Kongur La cresta oltre le nubi
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Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
<strong>Kongur</strong><br />
<strong>La</strong> <strong>cresta</strong> <strong>oltre</strong> <strong>le</strong> <strong>nubi</strong><br />
di Mauro Penasa<br />
Premessa e conclusione<br />
Nel 2004, anno del suo centenario, il<br />
Club Alpino Accademico Italiano vo<strong>le</strong>va<br />
organizzare qualcosa di importante, che<br />
unisse difficoltà tecnica ed impegno<br />
esplorativo. Si trattava di cercare una via<br />
nuova, possibilmente su di una montagna<br />
di un certo rilievo, o di ripetere una<br />
via diffici<strong>le</strong> che aspettasse una seconda<br />
salita… ovviamente la prima opzione era<br />
da preferire… Ma come trovare la cima<br />
adatta? L’idea del <strong>Kongur</strong> non è merito<br />
nostro, ma è un seme che Renato Moro<br />
ci ha gettato e che abbiamo saputo far<br />
germogliare con immaginazione e testardaggine…<br />
partendo da zero, nessuno<br />
aveva la minima idea di cosa fosse il<br />
<strong>Kongur</strong>. <strong>La</strong> sorte ha voluto che si trattasse<br />
dell’imbeccata giusta, ma abbiamo<br />
dovuto lavorare molto per farci un’idea<br />
precisa di questa montagna. Forse<br />
l’impresa maggiore è stata trovare il<br />
coraggio di gettarsi su di una <strong>cresta</strong> che<br />
nessuno aveva mai tentato prima,<br />
immaginando una linea che si è<br />
dimostrata rispondente al<strong>le</strong> aspettative<br />
ed al<strong>le</strong> previsioni.<br />
Con i suoi 7719 metri, il <strong>Kongur</strong> Tagh<br />
costituisce la massima e<strong>le</strong>vazione della<br />
catena del Kun Lun, idealmente una<br />
propaggine del Pamir che costeggia il<br />
Karakorum a Nord e fa da ponte tra<br />
l’altopiano tibetano ed il “tetto del mondo”<br />
centro asiatico.<br />
Si tratta di una montagna piuttosto comp<strong>le</strong>ssa,<br />
tanto da essere stata chiamata<br />
da Bonington “cima inafferrabi<strong>le</strong>”. <strong>La</strong><br />
vetta è infatti visibi<strong>le</strong> solo da grande<br />
distanza e resta poi nascosta da<br />
formidabili contrafforti.<br />
Il <strong>Kongur</strong> venne salito attraverso la <strong>cresta</strong><br />
ovest nel 1981: <strong>le</strong> opzioni da nord erano<br />
parse a tutti troppo difficili per una prima<br />
salita. Nel 1989 si riuscì a superare la<br />
diffici<strong>le</strong> e lunga <strong>cresta</strong> Nord, per la<br />
seconda salita della montagna.<br />
Nessuno si era invece ancora impegnato<br />
sulla lunghissima <strong>cresta</strong> orienta<strong>le</strong>, che<br />
domina l’orizzonte di Kashgar con il suo<br />
salto di 2000 metri. Perché no? Scartato<br />
il versante meridiona<strong>le</strong>, un enorme<br />
scivolo battuto dal<strong>le</strong> slavine mai tentato,<br />
di approccio più comp<strong>le</strong>sso e privo di<br />
documentazione seria su cui lavorare,<br />
scartato il versante nord, battuto dai<br />
russi, scartata la ripetizione della via di<br />
Bonington, senz’altro impegnativa e di<br />
rilievo ma pur sempre una ripetizione, il<br />
mio intuito mi diceva che avevamo<br />
scoperto una gemma rara, e che sarebbe<br />
stato un peccato rinunciarvi ora che la<br />
sorte ce l’aveva mostrata. <strong>La</strong> <strong>cresta</strong> E<br />
era, sulla carta ed in base al<strong>le</strong> immagini a<br />
disposizione, una linea abbastanza<br />
sicura ed apparentemente non troppo<br />
diffici<strong>le</strong> ad un “quasi 8000”. Si, qui<br />
iniziava il prob<strong>le</strong>ma, dal momento che il<br />
dislivello dal campo base alla vetta<br />
supera i 4000 metri, e che lo sviluppo<br />
della <strong>cresta</strong> supera i dieci chilometri. Ma<br />
va<strong>le</strong>va la pena provarci…<br />
L’obiettivo della spedizione “KONGUR<br />
2004” è diventato allora l’inviolato ed<br />
inesplorato sperone Nord Est che<br />
conduce, attraverso una prima cima di<br />
5975 m, fino al termine della <strong>cresta</strong> Est<br />
alla quota di 7204 m e da qui alla punta<br />
principa<strong>le</strong>. Tutti sapevano che era una<br />
brutta rogna, e ciò non faceva che<br />
aumentare la mia motivazione. <strong>La</strong> via<br />
presentava alcuni punti di incertezza. <strong>La</strong><br />
prima incognita era come arrivare in<br />
<strong>cresta</strong> dal bacino glacia<strong>le</strong> dove avremmo<br />
messo il campo I: la foto a disposizione<br />
non dava nessuna idea in proposito. Poi<br />
la seconda parte della <strong>cresta</strong>, che<br />
sull’immagine utilizzata per la cartolina si<br />
Kashgar<br />
Gez<br />
Avvicinamento al campo base<br />
Campo base
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
Slavine dai contrafforti della parete est<br />
vede solo parzialmente: di fronte a un<br />
salto di 1500 metri ci potevano ben<br />
essere del<strong>le</strong> sorprese. Cosa ci aspettava<br />
una volta raggiunto il temine della <strong>cresta</strong><br />
lo sapevamo fin troppo bene: <strong>oltre</strong> tre<br />
chilometri di fatica e freddo su di uno<br />
spartiacque ad un’altezza media di 7500<br />
metri, in comp<strong>le</strong>ta balia dei capricci del<br />
<strong>Kongur</strong>.<br />
Una volta definita la linea di salita, si è<br />
trattato di rifinire il gruppo. Alla fine i<br />
partecipanti sono stati 9, 7 dei quali<br />
appartenenti all’Accademico: <strong>oltre</strong> al<br />
sottoscritto, Capo Spedizione, ed alla mia<br />
compagna Carla Marten Canavesio (di<br />
Vico Canavese), gli altri amici sono stati<br />
Armando Antola (Genova), Giovanni<br />
Ghiglione (Novi Ligure), Massimo<br />
Giuliberti (Torino), Claudio Moretto<br />
(Bassano del Grappa), Ezio Mosca<br />
(<strong>La</strong>nzo) e Giuseppe Villa (Milano). A<br />
comp<strong>le</strong>tare il gruppo la biel<strong>le</strong>se Donatella<br />
Barbera, nella sua funzione di medico<br />
alpinista. Insomma, a parte qualche<br />
eccezione – Donatella e Claudio – non si<br />
è trattato d’altro che di un gruppo di<br />
vecchietti, con un’età media comp<strong>le</strong>ssiva<br />
di <strong>oltre</strong> 48 anni. Ma vecchietti decisi, su<br />
questo non c’è dubbio.<br />
Il nostro gruppo di visionari si è buttato<br />
così in questa avventura, trovando alla<br />
fine una linea quasi perfetta rispondente<br />
in modo miracoloso a quanto si era<br />
disegnato sulla carta, su di una grande<br />
montagna che per fortuna non si è data<br />
troppa pena di scrollarseli di dosso. Il<br />
risultato è stato la via del Centenario<br />
CAAI sullo sperone Nord Est del <strong>Kongur</strong><br />
Est, come abbiamo chiamato il culmine<br />
pianeggiante della <strong>cresta</strong>, a circa 7200<br />
metri. E’ mancata la ciliegina sulla torta:<br />
fossimo stati più duri avremmo potuto<br />
raggiungere la vetta principa<strong>le</strong>, o almeno<br />
provarci più seriamente, ma forse era<br />
troppo per noi, abbarbicati sul<strong>le</strong> cornici<br />
da giorni nella paura continua che il<br />
<strong>Kongur</strong> si risvegliasse. A parzia<strong>le</strong> scusa il<br />
maltempo che, pur impedendoci di rado<br />
l’attività di scalata, ha condizionato decisamente<br />
il risultato: ogni notte continue<br />
nevicate hanno reso inuti<strong>le</strong> qualunque<br />
sforzo di creare una traccia percorribi<strong>le</strong>,<br />
forzandoci alla fine verso una salita in<br />
puro sti<strong>le</strong> alpino. Nel nostro ultimo<br />
tentativo ci sono voluti ben sei giorni dal<br />
campo base alla vetta, ed altri due giorni<br />
sono poi stati necessari per la discesa.<br />
Il <strong>Kongur</strong> Est era l’obiettivo minimo della<br />
spedizione ma, date <strong>le</strong> condizioni in cui si<br />
è operato, <strong>le</strong> difficoltà tecniche incontrate<br />
e lo sviluppo della via che percorre quasi<br />
integralmente una <strong>cresta</strong> di 3000 metri di<br />
dislivello, può ben essere considerato un<br />
risultato di notevo<strong>le</strong> valore, che onora il<br />
Club Alpino Accademico.<br />
