23.05.2013 Views

Documento PDF - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.

Documento PDF - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.

Documento PDF - UniCA Eprints - Università degli studi di Cagliari.

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>Cagliari</strong><br />

Scuola <strong>di</strong> Dottorato in Stu<strong>di</strong> Filologici e Letterari<br />

Ciclo XXII<br />

So schlagen wir mit ganzer Wucht/Die Feinde krumm und klein.<br />

La costruzione della propaganda nei Supplementi letterari<br />

della «Tiroler Soldaten-Zeitung»<br />

L-FIL-LET/14 CRITICA LETTERARIA E LETTERATURE COMPARATE<br />

Presentata da: Maria Rita Murgia<br />

Coor<strong>di</strong>natore Dottorato: Prof. Laura Sannia<br />

Relatore: Prof. Mauro Pala<br />

Esame finale anno accademico 2009 - 2010


In<strong>di</strong>ce<br />

Introduzione p. 4<br />

Il Kriegspressequartier e la propaganda per i soldati p. 7<br />

Per una breve storia del Kriegspressequartier p. 7<br />

La Filmstelle p. 10<br />

La propaganda nell’Italia occupata p. 11<br />

La Pressegruppe p. 13<br />

La propaganda per i soldati p. 14<br />

Gli spettacoli collettivi: il teatro da campo p. 16<br />

Case del soldato e letture <strong>di</strong> trincea p. 17<br />

I giornali per i soldati p. 18<br />

Il giornale della Prima armata p. 18<br />

La guerra e i due volti della censura p. 21<br />

La Berichterstattergruppe e la militarizzazione dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra p. 21<br />

Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro dei Berichterstatter p. 22<br />

La censura governativa p. 23<br />

L’esperienza dei Kriegsmaler p. 24<br />

Il Tirolo in guerra p. 26<br />

Il bastione Tirolo e la mobilitazione dei Landesschützen p. 26<br />

I provve<strong>di</strong>menti anti-irredentisti dell’amministrazione militare p. 29<br />

La propaganda nel Tirolo in guerra p. 34<br />

La «Tiroler Soldaten-Zeitung» p. 38<br />

Giornale <strong>di</strong> trincea o giornale per soldati? p. 38<br />

Il giornale della prima armata arriva in Tirolo p. 41<br />

Il supplemento letterario <strong>di</strong> trincea p. 45<br />

Il foglio <strong>di</strong> propaganda p. 49<br />

1


Il mondo secondo i Supplementi letterari della Tsz p. 55<br />

Das ‘Heilige Land Tirol’. Il legame del Tirolo con la Chiesa Cattolica p. 56<br />

Il cattolicesimo politico in Tirolo nella seconda metà del XIX secolo p. 58<br />

Il Kulturkampf tirolese p. 59<br />

La <strong>di</strong>visione: conservatori vs cristiano-sociali p. 64<br />

Turismo e Cattolicesimo p. 66<br />

Le ansie del potere. Dimensione dell’ansia p. 66<br />

La reazione <strong>di</strong>fensiva come aggressione p. 69<br />

Masse und Macht p. 71<br />

Mantenimento del potere e Feindschaftserwartung p. 72<br />

La strumentalizzazione del Cattolicesimo politico in Tirolo p. 73<br />

La mitizzazione del passato p. 75<br />

La ‘nazione Tirolo’ come espressione <strong>di</strong> identità culturale p. 76<br />

Il <strong>di</strong>fficile rapporto del Tirolo con il governo viennese p. 83<br />

1909: anno chiave della devozione ad Hofer p. 84<br />

Il corpo <strong>degli</strong> Schützen tirolesi p. 85<br />

Le poesie del Supplemento letterario. Temi e motivi p. 88<br />

I miti e simboli della piccola patria tirolese p. 95<br />

Andreas Hofer, gli antenati e i fatti del 1809 p. 95<br />

Altri personaggi-simbolo p.101<br />

La motivazione religiosa: morte eroica e favore <strong>di</strong>vino p.105<br />

Il paesaggio alpino e il mito del Tirolo p.126<br />

Guerra e vita in alta quota p.133<br />

I corpi dell’esercito e i loro simboli p.147<br />

Gioventù,virilità, ar<strong>di</strong>tezza p.163<br />

Der feige, welsche Wicht: definizione del gruppo negativo p.170<br />

Espressioni e parole chiave dell’autorappresentazione p.189<br />

Espressioni e parole chiave dell’eterorappresentazione p.190<br />

2


Il supporto visivo p.193<br />

Il soldato p.195<br />

La vita al fronte p.196<br />

Il paesaggio <strong>di</strong> montagna p.211<br />

Vignette umoristiche p.216<br />

In<strong>di</strong>ce titoli e data delle immagini p.221<br />

L’ultimo periodo del giornale p.225<br />

La Nazione austro-ungarica p.228<br />

Allegato 1 p.232<br />

Allegato 2 p.239<br />

Allegato 3 p.241<br />

In<strong>di</strong>ce contenuti Ge<strong>di</strong>chte 1915 p.241<br />

In<strong>di</strong>ce contenuti Ge<strong>di</strong>chte1916 p.248<br />

Bibliografia p.257<br />

3


Introduzione<br />

La Prima guerra mon<strong>di</strong>ale ha consistentemente e ininterrottamente attirato l'attenzione <strong>di</strong><br />

numerosi <strong>stu<strong>di</strong></strong>osi sia europei che extraeuropei. Con l'andare del tempo e con l'aumentare del<br />

numero <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> ad essa de<strong>di</strong>cati, se possibile, questo interesse internazionale è andato<br />

crescendo. In particolare, ultimamente il mondo della ricerca vuole addentrarsi in ambiti e<br />

aspetti <strong>di</strong> questo evento che ancora non sono stati considerati. Il nuovo, rinato interesse per la<br />

Grande Guerra è ampiamente dovuto anche alla presenza <strong>di</strong> nuovi meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> nella<br />

ricerca storica.<br />

Gli <strong>stu<strong>di</strong></strong> più datati hanno sì preparato il terreno per i <strong>di</strong>battiti attuali, lasciando comunque<br />

molte domande irrisolte. Anche gli <strong>stu<strong>di</strong></strong>osi e gli storici delle generazioni passate si<br />

concentrarono sulle questioni <strong>di</strong>plomatiche, politiche e, alle volte, economiche, ma per lo più<br />

il loro interesse si è orientato sugli aspetti strettamente militari del conflitto. Gli <strong>stu<strong>di</strong></strong> più<br />

recenti sulla storia delle moderne tecniche <strong>di</strong> guerra, al contrario, hanno esplorato<br />

maggiormente la sua <strong>di</strong>mensione sociale: i ruoli sessuali, la cultura e le mentalità, per<br />

nominare solo alcune delle nuove aree d’interesse.<br />

I nuovi approcci hanno sfidato i meto<strong>di</strong> e gli ambiti <strong>di</strong> ricerca da tempo stabiliti e la storia<br />

militare è proprio una <strong>di</strong> quelle. Persino l'analisi delle battaglie e delle campagne, focus<br />

tra<strong>di</strong>zionale della storia militare, hanno subito una rivisitazione alla luce <strong>degli</strong> orientamenti<br />

più recenti. Punto <strong>di</strong> partenza per un’indagine "moderna" è dunque considerare la totalità<br />

dell'evento, che ne richiede l'analisi <strong>degli</strong> aspetti economici e finanziari, come anche <strong>di</strong> quelli<br />

civili e psicologici; chiede l'analisi dell'interazione tra guerra e società, uno <strong>stu<strong>di</strong></strong>o delle<br />

mentalità, non solo però delle élite culturali, ma anche la considerazione <strong>di</strong> gruppi sociali più<br />

ampi e quin<strong>di</strong> <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui or<strong>di</strong>nari.<br />

La guerra totale domandò la mobilitazione <strong>di</strong> tutte le forme <strong>di</strong> vita pubbliche e private per la<br />

vittoria, non solo sul campo <strong>di</strong> battaglia, perciò essa richiede una storia che sia totale, o che<br />

cerchi <strong>di</strong> esserlo, in quest’ottica tutti i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricerca a <strong>di</strong>sposizione sono necessari per<br />

cogliere l'enorme complessità <strong>di</strong> questo evento.<br />

In questo lavoro si prenderà in considerazione un tassello importante per lo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o e la<br />

comprensione dei processi culturali che hanno caratterizzato la storia della guerra mon<strong>di</strong>ale: i<br />

giornali, patrimonio fondamentale e mezzo in<strong>di</strong>spensabile per accedere alla storia delle<br />

mentalità. All’incrocio fra la storia militare e la storia della stampa, che prende in<br />

4


considerazione non più soltanto la stampa quoti<strong>di</strong>ana citta<strong>di</strong>na, ma anche le pubblicazioni<br />

apparentemente periferiche, si colloca una esperienza finora poco indagata, ma il cui esame<br />

potrebbe rivelarsi assai fruttuoso per l’indagine totale <strong>di</strong> cui si parlava sopra. Ci si riferisce<br />

qui in particolare alla gran quantità <strong>di</strong> piccoli e gran<strong>di</strong> giornali <strong>di</strong> trincea, del fronte, del<br />

campo che venivano <strong>di</strong>stribuiti alle truppe durante il conflitto.<br />

Particolare attenzione sul versante della propaganda era stata posta dall’Impero austro-<br />

ungarico che aveva organizzato la mobilitazione <strong>degli</strong> scrittori tramite un apposito ufficio, il<br />

Kriegspressquartier <strong>di</strong> Vienna, dove lavorarono noti intellettuali quali Franz Blei, Franz<br />

Theodor Csokor, Egon Erwin Kisch, Hugo von Hofmannstahl, Alfred Polgar, Rainer Maria<br />

Rilke, Franz Werfel e Stefan Zweig. La Literarische Gruppe del Kriegsarchiv pubblicava<br />

<strong>di</strong>versi giornali come ad esempio «Heimat» e, a partire dal marzo 1917, quin<strong>di</strong> con un po’ <strong>di</strong><br />

ritardo, il mensile illustrato «Donauraum», il cui scopo era fornire un affresco della vita e<br />

della cultura della Duplice Monarchia.<br />

Tra le esperienze <strong>di</strong> propaganda non legate al Kriegspressquartier vi è la «Tiroler Soldaten-<br />

Zeitung» (d’ora in poi Tsz), giornale settimanale pubblicato dal<br />

Landesvertei<strong>di</strong>gungskommando del Tirolo. Non si trattava <strong>di</strong> un corrivo foglio <strong>di</strong> trincea,<br />

come molti tra quelli prodotti da singole unità o coman<strong>di</strong>. Si trattava bensì <strong>di</strong> un settimanale<br />

dalla grafica raffinata (curata da Hans Joseph Weber-Tyrol e Arthur Nikodem), che ospitava<br />

pagine <strong>di</strong> pubblicità, e, dato straor<strong>di</strong>nario, un supplemento letterario al quale collaborano<br />

anche alcuni significativi scrittori tirolesi.<br />

La Tsz si caratterizza anche per una particolare attenzione e cura dell’aspetto iconografico: il<br />

giornale, infatti, riproduce le opere <strong>di</strong> numerosi artisti e Kriegsmaler fra cui Albin Egger-<br />

Lienz. Nella parte finale delle sue pubblicazioni il giornale viene <strong>di</strong>retto nientemeno che da<br />

Robert Musil, all’epoca già noto e affermato scrittore. Della la Tsz, giornale del quale<br />

nonostante il tempo e gli eventi è rimasto superstite quasi tutto il corpus, è in corso <strong>di</strong><br />

pubblicazione l’e<strong>di</strong>zione elettronica, in un DVD realizzato assieme al Progetto CIRCE della<br />

Facoltà <strong>di</strong> Lettere dell’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Trento, che raccoglie tutto il pubblicato.<br />

Alla ricostruzione completa questa storia mancavano due tasselli importanti: l’e<strong>di</strong>zione<br />

italiana e ungherese. Si sapeva infatti da un rapporto riservato del 30 giugno 1916 che il<br />

giornale si pubblicava non solo in tedesco, ma a intervalli più ampi e regolarmente anche in<br />

ungherese e in italiano. Tuttavia fino a poco tempo fa non si era riusciti a reperire in nessuna<br />

biblioteca né l’e<strong>di</strong>zione ungherese del giornale, la «Tiroli Katona Ujság» (traduzione letterale<br />

<strong>di</strong> «Tiroler Soldaten-Zeitung»), né quella italiana, pubblicata con il titolo «Giornale del<br />

5


Soldato Tirolese». Le ricerche promosse dallo Centro Stu<strong>di</strong> sulla Storia dell'Europa Orientale<br />

in <strong>di</strong>versi archivi e biblioteche hanno avuto successo e in Ungheria sono stati finalmente<br />

ritrovati i numeri della «Tiroli Katona Ujság» 1 , e una copia del «Giornale del Soldato<br />

Tirolese».<br />

Partendo dall’analisi dei Supplementi Letterari 2 , ospitati con regolarità dal giornale per le<br />

truppe austriache <strong>di</strong>slocate in Tirolo ed interessante esempio <strong>di</strong> letteratura dal basso e<br />

propaganda che si intrecciano, per lo più costituiti da poesie che mirano a definire la propria<br />

identità in contrapposizione a quella del nemico, si offrirà un piccolo contributo per la<br />

ricostruzione <strong>di</strong> questa importante pubblicazione, per la storia della mentalità in Tirolo<br />

durante gli anni della guerra, per le più generali vicende della propaganda <strong>di</strong> guerra nella<br />

Duplice Monarchia e più ampiamente per lo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o del conflitto.<br />

Scopo <strong>di</strong> questo lavoro è pertanto l’identificazione e l’analisi <strong>di</strong> alcuni esempi concreti <strong>di</strong> auto<br />

ed etero rappresentazione collettiva. Altro compito è cercare <strong>di</strong> inquadrare queste<br />

rappresentazioni nella verità storica e giu<strong>di</strong>carne l’attinenza alla realtà dei fatti, fin dove è<br />

possibile, anche grazie alla giusta e necessaria <strong>di</strong>stanza temporale.<br />

1<br />

Cfr. Davide Zaffi, Un’ungherese in Tirolo: La Tiroli Katona Ujság, CSSEO, Working Paper N° 125, Ottobre<br />

2007.<br />

2<br />

«Literarische Beilage zur Tiroler Soldaten-Zeitung»<br />

6


Il Kriegspressequartier e la propaganda per i soldati<br />

Allo scoppio del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, Stato ed esercito, in tutti i Paesi coinvolti, erano<br />

preparati a gestire un apparato censorio e propagan<strong>di</strong>stico concepito per una guerra <strong>di</strong> breve<br />

durata.<br />

Non a caso, nella Monarchia absburgica, i due organismi che avrebbero gestito la censura, sul<br />

versante civile il Kriegsüberwachungsamt e su quello militare il Kriegspressequartier, erano<br />

stati concepiti durante le allora recenti crisi balcaniche. Ad una struttura propagan<strong>di</strong>stica<br />

centrale per i civili e per i soldati, non si era pensato affatto. Con l’inaspettato e indefinito<br />

prolungarsi della guerra, l’apparato censorio si rivelò inadeguato a svolgere azioni <strong>di</strong><br />

influenza positiva sull’opinione pubblica: la necessità <strong>di</strong> una propaganda efficace ed<br />

organizzata si avvertì soltanto in ambito militare, a partire dal 1917.<br />

Per una breve storia del Kriegspressequartier<br />

Il Kriegspressequartier (<strong>di</strong> seguito abbreviato con la sigla Kpq) 3 , durante il conflitto fu il<br />

punto <strong>di</strong> contatto fra tutti i principali attori della comunicazione nella Monarchia: ministeri,<br />

giornali, alte sfere militari e società civile. I suoi molteplici compiti si possono ricondurre a<br />

tre funzioni principali:<br />

1. coor<strong>di</strong>namento della propaganda austro-ungarica;<br />

2. organo esecutivo della censura militare;<br />

3. raggruppamento e controllo dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra.<br />

Queste macro-funzioni offrono delle linee <strong>di</strong> demarcazione ideali per due trattazioni separate<br />

dell’argomento, necessarie anche alla luce della complessità strutturale del Kpq. Nella prima,<br />

che occuperà buona parte del presente capitolo, se ne descriverà l’attività propriamente<br />

propagan<strong>di</strong>stica attraverso esempi. Nella seconda si parlerà <strong>di</strong> come presso il Kpq vennero<br />

3<br />

Letteralmente “Quartiere della stampa <strong>di</strong> guerra”. Il termine è già stato tradotto in questo modo da Angelo<br />

Schwarz, “La prima propaganda è quella per gli occhi”, in G. Corni – E. Bucciol – A. Schwarz, Ine<strong>di</strong>ti della<br />

Grande guerra – Immagini dell’invasione austro-germanica in Friuli e nel Veneto orientale, Portogruaro (Ve),<br />

ed. E<strong>di</strong>ciclo, 1990, p. 253, nota 8. Per una bibliografia più dettagliata sul Kpq si vedano: Peter Brouceck, “Das<br />

Kriegspressequartier und <strong>di</strong>e literarische Gruppen in Kriegsarchiv 1914-1918”, in K. Amann, Hubert Lengauer,<br />

Österreich und der große krieg, 1914-1918, Vienna, Brandstätter, 1989, p. 132 e segg. e le <strong>di</strong>ssertazioni <strong>di</strong> K.<br />

Mayer, Die Organisation des Kriegspressequartier beim k.u.k. AOK im ersten Weltkrieg 1914-1918, Vienna,<br />

1963 H. Schmölzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, Vienna, 1965. In<br />

italiano si veda il contributo <strong>di</strong> N. Dacrema, “Kriegspressequartier: la fucina della persuasione”, in M. Libar<strong>di</strong>, F.<br />

Orlan<strong>di</strong>, Kriegsmaler. Pittori al fronte nella Grande Guerra, Trento, Nicolo<strong>di</strong>, 2004, pp. 21-24.<br />

7


accre<strong>di</strong>tati e irreggimentati i corrispondenti <strong>di</strong> guerra, nonché della doppia censura cui furono<br />

sottoposti e verrà data anche qualche coor<strong>di</strong>nata sul corpo speciale dei Kriegsmaler.<br />

L’allestimento <strong>di</strong> un apposito “quartiere” alla stampa era stato previsto già nelle<br />

Mobilisierungsinstruktionen del 1909: la struttura, alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze<br />

dell’Armeeoberkommando (Comando supremo, abbreviato in seguito con la sigla Aok),<br />

avrebbe dovuto occuparsi dell’accre<strong>di</strong>tamento dei rappresentanti della stampa nazionale ed<br />

estera. La sua costituzione sarebbe dovuta avvenire anche nel caso <strong>di</strong> una mobilitazione<br />

parziale e senza ulteriori <strong>di</strong>sposizioni 4 .<br />

Il 28 luglio 1914, il giorno stesso della <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> guerra alla Serbia, il Kpq si costituì a<br />

Vienna sotto il comando del colonnello (Oberst) Maximilian von Hoen, allora <strong>di</strong>rettore del<br />

Kriegsministeriums Pressestelle (Ufficio stampa del Ministero della guerra) 5 . Dalla prima<br />

destinazione, Dukla (nei Carpazi orientali) a Rodaun (in prossimità <strong>di</strong> Vienna) dove ricevette<br />

una sede permanente all’inizio del ’17, il Quartiere venne sempre tenuto lontano sia dal fronte<br />

operativo che dall’Aok, per impe<strong>di</strong>re qualsiasi fuga d’informazioni 6 .<br />

A due mesi dalla sua nascita, il Kpq si articolava in tre unità:<br />

1. Kommandantur und Adjutantur (Comando e Aiuto), acquartierati presso l’Aok e incaricati,<br />

fra l’altro, <strong>di</strong> censurare i servizi dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra destinati ai giornali;<br />

2. Platzkommando (Comando <strong>di</strong> Piazza), dove stazionavano gli ufficiali addetti alla “custo<strong>di</strong>a”<br />

dei corrispondenti;<br />

3. Berichterstattergruppe, cioè il Gruppo dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra, stazionati presso il<br />

Comando <strong>di</strong> Piazza 7 .<br />

L’epoca in cui comandò il colonnello von Hoen, nonostante la crescita dell’organico e la<br />

creazione nel ’15 <strong>di</strong> una Kunstgruppe 8 (Gruppo artistico) comprendente fotografi, <strong>di</strong>segnatori<br />

e cineoperatori, fu caratterizzata da improvvisazione e da una certa in<strong>di</strong>fferenza per il lavoro<br />

svolto, nonché da una cronica carenza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong> 9 .<br />

4<br />

I. Stiassny-Baumgartner, Roda Rodas Tätigkeit im Kriegspressequartier, Phil. Diss., Wien, 1982, pp. 7-8.<br />

5<br />

P. Broucek, “Das Kriegspressequartier und <strong>di</strong>e literarischen Gruppen im Kriegsarchiv 1914-18”, in K. Amann<br />

– H. Lengauer (Hrsg.), Österreich und der Grosse Krieg, op. cit., p. 136.<br />

6<br />

Stiassny-B., op. cit., p. 12.<br />

7<br />

H. Schmölzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, op. cit., p. 5.<br />

8<br />

Fu nell’ambito della Kunstgruppe che nacque e si sviluppò l’esperienza dei Kriegsmaler <strong>di</strong> cui si parlerà in<br />

generale in seguito e più dettagliatamente lungo tutto il lavoro. Per una bibliografia sui Kriegsmaler si vedano L.<br />

Popelka, “I Kriegsmaler durante la prima guerra mon<strong>di</strong>ale”, in Luigi Chiais (a cura <strong>di</strong>) I monti palli<strong>di</strong>, Novara,<br />

De Agostini, 1989, pp. 153-158 e sempre <strong>di</strong> Popelka, “Artisti nella guerra. I Kriegsmaler austro-ungarici 1914-<br />

1918”, in «Annali. Museo Storico della Guerra», n. 0, 1990, pp. 7-31.<br />

9<br />

Stiassny-B., op. cit., p. 14.<br />

8


Nell’ambito della rivoluzione interna all’Aok 10 , or<strong>di</strong>nata dal nuovo imperatore Carlo I, il 15<br />

marzo 1917 von Hoen venne sostituito dal colonnello Wilhelm Eisner-Bubna, reduce<br />

pluridecorato dal fronte isontino e membro del Kpq già dall’estate del ’16: deciso a fare del<br />

Quartiere un efficace strumento <strong>di</strong> propaganda attiva, il nuovo comandante ne riorganizzò la<br />

struttura e <strong>di</strong>ede per la prima volta ai suoi sottoposti <strong>di</strong>rettive chiare e dettagliate 11 .<br />

Con la contemporanea acquisizione delle competenze in materia <strong>di</strong> propaganda all’estero 12 ,<br />

gran parte delle attività propagan<strong>di</strong>stiche della Monarchia vennero rapidamente a concentrarsi<br />

nel Kpq, che nei propositi del nuovo comandante avrebbe dovuto <strong>di</strong>ventare un Ministero<br />

dell’informazione vero e proprio 13 .<br />

Il nuovo Comando iniziò il suo lavoro con la <strong>di</strong>ramazione del primo Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> servizio<br />

completo che il quartiere avesse mai ricevuto, e in cui vennero finalmente definiti con<br />

precisione i compiti che avrebbe dovuto assolvere da allora in poi.<br />

Questi compiti consistevano in:<br />

- In der positiven Einflussnahme auf <strong>di</strong>e Presse des In- und nach Möglichkeit des Auslandes in<br />

einem der österreichisch-ungarischen Wehrmacht günstigen Sinne.<br />

- In einer prohibitiven Tätigkeit als oberste militärische Zensurstelle, um alles der<br />

Kriegführung und der Wehrmacht Abträgliche hintanzuhalten.<br />

- Die Verbindung zwischen der Obersten Heeresleitung und damit der Wehrmacht und der<br />

Presse herzustellen.<br />

- In der Erhaltung der Fühlung mit den militärischen Pressestellen der verbündeten Staaten.<br />

- In der aktiven Propaganda im In- und Auslande für das Heer und <strong>di</strong>e Flotte.<br />

- In der Förderung aller Aktionen, <strong>di</strong>e geeignet erscheinen, Ruhm und ansehen der Monarchie<br />

zu mehren.<br />

- In einer Abwehr der gegen <strong>di</strong>e Monarchie und <strong>di</strong>e Wehrmacht gerichteten feindlichen<br />

Propaganda 14 .<br />

10<br />

Rivoluzione <strong>di</strong> cui fecero le spese i due Comandanti supremi dell’esercito, cioè l’arciduca Federico e il<br />

Feldmaresciall Conrad von Hötzendorf, rispettivamente Armeeoberkommandant (in pratica il rappresentante<br />

ufficiale della famiglia imperiale presso l’Aok) e Chef des Generalstabs (Capo <strong>di</strong> stato maggiore). Per questi ed<br />

altri dati sulla guerra rimando all’enciclope<strong>di</strong>co: Österreichisches Bundesministerium für Landesvertei<strong>di</strong>gung<br />

und vom Kriegsarchiv (Hrsg.), Österreich-Ungarns letzer Krieg 1914-18, Band VI, Unter der Leitung von<br />

Edmund Glaise von Horstenau, Vienna, Verlag der Militärwissenschaftlichen Mitteilungen, 1936, pp. 68-72.<br />

11<br />

Stiassny-B., op. cit., pp. 18-19.<br />

12<br />

Schmölzer, op. cit., pag. 7.<br />

13<br />

Amann-Lengauer, op. cit., pag. 136.<br />

14<br />

Stiassny-B., op. cit, p. 18. I compiti consistevano nell’influenza positiva della stampa nazionale e <strong>di</strong> quella<br />

estera, nell’esercizio della censura militare, come organo supremo della stessa, nel curare i rapporti fra Aok e<br />

9


In<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong>stanti anni luce dal mero accre<strong>di</strong>tamento dei rappresentanti della stampa, <strong>di</strong> cui<br />

parlavano le Mobilisierungsinstruktionen del 1909.<br />

Eisner-Bubna, sostenuto peraltro finanziariamente dal rinnovato Aok come mai era successo a<br />

von Hoen, riuscì in poco più <strong>di</strong> un anno a fare del Kpq, almeno de facto, quel Ministero<br />

dell’informazione che aveva in mente. Per dare un’idea del suo attivismo è sufficiente vedere<br />

com’erano organizzati gli 880 membri effettivi del Kpq nell’ottobre del 1918, a poche<br />

settimane dal suo scioglimento (iniziato in novembre e completato in <strong>di</strong>cembre):<br />

1. Kommandantur und Adjutantur<br />

2. Zensurgruppe<br />

3. Inlandstelle<br />

4. Auslandstelle<br />

5. Propagandagruppe<br />

6. Pressegruppe<br />

7. Kunstgruppe<br />

8. Lichtbildestelle<br />

9. Filmstelle<br />

10. I-(Italien) Stelle<br />

11. Kriegsberichterstattgruppe<br />

12. Administrativer Apparat 15<br />

Per comprendere come funzionassero in concreto le sezioni dell’apparato propagan<strong>di</strong>stico<br />

comandato da Eisner-Buba è bene osservarne nel dettaglio alcune: propongo <strong>di</strong> seguito una<br />

breve analisi della Filmstelle dell’ I-(Italien) Stelle e della Pressegruppe.<br />

La Filmstelle<br />

L’attività <strong>di</strong> propaganda cinematografica del Kpq iniziò già nell’agosto del ’14, quando von<br />

Hoen affidò a <strong>di</strong>tte private la produzione <strong>di</strong> film <strong>di</strong> propaganda interna per l’esercito:<br />

dall’organizzazione delle proiezioni per le truppe si occupavano i rispettivi coman<strong>di</strong>.<br />

stampa, nel tenere i contatti con gli uffici stampa dei paesi alleati, nella propaganda attiva, nella Monarchia e<br />

all’estero, a favore dell’esercito e della flotta, nel sostegno <strong>di</strong> ogni attività che possa accrescere la reputazione<br />

della Monarchia, nella prevenzione della propaganda nemica.<br />

15<br />

Ossia: 1. Comando e Aiuto, 2. Gruppo <strong>di</strong> censura, 3. Ufficio interni, 4. Ufficio esteri, 5. Gruppo <strong>di</strong><br />

propaganda, 6. Gruppo stampa, 7. Gruppo artistico, 8. Gruppo fotografico, 9. Ufficio cinematografico, 10.<br />

Ufficio Italia, 11. Gruppo dei corrispondenti, 12. Apparato amministrativo. Cfr. Schmölzer, op. cit., p. 7.<br />

10


Il nuovo comandante, oltre ad istituire la Filmstelle a cui vennero assegnati operatori<br />

professionisti abili al servizio <strong>di</strong> truppa, la dotò anche <strong>di</strong> laboratori <strong>di</strong> montaggio, sviluppo e<br />

stampa: istituì in sostanza presso il Kpq una casa <strong>di</strong> produzione con un proprio laboratorio.<br />

Il Kpq non cessò comunque <strong>di</strong> collaborare con la cinematografia esterna al mondo militare<br />

come testimonia questa breve lista che riassume le iniziative <strong>di</strong> produzione e <strong>di</strong>stribuzione che<br />

la Filmstelle coor<strong>di</strong>nò nell’ultimo anno e mezzo <strong>di</strong> conflitto:<br />

1. La Sascha Kriegsfilmwoche (Settimana <strong>di</strong> guerra Sascha), una sorta <strong>di</strong> cineregionale<br />

settimanale ripreso dagli operatori del Kpq, ma montato e <strong>di</strong>stribuito dalla <strong>di</strong>tta Sascha <strong>di</strong><br />

Vienna, già sotto contratto durante il Comando von Hoen,<br />

2. Un film documentario mensile artisticamente elaborato, montato e prodotto nei laboratori<br />

della Filmstelle,<br />

3. Dai 300 ai 400 metri al mese <strong>di</strong> pellicole documentarie sui campi <strong>di</strong> prigionia e i territori<br />

occupati,<br />

4. Riprese dell’industria <strong>di</strong> guerra e dell’agricoltura,<br />

5. Drammi o comme<strong>di</strong>e propagan<strong>di</strong>stiche prodotte dal Kpq,<br />

6. Vedute delle bellezze della Monarchia e filmati <strong>di</strong> propaganda <strong>di</strong>nastica.<br />

Gran parte <strong>di</strong> questo materiale era destinato alla proiezione nelle retrovie e nei territori<br />

occupati, proiezioni che erano organizzate dall’Ufficio centrale per il cinema da campo, una<br />

sottoripartizione della Filmstelle.<br />

Della <strong>di</strong>stribuzione all’estero si occupava l’Auslandstelle, mentre <strong>di</strong> quella nella Monarchia<br />

l’Inlandstelle che si limitava a cedere i film, attraverso regolari contratti <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta, a <strong>di</strong>tte<br />

private che li <strong>di</strong>stribuivano autonomamente 16 .<br />

La propaganda nell’Italia occupata<br />

Gli sforzi austroungarici per contrastare l’efficace propaganda dell’Intesa nei paesi neutrali si<br />

concentrarono soprattutto in Svizzera e nei Paesi Scan<strong>di</strong>navi: con la collaborazione <strong>di</strong><br />

corrispondenti <strong>di</strong> affermati quoti<strong>di</strong>ani nazionali, personale <strong>di</strong>plomatico e influenti uomini<br />

d’affari il Ministero <strong>degli</strong> esteri prima e il Kpq dal ’17 organizzarono regolarmente<br />

16<br />

Per tutte le informazioni presenti nel paragrafo cfr. Schmölzer, op. cit.<br />

11


manifestazioni propagan<strong>di</strong>stiche quali mostre fotografiche, conferenze e balli <strong>di</strong><br />

beneficenza 17 .<br />

Non mancarono però le iniziative ad hoc rivolte ai territori occupati sul fronte orientale e, a<br />

partire dal novembre 1917, anche nel Veneto orientale e nel Friuli. Prima <strong>di</strong> Caporetto le<br />

attività propagan<strong>di</strong>stiche rivolte all’Italia erano consistite nel lancio sopra le trincee italiane <strong>di</strong><br />

volantini inneggianti la <strong>di</strong>serzione e nella redazione <strong>di</strong> un settimanale in lingua italiana<br />

<strong>di</strong>stribuito a Trieste, «L’eco del Litorale»: <strong>di</strong> queste attività, compresa la <strong>di</strong>fesa dalla<br />

propaganda italiana, si occupò dall’11 maggio ’17 un’apposita ripartizione del Kpq, cioè la I-<br />

Stelle 18 .<br />

Dopo Caporetto la I-Stelle moltiplicò le sue attività e si avvalse della collaborazione attiva<br />

dell’Amministrazione militare del Feldmareschall Boroévic. Nei primi mesi dell’occupazione<br />

le parole dei volantini e dei manifesti rivolti a friulani e veneti erano tese a <strong>di</strong>fferenziare il<br />

popolo “soldato”, obbe<strong>di</strong>ente e innocente, dai governanti “guerrafondai”: sarebbe solo contro<br />

questi ultimi, colpevoli <strong>di</strong> ogni male, e non contro i primi che l’esercito austroungarico<br />

avrebbe combattuto 19 . Con il passare del tempo e con l’insorgere dei primi casi <strong>di</strong> resistenza<br />

passiva e <strong>di</strong> sabotaggio 20 il tono dei messaggi si fece minaccioso e marziale.<br />

Accanto a queste iniziative, dal primo gennaio 1918, venne pubblicato in lingua italiana (da<br />

subito come settimanale, a partire da maggio come quoti<strong>di</strong>ano) la «Gazzetta del Veneto», con<br />

una tiratura <strong>di</strong> circa 5000 copie: della redazione si occupava un’apposita Expositur<br />

(Delegazione) del Kpq acquartierata presso il Comando delle zone occupate. Dal giugno dello<br />

stesso anno venne poi allegata alla «Gazzetta» la «Domenica della Gazzetta», un supplemento<br />

illustrato fatto ad imitazione della popolare «Domenica del Corriere» 21 .<br />

Il giornale e il supplemento venivano stampati nella tipografia che era stata del «Giornale <strong>di</strong><br />

U<strong>di</strong>ne» e che veniva utilizzata anche per stampare catechismi, libri <strong>di</strong> preghiere e il «Tagblatt<br />

für Venetien und Friaul», un foglio in tedesco rivolto soprattutto ai quadri<br />

dell’Amministrazione militare 22 .<br />

17<br />

Un resoconto dettagliato <strong>di</strong> queste attività si trova nel secondo capitolo della <strong>di</strong>ssertazione della Schmölzer<br />

(op. cit., Kapitel II)<br />

18<br />

K. Paupié, Handbuch der Österreichischen Pressegeschichte, Band II, Vienna, Wilhelm Braumüller Verlag,<br />

1960, p. 159.<br />

19<br />

C. Mayerhofer, Die österreichische Militärverwaltung in den besetzen Gebieten Italiens. Oktober 1917-<br />

November 1918, Phil. Diss., Vienna, 1970, p. 201.<br />

20<br />

Documentati da Mario Bernar<strong>di</strong> in: Di qua e <strong>di</strong> là del Piave – Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano,<br />

Mursia, 1989.<br />

21 Mayerhofer, op. cit., pp. 228-233.<br />

22 Ibid.<br />

12


Amministrazione che, come già detto, si <strong>di</strong>mostrò estremamente collaborativa nella<br />

conduzione della propaganda nei territori occupati, rappresentando un’eccezione nel<br />

panorama dei rapporti fra militari ‘operativi’ e gli ‘imbrattacarte’ del Kpq che erano <strong>di</strong> norma<br />

molto tesi. A testimonianza <strong>di</strong> questa collaborazione vanno citati due esempi su tutti: il primo<br />

riguarda la Aktion Propagandabriefe (Azione lettere <strong>di</strong> propaganda) che consisteva nel<br />

contrabbando autorizzato sulla sponda occidentale del Piave <strong>di</strong> posta proveniente dai territori<br />

occupati. Le lettere venivano accettate sottobanco, a mo’ <strong>di</strong> favore, proprio dagli ufficiali<br />

della Nachrichtenstelle <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne (la Delegazione del Kpq) che aveva ideato l’iniziativa con il<br />

pieno sostegno del comando. Le lettere venivano sottoposte naturalmente a censura e<br />

venivano contrabbandate per essere recapitate in Italia solo se si rivelavano favorevoli agli<br />

occupanti. L’azione ebbe un tale successo da dovere essere sospesa nel luglio ’18 perché le<br />

lettere da vagliare erano troppe 23 .<br />

Dal Feldmareschall Boroévic in persona venne progettato invece, all’inizio del 1918, un<br />

opuscolo (mai realizzato) che avrebbe dovuto contrastare la propaganda nemica circa la<br />

durezza dell’occupazione austroungarica in Italia.<br />

La Pressegruppe<br />

Già durante il comando von Hoen alcuni addetti del Kpq si de<strong>di</strong>cavano a tenere i rapporti con<br />

le testate austriache e con quelle testate straniere che non avevano inviato corrispondenti nella<br />

Monarchia rifornendole <strong>di</strong> informazioni ufficiose, commenti e notizie <strong>di</strong> ogni tipo. Ogni<br />

settimana poi gli addetti a queste mansioni si occupavano della redazione della rivista<br />

«Österreichisch-Ungarisch Kriegsberichte», un settimanale illustrato redatto in tedesco e in<br />

ungherese destinato al mercato interno, e della pubblicazione del quoti<strong>di</strong>ano «La marche sur<br />

Trieste» in lingua francese, redatto nello stile colorato e accattivante dell’Intesa, <strong>di</strong>stribuito in<br />

Svezia, Svizzera e ad<strong>di</strong>rittura contrabbandato in Francia e Italia 24 .<br />

Ampliando e riorganizzando le due redazioni, Eisner-Bubna creò la Pressegruppe che venne<br />

articolato in un settore addetto alla stampa interna e un altro a quella estera, così si<br />

intensificarono sia i rapporti con la stampa che l’attività pubblicistica. Accanto alle testate<br />

appena menzionate, dal marzo 1917, vennero pubblicate: «Donauland», un mensile illustrato<br />

per il mercato interno e quello dei paesi neutrali; «Berichte über <strong>di</strong>e Propagandatätigkeit des<br />

23 Mayerhofer, op. cit., pp. 205-207.<br />

24 Paupié, op. cit., Band II, pp. 158-159.<br />

13


Kriegspressequartier», una rivista sulla propaganda sia <strong>di</strong> casa che alleata; e il mensile «Volk<br />

und Heer».<br />

Il numero delle testate redatte dal Kpq sale a do<strong>di</strong>ci se si considerano i progetti, dalla vita<br />

breve o brevissima, in cui s’impegnarono singoli o piccoli gruppi <strong>di</strong> redattori, come, ad<br />

esempio, «Berichte aus dem Felde», redatto dal solo Karl Egli e che contò appena due<br />

uscite 25 .<br />

Oggi, purtroppo, <strong>di</strong> buona parte <strong>di</strong> queste testate sono rimasti soltanto i nomi, che Kurt Paupié<br />

ha trascritto dai pochi atti superstiti del Kpq: documenti preziosi sfuggiti ad una <strong>di</strong>struzione<br />

or<strong>di</strong>nata da personaggi fiduciosi <strong>di</strong> potersi costruire una verginità nella nuova Repubblica,<br />

cancellando il proprio passato <strong>di</strong> Kriegshetzer (istigatori <strong>di</strong> guerra).<br />

La propaganda per i soldati<br />

Allo scoppio del conflitto, l’esercito si percepiva come, e probabilmente era a tutti gli effetti,<br />

la principale garanzia contro la <strong>di</strong>ssoluzione della Monarchia plurinazionale, in cui a livello<br />

politico le forze centrifughe avevano oramai preso il sopravvento su quelle centripete.<br />

Naturalmente per ‘esercito’ si deve intendere il Corpo ufficiali, l’élite che più <strong>di</strong> ogni altra<br />

incarnava e sosteneva l’ideale <strong>di</strong>nastico-militaresco su cui ancora si fondava la legittimità<br />

dello stato absburgico 26 .<br />

Dotato <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce morale improntato alla lealtà alla Corona e al patriottismo<br />

antinazionalista, ma soprattutto <strong>di</strong> una lingua d’or<strong>di</strong>nanza unica, l’Armeedeutsch (tedesco<br />

dell’esercito), il Corpo ufficiali si percepiva come l’elemento d’or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> armonia per<br />

eccellenza, contrapposto al caos della società civile: tanto più che dalle alte sfere della<br />

gerarchia era richiesta agli ufficiali <strong>di</strong> ogni or<strong>di</strong>ne e grado un’assoluta astinenza dalla politica,<br />

esecrata come il peggiore dei mali 27 .<br />

In realtà liberalismo, materialismo e nazionalismo si erano ormai fatti strada in quello che<br />

l’arciduca Alberto aveva descritto come «un istituto morale per l’incremento del patriottismo<br />

25<br />

Ivi, pp. 168-169.<br />

26<br />

P. Broucek, Konservatorismus in den Armeen des Hauses Österreich und der Republik Österreich, in R. Rill –<br />

U. Zellenberg (a cura <strong>di</strong>), Konservatorismus in Österreich, Leopold Stocker Verlag, Graz-Stuttgart, 1999, pp.<br />

173-175.<br />

27<br />

Stiassny-B., op. cit., p. 99.<br />

14


<strong>di</strong>nastico» 28 . Particolarmente pericoloso era ovviamente l’Irredentismo tedesco, forte del<br />

sostegno politico del partito Deutschnationale e molto <strong>di</strong>ffuso, come gli altri irredentismi<br />

gran<strong>di</strong> e piccoli, nella piccola e me<strong>di</strong>a borghesia, ceto da cui proveniva buona parte dei quadri<br />

militari interme<strong>di</strong> 29 .<br />

Nazionalismo più pericoloso <strong>di</strong> ogni altro perché l’unico in grado <strong>di</strong> creare nel Corpo ufficiali<br />

un cortocircuito fra fedeltà alla Corona e appartenenza nazionale: in quello che, secondo lo<br />

storico Heinrich Bene<strong>di</strong>kt, era un vero e proprio «popolo fra gli altri» 30 nella Monarchia,<br />

l’elemento tedesco nazionale, rappresentato dalla lingua d’or<strong>di</strong>nanza e dalla tra<strong>di</strong>zione<br />

militare germanico-imperiale, faceva da elemento <strong>di</strong> identificazione collettiva forte e<br />

accettato. Il giorno in cui questa identità fosse stata riven<strong>di</strong>cata in maniera esclusiva da una<br />

delle minoranze al suo interno (quella tedesca appunto), la sua <strong>di</strong>ssoluzione sarebbe stata<br />

inevitabile.<br />

Dopo questa premessa, risulta chiaro il motivo per cui l’esercito concentrò i suoi sforzi<br />

propagan<strong>di</strong>stici soprattutto all’esterno e trascurò il suo interno: se esistevano pericoli per il<br />

conseguimento del Glorreicher Sieg (vittoria gloriosa), parola con cui il Comando supremo<br />

infarciva i comunicati ufficiali, questi potevano provenire soltanto dalla società civile, caotica,<br />

rissosa, in<strong>di</strong>sciplinata.<br />

Le iniziative per il sostegno morale e psicologico del soldato, che naturalmente vi furono fin<br />

dal principio del conflitto, erano affidate all’iniziativa dei singoli Coman<strong>di</strong> d’armata, o ad<br />

iniziative civili <strong>di</strong> stampo caritatevole. Una propaganda massiccia per le truppe, ispirata ad un<br />

progetto pedagogico forte sarebbe stata intrapresa soltanto nella primavera del ’18, quando<br />

sull’onda delle <strong>di</strong>serzioni e <strong>degli</strong> ammutinamenti <strong>di</strong> massa 31 il Comando supremo fu costretto<br />

ad aprire gli occhi sullo stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgregazione e <strong>di</strong>sfacimento in cui versava l’ultimo baluardo<br />

della doppia Corona.<br />

28<br />

«eine moralische Anstalt zur Förderung eines dynastischbezogenen Reichpatriotismus» Erzherzog Albrecht,<br />

comandante supremo nella campagna del 1866 e ultimo grande riformatore dell’esercito cfr. Rill-Zellenberg, op.<br />

cit., pp. 173-175.<br />

29<br />

Ibid.<br />

30<br />

Ibid.<br />

31<br />

Per una storia dettagliata delle rivolte interne alla Monarchia negli ultimi due anni <strong>di</strong> guerra rimando a: H.<br />

Haselsteiner - R. Plashka - A. Suppan, Innere Front, Widerstand und Umsturz in der Donaumonarchie 1918,<br />

Wien, Verlag für Geschichte und Politik, 1974.<br />

15


Gli spettacoli collettivi: il teatro da campo<br />

Come già visto a proposito del cinema da campo anche per l’organizzazione <strong>di</strong> spettacoli<br />

teatrali il Kpq svolse fino al ’17 il semplice ruolo <strong>di</strong> interme<strong>di</strong>ario fra impresari privati e<br />

Coman<strong>di</strong> d’armata. Le prime visite <strong>di</strong> compagnie teatrali al fronte avvennero nel 1915: gli<br />

artisti erano accompagnati da un ufficiale del Kpq che, oltre ad impe<strong>di</strong>re contatti inopportuni<br />

con gli ufficiali operativi, aveva il compito <strong>di</strong> gestire i rapporti con i coman<strong>di</strong> locali che si<br />

occupavano <strong>di</strong> organizzare le rappresentazioni 32 .<br />

Nell’aprile del ’17, nell’ambito della riorganizzazione del Kpq, venne creato un apposito<br />

Theaterreferat (interno alla Kunstgruppe) incaricato non più solo <strong>di</strong> organizzare le tournée<br />

teatrali al fronte o nei paesi stranieri neutrali, ma anche <strong>di</strong> controllare la qualità patriottica<br />

delle rappresentazioni prima <strong>di</strong> dare il permesso alle compagnie <strong>di</strong> partire: venne inoltre<br />

introdotto un tetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci membri per ogni ensamble e l’obbligo scritto per gli artisti <strong>di</strong> non<br />

trattenersi troppo a lungo con i soldati.<br />

Le compagnie, spesso plurilingui per accontentare i soldati <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong> ogni nazionalità,<br />

andavano dal piccolo gruppo <strong>di</strong> cabarettisti al celeberrimo ensamble del Hofburgtheater (il<br />

Teatro <strong>di</strong> Corte, oggi primo teatro <strong>di</strong> Stato austriaco) che proprio ai quei tempi portava in<br />

scena le posse <strong>di</strong> Johann Nestroy e i drammi psicologici <strong>di</strong> Arthur Schnitzler, autori <strong>di</strong>venuti<br />

poi classici del teatro moderno. I generi più amati al fronte erano, ad ogni modo, le operette, i<br />

varietà e gli spettacoli musicali <strong>di</strong> ogni genere, che soprattutto negli ultimi anni della guerra<br />

erano sempre più frequenti: non sorprende che per farvi assistere i soldati venissero<br />

organizzati convogli speciali dal fronte.<br />

Il mondo dello spettacolo ricambiò il successo con una partecipazione assidua ad iniziative<br />

benefico-propagan<strong>di</strong>stiche, quali esibizioni in lazzaretti o a favore delle campagne per i<br />

prestiti <strong>di</strong> guerra.<br />

Anche il teatrino delle marionette, genere popolare per eccellenza, fece il suo debutto al<br />

fronte: nel <strong>di</strong>cembre del ’17, l’Obleutnant Fritz Oberdorfer riuscì a far stampare a spese del<br />

Theaterreferat mille copie del suo Kasperl Kriegs<strong>di</strong>enst (Il servizio militare <strong>di</strong> Kasper 33 ), un<br />

opuscolo fai da te del teatro <strong>di</strong> marionette da <strong>di</strong>stribuire al fronte.<br />

32<br />

La spiegazione più esaustiva <strong>di</strong> come funzionasse il teatro al fronte è fornita dalla Schmölzer, op. cit., pp. 23-<br />

26.<br />

33<br />

Kasperl è una maschera comica inventata a Vienna nel 1764 dall’attore Johann Laroche, prendendo spunto dal<br />

Hanswurst della comme<strong>di</strong>a dell’arte rinascimentale tedesca. Dalla seconda metà del XIX secolo Kasperl <strong>di</strong>venta<br />

sinonimo del teatro <strong>di</strong> marionette. Cfr. W. Kosch, Deutsche Theater – Lexikon, Band II, Klagenfurt-Wien,<br />

16


Case del soldato e letture <strong>di</strong> trincea<br />

Direttamente <strong>di</strong>pendenti dai Coman<strong>di</strong> d’armata erano le Soldatenheime 34 (Case dei soldati)<br />

intese come sinonimo <strong>di</strong> Marketendereien, cioè spacci militari. Nello ‘spaccio-casa del<br />

soldato’ chi se lo poteva permettere poteva acquistare quei piccoli oggetti in grado <strong>di</strong> dare<br />

un’apparenza normale alla vita <strong>di</strong> tutti i giorni: dai pettini alle carte da gioco, dalle cartoline<br />

alle magliette <strong>di</strong> lana fino alla razione supplementare <strong>di</strong> Speck o al cor<strong>di</strong>alino, tutto a prezzo<br />

politico. Situate in piccoli centri nelle retrovie accanto allo spaccio ospitavano sale <strong>di</strong><br />

intrattenimento e <strong>di</strong> lettura dove venivano collocate le Feldbibliotheken (biblioteche da<br />

campo) che ogni Comando d’Armata si preoccupava <strong>di</strong> organizzare autonomamente.<br />

Le letture provenivano in genere da donazioni <strong>di</strong> associazioni nate proprio per organizzare la<br />

raccolta e l’invio al fronte <strong>di</strong> libri, calendari e riviste usate: la più conosciuta <strong>di</strong> queste era la<br />

Sammelstelle für Soldatenlektüre an der Technischen Universität (Punto <strong>di</strong> raccolta <strong>di</strong> letture<br />

per soldati presso l’<strong>Università</strong> tecnica) <strong>di</strong> Vienna. Fondata nel 1914, in pochi mesi crebbe fino<br />

a garantire un servizio regolare <strong>di</strong> invio <strong>di</strong> quoti<strong>di</strong>ani e perio<strong>di</strong>ci al fronte: le letture preferite<br />

dai soldati erano quelle a tema religioso e umoristico 35 . Fra le riviste più amate primeggiava il<br />

settimanale satirico illustrato «Die Muskete» 36 , le cui sagaci vignette colorate in copertina non<br />

risparmiavano critiche feroci a nessuno, spesso nemmeno agli alleati.<br />

Dal ’15, comunque, presso gli spacci vennero aperte delle vere e proprie librerie da campo<br />

(Feldbuchereien) dove i libri si potevano acquistare <strong>di</strong>rettamente: si trattava <strong>di</strong> ‘filiali’ <strong>di</strong><br />

librerie o case e<strong>di</strong>trici gestite da militari.<br />

Verlag Fer<strong>di</strong>nand Kleinmayer, 1960. La maschera è ancor oggi popolare sia nei giochi per bambini sia come<br />

personaggio, riletto in chiave moderna, nel teatro bavarese e austriaco.<br />

34<br />

Cfr. Armeekommando der k.u.k. 7. Armee, Bestimmung über <strong>di</strong>e Geschäftsgebarung und Verrechnung der<br />

Marketenderei Ausgabestellen der 7. Armee und der Truppenmaketendereien (Soldatenheime), k.u.k. 7. Armee –<br />

Feld- Bücherei, 1917. Unico testo reperibile (presso la biblioteca dell’Archivio <strong>di</strong> Stato austriaco) in cui compaia<br />

la parola Soldatenheim, questa brossura <strong>di</strong> una ventina circa <strong>di</strong> pagine che contiene le informazioni tecniche per<br />

la gestione dello spaccio e altre informazioni sulle due Soldatenheime della VII Armata situate a Szigetkamara e<br />

a Bethlen in Ungheria.<br />

35<br />

M. G. Hall, Das Buch als Bombengeschäft, in Amann-Lengauer, op. cit., pp. 140-141.<br />

36<br />

M. Isnenghi, La Grande Guerra, Roma, Giunti-Collana XX secolo, 1993, p. 73. Si veda anche la <strong>di</strong>ssertazione<br />

<strong>di</strong> G. Exner, Karrikaturen als Quellen der historichen Stereotypenforschung in der Karrikaturen der “Muskete”<br />

im Ersten Weltkrieg, Phil. Diss., Wien, 1995 e «Die Muskete im Krieg» <strong>di</strong> Wendeln Schmidt-Dengler in<br />

Österreich und der Große Krieg 1914-1918, op. cit., pp. 126-132.<br />

17


I giornali per i soldati<br />

All’interno del Kpq la creazione <strong>di</strong> uno o più giornali per le truppe fu un tema assente, anche<br />

solo come proposta, fino al febbraio del 1918: quando ormai gli episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>serzione e rivolta<br />

fra le truppe si moltiplicava senza sosta Eisner-Bubna si decise a formare all’interno del<br />

Quartiere il Frontpropagandagruppe (Gruppo per la propaganda al fronte) che si sarebbe<br />

dovuto occupare <strong>di</strong> tenere cicli <strong>di</strong> conferenze patriottiche presso le truppe.<br />

Fino a questo tentativo in extremis <strong>di</strong> un coinvolgimento dei soldati nelle ragioni della guerra<br />

e nella causa della sopravvivenza della Monarchia, iniziative centrali <strong>di</strong> propaganda attiva per<br />

le truppe non ve ne furono. Ad eccezione del «Feldblatt» 37 , un foglio che raccoglieva le<br />

comunicazioni <strong>di</strong> servizio per gli ufficiali e i bollettini dell’Aok, i soldati avevano a<br />

<strong>di</strong>sposizione soltanto i giornali che si trovavano nelle Soldatenheimen.<br />

In alcune occasioni il vuoto lasciato dall’autorità militare centrale venne colmato dai singoli<br />

Coman<strong>di</strong> d’armata che organizzarono autonomamente dei giornali per i loro soldati: il primo<br />

in assoluto fu la «Soldaten-Zeitung der k.u.k. Ersten Armee» 38 , cioè il giornale per soldati<br />

della prima armata, operante sul fronte russo. Citare questo foglio come primo esempio, scelta<br />

peraltro obbligata vista l’irreperibilità <strong>di</strong> altri giornali, permetterà <strong>di</strong> apprezzare appieno<br />

l’unicità della «Tiroler Soldaten-Zeitung» nel porsi a metà strada fra le trincee e le retrovie, e<br />

soprattutto nell’aprirsi alla partecipazione <strong>di</strong> collaboratori esterni. Dietro la nascita <strong>di</strong><br />

entrambe queste iniziative vi fu il patrocinio del generale Viktor Dankl che fino al maggio del<br />

1915 comandò proprio la Prima armata (ottenendo una celebrata vittoria a Krasnik contro i<br />

russi), per poi passare a comandare le truppe in Tirolo. Di Dankl si parlerà ancora più avanti.<br />

Il giornale della Prima armata<br />

«Die «Soldaten-Zeitung» soll in einfacher und kerniger Sprache den Angehörigen der Armee,<br />

welche im Felde stehen, <strong>di</strong>e neuesten Nachrichten über <strong>di</strong>e militärische Lage, ferner über<br />

37<br />

L’e<strong>di</strong>zione completa del «Feldblatt», che uscì dal 26 ottobre 1914 al 5 novembre 1918, è custo<strong>di</strong>ta alla<br />

Österreichische Nationalbibliothek <strong>di</strong> Vienna.<br />

38<br />

Presso l’ Östa. è conservata una serie quasi completa del foglio.<br />

18


einzelne militärische Begebenheiten auf den Kriegsschauplätzen sowie über sonstige<br />

Angelegenheiten, <strong>di</strong>e das Interesse der Armee oder Einzelner berühren vermitteln» 39<br />

In questa <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> intenti, che affianca la testata sulla sinistra, è già contenuta buona<br />

parte delle informazioni per comprendere lo scopo <strong>di</strong> questo <strong>di</strong> questo giornale: dare ai<br />

‘soldati’ (vedremo poi cosa si deve intendere con questa espressione), prima che le pause<br />

invernali potessero spingerli e cercarle da soli, il maggior numero <strong>di</strong> informazioni sulla<br />

guerra, accuratamente filtrate e addomesticate.<br />

Non sono purtroppo reperibili informazioni riguardo a chi materialmente si occupasse della<br />

stesura, è molto probabile comunque che nella Prima armata, come nelle altre, operasse un<br />

piccolo gruppo <strong>di</strong> ufficiali che nei ritagli <strong>di</strong> tempo si occupavano <strong>di</strong> spulciare i giornali e i<br />

<strong>di</strong>spacci d’agenzia per tenere il Comando sempre aggiornato sulla situazione militare: una<br />

sorta <strong>di</strong> Pressegruppe che in casi come questo si occupava anche della redazione <strong>di</strong> un<br />

giornale per le truppe.<br />

Dal quadro a destra della testata si apprende che il foglio era gratuito e destinato<br />

esclusivamente ai militari e che ne esistevano, oltre a quella in tedesco, altre tre e<strong>di</strong>zioni<br />

rispettivamente in polacco, in ungherese e in bömisch: in un micro tamburino a piè <strong>di</strong> pagina,<br />

che scompare dopo i primi <strong>di</strong>eci numeri, viene in<strong>di</strong>cata la tiratura, che per la prima e<strong>di</strong>zione<br />

del 17 novembre ’14 fu <strong>di</strong> 34.963 copie e il nome della tipografia privata dove veniva<br />

stampato il foglio (la G. Siwinna <strong>di</strong> Kattowitz, in Galizia).<br />

Fino al gennaio del ’15, a testimonianza <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà organizzative, il giornale uscì due<br />

volte alla settimana, ma era costituito da pochi fogli (da uno a cinque) spesso battuti a<br />

macchina e ciclostilati, in cui soltanto la testata era stampata. Dall’inizio del ’15 in poi le<br />

e<strong>di</strong>zioni in ciclostile si rarefanno e cominciano a comparire foto in copertina e ad aumentare il<br />

numero delle pagine, fino a stabilizzarsi attorno alla quin<strong>di</strong>cina.<br />

In vista dell’analisi della «Tiroler Soldaten-Zeitung» è bene osservare da vicino un numero in<br />

particolare del giornale della prima armata, precisamente quello ‘doppio’ <strong>di</strong> domenica 4 aprile<br />

1915.<br />

L’onore della prima pagina, come sarà anche nel supplemento letterario della Tsz, tocca agli<br />

eroi del giorno.<br />

39<br />

«La «Soldaten-Zeitung» ha il compito <strong>di</strong> far arrivare agli appartenenti all’armata impegnati sul campo, con un<br />

linguaggio semplice e conciso, le ultime notizie sulla situazione militare, particolari riguardo a singoli eventi<br />

militari dai <strong>di</strong>versi teatri <strong>di</strong> guerra, così come ogni altro tema che sia d’interesse generale o particolare.» In<br />

«Soldaten-Zeitung der k.u.k. Ersten Armee», n. 62-63, anno I, p.1.<br />

19


All’interno del giornale, in cui il testo è <strong>di</strong>stribuito su due colonne <strong>di</strong> eguali <strong>di</strong>mensioni, dalla<br />

seconda alla sesta pagina si trovano sette articoli che trattano i temi più <strong>di</strong>sparati: dalla <strong>di</strong>fesa<br />

dei Dardanelli (Die Vertei<strong>di</strong>gung der Dardanellen, p. 3), agli accor<strong>di</strong> economici fra la<br />

Monarchia e gli alleati (Das wirtschaftliche Bündnis, p. 3) fino alla recensione <strong>di</strong> una brossura<br />

sulla guerra, <strong>di</strong> recente pubblicazione (Was uns Not tut, p. 6). Lo stile <strong>di</strong> questi articoli è senza<br />

dubbio ricercato e gli argomenti trattati, per quanto <strong>di</strong> interesse generale, richiedono al lettore<br />

una certa cultura per arrivare a leggerli fino in fondo.<br />

Da pagina sette a pagina quin<strong>di</strong>ci, l’ultima, si susseguono ben 63 notizie brevi, ognuna col suo<br />

titolo, riguardanti nella stragrande maggioranza gli avvenimenti militari dai <strong>di</strong>versi fronti, con<br />

particolare attenzione a quello orientale, e quelli politici, con un occhio <strong>di</strong> riguardo ai paesi<br />

neutrali.<br />

Il linguaggio <strong>di</strong> queste notizie è sobrio, quasi informativo, se non fosse che sono tutte<br />

accuratamente manipolate in favore dell’Impero e dei suoi alleati: proprio in questo<br />

selezionare e ritoccare centinaia <strong>di</strong> notizie, anche solo vagamente spen<strong>di</strong>bili per dare la<br />

sensazione che tutto vada bene, sta il Leitmotiv propagan<strong>di</strong>stico del giornale.<br />

L’obiettivo che emerge più chiaramente è quello <strong>di</strong> creare un clima positivo e <strong>di</strong> pacata<br />

fiducia nel corpo ufficiali, sperando che poi questi siano in grado <strong>di</strong> farne partecipi i soldati.<br />

Perché una cosa è chiara: nonostante il nome, questo foglio era fatto e pensato per gli ufficiali,<br />

specie quelli <strong>di</strong> ranghi inferiori, quoti<strong>di</strong>anamente a contatto con la truppa. Il soldato semplice<br />

è presente solo nella decorazione con le medaglie, Ehrentafel (targa dell’onore) al valore <strong>di</strong><br />

quel grande club che i comandanti vorrebbero fosse l’armata, come simbolo vincente <strong>di</strong> una<br />

guerra in cui tutto doveva andare per il meglio; anche se quando questa e<strong>di</strong>zione venne<br />

stampata, era appena passato un inverno che si era portato via più <strong>di</strong> un milione <strong>di</strong> soldati<br />

imperial-regi fra caduti, feriti e prigionieri 40 .<br />

40<br />

1.292.000 secondo Christoph von Hartungen in “Die Tiroler Vorarlberger Standschützen-Mythos und<br />

Realität” in K. Eisterer – R. Steininger (Hrsg.), Tirol und der erste Weltkrieg, Innsbruck-Wien, Österreichischer<br />

Stu<strong>di</strong>enverlag, 1995, p. 64.<br />

20


La guerra e i due volti della censura<br />

Allo scoppio della guerra contro la Serbia, fra le altre legislazioni speciali che entrarono in<br />

vigore, quella sulla stampa pose <strong>di</strong> fatto fine alla relativa libertà esistente in tempo <strong>di</strong> pace. La<br />

censura militare, con il suo rigi<strong>di</strong>ssimo sistema <strong>di</strong> accre<strong>di</strong>tamento dei corrispondenti, e quella<br />

civile, che esigeva la consegna quoti<strong>di</strong>ana delle bozze ai commissariati <strong>di</strong> polizia, rendevano<br />

impossibile anche per il giornale più forte e affermato l’espressione <strong>di</strong> un qualsivoglia<br />

<strong>di</strong>ssenso al conflitto.<br />

La Berichterstattergruppe e la militarizzazione dei corrispondenti <strong>di</strong> guerra<br />

Unica ripartizione del Kpq presente dall’inizio alla fine della guerra, la Berichterstattergruppe<br />

(Gruppo dei corrispondenti) era <strong>di</strong>viso in tre sottogruppi: uno austriaco, uno ungherese e uno<br />

straniero 41 . Il numero dei corrispondenti che ne fecero parte superò le cento unità, ma questo<br />

non significava che il gruppo fosse sempre così numeroso: sia per motivi personali che<br />

redazionali i giornali richiamavano dal fronte i propri inviati per sostituirli con altri 42 .<br />

Quando entravano a farne parte, i corrispondenti <strong>di</strong>venivano sotto il profilo giuri<strong>di</strong>co dei<br />

militari veri e propri, ma il loro status fu contrad<strong>di</strong>stinto fino al 1917 da un’ambiguità <strong>di</strong><br />

fondo: secondo le già citate istruzioni per la mobilitazione del 1909, per essere accre<strong>di</strong>tati dal<br />

proprio giornale al Kpq 43 gli inviati dovevano essere inabili al servizio militare. Nel momento<br />

stesso in cui l’accre<strong>di</strong>to veniva concesso, il giornalista si trovava però sottoposto a tutti gli<br />

effetti alla giuris<strong>di</strong>zione militare stessa 44<br />

L’interpretazione della norma, che venne aggirata più d’una volta grazie a raccomandazioni e<br />

pressioni <strong>degli</strong> e<strong>di</strong>tori 45 , venne resa univoca nel ’17 dal nuovo comandante, il colonnello<br />

Eisner-Bubna: i corrispondenti <strong>di</strong> guerra erano da intendersi abili al servizio militare, ma<br />

esenti da quello <strong>di</strong> truppa 46 .<br />

41 Il tetto <strong>di</strong> otto giornalisti austroungarici e <strong>di</strong> tre per paese straniero previsto dalle Istruzioni del 1909 venne<br />

superato già dopo i primi mesi. Stiassny-B., op. cit., p. 7.<br />

42 Ivi p. 43.<br />

43 Almeno durante il primo anno del conflitto, la domanda <strong>di</strong> accre<strong>di</strong>to dovette essere inoltrata dal <strong>di</strong>rettore della<br />

testata al Kriegsministerium (Ministero della guerra), mentre in seguito si affermò la prassi <strong>di</strong> fare domanda<br />

<strong>di</strong>rettamente al Kpq. Ivi p. 9.<br />

44 Ivi pp. 8-10.<br />

45 Ivi p. 29.<br />

46 Stiassny-B., op. cit., p. 38.<br />

21


Un cenno infine ai costi della Berichterstattergruppe che venivano <strong>di</strong>visi fra l’esercito, che<br />

assicurava ai giornalisti e ai loro aiutanti vitto e alloggio, nonché un rimborso forfettario per i<br />

viaggi al fronte, e i giornali, che coprivano le spese della corrispondenza, a quanto pare molto<br />

alte nonostante la concessione <strong>di</strong> tariffe agevolate 47 .<br />

Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> lavoro dei Berichterstatter<br />

I corrispondenti furono sottoposti ad una doppia censura: da una parte quella <strong>di</strong>retta o «alla<br />

fonte» 48 , dall’altra quella in<strong>di</strong>retta a cui vennero sottoposti i servizi da inviare ai giornali 49 .<br />

La censura “alla fonte” fu molto severa nel primo anno del conflitto soprattutto con i<br />

giornalisti a cui era tassativamente vietato accedere al fronte, dove vennero invece inviati da<br />

subito fotografi e <strong>di</strong>segnatori 50 (i Kriegsmaler), ritenuti evidentemente più controllabili. Con<br />

il tempo le pressioni dei giornali e dei corrispondenti si fecero più forti e perciò si iniziarono<br />

ad organizzare gite in piccoli gruppi e sotto il comando <strong>di</strong> un ufficiale: le escursioni si<br />

svolgevano o in località dove si erano concluse (almeno da qualche giorno) battaglie<br />

vittoriose per la Monarchia oppure lungo tratti <strong>di</strong> fronte non operativi 51 .<br />

L’ufficiale accompagnatore, a volte appartenente al Kpq, altre volte ai Coman<strong>di</strong> d’armata,<br />

doveva agire da filtro fra le truppe e il corrispondente, impedendo contatti troppo ravvicinati.<br />

La censura dei <strong>di</strong>spacci in partenza per le redazioni era affidata invece alla Zensurgruppe del<br />

Kpq dove operavano esclusivamente ufficiali; il Comando del Kpq aveva, inoltre, voce in<br />

capitolo nel definire le linee generali della censura elaborate dal Kriegsüberwachungsamt<br />

(Ufficio <strong>di</strong> vigilanza sulla guerra) presso il Kriegsministerium 52 .<br />

Dalle Disposizioni per i viaggi al fronte del luglio 1916, che coincidono in buona parte con le<br />

in<strong>di</strong>cazioni operative per i censori, emerge con chiarezza l’obiettivo fondamentale della<br />

censura <strong>di</strong>retta e cioè il controllo assoluto dei dati fondamentali della notizia: dati precisi,<br />

numeri o nomi <strong>di</strong> località potevano essere estrapolati soltanto dai Bollettini ufficiali del<br />

Comando supremo. Accanto a questo intento se ne può rintracciare un altro non meno<br />

47 Ivi p. 34.<br />

48 In F. Di Spirito, P. Ortoleva, C. Ottaviano (a cura <strong>di</strong>), Lo strabismo telematico: contrad<strong>di</strong>zioni e tendenze<br />

della società dell'informazione, Torino, UTET, 1997, a p. 15 Ortoleva definisce come “censura alla fonte” i casi<br />

in cui «ciò che viene sottoposto a rigi<strong>di</strong> controlli e <strong>di</strong>vieti non è quello “che viene detto”, ma lo stesso accesso<br />

del giornalista alla notizia, anzi, alla realtà della guerra.»<br />

49 Sulla censura austroungarica nella Grande guerra si veda: G. Spann, Zensur in Österreich während den ersten<br />

Weltkrieg, Phil. Diss., Wien, 1972.<br />

50 Stiassny-B., op. cit., p. 51.<br />

51 Ivi pp. 51-52.<br />

52 Ivi pp. 56-57.<br />

22


evidente, quello cioè <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re al corrispondente sia <strong>di</strong> raccontare eventi storicamente falsi,<br />

sia <strong>di</strong> denigrare il nemico in modo esagerato: in una parola venne raccomandata ai<br />

Berichterstatter una certa continenza nello stile 53 .<br />

Ai corrispondenti, chiusi nei loro alloggi o negli uffici del Kpq, per accontentare il loro<br />

pubblico non restava altro che abbellire e romanzare i comunicati ufficiali, in barba<br />

naturalmente alla continenza raccomandata, mescolando le impressioni raccolte durante i rari<br />

viaggi al fronte con informazioni prese da mappe, romanzi e ad<strong>di</strong>rittura guide turistiche 54 .<br />

I rapporti fra corrispondenti e militari, nonostante la stretta collaborazione, non furono mai dei<br />

migliori: se gli ufficiali esterni al Kpq non comprendevano affatto la necessità della loro<br />

presenza al fronte, i giornalisti, per contro, mal tolleravano il controllo asfissiante dei militari<br />

che impe<strong>di</strong>vano loro <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare le richieste dei rispettivi giornali, che volevano più notizie<br />

e in tempi più rapi<strong>di</strong>. L’esistenza <strong>di</strong> queste tensioni è documentata dalle frequenti petizioni<br />

inoltrate dai corrispondenti più importanti a nome <strong>di</strong> tutti i Berichterstatter. Le lamentele<br />

riguardavano la scarsità delle visite al fronte, l’eccessiva severità dei censori e il ritardo con<br />

cui i pezzi censiti arrivavano ai giornali, spesso già privi <strong>di</strong> attualità 55 .<br />

La censura governativa<br />

Fin dall’inizio della guerra, con l’entrata in vigore delle <strong>di</strong>sposizioni d’emergenza<br />

(Ausnahmverfügungen) del Ministero <strong>degli</strong> Interni, gli e<strong>di</strong>tori <strong>di</strong> ogni tipo <strong>di</strong> perio<strong>di</strong>co furono<br />

obbligati a consegnare in via preventiva un esemplare presso le autorità competenti<br />

all’esercizio della censura che a seconda delle località erano i Polizeikommisariat<br />

(Commissariati <strong>di</strong> polizia) o le Bezirkhauptmannschaft (Uffici dei Capo <strong>di</strong>stretto) 56 . In questi<br />

uffici veniva svolta la censura vera e propria su delega della Staatsanwaltschaft für<br />

Presseangelegenheiten (Procura <strong>di</strong> Stato per gli affari della stampa) a cui la censura spettava<br />

per legge 57 .<br />

Per evitare il danno economico derivante dalla <strong>di</strong>struzione delle copie esemplari, si consolidò<br />

ben presto l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> consegnare ai censori (sempre in via preventiva) la bozza del<br />

53 Stiassny-B., op. cit, p. 63.<br />

54 Ivi pp. 49-50.<br />

55 Ivi pp. 72-73.<br />

56 G. Dressler, Zwischen Euphorie und Realismus – Die Neue Freie Presse im ersten Weltkrieg, Phil. Diss.,<br />

Wien, 1981, p. 46.<br />

57 Paupié, op. cit., Band II, pp. 144-145.<br />

23


giornale da cui i passaggi proibiti venivano rimossi, lasciando le inconfon<strong>di</strong>bili macchie<br />

bianche ben presto familiari soprattutto ai lettori dei giornali d’opposizione 58 .<br />

Al vertice dell’intero apparato stava il Kriegsüberwachungsamt (Ufficio per la sorveglianza<br />

della guerra), organismo ufficialmente inesistente, ma in realtà noto ad ogni insider che si<br />

trovava alle <strong>di</strong>rette <strong>di</strong>pendenze del Ministero <strong>degli</strong> Interni. I suoi compiti consistevano nel<br />

<strong>di</strong>ffondere le <strong>di</strong>rettive generali sulla censura, nel coor<strong>di</strong>nare fra loro censura postale,<br />

telegrafica e perio<strong>di</strong>ca, nonché nell’organizzazione, a partire dall’autunno del 1915, <strong>di</strong> una<br />

conferenza stampa ufficiale giornaliera sulla situazione della guerra e sullo stato generale<br />

della Monarchia 59 .<br />

L’esperienza dei Kriegsmaler 60<br />

Prima <strong>di</strong> lasciare spazio al vivo del presente lavoro, ovvero l’analisi della Tsz e nello<br />

specifico delle tematiche trainanti delle poesie comparse nei supplementi bisogna ricordare<br />

un’esperienza propagan<strong>di</strong>stica e artistica che si intrecciano in modo del tutto eccezionale nella<br />

Monarchia absburgica.<br />

Nell’ambito del Kpq già nel 1914 il Comando supremo d’armata istituì presso l’Ufficio<br />

stampa <strong>di</strong> guerra la sezione <strong>di</strong> cui si è già parlato: la Kunstgruppe. Molti chiamati alle armi<br />

che nella vita civile erano artisti vennero inquadrati sotto il comando del Kpq, con il compito<br />

<strong>di</strong> documentare e rendere comprensibile l’esperienza bellica. Iniziarono le attività sul fronte<br />

russo e serbo, dove i pittori vennero mandati allo stesso modo <strong>di</strong> fotografi, operatori<br />

cinematografici o giornalisti.<br />

Ma la specificità del loro lavoro, cioè la necessità <strong>di</strong> tempi più lunghi per portare a termine lo<br />

stesso lavoro, fecero sì che nella primavera del 1915 venisse creato, sempre nell’ambito del<br />

Kpq, un nuovo servizio, quello dei Kriegsmaler e dei Kriegsbildbauer.<br />

L’esperienza dei Kriegsmaler è un’esperienza unica nell’ambito della Prima Guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />

In nessun altro esercito esistette un reparto così speciale: pittori e scultori con grado <strong>di</strong><br />

ufficiale, che <strong>di</strong>sponevano della massima libertà <strong>di</strong> movimento al fronte e potevano arrivare<br />

fino alla prima linea. Il loro compito fu <strong>di</strong> raffigurare la vita al fronte, con l’obbligo <strong>di</strong> fornire<br />

58<br />

Dressler, op. cit., p. 46.<br />

59<br />

Ibid.<br />

60<br />

Per le informazioni del presente paragrafo sui Kriegsmaler si vedano, oltre le opere già citate nella nota 8,<br />

Liselotte Popelka, Vom “Hurra” zum Leichenfeld, Vienna, Heeresgeschichtliches Museum, 1971 e Jozo<br />

Dzambo (a cura <strong>di</strong>), Musen an <strong>di</strong>e Front. Schriftsteller und Künstler im Dienst der k.u.k Kriespropaganda 1914-<br />

1918, Monaco, Adalbert-Stifter-Verein, 2003.<br />

24


il Kpq <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> opere al mese. Il 99% della loro produzione artistica rimase <strong>di</strong><br />

proprietà del quartier generale, che per <strong>di</strong>vulgare le tele <strong>di</strong> questi artisti organizzò <strong>di</strong>verse<br />

mostre sia all’interno del Paese che dell’alleata Germania,ma anche in paesi lontani quali<br />

Olanda o Danimarca. Le mostre <strong>di</strong> pittura in periodo <strong>di</strong> guerra sono una cosa eccezionale, che<br />

permisero a questi artisti <strong>di</strong> continuare la loro riflessione artistica, anche se certamente con il<br />

limite del ruolo che ricoprivano e dello scopo per cui lavoravano ovvero: fare propaganda. A<br />

questi artisti va riconosciuto il merito <strong>di</strong> avere documentato tutti i fronti in cui hanno<br />

combattuto le armate austroungariche.<br />

Alcuni temi sono ricorrenti come la natura e il paesaggio, le scene <strong>di</strong> guerra, i momenti <strong>di</strong> vita<br />

dei soldati, ma la gran parte della produzione dei Kriegsmaler riguarda il paesaggio e la<br />

ritrattistica. I toni sono spesso i<strong>di</strong>lliaci, a volte malinconici, ma mai, o raramente, suscitano<br />

orrore o angoscia. Complessivamente è il rapporto uomo-natura a prevalere in questa<br />

esperienza artistica 61 .<br />

Un altro strumento <strong>di</strong> cui si avvalse la propaganda per <strong>di</strong>ffondere queste opere fu la loro<br />

pubblicazione nelle pagine della Tsz.<br />

La Tsz fu una finestra aperta sul mondo artistico tirolese <strong>di</strong> quegli anni.<br />

61 Esperienza in parte rivivibile nel Catalogo a cura <strong>di</strong> Massimo Libar<strong>di</strong> e Fernando Orlan<strong>di</strong>: Kriegsmaler.<br />

Pittori al fronte nella Grande Guerra, op. cit.<br />

25


Il Tirolo in guerra<br />

Come è stato appena accennato, nella Monarchia la propaganda per i soldati ebbe un peso<br />

relativamente scarso: se la necessità <strong>di</strong> un maggiore coinvolgimento ideale del combattente<br />

nella guerra fu sentita dalle autorità militari centrali soltanto verso la fine del conflitto, fu<br />

quasi del tutto assente la preoccupazione <strong>di</strong> collegare il fronte militare a quello, cosiddetto,<br />

interno, attraverso mezzi <strong>di</strong> propaganda che facessero da ponte fra soldati e civili. Le ragioni<br />

principali <strong>di</strong> questa lacuna sono da ricercare da una parte nel silenzio dei politici sui motivi<br />

del conflitto, dall’altra nella <strong>di</strong>stanza fisica della stragrande maggioranza della popolazione<br />

dai combattimenti che si svolsero soprattutto agli estremi confini dell’Impero (Carpazi,<br />

Galizia, Serbia).<br />

Nel caso del Tirolo però, la situazione fu completamente <strong>di</strong>versa: le autorità militari locali e<br />

l’associazionismo civile anzitutto, si mobilitarono fin da subito perché l’aggressione italiana<br />

fosse interpretata nel contesto del confronto, in corso da decenni, fra nazionalismo italiano e<br />

nazionalismo germanico. In secondo luogo, la mancanza <strong>di</strong> effettivi rese necessario, per il<br />

primo anno <strong>di</strong> guerra, il trasferimento al fronte <strong>di</strong> intere comunità civili, inquadrate in reparti<br />

volontari che, se non mancavano <strong>di</strong> motivazioni oggettive per <strong>di</strong>fendere la loro terra, avevano<br />

però bisogno <strong>di</strong> premi simbolici e <strong>di</strong> stimoli ideali per battersi da veri soldati.<br />

L’unità totale fra i due fronti, auspicata nella Grande guerra dai militari <strong>di</strong> ogni ban<strong>di</strong>era,<br />

sembrava essersi realizzata quin<strong>di</strong> nella piccola patria alpina sotto asse<strong>di</strong>o e trovò la sua<br />

espressione proprio nella «Tiroler Soldaten-Zeitung», destinata, non a caso, sia al pubblico<br />

militare che a quello civile.<br />

Il bastione Tirolo e la mobilitazione dei Landesschützen<br />

Fino al maggio 1915, il Tirolo era stato certamente un territorio lontano dal fronte, ma mai<br />

dalla guerra in senso lato. Già nella tarda estate del ’14, infatti, per proteggersi le spalle da un<br />

eventuale attacco del Regno d’Italia (che poi puntualmente avvenne), il capo <strong>di</strong> stato<br />

maggiore dell’esercito austroungarico, Feldmareschall Conrad von Hötzendorf, aveva<br />

or<strong>di</strong>nato il rinforzo e il completamento della rete <strong>di</strong> fortificazioni che correva lungo il confine<br />

fra i due stati: non era infatti un mistero per nessuno che l’Italia avrebbe potuto ripu<strong>di</strong>are da<br />

un momento all’altro la vetusta Triplice Alleanza, per unirsi all’Intesa ed approfittare della<br />

guerra per realizzare compiutamente l’unità nazionale. Conrad stesso aveva proposto negli<br />

26


anni precedenti ad<strong>di</strong>rittura una guerra preventiva contro l’Italia per scongiurare<br />

definitivamente ogni pericolo <strong>di</strong> dover cedere a quest’ultima altri territori 62 .<br />

Nel maggio 1915, la Monarchia non si trovava quin<strong>di</strong> certo impreparata dal punto <strong>di</strong> vista<br />

psicologico e strategico a <strong>di</strong>fendersi dall’Italia: quello che veramente mancava era il materiale<br />

umano. Com’è stato detto prima, nelle terribili battaglie dei Carpazi dell’inverno ’14-’15<br />

l’esercito austroungarico aveva perduto circa 1 milione e 292 mila effettivi fra caduti, feriti e<br />

prigionieri: poco meno della metà quin<strong>di</strong> dei circa dei circa 3 milioni <strong>di</strong> uomini mobilitati nel<br />

’14 63 . Prima che l’Italia <strong>di</strong>chiarasse la sua uscita dall’Alleanza (4 maggio 1915), a <strong>di</strong>fendere il<br />

Tirolo si trovavano perciò poche decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> uomini in tutto: una parte delle cinque<br />

<strong>di</strong>visioni dell’Armeegruppe Rohr (X Armata, <strong>di</strong>stribuita fra Tirolo, Carinzia e contea <strong>di</strong><br />

Gorizia) e le compagnie della milizia territoriale, ovvero i Landstürmer e gli Standschützen 64 .<br />

L’antico <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> auto<strong>di</strong>fesa dei tirolesi, garanzia dell’esenzione dal servizio militare, era<br />

sopravvissuto infatti almeno in parte all’introduzione della leva obbligatoria (1869): le classi<br />

che avevano già prestato regolare servizio (dai 33 ai 42 anni) venivano inquadrate in una<br />

milizia territoriale (Landsturm) che poteva essere impiegata esclusivamente per la <strong>di</strong>fesa del<br />

Tirolo in caso <strong>di</strong> guerra 65 .<br />

Accanto a questi riservisti, vi erano poi gli Standschützen, cioè membri delle associazioni che<br />

ruotavano intorno ai poligoni <strong>di</strong> tiro e che erano o troppo giovani o troppo vecchi per<br />

appartenere alla Landsturm: accanto a ragazzi sotto i vent’anni e uomini oltre i cinquanta si<br />

trovavano poi gli inabili al servizio militare che non per questo <strong>di</strong>sdegnavano <strong>di</strong> fare due tiri<br />

al bersaglio <strong>di</strong> domenica. La funzione <strong>di</strong> questa riserva della riserva era soprattutto quella <strong>di</strong><br />

introdurre i membri più giovani (sotto i 18) al cameratismo militare, affiancandoli a quelli più<br />

anziani; l’inclusione nei registri <strong>degli</strong> Standschützen era un atto assolutamente volontario e<br />

legato soprattutto all’aspetto sociale dell’istituzione; si trattava insomma <strong>di</strong> circoli con una<br />

funzione, verrebbe da <strong>di</strong>re, ‘ricreativa’: la possibilità <strong>di</strong> una mobilitazione appariva ai membri<br />

<strong>di</strong> queste associazioni quanto mai remota 66 . Niente <strong>di</strong> più sbagliato.<br />

Il 18 maggio 1915 venne or<strong>di</strong>nata la mobilitazione totale dei volontari tirolesi, organizzati in<br />

44 battaglioni e 23 compagnie <strong>di</strong> Standschützen e in 10 Landsturmbattaillon: a questi vennero<br />

affiancati durante l’estate alcuni reggimenti <strong>di</strong> Schützen provenienti da altri Länder austriaci<br />

62 W. Etschmann, Die Südfront 1915-1918, in Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 27-30.<br />

63 Isnenghi, La Grande Guerra, op. cit., p. 36.<br />

64 Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 27-30.<br />

65 Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 62-63.<br />

66 Ibid. Organizzazioni analoghe erano comunque <strong>di</strong>ffuse anche nelle altre regioni alpine della Monarchia (Stiria,<br />

Salisbrugo)<br />

27


(Salisburgo, Stiria, Alta-Austria, Carinzia), sette reggimenti <strong>di</strong> veterani tirolesi impiegati fino<br />

ad allora su altri fronti e i 12 mila bavaresi dell’Alpenkorps tedesco che fecero da forza <strong>di</strong><br />

pronto intervento lungo tutto il fronte italiano 67 .<br />

Il neo costituito Comando del fronte sud-occidentale Arciduca Eugenio (Kommando der<br />

Südwestfront Erzherzog Eugen) guidato appunto dal fratello del Comandante Supremo<br />

arciduca Federico, venne <strong>di</strong>viso in tre settori:<br />

1. quello del confine tirolese (75 mila unità) affidato al Landesvertei<strong>di</strong>gungskommando Tirol<br />

(Comando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa territoriale Tirolo, Lvk <strong>di</strong> seguito) affidato al Viktor Dankl, l’“eroe <strong>di</strong><br />

Krasnik”;<br />

2. il confine carinziano (30 mila unità) che venne presi<strong>di</strong>ato da tutte e cinque le <strong>di</strong>visioni del<br />

Gruppo Rohr, affiancate da Standschützen carinziani,<br />

3. e infine quello dell’Isonzo (95 mila uomini) dove venne <strong>di</strong>slocata una buona parte della<br />

quinta armata prima impiegata nei Balcani e posta sotto il comando del generale Boroévic 68 .<br />

Quello isontino non era fronte da Schützen.<br />

Almeno per i primi mesi nel primo settore operarono quin<strong>di</strong> soprattutto riservisti e volontari<br />

che prima dell’arrivo dei veterani tirolesi (agosto ’15) costituivano circa la metà delle forze<br />

<strong>di</strong>sponibili 69 . Data poi la scarsità <strong>di</strong> quadri interme<strong>di</strong>, agli Standschützen venne concesso un<br />

privilegio inconcepibile per i militari, cioè quello <strong>di</strong> eleggere i propri ufficiali e sottoufficiali:<br />

questo fattore, unito alla provenienza dalla stessa località come criterio guida per la<br />

formazione dei battaglioni, determinò <strong>di</strong> fatto un trasferimento in blocco <strong>di</strong> interi paesi al<br />

fronte, con i notabili in <strong>di</strong>visa da ufficiali e i conta<strong>di</strong>ni a fare i soldati 70 .<br />

Questi microcosmi sociali estremamente coesi, legate alle forme e alle regole della vita <strong>di</strong><br />

paese, non potevano che sentirsi estranei a quel popolo a sé della Monarchia, quello militare<br />

appunto, con i suoi co<strong>di</strong>ci e le sue regole: le due culture non potevano che far fatica a<br />

convivere negli stessi spazi angusti delle trincee e delle postazioni d’alta quota.<br />

I rapporti erano tesi soprattutto fra ufficiali d’accademia e ufficiali volontari. I primi, infatti,<br />

non accettavano che i secon<strong>di</strong> avessero ricevuto da un giorno all’altro il grado (senza però il<br />

<strong>di</strong>ritto alla pensione) che loro si erano guadagnati in anni <strong>di</strong> carriera; sempre i primi, poi, non<br />

perdevano occasione <strong>di</strong> inoltrare lamentele presso il Lvk riguardo al comportamento<br />

67 Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 27-30. Nel ’17 furono gli autori del blitz nella Conca <strong>di</strong> Plezzo, prelu<strong>di</strong>o a<br />

Caporetto.<br />

68 Ibid.<br />

69 Eisterer-Steininger, op. cit., p. 72.<br />

70 Ivi., pp. 67-71.<br />

28


in<strong>di</strong>sciplinato e inaffidabile <strong>degli</strong> Standschützen in battaglia che a volte si producevano<br />

ad<strong>di</strong>rittura in ritirate non autorizzate. Questi ultimi per bocca dei loro ufficiali-compaesani si<br />

lamentavano invece <strong>di</strong> venire maltrattati e umiliati <strong>di</strong> continuo dagli altezzosi superiori <strong>di</strong><br />

città 71 .<br />

Il ruolo dei volontari <strong>di</strong>venne col tempo sempre più marginale, man mano che nuove truppe<br />

regolari venivano trasferite in Tirolo: dei 30 mila Standschützen mobilitati nel ’15, ne<br />

rimanevano nel novembre del ’18 circa <strong>di</strong>eci mila 72 .<br />

Per il primo anno <strong>di</strong> guerra però le comunità dei volontari erano e rimanevano una forza<br />

in<strong>di</strong>spensabile per la <strong>di</strong>fesa del territorio: il loro sforzo andava però riconosciuto e premiato,<br />

se non sul piano della carriera militare, almeno su quello simbolico e dell’immagine. Come<br />

vedremo in seguito quello <strong>di</strong> motivare gli Standschützen attraverso il recupero del loro<br />

universo mitico fu uno dei principali compiti svolti dalla «Tiroler Soldaten-Zeitung».<br />

I provve<strong>di</strong>menti anti-irredentisti dell’amministrazione militare<br />

Con l’or<strong>di</strong>nanza imperiale del 23 maggio 1915 venne proclamato lo Stato d’asse<strong>di</strong>o nel Tirolo<br />

a sud del Brennero così come negli altri territori confinanti con il fronte (dalla Carinzia<br />

all’Istria): al Comando del fronte sud-occidentale ( <strong>di</strong> stanza a Marburg, nella Stiria) e al Lvk<br />

<strong>di</strong> Innsbruck venne riconosciuta quin<strong>di</strong> una possibilità <strong>di</strong> intervento sostanzialmente illimitata<br />

nelle materie <strong>di</strong> competenza delle autorità civili 73 .<br />

Questo potere <strong>di</strong> intervento venne sfruttato dai militari soltanto in parte rispetto a quelli che<br />

sarebbero stati i loro propositi: il comando del Südwestfront, infatti, elaborò fra il ’15 e il ’17<br />

una grande mole <strong>di</strong> proposte per una riforma in senso autoritario, del Tirolo in particolare e<br />

della Monarchia in generale. Queste riforme furono concepite per estirpare ogni forma <strong>di</strong><br />

Irredentismo, italiano o slavo che fosse, e avrebbero dovuto trasformare i territori <strong>di</strong> confine<br />

con l’Italia nel baluardo <strong>di</strong> un impero nuovo e molto più tedesco <strong>di</strong> quanto non lo fosse stato<br />

fino ad allora. Prima <strong>di</strong> vedere in concreto queste proposte è necessario dare un volto ai<br />

generali che all’interno del Coman<strong>di</strong> si occuparono più da vicino <strong>di</strong> queste questioni: anche<br />

perché furono proprio loro i padrini della «Tiroler Soldaten-Zeitung».<br />

71 Ivi., pp. 80-83.<br />

72 Ivi., p. 84.<br />

73 G. Pircher, Militär, Verwaltung und Politik in Tirol im Ersten Weltkrieg, Innsbruck, Universitätsverlag<br />

Wagner, 1995, pp. 41-42.<br />

29


Capo <strong>di</strong> stato maggiore del Comando, numero due dopo ‘Sua altezza’ l’arciduca Eugenio, il<br />

generale della fanteria Alfred Krauss 74 era nato a Zara nel 1862 (sarebbe morto nel 1938 in<br />

Austria), figlio <strong>di</strong> un me<strong>di</strong>co militare originario della Boemia tedesca dopo i continui<br />

spostamenti che portarono la famiglia da Venezia al Banato, Krauss entrò nel 1880<br />

all’Accademia militare <strong>di</strong> Wiener Neustadt assolta nell’83 con grado <strong>di</strong> tenente. Capitano nel<br />

’91, iniziò ad avvicinarsi ai circoli tedesco-nazionali interni all’esercito in cui, nonostante il<br />

<strong>di</strong>vieto assoluto <strong>di</strong> occuparsi <strong>di</strong> politica, si <strong>di</strong>scuteva <strong>di</strong> come salvare la Monarchia dalla<br />

<strong>di</strong>sgregazione a cui la stavano portando i nazionalismi <strong>degli</strong> altri, cioè dei non tedeschi.<br />

Colonnello nel 1904, fu comandante della scuola <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong> Vienna dal ’10 al ’14: allo<br />

scoppio delle ostilità venne destinato ai Balcani, settore dove comandante supremo era<br />

proprio l’Arciduca Eugenio, <strong>di</strong> cui Krauss <strong>di</strong>venne il primo aiutante nel <strong>di</strong>cembre 1914, con la<br />

carica <strong>di</strong> Capo <strong>di</strong> stato maggiore. Con l’assegnazione all’Arciduca del comando delle<br />

operazioni contro l’Italia, Krauss lo seguì nel nuovo incarico occupandosi in prima persona<br />

delle questioni <strong>di</strong> politica interna. Da generale in pensione, dopo la guerra, si avvicinerà al<br />

nazionalsocialismo.<br />

Anche il generale Viktor Dankl 75 era figlio <strong>di</strong> un ufficiale ed era nato a U<strong>di</strong>ne nel 1854<br />

(sarebbe morto nel 1941 a Innsbruck): aveva frequentato l’Accademia militare teresiana da<br />

cui era stato licenziato nel 1874 per essere destinato prima in Galizia poi a Vienna a Trento e,<br />

infine, a Zagabria. Generale della cavalleria nel 1912, gli venne assegnato lo stesso anno il<br />

comando della XIV Armata <strong>di</strong> stanza ad Innsbruck dove si impose con successo sulle autorità<br />

locali, ottenendo il ritiro del provve<strong>di</strong>mento del Landesrat ( Consiglio del Land) destinato ad<br />

escludere gli Standschützen dall’organico della <strong>di</strong>fesa territoriale (1913) 76 . Con la I Armata,<br />

ottenne nei primi mesi <strong>di</strong> guerra l’assai celebrata vittoria <strong>di</strong> Krasnik contro i russi (che nel ’18<br />

gli valse il titolo <strong>di</strong> conte), prima <strong>di</strong> prendere le re<strong>di</strong>ni del Comando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa territoriale del<br />

Tirolo, <strong>di</strong>venendone poi de facto padrone assoluto.<br />

Fratello del Comandante supremo Arciduca Federico, l’Arciduca Eugenio 77 (Erzherzog<br />

Eugen, 1863-1954) fu fino al 1923 l’ultimo grande maestro dell’or<strong>di</strong>ne teutonico: venne<br />

avviato alla carriera militare nei Kaiserjäger tirolesi (1883) e per ben 12 anni (1900-1912) fu<br />

al comando <strong>di</strong> quella XIV Armata <strong>di</strong> stanza in Tirolo, che dal ’12 venne affidata a Dankl. Nel<br />

74<br />

W. Drofenik, General Alfred Krauss – Eine Biographie, Phil. Diss., Wien, 1967, pp. 4-36.<br />

75<br />

Österreichische Akademie der Wissenschaft (Hrsg.), Österreichisches biographisches Lexikon, Wien, Verlag<br />

Hermann Böhlhaus, 1977.<br />

76<br />

Eisterer-Steiniger, op. cit., p. 63.<br />

77<br />

B. Hamann (Hrsg.), Habsburger – ein biographisches Lexikon, Wien, Überreutter Verlag, 1988.<br />

30


primo anno <strong>di</strong> guerra condusse le forze dell’attacco alla Serbia e ottenne nel maggio del ’15 il<br />

comando <strong>di</strong> quelle della <strong>di</strong>fesa dall’Italia che, tranne una breve parentesi ne ’17, conservò fino<br />

alla fine del conflitto.<br />

I tre generali videro nella guerra contro l’Italia l’occasione per sperimentare in Tirolo quelle<br />

ricette politiche che, secondo loro, avrebbero salvato l’intera Monarchia, i cui problemi non<br />

erano stati risolti dai politici. Per <strong>di</strong>fendere efficacemente il Tirolo bisognava, innanzi tutto,<br />

‘stabilizzarlo’ politicamente all’interno, annientando l’irredentismo italiano alla ra<strong>di</strong>ce: per<br />

fare ciò bisognava, in ultima analisi, de-nazionalizzare le popolazioni italiane del Trentino e<br />

nazionalizzare quelle tedesche. Il tutto senza l’impaccio delle autorità civili locali con cui<br />

l’Arciduca Eugenio e il generale Dankl erano venuti più volte ai ferri corti quando<br />

comandavano la XIV Armata 78 : ora era arrivato il momento della rivincita.<br />

L’anti-irredentismo dei tre generali aveva il suo padre ideologico nel Prof. Michael Mayr, dal<br />

1900 docente <strong>di</strong> Storia Moderna all’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Innsbruck e ripetutamente deputato<br />

cristiano-sociale al Reichsrat (Parlamento della Monarchia) <strong>di</strong> Vienna e al Landestag<br />

(Consiglio regionale) <strong>di</strong> Innsbruck 79 : della forte influenza del suo pensiero sugli articoli anti<br />

irrendetisti nella Tsz si parlerà più avanti.<br />

Nel suo Die Entwicklung des Italienischen Irredentismus in Tirol 80 (L’evoluzione<br />

dell’Irredentismo italiano in Tirolo), Mayr sosteneva che grazie alla mano morbida delle<br />

amministrazioni locali, l’associazionismo irredentista era riuscito a conquistare alla sua causa<br />

settori sempre più ampi della popolazione, costituendo un minaccioso presagio<br />

dell’imminente aggressione con cui il «Raubstaat» (lo stato ladrone) italiano avrebbe cercato<br />

<strong>di</strong> estendere i suoi confini fino al Brennero. Nel frattempo, le associazioni italiane avrebbero<br />

intrapreso un’opera <strong>di</strong> italianizzazione del Tirolo spostando sempre più a nord il confine<br />

linguistico, a <strong>di</strong>scapito delle popolazioni germaniche 81 . Una tesi pienamente con<strong>di</strong>visa<br />

dall’Arciduca Eugenio e da Krauss che, nel novembre del 1915, in una lettera allo<br />

Staatshalter (Governatore) del Tirolo Vorarlberg conte von Toggenburg, giustificavano con le<br />

stesse identiche argomentazioni la loro azione anti-irredentista 82 .<br />

78 Pircher, op. cit., pp. 114-116.<br />

79 J. Richter, Michael Mayr als Historiker und Politiker, Phil. Diss., Wien 1959, pp. 3-4.<br />

80 M. Mayr, Die Entwicklung des Italienischen Irredentismus in Tirol, Innsbruck, Tyrolia, 1915. Il libro, come si<br />

vedrà, comparve a più riprese nelle inserzioni della Tsz.<br />

81 Richter, op. cit., pp. 67-71.<br />

82 Pircher, op. cit., pp. 77-78.<br />

31


Contemporaneamente ai primi provve<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne poliziesco presi dal Lvk fra il maggio<br />

e il giugno del 1915, come la soppressione dei Comuni ‘a rischio’ (Trento, Rovereto, Riva e<br />

Cles) e l’internamento o il confino <strong>degli</strong> italiani del Regno e <strong>di</strong> ogni altro soggetto<br />

«politicamente inaffidabile» 83 , il Comando iniziò ad elaborare delle proposte per una riforma<br />

organica della Monarchia che avrebbero dovute essere sperimentate proprio nel Welschtirol,<br />

ovvero il Trentino. Raccolte in un memorandum dal titolo Bekämpfung des Irredentismus<br />

(Lotta all’irredentismo) inoltrato in due occasioni presso la cancelleria <strong>di</strong> Vienna fra il<br />

novembre del ’15 e il febbraio del ’16, le proposte riguardavano principalmente la scuola<br />

(introduzione del tedesco come lingua ufficiale ed esercitazioni militari obbligatorie), la<br />

magistratura (giuris<strong>di</strong>zione militare per i reati politici anche in tempo <strong>di</strong> pace) e le<br />

amministrazioni locali (restrizione delle competenze a favore dello stato centrale, <strong>di</strong>vieto della<br />

carriera politica per i funzionari pubblici) 84 .<br />

Queste proposte vennero lasciate cadere nel vuoto dal cancelliere conte von Stürgkh, che<br />

rispose al Comando con dei semplici ‘pareri’: era infatti ferma convinzione sia dell’Aok<br />

(in<strong>di</strong>spettito peraltro <strong>di</strong> essere stato scavalcato dall’Arciduca Eugenio) che del Kaiser e del<br />

governo che ogni riforma ra<strong>di</strong>cale della Monarchia dovesse essere affrontata a guerra<br />

conclusa. L’ostruzionismo delle autorità centrali, indusse quin<strong>di</strong> il Comando a rendere<br />

effettivi i provve<strong>di</strong>menti fattibili nell’ambito della legislazione vigente 85 .<br />

Il primo passo fu la soppressione <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong> associazioni italiane, avvenuta fra il ’15 e<br />

il ’16: accanto a quelle più o meno <strong>di</strong>chiaratamente irredentiste (Lega nazionale, Associazione<br />

Pro-Patria Trento e Trieste, Dante Alighieri), vennero sciolte anche quelle ‘colpevoli’ <strong>di</strong> avere<br />

intesi contatti con le gemelle del nord Italia (Società alpinisti trentini) e molte altre che <strong>di</strong><br />

italiano avevano solo il nome, come il Veloce Club Trentino e altre piccole associazioni<br />

musicali, teatrali e studentesche 86 .<br />

A questi provve<strong>di</strong>menti seguì l’eliminazione dalla scena politica del ceto <strong>di</strong>rigente trentino:<br />

furono sufficienti dei sospetti o delle voci per far finire in carcere o al confino personaggi <strong>di</strong><br />

spicco della politica locale, da Guido de Gentili a Enrico Conci, da Alcide De Gasperi a<br />

Vittorio Zippel. Con il ripristino dell’immunità parlamentare, avvenuta nel ’17 ad opera del<br />

nuovo imperatore, le <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> carcerazione e <strong>di</strong> confino caddero, perché tutti i<br />

83<br />

Ivi., pp. 58-64.<br />

84<br />

Ivi., pp. 81-86.<br />

85<br />

Ibid.<br />

86<br />

Ivi., pp.117-122.<br />

32


personaggi citati erano membri almeno del Landestag, se non contemporaneamente anche del<br />

Reichstag 87 <strong>di</strong> Vienna.<br />

Con l’introduzione della toponomastica e della segnaletica in Trentino poi, il triumvirato<br />

militare avviò la perversa prassi dell’abuso della lingua come strumento <strong>di</strong> oppressione delle<br />

minoranze (prassi <strong>di</strong> cui sarà campione il regime fascista), i cui residui inquinano ancora oggi<br />

la vita politica del Trentino-Alto A<strong>di</strong>ge in generale e del Sudtirolo in particolare.<br />

La questione toponomastica era regolata in Austria dal 1885 secondo un principio puramente<br />

statistico: la K.u.k Statistische Zentralkommission (facente capo al Ministero <strong>degli</strong> Interni)<br />

re<strong>di</strong>geva per ogni Land della Monarchia un Gemeindelexikon (Lessico dei Comuni) basandosi<br />

per ogni comune sui dati dei censimenti in cui i citta<strong>di</strong>ni, fra le altre cose, in<strong>di</strong>cavano anche la<br />

lingua parlata. I toponimi tirolesi erano perciò o solo italiani o solo tedeschi, a seconda del<br />

gruppo maggiormente rappresentato nei <strong>di</strong>versi centri; le insegne dei locali e <strong>degli</strong> uffici<br />

commerciali erano libere. Un principio analogo vigeva nell’ambito <strong>degli</strong> uffici pubblici: nelle<br />

comunicazioni interne ai Bezirke (Distretti) si usava la lingua della maggioranza <strong>degli</strong><br />

abitanti, nelle comunicazioni col Governatore e con la capitale era invece in uso il tedesco 88 .<br />

L’insegnamento della lingua nelle scuole era libero.<br />

L’uso dell’italiano nella toponomastica e nelle insegne in Trentino non era giu<strong>di</strong>cato dal<br />

Comando come una necessità giustificata dalla prassi linguistica e garantita dalla legge, ma<br />

come un sottile espe<strong>di</strong>ente irredentista per ‘italianizzare’ il Tirolo: dal giugno del 1916, i<br />

militari iniziarono perciò ad usare solo il tedesco per ogni comunicazione con le autorità<br />

civili. Una lista <strong>di</strong> toponimi tedeschi che andavano reintrodotti, a sostituire quelli italiani,<br />

venne prontamente fornita dalla sezione tirolese dell’Österreichischer Alpenverein (la società<br />

alpinistica austriaca), che teneva in serbo una lista <strong>di</strong> ‘italianizzazioni improprie’ compilata<br />

anni prima in occasione <strong>di</strong> una bega con i colleghi rivali della Società alpinisti trentini 89 .<br />

Sempre nell’estate del 1916 vennero sostituite la segnaletica e le insegne italiane con quelle<br />

tedesche: dapprima solo presso i posti <strong>di</strong> frontiera, con la scusa che i cartelli non erano scritti<br />

nella lingua d’or<strong>di</strong>nanza delle truppe ed erano perciò incomprensibili, poi via via nelle<br />

stazioni ferroviarie, negli uffici pubblici e negli esercizi commerciali. Le autorità civili erano<br />

fondamentalmente contrarie a questi provve<strong>di</strong>menti, anche se erano costrette ad approvarli in<br />

forza del decreto imperiale del 23 maggio 1915.<br />

87 Ivi., pp. 122-127.<br />

88 Pircher, op. cit., pp. 108-111.<br />

89 Ivi, op. cit., pp. 101-113.<br />

33


Al contrario <strong>di</strong> quelle militari, le massime autorità civili erano pienamente coscienti che i<br />

danni provocati dall’azione del Comando avrebbero superato <strong>di</strong> gran lunga i benefici. Il<br />

presidente dell’Oberlandsgericht (Tribunale <strong>di</strong> corte d’appello) <strong>di</strong> Innsbruck commentò così<br />

l’iniziativa: «Die treue italienische Bevölkerung wird tief verletz und es wird Südtirol<br />

(=Trentino) nach dem Krieg ein physisch und moralisch zerstörtes Land sein» 90 .<br />

Non altrettanto moderata e lungimirante fu la posizione dei partiti politici riuniti nel<br />

Landestag tirolese, incalzati da un’opinione pubblica che, come si vedrà nel prossimo<br />

paragrafo, era già stata ampiamente conquistata alla causa anti-italiana. I tedesco-nazionali,<br />

dopo che gli arresti <strong>di</strong> cui si è parlato avevano dato un colpo mortale al Partito Popolare<br />

(principale rappresentante dei trentini), crearono nell’assemblea un ‘blocco tedesco’ che nel<br />

1917 stabilì, in una delibera approvata a maggioranza, le linee guida dei futuri rapporti con la<br />

popolazione italiana del Tirolo, una rie<strong>di</strong>zione in salsa pseudo democratica del memorandum<br />

militare Bekämpfung des Irredentismus: scuola solo tedesca, lingua ufficiale tedesca,<br />

toponomastica tedesca ne prolungamento sine <strong>di</strong>e dello stato d’asse<strong>di</strong>o in Trentino 91 . Pochi<br />

allora immaginavano che <strong>di</strong> lì a qualche anno queste misure <strong>di</strong>acroniche non sarebbero state<br />

inflitte dalla Monarchia ai trentini, bensì dai ‘tra<strong>di</strong>tori’ italiani ai tedeschissimi sudtirolesi.<br />

La propaganda nel Tirolo in guerra<br />

La deriva pangermanistica e anti-italiana dei partiti tirolesi durante la guerra aveva le sue<br />

origini nella lotta in atto da decenni, a colpi <strong>di</strong> provocazioni, fra associazionismo borghese<br />

italiano filo-irredentista da una parte (Pro Patria, Dante Alighieri, Lega nazionale) e tedesco<br />

filo-germanico dall’altra; il Tiroler Volksbund (Lega tirolese del popolo), nato nel 1905, era la<br />

maggiore delle associazioni tedesche gran<strong>di</strong> e piccole che vedevano in ogni manifestazione<br />

della ‘italianità’ in Trentino, i pericolosi segnali <strong>di</strong> una strisciante de-germanizzazione 92 .<br />

Tipico esempio <strong>di</strong> questo confronto fu la ‘battaglia dei monumenti’ fra Trento e Bolzano:<br />

e<strong>di</strong>ficato nel 1889, il monumento al cantore me<strong>di</strong>evale Walther von der Vogelweide venne<br />

collocato nell’omonima piazza con lo sguardo rivolto a sud. Una provocazione a cui<br />

90 [«La popolazione italiana fedele sarà profondamente ferita e il Sudtirolo (=Trentino), a guerra finita, sarà una<br />

regione fisicamente e psicologicamente <strong>di</strong>strutta.»] Ivi, p. 109.<br />

91 Ivi, pp. 142-143.<br />

92 R. Webhofer, Patriotische Propaganda in Tirol während des Ersten Weltkrieges 1914-1918, Phil. Diss.,<br />

Innsbruck, 1995, pp. 14-17.<br />

34


isognava reagire: nel 1896 fu posto nei giar<strong>di</strong>ni antistanti alla stazione ferroviaria <strong>di</strong> Trento il<br />

monumento <strong>di</strong> Dante Alighieri, con lo sguardo rivolto a nord 93 .<br />

Il confronto fra opposti nazionalismi fu particolarmente serrato nelle valli la<strong>di</strong>ne dove il<br />

Tiroler Volksbund e la Lega nazionale si contendevano l’identità <strong>di</strong> valligiani, la cui<br />

maggioranza <strong>degli</strong> abitanti era assorbita dai problemi del sopravvivere piuttosto che dalle<br />

questioni nazionalistiche, alle quali prestavano, inevitabilmente, scarsa attenzione. La<br />

propaganda nazionale, condotta peraltro sempre soppesando «vantaggi e svantaggi politici che<br />

potevano derivare dalla questione la<strong>di</strong>na», coinvolse <strong>di</strong>rettamente soltanto le élite culturali<br />

delle valli <strong>di</strong> cui facevano parte perlopiù preti e maestri 94 .<br />

Con lo scoppio della guerra, il confronto fra piccoli gruppi sociali <strong>di</strong>venne uno scontro<br />

generalizzato, <strong>di</strong> cui i militari furono i principali fomentatori: il Comando accompagnò,<br />

infatti, la sua attività repressiva, che colpì in<strong>di</strong>scriminatamente i citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> lingua italiana 95 ,<br />

anche ad un’azione propagan<strong>di</strong>stica vera e propria, come fu la stessa pubblicazione della Tsz.<br />

