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UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ...

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UNIIVERSIITÀ POLIITECNIICA <strong>DELLE</strong> <strong>MARCHE</strong><br />

<strong>FACOLTÀ</strong> <strong>DI</strong> ME<strong>DI</strong>CINA E CHIRURGIA<br />

________________________________________________<br />

Dottttorratto dii Riicerrca X Ciicllo<br />

Currrriicullum<br />

Mediiciina e Prrevenziione<br />

Tesi di Dottorato<br />

“LA PERCEZIONE DEL DOLORE E LA POTENZIALE<br />

RICHIESTA <strong>DI</strong> PARTO CON ANALGESIA”<br />

Dottoranda<br />

Maria Cristina Grassi<br />

ANNO ACCADEMICO - 2010/2011<br />

Relatore<br />

Prof. Andrea Luigi Tranquilli


E' di gran sollievo pensare che il male che ti è accaduto<br />

tutti prima di te l'han sofferto, e tutti lo soffriranno.<br />

(Seneca)<br />

2


Indice<br />

IN<strong>DI</strong>CE 3<br />

PREMESSA 5<br />

Capitolo 1<br />

IL DOLORE NELL’ANTICHITA’ 9<br />

Capitolo 2<br />

1.1 Il Dolore e la Filosofia 10<br />

1.2 La Medicina, il dolore e la sua cura 15<br />

1.3 Il dolore nel parto 21<br />

1.4 I diversi modi di vedere il dolore 28<br />

1.4.1 La visione confessionale 28<br />

1.4.2 La visione dell’empowerment 28<br />

1.4.3 La visione tecnologico edonistica 30<br />

MISURAZIONE DEL DOLORE 32<br />

2.1 Il dolore 33<br />

2.2 Il dolore del parto 38<br />

2.2.1 Vie periferiche 39<br />

2.2.2 Il dolore nella prima fase del travaglio 40<br />

2.2.3 Il dolore nella seconda fase del travaglio 40<br />

2.3 La valutazione del dolore 42<br />

2.3.1 Caratteristiche delle scale di valutazione 43<br />

2.3.2 Scale unidimensionali 44<br />

2.3.3 Scale multidimensionali 49<br />

2.3.4 Misurazioni obiettive del dolore 50<br />

2.3.5 Misurazioni soggettive del dolore<br />

51<br />

3


Capitolo 3<br />

PROGETTO <strong>DI</strong> RICERCA 52<br />

3.1 Ricercatori 53<br />

Capitolo 4<br />

3.2 Definizione del problema 53<br />

3.3 Revisione della Letteratura 54<br />

3.4 Formulazione del razionale 62<br />

3.5 Formulazione delle ipotesi di ricerca 63<br />

3.6 Obiettivi della ricerca 63<br />

3.7 Definizione del campo d’indagine 64<br />

3.6.1 Setting 64<br />

3.6.2 Campione 64<br />

3.8 Definizione dell’area di analisi 66<br />

3.7.1Variabili 66<br />

3.7.2 Strumento d’indagine 66<br />

3.9 Pianificazione del progetto di ricerca 68<br />

3.8.1 WBS Managment 68<br />

3.8.2 WBS Progettazione/Attuazione 70<br />

3.10 Analisi dei dati 71<br />

RISULTATI 72<br />

4.1 Partecipazione all’indagine 73<br />

4.2 Caratteristiche generali della popolazione in studio 73<br />

4.3 Valutazione della percezione del dolore nel parto 75<br />

4.4 Dolore atteso/dolore percepito 81<br />

4.5 Desiderio di analgesia nei parti successivi 82<br />

4.6 Caratteristiche della popolazione a confronto 84<br />

CONCLUSIONI 85<br />

Allegato 1 88<br />

BIBLIOGRAFIA 90<br />

4


Premessa<br />

Botticelli “ La Madonna della Melagrana” 1487<br />

5


La Madonna della melagrana di Botticelli è conservata nella Galleria<br />

degli Uffizi a Firenze. Nell'opera, una delle poche databili della produzione<br />

matura di Botticelli, Maria si trova seduta al centro della composizione,<br />

nell'ampio manto azzurro che la iscrive in un triangolo isoscele prefetto<br />

delimitato del Bambino in basso.<br />

Attorno a lei si dispongono sei angeli, occupati in veri gesti simmetrici e con<br />

gli sguardi indirizzati a vari punti diversi. Quelli ai lati, appoggiati su un<br />

festone di rose bianche e rosse (fiore mariano simboleggiante la purezza),<br />

recano i gigli bianchi, attributo verginale di Maria, seguiti da angeli leggenti e<br />

da due, ai lati della Vergine, di cui si vedono le sole teste in espressioni varie.<br />

All'annunciazione rimandano anche le parole ricamate sulla stola dell'angelo a<br />

sinistra: AVE GRATIA PLENA. La percezione di spazialità è affidata<br />

unicamente alla disposizione a semicerchio degli angeli. Tutto da questo<br />

dipinto emana una calma serenità, l'immagine di una maternità celeste, che<br />

trascende ogni residuo umano.<br />

La melagrana che la Madonna e il bambino tengono in mano è un antico<br />

simbolo di fecondità che rafforza il senso della maternità compiuta, sempre<br />

questo frutto nelle varie tradizioni ha avuto questo senso privilegiato,<br />

suggerendo nel senso della maternità il perenne rifiorire.<br />

Da questa immagine di serena maternità celeste, che ricorda le genealogie<br />

6


mitologiche delle Divinità, prende le mosse questo lavoro che si occupa,<br />

invece, del dolore, in particolare del dolore nel parto, poiché ci sembrava utile<br />

ed interessante indagare proprio quell'aspetto che unisce questa unica<br />

esperienza del femminile con un elemento drammatico, rendendola un<br />

'passaggio' da uno stato all'altro, un'esperienza spirituale.<br />

La partizione degli argomenti del lavoro inizia dal quadro generale del primo<br />

capitolo, in cui si trattata il tema del dolore e il suo sollievo nell’antichità<br />

attraverso una breve sintesi della concezione filosofica del dolore. Si prosegue<br />

con il paragrafo concernente la storia della medicina, dove s’illustrano<br />

brevemente le terapie del dolore del passato. Si passa poi a una conciso<br />

descrizione del dolore nel parto e degli eventi storici che hanno<br />

contraddistinto al suo contenimento.<br />

Il secondo capitolo affronta la misurazione del dolore, attraverso l’esame<br />

della sua definizione, delle sue componenti, e delle differenze fra dolore acuto<br />

e cronico. In seguito si analizza sinteticamente la fisiopatologia del dolore da<br />

del parto e si prosegue con la descrizione delle metodiche in uso per la<br />

misurazione del dolore.<br />

Il capitolo tre rappresenta il “cuore” della trattazione, vi si espone il Progetto<br />

di Ricerca dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale, Area Vasta 2 di Senigallia,<br />

Dipartimento Materno Infantile, U.O. di Ginecologia e Ostetricia.<br />

Il capitolo inizia con la descrizione del problema, per poi procedere alla<br />

7


evisione della letteratura e all’individuazione dei principali studi da prendere<br />

in considerazione per la stesura del progetto. Prosegue, con la formulazione<br />

del razionale, l’individuazione degli obiettivi della ricerca, la definizione del<br />

campo d’indagine e dell’area di analisi.<br />

Per la pianificazione del progetto di ricerca ci si avvale di strumenti per la<br />

pianificazione logico/strutturale, quali Work Breakdown Structure,<br />

letteralmente struttura della suddivisione del lavoro. La programmazione dei<br />

tempi delle attività del progetto, ricorre al diagramma a barre (bar chart).<br />

Il quarto capitolo, infine, indaga sul ruolo giocato dal background delle<br />

pazienti in un campione rappresentativo della popolazione femminile di<br />

Senigallia, nel determinare le esperienze vissute e la scelta delle modalità di<br />

contenimento del dolore.<br />

8


Capitolo<br />

1<br />

Platone, particolare della Scuola di Atene di Raffaello,<br />

che lo ha ritratto con il volto di Leonardo da Vinci.<br />

IL DOLORE NELL’ANTICHITA’<br />

9


L'Occidente si fonda sulla Tradizione Classica e, dal Medioevo,<br />

accoglie, attraverso il Cristianesimo, quell’orientale-giudaica, ognuna di<br />

queste tradizioni filosofiche - religiose ha affrontato nella sua intenzione di<br />

educare l'uomo al Bene, la questione del dolore, fornendogli gli strumenti per<br />

inserirlo in un contesto che lo rendesse utile ed efficace o, anche, lo<br />

neutralizzasse.<br />

Per affrontare la disanima del dolore, si ritiene interessante portare alla luce le<br />

nostre radici, le matrici originarie del nostro pensiero, esaminando, se pur<br />

brevemente, le posizioni più importanti del pensiero filosofico sotteso a<br />

queste componenti culturali della formazione, cosa che diviene quanto più<br />

significativa in ambito medico, essendo, la filosofia, la base su cui si sono<br />

formati i medici fino al XIX sec., quale medicina dell'anima, da cui il corpo<br />

dipende, non essendo subentrata ancora la separazione tra questi enti, secondo<br />

la prospettiva della medicina scientifica moderna, ambito che analizzeremo<br />

nel secondo capitolo di questa parte introduttiva.<br />

1.1. Il Dolore e la Filosofia<br />

Nella tradizione classica, Platone, con Il Filebo (17, 31 d, 32 a), afferma che il<br />

dolore si ha quando la proporzione delle parti che compongono l'essere<br />

vivente risulta predominata, compromessa o controllata di modo che manchi<br />

l'armonia, mentre si ha il piacere quando tale armonia venga ristabilita.<br />

10


Sempre Platone, nel Timeo dice che "... quanto v'è di utile nel suono musicale<br />

è stato dato all'udito a ragione dell'armonia. L'armonia, (…) non serve - come<br />

qualcuno crede - ad irragionevoli diletti, ma a chi si giova delle Muse con<br />

intelligenza, dalle Muse stesse la riceve in dono per comporre in modo<br />

ordinato e rendere consono a se stesso il moto periodico dell'anima che fosse<br />

divenuto discorde in noi; e così il ritmo, che per nostra costituzione sarebbe in<br />

noi privo di misura e di grazia, fu dato da quelle come aiuto allo stesso<br />

scopo". L'anima dell'uomo, quindi, può congiungersi all'anima del mondo in<br />

sinfonia armonica.<br />

Nel pensiero greco, gli eventi sono regolati secondo giustizia al fine di<br />

mantenere l'armonia del cosmo in un incessante processo di equilibrio.<br />

Si assiste, come ad un'immane battaglia fra il principio dell'ordine e quello del<br />

disordine, una contesa che dura dall'inizio dei tempi: il disordine rappresenta<br />

per il mondo greco 1'autentico tentativo di sopraffazione della morte nei<br />

confronti della vita. Se non c'è ordine non c'è armonia, se non c'è armonia non<br />

c'è vita.<br />

La quadruplice armonia pitagorica (basata sulla<br />

sacra tetrakis) era stata teorizzata fin dall'inizio in<br />

questi termini: armonia fra arco e corda, fra corpo<br />

e anima, fra cittadino e stato, fra le sfere e il cielo<br />

stellato.<br />

11


Nel Fedone il pitagorico Simmia dichiara che l'anima è armonia e che essa sta<br />

al cosmo come 1'armonia del numero pari sta alla lira. Come 1'incorporea<br />

musica s’integra al corpo della lira anche "L'anima s’integra nel corpo per<br />

mezzo del numero e dell’immortale armonia ... L'anima ama il corpo perché<br />

senza di esso non potrebbe usare i sensi". L'uomo appare, quindi, attratto<br />

dall'armonia e respinto dal caos, è attratto dalla gioia e respinto dal dolore,<br />

l'intimo legame tra corpo e anima rende presente alla sensibilità la mancanza<br />

di armonia come dolore .<br />

Aristotele tratta i piaceri come attuazione di abiti, desideri o stati naturali e i<br />

dolori al contrario: "Sia definito che il piacere è un determinato movimento<br />

dell'animo è un ritorno totale e sensibile allo stato naturale, e che il dolore è il<br />

contrario. Necessariamente, dunque, è piacevole per lo più il tendere allo stato<br />

di natura,... ciò che non è forzato; infatti la costrizione è contro natura; ... Gli<br />

affanni, i travagli, gli sforzi sono dolorosi, giacché sono imposti da necessità e<br />

forzati, se non vi si è abituati: ... E ciò di cui sia in noi il desiderio è sempre<br />

piacevole; il desiderio è infatti impulso verso una cosa piacevole."<br />

Aristotele definisce il dolore quale indice della situazione sfavorevole in cui<br />

1'essere vivente si trova, e al contrario la gioia indica una situazione<br />

favorevole; esse sono delle emozioni ed hanno delle funzioni nell’economia<br />

dell'esistenza umana.<br />

Siano i dolori considerati come indice di disarmonia o come sintomi<br />

dell'avversione del contesto di sviluppo, sono presenti nell'uomo grazie al<br />

12


sensus, e quindi, come ben espresso dagli Stoici, sono emozioni non sono né<br />

degli istinti né delle ragioni, sono solo delle opinioni prive di senso o dei<br />

giudizi errati, quello che diventa significativo è l'atteggiamento di fronte al<br />

dolore e quindi il valore attribuito ad esso.<br />

La virtù, per il greco l'”areté”, la “virtus” per il romano, è la capacità stessa<br />

del soggetto di condursi verso il Bene, emancipandosi dai sensi e<br />

dall'associazione al sensibile, per cui il dolore diviene indifferente, così come<br />

quelle condizioni che possono essere giudicate avverse ad occhi umani.<br />

Nel superamento degli opposti, piacere vs dolore, sta la virtù.<br />

Nel combattimento il soldato vile e pauroso non appena vede il nemico getta<br />

via lo scudo e fugge il più in fretta possibile, spesso per questo si fa uccidere<br />

con più facilità, cosa questa che non succede a chi rimane fermo al proprio<br />

posto. Così, coloro, che non sono capaci di resistere all'idea del dolore, si<br />

avviliscono, e rimangono in uno stato di abbattimento e di prostrazione<br />

mentre quelli che resistono il più delle volte riescono vincitori. Questo,<br />

perché, fra l'anima e il corpo esistono delle analogie.<br />

Un corpo, se si sforza, sopporta bene il peso, e se si arrende ne, rimane<br />

schiacciato: c'è molta somiglianza con l'anima che, se chiama a raccolta le sue<br />

forze, annulla il peso che le preme sopra, mentre se si lascia andare ne, è<br />

oppressa e non se ne può liberare. E senza dubbio, se vogliamo andare al<br />

fondo delle cose, sono quelle forze che noi dobbiamo chiamare a raccolta<br />

nello svolgimento di ogni nostra attività, perché esse sole fanno, voglio<br />

13


dire, la guardia per sorvegliare che noi adempiamo il nostro dovere...’<br />

(Cicerone, Tuscolanae Disputationes).<br />

Intervenendo il pensiero cristiano, la posizione di fronte al dolore muta, il<br />

dolore, non è indifferente alla realizzazione del Bene, ma diviene elemento<br />

essenziale del pellegrinaggio super terram del cristiano.<br />

Per S. Agostino, Dio miscela il dolore nella vita, affinché noi non ci<br />

attacchiamo al bicchiere delle dolcezze del mondo.<br />

Nel Cristianesimo, il dolore è castigo e momento catartico, pena ed evento<br />

purificatore. Un necessario percorso nel doloroso cammino verso la salvezza.<br />