Ecco il racconto della salita interpretato<br />
dai personaggi che vi hanno partecipato.<br />
Armando<br />
Se proprio dobbiamo iniziare con<br />
qualcuno perché non farlo in ordine<br />
alfabetico? Si evita il sospetto di esser<br />
dietro a stilare classifiche e ci si mette in<br />
una condizione molto più asettica. Ci<br />
troviamo così a parlare di Armando, un<br />
compagno di viaggio piacevo<strong>le</strong> ed<br />
efficiente, con cui ho già scalato sul<br />
Tirich Mir, e che porta con sé<br />
l’esperienza di due ottomila, che è pur<br />
sempre preziosa, e tutta una serie di<br />
consigli di sotti<strong>le</strong> saggezza che<br />
puntualmente, purtroppo, dimentichiamo.<br />
Siamo alla Malpensa, il valzer dei voli ha<br />
colpito e l’ultima convoca arrivata è stata<br />
per <strong>le</strong> 4:30 del mattino. Al solito ci<br />
Claudio e Armando ai fornelli<br />
troviamo con un po’ di extrapeso,<br />
nonostante tutte <strong>le</strong> attenzioni... questa<br />
volta non è colpa nostra, pare che i 30 kg<br />
ci siano concessi da Parigi, ma fino a<br />
Parigi bisogna contrattare e riusciamo ad<br />
arrivare a 25 (avendo rischiato i 20 kg).<br />
E’ ridicolo, ma non c’è troppo tempo per<br />
discutere, la scena l’abbiamo già vista e<br />
la rivedremo sicuramente ancora. Ci si<br />
libera del sovrappiù dell’ultimo momento,<br />
rinunciamo a malincuore a qualche<br />
moccetta che generosamente ci eravamo<br />
concessi, disfiamo <strong>le</strong> confezioni di<br />
medicinali – più per questioni di volume<br />
che di peso – che con lo sforzo di<br />
Donatella e di qualche altro ci siamo<br />
procurati, e alla fine riusciamo a rientrare<br />
nei limiti. Per fortuna dobbiamo spedire i<br />
bidoni dal desk dei bagagli fuori misura,<br />
così nel tragitto buona parte di quanto<br />
avevamo dovuto eliminare ritorna con<br />
destrezza a far parte del nostro cargo. Il<br />
più imperturbabi<strong>le</strong> è Armando: lui e la<br />
sua latta d’olio di 5 kg, che sparisce e<br />
ricompare continuamente… Voi pensate<br />
di avere sotto controllo il materia<strong>le</strong> della<br />
spedizione, ma con Armando è impossibi<strong>le</strong>:<br />
siete sicuri che nel momento più<br />
imprevisto tirerà fuori qualche <strong>le</strong>ccornia,<br />
cosa di cui alla fine tutti gli sono grati.<br />
Non è bana<strong>le</strong> trasferire una spedizione<br />
fino a Islamabad, sicuramente è ancor
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
più complicato prendere il volo per<br />
Urumchi, che ci deve portare fino a<br />
Kashgar. Renato Moro ci ha spiegato un<br />
po’ tutto, l’unica grana è che in aeroporto<br />
entrano solo i passeggeri, e anche qui<br />
dobbiamo contrattare il prezzo del<br />
soprappeso, con dei cinesi incasinati<br />
come noi. Perché adesso abbiamo tutto<br />
al seguito: <strong>oltre</strong> al bagaglio si è aggiunto<br />
il cargo spedito in precedenza, più tende<br />
e sacco iperbarico che ci ha affidato<br />
l’agenzia ATP, che lavora per Focus.<br />
Insomma, abbiamo quasi una tonnellata<br />
di roba, che ci scarrozziamo avanti<br />
indietro, che stress. Tutti si danno da<br />
fare, tranne Armando, che si sente poco<br />
bene, in effetti ha la faccia coperta di<br />
strane pusto<strong>le</strong>, come da al<strong>le</strong>rgia alimentare<br />
o da… no, non ci possiamo credere,<br />
è proprio varicella... A Kashgar i cinesi<br />
non fanno una piega, forse non hanno<br />
mai visto un occidenta<strong>le</strong> di mezza età<br />
con una strana acne giovani<strong>le</strong>, sicuramente<br />
controllano bene chi esce a<br />
proteggersi da eventuali critiche internazionali<br />
sull’esportazione di virus, è altrettanto<br />
sicuro che non temono affatto<br />
quello che possono importare.<br />
Fare la varicella a 50 anni non è il<br />
massimo. Anche se quella di Armando è<br />
una forma lieve, comunque qualche bel<br />
giorno di febbre, guarda caso in salita<br />
verso il campo base, deve proprio<br />
sorbirselo. Per la prima settimana quindi<br />
ci dimentichiamo un po’ di lui, che<br />
ritroviamo solo la sera a tavola, sempre<br />
più rilassati nel constatare che l’appetito<br />
gli sta ritornando davvero più in fretta.<br />
Donatella<br />
Donatella si deve così dar da fare subito.<br />
Già, perché stavolta abbiamo anche un<br />
medico. Ed avendo un medico non ce la<br />
siamo sentiti di privarlo dei mezzi<br />
indispensabili per esercitare la sua<br />
funzione. Per cui abbiamo con noi un bel<br />
bidone di medicinali, persino la Gamow<br />
Bag (il sacco iperbarico), ci siamo solo<br />
opposti ad acquistare del<strong>le</strong> docce per <strong>le</strong><br />
fratture. Ma non abbiamo osato rifiutare<br />
l’offerta di un satellitare. Accettiamo l’idea<br />
che siamo nel XXI secolo, e che in caso<br />
di prob<strong>le</strong>mi, in mancanza di satellitare il<br />
commento sarebbe uno solo – idioti.<br />
Il nostro medico è una persona<br />
particolare. È’ estremamente indipendente<br />
ma anche determinata, insomma dà<br />
l’idea di sapere quello che vuo<strong>le</strong>, e non è<br />
strano, parlando di un chirurgo biel<strong>le</strong>se<br />
che esercita in Gal<strong>le</strong>s e vive in Abruzzo,<br />
ma ha fatto in modo di potersi permettere<br />
almeno 6 mesi di tempo libero all’anno<br />
che l’hanno portata sull’Aconcagua a<br />
gennaio. Peraltro il tempo restante lo<br />
passa a lavorare di continuo e quindi non<br />
è che in questo momento sia particolarmente<br />
in forma. Va bene, tanto in salita<br />
deve seguire <strong>le</strong> orme febbricitanti di<br />
Armando.<br />
Nella vallata, a circa 3000 metri c’è un<br />
albero, l’unico albero al di sopra dell’oasi<br />
di Gez. E’ un albero particolare, dalla<br />
chioma densa e scura, dove i pastori<br />
Kirghisi appendono trofei di caccia in<br />
offerta agli dei della buona sorte, contrabbandati<br />
da un lontano passato.<br />
C’è un po’ di tutto sui rami dell’albero, ora<br />
anche una targhetta di identificazione<br />
bagaglio, lasciata da Donatella, un obolo<br />
ai sovrani della montagna considerato<br />
adatto. Obolo che è però evidentemente<br />
ritenuto inadeguato – va confrontato con<br />
un palco di stambecco, non sempre il<br />
pensiero è sufficiente – dal momento che<br />
la sfiga comincia quasi subito ad<br />
accanirsi contro il nostro medico, di cui<br />
gli dei ora hanno nome, cognome ed<br />
indirizzo…<br />
Il campo base è un posto rilassante, un<br />
prato fiorito idea<strong>le</strong> per riprendersi dallo<br />
stress dell’alta quota. Siamo in mezzo a<br />
pareti ripide e impressionanti, a due<br />
passi dal ghiacciaio, ma ancora sull’erba,<br />
circondati dal<strong>le</strong> marmotte e facilmente<br />
raggiungibili da capre, cavalli e pastori…<br />
mancano solo i cammelli per dare quel<br />
non so che di Asia centra<strong>le</strong> che ci ha<br />
accompagnato in salita… insomma ci<br />
siamo fermati in mezzo alla vita e non su<br />
di una pietraia. Peccato che così siamo<br />
bassi, terribilmente bassi per una<br />
montagna che è ancora infinitamente<br />
lontana, 4000 metri più alta e soprattutto<br />
sempre misteriosa. L’abbiamo vista da<br />
Kashgar, la nostra <strong>cresta</strong>, e fa paura…<br />
<strong>oltre</strong> ad ogni aspettativa.<br />
Per esorcizzare la paura l’unica è agire.<br />
Per cui subito partiamo, nella nebbia, e<br />
quindi un po’ a casaccio. Alla fine capiamo<br />
di essere sulla strada giusta, ma che<br />
tempaccio. Comunque meglio il brutto<br />
tempo che il caldo esagerato che ti<br />
scarica addosso la montagna: la strada<br />
per il campo I è particolarmente battuta,<br />
nel pomeriggio. I ripidi canali che la<br />
sovrastano scaricano “picco<strong>le</strong>” slavine di<br />
Carla sul<strong>le</strong> creste verso il campo II<br />
Panorama dal col<strong>le</strong> a 5800 metri
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
neve marcia, che spariscono nei crepacci<br />
che bordano il ghiacciaio. Beh, la neve<br />
prima o poi finirà e comunque basterà<br />
aspettare il momento buono per passare.<br />
