università Politecnica delle Marche, 1Facoltà <strong>di</strong> Ingegneria. 2Università Vita-Salute San Raffaele).<br />

Obiettivi. Lo scopo <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è stato quello <strong>di</strong> analizzare il comportamento meccanico <strong>di</strong> incisivi centrali<br />

superiori fratturati e ricostruiti con due <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> materiale e con due <strong>di</strong>verse soluzioni riabilitative.<br />

Materiali e meto<strong>di</strong>. Dopo aver creato un modello agli elementi finiti <strong>di</strong> un incisivo centrale superiore, costituito da<br />

43.882 tetraedri soli<strong>di</strong> e da 8.614 no<strong>di</strong>, è stata simulata una frattura smalto-dentinale senza esposizione pulpare. Due<br />

<strong>di</strong>verse forme <strong>di</strong> preparazione dentale (faccette e corone parziali) e due <strong>di</strong>versi materiali (composito e ceramica) sono<br />

stati analizzati. La <strong>di</strong>stribuzione degli stress è stata calcolata quando un carico <strong>di</strong> 50 N è stato applicato sulla superficie<br />

vestibolo-incisale con un angolo <strong>di</strong> 30° rispetto all’asse lungo del dente in <strong>di</strong>rezione vestibolo-palatale (carico 1) e<br />

quando un carico <strong>di</strong> 50 N è stato applicato sulla superficie palatale con un angolo <strong>di</strong> 30° rispetto all’asse lungo del dente<br />

ma in <strong>di</strong>rezione palato-vestibolare (carico 2). Per ciascuna forma <strong>di</strong> preparazione e per ogni materiale, sono state<br />

realizzate numerose mappe cromatiche delle tensioni equivalenti, calcolate con il criterio <strong>di</strong> Von Mises.<br />

Risultati. I risultati ottenuti <strong>di</strong>mostrano che, durante l’applicazione del carico 1, le corone parziali riportano sullo smalto<br />

residuo una minore concentrazione <strong>di</strong> sollecitazioni rispetto alle faccette e che, durante l’applicazione del carico 2, i<br />

restauri in composito sviluppano delle tensioni inferiori rispetto ai restauri in ceramica.<br />

Discussioni e conclusioni. Analizzando tutte le simulazioni effettuate, è possibile affermare che i restauri in ceramica<br />

presentano una maggiore concentrazione <strong>di</strong> sollecitazioni a livello della preparazione dentale, mentre i restauri in<br />

composito presentano una maggiore concentrazione <strong>di</strong> sollecitazioni a livello del restauro stesso. La scelta del materiale<br />

e del tipo <strong>di</strong> preparazione per le riabilitazioni protesiche nei settori anteriori varia pertanto a seconda del caso clinico.<br />

Ulteriori stu<strong>di</strong> devono essere effettuati al fine <strong>di</strong> verificare clinicamente i dati ottenuti in vitro.


TEMPO DI DURATA DELLA DEGLUTIZIONE NEI PORTATORI DI PROTESI TOTALE<br />

Monaco A., Spadaro A., Marci M.C., Frascaria M. Cattaneo R.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienza della SaluteCorso <strong>di</strong> Laurea in <strong>Odontoiatria</strong>e Porotesi Dentaria Facoltà <strong>dei</strong> Me<strong>di</strong>cina,<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> L’Aquila. annalisamonaco@yahoo.it<br />

OBIETTIVI:Lo stu<strong>di</strong>o elettromiografico della deglutizione (SEMG) è frequentemente realizzato in<br />

otorinolaringoiatria, per tale ragione molti <strong>dei</strong> lavori citati non focalizzano l’attenzione sulla con<strong>di</strong>zione orale della<br />

popolazione anziana in salute e sulla presenza <strong>di</strong> riabilitazione con protesi mobile. Gli scopi del nostro stu<strong>di</strong>o sono stati<br />

quelli <strong>di</strong> : 1) valutare l’influenza della protesi totale mobile sulla durata della deglutizione in soggetti anziani in salute<br />

allo scopo <strong>di</strong> definire il contributo <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione orale compromessa nel determinare un aumento del tempo <strong>di</strong><br />

durata della deglutizione.<br />

MATERIALI E METODI 20 soggetti portatori <strong>di</strong> protesi totale e 20 soggetti dentuli sono sati sottoposti ad<br />

elettromiografia <strong>di</strong> superficie (SEMG) e chinesiografia computerizzata <strong>dei</strong> movimenti della man<strong>di</strong>bola. Tre deglutizioni<br />

spontanee <strong>di</strong> saliva venivano registrate per ciascun soggetto anziano indossando la vecchia e la nuova protesi per un<br />

totale <strong>di</strong> 6 registrazioni. Tre spontanee deglutizioni <strong>di</strong> saliva venivano registrate per ciascun soggetto dentulo in due<br />