Un’iniziativa perfettamente in sintonia con quelle che già venivano condotte da più parti nella<br />

società civile; le principali istituzioni sociali del notabilato citta<strong>di</strong>no si erano infatti già<br />

mobiliate autonomamente per dominare la guerra dal punto <strong>di</strong> vista simbolico 96 . Visti i<br />

precedenti, l’ottica con cui guardare agli eventi doveva essere per forza <strong>di</strong> cose quello dello<br />

‘scontro fra culture’: quella italiana da una parte e quella tirolese-tedesca dall’altra.<br />

Le prime a mobilitarsi furono naturalmente le associazioni tedesche a cui i militari avevano<br />

appena liberato il campo dai rivali storici: lo Jugendfürsorgverein für Tirol und Vorarlberg<br />

(Associazione per la cura dei giovani del Tirolo-Vorarlberg) si attivò conducendo una<br />

massiccia propaganda nelle scuole, soprattutto quelle trentine, dove vennero <strong>di</strong>stribuite ben<br />

30.000 copie della «Rivista Patria con almanacco», assieme ad opuscoli pro Austria con titoli<br />

come «L’Aurora» o «Jung Österreich» e migliaia <strong>di</strong> cartoline patriottiche con il motto del<br />

Tiroler Volksbund: «Tirol den Tiroler! Von Kufstein bis zur Berner Klause» 97<br />

93 Ibid.<br />

94 L. Palla, Fra realtà e mito. La grande guerra nelle valli la<strong>di</strong>ne, Milano, Franco Angeli, 1991, pp. 31-54.<br />

95 Che, a fine guerra, <strong>di</strong>chiararono in più occasioni <strong>di</strong> aver percepito il comportamento del proprio esercito come<br />

quello <strong>di</strong> una forza occupante in terra straniera. Pircher, op. cit., p. 141.<br />

96 Fabrizio Tonello nell’Appen<strong>di</strong>ce Guerra e informazione, in La nuova macchina dell’informazione. Culture,<br />

tecnologie e uomini nell’industria americana dei me<strong>di</strong>a, Milano, Feltrinelli, 1999, pp. 225-232, vede nel<br />

«dominio simbolico sugli avvenimenti» l’arma principale in mano alle autorità per garantirsi il consenso<br />

dell’opinione pubblica in tempo <strong>di</strong> guerra.<br />

97 [«Il Tirolo ai tirolesi! Da Kufstein alla chiusa <strong>di</strong> Verona!»]. Webhofer, op. cit., pp. 26-28. Bern pare fosse<br />

l’antico nome germanico <strong>di</strong> Verona.<br />

35


Tranne l’eccezione della «Volkszeitung», unico quoti<strong>di</strong>ano ‘rosso’ in un Land ‘nero’ fino al<br />

midollo 98 , la stampa locale si compattò in un fronte patriottico <strong>di</strong> appoggio incon<strong>di</strong>zionato ad<br />

una guerra che nessuno si sarebbe sognato <strong>di</strong> definire ingiusta: nella propaganda come sul<br />

campo <strong>di</strong> battaglia, il vantaggio psicologico è sempre <strong>di</strong> chi <strong>di</strong>fende.<br />

Alcuni giornali (la liberale «Neuen Tiroler Stimmen» in testa) andarono comunque ben oltre il<br />

sostegno attivo al conflitto con la pubblicazione delle sole notizie militari ufficiali e la<br />

pubblicità per i prestiti <strong>di</strong> guerra 99 , ma si impegnarono in una vera e propria campagna anti-<br />

italiana, <strong>di</strong> cui si lamentò ufficialmente ad<strong>di</strong>rittura il Commissario capo <strong>di</strong> Trento Dr. Muck.<br />

In una lettera al governatore questi definiva il comportamento della stampa tedesco-nazionale<br />

come un’«attività sobillatrice» («verhätzende Tätigkeit») dal «contenuto astioso»<br />

(«gehässiger Inhalt») che non avrebbe prodotto altro effetto se non quello <strong>di</strong> far aderire<br />

all’irredentismo, per via contraria, anche i trentini più fedeli alla Corona 100 .<br />

Ai giornali trentini in lingua italiana i militari riservarono naturalmente un trattamento in<br />

perfetto stile poliziesco: dopo che il socialista «Il Popolo» (<strong>di</strong> cui era stato <strong>di</strong>rettore Benito<br />

Mussolini) era stato chiuso già nell’agosto del ’14, nel maggio del ’15 toccò ai quoti<strong>di</strong>ani «Il<br />

Trentino» (l’organo dei Popolari) e all’«Alto A<strong>di</strong>ge» (nazional-liberale e filo italiano).<br />

Essendo rimasto in e<strong>di</strong>cola soltanto l’ufficioso «Risveglio Austriaco» 101 , gli italiani si dettero<br />

alla caccia delle poche copie dei giornali del regno contrabbandate al confine, per il cui<br />

possesso erano naturalmente previste severe punizioni.<br />

Nemmeno la chiesa tirolese rinunciò a cavalcare l’onda del montante sentimento <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o anti<br />

italiano. Le tre <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Trento, Bressanone e Innsbruck avevano condotto per tutto il XIX<br />

secolo una lotta senza quartiere contro il <strong>di</strong>ffondersi del materialismo e del liberalismo nel<br />

Land alpino 102 . Se il confronto all’inizio del nuovo secolo sembrava definitivamente concluso<br />

a favore della modernità, la guerra <strong>di</strong>ede l’occasione al clero <strong>di</strong> riaprire la partita: l’Italia<br />

secolare e liberale rappresentava un nemico perfetto da demonizzare, nonché un ottimo<br />

pretesto per dare una sterzata in senso conservatore ai processi <strong>di</strong> cambiamento in atto nella<br />

società tirolese. Attraverso i suoi rappresentanti presso le associazioni più <strong>di</strong>verse impegnate<br />

nella battaglia culturale, la chiesa legò a doppio filo la lotta per la ‘germanicità’ del Tirolo con<br />

98<br />

Ancora oggi in Austria il colore nero simboleggia il partito cristiano-sociale che, dalla sua nascita in poi, ha<br />

sempre dominato in Tirolo, sia nel sud che nel nord.<br />

99<br />

Webhofer, op. cit., pp. 37-44.<br />

100<br />

Pircher, op. cit., p. 142.<br />

101<br />

Ex «Risveglio Tridentino». Nel 1916 era stato acquistato dal neonato partito filo austriaco «Unione<br />

economica e sociale» e patrocinato proprio dal Commissario capo <strong>di</strong> Trento Dr Muck. Webhofer, op. cit., pp. 50-<br />

52.<br />

102<br />

E. Roner, Die Kriegspropaganda von 1914-1918 in Alt-Tirol, Phil. Diss., Innsbruck, 1990, pp. 177-199.<br />

36


quella per la conservazione delle sue strutture sociali arcaico-patriarcali, in cui il clero aveva<br />

ovviamente una posizione dominante.<br />

Attraverso i giornali della casa e<strong>di</strong>trice Tyrolia («Der Tiroler» «Brixner Chronik»<br />

«Allgemeiner Tiroler Anzeiger») e attraverso l’attività del Piusverein, la chiesa sostenne la<br />

propaganda bellicista e continuò allo stesso tempo «la sua guerra personale per la<br />

conservazione del cattolicesimo che era utile ai potenti, ai propagan<strong>di</strong>sti e ai responsabili della<br />

guerra» 103 . I preti non trascurarono naturalmente il mondo delle trincee, soprattutto le<br />

comunità paesane al fronte dei tirolesi e dei cattolicissimi Standesschützen: ma dei pre<strong>di</strong>catori<br />

<strong>di</strong> trincea si parlerà in seguito.<br />

Tirando le somme su questa sagra alpina dell’o<strong>di</strong>o collettivo, aizzata con la violenza dei<br />

militari, benedetta dalla chiesa e orchestrata proprio dalla supposta valentior pars della<br />

società, mi sembra opportuno citare il seguente passo dalla <strong>di</strong>ssertazione <strong>di</strong> Webhofer che ne<br />

sintetizza così il (non) senso:<br />

«Sono stati quin<strong>di</strong> gli abusi <strong>di</strong> un malinteso patriottismo tedesco ad alienare per sempre la<br />

popolazione all’idea rispettivamente <strong>di</strong> un Tirolo e <strong>di</strong> un’Austria multinazionale» 104<br />

Paradossalmente la <strong>di</strong>fesa della germanicità ha sortito effetti nocivi per l’ideale<br />

multinazionale che teneva in vita l’Impero absburgico.<br />

103<br />

[«Dabei setzten sie aber auch ihren ganz eigenen Krieg für den Erhalt des Katholizismus, der Machthabern,<br />

Propagan<strong>di</strong>sten und Kriegsbefürwörter <strong>di</strong>enlich war, fort»] Ivi., p. 182.<br />

104<br />

[«So haben also Übergriffe eines falsch verstandenen deutschen Patriotismus <strong>di</strong>e Bevölkerung für immer der<br />

Idee eines multinationalen Tirol bzw. Österreich entfremdt»] Webhofer, op. cit., p. 32.<br />

37


La «Tiroler Soldaten-Zeitung»<br />

Dopo aver delineato il contesto generale in cui si colloca il foglio oggetto dell’analisi è<br />

arrivato il momento <strong>di</strong> definire il ruolo assunto dalla «Tiroler Soldaten-Zeitung».<br />

Nell’ambito della propaganda per soldati realizzata a livello centrale nella Monarchia si vedrà<br />

come il giornale abbia svolto una sorta <strong>di</strong> supplenza (non richiesta e non sostenuta) <strong>di</strong> fronte<br />

all’inoperosità dell’Aok e del Kpq, arrivando, per certi versi, ad essere precursore delle<br />

iniziative intraprese nel 1918 dalla Frontpropagandagruppe. In relazione alle vicende del<br />

Tirolo si vedrà come il giornale abbia contribuito alla rinascita, già in corso nella pubblicistica<br />

civile, del mito dell’anno nove e del suo eroe Andreas Hofer, per citare solo due delle<br />

tematiche più sfruttate, grazie alla creazione <strong>di</strong> una Literarische Beilage (Supplemento<br />

letterario) aperto alla collaborazione dei lettori.<br />

Per chiarire queste relazioni in maniera più semplice possibile l’analisi del foglio è stata<br />

<strong>di</strong>visa in due parti: nella prima si cercherà <strong>di</strong> definire i <strong>di</strong>versi ruoli che il giornale si trovò a<br />

ricoprire nei due anni in cui venne pubblicato attraverso il confronto fra le fonti storiche e i<br />

dati emersi dall’analisi quantitativa svolta sul foglio; nella seconda si prenderanno in<br />

considerazione i contenuti attraverso i quali il giornale assolse le funzioni in<strong>di</strong>viduate nel<br />

paragrafo precedente; citando e analizzando gli esempi tematici più significativi tratti dalle<br />

poesie e dalle immagini presenti nei Supplementi letterari verrà tracciato il quadro ideologico<br />

che il foglio propose ai suoi lettori.<br />

Giornale <strong>di</strong> trincea o giornale per soldati?<br />

Nel suo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o sui giornali <strong>di</strong> trincea italiani nella Grande guerra, Mario Isnenghi <strong>di</strong>stingue<br />

due gran<strong>di</strong> stagioni nella pubblicistica destinata ai soldati: quella prima <strong>di</strong> Caporetto,<br />

caratterizzata da una forte partecipazione dal basso e dalla relativa spontaneità<br />

nell’organizzazione delle forme e dei contenuti 105 e quella dopo Caporetto definita, invece,<br />

come la stagione del «populismo <strong>di</strong> stato» 106 , in cui venne promossa dal nuovo Comando<br />

105<br />

Mario Isnenghi, Giornali <strong>di</strong> trincea 1915-1918, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1977, capp. IV-V. Un lavoro sullo stesso<br />

argomento è stato pubblicato in Germania nel 1937: l’autore però non va oltre la compilazione <strong>di</strong> un elenco<br />

(ricco <strong>di</strong> immagini) dei giornali <strong>di</strong> trincea dell’Impero tedesco (K. Kurth, Die deutsche Feld- und<br />

Schützengrabenzeitungen des Weltkrieges, Leipzig, Universitätsverlag Robert Noske, 1937). Non esiste, invece,<br />

nessun lavoro simile che tratti dell’area austroungarica.<br />

106<br />

Mario Isnenghi, op. cit., p. 65.<br />

38


supremo una massiccia campagna propagan<strong>di</strong>stica destinata alle truppe, in cui trova sbocco<br />

«[…] tutto, o quasi tutto, ciò che la cultura e la sottocultura nazionale sono in grado <strong>di</strong><br />

dare» 107 ; una campagna il cui obiettivo a breve termine è quello <strong>di</strong> promuovere l’educazione<br />

del popolo in forme e mo<strong>di</strong> che in parte avrebbe ere<strong>di</strong>tato il fascismo 108 .<br />

Nella Monarchia una sorta <strong>di</strong> stagione dell’educazione nazionale coor<strong>di</strong>nata a livello centrale<br />

si aprì soltanto nella primavera del ’18, quando ormai anche la propaganda più raffinata non<br />

avrebbe potuto fermare il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfacimento dell’esercito e della società civile.<br />

Nonostante l’inerzia delle autorità militari centrali, però, alcuni coman<strong>di</strong> locali intrapresero,<br />

già nei primi anni del conflitto, iniziative autonome <strong>di</strong> propaganda per le truppe: un esempio<br />

significativo è rappresentato dall’Heeresgruppenkommando dell’arciduca Eugenio e della<br />

«Tiroler Soldaten-Zeitung» (Tsz).<br />

In corrispondenza della fase più dura dell’azione anti-irredentista in Trentino il generale<br />

Alfred Krauss e l’arciduca Eugenio subentrarono al Lvk nella gestione della Tsz, giornale<br />

ufficioso per soldati e civili, che aveva nel frattempo partecipato al movimento<br />

propagan<strong>di</strong>stico ultra-tirolese e pangermanista imperversante nella società civile locale.<br />

Successivamente, come vedremo, ri<strong>di</strong>mensionando la partecipazione del mondo non-militare<br />

alla redazione del giornale e rimuovendo da questo ogni traccia <strong>di</strong> ‘tirolesità’ dal sapore<br />

eccessivamente localistico (a cominciare dal nome che perde la <strong>di</strong>citura Tiroler e rimane<br />

semplicemente «Soldaten-Zeitung», Sz <strong>di</strong> seguito) i due generali ne fecero un organo <strong>di</strong><br />

propaganda politico-ideologica, rivolto da un lato a giustificare la durezza delle misure <strong>di</strong> de-<br />

nazionalizzazione praticate in Trentino agitando lo spauracchio irredentista, dall’altro ad<br />

educare gli ufficiali e la parte intelligente della truppa all’idea ‘nazionale’ austriaca.<br />

Accanto a questi che furono i suoi obiettivi più evidenti, il nuovo giornale cercò, inoltre, <strong>di</strong><br />

creare un consenso attorno a quei progetti politici <strong>di</strong> rinnovamento della Monarchia che<br />

Vienna si ostinava a non prendere in considerazione, nonostante fossero patrocinati<br />

dall’Arciduca Eugenio in persona.<br />

Nella breve, ma complessa, esistenza <strong>di</strong> questa testata si possono <strong>di</strong>stinguere tre perio<strong>di</strong>:<br />

1. dalla fondazione (nel giugno 1915) al Natale dello stesso anno, la Tsz è una semplice<br />

rie<strong>di</strong>zione della «Soldaten-Zeitung der k.u.k. Ersten Armee», cioè un giornale pseudo-<br />

informativo compilato mettendo in sequenza bollettini ufficiali e ritagli <strong>di</strong> giornale, destinato<br />

soprattutto agli ufficiali;<br />

107 Ivi, p. 11.<br />

108 Ivi, p. 96.<br />

39


2. dal Natale del ’15 al luglio del ’16 il giornale si trasforma in supplemento del suo<br />

supplemento letterario e <strong>di</strong>viene luogo <strong>di</strong> espressione relativamente autonomo della società<br />

del Tirolo, sia <strong>di</strong> quella delle trincee che <strong>di</strong> quella delle retrovie;<br />

3. dal luglio del ’16 alla fine delle pubblicazioni (aprile ’17), la nuova «Soldaten-<br />

Zeitung» funziona come giornale <strong>di</strong> propaganda <strong>di</strong> due generali che progettano gran<strong>di</strong> riforme<br />

e che intanto sono decisi ad annientare l’irredentismo.<br />

Nonostante il giornale abbia svolto, man mano, funzioni molto <strong>di</strong>verse, si possono in<strong>di</strong>viduare<br />

due forti elementi <strong>di</strong> continuità che tengono assieme le tre epoche in cui mi è sembrato<br />

opportuno <strong>di</strong>stinguere le vicende del foglio. Anzitutto, la Tsz-Sz si è sempre rivolta tanto al<br />

fronte <strong>di</strong> combattimento che a quello interno, postulandone l’unità almeno sulla carta. Questa<br />

aspirazione all’integrazione fra i due fronti, si concretizza da una parte nell’accessibilità del<br />

foglio anche ai civili (tramite abbonamento), dall’altra nella costante presenza nei suoi<br />

contenuti <strong>di</strong> una volontà <strong>di</strong> collegare i due mon<strong>di</strong> il più strettamente possibile.<br />

In secondo luogo, la testata è sempre stata rigidamente controllata dall’alto: ognuno dei suoi<br />

tre <strong>di</strong>rettori responsabili ha fatto <strong>di</strong>rettamente riferimento non a coman<strong>di</strong> locali o <strong>di</strong> tappa, ma<br />

sempre e soltanto alle massime autorità militari del Tirolo che, come si vedrà, ne furono i<br />

padroni assoluti dalla nascita alla morte.<br />

Prima <strong>di</strong> vedere da vicino la storia del giornale è bene risolvere una questione <strong>di</strong> non poco<br />

conto: la Tsz-Sz è stata o no un giornale <strong>di</strong> trincea? Se all’appellativo che Isnenghi assegna ai<br />

corrispettivi italiani si attribuisce il significato <strong>di</strong> “rivolto in primo luogo (non solo e<br />

soltanto!) ai soldati”, allora la testata in questione si può effettivamente definire ‘<strong>di</strong> trincea’.<br />

Se si vuole invece ampliare questo significato, con gli attributi “concepito e redatto a ridosso<br />

del fronte e dotato <strong>di</strong> una relativa autonomia dagli alti coman<strong>di</strong>”, allora la Tsz-Sz non si può<br />

<strong>di</strong>re ‘giornale <strong>di</strong> trincea’, ma tutt’al più ‘giornale per i soldati’, in cui la <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> ruoli fra<br />

l’alto comando che fa da emittente e corpo ufficiali e truppa a fare da riceventi rimane sempre<br />

nettissima. Una <strong>di</strong>stanza che si riduce soltanto nella seconda fase <strong>di</strong> vita del giornale, quella in<br />

cui l’emittente adegua la struttura del messaggio al feedback <strong>di</strong>retto del ricevente e permette a<br />

quest’ultimo <strong>di</strong> farsi emittente a sua volta 109 : è in questo senso che il supplemento letterario<br />

della Tsz è stato, almeno per sei mesi, un foglio autenticamente ‘<strong>di</strong> trincea’.<br />

109<br />

Essendo stati a quell’epoca assenti i moderni strumenti d’influenza in<strong>di</strong>retta dell’au<strong>di</strong>ence sul contenuto<br />

(sondaggi ecc.) il feedback <strong>di</strong>retto (la comunicazione postale in questo caso) era l’unico strumento a <strong>di</strong>sposizione<br />

dei lettori della Tsz per influire sulle scelte della redazione. Per il concetto <strong>di</strong> feedback <strong>di</strong>retto rimando a D.<br />

McQuail, Le comunicazioni <strong>di</strong> massa, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 274. Per il modello emittente-ricevente <strong>di</strong><br />

Jakobson e per una definizione generale del feedback rimando a U. Volli, Il libro della comunicazione. Idee,<br />

strumenti, modelli, Milano, il Saggiatore, 1984, parr. 1.2 e 4.6.<br />

40


Il giornale della prima armata arriva in Tirolo<br />

«Quando sua eccellenza il Colonnello generale Viktor Dankl […] ottenne il comando<br />

dell’imperial-regio Comando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa territoriale del Tirolo, or<strong>di</strong>nò per le truppe e per gli<br />

istituti affini l’e<strong>di</strong>zione della “Tiroler Soldaten-Zeitung”, il cui primo numero comparve già il<br />

2 giugno 1915. Essendo sotto certi aspetti l’erede della “Soldaten-Zeitung der k.u.k. ersten<br />

Armee” la “Tiroler Soldaten-Zeitung” è il più vecchio giornale da campo austro-ungarico» 110<br />

In questo passo, tratto da un articolo scritto in occasione del primo anniversario del giornale,<br />

viene esplicitamente <strong>di</strong>chiarata la sua continuità ideale con la «Soldaten-Zeitung der k.u.k.<br />

ersten Armee»: una continuità che, se perfettamente giustificata dal punto <strong>di</strong> vista del formato,<br />

non lo era certamente da quello del pubblico. Al contrario del giornale della prima armata, la<br />

Tsz fu da subito a <strong>di</strong>sposizione, oltre che dei militari (ogni Unterabteilung, Sottoreparto, ne<br />

riceveva gratuitamente una copia), anche dei civili (che vi potevano accedere soltanto per<br />

abbonamento), ma soprattutto dei volontari impegnati al fronte. Dato che il redattore<br />

dell’articolo non nasconde, ma cerca in qualche maniera <strong>di</strong> tenere in sor<strong>di</strong>na nell’espressione<br />

«e per gli istituti affini (all’esercito)» con cui si allude naturalmente agli Standesschützen, è<br />

racchiusa tutta la specificità della situazione tirolese rispecchiata dal giornale.<br />

La Tsz nacque su iniziativa del generale Dankl, con una <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> intenti perfettamente<br />

uguale a quella che aveva accompagnato il giornale della prima armata: far arrivare in trincea<br />

le ultime notizie militari più una serie <strong>di</strong> “Vermischtes”. Confrontando il testo dello<br />

specchietto in alto a sinistra che compare a fianco al titolo del giornale nella Tsz con quello<br />

della «Soldaten-Zeitung der k.u.k. ersten Armee», l’unica <strong>di</strong>fferenza che si può riscontrare sta<br />

proprio nella designazione del pubblico a cui ci si rivolge. La Tsz <strong>di</strong>chiara <strong>di</strong> rivolgersi «den<br />

Tiroler Landesvertei<strong>di</strong>ger», cioè ai <strong>di</strong>fensori del Tirolo in senso ampio, mentre il giornale<br />

della prima armata riconosce come proprio pubblico «<strong>di</strong>e Angehörigen der Armee», cioè solo<br />

«gli appartenenti all’esercito» a pieno titolo.<br />

110 [«Als seine Exzellenz der Herr Generaloberst Viktor Dankl […] das k.u.k. Landesvertei<strong>di</strong>gungskommando in<br />

Tirol übernahm, ordnete er für <strong>di</strong>e Truppen und Anstalten des zigene Bereiches <strong>di</strong>e Herausgabe der “Tiroler<br />

Soldaten-Zeitung” an, deren erste Nummer bereits am 2. Juni 1915 erschien. Es ist daher <strong>di</strong>e “Tiroler Soldaten-<br />

Zeitung” gewissermassen als Fortsetzung der “Soldaten-Zeitung der k.u.k ersten Armee” <strong>di</strong>e älteste<br />

österreichisch-ungarische Feldzeitung»] in Ein Jahr der “Tiroler Soldaten-Zeitung”, Tsz n. 172-175, anno I, p.<br />

3. Il giornale sarebbe dovuto uscire, secondo le intenzioni originarie, tre volte alla settimana, ma a un mese<br />

dall’inizio delle pubblicazioni continuavano a comparire solo due numeri ogni sette giorni. Anche la<br />

numerazione appare incongruente e non è facile in<strong>di</strong>viduarne il criterio: accade sovente che per lo stesso giornale<br />

fossero in<strong>di</strong>cati più numeri, come nel caso appena citato.<br />

41


Se nel caso della «Soldaten-Zeitung» della prima armata la redazione da parte <strong>di</strong> una<br />

Pressesbteilung (ovvero un reparto stampa) poteva essere soltanto supposta, nel caso della<br />

Tsz è certa 111 : responsabile della testata era il colonnello Paul Höger e il capo-redattore era il<br />

tenente Dr. Jur. (Doktor Juri<strong>di</strong>cus) Heinrich Juster 112 . Viste le gran<strong>di</strong> affinità <strong>di</strong> formato tra i<br />

due giornali, è molto probabile che Dankl in persona o un aiutante della sua Pressegruppe<br />

abbia dettato a Höger e Juster, entrambi militari <strong>di</strong> carriera operanti in Tirolo, le linee generali<br />

per la compilazione del giornale, ispirate al modello della «Soldaten-Zeitung der k.u.k. ersten<br />

Armee».<br />

I due giornali sono estremamente simili per il formato (circa 20X30 cm), per l’impaginazione<br />

(testata con motto e breve sommario, testo <strong>di</strong>viso in due colonne <strong>di</strong> uguale misura) e,<br />

soprattutto, per l’organizzazione del contenuto. Per circa tutto il primo anno, infatti, anche la<br />

Tsz si presenta come un «crogiolo <strong>di</strong> notizie militari» 113 sul modello <strong>di</strong> quelle già illustrate<br />

per il giornale della prima armata: una rapida descrizione del numero del 6 novembre 1915 114<br />

ne darà una convincente <strong>di</strong>mostrazione.<br />

La prima pagina riporta uno scambio vicendevole <strong>di</strong> congratulazioni via telegrafo fra<br />

l’Imperatore, l’arciduca Eugenio e l’arciduca Federico per i recenti successi nella <strong>di</strong>fesa del<br />

fronte italiano: un esempio perfetto <strong>di</strong> comunicazione intra-<strong>di</strong>natisca e autoreferenziale. Si<br />

prosegue con tre articoli da una colonna e mezza ciascuno sulla situazione militare, per<br />

arrivare alla rubrica Militärische Episoden vom Tiroler Kriegsschauplatz a pagina quattro:<br />

una raccolta <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> prodezza in<strong>di</strong>viduale sul fronte tirolese.<br />

La quinta e la sesta pagina sono occupate da due lunghi articoli de<strong>di</strong>cati alla politica estera,<br />

rispettivamente sull’importanza strategica della Macedonia e sul regime poliziesco instaurato<br />

dagli inglesi in Egitto; da pagina sei a pagina otto ci sono gli Schlachtenberichte (Bollettini <strong>di</strong><br />

guerra), ovvero notizie brevi da ogni teatro del conflitto. Al contrario che nel giornale della<br />

prima armata, nella Tsz il Kpq compare spesso nelle fonti citate con la <strong>di</strong>citura «Aus dem<br />

Kriegspressequartier wird gemeldet» [«Dal Kpq viene segnalato»].<br />

Una trentina <strong>di</strong> notizie brevi e brevissime <strong>di</strong> politica estera sono raccolte da pagina otto a<br />

pagina <strong>di</strong>eci nelle rubriche Politische Nachrichten e Volkswirtschaftliche Nachrichten<br />

111<br />

A partire dal n. 133-134 (anno I), viene in<strong>di</strong>cato come responsabile del foglio non più genericamente il Lvk,<br />

ma il suo reparto stampa (Presseabteilung).<br />

112<br />

I nomi dei due responsabili vengono citati da Karl Dinklage, il decano <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> musiliani che ha raccolto<br />

numerose informazioni sulla Tsz. Cfr. K. Dinklage (Hrsg), Robert Musil. Leben. Werk. Wirkung, Wien,<br />

Amalthea Verlag, 1960, p. 227.<br />

113<br />

«ein Sammelbecken von Soldatenberichten» come lo definisce Dinklage, op. cit., p. 228.<br />

114 Tsz, n. 67-68, anno I.<br />

42


(Notizie politiche ed economiche) che precedono una lista dei tirolesi morti negli ospedali<br />

militari <strong>di</strong> Vienna nell’inverno ’14-’15. A pagina un<strong>di</strong>ci, prima delle ultimissime notizie <strong>di</strong><br />

pagina do<strong>di</strong>ci che concludono il numero, c’è l’annuncio destinato a rivoluzionare il rapporto<br />

del giornale con il pubblico. Ufficiali e soldati vengono invitati dalla redazione a inviare copie<br />

<strong>di</strong> foto scattate al fronte, da pubblicare nella Tsz e raccogliere poi in album fotografico sulla<br />

guerra.<br />

Il giornale rimase uguale a sé stesso per tutto il primo anno della sua esistenza: un foglio che,<br />

oltre alla evidente funzione pseudo-informativa, aveva quella <strong>di</strong> esaltare il contributo alla<br />

guerra dei volontari tirolesi, negando sul piano ideologico i loro enormi problemi <strong>di</strong><br />

inserimento nell’esercito regolare. Gli atti <strong>di</strong> eroismo <strong>degli</strong> Standesschützen vennero<br />

presentati come fatti all’or<strong>di</strong>ne del giorno 115 , le celebrazioni per le decorazioni <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> cui<br />

furono oggetto occuparono a lungo la prima pagina e la guida alpina Sepp Innerkofler 116 fu<br />

trasformato nell’eroe per eccellenza della guerra d’alta quota.<br />

Terminate le pagine or<strong>di</strong>narie del giornale ci si imbatte nella Literarische Beilage zur Tiroler<br />

Soldaten-Zeitung 117 , il supplemento letterario patinato con numerazione separata delle pagine.<br />

La prima pagina del supplemento (ci riferiamo sempre al numero del 6 novembre 1915, come<br />

modello esemplificativo) è occupata dal ritratto della guida alpina e volontario della<br />

Landesturm Alex Brunner 118 , <strong>di</strong> cui la <strong>di</strong>dascalia <strong>di</strong>ce che venne decorato per aver salvato due<br />

commilitoni intrappolati in parete. La cornice su cui campeggia il titolo suggerisce una<br />

rilettura, in chiave tirolese, della Ehrentafel del giornale della prima armata. A pagina due<br />

trova posto il feuilleton Eine Nachtwache im Äthermeer (Una notte <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a nel mare<br />

d’etere) in cui il caporale Fritz Pauli racconta, con stile da romanzo gotico, una notte <strong>di</strong><br />

guar<strong>di</strong>a nella fitta nebbia della Galizia.<br />

115<br />

Gli atti <strong>di</strong> eroismo <strong>degli</strong> Schützen sono il tema più <strong>di</strong>ffuso che esca dagli schemi pseudo-informativi del<br />

giornale.<br />

116<br />

Della costruzione e trattazione del mito <strong>di</strong> Innerkofler si parlerà in maniera più ampia nell’analisi delle poesie<br />

dei Supplementi letterari che sfruttano <strong>di</strong>ffusamente questa tematica. Per le vicende della guida alpina rimando a<br />

von Hartungen in Eisterer-Steininger, op. cit., p. 79.<br />

117<br />

Tsz, n. 22-23, anno I. Comparso per la prima volta il 31 luglio del 1915 come contenitore della rubrica<br />

Unsere Helden (I nostri eroi, presente fino all’ultimo supplemento) e delle poesie inviate dai lettori.<br />

118<br />

Autore della cornice è Arthur Nikodem (1870-1940), ritrattista tirolese della scuola dello Jugendstil. Fonti H.<br />

Vollmer (Hrsg.), Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, Leipzig, Verlag E. A. Seemann, 1933 e K. G.<br />

Saur (Hrsg), Saur Allgemeines Künstler- Lexikon, München-Leipzig, Saur Verlag, 2000. Autore del <strong>di</strong>segno è<br />

Thomas Riss, <strong>di</strong> cui si parlerà nella prossima nota.<br />

43


Fra pagina due e pagina tre è rilegato un <strong>di</strong>segno color seppia su cartoncino, del pittore<br />

tirolese Thomas Riss 119 , dal titolo Der Sieger (Il vincitore) 120 in cui un soldato austriaco-<br />

tedesco con lunghi capelli e barba bionda fa bere dalla propria borraccia un bersagliere a cui<br />

molto probabilmente ha appena sparato, mentre Cristo, sullo sfondo, bene<strong>di</strong>ce l’atto <strong>di</strong> carità.<br />

La terza pagina è de<strong>di</strong>cata alle poesie, sei in tutto, tutte a sfondo patriottico-tirolese e tutte<br />

firmate dagli autori, tre militari e tre civili. Il supplemento e il numero si chiudono con un<br />

<strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Hans Weber-Tirol 121 (ve<strong>di</strong> sotto) che fa da illustrazione alla poesia Die<br />

Kriegsfreiwillige (I volontari <strong>di</strong> guerra) 122 scritta dal tenente Karl Mumelter.<br />

119 Thomas Riss (1871-1959), tirolese <strong>di</strong> nascita fu allievo del maestro della pittura a soggetto storico (“anno<br />

nove” e <strong>di</strong>ntorni) Franz von Defregger (1835-1921). Vollmer, op. cit./Saur, op. cit.<br />

121 Hans Weber-Tyrol (1874-1957), ritrattista e paesaggista <strong>di</strong> origini bavaresi, ma attivo quasi esclusivamente in<br />

Tirolo. Combatté nei Kaiserjäger austriaci durante la guerra. Vollmer, op. cit./Saur, op. cit.<br />

122 I contenuti delle poesie e le immagini che costellano i supplementi saranno analizzate più dettagliatamente in<br />

seguito.<br />

44


Da questo modello <strong>di</strong> supplemento letterario, relativamente breve e <strong>di</strong> scarso peso<br />

nell’economia della testata (si tratta <strong>di</strong> quattro pagine e un allegato), si sviluppò nei mesi<br />

successivi una sorta <strong>di</strong> ‘giornale parallelo’ che finì per <strong>di</strong>ventare più voluminoso e importante<br />

del giornale vero e proprio e che partecipò al processo <strong>di</strong> rinascita del mito tirolese in corso<br />

già nei perio<strong>di</strong>ci per civili. Prima <strong>di</strong> vedere come e quando tutto ciò avvenne, bisogna<br />

sottolineare come la necessità <strong>di</strong> dotare la testata <strong>di</strong> un supplemento letterario, o comunque <strong>di</strong><br />

‘intrattenimento’, fosse stata avvertita dai responsabili del giornale ben prima che si<br />

decidessero a creare la Literarische Beilage zur Tiroler Soldaten-Zeitung nella forma appena<br />

descritta : dal numero dell’8 giugno a quello del 15 settembre del ’15 infatti alla Tsz erano<br />

stato allegati 29 numeri <strong>degli</strong> «Innsbrucker Kriegsflugblätter» (Volantini <strong>di</strong> guerra <strong>di</strong><br />

Innsbruck) 123 uno <strong>di</strong> quei fogli che Mario Isnenghi definirebbe ‘<strong>di</strong> retrovia’ 124 e che furono un<br />

genere <strong>di</strong> pubblicazione rarissima nel panorama austro-ungarico. Con la loro formula<br />

elementare della poesia patriottica battuta a macchina e illustrata da un <strong>di</strong>segno a penna,<br />

avrebbero dovuto bilanciare la povertà <strong>di</strong> immagini dei primi numeri della Tsz; <strong>di</strong>fficoltà<br />

tecniche privarono il giornale dopo appena tre mesi dall’apporto dei volantini <strong>di</strong> guerra, il cui<br />

ruolo era ormai, peraltro, stato assunto in pianta stabile dal supplemento letterario.<br />

Il supplemento letterario <strong>di</strong> trincea<br />

All’origine della nascita <strong>di</strong> un supplemento letterario più voluminoso e ricco del giornale<br />

stesso vi fu probabilmente la decisone della redazione <strong>di</strong> creare uno spazio <strong>di</strong> intrattenimento<br />

(sul modello dei girnali borghesi) de<strong>di</strong>cato al materiale inviato dai lettori: le gravi carenze<br />

d’organico nel corpo ufficiali durante i primi mesi <strong>di</strong> guerra resero molto probabilmente la<br />

Pressegruppe incapace <strong>di</strong> de<strong>di</strong>carsi anche alla ‘letteratura’ oltre che all’informazione.<br />

A questo proposito non sono reperibili testimonianze d’archivio, ma è molto probabile che,<br />

fin dai primi mesi <strong>di</strong> pubblicazione, borghesi e ufficiali con la passione della scrittura<br />

avessero inviato i loro lavori (soprattutto poesie) al fermo posta della redazione. Testi del<br />

genere compaiono quasi da subito nel giornale 125 , anche se per i primi due mesi sono presenti<br />

in or<strong>di</strong>ne sparso solo nelle ultime due pagine; dal numero del 31 luglio 1915 il supplemento<br />

123 E<strong>di</strong>ti a proprie spese dal poeta Oskar Blobel e illustrati da Ernst Weber, gli «Innsbrucker Kriegsflugblätter»<br />

vennero pubblicati con cadenza settimanale dall’inizio della guerra fino al 10 settembre 1919. Per informazioni<br />

dettagliate e un’analisi del contenuto rimando alla <strong>di</strong>ssertazione della Roner (op. cit., pp. 97-130).<br />

124 Isnenghi, op. cit., pp. 30-40.<br />

125 Tsz, n. 4, anno I, p. 9.<br />

45


acquisisce invece una numerazione propria e fino al gennaio successivo conta una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

quattro pagine, a fronte delle do<strong>di</strong>ci del giornale vero e proprio. Il contenuto standard è quello<br />

del numero esemplare <strong>di</strong> cui si è parlato prima: un feuilleton, dalle cinque alle sei poesie, oltre<br />

alle stampe su cartoncino e a qualche <strong>di</strong>segno che non compaiono con regolarità.<br />

Sia i testi che le immagini (foto o <strong>di</strong>segni) hanno un forte denominatore comune: il Tirolo e la<br />

‘tirolesità’. Se i <strong>di</strong>segni erano opera esclusivamente <strong>di</strong> artisti tirolesi o operanti in Tirolo 126 , le<br />

poesie e i feuilleton avevano a volte come autori dei non-tirolesi 127 che trattavano comunque<br />

temi legati a doppio filo con la regione alpina minacciata: da Andreas Hofer all’eroismo <strong>degli</strong><br />

Standesschützen, dalla celebrazione della bellezza delle montagne all’esecrazione dei Welsche<br />

Verräter (gli italiani tra<strong>di</strong>tori). Frequenti sono, inoltre, i testi in <strong>di</strong>aletto tirolese: dalle poesie<br />

brevi in rima baciata che compaiono nel supplemento <strong>di</strong> quasi ogni numero a opere più<br />

complesse, esempi importanti <strong>di</strong> letteratura vernacolare 128 . Il supplemento del giornale<br />

partecipò quin<strong>di</strong> già dall’autunno del 1915 al recupero propagan<strong>di</strong>stico dei miti e dei simboli<br />

dell’identità tirolese in atto nella pubblicistica civile del Land alpino.<br />

Dopo la creazione del supplemento, la redazione intraprese un ulteriore passo nella<br />

trasformazione del giornale: dopo che da metà settembre gli «Innsbrucker Kriegsflugblätter»<br />

non potevano più essere allegati al giornale, la rubrica Unsere Helden e le stampe dei tre<br />

Kriegsmaler della Tsz erano gli unici contributi <strong>di</strong> immagini su cui il giornale poteva contare.<br />

Ecco che nel numero del 27 ottobre 1915 129 compare per la prima volta un annuncio col quale<br />

si richiede ai militari <strong>di</strong> ogni grado <strong>di</strong> inviare <strong>di</strong>segni e fotografie dal fronte da pubblicare nel<br />

supplemento letterario della Tsz e da raccogliere poi in un album fotografico sulla guerra.<br />

L’appello non venne colto imme<strong>di</strong>atamente, tant’è che la presenza regolare <strong>di</strong> foto amatoriali<br />

nel supplemento si registra appena a partire dai numeri <strong>di</strong> gennaio: i primi in cui il foglio<br />

patinato supera stabilmente il muro delle quattro pagine 130 .<br />

126 Oltre i già citati Weber-Tyrol, Riss e Nikodem era collaboratore del giornale anche Albin Egger-Lienz (1868-<br />

1925) tirolese <strong>di</strong> nascita e uno dei massimi esponenti della pittura austriaca del XX secolo e volontario negli<br />

Standesschützen durante la guerra (Vollmer, op. cit./ Saur, op. cit.). Per maggiori informazioni sulla pittura<br />

contemporanea nel Sudtirolo rimando a B. Schimenti, Pittori e scultori in Alto A<strong>di</strong>ge dall’VIII al XX secolo,<br />

Bolzano, Schimenti ed., 1990. Fra gli artisti che collaboravano con la Tsz c’era anche il la<strong>di</strong>no Francesco<br />

Fer<strong>di</strong>nando Rizzi, che ha raccontato le sue esperienze <strong>di</strong> guerra in un’autobiografia curata da Luciana Palla:<br />

Mein Kampf um <strong>di</strong>e Kunst. Autobiografia <strong>di</strong> Francesco Fer<strong>di</strong>nando Rizzi, Museo storico <strong>di</strong> Trento, 1998, in<br />

particolare si veda il cap. 33.<br />

127 Gli autori vennero obbligati fin da subito ad in<strong>di</strong>care nome e provenienza come con<strong>di</strong>zione per la<br />

pubblicazione. Dai titoli, civili e militari, che accompagnavano i nomi si deduce che molti <strong>di</strong> questi proveniva<br />

dalla me<strong>di</strong>o-alta borghesia e dall’aristocrazia.<br />

128 Come la pièce teatrale <strong>di</strong> ben cinque pagine Ein Volk im Not, pubblicata nel supplemento natalizio (Tsz, n.<br />

89-93, anno I, p. 13 supp.).<br />

127 Tsz n. 61-62, anno I, p. 10.<br />

130 Tsz, nn. 100, 106-110, 111-112, anno I.<br />

46


Una crescita improvvisa sembra seguire la pubblicazione dei due gran<strong>di</strong> supplementi festivi,<br />

quello <strong>di</strong> Natale e quello <strong>di</strong> capodanno 131 che segnano una svolta nel formato del giornale:<br />

dotati rispettivamente <strong>di</strong> 28 e 24 pagine, superano per la prima volta la lunghezza dei giornali<br />

che li ospitano (rispettivamente <strong>di</strong> appena 8 e 16 pagine), sono ricchi <strong>di</strong> foto amatoriali dal<br />

fronte, <strong>di</strong>segni su cartoncino (quattro in tutto) e quello <strong>di</strong> capodanno contiene, per la prima<br />

volta un esplicito invito <strong>di</strong> collaborazione rivolto a tutti i lettori 132 . Da questi numeri in poi il<br />

supplemento crebbe notevolmente rispetto al giornale: nel febbraio del 1916 la me<strong>di</strong>a delle<br />

pagine del supplemento è <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci contro le <strong>di</strong>eci del giornale. A maggio il rapporto è <strong>di</strong><br />

se<strong>di</strong>ci a otto, esattamente il doppio.<br />

Se il contributo dei lettori civili alla realizzazione del supplemento crebbe da allora soprattutto<br />

per la quantità 133 , quello del pubblico militare conobbe invece un incremento principalmente<br />

qualitativo: gli ufficiali ed anche i soldati iniziarono ad utilizzare il giornale per far conoscere<br />

al lettore civile il mondo delle trincee e per iniziare ad elaborare una memoria storica sulla<br />

guerra. Oltre al moltiplicarsi della pubblicazione <strong>di</strong> cartoline <strong>di</strong>segnate personalmente dai<br />

soldati al fronte, fra il marzo e l’aprile del 1916 venne pubblicata (su sollecitazione della<br />

redazione) una serie <strong>di</strong> articoli sul gergo <strong>di</strong> trincea 134 . Una serie analoga, de<strong>di</strong>cata alla<br />

costruzione in Tirolo <strong>degli</strong> Heldenfriedhöfe (ovvero i cimiteri <strong>degli</strong> eroi, per i soldati caduti)<br />

venne pubblicata nella primavera dello stesso anno 135 .<br />

La redazione, dal canto suo, incentivò il fenomeno della crescente partecipazione del pubblico<br />

de<strong>di</strong>cando uno spazio fisso del giornale alla comunicazione con i lettori: la rubrica, dal titolo<br />

Mitteilung der Presseabteilung des k.u.k. Landesvertei<strong>di</strong>gungskommando in Tirol<br />

(Comunicazione del reparto stampa dell’imperial-regio comando <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa territoriale in<br />

Tirolo) 136 , contiene informazioni dettagliati sulle modalità d’abbonamento, spiega come<br />

ottenere rapidamente i numeri arretrati e soprattutto presenta le due principali iniziative<br />

redazionali per un maggiore coinvolgimento dei lettori in <strong>di</strong>visa nella realizzazione del<br />

giornale. Oltre alla già menzionata richiesta <strong>di</strong> foto dal fronte, ai militari venne rivolta anche<br />

quella <strong>di</strong> inviare articoli per descrivere le particolarità del gergo <strong>di</strong> trincea, comunicazione<br />

all’origine della serie <strong>di</strong> articoli appena citata.<br />

131<br />

Tsz, nn. 89-93 (Natale), 94-99 (capodanno), anno I.<br />

132<br />

Tsz, n. 94-99, anno I, p. 14.<br />

133<br />

Dalla me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> un feuilleton e cinque poesie si passa ad una me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tre pezzi <strong>di</strong> prosa e otto <strong>di</strong> poesia.<br />

134<br />

Il primo comparve il 26 marzo 1916, Schützengrabensprache (la lingua <strong>di</strong> trincea), Tsz, n. 141-143, anno I, p.<br />

4.<br />

135<br />

Sul culto dei caduti nella Grande guerra si veda: G. L. Mosse, Le guerre mon<strong>di</strong>ali. Dalla trage<strong>di</strong>a al mito dei<br />

caduti, Bari, Laterza, 1990.<br />

136<br />

La rubrica compare per la prima volta nel n. 133-134 (Tsz, anno I, pp. 6-7)<br />

47


Il Lvk e la redazione del foglio riconobbero quin<strong>di</strong> le istanze provenienti dal basso (tanto dal<br />

mondo civile che da quello delle trincee) e a queste de<strong>di</strong>carono spazio e attenzione: il<br />

supplemento letterario in primo luogo e, <strong>di</strong> riflesso, l’intera Tsz <strong>di</strong>vennero un canale <strong>di</strong><br />

comunicazione fra fronte <strong>di</strong> combattimento e società civile. Fino al giugno del 1916 la<br />

redazione della Tsz fu il risultato <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> collaborazione e influenza reciproca fra<br />

lettori e redattori, fra il mondo civile il mondo delle trincee e il comando militare.<br />

I temi a cui sono de<strong>di</strong>cati i tre supplementi ‘speciali’ del primo anno, successivi a quello per il<br />

capodanno del ’16, <strong>di</strong>mostrano la riuscita convivenza nel giornale delle <strong>di</strong>verse anime che<br />

contribuivano alla sua realizzazione: quello sul giubileo dei Kaiserjäger 137 (Cacciatori<br />

dell’imperatore, un corpo scelto con forti ra<strong>di</strong>ci tirolesi e alpine) coniuga i temi della fedeltà<br />

<strong>di</strong>nastica e del valore militare con il ‘mito tirolese’ <strong>di</strong> cui il numero speciale per l’anniversario<br />

della morte <strong>di</strong> Andreas Hofer 138 rappresenta la consacrazione definitiva. Quello in occasione<br />

dell’anniversario del 24 maggio 139 è invece un compen<strong>di</strong>o dei motivi per cui valeva la pena <strong>di</strong><br />

o<strong>di</strong>are il nemico italiano e tenere duro, nonostante i sacrifici imposti dalla guerra.<br />

La carenza <strong>di</strong> fonti sulla comunicazione interna al Lvk impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> stabilire se questa<br />

apertura al mondo dei lettori fosse stata operata consapevolmente, magari nella speranza <strong>di</strong><br />

facilitare il proseguimento <strong>degli</strong> obiettivi politici del Comando locale. Rimane dunque incerto<br />

se <strong>di</strong>etro al Comando tirolese vi sia stata una volontà propagan<strong>di</strong>stica forte e consapevole<br />

esercitata attraverso la Tsz.<br />

In un moderno <strong>di</strong>zionario inglese dei me<strong>di</strong>a 140 la propaganda viene definita come «deliberate<br />

and systematic attempt to shape perception, understan<strong>di</strong>ng and behaviour» («sforzo<br />

sistematico e intenzionale <strong>di</strong> modellare la percezione, il giu<strong>di</strong>zio e il comportamento»): nella<br />

Tsz e nei suoi supplementi non c’è sistematicità nel giustificare la politica anti-irredentista del<br />

Lvk e l’intenzionalità, in questo caso, può essere solo supposta. Ma, comunque, evidente<br />

scopo <strong>di</strong> propaganda interna all’esercito che si riscontra nel foglio è quello <strong>di</strong> far passare il<br />

messaggio dell’eroicità dei combattenti e alimentare tutti quei miti che avessero contribuito a<br />

cementare fronte interno e fronte <strong>di</strong> combattimento, nonché a sopportare e accettare la<br />

carneficina. Proprio nella parte de<strong>di</strong>cata all’analisi dei testi verranno messi in evidenza molti<br />

137<br />

Tsz, n. 103-105, anno I, Supplemento.<br />

138<br />

Tsz, n. 121-125, anno I, Numero speciale.<br />

139<br />

Tsz, n. 168-170, anno I, Supplemento.<br />

140<br />

S. Price, Me<strong>di</strong>a and communication handbook, Kent, UK, Hodder & Stoughton Educational Tonbridge 1997.<br />

Per una storia della propaganda si veda J. Ellul, Storia della propaganda, Napoli, Ed. scientifiche italiane, 1983.<br />

48


aspetti che fanno dei Supplementi uno strumento coscientemente sfruttato per la<br />

giustificazione del conflitto.<br />

Di una volontà propagan<strong>di</strong>stica <strong>di</strong>fferente, legata a progetti politici e ideologici <strong>di</strong> ampio<br />

respiro, non <strong>di</strong>fetteranno invece i nuovi padroni del giornale, che agirono in maniera fin<br />

troppo intenzionale e sistematica.<br />

Il foglio <strong>di</strong> propaganda<br />

Nel maggio del 1916 avvennero, nell’ambito <strong>degli</strong> alti coman<strong>di</strong> sul fronte italiano, <strong>degli</strong><br />

avvicendamenti destinati a cambiare volto alla Tsz. A Viktor Dankl venne affidato il comando<br />

dell’XI Armata, <strong>di</strong> lì a poco impegnata nell’offensiva austriaca sull’altopiano <strong>di</strong> Folgaria: al<br />

Lvk (soppresso, poi, nell’agosto dello stesso anno) arrivò il generale Roth. L’arciduca<br />

Eugenio, accompagnato dal fedele Krauss, ottenne il comando dell’Heeresgruppe Erzherzog<br />

Eugen (Hgk in seguito), il neonato Comando d’armata con sede a Bolzano che, oltre a<br />

coor<strong>di</strong>nare l’imminente attacco contro l’Italia, finì per assumere nel giro <strong>di</strong> tre mesi (dal<br />

giugno all’agosto del ’16) tutte le competenze che erano state del Lvk 141 , comprese quelle<br />

sulla Tsz.<br />

Fra il febbraio e il giugno dello stesso anno erano maturati, poi, sul piano politico due eventi<br />

molto importanti: da Vienna era arrivato il no definitivo ai progetti <strong>di</strong> Krauss e dell’Arciduca<br />

per una riforma ra<strong>di</strong>cale dello stato in senso autoritario, mentre in Tirolo i provve<strong>di</strong>menti anti-<br />

irredentisti e anti-italiani raggiungevano il culmine, con il conseguente inasprimento delle<br />

critiche ai militari da parte delle autorità civili.<br />

Potendo mettere le mani sulla Tsz, al generale e all’Arciduca si presentò l’occasione <strong>di</strong> creare<br />

<strong>di</strong>rettamente presso i soldati e i civili del Tirolo un consenso ai loro piani <strong>di</strong> rifondazione della<br />

Monarchia e <strong>di</strong> giustificare allo stesso tempo la durezza <strong>di</strong> misure quali l’eliminazione dalla<br />

scena politica del ceto <strong>di</strong>rigente trentino e l’introduzione forzata della toponomastica tedesca.<br />

Dal maggio del 1916 si trovarono a <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un potenziale organo <strong>di</strong> propaganda che per<br />

assolvere a questi nuovi intenti doveva però essere completamente rinnovato.<br />

Krauss non perse tempo: attraverso una serie <strong>di</strong> riunioni svoltesi nel mese <strong>di</strong> giugno, venne<br />

definita la nuova linea del giornale e venne scelto l’uomo chiamato a guidarlo. Il nome era<br />

quello del Major Au<strong>di</strong>tor Albin Schager, pupillo dell’Arciduca e magistrato militare con una<br />

141<br />

Österreichisches Bundesministerium für Landesvertei<strong>di</strong>gung und vom Kriegsarchiv, op. cit., Band II-VI,<br />

Beilagen- Kriegsgliederung (Allegati-Organigramma dei coman<strong>di</strong>).<br />

49


lunga esperienza <strong>di</strong> repressione dell’irredentismo; dal 9 luglio dello stesso anno iniziò a<br />

collaborare al giornale anche l’Oberstleutnant (tenente colonnello) Robert Musil, scrittore già<br />

affermato e assegnato da pochi mesi (dopo un anno e mezzo <strong>di</strong> trincea) al Servizio<br />

decorazioni del Kommando der Südwestfront 142 .<br />

Schager come <strong>di</strong>rettore responsabile e Musil come redattore <strong>di</strong> spicco si sarebbero dovuti<br />

occupare della creazione <strong>di</strong> una nuova «Soldaten-Zeitung» che avrebbe dovuto sostituire sia<br />

la Tsz che la «Karnisch-Julische Kriegszeitung» («Il giornale <strong>di</strong> guerra carnico-giuliano») 143 ,<br />

ovvero il foglio gemello <strong>di</strong> quello tirolese redatto e <strong>di</strong>stribuito in Carinzia dal comando locale:<br />

questo giornale riuscì però a conservare la propria autonomia e sopravvisse al tentativo <strong>di</strong><br />

accentramento operato da Krauss 144 .<br />

Per la Tsz il destino era invece già segnato: il 30 giugno 1916 venne or<strong>di</strong>nato il trasferimento<br />

della redazione dal Lvk <strong>di</strong> Innsbruck (già in fase <strong>di</strong> smantellamento) al Hgk <strong>di</strong> Bolzano 145 . Il<br />

primo numero pubblicato l’8 <strong>di</strong> luglio sotto la nuova <strong>di</strong>rezione 146 conserva ancora il nome, il<br />

formato e la numerazione della Tsz, elementi che scompaiono poi uno ad uno fino ad arrivare<br />

al numero del 20 agosto 147 che ha un nuovo formato, una nuova testata e un nuovo nome:<br />

«Soldaten-Zeitung».<br />

Stato forte e anti-irredentismo <strong>di</strong>ventano i nuovi Leitmotiv del foglio, chiamato, non più, a<br />

informare e intrattenere, ma a incentivare, risvegliare, combattere: fare una <strong>di</strong>versa<br />

propaganda. Krauss mette poi in chiaro che il giornale non sarà più <strong>di</strong>stribuito gratuitamente<br />

ai soldati, ma dovrà essere pagato 148 : la tiratura avrebbe dovuto essere almeno <strong>di</strong> 8000 copie<br />

da vendere sia singolarmente che per abbonamento. Della <strong>di</strong>stribuzione su tutto il fronte sud-<br />

142<br />

Dinklage, op. cit., p. 227. Altri collaboratori del giornale erano i tenenti colonnelli Hans Klein<strong>di</strong>enst ed Ernst<br />

Feigl, il sottotenente Rudolf Neumann e l’aspirante cadetto Heinrich Reichberg, come riportato nel saggio <strong>di</strong><br />

Alessandro Fontanari e Massimo Libar<strong>di</strong> in appen<strong>di</strong>ce a una raccolta <strong>di</strong> saggi e articoli musiliani del tempo <strong>di</strong><br />

guerra (A. Fontanari-M. Libar<strong>di</strong> (a cura <strong>di</strong>), R. Musil, La guerra parallela, Nicolo<strong>di</strong> ed., Trento-Rovereto, 2003).<br />

A questo saggio e all’opera <strong>di</strong> Dinklage rimando per ogni questione attinente all’impatto della guerra sulla vita e<br />

sull’opera <strong>di</strong> Musil.<br />

143<br />

Pubblicato a Klagenfurt dal gennaio del 1915 all’aprile del 1918 (uscita bisettimanale), il giornale sembra una<br />

fotocopia della Tsz nel suo periodo <strong>di</strong> trincea: <strong>di</strong>eci pagine <strong>di</strong> servizi militari, accompagnate una volta alla<br />

settimana da un supplemento letterario patinato e con la copertina in cartoncino, ricco <strong>di</strong> poesie, foto e <strong>di</strong>segni.<br />

Presso la Österreichische Nationalbibliothek <strong>di</strong> Vienna ne è conservata una serie completa.<br />

144<br />

Dinklage, op. cit., p. 228.<br />

145<br />

Ibid.<br />

146<br />

Tsz, n. 188-190, anno II.<br />

147<br />

Questo numero porta l’11 non l’1: la numerazione nuova venne cioè fatta partire dal primo numero del<br />

secondo anno <strong>di</strong> pubblicazione della Tsz, il n. 172-175. Questa continuità, almeno formale, fra i due giornali<br />

trova conferma nel fatto che nella testata della Sz, alla voce Jahrgang (anno <strong>di</strong> pubblicazione, annata) c’è un II e<br />

non l’I che ci si aspetterebbe.<br />

148<br />

Cfr. Roman Urbaner, “Fallita perché faceva politica?” La (Tiroler)Soldaten-Zeitung 1915-1917, CSSEO,<br />

Working Paper N° 117, Dicembre 2006, pag 17.<br />

50


occidentale se ne sarebbero dovuti occupare i vari coman<strong>di</strong>, facendo attenzione a <strong>di</strong>stribuirli<br />

correttamente:<br />

«Sarà quin<strong>di</strong> compito <strong>di</strong> tutti i coman<strong>di</strong> provvedere a ché tutti gli ufficiali e i loro pari <strong>di</strong><br />

grado nonché la parte più intelligente delle truppe si abbonino al giornale» 149 .<br />

Il problema <strong>di</strong> parlare anche alla parte ‘stupida’ della truppa per Krauss non si pone: ci<br />

sarebbe sempre stato un ufficiale cor<strong>di</strong>ale il quale, da amico ad amico avrebbe recitato agli<br />

illetterati la lezione appena appresa dalla Sz.<br />

Nella ‘de-tirolesizzazione’ ra<strong>di</strong>cale che subì il giornale emerge la fede nell’esercito che, più <strong>di</strong><br />

ogni altra ragione storica o mass me<strong>di</strong>ologica influì in questi cambiamenti: l’esercito non<br />

doveva essere inteso come quello specifico del Tirolo o della Bassa Austria, non era né<br />

boemo né ungherese, era l’esercito del suo imperatore, padre e condottiero, era l’esercito della<br />

Monarchia tutta intera.<br />

Si è appena detto come la volontà <strong>di</strong> Krauss <strong>di</strong> sottolineare l’unità dell’esercito e della<br />

Monarchia sia stata alla base della ‘de-tirolesizzazione’ del nuovo giornale: è proprio<br />

l’assenza quasi assoluta <strong>di</strong> ogni riferimento al Tirolo (tra cui anche la soppressione dei<br />

supplementi che invece erano il marchio della sua ‘tirolesità’) la prima cosa che salta agli<br />

occhi sfogliando la Sz. Più <strong>di</strong> un anno <strong>di</strong> esaltazione sistematica dell’identità tirolese viene<br />

cancellato all’improvviso 150 : ma questa non è l’unica sorpresa che riserva l’osservazione<br />

ravvicinata <strong>di</strong> un numero esemplare del foglio, in questo caso quello del 3 settembre 1916 151 .<br />

Sotto la testata, da cui è scomparsa l’aquila tirolese, campeggia a tutta pagina una foto del<br />

fronte, negli specchietti accanto al titolo vengono riportati i prezzi <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta e della<br />

pubblicità. In seconda pagina si trova l’e<strong>di</strong>toriale Die Volksschule (La scuola elementare), in<br />

cui si attacca l’autonomia locale nelle scuole in quanto avrebbe favorito la massiccia<br />

infiltrazione nel corpo docenti <strong>di</strong> attivisti dell’irredentismo.<br />

A pagina tre vi è il seguito dell’articolo comparso nel numero precedente dal titolo Wie das<br />

Büblein Irredentist wird (Come il bimbo <strong>di</strong>venta irredentista) che racconta la storia <strong>di</strong> un<br />

orfanotrofio triestino dove i bambini sarebbero stati educati al culto della nazione italiana. A<br />

pagina quattro e cinque prima un articolo sulla stampa irredentista slava in Inghilterra<br />

(Hochverrätische Presse, Stampa altamente sleale) e poi un pezzo in cui si trattano i motivi<br />

149 Ibid.<br />

150 Una cancellazione che la nuova <strong>di</strong>rezione operò in maniera perfettamente consapevole. Dinklage, op. cit., p.<br />

228.<br />

151 Sz, n. 13, anno II<br />

51


dello scarso senso dello stato nella Monarchia (Die Erziehung zum Staat, L’educazione allo<br />

Stato).<br />

A pagina cinque inizia una serie <strong>di</strong> rubriche fisse: la prima intitolata Am Beobachterstand<br />

(Nella posizione dell’osservatore), raccoglie da pagina cinque alla otto articoli <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a<br />

lunghezza (dalle venti alle trenta righe) che trattano in genere temi <strong>di</strong> interesse politico e<br />

militare, dall’importanza delle previsioni meteorologiche nella guerra moderna all’apertura <strong>di</strong><br />

un ufficio per il reinserimento dei reduci <strong>di</strong> guerra nel mondo del lavoro.<br />

Da pagina otto a pagina do<strong>di</strong>ci trova posto la rubrica dell’intrattenimento che si apre con la<br />

foto del decorato della settimana, senza titolo né cornice e accompagnata da una stringata<br />

<strong>di</strong>dascalia: i tempi de I Nostri Eroi in cornici folcoristico-tirolesi erano finiti, anche perché<br />

nuovo e unico <strong>di</strong>segnatore del giornale era <strong>di</strong>ventato il tedesco Ivo Puhonny, specializzato in<br />

pubblicità e teatro 152 , che per le sue brevi strisce comiche pubblicate in occasione della<br />

campagna per il V Prestito <strong>di</strong> guerra 153 si ispirava chiaramente allo stile dell’Intesa. Per i<br />

pittori della ‘tirolesità’ non c’era più posto.<br />

Alla foto del decorato seguono tre feuilleton da una pagina circa ciascuno, che raccontano<br />

altrettanti episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerra. A pagina do<strong>di</strong>ci inizia la rubrica Unsere Landheimat (La nostra<br />

Patria) de<strong>di</strong>cata a tutte le questioni del fronte interno che possano interessare tanto il soldato<br />

quanto il civile: nel primo dei tre articoli, intitolato Kriegerheimstätten (Alloggi per i soldati)<br />

si auspica che nella monarchia venga introdotta la pratica tedesca <strong>di</strong> assegnare alloggi gratuiti<br />

ai reduci.<br />

Nel secondo, Maas und Gewicht (Misura e peso), partendo dalla considerazione che nelle<br />

campagne ci sarebbe stata ancora poca familiarità con il sistema metrico decimale, vengono<br />

riportate delle tabelle <strong>di</strong> conversione fra le nuove misure e quelle tra<strong>di</strong>zionali delle campagne<br />

della Monarchia, nel terzo, Die Ernte im vorigen Jahre (Il raccolto dell’anno scorso) si<br />

riportano le cifre dell’ «Österreichische Agrar-Zeitung» («Il giornale agricolo austriaco») e si<br />

commentano i dati ufficiali sul raccolto del 1915 <strong>di</strong>chiarandoli del tutto sod<strong>di</strong>sfacenti e<br />

rassicuranti: “La Monarchia non muore <strong>di</strong> fame” è il messaggio dell’articolo. Dalla fine <strong>di</strong><br />

pagina tre<strong>di</strong>ci e pagina se<strong>di</strong>ci trovano posto tre rubriche stampate in corpo più piccolo dello<br />

standard: nella prima, intitolata Feldbriefkasten (Cassetta della posta da campo) la redazione<br />

risponde alle lettere dei soldati. Il quesito viene presentato in forma <strong>di</strong> una domanda da una<br />

riga, accompagnata dal grado e dalle iniziali del nome <strong>di</strong> chi l’ha rivolta: segue una risposta<br />

152<br />

Ivo Puhonny (1876-1940). Vollmer, op. cit./Saur, op. cit.<br />

153<br />

Cfr. Sz, nn. 26, 27, 28, anno II.<br />

52


altrettanto stringata. Sfogliando le rubriche <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi numeri, si vede a colpo d’occhio come<br />

la domanda più frequente riguardasse l’importo dell’indennità a cui le mogli dei soldati meno<br />

abbienti avevano <strong>di</strong>ritto.<br />

A questa segue la brevissima rubrica del buonumore (trenta righe appena) dal titolo Der<br />

lustige Tachinierer (L’allegro fannullone) che ospitava brevi aneddoti e barzellette<br />

telegrafiche. La terza e ultima delle rubriche brevi è de<strong>di</strong>cata alle ‘notizie dal Tirolo’<br />

(Mitteilungen, Comunicazioni ne è il titolo): un ufficiale promosso e trasferito saluta truppa e<br />

colleghi, un barone fa sapere <strong>di</strong> avere fatto una donazione al Fondo vedove e orfani dei<br />

Kaiserjäger e i lettori vengono informati che a Bolzano è stata inaugurata una nuova mostra<br />

fotografica, naturalmente sulla guerra.<br />

Rispetto al formato caotico della Tsz, quello della Sz appare quin<strong>di</strong> molto or<strong>di</strong>nato; nel nuovo<br />

giornale i lettori trovano <strong>degli</strong> spazi fissi e predefiniti per la comunicazione con la redazione.<br />

Se il feedback <strong>di</strong>retto nel primo foglio si esprimeva attraverso una partecipazione attiva del<br />

lettore, nel nuovo foglio è invece <strong>di</strong> natura piuttosto passiva 154 : l’espressione più tipica della<br />

nuova formula è la rubrica Cassetta della posta da campo. Il soldato che non sa chiede, la<br />

redazione seleziona le richieste e risponde. Il rapporto con il pubblico viene quin<strong>di</strong><br />

irreggimentato molto più severamente <strong>di</strong> quanto già non lo fosse nella Tsz.<br />

Terminati gli articoli ecco la pubblicità che in questo numero occupa quattro pagine in tutto:<br />

nemmeno le inserzioni rimangono estranee agli obiettivi propagan<strong>di</strong>stici del giornale. La<br />

pubblicità al libro sull’irredentismo del Prof. Mayr 155 non manca, infatti, quasi mai nella Sz<br />

accanto agli annunci più <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> <strong>di</strong>tte tirolesi e non. Il libro, del resto, e<strong>di</strong>to dalla casa<br />

e<strong>di</strong>trice cattolica Tyrolia non costava all’inserzionista nemmeno un centesimo: come recita il<br />

telegrafico tamburino <strong>di</strong> gerenza in fondo a pagina venti, la stessa Sz veniva stampata a<br />

Bolzano nell’allora moderna tipografia centrale della casa e<strong>di</strong>trice più grande e importante del<br />

Tirolo, la Tyrolia appunto 156 .<br />

Nel tamburino <strong>di</strong> gerenza viene inoltre in<strong>di</strong>cato il responsabile della testata che dall’8 ottobre<br />

del ’16 (il numero 18 del II anno) fu Robert Musil, promosso <strong>di</strong>rettore per mitigare gli eccessi<br />

154<br />

Nonostante nell’articolo Kameraden arbeitet mit! (Camerati collaborate! – Sz, n. 9, anno II, p. 3) del 6 agosto<br />

del ’16 Musil avesse invitato con forza i commilitoni a collaborare al giornale. (Si veda Musil, op. cit., pp. 18-<br />

21.)<br />

155<br />

Mayr, op. cit<br />

156<br />

Nel primo dopoguerra la casa e<strong>di</strong>trice si scinderà in due parti, una nord-tirolese (Tyrolia) e una sud-tirolese<br />

(Athesia). Per la loro storia rimando a G. Fleischmann, Tyrolia-Vogelweider-Athesia. Geschichte und<br />

Entwicklung eines Südtiroler Presse Verlages, Phil. Diss., Wien, 1967.<br />

53


anti-irredentisti del suo predecessore Schager 157 : un’opera <strong>di</strong> moderazione del tono polemico<br />

che al raffinato scrittore carinziano riuscì benissimo.<br />

La <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Musil non durò comunque a lungo: la Sz dovette interrompere definitivamente<br />

le pubblicazioni il 15 aprile del 1917 158 a causa <strong>di</strong> un nuovo ‘walzer <strong>di</strong> generali’ nell’ambito<br />

<strong>degli</strong> alti coman<strong>di</strong> sul fronte italiano. All’Arciduca Eugenio non riuscì <strong>di</strong> trovare a Marburg<br />

nella Stiria, dove venne ripristinato il Comando del fronte sud-occidentale, una tipografia<br />

<strong>di</strong>sposta a stampare la Sz; inoltre al generale Krauss, vero e instancabile animatore del<br />

giornale, venne assegnato un nuovo comando operativo che lo separò dall’Arciduca e da ogni<br />

preoccupazione <strong>di</strong> natura politica 159 .<br />

Il nuovo comandante delle truppe del Tirolo, l’anziano feldmaresciallo Conrad (ex Capo <strong>di</strong><br />

Stato maggiore, silurato nel febbraio ’17 dal nuovo imperatore Carlo) non era interessato a<br />

prendere in mano il giornale che perciò venne chiuso. Musil la prese molto male, anche<br />

perché il trasferimento all’Heeresgruppekommando Boroevic sul fronte isontino lo allontanò<br />

dalla moglie che risiedeva a Bolzano unicamente per stare vicina al marito 160 .<br />

La relativa casualità legata alle scelte <strong>di</strong> natura militare del Comando supremo fu quin<strong>di</strong><br />

arbitro ultimo del destino del giornale che non venne mai supportato dalle autorità centrali,<br />

nemmeno da quel Kpq che avrebbe avuto le competenze e l’interesse per farlo 161 : nessuno dei<br />

<strong>di</strong>rettori responsabili e dei capi redattori della Tsz-Sz (Höger, Juster, Schager e Musil) era<br />

infatti inserito nella struttura del Kpq 162 dove forse si sapeva a malapena dell’esistenza del<br />

giornale. Ecco cosa può comportare nella pratica l’assenza <strong>di</strong> una struttura propagan<strong>di</strong>stica<br />

efficiente e centralizzata: in questo caso la morte <strong>di</strong> una testata che, se adeguatamente<br />

finanziata e sostenuta, avrebbe potuto essere uno strumento efficace <strong>di</strong> orientamento<br />

dell’opinione pubblica militare e civile.<br />

157 In uno dei suoi e<strong>di</strong>toriali anti-irredentisti del settembre <strong>di</strong> quell’anno (Bilder von der Irredenta, Immagini<br />

dell’Irredentismo, Sz n. 15, anno II, p. 2), Schager accusò il nuovo governatore del Tirolo, barone Maximilian<br />

Manci (Cfr. anche Urbaner, op. cit., pp. 27-30), <strong>di</strong> avere appoggiato l’irredentismo per opportunità politica<br />

quando era sindaco <strong>di</strong> Trento. I militari in Tirolo erano allora molto potenti, ma non onnipotenti: Manci chiese la<br />

testa del responsabile della Sz, che fu costretto a <strong>di</strong>mettersi dalla carica. Dinklage, op. cit., p. 229.<br />

158 Sz, n. 45, anno II, ultimo numero.<br />

159 Dinklage, op. cit., pp. 230-231.<br />

160 Ibid.<br />

161 Bisogna però ricordare che il Kpq da cui a volte la Tsz riceveva <strong>di</strong>spacci ufficiali era quello comandato con<br />

lassismo e approssimazione da von Hoen: la decisione <strong>di</strong> terminare le pubblicazioni fu praticamente<br />

contemporanea all’assegnazione <strong>di</strong> Eisner-Bubna al Kpq (metà marzo 1917).<br />

162 Musil fu però collaboratore del Kpq dal 18 marzo del 1918 quando iniziò a operare nella Presseabteilung del<br />

Comando Boroevic.<br />

54


Il mondo secondo i Supplementi letterari della Tsz<br />

Questo lavoro si concentra sulla seconda fase <strong>di</strong> vita del giornale, quella relativa al<br />

predominio dei Supplementi e alla costruzione dell’identità nazionale tirolese 163 : sia<br />

attraverso gli episo<strong>di</strong> storici rievocati per leggere il presente sia dalle definizioni<br />

complementari e opposte <strong>di</strong> sé e dei nemici emerge un mondo profondamente conservatore,<br />

dominato dalla cultura religiosa 164 , dalle sue immagini e dal suo linguaggio. La scelta <strong>di</strong><br />

questo materiale nasce dal fatto che si tratti <strong>di</strong> materiale ancora del tutto inesplorato che<br />

consente <strong>di</strong> contribuire, anche se in modesta parte, all’analisi globale <strong>di</strong> un evento i cui effetti<br />

ancora oggi sono tangibili, specialmente per quel che riguarda la manipolazione<br />

dell’informazione. Anche la grande attualità dell’argomento è un motivo che sottostà a questa<br />

scelta ed è obiettivo del presente lavoro anche ricordare come questa ‘manipolazione’ del<br />

messaggio religioso, <strong>degli</strong> eventi e dei personaggi storici nazionali così come la<br />

trasfigurazione della realtà bellica non siano altro che l’attuazione <strong>di</strong> un meccanismo<br />

particolarmente <strong>di</strong>ffuso, allora come oggi, per <strong>di</strong>ffondere un’ideologia che sostenga un’azione<br />

intrapresa dallo Stato che altrimenti la popolazione non accetterebbe. Perciò, nonostante noi<br />

lettori moderni, ci consideriamo abbastanza maturi, per giu<strong>di</strong>care queste pagine<br />

semplicemente come un colore <strong>di</strong> tempi lontani, in realtà credo e propongo che sia giusto<br />

riconoscere a queste pagine, come esempio citato in quest’occasione, <strong>di</strong> poter e saper essere<br />

formidabili modelli interpretativi e <strong>di</strong> riferimento per <strong>di</strong>svelare anche le più attuali <strong>di</strong>namiche<br />

<strong>di</strong> persuasione e manipolazione, <strong>di</strong> cui anche noi siamo continuamente vittime e che ci<br />

costringono in nuovi fossati <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi.<br />

Quin<strong>di</strong>, oggetto principale della nostra analisi è quello <strong>di</strong> trattare i testi che si propongo <strong>di</strong><br />

creare, saldare e <strong>di</strong>ffonder una rappresentazione dell’identità tirolese e attraverso <strong>di</strong> essa <strong>di</strong><br />

dare un’immagine negativa dell’avversario e una descrizione semplificata e mitica del<br />

conflitto. Si tratta, dunque, <strong>di</strong> un esempio in piccola scala, che però porta in sé il pattern<br />

strutturale <strong>di</strong> qualunque meccanismo propagan<strong>di</strong>stico ideologico. Per terminare sarà, poi,<br />

fornita anche una breve analisi del nuovo volto che avrà la Sz una volta privata della sua<br />

163<br />

Si ricor<strong>di</strong> che con lo sparire dei Supplementi il giornale acquisterà tutto un altro corso. L’aspetto tirolese verrà<br />

meno e verrà invece posto in risalto il tentativo <strong>di</strong> definire il nuovo stato austriaco e il tipo <strong>di</strong> nazione che<br />

avrebbe dovuto conferirgli più forza e stabilità: un’operazione ideologica ispirata ad un conservatorismo <strong>di</strong><br />

stampo più moderno e politico.<br />

164<br />

(in seguito si approfon<strong>di</strong>rà meglio il rapporto del Tirolo con la Chiesa e la religione) Cfr.<br />

55


componente tirolese, in modo da avere un quadro ideologico più chiaro in cui collocare questi<br />

due giornali in uno.<br />

Vista l’importanza che avrà l’uso del messaggio religioso in queste liriche <strong>di</strong> guerra, prima <strong>di</strong><br />

analizzarle nello specifico si offrirà un breve quadro della storia religiosa tirolese e <strong>di</strong> come<br />

esso venne sfruttato anche per altri scopi in tempi precedenti al conflitto. Discorso che però ci<br />

servirà per comprendere meglio i contenuti delle poesie pubblicate nei Supplementi.<br />

Das ‘Heilige Land Tirol’. Il legame del Tirolo con la Chiesa Cattolica<br />

Nell’ambito della Controriforma il Papa e la Casa <strong>degli</strong> Asburgo inviarono dei<br />

controriformisti gesuiti, tra gli altri, anche in Tirolo per prevenire gli influssi del<br />

Protestantesimo e per rafforzare il Cristianesimo <strong>di</strong> stampo cattolico. L’evangelizzazione<br />

intensiva dei secoli XVII e XVIII e l’energico incedere dei Gesuiti, accompagnato dalle<br />

misure della Controriforma, sono da considerarsi come i principali promotori della marcata<br />

religiosità della popolazione tirolese.<br />

Anche lo scetticismo e la <strong>di</strong>ffidenza nei confronti della modernizzazione può essere attribuita<br />

in parte alla supremazia cattolica presente nel territorio: «Aus mehreren Berichten geht<br />

hervor, dass <strong>di</strong>e Bauern religiöse Prozessionen für eine gute Ernte der Einführung neuer<br />

chemischer Dünger vorzogen.» 165<br />

Quanto fosse rilevante la posizione della Chiesa cattolica in Tirolo nel XIX secolo, lo<br />

documentano il fallimento <strong>di</strong> numerose riforme favorite da Maria Teresa e Francesco<br />

Giuseppe alle quali si opposero con successo le posizioni tirolesi che sottostavano<br />

all’egemonia <strong>degli</strong> episcopati <strong>di</strong> Bressanone e Trento.<br />

In Tirolo il Toleranzpatent 166 del 1781 non fu promulgato neanche una volta 167 : già allora<br />

l’unità religiosa del paese era stata trattata come un problema fondante.<br />

165 [«Da più relazioni emerge che i conta<strong>di</strong>ni, per avere un buon raccolto, preferivano fare le processioni<br />

religiose all’introduzione <strong>di</strong> nuovi concimi chimici.»] Laurence Cole, “Für Gott, Kaiser und Vaterland”.<br />

Nationale Identität der deutschsprachigen Bevölkerung Tirols 1860–1914, Stu<strong>di</strong>en zur Historischen<br />

Sozialwissenschaft, Band 28. Frankfurt, Campus Verlag, 2000, p. 38.<br />

166 La patente <strong>di</strong> tolleranza fu un e<strong>di</strong>tto emesso nel 1781 da Giuseppe II d'Austria. Con tale <strong>di</strong>sposto si estendeva<br />

la libertà religiosa alle popolazioni non cattoliche viventi nei territori asburgici; luterani, calvinisti e ortodossi.<br />

167 Cfr. G. Pallaver, Kirche in Tirol. Vom Hexenwahn zum Herz-Jesu-Bund, in «Sturzflüge», Bozen, Südtiroler<br />

Autorenvereinigung, n. 7, 1984, p. 39-55.<br />

56


Nel formarsi <strong>di</strong> un’in<strong>di</strong>scussa dominanza della Chiesa come l’istituzione determinate gli<br />

orientamenti <strong>di</strong> vita e le Weltanschauungen <strong>di</strong> una ampissima fetta della popolazione tirolese,<br />

accanto agli effetti della vincente Controriforma – non solo come sforzo della chiesa cattolica,<br />

ma anche come <strong>di</strong>chiarato obiettivo politico <strong>degli</strong> Asburgo – giocarono un ruolo importante<br />

tuttavia anche altri fattori, <strong>di</strong>fferentemente connessi fra <strong>di</strong> loro:<br />

1) il legame tra<strong>di</strong>zionalmente stretto tra la Casa d’Austria e la Chiesa cattolica: la ‘spada<br />

secolare’ del sovrano <strong>degli</strong> Asburgo come ‘<strong>di</strong>fensore della fede’ (soprattutto nell’ambito della<br />

tra<strong>di</strong>zione del regno, ma anche sul piano della Monarchia) servì nella sua funzione <strong>di</strong> modello<br />

anche per l’auto definizione tirolese;<br />

2) il culto e la propagazione della figura del Kaiser come sovrano voluto da Dio e<br />

osservante cattolico: in relazione al culto spiccato per l’Imperatore, la ‘Pietas Austriaca’<br />

rappresentò un mito molto efficace;<br />

3) lo stretto collegamento tra Chiesa e Stato: chi non si professava <strong>di</strong> fede cattolica, si<br />

collocava al <strong>di</strong> fuori della collettività e, automaticamente, in opposizione allo Stato, alla Patria<br />

e all’Imperatore. E, conseguentemente, costui/costei era considerato come un tra<strong>di</strong>tore,<br />

infedele, sleale e nemico della patria;<br />

4) la forte influenza del prete <strong>di</strong> paese specialmente nei piccoli villaggi <strong>di</strong> campagna:<br />

«Wie Stu<strong>di</strong>en über andere Gebiete zeigen, läßt sich der Einfluß des Priesters innerhalb der<br />

dörflichen Gesellschaft kaum überbewerten» 168 . Il prete <strong>di</strong> paese grazie alla propria carica e in<br />

quanto <strong>di</strong>spensatore dei sacramenti <strong>di</strong>venne una sorta <strong>di</strong> concreto portatore <strong>di</strong> grazia e<br />

salvezza per la comunità paesana. Josef Fontana, nella sua storia sul Tirolo, parla ad<strong>di</strong>rittura<br />

<strong>di</strong> «Praktiken weißer Magie» 169 che venivano richieste ai preti;<br />

5) il culto al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù come simbolo esteriore e interiore della dominanza<br />

cattolica della zona;<br />

6) l’utilizzo del mito <strong>di</strong> Andreas Hofer come eroe cattolico del Paese e <strong>di</strong>fensore contro<br />

gli infedeli;<br />

Lungo il secolo XIX, la fedeltà alla casa regnante come quella alla Chiesa cattolica <strong>di</strong>venne<br />

ovviamente parte <strong>di</strong> una visione del mondo molto impostata. Il fatto che l’altare regnasse<br />

168<br />

[«Come mostrano <strong>degli</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> su altri ambiti, l’influenza dei preti all’interno della comunità paesana non può<br />

essere sottovalutata»] Cole op. cit., p. 49<br />

169<br />

[«Pratiche <strong>di</strong> magia bianca»] Josef Fontana, Geschichte des Landes Tirol, Bolzano-Innsbruck, Athesia,<br />

Tyrolia-Verlag, 1985, p. 33.<br />

57


affianco al trono (magari anche al <strong>di</strong> sopra) non fu mai <strong>di</strong>scusso, ma anzi venne sempre visto<br />

come logica evidenza 170 . Anche il Concordato del 1855, che accordò nuovamente al clero un<br />

forte ascendente su tutti gli ambiti della vita sociale 171 , trovò un ampio consenso a priori.<br />

Nel XIX secolo venne fuori, infine, l’auto denominazione <strong>di</strong> ‘Heiliges Land Tirol’, la quale<br />

risultava soprattutto dall’attaccamento del Paese al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù. Questa auto<br />

denominazione va intesa come incarnazione e simbolo della straor<strong>di</strong>naria fortuna del<br />

Cattolicesimo Tirolo, della sua forza e del suo potere.<br />

Il cattolicesimo politico in Tirolo nella seconda metà del XIX secolo<br />

L’espressione ‘cattolicesimo politico’ definisce in un primo tempo e come concetto ampio<br />

tutto ciò che da una prospettiva politica ha a che fare con la Chiesa e che si manifesta<br />

pubblicamente e politicamente in maniera rilevante; innanzi tutto quei gruppi e singole<br />

persone (clero, conservatori e cristiano-sociali, come anche a partire dal 1918 il Tiroler<br />

Volkspartei, <strong>di</strong>versi circoli e associazioni, numerosi pre<strong>di</strong>catori, ma anche artisti, letterati e<br />

altri singoli) che si espongono politicamente e che sostengono pubblicamente una<br />

Weltanschauung forgiata dalla Chiesa cattolica.<br />

Ernst Hanisch, nel suo <strong>stu<strong>di</strong></strong>o dettagliato sul ‘cattolicesimo politico’ in Austria, sostiene che il<br />

‘cattolicesimo politico’ si mostrò fondamentalmente in linea col sistema statale vigente<br />

all’epoca 172 .<br />

La Chiesa Cattolica come organizzazione potente si <strong>di</strong>fendeva, in generale, contro il processo<br />

<strong>di</strong> secolarizzazione non solo all’inizio del XIX secolo, ma proseguì a farlo fino a molto dopo<br />

la Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale. «Diese sehr reale Bedrohung [<strong>di</strong>e Säkularisierung] führte zur<br />

Formierung einer Kampffront, <strong>di</strong>e einer kämpferischen Ideologie bedurfte. Die Funktion<br />

<strong>di</strong>eser ideologie war es, den Anspruch auf <strong>di</strong>e ganze Gesellschaft aufrechtzuerhalten.<br />

Legitimation und Ziel war das katholische Österreich!» 173 .<br />

Dopo la fine del Neoassolutismo, attraverso le <strong>di</strong>sfatte <strong>di</strong> Magenta e Solferino contro la<br />

Francia e il Regno <strong>di</strong> Sardegna, il Februarpatent del 1861 ri inaugurò la vita costituzionale<br />

170<br />

La pretesa <strong>di</strong> unità fra ‘Altare’ e ‘Trono’ non fu abbandona dal cattolicesimo politico neanche nel periodo fra<br />

le due guerra. Cfr. E. Hanisch, Die Ideologie des Politischen Katholizismus in Österreich 1918-1938, Wien,<br />

Geyer, 1977, p. 35.<br />

171<br />

Soprattutto, per esempio, sull’organizzazione scolastica.<br />

172<br />

Cfr. E. Hanisch, «Modell der Akkomodation», in Die Ideologie des Politischen Katholizismus, op. cit. p. 1.<br />

173<br />

[«Questa minaccia molto reale (la secolarizzazione) portò alla nascita <strong>di</strong> un fronte <strong>di</strong> battaglia che aveva<br />

bisogno <strong>di</strong> una ideologia combattiva. La funzione <strong>di</strong> questa ideologia era la pretesa <strong>di</strong> mantenere l’intera società.<br />

Legittimazione e scopo era l’Austria cattolica.»]Hanisch, Die Ideologie des Politischen Katholizismus, p. 35<br />

58


nella Monarchia. Il Tirolo ricevette una costituzione a parte, la Tiroler Landesordnung, e un<br />

Landtag proprio affidato alle Curie, al Rettore dell’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Innsbruck, così come al<br />

vescovo <strong>di</strong> Bressanone, Trento e Salisburgo 174 .<br />

La Konservative Partei Tirols che stava andando formandosi saldamente in mano cattolica<br />

assunse imme<strong>di</strong>atamente la guida politica del Paese ed ebbe la maggioranza relativa in Tirolo<br />

senza interruzione fino ad oggi. Questa nascente opposizione conservatrice contro qualunque<br />

tipo <strong>di</strong> progresso e novità, non solo portò al Kulturkampf <strong>degli</strong> anni 1869-1892, bensì ebbe<br />

anche effetti negativi sul processo <strong>di</strong> industrializzazione tirolese, che era in ogni caso molto in<br />

ritardo.<br />

Il Kulturkampf 175 tirolese<br />

Se si considera il XIX secolo come il secolo dell’ «Umsetzung der Aufklärung in politische<br />

Wirklichkeit» 176 , come il secolo della fiducia nel progresso e del razionalismo, allora<br />

l’influsso del liberalismo non può essere sottovalutato.<br />

La fase <strong>di</strong> restaurazione e riforme in Europa sviluppatasi dopo il Congresso <strong>di</strong> Vienna si<br />

infranse contro le rivoluzioni che si verificarono nella prima metà del XIX secolo (1830,<br />

1848).<br />

Gli attacchi ai dogmi e alle gerarchie tra<strong>di</strong>zionali, la richiesta della <strong>di</strong>visione dei poteri, della<br />

libertà in<strong>di</strong>viduale, della limitazione dei poteri dello Stato così come la libertà <strong>di</strong> pensiero e <strong>di</strong><br />

professione <strong>di</strong> fede portarono ad un secondo Illuminismo, che venne duramente combattuto,<br />

non solo in Tirolo.<br />

174<br />

Il vescovo prescelto veniva nominato dalla Curia<br />

175<br />

Il Kulturkampf è il nome con il quale fu definita la accesa lotta politica e culturale che vide coinvolti la Chiesa<br />

cattolica e gli Stati tedeschi nel periodo che va dalla fine del Concilio Vaticano I (1867-1870) ai primi decenni<br />

successivi alla fondazione dell’Impero tedesco (1871-1919). Più specificatamente, con il termine si riassume<br />

anche tutta la legislazione anticuriale e anticlericale posta in essere dal governo tedesco in quegli anni. In senso<br />

lato una prima forma <strong>di</strong> Kulturkampf potrebbe essere considerata la politica ateistica o laicista della Francia<br />

rivoluzionaria, figlia dell’illuminismo giacobino. In Francia, del resto, la lotta tra la Chiesa cattolica e la seconda<br />

Repubblica fu aspro per tutto l’inizio del XX secolo. Anche in Italia, a partire dalle leggi Siccar<strong>di</strong> eversive della<br />

manomorta ecclesiastica, cominciò un periodo <strong>di</strong> forte contrapposizione. Il termine Kulturkampf definisce<br />

tuttavia più da vicino l’aspetto peculiare che questa lotta, come si è detto, assunse negli Stati tedeschi. Alcuni<br />

storici parlano, a proposito, del periodo tra il 1859 e il 1879 <strong>di</strong> un Kulturkampf mitteleuropeo. A partire da quel<br />

momento, infatti, nei paesi dell’Europa centrale, Svizzera, Austria, Regni dell’Impero Germanico, la questione<br />

del rapporto Stato-Chiesa cominciò ad essere posta in termini particolarmente conflittuali, e si avviò una lotta<br />

condotta senza esclusione <strong>di</strong> colpi.<br />

176<br />

[«Trasposizione dell’Illuminismo in realtà politica»] R. Schober, Politischer Katholizismus am Fallbeispiel<br />

Deutschtirols, «Stu<strong>di</strong> trentini <strong>di</strong> scienze storiche» n. 72, Trento, Società <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Trentini <strong>di</strong> Scienze<br />

Storiche, 1993, pp. 601-634, p. 601<br />

59


Papa Pio IX definì il liberalismo e la Teologia liberale 177 come il principale errore del suo<br />

tempo e fece persino un giuramento antimodernista per debellare l’influsso del pensiero<br />

liberale.<br />

Nel XIX secolo, con l’inizio dell’era costituzionale, fu in particolare il liberalismo economico<br />

a <strong>di</strong>ventare inarrestabile.<br />

Mentre in Italia e Spagna il liberalismo fu apertamente <strong>di</strong>chiarato nemico della Chiesa, in<br />

Austria i liberali riven<strong>di</strong>cavano solamente una limitazione della fede alla sfera privata.<br />

Nonostante ciò, la maggior parte <strong>di</strong> queste richieste moderate portò a <strong>degli</strong> scontri violenti e<br />

ad un vero e proprio Kulturkampf 178 contro il governo liberale viennese tra gli anni 1867-<br />

1892.<br />

Per una vera e propria costituzione dei partiti liberale e conservatore bisognerà aspettare la<br />

fine dei motti del ’48, che più o meno passarono senza lasciare traccia alcuna in Tirolo, ma<br />

portarono con sé la concessione della libertà <strong>di</strong> stampa 179 che quin<strong>di</strong> permise una propaganda<br />

<strong>di</strong> partito efficiente. Attraverso questa nuova possibilità <strong>di</strong> sviluppo delle idee liberali anche in<br />

Tirolo fu possibile <strong>di</strong>sputare un Kulturkampf.<br />

Punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> tutti i contrasti furono le richieste <strong>di</strong> vigilanza statale nelle scuole e la<br />

libertà <strong>di</strong> religione: l’anno rivoluzionario 1848 non aveva sfiorato il Tirolo ma l’aveva tuttavia<br />

scosso nelle sue fondamenta. Lo spauracchio della Rivoluzione Francese girovagava per il<br />

Paese e provocò una reazione ultraconservativa senza precedenti che agì in maniera massiccia<br />

contro le correnti liberali e antiassolutistiche. Il Clero in Tirolo sostenne questo movimento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fesa: l’unità religiosa fu il tema meglio sfruttato contro tutto ciò che era nuovo e sconosciuto<br />

e il Landtag si espresse ancora nel 1848 per la necessaria <strong>di</strong>fesa dell’unità religiosa 180 . Ancora<br />

una volta quest’argomentazione fu elevata a elemento integrante dell’esistenza del Tirolo.<br />

177<br />

La teologia liberale dal secolo XVIII aveva tentato <strong>di</strong> «accordare» Gesù con la modernità. Aveva la<br />

preoccupazione <strong>di</strong> riannodare la fede cristiana con un mondo cambiato dalla rivoluzione scientifica e industriale,<br />

e dalle spinte illuministe esplose con la Rivoluzione francese. Il problema dell’interpretazione si pone come il<br />

problema centrale: «Cosa dobbiamo “estrarre” come insegnamento razionale perenne dalle narrazioni<br />

mitologiche delle Bibbia?». La teologia liberale tentava <strong>di</strong> far vedere come il cristianesimo non sia contrario alla<br />

modernità, anzi quest’ultima nasceva ad<strong>di</strong>rittura dal suo interno. La spinta alla demitizzazione dei racconti<br />

biblici kerigmatici, l’inaugurazione dell’interpretazione storico-critica <strong>degli</strong> scritti ispirati, la ricerca del «Gesù<br />

storico» oltre quello della fede, sono le maggiori innovazioni apportate dalla teologia liberale e affermatesi nel<br />

XX secolo. Così facendo si tentava <strong>di</strong> trovare la continuità e la razionalità del fenomeno religioso, riducendolo<br />

tuttavia da trascendente a immanente.<br />

178<br />

Per una trattazione più approfon<strong>di</strong>ta dei fenomeni <strong>di</strong> patriottismo tirolese e lotta culturale si veda B. Erhard,<br />

Bauernstand und Politik. Zur Geschichte des Tiroler Bauernbundes, Wien, Jugend-und-Volk-Verlag, 1981, p.<br />

26 e sgg.<br />

179<br />

Proclama imperiale del 15.3. 1848<br />

180<br />

Cfr. Schober, Politischer Katholizismus, op. cit., p. 605.<br />

60


«Dass <strong>di</strong>e Mehrheit des Klerus <strong>di</strong>ese dogmatische Parteinahme für <strong>di</strong>e religiöse Einheit<br />

übernahm, muss als Reaktion auf <strong>di</strong>e Doktrinen des politischen Liberalismus und des<br />

Vermächtnisses der Französischen Revolution gesehen werden. Vor allem ist <strong>di</strong>e Ideologie<br />

der Glaubenseinheit als unmittelbare Antwort auf <strong>di</strong>e Revolution 1848/49 in Mitteleuropa zu<br />

verstehen.» 181<br />

Non appena fu proclamata la libertà religiosa nella Costituzione imposta del marzo 1849 182<br />

l’intero apparato <strong>di</strong> potere della Chiesa cattolica si mise in moto in tutta l’Austria.<br />

Specialmente in Tirolo gli animi erano molto accesi sebbene in quella regione non esistesse<br />

nessuna associazione che non fosse <strong>di</strong> stampo cattolico. Tra le altre cose si cominciò persino a<br />

temere il fenomeno del turismo che poteva portare e <strong>di</strong>ffondere in Tirolo il seme del pensiero<br />

protestante 183 .<br />

Un patto della Chiesa con lo Stato neoassolutista contro il nemico comune, la ‘rivoluzione’, fu<br />

perseguito nella conferenza dei vescovi del 1849. L’Austria sarebbe dovuta <strong>di</strong>ventare lo stato<br />

modello cattolico-assolutistico per l’Europa e rinnovare il legame tra Stato e Chiesa che era<br />

stato spezzato.<br />

Come autorità morale, forza dell’or<strong>di</strong>ne e istituzione fondante nell’esercitare potere<br />

sull’opinione pubblica, la chiesa austriaca riottenne, in cambio della sua fedeltà e sussi<strong>di</strong>o allo<br />

Stato nelle questioni politiche e sociali, una grande fetta dei suoi <strong>di</strong>ritti perduti. Il concordato<br />

del 18.8.1855 corresse una gran quantità delle riforme ecclesiatico-politiche approvate<br />

durante il giuseppinismo 184 e istituì una rinnovata unione dello Stato con la Chiesa<br />

assicurando così tra i due un rinnovato rapporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza reciproca.<br />

Il controllo e la gestione scolastica tornò interamente in mano clericale, le riforme <strong>di</strong><br />

Giuseppe II furono revocate, l’in<strong>di</strong>ce dei libri proibiti venne sorvegliato anche dallo stato e la<br />

facoltà <strong>di</strong> Teologia <strong>di</strong> Innsbruck venne riaperta (1857) e affidata all’or<strong>di</strong>ne dei gesuiti.<br />

181<br />

[«Il fatto che la maggioranza del Clero assunse questa presa <strong>di</strong> posizione dogmatica nei confronti dell’unità<br />

religiosa dev’essere interpretata come reazione alle dottrine del liberalismo politico e ai lasciti della Rivoluzione<br />

Francese. In particolare, l’ideologia dell’unità religiosa va vista come risposta imme<strong>di</strong>ata ai motti del 1848/49<br />

avvenuti in Europa centrale.»]Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 53.<br />

182<br />

Paulskirchenverfassung<br />

183<br />

Cfr. A. Sparber, Kirchengeschichte Tirols, Bozen, Athesia, 1957, p. 86.<br />

184<br />

Con questo termine ci si riferisce alla politica ecclesiastica <strong>di</strong> Giuseppe II del Sacro Romano Impero. Con<br />

essa, l'imperatore intendeva unificare nelle mani dello Stato i poteri sul clero nazionale, sottraendoli al papa e ai<br />

suoi rappresentanti, i nunzi apostolici. Riassumendo, quattro sono gli obiettivi delle sue riforme ecclesiastiche:<br />

Ridurre la Chiesa sotto il completo controllo dell'autorità statale; rior<strong>di</strong>namento della situazione economica del<br />

clero; riforma <strong>degli</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> ecclesiastici; riforma della cura pastorale. Tale politica ecclesiastica, ovviamente,<br />

suscitò l'opposizione del papa Pio VI, che nel 1782 andò fino a Vienna per tentare invano <strong>di</strong> moderare le riforme<br />

dell'imperatore che ad ogni modo si mantenne impassibile nella propria condotta.<br />

61


Così il Tirolo si placò e i liberali furono messi fuori dai giochi, tuttavia già nel 1860/61<br />

l’Oktober- e il Februar<strong>di</strong>plom chiudono la stagione neoassolutistica in Austria e il governo <strong>di</strong><br />

Vienna, orientato in senso liberale, allenta il legame con il con la Chiesa.<br />

La legge emanata nel 1861 sull’equiparazione legale del Protestantesimo (in variazione al<br />

tanto o<strong>di</strong>ato Toleranzpatent, detto anche Protestantenpatent) portò inizialmente ad una<br />

agitazione dei conservatori che fu ampiamente appoggiata dalla popolazione tirolese e<br />

condusse infine al Tiroler Kuturkampf. Il Landtag tirolese riven<strong>di</strong>cò con veemenza un<br />

provve<strong>di</strong>mento eccezionale per il Tirolo e concluse che il <strong>di</strong>ritto alla pubblica pratica religiosa<br />

in Tirolo spettasse solamente ai cattolici 185 . Si espose in particolare il Vescovo Vinzent<br />

Gasser come principale sostenitore dell’unità religiosa in Tirolo e nemico giurato del<br />

liberalismo.<br />

La pressione fu talmente forte, specialmente da parte <strong>di</strong> Gassner, che in una seduta del<br />

Landtag del 1861 persino quasi tutti i liberali votarono a favore 186 delle istanze del vescovo<br />

Gassner, sebbene il libero esercizio della religione costituisse uno dei temi trainanti della loro<br />

ideologia.<br />

Nel 1866 al Landtag tirolese riuscì una mezza vittoria. Il governo <strong>di</strong> Vienna <strong>di</strong>etro spinte<br />

sempre più federalistiche, specialmente a causa del minaccioso conflitto tra Prussia e Italia,<br />

ammise al Tirolo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re nel proprio territorio il sussistere <strong>di</strong> comunità non<br />

cattoliche. Il vescovo Gassner attribuì subito questa concessione al vincolo col Cuore <strong>di</strong> Gesù<br />

che il Tirolo aveva rinnovato quello stesso anno 187 .<br />

Il 1866 fu importante in Tirolo anche per altri motivi. L’esclusione dal Bund tedesco e la<br />

per<strong>di</strong>ta del Veneto causarono un sentimento <strong>di</strong> apprensione e ansia, insicurezza e<br />

vulnerabilità: ciò condusse a porre grande enfasi sulla determinazione <strong>di</strong> una identità tedesco-<br />

tirolese.<br />

La posizione geografica <strong>di</strong> terra <strong>di</strong> confine venne percepita come pericolosa e acuì questa<br />

sensazione <strong>di</strong> ansia già latente.<br />

Minacciata militarmente dall’alleanza franco-italiana, minacciata culturalmente dal<br />

liberalismo, dall’illuminismo, dal turismo, dai cambiamenti sociali causati<br />

dall’industrializzazione e dalla presenza <strong>di</strong> popolazione non tedesco-tirolese, minacciata<br />

religiosamente dal protestantesimo, il giudaismo e il crescente ateismo, economicamente<br />

minacciata dall’industrializzazione, dalla crisi agraria, minacciata politicamente dal governo<br />

185<br />

Cfr. J. Riedmann, Geschichte Tirols, Wien, Verlag für Geschichte und Politik, 2001, p. 189.<br />

186<br />

Schober, Politischer Katholizismus, op. cit., p. 606<br />

187<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 156.<br />

62


liberale <strong>di</strong> Vienna, nella regione tirolese si sviluppò una chiara reazione delle forze<br />

conservatrici e clericali che condusse da un lato al Kulturkampf, ma che, per contro, portò ad<br />

una politica <strong>di</strong> restaurazione autoritaria <strong>di</strong> stampo cattolico.<br />

L’idea dell’Ultramontanismo fu impiegata soprattutto dai liberali viennesi già in quel tempo<br />

come osservazione sfavorevole per il cattolicesimo politico del Tirolo nel Kulturkampf.<br />

Quando, con il decreto ministeriale del 1867, si concesse a tutte le chiese cattoliche, il <strong>di</strong>ritto<br />

dell’ esercizio illimitato della pratica religiosa pubblica e privata e fu revocata la legge<br />

speciale per il Tirolo che ne garantiva l’unità religiosa, il Kulturkampf tirolese visse il suo<br />

momento più intenso. Il clamore fu tale che portò persino allo scioglimento del Landtag e, in<br />

seguito a ciò, il vescovo Gassner propose le proprie <strong>di</strong>missioni 188 .<br />

Accanto ai <strong>di</strong>battiti sempre presenti riguardo l’unità religiosa, il controllo ecclesiastico della<br />

scuola rappresentava il secondo tema centrale e un ulteriore richiesta del cattolicismo politico<br />

tirolese. Il motivo era: affinché i giovani ricevessero un’educazione <strong>di</strong> stampo tirolese<br />

tra<strong>di</strong>zionale e conservativo-cattolica era <strong>di</strong> importanza assoluta che il Clero potesse<br />

determinare l’orientamento pedagogico della scuola controllandone meto<strong>di</strong> e contenuti.<br />

L’orientamento ideologico <strong>di</strong> tutta l’impostazione dell’educazione tirolese era chiaramente e<br />

sensibilmente orientato in senso cattolico-politico e la catena senza soluzione <strong>di</strong> continuità<br />

dell’educazione cattolica nelle scuole primarie fino ai corsi <strong>di</strong> formazione per insegnanti e nei<br />

seminari non doveva andare perduta.<br />

Il Tirolo però dovette cedere in entrambi i punti. Il regolamento delle scuole del regno fu<br />

impiegato anche in Tirolo e il governo centrale viennese nel 1875 mise in chiaro che la<br />

tolleranza delle altre religioni e <strong>degli</strong> altri gruppi religiosi fosse da accettare anche in Tirolo<br />

così come che la formazione <strong>di</strong> comunità <strong>di</strong> culto protestante con uguali <strong>di</strong>ritti a quelle<br />

cristiano-cattoliche non si sarebbe più dovuta impe<strong>di</strong>re.<br />

Lo scioglimento definitivo del Concordato del 1855 era compiuto. Perlomeno legalmente la<br />

Chiesa non fu più il supervisore dell’organizzazione scolastica e dei matrimoni, la libertà<br />

religiosa fu realizzata e la Chiesa fu subor<strong>di</strong>nata al controllo statale.<br />

La nuova legislazione locale sull’organizzazione scolastica del 1892 pose fine definitivamente<br />

al Kulturkampf tirolese almeno ufficialmente. Tema chiave dei conservatori-cattolici negli<br />

anni ‘90 del XIX secolo era <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi dalla caduta dei costumi e dei valori ricordando che<br />

188<br />

Cfr. Fontana, Kulturkampf, op. cit., p. 272 e segg., Sparber, Kirchengeschichte Tirols, op. cit., p. 86 e segg.,<br />

anche E. Obexer, Die Rolle der katholischen Kirche Tirols im Ersten Weltkrieg, Phil. Diss., Innsbruck, 1997, p.<br />

19.<br />

63


se la Chiesa non si fosse più potuta occupare dell’educazione dei giovani ciò si sarebbe<br />

certamente verificato.<br />

In pratica, però, in Tirolo non cambiò granché. La soluzione al problema venne trovata in<br />

maniera abbastanza semplice e fu soprattutto pratica: il nuovo consiglio scolastico, costituito<br />

da nuove persone, era però comunque orientato in maniera conservatrice e non venivano<br />

assunti insegnanti sui quali esistessero dei dubbi riguardanti il loro credo 189 .<br />

Se si considera la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> cooperazione mostrata dalla Chiesa cattolica austriaca allo<br />

Stato contro i motti sovversivi che la coinvolsero a metà del secolo, contro il liberalismo e in<br />

seguito contro il socialismo, fino alla seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, allora non si può parlare <strong>di</strong><br />

una soluzione vera e propria dell’ecclesiasticità <strong>di</strong> stato.<br />

Per il Tirolo fu una lotta coi mulini a vento, ma che nei suoi effetti pratici non ebbe il<br />

retrogusto <strong>di</strong> una vera e propria sconfitta. Le scuole tirolesi rimasero anche dopo il 1875 e il<br />

1892 saldamente in mano clericale e poiché non vi era alcuna mano protestante il paese<br />

rimase conservato de facto anche in assoluta unità <strong>di</strong> fede.<br />

«‘Tirol den Tirolern’ und keine Enklave antireligiöser und antidynastischer Färbung soll<br />

Heimatsrecht erhalten in der Hochburg dere Tiroler Berge» 190 così proclamava fiero Bruder<br />

Willram 191 ancora quin<strong>di</strong>ci anni dopo la fine del Kulturkampf.<br />

La <strong>di</strong>visione: conservatori vs cristiano-sociali<br />

La lotta del cattolicesimo in Tirolo avvenuta tra il XIX e XX secolo fu condotta con tutti i<br />

mezzi possibili. Ogni metodo era giusto e tutto era subor<strong>di</strong>nato all’unità religiosa e al<br />

mantenimento del controllo ecclesiastico sulla scuola. Tuttavia questa lotta effettuata con<br />

qualunque mezzo non passò davanti ai conservatori senza lasciare tracce. I conservatori<br />

tirolesi si <strong>di</strong>videvano in maniera sempre più netta tra fondamentalisti e pragmatici, una<br />

polarizzazione che alla fine portò a una lotta fratricida tra conservatori e cristiano-sociali.<br />

189<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 178.<br />

190<br />

[«‘Il Tirolo ai tirolesi’ e nessuna enclave <strong>di</strong> colorazione antireligiosa e anti<strong>di</strong>nastica dovrebbe ricevere il<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza nella roccaforte dei monti tirolesi»] “Religion, Patriotismus und Erziehung” in Prof. A.<br />

Müller (Br. Willram), Gelegenheitsreden, nach Themen geordnet.<br />

191<br />

Pseudonimo <strong>di</strong> Anton Müller (1870-1939) nacque a Brunico da un falegname, frequentò il seminario a<br />

Bressanone e prese i voti nel 1892, entrando poi in servizio come parroco <strong>di</strong> montagna. Dopo alcuni anni <strong>di</strong><br />

<strong>stu<strong>di</strong></strong>o a Roma <strong>di</strong>venen insegnante <strong>di</strong> religione presso l’Istituto magistrale <strong>di</strong> Innsbruck. Poeta ‘minore’ <strong>di</strong> versi a<br />

sfondo patriottico e bucolico, dopo la guerra venne duramente attaccato per la sua attività propagan<strong>di</strong>stica<br />

(Österreichische Akademie der Wissenschaften, op. cit.), <strong>di</strong> cui si parlerà in modo più approfon<strong>di</strong>to in seguito.<br />

Nella Tsz vennero pubblicate cinque sue poesie e una pre<strong>di</strong>ca.<br />

64


Soprattutto a partire dagli anni ’80 del XIX secolo i conservatori che stavano <strong>di</strong>ventando<br />

sempre più forti, annunciavano le proprie pretese nel cattolicesimo politico tirolese (e<br />

austriaco) e grazie alla loro più alta flessibilità, all’uso del giornalismo e al loro atteggiamento<br />

moderatamente antimodernista avevano infine maggiore successo. Soprattutto la fondazione<br />

<strong>di</strong> numerose organizzazioni e la stampa <strong>di</strong> partito essenzialmente effettiva contribuirono<br />

affinché le più nuove generazioni potessero farsi strada sempre più all’interno <strong>degli</strong><br />

schieramenti conservatori.<br />

La personalità politica dominante della seconda metà del XIX secolo in Tirolo era senza<br />

dubbio Vinzenz Gassner, il vescovo <strong>di</strong> Bressanone (1856-1879). In quanto leader<br />

incontrastato dei conservatori-cattolici egli sostenne nel modo più appassionato possibile una<br />

linea politica del Kulturkampf tirolese. Papa Pio IX lo definì come Vescovo modello 192 .<br />