In soli tre giorni superiamo la parete che<br />
conduce alla <strong>cresta</strong>, di cui non avevamo<br />
informazione e che quindi era uno degli<br />
Massimo all’inizio del pendio che conduce alla <strong>cresta</strong><br />
interrogativi che ci assillavano. <strong>La</strong><br />
attrezziamo con corde fisse, e ne<br />
raggiungiamo il filo. L’aspetto di quello<br />
che ci sovrasta è piuttosto incoraggiante,<br />
ma non la consistenza della neve che,<br />
marcia e profonda, non ci lascia molte<br />
illusioni.<br />
Ezio<br />
Come a volte succede, quando tutto<br />
sembra andare per il meglio, c’è sempre<br />
da aspettarsi un brutto scherzo dietro<br />
l’angolo.<br />
Ci diamo dei turni a portare materia<strong>le</strong> in<br />
alto, e questa è la volta di Ezio, Giovanni<br />
e Donatella. Come se la sfortuna da sola<br />
non bastasse, il più del<strong>le</strong> volte non siamo<br />
impeccabili e cerchiamo quindi di dar<strong>le</strong><br />
una mano, come a dire passare sotto i<br />
canali nel primo pomeriggio. Così<br />
Donatella viene sepolta una prima volta<br />
in una bella massa di cemento, e devono
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
tirarla fuori con la pala. Bello spavento.<br />
Ma quel tratto è una vera trappola,<br />
nessun modo di uscirne evitando i due<br />
colatoi, ed ora sono proprio in mezzo.<br />
Rischio per rischio tanto va<strong>le</strong> correrlo in<br />
salita. <strong>La</strong> seconda slavina è meno<br />
importante ma più micidia<strong>le</strong>, perché li<br />
prende sul canalino di uscita: questa<br />
volta è Ezio a trattenere gli altri ma non<br />
gli va tanto bene, quasi si spacca una<br />
costola sulla picca e soprattutto si lussa<br />
in modo deciso il medio della mano<br />
sinistra.<br />
Al col<strong>le</strong>gamento sera<strong>le</strong> rimaniamo senza<br />
paro<strong>le</strong>, anche se sappiamo che stanno<br />
tutti bene. Il giorno successivo li incrociamo<br />
in discesa, visibilmente provati –<br />
quello che sembra star meglio è proprio<br />
Ezio. Se è vero che tutta la sfiga dipende<br />
da una targhetta da bagaglio, e su<br />
questo ci può essere più di un<br />
ragionevo<strong>le</strong> dubbio, allora Ezio si è<br />
trovato troppo vicino a Donatella nel<br />
momento sbagliato, ed ha subito i colpi<br />
del destino non rivolti direttamente a lui.<br />
Ci ha rimesso un dito che, alla luce del<br />
risultato del tardivo intervento di<br />
recupero, non tornerà più come prima –<br />
perché Ezio, come molti alpinisti, è<br />
intrinsecamente un entusiasta e quindi<br />
poco disposto a fermarsi, tanto più<br />
quando si siano manifestati i primi cenni<br />
di guarigione. Però questa non è una<br />
passeggiata ma una salita vera in cui non<br />
puoi prenderti cura di un dito che in certe<br />
condizioni puoi anche non sentire affatto.<br />
Questo a bocce ferme, e si sa che del<br />
senno di poi… Noi intanto dobbiamo<br />
mettere il campo II, ma pare che nessuno<br />
sia disposto a salire <strong>le</strong> fisse nel primo<br />
pomeriggio. E’ ovvio che slavinerà ma<br />
anche che prima del tardo pomeriggio<br />
questo non dovrebbe succedere. Ma <strong>le</strong><br />
mie opinioni non sembrano molto<br />
autorevoli, visto che, toccati da quanto<br />
accaduto, i miei compagni si rifiutano<br />
assolutamente di proseguire. Così me ne<br />
sto come un <strong>le</strong>one in gabbia a cuocere<br />
nella tendina, a mangiarmi il fegato<br />
pensando ad una bella giornata inuti<strong>le</strong> –<br />
certi regali non vanno sprecati, che <strong>le</strong><br />
cartucce sono sempre poche.<br />
E invece non è sprecato niente, Massimo<br />
trova un passaggio sicuro dall’altra parte<br />
del ghiacciaio – chapeau – ed il giorno<br />
dopo la <strong>cresta</strong> ci richiede nove ore di<br />
sforzi sfiancanti per raggiungere l’unico<br />
luogo ragionevo<strong>le</strong> per un campo, in un<br />
profondo cemento che comunque non<br />
riesci a comprimere, una tortura, nel<br />
pomeriggio non saremmo arrivati da<br />
nessuna parte. Alla fine è campo II,<br />
assolutamente al di là di quanto<br />
prevedibi<strong>le</strong>. Il fatto è che da sotto ci si fa<br />
un’idea che è ben diffici<strong>le</strong> ritrovare più in<br />
alto. <strong>La</strong> tabella di marcia è salva anche<br />
se non abbiamo il cuore di salire fino al<br />
termine della prima <strong>cresta</strong> per guardare<br />
la parte superiore, e questo direi che sia<br />
stato un errore. In sei giorni siamo arrivati<br />
quassù, risolvendo la prima incognita<br />
della salita – se però crediamo che sarà<br />
sempre così faci<strong>le</strong> ci sbagliamo proprio.<br />
Per intanto scendiamo soddisfatti, nella<br />
nostra presunzione di aver fatto un buon<br />
lavoro, e nella più subdola convinzione di<br />
aver lasciato ai compagni l’onore di<br />
terminare la prima parte dell’opera, che ci<br />
aspettiamo conclusa quanto prima.<br />
Gianni<br />
E invece no.<br />
Per intanto ci abbiamo rimesso Ezio, ed il<br />
recuperato Armando insieme a Gianni<br />
sono una task force troppo esigua per<br />
spararsi da soli fino a lassù. Insomma, al<br />
campo I c’è ormai di tutto, il campo II<br />
sarà invece sepolto dalla neve che ogni<br />
pomeriggio ci fa compagnia. Bisogna<br />
muoversi. Non abbiamo però <strong>le</strong> risorse<br />
per due gruppi da quattro alpinisti, e due<br />
gruppi da tre non danno a tutti il dovuto<br />
spazio: è vero che Ezio è infortunato,<br />
Armando conva<strong>le</strong>scente, Donatella e<br />
Carla non proprio indipendenti, resta il<br />
fatto che comunque tutti vorrebbero fare<br />
qualcosa…<br />
Ne viene fuori un bel gruppone di otto<br />
persone per un viaggio fino alla cima del<br />
6000, solo Carla che è già stata quasi<br />
lassù si sacrifica, rendendosi conto che<br />
troppo affollamento non è di grande<br />
aiuto.<br />
Questa volta la salita al campo II è più<br />
veloce, ma lì finisce tutto in una grande<br />
nevicata che ci blocca per un giorno<br />
intero, passato a spalare neve e spostare<br />
tende che minacciano continuamente di<br />
essere schiacciate dalla massa di neve<br />
che si carica continuamente dal pendio.<br />
Alla fine l’unica è scendere, in mezzo alla<br />
bufera, che si placa solo molto più in<br />
basso.<br />
Questa volta abbiamo <strong>le</strong> orecchie basse,<br />
abbiamo portato su il materia<strong>le</strong><br />
necessario, ma se continua così, con<br />
neve tutti i giorni, non vediamo molte<br />
speranze, perché comunque non<br />
abbiamo molto tempo. Per cui decidiamo<br />
di muoverci in sei per “il tentativo”, senza<br />
mettere altri campi fissi, tutti insieme fino<br />
al 6000, poi si vedrà.<br />
Ci vogliono almeno 8 ore, se tutto va<br />
bene e con condizioni decenti, per<br />
raggiungere il campo II. Almeno questo è<br />
il tempo che io e il Socio, cioè Claudio, ci<br />
mettiamo partendo dal Base in una<br />
perfida pioggerellina fitta, ed a questo<br />
punto possiamo dire di essere<br />
abbastanza in forma. <strong>La</strong> sera è invece<br />
luminosa e fa ben sperare per il giorno<br />
dopo, che vede il Socio trascinarci a<br />
forza su per la <strong>cresta</strong> – cosa fa fare l’aria<br />
di cima.<br />
Lo spettacolo che ci troviamo davanti è<br />
peggio di quanto ci potessimo aspettare.<br />
Un pugno nello stomaco. Come tutte <strong>le</strong><br />
scoppo<strong>le</strong> ci vuo<strong>le</strong> un attimo, poi si<br />
reagisce. Mettiamo <strong>le</strong> tende sul col<strong>le</strong>, ed<br />
esaminiamo con più calma la <strong>cresta</strong>. <strong>La</strong><br />
prima parte è ripida ma aggirabi<strong>le</strong>, poi c’è<br />
un tratto che non sembra prob<strong>le</strong>matico,<br />
finchè un dente di roccia interrompe il<br />
filo, molto in alto. Bisognerà andare a<br />
vedere per saperne di più.<br />
Prima di cena risalgo con Gianni per il<br />
col<strong>le</strong>gamento con Carla, al campo base.<br />
E’ la sua prima esperienza su di una<br />
grande montagna, e quello che abbiamo<br />