<strong>di</strong>fferenti sessioni <strong>di</strong> registrazione per un totale <strong>di</strong> 6 registrazioni.<br />

RISULTATI 12 soggetti con vecchia protesi deglutivano senza contatto in posizione occlusale (SNOC) e 8 soggetti<br />

deglutivano in posizione <strong>di</strong> contatto occlusale(SOC). Con la nuova protesi 11 soggetti deglutivano senza contatto in<br />

posizione occlusale (SNOC) and 9 soggetti deglutivano concontatto in posizione occlusale (SOC). 11 soggetti dentuli<br />

deglutivano in posizione <strong>di</strong> contatto occlusale (SOC) and 9 soggetti deglutivano senza contatto in posizione<br />

occlusale(SNOC).Con la vecchia protesi, scarsamente aderente, la me<strong>di</strong>a del tempo <strong>di</strong> deglutizione era <strong>di</strong> 1.84 secon<strong>di</strong><br />

mentre con la nuova protesi ben aderente il tempo necessario per deglutire era significativamente ridotto (p=0.0009). La<br />

me<strong>di</strong>a del tempo <strong>di</strong> deglutizione con la nuova protesi mostrava una minor variabilità in confronto con il tempo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

deglutizione con la vecchia protesi. Nei soggetti dentuli il tempo <strong>di</strong> deglutizione era <strong>di</strong> 1.24 secon<strong>di</strong>. La <strong>di</strong>fferenza nel<br />

tempo <strong>di</strong> deglutizione era statisticamente significativa (p=0.01) tra soggetti dentuli rispetto a quelli che indossavano una<br />

protesi vecchia e scarsamente aderente. Non erano presenti <strong>di</strong>fferenze significative tra i soggetti dentuli e quelli<br />

portatori <strong>di</strong> protesi mobile quando indossavano la protesi nuova ben aderente.Il coefficiente <strong>di</strong> correlazione <strong>di</strong> Pearson’s<br />

tra la me<strong>di</strong>a del tempo <strong>di</strong> deglutizione con la vecchia protesi e quello con quella nuova era <strong>di</strong> 0.45 mostrando un basso<br />

grado <strong>di</strong> correlazione tra la me<strong>di</strong>a delle due con<strong>di</strong>zioni.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI I risultati del presente lavoro suggeriscono che l’aumento della durata del tempo<br />

<strong>di</strong> deglutizione dovrebbe essere riconsiderato alla luce <strong>di</strong> una corretta valutazione della con<strong>di</strong>zione orale <strong>di</strong> una<br />

popolazione anziana definita come “normale”.


EFFETTO DELLE PROCEDURE DI FUSIONE SUL MISFIT ROTAZIONALE DI ABUTMENT UCLA<br />

Bortolini S, Malaguti G*, Giannetti L, Bertol<strong>di</strong> C, Consolo U<br />

Dipartimento <strong>di</strong> chirurgie specialistiche testa-collo, Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Modena e Reggio Emilia<br />

Obiettivo<br />

L'applicazione clinica <strong>di</strong> componenti derivanti da processi produttivi <strong>di</strong>fferenti è priva <strong>di</strong> fondamenti tecnologici. Stu<strong>di</strong><br />

preliminari hanno definito un protocollo per una classificazione qualitativa della connessione impianto-abutment per<br />

sistemi a connessione esagonale esterna, basata su un sistem <strong>di</strong> misurazione senza contatto.<br />

Scopo della presente ricerca è la valutazione dell'effetto delle procedure <strong>di</strong> fusione convenzionali sulle <strong>di</strong>mensioni della<br />

connessione esagonale <strong>di</strong> monconi implantari prelavorati sovrafon<strong>di</strong>bili (UCLA), valutando questi prima e dopo la<br />

sovrafusione, quando paragonati ad abutment implantari in in titanio prefabbricati.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong><br />

