XI Rassegna - Nuoro 7/12 Ottobre 2002 [file.pdf] - Isre
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86<br />
REALIZZAZIONE:<br />
Luc Moullet<br />
PRODUZIONE:<br />
Luc Moullet e CIE<br />
ANNO:<br />
1978<br />
DURATA:<br />
117 min<br />
DATI TECNICI:<br />
16 mm<br />
Bianco e nero<br />
Francese<br />
Biofilmografia<br />
Regista, attore, produttore,<br />
sceneggiatore nato nel<br />
1932.<br />
Iconoclasta, fuori dagli<br />
schemi: questi sembrano<br />
essere i termini che meglio<br />
definiscono l’opera di Luc<br />
Moullet. Dopo gli esordi<br />
come critico nei<br />
Cahiers du Cinéma a metà<br />
degli anni Cinquanta, inizia<br />
a realizzare filmati,<br />
alternando senza problemi<br />
corti e lungometraggi.<br />
Fra i suoi film più importanti,<br />
troviamo Les Contrebandieres<br />
(1966), Une aventure de Billy<br />
le Kid (1971), parodia<br />
western con Jean-Pierre<br />
Léaud, Anatomie d’un<br />
rapport (1975), film che<br />
analizza la relazione fra<br />
sessi, o ancora Genèse d’un<br />
GENÈSE D’UN REPAS<br />
FRANCIA 87<br />
Un antipasto, un piatto principale, un dessert: del<br />
tonno, una frittata, una banana: il mercato comune<br />
(le uova), l’ex-Impero francese (il tonno) e il Terzo<br />
Mondo (la banana). Luc Moullet fa l’anatomia di un<br />
pasto come ieri analizzava i rapporti di coppia:<br />
l’intervistatore è presente inizialmente anche nelle<br />
immagini, quindi con la voce fuori campo, ma questa<br />
personalizzazione dell’inchiesta, questa onnipresenza<br />
di se stesso garantisce paradossalmente in Moullet il<br />
rigore dell’obiettività, come se proprio attraverso la sua<br />
presenza fisica possa far scudo all’irruzione della sua<br />
soggettività. Genèse d’un repas è una messa in tavola,<br />
un processo verbale, un rapporto. Se l’umano è<br />
presente (alcuni personaggi riescono ad imporsi: ad<br />
esempio l’operaio del Senegal), la poesia è invece<br />
accuratamente bandita e nonostante il simbolismo<br />
sordo di qualche ripresa (gli scaricatori equadoregni<br />
che ricevono il loro pasto attraverso una rete) il doppio<br />
senso non è mai direttamente sollecitato dall’autore.<br />
Effettivamente l’immagine è sempre di una grande<br />
neutralità: nessuna sequenza significativa, ma “lo<br />
sguardo della vacca”, così come direbbe Luc Moullet.<br />
Chiara e precisa, l’esposizione analizza il<br />
funzionamento di un sistema secondo tre assi<br />
successivi: economico, politico e sociale; quest’ordine<br />
dimostrativo si concede qualche ritorno indietro e<br />
l’inserimento prospettico. Saltando continuamente da<br />
un paese all’altro, il discorso è alimentato da una<br />
sapiente costruzione che articola l’argomentazione su<br />
un certo numero di osservazioni di base, non essendo<br />
il pasto che un pretesto come indica la mini-sequenza<br />
sugli abiti e soprattutto il finale, dove, a sua volta, il<br />
cinema si pone come soggetto di studio.<br />
Nonostante il pasto sia frugale, la sua composizione si<br />
inserisce nella diffusa espropriazione del Terzo Mondo,<br />
ma attraverso la forma del suo cinema (16 mm, bianco<br />
e nero, interviste, inquadrature e montaggio<br />
funzionale…) Luc Moullet sceglie nettamente dove<br />
stare: dalla parte della povertà. Genèse d’un repas<br />
mette a nudo, con la sua estetica, un universo di<br />
violenza e di rapporti di forza. Di più: egli fa del<br />
cinema uno strumento di investigazione, quindi di<br />
liberazione, anche se, in un lucido confronto con se<br />
stesso, riconosce che la realizzazione di un film prende<br />
sempre, in Africa o in America Latina, le pieghe<br />
dell’impresa capitalista… (René Predal, Jeune cinéma,<br />
n. <strong>12</strong>4).<br />
repas, documentario di<br />
amara constatazione sulla<br />
produzione alimentare nel<br />
Terzo Mondo. Nel 1987, Luc<br />
Moullet riceve il premio Jean<br />
Vigo per La Comedie du<br />
travail, insolita satira sul tema<br />
dello sciopero.<br />
Tuttavia è soprattutto con i<br />
suoi numerosi cortometraggi<br />
che dà prova di grande<br />
originalità. Partendo da<br />
soggetti ancorati al<br />
quotidiano riesce a produrre<br />
dei veri e propri voli<br />
surrealisti, come ad esempio<br />
in Barres, dove studia il<br />
comportamento dell’individuo<br />
nell’andirivieni della<br />
metropolitana. Alle sue<br />
qualità di cineasta si<br />
aggiungono quelle di attore.<br />
Così in questi ultimi anni egli<br />
è comparso in piccoli ruoli,<br />
come quello di Raymond in<br />
J’ai horreur de l’amour di<br />
Laurence Ferriera Barbosa.<br />
Nel <strong>2002</strong>, mette in scena Les<br />
Naufragés de la D17, storia<br />
di un gruppo di persone, tutte<br />
molto eccentriche, che si<br />
credono e si incrociano nella<br />
regione più desertica della<br />
Francia.<br />
Intervista a Luc Moullet<br />
raccolta da Françoise Cuel<br />
(Le Cinèmatographe)<br />
F.C. – Perché scegliere queste<br />
tre cose: il tonno, le uova e le<br />
banane?<br />
L.M. – Ero partito dal<br />
principio del numero tre che<br />
condiziona niente male le<br />
opere creative. Invece<br />
d’avere il marito, la moglie e<br />
l’amante come nei film di<br />
finzione tradizionali, o il<br />
Padre, il Figlio e lo Spirito<br />
Santo in un’altra forma di<br />
comunicazione, ho scelto la<br />
trilogia molto francese di<br />
antipasto, piatto principale e<br />
dessert. Ho scelto degli<br />
alimenti che avevano delle<br />
origini diverse: uno<br />
proveniente dal paese dove<br />
vivo, l’uovo di Francia,<br />
l’altro, il tonno, dalle colonie<br />
francesi, e il terzo, la banana<br />
dall’Equatore, da quelle che<br />
si possono chiamare le<br />
colonie americane.