LIBRO 'MA TE DOV'ERI QUANDO IO NON C'ERO? - Cooperativa ...
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questo libro è dedicato profondamente<br />
..... ad Alberto, esperto ‘navigatore’ di istituti con la<br />
mamma nel cuore, approdato a Giona fi n dal<br />
suo inizio, nel ’98<br />
..... ad Angela, che ci veniva trovare e che rimaneva<br />
con noi anche quando poi andava via<br />
..... a tutte, ma davvero tutte, le persone che vivono<br />
all’RSA Tomasello, che abbiano anche loro una<br />
casa così. Magari con un bellissimo giardino<br />
..... a Rudi, che è appena arrivato per restare.
Presentazione<br />
Ci sarà un giorno chi racconterà la storia di “Giona”. Noi non<br />
abbiamo questa pretesa, anche perché la storia di un servizio pubblico<br />
è supportata da cognizioni tecniche e professionali che non ci<br />
appartengono e che ovviamente sono in grado di rendere comprensibile<br />
attraverso dati, cifre, indicatori il profi lo e la qualità di una sperimentazione,<br />
nel nostro caso di una scommessa non facile.<br />
Quello che forse sarà più semplice, sarà il raccontare la storia di<br />
Giorgio, Lorenzo, Lorentina, Marilena, Giuseppe, Alberto, Rudi.<br />
Senza tanti giri di parole, “Giona” sono loro. Persone disabili che<br />
dopo anni di coabitazione in un appartamento del centro si sono<br />
progressivamente allontanate dalla condizione iniziale di assistiti per<br />
provare , riscoprendo in loro stessi abilità ed emozioni da tempo inespresse,<br />
l’ineguagliabile condizione della pari dignità di esseri umani<br />
tra esseri umani. Ormai non ci si fa neppure più caso incontrandoli in<br />
città, in luoghi e situazioni anche molto diverse, al punto che diventa<br />
del tutto ozioso l’uso di quel lessico consolidato per addetti ai lavori<br />
che parla di “progetto”, “inserimento”, “integrazione” per descrivere la<br />
loro condizione presente.<br />
Per farlo, basta guardarli negli occhi.<br />
Marco Savelli,<br />
Assessore Politiche Sociali del Comune di Pesaro<br />
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Introduzione (provvisoria)<br />
La stesura di questo libro è avvenuta in diversi momenti, con differenti<br />
modalità ed a più mani. Un lavoro lungo, sempre a rischio di<br />
dispersione.<br />
Ci chiedevamo costantemente: “Chi sono i nostri destinatari?”. Non<br />
sempre è facile trovare una risposta, perché cambiano i tempi, le persone,<br />
i legami…..e la Comunità Giona stessa è cambiata, speriamo in<br />
meglio. Sta cambiando anche la cooperativa Archimede, che insieme<br />
al Comune di Pesaro ha elaborato e sorretto il progetto di una piccola<br />
comunità residenziale per persone disabili: presto verrà a condividere<br />
la sua storia con un’altra cooperativa del nostro territorio, Il Labirinto,<br />
con cui sta mettendo in comune tutte le risorse e tutte le inevitabili diffi -<br />
coltà, per cercare di continuare a rappresentare un modello di impresa<br />
sociale attenta ai bisogni della persona (dall’utente al lavoratore) ed<br />
alla sostenibilità sociale del suo intervento.<br />
Le soluzioni possibili quindi erano due: o scrivere un libro “tecnico”<br />
per addetti ai lavori o raccontare una storia per tutti.<br />
Come vi accorgerete abbiamo scelto per la seconda soluzione. Ma,<br />
chi sono questi “tutti”? Cosa hanno da spartire con la C.A. Giona?<br />
Partiamo da un capo del fi lo. Giona è tante cose, ma un elemento la<br />
caratterizza fortemente: Giona è una CASA!!!<br />
I “tutti” allora sono le persone con cui a diverso titolo ci relazioniamo:<br />
basta aprire la porta arancione ed il gioco è fatto. Dal personale<br />
del Comune a quello del supermercato, dal medico al panettiere,<br />
dai responsabili dei Servizi al tabaccaio, dalla Regione ai parenti, agli<br />
amici, ai conoscenti, ecc... ecc...<br />
Beh, sono proprio tanti, ma una cosa probabilmente li accomuna:<br />
vivono in una casa...proprio come Giorgio, Giuseppe, Alberto,Lorentina,<br />
Lorenzo, Marilena, Rudi.<br />
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Non vogliamo tediarvi descrivendo le caratteristiche tecniche di una<br />
casa: mura, porte, fi nestre,... ma per voi , “p o c h i dei t u t t i” ( il<br />
limite è dettato dal numero di copie stampate), baciati dalla fortuna che<br />
vi ha messo sotto gli occhi questo libro, ci soffermeremo sul signifi cato<br />
affettivo della casa e sulla diffi coltà a rinunciarvi.<br />
Non vogliamo neanche essere patetici o srotolare al volo uno striscione<br />
con scritto “una casa per tutti!”. Certamente per la nostra cultura<br />
e per le nostra esperienza di vita, vivere in una casa è una cosa<br />
naturale,quasi scontata.<br />
Alcuni nascono in casa, pratica sempre più in voga, o comunque<br />
appena nati vanno a casa; la famiglia si ritrova in casa; la coppia<br />
compra casa; chi la abita riposa, cucina, mangia, ascolta la musica,<br />
si cura, invita a cena gli amici, fa il pranzo di Natale, i più fortunati ci<br />
muoiono...dove? A casa!!!<br />
Naturalmente ogni casa è diversa e si trasforma a seconda dei gusti<br />
di chi ci abita, del suo carattere, delle sue necessità.<br />
Spesso davanti alla parola “casa” usiamo un aggettivo possessivo<br />
(mia/nostra/tua/vostra…), non necessariamente perché ci siamo svenati<br />
per acquistarla, anche se può capitare, ma perché è parte di noi<br />
esseri umani e forse forse, anche noi siamo parte di lei...non è per<br />
caso un pezzo della nostra storia? Non è un “porto sicuro”( o almeno<br />
dovrebbe esserlo) dove attraccare? Un luogo unico, capace di contenere<br />
cose, ricordi, affetti, persone?<br />
Pensate anche a chi ha più di una casa e l’enumera con 1°, 2°, 3°...:<br />
non crediamo che la numerazione serva per tenere il conto. Piuttosto<br />
per attribuire un valore diverso!<br />
Sicuramente a volte veniamo colti da un istinto ancestrale: il nomadismo!<br />
Quindi, curiosi di conoscere cosa ci aspetta al di fuori delle quattro<br />
mura domestiche, partiamo per luoghi lontani, ricchi di cultura e<br />
storia, sole e neve, qualche isola più o meno famosa, qualche impresa<br />
al limite della sopravvivenza,..., ma prima o poi dove ritorniamo? A<br />
casa! Capita anche, una volta varcata la soglia di lasciarsi andare a<br />
melense esclamazioni del tipo:” Casa mia, casa mia, per piccina che<br />
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tu sia.....” e/o cose simili.<br />
Direte:”Ci state rivelando il segreto dell’acqua calda! La casa: certo<br />
che è casa! ...quante banalità!”<br />
Condividiamo pienamente il vostro pensiero, non abbiamo nulla da<br />
insegnarvi in merito e non vogliamo passare per casalinghe incallite,<br />
ma se vi dicessimo che gli abitanti di Giona vivono in questa casa solo<br />
da 6 anni e che per qualcuno questa è la 1° casa, intesa storicamente<br />
e non numericamente?<br />
Compiendo qualche semplice sottrazione, vi possiamo anche dire<br />
che i Giona’s (concedeteci l’inglesismo, particolarmente effi cace per<br />
esprimere il possesso reciproco che lega la casa/comunità e le persone…)<br />
hanno scoperto questa dimensione abitativa, a noi tanto naturale,<br />
a 40…50… e passa anni.<br />
Tranquilli, prima di allora un tetto sulla testa lo hanno sempre avuto,<br />
non una casa s’intende (qualcuno sì... ed è quella casa originaria, con<br />
il babbo, la mamma, la sorella….che è e resta la loro CASA. Ma si<br />
cresce ed ad un certo punto occorre uscire….), magari una “balena”,<br />
o meglio tante balene: uscivano da una, venivano mangiati da un’altra<br />
e così via, da cetaceo a cetaceo. Con tutto il rispetto per questi giganti<br />
del mare, abitato lo stomaco di una, abitato quello di tutte.<br />
Tra i nostri amici, è abitudine anche chiamarci Casa Giona, a loro<br />
dire perché è sì una Comunità Socio Educativo Riabilitativa, ovvero<br />
una struttura pubblica per persone in situazione di disabilità, con un<br />
progetto, una programmazione, del personale qualifi cato, dei fi nanziamenti,<br />
ecc., ma poi si propone al mondo condendo il tutto con un certo<br />
spirito di familiarità.<br />
Come contraddirli? Innanzi tutto Giona è ubicata in un condominio,<br />
e lasciatecelo dire, “in che condominio!”<br />
Ci sono tante fi nestrelle colorate e neanche i suoi abitanti sono<br />
“sbiaditi”! Un vicinato che, malgrado le naturali diffi denze iniziali, ci ha<br />
preso poi a ben volere. Peccato che il palazzo sia oggetto di diversi<br />
episodi non troppo felici, che spaziano dagli schiamazzi notturni ad<br />
una ruota bucata del pulmino( che queste cose proprio non le dimen-<br />
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tica!), per arrivare ad un incendio nell’androne del palazzo in una notte<br />
non proprio estiva, che ha costretto tutti i condomini a scendere in<br />
strada in pigiama. Il giorno dopo, scampati al rogo, i Giona’s, un po’<br />
affumicati e impauriti, ma non bruciati, annoveravano anche un bel raffreddore…<br />
Anche se poi tutte le brutte avventure che fi niscono bene<br />
diventano storie da raccontare.<br />
Potremmo dirvi altre cose, ma perché invece non entriamo in casa!<br />
Suoniamo il campanello… ecco, ci aprono...siamo in cucina, il fulcro<br />
dell’abitazione: c’è il tavolo dove si mangia, i fornelli, il lavabo, una<br />
credenza, il divano, la televisione, foto appese al muro...un po’ più a<br />
destra, le porte di due camere da letto, un bagno….e qua a sinistra la<br />
lavanderia (per ulteriori informazioni chiedete alla lavatrice), il “budello”<br />
(non diteci che a casa vostra non c’è la stanza degli orrori dove<br />
nascondete e ammucchiate l’inverosimile!?) ed un altro divano. Ma<br />
non rilassatevi troppo, perché con un rapido movimento antiorario sul<br />
vostro asse centrale e con passo agile dovrete superare l’irta scala a<br />
chiocciola (come andiamo a fi ato? E l’equilibrio?) ed arrivare incolumi<br />
al piano superiore.<br />
Camere, bagni, armadi, letti, televisione, stereo, foto, soprammobili,<br />
pupazzi, vestiti, asciugamani, scarpiera, vhs, sedie, accendini,<br />
scarpe,... riprendete fi ato, l’ascesa ai piani alti vi ha già duramente provati...<br />
spazzolini, scotch, saponi, ciabatte, cappotti, cassette, vasche<br />
da bagno, maschere, calendari, rasoi, tappeti, fi ori, tappetini, accappatoi,<br />
tendine... vi abbiamo dato l’idea?<br />
C’è molto altro, ma questo è suffi ciente per farvi notare che nelle<br />
balene invece tante cose non ci stanno e soprattutto possedere e conservare<br />
cose proprie non è semplice...lo stomaco è enorme, ma serve<br />
solo per inglobare e digerire tutto ciò che entra dalla bocca, senza<br />
l’elasticità necessaria per contenere tutto il mondo di ciascuna persona,<br />
con i suoi oggetti, i suoi affetti, i suoi momenti di solitudine e di<br />
riposo…...<br />
A Giona si vive una quotidianità che non è mai banale o ripetitiva<br />
(... ed a pensarci bene quante ne succedono!): viene in nostro aiuto<br />
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la familiarità, che garantisce anche una certa forza d’adattamento per<br />
affrontare l’imprevisto, il futuro, i momenti diffi cili, con un atteggiamento<br />
che crei solidarietà, “faccia gruppo”, produca appartenenza.<br />
Non è soltanto una questione di buona volontà degli operatori.<br />
Sarebbe troppo semplice. E’ la casa.<br />
Una casa, anche quando vi abitano persone con disabilità grave,<br />
consente di vivere insieme, crescere, accudire, curare, rafforzare,<br />
invecchiare, ammalarsi e guarire, ingrassare, divertirsi, uscire e ritornare.<br />
E perfi no morire. Perché c’è un senso per tutto questo, condiviso<br />
da ciascuno e profondo nel suo costruirsi giorno per giorno, nelle<br />
azioni e nelle cose.<br />
Certo, certo… siamo sempre dentro ad un “contenitore”, che però<br />
grazie alla conoscenza personale, alla fi ducia, a regole condivise da<br />
tutti gli abitanti e da chi ci lavora permette di lasciare porte e fi nestre<br />
sempre aperte. Altrimenti come facciamo ad integrarci con la realtà<br />
esterna? Come raggiungiamo la nostra autonomia?<br />
E soprattutto: come si fa ad asciugare il pavimento??<br />
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CASA, DOLCE CASA…<br />
di Corrado Cardelli (Responsabile Unità Organizzativa Socio - Assistenziale del Servizio<br />
Politiche Sociali del Comune di Pesaro - Referente per la Comunità G<strong>IO</strong>NA).<br />
“HOME, sweet home!” è la frase inglese che attraversa il mondo per<br />
signifi care, con mirabile sintesi, il necessario attaccamento che ogni<br />
persona vivente ha con un luogo ben specifi co : la sua “dolce” casa,<br />
appunto.<br />
“Dolce” perché – semplice o lussuosa che essa sia (anzi,spesso<br />
quanto più è semplice) –essa è piena di ricordi, di storie, di incontri.<br />
In una parola : di memoria. Ma anche di protezione, di sicurezza, di<br />
confi denzialità.<br />
Casa, dolce casa, già. E’ la frase che da alcuni anni possono portare<br />
nel cuore anche le sei persone che vivono nella Comunità G<strong>IO</strong>NA.<br />
E che da alcuni mesi sono a Pesaro in buona compagnia : perchè –<br />
proprio sulla scia dell’esperienza-pilota di G<strong>IO</strong>NA – sono sorte altre<br />
strutture: Casa don Gaudiano, Case T41 …<br />
Tantochè quello che era un progetto-pilota sperimentale a livello<br />
nazionale, ora è diventato un sistema di protezione sociale, che nobilita<br />
il grado di civiltà raggiunto da Pesaro : dare una sistemazione abitativa<br />
adeguata a persone altrimenti costrette – dalla disabilità o dalla malattia<br />
mentale – a vivere in pur dignitosi Istituti, che non però non possono<br />
riuscire a dare il calore di una comunità contenuta, ristretta, vicina a<br />
quella dimensione familiare che è costitutiva di ogni uomo. Così oggi in<br />
questa Città ci sono una trentina di persone che possono dire in cuor<br />
loro : Casa, dolce casa…<br />
G<strong>IO</strong>NA ha aperto la strada, con un “mix” tra lungimiranza, coraggio<br />
e quel pizzico di incoscienza che sempre ci vuole in questi casi.<br />
Il sostegno della Regione (con l’allora Assessore Secchiaroli), la passione<br />
di una <strong>Cooperativa</strong> sociale (Archimede, con il presidente Tiziana<br />
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Cecchini prima e Toto Ondedei poi), l’audacia amministrativa del<br />
Comune (Assessore Drago, Dirigente Tacchi, Funzionario responsabile<br />
Brunelli), l’appoggio dell’ASL (Dott. Guidi e Dott.ssa Graziani) hanno<br />
partorito quello che sembrava un’utopia : una casa in pieno Centro storico<br />
per sei persone gravemente disabili abituate a vivere in un Istituto,<br />
l’IME di Muraglia.<br />
L’esperienza ha funzionato subito e chi scrive –subentrato in corso<br />
d’opera alla collega Brunelli per avvicendamenti organizzativi interni<br />
al Servizio Politiche Sociali del Comune- ha sì dovuto …arrampicarsi<br />
sugli specchi (assieme all’Assessore Savelli e alla Dirigente Simoncelli)<br />
per garantire la sopravvivenza fi nanziaria della Casa, ma ha sempre<br />
constatato piena effi cienza per quanto riguarda il suo funzionamento<br />
interno.<br />
Perché a G<strong>IO</strong>NA le persone che la abitano hanno trovato quello che<br />
cercavano in cuor loro : un luogo ospitale, dove vivere nella quotidianità<br />
e radicare le proprie abitudini, le proprie relazioni, i propri affetti<br />
e-perché no?- i propri difetti.<br />
Che cos’è una “casa” se non un luogo che sentiamo intimamente ci<br />
appartiene, al di là dei muri che la compongono? Un luogo dove possiamo<br />
essere noi stessi, senza maschere né ipocrisie. Un luogo anche<br />
di rifugio dalle diffi coltà inevitabili della vita. Un luogo che sentiamo,<br />
viviamo, accudiamo come il “nostro” luogo. Senza che ciò ci impedisca<br />
–al momento giusto- di spiccare il volo nella vita, se la vita ci chiama<br />
