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ricerche paleontologiche del valdarno superiore ... - mario guerrini

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Mario Guerrini<br />

Ricerche <strong>paleontologiche</strong> <strong>del</strong> Valdarno<br />

<strong>superiore</strong>-medio-inferiore<br />

0


Mario Guerrini<br />

PALEONTOLOGIA<br />

Parte introduttiva<br />

“Progetto Arno”<br />

REPERTI FOSSILI<br />

E PROCESSI DI FOSSILIZZAZIONE<br />

1


Panoramica fotografica dei sedimenti argillosi e sabbiosi <strong>del</strong> Miocene e Pliocene in località<br />

"Spicchio, frazione di Empoli”.<br />

I sedimenti sono ricchi di conchiglie neogeniche. Si tratta di numerose specie soprattutto<br />

Lamellibranche i Gasteropodi.<br />

2


I fossili presenti nei sedimenti sono per la maggior parte fratturati probabilmente a<br />

causa di azioni meccaniche dovute all’estrazioni in questo sito <strong>del</strong>l’argilla impiegata<br />

dalla ex Fornace di laterizi qui ubicata. I fossili di piccole dimensioni sono, al contrario,<br />

perfettamente integri; è nata pertanto l’idea di eseguire sui medesimi una fotocopia diretta<br />

e produrre poi una serie di ingrandimenti successivi consentendo così una più efficace<br />

documentazione <strong>del</strong>la specie. Riportiamo qui a seguito un esempio di ciò con le<br />

tavole N° 1 e N° 2 . Mediante fotocopie ingrandite sono state catalogate infine alcune<br />

specie e riportate nelle rispettive tavole N° 3 e N° 4 N° 5 e N° 6.<br />

TAVOLA N° 1<br />

1)<br />

2)<br />

4


TAVOLA N° 2<br />

3)<br />

4)<br />

5)<br />

5


TAVOLA N° 3<br />

Turbo Tornatus.<br />

6


Turbo Imbrigatarius.<br />

Turbo Varicosus.<br />

7


TAVOLA N° 4<br />

Murex Longiroster.<br />

Murex Cataphractus.<br />

Murex Dimidiatus.<br />

8


TAVOLA N° 5<br />

Murex Bracteatus.<br />

Murex Turricula.<br />

Murex Interruptus.<br />

9


TAVOLA N° 6<br />

VOLUTA coronata.<br />

VOLUTA affinis.<br />

BUCCINUM gibbum.<br />

10


I processi di fossilizzazione<br />

In tafonomia (dal greco taphos = seppellimento) studia i processi di fossilizzazione, cioè<br />

tutto ciò che accade ad un essere vivente dalla sua morte al suo ritrovamento come fossile<br />

comprendendone in successione i vari processi quali: morte, decomposizione, trasporto,<br />

seppellimento e fossilizzazione.<br />

La fossilizzazione è un processo conservativo in quanto che i resti vengono modificati in<br />

una entità in grado di resistere al tempo che trascorre.<br />

La fossilizzazione interessa in special modo le parti scheletriche di un organismo, mentre<br />

le parti molli vengono distrutte per decomposizione, fossilizzando solamente in particolari<br />

condizioni. Quando le parti dure sono ricoperte da sedimenti, vengono a contatto<br />

con le acque circostanti all’interno <strong>del</strong> sedimento stesso e potranno disciogliersi oppure<br />

mineralizzarsi. La dissoluzione dipende dalla composizione chimica <strong>del</strong>le acque circolanti<br />

e da quella dei resti organici. Fra i gusci carbonatici degli invertebrati, i più <strong>del</strong>icati<br />

sono quelli di aragonite, poi quelli di calcite ed infine quelli di fosfato di calcio.<br />

Il chinismo <strong>del</strong>le acque circolanti dipende soprattutto dal tino di sedimento percolato.<br />