Quando Gassner morì nel 1879 i conservatori tirolesi persero il loro esponente politico più<br />

importante e conseguentemente le <strong>di</strong>visioni interne <strong>di</strong>vennero definitive e il partito si <strong>di</strong>vise<br />

tra neoconservatori (ra<strong>di</strong>cali), partito cristiano-sociale e i vecchi moderati conservatori dei<br />

quali emerse sempre più chiaramente la decadenza politica.<br />

Nel 1888 il partito cristiano-sociale si propose per la prima volta come partito autonomo alle<br />

lezioni. In seguito essi, verso la fine del secolo prendevano sempre più il posto del partito<br />

conservatore e, a partire dal 1908, costituivano il gruppo parlamentare più forte nel Landtag<br />

tirolese. Soprattutto riuscì loro <strong>di</strong> indebolire la supremazia dell’altro Clero all’interno <strong>degli</strong><br />

ambiti conservatori. Nel 1908 anche i vescovi alla fine rinunciarono alla loro resistenza contro<br />

i cristiano-sociali e da questo momento sostennero gli Jungtiroler 193 come rappresentati dello<br />

schieramento clericale. Il vescovo Franziskus Egger, già allo scoppio del conflitto nel 1914,<br />

tentò un ricongiungimento tra i cristiano-sociali e i conservatori, ma ciò non si verificò poiché<br />

egli nel maggio 1918 morì. Dopo la fine del conflitto la fusione <strong>di</strong> entrambi i partiti, la quale<br />

era già stata anticipata durante il conflitto, fu compiuta anche ufficialmente attraverso la<br />

creazione del Tiroler Volkspartei.<br />

192<br />

Cfr. H. Kramer, Der Tiroler Klerus in den Jahrzehnten vor 1914, Innsbruck, Wagner, 1959, p. 396.<br />

193<br />

Le espressioni Alttiroler e Jungtiroler in<strong>di</strong>cano rispettivamente il Tirolo <strong>di</strong> stampo conservativo-clericale e il<br />

Tirolo liberale e anticlericale. Cfr. G. Riedmann: Heimat. Fiktion. Utopie. Realität. Erzählprosa in Tirol von<br />

1890 bis heute. Innsbruck, Inst. für Sprachwiss., 1991; e Cole: Für Gott, Kaiser und Vaterland op. cit..<br />

65


Turismo e Cattolicesimo<br />

L’improvvisa crescita del numero <strong>di</strong> visitatori in Tirolo a cavallo tra il XIX e il XX secolo è<br />

fondamentalmente riconducibile a quattro motivi principali: specialmente per i citta<strong>di</strong>ni<br />

abbienti iniziò proprio in quel periodo la pratica dell’alpinismo e dello sci come <strong>di</strong>sciplina<br />

sportiva per impiegare il tempo libero; il Tirolo, in quanto terra <strong>di</strong> passaggio <strong>di</strong>sponeva già <strong>di</strong><br />

una buona rete <strong>di</strong> servizi per l’alloggio dei passanti; la pratica <strong>di</strong> cure e trattamenti <strong>di</strong> bellezza<br />

conobbe un’importante ripresa ( la personalità ancor oggi più nota in questo contesto fu<br />

Sebastian Kneipp 194 ) e, infine, la creazione <strong>di</strong> linee ferroviarie sempre più efficienti contribuì<br />

a una considerevole accelerazione e snellimento <strong>degli</strong> spostamenti.<br />

Il turismo incontrava la resistenza dei conservatori, poiché molti turisti che visitavano il<br />

Tirolo provenivano dalla Germania protestante o dall’Inghilterra anglicana e ciò poteva avere<br />

un influsso sovversivo e anticattolico sul Tirolo reduce dal fallito Kulturkampf. Si temeva un<br />

allentamento delle tra<strong>di</strong>zioni e dei valori religiosi così come una vistosa caduta dei costumi<br />

(Le élite politiche tirolesi guardavano con orrore alla cultura fin-de-siécle libertina viennese):<br />

“Wir wollen, daß unser Land und Volk seine Eigenart behalte. Aus einem eigentümlichen<br />

Holze ist der Tiroler geschnitzt. Für ihn paßt nicht fremdlän<strong>di</strong>sches Wesen. […] Hinaus mit<br />

dem großstädtischen Aufputz, wir sind ein einfaches, schlichtes, ernstes Bergvolk.” 195<br />

Alla possibilità <strong>di</strong> realizzare nuovi profitti, che sarebbero stati utili a molti conta<strong>di</strong>ni,<br />

albergatori e guide alpine tirolesi prevalse sempre e sempre più uno scetticismo isolazionista.<br />

Non è da <strong>di</strong>menticare un importante effetto collaterale della crescente mobilità fin-de-siécle:<br />

la questione del turismo incrementò la necessità <strong>di</strong> una determinazione sempre più forte della<br />

storia e dell’identità tirolese.<br />

Le ansie del potere. Dimensione dell’ansia<br />

Gli sviluppi e i cambiamenti politico-economici avvenuti nel corso del XIX secolo causarono,<br />

e non solo in Tirolo, delle ansie, delle paure: paura del cambiamento in sé, paura <strong>di</strong> un futuro<br />

incerto, paura <strong>di</strong> essere travolti da ciò che è straniero e sconosciuto, ansia per la per<strong>di</strong>ta del<br />

194 Kneipp Sebastian (1821-1897) prete cattolico e terapista naturale. A Bad Wörishofen (Baviera) concepì/ideò<br />

una cura nota in tutto il mondo come cura idroterapica <strong>di</strong> Kneipp.<br />

195 «Tiroler Volksblatt», 19.12.1908. Corsivo mio. Queste espressioni <strong>di</strong> auto rappresentazione sono ricorrenti<br />

anche nelle pagine della Tsz.<br />

66


noto, del consueto, <strong>di</strong> ciò che è calcolabile e stimabile. Brevemente: ansia che è prima <strong>di</strong> tutto<br />

riconducibile alla tanto evocata accelerazione dei tempi.<br />

Il Tirolo non si sentiva minacciato solo da un punto <strong>di</strong> vista militare. Una spiccata necessità <strong>di</strong><br />

protezione dal nuovo e dall’ignoto 196 aumentò sempre più fino all’inizio della Prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale.<br />

(1) La <strong>di</strong>mensione politica<br />

L’era restauratrice dopo il congresso <strong>di</strong> Vienna è da interpretare, a livello europeo, come<br />

reazione allo spettro della rivoluzione francese (e contemporaneamente dell’anarchia). Il<br />

Tirolo considerò gli avvenimenti francesi, anche se perlopiù senza quella comprensione, e<br />

prosperò, soprattutto nell’era della Riforma, la Restaurazione 197 politica e sociale che portò ad<br />

un progresso appena percettibile.<br />

Anche per questo motivo, le rivoluzioni antiassolutistiche <strong>degli</strong> anni 1830 e 1848 in Tirolo<br />

incontrarono quasi esclusivamente il rifiuto e nessun tipo <strong>di</strong> comprensione da parte della<br />

popolazione. Richard Schober chiarisce questo fatto con “der starke Verbindung des<br />

Landesbewußtseins, der Identifikation des Tirolers mit dem bewahrenden, also dem<br />

konservativen Gedanken” 198 .<br />

Nessun’altra provincia della Monarchia come il Tirolo si pose in maniera così unanime e forte<br />

a favore del restauro del vecchio or<strong>di</strong>ne e per il mantenimento delle tra<strong>di</strong>zioni. L’assenza <strong>di</strong><br />

un qualsiasi potenziale rivoluzionario nel Tirolo tedesco fu ancor più chiaro nell’anno 1848,<br />

quando in Tirolo non vi fu, perlopiù, nessun avvenimento degno <strong>di</strong> nota. Il Tirolo <strong>di</strong>venne<br />

persino il rifugio ideale per l’Imperatore Fer<strong>di</strong>nando <strong>di</strong> fronte alla rivoluzione che<br />

imperversava a Vienna. Gerhard Oberkofler, a questo proposito, definisce il Tirolo come<br />

“Zitadelle des Neoabsolutismus” 199 .<br />

La fine del principio <strong>di</strong> sovranità assolutistico doveva comunque giungere anche in Tirolo e la<br />

svolta politica nell’ambito del processo <strong>di</strong> costituzionalizzazione della Monarchia mise in<br />

dubbio le strutture tra<strong>di</strong>zionali <strong>di</strong> potere.<br />

196<br />

E. Dietrich, Feindbilder und Ausgrenzung als Fermente der politischen Ra<strong>di</strong>kalisierung in Tirol zwischen<br />

1918 und 1923 pp. 156-171, in H. Konrad (a cura <strong>di</strong>) Revolutionäres Potential in Europa am Ende des Ersten<br />

Weltkrieges : <strong>di</strong>e Rolle von Strukturen, Konjunkturen und Massenbewegungen, Vienna, Böhlau, 1991, p. 161.<br />

197<br />

Per l’Austria questa fase è da considerare per gli anni 1814/15 fino al 1848.<br />

198<br />

Schober, Politischer Katholizismus, op. cit., p. 603.<br />

199<br />

G. Oberkofler, Die Tiroler Arbeiterbewegung, Vienna, Europaverlag, 1986, p. 16.<br />

67


(2) La <strong>di</strong>mensione economica<br />

Il Tirolo non era preparato all’industrializzazione e ne fu anche minimamente investito. Gli<br />

inizi <strong>di</strong> questo sviluppo cominciarono a manifestarsi già alla fine del 19° Secolo (crescita del<br />

turismo, costruzione della rete ferroviaria e del sistema stradale), ma la trasposizione<br />

definitiva avvenne solo nel periodo fra le due guerre e, poi, soprattutto negli anni 50, ad<br />

eccezione delle vallate del Tirolo che rimasero quasi completamente escluse dal processo <strong>di</strong><br />

industrializzazione. Causa <strong>di</strong> questo fatto, accanto alla contrarietà nei confronti del progresso,<br />

fu anche l’atteggiamento della politica tirolese durante il 19° Secolo. La <strong>di</strong>eta regionale<br />

(Landtag) vedeva “in allen industriellen Tätigkeiten tendenziell eine Gefährdung von<br />

Religion, Sitte und Moral” 200 .<br />

Il Tirolo nella seconda metà del 19° Secolo presentò il più alto tasso <strong>di</strong> indebitamento per<br />

persona <strong>di</strong> tutte le provincie della Monarchia. La pretesa crescita dei margini della produzione<br />

agricola attraverso l’ambiente alpino 201 , il nuovo commercio mon<strong>di</strong>ale, la meccanizzazione<br />

del lavoro e la dura politica economica resero il Tirolo molto poco competitivo. I liberi<br />

conta<strong>di</strong>ni tirolesi erano perlopiù fortemente indebitati e si vedevano come <strong>di</strong>fensori della<br />

famiglia, della patria e della terra dall’ingerenza capitalista straniera e dalle idee socialiste<br />

della proprietà comune. Mentre, per esempio, in Inghilterra la resistenza contro i proprietari<br />

terrieri era <strong>di</strong>ventato un momento integrante <strong>di</strong> socializzazione politica, in Tirolo si sviluppò<br />

invece un <strong>di</strong>scorso politico prevalentemente anticapitalistico, antigiudaico, xenofobo e<br />

antiurbano 202<br />

(3) La <strong>di</strong>mensione socio-culturale<br />

Il Tirolo del nord fu da sempre un territorio <strong>di</strong> confine della Monarchia. Un’area linguistica<br />

omogenea, nella quale il <strong>di</strong>aletto giocava un ruolo importante come strumento <strong>di</strong> integrazione<br />

e identificazione collettiva, con una struttura sociale relativamente omogenea (in decisa<br />

contrapposizione a quella viennese, per esempio) e caratterizzata dagli imperativi dettati<br />

dall’ambiente alpino: piccola proprietà, pregiu<strong>di</strong>zi nei confronti della competizione<br />

economica, scarsa alfabetizzazione e urbanizzazione. Queste con<strong>di</strong>zioni ebbero da molto<br />

tempo un influsso notevole sullo sviluppo socio-culturale della regione. La liberalizzazione e<br />

200<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 43.<br />

201<br />

Il Tirolo come Bauernland (terra conta<strong>di</strong>na, terra <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni) non era anche prima dello scoppio della guerra<br />

nella situazione <strong>di</strong> provvedere la propria popolazione dei beni <strong>di</strong> prima necessità. A questo proposito si veda la<br />

Dissertazione <strong>di</strong> Matthias Rettenwander, Eroismo silenzioso? Storia economica e sociale del Tirolo nella prima<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale, Trento, Soc. <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Trentini <strong>di</strong> Scienze Storiche, 2006.<br />

202<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 39.<br />

68


il <strong>di</strong>ritto civile e costituzionale dal momento del loro avvento in poi cambiarono, però, la vita<br />

sociale e resero i cambiamenti perlomeno giuri<strong>di</strong>camente possibili. La libertà religiosa, <strong>di</strong><br />

pensiero e <strong>di</strong> stampa, come la <strong>di</strong>ffusione del giornalismo su tutto il territorio, <strong>di</strong>ede vita ai<br />

meccanismi <strong>di</strong> critica e obiezione: per la prima volta coloro che la pensavano in maniera<br />

<strong>di</strong>versa potevano esprimere la loro opinione.<br />

(4) La <strong>di</strong>mensione militare<br />

Durante la seconda metà del 19° secolo il Tirolo fu nuovamente <strong>di</strong>ventato uno dei confini più<br />

esterni della Monarchia e fu minacciato <strong>di</strong>rettamente dalle riven<strong>di</strong>cazioni territoriali italiane.<br />

(5) La <strong>di</strong>mensione religiosa<br />

Il Kulturkampf cattolico contro il governo liberale <strong>di</strong> Vienna andò infine perduto. La pretesa<br />

assolutistica della chiesa cattolica e il suo accesso <strong>di</strong>retto all’organizzazione politica del Paese<br />

fu perlomeno revocato legalmente, la religiosità del paese minacciata, limitato l’influsso<br />

sociopolitico del Cattolicesimo, per esempio nell’ambito scolastico e nel Diritto.<br />

La reazione <strong>di</strong>fensiva come aggressione<br />

Freud sostiene che i traumi e i conflitti irrisolti possano manifestarsi in stati d’ansia i quali<br />

causano reazioni <strong>di</strong>fensive.<br />

In Tirolo, questo tipo <strong>di</strong> reazioni <strong>di</strong>fensive <strong>di</strong>vennero abbastanza percepibili nella<br />

Jahrhundertwende e si manifestarono attraverso un atteggiamento <strong>di</strong> base molto reazionario<br />

<strong>di</strong> un’ampia fetta della popolazione come, ad esempio, in un patriottismo locale estremista<br />

legato ad una resistenza e opposizione <strong>di</strong> fondo a qualunque tipo si cambiamento, in una<br />

spiccata xenofobia e, soprattutto, nel rilancio <strong>di</strong> antiche immagini del nemico (reali, irreali,<br />

surreali e assurde) fino al più estremo o<strong>di</strong>o irrazionale ed emozionale.<br />

Il desiderio molto marcato in Tirolo <strong>di</strong> aria <strong>di</strong> Restaurazione, intesa in senso molto ampio e<br />

sociale raccolse assieme i partiti politici tirolesi in un vero e proprio fronte unico. Anche il<br />

formarsi del Tiroler Volkspartei dai conservatori e cristiano sociali fu da vedere da valutare<br />

nello sfondo della lotta tirolese contro i cambiamenti sociali, economici e soprattutto politici.<br />

69


Theodor Adorno nella sua analisi della personalità autoritaria 203 , nella quale egli porta come<br />

esempio l’antigiudaismo, spiega che la relazione tra frustrazione ansia ed aggressione può<br />

essere spiegabile come reazione alla modernizzazione irrisolta e come ansia <strong>di</strong> fronte alla<br />

società industriale. Un grande numero <strong>di</strong> segni caratteristici della personalità che si<br />

manifestano in un atteggiamento inflessibile, nutrito <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi e intollerante caratterizza<br />

una personalità autoritaria. Questo atteggiamento proviene da una chiusura del percepire e<br />

conduce ad un modo <strong>di</strong> pensare e ad un comportamento eccessivamente rigido.<br />

Come segni <strong>di</strong>stintivi dell’autorità, sempre secondo l’analisi adorniana, sono riconoscibili 204 :<br />

convenzionalismo come stretto legame col ceto me<strong>di</strong>o, flessibilità assente e intolleranza in<br />

situazioni complesse, autoritarismo come atteggiamento antidemocratico potenzialmente<br />

fascistoide e acritico, riferirsi al proprio gruppo in maniera stereotipata positiva<br />

(etnocentrismo 205 , auto rappresentazione), assoluta devozione all’autorità come anche,<br />

perlopiù, una segnata xenofobia.<br />

Il carattere autoritario della classe <strong>di</strong>rigente conservativo-cattolica tirolese almeno in base a<br />

questa definizione è in<strong>di</strong>scutibile.<br />

Le definizioni precise per l’ondata <strong>degli</strong> ‘anti’ – da antimodernismo come nome collettivo che<br />

li racchiude tutti fino a, per esempio, lo sviluppo dell’antiliberalismo e ancora<br />

dell’antisocialismo o dell’antigiudaismo – potevano essere fobia o paranoia 206 , poiché esse<br />

mettono perlopiù in risalto l’aspetto più irreale e patologico <strong>di</strong> ciò/coloro a cui si pongono<br />

contro.<br />

203<br />

Theodor Adorno, The Authoritarian Personality, New York, Harper & Bros, 1950.<br />

204<br />

Ibid.<br />

205<br />

“Ethnocentrism means measuring other cultures by the standards and patterns of one’s own culture; this<br />

means tha the value of normalcy is pre<strong>di</strong>cated on one’s domestic experiences, while other cultures are seen in<br />

their deviancy from that domestic norm, as non-normal, anomalous or abnormal. […] In some case this is used<br />

almost as a synonym for racial arrogance. In imagology, the notion of ethnocentrism is an important element in<br />

the analysis of the <strong>di</strong>fferent dynamics, valorizations and power relations between auto-image and hetero-image.”<br />

M. Beller, J. Leerssen, (a cura <strong>di</strong>) Imagology. The cultural construction and literary representation of National<br />

characters, Amsterdam-NY, Rodopi, 2007, pp. 323 -324.<br />

206<br />

Per paranoia si intende una psicosi caratterizzata da un delirio cronico, basato su un sistema <strong>di</strong> convinzioni a<br />

tema persecutorio non corrispondenti alla realtà. Questo sistema <strong>di</strong> convinzioni si manifesta sovente nel contesto<br />

<strong>di</strong> capacità cognitive e razionali altrimenti integre. Il termine (che deriva dal greco παράνοus, "fuori dalla<br />

mente") è stato usato storicamente con <strong>di</strong>verse sfumature <strong>di</strong> significato, ed oggi non è più incluso nella<br />

terminologia internazionale ufficiale relativa alle patologie mentali, essendo stato sostituito dal concetto più<br />

generale, ma più chiaramente definibile, <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo delirante. Esempi piuttosto comuni sono la convinzione <strong>di</strong><br />

essere pe<strong>di</strong>nati e spiati, <strong>di</strong> essere avvelenati, <strong>di</strong> avere una qualche malattia prodotta da azioni nocive <strong>di</strong><br />

persecutori, <strong>di</strong> essere vittima <strong>di</strong> parassiti (come nella parassitosi allucinatoria), <strong>di</strong> subire o aver subito lavaggi del<br />

cervello o controllo mentale, <strong>di</strong> voler essere allontanati dalla società verso posti lontani dove terzi potranno<br />

approfittare della propria mente. Il paranoico sviluppa quin<strong>di</strong> un atteggiamento antisociale, attribuendo alla<br />

società la paranoia stessa della quale il soggetto è vittima. È tipico il ribaltamento sulla società dei propri stessi<br />

atteggiamenti, per i quali il soggetto si sente vittima. Il desiderio <strong>di</strong> vendetta che innesca questa lucida<br />

autoconvinzione è spesso causa <strong>di</strong> condotte socialmente pericolose.<br />

70


Masse und Macht<br />

La creazione del gruppo/massa gioca forse il ruolo più importante nella lotta al senso <strong>di</strong> ansia<br />

provato dalla collettività, poiché essa offre al singolo un’aggiunta <strong>di</strong> sicurezza, forza e fiducia<br />

in sé. Nella generale reazione <strong>di</strong>fensiva per mezzo dei meccanismi <strong>di</strong> inclusione ed<br />

esclusione la massa 207 suggerisce un senso <strong>di</strong> compattezza e <strong>di</strong> affinità <strong>di</strong> vedute e interessi.<br />

Canetti, già nel primo capitolo <strong>di</strong> Masse und Macht, rimanda allo scioglimento dei confini tra<br />

in<strong>di</strong>vidui nella massa e spiega come, in quanto parte della massa, l’in<strong>di</strong>viduo singolo<br />

guadagna sicurezza grazie alla sensazione <strong>di</strong> solidarietà e unione che proviene<br />

dall’appartenere alla massa: l’uomo in branco, in questo modo, perde l’ansia <strong>di</strong> essere preso,<br />

meglio toccato, dall’apparato <strong>di</strong> potere 208 .<br />

Canetti spiega ciò mentre ripercorre gli sta<strong>di</strong> della caccia come esercizio del potere: la<br />

relazione tra cacciatore e preda è l’effettiva sfera d’azione del potere. Il cacciatore osserva,<br />

imita (si trasforma), avanza quatto quatto e alla fine colpisce violentemente il corpo delle<br />

proprie vittime. Quest’ultimo momento stabilisce che il cacciatore è colui che prende e la<br />

vittima colei che viene presa 209 .<br />

La superiorità del cacciatore può essere contrastata attraverso l’unione <strong>di</strong> numerose vittime<br />

potenziali. In questo modo, però, avviene una sorta <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> ruoli poiché il nuovo<br />

cacciatore costituisce così, in<strong>di</strong>spensabilmente, una nuova sfera <strong>di</strong> potere.<br />

Nel 19° secolo, come abbiamo visto, il Tirolo fu colpito e turbato da una serie <strong>di</strong> sviluppi che<br />

furono sentiti sia come potere che come egemonia e il paese fu colto dall’ansia del potere nel<br />

senso inteso da Canetti.<br />

Per risposta si formò sempre più forte un movimento collettivo basato sul cattolicesimo 210<br />

dominante che a poco a poco si trasformò in forma <strong>di</strong> potere.<br />

207<br />

Diventata oggetto <strong>di</strong> numerose ricerche (Freud, Le Bon, Nietzsche, Canetti) e concetto chiave <strong>di</strong> numerose<br />

ideologie, la massa/l’impasto che durante la Rivoluzione Francese insorse contro le élite può essere considerato<br />

come fonte originaria del nuovo strumento <strong>di</strong> potere ‘massa’.<br />

208<br />

E. Canetti, Masse und Macht, Frankfurt am Main, Fischer Verlag, 1980, p. 224<br />

209<br />

Cfr. Canetti, Masse und Macht, op. cit., p. 223 e segg.<br />

210<br />

Canetti inserisce anche la religione tra le istituzioni caratteristiche del potere. A proposito del Cristianesimo<br />

egli scrive che anche la religione è in grado <strong>di</strong> costruire, costituire masse e che implicitamente porta con sé<br />

un’immagine del Nemico: la dualità tra credenti e non credenti, quin<strong>di</strong> buoni e cattivi. Cfr. Canetti: Masse und<br />

Macht, p. 156 e segg.<br />

71


Mantenimento del potere e Feindschaftserwartung 211<br />

Canetti scrive: “Der Gedankengang der Macht ist klar, sie will überleben.” 212 “Der Paranoiker<br />

fühlt sich umstellt. Überall sieht er Verschwörung, Drohung, Konspiration, Feindschaft. […]<br />

Verwandlungen, <strong>di</strong>e er nicht selber den anderen aufzwingt, sind ihm unbehaglich.” 213 “Er<br />

projiziert seine eigene feindliche Gesinnung auf <strong>di</strong>e Außenwelt und sucht deshalb auch<br />

überall nach Feinden, <strong>di</strong>e er entwandeln will.” 214<br />

Questa “Entwandlung führt zu einer Reduktion der Welt” 215 : Canetti parla infatti <strong>di</strong> una<br />

Feindschaftserwartung (attesa/aspettativa <strong>di</strong> inimicizia), che quasi costringe il paranoico a<br />

ripartire il mondo in amici e nemici e a cercare continuamente tra<strong>di</strong>tori e nemici.<br />

La costruzione dell’immagine del nemico è un’ espressione specifica e importante della<br />

propaganda e serve essenzialmente per realizzare la creazione dell’identità <strong>di</strong> un gruppo<br />

attraverso l’accentramento <strong>di</strong> caratteristiche e per rinforzare un senso <strong>di</strong> collettività già<br />

esistente.<br />

In ogni immagine del nemico accanto alla sua cristallizzazione converge<br />

contemporaneamente anche la realizzazione dell’immagine del Noi. Le caratteristiche del Noi<br />

e del Nemico vengono definite affinché si crei una demarcazione netta tra i due gruppi: da un<br />

lato si insiste sulle caratteristiche (vere o costruite ad arte) che uniscono e dall’altro si insiste<br />

e, possibilmente, si <strong>di</strong>ffama ciò che separa.<br />

Le vecchie fobie vengono allora intrecciate a nuove immagini del nemico. I pregiu<strong>di</strong>zi che<br />

nascono dall’ansia nei confronti del presunto nemico si accentuano in situazioni <strong>di</strong> crisi:<br />

“Grundlegende Dispositionen treten im Fall von historischen Zäsuren oder<br />

Krisenphänomenen besonders deutlich zutage.” 216 Specialmente la guerra poteva essere<br />

percepita come un’occasione per esercitare un’impressione più marcata sull’ideologia nemica<br />

(come il liberalismo, ma soprattutto il socialismo internazionale) e <strong>di</strong> sottrarre loro sempre più<br />

sostenitori. Strumento principale delle argomentazioni fu a tal proposito lo sfruttamento delle<br />

paure esistenti unite alla (presunta o reale) minaccia attuale impersonata dal nemico. La<br />

211<br />

Canetti, Masse und Macht, op. cit., p. 511<br />

212<br />

Ibid. p. 492<br />

213<br />

Ibid. p. 423<br />

214<br />

T. Lichtmann, Verwandlungsverbote und Entwandlungen: Machtstrukturen bei Elias Canetti und Arthur<br />

Koestler, pp. 116-125 in Tod und Verwandlung in Canettis Masse und Macht, Vienna, Löcker, 1990, p. 120. Per<br />

Enantiomorfosi (Entwandlung) si consulti anche http://daiwojima.org/2006/09/26/metamorfosienantiomorfosiuna-<strong>di</strong>cotomia-problematica/index.html<br />

215<br />

Canetti, Masse und Macht, op. cit., p. 424<br />

216<br />

H. Heiss, Andere Fronten. Volksstimmung und Volkserfahrung in Tirol während des Ersten Weltkrieges,<br />

Innsbruck-Wien, Österreichischer Stu<strong>di</strong>enverlag, 1995, p. 140.<br />

72


percezione della realtà sociale nell’ambito della creazione dell’immagine del nemico viene<br />

trasformata, acuita e ra<strong>di</strong>calizzata.<br />

Solitamente per quel che riguarda la costruzione dell’immagine del nemico si tratta sempre <strong>di</strong><br />

cose costruite la cui esistenza si basa sulla ripresa e la rianimazione <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi tra<strong>di</strong>zionali<br />

rafforzata dalla situazione <strong>di</strong> crisi. Questo fenomeno può essere osservato chiaramente anche<br />

al giorno d’oggi se si pensa, per esempio, alla correlazione tra la <strong>di</strong>soccupazione in aumento e<br />

la crescente xenofobia. Le interpretazioni soggettive, in un contesto tale, spesso, dunque, non<br />

sono prodotti in<strong>di</strong>viduali, ma possono essere considerati come costrutti sociali,<br />

consapevolmente o inconsapevolmente prodotti e <strong>di</strong>ffusi.<br />

Gli effetti pratici delle ansie generali si manifestavano e si manifestano (non solo in Tirolo e<br />

non solo all’epoca) in un conglomerato <strong>di</strong> azioni <strong>di</strong>fensive e <strong>di</strong> idee, che possono anche essere<br />

definite come ideologia.<br />

Quattro punti chiave che s’intrecciano possono essere considerati come segni <strong>di</strong>stintivi <strong>di</strong><br />

questa reazione conservatrice e produzione <strong>di</strong> stereotipi (come anche <strong>di</strong> altre ideologie):<br />

- la creazione <strong>di</strong> una identità <strong>di</strong> gruppo collettiva, immaginaria;<br />

- l’impiego <strong>di</strong> strategie immunizzanti per bloccare qualunque critica;<br />

- l’autodeterminazione rispetto ad altri gruppi;<br />

- la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> stereotipi nemici.<br />

La strumentalizzazione del Cattolicesimo politico in Tirolo<br />

Verso la metà del 19° secolo i conservatori si videro minacciati <strong>di</strong> perdere il loro influsso<br />

tanto all’interno della Monarchia, quanto all’interno della lega tedesca 217 e <strong>di</strong> dover cedere ai<br />

liberali 218 . In Tirolo, a questo proposito, specialmente dall’inizio del Kulturkampf tirolese fu<br />

consapevolmente concepita, propagata e strumentalizzata 219 una rappresentazione dell’identità<br />

tirolese <strong>di</strong> stampo clericale-conservatrice, antimoderna e legata alle tra<strong>di</strong>zioni e alla<br />

confessione come anche “grundsätzlich xenophobe” 220 .<br />

La per<strong>di</strong>ta del potere della chiesa cattolica nel Kulturkampf, stabilita da Vienna, condusse alle<br />

menzionate agitazioni reattive e promosse il cattolicesimo politico in Tirolo poiché esso<br />

forniva la giusta immagine del nemico nell’ambito dell’agitazione politica. Ci si comportò<br />

217 Deutscher Bund.<br />

218 E come effetto più ampio alla socialdemocrazia.<br />

219 Cfr. oltre Cole anche E. Bruckmüller, Nation Österreich, Vienna, Böhlau, 1996, p. 286-293.<br />

220 Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 136. Si veda in particolare il capitolo 6 e i seguenti<br />

sottocapitoli.<br />

73


ugualmente con le sconfitte del 19° secolo che ebbero come risultato la cessione delle aree <strong>di</strong><br />

lingua italiana e che, da un lato, produsse un nemico concreto (nonostante la successiva<br />

Alleanza), l’Italia, e dall’altro lato ri definì il Tirolo come terra <strong>di</strong> confine, fatto che nutriva<br />

ansia concreta nella popolazione: “Das Gefühl der Bedrohung des Landes wurde [...] vor<br />

allem von den Geistlichen suggeriert.” 221<br />

Laurence Cole parla persino del fatto che il cambiamento costituzionale e politico rese il<br />

cattolicesimo politico non una vittima ma il suo “größten Nutznießer” 222 .<br />

Specialmente la crisi agraria dell’inizio del ‘900 offrì la ragione <strong>di</strong> condannare apertamente i<br />

sovvertimenti e <strong>di</strong> conseguenza le cause e gli autori reali <strong>di</strong> questi cambiamenti, anche se chi<br />

sobillava queste reazioni nei citta<strong>di</strong>ni non era <strong>di</strong> fatto interessato alla decadenza della<br />

popolazione rurale. La lotta <strong>di</strong>sperata contro le con<strong>di</strong>zioni negative dell’economia agricola del<br />

paese si espresse in una “irrealen, antisemitischen und antisozialistischen, ja sogar<br />

antistaatlichen Hetze, <strong>di</strong>e sich an Einzelheiten ereiferte, jedoch jeder Einsicht in<br />

wirtschaftliche Realitäten und Zusammenhänge entbehrte.” 223<br />

L’ideologia del Cattolicesimo tirolese si basava sulla negazione <strong>di</strong> una società pluralistica e<br />

lavorò in maniera massiccia con rigorosi “Aus- und Einschlußmechanismen” 224 i quali furono<br />

improntati su una devozione incon<strong>di</strong>zionata all’autorità, una rigi<strong>di</strong>tà dogmatica, intolleranza,<br />

una severa gerarchia e una intensa <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> immagini del nemico. L’elevata inflessibilità<br />

<strong>di</strong> quest’atteggiamento ideologico portò soprattutto anche a sottovalutare del tutto la realtà<br />

politica.<br />

Richard Schober considera l’azione del partito cattolico nel 19° secolo come “Ansätze zu<br />

fortschrittsfeindlicher Intoleranz gegenüber Andersdenkenden” 225 .<br />

La <strong>di</strong>fesa dalle idee e dagli influssi liberali e perciò la conservazione dell’unità religiosa e del<br />

monopolio egemonico della Chiesa costituì il punto <strong>di</strong> partenza per lo sviluppo continuativo<br />

<strong>di</strong> quest’atteggiamento reazionario del cattolicesimo politico e si riferiva, infine, anche ad uno<br />

spettro d’azione fondamentalmente più ampio.<br />

In particolare, venne utilizzata e sfruttata la storia del Tirolo per costituire un Tirolo<br />

idealizzato che non aveva spazio per il nuovo e per i cambiamenti sfruttando una cultura della<br />

memoria <strong>stu<strong>di</strong></strong>ata per l’occasione:<br />

221<br />

Dietrich, Feindbilder, op. cit., p. 164; cfr. anche Rettenwander, Eroismo silenzioso?, op. cit., p. 355.<br />

222<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 223<br />

223<br />

G. Köfner, Hunger, Not und Korruption, Salzburg, Verl. Neugebauer, 1980, p. 56.<br />

224<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 156<br />

225<br />

Schober, Politischer Katholizismus, op. cit., p. 606.<br />

74


“Die konservative Antwort auf <strong>di</strong>e liberale Herausforderung entwickelte sich in zwei<br />

Richtungen. Zum einen versuchten <strong>di</strong> Konservativen ihren ideologischen Kampf um <strong>di</strong>e<br />

Aufrechterhaltung der Glaubenseinheit durch eine politische Instrumentalisierung des Herz-<br />

Jesu-Kultes zu stärken. Auf der anderen Seite stellten sie eine alternative Vision von Tiroler<br />

Identitäten bereit, <strong>di</strong>e auf <strong>di</strong>e Kultivierung von Andreas Hofer als Tiroler Nationalheld<br />

zentriert war.” 226<br />

La mitizzazione del passato<br />

Come si è cercato <strong>di</strong> spiegare nelle pagine precedenti, il tema politico-religioso nel 19 °<br />

secolo costituiva il fulcro della politica tirolese.<br />

Concetto determinante e contenuto principale dei cattolici tirolesi era l’unità: unità religiosa,<br />

unità del territorio, unità culturale. L’immagine, ideata dai cattolici, del Tirolo ideale<br />

corrispondeva a un corpo unico, unito nell’ideologia, nella confessione e nel territorio.<br />

Una caratteristica essenziale del cattolicesimo politico tirolese legata a quest’aspetto era il suo<br />

costante orientamento federalistico.<br />

Nello stesso tempo, la tra<strong>di</strong>zione storica del Tirolo gioca nuovamente un ruolo importante che<br />

si rifà ampiamente alla storia della regione: <strong>di</strong>ritti speciali in ambito fiscale e legislativo,<br />

in<strong>di</strong>pendenza, sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa autonomo, i fatti del 1809 e altri ancora relativi, ad esempio,<br />

alle <strong>di</strong>verse guerre contro i bavaresi plasmarono il patriottismo locale 227 tirolese e <strong>di</strong>edero vita<br />

a un pensiero politico federalista e persino separatista.<br />

Il cattolicesimo tirolese del 19° secolo si rifece in maniera consistente al ricordo delle antiche<br />

tra<strong>di</strong>zioni tirolesi e, in buona parte, ne creò persino <strong>di</strong> nuove. I cattolici tirolesi, attraverso la<br />

creazione <strong>di</strong> una “offiziellen Version von Gedächtniskultur” 228 , forgiarono sia le basi<br />

ideologiche sia anche, in buona parte, quelle personali per una mobilitazione <strong>di</strong> massa al<br />

226<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 138.<br />

227<br />

La parola patriottismo è <strong>di</strong> origine francese (derivante dal greco : patriótes, cioè qualcuno che deriva dalla<br />

stesso ceppo) e significa amore per la patria, per la terra natia. Il patriottismo è un rapporto stretto ed emozionale<br />

che lega il singolo alla propria nazione. Il patriottismo può svilupparsi anche in gruppi e comunità più ristrette<br />

quello può essere definito patriottismo locale. Nelle sue manifestazioni più estreme il patriottismo sfocia in<br />

nazionalismo, sciovinismo e, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong>venta un <strong>di</strong>sturbo per la convivenza pacifica fra i popoli e le nazioni.<br />

“Patriotism sees the ideal political being as an emancipated, responsible citizen, who selflessy devotes himself to<br />

the common good, eschews corruption, vice, vanity and venality, prizes his liberty and civil rights, and invensts<br />

in soiety’s welfare. The patriot’s love of the ‘fatherland’ is <strong>di</strong>rected, then, towards his fellow-citizens; his focus<br />

of loyality he may occasionally call his ‘nation’, but what is meant by that is not his ethnicity but his society.”<br />

Imagology, op. cit., p. 394.<br />

228<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 507.<br />

75


servizio della Chiesa. Agli uomini fu proposta un’identificazione e un’unione con e contro<br />

qualcosa.<br />

La ‘nazione Tirolo’ come espressione <strong>di</strong> identità culturale<br />

(1) Identità nazionale<br />

“Gibt e salso ‘nationale Identität’? Natürlich nicht, aber sie ist dennoch von immenser<br />

historischer Bedeutung” 229<br />

Ogni processo <strong>di</strong> nazionalizzazione va <strong>di</strong> pari passo con un processo d’identificazione e <strong>di</strong><br />

co<strong>di</strong>ficazione della storia e del passato. Il ricorso a un passato comune per la creazione <strong>di</strong> una<br />

‘nazione’ necessita in primo luogo un passato che sia unificato e le cui basi formino una<br />

cultura popolare autentica e collettiva, la quale, poi, dev’essere rimodellata attraverso una<br />

mistificazione dei fatti e delle persone attraverso semplificazioni e soprattutto attraverso<br />

meccanismi <strong>di</strong> inclusione ed esclusione. I punti <strong>di</strong> riferimento che ne verranno fuori in<br />

sostanza non saranno altro che costrutti, miti e leggende 230 .<br />

La ricerca intenzionale <strong>di</strong> origini mitiche, monumenti, costumi, eroi nazionali, canti e poesie –<br />

come anche la produzione delle stesse – illustra questo passato costruito ad hoc, che nel corso<br />

del tempo torna così presente che viene anche accettato veramente da ciascuno come<br />

tra<strong>di</strong>zione e verità storica reale. “Eine Begleiterscheinung <strong>di</strong>eser <strong>di</strong>sziplinierten Zeitsicht ist<br />

eine nostalgische Interpretation der Vergangenheit, <strong>di</strong>e das ‘tra<strong>di</strong>tionelle’ bäuerliche Leben in<br />

ein farbenprächtiges und unabänderlich verlorenes Zeitalter projiziert und sich an den<br />

äußerlich dekorativen Merkmalen jenes Lebens erfreut.” 231<br />

‘Tra<strong>di</strong>zione’ fu il concetto principale <strong>di</strong> questa comune cultura del ricordo che si basava,<br />

dunque, solo in piccola parte su fatti storici e che invece fu per lo più costruita ad arte e, in<br />

seguito, interiorizzata e utilizzata come segno <strong>di</strong> un’identità culturale comune e nazionale e<br />

come strumento essenziale <strong>di</strong> identificazione e integrazione.<br />

229<br />

Ibid. p. 23<br />

230<br />

Cfr. E. Gellner, Nationalismus und Moderne, Hamburg, Rotbuch, 1995, p. 206. Si vedano anche M. Flacke,<br />

Mythen der Nationen, München, Köhler & Amelang, 2001 e E. Hobsbawm, T. Ranger (a cura <strong>di</strong>), The invention<br />

of tra<strong>di</strong>tion Cambridge, Cambridge University Press, 1983.<br />

231<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 358.<br />

76


Laurence Cole in riferimento al Tirolo sostiene quanto segue: “Im Sprechgebrauch fällt<br />

besonders auf, dass dem Begriff ‘Nation’ im Vergleich zu ‘Heimat’, ‘Land’ oder ‘Vaterland’<br />

relativ wenig Bedeutung zukommt. […] In den meisten Fällen rekurierte <strong>di</strong>e ‘Nation’ Tirol<br />

daher auf <strong>di</strong>e politische Einheit des ‘Landes Tirol’ und gründete auf einem kulturellen<br />

Bewußtsein Tiroler zu sein. – Es handelt sich hier also um eine ‘provinzielle’ Interpretation<br />

der Nation, <strong>di</strong>e auch bei konservativen Gruppen in anderen deutschen Staaten verbreitet war,<br />

<strong>di</strong>e unter ,Nation’ 232 wenig mehr als <strong>di</strong>e politische Einheit verstanden, in der sie lebten.” 233<br />

Fondamentalmente, la complessa comprensione dell’espressione ‘identità nazionale’ 234 si<br />

sottrae ad una definizione esatta, poiché si tratta più <strong>di</strong> un fenomeno simbolico che <strong>di</strong> una<br />

nozione storica vera e propria.<br />

L’identificazione con determinati attributi <strong>di</strong> un concetto astratto come quello <strong>di</strong> ‘Heimat’ 235<br />

permette che questi <strong>di</strong>ventino concreti e che producano una ‘Cultura’ che funge nuovamente<br />

come momento integrativo <strong>di</strong> una comunità regionale e sovra in<strong>di</strong>viduale. Per questo motivo<br />

vengono costituite appartenenze <strong>di</strong> gruppo e comunanze che rendono l’Heimat anche e<br />

soprattutto un mondo non solo più geografico, bensì culturale.<br />

Per la maggioranza della popolazione <strong>di</strong> lingua tedesca la <strong>di</strong>ffusione rafforzata <strong>di</strong> un’identità<br />

<strong>di</strong> massa tirolese patriottico-populistica rappresentava uno strumento molto importante<br />

dell’integrazione sociale.<br />

Numerosi giorni <strong>di</strong> festa popolare tra il 1880 e il 1909 ebbero il compito della fondazione <strong>di</strong><br />

un’identità <strong>di</strong> massa e <strong>di</strong> una mobilitazione <strong>di</strong> massa altrettanto vere come la celebrazione <strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zioni e miti. Anche le crisi <strong>di</strong> natura militare, politica o economica invitavano alla<br />

manifestazione del fenomeno <strong>di</strong> massa dell’identità tirolese.<br />

232<br />

Si veda la definizione che danno Beller e Leerssen in Imagology, op. cit., pp. 377-381.<br />

233<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., pp. 101-102.<br />

234<br />

A proposito si veda la definizione che danno Beller e Leerssen in Imagology, op. cit., pp. 335-342.<br />

235<br />

Fino al Rinascimento unico termine usato per designare la ‘patria’ in tedesco, Heimat deriva da Heim ovvero<br />

“luogo dove si è <strong>di</strong> casa e/o dove si è nati” ed è sinonimo <strong>di</strong> Vaterland, letteralmente “terra del padre, patria”:<br />

vocabolo questo, in uso a partire dal Rinascimento, designa non tanto il luogo dove il singolo è <strong>di</strong> casa, ma dov’è<br />

<strong>di</strong> casa un’intera collettività. (Karl von Bahder (Hrsg.), Deutsches Wörterbuch von Jakob und Wilhelm Grimm,<br />

Leipzig, Verlag von Hirzel, 1922, alle voci Heimat e Vaterland.) A parità <strong>di</strong> significato, quin<strong>di</strong>, Heimat ha una<br />

connotazione personale ed esclusiva, mentre Vaterland, ne ha una sociale ed inclusiva: la prima è la patria<br />

privata, la seconda la patria pubblica.<br />

Faustini sottolinea come in Tirolo « meno teorizzato è il momento della Vaterland anche perché se la Heimat è<br />

stata sempre il Tirolo, la Nazione-Vaterland è stata a volte l’Austria, a volte la Germania, almeno fino alla<br />

Baviera, talora la Grande Germania ed oggi nuovamente l’Austria.» (G. Faustini, Trentino e Tirolo dal 1000 al<br />

1900: breviario storico dall’autonomia, Trento, Publilux, 1985, p. 60) in situazioni <strong>di</strong> caos politico e <strong>di</strong> momenti<br />

in cui la propria identità è messa in crisi, l’espressione e il concetto <strong>di</strong> Heimat <strong>di</strong>venta un’importante ancora <strong>di</strong><br />

salvezza.<br />

77


L’interpretazione <strong>di</strong> molti termini utilizzati spesso all’epoca come oggi presero forma con<br />

fatica. Generalizzando si può tuttavia <strong>di</strong>re che Heimat caratterizzava il contesto regionale e il<br />

mondo concreto nel quale l’in<strong>di</strong>viduo cresce e il quale si ripercuote in maniera forte e<br />

fondamentale sulla coscienza e sull’identità.<br />

Per ricondurre questo <strong>di</strong>scorso a quello principale <strong>di</strong> questo lavoro si può <strong>di</strong>re che anche nelle<br />

liriche dei Supplementi il Tirolo è da interpretare come tipo ideale globale che abbraccia<br />

uomini, concezione del mondo e mentalità, ma anche, soprattutto la componente territoriale <strong>di</strong><br />

questo concetto assolutamente ai sensi <strong>di</strong> un territorio nazionale, quin<strong>di</strong> anche circoscritto e<br />

ben definito geograficamente. Quando nei Supplementi si parla <strong>di</strong> fedeltà all’Austria pare sia<br />

dunque da interpretare/intendere quasi esclusivamente una fedeltà assoluta alla casa regnante<br />

e alla sua <strong>di</strong>nastia.<br />

In questo senso il Tirolo era dunque da intendere Vaterland e non l’intera Austria 236 .<br />

La Monarchia in Tirolo era vista quasi esclusivamente come un’alleanza e l’Austria come<br />

“Casa d’Austria” era semplicemente riconosciuta in seno agli Asburgo. Sembra quin<strong>di</strong> che<br />

l’Austria fosse rappresentata quasi esclusivamente nella persona dell’Imperatore e della Casa<br />

regnante.<br />

(2) Internazionalità tedesca<br />

Deutschland non era un termine o un concetto utilizzato allo stesso modo <strong>di</strong> Vaterland o<br />

Heimat o come area geografica specifica, bensì era considerata come un punto d’orientamento<br />

culturale, come un ideale. Deutsch non rappresentava né un’unità territoriale né il termine<br />

aveva un contenuto sostanziale. In Tirolo specialmente con l’espressione Deutschland non<br />

s’intendeva (e non si poteva certamente identificare il nemico protestante) lo stato prussiano.<br />

La parola evocava piuttosto una serie <strong>di</strong> attributi idealizzati come: onore, valore, fedeltà,<br />

elevazione culturale, superiorità in ogni aspetto.<br />

Quin<strong>di</strong> all’espressione non si associava nessun riferimento nazionale-geografico nel senso<br />

moderno, bensì ci si riferiva ad un’appartenenza culturale, che era sentita come un<br />

contrassegno e che valeva anche come definizione, determinazione rispetto ad altri gruppi.<br />

236<br />

Cfr. a proposito dell’identità ragionale o nazionale in Tirolo Barth-Scalmani, Kuprian/Mazohl, Wallnig:<br />

National identity or regional identity? Austria versus Tyrol, pp. 33-63 in G. Bischof (a cura <strong>di</strong>) Austrian<br />

historical memory & national identity, New Brunswick, 1997.<br />

78


(3) La devozione al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù<br />

Il culto del Sacro Cuore non è certamente un culto <strong>di</strong> stampo tirolese, però proprio in Tirolo<br />

conobbe una grande <strong>di</strong>ffusione e anche una forte strumentalizzazione nei secoli 18°, 19° e<br />

20°.<br />

Sotto il dominio bavarese (1805-1814) il culto fu imme<strong>di</strong>atamente vietato. Tuttavia già<br />

Andreas Hofer rinnovò il legame dopo i suoi primi successi il 29.5. 1809 (seconda battaglia<br />

del Bergisel) e dopo la definitiva sconfitta <strong>di</strong> Napoleone il culto al Cuore <strong>di</strong> Gesù e la festa<br />

annuale (1816) vennero integrati come componenti fisse dell’anno liturgico della Chiesa<br />

tirolese. Da allora il vincolo venne rinnovato numerose volte e venne implorato specialmente<br />

in perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> crisi, soprattutto ovviamente negli anni 1848, 1859, 1866 e 1914.<br />

Allo scoppio della Prima guerra mon<strong>di</strong>ale il vescovo Egger invitò, per esempio, al rinnovo<br />

della devozione e ancora nel 1918 fino a poco prima della fine della guerra si cercò <strong>di</strong> stabilire<br />

la festa del Sacro Cuore in tutta l’Austria allo scopo <strong>di</strong> un’ultima offensiva mobilitante e per il<br />

recupero del morale al fronte e nell’entroterra.<br />

Lo stretto legame tra la lotta <strong>di</strong> liberazione tirolese e il vincolo fu spesso implorato. Nell’anno<br />

giubilare della lotta <strong>di</strong> liberazione tirolese, il 1909, gli eroi tirolesi <strong>di</strong> quelle battaglie vennero<br />

elevati a santi martiri e il sangue da loro versato fu paragonato al sangue versato da Cristo.<br />

Con Dio al loro fianco i tirolesi si sentivano, o volevano sentirsi, invincibili e Dio era la<br />

guida, anche in battaglia, del popolo eletto tirolese.<br />

Il vincolo con il Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù fece del Tirolo ufficialmente un Heiliges Land e questo<br />

vincolo veniva rinnovato sempre come il più importante strumento <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa contro i nemici<br />

interni ed esterni, anch’esso sfruttato come elemento fondante e integrante dell’identità<br />

tirolese. Che fossero socialisti, protestanti o liberali il complesso del Heiliges Land Tirol<br />

nella suo legame con il Cuore <strong>di</strong> Gesù stava compatto e unanime <strong>di</strong> fronte a loro.<br />

“In nationaler und politischer Hinsicht wurde der Kult zu einer symbolischen<br />

«Gruppenphantasie», zu einer Art Phantasma, das der Überzeugung der Tiroler Ausdruck<br />

verlieh, ein auserwähltes Volk zu sein, und stellte eine Legitimationsquelle der bestehende<br />

Autorität dar.” 237<br />

Il culto al Cuore <strong>di</strong> Gesù offrì un ambito ideologico e psicologico ideale per la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong><br />

una politica e <strong>di</strong> una visione del mondo cattolico-conservatrice: l’intolleranza religiosa, la<br />

fondazione e la tutela dell’identità regionale, l’isolamento nazionale e ideologico e inoltre<br />

l’effettiva mobilitazione della popolazione, per i più svariati obbiettivi, poterono essere<br />

237<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., pp.144-145.<br />

79


utilizzate politicamente in maniera sorprendentemente efficace attraverso la<br />

strumentalizzazione dell’arma sacra del vincolo al Cuore <strong>di</strong> Gesù congiuntamente ad altri<br />

componenti e strumenti che abbiamo già delineato.<br />

Il legame del Tirolo con il Cuore <strong>di</strong> Gesù servì subito, come l’espressione Heiliges Land<br />

Tirol, sia verso l’esterno che verso l’interno, dove per Heiliges Land Tirol era da intendere<br />

l’incarnazione astratta e indefinita <strong>di</strong> tutto ciò che era da <strong>di</strong>fendere dal Fremde.<br />

In questa prospettiva il vincolo con il Cuore <strong>di</strong> Gesù non servì solo come strumento <strong>di</strong>fensivo<br />

contro l’ansia della popolazione in una situazione <strong>di</strong> necessità, bensì attraverso il persistente<br />

collegamento con l’immagine del nemico anche come creatore <strong>di</strong> nuove ansie, così come<br />

strumento <strong>di</strong> propaganda integrante e mobilitante.<br />

Il concetto <strong>di</strong> Heiliges Land Tirol non solo ammetteva l’in<strong>di</strong>scussa base cattolica della<br />

regione, bensì fu anche concreta incarnazione della sua politica e delle sue consuetu<strong>di</strong>ni:<br />

regione cattolico-conservatrice, devota all’Imperatore, sottomessa alla Chiesa e dominata dal<br />

Cattolicesimo politico.<br />

Attraverso il culto al Cuore <strong>di</strong> Gesù si poté costituire e sostenere un modello interpretativo per<br />

il paragone tra Kirche e Heimat e <strong>di</strong> conseguenza per definire implicitamente anche nemici<br />

della chiesa come nemici della patria<br />

(4) Il mito del Sandwirt. Miti nelle creazione dell’identità nazionale.<br />

I miti e le leggende giocavano, e giocano, un ruolo molto importante nella produzione del<br />

sentimento nazionale.<br />

Proprio la storiografia nel 19° secolo si è occupata, in maniera massiccia, <strong>di</strong> creare miti<br />

nazionali che dovevano fungere da pietre fondanti la costituzione dell’idea nazionale. In<br />

epoca tardo romantica, nella seconda metà del 19° secolo la produzione mirata <strong>di</strong> miti<br />

nazionali e leggende conobbe la sua manifestazione più imponente, per cui il fenomeno<br />

dell’invenzione della tra<strong>di</strong>zione e della cultura eroica personificata è da osservare tuttavia<br />

come processo <strong>di</strong> scala europea e non <strong>di</strong> un fenomeno specifico tirolese: per esempio in Italia<br />

vennero ‘riscoperti’ Garibal<strong>di</strong> e Dante, in Francia Giovanna d’Arco e in Svizzera Guglielmo<br />

Tell e mitizzati in chiave parzialmente storica, come Hofer in Tirolo.<br />

Ma anche al giorno d’oggi i miti funzionano come creatori d’identità per tutte le nazioni e per<br />

tutte le comunità <strong>di</strong> popoli.<br />

Ciò vale anche per il Tirolo:<br />

80


“Der Heldenmythos um Andreas Hofer blüht nach wie vor, zumindest in Festtagsreden und<br />

Leitartikeln und an dessen Idealisierung zu rühren, […] denn das positive Image Andreas<br />

Hofers ist in weiten Kreisen der Tiroler Bevölkerung tief verwurzelt und der Mythos vom<br />

Freiheitskampf des Jahres 1809 weit verbreitet.<br />

Daß <strong>di</strong>e Tiroler Landeshymne ein Andreas Hofer Lied 238 ist und bis heute jeder Tiroler<br />

Volksschüler <strong>di</strong>eses vor der Bundeshymne singen kann, sei nur als kleines, aber signifikantes<br />

Detail am Rande erwähnt.” 239<br />

Inizialmente Andreas Hofer e il Freiheitskampf vennero sfruttati come simbolo della<br />

resistenza tirolese, in questo caso contro il governo liberale viennese e contro lo scompiglio<br />

causato all’unità <strong>di</strong> confessione nel paese. Tuttavia Hofer si trasformò sempre più nel simbolo<br />

e nel veicolo per antonomasia <strong>di</strong> una determinata concezione del mondo. “Unter Rückgriff auf<br />

Hofer projizierten <strong>di</strong>e Konservativen ihre Gesellschaftsvorstellungen auf <strong>di</strong>e Vergangenheit;<br />

sie kleideten ihre utopischen Vorstellungen der Welt, wie sie jetzt und für immer aussehen<br />

sollte, in Geschichte.” 240 Le battaglie del Berg-Isel, personaggi come Hofer, Josef<br />

Speckbacher, Peter Sigmair e il padre cappuccino Joachim Haspinger <strong>di</strong>vennero miti e<br />

simboli per l’unità <strong>di</strong> confessione, la relativa in<strong>di</strong>pendenza, il carattere assolutamente cattolico<br />

e l’inseparabile alleanza della Chiesa con la politica nella regione.<br />

Ad Andreas Hofer spettò il ruolo della parte complementare alla venerazione del Cuore <strong>di</strong><br />

Gesù, ciò rappresentò un meccanismo <strong>di</strong> esclusione che tagliava fuori tutti i non tirolesi e li<br />

svalutava: in questo modo il mito <strong>di</strong> Hofer creò attraverso la sua azione <strong>di</strong> modello un<br />

meccanismo <strong>di</strong> integrazione. Al mito negativo e alla demonizzazione dello xeno venne posto<br />

il mito positivo <strong>di</strong> Andreas Hofer a fianco a quello dell’anno 1809 e, in questo modo, poteva<br />

essere utilizzato in maniera mirata per definire ciò che era solamente tirolese e ciò che non lo<br />

era, più in profon<strong>di</strong>tà, ciò che era giusto e ciò che era sbagliato.<br />

Hofer fu reso una sorta <strong>di</strong> piccolo Cristo tirolese della cui storia vennero esclusivamente<br />

messi in rilievo, come per Cristo, il tra<strong>di</strong>mento ricevuto, il suo arresto e l’esecuzione capitale<br />

a Mantova e spinti fino alla profezia della sua resurrezione 241 , aspetto quest’ultimo del quale<br />

si parla numerose volte anche nelle liriche della Tsz.<br />

238<br />

Ci si riferisce all’inno ufficiale tirolese, “Zu Mantua in Baden”, l’originale, redatta da Julius Mosen nel 1832,<br />

s’intitolava “Sandwirth Hofer”.<br />

239<br />

Alexander, DerTirolerFreiheitskampf; http://www.riesenrundgemaelde.at/d/com/alexnder.htm<br />

www.panorama_innsbruck.at/e/platform.html<br />

240<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 234.<br />

241<br />

Cfr. J. Feichtinger, Tirol 1809 in der Literatur, Bozen, Verl.-Anst. Athesia, 1984, p. 164<br />

81


A questo scopo Hofer venne dunque ripetutamente paragonato a Cristo: “Viele Bilder stellten<br />

Hofer in einer Christus gleichenden Weise dar” 242 e anche nelle immagini della Tsz lo<br />

ve<strong>di</strong>amo così:<br />

In questo modo, associandolo a Cristo, ogni soldato a imitazione dell’eroe nazionale doveva<br />

essere un piccolo Hofer, quin<strong>di</strong> un piccolo Cristo.<br />

La figura <strong>di</strong> Hofer (ovviamente nella sua stilizzazione propagan<strong>di</strong>stico-letteraria – anche<br />

precedente al conflitto - non si tratta più <strong>di</strong> una persona storica) fu idealizzata come la<br />

personificazione del sistema <strong>di</strong> valori tra<strong>di</strong>zionali tirolesi; fu trasfigurato in modo tale che<br />

dalla sua persona storica, attraverso una metamorfosi, fu rielaborata e portata alla luce una<br />

figura simbolo politica, culturale e persino religiosa. Il suo nome ormai era contornato da un<br />

altro significato ideale, Hofer era una sorta <strong>di</strong> prefisso tirolese dal quale si potevano costruire<br />

concetti nuovi e personali tutti tirolesi: Hoferliebe, Hofertreue, Hoferkraft,<br />

Hofergottvertrauen, Hoferland, Hofercharakter, il suo nome <strong>di</strong>venne il simbolo<br />

dell’autenticità tirolese e invita ciascuno, in quanto Hofersenkel, a <strong>di</strong>fendere la sua ere<strong>di</strong>tà.<br />

La storia della lotta <strong>di</strong> liberazione tirolese fu riscritta anch’essa alla luce della trasfigurazione<br />

della figura <strong>di</strong> Hofer e, soprattutto, in tutte le occasioni in cui era necessario, ve<strong>di</strong> la guerra,<br />

nuovamente raccontata e <strong>di</strong>ffusa, ampliata e messa in scena, in ogni occasione alcuni dettagli<br />

storici andavano perduti, altri venivano accresciuti.<br />

L’insurrezione del 1809 fu rappresentata in particolare come lotta contro i Welschen e contro i<br />

francesi.<br />

242<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 286<br />

82


Molto interessante, anche relativamente al <strong>di</strong>scorso che qui affrontiamo della guerra, è la<br />

rappresentazione dell’italiano, che nonostante le numerose ‘incomprensioni’, dal 1882 stava<br />

ufficialmente all’interno della Triplice Alleanza a fianco dell’Impero austroungarico e del<br />

Reich tedesco. In Tirolo però le guerre <strong>degli</strong> anni 1848, 1859 e 1866 non furono in nessun<br />

modo <strong>di</strong>menticate e la <strong>di</strong>ffidenza nei confronti <strong>degli</strong> italiani rimase sempre molto elevata,<br />

nonostante la politica <strong>di</strong> alleanza. In caso <strong>di</strong> guerra il Tirolo considerava quasi con certezza un<br />

eventuale tra<strong>di</strong>mento italiano. Per questo, appena prima dello scoppio del conflitto, vennero<br />

avviati dei preparativi per <strong>di</strong>fendere e fortificare il Sud-Tirolo dal nemico del sud, questa<br />

manovra <strong>di</strong>mostrava un evidente senso <strong>di</strong> sfiducia nei confronti del partner italiano.<br />

Un esempio tratto da Bruder Willram, nel suo “Bundeshymne” trapela già l’aspettativa <strong>di</strong> un<br />

tra<strong>di</strong>mento da parte <strong>degli</strong> italiani:<br />

“[…] Schirme der Heimat heilige Erde Du<br />

Vor der Sturmes Wüten,<br />

Der sie donnernd umtost;<br />

Vor der Bosheit Tücke,<br />

Die sie lauernd umdroht;<br />

Schirme Altar und Thron<br />

Und Österreichs Doppelaar.[…]” 243<br />

Il <strong>di</strong>fficile rapporto del Tirolo con il governo viennese<br />

Nonostante la devozione e la venerazione del popolo tirolese per l’Imperatore, va ricordato<br />

che il rapporto del Tirolo con Vienna, in realtà non era così sereno (causa atteggiamenti<br />

politici e religiosi <strong>di</strong>fferenti). L’imperatore molte volte non aveva mantenuto la parola<br />

riguardo certe concessioni e ai tirolesi fu persino proibito il trasporto dei resti <strong>di</strong> Andreas<br />

Hofer da Mantova ad Innsbruck.<br />

Anche durante la Prima guerra mon<strong>di</strong>ale il Tirolo non se la passò meglio. Mancarono i<br />

rifornimenti stabiliti, i Kaiserjäger vennero spe<strong>di</strong>ti soprattutto in Galizia e il Tirolo non solo<br />

ebbe la maggior parte <strong>di</strong> morti <strong>di</strong> cui rammaricarsi, bensì da un punto <strong>di</strong> vista economico si<br />

trovò anche trattato come gli altri paesi della Monarchia mentre era uno dei paesi più<br />

precari 244 da un punto <strong>di</strong> vista economico.<br />

243 Bruder Willram: “Bundeshymne”, citato in «Neue Tiroler Stimmen», nr. 213 del 19.9.1914.<br />

244 Cfr Rettenwander, op. cit.<br />

83


Nonostante tutto, ricor<strong>di</strong>amo ancora una volta, che il malcontento della popolazione tirolese<br />

non si manifestava <strong>di</strong>rettamente contro l’Imperatore, bensì soprattutto verso la società<br />

libertina e il governo liberale <strong>di</strong> Vienna.<br />

Il Tirolo era “gewöhnt” 245 a <strong>di</strong>fendersi da solo e perciò si aspettò poco da Vienna.<br />

L’inimicizia più forte tra il Tirolo e il governo viennese si manifestò in maniera piuttosto<br />

chiara nella seconda metà del 19° secolo specialmente durante il Kulturkampf tirolese.<br />

Soprattutto i conservatori <strong>di</strong> stampo clericale si opponevano con forza contro il centralismo<br />

viennese 246 .<br />

Nell’ambito dell’interpretazione della storia e della tra<strong>di</strong>zione tirolese del tardo 19° secolo il<br />

rapporto problematico del Tirolo con il governo viennese ricevette tuttavia una maschera. La<br />

venerazione <strong>di</strong>nastica e l’in<strong>di</strong>scussa fedeltà nei confronti della casa regnante nascose spesso<br />

l’antipatia profondamente ra<strong>di</strong>cata contro il governo viennese, che non si manifestò. Molti<br />

punti <strong>di</strong> conflitto, che stavano anche ad esempio in rapporto al culto <strong>di</strong> Hofer, furono<br />

semplicemente taciuti e ritoccati.<br />

1909: anno chiave della devozione ad Hofer<br />

Poco dopo l’inizio del 20° secolo il monumento <strong>di</strong> Hofer fu collocato al Bergisel, come anche<br />

una cappella de<strong>di</strong>cata al Cuore <strong>di</strong> Gesù costruita in Passiria, il paese natale <strong>di</strong> Hofer (che<br />

ancora una volta sottolinea il legame tra il culto e il mito). L’Imperatore Franz Joseph era<br />

presente ai festeggiamenti per l’inaugurazione <strong>di</strong> entrambi, il che <strong>di</strong>ede un tocco ancora più<br />

eroico e mitico a questi due eventi.<br />

La devozione ad Hofer trovò il suo apice e l’apice del suo utilizzo a scopo politico<br />

conservatore nell’ambito dei festeggiamenti del centenario del 1909, in concomitanza della<br />

cui preparazione nacque la maggior parte della letteratura <strong>di</strong> stampo conservatrice de<strong>di</strong>cata a<br />

Hofer 247 .<br />

Il mito <strong>di</strong> Andreas Hofer costituiva per il Tirolo, accanto a quello del Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù, il<br />

momento centrale dell’integrazione e l’identificazione con una determinata regione, cultura e<br />

comunità e <strong>di</strong> conseguenza la base per la creazione, ad esempio, del sentimento <strong>di</strong> una identità<br />

245<br />

Dietrich, Feindbilder, op. cit., p. 161.<br />

246<br />

Cfr. Riedmann, Geschichte Tirols, op. cit., p. 182.<br />

247<br />

Aspetto questo da approfon<strong>di</strong>re, ma non in questa sede.<br />

84


<strong>di</strong> massa tirolese comune costituita sulla base dei conglomerati ideologicamente schierati <strong>di</strong><br />

stampo conservativo-clericale.<br />

Andreas Hofer, nella ricezione della lotta <strong>di</strong> liberazione tirolese come anche nella creazione<br />

della stessa identità tirolese, fu la figura simbolo, la quale aveva una sostanza concreta e<br />

simboleggiava la concezione del mondo dei conservatori dominanti in Tirolo: unità <strong>di</strong> fede,<br />

<strong>di</strong>fesa del territorio, fedeltà all’Imperatore e <strong>di</strong>ritti speciali regionali.<br />

“[…] der Name Andreas Hofer steht als Symbol<br />

für einen als Pflicht erachteten Widerstand.” 248<br />

Accanto ai miti, le tra<strong>di</strong>zioni e i simboli nazionali (meglio regionali) anche le feste<br />

comunitarie e popolari costituivano un importante elemento <strong>di</strong> identificazione. Nella seconda<br />

metà del 19° secolo in Tirolo furono festeggiate, accanto alle numerose feste religiose, anche<br />

una serie <strong>di</strong> feste che riguardavano eventi non religiosi, ma avevano a che fare con la storia<br />

tirolese. Le più gran<strong>di</strong> e più importanti <strong>di</strong> queste furono il festeggiamento dei 500 anni<br />

dell’unione del Tirolo alla Casa d’Asburgo (1863) e il centenario della lotta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa tirolese<br />

(1909), che coincisero con le agitazioni del Cattolicesimo politico e che conformemente a<br />

queste furono improntate.<br />

Il corpo <strong>degli</strong> Schützen tirolesi<br />

Il tentativo del governo centrale viennese, specialmente nella seconda metà del 19° secolo, <strong>di</strong><br />

militarizzare il Tirolo, si svilupparono molto <strong>di</strong>fficilmente e fornirono al nascente<br />

Kulturkampf altro materiale esplosivo. Dopo la sconfitta contro la Prussia (1866) si tentò<br />

nuovamente d’imporre in tutta l’Austria il servizio militare obbligatorio. Il Tirolo, che era<br />

tornato ad essere terra <strong>di</strong> confine, sembrava essere nuovamente in<strong>di</strong>feso in caso <strong>di</strong> un<br />

eventuale conflitto con l’Italia. Una riforma del sistema <strong>di</strong>fensivo tirolese ormai stremato e un<br />

tentativo concreto <strong>di</strong> migliorarne la con<strong>di</strong>zione venne avviato solo a partire dal 1870: crebbe<br />

l’afflusso alle Schützenvereinen locali, furono costituiti molti nuovi poligoni da tiro. Solo tra<br />

il 1880 e il 1914 si raddoppiò il numero <strong>degli</strong> Schützen tirolesi attivi a circa 65.600 uomini 249 .<br />

248<br />

Riedmann, Geschichte Tirols, op. cit., p. 176.<br />

249<br />

A questo proposito cfr. Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 432 e p. 435 e segg.<br />

85


Causa principale <strong>di</strong> questo sviluppo fu la strumentalizzazione intensiva della con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

Schütz come incarnazione <strong>di</strong> identità tirolese e consapevolezza del proprio ruolo. Gli Schützen<br />

non fungevano solo da <strong>di</strong>fensori del suolo patrio, bensì erano anche <strong>di</strong>fensori dei valori<br />

tirolesi per antonomasia: “Schießstände und Schützenfeste wurden zum Bezugspunkt der<br />

hegemonialen katholisch-konservativen Auffassung Deutschtiroler Identität und einer<br />

stärkeren Ausprägung österreichischen Patriotismus, <strong>di</strong>e sich – entsprechend des sich<br />

ausbildeten Kultes um Andreas Hofer – auf ‘1809’ konzentrierte.” 250<br />

Le ban<strong>di</strong>ere <strong>di</strong> ciascuna compagnia rimandavano a loro volta a simboli visivi chiari che<br />

collaborassero alla creazione dell’identificazione collettiva: i motivi principali rappresentati<br />

nelle ban<strong>di</strong>ere erano rappresentazioni del Cuore <strong>di</strong> Gesù, dell’Imperatore, dell’aquila tirolese<br />

e immagini elle battaglie del 1809.<br />

Di massima questi corpi vennero finanziati dal Landtag e dal ministero per la <strong>di</strong>fesa<br />

territoriale, ma anche l’Imperatore si offrì come promotore, anche finanziario, <strong>di</strong> questo corpo<br />

fedele.<br />

Anche la quantità <strong>di</strong> compagnie <strong>di</strong> Schützen 251 aumentò fortemente tra il 1880 e il 1900<br />

quando si costituirono numerose nuove compagnie. Parallelamente al 1797, quando tutti<br />

coloro che erano pronti alla chiamata furono mobilitati contro Napoleone, anche nel 1914 la<br />

risposta dei tirolesi fu unanime e sensibile. La Kriegsbegeisterung dell’ ‘Heldenzeitalters<br />

Tirols’ 252 rinacque.<br />

“[…] Neu wird im Land, im weiten,<br />

Das wie verschollen ruht,<br />

Die Kraft der alten Zeiten<br />

Erstehn im jungen Blut.<br />

Wir werden Helden schauen,<br />

Geheiligt durch das Schwert,<br />

In jauchzendes Vertrauen<br />

Den Zagemut verkehrt.<br />

Dann wird <strong>di</strong>e Treue lodern,<br />

250<br />

Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 433.<br />

251<br />

Cfr. Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, op. cit., p. 494 e segg.<br />

252<br />

Cfr. titolo capitolo 7 in Riedmann, Geschichte Tirols, op. cit., p. 165.<br />

86


Sorglos um Lohn und Sold<br />

Und höh’re Lust wird fordern<br />

Das Volk als Fraß und Gold. […]” 253<br />

È essenziale precisare che verso la fine del 19° secolo la con<strong>di</strong>zione estremamente <strong>di</strong> successo<br />

<strong>di</strong> cui godevano gli Schützen si fondava sulla già citata tra<strong>di</strong>zione hoferiana, che come<br />

abbiamo illustrato era basata più su eventi mistificati che reali. Anche gli Schützen<br />

simboleggiavano l’identità tirolese, <strong>di</strong>ffondevano e cementavano i sentimenti localistico-<br />

pattriottici e rappresentarono uno strumento <strong>di</strong> mobilitazione gra<strong>di</strong>to sia alle élite politiche sia<br />

a quelle religiose. Come me<strong>di</strong>um canalizzato dell’integrazione sociale <strong>di</strong> una parte<br />

considerevole dei tirolesi tedeschi (<strong>di</strong> lingua tedesca) della popolazione maschile 254 essi<br />

furono rappresentanti per antonomasia dell’identità <strong>di</strong> massa tedesco tirolese.<br />

253<br />

Wallpach, Arthur von (autore anche della Tsz): Heiliges Land. Ge<strong>di</strong>chte, München, Georg Müller, 1914, p.<br />

111.<br />

254<br />

Nell’ambito della costruzione idealizzata della storia tirolese alle donne venne assegnato solamente un ruolo<br />

protettivo e materno. Ruolo, che in questa mistificazione, associava implicitamente ed esplicitamente le donne<br />

alla figura protettrice e rasserenante <strong>di</strong> Maria. Questo è il ruolo che ritroviamo anche nelle Ge<strong>di</strong>chte: madri,<br />

mogli e fidanzate sono esseri pazienti, fedeli e comprensivi.<br />

87


Le poesie del Supplemento letterario.<br />

Temi e motivi<br />

“Der Kampf mit Worten ist es,<br />

der den Kampf der Geschütze vorbereitet hat,<br />

der den endlich entfesselten Krieg erweitert<br />

und <strong>di</strong>e Völker mehr miteinander verfeindet hat,<br />

als jemals der Kampf mit den Waffen es vermochte.” 255<br />

Abbiamo già visto nella prima parte <strong>di</strong> questo lavoro quali sono le coor<strong>di</strong>nate all’interno delle<br />

quali si colloca l’esperienza <strong>di</strong> uno dei più originali giornali <strong>di</strong> guerra per i soldati: la «Tiroler<br />

Soldaten-Zeitung».<br />

Ora, a quasi un secolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza da quell’evento <strong>di</strong> svolta per la storia dell’umanità e dalla<br />

chiusura <strong>di</strong> quell’originale pubblicazione, è venuto il momento <strong>di</strong> indagare in modo più<br />

approfon<strong>di</strong>to le peculiarità <strong>di</strong> questa rivista. Oltre le coor<strong>di</strong>nate generali che l’hanno vista<br />

nascere, <strong>di</strong>ffondersi e, poi, cessare le sue pubblicazioni; oltre la precisazione del ruolo <strong>di</strong><br />

Musil 256 nell’evoluzione della testata, un aspetto <strong>di</strong> grande interesse, anche se del tutto<br />

inesplorato, è l’analisi dei Supplementi letterari che il giornale occasionalmente ospita. I<br />

numeri più curati sono in carta satinata <strong>di</strong> buona qualità, ma questa non è una regola, vista la<br />

precarietà della situazione bellica. Anche le rubriche che compongono i supplementi variano.<br />

Unsere Helden, la rubrica che apre la Beilage, è però presente in tutti i supplementi. Se altre<br />

rubriche durante il corso del tempo vengono aggiunte o sottratte a seconda del gra<strong>di</strong>mento,<br />

questa aveva evidentemente un peso importante nell’andamento del giornale e vi rimane<br />

invariata. La foto, o il ritratto, <strong>di</strong> un soldato che si è <strong>di</strong>stinto in qualche azione <strong>di</strong> coraggio è al<br />

255<br />

T. Rohrkrämer, Der Gesinnungsmilitarismus der “kleinen Leute” im Deutschen Kaiserreich, pp. 95-110 in<br />

W. Wette, Der Krieg des kleine Mannes. Eine Militärgeschichte von unten, München, Piper, 1992, p. 107: “La<br />

lotta con le parole è quella che ha preparato la guerra con le armi, quella che ha ingran<strong>di</strong>to la guerra che ha infine<br />

scatenato e che ha inimicato i popoli l’uno con l’altro, è stata colei che ha consentito la guerra con le armi.”<br />

256<br />

Nella prima parte del presente lavoro è già stato introdotto il ruolo <strong>di</strong> Robert Musil nella testata. Suggerisco <strong>di</strong><br />

seguito una bibliografia essenziale relativa all’argomento: Enrico De Angelis, Robert Musil. Biografia e profilo<br />

critico, Torino,Einau<strong>di</strong>, 1982, Milena Cossetto, Il soldato Musil in «Letture Trentine e Altoatesine», n. 28-29,<br />

<strong>di</strong>cembre 1982, Fernando Orlan<strong>di</strong> (a cura <strong>di</strong>), Robert Musil. La Valle incantata, trad. <strong>di</strong> Paola Maria Filippi, con<br />

un saggio <strong>di</strong> A. Fontanari e M. Libar<strong>di</strong> , Trento, Rever<strong>di</strong>to, 1986, Roberta Groff et al. “Robert Musil. La grande<br />

esperienza della guerra” in Pergine e la prima Guerra mon<strong>di</strong>ale, Pergine, Associazione Amici della Storia, 1985.<br />

In particolare, per il contributo musialiano alla Sz si veda Fernando Orlan<strong>di</strong> (a cura <strong>di</strong>) Robert Musil. La guerra<br />

parallela, trad. <strong>di</strong> C. Grof, Nicolo<strong>di</strong>, Rovereto 2003. Quest’opera raccoglie gli articoli musiliani <strong>di</strong> taglio politico<br />

apparsi sulla Sz nella sua fase non tirolese, <strong>di</strong> cui parleremo brevemente nel capitolo successivo, più un racconto<br />

pubblicato nell’ultimo supplemento e ripubblicato in Karl Corino, Robert Musil. Aus der Geschichte eines<br />

Regiments, in «Stu<strong>di</strong> Germanici», ns, a. 11, n. 1-2 (1973), pp. 109-111 <strong>di</strong> cui propongo una breve analisi<br />

personale nell’Allegato 1.<br />

88


centro <strong>di</strong> una cornice, seguita da una <strong>di</strong>dascalia, che ne descrive le imprese. La cornice nei<br />

primissimi numeri è poco raffinata nella veste, ma dal numero del 29 agosto 1915 verrà curata<br />

nella grafica da Nikodem o da Weber Tyrol 257 . Entrambi creeranno una cornice carica <strong>di</strong><br />

simboli, che a uno sguardo superficiale potrebbero sembrare depliants <strong>di</strong> propaganda turistica,<br />

ma, la montagna e i fiori, la stella alpina in particolare, simboleggiano la dura lotta per la<br />

patria al fronte meri<strong>di</strong>onale. L’impatto emozionale della rubrica è sicuramente molto<br />

imme<strong>di</strong>ato, il soldato raffigurato sotto la titolazione “I nostri eroi” <strong>di</strong>venterà noto a tutti così<br />

come le sue ‘gesta’ e il desiderio <strong>di</strong> eguagliarlo o superarlo per conquistare quella stessa<br />

pagina, forse più ambita della medaglia, sarà tale da rappresentare una spinta concreta per gli<br />

altri soldati a compiere azioni meritevoli. Chiaramente la denominazione Held, eroe, uomo <strong>di</strong><br />

grande coraggio e <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>narie virtù, è eccessiva rispetto a quanto poi concretamente ci<br />

viene raccontato nella <strong>di</strong>dascalia che accompagna la foto 258 , ma è funzionale a quella<br />

manipolazione delle menti che mostra la guerra come opportunità per l’uomo me<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ventare eroe e dunque modello e stimolo per gli altri. All’interno del supplemento troviamo<br />

poi, un Feuilleton, appen<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> argomento letterario <strong>di</strong> carattere ricreativo/formativo, le<br />

Ge<strong>di</strong>chte, poesie scritte dagli stessi soldati o dai lettori all’interno del paese, (che occupano<br />

una porzione notevole nell’economia totale dei Supplementi e delle quali ci occuperemo nello<br />

specifico in questa sede) un Vermischtes con argomenti <strong>di</strong> vario genere all’interno del quale<br />

si trova la rubrica Kriegsliteratur e, solo nei primissimi numeri, una serie <strong>di</strong> notizie <strong>di</strong><br />

battaglia nei vari teatri <strong>di</strong> guerra, notizie militari, politiche, economiche e informazioni <strong>di</strong><br />

servizio. Queste ultime ben presto scompariranno lasciando più spazio al Feuilleton, alle<br />

Ge<strong>di</strong>chte e al Vermischtes. La Kriegsliteratur dall’8 febbraio 1916 cambia semplicemente<br />

nome e <strong>di</strong>venta Bücherschau, ma i contenuti rimangono invariati, ovvero si sponsorizzano<br />

libri a tematica per lo più guerresca. Dal 2 febbraio dello stesso anno compare una nuova<br />

rubrica all’interno del Vermischtes che è la Lustige Ecke de<strong>di</strong>cato chiaramente a barzellette e<br />

mini episo<strong>di</strong> satirici.<br />

257<br />

Arthur Nikodem: (Trento 1870-Innsbruck 1940). Stu<strong>di</strong>a a Monaco, Milano, Firenze e Parigi, dal 1893 al 1908<br />

risiede a Merano, in<strong>di</strong> a Innsbruck. Dal 1915 al 1918 presta servizio come ufficiale telegrafista in Turchia. È un<br />

pittore <strong>di</strong> paesaggi e figure espressive, sature <strong>di</strong> colore. Hans Josef Weber-Tyrol: (Schwaz 1874-Merano 1957).<br />

Stu<strong>di</strong>o accademico a Monaco, dove si trattiene anche in seguito. Nel 1908 primo viaggio in Italia, cui ne<br />

seguiranno numerosi altri. Nel 1929 si trasferisce in Alto A<strong>di</strong>ge. De<strong>di</strong>to principalmente al paesaggio, ma anche<br />

alle nature morte e a soggetti come figure e animali. Rappresentante <strong>di</strong> una pittura fondata tutta sul colore tra<br />

Impressionismo ed Espressionismo.<br />

258<br />

Se nei primi numeri la foto occupa quasi lo stesso spazio, o forse meno, della <strong>di</strong>dascalia, col passare del<br />

tempo la foto e la sua cornice s’impossessano della pagina lasciando uno spazio marginale a piè <strong>di</strong> pagina alla<br />

<strong>di</strong>dascalia. Cfr. Allegato 2.<br />

89


Entriamo ora nel vivo del lavoro presentando concretamente le poesie della Literarische<br />

Beilage zur «Tiroler Soldaten-Zeitung».<br />

La decisione <strong>di</strong> concentrare l’attenzione in particolare sulle poesie deriva innanzi tutto dalla<br />

volontà <strong>di</strong> non rendere questo lavoro estremamente lungo e noioso e/o ripetitivo. Il materiale<br />

preso in esame sembra essere sufficiente per costruire un <strong>di</strong>scorso abbastanza completo<br />

sull’argomento, ma ancor più rispetto ai testi in prosa il linguaggio utilizzato nelle liriche<br />

sembra essere più funzionale al ruolo che questi testi assolvono: il linguaggio delle poesie<br />

ricorre maggiormente alla suggestione e all’esaltazione sentimentale <strong>di</strong> quanto non lo faccia la<br />

prosa.<br />

Va specificato, prima <strong>di</strong> intraprendere un <strong>di</strong>scorso più approfon<strong>di</strong>to, che i testi analizzati in<br />

questa sede a cui viene dato il nome <strong>di</strong> poesie sono, a <strong>di</strong>re il vero, dei testi molto poco<br />

elaborati, che hanno sì la forma esteriore <strong>di</strong> componimenti in versi, ma mancano <strong>di</strong> espe<strong>di</strong>enti<br />

retorici raffinati. Si tratta <strong>di</strong> poesia popolare paragonabile alle canzonette dei giorni nostri che<br />

hanno principalmente lo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare dei tormentoni, <strong>di</strong> invadere l’orecchio<br />

dell’ascoltatore che ne farà suo il testo, caso mai anche senza volerlo, e lo renderà capace <strong>di</strong><br />

riutilizzare quelle espressioni per produrre altri testi che verranno pubblicati nel giornale. La<br />

maggior parte <strong>degli</strong> autori delle liriche apparse sui Supplementi letterari sono sconosciuti, si<br />

tratta <strong>di</strong> uomini semplici, che sono stati vittime e <strong>di</strong>vulgatori allo stesso tempo della<br />

propaganda <strong>di</strong> guerra. Ma dopotutto chi viveva <strong>di</strong>rettamente il conflitto e si confrontava<br />

giornalmente con quell’atrocità doveva obbligatoriamente adattare il proprio modo <strong>di</strong> pensare<br />

e, <strong>di</strong> conseguenza, il proprio linguaggio producendo testo simili per esorcizzare e sopportare<br />

in qualche modo.<br />

La propaganda non ha mai rappresentato, salvo rare eccezioni, la sfera ideale per fare<br />

dell’arte: la retorica tende a prevaricare il buon gusto, la demagogia tende a sopraffare<br />

l’estetica. In linea <strong>di</strong> massima quin<strong>di</strong> non c’è da aspettarsi la grande opera d’arte fra le poesie<br />

qui analizzate. Infatti, l’andamento ritmico delle poesie pubblicate nei Supplementi è perlopiù<br />

in rima baciata o alternata, molto spesso con coppie (la rima più <strong>di</strong>ffusa è “Krieg/Sieg” –<br />

guerra/vittoria) in cui la relazione delle parole chiave, guerra e vittoria, favorisce la<br />

partecipazione emotiva del lettore assolvendo così molto bene al suo compito <strong>di</strong> creare e<br />

realizzare un’aspettativa nel lettore, che da lì in poi assocerà sempre allo stesso modo i due<br />

termini. Non mancano alcuni tentativi <strong>di</strong> infarcire questa produzione con espe<strong>di</strong>enti retorici,<br />

90


più o meno raffinati a seconda dei casi, offrendo talvolta anche risultati apprezzabili, ma ciò<br />

che essenzialmente manca a questa lirica è quel ‘segreto’ che dovrebbe sedurre in<br />

maniera inconsapevole il lettore; questo segreto dovrebbe consistere essenzialmente nella<br />

capacità del testo <strong>di</strong> colmare l’assenza delle cose, che invece in questi testi, a volte, vengono<br />

spiegate come se si trattasse <strong>di</strong> testi in prosa. Il potenziale emotivo c’è ed è molto forte, ma è,<br />

perlopiù, legato all’esaltazione fanatica dei miti e al linguaggio molto colorito piuttosto che ai<br />

moti interiori. L’uso linguistico, a volte abilissimo altre volte meno, è asservito alla<br />

propaganda rendendo così, questi testi, spesso dei contenitori vuoti, esibizioni banali.<br />

È risaputo però che tutto ciò che è musicale, rimato e ‘orecchiabile’ rimanga impresso in<br />

maniera più indelebile della memoria: visto che si tratta <strong>di</strong> testi scritti e rivolti essenzialmente<br />

alle truppe, pur non conoscendo <strong>di</strong> preciso il loro tasso <strong>di</strong> alfabetizzazione 259 , si può<br />

comunque avanzare l’idea che probabilmente dopo le immagini, i testi più gra<strong>di</strong>ti in un<br />

contesto come quello della trincea, poiché più imme<strong>di</strong>atamente usufruibili, erano le poesie. E,<br />

ancora, visto il ruolo che questi scritti avevano – entrare in maniera indelebile nella testa dei<br />

combattenti – le poesie si offrono come materiale <strong>di</strong> lavoro eccellente per in<strong>di</strong>viduare i meto<strong>di</strong><br />

della faziosità del <strong>di</strong>scorso.<br />

La lettura e l’analisi dei testi ha portato all’isolamento dei contenuti che compaiono con più<br />

frequenza e intensità in queste pagine e che determinano la creazione dell’identità nazionale e<br />

quella del nemico coerentemente con quanto sostengono branche <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong>o recenti come<br />

l’Imagologia.<br />

Il nostro lavoro analizza, dunque, l’aspetto riguardante la manipolazione del <strong>di</strong>scorso. Questa<br />

non è un’analisi che si basa su testi prodotti dall’alto, cioè da parte <strong>di</strong> intellettuali e letterati,<br />

ma testi prodotti dal basso, redatti da soldati comuni: la maggior parte <strong>degli</strong> autori delle<br />

poesie analizzate sono persone delle quali è stato impossibile reperire alcun dato anagrafico, il<br />

ché avvalla l’ipotesi che si tratti <strong>di</strong> scrittori improvvisati. La Prima guerra mon<strong>di</strong>ale fu in<br />

fondo anche questo: una esplosione <strong>di</strong> propaganda popolare e <strong>di</strong> poesie d’occasione scritte<br />

dall’uomo comune sotto l’emozione del momento storico nuovo. L’evento bellico è legato a<br />

doppio filo, all’arte del <strong>di</strong>scorso manipolato. Questo rapporto si può definire paritario,<br />

bilaterale: tanto materiale offre la guerra alla stampa, quanto la stampa ne restituisce per<br />

l’evoluzione del conflitto. Il Supplemento letterario della Tsz ne è un esempio para<strong>di</strong>gmatico:<br />

esso si colloca a metà strada tra la letteratura d’occasione, nata dalla sensazione <strong>di</strong> provare<br />

259<br />

Negli anni precedenti al conflitto (18148) l’Austria aveva solo il 20% della popolazione analfabeta, nel 1880<br />

ad<strong>di</strong>rittura solo il 2%. Fonte: http://cronologia.leonardo.it/storia/a1836.htm<br />

91


emozioni forti, <strong>di</strong> vivere un’esperienza eccezionale e il messaggio coscientemente<br />

manipolato, nato da una riflessione più razionale.<br />

Da una visione globale sembra che il Supplemento passi, cioè, da una sorta <strong>di</strong> ‘schiavitù<br />

passiva’ alla simbologia guerresca ad una coscienza delle proprie possibilità e a uno<br />

sfruttamento meto<strong>di</strong>co e mirato <strong>degli</strong> strumenti <strong>di</strong> cui esso poteva e sapeva <strong>di</strong>sporre, come ad<br />

esempio l’uso delle immagini.<br />

Il primo e l’ultimo supplemento sono in<strong>di</strong>cativi <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> evoluzione: il primo<br />

supplemento usa perfettamente le figure e i luoghi comuni che la propaganda <strong>di</strong> guerra<br />

richiede: simboli e miti per i quali è doveroso combattere, come l’aquila e la ban<strong>di</strong>era, luoghi<br />

dell’identificazione collettiva; l’eroicità <strong>degli</strong> onesti e valorosi combattenti austroungarici<br />

contro un nemico infido e tra<strong>di</strong>tore, esaltazione del rito della guerra fine a se stesso.<br />

Nonostante siano già presenti i nuclei principali che poi verranno trattati in maniera ampia e<br />

continuativa per tutti i supplementi, è forse ancora assente una certa consapevolezza delle<br />

proprie possibilità. Il supplemento, invece, mostrerà <strong>di</strong> averla acquisita nell’ultimo numero.<br />

L’ultimo supplemento, infatti, sembra avere una coscienza <strong>di</strong> sé sempre più ampia: sia una<br />

coscienza delle capacità che ha il giornale come mezzo <strong>di</strong> persuasione, sia dei sempre nuovi<br />

mezzi a sua <strong>di</strong>sposizione per migliorare questo suo operato. Inoltre, in quest’ultimo numero<br />

ha molto peso il ruolo svolto dalla fotografia, che nel primo numero era assente.<br />

Oltre i testi, dunque, si analizzerà anche il ruolo svolto dalle immagini che li accompagnano,<br />

foto o <strong>di</strong>pinti, che a volte <strong>di</strong>stolgono l’attenzione del lettore da ciò che vi è scritto altre volte<br />

ne corroborano il contenuto. A prescindere dal fatto che, nel contesto bellico, le foto avessero<br />

principalmente un impiego propagan<strong>di</strong>stico, è solo grazie ad esse se, ancora ai giorni nostri,<br />

si può ‘rivivere’ la Grande guerra e non unicamente apprenderne le vicende da un libro.<br />

Nonostante le evidenti tracce <strong>di</strong> modernità anche l’ultimo supplemento tratta, però, gli stessi<br />

argomenti che si ritroveranno abbondanti e ripetitivi in tutte le pagine dei supplementi, e che<br />

evidentemente il lettore si aspetta.<br />

In questa breve introduzione possiamo anticipare che, nonostante le tematiche restino<br />

invariate, il supplemento, nell’arco <strong>di</strong> quasi un anno, <strong>di</strong>venta una realtà comunicativa<br />

cosciente.<br />

Altro aspetto che merita <strong>di</strong> essere rimarcato e confermato, che è prepotentemente emerso da<br />

questa analisi, è che vi fu una guerra immaginata rispetto a una guerra realmente accaduta. La<br />

prima guerra mon<strong>di</strong>ale si era rivelata in tutto il suo orrore e nessuno avrebbe potuto in<strong>di</strong>care<br />

alcunché <strong>di</strong> positivo che fosse derivato dal sacrificio <strong>di</strong> corpi e <strong>di</strong> anime <strong>di</strong> tutti quegli esseri<br />

92


umani. Un’ultima, importante componente emerge dalle pagine dei supplementi letterari,<br />

risultato della cosciente deformazione me<strong>di</strong>atica del conflitto: la contrad<strong>di</strong>ttorietà.<br />

In certi testi, si sottolinea con insistenza la <strong>di</strong>fficoltà della vita al fronte, l’eroicità dei<br />

combattenti legata alle dure prove del fronte e i sacrifici che essi devono subire; mentre da<br />

altre parti si mostra invece come non esista niente <strong>di</strong> più bello della vita militare, o come<br />

anche dopo la dura lotta regni fra i soldati l’allegria e la voglia <strong>di</strong> festeggiare, come nelle<br />

figure che seguono 260 :<br />

In alcuni testi si male<strong>di</strong>ce il nemico e ci si augura la sua totale <strong>di</strong>struzione, perfino invocando<br />

Dio; altrove, invece, lo stesso Dio bene<strong>di</strong>ce la pietà per il nemico, come nel famoso quadro <strong>di</strong><br />

Riss 261 :<br />

260<br />

La prima: Es gibt kein schöneres Leben in Literarische Beilage zur Tiroler Soldaten-Zeitung (d’ora in poi<br />

LB), 8 luglio1916, p. 6. La seconda: Nach hartem Kampfe in LB, 15 agosto 1915, p. 4.<br />

261<br />

Der Sieger in LB, 6 novembre 1915, foglio sciolto non numerato. Thomas Riss: (Haslach/Stams 1871 –<br />

Innsbruck 1959). Dal 1890 <strong>stu<strong>di</strong></strong>a all’Accademia <strong>di</strong> Monaco, dal 1898 al 1926 residente a Merano,<br />

successivamente a Innsbruck-Mühlau, molto richiesto come ritrattista e per soggetti <strong>di</strong> carattere allegorico e<br />

religioso, è anche autore <strong>di</strong> quadri <strong>di</strong> genere e <strong>di</strong> paesaggi.<br />

93


Oppure, se da una parte si esalta l’atteggiamento impavido <strong>di</strong> chi non conosce paura, dall’altra<br />

è la prudenza la più alta virtù. Tutto ciò coesiste nelle pagine dei supplementi letterari allegati<br />

alla Tsz. Questo evidenzia come, nella realtà me<strong>di</strong>atica della guerra - come in ogni realtà<br />

me<strong>di</strong>atica - non ci sia nulla <strong>di</strong> completamente vero e nulla <strong>di</strong> completamente falso: tutto<br />

<strong>di</strong>pende da come le cose vengono dette o mostrate, dove esse si collocano e in relazione a che<br />

cosa. La necessità <strong>di</strong> credere a qualcosa è intrinseca dell’uomo, e questa necessità <strong>di</strong>venta<br />

maggiore nell’esperienza della guerra, dove a ciascuno sarà offerta la risposta che più<br />

propriamente desidera.<br />

Nello specifico questi testi definiscono perlopiù l’identità tirolese in contrapposizione a quella<br />

del nemico italiano (è inevitabilmente il più citato). Dalla lettura e l’analisi dei testi sono stati<br />

isolati i nuclei tematici principali utilizzati per la costruzione dell’identità tirolese e<br />

dell’identità nemica. I testi <strong>di</strong> auto rappresentazione positiva sono in percentuale maggiore<br />

rispetto a quelli <strong>di</strong> etero rappresentazione, ma complessivamente le fasi <strong>di</strong> definizione dei<br />

gruppi positivo e negativo procedono parallelamente: quando si parla <strong>di</strong> auto ed etero<br />

rappresentazione, ovvero rappresentazione <strong>di</strong> sé e dell’altro, si segna un confine che non è<br />

chiaramente definito, poiché esse quasi si compenetrano, visto che quando si vuole dare<br />

un’immagine dell’Altro si cerca anche contemporaneamente <strong>di</strong> definire sé stessi secondo il<br />

precetto «se poser en s’opposant» 262 . Questo è uno dei contenuti <strong>di</strong> ricerca trainanti<br />

nell’ambito dell’imagologia che è stata definita da Ladmiral e Lipianski come «l’analisi del<br />

contenuto delle rappresentazioni che un popolo fa <strong>di</strong> un altro (etero immagini) e <strong>di</strong> sé stesso<br />

(auto immagini)». 263<br />

Nel momento in cui si presenta l’Altro, ci si rappresenta nello sfondo: io sono l’altro per un<br />

in<strong>di</strong>viduo o per un gruppo che è l’altro per me. Ciò significa che io non gli riconosco le<br />

peculiarità che appartengono a me e al mio gruppo. Un in<strong>di</strong>viduo o un gruppo ha, dunque,<br />

bisogno dell’Altro per rappresentare sé stesso.<br />

Alla luce <strong>di</strong> questi strumenti teorici forniti dalle <strong>di</strong>scipline imagologiche e <strong>di</strong> quanto verrà<br />

messo in evidenza nei paragrafi <strong>di</strong> questo capitolo si può anticipare che certamente i<br />

supplementi letterari della Tsz costituirono un capitolo importante della propaganda <strong>di</strong> guerra<br />

nella misura in cui essi contriubuirono a creare un sentimento <strong>di</strong> gruppo positivo contrapposto<br />

al gruppo negativo, a giustificare i patimenti, le sofferenze e le morti causate da un conflitto <strong>di</strong><br />

262<br />

S. Maradon, Stéréotypes nationaux et préjugés raciaux au XIXe siècle. Sources et méthodes à travers<br />

l’exemple anglais, in J. Pirotte, Stéréotypes nationaux et préjugés raciaux au XIXe et XXe siècles. Sources et<br />

méthodes pour une approche historique, Louvain, College Erasme, 1982, pag. 4.<br />

263<br />

J.R. Ladmiral, E.M. Lipianski, La communication interculturelle. Paris, Colin, 1989, p. 228.<br />

94


<strong>di</strong>mensioni abnormi, a <strong>di</strong>strarre e rassicurare i combattenti con un <strong>di</strong>luvio <strong>di</strong> argomentazioni<br />

orientate sull’emotività del ricevente piuttosto che sul suo senso critico.<br />

I miti e simboli della piccola patria tirolese<br />

Andreas Hofer, gli antenati e i fatti del 1809<br />

Nei Supplementi la vicenda storica scelta come chiave <strong>di</strong> lettura simbolica della guerra è la<br />

rivolta conta<strong>di</strong>na tirolese all’occupazione franco-bavarese del 1809 capeggiata dall’oste della<br />

val Passiria Andreas Hofer 264 , personaggio storico controverso il cui operato conobbe nel<br />

corso dell’Ottocento le interpretazioni più <strong>di</strong>verse: venne dapprima collocato nella galleria<br />

<strong>degli</strong> eroi dei moti nazionali europei, per essere poi bollato come campione della<br />

restaurazione.<br />

L’acme <strong>di</strong> questo processo <strong>di</strong> strumentalizzazione venne raggiunto durante la prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale e coinvolse buona parte della pubblicistica tirolese <strong>di</strong> lingua tedesca 265 .<br />

L’uso a fini politici della storia è un fenomeno <strong>di</strong>ffuso in ogni epoca, in particolare in quella<br />

attuale: <strong>di</strong> recente è stato coniato a questo proposito il concetto <strong>di</strong> ‘uso pubblico della storia’<br />

nell’ambito del <strong>di</strong>battito sulla strumentalizzazione politica della storiografia sull’Olocausto e<br />

la Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale 266 .<br />

Per in<strong>di</strong>viduare un filo rosso che unisca le decine <strong>di</strong> poesie e le immagini apparse nei<br />

Supplementi letterari della Tsz che hanno come comune denominatore il mito dell’oste della<br />

Passiria e altre tematiche-simbolo che vedremo è adeguato utilizzare il concetto <strong>di</strong> ‘piccola<br />

patria’ o ‘patria regionale’ che trova nel termine tedesco Heimat (espressione <strong>di</strong> cui si abusa<br />

nelle liriche qui analizzate) la sua sintesi migliore.<br />

In realtà, nelle liriche analizzate le occorrenze <strong>di</strong> Heimat e Vaterland sono quasi a pari merito,<br />

con un leggerissimo vantaggio (rapporto <strong>di</strong> 1 a 0.89) per Heimat. Si può però concludere che<br />

l’espressione Heimat viene <strong>di</strong> fatto utilizzata quando il testo ha maggiormente a che fare con<br />

la natura e il paesaggio tirolese o le sue caratteristiche, credenze e tra<strong>di</strong>zioni; mentre<br />

Vaterland è ripetuta per la maggior parte delle volte all’interno del motto patriottico tirolese:<br />

264<br />

Sulla storia della rivolta si veda A. Ragazzoni, Andreas Hofer – un eroe tra<strong>di</strong>to, Bolzano, Centro <strong>stu<strong>di</strong></strong> atesini,<br />

1984. La bibliografia in lingua tedesca è, naturalmente, molto vasta e supera i cinquanta titoli.<br />

265<br />

Cfr. Webhofer, op. cit.<br />

266<br />

J. Habermas, “L’uso pubblico della storia”, in G. E. Rusconi (a cura <strong>di</strong>), Germania: un passato che non<br />

passa. I crimini nazisti e l’identità tedesca, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1987; N. Gallerano (a cura <strong>di</strong>), L’uso pubblico della<br />

storia, Milano, Francesco Angeli, 1995.<br />

95


“Für Gott, Kaiser und Vaterland!” e poi in testi che un po’ si staccano dall’aspetto<br />

specificamente tirolese, quin<strong>di</strong> quei testi che parlano più ampiamente dei Regni <strong>di</strong> Germania e<br />

Austria e dell’Imperatore, quin<strong>di</strong> ampliando l’orizzonte <strong>di</strong> interesse. Questa però non è una<br />

regola sempre vera: i due termini spesso sono interscambiabili ed è dal contesto e il contenuto<br />

che si capisce se l’autore della poesia vuole riferirsi alla piccola patria tirolese o all’Impero.<br />

La figura <strong>di</strong> Andreas Hofer (1767-1810) comandante supremo dell'insurrezione tirolese contro<br />

Napoleone, come abbiamo già visto, non si può comprendere fino in fondo senza un'adeguata<br />

valutazione della sua profonda religiosità. Nello stesso modo anche la sollevazione dei tirolesi<br />

del 1809 contro i bavaresi e i francesi non si può capire senza tener presente l'elemento<br />

religioso. Il Tirolo <strong>di</strong> Andreas Hofer era contrassegnato da una profonda tra<strong>di</strong>zione cattolica<br />

che permeava tutta la vita privata e pubblica della popolazione. Questa forte impronta<br />

cristiana risaliva innanzitutto al 18° secolo durante il quale le missioni popolari dei gesuiti<br />

avevano trasformato il Tirolo in una ‘terra santa’. I gesuiti avevano introdotto un'intensa<br />

devozione al Sacro Cuore <strong>di</strong> Gesù che infine avrebbe portato alla consacrazione solenne del<br />

Tirolo al Sacro Cuore nel 1796. Durante il dominio bavarese 267 vennero presi energici<br />

provve<strong>di</strong>menti contro le usanze religiose e una serie <strong>di</strong> misure vessatorie nei confronti della<br />

Chiesa: soppressione <strong>di</strong> tutte le cerimonie del culto cattolico, niente più processioni,<br />

matrimoni e funerali religiosi, ad<strong>di</strong>rittura niente più suono <strong>di</strong> campane.<br />

I vescovi, il clero e i fedeli compresero ben presto che queste riforme non mettevano in<br />

pericolo soltanto la fede, ma anche tutta la vita comunitaria basata in gran parte su valori<br />

religiosi. E così essi tentarono <strong>di</strong> opporsi in tutti i mo<strong>di</strong> a queste riforme che mettevano in<br />

<strong>di</strong>scussione la vita religiosa e con essa anche l'identità tirolese. Le varie persecuzioni e<br />

tribolazioni subite nel campo della fede contribuirono notevolmente all'in<strong>di</strong>gnazione dei<br />

tirolesi nei confronti dei bavaresi e dei francesi. Quando i tirolesi nel 1809 insorsero contro i<br />

loro oppressori, la soppressione religiosa figurava fra i primi motivi per la loro rivolta.<br />

Nell’insurrezione le compagnie tirolesi riuscirono a sconfiggere più volte i nemici. Sul monte<br />

Isel nelle vicinanze <strong>di</strong> Innsbruck Andreas Hofer inflisse tre sconfitte agli eserciti franco-<br />

bavaresi. Tutta l'insurrezione fu contrassegnata da una forte impronta religiosa. Alla fine<br />

l’insorgenza venne schiacciata nel sangue da Napoleone, Hofer arrestato e fucilato a Mantova.<br />

267<br />

Dopo la grave sconfitta <strong>di</strong> Austerlitz l'Austria con la pace <strong>di</strong> Presburgo (1805) dovette cedere il Tirolo a<br />

Napoleone che lo aggregò alla Baviera, sua fedele alleata. In questo modo il Tirolo (che allora comprendeva<br />

anche il Trentino) passò dall'Impero asburgico alla Baviera.<br />

96


Das Andreas-Hofer-Lied, ovvero Il Canto <strong>di</strong> Andreas Hofer è, ufficialmente, l'inno del Tirolo,<br />

che racconta delle gesta dell'eroe. Il brano è anche noto come Zu Mantua in Banden der treue<br />

Hofer war, Il fedele Hofer era a Mantova in catene.<br />

La conduzione <strong>di</strong> questa guerriglia lo fece entrare per sempre come eroe nel cuore del popolo<br />

tirolese e istituì un rapporto indelebile tra Hofer e la cultura identitaria del Tirolo.<br />

Gli estratti che seguono confermano quest’uso mitizzato delle gesta dell’oste riportate alla<br />

luce come vanto e come modello da seguire nella nuova situazione <strong>di</strong> necessità:<br />

nella lirica intitolata Andreas Hofers Mahnruf l’eroe nazionale tirolese parla <strong>di</strong>rettamente ai<br />

suoi ere<strong>di</strong>: “Die Grenzen sind bedroht,/Welschlands Horden zieh’n heran,/Droh’n mit<br />

Verderben und Tod./Gewagt hat Welschlands Meineidbrut,/In unser’n Frieden<br />

einzudringen,/[…] Tiroler, ‘nauf in d’ Höh’,/ Dort laßt <strong>di</strong>e Stutzen blitzen/Mit geübtem Aug’<br />

und starker Hand,/Unsere Felsenburg zu schützen./Mit Gott, für Kaiser und Vaterland/Die<br />

Tiroler sich erheben,/[…] Tirol, sei stark,/Beweise Deinen Heldenmut auf’s Neue/Es steht in<br />

Deinem Ruhmesblatt/Vaterlandslieb und Treue.” 268 Già in questi pochi passi emergono delle<br />

strategie comunicative che ritroveremo ampiamente sfruttate in quasi tutti i testi. Il nemico<br />

<strong>di</strong>sturba e minaccia i patri confini, lo spirito <strong>di</strong> Hofer invita il popolo tirolese all’azione<br />

<strong>di</strong>fensiva. Un modo per far sentire il lettore parte <strong>di</strong> quel richiamo è l’uso del possessivo<br />

unser che include parlante e lettore nello stesso sistema connotato positivamente (la nostra<br />

pace, la nostra roccaforte fra le rocce/la nostra roccaforte <strong>di</strong> roccia) anche la ripetizione della<br />

re<strong>di</strong>ce semantica Tirol- (<strong>di</strong> cui due sono imperativi) ha lo scopo <strong>di</strong> creare senso <strong>di</strong> coesione.<br />

Infine, il rimando al passato sul finire dell’estratto, è finalizzato a ricordare ai combattenti<br />

come il loro valore, la loro forza ed eroicità sia genetica, come nella storia il popolo tirolese <strong>di</strong><br />

fronte al nemico riesca ad essere vincente; se il monito, poi, viene dall’eroe nazionale per<br />

antonomasia, questa volontà <strong>di</strong> riaffermare la propria superiorità sul nemico ha un ruolo <strong>di</strong><br />

identificazione collettiva in lui. A proposito della sua risaputa religiosità un altro testo,<br />

Hofer’s Beichte, racconta - ovviamente in prospettiva tirolese - la storia della cattura e<br />

uccisione <strong>di</strong> Hofer, che fu fucilato il 20 febbraio 1810. Un prete è con lui, per dargli conforto<br />

nelle sue ultime ore, Hofer nel testo elenca le sue presunte colpe, che ovviamente devono<br />

268<br />

Per la data <strong>di</strong> apparizione delle poesie e le altre coor<strong>di</strong>nate che le riguardano si veda l’Allegato 3 contenente<br />

l’in<strong>di</strong>ce dei contenuti e le informazioni rinvenute su alcune <strong>degli</strong> autori più noti, <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong> essi verranno date<br />

informazioni biografiche anche nel presente capitolo. Il monito <strong>di</strong> Andreas Hofer: “I nostri confini sono<br />

minacciati,/l’orda <strong>di</strong> terroni si avvicina,/minacciando <strong>di</strong> morte e rovina./Quella razza <strong>di</strong> terroni e spergiuri ha<br />

osato,/insinuarsi nella nostra pace,/[…] Tirolesi, su in alto,/fate brillare i vostri fucili,/con occhio esercitato e<br />

mano salda,/per <strong>di</strong>fendere il nostro paese <strong>di</strong> roccia./Con l’aiuto <strong>di</strong> Dio, per la Patria e per l’Imperatore/i tirolesi<br />

insorgono,/[…] Tirolo sii forte,/<strong>di</strong>mostra nuovamente il tuo coraggio eroico/nella tua pagina gloriosa stanno/<br />

fedeltà e amore per la patria.”<br />

97


suscitare nel lettore un sentimento <strong>di</strong> compassione e <strong>di</strong> sostegno per l’eroe ingiustamente<br />

incarcerato la cui storia in questi versi sembra quella <strong>di</strong> Gesù (“Als Retter” –“come<br />

Salvatore”). Molto interessante il passaggio in cui egli sostiene <strong>di</strong> essere stato <strong>di</strong>fensore della<br />

religione e della fede in Tirolo, quin<strong>di</strong> chi lo giustizia si schiera contro lo stesso Dio: “Zu<br />

