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Arthur Schopenhauer<br />

Aforismi<br />

sulla<br />

saggezza nella vita<br />

ARTURO SCHOPENHAUER<br />

AFORISMI<br />

SULLA<br />

SAGGEZZA NELLA VITA<br />

(dall fopera PARERGA UND PARALIPOMENA)<br />

TRADUZIONE<br />

OSCAR D. CHILESOTTI<br />

MILANO<br />

FRATELLI DUMOLARD<br />

1885<br />

4<br />

AL LETTORE<br />

______<br />

Q. HOHATII FLACCI. Odarum, Liber III, Ode I<br />

Non per giovarti o per darti piacere,<br />

lettore, non per averne lode o guadagno<br />

(che di tutto cio non mi cale) tradussi questo<br />

libro, ma cosi feci perche cosi mi piacque<br />

fare.<br />

Vale.<br />

DOTT. OSCAR CHILESOTTI.<br />

5<br />

INDICE


INTRODUZIONE<br />

la felicita non e facile a<br />

conquistare; e molto difficile<br />

trovarla in noi . impossibile<br />

altrove.<br />

CHAMFORT.<br />

Prendo qui nel suo significato immanente la nozione di saggezza nella vita, cioe<br />

intendo con cio l farte di rendere la vita quanto meglio e possibile piacevole e felice. Questo<br />

studio potrebbe egualmente chiamarsi l fEudemonologia; sarebbe dunque un trattato sulla<br />

vita felice. Questa potrebbe a sua volta essere definita una esistenza che, considerata dal<br />

punto di vista puramente esteriore, o piuttosto (trattandosi d fun apprezzamento soggettivo)<br />

che dopo fredda e matura riflessione e preferibile alla non-esistenza. La vita felice, cosi<br />

definita, ci attrarrebbe per se stessa, e non solo per il timore della morte; ne risulterebbe<br />

inoltre che noi desidereremmo vederla durare senza fine. Se la vita umana corrisponda, o<br />

possa solamente corrispondere alla nozione d funa tale esistenza, e questione a cui si sa che<br />

ho risposto con una negativa nella mia Filosofia; l feudemonologia invece presuppone una<br />

risposta affermativa. Infatti questa si fonderebbe sopra tale errore innato, errore che ho<br />

combattuto in principio del capitolo XLIX, vol. II, della mia opera principale1. In<br />

conseguenza, per poter nondimeno trattare la questione, dovetti allontanarmi interamente<br />

dal punto di vista elevato, metafisico e morale a cui conduce la mia vera filosofia. Lo<br />

sviluppo che segue e stabilito adunque, in una certa misura, sopra una convenzione, nel<br />

senso che esso si mette sotto il punto di vista usuale ed empirico, e ne conserva l ferrore. Il<br />

suo valore inoltre non puo essere che condizionato, dal momento che la parola<br />

eudemonologia non e che un eufemismo. Di piu esso non ha la minima pretesa di esser<br />

completo, sia perche il tema e inesauribile, sia perche io avrei dovuto ripetere cio che altri<br />

ha gia detto.<br />

Io non ricordo che il libro di Cardano: De utilitate ex adversis capienda (dell futilita<br />

che si puo cavare dalle disgrazie), lavoro degno d fesser letto, che tratti lo stesso argomento


dei presenti aforismi; esso potra servire a completare quanto io qui presento. Aristotele, e<br />

vero, ha intercalato una breve eudemonologia nel capitolo V, libro I, della sua Rettorica, ma<br />

non ha fatto che un fopera assai meschina. Io non ricorsi a questi miei predecessori; che non<br />

e affar mio il compilare; tanto meno lo feci perche in tal modo si perde quell funita di vedute<br />

che e l fanima delle opere di si fatta specie. Insomma, certamente i saggi di tutti i tempi<br />

hanno sempre detto lo stesso, e gli sciocchi, cioe l fincommensurabile maggioranza di tutti i<br />

tempi, hanno sempre fatto lo stesso, ossia l fopposto, e sara sempre cosi. Anche Voltaire<br />

dice; Noi lascieremo questo mondo tanto stupido e tanto cattivo quanto lo abbiamo trovato<br />

venendoci.<br />

1 Schopenhauer intende con cio il suo trattato; Il mondo come volonta e come fenomeno<br />

(rappresentazione). (N. del Trad.).<br />

7<br />

CAPITOLO PRIMO<br />

Divisione fondamentale.<br />

Aristotele (Etica a Nicomaco, I, 8) ha diviso i beni della vita umana in tre classi: beni<br />

esteriori, dell fanima e del corpo. Non conservando che la divisione in tre io dico che cio<br />

che distingue le sorti dei mortali puo essere ridotto a tre condizioni fondamentali. Esse<br />

sono:<br />

1. ‹ Cio che si e: dunque la personalita nel suo senso piu lato. Per conseguenza qui si<br />

comprende la salute, la forza, la bellezza, il temperamento, il carattere morale, l fintelligenza<br />

ed il suo sviluppo.<br />

2. ‹ Cio che si ha: dunque proprieta e ricchezza d fogni natura.<br />

3. ‹ Cio che si rappresenta: e noto che con questa espressione s fintende la maniera<br />

colla quale altri si figura un individuo, quindi cio che questi e nell faltrui rappresentazione.<br />

Tutto cio consiste dunque nell fopinione altrui a suo riguardo, e si divide in onore, grado e<br />

gloria.<br />

Le differenze della prima categoria, di cui abbiamo da occuparci, sono quelle che la<br />

natura stessa ha posto fra gli uomini; d fonde si puo gia inferire che la loro influenza sulla


felicita o sull finfelicita sara piu essenziale e piu penetrante che quella delle differenze che<br />

derivano dalle convenzioni umane e che noi abbiamo ricordato nelle due rubriche seguenti.<br />

I veri vantaggi personali, quali una gran mente o un gran cuore, sono in rapporto ad ogni<br />

vantaggio di grado, di nascita, pur anche regale, di ricchezza, ecc., cio che i re veri sono<br />

rispetto ai re sul teatro. Gia Metrodoro, il primo discepolo d fEpicuro, aveva intitolato un<br />

capitolo; Le cause che vengono da noi contribuiscono alla felicita piu di quelle che<br />

nascono dalle cose.<br />

E, senza dubbio, per la felicita dell findividuo, pur anche in tutto il suo modo di<br />

essere, la cosa principale sara evidentemente quello che si trova o si produce in lui. Infatti e<br />

la che risiede immediatamente il suo benessere o la sua infelicita; insomma e sotto questa<br />

forma che si manifesta da bel principio il risultato della sua sensibilita, della sua volonta,<br />

del suo pensiero; tutto cio che si trova al di fuori non ha che un finfluenza indiretta. Percio<br />

le medesime circostanze, i medesimi avvenimenti esterni impressionano ogni individuo in<br />

modo affatto differente, e, quantunque tutti siano posti nello stesso mezzo, ognuno vive in<br />

un mondo differente. Perche ciascuno non ha direttamente a che fare se non colle sue<br />

proprie sensazioni, e coi movimenti della sua propria volonta: le cose esterne non hanno<br />

influenza su lui che in quanto determinino questi fenomeni interni. Il mondo in cui si vive<br />

dipende dal modo d fintenderlo, che e differente per ogni testa; secondo la natura delle<br />

intelligenze esso sembrera povero, scipito e volgare, o ricco, interessante ed importante.<br />

Mentre un tale, per esempio, invidia un tal altro per le avventure interessanti toccategli<br />

nella sua vita, dovrebbe piuttosto invidiargli il dono di concezione che ha dato a questi<br />

8<br />

avvenimenti l fimportanza che assumono nella sua descrizione, perche il medesimo fatto che<br />

si presenta in un modo cosi interessante nella testa d fun uomo di spirito, non offrirebbe piu,<br />

concepito da un cervello grossolano e triviale, che una scena insipida della vita d fogni<br />

giorno. Cio si manifesta al piu alto grado in molte poesie di Goethe e di Byron, il fondo<br />

delle quali sta evidentemente sopra un dato reale; uno sciocco, leggendole, e capace<br />

d finvidiare al poeta la graziosa avventura in luogo d finvidiargli la potente immaginazione


che d fun avvenimento abbastanza comune, ha saputo fare qualche cosa di cosi grande e di<br />

cosi bello. Egualmente il melanconico vedra una scena di tragedia la dove il sanguigno non<br />

vede che un conflitto interessante, ed il flemmatico un caso insignificante.<br />

Tutto questo proviene dal fatto che ogni realta, cioe ogni attualita compita, si<br />

compone di due meta, il soggetto e l foggetto, ma cosi necessariamente e cosi strettamente<br />

unite come l fossigeno e l fidrogeno nell facqua. Identica la meta oggettiva, e differente la<br />

soggettiva, o viceversa, la realta attuale sara tutt faltra; la piu bella e la migliore meta<br />

oggettiva, quando la soggettiva e grossolana, di trista qualita, non dara mai che una cattiva<br />

realta ed attualita, simile ad un bel sito visto col brutto tempo o riflesso da una camera<br />

oscura difettosa. Per parlare piu volgarmente ognuno e ficcato nella sua coscienza come<br />

nella sua pelle, e non vive immediatamente che in essa; cosi dal di fuori vi sara da portargli<br />

ben poco aiuto. Sulle scene Tizio rappresenta i principi, Caio i magistrati, Sempronio i<br />

lacche, o i soldati, o i generali, e cosi di seguito. Ma queste differenze non esistono che<br />

all festerno; all finterno, come nocciuolo del personaggio, e sepolto in tutti lo stesso essere,<br />

vale a dire un povero commediante colle sue miserie e coi suoi affanni.<br />

Nella vita succede lo stesso. Le differenze di grado e di ricchezza danno a ciascuno la<br />

parte da rappresentare, a cui non corrisponde affatto una differenza interna di felicita e di<br />

benessere; anche qui e posto in ciascheduno lo stesso povero bietolone colle sue miserie e<br />

coi suoi fastidi che possono differire presso i singoli individui quanto al fondo, ma che<br />

quanto alla forma, cioe in rapporto all fessere proprio, sono presso a poco gli stessi per tutti;<br />

havvi certo differenza nel grado, ma questa non dipende minimamente dalla condizione o<br />

dalla ricchezza, vale a dire dalla parte da rappresentare.<br />

Come tutto cio che succede, tutto cio che esiste per l fuomo, non succede e non esiste<br />

immediatamente che nella sua coscienza, evidentemente la qualita della coscienza sara<br />

l fessenziale prossimo, e nella maggior parte dei casi tutto dipendera da questa meglio che<br />

dalle imagini che vi si presentano. Tutti gli splendori, tutte le gioie son povere, riflesse dalla<br />

coscienza appannata d fun imbecille, rispetto alla coscienza d fun Cervantes che in una<br />

squallida prigione scrive il Don Chisciotte.


