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I canali e le bealere nel territorio di Venaria Reale
Agribusiness Paesaggio & Ambiente -- Vol. XII - n. 3, Marzo 2009
I canali e le bealere nel
territorio di Venaria Reale
Individuazione e conservazione
delle tracce riconoscibili del patrimonio
The Channels and the Bealeres in the Territory of Venaria Reale. Individualization and maintenance of the recognizable
traces of the patrimony. Although the object of the investigation to the goals of the planning and safeguard is identified
with the actual landscape, the historical-cultural interpretation assumes decisive importance in the measure in which
every human action and every historical trial leave a trace in the places where they are developed, is them done daily (the
agricultural job) or exceptional (as the construction of an infrastructure or an industrial plant) events that have. The
individualization of lines drives for the action of guardianship and planning, they underline values and structures whose
maintenance results irrinunciabile to the purpose of the knowledge of the patrimony to us handed down. The traces of a
stratified patrimony they are looked for the exploitation of these found again entities can find only feasibility if they are
considered the “territorial cultural systems” since they offer a more direct connection among the aspects historical
cultural and those economic-geographical, environmental paesistico and political partner that unite the Palace of
Venaria, the inhabited area of Venaria Reale and the surrounding territory.
ALESSIA BELLONE
Politecnico di Torino
Nella storiografia
sullo “sviluppo industriale
e imprenditoriale”
alcune
tappe sembrano decisive:
l’usurpazione
delle terre comuni,
la lavorazione della
lana e del cotone, la
nascita della manifattura
domiciliare,
la commercializza-
zione dei prodotti confezionati, lo sfruttamento
del trasporto ferroviario, non è uno schema
che si adatta alla piccola comunità marginale
rispetto alle vie di più intenso traffico, quasi
del tutto priva di terre comuni, caratterizzata
dalla produzione della seta e dell’organzino 1 ,
e si potrebbe dire, sin dall’inizio “scelta” dal
sovrano e da qualche “imprenditore” come luo-
249
go adatto più d’altri, per la conformazione del
terreno, per la disponibilità e qualità delle acque,
per il vantaggio della vicinanza della famiglia
e della corte ducale.
Il primo impianto produttivo di Altessano
Superiore, è un mulino, per la lavorazione delle
farine, sistemato sulla sinistra del Ceronda,
di fronte al centro abitato, sulla strada del
Valentino: si tratta di un mulino probabilmente
ad acqua, alimentato dalla “bealera dei prati”,
detta anche più correttamente “bealera
molendinorum” 2 , che scendeva a nord/ovest e
confluiva, in una col ramo che serviva appunto
al mulino, nel Ceronda. L’impianto del mulino
dovrebbe risalire alla fine del XVI secolo 3 ;
la costruzione del mulino avviene in concomitanza
con l’inizio della frequentazione dei
boschi e delle radure di Altessano da parte dei
Savoia, recenti signori di Torino 4 .
L’introduzione della lavorazione della seta

Unicità
a Venaria Reale 5 , però, quantomeno su scala
più ampia dell’autoconsumo e del consumo
della Corte, e con unità di lavoro che sono
vere e proprie “fabbriche”, si deve a Giò
Francesco Galleani. Con una supplica a
S.A.R. databile con ogni probabilità a prima
del 1670, questi propone di introdurre nel
territorio di Venaria Reale l’ “arte della seta”
e subito 12 telai “per lavorare seta di bontà e
bellezza uguali a quelle di Francia, con tutti i
suoi operai necessari mediante un fondo di mille
doppie da sborsarsi al tempo opportuno”. La
“supplica” in verità ha l’andamento e il tono
di un pamphlet di propiziazione. Da suoi studi
Galleani ricava la convinzione che nel luo-
1) L’organzino è il filato di seta usato
per l’ordito di alcuni tessuti. È
ottenuto da sete grezze più resistenti,
unendo sue o tre fili fortemente
ritorti da destra a sinistra, con
una ritorsione da sinistra a destra.
