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Premio Negrello: Ricerca dedicata a Paride BRUNETTI - ANPI Varese

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prigionieri «n. 3 inglesi e n. 3 italiani». Il primo scontro a fuoco era avvenuto il 22 settembre: intercettata<br />

una «pattuglia di banditi», i legionari avevano prontamente reagito, «uccide(ndo) un bandito e<br />

costringe(ndo) la pattuglia nemica a scendere precipitosamente in basso». Ore dopo, un secondo scontro<br />

a fuoco si era facilmente concluso a loro vantaggio («poche raffiche bastarono per uccidere n. 4<br />

banditi»). Alla fine dell' intensa giornata, la compagnia si era disposta a sbarramento della valle delle<br />

Foglie: ma non prima di avere fatto altri prigionieri, «n. 5 individui nascosti nel bosco». La marcia di<br />

ritorno verso Solagna era cominciata il 24, «su tre direttrici per il rastrellamento di uomini e degli<br />

armenti». Cinque i «renitenti alla leva» catturati quel giorno, in cui fra l' altro si era provveduto a fucilare<br />

i tre prigionieri inglesi; sette gli ostaggi dell' indomani («n. 6 renitenti alla leva ed un disertore dell'<br />

esercito repubblicano»). La terza compagnia era rientrata a Solagna nella mattinata del 26, mentre già il<br />

tenente Pucci si preparava ad accompagnare la sua Relazione sull' «azione Piave» con un fiero «riepilogo<br />

dei banditi messi fuori combattimento». Dal 20 al 29 settembre 1944, un reparto fra i più sperimentati e<br />

agguerriti della Guardia nazionale repubblicana, il 63° battaglione M, collaborò con l' esercito tedesco a<br />

una gigantesca operazione di rastrellamento, che per le formazioni partigiane si risolse in una gravissima<br />

disfatta. Il battaglione era composto di varie compagnie, una delle quali, la terza, aveva per ufficiale il<br />

sottotenente Giorgio Albertazzi. Senza riuscire straordinario, il bottino militare conseguito dalla sola terza<br />

compagnia nel breve volgere di una settimana fu comunque degno di nota: oltre ai tre soldati inglesi<br />

passati per le armi, cinque i «banditi» italiani uccisi negli scontri a fuoco (tra cui il comandante Ludovico<br />

Todesco della brigata Italia Libera-Val Brenta” Comando con sede a Campo Croce – settore Bassano-<br />

Valle S. Felicita-Canaloni di Crespano ), venti quelli catturati (in gran parte deportati a Dachau, e mai più<br />

ritornati). Albertazzi farebbe bene a raccontare la realtà nuda e cruda: sono stato un fucilatore (o<br />

tra coloro che comandavano i fucilatori). E lui che non ha cercato e, quindi, avuto nemmeno la<br />

“bella morte” - quella che, si dice, in nome del duce andavano vantandosi i “Battaglioni del duce<br />

siamo noi” - ha preferito darsela a gambe: «Dopo il 25 aprile, riparai ad Ancona..., dove misi in<br />

scena pièce sul Primo Maggio e sui repubblicani spagnoli, sotto il falso nome di Glauco G. Albe,<br />

per sfuggire alle reti dell’epurazione». A un fascista come lui non va richiesto alcun pentimento:<br />

va solo preso atto di quello che è stato e rimane!<br />

(*) - (nel 2004 è uscito il volume della Sonia RESIDORI, “Il coraggio dell’altruismo”, edizioni Cierre di Verona,<br />

nell’ambito della collaborazione con l’Istituto storico della Resistenza) – L’altra ricerca ricerca, corredata di allegati<br />

e documenti sulle gesta della 3° compagnia Battaglione M del sottotenente Albertazzi, uscirà sotto forma di libro in<br />

ottobre con il titolo “L’aristocrazia vicentina di tutte le guerre”, sempre per le edizioni Cierre di Verona. Dalla<br />

stessa autrice e dalla medesima casa editrice , nel 2007, è uscito il libro “Il Massacro del Grappa”.<br />

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