Il primo colloquio - ASPIC Alessandria
Il primo colloquio - ASPIC Alessandria
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ASSOCIAZIONE<br />
COUNSELING E CULTURA<br />
SEDI DI ALESSANDRIA,<br />
SAVONA, GENOVA<br />
<strong>Il</strong> <strong>primo</strong> <strong>colloquio</strong>
<strong>Il</strong> <strong>primo</strong> <strong>colloquio</strong><br />
Anche dopo un solo incontro, un cliente può provare un senso di liberazione rispetto a un problema che non era<br />
stato mai pienamente sviluppato, ma semplicemente rimuginato nella sua mente con frenetica ripetitività<br />
(Elizabeth Mc Cord)<br />
La possibilità di arrivare a una comprensione del problema del cliente e a una valutazione corretta delle sue<br />
caratteristiche dipende in gran parte dalla relazione “terapeutica”, sia perché può impedire o favorire la<br />
comunicazione, sia perché fornisce importanti dati altrimenti non ottenibili<br />
(Gislon, (Gislon, 1994) 1994)<br />
E’ la prima relazione diretta e non casuale tra l’operatore (il<br />
counselor) e chi lo consulta, per ottenere un’indicazione su un<br />
malessere o un problema specifico. Ha inizio in un momento<br />
concordato e termina quando si è in grado di formulare un’ipotesi di<br />
lavoro. E’ un momento relazionale complesso che, attraverso<br />
l’interazione verbale tra operatore e utente, ha lo scopo di ottenere<br />
dati utili alla formulazione della scelta sul percorso.<br />
2
<strong>Il</strong> <strong>primo</strong> <strong>colloquio</strong><br />
Già dal primissimo incontro il cliente deve sentirsi<br />
sufficientemente sicuro ed aver fiducia nel counselor così da<br />
poter iniziare a narrare di sé (Mordecai, Waydenfeld, 1998). I<br />
primi momenti dell’incontro sono caratterizzati dalla<br />
dimensione dell’accoglienza, che riguarda sia il professionista<br />
sia il cliente: entrambi stanno per intraprendere un’esperienza<br />
nuova (Savege Scharff, Scharff, 2000). Accogliere è un<br />
comportamento complesso che occupa tutta la prima parte<br />
della relazione di Counseling ed offre il materiale su cui<br />
impostare il processo di cambiamento; accogliere è l’attività<br />
che il counselor promuove per favorire il legame affettivo e<br />
creare l’alleanza operativa con il cliente (Giusti, Romero,<br />
2005). 3
Accogliere<br />
Accogliere deriva dal latin ad colligere, cioè raccogliere presso<br />
di sé, ricevere qualcuno con dimostrazione di affetto, ricevere<br />
con rincrescimento una cattiva notizia.<br />
Ad Ad colligere colligere è un composto che serve a trasformare il semplice<br />
“raccogliere” in un atto più complesso, che avviene ad un<br />
livello di consapevolezza diverso: si raccoglie qualche cosa e,<br />
contemporaneamente, si accoglie l’emozione che proviamo nel<br />
momento in cui capiamo il gesto; in altre parole l’attenzione<br />
non è focalizzata sull’evento esterno bensì sull’incontro tra<br />
questo ed il mondo interno, dei significati personali (Giusti,<br />
Romero, 2005).<br />
4
Accogliere 2<br />
Pertanto alla base dell’accoglienza vi sono gli aspetti emotivi che<br />
si vengono a determinare nel momento in cui una persona si<br />
incontra con un’altra, o con un oggetto, o vive una specifica<br />
situazione.<br />
Nel counseling, nel momento in cui il counselor accoglie il<br />
cliente, egli accoglie il mondo dei significati personali del cliente<br />
ma accoglie anche le proprie risonanze emotive, i pensieri e le<br />
fantasie che emergono in lui/lei al momento dell’incontro col<br />
cliente. Nel momento in cui il counselor incontra un nuovo<br />
cliente si prepara ad incontrare un’altra realtà esistenziale: un<br />
mondo nuovo fatto di esperienze, atteggiamenti, aspettative,<br />
desideri, richieste, dolori e sofferenza, gioia e speranza (Andolfi,<br />
1994)<br />
5
Fiducia<br />
Questa prima fase è pertanto molto delicata, il counselor deve<br />