La stessa vita terrena è pensata come un pellegrinaggio in una ”valle di<br />

lacrime” che, come dicono i profeti, trova la sua giustificazione nell’attesa di<br />

“nuovi cieli e nuove terre”. Per questo suo effetto liberatorio dall'elemento<br />

umano, il dolore, nella tradizione cristiana, non va solo sopportato, ma anche<br />

amato. (Natoli S. 2002)<br />

Il senso del dolore è come abbiamo visto profondamente diverso nella cultura<br />

tradizionale classica e in quella giudaico-cristiana, fondata sulla gnosi la<br />

prima, sul sentimento la seconda, in entrambi i casi c'è comunque una<br />

valutazione importante del dolore in termini di prova, di elemento<br />

modellatore dell'anima, di elemento educativo di fronte al quale fondare un<br />

atteggiamento positivo e costruttivo.<br />

"I dolori sono insegnamenti". "La saggezza - aveva scritto Eschilo<br />

nell'Agamennone - si conquista attraverso la sofferenza".<br />

14


1.2. La Medicina, il dolore e la sua cura<br />

Nell’antichità, la capacità di 'leggere il dolore'<br />

era considerata una dote essenziale dell’arte<br />

medica, tanto che gli sciamani consideravano<br />

degno di curare una data malattia solo colui che<br />

ne aveva sofferto e che, dunque, ne aveva avuto<br />

un’esperienza diretta.<br />

Se il dolore significava una disarmonia, anche i tentativi terapeutici di<br />

alleviare o eliminare il dolore vi si orientavano.<br />

Di fatto le possibilità di alleviare il dolore di cui si disponeva nell’Antichità,<br />

nel Medioevo, ma, anche, in parte nell’epoca moderna, erano molto poche.<br />

Corrisponde a questo stato di cose il detto degli antichi: “E' opera divina<br />

lenire il dolore”.<br />

L’atteggiamento terapeutico è cambiato in ogni epoca in funzione del<br />

significato che è stato dato alla parola “dolore”. L’uomo arcaico, vivendo in<br />

un mondo di manifestazioni divine, individuò spiriti maligni e forze occulte<br />

quali principi dello stato di sofferenza per dare un significato ai fenomeni che<br />

lo sovrastavano. La terapia che ne scaturì si basava sull’idea che, attraverso<br />

riti magici, praticati da 'sacerdoti', si potessero allontanare i demoni e quindi<br />

la sofferenza.<br />

Si somministravano erbe medicamentose quali il papaverum somniferum o<br />

15


l’inebriante cannabis, senza conoscerne l’effetto.<br />

Anche Egiziani, Sumeri e Assiro-Babilonesi credevano che le malattie e il<br />

dolore fossero provocate dai demoni, fino<br />

all’epoca di Platone (428-347 a.C.) si<br />

riteneva che fosse il cuore e non il cervello,<br />

il centro del dolore, essendo il cuore, il<br />

luogo dove risiede l'anima.<br />

Ippocrate, prima, e Aristotele, poi,<br />

introdussero la concezione organicistica, facendo passare la Medicina alla<br />

sfera naturale. Aristotele sosteneva che il tatto, fosse responsabile del dolore e<br />

riteneva che nel cuore il dolore si trasformasse in una sensazione che<br />

chiamava “passione dell’anima”.<br />

Fu Erofilo (335-280 a.C.) ad affermare che il cervello faceva parte del S.N.C.<br />

e che i nervi erano collegati al nevrasse, distinguendoli in nervi sensitivi e<br />

motori. Intuizioni che, furono abbandonate per quattro secoli fino a Galeno<br />

(129-201).<br />

In seguito, Avicenna (980-1037), medico, filosofo, matematico, fisico e poeta<br />

arabo, classificò quindici tipi di dolore, sostenne che il dolore può essere<br />

prodotto dalla malattia o essere esso stesso malattia.<br />

Nel Medio Evo nasce la medicina monastica, introdotta dai Benedettini che<br />

utilizzavano erbe medicinali per la preparazione di pozioni vendute nelle<br />

botteghe presenti nei loro monasteri.<br />

16


Il Rinascimento, insieme alle altre posizioni, recupera una visone, diremmo<br />

oggi, olistica dell'uomo tipica del mondo classico, ed è solo nel XVII secolo,<br />

che inizia l'indagine empirica su cui si fonderà la scienza moderna e, quindi,<br />

anche la medicina.<br />

Ebbe origine con Galileo Galilei (1564-1642), il pensiero scientifico che gettò<br />

le basi per una concezione 'moderna' del dolore.<br />

Con Cartesio (1596-1650), si affermò il definitivo allontanamento dalla<br />

metafisica e l'uomo divenne un organismo puramente 'meccanico' di<br />

conseguenza, il dolore fu interpretato, come un input che dalla periferia, lungo<br />

i nervi, arriva al cervello.<br />

Giunse con Paracelo (che non seguì la concezione meccanicistica di Cartesio),<br />

nella metà del 1500 la scoperta dell’etere solforico per lenire la sofferenza, e<br />

l’ideazione del laudano, ottenuto mescolando alcool e oppio.<br />

Si attribuisce la concezione psicofisica del dolore, a Benedetto De Spinosa<br />

(1632-1677) che con il termine “tristizia” indicava sia il dolore fisico sia<br />

quello psichico.<br />

Con l’avvento della concezione scientifica moderna, il dolore è analizzato<br />

nell’ambito della medicina, di conseguenza le terapie, impiegate<br />

prevalentemente per tentativi empirici, divengono, applicazioni di caldo o<br />

freddo, di balsami, di sanguisughe, salassi, ventose, oppio e laudano.<br />

Si rileva come la medicina meccanicistica, ricca di acquisizioni sperimentali,<br />

17


derivi dal razionalismo rinascimentale e dalla focalizzazione sugli aspetti<br />

organicistici della malattia in cui il dolore è inteso come sintomo.<br />

Fu C. Bernard, che definitivamente impostò la Medicina su basi moderne,<br />

emancipandola dall'universo magico - religioso precedente. Egli asseriva, che<br />

la medicina si occupa del dolore attraverso lo studio sperimentale, con<br />

strumenti e pratiche, al contrario, appunto, della filosofia ippocratica che<br />

preferiva l’osservazione quale strumento della medicina “ars medica tota in<br />

observationibus”.<br />

Con la nascita della fisiologia sperimentale (1850), inizia lo studio della<br />

sensibilità e delle teorie del dolore, in particolare si affermano le seguenti<br />

concezioni:<br />

1. Teoria della specificità sensoriale (Muller): il dolore era visto come una<br />

forma specifica di sensibilità con un suo apparato sensitivo,<br />

indipendente da quello del tatto e degli altri sensi. Esistevano cioè nervi<br />

specializzati alla trasmissione del dolore.<br />

2. Teoria dell’intensità o sommazione d’impulsi (Weber): sosteneva che<br />

ogni stimolo sensoriale potesse causare dolore qualora si fosse<br />

raggiunta una particolare intensità.<br />

Dalla disputa fra queste teorie si giungerà a un compromesso in cui si nega<br />

l’esistenza sia dei recettori specifici, sia dei nervi specifici e si sosterrà che il<br />

dolore è trasmesso da impulsi variabili nel tempo e nello spazio, riconosciuti a<br />

18


livello centrale per la loro frequenza d’onda.<br />

Con la costituzione delle scienze psicologiche, si assiste all’attribuzione di un<br />

valore di sentimento oltre che di sensazione, al dolore e a un’interpretazione e<br />

analisi quale esperienza dell’essere umano.<br />

La rivoluzione industriale nel 1860, portò uno stimolo materialista che<br />

produsse sempre di più una visione meccanicistica del sintomo 'dolore', di<br />

conseguenza, la terapia si basò sull’abolizione della sensazione, togliendo la<br />

coscienza, sezionando i nervi, utilizzando sostanze chimiche.<br />

Nel 1884 viene ideata l’anestesia locale per contatto, mediante l’utilizzo della<br />

cocaina sull’occhio, nel 1885 nasce l’anestesia spinale, nel 1888 si esegue la<br />

prima alcolizzazione trigeminale nervosa e nel 1895 nasce la rontgenterapia<br />

per lenire il dolore cronico.<br />

Nel 1898 nasce l’anestesia subaracnoidea e<br />

nel 1904 si ha l’avvio della terapia mediante<br />

blocchi anestetici, primo fra tutti la<br />

procaina.<br />

I neurochirurghi, nei primi anni del 1900, hanno eseguito neurectomie<br />

periferiche, iniziali tentativi che miravano a bloccare la conduzione<br />

dell’impulso nervoso.<br />

Le tecniche di terapia antalgica, furono perfezionate dall’anestesista, nuova<br />

19


figura professionale in campo medico, durante gli anni che precedettero il<br />

secondo conflitto mondiale.<br />

Per finire, si evidenzia il lavoro di J. Bonica, che ha fondando sul blocco<br />

nervoso il caposaldo terapeutico nella terapia del dolore, ciò grazie anche<br />

all’introduzione di nuove sostanze anestetiche quali la lidocaina (Montrone V.<br />

2008.)<br />

20


1.3. Il dolore nel parto<br />

In Grecia il parto avveniva nel Gineceo, dove le donne vivevano, mentre<br />

l’uomo combatteva e conquistava. “Preferirei andare in battaglia mille volte<br />

piuttosto che partorire una sola”, esclamava l'eroina Medea nella tragedia<br />

omonima di Euripide, andata in scena ad Atene nel 431 a.C., mentre un'antica<br />

legge spartana accomunava le donne morte di parto agli eroi caduti in guerra.<br />

Erano queste, infatti, le uniche persone di cui fosse concesso scrivere il nome<br />

sulle iscrizioni funebri. Come se partorire e combattere fossero quasi due<br />

forme parallele di eroismo.<br />

Nella Roma antica il parto rappresentava un rischio mortale, per l'ampiezza<br />

del bacino di donne spesso adolescenti al momento delle nozze. Anche<br />

Cicerone vide morire sua figlia Tullia per le conseguenze negative del parto.<br />

Recentemente sono state rinvenute alcune tracce di<br />

un medicamento a base di hashish nell'intestino di<br />

una ragazza morta di parto circa 1.700 anni fa, in<br />

epoca romana, la cui tomba è venuta alla luce a Bet<br />

Shemesh, presso Gerusalemme.<br />

Secondo quanto ha comunicato la sovrintendenza israeliana, l’età attribuitale<br />

è di quattordici anni; la donna, giaceva supina e con lo scheletro di un feto<br />

giunto a maturità nel bacino. In corrispondenza dell'area addominale, gli<br />

studiosi hanno trovato una massa di sostanze organiche vegetali tra cui<br />

21


hashish, usato per ridurre i dolori del travaglio da parto, l’emorragia e per<br />

stimolare le contrazioni uterine.<br />

L'uso dell'hashish come antiemorragico e antidolorifico era già noto, ma<br />

questa è la prima volta che esso è documentato.(Corriere della Sera, Archivio)<br />

Nel II secolo d.C. Sorano di Efeso, medico greco della scuola di Asclepiade,<br />

fu tra i primi scienziati a scrivere un trattato di ginecologia e ostetricia,<br />

diffusosi nel periodo dopo Ippocrate. Sorano, nella sua opera manoscritta,<br />

descrive la struttura dell'apparato genitale, studia la gravidanza, analizza le<br />

frasi del parto, compreso quello prematuro e conclude con una serie<br />

d’indicazione sui primi mesi di vita del neonato, contiene anche istruzioni<br />

precise e dettagliate per le ostetriche. Istruzioni, non solo tecniche, ma anche<br />

psicologiche come: “è opportuno che il viso della partoriente sia visibile<br />

all'ostetrica, la quale potrà così alleviare la sua ansia assicurandole che non<br />

c'è nulla da temere e tutto andrà per il meglio”.<br />

Come si desume dalla sopra esposta teologia giudaico cristiana, il dolore del<br />

parto è una punizione di Dio. Per secoli la donna si è trovata imbrigliata in un<br />

insieme di regole comportamentali, in particolare riguardanti la sfera sessuale.<br />

Regole, molto più severe che per gli uomini, con punizioni terribili di fronte<br />

alla trasgressione.<br />

Ne è un esempio la cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva (Antico Testamento,<br />

Genesi 3, 16). Dove, contro Eva, evidentemente ritenuta colpevole unica, Dio<br />

22


ammonisce: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore<br />

partorirai figli”.<br />

Questa maledizione fu presa alla lettera, se ne trovano accenni in documenti<br />

quali gli atti concernenti processi alle levatrici, parecchie delle quali furono<br />

messe al rogo per aver usato "pratiche magiche" al fine di alleviare i dolori<br />

del travaglio e del parto.<br />

E’ evidente che, in queste condizioni, la donna gravida ha continuato per<br />

secoli a essere oggetto di proibizioni e superstizioni. In sostanza, la medicina<br />

