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L’ordine 

informa 

Ordine dei COnsulenti del lavOrO – COnsigliO PrOvinCiale di tOrinO 

25 

OTTOBRE 2012 

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in A.P. – 70% CNS/CBPA – NO/TO n. 2367/2007 

In caso di mancato recapito, restituire al mittente, previo addebito, presso l’ufficio CMP Romoli – Torino – Registrazione Tribunale di Torino n. 5146 del 13.05.1998

In un periodo di crisi… 

…la risposta alla formazione 

per le imprese è… 

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Api Formazione, come emanazione dell’Associazione datoriale API Torino, opera da 20 anni al servizio della 

formazione delle PMI, collaborando con successo con i professionisti e i relativi Ordini Professionali che operano 

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Gianluca Piasentini - tel. 011-4513.246 - piasentini@apiform.to.it (Cuneo e Prov.)


informa 

Numero 25 – ottobre 2012 

Pubblicazione bimestrale 

edita dall’Ordine dei Consulenti 

del Lavoro di Torino 

Direzione 

via Della Consolata 1 bis 

10122 Torino 

redazione@cdltorino.it 

Direttore responsabile 

Cristoforo Re 

Comitato Di reDazione rivista 

Coordinatore: Walter Peirone 

Componenti: Gianluca Bongiovanni 

Fabrizio Bontempo 

Paola Chiadò Puli 

Paola Natoli 

Roberto Pizziconi 

Dina Silvana Tartaglia 

Registrazione Tribunale 

di Torino n. 5146 del 13.05.1998 

FotograFie 

In copertina: Paola Chiadò Puli 

ARCHIVIO Ordine Informa: (3, 9, 34, 36) 

©PHOtOxPRess: (5, 6, 11, 15, 26, 33, 39, 40). 

progettazione e stampa 

Scuola Grafica Salesiana – Torino 

Consiglio provinCiale Dell’orDine 

Dei Consulenti Del lavoro Di torino 

triennio 2010 – 2013 

Presidente: Cristoforo Re 

Segretario: Graziella Pagella 

Tesoriere: Luisella Fassino 

Consiglieri: Massimiliano Fico 

Giuseppe Giusio 

Massimo Laiolo 

Giovanni Marcantonio 

Walter Peirone 

Salvatore Verga 

Collegio Dei revisori Dei Conti 

Presidente: Carmen Pastore 

Revisori: Filippo Carrozzo 

Roberto Vergnano 

www.cdltorino.it 

CHIusA IN RedAzIONe 18-10-2012 

Egregio Destinatario, ai sensi dell’art. 12 del 

decreto legislativo n. 196 del 30 giugno 2003, 

La informiamo che i Suoi dati sono conservati 

nel nostro archivio informatico e saranno utilizzati 

dal nostro Ordine professionale, nonché 

da enti e società esterne ad esso collegati, solo 

per l’invio di materiale amministrativo, professionale, 

commerciale derivante dall’attività di 

Consulenti del lavoro. La informiamo inoltre 

cha ai sensi del titolo II del citato decreto, lei 

ha il diritto di conoscere, cancellare, rettificare 

i suoi dati od opporsi all’utilizzo degli stessi, se 

trattati in violazione di legge. 

In copertina 

Cieli inquieti incombono sull’Igloo 

di Mario Merz: in una società 

che ha perso la bussola, 

i punti cardinali fotografati sono 

quelli dell’emergenze del mondo 

3 l’editoriale del Presidente – di Cristoforo re 

LABORATORIO ANALISI – LA COMMISSIONE STUDI 

5 PARTITA IVA O CHIUSURA A DOPPIA MANDATA? 

a cura di Giovanni Marcantonio 

8 E L’INTERMITTENTE DA SPETTACOLO… 

a cura di Salvatore Verga 

ATTUAL*MENTE 

10 SI SCRIVE SVILUPPO SI LEGGE FERMA – RECESSIONE 

a cura di Gianluca Bongiovanni 

13 ‘SE TELEFONANDO’ OVVERO L’EPOPEA DEL JOB ON CALL 

a cura di Paola Natoli 

16 TASSO O NON TASSO, QUESTO È IL PROBLEMA 

a cura di Roberto Pizziconi 

18 SRL AD UN EURO (E GENITORI ABBIENTI) 

a cura di Luigino Zanella 

20 LA CONCILIAZIONE DELLE CONTROVERSIE IN MATERIA DI PUBBLICO 

IMPIEGO 

a cura di Paola Malanetto e Alessandro Napoli 

SENTENZE IN BIANCO 

22 NEVRALGIE D’ARTICOLO 18 

a cura di Daniela Bianco 

NONO: NON DESIDERARE IL CONSIgLIO D’ALTRI 

24 PROVINCIA DI SIENA 

a cura di Francesca Stufetti 

INTERvISTA SENZA pARACADUTE 

26 MARCO GILLI – RETTORE POLITECNICO DI TORINO 

a cura di Walter Peirone e Dina Silvana Tartaglia 

LIBERA NOS ENpACL 

30 RIFORMA ATTO I: DAL PASSATO AL FUTURO 

a cura dei delegati provinciali ENPACL 

gIOvANI CONSULENTI DEL LAvORO 

32 NIENTE DI NUOVO DAL FRONTE EMERSIONE 

a cura di Paola Chiadò Puli 

ANCL 

34 E IO CHE PENSAVO SI FOSSERO SBAGLIATI... 

a cura di Luigino Zanella 

COMpENDIO DI CONSERvAZIONE 

37 IN CLARIS NON FIT INTERPRETATIO: MEGLIO TARDI CHE MAI! 

a cura di Simona Carbone 

CONSULENTI SMARRITI 

38 ILLIMITATO NUMERO PENSIONATI SCONSOLATI 

L’ARChIvIO DI COffIN 

39 TAV, IL TRENO DELLA DISCORDIA 

ULTIMA: STECChE DAL CORO 

40 Fantacronache semiserie ed orrori di stampa dal pianeta Cadrega

L’ORDINE INfORMA OTTOBRE 2012 

COMMISSIONI 

Delegati alla Cassa previDenza enpaCl 

CARROZZO Filippo, OPERTI Marco, 

RIVOLTA Mauro, TRAVERS Riccardo 

Consigliere relatore liquiDazione parCelle 

PEIRONE Walter 

rapporti Con inps 

Presidente CPO-To: RE Cristoforo 

Presidente ANCL U.P. To: ZANELLA Luigino 

Coordinatore CPO-To: PAGELLA Graziella 

Referente ANCL: GIUSIO Giuseppe 

Componenti: ACCATTINO Silvia (Sede di 

Ivrea), LAIOLO Massimo, LISDERO Danilo 

(Sede di Pinerolo), ODDENINO Anna, RIVOLTA 

Mauro. 

Membri aggiunti: DEBERNARDI Paolo 

DI MATTEO Vincenzo, GROSSO Roberto, 

PILOTTI Giovanna, TOYE Giulia 

rapporti Con inail 



Coordinatore CPO-To: VERGNANO Roberto 

Referente ANCL: BRAVO Lucia 

Componenti: CERUTTI Ezio, 

TARDITO Luisella, TOMAINO Davide 

Membri aggiunti: DI MATTEO Vincenzo, 

GROSSO Roberto, SCIARRONE Luigi 

rapporti Con Dpl – Drl – preFettura 

provinCia & enti vari 



Coordinatore CPO-To: FASSINO Luisella 

Referente ANCL: MOLINERO Carlo 

Componenti: ANFUSO Grazia Concetta, 

BATTAGLIA Davide, GIUSIO Giuseppe, LAIOLO 

Massimo, OPERTI Marco 

Membri aggiunti: GERARDI Massimiliano, 

PILOTTI Giovanna, TOYE Giulia 

rapporti Con 

agenzia Delle entrate e FisCale 



Coordinatore CPO-To: FICO Massimiliano 

Referente ANCL: OPERTI Marco 

Componenti: BALDACCI Livian, DE CRIGNIS 

Aldo, PASINI Luciana 

Membri aggiunti: BALLESIO Silvia, GIANNONE 

Michele, GROSSO Roberto, PANGALLO Laura, 

PEROTTI Marina, SCIARRONE Luigi 

tavolo Di lavoro Congiunto CDl-oDCeC 

Coord. CPO: FICO Massimiliano 

Componenti: DE CRIGNIS Aldo, 

TOTARO Savino 

Membro aggiunto: GIANNONE Michele 

rapporti istituzionali Con universitÀ 



Coordinatore CPO-To: PASTORE Carmen 

Referente ANCL: NOTARNICOLA Danilo 

Componenti: BONGIOVANNI Gianluca 

Membri aggiunti: GIANNONE Michele, 

PIZZICONI Roberto 

rapporti Con oo.ss. & Datoriali, 

rapporti Con i parlamentari 



Coordinatore CPO-To: CARROZZO Filippo 

Referente ANCL: LOCATI Rinaldo 

Componenti: BORGNO Pietro 

Membro aggiunto: GERARDI Massimiliano 

Commissione relazioni e test pratiCanti 

– Corso pratiCanti e tutor 



Coordinatore CPO-To: GIUSIO Giuseppe 

Componenti: MARCANTONIO Giovanni, 

VERGA Salvatore 

rapporti Con l’anCl 



Componenti: LAIOLO Massimo, 

VERGA Salvatore 

Commissione F.C.o. 




Referente ANCL: NOTARNICOLA Danilo 

Componenti: BONISOLI Andrea, 

CHIADÒ PULI Paola 

Commissione DeontologiCa 



Coordinatore CPO-To: PEIRONE Walter 

Referente ANCL: OPERTI Marco 

Componenti: CARBONE Simona, 

DEL MORO Monica, GIUSIO Giuseppe 

Commissione CertiFiCazione Contratti 

Segretario: FICO Massimiliano 

Componenti effettivi: RE Cristoforo 

(Presidente CPO To), DE CRIGNIS Aldo, 

MARCANTONIO Giovanni, ODDENINO Anna 

Componenti supplenti: BALDACCI Livian, 

BATTAGLINI Francesco, BONTEMPO Fabrizio, 

CARROZZO Filippo, CHIADÒ PULI Paola, 

FASSINO Luisella, GROSSO Roberto, 

LOCATI Rinaldo, NATOLI Paola Maria, 

OSTONI Massimo, POSTA Laura, 

TARDITO Luisella, TRAVERS Riccardo, 

ZANELLA Luigino, ZULIANI Pier Paolo 

Commissione stuDi 


Coordinatore CPO-To: 

MARCANTONIO Giovanni, VERGA Salvatore 

Referente ANCL: ODDENINO Anna 

Componenti: BALDACCI Livian, 

BASANO Elio, BATTAGLINI Francesco, 

BOFFA MORGANTINI Ugo, BONANESE Lucia 

Alfonsa; BONTEMPO Fabrizio, BRAVO Lucia, 

CARLASSARA Giancarlo, CHIADÒ PULI Paola, 

CORRENTE Gianluca, DEL MORO Monica, 

FERRANTE Ylenia, FOGLIATTO Monica, 

FURFARO Luca, GALLO Pierluigi, 

GALOPPO Stefano, GIANELLA Alessandra, 

GIOVANNINI Marta, LAVECCHIA Oriana, 

MAURINO Erica, MURARO Sara, NATOLI 

Paola, ORRÙ Samantha, PERCIVATI DURAND 

Denise, PISANO Manuela, PIZZICONI Roberto, 

TARDITO Luisella, TARTAGLIA Dina, TOMAINO 

Davide, TOTARO Savino, ZANELLA Luigino, 

ZINGARIELLO Pasqualina 

Commissione pari opportunitÀ 




Referente ANCL: DE FEBE Giulia 

Componenti: CHIOMENTO Donatella, 

VIALE Claudia

EDITORIALE 

si dice che prima o poi tutti 

i nodi vengono al pettine e, 

purtroppo, l’adempimento che 

più malvolentieri il C.P.O. è costretto 

a evadere, cioè adottare 

provvedimenti disciplinari nei 

confronti di colleghi, viene 

periodicamente a cadere sul 

suo tavolo. 

in questo mese di ottobre si 

sono susseguiti un centinaio di 

incontri con iscritti irrispettosi 

del regolamento per la formazione 

continua del triennio 

2008/2010. 

voglio innanzi tutto esprimere 

un mio convincimento: non si 

può svolgere la nostra attività 

ed assistere una clientela 

complessa e frammentata 

senza essere quotidianamente 

aggiornati. sono convinto che 

la stragrande maggioranza di 

noi lo sia ma ciò non è sufficiente: 

è necessario dimostrarlo 

attraverso l’assidua partecipazione 

alla convegnistica offerta 

dall’Ordine ovvero da tutti gli 

altri enti accreditati. 

del resto il nostro CnO fu il 

primo a redigere un regolamento 

che prevedesse l’obbligo alla 

formazione continua mentre, 

oggi, quest’obbligo è inserito 

nel dPr 137 di riforma ed esteso 

a tutte le categorie professionali: 

è impensabile ritenere 

che una condotta antitetica 

venga tollerata. 

Questo consiglio provinciale, 

attraverso il suo Centro studi, 

ha posto chiunque nelle condizioni 

di ottemperare al dettato 

offrendo una consistente 

quantità di eventi formativi ai 

quali si sono aggiunti quelli 

organizzati dall’anCl e dai 

giovani C.d.l. per una media di 

circa quattro incontri/convegni 

mensili. 

sono ben consapevole come sia 

ancora radicata la convinzione 

di Ordini professionali istituiti 

soprattutto a tutela dei propri 

iscritti e che tale convincimento 

alberghi anche nella testolina 

di qualche collega distratto 

ma è bene che l’artificio venga 

estirpato una volta per tutte. 

l’Ordine è un ente pubblico ed 

esiste solo a tutela della fede 

pubblica da ottenere attraverso 

un attento controllo su ciascun 

professionista. 

Parlare oggi di decoro, professionalità, 

etica, equivale a 

riascoltare quelle fiabe che tanti 

anni fa i nostri nonni raccontavano 

ai nipoti ispirandosi a 

capitoli deamicisiani tratti dal 

libro ‘Cuore’, eppure dobbiamo 

far capire alla collettività che è 

possibile costruire una società 

fondata su alti principi morali 

colpendo tassativamente chi 

infrange le regole. 

se c’è un’argomentazione 

sulla quale i nove consiglieri di 

torino hanno discusso approfonditamente 

è stata su quale 

discrezionalità ci fosse attribuita 

nel comminare le sanzioni 

previste dal codice deontologico. 

la conclusione è stata una 

sola: nessuna discrezionalità. 

Perché esiste senz’altro un’anomalia 

nelle nostre norme: 

personalmente non ritengo 

equo sanzionare allo stesso 

modo chi, per negligenza e menefreghismo 

ha contravvenuto 

in modo sistematico e totale 

le regole e chi ha comunque 

cercato di adattarsi ad esse, 

riuscendoci solo parzialmente 

ma dimostrando comunque 

di aver compreso l’obbligo di 

adeguarsi. 

Peraltro il codice civile, e ancor 

più quello penale, prevedono 

un minimo ed un massimo di 

pena per ogni delitto e non 

solo, poiché il giudice dispone 

poi d’ampia discrezionalità 

nell’applicazione della stessa. 

Con la riforma delle Professioni 

ci si è limitati ad imporre 

l’istituzione di un organismo a 

latere del Consiglio che abbia 

solamente compiti giudicanti 

escludendo tale onere a coloro 

che sono adibiti ad incarichi 

amministrativi dell’Ordine. Pare 

evidente come l’intenzione 

del legislatore sia stata quella 

di rendere più trasparente 

tutta la procedura disciplinare, 

di fornire la massima tutela 

all’incolpato e sgombrare il 

campo da ogni dubbio di difesa 

corporativa dell’iscritto. 

Mi sarei aspettato una ben più 

seria rivisitazione delle procedure 

disciplinari e una modularità 

più accentuata nelle sanzioni. 

Mi pare paradossale un 

automatismo quale il passaggio 

immediato dalla censura alla 

sospensione di almeno un mese 

in caso di successiva mancanza, 

ancorché la seconda si verifichi 

a distanza di lustri. 

la nostra stessa legge prevede 

la reiscrizione di soggetto 

radiato decorsi sei anni e 

3

L’ORDINE INfORMA OTTOBRE 2012 

prevede, altresì, come non 

si possa invece procedere 

contro chi abbia commesso 

reati, anche gravissimi, qualora 

siano trascorsi cinque anni 

dal compimento del fatto: al 

contrario dovremmo disporre la 

sospensione nei confronti di chi 

sia stato censurato nella notte 

dei tempi per aver, ipotizzando 

a titolo esemplificativo, tardato 

a riconsegnare alcuni documenti 

ad un ex cliente moroso 

ed attualmente non risulti 

formato per l’assenza di quattro 

o cinque crediti oppure per 

non aver comunicato il proprio 

indirizzo PeC. 

distorsioni di un sistema che richiede 

immediati correttivi anche 

se, auspicare immediatezza, 

quando si deve sottostare ad 

iter parlamentari è sicuramente 

mera utopia: è indubbiamente 

compito del C.n.O. avanzare 

queste istanze. 

ed a proposito di quest’ultimo 

duole rammentare che, se 

da un lato gli va dato atto di 

avere perseguito con successo 

il traguardo della visibilità di 

categoria accreditandola ad 

apogei precedentemente inimmaginabili 

presso i vari esecutivi 

che si sono succeduti, incluso 

il presente che – carico di un 

malcelato complesso di superiorità 

– ha dimostrato quanto 

meno limitata conoscenza delle 

nostre peculiarità, dall’altro lato 

evidenzia spiacevoli carenze di 

comunicazione nei confronti 

dei C.P.O. 

si rilevano infatti criticità 

gestionali d’ambito pratico 

alimentate da riscontri inadeguati 

e intempestivi che non 

supportano le realtà provinciali 

dall’elevato numero d’iscritti, 

e quindi con problematiche e 

pressioni forzatamente maggiori. 

una relegazione a isolati 

subalterni che, temiamo, non 

sia esclusivamente addebitabile 

all’operato dei Consiglieri 

nazionali ma all’intera struttura 

probabilmente in difficoltà nel 

garantire il necessario sostegno 

di natura operativa dinanzi uno 

scenario ondivago caratterizzato 

dall’implementazione 

amministrativa e legislativa. 

e tra le altre ruvidità si pone il 

problema dell’aumento di tren- 

ta euro della quota spettante al 

CnO stesso. È pur vero che la 

stessa è rimasta ferma da circa 

un decennio ma lo è altrettanto 

che nel medesimo periodo è 

aumentata di circa il 30% la 

base imponibile. so per certo 

che i nostri Consiglieri nazionali 

non hanno nulla a che 

spartire con quei politici di cui 

in questi giorni si sente tanto 

parlare per la loro sfrontatezza 

nell’elargirsi prebende ma ciò 

non toglie che, nelle pieghe del 

bilancio, si sarebbe potuto, e 

dovuto, individuare voci di risparmio 

ovvero rinviare qualche 

spesa a tempi più felici. 

Confido infine che animi 

permalosi non abitino a roma e 

non si risentano di questi rilievi, 

finalizzati unicamente a far 

comprendere che la perfezione 

non è di questo mondo, tuttavia 

è possibile migliorare dando 

meno ascolto a sirene cortigiane 

a scapito di chi lavora per il 

bene comune e sa discernere 

un orizzonte dove prevalgano 

ideali missionari anziché crociate 

utilitaristiche. 

Cristoforo Re 

Presidente CPO

LABORATORIO ANALISI La commissione studi 

pARTITA IvA O ChIUSURA 

A DOppIA MANDATA? 

In riferimento alle prestazioni lavorative rese da titolare di posizione IVA è stata fornita 

da autorevoli interpreti una tesi in relazione alla quale si sostiene che nell’ottica 

di superare la presunzione determinata dal 1° comma dell’articolo 69-bis del Dlgs 

276/2003 – così come introdotto dall’articolo 1, comma 26 della legge 92/2012 – 

i requisiti di cui al comma 2, possano essere soddisfatti anche in maniera disgiunta. 

In questa sede è intenzione dello scrivente esporre le argomentazioni a supporto della 

tesi opposta, secondo la quale ai fini della esclusione dalla presunzione di legge, è necessario 

possedere i requisiti di professionalità e reddito con modalità congiunte. 

Iniziamo riportando il testo del già citato articolo 69 bis 

– (Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro 

autonomo). – 

_1 Le prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione 

fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono 

considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte 

del committente, rapporti di collaborazione coordinata e 

continuativa, qualora ricorrano almeno due dei seguenti 

presupposti: 

a che la collaborazione abbia una durata complessivamente 

superiore a otto mesi nell’arco dell’anno solare; 

b che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche 

se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo 

centro d’imputazione di interessi, costituisca più dell’80 

per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti 

dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare; 

c che il collaboratore disponga di una postazione fissa di 

lavoro presso una delle sedi del committente. 

_2 La presunzione non opera qualora la prestazione lavorativa 

presenti i seguenti requisiti: 

a sia connotata da competenze teoriche di grado elevato 

acquisite attraverso significativi percorsi formativi, 

ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso 

rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di 

attività; 

b sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da 

lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo 

imponibile ai fini del versamento dei contributi 

previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 

2 agosto 1990, n. 233. (14930 x 1,25 = 18662,50). 

4_5


_3 La presunzione di cui al comma 1 non opera altresì con 

riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell’esercizio 

di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede 

l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi 

registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta 

specifici requisiti e condizioni. Alla ricognizione delle 

predette attività si provvede con decreto del Ministero 

del lavoro e delle politiche sociali, da emanare, in fase di 

prima applicazione, entro tre mesi dalla data di entrata in 

vigore della presente disposizione, sentite le parti sociali. 

Risulta pacifico che, in assenza di chiarimenti ufficiali, è 

inevitabile ricorrere alla ratio legis, anche se essa rappresenta 

un metodo che, per sua intrinseca natura, allontana dalla 

oggettività della stretta interpretazione letterale (nonché 

grammaticale della norma), per abbracciare argomentazioni 

che riguardano la soggettività e le conseguenze della interpretazione 

stessa. 

Pur tuttavia, prima di argomentare secondo quanto al 

paragrafo precedente, mi sia consentito porre l’accento sulla 

stesura letterale e grammaticale del testo di cui al comma 2. 

Tale comma recita: “La presunzione non opera qualora la 

prestazione lavorativa presenti i SEGUENTI REQUISITI”… 

utilizzando un plurale che sembra coinvolgere entrambi i 

concetti esposti di seguito. 