Mantua im Kerker sitzt,/Der Held Tirols gefangen,/[…]Der Hofer doch, der weinet nicht,/Zu<br />

oft hat er gesehen/dem Tod in’s grause Angesicht,/Was Gott will, mög geschehen./[…] (qui<br />

parla Hofer) «‘Sag’ an, was ich verbrochen,/Wohl offen liegt mein Lebenslauf,/Nie hab’ ich<br />

mich verkrochen./Daß ich Tirol zu Waffen rief,/Den Kriegsbrand hochgeschwungen?/Ich<br />

weckte nur den Mut, der schlief,/Und hab’ den Sieg errungen!/Für Gott und Kaieser schlug<br />

ich los,/Für Vaterland und Glauben,/Die Freiheit in der Berge Schoß/Ich ließ sie uns nicht<br />

rauben./Wohl fühlt’ ich stolzgeschwellt <strong>di</strong>e Brust,/Da mir Tirol gehul<strong>di</strong>gt/Als Retter»./[…]<br />

Der Priester sprach kein Wort darauf,/doch feucht glänzt seine Wange,/Bald stieß <strong>di</strong>e Pfort’<br />

man klirrend auf/Zum Hofers letzte Gange.” 269 In questi versi è identificabile anche un’altra<br />

pratica molto <strong>di</strong>ffusa in questi versi: la guerra da parte <strong>di</strong> chi deve <strong>di</strong>fendersi dalla prepotenza<br />

nemica (fenomeno verificatosi sia nel 1809 che nel conflitto mon<strong>di</strong>ale), quin<strong>di</strong> a favore della<br />

libertà della propria terra e, ancor più, della propria fede è una guerra sostenuta da Dio è una<br />

violenza e un’aggressività assolutamente lecita.<br />

In queste pagine, non solo Andreas Hofer, certamente lui come esponente <strong>di</strong> maggior spicco e<br />

maggiore pregnanza, ma più in generale gli antenati e le loro battaglie per <strong>di</strong>fendere quella<br />

piccola patria sono continuamente chiamati in causa: lo scopo è quello <strong>di</strong> trasmettere l’onore,<br />

e l’onere, <strong>di</strong> questa ere<strong>di</strong>tà che deve essere <strong>di</strong>fesa e dalla quale ci si deve ispirare. I loro sforzi<br />

precedenti e i sacrifici per <strong>di</strong>fendere il Tirolo dallo straniero non possono essere sprecati ora,<br />

tanto più che i nuovi combattenti tirolesi hanno ere<strong>di</strong>tato le qualità del corpo e dello spirito<br />

che permetteranno loro <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere ancora una volta con successo il Tirolo: “Der<br />

Weltkriegsbrandung schlägt schon längst an uns’re Berge,/Doch sie zu stürmen ist eitler<br />

269<br />

La confessione <strong>di</strong> Hofer: “E’ prigioniero in carcere a Mantova,/l’eroe del Tirolo,/[…] Tuttavia Hofer non si<br />

lamenta,/troppo spesso egli ha visto/la morte nel suo orribile volto,/sia fatta la volontà <strong>di</strong> Dio./[…] (qui parla<br />

Hofer) «Ditemi, cosa ho fatto <strong>di</strong> male,/la mia storia è nota a tutti/non mi sono mai nascosto./Perché ho chiamato<br />

alle armi il Tirolo,/e ho incitato l’ardore della guerra?/Ho solo risvegliato il coraggio sopito,/e ho ottenuto la<br />

vittoria!/Ho combattuto per Dio e l’Imperatore,/per la patria e la fede,/non permisi loro <strong>di</strong> farci derubare/la<br />

libertà in casa nostra./Certamente sento il petto pieno <strong>di</strong> orgoglio,/poiché il Tirolo mi rende omaggio/come<br />

Salvatore.»/[…] Il prete non aggiunse nessuna parola a riguardo,/tuttavia le sue guance rilucevano<br />

inumi<strong>di</strong>te,/subito si aprì la porta cigolando,/per l’ultimo viaggio <strong>di</strong> Hofer.”<br />

98


Wahn der welschen Zwerge./[…]Wie einst <strong>di</strong>e Hoferhelden ihr kaisertreues Blut,/So setzen<br />

auch <strong>di</strong>e Söhne ein ihr letztes Gut.” 270 .<br />

Il parallelismo col passato è molto <strong>di</strong>ffuso, è una sorta <strong>di</strong> buon auspicio, un refrain che viene<br />

ripetuto per trasmettere la necessità suprema e ineluttabile <strong>di</strong> una buona riuscita anche del<br />

conflitto attuale: “Drauf, Brüder, drauf! Wie einstens uns’re Ahnen/Kein welscher Schuft soll<br />

unsern Grenzen nah’n!” 271<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questo proce<strong>di</strong>mento è da un lato <strong>di</strong> motivare con modelli positivi e dall’altro <strong>di</strong><br />

rassicurare, allontanando pensieri negativi che potrebbero essere causa <strong>di</strong> prestazioni poco<br />

efficaci e ammutinamenti. In questi versi si rilevi anche l’importanza del termine Brüder,<br />

fratelli, finalizzato a rendere un senso <strong>di</strong> coesione e comunione estremamente intima e<br />

familiare.<br />

Una sorta <strong>di</strong> legame mitico unisce il popolo tirolese e, nella trasfigurazione <strong>di</strong> queste pagine,<br />

le qualità <strong>di</strong> Hofer e <strong>degli</strong> antenati, per traslato, passano ai contemporanei e anch’essi<br />

<strong>di</strong>ventano eroi.<br />

Tiroler Helden è un testo che esprime molto chiaramente quest’idea: “O Heimat, lieb<br />

Heimat,/Du schönes Tirol,/Du Stammburg der Helden,/Der Treue Symbol./[…] Hoch über<br />

den Wolken/Beim ewigen Eis,/Ringt kühn mit dem Feinde/Der Jüngling und Greis./Fest<br />

stehen <strong>di</strong>e Helden/Wie Eisen und Erz/[…] Und färbt auch ihr Herzblut/Den Firnenschnee<br />

rot,/Für Landl zu sterben/Ist herrlicher Tod.[…]/So lang wir noch treffen/Das Schwarz in der<br />

Scheib’n,/So lang wird Tirol noch/Bei Österreich bleiben./[…] Du (Kaiser) liebst <strong>di</strong>e<br />

Tiroler,/Und bist ihnen gut;/Sie opfern Dir freu<strong>di</strong>g/Ihr Leben und Blut./[…] Tirol! Stolze<br />

Perle/In Österreich’s Kron’,/Dich grüßt in der Ferne/In Treue Dein Sohn!” 272 . Il Tirolo è,<br />

dunque, la culla <strong>degli</strong> eroi, il simbolo della fedeltà; giovani e anziani si battono per la causa<br />

comune, soli<strong>di</strong> come il ferro.<br />

270<br />

Der rote Aar (L’aquila rossa): “L’onda della guerra mon<strong>di</strong>ale s’infrange già da tempo contro i nostri<br />

monti/tuttavia è una presuntuosa chimera dei nanerottoli terroni attaccarli./[…] Come un tempo gli eroi <strong>di</strong> Hofer<br />

versarono il loro sangue fedele all’Imperatore/così ora i figli impiegano il loro ultimo bene.”<br />

271<br />

Aus den Dolomiten (Dalle Dolomiti): “Su fratelli, su! Come fecero un tempo i nostri antenati/Nessun furfante<br />

terrone deve avvicinarsi ai nostri confini!”<br />

272<br />

Eroi tirolesi: “O Patria, amata Patria/Tu splen<strong>di</strong>do Tirolo/ Tu luogo natio <strong>degli</strong> eroi,/simbolo della fedeltà./In<br />

alto, sopra le nuvole/presso i ghiacci eterni/combattono audacemente il nemico/giovani e anziani./Stanno sal<strong>di</strong><br />

gli eroi/come il ferro e il bronzo/[…] e se anche il loro sangue dovesse colorare <strong>di</strong> rosso/la neve dei<br />

ghiacciai,/morire per la Patria/è una morte meravigliosa.[…]/Fintanto che noi/centriamo il bersaglio/il Tirolo<br />

rimarrà all’Austria/[…] Tu (Imperatore) ami il Tirolo,/ e sei amato da loro;/ Loro sacrificano con gioia per te/la<br />

loro vita e il loro sangue./[…] Tirolo! Perla magnifica/nella corona austriaca,/ti saluta da lontano/con devozione<br />

il tuo figlio!”<br />

99


Nel testo Tirolervolk vengono messe in risalto le caratteristiche etico morali <strong>di</strong> questo popolo,<br />

caratteristiche che hanno un importante peso per la caratterizzazione generale positiva del Noi<br />

(contrapposta a Loro): “Es lebt ein freies, stolzes Volk/Auf stolzen, freien Bergen,/[…] Der<br />

Ahnen echte Erben!/Den Sitten ihrer Väter treu,/So wahrhaft fromm und bieder,/[…]Wohl<br />

lebt in ihm ein Bauernstolz/Mit adeligem Trutzen,/So daß damit zusammenschmolz,/Der<br />

Pflug wohl und der Stutzen.” 273 Il moschetto e l’aratro, citati nell’ultimo verso, sono simboli<br />

rispettivamente della patria e del fronte, a voler significare l’importanza della loro fusione e la<br />

capacità <strong>di</strong> questo popolo <strong>di</strong> riuscire in questo intento. Parole chiave: Tirol, Volk, Bergen,<br />

Ahnen, Bauern. Aggettivi: treu, stolz, frei, bieder, fromm, adelig. Questi termini<br />

caratterizzeranno molti altri testi e avranno un ruolo molto importante per la definizione del<br />

gruppo positivo (come altri l’avranno nella definizione <strong>di</strong> quello negativo). Il loro utilizzo<br />

ripetuto e sistematico creerà un sistema <strong>di</strong> riferimento definito e preciso e ogni volta che il<br />

lettore incontrerà queste espressioni si identificherà automaticamente in esse. Chi legge queste<br />

poesie anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo deve ritrovare dei motivi che si ripetono, delle espressioni<br />

che siano facilmente riconoscibili e facilmente riutilizzabili (es. “jederzeit kampfbereit”-<br />

“sempre pronti a combattere”) la visione del mondo che viene offerta in queste pagine, seppur<br />

trasfigurata, deve essere coerente e fornire un rimando accettato e noto.<br />

Un altro testo che rientra in questo gruppo è Tiroler Kriegslied anch’esso è un concentrato <strong>di</strong><br />

parole chiave (beschützen, schützen, als Helden kämpfen, durchhalten – proteggere,<br />

<strong>di</strong>fendere, combattere come eroi, resistere) e simboli <strong>di</strong> identificazione collettiva (l’Aquila,<br />

Dio, l’Imperatore, Noi, Andreas Hofer, il Tirolo, la Patria) finalizzati a passare ancora una<br />

volta il messaggio che nella vita terrena non c’è aspirazione più grande che <strong>di</strong>fendere la patria<br />

dai Wälsche: “Das Vaterland zu beschützen/Vor der welschen Beutegier/Ist unser höchstes<br />

Streben/In <strong>di</strong>esem Erdenleben!/[…] Der Adler schwebt uns blutigrot/Im Kampf voran!/Wir<br />

kämpfen für Kaiser,/Für Reich und Vaterland/Und schützen <strong>di</strong>e Lieben/Und unser<br />

Haimatland!/Die Geister unserer Väter/Stehen uns im Kampfe bei,/Gott läßt es uns<br />

gelingen,/Die Feinde zu bezwingen!/[…] Wir wollen als Helden kämpfen/Und brav – wenn es<br />

Gott so will - /Fürs Vaterland auch sterben/Als Andrea Hofers Erben!/[…]Die Kanonen sollen<br />

donnern,/Wir halten als Helden durch!/Tirol darf nicht vergehen,/Tirol muß fortbestehen!” 274 .<br />

273 Popolo tirolese: “Vive un popolo libero e fiero/su monti liberi e fieri,/[…] Autentici ere<strong>di</strong> <strong>degli</strong><br />

antenati!/Fedeli alle usanze dei loro padri,/così veramente pii e tra<strong>di</strong>zionalisti,/[…] In loro vive certo un orgoglio<br />

conta<strong>di</strong>no/con nobile ostinazione,/così che si trovano fusi insieme/l’aratro col fucile.”<br />

274<br />

Canto <strong>di</strong> guerra tirolese: “Proteggere la Patria/dalla brama <strong>di</strong> bottino terrona/è il nostro sforzo più grande/in<br />

questa vita terrena!/[…] L’aquila rosso sangue/vola davanti a noi in battaglia!/Noi combattiamo per<br />

100


In questa lotta, da ciò che sembra emergere dal testo, il tirolese è accompagnato da una serie<br />

<strong>di</strong> simboli benefici e positivi capaci <strong>di</strong> garantire la buona riuscita dell’impresa grazie al loro<br />

potere simbolico-trascendentale, quasi magico, favorevole.<br />

Anche la citazione in<strong>di</strong>retta <strong>degli</strong> eventi del 1809 è finalizzata a trasmettere un senso <strong>di</strong> esito<br />

positivo del conflitto, una sorta <strong>di</strong> necessità storica per cui il Tirolo rimarrà libero<br />

dall’ingerenza straniera, come emerge dalla poesia Zur Enthüllung des Denkmals “Anno<br />

Neun”: “Ihr kennt den Geist von Achtzehnhundertneun;/Seine Heimat ist das Land Tirol./Der<br />

Väterglaube zeugte ihn,/Die Not hat ihn geboren,/Die Heimatliebe ihn gesäugt/Und<br />

großgezogen mit der Kaisertreue./[…] Er sog der Berge reinste Lüfte/Und seine Brust ward<br />

stark/Und seine Hand ward fest/Und treu sein Herz./[…] Und rufen Vaterland und<br />

Kaiser,/Voll Gott- und Selbstvertrauen steht er auf/[…] Und herrlich, heldenstark ist er<br />

auferstanden/Der Geist von Achtzehnhundertneun./Und […] Unbeugsam, starr und stolz wie<br />

seine Berge,/So steh’n sie an der Südmark heute.” 275<br />

Anche qui ve<strong>di</strong>amo ripetute alcune delle espressioni chiave finalizzate alla definizione del<br />

gruppo positivo.<br />

Altri personaggi-simbolo<br />

Come abbiamo visto, Hofer è un esempio calzante, tra i tanti, della fusione del concetto <strong>di</strong><br />

patria con il Tirolo. La Hoferland-Heimatland 276 è terra sacra per eccellenza: luogo della<br />

l’Imperatore,/per il Regno e la Patria/ e <strong>di</strong>fen<strong>di</strong>amo i nostri cari/e la Patria!/gli spiriti dei nostri padri/ci stanno<br />

accanto in battaglia,/Dio conce<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> riuscire,/a vincere il nemico!/[…] Noi vogliamo combattere come eroi/ed<br />

eroicamente – se Dio vuole ciò - / anche morire per la Patria/come ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Andreas Hofer!/[…] I cannoni<br />

devono rimbombare,/Noi, come eroi, resistiamo!/Il Tirolo non può passare,/il Tirolo deve continuare ad<br />

esistere!”<br />

275<br />

Per l’inaugurazione al monument dell’Anno Nove: “Voi conoscete lo spirito del 1809;/la sua patria è il<br />

Tirolo./La fede dei padri lo ha creato,/la necessità lo ha fatto nascere,/l’amore per la patria lo ha allattato/ed è<br />

stato allevato con la devozione all’Imperatore./[…] Esso respirò l’aria purissima dei monti/così il suo petto<br />

<strong>di</strong>venne forte/la sua mano salda/e fedele il suo cuore./[…] E quando la Patria e l’Imperatore chiamarono,/ esso si<br />

levò pieno <strong>di</strong> fiducia in Dio ed in sé./[…] E si è levato, magnifico e vigoroso come un eroe/lo Spirito dell’anno<br />

1809./E come fu […] irremovibile, fisso e sprezzante come le sue montagne,/così oggi essi (i combattenti)<br />

stanno al fronte sud.”<br />

276<br />

Poesia <strong>di</strong> Bruder Willram pubblicata nel numero speciale de<strong>di</strong>cato al centoseiesimo anniversario della morte<br />

dell’eroe <strong>di</strong> cui riportiamo qualche verso chiarificatore: “Mein Hoferland, Tirolerland/Du Heimat stolzer<br />

Helden!/Du kannst von Krieg und Schlachtbrand/Uns grause Märe melden./Denn deiner Berge Gipfelschau/War<br />

Zeuger kühner Taten/Und deines Himmels Sommerblau/Beglänzte blut’ge Saaten!” (“Mia terra <strong>di</strong> Hofer, mia<br />

terra tirolese/Tu patria <strong>di</strong> fieri eroi!/Tu dalla guerra e dal fuoco del combattimento puoi annunciarci orribili<br />

racconti./Poiché le alte vette dei tuoi monti/ furono testimoni <strong>di</strong> audaci gesta/e il blu estivo del tuo cielo/ brillò <strong>di</strong><br />

una semina sanguinosa.”) In questo elogio della Heimat come luogo sacro, cultura e natura vengono uniti<br />

in<strong>di</strong>ssolubilmente in una sorta <strong>di</strong> matrimonio mistico, in cui l’elemento religioso fa da trait d’union fra i due<br />

101


nascita e del battesimo, del sacrificio per l’ideale cristiano. La sua figura si rivelò essenziale<br />

nella creazione dell’identità tirolese e ancor più questo ruolo venne confermato nella<br />

situazione <strong>di</strong> ansia e minaccia che si creò durante il conflitto.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> de<strong>di</strong>care delle liriche a dei personaggi, per così <strong>di</strong>re, importanti, era quello<br />

innanzi tutto <strong>di</strong> inorgoglire le truppe all’idea <strong>di</strong> avere <strong>degli</strong> avi tanto famosi, secondariamente<br />

<strong>di</strong> invitarle a prendere spunto dai caratteri e dalle gesta <strong>di</strong> queste figure, che in questi testi<br />

vengono sempre rappresentati con doti eroiche e caratteristiche quasi sovra naturali, ed<br />

identificarsi in esse.<br />

Oltre Andreas Hofer in queste pagine anche altri personaggi vengono sfruttati per questo<br />

scopo e si tratta perlopiù <strong>di</strong> personaggi <strong>di</strong> spicco della gerarchia militare o della tra<strong>di</strong>zione<br />

tirolese.<br />

Uno dei nomi che, in queste pagine, segue per <strong>di</strong>ffusione quello <strong>di</strong> Hofer è la guida alpina<br />

Sepp Innerkofler 277 che <strong>di</strong>venterà l’eroe-simbolo per eccellenza della guerra d’alta quota. La<br />

prima poesia a lui de<strong>di</strong>cata nella quale ci imbattiamo, Sepp Innerkofler, è firmata da Arthur<br />

von Wallpach 278 , che fa una piccola descrizione del personaggio: era un uomo vissuto, ma<br />

allo stesso tempo semplice, legato alla terra (“Ein Weltmann war er, doch ein Bauer nur”-<br />

“Egli era un uomo <strong>di</strong> mondo, tuttavia solo un conta<strong>di</strong>no”); un uomo che non temette alcun<br />

pericolo per <strong>di</strong>fendere la propria patria (“Da war kein Todesgang, den er nicht wagte”- “Non<br />

ci fu nessun occasione in cui egli si tirò in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong> fronte al rischi <strong>di</strong> morire”). Le sue doti<br />

fisiche e morali (Sein Ratschlag/Sein Falkenblick- I suoi consigli/la sua vista <strong>di</strong> faclo)<br />

poli: la natura permette al Tirolo <strong>di</strong> assolvere alla sua funzione storica <strong>di</strong> roccaforte della fedeltà, rifornendolo<br />

delle materie prime e del materiale umano necessario a sbarrare il cammino al nemico.<br />

277<br />

Nato nei pressi <strong>di</strong> Sesto nel 1865, nell'allora Tirolo che faceva parte dell'Impero austroungarico, amante della<br />

montagne della sua valle e cacciatore <strong>di</strong> camosci, dopo alcuni <strong>di</strong> lavoro in una segheria, nel 1889 ottenne il<br />

brevetto <strong>di</strong> guida alpina dal Deutscher und Österreichischer Alpenverein (o<strong>di</strong>erni Deutscher Alpenverein e<br />

Oesterreichischer Alpenverein). Con l'entrata in guerra dell'Austria Ungheria nel 1914 non fu chiamato al fronte<br />

per ragioni <strong>di</strong> età. Il 19 maggio 1915 si arruolò volontario insieme ai fratelli e al figlio maggiore nell'Imperial<br />

regio Esercito austro-ungarico negli Standschützen con una pattuglia guidata da lui con servizi <strong>di</strong> ricognizione<br />

che portava informazioni sugli spostamenti <strong>degli</strong> italiani. Fu testimone della <strong>di</strong>struzione del suo rifugio e morì in<br />

circostanze controverse durante un'azione sul Monte Paterno il 4 luglio 1915. Il suo corpo fu recuperato dagli<br />

Alpini che gli <strong>di</strong>edero una sepoltura sulla cima del monte. Nell'agosto del 1918 le sue spoglie furono traslate nel<br />

cimitero <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> Sesto dove si trovano tuttora. Si veda Mario Vianelli, Giovanni Cenacchi Teatri <strong>di</strong><br />

Guerra sulle Dolomiti, 2006, p. 87.<br />

278<br />

Su <strong>di</strong> lui si veda la <strong>di</strong>ssertazione della Klotz, Arthur von Wallpach. Eine Monographie. 1983. (1866-1946)<br />

Poeta e scrittore tirolese. Durante la Grande Guerra fu capitano <strong>degli</strong> Standschützen e nel 1916 fu autore <strong>di</strong> una<br />

raccolta <strong>di</strong> poesie patriottico-bellicista per la nota casa e<strong>di</strong>trice Tyrolia dal titolo Wir brechen durch den Tod!. La<br />

raccolta contiene tutte e otto le poesie che lo scrittore pubblicò in anteprima sulle pagine dei Supplementi<br />

letterari: Sepp Innerkofler, Gefangene, Gebet, Alarm, Schneevergraben, Frühlingsbote,Den Jungen, Cimberland.<br />

102


guidarono le truppe austriache contro il nemico “das Feind’s Gewimmel” 279 . Nell’ultima<br />

strofa Wallpach descrive la sua morte eroica, morte che paradossalmente gli ha però garantito<br />

l’immortalità: “Unsterblichkeit hast du gebunden an <strong>di</strong>ch” 280 , come leggeremo in un altro<br />

testo de<strong>di</strong>cato alla guida alpina, sempre dal titolo Sepp Innerkofler, ispirato a un <strong>di</strong>pinto del<br />

Prof. Franz von Defregger 281 che proponiamo <strong>di</strong> seguito<br />

Zu Sepp Innerkoflers Tod!, è incentrata sull’importanza del rapporto uomo-natura, in<br />

particolare uomo-montagna, altro nucleo tematico importante per l’identificazione collettiva,<br />

(come vedremo in seguito): “Der brave Sepp […]/Schier einem guten Berggeist gleich,/Hier<br />

oben war sein Himmelreich!/[…] Er liebt <strong>di</strong>e firngekrönten Hörner/[…] Wie nur ein edler,<br />

braver Mann/der Heimat Berge lieben kann!” 282 un vero tirolese, così come fu fino in fondo<br />

Innerkofler, che nei suoi amati monti perse la vita: “Und Sepp, der hier auf lichten Höhen/In<br />

steiler Wand dem Tod in’s Aug’ gesehen,/Jetz wohlgemut im ernster Streit/Dem Vaterland<br />

sein Leben weiht!/[…] Drum kämpft der Sepp mit heiliger Pflicht/Als Held in Gottes<br />

279<br />

“Il brulichio nemico”. Usare espressioni come brulichio, formicolio associate al nemico rappresenta un modo<br />

strategico per dare del nemico una caratterizzazione come <strong>di</strong> in<strong>di</strong>stinto e confusione. Nonostante, come vedremo,<br />

sia molto importante dare al nemico dei tratti riconoscibili e sempre uguali, in caratterizzazione precisa rientra<br />

anche associarlo all’indefinitezza, al gruppo caotico e rumoroso, che elimini l’in<strong>di</strong>vidualità del singolo, quin<strong>di</strong> il<br />

suo potenziale umano che potrebbe suscitare pietà e compassione nei suoi confronti.<br />

280<br />

“Hai vincolato a te l’immortalità”.<br />

281<br />

Franz von Defregger: pittore. (Stronach bei Lienz, 1835- München, 1921) figlio <strong>di</strong> un conta<strong>di</strong>no, mostró sin<br />

da giovane interesse per l´intaglio e il <strong>di</strong>segno, ma lasció il borgo natio per Innsbruck, solo dopo la morte del<br />

padre nel 1860, per apprendere l´intaglio del legno. Poi si volse alla pittura. Nel 1862 andó all´accademia <strong>di</strong><br />

Monaco, nel 1863-65 risiedette a Parigi e poi tornó nuovamente in Tirolo. Nel 1867 nuovamente a Monaco<br />

finché nel 1883 <strong>di</strong>venne professore alla Münchener Akad. Significativo come rappresentante <strong>di</strong> paesaggi e<br />

storico, egli e´ sopratutto ricordato come uno <strong>degli</strong> ultimi caratteristici rappresentanti della pittura naturalisticaconta<strong>di</strong>na.<br />

Österreichisches Biographisches Lexikon 1815-1950. Wien, Hrsg. v. Der Österreichischen Akademie<br />

der Wissenschaft, 1972.<br />

282<br />

Per la morte <strong>di</strong> Sepp Innerkofler!: “Il buon Sepp […] quasi uguale ad uno spirito <strong>di</strong> montagna<br />

benevolo,/Quassù era il suo Regno dei cieli!/[…] Egli ama le vette coronate <strong>di</strong> ghiacci/[…] Come solo un uomo<br />

buono e nobile/può amare i patri monti!”<br />

103


Weltgericht!/[…] Es fiel im Kampf mit feilen Schergen,/Der kühne Sepp in seinen lieben<br />

Bergen!” 283<br />

Tra le figure simbolo in cui identificarsi c’è anche quella dell’Erzherzog Eugen 284 . Questi<br />

versi, dal titolo Erzherzog Eugen!, descrivono le qualità dell’Arciduca e la venerazione che<br />

queste suscitano nei suoi confronti, la fiducia e la devozione incon<strong>di</strong>zionata che gli sono<br />

accordate sono talmente forti e ra<strong>di</strong>cate che l’Arciduca e Dio (seguiti entrambi dal punto<br />

esclamativo e <strong>di</strong>slocati in posizione enfatica, il primo nel titolo e il secondo come ultima<br />

parola del testo) paiano quasi la stessa persona: “Prinz Eugen führt unser Heer!/Er an der<br />

Spitze unserer Tapfern./[…] Wohl jeder kennt ihn, mild und gütig,/Von edlem Sinn und<br />

hohem Geist;/[…] Nun darf uns nicht mehr bange sein/Um unser liebes Vaterland,/Der edle<br />

Prinz führt unser Heer/Zum Kampf mit mächtig starker Hand./Zu ihm blickt Österreichs<br />

ganzes Volk/Vetrauendsvoll und hoffend auf./[…] Der edle, gottesfürchtige Held/Wird siegen<br />

über alle Not./Mit ihm und seinen Scharen ist/Der höchste Kampfesrichter: Gott!” 285<br />

In alcuni testi non è una figura specifica con un nome specifico ad assolvere a questa<br />

mansione, Unser Kommandant, ad esempio, è un testo che, come altri, prende come<br />

riferimento una figura <strong>di</strong> spicco all’interno della gerarchia, ma che non viene nominata<br />

<strong>di</strong>rettamente. In realtà il nome in sé ha un ruolo importante, ma è altrettanto importante anche<br />

l’incarico e/o il ruolo che questa figura ricopre per essere utilizzabile come esempio e<br />

modello: “Nie gibt es einen Kommandant’/So wie den unsern hier./[…] Ein leuchtend<br />

Vorbild ist Er uns,/Er kennt nicht Rast noch Ruh’./Kein Weig Ihm zu beschwerlich ist,/Er<br />

strebt der Stellung zu./[…] Und mit Verehrung blickt auf Ihn/Ein jeder wack’re Streiter./[…]<br />

Ein Gott Er uns erscheint!/Wir setzen alles für Ihn ein,/Mit ganzer Kraft – vereint!/O, hoffen<br />

wir, daß uns noch lang/Sein Wirken sei beschieden./Er führe uns durch Kampf und Sieg/Zum<br />

kommende Weltenfrieden.” 286 Questo comandante, il cui nome non è menzionato e non è<br />

283<br />

“E Sepp che qui sulle chiare vette/nelle pareti scoscese ha visto la morte negli occhi,/Ora <strong>di</strong> buon animo nella<br />

dura battaglia/consacra la sua vita alla Patria!/[…] Perciò Sepp combatte con grande dovere/come un eroe nel<br />

tribunale <strong>di</strong>vino!/[…] Cadde in combattimento contro dei vili prepotenti,/l’audace Sepp nei suoi amati monti!”<br />

284<br />

L’arciduca Eugenio fu assegnato alle operazioni <strong>di</strong> guerra contro l’Italia dopo l’ingresso della stessa contro<br />

gli Imperi centrali. Di lui si è parlato ampiamente nella prima parte del lavoro.<br />

285<br />

L’Arciduca Eugenio!: “Il Principe Eugenio guida il nostro esercito!/Egli in testa ai nostri valorosi./[…] Di<br />

certo ognuno lo conosce come persona mite e benevola,/d’animo nobile e <strong>di</strong> spirito elevato;/[…] Ora noi non<br />

dobbiamo più avere paura/verso la nostra amata Patria,/il nobile Principe guida il nostro esercito/alla battaglia<br />

con mano molto energica./A lui guarda l’intero popolo d’Austria/speranzoso e pieno <strong>di</strong> fiducia./[…] Il nobile e<br />

devoto eroe/vincerà sopra tutte le necessità./Con lui e le sue schiere c’è/il supremo condottiero: Dio!”<br />

286<br />

Il nostro comandante: “Mai c’è stato un comandante/come quello nostro./[…] Egli per noi è un esempio<br />

luminoso,/egli non conosce riposo né pace./Nessun cammino per lui è troppo faticoso,/egli mantiene la<br />

posizione./[…] Ogni combattente valoroso/guarda a lui con ammirazione/[…] Egli ci sembra come un Dio!/Noi<br />

tutti c’impegniamo per lui,/con tutta la forza – uniti!/O, noi speriamo che ancora a lungo/sia garantito il suo<br />

operato./Egli ci guida attraverso la lotta e la vittoria/al venturo mondo <strong>di</strong> pace.”<br />

104


importante, è una figura qualsiasi che funziona da collante e da simbolo identificatore, che ha<br />

doti eroiche che i sottoposti ammirano e dalle quali devono ispirarsi per essere infaticabili e<br />

invincibili come lui.<br />

Allo stesso modo l’esempio <strong>di</strong> Ein treuer Führer, Un onesto condottiero, è un testo de<strong>di</strong>cato<br />

ad un superiore, figura descritta con qualità eccellenti, ma del quale non è essenziale citare il<br />

nome.<br />

In questa lista <strong>di</strong> personaggi con qualità ultraterrene positive nelle quali il popolo dei<br />

combattenti e non si identifica non poteva ovviamente mancare la figura dell’Imperatore<br />

Franz Joseph, molto spesso, in queste liriche, egli è paragonato, <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente,<br />

a Dio.<br />

Unserem Kaiser!: “Deiner Väter Krone, sie wird glänzen/weithin über Öst’reichs einst’ge<br />

Grenzen,/Wie noch nie auf eines Habsburg’s Haupt!” 287<br />

Unserem geliebten Kaiser è un testo simile a quello appena citato. L’imperatore è colui<br />

attorno al quale si radunano tutti i popoli dell’Impero, e in virtù della quale si appianano le<br />

tensioni nazionalistiche. Egli, inoltre, non è un Re solo nominalmente, ma è anche attivo sul<br />

campo: “O, Deine Völker, <strong>di</strong>e Du stets als Vater/wie Kinder, um Dein Szepter mild<br />

geschart,/[…]Und aufrecht und gerecht stehst Du inmitten/von Haß und Zwietracht/[…]Du<br />

bist ein Kaiser nicht, um stolz zu ragen,/Du bist der erste Mann in Deinem Reich,/Die<br />

schwerste Last als Stärkster zu ertragen/und niemand war Dir je an Stärke gleich./So bleibst<br />

Du jung, trotz Deiner vielen Jahre,/und jeder neue Tag bringt neues Leid:/Jedoch Dein Blick,<br />

der leiderprobte, klare,/schaut in <strong>di</strong>e Zukunft und <strong>di</strong>e Ewigkeit./[…] Die Ewigkeit ist ein<br />

gerechter Richter!/Du Kaiser, darfst der Ewigkeit vertau’n!” 288<br />

La motivazione religiosa: morte eroica e favore <strong>di</strong>vino<br />

Se in campo italiano l’anticlericalismo <strong>di</strong>ffuso fra le classi <strong>di</strong>rigenti liberali fece da freno alla<br />

collaborazione fra cappellani militari e ufficiali nell’occuparsi della psicologia del soldato 289 ,<br />

287<br />

Al nostro Imperatore!: “La corona dei tuoi padri, essa brillerà/lontano, sopra i vecchi confini austriaci,/come<br />

mai prima sul capo <strong>di</strong> un Asburgo!”<br />

288<br />

Al nostro amato Imperatore: “O, i tuoi popoli, che tu sempre come padre/hai radunato benevolmente attorno<br />

al tuo scettro,/[…] E Tu stai retto e giusto in mezzo/all’o<strong>di</strong>o e alla <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a/Tu non sei un Imperatore che si<br />

eleva altero,/Tu sei il primo uomo nel Tuo regno,/a sopportare il carico maggiore in qualità <strong>di</strong> più forte/e nessuno<br />

Ti eguaglia in forza./Così, Tu rimani giovane nonostante i Tuoi tanti anni,/ e ogni giorno nuovo porta nuovo<br />

dolore:/tuttavia il Tuo sguardo, che ha sofferto, guarda/sereno al futuro e all’eternità./[…] L’eternità è un giu<strong>di</strong>ce<br />

giusto!/Tu Imperatore, devi avere fiducia nell’eternità.”<br />

289<br />

Isnenghi, op. cit., pp. 12-26.<br />

105


nella Monarchia il ruolo dei religiosi nelle trincee del cattolicissimo Tirolo fu fin da subito<br />

attivo e perfettamente integrato con quello del Lvk svolto attraverso la Tsz 290 .<br />

Seguendo le orme del celebre cappuccino Haspinger, il frate guerriero dell’anno nove, i<br />

cappellani militari si occuparono fin da subito della “psychische Betreuung”, cioè<br />

dell’assistenza psicologica ai soldati, secondo il motto “Wir haben Maschinengewehre und<br />

Feldkuraten!” 291 : un ruolo particolarmente importante venne svolto dal clero redentorista,<br />

facente capo a un or<strong>di</strong>ne cattolico attivo fin dal XVIII secolo nelle Volksmissionen 292 .<br />

I vescovi, poi, visitavano <strong>di</strong> frequente il fronte nell’ambito <strong>di</strong> processioni e pellegrinaggi<br />

votivi, durante i quali i più abili oratori tenevano <strong>di</strong>scorsi alle truppe: il più noto <strong>di</strong> questi è<br />

Bruder Willram, le cui opere poetiche trovarono un certo spazio nella Tsz e le quali<br />

certamente influenzarono in buona parte il linguaggio e il contenuto delle altre liriche prodotte<br />

dai combattenti-scrittori.<br />

Bruder Willram hält <strong>di</strong>e Feldrede. LB 26.02.1916, p. 4<br />

Sono otto in tutto le pre<strong>di</strong>che <strong>di</strong> cui la Tsz riporta il testo integrale: una <strong>di</strong> Bruder Willram 293<br />

(fece un unico viaggio al fronte nel 1915, viaggio documentato anche dalla foto riportata<br />

290<br />

Roner, op. cit., pp.188-189.<br />

291<br />

“Noi abbiamo mitragliatrici e cappellani militari!”, Ibid.<br />

292<br />

“Missioni presso il popolo”. Il nome latino dell’or<strong>di</strong>ne è Congregatio Sanctissimi Redemptoris, Ibid.<br />

293<br />

Nella Tsz vennero pubblicate cinque poesie (Motto, Dolomitenwacht x2, Der Kaiser Ruft, Mein Hoferland,<br />

mein Heimatland) e una pre<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> Willram. Tutta le raccolte <strong>di</strong> poesie <strong>di</strong> Willram precedenti alla guerra<br />

contengono prevalentemente descrizioni molto dettagliate del mondo alpino tirolese e sono delle vere e proprie<br />

confessioni d’amore alla bellezza della natura della propria piccola patria, in particolare de<strong>di</strong>cando particolare<br />

106


sopra), quattro <strong>di</strong> Padre Rudolf Figl (cappellano all’ospedale militare <strong>di</strong> Bressanone) e tre non<br />

sono firmate, ma dallo stile sembrano riconducibili a Figl.<br />

Non è noto se i testi rappresentino una trascrizione fedele <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>che tenute dal vivo: a volte<br />

vengono riportate la data e il luogo in cui si erano svolte, altre volte no. È molto probabile<br />

comunque che questi testi fossero dei riassunti per la stampa compilati dagli stessi religiosi<br />

sulla base dei canovacci usati dal vivo.<br />

La quantità relativamente scarsa <strong>di</strong> testi scritti da religiosi non deve trarre in inganno: come<br />

vedremo e come è già stato ampiamente messo in evidenza, quello religioso è il serbatoio<br />

principale <strong>di</strong> simboli e schemi rappresentativi e interpretativi a cui più spesso attingono gli<br />

autori pubblicati nella Tsz. Questo, si ba<strong>di</strong>, sempre e solo fino alla riconversione della Tsz in<br />

Sz, quando erano, insomma, i Supplementi a farla da padrone: nel nuovo giornale il mondo <strong>di</strong><br />

riferimento sarà quello della politica.<br />

Si è deciso <strong>di</strong> introdurre l’analisi delle pre<strong>di</strong>che e si è scelto <strong>di</strong> citarle in questa sede poiché<br />

esse servono a chiarire con quali argomenti ed entro quali orizzonti culturali<br />

complessivamente la Tsz e i suoi supplementi esercitassero il proprio ruolo <strong>di</strong> persuasione<br />

psicologica per i soldati.<br />

Con le loro pre<strong>di</strong>che Bruder Willram e Padre Figl si pro<strong>di</strong>gavano per sottolineare il legame fra<br />

la morte e l’eroismo, fra sacrificio del soldato per la Heimat e martirio cristiano in nome della<br />

fede, <strong>di</strong>chiarando esplicitamente che al morto in guerra spettava la somma beatitu<strong>di</strong>ne celeste,<br />

e a queste tematiche si ispireranno numerosissimi altri testi che vedremo.<br />

Chiedendosi chi sono le vere vittime della guerra Bruder Willram non esita ad escludere<br />

categoricamente i caduti 294 :<br />

attenzione ai monti. Con il 1914 e l’inizio della prima guerra mon<strong>di</strong>ale il contenuto delle poesie e dei canti scritti<br />

da Willram cambiarono rispetto agli scritti antecedenti. Solo nei primi due anni <strong>di</strong> guerra furono stampati quattro<br />

libri <strong>di</strong> Bruder Willram, i quali trattavano quasi esclusivamente della guerra mon<strong>di</strong>ale e del ruolo del Tirolo in<br />

guerra:<br />

Kennt ihr das Land? Patriotische Reden und Ansprachen von Prof. A. Müller (Br. Willram) – Tyrolia, Innsbruck<br />

1914<br />

Auf, auf zum Kampf! Zwei patriotische Gedenkreden – Tyrolia, Innsbruck 1914<br />

Das blutige Jahr! – Tyrolia, Innsbruck 1915<br />

Der Heilige Kampf. Neue Kriegslieder – Tyrolia, Innsbruck 1916<br />

Soprattutto le ultime due pubblicazioni ottennero un successo strepitoso: si pensi che Der Heilige Kampf già<br />

entro lo stesso anno <strong>di</strong> pubblicazione raggiunse ad<strong>di</strong>rittura le quattro ristampe, mentre Das blutige Jahr! ancora<br />

nel 1917 la sua quinta ristampa. Fino al 1919, dunque fino ad imme<strong>di</strong>atamente dopo il conflitto tutte le opere <strong>di</strong><br />

Bruder Willram furono ancora un grosso successo. Ma da questo momento in poi l’apogeo <strong>di</strong> Willram era quasi<br />

alla fine e le opere successive vennero vendute a stento. Ovviamente, il fatto che le sue opere avessero avuto così<br />

tanto successo e che quin<strong>di</strong> le sue liriche fossero passate fra le mani <strong>di</strong> molta popolazione tirolese rende molto<br />

interessante la presenza <strong>di</strong> cinque liriche e una pre<strong>di</strong>ca all’interno delle pagine della Tsz.<br />

294<br />

Feldrede, tenuto il 12 <strong>di</strong>cembre 1915 a Brunico in occasione dell’inaugurazione del “Wehrmann in Eisen”.<br />

Nella LB la troviamo pubblicata il 26 febbraio 1916 da pag. 3 a pag. 6.<br />

107


“Wer sind <strong>di</strong>ese Opfer des Krieges? Sind es <strong>di</strong>e tausende blühender Menschenleben, <strong>di</strong>e der<br />

Schlacht herzlos in der Vollkraft der Jahre niederwürgte und in <strong>di</strong>e Grube warf? Nein! Sage<br />

ich, sie sin des nicht. Die sind eingegangen in <strong>di</strong>e ewige Ruhe: <strong>di</strong>e haben den ir<strong>di</strong>schen Tag<br />

mit der Unsterblichkeit vertauscht und leben forti m Schimmer unvergänglichen Ruhmes.” 295<br />

Così come i soldati morti vivono nel cielo, le creature celesti partecipano alla vita nelle<br />

trincee: così Padre Figl invita i soldati a pensare a San Giuseppe, patrono del Tirolo, come “al<br />

<strong>di</strong>fensore della vostra terra e grande camerata celeste” 296 . Il ruolo della <strong>di</strong>vinità, comunque,<br />

non è solo proteggere le trincee <strong>di</strong> fango e roccia delle montagne, ma anche quelle ben più<br />

fragili e cedevoli dell’anima umana:<br />

“Drum auf Brüder, gegen den nei<strong>di</strong>schen Hollenfürsten, der euch das Beste missgönnt, und<br />

verjagt ihn aus den Schützengraben eurer Seele durch den tapferen Sturm einer bal<strong>di</strong>gen<br />

Osterbeicht!” 297<br />

Confessarsi, pregare, rivolgere il proprio pensiero a Dio non serviva solo a curare la nostalgia<br />

<strong>di</strong> casa e a tenere alto il morale, ma garantisce anche l’incolumità fisica, riducendo quin<strong>di</strong> il<br />

messaggio religioso a una sorta <strong>di</strong> prontuario <strong>di</strong> anti-iella, come se le preghiere fossero delle<br />

formule magiche e l’osservanza dei sacramenti donassero poteri sovrumani o concedessero<br />

immunità: Padre Figl racconta <strong>di</strong> come sul fronte francese un soldato tedesco che aveva<br />

voluto rimandare la confessione fosse stato fulminato poco dopo da una granata 298 . Del resto<br />

la fede religiosa è l’unico modo per essere lieti anche in trincea.<br />

Marchio <strong>di</strong> riconoscimento, soprattutto nei testi <strong>di</strong> Padre Figl, dello stile sono le domande<br />

retoriche e l’uso dei vezzeggiativi e dei <strong>di</strong>minutivi; il soldato è bambino e per rivolgersi a lui<br />

si deve usare un linguaggio che si avvicini il più possibile a quello dell’infanzia:<br />

“Wird euch da nicht in der Prä<strong>di</strong>gt den Weg und das Tor zum Himmel angezeigt? Und wenn<br />

das Gebet ein guter Himmelschlüssel ist, wo könnt ihr sicherer auf Einlass recane […]? Und<br />

sperrt uns der gute Heiland nicht selbst <strong>di</strong>e Himmelstür auf […]? Und wenn einer ein<br />

besonderes gutes Stündlein hat und dem Feldpater – ihr weisst ja, dass sie weite Ärmel haben<br />

– in der Beicht seine Karten aufdeckt, kriegt er da nicht wieder eine neue Eintrittskarte für den<br />

295<br />

“Chi sono queste vittime della guerra? Sono le migliaia <strong>di</strong> floride vite umane, che la battaglia ha<br />

impietosamente stroncato e gettato nella fossa nel fiore <strong>degli</strong> anni? No! Dico io, non sono loro. Essi hanno<br />

raggiunto la pace eterna: hanno scambiato la vita terrena con l’immortalità e continuano a vivere nello splendore<br />

della gloria eterna.”<br />

296<br />

“eurem Landesvertei<strong>di</strong>ger und grossen Kriegskamerad im Himmel”. Feldpre<strong>di</strong>gt für Josephi. Tsz n. 139-140,<br />

p. 2.<br />

297<br />

“Quin<strong>di</strong> forza fratelli, contro l’invi<strong>di</strong>oso redegl’inferi, che è geloso <strong>di</strong> ciò che <strong>di</strong> meglio avete, e scacciatelo<br />

dalle trincee della vostra anima con l’assalto valoroso <strong>di</strong> una pronta confessione pasquale!”. Feldpre<strong>di</strong>gt,<br />

anonima. Tsz n. 48-49, p. 8.<br />

298<br />

Feldpre<strong>di</strong>gt auf den ersten Fastensonntag. Tsz, n. 133-134, p. 2.<br />

108


Himmel, wenn er <strong>di</strong>e alte durch eine Todsünde verolren hätte? Oder kriegt er sonst nicht eine<br />

noch bessere, etwa zweiten oder ersten Platz, statt dritten?” 299<br />

Se a questo brano venissero tolti i punti interrogativi e le negazioni si otterrebbe una serie <strong>di</strong><br />

affermazioni imperative.<br />

Elementi chiave dell’utilizzo del messaggio religioso in queste pagine sono l’eroismo e lo<br />

spirito <strong>di</strong> sacrificio. In particolare nell’ambito del conflitto sono espressioni chiave, in nome<br />

delle quali ci si sacrifica al fronte con buona <strong>di</strong>sposizione d’animo per Dio, l’Imperatore e la<br />

Patria. Questo messaggio era finalizzato a tenere sempre vivo e saldo il rapporto tra la patria e<br />

la religione. Il fatto che fosse un’argomentazione religiosa, autenticata dalle pre<strong>di</strong>che <strong>di</strong><br />

campo, a sostenere la giustizia e la santità della guerra rendeva il messaggio molto più<br />

cre<strong>di</strong>bile e gli dava una presa certamente più ra<strong>di</strong>cata nella popolazione <strong>di</strong> soldati-lettori.<br />

L’Austria, il Tirolo ancor più come terra <strong>di</strong> confine, doveva combattere contro i Barbari,<br />

l’inciviltà, l’assenza <strong>di</strong> valori e il modo <strong>di</strong> pensare anarchico <strong>degli</strong> assassini a tra<strong>di</strong>mento e dei<br />

briganti <strong>di</strong> strada. Il nemico, in questi versi, può essere combattuto e vinto solo da citta<strong>di</strong>ni e<br />

soldati ligi al dovere ed educati cristianamente: essere educati cristianamente significa essere<br />

patrioti. Il patriottismo è inoltre una caratteristica tipica del mondo tedesco poiché prevede<br />

una ubbi<strong>di</strong>enza superlativa, amore e fedeltà alla propria patria. Se il sud<strong>di</strong>to è così devoto alla<br />

patria, altrettanto dovrà esserlo alla figura che rappresenta Dio in terra, alla figura paterna che<br />

guida questi sud<strong>di</strong>ti: l’Imperatore. Il fatto poi che la casa regnante fosse estremamente<br />

credente rendeva l’idea che Dio fosse sempre a fianco all’Imperatore e alla sua causa molto<br />

cre<strong>di</strong>bile e spen<strong>di</strong>bile in questi versi. In particolare il Tirolo che si era schierato in modo<br />

fermo e deciso contro la Riforma ed era rimasto quasi al 100% cattolico ed aveva anche un<br />

legame speciale, una devozione al Cuore <strong>di</strong> Gesù. In queste liriche, Dio, l’Imperatore e la<br />

Patria rappresentano un unicum che va <strong>di</strong>feso e conservato intatto.<br />

Pur <strong>di</strong> essere a servizio dell’ideologia, come vedremo, gli altri autori della Tsz erano pronti a<br />

sacrificare la realtà. Nonostante nella realtà dei fatti la guerra sia un terribile male e non abbia<br />

niente a che fare con Dio e con la fede, nella teologia <strong>di</strong> guerra invece, costruita sull’o<strong>di</strong>o e<br />

299<br />

“Non vi viene forse qui, durante la pre<strong>di</strong>ca, mostrata la via e la porta del Para<strong>di</strong>so? E se la preghiera è una<br />

valida chiave per il Cielo, dove potete contare su un’entrata più sicura[…]? E il buon Redentore non ci apre forse<br />

<strong>di</strong> persona la porta del Para<strong>di</strong>so[…]? E se uno ha un’orettina particolarmente tranquilla e mostra in confessione<br />

le sue carte al Cappellano militare – voi lo sapete che hanno le maniche larghe – non riceve forse un nuovo<br />

biglietto per il Para<strong>di</strong>so casomai dovesse aver perso quello vecchio per colpa <strong>di</strong> un peccato mortale? O non ne<br />

riceve forse uno ancora migliore, ad esempio il secondo o il primo posto invece del terzo?”. Feldpre<strong>di</strong>gt am<br />

hohen Kirchenweihfeste, 17 ottobre 1915, anonima. Tsz n. 144, p. 2.<br />

109


sugli obbiettivi propagan<strong>di</strong>stici <strong>degli</strong> stati, come vedremo essa <strong>di</strong>venterà un Golgota<br />

contemporaneo, dove chi muore non perde la vita, ma trova quella autentica.<br />

La prima guerra mon<strong>di</strong>ale fece oltre 15.000.000 <strong>di</strong> morti tra militari e civili. Il 13% <strong>di</strong> questi<br />

caduti appartenevano all’impero austroungarico.<br />

Il binomio morte e guerra, tema molto scottante vista l’innaturale esposizione <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong><br />

uomini alla convivenza con questa tragica esperienza – sia propria sia dei compagni - non è<br />

completamente omessa nelle liriche apparse nei Supplementi letterari, o meglio, il tema della<br />

morte viene sì trattato, ma non ovviamente in tono polemico o quantitativo, ma proprio per la<br />

sua inaccettabilità è l’ergomento che viene maggiormente falsificato e capovolto e che,<br />

paradossalmente, <strong>di</strong>viene il più sfruttato in questa rassegna.<br />

Essendo una delle realtà più evidenti, dolorose e temute con cui ogni giorno i soldati<br />

dovevano confrontarsi: che toccasse <strong>di</strong>rettamente a uno <strong>di</strong> essi o a un commilitone, la morte<br />

era là incombente, era una possibilità molto concreta per ciascuno dei combattenti, e chi<br />

fortunatamente sopravviveva ad un assalto sapeva che domani o dopo o fra qualche mese<br />

forse sarebbe toccato anche a lui morire così brutalmente. Questa preoccupazione, questa<br />

ombra che si allungava nei pensieri dei combattenti poteva certamente trasformarsi in un<br />

pericolo per la buona salute dell’esercito. Per questo motivo in queste pagine il tema della<br />

morte non viene completamente escluso, poiché vi era la consapevolezza che tanto i soldati vi<br />

avrebbero pensato, ma molto più astutamente la morte veniva spiegata, edulcorata,<br />

trasfigurata con tutte le argomentazioni più efficaci che potessero rappresentare una<br />

<strong>di</strong>strazione dal pensiero negativo che essa normalmente evoca. Questa argomentazione<br />

doveva servire a confortare anche chi aveva dei parenti al fronte (ricor<strong>di</strong>amo che il giornale<br />

era <strong>di</strong>ffuso anche fra i civili), la loro eventuale per<strong>di</strong>ta doveva rappresentare per essi motivo <strong>di</strong><br />

orgoglio e vanto.<br />

Esemplifichiamo con casi concreti quanto appena introdotto.<br />

- Il sacrificio per una ricompensa terrena<br />

Il tema della morte in guerra e dello spirito <strong>di</strong> sacrificio, non indotto, ma voluto, sentito e<br />

amato dai soldati è il nucleo tematico più significativo, anche quantitativamente, sul quale si<br />

costruiscono le liriche dei Supplementi. Strettamente legato all’integrità morale e all’eroismo<br />

è usato come principale aspetto <strong>di</strong> eterorappresentazione. In molti testi sono gli stessi<br />

110


combattenti a parlare serenamente <strong>di</strong> questa tragica eventualità e ciò rende il messaggio finale<br />

dei testi ancora più efficace.<br />

La vittoria e la pace certamente richiedono il sacrificio <strong>di</strong> vite umane, ma ciò che conta è<br />

tenere la patria libera dal giogo nemico, questo è l’obiettivo numero uno, per questo motivo<br />

bisogna vivere serenamente la possibilità <strong>di</strong> morire: “Auch wir erhoffen auf Erden/Das Glück<br />

und <strong>di</strong>e friedliche Zeit,/Doch muß sie errungen werden/In heldenhaften Kampfe und<br />

Leid./[…] So lasset uns kämpfen und sterben,/[…] Daß jeder unserer Erben/Dereinst seinen<br />

Frieden hab’.” 300<br />

Offrire ai posteri la possibilità <strong>di</strong> vivere in un paese libero sarà la ricompensa più grande per<br />

chi perde la propria vita. È importante che da questi testi emerga la libera scelta <strong>di</strong> immolarsi<br />

in questa carneficina per garantire e, meglio, restituire la serenità al popolo tirolese<br />

minacciato:<br />

“Die Welt steht in Flammen, es tobt der Krieg/In unsern heiligen Landen;/[…]Gar mancher<br />

der Helden, der draußen fiel,/Die gaben ja gern ihr Leben/Für Heimat, Kaiser und<br />

Vaterland/Um eines Sieges wegen./Sie sind nicht verzagt <strong>di</strong>e Helden im Feld,/Stets tapfer und<br />

mutig sich schlagen./[…] Drum, Lieben im fernen Heimatsort,/Seid ihr nur etwas<br />

gedul<strong>di</strong>g!/[…]Wenn dann ja <strong>di</strong>e Feinde gebläut/Nach Noten und Gesetzen,/Dann kann sich<br />

auch das Tiroler Volk/Wieder zur Ruhe setzen.” 301<br />

Des Vaterlands Zukunft erblüht aus dem Schmerz è ancora un testo che rimarca l’importanza<br />

<strong>di</strong> tenere saldo lo spirito <strong>di</strong> abnegazione ed estende questa necessità anche a chi sta a casa.<br />

Affinchè questa pre<strong>di</strong>sposizione sia mantenuta sempre viva bisogna continuamente ricordare<br />

che il futuro, la pace e la libertà della patria <strong>di</strong>pendono da tutti e dalla capacità <strong>di</strong> resistenza <strong>di</strong><br />

ciascuno <strong>di</strong> fronte alla necessità. Il risultato <strong>di</strong> questo sacrificio e della sofferenza patita sarà<br />

giubilo e pace: “Fahnen überhall, Fahnen in bunten Farben;/Obwohl Tausende unserer Brüder<br />

starben,/[…] Ich gedenke der zahllosen blutenden Wunden,/Und derer, <strong>di</strong>e den Heldentod<br />

gefunden./Ich gedenke der weinenden Mütter und Bräute/Und höre im Geiste<br />

Todesgeläute./[…] Da durchzieht ein stiller Trost mein Herz:/Des Vaterland’s Zukunft erblüht<br />

300<br />

Unsere Hoffnung, La nostra speranza: “Anche noi ci aspettiamo sulla terra/la fortuna e il tempo <strong>di</strong><br />

pace,/tuttavia questo deve essere raggiunto/attraverso la battaglia eroica e il dolore./[…] Perciò lasciateci<br />

combattere e morire,/[…] in modo che ciascuno dei nostri ere<strong>di</strong>/abbia un giorno la propria pace.”<br />

301<br />

Vergeltung, Ricompensa: “Il mondo è in fiamme, imperversa la guerra/nella nostra terra santa;/[…]Alcuni<br />

<strong>degli</strong> eroi, che cadono là fuori,/essi donano volentieri la loro vita/per la Patria, l’Imperatore e la Nazione/al fine<br />

<strong>di</strong> ottenere una vittoria./Loro non si sono persi d’animo, gli eroi in campo,/si battono sempre con valore e<br />

coraggio./[…] Perciò, voi cari che siete nella patria lontana,/siate solo un po’ pazienti!/[…] Allora quando il<br />

nemico sbiancherà/a causa dei nostri sol<strong>di</strong> e delle nostre leggi,/allora il popolo tirolese può stare/nuovamente in<br />

pace.”<br />

111


aus dem Schmerz./Fort mit den Gedanken, so weh und so weich,/Ein herrliches, gebietendes,<br />

stärkeres Reich/Ersteht aus dem Herzblut der toten Streiter…/Jubelnde Klänge, jubelt nur<br />

weiter!” 302<br />

Anche chi sta a casa, in queste pagine sono normalmente le donne – madri o spose, deve<br />

pazientare ed essere forte così come fanno coloro che sono al fronte. La per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un caro è<br />

una cosa che deve essere messa in conto, ma <strong>di</strong> fronte ad essa l’atteggiamento deve rimanere<br />

saldo. Qualunque cosa succeda è per il bene della patria, questo sacrificio sarà in qualche<br />

modo ricompensato: “Es steht ein Posten ganz allein/Weit draußen auf der Wacht;/kein<br />

Sternchen gibt milden Schein/In schwarzer schauriger Nacht./Er denkt nach Haus’ an Weib<br />

und Kind:/Ums Herz ist ihm so weh!/Da kracht ein Schuß nah im Gebüsch;/Sein letzte<br />

Wort:Ade!” 303 al momento in cui comunicano la morte dell’uomo alla moglie: “Was ist für<br />

mich <strong>di</strong>e Welt!/Mein Liebster ist gefallen nun/Für’n Kaiser und als Held./Dann wankt sie zu<br />

dem Bettlein hin:/ Lieb Kindlein! Schlaf nur ein!/Ich will für <strong>di</strong>ch, solang ich leb’,/Die<br />

bravste Mutter sein!” 304 così come avviene in questi versi, dal momento <strong>di</strong> sconforto a quello<br />

<strong>di</strong> reazione positiva deve passare molto poco tempo: la morte del consorte deve spronare la<br />

donna ad essere una madre doppiamente presente e coraggiosa per il suo bimbo. Altrove il<br />

tema della previsione della morte del combattente è trattato meno ‘eroicamente’, ma con un<br />

senso <strong>di</strong> accettazione fatalistica (Sia fatta la volontà <strong>di</strong> Dio) come nel testo Das Kreuz von<br />

Mutters Rosenkranz : “Als mich mein Kaiser rief zum blut’gen Streite,/Da traf es schwer mein<br />

altes Mütterlein./[…] Sie klagte nicht,[…]/Dann hat sie still mir um den Hals gebunden/Das<br />

kleine Kreuz von ihren Rosenkranz./Sie sprach: «Mein Sohn, nimm <strong>di</strong>eses Heilandzeichen,/Es<br />

schützet <strong>di</strong>ch in Not auf blut’gem Feld,/So Gottes will, wirst du mir’s wieder reichen/Und<br />

wenn nicht hier, so doch im Sternenzelt.»” 305 Anche questo tipo <strong>di</strong> atteggiamento, che fa leva<br />

302<br />

Il futuro della Patria sboccia dal dolore: “Ban<strong>di</strong>ere dappertutto, ban<strong>di</strong>ere variopinte;/ sebbene migliaia dei<br />

nostri fratelli muoiano,/[…] Io commemoro le innumerevoli ferite sanguinanti,/e coloro che trovarono la morte<br />

eroica./Io commemoro le madri e le spose in lacrime/e ascolto col pensiero le campane a morto./[…] Allora un<br />

muto conforto attraversa il mio cuore:/il futuro della Patria sboccia dal dolore./Perduto nella commemorazione,<br />

così dolorosa e tenera,/un Regno magnifico, dominante e più forte/sorge dal sangue versato dai combattenti<br />

morti…/Suoni <strong>di</strong> giubilo, tripu<strong>di</strong>ano nuovamente!”<br />

303<br />

Die Schützenfrau, La donna del soldato: “Una sentinella completamente sola/ fa la guar<strong>di</strong>a molto<br />

fuori;/nessuna stella fa un po’ <strong>di</strong> chiarore/nella notte nera e terribile./Egli pensa a casa alla moglie e al figlio:/gli<br />

fa così male il cuore!/Allora tuona uno sparo vicino ai cespugli;/la sua ultima parola: ad<strong>di</strong>o!”<br />

304<br />

“Cos’è per me il mondo!/Ora il mio amato è morto/per l’Imperatore e come un eroe./Allora si <strong>di</strong>rige<br />

barcollando verso il letto:/ amato figlioletto! Ora addormentati!/Fintanto che avrò vita io voglio essere per te,/la<br />

migliore delle madri!”<br />

305<br />

La croce del rosario materno: “Quando il mio Imperatore mi chiamò per la sanguinosa battaglia,/ciò venne<br />

accettato con <strong>di</strong>fficoltà dalla mia anziana madre./[…] Lei non si lamentò, […] mi legò silenziosamente al<br />

collo/la piccola croce del suo rosario./Disse: «Figlio mio, pren<strong>di</strong> questo simbolo del Salvatore,/ti proteggerà nella<br />

necessità sul campo <strong>di</strong> battaglia,/e se Dio vorrà, tu me lo ridarai/e se non sarà qui, allora nella tenda stellata.»”<br />

112


sull’ampia porzione <strong>di</strong> ossequioso e devoto rispetto <strong>di</strong> cui si costituiva la religiosità popolare,<br />

è fortemente incoraggiato e sotenuto in questi testi. A questo proposito s’introduce un altro<br />

topic molto importante, quello dell’uso scaramantico della religione: la madre dona al proprio<br />

figlio il rosario nella speranza, o forse convinzione, che esso lo proteggerà dai pericoli.<br />

L’eroismo femminile <strong>di</strong> queste pagine si riassume in questo modo ed è un argomento a cui<br />

viene dato <strong>di</strong>screto risalto in queste pagine. Molte volte sono le donne descritte nel pensare ai<br />

figli/fidanzati/mariti lontani al fronte, altrove sono i soldati che rivolgono il loro pensiero alle<br />

proprie donne come in Gruss an mein Mutterl: “Denn ich weiss, sie lebt in Sorgen,/Jetzt<br />

darein, um ihren Sohn/Der in fernen Süden lauert/Auf den Feind seit Wochen schon./Stand<br />

auf Wache am Isonzo/Heut im sturmdurchbrauster Nacht,/Und ich fühlt es tief im<br />

Innern:/Jetzt hat’s Mutterl’ mein gedacht!” 306<br />

- Sacrificio come ricompensa nell’Al<strong>di</strong>là<br />

Unitamente alla ricompensa <strong>di</strong> una patria libera e non sottomessa, la morte in guerra, seppur<br />

dolorosa, non solo è <strong>di</strong> buon auspicio per la vittoria, ma ancor più essa è etremamente gra<strong>di</strong>ta<br />

a Dio.<br />

Il linguaggio che descrive la morte è completamente contrario a quello della realtà <strong>di</strong> guerra il<br />

ciò è finalizzato a rappresentarla come un contrappasso positivo alle pene sofferte sul campo e<br />

come opportunità per santificarsi. Questa opportunità in molti testi <strong>di</strong>venta una certezza, chi<br />

ha compiuto il proprio dovere riposerà nella pace <strong>di</strong>vina: “Herr, lasse sie ruhen im tiefen<br />

Frieden!/Ob in der Heimatserd’, ob fern im stillen Hag,/Sie, <strong>di</strong>e erfüllt <strong>di</strong>e heiligste Pflicht<br />

hiernieden;” 307<br />

Di fronte alla paura della morte doveva essere più forte la certezza <strong>di</strong> andare dritti in Para<strong>di</strong>so,<br />

come emerge dai due esempi che seguono: “Und wär’s uns beschieden, wer schreckt sich vor<br />

dem Tod?/Wir ziehen in Frieden. Auf Wiederschau’n!/B’hüt Gott!/Der Engel lacht, der’s<br />

Himmelstor bewacht:/Das san Kaiserjäger! G’schwind aufg’macht!” 308 oppure “Hörst du <strong>di</strong>e<br />

Kugel sausen?/Kamerad!/Hörst <strong>di</strong>e Granate brausen?/Kamerad!/Es zieht durch <strong>di</strong>e Lüfte/Im<br />

hellen Morgenrot,/Der Schalchtentod!/Ich fühl’ ein leises Mahnen,/Kamerad!/Es ist wie<br />

306<br />

Saluto alla mia mammina: “Poiché io so che lei vive nella preoccupazione,/per suo figlio/che fa la guar<strong>di</strong>a al<br />

nemico/ nel lontano sud già da settimane./Fa la sentinella nell’Isonzo/oggi, in questa notte colpita da una<br />

tempesta,/e io sento nel mio intimo più profondo:/ora la mia mammina mi ha pensato.”<br />

307<br />

Unseren gefallenen Helden!, Ai nostri eroi caduti!: “Signore, lasciali riposare nella pace profonda!/O nella<br />

terra natia, o lontano nel quieto bosco,/Loro, che assolsero il dovere più sacro quaggiù”<br />

308<br />

Die Kaiserjäger, I Kaiserjäger: “E se ne fossimo informati (della morte), chi si spaventa <strong>di</strong> fronte alla<br />

morte?/Noi ce ne an<strong>di</strong>amo in pace. Arrivederci!/Dio ci protegge!/L’angelo che custo<strong>di</strong>sce la porta del para<strong>di</strong>so<br />

sorride:/Questi sono Kaiserjäger! Veloci aprite!”<br />

113


Todesahnen,/Kamerad!/Schau an <strong>di</strong>e grünen Gräser,/Wer färbte sie so rot?/Der<br />

Schlachtentod!/Sollt ich getroffen werden,/Kamerad!/Leg’ mich in kühle<br />

Erden,/Kamerad!/D’rauf blühen rote Rosen,/Mich führt hinauf zu Gott,/Der<br />

Schlachtentod!” 309<br />

Il Supplemento pasquale si offre, a questo proposito, come fonte più nutrita <strong>di</strong> esempi.<br />

L’avvento della Pasqua e della resurrezione <strong>di</strong> Cristo, dopo il suo eroico sacrificio, è un<br />

para<strong>di</strong>gma offerto continuamente al soldato e ai suoi cari per considerare l’aspetto più elevato<br />

e spirituale della morte in guerra.<br />

Con l’allungarsi in maniera sempre più indeterminata dei tempi <strong>di</strong> soluzione del conflitto il<br />

paragone del soldato con Cristo comincia ad essere utilizzato a ritmo molto serrato: essi<br />

con<strong>di</strong>vidono sì la sofferenza, ma li unisce anche la resurrezione finale. Il tra<strong>di</strong>mento italiano<br />

(Giuda, come verrà chiamato spesso in queste pagine) rende il paragone ancora più pregnante:<br />

“Heldenkette, Adlerwacht/An des Reiches Grenzen,/[…] Ein Gebet: Gott wolle hier/Auch den<br />

Sieg <strong>di</strong>r schenken!/Einen Sieg, so leuchtend groß,/Wie sein Auferstehen,/[…] nicht <strong>di</strong>e<br />

Kraft,/Arglist und Gemeinheit/Ist’s, <strong>di</strong>e ew’ge Siege schafft,/Nur des Wollens Reinheit!” 310<br />

ancora: “Wir tragen Christi Leiden/Und tragen Christi Freuden.” 311 .<br />

“Es ist Weihnacht und wir steh’n im Felde / Kämpfen treu für Kaiser und das Land / [...] Wir<br />

hofften wohl, daß wir <strong>di</strong>e Weihnacht feiern / Zuhaus’ bei euch, im Lieben Heimatland, / Doch<br />

ruft <strong>di</strong>e Pflicht : ihr wißt, <strong>di</strong>e kommt vor allem, / Doch tröstet Euch, bald sind wir beieinand’./<br />

Und wenn <strong>di</strong>e Osterglocken läuten, / und kehrt der liebe Frühling ein, / Dann ziehen wir zur<br />

Euch, Ihr Lieben, / Als Sieger von dem Weltkrieg heim.” 312 Così recita, fiduciosa, una poesia<br />

scritta nel bel mezzo del secondo inverno bellico. Una convinzione o una speranza; un<br />

desiderio da comunicare agli altri, ma forse, soprattutto a sé stessi : “A Pasqua saremo a casa<br />

309<br />

Der Schlachtentod, La morte in battaglia: “Senti le pallottole fischiare?/Compagno!/Senti le granate<br />

scrosciare?/Compagno!/Si muove nell’aria,/nel luminoso rosso mattutino,/la morte in battaglia!/Io sento un<br />

monito sommesso,/Compagno!/Questa è come la morte <strong>degli</strong> antenati,/Compagno!/Guarda i ver<strong>di</strong> pascoli,/chi li<br />

ha coloriti così <strong>di</strong> rosso?/la morte in battaglia!/Se io la dovessi incontrare,/Compagno!/Riponimi nella terra<br />

fresca,/Compagno!/Là fioriranno delle rose rosse,/mi conduce su da Dio,/la morte in battaglia!”<br />

310<br />

Tiroler Ostern 1916, Pasqua tirolese 1916: “Schiere <strong>di</strong> eroi, guar<strong>di</strong>a dell’aquila,/ai confini del Regno,/[…]<br />

una preghiera: Dio vuole mandarti/ la vittoria anche qui!/Una vittoria così ra<strong>di</strong>osamente grande,/come la Sua<br />

resurrezione,/[…] non sono la forza, la perfi<strong>di</strong>a e la cattiveria/a far scaturire la vittoria eterna,/ma solo la purezza<br />

della volontà!”<br />

311<br />

Feldsoldaten, Soldati da campo: “Noi patiamo i dolori <strong>di</strong> Cristo/e go<strong>di</strong>amo la gioia <strong>di</strong> Cristo”<br />

312<br />

Weihnacht im Felde, Natale al campo: “E’ Natale e noi siamo in campo/combattiamo fedelmente per il nostro<br />

Re e la nostra Terra./[…] Speravamo <strong>di</strong> cuore <strong>di</strong> poter festeggiare il Natale a casa con voi,/ nell’amata patria,/<br />

ma il dovere ci chiama. E voi sapete che esso ha la precedenza su tutto il resto./Ma consolatevi, poiché presto<br />

saremo uno accanto all’altro/ e quando le campane pasquali suoneranno/ e tornerà l’amata primavera,/ noi<br />

torneremo da voi, da voi amati cari,/ come vincitori della guerra mon<strong>di</strong>ale.”<br />

114


!”. Così, come allo scoppio della guerra, nell’agosto del 1914, era comune la visione che si<br />

sarebbe trattato <strong>di</strong> una breve guerra <strong>di</strong> manovre e si sarebbe tornati tutti a casa per Natale,<br />

(mentre <strong>di</strong> fatto i combattenti ne passarono ad<strong>di</strong>rittura quattro al fronte) anche in questo caso<br />

la speranza <strong>di</strong> essere a casa per Pasqua sarebbe stata <strong>di</strong>sillusa. Infatti, a Pasqua del 1916 i<br />

soldati dell’esercito austroungarico sono ancora al fronte e questa festività ce la racconta il<br />

supplemento letterario del 23 aprile 1916.<br />

Questo supplemento sfrutta in maniera sistematica il messaggio pasquale, associandolo alla<br />

primavera e alla vittoria e sottolineandone lo stretto legame, visto che tutte e tre le tematiche<br />

sono connesse, anche se con sfumature <strong>di</strong>fferenti, alla rinascita : resurrezione dell’anima,<br />

risveglio della natura e una nuova nascita politica ed egemonica. La guerra è, per gli stati in<br />

guerra, come la Quaresima per le anime: un cammino verso la rinascita, è l’annuncio <strong>di</strong><br />

cambiamento; come la primavera è un periodo laborioso e impegnativo, ricco <strong>di</strong> speranze,<br />

dove tutto si prepara al rinnovamento per aprire le porte alla stagione dei fiori e dei frutti. Il<br />

messaggio pasquale cristiano, dunque, <strong>di</strong>venta la metafora più compiuta <strong>di</strong> ciò che la realtà<br />

bellica doveva significare agli occhi dei combattenti e <strong>di</strong> chi stava a casa. Il messaggio <strong>di</strong><br />

questo Supplemento ruota principalmente sul verbo “Auferstehen”, resuscitare, inteso nei<br />

molteplici significati appena visti. Citiamo un esempio interessante che valga per tutti:<br />

Zum Auferstehungsfest<br />

In schwerer Schicksalsstunde<br />

In ernster Zeiten Lauf,<br />

Scholl aus des Kaisers Munde<br />

Der Ruf: Mein Volk steh auf!<br />

Das Volk stand auf zu schirmen<br />

Das Reich in tapf’rer Wehr.<br />

Mit Gut und Blut zu firmen<br />

Hoch Habsburgs Ruhm und Ehr!<br />

Der Klang der Osterglocken<br />

Rauscht fröhlich fetzt durch’s Land<br />

Und kündet mit Frohlocken,<br />

115


Daß Christus auferstand!<br />

Du feierlich Geläute<br />

Kling auf zu Gottes Höh’n,<br />

Und künde du uns heute:<br />

Jung-Öst’reichs Aufersteh’n! 313<br />

Sono due, i nuclei tematici principali <strong>di</strong> questa poesia: la necessità <strong>di</strong> guerra e la Pasqua, che<br />

vengono collegate da una serie <strong>di</strong> parallelismi che l’autore abilmente organizza all’interno del<br />

testo, mettendo in relazione, con determinate scelte lessicali, le strofe pari alle strofe <strong>di</strong>spari.<br />

Le prime due strofe sono le strofe dell’ieri, quando il Kaiser chiama il suo popolo alle armi e<br />

questo risponde, pronto a proteggere il regno per riconfermarne la vecchia gloria. La grafica<br />

del testo evidenzia come “das Volk” e “das Reich” siano la stessa cosa, allineati uno sotto<br />

l’altro a inizio verso. Le ultime due strofe sono le strofe dell’oggi, della festa <strong>di</strong> Resurrezione.<br />

Il tempo verbale in queste ultime due strofe è quello del presente, aspetto sottolineato anche<br />

dagli avverbi temporali “jetzt” e “heute”.<br />

Tra la prima e la terza strofa, si possono evidenziare <strong>degli</strong> opposti parallelismi legati alle<br />

seguenti espressioni: “Scholl aus des Kaisers Munde der Ruf” in<strong>di</strong>ca il tono è più severo e<br />

legato alla sfera del dovere nella prima strofa; mentre il linguaggio usato nella seconda è più<br />

lieto, ricorda l’annuncio <strong>di</strong> una buona novella: “der Klang der Osterglocken […] kündet ”.<br />

Anche l’uso <strong>di</strong> avverbi <strong>di</strong>fferenti delimita questi <strong>di</strong>versi aspetti: “ernst / schwer” nella prima<br />

strofa e “fröhlich / mit frohlocken” nella terza. L’ultimo verso delle strofe <strong>di</strong>spari sottolinea<br />

ulteriormente la <strong>di</strong>versità tra il passato e il presente: nella prima strofa “Mein Volk steh auf<br />

!”, in cui il tempo imperativo in<strong>di</strong>ca il dovere imposto dall’alto e nella terza “Christus<br />

auferstand” che è invece il contenuto della buona novella che annunciano le campane. Anche<br />

nelle strofe pari si possono segnalare delle scelte lessicali tese a contrapporre l’atmosfera del<br />

passato a quella del presente: nella seconda strofa vengono utilizzati i verbi “schirmen” e<br />

“firmen” che in<strong>di</strong>cano <strong>degli</strong> impegni seri presi nei confronti della patria allo scoppio della<br />

313 Per la festa <strong>di</strong> resurrezione: “Nelle ore più grigie del destino/nel corso <strong>di</strong> tempi duri,/risuonò dalle labbra<br />

dell’Imperatore/ la chiamata: mia gente in pie<strong>di</strong>!/ Il popolo si erse per proteggere/il Regno con una resistenza<br />

valorosa./Per riconfermare con il sangue e con lo spirito/l’onore e la gloria <strong>degli</strong> Asburgo!/Il suono delle<br />

campane pasquali/risuona gioioso attraverso il Paese/e annuncia con gioia,/che Cristo è risorto!/Tu suono <strong>di</strong><br />

festa/risuona nelle altezze <strong>di</strong>vine,/e annunciaci oggi:/la nuova Austria risorgerà!”<br />

116


guerra da parte dei sud<strong>di</strong>ti austroungarici; mentre nella quarta e ultima strofa il tono generale<br />

è caratterizzato dai verbi “klingen” e “künden”. Gli ultimi versi delle strofe pari<br />

concludono questi parallelismi e ne completano il messaggio: se, nella necessità <strong>di</strong> guerra, la<br />

vecchia gloria era stata messa in pericolo, nell’ heute si può già annunciare una rinascita,<br />

avvenuta in concomitanza alla Resurrezione del Cristo: “Jung-Osterreichs Auferstehen!”.<br />

La preoccupazione e il pericolo della guerra vengono messe da parte grazie al trionfo e alla<br />

rinascita delle vecchie certezze; il passato, tempo dell’ “Aufstehen” dunque del sacrificio,<br />

viene idealmente allontanato in questa trasfigurazione poetica e lo sguardo verso il futuro, che<br />

<strong>di</strong>venta tempo dell’ “Auferstehen” dunque del premio, è fiducioso e, soprattutto, sostenuto<br />

dalla Resurrezione <strong>di</strong> Cristo.<br />

Per tenere stretto il paragone tra Cristo e i soldati, un altro concetto centrale è “das Blut”. Il<br />

sangue è l’anima dell’uomo, donare il proprio sangue per Dio, l’Imperatore e la Patria è per<br />

queste liriche il compito principale del vero soldato. La morte sanguinosa è onnipresente nelle<br />

liriche <strong>di</strong> guerra analizzate: la terra tirolese è impregnata <strong>di</strong> sangue e da esso santificata e vive<br />

del sangue versato dai propri martiri/eroi. In queste liriche il sangue, dunque, ha solamente un<br />

ruolo mistico e non si riferisce invece alla spaventosa realtà della morte, dei lazzaretti, delle<br />

ferite, non è quin<strong>di</strong> connotato negativamente. Le vittime romanticamente trasfigurate sono la<br />

testimonianza viva e concreta della sofferenza Cristo, sacrificano sé stessi per compiere la<br />

volontà del Padre e liberare l’umanità. Un motivo, il motivo questo per non vivere il lutto con<br />

<strong>di</strong>sperazione: per nessun altro lutto, come per questo, esistono così forti e vali<strong>di</strong> motivi <strong>di</strong><br />

consolazione. Le argomentazioni incedono arrivando ad<strong>di</strong>rittura a trasformare il dolore in<br />

gioia e la morte in immortalità, sempre sottolineando, come questa sia una prerogativa<br />

esclusiva della morte in guerra.<br />

I caduti sono descritti come <strong>degli</strong> eletti, come nuovi martiri, ai quali è stata concessa la<br />

possibilità <strong>di</strong> morire eroicamente. L’aspettativa <strong>di</strong> questa vita ultraterrena deve offrire<br />

consolazione e coraggio per affrontare il particolare destino cui questi “eletti” sono stati<br />

chiamati. Questo è il messaggio pasquale adattato alla necessità bellica: si impone un<br />

paragone dei soldati caduti col Cristo; paragone che, <strong>di</strong> fatto è corretto, ma che non ha come<br />

scopo rivelare il valore salvifico del dolore vissuto con <strong>di</strong>gnità, ma vuole solo generare una<br />

ammirazione tutta terrena del sacrificio, inducendo immoralmente alla carneficina. La<br />

macchina della propaganda monta il messaggio pasquale in modo che esso sia tale da<br />

allontanare la paura della morte nell’ottica della resurrezione e che incoraggi gli animi alla<br />

guerra, presentata come unica opportunità per varcare la soglia dell’eroismo.<br />

117


- Sacrificio e qualità eroiche: morte come scelta volontaria, commemorazione come ricompensa<br />

In queste poesie l’eroismo è strettamente connesso alla natura tirolese. La guerra è l’occasione<br />

in cui questa caratteristica tutta tirolese ha modo <strong>di</strong> venire fuori ed essere mostrata al mondo<br />

intero. Con la guerra essi hanno modo <strong>di</strong> poter manifestare la propria grandezza: per questo la<br />

guerra è vista come un’opportunità ed è salutata con entusiasmo in questi versi, poiché essa<br />

esige/richiede una serie <strong>di</strong> virtù che sono da intendersi sotto l’espressione grandezza, come<br />

onore, eroismo, spirito <strong>di</strong> sacrificio, cameratismo. La speranza della pace nelle nostre poesie è<br />

ban<strong>di</strong>ta, è innominabile a meno che non sia associata all’idealizzazione della fine della guerra<br />

e della vittoria.<br />

I combattenti rappresentati in queste liriche, dunque, conoscono perfettamente cosa può<br />

succedere loro, ma lottano senza lamenti e senza lagne, anzi still und stolz (muto e fiero,<br />

parole chiave spesso usate): “Sie, <strong>di</strong>e ihr Blut fürs Vaterland vergeben/[…] Sind Helden, <strong>di</strong>e<br />

voll Mut und ohne Klagen,/Still ein Gebrest an ihren Leibern tragen,/Das sie in ihre Zukunft<br />

stolz verweben./[…] Und keine Macht des Unmuts zwingt sie nieder./[…] Als Menschen, <strong>di</strong>e<br />

sich hohen Sinn bewahren,/Trotz Opfern und Verlusten und Gefahren.” 314<br />

Nella poesia Der Sohn è una madre a ricordare l’eroismo del figlio defunto. Nonostante il suo<br />

dolore lei arriva a sostenere che la morte del figlio sia la più dolce e in questa trasfigurazione<br />

il defunto viene ricordato come uomo dai poteri sovraumani: “Mein Sohn, du starbst<br />

süßerstens Tod./ In Sturm und Braus, glühend in Mut,/Stahl in der Faust und Stahl im Blut./<br />

Hunderte, Tausende fielen gleich <strong>di</strong>r,/ Du wilder und williger als Offizier,/[…] Frei war deine<br />

Wahl, frei rittst du in den Tod.” 315<br />

Nella lirica Tod in der Schlacht lo stesso soldato chiede a Dio <strong>di</strong> non lasciarlo morire in una<br />

stanza d’ospedale, ma <strong>di</strong> morire al campo.: “Ich will nicht im Bette mit brechendem Auge/Der<br />

Tod erwarten,/[…] Im Schlachtentosen möcht’ ich sterben/Bei der Hörner schmetterndem<br />

Klang./Wenn unsere Fahnen siegreich wehen,/Der Feind vom Schlachtfeld flieht,/Dann möge<br />

<strong>di</strong>e Kugel zerreißen mein Herz,/Das in Siegesfreude geglüht.” 316<br />

314<br />

Die Verwundeten, I feriti: “Loro, che hanno versato il proprio sangue per la Patria/[…]sono eroi, che pieni <strong>di</strong><br />

coraggio e senza lamenti,/muti sopportano una lesione nelle loro carni,/che li avrebbero legati con orgoglio al<br />

proprio futuro./[…] E nessun sentimento <strong>di</strong> rabbia li butta giù./[…] Come uomini che preservano un’indole<br />

fiera,/nonostante i sacrifici, le per<strong>di</strong>te e i pericoli.”<br />

315<br />

Il Figlio: “Figlio mio, tu muori della morte più dolce./Nella tempesta e nei trambusti, ardente <strong>di</strong><br />

coraggio,/acciaio nel pugno e acciaio nel sangue./Centinaia, migliaia morirono come te,/tu il più audace e il più<br />

volenteroso <strong>degli</strong> ufficiali,/[…] la tua scelta fu libera, liberamente tu cavalchi verso la morte.”<br />

316<br />

Morte in battaglia: “Io non voglio aspettare la morte/ nel letto con gli occhi cavati,/[…]Io vorrei morire nello<br />

fragore della battaglia,/accompagnato dal suono squillante del corno./Quando le nostre ban<strong>di</strong>ere sventoleranno<br />

vittoriose,/e il nemico scapperà dal campo <strong>di</strong> battaglia,/allora la pallottola potrà fare a pezzi il mio cuore,/che<br />

arderà nella gioia della vittoria.”<br />

118


Queste qualità da uomini impavi<strong>di</strong> e valorosi <strong>di</strong> fronte alla morte, al dolore e alla sofferenza<br />

vengono menzionate per creare un’immagine mitica del soldato tirolese invincibile e<br />

imperturbabile, il lettore potrà così <strong>di</strong>stinguersi per merito <strong>di</strong> queste doti rispetto al gruppo del<br />

Nemico, che come vedremo è caratterizzato in modo del tutto opposto.<br />

La guerra fu glorificata come mezzo e occasione per ciascuno <strong>di</strong> salvezza dell’anima e <strong>di</strong><br />

raggiungimento <strong>di</strong> grandezza, attraverso il meccanismo propagan<strong>di</strong>stico, <strong>di</strong> cui una parte<br />

consistente era costituita dalla poesia <strong>di</strong> guerra. Alla vita, in quest’ottica, veniva<br />

paradossalmente dato un senso solo attraverso la morte per Dio, l’Imperatore e la Patria.<br />

Soprattutto la Chiesa s’intendeva <strong>di</strong> questa schematizzazione della guerra. La morte<br />

onnipresente doveva rinsaldare il rapporto tra gli uomini e la Chiesa: motivazione, contenuto<br />

e visualizzazione <strong>di</strong> una ricompensa erano infondo delle finzioni non la rappresentazione del<br />

reale. Letze Heimfahrt tratta, ancora una volta, il tema dei caduti impostato come altrove ma<br />

ricordando anche che il giovane defunto è vittima volenterosa <strong>di</strong> un tempo che sarà ricordato<br />

come il più gran<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> tutti i tempi: “Willig Opfer einer Zeit,/Die, […] /Die größte bleibt für<br />

alle Ewigkeit!/[…] Du junger Krieger,[…]/ Dein Ruhm kann nie auf Erden mehr<br />

verbleichen/Und ewig schlägt ein Heldenmutterherz!” 317 Si cercavano eroi che venivano<br />

creati attraverso trasfigurazioni della realtà, il pathos del combattimento e i mon<strong>di</strong> immaginari<br />

sostituiscono la realtà dell’orrore, le vittime immotivate del campo <strong>di</strong> battaglia venivano<br />

trasformate in eroi per Dio e per la patria e l’anonima e giornaliera morte <strong>di</strong> massa veniva<br />

velata attraverso un’inesistente impronta personale <strong>di</strong> umanità.<br />

La guerra era dunque rappresentata come grembo <strong>di</strong> eroismo e virtù, come occasione per<br />

santificarsi ed essere, in questo modo ricordati per sempre.<br />

La poesia Im Feld, oltre ad affrontare le tematiche note - morte e scelta volontaria <strong>di</strong><br />

sacrificare la propria giovane vita per la patria - ricorda, anche se sinteticamente, le virtù sia<br />

fisiche sia morali del combattente. Questo sacrificio però renderà il giovane un eroe<br />

immortale: “Im Feld, […]/ Bricht ein Soldatenherz./ Im Feld, da wollt’ er sein,/Bei Sturm und<br />

Feuerschein,/Im Feld mit Heldenmut,/Zu lassen junges Blut./[…] Im Feld mit Herz und<br />

Hand,/Starb er für’s Vaterland./[…] Unsterblich, er, der Held,/ Er schreitet durch das<br />

Feld.” 318<br />

317<br />

L’ultimo rientro in Patria: “Vittima volontaria <strong>di</strong> un tempo,/che […]/ rimarrà il più grande per l’eternità!/[…]<br />

Tu giovane combattente,[…]/la tua gloria non sbia<strong>di</strong>rà mai sulla terra/e in eterno batte il cuore della madre <strong>di</strong> un<br />

eroe!”<br />

318<br />

In campo: “In campo, là egli voleva essere,/nel tumulto e nell’ardere del fuoco,/in campo con coraggio<br />

eroico,/per lasciare il giovane sangue./[…] In campo col cuore e con la mano,/egli morì per la Patria./[…]<br />

Immortale, egli, l’eroe,/egli marcia sul campo.”<br />

119


Guadagnare l’immortalità, sia come vita eterna sia come commemorazione e ricordo, è<br />

certamente un’altra importante motivazione, per i soldati e per chi sta a casa, per accettare e<br />

non temere l’incontro con la morte.<br />

La poesia Allerseelen è incentrata proprio sull’importanza della commemorazione come<br />

consolazione e paga dei sacrifici, come garanzia <strong>di</strong> vita eterna anche sulla terra e non solo nel<br />

cielo: “Durchs graue Friedhofstor drängt frisches Leben/[…] Den frommen Brauch, sie einen<br />

Tag im Jahr zu ehren,/Ist es seit altersher stets treu geblieben./[…] Da kam der Krieg in <strong>di</strong>ese<br />

Welt gezogen,/Mit ihm der Tod in wilder, grauser Luft./Viel tausendfaches junges, zartes<br />

Leben/Bot freu<strong>di</strong>g den Vernichtern frei <strong>di</strong>e Brust./Und heute tönt aus fernen<br />

Massengräbern/Das hohe Lied, aus dem <strong>di</strong>e Treue spricht:/Es hat viel Leben sich fürs Leben<br />

hingegeben,/Darum seid dankbar und vergeßt es nicht!” 319<br />

L’accettazione eroica del genitore che perde il figlio/i figli in guerra, come già accennato, è un<br />

tema importante quanto quella dell’accettazione della morte da parte <strong>degli</strong> stessi combattenti.<br />

Unser Sohn è un testo nel quale idealmente un soldato morente si rivolge ai propri genitori,<br />

quin<strong>di</strong> più ampiamente a tutti i genitori che hanno perso un figlio, ed elenca loro tutti i motivi<br />

che dovrebbero riempirli d’orgoglio. È un invito a non concentrarsi sulla <strong>di</strong>sperazione del<br />

momento, ma ad avere una visione più completa <strong>di</strong> quanto è accaduto, il loro figlio si è<br />

comportato da vero uomo, da eroe e questo dev’essere motivo d’orgoglio e consolazione per<br />

loro: “Vater, Mutter, ich schützte euch,/Ich hielt meinen Schwur getreu./Jetzt weiß ich erst,<br />

durch Blut getauft,/Daß euer Sohn ich sei./Heimat, teure Heimat, sei mir gegrüßt!/Nun sehe<br />

ich, wie schön du bist…” 320<br />

La gloria e lo splendore del combattente non esisteva nei fatti, ma solo nella rielaborazione<br />

poetico-propagan<strong>di</strong>stico del conflitto. Il soldato, nella nuova guerra tecnologica, non è in<br />

nessun modo parte attiva delle sue azioni come invece viene rappresentato nelle pubblicazioni<br />

a scopo eroicizzante: egli non è più padrone <strong>di</strong> sé stesso e delle proprie azioni. Il soldato è<br />

limitato dalle funzioni e dalla funzionalità che i coman<strong>di</strong> gli assegnano e nella macchina da<br />

guerra funge o da cannoniere o da carne da macello. Il volto della guerra non è quello della<br />

sciabola sfoderata in duello, uomo contro uomo.<br />

319<br />

Il giorno dei morti: “Attraverso la tetra porta del camposanto penetra vita fresca/[…] l’usanza fedele <strong>di</strong><br />

onorarli un giorno all’anno,/è rimasta sempre solida negli anni./[…] Poi venne la guerra in questo mondo,/con<br />

essa la morte avvolta in un alone violento e orribile./Molte giovani, tenere vite/offrirono lieti e liberamente il<br />

proprio petto allo sterminatore./ E oggi, dalle lontane fosse comuni, risuona/il vivo canto, da cui parla la<br />

devozione:/esso ha dato molta vita per la vita,/perciò siate riconoscenti e non <strong>di</strong>menticatelo!”<br />

320<br />

Nostro figlio: “Padre, madre, io vi proteggo,/io tengo fede al mio giuramento./Solo ora, attraverso il battesimo<br />

<strong>di</strong> sangue, capisco,/che sono vostro figlio./Patria, cara Patria, ti porgo i miei saluti!/Ora io vedo, quanto sei<br />

bella…”<br />

120


- Guerra <strong>di</strong>fensiva<br />

In questi versi si introduce un altro argomento molto sfruttato con connotazione religiosa: la<br />

guerra non è un’attività che è stata provocata dal popolo tirolese, essi si sono ritrovati in una<br />

situazione <strong>di</strong> necessità, sono stati costretti a <strong>di</strong>fendere le loro tra<strong>di</strong>zioni e le loro usanze, ma<br />

ammazzare non è una loro prerogativa. L’aggressività e la violenza che essi usano contro il<br />

Nemico è sostenuta da Dio che li guiderà fino alla vittoria per merito delle motivazioni che li<br />

hanno spinti a combattere. Come suggerisce anche questo motto tratto da Unser Wahlspruch:<br />

“Gott mit uns in <strong>di</strong>esem Kriege,/Gott mit uns in Not und Tod,/Gott mit uns durch Kampf zum<br />

Siege!” 321<br />

La guerra <strong>di</strong>venta la cultura del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> uccidere: essa non è la vergogna e la tristezza<br />

dell’essere costretti, in circostanze <strong>di</strong>sgraziate, ad usare la violenza; ma si struttura l'idea<br />

complessiva che, in certe circostanze noi abbiamo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> uccidere loro, <strong>di</strong>videndo il<br />

mondo in buoni e cattivi. Non è un eccesso <strong>di</strong> legittima <strong>di</strong>fesa né uno scoppio <strong>di</strong> collera, non è<br />

una violenza istintiva, ma quasi un sistema <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti e doveri.<br />

Il messaggio più importante che deve passare è che l’essere in guerra a combattere con<br />

audacia contro il nemico non esclude la capacità <strong>di</strong> essere buoni cristiani e non è in<br />

contrad<strong>di</strong>zione con il pregare Dio per la buona riuscita del conflitto. Anzi <strong>di</strong>fendere la patria,<br />

in queste pagine, <strong>di</strong>venta esso stesso il più alto dovere del buon cristiano che protegge le<br />

tra<strong>di</strong>zioni della propria terra e il suo attaccamento alla fede da un nemico dai tratti demoniaci.<br />

Ed è proprio questa <strong>di</strong>cotomia che questi testi cercano <strong>di</strong> trasmettere, in<strong>di</strong>cendo il lettore a<br />

schierarsi automaticamente dalla parte dei buoni e a identificarsi in quel gruppo.<br />

Andacht è strutturata in questo modo, è una supplica che si apre con una domanda che<br />

contiene già la risposta al suo interno: ovviamente chi ha compiuto il male è il tra<strong>di</strong>tore<br />

mascalzone, chi si <strong>di</strong>fende onestamente può solo che avere il sostegno <strong>di</strong> Dio: “Herr, tat ich<br />

Unrecht,/Daß ich zog mein Schwert,/Zu rächen des Verräters Lumpenschuld?/[…] An meine<br />

Türe poche wälscher Übermut/Und forderte von den Abschwur/Meiner Väter edler<br />

Stammesart./Nein, Herr!/Ich tat nicht unrecht,/Daß ich zog mein Schwert,/D’rum sei mir<br />

gnä<strong>di</strong>g!” 322<br />

321<br />

Il nostro motto: “Dio con noi in questa guerra,/Dio con noi nel bisogno e nella morte,/Dio con noi in battaglia<br />

fino alla vittoria!”<br />

322<br />

Raccoglimento: “Signore, sono nell’errore, io/che sfodero la mia spada,/per ven<strong>di</strong>care la colpa dei pidocchiosi<br />

tra<strong>di</strong>tori?/ […] Alla mia porta batte la prepotenza dei terroni/e riven<strong>di</strong>ca venendo meno ai patti le nobili origini<br />

dei miei padri./No, Signore!/Io non sono nell’errore,/se sfodero la mia spada,/perciò sii indulgente con me!”<br />

121


Sempre attinente a questo tema Weihnachtsgrüße 1915 incentrata sulla necessità <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere<br />

il patrio suolo dal nemico infedele e ingordo: “Wie <strong>di</strong>e alten Ahnen/Einst um anno neun/Unser<br />

Land beschirmten,/Soll’s heute wieder sein./Treulos welsche Katze/Streckt <strong>di</strong>e Krallen<br />

aus./[…] Doch ohne Freude/Sollt ihr nicht sein,/[…] Träumt heut’ von […] Liebe und<br />

Treue/Und festem Glauben,/Von stolzen Siegen/Und Tapferkeit,/Von deutscher Treue/Und<br />

Offenheit,/Stählet und härtet/Den deutschen Mut,/Gebet, wenn’s sein muß,/Selbst Gut und<br />

Blut.” 323<br />

Heil den Helden riassume tutti i punti visti finora: la furia <strong>degli</strong> eroi tirolesi è heilig 324 , santa,<br />

si invoca l’aiuto <strong>di</strong> Dio per la vittoria, poiché essa è meritata: l’onestà va premiata con la<br />

vittoria. Anche qui abbiamo una descrizione negativa più o meno in<strong>di</strong>retta del nemico: si fa<br />

riferimento a chi combatte per paga, nello specifico i penny inglesi per gli italiani, e al<br />

contrario il motivo più profondo per cui combattono i soldati tirolesi che sono <strong>di</strong>sposti a<br />

sacrificare la propria vita e che quin<strong>di</strong> combattono per ideali e veri valori non per sol<strong>di</strong>: “Der<br />

Kampf bürgt für Freiheit, für Heimat und Haus/Gen Habsucht, Gemeinheit und Tücke./Wir<br />

dringen durch Dunkel und Jammer und Graus/zum Lichte mit hellfrohem Blicke./Ihr streitet<br />

in heilig gerechter Wut,/Nicht bis zu dem urletzten Penny/Viel mehr bis zum letzten Tropfen<br />

Blut,/[…] Wir bitten zu Gott im heißen Gebet/Um Sieg in dem rastlosen<br />

Ringen,/[…]Allmächtiger Du!/[…] Verleihe den Sieg und erfolgreich Gedeih’n/Dem<br />

ehrlichen Schaffen und Streben!” 325<br />

L’idea <strong>di</strong> non avere causato lo scoppio del conflitto s’intreccia, in questi testi, con l’in<strong>di</strong>retta<br />

rappresentazione negativa del nemico e si accompagna alla convinzione <strong>di</strong> una vittoria certa<br />

per i buoni. Diffondere questo modo <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> porsi tra i combattenti e i civili era<br />

finalizzato ad assicurarsi il loro atteggiamento fiducioso e positivo nei confronti <strong>di</strong> quanto si<br />

stava svolgendo.<br />

323<br />

Auguri <strong>di</strong> Natale 1915: “Come i lontani antenati/una volta nell’anno nove/<strong>di</strong>fesero la nostra Terra,/allo stesso<br />

modo deve essere oggi./ Il falso terrone tra<strong>di</strong>tore/ha allungato gli artigli./[…] Tuttavia non dovete sentirvi<br />

infelici,/[…] Oggi sognate […] l’amore, la fedeltà/l’unità <strong>di</strong> fede,/la vittoria superba/ e il valore,/della lealtà<br />

tedesca/e la franchezza,/fortifica e tempra/il coraggio tedesco,/donate, se così dovrà essere,/persino il sangue e<br />

l’anima.”<br />

324<br />

L’espressione Heiliges Zorn, sacra collera (anche edles Zorn, heilig gerechter Wut), è molto <strong>di</strong>ffusa e molto<br />

importante. il tema della sacra collera motiva e giustifica un atteggiamento e un linguaggio aggressivo-<strong>di</strong>struttivo<br />

nei confronti del nemico: atteggiamento <strong>di</strong>feso e protetto persino da Dio poiché la causa <strong>degli</strong> invasi è sempre<br />

giusta, <strong>di</strong>fendere anche con violenza e uccisioni il suolo patrio dall’invasione nemica è un <strong>di</strong>ritto/dovere<br />

benedetto dal cielo. Questo è ovviamente il messaggio che viene fuori da questi testi.<br />

325<br />

Lode agli Eroi: “La battaglia è il passaggio per la libertà, la Patria, la casa/contro l’avi<strong>di</strong>tà, la perfi<strong>di</strong>a e<br />

l’agguato./Noi passiamo attraverso il buio, il patimento e l’orrore/per giungere alla luce con sguardo gioioso./Voi<br />

combattete con ira sacra e giusta,/non fino all’ultimo,/bensì fino all’ultima goccia <strong>di</strong> sangue,/[…] Noi preghiamo<br />

Dio con suppliche infuocate/per la vittoria nella lotta incessante,/[…] Tu Onnipotente!/[…] Conce<strong>di</strong> vittoria<br />

prosperità/allo sforzo e alle fatiche oneste!”<br />

122


Sono numerose le poesie che sviluppano le argomentazioni <strong>di</strong> cui sopra in maniera quasi<br />

‘matematica’: 1) noi eravamo felici, in pace, 2) l’invi<strong>di</strong>a per la nostra con<strong>di</strong>zione ha spinto un<br />

nostro ex alleato a tra<strong>di</strong>re la nostra fiducia e invaderci a sorpresa, 3) noi seppur pacifici e<br />

contrari alla violenza siamo costretti a combattere per <strong>di</strong>fendere la nostra patria, il nostro nido,<br />

4) Dio non può che bene<strong>di</strong>re la nostra guerra giusta contro un nemico improbo:<br />

“Wie trugen wir voll Liebe und voll Freude/[…]/Wir alle sind plötzlich Soldat geworden./ In<br />

unsere Heimat ist er [der Feind] eingedrungen.” 326<br />

“Wir halten durch! Es soll uns niemand rauben/Die frohe Zuversicht, den starken Mut;/Wir<br />

wollen nicht an einen Frieden glauben/Eh’ nicht gedämpft der Feinde Übermut./[…] Nicht<br />

wir sind schuld an <strong>di</strong>eses Kampfes Wüten/[…] Ihn [den Feind] zu bekämpfen ist uns heil’ge<br />

Pflicht;” 327<br />

“Achtzehn Monat sind verflossen,/Daß Kunde lief durch alle Land’/Vom scheußlichsten aller<br />

Verbrechen,/Vom Fürstenmord durch Serbenhand./Die ganze Welt ergriff ein Schauer./Das<br />

heißt! Nur unsre Feinde nicht;/Sie lachten; lagen auf der Lauer;/Erwarteten den<br />

Augenblick./Längst war bekannt, daß nur im Bund/Gehandelt, der Ban<strong>di</strong>ten-Staat;/Franzos,<br />

Ruß und Britenhund/Dazu <strong>di</strong>e Befehle gab./Im Banner der Gerechtigkeit,/Zur Wahrung des<br />

Reiches Ehren;/Denn Blut schrie um Rache gleich;/Man durfte nicht mehr zögern./Man stellte<br />

ihnen Sühnefrist;/Das Ultimat’ ward übergeben./Wir alle wünschten, daß der Zwist/Ohn’<br />

Krieg sich würde legen./Die serben hatten nicht entsprochen;/Friedlich’ Lösung konnt’ nicht<br />

gelingen./Die Beziehungen wurden abgebrochen,/Nun begann das große Ringen./[…] Dies<br />

alles ging über uns hernieder,/Über uns das treue Deutsche Reich;/Tag für Tag bracht’ neues<br />

wieder;/ Krieg! An Deutschland – Österreich./Von Italien will man nichts erwähnen;/Zu<br />

schmählich ja war ihr Verrat./Rache euch, ihr Hyänen!/Ihr gräbt wohl selbst nun euer<br />

Grab./[…] So blicken wir zur Jahreswende/Stolz hinauf zum Kaiseraar;/Und wünsche allen<br />

Kameraden/Viel Glück fürs kommend’ neue Jahr.” 328<br />

326<br />

Siegesbewußtsein, Certezza <strong>di</strong> vittoria: “Come sopportammo pieni <strong>di</strong> de<strong>di</strong>zione e gioia/[…]/Noi siamo<br />

improvvisamente <strong>di</strong>ventati soldati./Egli [il nemico] ha invaso la nostra Patria.”<br />

327<br />

Wir halten durch!, Noi resistiamo!: “Noi resistiamo! Nessuno deve derubarci/della nostra gioiosa fiducia e del<br />

grande coraggio;/Noi non vogliamo credere ad una pace/prima che sia eliminata la prepotenza nemica./[…] Non<br />

siamo noi i responsabili dell’imperversare <strong>di</strong> questa lotta/[…] Combatterlo [il nemico] è il nostro più sacro<br />

dovere.”<br />

328<br />

Rückblick, Sguardo retrospettivo: “Sono scorsi rapidamente <strong>di</strong>ciotto mesi,/da quando si sparse la notizia per<br />

tutto l’Impero/ del più atroce <strong>di</strong> tutti i crimini,/dell’assassinio dell’erede al trono per mano serba./L’intero pianeta<br />

ne fu scosso./O meglio! Tranne i nostri nemici;/essi risero; rimasero in agguato;/aspettarono l’attimo./Da tempo<br />

era noto, che lo stato <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>ti/ era solo un apparente alleato;/I francesi, i russi e i cani tedeschi/gli davano gli<br />

or<strong>di</strong>ni./All’insegna della giustizia,/per il mantenimento della gloria del Regno;/allora s’invocò al sangue e alla<br />

vendetta;/non si poteva più esitare./Concedemmo loro un riscatto;/l’ultimatum fu comunicato./Noi tutti<br />

speravamo, che il <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong>o/si risolvesse senza la guerra./I serbi non hanno accolto;/e una soluzione pacifica non<br />

123


Per concludere questa rassegna un testo, Wir und Welt, che riassume, anche solo nel suo<br />

titolo, lo spirito <strong>di</strong> queste pagine, l’assoluta necessità <strong>di</strong> sviluppare, ra<strong>di</strong>care, <strong>di</strong>ffondere e<br />

inculcare una sud<strong>di</strong>visione netta tra buoni e cattivi e ricordare che i cattivi minacciano il<br />

mondo dei buoni e sono un pericolo concreto.<br />

Da questo testo emerge che Wir è stato molto paziente <strong>di</strong> fronte alle prove continue <strong>di</strong> o<strong>di</strong>o e<br />

istigazione da parte <strong>di</strong> Sie-Welt. Noi è associato alla pace, il resto del mondo rappresenta<br />

l’elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>strubo intenzionale <strong>di</strong> questa pace 329 : “Wir wollten den Frieden und standen<br />

dabei,/Zweimal und dreimal und mehr!/Und dennoch gaben sie keine Ruh’,/[…] Und sahen<br />

uns scheel und nei<strong>di</strong>sch zu/Einmal und zweimal und mehr!/Sie haben gehöhnt und haben<br />

gehetzt/Und Säbel geschliffen und Messer gewetzt,/[…] Wir wollten den Frieden – Wir<br />

hielten das Maul./Sie trieben durch Jahre das frevle Spiel/Mehr noch und immer mehr!/[…]<br />

Bis <strong>di</strong>e Erde war von Lügen krank,/Bis der Hasser Heulen zum Himmel stank,/Bis der<br />

Deutsche sprach: Nun ist es genug,/Nun duld’ ich <strong>di</strong>e Lügen und dulde den Trug/Nimmer und<br />

nimmer mehr!/[…]Sah im Ost den Feind und im West den Feind,/Mit dem Russen den<br />

Franzmann eng vereint;/Und den Belgier noch und den Serben dann,/Und den Briten und<br />

alles,was lügen kann,/Mehr noch und Manche mehr!” 330<br />

- Dispersi, morti bianche<br />

Il supplemento, come espressione e forma <strong>di</strong> propaganda che ha un compito da assolvere -<br />

prendersi cura della buona <strong>di</strong>sposizione dei combattenti nei confronti <strong>di</strong> una cosa che<br />

naturalmente rifuggirebbero – cerca <strong>di</strong> prendere in considerazione e <strong>di</strong> trattare a proprio<br />

favore qualunque possibile aspetto riguardante il conflitto. La stessa morte, come abbiamo<br />

visto, è trattata da <strong>di</strong>verse prospettive e ad essa si associano e si intrecciano numerosi altri<br />

argomenti: in alcune poesie la morte eroica del soldato si sposa con il tema del valore e del<br />

era adeguata./Le relazioni furono interrotte,/e cominciò la grande lotta./[…] Tutto il mondo si schierò contro <strong>di</strong><br />

noi,/e contro il fedele Regno <strong>di</strong> Germania;/ogni giorno ne portava <strong>di</strong> nuovi;/Guerra all’Austria e alla<br />

Germania./Dell’Italia è meglio neanche parlare;/il suo tra<strong>di</strong>mento fu certamente troppo vergognoso./Vendetta su<br />

<strong>di</strong> voi, voi iene!/Voi vi scavate da soli la fossa./[…] Così noi guar<strong>di</strong>amo al nuovo anno/in alto verso la fiera<br />

aquila regale;/e auguriamo a tutti i commilitoni/molti auguri per l’anno venturo!”<br />

329 L’associare il Nemico al <strong>di</strong>sturbo al rumore al caos in<strong>di</strong>stinto è una tecnica molto <strong>di</strong>ffusa in questi testi. Lo<br />

vedremo in maniera più approfon<strong>di</strong>ta quando si tratteranno le poesie <strong>di</strong> eterorappresnetazione.<br />

330 Noi e il resto del mondo: “Noi volevamo la pace e stavamo lì,/due volte e tre volte e più!/Tuttavia essi non ci<br />

<strong>di</strong>edero pace,/[…] e ci guardavano con astio e invi<strong>di</strong>a/una volta, due volte e più!/Essi ci hanno schernito e dato la<br />

caccia,/hanno affilato sciabole e coltelli,/[…] Noi volevamo la pace – ci stemmo zitti./Essi portarono avanti per<br />

anni lo sporco gioco/ancora <strong>di</strong> più e sempre <strong>di</strong> più!/[…] Finché la terra non fu pervasa <strong>di</strong> menzogne,/finché il<br />

canto dell’o<strong>di</strong>o puzzò fino al cielo,/finché il tedesco <strong>di</strong>sse: ora è abbastanza,/adesso io non sopporto più le bugie<br />

e l’inganno/mai e mai più!/[…] Si vedevano nemici ad Est e a Ovest,/il francese col russo uniti stretti;/quin<strong>di</strong> il<br />

belga con il serbo/e l’inglese e tutti quelli capaci <strong>di</strong> mentire/sempre <strong>di</strong> più e molti <strong>di</strong> più!”<br />