La meta oggettiva dell fattualita e della realta e fra le mani della sorte e quindi<br />

mutabile; la meta soggettiva la siamo noi stessi, in conseguenza essa e immutabile nella sua<br />

parte essenziale. Cosi malgrado tutti i cambiamenti esterni la vita d fogni uomo porta da un<br />

capo all faltro lo stesso carattere; la si puo paragonare ad un seguito di variazioni sul<br />

medesimo tema. Nessuno puo sortire dalla propria individualita. Per l fuomo avviene come<br />

per l fanimale; questo, qualunque siano le condizioni in cui lo si mette, resta confinato nel<br />

piccolo cerchio che la natura ha irrevocabilmente tracciato intorno al suo essere, cio che<br />

spiega perche, per esempio, tutti i nostri sforzi per la felicita dell fanimale che amiamo,<br />

devono mantenersi per forza fra confini assai ristretti, precisamente in causa di questa<br />

limitazione del suo essere e della sua coscienza; del pari l findividualita dell fuomo si trova<br />

fissata anticipatamente la misura della sua possibile felicita. Sono in special modo i confini<br />

delle facolta intellettuali che determinano una volta per sempre l fattitudine alle gioie<br />

d fordine superiore.<br />

Se tali facolta sono limitate, tutti gli sforzi esterni, tutto quanto gli uomini o la fortuna<br />

facessero in suo favore, tutto sara impotente a trasportare l findividualita oltre la misura<br />

della felicita e del benessere ordinario, mezzo animale; essa dovra contentarsi dei piaceri<br />

sensuali, d funa vita intima ed allegra in famiglia, d funa societa di bassa lega o di<br />

9<br />

passatempi volgari. L fistruzione stessa, quantunque abbia una certa azione, non saprebbe<br />

insomma allargare di molto questo cerchio, perche i piaceri piu elevati, piu varii e piu<br />

durabili sono quelli dello spirito, per quanto falsa possa essere in gioventu la nostra<br />

opinione su tale argomento; e questi piaceri dipendono sopratutto dalla forza intellettuale. E<br />

dunque facile veder chiaramente quanto la nostra felicita dipenda da cio che siamo, dalla<br />

nostra individualita, mentre non si tiene conto il piu delle volte che di cio che abbiamo o di<br />

cio che rappresentiamo. La sorte pero puo migliorarsi, inoltre chi possiede la ricchezza<br />

interna non le domandera gran cosa; ma lo sciocco restera sciocco, lo scimunito sara<br />

scimunito fino alla fine, foss fanche in paradiso fra mezzo le Uri. Goethe dice: Popolo, e<br />

lacche, e conquistatori in ogni tempo riconoscono che il bene supremo dei figli della terra


e solamente la personalita. (W. O. Divan).<br />

Che il soggettivo sia incomparabilmente piu essenziale alla nostra felicita ed alle<br />

nostre gioie dell foggettivo ci viene provato in tutto, dalla fame che e la miglior cucina, dal<br />

vegliardo che guarda con indifferenza la deita che il giovine idolatra, fino all festremo<br />

vertice ove troviamo la vita dell fuomo di genio e del santo. La salute sopratutto prevale<br />

talmente sui beni esteriori che in verita un mendicante sano e piu felice di un re malato. Un<br />

temperamento calmo e giocondo, proveniente da una salute perfetta e da una eccellente<br />

organizzazione, una mente lucida, viva, acuta e giusta, una volonta moderata e dolce, e<br />

come risultato una buona coscienza, ecco i vantaggi che nessun grado, nessuna ricchezza<br />

saprebbero surrogare. Cio che un uomo e per se stesso, cio che l faccompagna nella<br />

solitudine, e cio che nessuno saprebbe dargli o togliergli, e evidentemente piu essenziale<br />

per lui che tutto quello ch fegli puo possedere o che puo essere per gli occhi altrui. Un uomo<br />

di spirito, nella solitudine la piu assoluta, trova nei suoi pensieri e nella sua fantasia di che<br />

spassarsi dilettevolmente, mentre l findividuo povero di spirito potra variare all finfinito le<br />

feste, gli spettacoli, i passeggi e i divertimenti senza riuscire a scacciar la noia che lo<br />

tortura. Un buon carattere, moderato e dolce, potra esser contento nell findigenza mentre<br />

tutte le ricchezze del mondo non saprebbero soddisfare un carattere avido, invidioso e<br />

malvagio. In quanto all fuomo dotato in permanenza d funa individualita straordinaria,<br />

intellettualmente superiore, puo far senza della maggior parte di quei piaceri a cui<br />

generalmente aspira la gente; anzi questi non sono per lui che un disturbo ed un peso.<br />

Orazio dice parlando di se; V fe chi possede gemme, marmi, avorj, statuette etrusche,<br />

quadri, argento, vesti tinte di porpora di Getulia; v fe chi non si cura d faverne (Ep. II, L. II,<br />

v. 180 e seg.).<br />

E Socrate alla vista d foggetti di lusso esposti per la vendita diceva: Quante cose vi<br />

sono di cui non ho bisogno!<br />

Cosi la condizione prima e piu essenziale per la felicita della vita e cio che noi siamo,<br />

la personalita; a spiegarlo basterebbe il fatto che essa agisce costantemente ed in ogni<br />

circostanza, che inoltre non e soggetta a peripezie come i beni delle altre due categorie, e


che non puo esserci tolta. In questo senso il suo valore puo esser considerato come assoluto,<br />

in opposizione al valore solamente relativo degli altri beni. Ne risulta che l fuomo e molto<br />

meno suscettibile d fesser modificato dal mondo esterno di quello che non si sarebbe<br />

disposti a crederlo. Solo il tempo, nel suo potere sovrano, esercita egualmente anche qui i<br />

suoi diritti; le facolta fisiche ed intellettuali s finfiacchiscono sotto i suoi colpi: il carattere<br />

morale solo rimane inattaccabile.<br />

Sotto questo rapporto i beni delle due ultime categorie avrebbero un vantaggio sui<br />

beni della prima, siccome quelli che il tempo non toglie direttamente. Un altro vantaggio<br />

sarebbe che, essendo posti fuori di noi, sono accessibili di loro natura, e che ciascuno ha per<br />

lo meno la possibilita di acquistarseli, mentre cio che e in noi, il soggettivo, e sottratto al<br />

nostro potere; stabilito per diritto divino, esso si conserva invariabile per tutta la vita. Cosi<br />

l fidea seguente contiene una inesorabile verita:<br />

10<br />

áCome nel giorno che t fha dato al mondo, il sole era la per salutare i pianeti, tu<br />

sei cresciuto senza interruzione secondo la legge con cui cominciasti. Tale e il tuo<br />

destino; tu non puoi sfuggire a te stesso; cosi parlavano gia le Sibille, cosi i Profeti;<br />

ne tempo, ne potenza alcuna spezza l fimpronta che si sviluppa nel corso della vita. â<br />

áGOETHE. â<br />

Quanto possiamo fare in questo riguardo si e d fimpiegare la personalita,<br />

quale ci fu data, al nostro maggior profitto; in conseguenza non coltivare che le<br />

aspirazioni che le si confanno, non cercare che lo sviluppo che le e appropriato<br />

evitandone qualunque altro, non sceglier quindi che lo stato, l foccupazione, il genere di vita<br />

che le convengono.<br />

Un uomo erculeo, dotato d funa forza muscolare straordinaria, costretto dalle<br />

circostanze esterne a darsi ad un foccupazione sedentaria, ad un lavoro manuale, paziente e<br />

penoso, o peggio ancora allo studio ed a lavori di mente, occupazioni che reclamano forze<br />

differenti, non sviluppate in lui, e che lasciano precisamente senza impiego le forze che gli<br />

sono caratteristiche, un tal uomo sara infelice tutta la vita; sara anche molto piu infelice


colui nel quale le facolta intellettuali prevalgono di molto, e che e obbligato a lasciarle<br />

senza sviluppo e senza impiego per occuparsi di faccende volgari che non domanda,<br />

oppure, e sopratutto, d fun lavoro corporale per cui la sua forza fisica non e sufficiente.<br />

Tuttavia, nel caso, bisogna anche evitare, specialmente nell feta giovane, lo scoglio della<br />

presunzione e non attribuirsi un eccesso di forze che non si abbia.<br />

Dalla preponderanza bene stabilita della nostra prima categoria sulle altre due, risulta<br />

ancora che e piu saggio adoprarsi per conservare la salute e per sviluppare le proprie facolta<br />

che non per acquistare ricchezze, cio che non bisogna pero interpretare nel senso che<br />

occorra trascurare l facquisto delle cose necessarie e convenienti. Ma la ricchezza<br />

propriamente detta, vale a dire un grande superfluo, contribuisce poco alla nostra felicita;<br />

per questo molti ricchi si sentono infelici perche sono sprovveduti di una vera coltura dello<br />

spirito, di cognizioni e quindi di ogni interesse oggettivo che potrebbe renderli atti ad<br />

un foccupazione intellettuale. Perocche quanto la ricchezza puo fornire al di la della<br />

soddisfazione dei bisogni reali e naturali ha un finfluenza piccolissima sul nostro vero<br />

benessere; questo e piuttosto turbato dalle numerose ed inevitabili cure che porta con se la<br />

conservazione d funa grande fortuna. Tuttavia gli uomini sono mille volte piu occupati ad<br />

acquistar la ricchezza che la coltura intellettuale, quantunque cio che si e contribuisca di<br />

certo alla nostra felicita piu di cio che si ha.<br />

Quante persone non vediamo noi diligenti come formiche ed occupate da mattina a<br />

sera ad accrescere una ricchezza gia acquistata! Essi non conoscono nulla al di fuori del<br />

ristretto orizzonte che racchiude i mezzi di riuscire al loro scopo; il loro spirito e vuoto, e<br />

quindi inaccessibile a tutt faltra occupazione. I piaceri i piu elevati, i diletti intellettuali sono<br />

per costoro impossibili; invano essi cercano di sostituirli con divertimenti fugaci, sensuali,<br />

facili ma costosi, che si permettono di tempo in tempo. Al termine della loro vita essi<br />

trovansi davanti come risultato, quando la sorte fu loro propizia, un gran monte d foro, di<br />

cui lasciano allora agli eredi la cura di aumentare oppure di dissipare. Una tale esistenza,<br />

benche condotta con apparenza seriissima ed importantissima, e dunque tanto insensata<br />

come un faltra che inalberasse apertamente per insegna la mazza della follia2.