"ufficiale" dell'epoca si disinteressava in modo pressoché totale di tutto<br />

quanto aveva a che fare con il parto e con l'ostetricia, delegandone la gestione<br />

alle levatrici. (Rutigliano R., 1986)<br />

23


Trotula, 1050-1097 chiamata anche<br />

sanatrix Salernitana (guaritrice di<br />

Salerno), nel Medioevo era riconosciuta<br />

autorità indiscussa in disturbi e malattie<br />

femminili, sottolineò l’importanza<br />

dell’igiene, del controllo delle nascite, dei<br />

metodi per rendere il parto meno doloroso,<br />

ed ebbe anche delle avanzate intuizioni,<br />

come, ad esempio, che l’infertilità potesse<br />

dipendere anche dall’uomo.<br />

A Trotula nel Medioevo si attribuivano due opere, il “De ornatu mulierum”<br />

(Come rendere belle le donne), e il “De passionibus mulierum ante, in et post<br />

partum” (Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto).<br />

Uno dei primi studiosi di ostetricia fu fra Girolamo Scipion Mercurio, medico<br />

e frate veneziano, che nel 1596 pubblica la Comare o Ricoglitrice, nel quale si<br />

occupa di parto normale, di consigli per la gravidanza e la cura del bambino,<br />

dei parti difficili. Egli, trattando il parto e il dolore asserisce:<br />

“…l’assistenza è fatta di consigli, consolazione, incoraggiamenti, massaggi,<br />

utilizzo di erbe e precise operazioni manuali. Il parto è luogo di dolori<br />

acerbissimi, richiede così conforto e consolazione, lo sforzo a cui è sottoposto<br />

il fisico della donna deve essere sorretto da oculati consigli su cibi e rimedi<br />

24


utili”.<br />

Prima maestra Ostetrica fu Louise Bourgeois, moglie di un barbiere cerusico<br />

allieva di Paré che esercitò sia presso la corte, sia all'ospedale pubblico di<br />

Parigi, dove curava la preparazione delle levatrici e insegnava l'ostetricia ai<br />

chirurghi. Pubblicò diversi testi e i resoconti dei parti di Maria de 'Medici da<br />

lei assistita .<br />

Gli interventi sul parto fatti da barbieri e cerusici, configurano l'ostetricia<br />

come distruttiva, come una specialità medica che competeva a medici maschi,<br />

derivata dagli insegnamenti di Ippocrate e Galeno.<br />

Il forcipe, fu ideato e realizzato in Inghilterra dai membri della famiglia<br />

Chamberlen verso il 1670. La famiglia, mantenne rigorosamente il segreto<br />

sulla sua costruzione per paura che il loro strumento fosse copiato.<br />

Il forcipe modifica la posizione del parto da verticale a litotomica,<br />

inizialmente è usato sporadicamente, tuttavia con il tempo, diventa uno<br />

strumento di uso quasi comune. Nel Settecento, si registrano, oltre a più di<br />

cinquanta tipi di forcipe, anche altri strumenti come craniotomi, pelvimetri, e<br />

sinfiosotomi per allargare il bacino della donna, strumenti che oltre ad essere<br />

cruenti erano generalmente letali. (Filippini N. M, 1992)<br />

L’operatività arriva al suo apice negli ultimi decenni del Settecento, con la<br />

sperimentazione del taglio cesareo su donna in vita, esso è conosciuto sin<br />

dall’antichità su donna morta, ma in genere è osteggiato anche dagli ostetrici<br />

25


più interventisti per l’altissima percentuale di mortalità materna.<br />

Solo con l’introduzione delle tecniche di anestesia e di asepsi, nelle sale<br />

operatorie, diventa un’attività di routine con rischi via via sempre minori.<br />

(Filippini N. M, 1992.)<br />

Nel 1760, l’ostetrica inglese E. Nihell afferma che i chirurghi ricorrono<br />

all’uso del forcipe per accelerare la conclusione del parto, abbreviando i tempi<br />

naturali per loro comodità o a scopo sperimentale. Ritiene che le mani siano<br />

lo strumento più adatto per facilitare il parto, mani guidate dalla conoscenza<br />

dell’anatomia femminile e che il forcipe riservato ai chirurghi sia un mezzo<br />

per escludere le donne e accentuare il dolore. (Schmid V., 1986)<br />

In concomitanza con l’aumento del numero degli ospedali nelle città europee<br />

e con la presenza del chirurgo ostetrico sulla scena del parto, l’ondata di<br />

febbre puerperale raggiunse proporzioni allarmanti, a tal punto che si<br />

cominciò a capire che la malattia si trasmetteva da donna a donna, ad opera<br />

dalle levatrici e dai medici. Anche il sovraffollamento degli ospedali, la<br />

biancheria sudicia, la scarsa aerazione degli ambienti (le condizioni igieniche<br />

degli ospedali erano anche peggiori delle persino scarse pulizie delle<br />

abitazioni medie dell’epoca) erano responsabili del diffondersi della malattia.<br />

(Pizzini F., 1999)<br />

Fu solo nel 1861 che Ignaz Philipp Semmelweiss, medico viennese ipotizzò<br />

che la causa dell’alta mortalità in ambito ospedaliero, fosse dovuta alla<br />

26


contaminazione trasmessa dai medici.<br />

Ci vollero ancora venti anni per confermare l’ipotesi di Semmelweiss, ad<br />

opera del medico Lister, che perfezionò un metodo antisettico per la chirurgia.<br />

(Sherwin B., 2004).<br />

Dalla metà dell’Ottocento fu possibile perfezionare le tecniche chirurgiche,<br />

anche in ragione delle recenti acquisizioni quali l’asepsi e l’anestesia.<br />

Finalmente, nel 1876, il medico italiano E. Porro, eseguì un intervento<br />

radicale che assieme all’estrazione del feto amputava totalmente l’utero, con<br />

una sopravvivenza del 75%. (Cosmacini G., 1990).<br />

27


1.4. I diversi modi di vedere il dolore<br />

A conclusione di questa breve rassegna storica sul dolore si presenta una<br />

breve sintesi del lavoro del Dott. Simone Pizzi, che alla luce delle<br />

modificazioni avvenute nel tempo, e delle relative influenze culturali,<br />

individua tre diverse forme di approccio all’esperienza del dolore del parto.<br />

1.4.1 La visione confessionale<br />

Il modo confessionale di vedere il dolore si rifà alla posizione di chi per<br />

motivi religiosi, filosofici o culturali considera il dolore come mezzo di<br />

redenzione e lo accetta: il dolore è parte della vita e quindi va subito poiché è<br />

visto come forma di espiazione di una colpa, mezzo di purificazione<br />

necessario per ottenere il perdono divino.<br />

1.4.2 La visione dell’empowerment<br />

In questa visione il dolore è considerato parte integrante delle prove della vita<br />

ed è strumento di crescita che può arricchire e rafforzare la personalità.<br />

L'integrazione e l'uso di tutte le risorse della donna, sia di quelle biologiche<br />

che di quelle sociali (conoscitive, decisionali e intellettuali) portano a un<br />

potente processo di empowerment.<br />

Ormoni, neurotrasmettitori emozioni e istinti hanno una "centralina" in<br />

28


comune, il cervello arcaico che viene fortemente attivato dall'ovulo fecondato.<br />

Quindi la gravidanza rappresenta un'opportunità, attraverso l'ascolto e la<br />

conoscenza del bambino in utero di ascoltare e conoscere degli aspetti<br />

profondi di sé, di imparare a conoscere e fidarsi di più delle proprie risorse, di<br />

trovare più sicurezza in sé.<br />

Durante il parto si scatenano delle vere e proprie tempeste elementali che<br />

hanno il potere di sconvolgere ogni aspetto della donna fino allora costruito e<br />

di trasformarlo. Se possiamo riconoscere in queste forze elementali l'energia<br />

sessuale, la modalità di affrontare la nascita diventa la stessa di come si<br />

affronta la comunicazione sessuale con il partner. W. Reich definisce la<br />

potenza orgastica nel seguente modo:" ... la capacità di abbandonarsi senza<br />

inibizioni al flusso dell'energia biologica, la capacità di scaricare<br />

l'eccitazione sessuale accumulata attraverso contrazioni piacevoli,<br />

involontarie del corpo" (Reich W., 1949).<br />

Tradotto nella potenza del partorire suonerebbe così: La potenza del partorire<br />

è la capacità di abbandonarsi senza inibizioni al flusso dell'energia biologica,<br />

la capacità di scaricare la tensione del dolore e della fatica accumulata<br />

attraverso contrazioni involontarie del corpo, accogliendo con gratitudine e<br />

tenerezza il proprio bambino.<br />

Un altro tipo di energia che si esprime fortemente nelle donne durante<br />

l'esperienza della nascita è quella spirituale. Le donne hanno l'eccezionale<br />

29


dono, opportunità, destino, di esser canale tra i mondi, di portare la vita da un<br />

mondo all'altro e, quando sono incinte, durante il parto e nei primi mesi dopo<br />

vengono toccate dall'altro mondo, quello a noi sconosciuto o solo presente nel<br />

nostro intimo più profondo, questa esperienza è per la donna, e lo era<br />

sicuramente nell'antichità, un momento in cui si apriva una porta iniziatica<br />

importante.<br />

La consapevolezza di questi aspetti permette di integrarli nella personalità e di<br />

farli diventare risorsa interiore, forza, potenza.<br />

L'emancipazione più profonda della donna non passa attraverso la negazione<br />

delle figure femminili e dei condizionamenti negativi del passato, bensì<br />

attraverso la consapevolezza che tutte le donne dei secoli e millenni passati la<br />

abitano ancora e che si deve confrontare con loro, imparando a comprendere<br />

quale donna si esprime e agisce all’interno di sé per poter infine scegliere il<br />

riferimento e il canale espressivo desiderato e trasformarne le valenze.<br />

Il cambiamento dell'organizzazione della nascita da una nascita tecnologica a<br />

una nascita sessuale, femminile passa attraverso questo processo<br />

emancipativo profondo, rinominando e rivalorizzando la polarità femminile e<br />

riscoprendone le energie specifiche (Schmid V., 1999).<br />

L'obiettivo finale nel lavoro con la nascita quindi è quello di promuovere la<br />

maternità e la nascita come esperienza femminile di forza e potenza.<br />

30


1.4.3 La visione tecnologico edonistica<br />

“La donna in travaglio è l’unico esempio di persona che soffre in un ambiente<br />

ospedaliero, assistita da personale sanitario, senza che nessuno, nella maggior<br />

parte dei casi, le offra un intervento analgesico se non il conforto della parola”<br />

(Chestnut D.H.).<br />

Nella società moderna la vita è completamente avulsa da quel ciclo naturale a<br />

cui erano molto legate le culture passate. La sofferenza e il dolore non hanno<br />

un significato ben definito, ma suscitano paura. Il parto fisiologico, che da<br />

sempre è stato legato all’esperienza del dolore, assume oggi significati diversi<br />

proprio perché si ha più paura del dolore rispetto al passato (Prezza M. 1987).<br />

Oggi questo approccio è molto comune, lo sviluppo tecnologico ha fornito<br />

infatti una grande quantità di presidi che permettono di eliminare quanto di<br />

spiacevole possa essere connesso a determinati eventi. Secondo questa<br />

visione, quindi, il dolore deve essere abolito quando possibile. Da qui il<br />

ricorso ai presidi per partorire senza dolore.<br />

31


Capitolo 2<br />

Giuseppe Amisani “Dolore” Olio su tela<br />

MISURAZIONE DEL DOLORE<br />

32


2.1 Il dolore<br />

Nei vari idiomi il termine dolore ed il concetto di dolore viene espresso<br />

con parole differenti. In greco è utilizzato il termine àlgos e da questa radice<br />

derivano termini come nevralgia e algie pelviche.<br />

Dal termine latino poena (greco poinè) deriva il termine inglese pain.<br />

La parola italiana dolore deriva dal latino dolor, ha vari significati; come i<br />

suoi equivalenti attuali può indicare, dolore fisico, sofferenza, dolore morale,<br />

pena, tormento, afflizione ,dispiacere. Il latino non distingue il dolore fisico<br />

dal dolore morale, per la caratteristica di molte parole primitive, che con uno<br />

stesso termine traducono l'effetto e la causa.<br />

Dal latino derivano anche douleur dei francesi e dolor degli spagnoli.<br />

Definire il dolore non è semplice né facile. La parola “Dolore” ha un<br />

significato molto ampio, sia nella nostra che nelle altre lingue, come si evince<br />

dalla consultazione della maggior parte dei dizionari:<br />

sensazione spiacevole, penosa per effetto di un male corporeo;<br />

sensazione di sofferenza fisica;<br />

sensazione penosa diffusa, o localizzata susseguente alla stimolazione<br />

di particolari recettori sensitivi da parte di agenti di varia natura e<br />

intensità.<br />

Nel 1973 J. Bonica invitò 300 partecipanti a una conferenza vicino a Seattle,<br />

dove nacque l’idea di istituire un’associazione scientifica di livello mondiale<br />

33


sul dolore, fondò così la IASP (International Association for the Study of<br />

Pain).<br />

Nel 1979 si è giunti a una nuova definizione di dolore da parte della IASP:<br />

“Esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un effettivo o<br />

potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale.”<br />

Tale definizione mette in evidenza almeno quattro componenti del dolore che<br />

sono:<br />

Componente Sensoriale: (la nocicezione) esprime la percezione<br />

anatomica e neurofisiologica dello stimolo, permette la ricezione ed il<br />

trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi<br />

per l’organismo.<br />

Componente Affettivo Emozionale: rappresenta la percezione “psico-<br />

affettiva" del dolore. Fa parte integrante dell’esperienza dolorosa e si<br />

intreccia con le caratteristiche della personalità dell’ individuo.<br />

Componente Cognitiva: descrive l’insieme dei processi mentali che<br />

influenzano la percezione del dolore e le reazioni comportamentali che<br />

esso determina. Processi quali ad esempio: distrazione/attenzione,<br />

interpretazione/negazione, raffronti con esperienze dolorose pregresse<br />

personali.<br />

Componente Comportamentale: costituisce l’insieme delle<br />

manifestazioni, verbali e non verbali, osservate nella persona che soffre<br />

34


(mimica, pianto, postura antalgica, impossibilità a mantenere un<br />

comportamento normale….). (Fordyce WE, 1978)<br />

La componente neurologica del dolore, (o componente percettiva) è costituita<br />

da un circuito a tre neuroni, che convoglia lo stimolo doloroso dalla periferia<br />

alla corteccia cerebrale mediante le vie spino-talamiche.<br />

La componente psichica del dolore (o parte esperenziale), responsabile della<br />

valutazione critica dell'impulso algogeno, riguarda la corteccia cerebrale e la<br />

formazione reticolare e permette di discriminare l'intensità, la qualità e il<br />

punto di provenienza dello stimolo nocivo; da queste strutture vengono<br />

modulate le risposte reattive.<br />

Si deve infine considerare, che ogni individuo ha una propria soglia del<br />

dolore e una propria tolleranza al dolore.<br />

La soglia è il momento in cui un individuo percepisce una stimolazione<br />

come dolorosa, essa è solitamente legata alla componente sensitiva ed<br />

associata a variabili fisiche.<br />

La tolleranza invece, rappresenta il momento in cui un individuo, non<br />

riesce più a sopportare ulteriormente una stimolazione nel tempo o<br />

nell'intensità, ed è associata alla componente "reattiva" e quindi anche a<br />

fattori psicologici.<br />

Il dolore non è semplicemente un'esperienza sensitiva, ma piuttosto il risultato<br />

di un'elaborazione svolta a un livello superiore (Melzack R. 1973).<br />

35


Il dolore infine si distingue a seconda delle caratteristiche salienti in acuto e<br />

cronico.<br />

Il dolore acuto/fisiologico è un sofisticato meccanismo di avvertimento, un<br />

campanello di allarme, un dolore sintomo, un evento improvviso che, a<br />

seguito di un input afferenziale e della sua elaborazione nei centri superiori,<br />

determina una serie di alterazioni e di produzione di sostanze biochimiche,<br />

(ormoni, adrenalina) che a loro volta generano degli stati emotivi (ansia,<br />

angoscia, paura) oltre che comportamentali.<br />

È quindi un dolore “Utile”, che prima di essere affrontato e trattato va capito,<br />

interpretato e inserito nel corretto nesso etiopatogenetico, per un’adeguata,<br />

quando possibile, terapia della patologia causale.<br />

Diventa patologico quando si automantiene, perde la sua funzione di sintomo<br />

e diventa esso stesso malattia. Questo è il dolore cronico. Il dolore cronico<br />

deve essere considerato in modo diverso: se la condizione patologica è nota e<br />

non aggredibile e se la sua presenza continua instaura un circolo vizioso di<br />

depressione, ansia e altri disturbi emotivi, con pesante impatto sulla vita di<br />

relazione e sugli aspetti psicologici e sociali caratteristici della persona.<br />

Allora il dolore diviene un sintomo “Inutile” e va trattato nel modo più<br />

tempestivo e completo possibile.<br />

La conoscenza del dolore è condizionata da molteplici aspetti, si rileva in<br />

particolare come ogni individuo apprenda il significato del dolore durante i<br />

primi anni di vita. In questo periodo, un atteggiamento non equilibrato dei<br />

36


genitori, che mostrano paura e ansia eccessiva, può influenzare<br />

inconsciamente e condizionare il bambino, che percepirà il mondo circostante<br />

come minaccioso e pericoloso vivendo la percezione del dolore, in modo<br />

alterato e amplificato con tonalità ansiogene e colpevolizzanti.<br />

Queste prime esperienze influenzeranno per tutta la vita, il soggetto, ogni<br />

qualvolta avvertirà uno stimolo doloroso. (Montrone V. 2008)<br />

37


2.2 Il dolore del parto<br />

Tra i dolori più forti ci sono quelli del parto che chiamiamo doglie, con una<br />

parola che ha la stessa origine latina di dolore. Il dolore del parto ha le<br />

caratteristiche del dolore acuto, la nocicezione avviene per mezzo di fibre A e<br />

C, che afferiscono alle corna dorsali del midollo spinale, ove avviene una<br />

mediazione per mezzo di neurotrasmettitori, cui fa seguito l’innesco di riflessi<br />

spinali segmentali e soprasegmentali (Rowlands S., 1998).<br />

Per completezza e chiarezza di esposizione si presenta di seguito una breve<br />

sintesi del lavoro di D. Celleno, M. G. Frigo, A. Veneziani “Fisiopatologia del<br />

dolore da parto” Dispense del Club Italiano Anestesisti Ostetrici.<br />

Molti dei fattori attivati durante il travaglio modificano la nocicezione a vari<br />

stadi, alcuni di essi favoriscono la nocicezione, altri l’antinocicezione che ha<br />

il suo culmine alla nascita.<br />

Questo dolore può essere il risultato di molte e complesse interazioni<br />

fisiologiche, psicologiche, eccitatorie e inibitorie, che nell’ambito delle<br />

tipologie di dolore acuto lo rendono unico nel suo genere.<br />

Il dolore del travaglio ha due componenti, viscerale e somatica.<br />

Durante il I stadio la distensione e stiramento della cervice e del segmento<br />

uterino inferiore, causano un dolore viscerale che è sordo, poco localizzato e<br />

trasmesso centralmente per mezzo delle fibre mieliniche C, con estesa<br />

modulazione nel midollo a livello delle corna dorsali. (Brownridge, 1998)<br />

38


Durante il II stadio, la distensione del pavimento pelvico, vagina e perineo da<br />

parte della parte presentata, produce un dolore somatico acuto e ben<br />

localizzato. Tale dolore, è condotto centralmente dalle piccole fibre mieliniche<br />

A, e riceve una minor modulazione a livello delle corna dorsali del midollo.<br />

2.2.1 Vie periferiche<br />

L’utero è innervato dal sistema autonomo. Le fibre nervose simpatiche<br />

dell’utero possono essere divise in afferenti ed efferenti.<br />

Le fibre efferenti, provengono dai metameri T5-L2 e sono correlate all’attività<br />

contrattile uterina ed alla regolazione del flusso ematico.<br />

Le fibre afferenti, simpatiche sono quelle che portano le sensazioni dolorose<br />

ed afferiscono ai metameri T10-L1.<br />

L’utero è anche innervato da fibre parasimpatiche (che decorrono nei nervi<br />

erigentes), la cui stimolazione potrebbe essere messa in relazione alla<br />

secrezione di ossitocina.<br />

Il perineo è innervato invece da fibre di tipo somatico, che decorrono nel<br />

nervo pudendo (S2-S4) e nei nervi femoro-cutaneo laterale (S1-S3),<br />

sacrococcigeo (S4-S5), ileoinguinale (L1) e genitofemorale (L1-L2) che sono<br />

responsabili delle afferenze dolorose dovute allo stiramento del perineo che si<br />

verifica nel secondo stadio del travaglio (Davis M. 1933 )<br />

39


2.2.2 Il Dolore nella Prima Fase del Travaglio<br />

In questa prima fase il dolore ha un’origine “cervicale”, è cioè essenzialmente<br />

dovuto alla dilatazione del collo dell’utero e del segmento inferiore e quindi<br />

alla distensione ed allo stiramento di queste strutture durante la contrazione.<br />

Inoltre, durante la contrazione dell’utero, la parte fetale presentata esercita<br />

una pressione e contribuisce alla distensione del collo uterino.<br />

Come un dolore di natura viscerale, il dolore della prima fase del travaglio, è<br />

riferito ai dermatomeri innervati dagli stessi segmenti spinali, che ricevono<br />

input dall’utero e la cervice.<br />

Durante la fase latente (early) del primo stadio, il dolore è riferito come un<br />

dolore e un disconfort che è limitato ai dermatomeri T11 e T12.<br />

Come il dolore progredisce nella fase attiva del primo stadio, (generalmente<br />

da 3 a 4 cm. di dilatazione) e le contrazioni uterine diventano più intense, il<br />

dolore nei dermatomeri T11 e T12 diviene più severo ed è descritto come<br />

acuto e crampiforme e si estende ai due dermatomeri T10 e L1 adiacenti.<br />

2.2.3 Seconda fase del travaglio<br />

Una volta che la cervice si è completamente dilatata, diminuisce la quantità di<br />

stimoli nocicettivi proveniente da questa struttura, ma le contrazioni del corpo<br />

dell’utero e la distensione del segmento uterino inferiore continuano a causare<br />

dolore nelle stesse aree riferite durante il primo stadio. In aggiunta, la<br />

crescente pressione che la parte presentata esercita sulle strutture sensibili<br />

40


al dolore nella pelvi, e la distensione della vagina e del perineo, diventano<br />

nuove sorgenti di dolore.<br />

Progressivamente, la maggior distensione provoca un intenso stiramento e<br />

tensione della fascia e dei tessuti sottocutanei e pressione sui muscoli<br />

scheletrici del perineo, con dolore acuto e ben localizzato.<br />

Nell’ultima parte del primo stadio e durante il secondo, la partoriente sviluppa<br />

dolore bruciante o crampiforme alle cosce e, meno frequentemente alle gambe<br />

che determina dolore moderato riferito e ai segmenti lombari inferiori e<br />

sacrali.<br />

41


2.3 La valutazione del dolore<br />

Le scale di valutazione, sono strumenti validati e condivisi, che hanno come<br />

scopo il miglioramento dell’intero processo assistenziale, attraverso la<br />

sistematica raccolta dei dati clinici. Esse favoriscono una lettura oggettiva e<br />

confrontabile dei fenomeni, un’omogenea valutazione, quali - quantitativa e<br />

lo scambio d’informazioni fra discipline diverse.<br />

L’obiettivo delle scale di valutazione del dolore è la sua misurazione che<br />

rappresenta la base di partenza dalla quale valutare i successivi interventi<br />

terapeutici.<br />

La misurazione è la procedura attraverso la quale si assegnano parole o<br />

numeri a una proprietà posseduta dagli elementi analizzati in modo da poter<br />

attribuire a tale proprietà alcune caratteristiche dei numeri raffinando così le<br />

proprietà dei dati raccolti. (Bailey 1986)<br />

Nella misurazione del dolore la difficoltà preminente è dovuta al fatto che<br />

questo sintomo ha una natura strettamente individuale. Infatti, esso non si<br />

presta facilmente alla misurazione e richiede una raccolta e una valutazione di<br />

dati sia obiettivi sia soggettivi (Waddell G, 1989.)<br />

A tal proposito A. De Nicola, in Misurazione del dolore, asserisce che “Le<br />

variabili del dolore, come intensità, frequenza e qualità sono valutabili con<br />

metodi soggettivi come l’autodescrizione”.<br />

Tuttavia, esiste, uno scarso consenso e poche basi empiriche sulle quali<br />

42


asarsi per scegliere lo strumento più adeguato per la misurazione del dolore.<br />

2.3.1 Caratteristiche delle scale di valutazione<br />

Qualsiasi strumento adottato per rilevare il dolore deve possedere le seguenti<br />

caratteristiche:<br />

Facilità di utilizzo<br />

Articolazione comprensibile a tutti<br />

Soddisfare i criteri di<br />

1. Validità è la capacità di uno strumento di misura di stimare un<br />

evento o una variabile per la cui misura è stato prodotto, ovvero è il<br />

grado in cui un test valuta ciò che intende misurare.<br />

2. Affidabilità indica la similarità dei risultati ottenuti in misure<br />

ripetute e definisce la precisione del nostro sistema di misura,<br />

maggiore è la riproducibilità di un dato, maggiore sarà l’affidabilità<br />

dello strumento.<br />

3. Sensibilità è la misura della capacità dello strumento di riflettere la<br />

modificazione della variabile che si sta studiando, la capacità da<br />

parte dello strumento di cogliere le variazioni dell’evento.<br />

Richiedere tempi limitati per la registrazione e l’elaborazione dei dati.<br />

Il presupposto fondamentale per l’utilizzo delle scale di valutazione del<br />

dolore, consiste nella possibilità di stabilire un rapporto verbale con la<br />

43


paziente e la capacità della stessa di comprendere quello che richiede la scala<br />

di valutazione.<br />

Le scale Unidimensionali misurano esclusivamente l’intensità del dolore.<br />

Le scale Multidimensionali valutano anche altre dimensioni, come la<br />

sensoriale – discriminativa, motivazionale – affettiva, cognitivo – valutativa.<br />

Per la loro complessità il loro uso è limitato nella pratica clinica.<br />

Le scale, infine, possono essere:<br />

Soggettive: ( self-report) i metodi di valutazione, si basano sulla<br />

descrizione verbale o analogica che la paziente riesce a dare del proprio<br />

dolore.<br />

Oggettive: (valutano le risposte comportamentali e i parametri<br />

fisiologici) valutano specifici indici comportamentali e fisiologici, in<br />

risposta ad uno stimolo doloroso, derivandone un punteggio secondo<br />

l’intensità del dolore.<br />

2.3.2 Scale unidimensionali<br />

A. Scala analogica visiva (Visual Analogue Scale VAS)<br />

Questa scala lineare è uno strumento unidimensionale, che quantifica ciò che<br />

il malato soggettivamente percepisce come dolore o come sollievo e lo<br />

rappresenta visivamente. Consiste in una retta lunga 10 cm, con o senza<br />

tacche in corrispondenza di ciascun centimetro. L'estremità iniziale<br />

corrisponde a “nessun dolore”, e quella terminale a “ massimo dolore”.<br />

44


Figura n1 . “Scala VAS “ Fonte:psicocafe.blogosfere.it<br />

Figura n.2 “Variante linea numerata scala VAS “ Fonte: Postura e dolore.it<br />

Figura n 3. “Variante sollievo scala VAS “ Fonte: Società di Medicina Generale<br />