124


coraggio, altrove la morte in guerra è come la morte del Cristo, gra<strong>di</strong>ta a Dio per il sacrificio<br />

che essa rappresenta e porta sicura del Para<strong>di</strong>so. In altri testi la morte in guerra, e quin<strong>di</strong><br />

eroica, è un’opportunità per garantirsi un ricordo imperituro tra i posteri, o un contrappasso<br />

per tenere libera la patria dell’invasione e dall’ingerenza nemica.<br />

In guerra però, e nella guerra d’alta montagna, non si moriva solo per mano del nemico, ma<br />

molto spesso erano anche gli agenti naturali a causare decessi e ovviamente i Supplementi,<br />

come una mamma premurosa, si dovevano preoccupare <strong>di</strong> consolare/motivare anche chi<br />

trovava la morte in mo<strong>di</strong> più insoliti.<br />

Verschollen è un testo de<strong>di</strong>cato ai <strong>di</strong>spersi. Dispersi è usato qui come sinonimo <strong>di</strong> caduti,<br />

come in altri testi in cui si parla <strong>di</strong> morte anche in questo caso la descrizione del fatto è falsata<br />

attraverso una fiabizzazione per la quale il corpo del <strong>di</strong>sperso viene preso amabilmente nel<br />

grembo della natura, che se ne prende cura: “Der Firnbach weiß von einem<br />

Kriegersmann,/Der droben ruht und sich nicht rühren kann./[…] Nun liegt er drauf mit<br />

totenbleicher Stirn./[…]Der Firn hält Totenwacht bei seinem Sohn.” 331<br />

Anche Die Ungekannte è de<strong>di</strong>cato al tema dei morti-<strong>di</strong>spersi: “Ihr Namenlosen,/Die keine<br />

nennt,/Weil kein Auge eure Tate kennt/Seid in Ehrfurcht gegrüßt!/Ihr Unbekränzten,/[…]<br />

Seid in Ehrfurcht gegrüßt!/Gefallene Vorposten,/Die ihr in Einsamkeit Schwerstes<br />

vollbrachtet,/Ohne daß ein Auge eurer geachtet,/[…] Ihr stillen Helden,/Die ihr kein<br />

Ehrenkreuz tragt,/Weil kein Mund nach eurer Tat euch gefragt./[…] Ungekannte, ihr<br />

alle:/Bewußt oder unbewußt/Tragt ihr ein strahlendes Kreuz in der Brust./ Seid in Ehrfurcht<br />

gegrüßt!” 332 . Anche coloro che non subiscono una morte violenta sul campo hanno <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

essere ricordati e onorati con l’appellativo <strong>di</strong> eroi: ciascun lettore, a seconda dell’esperienza<br />

<strong>di</strong>retta che ha vissuto, sulla sua pelle o <strong>di</strong> un caro, deve trovare la propria motivazione in<br />

queste pagine e il riconoscimento per aver sostenuto, e sostenere ancora, la guerra senza<br />

ripensamenti.<br />

Soprattutto le slavine erano un fenomeno molto temuto che mieteva numerose vittime tra i<br />

soldati. An <strong>di</strong>e Opfer des weißen Todes è un testo de<strong>di</strong>cato proprio a coloro che morivano<br />

assiderati, travolti da una slavina. Il testo vuole rassicurare i lettori che si tratta comunque <strong>di</strong><br />

331<br />

Dispersi: “Il ruscello ghiacciato sa da un uomo <strong>di</strong> guerra,/che lassù riposa e non lo si può muovere./[…] Ora<br />

egli giace con la fronte pallida come un cencio./[…] Il ghiacciaio fa la guar<strong>di</strong>a da morto al suo figlio.”<br />

332<br />

Gli sconosciuti: “Voi senza nome,/che nessuno nomina,/perché nessun occhio ha conosciuto le vostre<br />

gesta/siate acclamati con profondo rispetto!/Voi senza fregi,/[…] siate acclamati con profondo<br />

rispetto!/Avamposti defunti,/che compiste in solitu<strong>di</strong>ne il vostro impegno,/senza che neanche un occhio vi<br />

facesse caso,/[…] Voi eroi silenziosi,/che non indossate nessuna croce al valore,/perché nessun labbro chiese<br />

delle vostre gesta./[…] Voi tutti sconosciuti:/consapevoli o non consapevoli/voi portate una croce splendente in<br />

petto./Siate acclamati con profondo rispetto!”<br />

125


morte eroica, anche il nome <strong>di</strong> questi uomini sarebbe stato ricordato in eterno, seppure essi<br />

non abbiano avuto l’onore <strong>di</strong> morire in combattimento: “Drei Kameraden, allen lieb und<br />

teuer,/Die niemals fürchteten des Welschen Feuer,/Soldaten voller Treu und wahrer<br />

Tugend/Sind nun dahingerafft in Kraft und Jugend!/Dem Kaiser <strong>di</strong>enten sie mit Freud und<br />

Lust,/Da nahm der weiße Tod sie an <strong>di</strong>e Brust./O Herr sei gnä<strong>di</strong>g ihnen im Gericht,/Als Opfer<br />

starben sie erfüllter Pflicht!/[…] Ihr konnt nicht auf dem Feld der Ehre sterben,/Ihr durftet<br />

nicht den Lorbeerkranz erwerben./Ein treu Gedenken mög es Euch vergelten,/Ihr seid<br />

gefallen doch als wahre Helden!/Drum bleiben unvergeßlich Eure Namen!” 333 .<br />

Il paesaggio alpino e il mito del Tirolo<br />

Come è già stato detto i supplementi letterari caratterizzano il giornale nella sua fase più<br />

tirolese. Non a caso è il Tirolo a farla da padrone che, dalla lettura e l’analisi <strong>di</strong> questi versi,<br />

molto spesso è in<strong>di</strong>cato come il mondo alpino caratterizzato da un paesaggio meraviglioso e<br />

lussureggiante e da uno stile <strong>di</strong> vita sobrio e umile. Il Tirolo inteso in senso patriottico-<br />

nazionalistico anche nell’occasione della Grande Guerra sarà superiore al nemico come fece<br />

nell’anno nove: questa è la convinzione, il messaggio che deve scaturire. Estremamente<br />

idealizzato in queste pagine, fortemente cattolico, conta<strong>di</strong>no, coraggioso, forte e onesto il<br />

Tirolo resiste attraverso la guerra. L’intera vita del tirolese è consacrata alla patria. Il tirolese<br />

poi, in quanto figlio delle montagne, combatte nella guerra d’alta quota assistito dall’intera<br />

natura.<br />

La descrizione del Tirolo, nel periodo precedente al conflitto è sempre una descrizione molto<br />

positiva (normalmente le espressioni più ricorrenti sono friedlich, stolz, freu<strong>di</strong>g – pacifico,<br />

fiero, gioioso), in particolare se ne sottolinea la felicità, lo stato <strong>di</strong> pace, l’orgoglio <strong>di</strong> vivere<br />

una situazione talmente privilegiata. Questa situazione così positiva ha generato una forte<br />

invi<strong>di</strong>a. Un esempio molto chiaro <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> impianto argomentativo, che si ripete<br />

anche in altre liriche, è Tirol, <strong>di</strong>e starke Felsenburg: “Unseres Landes Felsenfeste/ Thronte<br />

333<br />

Alle vittime delle morti bianche: “Tre compagni, tutti amati e cari,/che non hanno mai temuto il fuoco<br />

nemico,/soldati pieni <strong>di</strong> onestà e vere virtù/ora sono stati annientati in forza e gioventù!/Servirono l’Imperatore<br />

con gioia e volontà,/ma la morte bianca li colpì./O Signore sii benevolo con loro nel giu<strong>di</strong>zio,/essi morirono<br />

come vittime del dovere compiuto!/[…] Voi non siete potuti morire nel campo dell’onore,/a voi non è stato<br />

concesso <strong>di</strong> guadagnare la corona d’alloro./Ma un pensiero fiducioso può ripagarvi,/voi siete comunque morti<br />

come veri eroi!/Per questo i vostri nomi rimangono indelebili!”<br />

126


friedlich Jahr um Jahr […]/ Lang des Nachbars Auge kränkte/Unserer Feste, trotz´ges<br />

Blicken./Er beschloß, das heil´ge Bollwerk/zu zerstören, zu zerstückeln” 334<br />

In questo, come in tantissimi altri casi l’elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo della situazione pacifica è il<br />

nemico italiano: il nemico <strong>di</strong>sturba, con i gesti, coi rumori. Egli e´ sempre descritto con un<br />

linguaggio legato ai sensi, vista e tatto in particolare 335 . Il nemico interrompe, dunque, una<br />

situazione <strong>di</strong> serenità, ma <strong>di</strong> fronte a questa necessità (Not – necessità, altro termine<br />

<strong>di</strong>sseminato ovunque, esempio da Die Wacht in Tirol(1): “Wir scheuen Wunden nicht und<br />

Tod,/Ist unser Vaterland in Not” 336 ) si attivano gli “Heldenmänner, klein und groß” 337 ciò<br />

significa che il popolo risponde unanime, unito e coeso al momento <strong>di</strong> bisogno che si è venuto<br />

a creare. Come si comportano questi “Heldenmänner” in battaglia? Non temono e non<br />

vacillano (altra espressione molto ricorrente 338 ) e sono talmente soli<strong>di</strong>, compatti e uniti nella<br />

lotta contro il nemico che combattenti e pareti rocciose <strong>di</strong>ventano un’unica cosa, il soldato<br />

austroungarico, meglio tirolese, assume in questa trasfigurazione le caratteristiche dei monti<br />

tanto che il nemico nell’intento <strong>di</strong> violare queste terre si sfracella 339 contro la parete rocciosa:<br />

“Es zerschmettert an der Felswand/ Der gestört der Feste Ruh!” 340 .<br />

La poesia Tirol! È un altro esempio del tema della patria beata minacciata da un nemico<br />

impertinente. Come appena detto il nemico è descritto come elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo in una<br />

situazione pacifica 341 : “Tiroler Adler, blutigrot,/Hebst du <strong>di</strong>e Schwingen wieder?/Ist neuerlich<br />

dein Land bedroht,/Dein Land, so treu und bieder?/Wer ist der Feind, der <strong>di</strong>ch bedroht/Wer<br />

rührt an deine Berge?/Tiroler Adler, blutigrot,/Wer sind <strong>di</strong>e frechen Zwerge?/ […] Laß nur<br />

den Welschen kommen!/[…] Tirol wird nie genommen!” 342<br />

334 Tirolo, forte paese <strong>di</strong> roccia: “La nostra terra troneggiava/solida anno dopo anno […]/Da tempo gli occhi del<br />

vicino lanciavano/<strong>degli</strong> sguar<strong>di</strong> insistenti alle nostre fortezze./Egli decise, <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere e fare a pezzi/il sacro<br />

baluardo.”<br />

335 Blicken nach, greifen, gierig <strong>di</strong>e Hände ausstrecken, greifen mit gieriger Hand, aufhorchen. Cfr I seguenti<br />

esempi: (esempio tratto da Dem Treulosen ins Stammbuch “Nach dem heiligen Land Tirol/Blickt Italias König<br />

[…] Nach dem, was rechtens uns gehört,/Streckt gierig er <strong>di</strong>e Hände. Esempio tratto da Mein Osterreich: “Die<br />

Räuber all zurük,/Die frech <strong>di</strong>e Hände ausgestreckt/Nach unserem Gut und Glück”. Esempio tratto da Die<br />

Adlerschützen: “Es schleicht herein in unsere Alpenwelt/Der Welsche, der so feig verkauft sich hat für Geld”)<br />

336 La guar<strong>di</strong>a in Tirolo: “Noi non temiamo ferite e morte,/la nostra Patria è in pena”<br />

337 “Uomini eroici, gran<strong>di</strong> e piccoli”<br />

338 “Schwanken und wanken nicht”<br />

339 Nella sezione de<strong>di</strong>cata alla descrizione del nemico vedremo quanto spesso è utilizzata questa modalità <strong>di</strong><br />

descrizione.<br />

340 “Si sfracella alla parete rocciosa/colui che <strong>di</strong>sturba la pace stabile!”<br />

341 Anche altrove, es. Die “Gefürchtete Grafschaft von Tirol”, La “temuta Contea tirolese”, incentrata sempre<br />

su noi vs loro: noi:Ruhe, pace, du:stören, surren, zischen, ruiniren – <strong>di</strong>sturbare, ronzare, sibilare, rovinare.<br />

342 Tirolo!: “Aquila tirolese rosso sangue,/sollevi nuovamente le ali?/La tua terra è nuovamente minacciata?/La<br />

tua terra onesta e tra<strong>di</strong>zionalista?/Chi è il nemico che ti minaccia?/Chi <strong>di</strong>sturba le tue montagne?/Aquila tirolese<br />

rosso sangue,/chi sono questi nani sfrontati?/[…] Ma lascia avvicinare i terroni! […] Tanto il Tirolo non verrà<br />

mai preso!”<br />

127


Tiroler Marsch è costruita, come molte altre liriche qui raccolte, sulla contrapposizione<br />

sacro/demoniaco, uno combatte per invadere e derubare, l’altro per <strong>di</strong>fendere: “Sie sollen<br />

nichts erwerben/Vom heiligen Land Tirol,/Geschirmt durch seine Berge (verso centrale che<br />

<strong>di</strong>vide, come i monti separano i buoni dai cattivi) Höhnt es <strong>di</strong>e welschen Zwerge,/Daß sie der<br />

Teufel hol!/[…] Im Herzen treuen Glauben,/Der nimmer ihm zu rauben,/Kämpft der Tiroler<br />

Christ./[…] Wer faslch den Eid geschworen,/Der hat sein Heil verloren,/Ist ewiglich<br />

verdammt./Schaut auf zu euren Helden,/Tiroler frei und stark!/Menei<strong>di</strong>gen müßt ihr lehren,/<br />

Wie sich Tiroler wehren!” 343 . Parole chiave: heilig vs teufel, Teufel vs Christ, Helden vs<br />

Meinei<strong>di</strong>gen (sacro vs <strong>di</strong>abolico, Diavolo vs Cristo, eroi vs spergiuri).<br />

Altri esempi: il nemico vuole rendere questa terra schiava (Tirol zu fesseln-<strong>di</strong>e Freiheit zu<br />

rauben, incatenare il Tirolo-rubare la libertà), ma la devozione del Tirolo al sacro cuore <strong>di</strong><br />

Gesù terrà il Tirolo libero dal nemico e salvo: “Auf, auf, das Vaterland ist bedroht,/[…] Tirol,<br />

dem Herzen Jesu geweiht,/Bleibt ferner auch von den Feinden befreit,/So lang es ihm <strong>di</strong>e<br />

Treue wird halten.” 344 Il Tirolo è in<strong>di</strong>visibile e rimarrà ai tirolesi: “Tirol, mein teures<br />

Heimatland,/Vom Achensee zum Gardastrand./[…] Nun loht <strong>di</strong>e Flamme, tobt der Streit,/Die<br />

Waffe wird entscheiden./Es fühlt mein Herz sich wie befreit:/Daß von der Heimat einen<br />

Zoll/Hyänengier uns rauben soll,/Das wird kein Landsmann leiden!” 345<br />

Gruß dem Tiroler Volk è una lirica de<strong>di</strong>cata all’esaltazione delle caratteristiche e delle doti<br />

della popolazione tirolese, doti che già sono proprie <strong>di</strong> questi uomini in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> pace e<br />

che si amplificano in battaglia. Le qualità <strong>di</strong> questo popolo sono estremamente gra<strong>di</strong>te al<br />

Cielo e avranno un peso decisivo anche sull’esito finale della battaglia. Così come queste doti<br />

eroiche ebbero successo in passato, così ora nel momento del bisogno, che il nemico assale i<br />

patri confini, queste doti si riveleranno doti vincenti: “Tiroler Volk, voll Biederkeit,/Steh’ auf<br />

zum Kampf, zieh’ aus zum Streit,/Das gilt des Volkes Ehre./Tiroler Volk, voll Kraft und<br />

Trutz,/Sei wieder Herd und Heimat Schutz,/Des Landes Heldenwehre./Tiroler Volk, voll<br />

343<br />

Marcia tirolese: “Loro non devono acquisire nulla/della sacra Terra tirolese,/protetta dai suoi monti/ si prende<br />

gioco dei nanerottoli terroni,/vittime del Demonio!/[…] Con in cuore la salda fiducia,/<strong>di</strong> non farsi derubare da<br />

lui/combatte il Cristo tirolese/[…] Chi giura il falso,/quello ha perso la sua salvezza,/ed è condannato<br />

eternamente./Guardate ai vostri eroi,/Tirolo libero e forte!/Spergiuri, voi dovete imparare/come si <strong>di</strong>fendono i<br />

tirolesi!”<br />

344<br />

Tirol, Tirolo: “Su, su, la Patria è minacciata,/[…] Tirolo, consacrato al Cuore <strong>di</strong> Gesù,/si libererà presto del<br />

nemico,/fintantoché Gli rimarrà devoto.”<br />

345<br />

Tirol unteilbar, Tirolo in<strong>di</strong>visibile: “Tirolo, mia cara terra natia,/dal Lago <strong>di</strong> Achen alle rive del Garda./[…]<br />

Ora <strong>di</strong>vampano le fiamme e imperversa la tempesta,/le armi decideranno./Il mio cuore si sente come<br />

liberato:/nessun conterraneo soffrirà del fatto che/ le avide iene ci abbiano sottratto/ neanche un pollice <strong>di</strong><br />

Patria.”<br />

128


Heimatlieb’/Wehr’ ab den Feind, den welschen Dieb,/Der uns im Süd bestürmet./Tiroler<br />

Volk, voll Glaub’ und Treu,/Dein Heldentum sich jetzt erneu’,/Das deine Berge schirmet.” 346<br />

Un altro testo esemplificativo <strong>di</strong> questa trasfigurazione è Tiroler Bauern, in questi versi il<br />

giovane combattente tirolese <strong>di</strong>venta un eroe senza paura <strong>di</strong> fronte al quale non é possibile<br />

avere la meglio. Le sue qualitá fisiche e morali portate fino ai limiti del verosimile assicurano<br />

un esito positivo del conflitto, perché se da una parte abbiamo <strong>degli</strong> eroi invincibili in virtú e<br />

forza fisica dall´altra abbiamo invece un nemico meschino: “Rassige Burschen/Mit Knochen<br />

von Eisen,/Blaue Augen/Furchtlos kreisen.[...] Rausige Kerle sind´s,/Jeder ein Held,/Fürchten<br />

kein´ Teufel/Und nichts auf der Welt.[...]/Tapfer und treu/Steht Tirols/Drohender<br />

Leu./[...]Kein Sinnen, kein Zagen/[...]Tiroler Bauern/Der Sieg wird euer sein!” 347<br />

Tiroler Schützen è un ancora un testo <strong>di</strong> auto rappresentazione dei combattenti tirolesi, nel<br />

quale si ripetono aggettivi ed espressioni che li caratterizzano positivamente e che per riflesso<br />

si estendono a tutta la popolazione: “In Südtirol am höchsten Grat, a Schütz steht auf der<br />

Wacht,/[…] Sein Ohr ist scharf, sein Blick ist klar,/Sein Herz ist frisch, sein G’müt ist<br />

wahr,/So sein sie all’ im Land Tirol,/Das Herz von Treue voll.” 348 Quest’ultimo verso si ripete<br />

alla fine <strong>di</strong> ciscuna delle restanti tre strofe e alla parola Treue si sostituiscono rispettivamente:<br />

Liebe, Hoffnung, Glauben – Amore, Speranza, Fede.<br />

Fintanto che la piccola patria triolese potrà contare su questi figli-eroi non ci sarà da temere<br />

per le sue sorti: “Dich, Tirol, will Feindeshand mir rauben?/Will trennen <strong>di</strong>ch von Habsburgs<br />

hehrer Kron’?/Dies, Tirol, das will ich nimmer glauben,/Solang nich fällt für <strong>di</strong>ch dein letzte<br />

Sohn./Deine Söhne[…]/Der Stutzen schützt <strong>di</strong>r deines Südens Mark,/Er straft der feigen<br />

Feinde Habgiersucht;” 349<br />

Per terminare questa breve rassegna propongo i versi <strong>di</strong> Wir Tiroler che sintetizza nel titolo<br />

l’invito all’identificazione per chi legge nel gruppo positivo: tutto il popolo in armi, noi<br />

346<br />

Saluto al popolo tirolese: “Popolo tirolese, pieno <strong>di</strong> austerità,/alzati a combattere, levati in battaglia,/questo<br />

tocca all’onore del popolo./Popolo tirolese, pieno <strong>di</strong> forza e ostinazione,/sii nuovamente <strong>di</strong>fensore del focolare e<br />

della patria,/una barriera <strong>di</strong> eroi della Patria./Popolo tirolese pieno <strong>di</strong> amore per la Patria/respingi il nemico, il<br />

ladro terrone/che ci asse<strong>di</strong>a al sud./Popolo tirolese pieno <strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> fede,/il tuo eroismo che protegge i tuoi<br />

monti/ oggi si rinnova.”<br />

347<br />

Conta<strong>di</strong>ni tirolesi: “Giovani irruenti/con ossa <strong>di</strong> ferro,/occhi blu,/volteggiano senza paura.[…] essi sono dei<br />

tipi rissosi,/ognuno è un eroe,/non temono nessun demonio/e nulla sulla terra.[…]/E’ valoroso e onesto/il<br />

minaccioso leone tirolese./[…] Nessuna riflessione, nessun dubbio/[…] Conta<strong>di</strong>ni tirolesi/la vittoria sarà vostra!”<br />

348<br />

Tiratori tirolesi: “In sud Tirolo nella vetta più alta, un tiratore fa la guar<strong>di</strong>a,/[…] il suo orecchio è aguzzo, il<br />

suo sguardo preciso,/il suo cuore è fresco, il suo animo è autentico,/così sono tutti in terra tirolese,/il cuore colmo<br />

<strong>di</strong> rispetto.”<br />

349<br />

An Tirol, Al Tirolo: “La mano nemica mi vuole rubare te, Tirolo?/Ti vuole separare dalla venerabile corona<br />

asburgica?/Questo, Tirolo, io non voglio crederlo,/fintantoché non muore in tuo nome il tuo ultimo figlio./I tuoi<br />

figli […]/Il moschetto <strong>di</strong>fende il tuo confine sud,/punisce la brama maniacale del vile nemico;”<br />

129


tirolesi siamo <strong>degli</strong> eroi. Chi riceve il messaggio deve riconoscersi in ciò e continuare a<br />

confermare e portare avanti queste caratteristiche con il proprio comportamento: „Für<br />

Heimatland gerüstet,/Zu strafen welschen Verrat,/In den Bergen eingenistet,/Bis auf den<br />

höchsten Grat./Da lugen wir Jungen und Alten/Auf den Feind mit Adlerblick./Wir schwören,<br />

<strong>di</strong>e Scholle zu halten/Da gibt es kein Zurück!/[…] Hoch oben auf Felsenriffen,/Tief unten im<br />

Graben und Feld,/Wird kämpfen mit wuchtigen Griffen/Ein jeder von uns – als Held.“ 350<br />

È evidente che popolazione e patria sono una cosa sola o, perlomeno, devono esserlo –<br />

sembrarlo - in queste pagine. Un'altra componente essenziale <strong>di</strong> questa ‘squadra’ invincibile è<br />

la terra.<br />

La popolazione tirolese allo scoppio del conflitto era costituita per lo più da conta<strong>di</strong>ni, questa<br />

caratteristica rendeva il loro attaccamento alla terra ancora più forte e, se vogliamo, motivato.<br />

Nel corpus qui analizzato la trattazione <strong>di</strong> questo argomento è molto <strong>di</strong>ffusa: “Kein Krümchen<br />

Erde sei gegönnt/Von unserem Heimatlande.” 351<br />

Numerose sono le liriche de<strong>di</strong>cate a questa categoria, descritta qui come tutta tirolese. Sono<br />

quasi tutti testi che sottolineano la remissività e l’umiltà <strong>di</strong> questa professione, che però non<br />

sono trattate come segni <strong>di</strong> debolezza o sottomissione, ma anzi sono doti che si trasformano in<br />

punto <strong>di</strong> forza: essere abituati al duro lavoro nei campi ha temprato gli animi <strong>di</strong> questi uomini<br />

che ora in battaglia possono mostrare le proprie virtù:<br />

Arbeiter in den Dolomiten: “Sie tragen Gewänder aus schlichtem Tuch,/Kein Stern und Orden<br />

blinkt dran,/Und dennoch steh’n sie in goldenen Buch/Unter den Tapfersten obenan./Sie<br />

führen nicht streithaft Büsche und Schwert,/Nur Krampen und Axt schwingt <strong>di</strong>e<br />

Hand,/[…]Ihr schlichten Helden! Mit Schaufel und Beil/Habt ihr an dem Bau geschafft,/Auf<br />

dem, will’s Gott, in naher Weil’/Sie Siegesfahne sich strafft.” 352<br />

Sempre legato al fatto che è il Tirolo, il suo popolo e il suo paesaggio, l’assoluto protagonista<br />

<strong>di</strong> queste pagine si propone la poesia Tirol 1914/15: “Volk, wie bist du stark erwacht,/Ganz<br />

zur großen Tat befreit!/[…] Volk und Erde, schmachbedroht,/Bäumt sich<br />

350<br />

Noi tirolesi: “Armati per la Patria,/per punire il tra<strong>di</strong>mento italiano,/albergati nei monti,/fino alla vetta più<br />

alta./Lassù noi, giovani e vecchi,/cerchiamo con sguardo d’aquila il nemico./Noi giuriamo, <strong>di</strong> mantenere la<br />

posizione/qui non c’è nessun In<strong>di</strong>etro!/[…] Su, in alto nelle scogliere rocciose,/giù, in basso nelle trincee e in<br />

campo,/combatterà con azioni massicce/ognuno <strong>di</strong> noi – come un eroe.”<br />

351<br />

Kein Krümchen Erde, Neanche un briciolo <strong>di</strong> terra: “Non sia concesso neanche un briciolo <strong>di</strong> terra/della<br />

nostra Patria.”<br />

352<br />

Lavoratori nelle Dolomiti: “Indossano vesti <strong>di</strong> panno modesto,/nessuna stelletta o grado vi luccica sopra,/e<br />

tuttavia essi stanno nel libro d’oro/in cima sotto la voce dei più valorosi./Essi non impugnano spade e fucili<br />

litigiosi,/solo zappa e ascia fa vibrare la mano,/[…] Voi eroi modesti! Con la pala e la scure/Siete riusciti nella<br />

costruzione,/sulla quale si erge, voglia Dio in un tempo vicino/la ban<strong>di</strong>era della vittoria.”<br />

130


himmelzugewandt./Über allen Gipfeln loht/Zorniger Röte Purpurbrand.” 353 Quin<strong>di</strong>, popolo e<br />

terra tirolese sono pronti a <strong>di</strong>fendersi. Le strofe centrali <strong>di</strong> questa poesia sono de<strong>di</strong>cate alla<br />

descrizione <strong>di</strong> come il paesaggio vive l’evento a modo suo: “Doch nicht nur Menschen<br />

allein/Reckt geharnischt sich empor:/Wald und Welle, Eis und Stein/Lauern in ergrimmtem<br />

Chor./Drohend wuchtet Turm an Turm,/Wildbach faucht <strong>di</strong>e Schlucht entlang,/Föhn erbraust<br />

im Wolkensturm,/Gletscher knirscht mit Donnergang.” 354<br />

Il conta<strong>di</strong>no ama la terra non solo perché essa è fonte <strong>di</strong> sostentamento per sé e la propria<br />

famiglia, ma anche perché il Tirolo è caratterizzato da un paesaggio splen<strong>di</strong>do e meraviglioso,<br />

descritto, non a caso, con minuzia in numerose liriche. Normalmente si tratta <strong>di</strong> descrzioni<br />

estremamente dettagliate che coinvolgono tutti i sensi, in modo che chi legge possa sentire il<br />

calore del sole, vedere i colori e le forme del paesaggio e respirarne gli odori, questo para<strong>di</strong>so<br />

terrestre è sempre accompagnato dall’aggettivazione possessiva mia/nostra, finalizzato<br />

nell’economia del giornale a tenere continuamento vivo il senso <strong>di</strong> appartenenza. Il tirolese,<br />

dunque, a ragione anche per questo ama la sua terra ed è ad essa inscin<strong>di</strong>bilmente legato.<br />

Inoltre, il tema paesaggistico, in molti testi si riallaccia a Dio che è stato generoso con i<br />

tirolesi, e quin<strong>di</strong> li ama, nel donar loro una regione così prospera <strong>di</strong> vegetazione e così<br />

gradevole per i sensi. Tiroler Sonne è un testo che tratta quest’aspetto, Il Sole come emerito<br />

rappresentate <strong>degli</strong> astri, rappresenta il cielo, la luce <strong>di</strong> Dio, che come suggerisce il titolo non<br />

sembra essere per/<strong>di</strong> tutti, ma anch’esso <strong>di</strong>venta <strong>di</strong> proprietà esclusiva <strong>di</strong> questo popolo<br />

eletto. La poesia comincia con una descrizione fiabesca fino al doch, con il quale viene<br />

introdotto il nemico e la sua azione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo: “Maienmorgen! Helles Blühen!/Gol<strong>di</strong>gklares<br />

Sonnenglühen/In der Wiesen Halmewogen,/In der Wälder reichem Bogen,/Auf der Firne<br />

weißen Hängen,/Wo sich bunte Flimmer drängen,/Glänz’st du purpurn, Götterlicht!/Doch du<br />

scheinst auch jenen Schergen,/Jenen untreuschwangern Zwergen,/Die mit Falschheit-<br />

schwankem Schritte,/Mit des Räubers gierigem Tritte/Dieses heil’ge Land<br />

entweiht./[…]/Sonne, scheine ihnen fürder nicht!/Sonne! Sie entweihen auch dein Licht!” 355<br />

353<br />

Tirolo 1914/15: “Popolo, come ti sei svegliato energico,/ormai liberato da gesta eroiche!/[…]Popolo e terra,<br />

minacciati dall’infamia, si impennano rivolti al cielo./Sopra tutte <strong>di</strong>vampano le vette/ <strong>di</strong> un’ira <strong>di</strong> fuoco rosso<br />

porpora.”<br />

354<br />

“Tuttavia non solo gli uomini/si protendono energicamente verso l’alto:/il bosco e gli alberi, il ghiaccio e le<br />

pietre/stanno in agguato in un coro furioso./Minacciose si colpiscono torre contro torre,/il ruscello selvatico<br />

infuria lungo la gola,/il Föhn soffia in un impeto <strong>di</strong> nuvole,/il ghiacciaio stride con l’incedere del tuono.”<br />

355<br />

Sole tirolese: “Mattina <strong>di</strong> maggio! Prospera <strong>di</strong> chiarore!/Calore del sole oro chiaro/fra gli ondeggianti steli<br />

della radura,/nei ricchi archi del bosco,/nei bianchi pen<strong>di</strong>i sui ghiacciai,/dove si spingono tremolii<br />

colorati/splen<strong>di</strong> tu purpurea luce <strong>di</strong> Dio!/Tuttavia tu brilli anche per quei sicari,/per quei nani pregni <strong>di</strong><br />

infedeltà,/che con passi <strong>di</strong> farsa e falsità,/con il passo dell’avido malvivente,/profanano questa terra santa./[…]<br />

Sole, non brillare più per loro!/Sole! Essi profanano anche la tua luce!”. La parte <strong>di</strong> testo de<strong>di</strong>cata alla<br />

131


In molti testi è proprio la bellezza, l’incontaminatezza del paesaggio, i suoi colori e i suoi<br />

odori che ha attirato le attenzioni maligne <strong>degli</strong> italiani. Il Tirolo si trova incastonato in questo<br />

eden ed è quasi inevitabile che a causa <strong>di</strong> tanta bellezza questo luogo sia oggetto dei desideri<br />

<strong>di</strong> altre potenze, in particolare dei vicini <strong>di</strong> casa : “Zwischen Bergen, welche<br />

majestätisch,/Gigantenhaft zum Himmel ragen/[…] Von Sonnenstrahlen grell erhellt,/Liegt<br />

Österreichs Edelstein Tirol,/Das Land der Treu und Biederkeit,/Das Volk in ihm<br />

vertrauensvoll. […] Dies Land ab seiner Herrlichkeit/Ward zu dem Zweck, es zu<br />

verkleinern,/Schon oft der Schauplatz wüster Tätigkeit,/Herbeigeführt von gierigen<br />

Lateinern.” 356 Di fronte all’ingerenza nemica il popolo combattente tirolese è solerte: singolo<br />

“Steht zu sühnen, kampfbereit/ Mutter Austrias wür<strong>di</strong>ger Sohn,/Trotzend der Gefahren weit<br />

und breit.” 357 E gruppo “Steh’n einig, wie ein eisern Band,/Die Helden stolz und prächtig/<br />

Zum Eid erhoben fest <strong>di</strong>e Hand,/Die Stimme klar und mächtig,/Die Schwur klingt ernst und<br />

schauerlich/[…] «Wir werden weichen nicht, noch wanken,/[…] Vereint mit Brüdern aller<br />

Waffen,/Der Jäger und der Standesschützen,/[…] Das teu’re Heimatland zu schützen,/Solange<br />

nicht gedehmütigt/Der Welsche sinkt ins Knie./[…] Kein Fingerbreit des Landes, das wir<br />

verehren,/Soll Feindesmacht besitzen.»/[…] Der Himmel wird dem Feigen zürnen,/Gott<br />

schützt des Tapfern Vaterhaus.” 358<br />

Per terminare, propongo qualche passo da una lirica che è riassuntiva dell’importanza<br />

simbolica che in queste pagine hanno la patria tirolese il suo popolo e la sua terra<br />

inscin<strong>di</strong>bilmente legati.<br />

Heil Dir, mein Land Tirol!, il Tirolo è il <strong>di</strong>amante più bello dell’Impero asburgico, esso è<br />

orgoglioso e fiero il tirolo è stolz per merito della magnificenza delle Alpi che sono il<br />

simbolo numero uno dell’identificazione e che rappresentano uno dei tratti <strong>di</strong>stintivi del<br />

paesaggio locale. L’importanza simbolica delle Alpi, della montagna, in queste pagine è<br />

descrizione del nemico ha una assonanza in sich che ricorda il sibilare e lo strisciare del serpente, che con la sua<br />

andatura infida si insinua nel paesaggio precedentemente descritto.<br />

356<br />

Kampfruf aus dem Hochgebirge, Chiamata alle armi dall’alta montagna: “Tra i monti, quale<br />

maestosi,/giganti si ergono verso il cielo/[…]Rischiarita dai luminosi raggi del sole,/si trova la pietra preziosa<br />

dell’Austria, il Tirolo,/terra <strong>di</strong> onestà e umiltà,/il popolo pieno <strong>di</strong> fiducia in essa. […] Questa terra a causa della<br />

sua magnificenza,/fu presa <strong>di</strong> mira per rimpicciolirla,/già spesso luogo in cui furono condotti gesti orribili dagli<br />

ingor<strong>di</strong> latini.”<br />

357<br />

Ibid. “Per epurare il male,/ il figlio degno <strong>di</strong> Madre Austria sta lì pronto a combattere,/sprezzante del pericolo<br />

in lungo e in largo.”<br />

358<br />

Ibid. “Stanno uniti, come una catena <strong>di</strong> ferro,/gli eroi fieri e formidabili/le mani alzate in segno <strong>di</strong><br />

giuramento,/la voce chiara e possente,/il giuramento risuona grave e solenne/[…]«Noi non cederemo, né<br />

vacilleremo,/[…] Uniti con tutti gli altri fratelli in armi,/il cacciatore e il tiratore,/[…]per <strong>di</strong>fendere l’amata<br />

Patria,/finché il terrone non cada in ginocchio, umiliato./Nessun <strong>di</strong>to <strong>di</strong> terra che noi veneriamo,/dev’essere<br />

posseduto della forza nemica. »/[…] Il cielo è in collera con quel vigliacco,/Dio protegge i valorosi eroi della<br />

Patria.”<br />

132


anche legata al fatto che esse sono protese verso il cielo quin<strong>di</strong> hanno una prossimità a Dio. Il<br />

Tirolo anche in questi versi è caratterizzato da aggettivazione possessiva e super positiva:<br />

mein, glücklich, herrlich, treu, tapfer (mio, fortunato, maestoso, onesto, valoroso). La casa<br />

regnante ama il Tirolo così come il Tirolo ama la casa regnante. Da ciò che emerge in queste<br />

pagine, pare quasi che in questa regione non esistano <strong>di</strong>scorsi nazionalistici, la fedeltà alla<br />

casa regnante è assoluta, le caratteristiche dei combattenti tirolesi, poi, sono un’ottima miscela<br />

<strong>di</strong> aspetti fisici e morali che interagiscono rendendo questi uomini invincibili. Il tutto è<br />

implicitamente merito della loro natura così semplice, retta, onesta. “Du (Tirol) bist in<br />

Habsburgs Krone/Der schönste Diamant,/Denn Dir hat Gott in seiner Macht/Geweiht der<br />

Alpen stolze Pracht!/Du glücklich Land Tirol!/Du Land der Felsenzinnen,/Der Berge hoch<br />

und hehr,/Die mit dem Himmel minnen/[…]Die ragen stolz zur lichten Höh’/[…] Du herrlich<br />

Land Tirol!/Du Land der gold’nen Treue,/Der Lieb’ zum Herrscherhaus,/[…] Gar eilig steigt<br />

Dein Volk zu Tal/Und schärft für Welschland seinen Stahl!/Du treue Land Tirol!/[…] So<br />

glühen Tiroler Herzen/Für Habsburgs Glanz und Macht,/[…]Tirolers Augen blitzen,/[…] Um<br />

Haus und Hof zu schützen/[…] Du tapf’res Land Tirol!/[…] Wir siegen oder sterben,/Wie bei<br />

den Vätern war!” 359<br />

Guerra e vita in alta quota<br />

All’ingresso in guerra dell’Italia, nel maggio 1915, si aprì il fronte meri<strong>di</strong>onale che, per buona<br />

parte, fu un fronte alpino-dolomitico. L'estremità occidentale del fronte italo-austriaco<br />

attraversava i due imponenti gruppi montuosi dell'Ortles-Cevedale e dell'Adamello-Presanella<br />

che costituivano una formidabile barriera <strong>di</strong> colossi montuosi ricoperti <strong>di</strong> nevi e <strong>di</strong> ghiacciai,<br />

tutti superiori a 3.000 m., <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile accesso, così da un versante come dall'altro, con un solo<br />

valico carreggiabile, quello dello Stelvio (2757 m.), con nessuna mulattiera e pochi sentieri<br />

<strong>di</strong>fficili e impervi. Gli imponenti bacini superiori <strong>di</strong> queste due valli presentano le vere<br />

caratteristiche dell'alta montagna: linee <strong>di</strong> creste sottili e <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficilissima percorribilità, erte<br />

pareti <strong>di</strong> roccia, ampi ghiacciai che generano una ricca ed estesa rete geografica. E' questa nel<br />

359 Lode a te, mio Tirolo!: “Tu (Tirolo) sei nella Corona/il <strong>di</strong>amante più bello,/poiché Dio, nel suo potere/ti ha<br />

consacrato la magnificenza delle Alpi!/Tu, Tirolo terra fortunata!/Tu, terra dalle rocce <strong>di</strong> stagno,/dai monti alti e<br />

sublimi,/che <strong>di</strong>alogano con il Cielo/[…] Che si innalzano fieri nelle chiare altezze/[…] Tu, Tirolo terra<br />

magnifica!/Tu, terra <strong>di</strong> pura onestà,/dell’amore per la casa regnante,/con fretta il tuo popolo si è riversato nelle<br />

vallate/e affila il proprio acciaio per i nemici italiani!/Tu, terra fedele!/[…] Così ardono i cuori tirolesi/per la<br />

magnificenza e la potenza asburgica,/[…] gli occhi dei tirolesi si accendono,/[…] per proteggere la casa e il<br />

cortile/[…] Tu, Tirolo terra valorosa!/[…] Vinciamo o moriamo,/come successe ai nostri padri!”<br />

133


complesso la zona più alta (culminante con il monte Ortles a 3905 m.) ove si combatté la<br />

prima guerra mon<strong>di</strong>ale.<br />

Il fronte proseguiva poi dal Pasubio all’Altopiano <strong>di</strong>e Sette Comuni, dalle Dolomiti fassane a<br />

quelle ampezzane e pusteresi, dalle Alpi Carniche alle Giulie e per tutti i quattro anni <strong>di</strong><br />

guerra subì solo lievi e quasi insignificanti spostamenti.<br />

Il passare da un versante all'altro <strong>di</strong> questa formidabile cerchia <strong>di</strong> creste e <strong>di</strong> ghiacciai<br />

richiedeva particolare allenamento alpinistico: la mancanza <strong>di</strong> vie praticabili, l'asprezza dei<br />

valichi, la gran<strong>di</strong>osità dei ghiacciai <strong>di</strong>fficili e infi<strong>di</strong>, il grande <strong>di</strong>slivello tra i passi da valicare e<br />

il fondo delle due valli percorse da carrozzabili o da ferrovie toglievano ogni possibilità<br />

d'azione poderosa per entrambe le potenze che si fronteggiavano. Così fu che per tutto il<br />

periodo della guerra, a questo settore non fu assegnato nessun altro obiettivo, che non fosse <strong>di</strong><br />

sola <strong>di</strong>fesa e guar<strong>di</strong>a, e se poche azioni furono tentate da una parte e dall'altra, non ebbero<br />

altro scopo che <strong>di</strong> migliorare ciascuna le proprie posizioni, <strong>di</strong> vigilare sui movimenti<br />

avversari, e <strong>di</strong> minacciare le valli e gli abitati del nemico. Lo scopo <strong>di</strong>fensivo e la natura<br />

stessa delle posizioni da <strong>di</strong>fendere non richiedevano né rendevano possibile largo impiego <strong>di</strong><br />

forze. Per un complesso <strong>di</strong> circostanze, che non verranno trattate in questa sede, gli austriaci<br />

riuscirono ad assicurarsi il solido possesso dei due valichi più importanti della zona: Stelvio e<br />

Cevedale. Già nell'estate del 1915 gli Austriaci riuscirono a occupare il Monte Scorluzzo<br />

dominante lo Stelvio e a tenerlo fino al termine del conflitto. Il possesso <strong>di</strong> quel baluardo<br />

assicurava al nemico un'assoluta superiorità sugli italiani: tutte le posizioni erano dominate e<br />

vigilate da quell'osservatorio. La guerra si svolse con un'alternanza <strong>di</strong> occupazioni <strong>di</strong> vette<br />

strategiche da parte dei due contendenti, alle quali si frapposero momenti <strong>di</strong> stallo. Di anno in<br />

anno le pressioni si intensificarono obbligando i soldati a fatiche sempre maggiori per tenere<br />

testa e non cedere. Non si trattava solo <strong>di</strong> una lotta uomo contro uomo, ma anzitutto <strong>di</strong> una<br />

gara per la conquista e l'occupazione stabile delle cime. Ogni alpinista e soldato pratico <strong>di</strong><br />

montagne sapeva benissimo che strappare al nemico una vetta <strong>di</strong> cui si era impadronito,<br />

costituiva un'impresa straor<strong>di</strong>nariamente ardua, pressoché impossibile. Approntare una<br />

posizione ad altissima quota, come sull'Ortles o sul Gran Zebrù, e tenerla occupata<br />

stabilmente in guerra, costava sacrifici enormi; ciascun uomo lassù doveva superare sé stesso<br />

per adempiere a quel compito.<br />

Si costruirono vie d'acceso incidendo migliaia <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ni nel ghiaccio vivo; bisognava portare<br />

a spalla sulle cime i materiali e le provviste, allestire ricoveri e caverne, stendere fili del<br />

telefono e così via. Solo in seguito si alleggerì la fatica con le teleferiche. Numerose furono,<br />

134


nel corso della guerra, le gallerie scavate sia dagli italiani, sia dagli austriaci nel ghiaccio<br />

vivo, per una lunghezza complessiva <strong>di</strong> oltre 11 Km., con lo scopo <strong>di</strong> raggiungere inavvertiti<br />

le postazioni avversarie, onde neutralizzarle.<br />

Quando, poi, si trattava <strong>di</strong> occupare per primi una cima importante, non ci si poteva tirare<br />

in<strong>di</strong>etro al sopraggiungere del maltempo, del gelo, delle valanghe, altrimenti vi si sarebbe<br />

attestato il nemico; chi in quel duello perdeva, andava incontro alla morte. E' fuori dubbio che<br />

le valanghe rappresentano un grave pericolo e provocano la per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> vite umane in tutte le<br />

zone <strong>di</strong> montagna con importanti precipitazioni nevose. Nelle Alpi, durante il primo conflitto<br />

mon<strong>di</strong>ale, la "morte bianca" ha raccolto un'abbondante messe <strong>di</strong> vite umane. Le vittime <strong>di</strong><br />

questa <strong>di</strong>fficile guerra su questo fronte sarebbero state <strong>di</strong> più se le pattuglie non fossero state<br />

condotte da uomini che durante la vita "borghese", fossero essi italiani o austriaci, facevano le<br />

guide o comunque sui monti trovavano <strong>di</strong> che sostenere se stessi e le loro famiglie.<br />

La guerra <strong>di</strong> montagna, che fu sostanzialmente una guerra nella guerra, un unicum senza<br />

precedenti <strong>di</strong>venne ben presto oggetto <strong>di</strong> una vasta narrazione artistica e letteraria.<br />

Specialmente la grafica <strong>di</strong> propaganda (pittura e fotografia 360 ) si assunsero il compito <strong>di</strong><br />

suggerire all’immaginario collettivo che il conflitto sulle alte cime fosse cosa da eroi<br />

coprendo con la retorica la <strong>di</strong>mensione, infondo, antieroica <strong>di</strong> questa ubicazione insolita del<br />

conflitto.<br />

Anche nelle pagine del Supplemento letterario, non solo attraverso le immagini, come<br />

vedremo, ma anche nei testi uomo e paesaggio d’alta montagna si incontrano: è in questo<br />

contesto così puro e incontaminato, che il dovere militare assume un tono quasi sacro. In<br />

un’altalena <strong>di</strong> messaggi contrastanti l’obbiettivo era far intuire al lettore in maniera velata le<br />

privazioni che scaturivano dalla conduzione della guerra ad alta quota, ma contestualmente<br />

rimarcare il coraggio, la fermezza e la tenacia <strong>degli</strong> uomini-eroi che si confrontano con questa<br />

nuova realtà in maniera tanto serena senza mai cedere né vacillare (“Wir schwanken und<br />

weichen nicht” 361 si ripete come un refrain in numerosi testi).<br />

La trattazione <strong>di</strong> questo motivo è effettuata come: nazionalizzazione del mondo alpino come<br />

proprietà tirolese, “Bergheimat” 362 , monti come confine naturale tra i Buoni e i Cattivi,<br />

descrizione rassicurante della vita d’alta quota intimamente legata alla bellezza del paesaggio.<br />

360<br />

Cfr la parte de<strong>di</strong>cata al supporto visivo nel presente lavoro.<br />

361<br />

“Non vacilliamo nè in<strong>di</strong>treggiamo!”<br />

362<br />

Tiroler Wacht: “O Bergheimat, du schöne, geheiligtes Land,/Mit dem Stutzen sich schützend, steh` ich im<br />

Stand/Und halt fern den Welschen mit Leben und Leib“, Sentinella tirolese: “O patria dei monti, tu terra<br />

135


An meine Berge, in<strong>di</strong>ca già dal titolo questa identificazione possessiva, questa appartenenza<br />

del tirolese al mondo alpino e viceversa del mondo alpino al Tirolo, quin<strong>di</strong> la promessa <strong>di</strong><br />

tenerli sempre liberi dall’ingerenza straniera: “Ihr Berge seid getrost und seid<br />

zufrieden,/Wenn auch gar mancher euch wird nimmersehen/Es kommt der Tag, da wir auf<br />

euren Höhen/Einst werden feiern unseren Sieg und Frieden!” 363<br />

Essenziale in queste pagine è il rapporto quasi genetico tra uomo e paesaggio: dei monti i<br />

combattenti tirolesi prendono quasi le sembianze.<br />

Dolomitenwacht è una lirica che tratta il tema della montagna e del soldato <strong>di</strong> come, in quanto<br />

figli <strong>di</strong> quella terra, essi ne abbiano ere<strong>di</strong>tato le qualità e <strong>di</strong> come esista un legame sacro tra<br />

Fels e Mann (roccia e uomo): “Die Felsen starren im Himmel hinein/Sie wurzeln im festen<br />

Bergstein/So mächtig und drohend emporgereckt,/Wie riesige Wächter, gebannt in Stein,/[…]<br />

Im Boden fußet! Zum Himmel seht!/[…] Der Boden ist das Vaterland/[…] Drum schützet es<br />

mit starker Hand,/[…] Der Fels, vom Abgrund und Schlucht umstellt,/Der Mann, der treu <strong>di</strong>e<br />

Grenzwacht hält,/Sie wachsen beide aus festem Grund,/Sie schauen trotzig <strong>di</strong>e feindliche<br />

Welt/Und halten zusammen im heil’gen Bund./[…] Sie stehen treu, sie wissen <strong>di</strong>e Pflicht:/<br />

Mit Gott! Für Kaiser und Vaterland!” 364<br />

Die Wacht in Tirol è un concentrato <strong>di</strong> espressioni e termini chiave, espressioni che si<br />

ripetono in molti testi come un refrain e che creano un senso <strong>di</strong> continuità, coesione e<br />

familiarità <strong>di</strong> contentuti per il pubblico <strong>di</strong> lettori: “Fest stehen und treu bis in den Tod,/Die<br />

Waffenbrüder von Tirol./ Es klingt so fest, so kräftig voll:/Lieb Heimatland, gehab <strong>di</strong>ch<br />

wohl!/Fest steht <strong>di</strong>e Wacht im Land Tirol,/Fest steht und treu im Land Tirol/Die<br />

Grenzwacht/Bei Tag und Nacht!/Das Herz so weich im Heimatland,/Im Kampfe hart wie<br />

Felsenrand./Voll Kraft und Mut zu starker Wehr/Steht im Gebirg des Landes Heer./[…] Wie<br />

jeder deutsche Mann und Kind/Die Wacht am Rhein! mit Ehrfurcht singt,/Durch Öst’reiches<br />

Gauen klingen soll,/Das Lied der Wacht vom Land Tirol!” 365<br />

incantevole, santificata,/con il fucile per <strong>di</strong>fendermi io sto in appostamento/e tengo lontano il nemico con la vita<br />

e con il corpo.”<br />

363<br />

Ai miei monti: “Voi monti siete fiduciosi e contenti,/se anche qualcuno <strong>di</strong> noi dovrebbe non rivedervi mai<br />

più/verrà un giorno, che dalle vostre altezze/verranno festeggiate la nostra vittoria e la pace!”<br />

364<br />

La posta sulle Dolomiti: “Le rocce hanno lo sguardo rivolto verso il cielo/ma sono ben ra<strong>di</strong>cate nella pietra <strong>di</strong><br />

montagna/così potenti e minacciose <strong>di</strong>stese verso l’alto,/come guar<strong>di</strong>e colossali fissate nella pietra,/[…]Ra<strong>di</strong>ci al<br />

suolo, sguardo verso il cielo!/[…] Il suolo è la Patria/[…] per questo la <strong>di</strong>fendete con mano forte,/[…] La roccia<br />

muove dalle gole e dagli abissi,/L’uomo che con devozione fa la guar<strong>di</strong>a ai confini,/Entrambi sono cresciuti con<br />

solide basi,/essi guardano tenaci al mondo nemico/e sono uniti da un vincolo sacro./[…] Essi stanno sal<strong>di</strong>,<br />

conoscono il dovere:/con Dio! Per l’Imperatore e per la Patria!”<br />

365<br />

La guar<strong>di</strong>a in Tirolo: “Stanno sal<strong>di</strong> e fedeli fino alla morte,/i fratelli in armi tirolesi./Risuona così forte, così<br />

pieno <strong>di</strong> energia:/amata patria,/quanto mi sei cara!/La guar<strong>di</strong>a in Tirolo rimane compatta,/compatta e devota in<br />

terra tirolese/La guar<strong>di</strong>a dei confini/ giorno e notte!/Il cuore così dolce in patria/ in battaglia <strong>di</strong>venta duro come<br />

136


Come abbiamo detto la guerra sulle alte vette prevedeva specialmente attività <strong>di</strong>fensive. Per<br />

questo il compito <strong>di</strong> posta-guar<strong>di</strong>a-sentinella era estremamente tenuto in considerazione.<br />

Questa attività richiedeva grande tempra fisica, ma soprattutto interiore e queste qualità<br />

ripetute e trattate in tutte le salse sono le qualità che caratterizzano il giusto, il vincitore, il<br />

buono e ancor più lo avvicinavano idealmente a quei monti, baluardo della patria, alti, ben<br />

ra<strong>di</strong>cati. Der Posten è un testo de<strong>di</strong>cato propriamente a questa attività, altrove sotto<br />

l’espressione Wacht: “Drauß’ in nackten Felsenspalten/Steht treu bei Tag und Nacht/Von des<br />

Berglands Heldensöhnen/Einer auf der scharfen Wacht./Späht nach Beute wie ein Adler” 366<br />

Treu e fest (fedele e saldo) sono i due aggettivi che principalmente caratterizzano il<br />

combattente tirolese in queste pagine. I due monosillabi vengono ripetuti con elevata<br />

frequenza in modo da ra<strong>di</strong>carsi in maniera indelebile nella testa dei combattenti che si auto<br />

identificano in quelle virtù.<br />

Si è già detto altrove che le doti e caratteristiche, sia fisiche sia morali, <strong>di</strong> questi combattenti<br />

in queste pagine e, più in generale nell’intera propaganda <strong>di</strong> guerra, vengano falsate. Essi<br />

vengono descritti come uomini che non patiscono più i bisogni e le necessità umane, che<br />

ad<strong>di</strong>rittura si trasformano in quella stessa parete rocciosa, talmente tanta è la loro forza, come<br />

in queste righe tratte da Die Helden am Isonzo: “Seit Monden steht ein tapf’res Heer,/Im Süd<br />

des Reich’s zu seiner Wehr,/[…] Sie wanken nicht, sie weichen nicht,/Tun bis zum Sterben<br />

ihre Pflicht:/Die Helden am Isonzo./[…] Steh’n sie wie eine Mauer da,/[…] Wie<br />

steingeword’ne Menschenwand,/[…] Nicht Hunger, Durst, auch Kälte nicht,/[…] Sei Sieg es<br />

oder Heldentod.” 367<br />

In certi testi, come anticipato, i monti rappresentano il confine naturale tra il mondo dei giusti<br />

e quello dei falsi. Dio stesso, al momento della creazione, ha deciso <strong>di</strong> mettere un confine così<br />

netto e visibile tra questi due mon<strong>di</strong> confinanti geograficamente, ma così <strong>di</strong>stanti moralmente.<br />

Questa argomentazione viene esposta molto chiaramente nel testo Dolomitenwacht, in questo<br />

testo specifico le Dolomiti sono il confine: “Als einst unser Herrgott <strong>di</strong>e Erde gemacht,/Da<br />

trennte er Falsches vom Echten,/[…] Da reckten sich auf in gigantischer Pracht/Ge’n<br />

la parete rocciosa./Pieno <strong>di</strong> forza e coraggio per una dura resistenza/ l’esercito patrio sta in alta montagna./[…]<br />

Come ogni uomo e ragazzo tedesco/canta con rispetto Die Wacht am Rhein!/Attraverso tutto il territorio<br />

austriaco deve risuonare/il canto della Guar<strong>di</strong>a in Tirolo!<br />

366<br />

La sentinella: “Là fuori nella nuda crepa rocciosa/sta de<strong>di</strong>to giorno e notte/uno dei figli eroici della<br />

montagna/a fare una rigida sorveglianza./Guarda verso la preda come un’aquila”<br />

367<br />

Gli eroi dell’Isonzo: “Da mesi un esercito valoroso sta/a sud del Regno in sua <strong>di</strong>fesa,/[…] Non vacillano, né<br />

in<strong>di</strong>etreggiano,/fanno il loro dovere fino alla morte:/gli eroi dell’Isonzo./[…] Stanno là come un muro,/come una<br />

parete umana <strong>di</strong>ventata <strong>di</strong> pietra,/[…] né fame, né sete neanche freddo li tocca,/[…] sia vittoria o morte eroica.”<br />

137


Welschland Tirols Dolomiten als Wacht!/[…] So wachen, so kämpfen, so halten sie aus,/Im<br />

Eise der Hoch-Dolomiten.” 368<br />

La <strong>di</strong>slocazione in alta montagna porta con sé tutta una serie <strong>di</strong> altre argomentazioni utili per<br />

l´auto e per l’eterorappresentazione: in alto, vicino al cielo, nella calma e nella pace tra nevi e<br />

ghiacci, dove fiorisce il fiore simbolo <strong>di</strong> queste truppe, l´Edelweiß, dove regna quasi una pace<br />

serafica, l´unico elemento <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbo è il nemico: “Hoch in dem Fels der Alpen,/[…] Der Fels<br />

ist unser Wohnung,/Der Fels ist unser Dach,/Und unser Motto lautet:/ „Wir geben niemals<br />

nach!“/[…] [ das Edelweiß] Es wächst in Felsenspalten/[…] oft allein,/Und teilt mit uns <strong>di</strong>e<br />

Einsamkeit/Im stillen Felsenheim./ […] Dann stehen wir wohl Mann für Mann,/Fürchten den<br />

Welschen nicht,/und halten Wacht an uns´rer Grenz´/[…] Stehen wir in treuer Wacht,/Hinter<br />

Felsen, hinter Spalten,/Und niemals wird des Welschen Macht/Ueberschreiten uns´re<br />

Alpen!“ 369 . Anche l´utilizzo <strong>di</strong>ffuso dell´aggettivo possessivo è un collante fondamentale che<br />

collabora inconsciamente all´identificazione collettiva nel gruppo dei buoni.<br />

È importante trasmettere il senso <strong>di</strong> fermezza che questi combattenti mantengono nonostante<br />

la presenza del nemico: “Lieb’ Heimatland/Halt festen Stand,/Ob auch <strong>di</strong>e Welschen<br />

stürmen;/[…] Wir wanken nicht/Und weichen nicht,/[…] Und schwören <strong>di</strong>r, lieb’<br />

Vaterland,/Eh’ es verblüht am Felsenrand,/Die Feinde zu bezwingen.” 370<br />

La veglia in alta montagna è sempre descritta come un raccoglimento in cui regna la pace, il<br />

silenzio e la calma, quasi irreali. Il nemico, in questo contesto, è associato al rumore e al<br />

<strong>di</strong>sturbo <strong>di</strong> questa quiete, come ve<strong>di</strong>amo anche in questo testo, Die Wacht am Isonzo 371 , è un<br />

esempio.: “Dort wo noch horstet kühn der Aar,/Steht Österreich-Ungarns Heldenschar,/Wie<br />

eine Mauer stark und fest/Und schirmt der Heimat trautes Nest!/Der treuen Wacht gilt unser<br />

Gruß,/Den Helden am Isonzofluß!/[…] Dort steht vom Alpenfels zum Meer/Als Grenzwall<br />

368<br />

Guar<strong>di</strong>a nelle Dolomiti: “Quando Dio un tempo creò la terra,/separò i falsi dai giusti,/[…] allora si ersero in<br />

magnifica bellezza/le Dolomiti tirolesi come guar<strong>di</strong>a contro i terroni!/[…] Così sorvegliano, combattono,<br />

resistono,/nei ghiacci delle alte Dolomiti.”<br />

369<br />

Die Alpen-Wacht, La guar<strong>di</strong>a nelle Alpi: “In alto nelle rocce alpine,/[…] la roccia è la nostra casa,/la roccia è<br />

il nostro tetto,/ e il nostro motto <strong>di</strong>ce:/”Noi non cederemo mai!”/[…] [la stella alpina] cresce nella parete<br />

rocciosa/[…] spesso sola,/e con<strong>di</strong>vide con noi la solitu<strong>di</strong>ne/nella silenziosa patria alpina./[…] Noi stiamo<br />

volentieri uomo a uomo,/non temiamo il nemico,/e continuiamo a fare la guar<strong>di</strong>a ai nostri confini/[…] Noi<br />

rimaniamo a fare una guar<strong>di</strong>a assidua,/<strong>di</strong>etro le rocce, <strong>di</strong>etro le crepe,/e mai la potenza nemica/varcherà le nostre<br />

Alpi!”<br />

370<br />

Grenzwacht, La guar<strong>di</strong>a ai confini: “Amata Patria,/resisti,/anche se i terroni infuriano;/[…] Noi non<br />

vacilliamo/e non in<strong>di</strong>etreggiamo,/[..] e ti giuriamo, amata Patria,/piuttosto sanguineranno le pareti rocciose,/pur<br />

<strong>di</strong> sottomettere il nemico.”<br />

371<br />

L’Isonzo scorre in parte nella Slovenia occidentale e in Friuli Venezia Giulia. Entra in territorio italiano<br />

presso Gorizia, lambisce da qui le pen<strong>di</strong>ci del Carso.<br />

138


unser tapf’res Heer!/[…] In uns’rer Alpen stiller Pracht/Verehren wir des Schöpfers<br />

Macht,/Und wer allhier <strong>di</strong>e Andacht stört,/Den strafet unser blankes Schwert!/[…] Auf Erden<br />

siegt in Ewigkeit/Nur Wahrheit und Gerechtigkeit!/Den Ruhmesglanz birgt nur <strong>di</strong>e Treu/Als<br />

Lohn der Falschheit winkt <strong>di</strong>e Reu’!/Treuloser Feind! Dein Überfall/Zerschellt an stolzen<br />

Alpenwacht,/Wo uns’re braven Helden steh’n” 372<br />

La parola chiave <strong>di</strong> questo testo è, come altrove, treu (fedele, devoto, onesto). All’interno<br />

della lirica si contrappongono concetti così come nel conflitto si contrappongono due mon<strong>di</strong>:<br />

Treu vs Falschheit, Ruhm vs Reue (onestà vs falsità, gloria vs pentimento). Il verbo<br />

zerschellen an 373 , che troviamo anche qui, è uno dei verbi che vengono usati più spesso<br />

quando si descrive l’italiano nell’atto <strong>di</strong> invadere il territorio straniero: egli si sfracella poichè<br />

urta con un blocco talmente saldo e talmente unito (che siano i monti che sia l’esercito<br />

austriaco) che va in pezzi.<br />

Molte poesie, e questa ne è un esmpio, sono costruite con uno schema <strong>di</strong> transitività<br />

dell’uguaglianza: per cui se a è uguale a b e b è uguale a c allora a è uguale a c. Se in terra<br />

vincono Verità e Giustizia e la gloria è solo nella fedeltà, se la falsità porta solo rimorso, il<br />

nemico treulos (infedele, sleale) non avrà fama né gloria in terra e sarà condannato al rimorso<br />

eterno.<br />

Ancora un esempio <strong>di</strong> queste tematiche: <strong>di</strong>solocazione in alta montagna e aquisizione delle<br />

sue qualità, atteggiamento aggressivo e violento provocato dal tra<strong>di</strong>mento nemico, volontà a<br />

non cedere nonostante per<strong>di</strong>te umane e sacrifici pur <strong>di</strong> tenere libera e non la propria terra.<br />

“Wir hausen und horsten/[…] Hoch […] In teuren Berge Hut;/Und klimmen kühn und<br />

klettern/Durch Grat und Felsenschacht/Und trotzen Wind und Wettern: Die<br />

Dolomitenwacht!/Man zwang uns und wir morden/Und kennen Schönung nicht:/[…] Wir<br />

jagen ihn (den Feind) […] bei Tag und Nacht/Mit Zorn und Zähnenknirschen:/Die<br />

Dolomitenwacht!/[…] Und bräch’ mit tausend Toden/Der Feind in unser Land:/Nicht eine<br />

Handbreit Boden/Wird ihm zum Unterpfand!/Ihr Zwitter und ihr Zwerge,/Wir spotten eurer<br />

372<br />

La guar<strong>di</strong>a sull’Isonzo: “Là dove ancora ni<strong>di</strong>fica audace l’aquila,/sta la schiera <strong>di</strong> eroi austro-ungarici,/forti<br />

come un muro e sal<strong>di</strong>/e <strong>di</strong>fende il caro nido della Patria!/La salda veglia merita il nostro saluto,/agli eroi presso il<br />

fiume Isonzo!/[…] Là sta, dalle rocce alpine al mare,/il nostro valoroso esercito come bastione <strong>di</strong> frontiera!/[…]<br />

Nella muta magnificenza delle nostre Alpi/ammiriamo la potenza del Creatore,/e colui che qui <strong>di</strong>sturba il<br />

raccoglimento,/verrà colpito dalla nostra lucida spada!/[…] Sulla terra trionfano per l’eternità/solo la verità e la<br />

giustizia!/Solo l’onestà contiene lo splendore della gloria/come ricompensa della falsità si ha solo<br />

pentimento!/Nemico <strong>di</strong>sonesto! Il tuo crimine/si sfracella contro la fiera guar<strong>di</strong>a alpina,/dove stanno i nostri<br />

valorosi eroi.”<br />

373<br />

Altrove zerschmettern.<br />

139


Macht!/Fest steht wie Gottes Berge/Die Dolomitenwacht!/[…] Wir sterben und wir<br />

siegen:/Die Dolomitenwacht!” 374<br />

Come abbiamo visto, molto spesso in queste pagine dei personaggi <strong>di</strong> spicco della tra<strong>di</strong>zione<br />

storica locale sono manipolati e sfruttati come simboli d’identificazione collettiva. Anche i<br />

luoghi, in questo caso luoghi <strong>di</strong> alta montagna, in queste pagine sono impiegati in questo<br />

senso. È in particolare il Col <strong>di</strong> Lana ad essere protagonista <strong>di</strong> queste liriche: “Von Wolken<br />

umstoben, umflimmert von Schnee,/Gekrönt mit Demanten von klingenden Frost,/Blickt<br />

düster sein Fürst aus der schimmernden Höh’/Stummdrohend nach Süden und Ost./Weich hält<br />

er in Falten des weißen Talars,/Der Wächter nie wankende Zahl./Und färbte ihr Blut einst das<br />

Tuch des Altars,/Wirft er noch Lawinien ins Tal.” 375 Questa lirica è completamente incentrata<br />

sulla descrizione del paesaggio <strong>di</strong> montagna, descrizione che ha dei toni molto lontani e<br />

<strong>di</strong>versi dalle poesie che normalmente sono proposte in queste pagine. Qui la guerra sembra<br />

quasi non essere nominata, a parte che nell’espressione “Blut”. Il Col <strong>di</strong> Lana, infatti, è un<br />

monte delle Dolomiti che era noto anche come Col <strong>di</strong> Sangue: il 17 aprile 1916 i genieri<br />

italiani fecero esplodere una mina che uccise 150 militari austriaci e permise agli italiani <strong>di</strong><br />

occupare la vetta. Il cratere causato dall’esplosione è visibile ancora oggi.<br />

Col <strong>di</strong> Lana 2: “Col <strong>di</strong> Lana, heiß begehrt,/Felsenfeste blutgetränkt/Hast bis jetzt <strong>di</strong>ch brav<br />

gewehrt/Und dem Feind kein’ Schritt geschenkt./[…] Welsches Banner wolltest Du<br />

(nemico)/Auf Col <strong>di</strong> Lana pflanzen./[…] Seitdem ist kein Sturm geglückt/Auf uns’re stolze<br />

Feste./Seitdem hat kein’ Stein verrückt/Von uns’rem Felsenfeste./Und so wie jetzt, so bleibt<br />

es auch,/Hast du es nun verstanden?” 376<br />

374<br />

Die Dolomitenwacht, Le sentinelle delle Dolomiti: “Noi abitiamo e ni<strong>di</strong>fichiamo/ […] In alto […] Negli amati<br />

rifugi <strong>di</strong> montagna;/e scaliamo e ci arrampichiamo audaci/attraverso le vette e le gole/nonostante vento e<br />

temporale: le sentinelle delle Dolomiti!/Ci hanno costretto e noi ucci<strong>di</strong>amo/e non conosciamo indulgenza:/[…]<br />

noi gli <strong>di</strong>amo la caccia (al nemico) […] giorno e notte/con ira e stizza: le sentinelle delle Dolomiti!/[…] E se<br />

anche ciò dovesse causare migliaia <strong>di</strong> morti /nella nostra terra:/non una mano <strong>di</strong> terra/gli verrà data in<br />

pegno!/Voi ermafro<strong>di</strong>ti e voi nani,/noi scherniamo la vostra potenza!/Sta salda come le montagne <strong>di</strong> Dio/ la<br />

sentinella delle Dolomiti!/[…] Noi moriamo e noi vinciamo: le sentinelle delle Dolomiti!” (Questa è la poesia <strong>di</strong><br />

Bruder Willram)<br />

375<br />

Col <strong>di</strong> Lana 1: “Schizzato dalle nuvole, scintillante <strong>di</strong> neve,/coronato dai <strong>di</strong>amanti del gelo tintinnante,/il suo<br />

Principe osserva cupo minaccioso e muto l’altezza splendente/da sud a est./Tenero, nelle pieghe della bianca<br />

toga,/egli fa la guar<strong>di</strong>a non vacillando mai./E se mai il loro sangue colorasse il panno dell’altare,/egli continuerà<br />

a mandare slavine a valle.” In realtà a data <strong>di</strong> questa poesia il fatto <strong>di</strong> cui si parla sopra non si era ancora<br />

verificato. Infatti Col <strong>di</strong> Lana 1 e Col <strong>di</strong> Lana 2 sono entrambe del <strong>di</strong>cembre del ’15.<br />

376<br />

Col <strong>di</strong> Lana 2: “Col <strong>di</strong> Lana desiderato intensamente,/roccia incrollabile, impregnata <strong>di</strong> sangue,/fin’ora sei<br />

stato <strong>di</strong>feso tenacemente/e al nemico non è stato concesso neanche un passo./[…] Tu (nemico) volevi installare<br />

un vessillo terrone/sul Col <strong>di</strong> Lana./[…] Da allora non è riuscito nessun attacco/alle nostre fiere fortezze./Da<br />

allora non hai spostato neanche una pietra/della nostra roccia incrollabile./E così come ora, così rimarrà,/l’hai<br />

capito ora?”<br />

140


Col <strong>di</strong> Lana-Klänge 377 : “Kennst du, Wanderer, <strong>di</strong>e Berge von Tirol./Ach, dort ist uns<br />

Kaiserjägern gar so wohl,/Wenn’s in dreitausend Meter Höhe stürmt und schneit,/Ach, wie<br />

wird uns da das Herz so weit./Wenn Granaten blitzen rund um uns daher,/Wenn Schrapnelle<br />

sausen, als wenn’s Streusand wär,/raucht man sich a Pfeiferl an in Gemütlichkeit,/Das ist ein<br />

Zeichen der Zufriedenheit./[…] Von der Alpenrose scheiden wir so schwer,/Doch das tröstet<br />

uns, es kommen and’re her,/Etablieren sich in möglichst kurzer Zeit/Und steigen am Col <strong>di</strong><br />

Lana voller Freud.” 378 La descrizione della veglia a 3000 mt <strong>di</strong> altezza nonostante la<br />

<strong>di</strong>slocazione scomoda e svantaggiata è farcita <strong>di</strong> espressioni che trasmettono serenità,<br />

tranquillità. È quasi una sofferenza dover lasciare quelle vette per dare il cambio ai colleghi<br />

che montano dopo <strong>di</strong> loro, i quali allo stesso modo cominciano il loro lavoro pieni <strong>di</strong> gioia.<br />

Anche nei momenti <strong>di</strong> pericolo tanta è la serenità <strong>di</strong> stare lassù che i combattenti non vivono<br />

neanche un attimo <strong>di</strong> spavento. Ancora una volta la verità oggettiva, il dolore e la fatica<br />

cedono il passo a un mondo <strong>di</strong> fiaba intriso <strong>di</strong> falso eroismo e false virtù.<br />

In un altro testo sempre intitolato al Col <strong>di</strong> Lana il cui sottotitolo ricorda “de<strong>di</strong>cato agli eroi<br />

del Col <strong>di</strong> Lana” attraverso l’aggettivazione e il lessico si vuole comunicare l’inagibilità del<br />

luogo e, conseguentemente e implicitamente, le straor<strong>di</strong>narie doti <strong>di</strong> chi sta lassù a combattere<br />

e a fare le guar<strong>di</strong>a in <strong>di</strong>fesa della patria, la montagna, inoltre, ricorda la collocazione vicino al<br />

Cielo o comunque verso esso proteso: “Im Steingewänd’/Auf Bergesgipfel himmelhoch,/In<br />

Schluchten tief,/Darüber schroffes Felsgehäng!/[…] Ihr Helden dort/Auf hoher, treuer<br />

Wacht!/[…] Ihr kämpft mit welscher Übermacht,/Auf steilen Höh’n/In fest’gen<br />

Schründen.” 379<br />

Non solo il Col <strong>di</strong> Lana, ma anche altri luoghi in queste pagine sono personificati e trattati<br />

come luoghi dell’identificazione collettiva, come nei due testi che seguono.<br />

377<br />

Questa poesia è <strong>di</strong> febbraio ‘16. Anche alla data <strong>di</strong> questa poesia però i fatti <strong>di</strong> sopra non si erano ancora<br />

verificati.<br />

378<br />

Rumori dal Col <strong>di</strong> Lana: “Tu, viaggiatore conosci i monti del Tirolo./Ahimè, là si trovano sereni i nostri<br />

Kaiserjäger,/anche se a tremila metri <strong>di</strong> altezza infuria la bufera e nevica,/Ahimè, come ci si spalanca il cuore<br />

lassù./Quando brillano le granate tutt’attorno a noi,/quando fischiano gli shrapnel , come se ci fosse uno<br />

spargimento <strong>di</strong> sabbia,/ci si fuma una pipa in tranquillità,/questo è il segno della nostra serenità./[…] Dal<br />

rododendro ci separiamo con fatica,/ma ci consola pensare che vengano altri,/a stabilirsi possibilmente in breve<br />

tempo/e salgano sul Col <strong>di</strong> Lana pienamente felici.”<br />

379<br />

Col <strong>di</strong> Lana 3: “Nel pen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> pietra/sulle altissime cime <strong>di</strong> montagna,/nei profon<strong>di</strong> precipizi,/sopra l’erta<br />

parete rocciosa!/[…] Voi eroi lassù/che fate una guar<strong>di</strong>a devota e solenne!/[…] Voi combattete contro la<br />

superiorità nemica,/sulle altezze scoscese/nelle crepe rocciose.”<br />

141


An <strong>di</strong>e Helden vom Ortler: “Dort, wo siegesstolz der König Ortler thront,/Wo steht mein<br />

Vaterhaus, […]/wo stehen, mit Ruhm und Ehr bedeckt, Suldens 380 , berggewohnte<br />

Schützen.” 381<br />

Am Passo Para<strong>di</strong>so: “In das Firneis von Presena/Schrieb der Feind mit seinem Blut:/Dieser<br />

Weg führt in <strong>di</strong>e Hölle/Durch – das Para<strong>di</strong>sotor!/Adlerschützen pirschten dorten-/Jeder Schuß<br />

ein welsches Herz!/[…] Wie das Herzblut der Verräter/Leuchtet auf dem Schneegefild!/Weiß-<br />

rot sind <strong>di</strong>e Landesfarben,/Ist <strong>di</strong>e Fahne von Tirol!/[…] Heil <strong>di</strong>r, glückliche Presena 382 !/Heil<br />

und Dank, <strong>di</strong>r, Heldenschar!/Sieh! Der Firn hält treu, voll Stolze/Seine Siegesmale fest,/Ob es<br />

stürmt, ob scheint <strong>di</strong>e Sonne -/Nichts kann löschen fort <strong>di</strong>es Blut.” 383<br />

Oltre che il combattimento in sè, anzi forse in percentuale molto più elevata, anche la vita<br />

‘quoti<strong>di</strong>ana’ ad alta quota era un importante elemento costitutivo del senso <strong>di</strong> appartenenza a<br />

quel gruppo e soprattutto questa descrizione così rassicurante e serena doveva comunicare<br />

anche a chi stava a casa che, nonostante in guerra, i propri cari avevano tutto ciò <strong>di</strong> cui<br />

avevano bisogno.<br />

Bis an <strong>di</strong>e Grenze der Unmöglichkeit è un testo nel quale vengono proprio descritte tutte le<br />

attività che i soldati dovevano compiere per sistemarsi nelle alte vette e, quin<strong>di</strong>, le costruzioni<br />

<strong>di</strong> rifugi, postazioni da sparo, forni e tutto ciò che poteva servire. Il titolo ovviamente fa<br />

riferimento al fatto che a certe altezze era veramente complicato dare vita a nuove costruzioni<br />

situate in luoghi estremamente impervi e sfavorevoli alla presenza umana. Nonostante ciò per<br />

il rapporto singolare che avevano i tirolesi con i loro monti ovviamente tutto ciò riusciva,<br />

grazie a una innata propensione allo sforzo e al sacrificio. A questo proposito vorrei<br />

soffermarmi <strong>di</strong> passaggio sull’importanza che in queste pagine ha la descrizione dettagliata<br />

del paesaggio alpino. Di preferenza, il paesaggio <strong>di</strong> montagna è descritto nelle ore del<br />

crepuscolo o dell’alba, quin<strong>di</strong> quando c’è una luce particolare, il Sole fa comunque sempre da<br />

380<br />

Suldens è Solda all’Ortles<br />

381<br />

Agli eroi dell’Ortles: “Là, dove troneggia sicuro <strong>di</strong> vincere il Re Ortles,/dove è la mia patria,[…]/dove stanno,<br />

sul Solda rivestito <strong>di</strong> onore e gloria, i tiratori abituati ai monti.”<br />

382<br />

Il ghiacciaio Presena è un ghiacciaio del gruppo della Presanella nel quale si è combattuto.<br />

383<br />

Sul Passo Para<strong>di</strong>so: “Nei ghiacci del Presena/il nemico scrisse col suo sangue:/questa strada porta<br />

all’inferno/attraverso la porta del Para<strong>di</strong>so!/Gli Adlerschützen stanno in agguato lassù-/Ogni colpo è un cuore<br />

nemico!/[…] Come riluce il sangue nemico/nel manto nevoso!/Rosso e bianco sono i colori della patria,/è la<br />

ban<strong>di</strong>era del Tirolo!/[…] Onore a te, amabile Presena!/Onore e gratitu<strong>di</strong>ne a te, schiera <strong>di</strong> eroi!/Ve<strong>di</strong>! Il ghiaccio<br />

mantiene saldo e fedele, pieno <strong>di</strong> orgoglio/il suo simbolo della vittoria,/sia che imperversi la bufera sia che<br />

splenda il sole -/niente può cancellare questo sangue.”<br />

142


padrone: “Der Alpensonne letzte Strahlen/Sind schon in’s Martelltal gefallen,/Ihr letzter<br />

Schimmer sanft entschwindet,/Im Tale rege Tätigkeit beginnet.” 384<br />

Oltre la montagna, anche tutta la vegetazione alpina viene usata come simbolo <strong>di</strong><br />

identificazione. Soldaten, schütztet den Wald! Prende come simbolo il bosco. Il bosco è fonte<br />

<strong>di</strong> materie prime importanti per la sopravvivenza ad alta quota, per questo in questi versi<br />

viene personificato come collaboratore attivo alla lotta: “Der Wald ist ein Kämpfer, ein<br />

Streiter wie ihr!/[…]Der Wald, er ist euer Beschirmer und Freund,/Er schützt euch vor den<br />

Naturgewalten,/Er kämpft mit euch gegen den tückischen Feind,/Er läßt für euch sein Holz<br />

zerspalten;/Und gibt euch Wärme in Eis und Schnee,/Er baut euch Hütten und Unterstände,/Er<br />

kocht euch das Fleisch, den warmen Kaffee,/Und füttert mit Holzwolle eure Wände,/Und gibt<br />

euch Ruhe in seinem Hallen.” 385<br />

Anche il rifugio è simbolo della guerra <strong>di</strong> alta montagna. Hüttenpoesie, la poesia del rifugio, è<br />

una formula originale per descrivere, con elementi che permettono al lettore <strong>di</strong> identificarvisi,<br />

la vita nei rifugi in alta montagna.<br />

Vorrei proporre, infine, un testo riassuntivo del tema montagna e guerra d’alta quota, tratto<br />

dall’ultimo supplemento, luglio 1916<br />

Die Wacht in Tirol<br />

Es stehen fest an steiler Wand<br />

Die Völker Oest’reichs, Hand in Hand,<br />

Sie alle kennen ihre Pflicht,<br />

Wenn auch so manches Auge bricht.<br />

Tiroler Land, magst ruhig sein,<br />

Kein Welscher darf zu <strong>di</strong>r herein,<br />

Solange Oest’reichs Truppenmacht<br />

Auf deinen Bergen hält <strong>di</strong>e Wacht !<br />

Wo Edelweiß und Enzian blüht,<br />

384<br />

Fino ai limiti dell’impossibile: “Gli ultimi raggi del sole delle Alpi/si sono già irra<strong>di</strong>ati nella Val Martello,/il<br />

loro ultimo chiarore si <strong>di</strong>legua a poco a poco,/nella valle cominciano vivaci attività.”<br />

385<br />

Soldati, <strong>di</strong>fendete il bosco!: “Il bosco è un combattente, un soldato come voi!/[…] Il bosco è il vostro<br />

protettore e amico,/vi <strong>di</strong>fende dagli eventi naturali,/combatte con voi contro il vile nemico,/egli vi lascia<br />

abbattere il legno;/e vi da caldo nel ghiaccio e nella neve,/vi costruisce anche rifugi e alloggi,/vi cuoce la carne,<br />

il caldo caffè,/e fodera con lana <strong>di</strong> legno le vostre pareti,/e vi da riposo nelle sue aree.”<br />

143


Die Alpenrose leuchtend glüht,<br />

Dort halten wir dem Feinde stand<br />

Und schützen unser Vaterland !<br />

Tiroler Land, kannst ruhig sein,<br />

Wir lassen keinen Feind herein,<br />

Mag er auch stürmen noch so sehr,<br />

Hier steht des „ Landls“ Eisenwehr!<br />

Andreas Hofers Geist durchweht<br />

Das Heer, das jetzt im Kampfe steht,<br />

Um uns’re Fahnen weht der Sieg<br />

In <strong>di</strong>esem schweren Rachenkrieg.<br />

O Land Tirol, wir halten stand,<br />

An deiner hohen Felsenwand,<br />

Nie soll <strong>di</strong>ch mehr ein Feind entweih’n,<br />

Fest stehen uns’re tapf’ren Reih’n ! 386<br />

Die Wacht in Tirol, è preceduta da una tavola <strong>di</strong> Lienz 387 Dolomitenwacht. La poesia e la<br />

tavola sono complementari, entrambe sottolineano le gran<strong>di</strong> prerogative <strong>di</strong> chi <strong>di</strong>fende<br />

valorosamente i patri confini (fino a questa data il culto del Tirolo viene usato come un’ arma<br />

propagan<strong>di</strong>stica tra le più forti per la lotta e il sacrificio, ma da questo numero in poi le cose<br />

cambieranno, la propaganda assumerà toni molto più maturi e polemici; il giornale perderà<br />

anche la <strong>di</strong>citura Tiroler).<br />

386<br />

La guar<strong>di</strong>a in Tirolo: “Stanno fissati alla parete rocciosa/i popoli austriaci, mano nella mano,/tutti loro<br />

conoscono il proprio dovere,/anche se ogni tanto qualche occhio viene fuori./Patria tirolese, vuoi stare<br />

tranquilla/nessun terrone ti potrà invadere,/fintanto che la forza delle truppe austriache/fa la guar<strong>di</strong>a suoi tuoi<br />

monti!/Dove fioriscono la stella alpina e la genziana,/dove rosseggia scintillante il rododendro,/là noi ci<br />

opponiamo al nemico/e proteggiamo la nostra Patria!/Tirolo puoi stare tranquillo!/Noi non lasciamo entrare<br />

nessun nemico,/anche se egli dovesse attaccarci così tanto,/qua c’è la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> ferro della Patria!/Lo spirito <strong>di</strong><br />

Andreas Hofer sull’esercito/che ora sta in battaglia,/attorno alle nostre ban<strong>di</strong>ere soffia la vittoria/in queste dura<br />

guerra <strong>di</strong>fensiva./Oh, Patria tirolese, noi resistiamo,/sulle tue alte pareti rocciose,/mai più un nemico potrà<br />

profanarti,/le nostre fila valorose stanno salde!”<br />

387<br />

Albin Egger-Lienz (Stribach 1868 – Santa Giustina 1926). Stu<strong>di</strong>o accademico a Monaco, tra il 1899 e il 1911<br />

a vienna, dal 1912 al 1913 docente a Weimar quin<strong>di</strong> risiede a Santa Giustina. I suoi espressivi <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> guerra e<br />

le tarde ‘riflessioni’ vengono annoverati tra le opere principali della prima modernità austriaca.<br />

144


La poesia, come molte altre, si rifà a una famosissima canzone: Die Wacht am Rhein 388 . In<br />

questo testo anche la grafica collabora a guidare l’attenzione del lettore su determinati<br />

concetti. La poesia è in rima baciata. Il testo ha struttura circolare, cioè inizia e termina con la<br />

stessa osservazione, che è l’essenza della poesia: “es stehen fest an steiler Wand” e “Fest<br />

stehen uns’re tapf’ren Reih’n”. La fissità e la compattezza sono il nucleo tematico principale<br />

della poesia: nel primo verso l’immagine dei soldati “fissati” alla parete scoscesa in<strong>di</strong>ca<br />

qualcosa <strong>di</strong> fisicamente impossibile o, perlomeno, molto faticoso. La fatica e lo sforzo <strong>di</strong><br />

questi combattenti devono suscitare ammirazione nei lettori. Tanto più se questa fermezza è<br />

anche una fermezza <strong>di</strong> spirito che si contrappone, ovviamente, all’incostanza italiana.<br />

L’immagine <strong>di</strong> Lienz che precede questa poesia è la rappresentazione grafica <strong>di</strong> questo<br />

concetto. Il soldato ivi raffigurato si protende sicuro sulla roccia nonostante la sua corpulenza.<br />

Sembra quasi un prolungamento della parete rocciosa. Questa associazione è funzionale<br />

all’immagine che si doveva dare delle milizie territoriali che si occupavano della <strong>di</strong>fesa dei<br />

confini 389 . Essi, come le rupi, devono essere ben ra<strong>di</strong>cati al terreno, non devono vacillare, e<br />

allo stesso tempo devono essere protesi verso l’alto per incutere timore al nemico e avere un<br />

aspetto imponente e minaccioso come le vette alpine. La fedeltà e la fissità dei monti devono<br />

appartenere anche a coloro che sono chiamati a <strong>di</strong>fendere la patria in quelle altitu<strong>di</strong>ni. Questo<br />

è l’aspetto più importante della grande coesione intima tra uomo e ambiente nel fronte sud. Ed<br />

è una caratteristica che emerge molto chiaramente anche dai ritratti, nei quali i soldati<br />

raffigurati non hanno mai volti contraffatti dal terrore o segnati dalla stanchezza.<br />

388<br />

Die Wacht am Rhein, La Guar<strong>di</strong>a sul Reno, è una celebre canzone patriottica tedesca. Die Wacht am Rhein,<br />

prima della <strong>di</strong>ssoluzione dell'Impero Tedesco della famiglia reale <strong>degli</strong> Hohenzollern, veniva considerata dalla<br />

gente come una sorta <strong>di</strong> inno nazionale. Le sue origini risalgono ai passati conflitti con la Francia. La canzone fu<br />

particolarmente popolare durante la Guerra Franco-Prussiana e durante la Prima guerra mon<strong>di</strong>ale. Le parole<br />

furono tratte da un poema scritto nel 1840 dal mercante svevo Max Schneckenburger. Si spiega da sé la trovata<br />

<strong>di</strong> associare queste poesie a canzoni già molto note e <strong>di</strong>ffuse popolarmente. Questa associazione permetteva <strong>di</strong><br />

imprimere in maniera indelebile i testi e le espressioni formulari nelle menti e nelle coscienze.<br />

389<br />

Con l’entrata in guerra dell’Italia, l’esercito imperial-regio è costretto a doversi <strong>di</strong>videre tra il fronte orientale<br />

e questo nuovo fronte meri<strong>di</strong>onale., tutto alpino. In Tirolo si forma spontaneamente il corpo <strong>degli</strong> Standschützen<br />

tirolesi, che compensano la mancanza <strong>di</strong> esperienza bellica con il patriottismo e la conoscenza del terreno. Essi<br />

rappresentano un fronte molto compatto agli occhi <strong>degli</strong> italiani. Essi manterranno la posizione fino all’arrivo dei<br />

Kaiserjäger e dei Kaiserschützen.<br />

145


Dolomitenwacht , A. Egger-Lienz, in LB, 26 luglio 1916, foglio sciolto.<br />

Il testo della poesia fa riferimento anche all’invi<strong>di</strong>a e all’impressione che i nemici , i<br />

“Welschen” 390 , hanno della compattezza delle milizie austriache, che generalmente venivano<br />

sbeffeggiate dalla propaganda italiana proprio per la loro multietnicità, punto debole<br />

dell’esercito austroungarico, in quanto fonte <strong>di</strong> <strong>di</strong>sgregazione anziché coesione. La poesia<br />

prosegue trattando un altro aspetto caratteristico <strong>di</strong> questi supplementi: il contrasto tra la<br />

bellezza del paesaggio alpino e il sacrificio dei soldati che ivi si compie. Il nuovo fronte<br />

viene, infatti, aperto in una zona, che normalmente sarebbe zona <strong>di</strong> svago e <strong>di</strong> contatto con<br />

la natura: a quelle altezze , “dove fioriscono la stella alpina e la genziana, dove rosseggia<br />

luminoso il rododendro, là i protettori della patria devono resistere al nemico”. Anche in<br />

questi versi, come altrove, si contrappongono immagini <strong>di</strong> natura incantevole al dovere<br />

militare (Wo/Dort in posizione enfatica. Nello stesso luogo in cui la natura da la sua più<br />

bella manifestazione i soldati si sacrificano per la <strong>di</strong>fesa della patria). Nella terza e ultima<br />

strofa entra in scena lo spirito <strong>di</strong> Andreas Hofer, come abbiamo già visto figura strettamente<br />

connessa al mondo tirolese, la cui immagine viene manipolata per scopi propagan<strong>di</strong>stici.<br />

Anche la rima facile “Sieg” e “Rachenkrieg” ha in realtà un messaggio importante: infatti la<br />

guerra <strong>di</strong> vendetta, o <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa è chiaramente più giustificabile rispetto a una guerra offensiva;<br />

per questo, solo la “Rachenkrieg” merita la vittoria. Questa motivazione, come abbiamo già<br />

avuto modo <strong>di</strong> constatare, è una delle più <strong>di</strong>ffuse e sfruttate in queste pagine e come <strong>di</strong>mostra<br />

anche questo esempio l’attenzione alla ripetitività del messaggio non viene mai meno.<br />

Nelle tre strofe si sviluppa un crescendo graduale <strong>di</strong> atteggiamenti: la prima in<strong>di</strong>ca il desiderio<br />

(“du magst”) del Tirolo <strong>di</strong> restare in pace, la seconda riba<strong>di</strong>sce questo concetto, ma assicura (<br />

“du kannst” ) che il Tirolo può stare in pace, (se ne amplia, inoltre, l’aspetto in<strong>di</strong>feso e<br />

390 Termine <strong>di</strong>spregiativo, che in<strong>di</strong>ca tutti gli abitanti della zona del Tirolo meri<strong>di</strong>onale abitata da non tedeschi <strong>di</strong><br />

etnia latina. Per esteso in<strong>di</strong>ca tutti gli italiani.<br />

146


innocente, che pur non avendo responsabilità <strong>di</strong>rette della guerra la subisce, con la<br />

denominazione “Landl”, che è l’espressione affettuosa usata per designare il Tirolo); ma allo<br />

stesso tempo si ricorda al nemico che il Tirolo non starà a guardare impassibile e, infatti, il<br />

termine “Eisenwehr” ristabilisce la supremazia <strong>di</strong> chi, invaso, non può altro che <strong>di</strong>fendersi.<br />

L’ultima strofa è incentrata proprio sulla <strong>di</strong>fesa nazionale: sembra quasi che i combattenti<br />

vogliano mandare dall’alto un avvertimento implicito al nemico tramite una frase<br />

rassicurante per la propria terra: “Nie soll <strong>di</strong>ch mehr ein Feind entweih’n”.<br />

I corpi dell’esercito e i loro simboli<br />

L’esercito 391 e i suoi corpi era altresì materiale significativo per la costruzione dell’identità<br />

collettiva. In particolare gli Standesschützen e la Landsturm.<br />

391<br />

L’esercito austro-ungarico: Daremo ora un quadro dell’esercito che si apprestava a varcare il Piave per<br />

marciare sulla pianura veneta. Nel 1914, allo scoppio della guerra mon<strong>di</strong>ale, Austria ed Ungheria formavano una<br />

duplice monarchia che includeva l’impero d’Austria ed il regno d’Ungheria, oltre ad una miriade <strong>di</strong> regni, come<br />

quello <strong>di</strong> Boemia, <strong>di</strong> Dalmazia, <strong>di</strong> ducati, come quelli della Carinzia, <strong>di</strong> Salisburgo o della Stiria, le contee <strong>di</strong><br />

Gorizia e del Tirolo, il margraviato d’Istria, etc. <strong>di</strong> cui era titolare l’imperatore Francesco Giuseppe I d’Asburgo-<br />

Lorena (la casa d’Asburgo si era in realtà estinta nel 1780 con la morte <strong>di</strong> Maria Teresa, cui successe il figlio<br />

Giuseppe II, che unì al titolo lorenese anche quelli della madre: si ricor<strong>di</strong> però che sino al 1805 il titolo<br />

d’imperatore del Sacro Romano Impero era elettivo e non ere<strong>di</strong>tario come fu poi quello d’imperatore d’Austria).<br />

L’Austria Ungheria era formata da cinque gruppi etnici principali, più una miriade <strong>di</strong> minori: il gruppo etnico più<br />

numeroso era formato dagli slavi, con il 44% <strong>degli</strong> abitanti della Duplice Monarchia, seguiti dai tedeschi (28%),<br />

dagli ungheresi (18%), dai rumeni (8%) e dagli italiani (2%). L’armata dell’Impero nella Grande Guerra era<br />

unica tra tutti gli eserciti belligeranti, in quanto non era, come detto, formata da una sola entità, ma da tre:<br />

l’esercito imperial-regio (comune), quello austriaco (Landwehr) o imperiale e quello ungherese (Honvédség) o<br />

reale. L’esercito imperiale era comune ad entrambe le monarchie, le due teste della stessa aquila si potrebbe <strong>di</strong>re<br />

− ed infatti nel 1919 la repubblica austriaca prese come simbolo un’aquila monocefala − e dal 1888 aveva<br />

appunto assunto il titolo <strong>di</strong> Kaiserlich und Königlich. L’esercito austriaco reclutava solo nell’Impero d’Austria,<br />

nella Cisletania, e così quello ungherese solo nei territori della Corona <strong>di</strong> Santo Stefano, nella Transletania. Tale<br />

struttura, a prima vista piuttosto singolare, era amministrata da tre <strong>di</strong>stinti Ministeri della Guerra: quello da cui<br />

<strong>di</strong>pendeva l’imperial-regio era il Ministero Imperiale della Guerra, mentre Landwehr e Honvédség <strong>di</strong>pendevano<br />

dai due Ministeri della Difesa, austriaco e ungherese, poiché, sia pure teoricamente, i due eserciti avevano<br />

funzioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa del proprio territorio, mentre quello imperial-regio aveva funzioni offensive. Il sistema<br />

prevedeva anche tre Stati Maggiori generali, e ciascun esercito aveva un proprio bilancio che andava sottoposto<br />

annualmente all’approvazione dei rispettivi parlamenti. Il Comando Supremo <strong>di</strong> tutte le forze armate spettava<br />

all’imperatore che nel 1918 era il trentunenne Carlo I, una personalità assai più scialba <strong>di</strong> quella del suo<br />

predecessore, Francesco Giuseppe I, il quale aveva regnato dal 1848 al 1916, improntando un’epoca alla sua<br />

personalità o, per essere più esatti, alla propria mancanza <strong>di</strong> personalità, <strong>di</strong> “primo impiegato dello Stato”,<br />

rendendo quella che era stata la gioiosa Austria <strong>di</strong> Giuseppe II e del Congresso <strong>di</strong> Vienna uno stato tranquillo,<br />

serio e grigio. L’imperatore era colui al quale andavano fedeltà e devozione dei soldati della Duplice Monarchia:<br />

nonostante le riforme del XIX secolo, la fedeltà <strong>degli</strong> eserciti asburgici andava al sovrano e non alla Nazione; se,<br />

per esempio, nel Regio Esercito la ban<strong>di</strong>era era il simbolo della Patria, in quello imperial-regio lo era<br />

dell’Imperatore, cui andava la devozione più assoluta al <strong>di</strong> là d’ogni appartenenza etnica, religiosa o sociale. Ciò<br />

costituì un punto <strong>di</strong> forza dell’esercito asburgico sino alla <strong>di</strong>sgregazione dell’Impero nel ‘18, e fu tale sentimento<br />

a permettere all’esercito <strong>di</strong> rimanere piuttosto unito sino alla battaglia <strong>di</strong> Vittorio Veneto, malgrado le spinte<br />

nazionalistiche ed irredentistiche <strong>di</strong> italiani e cechi (e, in misura minore, <strong>degli</strong> slavi del sud); tuttavia fu proprio<br />

l’andamento della guerra a far sviluppare le tendenze autonomistiche ed irredentistiche nelle varie nazionalità<br />

non tedesche. La riduzione del ruolo dell’Austria dai tempi della Santa Alleanza in poi era iniziata con i moti<br />

rivoluzionari che nel 1848 avevano scosso l’Austria e Vienna stessa, l’Ungheria e l’Italia settentrionale; e se le<br />

147


vittorie <strong>di</strong> Radetzky in Italia avevano determinato un forte scatto d’orgoglio nell’esercito, ciò non poteva far<br />

<strong>di</strong>menticare che la situazione in Ungheria e nella stessa Vienna era stata normalizzata soltanto con l’intervento<br />

delle truppe russe. La guerra del 1859 e soprattutto quella del 1866 ad opera dei prussiani avevano reso evidente<br />

la grave crisi dell’Impero. Malgrado la vittoria sugli italiani a Custoza (ma, ciò che spesso viene <strong>di</strong>menticato,<br />

alla fine della guerra gli italiani erano arrivati in Trentino e sull’Isonzo) l’esercito era chiaramente lo spettro <strong>di</strong><br />

quello che aveva contribuito alla sconfitta <strong>di</strong> Napoleone, temuto dai propri vicini; aveva uno Stato Maggiore<br />

obsoleto ed inadatto, ed anche la fanteria si era <strong>di</strong>mostrata armata in maniera oramai superata, con fucili ad<br />

avancarica contro truppe armate <strong>di</strong> armi a canna rigata. Gli ungheresi tornarono a manifestare volontà<br />

secessionistiche, e nel febbraio 1867 Francesco Giuseppe concluse con essi un accordo che dava origine alla<br />

duplice monarchia: secondo gli articoli dell’accordo Austria ed Ungheria avevano completa autonomia, con<br />

unici elementi in comune il sovrano, le finanze, la politica estera e l’esercito. I ducati, i regni e i territori austriaci<br />

presero il nome <strong>di</strong> Cisletania, venendo amministrati dal Reichsrat (parlamento) viennese, quelle ungheresi<br />

formavano la Transletania, con il proprio parlamento o Orsàgyles. L’accordo del 1867 fu in pratica un<br />

compromesso politico che da molti austriaci venne interpretato come l’inizio della Finis Austriae, e se gli<br />

ungheresi avessero richiesto l’in<strong>di</strong>pendenza − come avvenne quando il due Novembre del 1918 l’Orsàgyles<br />

or<strong>di</strong>nò alle truppe ungheresi <strong>di</strong> lasciare il fronte − sarebbe potuta anche scoppiare una guerra civile. Per evitare<br />

tali conseguenze fu chiaro che bisognava creare un esercito ungherese: venne così creato l’Honvédség, e ciò, per<br />

reazione portò alla nascita della sua controparte austriaca, la Landwehr. Il mantenimento dei due eserciti con<br />

proprie strutture ed amministrazioni pesò notevolmente sull’esercito imperial-regio, che contemporaneamente<br />

era oggetto <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> atti ad in<strong>di</strong>viduare i mo<strong>di</strong> per la sua modernizzazione, da parte <strong>di</strong> un comitato presieduto<br />

dall’Arciduca Alberto, il vincitore <strong>di</strong> Custoza. Venne deciso <strong>di</strong> riformare la struttura organica delle forze armate<br />

sul modello prussiano, con la <strong>di</strong>visione multi-arma come base per una grande unità composta da 22 <strong>di</strong>visioni <strong>di</strong><br />

fanteria ed una <strong>di</strong> cavalleria. Altri effetti della modernizzazione furono la riforma del sistema <strong>di</strong>sciplinare,<br />

l’abolizione della tra<strong>di</strong>zionale nomenclatura dei reggimenti basata sul nome del colonnello proprietario<br />

(Inhaber). In casi particolari venne dato un nome <strong>di</strong> un personaggio legato alla storia asburgica come titolare<br />

perpetuo. Venne abolito il termine Soldat, sostituendolo con fuciliere, artigliere, dragone, etc. in modo da<br />

rafforzare lo spirito <strong>di</strong> corpo.<br />

Uno <strong>degli</strong> aspetti caratterizzanti delle Forze Armate asburgiche fu la composizione multietnica; e non sempre la<br />

coabitazione tra le etnie si <strong>di</strong>mostrò facile, soprattutto dopo lo scoppio della Grande Guerra. I contrasti tra i vari<br />

popoli all’interno dell’esercito furono forti anche durante la guerra, persino in unità scelte come i Kaiserjäger,<br />

composti anche da trentini italofoni. Del resto gli italiani erano considerati il nemico storico anche durante il<br />

periodo prebellico, malgrado la reciproca alleanza; nella versione in italiano del Kaiserjägerlied, la terza strofa<br />

recitava: E, per la patria impavido / col perfido vicin (ossia l’Italia, NdA) / il cacciatore slanciasi / a lotta senza<br />

fin […] (Kaiserjägerlied, musica <strong>di</strong> K. Mühlberger, parole <strong>di</strong> M. Depolo, 1914.)<br />

Quando il Regio Esercito scese in campo, l’esercito asburgico gli era superiore per uomini e mezzi, che tuttavia<br />

erano <strong>di</strong>spersi su tre fronti; ciò che condusse ad un sostanziale equilibrio tra le forze presenti sul fronte italiano.<br />

Ecco la <strong>di</strong>sponibilità delle truppe asburgiche sul fronte isontino-carsico prima, del Piave poi, e trentino durante la<br />

guerra: 1915, venti <strong>di</strong>visioni (una tedesca, l’Alpenkorps bavarese, non utilizzata però in quanto Italia e Germania<br />

non furono in guerra che a partire dal 28 agosto 1916); 1916, trenta <strong>di</strong>visioni, salite a quaranta durante<br />

l’offensiva <strong>di</strong> maggio sull’Altipiano <strong>di</strong> Asiago; 1917, sino ad Ottobre, trentotto <strong>di</strong>visioni; 1917, offensiva <strong>di</strong><br />

Caporetto, quarantotto <strong>di</strong>visioni austriache e sette tedesche; 1918, sessanta <strong>di</strong>visioni. La <strong>di</strong>visione austriaca in<br />

tempo <strong>di</strong> pace contava quin<strong>di</strong>ci battaglioni; durante la guerra scese a do<strong>di</strong>ci, ma, <strong>di</strong> contro, aumentò il numero<br />

delle artiglierie sino ad avere una brigata formata da due reggimenti <strong>di</strong> artiglieria da campagna (per una<br />

<strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> trenta cannoni e trentasei obici), un reggimento <strong>di</strong> artiglieria pesante campale e, a volte, un<br />

gruppo <strong>di</strong> artiglieria da montagna. Il reggimento era composto da quattro battaglioni. Il battaglione austroungarico<br />

era a sua volta strutturato su quattro compagnie fucilieri, una in più rispetto a quello italiano, ed una<br />

compagnia mitraglieri, le compagnie erano composte da quattro plotoni. Il reggimento era comandato dal<br />

colonnello (Oberst), il battaglione da un tenente colonnello (Oberstleutnant) o da un maggiore (Major), mentre<br />

la compagnia era al comando <strong>di</strong> un capitano (Hauptmann). In tempo <strong>di</strong> pace, le compagnie erano formate da<br />

cinque ufficiali, <strong>di</strong>eci sottufficiali e ottantadue soldati, che aumentavano in tempo <strong>di</strong> guerra con la riserva<br />

richiamata a cinque ufficiali e 262 tra sottufficiali e truppa, in modo tale che il reggimento fosse formato da<br />

4.599 uomini con otto mitragliatrici e 4.041 fucili, sud<strong>di</strong>visi in quattro battaglioni da campagna<br />

(Feldbattaillone). Nel capoluogo <strong>di</strong> circoscrizione in cui in tempo <strong>di</strong> pace era accasermato il reggimento<br />

rimanevano i quadri del battaglione <strong>di</strong> addestramento (Ersatzbattaillonkader). Con le nuove reclute venivano<br />

formati i battaglioni (Marschbattaillon), a volte impiegati come unità combattenti autonome, ed i battaglioni<br />

complementi (Ersatzbattaillone) che integravano le per<strong>di</strong>te dei vari reggimenti. A partire dalla primavera del<br />

1917 vennero costituiti reparti <strong>di</strong> truppe d’assalto i cui sistemi addestrativi servirono da modello agli Ar<strong>di</strong>ti<br />

italiani: si noti, tali reparti vennero formati prima del contatto <strong>degli</strong> austro-ungarici con le Stoßtruppen tedesche,<br />

148


avvenuto alla vigilia <strong>di</strong> Caporetto, ossia nell’Ottobre <strong>di</strong> quello stesso anno. In seguito alle esperienze fatte nel<br />

corso della XII battaglia dell’Isonzo inoltre ogni <strong>di</strong>visione venne dotata <strong>di</strong> un reparto d’assalto della consistenza<br />

<strong>di</strong> un battaglione. Durante la guerra la cavalleria venne quasi tutta appiedata, in modo da servire come fanteria;<br />

dal marzo 1917 venne mantenuto un solo squadrone a cavallo per <strong>di</strong>visione; ciò si rivelò un danno dopo<br />

Caporetto, quando la cavalleria imperiale non poté essere sfruttata per l’inseguimento durante la ritirata italiana<br />

nelle pianure friulane. L’artiglieria a partire dal 1915 venne dotata <strong>di</strong> materiale moderno, e nel 1918 le artiglierie<br />

pesanti erano quasi tutte autotrainate. Nel 1918 l’Austria-Ungheria si stava avvicinando al suo quarto <strong>di</strong> guerra.<br />

Nonostante la terribile situazione alimentare, il morale delle truppe imperiali era molto alto, spronato com’era<br />

dalla speranza <strong>di</strong> bottino e dal <strong>di</strong>sprezzo per l’avversario già tanto duramente provato a Caporetto. La<br />

<strong>di</strong>sgregazione delle nazionalità iniziò solo dopo la battaglia <strong>di</strong> Giugno, prova ne sia che gli italiani poterono<br />

costituire solo unità ceche da impiegare al fronte, mentre tentativi <strong>di</strong> formare analoghe unità slave e polacche<br />

non ebbero successo e rimasero a livello <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong>o od ai primi passi. Va poi ricordato che accanto agli eserciti<br />

esistevano formazioni assai numerose <strong>di</strong> volontari: gli Standschützen tirolesi, i volontari regolari ed irregolari<br />

albanesi, la Legione Polacca e quella Ucraina, i cui volontari combatterono poi anche sul Piave, i volontari della<br />

Transilvania ed i battaglioni Schützen (della Carinzia, della Stiria, dell’Alta Austria, <strong>di</strong> Marburg, Salisburgo e<br />

Lubiana). Elencheremo ora rapidamente i vari elementi delle forze armate della Duplice Monarchia<br />

soffermandoci su quelli che maggiormente riguardano il nostro <strong>di</strong>scorso.<br />

Kaiserlich und Königlich Armee (K.u.K)<br />

L’esercito regolare dell’Impero era l’imperial-regio (Kaiserlich und Königlich) − il termine “imperial-regio” era<br />

quello utilizzato ufficialmente nei territori italiani della duplice Monarchia − che costituiva il nucleo principale<br />

delle forze armate. Il 75% della leva annua entrava nell’Esercito imperial-regio che in tempo <strong>di</strong> pace poteva<br />

schierare 26 <strong>di</strong>visioni. La Marina da guerra e l’Aviazione (che non era arma a sé stante, ma faceva capo alla<br />

Marina) erano imperial-regie. Dall’imperial-regio esercito <strong>di</strong>pendevano: i reggimenti <strong>di</strong> fanteria, artiglieria, etc.,<br />

con soldati delle varie nazionalità; la fanteria bosniaca, che godeva <strong>di</strong> uno status particolare; i reggimenti <strong>di</strong><br />

Kaiserjäger tirolesi e trentini; i battaglioni <strong>di</strong> Feldjäger.<br />

Distretti militari<br />

L’impero austro-ungarico era sud<strong>di</strong>viso in se<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>stretti militari territoriali, ciascuno responsabile del<br />

reclutamento e del mantenimento <strong>di</strong> un Corpo d’Armata. Ad eccezione del XV Corpo questi Corpi d’Armata<br />

erano formati da reggimenti reclutati nei <strong>di</strong>stretti d’appartenenza. Otto <strong>di</strong>stretti si trovavano in Austria, sei in<br />

Ungheria, uno in Bosnia-Erzegovina ed uno in Dalmazia, ed erano sud<strong>di</strong>visi in 112 sotto<strong>di</strong>stretti, <strong>di</strong> cui 60 in<br />

Austria, 48 in Ungheria, ed uno nella Bosnia-Erzegovina. 102 su 112 <strong>di</strong>stretti reclutarono un reggimento da<br />

inquadrare nell’esercito imperial-regio. Dei <strong>di</strong>eci reggimenti non appartenenti all’esercito imperial-regio tre<br />

(Bressanone, Trento e Innsbruck) confluirono nei Kaiserjäger, quattro (Banja Luka, Donja Tuzla, Mostar e<br />

Sarajevo) furono inglobati nei reggimenti bosniaci e tre (Trieste, Fiume, Sebenico) nella marina imperial- regia.<br />

Landwehr<br />

La Landwehr era l’esercito nazionale austriaco. A <strong>di</strong>fferenza della corrispondente Landwehr tedesca, quella<br />

austriaca non era formata da riservisti o territoriali, ma da quadri <strong>di</strong> carriera e truppe <strong>di</strong> leva o volontarie. Dal<br />

