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Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina V<br />

Luciano Bianciardi, l’io opaco<br />

di Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina VI


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina VII<br />

L’opera di Luciano Bianciardi è un corpus unico, senza soluzione<br />

di continuità, distinzioni di stile, né spazi eccentrici.<br />

Bianciardi si vede vivere, e riporta in differita ciò che ha<br />

visto. Ogni suo scritto si innesta sul precedente, sulle avventure<br />

passate, rimasticate in prima persona. I diari giovanili<br />

e gli elzeviri di picco<strong>la</strong> critica di costume provinci<strong>al</strong>e su<br />

La Gazzetta di Livorno; l’inchiesta sui minatori del<strong>la</strong> Maremma<br />

e <strong>la</strong> vita agra del boom economico mi<strong>la</strong>nese; l’ossessione<br />

nost<strong>al</strong>gica per il Risorgimento e le ultime col<strong>la</strong>borazioni<br />

giorn<strong>al</strong>istiche per ABC, P<strong>la</strong>ymen, il Guerin Sportivo.<br />

Bianciardi usa sempre <strong>la</strong> prima persona, ma il suo personaggio<br />

ricostruito è una funzione del<strong>la</strong> re<strong>al</strong>tà, non è mai<br />

vera biografia; non c’è autocoscienza, né monologo interiore<br />

compiuto.<br />

L’io di Bianciardi è un’ombra stesa tra l’io autobiografico<br />

nascosto e l’assenza di un vero <strong>al</strong>ter ego letterario. È<br />

una maschera, un’autocostruzione, una dissimu<strong>la</strong>zione.<br />

Una sorta di io opaco, in definitiva, <strong>la</strong> sua unica risorsa<br />

espressiva ed esistenzi<strong>al</strong>e.<br />

1. Il <strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e<br />

La formazione di Bianciardi è quel<strong>la</strong> tipica di un intellettu<strong>al</strong>e<br />

di provincia del primo dopoguerra. Si <strong>la</strong>urea velocemente<br />

e nemmeno col massimo dei voti, giovandosi delle<br />

facilitazioni concesse ai reduci di guerra, con una breve tesi<br />

su John Dewey. Passa il concorso di abilitazione <strong>al</strong>l’insegnamento.<br />

Si sposa in fretta e senza passione, sorprenden-


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina VIII<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

do gli amici più vicini, con una donna lontana d<strong>al</strong> suo ambiente<br />

d’elezione borghese – Adria gestiva con <strong>la</strong> madre, vedova<br />

di un operaio soci<strong>al</strong>ista, un negozio di cappelli. Infine<br />

accetta <strong>la</strong> carica di bibliotecario <strong>al</strong><strong>la</strong> Chelliana di Grosseto,<br />

gravemente danneggiata d<strong>al</strong><strong>la</strong> guerra. Nel 1952, chiamato<br />

da un ex compagno di università, diviene col<strong>la</strong>boratore de<br />

La Gazzetta di Livorno affiancando a questi incarichi<br />

quello di un generico e ottimista “<strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e” rivolto<br />

<strong>al</strong>l’educazione delle masse: organizza una bibliotechina<br />

itinerante, il bibliobus; fonda un cineclub; presiede dibattiti<br />

con intellettu<strong>al</strong>i e scrittori.<br />

Sotto questo aspetto, Bianciardi si adegua <strong>al</strong>l’ottimismo<br />

programmatico del tempo. Aderisce <strong>al</strong> ruolo dell’intellettu<strong>al</strong>e<br />

impegnato, del <strong>la</strong>voratore del<strong>la</strong> cultura. Le inchieste<br />

sui minatori del<strong>la</strong> Maremma, pubblicate in prima battuta<br />

da un periodico di ispirazione marxista come Il contemporaneo,<br />

sono essenzi<strong>al</strong>mente una testimonianza militante.<br />

Tuttavia, in un tempo in cui il legame tra cultura e<br />

politica è molto stretto, egli non si professa comunista. Di<br />

fatto i suoi riferimenti sono sempre crociani e non gramsciani.<br />

La sua area è azionista, rimane tuttavia lontano<br />

d<strong>al</strong><strong>la</strong> pratica politica se si eccettua <strong>la</strong> partecipazione pubblica<br />

<strong>al</strong> movimento Unità Popo<strong>la</strong>re per le elezioni del ’54<br />

schierato in difesa dell’importanza di una “terza forza”<br />

nello scacchiere politico it<strong>al</strong>iano contro <strong>la</strong> cosiddetta “legge<br />

truffa”.<br />

Bianciardi, si inserisce comunque in una pratica che<br />

prevede una precisa funzione critica dell’intellettu<strong>al</strong>e nel<strong>la</strong><br />

società, ma non ide<strong>al</strong>izza mai il concetto di educazione delle<br />

masse:<br />

Io sono con loro, i badi<strong>la</strong>nti e i minatori del<strong>la</strong> mia<br />

terra, e ne sono orgoglioso; se in qu<strong>al</strong>che modo <strong>la</strong> mia<br />

poca cultura può giovare <strong>al</strong> loro <strong>la</strong>voro, <strong>al</strong><strong>la</strong> loro esistenza,<br />

stimerò buona questa cultura, perché mi permette di<br />

restituire, <strong>al</strong>meno in parte, <strong>la</strong>voro che è stato speso anche<br />

per me: non m’importa più quando mi dicono che questa<br />

è cultura “engagée”.<br />

VIII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina IX<br />

L’io opaco<br />

(Nascita di uomini democratici in Belfagor, Messina-<br />

Firenze, VII, 4, 31 luglio 1952, pp. 466-471)<br />

In quegli anni sembra avere una visione coerente del<br />

<strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e. Da una parte c’è <strong>la</strong> sua origine, ci sono i<br />

provinci<strong>al</strong>i, i loc<strong>al</strong>isti, come li chiama in un suo pezzo satirico<br />

dell’epoca. Quelli che fanno gli eruditi, che si occupano<br />

delle cose inutili del paesello, senza tuttavia coglierne<br />

gli aspetti rilevanti. Per questo Bianciardi li mette <strong>al</strong><strong>la</strong> berlina<br />

su La Gazzetta di Livorno, nel<strong>la</strong> rubrica Incontri Provinci<strong>al</strong>i.<br />

Ma già nel ’57, in quel<strong>la</strong> specie di summa del<strong>la</strong><br />

sua formazione sul campo che è Il <strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e, si fa<br />

beffe anche di quelle “forze sane” del<strong>la</strong> provincia che rappresentano<br />

il suo futuro: l’impegno intellettu<strong>al</strong>e rivolto <strong>al</strong><br />

re<strong>al</strong>e, l’inchiesta, il giorn<strong>al</strong>ismo, l’editoria. Dopo pagine e<br />

pagine sulle origini di Grosseto, gli etruschi, <strong>la</strong> Maremma,<br />

anche <strong>la</strong> pratica intellettu<strong>al</strong>e impegnata e “cosmopolita”<br />

viene equiparata <strong>al</strong><strong>la</strong> chiacchiera da caffè fine a se stessa.<br />

Lo stesso cineclub, oggetto di un impegno appassionato soltanto<br />

pochi anni prima, diventa ora facile bersaglio comico.<br />

Bianciardi ne coglie il carattere velleitario e fuori tempo,<br />

in un mondo in cui già cominciava <strong>la</strong> rivoluzione del<strong>la</strong><br />

televisione.<br />

Il <strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e non è un diario in presa diretta, ma<br />

il primo dei ripensamenti, delle delusioni, dei piccoli f<strong>al</strong>limenti<br />

raccontati d<strong>al</strong>l’ io opaco di Bianciardi, qui battezzato<br />

Luciano. Significativamente, il gioco dei rimandi autobiografici<br />

ruota più su un <strong>al</strong>tro personaggio, Marcello,<br />

fratello di Luciano nel libro. Per rimanere <strong>al</strong> quadro clinico,<br />

è Marcello ad avere <strong>la</strong> bronchite cronica (che Bianciardi<br />

aveva davvero) ma è Luciano a essersi rotto il menisco<br />

(come vedremo, ciò non è mai accaduto nel<strong>la</strong> re<strong>al</strong>tà a<br />

Bianciardi, ma è una delle esperienze più traumatiche del<br />

suo io opaco). La coppia Luciano-Marcello è destinata a<br />

tornare ne L’integrazione, seguito ide<strong>al</strong>e de Il <strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e<br />

e a scomparire una volta per tutte con La vita agra.<br />

Qui, come in Aprire il fuoco, il nome del protagonista è tenuto<br />

ce<strong>la</strong>to.<br />

IX


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina X<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

2. Lo sguardo vicino<br />

Dunque Bianciardi inizia a trasformarsi in una specie di<br />

antintellettu<strong>al</strong>e che non sacrifica sull’<strong>al</strong>tare dell’astrazione<br />

ciò che gli sta davanti agli occhi; che condanna il provinci<strong>al</strong>ismo<br />

non perché guarda troppo vicino, ma perché non sa<br />

guardare. Il suo sguardo, invece, si posa su ciò che gli è più<br />

vicino, si immerge completamente nel suo tempo e nel suo<br />

spazio geografico. Così l’interesse per <strong>la</strong> vicenda dei minatori<br />

del<strong>la</strong> Montecatini a Ribol<strong>la</strong>, provincia di Grosseto, è un<br />

percorso umano e un bisogno fisico oltre che una necessità<br />

politica. Bianciardi guarda d<strong>al</strong><strong>la</strong> finestra <strong>la</strong> vita agra de I<br />

minatori del<strong>la</strong> Maremma e ciò basta a fargli girare le scatole.<br />

Anzi, proprio il capitolo conclusivo di questo studio sociologico<br />

scritto con Carlo Casso<strong>la</strong> – <strong>la</strong> “colposa” esplosione<br />

di grisù del 4 maggio 1954 nel<strong>la</strong> qu<strong>al</strong>e periscono quarantatré<br />

<strong>la</strong>voratori – sembra convincere Bianciardi dello scarso o<br />

nullo impatto del <strong>la</strong>voro intellettu<strong>al</strong>e sul<strong>la</strong> re<strong>al</strong>tà, contribuendo<br />

a formare quello spirito amaro e disilluso che costituirà<br />

il carattere del suo io opaco fin da Il <strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e.<br />

In questo “guardar vicino” si può stabilire un tratto essenzi<strong>al</strong>e<br />

e continuo del<strong>la</strong> poetica di Luciano Bianciardi: se a<br />

Grosseto si era occupato dei minatori maremmani, d<strong>al</strong><strong>la</strong> finestra<br />

di Mi<strong>la</strong>no vede Mi<strong>la</strong>no e scrive di Mi<strong>la</strong>no; qu<strong>al</strong>che<br />

volta abbandona <strong>la</strong> finestra per il divano, vede <strong>la</strong> tv e scrive<br />

di tv inventandosi di sana pianta il mestiere di critico televisivo;<br />

negli anni del declino, <strong>la</strong> finestra del<strong>la</strong> sua casa di Rap<strong>al</strong>lo<br />

diventerà addirittura il centro del suo ultimo romanzo<br />

Aprire il fuoco, nel qu<strong>al</strong>e l’io opaco scruta l’orizzonte<br />

aspettando il segn<strong>al</strong>e di una riscossa che non arriverà mai.<br />

Anche quando si occupa dell’America, necessariamente<br />

lontana, Bianciardi lo fa guardando il “vicino”: lui, il<br />

traduttore di Henry Miller, nel suo unico viaggio americano<br />

non troverà di meglio che chiudersi in hotel a guardare<br />

<strong>la</strong> televisione e a riflettere, disorientato, sul fuso orario:<br />

Cosa fa uno, chiuso <strong>al</strong> quarantacinquesimo piano di<br />

un <strong>al</strong>bergo di New York, <strong>al</strong>le tre di notte? Si <strong>al</strong>za, apre <strong>la</strong> finestra,<br />

vede un muro buio, girel<strong>la</strong> per <strong>la</strong> camera, ritorna a<br />

X


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XI<br />

L’io opaco<br />

letto, apre un libro, e fin<strong>al</strong>mente s’accorge che c’è anche il<br />

televisore. Stavolta, pensa, i fusi orari mi aiuteranno: perché<br />

se qui sono le tre del mattino, a San Francisco sarà<br />

mezzanotte, e qu<strong>al</strong>cosa dovranno pure trasmettere. Così<br />

accende, aspettando che <strong>la</strong> boccia di vetro sia c<strong>al</strong>da, e<br />

guarda il monoscopio con <strong>la</strong> sig<strong>la</strong>. Quel<strong>la</strong> dev’essere <strong>la</strong><br />

chiavetta dei can<strong>al</strong>i (quanti saranno, nove, dieci, mille?):<br />

<strong>la</strong> gira, e fin<strong>al</strong>mente si vede qu<strong>al</strong>cosa. C’è una bel<strong>la</strong> signora<br />

che butta d<strong>al</strong><strong>la</strong> finestra un ferro da stiro. Dice che non<br />

serve. Non serve, perché oggi gli indumenti si fanno di fibra<br />

sintetica, che dopo <strong>la</strong>vata non ha bisogno di stiratura.<br />

(Carosello a Manhattan, rubrica Rai-TV in Notizie<br />

Letterarie, Mi<strong>la</strong>no,VI, 1, gennaio 1965, pp. 32-34 )<br />

Non può sfuggire <strong>la</strong> modernità del gesto di accendere <strong>la</strong><br />

tv non appena si entra in una stanza di <strong>al</strong>bergo.<br />

Luciano Bianciardi è una specie di assurdo scienziato<br />

miope, che deve avvicinarsi agli oggetti del<strong>la</strong> sua attenzione<br />

<strong>al</strong> punto da confondersi con essi. È un ittiologo che si tuffa<br />

in un acquario per studiare il comportamento dei pesci<br />

in cattività e finisce affogato.<br />

3. La grossa iniziativa<br />

Quando arriva <strong>al</strong><strong>la</strong> Feltrinelli si aspetta di trovare dei suoi<br />

simili. Non è così. La convivenza quotidiana con gente che<br />

passa le giornate a decidere qu<strong>al</strong>e colore assegnare <strong>al</strong>le<br />

schede dell’archivio dei testi sociologici e qu<strong>al</strong>e a quelle dell’archivio<br />

dei testi antropologici, lo annoia mort<strong>al</strong>mente.<br />

Si trova insomma circondato da uomini rassegnati e metodici<br />

che hanno capito da un pezzo come va <strong>la</strong> faccenda.<br />

Stenta a trovare un nesso tra le giornate passate a cat<strong>al</strong>ogare<br />

libri e un re<strong>al</strong>e cambiamento in senso rivoluzionario del<strong>la</strong><br />

società, uno scopo fin<strong>al</strong>e insomma. Rimpiange il <strong>la</strong>voro<br />