Non a caso le lettere a) e b) fanno parte del medesimo comma/paragrafo, 

rivelando l’intento del legislatore di elencare 

tali requisiti, senza la necessità di puntualizzare se concomitanti 

o meno, in quanto contenuti in una sorta di check-list. 

Ulteriore indizio è la collocazione separata del comma 3 

che tratta l’esclusione per le prestazioni rese da professionisti. 

Laddove il legislatore abbia ritenuto di distinguere le varie 

presunzioni di legge in tema di contratti a progetto o associazioni 

in partecipazione, lo ha fatto dedicando appositi 

commi o paragrafi ai singoli requisiti, o precisando che in 

una lista dovessero esserne rispettati almeno due su tre. 

Fatta questa doverosa precisazione, è necessario rivolgere la 

nostra attenzione all’idea di fondo che ha spinto il governo a 

promulgare tali norme. 

Il principio di base si esprimeva nella necessità di tutelare le 

false partite Iva in regime di MONOCOMMITTENZA. 

In tale direzione è stato in primis scritto il comma 1, che non 

a caso colpisce proprio i sintomi della dipendenza da un solo 

committente. 

In considerazione del risultato comunque devastante che 

avrebbe determinato tale previsione con l’azzeramento della 

quasi totalità delle Partite Iva di recente apertura e comunque 

riguardanti in massima parte la fascia giovanile, si è 

cercato di porre rimedio attraverso la pubblicazione del 

comma 2, frutto di un emendamento del Senatore Treu, del 

15/05/2012. 

Proprio specifica successione temporale prova come il comma 

2 sia strettamente legato al precedente, anche nell’intento 

di proteggere dalle false monocommittenze. 

Se ancora vi fossero dubbi è sufficiente prendere visione della 

relazione tecnica accompagnatoria della norma a cura del 

Servizio Studi - Dipartimento lavoro Camera dei deputati 

- XVI Legislatura, che in data 05/06/2012 utilizza le seguenti 

espressioni: 

…omissis… 

Si prevede, poi, che la suddetta presunzione non opera: 

• qualora la prestazione lavorativa sia connotata da competenze 

teoriche di grado elevato acquisite attraverso 

significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnicopratiche 

acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate 

nell’esercizio concreto di attività, e sia svolta da soggetto 

titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non 

inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del 

versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, 

comma 3, della L. 2 agosto 1990, n. 233, relativo alla gestione 

dei commercianti. 

Appare evidente che attraverso una lettura disgiunta, non 

si potrebbe pervenire ad una adeguata tutela di chi, pur 

presentando caratteristiche di professionalità elevata, non 

annovera il potere economico di opporsi ad una falsa monocommittenza. 

Viceversa non è affatto detto che il soggetto in possesso dei 

requisiti reddituali, sia adeguatamente protetto laddove le 

sue prestazioni presentano profili di bassa professionalità. 

Pertanto se la ratio legis era quello di tutelare i soggetti deboli 

costretti ad operare attraverso false partite iva, a parere

dello scrivente, siffatta tutela non può che svolgersi attraverso 

il rispetto di ENTRAMBI i requisiti. 

Non è un caso che tale duplice previsione sia stata riproposta 

CONGIUNTAMENTE anche in tema di contratti a progetto, 

laddove è previsto che le prestazioni fornite attraverso tali 

contratti non possono comportare lo svolgimento di compiti 

meramente esecutivi o ripetitivi e devono essere retribuite 

con un adeguato compenso determinato con precise caratteristiche. 

Orbene, considerando che a supporto della controversa 

tesi degli elementi disgiunti si sostiene che il soggetto che 

fosse privo di elevate competenze non sarebbe di fatto MAI 

autorizzato a stipulare contratti d’opera e quindi iscriversi 

all’IVA, sebbene sia in grado di trarne un reddito significativo, 

si può sostenere che la stessa appare priva di fondamento, 

in quanto non tiene conto del comma 1, ovvero che tali 

prestazioni, FUORI DAL REGIME DI MONOCOMMIT- 

TENZA e in ossequio ai requisiti di cui al comma 1, sono 

sempre possibili. 

Per converso è indiscutibile che il soggetto con competenze 

teoriche di grado elevato potrebbe stipulare contratti d’opera 

anche senza accertarsi di guadagnare almeno 18662,50 euro 

nell’anno solare, solo se non rientra nel fronte della mo- 

6_7 

nocommittenza e quindi non risulta destinatario della più 

ampia tutela prevista dalla legge 92/2012. 

Tali considerazioni pertanto non possono intaccare quello 

che rappresenta l’alveo di tutela prevista in origine da una 

riforma che ha individuato distintamente nel contrasto alla 

monocommittenza l’obiettivo da perseguire. 

Il proponimento in esame, lo ribadisco, è stato attuato 

attraverso il comma 1 e con la successiva pubblicazione del 

comma 2, per adattarne gli effetti sul mercato del lavoro, 

attraverso la segnalazione di circostanze congiunte idonee a 

far considerare genuinamente autonoma la prestazione lavorativa, 

nonostante la eventuale sussistenza degli indicatori di 

cui al comma precedente. 

Si può comprendere come sia una fatica diffusa reputare 

ragionevoli tesi così restrittive, soprattutto se contestualizzate 

nel tessuto economico attuale, ma – in stretto diritto 

– quanto esposto è la diretta conseguenza di un legislatore 

impegnato ad emanare disposizioni al limite dell’esoterismo 

ed in preda a comportamenti ossessivi, se non addirittura 

compulsivi, che sono finalizzati a rendere il contratto a tempo 

indeterminato quale istituto “dominante” nell’ambito del 

diritto del lavoro italiano. 

Giovanni Marcantonio 

Il broker specializzato nella responsabilità 

civile delle professioni. 

COURTIER srl 

iscritto rui B000373113 

torino 10124 – via santa giulia 64 

Cell 335.658.22.25


E L’INTERMITTENTE 

DA SpETTACOLO … 

Via libera da parte del Ministero del Lavoro riguardo all’utilizzo del contratto di 

lavoro intermittente relativamente i servizi di media audiovisivi, ovvero per servizi 

prestati via internet, nella misura in cui gli stessi possano essere assimilati alle 

attività espletate dagli operatori addetti agli spettacoli televisivi, contemplate al n. 

43, Regio Decreto n. 2657/1923. È l’estrema sintesi della risposta ad un interpello 

avanzato dal CNO ed ispirato da un intervento del collega Salvatore Verga, pubblicato 

sul numero 19/2011 del nostro notiziario. 

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in data 

14 settembre 2012 con interpello n. 28 - protocollo n. 

37/0016404, ha fornito il parere alla questione che avevo 

proposto, parecchi mesi addietro, al Consiglio Nazionale 

dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. 

La risposta all’interpello stesso traccia la disciplina del lavoro 

intermittente alla luce delle modifiche introdotte dalla Riforma 

del Lavoro ed analizza la normativa di riferimento di 

cui agli artt. 1 e 2, del D. Lgs. n. 177 del 2005, (Testo Unico 

della radiotelevisione) novellato dal D. Lgs. n. 44 del 2010 

(Decreto Romani). 

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, in estrema 

sintesi: 

_1 amplia il concetto di servizi espletati dagli operatori 

addetti agli spettacoli televisivi contemplato nel punto 

contrassegnato con il n. 43 della tabella proposta dal Regio 

Decreto 6 dicembre 1923, n. 2657 e come richiamato 

dalla lettura in combinato disposto dell’art. 40, del D. Lgs. 

n. 276 del 2003 e del Decreto del Ministero del Lavoro del 

23 ottobre 2004; 

_2 conferma la tesi, avanzata nella proposta di interpello, 

che il contratto di lavoro intermittente può essere utilizzato 

anche per l’assunzione di lavoratori addetti a servizi 

di media audiovisivi ed in particolare di live streaming, 

web-casting ovvero addetti a servizi prestati via internet, 

di natura discontinua ed intermittente. 

Salvatore Verga


informa 

Ordine dei COnsulenti del lavOrO - COnsigliO PrOvinCiale di tOrinO 

19 

LUGLIO 2011 

LabOratOrIO anaLIsI La commissione studi 

i 

comunicazione elettronica che possono essere COns – anch’esse del 25 novembre 2010 – ri- 

fruiti al momento scelto dall’utente e che sono spettivamente aventi ad oggetto il “regolamento 

legittimati a svolgere le attività commerciali ed concernente la prestazione di servizi di media 

editoriali connesse alla diffusione delle immagini audiovisivi lineari o radiofonici su altri mezzi di 

e dei suoni e dei relativi dati […]”. 

comunicazione elettronica ai sensi dell’art. 21, 

6_ Ovvero, oltre alla già citata delibera n. 608/10/ comma 1-bis, del testo unico dei servizi di media 

LabOratOrIO anaLIsI La commissione studi COns del 25 novembre 2010, recante il “regola- audiovisivi e radiofonici” e il “regolamento in 

novellato “Decreto Gasparri” – recante l’ “oggetto” di tale 

mento per l’organizzazione e la tenuta del regi- materia 

1_ art. 

di fornitura 

9 “[1] gli 

di 

organismi 

servizi di 

associativi 

media audio- 

a rilevanza 

Testo Unico – prevede che 

stro 

“[…] 

degli 

formano 

operatori 

oggetto 

di comunicazione: 

del testo 

modifiche visivi a 

nazionale 

richiesta ai 

degli 

sensi 

enti 

dell’articolo 

territoriali 

22-bis 

e gli enti 

del 

pubbli- 

unico le disposizioni in materia ed integrazioni di servizi alla di delibera media 666/08/COns”, audioci 

nazionali, nonché, di propria iniziativa o su 

le testo unico dei servizi di media audiovisivi e 

visivi […], quali la trasmissione complementari di programmi delibere 606/10/COns televisivi, 

segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni 

e 607/10/ radiofonici”. 

sia lineari che a richiesta, di programmi radiofonici e di 

sindacali e dei datori di lavoro maggiormente 

rappresentative sul piano nazionale e i consigli 

programmi-dati, anche ad accesso condizionato nonché la 

nazionali degli ordini professionali, possono 

fornitura di servizi interattivi associati e di servizi di acces- 

inoltrare alla direzione generale, esclusivamente 

so condizionato su qualsiasi piattaforma di diffusione” 

tramite posta elettronica, quesiti di ordine gene- 

InterpeLLO 

l’art. 2, relativo alle “definizioni”, originariamente disciplirale 

sull’applicazione delle normative di compenava 

– sub a) – ciò che doveva intendersi per “programmi 

tenza del Ministero del lavoro e della previdenza 

in materia di televisivi” lavoro e “programmi intermittente 

radiofonici”; il “Decreto Romani” 

sociale. la direzione generale fornisce i relativi 

ha interamente sostituito l’impianto definitorio del “Decre- 

chiarimenti d’intesa con le competenti direzioni 

to Gasparri”, che ora prevede – allo stesso art. 2, lettera a) – 

generali del Ministero del lavoro e della previ- 

Proposto alla “Direzione la definizione Generale del per “servizio l’Attività di media Ispettiva” audiovisivo”, ovvero 

denza sociale e, qualora interessati dal quesito, 

presso il Ministero del “[…] Lavoro un servizio e delle […] Politiche che è sotto Sociali, la responsabilità oper@teleconsul 

per edi- 

sentiti gli enti previdenziali. [2] l’adeguamento 

toriale di un fornitore di servizi media e il cui obiettivo 

alle indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti via Vinicio Cortese, 147/F - 00128 Roma 

l’esercizio del “diritto di interpello” previsto dall’art. 91 del D. 

tel. 06 6641 0034 - fax 06 5088245 

di cui al comma 1 esclude l’applicazione delle 

principale è la fornitura di programmi al fine di informare, 

P.IVA 04747641001 

Lgs. 23 aprile 2004, n. 124. 

Banche relative Dati sanzioni penali, amministrative e civili”. 

intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di 

Lavoro 

comunicazioni elettroniche. Per siffatto servizio di media 

2_ rOBerti - ZenO-ZenCOviCH, le linee guida del 

premessO che: audiovisivo si intende […] la radiodiffusione televisiva, 

d. lgs. 15 marzo Fiscale 2010, n. 44 (“decreto romani“) 

come definita alla lettera i) del presente articolo e, in par- 

in dir. informatica, 2010, i, 1. nello stesso senso, 

• l’art. 33 del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 definisce il 

Edilizia 

ticolare, la televisione analogica e digitale, la trasmissione 

esprimendo un rilievo fortemente critico sulla 

rapporto “[…] di lavoro intermittente” quale il contratto, 

scelta Cooperative 

del legislatore, sCOrZa, il web non è una 

sia esso a tempo determinato continua o indeterminato, in diretta quale mediante il live streaming, la trasmissione 

Tutto in un unico supporto 

tv, su punto-informatico.it del 24 gennaio 2011. 

il quale “[…] un lavoratore televisiva si pone su a disposizione Internet quale di un il webcasting […]”; 

software utilizzabile in rete 

datore di lavoro che ne può • per utilizzare effetto del la “Decreto prestazione Romani” lavora- si ritiene, in dottrina, che 

3_ rOBerti - ZenO-ZenCOviCH, cit. 

Vertenze ed aggiornato quotidianamente. 

tiva […]” nei limiti di cui vi al sia successivo stata una articolo “parificazione 34; delle piattaforme”2 (internet 

4_ rOBerti - ZenO-ZenCOviCH, cit., che richiama- 

e televisione), con la previsione di “[…] un’unica disci- 

FormulaME 

• in particolare, l’art. 34 prevede, al comma II, che “il premessO InOLtre, che: 

no il considerando n. 20 della direttiva 2007/65/ 

contratto di lavoro intermittente plina, amministrativa può in ogni caso e contenutistica, essere • l’art. la quale 34, comma riduca I, al del D. Lgs. 276/03 Budget prevede - Ce, Costo attuata – in del gene- dal lavoro “decreto romani”, a mente del 

concluso con riferimento massimo a prestazioni le disparità”3, rese da soggetti anche con alla luce rale dei – “[…] che “il riferimen- contratto di lavoro intermittente 

quale 

può 

“[…] 

Domestiko essere 

la radiodiffusione televisiva attual- 

meno di venticinque anni ti di al età cd. […]”; live streaming ed al web casting quale tipica attività 

mente comprende, in particolare, la televisione 

concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere 

• non vi sono specifiche previsioni di radiodiffusione che disciplinino televisiva il regime […]”4; 

analogica e digitale, GILASla 

trasmissione continua in 

discontinuo o intermittente secondo le esigenze individua- 

di un contratto di lavoro • intermittente tale autorevole concluso opinione – ex è confermata art. dalla delibera n. 

diretta (live streaming), la trasmissione televisite 

dai contratti collettivi […]”; 

TcAlert 

va su internet (web casting) e il video quasi su 

34, comma II, D. Lgs. 276/03 608/10/CONS – con un soggetto dell’AGCOM infraven- che ha • esteso, in mancanza all’art. 1, di l’ob- una determinazione ad hoc 

eDitoria 

domanda 

da parte 

(near-video-on-demand) 

della 

[…]”. 

ticinquenne nel caso in cui bligo tale di rapporto registrazione di lavoro al ROC si pro(Registro 

contrattazione degli operatori collettiva, di è applicabile la “[…] individuatragga 

oltre il compimento comunicazione) del venticinquesimo anche anno ai “[…] d’età; fornitori zione, di servizi in via provvisoriamente di media Pianeta sostitutiva 5_ Lavoro e della cioè contratta- “[…] e 1) Tributi i fornitori di servizi di media audio- 

audiovisivi o radiofonici […]”5, recependo ulteriormente 

visivi o radiofonici lineari: i soggetti che hanno 

si chiede alla Direzione Generale per l’Attività Ispettiva zione collettiva, dei casi di ricorso al lavoro intermittente, Libri per maggiori informazioni 

l’equiparazione tra web e televisione; 

la responsabilità editoriale nella predisposizione 

se il compimento, da parte del lavoratore, del venticin- ai sensi dell’art. 40 del decreto legislativo 10 settembre 

formazione 

di programmi televisivi o radiofonici destinati 

quesimo anno d’età produca si chiede effetti alla su Direzione un contratto Generale di per 2003, l’Attività n. 276” Ispettiva di cui al D.M. 23 ottobre 2004, n. 15796 del www.teleconsul.it 

alla diffusione anche ad accesso condizionato 

lavoro intermittente legittimamente TcMedia 

se – anche per stipulato effetto della alla stregua novella, di portata 

Ministero 

sistematica, 

del Lavoro e delle Politiche Sociali; 

su frequenze terrestri in tecnica digitale, nonché 

editoria & software 

dell’art. 34, comma II, D. introdotta Lgs. 276/2003. 

• 

dal “Decreto Romani” e dalle 

l’art. 

successive 

1 di tale 

delibere 

D.M. 23 ottobre 2004 prevede Formazione alla che diffusione “è ammes- PL&T via cavo, via satellite per professionisti o su altri 

sa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente & aziende 

dell’AGCOM6 – il n. 43 del R.D. 2657/1923, nella parte 

mezzi di comunicazione con elettronica e che sono 

riferimento alle tipologie di attività indicate 

relativa a “spettacoli […] televisivi”, possa essere applicato 

legittimati nella tabella a svolgere le attività commerciali ed 

allegata al regio decreto 6 dicembre 1923, 

anche agli altri “servizi di media audiovisivi” oggi previsti 

editoriali n. 2657 […]”; connesse alla diffusione delle imma- 

• specificamente, il n. 43 di tale tabella (recante gini o le dei “[…] suoni e dei relativi dati; 2) i fornitori 

dal D. Lgs. 177/2005 e s.m.i. (cd. “DecretoGasparri”) e, in 

occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo di servizi di o media di audiovisivi o radiofonici non 

particolare, al live streaming, al webcasting o comunque, 

semplice attesa o custodia […]”) riguarda lineari gli “[…] ovvero addetti a richiesta: i soggetti che hanno la 

in generale, a servizi – prestati su Internet e caratterizzati 

agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi responsabilità […]”; editoriale nella predisposizione di 

da ontologica discontinuità e/o intermittenza – “[…] il cui 

• in riferimento agli “spettacoli […] televisivi” un catalogo di cui sopra, di programmi destinati alla diffusio- 

obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di in- 

Nuove attività lavorative nascono e si 

la disciplina dell’intero settore televisivo è ne stata anche recen- ad accesso condizionato su frequenze 

sviluppano nel complesso mondo della formare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso 

terrestri in tecnica digitale, nonché alla diffu- 

comunicazione globale digitale e in ambito 

temente novellata dal D. Lgs. 15 marzo 2010, n. 44 (cd. 

Web. Con esse il legislatore giuslavorista reti deve di comunicazioni elettroniche […]”. 

sione via cavo, via satellite o su altri mezzi di 

“Decreto Romani”) che ha modificato strutturalmente il D. 

confrontarsi, velocemente e compiutamente, 

al fine di definirne contorni giuridici e 

Lgs. 31 luglio 2005, n. 177 (cd. “Decreto Gasparri”, recante 

tecnici. In tale contesto, la Commissione Studi 

dell’Ordine ha recepito l’interpello proposto 

dal Collega Salvatore Verga relativo alle 

– fino alla novella de qua – il “Testo unico della radiotelevisione” 

e – oggi – il “Testo unico dei servizi di media 

attività ed ai servizi, prestati su Internet e 

caratterizzati da ontologica discontinuità e/o 

intermittenza, e in particolare alle attività di 

audiovisivi e radiofonici”); 

• in particolare, per ciò che qui rileva, il “Decreto Romani” 

live streaming e di web casting. 

ha introdotto le seguenti novità: l’art. 1, comma II, del 

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in A.P. - 70% CNS/CBPA - NO/TO n. 2367/2007 

In caso di mancato recapito, restituire al mittente, previo addebito, presso l’ufficio CMP Romoli - Torino - Registrazione Tribunale di Torino n. 5146 del 13.05.1998 

4_5 

8_9

ATTUAL*mente 

SI SCRIvE SvILUppO 

SI LEggE fERMA - RECESSIONE 

Il Decreto Legge n. 83/2012, soprannominato “Decreto Sviluppo” è stato 

convertito in legge lo scorso 7 agosto ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale 

il successivo giorno 11; la legge n. 134/2012 è in vigore dal 12 agosto. 

Essa contiene alcune disposizioni di correzione e di modifica alla legge n. 

92/2012, nonostante la “Riforma Fornero” sia entrata in vigore pochi giorni 

prima, esattamente il 18 luglio. A parte l’ironia di alcuni osservatori che 

avrebbero preferito soprannominare il decreto come “ferma-recessione” 

anziché “sviluppo”, offrendoci un invitante assist per l’intitolazione, alcune 

modifiche legislative appaiono davvero paradossali perché consistono in veri 

e propri “ritorni al passato”, in palese contrasto con lo spirito riformatore che 

avrebbe dovuto contraddistinguere la legge 92. 

In estrema sintesi e senza velleità di fornire un chiarimento esaustivo, passiamo 

in rassegna le novità contenute nel “Decreto Sviluppo” che impattano 

sulla “Riforma Fornero” e, più in generale, sulla normativa del lavoro. 

COLLABORATORI DEI CALL 

CENTER (art. 24 bis comma 

7) 

la legittimità del contratto a 

progetto per gli operatori dei 

call center è un tema discusso 

da molti anni. al riguardo è 

doveroso segnalare i provvedimenti 

del Ministero del 

lavoro negli anni 2006 e 2008 

(circolari n.17/2006 e n. 4/2008 

nonché nota n.17286/2008) 

in contrasto l’uno con l’altro 

proprio su questi aspetti. la 

riforma Fornero ha aggiunto 

un importante tassello sul tema 

del sottile confine che divide il 

lavoro subordinato dal lavoro 

autonomo abrogando il programma 

di lavoro e la fase di 

esso ed introducendo complesse 

condizioni per evitare che il 

lavoro autonomo con partita 

iva ricada nella presunzione 

legale di lavoro subordinato. 

nonostante questi battaglieri 

(anche se in parte opinabili) 

risultati, nel decreto sviluppo 

si torna indietro di alcuni anni 

ammettendo esplicitamente 

(con una modifica all’artico- 

lo 61 comma 1 del d.lgs. n. 