Le acque che passano attraverso i sedimenti carbonatici si arricchiscono in carbonato di<br />

calcio e tendono a preservare i gusci carbonatici. Al contrario, nei sedimenti silicei, le<br />

acque risulteranno sottosature rispetto ai carbonati e tenderanno a solubilizzare ogni<br />

tipo di guscio calcareo. La mineralizzazione può avvenire con diverse modalità: per le<br />

ossa dei vertebrati il processo è classificato come "impregnazione”; si verifica la precipitazione<br />

diretta dei minerali negli spazi lasciati liberi dalla decomposizione <strong>del</strong>la sostanza<br />

organica all’interno <strong>del</strong>le ossa. Con un processo definito appunto di "sostituzione"<br />

la sostanza che costituiva la parte scheletrica viene decomposta e sostituita dal minerale.<br />

Comunemente i minerali più comuni che intervengono alla sostituzione oltre alla<br />

calcite sono la silice e la pirite. In ambiente acido è favorita la deposizione <strong>del</strong>la silice,<br />

in ambiente riducente è probabile quella <strong>del</strong>la pirite. Se la dissoluzione <strong>del</strong>la parte organica<br />

si verifica quando il sedimento circostante è parzialmente litificato si possono<br />

ottenere impronte, mo<strong>del</strong>li interni e pseudogusci.<br />

I processi per i quali si può ottenere una trasformazione conservativa <strong>del</strong>la parte organica<br />

sono: permineralizzazione e carbonificazione.<br />

La permineralizzazione avviene con un’impregnazione dei tessuti molli da parte di soluzioni<br />

saline fortemente concentrate. Se ciò si manifesta nella fase iniziale di decomposizione,<br />

il tessuto molle può risultare perfettamente conservato. La carbonificazione si<br />

verifica in ambienti carenti di ossigeno cioè anossici; si instaura una fermentazione che<br />

comporta l’eliminazione di sostanze volatili ed arricchimento relativo in carbonio. La<br />

parte organica si trasforma in sottili lamine carboniose chiamate antracoleimmi.<br />

Particolari casi di conservazione dei tessuti molli sono dovuti sia a mummificazione che<br />

a criconservazione oppure ad inglobamento in quella resina naturale che è appunto<br />

l’ambra.<br />

11


Mario Guerrini<br />

PALEONTOLOGIA<br />

1^ Parte<br />

“Progetto Arno”<br />

FAUNE FOSSILI PLIOCENICHE NEI DEDIMENTI<br />

SABBIOSO-ARGILLOSI<br />

DEL VALDARNO INFERIORE<br />

12


Nel Pliocene inferiore (5 - 3,5 milioni di anni), la regione Toscana è interessata da una vasta trasgressione<br />

marina che raggiunge le pendici dei monti <strong>del</strong> Chianti e <strong>del</strong> monte cibano, ad oriente giunge fino alla Val di<br />

Chiana. Questo ciclo marino è caratterizzato inoltre da grandi conoidi di deiezione alle foci dei rispettivi<br />

fiumi.<br />

Da 1,8 a 0,9 milioni di anni fa, periodo denominato Villafranchiano <strong>superiore</strong>, la Toscana è quasi tutta emersa<br />

a seguito <strong>del</strong>la regressione marina Pliocenica; le parti interne sono caratterizzate da bacini lacustri<br />

intermontani mentre il <strong>valdarno</strong> inferiore presenta zone di passaggio tra ambienti fluviolacustri ed ambienti<br />

costieri. Il clima ha un netto raffreddamento.<br />

Nel periodo denominato Post- Villafranchiano, databile intorno ai 100000 anni fa, la morfologia <strong>del</strong>la Toscana,<br />

con la trasformazione <strong>del</strong>la rete idrografica si avvicina alla morfologia attuale.<br />