Secondo il numero delle torsioni,
l’organzino si distingue in strafilato,
medio o andante. (Comba, 1992)
2) “La bealera molendinorum comprende
una serie di opere che necessitano
di riparazioni frequenti:
si tratta sostanzialmente di argini,
chiuse a saracinesca e canales di
legno che portano l’acqua alle sin-
250
ALESSIA BELLONE
Fig. 1
Figura dimostrativa del Canale della Venaria Reale per un tratto compreso tra la via Barnaba
e il Bocchetto dei Signori Barbaroux (1865). In questo documento si attesta la presenza del canale
canile e del canale barbaroux che vanno ad alimentare gli impianti industriali di riferimento
gole ruote. Nei documenti i banali
sono considerati come un’appendice
della ruota stessa, parte integrante
del molendium. Le spese relative
alla loro riparazione o sostituzione
sono quindi comprese tra quelle dei
mulini”. (Comba, 1992)
3) Nel 1667 l’alveo del fiume fu ampliato
per far passare più acqua. Il
duca Carlo Emanuele II fece “traslocare
i suoi molini che si trovavano
collocati al di là del torrente
Ceronda sulla bealera della Venaria
Reale”. Il luogo era quello occupato
dal vecchio castello dei vassalli di
go si può disporre di acqua abbondante e
inoltre botteghe e alloggi sono già a disposizione
senza necessità di doverne costruire
di nuovi. Non da ultimo per convincere Carlo
Emanuele II, mette in campo il privilegio di
non dover pagare dogane e pedaggi e di avere,
le draghe indispensabili senza dover ampliare
i locali. (Fig. 1) Agli occhi del conte tutto
ciò rappresenta una facilitazione impagabile:
avviando la produzione della seta si sarebbe
riusciti a sottrarre “a certi forestieri tanto
le stoffe di seta quanto gli organzini che si lavoreranno
alla Venaria senza alcun pagamento di tratta
né di dogana”.
Altessano superiore, in fondo all’attuale
via Cesare Battisti. A.S.C.V.R,
categoria X, classe 4, 636, fasc. 4, n.
22. Più in generale si veda M. Montanari
Pesando , Carenza idrica e attività
molitorie nella Chieri medievale,
(secoli XII-XV).
4) In data 11 luglio 1701 viene
espressamente dichiarato che “diversi
particolari sia del luogo della
Venaria Reale quanto di Borgaro che
dei confini di Torino, mandano nel
molino di Altessano inferiore del
Conte di Druent, le loro granaglie”.
Il fatto che il mulino attirasse gente

I canali e le bealere nel territorio di Venaria Reale
1. La produzione serica
La produzione della seta non si limitò agli impianti
produttivi: Galleani apre orizzonti anche
sul versante commerciale e finanziario. “La costituzione
di uno stabilimento in piazza di Cambi in
questa città necessario per l’ampliamento del negozio
delle sete, con l’aggiunta di quattro fiere all’anno”
avrebbe adotto talmente tanti vantaggi economici
che sarebbe stato stolto rifiutare il progetto.
Si sarebbero prodotti, assicura, affari mirabili
e aperte le vie alla lavorazione della lana “perché
questo paese ha tutte le comodità di provvedere al
bisogno di se stesso e a quello di molti vicini con molti
vantaggi che oggi si ottengono in altre regioni”. Propone
la vendita dell’albergo di virtù, situato a
Torino in Borgo Po, per ricavare i primi fondi
destinati a “costruire alla Venaria Reale una strada
piena di case nobili e di mercanti come è in
via Dora Grossa a Torino”. Con il ricavato delle
vendite dell’albergo di virtù si potrebbe costruire
sulla piazza grande di Venaria, “contiguo al
Convento che S.A.R. intende fare”, un gran palazzo
“con annesse, sotto i portici, le botteghe
tutto intorno e di sopra le stanze con le gallerie
aperte”, la seconda idea del Galleani è quella
di acquistare tutte le case esistenti sulla piazza
grande e nelle botteghe già esistenti sistemarvi
gli attrezzi, gli “ordegni” per produrre la
seta e i damaschi così da poter sovraccaricare
le vetrine dei negozi.
Una rete di piccoli laboratori era già attiva e
anche da zone diverse è indice di
buona e onesta conduzione, fatto
confermato dal notaio stesso che aggiungeva:
“non vi sono mai stati
contrasti né opposizione tanto nella
conduzione del molino che nella
ricondotta delle farine”. Da un documento
di qualche decennio posteriore
apprendiamo anche che in
Altessano inferiore vi erano pure forni
per la panificazione: un dato interessante,
soprattutto se correlato alla
vasta presenza di cascine, dove tradizionalmente
era d’uso panificare in
proprio. Archivio Storico famiglia
Barolo e Famiglia Alleate, m.6, fasc.6.