276/2003) la collaborazione a 

progetto per gli operatori di 

call center addetti alle attività 

di vendita rivolte verso la clientela 

esterna (outbound). era 

necessario inserire una simile 

ipotesi nell’articolo che fornisce 

la definizione di contratto a 

progetto? Potenza delle lobby? 

unico requisito (innovativo) 

richiesto per la stipula è il 

rispetto dei compensi previsti 

dai contratti collettivi nazionali, 

stipulati da organizzazioni forse 

non pienamente rappresentative 

del popolo dei co.co.pro. 

REITERAZIONE DEI CONTRAT- 

TI A TERMINE (art. 46 bis 

comma 1 lettera a) 

anche la “stretta” sui contratti 

a termine, facente parte delle 

iniziative di contrasto alla “flessibilità 

cattiva”, ha trovato in 

breve un fronte comune che ha 

richiesto modifiche necessarie 

per la operatività quotidiana. 

sono stati dunque ridefiniti gli 

intervalli di tempo che devono 

trascorrere fra un contratto a 

tempo determinato ed il successivo 

(fissati a 60 giorni dalla 

scadenza del primo contratto 

nel caso di durata fino a 6 

mesi e a 90 giorni per le durate 

superiori ai 6 mesi); i nuovi 

termini possono essere ridotti 

rispettivamente a 20 e 30 giorni 

in presenza di particolari necessità 

organizzative elencate dalla 

norma (avvio di una nuova 

attività, lancio di un prodotto 

o di un servizio innovativo, implementazione 

di un rilevante 

cambiamento tecnologico, fase 

supplementare di un significativo 

progetto di ricerca e 

sviluppo, rinnovo o proroga di 

una commessa consistente) ed 

in presenza di ulteriori ipotesi 

previste dai contratti stipulati a 

ogni livello dalle organizzazioni 

sindacali comparativamente 

più rappresentative sul piano 

nazionale. 

a parte la difficoltà che avremo 

quotidianamente per verificare 

se in un certo settore esiste 

una disciplina derogante, si 

evidenzia che anche in questo 

caso l’iniziale rigore ha lasciato 

spazio a deroghe simili alle 

norme previgenti. 

REqUISITI RIChIESTI AI TITO- 

LARI DI pARTITA IvA (art. 46 

bis comma 1 lettera c) 

a proposito dei requisiti necessari 

per evitare che scatti la 

presunzione legale di collaborazione 

coordinata e continuativa 

(o, peggio, di lavoro subordinato), 

il decreto sviluppo 

“ammorbidisce” due dei tre 

criteri individuati come indici 

di subordinazione, elevando da 

1 anno a 2 anni il periodo di 

osservazione durante il quale il 

titolare di partita iva: 

• non deve superare l’80% dei 

corrispettivi annui complessivamente 

percepiti dal 

committente; 

• non deve superare gli 8 mesi 

annui di durata complessiva 

della collaborazione. 

resta inalterato il terzo requisito, 

relativo alla presenza di una 

postazione fissa a disposizione 

del collaboratore. 

ricordiamo a questo riguardo 

che la riforma Fornero ha 

avuto come obiettivo primario 

lo sviluppo dell’occupazione in 

tutte le sue forme; il “panico” 

creato dalle norme anti-partita 

iva ed il conseguente rischio di 

“licenziamenti precauzionali”, 

hanno probabilmente consigliato 

al legislatore un allentamento 

delle condizioni richieste. 

LAvORO ACCESSORIO (art. 46 

bis comma 1 lettera d) 

un ulteriore intervento di riordino 

effettuato dalla “riforma 

Fornero” riguarda la disciplina

del lavoro accessorio, resa più 

snella rispetto al passato. in 

particolare, non si ha più riguardo 

per le causali oggettive 

e soggettive precedentemente 

richieste, ma solo al carattere 

occasionale della prestazione 

ed ai limiti di reddito introdotti 

con riferimento al lavoratore 

(5000 euro annui) ed al committente 

(2000 euro). 

anche in questo caso, una parziale 

retromarcia è stata prevista 

dal decreto sviluppo, che 

ha reintrodotto la possibilità di 

accedere al lavoro accessorio 

per i percettori di prestazioni 

di integrazione del salario o 

sostegno al reddito; ciò vale 

per tutti i settori produttivi, 

con il solo limite di 3000 euro 

annui, senza che ciò comporti 

limitazioni nella misura o nel 

diritto a percepire le prestazioni 

assistenziali. 

ALIqUOTE CONTRIBUTIvE 

pER gLI ISCRITTI ALLA gE- 

STIONE SEpARATA (art. 46 bis 

comma 1 lettera g) 

al fine di determinare l’allineamento 

delle aliquote contributive 

dei collaboratori con quelle 

dei lavoratori dipendenti al 

33% e di raggiungere la quota 

del 24% per gli iscritti ad altra 

gestione previdenziale obbligatoria, 

la legge n. 92/2012 aveva 

previsto una progressione degli 

aumenti che è stata in parte 

modificata dal decreto sviluppo. 

le aliquote contributive previste 

fino al 2018 sono oggi le 

seguenti: 

Collaboratori e dei professionisti 

senza cassa iscritti in 

maniera esclusiva alla gestione 

separata: 

2012 27 % 

2013 27 % 

2014 28 % 

2015 30 % 

2016 31 % 

2017 32 % 

2018 33 % 

Pensionati ed iscritti da altra 

forma di previdenza obbligatoria: 

2012 18 % 

2013 20 % 

2014 21 % 

2015 22 % 

2016 24 % 

2017 24 % 

2018 24 % 

a questo riguardo si evidenzia 

come il prelievo per imposte 

e contributi giungerà a 

breve a livelli elevatissimi per 

i professionisti senza cassa i 

quali, a parte la percentuale di 

rivalsa a carico del cliente, non 

hanno un committente con cui 

dividere l’onere contributivo 

complessivo. 

AppRENDISTATO E SOMMI- 

NISTRAZIONE (art. 46 bis, 

comma 1, lettera b) 

Come corollario alle modifiche 

relative alla disciplina dell’apprendistato, 

il decreto sviluppo 

ha previsto che la somministrazione 

di lavoro a tempo 

indeterminato è possibile in 

tutti i settori produttivi se il 

somministratore utilizza lavoratori 

assunti con contratto di 

apprendistato. 

AppALTO E RESpONSABILITà 

SOLIDALE (art. 13 ter) 

la responsabilità solidale 

nell’appalto è già stata oggetto 

di recenti modifiche legislative. 

Con il decreto sviluppo viene 

confermata la responsabilità 

solidale tra appaltatore e subappaltatore, 

ma non quella del 

committente a cui viene affidato 

il compito di controllare la 

correttezza degli adempimenti 

fiscali da parte dell’appaltatore 

e degli eventuali subappaltatori. 

l’attestazione dell’avvenuto 

adempimento da parte del 

subappaltatore degli obblighi 

fiscali può essere rilasciata 

anche attraverso una asseverazione 

da parte del CaF, del 

commercialista o del consulente 

del lavoro. 

DURATA DELLA MOBILITà 

(ART. 46 BIS COMMA 1 LET- 

TERA f) 

nell’ambito della riforma 

degli ammortizzatori sociali, il 

regime transitorio previsto per 

i lavoratori collocati in mobilità 

nel 2013 viene esteso anche 

al 2014, durante il quale verrà 

effettuata una verifica sulla 

adeguatezza di tali misure. 

CIgS (art. 46 bis comma 1 

lettera h) 

È stata prevista fino al 31 

10_11 

dicembre 2015 la possibilità di 

ricorrere alla Cigs in caso di 

procedure concorsuali quando 

sussistano prospettive di 

continuazione o di ripresa 

dell’attività e di salvaguardia 

anche parziale dei livelli di occupazione. 

Occorrono parametri 

oggettivi ed una approvazione 

con decreto da parte del Ministero 

del lavoro. 

DEpOSITO DEgLI ACCORDI 

pER CRISI AZIENDALE (art. 46 

bis comma 1 lettera i) 

i contratti e gli accordi collettivi 

stipulati al fine di gestire 

crisi aziendali che prevedono il 

ricorso ad ammortizzatori sociali 

dovranno essere depositati 

presso il Ministero del lavoro;

ATTUAL*mente 

le modalità saranno indicate da 

un apposito decreto. la vicenda 

degli esodati forse ha lasciato 

il segno… 

CRITERI DI COMpUTO DELLA 

qUOTA DI RISERvA (art. 46 

bis comma 1 lettera l) 

il decreto sviluppo interviene 

nuovamente a proposito della 

base di computo ai fini del collocamento 

dei disabili, modificando 

in parte quanto disposto 

dalla legge n.92/2012. 

dopo le ulteriori modifiche, non 

sono da computare ai fini della 

quota di riserva i lavoratori 

assunti con contratto a termine 

di durata fino a sei mesi. 

CREDITO D’IMpOSTA pER 

LE ASSUNZIONI ALTAMENTE 

qUALIfICATE (art. 24) 

i datori di lavoro privati possono 

beneficiare di un credito 

d’imposta pari al 35% del costo 

aziendale in caso di assunzione 

a tempo indeterminato di 

personale altamente qualificato 

cioè in possesso di dottorati 

o lauree in ambito tecnico o 

scientifico; i nuovi assunti devono 

essere impiegati in attività 

sperimentali o di ricerca. 

Possono accedere al credito 

d’imposta tutte le imprese 

indipendentemente dalla forma 

giuridica, dal settore economico 

o dall’ambito territoriale in cui 

operano. 

l’agevolazione non ha una scadenza, 

ma le domande saranno 

presentate secondo specifiche 

che saranno illustrate in un 

apposito decreto. 

Fra le eventuali cause di 

decadenza previste si segnala 

la delocalizzazione dell’attività 

in paese fuori dalla unione 

europea. 

TRASfERIMENTO D’AZIENDA 

(art. 46 bis comma 2) 

in caso di crisi dell’impresa, le 

ipotesi di applicazione parziale 

delle garanzie dell’articolo 2112 

del codice civile vengono ampliate 

con la previsione dei casi 

in cui sia avvenuta l’apertura 

del concordato preventivo o 

l’omologazione dell’accordo 

di ristrutturazione dei debiti 

aziendali. 

ASSUNZIONE DI gIOvANI NEL- 

LA gREEN ECONOMy (art. 57) 

i soggetti privati nel settore 

della “green economy” possono 

accedere a finanziamenti a 

tasso agevolato se generano 

occupazione aggiuntiva a tempo 

indeterminato riguardante 

giovani di età non superiore a 

35 anni alla data di assunzione. 

Gianluca Bongiovanni 

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azienda: il nostro Staff di esperti si occuperà interamente di tutto il processo. 

Infatti, noi di BluForm, progettiamo e strutturiamo Piani in linea con le caratteristiche aziendali 

per rispondere al meglio alle necessità formative. 

Soprattutto in questo periodo, nel quale le Aziende hanno necessità di riqualificare il proprio personale e l’attività lavorativa 

creando una maggiore visibilità sul mercato, la Formazione è un’ottima soluzione per raggiungere l’obiettivo. 

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‘SE TELEfONANDO’ OvvERO 

L’EpOpEA DEL JOB ON CALL 

Quando, suddividendo i compiti redazionali, mi chiesero di approfondire 

gli aspetti del contratto a chiamata alla luce della Riforma Fornero, il primo 

istinto fu di intitolare questo elaborato come ‘un giorno di ordinaria follia’, 

perché, ripercorrendone la vicenda dal 2003 ad oggi, e rileggendo le norme 

che hanno istituito, eliminato, reinserito, modificato tale contratto alla stregua 

di un epopea, l’impressione che si fissa è di folle ingenuità del legislatore. 

Poiché però, l’attuale ministro, con un pizzico di malizia tipicamente femminile, 

ha intuito che sussistevano aspetti della normativa di cui si poteva 

abusare, ponendovi a ben vedere rimedio, ho virato con un sentimento di 

fiducia crescente verso un più morbido ‘se telefonando’ con annesso sottotitolo, 

che oltre a tutto richiama anche uno degli strumenti utilizzabili per la 

denuncia preventiva della prestazione lavorativa in questione. 

Ma andiamo con ordine: nato del 2003 ad opera 

della riforma Biagi, il contratto di lavoro a 

chiamata – detto anche lavoro intermittente o 

job on call – fu ispirato dal nobilissimo intento di 

agevolare l’occupazione in determinati settori e 

categorie di lavoratori; si trattava di quella stessa 

occupazione dal carattere saltuario e un po’ 

imprevedibile che per sua natura rimaneva confinata 

nel ‘nero’, condannando i suoi prestatori alla 

scopertura previdenziale e assicurativa; la riforma 

Biagi introduceva uno strumento realmente 

innovativo, oltre che alternativo all’obbligo fino 

ad allora esistente di stipula di un contratto che 

poteva esaurirsi in pochi giorni e reiterarsi potenzialmente 

e imprevedibilmente per un lungo 

periodo, inoltre semplificando in maniera considerevole 

gli adempimenti amministrativi e quindi 

riducendo i costi per le aziende. in estrema 

sintesi la stipula di un unico contratto iniziale, 

intermittente, e successivamente il pagamento 

delle sole prestazioni effettivamente avvenute. 

in realtà, a ben vedere, c’era forse un lassismo 

esagerato da parte del legislatore nel consentire 

che il datore di lavoro, una volta stipulato il 

contratto iniziale, potesse limitarsi a ‘chiamare’ 

in servizio il lavoratore con modalità variegate 

e molto spesso non predefinite dai CCnl, senza 

che peraltro permanesse traccia delle chiamate. 

l’unica garanzia a difesa della genuinità del lavo- 

ro intermittente era, forse, costituita dal registro 

presenze. Considerato però che “verba volant” 

e ”scripta manent”, e in virtù della successiva 

dipartita dello stesso registro presenze, sostituito 

dal lul compilabile entro il mese successivo a 

quello di riferimento, si comprende come non ci 

voglia molta fantasia ad individuare le possibili 

falle della norma. e si sa che gli italiani sono un 

popolo dotato di estro creativo non indifferente. 

Ben vengano quindi le modifiche introdotte che, 

sebbene ci complichino un po’ la vita, ottengono 

l’effetto di appesantirla in maniera ancor più 

sensibile a chi utilizza la norma a fini elusivi. 

veniamo quindi agli aspetti tecnici del contratto 

a chiamata, rammentando brevemente la norma 

ante riforma Fornero e le disposizioni entrate in 

vigore il 18 luglio scorso. 

Fino al 17 luglio 2012, il contratto a chiamata 

era stipulabile per permettere lo svolgimento di 

prestazioni a carattere discontinuo, e solo in caso 

di sussistenza delle seguenti specifiche condizioni 

oggettive o soggettive: 

_1 nei casi individuati dai CCnl; 

_2 con soggetti di età inferiore a 25 anni o superiore 

a 45 anni, indipendentemente dal punto 

precedente, e quindi per qualunque genere di 

attività; 

_3 in determinati periodi dell’anno, con soggetti 

di qualunque età, e precisamente: nei 

12_13

ATTUAL*mente 

fine settimana (intendendo dalle ore 13.00 

del venerdì pomeriggio alle 6.00 del lunedì 

mattina); durante le ferie estive (ed esattamente 

dal 01 giugno al 30 settembre di ogni 

anno); durante le vacanze natalizie (dal 01 

dicembre al 10 gennaio) o le vacanze pasquali 

(dalla domenica delle Palme al martedì dopo 

Pasquetta); in ulteriori periodi individuati dai 

contratti collettivi; 

_4 al di fuori dei casi già richiamati, nei casi di 

prestazione di una delle attività discontinue 

di cui al dM 23 ottobre 2004, con rimando 

alla tabella delle attività contenuta nel regio 

decreto 2657/1923 (si rimanda per approfondimenti 

alla circolare ministeriale 4/2005). 

la riforma Fornero ha modificato la disciplina 

previgente, disegnando il seguente quadro 

normativo: sono eliminati di fatto i casi di cui 

al punto 3, conservando immutati i punti 1 e 4, 

modificando il punto 2 nel limite di età (oggi il 

contratto può essere concluso con soggetti di età 

inferiore ai 25 anni o superiore ai 55 anni). 

viene stabilito un periodo transitorio di un anno, 

durante il quale sopravvivono i contratti in essere 

anche se incompatibili con la nuova disciplina; 

quei medesimi contratti, tuttavia, cesseranno di 

produrre effetti decorso un anno dall’entrata in 

vigore della riforma, vale a dire dal 18 luglio 2013. 

È sicuramente interessante ricordare come il 

novellato contratto in questione non sia stato 

tuttavia intaccato da un altro pruriginoso aspetto 

della riforma, ovvero dalle nuove regole sulla 

successione di contratti a tempo determinato. 

Con la conseguenza che, nel caso di riassunzione 

dello stesso lavoratore per effetto di una 

successione di più contratti di lavoro intermittente 

a tempo determinato, non è necessario 

rispettare gli intervalli di 60 e 90 giorni, previsti 

per i normali contratti a termine (in materia, si 

rimanda all’interpello n. 72/2009 ed alla circolare 

n. 34/2010 del Ministero del lavoro). 

nulla è cambiato riguardo alla possibilità di 

prevedere o di escludere dal contratto di lavoro 

l’obbligo di risposta alla chiamata da parte del 

lavoratore: l’indennità di disponibilità, spettante 

esclusivamente al dipendente vincolato dall’obbligo 

di risposta, verrà calcolata secondo quanto 

previsto dai CCnl di categoria, e dovrà risultare 

in ogni caso non inferiore al 20% della retribuzione 

minima sindacale; su di essa dovranno 

essere determinati i contributi previdenziali, trattandosi 

di indennità retributiva a tutti gli effetti. 

dal pagamento dell’indennità di disponibilità discende 

l’obbligo per il lavoratore di dichiarare al 

datore di lavoro gli eventuali motivi ostativi alla 

risposta alla chiamata, tra cui ragioni correlate 

allo stato di malattia; in caso di rifiuto ingiustificato 

da parte del lavoratore di rispondere alla 

chiamata del datore, si configura la possibilità 

per quest’ultimo di risolvere il contratto di lavoro. 

il contratto di lavoro intermittente dovrà perciò 

contenere, oltre agli altri aspetti previsti dalla 

legge per tutti i tipi di contratto, anche i seguenti 

elementi: indicazione delle ipotesi, oggettive o 

soggettive, che consentono il ricorso al contratto; 

presenza o assenza dell’obbligo di disponibilità; 

trattamento economico e normativo e l’indicazione 

della misura dell’indennità di disponibilità, 

laddove sia spettante; termini, preavviso e modalità 

di effettuazione della chiamata al lavoro. 

Come già ricordato, i lavoratori in esame sono 

soggetti alla disciplina del lul, che verrà emesso 

nei tempi previsti per la generalità dei dipendenti. 

Questo significa che, anche nel caso in cui il 

lavoratore non abbia effettuato nel mese alcuna 

prestazione lavorativa, l’azienda dovrà comunque 

emettere il lul mensile, con l’annotazione dei 

periodi non lavorati. 

in deroga alla disciplina del dlgs 66/2003 art. 

10, è consentita la corresponsione dell’indennità 

sostitutiva delle ferie non godute nei periodi di 

inattività dei lavoratori assunti con contratto a 

tempo indeterminato. 

Come di consueto, è fatto divieto al datore di 

lavoro di ricorrere a tale forma contrattuale nei 

casi di sostituzione di lavoratori in sciopero, in 

unità produttive nelle quali si siano verificati 

nei sei mesi precedenti licenziamenti collettivi o 

procedure di cassa integrazione guadagni, nonché 

nelle imprese che non abbiano effettuato la 

valutazione dei rischi ai sensi del dlgs 81/2008. 

l’aspetto innovativo introdotto dalla riforma 

consiste nelle modalità con cui la chiamata del 

lavoratore deve essere comunicata preventivamente 

alla direzione territoriale del lavoro, ed è 

fondato affermare come sia questo l’intervento 

decisivo che pone un grosso freno alla creatività 

cui si accennava precedentemente: se è vero che 

il lul può essere compilato ”a posteriori”, dal 18 

luglio scorso i periodi di prestazione di durata 

non superiore a 30 giorni devono essere comunicati 

in via alternativa mediante sms, fax o posta 

elettronica. Perciò sarà bene registrare nella 

rubrica del nostro telefono portatile il recapito 

telefonico della dtl, ben sapendo che saremo noi 

e non i nostri clienti a dover inviare la comunicazione. 

Più in dettaglio, le modalità previste sono le 

seguenti:

_1 sms al numero 3399942256, inserendo, secondo 

uno schema preciso, l’indirizzo e-mail 

del datore di lavoro, il codice della comunicazione 

obbligatoria di assunzione (dato non 

obbligatorio per gli assunti ante 01 marzo 

2008), il codice fiscale del lavoratore, le date 

di inizio e di fine della prestazione lavorativa; 

_2 fax al numero 848800131, inviando il modulo 

scaricabile dal sito www.lavoro.gov.it e www. 

cliclavoro.gov.it, debitamente compilato; 

_3 mail all’indirizzo intermittenti@lavoro.gov.it, 

avente ad oggetto “comunicazione chiamata 

lavoro intermittente” e come allegato il 

modulo di cui al punto due; 

_4 a partire dal 01 ottobre 2012, si aggiunge 

anche l’invio del modulo on–line sul portale 

www.cliclavoro.gov.it (funzionalità per la quale, 

in un’esplosione di entusiasmo tecnologico, 

il governo si impegna a creare l’apposita 

app per gli smart-phone). 

le comunicazioni di prestazioni lavorative degli 

intermittenti devono essere preventive all’inizio 

della prestazione lavorativa – ed in via eccezionale 

rispetto alle classiche dna – anche durante 

la stessa giornata di inizio della prestazione 

purché antecedentemente all’effettivo impiego: 

potranno essere modificate o annullate, comunque 

sempre preventivamente all’inizio della 

prestazione indicata. 

si tenga presente che le predette comunicazioni 

inoltrate con le modalità sopra indicate manifestano 

i loro effetti anche sul calcolo delle 

retribuzioni imponibili: infatti, forniranno gli elementi 

utili alla verifica del rispetto dei minimali 

contributivi, poiché anche le prestazioni lavorative 

comunicate e non annullate – benché non 

effettuate – saranno considerate a tutti gli effetti 

per il calcolo dei contributi. 

le sanzioni previste per l’inosservanza delle 

comunicazioni preventive sono incisive, e consistono 

in sanzioni amministrative da euro 400 

ad euro 2.400 per ogni lavoratore per cui è stata 

commessa l’infrazione. esse si estendono anche 

ai casi di infedele comunicazione delle prestazioni. 

ecco perciò riepilogati gli elementi introdotti dalla 

riforma, che hanno il pregio – per la collettività 

– di ridurre i casi di abuso di questa particolare 

forma contrattuale, ed il difetto – per la nostra 

categoria – di assumerci l’incarico d’infondere 

nelle abitudini dei datori di lavoro i nuovi vincoli 

normativi, moltiplicando gli adempimenti e introducendone 

di ulteriori, sebbene siano tali solo 

nella forma e non nel contenuto. 

infatti ormai da qualche anno, la legge ci obbliga 

alla comunicazione preventiva in materia di 

avviamento al lavoro: un provvedimento che 

ha evitato quelle situazioni borderline in fase di 

stipula del contratto che si evidenziavano in passato 

e che i consulenti del lavoro hanno sempre 

battezzato come meritorio poiché orientato alla 

legalità. l’esatto contrario di quello recentissimo 

in tema di dimissioni del lavoratore ma quella è 

un’altra storia: storia, appunto che confidiamo 

non si tramuti anch’essa in epopea. 