L’Arno, proveniente dal Casentino e dal bacino lacustre noto come lago <strong>del</strong> Valdarno <strong>superiore</strong> (il più grande<br />

di tutti i laghi italiani <strong>del</strong> Pliocene con i suoi 20 Km di lunghezza), alimenta il bacino lacustre sottostante<br />

ubicato in quella estesa superficie che attualmente comprende le città di Firenze,Prato,Pistoia.<br />

Nei pressi di Signa, nella dorsale <strong>del</strong> monte si apre un emissario che inizia a scorrere verso il mare.<br />

I sedimenti neogenici italiani, le sabbie e le argille <strong>del</strong> Miocene e <strong>del</strong> Pliocene contengono numerose conchiglie<br />

fossili, perciò molte zone di affioramento di questi terreni sono considerati luoghi ideali per lo studio<br />

dei depositi marini e lacustri che caratterizzano queste epoche. E' il caso di un affioramento di una cava per<br />

laterizzi in località Spicchio nei pressi di Empoli, che fa parte <strong>del</strong> riempimento <strong>del</strong> bacino <strong>del</strong>la Valle<br />

<strong>del</strong>l’Elsa. L'affioramento ha uno spessore di circa 40 metri costituito di strati argillosi e sabbiosi di ambiente<br />

marino poco profondo; verso l’alto si evidenzia una progressiva diminuzione <strong>del</strong>la profondità di sedimentazione,<br />

fino ad ambiente <strong>del</strong>tizio di transizione. I primi trenta metri <strong>del</strong>la successione sono costituiti da terreni<br />

limosabbiosi di colore grigio, con più livelli fossiliferi. Alcuni livelli conchigliari mostrano<br />

un’associazione di turridi e naticidi ( gasteropodi ) dominata da Haustator vermicularis (Fig. n° 1), scafopodi<br />

(Dentalium fossile - Fig. n° 2), Glans intermedia (bivalve) (fig. n° 3), e resti di cefalopodi (sepidi).<br />

La parte <strong>superiore</strong> <strong>del</strong>la successione mostra un passaggio netto ad ambienti meno profondi corrispondenti<br />

alla parte sommersa di una formazione <strong>del</strong>tizia. La vicinanza di lagune costiere è resa significativa dalla presenza<br />

di un’associazione a molluschi di ambiente salmastro.<br />

Questa e dominata dal bivalve Cerastoderma edule. (Fig. n° 4).<br />

La successione inerente all'affioramento <strong>del</strong>la cava nei pressi di Bipoli è grosso modo coeva a quella di San<br />

Miniato. L’ex Convento dei Cappuccini sorge sul lato orientale di questo paese lungo il crinale che lo congiunge<br />

con la valle <strong>del</strong>l’Elsa. L’alternanza degli strati di coesione diversa rende il terreno <strong>del</strong>le colline attorno<br />

a San Miniato franoso ed instabile, con strati sabbiosi a forma di rapidi contrafforti e quelli argillosi erosi<br />

in forme più dolci.<br />

I fianchi di uno dei contrafforti sabbiosi, tra il convento ed il paese, hanno restituito una tra le faune fossili<br />

più interessanti.<br />

Si tratta di una notevole varietà di resti di molluschi marini di età Pliocenica che hanno attirato l’attenzione<br />

dei naturalisti fino dai secoli scorsi.<br />

L’affioramento presenta una successione di sedimenti incoerenti sabbiosi ed argillosi per uno spessore<br />

complessivo di cinquanta metri circa. Nella parte inferiore sono presenti strati a granulometria fine (argille<br />

e limi) con rari fossili ed una associazione dominata da Haustator vermicularis. Seguono sabbie con un livello<br />

conchigliare caratterizzato da bivalvi di ambiente marino non molto profondo (Chlamys varia Fig. n° 5 ,<br />