essere bravo, deve essere in grado di preparare nel migliore dei<br />
modi i primi incontri, creando la giusta atmosfera che favorisca<br />
l’instaurarsi di un buon rapporto di fiducia; la fiducia rende possibile<br />
l’apertura del cliente al suo mondo interno, e favorisce la genuinità<br />
e l’accettazione incondizionata del counselor, inoltre aiuta il cliente<br />
ad “appoggiarsi” al counselor (Stevens, 1992).<br />
Durante il <strong>primo</strong> <strong>colloquio</strong>, counselor e cliente si conoscono e<br />
presentano e questo avviene di solito all’interno di un clima<br />
emotivamente carico. <strong>Il</strong> counselor lascerà parlare liberamente il<br />
cliente che esporrà liberamente il motivo per il quale ha richiesto<br />
l’appuntamento. Importante in questa fase è che il cliente si senta<br />
capito, perché questa sensazione è il fondamento del legame di<br />
fiducia. 6
Anamnesi e <strong>colloquio</strong><br />
Un quesito ha da sempre crucciato l’uomo: come si fa a sapere, a<br />
conoscere. I sofisti sostenevano che non si può imparare perché una<br />
cosa già la si conosce o non la si conosce: nel secondo caso è<br />
impossibile trovare una cosa che non si sa cosa sia, come sia fatta.<br />
Socrate stesso diceva che non si poteva insegnare, ma solo imparare<br />
attraverso la maieutica, ovvero la tecnica con la quale faceva partorire<br />
le anime. Al principio secondo cui non si può apprendere né ciò che si<br />
sa né ciò che non si sa, Platone oppone il mito dell’anamnesi. L’anima è<br />
immortale, è nata molte volte e ha visto ogni cosa, sia nel mondo<br />
terreno sia nell’Ade: non fa dunque meraviglia che possa ricordare ciò<br />
che prima sapeva. Poiché l’anima ha appreso tutto nulla impedisce che<br />
quando essa si ricorda di una sola cosa – il che è appunto<br />
l’apprendere, trovi da sé tutto il resto, se ha coraggio e non si stanca<br />
nella ricerca, giacché ricercare e imparare non sono altro che ricordare<br />
7
Fasi e tipologia dell’anamnesi<br />
In generale l’anamnesi consiste in una breve raccolta di episodi trascorsi<br />
e tra loro correlati secondo una prospettiva di una ricostruzione<br />
biografica della vita del cliente, in relazione allo sviluppo del sintomo o<br />
disturbo in corso al momento della richiesta della visita. L’anamnesi<br />
consta di diverse fasi:<br />
Fase preliminare: prima presa di contatto tra medico e paziente, fase<br />
importante per l’instaurarsi di una buona relazione tra i due;<br />
Anamnesi patologica prossima: caratterizzata da una prima fase nella<br />
quale vengono poste al paziente domande di carattere generale; questa<br />
prima parte serve per identificare i disturbi e formulare un <strong>primo</strong>, seppur<br />
generico, orientamento clinico che va analizzato e verificato nella fase<br />
successiva. Vi è poi una seconda fase caratterizzata da una maggior<br />
specificazione della sintomatologia e dalla verifica dell’ipotesi;<br />
8
Fasi e tipologia dell’anamnesi 2<br />
Anamnesi patologica remota: che consiste nella prosecuzione<br />
cronologica a ritroso dell’anamnesi patologica prossima, aspetto<br />
importante nel caso di malattie particolari (es. ulcera duodenale) o<br />
difficoltà di comprensione del disturbo.<br />
Anamnesi fisiologica: fase in cui molti dati possono essere stati acquisiti<br />
se le precedenti fasi sono state condotte in maniera estesa e completa.<br />
Si può procedere con approfondimenti su tipo di alimentazione, uso di<br />
bevande alcoliche, fumo, uso di droghe, attività sportiva, diuresi, ecc.;<br />
Anamnesi familiare: serve ad identificare alcune malattie negli<br />
ascendenti, discendenti e collaterali.<br />
In medicina la raccolta dell’anamnesi ha da sempre avuto un’importanza<br />
notevole, soprattutto nei casi in cui risultava difficile o impossibile<br />
formulare una diagnosi basandosi solo sul dato oggettivo o quando non<br />