Paola Natoli 

14_15

ATTUAL*mente 

TASSO O NON TASSO? 

qUESTO È IL pROBLEMA 

un primo approccio alla materia della tassazione ai fini irPeF delle 

somme percepite a titolo di risarcimento del danno deve innanzitutto 

richiamare i dettami dell’art. 6 del testo unico delle imposte 

sui redditi, il quale recita testualmente “Classificazione dei redditi. 

1. I singoli redditi sono classificati nelle seguenti categorie: a) redditi 

fondiari; b) redditi di capitale; c) redditi di lavoro dipendente; d) 

redditi di lavoro autonomo; e) redditi di impresa; f) redditi diversi. 2. 

I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di 

cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma 

assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella 

perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente 

o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli 

sostituiti o perduti. Gli interessi moratori e gli interessi per dilazione 

di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli 

da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati (...)”. 

analizzando con attenzione l’articolo sopra richiamato possiamo 

facilmente intuire che il risarcimento del danno può avere una 

duplice accezione, ossia quella riferita alla perdita di un reddito e 

quella relativa ad una invalidità permanente. 

Come direbbe il miglior croupier di Casinò “madame e monsieur 

le jeux sont faits”: basterebbe solo individuare ciò che è classificato 

come danno a seguito di perdita redditi, equiparate ai redditi 

imponibili e quindi tassabili, per evincere ciò che andrà o meno a 

tassazione... spartizione tutt’altro che agevole... 

infatti la definizione di danno deve essere dicotomizzata come 

danno emergente o lucro cessante, condizioni differenti che, appunto, 

danno vita a situazioni diametralmente opposte. 

entrando nel campo del lavoro iniziamo a riscontrare le differenze 

e le difficoltà nel provare a generare un pensiero definito e definibile 

giuridicamente. 

in primis il riferimento sarà l’articolo 51 del testo unico delle 

imposte sui redditi il quale al comma 1 recita. “Il reddito di lavoro 

dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a 

qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma 

di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Si considerano 

percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori in 

genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di 

gennaio del periodo d’imposta successivo a quello cui si riferiscono”. 

ne consegue che la problematica da risolvere coinciderà con il capire 

se l’indennità trattata sarà da tassare in maniera ordinaria, in 

quanto derivante da mero rapporto di lavoro, oppure assoggettarla 

ai sensi dell’art. 17 del testo unico delle imposte sui redditi che 

prescrive di applicare la tassazione separata a tutte le ”indennità a 

titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa, dei danni consistenti 

nella perdita di redditi relativi a più anni” o, infine, considerare 

l’importo in esame come esente da tassazione. 

Quale sarà, dunque, la condizione necessaria per poter agire nel 

modo corretto? Cosa ci dovrà far propendere per una delle soluzioni 

summenzionate rispetto ad un’altra? sicuramente, dopo queste 

premesse, il nostro punto di partenza sarà quello di fornire una definizione 

certa di ciò che sarà qualificato come ‘danno emergente’ 

e ‘lucro cessante’. 

un impulso di rilievo giunge sia dalla sentenza n. 11687 del 

05/08/2002 in cui la suprema Corte ha affermato che l’importo da 

erogare sarà da considerarsi come emolumento soggetto a tassazione, 

quindi definendolo come ‘lucro cessante’, a condizione “che 

risulti accertata la relativa fattuale destinazione a coprire un danno 

consistito nella perdita di redditi, e non un pregiudizio diverso”, sia 

dalla sentenza della Commissione tributaria regionale della lombardia, 

n° 65 del 09 aprile 2012, che ha confermato come, da un 

punto di vista fiscale, dovrà essere intesa la natura risarcitoria, con 

conseguente esclusione di tassazione (danno emergente), del solo 

rimborso riguardante la diminuzione patrimoniale effettivamente 

subita. 

sintetizzando avremo quindi importi non soggetti a tassazione 

quando le indennità percepite saranno state erogate a titolo di 

risarcimento del danno che, per loro natura, non saranno identificate 

come elementi del rapporto di lavoro, mentre avremo importi 

soggetti ad imposizione irPeF quantificazioni che, considerabili 

come lucro cessante, saranno state erogate in sostituzione di una 

perdita di reddito. 

l’analisi fin d’ora effettuata ci conduce, in maniera del tutto 

naturale, a chiederci la giusta interpretazione da assegnare ai vari 

emolumenti erogati con le diverse finalità in costanza o in fase di 

cessazione del rapporto di lavoro. 

differente sorte avrà, ad esempio, una indennità corrisposta al 

lavoratore a titolo di risarcimento danni da demansionamento, 

ovvero a seguito di danno all’immagine professionale. nel primo 

caso, la violazione dell’art. 2103 comporterà, in capo al datore di 

lavoro, l’obbligo di corrispondere una somma al lavoratore che 

dovrà essere qualificata come perdita di reddito e, quindi, tassabile 

ai sensi dell’art. 6, comma 2, dPr 917/86. 

diversamente un risarcimento danno erogato a fronte di una lesione 

dell’immagine professionale, causato da dequalificazione professionale, 

determinerà una mera funzione risarcitoria di un danno 

emergente; tale importo, quindi, non subirà alcuna tassazione. 

spostandoci verso altri lidi, possiamo notare come anche le 

indennità per ferie non godute seguono un processo quanto mai 

singolare. innanzitutto tale istituto è da sempre protetto da ogni 

tentativo di manomissione dall’art. 36 della Costituzione che, oltre 

a enunciare come tale diritto sia irrinunciabile, conferma la sua 

funzione di far recuperare l’equilibrio psico-fisico al lavoratore.

all’interno di questo contesto normativo una parte della giurisprudenza 

afferma che, quale concetto cardine, le ferie non potrebbero 

essere retribuite, se non a fronte di eventi eccezionali, ossia quando 

lo richieda un altro interesse costituzionalmente garantito. in 

tale situazione, seguendone l’orientamento, il lavoratore verrebbe 

privato di un benessere che, qualificabile come danno, non potrà 

che essere un danno emergente e quindi non assoggettabile a 

tassazione irPeF. diversamente vi sono state pronunce che hanno 

invece qualificato l’indennità per ferie non godute assoggettabili 

all’irPeF poiché qualificabile come compenso percepito, dal lavoratore, 

in dipendenza del rapporto di lavoro. 

sicuramente la complessità nella qualificazione della tassabilità o 

meno di un emolumento si complica ulteriormente se si analizza il 

risarcimento del danno nell’ambito di licenziamento illegittimo. 

limitandosi a leggere l’art. 17 del d.P.r. 917/86 saremo pacificamente 

d’accordo nel considerare il trattamento di fine rapporto 

e tutte le altre indennità come l’indennità di preavviso, l’obbligo 

di non concorrenza o le transazioni relative alla risoluzione del 

rapporto di lavoro, alla stregua di somme soggette a tassazione. 

se la totalità delle indennità sopra elencate concorrono a formare 

reddito tassabile, uno scoglio lo si incontrerà quando bisognerà 

qualificare la tipologia di risarcimento, in caso di controversia, 

che sarà erogata al lavoratore. infatti specifica indennità potrà 

acquisire le sembianze sia di puro risarcimento danno, ovvero di 

integrazione per una perdita di redditi. se il nostro intento sarà 

quello di erogare un emolumento al fine di non renderlo tassato, 

allora dovremo riuscire a dimostrare che tale erogazione non trova 

la sua causa nel rapporto di lavoro. sebbene possiamo reperire una 

serie di orientamenti giurisprudenziali i quali qualificano tali som- 

16_17 

me come risarcimento del danno subito a causa di un ingiusto ed 

illegittimo licenziamento, non costituendo, così, reddito imponibile, 

ci troviamo nuovamente di fronte ad un bivio interpretativo, nel 

quale scorgiamo sentenze che, in caso di licenziamento ingiustificato 

e successivo risarcimento, qualificano il danno come lucro 

cessante. 

di una indennità v’è certezza, ossia dell’incentivo all’esodo. È 

indiscutibile, così come viene constatato anche dalla Fondazione 

studi dei Consulenti del lavoro che, nel parere 20/2012, definendo 

l’incentivo all’esodo “una somma aggiuntiva, rispetto alle normali 

competenze spettanti, offerta al dipendente che accetta di risolvere 

anticipatamente il rapporto di lavoro, a titolo di corrispettivo per 

esodo volontario”, accertano, dunque, la tassazione con l’aliquota 

irPeF del tFr, così come disciplinato dall’art. 19, comma 2 del 

testo unico delle imposte sui redditi. 

il parere della Fondazione studi acquisiva già fondamento nella 

sentenza n. 16125 del 18 agosto 2004, nella quale veniva ribadito 

che “la somma corrisposta dal datore di lavoro a titolo di incentivo 

alle dimissioni, in aggiunta alle spettanze di fine rapporto, trova 

giustificazione nell’ambito del rapporto lavorativo e della sua 

risoluzione consensuale e non presenta i requisiti dell’erogazione 

liberale eccezionale e non ricorrente a favore della generalità dei 

dipendenti”. 

sarà di soccorso l’eccesso di zelo nel cercare soluzioni perfettibili 

ai molteplici casi che si manifesteranno dinnanzi a noi ovvero dovremmo 

fornire un’interpretazione a volte più generale, ma che ci 

tuteli maggiormente tassando qualsiasi somma che vorrà frapporsi 

dinanzi al nostro cammino? 

Roberto Pizziconi

ATTUAL*mente 

SRL AD UN EURO 

(E gENITORI ABBIENTI) 

Il 29 agosto 2012 potrebbe essere una data da tramandare ai 

posteri. 

L’edificante storia comincia a gennaio 2012 con un decreto 

convertito poi a marzo. Molti, in questi mesi, hanno vagheggiato, 

teorizzato e anche ipotizzato che non se ne sarebbe 

fatto nulla. 

Invece eccola qui la “Srls”: dal 29 agosto è possibile costituire 

una nuova società a responsabilità limitata semplificata. 

L’opportunità è stata data esclusivamente alle persone fisiche 

con meno di 35 anni e quindi non è aperta ad altri soggetti o 

società. Qualora un socio superi l’età fissata dovrà uscire dalla 

società oppure trasformarla. Le quote sociali non possono 

essere cedute a persone giuridiche o a persone fisiche con 

più di 35 anni. Per questi ultimi è prevista l’eventualità della 

Srl a capitale ridotto. Le nuove società, il cui capitale sociale 

può essere anche di un solo euro, ma non più di diecimila, 

devono essere costituite con atto notarile il cui modello standard 

dell’atto costitutivo e dello statuto sono stati predisposti 

dal Ministero. 

L’emanazione del DM della Giustizia n. 138 del 23 giugno 

2012, pubblicato sulla G.U. n. 189 del 14 agosto 2012, era 

assolutamente indispensabile in quanto le modifiche apportate 

al codice civile dalla Legge 27/2012, che ha dettato 

il nuovo articolo 2463 bis, richiedevano necessariamente la 

formulazione con uno specifico decreto ministeriale di un 

atto costitutivo standard. Testualmente: “l’atto costitutivo 

deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello 

standard tipizzato con decreto”. Peccato che l’atto costitutivo 

standard sia estremamente scarno, una paginetta con solo i 

dati anagrafici e qualche elemento essenziale contro almeno 

dieci pagine della tradizionale Srl. È ovvio che non abbia 

tenuto conto di una moltitudine di variabili. 

Ecco quindi il vincolo all’adozione dell’atto coincidente con 

quello formulato dal Ministero della Giustizia. 

L’atto costitutivo non può essere in alcun modo variato 

rispetto a quello standard, ciò comporta l’assenza quasi 

totale di assistenza professionale durante la fase costitutiva. Il 

vantaggio sta nella riduzione dei costi di costituzione e nelle 

notevoli semplificazioni previste per la srls beneficia rispetto 

alla normale srl. 

Fondamentale per decretarne la convenienza è l’azzeramen- 

to delle spese notarili. In effetti il costo per la costituzione 

della Srls è di 368,00 euro, di cui 168,00 euro per imposta di 

registro e 200,00 euro di diritto annuale camerale, ai quali si 

deve aggiungere il costo della tassa annuale per la vidimazione 

libri sociali, 309,87 euro per l’anno in corso. 

Con un solo euro di capitale, accedere ad un finanziamento 

bancario diventerà un percorso ad ostacoli pressoché insormontabili. 

Quindi la carta del successo o del fallimento di 

questa iniziativa è nelle mani del sistema bancario: staremo 

a vedere se gli istituti di credito coglieranno lo spirito della 

norma e sosterranno le iniziative imprenditoriali scaturenti 

dagli under 35enni, soci delle nuove Srls, assumendosi il 

rischio di garantire loro l’erogazione dell’ossigeno indispensabile 

per l’avvio delle attività. 

In effetti versare un euro o cinquemila non cambia il corso 

delle cose, ma è determinante che il sistema bancario passi 

al vaglio il progetto d’impresa proposto da questi nuovi 

imprenditori e non si impunti nel richiedere garanzie che 

non possono certamente essere supportate dall’inesistente 

capitale sociale. 

Alcune banche da tempo hanno varato piani di sostegno a 

favore dell’imprenditoria giovanile. Per esempio: l’Unicredit 

ha stanziato 35 miliardi di euro in tre anni, la Banca delle 

Marche 110 milioni per l’operazione “youstartup” dedicata 

proprio agli under 35: come denominatore comune, purtroppo, 

la mancata rinuncia alle garanzie fornite dagli stessi 

soggetti o, più solitamente, dai loro genitori. 

Un ruolo altrettanto decisivo potrà essere svolto dai Confidi, 

consorzi di garanzia che, sparsi su tutto il territorio nazionale, 

hanno il compito di sviluppare la diffusione del credito, 

riducendone il costo. 

Tornando però all’atto costitutivo standard non modificabile, 

pena la perdita dei vantaggi connessi alla Srls, è indubbio che 

lo stesso comporta una serie di limitazioni dovute al modello 

imposto quali: 

• l’impossibilità di attribuire particolari diritti ai soci; 

• l’impossibilità di concordare clausole inerenti il passaggio 

delle quote societarie (relazione, clausole di gradimento, 

trasferimento per atto tra vivi, destinazione delle quote agli 

eredi, ecc.); 

• l’impossibilità di prevedere cause di esclusione del socio;

• l’impossibilità di pattuire particolari condizione di recesso; 

• l’impossibilità di prevedere termini di approvazione del 

bilancio diversi da quelli legali; 

• l’impossibilità di garantirsi le modalità di gestione e nomina 

dei componenti del CdA con forme diverse da quelle 

standard, quorum assembleari diversi da quelli prescritti, 

attribuzioni ai soci di poteri decisionali particolari, ecc.; 

• l’impossibilità di disporre la gestione della società con i soli 

limiti imposti dal modulo ministeriale; 

• l’impossibilità di scegliere di tenere i CdA e le assemblee in 

teleconferenza. 

Se alla fine del percorso si è comunque deciso di costituire la 

Srls spendendo poco più di 600,00 euro e neppure uno per il 

notaio, si dovrà immediatamente metter mano al portafogli 

per pagare i locali, gli arredi, le attrezzature, le merci e i servizi. 

Insomma un aiuto striminzito che forse non sarà sufficiente 

per stimolare l’imprenditoria giovanile, né per far decollare la 

crescita e ancor meno per accrescere l’occupazione. 

Senza particolare animosità si rileva, tuttavia, che lo spirito 

18_19 

della srl a capitale zero è quanto mai poco etico, va contro i 

principi dettati dalla Basilea I e II, che promuovono la patrimonializzazione 

delle imprese, fa pensare che sia contro il 

mercato, perché invoglia ad utilizzare il patrimonio altrui e 

a costituire una srl solo per tutelare il proprio patrimonio a 

scapito dei terzi. In sintesi questa norma: scoraggia la citata 

patrimonializzazione, declassa l’imprenditoria e stimola un 

utilizzo improprio della Srl. 

Forse di questo istituto non c’era tutta questa impellente necessità. 

Non sarà un’altra sognante teorizzazione dei “tecnici” 

che, all’atto pratico, morirà all’alba? 

Staremo a vedere quante nuove imprese genuine sorgeranno 

attirate dall’unica sirena realmente invitante ossia dal risparmio 

effettivo di circa 1.000/1.500 euro di soppressi onorari 

notarili. 

Un’ultima rilevazione da condividere con i colleghi: perché 

limitare a 35 anni questa “strana” opportunità? In fin dei 

conti non c’è proprio nessun motivo. 

Luigino Zanella

ATTUAL*mente 

LA CONCILIAZIONE 

DELLE CONTROvERSIE 

in mateRia di PuBBLico imPieGo 

a cura della dott.ssa Paola Malanetto 

e del dott. Alessandro Napoli 

Dott.ssa 

Paola Malanetto 

Magistrato 

amministrativo, 

già Giudice del 

lavoro presso il 

Tribunale di Torino. 

Dott. 

Alessandro Napoli 

Magistrato della 

Corte dei Conti, 

già Consulente del 

Lavoro ed Avvocato 

in Torino. 

la fattispecie oggetto di breve 

esame nella presente nota trae 

spunto dalla sentenza della 

Corte dei Conti – sezione giurisdizionale 

per la valle d’aosta n. 

6 del 30 maggio 2012, a seguito 

di un contenzioso lavoristico in 

materia di rapporto di impiego 

alle dipendenze delle Pubbliche 

amministrazioni. 

il giudice contabile valdostano 

ha delibato una particolare 

controversia relativa al 

riconoscimento di un superiore 

inquadramento in favore di un 

dipendente pubblico in sede di 

conciliazione di una vertenza di 

lavoro. 

È necessario un succinto riepilogo 

in punto di fatto, al fine di 

cogliere alcuni specifici profili. 

un dipendente di ente strumentale 

della regione ed il relativo 

datore di lavoro pubblico 

transigono dinanzi al collegio di 

conciliazione una controversia 

relativa all’inquadramento del 

dipendente medesimo, cui veniva 

riconosciuta una posizione 

più favorevole rispetto a quella 

rivestita fino a quel momento. 

effettuati alcuni accertamenti, 

la direzione regionale del lavoro 

della valle d’aosta appura 

che l’inquadramento è stato 

riconosciuto contra legem e, 

dunque, in ossequio all’obbligo 

La responsabilità amministrativa dei membri 

della commissione di conciliazione nel caso di 

inquadramento contra legem. 

(Corte di Appello – Sezione Lavoro di Torino, sentenza n. 1456/2012; Corte dei Conti – Sezione 

giurisdizionale per la Valle d’Aosta, sentenza n. 6/2012). 

di denuncia trasmette la notizia 

di danno erariale alla Procura 

regionale della Corte dei Conti 

per violazione dell’art. 97 Cost. 

a questo punto, l’organo amministrativo 

dell’ente regionale 

– confortato da parere legale 

– provvede ad annullare in autotutela 

la delibera con cui era 

stata data attuazione al verbale 

di conciliazione, ripristinando la 

situazione pregressa ed attivandosi 

per il recupero dell’indebito 

nei confronti del dipendente. 

il lavoratore ricorre dinanzi al 

tribunale del lavoro di aosta, 

che accoglie la domanda attorea, 

con sentenza n. 107/2010, 

poi confermata dalla Corte di 

appello – sezione lavoro di torino 

con sentenza n. 1456/2012. 

il giudice del lavoro di secondo 

grado osserva, infatti, che in 

tema di rapporto di lavoro 

privatizzato, gli atti e procedimenti 

posti in essere dall’amministrazione 

ai fini della gestione 

dei rapporti di lavoro subordinati 

devono essere valutati 

secondo gli stessi parametri che 

si utilizzano per i privati datori 

di lavoro, secondo una precisa 

scelta legislativa (nel senso 

dell’adozione di moduli privatistici 

dell’azione amministrativa) 

che la Corte costituzionale ha 

ritenuto conforme al principio 

di buon andamento dell’amministrazione 

di cui all’art. 97 

Cost. (sentenze nn. 275 del 

2001 e 11 del 2002). 

ne consegue che, esclusa la 

presenza di procedimenti e atti 

amministrativi, non possono 

trovare applicazione i principi 

e le regole proprie di questi; 

al contrario, il potere amministrativo 

autoritativo si trasforma 

in potere privato che si 

esercita mediante atti di natura 

negoziale, versandosi fuori delle 

materie di cui ai numeri da 1 

a 7 dell’art. 2, comma 1, lett. 

c), della legge n. 421 del 1992, 

conservate al diritto pubblico 

in forza dell’art. 68, comma 

1, del d.lgs. n. 29 del 1993 (ed 

ora dell’art. 69, comma 1, del 

d.lgs. n. 165 del 2001) (Cass., 

n.2374/2008). 

in tema di lavoro pubblico 

privatizzato, nel cui ambito gli 

atti di gestione del rapporto 

di lavoro sono adottati con i 

poteri e le capacità del privato 

datore di lavoro, l’atto con cui 

l’amministrazione revochi un 

incarico equivale alla condotta 

del contraente che non osservi 

il contratto stipulato ritenendolo 

inefficace perché affetto 

da nullità, trattandosi di un 

comportamento con cui si fa 

valere l’assenza di un vincolo

contrattuale, e non potendo 

darsi esercizio del potere di 

autotutela in capo all’amministrazione 

datrice di lavoro 

(Cass., n.8328/2010). 

la Corte d’appello di torino 

sottolinea, a questo punto, che 

la pretesa dell’amministrazione 

di procedere in via autoritativa 

e del tutto unilaterale all’annullamento, 

peraltro ex tunc, 

dei verbali di conciliazione sottoscritti 

secondo le procedure 

e le garanzie di cui all’art. 410 

c.p.c., confligge inesorabilmente 

contro tali principi, che discendono 

dalla attuale disciplina 

dei rapporti di lavoro con le 

amministrazioni pubbliche. 

la transazione stipulata tra i 

dipendenti dell’ente regionale 

e i rappresentanti dell’amministrazione 

medesima, conclude 

la Corte d’appello di torino, 

non può – dunque - essere 

posta nel nulla attraverso una 

determinazione di parte, posto 

che la P.a. è titolare di una 

capacità negoziale del tutto 

paritaria rispetto a quella dei 

suoi dipendenti. 

suo onere sarebbe stato 

semmai quello di impugnare 

detti verbali avanti all’autorità 

giudiziaria, che comunque ben 

si sarebbe dovuta interrogare 

a proposito della possibilità 

di procedere all’annullamento 

di una transazione conclusa 

ai sensi dell’art. 66 d.lgs. 

n.125/2001, per dedotta 

violazione di diritto, ossia per 

un errore rispetto all’applicabilità 

alla fattispecie di norme 

che, viceversa, si assumono non 

invocabili. 