Glans inermedia ed altri bivalvi) e quindi <strong>del</strong>le argille grigie con molluschi sparsi (echinodemi, bivalvi tellinidi<br />

e lo scafopode Dentalium fossile). Queste forme indicano un ambiente a bassa energia, posto a profondità<br />

maggiore rispetto a quella testimoniata dalle sabbie sottostanti.<br />

La metà <strong>superiore</strong> <strong>del</strong>l’affioramento è formato da potenti strati prevalentemente sabbiosi con tre livelli fossiliferi<br />

principali: il livello inferiore è caratterizzato dalla presenza di Ostrea edulis. I due livelli superiori, distanti<br />

circa due metri l’uno dall’altro, sono caratterizzati da una ricca fauna fossile di ambiente costiero.<br />

L’associazione è ben diversificata: Panopea glicymeris (Fig. n° 6), Timoclea ovata (Fig. n° 7), Pelecyora gigas<br />

(Fig. n° 8), Chamelea gallina (Fig.n° 9), Gonus mercati (Fig. n° 10), Aporrhais pespelecani (Fig.n° 11), Neverita<br />

josephinia (Fig. n° 12), Scaphander lignarius (Fig. n° 13), Strioterebrum reticolatum (Fig.n° 14) caratterizzano<br />

il primo livello; Callista chione (Fig. n° 15), Callista italica (Fig. n° 16), Pterynotus veranji (Fig. n° 17),<br />

Flabellipecten flabelliformis (Fig. n° 18), Dentalium fossile, Mitra sp. (Fig. n° 19) caratterizzano il secondo.<br />

13


La successione di associazioni fossili è indicativa di un aumento di profondità <strong>del</strong>le acque, con il passaggio<br />

da una zona di spiaggia sommersa ad una di mare più aperto. L’aumento di profondità sarebbe caratterizzato<br />

dai episodi trasgressivi marcati dai vari livelli conchigliari. Infine possiamo dire che la parte <strong>superiore</strong> di<br />

questa successione è costituita da sabbie grossolane a stratificazione obliqua rispetto al piano orizzontale a<br />

significare una nuova diminuzione <strong>del</strong>la profondità ed il passaggio ad un ambiente di di fronte <strong>del</strong>tizio ad alta<br />

energia.<br />

(Fig. n° 1) Haustator vermicularis.<br />

14


(Fig. n° 2) Dentalium fossile.<br />

15


(Fig. n° 3) Glans intermedia. (Brocchi)<br />

16


(Fig. n° 4) Cerastoderma edule.<br />

17


(Fig. n° 5) Chlamys varia.<br />

18


(Fig. n° 6) Panopea glycimeris.<br />

19


(Fig. n° 7) Timoclea ovata.<br />

20


(Fig. n° 8) Pelecyora gigas (Lamarck 1818)<br />

21


(Fig. n° 9) Chamelea gallina.<br />

22


(Fig. n° 10) Conus mercati.<br />

23


(Fig. n° 11) Aporrhais pespelecani.<br />

24


(Fig. n° 12) Neverita josephinia.<br />

25


(Fig. n° 13) Scaphander lignarius.<br />

26


(Fig. n° 14) Strioterebrum reticolatum. (Pecchi)<br />

27


(Fig. n° 15) Callista chione.<br />

(Fig. n° 16) Callista italica.<br />

28


(Fig. n° 17) Pterynotus veranyi. (Paulucci; 1866)<br />

29


(Fig. n° 18) Flabellipecten flabelliformis.<br />

30


(Fig. n° 19) Mitra Sp.<br />

31


Mario Guerrini<br />

PALEONTOLOGIA<br />

2^ Parte<br />

“Progetto Arno”<br />

PIANTE FOSSILI PLIOCENICHE NEI SEDIMENTI<br />

LACUSTRO-ARGILLOSI<br />

DEL VALDARNO SUPERIORE<br />

32


Il paesaggio <strong>del</strong> Pliocene inferiore è caratterizzato da ambienti di foreste caldo umide. Questo tipo di ecosistema<br />

cambia attorno a 2,5 milioni di anni fa. Siamo cioè all’inizio <strong>del</strong>l’era Pleistocenica, la vegetazione durante<br />

il pleistocene varia, mostrando un paesaggio da boscoso ad uno caratterizzato da associazioni di vegetali<br />

specifici <strong>del</strong>le savane e <strong>del</strong>le foreste aperte.<br />