altrove, ma sempre sapendo che c’è un luogo che ci aspetta confi dente…<br />
G<strong>IO</strong>NA ha aperto una strada; come scritto, anche altri ora la sanno<br />
percorrendo. Altre realtà sociali di questa Città, che ha forme poliedriche<br />
di solidarietà : associazioni, cooperative sociali, amministrazioni<br />
pubbliche…tutti insieme appassionatamente per permettere una vita<br />
autonoma e di qualità (per quanto i singoli problemi lo consentano) a<br />
persone altrimenti tradizionalmente costrette all’emarginazione.<br />
Un bel biglietto da vita per Pesaro; un esempio –permettetici di scriverlo<br />
senza enfasi- per altre Città, anche vicine. Un esempio non da<br />
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invidiare, ma da imitare. In particolare in una Regione che si è dimostrata<br />
(e siamo certi continuerà a farlo) particolarmente e concretamente<br />
sensibile a problema del cosiddetto “Dopo di noi”, ovvero la<br />
possibilità di continuare a dare residenze di carattere familiare alle persone<br />
disabili la cui famiglia progressivamente vien meno.<br />
Oggi che si vive di più (specie nelle Marche) è molto importante<br />
anche “come “si vive, specie in situazioni di soggettiva fragilità. G<strong>IO</strong>NA,<br />
in questo senso, è davvero una risposta esemplare.<br />
14
IL VOCABOLAR<strong>IO</strong> DI G<strong>IO</strong>NA<br />
di Giuliano Tacchi (Coordinatore Ambito Territoriale n.1,già Direttore del Settore<br />
Servizi Sociali del Comune di Pesaro)<br />
A come ACCESSO: Giona è una casa, in una casa ci sta una<br />
famiglia; Giona è dunque una possibilità e un diritto che è stato<br />
riconosciuto, per facilitare una relazione, un incontro. Accesso è<br />
una porta aperta che ha promosso… ACCOGLIENZA, ASCOLTO,<br />
ASSIS<strong>TE</strong>NZA, ATTIVITA’, AUTONOMIA, AUTOSUFFICIENZA…<br />
B come BENESSERE: stare bene, in particolare in compagnia di<br />
amici, coetanei, operatori che si occupano di te. Obiettivo apparentemente<br />
semplice ma in verità estremamente complesso, per<br />
questo è diventato prioritario nel “progetto Giona”. Perseguire<br />
benessere signifi ca incontrare un BISOGNO e gli ospiti di Giona<br />
ne manifestavano uno elementare: uscire da una condizione di<br />
vita diffi cile, racchiusa in una istituzione socio-sanitaria, per incontrare<br />
una condizione di vita migliore: una casa.<br />
C come CAPACITA’: l’essere abili a fare qualcosa, anche a stare in<br />
una casa e non in un istituto. Ma anche… CITTADINO, che cammina<br />
dentro la tua città, ti incontra nel condominio o al negozio sotto<br />
casa. A volte sembra che per dare risposta a grandi problemi (in<br />
questo caso il diritto di cittadinanza) sia necessario avviare imprese<br />
rivoluzionarie e complesse; poi ti accorgi che quello che per te è<br />
naturale e semplice (una casa, degli amici, qualcuno che ti ascolti…)<br />
per qualcun altro signifi ca cambiare vita, ritrovare un senso<br />
nuovo alla propria esistenza… è quello che è accaduto a 5 persone,<br />
un po’ diverse da noi, che hanno iniziato a vivere insieme in via<br />
Mazza a Pesaro, in un appartamento che gli altri chiamano Giona.<br />
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D come DIALOGO: che è la forma di comunicazione che rispetta<br />
la diversità. Con Giona si è riaperto un discorso apparentemente<br />
chiuso nella nostra città, si dava per scontato che per “certe persone”<br />
le soluzioni adeguate ai loro problemi erano quelle da tanto<br />
tempo sperimentate. Dialogare, discutere, rifl ettere, ha portato a<br />
mettere in crisi certezze acquisite per rinnovare la rete dei servizi<br />
territoriali, partendo anche da una struttura in controtendenza:<br />
intervento personalizzato, dimensione comunitaria, sviluppo delle<br />
autonomie e della responsabilità, integrazione con il territorio…<br />
anche se si tratta di un servizio con utenti che cominciano ad<br />
avere un po’ di anni sulle spalle, etichettati come diversi, seriamente<br />
diversi. Ora sì che possiamo parlare di… DIRITTO DI<br />
CITTADINANZA: cioè il superamento dell’esclusione sociale, la<br />
rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono integrazione e partecipazione,<br />
la valorizzazione delle capacità della persona.<br />
E come EMPATIA: che chiama in causa la capacità di identifi carsi<br />
con l’altro, con il suo stato d’animo sia pure racchiuso in una vita<br />
invisibile, segnata dal marchio della diversità. Se non c’era qualcuno<br />
nella città di Pesaro che dava voce a chi voce non aveva,<br />
il progetto Giona non sarebbe nato, per questo parliamo anche<br />
di… EMOZ<strong>IO</strong>NI, condivise, discusse, portate sul tavolo di tecnici<br />
e politici che alla fi ne hanno prodotto un cambiamento.<br />
F come FAMIGLIA: perché anche a Giona vive un “un insieme di persone,<br />
coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso Comune,<br />
legate da vincoli ecc. ecc.”.<br />
G come GRATUITA’: G<strong>IO</strong>NA è un servizio che pretende di dare qualità<br />
alla vita di persone defi nite come fragili e deboli; un servizio<br />
che nasce da un atteggiamento di completa disponibilità verso l’altro<br />
per una risoluzione reale dei suoi problemi e per una elaborazione<br />
condivisa di strategie di intervento. In questo senso si parla<br />
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di gratuità, non perchè non ci sia un costo da sostenere, che qualcuno<br />
defi nisce “alto”. Ma c’è un limite quando si parla di dignità?<br />
H come HANDICAP: si diceva così, oggi gli ospiti di Giona potrebbero<br />
essere defi niti altrimenti, forse disabili, forse diversamente<br />
abili... comunque sia il senso comune continua a identifi carli come<br />
handicappati: questa è la diversità dei “ragazzi” di G<strong>IO</strong>NA. Per ora<br />
va bene così, l’importante è che non ci sia indifferenza.<br />
I come IDENTITA’: G<strong>IO</strong>NA ha riattivato il signifi cato di alcune identità<br />
individuali, come il risultato visibile della storia di ciascuno<br />
dei suoi ospiti che cambia, sommando le nuove aspettative per il<br />
futuro e confrontandosi con l’immagine che gli altri rimandano. Da<br />
questo confronto nascono percorsi di reale INCLUS<strong>IO</strong>NE e IN<strong>TE</strong>-<br />
GRAZ<strong>IO</strong>NE.<br />
L come LIVELLI ESSENZIALI: ecco un modo per capire queste<br />
strane parole, c’è un livello di dignità nella vita delle persone,<br />
anche le più fragili, che deve essere garantito da servizi adeguati,<br />
essenziali come Giona appunto…<br />
M come MOTIVAZ<strong>IO</strong>NE: è la benzina che fa girare il motore della<br />
macchina-Giona, motivazione degli operatori, degli amministratori,<br />
degli ospiti…<br />
N come NOI: il “noi” comunitario, di una comunità solidale e responsabile,<br />
che ci porta alla cura, all’attenzione verso il più debole,<br />
contrapposto al SÈ individualista che, se fosse prevalso, di certo<br />
non avrebbe dato vita a Giona.<br />
O come OPERATORE SOCIALE: il compagno, il fratello, il “genitore”<br />
della famiglia Giona, ma anche il professionista, l’educatore,<br />
il punto di riferimento.<br />
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P come PERSONA: se pensi a Giona come a un PROGETTO dedicato<br />
a persone, allora ne capisci il vero valore, allora pensi anche<br />
alla parola PROMOZ<strong>IO</strong>NE, all’attivazione di responsabilità individuali<br />
e di gruppo mirate a superare le vecchie logiche assistenzialistiche.<br />
Q come QUALITA’: è la caratteristica e la proprietà di un servizio<br />
come Giona che lo rendono capace di soddisfare il più possibile<br />
bisogni e aspettative del cittadino, utente dello stesso.<br />
R come RELAZ<strong>IO</strong>NE: probabilmente è la parola chiave di Giona.<br />
Relazione è comunicazione tra donne e uomini che si riconoscono<br />
nel valore di essere persona. Questo presuppone uno<br />
scambio fi nalizzato a creare un signifi cato comune. Giona nasce<br />
da una reale capacità di ascolto e disponibilità. Ma Giona è anche<br />
REGOLE, perché è un progetto che organizza un gruppo di persone<br />
in un percorso quotidiano, giorno e notte, di aiuto… Per<br />
questo Giona è anche RESPONSABILITA’ dell’operatore sociale,<br />
nella gestione di un servizio essenziale e innovativo, nell’erogazione<br />
di una prestazione di sostegno, nelle azioni di solidarietà<br />
e partecipazione che hanno portato alla costruzione, attorno a<br />
Giona, di un contesto relazionale. E’ la RE<strong>TE</strong> SOCIALE, che ha<br />
coinvolto un pezzo di città, il quartiere, il vicinato, il condominio.<br />
S come SALU<strong>TE</strong>: l’obiettivo di Giona è “provocare” il benessere<br />
fi sico, psichico, affettivo e relazionale della persona in situazione<br />
di disagio. Un obiettivo da raggiungere per scelta consapevole<br />
di un Comune che ha dato vita ad un SERVIZ<strong>IO</strong>. Un servizio<br />
pubblico, in quanto organizzazione di risorse e di relazioni, integrazione<br />
di professionalità e insieme di prestazioni. Un servizio<br />
pubblico in rete che evoca la parola SIS<strong>TE</strong>MA, perché Giona è<br />
parte di un insieme di servizi territoriali in relazione, che interagiscono<br />
e sono interdipendenti. Un sistema fi nalizzato a ridare<br />
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senso a delle STORIE, quelle invisibili e irraccontabili, di persone<br />
considerate sconfi tte a vita e che invece hanno riattivato un percorso,<br />
una storia individuale e di comunità.<br />
T come <strong>TE</strong>RRITOR<strong>IO</strong>: dove sta un servizio? c’è differenza se si<br />
trova in un luogo istituzionale (ospedali, reparti, “quartieri” organizzati<br />
alla gestione di particolari problematiche) oppure in un<br />
luogo “normale”, in città, in un quartiere, accanto e confuso con la<br />
quotidianità. Il “dove” ha oggi un ruolo determinante: Giona è stato<br />
progettato e agisce in un particolare luogo, un territorio che sintetizza<br />
una comunità che vive, con persone, gruppi, organizzazioni,<br />
istituzioni.<br />
U come UNIVERSALITA’: è la nuova frontiera delle politiche di welfare.<br />
Tutti “possono” essere protagonisti nei percorsi del benessere<br />
e della solidarietà. Alcuni “devono”, in nome del principio del<br />
“diritto esigibile”, delle priorità d’intervento, del servizio essenziale<br />
che è ben rappresentato da Giona.<br />
V come VALORE: noi operatori sociali usiamo il termine “valore”<br />
per defi nire ciò che, in un progetto sociale, resta alla persona<br />
(in questo caso all’utente di un servizio come Giona) in termini<br />
di miglioramento della propria condizione di vita. Una conquista<br />
mai defi nitiva, un percorso di VITA che continua. La parola vita<br />
ci riporta infi ne ai VOLTI: la faccia, gli occhi, gli sguardi delle persone<br />
che abitano Giona. Non più gli utenti, i clienti, riconosciuti<br />
solo come “casi”, “problemi”, “bisogni”, che ci rimandano a defi nizioni<br />
stereotipate, ma “volti” a cui appassionarci.<br />
Z come ZUCCHERO: … quello zucchero che non c’era quel giorno<br />
che sono andato a trovare i miei amici di Giona e mi hanno offerto<br />
un caffè.<br />
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L’esperienza di supervisione<br />
a G<strong>IO</strong>NA<br />
di Metella Rufa (Psicologa del Comune di Pesaro)<br />
La supervisione da me svolta a Giona dal ‘98 resta lo strumento<br />
costante che permette di entrare effi cacemente nel vivo della dinamica<br />
che sottende tutte le relazioni di aiuto.<br />
Il primo strumento siamo sempre noi stessi, con la nostra<br />
capacità di dare aiuto e nello stesso tempo avere dei bisogni nostri.<br />
La comprensione consapevole di ciò che accade nelle relazioni<br />
educative,terapeutiche ecc… è un permettere a noi una serietà professionale<br />
che rappresenti una tensione etica rispetto a ciò che facciamo.<br />
Dalla nascita stessa di Giona mi è sembrato molto interessante partecipare<br />
alle gioie e dolori di questo mini-modello di inclusione sociale.<br />
La facilitazione, la mediazione operata dagli educatori e coordinatori<br />
ha favorito nel “suo piccolo” in Via Mazza n.32 la sperimentazione di un<br />
progetto effi cace in termini della valorizzazione della persona.<br />
Restituire alle persone gravi un “diritto di cittadinanza” è una condizione<br />
di base per sviluppare qualsiasi tipo di cambiamento profondo.<br />
Per quanto riguarda il mio coinvolgimento come supervisore, 1 volta al<br />
mese per 2 ore, questo metodo di lavoro che, per chi fa il mio mestiere,<br />
è uno strumento permanente,mi ha fatto rifl ettere sia sui costrutti teorici,<br />
sia sulla gamma dei sentimenti che il lavorare con persone gravi, in<br />
genere suscita. Mi ha molto appassionato lo stesso clima di passione<br />
al proprio lavoro che circola a Giona, pur con notevoli diffi coltà di varia<br />
natura. Entrare e uscire dalla balena – mostro marino dei nostri pregiudizi,<br />
timori, angoscie intorno all’handicap grave ci ha rimesso tutti<br />
in discussione più volte. L’incoraggiare autoconsapevolezza dei propri<br />
limiti e risorse come persone ha arricchito la mia maturazione umana<br />
e professionale. La meta che mi propongo ogni volta, in ogni incontro,<br />
20
oltre al sollecitare la consapevolezza delle dinamiche psicologiche in<br />
gioco e la revisione autocritica dei “ruoli giocati con l’utente”, è che<br />
per quanto compromessa dal limite, dalla malattia, la realtà di Giona<br />
può concedersi il lusso di uno sguardo creativo, con idee innovative<br />
partendo dalla accettazione realistica del come “ prendersi cura di...”<br />
se si accetta che anche la persona grave possa mettere in moto difese<br />
più vitali, meno regredite, al tempo stesso “facendo” il lutto su peggioramenti<br />
improvvisi, regressioni, morte. Il vivere con gli educatori anche<br />
momenti molto complessi e diffi cili rivelati dalla stessa atmosfera del<br />
gruppo: per es. il sentirsi pronti a salvare, il desiderio di prendersi cura,<br />
il volere il bene dell’altro in momenti a volte caratterizzati da lagne<br />
continue, deliri, e richiami S.O.S., ha fatto sì che si sperimentasse fi no<br />
in fondo un’empatia tutt’altro che banale. In fondo si tratta sempre di<br />
andare un po’ più in profondità e risalire in superfi cie con uno sguardo<br />
di prospettiva più ampia, per contenere la fatica e la bellezza autentica<br />
di una relazione di aiuto professionale.<br />
Riuscire a dare indicazioni realistiche, evitare pericolose collusioni<br />
tra desideri e rabbie indotte dagli utenti è proprio un navigare in mare<br />
agitato. Per usare una metafora marina, parafrasando il poeta greco<br />
Alceo, un conto è progettare a terra la rotta di navigazione, un conto è<br />
navigare in mare aperto con i venti che si incontrano.<br />
21
Prologo<br />
Il mio turno è terminato, è stata dura svegliarsi stamattina! Mi siedo<br />
sul divano, scrivo, mi fermo un secondo, alzando gli occhi al cielo, e<br />
rifl etto: ma che fi ne ha fatto Giona?<br />
(Maurizio)
SPIEGAZ<strong>IO</strong>NI DEL MONDO<br />
Lorentina,guardando i girini: “Amore…va! va! Come scondizola!…Che<br />
amore, che bei occhi che ha! …..E’ bello quello arancione!”<br />
Lorentina, guardando il ritratto che ha fatto di Roberta: “Che bello! Mi sembri<br />
Carmen Russo!”<br />
L’amore è una follia (Lorentina)
Sono stata alle isole Tremito (Lorentina)<br />
Giorgio dice: “La Marilena qui dentro è la più buona di tutti…è brava come<br />
il pane!”<br />
Giorgio, parlando di convivenza con i vicini: “Quella di sotto ieri ha abbaiato,<br />
oggi non ha abbaiato. Noi prendiamo un cane che abbaia solo a lei!”<br />
Lorenzo a Serena: “Te fai la fi ne del pesce!” (che era morto..)