3 gruppi da 5 monconi ciascuno sono stati stu<strong>di</strong>ati. Sono state eseguite misurazioni delle <strong>di</strong>mensioni interne della<br />

connessione esagonale <strong>di</strong> monconi prelavorati in titanio e <strong>di</strong> mopnconi UCLA prima e dopo le procedure <strong>di</strong> fusione,<br />

utilizzando un sistema ottico. I dati sono stati elaborati me<strong>di</strong>ante t-test. I monconi sovrafon<strong>di</strong>bili sono poi stati<br />

ispezionati attraverso un microscopio elettronico a scansione per indagare la presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti o porosità.<br />

Risultati<br />

I monconi calcinabili prima della lavorazione sono risultati molto simili ai monconi prelavorati in titanio. Tuttavia, il<br />

processo <strong>di</strong> fusione ha ridotto significativamente le <strong>di</strong>mensioni della connessione esagonale. I monconi UCLA hanno<br />

mostrato, in seguito al processo <strong>di</strong> fusione, un minor misfit rotazionale <strong>dei</strong> monconi prelavorati in titanio, ma con la<br />

possibilità <strong>di</strong> incorrere in un'interferenza <strong>di</strong> assemblamento con l'impianto.<br />

Conclusioni<br />

Il processo <strong>di</strong> fusione a cera persa <strong>di</strong> monconi UCLA è in grado <strong>di</strong> indurre mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>di</strong>mensionali nella<br />

componente prefabbricata del moncone, in misura non preve<strong>di</strong>bile, che possono portare all'impossibilità <strong>di</strong> raggiungere<br />

un corretto alloggiamento della componente protesica sull'impianto.


RESTAURI IN ZIRCONIA SU SUPPORTO IMPLANTARE: IMPIEGO DELLA ZIRCONIA PER LA<br />

COSTRUZIONE DEGLI ABUTMENT INDIVIDUALIZZATI.<br />

Sinjari B, Murmura G, Traini T, Varvara G, Caputi S.<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Odontostomatologiche, Univ.degli Stu<strong>di</strong> “G.d’Annunzio” Chieti-Pescara Direttore: Prof. S.<br />

Caputi.<br />

OBIETTIVI: L’utilizzo <strong>di</strong> materiali alternativi alle leghe metalliche trova largo consenso in odontoiatria protesica. Nei<br />

restauri a supporto implantare, l’impiego <strong>di</strong> abutments, o parte <strong>di</strong> essi, in zirconia presenta <strong>di</strong>versi vantaggi, tra cui<br />

spicca l’elevato grado <strong>di</strong> mimetismo oltre ad un buona resistenza del materiale. E’ stato <strong>di</strong>mostrato, inoltre, che la<br />

zirconia è un materiale ad biocompatibile, pertanto,se ne è proposto l’utilizzo in implantologia. Scopo del presente<br />

lavoro è <strong>di</strong> valutare la resistenza a compressione <strong>dei</strong> collari in ziorconia è <strong>di</strong> presentare una serie <strong>di</strong> casi clinici in cui<br />

essi vengono utilizzati nella porzione trans-mucosa <strong>di</strong> ricostruzioni implanto-protesiche ad elevato impatto estetico.<br />

MATERIALI E METODI:Per lo stu<strong>di</strong>o sono stati impiegati N° 10 collari (gruppo A con n° 5 4,5 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro, h<br />

3mm <strong>di</strong> lunghezza e gruppo B n° 5 5,5 mm <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro h 3mm <strong>di</strong> lunghezza) prodotti con sistema CAD-CAM e<br />

personalizzati in laboratorio. I collari sono stati posizionati e cementati con Panavia ex su pilastri <strong>di</strong> titanio dritti.Tutti i<br />

campioni sono stati sottoposti ad un carico pseudo-ciclico con una frequenza <strong>di</strong> 0.30 Hz ed una intensità <strong>di</strong> 100 N,<br />

impiegando una macchina per test universali (Lloyd 30K, Lloyd Instruments Ltd. Segensworth, UK). Infine, per<br />

valutare la tenuta, tutti i campioni sono stati sottoposti a test <strong>di</strong> compressione fino a frattura usando una cella <strong>di</strong> carico<br />

<strong>di</strong> 500 Kg ad una velocità <strong>di</strong> 5mm/min. I dati raccolti sono stati sottoposti a calcolo inferenziale statistico.<br />