Cosi l fessenziale per la felicita della vita e cio che si ha in se stessi. E unicamente<br />

perche la dose ne e d fordinario cosi piccola che la maggior parte di coloro che sono gia<br />

sortiti vittoriosi dalla lotta contro il bisogno, si sentono in fondo tanto infelici come chi si<br />

trova ancora nella mischia. La vacuita del loro interno, la scipitezza della loro intelligenza,<br />

la poverta del loro spirito, li spingono a cercare la compagnia, ma una compagnia composta<br />

2 Narrenkolbe (mazza da pazzo) in tedesco, Marotte in francese, in italiano non v fha parola<br />

corrispondente. (Nota del Trad.).<br />

11<br />

di persone a loro simili, perche similis simile gaudet. Allora comincia in comune la caccia<br />

ai passatempi ed ai divertimenti, ch fessi cercano da principio nei godimenti sensuali, nei<br />

piaceri d fogni specie, ed alla fine nelle orgie. La sorgente di questa funesta dissipazione, la<br />

quale in un tempo incredibilmente breve fa disperdere grosse eredita a tanti figli di famiglia<br />

entrati ricchi nella vita, non e altra davvero che la noia risultante da questa poverta e da<br />

questo vuoto dello spirito che abbiamo or ora descritto. Un giovane lanciato cosi nel<br />

mondo, ricco al di fuori ma povero al di dentro, si sforza inutilmente di supplire al difetto<br />

della ricchezza interna coll festerna; ei vuole ricever tutto dal di fuori, simile a quei vecchi<br />

che cercano d fattinger nuove forze nel fiato delle giovinette. In tal modo la poverta interna<br />

ha finito col produrre anche la poverta esterna.<br />

Non credo occorra metter in rilievo l fimportanza delle due altre categorie dei beni<br />

della vita umana, perche le ricchezze sono oggidi troppo universalmente in pregio per aver<br />

bisogno d fesser raccomandate. La terza categoria e di una natura molto eterea a confronto<br />

della seconda, visto che essa non consiste che nell fopinione altrui. Tuttavia e ammesso che<br />

ciascuno possa aspirare all fonore, cioe ad un buon nome; ad un grado puo aspirare<br />

unicamente chi serve lo Stato, e in quanto concerne la gloria non ve n fha che infinitamente<br />

pochi che possano pretendervi. L fonore e considerato come un bene inapprezzabile, e la<br />

gloria come la cosa piu eccellente che l fuomo possa acquistare; essa e il toson d foro degli<br />

eletti; invece solo gli sciocchi preferiranno il grado alle ricchezze. La seconda e la terza<br />

categoria hanno inoltre una sull faltra cio che si dice un fazione reciproca; quindi l fadagio di


Petronio; áHabes, haberis â3 e vero, e, in senso inverso, la buona opinione altrui, sotto tutte<br />

le forme, ci aiuta soventi volte ad acquistar la ricchezza.<br />

_____<br />

3 Altre traduzioni riportano gHabes, habeberis h. [Nota per l fedizione elettronica Manuzio]<br />

12<br />

CAPITOLO II<br />

___<br />

Di cio che si e.<br />

Noi abbiamo gia conosciuto in modo generale che cio che si e contribuisce alla nostra<br />

felicita piu di cio che si ha o di cio che si rappresenta. La cosa principale e sempre cio che<br />

un uomo e, in conseguenza cio che possede in lui stesso, perocche la sua individualita<br />

l faccompagna dappertutto e dovunque, e colora di sua tinta tutti gli avvenimenti della vita.<br />

In ogni cosa, ed in ogni occasione quello che a bella prima gli fa impressione e lui stesso.<br />

Questo e gia vero per i piaceri materiali, e, a piu forte ragione, per quelli dell fanima. Cosi<br />

l fespressione inglese: To enjoy one fs self e molto ben trovata; non si dice mica in inglese:<br />

Parigi gli piace, si dice invece: egli si piace a Parigi (He enjoys himself at Paris).<br />

1. La salute dello spirito e del corpo.<br />

Ma se l findividualita e di qualita cattiva, tutte le gioie saranno come un vino squisito<br />

in una bocca impregnata di fiele. Cosi dunque, nella buona come nella cattiva fortuna, e<br />

salvo il caso di qualche grande disgrazia, cio che tocca ad un uomo nella sua vita e<br />

d fimportanza piu piccola che la maniera con cui egli lo sente, vale a dire la natura ed il<br />

grado della sua sensibilita sotto tutti i rapporti. Cio che abbiamo in noi stessi e da noi stessi,<br />

in una parola la personalita ed il suo valore, ecco il solo fattore immediato della nostra<br />

felicita e del nostro benessere. Tutti gli altri agiscono indirettamente; la loro azione quindi<br />

puo essere annullata, ma quella della personalita mai.<br />

Di qui viene che l finvidia piu irreconciliabile e nello stesso tempo nascosta colla<br />

massima cura e quella che ha per oggetto i vantaggi personali. Inoltre la qualita della<br />

coscienza e la sola cosa permanente e persistente; l findividualita agisce costantemente,


continuamente, e piu o meno, in ogni momento; tutte le altre condizioni non hanno che<br />

un finfluenza temporanea, passaggera, d foccasione, e possono anche cangiare o sparire.<br />

Aristotele dice: La natura e eterna, non le cose (Mor. a Eudemo, VII, 2). E per questo che<br />

noi sopportiamo con piu rassegnazione la sventura la cui causa e tutta esterna, piuttosto che<br />

quella che ci colpisce per nostra colpa; perche la sorte puo cangiare, ma la nostra propria<br />

qualita e immutabile. Quindi i beni soggettivi, quali un carattere nobile, una testa possente,<br />

un umore gaio, un corpo bene organizzato ed in perfetta salute, o, in generale, mens sana in<br />

corpore sano (Giovenale sat. X, 355), sono beni supremi, ed importantissimi alla nostra<br />

felicita; percio dovremmo attendere molto piu al loro sviluppo ed alla loro conservazione<br />

che non al possesso dei beni esterni e dell fonore esterno.<br />

Ma cio che sopra tutto contribuisce piu direttamente alla nostra felicita e un umore<br />

allegro, perocche questa buona qualita trova subito la ricompensa in se stessa. Infatti chi e<br />

gaio ha sempre motivo d fesserlo per la stessa ragione ch fegli lo e. Niente puo sostituire cosi<br />

13<br />

completamente tutti gli altri beni come questa qualita, mentre essa stessa non puo esser<br />

surrogata da cosa alcuna. Che un uomo sia giovane, bello, ricco e stimato, per poter<br />

giudicare sulla sua felicita sara questione di sapere se, oltre a cio, egli sia gaio; in cambio<br />

s fegli e gaio, poco importa che sia giovane o vecchio, ben fatto o gobbo, povero o ricco;<br />

egli e felice. Nella mia prima giovinezza ho letto un giorno in un vecchio libro la frase; Chi<br />

ride molto e felice, chi piange molto e infelice; l fosservazione e molto sciocca, ma a causa<br />

della sua verita cosi semplice non ho potuto dimenticarla, quantunque essa sia il superlativo<br />

d fun truism (in inglese verita triviale). Cosi dobbiamo, ogni volta che si presenta, aprire<br />

alla gaiezza porte e fenestre, giacche essa non giunge mai di contrattempo, e non esitare a<br />

riceverla, come facciamo di sovente, volendo prima renderci conto se abbiamo bene in ogni<br />

riguardo motivo d fesser contenti, od anche per paura che essa non ci distragga da serie<br />

meditazioni o da gravi cure quando e molto incerto che queste possano migliorare la nostra<br />

condizione, mentre la gaiezza, e un beneficio immediato. Essa sola e, per cosi dire, il<br />

danaro contante della felicita; tutto il resto non ne e che il biglietto di banca; perocche essa


sola puo darci la felicita in un presente immediato; cosi e la gaiezza il supremo bene per<br />

esseri la cui realta ha la forma di un fattualita indivisibile tra due tempi infiniti. Noi<br />

dovremmo dunque aspirare anzitutto ad acquistare ed a conservare questo bene. E certo<br />

d faltronde che niente contribuisce alla gaiezza meno della ricchezza, e che niente vi<br />

contribuisce meglio della salute: si e nelle classi inferiori, fra i lavoranti e particolarmente<br />

fra i contadini che troviamo i visi allegri e contenti; nei ricchi e nei grandi dominano le<br />

sembianze melanconiche. Dovremmo percio applicarci sopratutto a conservare questo stato<br />

perfetto di salute di cui la gaiezza appare come fioritura. Per ottener questo si sa che<br />

bisogna fuggire ogni eccesso ed ogni disordine, evitare ogni emozione violenta e penosa,<br />

come pure ogni applicazione dello spirito soverchia o troppo prolungata; bisogna ancora<br />

prendere ogni giorno due ore d fesercizio rapido all faria libera, bagni frequenti d facqua<br />

fredda, ed altre misure dietetiche dello stesso genere. Non v fe salute se non ci si da ogni<br />

giorno abbastanza movimento; tutte le funzioni della vita per compiersi regolarmente<br />

esigono il movimento degli organi per cui si compiono, e dell finsieme del corpo.<br />

Aristotele ha detto con ragione: la vita e nel movimento. Infatti la vita consiste<br />

essenzialmente nel movimento. All finterno d fogni organismo regna un movimento<br />

incessante e rapido: il cuore nel suo doppio movimento di sistole e diastole, batte<br />

impetuoso ed instancabile; 28 pulsazioni gli bastano per mandare la massa intiera del<br />

sangue nel torrente della grande e della piccola circolazione; il polmone aspira senza mai<br />

smettere come una macchina a vapore; gl fintestini si contraggono senza posa d fun<br />

movimento peristaltico; tutte le glandule assorbono e danno secrezioni incessantemente; il<br />

cervello stesso ha un doppio movimento per ogni battito del cuore e per ogni aspirazione<br />

del polmone. Se, come succede nel genere di vita interamente sedentario di tante persone, il<br />

movimento esterno manca quasi totalmente, ne risulta una sproporzione innaturale e<br />

dannosa tra il riposo esterno ed il tumulto interno. Perche questo perpetuo moto all finterno<br />

richiede anche d fesser aiutato qualche poco dal moto all festerno; tale stato sproporzionato e<br />

analogo a quello che nascerebbe quando fossimo tenuti a non lasciar scorgere al di fuori<br />

segno visibile di un femozione che ci fa bollire il sangue internamente. Gli alberi stessi, per


prosperare, hanno bisogno d fesser agitati dal vento. E questa una regola assoluta che si puo<br />

esprimere nel modo piu conciso in latino: Omnis motus, quo celerior, eo magis motus<br />

(quanto piu celere, tanto piu ogni movimento e movimento).<br />

Per meglio renderci conto quanto la nostra felicita dipenda da una disposizione<br />

all fallegria, e questa dallo stato di salute, non abbiamo che a confrontare l fimpressione che<br />

producono su noi le stesse circostanze esterne o gli stessi avvenimenti, nei giorni di salute e<br />

di forza con quella che e prodotta, quando uno stato di malattia ci dispone ad esser di<br />

cattivo umore ed inquieti. Non e gia cio che sono oggettivamente ed in realta le cose, ma<br />

cio che esse sono per noi, nella nostra percezione, che ci rende felici o infelici. E quanto<br />