Si chiede al paziente di disegnare un segno, sul punto della linea che meglio<br />

rappresenti il livello di dolore/sollievo provato rispetto ai due estremi.<br />

La distanza misurata in millimetri, partendo dall'estremità che indica l'assenza<br />

di dolore/sollievo, rappresenta la misura della modalità da quantificare e ciò<br />

che il paziente soggettivamente percepisce.<br />

Questa prova può essere facilmente ripetuta nel tempo (Dixon JS. 1986). Fra i<br />

diversi tipi di VAS, la linea assoluta, non tratteggiata, è la meno sensibile agli<br />

errori.<br />

45


Per quanto attiene i vantaggi, si segnala la sensibilità dello strumento, la<br />

semplicità di somministrazione, la facile comprensione, e la sua indipendenza<br />

dal linguaggio.<br />

Gli svantaggi di questa scala sono:<br />

necessita di supporto cartaceo;<br />

non può essere utilizzata in pazienti con deficit visivi e cognitivi;<br />

evidenzia l'intensità del dolore senza riguardo per altri fattori.<br />

B. Scala Numerica (Numerical Rating Scale NRS)<br />

Nella scala numerica il concetto è simile a quello della scala visuale, invece,<br />

della linea continua vi sono rappresentati da numeri. Si considera una serie di<br />

numeri da 0 a 10 o da 0 a 100 il cui punto di inizio e di fine rappresentano gli<br />

estremi del dolore provato. Il paziente è invitato a scegliere il numero che<br />

corrisponde meglio al suo dolore.<br />

Figura n 4. “Scala NRS “ Fonte: Società di Medicina Generale<br />

46


I vantaggi attribuiti al suo uso sono:<br />

Praticità e semplicità, uso verbale, nessun supporto cartaceo;<br />

Numero d’intervalli maggiori della VRS;<br />

Affidabilità, validità e rapida elaborazione dei dati.<br />

Gli svantaggi segnalati sono riferibili alla difficoltà a ridurre a un numero la<br />

sensazione dolorosa e un numero di intervalli minori della VAS.<br />

C. Scala di valutazione verbale (Visual Rating Scale VRS)<br />

Questo tipo di scala è composta da una serie di aggettivi che quantificano il<br />

dolore dal più debole al più intenso (nessun dolore, molto lieve, lieve,<br />

moderato, forte,molto forte).<br />

Figura n.5 “Scala VRS “ Fonte: Società di Medicina Generale<br />

Molti pazienti preferiscono le scale verbali a quelle analogiche visive o<br />

numeriche per la maggiore semplicità, ciò conduce a una maggiore<br />

probabilità di completamento.<br />

Questa scala si è dimostrata sensibile alla posologia dei farmaci, al sesso e<br />

alle differenze etniche, e risulta più accurata rispetto alla scala analogica<br />

visiva nella valutazione degli effetti degli analgesici sul dolore acuto.<br />

(Gracely RG, 1978)<br />

47


Risultati Soddisfacenti si ottengono quando vi sono almeno sei livelli<br />

d’intensità. Per quanto riguarda i vantaggi, si evidenzia:<br />

La semplicità;<br />

La praticità, uso verbale, nessun supporto cartaceo;<br />

Lo spazio riservabile alla descrizione qualitativa.<br />

La scala verbale è limitata dal fatto che offre un numero ristretto di termini<br />

per rappresentare il dolore e pertanto non consente una fine valutazione dello<br />

stesso.(De Nicola A.)<br />

D. Scala delle espressioni facciali ( Facies Pain Scale FPS)<br />

Uno strumento utilizzabile anche con bambini, dai 2-3 anni, è quello non<br />

verbale costituito dalla "Scala delle espressioni facciali".<br />

Tale scala è composta da una serie di figure/disegni, che rappresentano<br />

espressioni facciali da: sorridente che corrisponde all'assenza di dolore, triste<br />

e così via fino al pianto disperato che corrisponde al massimo dolore<br />

possibile. Il bambino è chiamato a valutare il suo dolore, scegliendo il disegno<br />

che rappresenta il livello della propria esperienza dolorosa. (LeResche L.<br />

1982; Kabn EA. 1966; LeResche L, 1984; )<br />

Figura n.6 “ Scala delle espressioni facciali” Fonte:anestit.unipa.it<br />

48


2.3.3 Scale multidimensionali<br />

A. McGill Pain Questionnaire. (MPQ Melzach 1975)<br />

E’ un questionario di auto-somministrazione, costituito da termini che<br />

descrivono differenti aspetti del dolore. I termini sono suddivisi in dimensioni<br />

e sottoclassi, corrispondenti a diverse caratteristiche del dolore:<br />

• aspetto sensitivo (caratteri “qualitativi”);<br />

• aspetto valutativo ( valutazione dell’intensità del dolore);<br />

• aspetto affettivo ( espressione delle reazioni emotive).<br />

Il paziente deve scegliere i termini che corrispondono al proprio dolore.<br />

Ciascuna sottoclasse contiene da 2 a 6 aggettivi, in ordine crescente di<br />

intensità. Dall’esame delle parole scelte è possibile ricavare uno score globale<br />

e uno parziale per le tre sottoscale.<br />

Si avvale anche di una VRS, per misurare l’intensità del dolore presente, e di<br />

un disegno di un corpo umano, visto davanti e dietro, per indicare la<br />

localizzazione.<br />

I vantaggi sono rappresentati, da un’analisi più sfaccettata del dolore nelle sue<br />

varie componenti, il suo utilizzo è ideale nel dolore cronico.<br />

Il grande limite di questo questionario piuttosto impegnativo, risiede nel fatto<br />

che molti dei termini utilizzati sono sconosciuti a pazienti anziani, e con<br />

cultura limitata o non rientrano nel linguaggio comune ( Maunuksela EL,<br />

1983).<br />

49


L’MPQ fornisce una grande quantità di informazioni ma richiede molto più<br />

tempo per essere completato rispetto ad altre scale. Ne esistono almeno due<br />

versioni italiane.(Italian Version of MPQ, Italian Pain Questionnaire)<br />

B. The Brief Pain Inventory (BPI Cleeland C. S. 1991)<br />

E’ la versione abbreviata del McGill Pain Questionnaire. I termini, che<br />

descrivono il dolore, sono stati ridotti e riguardano la sfera sensoriale e<br />

affettiva. Le parole sono state scelte perché usate più frequentemente dai<br />

pazienti con vari tipi di dolore. Consiste in una serie di domande, inerenti<br />

l’intensità e la conseguente limitazione funzionale. Le domande indagano le<br />

precedenti 24 ore, per la compilazione sono necessari dai 5 ai 15 minuti. A<br />

2.3.4 Misurazioni obiettive del dolore<br />

Durante la fase dolorosa si assiste a differenti manifestazioni non verbali del<br />

paziente, quali smorfie facciali, gemiti, lamenti, assunzione di farmaci,<br />

compromissione delle funzioni fisiche e delle attività sociali.<br />

Tuttavia l'esperienza del dolore è impossibile da misurare direttamente e<br />

l'osservatore, quindi, deve inevitabilmente basarsi sulla descrizione del dolore<br />

fatta dal paziente e dimostrarne la fondatezza osservando il comportamento<br />

associato (Melzack R, 1985 ).<br />

Numerose variabili possono influenzare la misurazione del comportamento<br />

relativo al dolore, tra cui, l'influenza dell'esaminatore sul comportamento del<br />

50


paziente, le questioni assicurative e legali, il ruolo del coniuge o di altre<br />

persone vicine al paziente. La cognizione che il comportamento, associato al<br />

dolore, può persistere per ragioni diverse da quelle che l’hanno causato, può<br />

aggiungere ulteriori difficoltà alla misurazione oggettiva (Frank AJM, 1982.).<br />

Altre limitazioni all'uso dell'osservazione del comportamento come misura<br />

del dolore sono legate all'ambiente nel quale tali misurazioni avvengono. Di<br />

fatto, la maggior parte delle osservazioni si verificano in condizioni cliniche,<br />

mentre il comportamento del paziente a casa non viene considerato (Mcgrath<br />

PA, 1985).<br />

2.3.5 Misurazioni soggettive del dolore<br />

Riguardo alle misurazioni soggettive del dolore si condivide l’ interpretazione<br />

che ne dà A. De Nicola in Misurazione del dolore, dove afferma che essendo<br />

il dolore un’esperienza soggettiva, l’autovalutazione del paziente è da<br />

considerarsi la regola per la sua misurazione. Infatti, numerosi studi hanno<br />

evidenziato la sottostima derivante da una valutazione esterna.<br />

Infine, afferma, che la valutazione esterna rimane indispensabile per i pazienti<br />

che non sono in grado di esprimersi, i neonati e i bambini, handicappati<br />

mentali, anziani con demenza.<br />

Gli strumenti più utilizzati sono il Mc Gill Pain Questionnaire e la VAS anche<br />

se la NRS è il metodo che produce meno errori soprattutto negli anziani.<br />

51


Capitolo 3<br />

Jan e Hubrecht Van Eyck “ Eva dall’Agnello Mistico” - 1425-32<br />

PROGETTO <strong>DI</strong> RICERCA<br />

52


3.1 Ricercatori<br />

La ricerca in oggetto nasce presso l’U.O. di Ginecologia e Ostetricia di<br />

Senigallia, su sollecitazione delle gestanti che da qualche tempo richiedono<br />

l’organizzazione di un percorso di contenimento del dolore durante il<br />

travaglio e il parto, e si avvale dei seguenti collaboratori:<br />

Il Prof Nelvio Cester, Direttore dell’U.O. Di Ginecologia e Ostetricia di<br />

Senigallia, responsabile del progetto, il quale ha concesso le<br />

autorizzazioni necessarie per l’avvio dell’indagine.<br />

La Dott.ssa Giorgia Buscicchio che ha fornito preziosi suggerimenti<br />

riguardanti le procedure metodologiche.<br />

La Dott.ssa Luana Centinaro e l’Ostetrica Monica Montagna che hanno<br />

contribuito alla somministrazione dei questionari.<br />

3.2 Definizione del problema<br />

Come ampiamente descritto nel capitolo due, la percezione del dolore è il<br />

risultato dell’elaborazione dei suoi componenti: sensoriale, affettivo -<br />

emozionale, cognitivi, e comportamentali, di conseguenza è molto soggettiva.<br />

Questa problematicità rende difficile la predizione delle aspettative e della<br />

cognizione del dolore delle donne in travaglio, di conseguenza indagare,<br />

l’associazione tra paura del parto e dolore in travaglio consente agli<br />

53


operatori sanitari dell’Ostetricia di Senigallia di prevedere la richiesta di<br />

sollievo dal dolore e organizzare percorsi assistenziali specifici.<br />

3.3 Revisione della Letteratura<br />

La ricerca è stata eseguita presso banche dati e revisioni di linee guida come:<br />

NICE, SIGO; GIMBE, MEDLINE, COCHRANE LIBRARY.<br />

La rassegna della letteratura ha fornito le basi teoriche, ha consentito la<br />

definizione del problema e l’elaborazione delle ipotesi di ricerca nel progetto<br />

dell’U.O. di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia.<br />

Vengono di seguito riassunte le principali indagini prese in considerazione:<br />

1. Hodnett ED. “Pain and women's satisfaction with the experience of<br />

childbirth” 2002. Revisione sistematica di 137 reports sui fattori che<br />

influenzano la valutazione delle donne rispetto alla loro esperienza del<br />

parto. Dai risultati si evince che influiscono sull’esperienza del parto:<br />

a. aspettative personali;<br />

b. quantità di supporto del caregiver;<br />

c. qualità della relazione con il caregiver;<br />

d. coinvolgimento nelle scelte assistenziali.<br />

Le conclusioni cui si perviene mostrano come il dolore, le strategie per il<br />

suo contenimento e gli interventi medici durante il travaglio non<br />

54


influiscono sulla costruzione del vissuto della donna quanto le attitudini e i<br />

comportamenti del caregiver.<br />

2. Goodman P, Mackey MC, Tavakoli AS. “Factors related to childbirth<br />

satisfaction,” 2004. Studio descrittivo su 60 puerpere che hanno avuto un<br />

parto normale con neonato sano. Basato sull’utilizzo di questionari<br />

strutturati, scale di valutazione della soddisfazione e del dolore. I risultati<br />

emersi dimostrano che il controllo della donna sull’esperienza del parto è<br />

un fattore predittivo di soddisfazione globale sull’esperienza del parto.<br />

Anche le aspettative rispetto al travaglio/parto sono fattori predittivi di<br />

soddisfazione della propria performance. Nelle conclusioni si afferma che<br />

il controllo della donna sull’esperienza del parto è un fattore predittivo di<br />

soddisfazione materna. L’empowerment e il potenziamento dell’autostima<br />

possono accrescere la soddisfazione della donna rispetto all’esperienza.<br />

3. Kannan S, Jamison RN, Datta S. “Maternal satisfaction and pain<br />

control in women electing natural childbirth”, 2001. Lo studio si basa su<br />

un campione di 23 donne con travaglio normale e 24 con travaglio<br />

normale con richiesta di analgesia peridurale. Lo studio, realizzato con<br />

questionari, somministrati prima e dopo il parto per valutare il dolore<br />

durante il travaglio e la soddisfazione. I risultati dimostrano che le donne<br />

con analgesia peridurale riferiscono punteggi di dolore inferiori rispetto al<br />

gruppo che non la riceve. L’88% delle donne con analgesia peridurale<br />

riferisce di essere meno soddisfatte di quanto si aspettavano, nonostante<br />

55


la diminuzione del dolore. Spesso le donne riferiscono il ricorso<br />

all’analgesia peridurale come un fallimento del proprio parto. La<br />

conclusione cui giunge mostra che la diminuzione dell’intensità del dolore<br />

in travaglio non aumenta la soddisfazione materna. La soddisfazione è<br />

fortemente influenzata dalle aspettative in gravidanza.<br />

4. Anim-Somuah M, “Smyth R, Howell C. “Epidural versus non-epidural<br />

or no analgesia in labour”, 2005. Revisione sistematica di 21 RCT (6664<br />

donne) che compara analgesia peridurale e altri metodi di contenimento<br />

del dolore farmacologici e non contenimento. I risultati dimostrano che le<br />

donne con analgesia peridurale vs altri metodi percepiscono dolore in<br />

intensità minore ma sono esposte a maggior rischio di parti operativi (non<br />

differenze significative per soddisfazione materna, ricorso al taglio<br />

cesareo, cefalee a lungo termine e bassi score di Apgar). Lo studio<br />

conclude che l’analgesia peridurale è un metodo efficace per il pain relief.<br />