davanti è proprio impressionante. Ne ha<br />
parlato con Armando, hanno deciso di<br />
fermarsi al col<strong>le</strong>, faranno da ponte con il<br />
base e da squadra d’appoggio, non si sa<br />
mai… Mi spiace, perché vorrei che tutti<br />
potessero salire, e sicuramente Gianni<br />
non si è risparmiato fino a qui. Però li<br />
capisco, siamo tutti un po’ colpiti da<br />
quello che abbiamo sulla testa. Del resto<br />
dobbiamo provarci, e su di lì in quattro<br />
sarà meglio che in sei.<br />
Claudio<br />
<strong>La</strong> sveglia è assicurata da un lungo<br />
traverso ad aggirare i primi torrioni, e da<br />
una termina<strong>le</strong> balorda, carichi come<br />
siamo. Il pendio al di sopra è piuttosto<br />
dritto e la neve naturalmente cattiva.<br />
Faticoso. Snervante. Anche in <strong>cresta</strong> non<br />
va meglio, poi un piccolo seracco deve<br />
essere aggirato e devo dire non è il mio<br />
lavoro preferito, neve marcia su di uno<br />
strato di ghiaccio, poco <strong>le</strong>ggibi<strong>le</strong>, poi<br />
arriva la tormenta, ma ormai abbiamo<br />
trovato un posto per il campo, sopra un<br />
bel cavolfiore, sotto non sappiamo bene<br />
cosa ci sia. Nevica copiosamente, ma<br />
dentro <strong>le</strong> nostre tendine ci sentiamo<br />
abbastanza protetti. Oggi mi sono<br />
dimostrato un cretino: a questa quota ci<br />
vogliono gli occhiali, qualunque tempo<br />
faccia, ed il preoccupante fastidio mi<br />
ricorda i percoli di una vera oftalmia, che<br />
ho già conosciuto a fondo anni fa.<br />
Questa volta mi è andata bene, ma il<br />
messaggio è chiaro: non ci si può<br />
concedere distrazioni in montagna,<br />
tantomeno quassù.<br />
Una bellissima mattinata ci conduce per<br />
pendii più dolci fino sotto il dente di<br />
roccia. Neanche a dirlo ha nevicato tutta<br />
la notte, neanche a dirlo abbiamo appena<br />
il tempo di piazzare <strong>le</strong> tendine prima che<br />
ricominci. Claudio e Massimo cercano<br />
comunque di attrezzare la paretina<br />
rocciosa che ci sovrasta, una quarantina<br />
di metri di roccia marcia, il terreno idea<strong>le</strong><br />
per Claudio, che torna a sentirsi un po’ a<br />
casa sua.<br />
Claudio, il Socio, il “mio” Socio, un bel<br />
personaggio. E’ la sua prima esperienza<br />
extraeuropea e subito su di una grande<br />
montagna, ma il suo carattere viene fuori,<br />
e che carattere – del resto <strong>le</strong> invernali<br />
solitarie che ogni tanto caccia fuori<br />
devono appoggiarsi a qualcosa, no? Già<br />
in fase organizzativa è stato il più<br />
vulcanico, ed una volta imbarcati in<br />
questa avventura si è riproposto sullo<br />
stesso registro. “Muso duro e bereta<br />
fracà”, come dicono dal<strong>le</strong> sue parti…<br />
Così è virtualmente impossibi<strong>le</strong> tenerlo<br />
dietro, ed anche a caricarlo come un<br />
asino l’impresa è ardua. Insomma una<br />
sicurezza. Ci troviamo bene, abbiamo<br />
tante storie da raccontarci e sogni da<br />
dividere, anche se i nostri gusti sono<br />
diversi dal momento che lui ama la roccia<br />
– spesso dubbia sostengo io, in variabilmente<br />
meravigliosa dice lui – del<strong>le</strong> grandi<br />
pareti dolomitiche, mentre io non disdegno<br />
spit e fa<strong>le</strong>sie (non disdegnavo, che<br />
ormai non mi tengo proprio più).<br />
Sta soffrendo un po’ i tempi dilatati della<br />
spedizione, dove si attende molto e si<br />
conclude poco, lo capisco, quante cose<br />
si potrebbero fare in tutto questo tempo e<br />
invece eccoci sempre qui, impantanati su<br />
di una <strong>cresta</strong> che potrebbe rivelarsi una<br />
vera trappola – credo che sia fatto più<br />
per l’azione continua che per <strong>le</strong> inattività<br />
forzate ai campi. Anche <strong>le</strong> sue solitarie<br />
sono fatte di attese, ma meno lunghe.
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
Carla in alto sul<strong>le</strong> corde fisse<br />
Tendine sulla durano <strong>cresta</strong> pur a 6500 sempre metri solo pochi giorni.<br />
Soffre anche un po’ di nostalgia di casa,<br />
del resto non si può non sentire la<br />
mancanza della Rosi...<br />
Per intanto il pomeriggio è proficuo e<br />
rimangono solo una ventina di metri di<br />
neve da superare, vedremo domani.<br />
Massimo<br />
<strong>La</strong> mattina è meravigliosa, ma quanto<br />
fredda!!! <strong>La</strong> corda fissata mi scalda però<br />
in fretta, tanto quanto mi raggela la vista<br />
dell’assicurazione a cui sono appeso. Ce<br />
ne vuo<strong>le</strong> ma raggiungo il punto da cui<br />
devo cavarmela da solo. E su è una vera<br />
schifezza… bisogna togliere tutta la neve<br />
se si vuo<strong>le</strong> una parvenza di solidità, ma<br />
va detto che non sono affatto abituato a<br />
questi terreni. Alla fine raggiungo la cima<br />
del torrione, mi sporgo e mi metto a<br />
ridere, se i miei compagni sapessero<br />
dove siamo!!! Poi è Massimo ad andare<br />
un po’ <strong>oltre</strong>, sempre su neve sgradevo<strong>le</strong>,<br />
quasi impossibi<strong>le</strong> proteggersi, ma lui ne<br />
sa una più del diavolo. Resta inteso che<br />
oggi non saliremo <strong>oltre</strong>, sarà meglio<br />
un po’ di riposo in vista di domani, che si<br />
andrà su, se Dio vuo<strong>le</strong>…<br />
Con un breve consiglio di guerra ci<br />
rendiamo conto che difficilmente riusci-<br />
<strong>La</strong> spettacolare parete dal lato meridiona<strong>le</strong> della <strong>cresta</strong> est<br />
remo a tentare la cima principa<strong>le</strong>: siamo<br />
ancora troppo bassi, dovremmo spostare<br />
il campo o bivaccare in truna, cosa che<br />
non ho mai fatto sul<strong>le</strong> nostre montagne,<br />
figuriamoci ad improvvisare sopra i<br />
settemila metri. Però mi spiace, cavolo,<br />
dopo tutta ‘sta fatica, ma siamo così<br />
piccoli quassù e anche se la montagna<br />
sembra addormentata <strong>le</strong> basterebbe<br />
poco poco per scrollarci tutti di dosso…<br />
decidiamo quindi di applicare un solido<br />
realismo, che è purtroppo quello che ti<br />
impedisce di prendere il volo – a pesare<br />
sulla bilancia il fatto che di Icaro ce n’è<br />
già stato ben più di uno.<br />
Arriva anche il mattino, dopo una notte<br />
nervosa. Siamo presto in cammino, ma<br />
Claudio si sente troppo fiacco, alla fina<br />
rinuncia a proseguire, credo più per<br />
timore di ral<strong>le</strong>ntare qualcuno che per<br />
vero ma<strong>le</strong>ssere, direi una questione di<br />
inesperienza. Allora proseguiamo in tre,<br />
ma al di sopra non è che <strong>le</strong> cose<br />
migliorino. Ci impieghiamo un bel po’ a<br />
superare i colatoi che si succedono, ma<br />
finalmente raggiungiamo i facili (e infiniti)<br />
pendii sommitali. Si, non siamo dei<br />
fulmini, ma questo costone non finisce
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
mai. <strong>La</strong> neve è migliorata un po’, ma in<br />
compenso ogni tanto gira in crosta, e la<br />
cosa non è piacevo<strong>le</strong>. Per di più i miei<br />
compagni, gentilissimi, mi offrono l’onore<br />
di raggiungere la “vetta”, questo un buon<br />
paio d’ore prima di giungervi… Vetta, è<br />
una bella stiracchiatura chiamarla così.<br />
Sono <strong>le</strong> cinque del pomeriggio quando<br />
arriviamo ad un dosso che chiude lo<br />
sperone della <strong>cresta</strong> est, l’idea norma<strong>le</strong><br />
di cima è diversa, l’altra definizione<br />
potrebbe essere il punto in cui si girano i<br />
buoi e chi s’è visto s’è visto. Tanto più<br />
che torna la tormenta, e quassù non è<br />
faci<strong>le</strong> orientarsi.<br />
Ci ributtiamo giù dal pendio, ed alla fine<br />
siamo di nuovo ai torrioni di ghiaccio.<br />
Massimo lavora ad una sosta decente<br />
per la prima doppia, L’aria è carica di<br />
e<strong>le</strong>ttricità e lui, bello alto, un vero<br />
parafulmine, comincia a sentire qualche<br />
scossa. Non la prende affatto bene, in<br />
effetti è abbastanza impressionabi<strong>le</strong>, e<br />
qui forse a ragione. Sarà la stanchezza,<br />
sarà la consapevo<strong>le</strong>zza che comunque<br />
non siamo in un tempora<strong>le</strong>, sarà che<br />
