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I social network per combattere la solitudine ... - MyMarketing.Net

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I <strong>social</strong> <strong>network</strong> <strong>per</strong> <strong>combattere</strong> <strong>la</strong> <strong>solitudine</strong>?<br />

Abstract: L’uso di Facebook tra dubbi e paure: dal direttore del Nyt,<br />

Keller, al grande sociologo Bauman<br />

di Francesco Pira<br />

Prima ha aiutato <strong>la</strong> figlia tredicenne a iscriversi a Facebook. Poi non l’ha presa bene che in<br />

poche ore <strong>la</strong> giovanissima ha collezionato 171 amici. Quindi ha scritto un editoriale su uno<br />

dei quotidiani più letti su internet, il News York Times, e ha confessato: “Ora mi sento<br />

come se avessi passato al<strong>la</strong> mia bambina una pipetta di vetro <strong>per</strong> fumare<br />

metamfetamine”. E’ un pentito Bill Keller e lo ha dimostrato firmando un editoriale in cui<br />

esprime tutte le sue <strong>per</strong>plessità sull’uso dei <strong>social</strong> <strong>network</strong>. Il corsivo, apprezzato da alcuni<br />

e criticato da altri, s’intito<strong>la</strong>va The Twitter Trap (La trappo<strong>la</strong> di Twitter). Individui, famiglie,<br />

giornalisti e società, tutto è più liquido con le nuove tecnologie?<br />

Neppure uno dei più grandi pensatori al mondo, il sociologo Zygmunt Bauman, ospite a<br />

Padova del<strong>la</strong> rassegna Segnavie ha espresso parole di grande apprezzamento <strong>per</strong> le<br />

nuove tecnologie che, a suo parere, servono <strong>per</strong> <strong>combattere</strong> <strong>la</strong> <strong>solitudine</strong> ma poi, al<strong>la</strong> fine,<br />

possono farci sentire ancora più soli. Bauman, professore emerito di Sociologia nelle<br />

Università di Leeds e Varsavia, a cui dobbiamo <strong>la</strong> definizione di ‘modernità liquida’, è<br />

voluto tornare sui suoi temi preferiti: l’identità, <strong>la</strong> paura, <strong>la</strong> società sempre più liquida e <strong>la</strong><br />

profonda differenza tra comunità e <strong>network</strong>. L’abbiamo ascoltato <strong>per</strong> ore, prendendo<br />

appunti, mentre cercavamo di ricordare quanto avevamo già letto dal vecchio sociologo e<br />

filosofo che sorridendo ha avvertito <strong>la</strong> p<strong>la</strong>tea: “non so fare previsioni sul futuro. E se<br />

qualche sociologo vi dice che sa farle non dovete credergli. Vi sta imbrogliando”. Certo<br />

tornando ai <strong>social</strong> <strong>network</strong> ed in partico<strong>la</strong>re a Facebook, Bauman, non è stato tenero.


Certo non quasi apocalittico, come era stato nel salotto di Fabio Fazio, ma non ottimista.<br />

“Penso - ha detto - che passerà questa sorta di moda”.<br />

Ma è vero che anche dei <strong>social</strong> <strong>network</strong> siamo consumatori. In maniera ossessiva. E lo<br />

sono soprattutto i più piccoli. Tanto che il Daily Mail ha denunciato il fenomeno ‘the junior<br />

<strong>social</strong> <strong>network</strong>, nel senso che il 43% dei dodicenni britannici ha un profilo su Facebook.<br />