esistevano strumenti tecnici raffinati.<br />
9
Fasi e tipologia dell’anamnesi 3<br />
La concretezza a cui aspira in generale l’anamnesi medica è<br />
uno dei suoi limiti. <strong>Il</strong> medico, tramite l’anamnesi, ricerca il<br />
nesso di causalità tra gli eventi e della vita del paziente e<br />
l’attuale patologia, focalizzando la sua attenzione sulla<br />
sequenza lineare causa-effetto, e proprio per questo sono<br />
necessarie descrizioni dettagliate e risposte precise alle<br />
domande fatte dal medico stesso. In uno schema di questo tipo<br />
il medico assume una posizione attiva mentre il malato<br />
risponde passivamente a quanto gli viene richiesto. Ma la<br />
posizione attiva mette l’intervistatore di fronte a tematiche<br />
connesse con il curiosare ostile, con il tema dell’intrusività, con<br />
quello della penetrazione dal quale è difficile isolare i significati<br />
sessuali. 10
Fasi e tipologia dell’anamnesi 4<br />
Ecco perciò che l’intervistatore può provare un senso di<br />
disagio dal quale cerca di difendersi con alcune manovre<br />
dirette a placare i sensi di colpa e l’ansia tra cui ad esempio<br />
il distanziamento tramite l’impersonalità. Per questo motivo<br />
Balint e altri esortano i medici a prestare attenzione agli<br />
aspetti globali della situazione del paziente cioè agli aspetti<br />
psicologici, al linguaggio non verbale, alla situazione<br />
relazionale, cogliendo l’attuale rivelarsi della situazione del<br />
paziente, piuttosto che tentare a tutti i costi di incanalare le<br />
notizie fornite in uno schema preordinato (Balint M., 1956).<br />
11
<strong>Il</strong> <strong>colloquio</strong> anamnestico<br />
<strong>Il</strong> termine “<strong>colloquio</strong>” deriva dal latino cum loqui, “parlare<br />
insieme”. <strong>Il</strong> <strong>colloquio</strong> è presente nell’esperienza quotidiana sotto<br />
forma di “esperienza disimpegnata”. (Rizzi, 2004). La<br />
conversazione è una delle attività sociali più naturali e quotidiane:<br />
si configura come il risultato di un complesso intreccio di attività<br />
comunicative, verbali ed extraverbali, svolte da individui che<br />
interagiscono tra loro e che costruiscono man mano il senso delle<br />
loro azioni sulla base di un bagaglio culturale comune e di una<br />
ugualmente condivisa disponibilità alla comunicazione (Adinolfi,<br />
1994). La comunicazione tra due persone è caratterizzata da un<br />
adattamento reciproco, dove gradualmente le persone coinvolte<br />
nella comunicazione entrano nel sistema di riferimento dell’altro<br />
senza però abbandonare completamente il proprio (Jacques,<br />
1992). 12
<strong>Il</strong> <strong>colloquio</strong> anamnestico 2<br />
In ambito delle relazioni d’aiuto il <strong>colloquio</strong> è l’incontro tra una persona<br />
che cerca aiuto, e una che si suppone capace non solo di fornire l’aiuto<br />
richiesto, ma di offrire qualcosa di più del semplice ascolto: un intervento<br />
in grado di ridurre la sofferenza (Bastianoni, Simonelli, 2001). <strong>Il</strong> <strong>colloquio</strong><br />
anamnestico è uno strumento operativo che consente di entrare nella<br />
realtà evolutiva del cliente. Nel corso di esso si intersecano diversi piani:<br />
1. comunicativo-informativo, attinente il contenuto verbale della<br />
comunicazione: fatti e notizie che il counselor rileva dalla narrazione del<br />
cliente e la cui indispensabile conoscenza egli sollecita con discrezione;<br />
2. comunicativo non verbale: dato dalle modalità con cui le informazioni<br />
vengono fornite;<br />
3. dinamico-relazionale: attiene il rapporto interpersonale che si instaura<br />
già dal <strong>primo</strong> incontro. “L’essenza della relazione consiste nel fatto che<br />
nell’incontro entrambe le persone sono modificate” (Rollo May).<br />
13
<strong>Il</strong> <strong>colloquio</strong> anamnestico 3<br />