ore 7, suona la radiosveglia della Lorentina.<br />
Valeria: “Lolly, ma ancora non è presto?”<br />
Lorentina: “Co’ te frega ma te?”<br />
Rosso di sera, verde speranza (Lorentina)<br />
Giorgio, guardandosi allo specchio dopo la doccia: “Vieni, vieni a vedere!<br />
Guarda, sembro Ponzio Pilato!”<br />
Uno spigolo d’aglio (Lorentina)
Lorentina si lava, si veste, borbotta e dice fra sé: “La vita è così, o si fa<br />
o non si fa!”<br />
Vado in cucina, tiro la tenda, vedo la scimmia che fa la merenda (Lorentina)<br />
Lorentina, guardando una videocassetta di una Festa di Natale di tanto<br />
tempo fa all’Ime: “Giorgio…che sguardo che ha…gli darei un bel bacio…<br />
mamma mia quant’è bello!”<br />
Serena chiede a Giorgio se vuole andare a casa di mattino o di pomeriggio e<br />
lui: “Sì! Vado a casa la mattina del pomeriggio!”<br />
Un messaggio di Roberta: “Il presepio è in via di facimento…tutti possono<br />
metterci le mani…io supervisionerò se tutto è teologicamente fondato…”<br />
Lorentina: “Alberto, te sei una macchinetta!!”<br />
Alberto: “Se io avessi le pile sarei più calmo!”<br />
Lorentina legge le carte a Serena: “..soldi..un viaggio…l’uomo che ti pensa<br />
molto..ti sposi tra qualche mese…una bella villa con piscina e una bella<br />
macchina…la Panda!”
Guardando Sanremo<br />
Serena: “Lo sai, Alby, che quello è il fratello di Clinton?”<br />
Alberto: “Chi, Clinton? Quello che andava con quella brutta, la Lewinski?”<br />
Non c’è fame tra le olive! (Lorentina)
Alberto: “C’è Albano, il marito de cla ‘merichena! Prima l’era un contadino e<br />
c’aveva un padre che era tristo!!”<br />
Valeria: “Buonanotte Giò!”<br />
Giorgio: “Buonanotte, dormo un pochino molto!”
Conversazione fra Serena, Lorentina, Marilena, Peppe ed Alberto<br />
Tutti: “La Valeria da i baci ad Eros, la Serena ad Andrea, la Simona a<br />
Massimiliano..”<br />
Serena: “la Roby a Maurizio..”<br />
Tutti: “No! Loro sono sposati!<br />
Serena: “Appunto!”<br />
Lorentina: “No, lascia andare..”<br />
Marilena: “La Tiziana?”<br />
Lorentina: “Anche lei non può. E’ sposata.”<br />
Serena: “Ma se due si danno i baci da fi danzati, quando si sposano non<br />
se ne danno più?”<br />
Alberto: “Certamente! Ti pare che la moglie si mette a dare i baci al marito!?!”<br />
Lorentina: “Fra un po’ la scuola mi chiama per darmi il diploma, chissà se<br />
mi danno la borsa di studio…”<br />
Serena: “Cos’è la borsa di studio?”<br />
Lorentina: “Una borsa per mettere i libri…rossa!”<br />
Giorgio: “Lorentina è felice perché io la faccio contenta!”<br />
Roberta: “Ma come fai a farla contenta?”<br />
Giorgio:” Eh…la faccio contenta…gli do tanti bacini!”
COSA CI DICE CHI CI ABITA?<br />
ALBERTO<br />
LORENZO<br />
2003: Io sto bene qui! No in istituto!<br />
Giona è una casa... di cura... ci stiamo noi malati… di mente.<br />
Di cosa son malato io? Di mente, no?!<br />
Di Giona mi piace tutto; da mangiare, facciamo i sughi, tanti<br />
mischiami, la polenta…<br />
Si gioca, si beve…<br />
Mi trovo meglio che in istituto, diecimila volte meglio!<br />
Mi diverto, gioco, vado a spasso con gli educatori…. prima si<br />
usciva una volta all’anno!<br />
Sono tutti simpatici.<br />
Mi ricordo, mentre ero a spasso, di quella zingara che mi ha<br />
chiesto i soldi, gli ho detto: “va via, zingara!…”<br />
2003: Giona vuol dire dove ci sono i vasi… qui… dove faccio il<br />
giardiniere!<br />
Qui ci abito io, Toto, Serena, Federica… no, Federica fa il tirocinio!<br />
Con gli altri sto bene, però Alberto mi fa arrabbiare…<br />
Qui mi piace andare a marzo dalla Stefania.<br />
All’Ime hanno fatto i lavori…non ci sono più i vasi.<br />
Qui mi piace perché a Natale compro il radiolone nuovo!<br />
Mi piace andare a comprare le sigarette, il pane…<br />
2005: Io a Giona lavoro. Vado nell’orto e dopo mi danno i soldi.<br />
Non ho cambiato la camera, perché nella mia ho i vasi ed i fi ori.<br />
Vado d’accordo con gli altri, soprattutto con Giorgio.<br />
31
LORENTINA<br />
MARILENA<br />
Il pulmino non mi piace, perché è vecchio, voglio un pulmino<br />
nuovo. MI piace invece cucinare, la pizza, guardare i fi lm. Mi<br />
piace il pranzo di Natale, che viene Babbo Natale e mi piace<br />
andare sulla neve, in Carpegna….<br />
2003:Giona è l’appartamento nostro, qui ci abitiamo tutti noi…<br />
gli amici!<br />
Io non meno nessuno! Qualche volta c’è da discorrere….<br />
Non mi lasciano stare, in via Rossi stavo meglio, in istituto no!<br />
Sto bene qui: andavo a scuola, dopo loro dicevano che io<br />
rubo… invece non è vero niente!<br />
Giorgio mi fa ridere, mi dice che son bella, son graziosa, e che<br />
vado d’accordo con lui…<br />
2005: qui sto bene, nella camera nuova dormo bene..<br />
MI piace ricamare e mangiare bene. Prima non mangiavo,<br />
adesso comincio a mangiare, la pizza la mangio! Non mi piacciono<br />
invece i fagiolini.<br />
2003: Sto bene, vado d’accordo con tutti, son simpatici.<br />
Prima ero a Tavullia, ma sto bene qui.<br />
La Lolly mi fa ridere…<br />
2005: Mi piace la camera nuova, con il terrazzo e la televisione.<br />
Con gli altri vado d’accordo qualche giorno sì e qualche<br />
giorno no!<br />
Lavoro, faccio teatro e vado da sola a lavorare e dalla Noemi che<br />
mi accompagna alle prove. Anche dal fotografo vado da sola!<br />
La scala a chiocciola ed il pulmino vecchio non mi piacciono.<br />
Mi piace ricamare, le pizza e le gite!!<br />
32
G<strong>IO</strong>RG<strong>IO</strong><br />
PEPPE<br />
RUDI<br />
2003: Abito a Giona…. è un istituto…no, non è un istituto…è un<br />
appartamento.<br />
Gli voglio bene a tutti.<br />
In istituto si stava male,… non c’era le case!<br />
Non potevo fare i pupazzetti perché facevo arrabbiare.<br />
2005: Io faccio le maschere con i tovaglioli e lo scotch.<br />
Vado d’accordo con tutti, soprattutto con Lorenzo.<br />
Mi piace guardare i fi lm in cassetta e fare le gite. Vorrei tornare<br />
allo zoo di Poppi….<br />
2003: Peppe ci racconti cosa fai a Giona?<br />
Sì…qui ci dormo, mangio… (Sì…la nanna…i magna…)<br />
Quando cuciniamo te cosa fai?<br />
Do una mano, preparo la ciccia (Cin, cin, cin ..la cincincincia…)<br />
E dopo pranzo?<br />
Faccio il caffè per Giorgio…sistemo l’acqua…e basta! (Luzzà…a<br />
Udi….su l’acqua ..a tò l’acqua……e tata!)<br />
2005: Sto bene, vado d’accordo con Rudi e Lorenzo. Qui si<br />
mangia bene come dalla Cesarina (Ia)<br />
2005: Sono arrivato a Giona il giorno della Befana. Qui sto<br />
bene, la casa mi piace, mi piacciono gli altri…Lorenzo è bravo,<br />
mi ricarica sempre l’accendino!<br />
Non mi piace la scala a chiocciola, ma adesso dormo di sotto<br />
e non la devo più fare.<br />
Mi piacciono le lasagne di Peppe Incarnato, la crescia di<br />
Pasqua, il ristorante cinese. La vacanza in Carpegna mi è piaciuta,<br />
si mangiava bene!<br />
33
VOCI DELLE COSE<br />
Pulmino<br />
Salve, sono il pulmino. Direi che sono un pezzo indispensabile<br />
nel puzzle di Giona: sono il mezzo che permette loro di “stare” nella<br />
società! Senza di me come potrebbero…godersi la vita! Uffi cialmente<br />
accompagno i ragazzi ed i loro educatori negli innumerevoli<br />
spostamenti. Uffi ciosamente tengo lezioni di guida ad alcune educatrici.<br />
Io porto a spasso e trasporto le cose: mi trovo bene, mi piace gironzolare,<br />
anche se a volte mi sento un po’ ingombrante, in queste strade<br />
del centro. Vengo un po’ sballottato a destra e a manca; parcheggiato<br />
qua e là, ma sempre nei posti a noi riservati. Zigzago fra i muri delle<br />
case e dei palazzi, le macchine, i passanti, le biciclette.<br />
Mi sento un po’ la seconda casa di chi vive a Giona e da me<br />
succede sempre un po’ di tutto: musica, chiacchiere, litigi e pisolini.<br />
Spesso poi li porto a fare la spesa ed allora mi caricano di un sacco di<br />
cose, così oltre che tenere la strada devo stare attento a non rompere<br />
uova o rovesciare detersivi.<br />
Ma comincio ad essere un po’ troppo vecchio per tutto questo movimento...<br />
Quanta strada ho fatto! Mi usano perché riesco a portarli quasi ovunque.<br />
Ogni tanto sento qualche botta, che mi lascia graffi ed ammaccature,<br />
ma sono cose da poco, non soffro molto.<br />
L’unica cosa che mi manca è la carrozzeria che sfoggiavo quando<br />
ero più giovane. Con il tempo infatti sono un po’ cambiato: ogni tanto<br />
ritocco gli specchietti laterali ed i fanali, ma i miei fi anchi sono irrimediabilmente<br />
persi! Comunque credo dipenda dal “piano educativo personalizzato”:<br />
infatti, grazie ad alcune educatrici, smussando angoli e<br />
fi ancate, ho acquisito una linea più avveniristica!<br />
34
Forse qualcuno di voi mi avrà visto in giro: il mio colore blu mi distingue<br />
da tutti gli altri!! Mi potete trovare anche nei parcheggi dei vari<br />
ipermercati della città oppure di qualche ristorante, in una piazza o<br />
davanti ad un pub. Inoltre mi sono spinto fi no a Bologna, S. Benedetto<br />
del Tronto e persino in Trentino!<br />
Ho anche ricordi alquanto “dolorosi”: mi vengono in mente tutte le<br />
volte che devo essere parcheggiato a rotta di collo, solo perché qualcuno<br />
ha occupato abusivamente il nostro parcheggio, sia quello sotto<br />
casa che al supermercato!<br />
Fondamentalmente mi trovo bene a Giona, perché mi sento molto<br />
valorizzato. Anche se qualcuno vorrebbe sostituirmi con un camper…<br />
Tutti qua si adoperano per non farmi mancare nulla: acqua, olio,<br />
carburante e qualche volta mi fanno persino il bidet. Non rimango mai<br />
a secco io, dal canto mio, cerco sempre di partire al primo colpo.<br />
Avrei tanti episodi da raccontare, anche perché ho viaggiato<br />
parecchio ed ho visto tanti posti nuovi, ma non mi scorderò mai quella<br />
volta che mi hanno scambiato per un fuoristrada e mi hanno fatto fare<br />
il rally per i campi! Poi, non riuscendo più a tirarmi fuori dal fango, si<br />
sono fatti dare un passaggio da un altro, lasciandomi lì tutta la notte,<br />
solo, al freddo delle campagne.<br />
Ma la cosa più brutta mi è successa durante le feste natalizie,<br />
quando un cretino mi ha bucato la gomma proprio nel parcheggio di<br />
casa. Lì mi sono sentito proprio a terra!!<br />
Mi è capitata invece una cosa molto carina quest’estate. Di ritorno<br />
da una giornata sul Monte Nerone, gita un po’ rovinata dalla pioggia,<br />
mentre tutti dentro erano tranquilli, quasi sonnolenti, ci è passato<br />
davanti uno scoiattolo e tutti abbiamo fatto OOOHH!<br />
35
Lavatrice<br />
Salve, sono la lavatrice. Ho un nome straniero, ma capisco bene la<br />
lingua di Giona. A me vengono affi dati i vestiti, le lenzuola, le tovaglie<br />
e tutto ciò che si usa in questa casa, perché sia di nuovo pulito, profumato<br />
e pronto all’uso. E’ un lavoro duro e sporco, ma qualcuno lo deve<br />
pur fare.<br />
Certo, non so bene se la mia attività all’interno della casa sia volta<br />
a pulire la biancheria o se invece mi si vuol far creare nuovi capi d’abbigliamento!<br />
Colori sempre diversi, maglioni da uomo che diventano<br />
maglioni da bambino…ma avranno capito che sono una lavatrice?<br />
Ad essere sinceri, non mi trovo qui da molto. Ho sostituito da qualche<br />
mese la mia collega, che è andata in pensione: non mi ha fatto una<br />
bella impressione quando la osservavo mentre la portavano via. Era<br />
sfi nita: avrebbero dovuto farle un monumento! Prima di andarsene mi<br />
ha messo in guardia: qua, solo lavoro duro!<br />
E’ vero: giro giro giro…. quanti panni ho visto dentro il cestello e quanto<br />
detersivo! Tutto il giorno, quasi senza pause, e di notte è diffi cile dormire,<br />
perché i criceti che abitano di fi anco corrono e saltano di continuo.<br />
Anche se non mi fermo mai, ho sempre del lavoro arretrato. Tutti mi<br />
aprono, mi toccano, mi riempiono di cose inimmaginabili e indicibili:<br />
mani esperte (o meno), acqua calda e acqua fredda, lavaggi lunghi<br />
o brevi, delicati o forti, bianchi o colorati…e per fortuna che non ho il<br />
naso: vedeste cosa mi tocca lavare certe mattine!!<br />
Alcuni educatori mi si avvicinano con timore: “Che programma<br />
vuole? Quanti gradi? Quanto detersivo?” …Che tenerezza!<br />
Mi fanno girare e rigirare e c’è anche chi mi fa turbinare le rotelle (ma<br />
se lo prendo…)!!<br />