“sul campo”, i colloqui con i minatori. Si rende conto dell’insensatezza<br />

dell’impresa. E <strong>al</strong>lora fugge, si rinchiude in<br />

casa e decide che il suo <strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e sarà <strong>la</strong> manova<strong>la</strong>nza:<br />

il <strong>la</strong>voro a cottimo delle traduzioni, <strong>la</strong> seri<strong>al</strong>ità delle col-<br />

XI


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XII<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

<strong>la</strong>borazioni giorn<strong>al</strong>istiche, <strong>la</strong> routine delle presentazioni<br />

pubbliche. Lo “scopo fin<strong>al</strong>e” di Bianciardi consiste nel non<br />

fingere di averne uno, nel costringersi a una pratica quotidiana,<br />

<strong>al</strong> conto del<strong>la</strong> spesa, <strong>al</strong><strong>la</strong> “pagnotta” da portare a casa.<br />

Il periodo del<strong>la</strong> speranza, dell’impegno, de I minatori<br />

del<strong>la</strong> Maremma inizia ad <strong>al</strong>lontanarsi.<br />

Il passaggio di Bianciardi nel<strong>la</strong> comunità cultur<strong>al</strong>e mi<strong>la</strong>nese<br />

è testimoniato più da azioni (o intenzioni) che da<br />

oggetti, studi, opinioni. Secondo le testimonianze il suo<br />

modello di interazione con queste comunità è quello del<br />

rompicoglioni. Al<strong>la</strong> Feltrinelli canzona il “giaguaro”<br />

Giangiacomo e <strong>la</strong> sua corte di micetti; <strong>al</strong> Giorno prende in<br />

giro Giorgio Bocca per le sue frequentazioni mondane; nel<strong>la</strong><br />

tribuna stampa di San Siro dà sui nervi a Gianni Brera<br />

par<strong>la</strong>ndogli di filologia ungherese durante un attacco dell’Inter.<br />

Bianciardi si ritiene estraneo a questo mondo, e tuttavia<br />

c’è. C’è <strong>al</strong><strong>la</strong> Feltrinelli ruggente degli anni ’50; c’è ai<br />

party mondani del<strong>la</strong> Mi<strong>la</strong>no bene; c’è nel<strong>la</strong> tribuna stampa<br />

di San Siro, ma ciò che gli resta è solo il suo esserci stato,<br />

<strong>la</strong> memoria arrabbiata e istantanea che <strong>la</strong> domenica <strong>scarica</strong><br />

sui tasti del<strong>la</strong> sua macchina da scrivere.<br />

Si potrebbe anche pensare che Bianciardi si creda implicitamente<br />

superiore, senz’<strong>al</strong>cun dovere di dimostrarsi t<strong>al</strong>e.<br />

Non è solo questo. Per lui il <strong>la</strong>voro intellettu<strong>al</strong>e è oramai un<br />

semplice ingranaggio del<strong>la</strong> società capit<strong>al</strong>istica, è <strong>la</strong>voro e<br />

nient’<strong>al</strong>tro, quasi che <strong>la</strong> stessa espressione “<strong>la</strong>voro intellettu<strong>al</strong>e”<br />

non sia <strong>al</strong>tro che un ossimoro. Bianciardi individua<br />

così un cambiamento nel<strong>la</strong> funzione dell’intellettu<strong>al</strong>e, solo<br />

<strong>al</strong> servizio del<strong>la</strong> pubblicità, del marketing e degli interessi<br />

editori<strong>al</strong>i, fornitore di un prodotto equiv<strong>al</strong>ente in tutto e per<br />

tutto a ogni <strong>al</strong>tro. Altre opinioni <strong>al</strong> riguardo, sembra dirci<br />

Bianciardi, non sono che solenni ingenuità, soprattutto in<br />

un posto come Mi<strong>la</strong>no che di questo cambiamento è il centro<br />

di gravità. Chi crede di cambiare il sistema dell’industria<br />

cultur<strong>al</strong>e d<strong>al</strong>l’interno sfruttandone le potenzi<strong>al</strong>ità è un<br />

ipocrita. Nessun entusiasmo è giustificato, nessuna speranza<br />

è fondata. Ecco perché l’intellettu<strong>al</strong>e Bianciardi finisce<br />

per coincidere con il suo io opaco che bofonchia rabbioso.<br />

XII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XIII<br />

L’io opaco<br />

Egli stesso, in qu<strong>al</strong>che modo, era stato vittima di quel<strong>la</strong><br />

stessa solenne ingenuità quando nel ’54 aveva preso il treno<br />

per <strong>la</strong> metropoli con <strong>la</strong> speranza di andare a cambiare il<br />

corso del<strong>la</strong> storia del paese. Qui comincia a maturare quel<br />

suo <strong>al</strong>tro io, opaco protagonista di ogni suo scritto, consacrato<br />

con <strong>la</strong> pubblicazione, nel 1962, de La vita agra. È significativo<br />

che <strong>la</strong> solenne ingenuità venga metabolizzata e<br />

quindi nascosta d<strong>al</strong>l’io opaco attraverso l’ideazione di un<br />

attentato contro il neo eretto tempio del<strong>la</strong> modernità e del<strong>la</strong><br />

ricchezza, il “torracchione” di Mi<strong>la</strong>no, unica possibile risposta<br />

<strong>al</strong>l’“attentato” del<strong>la</strong> Montecatini contro i propri<br />

minatori. Ne La vita agra l’ordine degli eventi viene invertito:<br />

l’io opaco arriva da Grosseto per vendicare i minatori,<br />

l’adesione <strong>al</strong><strong>la</strong> “grossa iniziativa” politico-editori<strong>al</strong>e che<br />

finirà per “disinnescarlo” è soltanto una copertura. La verità<br />

è che a Bianciardi capita più o meno il contrario: venuto<br />

a Mi<strong>la</strong>no per partecipare <strong>al</strong><strong>la</strong> grossa iniziativa cultur<strong>al</strong>e<br />

ne rimane deluso e finisce per immaginare l’attentato.<br />

L’idea stessa di scegliere nel<strong>la</strong> “finzione” l’attentato dinamitardo,<br />

<strong>al</strong>meno per quanto attiene <strong>al</strong><strong>la</strong> spettaco<strong>la</strong>rità<br />

dell’impresa di far s<strong>al</strong>tare un grattacielo, segna <strong>la</strong> misura<br />

del<strong>la</strong> sua disillusione. In fondo Bianciardi progetta una<br />

mossa politica modernissima, costruita com’è su una logica<br />

che è mediatica e non politica; tragi-comica e non, semplicemente,<br />

tragica. Il suo trasformarsi in (finto) terrorista<br />

anarchico; il non esibire più <strong>al</strong>cun <strong>la</strong>voro intellettu<strong>al</strong>e impegnato;<br />

il rappresentare con una chiarezza e lucidità mai<br />

viste prima <strong>la</strong> vuota spettaco<strong>la</strong>rità del<strong>la</strong> politica è il segn<strong>al</strong>e<br />

del<strong>la</strong> sua resa e del<strong>la</strong> sua forza. Questa decisione rappresenta<br />

forse il f<strong>al</strong>limento più grosso degli ingenui ide<strong>al</strong>i del<br />

quasi quarantenne Bianciardi e <strong>al</strong> tempo stesso, nell’amara<br />

di<strong>al</strong>ettica tra lui e il suo io opaco, <strong>la</strong> sua fortuna e quel<strong>la</strong><br />

del lettore. Il risultato è infatti uno dei romanzi più divertenti<br />

del<strong>la</strong> letteratura it<strong>al</strong>iana del secolo scorso. Oramai<br />

non c’è <strong>al</strong>tra possibilità che dedicarsi <strong>al</strong>l’invettiva, <strong>al</strong><strong>la</strong> satira,<br />

insomma buttar<strong>la</strong> in bur<strong>la</strong>. Bianciardi è orfano di<br />

qu<strong>al</strong>siasi comunità o referente intellettu<strong>al</strong>e: che sia il Partito<br />

o l’“ambiente” cultur<strong>al</strong>e, nessun tipo di sod<strong>al</strong>izio sem-<br />

XIII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XIV<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

bra annoverarlo tra i suoi membri stabili, né tantomeno<br />

lui coltiva il desiderio di farne parte. Il suo unico orizzonte<br />

è quello del<strong>la</strong> sopravvivenza, da conservare attraverso rapporti<br />

esclusivamente individu<strong>al</strong>i. Bianciardi tratta rabbiosamente<br />

con i funzionari dell’industria cultur<strong>al</strong>e, ne affronta<br />

gli anticorpi – le segretarie secche – schiacciato<br />

d<strong>al</strong>l’imperson<strong>al</strong>ità kafkiana di tutta <strong>la</strong> macchina. Non è<br />

esattamente un drop out né un terrorista; capisce che l’unica<br />

sua possibile funzione nell’industria cultur<strong>al</strong>e è quel<strong>la</strong><br />

dell’arrabbiato, dell’eccentrico, del selvaggio. Vi faccio vedere<br />

io chi è l’intellettu<strong>al</strong>e di oggi!<br />

Nel 1962 un comunista lo avrebbe accusato di individu<strong>al</strong>ismo<br />

borghese: l’<strong>al</strong>col, le donne, il bar Giamaica, <strong>la</strong> celebrazione<br />

dell’intellettu<strong>al</strong>e decadente e strito<strong>la</strong>to d<strong>al</strong><strong>la</strong> società<br />

dello spettacolo, che si bea del proprio processo autodistruttivo,<br />

in un pessimismo ostentato, di maniera e tuttavia<br />

doloroso. Questo è La vita agra: l’io opaco di Bianciardi<br />

<strong>la</strong>vora nel<strong>la</strong> casa editrice legata <strong>al</strong> sistema ma vive nel<strong>la</strong><br />

picco<strong>la</strong> comunità di “eletti”, gli amici pittori del bar delle<br />

Antille-Giamaica, quasi una riedizione tarda e disperata<br />

delle bohème di inizio secolo. Questa bohème <strong>al</strong> ribasso<br />

non è più circondata da borghesi da stupire, né ancora d<strong>al</strong>l’Europa<br />

in crisi degli anni settanta, di là da venire. La bohème<br />

bianciardiana vive nel<strong>la</strong> potente e indifferente macchina<br />

del boom anni sessanta. A differenza dell’arrabbiato<br />

di inizio secolo e di quello anni settanta, con le stigmate del<br />

punk e dell’eroina, Bianciardi non viene additato come<br />

cattivo esempio, feccia, rifiuto da estromettere, bensì viene<br />

adottato d<strong>al</strong><strong>la</strong> stessa macchina potente e indifferente.<br />

Sulle colonne del Corriere del<strong>la</strong> Sera Indro Montanelli,<br />

recensisce in termini lusinghieri La vita agra il 2 ottobre ’62:<br />

La vita agra è uno dei libri più vivi, più stupefacenti,<br />

più pittoreschi che abbia letto in questi ultimi anni […]<br />

Io non conosco person<strong>al</strong>mente Bianciardi. So ch’è di<br />

Grosseto, che ha una quarantina d’anni […] Quel tipo di<br />

anarchico toscano che, credendosi comunista, parte con<br />

<strong>la</strong> dinamite in tasca <strong>al</strong><strong>la</strong> distruzione del<strong>la</strong> società e poi<br />

XIV


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XV<br />

L’io opaco<br />

scopre che l’unica re<strong>al</strong>tà sono l’uomo e i suoi v<strong>al</strong>ori mor<strong>al</strong>i,<br />

mi è familiare – e congeni<strong>al</strong>e – come pochi <strong>al</strong>tri. Ma<br />

devo dire che mai lo avevo visto incarnato così compiutamente<br />

come in Bianciardi e rappresentato con tanta<br />

disperazione e poesia, interca<strong>la</strong>ti da b<strong>la</strong>sfemi sghignazzi<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> Cecco Angiolieri.<br />

Fortuna che quel<strong>la</strong> veemenza si è sfogata in letteratura.<br />

Si fosse tradotta davvero in grisù, a Mi<strong>la</strong>no non sarebbe<br />

rimasta ritta neanche <strong>la</strong> Madonnina.<br />

(Indro Montanelli, Un anarchico a Mi<strong>la</strong>no, in Corriere<br />

del<strong>la</strong> Sera, 2 ottobre 1962)<br />

Ma Indro Montanelli non si accontenta di celebrare il<br />

nuovo mito sbocciato tra le vie di Brera, vorrebbe offrirgli<br />

un posto <strong>al</strong> Corriere del<strong>la</strong> Sera. È un colpo di scena che sarebbe<br />

degna conclusione de La vita agra. Bianciardi aveva<br />

ragione: <strong>la</strong> macchina del boom economico non riconosce<br />

<strong>al</strong>tri da sé; qu<strong>al</strong>siasi cosa “funzioni” è messa in produzione,<br />

qu<strong>al</strong>siasi critica è metabolizzata senza scarti. Tutto è rap<strong>presentazione</strong>.<br />

È probabile che dietro l’ipotesi di indossare <strong>la</strong> maschera<br />

del personaggio di arrabbiato, manifestamente temuta da<br />

Bianciardi, vi sia anche per quanto possibile una genuina<br />

soddisfazione. Bianciardi si fa guardare e ama mostrare il<br />

suo essere ex intellettu<strong>al</strong>e di provincia, <strong>la</strong>urea in filosofia,<br />

assolti gli obblighi di leva, moglie e prole che conquista infine<br />

<strong>la</strong> massima rib<strong>al</strong>ta. A Mi<strong>la</strong>no tutti lo vogliono, tutti lo<br />

amano e quindi sono tutti degli idioti. Lui, probabilmente,<br />

sente di averli fregati.<br />

In questo quadro il gran rifiuto di col<strong>la</strong>borare <strong>al</strong> Corriere<br />

del<strong>la</strong> Sera non sembra essere <strong>al</strong>tro che un supremo atto<br />

di autoindulgenza, a stento mascherato da una motivazione<br />

politica. Ecco il ricordo di Maria Jatosti, sua compagna<br />

del tempo:<br />

Lo chiamarono <strong>al</strong> Corriere del<strong>la</strong> Sera. Indro Montanelli<br />

in persona gli offrì il posto. Non fare il bischeraccio,<br />

gli disse, pensaci bene.<br />

XV


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XVI<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