14<br />

esprime assai bene questa sentenza d fEpitteto: Cio che commuove gli uomini non son le<br />

cose, ma l fopinione sulle cose. In tesi generale i nove decimi della nostra felicita riposano<br />

esclusivamente sulla salute. Con essa tutto doventa sorgente di piacere; senza di essa invece<br />

noi non sapremmo gustare un bene esterno di qual si sia natura; pur anche gli altri beni<br />

soggettivi, come le qualita dell fintelligenza, del cuore, del carattere, sono diminuite e<br />

guastate dallo stato di malattia. Cosi non e senza ragione che noi prendiamo notizia<br />

scambievolmente sullo stato della nostra salute e che ci desideriamo reciprocamente di star<br />

bene, perche proprio in cio v fha quanto e piu essenzialmente importante per la felicita<br />

umana. Ne segue adunque che e insigne pazzia sacrificare la propria salute a checchessia,<br />

ricchezza, carriera, studii, gloria e sopra tutto alla volutta, ed ai piaceri fuggittivi. Al<br />

contrario tutto deve cedere il passo alla salute.<br />

Per quanto grande sia l finfluenza della salute su questa gaiezza cosi essenziale alla<br />

nostra felicita, non di meno questa non dipende unicamente dalla prima, perche con una<br />

salute perfetta si puo avere un temperamento melanconico ed una disposizione<br />

predominante alla tristezza. Ne risiede certamente la causa nella costituzione originaria,<br />

quindi immutabile, dell forganismo e piu specialmente nel rapporto piu o meno normale<br />

della sensibilita con l firritabilita e con la riproduttivita. Una preponderanza anormale della<br />

sensibilita produrra l fineguaglianza d fumore, una gaiezza periodicamente esagerata ed un


predominio della melanconia. Siccome il genio e determinato da un eccesso della forza<br />

nervosa, vale a dire della sensibilita, Aristotele ha osservato con ragione che tutti gli uomini<br />

illustri ed eminenti sono melanconici: Tutti gli uomini che sono nati o alla filosofia, o alla<br />

politica, o alla poesia o alle arti si mostrano melanconici (Prob. 30, 1). Cicerone ebbe<br />

senza dubbio in vista questo passaggio nella relazione tanto citata: Aristotele disse tutti gli<br />

uomini d fingegno esser melanconici (Tusc. I, 33). Shakespeare ha dipinto molto<br />

piacevolmente questa grande diversita del temperamento generale; La natura si diverte<br />

qualche volta a formare esseri curiosi. V fha chi si da a fare continuamente gli occhietti<br />

piccoli e che si mette a ridere come un pappagallo davanti un semplice suonator di<br />

cornamusa, e v fha chi tiene una tale fisonomia d faceto che non scoprirebbe i suoi denti,<br />

pur per sorridere, quand fanche il grave Nestore giurasse ch fei ha udito or ora uno scherzo<br />

dei piu ameni. (Il Mercante di Venezia, scena I).<br />

E questa stessa diversita che Platone disegna colle parole ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ. (d fumore<br />

difficile), ed ƒÃƒÒƒÈƒÍƒÉƒÍ. (d fumore facile). Essa puo esser ridotta alla suscettibilita, molto<br />

diversa nei diversi individui, per le impressioni piacevoli o disaggradevoli, in conseguenza<br />

della quale Tizio ride ancora di cio che mette Cajo in disperazione. E di piu la suscettibilita<br />

per le impressioni piacevoli e d fordinario tanto piu piccola quanto quella per le impressioni<br />

disaggradevoli e piu forte, e viceversa. A probabilita eguali di buono o cattivo esito in un<br />

affare, il ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ. si stizzera o si affliggera dell finsuccesso, e non si rallegrera per la<br />

riuscita; l fƒÃƒÒƒÈƒÍƒÉƒÍ. invece non sara ne stizzito ne afflitto per il cattivo esito, e sara contento<br />

per il buon successo. Se, nove volte su dieci, il ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ. riesce ne f suoi progetti, ei non si<br />

rallegrera per le nove volte riescite a bene, ma sara triste per il cattivo esito della decima;<br />

nel caso inverso l fƒÃƒÒƒÈƒÍƒÉƒÍ. sara consolato e contento per l funico successo felice. Pero non e<br />

facile trovare un male che non abbia alcun compenso; cosi succede che i ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ., cioe i<br />

caratteri cupi ed inquieti, avranno, e vero, a sopportare alla fin fine piu disgrazie e dolori<br />

immaginari che non i caratteri allegri e spensierati, ma in cambio incontreranno meno<br />

sventure effettive, perche chi vede tutto nero, chi teme sempre il peggio e prende le sue<br />

misure in conseguenza, non avra delusioni cosi frequenti come colui che da colore e


prospettiva ridente ad ogni cosa. Nondimeno quando un faffezione morbosa del sistema<br />

nervoso o dell fapparecchio digestivo viene a dar forza ad una ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÇƒ¿ innata, allora<br />

questa puo giungere a quell falto grado in cui un malessere permanente produce il disgusto<br />

della vita, d fonde proviene l finclinazione al suicidio. Il quale puo allora esser provocato<br />

dalle piu piccole contrarieta; ad un grado molto elevato del male non havvi nemmeno<br />

15<br />

bisogno di motivo, per risolvervisi basta la sola permanenza del malessere. Il suicidio si<br />

compie allora con si fredda riflessione e con si inflessibile risoluzione che a questo stadio il<br />

malato, posto d fordinario sotto custodia, profitta, lo spirito costantemente fisso su questa<br />

idea, del primo momento in cui la sorveglianza sia rilassata per ricorrere senza esitazione,<br />

senza lotta e senza paura, a questo mezzo di sollievo per lui cosi naturale in questo<br />

momento, e cosi ben venuto. Esquirol ha descritto molto a lungo tale stato nel suo Trattato<br />

delle malattie mentali. E certo che l fuomo il piu sano, e fors fanco il piu gaio, potra,<br />

capitando il caso, determinarsi al suicidio; cio succedera quando l fintensita dei dolori o<br />

d funa sventura prossima ed inevitabile sara piu forte dei terrori della morte. Non v fe<br />

differenza che nella potenza piu o meno grande del motivo determinante, potenza che e in<br />

rapporto inverso colla ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÇƒ¿. Quanto piu questa e grande, tanto piu il motivo potra esser<br />

piccolo; al contrario piu l fƒÃƒÒƒÈƒÍƒÉƒÇƒ¿, come pure la salute che ne e la base, e grande, piu grave<br />

dovra essere motivo. Vi saranno dunque gradi innumerevoli tra questi due casi estremi di<br />

suicidio, tra quello cioe provocato puramente da una recrudescenza morbosa della ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÇƒ¿<br />

innata, e quello dell fuomo sano ed allegro, proveniente da cause affatto oggettive.<br />

2. La bellezza.<br />

La bellezza e analoga in parte alla salute. Questa qualita soggettiva, benche non<br />

contribuisca che indirettamente alla felicita coll fimpressione che produce sugli altri, ha<br />

nondimeno una grande importanza anche per il sesso mascolino. La bellezza e una lettera<br />

aperta di raccomandazione che ci guadagna i cuori anticipatamente; specie ad essa<br />

s fapplicano i versi di Omero; Non bisogna sdegnare i doni gloriosi degli immortali che soli<br />

possono dare e che nessuno puo accettare o rifiutare a suo piacere.


3. Il dolore, e la noia. L fintelligenza.<br />

Un semplice colpo d focchio ci fa scoprire due nemici della felicita umana; il dolore e<br />

la noia. Inoltre possiamo osservare che a misura che riusciamo ad allontanarci dall funo, ci<br />

avviciniamo al secondo, e reciprocamente; di maniera che la nostra vita rappresenta in<br />

realta una oscillazione piu o meno forte tra i due. Cio deriva dal doppio antagonismo in cui<br />

ciascuno di essi si trova verso l faltro, antagonismo esterno od oggettivo, ed antagonismo<br />

interno o soggettivo. Infatti esteriormente il bisogno e la privazione generano il dolore; per<br />

contraccambio, gli agi e l fabbondanza fanno nascere la noia. Si e per questo che vediamo la<br />

classe inferiore del popolo lottare incessantemente contro il bisogno, dunque contro il<br />

dolore, ed al contrario, la classe ricca ed altolocata alle prese permanentemente, spesso<br />

disperatamente, contro la noia.<br />

Internamente, o soggettivamente, l fantagonismo si fonda sul fatto che in ogni<br />

individuo la facilita ad esser impressionato da uno di questi mali e in rapporto inverso colla<br />

facilita ad esser impressionato dall faltro; perocche tale suscettibilita e determinata dalla<br />

misura delle forze intellettuali. Infatti una mente ottusa e sempre accompagnata da<br />

impressioni grossolane e da una certa mancanza d firritabilita, cio che rende l findividuo<br />

poco accessibile ai dolori ed ai dispiaceri d fogni specie e d fogni grado; ma questa stessa<br />

qualita ottusa dell fintelligenza produce d faltronde quel vuoto interno che e stampato su<br />

tanti visi e che si lascia scorgere per un fattenzione sempre svegliata su tutti gli avvenimenti,<br />

anche piu insignificanti, del mondo esterno; questo vuoto e appunto la vera sorgente della<br />

noia, e chi ne soffre aspira con avidita ad eccitamenti esterni, allo scopo di mettere in<br />

movimento lo spirito ed il cuore non importa con qual mezzo. Cosi egli non e difficile nella<br />

16<br />

scelta dei mezzi; lo si vede abbastanza alla miserabile meschinita di svaghi a cui si<br />

abbandonano gli uomini, al genere di societa e di conversazioni che cercano, non meno che<br />

al numero immenso di fannulloni e di balordi che vanno pel mondo. E principalmente<br />

questo vuoto interno che li spinge alla ricerca d fogni specie di riunioni, di divertimenti, di<br />

piaceri e di lusso, ricerca che conduce tanta gente alla dissipazione e finalmente alla


miseria.<br />

Nessuna cosa mette in guardia contro tali traviamenti piu sicuramente della ricchezza<br />

interna, la ricchezza dello spirito, perche questo lascia tanto meno posto alla noia quanto<br />

piu avvicina alla superiorita. L fattivita incessante dei pensieri, il loro continuo avvicendarsi<br />

in presenza delle diverse manifestazioni del mondo interno ed esterno, la potenza e la<br />

capacita di combinazioni sempre variate mettono una testa eminente, salvo nei momenti di<br />

fatica, fuori affatto dall fattacco della noia. Ma d faltronde un fintelligenza superiore ha per<br />

condizione immediata una sensibilita piu viva, e per radice un piu grande impeto della<br />

volonta e per conseguenza della passione; dall funione di queste due condizioni deriva una<br />

intensita piu considerevole di ogni emozione ed una sensibilita esagerata per i dolori morali<br />

ed eziandio pei fisici, come pure una grande intolleranza di faccia al minimo ostacolo, od<br />

anche al minimo sconcerto.<br />

Cio che contribuisce altresi potentemente a questi effetti si e la vivacita prodotta dalla<br />

forza dell fimmaginazione. Quanto dicemmo si applica, mantenuta ogni proporzione, a tutti<br />

i gradi intermediari che dividono il vasto intervallo compreso tra l fimbecillita la piu ottusa<br />

ed il piu gran genio. In conseguenza, oggettivamente come pure soggettivamente, ogni<br />

individuo si trova tanto piu vicino ad una delle sorgenti delle umane sventure quanto piu e<br />

lontano dall faltra. La sua inclinazione naturale lo portera dunque, sotto questo rapporto, ad<br />

accomodare quanto meglio possibile l foggettivo col soggettivo, vale a dire a premunirsi<br />

come meglio potra contro quella sorgente di dolori che lo attacca piu facilmente. L fuomo<br />

intelligente aspirera prima d fogni altra cosa a fuggire qualunque dolore, qualunque contesa,<br />

ed a trovare riposo ed agi; cerchera dunque una vita tranquilla, modesta, riparata per quanto<br />

e possibile contro gl fimportuni; dopo aver mantenuto per qualche tempo relazioni con cio<br />