C’è qualcuno che di nascosto mi gira le manopole all’impazzata,<br />
mandandomi fuori di centrifuga: mentre sto facendo il mio lavoro, già<br />
tutta bella impostata, si avvicina Peppe, sta un po’ a guardarmi e poi<br />
“SSSTTRRRAAAA”, da un giro ai miei programmi e io…non ci capisco<br />
più niente!! Cerco di difendermi gettando acqua ovunque, ma lui continua<br />
imperterrito!<br />
36
Telefono<br />
Buongiorno, sono il telefono.<br />
TU TU…. TU TU….. Strano, ora sono libero. Capita poche volte al<br />
giorno: di solito sono un tipo piuttosto bollente!!<br />
Io a Giona metto in contatto le persone. Sono il mediatore nella<br />
comunicazione Giona/mondo e viceversa.<br />
Mi piace lavorare qua, perché qui è il paradiso per un gran fi ccanaso<br />
come me, a cui piace origliare! A Giona c’è da sentirne di tutti i colori!<br />
Conoscono un sacco di persone e parlano spesso di pranzi, cene,<br />
spettacoli, feste…Certo che si devono divertire parecchio!<br />
Ogni tanto sono anche fonte di tristezza, quando vengo usato per<br />
dare brutte notizie e delusioni: allora c’è chi mi scambia per un fazzoletto<br />
e la mia cornetta si bagna di lacrime. Ma il più delle volte sono motivo<br />
di allegria, quando faccio parlare persone che si vogliono bene e che si<br />
vedono poco. E c’è chi si scompiscia dalle risate raccontando proverbi!<br />
Mi capita anche di essere causa di litigio: tutti vogliono rispondere<br />
alle mie chiamate o usarmi per chiamare qualcuno.<br />
A Giona ho sempre svolto egregiamente il mio lavoro. Non ho (quasi)<br />
mai dato noie e poi, da quando mi hanno affi ancato una segreteria,<br />
non ho mai protestato per il doppio lavoro! Credo di possedere qualità<br />
come la memoria, la discrezione, la chiarezza e la modernità indispensabili<br />
per svolgere bene questo lavoro.<br />
Avrei tanto da raccontare, ma non voglio diventare come quei telefoni<br />
che non fanno altro che spettegolare dalla mattina alla sera. Il<br />
segreto professionale e la mia etica me lo impediscono.<br />
Poi mi sono fatto una buona amica: pensate che non vede l’ora che<br />
io squilli per poter prendermi in mano e, spesso e volentieri, quando c’è<br />
lei non riesco neppure a fare il secondo squillo, tanto è veloce a venire<br />
a rispondere! Purtroppo però non so il nome di questa signora: ahò!<br />
manco una volta che si presentasse!!<br />
Eh sì, avrei tante cose da raccontare che però, per una questione<br />
di privacy, non svelerò. Avrei però una richiesta da fare: perché non mi<br />
portate un fratellino? (leggi cellulare)<br />
37
IN<strong>TE</strong>RVIS<strong>TE</strong> A CHI CI CONOSCE<br />
(in un modo o nell’altro o nell’altro ancora…)<br />
G<strong>IO</strong>VANNA, parrucchiera<br />
Ho conosciuto Lorentina e Marilena come clienti, circa vent’anni fa, ed<br />
è nato un rapporto d’amicizia: mi vengono a trovare, mi vogliono bene e<br />
io voglio bene a loro, ogni tanto passiamo una serata in pizzeria.<br />
Sono stata nel loro appartamento due o tre volte ed ero stata anche<br />
in quello di prima per qualche compleanno. Ritengo cha la loro situazione<br />
sia molto bella perché sono protette, ma allo stesso tempo indipendenti,<br />
sono più responsabili e sono seguite.<br />
Ricordo che una sera siamo andate a mangiare la pizza poi, come<br />
al solito, siamo andate a prendere un bel gelato. Lolli quella sera era un<br />
po’ agitata e stava prendendo un giornale non suo. Quando le ho detto<br />
che quel giornale non si doveva prendere, lei si è arrabbiata molto,<br />
io l’ho costretta comunque a metterlo giù e lei mi è fuggita in mezzo<br />
alla strada; noi, preoccupate, le siamo corse dietro e l’abbiamo portata<br />
a casa. Abbiamo raccontato l’accaduto all’educatrice che le ha detto<br />
che se voleva un giornale, si poteva andare a comprarlo. Io, andandomene,<br />
l’ho salutata, lei però non mi ha guardata in faccia.<br />
Il giorno dopo mi ha telefonato, mi ha detto “Scusa, non lo faccio<br />
più!” e così è stato.<br />
ERICA, ex commessa della pasticceria “Valentino”<br />
Conosco Giona, è in via Mazza nei palazzi arancioni. Trovo che un<br />
alloggio per le persone malate di handicap sia un’ottima idea in alternativa<br />
all’istituto.Trovo che lo stabile andrebbe sistemato, non solo per<br />
le persone con handicap, ma per tutti gli inquilini; avrebbe bisogno di<br />
un buon restauro, soprattutto di maggior pulizia e igiene, a partire dalle<br />
fognature. Non sarà facile, ma servirebbe per far vivere meglio tutti.<br />
38
A Giona conosco meglio di tutti Lorentina e Marilena. Lolli è molto<br />
sensibile, sa dare un affetto incredibile, ogni volta che passa qui<br />
davanti mi saluta. Molte volte ha fatto la birichina e ha preso qualcosa<br />
che non poteva mangiare, però non vuol dire niente.<br />
Anche conoscendomi poco, solo per un mio piccolo gesto, di interesse<br />
e considerazione nei suoi confronti, si è presentata il giorno dopo<br />
con un regalino, un fazzolettino ricamato da lei, con le sue mani, con<br />
il mio nome e il suo numero di telefono. Per me è stato un pensiero<br />
davvero gentile che neanche le persone cosiddette “normali” fanno.<br />
Trovo che siano persone simpatiche, anche se hanno la loro furbizia<br />
(perché ce l’hanno), però ti sanno dare tanto, ecco perché penso<br />
che valga la pena dargli un alloggio migliore o sistemare quello che<br />
hanno.<br />
Per quanto riguarda la loro autonomia penso che sia bello per loro<br />
sapersi muovere, penso che sia positivo per loro e per i loro educatori.<br />
<strong>TE</strong>RESA del Ceis<br />
Ciao, sono Teresa la centralinista del Ceis e lavoro nella Comunità<br />
di Via del Seminario. Conosco Giona perché i ragazzi frequentano<br />
noi e la nostra comunità. Tra di noi c’è un rapporto di amicizia: loro<br />
possono venire ogni giorno da noi. I momenti fi ssi d’incontro sono il<br />
martedi per la palestra e la domenica per le uscite. Da questo rapporto<br />
ho guadagnato molto, si riceve sempre qualcosa da queste<br />
persone, ho ricevuto molta amicizia e poi ho ricevuto la voglia di stare<br />
insieme.<br />
Del problema della residenzialità dell’handicap non ne so molto:<br />
so che queste persone non riescono a trovare una casa dove stare,<br />
oppure hanno problemi a stare da soli, hanno problemi a stare in rapporto<br />
con gli altri.<br />
Hanno problemi se i genitori sono vecchi o stanno male e non sanno<br />
dove metterli.<br />
Mi è piaciuto molto l’ultimo spettacolo che abbiamo fatto insieme,<br />
quando Alberto ha fatto il sole, una persona che non riesce mai a stare<br />
39
ferma e cammina sempre: era fermo lì sul palco a fare il sole! Questo<br />
mi ha colpito tantissimo.<br />
MARIA del Ceis<br />
Sono Maria e lavoro nella comunità di Via del Seminario ormai da<br />
molti anni.<br />
Conosco Giona dal momento in cui è nato, grazie a Lorentina e<br />
Marilena con le quali io ero in rapporto già quando abitavano nell’appartamento<br />
dell’Asl. Quando hanno cambiato casa il rapporto si<br />
è mantenuto e sono loro, quindi, che hanno permesso la conoscenza<br />
con tutti gli altri.<br />
Quando abitavano nel vecchio appartamento io andavo spesso a<br />
mangiare da loro perchè ero già amica di ragazze che stavano lì. Il<br />
rapporto è continuato anche perché tra Giona e la Comunità ci sono<br />
momenti comuni. Noi abbiamo piacere che Giona ci sia, per amicizia.<br />
Per noi sono degli amici, sia le persone che ci lavorano, sia le persone<br />
che ci vivono in modo stabile.<br />
E’ stato molto importante l’incontro con alcune persone, a parte<br />
Lorentina e Marilena che già conoscevo e apprezzavo per le loro caratteristiche,<br />
incontrare persone come Peppe o Giorgio, Lorenzo, Alberto<br />
che quando stavano all’Ime non conoscevo, è stata una bella cosa, un<br />
rapporto con mondi e modi di comunicare diversi.<br />
Sono stata molto contenta quando mi sono accorta che Alberto mi<br />
voleva bene. Questo suo movimento continuo…non pensavo che si fermasse<br />
e invece quando alla sua festa di compleanno sono arrivata in<br />
ritardo mi ha dato un gran abbraccio e mi ha detto”Ah! Sei arrivata<br />
fi nalmente!”<br />
E mi ha fatto piacere anche quando Giorgio mi ha invitata al suo<br />
compleanno e poi tutti i regali che mi fa…e Peppe che quando chiacchiero<br />
con qualcuno mi tira per parlarmi, mi viene a cercare, e io un po’<br />
capisco e un po’ no!<br />
Sapevo che per Lolli e Mari sono importante e anche Lorenzo è<br />
molto affettuoso, ma che Giorgio, Peppe e Alberto mi avessero pre-<br />
40
sente e fosse iniziata con loro una relazione mi ha fatto molto piacere.<br />
Il problema della residenzialità è molto complesso: dipende dalla<br />
persona, dalla famiglia. E’ una problematica abbastanza cocente<br />
perché al di là di chi non ha più famiglia ci sono persone che desidererebbero<br />
vivere per conto proprio. Si pensa sempre alla residenzialità<br />
come risposta al rimanere orfani o a riferimenti familiari che non riescono<br />
a sostenere la situazione, ma la residenzialità come desiderio di<br />
autonomia, come per ognuno di noi, credo che vada visto anche come<br />
desiderio della persona di crescere.<br />
GIUSY, ex educatrice centri aggregazione di Pesaro<br />
Conosco Giona da tantissimi anni, in passato abbiamo realizzato<br />
insieme un laboratorio di maschere da proporre ai ragazzi più piccoli<br />
dei centri di aggregazione.<br />
In principio i nostri ragazzi e gli utenti di Giona si sono studiati reciprocamente<br />
poi però ha avuto un enorme successo perché i ragazzini<br />
erano affascinati soprattutto dall’ abilità di Giorgio nel mettere insieme<br />
elementi diversi e costruire cose particolari.<br />
Quando, per qualche contrattempo, Giorgio non poteva venire i<br />
ragazzi chiedevano sempre di lui.<br />
Ricordo un episodio particolare di Lorenzo: all’ epoca una mia collega<br />
aveva l’ apparecchio ai denti, e lui, incuriosito, lo andava a vedere<br />
ogni volta. Dopo molto tempo ci siamo rincontrati e lui è andato dalla<br />
mia collega e le ha chiesto dell’ apparecchio che lei, nel frattempo,<br />
aveva tolto. Troppo forte ‘sta cosa!<br />
Conosco molto poco il problema della residenzialità e questo progetto<br />
di Giona è meraviglioso, per alcune persone chiaramente, cioè<br />
per chi ha determinate potenzialità.<br />
Penso che sia una cosa che gli dà dignità, avere uno spazio fi sico<br />
privato che non è possibile avere in istituto.<br />
Giona deve essere un progetto impegnativo, soprattutto per gli operatori<br />
ma anche per i ragazzi: la convivenza non è una cosa facile.<br />
41
MARCO, ex obiettore di coscienza a Giona<br />
Il Giona mi piaceva perché scherzavo, si andava in giro spesso, è<br />
stata una buona esperienza per me. Sugli altri centri non ne so niente.<br />
Questa struttura mi è sembrata buona, organizzata e con un buon fi ne.<br />
ELISABETTA, assistente sociale<br />
Questo posto lo conoscevo solo di nome. Il primo giorno che sono<br />
entrata mi sono sentita subito a mio agio e, facendo un confronto con<br />
altri posti che ho frequentato, ho avuto subito un effetto piuttosto positivo<br />
rispetto ad altri.<br />
Anche le persone che sono in questa comunità, nonostante abbiano<br />
dei problemi, riescono a fare una vita simile alla normalità, senza vincoli<br />
e limiti negli orari…<br />
PATRICIA, residente presso l’appartamento psichiatrico<br />
femminile<br />
A Giona ci abitano due mie amiche che prima abitavano con me; poi<br />
conosco Lorenzo che ha lavorato con me ai laboratori di fl oricoltura e<br />
ora abita al Giona con Alberto, Peppe, Giorgio..<br />
Ogni tanto vado a salutarli, ci facciamo i regalini, le ragazze sono<br />
brave a fare i centrini, io porto le cose dell’orto di mio padre.<br />
Conosco bene Maurizio perché siamo stati insieme in vacanza a<br />
Dimaro, poi conosco Valeria e Serena.<br />
Chi ci abita dice che ci sta bene, ognuno ha la sua camera, è come<br />
una famiglia.<br />
Le persone che hanno problemi di handicap hanno bisogno di<br />
affetto, di essere capiti, di stima.<br />
Marilena ha dormito in camera con me, poi si è spaventata perché<br />
ho avuto l’asma e abbiamo cambiato camere.<br />
MARIA, vicina di casa<br />