Uno dei metodi di riferimento per la valutazione dei climi <strong>del</strong> passato è quello che utilizza i rapporti isotopici<br />

<strong>del</strong>l’ossigeno. Alcuni elementi naturali presentano atomi , detti isotopi, che hanno le stesse proprietà<br />

chimiche ma peso atomico diverso; l’analisi <strong>del</strong>le piccole variazioni nel rapporto di due isotopi di alcuni elementi<br />

(in particolare l’ossigeno con gli isotopi 16 O e 18 O ed il carbonio con gli isotopi 13 C e 13 C) risultano di<br />

grande importanza per le <strong>ricerche</strong> paleoclimatiche.<br />

Per le ricostruzioni paleocologiche e paleoambientali, un metodo ancora non estensivamente applicato ai<br />

fossili è l’analisi <strong>del</strong> δ 13 C ( è chiamato <strong>del</strong>ta e rappresenta il rapporto 13 C / 12 C) misurato nello smalto <strong>del</strong><br />

denti degli erbivori. Le variazioni di questo valore riflettono le differenze nella composizione isotopica <strong>del</strong>le<br />

piante che hanno rappresentato la fonte <strong>del</strong> cibo degli animali. I valori <strong>del</strong>la composizione isotopica dei vegetali<br />

sono a loro volta influenzati dal tipo di fotosintesi di ciascuna pianta. Esiste un gruppo di vegetali (le<br />

così dette piante C3) costituito essenzialmente da alberi, arbusti ed erbe di clima freddo ed umido che presenta<br />

valori <strong>del</strong> δ 13 C bassi; al contrario le piante (soprattutto le erbacee) di clima caldo e secco (le così dette<br />

piante C4) presentano valori <strong>del</strong> δ 13 C nettamente più alti.<br />

I valori <strong>del</strong> rapporto isotopico δ 13 C osservato nel carbonio contenuto nella idrossiapatite dei denti degli erbivori<br />

rispecchia il valore degli elementi che costituiscono la loro dieta.<br />

Quando accade di poter disporre di reperti fossili, allora siamo proprio nelle condizioni ideali per una indagine<br />

paleoclimatica.<br />

Per il periodo Pliocenico, questo è stato possibile grazie al ritrovamento di piante fossili nelle argille lacustri<br />

Plioceniche <strong>del</strong> lago <strong>del</strong> Valdarno Superiore che ha permesso di conoscere la vegetazione terrestre che si affacciava<br />

su questo antico specchio di acqua di 20 Km di lunghezza e quindi considerato uno dei più grandi<br />

laghi <strong>del</strong> Pliocene. Le sue acque occupavano la conca <strong>del</strong> Valdarno Superiore fra il Pliocene ed il Pleistocene<br />

ed i sedimenti che vi si depositarono contengono i resti fossili <strong>del</strong> Cenozoico Superiore e <strong>del</strong> Neozoico inferiore.<br />

La vegetazione fossile rinvenuta testimonia appunto per il Pliocene un clima assai più caldo di quello<br />

attuale come appunto era stato constatato per via indiretta. Ecco qual è stato il contributo <strong>del</strong>la flora fossile<br />

<strong>del</strong> Valdarno Superiore:<br />

Pìnus de-stefanii<br />

Callitrites brongniarti<br />

Potamogeton anconai<br />

Fagus incerta<br />

Fagus gaudini<br />

Fagus pseudo-cordifolia<br />

Carpinus grandis<br />

Quercus figulinensis<br />

Quercus sp.<br />

Quercus daniellii<br />

Salix decurrens<br />

33<br />

Ulmus quercifolia<br />

Cinnamomum polymorphum<br />

Cinnamomum lanceolatum<br />

Cinnamomum targionii<br />

Magnolia fraterna<br />

Acer integrilobum<br />

Ilex massalongi<br />

Carya elaenoides<br />

Populus mutabilis oblonga<br />

Leguminosites sp.<br />

Acer sp.