Con atto di citazione, la Procura 

regionale della Corte dei Conti 

contesta, per colpa grave, ai 

componenti del collegio di 

conciliazione ed agli amministratori 

dell’ente regionale un 

danno erariale pari alle differenze 

retributive indebitamente 

corrisposte al dipendente per 

l’illegittimo superiore inquadramento, 

oltre a rivalutazione 

monetaria, interessi legali e 

spese di giudizio. 

la sezione giurisdizionale 

della Corte dei Conti, preso atto 

dell’illegittimità dell’inquadramento 

nonché dell’attualità del 

danno a fronte dell’avvenuto 

esborso da parte del datore 

di lavoro pubblico (cfr.: Corte 

Conti, sezione abruzzo, n. 438 

del 20 dicembre 2011, sezione 

emilia romagna, n. 1296 del 20 

luglio 2010), ritiene sussistente 

la responsabilità amministrativa 

per danno erariale. l’illegit- 

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20_21 

timità del provvedimento di 

autotutela della parte pubblica 

non elide, infatti, il pregiudizio 

patrimoniale in capo all’amministrazione 

derivante dall’illegittimo 

inquadramento del 

dipendente. 

in conclusione, appare prospettabile 

– sotto il profilo strettamente 

giuridico – la sussistenza 

del c.d. rapporto di servizio tra 

i membri della commissione 

di conciliazione e l’amministrazione 

pubblica, attesa la 

funzione pubblicistica espletata 

e l’incardinamento nel modulo 

procedimentale amministrativo 

prodromico all’esercizio dell’azione 

giudiziaria: ne consegue 

il possibile assoggettamento 

dei suddetti componenti alla 

giurisdizione della Corte dei 

Conti per danno erariale. 

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SENTENZE in Bianco 

NEvRALgIE D’ARTICOLO 18 

Chiunque voglia accostarsi alla nuova disciplina dei licenziamenti con l’approccio 

tecnico dell’operatore di settore farà bene a munirsi di tempo e pazienza. 

Sarà poi certamente avvantaggiato inoltre, chi risulterà stato equipaggiato 

da Madre Natura di nervi saldi e buona capacità di immaginazione. 

Perché la nuova disciplina 

– certamente delicatissima 

da tracciare per gli interessi 

in gioco, il valore simbolico 

dell’art. 18 st. lav. e la situazione 

economico sociale che il 

paese sta vivendo – è indubbiamente 

molto più complessa 

della precedente e si dispiega 

in una serie articolata di ipotesi 

diverse non così facilmente 

individuabili nella realtà del 

caso concreto. Come infatti 

spesso accade, e non soltanto 

nel diritto, quando si imbocca 

la strada dei distinguo si rischia 

di perdere di vista la visione 

d’insieme e di tradire alla fine 

dei conti l’intento originario, 

che è sempre quello, certamente 

encomiabile, di introdurre nel 

sistema una maggiore equità. 

la nuova tutela in materia di 

licenziamenti, almeno ad una 

prima lettura ed in attesa di 

vederne la sua effettiva applicazione 

nelle aule di tribunale, 

non si sottrae affatto da questo 

rischio: la complessa casistica 

ivi prevista, al di là dell’ovvia 

considerazione per cui scontenta 

tutti e non accontenta 

nessuno (e come poteva essere 

diversamente!) se da un lato 

chiarisce delle questioni dubbie 

dall’altro lato introduce nuovi 

e forse più inquietanti punti 

oscuri. 

ragioni di spazio e di buon 

senso impediscono di illustrare 

nel dettaglio in questa sede la 

disciplina dei nuovi licenziamenti: 

mi propongo pertanto di 

attirare l’attenzione del lettore 

su alcuni di quelli che ritengo 

essere punti nevralgici della 

riforma. 

in primo luogo va certamente 

salutato con favore l’intento 

del legislatore di contenere gli 

effetti deleteri (sia sul lavoratore 

che sul datore di lavoro) 

del decorso del tempo che 

intercorre tra il licenziamento 

e la conclusione della causa 

di impugnazione: le misure 

in tal senso predisposte dalla 

riforma consistono sostanzialmente 

nell’avere abbreviato 

i termini per l’impugnazione 

del licenziamento davanti al 

giudice (da 270 a 180 giorni 

dall’impugnazione stragiudiziale, 

da effettuarsi, quest’ultima, 

sempre entro 60 giorni dal 

licenziamento) e nell’avere previsto 

una sorta di “linea ad alta 

velocità” per le cause in materia 

di licenziamento. 

Per contro è stata introdotta 

una lunga e farraginosa procedura 

amministrativa (obbligatoria) 

antecedente il licenziamento 

per giustificato motivo 

oggettivo (il cd. “licenziamento 

per motivi economici” secondo 

la nuova disciplina): comunicazione 

preventiva alla dPl ed al 

lavoratore, convocazione della 

commissione di conciliazione 

entro 7 giorni dalla comunicazione, 

tentativo di conciliazione 

che, se fallito, consente al 

datore di lavoro di procedere 

all’intimazione del licenziamento. 

la mancata osservanza degli 

obblighi relativi all’esperimento 

del preventivo tentativo di 

conciliazione è sanzionata dal 

pagamento di un’indennità 

omnicomprensiva compresa tra 

le 6 e le 12 mensilità dell’ultima 

retribuzione globale di fatto 

(e sempre che il lavoratore 

non invochi anche un vizio 

di sostanza: in tal caso, se la 

domanda risulterà fondata, il 

giudice applicherà la relativa 

disciplina sanzionatoria). 

È importante notare che è 

prevista una “partecipazione 

attiva” della commissione di 

conciliazione con conseguente 

formulazione di una proposta 

conciliativa avanzata dalla 

commissione stessa e messa a 

verbale. il contenuto del verbale 

è uno degli elementi principali 

che il giudice terrà in conto 

valutando il comportamento 

complessivo delle parti ai fini di 

graduare l’eventuale indennità 

risarcitoria. Questo”passaggio” 

preventivo pertanto, assume 

un’inaspettata e forse inopportuna 

rilevanza nell’economia 

complessiva della vertenza: non 

è una semplice formalità ma 

neppure un’analisi approfondita 

delle ragioni delle parti (non 

è prevista un’istruttoria né vi 

sono oneri probatori): a differenza 

della proposta conciliati- 

Si ricorda che l’Avvocato Daniela Bianco, 

specializzata in materia 

di lavoro, è presente presso la Sede dell’Ordine 

nel pomeriggio 

del martedì – dalle ore 15,00 alle ore 17,00 – a 

disposizione di Colleghi che possono rivolgere 

quesiti o istanze sia in via telefonica 

che attraverso posta elettronica.

va che può formulare il giudice 

in prima udienza, dopo avere 

conosciuto tutte le domande, 

le eccezioni, le allegazioni e le 

deduzioni istruttorie delle parti 

(che peraltro hanno cristallizzato 

il thema decidendum, 

non potendo aggiungere nulla 

rispetto a quanto prospettato 

negli atti introduttivi del giudizio), 

la proposta di conciliazione 

formulata in dpl è effettuata 

“al buio”. Ciononostante, può 

avere un peso determinante e 

non da poco, visto che l’indennità 

risarcitoria può oscillare, 

in alcuni casi, tra le 12 e le 24 

mensilità. 

un’altra questione di estremo 

interesse riguarda l’aliunde 

percipiendum. il giudice che, al 

termine di una vertenza avente 

ad oggetto l’illegittimità di un 

licenziamento per giusta causa 

o giustificato motivo soggettivo, 

dichiara l’insussistenza del 

fatto contestato al lavoratore 

o la violazione delle norme 

del contratto collettivo sulla 

tipizzazione del licenziamento, 

reintegrerà il lavoratore nel 

posto di lavoro e condannerà 

il datore al pagamento di 

un’indennità risarcitoria pari 

alla retribuzione perduta dal 

giorno del licenziamento fino a 

quello dell’effettiva reintegrazione, 

con un tetto massimo di 

12 mensilità. da tale indennità 

è da detrarsi quanto il lavoratore 

ha percepito nel periodo 

per altre prestazioni lavorative 

(c.d. aliunde perceptum). Fino a 

qui nulla di nuovo: il principio, 

consolidatosi ed universalmente 

riconosciuto dalla giurisprudenza 

è stato correttamente 

recepito dal legislatore. Ma la 

norma prosegue prevedendo 

altresì che sia da dedursi 

“quanto il lavoratore avrebbe 

potuto percepire dedicandosi 

con diligenza alla ricerca di 

una nuova occupazione” (c.d. 

aliunde percipiendum). lo 

stesso trattamento è previsto 

per il licenziamento per motivi 

economici laddove il giudice 

accerti la “manifesta infondatezza” 

del fatto posto a base del 

motivo economico o il mancato 

esaurimento del periodo di 

comporto. se invece il licenziamento 

è discriminatorio o orale 

si detrarrà soltanto l’aliunde 

perceptum e non l’aliunde 

percipiendum. 

Corre l’obbilgo di formulare 

qualche considerazione 

sull’aliunde percipiendum. si 

riesce difficilmente ad immaginare: 

a) come si possa valutare 

la diligenza del lavoratore 

nella ricerca di altra occupazione, 

soprattutto nell’attuale 

momento storico, caratterizzato 

da tassi di disoccupazione mai 

visti prima; b) come si possa 

quantificare quest’importo, che 

nasce da occasioni di lavoro 

perdute perché non cercate; c) 

come possa il datore di lavoro 

offrire la prova dell’aliunde 

percipiendum, posto che su di 

esso gravi l’onere probatorio; d) 

come faccia il giudice a statuire 

su un elemento di fatto non 

quantificabile e non dimostrabile; 

e) quale sia la ratio 

che spinge il legislatore a non 

considerare l’aliunde percipiendum 

nel licenziamento orale o 

discriminatorio. 

Ora, delle due l’una: o il legislatore 

integrerà la normativa 

dando dei riferimenti chiari 

sull’aliunde percepiendum, 

oppure, com’è ragionevole 

supporre, questo resterà 

lettera morta, clausola di stile, 

affermazione folcloristica ma 

sostanzialmente inutile. 

Per concludere questi pochi 

rilievi, scelti tra le tante questioni 

sollevate dalla riforma, 

mi soffermo brevemente sul già 

richiamato concetto di “manifesta 

infondatezza” delle ragioni 

economiche poste alla base del 

licenziamento. semplificando 

enormemente – e con i limiti di 

tale operazione – possiamo dire 

che la vera portata innovativa 

della riforma dell’articolo 18 

st. lav. è rappresentata dal 

licenziamento per ragioni economiche 

(ex giustificato motivo 

oggettivo), la cui illegittimità si 

trasforma, per il datore di lavoro, 

in una questione puramente 

risarcitoria, essendo stata eliminata 

la stabilità del rapporto 

di lavoro. il datore di lavoro, 

infatti, se il motivo economico 

risulta infondato, pagherà 

al lavoratore dalle 12 alle 24 

mensilità esenti da contribuzione 

previdenziale. ante riforma 

avrebbe dovuto reintegrare il 

lavoratore, pagargli tutte le 

mensilità dal licenziamento con 

la relativa contribuzione. 

se il giudice rileva la manifesta 

infondatezza della ragione 

economica la condanna sarà 

ben più vicina al vecchio testo 

dell’art. 18: reintegra del lavoratore, 

risarcimento del danno 

pari alle mensilità perdute 

per un massimo di 12 mesi 

(deducendo aliunde perceptum 

e percipiendum). 

È evidente che definire la manifesta 

infondatezza non è cosa 

di questo mondo terreno: il 

campo è quello della discrezionalità 

e del libero convincimento. 

sarà pertanto (ancora una 

volta) demandata al giudice, 

depositario di questi strumenti, 

l’applicazione della riforma e 

la definizione della sua portata 

concreta. 

Daniela Bianco 

Avvocato 

22_23

Massa 

Pisa 

Livorno 

NONO: non desideRaRe iL consiGLio d’aLtRi 

Lucca 

Pistoia 

Prato 

Grosseto 

Firenze 

Siena 

Arezzo 

“BUON gOvERNO”... E NON SOLO IN qUEL DI SIENA ... 

Buongiorno a tutti, cari colleghi torinesi... in primo luogo 

vi ringrazio per la preziosa ospitalità sulla Vostra splendida 

rivista. 

Chi vi scrive lo fa dal centro della penisola, esattamente da 

quella città senza eguali che risponde al nome di Siena, situata 

nel cuore della Toscana. 

E per quanto riguarda la nostra, seppur piccola, provincia, 

l’Ordine dei Consulenti del Lavoro si riuniva per la prima 

volta nel remoto 30 agosto 1965 e, ad oggi, conta 96 consulenti, 

dei quali il 56% sono l’espressione di quella metà 

del cielo che non dovrebbe necessitare d’essere mortificata 

ricorrendo a quote rosa. 

Attualmente il Consiglio dell’Ordine è composto da 8 

membri orientati a seguire da vicino con dinamismo e 

meticolosità le innumerevoli modifiche legislative, prestando 

particolare attenzione alla formazione nonché all’aggiornamento 

professionale mediante l’organizzazione di convegni 

ed incontri incentrati sulle principali novità normative come 

dimostra la costituzione delle Commissioni di Conciliazione 

e Certificazione, sicuramente una delle ‘nuove frontiere’ della 

categoria. 

Inoltre, negli ultimi tempi, si sta perseguendo l’obiettivo di 

collaborare attivamente con la locale Università degli Studi, 

nel tentativo di far avvicinare i giovani studenti al mondo 

della nostra professione. 

Ritengo infatti che, grazie al confronto con le varie Istituzioni 

in aggiunta a dialoghi intrapresi con i vari enti previdenziali 

ed assistenziali, la figura del consulente del lavoro è oggi 

maggiormente conosciuta nella nostra provincia nell’ambito 

della gestione delle problematiche relative alle crisi aziendali 

e, più in generale, divulgata capillarmente nella realtà 

economico-sociale. 

È per queste ragioni che, trascorse le vacanze estive dispensatrici 

(a chi più e a chi meno!) di un senz’altro inadeguato 

quanto meritato riposo, adesso dobbiamo essere preparati e 

grintosi per affrontare il nuovo autunno, sicuramente foriero 

di variazioni ed aggiornamenti seppur da metabolizzare 

contestualmente agli equilibri instabili della recessione. 

Cavalcando l’onda delle ’Sette Sorelle’ 

piemontesi, con annessa ’Sorellastra’ 

valligiana appellata garbatamente 

’Cenerentola’, inauguriamo la campagna 

d’Italia ospitando CPO sparsi: due pagine 

e circa 8000 battute in libertà senza 

condizionamenti. 

Esordiamo con Siena: un enorme grazie a 

Paolo Stufetti, presidente dell’Ordine locale, 

per aver condiviso l’idea e alla figlia 

Francesca, per aver materialmente 

afferrato per la coda uno dei tanti pensieri 

che affollano le congiure di redazione 

impedendole di trasformarsi 

in reminescenza astratta. Per il futuro, 

siccome da queste parti siamo da sempre 

schierati contro la repressione, anche altri 

CPO che intendono venire in trasferta 

a Torino intervenendo sulla rivista, non 

necessitano della tessera del tifoso... 

pROvINCIA 

DI SIENA 

Francesca stufetti – consulente del Lavoro in siena 

E pensando e ripensando allo spazio concesso ho ritenuto 

che non era possibile trovare quel minimo di coraggio ed 

incoscienza necessario per svolgere questa professione solo 

guardandosi intorno: certamente non si possono ricercare 

degli spunti o battezzare quali illuminanti le ispirazioni ricavate 

dalla realtà quotidiana economica, politica e sociale. 

Dunque ho deciso lasciar al loro destino gli argomenti gonfi 

di tecnicismo che abitualmente ci avvolgono per lavoro e 

necessità, ritmati da riforme, controriforme, emendamenti, 

circolari applicative, circolari interpretative, per le quali, in 

certe occasioni, ci sembra davvero di perder sonno e senno. 

Eppure tutte queste leggi, decreti e circolari dovrebbero 

servire a oliare meccanismi finalizzati al miglior funzionamento 

della macchina legislativa, almeno dal punto di vista 

giuslavoristico! 

Vorrei invece solleticare la vostra attenzione sul patrimonio 

artistico della nostra provincia, che va ben oltre la notoria 

spettacolarità del centro storico, dal 1995 dichiarato patrimonio 

dell’umanità dall’Unesco e sulla splendida corriera 

del Palio, fedele rappresentanza della vita stessa del popolo 

senese ed espressione di un territorio cittadino suddiviso in 

diciassette contrade, all’interno dei quali si realizza quello 

che è un vero e proprio “piccolo Stato”, con a capo il priore, 

coadiuvato, nella manifestazione paliesca, dal capitano. 

La vita della città risulta scandita, durante tutto l’arco 

dell’anno, dalle feste e dalla vita contradaiola e, forse, sarà 

per questa struttura territoriale, ancora profondamente radicata 

e legata alle tradizioni medioevali, che Siena rappresenta 

una delle città più caratteristiche di tutto il paese, il cui fascino 

si può solo comprendere venendo a respirare di persona 

vicoli ed anfratti. 

Tuttavia, quello di cui vorrei parlarvi è una delle opere, a 

mio avviso, più spettacolari e contemporanee che l’abile 

mente di un artista illuminato abbia mai realizzato, proprio 

nella nostra città e dalla quale forse potremo attingere, se 

non altro, spunti di coraggio e ispirazione per proseguire nel 

nostro lavoro. 

Mi riferisco all’Allegoria del Buon Governo di Ambrogio 

Lorenzetti, raffigurata all’interno della “Sala dei Nove”, detta

altrimenti anche “Sala della Pace” del Palazzo Comunale di 

Siena, nella fiabesca cornice di Piazza del Campo. 

La storia e l’analisi di questo dipinto mi hanno affascinata sin 

da quando, durante gli studi universitari, un professore di 

diritto amministrativo iniziò il suo corso di lezioni spiegandoci 

proprio questa spettacolare rappresentazione. 

E mai, come in questa fase storica tortuosa, tale rievocazione 

si riveste d’una attualità appropriata e disarmante. 

La realizzazione del Lorenzetti risale infatti ai ‘recentissimi’ 

anni 1338-1339... ebbene sì perché sembra proprio che, 

di tutto quello che si trova illustrato nel dipinto, la cultura 

contemporanea ne abbia totalmente smarrito le radici ed è 

incredibile pensare come, già in quell’epoca, qualcuno fosse 

in grado di definire e raffigurare precisamente e con una 

forza evocativa di rara efficacia i contorni dei vizi dove si 

consuma il potere. 

L’opera stessa assume maggiore appeal se fa riferimento alla 

sua collocazione, ovvero all’interno del Palazzo Comunale, 

luogo in cui dovevano e devono essere prese decisioni fondamentali 

per la vita economico–politica della città. All’epoca 

le opere pittoriche svolgevano principalmente non tanto 

una funzione estetica bensì le prerogative degli odierni mass 

media, quindi, in sostanza rappresentavano una sorta di monito, 

un richiamo ... non che sia servito, certo... ma almeno 

ne ha costituito un lodevole tentativo! 

L’imponente affresco si compone di quattro scene che ritraggono 

il Buon Governo ed i suoi effetti benefici di armonia 

ed ordine nella città e nel “contado” contrapposti al Cattivo 

Governo con le relative storture, diretta emanazione di una 

città in rovina. 

In primo luogo nella rappresentazione troviamo la Giustizia 

che, munita di classica bilancia in mano, ha lo sguardo rivolto 

verso l’alto ovvero verso la figura alata soprastante, cioè la 

Sapientia, dalla quale si lascia ispirare. 

Dalla bilancia scendono due corde che vengono tenute in 

mano da una figura femminile, la Concordia. La corda prosegue 

per trovarsi nelle mani di 24 cittadini, che raffigurano 

la comunità senese e sono vestiti diversamente gli uni dagli 

24_25 

altri a significare le diverse estrazioni sociali. La stessa corda 

giunge poi legata al polso del personaggio centrale, ossia il 

Bene Comune simboleggiato dal Comune di Siena e dunque 

i suoi reggenti, al quale i cittadini consegnano simbolicamente 

l’amministrazione della giustizia e tale personaggio veste 

in bianco e nero (ci dispiace per la direzione editoriale della 

rivista ma non sono previsti indumenti tendenti al granata...). 

Infine, ai suoi piedi si staglia la lupa che allatta i gemelli, leggendariamente 

fondatori della città. 

Accanto a questa figura sono riprodotte le Virtù Cardinali: la 

Prudenza, la Fortezza, la Temperanza e, appunto, la Giustizia 

oltre alla Pace e alla Magnanimità. 

Ora appare davvero singolare che, diversi secoli fa, qualcuno 

si preoccupasse di inserire un opera di questo tenore all’interno 

di un Palazzo Comunale perché generasse una fonte 

imperitura d’ispirazione ai politici di allora e dei tempi che ne 

sarebbero seguiti... 

Ma cosa direbbe adesso un probabilmente frastornato Ambrogio 

Lorenzetti? 

Siamo purtroppo consapevoli come ogni commento sulla 

politica odierna sia inutile se non addirittura sterile ed insensato... 