Ma come, non accettare un’occasione simile, non sarai<br />

mica pazzo, facevano coro i benpensanti.<br />

Ti prego, ti prego, non farlo. Indro Montanelli no, lui<br />

sarà uno dei primi a cadere quando saremo d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra<br />

parte fin<strong>al</strong>mente… Non andarci, non andare a par<strong>la</strong>re<br />

con lui…<br />

(Maria Jatosti, Tutto d’un fiato, Editori Riuniti, Roma<br />

1977)<br />

4. Arrabbiato!<br />

Il rifiuto <strong>al</strong> Corriere del<strong>la</strong> Sera accontenta in re<strong>al</strong>tà ancor<br />

di più gli intenti nascosti di Montanelli, che significativamente<br />

recensiva La vita agra come semplice autobiografia,<br />

par<strong>la</strong>ndo cioè non di un libro ma di un uomo. Bianciardi<br />

non trova di meglio che superarsi; sposta ancora più in là il<br />

suo limite e crede <strong>al</strong> t<strong>al</strong> punto <strong>al</strong> suo mito da perpetuarlo<br />

con <strong>la</strong> mossa più arrabbiata e coerente possibile. È probabile<br />

che egli non volesse dimostrare qu<strong>al</strong>cosa di genuinamente<br />

politico (“non scrivo sulle vostre colonne e <strong>al</strong>imento il<br />

mio personaggio perché solo così posso mostrare quanto fate<br />

schifo”); ma semplicemente rivendicare l’impossibilità<br />

di qu<strong>al</strong>siasi mediazione tra l’intellettu<strong>al</strong>e e <strong>la</strong> macchina. E<br />

così, una volta per tutte, abdica agli ide<strong>al</strong>i giovanili: l’intellettu<strong>al</strong>e<br />

non esiste se non come mera funzione del<strong>la</strong> società<br />

industri<strong>al</strong>e; questo è il prezzo che deve pagare per avere<br />

un pubblico e credersi rilevante. Bianciardi non ci sta e<br />

decide di esser solo funzione di se stesso, del suo io opaco.<br />

Preferisce campare sotto le spoglie del<strong>la</strong> sua incazzatura, le<br />

stesse ritratte sul<strong>la</strong> copertina di questo libro: <strong>la</strong> trovata carnev<strong>al</strong>esca<br />

del<strong>la</strong> benda da pirata.<br />

Per questo, è solo.A Mi<strong>la</strong>no è orfano anche del suo bersaglio<br />

preferito: <strong>la</strong> comunità da criticare che aveva trovato in<br />

provincia qui non c’è più. Benché il successo coloss<strong>al</strong>e del<strong>la</strong><br />

pubblicazione de La vita agra, le presentazioni, le feste mondane,<br />

lo strappino <strong>al</strong><strong>la</strong> solitudine di casa sua, del<strong>la</strong> stanza<br />

con <strong>la</strong> macchina per scrivere, il tentativo di tras<strong>la</strong>re <strong>la</strong> sua satira<br />

contro i borghesi di provincia <strong>al</strong><strong>la</strong> nuova situazione mi-<br />

XVI


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XVII<br />

L’io opaco<br />

<strong>la</strong>nese f<strong>al</strong>lisce poco dopo. Accetta una col<strong>la</strong>borazione a Il<br />

Giorno, neonato quotidiano del<strong>la</strong> borghesia illuminata,<br />

sulle cui colonne negli anni ’62-’63 tiene <strong>la</strong> rubrica Parliamo<br />

di Mi<strong>la</strong>no. I temi affrontati sono di piccolo cabotaggio, tra <strong>la</strong><br />

critica di costume e <strong>la</strong> sociologia spiccia: un nuovo tic verb<strong>al</strong>e;<br />

l’inaugurazione di un bar a là page; <strong>la</strong> moda del sushi (già<br />

<strong>al</strong>lora Mi<strong>la</strong>no gettava i semi del suo processo di autofagocitazione<br />

a crudo). La forma è quel<strong>la</strong> di brevissimi boxini,<br />

piuttosto “vuoti” giorn<strong>al</strong>isticamente quanto graficamente<br />

innovativi e così diversi dai bonari elzeviri di sp<strong>al</strong><strong>la</strong> pubblicati<br />

su La Gazzetta di Livorno. Si potrebbe dire che il carattere<br />

minim<strong>al</strong>e di questa col<strong>la</strong>borazione rifletta anche visivamente<br />

<strong>la</strong> disintegrazione dei suoi ide<strong>al</strong>i: una nuova “grossa<br />

iniziativa”, un’<strong>al</strong>tra “solenne fregatura”.<br />

Tuttavia Bianciardi <strong>al</strong>imenta il suo io opaco proprio<br />

con questa sequenza di f<strong>al</strong>limenti (e viene da chiedersi che<br />

fine avrebbe fatto se non fosse sceso d<strong>al</strong> carro dei vincitori,<br />

se <strong>al</strong> posto che cantare il disastro dell’industria cultur<strong>al</strong>e ne<br />

fosse stato supporter). In questa furia creativa si costringe<br />

dunque a spostare sempre più in là il suo limite, l’unico<br />

combustibile possibile per <strong>la</strong> sua macchina di scrittura.<br />

Non si racconta, ma <strong>al</strong> contrario si mette in scena. Addirittura,<br />

si autodenuncia come personaggio:<br />

Oramai sto girando come un rappresentante di commercio<br />

[…]. Viene con me Domenico Porzio, e a volte<br />

sembriamo due comici di avanspettacolo: sempre le stesse<br />

battute, e sempre con l’aria di chi le dice per <strong>la</strong> prima<br />

volta.<br />

(Mi<strong>la</strong>no, lettera a Mario Terrosi, 30 dicembre 1962)<br />

Maria Jatosti così descriverà quel periodo:<br />

Dopo anni di miseria, di angoscia, di pugni nello stomaco,<br />

fin<strong>al</strong>mente un po’ di respiro, di serenità e, diciamolo<br />

pure, di successo. C’era <strong>la</strong> televisione, il cinema, <strong>la</strong><br />

stampa, le donne, e lui era felice, par<strong>la</strong>va, rideva, raccontava,<br />

andava a spasso, frequentava tavole rotonde, cock-<br />

XVII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XVIII<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

tail, riunioni, dibattiti, feste. Era simpatico, spiritoso, elegante,<br />

non portava più quegli orrendi maglioni gi<strong>al</strong>li con<br />

su ricamato un cervo o i giubbotti di finta pelle, ma <strong>la</strong> camicia<br />

e <strong>la</strong> cravatta…<br />

(Maria Jatosti, Tutto d’un fiato, Editori Riuniti, Roma<br />

1977)<br />

Il processo del<strong>la</strong> sua trasformazione in personaggio<br />

pubblico è consapevole. Di più: è t<strong>al</strong>mente sfacciato da ispirare<br />

a Bianciardi un sincero disgusto, e finire fat<strong>al</strong>mente<br />

sotto il microscopio del<strong>la</strong> sua satira, <strong>al</strong>imentando il gioco <strong>al</strong><br />

massacro del suo io opaco:<br />

L’aggettivo agro sta diventando di moda, lo usano<br />

giorn<strong>al</strong>isti e architetti di fama nazion<strong>al</strong>e. Finirà che mi<br />

daranno lo stipendio mensile solo per far <strong>la</strong> parte dell’arrabbiato<br />

it<strong>al</strong>iano. Il mondo va così, cioè m<strong>al</strong>e. Ma io non<br />

ci posso fare nul<strong>la</strong>. Quel che potevo l’ho fatto, e non è<br />

servito a niente. Anziché mandarmi via da Mi<strong>la</strong>no a c<strong>al</strong>ci<br />

nel culo, come meritavo, mi invitano a casa loro.<br />

(Mi<strong>la</strong>no, lettera a Mario Terrosi, 30 dicembre 1962)<br />

5. Nascita di un uomo democratico<br />

In Bianciardi non c’è nessuna indulgenza verso “l’intellettu<strong>al</strong>e<br />

del suo tempo”, neppure verso quello cinico e spregiudicato<br />

che si erge a coscienza critica del<strong>la</strong> società del boom.<br />

Per questo satireggia <strong>la</strong> nuova onda di intellettu<strong>al</strong>i degli<br />

anni cinquanta e sessanta, <strong>al</strong><strong>la</strong> Umberto Eco, gli entusiasti<br />

delle nuove discipline, <strong>la</strong> semiologia, <strong>la</strong> sociologia, l’antropologia,<br />

quelli che facevano i convegni su James Bond:<br />

Si cominciò a dire che <strong>la</strong> condizione operaia, contadina<br />

e sottoproletaria ormai non interessava più, e che<br />

era meglio darsi <strong>al</strong> futile, o addirittura <strong>al</strong> “cheap”.<br />

Con intenti scientifici, beninteso. Non si può mica<br />

par<strong>la</strong>re di James Bond senza avere prima conquistato<br />

una cattedra universitaria! Una persona seria fa il suo ti-<br />

XVIII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XIX<br />

L’io opaco<br />

rocinio, mettiamo, <strong>al</strong>l’università di Detroit, dove insegna,<br />

in perfetto inglese bostoniano, storia del<strong>la</strong> cultura<br />

europea, poi ritorna in It<strong>al</strong>ia e ti pubblica, là, un bel libro<br />

sui fumetti. Gulp! dicono i suoi amici, hai visto dove è<br />

andato a finire il Roberto? Per James Bond si adunano<br />

convegni, consessi, simposi e tavole tonde, e si spiega il<br />

fenomeno in termini freudian-marxisti: sarà un razzista,<br />

l’eroe? O semplicemente un omosessu<strong>al</strong>e inconsapevole?<br />

Una cosa è chiara, bisogna studiarlo: quando un fenomeno<br />

muove un milione di persone, è cosa seria, e va<br />

studiato. Già, ma <strong>al</strong>lora perché non par<strong>la</strong>te, si fa per dire,<br />

del divorzio, o del<strong>la</strong> masturbazione prematrimoni<strong>al</strong>e?<br />

(Anche Rita cresce, rubrica Telebianciardi, in ABC,<br />

Mi<strong>la</strong>no,VI, 49, 5 dicembre 1965, p. 15)<br />

Così Bianciardi finisce per diventare uno strambo intellettu<strong>al</strong>e,<br />

un mor<strong>al</strong>ista vecchio tipo, che fustiga d<strong>al</strong><strong>la</strong> scarsa<br />

<strong>al</strong>tezza di una rubrica di critica televisiva il m<strong>al</strong>costume<br />

cultur<strong>al</strong>e, <strong>la</strong> tv leggera del varietà, <strong>la</strong> canzonetta e <strong>al</strong> contrario<br />

difende i programmi educativi di TeleScuo<strong>la</strong>, gli sceneggiati<br />

più tradizion<strong>al</strong>i, le rubriche libresche. Allo stesso<br />

modo gli torna utile il Risorgimento, rievocato nost<strong>al</strong>gicamente<br />

come speranza non ancora tradita in articoli, interventi<br />

e soprattutto nel romanzo storico La battaglia soda,<br />

uscito dopo il grande successo de La vita agra e diversissimo<br />

per temi e stile non solo da quest’ultimo, ma da tutta <strong>la</strong> sua<br />

produzione narrativa.<br />

Accanto a questo sta l’ossessione per <strong>la</strong> filologia, che<br />

passa attraverso i suoi curiosi abbecedari nel<strong>la</strong> già ricordata<br />

rubrica Parliamo di Mi<strong>la</strong>no su Il Giorno dei primi sessanta,<br />

nei qu<strong>al</strong>i prende in giro le nuove mode verb<strong>al</strong>i. Le<br />

parole sono l’idea fissa <strong>al</strong> centro del suo delirio autoreferenzi<strong>al</strong>e:<br />

smascherarne il senso, mostrare il sipario e <strong>la</strong> buca<br />

del suggeritore; additare i vezzi e le mode verb<strong>al</strong>i non serve<br />

ad <strong>al</strong>tro che a demistificare una volta di più <strong>la</strong> figura dell’intellettu<strong>al</strong>e<br />

impegnato, moderno.<br />

Anni dopo, quando <strong>la</strong> rivista Automark lo invierà a testare<br />

<strong>la</strong> nuova FIAT 125 sulle piste del deserto marocchino,<br />

XIX


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XX<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

Bianciardi tornerà indietro con una serie di articoli poi<br />

confluiti nel volumetto Viaggio in Barberia, del tutto reticenti<br />

sulle prestazioni dell’automobile – per<strong>al</strong>tro non aveva<br />

neanche <strong>la</strong> patente – ma estremamente prolissi riguardo<br />

l’etimologia dell’arabo e del francese par<strong>la</strong>ti <strong>la</strong>ggiù.<br />

In questo testo Bianciardi, meno autosorvegliato del<br />

solito, scav<strong>al</strong>ca il suo io opaco e mostra forse un sintomo<br />

del<strong>la</strong> re<strong>al</strong>e origine di tutte queste ossessioni e idiosincrasie:<br />

Un bambino di dieci anni non può sapere che cosa<br />

sia un tagliacarte, perché ormai i libri si confezionano<br />

tutti già tagliati. Libro intonso, ecco un’espressione ormai<br />

priva di significato. Carta assorbente, <strong>al</strong>tra paro<strong>la</strong><br />

quasi desueta, dopo il gran diffondersi delle penne a sfera.<br />

E delle macchine per scrivere. Sc<strong>al</strong>dino. Gazzosa con<br />

p<strong>al</strong>lina. Sfrombo<strong>la</strong>. Qua si diventa vecchi. E cominciamo<br />

a capire che questa scorribanda in Barberia è anche un<br />

viaggio nel<strong>la</strong> memoria. Cioè nell’infanzia.<br />

(Viaggio in Barberia p. 1386)<br />

In questo non fa <strong>al</strong>tro, <strong>al</strong> solito, che rimasticarsi.<br />