1912 la Landwehr ricevette in dotazione unità <strong>di</strong> mitragliatrici e d’artiglieria esattamente come imperial-regio<br />

esercito, ed in effetti c’era poca <strong>di</strong>fferenza tra i due in termini operativi e d’efficienza. La Landwehr riceveva<br />

l’11,4% della leva annua austriaca. Due reggimenti formati da Carinziani e Stiriani erano designati<br />

Gebirgschützen, quelli formati da tirolesi Landesschützen (fino al 1917). I tedeschi tendevano a confondere<br />

erroneamente la Landwehr austriaca con truppe territoriali, cosa che ne determinò una scarsa considerazione<br />

come truppe combattenti; dal 1917 le unità della Landwehr vennero ridesignate come Schützen (tiratori). In<br />

totale allo scoppio della guerra nel 1914 esistevano otto mezzi reggimenti d’artiglieria della Landwehr. Dalla<br />

Landwehr <strong>di</strong>pendevano: i reggimenti <strong>di</strong> fanteria, cavalleria e artiglieria della Landwehr; i reggimenti <strong>di</strong> Schützen;<br />

i reggimenti <strong>di</strong> Gebirschützen; i reggimenti <strong>di</strong> Kaiserschützen (fucilieri imperiali, chiamati sino al Gennaio 1917<br />

Landesschützen): truppe <strong>di</strong> alta montagna che traevano origine dalle compagnie <strong>di</strong> fucilieri volontari tirolesi; i<br />

battaglioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa costiera; la compagnie <strong>di</strong> guide alpine (Bergführerkompanien); i reggimenti della<br />

Landsturm.<br />

Truppe tirolesi<br />

Il ducato del Tirolo godeva <strong>di</strong> uno statuto particolare sin dal XIV secolo. La leva obbligatoria fu introdotta solo<br />

nel 1852, e i tirolesi (e i trentini) servirono in speciali unità con alcuni privilegi, come la scelta <strong>degli</strong> ufficiali, ed<br />

anche ban<strong>di</strong>ere <strong>di</strong>fferenti da quelle austriache. Le ban<strong>di</strong>ere da combattimento avevano da un lato l’immagine<br />

149


La costruzione del mito <strong>degli</strong> Standschützen fu probabilmente l’obiettivo propagan<strong>di</strong>stico più<br />

perseguito sistematicamente e volontariamente dalla Tsz: fino al maggio del 1916, mese in cui<br />

il giornale risente già dei cambiamenti che si prospettano al suo vertice, non c’è praticamente<br />

e<strong>di</strong>zione dove la figura del volontario sia assente dal contenuto del foglio e, in particolare, del<br />

suo supplemento letterario.<br />

Poesie, feuilleton, articoli <strong>di</strong> ogni genere e immagini raccontano la guerra sulle cime<br />

dolomitiche come un cavalleresco duello in cui l’azione del singolo può capovolgere le sorti<br />

<strong>di</strong> un combattimento, quando in realtà erano le masse a scontrarsi e non gli in<strong>di</strong>vidui. Il<br />

combattente protagonista <strong>di</strong> questi duelli d’alta quota è proprio il conta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> montagna<br />

arruolato come volontario: un tipo umano che nelle liriche qui proposte viene esaltato come<br />

prototipo del combattente tenace, abituato alle fatiche e naturalmente integrato al paesaggio<br />

montano.<br />

Il fatto poi che la guerra fosse <strong>di</strong>fensiva faceva del montanaro in <strong>di</strong>visa da volontario il<br />

naturale complemento delle montagne, ‘Mura della Monarchia’, dalle quali lo Schütze parte<br />

per fare centro nel bersaglio, come se sparasse al poligono del suo paese: la poesia Tiroler<br />

Bauer 392 offre un ritratto perfetto <strong>di</strong> questo mito guerresco.<br />

Oltre che sul valore guerresco, l’attenzione <strong>degli</strong> autori che raccontano dei volontari si<br />

sofferma spesso sul loro aspetto pittoresco (con un taglio da reportage su luoghi esotici) e sul<br />

loro carattere timido, riservato e taciturno, che si <strong>di</strong>stingue per un timore reverenziale per le<br />

autorità e una semplicità che riecheggia il mito roussoiano del buon selvaggio.<br />

della Madonna sul crescente lunare, come tra<strong>di</strong>zione delle ban<strong>di</strong>ere austriache sin dalla Guerra dei Trent’anni,<br />

ma sull’altro lato anziché l’aquila bicipite la rossa aquila tirolese, e le aste erano rivestite <strong>di</strong> stoffa bianco-rossa e<br />

non gialla e nera (i colori <strong>degli</strong> Asburgo) allo stesso modo in cui le ban<strong>di</strong>ere ungheresi (anche dell’esercito<br />

imperial-regio) portavano ricamato su un lato lo stemma ungherese, dall’altro il monogramma imperiale, e l’asta<br />

rivestita <strong>di</strong> stoffa verde-bianco-rossa (L'autonomia dei reparti tirolesi è evidente anche nella produzione <strong>di</strong><br />

propaganda: nelle cartoline per le truppe, ad esempio, non compare mai l'aquila bicipite, ma solo l'aquila rossa,<br />

emblema della contea del Tirolo; si veda il capitolo Tiroler Adler rot wie Blut, in Lamberto Pignotti, Figure<br />

d'assalto. Le cartoline della Grande Guerra, Rovereto 1985, nn. 101-128.). I battaglioni <strong>di</strong> Cacciatori Imperiali<br />

(Kaiserjäger) erano reparti <strong>di</strong> fanteria leggera e, a partire dal 1914 da un solo reggimento si passò a quattro,<br />

formando la 3. Kaiserjäger<strong>di</strong>vision, una delle migliori unità da montagna austriache, facente parte dell’esercito<br />

imperiale. I quattro reggimenti <strong>di</strong> Kaiserjäger avevano la particolarità <strong>di</strong> avere come colonnello proprietario<br />

(Inhaber) lo stesso Imperatore, da cui il nome e l’alto morale derivante dal fatto <strong>di</strong> essere le truppe “personali”<br />

del sovrano (in Austria-Ungheria non esistevano reparti della Guar<strong>di</strong>a). Nel Tirolo i coscritti della Landwehr<br />

servirono in speciali unità dette Landesschützen e, dal 1917, Kaiserschützen, anche se da quella data non tutti i<br />

componenti furono tirolesi, ma volontari provenienti da tutte le aree alpine della Monarchia. Adolescenti e<br />

uomini oltre i cinquant’anni formavano 75 battaglioni <strong>di</strong> volontari (Standschützen) corrispondenti alla<br />

Landsturm. I componenti <strong>degli</strong> Standschützen erano originariamente soci delle società <strong>di</strong> tiro a segno: i 75<br />

battaglioni vennero costituiti in soli tre giorni, con 38.000 volontari d’età variabile tra i <strong>di</strong>ciassette ed i<br />

settant’anni.<br />

392<br />

Già citata nel paragrafo de<strong>di</strong>cato ai miti e simboli tirolesi. L’autore è Eugen von Ronai, <strong>di</strong> cui non si hanno<br />

notizie biografiche, si sa solamente che era un nobile.<br />

150


Come già detto specialmente il corpo <strong>degli</strong> Standschützen è oggetto <strong>di</strong> grande ammirazione<br />

nella regione tirolese, un corpo interamente composto da volontari: essi si rivelarono<br />

in<strong>di</strong>spensabili nella <strong>di</strong>fesa nazionale, contro l’improvviso attacco dell’antico alleato. Loro si<br />

de<strong>di</strong>carono, infatti, alla guerra <strong>di</strong>fensiva, una guerra <strong>di</strong> postazione che permetteva loro <strong>di</strong><br />

organizzare, con i propri commilitoni, una nuova intimità familiare al fronte, fatta <strong>di</strong> vecchie<br />

usanze portate fino in alta montagna. Il dovere militare, ad altitu<strong>di</strong>ni tra i due e i tremila<br />

metri, in completo isolamento veniva svolto senza alcuna <strong>di</strong>strazione. In questo fronte, del<br />

quale noi <strong>di</strong>sponiamo solo grazie allo sguardo <strong>di</strong> chi lo riprodusse, l’aspetto paesistico e<br />

umano profondamente legati comunicano un lieto spirito <strong>di</strong> sacrificio <strong>di</strong> fronte al proprio<br />

dovere militare; dalle tele emerge come essi avessero qualcosa <strong>di</strong> singolare, che li <strong>di</strong>stingueva<br />

dai soldati comuni: ogni singolo Standschütze era come l’incarnazione <strong>di</strong> tutto il paese<br />

insorto, la rappresentazione <strong>di</strong> unità tra popolo e regione:<br />

Tiroler Standschützen im Kampfe, Th. Riß, LB, 9 ottobre 1915, foglio sciolto.<br />

Unterjäger Adalbert Penz, Th. Riß, LB, 15 giugno 1916, rubrica „Unsere Helden“<br />

Standschütze mit Holzpfeife, Th. Riß, LB, 12 aprile 1916, rubric “Unsere Helden”<br />

151


Anche i Kaiserjäger 393 , nati come arma del re, durante la guerra, in particolare dopo l’apertura<br />

del nuovo fronte, andarono a combattere in alta montagna. Essendo un corpo speciale della<br />

casa reale, i Kaiserjäger sentivano, come responsabilità ulteriore rispetto agli altri corpi, <strong>di</strong><br />

non poter assolutamente deludere il loro amato padre, il Kaiser, che anzi deve totalmente<br />

affidarsi loro. Nel nome <strong>di</strong> questo corpo militare si compenetrano due importantissimi simboli<br />

<strong>di</strong> coesione per la monarchia absburgica: Imperatore ed esercito. La figura del vecchio<br />

Imperatore, bonario padre del popolo, rappresenta, prima e durante la guerra (anche dopo la<br />

sua morte, il 21 novembre 1916), il perno unificante <strong>di</strong> quel magmatico impero<br />

sovranazionale. Sicuro punto <strong>di</strong> riferimento per i propri sud<strong>di</strong>ti, che devono, in<br />

quest’occasione, mostrare tutta la loro riconoscenza a questo sovrano rappresentante <strong>di</strong> Dio in<br />

terra e primo funzionario dell’Impero. Lo stesso esercito è strumento della politica <strong>di</strong><br />

contenimento delle spinte centrifughe; unite in esso si trovano le <strong>di</strong>verse etnie, lì vive ancora<br />

lo Stato: allo scoppio della guerra quest’esercito plurinazionale si raduna per l’ultima volta 394 ,<br />

con i suoi vessilli e i suoi stendar<strong>di</strong> e pronuncia i versi che per essa aveva ideato Grillparzer,<br />

In deinem Lager ist Österreich, composti in occasione dei motti rivoluzionari del 1848. In<br />

quell’occasione, come in occasione della guerra mon<strong>di</strong>ale, l’esercito rappresenta unità nel<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne generale: “In denen, <strong>di</strong>e du führst zum Streit, / Lebt noch Ein Geist in Allen ” 395 .<br />

Una volta ancora questo esercito tenta il miracolo <strong>di</strong> riunire in sé, per la lotta comune, tutti i<br />

suoi popoli contro la forza centrifuga del tempo; de<strong>di</strong>zione solerte al proprio ruolo nella<br />

piramide sociale e obbe<strong>di</strong>enza religiosa, sono le prerogative specifiche <strong>di</strong> questi sud<strong>di</strong>ti-<br />

combattenti, le più absburgiche delle virtù, che la pubblicistica austriaca intonava e che gli<br />

stessi Kaiserjäger si lusingavano <strong>di</strong> possedere, in nome del passato glorioso <strong>di</strong> una civiltà<br />

millenaria, che si ricopriva il capo <strong>di</strong> bei ricor<strong>di</strong> per non guardare la gravità del presente.<br />

Quanto è già stato detto a proposito della trasfigurazione del Tirolo e, in particolare, della<br />

popolazione tirolese si ritroverà anche nelle liriche che esaltano i corpi combattenti. Una delle<br />

prime cose che emerge infatti nella loro analisi è che le caratteristiche del popolo tirolese e dei<br />

393<br />

Wir Kaiserjäger: “Unser Name ist gar wohl bekannt,/Bei Freund und Feind recht viel gennant”, Noi<br />

Kaiserjäger: “Il nostro nome è certamente ben noto,/dagli amici e dai nemici giustamente molto nominato”.<br />

394<br />

Alla fine della Prima guerra mon<strong>di</strong>ale scomparirà l’Impero austroungarico e, con esso, il suo esercito<br />

multietnico.<br />

395<br />

Franz Grillparzer: In deinem Lager ist Österreich, cit. in Clau<strong>di</strong>o Magris, Il mito absburgico, Torino,<br />

Einau<strong>di</strong>, 1988, pag. 131<br />

152


soldati erano strettamente connesse fra <strong>di</strong> loro: “Wahr, keusch und stark/Dein Herz und<br />

Mark,/Setz’ Gut und Blut/Mit frohem Mut/Für Fürst und Vaterland ein.” 396<br />

Anche la lirica Der Standschütze mette in risalto tutte quelle che sono le caratteristiche fisiche<br />

e morali del combattente tirolese e, per esteso, <strong>di</strong> tutto quel popolo: “Im Regen, Sturm und<br />

Sonnenschein/Der Standschütz steht auf Wacht allein;/Sein Falkenblick durchdringt das<br />

Tal,/Der Tod streift ihn so manches Mal./[…] Die Berge sollen’s unseren Enkeln künden,/Wie<br />

einst Tirol gerächt Verrätersünden,/Gehaßt den Feind mit Wut und Glut,/Dem Kaiser opfernd<br />

Gut und Blut.” 397 In questi pochi versi è nuovamente racchiuso un messaggio <strong>di</strong> cui si è già<br />

parlato: la necessità <strong>di</strong> imbracciare le armi contro il nemico per <strong>di</strong>fendere il patrio suolo. I<br />

monti hanno sempre un grande valore simbolico in queste liriche, essi sono il baluardo del<br />

Tirolo, la popolazione ne ha assunto le caratteristiche in occasione <strong>di</strong> questo scontro. Provare<br />

o<strong>di</strong>o per il nemico è un sentimento concesso, poiché è un o<strong>di</strong>o che nasce da un torto subito: il<br />

tentativo <strong>di</strong> invasione appunto. Difendere la piccola patria, oltre che per l’amore naturale che<br />

si prova per essa è anche un gesto <strong>di</strong> rinnovata devozione all’Imperatore che è il padre <strong>di</strong><br />

quelle terre.<br />

Si sviluppa più o meno allo stesso modo Die Osttiroler Standschützen 398 che consiste in una<br />

lunga lista <strong>di</strong> qualità straor<strong>di</strong>narie e valori che questi combattenti hanno, caratteristiche che<br />

fanno parte più profondamente <strong>di</strong> quella terra, che sono state ere<strong>di</strong>tate dagli avi e con amore<br />

rispettate e tramandate, che si rispecchiano dal paesaggio agli abitanti e viceversa: “Wir<br />

stehen in feindlicher Feuerbereich,/Hei, wie dröhnt’s, daß <strong>di</strong>e Felsen erzittern!/Wohl wird’s<br />

da mitunter um’s Herz so weich:/Doch kann Standschützenmut nichts erschüttern,/Wir<br />

kämpfen ja doch nur heiliges Recht:/Für’s Landl, den Glauben, <strong>di</strong>e Lieben, ‘s Daheim,/Da<br />

wär’s doch ganz sicher dem Tiroler zu schlecht,/Nicht auch in den Reihen der Kämpfer zu<br />

sein!/Mit Brüdern wie Eichen 399 so stark,/So schnei<strong>di</strong>g und tapfer und so kampferprobt:/[…]<br />

Wir müssen besiegen <strong>di</strong>e “feindliche Pest”:/Auf Höhen, in Tälern, zu Wasser, zu<br />

Land!/D’rum flehen wir alle zu Gott unserm Herrn:/Daß er uns unsern Kaiser erhält;/Und<br />

396<br />

Tirols Landsturm, La <strong>di</strong>fesa territoriale: “Autentico, sobrio e potente/il tuo cuore e la tua anima,/offre il suo<br />

sangue e le sue virtù/con vivo coraggio/per l’Imperatore e la Patria.”<br />

397<br />

Il tiratore: “Nella pioggia, nella tempesta e sotto il sole/ il tiratore fa la guar<strong>di</strong>a da solo;/il suo sguardo <strong>di</strong> falco<br />

attraversa tutta la vallata,/la morte lo sfiora numerose volte./[…] I monti devono comunicare ai nostri<br />

nipoti,/come il Tirolo un tempo ven<strong>di</strong>cò il peccato <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento italiano,/e o<strong>di</strong>ò il nemico con furia e<br />

ardore,/offrendo all’Imperatore l’animo e il sangue.”<br />

398<br />

L’Osttirol è l’attuale <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> Lienz. I titoli <strong>di</strong> queste poesie cercano <strong>di</strong> nominare tutti i corpi combattenti,<br />

ma nel complesso il loro contenuto è sempre lo stesso.<br />

399<br />

A volte questa espressione è con Eisen.<br />

153


opfern wir selbst unser Leben ganz gern;/Wenn’s ihm so und nicht anders gefällt.” 400 Ai<br />

combattenti non è concesso avere paura o vacillare e loro, <strong>di</strong> fatto, combattono senza<br />

ce<strong>di</strong>menti. Li agevola il fatto <strong>di</strong> combattere per motivi vali<strong>di</strong> ed estremamente intimi, legati<br />

alla propria terra. Il motivo per cui loro combattono, la <strong>di</strong>fesa del suolo patrio dalla peste<br />

nemica, assicura loro l’aiuto e il sostegno <strong>di</strong> Dio in questa lotta, nella quale essi sono <strong>di</strong>sposti<br />

a perdere la propria vita pur <strong>di</strong> garantire libertà alla loro terra e ai suoi abitanti <strong>di</strong> oggi e<br />

domani. In questi passi si può in<strong>di</strong>viduare in maniera abbastanza rapida un uso mirato del<br />

pronome personale wir e del possessivo unser che collaborano alla creazione del senso <strong>di</strong><br />

appartenenza 401 .<br />

Ancora un altro esempio, Trientiner Landesschützen, la cui parola chiave, come in numerosi<br />

altri testi, è treu: “Jeder für den Kaiser ficht./ Geben gerne Blut und Leben/Für den Kaiser,<br />

für das Land,/Mit des Nordens blonden Söhnen/Gehen treu wir Hand in Hand./[…] Treu steht<br />

der Trientiner Schütze/[…] Treu vereint wenn’s gilt zu kämpfen,/[…] Treu vereint wenn<br />

Stürme brausen,/[…] Treu vereint im Schlachtentosen,/Wenn Männer still zum Sterben<br />

geh’n./[…] Riesenfest im Sturmes Tosen,/[…] Des Trentinos Heldensöhne/Kämpften hier<br />

für’s Vaterland,/Mit des Nordens blonden Söhnen/Treu vereinigt Hand in Hand!” 402<br />

Anche nel testo Die Beleuchtungsschützen abbiamo un modello <strong>di</strong> espressioni formulari che si<br />

ripetono: “Ein jeder steht wie Eichen/So fest, so sicher, ohnegleichen,/Und läßt das scharfe<br />

Licht gut blitzen,/Daß jeder weiß, hier steh’n <strong>di</strong>e Beleuchtungsschützen./Wir kämpfen treu<br />

und Licht ist uns’re Waffe,/Für den Kaiser und des Vaterlandes Freiheitssache./[…] Wir tun<br />

unsere Grenz bewachen,/Das Eindringen unmöglich machen./[…] Und soll es einst<br />

400<br />

I tiratori dell’est Tirolo: “Noi stiamo nella zona del fuoco nemico,/Hei, come rimbomba, da far tremare le<br />

rocce!/Certamente a volte non è così facile:/tuttavia il tiratore non può essere scosso,/noi combattiamo per un<br />

sacro <strong>di</strong>ritto:/per la Patria, la fede, l’amore e il focolare domestico,/anzi sarebbe certamente molto doloroso per i<br />

tirolesi,/non essere tra le fila dei combattenti!/Con i fratelli come le querce così forti,/così decisi, valorosi e<br />

avvezzi alla lotta:/[…] Noi dobbiamo dominare la “peste nemica”:/sulle vette, nelle vallate, per terra e per<br />

acqua!/Perciò noi tutti supplichiamo Dio, il nostro Signore:/ che egli custo<strong>di</strong>sca il nostro Imperatore;/e noi<br />

sacrificheremo molto volentieri la nostra stessa vita;/se a lui piace così e non <strong>di</strong>versamente.”<br />

401<br />

Si veda P. Brown, S. C. Lenvinson, Politeness, some univerlsas in language usage, Cambridge, Cambridge<br />

University Press, 1987, in cui si parla <strong>di</strong> pronomi personali come in-group markers per creare identità e<br />

solidarietà in un gruppo.<br />

402<br />

I tiratori trentini: “Ognuno combatte per l’Imperatore./Offre volentieri il sangue e la vita/per l’Imperatore, per<br />

la Patria,/con i fratelli bion<strong>di</strong> del nord/vanno fedeli mano nella mano./[…] Sta saldo il tiratore trentino/[…] uniti<br />

sal<strong>di</strong> quando vale la pena combattere,/[…] uniti sal<strong>di</strong> quando imperversano le bufere,/[…] uniti sal<strong>di</strong> nello<br />

strepito della battaglia,/quando gli uomini vanno silenziosi a morire./[…] Sal<strong>di</strong> come giganti nello strepito della<br />

tempesta,/[…] i figli eroici del Trentino/combatterono qui per la Patria,/assieme ai fratelli bion<strong>di</strong> del nord,/uniti<br />

fedelmente mano nella mano!”<br />

154


geschehen,/Das Licht, es blitzt nicht mehr,/Es ruhen <strong>di</strong>e Maschinen,/Der Friede ist jetzt<br />

Herr.” 403<br />

Das hohe Lied der Infanterie è uno dei tanti esempi <strong>di</strong> testi che descrivono i combattenti, in<br />

questo caso i soldati <strong>di</strong> fanteria, come eroi che non patiscono le necessità terrene e aquistano<br />

forze sovrumane: “Infanterie, Ihr, Fußsoldaten,/[…] Ihr Männer mit Gewehr und Spaten./Jetzt<br />

lernt <strong>di</strong>e Welt Euch mehr versteh’n./Jetzt lernt <strong>di</strong>e Welt Euch richtig schätzen,/Da Ihr des<br />

Tages Helden seid/Schoß Euch der Feind <strong>di</strong>e Fahne auch in Fetzen,/Auch er schätzt Eure<br />

Tapferkeit./Ihr seid es, <strong>di</strong>e den Angriff tragen,/Weit in des Feindes Reihen:/Ihr seid es, <strong>di</strong>e in<br />

kühnen Wagen/Dem Vaterland das Höchste weihen./Ihr, <strong>di</strong>e mit schwieliger Hand<br />

durchwühlet,/Die Erde unverdrossen./Nie Schlaf, nie Mü<strong>di</strong>gkeit gefühlet/Bei Nacht gewacht,<br />

bei Tag geschossen./Ihr seid’s, <strong>di</strong>e alle Fronten halten,/Leben<strong>di</strong>ge Mauer, Mann an Mann,/Der<br />

Heldenmut in tausenden Gestalten,/Den auch ein Mißgeschick nicht beugen kann,/An Eurer<br />

Kraft, an Eurem Mut,/sind zahllos Stürme schon zerschellt;/In Strömen gabt Ihr Euer<br />

Blut/Und Euer Ruhm erfüllt <strong>di</strong>e Welt./[…] Nichts kann Euch werden ebenbürtig:/Denn wahre<br />

Kämpfer seid nur Ihr!/[…] Des Krieges Helden seid nur Ihr.” 404<br />

Ai fini <strong>di</strong> questa elencazione sono stati scelti i testi che portavano nel titolo denominazioni<br />

<strong>di</strong>fferenti. Il contenuto delle <strong>di</strong>verse liriche è più o meno molto simile, ma è molto importante<br />

che questi testi <strong>di</strong> auto rappresentazione positiva si rivolgessero a tutti, qualunque tipo <strong>di</strong><br />

mansione, ruolo o <strong>di</strong>solocazione essi avessero.<br />

Certamente, però, il corpo più gettonato era, come già detto in apertura, quello dell´esercito<br />

spontaneo che si era formato in Tirolo. Ai fini propagan<strong>di</strong>stici un corpo <strong>di</strong> questo tipo,<br />

spontaneo e completamente autoctono, fu certamente un importantissimo esempio, modello <strong>di</strong><br />

riferimento e spunto oltre che per l´elencazione <strong>di</strong> tutta una serie <strong>di</strong> caratteristiche che più<br />

ampiamente erano esten<strong>di</strong>bili all´intera popolazione tirolese: Kaisertreu (fedeli, devoti<br />

403<br />

I Beleuchtungsschützen: “Ognuno sta come una quercia/così saldo, così sicuro, senza pari,/e fa brillare la luce<br />

viva,/così che ognuno sappia che qui stanno i Beleuchtungsschützen./Noi combattiamo sal<strong>di</strong> e la luce è la nostra<br />

arma,/per l’Imperatore e la questione della libertà della Patria./[…] Noi sorvegliamo i nostri confini,/e ren<strong>di</strong>amo<br />

impossibile l’invasione./[…] E se un giorno dovesse capitare,/che la luce non brilli più,/significherà che le<br />

macchine saranno ferme,/e la Pace farà da padrone.”<br />

404<br />

Il sommo canto della fanteria: “Fanteria, voi, soldati a pie<strong>di</strong>,/[…] voi uomini con fucile e vanga./Adesso il<br />

mondo comincia a capirvi meglio./Adesso il mondo comincia a valutarvi correttamente,/poiché voi siete gli eroi<br />

<strong>di</strong> questi giorni/anche se il nemico dovesse fare a pezzi la vostra ban<strong>di</strong>era,/pure lui riconosce il vostro<br />

valore./Voi siete coloro che conducono l’attacco/lungo le schiere nemiche:/voi siete coloro che per vie<br />

pericolose,/consacrano il loro alla Patria./Voi, che instancabilmente/rovistate la terra con mano callosa./Non<br />

provate né sonno né stanchezza/stare svegli <strong>di</strong> notte, fare fuoco <strong>di</strong> giorno./Voi siete coloro che seguono tutti i<br />

fronti,/muro vivente, uomo a uomo,/l’eroismo in migliaia <strong>di</strong> forme,/che non può piegare neanche la<br />

malasorte,/nella vostra e nel vostro coraggio,/si sono già sfracellati numerosi assalti;/a fiumi avete versato il<br />

vostro sangue/e della vostra gloria si riempie il mondo./[…] Niente può essere equiparato a voi:/poiché solo voi<br />

siete veri combattenti!/[…] Siete solo voi gli eroi della guerra.”<br />

155


all’Imperatore), kampfbereit (pronti a combattere), “Ist gut oder schlecht Wetter, beißt uns<br />

Laus oder Floh,/Wir Schützen sind alleweil lustig und kampfesfroh” (Che sia bel tempo o<br />

brutto tempo, che ci infasti<strong>di</strong>scano pidocchi o pulci,/noi tiratori, siamo continuamente allegri e<br />

felici <strong>di</strong> combattere), “Ein jeder möcht kämpfen in den heimatlichen Bergen,” (ognuno vuole<br />

combattere nei mosnti della Patria), “Laß uns kämpfen in unserem lieben Tiroler<br />

Land,/Vereint mit unseren Brüdern und Vätern Hand in Hand.” 405 (Lasciateci combattere<br />

nella nostra amata terra tirolese), anche per il tentativo <strong>di</strong> trasmettere il senso <strong>di</strong> unione e<br />

coesione, che normalmente era oggetto <strong>di</strong> scherno da parte delle altre propagande, in<br />

particolare <strong>di</strong> quella italiana 406 . L´immagine che doveva scaturire, e scaturiva, da questi testi<br />

è, invece, quella <strong>di</strong> un esercito che combatte con entusiasmo, che lo fa perchè ne capisce<br />

l´urgenza ed è fiero <strong>di</strong> poter essere utile alla causa comune.<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora alcuni esempi <strong>di</strong> testi che utilizzando dei simboli unificanti, come la figura<br />

dell’Imperatore e del fiume Danubio 407 , rimarcano il forte senso <strong>di</strong> unità, coesione e<br />

fratellanza esistente all’interno delle truppe austroungariche: “Ein brausendes Wogen<br />

durchzog unser Reich,/Ob Alt oder Jung alle fühlten sie gleich,/Es galt zu beschützen, den<br />

Habsburg Thron,/Und auch uns’re Donau, den herrlichen Strom./O Kaiser und Donau, kannst<br />

ruhig sein,/[…] Du wirst beschützt, wir wehren,/des Feindes Übermacht./[…] Hierauf spricht<br />

Franz Josef: Ich habe den Frieden so treulich bewahrt./Nun sind wir gezwungen mit eiserner<br />

Hand,/zu schirmen und schützen das Vaterland./[…] Einig bleibt unser Österreich./[…] Wir<br />

kehren heim nur siegreich.” 408<br />

La figura dell’Imperatore e in particolare la sua chiamata, è un elemento ricorrente in queste<br />

liriche ed ha il compito <strong>di</strong> rendere l’idea <strong>di</strong> come egli sia la figura nella quale tutte le<br />

popolazioni della Monarchia si identifichino e si incontrino. La sua chiamata alle armi è un<br />

405<br />

Die Tiroler Landesschützen, I tiratori tirolesi<br />

406<br />

In particolare si veda «La Tradotta». Settimanale (irregolare) cm 26x36, 8 pp, (i supplementi: stesso formato,<br />

4 pp), 25 numeri, dal n. 1(21 marzo 1918) al n. 25 (1 luglio 1919)+ 3 supplementi (3, 7 e 10 novembre 1918). Fu<br />

il più noto, il più <strong>di</strong>ffuso e il più letto giornale <strong>di</strong> trincea che sia apparso sull’orizzonte italiano. Fu concepito dal<br />

colonnello Ercole Smaniotto, e<strong>di</strong>to dalla terza armata e si avvalse della collaborazione <strong>di</strong> grossi nomi della<br />

cultura italiana, per citarne solo qualcuno: Enrico Sacchetti, Umberto Brunelleschi, Renato Simoni, Arnaldo<br />

Fraccaroli e, in particolare, Antonio Rubino, collaboratore del «Corriere dei Piccoli» fin dalla sua fondazione, i<br />

quali con pennello e penna <strong>di</strong>edero vita su queste pagine ad articoli, vignette e personaggi insuperati. Il giornale<br />

si <strong>di</strong>stingue dagli altri, e questo è il suo marchio essenziale, per una forte vivacità visiva che interagisce,<br />

rafforzandosi, con i co<strong>di</strong>ci della retorica verbale che in queste pagine raramente ha un tono grave o serio.<br />

407<br />

Anche il Danubio in qualità <strong>di</strong> fiume che attraversa tutto l’Impero è un simbolo <strong>di</strong> unità e coesione.<br />

408<br />

Donauwacht 1, La veglia sul Danubio 1: “Un’onda fragorosa attraversò il nostro Regno,/sia giovani che<br />

vecchi sentirono alla stesso modo,/bisognava <strong>di</strong>fendere il Trono <strong>degli</strong> Asburgo,/e anche il nostro Danubio, il<br />

nobile fiume./O, Imperatore e Danubio, potete stare tranquilli,/[…] sarai protetto, noi ci opponiamo alla<br />

superiorità nemica./[…] Così parlò Francesco Giuseppe: io ho preservato fortemente la pace./Ora noi siamo<br />

costretti a proteggere/e <strong>di</strong>fendere la pace con mano salda./[…] Rimane unita la nostra Austria./[…] Rientreremo<br />

a casa solo vittoriosi.”<br />

156


momento <strong>di</strong> grande coesione e unione per la nazione in crisi e, infatti, tutta la popolazione<br />

risponde con entusiasmo e prontezza al richiamo del loro padre come ricorda Die Wacht an<br />

der Donau: “Nun Volk, Steh’ auf! Es droht Gefahr!/Der Kaiser ruft, […]/Begeisterung<br />

flammt von Ort zu Ort!/Heil, Kaiser, <strong>di</strong>r! Den Donaustrand/Schirmt treu dein Volk mit Herz<br />

und Hand/ […] Uns schreckt kein Feind mit Zahl und Macht!/Wir fürchten unterm<br />

Sternenzelt/Nur Gott allein in <strong>di</strong>eser Welt!” 409 le parole chiave <strong>di</strong> questi versi: schirmen, treu,<br />

stolz, tapfer, Wehr, Gerechtigkeit, Heldengeist (proteggere, devoto, fiero, valoroso, resistenza,<br />

giustizia, spirito eroico).<br />

Altri due esempi, entrambi dal titolo Donauwacht, il cui linguaggio è finalizzato a rendere<br />

chiara, palpabile e soprattutto cre<strong>di</strong>bile l’idea <strong>di</strong> questa coesione: “Was nie gedacht der<br />

kühnste Traum,/Das hat jetzt auf der Erde Raum/Die Völker Österreichs sind vereint,/[…]<br />

Jahr um Jahr,/Verbintet uns <strong>di</strong>e Gefahr,/Und als uns rief das Aufgebot,/ Schritt jeder für des<br />

Landes Not!/[…] Und steh’n wir wie Mauern grad,/Dir Seit’ an Seite, Kamerad!/[…] Es<br />

schirmt uns <strong>di</strong>e vereinte Kraft,/Vor Schande und vor Fremdherrschaft,/Und unserer Freiheit<br />

hohes Gut/Beschützen wir mit unserem Blut!/[…] Des Todes Mut stählt unser Mark,/Und<br />

Gottes Hilfe macht uns stark./Germania und Austria,/Kein solcher Bund <strong>di</strong>e Welt noch<br />

sah.” 410<br />

“Mit vereinter Kraft erhebt sich/Österreichs buntes Völkerheer./[…] Wir beschirmen fromm<br />

und stark/Unseres Reiches heilige Mark!/[…] So getreu wie einst <strong>di</strong>e Ahnen,/Vorwärts in des<br />

Kampfes Not!/Habsburg treu zur Seite kämpfet/[…] Speer an Speer und Schild an<br />

Schilde./[…]Heil Euch, Helden, fern im Osten,/Heil Euch Brüdern dort am Rhein,/Heil<br />

Österreichs todesmütigen Söhnen,/Im Karst- und Alpenfelsgestein./Wie im Süden, so im<br />

Westen,/Auf den Meeren und zu Land,/Selbst im stolze Reich der Lüfte,/Schirmt Österreich<br />

ihr mit starker Hand./Laßt uns treu zusammenhalten,/Mutvoll in <strong>di</strong>e Zukunft seh’n,/Felsenfest<br />

ist unser Glaube:/Östereich wird ewig steh’n!” 411<br />

409<br />

La guar<strong>di</strong>a sul Danubio: “Ora popolo, alzati! Il pericolo ci minaccia!/L’Imperatore ci chiama, […]<br />

l’eccitazione imperversa <strong>di</strong> paese in paese!/sia gloria a Te, Imperatore! Il tuo popolo/protegge fedele le rive del<br />

Danubio col cuore e col braccio/[…] A non spaventa nessun nemico né in quantità né in potenza!/Sotto il cielo<br />

stellato, noi temiamo/solo Dio in questa terra!”<br />

410<br />

Donauwacht 2, La veglia sul Danubio 2: “Ciò che neanche il sogno più ar<strong>di</strong>to ha mai pensato,/adesso ha<br />

luogo sulla terra/i popoli austriaci sono uniti,/[…] anno dopo anno,/ci tiene uniti il pericolo,/e quando fummo<br />

mobilitati,/ciascuno <strong>di</strong> noi marciò per il bisogno della Patria!/[…] Stiamo retti come un muro,/uno accanto<br />

all’altro compagno!/[…] Davanti alla vergogna e al dominio straniero/ci protegge l’unità <strong>di</strong> forze,/e il sommo<br />

bene della nostra libertà,/noi lo <strong>di</strong>fenderemo col nostro sangue!/[…] Il nostro intimo è temprato dall’ar<strong>di</strong>re della<br />

morte,/e l’aiuto <strong>di</strong> Dio ci rende forti./Germania e Austria,/il mondo non ha ancora visto una tale alleanza.”<br />

411<br />

Donauwacht 3, La veglia sul Danubio 3: “Con l’unione delle forze si leva/il variopinto esercito popolare<br />

austriaco./[…] Noi proteggiamo devoti e sal<strong>di</strong>/i sacri confini del nostro Regno!/[…] Così fedeli come furono un<br />

tempo gli antenati,/an<strong>di</strong>amo avanti nella necessità del combattimento!/Gli Asburgo combattono a fianco/[…]<br />

157


Nonostante, come visto, fosse l’aspetto tirolese quello privilegiato, ogni tanto andava anche<br />

ricordato che l’Austria, a <strong>di</strong>spetto delle numerose nazionalità che la costituivano e dei<br />

fermenti irredentisti dai quali era scossa, rimaneva nel momento del bisogno un Impero unito<br />

e coeso, pronto a fronteggiare il nemico il quale, in questi testi è consapevole e<br />

sorprendentemente impressionato da questa forte coesione della quale ha timore.<br />

Österreichs Helden tratta proprio il tema della molteplicità <strong>di</strong> popoli e razze nell’Impero, la<br />

necessità le ha unite, infatti anche il titolo fa riferimento a tutti gli eroi austriaci e questa<br />

unione, in combattimento, sarà finalmente chiara anche al nemico: “Es geht durch deutsche<br />

Gaue/Ein Lied von Mund zu Mund:/Auf Österreich vertraue/In schwerer<br />

Schicksalstund!/Wohl hat’s der Völker viele,/Doch hat sie Not geeint:/In Sturm und<br />

Kampfgewühle/Verspürt’s gar wohl der Feind!” 412<br />

L’esempio più significativo nella conduzione <strong>di</strong> questa argomentazione è la lirica Mährischer<br />

Landsturm, Il combattente moravo, de<strong>di</strong>cata ai combattenti moravi. La Moravia è la parte più<br />

orientale della repubblica ceca. Essa rimase assieme alla Boemia come posse<strong>di</strong>mento<br />

austroungarico fino alla fine della Prima guerra mon<strong>di</strong>ale. Se tutte le liriche de<strong>di</strong>cate ai vari<br />

corpi combattenti hanno come scopo quelli elencati più o meno fin’ora, questa ha più <strong>di</strong> tutte<br />

il proposito <strong>di</strong> ricordare che le voci (soprattutto della propaganda nemica) riguardanti le<br />

<strong>di</strong>visioni, causate dal fatto che nell’esercito austroungarico ci fossero numerose nazionalità ed<br />

etnie, e l’infedeltà alla causa comune non fossero vere. La de<strong>di</strong>ca al combattente moravo lo<br />

conferma. In questa lirica il soldato boemo combatte fino alla propria morte per la <strong>di</strong>fesa del<br />

suolo patrio, mostrandosi fedele ed abile, capace e caparbio.<br />

Un'altra motivazione che impe<strong>di</strong>va la possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>visioni interne all’esercito, sempre<br />

secondo la logica dei Supplementi, era il forte senso <strong>di</strong> fratellanza e cameratismo che si<br />

veniva a creare fra i combattenti. Dopo anni passati assieme al fronte i commilitoni<br />

<strong>di</strong>ventavano una vera e propria famiglia, unita da esperienze mai vissute prima, dalle<br />

sofferenze e le piccole gioie e abitu<strong>di</strong>ni della vita <strong>di</strong> trincea: Ich kenn’ gute Kameraden, “Ich<br />

kenn’ brave Kameraden,/Keine bessern find’st du nit./Der Kaiser rief zum Streite,/Sie<br />

lancia a lancia e scudo a scudo./[…] Lode a voi, eroi, lontani ad est,/lode a voi, fratelli là sul Reno,/lode agli<br />

intrepi<strong>di</strong> figli d’Austria,/nella Carnia e nelle Alpi./Come a sud così ad ovest,/sul mare e in terra,/persino nel fiero<br />

spazio aereo,/l’Austria vi protegge con mano ferma./Lasciateci stare uniti,/e guardare speranzosi al futuro,/la<br />

nostra fede è irremovibile:/l’Austria sarà per sempre!”<br />

412<br />

Eroi austriaci: “Nei territori austriaci/risuona <strong>di</strong> bocca in bocca:/ho fiducia nell’Austria/nel momento del<br />

bisogno!/Certamente essa ha molti popoli,/tuttavia la necessità li ha uniti:/nella confusione della battaglia e<br />

dell’assalto/il nemico ce ne accorgerà chiaramente!”<br />

158


kämpfen Seit’ an Seite,/Sie halten wacker mit!/[…] Manch’ Bruder ließ sein Leben,/Er<br />

mußt’s dem Kaiser geben!/Er starb für’s Vaterland!” 413<br />

Una poesia <strong>di</strong> Artur Nikodem, senza titolo, accompagnata da un’immagine sempre firmata da<br />

lui, propone ancora una volta, in maniera molto fine ed acuta, il tema della coesione che<br />

<strong>di</strong>venta forza invincibile: la schiera <strong>di</strong> uomini che <strong>di</strong>fende la patria nelle alte vette para il<br />

colpo nemico „Auf Zacken und Zinnen Mann an Mann/Dem Welschen den Dolchstoß<br />

pariert“ (Sulle vette e sulle cime uomo a uomo/per parare la pugnalata dei terroni) e non solo,<br />

ma ha anche come obbiettivo quello <strong>di</strong> penetrare la patria avversaria e marciare in avanti che<br />

<strong>di</strong>viene l’obbiettivo piú importante, più sacro – “das Heiligste” - „Ins Welschland, ins<br />

Welschland marschiert“ (marciare verso la patria dei terroni), „Vorwärtsmarschieren und<br />

Siegen“ (marciare in avanti e vincere), „Brüder an Brüder geschlossen“ (uniti, fratello con<br />

fratello). L’immagine che accompagna il testo collabora alla trasmissione dello stesso<br />

significato della poesia, l’esercito visto dall’alto sembra quasi un fiume in piena che scorre<br />

impetuoso verso le valli nemiche e che simboleggia visivamente l’inclinazione naturale del<br />

marciare in avanti: come il fiume scorre naturalmente dall’alto verso valle, altrettanto<br />

naturalmente procede l’esercito austriaco verso le terre nemiche.<br />

Legato al tema dei corpi dell’esercito è anche quello dei simbolivi <strong>di</strong>stintivi che li<br />

caratterizzavano. Si trattava <strong>di</strong> piccoli <strong>di</strong>stintivi metallici che si appuntavano sull’uniforme,<br />

preferibilmente sul berretto. La particolare fortuna <strong>di</strong> questa produzione e la sua circolazione<br />

nell’Impero austro-ungarico attesta una <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong>ffusa a portare i messaggi patriottici<br />

della propaganda <strong>di</strong> guerra, veicolati da parole e da raffigurazioni naturalistiche o allegoriche<br />

dall’imme<strong>di</strong>ata presa e facilmente deco<strong>di</strong>ficabili, entro un sitema comunicativo con<strong>di</strong>viso da<br />

413<br />

Conosco dei bravi commilitoni: “Conosco dei bravi commilitoni,/non se ne possono trovare <strong>di</strong><br />

migliori./L’Imperatore li ha chiamati per combattere,/ed essi combattono fianco a fianco,/lo fanno con<br />

valore!/[…] Qualche fratello perde la vita,/la doveva dare all’Imperatore!/Egli è morto per la Patria!”<br />

159


committenti e destinatari. E perché questa comunicazione fosse efficace era in<strong>di</strong>spensabile<br />

una comunione <strong>di</strong> significati o <strong>di</strong> esperienze che creava un sentimento <strong>di</strong> appartenenza e<br />

<strong>di</strong>stinzione allo stesso tempo (appartenenza a un gruppo e <strong>di</strong>stinzione da un altro gruppo) e<br />

che quin<strong>di</strong> collaborava alla demarcazione tra due mon<strong>di</strong> ben <strong>di</strong>stinti. Segni <strong>di</strong>stintivi delle<br />

truppe <strong>di</strong> montagna e dei Kaiserjäger erano la stella alpina sulle mostrine e la penna <strong>di</strong><br />

fagiano <strong>di</strong> monte sul berretto: „Wir Tiroler Landesschützen/Tragen stolz das<br />

Edelweiß,/Spielhahnfedern auf den Mützen/Und dazu das Tannenreis./Wie <strong>di</strong>e weiße<br />

Felsenblüte/Kühn gedeiht in Sturm und Eis,/Bleiben frisch wir im Gemüte,/Frohen Mut’s um<br />

jeden Preis./[…] Laßt uns schwören denn auf’s Neue,/Landeschützen von Tirol/Halten echte<br />

Kaisertreue,/Schützen uns’res Landes Wohl!“ 414 .<br />

Al “fiore delle vette”, in particolare, vengono de<strong>di</strong>cate numerose liriche in queste pagine: la<br />

montagna e i fiori, la stella alpina in particolare, simboleggiano la dura lotta per la patria al<br />

fronte meri<strong>di</strong>onale. La stella alpina è definita come il “vanto dell alpi” essa simboleggia le<br />

qualità <strong>degli</strong> stessi combattenti che, come visto altrove molto spesso acquisiscono le virtù<br />

<strong>degli</strong> elementi naturali e paesaggistici: “Wo nistet hoch im Horst der stolze Aar,/Wo<br />

Gletscherfirnen glänzen wunderbar,/Erblühet rein wie Silber glänzend weiß,/Der Alpen Zier,<br />

das schöne Edelweiß./[…] Vom Feindesland verwundet kehrt zurück,/Die Mütze noch mit<br />

Edelweiß geschmückt,/Ein Krieger ist’s, ein echter Alpensohn” 415<br />

In Das Edelweiss im Kriege 1914-15-16 la stella alpina è definita il fiore della patria, modello<br />

<strong>di</strong> tenacia per i combattenti essa è still come vengono descritti anche i combattenti: “Die<br />

allerschönste Blume, hoch oben nah’ dem Eis,/Mit Mut nur zu erlangen, dem sing ich Lob<br />

und Preis;/Es wächst und strebet himmelwärts,/Es blüht nur für das tapf’re Herz,/Das<br />

schlichte Edelweiß!/Zum Schmuck der tapf’ren Mannen,/[…]Wer’s trägt, ist zu den Helden,<br />

den Tapfersten gezählt./[…]Es ist der schönste Orden, beweist des Trägers Mut,/[…]Ist es der<br />

Heimat lieber Gruß/Das heil’ge Edelweiß!/[…] Es ist <strong>di</strong>e Heimatsblume, für Heimat, Herz<br />

414<br />

Wir Tiroler Landeschützen, Noi tiratori tirolesi: “Noi tiratori tirolesi/indossiamo fieri la stella alpina/e la<br />

penna <strong>di</strong> fagiano sul berretto/e inoltre germogli <strong>di</strong> abete./Come i bianchi fiori <strong>di</strong> roccia/che sbocciano audaci tra<br />

la tempesta e il ghiaccio,/anche noi rimaniamo freschi nello spirito,/buon umore ad ogni costo./[…] Lasciateci<br />

dunque giurare nuovamente,/tiratori tirolesi/fate un’in<strong>di</strong>menticabile guar<strong>di</strong>a all’Imperatore,/<strong>di</strong>fendete per bene<br />

della nostra Patria!”<br />

415<br />

Edelweiß, Stella alpina: “Lassù dove ni<strong>di</strong>fica fiera l’aquila,/dove i ghiacciai meravigliosamente<br />

risplendono,/fiorisce pura come il bianco argento splendente,il vanto delle Alpi, la bella stella alpina./[…]Ferito<br />

dal nemico torna a casa,/il berretto ancora ornato con la stella alpina,/esso è un combattente, un vero figlio delle<br />

Alpi.”<br />

160


und Hand!/Es zeigt des Vaterlandes Ruhm,/[…] Dort blüht es in den Felsen, so still bei Eis<br />

und Schnee,” 416 .<br />

Animale nobile per definizione, simbolo aral<strong>di</strong>co antichissimo, allegoria del potere per la<br />

rapi<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> azione e l’acutezza della vista, che sa raggiungere la preda ovunque valicando<br />

ostacoli e <strong>di</strong>stanze, l’aquila è tra i soggetti <strong>di</strong>stintivi-identificativi più frequentemente<br />

raffigurati e citati in queste pagine.<br />

In particolare nella propaganda per i reparti tirolesi essa è perlopiù l’aquila rossa – “Tiroler<br />

Adler, blutigrot” 417 , emblema della contea del Tirolo. Il simbolo dell’aquila ha come scopo<br />

quello <strong>di</strong> riunire sotto la sua figura tutte le caratteristiche del Tirolo e dei suoi abitanti. Come<br />

già detto esso è un animale maestoso e nobile, quin<strong>di</strong> identificarsi in esso è motivo <strong>di</strong> vanto:<br />

„Seht denn ihr nicht kreisen unsern stolzen roten Aar,/Der keinen Eintritt läßt von der<br />

Verräterschar?/[…] Bald in seinen Fängen, Verräter, in Dein eig’nes Land,/Mög tragen er als<br />

Strafe Dir des Krieges Brand!“ 418<br />

Moltissime liriche che hanno l’aquila come simbolo trattano trasversalmente il tema del<br />

nemico italiano. L’aquila con tutte le sue qualità è il simbolo ideale da contrapporre alla<br />

meschinità dell’italiano, tra queste Tiroler Adler fliege hoch!: “Tiroler Adler fliege hoch!/[…]<br />

Der Haderlump, er weiß ja doch,/Bei <strong>di</strong>r gäb’s was zum Mausen!/Zu Tische lud er selbst sich<br />

ein:/Laß ihn <strong>di</strong>e Zähne blecken/Die Fänge schlag ihm ins Gebein:/Der Welsche mag<br />

verrecken!/Tiroler Adler fliege hoch!/ Der Frechling will <strong>di</strong>ch zausen:/Du hast ja Blei, hast<br />

Männer noch!” 419<br />

La poesia Die Abrechnung, accompagnata dall’immagine che segue, si riferisce all’offensiva<br />

italiana sul Col Basson del 25 Agosto 1915 che si rivelò un totale <strong>di</strong>sastro per gli italiani. I<br />

due paesi in lotta sono rappresentati con l’aquila e i vermi come mostra il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> Riß:<br />

416<br />

La stella alpina nella guerra 1914-15-16: “Il fiore più bello <strong>di</strong> tutti, là sopra in alto vicino ai ghiacci,/che si<br />

può raggiungere solo con coraggio, ad esso io canto lode e valore;/esso cresce e muore rivolto verso il<br />

cielo,/fiorisce solo per merito del suo cuore valoroso,/l’umile stella alpina!/Ornamento <strong>di</strong> uomini valorosi,/[…]<br />

chi la indossa, è annoverato fra gli eroi, fra i valorosi./[…] E’ la decorazione più nobile e <strong>di</strong>mostra il valore <strong>di</strong><br />

chi la indossa,/[…] è il più amato saluto della Patria/la sacra stella alpina!/[…] E’ il fiore della patria, per la<br />

Patria, il cuore e la mano!/Mostra la gloria della Patria,/[…] fiorisce là nelle rocce, così silenziosa tra il ghiaccio<br />

e la neve.”<br />

417<br />

Tirol!, Tirolo: “Aquila tirolese rosso sangue”<br />

418<br />

Der rote Aar, L’aquila rossa: “Non vedete dunque la nostra rossa e fiera aquila volteggiare,/che non permette<br />

nessun ingresso alla schiera <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori?/[…] Presto lei, tra<strong>di</strong>tore, nella tua stessa terra/vorrà averti fra le<br />

grinfie,/e vuole portarti come causa dell’orrore <strong>di</strong> questa guerra!”<br />

419<br />

Tiroler Adler fliege hoch! Aquila tirolese vola alto!: “Aquila tirolese vola alto!/[…] Il farabutto straccione,<br />

egli sa certamente che presso <strong>di</strong> te c’è qualcosa da sgraffignare!/Al tavolo si è invitato da solo:/lasciagli<br />

<strong>di</strong>grignare i denti/affondagli gli artigli nelle ossa:/il terrone vuole crepare!/Vola alto aquila tirolese!/Quello<br />

sfacciato ti vuole derubare:/ma tu hai ancora sia piombo che uomini!”<br />

161


L’aquila è simbolo <strong>di</strong> libertà, superiorità morale e fisica, saggezza, regalità e coraggio<br />

nell’affrontare l’avversario, che si oppone all’invadenza italiana e si contrappone alla sua<br />

meschinità, non a caso si parla <strong>di</strong> vermi , simbolo <strong>di</strong> ignobiltà e parassitismo:<br />

Was vorher war,<br />

Das Bild zeigt’s klar:<br />

Rauben wollte feiges Wurmgezücht<br />

Dem Aare Land und Luft und Licht!<br />

Was jetzt geschieht,<br />

Ein jedes Auge sieht’s:<br />

Der falschen Schlang<br />

Der Überfall mißlang<br />

[…]<br />

Liegt unten bald der Wurm<br />

Der neidete dem Adlerthron;<br />

Und über alle Berge Frei<br />

Sieghaft kreisen wird der Weih! 420<br />

L’aquila accompagna i <strong>di</strong>fensori del patrio suolo nei faccia a faccia col nemico che sono<br />

sempre descritti come un gioco da ragazzi per le truppe austroungariche e nei quali è sempre<br />

l’aquila ad avere la meglio per tutta una serie <strong>di</strong> motivi fisici, morali e simbolici: “Im<br />

420<br />

La resa dei conti: “Ciò che era prima,/lo mostra chiaramente l’immagine:/dei vili vermi volevano derubare/la<br />

terra, l’aria e la terra dell’aquila!/Ciò che accade ora/lo vede qualunque occhio:/al falso serpente/non riuscì<br />

l’assalto/[…]/il verme che invi<strong>di</strong>ava/ il trono dell’aquila venne subito vinto/e libera sopra tutti i monti/volteggerà<br />

vittoriosa la bene<strong>di</strong>zione!<br />

162


Hochgebirg in Schnee und Eis,/Wo der Aar in Lüften kreist,/Da steht ein Landesschütz’ auf<br />

treue Wacht,/[…]Sein Auge starrt in’s Verräterland,/Daß nicht herüberkommt <strong>di</strong>e feige<br />

Band./Treu steht er vor Kälte starr,/Hoch in den Lüften ruft stolz der Aar:/[…] Du,<br />

Bergessohn,/[…] stehst treu, begleitet von des Adlers Blick.” 421<br />

Gioventù,virilità, ar<strong>di</strong>tezza<br />

Un’altra tematica che emerge dall’analisi <strong>di</strong> questi testi come argomento <strong>di</strong> un certo peso nel<br />

messaggio globale che doveva passare è quello della coscienza <strong>di</strong> sé della gioventù, che si era<br />

creata sul finire del secolo con lo sviluppo della modernità. L'essere giovani aveva acquisito<br />

un senso nuovo per le generazioni <strong>degli</strong> inizi del Novecento che si sentivano <strong>di</strong>verse e <strong>di</strong>stanti<br />

dai loro padri e dai loro nonni come mai in passato. Alcune delle più vivaci correnti <strong>di</strong><br />

pensiero dell'epoca esaltavano la gioventù ed erano guidate da giovani: si pensi ai futuristi <strong>di</strong><br />

Marinetti e agli espressionisti tedeschi. Tutto ciò che cambiava, tutto ciò che correva, che era<br />

in movimento, apparteneva ai giovani: e nient’altro che la guerra poteva rappresentare meglio<br />

il cambiamento, con le sue macchine e i suoi stravolgimenti. La guerra serviva ad uno scopo,<br />

al rinnovamento in<strong>di</strong>viduale e a quello della nazione. I futuristi sostenevano che<br />

quest'esplosione <strong>di</strong> violenza avrebbe creato un uomo nuovo, vivo, avventuroso, sempre<br />

<strong>di</strong>sposto al cambiamento, l'esatto opposto del compiaciuto e tranquillo borghese ansioso solo<br />

<strong>di</strong> tranquillità e benessere. L'uomo nuovo che si ipotizzava potesse sorgere con e dalla guerra<br />

era poi soprattutto un uomo virile. La virilità fu l'ideale più sfruttato per indurre al massacro.<br />

Essere virili significava essere coraggiosi, forti, capaci <strong>di</strong> dominare le proprie passioni. La<br />

guerra era il luogo dove dar prova <strong>di</strong> sé, era la cerimonia d'iniziazione, era "la grande<br />

occasione" che non ci si doveva lasciare sfuggire. Ma la guerra <strong>di</strong> massa, la guerra<br />

tecnologica non era il banco <strong>di</strong> prova <strong>di</strong> nessun eroismo e <strong>di</strong> nessun coraggio. La Prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale fu un conflitto anonimo <strong>di</strong> carne da macello, <strong>di</strong> uomini fantocci mandati a morire<br />

incontro al fuoco <strong>di</strong> una mitragliatrice: fu una guerra dove vita o morte erano determinate<br />

dallo scoppio più o meno vicino <strong>di</strong> un proiettile d'artiglieria. Per questo, dopo pochi mesi<br />

dall'avvio del conflitto, la realtà della guerra venne occultata e la propaganda <strong>di</strong>spiegò la sua<br />

potenza ingannatrice. La guerra venne presentata per tutti gli anni del conflitto come alta sfida<br />

421<br />

Der Landesschütze, Il tiratore: “Nelle alte vette tra la neve e i ghiacci,/dove l’aquila volteggia nell’aria,/là si<br />

trova un tiratore che de<strong>di</strong>to fa la guar<strong>di</strong>a,/[…] il suo occhio fissa la Patria,/affinché non sopraggiunga la banda <strong>di</strong><br />

vili./Egli sta saldo e fisso <strong>di</strong> fronte alle intemperie,/in alto nell’aria lo chiama la fiera aquila:/[…] Tu, figlio della<br />

montagna,/[…] stai saldo, accompagnato dallo sguardo dell’aquila.”<br />

163


tra uomini e come luogo dove regnava la cavalleria e il coraggio, mentre chi era al fronte<br />

non ne sperimentava altro che il non-senso fino ad impazzirne.<br />

Qui <strong>di</strong> seguito proporrò una serie <strong>di</strong> esempi tratti dalle liriche dei Supplementi letterari che<br />

confermano la spen<strong>di</strong>bilità <strong>di</strong> quest’argomento nell’ambito della propaganda.<br />

La poesia riportata interamente sotto è un testo rivolto ai giovani, che fa leva sul concetto <strong>di</strong><br />

virilità, caratteristica acquisibile solo tramite l’esperienza bellica.<br />

Den Jungen<br />

Die wir der Ahnen Ruhm erschauernd priesen,<br />

Uns riß aus sorglos friedlichem Genießen<br />

Der ewig unvergeßliche august.<br />

Uns Ahnungslosen ward der Hölle ringen,<br />

Der wildeste Kampf, von dem <strong>di</strong>e Zeiten singen,<br />

Der Ueberschwang von Leid und Lust.<br />

Bald seid ihr schwertreif, dann mögt stolz ihr sagen:<br />

Auch wir entstammen jenen mannestagen,<br />

Durchlebten jene Zeit von Erz und Blut.<br />

Was vorher, ist vergessen und verloren,<br />

Eisernes Schicksal ist mit uns geboren,<br />

Verhängnis, Heldensinn und Opfermut.<br />

Und euer sei’s, <strong>di</strong>es Erbe treu zu wahren;<br />

Nennt euch mit Gleichmut „nor<strong>di</strong>sche Barbaren“,<br />

Sorgt, daß das heilige Feuer weiterglimmt.<br />

Seid adelfrei und schlicht, daß ihr in Ehren<br />

Besteht, wenn euch der Kaiser ruft, denn schweren<br />

Geschicken seid von Gott ihr vorbestimmt! 422<br />

422<br />

Ai giovani: “Noi che decantiamo gli avi con emozione,/ci strappò dal go<strong>di</strong>mento spensierato e<br />

pacifico/l’in<strong>di</strong>menticabile Agosto./A noi, ignari, aspettava la lotta infernale,/la lotta selvaggia, della quale i tempi<br />

cantano/l’esuberanza nella gioia e nel dolore./ Presto voi sarete maturi nella lotta, perciò potete affermare<br />

fieri:/anche noi <strong>di</strong>scen<strong>di</strong>amo dai quei giorni eroici,/siamo sopravvissuti a quel tempo <strong>di</strong> ferro e sangue./Il prima,<br />

è <strong>di</strong>menticato e perduto/con noi è sorto un destino inesorabile,/fatalità, indole eroica e spirito <strong>di</strong> sacrificio./ E voi<br />

dovrete tutelare saldamente quest’ere<strong>di</strong>tà;/vi chiamano con freddezza “Barbari del nord”,/preoccupatevi il fuoco<br />

164


È un gruppo <strong>di</strong> combattenti più anziani a parlare e a rivolgersi ai giovani: anch’essi al<br />

principio della guerra erano in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> inconsapevolezza - “Uns Ahnungslosen” -<br />

alla quale è andata contrapponendosi l’esuberanza - “Der Ueberschwang” -, guadagnata<br />

nel “wildeste Kampf” , esperienza limite che fa varcare la soglia della maturità, nel suo<br />

senso più ampio. Questa è la premessa basilare <strong>di</strong> quanto si vuole comunicare ai giovani<br />

interlocutori.<br />

Solo combattendo anche essi potranno <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere appartenuti a quel tempo <strong>di</strong> eroi:<br />

“Mannestagen”. La scelta <strong>di</strong> questo vocabolo si riallaccia al <strong>di</strong>scorso fatto in precedenza<br />

secondo il quale la guerra è la linea <strong>di</strong> confine, al <strong>di</strong> là della quale si <strong>di</strong>venta uomini autentici,<br />

dunque coraggiosi e onesti. L’augurio rivolto ai neo-combattenti è: “daß Ihr in Ehren /<br />

Besteht” la frase secondaria s’interrompe, mettendo in posizione enfatica la parola chiave:<br />

“Ehren” che, viene fatta rimare con “Schweren” ed è da intendere secondo quanto segue:<br />

l’onore è tanto maggiore quanto più duri sono gli ostacoli che si debbono superare. In perfetta<br />

coerenza con quanto si sosteneva nei primi versi e più in generale nell’intero supplemento.<br />

Nelle poesie per i Supplementi quest’argomento lo ritroviamo trattato sotto vari aspetti, a<br />

volte è l’esaltazione dell’impulso, a volte dell’aggressività, della temerarietà, dello sprezzo<br />

del pericolo, ma comunque sempre caratteristiche che hanno a che fare con la giovane età.<br />

Per esempio nella poesia Kampf vengono elencati i pericoli <strong>di</strong> un atteggiamento morbido e<br />

caritatevole in battaglia. Si elencano quin<strong>di</strong> le qualità richieste a un vero „Tapfer“ (valoroso),<br />

si esalta il combattimento ricordando che le ferite sono decorazioni e che non bisogna avere<br />

paura della sofferenza, però allo stesso modo non bisogna neanche avere paura <strong>di</strong> fare del<br />

male al nemico e nel caso in cui ci si preoccupi del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio per le azioni inique<br />

commesse in guerra in questa poesia si tranquillizzano i combattenti ricordando loro che Dio<br />

approva ed è dalla loro parte, poichè essi son nel giusto, anzi questa poesia è proprio un invito<br />

a sfruttare il favore <strong>di</strong>vino. „Tapfer nur vorwärts,/Gott steht <strong>di</strong>r bei./ […] Drauf mit dem<br />

Schwert./Führ‘ es mit Kraft/ […] Treffen <strong>di</strong>ch Streiche, kehr <strong>di</strong>ch nicht dran;/Wunden<br />

verheilen, sind Zierde dem Mann./ […] Hart mußt du sein/Winseln und Fleh’n/Darf <strong>di</strong>ch nicht<br />

rühren;/ […] Gott gab den Sieg <strong>di</strong>r, nütze <strong>di</strong>e Gnade.“ 423<br />

sacro continui a bruciare./Siate liberi come aquile e forti, poiché voi/siete fatti <strong>di</strong> onore/quando l’Imperatore ci<br />

chiama, allora/voi siete predestinati da Dio a una cattiva sorte!”<br />

423<br />

Combattimento: “Valoroso, solo in avanti,/Dio è al tuo fianco./[…]Fuori la spada./Usala con forza/[…] se<br />

ricevi un colpo,non ti voltare;/le ferite guariscono e sono ornamenti per l’uomo./[…] Devi essere forte/lamenti e<br />

implorazioni/non possono smuoverti;/[…] Dio ti <strong>di</strong>ede la vittoria, approfitta della sua grazia.”<br />

165


Ich komme, toter Kaiserjäger-Kamerad racconta invece del commilitone che ven<strong>di</strong>ca l’altro<br />

ucciso ed è pronto a sacrificare anche la propria vita pur <strong>di</strong> portare a termine il proprio<br />

obbiettivo: „Ich muß <strong>di</strong>ch doch erst rächen,/Nach echt Tirolerart:/[…] Dann sterbe ich ja<br />

gerne/Dir nach den Heldentod,/Lebt wohl, ihr frei’n Tiroler!“ 424 .<br />

Parole <strong>di</strong> coraggio e ar<strong>di</strong>tezza dalla poesia Patrouillen-Marschenlied: „Und sind sie [<strong>di</strong>e<br />

Feinde] auch in Übermacht,/Bei uns gibt es kein Zurück, kein Zurück./Wir harren auf dem<br />

Posten aus,/[…] Furcht ist unbekannt.“ 425<br />

Ovviamente le privazioni e le sofferenze del combattimento non possono essere interamente<br />

omesse, come anche il tema della morte, ma quando anche se ne parla bisogna sempre<br />

contrastare questa descrizione ricordando che i combattenti sono forti, sia fisicamente che<br />

moralmente: hanno tempra. „Sie stehen dort, seit Wochen schon im zähen<br />

Kampf,/Verschüttert halb, verschleiert ganz durch Pulverdampf./Bei Tag, bei Nacht, greift<br />

dort der Feind stets wieder an;/Doch uns’re Front steht felsenfest als wär’s ein Mann!“ 426<br />

Il giovane è forza fresca, piena energia, vita che sboccia, ma che può essere tragicamente<br />

interrotta dal conflitto. Jünglingsblut imposta il tema della gioventù in questo modo: il sangue<br />

versato da un giovane che è nel pieno vigore della propria forza fisica è un sacrificio eroico<br />

che la patria non scorderà mai: “Schön wie <strong>di</strong>e Rose im Sommer blüht/[…] Lächelt der<br />

Jüngling den Abschiedsgruß/In seinem Waffenkleide./[…] Was er von Größe und Glück<br />

geträumt/In seinen Jugendtagen,/Sieht er als Freiheit für Volk und Reich/Aus blut’gen<br />

Kämpfen ragen./Leuchtenden Auges voll Mut und Kraft,/Den Gott in seinem Herzen,/Stillt er<br />

<strong>di</strong>e Seele in Angst und Not/Mit roten Heldenschmerzen./Liegt er im Tode dann müd’ und<br />

bleich,/Er läßt das Herzblut fließen,/Dankend im Antlitz für’s Heldentum/Der Heimat letztes<br />

Grüßen….” 427<br />

La gioia e la pienezza più grande per il giovane combattente è il combattimento stesso è<br />

l’essere attivo al servizio della patria, vincere è ciò che conta, mettendo da parte tutte le<br />

424<br />

Arrivo, camerata defunto: “Adesso devo prima <strong>di</strong> tutto ven<strong>di</strong>carti,/secondo le autentiche regole tirolesi:/[…]<br />

allora muoio volentieri,/dopo <strong>di</strong> te, la morte eroica,/vivete in pace, voi liberi tirolesi!”<br />

425<br />

Canto <strong>di</strong> marcia della pattuglia: “E se anche essi [i nemici] sono persino in superiorità,/per noi non esiste<br />

nessuna ritirata, nessuna ritirata./Noi perseveriamo nella guar<strong>di</strong>a,/[…] la paura ci è sconosciuta.”<br />

426<br />

Importanza del doch in questi testi. Ge<strong>di</strong>chte, Poesia : “Loro stanno là, già da settimane, nella dura lotta,/metà<br />

sepolti, completamente coperti dal fumo della polvere da sparo./Giorno e notte, il nemico là attacca <strong>di</strong><br />

continuo;/tuttavia il nostro fronte rimane irremovibile come fosse un unico uomo!”<br />

427<br />

Sangue <strong>di</strong> ragazzo: “Bello come la rosa che fiorisce d’estate/[…] ride il ragazzo nel momento del<br />

commiato/nella sua uniforme militare./[…] Ciò che egli aveva sognato della Grandezza e della Fortuna/nei<br />

giorni della sua gioventù,/ora lo vede come libertà per il suo popolo e il regno/derivante dalla sanguinosa<br />

battaglia./Occhi splendenti <strong>di</strong> forza e coraggio,/Id<strong>di</strong>o nel suo cuore,/allatta la propria anima <strong>di</strong> ansia e<br />

necessità/con dolori eroici./Ora giace morto pallido e stanco,/lascia scorrere il proprio sangue,/come se volesse<br />

dare l’ultimo saluto alla patria/ringraziando per l’occasione eroica…”<br />

166


esigenze e le paure del singolo come in Junger Mut: “Ein Tag ist neu erstanden,/[…] ich bin<br />

bereit,/Zu Fahrt und Fest, zu Wehr und Streit!/Mein Aug’ ist klar und hell mein Sinn,/Ich freu<br />

mich, daß ich bin!/[…] Ist Siegen leicht, ist Siegen schwer?/Mein Glück geht nebenher!” 428<br />

Junger Veteran, Giovane veterano, con questo titolo ossimorico, collabora alla trasmissione<br />

del messaggio che la guerra è una esperienza gran<strong>di</strong>osa anche per la virilità e la mascolinità: il<br />

giovane in questione ha perso una gamba in guerra, ma è comunque felice perché innanzi<br />

tutto è ancor vivo, ma ancor più perché le ferite <strong>di</strong> guerra sono come i segni, i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

imprese eroiche, <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> gesta. Chi le porta verrà acclamato e riconosciuto come eroe.<br />

In der Etappe è un testo che racconta <strong>di</strong> un soldato che è stato riformato a causa <strong>di</strong> alcune<br />

gravi ferite riportate nel combattimento. Il soldato, ora che è stato riportato nelle retrovie per<br />

le cure, non sente <strong>di</strong> adempiere completamente il proprio dovere, e apsetta con ansia <strong>di</strong><br />

sentirsi <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere nuovamente adatto alla prima linea: “So oft mein Mund <strong>di</strong>e heiße Bitte<br />

spricht,/Und zitternd sucht mein Aug’ des Arztes Blick:/‘Kriegs<strong>di</strong>enstuntauglich!’ Wieder<br />

darf ich nicht./[…] Seid doch barmherzig, nehmt mein junges Leben/ Für meinen Kaiser, für<br />

mein Vaterland!” 429 , egli preferirebbe ad<strong>di</strong>rittura morire piuttosto che vedersi così inerte.<br />

Ovviamente lo scopo <strong>di</strong> questo messaggio è <strong>di</strong> trasmettere senso <strong>di</strong> coraggio e ar<strong>di</strong>tezza e,<br />

ancora una volta, <strong>di</strong> accettazione benevola e serena della morte.<br />

A questo tema si può accostare anche quello dei volontari. Il volontariato denota ovviamente<br />

delle qualità eroiche superiori rispetto alla leva obbligata come vuole mostrare anche<br />

l’immagine Der Kriegsfreiwillige che segue<br />

Il volto del soldato volontario ha, infatti, rispetto ai commilitoni, che rimangano anch’essi<br />

comunque eroi, dei tratti e un colorito che risaltano e che lo mettono in luce rispetto al resto<br />

del gruppo.<br />

428<br />

Giovane coraggio: “E’ iniziato un nuovo giorno,/[…] sono pronto,/al viaggio e alla festa, alla resistenza e al<br />

combattimento!/Il mio occhio è sincero e la mia anima risplende,/sono felice <strong>di</strong> esserci!/[…] La vittoria è facile,<br />

la vittoria è <strong>di</strong>fficile?/La mia fortuna mi cammina affianco!”<br />

429<br />

Nelle retrovie: “così spesso la mia bocca esclama l’ardente richiesta,/e tremante il mio occhio cerca lo<br />

sguardo del me<strong>di</strong>co:/non posso più sentire ‘inadatto al servizio militare!’/[…] Siate misericor<strong>di</strong>osi, prendete la<br />

mia giovane vita/per il mio Imperatore e per la mia Patria!”<br />

167


Definire il soldato come sex symbol, come uomo estremamente virile e piacente era<br />

un’attività portata avanti da molta propaganda, anche nel nostro paese. Il soldato idealmente<br />

era un uomo forte con un bel fisico, ar<strong>di</strong>to e coraggioso, esattamente il prototipo <strong>di</strong> vero uomo<br />

pienamente efficiente sia dal punto <strong>di</strong> vista delle manifestazioni sessuali sia <strong>di</strong> quelle della<br />

forza muscolare. Come abbiamo visto anche in queste pagine vengono attribuite ai<br />

combattenti tirolesi doti quasi sovranaturali. Un testo, in particolare, impostato dalla<br />

prospettiva femminile, nel quale la donna descrive il suo uomo con queste doti che lo rendono<br />

un vero eroe in guerra, ma anche fidanzato e amante eccezionale, poiché i due ambiti pare che<br />

s’alimentino a vicenda, anche da un punto <strong>di</strong> vista fonetico: “Mein Schatz ist ein Schütz/[…]<br />

Er ist wie der Blitz,/Mein Schatz und mein Schütz;/So sicher er schießt,/So feuerig er<br />

küßt./[…] Ein Held ist mein Schatz.” 430<br />

Wir Kaiserjäger è un altro testo che tratta il tema dell’autoesaltazione mascolina dei<br />

combattenti, e del fascino che questi esercitano sulle donne: “Der schönsten Mädchen Herzen<br />

klopfen bang/Für uns, des Kaisers Ruhm und Macht zugleich./Gleich unser’n Bergen steh’n<br />

wir himmelan,/An Einigkeit und Recht, an Treue und an Ehr’/Und geht’s zum Sturm, so<br />

kämpfen wir voran/Als uns’res Kaisers beste Macht und Wehr!/Wir fürchten keinen Feind auf<br />

<strong>di</strong>eser Welt,/Wir Jäger, stark vom deutschen Blut und Mark” 431<br />

A proposito del tema eroismo e ar<strong>di</strong>tezza è molto interessante la lirica Kriegers Pein. Dal<br />

titolo ci si potrebbe aspettare una lamentela nei confronti delle fatiche e dei patimenti in<br />

guerra, invece dalla lettura del testo emerge che l’unico <strong>di</strong>sturbo in guerra siano i pidocchi!<br />

Ovviamente questo espe<strong>di</strong>ente è finalizzato non solo a sminuire la gravità dell’evento e a<br />

tranquillizzare e a tranquillizzarsi, ma anche a ricordare fra le righe che tutti i patimenti della<br />

guerra sono nulla per questi uomini così valorosi: “Ein Übel gibt’s im Feld/Zu jedem sich’s<br />

gesellt;/Im Dienst, auch wenn man rastet,/Ist man damit belastet./Oft wär’s zum<br />

Rasenwerden/Mit solcherei Beschwerden./’s ist nicht <strong>di</strong>e alte Fliege,/Das ist <strong>di</strong>e Laus im<br />

Kriege!” 432<br />

430<br />

Tiroler Landesschütze, Tiratore tirolese: “Il mio tesoro è un tiratore/[…] egli come il lampo,/il mio tesoro e il<br />

mio tiratore;/egli spara così sicuro,/bacia così ardentemente./[…] Il mio tesoro è un eroe.”<br />

431<br />

Noi Cacciatori imperiali: “I cuori delle più belle ragazze battono in pensiero/per noi, potere e gloria allo<br />

stesso tempo dell’Imperatore./Come le nostre montagne noi stiamo rivolti al cielo,/Hurra! per l’unione, la<br />

giustizia, la fedeltà e l’onore/e se viene la bufera, noi continuiamo a combattere/come la migliore potenza e<br />

<strong>di</strong>fesa del nostra Imperatore!/Noi non temiamo nessun nemico su questa terra,/noi Cacciatori, forti dell’animo e<br />

del sangue tedesco”<br />

432<br />

La pena dei combattenti: “C’è un male in campo/al quale ognuno si accompagna;/in servizio, anche quando<br />

riposiamo,/ne siamo stressati./Spesso sarebbe da <strong>di</strong>ventarne pazzi/tale è il suo <strong>di</strong>sturbo./Non si tratta della<br />

vecchia mosca,/si tratta dei pidocchi in guerra!”<br />

168


Qua e là tra i numerosissimi testi che assegnano ai combattenti caratteristiche sovraumane,<br />

che li <strong>di</strong>pingono come esseri insensibili alle fatiche e alle necessità terrene, compaiono dei<br />

testi che invece sono molto umani e trasmettono il senso <strong>di</strong> incertezza e paura che si provava<br />

all’inizio e alla fine <strong>di</strong> ogni giornata passata al fronte, in trincea. Drei Kameraden è uno <strong>di</strong><br />

questi testi, che mostra le paure, l’affezione tra soldati piuttosto che l’eroicità ad ogni costo e<br />

sopra a tutto il resto, che mostra la con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> ogni singolo momento e la sofferenza<br />

causata dal <strong>di</strong>stacco: “Wir waren drei Kameraden,/Wir zechten manchen Schmaus!/Dann<br />

wurden <strong>di</strong>e Flinten geladen,/Dann zogen wir hinaus,/Die bieden, <strong>di</strong>e beiden und ich./Wir<br />

zogen durch Wald und Felder,/Durch Wasser, Staub und Kot,/Wir teilten Zelt und Gelder/Und<br />

unser letztes Brot,/ Die bieden, <strong>di</strong>e beiden und ich./Wir stritten und wir zogen./Allzeit im<br />

gleichen Schritt,/Da kam der Tod geflogen,/Der Tod und nahm sie mit,/ Die bieden, <strong>di</strong>e<br />

beiden… und ich?” 433 La chiusura della poesia è ambigua, forse è morto anche l’io narrante,<br />

forse lui non è morto, ma si chiede con trepidazione quando toccherà a me?<br />

Anche la poesia Beim Vino santo, pur nella sua semplicità e leggerezza, è una poesia molto<br />

triste. Qui emerge la paura che veramente si prova <strong>di</strong> fronte all’incertezza <strong>di</strong> ciò che sarà<br />

domani. Qui non ci sono eroi: si beve per essere felici nel qui e nell’ora. Complessivamente il<br />

testo trasmette un’allegria malinconica, carica <strong>di</strong> angoscia. “Laßt mich doch fröhlich<br />

sein,/Heut’ lacht der Wein!/Aus grünem Glas mich an,/Ich bin ein Kriegersmann,/Wärmt<br />

mich wie Sonnenschein,/Es leb’ der Wein!/ Laßt mich doch fröhlich sein,/Im<br />

Sonnenschein!/Heute in Sonnenglut,/Morgen im eig’nen Blut,/Lieg’ ich im Abendrot/Am<br />

Felde tot./Laßt mich doch fröhlich sein,/Im Abendschein!/Wenn auch <strong>di</strong>e Sonne<br />

sinkt,/Morgen der Tod mir winkt,/Heut’ laßt mich fröhlich sein,/Es leb’ der Wein!” 434<br />

Per concludere, Altenaufgebot, un testo nel quale sono invece gli anziani a parlare. In queste<br />

pagine non si fa solo inno alla forza della gioventù e all’ar<strong>di</strong>tezza che la caratterizza, ma si<br />

sottolinea anche <strong>di</strong> continuo la collaborazione tra giovani e anziani, il fatto che entrambi <strong>di</strong>ano<br />

del proprio meglio, chi con la freschezza della forza fisica chi con l’esperienza, per la buona<br />

433<br />

Tre commilitoni: “Eravamo tre commilitoni,/ogni tanto gozzovigliavamo a qualche banchetto!/Poi furono<br />

caricati i fucili/ e andammo fuori,/entrambi, entrambi ed io./Noi andammo per boschi e campi,/attraverso<br />

l’acqua, la polvere ed escrementi,/con<strong>di</strong>videmmo la tenda e i nostri averi/ e il nostro ultimo pane,/entrambi,<br />

entrambi ed io./Litigammo e ci consolammo a vicenda./Sempre con lo stesso passo,/allora sopragiunse la<br />

morte,/la morte e prese con sé,/entrambi, entrambi… ed io?”<br />

434<br />

Di fronte al Vin santo: “Lasciatemi essere felice,/oggi il vino mi sorride/dal bicchiere verde!/Io sono un uomo<br />

<strong>di</strong> guerra,/mi riscaldano i raggi del sole,/viva il vino!/Lasciatemi essere allegro,/sotto i raggi del sole!/Nella<br />

calura solare,/Domani al tramonto io sarò riverso/nel mio stesso sangue/morto in combattimento./Quin<strong>di</strong><br />

lasciatemi essere felice,/nella luce della sera!/anche se il sole tramonta,/domani la morte mi attende,/oggi<br />

lasciatemi essere felice,/Viva il vino!”<br />

169


iuscita del conflitto e per il bene della patria: “Jetzt aber los! ‘s ist hohe Zeit!/Wir Alten sind<br />

zum Tun bereit./Zum harten Tun, zur herben Pflicht!/[…] Das Werk: es nennt sich<br />

Bluthochamt!/[…] Wir Alten geh’n in schwerem Schritt/Und führen gleich das Sterbhemd<br />

mit./Das Leben kennt uns und der Tod,/[…] Wir geh’n in schwerem Schritt und Tritt./Ihr<br />

Jungen, he! Wir schlagen mit!” 435<br />

Der feige, welsche Wicht: definizione del gruppo negativo<br />

Dopo che l’Austria-Ungheria nonostante il successo militare <strong>di</strong> Radetzky, Tagetthoffs e<br />

dell’Arciduca Alberto nel nord Italia negli anni 1859 e 1866 dovette cedere la Lombar<strong>di</strong>a e il<br />

Veneto, il Tirolo era <strong>di</strong>ventato nuovamente terra <strong>di</strong> confine. Come risultato, l’unità territoriale<br />

del Tirolo dal 1866 tornò ad essere un attualissimo e scottante tema politico. Il <strong>di</strong>retto<br />

avversario militare era ora la neonata (1861) monarchia costituzionale italiana che non faceva<br />

mistero <strong>di</strong> voler annettere il Trentino 436 e l’Istria. Anche le guerre che si svolsero in nord Italia<br />

dal 1848 e soprattutto il fallito tentativo <strong>di</strong> invasione <strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> 437 e del generale Me<strong>di</strong>ci<br />

avevano impe<strong>di</strong>to un avvicinamento del Tirolo tedesco nei confronti <strong>degli</strong> interessi dei<br />

trentini. Il Nord Tirolo rimase relativamente predominante sia politicamente sia<br />

economicamente nei confronti del Tirolo ‘italiano’ e l’unità territoriale tirolese da Kufstein<br />

fino ad Ala rimase sacrosanta anche se il Tirolo ‘italiano’ fu annesso solo nel 1803 ed era da<br />

considerare a mala pena tirolese per quel che riguardava mentalità, cultura, lingua e strutture<br />

sociali. Chiaramente si sentiva la maggioranza <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> lingua italiana nelle<br />

circoscrizioni amministrative del sud, che venivano trattati come citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> seconda classe.<br />

Come esempio a riguardo sia citato solamente il già molto noto fatto che i funzionari austriaci<br />

scrivevano in maiuscolo l’espressione ‘Deutsch-Tirol’ e ‘Italienisch-Tirol’ in minuscolo. 438<br />

L’antagonismo tra il Deutsch- e l’Italienisch-Tirol e i risentimenti molto forti da parte <strong>di</strong><br />

entrambi, che soprattutto con l’ingresso in guerra dell’Italia nel 1915 furono ancora più<br />

435 Il contingente <strong>degli</strong> anziani: “Ora avanti, coraggio! È la grande ora!/Noi anziani siamo pronti ad agire./Alla<br />

grande azione, al dovere più aspro!/[…] Il lavoro: si chiama messa solenne <strong>di</strong> sangue!/[…] Noi anziani<br />

affrontiamo il duro cammino/e affrontiamo anche la morte./Ci conosce sia la vita che la morte,/[…] Noi<br />

affrontiamo il duro cammino./Ehi, voi giovani! Combattiamo con voi!”<br />

436 Welschtirol<br />

437 Garibal<strong>di</strong>, nel suo tentativo <strong>di</strong> avanzare in Tirolo, non fu sostenuto dalla popolazione italiana in Trentino.<br />

438 K. Scharr, Zensur- und Pressewesen in Tirol während des I. Weltkrieges 1914-1918, Phil. Diss, Innsbruck,<br />

1995, p. 73.<br />

170


evidenti, costituivano quin<strong>di</strong>, già molto prima dell’inizio del conflitto un focolaio <strong>di</strong> lotta<br />

stabile 439 .<br />

In particolare anche le <strong>di</strong>fficoltà economiche e i posti <strong>di</strong> lavoro insufficienti <strong>di</strong>edero da fare<br />

alla regione e costrinsero molti trentini a lasciare il proprio Paese per cercare opportunità<br />

lavorative in altre zone della Monarchia. Durante la più grande ondata emigratoria <strong>di</strong><br />

Welschtiroler, tra il 1901 e 1il 1905, più <strong>di</strong> 75.000 trentini lasciarono la loro terra 440 .<br />

Con la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> guerra italiana del 23 maggio 1915 il ‘nemico ere<strong>di</strong>tario italiano’<br />

nacque in maniera definitiva. Il Tirolo italiano e del sud furono <strong>di</strong>chiarati engeren zona <strong>di</strong><br />

guerra e le rappresaglie dell’appena inse<strong>di</strong>atasi <strong>di</strong>ttatura militare (misure <strong>di</strong> confino, invasioni,<br />

violenze e requisizioni) portarono nel 1915 ad una chiara linea <strong>di</strong> demarcazione e ad una<br />

profonda spaccatura nella popolazione.<br />

Durante la guerra l’atteggiamento dei tirolesi <strong>di</strong> lingua italiana nei confronti della Monarchia<br />

peggiorò sensibilmente. Il Südtirol e in particolare l’attuale Trentino, in quanto zona <strong>di</strong><br />

guerra, fu particolarmente colpito da maltrattamenti fisici, fame, <strong>di</strong>ttatura militare,<br />

requisizioni, confini. Inoltre tutta la popolazione <strong>di</strong> Welschen fu giu<strong>di</strong>cata in blocco come<br />

terra <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori e irredentisti. Un Memorandum del 12 Corpo <strong>di</strong> Comando del 1916 riporta:<br />

“[…] Kein Südtiroler italienischer Zunge soll als absolut vertrauenswür<strong>di</strong>g gelten.” 441 .<br />

Nel 1915, con l’ingresso in guerra dell’Italia, in Tirolo la Guerra mon<strong>di</strong>ale fu vissuta da quel<br />

momento in poi, espressamente e unicamente come lotta contro l’Italia.<br />

“Was heil’gen Zorns sich regt<br />

Heiß in uns ob solcher Judastat,<br />

Schreit nach Sühne,<br />

zahlt’s den Lügenmolchen<br />

Blutig heim! Und denket allezeit<br />

Stolzen Sinn’s, daß ihr Tiroler seid […]” 442<br />

439<br />

Cfr. a riguardo B. Mzohl-Wallnig, Österreiches Italien – italienisches Österreich? Interkulturelle<br />

Gemeinsamkeiten und nationale Differenzen von 18. Jahrhundert bis zum Ende des Ersten Weltkrieges, Vienna,<br />

Verl. der Öster. Akad. der Wiss., 1999.<br />

440<br />

Numeri citati da F. Rasera, Per una storia del movimento operaio trentino dalle origini alla guerra, pp. 3 - 28<br />

in «Materiali <strong>di</strong> lavoro: rivista <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> storici» ns, 1983, nr. 2/3, Mori, La Grafica.<br />

441<br />

ÖSTA, AVA, Ministero dell’Interno, TLA Statth, Präs. 13508 (22/gen.I) 1916, citato in Rettenwander, Stilles<br />

Heldentum?, op. cit., p. 215<br />

442<br />

Bruder Willram: “Feldpre<strong>di</strong>gt” Pre<strong>di</strong>ca da campo in Der heilige Kampf: “Ciò che in noi risveglia cocente la<br />

sacra collera/è se i caudati bugiar<strong>di</strong>paghino/una tale azione da giuda passa attraverso l’espiazione/Patria in<br />

sangue! E pensate in ogni momento/con animo fiero che voi siete tirolesi […]”<br />

171


L’Italia durante il corso della seconda metà del 19° secolo aveva persino superato la Francia<br />

come nemico numero uno tirolese. Un fatto comprensibile, se si pensa alle relazioni<br />

problematiche col Trentino: la vicinanza geografica con l’Italia, i confini <strong>di</strong>scutibili, la<br />

richiesta da parte dell’Italia della cessione dello stesso Trentino, le guerre <strong>degli</strong> anni 1848/49,<br />

1859, 1866 e la conduzione politica laicistica e anticattolica dell’Italia. Già “seit der zweiten<br />

Hälfte des 19. Jahrhunderts wurde der Tiroler Aufstand von 1809 in einen «deutschen<br />

Freiheitskrieg» uminterpretiert, Franzosen und Bayern wurden dabei oft ganz einfach durch<br />

<strong>di</strong>e Italiener ersetz.” 443<br />

Persino nell’ambito della Triplice Alleanza, come partner politico dell’Austria-Ungheria e<br />

della Germania 444 , l’Italia fu sempre sottovalutata e venne continuamente considerata come<br />

potenziale tra<strong>di</strong>trice, la tesi <strong>di</strong>fensiva faceva molta presa e, conseguentemente, l’idea della<br />

guerra era in Tirolo estremamente popolare.<br />

Una grossa porzione della letteratura e propaganda <strong>di</strong> guerra tirolese, a partire dal 1915, si<br />

concentrò sul nuovo nemico giurato, così Bruder Willram, così la Tsz e le liriche ivi apparse.<br />

L’ingresso in guerra dell’Italia non fu solamente interpretato come tra<strong>di</strong>mento e come attacco<br />

alla cultura tedesca del Tirolo, messaggio <strong>di</strong>ffuso e convalidato dalla propaganda 445 , ma fu<br />

anche rappresentato come attacco alla Religione e al cattolicesimo.<br />

La <strong>di</strong>ffusione dell’immagine dell’italiano come nemico della cristianità 446 , come una nazione<br />

<strong>di</strong>retta da massoni che derubano il Papa del suo potere terreno, tenendolo prigioniero in<br />

443<br />

Alexander: Der Tiroler Freiheitskampf; www.panorama-innsbruck.at/e/platform.html<br />

444<br />

Per quanto riguarda la politica della Triplice Alleanza nella fase decisiva dell’avvio della Guerra fino<br />

all’entrata in guerra dell’Italia si veda in particolare: A. Monticone, La Germania e la neutralità italiana,<br />

Bologna, Il Mulino, 1971.<br />

445<br />

La convalida propagan<strong>di</strong>stica si basa su notizie <strong>di</strong>ffuse dalla stessa propaganda. Si autoalimenta e si auto<br />

convalida. La reiterazione delle notizie (se così è corretto chiamarle) <strong>di</strong> tutti i testi che compaiono in questi<br />

giornali, tanto accurate nei particolari, in alcuni casi orripilanti, quanto azzardate, tende a stabilire un’intesa tra<br />

giornali e pubblico: ogni successiva notizia si appoggia alle precedenti ed è la base per quelle future, rendendo<br />

così la faziosità delle notizie una necessità per i lettori, che si aspettano determinati toni dai testi che leggeranno.<br />

446<br />

Se si dovesse prendere in considerazione la propaganda italiana, e se ipoteticamente ci dovessimo affidare<br />

alla sua atten<strong>di</strong>bilità, si potrebbero citare esempi dell’esatto opposto. «La Tradotta», uno dei più noti giornali <strong>di</strong><br />

propaganda italiani, infatti definisce i barbari austro tedeschi nemici del mondo latino e cristiano. Anche in Italia,<br />

ovviamente, venne propagata e <strong>di</strong>ffusa, come in Austria-Ungheria, la santità della propria causa, anche con una<br />

<strong>di</strong>mensione religiosa, pure se meno marcata. Temi sfruttati furono la sopraelevazione della cultura italiana e la<br />

contestuale degradazione della cultura austro-tedesca: il mondo tedesco veniva raffigurato come barbaro,<br />

uccisore e soggiogatore dei popoli. Anche in Italia venne sfruttata la carta vincente, da un punto <strong>di</strong> vista<br />

psicologico, della guerra <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa contro l’invasore (a partire dalla <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Caporetto e dall’avanzata austriaca<br />

in territorio italiano. La <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Caporetto segna infatti una nuova nascita della propaganda italiana, con i<br />

risultati più considerevoli dall’inizio della guerra), della guerra <strong>di</strong> lotta e resistenza alla barbarie nemica e<br />

liberazione dei popoli sottomessi (Trento e Trieste). L’aspetto più romantico dell’Irredentismo e le idee<br />

risorgimentali venivano frequentemente unite e ampliate, estendendo il problema della sottomissione anche agli<br />

altri popoli della Doppia Monarchia che dovevano essere liberati. La neonata nazione italiana, nazione <strong>di</strong> cultura<br />

e antiche tra<strong>di</strong>zioni, si pone come antitesi della tirannia austro-tedesca. Il compimento definitivo dell’unità<br />

nazionale e la liberazione <strong>degli</strong> altri popoli sottomessi, sono le tematiche più trattate. La cultura e la<br />

172


Vaticano era una argomentazione per motivare il tema della ‘Guerra santa’ tirolese per la<br />

liberazione del Papa e contro l’italiano infedele. 447<br />

La <strong>di</strong>ffidenza contro tutti i ‘Wälschen’ e, fondamentalmente, anche contro la popolazione<br />

trentina <strong>di</strong>ede vita a una sorta <strong>di</strong> isteria collettiva. La tirata d’o<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Bruder Willram<br />

Dolomitenwacht 448 , pubblicata anche sulle pagine dei Supplementi per ben due volte,<br />

<strong>di</strong>mostra in maniera estremamente chiara il sentimento che il Tirolo provava per il nemico<br />

italiano:<br />

“Man zwang uns – und wir morden<br />

Und kennen Schönung nicht;<br />

Zum Freiwild ist geworden<br />

Der feige, welsche Wicht.<br />

Wir jahgen ihn – und pirschen<br />

Ihn an bei Tag und Nacht<br />

Mit Zorn und Zähneknirschen:<br />

Die Dolomitenwacht!<br />

Und schütten Blut und Feuer<br />

civilizzazione devono espandersi ed essere esportati. Lo stile dei ‘gran<strong>di</strong>’ scrittori italiani che si occuparono <strong>di</strong><br />

propaganda, come Marinetti o D’Annunzio, erano molto elevati, gravi, patetici e ispirati ad un o<strong>di</strong>o sfrenato<br />

contro l’Austria e la Germania. Si veda ad esempio Ode alla Nazione Serba, in Versi d’amore e gloria. Questa<br />

lirica in realtà non si occupa <strong>di</strong>rettamente della Serbia, ma è un espe<strong>di</strong>ente per denigrare la Casa d’Austria, la<br />

persona stessa dell’imperatore. In realtà la ‘guerra santa’ propagata da Marinetti e D’annunzio era più che altro<br />

una lotta socio-culturale, e non motivata religiosamente, contro la razza barbara tedesca. Ma per quel che<br />

riguarda la propaganda più <strong>di</strong>rettamente per i soldati, se citiamo l’esempio de «La Tradotta» i toni sono anche<br />

umoristici, ma pur sempre molto precisi negli intenti (anche qui si parla molto ampiamente <strong>di</strong> barbarie). La<br />

barbarie come qualifica <strong>di</strong>stintiva dei paesi tedeschi è un motivo che si ripete continuamente nella propaganda<br />

italiana, sia dall’alto che dal basso, e anche le motivazioni Risorgimentali e irredentiste. D’annunzio parla <strong>di</strong> un<br />

compito storico, <strong>di</strong> vittoria della cultura sulla barbarie, del significato scaro <strong>di</strong> una guerra risolutiva per la<br />

eliminazione della peste tedesca. Entrambi questi poeti si servivano <strong>di</strong> questi toni già anni prima dello scoppio<br />

del conflitto. I futuristi in Italia pre<strong>di</strong>cavano già nel 1900 la guerra come unico metodo, mezzo <strong>di</strong> pulizia e igiene<br />

dello spirito. D’annunzio non era futurista in senso stretto, egli era più legato al simbolismo francese e per lui la<br />

guerra non rappresentava una soluzione in sé e per sé, ma acquistava significato in quanto lotta contro il nemico<br />

austriaco. A <strong>di</strong>fferenza della letteratura <strong>di</strong> guerra austriaca, quella italiana è perlopiù caratterizzata dal pensiero e<br />

dall’impronta futurista, quin<strong>di</strong> legata all’idea della modernizzazione, della tecnologia che avanza e del progresso.<br />

Nonostante ciò, così come Bruder Willram e i Supplementi sono ispirati ai fatti eroici del 1809, così anche molta<br />

propaganda-letteratura italiana interpreta la guerra come un ritorno del Risorgimento. Per entrambi si può <strong>di</strong>re<br />

che l’impostazione romantica <strong>di</strong> questi scritti non è basata su fatti reali quanto su una fascinazione per la<br />

gran<strong>di</strong>osità e l’eroismo.<br />

447<br />

Si vedano a proposito: C. Gatterer, Erbfeindschaft Italien-Österreich, Wien, München, Europaverlag, 1972,<br />

pp.40-41; Roner, Kriegspropaganda, op. cit., pp. 262-265, come anche numerosi articoli del periodo apparsi su<br />

noti quoti<strong>di</strong>ani tirolesi, per esempio “Neue Tiroler Stimme” del 6.07.1915 e 5.02.1916.<br />

448<br />

Bruder Willram: in Der heilige Kampf . Nei Supplementi fu pubblicata in data 01.12.1915 accompagnata da<br />

una tavola <strong>di</strong> Lienz dallo stesso titolo e in data 22.01.1916 accompagnata dallo spartito musicale composto dal<br />

Msg. Mitterer Domchor Dirigent. Questa lirica appartiene alle più musicate poesie <strong>di</strong> Bruder Willram.<br />

173


Und hageln Eisensaat<br />

Aufs gift’ge Ungeheuer<br />

Voll Meineid und Verrat;<br />

Und säubern deutsche Erde<br />

Von welscher Niedertracht<br />

Und hüten unsre Herde:<br />

Die Dolomitenwacht!<br />

Der Heimat Felsenwarten,<br />

Die müssen unser sein,<br />

Es darf in Laurins Garten<br />

Kein welscher Schuft herein,<br />

Wo Lieb’ und Treue lenzen<br />

In ew’ger Rosenpracht:<br />

Wir schirmen seine Grenzen:<br />

Die Dolomitenwacht!<br />

Und bräch’ mit tausend Toden<br />

Der Feind in unser Land:<br />

Nicht eine Handbreit Boden<br />

Wird ihm zum Unterpfand!<br />

Ihr Zwitter und ihr Zwerge,<br />

Wir spotten euer macht:<br />

Fest steht – wie Gottes Berge –<br />

Die Dolomitenwacht!” 449<br />

449<br />

Die Dolomitenwacht, Le sentinelle delle Dolomiti: “Ci hanno costretto e noi ucci<strong>di</strong>amo/e non conosciamo<br />

indulgenza:/il vile verme terrone/è <strong>di</strong>ventato una facile preda./Noi gli <strong>di</strong>amo la caccia/giorno e notte/con ira e<br />

stizza: le sentinelle delle Dolomiti!/E spargiamo sangue e fuoco/versiamo una semina <strong>di</strong> ferro/sul velenoso<br />

mostro/pieno <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a e <strong>di</strong>sonestà;/e ripuliremo il suolo tedesco dall’infamia nemica/ e custo<strong>di</strong>amo il nostro<br />

focolare: le sentinelle delle Dolomiti!/ E i custo<strong>di</strong> delle rocce/dobbiamo essere noi/nel giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> alloro/non può<br />

entrare nessun farabutto terrone,/dove amore e fedeltà risplendono/ in un eterno sfarzo <strong>di</strong> rose;/Noi <strong>di</strong>fen<strong>di</strong>amo i<br />

suoi confini/ le sentinelle delle Dolomiti!/ E se anche ciò dovesse causare migliaia <strong>di</strong> morti/nella nostra<br />

terra:/non una mano <strong>di</strong> terra/gli verrà data in pegno!/Voi ermafro<strong>di</strong>ti e voi nani,/noi scherniamo la vostra<br />

potenza!/Sta salda come le montagne <strong>di</strong> Dio/ la sentinella delle Dolomiti!/[…] Noi moriamo e noi vinciamo: le<br />

sentinelle delle Dolomiti!”<br />

174


La violenza e l’o<strong>di</strong>o della lingua <strong>di</strong> Willram emerge particolarmente in questa sua lirica <strong>di</strong><br />

guerra de<strong>di</strong>cata all’Italia. Johan Holzer descrive Willram a causa <strong>di</strong> tale poesia come il<br />

“martialischsten Wortführer der tirolischen Kriegsliteratur.” 450<br />

La demonizzazione del nemico durante la Grande Guerra fu perseguita con sforzi<br />

enormemente maggiori nel campo dell’Intesa piuttosto che in quello <strong>degli</strong> Imperi Centrali:<br />

questo perché i governi delle repubbliche (Francia e Stati Uniti) e delle monarchie<br />

costituzionali (Italia e Inghilterra) riconoscevano proprio allora, per la prima volta, nel<br />

consenso interno una con<strong>di</strong>zione necessaria per condurre la guerra; un fattore che era invece<br />

meno preso in considerazione dagli Imperi tedesco e austroungarico. Più che dell’intera<br />

Austria, nel Tirolo i dati storici e culturali facevano dell’Italia l’Erbfeind, cioè il nemico<br />

ere<strong>di</strong>tario ed ere<strong>di</strong>tato dal tirolese assieme alla lingua, al maso e alle montagne: cinque guerre<br />

in appena quarant’anni e il sostegno a tutto campo della causa nazionale facevano del Regno<br />

sabaudo, a <strong>di</strong>spetto della Triplice Alleanza, un nemico, per così <strong>di</strong>re, ‘oggettivo’. Il dato<br />

storico finì poi per riflettersi su quello culturale e linguistico: fu proprio allora che<br />

l’avversione per l’Italia si cristallizzò in Tirolo nell’uso fortemente <strong>di</strong>spregiativo del termine<br />

Welsch 451 al posto <strong>di</strong> Italiener per designare l’italiano.<br />

Il ripu<strong>di</strong>o dell’Alleanza da parte dell’Italia fu la conferma non solo della pericolosità oggettiva<br />

<strong>di</strong> questo nemico, ma anche <strong>degli</strong> eterni stereotipi attribuiti in ogni tempo agli ex alleati,<br />

passati dall’altra parte: su tutti la falsità, la pre<strong>di</strong>sposizione al tra<strong>di</strong>mento e alla menzogna e<br />

l’indole criminale.<br />

Anche nelle pagine dei Supplementi il Regno viene posto sotto la luce impietosa <strong>di</strong><br />

un’informazione che, benché manipolata e ultra tendenziosa, colpiva sostanzialmente nel<br />

segno. Analfabetismo 452 e arretratezza dell’agricoltura vengono presentati come la<br />

<strong>di</strong>mostrazione concreta dell’inadeguatezza dell’Italia alla guerra contro la Monarchia, che<br />

450<br />

Holzner, Die Tiroler Literatur und der “Große Krieg”, in Tirol und der erste Weltkrieg, op. cit., p. 211.<br />

451<br />

Il <strong>di</strong>zionario Grimm (von Bahder, op. cit. alla voce Welsch) de<strong>di</strong>ca al termine ben 13 pagine che ne rivelano<br />

le mille sfumature <strong>di</strong> significato e la lunghissima storia. Termine derivante dall’antico germanico Wahle (era il<br />

nome con cui i germani si riferivano alla popolazione che i romani chiamavano Volsci ed aveva corrispondenti<br />

anche nelle lingue slave), Walsch o Wälschen designava, a partire dal Rinascimento, tutti gli abitanti delle terre<br />

romanze (Italia, Francia, Spagna). Dopo il ‘700 nel mondo germanico meri<strong>di</strong>onale (Baviera e Austria) il termine<br />

assunse una connotazione leggermente <strong>di</strong>spregiativa e finì per denotare solo l’Italia e tutto ciò che con essa<br />

aveva a che fare.<br />

452<br />

Der Analphabet als Unterleutnant, L’analfabeta come sottotenente, LB, 12 aprile 1916, p. 14.<br />

175


avrebbe finito solo per danneggiare la già fragile unità politica ed economica del recente Stato<br />

unitario 453 .<br />

Nello stabilire i motivi per cui vale la pena combattere ed esecrare gli italiani non ci si ferma<br />

dunque al bollarli come malefici tra<strong>di</strong>tori, sfruttando il repertorio irrazional-religioso, come<br />

vedremo in numerose liriche: in altri testi <strong>di</strong> taglio apparentemente scientifico si tenta <strong>di</strong><br />

giustificare in chiave pseudo razionale la <strong>di</strong>fferenza ra<strong>di</strong>cale <strong>degli</strong> italiani rispetto ai tedeschi.<br />

In una recensione 454 al saggio Die Landwirtschaftlichen Zustände in Italien (Le con<strong>di</strong>zioni<br />

dell’agricoltura in Italia, del Dr. Rudolf Leonhard <strong>di</strong> Hannover) si cerca <strong>di</strong> rendere<br />

inammissibili per ragioni pseudo antropologiche le pretese dell’Italia <strong>di</strong> annettere territori<br />

‘alpini e tedeschi’ come il Trentino:<br />

“Es macht den Eindruck, als ob der Italiener vorzugsweise Stadtmensch wäre mit der Neigung<br />

zum beisammensein in grissen Massen, mit der Abneigung gegen das freie, aber einsamere<br />

Leben des echten Bauern und ohne jenen starken inneren Zug zur Natur, ohne jene Liebe zur<br />

Mutter Erde, <strong>di</strong>e den Deutschen kennzeichnet. Der Italiener steht ja auch den Alpen<br />

innerlichfremd gegenüber. Der Deutsche hat sich das Alpenhochland durch treue und<br />

liebvolle Bodenarbeit, durch Besiedlung bis zur äussersten Grenze der Möglichkeit und durch<br />

eine schwärmerische Zuneigung erobert, <strong>di</strong>e in der grossartigen Organisation des Deutschen<br />

und Österreichischen Alpenvereines ihren sichtbarsten Ausdruck findet.” 455<br />

La recensione <strong>di</strong> un testo <strong>di</strong> storia economica <strong>di</strong>venta l’occasione per definire il noi e il loro:<br />

gli italiani ‘massa’ 456 per natura e cultura, stranieri dentro al mondo per uomini liberi della<br />

montagna. I tedeschi sarebbero invece fedeli e affettuosi con la terra (e quin<strong>di</strong> anche con gli<br />

uomini), amanti della solitu<strong>di</strong>ne come unica vera con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> libertà che si concretizza nel<br />

maso del conta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> montagna 457 . Una figura, quella del conta<strong>di</strong>no ‘libero’ <strong>di</strong> montagna,<br />

453<br />

Agrarzustände in Italien, Con<strong>di</strong>zioni agricole in Italia, Tsz, 20.10.1915, p. 2.<br />

454<br />

Ibid.<br />

455<br />

“Si ha l’impressione che l’italiano sia <strong>di</strong> preferenza citta<strong>di</strong>no, con la tendenza a raggrupparsi in gran<strong>di</strong> masse<br />

e con un’avversione per la libera, per quanto solitaria, esistenza del vero conta<strong>di</strong>no, privo <strong>di</strong> quella forte<br />

attrazione interiore per la natura, privo <strong>di</strong> quell’amore per la madre terra che contrad<strong>di</strong>stingue il tedesco.<br />

L’italiano è quin<strong>di</strong> anche spiritualmente estraneo alle Alpi. Il tedesco si è conquistato gli altopiani alpini grazie<br />

ad una fedele e amorevole coltura del terreno, attraverso una colonizzazione ai limiti estremi del possibile, e<br />

grazie ad una zelante propensione che trova la sua espressione più evidente nella gran<strong>di</strong>osa organizzazione del<br />

club alpino tedesco e austriaco.”<br />

456<br />

Fussel chiarisce come il nemico sia in genere visto proprio come una massa minacciosa e in<strong>di</strong>stinta nei testi<br />

letterari inglesi che parlano della Grande Guerra. P. Fussell, La Grande Guerra e la memoria moderna, Bologna,<br />

Il Mulino, 1984, pp. 97-105.<br />

457<br />

Isnenghi spiega come l’ideologia rurale dei giornali <strong>di</strong> trincea italiani abbia avuto come chiave <strong>di</strong> volta<br />

proprio la figura del piccolo proprietario conta<strong>di</strong>no “padrone del suo”. Isnenghi, Giornali <strong>di</strong> trincea, op. cit., pp.<br />

74-78.<br />

176


con le sue numerose virtù come abbiamo già illustrato, che domina il campo del noi in questo<br />

gioco delle identità contrapposte.<br />

Così come esige coerenza e organicità la descrizione del nostro soldato, costruita attraverso<br />

un rimando costante a espressioni e termini ben noti, anche per quanto riguarda la descrizione<br />

del nemico bisogna attenersi a linee tematiche che in qualche modo creino dei riferimenti<br />

precisi e non confon<strong>di</strong>bili. Il lettore, anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo, deve ritrovare dei motivi che<br />

si ripetono come un refrain, delle espressioni che siano innanzi tutto facilmente riconoscibili<br />

per consentire il processo <strong>di</strong> identificazione o <strong>di</strong>stinzione e, secondariamente facilmente<br />

memorizzabili e, quin<strong>di</strong>, riutilizzabili nella produzione <strong>di</strong> nuovi testi.<br />

L’italiano, in questi testi, è dunque l’Altro contro il quale ci si oppone e in relazione al quale<br />

ci si auto rappresenta. Se l’italiano rappresenta la <strong>di</strong>sonestà, la meschinità, la perfi<strong>di</strong>a e tutto<br />

ciò che <strong>di</strong> più negativo può connotare un essere umano o una nazione, per contro la<br />

popolazione austriaca, meglio tirolese, con cui l’italiano si confronta è tutto l’opposto.<br />