accasciati sulla neve non sentiamo nulla,<br />
ma io e Beppe stiamo crepando dal<strong>le</strong><br />
risate, se non che il campo non è molto<br />
lontano e anche questa volta riusciamo a<br />
salvarci.<br />
Io e Massimo abbiamo un rapporto<br />
controverso, così, pur stimandoci profondamente,<br />
passiamo sempre momenti di<br />
tensione nel<strong>le</strong> nostre spedizioni.<br />
Nessuno dei due sembra aver portato<br />
vere conseguenze di ciò, dal momento<br />
che poi ci imbarchiamo nel<strong>le</strong> stesse<br />
avventure. Del resto Massimo ha un’invidiabi<strong>le</strong><br />
esperienza di montagna, che<br />
affronta con prudenza ma con efficacia.<br />
Non gli piace rischiare molto e ciò fa di lui<br />
un e<strong>le</strong>mento di sicurezza. Così sono più<br />
sicuro di poterla raccontare.<br />
Carla<br />
<strong>La</strong> discesa è ovviamente molto più<br />
veloce. Claudio si è rimesso, la bella<br />
doppia da un seracco che ci posa su di<br />
un ripido pendio l’avrebbe rimesso<br />
comunque. Purtroppo in prossimità del<br />
col<strong>le</strong> la neve fresca è veramente<br />
profonda. Siamo carichi e sfondiamo fino<br />
al<strong>le</strong> anche, cose mai viste. Ad un certo<br />
punto mi tolgo il sacco per battere trenta<br />
metri in salita, fatica inuti<strong>le</strong> perché<br />
sembra di essere sul<strong>le</strong> sabbie mobili.<br />
Così mi siedo e rifiato con una bella<br />
sigaretta che mi sono preparato dal<br />
mattino, guardando sfilare gli altri e non<br />
posso fare a meno di ridere. Tanta fatica,<br />
ma quando sarà passata non la ricorderemo<br />
più. Bisogna saper consolare il<br />
proprio corpo.<br />
<strong>La</strong> risalita della cima intermedia va<br />
meglio del previsto, e poi navighiamo giù<br />
verso il campo II, che naturalmente<br />
dobbiamo disseppellire, ormai al crepuscolo.<br />
Che giornata. Una bella<br />
mattinata ci porta infine giù verso il base,<br />
che raggiungiamo verso l’una del<br />
pomeriggio. Gli ultimi passi sulla morena<br />
li faccio con <strong>le</strong> reni sfiancate, ed un<br />
groppo in gola al pensiero di ritrovare<br />
Carla, che ci ha tenuti per mano da<br />
quaggiù per tutto questo tempo... Carla,<br />
se dovessi definire la modestia non potrei<br />
non pensare a <strong>le</strong>i. Anche per <strong>le</strong>i questa<br />
via era un po’ troppo e non avrebbe<br />
potuto dare molto contributo su in alto.<br />
Allora si è messa da parte ed ha fatto il<br />
capo campo, attività dove può far<br />
rifulgere il proprio ta<strong>le</strong>nto organizzativo.<br />
Dopo anni di scalate insieme mi è<br />
mancata la sua presenza, quella fisica<br />
almeno, che l’altra è sempre con me…<br />
Quaggiù è bello pestare di nuovo l’erba,<br />
godersi una buona birra e fumare una<br />
sigaretta tranquilli… A questo pensano i<br />
nostri cuochi, Wang & Wang, uno<br />
grassottello e l’altro magro, per noi sono<br />
quindi Big Wang e Small Wang. Fumano<br />
come turchi, ogni volta che entro nella<br />
tenda cucina mi sbattono in mano una<br />
birra e mi mettono in bocca una cicca, si<br />
vede che vogliono che mi trovi bene…<br />
Ma non è mica tempo di dormire, una<br />
salita devono farla tutti, così dopo<br />
appena un giorno dal nostro ritorno si<br />
riparte per salire il 6000 con chi non l’ha<br />
ancora fatto, cioè Carla, Donatella ed<br />
Ezio. E poi bisogna smantellare il campo<br />
II. Cosa succede in questi due giorni tra<br />
salita e discesa mi è diffici<strong>le</strong> raccontarlo.<br />
Il fatto è che sono un po’ stanco, e<br />
piuttosto intrattabi<strong>le</strong>. Ne fanno <strong>le</strong> spese in<br />
miei compagni di viaggio, a cui fischiano<br />
<strong>le</strong> orecchie più di una volta. <strong>La</strong> punta è<br />
alla fine nostra, senza spettacolo, che la<br />
bufera è ormai padrona della montagna,<br />
lassù, ora vorrei solo che fosse finita.<br />
Invece la <strong>cresta</strong> è molto cambiata, si<br />
sono aperti crepacci un po’ dappertutto e<br />
la cosa non è indolore. Ne fa <strong>le</strong> spese<br />
Donatella, manco a dirlo, che atterra di<br />
testa sul fondo di un bel crepo, niente di<br />
grave se non una mezza commozione<br />
cerebra<strong>le</strong>. Per una volta al base si<br />
trattiene col cibo, che non riesce proprio<br />
a tenersi dentro. Preoccupati? no, una<br />
Claudio si avvicina al dente di roccia Uno sguardo verso il basso dal dente di roccia
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
buona dormita ci catapulta al mattino<br />
seguente, quando finalmente ci ricordiamo<br />
del nostro medico che per fortuna si è<br />
ripreso del tutto, anche in quanto ad<br />
appetito.<br />
Beppe<br />
Non che il lavoro sia finito. Noi abbiamo<br />
smantellato il campo II, mentre Beppe,<br />
Armando e Gianni si sono riportati a casa<br />
il campo I quasi del tutto. Restano <strong>le</strong><br />
corde fisse da recuperare, e questo sarà<br />
il compito di Claudio e Massimo. Per<br />
intanto, visto che fa brutto e che dopodomani<br />
si parte, prepariamo i bagagli, e<br />
rendiamo onore al banchetto preparatoci<br />
da Wang & Wang, con cura tipicamente<br />
cinese. E con tanto di bottiglia di vino<br />
che, conoscendo i gusti italiani, si sono<br />
portati dietro per festeggiare.<br />
Quello più instancabi<strong>le</strong> è comunque<br />
Sui cavolfiori della <strong>cresta</strong> a 6900 m
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
Beppe: ha tirato come un disperato sulla<br />
prima parte della <strong>cresta</strong>, quella più<br />
faticosa per dirla tutta, ha portato carichi<br />
su e giù senza battere ciglio, anche ora<br />
ogni giorno è su al ghiacciaio, ad aiutare<br />
chi scende con i carichi anche se non è<br />
il suo turno. Beppe in realtà è tra di noi<br />
l’unico vero Iron Man, una forza della<br />
natura, nonostante la non più verde età.<br />
Una persona davvero piacevo<strong>le</strong> e<br />
decisamente generosa. Pur essendo più<br />
un rocciatore (e di gran classe) come<br />
aspirazione, è parso dotato di notevo<strong>le</strong><br />
sensibilità per muoversi a pieno agio su<br />
di ogni terreno, e l’al<strong>le</strong>namento garantito<br />
dalla sua attività in competizioni scialpinistiche<br />
gli dà quel quid in più per<br />
respirare in ogni situazione.<br />
E’ bello trovarsi in spedizione con vecchi<br />
amici. E’ un po’ il sogno di tutti, salvo poi<br />
scoprire che i vecchi amici non sono<br />
quello che si credeva, o non lo sono più.<br />
Può capitare invece di conoscere nuove<br />
persone che sono del<strong>le</strong> miniere di<br />
esperienza ed emozioni, ed è consolante<br />
dividerci <strong>le</strong> proprie. Quando poi si trova<br />
qualcuno di specia<strong>le</strong> allora siamo<br />
davvero grati dell’onore di percorrerci<br />
insieme una parte di strada.<br />
Che è quasi sempre in “salita”, beninteso,<br />
anche quando ci si sta ritirando.<br />
L’ultimo carico è di quelli che stroncano:<br />
Massimo e Claudio si spupazzano tutta<br />
la statica più il resto del materia<strong>le</strong>, e<br />
meno ma<strong>le</strong> che Beppe è risalito ancora<br />
una volta ad aiutarli.<br />
<strong>La</strong> spedizione è quasi finita, cominciano<br />
ad arrivare in nostri portatori, guardano<br />
incuriositi l’attrezzatura da ghiaccio e<br />
d’alta quota, mi sembra impossibi<strong>le</strong> ma<br />
forse a loro non basta un anno per<br />
guadagnare quanto il costo di un paio dei<br />
nostri scarponi…non abbiamo molto da<br />
dar loro, ma almeno si mettono in<br />
bisaccia gli spezzoni di corda che non ci<br />
riporteremo a casa, qualche cosa di uti<strong>le</strong><br />
per dei pastori. E’ gente semplice ed<br />
onesta, come tutti i montanari del resto,<br />
rude ma anche vivace e simpatica, per<br />
quanto poco riusciamo a comunicare.<br />
Sono pastori Kirghisi, che di cinese<br />
hanno poco, anche il dia<strong>le</strong>tto che parlano<br />
non ha nulla a che fare con l’idioma dei<br />
Wang, ma un po’ di conoscenza incrociata<br />