Bianciardi è un nost<strong>al</strong>gico. Rimane legato <strong>al</strong> Risorgimento<br />

solo perché è il primo oggetto narrativo e politico che<br />

incontra nel<strong>la</strong> sua vita, una specie di imprinting rafforzato<br />

d<strong>al</strong><strong>la</strong> tradizione filogarib<strong>al</strong>dina del<strong>la</strong> Maremma. La sua<br />

madeleine è quel libretto, I mille di Giuseppe Bandi, che il<br />

papà gli rega<strong>la</strong> non appena impara a leggere – probabilmente<br />

se il libretto fosse stato sul<strong>la</strong> Rivoluzione francese,<br />

sarebbe stato questo il suo interesse ossessivo.<br />

L’intera esperienza intellettu<strong>al</strong>e e politica di Bianciardi<br />

potrebbe per<strong>al</strong>tro essere definita come garib<strong>al</strong>dina, una<br />

epopea eroica, tragica e solitaria. Un’<strong>al</strong>tra grande impresa,<br />

fare l’It<strong>al</strong>ia, che finisce con una solenne disillusione: l’accettazione<br />

del<strong>la</strong> ragion di stato. Ma garib<strong>al</strong>dina anche nel<br />

senso più popo<strong>la</strong>re del termine: velleitaria, avventurista,<br />

senza niente da perdere.<br />

Detto questo, il Risorgimento, se si eccettuano in parte<br />

le ricostruzioni storico-divulgative di Da Quarto aTorino<br />

XX


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXI<br />

L’io opaco<br />

e Garib<strong>al</strong>di, sembra ricorrere nel<strong>la</strong> produzione bianciardiana<br />

sempre con v<strong>al</strong>ore di metafora; sovente in riferimento<br />

<strong>al</strong>l’unica guerra e <strong>al</strong> successivo dopoguerra che egli abbia<br />

re<strong>al</strong>mente vissuto.<br />

È rive<strong>la</strong>tore che tra tutti gli intellettu<strong>al</strong>i, artisti e scrittori<br />

che sono passati, in modi diversi, attraverso l’esperienza<br />

del<strong>la</strong> Seconda guerra mondi<strong>al</strong>e, Bianciardi spicchi per <strong>la</strong><br />

reticenza <strong>al</strong> riguardo. La guerra non compare nei suoi<br />

scritti pubblicati, se non dissimu<strong>la</strong>ta nel<strong>la</strong> cornice risorgiment<strong>al</strong>e,<br />

ma significativamente occupa gran parte dei suoi<br />

Diari giovanili 1939-1946.<br />

Come per molti <strong>al</strong>tri del<strong>la</strong> sua generazione Bianciardi<br />

è costretto a diventare adulto d’un botto. Prova ne sia il radic<strong>al</strong>e<br />

cambiamento di stile e di attitudine nel<strong>la</strong> compi<strong>la</strong>zione<br />

dei Diari giovanili, divisibili in due grandi capitoli:<br />

gli anni dell’università (39-42) e quelli del<strong>la</strong> guerra (43-<br />

46). Si passa da un romanticismo lice<strong>al</strong>e e goliardico a una<br />

cronaca precisa e programmatica. Se per i primi anni di<br />

università si trattava di raccogliere a posteriori noticine,<br />

lettere d’amore, parodie di grandi poeti, ora Bianciardi,<br />

sottuffici<strong>al</strong>e dell’Esercito, dice chiaramente qu<strong>al</strong> è il suo<br />

progetto:<br />

Un giorno mi venne in mente di raccontare i fatti che<br />

stavo vivendo iso<strong>la</strong>ndoli e sorprendendoli in una atmosfera<br />

immobile, e mi ci provai: rimase un tentativo. […]<br />

Mi provo dunque a raccontare quello che mi è accaduto,<br />

dentro e fuori, nei sei mesi densi e pieni che vanno da 6<br />

luglio del ’43 <strong>al</strong> 18 gennaio ’44. Una serie di esperienze<br />

diverse, tragiche e comiche, che hanno agito profondamente<br />

su di me. Al<strong>la</strong> fine dove sarà possibile, voglio raccontare<br />

senza commenti (ed ora che son distante è più<br />

facile) perché non ho ancora del tutto <strong>la</strong>sciata <strong>la</strong> vecchia<br />

pretesa di tirarne fuori qu<strong>al</strong>cosa di “narrato” (novel<strong>la</strong> o<br />

romanzo che sia). Chissà che ritornando sopra a queste<br />

note frettolose, e conclusa anche questa attu<strong>al</strong>e esperienza<br />

non mi provi…<br />

(Diari giovanili, 1944)<br />

XXI


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXII<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

Leggendo i diari è quindi ancora più sorprendente l’assenza<br />

del<strong>la</strong> guerra nel<strong>la</strong> sua produzione matura. Evidentemente<br />

Bianciardi sembra non essere in grado di praticare<br />

quell’arte del distacco che egli stesso reputa necessaria per<br />

permettere a un romanziere di par<strong>la</strong>re di qu<strong>al</strong>cosa di così<br />

sconvolgente e tot<strong>al</strong>izzante come <strong>la</strong> guerra. Rimane solo una<br />

volontà; di concreto non c’è che il diario, il cui stile lirico e<br />

privo di cinismo Bianciardi non ritroverà mai più. Spicca<br />

tuttavia <strong>la</strong> visibilissima assenza di qu<strong>al</strong>siasi riferimento <strong>al</strong><br />

fascismo, se si eccettua quell’unica <strong>al</strong>lusione nel Trattato<br />

breve in difesa del<strong>la</strong> bestemmia, <strong>la</strong> qu<strong>al</strong>e, scrive Bianciardi,<br />

“sarà prova d’indomito desiderio di vero e di libertà se<br />

borbottata fra i denti dinanzi <strong>al</strong> ritratto di Mussolini.”<br />

Anche nei Diari precedenti <strong>al</strong> ’43, quando nel gennaio<br />

viene chiamato <strong>al</strong>le armi, non c’è <strong>al</strong>cun cenno <strong>al</strong><strong>la</strong> guerra,<br />

<strong>al</strong> fascismo e appunto <strong>al</strong><strong>la</strong> sua prossima chiamata. Fatto oltremodo<br />

strano per un giovane studente di filosofia <strong>al</strong>meno<br />

quanto <strong>la</strong> sua accettazione dello status quo senza apparenti<br />

dubbi. Anni dopo Bianciardi, in una serie di articoli pubblicati<br />

nel 1952 su Belfagor intito<strong>la</strong>ti Nascita di uomini democratici,<br />

rie<strong>la</strong>bora <strong>la</strong> sua formazione politica proprio rileggendo<br />

i suoi Diari giovanili 1939-1946:<br />

La mia reazione <strong>al</strong> fascismo, in questo senso condivisa<br />

da tre o quattro miei compagni di c<strong>la</strong>sse, era di tono<br />

genericamente liber<strong>al</strong>e; <strong>la</strong> nostra avversione andava agli<br />

aspetti di tirannide e di intolleranza del fascismo, <strong>al</strong><strong>la</strong><br />

soppressione delle libertà democratiche, ma più esattamente<br />

forse <strong>al</strong><strong>la</strong> comprensione del<strong>la</strong> libertà in senso assoluto.<br />

Se rileggo certe mie note ingenue di <strong>al</strong>lora, mi accorgo<br />

proprio di questo senso individu<strong>al</strong>istico, esclusivo,<br />

e perciò astratto, del<strong>la</strong> mia libertà a diciotto anni. E a rigore<br />

non poteva essere <strong>al</strong>trimenti: non potevo prescindere<br />

da quell’esperienza, come non potevo prescindere<br />

d<strong>al</strong>l’esperienza crociana.<br />

[…] Il mio liber<strong>al</strong>soci<strong>al</strong>ismo del ’41 e del ’42, quanto<br />

a manifestazioni concrete, fu del resto ben poca cosa:<br />

qu<strong>al</strong>che riunione furtiva in una cameretta del<strong>la</strong> Norma-<br />

XXII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXIII<br />

L’io opaco<br />

le, contatti fra Pisa e <strong>la</strong> mia città, dove mi incontravo anche<br />

con Geno Pamp<strong>al</strong>oni e con Tullio Mazzoncini, qu<strong>al</strong>che<br />

privata e goliardica <strong>al</strong>zata d’ingegno (una volta scrissi<br />

una lettera a Mussolini, chiedendogli le dimissioni, dopo<br />

quelle di Badoglio) e nul<strong>la</strong> più. [...] …il richiamo <strong>al</strong>le<br />

armi, <strong>al</strong>l’inizio di quel tragico e denso 1943, mi colse impreparato.<br />

Molto ingenuamente, io decisi di accettare <strong>la</strong><br />

vita militare come una prova di disciplina e di equilibrio.<br />

(Nascita di uomini democratici, in Belfagor, Messina-<br />

Firenze, VII, 4, 31 luglio 1952, pp. 466-471)<br />

La diserzione si presenta <strong>al</strong><strong>la</strong> mente di Bianciardi come<br />

una possibilità del tutto nuova e lontana dai v<strong>al</strong>ori Risorgiment<strong>al</strong>i<br />

appresi da suo padre:<br />

Appunto un contadino ca<strong>la</strong>brese, an<strong>al</strong>fabeta e primitivo,<br />

avevo conosciuto in quei giorni tragici. Sarebbe ritornato<br />

a casa, mi diceva, per nascondersi e non ripresentarsi<br />

mai più sotto le armi. Sua nonna lo aveva spesso<br />

incitato a disertare. […] Fin da piccolo avevo sentito<br />

questa paro<strong>la</strong>, pronunziata da mio padre con orrore e<br />

disprezzo […] e credevo veramente che <strong>la</strong> diserzione<br />

fosse un grave reato: ora cominciavo a capire che nell’atteggiamento<br />

del<strong>la</strong> contadina ca<strong>la</strong>brese c’era un’elementare<br />

reazione difensiva, perfettamente legittima.<br />

(Nascita di uomini democratici, in Belfagor, Messina-<br />

Firenze, VII, 4, 31 luglio 1952, pp. 466-471)<br />

E così <strong>la</strong> prima delle mille delusioni di Bianciardi riguarda<br />

l’esercito, gli ide<strong>al</strong>i di fierezza, le<strong>al</strong>tà ed “equilibrio”<br />

inculcatigli da un padre bancario che lo voleva uffici<strong>al</strong>e.<br />

Questa delusione ha una data e un luogo precisi: Foggia,<br />

notte del 22 luglio 1943, il bombardamento <strong>al</strong>leato più duro<br />

e sanguinoso cui dovette assistere il sottuffici<strong>al</strong>e Bianciardi:<br />

Il bombardamento ha un senso tutto partico<strong>la</strong>re,<br />

origin<strong>al</strong>issimo: credo che non sarebbe possibile creare<br />

XXIII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXIV<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

artifici<strong>al</strong>mente una città bombardata. Partico<strong>la</strong>rissime<br />

buche, <strong>al</strong>beri schiantati in una maniera inimitabile, case<br />

sfondate tutte <strong>al</strong>lo stesso modo ed anche i morti, anim<strong>al</strong>i<br />

ed uomini, erano caratteristici. Il volto scuro, <strong>la</strong> pelle colorita<br />

di un bruno scuro, come se fossero stati roto<strong>la</strong>ti<br />

nel<strong>la</strong> polvere, i cav<strong>al</strong>li con <strong>la</strong> pancia gonfia, enorme.<br />

(Diari giovanili, Locorotondo, Maggio-Giugno 1944)<br />

Se si fa un s<strong>al</strong>to in avanti vengono subito in mente l’esplosione<br />

delle miniere di Ribol<strong>la</strong> e il vagheggiato attentato<br />

<strong>al</strong> “torracchione”, come a formare <strong>la</strong> dolorosa trilogia<br />

bianciardiana dei traumi, insieme <strong>al</strong> bombardamento. E a<br />

ognuno di questi traumi, corrisponderà una rinuncia:<br />

Ci siamo rassegnati a troppe cose, e siccome rinunciare<br />

è bello, ma non serve più a nul<strong>la</strong> quando non c’è più<br />

nul<strong>la</strong> a cui rinunciare, […] dicemmo a noi stessi che probabilmente<br />

ci avevano presi in giro e decidemmo di far<strong>la</strong><br />

finita. Tanto è vero che, appena possibile, abbiamo rinunciato<br />

anche <strong>al</strong><strong>la</strong> “dignità del signor uffici<strong>al</strong>e” e ce ne<br />

siamo andati a fare i pastori, gli attori, gli interpreti, i<br />

cuochi, i camerieri, i mandriani, gli insegnanti, i manov<strong>al</strong>i,<br />

i meccanici, tutto quel che potesse permetterci di<br />

non portare più le stellette addosso.<br />

(Diari giovanili, Locorotondo, Maggio-Giugno 1944)<br />

6. L’io romantico<br />

Anche <strong>la</strong> lettura dei Diari inediti del periodo universitario<br />

si rive<strong>la</strong> interessante. Come detto, in questi ultimi <strong>la</strong> cesura<br />

tra giovanile romanticismo ed esperienza di guerra avviene<br />

brut<strong>al</strong>mente: d<strong>al</strong>le lettere sentiment<strong>al</strong>i, liriche <strong>al</strong>le colleghe<br />

di corso si passa <strong>al</strong><strong>la</strong> cronaca dei giorni di guerra. Questo<br />

stile romantico e ide<strong>al</strong>ista, Bianciardi lo abbandonerà per<br />

sempre, s<strong>al</strong>vo che ne La battaglia soda in cui l’eroe, Giuseppe<br />

Bandi si innamora durante una gita a Capri di una giovane<br />

americana. Ma Bandi, il garib<strong>al</strong>dino de I Mille qui<br />

ricic<strong>la</strong>to come ennesimo frammento dell’io opaco, è anche<br />

XXIV


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXV<br />

L’io opaco<br />

un eroe di guerra, anzi è l’antieroe, battuto, come il suo capo<br />

Garib<strong>al</strong>di, d<strong>al</strong><strong>la</strong> meschinità del<strong>la</strong> ragion di stato dell’arcinemico<br />