Nelle liriche dei Supplementi la rappresentazione dell’italiano avviene tramite descrizioni che<br />

ne danno un’immagine dai tratti in<strong>di</strong>stinti, come massa più che come singolo, come banda <strong>di</strong><br />

masna<strong>di</strong>eri, briganti, ban<strong>di</strong>ti, farabutti, mascalzoni, ladruncoli. Molto <strong>di</strong>ffuso è anche il<br />

paragone del tra<strong>di</strong>tore italiano con Bruto e Giuda, i più noti tra<strong>di</strong>tori della storia. Nonostante<br />

l’italiano sia costantemente accusato <strong>di</strong> iniquità allo stesso tempo, da questi testi, emerge<br />

anche la volontà <strong>di</strong> raffigurarlo comunque come un nemico <strong>di</strong> poco valore, vittima della<br />

seduzione e della corruzione demoniaca. Il richiamo a Satana è finalizzato a tenere sempre<br />

viva nella mente dei lettori-soldati la contrapposizione tra i due mon<strong>di</strong>: loro sono<br />

accompagnati dal Demonio, noi abbiamo, invece il favore <strong>di</strong>vino. Un altro espe<strong>di</strong>ente molto<br />

<strong>di</strong>ffuso per dare una rappresentazione negativa del vicino <strong>di</strong> casa è che <strong>di</strong> lui si da molto<br />

spesso una raffigurazione sensuale che richiama costantemente il tatto, la vista o l’u<strong>di</strong>to. Il<br />

richiamo ai sensi, contrapposto alle qualità invece quasi tutte etico-morali dei tirolesi, è<br />

ancora un altro modo per segnare la netta <strong>di</strong>stinzione tra due mon<strong>di</strong> che hanno sistemi <strong>di</strong><br />

valori molto <strong>di</strong>stanti, uno basato sulla venalità l’altro sull’onestà.<br />

I toni sono normalmente solenni e gravi, la caricatura e la trattazione ironica del nemico, sono<br />

decisamente meno <strong>di</strong>ffusi.<br />

Molto spesso però l’ironia, anche se minima, è nel titolo come nel caso <strong>di</strong> Der<br />

“Bundesfreund”, L’alleato, che fa riferimento alla vecchia alleanza, ormai venuta meno e<br />

ad<strong>di</strong>rittura capovolta. La terminologia con cui ci si rivolge agli italiani nel testo è, infatti<br />

177


molto incisiva e per niente ironica: “stehlen” (rubare), “Abruzzenräuber, Lumpenpack,/Ihr<br />

steckt in Euren Bettelsack/Nicht unsere Kronjuwelen!” (Briganti abruzzesi, gentaglia,/ voi<br />

non metterete dentro al vostro sacco da men<strong>di</strong>canti/i gioelli della nostra corona), “Diebstahl,<br />

Verrat und Wortbruch muß/An Euch sich noch zum Ueberdruß,/Wie Ihr´s ver<strong>di</strong>ent habt,<br />

rächen!“ (Furto, tra<strong>di</strong>mento e mancare alla parola data/dovranno essere ven<strong>di</strong>cati su <strong>di</strong> voi/<br />

fino alla nausea così come ve li siete meritati).<br />

Anche la poesia Bella Italia! ha un titolo il cui significato imme<strong>di</strong>ato viene rovesciato nel<br />

testo. Anche in questi versi infatti si rinfaccia con toni abbastanza severi al popolo italiano <strong>di</strong><br />

avere sempre approfittato della benevolenza austriaca, ma tra le righe si ricorda che sono<br />

soprattutto sol<strong>di</strong> austrici a mancare agli italiani: “Wir fehlen Euch und auch unser Geld!/ […]<br />

Und weil Ihr uns dort nicht mehr ausrauben könnt,/So wollt Ihr uns plündern im eigenen<br />

Land.” 458<br />

Altrove, come in Ich kenn’ ein Land – Italia!, il testo si avvia elencando le qualità positive<br />

appartenenti al popolo italiano che avevano esercitato un forte fascino sul popolo tedesco e i<br />

suoi intellettuali. Questo incipit estremamente positivo è funzionale al rovesciamento che si<br />

farà dell’Italia e dell’italiano nei versi a seguire: „Ich kenn ein Land/für das in treuem<br />

Liebe/So manches Herz im deutschen Busen schlug!/Ich weiß ein Volk, das solche<br />

Triebe/Belohnte dreist mit Lug und Trug,/Das sprach um feigen Judaslohn/Der Ehre und der<br />

Treue Hohn!/[…] Ich kenn ein Land/ Das frech <strong>di</strong>e Treu gebrochen.” 459<br />

Italien è un altro testo finalizzato a dare dei tratti chiari, riconoscibili del nemico. Anche in<br />

questo testo si ricordano innanzi tutto il fascino che un tempo l´Italia esercitava nei confronti<br />

delle popolazioni <strong>di</strong> lingua tedesca, specialmente grazie all´opera letteraria del sommo poeta<br />

tedesco Goethe. Tanto più i ricor<strong>di</strong> del passato sono positivi, tanto più i fatti del presente<br />

acquistano gravità: “Du hast uns arg geschmerzt und tief verwundet./Wir waren Freund! Und<br />

in der schweren Stunde,/Die uns das Schicksal gab, reißt du <strong>di</strong>ch los/Du greifst zum Dolch –<br />

du führst den Brutusstoß/ Du rühmst <strong>di</strong>ch deiner Tat mit frechem Munde“ 460 Il tra<strong>di</strong>mento in<br />

queste pagine è l’argomentazione più sfruttata per connotare negativamente l’italiano, in<br />

458<br />

Bella Italia!: “Noi vi manchiamo e anche i nostri sol<strong>di</strong>!/[…] e poiché voi non ci potete più derubare dalla<br />

vostra patria,/allora ci volete saccheggiare nella nostra stessa terra.”<br />

459<br />

Conosco un paese – Italia!: “Conosco un paese/per il quale con amore sincero/battevano tanti cuori nei petti<br />

tedeschi!/Conosco un popolo, che una tale propensione/ricambia sfacciato con la menzogna e l’inganno,/ricorda<br />

la vile paga <strong>di</strong> Giuda/scherno dell’onestà e dell’onore!/[…] Conosco un paese che sfacciatamente ha ingannato la<br />

fiducia.”<br />

460<br />

Italia 1: “Tu ci hai colpito con cattiveria e ci hai profondamente ferito./Eravamo amici! E nelle ore più<br />

<strong>di</strong>fficili/che il destino ci ha assegnato, tu ci hai abbandonato/hai impugnato il coltello – fai il gioco <strong>di</strong> Bruto/ti<br />

vanti con sfacciataggine del tuo gesto”<br />

178


questa poesia in particolare il tra<strong>di</strong>mento italiano è paragonato a quello <strong>di</strong> Bruto: “Wir aber<br />

stehen und schauen noch ins Licht/Und ob wir Träumer <strong>di</strong>r zu lang geglaubt/Jetzt sind wir<br />

wach! Wir hüllen nicht das Haupt!/Wohl traf uns Brutus – doch wir stürzen nicht!“ 461 .<br />

Un altro testo molto interessante, sempre dal titolo Italien, è interamente incentrato sulla<br />

contrapposizione tra buoni e cattivi (Niedertracht vs Rittersinn – viltà vs indole cavalleresca,<br />

wir/unser vs du/dein – noi/nostro vs tu/tuo) e che porta automaticamente il lettore ad una<br />

identificazione nel Wir e ad un rifiuto un o<strong>di</strong>o per il du. La prima parte è costruita attorno<br />

all’aggetivo gut e al sostantivo Freund, si parla <strong>di</strong> un “buon amico” che però nei fatti non si<br />

comporta da buon amico, la strategia <strong>di</strong> usare delle espressioni in aperta contrad<strong>di</strong>zioni con le<br />

azioni che le accompagnano è un modo per indurre il lettore a trarre le proprie conclusioni su<br />

un tale atteggiamento e a farle sue in modo più autentico: “Italien, der gute Freund/hat sich<br />

nun enthüllt,/Hat er den Krieg gewollt,/Statt Bundespflicht uns beizusteh’n/Geld,<br />

Herrschsucht und Ländergier,/Das ist <strong>di</strong>es Freundes Eigenschaft./[…] Jetzt komm her – nah in<br />

unser Land -/ […] Wir an deinen Bund erinnern <strong>di</strong>ch/Und zeigen wie Treu’ in Österreich<br />

ist./Deine Tückheit wir bestrafen/ Mit Kugel, Kolbenschlag und Schwert (tutto questo elenco<br />

<strong>di</strong> violenza è giustificato subito al verso successivo)/Denn eine solche Niedertracht/Ist keine<br />

andere Strafe wert./Wir werden <strong>di</strong>r zeigen,/Wie Österreichs Söhne sind,/Die für ihre Heimat<br />

streiten/Nach altem Rittersinn.” 462<br />

Chiramente nella logica <strong>di</strong> queste pagine, secondo le quali l’onestà e le virtù tirolesi sono<br />

sostenute da Dio e sono il lasciapassare per la vittoria, i mezzucci infantili <strong>degli</strong> italiani e il<br />

loro tentativo <strong>di</strong> prendersi gioco dell’avversario con l’inganno non potranno che rivelarsi armi<br />

inutili per una eventuale vittoria. Verlor’nes Spiel è un testo ironico sulle velleità <strong>degli</strong><br />

italiani: lo spessore morale con cui si confrontano inevitabilmente avrà la meglio su un<br />

comportamento immorale. “Um <strong>di</strong>e Dolomiten, da wird gestritten/Fast ein viertel Jahr!/Der<br />

Welsch’ wollt sie bezwingen, im blutigen Ringen,/Mit einer bewaffneten Schar./[…] Italiens<br />

größter Kastanienröster,/Der Herr d’Annunzio./Er macht ein Gezetter, sagt alle<br />

Wetter,/[…]”Wir marschieren gleich bis Wien, das ist ein kurzer Schritt;/In zwei Wochen<br />

461<br />

Italia 1: “Noi però stiamo in pie<strong>di</strong> e guar<strong>di</strong>amo ancora la luce/e se noi ingenui ti abbiamo creduto a lungo/ora<br />

siamo svegli! Noi non ci copriamo il capo!/Certamente abbiamo incontrato Bruto – tuttavia noi non ca<strong>di</strong>amo!”<br />

462<br />

Italia 2: “L’Italia, la buona amica/ora si è rivelata,/ha voluto la guerra,/anziché starci vicina<br />

nell’alleanza,/denaro, sete <strong>di</strong> potere e <strong>di</strong> terra,/queste sono le caratteristiche <strong>di</strong> quest’amica./[…] Ora viene verso<br />

<strong>di</strong> noi – si avvicina alla nostra Patria-/[…] Noi ti ricor<strong>di</strong>amo il tuo vincolo/e ti mostriamo com’è l’onestà in<br />

Austria./Noi puniremo la tua perfi<strong>di</strong>a/con pallottole,colpi <strong>di</strong> fucile e spada/poiché una tale viltà/non merita<br />

nessun altra punizione./Ti mostreremo,/come sono i figli dell’Austria,/che combattono per la loro Patria/secondo<br />

l’antica indole cavalleresca.”<br />

179


sind wir drinn, ihr geht doch alle mit.”/Das Wort war gesprochen, <strong>di</strong>e Treue gebrochen;/[…]<br />

Wir wollen ihnen lehren, was echte Treue ist” 463<br />

Qualche testo <strong>di</strong> questa raccolta, ma in percentuale veramente bassa, si fa gioco del nemico<br />

sdrammatizzando in senso ironico su <strong>di</strong> lui. Normalmente, come abbiamo visto, le poesie<br />

sono tutte abbastanza gravi, e caratterizzano il nemico in maniera negativa, ma con<br />

impostazione etico-morale. Qua e là però troviamo delle liriche <strong>di</strong>vertenti 464 .<br />

An <strong>di</strong>e Katzelmacher 465 è una sorta <strong>di</strong> monito per il nemico impostato in maniera seria e<br />

giocosa allo stesso tempo. Già l’uso dell’espressione familiare e spregiativa Katzelmacher<br />

risulta una presa in giro nei confronti del nemico, al quale viene chiesto a mo’ <strong>di</strong> beffa se è<br />

consapevole <strong>di</strong> fronteggiarsi con dei campioni e soprattutto se è cosciente della fine che gli è<br />

riservata. Molto <strong>di</strong>vertente e sottilmente ironico l’invito-concessione che viene fatto<br />

all’italiano <strong>di</strong> scappare, finchè è in tempo, velocemente quanto le gambe gli consentono, è<br />

sottinteso che sarà molto poco visto che notoriamente l’italiano era rappresentato come un<br />

nanerottolo: “Seht ihr von den Bergen das Feuer blitzen?/Das sind <strong>di</strong>e Stutzen der<br />

Landesschützen!/Sie zielen gut und sie schießen weit,/Sie befördern euch schnell in <strong>di</strong>e<br />

Ewigkeit!/Hört ihr das Krachen und Zischen und Johlen?/Das sind <strong>di</strong>e österreichischen<br />

Kanonen!/[…] Ihr falschen Welschen, d’rum laßt euch sagen:/Lauft schnell, so rasch euch <strong>di</strong>e<br />

Beine tragen,/Und sagt eurem König Emanuel,/Wir bekamen gar sauber gegerbt unser<br />

Fell!” 466<br />

463<br />

La partita persa: “Sulle Dolomiti si combatte/quasi da un quarto <strong>di</strong> anno!/Il terrone le voleva soggiogare nella<br />

lotta sanguinosa,/con una schiera armata./[…] Il più grande imbroglione italiano,/il signor d’Annunzio./Egli<br />

strilla, inveisce,/[…] Noi marciamo comunque verso Vienna, è un gioco da ragazzi;/in due settimane noi saremo<br />

dentro la città, venite tutti.”/La parola fu data, il patto spezzato;/[…] Noi vogliamo insegnarvi, cos’è la vera<br />

lealtà.”<br />

464<br />

Secondo Mario Isnenghi l’amplificazione dei vizi e delle colpe dei nemici e, per contro, delle nobili virtù<br />

proprie, fa ricorso, da un lato, a un processo <strong>di</strong> ‘burattinizzazione’ dell’Altro; dall’ altro a un processo <strong>di</strong><br />

‘<strong>di</strong>sumanizzazione’ del Nemico, il quale viene escluso dai limiti stessi della natura umana, fino a <strong>di</strong>ventare<br />

bestia.<br />

Su questo doppio criterio si fonda il meccanismo <strong>di</strong> eterorappresentazione: suscitare ilarità e repulsione per il<br />

Nemico, tramite dei “meccanismi <strong>di</strong> riso e rigetto”, Isnenghi, op. cit., p. 145.<br />

465 Espressione con cui gli austriaci chiamano i vicini <strong>di</strong> casa italiani. Dovrebbe provenire da il nome <strong>di</strong> un<br />

utensile da cucina <strong>di</strong> legno, che nella Val Gardena, nell’attuale Sud Tirolo italiano viene chiamato "Ggatzel",<br />

in veneziano cazza, mestolo <strong>di</strong> stagno. Perciò Katzelmacher erano i costruttori <strong>di</strong> mestoli italiani, per<br />

esteso gli italiani. Questo termine era già in uso a Vienna dal 1741, ma la sua connotazione negativa<br />

riferita agli italiani la raggiunse soprattutto durante la prima guerra mon<strong>di</strong>ale insieme all’espressione<br />

Welsche. Da C. Berlitz, Die wunderbare Welt der Sprachen, Wien/Hamburg, Zsolnay, 1982, appren<strong>di</strong>amo<br />

altre sette derivazioni della parola, tra le più interessanti: dal verbo katzeln che in Rotwelsch significa<br />

mentire, adulare con finzione, quin<strong>di</strong> Katzelmacher come uomo inaffidabile e falso, oppure dall’italiano<br />

gazzara, quin<strong>di</strong> come gente rumorosa e chiassosa. Entrambe queste due derivazioni sono molto in linea<br />

con le argomentazioni portate avante in queste liriche contro gli italiani.<br />

466<br />

Ai Katzelmacher: “Vedete il fuoco lampeggiare dai monti?/Sono gli spari dei tiratori!/Essi mirano bene e<br />

sparano lontano,/vi trasportano velocemente nell’eternità!/Sentite il fracasso, lo stridere e le urlare?/Questi sono i<br />

180


Feldpostbrief eines Bersaglieri an seine Braut è la paro<strong>di</strong>a <strong>di</strong> una lettera <strong>di</strong> un bersagliere<br />

italiano alla propria sposa nella quale si lamenta della con<strong>di</strong>zione delle truppe italiane:<br />

malumore, problemi fisici, fame, nessuna postazione conquistata e consapevolezza della<br />

superiorità nemica, sia fisica sia morale. Il tutto è farcito con delle parole in italiano, o<br />

italianizzazioni del tedesco, che rendono il testo molto <strong>di</strong>vertente: “Cara mia, viel saluti!/Ach,<br />

wie bin ich schon missmuti./Frostbeulini auf Fussoli,/Groß wie ein Kartoffelknolli./Blau von<br />

Schläg auf Buckolini,/Cara mia, bin ganz hin i - -!/[…] Hier gibt es keine Maccaroni/[…]<br />

Und mir schmeckt auch niente/[…] Denn es gibt kein “Avanti!”/Selbst Cadorna ist schon<br />

granti./[…] Wir kommen nicht hinüber/[…] Die Tiroler dorten stecken/Überall in allen<br />

Ecken./Viele Piccolo und grande/Schießen von der Felsenwande./Wenn da rührt Alpini sich<br />

vom Orte/So ist er auch – bum – schon morte.” 467<br />

Dal titolo molto più schietto e dai contenuti altrettanto schietti e severi sono la maggior parte<br />

delle liriche <strong>di</strong> etero rappresentazione comparse nei Supplementi letterari: la falsità, la<br />

pre<strong>di</strong>sposizione al tra<strong>di</strong>mento e alla menzogna e l’indole criminale sono i mali <strong>di</strong> cui è vittima<br />

la nazione italiana. Mali a cui il giornalista e poeta minore Leopold Schwarz 468 attribuisce<br />

un’origine nientemeno che demoniaca in queste due poesie Italia Perfi<strong>di</strong>ssima I e II.<br />

La prima delle due liriche denuncia così il comportamento italiano: “l’onta inau<strong>di</strong>ta, il più<br />

infame dei tra<strong>di</strong>menti, la perfi<strong>di</strong>a e l’o<strong>di</strong>o macchiano la spada romana, che dopo anni <strong>di</strong><br />

alleanza attacca a tra<strong>di</strong>mento il suo stesso compagno” 469 . Proprio questa bassezza, questo<br />

comportamento meschino, si ritorceranno sull’esito finale del conflitto: l’Italia proverà sulla<br />

sua stessa pelle che ingiustizia e tra<strong>di</strong>mento non possono trionfare. “mit Schmach und<br />

Schimpf wirst du dein Schwert befleken”. Il verbo utilizzato, macchiare, apre lo scenario delle<br />

argomentazioni portate contro gli italiani. La macchia comunemente viene associata al<br />

peccato e, sul peccato sulla corruzione su l’illusione e il fascino si struttura il testo: “Den<br />

Wahn […] der, <strong>di</strong>ch betört” 470 .<br />

cannoni austriaci!/[…] Voi falsi terroni, lasciatevi <strong>di</strong>re:/correte veloci, così come ve lo permettono le vostre<br />

gambe,/e <strong>di</strong>te al vostro Re Emanuele,/ci hanno proprio conciato per le feste!”<br />

467<br />

Lettera <strong>di</strong> un bersagliere alla sua donna: “Cara mia, tanti saluti!/Ahi, come sono <strong>di</strong> cattivo umore./Geloni ai<br />

pie<strong>di</strong>,/gran<strong>di</strong> come tuberi <strong>di</strong> patate./Blu dalle botte,/Cara mia, sono veramente in in(cazzato)!/ […] Qua non ci<br />

sono maccheroni/[…] e non mi piace niente/[…] Poiché non c’è nessun “Avanti”!/Persino Cadorna è molto <strong>di</strong><br />

malumore./[…] Noi non passiamo oltre/[…] i Tirolesi sono là infilati dappertutto/in tutti gli angoli./Molti gran<strong>di</strong><br />

e piccoli/sparano dalla parete rocciosa./Quando gli Alpini si muovono là/allora è – bum – proprio la morte.”<br />

468<br />

(1858-1926) giornalista e autore ceco.<br />

469<br />

“unerhörte Schande […] allerschlimpflichste Verrat […] deine Tücke und dein Haß [...] nach langen<br />

Bündnisjahren fällst du den eigenen Genossen an!”<br />

470<br />

“L’illusione […] che ti ha sedotto.”<br />

181


Questi versi e, <strong>di</strong> conseguenza, la visione del mondo, si <strong>di</strong>vide in “Du”: “ohne Scham und<br />

Scheu” (Tu: senza pudore e senza vergogna), “falsch” (falso), “Verräter” (tra<strong>di</strong>tore), “Dich<br />

trifft <strong>di</strong>e Schuld der Schrecken” (E‘ tua la colpa <strong>di</strong> questo orrore), “Auf dein Haupt fällt<br />

<strong>di</strong>eses Krieges Graus” (sul tuo capo cade l’orrore <strong>di</strong> questa guerra) e “Wir” : “fest und treu”<br />

(Noi: sal<strong>di</strong> e fedeli). Questo breve schema della ripartizione del mondo in buoni e cattivi,<br />

come la propone la prospettiva <strong>di</strong>e Supplementi letterari della Tsz, è in<strong>di</strong>cativa <strong>di</strong> un metodo<br />

che ritroviamo applicato in generale: per caratterizzare il nemico il linguaggio è per regola<br />

molto più variato mentre per l’autorappresentazione i termini utilizzati sono quasi sempre gli<br />

stessi.<br />

Non pago <strong>di</strong> questo testo, il suo autore, ne offre anche un seguito pubblicato nel numero del<br />

15 agosto 1915: Italia perfi<strong>di</strong>ssima II, sempre incentrata sulla corruzione demoniaca (il<br />

demonio è chiaramente l’Inghilterra, in riferimento alle promesse del patto <strong>di</strong> Londra 471<br />

firmato segretamente il 26 aprile 1915 tra Italia e Inghilterra): Satana ha assalito l’Italia, ce<br />

l’ha fra le grinfie, “ein Dämon hat <strong>di</strong>ch befallen […] Dich hat der Satan in den Krallen” (Ti ha<br />

assalito un demone […] Satana ti ha fra e grinfie). Dal testo emerge che la scelta <strong>di</strong> Satana<br />

non è stata casuale: l’Italia è vittima prescelta in quanto facilmente corruttibile. Anche in<br />

questi versi sono <strong>di</strong>verse le espressioni usate per definire la presunzione e, allo stesso tempo,<br />

la ‘facilità’ italiana : “freche” (sfacciato), “falsch” (falso), “wahnbetörtes” (sedotto<br />

dall’illusione), “feile Opfer” (vittima corruttibile), che, molto similmente a Satana, “fa le<br />

pentole e non i coperchi”, finirà per colpirsi con il suo stesso pugnale “<strong>di</strong>ch selber trifft dein<br />

Messerstich” (la tua coltellata ferirà te stesso).<br />

L’intento <strong>di</strong> entrambi i testi è denigrare più possibile la fama italiana, che però, cosa molto<br />

interessante, pure nella cattiveria è seconda all’Inghilterra, quin<strong>di</strong> viene svuotata <strong>di</strong> ogni<br />

capacità <strong>di</strong> intendere e <strong>di</strong> volere, ed è classificata come uno strumento delle macchinazioni<br />

altrui: le espressioni che maggiormente evidenziano quest’idea sono “wahnbetörtes” e “feile<br />

Opfer” offrendo l’immagine <strong>di</strong> un’ ‘Italietta’ debole e inquieta, poco affidabile come alleata<br />

perché facilmente corruttibile, confermando un pensiero <strong>di</strong>ffuso nell’Europa del periodo, non<br />

solo da parte <strong>degli</strong> Imperi centrali.<br />

471<br />

In caso <strong>di</strong> vittoria, all’Italia sarebbero stati riconosciuti il confine al Brennero, il possesso dell’Istria e della<br />

Dalmazia, il mantenimento delle isole del Dodecaneso, il possesso <strong>di</strong> Valona e, infine, la partecipazione alla<br />

spartizione delle colonie tedesche.<br />

182


Anche in altri testi l’Italia viene descritta come vittima della furbizia inglese, Esempio da:<br />

“Denn er war einst in Bund der Dritte,/Bis durch <strong>di</strong>e Money ganz geirrt,/Die ihm anbot der<br />

schlaue Brite,/Er zum Gegner sich kristallisiert./Diese tat, beschämend jede Nation” 472<br />

Come abbiamo detto in apertura l’Italia in queste pagine veniva spesso paragonata ai più noti<br />

tra<strong>di</strong>tori della storia. Judas è una lirica abbastanza lunga de<strong>di</strong>cata all’ex alleato, che come<br />

altrove è associato al mondo del male, del demoniaco. L’atteggiamento italiano è descritto<br />

come falso e ipocrita, egli si avvicina lentamente verso la sua vittima per assalirla alle spalle.<br />

Questa è peggiore infamia che si possa commettere, attaccare a tra<strong>di</strong>mento: “Da nahte von<br />

Hinten leis’, wie ein Strolch/ Der falsche Freund mit gezücktem Dolch,[...] So teuflich<br />

gehandelt hat Judas nicht,/ Der weltberüchtigte Bösewicht,/als du, italienischer Heuchler./Du<br />

hast den Freund nicht verraten nur,/Du wolltest werden sein Meuchler.[...]Du rühmst <strong>di</strong>ch,<br />

römischen Stammen zu sein,[...] Auch Judas war Römer, von seinem Geschlecht[...]Den<br />

Stuck ver<strong>di</strong>entet ihr beide./Gerecht ist Gott, er findet und straft/ auch im Römerkleide.[...]<br />

Und <strong>di</strong>ch, du Judas der neuen Welt/ wird Gottes Gerechtigkeit richten.„ 473 Come altrove,<br />

anche attraverso l’utilizzo cadenzato del pronome personale du, l’obiettivo è dare al lettore il<br />

senso della <strong>di</strong>stinzione tra il mondo dei buoni e dei cattivi. Tra l’altro, se gli italiani si sono<br />

schierati con il demonio, in quanto rappresentanti del mondo del male, la fedeltà e l’onestà dei<br />

tedeschi è invece accompagnata dall’aiuto <strong>di</strong>vino: “Du trautest der Hilfe der bösen Welt,/Wir<br />

haben in Gottes Schutz uns gestellt,/Und werden <strong>di</strong>e Feinde vernichten.” 474<br />

Tra le liriche che hanno come compito quello <strong>di</strong> caratterizzare negativamente il nemico vi è<br />

anche Italiens Verrat!. In questi versi l’italiano o, meglio, gli italiani sono descritti come una<br />

banda <strong>di</strong> briganti e ban<strong>di</strong>ti. È chiaro che nell’utilizzare queste definizioni c’è una sapienza che<br />

va messa in luce: una lunga tra<strong>di</strong>zione letteraria tedesca aveva <strong>di</strong>pinto il popolo italiano quasi<br />

interamente costituito da briganti e assassini, vuoi per i numerosi fatti <strong>di</strong> brigantaggio e per i<br />

famosi ban<strong>di</strong>ti che annoverava la nostra terra specialmente durante il XIX secolo, vuoi per<br />

una inevitabile stereotipizzazione, anche letteraria, della cosa. Quin<strong>di</strong>, identificare l’italiano<br />

472 Kampfruf aus dem Hochgebirge, Chiamata alle armi dall’alta montagna: “Egli era un tempo nella Triplice<br />

Alleanza,/finché completamente confuso dai sol<strong>di</strong>,/che gli offrì il furbo inglese,/egli si è defintivamente<br />

trasformato in nemico./Ogni nazione prova vergogna per quest’azione.”<br />

473 Judas, Giuda: “Allora si avvicinò da <strong>di</strong>etro silenzioso come un farabutto,/il falso amico con il pugnale<br />

sguainato,[…] nemmeno il famigerato malvagio Giuda/ha agito così <strong>di</strong>abolicamente come te, ipocrita<br />

Italiano./Tu non solo hai tra<strong>di</strong>to il tuo amico,/ ma volevi essere il suo sicario[…] tu ti vanti <strong>di</strong> essere <strong>di</strong> stirpe<br />

romana[…]anche Giuda era <strong>di</strong> <strong>di</strong>scendenza romana […] entrambi meritereste l’impiccagione./Dio è giusto egli<br />

scova e punisce il farabutto/anche in abiti romani.[…] Tu, Giuda del nuovo mondo, sarai giu<strong>di</strong>cato dalla giustizia<br />

<strong>di</strong>vina.”<br />

474 Ibid: “Tu ti sei fidato dell’aiuto del mondo dei cattivi,/noi ci siamo affidati alla protezione <strong>di</strong>vina,/e<br />

annienteremo il nemico.”<br />

183


come brigante aveva come primo ruolo quello <strong>di</strong> fornire uno stereotipo ben ra<strong>di</strong>cato nella<br />

cultura germanofona e rendere al lettore l’assunzione <strong>di</strong> questa immagini imme<strong>di</strong>ata. Il<br />

secondo compito era quello <strong>di</strong> rendere l’immagine del tra<strong>di</strong>tore per il pubblico <strong>di</strong> lettori<br />

sempre nel modo più chiaro e imme<strong>di</strong>ato: il brigante avvolto nel suo mantello e con in mano<br />

un pugnale non in vista aggre<strong>di</strong>sce le proprie vittime proprio a tra<strong>di</strong>mento, così come fece<br />

l’Italia nei confronti del suo ex alleato (immagine molto <strong>di</strong>ffusa anche nel supporto visivo):<br />

“Nach Ban<strong>di</strong>ten Art, Italien, fällst du uns an,/Als einst’ger Bruder schließt du <strong>di</strong>ch uns’ren<br />

Feinden an./Abscheulich war <strong>di</strong>eser Verrat,/Doch wird der Lohn <strong>di</strong>r wie <strong>di</strong>e Tat,/Denn Verrat<br />

lohnt nicht der Himmel!” 475 Nonostante il lungo l’elenco <strong>di</strong> qualità negative e azioni inique<br />

del nemico che causano per<strong>di</strong>te, sofferenza e dolore i combattenti austroungarici non cedono,<br />

ma anzi trovano maggiore energia per ven<strong>di</strong>care morti e soprusi: anche in questo testo è il<br />

doch ad avere il compito <strong>di</strong> dare rilievo e allo stesso tempo sminuire questo elenco <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetti e<br />

cattiverie, perché quanto più esse sono gravi tanto più i soldati austriaci saranno in grado <strong>di</strong><br />

fronteggiarli grazie alle loro qualità che sono rese anche più importanti poiché la quantità e la<br />

qualità delle azioni inique italiane è elevatissimo: “Doch glaub’, Verräter das stählt nur uns’re<br />

Kraft,/Und gibt uns Heldenmut!” 476 , come si è già anticipato un nemico seppure tanto<br />

malvagio, ma così basso moralmente in fin dei conti non merita neanche <strong>di</strong> essere considerato<br />

tale “Nicht achtungswert bist du als Feind, von aller Ehre bar,/Vergleichlich bist du mit einer<br />

Brigantenschar,/Die meuchlings anfällt den friedlichen Mann,/Der Gutes ihr nur hat<br />

getan./Doch Gott vergißt das nicht!” 477<br />

Wie lange noch? È un altro testo <strong>di</strong> eterorappresentazione incentrato sul peccato e sulla<br />

seduzione <strong>di</strong> satana. Per tutto il testo ci si rivolge a un du (du, <strong>di</strong>ch, dein) elencandone le<br />

iniquità e poi nell’ultima strofa s’introduce per nome l’interlocutore, Italien: “Wie lange noch<br />

du welscher Feind/Bleibst völlig du von Sinnen?/Hast du noch nicht genug beweint/Dein<br />

schreckliches Beginnen?/Wie lange noch soll dein blinder Wahn/ Dich teuflich ganz<br />

umstricken?/[…] O, welsch’ ein finst’rer Höllengeist,/Halt, Welscher, <strong>di</strong>ch gefangen,/[…]<br />

Siehst, Römer, du noch immer nicht,/Daß <strong>di</strong>ch ein Dämon kirrte?/[…] Italien, wie sank’st du<br />

475<br />

Il tra<strong>di</strong>mento italiano: “Italia, tu ci attacchi alla moda dei ban<strong>di</strong>ti,/da nostro ex alleato ora ti schieri con i<br />

nostri nemici./Questo tra<strong>di</strong>mento fu ripugnante,/ma la tua ricompensa sarà conforme all’azione,/poiché il<br />

tra<strong>di</strong>mento non viene ricompensato dal Cielo!”<br />

476<br />

Ibid.: “Tuttavia sappi, tra<strong>di</strong>tore, ciò (le tue azioni inique) irrobustisce solamente la nostra forza,/e ci da<br />

coraggio eroico!”<br />

477<br />

Ibid.: “Non sei temibile come nemico, privo <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>gnità,/sei paragonabile a una schiera <strong>di</strong> ban<strong>di</strong>ti,/che<br />

attaccano a tra<strong>di</strong>mento l’uomo pacifico,/che vi ha solamente fatto del bene./Tuttavia, il Signore non se lo<br />

<strong>di</strong>mentica!”<br />

184


tief!/Wie sollst du <strong>di</strong>ch erheben?/ Der Geist, der in den Krieg <strong>di</strong>ch rief,/Zerfrißt <strong>di</strong>r Ehr’ und<br />

Leben!” 478<br />

Gegen den Welschen: “Du wolltest uns’re Reben,/Du wolltest unser’n Wein,/Eh’r lassen wir<br />

das Leben,/Als einen einz’gen Stein!/Hol’ Dir das Gold des Briten,/Den schnödedn<br />

Judaslohn,/[…] Verräterische Bande,/Du wähntest uns in Not;/Nun holst Du nebst der<br />

Schande/Verderben Dir und Tod!/D’rum laß <strong>di</strong>e Räuberhände/Von unsern Grenzen<br />

weg,/Denn über solche Wände,/Da führt für <strong>di</strong>ch kein Sieg!” 479 Anche in questo testo<br />

espressamente contro i Welschen l’uso dei pronomi ha lo scopo <strong>di</strong> creare nel lettore un senso<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo e <strong>di</strong>stacco da quel du. Come altrove si ricorda che il popolo combattente tirolese<br />

è pittuosto <strong>di</strong>sposto a cedere la propria vita che un pezzo <strong>di</strong> terra.<br />

Kriegslied der Österreicher. Gegen <strong>di</strong>e Wälschen!: “Mein Österreich, mein Vaterland,/[…]<br />

Zerrissen hat der Freundschaft Band/ Der wälsche Lump – nicht wert/In unseres Kreis zu<br />

sein!/Sein Herz war niemals dein!/Herbei herbei aus Feld und Wald;/Der Kaiser Euch ja ruft!/<br />

In Not will zwingen mit Gewalt,/Ihn frech der wälsche Schuft,/Der ihn mit Worten<br />

fein,/Verriet – ganz hundesgemein!/Mein Österreich, mein Vaterland,/Nun zeig’ Dich groß<br />

und stark!/Der Wälsche greift mit gieriger Hand /Nach Deiner Landesmark/«Hau ihm den<br />

Schädel ein/Und Ehr’ und Ruhm ist Dein!»” 480 Questa lirica oltre ad affrontare tutte le<br />

tematiche più o meno già abbozzate utilizza un’espressione molto ricorrente in queste pagine<br />

che suscita e rimanda nel lettore un’immagine molto salda della bramosia e dell’ingor<strong>di</strong>gia del<br />

nemico: allungare la mano avida su qualcosa.<br />

In Krieg ist mit Rom! ancora una volta verbi e aggettivazione sono utilizzati con la finalità <strong>di</strong><br />

non lasciare nulla sottinteso e dare del nemico un’immagine estremamente negativa e<br />

imme<strong>di</strong>atamente tale: allo scoppio del conflitto in Europa tutti partecipano tranne uno: “Nur<br />

Einer, Der hockt auf Katzensohlen./Und während Millionen ihr Herzblut verspritzen,/Da<br />

478<br />

Per quanto tempo ancora?: “Per quanto ancora, tu nemico terrone/rimani pervaso dal peccato?/Non hai<br />

ancora pianto abbastanza/la tua spaventosa impresa?/Per quanto ancora la tua cieca follia/deve irretirti<br />

<strong>di</strong>abolicamente?/[…] Oh terrone, un truce spirito infernale,/ ti tiene prigioniero, terrone,/[…], Romano, non ve<strong>di</strong><br />

ancora,/che ti giostra un demone?/[…] Italia, come sprofon<strong>di</strong> in basso!/Come ti dovresti sollevare?/Lo spirito<br />

che ti ha chiamato in guerra,/ti rosicchia la <strong>di</strong>gnità e la vita!”<br />

479<br />

Contro il terrone: “Tu volevi le nostre viti,/tu volevi il nostro vino,/piuttosto noi sacrifichiamo la nostra<br />

vita,/che anche una sola pietra!/Tieniti pure l’oro britannico,/l’infima paga <strong>di</strong> Giuda,/[…] banda <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori,/tu ci<br />

hai condotti nella necessità;/ora ti accompagni all’onta,/alla rovina e alla morte!/Perciò leva le mani ladre/dai<br />

nostri confini,/poiché sopra queste pareti,/per te non c’è nessuna vittoria!”<br />

480<br />

Canto <strong>di</strong> guerra austriaco. Contro i terroni!: “Mia Austria, mia Patria,/[…] il farabutto terrone ha stracciato il<br />

vincolo d’amicizia/non degno/<strong>di</strong> far parte della nostra cerchia!/Il suo cuore non fu mai tuo!/Qui, qui sul campo e<br />

per il bosco;/l’Imperatore vi chiama!/La canaglia terrona lo vuole spudoratamente/ mettere in <strong>di</strong>fficoltà con la<br />

forza,/avendolo già abilmente tra<strong>di</strong>to/con le parole – in modo infame!/Mia Austria, mia Patria,/ora mostrati<br />

grande e forte!/Il terrone il terrone allunga le mani avide/sui tuoi confini/«Fracassagli il cranio/così onore e<br />

gloria saranno tue!»”<br />

185


leibt er lauernd zuhause sitzen,/Um heimlich uns an <strong>di</strong>e Gurgel zu fahren,/Denn: wir sind ja<br />

Barbaren, verfluchte Barbaren!/[…] Hast ja alles fein abgekartet,/Hast immer gewartet und<br />

immer gewartet,/Heimlich <strong>di</strong>e Liebschaften angebandelt,/[…]Dachtest in all’ den blutigen<br />

Schrecken,/kampflos den Bruder einzustecken,/[…] Heimtücklisch uns willst<br />

ermorden./Höre: Wir sind nich so leicht zu biegen!/[…] Willst uns besuchen in<br />

Stephansdom?/Gott zerschmett’re Italien und strafe <strong>di</strong>ch,/Meinei<strong>di</strong>g Volk von Rom!” 481 Il<br />

nemico allo scoppio del conflitto rimane accoccolato (hockt) in attesa come un gatto, pronto<br />

in agguato (bleibt er lauernd) per saltarci segretamente alla gola (um heimlich uns an <strong>di</strong>e<br />

Gurgel zu fahren). A questa descrizione abbastanza ripugnante segue l’osservazione retorica:<br />

ci attaccano perché noi siamo i maledetti barbari 482 , quando dalla descrizione appena fatta<br />

emerge l’esatto opposto. Il comportamento italiano è prevalentemente caratterizzato dal<br />

doppio gioco, dall’agire all’ombra, daIla menzogna. I riferimenti alle relazioni amorose è<br />

ironico e si tratta ovviamente dei trattati segreti che stava sbrigando l’Italia prima <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>chiarare guerra ai suoi ex alleati.<br />

Questi ultimi due testi fanno inoltre uso <strong>di</strong> altre due espressioni molto <strong>di</strong>ffuse e molto<br />

frequenti nella rappresentazione del nemico italiano: “Hau’ ihm den Schädel ein!” e “Gott<br />

zerschmett’re Italien”. Fracassare il cranio al nemico e sfracellarlo sono gesti continuamente<br />

invocati; la volontà <strong>di</strong> annientare il nemico e ridurlo in poltiglia è <strong>di</strong>rettamente funzionale alla<br />

sua malvagità. Anche il verbo zerschellen, sfracellarsi, è uno dei verbi che vengono usati più<br />

spesso quando si descrive l’italiano nell’atto <strong>di</strong> invadere il territorio straniero: egli si sfracella<br />

poichè urta con un blocco talmente saldo e talmente unito (che siano i monti che sia l’esercito<br />

austriaco) che va in pezzi.<br />

Nella eterorappresentazione del nemico, come anche nell’autorappresentazione, ha un ruolo<br />

importante non solo la sua descrizione generica, come gruppo, ma è altrettanto importante<br />

anche prendere <strong>di</strong> mira un personaggio <strong>di</strong> spicco della nazione nemica, meglio ancora, un<br />

personaggio <strong>di</strong> spicco dell’esercito nemico. I personaggi simbolo negativi italiani sono<br />

481<br />

La guerra è con Roma!: “Solo uno, rimane accoccolato come un gatto./E mentre milioni <strong>di</strong> uomini versano il<br />

proprio sangue,/egli rimane a casa seduto,/per saltarci alla gola <strong>di</strong> nascosto,/Quin<strong>di</strong>: noi saremo pure barbari,<br />

maledetti barbari!/[…] Hai atteso abilmente,/hai aspettato e aspettato,/in segreto hai portato avanti delle relazioni<br />

amorose,/[…] pensavi <strong>di</strong> fare fuori il tuo fratello,/senza combattere in questo orrore,/[…] ci volevi assassinare in<br />

maniera subdola./Senti: non siamo così facili da piegare!/[…] Ci vuoi fare visita a Vienna?/Dio <strong>di</strong>strugga l’Italia<br />

e ti punisca,/falso popolo <strong>di</strong> Roma!”<br />

482<br />

Deutsche Barbaren: “Sie nennen <strong>di</strong>ch, du deutsches Volk, Barbaren!/[…] Auf dein Barbarentum ist mehr<br />

Verlaß,/Als auf das Großtun all der Feindescharen.” Barbari tedeschi: “Loro ti chiamamo, popolo tedesco,<br />

barbari!/[….] Ci si può più fidare della tua barbarie,/che delle arie che si danno tutti i nostri nemici.”<br />

186


Vittorio Emanuele e Cadorna. Ovviamente in questi due figure si trovano esasperate i <strong>di</strong>fetti e<br />

i mali dell’intero popolo italiano. Le poesie che hanno come soggetto il sovrano e il generale<br />

sono tutte ironiche e canzonatorie.<br />

A Vittorio Emmanuele III è de<strong>di</strong>cata una porzione abbastanza significativa <strong>di</strong> testi. Egli fu il<br />

Re più basso avuto in Italia, 1m e 54 cm, il quale impose ad<strong>di</strong>rittura l’abbassamento<br />

dell’altezza minima dei militari <strong>di</strong> leva. Essendo basso egli aveva, <strong>di</strong> fatto, un fisico<br />

antieroico.<br />

Nella lirica Emanuel egli viene descritto nel bel mezzo del suo affaticarsi per conquistare le<br />

vette austriache. La sua faticosa “arrampicata” così come viene descritta, <strong>di</strong>venta uno<br />

spettacolo <strong>di</strong>vertente per le truppe avversarie: “Was kraxelt dort den Berg herauf?/Mit<br />

Mordsgestöhne und Geschnauf?/Ich glaub’ es ist Emanuel,/Kommt Kameraden, schauet<br />

schnell!/Der steile Weg gebot ihm Halt,/Jetzt hängt er in ‘ner Felsenspalt./Mit seinen<br />

Beinchen, ich lach’ mich krumm,/Zappelt er in der Luft herum./Es schien das Wetter ihm so<br />

schön,/Drum wollt’ er schnell nach Austria gehn,/Jetzt hängt er fest, der falsche Tropf,/[…]<br />

Mio piccolo Emanuel!/Nach Österreich steigt man nicht so schnell./Solang wir an der Greze<br />

steh’n,/Wird auch kein Weg nach dahin geh’n!” 483<br />

Il re d’Italia, per esteso, <strong>di</strong>venta il rappresentante <strong>di</strong> tutti i combattenti italiani.<br />

L’ambientazione in montagna ovviamente non può non ricordare al lettore, come invece se la<br />

cavano egregiamente i combattenti austriaci, perché quello è il loro habitat, la loro terra. Chi<br />

viene da fuori, non solo non è legato intimamente a quei luoghi come chi ci è nato e cresciuto,<br />

ma non ha neanche le qualità fisiche per affrontare quei monti che non gli appartengono. Si<br />

noti l’uso del verbo festhängen (rimanere impigliato, bloccato) che si contrappone a quello<br />

usato <strong>di</strong> norma in queste pagine quando si descrivono le truppe au feststehen o festhalten.<br />

La poesia dal titolo Der kleine König è sempre incentrato sulla statura del sovrano d’Italia. La<br />

questione della statura in queste pagine non è solamente una questione fisica, ma <strong>di</strong>venta<br />

anche una questione morale come sintetizzano con molta finezza queste battute: “Vorwärts<br />

kommt man nicht mit Lügen!/Wahrheit hat <strong>di</strong>e längsten Beine!” 484 . “Lügen haben kurze<br />

483<br />

Emanuel, Emanuele: “Che cosa si arrampica quassù sulle montagne?/Con lamenti assassini e<br />

schiamazzi?/Credo sia Emanuele,/venite compagni, guardate veloci!/Il percorso scosceso gli richiede una<br />

pausa,/ora è appeso in una crepa rocciosa./Con le sue gambette, si <strong>di</strong>mena nell’aria tutt’attorno/io mi contorco<br />

dalle risate./Il tempo gli sembrava buono,/perciò decise <strong>di</strong> recarsi in Austria,/ora egli è impigliato il<br />

poveraccio,/[…] Mio piccolo Emanuel!/Non si arriva così facilmente in Austria./Fintanto che noi staremo ai<br />

confini,/nessuna strada per quella <strong>di</strong>rezione sarà percorsa!”<br />

484<br />

Il piccolo Re: “Non si avanza con le bugie!/La verità ha le gambe più lunghe!”<br />

187


Beine” <strong>di</strong>ce il proverbio anche in tedesco (le bugie hanno le gambe corte), l’italiano lo<br />

impersona appieno fisicamente e nei comportamenti.<br />

Un altro personaggio che viene deriso 485 in queste pagine è il generale Cadorna. Nella lirica<br />

Cadornas Klage egli stesso in un monologo <strong>di</strong>vertente ammette la propria debolezza e la<br />

superiorità dell’esercito nemico: “Will ich nach Tirol hinein:/Plötzlich setzt ein Regen<br />

ein,/Den der Standschütz <strong>di</strong>rigiert:/Und der mich gar sehr geniert./[…] Sauf ich mir auch erst<br />

den Mut,/Solch ein Regen kühlt das Blut!/[…] In Tirol, im Trient’, in Kärnten/Nichts als<br />

Niederschlä’ zu ernten./ Donnerwetter, Paraplui!/Das gibt eine Retirade,/Und den Krieg<br />

gewinn’ ich nie!” 486 . Quella che all’inizio era una marcia verso il Tirolo (nach Tirol hinein) si<br />

trasforma in ritirata (eine Retirade).<br />

Anche il testo Cadorna berichtet… dal tono prevalentemente ironico è incentrato sulla<br />

ri<strong>di</strong>colizzazione del personaggio. Dal testo emerge la non corrispondenza tra i fatti avvenuti in<br />

combattimento, cioè l’essersi presi una bella batosta dai tiratori tirolesi, e ciò che Cadorna<br />

riporta ed è ancora una volta confermata la falsità <strong>degli</strong> italiani: “Einen Blick/Nach dem<br />

Graben,/Den er haben/Wollt, send’t er zurück;/Macht sich dann tröstende aus dem<br />

Staube:/Was er befahl auch ‘Vor! Vernichtet!’/Und tapf’re Schützen ihm’s verpfuschen/Das<br />

läßt sich, Gott sei dank, vertuschen/Wenn seinem Volke er berichtet…..” 487<br />

Fare ironia sui personaggi <strong>di</strong> spicco è una pratica molto importante, quasi doverosa in<br />

prossimità e in tempo <strong>di</strong> guerra, è imporatante perché bisogna far perdere loro <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>bilità,<br />

loro che sono la quintessenza del nemico, le figure simbolo dell’avversario. Se nelle pagine<br />

della Tsz sono Vittorio Emanuele e Cadorna ad essere presi <strong>di</strong> mira sarà inevitabile che per la<br />

propaganda italiana saranno rispettivamente l’Imperatore d’Austria e <strong>di</strong> Germania ad essere<br />

scherniti. Essi, ad esempio, nelle pagine della «Tradotta» vengono descritti come causa sia<br />

dello scoppio delle ostilità che della durata e durezza del conflitto, come massimi esponenti<br />

della barbarie, come nemici della religione, come menzogneri, condottieri specializzati in<br />

ritirate e collezionsti <strong>di</strong> fiaschi come esemplificano le immagini che riporto <strong>di</strong> seguito:<br />

485<br />

Si noti che i personaggi <strong>di</strong> identificazione austriaca sono mistificati, trasfigurati e descritti quasi come<br />

semidei, quelli italiani ri<strong>di</strong>colizzati e sminuiti nei loro ruoli.<br />

486<br />

Il lamento <strong>di</strong> Cadorna: “Io voglio entrare in Tirolo:/improvvisamente comincia una pioggia,/<strong>di</strong>retta dai<br />

tiratori:/e che mi mette seriamente in imbarazzo./[…] Se anche mi bevo del coraggio,/una tale pioggia,/gela<br />

comunque il sangue!/[…] In Tirolo, a Trento, in Carinzia,/non si è mietuto che sconfitte./ Donnerwetter,<br />

Paraplui!/ Qui si batte ritirata/ e io non vinco mai la guerra!”<br />

487<br />

Cadorna racconta…: “Egli vuole dare uno sguardo alle trincee,/poi lo rimanda in<strong>di</strong>etro;/allora fra la polvere<br />

prova a consolarsi:/infondo egli aveva or<strong>di</strong>nato: Avanti! Distruzione!/ma i valorosi tiratori gliel’hanno<br />

rovinato/Dio sia ringraziato che ciò si potrà nascondere/quando egli lo racconterà al suo popolo…”<br />

188


Espressioni e parole chiave dell’autorappresentazione 488 :<br />

- Tirol, Volk, Ahnen, Bauern, Heimat, Vaterland, Land, Herd, Felsen, heimatliche Berge,<br />

heilige Berge, Bergheimat, unsere Alpenwelt, unsere Grenze, unseres Reichen heilige Mark,<br />

roter tiroler Adler, stolze Aar/Adler.<br />

488<br />

- Tirolo, popolo, antenati, conta<strong>di</strong>ni, patria, madrepatria, terra, focolare, rocce, monti patri, sacri monti, patria<br />

dei monti, il nostro mondo alpino, i nostri confini, i nostri sacri confini del Regno, aquila rossa tirolese, fiera<br />

aquila.<br />

- - Eroe, figlio dei monti, un autentico figlio delle Alpi, Cristo tirolese, guar<strong>di</strong>a, la guar<strong>di</strong>a fedele, il nostro<br />

valoroso esercito (come bastione <strong>di</strong> frontiera, come bastione delle Alpi), la nostra schiera <strong>di</strong> eroi tirolesi, la<br />

nostra valorosa schiera <strong>di</strong> eroi, popolo patrio, variopinto esercito popolare austriaco.<br />

- - Proteggere, riparare, combattere come eroi, stare saldo, stare saldo e fedele fino alla morte, stare fedeli,<br />

<strong>di</strong>fendere, <strong>di</strong>fendere, tener duro, resistere, reggere, tenere insieme, perseverare nella postazione, tutti uniti<br />

saldamente, stare come una parete, forte e saldo come un muro, così saldo, così forte, duro come la superficie<br />

rocciosa, mano nella mano, uniti fratello con fratello, <strong>di</strong> buon’animo, con nobile resistenza, irremovibile, fedele,<br />

fiero, sacro, forte, magnifico, forte come un eroe, pronto al combattimento, felice <strong>di</strong> combattere, ar<strong>di</strong>to,<br />

autentico, orgoglio conta<strong>di</strong>no, avvezzo ai monti, valoroso, fisso e fiero come i suoi monti, libero, umile, devoto,<br />

nobile, silenzioso, silenzioso e fiero, unito, compatto, uniforme, coeso, forza congiunta, immortale.<br />

- Dovere, onore, fedeltà, orgoglio, amore, gioia, luogo <strong>di</strong> libertà, forza e coraggio, splendore della gloria, valore,<br />

<strong>di</strong>fesa, giustizia, spirito eroico, fiducia in Dio e in sé, indole cavalleresca, unione, <strong>di</strong>ritto.<br />

189


- Held, Bergsohn, ein echter Alpensohn, Tiroler Christ, Wacht, <strong>di</strong>e treue Wacht, unser tapferes<br />

Heer (als Grenzwall, als Alpenwall), unser tiroler Heldenschar, unsere tapfere Heldenschar,<br />

Heimatvolk, Österreichs buntes Völkerheer.<br />

- beschützen, schützen, als Helden kämpfen, feststehen, fest stehen und treu bis in den Tod, treu<br />

festhalten, schirmen, vertei<strong>di</strong>gen, durchhalten, aushalten, standhalten, zusammenhalten, auf<br />

dem Posten ausharren, alle fest vereint, wie eine Wand stehen, wie eine Mauer stark und fest,<br />

so fest, so kräftig, hart wie Felsenrand, Hand in Hand, Brüder an Brüder geschlossen, mit<br />

frohem Mut, mit adeligen Trutzen, felsenfest, treu, stolz, heilig, stark, herrlich, heldenstark,<br />

kampfbereit, kampfesfroh, kühn, echt, bauernstolz, berggewohnt, tapfer, starr und stolz wie<br />

seine Berge, frei, bieder, fromm, adelig, still, still und stolz, einig, vereinigt, vereint, geeint,<br />

vereinte Kraft, unsterblich.<br />

- Pflicht, Ehre, Treue, Stolz, Liebe, Freude, Friedensheide, Kraft und Mut, Ruhmesglanz,<br />

Tapferkeit, Wehr, Gerechtigkeit, Heldengeist, Gott- und Selbstvertrauen, Rittersinn, Einigkeit,<br />

Recht.<br />

Espressioni e parole chiave dell’eterorappresentazione 489 :<br />

- hereinschleichen, blicken nach, greifen, gierig/frech <strong>di</strong>e Hände ausstrecken, greifen mit<br />

gieriger Hand, aufhorchen, leise von hinten nahen, in den Rücken fallen, lauernd bleiben,<br />

rauben, neiden.<br />

489 - Entrare strisciando, guardare verso, afferrare, allungare sfacciatamente/con avi<strong>di</strong>tà le mani, afferrare con<br />

mano avida, tendere l’orecchio, avvicinarsi lentamente da <strong>di</strong>etro, attaccare alle spalle, rimanere nell’ombra,<br />

derubare, invi<strong>di</strong>are.<br />

- Tra<strong>di</strong>mento, furto, mancare alla parola data, pugnalata, perfi<strong>di</strong>a, slealtà, mancanza <strong>di</strong> onore unita al tra<strong>di</strong>mento,<br />

spergiuro.<br />

- Il nemico/i nemici, tu nemico, terrone, avversario infedele, ladri, tra<strong>di</strong>tori, giuda, gatto falso, giuda terrone,<br />

ghenga <strong>di</strong> terroni, l’orda terrona, banda, il <strong>di</strong>avolo, la razza sfacciata, mondo cattivo, questa razza <strong>di</strong> terroni, la<br />

razza paurosa, il mondo falso e cattivo, il nano sfacciato/terrone, l’impertinente, la banda terrona, gli avi<strong>di</strong> latini,<br />

il vile, il farabutto terrone, i membri schifosi, il <strong>di</strong>avolo terrone, i vili vermi, il falso serpente, il verme, il<br />

farabutto, il terzo compagno nell’Alleanza, il vile compagno, il falso amico, l’ipocrita italiano, tu giuda del<br />

nuovo mondo, povero vigliacco, schiera <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori, banda <strong>di</strong> avi<strong>di</strong> e ingor<strong>di</strong>, il poveraccio, la testa terrona, la<br />

falsa genia, tra<strong>di</strong>tori delle terre del sud, il vile nemico, il terrone villano, gruppo <strong>di</strong> ladri terroni, terrone avido <strong>di</strong><br />

bottino, il terzo infedele, lo stivale terrone, i figli della falsa patria, tu furfante terrone, il terrone mascalzone, gli<br />

uomini terroni, nemico spergiuro, un tipo inaffidabile, genia <strong>di</strong> terroni spergiuri, terrone vigliacco, il mostro<br />

velenoso pieno <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a e slealtà, farabutto terrone, voi ibri<strong>di</strong> e voi nani, i signori terroni, il ladro terrone, banda<br />

<strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori, il mondo spregevole, tu genia <strong>di</strong>abolica <strong>di</strong> terroni, il farabutto, voi iene, mascalzone falso e terrone,<br />

falso gatto terrone, la banda <strong>di</strong> terroni, il falso alleato, i buffoni, voi larve <strong>di</strong> gnomo, gli invi<strong>di</strong>osi, i signori<br />

terroni, la banda colma d’invi<strong>di</strong>a, commercianti terroni, il birbante terrone, la vile banda, popolo <strong>di</strong> pirati,<br />

spergiuro popolo <strong>di</strong> Roma, la vile banda assassina, l’esercito <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>tori, il vigliacco romano, la potenza<br />

<strong>di</strong>abolica, il perfido nemico, voi falsi terroni, uomo primitivo, l’irredento, gentaglia, farabutti, prepotenti, nani<br />

gravi<strong>di</strong> <strong>di</strong> slealtà, vermi terroni, cani terroni, perfi<strong>di</strong> avanzi <strong>di</strong> galera.<br />

190


- Verrat, Diebstahl, Wortbruch, Dolchstoß, Tücke, Treubruch, der Ehrlosigkeit mit Verrat<br />

vereint, Meineid.<br />

- der Feind/<strong>di</strong>e Feinde, du Feind, Welsch/Welsche/Wälsche, treulos Gegner, Räuber, Verräter,<br />

Judas, falsche Katz, der wälsche Judas, der welschen Schwefelbande, Welschlands Horden,<br />

der Rotte, der Teufel, du wahnbetörtes, falsches Rom, der hinterlistige Freund im Bunde, der<br />

elende Verräter, falsches Volk, <strong>di</strong>e freche Brut, <strong>di</strong>e falsche, böse Welt, <strong>di</strong>ese welsche Brut, <strong>di</strong>e<br />

gespenstische Brut, <strong>di</strong>e freche/welsche Zwerge, der Frechling, <strong>di</strong>e welsche Bande, <strong>di</strong>e gierige<br />

Lateinern, der Feig, der welsche Schuft, der falsche Welsche, <strong>di</strong>e ekle Glieder, <strong>di</strong>e welsche<br />

Teufel, feiges Wurmgezücht, <strong>di</strong>e falsche Schlange, der Wurm, der Schuft, der dritte Genosse<br />

im Bunde, der feige Geselle, der falsche Freund, italienischer Heuchler, du Judas der neuen<br />

Welt, armer Wicht, Verräterschar, <strong>di</strong>e lüsterne, gierige Bande, der falsche Tropf, der welsche<br />

Kopf, <strong>di</strong>e falsche Brut, der Schuftgeselle, Ehrenlose, feile Schächer, <strong>di</strong>e schändliche Verräter,<br />

treuloser Feind, Verräter aus welschem Land, der feige Feinde, der wälsche Lump, wälsches<br />

Räuberpack, <strong>di</strong>e welsche Beutegier, der treulose Dritte, der große welsche Stiefel, des<br />

falschen Landes Söhne, du welscher Spitzbua, der welsche Lump, <strong>di</strong>e welsche Mander<br />

(Männer), meinei<strong>di</strong>ge Feind, ein unsicherer Patron, welschlands Meineidbrut, wälsche Wicht,<br />

das giftige Ungeheuer voll Meineid und Verrat, wälscher Schuft, ihr Zwitter und ihr Zwerge,<br />

<strong>di</strong>e Herren Wälschen, der welsche Dieb, verrätische Bande, <strong>di</strong>e schnöde Welt, du teuflische<br />

Welschenbrut, der Haderlump, ihr Hyänen, falscher, welscher Schurke, treulos welsche<br />

Katze, <strong>di</strong>e Welschebande, <strong>di</strong>e falsche Bundgenosse, <strong>di</strong>e Narren, ihr Gnomenlarven, <strong>di</strong>e<br />

Neider, <strong>di</strong>e welschen Signori, <strong>di</strong>e neiderfüllte Meute, welscher Schacherer (Händler), welsche<br />

Bube, <strong>di</strong>e feige Bande, Volk von Piraten, meinei<strong>di</strong>g Volk von Rom, <strong>di</strong>e feige Mörderbande,<br />

das Heer der Verräter, der römische Wicht, <strong>di</strong>e teuflische Mächte, der tückische Feind, ihr<br />

falschen Welschen, Polz (primitiver Mensch), der “Unerlöst”, Lumpenpack, Schurken,<br />

Schergen (da schergeln = verpetzen), untreuschwange Zwergen, welscher Wurm, welsche<br />

Hunde, arger Galgenstrick.<br />

191


Il supporto visivo<br />

La Grande Guerra ha prodotto un’enorme quantità <strong>di</strong> immagini: si tratta <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong><br />

materiali quanto mai eterogeneo, capace <strong>di</strong> spaziare dagli appunti grafici presi frettolosamente<br />

in trincea dal soldato semplice alle gran<strong>di</strong> esposizioni d’arte militare organizzate per sostenere<br />

il morale della popolazione civile, come le mostre dei Kriegsmaler; dalle cartoline alle<br />

vignette satiriche o caricaturali sui quoti<strong>di</strong>ani alle fotografie ufficiali intrise <strong>di</strong> retorica e<br />

propaganda ed alle traduzioni cinematografiche, fino ad arrivare alla rielaborazione del<br />

dramma ed alla sua celebrazione attraverso sacrari e monumenti ai caduti.<br />

La fotografia è <strong>di</strong>venuta, in un arco <strong>di</strong> tempo molto breve, il più imme<strong>di</strong>ato, semplice e<br />

comprensibile mezzo <strong>di</strong> documentazione e <strong>di</strong> espressione, il vero linguaggio universale del<br />

nostro tempo. All’ immagine fotografica è ormai generalmente riconosciuta <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong><br />

documento storico e se per la Prima guerra mon<strong>di</strong>ale l'uso dello strumento fotografico non<br />

costituisce una innovazione assoluta, visto che essa nacque ufficialmente nel 1839, è<br />

unanimemente riconosciuto che l'utilizzo della rappresentazione visiva assume un'importanza<br />

fondamentale sulle condotte militari e propagan<strong>di</strong>stiche, proprio in coincidenza con la Grande<br />

Guerra. In questa immane trage<strong>di</strong>a, la rappresentazione dei suoi eventi <strong>di</strong>venne con la<br />

fotografia documento spontaneo e umano, spesso capolavoro <strong>di</strong> verità e precisione. Ora a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> molti anni riconosciamo che quella fotografia ha giocato un ruolo<br />

sorprendentemente più grande <strong>di</strong> quanto già allora previsto: le rappresentazioni istantanee, i<br />

panorami, i gesti, le fisionomie, sarebbero state irrime<strong>di</strong>abilmente perdute senza quella<br />

<strong>di</strong>ffusione che, anche se a fini quasi esclusivamente <strong>di</strong> propaganda e <strong>di</strong> strategia militare,<br />

instaurò una nuova ‘cultura fotografica’ che, con la ricerca <strong>di</strong> certi temi e <strong>di</strong> certe passioni,<br />

muoveva gli inten<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> mostrare attraverso le immagini la verità <strong>di</strong> un conflitto epocale.<br />

Ma l'energia, l'intensità, l'efficacia, assieme all'emotività e alla suggestione delle fotografie<br />

superano <strong>di</strong> gran lunga qualsiasi potenzialità <strong>di</strong> altre fonti documentarie e ci concedono alcune<br />

ambientazioni della guerra imponendoci una visione che non ha bisogno <strong>di</strong> altre verifiche<br />

razionali: ci mostra quella realtà, ci fa vedere come i suoi protagonisti vi si vedevano e<br />

volevano farsi vedere, con il linguaggio del rappresentare e del rappresentarsi: per la prima<br />

volta si intuì la necessità <strong>di</strong> utilizzare in maniera intensiva strumenti <strong>di</strong>versi dalle armi;<br />

strumenti che ancora oggi, a quasi un secolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, sono i mezzi più efficaci nell’ambito<br />

della comunicazione <strong>di</strong> massa e della gestione dell’opinione pubblica. A causa dell’ine<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong>mensione spazio-temporale e ideologica assunta dalla prima guerra mon<strong>di</strong>ale, dando già<br />

192


l’avvisaglia <strong>di</strong> una realtà ‘globalizzata’, le immagini del periodo della Grande Guerra<br />

considerate migliori, sono quelle in cui è stata realizzata il perfetto connubio tra genialità<br />

dell’invenzione e impiego <strong>di</strong> linguaggi grafici <strong>di</strong> facile deco<strong>di</strong>ficazione e d’imme<strong>di</strong>ato impatto<br />

emotivo.<br />

Il corredo visivo dei Supplementi letterari per la Tsz conta quasi cinquecento immagini tra<br />

fotografie e <strong>di</strong>segni o <strong>di</strong>pinti. Una quantità veramente notevole se si considerano le con<strong>di</strong>zioni<br />

economiche e logistiche non certamente ideali del contesto specifico che stiamo <strong>stu<strong>di</strong></strong>ando. In<br />

questa sede non verranno riprodotte tutte, ma solamente una parte che cercherà <strong>di</strong> riassumere<br />

in maniera comunque completa il contenuto globale <strong>di</strong> questo vitale strumento <strong>di</strong> propaganda.<br />

Infatti, anche le immagini collaborarono attivamente alla <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> un determinato<br />

messaggio, innanzi tutto perché imme<strong>di</strong>ate nell’acquisizione, il ricevente non doveva essere<br />

necessariamente alfabetizzato per usufruirne e poi perché nel contesto della trincea e della<br />

prima linea si doveva cercare comunque <strong>di</strong> trasmettere il messaggio in maniera più semplice e<br />

più facilmente assimilabile possibile. Inoltre, nonostante esse paiano, per così <strong>di</strong>re<br />

insindacabili e obbiettive, è comunque da ricordare che chi immortala decide <strong>di</strong> immortalare<br />

ciò che preferisce e che non per forza le foto ritraggano momenti spontanei, ma si potrebbe<br />

trattare <strong>di</strong> momenti inscenati per l’occasione. Questo dubbio dev’essere assolutamente posto<br />

dall’osservatore moderno e da chi, come noi, s’interroga sulla faziosità del messaggio<br />

me<strong>di</strong>atico in tempo <strong>di</strong> guerra (e non).<br />

“Non contiamo più le settimane. Quando sono arrivato qui era inverno e, quando cadevano gli<br />

obici, le zolle <strong>di</strong> terra gelata erano quasi altrettanto pericolose delle esplosioni. Ora gli alberi<br />

sono <strong>di</strong> nuovo ver<strong>di</strong>. La nostra vita alterna il fronte e gli acquartieramenti. Ci siamo già<br />

parzialmente abituati. La guerra è una causa <strong>di</strong> morte, come il cancro e la tubercolosi, come<br />

l’influenza e la <strong>di</strong>ssenteria. Solo che i casi mortali sono più frequenti, più vari e crudeli.”<br />

“La pioggia autunnale crosciava contro la tenda nelle brevi ore del riposo: e la stanca foglia<br />

del castano o del faggio, turbinata dall’autunno, sostava labile sulla mia tenda come un<br />

pensiero: come un cuore umano che chieda <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>re il suo commiato, prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>sparir<br />

nella notte”.<br />

Quelle appena citate sono immagini quoti<strong>di</strong>ane della Grande Guerra tratte rispettivamente da<br />

All’Ovest niente <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong> Erich Maria Remarque e da Il Castello <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Carlo Emilio<br />

Gadda: non sono i toni che abbiamo trovato nelle poesie <strong>di</strong> cui si è parlato, non sono<br />

immagini che troveremo rispecchiate nel supporto visivo dei Supplementi.<br />

193


Le foto e gli schizzi pubblicati in queste pagine devono comunicare ai familiari, agli amici e<br />

agli stessi combattenti. Li devono tranquillizzare, rassicurare. Al fronte, in prima linea o nelle<br />

retrovie si sta sostanzialmente bene, i soldati sono in buona compagnia, sono sostenuti e<br />

protetti da superiori competenti, sicuri e bonari. Mangiano, bevono e fumano tranquillamente,<br />

fanno vita collettiva all’aria aperta, passeggiano, prendono il sole, leggono e s’intrattengono<br />

con giochi e musica. Non mancano anche i momenti <strong>di</strong> raccoglimento e preghiera de<strong>di</strong>cati alla<br />

cura dell’anima. Insomma, alla vita al fronte non manca nulla della vita in patria. Qualche<br />

sentinella <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, fissa immobile a scrutare l’orizzonte è l’unico riferimento più o meno<br />

concreto alla realtà <strong>di</strong> guerra.<br />

Dall’isolamento e dall’analisi delle immagini pubblicate nel giornale <strong>di</strong> nostro interesse sono<br />

stati isolati dei nuclei tematici ricorrenti uno è quello appena trattato, cioè la volontà <strong>di</strong><br />

trasmettere un’immagine serena e quieta della vita al fronte, nella quale al soldato non manca<br />

nulla. I loro volti, infatti, sono sempre <strong>di</strong>stesi, sorridenti e spensierati, tra<strong>di</strong>scono qua e là<br />

qualche segno del tempo e dell’affaticamento, ma sempre in maniera <strong>di</strong>gnitosa e che<br />

conferisce loro un’eroicità maggiore. Il dolore, la sofferenza e la morte stessa sono assenti.<br />

Essa è evocata, ma in maniera molto filtrata, forse solo nelle immagini dei cimiteri da campo,<br />

che però essendo luoghi della commemorazione hanno più lo scopo <strong>di</strong> garantire la certezza<br />

del ricordo e della santificazione delle anime dei soldati defunti saltando il ben più tragico e<br />

ingombrante aspetto contingente e fisico dei corpi senza vita, <strong>di</strong>laniati, feriti, monchi. In<br />

percentuale sono molto numerose le immagini che ritraggono dei primi piani <strong>di</strong> soldati,<br />

giovani o vecchi, o le loro attività, ma ci sono anche molte immagini che ritraggono anche il<br />

solo paesaggio nella sua sconfinata e silenziosa bellezza e se la figura umana è presente è<br />

quasi impossibile in<strong>di</strong>viduarla poiché interamente assorbita dalla maestosità del paesaggio che<br />

prevale sulla componente umana. Sono immagini che trasmettono calma, pace e silenzio.<br />

Mon<strong>di</strong> <strong>di</strong>stanti anni luce dai rumori e dai fragori del combattimento: è questa la realtà <strong>di</strong><br />

guerra che presentano queste immagini.<br />

194


Il soldato<br />

195


La vita al fronte<br />

196


197


198


199


200


201


202


203


204


205


206


207


208


209


210


Il paesaggio <strong>di</strong> montagna<br />

211


212


213


214


215


Vignette umoristiche<br />

216


217


218


219


220


In<strong>di</strong>ce titoli e data delle immagini<br />

IL SOLDATO<br />

Tiroler Standschütz, Il tiratore tirolese, 06.04.1916, p. 13, Th. Riss<br />

Skizze vom Tiroler Kriegsschauplatze, Schizzo dalla zona <strong>di</strong> guerra tirolese, 20.06.1916, p. 11, Ignaz Kaufmann<br />

Skizzen von der Tiroler Front, Schizzo dal fronte tirolese, 08.07.1916, p. 7, Ignaz Kaufmann<br />

Unsere Helden, I nostri eroi, 08. 09. 1915, Th. Riss,<br />

Der Standschütz, Il Tiratore, 08.09.1915, Hayd, p. 3 (con poesia)<br />

Tiroler Höhenwacht, Veglia tirolese ad alta quota, 03.11.1915, Egger-Lienz, foglio sciolto<br />

Standschützen-Gruppe auf 2300 Meter Höhe, Gruppo <strong>di</strong> tiratori a 2300 metri d’altezza, foto Lt. Jacobi,<br />

24.05.1916, p. 4<br />

Ein Divisionär, Un generale <strong>di</strong>visionario, foto Lt. Jacobi, 12.04.1916, p. 12<br />

LA VITA AL FRONTE<br />

Dolomitenwacht, Guar<strong>di</strong>a sulle Dolomiti, 26.07.1916, foglio sciolto, Egger-Lienz<br />

Neuschnee in den Dolomiten, Neve fresca nelle Dolomiti, 15.12.1915, Egger-Lienz, foglio sciolto<br />

Unsere Feldwache, La nostra guar<strong>di</strong>a al campo,08.12.1915, David Pingerra, foglio sciolto<br />

Vielgereuth, Folgaria, 23.11.1915, Egger-Lienz, foglio sciolto<br />

Rast der Patrouille (Dolomitenfront), Riposo della pattuglia (fronte dolomitico), 25.12.1915, foglio sciolto<br />

Eine Patrouille, Una pattuglia, 27. 11. 1915, p. 4<br />

Maschinengewehr einer Infanteriestellung, Mitragliatrice <strong>di</strong> una postazione della fanteria, 06. 04. 1916, Kaan-<br />

Albest, p. 14<br />

Schützengrabenwohnung, Abitazione <strong>di</strong> trincea, 06. 04. 1916, Rizzi, p. 16<br />

Schwerer Mörser an der Südwestfront, Mortaio pesante al fronte sud, 06. 04. 1916, Egger-Lienz, p. 5<br />

“Ein Kriegskind” Mai 1916, “Un figlio della Guerra” maggio 1916, 08.07. 1916, Schlögl, p. 12<br />

Schützengrabenposten, Sentinella <strong>di</strong> trincea, 12.2.1916, Rizzi, p. 6<br />

Skizze vom Tiroler Kriegsschauplatz, Schizzo dalla zona <strong>di</strong> guerra tirolese, 20. 06. 1916, Ignaz Kaufmann, p. 8<br />

Skizze vom Tiroler Kriegsschauplatz, Schizzo dalla zona <strong>di</strong> guerra tirolese, 20. 06. 1916, Ignaz Kaufmann, p. 12<br />

Tiroler Höhenstellung, Postazione tirolese d’alta quota, 23.04.1916, Egger-Lienz, p. 13<br />

Tiroler Höhenstellung, Postazione tirolese d’alta quota, 23.04.1916, Egger-Lienz, p. 21<br />

Hinter Felsen Bombensicher, Dietro rocce a prova <strong>di</strong> bomba, 23.04.1916, Kaan-Albest, p. 9<br />

Kriegshunde Stall, Cuccia dei cani <strong>di</strong> Guerra, 23.04.1916, Kaan-Albest, p. 23<br />

Menage. Feldpostkarte von der Tiroler Front, Menage. Cartolina <strong>di</strong> Guerra dal fronte tirolese, 24.05.1916,<br />

Bau<strong>di</strong>sch, p. 16<br />

Kaiserjäger-Offiziere einer Streifkompagnie im Aufstieg auf eine Höhe behufs Rekognisierung derselbe,<br />

Ufficiale dei cacciatore imperiali <strong>di</strong> una compagnia in salita <strong>di</strong> una vetta per una ricognizione della stessa,<br />

11.12.1915, p. 4<br />

Eine Kompagnie-Kommandant der Jäger vor einem in seine Stellung führenden Laufgraben, Un comandante <strong>di</strong><br />

una compagnia <strong>di</strong> cacciatori <strong>di</strong> fronte a una pista che conduce alla sua postazione, 15. 12. 1915, p. 2<br />

Rastende Patrouille, Pattuglia a riposo, 22. 12. 1915, p. 4<br />

Abreise des Standschützenbataillons Meran am 20 Mai 1915, Partenza <strong>di</strong> un battaglione <strong>di</strong> tiratori da Merano il<br />

20 maggio 1915, 20. 11. 1915, p. 3<br />

Eine Handra<strong>di</strong>ostation bringt <strong>di</strong>e Nachricht von dem Fall von Warschau. (Im Vordergrund ein festgenommener<br />

Italiener.), Una stazione ra<strong>di</strong>o comunica la notizia della caduta <strong>di</strong> Varsavia. (In primo piano un italiano<br />

catturato), 15. 12. 1915, p. 4<br />

Kaiserjägeroffiziere in ihrem Unterstand, Ufficiale dei cacciatori imperiali nel suo alloggio, 22. 12. 1915, p. 2.<br />

Der Kommandant einer Jägerkompagnie vor seiner in 2300 Meter Höhe aus Felsenblöcken errichteten<br />

Unterkunft, Il comandante <strong>di</strong> una compagnia <strong>di</strong> cacciatore <strong>di</strong> fronte al proprio alloggio costruito a 2300 metri<br />

d’altezza sulla roccia, 18. 12. 1915, p. 3<br />

Seine k. u. k. Hoh. Erzh. Albrecht an der Tiroler Front, Sua altezza imperiale arciduca Albrecht sul fronte<br />

tirolese, 01.01.1916, p. 13<br />

Unsere Artillerie in den Tiroler Bergen, La nostra artiglieria sul fronte tirolese, foto Lt. Gröbner, 01.01.1916,<br />

p. 19<br />

Eine Unterkunftshütte für Vaterlandsvertei<strong>di</strong>ger, Un rifugio per i <strong>di</strong>fensori della patria, 01.01.1916, p. 12<br />

In der Offiziersmesse der Bozner Standschützen, La mensa <strong>degli</strong> ufficiali dei tiratori bolzanini, foto Stdsch.<br />

Wachtler, 02.02.1916, p. 5<br />

“Ergreift – fort!”, Pronti, via!, foto Lt. Profanter einer Geb. Kan Btt., 02.03. 1916, p. 4<br />

Beobachtung des Feindes, Sorveglianza al nemico, foto Reg. Arzt Dr. Huldschiner, 04. 03. 1916, p. 7<br />

221


Ein Mannschaftsunterstand an steiler Felswand von Pionieren der Kaiserjäger gebaut, Alloggio <strong>di</strong> una squadra<br />

sulla ripida parete rocciosa costruita dai genieri dei cacciatori imperiali, foto Obl. Ing. Handl, 04. 05. 1916, p.<br />

5<br />

Geschütz auf 2500 Meter, Cannone a 2500 metri, foto Oberlt. Handl, 04.05. 1916, p. 6<br />

Mittagessen, Pranzo, foto Oberleutnant, Ernst Grener, 11. 05. 1916, p. 5<br />

Das “Baby” in 2700 Meter Höhe, Il “Baby” a 2700 metri d’altezza, foto Fähnrich Haas, 08. 01. 1916, p. 4<br />

Gebirgsgeschütz in Feuerstellung in einer Stellung von 2400 Meter, Cannone da montagna pronto al fuoco in<br />

una postazione a 2400 metri, foto Lt. Leidenfrost, 08.03.1916, p. 7<br />

Unsere Lektüre im Schützengraben während eines sonnigen Nachmittagsstündchen, La nostra lettura in trincea<br />

durante una soleggiata oretta pomeri<strong>di</strong>ana, foto Kadett Leo Stecher der T. Kaiserjäger, 08.06.1916, p. 13<br />

Ankunft der Vorräte, Arrivo delle provviste, foto Lt. Paul Profanter einer Geb. Kan. Bt., 11.03.1916, p. 4<br />

Blessiertenträger-Melker, Trasportatore <strong>di</strong> feriti- Mungitore, foto Oberarzt Dr. H. Duffek, 11.05.1916, p. 3<br />

“Feuer!”, Fuoco!, foto Fähnrich Haas, 12.01.1916, p. 3<br />

Senza titolo, 12.04.1916, p. 8<br />

Senza titolo, 12.04. 1916, p. 15<br />

Unterkunftsbaracke in 2800 Meter Höhe, Alloggio baracca a 2800 metri, foto Lt. Paul Profanter einer Geb. Kan.<br />

Bt., 15.03.1916, p. 5<br />

“Ergreift – furt.”, Pronti, via!, foto Fähnr. Hauser, 15.03.1916, p. 2<br />

Eine Wachhütte im Presanella-Gebiet, Un rifugio-guar<strong>di</strong>a nella zona della Presanella, foto Einjährig-<br />

Freiwilligen Oettel, 15.03.1916, p. 7<br />

Ausgraben einer durch Lawinien verschütteten Baracke, Dissotterramento <strong>di</strong> una baracca sepolta da una<br />

slavina, foto Oberl. N. Köhler, Kmdt. einer Kan.Btt, 26.07. 1916, p. 4<br />

Die Hauskapelle einer Maschinengewehr-Abteilung eines Kaiserjäger-Regimentes, L’orchestra <strong>di</strong> un reparto <strong>di</strong><br />

mitraglieri <strong>di</strong> un reggimento <strong>di</strong> cacciatore imperiali, foto Oblt. K. Grüner, Die Abteilung steht seit über 9<br />

Monaten ununterbrochen im Felde und trotzedem fehlt es nicht an Humor wie obenstehendes Bild zeigt, (Il<br />

reparto sta da oltre nove mesi ininterrottamente in battaglia e nonoste ciò non perde il senso dell’umorismo come<br />

mostra l’immagine sopra)15.03.1916, p. 8<br />

Gramophonkonzert vor der verschneiten Offiziersbaracke, Concerto <strong>di</strong> grammofono <strong>di</strong> fronte alla baracca<br />

innevata <strong>degli</strong> ufficiali, foto Oberl. N. Köhler, Kmdt. einer Kan. Btt., 15.06.1916, p. 7<br />

“Ein Laus in Ehren kann niemand verwehren.”, “Un pidocchio nell’onore, nessuno lo può vietare”, foto<br />

Stdsch.-Mir. Ig. Dinkhauser des Stdsch. Baon Klausen, 20.06.1916, p. 10<br />

An der Tiroler-Front, Al fronte tirolese, foto Feldkuraten Otto Albrecht, 23.04.1916, p. 15<br />

Offiziersmenage des 1. Bataillons eines Infanterieregimentes, Menage <strong>di</strong> ufficiali del primo battaglione <strong>di</strong> un<br />

reggimento<strong>di</strong> fanteria, 23.04.1916, p. 20<br />

Im Stützpunkt. Beobachtung des Feindes, Base <strong>di</strong> osservazione del nemico, foto Offizierstellvertreter Alfred<br />

Pfundtner, 24.05.1916, p. 5<br />

Friseursalon im Stützpunkt, Parruccheria nella base, foto Offiziersstellvertreter Pfundtner, 24.05.1916, p. 12<br />

Eine Telegraphenstation in 2400 Meter Höhe, Una stazione telegrafica a 2400 metri d’altezza, foto Hptm.<br />

Molterer, 25.01.1916, p. 3<br />

Pioniere der Kaiserjäger bauen einen Unterstand, Genieri dei cacciatori imperiali costruiscono un alloggio,<br />

foto Oberlt. Ing. Handl., 26.03.1916, p. 6<br />

“Sonnenbad”,”Bagno <strong>di</strong> sole”, foto Fähnr. Haas, 26.03.1916, p. 10<br />

Seilbahnen bis in <strong>di</strong>e höchsten Kampfstellungen an der Tiroler Front, Funivia fino alle più alte postazioni <strong>di</strong><br />

battaglia nel fronte tirolese, foto Oberl. Handl., 26.07.1916, p. 2<br />

Küche auf 2250 Meter Höhe in den Dolomiten, Cucina a 2250 metri d’altezza sulle Dolomiti, foto Oberj. Sepp<br />

Kahl, 26.07.1916, p. 5<br />

Hüttenbau auf 2250 Meter Höhe in den Dolomiten, Costruzione <strong>di</strong> un rifugio a 2250 metri d’altezza nelle<br />

Dolomiti, foto Oberj. Sepp Kahl, 26.07.1916, p. 8<br />

Uns aushungern? O, na!, Noi affamati? Oh no!, foto Regiments-Photogr. Spari., 08.07.1916, p. 11<br />

Eine Batterie-Schuster an der Tiroler Front, Un calzolaio <strong>di</strong> batteria al fronte tirolese, foto Regiments-Photogr.<br />

Spari., 08.07.1916, p. 12<br />

Kriegsberichterstatter im Gespräch mit Tiroler Landstürmern, Corrispondenti <strong>di</strong> Guerra in chiacchiere con la<br />

milizia teritoriale tirolese, foto Oblt. F. Augsten, 11.05.1916, p. 8<br />

Posten am Waldrand und Schipatrouille an der Tirolerfront, Sentinelle ai margini del bosco e pattuglia <strong>di</strong><br />

sciatori al fronte tirolese, foto Oblt. Handl, 08.01.1916, p. 3<br />

Ankunft der Vorräte, Arrivo dei viveri, foto Oblt. Magg., 22.01.1916, p. 4<br />

Unser Thronfolger an der Tirolerfront. Beobachtung des Kampfes, Il nostro erede al trono al fronte tirolese.<br />

Sorveglianza della battaglia, 15.06.1916, p. 3<br />

222


Unser Thronfolger an der Tirolerfront. Abstieg vom Gefechtsstand, Il nostro erede al trono al fronte tirolese.<br />

Discesa dalla postazione <strong>di</strong> combattimento,15.06.1916, p. 5<br />

Soldaten-Friedhof in den Dolomiten, Cimitero per soldati nelle Dolomiti, foto Kaiserjäger-Major Franz Graf,<br />

11.12.1915, p. 3<br />

Feldmesse der Standschützen an der Südfront, Messa da campo per I tiratori tirolesi al fronte sud, 15.12.1915,<br />

p. 3<br />

Soldatenfriedhof an der Tirolerfront, Cimitero per soldati al fronte tirolese, 22.12.1915, p. 3<br />

Feldmesse auf 2400 Meter Höhe, Messa da campo a 2400 metri d’altezza, foto Obl. Handl, 08.02.1916, p. 3<br />

Ostergottes<strong>di</strong>enst im Schneesturm, Messa pasquale nella tempesta <strong>di</strong> neve, foto Dr. Josef Prochaska, Lt einer<br />

k.u.k. Inf. Skigruppe, 08.06.1916, p. 14<br />

Kapelle im Tonalgebiet, Cappella nella zona del Tonale, 02.03.1916, p. 6, Kaan-Albest<br />

Kapelle im Hochgebirge, Cappella nelle alte vette, 23.04.1916, p. 8, Kaan-Albest<br />

Soldatenfriedhof, Cimitero per soldati, 08.07.1916, p. 7, Rizzi<br />

IL PAESAGGIO DI MONTAGNA<br />

Unsere Südwestfront: Presenagletscher mit Passo Monticella und Tonale mit Ortlergruppe im Hintergrund, Il<br />

nostro fronte sud: ghiacciaio Presena con Passo Monticella e Tonale con il gruppo dell’Ortles nello sfondo,<br />

11.03.1916, p. 6<br />

Corno <strong>di</strong> Bedole und Monte Mandrone, Corno <strong>di</strong> Bedole e Monte Mandrone foto Einj. Freiw. H. Oettel,<br />

02.02.1916, p. 9<br />

Unsere Front im Südwesten: Como del Lago scuro, Il nostro fronte a sud-ovest: Como del Lago scuro, foto Einj.<br />

Freiw. H. Oettel, p. 11<br />

Dolomitental von einem Beobachterstand aus, La valle delle Dolomiti da una postazione <strong>di</strong> osservazione, foto<br />

Kadett Gentebrück, 20.06.1916, p. 6<br />

Cima d’Asta, Cima d’Asta, foto Feldkurat Otto Albrecht, 23.04.1916, p. 15<br />

Cima del Cigolon und Presanella-Gruppe, Cima del Cigolon e gruppo della Presanella, foto Ldsch. Einj. Frw<br />

Herbert Oettel, 26.03.1916, p. 3<br />

Unterstände im Hochgebirge, Rifugi in alta montagna, foto Hptm. Molterer, 25.01.1916, p. 7<br />

Unsere Tiroler Front: Albiolaspitze, Il nostro fronte tirolese: la vetta <strong>di</strong> Albiola, foto Lt. Profanter einer Geb.<br />

Kan. Btt, 04.03.1916, p. 3<br />

Ein Wintermorgen in den Dolomiten, Una mattina invernale sulle Dolomiti, foto Vormeister Adalbert Moser,<br />

04.05.1916, p. 12<br />

Artilleriestellung in den Dolomiten, Postazione <strong>di</strong> artiglieria nelle Dolomiti, foto Vormeister Adalbert Moser,<br />

04.05.1916, p. 14<br />

Die Tirolerfront: Mandronsee, Il fronte tirolese: il lago <strong>di</strong> Mandrone, foto Einj. Freiw. Asp. Herbert Oettel,<br />

06.04.1916<br />

Dolomitental, Valle delle Domlomiti, foto Lt Gröbner, 08.01.1916, p. 5<br />

Unsere Südwestfront: Aus der Gegend Cima Presena, Il nostro fronte sud occidentale: dalla zona <strong>di</strong> Cima<br />

Presena, foto H. Oettel, 08.02.1916, p. 6<br />

Unsere Südwestfront: Die Menicigologruppe, Il nostro fronte sud occidentale: il gruppo <strong>di</strong> Menicigolo,foto H.<br />

Oettel, 08.03.1916, p. 4<br />

Inf. Stellung im Marmolada Gebiet, Postazione della fanteria nella regione della Marmolada, foto Kadett<br />

Gentebrück, 08.06.1916, p. 6<br />

Die Wacht auf unseren Tiroler Höhen, La guar<strong>di</strong>a dalle nostre altezze tirolesi, foto. Hpt. Molterer, 01.01.1916,<br />

p. 6<br />

Eine Feldwache auf 2800 Meter Höhe, Una posta a 2800 metri d’altezza, foto. Hpt. Molterer, 01.01.1916, p. 19<br />

Ein Unterstand im Hochgebirge, Un rifugio in alta montagna, foto Vormeister Adalbert Moser, 11.05.1916, p. 9<br />

Ski-Übungsplatz, Zona <strong>di</strong> allenamento sciistico,foto Lt. Josef Prochaska einer k.u.k. Inf. Skigruppe, 08.06.1916,<br />

p. 16<br />

Infanteriedeckung, Riparo della fanteria, foto Lt. Leidenfrost, 15.03.1916, p. 4<br />

An der Tiroler Front, Sul fronte tirolese, foto Feldkurat Otto Albrecht, 23.04.1916, p. 15<br />

VIGNETTE UMORISTICHE<br />

Vignetta n. 1: “Solo chi conosce la Sehnsucht, sa <strong>di</strong> cosa soffro”, 08.08.1915, p. 4<br />

Vignetta n. 2: 06.04.1916, p. 15<br />

Vignetta n. 3: Umorismo in trincea, 04.03.1916, p. 8<br />

Vignetta n. 4: 15.05.1916, p. 6<br />

Vignetta n. 5: “Verso Rovereto!”, 08.07.1916, p. 11<br />

Vignetta n. 6: “Vittorio Emanuele che <strong>stu<strong>di</strong></strong>a le carte”, 08.07.1916, p. 10<br />

Vignetta n. 7: “Un saluto dall’Austria”, 15.05.1916, p. 7<br />

Vignetta n. 8: La <strong>di</strong>fesa tirolese, 12.02.1916, p. 7<br />

223


Vignetta n. 9: Buona Pasqua!, 15.05.1916, p. 11<br />

Vignetta n. 10: (Disegno <strong>di</strong> Heinz Keininger) “Cosa fate là sull’albero, sentinella?” “Il Signor capitano ha<br />

or<strong>di</strong>nato: sollevare l’attenzione., 25.01.1916, p. 8<br />

Vignetta n. 11: “Hurra, mi si vede nel giornale!”, 15.05.1916, p. 4<br />

224


L’ultimo periodo del giornale<br />

Secondo la teoria del Prof. Michal Mayr <strong>di</strong> Innsbruck (<strong>di</strong> cui si è già parlato nel primo<br />

capitolo <strong>di</strong> questo lavoro) causa ultima dello sviluppo virulento dell’irredentismo nei territori<br />

<strong>di</strong> confine della Monarchia era stata la politica <strong>di</strong> ispirazione autonomista che le autorità<br />

centrali avevano praticato a cavallo del secolo, in Tirolo così come in altri territori della<br />

Monarchia. Come si è visto, la risposta a questo problema elaborata dal triumvirato arciduca<br />

Eugenio – generale Krauss – generale Dankl aveva come obiettivi principali la<br />

centralizzazione dello stato, la militarizzazione della società e la tedeschizzazione delle<br />

minoranze: la <strong>di</strong>rezione della rinnovata Sz, i cui padrini sono proprio l’Arciduca e Krauss, fa<br />

sua questa prospettiva politica e trasforma le prime tre pagine del giornale in una sorta <strong>di</strong><br />

lavagna ideologica su cui ripetere all’infinito le equazioni autonima-irredentismo e<br />

centralizzazione-or<strong>di</strong>ne.<br />

Dal luglio all’ottobre del 1916, con il magistrato militare Albin Schager alla <strong>di</strong>rezione e<br />

Robert Musil come redattore <strong>di</strong> punta, da pagina due a pagine quattro il giornale è organizzato<br />

come un teorema matematico: ad un articolo <strong>di</strong> fondo in cui si mette in evidenza un problema<br />

che affligge la Monarchia (politico, sociale, nazionale ecc.) ne segue un segue un secondo che<br />

offre una logica soluzione dello stesso.<br />

La scuola in Trentino è un covo <strong>di</strong> irredentisti dove i bambini vengono educati al culto della<br />

nazione italiana: è quin<strong>di</strong> necessario riformare la scuola consentendo l’accesso<br />

all’insegnamento solo a maestri che già ricoprano una carica militare 490 . La pubblica<br />

amministrazione è lacerata da o<strong>di</strong> nazionali, lotte politiche e dannosi confronti sindacali: è<br />

necessario privare i burocrati del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> voto passivo, scioglierne i sindacati e parificare<br />

infine grado e funzione a quello <strong>degli</strong> ufficiali militari 491 .<br />

Il modello a cui si ispiravano questi aspiranti riformatori in uniforme assomigliava quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

più al <strong>di</strong>spotismo illuminato settecentesco piuttosto che non alla realtà delle nazioni europee<br />

allora più moderne coma la Francia e l’Inghilterra: il mettere poi l’accento sulla<br />

490 Sz, n. 13*, pp. 2-4, Wie das Bueblein Irredentist wird, Come il fanciullo <strong>di</strong>venta irredentista, è l’articolo che<br />

pone il problema, Die Volksschule, La scuola elementare, è l’articolo che offre la soluzione. (*Per quanto<br />

riguarda la numerazione: Il n. 1 della Tsz reca la data del 2 giugno 1915; l’ultimo fascicolo <strong>di</strong> questa prima serie<br />

è il n. 194-196, del 26 luglio 1916 – ultima pubblicazione della LB; fin qui è stata e<strong>di</strong>ta dall’XI comando<br />

d’armata. Col fascicolo successivo cambia la numerazione: si chiama ancora Tsz, ma è ora e<strong>di</strong>ta, fino alla<br />

cessazione delle sue pubblicazioni nell’aprile 1917, dal comando del gruppo d’armata arciduca Eugenio e ad<br />

esso subor<strong>di</strong>nata gerarchicamente. Col n. 10 del 13 agosto 1916 muta la testata, <strong>di</strong>venendo semplicemente Sz)<br />

491 Sz, n. 14, pp. 2-4, Die Staatsbeamten, Il pubblico impiego, articolo ‘problema’; Der Bock als Gartner, Il<br />

caprone come giar<strong>di</strong>niere, articolo ‘soluzione’.<br />

225


militarizzazione della scuola e della burocrazia sembra per certi versi anticipare i progetti<br />

politici del nazionalsocialismo tedesco.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> proposte facevano parte <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno complessivo <strong>di</strong> rior<strong>di</strong>no dell’assetto<br />

istituzionale della Monarchia che avrebbe lasciato intatto ben poche delle conquiste<br />

democratiche faticosamente ottenute dai vari governi liberali dopo il 1867. Questi progetti<br />

trovano la loro espressione più compiuta nell’articolo <strong>di</strong> fondo dal titolo Österreichs<br />

Neugestaltung, Il rinnovamento dell’Austria 492 , pubblicato il 21 gennaio 1917 e introdotto<br />

dalla seguente <strong>di</strong>dascalia:<br />

“Der Aufsatz ist uns von besonderer Seite zur Verfügung gestellt worden; wir geben ihm<br />

gerne Raum, den er hat den Vorzug, dass er ein wahres Staatsprogramm enthält.<br />

Die Schriftleitung” 493<br />

Oggi non è dato <strong>di</strong> sapere con certezza assoluta chi sia stato l’autore del testo: c’è comunque<br />

il fondato sospetto che il testo sia stato scritto dal generale Krauss in persona. Non soltanto<br />

perché si trattava del principale protettore <strong>di</strong> Robert Musil 494 , <strong>di</strong>rettore del giornale al tempo<br />

della pubblicazione <strong>di</strong> questo articolo, ma anche perché <strong>di</strong>fficilmente un personaggio esterno<br />

all’Hgk avrebbe potuto permettersi, senza il placet dello stesso Krauss <strong>di</strong> occuparsi <strong>di</strong><br />

questioni tanto delicate nel ‘suo’ giornale.<br />

Inoltre le proposte politiche contenute nell’articolo rappresentano l’impalcatura istituzionale<br />

ideale in cui avrebbero dovuto inserirsi le riforme amministrative concepite da Krauss per<br />

l’intera Monarchia e applicate in parte in Trentino durante la guerra; molto probabilmente<br />

quest’articolo non è altro che un sunto del già citato Lotta all’irredentismo, il memorandum<br />

scritto a quattro mani dall’Arciduca e dal generale fra il 1915 e il 1916.<br />

L’articolo <strong>di</strong> fondo inizia con la constatazione dello scarso senso dello Stato <strong>degli</strong><br />

austroungarici e notando come, se tutti sono pronti a criticare le inefficienze della Monarchia,<br />

nessuno ha il coraggio <strong>di</strong> fare proposte concrete per la sua riforma: ecco come invece il<br />

Nostro trova questo coraggio. Prima <strong>di</strong> esporre il proprio programma, l’autore compie una<br />

breve excursus storico sulla Monarchia in cui alla guerra viene assegnato il ruolo <strong>di</strong><br />

spartiacque epocale: prima del conflitto l’Austria si sarebbe avviata alla <strong>di</strong>ssoluzione a causa<br />

del suo federalismo imperfetto, minato alla base da continui conflitti fra potere centrale e<br />

492<br />

Sz, n. 33, p. 2.<br />

493<br />

“L’articolo ci è stato messo a <strong>di</strong>sposizione da una fonte particolare; ad esso noi <strong>di</strong>amo spazio volentieri,<br />

perché ha il pregio <strong>di</strong> contenere un vero programma <strong>di</strong> stato. La <strong>di</strong>rezione.”<br />

494<br />

Cfr. Dinklage, op. cit., p. 230.<br />

226


locale. Di fronte, quin<strong>di</strong>, ad un’Ungheria compatta e centralizzata ci sarebbe stata un’Austria<br />

rissosa e caotica, lacerata dai conflitti politici e nazionali.<br />

Ecco che la guerra fa tacere il parlamento e trasforma l’intera Monarchia in uno «Stato<br />

assoluto guidato da necessità militari» («ein von militärischen Notwen<strong>di</strong>gkeiten geleiteter<br />

Absolutismus»). A questo ‘Stato assoluto’ non si deve guardare come al frutto <strong>di</strong><br />

un’emergenza, ma come modello per il futuro: a guerra finita la parte austriaca dell’Impero<br />

avrebbe dovuto assumere definitivamente la denominazione ufficiale <strong>di</strong> Österreich 495 e<br />

avrebbe dovuto essere riorganizzata in sette provincie: Boemia, Moravia e Slesia, Bassa<br />

Austria, Alta Austria e Salisburgo, Stiria, Tirolo e Vorarlberg, Austria del Sud (Carinzia,<br />

Craine, Gorizia, Gra<strong>di</strong>sca, Istria e Trieste). Ogni provincia, poi, sarebbe stata sud<strong>di</strong>visa a sua<br />

volta in <strong>di</strong>stretti (Kreise) ed essi a loro volta ripartiti in comuni (Gemeinden). I <strong>di</strong>stretti «sotto<br />

la guida e la sorveglianza dello Stato» («unter staatlicher Leitung und Aufsicht») avrebbero<br />

dovuto esercitare una «sana autoamministrazione» («eine gesunde Selbstverwaltung»)<br />

contando soprattutto sulle proprie risorse.<br />

Le prerogative dei <strong>di</strong>stretti sono specificate in dettaglio, ma è evidente che sarebbero state ben<br />

poca cosa: lo Stato infatti si sarebbe riservato competenze esclusive in materia <strong>di</strong> «scuola,<br />

culto, commercio e industria, agricoltura, organizzazione dei comuni, legislazione sociale<br />

ecc.» («Schulwesen, Kultus, Handel und Gewerbe, Landwirtschaft, Gemeindewesen, soziale<br />

Gesetzgebung usw.»).<br />

Quando l’autore passa a descrivere la forma <strong>di</strong> governo della ‘nuova Austria’ ecco la prima<br />

sorpresa: del Kaiser e dell’istituzione imperiale non si parla. Un’assenza che pesa come un<br />

macigno se si considera il carattere ultra-<strong>di</strong>nastico che aveva contrad<strong>di</strong>stinto sia la Tsz che la<br />

Sz, almeno fino alla morte <strong>di</strong> Francesco Giuseppe: il probabile motivo dell’assenza del nuovo<br />

imperatore Carlo da questo progetto è da ricercarsi probabilmente nell’avversione <strong>di</strong> buona<br />

parte del vecchio establishment militare al nuovo regnante, che proprio nei giorni in cui<br />

usciva quest’articolo (fine gennaio 1917) era impegnato a mandare in pensione anticipata<br />

l’intero Comando supremo.<br />

Nonostante il sovrano non venga nemmeno menzionato, è legittimo dare per scontato che<br />

l’autore avesse in mente una Monarchia costituzionale o, meglio, il già citato «Stato assoluto<br />

guidato da necessità militari» con un monarca però paradossalmente meno forte che in<br />

passato.<br />

495<br />

Se la parte ungherese della Monarchia si chiamava Regno d’Ungheria, quella austriaca non aveva un nome<br />

ufficiale: <strong>di</strong> questo problema si parlerà comunque nel prossimo paragrafo.<br />

227


Nonostante l’incompletezza e il carattere generico <strong>di</strong> queste proposte, non è <strong>di</strong>fficile farsi<br />

un’idea <strong>di</strong> che tipo <strong>di</strong> stato auspicasse l’avvento l’autore dell’articolo: uno stato governato con<br />

una prassi pseudo parlamentare che nel rapporto con i governi locali sovverte il principio <strong>di</strong><br />

sussi<strong>di</strong>arietà 496 partendo dal presupposto che proprio quelle questioni che riguardano più da<br />

vicino il citta<strong>di</strong>no devono essere gestite dalle autorità centrali. Il problema delle nazionalità<br />

sarebbe stato risolto facendo crescere il peso dell’elemento tedesco nei territori ‘a rischio’<br />

(Carinzia, Tirolo, Trieste e Istria) attraverso la creazione <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> provincie in cui i popoli<br />

slavi e italiani avrebbero <strong>di</strong>fficilmente potuto far sentire la propria voce in modo autonomo.<br />

La Nazione austro-ungarica<br />

Dopo aver espulso dal giornale praticamente ogni riferimento all’identità tirolese, la nuova<br />

<strong>di</strong>rezione affronta il problema più strettamente collegato al suo ruolo <strong>di</strong> foglio <strong>di</strong> propaganda<br />

politica, <strong>di</strong> offrire al lettore un’identità più ampia in cui riconoscersi: quella austroungarica.<br />

Identità che mai si era potuta sviluppare pienamente nella Monarchia, in parte per l’assenza <strong>di</strong><br />

volontà politica e in parte per la <strong>di</strong>fficoltà oggettiva <strong>di</strong> creare una macro identità nazionale che<br />

non entrasse in conflitto con quelle delle varie minoranze dell’Impero.<br />

Gli uomini della Sz sembra abbiano compiuto il loro tentativo seguendo un percorso mentale<br />

<strong>di</strong> stampo logico-matematico 497 simile a quello già visto a proposito della riforma dello stato.<br />

Il problema venne posto probabilmente in questi termini: la Monarchia non è una nazione.<br />

Che cos’è una nazione? Essa dovrebbe essere la somma <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> fattori sostanziali<br />

aggreganti da un lato (lingua, cultura, territorio) e della volontà dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> farvi parte e <strong>di</strong><br />

riconoscersi in essa dall’altro. La soluzione: perché l’Impero <strong>di</strong>venti una nazione bisogna dare<br />

dei valori alle variabili ancora non definite, incerte, quali la lingua e la cultura, e<br />

contemporaneamente bisogna agitare il principio nazionale per suscitare la volontà <strong>di</strong><br />

identificazione nei citta<strong>di</strong>ni.<br />

Per definire queste variabili ancora incerte la <strong>di</strong>rezione (sia sotto Schager che sotto Musil)<br />

ricorre a dei veri e propri e<strong>di</strong>toriali-manifesto, uno o più per ogni aspetto della nazione da<br />

formare: si tratta <strong>di</strong> articoli <strong>di</strong> fondo ben scritti e piacevoli da leggere, chiari sia per il<br />

linguaggio usato che per l’or<strong>di</strong>ne rigoroso con cui le idee sono esposte. Qui non c’è traccia<br />

496<br />

Il moderno principio <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>visione delle competenze fra i <strong>di</strong>versi organi dello stato, per cui ogni azione <strong>di</strong><br />

governo dev’essere realizzata al livello più vicino ai citta<strong>di</strong>ni. Si veda G. Falcon, Lineamenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico,<br />

Padova, Cedam, 1996, p. 158.<br />

497<br />

La pre<strong>di</strong>lezione per il modello logico potrebbe avere la sua spiegazione nei percorsi formativi <strong>degli</strong> uomini<br />

che avevano in mano il giornale: Krauss aveva frequentato l’accademia militare, Schager era laurato in<br />

giurisprudenza e Musil (lo scrittore del gruppo!) ad<strong>di</strong>rittura in ingegneria.<br />

228


<strong>degli</strong> arcaismi <strong>di</strong> cui pullulano le poesie della LB, della leggerezza confusionaria dei suoi<br />

Feuilleton o del tono paternalistico <strong>di</strong> certe pre<strong>di</strong>che. Di battaglie, gesta eroiche e forme <strong>di</strong><br />

commemorazione nella Sz non si parla mai, i morti vengono definitivamente lasciati riposare<br />

in pace e il nemico non è più il vile verme infame italiano, ormai il giornale «è un organo che<br />

si permette <strong>di</strong> fare critica contemporanea» 498 . Le istanze nazionali <strong>di</strong> cui il giornale si fa<br />

carico vengono espresse attraverso il linguaggio della ragione e non quello dei sentimenti e<br />

dell’impatto emozionale che regnava nella LB.<br />

Nel cappello <strong>di</strong> questi articoli viene sempre brevemente inquadrato il problema da risolvere e<br />

vengono citate con precisione le lacune legislative e/o culturali che ne sono alla base: così<br />

nell’articolo <strong>di</strong> mano sconosciuta Eine Staatssprache für Österreich, Una lingua ufficiale per<br />

l’Austria 499 , viene dapprima messa in evidenza la presunta impossibilità oggettiva <strong>di</strong><br />

realizzare le <strong>di</strong>sposizioni contenute nell’art. 19 della Costituzione del 1867 che riconosceva la<br />

parità (Gleichberechtigung) delle lingue parlate nella Monarchia <strong>di</strong> fronte alla legge. L’autore<br />

osserva come un paese <strong>di</strong> poliglotti non sia altro che un’utopia che deve cedere il passo alla<br />

realtà dei fatti: il tedesco in quanto già lingua dell’esercito, della politica viennese e del<br />

commercio deve <strong>di</strong>ventare lingua ufficiale. Non si sarebbe trattato d’altro che <strong>di</strong> sanzionare<br />

sul piano giuri<strong>di</strong>co un dato <strong>di</strong> fatto comunemente accettato: il tutto naturalmente sarebbe<br />

avvenuto nel rispetto delle altre lingue che non avrebbero cessato <strong>di</strong> essere insegnate e parlate.<br />

Ogni istanza nazionale viene quin<strong>di</strong> presentata come una necessità dettata dalla prassi prima<br />

che come un precetto teorico, come una questione programmatica e non ideale. In un<br />

e<strong>di</strong>toriale del 10 <strong>di</strong>cembre 1916, dal titolo Eine Österreichische Kultur, Una cultura<br />

austriaca 500 , Musil lamenta che gli scienziati dei <strong>di</strong>versi atenei della Monarchia lavorino<br />

senza scambiarsi informazioni e conoscenze e che «la letteratura dei nostri popoli slavi è fra<br />

quelle meno conosciute della letteratura mon<strong>di</strong>ale», «Die Literatur unserer slavischen Völker<br />

gehört zu den unbekanntesten Erzeugnissen innerhalb Weltliteratur».<br />

Sarebbe quin<strong>di</strong> necessario un maggiore coor<strong>di</strong>namento fra università, un miglio sfruttamento<br />

delle risorse culturali e scientifiche, ma soprattutto la creazione <strong>di</strong> una ‘Cultura Austriaca’ a<br />

cui sia il mondo scientifico-intellettuale che la società possano fare riferimento, una cultura<br />

nazionale, insomma:<br />

498<br />

Dinklage (op. cit., p. 228) osserva: «Es ist ein Organ, das sich erlaubt, Zeitkritik zu üben»<br />

499<br />

Sz n. 16, p. 2, <strong>di</strong>rettore A. Schager.<br />

500<br />

Sz n. 27, p. 2, <strong>di</strong>rettore R. Musil. Articolo attribuito a R. Musil da Fontanari e Libar<strong>di</strong> nel saggio introduttivo<br />

a La guerra parallela, op. cit.<br />

229


«Wenn man aus Deutschen, Italiener, Tschechen usw. den Österreicher machen will, wie es<br />

den Amerikaner oder den Schweizer gibt, so muss man jene Einheit des Denkens, Fühlens,<br />

Geschmacks und Auftretens begünstigen, mit einem Wort jene gar nicht vorhandene<br />

Österreichische Kultur schaffen, welche <strong>di</strong>e Angehörigen unseres Staates ebenso scharf<br />

charakterisieren würde, wie <strong>di</strong>e Angehörigen der verschiedenen europäischen Nationen<br />

charakterisiert sind.» 501<br />

Secondo questa linea i problemi dello stato austriaco sono da ricondurre in parte a chi fino ad<br />

allora aveva guidato lo stato, ma anche ai mille piccoli comportamenti irresponsabili che i<br />

citta<strong>di</strong>ni mettono in atto ogni giorno. Naturalmente i danni materiali e morali <strong>di</strong> queste<br />

mancanze ricadono sull’intera società che sconta nel suo insieme le mancanze dei singoli:<br />