ce l’hanno. In precedenza sono venuti<br />
a trovarci talvolta dei ragazzini, 12-13<br />
anni, coltello alla cintola ed aria vissuta<br />
da pastore, a portarci yogurt e angurie,<br />
che scambiamo con altro cibo, che non è<br />
ciò che li interessa di più. Uno aveva un<br />
mangianastri, musiche da unione sovietica,<br />
siamo in Cina ma questo è un puro<br />
caso geopolitico, in realtà siamo nel<br />
cuore di un continente immenso, dove<br />
l’uomo continua a vivere come centinaia<br />
di anni fa…<br />
Io<br />
E’ l’ultima notte. Nevica, bagnato, è<br />
l’ultimo saluto di questa montagna che è<br />
stata tutto sommato abbastanza benevola,<br />
ma che si è imbiancata quasi ogni<br />
giorno. Sapevamo che non sarebbe stata<br />
una passeggiata, ma fortunatamente la<br />
nostra <strong>le</strong>ttura della via era corretta.<br />
Abbiamo salito una grande linea, che è<br />
comunque rimasta monca. Peccato, un<br />
po’ di rammarico per aver mancato la<br />
cima principa<strong>le</strong>, ma <strong>le</strong> immagini che<br />
abbiamo portato a casa ben sottolineano<br />
l’impegno di quanto avevamo di fronte.<br />
Sapevamo di aver bisogno di tutta la<br />
nostra fortuna per riuscire, e di tutta la<br />
nostra pazienza ed energia per non<br />
rinunciare. Il nostro successo è stato una<br />
prova di carattere ma anche e soprattutto<br />
un regalo degli dei del<strong>le</strong> cime: continuare<br />
a crederci è stata la nostra forza, poi il<br />
<strong>Kongur</strong> ci ha preso per mano e si è<br />
concesso, almeno in parte.<br />
<strong>La</strong> salita non presenta difficoltà tecniche<br />
di particolare rilievo. Questo lo possiamo<br />
dire solo adesso, ovviamente. Perciò il<br />
valore della nostra spedizione va bene al<br />
di là di quanto diffici<strong>le</strong> sia stato superare<br />
la <strong>cresta</strong>. Ma ripeto anche che nessuno<br />
finora ci aveva provato, e questo non certamente<br />
perché la via sembrasse troppo<br />
bana<strong>le</strong>.<br />
In condizioni di tempo cattivo non saremmo<br />
arrivati fin lassù, ma in condizioni un<br />
po’ migliori sono sicuro che saremmo<br />
arrivati in cima. Abbiamo dimostrato<br />
ancora una volta, se ce n’era bisogno,<br />
che un piccolo gruppo può realizzare<br />
salite di notevo<strong>le</strong> valore. Abbiamo anche<br />
dimostrato di saper <strong>le</strong>ggere la montagna<br />
partendo da poche informazioni, e questo<br />
mi fa doppiamente piacere: una salita va<br />
conclusa sul campo, ma è nella sua<br />
organizzazione che si gettano i semi di<br />
un possibi<strong>le</strong> successo.<br />
Tecnicamente parlando non ce la faccio<br />
più a correre, ma su queste montagne<br />
c’è più bisogno di ritmo che di scatto, ed<br />
il futuro mi lascia aperta ancora qualche<br />
possibilità. Per la seconda volta sono<br />
stato capo spedizione, ruolo per cui non<br />
sono evidentemente molto adatto… il mio<br />
gruppo non si è fatto molti scrupoli a<br />
decidere il contrario di quello che avrei<br />
voluto, del resto eravamo una squadra<br />
che decideva a maggioranza ed evidentemente<br />
non ho avuto argomenti forti, né<br />
un comp<strong>le</strong>to ascendente. Se non che i<br />
miei giudizi si dimostrano puntualmente<br />
esatti.<br />
<strong>La</strong> via alla vetta è incomp<strong>le</strong>ta ma non<br />
credo che nessuno di noi tornerà<br />
quaggiù, a questo campo base, per finire<br />
il lavoro. Per il momento il nostro tempo è<br />
terminato, l’avventura allora è quasi finita<br />
– nessuno ha però dubbi, rientrare a<br />
Peshawar in pulmino non sarà bere un<br />
bicchier d’acqua.<br />
Guardo i miei compagni scendere<br />
sparpagliati, ciascuno immerso nei suoi<br />
pensieri, come sempre succede al ritorno<br />
da una spedizione, momento di rif<strong>le</strong>ssione<br />
e bilancio, istante sempre denso di<br />
emozioni. Un viaggio è finito, ma non<br />
credo di sbagliarmi nel dire che ognuno<br />
di noi sta già cominciando a sognarne<br />
un’altro.<br />
Relazione tecnica<br />
<strong>Kongur</strong> Tagh<br />
quota 7204 (<strong>Kongur</strong> Est), <strong>cresta</strong> Nord Est<br />
Via del Centenario CAAI<br />
Prima salita: 11 agosto 2004, M. Penasa,<br />
M. Giuliberti, B. Villa<br />
Dislivello: 3400 m dal campo base (3600<br />
reali)<br />
Difficoltà: D con tratti TD, in preva<strong>le</strong>nza<br />
neve-ghiaccio, con un diffici<strong>le</strong> tratto di<br />
misto friabi<strong>le</strong><br />
Kashgar è il punto di partenza per <strong>le</strong><br />
spedizioni nel Kun-Lun. Mezza mattinata<br />
di pullman porta verso <strong>le</strong> montagne fino a<br />
Gez, ingresso della gola che unisce <strong>le</strong><br />
basse pianure con l’altipiano di<br />
Tashgorgan costeggiando <strong>Kongur</strong> e<br />
Muztag-Ata.<br />
Da Gez risalire per sentiero e poi tracce<br />
lungo il vallone del torrente Korgankulu<br />
sino <strong>oltre</strong> i ricoveri Tugralkuluxi sugli<br />
ultimi prati prima del ghiacciaio omonimo<br />
(m 3870, 9-10 ore). Campo Base.<br />
Dal CB proseguire per 30 min. in<br />
direzione SO risa<strong>le</strong>ndo la morena del<br />
ghiacciaio Tugralkuluxi (ometti) fino alla<br />
seraccata che scende alla sinistra<br />
orografica. Risalire i ripidi sfasciumi sulla<br />
destra orografica della seraccata fino<br />
all’ultimo ripiano. Traversare la seraccata<br />
orizzontalmente nel punto più favorevo<strong>le</strong><br />
pressoché pianeggiante portandosi sulla<br />
sinistra orografica del ghiacciaio.<br />
Imboccare un grande canalone dapprima<br />
nevoso e poi terroso, tagliando in obliquo<br />
verso sinistra prima che questo muoia<br />
contro <strong>le</strong> rocce, e prendere un secondo<br />
cana<strong>le</strong> detritico risa<strong>le</strong>ndolo obliquamente<br />
fino ad una spalla. Traversare in <strong>le</strong>ggera<br />
discesa a sinistra e raggiungere il<br />
pianoro superiore del ghiacciaio (700m, 3<br />
ore). Campo 1.<br />
Superare la ripida parete Nord della<br />
<strong>cresta</strong> NE della punta 5975, nell’unico<br />
tratto privo di grandi pericoli oggettivi,<br />
traversando a destra a circa metà pendio<br />
su roccette affioranti e superando la<br />
cornice sommita<strong>le</strong> nel punto più favorevo<strong>le</strong>,<br />
per raggiungere così il filo della <strong>cresta</strong><br />
a circa 5000 m (450m, 50-60°, D+).<br />
Percorrere la <strong>cresta</strong> nevosa a tratti ripida<br />
e aerea sino alla punta 5975 (1000 m,<br />
AD+). Circa a quota 5600 m, prima di un<br />
caratteristico seracco a forma di vela, è<br />
possibi<strong>le</strong> piazzare un campo (esistono<br />
altre possibilità nel primo tratto della<br />
<strong>cresta</strong>, ma la zona è molto crepacciata).<br />
Dalla cima scendere quindi al col<strong>le</strong><br />
sottostante a circa 5800 m.<br />
Aggirare alla base sul lato destro il primo<br />
tratto della <strong>cresta</strong>, superando poi appena<br />
possibi<strong>le</strong> i ripidi pendii con seracchi che<br />
portano sul filo (250 m, 50-60°). Risalire<br />
al meglio la <strong>cresta</strong> nevosa per 500 m,<br />
superando un seracco e mantenendosi<br />
poi il più possibi<strong>le</strong> sul filo, fino alla base<br />
di un caratteristico salto roccioso; in<br />
questo tratto è possibi<strong>le</strong> piazzare la<br />
tendina in un paio di punti sul filo di<br />
<strong>cresta</strong>. Attenzione al<strong>le</strong> cornici incombenti<br />
sul versante meridiona<strong>le</strong>.<br />
Superare il salto roccioso con una diffici<strong>le</strong><br />
lunghezza di misto friabi<strong>le</strong> (60 m, A2 e<br />
misto, TD). Traversare orizzontalmente<br />
un ripido couloir per 80m e risalire ripidi<br />
pendii fino sul filo. Superare due cuspidi<br />
nevose in successione con una lunghezza<br />
molto delicata raggiungendo così la<br />
quota 6800. Prendere infine l’ampia <strong>cresta</strong><br />
sommita<strong>le</strong>, a tratti ancora ripida, e<br />
seguirla fino alla spalla 7204, dove la<br />
pendenza muore su di un costone<br />
orizzonta<strong>le</strong>.