Pìnus de-stefanii<br />

Callitrites brongniarti<br />

34


Potamogeton anconai<br />

Fagus incerta<br />

35


Fagus gaudini<br />

Fagus pseudo-cordifolia<br />

36


Carpinus grandis<br />

Quercus figulinensis<br />

Quercus sp.<br />

37


Quercus daniellii<br />

38


Salix decurrens<br />

Ulmus quercifolia<br />

39


Cinnamomum polymorphum<br />

Cinnamomum lanceolatum<br />

40


Cinnamomum targionii<br />

Magnolia fraterna<br />

41


Acer integrilobum<br />

Ilex massalongi<br />

42


Carya elaenoides<br />

Populus mutabilis oblonga<br />

43


Leguminosites sp.<br />

Acer sp.<br />

44


Mario Guerrini<br />

PALEONTOLOGIA<br />

3^ Parte<br />

“Progetto Arno”<br />

REPERTI FOSSILI DI ANIMALI<br />

IN TERRENI PLIOCENICI<br />

DELL’ALTO E MEDIO-BASSO VALDARNO<br />

45


Il bacino lacustre conosciuto come Lago <strong>del</strong> Valdarno <strong>superiore</strong> risultava, con ben 20 Km di lunghezza, il più<br />

grande di tutti i laghi italiani <strong>del</strong> Pliocene. Le acque riempivano la conca <strong>del</strong> Valdarno <strong>superiore</strong> fra il periodo<br />

Pliocenico e quello Pleistocenico ed i sedimenti che vi si depositarono celano resti di animali <strong>del</strong> Cenozoico<br />

<strong>superiore</strong> e <strong>del</strong> Neozoico inferiore.<br />

Dai sedimenti <strong>del</strong> Pliocene provengono i resti ossei di rettili riportati nelle tavole n. 1; 2; 3; 4; 5.<br />

Gli esemplari meglio conservati sono i cheloni non rari anche nei giacimenti terziari rinvenuti sul suolo italiano.<br />

Qui a seguito riportiamo le tavole sopra elencate:<br />

Tavola n. 1<br />

TESTUDO GLOBOSA, carapace visto in norma dorsale.<br />

46


Tavola n. 2<br />

47


TESTUDO GLOBOSA, carapace visto in norma laterale.<br />

Tavola n. 3<br />

TESTUDO GLOBOSA, piastrone nucale.<br />

48


TESTUDO GLOBOSA, piastrone visto in norma inferiore.<br />

Tavola n. 4<br />

49


PROGONOSAURUS PERTINAX (varanide), vertebra sacrale vista in norma laterale.<br />

PROGONOSAURUS PERTINAX, vertebra sacrale vista in norma posteriore.<br />

PROGONOSAURUS PERTINAX, vertebra caudale.<br />

Tavola n. 5<br />

50


COLUBER ETRURIAE (colubride) vertebra dorsale.<br />

51


All'inizio <strong>del</strong>l’Era Neozoica, nel Pleistocene, il lago <strong>del</strong> Valdarno <strong>superiore</strong> aumentò notevolmente di dimensioni<br />

raggiungendo 60 Km di lunghezza. Si formarono ingenti depositi di sedimenti che attualmente contengono<br />

i resti <strong>del</strong>la fauna pleistocenica regionale.<br />

Fra gli animali trovati nei sedimenti neozoici <strong>del</strong> Valdarno compare una tigre dai denti a sciabola: il notevole<br />

prolungamento dei canini rendeva tale felino un predatore di estrema pericolosità.<br />