5) Vittorio Marchis precisa che di
mulini di quel tempo se ne conoscono
di due tipi: quelli ad asse verticale,
che sembrano più antichi perché
la loro costruzione è più semplice
non richiedono l’uso di ruote
dentate, e quelli ad asse orizzontale,
più complessi nella costruzione
essendo sistemata sull’albero una
ruota dentata che trasmette il moto
ad un pignone calettato sull’asse
verticale alle estremità del quale
sono sistemate le mole. Ovviamente
non sappiamo di quale tipo fossero
quelli di Alessano. Il “mulino
filatore” comunque si compone di
251
funzionante nella seconda metà del XVII secolo
e si tratta di opifici la cui produzione è caratterizzata
da qualità e da perizia dei lavoranti e dalla
scelta di una buona materia prima. La particolarità
dei luoghi e la specialità delle acque favoriscono
lo sviluppo di questa impresa che all’arrivo
dei Savoia è già attiva e questo stimola maggiormente
il duca Carlo Emanuele II ad incaricare
Galleani di “introdurre l’arte della seta nel suo
luogo della Venaria Reale”, e il 7 giugno 1670
avvenne la definizione del contratto “Hauendo
S.A.R. destinato di introdurre l’arte della seta ha fatto
chiamare Gio Francesco Galleani di Torino professore
di tale firtù (…) Primo S.A.R. a sue spese
farà la fabbrica per piantarci li hordegni da travagliar
le sete in organtin, et altro alla bolognese, con
l’habbitatione per il Galleani suddetto, nel posto a
forma portata dal disegno presentato dal cav.
Casolamento, insieme darà l’habbitatione a’ operai
cinquanta, nella quantità delle stanze situatre nel castello
marcate da S.A.R. con la lettera G (…)S.A.R.
darà l’acqua in quantità di once quattro (senza pagare
alcuna spesa e senza obbligo di manutenzione)” 6
(Fig. 2).
2. Gli impianti industriali
Inizia così quel fenomeno industriale che andrà
a caratterizzare tutto il territorio e vedrà
affacciarsi numerose personalità legate alla
produzione, i tempi di massimo splendore delle
una ruota con la sua lanterna che
dà moto allo sterniere, o fuso, i cui
denti lo comunicano ai pestelli, i quali
in tal modo vengono alzati e lasciati
cadere alternativamente, secondo che
i suoi denti afferrino o lascino una
specie di saliscendi nel mezzo di ciascun
pestello. Nei truogoli sono posti
i pannilana, i drappi che si devono
follare. I pestelli vi cadono sopra e col
loro peso e con la velocità di caduta
battono e premono, follano, i drappi
molto fortemente. (Marchis, 1998).
6) A.S.T, Editti e manifesti, 1585/
1798, t.17, v. 19, p. 938, 7 giugno
1670.

Unicità
Fig. 2
Comune della Veneria, sezione H, mappa
Francese, 1823. Il documento raffigura l’alveo del
torrente Ceronda e si osserva come la “bealera della
venaria “ e la “bealera Barolo” oltrepassano il centro
abitato, che se parte di questo risulta sotterraneo, per
poi fuoriuscire in prossimità degli impianti industriali che
utilizzano la forza motrice alimentata dall’acqua
fabbriche sono ancora lontani, ma i primi lavori
vengono eseguiti per la corte e quasi tutta
la produzione del filatoio Galleani è assorbita
dalla Corte come dimostra la fornitura del 20
marzo 1672 al duca Carlo Emanuele II :
“ 14 kg. Valonera a lire 3 al kg
13 kg. Lustrino bianco a lire 3 al kg
15 kg. Somiglia a lire 2 al kg.