Forse genitori e figli pagano quel<strong>la</strong> che il Direttore del NYT , Keller, definisce “un’ido<strong>la</strong>tria<br />

digitale con una parte di noi stessi… che paghiamo”. Bauman ha rilevato, come già aveva<br />

fatto in televisione, che il problema non è il prodotto Facebook che può aver generato una<br />

trasformazione <strong>social</strong>e, ma il fatto che esso si allinea con una trasformazione che c’è<br />

stata.<br />

Vi è una sorta di esibizionismo p<strong>la</strong>netario. Quello che fa andare in giro, ad esempio,<br />

tantissimi giovani con le macchine fotografiche digitali <strong>per</strong> immorta<strong>la</strong>re momenti di vita<br />

quotidiana e riversarli poi su Facebook in tempo reale. Così come i papà e le mamme che<br />

fotografano quasi all’inverosimile i figli e li piazzano sul<strong>la</strong> Rete. E poi c’è il grande tema<br />

del<strong>la</strong> paura. La paura di rimanere soli e di sentirsi vivi ed in contatto con il mondo<br />

attraverso il <strong>social</strong> <strong>network</strong>. Zygmunt Bauman ha risollevato il tema delle amicizie virtuali<br />

che nascono e si cancel<strong>la</strong>no con un click. Cosa che nel<strong>la</strong> vita non possiamo<br />

assolutamente fare… anche se a volte vorremmo avere il potere di cancel<strong>la</strong>re alcune<br />

<strong>per</strong>sone in cui ci siamo imbattuti…<br />

Il dubbio anche dopo aver ascoltato Bauman o aver letto Keller rimane: con i <strong>social</strong><br />

<strong>network</strong> combattiamo <strong>la</strong> <strong>solitudine</strong> o <strong>la</strong> aumentiamo? Miglioriamo <strong>la</strong> nostra qualità del<strong>la</strong><br />

vita o <strong>la</strong> peggioriamo?<br />

C’è chi <strong>per</strong> esempio, come Michele Serra, pone un dubbio: internet ed in partico<strong>la</strong>re i<br />

<strong>social</strong> <strong>network</strong> rappresentano un rischio anche <strong>per</strong> i giornalisti o anche <strong>per</strong> i semplici<br />

lettori. “La Rete - scrive Serra - è diventata una fonte inesauribile di notizie, voci, il<strong>la</strong>zioni.<br />

I fondamentalisti di internet sostengono che <strong>la</strong> Rete è in grado di auto emendarsi delle<br />

notizie false attraverso un capil<strong>la</strong>re controllo orizzontale: sarebbe, insomma,


autoimmunizzata. Molti giornalisti delle nuove generazioni passano gran parte del<strong>la</strong><br />

giornata in rete al<strong>la</strong> ricerca di notizie. Questo sottrae spazio mentale e tempo tecnico al<strong>la</strong><br />

vecchia verifica sul campo, quel<strong>la</strong> che si fa andando a control<strong>la</strong>re di <strong>per</strong>sona, vedendo le<br />

facce, sentendo gli odori, ficcando le mani nel<strong>la</strong> realtà. In questo senso internet è, <strong>per</strong> i<br />

giornalisti, al tempo stesso miniera e prigione”.<br />

Forse è il caso di ripensare l’uso delle nuove tecnologie. L’ultimo al<strong>la</strong>rme, sempre del New<br />

York Times, disegna una famiglia dove il figlio videogioca, <strong>la</strong> sorel<strong>la</strong> consulta Love<br />

calcu<strong>la</strong>tor sul touchscreen dell’iPhone, il padre fa giochi online e <strong>la</strong> madre chatta su<br />

Facebook con le amiche. Sono tutti sotto lo stesso tetto ma non si par<strong>la</strong>no.<br />

Bauman ci ha voluto soltanto avvertire: “Questi rapporti ad avvio istantaneo, consumo<br />

rapido e smaltimento su richiesta hanno i loro effetti col<strong>la</strong>terali. Lo spauracchio di finire<br />

nel<strong>la</strong> discarica è sempre in agguato. D’altronde <strong>la</strong> velocità di consumo e il sistema di<br />

smaltimento rifiuti sono opzioni a disposizione di entrambi i partner. Potremmo finire col<br />

ritrovarci in una condizione simile a quelle descritta da Oliver James, avvelenati da un<br />

costante sentimento di mancanza degli altri nel<strong>la</strong> vita, con sensazioni di vuoto e <strong>solitudine</strong><br />

non dissimili al lutto. Potremmo stare sempre con <strong>la</strong> paura di venir <strong>la</strong>sciati da amanti e<br />

amici”.

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