che si chiama gli uomini, ei preferira una esistenza ritirata, e, se sara uno spirito<br />

assolutamente superiore, scegliera la solitudine. Perocche piu un uomo possiede in se<br />

stesso, meno ha bisogno del mondo esterno, e meno gli altri possono essergli utili. Cosi la<br />

superiorita dell fintelligenza conduce all finsociabilita. Ah! se la qualita della societa potesse<br />

esser surrogata dalla quantita, varrebbe la pena di vivere pur anche nel gran mondo; ma, pur


troppo, cento pazzi messi in mucchio non fanno un uomo ragionevole. L findividuo<br />

collocato all festremo opposto, non appena il bisogno gli da tempo di riprendere fiato,<br />

cerchera ad ogni prezzo passatempi e societa; e s faccomodera con tutto, non fuggendo che<br />

se stesso. Si e nella solitudine, la dove ciascuno e ridotto alle sue sole risorse, che si scorge<br />

quanto si ha per se stessi; la l fimbecille, sotto la porpora, sospira schiacciato dal peso della<br />

sua miserabile individualita, mentre l fuomo altamente dotato, popola ed anima co f suoi<br />

pensieri la contrada la piu deserta. Seneca (Ep. 9) disse con ragione: La stupidita da fastidio<br />

a se stessa, come pure Gesu figlio di Sirach; La vita dello stolto e peggior della morte. Cosi<br />

in conclusione si vede che ogni individuo e tanto piu socievole quanto e piu povero di<br />

spirito ed in generale piu volgare. Perocche nel mondo non si ha guari la scelta che tra<br />

l fisolamento e la societa. Si pretende che i negri sieno di tutti gli uomini i piu socievoli,<br />

come sono senza dubbio i piu limitati nelle facolta intellettuali; rapporti mandati<br />

dall fAmerica del Nord, e pubblicati da giornali francesi (Le Commerce, 19 oct. 1837)<br />

raccontano che i negri, senza distinzione fra liberi e schiavi, si uniscono in gran numero nel<br />

locale piu ristretto, perche non saprebbero vedere mai abbastanza spesso ripetute le loro<br />

faccie nere e camuse.<br />

17<br />

Nello stesso modo che il cervello ci sembra esser in certo qual modo il parassita od il<br />

dozzinante dell fintero organismo, cosi gli agi4 acquistati da chicchessia, dandogli il libero<br />

godimento della sua coscienza e della sua individualita, sono a questo titolo il frutto e la<br />

rendita di tutta la sua esistenza, la quale, per il resto, non e che pena e fatica. Ma vediamo<br />

un po f cosa producono gli agi della maggior parte degli umani!: noia e sgarbatezza, ogni<br />

qual volta l fuomo non trova da occuparsi in piaceri sensuali od in balordaggini. Cio che<br />

dimostra abbastanza che tali agi non hanno alcun valore si e il modo con cui sono<br />

impiegati; essi non sono letteralmente che<br />

Ozio lungo d fuomini ignoranti<br />

di cui parla l fAriosto. L fuomo volgare non si preoccupa che di passare il tempo, l fuomo di<br />

talento che d fimpiegarlo. La ragione per cui le teste povere sono tanto esposte alla noia, si e


che il loro intelletto non e assolutamente altra cosa che l fintermediario dei motivi per la loro<br />

volonta. Se, in un dato momento, non vi sono motivi da cogliere, allora la volonta si riposa<br />

e l fintelletto resta inerte, perche la prima, non meglio del secondo, non puo entrare in<br />

attivita di suo proprio impulso; il risultato e uno spaventevole stagnamento di tutte le forze<br />

nell findividuo intero . la noia. Per combatterla si suggerisce piano piano alla volonta dei<br />

motivi piccoli, provvisori, scelti indistintamente, allo scopo di stimolarla, e di metter con<br />

cio in attivita anche l fintelletto che deve coglierli: questi motivi sono dunque in rapporto ai<br />

motivi reali e naturali cio che la carta-moneta e in rapporto al danaro, perche il loro valore<br />

non e che convenzionale. Tali motivi sono i giuochi di carte ed altri, inventati precisamente<br />

allo scopo che abbiamo indicato. In loro mancanza l fuomo povero di se si mettera a<br />

stamburare sui vetri, od a dar colpi con tutto quanto gli cade sotto mano. Anche il sigaro<br />

porge facilmente di che supplire ai pensieri.<br />

Si e per questo che in tutti i paesi i giuochi di carte sono arrivati ad essere<br />

l foccupazione principale d fogni societa; cosa che fornisce la misura di cio che valgono<br />

queste riunioni e che costituisce la bancarotta dichiarata d fogni pensiero. Non avendo idee<br />

da scambiare, si scambiano carte cercando di sottrarsi vicendevolmente alquanti fiorini. O<br />

razza miserabile! Tuttavia, per non esser ingiusto nemmeno qui, non voglio ommettere<br />

l fargomento che si puo invocare in giustificazione del giuoco delle carte: si puo dire che<br />

esso e una preparazione alla vita del mondo e degli affari, nel senso che vi si impara a<br />

profittare con saggezza da circostanze immutabili, essendo stabilite le carte dalla sorte, per<br />

trarne tutto il partito possibile; a tal fine si apprende a serbare un contegno corretto facendo<br />

buon viso a cattivo giuoco. Ma, d faltra parte, per questo stesso fatto, i giuochi di carte<br />

esercitano un finfluenza demoralizzatrice. In fatti lo spirito del giuoco consiste nel sottrarre<br />

ad altri cio che possiede, non importa con quale gherminella o con quale astuzia. Ma<br />

l fabitudine di procedere cosi, contratta al giuoco, prende radici, fa invasione nella vita<br />

privata, e il giocatore arriva quindi insensibilmente a proceder nella stessa guisa quando si<br />

tratta del tuo e del mio, ed a considerare come lecito ogni vantaggio che si ha in mano al<br />

momento, poiche lo si puo fare legalmente. La vita ordinaria ne fornisce prove ogni giorno.


Giacche gli agi sono, come dicemmo, il fiore o piuttosto il frutto dell fesistenza di<br />

ciascuno, perciocche solamente essi lo mettono al possesso del suo proprio io, noi<br />

dobbiamo stimare felici coloro che, guadagnando se stessi, guadagnano cosa che ha prezzo,<br />

mentre gli agi non apportano alla maggior parte degli uomini che uno scioccone di cui non<br />

sanno che fare, uno scioccone che s fannoia a morte, e che e di peso a se stesso.<br />

Congratuliamoci dunque o fratelli d fesser figli non di schiave, ma di madri libere (Paolo,<br />

Ep. ai Galati, 4, 31).<br />

4 Prendo qui ed in altri punti la parola agi nel senso di ozi, vale a dire per l fopportunita di poter disporre<br />

come meglio aggrada del proprio tempo. In francese avremmo loisirs, parola che esprime magnificamente il<br />

concetto. (Nota del Trad.).<br />

18<br />

Inoltre come e piu felice quel paese che ha meno bisogno o non ha affatto bisogno<br />

d fimportazione, cosi e felice l fuomo a cui basta la ricchezza interna, e che pei suoi<br />

divertimenti non domanda che poco, od anche nulla, al mondo esterno, attesoche una tale<br />

importazione e costosa, obbligante, pericolosa; essa espone a disgusti, e, in conclusione, e<br />

sempre un cattivo succedaneo alle produzioni del proprio suolo. Perocche non dobbiamo, a<br />

nessun titolo, aspettarci gran cosa dagli altri, e in generale dal di fuori. Cio che un individuo<br />

puo essere per un altro e molto strettamente limitato; ciascuno finisce col restar solo, e chi e<br />

solo? diventa allora la grande questione. Goethe ha detto in proposito, parlando in modo<br />

generale, che in ogni cosa ciascuno, in conclusione, e ridotto a se stesso (Poesia e verita,<br />

vol. III). Oliviero Goldsmith dice egualmente: Intanto da per tutto, ridotti a noi stessi,<br />

siamo noi che facciamo o troviamo la nostra propria felicita (Il Viaggiatore, v. 431 e seg.).<br />

Ognuno deve adunque essere e fornire a se stesso cio che v fha di migliore e di piu<br />

importante. Quanto piu succedera cosi, tanto piu per conseguenza l findividuo trovera in se<br />

stesso le sorgenti dei suoi piaceri, e tanto piu sara felice. Si e quindi con ragione che<br />

Aristotele ha detto: La felicita appartiene a chi basta a se stesso (Mor. ad Eudemo, VII, 2).<br />

Infatti tutte le sorgenti esterne della felicita e del piacere sono di lor natura eminentemente<br />

incerte, equivoche, fuggevoli, aleatorie, quindi soggette ad arrestarsi facilmente pur anche


nelle circostanze piu favorevoli, e questo e pure inevitabile, attesocche noi non possiamo<br />

averle sempre alla mano. Anzi, con l feta, quasi tutte fatalmente si esauriscono; perche<br />

allora amore, voglia di divertirsi, passione pei viaggi e per cavalcare, attitudine a far figura<br />

nel mondo, tutto questo ci abbandona; la morte ci toglie perfino amici e parenti. A questo<br />

momento, piu che mai, e importante sapere cio che si ha da se stessi. Non v fha che questo,<br />

infatti, che resistera piu lungamente. Intanto in ogni eta, senza differenza, cio e e resta la<br />

sorgente vera, e sola permanente della felicita. Perocche non vi e molto da guadagnare a<br />

questo mondo: la miseria ed il dolore lo empiono, e per quelli che hanno sfuggiti questi<br />

mali, la noia e la che li insidia da ogni banda. Inoltre d fordinario e la perversita che regna, e<br />

la stoltezza che parla piu forte. Il destino e crudele, e gli uomini sono miserabili. In un<br />

mondo siffatto colui che ha molto in se stesso e simile ad una camera dell falbero di Natale,<br />

illuminata, calda, gaia, in mezzo alle nevi ed ai ghiacci d funa notte di dicembre. Per<br />

conseguenza, aver un findividualita ricca e superiore, e sopratutto molta intelligenza<br />

costituisce senza dubbio la sorte piu felice sulla terra, per quanto cio possa esser differente<br />

dalla sorte la piu brillante. Sicche quanta saggezza nell fopinione emessa su Descartes dalla<br />

regina Cristina di Svezia in eta di appena diciannov fanni: Il signor Descartes e il piu felice<br />

di tutti i mortali, e la sua condizione mi sembra degna d finvidia (Vie de Descartes par<br />