RISULTATI: I risultati <strong>dei</strong> test <strong>di</strong> resistenza hanno evidenziato livelli me<strong>di</strong> <strong>di</strong> resistenza alla compressione al <strong>di</strong>sopra<br />

<strong>dei</strong> valori fisiologici <strong>di</strong> riferimento. Inoltre non sono state riscontrate <strong>di</strong>fferenze fra collari <strong>di</strong> 4.5 e 5.5 mm (P>.05)<br />

in<strong>di</strong>cando che a livello del collare lo spessore del materiale non influenza significativamente il livelli <strong>di</strong> resistenza. Dal<br />

punto <strong>di</strong> vista clinico l’impiego <strong>di</strong> collari in zirconia consente <strong>di</strong> ottenere restauri con un elevato valore mimetico.<br />

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI: Il presente lavoro <strong>di</strong>mostra ch non ci siono delle <strong>di</strong>fferenze statisticamente<br />

significative fra collari <strong>di</strong> 4.5 e 5.5 mm (P>.05). L’utilizzo <strong>di</strong> abutment con la porzione trans-mucosa in<strong>di</strong>vidualizzata ed<br />

in zirconia permette <strong>di</strong> ottenere <strong>dei</strong> outcome clinici e biologici migliorati rispetto le tecniche tra<strong>di</strong>zionali. L’uso della<br />

zirconia in implantologia da la possibilità <strong>di</strong> gestire più facilmente i casi dove l’estetica è compromessa.


TRATTAMENTO PROTESICO DELLE LABIOPALATOSCHISI E DEGLI ESITI DI TRATTAMENTO<br />

MEDICO CHIRURGICO NEI PAZIENTI ONCOLOGICI TESTA-COLLO: UN CASO CLINICO DI<br />

COMUNICAZIONE ORO-NASALE<br />

Schiavetti R., Mampieri G., Covello F., Gargari M., Ottria L.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Roma “Tor Vergata”<br />

I pazienti affetti da patologie quali le labio-gnato-palatoschisi e i pazienti con esiti <strong>di</strong> trattamento me<strong>di</strong>co chirurgico per<br />

patologia oncologica della regione testa-collo, vengono spesso riabilitati funzionalmente ed esteticamente grazie a delle<br />

protesi così dette maxillo-facciali (P.M.F.). Questi manufatti protesici possono essere rappresentati:<br />

• da delle semplici protesi totali, che non presentano particolari <strong>di</strong>fferenze dalle protesi <strong>di</strong> tipo tra<strong>di</strong>zionale, ad<br />

esclusione del’eventuali mo<strong>di</strong>fiche nel montaggio <strong>dei</strong> denti artificiali e delle flange in conseguenza degli esiti <strong>di</strong><br />

interventi <strong>di</strong> chirurgia della lingua;<br />

• da protesi totali superiori con otturatore, quest’ultimo rappresentato da un <strong>di</strong>spositivo meccanico, realizzato in resina<br />

o in silicone, che chiude una comunicazione più o meno ampia fra cavo orale e cavità sovrastanti (nasali e paranasali);<br />

• da protesi con serbatoio, molto utili nei casi gravi <strong>di</strong> xerostomie in pazienti parzialmente o totalmente edentuli, più<br />

tollerate quelle dell’arcata inferiore;<br />

• da protesi scheletrate, che non si <strong>di</strong>fferenziano apparentemente da quelle convenzionali ma che naturalmente<br />

portano <strong>di</strong>spositivi tipo apparecchi guida o otturatori; necessitano <strong>di</strong> una progettazione adeguata in funzione del<br />

<strong>di</strong>spositivo al quale sono associate e al numero ed alla posizione degli elementi dentali residui.<br />

• da protesi fisse su impianti e/o denti naturali e overdentures, oltre che su d.n., la riabilitazione protesica nei pazienti<br />

con comunicazioni o.n. può essere effettuata anche a mezzo <strong>di</strong> impianti endoossei, ma nel paziente oncologico testacollo<br />

gli impianti possono essere posizionati non prima <strong>di</strong> 1 anno dal trattamento ra<strong>di</strong>ante e solo dopo ossigenoterapia<br />

iperbarica al fine <strong>di</strong> migliorare la qualità dell’osso. Naturalmente questi casi vanno valutati attentamente e multi<strong>di</strong>sciplinarmente.<br />