14 kg. Broccato d’oro a lire 2,5 al kg”
L’embrionale nascita dell’industria serica
promuove il sorgere delle dinastie imprenditoriali:
Giò Francesco Gallliani, muore nel
1671 quando la costruzione della “fabbrica”
era appena stata ultimata. Dei tre figli, gli
subentrò Gionanni Girolamo che dimostrò
subito uno spiccato talento affaristico e finanziario,
esercitato quasi sempre all’ombra
di Casa Savoia. Nel 1681 rivolge supplica a
Vittorio Amedeo II per accrescere il filatoio
252
ALESSIA BELLONE
di Venaria, supplica accolta dal Re. La produzione
e il potere economico della famiglia è
mantenuta dal suddetto figlio: se al padre si
deve il grande contributo allo sviluppo della
manifattura della seta a ciclo completo a
Venaria, a lui dovremo il tentativo di introdurre
la lavorazione del tabacco.
Tutta la seconda metà del XVII secolo registra
un fervore di imprenditività nel territorio
di Venaria Reale (Chierici, 1991): intorno al
1670 alcune imprese vi si insediano e introducono
altri tipi di lavorazione per la fabbricazione
dei cascami di stoffa “in lana fioretto” e in
seta e qualche anno più tardi di tessuti in tela
fine alla maniera olandese; il fautore di questo
metodo di produzione fu il parigini Philippe
Bailly. Anche in questo caso il duca di Savoia
aveva donato l’area e fatto costruire a sue spese
la “fabbrica”, aveva concesso esenzione e
privilegi. La scelta strategica di dare sostegni e
opportunità all’industria della seta (e in parte
anche a quella laniera e cotoniera) era stata
contrastata, ma previdente, anche se risorse,
tecnici e sviluppo manifatturiero nella realtà
piemontese della seconda metà del Seicento
non potevano superare quella soglia che avrebbe
reso possibile il primo vero “balzo”in avanti
dell’economia (Castronovo)
3. La crescita della produzione e
l’ampliamento delle fabbriche
Il fabbisogno di seta da parte della Corte non
diminuì neppure negli anni successivi, contribuendo
in tal modo a rafforzare la produzione
serica piemontese, a cui lo Stato cominciò a
riservare sempre maggior attenzione. Vittorio
Amedeo II cercherà, tra molte difficoltà e limiti,
di avviare una politica protezionistica del
settore manifatturiero: l’industria serica ne traeva
indubbi benefici che la condussero ad essere
il “principale articolo di esportazione del
commercio estero piemontese” e ad essere assai
apprezzata sul mercato europeo (Abrate).
Se d un lato il protezionismo dell’industria
serica ne favoriva lo sviluppo, dall’altro lato
creava le condizioni per un difficile superamen-

I canali e le bealere nel territorio di Venaria Reale
to della monocultura, quando invece sarebbe
stato auspicabile un impulso alle attività produttive
alternative, che invece in quel momento
venivano considerate transitorie e parziali.
Dal protezionismo trassero vantaggio ovviamente
i possessori di filatoi.
Anche Giò Batta Giovanetti e i fratelli
Bistotti di Torino, mercanti, nel 1669 chiedevano
di costruire un setificio nella loro casa
della Venaria e di poter utilizzare “quattro once
d’acqua a tenor di quanto è stato concesso al conte
Galleni e all’auditore Berlia”: lo spirito di imitazione
e la concorrenza emulativa sono potenti
fattori di sviluppo economico 7 .
Il filatoio Barolo, sorto sulle rovine del castello
Provana, si configurò come una delle
prime attività proto-industriali della regione,
destinata ad assumere nel tempo un ruolo predominante
nell’economia locale e a divenire la
principale fonte di occupazione per la popolazione
altessanese. Conservatosi per tutto l’Ottocento,
verso la fine del novecento venne dimesso
ed abbattuto per lascia spazio ai complessi
residenziali multipiano previsti dal Piano
Regolatore. A differenza del sito della Margarina,
che conserva tracce dell’impianto
planimetrico della cascina ormai scomparsa,
l’attuale area del filatoio non rivela alcun indizio
dell’originaria vocazione produttiva del luogo
né della distribuzione degli spazi.
Vanno sorgendo, piccoli opifici, a volte tra le
stesse pareti di casa: prevalentemente vengono
istallati nel centro abitato, oltre che in prossimità
dell’acqua, anche perché la tipologia abitativa
edilizia consentiva, con poche modificazioni, di
collocarvi macchinari e attrezzature necessarie all’avviamento
della produzione.