Con i ragazzi di Giona ci sono buoni rapporti, non ha mai avuto problemi.<br />
42
Ci si saluta, si fanno due parole e si spera che non ci siano problemi<br />
in futuro; non vedo nessuna diffi coltà di adattamento alla vita del condominio<br />
rispetto ai ragazzi.<br />
PAOLO, tabaccaio del Corso<br />
I ragazzi vengono delle volte in gruppo, anche accompagnati, non<br />
c’è nessun problema.<br />
Conosco Giorgio, Lorenzo, so che stanno in via Mazza, in una casa<br />
protetta.<br />
Non c’è nessun problema, non danno problemi, sono favorevole<br />
all’integrazione di questi ragazzi nella società.<br />
PAOLA, responsabile UMEA<br />
Ho conosciuto e visto Giona all’inizio. Soprattutto avevo conosciuto<br />
gli ospiti che a quel tempo erano ancora al Tomasello e stavano per<br />
essere trasferiti. Ricordo Giuseppa e anche la sorella, poi Giorgio e le<br />
sue maschere… Mi era sembrata una bella avventura!! Poi ho incontrato<br />
tante volte i ragazzi di Giona in tutte le iniziative e le tante feste e<br />
mi sono sembrati sempre molto sereni .<br />
Dopo tanti anni, sono ritornata nell’appartamento poco tempo fa, in<br />
occasione della visita dei famigliari di Rudi. Due episodi mi sono rimasti<br />
impressi: il primo non riguarda direttamente i ragazzi, ma la sorella<br />
di Rudi, che ad un certo punto si è molto commossa e si è messa a<br />
piangere. Evidentemente la visita a Giona e il pensiero che il fratello<br />
avrebbe fatto parte di quella famiglia le ha suscitato una profonda commozione.<br />
E anch’io mi sono commossa.<br />
Il secondo episodio che ricordo è stato quando nell’appartamento è<br />
arrivata Marilena, di ritorno dal Centro diurno Pegaso, e mi ha vista. E’<br />
rimasta molto sorpresa e con una espressione molto felice è venuta<br />
ad abbracciarmi e mi ha detto queste parole: “. Paola che bello! sei<br />
venuta a casa mia!!!! “ Credo che questa frase dica tutto!!<br />
Credo che strutture come Giona possano offrire ai disabili una vita<br />
davvero dignitosa e di alto valore umano. Vedo gli ospiti sereni e i loro<br />
43
occhi sono ridenti. Allora non posso che pensarne bene. Credo anche<br />
che la risposta residenziale per il disabile debba essere l’ultima e che<br />
bisogna prima favorire la sua permanenza nella propria casa con gli<br />
affetti familiari, quando ci sono e fi nchè ci sono. Comunque posso dire<br />
che sono contenta che presto la famiglia di Giona avrà un altro componente<br />
e spero tanto che Rudi possa sentirsi a casa sua come Marilena.<br />
CRISTINA, coordinatrice centro diurno educativo “Il posto<br />
delle viole” di Fermignano<br />
Conosciamo Giona da qualche anno. I ragazzi sono stati ospiti alle<br />
nostre feste e anche noi siamo stati ospiti al Giona in qualche occasione.<br />
Io ad esempio per il corso d’aggiornamento del Comune di<br />
Pesaro. Altri educatori hanno visto le maschere di un ragazzo che sono<br />
molto belle.<br />
Quando siete venuti alle feste ci siamo sempre divertiti molto, ormai<br />
ci conosciamo bene.<br />
Noi abbiamo avuto contatti anche per la struttura residenziale che<br />
vorremmo creare qui a Fermignano perciò, essendo Giona partito<br />
ormai da qualche anno, lo abbiamo preso come esempio.<br />
Come servizio abbiamo una forte esigenza di una struttura residenziale:<br />
abbiamo un progetto che stiamo portando avanti e speriamo si<br />
attui nel giro di un paio d’anni, assomiglia molto come caratteristiche<br />
d’organizzazione a Giona proprio perché le famiglie dei nostri ragazzi<br />
non sono più in grado di accudirli.<br />
ROSSELLA, assistente domiciliare<br />
Lavoro a Giona come assistente domiciliare. Qui si respira un clima<br />
molto familiare, lavoro serena ed è un bel posto di lavoro.<br />
Qua gli episodi sono continui e giornalieri…sono 365 episodi<br />
l’anno!<br />
ES<strong>TE</strong>R, panettiera<br />
Non conosco la comunità Giona, conoscevo Alberto che veniva<br />
44
sempre a prendere il pane qui e abbiamo un buon rapporto.<br />
Materialmente ci ho guadagnato, perché viene sempre a prendere<br />
il pane e poi ci ho guadagnato perché Alberto era una persona molto<br />
simpatica, estroversa e mi faceva divertire quando viene qua.<br />
CESARINA, sorella di Giuseppe<br />
Conosco bene Giona, perché vado ogni settimana a prendere o a<br />
trovare mio fratello e ho buoni rapporti con tutto il personale.<br />
I ragazzi si trovano molto bene, sono ben accuditi, la vita è cambiata<br />
molto rispetto a prima.<br />
Giuseppe si trova molto bene e io sono soddisfatta, sia dal punto di<br />
vista della struttura sia del personale, che mi è di grande aiuto.<br />
Ora non c’è confronto, i ragazzi sono sei e fanno da mangiare loro,<br />
sono accolti bene, sono tenuti bene. Peppino si trova molto bene, è<br />
molto contento, quando è a casa torna a Giona volentieri.<br />
Il personale fa in modo che sia come una famiglia, i ragazzi sono<br />
uniti e più o meno si voglio bene.<br />
Conosco benissimo il problema della residenzialità, perché l’ho vissuto<br />
e sono molto soddisfatta, è una cosa d’immensa utilità e ce ne<br />
dovrebbero essere altre di comunità alloggio come Giona, perché in<br />
una struttura piccola i ragazzi si trovano più uniti, il rapporto è diverso<br />
sia col personale sia tra i ragazzi stessi.<br />
I ricordi legati a Giona sono molti: in particolare, quando è il compleanno<br />
dei ragazzi fanno sempre una bella festa e sono sempre stata<br />
invitata al compleanno di mio fratello, qualche volta ho anche partecipato.<br />
C’è grande dolcezza da parte del personale.<br />
ROSANNA, tutrice di Lorenzo<br />
Conosco Giona da quando è nato.<br />
Conoscevo alcune persone che erano già in istituto e poi sono<br />
venute a Giona…li conosco da sempre, sono parte della mia famiglia<br />
ormai.<br />
45
Io sono legata in particolar modo a Lorenzo, lo conosco da più di<br />
vent’anni e lo considero il mio terzo fi glio. Con lui che vive in questa<br />
casa ormai ne faccio parte anch’io. Da tale rapporto ci ho guadagnato<br />
tanto, ma non soltanto qui a Giona.<br />
Con questi ragazzi, si va a casa arricchiti: io credo che dovrebbero<br />
provarlo un po’ tutti.<br />
L’altro giorno mi ha colpito che Lorenzo, passando a casa mia con<br />
l’obiettore e altri ragazzi di Giona, li ha portati subito a far vedere la<br />
camera dove va a riposarsi quando è a casa mia, perchè lui sa che<br />
quando viene ha la sua stanza.<br />
Poi a Giona è tutta un’altra situazione, perché quando lo riaccompagnavo<br />
in istituto lui si metteva a piangere e qui invece è tutto diverso,<br />
sono più tranquilla anch’io.<br />
Della residenzialità so poco: conosco l’AIAS, Don Gaudiano e<br />
andavo all’inizio quando aveva aperto la T41.<br />
A Giona trovo sempre un bel clima di festa, soprattutto quando<br />
abbiamo festeggiato il compleanno della casa e c’era quest’aria…<br />
Anche tra loro, magari non sarà sempre così, ma per chi viene ogni<br />
tanto quello che appare è quest’aria serena.<br />
DOTT. DOMENICO, medico di base<br />
Già ho seguito i ragazzi all’epoca in cui erano residenti all’RSA<br />
Tomasello e attualmente faccio visite periodiche.<br />
Giona è un’ottima struttura, un ambiente familiare. C’è una buona<br />
qualità di vita, ideale per i ragazzi, che hanno avuto un’ulteriore evoluzione<br />
positiva nel passaggio dalla struttura precedente a questa.<br />
Come residenzialità conosco solo Giona e RSA Tomasello.<br />
TOMMASO, ex obiettore a Giona<br />
Giona è stata una bellissima esperienza, importante.<br />
Trovarmi in contatto con una situazione che non conoscevo mi ha<br />
aiutato a capire diverse cose e ho conosciuto anche persone veramente<br />
in gamba.<br />
46
Era la prima volta che venivo a contatto con una situazione simile<br />
e non conosco nulla sulla residenzialità. A Giona succedono spesso<br />
aneddoti simpatici che rendono la giornata piacevole.<br />
MARY, educatrice presso centro d’aggregazione per adolescenti<br />
“Calamita” di Pesaro<br />
Conosco i ragazzi di Giona, perché anni fa lavoravo al centro d’aggregazione<br />
“La Miniera” e i ragazzi di Giona, che ancora abitavano<br />
all’RSA Tomasello, venivano per proporre un laboratorio con Giorgio,<br />
che si dilettava a fare animali, corazze, maschere con materiale riciclato.<br />
Ai nostri ragazzi era piaciuto molto.<br />
Con Giorgio veniva Lorenzo, che si intratteneva i nostri ragazzi, e<br />
Alberto, che visitava curioso la struttura.<br />
Gli anni successivi venivano anche per passare dei pomeriggi<br />
insieme. Noi li invitavamo alle nostre feste e loro partecipavano sempre<br />
volentieri.<br />
So che Giona è ubicato in Via Mazza, ma non ho mai visto la struttura,<br />
anche se incontro spesso i ragazzi nei negozi del centro.<br />
Come realtà residenziali conosco gli appartamenti protetti. Penso<br />
che essere giunti a queste strutture sia una cosa bellissima, perché<br />
nell’istituto si perde l’individualità e i tempi sono molto omologati.<br />
L’appartamento mi sembra come una famiglia con amici, persone<br />
che si conoscono, penso che in questi luoghi s’imparino anche tante<br />
cose tipo fare la spesa, cucinare etc.<br />
Ricordo che Lorenzo chiedeva sempre ai nostri ragazzi gli accendini<br />
e loro, sapendo che sarebbero tornati a trovarci, si organizzavano<br />
per procurarsene qualcuno da regalargli.<br />
Ricordo che “scombinava” molto la creatività di Giorgio: all’inizio i<br />
nostri ragazzi erano incuriositi, poi li hanno accettati molto bene, è stata<br />
proprio una bella esperienza.<br />
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SPIEGAZ<strong>IO</strong>NI DEL MONDO<br />
Lorentina: “Oggi abbiamo mangiato gli spaghetti alla Sangiovese!”<br />
Roberta: “E com’erano, col vino?”<br />
Lorentina: “No, col pesto!”
Giorgio: “Una ragazza vicino a casa mia si è truccata i capelli. Color blu!”<br />
Alberto a Valeria: “Bella!…ma ‘na puzzola…quant’appuzzisc?”<br />
Lorentina: “Io so l’inglese…cossavua? ed in francese…vu cumprà?”
Guardando dalla fi nestra la neve che cade..<br />
Lorenzo:”Guarda, viene giù il pirolo, il pirolo!!”<br />
Marco:” Cosa?”<br />
Lorenzo:” No, quello bianco..il stirolo..”<br />
Marco: “Ah, il polistirolo!<br />
Lorenzo:” Eh!!”<br />
Lorentina, guardando l’ultima creazione di Giorgio (un maiale):<br />
“Guarda Roby! Sembra che ruggisce!”<br />
Lorentina, riferendosi agli uomini della casa:”Loro non sono uomini da marito!”<br />
Alberto, guardando le immagini di gente ferita durante la guerra:”Ma la guerra<br />
an se potria fa in un altro modo?”<br />
Giorgio: “Io sono andato alla scuola guida…e mi chiamo Guidi!!”<br />
Lorentina: “Il mio prete si chiama Don Luigi…fa la messa in chiesa, ma non<br />
abita lì, abita con la moglie!”
Alberto: “Vale, lo sai che Toto a casa ha una gonna? Non riesco a capire cosa<br />
ci fa, visto che ha i gamboni con tutti i peli!”<br />
Valeria: “Ma no! Te come lo sai?”<br />
Alberto: “M’l’han dett!!!!”<br />
Alberto: “Una barbona è una che c’ha la barba?”<br />
Valeria: “No, se è una donna come fa ad avere la barba?”<br />
Alberto: “Allora è solo ‘na caplona!”
Specchio delle mie braccia, chi è la più bella? Sono io!! (Lorentina)<br />
Messaggio di Maurizio: “I nostri vicini si stanno sbranando..questa è via<br />
Pazza nr 32!!”<br />
Messaggio di Maurizio: “Mentre in tv cantavano “Scende la pioggia”, Lorenzo<br />
mi ha detto che lui ha una canzone che si intitola “Tavola grandine”!!<br />
Messaggio di Maurizio: “Giorgio ha visto un cane bellissimo che, più che un<br />
incrocio, era una rotatoria!”<br />
Alberto al telefono: “Ciao mama, noi andiamo a whisky!!” (Ischia..)<br />
Alberto: “Adess la mi mama sarnocchia…’na volta non riusciv a dormir,<br />
perché ci ha pure il fi sch!!!”<br />
Tv Giona, Il processo di Moroni: “La Juve gioca a Pesaro, è rigore, fa goal,<br />
no, non fa goal, esce la palla, poi cade, arriva l’ambulanza, 2 a 0, la gente<br />
batteva le mani!”<br />
Alberto: “Marco, hai una cataracchia!”<br />
Lorenzo: “Lo sai cosa sono i narcisi’”<br />
Serena: “Degli accendini!”<br />
Lorenzo “No!”<br />
Serena: “Dei vestiti!”<br />
Lorenzo “No!”<br />
Serena: “Delle sigarette!”<br />
Lorenzo “No!”<br />
Serena: “…Delle persone?”<br />
Lorenzo “Ecco! Hai indovinato!”<br />
Serena: “???”