Cavour e conso<strong>la</strong>to solo da un amore incredibilmente<br />

privo di qu<strong>al</strong>siasi corporeità. Dunque per Bianciardi<br />

il recupero del Risorgimento è una sorta di madeleine,<strong>al</strong><br />

pari dell’idea giovanile di un amore romantico: non quello<br />

piccolo borghese con <strong>la</strong> prima moglie Adria; non quello antiborghese<br />

e carn<strong>al</strong>e con Maria Jatosti, ma quello ide<strong>al</strong>izzato<br />

del<strong>la</strong> giovane incontrata d<strong>al</strong> protagonista de La battaglia<br />

soda. La fascinazione risorgiment<strong>al</strong>e infantile si ri<strong>al</strong><strong>la</strong>ccia<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> vena romantica adolescenzi<strong>al</strong>e e <strong>al</strong>l’esperienza<br />

sotto le armi. Per una volta ci sembra di avere accesso <strong>al</strong>l’animo<br />

di Luciano Bianciardi, senza <strong>al</strong>cuna opacità.<br />

Non esiste nel<strong>la</strong> produzione di Bianciardi un vero e<br />

proprio ciclo risorgiment<strong>al</strong>e. Se ne La battaglia soda trionfano<br />

nost<strong>al</strong>gia, amore romantico, speranze non tradite fino<br />

in fondo, in Aprire il fuoco, sovente accostato a esso proprio<br />

sul<strong>la</strong> base di una continuità tematica, si assiste invece<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> caotica distruzione di quell’io opaco che è il centro di<br />

tutta <strong>la</strong> sua opera. Non più nost<strong>al</strong>gia, ma rimpianto; non<br />

più amore romantico, ma termini osceni e sesso consumato<br />

rapidamente; non più speranze, ma un tempo eternamente<br />

presente schiacciato tra un passato <strong>al</strong>lucinato e l’attesa di<br />

un segno futuro, quello per l’appunto di “aprire il fuoco”,<br />

che non arriva mai. Nell’ultimo romanzo di Bianciardi<br />

convivono un faticoso tentativo di messa in scena distopica<br />

– <strong>la</strong> storia di una Mi<strong>la</strong>no in cui il Risorgimento non si è mai<br />

compiuto – e l’immobile fissità di un’attesa che ricorda da<br />

vicino quel<strong>la</strong> del tenente Giovanni Drogo ne Il deserto dei<br />

tartari di Buzzati. In Aprire il fuoco assistiamo dunque <strong>al</strong><strong>la</strong><br />

resa definitiva di Bianciardi di fronte <strong>al</strong> suo io opaco, <strong>al</strong><br />

qu<strong>al</strong>e sembra non riuscire più a tener testa.<br />

Del resto, nel periodo del<strong>la</strong> stesura del romanzo, le pareti<br />

del<strong>la</strong> sua c<strong>la</strong>ustrofobica stanza nel<strong>la</strong> casa di Rap<strong>al</strong>lo si<br />

fanno sempre più vicine e minacciose. La convivenza stessa<br />

con <strong>la</strong> Jatosti – <strong>al</strong><strong>la</strong> qu<strong>al</strong>e è dedicato il libro con <strong>la</strong> poco lusinghiera<br />

qu<strong>al</strong>ifica di “padrona di casa” – da ancora di s<strong>al</strong>vezza<br />

è diventata <strong>la</strong> triste routine dell’assediato, del separato in<br />

XXV


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXVI<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

casa. La stanza di Bianciardi per <strong>la</strong> prima volta non è più un<br />

rifugio e nemmeno l’officina degli inizi, ma una cel<strong>la</strong> d<strong>al</strong><strong>la</strong><br />

qu<strong>al</strong>e guarda fiducioso verso l’orizzonte, sperando di ricevere<br />

un segn<strong>al</strong>e. Il cancro che divora il suo corpo raggiunge <strong>la</strong><br />

sua macchina per scrivere. L’io opaco muore. Bianciardi finisce<br />

i suoi giorni a Mi<strong>la</strong>no in una casa nel<strong>la</strong> qu<strong>al</strong>e non c’è<br />

neanche più <strong>la</strong> stanza del<strong>la</strong> macchina per scrivere.<br />

7. Oggetto del<strong>la</strong> modernità<br />

Bianciardi capisce e sperimenta in proprio che l’intellettu<strong>al</strong>e<br />

moderno è quello che riesce ad avere una faccia, prima<br />

che delle idee; una “figura” prima che dei pensieri riconoscibili,<br />

e quindi vendibili. Non esistono le idee dell’uomo<br />

di cultura; c’è solo l’uomo di cultura. A Bianciardi accade<br />

ciò che è norm<strong>al</strong>e per qu<strong>al</strong>siasi “firma”. Ciò che dice in fondo<br />

è privo di interesse, l’importante è che sia lui a dirlo. Che<br />

il testo appaia sotto <strong>la</strong> fotografia da pirata. Che tutti abbiano<br />

ben chiaro quanto sia arrabbiato.<br />

Per questo, se si vuole rintracciare <strong>la</strong> modernità dell’opera<br />

di Bianciardi, è forse meglio rivolgersi <strong>al</strong><strong>la</strong> sua stessa<br />

condizione di <strong>la</strong>voratore intellettu<strong>al</strong>e. Scorrendo le sue centinaia<br />

di critiche televisive scritte per quotidiani (Avanti!,<br />

l’Unità) e periodici anche molto diversi tra loro (L’informatore<br />

letterario, ABC, P<strong>la</strong>ymen) risulta subito chiaro<br />

come <strong>la</strong> loro collocazione sia <strong>al</strong> livello delle fonti e non degli<br />

studi. Bianciardi non è moderno, è un oggetto del<strong>la</strong> modernità.<br />

Interessanti non sono quasi mai le idee di Bianciardi<br />

sul<strong>la</strong> televisione – nonostante Eco gli tributi un debito di<br />

riconoscenza per <strong>la</strong> sua celebre Fenomenologia di Mike<br />

Buongiorno – ma il suo renderci l’epoca e soprattutto se<br />

stesso: <strong>la</strong> condizione di intellettu<strong>al</strong>e il cui <strong>la</strong>voro consiste nel<br />

passare <strong>la</strong> serata davanti <strong>al</strong><strong>la</strong> tv bevendo grappini. Bianciardi<br />

non si avvicina <strong>al</strong><strong>la</strong> televisione perché ne individua il<br />

potenzi<strong>al</strong>e rivoluzionario; scrive di televisione perché gli<br />

capita di veder<strong>la</strong>, in questo confermando una tendenza che<br />

sembra attraversare tutta <strong>la</strong> sua opera, riflesso incondizionato<br />

del<strong>la</strong> pratica delle sue giornate. Di nuovo Bianciardi è<br />

XXVI


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXVII<br />

L’io opaco<br />

oggetto di modernità: gran precursore del pubblico televisivo<br />

odierno: atomizzato, individu<strong>al</strong>izzato, narcotizzato. La<br />

sera non frequenta qu<strong>al</strong>che comunità intellettu<strong>al</strong>e. Sta a<br />

casa. Con <strong>la</strong> famiglia, a guardare <strong>la</strong> tv.<br />

Bianciardi diventa un campione di quell’industria<br />

cultur<strong>al</strong>e del boom che i suoi colleghi “impegnati” studiano<br />

con i nuovi mezzi di cui sopra. Esibito (le foto, l’arrabbiato<br />

di professione, ecc.) e <strong>al</strong> tempo stesso nascostissimo<br />

(l’oscuro traduttore, spesso sotto pseudonimo di manu<strong>al</strong>i<br />

per segretarie e narrativa ultrapopo<strong>la</strong>re americana). Il suo<br />

io opaco è una specie di crasi assurda del suo disinteresse<br />

verso lo studio del<strong>la</strong> modernità e del suo diventare oggetto<br />

di studio, o addirittura una sorta di “corpo del reato”<br />

quando, a causa del racconto La solita zuppa, viene accusato<br />

di oscenità. L’appartenenza di Bianciardi <strong>al</strong><strong>la</strong> comunità<br />

intellettu<strong>al</strong>e del tempo è un’appartenenza scand<strong>al</strong>osa.<br />

Eccomi, sono qua con tutta <strong>la</strong> mia tristezza, sono tutti<br />

voi. È inutile che vi sediate a bere Martini par<strong>la</strong>ndo di<br />

Darstellung d<strong>al</strong> momento che siete come me coi miei<br />

grappini davanti <strong>al</strong><strong>la</strong> Cronaca differita del Secondo<br />

Tempo di una partita del Campionato di Serie A. Se volete<br />

ridere, ridete pure.<br />

Questo continuo mettersi in scena è l’artico<strong>la</strong>zione che<br />

ci permette di passare d<strong>al</strong>l’an<strong>al</strong>isi del<strong>la</strong> sua pratica quotidiana<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> comprensione del suo stile di scrittura. L’invenzione<br />

dell’io opaco si contraddistingue innanzitutto per<br />

una netta differenza dagli <strong>al</strong>tri io narrativi c<strong>la</strong>ssici o del<br />

primo Novecento. L’io proustiano, dostojevskiano, joyciano,<br />

sveviano, sono io che si guardano dentro. L’io opaco di<br />

Bianciardi è un io estroflesso, che si guarda da casa, d<strong>al</strong><strong>la</strong><br />

sua postazione <strong>al</strong><strong>la</strong> macchina da scrivere si insegue nel suo<br />

aggirarsi per il mondo, nel suo assolvere <strong>al</strong><strong>la</strong> funzione di intellettu<strong>al</strong>e<br />

a cottimo: apro una porta e c’è una riunione,<br />

torno a casa e le macchine mi schiacciano contro il muro. È<br />

uno sguardo in terza persona perché in qu<strong>al</strong>che modo<br />

Bianciardi non ha <strong>al</strong>cuna solidarietà profonda con questo<br />

io e quindi deve estrofletterlo, senza tuttavia trasformarlo<br />

in un proprio <strong>al</strong>ter ego, in un’invenzione letteraria. È solo<br />

XXVII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXVIII<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

mera funzione: in questo forse troviamo <strong>la</strong> vera modernità<br />

del<strong>la</strong> sua scrittura. Quasi come in un fumetto, in Bianciardi<br />

non c’è <strong>al</strong>cuno spazio per l’an<strong>al</strong>isi psicologica. L’io opaco<br />

esiste in quanto funzione e non finzione narrativa. Non c’è<br />

<strong>al</strong>cuno spazio per <strong>la</strong> letteratura, per <strong>la</strong> fiction. Bianciardi<br />

<strong>la</strong>vora <strong>al</strong><strong>la</strong> macchina per scrivere d<strong>al</strong><strong>la</strong> mattina <strong>al</strong><strong>la</strong> sera in<br />

questa specie di miniera che è Mi<strong>la</strong>no, dove si scava un fosso<br />

solo per riempire una buca:<br />

Intanto sono arrivati gli operai coi picconi e scavano<br />

<strong>la</strong> fossa. […]<br />

Aperta <strong>la</strong> buca, se ne vanno. Il giorno dopo <strong>al</strong>tri operai<br />

provvedono a rimettere a posto <strong>la</strong> terra scavata, che<br />

risulta sempre troppa e fa montarozzo, sicché bisogna far<br />

venire il rullo compressore a schiacciar<strong>la</strong>, e poi un’<strong>al</strong>tra<br />

macchina a stendere <strong>al</strong>tro asf<strong>al</strong>to, bitume e ghiaino. Gli<br />

scavatori intanto si sono spostati un poco più in là, sempre<br />

sul marciapiede, e scavano una fossa nuova, che sarà<br />

riempita puntu<strong>al</strong>mente il giorno dopo.<br />

Nessuno ha mai saputo perché facciano queste fosse.<br />

[…] Che cosa ci sia sotto nessuno l’ha mai capito bene,<br />

ma intanto, dicono, ci ha <strong>la</strong>vorato un branco di gente, e<br />

come si sa il <strong>la</strong>voro fa circo<strong>la</strong>re <strong>la</strong> grana, l’operaio spende<br />

i dané e se ne avvantaggiano tutti.<br />

Per motivi di ricerca sociologica ho provato anch’io,<br />

una volta, a mettermi panni dimessi, camicia senza colletto,<br />

c<strong>al</strong>zoni turchini sporchi di c<strong>al</strong>ce, <strong>la</strong> barba lunga e i<br />

capelli scarruffati. Ho provato, in questa tenuta, e munito<br />

di piccone, p<strong>al</strong>ine bianche e rosse a strisce e <strong>la</strong>nternino<br />

cieco per <strong>la</strong> notte – scelto un <strong>al</strong>tro quartiere perché qui<br />

ormai mi conoscono – ho provato a scavare uno spicchio<br />

di strada, e poi a <strong>la</strong>sciarci <strong>la</strong> buca. Nessuno me lo ha vietato,<br />

e anzi il giorno dopo c’erano operai a disfare il mio<br />

<strong>la</strong>voro, a riempire <strong>la</strong> mia buca, guidati da un geometra in<br />

camicia bianca ma senza cravatta, serio. «Che <strong>la</strong>vori sono?»<br />

chiesi, e lui fece un gesto vago, senza rispondere. Mi<br />

pagarono anche <strong>la</strong> giornata, quando mi presentai <strong>al</strong>l’ufficio<br />

tecnico comun<strong>al</strong>e, poco ma me <strong>la</strong> pagarono, e io<br />

XXVIII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXIX<br />

L’io opaco<br />

conservo il mandato e posso anche esibirlo a richiesta, se<br />

qu<strong>al</strong>cuno non ci crede.<br />

(La vita agra, pp. 706-707)<br />

Insomma, è una specie di Fantozzi. Si <strong>al</strong>za <strong>al</strong> mattino<br />

solo per mettersi <strong>al</strong><strong>la</strong> macchina da scrivere, che non abbandona<br />

neanche quando a fine <strong>la</strong>voro scrive lettere a sua madre.<br />

Finisce di <strong>la</strong>vorare ma è come se non riuscisse mai ad<br />

<strong>al</strong>lontanarsi d<strong>al</strong> suo gesto ossessivo e ripetuto, d<strong>al</strong> suo strumento<br />

di <strong>la</strong>voro e di schiavitù, <strong>la</strong> macchina per scrivere,<br />

simbolo estremo del<strong>la</strong> modernità e dell’industri<strong>al</strong> design<br />

mi<strong>la</strong>nese, gadget dell’utopia industri<strong>al</strong>e olivettiana. Tant’è<br />

vero che Bianciardi tratterà sempre quell’oggetto da par<br />

suo, desacr<strong>al</strong>izzandolo tot<strong>al</strong>mente: “‘tiro il carrello’ da mane<br />

a sera” dice di sé citando Gianni Brera.<br />

Bianciardi sta in qu<strong>al</strong>che modo in mezzo a due figure,<br />

l’operaio e l’intellettu<strong>al</strong>e, vivendone i drammi più dolorosi:<br />

non ha l’adesione mor<strong>al</strong>e e psicologica <strong>al</strong> suo <strong>la</strong>voro tipica<br />

dell’intellettu<strong>al</strong>e impegnato (che quindi accetta, e forse gode<br />

dell’assenza di una linea netta di demarcazione tra vita<br />

e <strong>la</strong>voro) né <strong>la</strong> possibilità di esserne veramente <strong>al</strong>ienato, come<br />

l’operaio che però, finito il turno, fin<strong>al</strong>mente vive. Sta<br />

giusto in mezzo. Forse nel futuro. Il suo <strong>la</strong>voro è genuinamente<br />