<strong>Il</strong> processo interattivo che si determina al momento del <strong>colloquio</strong> è<br />
influenzato:<br />
• dal contesto: grado di libertà del cliente, spazio in cui avviene<br />
l’incontro, tipo di contratto che si stabilisce, motivazioni coscienti<br />
del cliente;<br />
• dagli atteggiamenti del counselor: formazione e training effettuati,<br />
adozione o meno di stili difensivo-manipolatori che configurano<br />
stili negativi quali:<br />
- counselor taumaturgo (modello magico-onnipotente)<br />
- counselor voyeur (modello sadico)<br />
4. sistemico: costituito dai sistemi di riferimento teorico del<br />
counselor che raccoglie i dati anamnestici<br />
14
<strong>Il</strong> <strong>colloquio</strong> anamnestico 4<br />
Nel <strong>colloquio</strong> anamnestico si deve evitare in particolare<br />
(Semi A., 1985):<br />
La formulazione rigida delle domande, che favorisce<br />
l’irrigidimento del cliente evocando risposte stereotipate,<br />
secche, povere di contenuto e di emozioni;<br />
L’amabilità caricata: meglio mantenere molta naturalezza<br />
anche di fronte a idee o dichiarazioni in antitesi con le nostre<br />
convinzioni o marcatamente incoerenti;<br />
La focalizzazione sui sintomi: è preferibile lasciare al cliente<br />
lo spazio per parlare liberamente di sé.<br />
15
<strong>Il</strong> <strong>colloquio</strong> anamnestico 5<br />
Inoltre nella fase iniziale del rapporto counselor-cliente bisogna mettere<br />
in conto i sentimenti transferali e controtransferali positivi e negativi:<br />
quello positivo nasce da investimenti magico-onnipotenti, quello negativo<br />
da sentimenti di paura, rabbia o sfiducia provati magari da piccoli verso i<br />
propri genitori. Oppure possono influire anche elementi di realtà<br />
riguardanti il counselor e la sua figura umana e/o professionale (Giusti,<br />
Juston, 1991).<br />
E’ sconsigliabile recepire le notizie raccolte in modo freddo, senza<br />
empatia: è bene invece ravvivarle, magari ripetendo una frase,<br />
soffermandosi su qualche notizia significativa, facendo qualche altra<br />
domanda attinente a quanto viene narrato; è anche opportuno<br />
abbozzare una prospettiva nuova dalla quale guardare un qualche evento<br />
descritto. Quest’ultimo intervento può essere fatto però solo quando già<br />
si è costruita l’alleanza operativa come diceva già Rogers nel 1970.<br />
16
Elementi del <strong>primo</strong> <strong>colloquio</strong><br />
1. Setting: il <strong>colloquio</strong> avviene in un determinato<br />
modo, tempo e spazio (interno ed esterno);<br />
2. Gesti-atteggiamenti: con cui si manifestano i due<br />
interlocutori;<br />
3. Contenuti verbali;<br />
4. Ruoli: consapevolezza chiara delle rispettive<br />
posizioni;<br />
5. Vissuti che sperimentano entrambi (cioè i loro<br />
correlati relazionali e affettivi).<br />
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Definizione di setting<br />
Insieme delle condizioni interne ed esterne all’operatore, necessarie<br />
affinché possa avviarsi l’interazione tra counselor e utente. Ha<br />
un’articolazione spaziale e temporale. E’ finalizzato al maggior<br />
benessere possibile (di entrambi). E’ composto da:<br />
- Stanza - Durata<br />
- Arredamento - Puntualità<br />
- <strong>Il</strong>luminazione - Pagamento<br />
- Sala d’attesa - Contatti extra<br />
- Telefono - Modalità espressiva/Modello di riferimento<br />
- Oggetti personali - Identità di genere del consulente<br />
- Orario - Abbigliamento del counselor<br />
- Rumori - Zona in cui si trova lo studio<br />
- Pulizia - Tappeti, piante, quadri e stampe<br />
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Cosa osservare<br />
1. Aspetto esteriore: abbigliamento, trucco, conformazione<br />
fisica, acconciatura dei capelli, cura di sé<br />
2. Corporatura e postura<br />
3. Manifestazioni neurovegetative: sudore, rossore, lacrime<br />