Sul pulmann, sulla strada di ritorno da Napoli..<br />
Lorentina: “Che belle giornate di sole che abbiamo avuto!”<br />
Maurizio: “Già, se avevo il costume avrei fatto un bel bagno..”<br />
Lorentina: “Perché, c’era il mare?”<br />
Amarsi sempre, sposarsi mai! (Lorentina)<br />
L’uomo sposato non ti lascia mai! (Lorentina)<br />
Un bel ragass..né alt né bass…’na gran testa de cass! (Lorentina)<br />
Mi pizzica, mi rosica..sarà la gioventù! Quando sarò vecchia non mi pizzica<br />
più! (Lorentina)<br />
Lorentina: “E’ guarito Alberto?”<br />
Serena: “Sì Lolli, adesso sta bene!”<br />
Lorentina: “L’ho guarito io!”<br />
Serena: “Ah sì? E come hai fatto?”<br />
Lorentina: “Con i miei baci!!”<br />
Uomo morto, mezzo salvato (Lorentina)
COSE DIFFICILI<br />
Ci sono anche le cose diffi cili.<br />
Giona è cresciuto in un appartamento che nel corso degli anni è<br />
andato via via sempre più deteriorandosi, a livello strutturale. Ed è<br />
stato diffi cile trovare fi nanziamenti per le sistemazioni necessarie. Ci si<br />
affeziona anche ai posti un po’ malmessi, certo, e quel senso di precarietà<br />
trasmette anche una vitalità (nel senso di “essere vissuto”) a<br />
quel luogo, che è una delle sue più belle caratteristiche. Però gli anni<br />
passano e le persone cambiano, compaiono bisogni nuovi, il corpo<br />
richiede percorsi e spazi più piani, meno affaticanti. Ed è allora che<br />
diventa inadeguata la nostra casa, i suoi muri, le sue scale, i suoi<br />
bagni. Ed il bisogno di una ristrutturazione sempre più impellente.<br />
Avremo una casa nuova e questo ci rende felici e grati. Ma non basta<br />
per l’oggi.<br />
Le cose diffi cili sono anche molto importanti: negli anni le persone<br />
che abitano a Giona sono invecchiate, come tutti. E crescono gli<br />
acciacchi, i movimenti si fanno più incerti, il bisogno di aiuto nella<br />
cura di sé è sempre più elevato. Ma il tempo di presenza dell’educatore,<br />
per quanto lo si possa far fruttare al meglio, non basta per<br />
tutto. E per tutti. E se al primo posto si è scelto di mettere la salute<br />
ed il benessere fi sico (controlli medici, passeggiate tranquille, alimentazione<br />
equilibrata,….), inevitabilmente in alcune occasioni occorre<br />
rinunciare ad alcune opportunità, soprattutto ai percorsi di vita delle<br />
singole persone, che vanno costruiti attraverso la vicinanza e l’accompagnamento.<br />
Attraverso un tempo che spesso non c’è.<br />
Siamo pochi. La scomparsa degli obiettori di coscienza e la non<br />
suffi ciente copertura da parte del servizio civile volontario hanno<br />
accresciuto le diffi coltà logistico-organizzative, che per un servizio residenziale<br />
sono molto importanti: l’acquisto volante di una lampadina, il<br />
54
salto in farmacia per una medicina, l’accompagnare Peppe a casa……<br />
Abbiamo volontari che ci danno una mano, preziosi, ma sono pochi e la<br />
loro funzione è quella, indispensabile, di essere presenti come persone<br />
slegate da compiti istituzionali e pronte per la chiacchiera, la passeggiata,<br />
l’accompagnamento alle gite, l’ascolto.Quando l’organizzazione,<br />
con le sue esigenze, viene in primo piano ed inizia ad assorbire energie,<br />
inevitabilmente ne toglie alla relazione e questo lo vorremmo evitare,<br />
con il forte supporto di tutti, maggiore determinazione ed anche<br />
creatività.<br />
C’è anche che è stato diffi cile in questi anni, in tante occasioni,<br />
trovarsi a parlare di Giona come qualcosa di “troppo costoso”, quasi<br />
fosse un gioiellino da mostrare in giro, bello quanto vuoi ma comunque<br />
un lusso, di cui fare a meno quando le spese sono da ridurre. Abbiamo<br />
sempre creduto che Giona costituisse una modalità di risposta al bisogno<br />
di accoglienza residenziale della persona disabile fi nalmente alternativo<br />
all’istituto. Che dimostrasse cosa è possibile offrire alle persone<br />
rispetto alla loro “qualità di vita”. La diffusione nella nostra città ed in<br />
tutta la Regione di strutture simili sta a dimostrare che Giona non è mai<br />
stato un vezzo, ma un’opportunità per le persone e soprattutto per tutta<br />
la comunità, perché rifl ettesse sul proprio modo di accogliere ed accudire<br />
i suoi membri più deboli (da che punto di vista?).<br />
E’ diffi cile forse anche far capire che Giona, come tanti altri servizi,<br />
non è un pozzo in cui i soldi pubblici vanno ad infi larsi ed a perdersi,<br />
per un presupposto “dovere sociale”. Giona è anche un’attività economica:<br />
il bisogno di cura delle persone che vi risiedono si trasforma in<br />
stipendi, in tasse, in consumi. Gli utenti di Giona poi contribuiscono<br />
ampiamente al costo complessivo del servizio (non ne usufruiscono<br />
gratis perché, poverini, sono disabili…), come fanno tutti i cittadini. La<br />
loro minorità è una risorsa economica per la città, produce occupazione,<br />
merita un rispetto che non è soltanto morale. Secco e brutale,<br />
ma è così.<br />
Anche così. Le cose diffi cili che ogni tanto ci troviamo fra le mani<br />
fanno in modo che dobbiamo metterci a ridiscutere l’organizzazione,<br />
55
i rapporti, i contratti…che dobbiamo nominare meglio quello che facciamo,<br />
che dobbiamo criticare il nostro operato sempre e con accogliente<br />
severità, che dobbiamo ricercare con più forza attenzione ed<br />
ascolto, nel costante equilibrio tra fare bene e sbagliare, incontro<br />
e scontro, accordo e confl itto. Confi diamo nel fatto di essere stati<br />
sempre, tutti (operatori, cooperativa, ente pubblico, familiari….), su di<br />
un piano comune che ci ha permesso di stare comunque insieme per<br />
condividere il compito comune. Senza ciò le cose sarebbero impossibili,<br />
non diffi cili, ed allora sarebbe tutta un’altra storia.<br />
56
Elenco di chi è passato per<br />
Giona e ci ha lasciato un pezzo<br />
Educatrici ed educatori<br />
Angela Polselli<br />
Roberta Bilancia<br />
Maurizio Franca<br />
Roberta Lombardi<br />
Serena Sbarbati<br />
Valeria Fabi<br />
Daniela Ferri<br />
Simona Giuliani<br />
Chiara Buiarelli<br />
Vittorio Ondedei<br />
Jessica Bernabucci<br />
Lucia Giampaoli<br />
Elisabetta Palma<br />
Giuseppe Pelosi<br />
Federica Morbidelli<br />
Lucia Santi<br />
Simona Giommi<br />
Obiettori di coscienza<br />
Alessandro Panaroni<br />
Roberto Nucci<br />
Enrico Di Cecco<br />
Emanuele Pistarelli<br />
Angelo Buratti<br />
Luciano Cecchini<br />
Betto Del Bianco<br />
Nicola Mancurti<br />
Andrea Gentiletti<br />
Andrea Amatori<br />
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Andrea Bellagamba<br />
Giuseppe Barbanti<br />
Marco Caldari<br />
Enrico Renzi<br />
Marco Farina<br />
Tommaso Fiscaletti<br />
Giacomo Paolini<br />
Alessandro Rossi<br />
Massimiliano Costa<br />
Simone Mercantini<br />
Volontari e tirocinanti<br />
Gianluca Cecconi<br />
Filippo Zeppi<br />
Laura De Santis<br />
Giorgia Baldini<br />
Lucia Belli<br />
Giuseppe Incarnato<br />
Lucia Lo Scocco<br />
Erika Panici<br />
Roberta Riccardi<br />
Barbara Rotella<br />
Valentina Baldoni<br />
Dario Belloni<br />
Adel Al Rehaoui<br />
Marga Salvi<br />
Patrizia Fabbri<br />
Assistenti domiciliari<br />
Rossella Bartolini<br />
Luisa Amadori<br />
Antonella Veschi<br />
Tiziana Biagi<br />
Giulia Ambrosio<br />
Patrizia Gennari<br />
Roberta Marotti<br />
58
SPIEGAZ<strong>IO</strong>NI DEL MONDO<br />
Alberto, chiacchierando di notte con Giorgio: “Quel povero Antonio!<br />
Era sordo, cieco e matto! Capito, Giorgio, aveva tre malattie:<br />
la sordità, la cecità e la matterìa!”
Lorentina davanti ad un libro di geografi a: “Queste sono le cascate del<br />
Magari!”<br />
Tommi l’obiettore assaggiando la crescia di Pasqua fatta da Maurizio: “Te sei<br />
come Nonna Papera!”<br />
Lorenzo “La Del Bene ha la febbre a 80!!”<br />
In tv scorrono immagini del deserto del Sahara. Lorentina dice: “Cos’è?<br />
Venezia?”<br />
Letto sul quaderno: la Mari domani vuole scioperare.<br />
Giorgio, guardando un telefi lm: “Quello è Cristoforo Columbro!”
La Lorentina insiste per farmi vedere le gengive.<br />
Io spazientita: “Lolli! Non sono un dentista!!<br />
Lei: “ Lo so, te sei una donna!!!<br />
Lorentina cantando: “Non c’è più la villa bianca…con l’inverno c’è il gabbiano..”<br />
Giorgio: “L’altro giorno ho mangiato i cetrioli..com’erano buoni!”<br />
Maurizio: “Ma qui con noi non li mai, perché dici che sono duri!”<br />
Giorgio: “Mica crudi…cotti!”<br />
Giorgio: “Mi metto la gonna, la camicia a scacchi…e suono la cornamusica!”<br />
Giorgio: “Mi sbringola un dente..”
Roberta “becca” Lorentina, di ritorno<br />
dal cassonetto giù in strada, con uno<br />
strano odore di fumo addosso.<br />
Roberta: “Te hai fumato!”<br />
Lorentina:” Perché? mi hai visto?”<br />
Roberta: “Sì!”<br />
Lorentina:” E come hai fatto?”<br />
Roberta: “Ho gli occhi come i laser!”
Lorentina: “Oggi è festa!”<br />
Serena: “Che festa è?”<br />
Lorentina: “San Terenzio!”<br />
Serena: “E chi è San Terenzio?”<br />
Lorentina: “Mio zio!”<br />
Lorentina si fa delle domande a voce alta: “Ma al matrimonio della Simona ci<br />
sarà anche il moroso?”<br />
Lorentina piagnucolando “..Te non sai cosa mi ha detto Michele!?”<br />
Serena: “Cosa?”<br />
Lorentina: “Una cosa che è meglio non dire….”<br />
Serena: “Cosa?”<br />
Lorentina: “Che sono agile! Non è vero!!”<br />
Giorgio sentendo che Lorentina ha il mal di gola: “ Ha la voce salata!”<br />
Lorentina: “Luciano è andato alle Canaglie!”