<strong>al</strong>ienato e coincide con tutta <strong>la</strong> sua vita. Nessuna rivoluzione<br />

potrà liberarlo d<strong>al</strong> suo giogo. Al limite, <strong>la</strong> scarsamente<br />

probabile rivoluzione neocristiana “a sfondo disattivistico<br />

e copu<strong>la</strong>torio”, progettata ne La vita agra. Giacché il<br />

sesso sembra essere l’unico spazio eccentrico rispetto <strong>al</strong> suo<br />

tran-tran da intellettu<strong>al</strong>e a cottimo. Non a caso nel<strong>la</strong> fase<br />

conclusiva del<strong>la</strong> sua vita l’ultimo sussulto militante sarà in<br />

favore di pillole e divorzio, battaglie sovente combattute<br />

d<strong>al</strong>le pagine di riviste erotico-cultur<strong>al</strong>i come P<strong>la</strong>ymen o<br />

Executive. Bianciardi coltiva l’idea del<strong>la</strong> pornografia come<br />

ultima liberazione. Per lui il sesso è appunto “esterno” <strong>al</strong><strong>la</strong><br />

macchina strito<strong>la</strong>trice: l’idea mostra tutta <strong>la</strong> sua ingenuità<br />

e <strong>al</strong> tempo stesso il suo debito nei confronti di Henry Miller,<br />

da lui tradotto, difeso d<strong>al</strong>le accuse di oscenità e sempre stimato,<br />

pubblicamente, come il migliore.<br />

XXIX


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXX<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

8. Il menisco<br />

Oltre <strong>al</strong> sesso, Bianciardi ama il p<strong>al</strong>lone. Anche in questo<br />

caso non sembra essere mosso da un interesse sociologico o<br />

scientifico verso un fenomeno di massa, cultur<strong>al</strong>-popo<strong>la</strong>re.<br />

L’amore per il c<strong>al</strong>cio, così come quello per il sesso, è uno dei<br />

pochi temi che attraversa natur<strong>al</strong>mente tutta <strong>la</strong> sua produzione.<br />

Solo che a differenza del sesso, il c<strong>al</strong>cio non sembra<br />

mai essere toccato d<strong>al</strong>le sconfitte, d<strong>al</strong>le svolte del<strong>la</strong> sua vita.<br />

La passione insorge in tenera età. Tifa Fiorentina. Sua<br />

figlia Luciana conserva ancora tra le vecchie carte del padre<br />

un tema di quinta elementare intito<strong>la</strong>to Il mio gioco preferito,<br />

ovviamente il c<strong>al</strong>cio. Anche il piacere di raccontarlo è<br />

una passione giovanile: tra le primissime col<strong>la</strong>borazioni per<br />

La Gazzetta di Livorno nel 1952 ci sono pezzi di argomento<br />

c<strong>al</strong>cistico e in gener<strong>al</strong>e sportivo. In uno di questi, Bianciardi<br />

arriva a riscrivere una genesi autobiografica di questa passione,<br />

del tutto f<strong>al</strong>sa – gli piace dare quattro c<strong>al</strong>ci a un p<strong>al</strong>lone,<br />

ma non è mai stato c<strong>al</strong>ciatore, nemmeno dilettante –<br />

ma rive<strong>la</strong>trice <strong>al</strong> tempo stesso. Esistono <strong>al</strong>meno cinque versioni<br />

– e innumerevoli autocitazioni – di un racconto, Menisco<br />

fragile, nel qu<strong>al</strong>e l’io opaco ci mette a conoscenza di<br />

come, promettente c<strong>al</strong>ciatore e figlio di portiere professionista,<br />

abbandoni infine <strong>la</strong> carriera per un infortunio <strong>al</strong> menisco.<br />

Ma non solo il padre non è mai stato un portiere di c<strong>al</strong>cio,<br />

anche tutta <strong>la</strong> vicenda del menisco, del<strong>la</strong> speranza di<br />

diventare giocatore professionista è una semplice proiezione<br />

di un desiderio. Eppure, su questa vicenda apparentemente<br />

margin<strong>al</strong>e del menisco, sembra incrinarsi di nuovo<br />

<strong>la</strong> tenuta dell’io opaco. Intanto perché subito viene da chiedersi<br />

se <strong>la</strong> storia sia vera oppure no, fatto inusu<strong>al</strong>e per il lettore<br />

di Bianciardi. Bianciardi stesso in <strong>al</strong>cune versioni spinge<br />

verso <strong>la</strong> finzion<strong>al</strong>ità – il protagonista finisce medico; in<br />

<strong>al</strong>tre non dà elementi utili a dissolvere il dubbio. In ogni caso<br />

non mette in scena un <strong>al</strong>ter ego c<strong>al</strong>ciatore; propone invece<br />

una versione <strong>al</strong>ternativa del<strong>la</strong> sua biografia, il cui cardine<br />

non è che una nuova delusione, un desiderio frustrato.<br />

Quando racconta di c<strong>al</strong>cio, Bianciardi non ha nul<strong>la</strong> da<br />

dimostrare, nessuna partico<strong>la</strong>re competenza da far v<strong>al</strong>ere,<br />

XXX


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXXI<br />

L’io opaco<br />

ma solo <strong>la</strong> necessità di usarsi come mezzo espressivo, di<br />

guardarsi guardare una partita di c<strong>al</strong>cio e a volte neanche<br />

quel<strong>la</strong>. Va a Mosca in treno a seguire <strong>la</strong> nazion<strong>al</strong>e e racconta<br />

del<strong>la</strong> sua ritrosia <strong>al</strong> viaggio. Va a vedere <strong>la</strong> fin<strong>al</strong>e di Coppa<br />

del Mondo a Wembley e si intestardisce a par<strong>la</strong>re del suo<br />

vicino di posto; sul Guerin sportivo di Brera dopo una singo<strong>la</strong><br />

apparizione come cronista del<strong>la</strong> partita di cartello (è<br />

<strong>la</strong> sua Fiorentina e, per colmo di sventura nell’anno dello<br />

scudetto, pareggia ma<strong>la</strong>mente zero a zero) viene dirottato<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> rubrica delle lettere dove si diverte ad accostare personaggi<br />

dell’oggi, non sempre c<strong>al</strong>cistici, a eroi risorgiment<strong>al</strong>i.<br />

Esibisce spesso <strong>la</strong> sua amicizia con “Giorgio Ghezzi di Cesenatico”,<br />

portiere del Mi<strong>la</strong>n, anche se uno dei suoi eroi è<br />

Manlio Scopigno, tecnico del Cagliari scudettato, amato<br />

soprattutto per <strong>la</strong> sua propensione <strong>al</strong><strong>la</strong> filosofia, <strong>al</strong><strong>la</strong> bottiglia<br />

e <strong>al</strong><strong>la</strong> libertà sessu<strong>al</strong>e, sua e dei suoi giocatori, tema<br />

quest’ultimo di due racconti “c<strong>al</strong>cistici” di Bianciardi, Il ritiro<br />

e Il prete.<br />

La vicinanza tra sesso e c<strong>al</strong>cio nell’universo bianciardiano<br />

sottolinea l’attitudine ludica con <strong>la</strong> qu<strong>al</strong>e si avvicinava<br />

a questi due meravigliosi fenomeni natur<strong>al</strong>i. Con il<br />

sesso (ai tempi del<strong>la</strong> sua “militanza” pro divorzista nelle<br />

riviste erotico-cultur<strong>al</strong>i di fine sessanta) e con il c<strong>al</strong>cio,<br />

(anche con l’estremo tentativo del<strong>la</strong> rubrica delle lettere<br />

<strong>al</strong> Guerino), Bianciardi rintraccia un minimo senso di<br />

appartenenza a una qu<strong>al</strong>che comunità che non può che<br />

essere non impegnata, non ideologica, in ultima an<strong>al</strong>isi<br />

ludica.<br />

Io, come <strong>al</strong> solito gioco centromediano, metodista.<br />

Oggi si dice centrocampista. Coordino, imposto, a volte<br />

concludo. Stop di ginocchio, finta di corpo <strong>al</strong> piccoletto,<br />

che ormai non ride più perché con <strong>la</strong> p<strong>al</strong><strong>la</strong> rego<strong>la</strong>mentare<br />

sono io che lo dribblo, p<strong>al</strong><strong>la</strong> <strong>al</strong>l’a<strong>la</strong>, che centra, testa e<br />

rete. Schema c<strong>la</strong>ssico. Ma lo scatto non è più quello di un<br />

tempo, il fiato neanche, ogni tanto debbo fermarmi a riprenderlo.<br />

(Viaggio in Barberia, p. 1427)<br />

XXXI


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXXII<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

9. Esistenzi<strong>al</strong>ista<br />

Il mondo di Bianciardi è pervaso d<strong>al</strong> dolore di una ferita<br />

originaria e via via incarnata nel<strong>la</strong> storia: il bombardamento<br />

di Foggia, l’esplosione del<strong>la</strong> miniera, il tradimento<br />

degli ide<strong>al</strong>i risorgiment<strong>al</strong>i, in un quadro di sconfitta, di caduta<br />

esistenzi<strong>al</strong>e irrimediabile. Ogni secondo del<strong>la</strong> sua vita<br />

e del<strong>la</strong> sua scrittura è posteriore a questa caduta e prende <strong>la</strong><br />

forma c<strong>la</strong>ssica di un futuro negato. La sua attitudine <strong>al</strong>l’incompletezza,<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> perdita, <strong>al</strong><strong>la</strong> nost<strong>al</strong>gia si concretizza nell’impossibilità<br />

a far fruttare uno solo dei suoi t<strong>al</strong>enti, di<br />

rendere completa una so<strong>la</strong> delle sue re<strong>la</strong>zioni e sembra inscriversi<br />

nel quadro di una forzata adesione <strong>al</strong><strong>la</strong> concezione<br />

esistenzi<strong>al</strong>ista dell’uomo. Ma Bianciardi non è un filosofo,<br />

<strong>al</strong> contrario è il protagonista di un romanzo esistenzi<strong>al</strong>ista.<br />

Oppure è una specie di figura cristologica, il cui c<strong>al</strong>vario<br />

coincide con <strong>la</strong> carriera tipica dell’intellettu<strong>al</strong>e del tempo:<br />

l’estrazione provinci<strong>al</strong>e, <strong>la</strong> formazione universitaria, le<br />

prime col<strong>la</strong>borazioni ai fogli loc<strong>al</strong>i, infine il grande s<strong>al</strong>to<br />

verso <strong>la</strong> metropoli, il successo, i compromessi, <strong>la</strong> tarda decadenza.<br />

La pratica di questo c<strong>al</strong>vario senza redenzione è tuttavia<br />

da colletto bianco, impiegatizia, fantozziana per<br />

l’appunto. Bianciardi finisce per essere strito<strong>la</strong>to d<strong>al</strong>l’universo<br />

cui si è adeguato perché non riesce a prendere una distanza,<br />

a guardarsi veramente d<strong>al</strong>l’esterno, a provare<br />

un’autoan<strong>al</strong>isi. Né sembra mai problematizzare le sue scelte,<br />

sdoppiarsi in una istanza superiore in grado di giudicarle<br />

per individuare una via d’uscita. Probabilmente questo<br />

tipo di pensieri erano proprio quelli che lui cercava di<br />

scacciare, di giorno <strong>al</strong>ienandosi <strong>al</strong><strong>la</strong> macchina da scrivere,<br />

<strong>la</strong> sera davanti <strong>al</strong><strong>la</strong> tivù, e di notte con le sue infinite grappe.<br />

Bianciardi, se si eccettua un significativo passo giovanile,<br />

non si pronuncia su questa angoscia, sul non senso, sull’assurdità<br />

del proprio vivere; per l’appunto vive tutto come<br />

figura cristologica. E non se ne redime.<br />

Ho sempre avuto, a momenti, l’ossessione dell’Io, <strong>la</strong><br />

noia angosciosa di essere sempre presente a me stesso.<br />

Lavoro, mangio, passeggio, mi diverto, ma solo sempre<br />

XXXII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXXIII<br />

L’io opaco<br />

in compagnia di un me stesso che mi guarda, mi sorveglia,<br />

e non si stacca mai. Solo nel sonno senza fantasmi<br />

mi libero del secondo me stesso: e <strong>al</strong>lora benedico quelle<br />

poche ore di vera solitudine.<br />

(Diari giovanili, Forlì, luglio 1945)<br />

Nonostante l’accenno <strong>al</strong> sonno come unica possibilità<br />

di evasione da se stessi ritorni nel<strong>la</strong> conclusione de La vita<br />

agra (“Poi il sonno è già arrivato e per sei ore io non ci sono<br />

più” La vita agra p. 732 ), non esiste nel<strong>la</strong> produzione uffici<strong>al</strong>e<br />

di Bianciardi un passo che possa in qu<strong>al</strong>che modo ricollegarsi<br />

a questo. Eppure sembra che qui sia riassunta efficacemente<br />

non solo <strong>la</strong> sua vita, ma anche <strong>la</strong> sua scrittura<br />

e, in primo luogo, l’invenzione dell’io opaco attraverso il<br />

qu<strong>al</strong>e prova a oggettivare quest’io che lo accompagna e, <strong>al</strong><br />

contempo, a uccidere quello che lo guarda davvero da lontano,<br />

da sopra, da dentro: l’io interiore.<br />

10. Scavare una buca per riempire un fosso<br />

Tutta l’opera di Bianciardi, <strong>la</strong> costruzione del personaggio<br />

di intellettu<strong>al</strong>e vessato e impotente, è una visione del futuro.<br />

Nel 2005 questo è il <strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e: una semplice funzione/finzione<br />

dell’economia. Bianciardi, modernamente,<br />

non racconta tutto ciò, lo mette in scena. Per un uomo<br />

dotato del suo innegabile t<strong>al</strong>ento e cultura, l’idea fissa di fare<br />

il traduttore a cottimo, di scrivere scampoli di articoli per<br />

i giorn<strong>al</strong>i e di mandarli col titolo cambiato a tre riviste diverse<br />

ci dice questo: l’intellettu<strong>al</strong>e non appartiene a una<br />

c<strong>la</strong>sse separata; si arrangia. Come tutti gli <strong>al</strong>tri.<br />

Non si può non vedere una certa autoindulgenza nel rassegnarsi<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> mancanza di senso del <strong>la</strong>voro dell’intellettu<strong>al</strong>e.<br />

Bianciardi si rinchiude in una stanza. E scrive dell’essersi<br />

rinchiuso in una stanza a scrivere. È come un carcerato: l’inizi<strong>al</strong>e<br />

sofferenza segue un momento di pace dovuta <strong>al</strong><strong>la</strong><br />

tot<strong>al</strong>e deresponsabilizzazione. In carcere nessuno può pretendere<br />

niente da te. Nessuno deve aspettarsi nul<strong>la</strong> da lui,<br />

esiliato nel suo raccontare c<strong>la</strong>ustrofobico, nessuno spazio<br />

per <strong>la</strong> letteratura, per una trama o per un meccanismo nar-<br />