4. Le industrie e il territorio
Alla fine del XVIII secolo la manifattura
venariese si era stabilizzata, si lavorano lana,
seta e tabacchi. È il momento di far giungere
7) A.S.T. , Sezioni Riunite, Camerale,
Patenti Piemontesi, 1669, vol. 137,
20 giugno 1699.
8) A.S.T., Sezioni Riunite, Camerale,
Patenti Controllo Finanze, 1683 e
L. Prato, La vita economica in Pie-
253
dall’Italia, dalla Francia, dall’Olanda e dall’Inghilterra
tecnici e operai specializzati. Non risulta
che questa organizzazione e gli impianti
produttivi abbiano subito dei danni dal saccheggio
del 1693 e dall’assedio di Torino nel
1706. O meglio: i danni subiti riguardano il
blocco della produzione sia a causa della sospensione
degli ordinativi sia a causa della fuga
degli operai dai territori più colpiti dalla guerra.
Nel 1778 viene compito un elenco di filatoi
del Piemonte, una sorta di censimento industriale,
dai sindaci dell’arte della seta e Venaria
risulta essere, malgrado la guerra, un centro
assai vitale: 2 filatoi, 12 piante e 240 operai.
Vengono lavorate 21.000 libbre di seta. Gli
opifici più importanti sono quelli del conte
Galleani (4 piante, 220 operai, 25.000libbre);
3 fabbriche con 50 e 100 operai che producono
da 4.500 a 9.000 libre di seta; 9 fabbriche
con un numero di operai che oscilla dai 25 ai
50 e che producono da 2.500 a 5.000 libbre di
seta; altre fabbriche occupano un numero di
operai al di sotto dei 25 e producono meno di
2.500 libbre di seta 1 .
Il bilancio indubbiamente positivo, anche
se non straordinario, dell’industria manifatturiera
costituiva per lo Stato sabaudo motivo di
particolare apprensione ancora verso la fine del
secolo XVIII: il 17 maggio 1783 l’Intendente
Generale emana, riprendendo analoghe prese
di posizione che si erano succedute per tutto il
secolo, una circolare, su suggerimento del Consiglio
di Commercio per esplicito desiderio di
Vittorio Amedeo III, di provvedimenti e regole
“per l’importante manifattura delle sete”.
5. La produzione
Nel 1787, Venaria risulta essere ancora un
centro importante nella produzione della seta:
7 filatoi con 476 operai, quando in tutto il territorio
di Torino 3,179 sono gli operai distri-
monte a mezzo il secolo XVIII,
Opp.Citt, p.218.

Unicità
buiti su 56 filatoi. Nella città di Torino si producono
83.800 libbre di seta contro le oltre
30.000 libbre prodotte a Venaria. Anche
Altessano inferiore ha in attività un filatoio con
120 operai, che rappresenta per il piccolissimo
centro un assai interessante polo di attrazione
economico manifatturiero (Prato): con testimoniali
di consegna, il 5 giugno 1788, Ignazio Vincenzo
Zuccala consegna una filatura in
Altessano inferiore, cantone Castello, di proprietà
del marchese Falletti di Barolo, di circa
70 forneletti 9 .
Nel 1789 il consigliere comunale avvocato
Bricca stende una relazione sui filatoi di proprietà
Berlia e Gioannetti che funzionano utilizzando
le acque pluviali della piazza e delle
contrade del luogo oltre che l’acqua della
bealera reale, concessa con R. P. il 4 settembre
1683. Secondo i patti, dopo l’uso, l’acqua
avrebbe dovuto esser scaricata, tramite acquedotto
sotterraneo, nel Ceronda e senza che
questo potesse danneggiare opere pubbliche.
In verità così si conosceva nella relazione, questo
non era successo e se ne chiedevano gli opportuni
interventi 10 . Si cominciano a fare i conti
con i disagi che un intenso sviluppo manifatturiero
causa alla comunità.
Il filatoio Barolo risulta provvisto di 5 ruote
che danno luogo a tre piante da filato, a due
piante da “torto” e a un “tortetto”. Ogni anno
si producono più di 1000 libbre di seta per ogni
lavorante da 30 banchetti e questo, annota non
senza legittimo orgoglio la relazione, “dimostra
che questa filatura può stare a confronto
di qualunque altra in favorevole e regolare condizione”.
Il filatoio era stato affittato al banchiere
Benedetto Fontana per una somma di
4.300 lire annue, era localizzato tra l’attuale
Via Mensa e Via Cesare Battisti.