Il mio obiettivo, quale giovane consulente del lavoro, era 

esclusivamente quello di incuriosire e stimolare voi, colleghi 

che avete avuto la pazienza di seguirmi fin qui, tentando d’individuare 

una nuova chiave di lettura alla attuale condizione 

politico sociale che, in qualità di operatori, inevitabilmente 

attivi, ci troviamo ogni giorno ad assumere nella realtà. 

Perché in un ottica di emergenza la speranza che un breve 

sguardo al passato possa rinnovare in noi quello spirito indispensabile 

per continuare ad impegnarsi per l’attuazione di 

un futuro migliore e ricco di energie positive per la categoria, 

per le aziende e per gli imprenditori che assistiamo e, quindi, 

indirettamente nel nostro piccolo, per il contesto collettivo 

in cui si dibattono le famiglie italiane, debba sempre essere 

coltivata e sostenuta. 

Vi aspettiamo a Siena! 

Francesca Stufetti

INTERvISTA senza PaRacadute 

MARCO gILLI 

RettoRe PoLitecnico di toRino 

La sala d’attesa sconta l’estate inaspettatamente inoltrata ed allora proviamo 

ad avvicinarci alla finestra: provoca sempre una leggera apprensione violare 

le finestre altrui. Scorgiamo un pulsantino colorato, una lieve pressione e 

voilà: l’anta si apre senza ansie percettibili. I muti sguardi che s’incrociano 

interrogativamente confermano che ci troviamo ospiti all’interno di una culla 

della scienza: poi c’introducono dal Rettore … 

Premesso il doveroso ringraziamento per aver accolto l’invito 

della nostra rivista, ci disegna il suo percorso professionale? 

Ho studiato ingegneria elettronica al Politecnico di torino per poi 

svolgere attività di ricerca fra torino e Berkeley in California, dove 

sono rimasto per quasi un anno. a 26 anni ero già ricercatore ma, 

nel lontano 1991, era normale: nel 1998 ho vinto il concorso per 

Professore associato e nel 2000 quello per Professore Ordinario 

di elettrotecnica, in un’epoca in cui si potevano ancora bandire i 

concorsi… 

Poi nel 2002 il salto di categoria… 

in verità la mia vita professionale proseguiva felicemente tra 

docenza e ricerca finché non mi venne chiesto da Francesco 

Profumo – attuale Ministro dell’università e della ricerca ma allora 

Preside della i facoltà di ingegneria – di ricoprire il ruolo di vice 

Preside. nel 2005 lo stesso Francesco Profumo, eletto rettore, mi 

propose di supportarlo come Pro–rettore, ruolo che ho ricoperto 

per sei anni. Quando il professor Profumo è stato nominato prima 

presidente del Cnr e poi Ministro, mi sono candidato rettore ed 

eccomi qui. 

Sempre riuscendo a conciliare lo spirito missionario dell’insegnamento? 

in realtà il rettore potrebbe farsi esentare da tutta l’attività didattica 

ma io preferisco continuare sia quella di ricerca che parte della 

didattica: lo ritengo necessario per mantenere il giusto legame con 

la realtà accademica. non desidero che il mio lavoro sia circoscritto 

solo a funzioni di policy. Proseguo dunque sia l’attività di ricerca 

che la didattica nell’ambito dei sistemi non lineari. 

Anche perché l’attuale nomina non riveste carattere papale… 

infatti. Prima c’era un meccanismo che prevedeva una carica di 

quattro anni rinnovabile per altri quattro. Ora, invece, è previsto un 

periodo secco di sei anni. alla fine dei sei anni il rettore sostituito 

non può essere rieletto: un’inversione di rotta che personalmente 

Torino, 09 ottobre 2012 

intervista a cura di 

Walter Peirone e Dina Silvana Tartaglia 

ho condiviso. una sana alternanza riveste un valore prioritario 

in una struttura dinamica come quella universitaria, ancor di più 

in una realtà così legata alla tecnologia e all’innovazione quale il 

Politecnico. 

E al termine del sessennio? 

tornerò ad insegnare e a dedicarmi alla ricerca come fanno d’abitudine 

i rettori a fine mandato. lo ha fatto il professor Zich, lo ha 

fatto anche il professor del tin. Benché la carica di rettore generi 

molta visibilità, non necessariamente deve portare a ricoprire incarichi 

non accademici... e non tutti possono diventare un Ministro 

della repubblica! Battute a parte, considero quello del ricercatore 

il mestiere più bello del mondo e se solo dieci anni fa mi avessero 

detto che sarei diventato rettore non avrei mai potuto crederci. 

sono le casualità della vita, comuni peraltro a gran parte dei miei 

predecessori. 

Qual è, allora, la giornata tipo di un Rettore? 

si tratta di un’attività molto complessa che si può svolgere efficacemente 

soltanto facendo ricorso a delle deleghe anche se, ovviamente, 

la responsabilità resta del rettore. in particolare lavoro 

a stretto contatto con il pro-rettore, laura Montanaro, che segue 

prevalentemente i rapporti accademici interni. È una scienziata 

assolutamente brillante oltreché una validissima collaboratrice 

che, credo, avete avuto modo di apprezzare ad un convegno della 

vostra categoria. nella squadra ci sono poi i vice rettori: anita 

tabacco, che è impegnata sull’attività didattica dell’ateneo, enrico 

Macii su ricerca e trasferimento tecnologico, con l’ulteriore delega 

all’internazionalizzazione, romano Borchiellini per la logistica e 

l’organizzazione e Muzio gola per la qualità. gli incontri con il 

pro-rettore sono quotidiani e almeno bisettimanali quelli con i 

vice rettori. 

E per quanto concerne i rapporti esterni? 

il Politecnico conta su una rete di relazioni istituzionali vaste e

diversificate. si rapporta con il Ministero, con le realtà locali e 

soprattutto con l’unione europea, strategica per ottenere fondi 

per la ricerca. Ci sono poi i rapporti di partnership con tutte le 

industrie più significative del settore e con le università degli 

altri Paesi. l’attività del rettore è costituita per più del 50% dalle 

relazioni esterne e per il restante dalle attività di gestione, incluso 

il personale. 

A questo proposito, perdoni la deformazione professionale, 

ma – naturalmente detto in astratto – chi licenzia il professore? 

da statuto soltanto il rettore può avviare un’azione disciplinare 

nei confronti di un membro del corpo docente e proporre al senato 

accademico i provvedimenti da comminare in caso di violazione 

del Codice etico di cui si è recentemente dotato l’ateneo. Mi preme 

tuttavia chiarire le limitazioni dell’eventuale contestazione: è pacifico 

che i docenti hanno piena libertà di insegnamento e di ricerca 

ed in merito nessuno può sindacare. sarà la comunità scientifica a 

esprimere un giudizio a riguardo. il rettore può dar corso ad azioni 

disciplinari esclusivamente nel caso di comportamenti sconvenienti. 

Segnalati anche dagli studenti? 

sì, per valutare l’efficacia didattica dei docenti, noi acquisiamo 

tramite questionario in forma anonima i loro giudizi e dalle se- 

oper@teleconsul 

26_27 

gnalazioni emerge una notevole oggettività: soprattutto possiamo 

sfatare quanto normalmente si sostiene ossia che gli insegnanti 

più severi siano giudicati negativamente. se spiegano bene sono 

valutati positivamente. 

Tornando ai rapporti esterni, non si può dire che il Politecnico 

di Torino abbia paura dello straniero… 

È così: dopo Perugia, che per mission è un ateneo per stranieri, 

siamo l’ateneo italiano con il più alto numero di studenti oltre 

frontiera che, nello specifico, incidono in misura superiore al 15% 

contro la media del 4% delle altre realtà universitarie; oltre il 50% 

dei ragazzi proviene da fuori regione. È un risultato di cui siamo 

molto soddisfatti, frutto di una politica d’internazionalizzazione 

marcata. 

E casualmente l’intervista, prevista già sullo scorso numero, è 

slittata per un suo viaggio in Cina… 

effettivamente abbiamo stretti e proficui rapporti con alcune tra 

le migliori università cinesi. grazie agli accordi di partnership gli 

studenti selezionati hanno la possibilità di studiare un anno nel 

Paese d’origine, per poi trascorrere il secondo nel Paese ospitante 

e, infine, ritornare per un terzo anno nel proprio paese. È un programma 

davvero interessante che consente una forte interazione 

anche culturale: studenti italiani potranno apprezzare e conoscere 

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INTERvISTA senza PaRacadute 

la cultura cinese e viceversa. Questo è un valore aggiunto molto 

considerato dalle aziende italiane con sedi in Cina ma anche da 

quelle cinesi che aprono filiali in italia. 

Ci tolga una curiosità: ma i nostri imparano la lingua cinese? 

Con difficoltà. devo dire invece che i cinesi imparano con facilità 

l’italiano… 

Altri rapporti consolidati oltreconfine? 

Con le medesime caratteristiche posso citarvi l’esperienza del corso 

di ingegneria dell’autoveicolo che prevede un programma congiunto 

con la Windsor university in Canada. 

Ma guarda che strano, proprio il Canada… 

il corso di ingegneria dell’autoveicolo è nato in collaborazione 

con Fiat e prevedere stage in Fiat e in Chrysler è certamente una 

grande opportunità per gli studenti. 

Ma più in generale che rapporto c’è tra lavoro e università e 

in particolar modo tra imprese e Politecnico? 

il Politecnico è un ateneo che richiede molto impegno e serietà 

negli studi ma per contro offre molto anche dal punto di vista 

dell’occupazione. attualmente, dai dati in nostro possesso, oltre 

l’80% degli studenti riesce a collocarsi sul mercato del lavoro a 

un anno dalla laurea. Purtroppo non si tratta più di lavori prevalentemente 

a tempo indeterminato anche se la percentuale di 

ingegneri che riescono ad accedere a questo tipo di contratto si 

aggira ancora attorno al 30%. sono numeri comunque confortanti 

se rapportati a quelli degli altri atenei. 

Quali sono i percorsi di sostegno volti all’inserimento dei 

neo-laureati nel mondo del lavoro adottati dal Politecnico? 

Come certamente sapete alle spalle della sede centrale c’è la Cittadella 

Politecnica che, oltre ad essere un insediamento sul territorio, 

riteniamo un modello vincente che in modo sinergico offre svariate 

opportunità di impiego. all’interno del campus infatti vi sono 

aziende che, in partenariato con noi, svolgono attività di ricerca 

ma danno anche il proprio contributo alla formazione sia con la 

docenza, sia fornendo la possibilità di preparare la tesi direttamente 

in azienda. general Motors europe, ad esempio, ha insediato il 

centro di ricerca sui motori diesel di ultima generazione nel campus, 

con circa 600 addetti e parecchi di loro sono nostri laureati: si 

può facilmente comprendere l’opportunità a tutto tondo che può 

rappresentare questo tipo di collaborazione. 

Ma esiste una sua ricetta che ritiene vincente per facilitare 

l’entrata nel mondo del lavoro? 

negli anni ho constatato che i nostri ingegneri hanno una formazione 

tecnica solidissima ma, sovente, sono carenti di cultura 

aziendale conoscendo superficialmente la finanza e l’economia. 

detto in slogan ‘ottimi tecnici ma manager perfettibili’ nel solco di 

un mestiere obbligatoriamente interdisciplinare. e oggi, che le realtà 

industriali non dispongono più dei mezzi e neppure del tempo 

per trasmettere cultura aziendale ai neo-assunti, rappresenta una 

criticità. il Politecnico sta inserendo nei propri percorsi formativi 

anche questi insegnamenti oltre a prevedere percorsi ad hoc come 

i master progettati in collaborazione con le aziende. Credo che 

un altro fattore da tenere sempre in forte considerazione sia la 

modalità di erogazione della formazione che deve necessariamen- 

te essere al passo con i tempi. il confronto con il docente resta 

fondamentale ma ormai la didattica viene erogata in larghissima 

misura attraverso le nuove tecnologie. Qualcuno dice che la comunicazione 

si trova ad un punto di svolta paragonabile a quello 

verificatosi con l’invenzione della stampa. una volta lo studente 

passava giornate intere in laboratorio, oggi esistono dei pacchetti 

software di simulazione che possono parzialmente supplirne all’uso 

e non possiamo non tenere conto. 

Entrando nella stretta attualità, e considerato il legame di 

partnership che il Politecnico ha instaurato con la FIAT, che 

sensazioni ‘cittadine’ si sente di trasmettere? 

il nostro ateneo ha rapporti consolidati con il Centro ricerche Fiat 

e devo dire che dagli incontri avuti, anche recentemente, non ho 

percepito alcun messaggio che faccia desumere la volontà dell’azienda 

di disimpegnarsi da torino, anzi, dal punto di vista squisitamente 

della ricerca l’impegno nei confronti del Politecnico sembra 

aumentare. Posso confermare che il nostro ateneo è considerato 

da Fiat un punto di riferimento per quanto riguarda il settore 

automotive. il contratto di partnership quinquennale con l’azienda 

prevede che ci vengano erogati ogni anno 2 milioni di euro 

per progettare e realizzare insieme corsi di formazione, master e 

dottorati di ricerca. 

E questa città, ex company town fordista, mica si può trasformare 

solo in turistica… 

il problema innanzitutto non riguarda solo torino, ma anche 

l’intero Paese: la principale ragione per cui stiamo resistendo ad 

una crisi senza precedenti è riconducibile al fatto che disponiamo 

della quinta industria manifatturiera del mondo. l’eventualità che 

i servizi possano soppiantare l’industria non credo possa aver fondamento. 

indubbiamente la circostanza che in Canada o a detroit 

le condizioni per gli insediamenti produttivi siano più favorevoli 

rispetto all’italia dovrebbe far meditare. stiamo parlando di Paesi 

con una cultura sindacale e industriale pari alla nostra, non aree in 

cui il diritto del lavoro non trova ancora cittadinanza. 

Il Politecnico primeggia in quasi tutte le classifiche che 

riguardano il merito: a parte il comprensibile orgoglio ci dice 

su quali indicatori si basano queste classifiche? 

si diversificano fra di loro ma, quasi tutti i ranking internazionali, 

pongono sotto la lente l’attività di ricerca piuttosto che la didattica 

per il semplice motivo che la prima è quella più facilmente misurabile 

e fornisce un immediato riscontro in termini di prestigio. altre 

valutazioni, poi, si basano su parametri bibliometrici: il numero di 

pubblicazioni di alto contenuto qualitativo, il numero di citazioni, i 

premi vinti, la reputazione internazionale dell’ateneo. Quest’ultimo 

parametro viene definito in base ad interviste sottoposte sia in 

ambito accademico che industriale. 

Insomma battete sempre Milano... 

diciamo che per il terzo anno consecutivo ci troviamo al primo 

posto tra tutti gli atenei italiani seguiti, appunto, dal Politecnico 

di Milano. Onestamente torino e Milano viaggiano di pari passo: 

alcune classifiche riportano torino al primo posto e Milano al 

secondo, altre invertono l’ordine. Ma, nell’ambito di rapporti che 

ritengo d’eccellenza, la sostanza non cambia. nei ranking europei, 

il nostro ateneo si trova nel secondo gruppo delle migliori

università: nel primo gruppo rientrano sei università, tutte inglesi 

o svizzere. a livello mondiale, poi, ci troviamo tra la cinquantesima 

e la sessantacinquesima posizione. va considerato però che, in quel 

contesto, occorre raffrontarsi con le università statunitensi a cui 

sono destinate risorse economiche per noi inimmaginabili. 

Nel mare magnum di pubblicazioni che tessono le lodi del 

Politecnico ce n’è una, de ‘La Repubblica’ del 18 giugno 2012 

per non far nomi, che lo imbarca tra gli ‘Atenei che chiedono 

più del dovuto’, cosa risponde? 

Che si tratta di una notizia imprecisa. il ministero ha stabilito che 

le tasse universitarie non possono superare il 20% del fondo di 

finanziamento ordinario e il nostro ateneo era allineato su questi 

dati. a seguito di ciò è stata approvata una legge che consentiva 

agli atenei di non tenere conto degli studenti fuori corso ma solo 

degli studenti regolari. È stata calcolata in modo del tutto ipotetico 

la retta massima applicabile dai Politecnici compatibilmente con la 

nuova norma. Ma il Politecnico non l’applicherà e le tasse resteranno 

invariate. 

28_29 

Siamo al fondo… tempo libero gliene resta? 

Poco, che dedico alla mia famiglia, in particolare ai miei figli Federica 

ed edoardo, ancora molto piccoli. Quando ho un po’ di tempo 

per la lettura mi intrattengo con trattati di economia e di filosofia 

della scienza. Poi cerco di ritagliarmi dello spazio per praticare dello 

sport, in particolare sci e pattinaggio che coltivo con passione 

sin da ragazzo e dove posso coinvolgere i miei figli. 

E provare invece con il canottaggio? 

sentite... loro schieravano un campione del mondo del ‘quattro 

senza’, diventava dura per chiunque... e poi tutti a farci notare che 

abbiamo perso la gara maschile ma nessuno ricorda che di gara 

c’era anche quella femminile dove abbiamo vinto, nettamente tra 

l’altro... 

Quando ci congediamo dal professor Gilli ripercorriamo 

all’inverso i corridoi della struttura confondendoci tra gli 

studenti e respirando internazionalità socializzata a pieni 

polmoni: lingue e colori di pelle diversa si muovono a loro 

agio, prefigurando un mondo senza barriere.

LIBERA NOS ENpACL 

RIfORMA ATTO I°: 

DAL pASSATO AL fUTURO 

Roma, 27 settembre 2012 

il 27 settembre scorso l’assemblea dei delegati, appositamente 

convocata, ha approvato le modifiche dello statuto e dei regolamenti 

dell’enPaCl, realizzando quella riforma che era stata posta 

spontaneamente in cantiere un anno prima. 

il nostro governo, nel frattempo, era riuscito a mettere tutti in affanno, 

dapprima pretendendo che gli enti di previdenza modificassero 

le loro normative entro il 31 marzo, data che poi ha rinviato, 

un po’ più ragionevolmente (ma non troppo), al 30 settembre. 

ad evitare inutili guai le proposte del Cda, peraltro approfonditamente 

discusse nel corso dell’anno trascorso, “dovevano” essere 

comunque approvate, fermo restando che qualche aggiustamento, 

come ha fatto notare il Presidente, potrà essere anche realizzato in 

futuro. tocca ora al Ministero approvare la riforma. 

in questo primo intervento cercheremo di schematizzare le principali 

novità: ne seguirà un secondo incentrato su quegli istituti 

“secondari” quali prosecuzione volontaria, riscatti, provvidenze 

straordinarie, ecc. 

DECORRENZA 

il primo gennaio dell’anno successivo a quello di approvazione 

da parte dei Ministeri vigilanti. Potrà quindi essere il 1° gennaio 

2013 o 2014. il cerino acceso è ora fra le dita dei nostri assillanti 

Ministri. 

CONTRIBUTI 

soggettivo (regolamento art. 37): 12% del reddito professionale 

con un imponibile minimo di 17.000 ed uno massimo di 95.000 

euro (annualmente rivalutati secondo i dati istat). 

il contributo soggettivo minimo sarà perciò inizialmente pari a 

2.040 euro. 

È un dato rilevante a cui si farà più volte riferimento. 

Chi si iscrive per la prima volta con meno di 35 anni verserà un’aliquota 

ridotta al 50%, salvo opzione per l’aliquota ordinaria, per 

l’anno d’iscrizione (in dodicesimi) e per i quattro anni successivi. 

l’agevolazione non è più riscattabile. 

se proseguiranno l’attività, i pensionati di vecchiaia e vecchiaia 

anticipata (ex anzianità) con 40 anni o più di contribuzione, 

potranno chiedere di versare il 50%. integrativo: (reg. art. 38) 4% 

sul volume d’affari iva con un minimo di 300 euro (rivalutabile). 

si versa entro il 16 settembre, contemporaneamente alla relativa 

dichiarazione. È rateizzabile in quattro mesi con interesse legale. 

Facoltativo aggiuntivo (reg. art. 46): 500 euro o multipli a discrezione 

dell’iscritto. 

pENSIONI 

1. viene applicato il principio del pro rata. significa che il nuovo 

calcolo, con metodo contributivo, decorrerà dalla data di entrata 

in vigore, sommandosi a quanto maturato con il metodo precedentemente 

attuato. 

2. Calcolo della pensione con il metodo contributivo 

• sommare algebricamente, ogni anno: 

il contributo soggettivo versato, 

più il contributo integrativo, 

meno 1/4 del contributo integrativo con un minimo 

di 300 euro (rivalutabile) che va a solidarietà, 

più l’eventuale contributo facoltativo aggiuntivo; 

• rivalutare annualmente ad un tasso pari al 90% della media 

quinquennale del rendimento netto del patrimonio investito 

dall’ente (questo dato sarà annualmente determinato dall’ente 

e approvato dai Ministeri vigilanti), con un minimo dell’1,5%, 

• moltiplicare la somma, così capitalizzata, per il coefficiente di 

trasformazione relativo all’età di pensionamento. 

TABELLA DEI DIVISORI E DEI COEFFICIENTI 

DI TRASFORMAZIONE DAL 1°GENNAIO 2013 

Età Divisore Coefficiente 

57 23,236 4,304% 

58 22,647 4,416% 

59 22,053 4,535% 

60 21,457 4,661% 

61 20,852 4,796% 

62 20,242 4,940% 

63 19,629 5,094% 

64 19,014 5,259% 

65 18,398 5,435% 

66 17,782 5,624% 

67 17,163 5,826% 

68 16,541 6,046% 

69 15,917 6,283% 

70 15,288 6,541%

3. Obbligo di regolarità contributiva per ottenere i trattamenti 

previdenziali ed assistenziali (reg. art. 21). 

TIpOLOgIE DI pENSIONE 

A) Vecchiaia (Reg. art. 5) 

Requisiti a regime: 70 anni di età e 5 anni di contribuzione. 

È tuttavia prevista una progressività che prevede, per il primo anno 

di entrata in vigore della riforma, l’età di 66 anni con l’aumento di 

un anno ogni tre. 

Per percepire la pensione prima del raggiungimento di 70 anni 

l’iscritto deve però aver maturato una pensione pari a 5 volte il 

contributo soggettivo minimo in vigore nell’anno in cui matura il 

diritto (per il primo anno 2040 x 5 = 10200 euro). 

supplemento ogni tre anni per chi continua a lavorare. 

B) Vecchiaia anticipata (ex anzianità) (Reg. art. 6) 

Requisiti a regime: 60 anni di età e 40 anni di contribuzione 

(compresa ricongiunzione e riscatti). 