4. Microcinesia: mimica facciale e sguardo<br />
5. Macrocinesia: movimento di parti del corpo (gesti, cenni<br />
del corpo) e movimenti del corpo nello spazio (postura,<br />
orientazione, distanza)<br />
6. Le incongruenze-tono modalità di espressione e<br />
contenuti verbali<br />
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Ascolto significa<br />
Sospensione delle nostre opinioni e valori personali<br />
Sospensione del giudizio<br />
Sospensione delle soluzioni premature<br />
Prestare attenzione-notare-ricordare:<br />
Contenuto<br />
Sentimento che lo accompagna<br />
Le proprie fantasie/immagini/sensazioni<br />
(controtransfert)<br />
Vuoti di informazione<br />
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Ostacoli alla percezione e all’ascolto<br />
Personale implicazione affettiva nella situazione<br />
(essere personalmente ed emotivamente coinvolto)<br />
L’assegnazione di significati personali alla<br />
comunicazione che ci viene fatta. Si proietta e non si<br />
percepisce: nostre opinioni, credenze, pregiudizi, che<br />
filtrano la realtà del cliente<br />
Assegnazione di “etichette” (riportare la persona a<br />
delle categorie rigidamente determinate)<br />
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Atteggiamenti che non facilitano<br />
l’espressione<br />
1. Valutazione – giudizio morale<br />
2. Risposte interpretative – spiegazioni<br />
3. Supporto eccessivo – risposte consolatorie<br />
4. Soluzioni al problema<br />
5. Investigazione<br />
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Empatia<br />
L’empatia è la capacità di mettersi nei panni dell’altro<br />
senza MAI dimenticarsi che sono comunque i suoi e<br />
non i nostri.<br />
Chiedersi “Come mi sentirei io?” significa essere capaci<br />
di tollerare che le persone (e quindi anche io)<br />
possano non percepirsi in maniera sempre chiara e<br />
lineare.<br />
Rispondere alla domanda dell’empatia significa non<br />
fermarsi alla prima lettura bensì addestrarsi alla<br />
multiformità del sentire<br />
23
Assenza di empatia<br />
L’assenza di empatia può assumere varie forme, configurandosi<br />
come:<br />
Distacco emotivo: nasce dal bisogno di affermazione del<br />
counselor, dalla ricerca di una “verità obiettiva”;<br />
Manipolatività: nel tentativo di inserire il cliente entro gli schemi<br />
che il counselor ha in mente: nasce dal bisogno di potere del<br />
counselor, dalla sua esigenza di controllare e in un certo senso<br />
predeterminare l’altrui comportamento;<br />
Invasività: nasce dal bisogno di stabilire rapporti affettivi con i<br />
clienti che divengono fonte di gratificazione o frustrazione del<br />
counselor. <strong>Il</strong> cliente viene caricato di significati emotivi impropri<br />
ed eccessivi e tra le conseguenze può esserci una curiosità di<br />
tipo voyeuristico per le vicende della persona<br />
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Obiettivi del <strong>primo</strong> <strong>colloquio</strong><br />
Raccogliere dati<br />
Rilevare i caratteri della personalità della persona<br />
Valutare dinamiche interpersonali<br />
Considerare condizioni socio-ambientali<br />
Individuare il vissuto del cliente rispetto al problema che lo ha<br />
portato da noi<br />
Assumere consapevolezza del proprio vissuto evocato dal cliente<br />
Mantenere un’attenzione critica all’interazione verbale e non<br />
verbale<br />
Riconoscere il proprio e l’altrui ruolo così come si sono andati<br />
formando durante la relazione<br />
25
Quando comincia il <strong>primo</strong> <strong>colloquio</strong>?<br />
Cosa fare?<br />
Nel momento della prima telefonata…<br />
• Essere professionali<br />
• Chiedere da chi ha avuto il nostro numero<br />
• Fissare la data ed l’ora del <strong>colloquio</strong><br />
• Farsi dare un recapito telefonico per poter avvisare in caso di impreviste<br />
difficoltà<br />
Cosa NON fare?<br />