STORIA DI G<strong>IO</strong>NA<br />
Giona partì una mattina neanche tanto fredda. Inutile la sciarpina<br />
ben girata intorno al collo, i guanti ricoperti di pelliccia, i<br />
calzettoni morbidi e spessi, che nelle serate gelide era solito avvolgere<br />
intorno alla testa, saltellando in camera e fi ngendo di essere un<br />
indiano, un indiano d’America però.<br />
Tanto dopo tre giorni aveva un’infl uenza che se ne vedono di rado,<br />
bella fi tta, sprofondata nella gola a sbruciacchiare le sue dolci corde<br />
vocali: vacillò, soltanto per un attimo, come si conviene a chi è<br />
appena partito e deve comunque mostrare, a se stesso, il meglio di<br />
sé. Capita.<br />
Seduto sugli scalini, Giona decise di scegliersi la dieta della pera:<br />
due al mattino e due alla sera, niente chiacchiere inutili, al massimo<br />
un pezzo di liquirizia da succhiarsi tra le due coppie di pere,<br />
così, giusto per sentirsi meno solo. Le sbucciava con cura, controllava<br />
che non troppa polpa restasse attaccata alla buccia, mangiava<br />
e si lavava le mani per togliersi l’appiccicaticcio della frutta. Dopo<br />
pochi giorni stava benissimo.<br />
E del resto non avrebbe avuto motivo di preoccuparsi: era partito<br />
perché gli avevano detto di farlo e perché non aspettava altro. Era<br />
partito e fi n dall’inizio sapeva che non sarebbe stato solo.<br />
Giona aveva passato centinaia di notti (non ci credi? chiedi al<br />
contadino, al mercante, alla lavandaia, chiedigli se non lo vedevano<br />
alla sera ed alla mattina dritto in piedi davanti alla fi nestra, a<br />
guardare un punto, una piega del paesaggio, un incrocio di prospettive,<br />
qualsiasi cosa purchè non fosse lì, non lì dove era…), centinaia<br />
di notti ad aspettare qualcuno che gli dicesse adesso vai, ma ogni<br />
notte era uguale all’altra, tutte in fi la, precise, identiche nel loro<br />
scandire un ritmo che si faceva sempre più insopportabile ed allo<br />
stesso tempo sempre più sottile ed inesorabile, tanto da fargli cre-<br />
64
dere di non poterne fare a meno.<br />
Diciamo la verità: dopo la settantasettesima notte aveva perso la<br />
speranza, come quando perdi un bottone che avevi lasciato da parte<br />
e dai subito per scontato che non lo ritroverai e te lo immagini felice,<br />
nel paradiso dei bottoni, a correre e rotolare, lasciando passare per<br />
i suoi forellini i raggi del sole a disegnare vortici di lucette tutto<br />
intorno. Lui felice e tu senza bottone, per sempre.<br />
Andava avanti immaginandosi di essere preceduto da una vita<br />
bellissima, fi ori e frutti, odore di vaniglia, grandi spazi, mostri<br />
buoni e tanto cibo. E lui lì a correre, cercando di raggiungerla. L’illusione<br />
funzionava, per un po’ faceva stare bene. Per lo meno la giornata<br />
fi niva, pronta a ricominciare il giorno dopo e così da capo,<br />
inizio e fi ne, testa e coda, pollice ed indice.<br />
Giona si ricordava di essere già partito altre volte. Faceva fatica<br />
a metterle in fi la, c’era sempre qualcosa che gli sfuggiva, forse quella<br />
frase che gli risuonava nella testa, a volte pronunciata dalla sua<br />
voce, a volte da qualcun altro….. forse quella frase che diceva “No,<br />
così non è possibile..”, ecco, quella era la chiave per capire tutto. Il<br />
fatto è che non signifi cava niente.<br />
Aveva costruito la sua vita su ricordi che ogni tanto si riaccendevano,<br />
ma erano tanto lontani e quando si facevano avanti erano<br />
fi ondate di elastici in tensione che spazzavano via ogni contatto con<br />
il presente. Come essere l’uomo cannone: non è facile, no.<br />
In questi casi si accarezzava la fronte con una delicatezza che<br />
piano piano svaniva, per diventare uno strofi nio violento e doloroso.<br />
Tutto questo non gli piaceva, a chi sarebbe piaciuto? e quando gli<br />
hanno detto di partire lo ha fatto, senza tante storie, portando con sé<br />
soltanto una grossa valigia vuota, alcuni scontrini di spese che non<br />
sapeva quando e dove aveva sostenuto, penne e matite.<br />
Passata l’infl uenza, il mondo gli rideva intorno. Camminando a<br />
piedi per strade che non sapeva se aveva già percorso - certo, quella<br />
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chiesetta non mi è nuova e neanche quel sasso… - raccoglieva fi ori<br />
colorati e rametti.<br />
Davanti all’anziana signora con il cappello color lampo d’estate,<br />
Giona si inchinò talmente che incrociò gli occhi di una formica, una<br />
formica nera ed impegnata in trasporti infi niti, né felice né triste.<br />
Cosa fai?, le chiese con tono rispettoso. Cambio casa, disse la formica,<br />
ma non da sola, siamo milioni, ognuno porta un pezzetto e chi<br />
sta davanti ci fa vedere dove dobbiamo andare.<br />
Giona non capiva: chi aveva scelto la prima della fi la, quali<br />
meriti aveva, che cosa sapeva che le altre non sapevano? Non voleva<br />
chiederlo alla formica, gli sembrava una scortesia: in fondo non si<br />
conoscevano neppure tanto bene. La salutò e si risollevò, deciso a<br />
rintracciare la prima della fi la per chiederle quale era il suo piano,<br />
il suo progetto.<br />
Rapidamente si guardò intorno, rintracciò la fi la ordinata e cercò<br />
di capire chi ci fosse all’inizio. Gironzolò per un po’, accompagnato<br />
dai saluti cordiali delle formiche, ma non riuscì a trovare un punto<br />
dove la fi la iniziassea: ogni tanto aumentava la distanza fra una e<br />
l’altra, ma poi si restringeva di nuovo e tutto andava a fi nire dentro<br />
ad un buco circondato da una sabbiolina fi ne. Non ci capiva più<br />
niente. Forse non c’era nessuno davanti e tutto funzionava perché<br />
ciascuno ci metteva qualcosa di suo.<br />
Questa idea gli sembrò molto bella e gli diede l’energia e la<br />
volontà suffi cienti per riprendere il cammino.<br />
Ogni tanto si fermava per controllare lo stato dei suoi piedi. Si<br />
gonfi avano, cercando di uscire dalle scarpe, accidenti! La fatica è<br />
questa cosa qui, si gonfi a e non riesce a starci più nel posto in cui<br />
l’hai messa e se ne vuole andare, trovare più spazio, aria. Prima non<br />
sapevi che esistesse, poi all’improvviso ti compare davanti e non sorride<br />
mai, la fatica.<br />
Giona era arrabbiato con i suoi piedi, però li capiva ed allora li<br />
accarezzava, li puliva con foglie umide e si divertiva ad infi lare fi o-<br />
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ellini e fi li d’erba tra le dita, per costruire una strana serra, una<br />
piantagione bizzarra che facesse sorridere la fatica e quando era<br />
arrivato a questo punto di solito i piedi non gli facevano più male,<br />
toglieva i fi ori e rimetteva le scarpe. Pronti.<br />
Quando era seduto non poteva fare a meno di mettersi a pensare.<br />
Giona quando pensava lo faceva in modo strano: fi n da piccolo era<br />
convinto che dentro di lui ci fossero tante voci che parlavano fra di<br />
loro, spesso senza nemmeno coinvolgerlo nelle discussioni. A volte<br />
andavano d’accordo, a volte vinceva chi parlava per primo, a volte<br />
tacevano e lui si preoccupava e poi spuntavano fuori all’improvviso,<br />
tutte insieme, urlando e fi schiando.<br />
Quando fi schiavano non le sopportava.<br />
Erano state quelle voci, ed altre che non aveva mai sentito prima,<br />
a dirgli di partire. Ed ora lui era lì, seduto, a lasciarle parlare<br />
dentro di sé, sempre indaffarate in mille cose, preoccupate di mettere<br />
tutto in ordine. A volte Giona rideva quando pensava a queste<br />
cose, perché gli sembrava un’idea assurda quella delle voci che parlano<br />
fra di loro e che questo è il pensiero. Però quello che lo faceva<br />
ridere di più era il loro impegno, lo sforzo che ci mettevano per<br />
spiegare e sistemare tutto, quando poi tutto strabordava a destra e<br />
a sinistra. Inafferrabile e liquida, la realtà non si faceva prendere<br />
mai. Come facessero a non saperlo le voci, che non smettevano mai<br />
di raccoglierne le gocce per riempirci vasi e bicchieri, questo non lo<br />
sapeva e forse non era neppure importante.<br />
Dopo tre giorni di cammino iniziò a chiedersi dove stesse andando.<br />
Era partito di slancio, un proiettile pieno di desideri, che senza salutare<br />
troppo se ne va verso un bersaglio indefi nito. Ma adesso Giona<br />
doveva pensare al suo futuro, era un ragazzo serio: mettere la testa<br />
a posto trovarsi un lavoro mettere su casa e famiglia fare un’assicurazione<br />
aprire un conto in banca trovarsi un medico acquistare<br />
un’automobile installare una cassaforte comprare un cellulare un<br />
computer la connessione ad internet credenze e stendipanni ed uno<br />
67
stereo per ascoltare musica ed una televisione per vedere le fi gure.<br />
Interessi a volontà. Sospiro.<br />
Giona fu soddisfatto di questi pensieri, guardò gli uccellini svolazzare<br />
intorno agli alberi e decise che innanzitutto avrebbe scritto<br />
tutte queste cose su di un foglio, avrebbe dato a ciascuna un numerino<br />
e poi via, in fi la, una dietro l’altra con calma senza spingere:<br />
ma sudava mentre pensava. Questo non lo rassicurò per niente.<br />
Pensò che forse doveva semplicemente fermarsi. E poi ripartire. E<br />
così di seguito, con un’alternanza determinata dalle cose intorno, da<br />
quello che sentiva, dagli incontri che faceva.<br />
In fondo, più si allontanava dal suo punto di partenza e più la<br />
fretta svaniva: gli avevano detto che un fi ume, lento o veloce che sia,<br />
fi nisce sempre nel mare ed il baco nel bozzolo non sa che diventerà<br />
farfalla e quindi se ne sta lì tranquillo. Magari quando esce non si<br />
ricorda nemmeno tutto quello che ha fatto prima, che era un vermetto<br />
bruttino ed ecco, avere la coscienza del baco e della farfalla<br />
insieme, questa sembrava a Giona una cosa molto positiva. Era contento,<br />
non era mai arrivato a capire queste cose prima e, preso da un<br />
sentimento di onnipotenza, si chiese se doveva dei soldi a chi l’aveva<br />
aiutato ad uscire da là.<br />
Non si sentiva più solo quando era con se stesso, questa era la cosa<br />
più importante.<br />
Quando lo vide era soltanto un puntolino che ciondolava lanciando<br />
sassi nel grande lago che costeggiava la strada. Poi si fece<br />
buio e Giona pensò che non l’avrebbe raggiunto mai, inutile cercarlo,<br />
lui ed il suo ciondolìo, che gli aveva fatto pensare ad una<br />
serata in compagnia. Un po’ gli mancavano quelle ore passate a fare<br />
quasi niente, un tempo di cui conosci con certezza l’inizio e la fi ne<br />
ed in mezzo niente che possa turbare l’ordine stabilito. Molto rassicurante.<br />
Guardò nella sporta di plastica se avesse ancora del cibo: fantastico!<br />
dei wurstel maxi, di quelli da accompagnare con le patate o da<br />
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affettare con cura e sparpagliare sopra la pizza! Doveva trovare un<br />
posto comodo, aveva fame. Quando era laggiù ci pensava spesso al<br />
mangiare, ma il posto non lasciava molte possibilità.<br />
E chi pensava più a quello strano tipo che lanciava i sassi quando<br />
se lo vide comparire davanti! Troppo somigliante a lui perché<br />
potesse accoglierlo con indifferenza.<br />
Io lo so dove stavi prima, gli disse il tipo senza nemmeno sedersi.<br />
Vieni qui, disse Giona e accompagnò queste parole con un gesto della<br />
mano che non riconobbe come suo. Stava accadendo qualcosa che non<br />
aveva previsto: chi era questo, cosa voleva, perché mi conosceva?<br />
Sentiva di non avere un buon ricordo di tutte le altre persone che<br />
aveva conosciuto e questo gli dispiaceva, perché voleva essere amico<br />
di tutti.<br />
Sentiva diventare tutto più complicato, adesso che erano in due,<br />
ma anche più indefi nito e forse più piacevole. Sentiva che da questo<br />
momento non avrebbe deciso da solo tutte quelle cose che sono la<br />
vita: dove andare, cosa mangiare, quanto tempo fermarsi, a che ora<br />
svegliarsi.<br />
Stettero seduti fi anco a fi anco per ore, a raccontarsi storie dove<br />
i personaggi si ripetevano continuamente e passavano da un’ avventura<br />
ad un’altra, da una voce all’altra, fi nchè si addormentarono<br />
modulando insieme le stesse parole, sempre più lentamente, sempre<br />
più vicini al silenzio del sonno, fi nchè rimase soltanto il respiro.<br />
Partirono presto, senza mettersi d’accordo sulla direzione. Come<br />
le formiche. D’accordo, ma loro erano più grandi delle formiche:<br />
restava da chiarirsi il punto che si voleva raggiungere, ci voleva soltanto<br />
tempo, poi le parole sarebbero venute.<br />
La cosa più importante, per cui vale la pena avere qualcuno<br />
vicino, è che ti ascolta, disse Giona riavviandosi i capelli. Nessuno<br />
sapeva che aveva i capelli: li aveva tenuti nascosti per anni, dentro<br />
un cassetto segreto, dove stavano anche altre cose, come la barba,<br />
le dita nel naso e la comprensione, chiara e muta, che quello cose<br />
69
doveva tenersele per sé, aspettando il momento giusto.<br />
Ed il momento giusto era arrivato, perché adesso aveva qualcuno<br />
con sé e si accarezzava i capelli di gusto, lasciando che gli solleticassero<br />
il collo e scendessero sulla fronte fi no a confondere gli occhi e<br />
poi di nuovo indietro, a modellare un arco elegante, che dalla testa<br />
scendeva fi no al sedere.<br />
Giona rise mentre pensava a queste cose: era tutta una fantasia,<br />
si strofi nava con delicatezza capelli che invece erano cortissimi e<br />
questo gesto gli faceva compagnia. Sentiva la strada sotto i piedi e<br />
vedeva il sole spostarsi in cielo.<br />
- Da che parte andiamo? - disse il suo nuovo amico - E’ tardi e sono<br />
ore che camminiamo. Ho fame -.<br />
Giona sobbalzò come un capretto e sorrise indicando una casupola<br />
arancione spersa nella campagna. Era davvero tardi, le ombre<br />
erano lunghissime e si confondevano con le macchie dell’intonaco<br />
e con i fori scuri, che ricamavano sulle pareti della casupola sigle<br />
inverosimili e targhe automobilistiche di città mai esistite. Pensò che<br />
lì c’era passata una guerra oppure dei topi. Ma grossi.<br />
Però poteva essere la loro casa, anche se nessuno dei due pensò di<br />
chiamarla così.<br />
Finito di mangiare, Giona si ricompose per ascoltare il suo amico<br />
che, salito su di un cornicione, parlava tenendo gli occhi ora fi ssi<br />
su di lui, ora rivolti al cielo. Tutto era tranquillo: - Forse non avevi<br />
mai pensato veramente che un giorno mi avresti incontrato. Dove eri<br />
quando io non c’ero? -<br />
Giuro, non si era mai trovato in una situazione così. Giona non<br />
sapeva cosa fare.<br />
Sentiva che dentro era come se i pensieri si stessero alzando per<br />
andare a mettersi in fi la sul bordo di una piscina ed erano sempre<br />
di più, si spingevano, si urtavano con forza e con delicatezza, affollandosi<br />
fi no a non lasciare più spazio ed erano dappertutto e che si<br />
tuffassero pure in acqua, si disse Giona, e poi a voce alta: - Scendi<br />
70
da lassù! Vieni qui, devo dirti una cosa..<br />
Io prima non sapevo dove stavo. Poi un giorno ho sentito dire che<br />
me ne dovevo andare e soltanto quando sono uscito ho capito dov’ero,<br />
che se ci penso mi vergogno un po’, perché io lì dentro ci ero capitato,<br />
mica ci volevo andare davvero!!<br />
Parto dall’inizio: io vivevo vicino al mare. Mi ricordo di una casa<br />
proprio sul porto, davanti alla barche che andavano e tornavano<br />
senza che io riuscissi ad accorgermi né quando partissero né quando<br />
rientrassero. Erano sempre lì, ma io sapevo che da qualche parte<br />
dovevano pur andare, perché ogni giorno le bancarelle davanti alle<br />