Non si evidenziano differenze rispetto a: taglio cesareo, cefalee a lungo<br />

termine e bassi score di Apgar, soddisfazione materna anche con score di<br />

dolore inferiori non aumenta la soddisfazione.<br />

5. Howell CJ, Kidd C, Roberts W. “A randomised controlled trial of<br />

epidural compared with non-epidural analgesia in labour”, 2001. RCT<br />

con follow-up a lungo termine e un campione di 369 primi gravide, di cui<br />

184 donne destinate al gruppo con analgesia peridurale e 185 al gruppo<br />

non analgesia peridurale. Outcome: cefalea a 3 a 12 mesi dal parto,<br />

56


incidenza parti strumentali e valutazione globale da parte delle donne. Dai<br />

risultati non si evidenziano differenze statisticamente significative per<br />

aumento di cefalea a lungo termine nel gruppo con epidurale. Si rileva un<br />

aumento significativo dei parti strumentali. Non si individuano differenze<br />

significative nella soddisfazione delle donne. Le conclusioni riscontrano<br />

che il ricorso ad analgesia peridurale è associato a un aumento dei parti<br />

operativi. Non sembrano esistere associazioni dell’analgesia peridurale<br />

con cefalea a lungo termine o con soddisfazione maggiore da parte delle<br />

donne.<br />

6. McCrea BH, Wright ME. “Satisfaction in childbirth and perceptions of<br />

personal control in pain relief during labour”, 1999. Studio retrospettivo<br />

basato sulla somministrazione di un questionario a 100 puerpere a 48 ore<br />

dal parto vaginale. Dai risultati si evince che il controllo della donna<br />

nell’esperienza del parto influisce positivamente nel contenimento del<br />

dolore e sulla soddisfazione materna. Le conclusioni fanno notare che le<br />

variabili demografiche e socio-economiche hanno un basso impatto sulla<br />

soddisfazione materna rispetto al controllo sul proprio travaglio.<br />

7. Waldenstrom U. “Women's memory of childbirth at two months and one<br />

year after the birth,” 2003. Studio di corte longitudinale su 2428 donne<br />

svedesi reclutate in gravidanza. Dai risultati si desume che gli score di<br />

valutazione del dolore non si mantenevano nel tempo, indipendentemente<br />

57


dalle strategie per il contenimento del dolore ufficializzate.<br />

Di conseguenza, perviene alla conclusione che il ricordo delle donne<br />

rispetto al dolore del parto è soggetto a grande variabilità e le risposte delle<br />

partecipanti possono cambiare nel tempo.<br />

8. Waldenstrom U, Rudman A, Hildingsson I. “Intrapartum and<br />

postpartum care in Sweden: women's opinions and risk factors for not<br />

being satisfied,” 2006. Studio caso controllo su 2686 donne svedesi che<br />

prevede la compilazione di un questionario all’inizio della gravidanza e<br />

due mesi dopo il parto. Le associazioni vengono valutate con analisi di<br />

regressione logistica. Dai risultati si rileva che i fattori di rischio per<br />

l’insoddisfazione sono:<br />

a. giovane età,<br />

b. bassa scolarità,<br />

c. single,<br />

d. gravidanza non pianificata,<br />

e. mancanza del supporto del partner,<br />

f. mancanza di supporto dell’ostetrica in travaglio,<br />

g. scarso coinvolgimento nelle decisioni,<br />

h. ambiente del parto,<br />

i. tempo insufficiente per il supporto in allattamento.<br />

Nelle conclusioni si afferma che l’organizzazione dell’assistenza e i fattori<br />

58


socio-demografici influiscono fortemente sulla soddisfazione materna<br />

dell’esperienza del parto.<br />

9. Alehagen S,Wijma B, Wijma K. “Fear of childbirth before, during, and<br />

after childbirth,” 2006. Campione composto di 47 nullipare a termine di<br />

gravidanza cui viene proposta una valutazione delle aspettative ante<br />

travaglio, una sulla paura in travaglio e ripetuta nel post parto. I risultati<br />

dimostrano che esiste una correlazione tra paura del parto in gravidanza e<br />

dolore riferito in travaglio. Non c’è differenza tra la paura rilevata prima<br />

del parto tra donne che non hanno / hanno ricevuto l’analgesia peridurale<br />

mentre nelle donne con analgesia peridurale si rilevano livelli di paura del<br />

parto maggiori vs no analgesia. Le conclusioni descrivono come le donne<br />

che riferiscono intesi livelli di paura hanno maggiore probabilità di riferirla<br />

anche al parto e in puerperio. L’offerta di analgesia peridurale non è una<br />

risposta sufficiente alla paura delle donne in travaglio e in puerperio.<br />

10. Leighton BL, Halpern SH. “The effects of epidural analgesia on labor,<br />

maternal, and neonatal outcomes: a systematic review.” 2002. Questa<br />

revisione ha incluso 14 studi randomizzati che coinvolgono 4.324 donne.<br />

Valuta gli effetti dell’analgesia epidurale sul travaglio, materno, e gli esiti<br />

neonatali. I risultati evidenziano la segnalazione di meno dolore nelle<br />

donne assegnate nel gruppo epidurale. La meta-analisi ha anche rilevato<br />

donne più soddisfatte del sollievo dal dolore, rispetto alla non-epidurale.<br />

Inoltre in questo lavoro l'analgesia epidurale non è risultata associata a<br />

59


un aumento della durata della prima fase del travaglio ma è stata associata<br />

a un allungamento della seconda fase, all’uso di ossitocina e nascite<br />

strumentali.<br />

11. Reynolds F, Sharma SK, Seed PT. “Analgesia in labour and fetal acid-<br />

base balance: a meta-analysis comparing epidural with sistemi opioid<br />

analgesia”. 2002; Un’altra revisione sistematica è stata effettuata per<br />

valutare l'effetto dell’epidurale durante il travaglio sul rapporto acido-<br />

basico del funicolo del bambino alla nascita. Comprende otto RCT che<br />

coinvolgono 2268 donne. E’ risultato che il pH dell'arteria ombelicale è<br />

significativamente migliore per i bambini nati da donne del gruppo<br />

epidurale così come l'eccesso di basi Gli autori concludono che l’analgesia<br />

epidurale è associata con un migliore rapporto acido-basi neonatale,<br />

suggerendo che il ricambio placentare è ben conservato durante l'analgesia<br />

epidurale.<br />

12. Christiaens W, et al. “Pain acceptance and personal control in pain<br />

relief in two maternity care models: a cross-national comparison of<br />

Belgium and the Netherlands.”2010. Studio osservazionale che ha<br />

valutato 327 donne, sull’accettazione del dolore e sul controllo personale<br />

nella riduzione del dolore, in un confronto internazionale tra Olanda e<br />

Belgio. Lo studio si basava su due interviste, una condotta a 30 settimane<br />

di età gestazionale e una due settimane dopo il parto. Dall'analisi dei<br />

risultati si rileva che, nel campione di donne studiate, la giovane età e il<br />

60


travaglio prolungato si associano a maggior ricorso all'analgesia. Un minor<br />

ricorso all'analgesia è associato ad accettazione del dolore e controllo<br />

personale del dolore. Per quanto attiene il paese, si osserva che le donne<br />

Olandesi hanno un rischio molto ridotto di ricorrere all'analgesia rispetto<br />

alle donne Belghe.<br />

13. Dickinson JE et al. “Maternal satisfaction with childbirth and<br />

intrapartum analgesia in nulliparous labour,”2003. Studio randomizzato<br />

che ha confrontato i risultati di analgesia epidurale e non-epidurale. Il<br />

primo gruppo composto di 493 donne è stato incoraggiato a richiedere<br />

l'epidurale; e un gruppo di 499 donne che ha ricevuto un sostegno one-to-<br />

one continuo durante il travaglio da parte dell’ostetrica. Le donne sono<br />

state intervistate circa 24 ore dopo la nascita e a 6 mesi dopo il parto. Il<br />

gruppo analgesia epidurale era significativamente più soddisfatto del<br />

sollievo al dolore durante il parto, e l'intensità del dolore riferito dopo la<br />

somministrazione era significativamente più bassa per questo gruppo.<br />

Entrambi i gruppi hanno riportato livelli simili di soddisfazione con un<br />

grado di supporto dell’ostetrica durante il travaglio, la partecipazione al<br />

processo decisionale durante il parto. Nonostante le differenze di<br />

soddisfazione per il sollievo dal dolore e dei livelli di dolore provato tra i<br />

due gruppi, i resoconti dell’esperienza complessiva di travaglio e parto<br />

erano simili per entrambi i gruppi. I risultati ottenuti ai 6 mesi di follow-<br />

up, hanno mostrato come le donne nel gruppo sostegno one-to-one,<br />

61


erano significativamente meno propense a utilizzare l'epidurale in un<br />

travaglio successivo.<br />

3.4 Formulazione del razionale<br />

Dagli studi sopra presentati si può desumere che quasi tutti gli autori sono<br />

concordi nel rilevare che la paura del dolore e la conseguente percezione sono<br />

condizionate, in senso positivo o negativo, dal background della paziente, da<br />

fattori psichici, sociali e ambientali. (Waldenstrom U. 2006)<br />

La rassegna della letteratura evidenzia inoltre, che il ricordo delle donne<br />

rispetto al dolore del parto è soggetto a grande variabilità e le valutazioni<br />

delle pazienti possono cambiare nel tempo. (Waldenstrom U. 2003)<br />

Alla luce della complessità e molteplicità del tema contenimento del dolore,<br />

questo studio focalizza l’attenzione sulla valutazione del dolore da parto, sulla<br />

domanda di controllo del dolore in travaglio e durante il parto (Alehagen S.<br />

2006). La rilevazione, si esegue presso l’Ospedale di Senigallia, su una<br />

popolazione eterogenea di donne delle Marche ricoverate con indicazione<br />

ostetrica (parto) o con indicazione ginecologica.<br />

Infine s’indagano le preferenze delle donne verso il ricorso a tecniche<br />

avanzate di analgesia come la peridurale (Goodman P 2004).<br />

62


3.5 Formulazione delle ipotesi di ricerca<br />

L’ipotesi scientifica dello studio, prevede che il background di una paziente,<br />

influisce sensibilmente sulla percezione del dolore della stessa, e che tale<br />

percezione si modifica in relazione al tempo trascorso dall’evento che ha<br />

scatenato il dolore. (Waldenstrom U 2003 e 2006)<br />

3.6 Obiettivi generali della ricerca<br />

L’obiettivo generale di questa ricerca, consiste nell’indagare i<br />

condizionamenti culturali e personali di un campione di donne marchigiane,<br />

rispetto al dolore, e come questi possano portare a percezioni differenti del<br />

dolore in travaglio.<br />

In particolare sono obiettivi specifici:<br />

a. Analizzare l'influenza di alcune variabili indipendenti, (l’età, la<br />

dimensione del comune di residenza, l’occupazione, la parità )<br />

sull'orientamento e sulle attese del dolore nel travaglio e parto.<br />

b. Delineare le dinamiche, le aspettative e le scelte connesse al primo<br />

parto, per verificare attraverso il confronto con il campione di pluripare<br />

e pazienti ginecologiche se, e in che misura, vi sono differenze nei<br />

comportamenti, nei vissuti e nel tempo.<br />

c. Acquisire informazioni utili, per migliorare l’organizzazione e la<br />

63


gestione dell’offerta di terapia antalgica, presso l’U.O . di Ginecologia<br />

e Ostetrica di Senigallia.<br />

3.7 Definizione del campo d’indagine<br />

3.7.1 Setting<br />

Lo studio è stato realizzato presso l’Azienda Sanitaria Unica Regione Marche,<br />

Area Vasta n.2, Ospedale Principe di Piemonte di Senigallia, Dipartimento<br />

Materno Infantile, U.O. di Ginecologia e Ostetricia.<br />

Il reparto di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia sito in Via Benvenuto<br />

Cellini 1, Direttore Dott. Nelvio Cester, è costituito da una dotazione di 25<br />

posti letto ordinari e 2 riservati ai day surgery, vi si effettuano circa 800 parti<br />

all’anno, di cui il 28/30% espletati con taglio cesareo.<br />

3.7.2 Campione<br />

Lo studio è di tipo trasversale, e riguarda un campione casuale di donne<br />

ricoverate presso l’Unità Operativa tra giugno e dicembre 2011.<br />

Al fine di raggiungere un campione rappresentativo della realtà locale, sono<br />

state incluse nello studio 544 pazienti, 300 ricoverate nella sezione di<br />

ostetricia, 200 in quella di ginecologia e 44 reclutate mediante il Social<br />

Network Facebook.<br />

I criteri di inclusione allo studio sono stati:<br />

a. Gestanti primipare afferenti all’ambulatorio di gravidanza a termine;<br />

64


. Gestanti pluripare afferenti all’ambulatorio di gravidanza a termine;<br />

c. Donne ricoverate per indicazioni ginecologiche;<br />

d. Donne che volontariamente hanno aderito allo studio attraverso il<br />

Social Network Facebook.<br />

Tutte le gestanti considerate hanno partorito presso l’Unità Operativa di<br />

Ostetricia e Ginecologia del suddetto ospedale.<br />

Il questionario è stato illustrato e consegnato dall’ostetrica durante il ricovero<br />

ospedaliero e ritirato alla dimissione.<br />

Alle donne che volontariamente hanno aderito allo studio attraverso il Social<br />

network, il questionario, unitamente alle istruzioni per la compilazione sono<br />

stati resi disponibili su pagina Facebook.<br />

Figura n. 7 “Pagina Facebook ”<br />

65


3.8 Definizione dell’area di analisi<br />

3.8.1 Variabili<br />

Nell’indagine in oggetto sono state prese in considerazione le seguenti<br />

variabili, al fine di verificare le ipotesi di ricerca:<br />

1. Età;<br />

2. Comune di residenza;<br />

3. Occupazione;<br />

4. Parità;<br />

5. Valutazione del dolore con scala numerica (NRS) da 0 (che<br />

corrisponde a nessuna percezione del dolore) a 10 (che corrisponde<br />

alla massima percezione del dolore);<br />

6. Desiderio di controllo del dolore con analgesia peridurale al primo<br />

parto;<br />

7. Desiderio di controllo del dolore con analgesia peridurale ai parti<br />

successivi.<br />

3.8.2 Strumento d’indagine<br />

Lo strumento metodologico utilizzato per l’indagine è il questionario auto-<br />

compilato, composto di 16 domande di tipo chiuso (allegato n° 1).<br />

Al questionario è allegata una breve presentazione, dove si spiegano le finalità<br />

e le motivazioni dell’inchiesta e si rassicurano le interessate circa la<br />

66


iservatezza delle informazioni.<br />

Il questionario è articolato in tre parti:<br />

I. Fattori socio-anagrafici (5 domande);<br />

II. Aspettativa del dolore e reale percezione dello stesso al parto (7 domande);<br />

III. Fattori collegati a successive gravidanze (4 domande).<br />

La formulazione del questionario si attiene ad una serie di principi:<br />

1. Enunciato delle voci:<br />

le voci sono formulate con oggetto un avvenimento e/o un’esperienza;<br />

le domande sono formulate in modo specifico, in quanto riflettono più<br />

precisamente le esperienze attuali, passate e individuali;<br />

2. Approccio di tipo diretto;<br />

3. Formazione delle domande a risposta chiusa (standardizzate), al fine di<br />

permettere confronti diacronici e sincronici;<br />

4. Formato delle risposte:<br />

dicotomico (si/no) e a risposta multipla utilizzando una lista di<br />

alternative (all’interno delle quali se ne può scegliere una sola);<br />

l’ordine di presentazione delle scelte, inizia sempre dalla modalità di<br />

risposta negativa, in quanto, favorisce le critiche ed aumenta la<br />

variabilità.<br />

Nel suo complesso, il questionario è dotato di una sua originalità che si rivela<br />

nella predilezione del criterio di sintesi evitando sofisticati linguaggi.<br />

67


3.9 Pianificazione del progetto di ricerca<br />

Per pianificare il progetto di ricerca, ci si è avvalsi di strumenti di<br />

pianificazione logico/strutturale quali Work Breakdown Structure<br />

(letteralmente “struttura della suddivisione del lavoro”).<br />

Per la programmazione del tempo di ogni singola attività svolta nel progetto,<br />

in relazione alla disponibilità delle risorse necessarie, si utilizzano strumenti<br />

di pianificazione e controllo temporali, quali il diagramma a barre (bar chart).<br />