Baillet, l. VII, c. 10). Descartes a quell fepoca viveva da vent fanni in Olanda nella piu<br />

profonda solitudine, e la regina lo conosceva solamente per quanto le era stato raccontato e<br />

per aver letto una delle sue opere. Bisogna solo, e ne era precisamente il caso in Descartes,<br />

che le circostanze esterne sieno abbastanza favorevoli per permettere di possedersi, e<br />

d fesser contenti di se stessi; per questo l fEcclesiaste diceva gia: La saggezza e buona con<br />

un patrimonio e ci aiuta a rallegrarci alla vista del sole (7, 12).<br />

L fuomo cui, per un favore della natura o della fortuna, questa sorte e stata accordata,<br />

stara attento con cura gelosa perche questa sorgente interna di felicita gli resti sempre<br />

accessibile; per cio occorrono indipendenza ed agi.<br />

Li acquistera dunque ben volentieri colla moderazione e col risparmio, e tanto piu<br />

facilmente perche egli non e ridotto, come gli altri uomini, alle sole sorgenti esterne dei


piaceri. Ed e per questo che la prospettiva delle cariche, dell foro, dei favori regali, e<br />

l fapprovazione del mondo non lo indurranno a rinunziare a se stesso per adattarsi alle<br />

vedute meschine od al cattivo gusto degli uomini. Al caso, ei fara come Orazio nella<br />

epistola a Mecenate (L. 1, ep. 7). E una gran pazzia perdere all finterno per guadagnare<br />

all festerno, in altri termini abbandonare, in tutto o in parte, il proprio riposo, gli agi e<br />

19<br />

l findipendenza per il fasto, il grado, le pompe, i titoli, gli onori. Goethe pero l fha fatto. In<br />

quanto a me, il mio genio mi ha tratto energicamente nella via opposta.<br />

La verita, qui esaminata, che la sorgente principale della felicita vien dall finterno, si<br />

trova confermata da una giusta osservazione di Aristotele nella Morale a Nicomaco (I, 7; e<br />

VII, 13, 14); egli dice che ogni piacere suppone un fattivita, quindi l fimpiego di una forza, e<br />

che non puo esistere senza di questa. Tale dottrina aristotelica di far consistere la felicita<br />

dell fuomo nel libero esercizio delle sue facolta saglienti e riprodotta egualmente da Stobeo<br />

nell fEsposizione della morale peripatetica (Eclogoe ethicoe, II, c. 7); eccone un passo: La<br />

felicita consiste nell fesercitare le proprie facolta (ƒ¿ƒÏƒÃƒÑƒÅƒË) in lavori capaci di risultato; egli<br />

spiega pure che ƒ¿ƒÏƒÃƒÑƒÅ indica ogni facolta non comune. Ora la destinazione primitiva delle<br />

forze di cui la natura ha dotato l fuomo, e la lotta contro la necessita che l fopprime da per<br />

tutto. Quando la lotta lascia un momento di tregua, le forze senza impiego divengono un<br />

peso per lui; ei deve allora giuocare con esse, cioe impiegarle senza uno scopo, altrimenti si<br />

espone all faltra sorgente dell fumana infelicita, alla noia. Sicche e la noia che tortura i<br />

grandi ed i ricchi piu che gli altri, e Lucrezio ha fatto della loro miseria un quadro, di cui si<br />

ha ogni giorno nelle grandi citta l foccasione di riconoscere la meravigliosa verita: Questi<br />

sorte spesso dal ricco palazzo, ove si annoia, ma vi fa ritorno un momento dopo non<br />

trovandosi piu felice altrove; un altro corre a briglia sciolta in villa, quasicche dovesse<br />

portare aiuto a spegnerne l fincendio; appena toccata la soglia e colpito dalla noia, e si<br />

abbandona gravemente al sonno e cerca di dimenticar se stesso, oppure d fimprovviso<br />

desidera di nuovo la citta e vi ritorna (L. III, v. 1073 e seg.).<br />

Presso questi signori, finche sono giovani, devono far le spese le forze muscolari e


genitali. Ma piu tardi non restano piu che le forze intellettuali; in loro mancanza, od in<br />

difetto di sviluppo o di materiali per servire alla loro attivita, la miseria e grande. La<br />

volonta essendo la sola forza inesauribile, si cerca allora di stimolarla coll feccitare le<br />

passioni; si ricorre, per esempio, ai giuochi d fazzardo in grande, a questo vizio in vero<br />

degradante. Del resto ogni individuo sfaccendato scegliera, secondo la natura delle forze in<br />

lui predominanti, un divertimento che le impieghi, come il giuoco delle palle o degli<br />

scacchi, la caccia o la pittura, le corse di cavalli o la musica, i giuochi di carte o la poesia,<br />

l faraldica o la filosofia, ecc.<br />

Possiamo anche trattare questa materia con metodo, riportandoci alla radice delle tre<br />

forze fisiologiche fondamentali: abbiamo dunque da studiarle qui nel loro esercitarsi senza<br />

scopo; esse ci si presentano allora come sorgenti di tre specie di piaceri possibili, fra le<br />

quali ciascuno scegliera quelle che gli sono proporzionate secondo che l funa o l faltra di<br />

queste forze predominano in lui.<br />

Cosi troviamo anzi tutto le gioie della forza riproduttiva: esse consistono nel<br />

mangiare, nel bere, nella digestione, nel riposo e nel sonno. Vi sono intere popolazioni a cui<br />

si attribuisce di fare gloriosamente di tali gioie uno spasso nazionale. In secondo luogo i<br />

piaceri dell firritabilita; essi sono i viaggi, la lotta, il salto, la danza, la scherma, il cavalcare<br />

ed i giuochi atletici d fogni specie, come pure la caccia, e veramente anche i combattimenti<br />

e la guerra. In terzo luogo i piaceri della sensibilita, quali contemplare, pensare, sentire,<br />

creare nella poesia o nell farte plastica, far musica, studiare, leggere, meditare, inventare,<br />

filosofare, ecc. Vi sarebbero da fare molte osservazioni sul valore, sull faltezza e sulla<br />

durata di queste differenti specie di piaceri; noi ne lasciamo la cura al lettore. Ma ciascuno<br />

comprendera che il piacere nostro, motivato costantemente dall fimpiego delle nostre<br />

proprie forze, come pure la nostra felicita, risultato del frequente rinnovarsi di questo<br />

piacere, saranno tanto piu grandi quanto piu la forza produttrice sara di nobile specie.<br />

Nessuno potra inoltre negare che il primo posto, sotto questo rapporto, tocchi alla<br />

sensibilita il cui predominio deciso stabilisce la distinzione tra l fuomo e le altre specie<br />

animali; le due altre forze fisiologiche fondamentali, che esistono presso l fanimale nello


stesso grado, od in un grado anche piu alto che presso l fuomo, non vengono che in seconda<br />

20<br />

linea. Alla sensibilita appartengono le nostre forze intellettuali; ed e per cio che il suo<br />

predominio ci rende atti a gustare i piaceri che hanno sede nell fintelletto, i piaceri dello<br />

spirito; piaceri che sono tanto piu grandi quanto il predominio della sensibilita e piu<br />

accentuato5. L fuomo normale, l fuomo ordinario non puo prendere vivo interesse ad una<br />

cosa se questa non eccita la sua volonta, se non gli presenta un interesse personale. Ora<br />

ogni eccitamento persistente della volonta e, per lo meno, di natura mista, quindi combinato<br />

col dolore. I giuochi di carte, occupazione abituale della buona societa di ogni paese6, sono<br />

un mezzo per eccitare intenzionalmente la volonta, e cio mediante interessi tanto minimi<br />

che non possono che occasionare dolori momentanei e leggeri, non gia dolori permanenti e<br />

seri: cosicche si puo considerarli come un semplice solletico della volonta. L fuomo dotato<br />

di forze intellettuali predominanti, invece e capace d finteressarsi vivamente alle cose per<br />

via dell fintelligenza pura, senza immistione alcuna del volere; ne prova anzi il bisogno.<br />

Tale interesse lo trasporta allora in una regione in cui il dolore e essenzialmente straniero,<br />

nell fatmosfera per cosi dire, degli dei dalla vita facile, ƒ¦ƒÃ.ƒË ƒÏƒÃ.ƒ¿ ƒÄƒÖ.ƒËƒÑƒÖƒË. Mentre<br />

l fesistenza del resto degli uomini passa cosi nel torpore, e che i sogni e le aspirazioni di essi<br />

sono dirette verso i meschini interessi del benessere personale colle loro miserie d fogni<br />

sorte; mentre una noia insopportabile li coglie appena non sono piu occupati a coltivare tali<br />

progetti, e che restano ridotti a se stessi; mentre l fardore selvaggio della passione puo solo<br />

scuotere questa massa inerte, l fuomo dotato di facolta intellettuali preponderanti possiede<br />

un fesistenza ricca di pensieri, sempre animata, e sempre importante; oggetti degni ed<br />

5 La natura va elevandosi costantemente dall fazione meccanica e chimica del regno inorganico fino al<br />

regno vegetale nella sua tacita soddisfazione di se stessa; di qui al regno animale con cui si mostra l faurora<br />

dell fintelligenza e della coscienza; poi, partendo da questi deboli principi, sale di grado in grado sempre<br />

piu<br />

alto per arrivare finalmente con un ultimo e supremo sforzo all fuomo, nel cui intelletto raggiunge il punto<br />

culminante e lo scopo delle sue creazioni, dando cosi quanto essa puo produrre di piu perfetto e di piu


difficile. Tuttavia pur nella specie umana, l fintelletto presenta ancora delle graduazioni numerose e<br />

sensibili, e<br />

molto di raro arriva fino al grado piu elevato, sino all fintelligenza effettivamente superiore. Questa<br />

dunque,<br />

nel senso piu ristretto e piu rigoroso, e il prodotto piu difficile, il prodotto supremo della natura; e quindi<br />

essa<br />

e cio che il mondo puo offrire di piu raro e di piu prezioso, si e in una tale intelligenza che appare la<br />

conoscenza piu lucida e che il mondo si riflette quindi piu chiaramente e piu completamente che altrove.<br />

Sicche l fessere che ne e dotato possede cio che v fha di piu nobile e di piu squisito sulla terra, una<br />

sorgente di<br />

piacere al cui confronto tutte le altre sono meschinissime, talmente che egli non avra a chiedere al mondo<br />

esterno se non agi per godere del suo bene senza molestie, e per finire la sfaccettatura del suo diamante.<br />