«wir wollen den Staatsbürgerlichen Familiensinn pflegen, denn seine Betätigung schafft <strong>di</strong>e<br />

Grundlagen des Wohlergehens der ganzen vielköpfigen Familie Staat. […] In der Volksschule<br />

muss man es dem Kinde klar machen, was es mit der zerbrochenen Gaslaterne, mit einem<br />

zertretenen Rasenbeet, mit den zerstampften Kornähren für ein Bewandtnis hat. Aus <strong>di</strong>esem<br />

Kinderswissen […] eird dann in späteren Jahren sich das Gefühl für <strong>di</strong>e Mitverantwortlichkeit<br />

jedes einzelnen Bürgers an dem Ergehen des Staates erschliessen.» 502<br />

Il porre <strong>di</strong> continuo l’accento sulla necessità <strong>di</strong> costruire la nazione austriaca incentivando<br />

l’educazione civica allontana il nazionalismo della Sz da quello ‘naturalistico’ tipico della<br />

tra<strong>di</strong>zione tedesca nel cui solco invece si collocava appieno la concezione dell’Heimat tirolese<br />

che avevano gli autori della Tsz 503 .<br />

Il nazionalismo della Sz risulta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> gran lunga più affine a quello così detto<br />

‘volontaristico’ tipico della tra<strong>di</strong>zione del pensiero ottocentesco italiano e francese, secondo<br />

501<br />

“Se si vuole trasformare in Austriaco il tedesco, l’italiano, il ceco ecc., come esistono l’americano e lo<br />

svizzero, si deve favorire quell’unità del modo <strong>di</strong> pensare, <strong>di</strong> sentire, del gusto e del comportamento, in una<br />

parola creare quella cultura austriaca che al momento non esiste e che caratterizzerebbe i nostri citta<strong>di</strong>ni in<br />

maniera altrettanto marcata come gli appartenenti alle <strong>di</strong>verse nazioni europee.”<br />

502<br />

Staatsbürgerlicher Familiensinn, Senso civico della famiglia, Sz n. 17, p. 2, <strong>di</strong>rettore A. Schager, autore<br />

sconosciuto.<br />

“Noi vogliamo coltivare il senso civico della famiglia, perché la sua azione fornisce i presupposti per la<br />

prosperità della grande famiglia dello Stato. […] Nella scuola bisogna far capire bene ai bambini dove si finisce<br />

cominciando con la lanterna <strong>di</strong> gas rotta, con l’erba calpestata e con le spighe <strong>di</strong> grano schiacciate. Da queste<br />

conoscenze infantili […] scaturirà più in avanti nel tempo l’unità fra senso <strong>di</strong> responsabilità del singolo citta<strong>di</strong>no<br />

e la salute dello stato.<br />

503<br />

Certi temi visti nel corso dell’analisi delle liriche tratte dalla LB come ad esempio il legame sangue-suolo, il<br />

paesaggio alpino come riflesso <strong>di</strong> virtù morali, sembrano riprendere pari pari i temi cari a Herder e ad altri teorici<br />

tedeschi della nazione. Si veda F. Chabod, L’idea <strong>di</strong> nazione, Bari, Laterza , 1962, pp. 34-39.<br />

230


cui la nazione non è un dato <strong>di</strong> fatto naturale, ma un progetto politico rivolto al futuro 504 .<br />

Secondo gli autori della Sz la nazione austriaca avrebbe potuto essere realizzata però soltanto<br />

attraverso uno Stato forte che avrebbe rigidamente limitato la libertà dei citta<strong>di</strong>ni: proprio<br />

questo elemento rappresenta il limite più forte dell’analogia fra il nazionalismo dei militari<br />

asburgici e quello <strong>di</strong> stampo mazziniano.<br />

Nel rigido predominio dello Stato sull’in<strong>di</strong>viduo pre<strong>di</strong>cato dalla Sz si trovano già le tracce<br />

delle ricette politiche che avrebbero caratterizzato l’Europa dopo la Grande guerra e che certo<br />

nulla avrebbero concesso alla sensibilità ottocentesca per la libertà in<strong>di</strong>viduale 505 .<br />

504<br />

Ibid, p. 58.<br />

505<br />

Sensibilità che era invece elemento fondamentale proprio del pensiero mazziniano, cfr. Ibid, pp. 68-70.<br />

231


Allegato 1<br />

Den Namenlosen 1914, Egger-Lienz, in LB, 24 maggio 1916, p. 9.<br />

“[…] <strong>di</strong>e ersten Infanterielinien löschen sich aus Busch und Stein, […] das Gelände beginnt von ihnen zu<br />

flimmern, [...] viel größer scheinen <strong>di</strong>e bleiernen Füße zu sein, auf denen jeder vorwärts schleift; nichts vermag<br />

den ruhigen Fluß ihres Vorwärtsstrebens auch nur für einen Augenblick zu hemmen.’’ 506<br />

506<br />

Robert Musil, Aus der Geschichte eines Regiments, 26 luglio1916 pp. 2-3. Dalla storia <strong>di</strong> un reggimento:<br />

“[…] le prime linee <strong>di</strong> fanteria escono dalle macchie e dalle petraie, […] il terreno comincia a pullulare della<br />

loro presenza, […] molto più pesanti sembrano essere invece i pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> piombo che ciascuno strascica<br />

avanzando; non c’è nulla che possa impe<strong>di</strong>re nemmeno per un istante il tranquillo flusso del loro procedere.” In<br />

Robert Musil. La guerra parallela, op. cit. pp. 13-17.<br />

232


Il racconto <strong>di</strong> Musil Aus der Geschichte eines Regiments - non firmato, come tutti gli articoli<br />

da lui redatti per il giornale - apre l’ultimo supplemento letterario. Musil collabora al giornale<br />

da poco più <strong>di</strong> un mese. In or<strong>di</strong>ne temporale questo è il suo primo scritto per la «Tiroler<br />

Soldaten-Zeitung» , mentre per questa ricerca è una delle ultime battute della<br />

Literarische Beilage. Del periodo trascorso a Bolzano (giugno1916 - aprile 1917) presso la<br />

redazione della Tsz egli tace nei Diari. Di molti racconti risalenti alla guerra le prime stesure<br />

si trovano proprio nei Diari, ma <strong>di</strong> questo racconto non v’è traccia, anche se questo è l’unico<br />

pezzo <strong>di</strong> prosa che Musil ha reso noto durante la guerra.<br />

I racconti <strong>di</strong> guerra, comunque, sono accomunati da un’esperienza <strong>di</strong> tipo estatico. Questo<br />

testo analizza, nello specifico, l’ “estasi motoria” 507 del combattimento. Le esperienze<br />

estatiche sono una componente importante nell’opera musiliana del periodo <strong>di</strong> guerra. Il tutto<br />

prende vita da avvenimenti che accadono al tenente e che egli racconta meticolosamente, con<br />

una compenetrazione <strong>di</strong> sfera biografica e letteraria. In questa sede il testo verrà analizzato<br />

principalmente in rapporto al giornale che lo ospita; e cioè si osserverà se il testo si inserisce<br />

in maniera abbastanza organica nel contesto <strong>di</strong> questi supplementi, che, come abbiamo visto,<br />

a parte rare eccezioni, lasciano poco all’immaginazione e conducono una propaganda <strong>di</strong> tipo<br />

molto <strong>di</strong>retto.<br />

Questo testo è già stato analizzato dai massimi esperti musiliani, (in particolare da Karl<br />

Corino 508 ), i quali vi hanno riscontrato, nonostante l’in<strong>di</strong>scussa abilità musiliana, un<br />

atteggiamento propagan<strong>di</strong>stico– agitatorio in perfetta sintonia con la propaganda <strong>di</strong> guerra.<br />

Corino in<strong>di</strong>vidua nel racconto una certa “mistica <strong>di</strong> guerra” e definisce il testo “un capitolo<br />

del <strong>di</strong>scorso manipolato” 509 . È però impossibile paragonare questo testo agli scritti che<br />

abbiamo visto finora, almeno per quanto riguarda la struttura del racconto e il linguaggio ivi<br />

usato, che richiede una maggiore riflessione da parte del lettore, rispetto a quanto non<br />

richiedano la maggior parte dei racconti e delle poesie del Supplemento. In effetti la<br />

descrizione dell’assalto, per quanto implicitamente suggerisca l’eroica temerarietà dei<br />

combattenti i quali, in preda a un entusiasmo e ad un’esaltazione folle, a costo <strong>di</strong> farsi<br />

uccidere riescono ad aprire un varco nel filo spinato delle trincee nemiche, allo stesso tempo<br />

offre una tale ricchezza <strong>di</strong> immagini, che, i rumori, i suoni e le sensazioni della guerra,<br />

507<br />

La guerra come sintomo, in La guerra parallela, op. cit. p. 202.<br />

508<br />

Corino, Aus der Geschichte eines Regiments, «Stu<strong>di</strong> germanici» cit. in La guerra come sintomo, op. cit. p.<br />

193.<br />

509<br />

Robert Musil. La grande esperienza della guerra in Pergine e la prima Guerra mon<strong>di</strong>ale, op. cit. p. 425.<br />

233


analizzati in maniera molto scrupolosa, <strong>di</strong>ventano percettibili al lettore. L’attesa dei soldati<br />

prima dell’assalto è importante almeno quanto la descrizione dell’assalto stesso. Vengono<br />

descritte le ore notturne e <strong>di</strong>urne trascorse ad attendere, con la brezza notturna e l’umi<strong>di</strong>tà del<br />

mattino che penetrano fino alle ossa. Musil è abilissimo a trasmettere al lettore questa<br />

sensazione <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>tà che penetra a fondo nei corpi dei soldati intirizziti, nell’attesa che<br />

qualunque cosa muti quel loro stato. Infatti la serie <strong>di</strong> metafore che precedono la frase<br />

esplicita “le uniformi erano inzuppate e gli uomini intirizziti. Fino alle ossa” le conferiscono<br />

una pregnanza che la frase in sé, da sola, non avrebbe : “Il buio che si può tagliare col<br />

coltello” , “l’oscurità fatta <strong>di</strong> legno” , il “vento fatto <strong>di</strong> cenci bagnati”, la “beffarda parete <strong>di</strong><br />

vetro opaco” che impe<strong>di</strong>sce la vista, cioè la nebbia, “il mattino <strong>di</strong>steso come un panno<br />

sottile e inzuppato”, sono espressioni ricercate che riescono nell’intento <strong>di</strong> dare palpabilità a<br />

sensazioni astratte, per <strong>di</strong> più, lette su un foglio <strong>di</strong> carta. Musil, vivisecteur del reale, con la<br />

sua abilità narrativa rasenta la realtà cinematografica, dà una forma visiva all’invisibile.<br />

Anche nella descrizione dell’assalto l’euforia dell’esperienza bellica <strong>di</strong>venta concreta.<br />

Per queste ragioni il racconto si <strong>di</strong>stacca nettamente dal tenore generale della Beilage dove è<br />

tutto molto più scontato.<br />

Incitati dagli ufficiali i soldati si gettano sugli ostacoli impugnando qualunque cosa essi<br />

trovino, senza pensare, o strisciando sotto il filo spinato e saltando nelle trincee nemiche.<br />

L’assalto è previsto per il giorno precedente, ma pioggia e vento ne hanno impe<strong>di</strong>to<br />

l’attuazione. I soldati sembrano quasi <strong>di</strong>spiaciuti <strong>di</strong> questo contrattempo e attendono<br />

“unverdrossen und voll Zuversicht auf <strong>di</strong>e Erneuerung des Angriffsbefehles” (tutti attendono<br />

con fiducia e tenacia il nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> attacco). Nonostante essi attendano ansiosi l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

attacco, la paura del nemico, ben protetto nel labirinto delle trincee (“gut verstecken hinter<br />

Drahtgewirr ”), che dà un senso <strong>di</strong> pericolo continuo e inaspettato, pesa nei loro cuori, (“Die<br />

allen bekannte bösartige Sinnlosigkeit des von Ferne Beschossenwerdens senkt sich auf <strong>di</strong>e<br />

Herzen”). In siffatta situazione affiora l’irrazionale, fenomeno determinato dall’insicurezza<br />

del sentirsi in balìa <strong>di</strong> un potere sconosciuto e bizzarro. L’irrazionale porta i soldati a vedere,<br />

paradossalmente, nel “mörderliches Infanteriefeuer”, una liberazione, “Erlösung”. Infatti<br />

nella bolgia del combattimento non si può più pensare alla paura, si è come <strong>degli</strong> automi, non<br />

si ragiona più, in preda ad una smodata eccitazione: “Die Leute sind nicht mehr zu halten”.<br />

Per superare il pensiero della morte che può giungere da qualunque lato si assume un<br />

comportamento folle, chi è folle non giu<strong>di</strong>ca razionalmente il pericolo, e così sono descritti i<br />

234


soldati nel combattimento: l’eccitazione tipica delle situazioni <strong>di</strong> massa, annulla l’in<strong>di</strong>viduo; i<br />

soldati fanno a gara per l’operazione che richiede più sacrificio, ovvero aprire una breccia<br />

nelle linee nemiche. Si alternano immagini confuse <strong>di</strong> atti temerari da parte dei combattenti,<br />

<strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> rumori assordanti, dando l’impressione <strong>di</strong> un orrido sconvolgimento dalla<br />

natura. In questo ambiente sonoro la percezione è scompigliata, il singolo è <strong>di</strong>sorientato: il<br />

frastuono terrificante genera una sorta <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione ipnotica fino a far precipitare l’in<strong>di</strong>viduo<br />

in uno stato <strong>di</strong> trance. Poi tutto si placa, l’eccitazione irrazionale svanisce, a poco a poco,<br />

come la caligine, seguita da un lento risvegliarsi, dal ritrovarsi ad un tratto stor<strong>di</strong>ti nel mondo<br />

<strong>di</strong> tutti i giorni, passando senza soluzione <strong>di</strong> continuità da “immagini in<strong>di</strong>stinte ” a<br />

“cose concrete” [“Flug von Undeutlichem” “festen Dingen”]. È indubbio che, come sostiene<br />

Corino, questo racconto sia una capitolo del <strong>di</strong>scorso manipolato, e che non abbia la stessa<br />

carica polemica e ironico – costruttiva <strong>degli</strong> altri articoli redatti da Musil per il giornale<br />

che si trovano pubblicati e analizzati in Robert Musil. La guerra parallela, ma è anche vero che<br />

il suo contenuto non può essere paragonato alla convenzionalità <strong>di</strong> altri scritti. Senza abusare<br />

<strong>di</strong> frasi ad effetto o <strong>di</strong> luoghi comuni tipicamente guerreschi questo testo cala il lettore <strong>di</strong><br />

allora, come quello moderno, nella confusione del combattimento, lasciando però come<br />

immagine finale l’inutilità <strong>di</strong> tutto quell’accanimento precedentemente descritto. Il messaggio<br />

sembra essere che, ciò che conta è quel che rimane: il sole continua a brillare nel cielo, e chi è<br />

morto non lo vedrà più. È forse per smorzarne la <strong>di</strong>fficoltà, che il testo nel supplemento viene<br />

accompagnato da immagini raffiguranti una funivia, immagini che comunicano pace e<br />

silenzio, creando un contrasto stridente con il contenuto del racconto. Nelle due pagine<br />

successive vengono riprodotte integralmente le immagini originali delle pagine del giornale in<br />

cui è possibile leggere anche il testo in tedesco:<br />

235


236


237


La libera associazione <strong>di</strong> questo testo con il <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> Lienz, non vuole forzatamente trovare<br />

dei contenuti simili nell’uno e nell’altro, anche se da entrambi emerge un automatismo<br />

straniante del combattimento dove l’uomo-massa perde la propria identità; ma vuole piuttosto<br />

mostrare due tentativi, nell’ambito della Literarische Beilage, <strong>di</strong> <strong>di</strong>scostarsi dai <strong>di</strong>scorsi<br />

scontati e ripetitivi della propaganda.<br />

238


Prima pagina del LB del 4.08.1915<br />

Allegato 2<br />

239


Prima pagina del LB del 26.07.1916<br />

240


In<strong>di</strong>ce contenuti Ge<strong>di</strong>chte 1915<br />

Allegato 3<br />

04.08. 1915: Weiß Rot, Heinz v. Wörndle, Innsbruck<br />

„ Landsturm, Oblt. Franz Weber, Landsturmbataillon 164<br />

„ Zum Gefecht, Oblt. Franz Weber, Landsturmbataillon 164<br />

„ Und ich bin nicht mit dabei…, Dr. Fritz Sydow<br />

„ Italia perfi<strong>di</strong>ssima I, Brünn, Leopold Schwarz 510<br />

„ Sommertage 1915, Karl Dopf, Infanterist des Inf. Reg. N.59, Sanitäts Abteilung<br />

08.08.1915: Tirol, <strong>di</strong>e starke Felsenburg, Anni M., Innsbruck<br />

“ Die walsche Katz und das heiße Mus, F. S. W.<br />

“ Zum 1. August 1915, Feldkirch, 3 Aug. 1915, Dr. Ringler<br />

“ Die Tiroler Landesschützen, Im Felde, Carl Korb, II Landesschützen Reg., 3. Baon.<br />

Stab.<br />

“ Schwur der Deutschen, nach der Melo<strong>di</strong>e “Die Wacht am Rhein”, Ludwig Vogl,<br />

München.<br />

12.08.1915: Die Alpen Wacht, Rudolf Müller 511 , k. k. Ldst. Baon. 1/38.<br />

“ Der unt’re Kriag, Lambert Wazek, Korporal<br />

Der “Bundesfreund”, Lambert Wazek, Korporal<br />

Der Hofer geht um!, Rudolf Greinz 512<br />

Tiroler Wacht, Hans von der Trisanna<br />

Italien, Franz Lüdtke<br />

Poesia senza titolo, Seiner Exzellenz G. d. K. Dankl gewidmet, Arthur Nikodem<br />

15.08.1915: Im wunderschöne Monat Mai (nach Heine), Alfred Horner, Zugsführer, Hall i. T.<br />

“ Tiroler Bauern, Eugen Ronai<br />

Dem Treulosen ins Stammbuch!, Ldst.Inf, Alois Rainer, Wien<br />

Die Wacht in Tirol, Alois Danzer, Zugsführer, Ldst. Inf. Baon I, 4 Komp. 180<br />

Inftr. Brigade.<br />

510 Per tutte le informazioni biografiche <strong>degli</strong> autori la fonte è: Österreichisches Biographisches Lexikon 1815-<br />

1950. Hrsg. v. Der Österreichischen Akademie der Wissenschaft, Wien 1972.<br />

LEOPOLD SCHWARZ: scrittore e giornalista. (Koritschan, Mähren, Tschechien, 1858-Brünn 1926). Stu<strong>di</strong>ò a<br />

Vienna e Lipsia e fu per lo più giornalista <strong>di</strong> professione. Dal 1866 fu libraio a Dresda, poi lavorò un periodo in<br />

Svizzera come giornalista finché nel 1895 si stabilì a Brünn, dove nella propria casa e<strong>di</strong>trice pubblicò un rivista<br />

teatrale «Brünner Theater-Blatt». Contemporaneamente apparve con alcune poesie e tentativi <strong>di</strong> opere<br />

drammatiche. Schwarz <strong>di</strong>fendeva l’ideale <strong>di</strong> un ritorno alle forme <strong>di</strong> vita semplici.<br />

511 MÜLLER RUDOLF: generale, (Kaschau, Slowakai 1865 - Graz 1945). Dal 1912 comandò l´IR 36, col quale<br />

dal 1914 intervenne anche nelle battaglie in Galizia nell’ambito della 10. Inf. Div. Dal 1914 fu Comandante della<br />

12 Inf. Brig. in Galizia, sul fronte dell´Isonzo e in Sudtirolo.<br />

512 RUDOLF H. GREINZ: scrittore, (Aldrans presso Innsbruck, 1866 - Innsbruck 1942). Nipote <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni, per<br />

il quale il paese natio era la patria, <strong>stu<strong>di</strong></strong>ò all’università <strong>di</strong> Graz e Innsbruck germanistica e filologia classica.<br />

Abitò a Merano e dal 1911 a Monaco dove sotto lo pseudonimo <strong>di</strong> Kassian Kluibenschädl collaborò alla rivista<br />

«Jugend». Più in là si cimenterà con lavori letterari e poesie tutti legati dal tema della tra<strong>di</strong>zione tirolese.<br />

241


Kein Krümchen Erde, Anny v. Newald Grasse (Melk, Wien)<br />

Das Lied von den Sappeuren (den Tapferen der Rivaner Sappeuren gewidmet),<br />

Eduard Cinibulk, Vormeister<br />

Italia Perfi<strong>di</strong>ssima II, Brünn, Leopold Schwarz<br />

18.08.1915: Das „Kaiserschießen“ anno 1915, Hptm, Steiffenberger<br />

Speckbacher und Haspinger im Himmel (Melo<strong>di</strong>e: Es klappert <strong>di</strong>e Mühle am<br />

rauschenden Bach) Prof. Hans Krenn, Wien 11. August 1915<br />

Sepp Innerkofler, Sextener Standschütze, gefallen 3. Auf 4 Juli 1915, Im Felde,<br />

Arthur von Wallpach, Standschützenhauptmann<br />

Mein Oesterreich!, Franz Lederer, Oberjäger, Trient<br />

Siegesbewußtsein (5. August.1915) Ernest Sombyo<br />

Die Adlerschützen (Singweise: Hinaus in <strong>di</strong>e Ferne), Gewidmet den<br />

Adlerschützen im Kriegsjahre 1915 von Jakob Gaβner, Vizewachtmeister in Malè<br />

Erzherzog Eugen!, Karl Prisner, Innsbruck, 4 Juli 1915<br />

Der Sohn (Dieses Ge<strong>di</strong>cht ist einer Sammlung packender Feldbriefe und<br />

Kriegsge<strong>di</strong>chte entnommen, <strong>di</strong>e soeben unter dem Titel „Auf Patrouille“, Dokumente aus<br />

großer Zeit, herausgegeben von Franz Mahlke, erschienen ist. Concor<strong>di</strong>a, Deutsche<br />

Verlagsanstalt, Berlin, Preis 1 Mk) Viktor v. Kohlenegg<br />

Das Landsturmlied des Landsturm Regiments nr. 11, Rosegger<br />

29.08.1915: Seemannsgrab, Oskar Blobel, (da Innsbrucker Kriegsflugblätter n. 116) (foglio<br />

non numerato)<br />

Des Kriegers Abschied von seiner Mutter, Im Felde, Bernh. Amos, Einj. Freiw.<br />

Unterjäger, Innsbruck<br />

Nur einen Tag im Schützengraben, Anny v. Newald Grasse, Melk, Wien<br />

Festge<strong>di</strong>cht zum 18. August 1915, H. v. F.<br />

Tirol!, Brünn, Leopold Schwarz<br />

Tiroler Schnalzer<br />

Jederzeit kampfbereit!, Josef Wallner, Landsturm Bataillon 3/38<br />

03.09.1915: „Von der Etsch…“ (Hymnus eines Mitteldeutschen an Tirol), Richard Elb,<br />

Brüssel.<br />

Zu Sepp Innerkoflers Tod! , Adolph Schroth, Wien<br />

Brest Litowsk, Ernö Somlyo, k. u. k. Husarenleutnant beim I.T.D. Kommando<br />

Goinger<br />

Kampfruf aus dem Hochgebirge, Rudolf Halama, Vormeister k. u. k. Tiroler<br />

Feldkanonen Batt. Nr. ?‚<br />

Erfolgreiche Beschießung unseres Kommandos durch <strong>di</strong>e Italiener, (Ge<strong>di</strong>chtet im<br />

Schützengraben, 22 August 1915), Fer<strong>di</strong>nand Jankowsky, Patrouilleführer,<br />

Gendarmerieassistenz, Borghetto.<br />

Tirols Landsturm, Hans von der Trisanna<br />

Mein Kamerad!, Julius Niedl, k. u. k. Not Reservespital 1. In Meran<br />

08. 09. 1915: Auf das Grab eines Kameraden, Karl Dopf, Inf. Reg. Nr. 59, Sanitätsabt.<br />

Feldpost 222.<br />

Der Standschütz, (con immagine), 26 August 1915, O. Gf. Czernin<br />

Tiroler Bergbauern*), Innsbruck, Heinz v. Wörndle, *) Bei der<br />

Landsturmmusterung in Imst am 26. April d. J. traf das Los auch einen Bauern aus Gries bei<br />

242


Lingenfeld (Oetztal), der 17 Kinder zu versorgen hat, davon 10 eigene und 7 von jenem schon<br />

früher eingedrückten Bruder.<br />

Neue Tiroler Schnadahüpfl, Hans von der Trisanna<br />

Das Edelweißkorps, Im Kriegsjahre 1915 gewidmet dem Edelweißkorps von<br />

Jakob Gaßner, Vizewachtmeister, Malè<br />

12.09.1915: Ruhmlose Helden, O. Kernstock 513<br />

15.09.1915: Tiroler Wacht, (Unterlegter Text der „Wacht am Rhein“ von A. Cz.)<br />

Nachher, Leo Heller<br />

St. Michael, Anny v. Newald Grasse, (Melk, Wien)<br />

Österreichisches Fahnenlied, Brünn, August 1915, Leopold Schwarz<br />

Zum Jahrestag der Feuertaufe des k. k. Landesschützenregiments Nr. II in<br />

Dunajiov (Galizien) am 27 August 1914, 27 August 1915, Karl F. Thaler<br />

17.09.1915: Die Abrechnung (con immagine, pagina senza numerazione), Text v. I. K.<br />

Kampf, G. v. Sonderhoff<br />

D’annunzio als Flieger, Oskar Blumenthal<br />

Gefangene, Arthur von Wallpach<br />

29.09.1915: Hesser Schlachtgebet Anno 15., Richard Koderle, k. u. k. Leutnant, Kommandant<br />

der Marsch M. G. A. 3/49, zugeteiltet dem Standschützen Baon Zillertal<br />

Ich komme, toter Kaiserjäger Kamerad, Oberer Isonzo, September 1915,<br />

Kriegsfreiw. Kadett Ant. Dörrer, Innsbruck<br />

02.10.1915: Judas, G. v. Sonderhoff<br />

Der rote Aar, Malè, im September 1915, J. Gaßner, Vizewachtmeister<br />

Patrouillen Marschlied der Kampfgruppe des Herrn Hauptmanns Krähn<br />

(Melo<strong>di</strong>e: Wir halten fest und treu zusammen), Fer<strong>di</strong>nand Jankowsky, Patrouilleführer<br />

Mein schwerster Gang (Erlebnis aus Serbien), Fer<strong>di</strong>nand Jankowsky,<br />

Patrouilleführer<br />

513 OTTOKAR KERNSTOCK: poeta, (Marburg a. d. Drau (Slowenien) 1848 - Festenburg (Stmk) 1928).<br />

Durante i suoi <strong>stu<strong>di</strong></strong> (legge e teologia) all’università <strong>di</strong> Graz apprese nozioni sulla storia antica che sarebbero<br />

state importanti per i suoi lavori futuri. Nel 1871 ricevette l’or<strong>di</strong>ne sacerdotale, nel 1872 fu archivista e<br />

bibliotecario. Come cappellano e in seguito come prete apprese l’amore per i popoli ai quali si de<strong>di</strong>cò con grande<br />

servizio. Molte delle sue poesie, che poi furono illustrate da H. Vogel e furono musicate da molti musicisti,<br />

apparvero per la prima volta nei «Münchener Fliegenden Blättern» ai quali egli collaborò per 25 anni. Le sua<br />

poesia patriottica che, durante la prima guerra mon<strong>di</strong>ale fu in prima linea per la <strong>di</strong>fesa della patria, invitava<br />

sopratutto all´unità del popolo e a mantenere alti i propri valori nazionali. Fu autore dell’inno austriaco valido<br />

dal 1918 „Sei gesegnet ohne Ende...“. Le sue poesie cantano, in versi molto curati delle azioni eroiche <strong>degli</strong><br />

uomini del passato tedesco, ma anche del presente. Egli fu molto apprezzato già in vita. Era dottore <strong>di</strong> ricerca,<br />

membro <strong>di</strong> numerose associazioni letterarie, artistiche e scientifiche, nonché onorato <strong>di</strong> cariche politiche. La sua<br />

poesia Ruhmlose Helden apparve anche nella sua raccolta <strong>di</strong> poesie, pubblicata nel 1915 a Graz per la casa<br />

e<strong>di</strong>trice Leykam, Schwertlinien aus dem Zwingergärtlein, che contiene numerosi testi ispirati alla realtà storica<br />

del momento. Molti <strong>di</strong> questi titoli sono simili a quelli che troviamo nelle pagine della LB: Wächterlied, Gott<br />

segne Dich, mein Kaiser, Die Pflicht, Schützengruß, Vor der Attacke, Heldentod, Kreigssprüche.<br />

243


Deutschland und Oesterreich, Ignaz Vogel, Unterjäger, Ordonnanz des k. k.<br />

Standsch. Baons Dornbirn<br />

Bella Italia!, Anny v. Newald Grasse, (Melk, Wien)<br />

Emanuel, Martin Oberholzer<br />

06.10.1915: (copertina de<strong>di</strong>cata all’Imperatore, con poesia e ritratto), Zum 4. Oktober. 1915,<br />

Heinrich v. Wörndle, Wien<br />

Ge<strong>di</strong>chte (Zur Erinnerung an <strong>di</strong>e glorreiche Wiedereroberung des „Monte San<br />

Michele“ am Plateau von Doberdo durch <strong>di</strong>e tapferen, todeskühnen Truppen der 93.<br />

Infanterietruppen<strong>di</strong>vision unter dem Kommando des Generalmajors Bög, dessen rasche<br />

Initiative, persönliche Energie und Mut zur Wiedereinnahme führten.), Bisjaki, 29 Juli 1915,<br />

Josef Winter, Oberleutnant<br />

Roter Tiroler Adler, Dipl. Ing. Rudolf Engelmann, Oberleutnant a. D.<br />

Wir Tiroler, Im felde, Oberleutnant, Adolf H. Povinelli<br />

Alte Bauernregeln, Hans von der Trisanna<br />

Zum Sturm!, (Zur Erinnerung an <strong>di</strong>e Kämpfe der 58. Gebirgsbrigade am Plateau<br />

von Doberdo, Juni-Juli 1915, Josef Winter, Oberleutnant<br />

09.10.1915: Das Kind des Kriegers, Haindorf in Böhmen, Josef Bennesch<br />

Cadornas Klage, U. Brüggemann, Hamburg<br />

Hab‘, Liebchen, Mut!, 20 September 1915, Carl F. Thaler, Telephonist im 3./II<br />

Landesschützen Baon.<br />

13.10.1915: Kriegsgruß an den Tiroler Landsturm, (Dem Landsturmbataillon Nr. 23 ist eine<br />

Feldpostkarte eines 9jährigen Knabens zugekommen, das ein Ge<strong>di</strong>cht voll rührendem<br />

Mitgefühl für unsere braven Landsturmmänner enthält. Das Ge<strong>di</strong>cht, das als Dokument <strong>di</strong>eser<br />

Zeit vom Landsturmbataillon aufbewahrt wird, ver<strong>di</strong>ent, in seinem Wortlaute hier<br />

wiedergegeben zu werden.), An den lieben Landsturmmann auf höchster Wacht in Tirol, Gruß<br />

aus Wr. Neustadt, 2 Oktober, Erich Varrone, 9 Jahre alt, wohnhaft in Wr. Neustadt, herzog<br />

Leopoldstraße Nr. 17/II<br />

Mahnung, Max B., Feuerwerker, A. Z. D., Trient<br />

Volkslied, Carl Salm<br />

Leutnant Hans, Ballade von Einj. Freiw. Franz Leitner 514<br />

Ich kenn‘ ein Land – Italia!, Adolf Schroth, Mauer bei Wien<br />

Der kleine König, (auf jede Walzermelo<strong>di</strong>e), M. Neuhaus, dzt. Innsbruck.<br />

16.10.1915: Wir Tiroler Landeschützen, Standort, 22 September 1915, Carl F. Thaler,<br />

Telephonist im 3/II. Landesschützen Baon.<br />

Die Sonne sank, Rudolf Engelmann, z. Zt. Oberleutnant a. D., Lix. 7. Rumburg,<br />

Deutschböhmen.<br />

514<br />

FRANZ LEITNER: poeta <strong>di</strong> origine conta<strong>di</strong>na, (Neustadt, 1849 - Neustadt 1922). Interessato alla vita della<br />

gente comune, tipo <strong>di</strong> scrittura realista che porta avanti una violenta critica alla società. Positivista socialista.<br />

244


Der Kriegsfriedhof zu Stavel, B. Del Pero 515<br />

20.10.1916: Den Daheimgebliebenen, Josef Bennesch, Landsturminfanterist, Volders in Tirol,<br />

am Oktober 1915<br />

Die Wacht am Isonzo, Ing. Adolf Schrott, Mauer bei Wien<br />

Belgerad, Ernö Somlyo<br />

An Tirol, Malè im Oktober 1915, J. Gaßner, Vizewachtmeister<br />

Italiens Verrat!, (Nach der Melo<strong>di</strong>e: Zu Mantua in Baden.), Hans Merso, Stdsch<br />

Baon, Enneberg<br />

23.10.1915: Die Wacht an der Donau, (Melo<strong>di</strong>e: „Die Wacht am Rhein“), Adolf Schroth<br />

Der letzte Brief, Im Felde, Oktober 1915, Richard Koderle, k. u. k. Leutn.,<br />

Marsch M. G. A 3/49.<br />

Der Kriegers Traum, Rudolf Halama, Vormeister, k. u. k. Tiroler Feldkanonen<br />

Batterie Nr. 1.<br />

27.10.1915: Das letzte Aufgebot, Im Lager, Oktober 1915, Ing. Ingruber<br />

Wehrmannlied, G. Böheim, Landst. Korp., im Divisionsstabsquartier Goiginger<br />

Kriegslied der Oesterreicher (Gegen <strong>di</strong>e Wälschen!) (Nach der Melo<strong>di</strong>e des aus<br />

dem Jahre 1797 stammenden, kürzlich in der „Tiroler Soldaten-Zeitung“ abgedruckten,<br />

Kriegsliedes Beethovens gegen Italien 516 ), Bozen, 20 Oktober 1915, Karl Delug.<br />

Den Zweien <strong>di</strong>e Treue!, am 17 Oktober 1915, E<strong>di</strong> Cinibulk<br />

Standschützen im Süden, Innsbruck, Oktober 1915, Dr. Leopold Edler v. Ceipek<br />

An <strong>di</strong>e Helden vom Ortler, Ers. Res. Unterjäger Frz. Angerer<br />

??.??.1915: Unseren gefallenen Helden!, E. Schwartz<br />

Verschollen, B. Del Pero<br />

Trientiner Landeschützen,Von Othmar Hassenberger<br />

Zornsprühenede Berge, (immagine e testo, foglio sciolto) Br. Willram<br />

Italien, Johann Portenkirchner, Gefreiter u. Telephonist im k.k. Landst. Baon<br />

165, 2. Komp.<br />

Die Osttiroler Standschützen, Standort, am 1. Oktober 1915, Ing. Ingruber<br />

Feldpostbrief eines Bersaglieri an seine Braut, aus einem Feldpostbrief<br />

03.11.1915: Des Vaterlands Zukunft erblüht aus dem Schmerz, Othmar Hassenberger<br />

Ein Danklied, Aus dem Felde in Rußland<br />

Dort, wo <strong>di</strong>e schwarz-weiß-roten Fahnen wehn, Sollst Du, mein Oest’reich treu<br />

zur Seite stehn!, Rumburg, 5 Juni 1915, Engelmann, Oberleutnant a. D.<br />

Allerseelen, Karl Dopf, Inf. Reg. Nr. 59, Sanitätsabt.<br />

515<br />

DEL-PERO BARTHOLOMÄUS: poeta, (Pizzano im Nonsberg (Südtirol), 1850 - Innsbruck, 1933). Dal 1873<br />

nel servizio <strong>di</strong> gendarmeria territoriale. Sebbene provenisse dalla parte italiana del Sudtirolo, mostra nelle sue<br />

produzioni poetiche un forte attaccamento alla germanità.<br />

516<br />

In Vermischtes del 09.10.1915 pag. 4.<br />

245


Tiroler Kriegslied, Franz Grosholz<br />

06.11.1915: Edelweiß. Dem Edelweißkorpos und seinen erlauchten Kommandanten Herrn<br />

Erzherzog Josef Fer<strong>di</strong>nand in Ehrfurcht gewidmet. Melo<strong>di</strong>e: „Wer nennt mir jene Blume, <strong>di</strong>e<br />

allein“, (auto), Hans Kaiser, dzt. Ldst. Eisenbahnsicherungsabteilung Werfen, Salzburg.<br />

Dolomitenwacht, (Nach der Melo<strong>di</strong>e: „Ergo bibamus“), G. Böheim, Lft. Korp.<br />

Im Dionsstabsquartier Goiginger<br />

Begleitschreiben,<br />

Unsere Hoffnung, A. P.<br />

Der Kriegsfreiwillige, (poesia e immagine), testo <strong>di</strong> Leutnant i. d. Ev. Dr. Karl<br />

Mumelter<br />

09.11.1915: Die Verwundeten, Karl Salm<br />

Tiroler Marsch, Nach der Melo<strong>di</strong>e „Der gute Kamerad“ singbar, G. Böheim, Lst.<br />

Korp. Im Divisionsstabsquartier Goiginger<br />

Am Passo Para<strong>di</strong>so, B. Del Pero<br />

Die „Gefürchtete Grafschaft von Tirol“, Im Felde, 26 Oktober 1915, Karl Koob<br />

Ein Gesicht, Josef Bennesch, Landsturminfanterist, im k. k. LJR. Nr. 10, 5.<br />

Ersatzkompagnie, in Volders<br />

20.11.1915: Die Wacht im Süden, Im Felde, November 1915, Eberhard von Weittenhiller, k.<br />

k. Oberleutnant<br />

Wir halten durch!, J. K.<br />

Dolomiten Schnadahüpfel, Hans von der Trisanna, Wien, k.k. Reservespital Nr.<br />

I.<br />

„Die richtige Antwort“, Otto Chru<strong>di</strong>mak, Zugsführer, dzt. Beim k.u.k.<br />

Monturfilialmagazin in Bozen<br />

23.11.1915: Hadji Dimiter, Von Christo Botew, (Nach<strong>di</strong>chtung aus dem Bulgarischen von<br />

Dora CH. Tzschachmann), de<strong>di</strong>cata a due martiri bulgari<br />

Dolomitenwacht, Landro, Tirol, Oberleutnant A. Spitzer<br />

Zur Enthüllung des Denkmals „Anno Neun“ von Christian Plattner in<br />

Innsbruck, <strong>di</strong> B. Del Pero<br />

Ich gab sie Dir, mein Kaiser, von Etelka Fischer, Genf<br />

Wie lange noch?, Brünn, im Nov. 1915, Leopold Schwarz<br />

„Instruktion und Lehr für einen jeden Kriegsmann.“ (Der kaiserliche oberste<br />

Kriegshauptmann und Rat Maximilian II., Lazarus von Schwen<strong>di</strong>, hat sich in der so betitelten<br />

Schrift über <strong>di</strong>e Pflichten des Soldaten in folgenden Versen ausgesprochen)<br />

27.11.1915: Hw. Herrn k.u.k. Hauptmann Freiherrn v. Buol anläßlich seiner Ernennung zum<br />

Major, C. F. Th., gewidmet von der Mannschaft eines Landesschützen Baonsstabes, Standort,<br />

am 31 Oktober 1915<br />

246


01.12.1915: Das hohe Lied der Infanterie, Art. Oberleutnant d. Res. Hoffer<br />

Mährischer Landsturm, Adolf Reithmeyer, Offiziersstellv.<br />

Feldnacht, (Am Tage vor dem Durchbruch an der Zlota lipa), Artillerie Oberl. D.<br />

R. Hoffer<br />

Andreas Hofers Mahnruf, S. Pinggera<br />

Dolomitenwacht, Innsbruck, Br. Willram, foglio sciolto con immagine<br />

02.12.1915: Wir Kaiserjäger!, Zgf. bei den Tiroler Kaiserjägern Artur Iauernig<br />

Col <strong>di</strong> Lana, Amis<br />

Begeisterung, Einj. Freiw. Zugsf. Der Tir. Kaiserjäger Franz Leitner<br />

Erkenntnis, Im Felde, November 1915, M. Bjargetz<br />

Halleluja Polonia!, (Am Tage nach dem Falle von Warschau), Art. Oberl. d.<br />

Res. Hoffer<br />

Die Pflicht, Jakob Dinkel<br />

08.12.1915: Bartel Merz, Lt. Falkner<br />

Col <strong>di</strong> Lana, J. Gaßner, Vizewachtmeister<br />

In den Karpathen, Amis<br />

Gruß dem Tiroler Volk, (Am 100. Tage nach der Kriegserklärung Italiens),<br />

Artillerie Oberl. i. d. R. Hoffer<br />

Gegen den Welschen, Ignaz Vogel, Baon Dornbirn<br />

11.12.1915: Tiroler Landesschützen, G. L.<br />

Es spukt, Lt. Falkner, 166. Baon<br />

Die Blätter fallen…..!!!, Ge<strong>di</strong>cht von Kanonier Johann Herlt, Im Felde an der<br />

italienischen Grenze<br />

15.12.1915: Andacht, August Geigl, Einj. Freiw. Einj. Regt. d. T. K.J.<br />

Der Feldpostbrief, Josef Ostermann, Feldpostsekretär<br />

Donauwacht, Feldkirch, September 1915, Dr. Ringler<br />

18.12.1915: Hellauf Tirol!, Sommer 1915, Anna von Goldegg<br />

Vergeltung, Im Felde, am 1. Dezember 1915, Unterjäger Franz Ewerz,<br />

Kommandant einer Handra<strong>di</strong>ostation<br />

Der Standschütz, Bozen, am 1. Dezember 1915, v. Delug 517<br />

Unsere Hoffnung, A. P.<br />

22.12.1915: Nun kommen <strong>di</strong>e heiligen Stunden…, Einj. Freiw., Zugsf. Franz Leitner<br />

517<br />

DELUG ALOIS: pittore (Bolzano 1859 - Vienna 1930). Frequentava le scuole a Bolzano quando sentì i primi<br />

stimoli verso la pittura, per un breve periodo <strong>stu<strong>di</strong></strong>ò filosofia a Innsbruck, tra il 1880-85 frequentò l’Accademia<br />

<strong>di</strong> pittura viennese sotto la guida <strong>di</strong> Leopold C. Müller e fece dei viaggi in Italia e Inghilterra. Nel 1888 si<br />

sistemò a Monaco, nel 1896 nuovamente a Vienna dove fu insegnante tra il 1898-1928. Per due anni lavorò in<br />

America. Egli si sforzò <strong>di</strong> mantenere in vita gli antichi scorci <strong>di</strong> Bolzano e costruì anche il museo al cui piano <strong>di</strong><br />

rifacimento collaborò <strong>di</strong>rettamente.<br />

247


Die Waise, J. R.<br />

Tiroler Adler, fliege hoch!, Bozen, November 1915, v. Delug<br />

Junger Bauer im Felde, Alfred Huggenberger<br />

Oesterreichs Helden, Bozen, November 1915, v. Delug<br />

Zum letzten Werk mit frohem Mut!, Im Felde, Dezember 1915, Meinrad Bargetz<br />

Das Kreuz von Mutter Rosenkranz, Kanonier Johann Herlt<br />

25.12.1915: Weihnachts Beilage<br />

Weihnachts Botschaft, O. Kernstock<br />

Gebet, Arthur von Wallpach<br />

Christnacht, Alfred Huggenberger<br />

Das deutsche Lied, Josef Erler<br />

Serbien, Heinrich v. Schullern<br />

In<strong>di</strong>ce contenuti Ge<strong>di</strong>chte1916<br />

Neujahrs Beilage (1.1.1916): Das alte Jahr. Innsbruck, Bernhard Diamant - Das neue Jahr.<br />

Alfred Huggenberger, pagina senza numerazione<br />

An meine Berge, August Sieghardt, Kufstein<br />

Die Königin der Waffen, Feldpost 601, am 17. Dezember<br />

1915. Zugsführer Georg Böheim<br />

Rückblick, Im Felde, im Dezember 1915, Meinrad Bargetz<br />

Sprüche zur Kriegszeit, Wien k. u. k. Reservespital I., Hans von<br />

der Trisanna<br />

Drei Kameraden, Karl v. Eisenstein, Fähnrich<br />

Vision…, Ploszowa, 10. Dez. 1915, Siegele, Oblt.<br />

Donauwacht, Motto: Die große Zeit, Fluck Sempach, 31 Okt.<br />

1915, an meinem 44. Geburtstage, Jean Bättig<br />

Kriegsstrophe zur Volkshymne, Major Eugen Erlacher<br />

Tiroler Kriegsschnaderhüpfeln, Den Tiroler Standschützen zu<br />

frohgemutem Singsang gewidmet von Fr. Fr. Kohl 518<br />

Hiesl<br />

Hans Heinz Ewers<br />

Dr Hiesl tuet walsch learnen, von Otto Rudl, Feldpost 98, Dein<br />

Lied der Rheinischen Reiterei, (Nach dem 15. Jahrhundert),<br />

Der Posten, Lt. Tauschinsky<br />

518 KOHL FRANZ FRIEDRICH: entomologo e <strong>stu<strong>di</strong></strong>oso <strong>di</strong> canti popolari. (St. Valentin a. d. Haid (Südtirol),<br />

1851-Traismauer, 1924). Stu<strong>di</strong>ò scienze naturali all’università <strong>di</strong> Innsbruck. Redasse più <strong>di</strong> 80 lavori su<br />

l´Hymenopterol. Come <strong>stu<strong>di</strong></strong>oso <strong>di</strong> Volkslieder egli appartenne al circolo <strong>di</strong> J. Pommers, ma nel 1903 fondò la<br />

Dt.Volkslied-Ver. a Vienna.<br />

248


08.01.1916: Tirol 1914/15, Franz Karl Ginzkey<br />

Alarm!, Standschützen Hauptmann, Arthur v. Wallpach<br />

Tiroler Standschützen, Karl Zangerle, Meran<br />

Die Schützenfrau, Das folgende Ge<strong>di</strong>cht, das vom Herrn Feldkurat Hauser<br />

eingesendet wurde, hat ein Landesschütze am Monte Piano verfasst, der kurze Zeit darauf fiel<br />

Wir und Welt, Hans Heinz Ewers<br />

Die Donauwacht, Karl Fränk<br />

Weihnachtsgrüße 1915, der Frauen und Mädchen von Leifers an ihre<br />

Angehörigen im Felde, Berger<br />

12.01.1916: Sr. k. u. k. Hoheit dem Durchlauchtigsten Herrn Erzherzog Thronfolger Karl<br />

Franz Josef zum Gruß!, Feldpost Nr. 98, am 8. Jänner 1916, Karl F. Thaler<br />

Weihnachten im Felde 1915, (Das folgende Ge<strong>di</strong>chten sandte Kanonier Franz<br />

Haas namens seiner Kameraden seinem Batteriekommandanten Hauptmann Eugen<br />

Gasiorowski eines Feld Artillerie Bataillons), Franz Haas<br />

Marschlied*), gewidmet dem k. k. Standschützen Feldbaon Bozen., „Der rote<br />

Adler siegt!“ (Victoria aquila rosso!), den 6. Juni 1915, Hansi Andry, *) Einberufung,<br />

Feldzug, Kriegsziel.<br />

Verlor’nes Spiel, Nach der Melo<strong>di</strong>e: „An dem Baume, da hängt ‘ne Pflaume“,<br />

Landro, am 31. Dezember 1915, Franz Wiskozil, Korporal einer k. u. k. Telegr. Abt.<br />

22.01.1916: Jünglingsblut, Jänner im Felde, Frz. Xav. Oberkofler<br />

Junger Mut, Alfred Huggenberger<br />

foglio unico: Dolomitenwacht. Ge<strong>di</strong>cht von Br Willram (H. Prof. Müller) Komp. V. Msg.<br />

Mitterer Domchor Dirigent. Bruneck, Kriegsjahr 1915. Segue spartito musicale.<br />

Barbaren, Bernhard Diamant<br />

Letzte Heimfahrt, (Dem im Oktober 1915 bei Viegereuth gefallenen und<br />

anfangs Jänner 1916 zu Meran endgültig beigesetzen Landesschützen Patrouilleführer Josef<br />

Rungg gewidmet.), Feldpost Nr. 98, im Jänner 1916, Karl F. Thaler<br />

Arbeiter in den Dolomiten, Im Felde im Jänner 1916, Armin Spitzer, Oblt<br />

25.01.1916: Zum 27. Januar 1916, Straßburg, Elsaß, Januar 1916, Rudolf Engelmann k. k.<br />

Oberltnt a. D.<br />

Heil den Helden, O. V.<br />

Tirol, Von Bruno Stephan, Berlin<br />

Die Ungekannten, Von Friedrich Kayßler<br />

Merkverse für <strong>di</strong>e Walsch’n, Josef Maschler<br />

29.01.1916: Unserem Kaiser!, Albertine Luhde Ilg<br />

An unsere Helden im Felde, Otmar Hassenberger<br />

Die Wacht in Tirol, Theres Blaas, Meran Obermais, Trutzmauerhof<br />

249


Die Beleuchtungsschützen, (Gewidmet unserem allverehrten Kommandanten<br />

Herrn k. u. k. Oberleutnant Rudolf Puschmann der k. u. k. Beleuchtungsabteilung Nr. 1/1 B.),<br />

Hans Fuchs, k. u. k. Zugsführer<br />

Col <strong>di</strong> Lana Klänge, Jäger Max Schmachtl<br />

Wille, Alfred Huggenberger<br />

Tirol unteilbar, Heinrich von Schullern<br />

Tirol Landesschütze, (con immagine), C. F. Th.<br />

Der Steirabua, Bernhard Diamant<br />

02.02.1916: Bis an <strong>di</strong>e Grenze der Unmöglichkeit, Rudolf Halama, Korporal, einer k. u. k.<br />

Tiroler Feldkanonen Batterie<br />

Des Kaisers brave Arkeley, 30. Jänner 1916, Hptm. Des Artilleriestabes Richard<br />

Stöger<br />

Der Siegerring, Sr. k. u. k. Hoheit Generalobersten Erzherzog Eugen gewidmet,<br />

Lt Max Depolo<br />

Beim Vino Santo, Dem Herrn Oberst Adolf v. Slanina eines k. k. LSchR.<br />

Gewidmet, Lt Max Depolo<br />

Der Schlachtentod, Lt Max Depolo<br />

Unser Kommandant, Feldpost 222, L. G., Oberleutnant<br />

Der Landeschütze, Rudolf Hofbauer, Zugsführer in einem Landessch. Reg.<br />

Heldenfriedhof in Tirol, Kolingen, Abschnitt Vielgereuth, am 20. Jänner 1916,<br />

Professor Dr. Heinz J. Tomeseth, Kr. Freiw. Eines T. KJR<br />

08.02.1916: Krieg ist mit Rom!, Von Hermann Steinschneider eines Inft. Regt.<br />

Im Feld, 30 Jänner 1916, J. B.<br />

Kriegslied der Oesterreicher. (Gegen <strong>di</strong>e Welschen!), Karl v. Delug<br />

Salve Sancta Barbara!, Ein Stuckknechtslied derer Arkeley hohen<br />

Schutzpatronin St. Barbara in Treuen gewidmet von weiland Leutnant Hans Knapp, eines F.<br />

K. Regts.<br />

Dolomiten 1915, Innsbruck, 18 Jänner 1916, Max Grotti, k. k. Landst. Oberjäger<br />

Landstürmers Abschied, Bernhard Diamant<br />

Von den Tirolern am östlichen Kriegsschauplatze. Silvesterspruch 1915.<br />

Gesprochen in der Silvesternacht 1915 in Wolhynien, Oblt. G. v. Tschurtschenthaler<br />

12.02.1916: Tiroler Schützen, Elis Petz<br />

Col <strong>di</strong> Lana, (Gewidmet den Helden des Col <strong>di</strong> Lana), Zugsführer Emil Walter<br />

eines k. u. k. Sappeur Baons<br />

26.02.1916: Sepp Innerkofler. Nach einem Gemälde von Prof. F. v. Defregger, A. Geigl, Einf.<br />

Frw. Unterjäger<br />

Landsturmlied, Theodor M. Vogel<br />

Soldatenbraut, Rudolf Sieber, Kadett<br />

Es war einmal, Paul Elias, Zugsführer<br />

250


Angriff, Kanonier Toni Böhringer einer Gebirgskanonenbatterie<br />

Der Asra (Frei nach Heine), Bernhard Diamant<br />

Die Helden am Isonzo, (Nach der vierten Isonzo Schlacht), Nordfront, Dezember<br />

1915, Art. Oberleutn. d. Reg. Hoffer<br />

Der Held, Karl Zangerle, (Meran)<br />

Das liebe Pustertal, G. Böheim, Zugsf. im Divisionsstabsquartier<br />

02.03.1916: Lied aus der ersten Kriegszeit*) Mobil, Oelsnitz i. Vogtl, K. Völkel, *) Der<br />

Autor übermittelt den Wunsch, dass sich ein österreichischer Bundesbruder finden möge, der<br />

dem Liede weisen gibt, <strong>di</strong>e es volkstümlich machen.<br />

Frieden, Heinrich v. Schullern<br />

Dem Helden der goldenen und silbernen Tapferkeitsmedaille, Melo<strong>di</strong>e: „Strömt<br />

herbei ihr Völkerscharen“, Mauer bei Wien, Ing. Adolf Schroth<br />

Oesterreich, Gruchol, Korporal eines Ldst. Inf. Baons.<br />

Aus den Dolomiten, Unterj. Ig. Vogel, Baon Dornbirn<br />

Ein treuer Führer, Sr. Wohlgeboren Herrn Major Konstantin Valentini in<br />

Verehrung gewidmet, R. E., Unterj. eines LSR<br />

04.03.1916: Rosen am Weg, Alfred Huggenberger<br />

Auf, auf, ihr mutigen Scharen, von Bruno Stephan, Berlin<br />

Schwarz-Gelb, Rudolf Engelmann, k. k. Oblt. a. D.<br />

08.03.1916: Wir Kaiserjäger, Eduard Andreas Rohracher, dzt. Landeck<br />

Lied eines Landesschützen aus dem Oktober 1914, Das folgende Ge<strong>di</strong>cht<br />

entstand zur Zeit der Anfangskämpfe in Galizien im Jahre 1914 und hat unterdessen bei<br />

unseren Truppen vielfach Verbreitung gefunden, wo es als Soldatenlied gesungen wird. Das<br />

Ge<strong>di</strong>cht wurde im Interesse der Feststellung des authentischen Textes vom Verfasser der<br />

Tiroler Soldaten-Zeitung zum Abdrucke übersendet, Dr. Wilhelm Bergmann, Leutnant eines<br />

LSR<br />

Die Kämpfer an der Südwestfront, Innsbruck, Hans Gatterer, Einj. Freiw.<br />

An <strong>di</strong>e Opfer des weißen Todes von 24. Februar 1916, Korp. Ludwig Gürtler,<br />

Waffenmeister<br />

Das Rote Kreuz, Im Felde, 26. Februar 1916, Othmar Kofler, S. U. O., Zugsf.,<br />

im k.k. Standschützen Baon Kaltern<br />

Lovcen!, (Zum 10 Jänner 1916), Wien, Heinz v. Wörndle<br />

Das Liedchen von der Treue, Bernhard Diamant<br />

Tiroler Helden, gewidmet den Standschützen meiner Heimat, Sepp Fischnaller,<br />

Akron, Ohio, 18 Dez. 1915.<br />

11.03.1916: Enkeln werden es den Enkeln sagen, Klausen, am 6 März 1916, Oberleutnant<br />

Ascher<br />

Tagwach, SWFront, 18 Februar 1916, E<strong>di</strong> Cinibulk<br />

251


Bozener Landeschützen, von Otto König 519<br />

Nachtgebet, Ella Triebnigg<br />

Frühlingsbote, 2500 Meter Höhe, Arthur v. Wallpach<br />

15.03.1916: Tod in der Schlacht, O. Hbgr<br />

Jägerschwur, (Den Tiroler Kaiserjägern gewidmet), Lt. Depolo<br />

Schneevergraben, 2500 Meter Höhe, Arthur v. Wallpach<br />

Unserem verehrten Briga<strong>di</strong>er Oberst Spiegel anlässlich seiner Dekorierung am<br />

25 September 1915 gewidmet vom Standschützen Baon Klausen<br />

Kriegsbetstunde, Bonn, J. vom Rhein<br />

26.03.1916: Tirolervolk, Lt. Depolo<br />

Am Lawinenhang, Im Felde in Tirol, am 29 Feber, Dr. Ostheimer, Ass. Arzt<br />

Stellv. d. R.<br />

An <strong>di</strong>e Katzelmacher, Julius Heuberger<br />

Soldaten, schützet den Wald!, Cerelen März 1916, Hans Rosenfeld<br />

Unser Wahlspruch, Einj. Freiw. Erich Mayr<br />

Soldatenfrau, Bozen 1915, Elis Petz<br />

06.04.1916: Hell Dir, mein Land Tirol!, (Melo<strong>di</strong>e: zu Mantua in Baden), Mauer bei Wien,<br />

Adolph Schroth, Ingenieur<br />

Das Helden Kreuz, Landeck, im Lenzmond 1916, Eduard Andreas Rohracher<br />

Die Kaiserjäger*), Ernst Froh, *) Zu singen nach der Weise: „Hinaus in <strong>di</strong>e<br />

Ferne mit lautem Hörnerklang“<br />

Frühling, SW. Front, 21 März 1916, E<strong>di</strong> Cinibulk<br />

Der Jungschütz, Lied für 4 Männerstimmen von Josef Vetter jun.<br />

Grenzwacht, Einj. Freiw. Erich Mayr<br />

Der Lindenbaum, Bernhard Diamant<br />

Schwarzwaldnacht, Straßburg, Elfaß, Februar 1916, Rudolf Engelmann, k.k.<br />

Oblt. a. D.<br />

12.04.1916: Wohltun in Kriegstagen, Alfred Huggenberger<br />

Der Blumenteufel, Rudolf Plettenbacher<br />

An mein Lieb!, Fritz Möry, Zugsführer<br />

519<br />

KÖNIG OTTO: ps. André Flisseau, scrittore e giornalista. (Vienna, 1882 - Vienna 1932). Dapprima operaio<br />

in una fabbrica il cui capo gli permise <strong>di</strong> fare la scuola superiore. Divenne consulente e<strong>di</strong>toriale per la Fischer<br />

Verlag <strong>di</strong> Berlino e poi per la Ullstein. Durante la Prima guerra mon<strong>di</strong>ale descrisse, come corrispondente <strong>di</strong><br />

guerra in servizio con l’esercito tedesco le sue impressioni al fronte sud. Dopo il 1918 visse ad Innsbruck e<br />

fondò il settimanale «Widerhall» dal quale nacque una collezione <strong>di</strong> poesie Heimat in Not che mostra con<br />

convinzione la battaglia dei tirolesi per la patria e il carattere nazionale. Tra il 1925 e il 1932 fu redattore del<br />

«Neuen Wiener Journals» nel quale fu anche attivo come corrispondente teatrale. (Altre opere: Stimmen der<br />

Seele, Ge<strong>di</strong>chte, 1915; Glocken im Sturm (G.), 1916; Kameraden vom Isonzo, Erzählungen, 1916; Heimat in Not<br />

(G.) 1918).<br />

252


23.04.1916: Höhenwunder, Hugo Salus 520<br />

Den Jungen, Arthur von Wallpach<br />

Tiroler Ostern 1916, M. E. delle Grazie 521<br />

Aufersteh’n, aufersteh’n!, Steyr, Gregor Goldbacher 522<br />

Den Zaghaften, Angelika v. Hörmann 523<br />

Der Kaiser ruft!, Br. Willram<br />

Frieden, Heinrich v. Schullern<br />

Zum Auferstehungsfest, Adolph Schroth, Ingenieur, Mauer bei Wien<br />

Frühling, H. B. v. Told<br />

28.04.1916: Feldsoldaten, Im Felde Fähnrich Rud. Bernreiter<br />

Was ist dabei?, Fritz Prause, Feuerwerker<br />

Ich hab‘ ein Hüglein im Polenland, Karl Dankwart Zwerger, dzt. Kdt.-Asp.<br />

Da Franzl., I. Vetter jun., Unterj. beim k.u.k. Etp. Bez. Komdo. Innsbruck<br />

Gruss an mein Mutterl., Infanterist Joh. Breitfelder<br />

Frühling, S. W. Front 15 April 1916, Dr. Pohl Oblt.<br />

Die Donauwacht<br />

04.05.1916: Baon Nr. 166., Gewidmet dem tapferen Bataillon und seinem Kommandanten<br />

von Zugsführer Erich Gruchol<br />

Unser Sohn, Familie Kofler in Schwanenstadt gewidmet zur Erinnerung an ihren<br />

Sohn Johann Kofler, Schütze im k. k. oberösterr. Schützenbaon 1. Am 7 Oktober 1915 am<br />

südwestl. Kriegsschauplatze schwer verwundet, am 20. November 1915 in Innsbruck den<br />

Verwundungen erlagen. Besitzer der silb. Tapferkeitsmedaille 1. Klasse, Henriette Dietrich<br />

Altes Söldnerlied, Alfred Huggenberger<br />

Ein Tiroler Landstürmer an seine Frau, Adalbert Decall<br />

Cadorna berichtet…, (frei nach Schiller), Fritz Zugsf.<br />

520<br />

HUGO SALUS: scrittore e me<strong>di</strong>co, ebreo (Böhmen, 1866 - Praga 1929). Stu<strong>di</strong>ò me<strong>di</strong>cina all’università <strong>di</strong><br />

Praga. Collaborò alle riviste «Jugend», «Simplicissimus» e «Ver Sacrum». Le sue poesie sono per lo più<br />

malinconiche e trasognanti. La sua più nota raccolta <strong>di</strong> poesie è intitolata Ehefrühling (1900) ed è nota per la sua<br />

esaltazione dell’amore coniugale. Complessivamente sono da sottolineare la musicalità e il ritmo delle sue liriche<br />

come anche la sobrietà dei toni.<br />

521<br />

MARIE EUGENIE DELLE GRAZIE: poetessa, (Ungar. Weißkirchen,1864 - Vienna 1931). Discendente da<br />

famiglia veneziana. Nel 1872 la famiglia si trasferì a Vienna dove frequentò l’istituto <strong>di</strong> formazione per<br />

insegnanti. Il prof. Laurenz Müllner, teologo liberale ed etico, ne scoprì e coltivò le capacità poetiche. Nel 1833<br />

ricevette il premio delle sorelle Fröhlich per il dramma Saul e nel 1895 realizzò con la saga Roberspierre il<br />

miglior lavoro realista austriaco. Nei romanzi e racconti successivi si batté per tematiche quali la libertà del<br />

genere umano. Dopo la morte del suo scopritore la sua vita cambiò ra<strong>di</strong>calmente, si trasferì nei monti della Stiria<br />

e si votò al cattolicesimo.<br />

522<br />

GOLDBACHER GREGOR: poeta, (Steyr, 1875 - Steyr, 1950). figlio <strong>di</strong> impiegato statale, <strong>stu<strong>di</strong></strong>ò matematica<br />

e geometria all’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Vienna.<br />

523<br />

HÖRMANN V. HÖRBACH ANGELIKA: poetessa, (Innsbruck, 1843 - Innsbruck 1921). Figlia del<br />

professore universitario Mathias Geiger. Pubblicò numerose raccolte <strong>di</strong> poesie che la resero una delle potesse più<br />

famose del tempo in Tirolo. Semplice, sobria, senza sfarzi inutili, fine, profonda, ogni tanto infervorata, trovava<br />

nell’ambito ristretto del proprio essere una quantità <strong>di</strong> motivi che la fecero artista. Kranewitter la definì, „als <strong>di</strong>e<br />

erste frau Tirols von wahrhaft nationaler Empfindung“, come la prima donna tirolese dalla vera sensibilità<br />

nazionale.<br />

253


Poincarré!, K. E. Hirt<br />

Koa Furcht!, (Bleistiftzeichnung von A. Klingenschmid, Innsbruck), Poesia<br />

anche <strong>di</strong> August Klingenschmid<br />

Kriegsroman, H. B. v. Told<br />

11.05.1916: Deutsche Barbaren, Hugo Salus<br />

Das Edelweiß im Kriege 1914-15-16, (Melo<strong>di</strong>e: Zu Mantua in Baden), Lofer,<br />

18. April 1916<br />

Der Soldatenfriedhof, Im Felde, Fähnrich Rud. Bernreiter<br />

Der deutsche Frühling, Hans Weber, Kad. Asp.<br />

Hofer’s Beichte, Josef Erler<br />

Tiroler Heimat, Heinrich v. Schullern<br />

Zwischen Krieg und Frieden, Ig. Vogel, Unterj. Baon Dornbirn<br />

Hüttenpoesie, Julius Fereberger, Kad. Asp.<br />

15.05.1916: In Bergstellung, 1 Mai 1916, H. B. v. Told<br />

Kriegsgedanken, Jaroslav Kostka, Korporal<br />

Des Himmels Gruß, Me<strong>di</strong>g Ottokar, Unterjäger eines Landesschützen Regiments<br />

Tiroler Sonne, Emil Karl Tischler, Vormstr<br />

Den wackeren Pfunsern<br />

Zum 24. Mai, Hans Schaffer, Kanonier<br />

Vor dem Sturme, Im Felde, Fähnrich Rudolf Bernreiter<br />

Kriegsanleihe, Von J. Vetter jun.<br />

24.05.1916: Wann denn?, Karl Dankwart Zwerger<br />

Zum Jahrestag der Kriegserklärung am 23. Mai 1915, Ein Lied gegen Italien,<br />

von Attilio Bleibtreu, k. u. k. Leutnant im Inf. Reg. Hoch und Deutschmeister<br />

Koa‘ Treffer!, Ernst Froh<br />

An den semmelblonden Neyder<br />

An den fausthohen Gefreiten Helm, Der Semmelblonde<br />

Auf zur Schlacht!, von Albert Leibl, Leutnant<br />

30.05.1916: Soldaten- Gottes<strong>di</strong>enst, Im Felde, Fähnrich Rudolf Bernreiten<br />

„Vorwärts“, Telephonist Walcher<br />

„Er fiel“, Tauschinsky, Leutnant eines Tiroler K.J.R<br />

08.06.1916: Aus eiserner Zeit, B. H. v. Buch<br />

Vor dem Angriff, Feldwebel Pongraz Eichelter<br />

Ich hab ein fein Muskete, Fähnrich Karl Dankwart Zwerger<br />

Morgen im Felde, Im Felde, Fähnrich Rudolf Bernreiter<br />

Die Zielscheiben, A‘ G’schichtl‘ von anno neun, Ernst Froh<br />

Hin ist hin!, Klausen, 6 April 1916, Oblt. a. D. Adolph Ascher<br />

Am Tage der ersten Schlacht, Infanterist Karl Dopf<br />

254


Vielgereuth, Wien, Mai 1916, Heinz Wörndle<br />

Unserem geliebten Kaiser, 1915, Hugo Salus<br />

Wenn der Frühling kommt, Alfred Huggenberger<br />

Kriegers Pein, Paul Zanona, Unterj.<br />

15.06.1916: Südwärts, Prof. Dr. H. J. Tomaseth, Freiw. Oberjäger eines T. KJR<br />

Hoffnung auf Segen, Im Felde, Fähnrich Rudolf Bernreiter<br />

Frühling 1916 im Land Tirol, Den heldenmütigen Tirolern als Gruß von der<br />

französischen Front zugedacht von Josef Kern, katholischer Divisionspfarrer der 16.<br />

Deutschen Res. Division<br />

Gottes<strong>di</strong>enst, Zugsführer Carl F. Thaler<br />

Junger Veteran, Hugo Salus<br />

Der Reitersknecht, Alfred Huggenberger<br />

Salandras Tränen, Calliano, 18 Mai 1916, Carl F. Thaler<br />

20.06.1916: Es stund ein Kreuzlein, Fulpmes, 12 Juni 1916, Hauptm, Adolph Ascher<br />

Der große Tag, Im Felde, Rudolf Bernreiter<br />

Altenaufgebot, Freund Wallpach ins Feld, von K. E. Hirt<br />

In der Etappe, Vilpian, im Juno 1916, Fritz Huyner, k. k. Leutnant i. d. Res.<br />

Von den Mindesten einer, Stolz Speckbacher<br />

Lehrt eure Kinder ihre Heimat lieben, Bernhard Diamant<br />

26.06.1916:/<br />

30.06.1916: Der Landsturmmann, Als Marschlied, Südtirol, im Mai 1916<br />

Der letzte Kuss, Tauschinsky, Leutnant eines Tiroler KJR<br />

Am Telefon, L. I. R. 20. Tel, Abt, S, Fröhlich<br />

Der Landsturm, Fähnrich Hmolik<br />

08.07.1916: Ich kenn‘ gute Kameraden, (Melo<strong>di</strong>e: Ich hatt‘ einen Kameraden), Hans Stanko,<br />

Hauptmann<br />

Abend in Tirol, von Werner Peter Larsen, München<br />

Der kleine Deserteur, Kadettaspirant Karl Dankwart Zwerger<br />

??.07.1916: Ra<strong>di</strong>o Lied, Von Landst. Inft. Ant. Pazelt<br />

Cimberland, Arthur v. Wallpach<br />

Des Helden Trost, gewidmet dem am 20. Mai 1916 bei einem Sturmangriff auf<br />

dem Monte Torano gefallenen Einj. Frw. Kaiserjäger Zugsführer Karl Frisch (mit der<br />

silbernen Tapferkeitsmedaille 1. Kl. ausgezeichnet), 15. Juni 1916, Hans Eckl, Fwk.<br />

Einsamkeit im Hochgebirge, Im Felde, Leutnant Adolf Karl Seidl<br />

Der Salzburger Landsturm, Georg Kranabetter<br />

255


26.07.1916: Die Wacht in Tirol, Ein Lied gewidmet dem Land Tirol, (Melo<strong>di</strong>e: <strong>di</strong>e Wacht am<br />

Rhein), K. Bayer<br />

Wir Kaiserjäger!, Rudolf Plettenbacher<br />

Felix Austria!, M. v. Greiffenstein<br />

Die G’wehrfassung, A‘ G’schicht‘ von anno neun, Ernst Froh<br />

Heimkehr aus dem Felde, Rudolf v. Saar, Oberleutnant<br />

256


Bibliografia<br />

Acerbi, E., Le truppe da montagna dell’esercito austro-ungarico nella Grande Guerra,<br />

Valdagno, Rossato, 1991<br />

Adorno, T., The Authoritarian Personality, New York, Harper & Bros, 1950<br />

Allport, G. W., The nature of preju<strong>di</strong>ce, Cambridge, Cambridge UP, 1954<br />

Alonge, A. G., Cinema e guerra. I film la Grande Guerra e l’immaginario bellico del<br />

Novecento, Torino, Utet, 2001<br />

Amann, K. - Lengauer, (a cura <strong>di</strong>), Österreich und der große Krieg, 1914-1918, Vienna,<br />

Brandstätter, 1989<br />

Amossy, R. – Herschberg-Perrot, A., Stéréotypes et clichés. Langue, <strong>di</strong>scours, société, Paris,<br />

Nathan, 1997<br />

Amossy, R., Les idées reçues. Semiologie du Stéréothipe, Paris, Nathan, 1991<br />

Andersen, R., A Century of me<strong>di</strong>a, a Century of war, New York, Peter Lang, 2006;<br />

Andreson, B., Comunità immaginate: origini e fortuna dei nazionalismi, Roma,<br />

Manifestolibri, 2000<br />

Armeekommando der k.u.k. 7. Armee, Bestimmung über <strong>di</strong>e Geschäftsgebarung und<br />

Verrechnung der Marketenderei Ausgabestellen der 7. Armee und der<br />

Truppenmaketendereien (Soldatenheime), k.u.k. 7. Armee – Feld- Bücherei, 191<br />

Audoin-Rouzeau, S. – Becker, J.J., ed. It. a cura <strong>di</strong> Gibelli, A., La prima guerra mon<strong>di</strong>ale,<br />

Torino, Einau<strong>di</strong>, 2007<br />

Audouin-Rouzeau, S., Les combattants des tranchees 14-18, Paris, Colin, 1986<br />

Bahder v., Karl (Hrsg.), Deutsches Wörterbuch von Jakob und Wilhelm Grimm, Leipzig,<br />

Verlag von Hirzel, 1922<br />

Barkaï, R., De l'utilisation de l'image dans la recherche historique, in L'image de l'autre.<br />

Etrangers, minoritaires, marginaux, Paris, Imprimerie de la Sorbonne,, 1984, pp.28-59<br />

Barth-Scalmani, Kuprian/Mazohl, Wallnig, National identity or regional identity? Austria<br />

versus Tyrol, pp. 33-63 in Bischof, G. (a cura <strong>di</strong>), Austrian historical memory & national<br />

identity, New Brunswick, 1997<br />

Bausinger, H., Stereotypie und Wirklichkeit in “Jarbuch Deutsch als Fremdsprache” vol. 14,<br />

Iu<strong>di</strong>cium Verlag, 1988, pp. 157-170<br />

Bayly, C. A., La nascita del mondo moderno, Torino, Einau<strong>di</strong>, 2007<br />

Becker, J. J., Guerres et cultures 1914-1918, Paris, A. Colin, 1994<br />

Beller, M. - Leerssen, J. (a cura <strong>di</strong>) Imagology. The cultural construction and literary<br />

representation of National characters, Amsterdam-NY, Rodopi, 2007<br />

Beller, M. (a cura <strong>di</strong>), "L'immagine dell'altro e l'identità nazionale: meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> ricerca<br />

letteraria", Supplemento al n. 24 de «Il confronto letterario», Fasano Schena e<strong>di</strong>tore, 1996<br />

Beller, M., Eingebildete Nationalcharakter: Vorträge und Aufsätze zur literarische<br />

Imagologie, Göttingen, V&R Unipress, 2006<br />

Bennett, T., Outside Literature, London, Verso, 1990<br />

Berlitz, C., Die wunderbare Welt der Sprachen, Wien/Hamburg, Zsolnay, 1982<br />

Bernar<strong>di</strong>, M., Di qua e <strong>di</strong> là del Piave – Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano, Mursia,<br />

1989<br />

257


Berti, G., Messaggi dal fronte. Mille cartoline della Grande Guerra, Milano, Electa, 1988<br />

Bettega, A., Soldati contro montagne. Cronache della prima guerra mon<strong>di</strong>ale dalla Val <strong>di</strong><br />

Fiemme al Passo San Pellegrino, Valdagno, Rossato, 1998<br />

Bhabha, H. K., I luoghi della cultura, Roma, Meltemi, 2001<br />

Bianchi, B., La follia e la fuga. Nevrosi <strong>di</strong> guerra, <strong>di</strong>serzione e <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza nell’esercito<br />

italiano (1915-1918), Roma, Bulzoni, 2001<br />

Bock, H. M., Nation als vorgegebene oder vorgestellte Wirklichkeit? Anmerkungen zur<br />

Analyse fremdnationaler Identitätszuschreibung, p. 11-36, in Florack, R. (Hg.),<br />

Fremdwahrnehmung und Identität in deutscher und französischer Literatur, Tübingen, Max<br />

Niemeyer Verlag, 2000<br />

Bosbach, F. (a cura <strong>di</strong>), Feindbilder. Die Darstellung des Gegnersin der politischen<br />

Publizistik des Mittelalters und der Neuzeit, Köln, Weimar, Wien, Böhlau Verlag, 1992<br />

Brignoli, M., Immagini della prima guerra mon<strong>di</strong>ale, Milano, Rusconi, 1982<br />

Broucek, P., Konservatorismus in den Armeen des Hauses Österreich und der Republik<br />

Österreich, in R. Rill – U. Zellenberg (a cura <strong>di</strong>), Konservatorismus in Österreich, Graz-<br />

Stuttgart, Leopold Stocker Verlag, 1999, pp. 173-175<br />

Brown, P. - Lenvinson, S. C., Politeness, some universals in language usage, Cambridge,<br />

Cambridge University Press, 1987<br />

Bruckmüller, E., Nation Österreich, Vienna, Böhlau, 1996<br />

Calì, V. (a cura <strong>di</strong>), Gli intellettuali e la Grande Guerra, Bologna, Il Mulino, 2000<br />

Callari-Galli, M., Pensare la <strong>di</strong>versità. Idee per un’educazione alla complessità umana,<br />

Roma, Meltemi 1998<br />

Canal, C., La retorica della morte. I monumenti ai caduti della Grande Guerra, Torino,<br />

Loescher, 1982<br />

Canetti, E., Masse und Macht, Frankfurt am Main, Fischer Verlag, 1980<br />

CATALOGO DELLA MOSTRA TENUTA A GORIZIA 1998-1999, 1918 la guerra nella<br />

testa: arte popolare, esperienza, memoria nel Primo Conflitto Mon<strong>di</strong>ale, Trieste, Lint, 1998<br />

Cazals, R. - Rousseau, F., 14-18, le cri d’une generation, Toulouse, Privat, 2001<br />

Ceschin, D. - Isnenghi, M. (a cura <strong>di</strong>), La Grande Guerra. Uomini e luoghi del ’15-18,<br />

Torino, UTET, 2008<br />

Chabod, F., L’idea <strong>di</strong> nazione, Bari, Laterza , 1962<br />

Chemotti, S. (a cura <strong>di</strong>), Gli intellettuali in trincea, Padova, Cleup, 1977<br />

Chomsky, N. - Herman, E.S., La fabbrica del consenso. Ovvero la politica dei mass me<strong>di</strong>a,<br />

Milano, Il Saggiatore Tascabili, 2008<br />

Cole, L., “Für Gott, Kaiser und Vaterland”. Nationale Identität der deutschsprachigen<br />

Bevölkerung Tirols 1860–1914, Stu<strong>di</strong>en zur Historischen Sozialwissenschaft, Band 28.<br />

Frankfurt, Campus Verlag, 2000<br />

Cometa, M., (a cura <strong>di</strong>) Cultural Stu<strong>di</strong>es. Un’introduzione, Milano, Mondadori, 2004<br />

Cometa, M., (a cura <strong>di</strong>), Dizionario <strong>degli</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> culturali, Roma, Meltemi, 2004<br />

Corino, K., Robert Musil. Aus der Geschichte eines Regiments, in «Stu<strong>di</strong> Germanici», ns, a.<br />

11, n. 1-2 (1973), pp. 109-111<br />

Corneliben, C. – Kruse, W. (Hrsg), Eine Welt von Feinden: der Grosse Krieg 1914-1918,<br />

Frankfurt am Main, Fischer Taschenbuch Verlag, 2000<br />

258


Corni, G. – Bucciol, E. – Schwarz, A. (a cura <strong>di</strong>), Ine<strong>di</strong>ti della Grande guerra – Immagini<br />

dell’invasione austro-germanica in Friuli e nel Veneto orientale, Portogruaro (Ve), ed.<br />

E<strong>di</strong>ciclo, 1990<br />

Cornwall, M., The underminig of Austria-Hungary: the battle for hearts and minds,<br />

Basingstoke, Macmillan, 2000<br />

Cossetto, M., Il soldato Musil in «Letture Trentine e Altoatesine», n. 28-29, <strong>di</strong>cembre 1982<br />

Dacrema N. (a cura <strong>di</strong>), Felix Austria. Italia infelix?, Roma, Aracne, 2004<br />

Dacrema, N., Il volto del nemico. Scrittori e propaganda bellica (1915-1918) nell'Austria <strong>di</strong><br />

Francesco Giuseppe, Firenze, La Nuova Italia, 1998<br />

Dalbin, S., Visions croisées franco-allemandes dans le contexte de la Grande guerre entre<br />

deux quoti<strong>di</strong>ens: La Metzer Zeitung et L'Est Républicain, Bern, Peter Lang, 2007<br />

De Angelis, E., Robert Musil. Biografia e profilo critico, Torino,Einau<strong>di</strong>, 1982<br />

Della Volpe, N. (a cura <strong>di</strong>), Esercito e propaganda nella Grande Guerra (1915-1918), Roma,<br />

SMIE, 1989<br />

Der Österreichischen Akademie der Wissenschaft, Österreichisches Biographisches Lexikon<br />

1815-1950. Wien, Hrsg. v. Der Österreichischen Akademie der Wissenschaft, 1972<br />

Di Spirito, F. - Ortoleva, P. – Ottaviano, C. (a cura <strong>di</strong>), Lo strabismo telematico:<br />

contrad<strong>di</strong>zioni e tendenze della società dell'informazione, Torino, UTET, 1997<br />

Dietrich, E., Feindbilder und Ausgrenzung als Fermente der politischen Ra<strong>di</strong>kalisierung in<br />

Tirol zwischen 1918 und 1923, pp. 156-171, in H. Konrad (a cura <strong>di</strong>) Revolutionäres<br />

Potential in Europa am Ende des Ersten Weltkrieges : <strong>di</strong>e Rolle von Strukturen, Konjunkturen<br />

und Massenbewegungen, Vienna, Böhlau, 1991<br />

Dinklage K., (Hrsg), Robert Musil. Leben. Werk. Wirkung, Wien, Amalthea Verlag, 1960<br />

Domenichelli, M. – Fasano, P. (a cura <strong>di</strong>), Lo straniero. Atti del convegno <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Cagliari</strong><br />

1994, Roma, Bulzoni, 1997<br />

Dressler, G., Zwischen Euphorie und Realismus – Die Neue Freie Presse im ersten<br />

Weltkrieg, Phil. Diss., Wien, 1981<br />

Drofenik, W., General Alfred Krauss – Eine Biographie, Phil. Diss., Wien, 1967<br />

Dzambo, J., (a cura <strong>di</strong>), Musen an <strong>di</strong>e Front. Schriftsteller und Künstler im Dienst der k.u.k<br />

Kriespropaganda 1914-1918, Monaco, Adalbert-Stifter-Verein, 2003<br />

Eisterer, K.– Steininger, R. (Hrsg.), Tirol und der erste Weltkrieg, Innsbruck-Wien,<br />

Österreichischer Stu<strong>di</strong>enverlag, 1995<br />

Ellul, J., Storia della propaganda, Napoli, Ed. scientifiche italiane, 1983<br />

Erhard, B., Bauernstand und Politik. Zur Geschichte des Tiroler Bauernbundes, Wien,<br />

Jugend-und-Volk-Verlag, 1981<br />

Exner, G., Karrikaturen als Quellen der historichen Stereotypenforschung in der<br />

Karrikaturen der “Muskete” im Ersten Weltkrieg, Phil. Diss., Wien, 1995<br />

Fabi, L. (a cura <strong>di</strong>), I musei della Grande Guerra. Dall’Adamello a Caporetto, Rovereto,<br />

Osiride, 2000<br />

Fabi, L. (a cura <strong>di</strong>), La guerra in salotto. Miti, monumenti, memoria, quoti<strong>di</strong>ano della Grande<br />

Guerra, U<strong>di</strong>ne, Paolo Gaspari, 1999<br />

Fabi, L., Gente <strong>di</strong> trincea, Milano, Mursia, 1994<br />

259


Fait, G. (acura <strong>di</strong>), Sui campi <strong>di</strong> Galizia. Gli italiani, l’Austria e il fronte orientale, Rovereto,<br />

Museo della Guerra, 1997<br />

Falcon, G., Lineamenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico, Padova, Cedam, 1996<br />

Fantina, L., Le trincee dell' immaginario, Verona, Cierre e<strong>di</strong>zioni, 1998<br />

Faustini, G., Trentino e Tirolo dal 1000 al 1900: breviario storico dall’autonomia, Trento,<br />

Publilux, 1985<br />

Feichtinger, J., Tirol 1809 in der Literatur, Bozen, Verl.-Anst. Athesia, 1984<br />

Ferro, M., La Grande Guerra, 1914-1918, Paris, Gailimard,1972<br />

Fiori, A., Il filtro deformante, Roma, Istituto storico italiano per l'età moderna e<br />

contemporanea, 2001<br />

Flacke, M., Mythen der Nationen, München, Köhler & Amelang, 2001<br />

Fleischmann, G., Tyrolia-Vogelweider-Athesia. Geschichte und Entwicklung eines Südtiroler<br />

Presse Verlages, Phil. Diss., Wien, 1967<br />

Fontana, J., Geschichte des Landes Tirol, Bolzano-Innsbruck, Athesia, Tyrolia-Verlag, 1985<br />

Fontana, J., Il Tirolo storico nella prima guerra mon<strong>di</strong>ale, 1914-1918, Bolzano, Athesia,<br />

2000<br />

Fontanari A. – Libar<strong>di</strong>, M. (a cura <strong>di</strong>), R. Musil, La guerra parallela, Nicolo<strong>di</strong> ed., Trento-<br />

Rovereto, 2003<br />

Freedberg, D., Il potere delle immagini, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1993<br />

Fussell, P., La Grande Guerra e la memoria moderna, Bologna, Il Mulino, 1984<br />

Gallerano, N., (a cura <strong>di</strong>), L’uso pubblico della storia, Milano, Francesco Angeli, 1995<br />

Gatterer, C., Erbfeindschaft Italien-Österreich, Wien, München, Europaverlag, 1972<br />

Gatti, G., Dopo Caporetto: gli ufficiali P nella Grande Guerra: propaganda, assistenza,<br />

vigilanza, Libreria e<strong>di</strong>trice goriziana, Gorizia, 2000<br />

Geertz, C., Interpretazione <strong>di</strong> culture, Bologna, Il Mulino, 1988<br />

Gellner, E., Nationalismus und Moderne, Hamburg, Rotbuch, 1995<br />

Gibelli, A., Grande Guerra e società <strong>di</strong> massa, Città <strong>di</strong> Castello, Arti Grafiche, 1982<br />

Gibelli, A., L’officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo<br />

mentale, Torino, Bollati Boringhieri, 1991<br />

Gibelli, A., La prima guerra mon<strong>di</strong>ale, Torino, Loescher, 1975<br />

Gnisci, A., (a cura <strong>di</strong>) Introduzione alla Letteratura Comparata, Milano, Mondadori, 2002<br />

Gölls, K., Kunst, Propaganda und Krieg : österreichische und deutschsprachige Künstler<br />

und Intellektuelle im Ersten Weltkrieg und <strong>di</strong>e Bedeutung der Bildpropaganda, Phil.<br />

Diss.,Vienna, 2003<br />

Grew, R., "The construction of national identity", in Concepts of national identity: An<br />

inter<strong>di</strong>sciplinary <strong>di</strong>alogue. Inter<strong>di</strong>sziplinäre Betrachtungen zur Frage der nationalen<br />

Identität, Baden-Baden: Nomos, ed. P. Boerner, 1996, pp. 31-44<br />

Groff, R., Robert Musil. La grande esperienza della guerra in Pergine e la prima Guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale, Pergine, Associazione Amici della Storia, 1985<br />

Habermas, J., L’uso pubblico della storia, in Rusconi, G. E. (a cura <strong>di</strong>), Germania: un passato<br />

che non passa. I crimini nazisti e l’identità tedesca, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1987<br />

Hamann, B., (Hrsg.), Habsburger – ein biographisches Lexikon, Wien, Überreutter Verlag,<br />

1988<br />

260


Hamann, B., Der Erste Weltkrieg. Wahreiht und Lüge in Bildern und Texten, Münich, Zurich,<br />

Piper, 2004<br />

Hanisch, E., Die Ideologie des Politischen Katholizismus in Österreich 1918-1938, Wien,<br />

Geyer, 1977<br />

Hans-Bianchi, B., La competenza scrittoria me<strong>di</strong>ale: <strong>stu<strong>di</strong></strong> sulla scrittura popolare, Tübingen,<br />

Max Niemeyer, 2005<br />

Haselsteiner, H. – Plashka, R. – Suppan, A., Innere Front, Widerstand und Umsturz in der<br />

Donaumonarchie 1918, Wien, Verlag für Geschichte und Politik, 1974<br />

Heiss, H., Andere Fronten. Volksstimmung und Volkserfahrung in Tirol während des Ersten<br />

Weltkrieges, Innsbruck-Wien, Österreichischer Stu<strong>di</strong>enverlag, 1995<br />

Heuberger, V. – Suppan, A., - Vyslonzil, E., Das Bild vom Anderen, Frankfurt a. M., Lang,<br />

1999<br />

Hirschfeld, G. - Krumeich, G. - Langewiesche, D. – Ullmann, H-P. (a cura <strong>di</strong>),<br />

Kriegserfahrungen. Stu<strong>di</strong>en zur Sozial- und Mentalitätsgeschichte des Ersten Weltkrieges,<br />

Essen, Klartext Verlag, 1997<br />

Hobsbawm, E. – Ranger, T. (a cura <strong>di</strong>), The invention of tra<strong>di</strong>tion, Cambridge, Cambridge<br />

University Press, 1983<br />

Hobsbawm, E. J., Nazioni e nazionalismo dal 1780: programma, mito, realtà, Torino,<br />

Einau<strong>di</strong>, 1991<br />

Isnenghi, M. – Rochat, G., La Grande Guerra 1914-1918, Scan<strong>di</strong>cci, La Nuova Italia, 2000<br />

Isnenghi, M. (a cura <strong>di</strong>), Operai e conta<strong>di</strong>ni nella Grande Guerra, Bologna, Cappelli, 1982<br />

Isnenghi, M., Giornali <strong>di</strong> trincea 1915-1918, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1977<br />

Isnenghi, M., Il mito della Grande Guerra, Bologna, Il Mulino, 1989<br />

Isnenghi, M., La Grande Guerra, Roma, Giunti-Collana XX secolo, 1993<br />

Isnenghi, M., La prima guerra mon<strong>di</strong>ale e il mondo contemporaneo, Firenze, La Nuova Italia,<br />

1978<br />

Jeismann, M., Das Vaterland der Feinde. Stu<strong>di</strong>en zum nationalen Feindbegriff und<br />

Selbstverständnis, Stuttgart, Klett-Cotta,1992<br />

Jodelet, D., Les représentations sociales, Paris, PUF, 1999<br />

Jung, P., L’ultima guerra <strong>degli</strong> Asburgo. Basso Isonzo, Carso, Trieste. 1915-1918, Gorizia,<br />

LEG, 2000<br />

Klotz, E., Arthur von Wallpach. Eine Monographie, Phil. Diss., Innsbruck, 1983<br />

Köfner, G., Hunger, Not und Korruption, Salzburg, Verl. Neugebauer, 1980<br />

Kosch, W., Deutsche Theater – Lexikon, Band II, Klagenfurt-Wien, Verlag Fer<strong>di</strong>nand<br />

Kleinmayer, 1960<br />

Kozlovic, A., Storia fotografica della Grande Guerra, Valdagno, Rossato, 1986<br />

Kramer, H., Der Tiroler Klerus in den Jahrzehnten vor 1914, Innsbruck, Wagner, 1959<br />

Kraus, C., Zwischen den Zeiten. Malerei und Graphik in Tirol 1918-1945, Lana-Bozen,<br />

Tappeiner-Athesia, 1999<br />

Kurth, K., Die deutsche Feld- und Schützengrabenzeitungen des Weltkrieges, Leipzig,<br />

Universitätsverlag Robert Noske, 1937<br />

La guerra in cartolina. Cartoline della Grande Guerra 1914-1918, con un saggio <strong>di</strong> Isnenghi,<br />

M., Galatina, E<strong>di</strong>trice salentina, 1982<br />

261


La Tradotta: giornale della Terza Armata, Milano, Mondadori, 1966<br />

Labanca, N. e Rochat G., Il soldato, la guerra e il rischio <strong>di</strong> morire, Milano, Unicopli, 2006<br />

Ladmiral, J.R. - Lipianski, E.M., La communication interculturelle. Paris, Colin, 1989<br />

Lancellotti, A., Giornalismo eroico, Roma, Fiamma, 1924<br />

Leed, E. J., Terra <strong>di</strong> nessuno. Esperienza bellica e identità personale nella prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale, Bologna, Il Mulino, 1985<br />

Leerssen, J., The Rhetoric of National Character: a Programmatic Survey, in «Poetics<br />

Today», 21, 2, (2000)<br />

Leoni, D. – Zadra, C. (a cura <strong>di</strong>), La Grande guerra. Esperienza memoria immagini,<br />

Bologna, Il Mulino, 1986<br />

Libar<strong>di</strong>, M. - Orlan<strong>di</strong>, F. (a cura <strong>di</strong>), Kriegsmaler. Pittori al fronte nella Grande Guerra,<br />

Trento, Nicolo<strong>di</strong>, 2004<br />

Lichtmann, T., Verwandlungsverbote und Entwandlungen: Machtstrukturen bei Elias Canetti<br />

und Arthur Koestler, pp. 116-125 in Tod und Verwandlung in Canettis Masse und Macht,<br />

Vienna, Löcker, 1990<br />

Lipp, A., Meinungslenkung im Krieg. Kriegserfahrungen deutscher Soldaten und ihre<br />

Deutung 1914-1918, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2003<br />

Lippmann, W., Public Opinion, New York, The Macmillan Company, 1922<br />

Loi Corvetto, I., Dai bersaglieri alla fanteria. Lettere dei soldati sar<strong>di</strong> nella Grande Guerra,<br />

Nuoro, Ilisso, 1998<br />

Lotman J., La Semiosfera, Venezia, Marsilio, 1992<br />

Lotman, J., Tipologia della cultura, Milano, Bompiani, 2001<br />

Maalouf, A., Les identités meurtrières, Paris, Grasset, 1998<br />

Magris, C., Il mito absburgico, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1988<br />

Marchioni, N. (a cura <strong>di</strong>), La Grande Guerra <strong>degli</strong> artisti: propaganda e iconografia bellica<br />

negli anni della Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale, Firenze, Pagliai Polistampa, 2005<br />

Mariani, M., I colloqui con la morte. Impressioni <strong>di</strong> guerra e novelle <strong>di</strong> trincea, Milano,<br />

Sonzogno 1916<br />

Masau Dan, M. – Porcedda, D. (a cura <strong>di</strong>), L’arma della persuasione. Parole e immagini <strong>di</strong><br />

Propaganda nella Grande Guerra, Gorizia, E<strong>di</strong>zioni della Laguna, 1991<br />

Massignani, A., Le truppe d’assalto austro-ungariche nella Grande Guerra, Valdagno,<br />

Rossato, 1995<br />

Mayer, K., Die Organisation des Kriegspressequartier beim k.u.k. AOK im ersten Weltkrieg<br />

1914-1918, Phil. Diss., Wien, 1963<br />

Mayerhofer, C., Die österreichische Militärverwaltung in den besetzen Gebieten Italiens.<br />

Oktober 1917-November 1918, Phil. Diss., Vienna, 1970<br />

Mayr, M., Die Entwicklung des Italienischen Irredentismus in Tirol, Innsbruck, Tyrolia, 1915<br />

McQuail, D., Le comunicazioni <strong>di</strong> massa, Bologna, Il Mulino, 1993<br />

Meregalli, C., Grande Guerra sull’Adamello. Tra i ghiacciai alla quota delle aquile, Bassano<br />

del Grappa, Tassotti, 1998<br />

Mills, J. – Polanowski, J. A., Ontology of preju<strong>di</strong>ce, Amsterdam, Rodopi, 1997<br />

Minniti, F., Il Piave. Il luogo-simbolo della Grande Guerra, Bologna, Il Mulino, 2000<br />

262


Monteverde, A. (a cura <strong>di</strong>), Trincee. I sar<strong>di</strong> nella Grande Guerra, Atti del Convegno<br />

internazionale, <strong>Cagliari</strong>, Askos, 2000<br />

Monticone, A., La Germania e la neutralità italiana, Bologna, Il Mulino, 1971<br />

Mosse G. L. La nazionalizzazione delle masse, Bologna, Il Mulino 1975<br />

Mosse, G. L., L’uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, Bari, Laterza, 1982<br />

Mosse, G., Le guerre mon<strong>di</strong>ali. Dalla trage<strong>di</strong>a al mito dei caduti, Roma-Bari, Laterza, 1990<br />

Moura, J. M., L'imagologie littéraire: Essai de mise au point historique et critique, in «Revue<br />

de littérature comparée»,, 1992, pp. 271-87<br />

Mruck, T., Propaganda und Öffentlichkeit im Ersten Weltkrieg, Aachen, Shaker, 2004<br />

Mzohl-Wallnig, B., Österreiches Italien – italienisches Österreich? Interkulturelle<br />

Gemeinsamkeiten und nationale Differenzen von 18. Jahrhundert bis zum Ende des Ersten<br />

Weltkrieges, Vienna, Verl. der Öster. Akad. der Wiss., 1999<br />

Nakamura, Y., Xenosophie. Bausteine für eine Theorie der Fremdheit, Darmstadt,<br />

Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 2000<br />

Noelle-Neumann, E., Kumulation, Konsonanz u. Öffentlichkeitseffekt. Ein neuer Ansatz zur<br />

Analyse derWirkung dee Massenme<strong>di</strong>en, in Noelle-Neumann, Öffentlichkeit als Bedrohung,<br />

Freiburg-Muenchen, Alber Verlag, 1977<br />

Oberkofler, G., Die Tiroler Arbeiterbewegung, Vienna, Europaverlag, 1986<br />

Oberschelp, R., Viel Feind, viel Ehr! : Rätsel aus dem Ersten Weltkrieg als Übermittler von<br />

Kriegspropaganda, Hildesheim, Lax, 1992<br />

Obexer, E., Die Rolle der katholischen Kirche Tirols im Ersten Weltkrieg, Phil. Diss.,<br />

Innsbruck, 1997<br />

Orlan<strong>di</strong>, F. (a cura <strong>di</strong>), Robert Musil. La Valle incantata, trad. <strong>di</strong> Paola Maria Filippi, con un<br />

saggio <strong>di</strong> A. Fontanari e M. Libar<strong>di</strong> , Trento, Rever<strong>di</strong>to, 1986<br />

Ostermann, P., Duell der Diplomaten : <strong>di</strong>e Propaganda der Mittelmächte und ihrer Gegner in<br />

Italien während des Ersten Weltkrieges, Weimar, VDG, 2000<br />

Österreichische Akademie der Wissenschaft (Hrsg.), Österreichisches biographisches<br />

Lexikon, Wien, Verlag Hermann Böhlhaus, 1977<br />

Österreichisches Bundesministerium für Landesvertei<strong>di</strong>gung und vom Kriegsarchiv (Hrsg.),<br />

Österreich-Ungarns letzer Krieg 1914-18, Band VI, Unter der Leitung von Edmund Glaise<br />

von Horstenau, Vienna, Verlag der Militärwissenschaftlichen Mitteilungen, 1936<br />

Palla, L., Mein Kampf um <strong>di</strong>e Kunst. Autobiografia <strong>di</strong> Francesco Fer<strong>di</strong>nando Rizzi, Museo<br />

storico <strong>di</strong> Trento, 1998<br />

Palla, L., Fra realtà e mito. La grande guerra nelle valli la<strong>di</strong>ne, Milano, Franco Angeli, 1991<br />

Pallaver, G., Kirche in Tirol. Vom Hexenwahn zum Herz-Jesu-Bund, in «Sturzflüge» Bozen,<br />

Südtiroler Autorenvereinigung, n. 7, 1984, p. 39-55<br />

Paupié, K., Handbuch der Österreichischen Pressegeschichte, Band II, Vienna, Wilhelm<br />

Braumüller Verlag, 1960<br />

Pellegrinon, B., Ghiaccio rovente. La Grande Guerra a quota tremila sulla Marmolada 1915-<br />

1917, Belluno, Nuovi sentieri, 1990<br />

Pignotti, L., (a cura <strong>di</strong>), Figure d’assalto. Le cartoline della Grande Guerra, Rovereto, Museo<br />

storico italiano della guerra, 1985<br />

263


Pircher, G., Militär, Verwaltung und Politik in Tirol im Ersten Weltkrieg, Innsbruck,<br />

Universitätsverlag Wagner, 1995<br />

Pirotte, J., Stéréotypes nationaux et préjugés raciaux au XIXe et XXe siècles. Sources et<br />

méthodes pour une approche historique, Louvain, College Erasme, 1982<br />

Popelka, L., “Artisti nella guerra. I Kriegsmaler austro-ungarici 1914-1918”, in «Annali.<br />

Museo Storico della Guerra», n. 0, 1990, pp. 7-31<br />

Popelka, L., “I Kriegsmaler durante la prima guerra mon<strong>di</strong>ale”, in Luigi Chiais (a cura <strong>di</strong>) I<br />

monti palli<strong>di</strong>, Novara, De Agostini, 1989, pp. 153-158<br />

Popelka, L., Vom “Hurra” zum Leichenfeld, Vienna, Heeresgeschichtliches Museum, 1971<br />

Povolo, A., (a cura <strong>di</strong>), Guida alle fortezze austro-ungariche. La cintura <strong>di</strong> ferro <strong>degli</strong><br />

Altipiani nella Grande Guerra 1915-1918, Valdagno, Rossato, 1992<br />

Price, S., Me<strong>di</strong>a and communication handbook, Kent, UK, Hodder & Stoughton Educational<br />

Tonbridge 1997<br />

Procacci, G., Dalla rassegnazione alla rivolta. Mentalità e comportamenti popolari nella<br />

Grande Guerra, Roma, Bulzoni, 1999<br />

Prochasson, C., Vrai et faux dans la Grande Guerre, Paris, Découverte, 2004<br />

Quandt, S., Der Erste Weltkrieg als Kommunikationsereignis, Gießen, Justus-Liebig-<br />

Universität, 1993<br />

Quasthoff, U., Soziales Vorurteil und Kommunikation. Eine sprachwissenschaftliche Analyse<br />

des Stereotyps. Ein inter<strong>di</strong>sziplinärer Versuch im Bereich von Linguistik, Sozialwissenschaft<br />

und Psychologie, Frankfurt, Fischer Athenäum, 1973<br />

Ragazzoni, A., Andreas Hofer – un eroe tra<strong>di</strong>to, Bolzano, Centro <strong>stu<strong>di</strong></strong> atesini, 1984<br />

Rasera, F., Per una storia del movimento operaio trentino dalle origini alla guerra, pp. 3 - 28<br />

in «Materiali <strong>di</strong> lavoro: rivista <strong>di</strong> <strong>stu<strong>di</strong></strong> storici» ns, 1983, nr. 2/3, Mori, La Grafica<br />

Remotti, F., Contro l’identità, Bari, Laterza, 2001<br />

Rettenwander, M., Der Krieg als Seelsorge, Innsbruck, Wagner, 2006<br />

Rettenwander, M., Eroismo silenzioso? Storia economica e sociale del Tirolo nella prima<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale, Trento, Soc. <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Trentini <strong>di</strong> Scienze Storiche, 2006<br />

Richter, J., Michael Mayr als Historiker und Politiker, Phil. Diss., Wien 1959<br />

Riedmann, G., Heimat. Fiktion. Utopie. Realität. Erzählprosa in Tirol von 1890 bis heute,<br />

Innsbruck, Inst. für Sprachwiss., 1991<br />

Riedmann, J., Geschichte Tirols, Wien, Verlag für Geschichte und Politik, 2001<br />

Riosa, A., (a cura <strong>di</strong>), Milano in guerra 1914-1918. Opinione pubblica e immagini delle<br />

nazioni nel primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, Milano, Unicopoli, 1997<br />

Rochat, G., Gli ar<strong>di</strong>ti nella Grande Guerra. Origini, battaglie e miti. Gorizia, E<strong>di</strong>trice<br />

Goriziana, 1990<br />

Rochat, G., L’Italia nella prima guerra mon<strong>di</strong>ale. Problemi <strong>di</strong> interpretazione e prospettive <strong>di</strong><br />

ricerca, Milano, Feltrinelli, 1976<br />

Rochat, G., La prima guerra mon<strong>di</strong>ale, in ID. (a cura <strong>di</strong>), La storiografia militare italiana<br />

negli ultimi venti anni, Milano, Franco Angeli, 1985<br />

Rohrkrämer, T., Der Gesinnungsmilitarismus der “kleinen Leute” im Deutschen Kaiserreich,<br />

pp. 95-110 in Wette, W., Der Krieg des kleine Mannes. Eine Militärgeschichte von unten,<br />

München, Piper, 1992, p. 107<br />

264


Roner, E., Die Kriegspropaganda von 1914-1918 in Alt-Tirol, Phil. Diss., Innsbruck, 1990<br />

Roshwald, A., European culture in the Great War : the arts, entertainment, and propaganda,<br />

1914 - 1918, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2002<br />

Rossini, D., (a cura <strong>di</strong>), La propaganda nella Grande Guerra tra nazionalismi e<br />

internazionalismi, Milano, Unicopli, 2007<br />

Rusconi, G. E., L’azzardo del 1915, Bologna, Il Mulino, 2005<br />

Said, E. W., Cultura e Imperialismo, Roma,Gamberetti e<strong>di</strong>trice, 1998<br />

Sassoon, D., La cultura <strong>degli</strong> Europei dal 1800 ad oggi, Milano, Rizzoli, 2008<br />

Saur, K. G. (Hrsg), Saur Allgemeines Künstler- Lexikon, München-Leipzig, Saur Verlag,<br />

2000<br />

Schäfers B., - Six, B., Sozialpsychologie des Vorurteils, Stuttgart, Kohlhammer, 1978<br />

Scharr, K., Zensur- und Pressewesen in Tirol während des I. Weltkrieges 1914-1918, Phil.<br />

Diss, Innsbruck, 1995<br />

Schimenti, B., Pittori e scultori in Alto A<strong>di</strong>ge dall’VIII al XX secolo, Bolzano, Schimenti ed.,<br />

1990<br />

Schmölzer, H., Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, Phil.<br />

Diss., Wien, 1965<br />

Schober, R., Politischer Katholizismus am Fallbeispiel Deutschtirols, in «Stu<strong>di</strong> trentini <strong>di</strong><br />

scienze storiche» n. 72, Trento, Società <strong>di</strong> Stu<strong>di</strong> Trentini <strong>di</strong> Scienze Storiche, 1993, pp. 601-<br />

634<br />

Spann, G., Zensur in Österreich während den ersten Weltkrieg, Phil. Diss., Wien, 1972<br />

Sparber, A., Kirchengeschichte Tirols, Bozen, Athesia, 1957<br />

Stiaccini, C., Trincee <strong>di</strong> carta, Novara, Interlinea, 2005<br />

Stiassny-Baumgartner, I., Roda Rodas Tätigkeit im Kriegspressequartier, Phil. Diss., Wien,<br />

1982<br />

Strinati, D., An introduction to theories of popular culture, London -New York, Routledge,<br />

2004<br />

Syndram, K. U., The aesthetics of alterity: Literature and the imagological approach, in<br />

«National identity - Symbol and representation», Amsterdam, Rodopi, 1991, pp. 177-92<br />

Tonello, F., La nuova macchina dell’informazione. Culture, tecnologie e uomini<br />

nell’industria americana dei me<strong>di</strong>a, Milano, Feltrinelli, 1999<br />

Tosi, L., La propaganda italiana all’estero nella prima guerra mon<strong>di</strong>ale. Riven<strong>di</strong>cazioni<br />

territoriali e politica delle nazionalità, U<strong>di</strong>ne, Del Bianco, 1977<br />

Urbaner, R., “Fallita perché faceva politica?” La (Tiroler)Soldaten-Zeitung 1915-1917,<br />

Levico, CSSEO, Working Paper N° 117, Dicembre 2006<br />

Volli, U., Il libro della comunicazione. Idee, strumenti, modelli, Milano, il Saggiatore, 1984<br />

Vollmer, H. (Hrsg.), Allgemeines Lexikon der Bildenden Künstler, Leipzig, Verlag E. A.<br />

Seemann, 1933<br />

Wallpach, A. von, Wir brechen durch den Tod! Ge<strong>di</strong>chte aus dem Felde, Innsbruck, Tyrolia,<br />

1916<br />

Wallpach, A., Heiliges Land. Ge<strong>di</strong>chte, München, Georg Müller, 1914<br />

Webhofer, R., Patriotische Propaganda in Tirol während des Ersten Weltkrieges 1914-1918,<br />

Phil. Diss., Innsbruck, 1995<br />

265


Weigel, H, Jeder Schuss ein Russ, jeder Stoss ein Franzos. Literarische und graphische<br />

Kriegspropaganda in Deutschland und Österreich 1914-1918, Vienna, Brandstätter, 1983<br />

Welch, D., Germany, propaganda and total war, 1914-1918: the sins of omission, London,<br />

Athlon, 2000<br />

Wilke, J., Imagebildung durch Massenme<strong>di</strong>en in Bundeszentrale für politiche Bildung (Hrsg),<br />

Völker und Nationen im Spiegel del Me<strong>di</strong>en, Bonn, 1989, pp. 11-21<br />

Willram, B., Der heilige Kampf, Innsbruck, Tyrolia, 1916<br />

Winter, J., Il lutto e la memoria. La Grande Guerra nella storia culturale europea, Bologna,<br />

Il Mulino, 1998<br />

Wolf, M., Gli effetti sociali dei me<strong>di</strong>a, Milano, Bompiani, 1992<br />

Wolf, M., Teorie delle comunicazioni <strong>di</strong> massa, Milano, Bompiani, 1985<br />

Zaffi D., Un’ungherese in Tirolo: La Tiroli Katona Ujság, Levico, CSSEO, Working Paper<br />

N° 125, Ottobre 2007<br />

Zijderveld, C., On clichés. The supersedure of meaning by function in modernity, London,<br />

Routledge, 1979<br />

Zijderveld, C., On the nature and functions of clichés in Erstarrtes Denken, Tübingen, Narr,<br />

1987, pp. 26-40<br />

Zühlke, R. (a cura <strong>di</strong>), Bildpropaganda im Ersten Weltkrieg, Hamburg, Verlag Ingrid<br />

Kämpfer, 2000<br />

SITI INTERNET CONSULTATI<br />

http://www.riesenrundgemaelde.at/d/com/alexnder.htm<br />

www.panorama_innsbruck.at/e/platform.html<br />

http://daiwojima.org/2006/09/26/metamorfosienantiomorfosi-una-<strong>di</strong>cotomia-<br />

problematica/index.html<br />

http://cronologia.leonardo.it/storia/a1836.htm<br />

www.panorama_innsbruck.at/e/platform.html<br />

266

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!