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di Pierre Tosi - Filosofiatv.org

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le qualità, sicché la superiorità umana è frutto della preferenza <strong>di</strong>vina. Sono<br />

le premesse che portano al meccanicismo <strong>di</strong> Cartesio e alla supremazia<br />

ontologica dell’uomo in virtù della sua capacità <strong>di</strong> pensiero. Sappiamo bene<br />

che proprio qui affondano le loro ra<strong>di</strong>ci le più deleterie credenze<br />

contemporanee che pongono la natura sotto il dominio umano e ne fanno<br />

teatro e strumento delle inclinazioni <strong>di</strong> conquista ed espansione.<br />

Fortunatamente, già nel Cinquecento si è levata una voce molto auterevole, in<br />

<strong>di</strong>saccordo con questa tendenza e con la <strong>di</strong>vinizzazione della ragione: Michel<br />

de Montaigne (1533 – 1592). Epigono degli scettici e antesignano della<br />

<strong>di</strong>sarmante critica nietzscheana, con un’originalità notevolissima egli mise in<br />

dubbio tutte le più facili certezze dell’epoca e in particolare, per quel che in<br />

questa sede ci preme maggiormente, le capacità salvifiche della scienza, la<br />

superiorità della civiltà occidentale su quelle cosiddette primitive e della<br />

specie umana su tutte le altre.<br />

L’Apologia <strong>di</strong> Raymond Sebond, che costituisce il XII capitolo del secondo libro<br />

dei Saggi (1580), parte con il riconoscimento dei vantaggi e dell’utilità <strong>di</strong><br />

alcune scoperte che hanno migliorato la vita quoti<strong>di</strong>ana, ma via via<br />

ri<strong>di</strong>mensiona la loro portata e la fede riposta nelle nuove tecniche,<br />

condannando con tono caustico l’arroganza superba e l’illusione <strong>di</strong><br />

onnipotenza che da esse ci deriva. Gli scienziati, secondo le sue parole,<br />

ritengono <strong>di</strong> poter giungere alla verità assoluta e invece sono come i giu<strong>di</strong>ci<br />

che emettono sentenze a seconda del proprio stato d’animo. La ragione è<br />

tutt’altro che infallibile, piuttosto «<strong>di</strong>ventiamo migliori quando siamo privi della<br />

ragione ed essa è assopita» e «i nostri sogni valgono più dei nostri ragionamenti». La<br />

conclusione non ha nulla da invi<strong>di</strong>are alla ra<strong>di</strong>calità, o se proprio vogliamo al<br />

nichilismo, <strong>di</strong> oggi: «non c’è alcuna scienza».<br />

La sfida all’antropocentrismo non ha esitazioni e le affermazioni montaigneane<br />

non hanno perso affatto la loro graffiante incisività ai giorni nostri, anche in<br />

considerazione dell’ottuso conservatorismo <strong>di</strong> chi si ostina a oggettivare la<br />

natura, destinandola alle nostre manipolazioni e al nostro sfruttamento senza<br />

limite. Per esemplificare: «La presunzione è la nostra malattia naturale e<br />

originaria. La più calamitosa e fragile <strong>di</strong> tutte le creature è l’uomo, e al tempo stesso<br />

la più <strong>org</strong>ogliosa. Essa si sente e si vede collocata qui, in mezzo al fango e allo sterco<br />

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