• Consentire al cliente di raccontarci per filo e per segno la sua situazione<br />
• Dilungarci in divagazioni o richieste<br />
• Evitare di cedere all’urgenza o all’allarmismo di chi telefona<br />
• Non richiamare per nessun motivo TRANNE quello di dover disdire<br />
l’appuntamento causa forti impedimenti sopraggiunti<br />
26
Diamo del Tu o del Lei?<br />
Perché del tu? Perché del lei?<br />
Quando uno e quando l’altro?<br />
27
Fasi del <strong>primo</strong> <strong>colloquio</strong><br />
1. Accoglienza: comprende il saluto, l’impostazione della<br />
relazione, l’accoglienza delle espressioni spontanee del cliente<br />
(ascolto, osservazione, empatia)<br />
2. Emersione e rilevazione della richiesta: parte centrale del<br />
<strong>colloquio</strong>. Raccolta dei dati e del modo con cui questi dati ci<br />
vengono portati<br />
3. Restituzione: formulazione della lettura della domanda,<br />
raccolta delle aspettative d’intervento e restituzione del feedback<br />
4. Scelta d’intervento (chi siamo e cosa facciamo) e restituzione<br />
finale<br />
5. Chiusura: riferimenti, pagamento, saluto<br />
28
Aspetti di cui essere consapevoli<br />
Paura del <strong>colloquio</strong><br />
Paura dei silenzi<br />
Paura delle emozioni (proprie e altrui)<br />
Difficoltà a mantenere l’attenzione<br />
Prendere o non prendere appunti?<br />
L’impasse<br />
Problemi etici<br />
Volersi dimostrare abili (“ansia da prestazione”)<br />
Tentazione di fare “rivelazioni”<br />
Tentazione di risolvere la vita dell’altro<br />
29
Regole per porre le domande<br />
1. Meglio non farne che farne di inopportune!<br />
2. Porre una domanda per volta<br />
3. Domande chiare, possibilmente brevi, possibilmente<br />
aperte e formulate senza ambiguità con termini<br />
semplici<br />
4. Evitare espressioni di connotazione o valutative<br />
(attenzione ad aggettivi e avverbi)<br />
5. Le domande/osservazioni devono avere uno scopo<br />
ed essere opportune<br />
6. Non dare nulla per scontato (vale solo quello che<br />
viene detto!)<br />
30
Qualità personali<br />
Requisiti del counselor<br />
Superamento difficoltà interiori<br />
Comprensione del qui ed ora<br />
Atteggiamento relazionale adeguato<br />
Padronanza delle tecniche<br />
Interesse alla persona e non al problema<br />
Centratura su ciò che il soggetto “vive” e<br />
non su cosa racconta<br />
Rispetto di sé e dell’altro<br />
Curiosità<br />
(Calendi, 2002)<br />
31
Alto livello di intelligenza<br />
Età non troppo giovane<br />
Buon adattamento sociale<br />
Requisiti del counselor 2<br />
Interesse verso i problemi degli altri<br />
Ricchezza di vita interiore<br />
Carattere prevalentemente introverso<br />
Capacità di saper ascoltare<br />
Capacità di ispirare fiducia<br />
Riservatezza<br />
Spirito critico<br />
Cordialità<br />
Sensibilità<br />
(Passi Tognazzo, 1991)<br />
32
Requisiti del counselor 3<br />
Disponibilità attenta e rispettosa<br />
Curiosità non invadente<br />
Capacità di essere attivamente neutrale<br />
Buona conoscenza del proprio stile comunicativo,<br />
e indicazioni e controindicazioni ad affrontare<br />
certi tipi di persone<br />
(Semi, 1985)<br />
33
Requisiti del counselor 4<br />
Maturità psicologica e personalità integrata<br />
Motivazione al compito<br />
Disponibilità al rapporto sociale e alle relazioni con gli altri<br />
Buone competenze comunicative e capacità di ascolto<br />
Capacità di comunicare con tatto e sensibilità<br />
Capacità di inserire il comportamento dell’altro nell’ambito del<br />
contesto sociale e culturale al quale appartiene<br />
Capacità di comprendere aspetti culturali dell’altro diversi dalla<br />
propria cultura di appartenenza<br />
Empatia e comprensione per l’altro<br />
Non giudizio<br />
In grado di mantenere un atteggiamento di neutralità nei confronti<br />
dell’altro e di quanto comunica<br />
Autentico interesse per l’altro<br />
(Bastianoni e Simonelli, 2001)<br />
34