Perocche tutti gli altri piaceri, non intellettuali, sono di natura volgare; essi tutti hanno in vista movimenti<br />

della volonta, quali desideri, speranze, timori, aspirazioni realizzate, qualunque ne sia la natura; tutto<br />

questo<br />

non puo compiersi senza dolori, ed inoltre, una volta raggiunto lo scopo, s fincontrano d fordinario<br />

disinganni<br />

in maggior o minor numero secondo il caso; mentre nelle gioje intellettuali la verita si presenta sempre piu<br />

chiara. Nel dominio dell fintelligenza non regna alcun dolore! tutto e cognizione. Ma i piaceri intellettuali<br />

non<br />

sono accessibili all fuomo che per la via e nella misura dell fintelligenza. Perche átutto lo spirito che v fha<br />

al<br />

mondo e inutile a chi non ne possede. â Tuttavia uno svantaggio non manca mai d faccompagnare questo<br />

privilegio ed e che in tutta la natura, la facilita ad esser impressionato dal dolore aumenta nel tempo stesso<br />

che<br />

si alza il grado dell fintelligenza, e che in conseguenza essa arrivera al suo massimo nell fintelligenza piu<br />

elevata. (Nota di Schopenhauer).<br />

6 La volgarita consiste in sostanza nel fatto che il volere la vince totalmente, nella coscienza,<br />

sull fintelletto, per cui le cose arrivano ad un tal punto che l fintelletto non appare piu che per il servizio<br />

della<br />

volonta: quando questo servizio non reclama intelligenza, quando non esistono motivi ne piccoli, ne grandi,<br />

l fintelletto cessa completamente, e sopraggiunge una vacuita assoluta di pensieri. Ora il volere sprovvisto


d fintelletto e cio che v fha di piu basso; ogni tronco lo possede e lo manifesta, non foss faltro quando<br />

cade. Si e<br />

dunque un tale stato che costituisce la volgarita. In essa gli organi dei sensi ed una minima attivita<br />

intellettuale, necessari a fermare i loro dati, rimangono soli in azione; ne risulta che l fuomo volgare resta<br />

sempre aperto a tutte le impressioni, e percepisce istantaneamente tutto quanto succede intorno a lui, al<br />

punto<br />

che il suono piu leggero per esempio, o qualunque circostanza per quanto insignificante, sveglia tosto la sua<br />

attenzione, proprio come succede negli animali. Tutto cio apparisce dal suo viso e dal suo esteriore, ed e da<br />

cio che proviene l fapparenza volgare, apparenza la cui impressione e tanto piu ributtante in quanto che,<br />

come<br />

succede molto spesso, la volonta, la quale allora occupa tutta la coscienza, e bassa, egoista e cattiva. (Nota<br />

di<br />

Schopenhauer).<br />

21<br />

interessanti lo occupano non appena ha l fagio di darsi a loro, ed ei porta con se una<br />

sorgente di gioie le piu nobili. L fimpulso esterno gli e fornito dalle opere della natura e<br />

dall faspetto dell fattivita umana, ed inoltre dalle produzioni cosi svariate delle menti piu<br />

elevate di tutti i tempi e paesi, produzioni che egli solo puo realmente gustare per intero,<br />

perche egli solo e capace di comprenderli e di sentirli interamente. Si e dunque per lui, in<br />

realta, che costoro hanno vissuto; si e dunque a lui, in fatto, che essi hanno indirizzato le<br />

loro parole, mentre gli altri, come uditori d foccasione, non comprendono che qualche poco<br />

qua e la, e solamente a mezzo, E certo che appunto per questo l fuomo superiore acquista un<br />

bisogno di piu che gli altri uomini, il bisogno d fimparare, di vedere, di studiare, di<br />

meditare, di applicarsi; il bisogno quindi di aver tempo disponibile. Ora, come Voltaire ha<br />

giustamente osservato, non essendovi veri piaceri se non in seguito a veri bisogni, questo<br />

bisogno dell fuomo intelligente e precisamente la condizione che mette alla sua portata<br />

piaceri il cui accesso resta interdetto per sempre agli altri; per costoro le bellezze della<br />

natura e dell farte, le opere dell fintelletto d fogni specie, anche quando se ne circondano, non<br />

sono in fondo se non cio che le cortigiane sono per un vecchio. Un ente cosi privilegiato, a<br />

lato della sua vita personale, vive d funa seconda esistenza, d funa esistenza intellettuale che


arriva grado a grado ad essere il suo vero scopo, l faltra non essendo piu considerata che<br />

come mezzo; per il resto degli uomini si e la loro stessa esistenza, insipida, vuota e desolata<br />

che deve loro servire di scopo. La vita intellettuale sara l foccupazione principale dell fuomo<br />

superiore; aumentando senza mai cessare il suo tesoro di senno e di scienza, essa cosi<br />

acquista costantemente una connessione ed una gradazione, una unita ed una perfezione<br />

sempre piu spiccate, come un fopera d farte in via di formazione. In cambio che penoso<br />

contrasto fa con questa la vita degli altri, puramente pratica, diretta solo al benessere<br />

personale, vita che non ha aumento possibile se non in lunghezza senza poter guadagnare in<br />

profondita, e destinata nondimeno a servir loro di scopo per se stessa, mentre per l faltro<br />

essa e un semplice mezzo!<br />

La nostra vita pratica, reale, dal momento che le passioni non la tengono in<br />

agitazione, e noiosa e scipita; quando esse la turbano diventa ben presto dolorosa; si e per<br />

questo che sono felici solamente coloro cui e toccato in sorte una somma d fintelletto<br />

eccedente quella misura che il servizio della loro volonta reclama. Cosi a lato della vita<br />

effettiva essi possono vivere d funa vita intellettuale che li occupa e li ricrea senza dolore, e<br />

tuttavia con vivacita. Il semplice agio, vale a dire un intelletto non occupato al servizio<br />

della volonta, non basta, abbisogna per cio un eccedente positivo di forza che solo ci rende<br />

atti ad un foccupazione puramente spirituale e non legata al servizio della volonta. Per lo<br />

contrario l fozio senza lo studio e morte e sepolcro dell fuomo vivo (Seneca, Ep. 82). Nella<br />

misura di questo eccedente, la vita intellettuale esistente a lato della vita reale presentera<br />

gradazioni innumerevoli, dai lavori del raccoglitore che descrive insetti, uccelli, minerali,<br />

monete, ecc., fino alle piu alte produzioni della poesia e della filosofia.<br />

Una tal vita intellettuale protegge non soltanto contro la noia, ma anche contro le sue<br />

perniciose conseguenze. Essa infatti ripara dalla cattiva compagnia e dai molti pericoli,<br />

disgrazie, perdite, e dissipazioni a cui si espone chi cerca interamente la sua felicita nella<br />

vita reale. Volendo parlare di me, per esempio, diro che la mia filosofia non m fha fruttato,<br />

ma mi ha risparmiato molto.<br />

L fuomo normale invece o limitato, nei piaceri della vita, alle cose esterne, quali le


icchezze, il grado, la famiglia, gli amici, la societa, ecc.; su esse egli stabilisce la felicita<br />

della sua vita, cosicche tale felicita crolla, quando le perde, o quando incontra qualche<br />

disinganno. Per disegnare questo stato dell findividuo possiamo dire che il suo centro di<br />

gravita cade fuori di lui. Si e per cio che le sue voglie ed i suoi capricci sono sempre<br />

variabili: quando i suoi mezzi glielo permettono ei comprera talora una villa, talora dei<br />

cavalli, oppure dara feste, poi intraprendera dei viaggi, ma sopra tutto condurra una vita<br />

fastosa, e tutto cio precisamente perche cerca, non importa dove, una soddisfazione che<br />

22<br />

venga dal di fuori; cosi un uomo consumato spera trovare nel brodetto e nelle droghe di<br />

farmacia la salute ed il vigore la cui vera fonte e la forza vitale propria. Per non passare<br />

immediatamente all festremo opposto, prendiamo ora un uomo dotato di una potenza<br />

intellettuale che senza esser eminente, oltrepassi tuttavia la misura ordinaria e strettamente<br />

sufficente. Vedremo quest fuomo, quando le sorgenti esterne dei piaceri venissero a<br />

mancare o piu non lo soddisfacessero, coltivare da dilettante qualche ramo delle belle arti,<br />

oppure qualche scienza, come la botanica, la mineralogia, la fisica, l fastronomia, la storia,<br />

ecc., e trovarvi un gran fondo di piacere e di ricreazione. A questo titolo possiamo dire che<br />

il suo centro di gravita cade gia in parte dentro di lui. Ma il semplice dilettantismo<br />

nell farte e ancora ben lontano dalla facolta creatrice; d faltra parte le scienze non<br />

oltrepassano i rapporti dei fenomeni tra loro, esse non possono assorbire l fuomo tutto<br />

intero, colmare tutto il suo essere, ne per conseguenza intrecciarsi cosi strettamente nel<br />

tessuto della sua esistenza da renderlo incapace di prender interesse a tutto il resto. Cio<br />

resta riservato esclusivamente alla suprema altezza intellettuale, a quell faltezza che si<br />

chiama comunemente genio; essa sola puo prender per tema, interamente ed assolutamente,<br />

l fesistenza e l fessenza delle cose; dopo di che tende, secondo la sua direzione individuale,<br />

ad esprimere i suoi profondi concetti coll farte, colla poesia o colla filosofia.<br />

Non e che per un uomo di tal tempra che l foccupazione permanente con se stesso, coi<br />

suoi pensieri e colle sue opere riesce un bisogno irresistibile; per lui la solitudine e la ben<br />

venuta, gli agi sono il bene supremo; in quanto al resto egli puo farne senza, e quando lo


possede esso gli doventa ben di frequente un peso. Di quest fuomo possiamo dire che il suo<br />

centro di gravita cade tutto intero dentro di lui. Questo ci spiega nello stesso tempo come<br />

succede che tali uomini d funa specie cosi rara non portano ai loro amici, alla loro famiglia,<br />

al bene pubblico, l finteresse intimo ed illimitato di cui molti fra gli altri sono capaci,<br />

perocche alla fin fine essi possono farne a meno possedendo se stessi. Esiste adunque di piu<br />

in essi un elemento isolante, la cui azione e tanto piu energica in quanto che gli altri uomini<br />

non possono soddisfarli pienamente; cosi essi non saprebbero vedere affatto negli altri degli<br />

eguali, ed anzi, sentendo continuamente la dissomiglianza della loro natura in tutto e da per<br />

tutto, si abituano adagio adagio ad essere fra gli umani come individui di una specie<br />

differente, ed a servirsi, quando le loro riflessioni si portano su di essi, della terza persona<br />

plurale in luogo della prima.<br />

Considerato sotto un tal punto di vista l fuomo il piu felice sara dunque colui che la<br />

natura ha riccamente dotato dal lato intellettuale, tanto cio che e in noi ha piu importanza di<br />

cio che e al di fuori; questo, vale a dire l foggettivo, in qualunque modo agisca, non agisce<br />

mai se non per l fintermediario dell faltro, vale a dire del soggettivo; l fazione dell foggettivo<br />

e quindi secondaria. E quanto espresse in bei versi Luciano: La ricchezza dell fanima e la<br />

sola vera ricchezza; tutti gli altri beni sono fecondi di dolori (Ant. I, 67).<br />

Un uomo ricco siffattamente all finterno non domanda al mondo esteriore che un dono<br />

negativo, cioe gli agi per poter perfezionare e sviluppare le facolta del suo spirito, e per<br />

poter godere delle sue ricchezze interne; ei reclama dunque unicamente la liberta di potere,<br />

per tutta la sua vita esser se stesso ogni giorno, ed ogni ora. Per l fuomo destinato ad<br />

imprimere la traccia del suo spirito sull fumanita intera, non esistono che una sola felicita ed<br />

una sola infelicita, e sono di poter perfezionare il suo ingegno e completar le sue opere,<br />

oppure esserne impedito. Tutto il resto per lui non ha importanza. Ed e per questo che<br />

vediamo le grandi menti d fogni epoca attribuire il prezzo piu alto agli agi, perocche tanto<br />

vale l fuomo, tanto valgono i suoi agi. Credo invero che la felicita stia negli agi (ozii), dice<br />

Aristotele (Mor. a Nic. X, 7). Anche Diogene Laerzio riporta che Socrate vantava gli agi<br />

come la piu bella ricchezza (II, 5, 31). Si e sempre cio che intende Aristotele (Mor. a Nic.