È tuttavia prevista una progressività che prevede, per il primo anno 

di entrata in vigore della riforma, 36 anni di contribuzione con 

l’aumento di un anno ogni due. 

Con 40 anni di contribuzione si può proseguire l’attività professionale. 

supplemento ogni tre anni per chi continua a lavorare. 

C) Inabilità (Reg. artt. da 8 a 13) 

Requisito: totale e permanente incapacità lavorativa. 

Pensione minima: cinque volte l’importo del contributo soggettivo 

minimo dovuto nell’anno di presentazione della domanda. 

D) Invalidità (Reg. artt. da 14 a 19) 

Requisito: capacità lavorativa ridotta al 33,33%. 

Pensione minima: cinque volte l’importo del 70% del contributo 

soggettivo minimo dovuto nell’anno di presentazione della 

domanda. 

E) Reversibilità e indirette (Reg. art. 20) 

in analogia all’a.g.O. vengono poste restrizioni alla reversibilità 

nel caso in cui tra de cuius e coniuge superstite vi sia un notevole 

divario di età anagrafica. 

Filippo Carrozzo, Marco Operti, Mauro Rivolta, Riccardo Travers 

I delegati provinciali 

mai dire delegato! 

30_31 

Fremiti quasi pulp all’assemblea del 27 settembre 

2012. 

Un delegato, tra l’altro non dei più inesperti 

ma su cui ci sembra commendevole far 

calare un misericordioso anonimato, prende 

la parola con piglio deciso e risoluto. La sua 

mirabolante proposta è la seguente: stante 

la grave crisi che coinvolge il paese e si 

estende alla categoria, l’ENPACL dovrebbe 

farsi carico – nel quadro delle provvidenze 

straordinarie – di finanziamenti indirizzati 

ai colleghi in difficoltà affinché possano onorare 

regolarmente i contributi verso l’Ente. 

Un silenzio surreale aleggia in sala per poi 

dileguarsi in uno sconcerto che si materializza 

in nuvolette sulle testoline degli astanti, 

quasi fosse un fumetto, con all’interno 

l’immagine dell’incommensurabile Totò in 

compagnia di un amico. 

“Quanto ti devo restituire?” 

“Diecimila lire!” 

“Ah! allora mi presti diecimila lire?”. 

L’amico, un po’ sorpreso, consegna il denaro 

a Totò che, immediatamente, glielo rimette 

in mano aggiungendo: “Ecco quanto ti dovevo: 

adesso siamo a posto!”. 

Effettivamente verificando le pendenze previdenziali 

del collega De Curtis Antonio non 

risulta nulla, nemmeno una quisquilia o una 

pinzillacchera...

gIOvANI CONSULENTI DEL LAvORO 

NIENTE DI NUOvO 

DAL fRONTE EMERSIONE 

All’atto di stesura del presente elaborato è ancora in corso la 

regolarizzazione dei lavoratori stranieri prevista dall’articolo 

5 del D.Lgs.vo n. 109 del 16 luglio 2012, in attuazione della 

direttiva 2009/52/CE che ha disciplinato le norme minime 

relative a sanzioni e provvedimenti nei confronti di datori di 

lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno 

è irregolare. 

In virtù delle tempistiche d’uscita del notiziario non è questa 

la sede di analizzare le fasi della procedura che sfociano 

nell’invio telematico dell’istanza quanto piuttosto un’occasione 

per definirne i principi e focalizzarne l’attenzione su 

canoni applicativi riguardanti la manodopera extracomunitaria 

in genere. 

Iniziamo dall’articolo 5, già citato nel primo capoverso, 

che ha introdotto una norma transitoria, per consentire 

ai potenziali datori di lavoro interessati di presentare una 

dichiarazione di emersione, nel periodo intercorrente dal 

15 settembre al 15 ottobre 2012. Pertanto dalla data del 09 

agosto 2012, giorno di entrata in vigore del D.Lgs.vo n. 109 e 

fino alla conclusione del procedimento, risulteranno sospesi 

i procedimenti penali ed amministrativi previsti dall’art 22 

del D.Lgs.vo 286/1998 in materia di occupazione di stranieri 

irregolarmente soggiornanti in Italia. 

Tale sospensiva viene a cessare: 

• il 15 ottobre 2012, nei casi in cui la dichiarazione non sia 

stata presentata; 

• alla conclusione della procedura di emersione; 

• al rigetto della dichiarazione. 

Nell’eventualità dell’ultima alinea, non saranno considerate 

rigettate bensì archiviate le procedure di emersione il cui esito 

negativo derivi da un motivo indipendente dalla volontà o 

dal comportamento del datore di lavoro. 

Con l’esclusione di proroghe ed impennate in prossimità del 

traguardo, a regolarizzazione conclusa è altamente probabile 

che siano disattesi i risultati preventivati, in fatto di domande 

pervenute. Le previsioni del Ministero erano quelle di riceverne 

400.000 ma a tutt’oggi, cinque giorni dalla scadenza, 

non è stato raggiunto neanche il numero di 100.000 invii a 

livello nazionale, di cui solo 3.000 eseguiti dai consulenti del 

lavoro. 

È opinione comune che i motivi della fredda accoglienza 

siano stati principalmente due: in primo luogo la difficoltà a 

reperire la documentazione da produrre per comprovare la 

reale presenza in Italia dello straniero non in regola alla data 

del 31 dicembre 2011 e, in seconda istanza, l’onerosità della 

dichiarazione di emersione. 

Tutto vero: però dall’analisi dei dati diffusi dal Ministero, 

che per forza di cose può essere solo provvisoria, emergono 

altre valutazioni e, prima fra tutte, l’imperante illegalità che 

continua a prosperare nel Paese ed il cui contrasto non è 

naturalmente facilitato dalla recessione in atto. 

L’assenza di quote numeriche prestabilite ed incivili ‘click 

day’ non hanno provocato alcun desiderato effetto traino e 

non c’è affatto da meravigliarsi. Infatti, per quanto concerne 

le realtà imprenditoriali l’amara verità è una sola: le aziende 

di provata affidabilità e correttezza non occupano certo 

personale clandestino mentre quelle che, diciamo spesso o 

sempre, sopravvivono a cavallo del lecitamente consentito 

‘saltando il fosso’ senza particolari trepidazioni, non si accollano 

certo i costi di una procedura dispendiosa essendo ben 

coscienti che un loro ipotetico ‘dipendente’ capace e volenteroso 

e, in futuro, in possesso del permesso di soggiorno, non 

avrebbe difficoltà ad accasarsi altrove in una situazione di 

maggior tutela per sé e la sua famiglia. 

Così, in armonia ad una previsione d’irrisoria facilità, la 

stragrande maggioranza delle domande riguarda il personale 

domestico. E se, purtroppo, nella figura della badante, la rilevazione 

attesta il ragguardevole numero delle famiglie italiane 

che si confrontano con i drammatici contraccolpi generati 

da una popolazione che invecchia non si può dimenticare 

come il settore sia ambiguamente incline alla simulazione 

oltreché in diretta correlazione ad un minor costo complessivo 

dell’intera pratica e quindi predisposto a comportamenti 

non lineari. Insomma, parafrasando Remarque, concedeteci 

un ‘nulla di nuovo dal fronte emersione’ detto nella maniera 

più antiretorica possibile. 

In aggiunta ad ogni valutazione di natura politica sulle 

modalità di regolarizzazione, in questo intervento ci pare 

opportuno evidenziare le ulteriori modifiche introdotte dal 

D.Lgs.vo 109/2012 e specificatamente: 

• l’aumento da un terzo alla metà delle pene previste dall’art 

22 del D.lgs.vo 286/1998 per l’impiego di lavoratori irregolari 

occupati in numero superiore a tre, oppure se minori

ed anche se i medesimi lavoratori sono sottoposti a condizioni 

lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo 

comma dell’art 603 bis del codice penale; 

• l’introduzione della sanzione accessoria pari al costo medio 

di rimpatrio del lavoratore straniero assunto illegalmente; 

• la previsione della possibilità di rilascio da parte del 

Questore, su proposta o con parere favorevole del Procuratore 

della Repubblica, allo straniero che abbia presentato 

denuncia e cooperi nel procedimento penale instaurato nei 

confronti del datore di lavoro, un permesso di soggiorno 

umanitario denominato UMAN5 valido per il periodo di 

sei mesi rinnovabile per un anno o per il maggior periodo 

occorrente alla definizione del procedimento penale; 

• l’inserimento al decreto legislativo n. 231 dell’ 8 giugno 

2001 dell’art. 25 duodecis che così recita: “in relazione alla 

commissione del delitto di cui all’articolo 22, comma 12bis, 

del decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 si applica 

all’ente la sanzione pecuniaria da 100 a 200 quote, entro il 

limite di 150.000 euro”; 

• la presunzione della durata del rapporto di lavoro irregolare 

per la determinazione delle somme dovute dal datore 

di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale pari 

almeno a tre mesi, salvo prova contraria fornita dal datore 

di lavoro o dal lavoratore; 

• la programmazione annuale da parte del Ministero del 

lavoro e delle politiche sociali per l’effettuazione di controlli 

adeguati sull’impiego di lavoratori irregolarmente presenti 

in Italia e rendicontazione alla Commissione europea del 

numero di controllo effettuati divisi per settore di attività 

specificandone la percentuale rispetto al numero totale dei 

datori di lavoro presenti nel medesimo settore. 

Sempre relativamente alle tematiche di soggetti stranieri, 

segnaliamo l’importanza del Decreto Legislativo n. 108 del 

28 giugno 2012 con cui viene data attuazione alla Direttiva 

2009/50/CE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini 

di Paesi terzi che intendono svolgere lavori altamente 

qualificati. Il provvedimento è entrato in vigore l’8 agosto 

2012 ed introduce altri due nuovi articoli a modifica del 

D.Lgs.vo n° 286/1998. 

In particolare, all’art. 27 quater, prevedendo la possibilità di 

far entrare in Italia, lavoratori altamente qualificati che intendono 

svolgere prestazioni lavorative retribuite per conto o 

sotto la direzione o il coordinamento di altra persona fisica o 

giuridica, al di fuori delle quote di ingresso e senza limiti numerici 

fissati con i decreti flussi. Il datore di lavoro interessato 

dovrà provvedere a richiedere il nullaosta allo sportello 

Unico Immigrazione, telematicamente completo di una 

proposta contrattuale non inferiore ad un anno. Al lavoratore 

interessato, una volta ottenuta l’autorizzazione al lavoro, 

32_33 

sarà rilasciata la “CARTA BLU UE” di durata biennale, se il 

rapporto di lavoro ottenuto è a tempo indeterminato oppure 

pari alla durata del rapporto stesso se si tratta di avviamento 

a tempo determinato. 

Infine, all’art. 9 ter, prevedendo il rilascio al titolare di “Carta 

Blu UE” di un permesso di soggiorno CE per soggiornanti di 

lungo periodo qualora lo stesso dimostri di aver soggiornato, 

legalmente ed ininterrottamente, per 5 anni nel territorio 

dell’Unione e dimostri, altresì, di essere in possesso da 

almeno due anni, di un permesso “Carta Blue UE” secondo i 

requisiti del nuovo art. 27 quater sopra riportato, per lavoratori 

extra UE altamente qualificati. 

Paola Chiadò Puli

ANCL 

E IO ChE pENSAvO 

SI fOSSERO SBAgLIATI... 

associazione nazionale consulenti del Lavoro 

Da qualche tempo mi trovo in grave difficoltà a comprendere 

e a giustificare le azioni altrui. 

Ad esempio non comprendo come sia possibile che: 

• calino le risorse disponibili per le famiglie ma gli italiani 

giochino e scommettano di più; 

• aumenti il prezzo dei carburanti ma calino poco i consumi 

di gasolio e benzina; 

• cali l’occupazione ma si varino riforme che ingessano il 

mercato del lavoro; 

• aumentino i passeggeri e le tariffe dell’ATAC ma cali il 

numero di bus e carrozze; 

• diminuiscano le opportunità di lavoro ma si debba lavorare 

più anni prima della pensione… 

Gli esempi potrebbero riempire un’intera pagina confermando 

sempre più che la schizofrenia ha raggiunto nel primo 

secolo di questo millennio soglie inimmaginabili. 

Se ci soffermiamo un momento ad esaminare la nostra società 

rileviamo che: 

• abbiamo perduto il senso della misura; 

• veniamo spronati al consumismo per scongiurare il blocco 

dell’economia; 

• per anni ci hanno fatto credere che la nostra economia era 

salda e che non c’erano motivi di preoccupazione e tutti 

hanno continuato nello spreco delle risorse; 

• da sempre lo stato italiano paga i propri debiti con soldi 

presi a prestito; 

• negli ultimi cinquant’anni il debito pubblico è cresciuto 

esponenzialmente bruciando denaro senza un giusto ritorno 

in termini di miglioramento o arricchimento collettivo; 

• ogni nuovo nato eredita una fetta di debito pubblico che 

l’opprimerà per tutta la vita. 

anche questo elenco potrebbe proseguire 

riempiendo un’intera pagina ma veniamo alle 

mele di quest’eden informatico che vira sempre 

di più verso la terra di nod. le nuove tecnologie 

ci stanno asfissiando, sono diventate una droga 

dalla quale non è possibile disintossicarsi. 

Pensiamo ai telefoni portatili: gli italiani sono 

passati da zero ad una media di due ciascuno in 

poco più di qualche decennio. un’accelerazione 

da fuoriserie. spendiamo più soldi per l’acquisto 

di elettronica ed informatica che per accrescere 

la nostra cultura. i nostri giovani non sono più in 

grado di apprezzare le cose poco costose per non 

parlare di tutto ciò che non costa nulla perché 

ci è offerto dalla natura gratuitamente ma che 

pochi ormai sanno riconoscere. un tramonto, un 

panorama alpino, il volo di una rondine. 

troppo melenso? 

sì. Ma era doveroso, perché sto per arrivare al 

punto. 

Banconota a corso legale dal 1° gennaio 2013, lato A...

in un periodo di crisi generale, di riduzione degli 

incassi e di ridimensionamento delle nostre 

aspettative sul prossimo futuro, considerare 

l’aumento delle tariffe una semplice stangata anziché 

una stolta decisione di politica economica, 

non è un diverso punto di vista bensì una precisa 

critica a tutti coloro che di questi tempi adottano 

questa infelice soluzione. 

le tariffe pubbliche hanno subito incrementi vertiginosi. 

negli ultimi anni hanno toccato punte 

del 70% per l’acqua, quasi il 60% per gas e rifiuti, 

circa il 50% per trasporti, pedaggi ed energia, 

mentre il costo della vita si è incrementato del 

24%. Questo significa che il gestore pubblico è 

un pessimo gestore. Ma è comprensibile, non 

deve dare conto a nessuno, deve garantirsi tutti i 

vantaggi che la posizione di privilegio gli consente, 

soprattutto deve assicurarsi un gettito che gli 

permette una notevole disponibilità economica e 

di denaro da muovere. 

il buon padre di famiglia, a differenza d’altri, 

spende ciò che ha a disposizione o che, se 

ottenuto a credito, ritiene di poter restituire. non 

scarica enormi quantità di debiti sulle spalle dei 

propri figli o nipoti e adegua il tenore di vita alle 

reali disponibilità del momento. 

il politico no. lui vive il presente da tutti i punti 

di vista, sposta i debiti in avanti e sfrutta tutte le 

risorse che gli giungono a tiro. non crea circolazione 

virtuosa se non per se stesso. non persegue 

principi economicamente etici perché da questi 

non è possibile trarre vantaggio. 

Mi sono sempre chiesto perché un determinato 

bene o servizio costa alla pubblica amministrazione 

il doppio di quanto costerebbe al privato. 

anche questo modo di fare politica economica 

crea circolazione di denaro e ricchezza. sì, per il 

“fortunato” fornitore e, spesso, per il gestore. 

d’accordo, non tutti sono così, in proporzione 

sono una sparuta squadra di approfittatori ma, 

guarda caso, ed è sotto gli occhi di tutti in questi 

giorni, sono sempre troppi. non vengono scoperti 

se non per caso fortuito, leggi delazione. sembra 

strano, ma anche coloro che non hanno queste 

“caratteristiche”, i politici corretti per intenderci, 

non riescono a tenere la situazione sotto controllo. 

C’è sempre un caro amico, collega di partito, 

alleato politico che esce dal seminato e lui, il 

politico corretto, non ne sa mai nulla. Ma non ha 

mai voluto saperne nulla. non gli è mai venuto 

neppure una volta il dubbio che tutti quei soldi 

e quelle spese che gli ruotavano intorno fossero 

drogate? in fin dei conti la macchina politica è 

molto costosa e con ciò si giustifica tutto e si 

salva la coscienza. 

Possiamo fare qualcosa? Moralizzare la società 

che ci sta intorno? Come per la bonifica dell’amianto 

bisognerà pur iniziare da qualche parte, 

perché solo se non si comincia si ha la certezza 

che non sarà possibile debellare il rischio causato 

dall’asbesto. non partiamo battuti, in fin dei conti 

il male trionfa quando il bene smette di lottare. 

tornando alla questione del buon padre di 

famiglia e al contenimento dei costi, nel nostro 

piccolo mondo, anche la categoria ha di che 

lamentarsi. 

la Fondazione studi dei Consulenti del lavoro, 

ripresa da italia Oggi, afferma che: “i licenziamenti 

per riduzione del personale o per cessazione 

di attività sono aumentati del 40%. tutte le 

assunzioni hanno subito un crollo e nel 2013 la 

situazione non sarà rosea”. 

ergo, visto che i Consulenti del lavoro elaborano 

cedolini e offrono consulenza alle aziende, se ci 

sono meno cedolini da elaborare e meno ditte 

alle quali prestare consulenza, incasseranno di 

meno. C’è poi una lettura ulteriore che ci dice che 

sono gli studi più piccoli e i colleghi più giovani 

che potenzialmente, anche se non percentualmente, 

pagano il prezzo più salato. 

sempre la medesima fonte sostiene che anche 

“per i prossimi anni – visto che la riforma Fornero 

non interviene affatto a migliorare la situazione 

– i dati non potranno diventare positivi”. 

ed è vero. i licenziamenti e le cessazioni delle 

imprese giocano a sfavore e la riforma non 

contiene alcun dispositivo né d’aiuto per l’incremento 

dell’occupazione, né di contrasto alla 

dilagante perdita di posti di lavoro. Quindi, anche 

la categoria dei Consulenti del lavoro è coinvolta 

nella crisi. 

eppure la professione è in forte crescita: dai 

16000 iscritti del 1990 si passa ai 20000 del 

2003, arrivando a toccare quota 28000 nel corso 

del 2012. 

Ma sia la Fondazione studi, sia il Consiglio nazionale 

dell’Ordine, parlano oggi di “entrate in calo”. 

Ora mi chiedo, come si concilia tutto ciò con la 

circolare n. 1083 del 30 luglio 2012 dello stesso 

Consiglio nazionale dell’Ordine? 

“in riferimento alle recenti ed importanti riforme 

professionali ed alle crescenti esigenze relative 

all’attività istituzionale a supporto e nell’interesse 

dell’intera Categoria si comunica che il Consiglio 

nazionale, fatte tutte le necessarie valutazioni 

in merito, con delibera n. 94 assunta il 19 luglio 

2012, ha approvato la quota di propria spettanza, 

a carico di ogni iscritto, per l’anno 2013 pari 

al valore di euro 190,00” (aumento del 20%) e 

continua invitando “i Consigli Provinciali a tenere 

34_35

ANCL 

conto di quanto sopra nella richiesta delle quote 

dovute dagli iscritti per l’anno 2013”. 

Quando l’ho letto per la prima volta, in una 

serata afosissima, ho pensato seriamente che 

si fossero sbagliati: detto con tutta la serenità 

possibile non potevo accettare che proprio i Consulenti 

del lavoro, noti per capacità, competenze 

e buon senso, qualità maturate in un mestiere 

schierato e in prima linea ma sempre improntato 

al dialogo ed alla negoziazione, fossero appunto 

rappresentati da individui che non hanno ben 

presente il significato dell’espressione “buon 

padre di famiglia”. Quest’ultimi non intraprenderebbero 

mai un’azione inopportuna e odiosa in 

un frangente storico così complicato e nel pieno 

di una crisi che per la categoria è sicuramente 

la peggiore mai incontrata, senza aver prima 

vagliato ogni possibile taglio di “sprechi” o anche 

solo di soluzioni di contenimento. in soldoni, 

30 euro per circa 28.000 iscritti, fanno quasi 

900.000,00 euro in più per ogni futuro anno, per 

le dichiarate necessità di “… recenti ed importanti 

riforme professionali…” e “… crescenti esigenze 

relative all’attività istituzionale...”, per le quali 

al tesoriere verrà data una disponibilità liquida 

che passa dagli attuali 4 milioni e mezzo scarsi a 

poco meno di 5 milioni e 400 mila euro all’anno. 

non ho preso sonno subito. Poi, il mattino successivo, 

scorrendo sul web le “notizie dall’Ordine 

n° 44/2012” pubblicate dal Consiglio Provinciale 

di napoli il 02 agosto 2012, ho realizzato come 

non si trattasse del refuso sperato e sono partito 

per le ferie con questo cruccio. 

Che cruccio è rimasto nelle settimane successive 

anche perché quest’anno, in virtù della situazione 

generale contingente, non sono state stracariche 

di spensieratezza. Poi si sa, si riprende, lavoro, 

famiglia e quant’altro, la qual cosa presentava 

timidi segnali di forzata metabolizzazione. 

Ma purtroppo è arrivata la circolare n. 1084 del 

26 settembre 2012, sempre del Consiglio nazionale 

dell’Ordine, a provocare una crisi di rigetto. 

Con un desolante festival di misere acrobazie 

lessicali si tentava di difendere l’indifendibile 

cioè l’evidente oscenità scatenata dal trasferire 

su altri, oneri che consentano di non rinunciare 

a interessi propri. un eclatante esercizio di 

federalismo al rovescio che mette una pressione 

gratuita ed inammissibile sui Consigli Provinciali 

perché, ovviamente, chi avrà la forza di sottrarsi? 