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
Il termine della <strong>cresta</strong> est<br />
Discesa per l’itinerario di salita con<br />
Foto ricordo al campo base<br />
con la ditta Wang & Wang<br />
In discesa alcune corde doppie su fittoni<br />
o corpi morti.<br />
Materia<strong>le</strong> utilizzato: una decina di chiodi<br />
da roccia, una ventina di viti da ghiaccio,<br />
15 fittoni da neve e 2 corpi morti, 500<br />
metri di corde fisse.<br />
Diario della spedizione<br />
18 luglio – Partenza da Malpensa, via<br />
Parigi e Doha, destinazione Peshawar<br />
19 luglio – Arrivo a Peshawar, trasferimento<br />
a Rawalpindi, prime boccate di<br />
oriente ed ultimi dettagli organizzativi.<br />
Armando scopre di avere la varicella.<br />
20 luglio – Da Islamabad si vola a<br />
Kashgar con l’intero bagaglio, circa 700<br />
kg, dove incontriamo Jin, il nostro<br />
riferimento della XMA, che improvvisa<br />
una visita veloce della città<br />
21 luglio – Trasferimento in pullmann a<br />
Gez, e da qui, con una ventina tra asini e<br />
cavalli e qualche cammello, si parte per il<br />
campo base lungo la val<strong>le</strong> del fiume<br />
Korgankulu. Pernottamento in tenda a<br />
Mazar, a circa 3000 m, che si raggiunge<br />
in circa 5 ore di cammino.<br />
22 luglio – Con altre 4 ore si perviene agli<br />
ultimi prati incuneati tra <strong>le</strong> morene del<br />
lato sinistro orografico del ghiacciaio<br />
Tugralkuluxi, dove viene posto il campo<br />
base. Armando, ormai una maschera di<br />
pusto<strong>le</strong>, ha la febbre alta e sa<strong>le</strong> al CB a<br />
cavallo. Beppe, Claudio e Massimo<br />
segnano con ometti il percorso sulla<br />
morena per raggiungere il pianoro del<br />
ghiacciaio sotto la seraccata. Nel<br />
pomeriggio e per tutta la notte piove.<br />
23 luglio – Massimo sta poco bene e<br />
resta al CB con Armando, mentre tutti gli<br />
altri salgono nella nebbia circa 400 metri<br />
sul fianco della seraccata a portare<br />
materia<strong>le</strong> al deposito avanzato; tempo<br />
sempre brutto e dal<strong>le</strong> 13 piove di nuovo.<br />
24 luglio – Secondo viaggio al deposito,<br />
con l’eccezione di Armando; di qui si<br />
affrontano i pendii che bordano la seraccata<br />
sul lato destro orografico e che<br />
spingono sul ghiacciaio stesso. Si arriva<br />
infine al ripiano superiore del ghiacciaio<br />
con percorso piuttosto faticoso, molta<br />
neve marcia e rischio di slavine dai<br />
pendii soprastanti, in circa 3 ore, inclusa<br />
la ricerca della via in mezzo a crepacci<br />
infidi. Il C1 viene posto a circa 4500 m<br />
con 2 tende. Beppe, Claudio, Massimo e<br />
Mauro fanno un secondo giro con<br />
materia<strong>le</strong> dal deposito al C1 e si fermano<br />
a dormire, mentre gli altri scendono.<br />
Nella notte nevica.<br />
25 luglio – Nevischio mattutino e solo al<strong>le</strong><br />
9 il gruppo attacca il ripido pendio che<br />
porta ad una sella a circa 5000 m sulla<br />
<strong>cresta</strong> NE della punta 5975. E’<br />
paragonabi<strong>le</strong> alla Nord della Tour Ronde<br />
con un tratto con rocce friabili; vengono<br />
piazzate 450 m di corde fisse. Data l’ora<br />
avanzata ed il caldo durante la discesa<br />
non si contano <strong>le</strong> slavine, per fortuna<br />
picco<strong>le</strong> ma proprio accanto alla linea di<br />
scalata. Nonostante il rischio Beppe,<br />
Claudio, Massimo e Mauro scendono fino<br />
al CB che viene raggiunto al<strong>le</strong> 20:30. <strong>La</strong><br />
prima incognita della salita è già<br />
superata. Soddisfazione evidente.<br />
26 luglio – Riposo al CB mentre<br />
Donatella, Ezio e Gianni e partono per il<br />
C1. Purtroppo al contatto radio del<strong>le</strong> 16<br />
comunicano di essere stati presi da due<br />
slavine poco sotto il campo; Donatella è<br />
rimasta comp<strong>le</strong>tamente sotto la prima e<br />
solo <strong>le</strong> pa<strong>le</strong> sono riuscite a disseppellirla<br />
mentre Ezio ha contusioni varie e un dito<br />
forse rotto per aver trattenuto i compagni<br />
durante la seconda slavina. Pernottano al<br />
C1 ma non potranno salire a piazzare il<br />
C2. Dal pomeriggio piove.<br />
<strong>La</strong> <strong>cresta</strong> est sopra i 6000 metri
Momenti di Alpinismo Momenti di Alpinismo<br />
27 luglio – Beppe, Carla, Claudio, Massimo<br />
e Mauro salgono al C1, incrociando<br />
Donatella, Ezio e Gianni che scendono<br />
dopo l’incidente. Viene piazzata una fissa<br />
nel punto pericoloso ma così si arriva al<br />
C1 solo al<strong>le</strong> 11 e, dopo qualche<br />
discussione, si rinuncia a salire <strong>le</strong> fisse<br />
per il pericolo di slavine. Massimo e<br />
Claudio vanno in cerca di un passaggio<br />
alternativo sulla sinistra orografica della<br />
seraccata. Questa nuova via diventerà il<br />
percorso norma<strong>le</strong> dal deposito al C1, più<br />
lungo ma quasi comp<strong>le</strong>tamente sicuro.<br />
28 luglio – Beppe, Claudio e Massimo<br />
attaccano <strong>le</strong> fisse al<strong>le</strong> 4,30. Claudio in<br />
testa <strong>le</strong> libera dalla neve e in due ore<br />
sono in cima. Al<strong>le</strong> 7 iniziano a salire la<br />
<strong>cresta</strong>, dove c’è molta neve inconsistente.<br />
Bebbe batte pista, Claudio e<br />
Massimo dietro con più carico; dopo<br />
quasi 8 ore arrivano ad una zona di<br />
piccoli seracchi, a circa 5600 m, dove<br />
vengono piazzate <strong>le</strong> due tende del C2.<br />
Carla e Mauro, partiti più tardi, arrivano<br />
un paio d’ore dopo, quando nevica già: la<br />
<strong>cresta</strong> ha richiesto loro 7 ore di scalata<br />
poiché la traccia non è di alcun aiuto, non<br />
si riesce a dare consistenza alla neve.<br />
Nevica quasi tutta la notte.<br />
29 luglio – Continua a nevicare ed al<strong>le</strong> 8<br />
si inizia a scendere in due cordate, al<strong>le</strong><br />
10 vengono raggiunte <strong>le</strong> fisse ed al<strong>le</strong> 12 il<br />
gruppo è al C1. Discesa al CB per il<br />
nuovo percorso, incrociando Armando,<br />
finalmente rimesso, e Gianni che salgono<br />
al C1 con l’obiettivo di salire l’indomani al<br />
C2 e possibilmente piazzare poi il C3. <strong>La</strong><br />
notte piove molto e nevica basso.<br />
30 luglio – <strong>La</strong> neve caduta fa desistere<br />
Armando e Gianni, che scendono al CB,<br />
nonostante la giornata piuttosto bella. Dal<br />
pomeriggio tutti al CB.<br />
31 luglio – E’ il 50° anniversario del K2; al<br />
pomeriggio si sa<strong>le</strong> in otto al C1: solo<br />
Carla resta al CB per mantenere i col<strong>le</strong>gamenti.<br />
Al C1 si monta una terza<br />
tendina. In serata cade il solito nevischio.<br />
1 agosto – Salita al C2 molto carichi con<br />
l’obiettivo di piazzare altri due campi. <strong>La</strong><br />
tenda da 3 posti è quasi sfondata e si<br />
lavora a lungo per sistemare il campo,<br />
posto sotto una paretina che raccoglie<br />
una gran quantità di neve. Dal pomeriggio<br />
ricomincia a nevicare; Donatella ed<br />
Ezio – che sa<strong>le</strong> con un dito rotto –<br />
arrivano piuttosto tardi; anche qui viene<br />
montata una tenda provvisoria.<br />
2 agosto – Bloccati dal maltempo tutto il<br />
giorno. Mauro vorrebbe fare una puntata<br />
fino al 6000 ma poi si lascia perdere;<br />
nevica quasi tutta la notte.<br />
3 Agosto – Alba sp<strong>le</strong>ndida su Kashgar<br />
ancora illuminata ma subito riprende a<br />
nevicare con tormenta. Si decide di<br />
scendere tutti. Fa freddo e c’è vento, in<br />
compenso la neve è più sicura. Al C1 la<br />
tenda da 3 è semisepolta: lavoro aggiuntivo<br />
per rimetterla in piedi, poi si scende<br />
al CB. Ha nevicato fino a 4000m.<br />
4 agosto – Giornata di riposo al CB con<br />
tempo stupendo che toglie un po’ di neve<br />