XXXIII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXXIV<br />

Massimo Coppo<strong>la</strong> e Alberto Piccinini<br />

rativo. C’è solo lui, Bianciardi Luciano, intellettu<strong>al</strong>e a cottimo,<br />

testimone del<strong>la</strong> sua epoca. Vengono in mente, in ordine<br />

sparso, <strong>la</strong> carriera di assicuratore del regno di Franz<br />

Kafka o le distopie orwelliane. Kafka come Bianciardi scrive<br />

di domenica, nelle ore rubate <strong>al</strong> suo <strong>la</strong>voro a cottimo. Ma<br />

non scrive di quello, metabolizza <strong>la</strong> sua biografia, <strong>la</strong> sua vita<br />

quotidiana trasformando<strong>la</strong> in incubi. Bianciardi <strong>al</strong> contrario<br />

biografizza il suo difficile metabolismo. Inoltre, se<br />

Kafka si ritrova a fare l’assicuratore, Bianciardi <strong>al</strong> contrario<br />

decide volontariamente di esiliarsi in un menàge <strong>la</strong>vorativo<br />

<strong>al</strong>ienante che non gli <strong>la</strong>scia <strong>al</strong>cuno spazio. Rimastica<br />

continuamente brandelli del<strong>la</strong> sua vita quotidiana rimanendo<br />

fat<strong>al</strong>mente intossicato da un veleno che non sembra<br />

appartenere <strong>al</strong>l’anno 1964, bensì <strong>al</strong> 1984.<br />

Il riconoscimento dell’assenza di spazio <strong>al</strong> di fuori del<strong>la</strong><br />

macchina è senz’<strong>al</strong>tro una delle caratteristiche più innovative<br />

e preveggenti del doloroso c<strong>al</strong>vario di Luciano Bianciardi.<br />

Visto (e letto) da qui, d<strong>al</strong> 2005, Bianciardi colpisce<br />

per il modo in cui par<strong>la</strong> di noi; di quelli che <strong>la</strong>vorano tra le<br />

macerie dell’industria cultur<strong>al</strong>e di cui egli aveva già mostrato<br />

<strong>la</strong> faccia liscia; dei <strong>la</strong>mentosi orfani dell’impegno intellettu<strong>al</strong>e<br />

che lui aveva abbandonato nel momento di suo<br />

massimo splendore mediatico; dei precari di ogni tipo di <strong>la</strong>voro.<br />

Il carattere tot<strong>al</strong>izzante del<strong>la</strong> macchina non consente<br />

di darsi a essa parzi<strong>al</strong>mente; l’io coincide con <strong>la</strong> macchina.<br />

Nel<strong>la</strong> sua opera Bianciardi si misura con i nuovi dispositivi<br />

di controllo biopolitico, che coincide con l’affermarsi, proprio<br />

in quel tempo, del<strong>la</strong> società dei consumi. Egli si misura<br />

con essa a partire d<strong>al</strong><strong>la</strong> sua posizione in qu<strong>al</strong>che modo atipica.<br />

In Bianciardi, l’annuncio del postmoderno si qu<strong>al</strong>ifica<br />

col suo essere ostentatamente pre-moderno, ottocentesco,<br />

risorgiment<strong>al</strong>e. Le sue armi spuntate di mor<strong>al</strong>ista sono<br />

tragicamente vane se commisurate <strong>al</strong> loro campo d’azione.<br />

In Bianciardi il postmoderno, giammai ridotto ad annuncio<br />

di un tempo pacificato e men che meno a rego<strong>la</strong> d’astrazione,<br />

teoria, armamentario concettu<strong>al</strong>e, prende invece le<br />

forme di un corpo, il suo, crocefisso col chiodo del<strong>la</strong> moder-<br />

XXXIV


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXXV<br />

L’io opaco<br />

nissima routine mi<strong>la</strong>nese.<br />

Tradurre a cottimo e uscire poi per strada a guardare i<br />

nuovi “operai” del<strong>la</strong> grande fabbrica mi<strong>la</strong>nese che non<br />

sanno di essere t<strong>al</strong>i. Bianciardi non prova neanche a convincerli;<br />

fin da subito decide, o non può <strong>al</strong>tro che il sacrificio.<br />

Vede quello che gli <strong>al</strong>tri non vedono e non trova <strong>al</strong>tro<br />

mezzo per esprimersi se non quello di appartarsi su un person<strong>al</strong>issimo<br />

c<strong>al</strong>vario, nel<strong>la</strong> tipica indifferenza del<strong>la</strong> città:<br />

«C’è un ubriaco là per terra.»<br />

«E <strong>al</strong>lora?»<br />

«Datemi una mano a ri<strong>al</strong>zarlo.»<br />

«Si ri<strong>al</strong>zerà da sé.»<br />

«Non ce <strong>la</strong> fa. L’ho aiutato io, ma m’è ricaduto e perde<br />

sangue.»<br />

«E noi cosa ci entriamo? È successo a lei, no? Se <strong>la</strong> veda<br />

lei.» E riattaccarono a giocare a carte.<br />

(La vita agra, p. 649)<br />

XXXV


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXXVI


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXXVII<br />

Cronologia<br />

a cura di Luciana Bianciardi


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXXVIII


Introduzione def 14-11-2005 16:50 Pagina XXXIX<br />

1922-1931<br />

Luciano Bianciardi nasce a Grosseto, il 14 dicembre,<br />

da Adele Guidi, insegnante elementare, e Atide, cassiere<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> loc<strong>al</strong>e Banca Toscana. Fin dai primissimi anni <strong>la</strong> madre<br />

pretende da lui eccellenza negli studi (“io sono stato<br />

suo <strong>al</strong>unno, prima che figlio, per <strong>la</strong> bellezza di trentadue<br />

anni. È come avere una ‘maestra a vita’, e le maestre a vita<br />

non sono comode”) mentre il padre stabilisce con lui un<br />

rapporto di parità (“mi diceva ‘amico’ fin da quando ero<br />

bambino, e ogni volta ne ero orgoglioso”). Nel tempo libero,<br />

Luciano studia il violoncello e le lingue straniere.<br />

Lettore accanito, a otto anni riceve in reg<strong>al</strong>o il libro che<br />

amerà di più in assoluto per tutta <strong>la</strong> vita, I Mille di Giuseppe<br />

Bandi, <strong>la</strong> storia del<strong>la</strong> spedizione di Garib<strong>al</strong>di raccontata<br />

da un garib<strong>al</strong>dino: e per tutta <strong>la</strong> vita coltiverà<br />

l’interesse e l’amore per il Risorgimento.<br />

1932-1942<br />

Compie gli studi a Grosseto, frequenta il Ginnasio e<br />

poi il Liceo C<strong>la</strong>ssico Carducci-Ricasoli (“Non trascorsi<br />

anni sereni: sgobbai perdutamente per diventare il ‘primo<br />

del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse’, e ci riuscii, senza per<strong>al</strong>tro capire niente<br />

di quello che studiavo. La retorica imperversava anche<br />

nell’insegnamento del<strong>la</strong> letteratura it<strong>al</strong>iana: il nostro<br />

professore ci spacciava per Omero <strong>la</strong> grancassa ottocentesca<br />

del Monti... I componimenti scritti erano poi <strong>la</strong> vera<br />

fiera dell’impudenza; non mi pare che fossero <strong>al</strong>tro se<br />

non una crescente variazione di aggettivi roboanti sui<br />

XXXIX


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Cronologia<br />

medesimi temi”). Dopo <strong>la</strong> promozione <strong>al</strong><strong>la</strong> terza liceo,<br />

decide di dare l’esame di maturità in quello stesso anno e<br />

lo supera nel<strong>la</strong> sessione autunn<strong>al</strong>e. In novembre, non ancora<br />

diciottenne, si iscrive <strong>al</strong>l’Università di Pisa, Facoltà<br />

di Lettere e Filosofia; frequenta le lezioni di Aldo Capitini,<br />

Guido C<strong>al</strong>ogero e Luigi Russo, studia sodo, si fa qu<strong>al</strong>che<br />

amico. (“Ricordo tra di loro Umberto Comi e Nino<br />

Maccarone: par<strong>la</strong>mmo insieme, speci<strong>al</strong>mente con il secondo,<br />

piuttosto a lungo, ma non c’intendemmo, neppure<br />

dopo che ebbi ‘scoperto’ l’esistenza del problema<br />

del<strong>la</strong> giustizia, accanto a quello del<strong>la</strong> libertà. Non c’intendemmo<br />

perché, appunto, <strong>la</strong> mia fu una scoperta tecnica,<br />

una deduzione che avevo svolto con l’aiuto e sotto il<br />

controllo di Guido C<strong>al</strong>ogero, che mi fu maestro, tra l’<strong>al</strong>tro,<br />

di liber<strong>al</strong>soci<strong>al</strong>ismo. Molti giovani del<strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Norm<strong>al</strong>e<br />

erano <strong>al</strong>lora liber<strong>al</strong>soci<strong>al</strong>isti – il termine già circo<strong>la</strong>va,<br />

pur ignorando noi tutti chi lo avesse costruito; oggi<br />

essi sono in gran parte passati <strong>al</strong> partito comunista – ricordo,<br />

perché mi furono più vicini, Nico<strong>la</strong> Vaccaro e<br />

Giorgio Piovano – ma credo che l’origine liber<strong>al</strong>soci<strong>al</strong>ista<br />

conservi ancora, per loro, un significato, come lo conserva<br />

per me. Il mio liber<strong>al</strong>soci<strong>al</strong>ismo del ’41 e del ’42,<br />

quanto a manifestazioni concrete, fu del resto ben poca<br />

cosa: qu<strong>al</strong>che riunione furtiva in una cameretta del<strong>la</strong><br />

Norm<strong>al</strong>e, contatti tra Pisa e <strong>la</strong> mia città, dove mi incontravo<br />

con Geno Pamp<strong>al</strong>oni e Tullio Mazzoncini, qu<strong>al</strong>che<br />

privata e goliardica <strong>al</strong>zata d’ingegno – una volta scrissi<br />

una lettera a Mussolini, chiedendogli le dimissioni, dopo<br />

quelle di Badoglio – e nul<strong>la</strong> più”).<br />

1943-1947<br />

Al<strong>la</strong> fine di gennaio del 1943 viene chiamato <strong>al</strong>le armi:<br />

dopo un breve periodo di addestramento come <strong>al</strong>lievo<br />

uffici<strong>al</strong>e, parte per <strong>la</strong> Puglia, dove il 22 luglio assiste <strong>al</strong><br />

bombardamento di Foggia. (“Il richiamo <strong>al</strong>le armi, <strong>al</strong>l’inizio<br />

di quel tragico e denso 1943, mi colse impreparato.<br />

Molto ingenuamente, io decisi di accettare <strong>la</strong> vita militare<br />

come una prova di disciplina e di equilibrio. Credevo<br />

XL


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Cronologia<br />

che <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> <strong>al</strong>lievi uffici<strong>al</strong>i, con <strong>la</strong> sua signorile miseria<br />

quotidiana, avesse proprio questa funzione, ed ebbi fiducia<br />

nei superiori, gli uffici<strong>al</strong>i di carriera che ci par<strong>la</strong>vano<br />

ogni giorno di onore e di coraggio, di Patria e di Sovrano,<br />

ma soprattutto del<strong>la</strong> dignità di chiamarsi ‘signori uffici<strong>al</strong>i’.<br />

Non fu necessario attendere a lungo, per vedere qu<strong>al</strong>e<br />

fosse <strong>la</strong> verità: certe orribili giornate pugliesi dell’estate e<br />

dell’autunno di quell’anno mi rive<strong>la</strong>rono lo sfacelo.”)<br />

Dopo 1’8 settembre, si aggrega a un reparto di soldati inglesi,<br />

<strong>la</strong> 508.va compagnia nebbiogeni, in qu<strong>al</strong>ità di interprete,<br />

e si trasferisce a Forlì, poi fin<strong>al</strong>mente torna a casa,<br />

a Grosseto. Nel novembre dello stesso anno riprende<br />

gli studi universitari <strong>al</strong><strong>la</strong> Scuo<strong>la</strong> Norm<strong>al</strong>e di Pisa, <strong>al</strong><strong>la</strong><br />

qu<strong>al</strong>e viene ammesso in seguito a un concorso bandito<br />

per i reduci. Nel frattempo, nell’autunno del ’45, si iscrive<br />

<strong>al</strong> partito d’azione: “Io mi ero iscritto – c’è bisogno di<br />

dirlo? – <strong>al</strong> partito d’azione, il qu<strong>al</strong>e partito non è facile<br />

ora dire che cosa sia stato, anche perché fu molte, troppe<br />

cose. Mi pare però di poter dire che fu un <strong>al</strong>tro tentativo<br />

di governo (l’ultimo?) del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> borghesia intellettu<strong>al</strong>e.<br />

Cadde per le contraddizioni interne e per <strong>la</strong> incapacità<br />

ormai accertata del nostro ceto, privo di contatti<br />

con gli strati operai e quindi <strong>la</strong>rgamente disposto a tutti<br />

gli sterili intellettu<strong>al</strong>ismi ed <strong>al</strong><strong>la</strong> costruzione gratuita di<br />

problemi astratti”. Nel ’47, quando il partito si scioglie,<br />

Bianciardi prova una forte delusione, tanto da non voler<br />

più in seguito iscriversi a nessun partito politico.<br />

1948-1950<br />

Nel febbraio del 1948 si <strong>la</strong>urea discutendo con Guido<br />

C<strong>al</strong>ogero una tesi di <strong>la</strong>urea su John Dewey. Nell’aprile<br />

dello stesso anno sposa Adria Be<strong>la</strong>rdi e nell’ottobre del<br />

1949 nasce il primo figlio, Ettore. (“Venne anche mio padre,<br />

quel giorno, accanto <strong>al</strong><strong>la</strong> nuova cul<strong>la</strong>, e par<strong>la</strong>mmo<br />

del<strong>la</strong> nostra vita, e di quel<strong>la</strong> nuova vita che era nata ora.<br />

Dovemmo concludere che avevamo f<strong>al</strong>lito, lui ed io, e<br />

forse anche suo padre, se c’erano state due guerre mondi<strong>al</strong>i<br />

con tanti morti, e <strong>la</strong> miseria e <strong>la</strong> fame, e così scarsa<br />