O meglio, quelli che non integreranno come si 

potranno poi presentare dinanzi ai propri iscritti 

quando gli stessi saranno perfettamente consci 

che, per esempio, nella Provincia limitrofa si sono 

sobbarcati l’aumento. È questo che vogliono dal 

Consiglio nazionale? da un altezzoso scranno 

suddividere i buoni e i cattivi assumendo un atteggiamento 

scevro di responsabilità e meritevole 

delle Malebolge di dantesca fattura: nello specifico 

concedo ai colleghi il privilegio della cernita 

del fossato di razionale collocazione suggerendo 

maliziosamente misure che, scolasticamente, 

equivarrebbero a giudizi lusinghieri. 

nota finale: redigo questo elaborato il 17 ottobre 

2012. ebbene, visitando il sito www.consulentidellavoro.it 

e cliccando prima ‘CnO’ sulla barra 

degli strumenti e poi ‘circolari anno 2012,’ l’ultimo 

documento reperibile è quello, in tema di apprendistato, 

del 06 luglio 2012 n. 1082: dunque, 

ad oltre 75 giorni, in una previsione diffusionale 

conoscitiva la dimenticanza della redazione web 

appare alquanto singolare, a meno che non aspiri 

ad assomigliare, nei suoi demoni peggiori, a quella 

della rivista cartacea… 

Luigino Zanella 

... ma noi, quando si tratta di lati preferiamo sempre quello B!

COMpENDIO di cOnsERvaziOnE 

‘IN CLARIS NON fIT 

INTERpRETATIO’: 

MEgLIO TARDI ChE MAI! 

Secondo il vecchio brocardo latino in titolo, non si dovrebbe procedere 

ad interpretare una norma allorquando sia già chiara. 

invece, come di seguito vedremo, una norma introdotta con il 

Collegato lavoro che, in prima analisi, sembrava sufficientemente 

chiara, ha reso in realtà dura la vita agli operatori del diritto tanto 

da rendere necessari due eccezionali interventi, uno della Corte 

Costituzionale (nella sentenza n. 303 dell’11.11.11) e l’altro del 

legislatore (con la recentissima riforma Fornero di cui alla legge 

n. 92 del 28.06.12), che, in buona sostanza, hanno ribadito la piena 

validità del principio dell’onnicomprensività dell’indennità dovuta 

al lavoratore nel caso di conversione giudiziale del rapporto di 

lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato. 

Come è a tutti noi noto, infatti, il suddetto principio dell’onnicomprensività 

è stato immesso con il Collegato lavoro ed in particolare 

con l’art. 32 comma 5 della l. 183/2010 che così recita: Nei casi di 

conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna 

il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo 

un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo 

di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione 

globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della 

legge 15 luglio 1966, n. 604. 

Cosa accadeva invece prima dell’entrata in vigore del predetto 

Collegato Lavoro: in caso di conversione a tempo indeterminato 

del rapporto di lavoro a termine, qualora fosse stata ritenuta nulla 

l’apposizione del termine al contratto di lavoro subordinato per 

non aver il datore indicato compiutamente e specificatamente 

nella lettera di assunzione le ragioni di carattere tecnico, produttivo 

organizzativo e sostitutivo, era condannato a corrispondere 

al lavoratore un risarcimento (danno patrimoniale) pari a tutte le 

retribuzioni che gli sarebbero spettate dalla data di interruzione 

del rapporto di lavoro fino alla effettiva ripresa del lavoro, più un 

eventuale danno non patrimoniale (nelle sue varie componenti del 

danno biologico, del danno morale, del danno esistenziale, etc.), da 

cui andava detratto, ove fosse stato provato, il c.d. aliunde perceptum. 

tale principio dell’onnicomprensività dell’indennità, tuttavia, come 

detto, è stato posto in discussione dalla magistratura tanto che è 

stata sollevata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 

32 commi 5, 6 e 7 della l. 04.11.10 n. 183 con riferimento agli art. 

3, 4, 24, 111 e 117 della Costituzione. 

36_37 

la Corte Costituzionale con la sentenza n. 303 del 11.11.11 ha 

respinto la questione sollevata ritenendo legittimo il citato comma 

v dell’art. 32 della l. n. 183/2010. 

la citata sentenza della Corte Costituzionale è certamente da salutare 

con gioia in quanto ha chiarito tutte quelle situazioni giuridiche 

che presentavano margini di estrema incertezza in considerazione 

della non conoscibilità per il datore di lavoro dell’ammontare 

dei risarcimenti da corrispondere al lavoratore. 

a detto chiaro intervento della Corte Costituzionale che ha salvato 

il Collegato lavoro, ha fatto seguito, con un ulteriore giubilo di 

tutti i datori di lavoro, la riforma Fornero la quale, con l’art. 1, 

comma 13, della l. 28.06.12 n. 92, ha fornito un’interpretazione 

autentica del sopra citato comma 5 dell’art. 32, l. n. 183/2010, 

prevedendo che: “La disposizione di cui al comma 5 dell’articolo 

32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, si interpreta nel senso che 

l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal 

lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative 

al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia 

del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione 

del rapporto di lavoro“. 

ebbene, anche grazie a tale ultimo intervento normativo, esiste ora 

una certezza: la predeterminazione del risarcimento del danno che 

verrà quantificato dal giudice con conseguente possibilità da parte 

dell’impresa di effettuare i necessari accantonamenti nel proprio 

bilancio. 

dunque, tramite il sistema sanzionatorio in esame, il nostro legislatore 

ha posto delle certezze creando uniformità nelle liquidazioni 

risarcitorie ad opera dei giudici: e anche i latini si possono 

chetare … 

Simona Carbone

CONSULENTI SMARRITI 

ILLIMITATO 

NUMERO 

pENSIONATI 

SCONSOLATI 

nei limiti del possibile mi sono 

sempre tenuto alla larga dalle 

problematiche pensionistiche 

poiché fucina inesauribile di 

complicazioni personali, non 

sempre moralmente accettabili, 

all’interno di contorni disegnati 

dai torbidi gironi delle mezze 

verità strombazzate agitando 

lo spauracchio degli abissi 

dell’indigenza. 

tuttavia, con modalità del tutto 

estemporanee, in qualche caso 

sono stato costretto ad interessarmene: 

rammento in particolare 

un paio di circostanze che 

riguardarono rispettivamente 

uno spassoso personaggio che 

per conto di un quotidiano 

sportivo si era dilettato, già 

da pensionato, a far d’autista, 

al giornalista inviato al giro 

d’italia e quella d’un anziano 

ingegnere, piuttosto nervoso e 

supponente, che sosteneva di 

aver avuto una pensione molto 

minore di quella che avrebbe 

dovuto percepire a causa di 

un versamento di cospicui 

versamenti volontari. Furono 

entrambe vicende che, seppur 

dopo vicissitudini svariate, si 

caratterizzano da un lieto fine 

che non sempre trionfa. 

e in questa sede voglio raccontarvi 

di un caso opposto, 

di quelli calzanti alla manipolazione 

giocosa dell’acronimo 

proposto in titolo, che riguardò 

un preparatissimo tecnico di 

carrozzerie: nella prima metà 

degli anni settanta aveva 

prestato la sua opera professionale 

non solo alla Ferrari nello 

stabilimento di Maranello ma 

faceva parte dello staff della 

leggendaria ’squadra corse’ 

del Cavallino, conoscendo di 

persona autentici miti dello 

sport motoristico come niki 

lauda, Clay regazzoni e Carlos 

reutemann. 

le peripezie della vita lo condussero 

poi a trasferirsi nella 

nostra città dove concluse l’attività 

lavorativa, naturalmente 

facendo domanda di pensione 

di anzianità che conseguì 

nelle tempistiche, non proprio 

immediate, di un’epoca ancora 

priva di supporti tecnologici 

adeguati. 

tuttavia, un paio di settimane 

dopo, fu interpellato da una 

società a cui era stato segnalato 

dal suo precedente titolare, 

per risolvere una criticità legata 

alla produzione di una limousine 

richiesta da uno sceicco di 

un imprecisato emirato arabo, 

tale ali Hemens al durc, che, 

non badando a spese e votato 

al massimo lusso e comfort, 

la pretendeva di un metro e 

mezzo più lunga delle altre. 

a quanto pare, sulla piazza, 

non vi era nessuno in grado di 

soddisfare le ‘smisurate’ voglie 

del coccolatissimo cliente e 

superare felicemente i problemi 

tecnici che si erano presentati: 

o meglio, nessuno tranne il neo 

pensionato! 

Fu così che, in assoluta autono- 

mia, mise a disposizione dell’azienda, 

per qualche giorno, le 

sue capacità e conoscenze: in 

una realtà industriale dove, è 

bene ribadirlo, il soggetto in 

questione non aveva mai avuto 

alcun rapporto precedente. 

rimarrà sempre un mistero 

gaudioso come l’inPs riesca ad 

avere informazioni su vicende 

di questo genere e, viceversa, 

non si accorga, per lunghi e 

tragici anni, di corrispondere 

la pensione d’invalidità ad un 

apparente cieco totale almeno 

fino a quando un’inchiesta 

dei vigili urbani lo fotografa 

mentre guida tranquillamente 

l’automobile o sceglie la frutta 

e la verdura al mercato rionale. 

Fatto sta che il malcapitato si 

vide sospendere la pensione e, 

soprattutto, denunciare penalmente 

per truffa. 

secondo l’istituto aveva dichiarato 

il falso allorché, nel redigere 

la domanda di pensione 

d’anzianità, si era prodotto in 

una sottoscrizione che attestava 

di non svolgere nessuna 

attività lavorativa contestuale. 

non vi fu modo alcuno di far 

comprendere all’ente che si 

trattava di una prestazione 

autonoma, limitata nel tempo, 

successiva al termine del 

rapporto di lavoro subordinato 

e non prevedibile al momento 

della sottoscrizione della 

domanda stessa di pensione 

d’anzianità. 

il povero disgraziato si spaventò 

a morte del processo penale 

che gli venne intentato oltreché 

subire le conseguenze economiche 

dell’annullamento della 

pensione che gli fu prontamente 

notificato. 

giungeva ripetutamente in 

studio, accompagnato da 

un’anziana moglie, smunta e 

piagnucolante ed era veramente 

frustrante non aver potuto 

convincere l’inPs di come il 

provvedimento assunto fosse 

del tutto irragionevole: non vi 

fu altro da fare che difendersi 

avanti la Magistratura, con i 

tempi che sono ben noti. 

un giorno l’anziana moglie si 

presentò in ufficio ben più che 

piagnucolante: il marito era improvvisamente 

deceduto e lei si 

trovava anche priva di qualsiasi 

sostegno finanziario. 

Come accade in questi casi 

la causa penale, in quanto 

personale, decadde automaticamente 

e bisognò agire in sede 

civile per garantire alla vedova 

la pensione di reversibilità. 

la vicenda triste e drammatica 

si concluse con vittoria 

e corresponsione di arretrati, 

ma rimase l’amaro in bocca e 

la convinzione che il decesso 

del bravo lavoratore non fosse 

del tutto estraneo allo choc 

prodotto da quella denuncia, 

affrettata, inconsistente ed 

irragionevole. 

in buon piemontese si direbbe: 

goardé le busche e lassè andè 

i trav. traduzione letterale, per 

quelli che leggono la rivista 

da altre latitudini, “guardare 

le schegge (di legno) e lasciar 

andare le travi”. 

C.S.

L’ARChIvIO di coFFin 

TAv, IL TRENO 

DELLA DISCORDIA 

di Loris Mazzetti 

Aliberti Editore 

pagine 156 

costo 14,00 euro 

se qualche spirito particolarmente sensibile si agita già prima dell’uso 

ed alla sola vista del titolo ci sentiamo di rassicurarne i fragili 

equilibri nervosi: la recensione che, bontà vostra, vi accingete a 

leggere non è uno spunto per l’umile scrivano finalizzato a prendere 

posizione su quella che è ormai considerata una delle primarie emergenze 

sociali su scala nazionale. 

il libro recensito semplicemente informa: ci è simpatico chi lo fa, dal 

momento che noi abbiamo la presunzione di farlo attraverso il notiziario 

che qualche antenato illuminato battezzò appunto ‘l’Ordine 

informa’. Perché, almeno dalle nostre parti, le cose di cui abbondantemente 

si parla sono anche quelle conosciute meno a fondo, per un 

motivo molto semplice: i singoli interessi sono nicchie da coltivare 

individualmente mentre per quelli generali, che sovente si portano 

appresso il fardello di non appassionare, si collezionano una sfilza di 

banalità superficiali e quasi sempre non veritiere, peggio se si pensa 

orientate alla logica un po’ gaglioffa del ‘nimby’. 

Quindi, come recita correttamente la quarta di copertina, ‘il treno 

della discordia’ non è un libro pro o contro il tav. sì il tav: l’ignoranza 

diffusa comincia proprio da lì, dall’articolo maschile ‘il’ perché 

sviluppando per esteso l’acronimo mica si direbbe ‘la’ treno alta 

velocità. il libro, dicevamo, ha l’indiscutibile pregio di tentare di far 

chiarezza senza prendere posizione sull’amletico dilemma che rimbalza 

tra l’opera necessaria e fondamentale per restare in europa e lo 

spreco di denaro pubblico unito al danno ambientale. l’autore, loris 

Mazzetti, ci propone una elencazione di fatti, dichiarazioni, dati certi 

e previsionali che supporteranno il lettore ad acquisire cognizione 

approfondita della vicenda permettendogli di esercitare il sacrosanto 

diritto costituzionale di essere adeguatamente informato. Ma quali 

sono sinteticamente le principali ragioni dei due schieramenti, l’un 

contro l’altro armati, tra le pieghe delle vicissitudini che si trascinano 

da oltre un ventennio, espandendosi in tutto il Paese con il sorgere 

di Comitati del no tav e con una ipotetica soluzione finale nel 2025? 

iniziamo proprio da loro. la prima obiezione che sorregge la protesta 

è di carattere ambientale: il cantiere porterebbe dei danni alle falde 

acquifere eliminando l’acqua per un milione di persone e si cita il 

precedente del Mugello. il secondo motivo porta alla criminalità 

organizzata: piaccia o meno le grandi opere, in italia, possono diven- 

38_39 

tare una miniera per le mafie ed il Piemonte è al secondo posto nazionale, 

dopo la lombardia, per la penetrazione della ‘ndrangheta sul 

territorio, ovviamente Calabria esclusa. da ultimo le rilevazioni per 

quanto afferisce il traffico, che registra un flusso in continuo regresso 

rispetto le dieci milioni di tonnellate di merci all’anno registrate 

nel 1997. Passiamo ora alle motivazioni che costituiscono le ragioni 

principali dei sostenitori dell’opera. innanzitutto il tav è considerato 

la porta di collegamento tra il nord italia e l’europa e la torino – 

lione l’asse che da genova arriverà fino a rotterdam e dall’ungheria 

condurrà fino in spagna servendo un bacino di diciassette milioni di 

abitanti ed un milione e mezzo d’imprese. la sua costruzione porterà 

occupazione nella val di susa direttamente sui cantieri e, attraverso 

l’indotto, tramite subappalti, forniture ed accoglienza, oltre a ridurre 

il traffico stradale a favore del trasporto su rotaia. 

Ma quanto elencato, pro e contro, almeno a livello di contorni, 

credete che sia di conoscenza anche solo nozionistica, in quello che 

giornalisticamente si definisce il Palazzo delle decisioni? nell’introduzione 

del volume si riportano delle risposte dei nostri Parlamentari 

alle domande ‘che cos’è il tav’ e ’quali città collega’ da far rabbrividire. 

si oscilla dal ‘io non sono piemontese’ al ‘se mi aspetta due 

minuti prendo la cartina geografica’. 

analizzando invece la composizione dell’opera, nel caso quella 

letteraria, ritroviamo Mazzetti nelle vesti di uno spettatore attento e 

rigoroso che segue un treno immaginario in viaggio dal remotissimo 

18 ottobre del 1991 quando, al vertice intergovernativo di viterbo, 

venne deciso di affidare agli enti ferroviari italiano e francese uno 

studio di fattibilità per la linea torino – lione. si arriva scontando i 

fisiologici limiti dell’instant book, sino alle dichiarazioni della primavera 

del 2012 del premier in carica Mario Monti che, sostanzialmente, 

ribadisce ’il tav si farà e non tollereremo illegalità’. un capitolo è 

dedicato ai quarantatré Comuni della val di susa, un altro alle non 

proprio confortanti dichiarazioni rilasciate nel corso degli anni – a 

volte saltando tra incarichi e coalizioni di appartenenza – dagli esponenti 

politici, un altro ancora a tre lunghe ed articolate interviste 

rispettivamente al climatologo luca Mercalli, all’ingegner andrea 

debernardi e, per concessione de ‘la stampa’, quella rilasciata a luigi 

la spina dal ministro per lo sviluppo economico e per le infrastrutture, 

Corrado Passera. infine le sorprendenti considerazioni dei 

dirimpettai francesi ai quali, è bene dirlo, toccherà solo il trentasette 

per cento dei costi della galleria principale. 

nessuno è in grado di dire come terminerà, e quando, questa storia: 

di certo è condivisibile augurarsi che non sia un eterna incompiuta, 

perché come vanto della specialità sfoggiamo già la salerno 

– reggio Calabria e che, finalmente, cessino sia i lanci di sassi dei 

manifestanti e le cariche delle forze dell’Ordine. dopo 150 anni di 

storia repubblicana sarebbe il caso che ce li facessimo mancare. 

Walter Peirone

ULTIMA: stecche daL coRo 

FantacRonache 

semiseRie ed oRRoRi 

di stamPa daL Pianeta 

CADREgA 

DA “LA REpUBBLICA” DELL’8 AgOSTO 2012 

‘tRe anni di caRceRe PeR Le Pussy Riot, madonna canta a 

mosca: LiBeRateLe’ 

leggiamo che nadia, Marja e ekaterina, cantanti del gruppo punk 

Pussy riot, pagherebbero con tre anni di carcere una canzoncina 

anti Putin improvvisata sull’altare della cattedrale del santissimo 

salvatore una mattina di marzo. alle tre ragazze arriva la solidarietà 

di Madonna: la regina del rock, oltre ad una breve preghiera ha 

impartito alla folla accorsa anche una lezioncina sulla democrazia 

che ha creato non pochi imbarazzi al Cremlino. l’episodio, di per 

sé, riapre una di quelle leggende metropolitane che da sempre 

avvolgono di mistero il CPO di torino. esisterebbe infatti un video 

di fattura artigianale dove le impiegate dell’Ordine, abbigliate da 

dark lady, ballano e cantano nottetempo sulle scrivanie di Palazzo 

Paesana cimentandosi in una celeberrima canzone di Marco Masini. 

essendo donne il testo è declinato al maschile tuttavia chi sia 

quel Consigliere ‘bello come un ramo di ciliegio’ che evidentemente 

‘non può amare un tarlo perché commette un sacrilegio’ non si 

è mai saputo. e forse è meglio così. 

DA “LA REpUBBLICA” DEL 28 AgOSTO 2012 

‘isoLe tRoPPo caRe da manteneRe: i viP svendono 

GLi uLtimi PaRadisi’ 

leggiamo che giocare ai robinson Crusoe, sia pure con uno stuolo 

di maggiordomi al seguito, non va più di moda. sarà una conseguenza 

della crisi globale ma anche i miliardari hanno scoperto 

che non vale più la pena spendere così tanto per comprare una 

cosa che poi viene sfruttata una settimana all’anno. Così Paul 

allen, nicolas Cage, Johnny dep e tanti altri mettono in vendita le 

loro proprietà sparse negli oceani: ce ne sono più di seicento sul 

mercato. Bene. Considerando l’itinerario da lavandino di casa dei 

vari simposi perché non suggerire al CnO di acquistare un’isoletta 

dalle acque tiepide e vegetazione lussureggiante nei Mari del sud? 

e se durante il viaggio in nave si componessero atmosfere da ‘love 

boat’ con una o più coppie di colleghi che scoprissero una passione 

irrefrenabile potremmo lasciarli laggiù. Mica a fare i naufraghi, eh! 

infatti, oggi, la tecnologia consente di lavorare a distanza: è vero 

che per il contatto umano si dovrà ricorrere ad una fredda 

videoconferenza ma vuoi mettere per il cliente ricevere ogni mese 

via mail i cedolini dallo studio ‘laguna Blu – professionisti associati’? 

DA “IL SOLE 24 ORE” DELL’11 SETTEMBRE 2012 

‘iL BuLLismo non si contRasta con comPiti stiLe shininG’ 

leggiamo che un insegnante di scuola media di Palermo ha 

fatto scrivere per ben cento volte sul quaderno la frase ‘sono un 

deficiente’ ad un undicenne colpevole di aver tenuto una condotta 

‘bullistica’ ai danni di un compagno di classe. Per la Cassazione, 

che l’ha condannato a 15 giorni di reclusione, è andato ben oltre 

la funzione educativa. al C.P.O. di torino, in diretta emanazione dai 

penosi ‘disciplinar day’ a cui siamo stati costretti, è venuto spontaneo 

domandarci se, mutuando una pubblicità shock, facessimo 

scrivere cento volte ai colleghi che non ottemperano alla FCO ‘la 

buona notizia è che l’Ordine esiste, quella cattiva è che si occupa 

di gente come me’, rischiamo anche noi un soggiorno di 15 giorni 

alla casa circondariale? 

DA “CORRIERE DELLA SERA” DEL 29 SETTEMBRE 2012 

‘La Juve manda a PaRLaRe FiLiPPi e scatena 

una nuova PoLemica’ 

leggiamo che alla conferenza stampa precedente l’incontro tra 

Juve e roma, partita invelenita all’inverosimile dal fatto che sulla 

panca dei giallorossi sieda il nemico storico del club avversario. 

Zdenek Zeman, la dirigenza bianconera ha inviato tale Claudio 

Filippi. Chi è costui? È il preparatore dei portieri e quindi, stante 

la squalifica di antonio Conte, l’allenatore in seconda: quando 

gli hanno riferito che Zeman l’aveva battezzato poco più che un 

soprammobile lui ha replicato d’essere ‘interessato alla partita’. 

Peraltro, osserviamo al CPO di torino, al fine di salvaguardare il 

proprio posto di lavoro, sono direttamente ‘interessate al buon 

andamento dello studio’ anche le addette pulizie degli uffici che 

presidiamo, ovviamente detto senza nessun intento offensivo 

e classista. Ciò non toglie che a nessuno di noi passerebbe per 

l’anticamera del cervello di mandarne una ad assistere le aziende 

in corso di vertenza rispondendo alle domande, legittimamente 

poste, dalle OO.ss. 

inviate le vostre lettere a 

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