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Rivista del Grande Oriente d'Italia n. 3/2009

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• 26 •<br />

L’uomo contemporaneo attraversa una<br />

mostruosa crisi di identità, la violenza si<br />

sviluppa e si manifesta a tutti i livelli, il dissesto<br />

climatico è in atto. Alcune cassandre<br />

sostengono addirittura che entro cinque<br />

anni i ghiacciai <strong>del</strong>l’Artico<br />

sarebbero già<br />

sciolti, con conseguenze<br />

che non sto nemmeno a<br />

precisare, ed è chiaro a<br />

tutti che la vita umana<br />

non vale più nulla. In verità<br />

di “crisi” <strong>del</strong>l’uomo<br />

contemporaneo si parla<br />

già da molto tempo; il<br />

termine “disagio <strong>del</strong>la<br />

civiltà”, che oggi risulta<br />

particolarmente popolare,<br />

risale a un celebre<br />

libro di Sigmund Freud<br />

<strong>del</strong> 1929, il cui significato<br />

esatto nella traduzione<br />

dal tedesco suonava piuttosto<br />

L’incontentezza <strong>del</strong>la cultura, ma già prima di<br />

lui e sempre in quei magici anni ’20, avevamo<br />

avuto personaggi come Oswald Spengler,<br />

filosofo <strong>del</strong>la storia, che aveva<br />

pubblicato un volume così sul Tramonto<br />

<strong>del</strong>la civiltà occidentale e di lì a pochi anni<br />

René Guénon scrisse La crisi <strong>del</strong> mondo moderno.<br />

Fece seguito Julius Evola con Rivolta<br />

contro il mondo moderno. Ma io direi che la<br />

crisi <strong>del</strong>la società moderna, estremizzando<br />

il discorso, è in atto sin dai tempi di Socrate;<br />

già Giorgio Colli, indimenticabile interprete<br />

<strong>del</strong>la sapienza greca e Mazzino<br />

Montinari avevano sostenuto con grande<br />

serietà che il tramonto <strong>del</strong>l’Occidente era<br />

cominciato a partire da Socrate, e Platone<br />

3/<strong>2009</strong><br />

HIRAM<br />

era già un uomo <strong>del</strong>la decadenza, nel senso<br />

che già in quel tempo, in cui circolavano i<br />

sofisti, si era perduto il senso <strong>del</strong> mythos. Il<br />

mito non era più il mito nel senso nobile<br />

<strong>del</strong>la parola, nel senso heideggeriano <strong>del</strong><br />

“Das sagende Wort”, “la<br />

parola che dice”, la parola<br />

significativa, la parola<br />

colta, la parola creatrice<br />

ma era diventato sinonimo<br />

di “menzogna”, di<br />

“favola ingenua”. Mythodes<br />

in Tucidide significa<br />

“bugiardo”, punto e basta.<br />

E allora, quando lo sviluppo<br />

di quello che noi<br />

chiamiamo, impropriamente,<br />

civiltà occidentale,<br />

procede “von Mythos zum<br />

Logos und Noesis”, è su<br />

questo che dobbiamo soffermare<br />

la nostra attenzione.<br />

La frattura <strong>del</strong>la parola: io penso che<br />

gran parte dei mali <strong>del</strong> nostro tempo siano<br />

riconducibili alla crisi <strong>del</strong> linguaggio, che<br />

ci ha portato, paradossalmente, al linguaggio<br />

<strong>del</strong>la crisi. Parliamo, per esempio,<br />

molto di “sinonimi”, ma io credo che i sinonimi<br />

non esistano; ogni termine ha una<br />

sua sfumatura irripetibile di senso, di significato,<br />

allora dobbiamo rapportarci<br />

nuovamente, per procedere in risalita, a<br />

quella che si chiama “semantica”, che è un<br />

ramo <strong>del</strong>la linguistica che, nella sua accezione<br />

più semplice, significa semplicemente<br />

lo studio, la ricerca, <strong>del</strong> “significato”<br />

originale ed esatto <strong>del</strong>le parole, così come<br />

esse erano un tempo. Vi ricordo allora un<br />

celebre mito biblico, quello di Nemrod, la

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