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Cronologia<br />

sicurezza di vita e di <strong>la</strong>voro e di libertà per gli uomini del<br />

mondo. Io conclusi che non doveva più accadere tutto<br />

questo, che non volevo che mio figlio, come me e come<br />

mio padre, rischiasse un giorno di morire o di uccidere,<br />

di soffrire <strong>la</strong> fame o di finire in carcere per avere idee sue,<br />

libere. Non potevo neppure più rinunciare ad avere fiducia<br />

nel mio mondo e nei miei simili, chiudermi in un bel<br />

giardinetto umanistico e di ozio incredulo, soddisfatto<br />

dell’aforisma che <strong>al</strong> mondo non c’è nul<strong>la</strong> di vero. Dovevo<br />

scegliere, <strong>la</strong> presenza di mio figlio me lo imponeva, non<br />

potevo neppure pensare di risolvere il problema individu<strong>al</strong>mente,<br />

o di rimandarlo a più tardi, cercare, <strong>al</strong> momento<br />

buono, di truffare l’Ufficio leva, o creare per mio<br />

figlio una situazione di privilegio, far di lui ‘il primo del<strong>la</strong><br />

c<strong>la</strong>sse’, come aveva voluto mia madre. Non ci sarà soluzione<br />

sicura per mio figlio se non sarà sicura anche per<br />

tutti i bambini del mondo, anche questo mi pareva abbastanza<br />

chiaro... non basta essere soli col proprio <strong>la</strong>voro e<br />

con <strong>la</strong> propria miseria, ci vuole anche un figlio per desiderare<br />

l’avvenire e <strong>la</strong>vorare a costruirlo.”) Dopo aver insegnato<br />

per qu<strong>al</strong>che anno inglese in una scuo<strong>la</strong> media,<br />

diventa professore di storia e filosofia <strong>al</strong> Liceo C<strong>la</strong>ssico di<br />

Grosseto, lo stesso che aveva frequentato come studente.<br />

1951-1953<br />

Nel ’51 accetta l’incarico di direttore del<strong>la</strong> loc<strong>al</strong>e Biblioteca<br />

Chelliana, semidistrutta dai bombardamenti e<br />

d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>luvione del ’46, crea il Bibliobus, un furgone carico<br />

di libri del<strong>la</strong> Biblioteca che viaggia per <strong>la</strong> campagna grossetana<br />

andando a raggiungere anche i paesi più iso<strong>la</strong>ti. Si<br />

occupa attivamente di un cineclub, organizza cicli di<br />

conferenze e dibattiti. Insieme a Carlo Casso<strong>la</strong>, che in<br />

quegli anni appunto si era stabilito a Grosseto, partecipa<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> creazione del “Movimento di Unità Popo<strong>la</strong>re” e si<br />

schiera contro <strong>la</strong> cosiddetta “legge truffa”. Nel ’52 Umberto<br />

Comi, ex compagno di Università, assume <strong>la</strong> direzione<br />

del<strong>la</strong> Gazzetta di Livorno e invita Bianciardi a col<strong>la</strong>borare<br />

con <strong>la</strong> rubrica “Incontri Provinci<strong>al</strong>i”. Nello stes-<br />

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Cronologia<br />

so periodo comincia a col<strong>la</strong>borare anche a Belfagor, <strong>al</strong>l’Avanti!<br />

e, nel 1953, a II Mondo; nel ’54, chiamato da S<strong>al</strong>inari<br />

e Trombadori, inizierà <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione con II<br />

Contemporaneo.<br />

1954<br />

Insieme con Casso<strong>la</strong>, Bianciardi scrive per l’Avanti!<br />

un’inchiesta sulle condizioni di vita dei minatori; con il<br />

Bibliobus, i due si recano spesso a Ribol<strong>la</strong>, un piccolo agglomerato<br />

di case di minatori nei pressi di Grosseto;<br />

Bianciardi si informa sulle condizioni di <strong>la</strong>voro dei minatori,<br />

par<strong>la</strong> con loro, li intervista, scrive le loro biografie,<br />

ne diventa amico. Il 4 maggio 1954 uno dei pozzi di<br />

Ribol<strong>la</strong> s<strong>al</strong>ta in aria per un’esplosione di grisù: per Bianciardi<br />

è qu<strong>al</strong>cosa di più che non un incidente, sia pur terribile:<br />

è una frattura, <strong>la</strong> tragica fine di un periodo. (“E<br />

quando le bare furono sotto terra, <strong>al</strong><strong>la</strong> spiccio<strong>la</strong>ta se ne<br />

andarono via tutti, col c<strong>al</strong>do e col polverone di tante<br />

macchine sugli sterrati. Io mi ritrovai solo sugli sc<strong>al</strong>ini<br />

dello spaccio che aveva già chiuso, e mi sembrò impossibile<br />

che fosse finita, che non ci fosse più niente da fare.”)<br />

Quando Trombadori gli chiede <strong>la</strong> disponibilità per partecipare<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> costituzione di una nuova casa editrice, <strong>la</strong><br />

Feltrinelli, accetta immediatamente e parte per Mi<strong>la</strong>no.<br />

1955<br />

Nell’aprile gli nasce <strong>la</strong> figlia Luciana. Comincia a col<strong>la</strong>borare<br />

a Nuovi Argomenti e a l’Unità. Nel frattempo lo<br />

raggiunge a Mi<strong>la</strong>no Maria Jatosti, che sarà sua compagna<br />

di vita per più di quindici anni e che gli darà il terzo figlio,<br />

Marcello, nato nel 1958.<br />

1956<br />

Con Carlo Casso<strong>la</strong> pubblica presso Laterza I minatori<br />

del<strong>la</strong> Maremma. Intanto comincia a <strong>la</strong>vorare a Cinema<br />

Nuovo, rivista diretta da Guido Aristarco e finanziata da<br />

Feltrinelli, ma dopo pochi anni passa <strong>al</strong><strong>la</strong> redazione del<strong>la</strong><br />

casa editrice vera e propria, insieme a Giampiero Brega,<br />

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Cronologia<br />

V<strong>al</strong>erio Riva e Luigi Diemoz, con Fabrizo Onofri come<br />

caporedattore. Sarà proprio lui a offrirgli <strong>la</strong> traduzione<br />

de Il f<strong>la</strong>gello del<strong>la</strong> svastica, il secondo titolo pubblicato<br />

d<strong>al</strong><strong>la</strong> neonata Feltrinelli, che Bianciardi traduce in pochi<br />

mesi; è l’inizio del<strong>la</strong> carriera di traduttore, che continuerà<br />

fino <strong>al</strong><strong>la</strong> morte (“il mio diuturno battonaggio, carte su<br />

carte di rib<strong>al</strong>tatura”.)<br />

1957-1959<br />

Bianciardi viene licenziato d<strong>al</strong><strong>la</strong> Feltrinelli “per scarso<br />

rendimento”. “E mi licenziarono soltanto per via di<br />

questo fatto che strascico i piedi, mi muovo piano, mi<br />

guardo intorno anche quando non è indispensabile”. Feltrinelli<br />

gli garantisce però che continuerà ad affidargli <strong>la</strong>vori<br />

di traduzione, e in fondo per Bianciardi è una liberazione:<br />

niente orari da rispettare, e soprattutto niente<br />

ipocrisie inutili.“La verità è che le case editrici sono piene<br />

di fannulloni frenetici: gente che non combina una<br />

madonna d<strong>al</strong><strong>la</strong> mattina <strong>al</strong><strong>la</strong> sera, e riesce, non so come, a<br />

dare l’impressione, f<strong>al</strong><strong>la</strong>ce, di star <strong>la</strong>vorando. Si prendono<br />

persino l’esaurimento nervoso.” Par<strong>al</strong>le<strong>la</strong>mente <strong>al</strong> <strong>la</strong>voro<br />

di traduzione, Bianciardi pensa a una cosa tutta sua,<br />

una sorta di autobiografia: nasce così II <strong>la</strong>voro cultur<strong>al</strong>e,<br />

pubblicato da Feltrinelli nello stesso anno. Nel luglio del<br />

1959, a Chianciano, in dieci giorni di “vacanza traduttoria”,<br />

Bianciardi scrive L’integrazione, pubblicato da Bompiani<br />

l’ anno seguente.<br />

1960-1963<br />

Bianciardi continua il <strong>la</strong>voro di traduzione e “di domenica,<br />

solo di domenica” scrive cose sue. Nasce così Da<br />

Quarto a Torino. Breve storia del<strong>la</strong> spedizione dei Mille,<br />

pubblicata da Feltrinelli nel 1960. Traduce entusiasticamente<br />

i Tropici di Miller e scrive quello che diventerà il<br />

suo capo<strong>la</strong>voro: La vita agra. (“In quanto a me, riesco fin<strong>al</strong>mente<br />

a <strong>la</strong>vorare un po’ meno; son riuscito a scrivere<br />

un libro, che ritengo <strong>la</strong> mia cosa migliore. C<strong>al</strong>vino ne è<br />

entusiasta, e lo pubblicherebbe anche subito. Si intito<strong>la</strong><br />

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Cronologia<br />

La vita agra, ed è <strong>la</strong> storia di una solenne incazzatura,<br />

scritta in prima persona singo<strong>la</strong>re.”) Rizzoli pubblica il<br />

romanzo nel 1962, ed è subito un grande successo: “il libro<br />

va veramente molto bene, sia come critica che come<br />

vendite (cinquemi<strong>la</strong> copie in una decina di giorni). Forse<br />

<strong>la</strong> vita agra stavolta è finita davvero”. De Laurentiis acquista<br />

i diritti cinematografici e Lizzani nel 64 ne ricaverà<br />

un film. Bianciardi gira l’It<strong>al</strong>ia per presentare il suo libro,<br />

prova l’euforia del successo e ne è travolto, anche se solo<br />

fino a un certo punto. “Ormai sto girando come un rappresentante<br />

di commercio, ho battuto i marciapiedi dell’Emilia<br />

e adesso mi preparo a fare <strong>la</strong> medesima cosa nel<br />

Veneto. Viene con me Domenico Porzio, e a volte sembriamo<br />

due comici di avanspettacolo: sempre le stesse<br />

battute, e sempre con l’aria di chi le dice per <strong>la</strong> prima volta.<br />

Mi comincio a vergognare, e perciò ho ricominciato<br />

col solito <strong>la</strong>voro di tutti i giorni, per riconquistarmi <strong>la</strong><br />

stima di me medesimo.” In ogni caso, mantiene intatta <strong>la</strong><br />

sua carica di autoironia: “Finirà che mi daranno uno stipendio<br />

mensile solo per fare <strong>la</strong> parte dell’arrabbiato it<strong>al</strong>iano.<br />

Anziché mandarmi via da Mi<strong>la</strong>no a c<strong>al</strong>ci nel culo,<br />

come meritavo, mi invitano a casa loro e magari vorrebbero...<br />

Ma io non mi concedo”. Dopo aver rifiutato una<br />

col<strong>la</strong>borazione fissa <strong>al</strong> Corriere, accetta di scrivere per Il<br />

Giorno, col<strong>la</strong>borazione che durerà fino <strong>al</strong> 1966.<br />

1964-1969<br />

Bianciardi decide di abbandonare il filone del presente<br />

nel<strong>la</strong> sua narrativa, e recupera il Risorgimento con<br />

il romanzo La battaglia soda, pubblicato da Rizzoli nel<br />

1964. (“il libro sul Bandi... è un grosso tentativo, anche<br />

linguistico... Non so se <strong>al</strong><strong>la</strong> televisione hai visto il Verdi di<br />

Cancogni; be’, lo stile del libro dovrebbe essere un po’<br />

quello, forse meno divulgativo, più approfondito, ma<br />

quello. Gente con <strong>la</strong> barba (vera) che par<strong>la</strong> vero, s’incazza,<br />

piange, s’appassiona, ur<strong>la</strong>, bestemmia, dice:‘Chiudi il<br />

becco se non vuoi che te lo chiuda io coi ceffoni che si<br />

scordò di darti tuo padre’. Capisci? Prolissa e retorica an-<br />

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Cronologia<br />

che nell’ira, ma sinceramente retorica, sinceramente appassionata.<br />

Rispetterò fedelissimamente <strong>la</strong> storia, per<br />

quanto riguarda i fatti maggiori, i personaggi maggiori.<br />

E per i minori mi rifarò <strong>al</strong><strong>la</strong> cronaca dei tempi nostri, di<br />

personaggi contemporanei. Non so, il sergente parco di<br />

parole ma lesto a intendere e impavido <strong>al</strong> fuoco si chiamerà<br />

Ghezzi, e sarà di Cesenatico, come il portiere del<br />

Mi<strong>la</strong>n, che è amico mio.”)<br />

Sempre nel ’64, si trasferisce a Sant’Anna di Rap<strong>al</strong>lo,<br />

in provincia di Genova, una sorta di fuga nel<strong>la</strong> fuga. Si<br />

iso<strong>la</strong> sempre di più, intristisce, rifiuta di portare avanti il<br />

filone che l’aveva reso famoso, <strong>la</strong> tematica “dell’incazzatura”.<br />

(“Sto <strong>la</strong>vorando, ma per <strong>la</strong> pagnotta... devo ricominciare<br />

a <strong>la</strong>vorare per Il Giorno, che io speravo di evitare,<br />

per diversi motivi, col<strong>la</strong>boro a Le Ore, tutta roba che<br />

non mi piace molto, ma che <strong>al</strong>tro vuoi fare? Leggo parecchio,<br />

<strong>la</strong> sera, un po’ di tutto... E facciamoci coraggio.”) La<br />

col<strong>la</strong>borazione iniziata a Le Ore proseguì su ABC, con<br />

una rubrica di critica televisiva, forse <strong>la</strong> prima di questo<br />

genere, che prese il nome di TeleBianciardi. Nel 1969<br />

escono Aprire il fuoco, Daghe<strong>la</strong> avanti un passo! e Viaggio<br />

in Barberia. Continua le traduzioni e le col<strong>la</strong>borazioni a<br />

periodici, tra i qu<strong>al</strong>i Kent, Executive, P<strong>la</strong>ymen e il Guerin<br />

Sportivo.<br />

1970-1971<br />

Bianciardi torna a Mi<strong>la</strong>no; ha ormai imboccato <strong>la</strong> via<br />

dell’autodistruzione attraverso l’<strong>al</strong>col (“sopportatemi,<br />

duro ancora poco”, diceva a chi gli era vicino), che lo porterà<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> morte, il 14 novembre 1971, un mese prima del<br />

compimento dei quarantanove anni.<br />

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