3.9.1 WBS Management<br />

1.1 Individuazione del campione;<br />

1.2 Individuazione degli obiettivi della ricerca c/o l’U.O. di Senigallia;<br />

1.3 Ricerca documentazione e lettura critica della bibliografia;<br />

1.4 Stima dei tempi;<br />

1.5 Definizione delle attività e della loro sequenza;<br />

1.6 Attuazione e coordinamento del Progetto;<br />

1.7 Richiesta autorizzazione del Direttore della U.O..<br />

68


Figura n.8 “WBS Management”<br />

Figura n.9 “ Cronogramma Management”<br />

Cod. Attività<br />

1.1<br />

1.2<br />

1.3<br />

1.4<br />

1.5<br />

1.6<br />

1.7<br />

Ind. campione<br />

Indiv.<br />

Campione<br />

Indiv.<br />

Obiettivi.<br />

Progetto<br />

Ricerca<br />

bibliografia.<br />

Stima<br />

Tempi<br />

Attività e<br />

Sequenza<br />

Attuazione<br />

Coordinam.<br />

Progetto<br />

Richista<br />

Autoriz.<br />

Direttore<br />

Management<br />

Defin. attività<br />

Giu<br />

'11<br />

Ind. obiettivi<br />

Lug<br />

'11<br />

Ago<br />

'11<br />

PROGETTO <strong>DI</strong> RICERCA<br />

Attuaz. Progetto.<br />

Set<br />

'11<br />

Ott<br />

'11<br />

Ric. Bibliogr.<br />

Nov<br />

'11<br />

Progettazione e Attuazione<br />

Dic<br />

'11<br />

Stima Tempi.<br />

Rich. autorizzazioni.<br />

69


3.9.2 WBS Progettazione/Attuazione<br />

2.1 Elaborazione/acquisizione dello strumento di indagine (Questionario)<br />

2.2 Definizione dell’area di analisi (variabili)<br />

2.3 Progettazione e attuazione del sistema di raccolta dati<br />

2.4 Individuazione software per analisi dei dati raccolti<br />

2.5 Elaborazione dei dati<br />

2.6 Valutazione qualità dei dati<br />

2.7 Analisi dei dati<br />

Figura n. 10 “WBS Progettazione/Attuazione”<br />

Elab. questionario<br />

Management<br />

Defin. area analisi<br />

Raccolta dati<br />

PROGETTO <strong>DI</strong> RICERCA<br />

Elab. dati<br />

Software per analisi<br />

Progettazione e Attuazione<br />

Valut. qualità dati<br />

Analisi dati.<br />

70


Figura n.11 “Cronogramma Progettazione/Attuazione”<br />

Cod. Attività<br />

2.1<br />

2.2<br />

2.3<br />

2.4<br />

2.5<br />

2.6<br />

Elab0razione<br />

Strumento<br />

Definizione<br />

Variabili<br />

Raccolta.<br />

Dati<br />

Indiv.<br />

Software<br />

Analisi Dati<br />

Elaborazione<br />

dei dati<br />

Valutazione<br />

Qualità Dati<br />

2.7 Analisi Dati<br />

Giu.<br />

'11<br />

Lug.<br />

11<br />

3.10 Analisi dei dati<br />

Ago.<br />

'11<br />

Set.<br />

'11<br />

Ott.<br />

'11<br />

Lo studio descrittivo ha previsto la raccolta dei dati in Excel, strumento che<br />

permette di gestire elenchi e tabelle di dati organizzati per ordinare e ricercare<br />

informazioni, ma anche per eseguire operazioni di analisi e confronti dei dati.<br />

Per poter procedere all’organizzazione e alla spiegazione dei dati, si è ritenuto<br />

Nov.<br />

'11<br />

opportuno ricorrere all’uso di indici statistici.<br />

L’analisi statistica dei risultati è stata effettuata mediante il T Test Student<br />

attraverso un programma biomedico Biostat, considerando P < 0.05<br />

significativo.<br />

Dic.<br />

'11<br />

71


Capitolo 4<br />

Picasso “Donna in bianco” 1929<br />

ANALISI DEI DATI<br />

72


4.1 Partecipazione all’indagine<br />

Sono stati raccolti 557 questionari, di cui 44 mediante il Social<br />

Ntework Facebook, i restanti sono stati compilati dalle pazienti Ostetriche e<br />

Ginecologiche, ricoverate dal mese di Giugno al mese di Dicembre 2011<br />

presso l’U.O. di Ginecologia e Ostetricia di Senigallia.<br />

I dati analizzati nelle tabelle e nei grafici sono relativi a 544 questionari in<br />

quanto, 13 sono stati esclusi dallo studio perché riconsegnati senza essere<br />

compilati o sono risultati incompleti.<br />

4.2 Caratteristiche generali della popolazione in studio<br />

A. Età: l’età media delle 300 pazienti ostetriche oggetto dello studio è di<br />

31.4 anni, la mediana di 32; quella delle 244 pazienti ginecologiche è<br />

di 40.08, con mediana di 38.<br />

B. Residenza:: la totalità del campione risiede nella Regione Marche.<br />

Per quanto concerne le pazienti ostetriche, il 20,43% dimora nella<br />

provincia di Pesaro - Urbino e il 79,57% nella provincia di Ancona.<br />

Vive in ambiente urbano (comuni di media grandezza > 10.000<br />

abitanti) il 72,04% del campione, il restante 27,96% risiede in ambito<br />

rurale (comuni di piccole dimensioni < 10.000 abitanti). La residenza<br />

delle pazienti ginecologiche segue una distribuzione simile al<br />

73


campione ostetrico: il 19,17% delle pazienti abita nella provincia di<br />

Pesaro – Urbino, il restante 79,47,% nella provincia di Ancona, in<br />

questo campione è presente anche un 1,36% di residenti nella provincia<br />

di Macerata.<br />

Risiede in ambiente urbano (comuni di media grandezza > 10.000<br />

abitanti), il 60,28% del campione, il restante 39,72% risiede in ambito<br />

rurale (comuni di piccole dimensioni < 10.000 abitanti). (ISTAT<br />

Comuni per classe di ampiezza demografica)<br />

C. Occupazione:: nelle pazienti ostetriche il 26,88% non ha<br />

occupazione, il rimanente 73.12% che ha un’occupazione è così<br />

distribuito: il 22,05% fa parte delle professioni intellettuali, scientifiche<br />

e di elevata specializzazione, il 39,52% svolge professioni tecniche e il<br />

38,43% esercita professioni non qualificate /manuali. (nomenclatura e<br />

classificazione delle professioni ISTAT)<br />

Delle pazienti ginecologiche il 35,61% non ha occupazione, il<br />

rimanente 64,39% che ha un’occupazione, si suddivide come segue: il<br />

17,02% appartiene a professioni intellettuali, scientifiche e di elevata<br />

specializzazione, il 42,56% svolge professioni tecniche e infine il<br />

40,42% esercita professioni non qualificate/manuali.<br />

D. Parità: Il campione ostetrico, presenta una distribuzione simmetrica,<br />

50 % di primipare e 50% di pluripare. Il campione ginecologico è così<br />

74


suddiviso, 173 pazienti corrispondente al 70,83% di pluripare e 71 pari<br />

al 29.17% di primipare.<br />

4.3 Valutazione della percezione del dolore nel parto<br />

A .Percezione del dolore in base all’età:<br />

Nella tabella seguente si evidenzia come il dolore è condizionato dalla<br />

variabile indipendente età, la soglia del dolore ammonta a 8.76 con<br />

deviazione standard di 1.14 nelle pazienti ostetriche, e a 7.62 nelle pazienti<br />

ginecologiche con deviazione standard di 1.86.<br />

Si rileva che il campione di pazienti ginecologiche reclutate, con un’età<br />

maggiore delle pazienti ostetriche, ha una percezione del dolore più bassa.<br />

CAMPIONE<br />

PAZIENTI<br />

300 PZ<br />

OSTETRICHE<br />

244 PZ<br />

GINECOLOGICHE<br />

P VALUE<br />

ETA’ 31.4 + 5.55 40.08 + 11.49 --<br />

SOGLIA DEL<br />

DOLORE<br />

8.76 + 1.14 7.62 + 1.86 P


esidenza sia associata in maniera statisticamente significativa alla soglia del<br />

dolore.<br />

Infatti, le pazienti che risiedono in ambito rurale presentano una soglia di<br />

accettazione del dolore più alta (7,81 + 1,28; P = 0,001).<br />

CAMPIONE<br />

PAZIENTI<br />

Paz. Ostetriche<br />

Ambito Urbano<br />

Paz. Ostetriche<br />

Ambito Rurale<br />

P VALUE<br />

181 119 _<br />

SOGLIA DOLORE 9 + 0,25 7,81 + 1,28 P < 0,001<br />

Tabella n.2 “Dolore condizionato dal fattore residenza”<br />

Anche dall’analisi del campione di pazienti ginecologiche, si rileva che la<br />

variabile indipendente residenza è associata in maniera statisticamente<br />

significativa alla soglia del dolore.<br />

Anche nel campione delle pazienti ginecologiche che risiedono in ambito<br />

rurale, la soglia di accettazione del dolore è più alta (8,68 + 1,01; P = 0,001).<br />

CAMPIONE<br />

PAZIENTI<br />

Paz. Ginecologiche<br />

Ambito Urbano<br />

Paz. Ginecologiche<br />

Ambito Rurale<br />

P VALUE<br />

176 68 _<br />

SOGLIA DOLORE 9,59 + 0,37 8,68 + 1,01<br />

P < 0,001<br />

Tabella n.4 “ Dolore condizionato dal fattore residenza”<br />

76


C. Percezione del dolore e occupazione:<br />

Si può osservare nel seguente grafico che le gestanti che appartengono a<br />

professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, danno un<br />

giudizio più contenuto del loro dolore (8,63 scala NRS), pertanto, presentano<br />

un’alta soglia di tolleranza.<br />

Anche le pazienti ostetriche che svolgono una professione manuale mostrano<br />

valori buoni (8,9 scala NRS), al contrario la percezione del dolore appare<br />

molto più elevata per la condizione non lavorativa (9,45 scala NRS).<br />

9,6<br />

9,4<br />

9,2<br />

9<br />

8,8<br />

8,6<br />

8,4<br />

8,2<br />

PROF.<br />

INTELLETTUALI<br />

PROF.<br />

TECNICHE<br />

PROF.<br />

MANUALI<br />

COND. NON<br />

LAVORATIVA<br />

Grafico n.1 “ Occupazione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ostetriche”<br />

Nello specifico si evidenziano le professioni sanitarie che presentano una<br />

soglia del dolore elevata (7,87 scala NRS), e la professione medica che<br />

esprime un giudizio contenuto del dolore (8,5 scala NRS). All'opposto le<br />

gestanti che svolgono professioni impiegatizie mostrano una percezione del<br />

dolore più elevata (9,5 scala NRS), insieme alle studentesse che presentano<br />

una valutazione del dolore pari a 9,6 della scala NRS.(Grafico 2)<br />

77


<strong>DI</strong>SOCCUPATA<br />

PENSIONATA<br />

STUD. /BABY S.<br />

CASALINGA<br />

COMM./OPERAIA<br />

PARRUC./ ESTET.<br />

IMPIEGATA<br />

PROF.SANITARIA<br />

INSEGNANTE<br />

ME<strong>DI</strong>CO/AVVOC.<br />

0 2 4 6 8 10<br />

Grafico n.2 “Professione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ostetriche”<br />

Diversamente dal campione ostetrico, si può osservare nel campione di<br />

pazienti ginecologiche, che sono le professioni manuali a dare un giudizio più<br />

contenuto del loro dolore (8,63 scala NRS).<br />

Le pazienti ginecologiche che svolgono una professione intellettuale,<br />

scientifica e di elevata specializzazione si attestano al 9,14 della scala NRS<br />

seguite dalle professioni tecniche e dalle pazienti che non hanno occupazione<br />

dove la percezione del dolore appare più elevata (9,18 scala NRS).<br />

9,2<br />

9,1<br />

9<br />

8,9<br />

8,8<br />

8,7<br />

8,6<br />

8,5<br />

8,4<br />

8,3<br />

PROF.<br />

INTELLETTUALI<br />

PROF.<br />

TECNICHE<br />

PROF.<br />

MANUALI<br />

COND. NON<br />

LAVORATIVA<br />

Grafico n.3 “Occupazione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ginecologiche”<br />