e tira su il mora<strong>le</strong>: è il primo giorno interamente<br />
senza pioggia o neve. Consiglio di<br />
guerra: la settimana persa costringe a<br />
tentare la salita in sti<strong>le</strong> alpino, senza<br />
ulteriori campi fissi.<br />
5 agosto – Armando, Beppe, Gianni e<br />
Massimo salgono al C1 al pomeriggio.<br />
Mauro e Claudio saliranno domani direttamente<br />
al C2. Nella notte nevica.<br />
6 agosto – Il gruppo di testa raggiunge il<br />
C2, mentre Claudio e Mauro, che devono<br />
attendere fino al<strong>le</strong> 7 che smetta di<br />
piovere, arrivano velocemente, grazie a<br />
condizioni per una volta ragionevolmente<br />
buone. Altro lavoro di sistemazione<br />
campo.<br />
7 agosto – In una bella mattina il gruppo<br />
sa<strong>le</strong> la <strong>cresta</strong> fino alla punta 5975, tutti<br />
molto carichi. Si tratta di una via nuova a<br />
questa quota, comunque già salita da<br />
una spedizione russa dal versante meridiona<strong>le</strong>.<br />
E’ possibi<strong>le</strong> finalmente osservare<br />
la <strong>cresta</strong> NE del <strong>Kongur</strong>, che fa una<br />
notevo<strong>le</strong> impressione. Discesa al col<strong>le</strong> a<br />
5800 m e posa del<strong>le</strong> 3 tendine. Nel<br />
pomeriggio viene fatta una traccia nella<br />
neve fonda fino alla base di un ripido<br />
scivolo che porta sulla <strong>cresta</strong> a monte del<br />
primo risalto. Fissate due corde sul<br />
pendio si torna al<strong>le</strong> tende. A sera nevica.<br />
8 agosto – Beppe, Claudio, Massimo e<br />
Mauro smontano <strong>le</strong> tende e partono per<br />
la <strong>cresta</strong>; Armando e Gianni (che rifà<br />
traccia fino alla base del pendio), decidono<br />
di restare al col<strong>le</strong> per fare da ponte<br />
radio con il CB. Risalite <strong>le</strong> corde e superato<br />
il pendio aggirando a destra un<br />
grosso seracco il gruppo di testa raggiunge<br />
la <strong>cresta</strong>. Ancora un seracco con un<br />
tiro delicato, il filo nevoso viene ripreso a<br />
circa 6300 m dove vengono poste <strong>le</strong><br />
tendine, dopo un discreto lavoro di scavo,<br />
in un luogo veramente aereo. Serata<br />
di nebbia fitta, di notte ancora neve.<br />
9 agosto – Armando e Gianni, spostano<br />
la tenda dal col<strong>le</strong> fino sulla punta 5975<br />
per facilitare i col<strong>le</strong>gamenti radio. Il<br />
gruppo di testa riprende a salire la <strong>cresta</strong><br />
con molte neve fresca fino a raggiungere<br />
la base di un salto roccioso, a circa 6600<br />
m. Anche se è ancora presto il campo<br />
viene posto ad un centinaio di metri dal<strong>le</strong><br />
rocce, mentre Claudio e Massimo cominciano<br />
ad attaccare il risalto: superano<br />
circa 30 m difficili e friabili con una pochi<br />
chiodi precari. Al<strong>le</strong> 19:00 torna la bufera<br />
e rientrano al<strong>le</strong> tende piuttosto stanchi.<br />
Notte di forti nevicate.<br />
10 agosto – <strong>La</strong> bufera continua al mattino<br />
e così si decide per un giorno di sosta<br />
che consenta di comp<strong>le</strong>tare il superamento<br />
del salto. Sono alla fine 60 m di<br />
misto diffici<strong>le</strong> con roccia friabi<strong>le</strong> e neve<br />
inconsistente che Mauro conclude in<br />
bel<strong>le</strong>zza. Vengono usati una decina di<br />
chiodi. Massimo prosegue in traverso<br />
<strong>oltre</strong> un ripido cana<strong>le</strong> di neve a cercare la<br />
strada migliore per il giorno dopo.<br />
<strong>La</strong>sciata una corda fissa sul salto, si<br />
torna al<strong>le</strong> tende dove è rimasto Claudio,<br />
provato dal mal di testa. Armando e<br />
Gianni decidono invece di scendere al<br />
C1. Nella notte naturalmente nevica.<br />
11 agosto – Non sembrano esserci<br />
possibilità di spostare <strong>oltre</strong> il campo, date<br />
<strong>le</strong> condizioni precarie della <strong>cresta</strong> e la<br />
mancanza di corde da fissare. Si decide<br />
di tentare la vetta del <strong>Kongur</strong> Est. Il<br />
mattino è livido, ma si deve provare.<br />
Raggiunta la cima della fissa Claudio<br />
decide di rinunciare, forse per timore di<br />
ral<strong>le</strong>ntare glia altri. Beppe, Massimo e<br />
Mauro proseguono superando in<br />
traversata il cana<strong>le</strong> ed il ripido tratto<br />
seguente che porta ad un fungo di neve<br />
superato con un tiro delicato. In 4 ore<br />
viene raggiunta la parte alta della <strong>cresta</strong><br />
che diventa più semplice, sebbene<br />
ancora molto carica di neve. Al<strong>le</strong> 17,<br />
dopo 9 ore di salita dal<strong>le</strong> tendine, viene<br />
raggiunta la quota 7204, un interminabi<strong>le</strong><br />
mammellone nevoso dove la <strong>cresta</strong><br />
diventa pianeggiante. Il tempo che ha<br />
tenuto finora peggiora di colpo: poche<br />
foto e veloce discesa nella bufera ricca di<br />
e<strong>le</strong>ttricità, per rientrare al<strong>le</strong> tende al<strong>le</strong> 21,<br />
decisamente stanchi. Qui Claudio per<br />
fortuna sta meglio. Armando e Gianni<br />
sono intanto scesi al C1. Nella notte<br />
bufera con vento molto forte.<br />
12 agosto – Smontate <strong>le</strong> tende, discesa<br />
per la <strong>cresta</strong> fino al seracco più alto, da<br />
dove ci si cala in doppia. Un cana<strong>le</strong> ripido<br />
porta al pianoro che riconduce al col<strong>le</strong>,<br />
dove però si affonda nella neve fino alla<br />
coscia. <strong>La</strong> risalita al col<strong>le</strong> è veramente<br />
faticosa, da qui per <strong>cresta</strong> fino alla punta<br />
5975. Infine discesa al C2, raggiunto al<strong>le</strong><br />
21, e solito lavoro a disseppellire tende.<br />
13 agosto – Tempo bello e caldo, la<br />
discesa della <strong>cresta</strong> propone nuovi crepacci.<br />
Le fisse sono molto ghiacciate e<br />
rendono impossibi<strong>le</strong> l’uso del discensore:<br />
si scende con autobloccante. Alla fine si<br />
raggiunge il C1, molto stanchi anche per<br />
il carico. Si prosegue fino al CB,.<br />
Te<strong>le</strong>fonata al Presidente Rabbi per dare<br />
la buona notizia: la via del centenario<br />
CAAI è fatta!<br />
14 agosto – Tutti riuniti al CB. A sera<br />
Carla, Donatella, Ezio e Mauro risalgono<br />
al C1: obiettivo la salita del 6000 e lo<br />
smantellamento del C2.<br />
15 agosto – Carla, Donatella, Ezio e<br />
Mauro salgono al C2 e nel pomeriggio<br />
alla punta 5975, ma purtroppo il tempo è<br />
già diventato brutto. Discesa al C2 verso<br />
<strong>le</strong> 20. Armando, Beppe e Gianni smontano<br />
il C1.<br />
16 agosto – Discesa dal C2. Armando e<br />
Beppe sono al deposito a dare una<br />
mano. A sera tutti riuniti al CB.<br />
17 agosto – Brutto tempo e neve bassa:<br />
tutti al CB.<br />
18 agosto – Claudio e Massimo salgono<br />
presto al C1 per togliere <strong>le</strong> corde fisse<br />
dal pendio. Beppe al deposito per dividere<br />
il carico immane.<br />
19 agosto – Smantellamento del CB e,<br />
con l’aiuto di un gruppo di asini, si rientra<br />
a Gez in circa 6 ore. Attesa infinita di Big<br />
Wang, poi partenza al<strong>le</strong> 18:30 per raggiungere<br />
al<strong>le</strong> 22 Tashkurgan in pullman.<br />
20 agosto – Formalità doganali, saluti al<br />
nostro cuoco Small Wang ed al capocampo<br />
Big Wang. Rientro in Pakistan<br />
attraverso il Khunjerab Pass e discesa<br />
nella val<strong>le</strong> dell’Hunza fino a Gilgit: molto<br />
bello ma giornata lunga molto faticoso (3<br />
ore del fuso orario cinese recuperate).<br />
21 agosto – Da Gilgit seguiamo la val<strong>le</strong><br />
dell’indo fino a Besham<br />
22 agosto – Arrivo a Peshawar a metà<br />
pomeriggio. Visitiamo velocemente il vecchio<br />
mercato.<br />
23 agosto – Volo di ritorno a Milano<br />
Malpensa via Doha.