I rapporti fra le opere Barolo erano molto
stretti. Nel 1835 ad esempio, Barolo aveva
manifestato l’intenzione di separare il forno e
la panetteria, ambedue situati nell’abitato di
Altessano, dal molino che invece era prospiciente
“alla pubblica strada della vicina
9) A.S.T., Consolato di Commercio,
Consegne di filature, vol.62.
10) A.S.C.V.R, Categoria I, Classe 8,
89, vol.II.
254
ALESSIA BELLONE
Venaria”, potendo così servire tanto l’una che
l’altra comunità. Il proposito era motivato dalla
convinzione che “quando col molino vi fosse un
sol forno ed una sola panetteria più facile sarebbe
di venderlo in esercizio”. E così fu fatto, non senza
una indiretta conferma di una qualche intelligenza
col proprietario del mulino di
Venaria, quel tal Borla, acerrimo avversario
dell’unificazione tra Altessano e Venaria: “per
cui il molino di Altezzano si tenga come oggetto
accessorio e per allontanare la concorrenza anziché
di pensare di conservarle un speciale avvenimento”
e detto altrimenti: la funzione del mulino
doveva essere quella di allontanare la concorrenza
dei mulini di Venaria, piuttosto che
di svolgere una vera funzione di macina 11 .
6. La documentazione e le tracce
visibili
Una volta individuato e attribuito, attraverso
un ricca documentazione bibliografica, grafica
e archivistica, il valore storico, culturale rappresentato
da questa “piccola” ma fiorente realtà
piemontese, e volendo cercare di valorizzare
questo patrimonio, è fondamentale chiedersi
quali tracce sono ancora presenti e di
quale patrizio si stia parlano.
Affinché si possa attuare un sistema di
valorizzazione è necessario individuare le tracce
del patrimonio fortemente stratificato, ma
che ci permettono di leggere la città con l’attenzione
rivolta non solo a ricercare gli oggetti
fisici di maggior interesse, ma anche ricercare
nel tessuto fortemente costruito alcune tracce
che individuino o smentiscano le ipotesi fatte
attraverso la consultazione delle fonti più antiche.
(Fig. 3)
L’identificazione delle architetture ancora
presenti parte da un’analisi “in sito” dell’oggetto
prendendo in considerazione le sue dimensioni,
le trasformazioni subite e il suo rapporto
con il costruito, come avvenne per alcuni
impianti ancora presenti.
11) A.S.C.V.R., Categoria II, Classe
4, 557.

I canali e le bealere nel territorio di Venaria Reale
Fig. 3
La bealera della Venaria che arriva da
Pianezza e che passa vicino alle ex tintorie
lanza, traccia ancora visibile
Per analizzare i fenomeni che hanno generato
la creazione di canali e bealere all’interno
dell’abitato, risulta necessario, ai fini di non
perdere le stratificazioni storiche, individuare
un metodo di identificazione degli elementi
caratterizzanti l’oggetto, che prevedono: per
ogni singolo canale o balera che caratterizza
l’abitato di Venaria, la redazione di una scheda
in cui andare ad inserire le informazioni importanti
al fine del raggiungimento dell’obiettivo,
cioè il riconoscimento delle tracce attualmente
presenti dei percorsi dei canali sul territorio
con le particolarità. La griglia prevede
l’identificazione dell’infrastruttura storicamente
determinata, attraverso scritti, documenti
cartografici, iconografici e fotografie, in modo
255
da identificare l’oggetto di studio negli anni e
con i diversi cambiamenti di sedime e di
nomenclatura, fino ad arrivare alla situazione
attuale; la seconda parte si concentra sull’identificazione
attraverso la lettura delle tracce “in
sito” ancora presenti del “patrimonio”custodito
nella stratificazione storica della città, questo
avviene attraverso l’utilizzo degli stati attuali
dei Piani Regolatori Generali, strumenti sui
quali vengono fatte supposizioni e lavori preliminari
che si concludono con la verifica sul
posto e quindi con la conferma o smentita delle
tracce individuate; questo ai fini di non rilevare
le tracce in campo in modo generico ma
far diventare la realtà presente sotto i nostri
occhi strumento anch’esso ormai storico rispetto
al domani.
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