78


Dall’analisi del campione di pazienti ginecologiche, si rileva, che professioni<br />

quali operaia e commessa presentano una percezione del dolore più bassa (7,6<br />

scale NRS), seguite dalle professioni sanitarie che esprimono un giudizio<br />

contenuto del dolore (8,5 scale NRS).<br />

Analogamente al campione ostetrico, anche in quello ginecologico si rileva<br />

che, le pazienti che svolgono professioni impiegatizie mostrano una<br />

percezione di dolore più elevata (10 scala NRS), insieme alle studentesse che<br />

presentano una valutazione del dolore pari al massimo dolore della scala<br />

numerica (10).<br />

<strong>DI</strong>SOCCUPATA<br />

PENSIONATA<br />

STUD. /BABY S.<br />

CASALINGA<br />

COMM./OPERAIA<br />

PARRUC./ ESTET.<br />

IMPIEGATA<br />

PROF.SANITARIA<br />

INSEGNANTE<br />

ME<strong>DI</strong>CO/AVVOC.<br />

0 2 4 6 8 10<br />

Grafico n.4 “Professione correlata alla valutazione del dolore nelle pazienti ginecologiche”<br />

79


D. Percezione del dolore e parità:<br />

Riguardo alla parità, il grafico successivo mette in evidenza, come nel<br />

campione di pazienti ostetriche esaminate, le primipare presentano una soglia<br />

di accettazione del dolore più bassa pari a 9,54 della scala NRS, mentre le<br />

pluripare si attestano al 9 della medesima scala.<br />

9,6<br />

9,5<br />

9,4<br />

9,3<br />

9,2<br />

9,1<br />

9<br />

8,9<br />

8,8<br />

8,7<br />

PRIMIPARE PLURIPARE<br />

Grafico n.5 “Aspettativa del dolore correlata alla parità: pazienti Ostetriche”<br />

Come prevedibile, anche nel campione di pazienti ginecologiche, si apprezza<br />

una soglia di accettazione del dolore più bassa nel campione di primipare pari<br />

a 9.2. della scala NRS, rispetto alle pluripare che presentano un’accettazione<br />

più alta pari all’8,46.<br />

9,2<br />

9<br />

8,8<br />

8,6<br />

8,4<br />

8,2<br />

8<br />

PRIMIPARE PLURIPARE<br />

Grafico n.6 “ Aspettativa del dolore correlata alla parità: pazienti Ginecologiche”<br />

80


4.4 Dolore atteso/dolore percepito<br />

In rapporto alle aspettative, il primo elemento che emerge dal grafico è che il<br />

45% delle pazienti ostetriche dichiara che il dolore percepito durante il parto<br />

combacia con la loro aspettativa. Il 38% delle pazienti dichiara che il dolore<br />

percepito durante il travaglio – parto è inferiore alla loro aspettativa. E infine<br />

il restante 17% dichiara che il dolore percepito durante il travaglio – parto è<br />

superiore alla loro aspettativa.<br />

38%<br />

17%<br />

45%<br />

Grafico n.7 “Dolore atteso e dolore percepito”<br />

81


4.5 Desiderio di analgesia nei parti successivi<br />

Il prossimo grafico descrive la distribuzione percentuale delle dichiarazioni<br />

delle puerpere in relazione al desiderio di utilizzare la parto analgesia per il<br />

successivo parto.<br />

Si osserva che il 43% delle puerpere dichiara di volere la parto analgesia per il<br />

successivo parto.<br />

Al contrario, il 33% delle puerpere dichiara di non volere la parto analgesia,<br />

ed infine il 24% delle puerpere dichiara di non sapere se volere o meno la<br />

parto analgesia per il successivo parto .<br />

33%<br />

24%<br />

Grafico n. 8. “ Desiderio di parto analgesia nei parti successivi del campione ostetrico”<br />

Osservando il grafico della popolazione di pazienti ginecologiche si nota<br />

l’elevata percentuale pari al 58% di donne che dichiarano di non volere la<br />

parto analgesia per il successivo parto.<br />

43%<br />

82


Il restante campione si divide quasi in parti uguali, con il 22% che dichiara di<br />

volere la parto analgesia per il successivo parto, il e il 20% che dichiara di<br />

non sapere se volere o meno la parto analgesia per il successivo parto.<br />

20%<br />

58%<br />

22%<br />

Grafico n. 9. “ Desiderio di parto analgesia nei parti successivi del campione Ginecologico”<br />

83


4.6 Caratteristiche della popolazione a confronto<br />

Pazienti Ostetriche<br />

n.300<br />

Età media ( anni) 31.4<br />

Pazienti Ginecologiche<br />

n.244<br />

40.08<br />

Soglia del dolore in<br />

relazione all’ età<br />

Provincia di residenza:<br />

8.76 + 1.14 P < 0,001 7.62 + 1.86 P < 0,001<br />

Pesaro-Urbino<br />

20,43 %<br />

19,17 %<br />

Ancona<br />

79.57 %<br />

79.47 %<br />

Macerata<br />

Residenza in ambito<br />

/<br />

1,36 %<br />

URBANO<br />

Residenza in ambito<br />

72,04 %<br />

60,28 %<br />

RURALE<br />

27,96 %<br />

39,72 %<br />

Soglia del dolore<br />

ambito URBANO<br />

9 + 0,25 P < 0,001 9,59 + 0,37 P < 0,001<br />

Soglia del dolore<br />

ambito RURALE<br />

7,81 + 1,28 P < 0,001 8,68 + 1,01 P < 0,001<br />

Pazienti non occupate 26.88 % 35,61 %<br />

Pazienti professioni<br />

manuali<br />

38,43 % 40,42 %<br />

Pazienti professioni<br />

tecniche<br />

39,52 % 42,56 %<br />

Pazienti professioni<br />

intelletuali<br />

22,05 % 17,02 %<br />

Soglia del dolore correlata Alta per professioni Alta per professioni<br />

alle professioni<br />

Aspettativa del dolore<br />

intellettuali e sanitarie manuali e sanitarie<br />

primipare scala NRS<br />

Aspettativa del dolore<br />

9,54<br />

9.20<br />

pluripare scala NRS<br />

Dolore combacia con<br />

9<br />

8.94<br />

aspettativa<br />

Dolore inferiore<br />

45 %<br />

/<br />

all’aspettativa<br />

Dolore superiore<br />

38 %<br />

/<br />

all’aspettativa<br />

Desidera analgesia nel<br />

17 %<br />

/<br />

parto successivo<br />

Non desidera analgesia<br />

43 %<br />

58 %<br />

nel parto successivo<br />

Non sa se desidera<br />

33 %<br />

22 %<br />

analgesia nel parto<br />

successivo<br />

24 %<br />

20 %<br />

Tabella n. 5 “Caratteristiche della popolazione a confronto”<br />

84


Conclusioni<br />

La comprensione dei meccanismi del dolore, ha beneficiato gli ultimi<br />

anni di progressi considerevoli, s’inizia a non consideralo più un fenomeno<br />

‘normale’, un inevitabile tributo da pagare, ma, si è recepito che il dolore<br />

fisico non è inevitabile, va affrontato e controllato.<br />

Per questo motivo nel panorama sanitario italiano si assiste all’attivazione di<br />

centri di riferimento per il suo contenimento, in particolare molta attenzione si<br />

riserva al dolore post operatorio, cronico e oncologico.<br />

Partendo da queste considerazioni generali, è necessario evidenziare come da<br />

sempre il momento della nascita ha spaventato le donne, perciò, è utile<br />

riflettere sul significato del dolore del parto, e valutarne criticamente i molti<br />

significati.<br />

Tali considerazioni hanno condotto ad un animato dibattito in ambito politico<br />

che congiuntamente all’impegno di gruppi e associazioni per la lotta al dolore<br />

del parto, hanno consentito l’inserimento, nel gennaio del 2007, dell’analgesia<br />

epidurale nel parto, nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).<br />

Successivamente il legislatore, con il DPCM del 23 aprile 2008, sancisce che:<br />

“Il Servizio sanitario nazionale garantisce le procedure analgesiche nel corso<br />

del travaglio e del parto vaginale nelle strutture individuate dalle regioni e<br />

all’interno di appositi programmi, volti a diffondere l’utilizzo delle procedure<br />

85


stesse. Le regioni adottano adeguate misure per disincentivare il ricorso al<br />

parto cesareo”.<br />

Tale normativa, non ha trovato in ambito sanitario una puntuale applicazione,<br />

in ragione delle numerose risorse aggiuntive richieste dalla necessità di<br />

acquisire anestesisti specializzati nell’esecuzione della tecnica e ostetriche<br />

formate per l’assistenza al travaglio e il monitoraggio del benessere materno -<br />

fetale.<br />

Alla luce di quanto esposto e dell’analisi della letteratura, si è ritenuto<br />

doveroso indagare la percezione che le donne hanno del dolore del parto e le<br />

scelte rispetto al suo contenimento, al fine di ridurre il ricorso al taglio<br />

cesareo e pervenire a una riorganizzazione dei servizi di assistenza alla<br />

Maternità nel territorio.<br />

Dal nostro studio è emerso che il background di una paziente, influisce<br />

sensibilmente sulla percezione del dolore della stessa, e che tale percezione si<br />

modifica in relazione al tempo trascorso dall’evento che ha scatenato il<br />

dolore.<br />

In particolare abbiamo evidenziato come variabili indipendenti quali l’età, la<br />

residenza e l’occupazione influiscano sulla percezione del dolore. Pazienti che<br />

vivono in un ambiente rurale, con una occupazione di tipo manuale o sanitario<br />

di età superiore ai 40.8 + 11.49 anni hanno una percezione del dolore più<br />

bassa.<br />

86


Per ciò che concerne la richiesta della parto analgesia quale metodica di<br />

contenimento del dolore per il travaglio-parto, si è evidenziato che le pazienti<br />

pluripare hanno una richiesta inferiore di tale metodica rispetto alle primipare<br />

per una soglia del dolore sensibilmente più alta. Inoltre la parto analgesia è<br />

condizionata dal tempo che intercorre dall’evento scatenante il dolore: il<br />

desiderio di una paziente di una parto analgesia è inversamente proporzionale<br />

al tempo dall’evento parto.<br />

87


REGIONE <strong>MARCHE</strong><br />

OSPEDALE <strong>DI</strong> SENIGALLIA (AN)<br />

Via Cellini, 1<br />

U.O. “GINECOLOGIA E OSTETRICIA”<br />

Direttore: Dott Nelvio Cester<br />

QUESTIONARIO SULLA LOTTA AL DOLORE<br />

Al ll leeggaat too 11<br />

L’ U.O. di Ginecologia e Ostetricia lavora da tempo ad un Progetto di Ricerca per la studio della<br />

conoscenza e l’utilizzo della Terapia del Dolore fra le gestanti.<br />

Le chiediamo di contribuire al Progetto rispondendo in forma anonima al questionario, per<br />

raccogliere informazioni sulle reali necessità delle gestanti del territorio di Senigallia.<br />

Grazie per la collaborazione.<br />

ETA’ : _________ CITTA’ <strong>DI</strong> RESIDENZA : _____________________________________<br />

OCCUPAZIONE: __________________<br />

a. PARTO<br />

1. Ha partorito: Si No Se No, Indicare come giudica / immagina i quesiti 2,3,4,9,10<br />

2. Da 1 a 10 come classificherebbe il dolore del travaglio di parto____________________<br />

3. Ha o desidera utilizzare metodi naturali di contenimento del dolore? Si No<br />

4. Da 1 a 10, in questo caso, come classificherebbe il dolore del travaglio di parto?_____<br />

5. Ha partorito con parto spontaneo con l’epidurale? Si No<br />

6.Se si, con quali risultati: Buoni Mediocri Nulli<br />

7. Se no, perche? Non proposto Taglio Cesareo Altro<br />

8. Se dovesse partorire nuovamente, vorrebbe l’epidurale? Si No Non So<br />

9. Se dovesse partorire per la prima volta, vorrebbe l’epidurale? Si No Non So<br />

10. Sa che la stessa anestesia epidurale del parto indolore può essere utilizzata,in caso di<br />

necessità, per il Taglio Cesareo? Si No<br />

11. Se ha fatto il taglio cesareo, questo è avvenuto con:<br />

Anestesia generale Epidurale<br />

88


REGIONE <strong>MARCHE</strong><br />

OSPEDALE <strong>DI</strong> SENIGALLIA (AN)<br />

Via Cellini, 1<br />

U.O. “GINECOLOGIA E OSTETRICIA”<br />

Direttore: Dott Nelvio Cester<br />

QUESTIONARIO SULLA LOTTA AL DOLORE<br />

Al ll leeggaat too 11<br />

L’ U.O. di Ginecologia e Ostetricia lavora da tempo ad un Progetto di Ricerca per la studio della<br />

conoscenza e l’utilizzo della Terapia del Dolore fra le gestanti.<br />

Le chiediamo di contribuire al Progetto rispondendo in forma anonima al questionario, per<br />

raccogliere informazioni sulle reali necessità delle gestanti del territorio di Senigallia.<br />

Grazie per la collaborazione.<br />

ETA’ : _________ CITTA’ <strong>DI</strong> RESIDENZA : _____________________________________<br />

OCCUPAZIONE: __________________<br />

b. POST PARTO<br />

2. Da 1 a 10 come classificherebbe il dolore del travaglio di parto____________________<br />

3. Ha o desidera utilizzare metodi naturali di contenimento del dolore? Si No<br />

4. Da 1 a 10, in questo caso, come classificherebbe il dolore del travaglio di parto?_____<br />

5. Ha partorito con parto spontaneo con l’epidurale? Si No<br />

6.Se si, con quali risultati: Buoni Mediocri Nulli<br />

7. Se no, perche? Non proposto Taglio Cesareo Altro<br />

8. Se dovesse partorire nuovamente, vorrebbe l’epidurale? Si No Non So<br />

9. Se dovesse partorire per la prima volta, vorrebbe l’epidurale? Si No Non So<br />

10. Sa che la stessa anestesia epidurale del parto indolore può essere utilizzata,in caso di<br />

necessità, per il Taglio Cesareo? Si No<br />

11. Se ha fatto il taglio cesareo, questo è avvenuto con:<br />

Anestesia generale Epidurale<br />

89


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