barche avevano da vendere cose diverse: pesci di ogni forma e colore,<br />
barattoli colorati e corrosi dal sale, giocattoli da spiaggia, palloni<br />
sgonfi , accendini usati, rami contorti, nastri lunghissimi di scotch tutti<br />
sbiaditi. E tanta gente si accalcava davanti alle bancarelle ed urlava<br />
per accaparrarsi le cose migliori. Io invece mi chiedevo se mai un<br />
giorno mi fossi accorto di quando le barche partivano e che direzione<br />
prendevano: volevo anche io tutte quelle cose, mi sembrava giusto.<br />
Allora ho pensato: c’è un posto dove stanno tutte quelle cose bellissime<br />
e siccome non mi va proprio di mettermi ad urlare e spingere<br />
per procurarmele, prendo una barca e vado dove i marinai fanno le<br />
loro scorte. Ecco. Così mi prenderò con calma quello che mi piace e<br />
poi me ne ritorno a casa.<br />
Mi sembrava un ottima idea e con il tempo mi ci affezionai: le mie<br />
giornate trascorrevano nell’attesa intiepidita della sera e del sonno,<br />
alla fi ne del quale c’era la sveglia e giù come una lampo verso il porto,<br />
per partire con le barche. Ma erano sempre lì, indifferenti, dondolavano.<br />
Stavo perdendo la speranza.<br />
No, piuttosto era l’intensità che si sfuocava, i gesti erano ripetizioni<br />
e basta, non c’era mai nulla oltre il fare ogni volta le stesse cose e<br />
questo vuoto che si faceva sempre più grande ed io che me ne accorgevo<br />
sempre di meno. Forse succede così ai desideri insoddisfatti, si<br />
allargano sul pavimento densi come l’olio e vischiosi come il miele,<br />
71
impossibile raccoglierli, impossibile farci qualcosa che non sia guardare<br />
il loro movimento inesorabile, il loro scivolare via. Cosa altro<br />
c’era? Accidenti, te la sto facendo lunga?<br />
L’altro fece sì con la testa, però sorrideva e fece il gesto di raccogliere<br />
qualcosa di invisibile con la punta di un dito che poi si infi lò<br />
di gusto in bocca. Aveva capito.<br />
Giona pensò che poteva bastare. Nei giorni successivi acquistarono<br />
migliaia di cartoline di paesaggi e monumenti, poi iniziarono<br />
a visitare un posto dopo l’altro, cercando di confrontare la realtà<br />
con le sue diverse riproduzioni. Si sforzarono di individuare l’ora<br />
esatta ed il punto preciso da dove era stata scattata la fotografi a:<br />
pagarono anche delle comparse e comprarono dei vestiti d’epoca<br />
per ricreare la medesima immagine, la stessa prospettiva. Si divertirono<br />
moltissimo, anche se ogni tentativo si risolse in un fallimento:<br />
del resto lo sapevano fi n dall’inizio. Si allontanavano da ogni luogo<br />
ridendo e dandosi pacche sulle spalle:<br />
- Tutto questo ci deve insegnare qualcosa, vero? -<br />
- Certo, è l’unico motivo per cui lo facciamo! -<br />
Un giorno, seduti su di una spiaggia tropicale, Giona ed il suo<br />
amico decisero che era il momento di tornare a parlare di sé. Ogni<br />
tanto capita. - Un giorno ho avuto un’idea bellissima: mi sono travestito<br />
da marinaio e sono salito su di una barca - disse Giona. - Ho<br />
iniziato a darmi da fare, pulendo le reti e piallando i pavimenti, strofi<br />
nando con cura tutti i vetri che trovavo ed insaponando qualsiasi<br />
superfi cie mi capitasse a tiro: dovevo farla lunga il più possibile, ero<br />
a bordo, dovevo aspettare soltanto il momento giusto e sarei partito<br />
anch’io.<br />
Gli altri marinai mi guardavano con benevolenza e sorrisi di circostanza,<br />
ma nessuno mi rivolgeva la parola. Mi sono addormentato<br />
cercando di camuffarmi fra le cime. Quando mi sono svegliato mi pioveva<br />
addosso, la barca andava sù e giù e non sapevo dove tenermi.<br />
Non vedevo nessuno, c’era un sacco di mare attorno ed ero partito ed<br />
72
avevo paura. Da morire -.<br />
Giona si alzò. Ripresero a camminare sulla spiaggia e per giorni<br />
non riuscirono più a rivolgersi la parola. Eppure non sembrava una<br />
cosa così grave: chissà perché invece andò così.<br />
Tornati dal loro viaggio, come ogni volta, Giona ed il suo amico<br />
trovarono un posto per le cartoline. Sistemarono alla meglio le loro<br />
cose, cercando di metterle in scatole che poi infi lavano in armadi<br />
posti in stanze ogni giorno sempre più piccole. Quello degli spazi<br />
era sempre stato un problema. Si dilatavano e si restringevano a<br />
loro piacimento. I mobili cambiavano continuamente posizione e<br />
contenuto. Nemmeno le ventole sul soffi tto erano sempre nello stesso<br />
posto!<br />
Una sera Giona prese il quaderno dove scriveva le cose più importanti.<br />
Aveva deciso di fi nire la sua storia: prese la sua penna più<br />
bella, che teneva nascosta in un portamatite insieme ad altre centinaia<br />
di penne che non scrivevano, scelse una posizione comoda sul<br />
divano ed iniziò a scrivere.<br />
- Quando mi sono svegliato nella pioggia non capivo più nulla. I<br />
marinai correvano da tutte le parti chiedendosi a vicenda dove avessero<br />
messo cose dai nomi strani; spostavano tutto, sembravano cercare<br />
qualcosa che non riuscivano a trovare. Le onde salivano sulla<br />
barca e mi spazzolavano via senza delicatezza: scivolando, piombai<br />
addosso al marinaio più grosso, meglio vestito e dalla barba più curata<br />
che avessi mai visto. Si accorse di me e chiamò gli altri. Si misero a<br />
parlare fra di loro, non capivo le parole, forse era un’altra lingua,<br />
quella di chi non vuole farsi capire, e poi m’ hanno detto: -Senti, è<br />
per il tuo bene, credici. Ci dispiace, ma è la cosa giusta da fare. Noi lo<br />
sappiamo. Sappiamo cosa è bene per te. Ciao! - E mi hanno lanciato<br />
nel mare.<br />
Credevo che l’acqua fosse più fredda e comunque non ho fatto in<br />
tempo a fare confronti o a sapere se sapessi nuotare o meno: una<br />
balena mi mangiò al volo in un boccone!-<br />
73
La balena era un posto attrezzato. Dentro c’era tutto quello che mi<br />
serviva. Intanto, non ero solo: c’erano persone di tutti i tipi, alcune<br />
socievoli, altre meno. C’era chi si occupava delle pulizie e chi del trasporto<br />
delle cose e nelle balene è pienissimo di cose ed anche di televisioni!<br />
Molto tempo andava via in discussioni su come gestire il trasporto<br />
e la collocazione delle cose: di per sé erano discussioni normali, c’era<br />
chi urlava più forte e chi urlava più piano. Quello che era stupefacente<br />
è che non fi nivano, cioè non c’era proprio un momento in cui<br />
si dicesse “Ecco, questo è concordato! Non ne parliamo più.” I discorsi<br />
si interrompevano per stanchezza, per sopraggiunta digestione (quella<br />
della balena, una cosa terribile…) o perché arrivava qualcuno di corsa<br />
con una notizia importantissima di cui occorreva occuparsi subito altrimenti<br />
chissà cosa sarebbe successo …e così via, di discussione in discussione,<br />
senza fi ne. Io pensavo che quello era un modo per sopravvivere lì<br />
dentro e che la balena non facesse che ingrassare proprio per tutte quelle<br />
parole che, dette e ridette, si andavano ad accumulare sulle sue pareti. E<br />
più ingrassava e meno c’era possibilità di uscire. Però in realtà ad uscire<br />
non ci pensavo proprio: del resto da mangiare non mancava mai.<br />
Io non avevo un compito particolare: gironzolavo su e giù per quell’enorme<br />
corpaccione a più piani, sfi orando le pareti e cercando qualcuno<br />
con cui parlare. Mentre camminavo mi chiedevo cosa ci fosse di<br />
diverso fra la balena e la città da dove ero partito.<br />
Cosa mi aveva fatto arrivare fi no lì ? La voglia di tutte quelle<br />
cose che vedevo e non potevo avere, mi dicevo. Cosa sto a fare qui<br />
dentro? Le cose adesso non sono tutte a mia disposizione? Forse che<br />
per averle dovevo fi nire qui dentro? I desideri non possono realizzarsi<br />
che dentro una balena?<br />
Comunque, di tempo per pensare a queste cose ne avevo moltissimo,<br />
oltre che per guardare la tv: quello che mi divertiva di più era<br />
pensare che quelli che vedevo, attori, presentatori, ballerine, tutti,<br />
anche loro stavano dentro qualcosa, soltanto che dove stavo io era<br />
morbido e caldo e loro invece stavano in una scatola di plastica. Però<br />
74
sapevo che pensavo così soltanto per consolarmi.<br />
Giona scriveva la sua storia un pezzetto al giorno e sperava<br />
sempre segretamente che il suo amico andasse a leggerla e si appassionasse<br />
alle sue vicende. Forse era così, perché a volte si avvicinava<br />
e gli accarezzava la testa con dolcezza, oppure gli portava<br />
una tazza di the caldo. Giona pensava che tutte quelle attenzioni<br />
fossero dovute all’amore che piano piano cresceva nel suo amico<br />
per lui ed anche Giona sentiva crescere il suo affetto: non gli dispiaceva<br />
più lavare i piatti dopo pranzo, né occuparsi di stirare la<br />
biancheria. Insieme al suo amico organizzavano delle cene molto<br />
divertenti insieme ad altre persone e Giona a volte dimenticava perfi<br />
no come avesse fatto ad arrivare fi no lì.<br />
Avevano arredato la casa con mobili recuperati da una nave arenatasi<br />
l’estate precedente sulla spiaggia: letti a forma di scialuppa,<br />
scrittoi intarsiati con leggende del mare, armadi enormi e fragilissimi,<br />
legno corroso dal vento salato e da minuscoli tarli-anfi bi.<br />
Ma la cosa più bella che avevano recuperato era una mirabolante<br />
scala a chiocciola. In origine serviva per portare il capitano fi no<br />
alla sala macchine, adesso era protagonista degli spostamenti verticali<br />
di Giona e fonte dei pensieri più bizzarri sulle dinamiche del<br />
movimento, sull’infi nita casualità dell’universo e sulla fragilità dell’esistenza<br />
umana. Nonché continuo richiamo alla centralità ed al<br />
valore del corpo e della postura verticale.<br />
Come sempre, quando il buio si faceva più denso e soltanto il<br />
rumore delle auto che passavano segnalava che oltre a lui c’era qualcun<br />
altro nel mondo, Giona continuava a scrivere la sua storia sul<br />
quaderno.<br />
Dentro la balena la vita scorreva tra gli enormi fragori della digestione<br />
ed il soffi ce rumore che si produce dallo scontro casuale di due<br />
persone. Pronunciavo sempre meno parole e benchè le persone cambiassero<br />
continuamente, il tono delle discussioni non cambiava mai:<br />
75
c’era chi non era d’accordo sull’utilizzo della coda come magazzino,<br />
chi voleva organizzare dei turni per stendersi sulla morbida lingua<br />
della balena, chi portava continuamente ad esempio storie e vicende<br />
del passato che nessuno ricordava più e forse non erano mai state<br />
vere o, perlomeno, vere a quel modo lì.<br />
Insomma, delle volte non ne potevo proprio più, né di quel posto<br />
né di me stesso: erano le volte in cui le orecchie mi si riempivano di<br />
ululati lontani e strofi narsi con forza la testa per lasciare che lo sfrigolante<br />
fruscio dei capelli coprisse ogni rumore, era l’unica cosa che mi<br />
veniva in mente di fare. O urlare senza metterci un briciolo di fi ato. O<br />
mettersi immobile, fi nchè non sai più se quelle gambe che ti tengono<br />
sù sono le tue e se poi davvero ti terrano in piedi ancora per molto.<br />
Oppure mettersi buoni buoni a sedere vicino a gente che chiacchiera,<br />
fi ngendo di ascoltare ed appassionarsi.<br />
E quando ormai l’andirivieni dell’oggi e del domani sembrava<br />
avere preso inesorabilmente possesso della mia vita, ecco che mi<br />
accorsi di quegli strani messaggi, di quei foglietti scarabocchiati che<br />
si accumulavano nelle mie tasche giorno dopo giorno ed andarli a cercare<br />
lungo la balena era ormai diventata la mia occupazione: fi nchè<br />
una mattina, appena sveglio, cercai di capire cosa signifi cassero tutti<br />
quei segni. E poi, chi me li lasciava?<br />
Quando era giorno di festa, Giona ed il suo amico erano soliti<br />
fare delle lunghe passeggiate, raccontandosi storie inverosimili: Le<br />
Avventure dell’Uomo Appiccicoso, Il Mistero degli Oggetti Scomparsi,<br />
I Biscotti Invisibili, Quella Macchia sul Soffi tto. Disegnavano<br />
sulla spiaggia fumetti enormi che il vento e l’acqua giorno dopo<br />
giorno facevano sparire e loro erano lì, ogni volta, a riscriverne di<br />
nuovi, più belli e più divertenti dei precedenti.<br />
Giona teneva d’occhio il suo amico: mentre si aggirava per la<br />
casa, lo guardava avvicinarsi al suo quaderno e sfogliarlo, ogni<br />
tanto sorrideva. E’ fatta, pensava Giona fra sé!<br />
Lentamente, pezzetto dopo pezzetto. la sua storia veniva costruen-<br />
76
dosi per il piacere del suo amico: doveva fare in modo che questi<br />
gli volesse bene e conoscesse le sue sventure. Quanto ho sofferto, si<br />
diceva Giona, ed a volte non c’era che il ricordo del suo dolore a<br />
tenergli compagnia ed a garantirgli che anche lui aveva avuto una<br />
storia, un passato.<br />
- Da questi pensieri si esce scuotendo la testa - disse Giona - o<br />
facendo una bella corsetta… - Il suo amico annuì lentissimo e gli<br />
lanciò con precisione una banana.<br />
Quella sera aveva deciso: scriverò la fi ne della mia storia!<br />
Allora, ero arrivato ai foglietti: ne avevo raccolti migliaia ed ormai<br />
riempivano ogni scatola della mia stanza. Dovevo metterli in ordine:<br />
che cosa mi volevano dire? Provai tante combinazioni, cercando di<br />
mettere in fi la i mozziconi di parola che contenevano. Oppure provavo<br />
a sovrapporre le pieghe della carta, per vedere se si formavano<br />
lettere o frasi. In realtà non riuscivo a cavarci le gambe. Forse non<br />
servivano a nulla, forse non me li lasciava nessuno ed era soltanto<br />
un’altra inesorabile illusione.<br />
Prima che però riuscissi a comprendere il loro signifi cato nascosto,<br />
mi accorsi improvvisamente di cosa diventarono:farfalle di carta, che,<br />
accumulate nella mia stanza fi no a strabordare, si andarono ad impigliare<br />
nella corrente dello sfi atatoio della balena e volarono via, fuori.<br />
Mi accorsi che io stavo dentro e che c’era qualcosa, là fuori, e volli<br />
essere come quei foglietti: mi lasciai invadere dal desiderio di uscire,<br />
la mia vita aveva fi nalmente una direzione. Dopo questi pensieri, una<br />
cosa venne dietro l’altra e non c’era modo di fermarmi.<br />
Quando fi nii di preparare le valigie ed ebbi scelto fi nalmente i<br />
vestiti più belli, mi misi in attesa dell’onda giusta: salutai tutti con<br />
cura, cercando negli occhi di ognuno la mano che aveva lasciato tutti<br />
quei foglietti. Forse qualcuno, in qualche modo, m’aveva detto di<br />
uscire ed io, una mattina, me ne sono andato davvero.<br />
Così fi nisce la mia storia: perché poi, iniziando a girare per il<br />
mondo, ho incontrato il mio amico ed adesso sono qua.<br />
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Giona chiuse il quaderno, era soddisfatto. Davvero. Il suo amico<br />
fi nì di sistemare le stoviglie e poi gli si avvicinò: - Senti Giona, tu che<br />
sei così bravo a scrivere, uno di questi giorni mi insegni a leggere?-<br />
Giona non si stupì moltissimo, non tanto quanto si stupiva ogni<br />
mattina di iniziare di nuovo una giornata nel mondo.<br />
- Va bene, ti insegno a leggere…mercoledì, va bene? -<br />
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Indice<br />
Presentazione pag. 5<br />
Introduzione 7<br />
Casa, dolce casa 12<br />
Il vocabolario di Giona 15<br />
L’esperienza di supervisione a Giona 20<br />
Sezione fotografi ca 22<br />
Cosa ci dice chi ci abita? 31<br />
Voci delle cose 34<br />
Interviste a chi ci conosce 38<br />
Sezione fotografi ca 48<br />
Cose diffi cili 54<br />
Elenco di chi è passato per Giona<br />
e ci ha lasciato un pezzo 57<br />
Sezione fotografi ca 59<br />
Storia di Giona 64