Per ciò che riguarda le protesi scheletrate, la Nostra esperienza vede positivamente l’utilizzo <strong>di</strong> ancoraggi a protesi fisse<br />

su denti naturali. Infatti l’utilizzo <strong>di</strong> attacchi o chiavistelli realizzati con tecniche <strong>di</strong> elettroerosione, consente una<br />

salvaguar<strong>di</strong>a dell’estetica unitamente ad una elevata stabilità della riabilitazione rimovibile stessa durante la funzione.<br />

Motivato dalla insufficiente estetica e dalla instabilità funzionale fornita da una protesi scheletrata con otturatore, un<br />

paziente con comunicazione oro-nasale post-chirurgica e ra<strong>di</strong>oterapica oncologica giunge alla Nostra attenzione.<br />

Anatomicamente e funzionalmente integro il palato molle. La pianificazione della riabilitazione ha portato alla<br />

realizzazione <strong>di</strong> una P.M.F. <strong>di</strong> tipo combinato, con otturatore in silicone e ancoraggio tramite chiavette elettroerose ,<br />

fresaggi e controfresaggi, a protesi fisse in oro-ceramica su elementi naturali. La funzione e l’estetica ottenute hanno<br />

aumentato la qualità <strong>di</strong> vita e l’autostima del paziente.


QUOZIENTE DI RO<strong>MB</strong>ERG, INDICATORE VISIVO DEL CONTROLLO POSTURALE, UTILIZZO COME<br />

SCREENING DIAGNOSTICO NELLE PERFORMANCE SPORTIVE<br />

Lugliè PF., Lumbau A., Mura A. , Chessa G.<br />

Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Sassari. Istituto <strong>di</strong> Clinica Odontoiatrica. Dir. Prof.ssa PF Lugliè.<br />

Obiettivo.L’attenta osservazione che in ambito me<strong>di</strong>co si pone alla considerazione complessiva (“olistica”)<br />

dell’organismo, ha fatto emergere, anche in campo odontoiatrico, la necessità <strong>di</strong> valutare l’apparato stomatognatico non<br />

più come struttura a sé stante, bensì come parte integrante <strong>di</strong> un sistema funzionale molto più complesso ed<br />

affascinante. Attraverso l’integrazione multi<strong>di</strong>sciplinare è possibile interpretare quadri sindromici complessi, correlando<br />

sintomi e <strong>di</strong>sfunzioni apparentemente in<strong>di</strong>pendenti tra loro, limitando gli interventi terapeutici e, sicuramente,<br />

informando in maniera più approfon<strong>di</strong>ta il paziente sul suo stato generale <strong>di</strong> salute.<br />

Materiali e Meto<strong>di</strong>. Scopo del lavoro è mettere in relazione visione e occlusione dentale come determinanti della<br />

postura, analizzandole tramite la stabilometria e test otoneurologici, in un campione selezionato <strong>di</strong> bambini in età<br />

scolare. In questo stu<strong>di</strong>o sono stati selezionati, presso la clinica odontoiatrica dell’Università <strong>di</strong> Sassari, 15 bambini, 7<br />

maschi e 8 femmine, <strong>di</strong> età compresa tra gli 8 e i 10 anni, che praticano sport come nuoto, danza, minibasket, calcio, a<br />

livello <strong>di</strong>lettantistico. Per la valutazione clinica <strong>dei</strong> nostri pazienti è stata eseguita una visita odontoiatrica con la<br />

compilazione della relativa cartella clinica, integrata dai risultati <strong>di</strong> un questionario che ci ha permesso <strong>di</strong> conoscere le<br />

età <strong>di</strong> permuta dentaria, l’eventuale utilizzo <strong>di</strong> apparecchi ortodontici e/o <strong>di</strong> occhiali correttivi e lo sport praticato dal<br />

bambino. I pazienti sono stati sottoposti, nella clinica Odontoiatrica dell’Università <strong>di</strong> Sassari, ad un esame<br />

stabilometrico computerizzato e, nella clinica Otorinolaringoiatrica dell’Università <strong>di</strong> Sassari, ad un esame<br />

otoneurologico per valutare <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> propriocezione oculare.<br />

Conclusioni. Dai nostri dati si può evincere come esista una correlazione tra i dati otoneurologici e gli in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong><br />

Romberg ottenuti per mezzo della pedana stabilometrica

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