Gli esemplari <strong>del</strong>le tavole n. 6; 7; 8; 9 appartengono al Meganterion, genere denominato anche Tuscanius a<br />

causa dei ritrovamenti <strong>del</strong> Valdarno.<br />

Qui a seguito riportiamo le tavole sopra elencate:<br />

Tavola n. 6<br />

MEGANTERION cultridens, dente canino <strong>superiore</strong> destro.<br />

Tavola n. 7<br />

MEGANTERION crenatidens, branca mandibolare sinistra.<br />

52


Tavola n. 8<br />

MEGANTERION nestianus, cranio.<br />

Tavola n. 9<br />

MEGANTERION nestianus, mandibola.<br />

53


Nel Cenozoico <strong>superiore</strong> e nell'Era Neozoica, il rinoceronte abitava l'Italia. Erano presenti le specie: Rhinoceros<br />

megarhinus <strong>del</strong> Pliocene, Rhinoceros etruscus , Rhinoceros hemitoechus e Rhinoceros mercki <strong>del</strong> Pleistocene<br />

insieme al Rhinoceros tichorhinus ricoperto dì lana perché di clima freddo <strong>del</strong> pleistocene <strong>superiore</strong>.<br />

I resti di questi animali sono stati trovati oltre che nel bacino <strong>del</strong> Valdarno anche in quello <strong>del</strong>la Val di Chiana.<br />

Nelle Tavole n. 10; 11; 12 è raffigurato il cranio di Rhinoceros etruscus (o Dicerorhinus etruscus), conservato<br />

nel Museo di Paleontologia <strong>del</strong>l'Università di Firenze, proveniente dai sedimenti pleistocenici <strong>del</strong> Valdarno<br />

<strong>superiore</strong>.<br />

Qui a seguito riportiamo le tavole sopra elencate:<br />

Tavola n. 10<br />

Dicerorhinus etruscus, cranio in norma dorsale.<br />

Tavola n. 11<br />

Dicerorhinus etruscus, cranio in norma laterale.<br />

54


Tavola n. 12<br />

Dicerorhinus etruscus, cranio in norma palatina.<br />

55


Dal Medio-Basso Valdarno ci pervengono i reperti fossili estratti dai sedimenti che hanno a suo tempo<br />

riempito e colmato una caverna <strong>del</strong> Monte Pisano.<br />

I sedimenti hanno conservato resti ossei qui raffigurati: tavole n. 13; 14, 15; 16; 17; 18; 19; 20; 21.<br />

I resti ossei sono rispettivamente quelli <strong>del</strong>la iena <strong>del</strong>le caverne, oltre a quelli <strong>del</strong> lupo, leone, lince ed elefante.<br />

Qui a seguito riportiamo le tavole sopra elencate:<br />

tavola n. 13<br />

Hyaena crocuta spelaea, cranio.<br />

56


Tavola n. 14<br />

Hyaena crocuta spelaea, cranio.<br />

57


Tavola n. 15<br />

Canis lupus.<br />

Tavola n. 16<br />

Canis aureus.<br />

58


Tavola n. 17<br />

Felis leo.<br />

Tavola n. 18<br />

Felis antiqua.<br />

59


Tavola n. 19<br />

Felis linx.<br />

Tavola n. 20<br />

Elephas antiquus, forma nana.<br />

60


Tavola n. 21<br />

Elephas antiquus, forma nana.<br />

61


Bibliografia<br />

Tutte le tavole in questa sede raffigurate provengono dal Museo di Paleontologia <strong>del</strong>l’Università di Firenze.<br />

- Faune fossili Plioceniche nei sedimenti sabbioso-argillosi <strong>del</strong> Valdarno inferiore<br />

Piante fossili Plioceniche in sedimenti lacustro-argillosi <strong>del</strong> Valdarno <strong>superiore</strong><br />

- Reperti fossili in terreni Pliocenici <strong>del</strong>l’alto e medio-basso Valdarno.<br />

62

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