X, 7, 8, 9), quando dichiara che la piu bella vita e quella del filosofo. Egli dice egualmente<br />

nella Politica (IV, 11): Esercitare liberamente il proprio genio, ecco la vera felicita. E<br />

23<br />

Goethe nel Wilhelm Meister; Chi e nato con un genio, per un genio, trova in esso la sua<br />

piu bella esistenza.<br />

Ma posseder agi non e solo fuori della sorte ordinaria, ma anche fuori della natura<br />

ordinaria dell fuomo, perocche sua destinazione naturale si e d fimpiegare il suo tempo ad<br />

acquistare il necessario per la esistenza sua e per quella della famiglia. Egli e figlio della<br />

miseria, non un fintelligenza libera. Cosi gli ozi riescono ben presto ad essere di peso, poi si<br />

fanno tortura per l fuomo ordinario dal momento che egli non puo occuparli con mezzi<br />

artificiali e fittizi d fogni specie, coi giuochi, con passatempi, e con bagattelle d fogni forma.<br />

Anzi per questo gli ozi gli procurano anche dei danni, perocche si e detto con ragione:<br />

ádifficilis in otio quies â e difficile esser tranquilli nell fozio. D faltra parte pero una<br />

intelligenza che oltrepassi di molto la misura normale e parimenti un fenomeno<br />

straordinario, quindi contro natura. Tuttavia, quando essa e data, l fuomo che ne e fornito,<br />

per trovare la felicita, ha precisamente bisogno di quegli agi che per gli altri sono qualche<br />

volta importuni e qualche volta funesti; in quanto a lui, senza agi sara un Pegaso sotto il<br />

giogo; in una parola sara infelice. Nondimeno se queste due anomalie, l funa esterna e l faltra<br />

interna, si trovano riunite, la loro unione produce un caso di suprema felicita, perocche<br />

l fuomo cosi favorito condurra allora una vita d fun ordine superiore, la vita d fun essere<br />

sottratto alle due sorgenti opposte dei dolori umani; il bisogno e la noia; che egli e del pari<br />

sollevato e dalla cura penosa di affaccendarsi per provvedere alla sua esistenza e<br />

dall fincapacita di sopportare gli ozi (vale a dire l fesistenza libera propriamente detta);<br />

altrimenti un uomo non puo scappare da questi due mali se non se per il fatto che essi si<br />

neutralizzino e si annullino reciprocamente.<br />

Di fronte a tutto cio che precede, bisogna considerare d faltra parte che, in seguito ad<br />

un fattivita preponderante dei nervi, le grandi facolta intellettuali producono un aumento<br />

eccessivo dell fattitudine a sentire il dolore sotto tutte le forme; che inoltre il temperamento


passionato che ne e la condizione, come pure la vivacita e la perfezione piu grande di ogni<br />

percezione, che ne sono inseparabili, danno alle emozioni cosi prodotte una violenza senza<br />

confronto piu forte; ora si sa che le emozioni dolorose sono molto piu frequenti che le<br />

piacevoli; finalmente bisogna anche ricordare che le alte facolta intellettuali fanno di chi le<br />

possiede un uomo straniero agli altri uomini ed alle loro agitazioni, visto che piu questi<br />

possede in se stesso, meno puo trovare in altrui. Mille oggetti per i quali costoro prendono<br />

un piacere infinito, a lui sembrano insipidi e ripugnanti. Forse in tal maniera la legge di<br />

compensazione che regna dovunque, domina egualmente qui pure. Non si e forse preteso<br />

bene spesso e non senza qualche apparenza di ragione, che in fondo l fuomo piu povero di<br />

spirito e il piu felice? Comunque si sia, nessuno gl finvidiera questa felicita. Io non voglio<br />

antecipare sul lettore per la soluzione definitiva di tale questione, tanto piu perche Sofocle<br />

stesso ha espresso su cio giudizi diametralmente opposti: Il sapere e di molto la porzione<br />

piu considerevole della felicita (Antigone). Un faltra volta disse: La vita del saggio non e la<br />

piu piacevole (Ajace). I filosofi dell fAntico Testamento non vanno meglio d faccordo tra<br />

loro; Gesu, figlio di Sirac, ha detto: La vita dello stolto e peggior della morte (22, 12);<br />

l fEcclesiaste invece (1, 18): Dove molta sapienza, ivi molto dolore.<br />

Frattanto ci tengo a ricordar qui che cio che si disegna piu particolarmente con una<br />

parola propria esclusivamente della lingua tedesca, Philister (borghese, droghiere, filisteo),<br />

si e precisamente l fuomo che, in seguito alla misura limitata e strettamente sufficente delle<br />

sue forze intellettuali, non ha bisogni spirituali; tale espressione appartiene alla vita da<br />

studenti, ed e stata messa in uso piu tardi in un rispetto piu elevato, ma analogo ancora al<br />

suo senso primitivo, per qualificare colui che e l fopposto d fun figlio delle Muse, vale a dire<br />

un uomo affatto prosaico. Costui infatti e e resta l fƒ¿ƒÊƒÍƒÒƒÐƒÍ. ƒ¿ƒËƒÅƒÏ (l fuomo non iniziato alle<br />

Muse). Ponendomi ad un punto di vista piu alto ancora vorrei definire i filistei dicendo che<br />

sono gente costantemente occupata, e cio colla piu gran serieta del mondo, d funa realta che<br />

non e realta. Ma questa definizione, gia d funa natura trascendentale, non sarebbe in<br />

24<br />

armonia col punto di vista popolare a cui mi son messo in questa dissertazione; potrebbe


quindi non esser compresa da tutti i lettori. La prima invece ammette piu facilmente un<br />

commento specifico, e disegna abbastanza l fessenza e la radice delle proprieta<br />

caratteristiche tutte del filisteo. Costui e dunque, come dicemmo, un uomo senza bisogni<br />

spirituali.<br />

Da cio derivano molte conseguenze: la prima, in rapporto a lui stesso, si e che non<br />

avra mai gioje spirituali, secondo la massima gia citata che non vi sono veri piaceri se non<br />

con veri bisogni. Nessuna aspirazione ad acquistar conoscenze e giudizi nuovi per le cose in<br />

se stesse anima la sua esistenza: e nessuna aspirazione ai piaceri estetici, perocche queste<br />

due aspirazioni sono strettamente legate assieme. Quando la moda o qualche altro stimolo<br />

gl fimpone tali piaceri ei se ne sbriga nel modo piu breve possibile, come un galeotto si<br />

sbriga del suo lavoro forzato. Soli piaceri per lui sono i sensuali, su di essi egli prende il suo<br />

compenso. Mangiar ostriche, bever vino di Champagne, ecco per lui l fapice dell fesistenza;<br />

procurarsi tutto quanto contribuisce al benessere materiale, ecco lo scopo della sua vita.<br />

Troppo felice quando tale scopo lo occupa abbastanza! Perocche se questi beni gli sono<br />

stati gia concessi antecipatamente, ei diventa preda della noia; per cacciarla prova tutto cio<br />

che si puo immaginare; balli, teatri, societa, giuochi di carte, giuochi d fazzardo, cavalli,<br />

donne, ebbrezza, viaggi, ecc. E nullameno tutto questo non basta quando l fassenza di<br />

bisogni intellettuali rende impossibili i piaceri dello spirito. Cosi una serieta fosca e secca,<br />

molto simile a quella dell fanimale, e propria del filisteo e lo caratterizza. Niente lo diverte,<br />

niente lo scuote, niente risveglia il suo interesse. I piaceri materiali sono presto esauriti; la<br />

societa, composta di filistei suoi pari, gli viene ben tosto a noia; il giuoco delle carte finisce<br />

collo stancarlo. Gli restano rigorosamente parlando le soddisfazioni della vanita alla sua<br />

maniera: esse consisteranno a sorpassare gli altri nelle ricchezze, nel grado, nell finfluenza o<br />

nel potere, cio che allora gli vale la loro stima; oppure anche ei cerchera di potersi almeno<br />

fregare intorno a coloro che brillano per tali vantaggi, e di riscaldarsi ai riflessi del loro<br />

splendore (in inglese questo si chiama snob).<br />

La seconda conseguenza che risulterebbe dalla proprieta fondamentale che abbiamo<br />

riscontrata nel filisteo, si e che in rapporto agli altri, siccome e privo di bisogni intellettuali,


e limitato ai soli materiali, cerchera gli uomini che potranno soddisfare questi ultimi, e non<br />

coloro che potrebbero provvedere ai primi. Sicche non sono certamente le alte qualita<br />

intellettuali che chiede loro; che anzi quando le incontra eccitano la sua antipatia, e<br />

fors fanche il suo odio, perocche ei non prova in loro presenza se non un sentimento<br />

importuno d finferiorita ed un finvidia sorda, secreta, che nasconde colla piu gran cura, che<br />

cerca di dissimulare a se stesso, ma che giusto per questo cresce talora fino ad una rabbia<br />

muta. Non e mica sulle facolta dello spirito che costui pensera mai a misurare la sua stima o<br />

la sua considerazione; ei le riservera esclusivamente al grado ed alla ricchezza, al potere ed<br />

all finfluenza, cose che passano a f suoi occhi come le sole qualita vere, le sole in cui puo<br />

aspirare di eccellere. E tutto cio perche il filisteo e un uomo privo di bisogni intellettuali. Il<br />

suo estremo soffrire deriva dal fatto che le idealita non gli portano alcun divertimento, e<br />

che, per sfuggire la noia, ei deve sempre ricorrere alle realta. Ora queste da una parte sono<br />

ben presto esaurite, ed allora in luogo di far piacere, stancano; e dall faltra portano con se<br />

sciagure d fogni fatta, mentre le idealita sono inesauribili e per se stesse innocue.<br />

In tutta questa dissertazione sulle condizioni personali che contribuiscono alla nostra<br />

felicita, ebbi in vista le qualita fisiche, e principalmente le qualita intellettuali. Si e nella<br />

mia memoria sul Fondamento della morale ( ˜ 22) che ho esposto come la perfezione<br />

morale, a sua volta, influisca direttamente sulla felicita: a quest fopera invito il lettore.<br />

_____<br />

25<br />

CAPITOLO III.<br />

___<br />

Di cio che si ha.<br />

Epicuro, il grande maestro di felicita, ha mirabilmente e giudiziosamente diviso i<br />

bisogni umani in tre classi. Primo, i bisogni naturali e necessari: quelli che non soddisfatti<br />

producono dolore; essi dunque non comprendono che il victus e l famictus (cibo e vesti).<br />

Sono facili da soddisfare. . Secondo, i bisogni naturali, ma non necessari: cioe il bisogno<br />

di soddisfazione sessuale, quantunque Epicuro non lo dica nell fopera di Diogene Laerzio


(del resto riproduco qui, in generale, tutta questa dottrina leggermente modificata e<br />

corretta). Tale bisogno e gia piu difficile da soddisfare. . Terzo, quelli che non sono ne<br />

naturali, ne necessari: e sarebbero i bisogni del lusso, dell fabbondanza, del fasto e della<br />

splendidezza; il loro numero e infinito, e la loro soddisfazione molto difficile (Vedi<br />

Diogene Laerzio L. X, c. 27, ˜ 149 e 127; . Cicerone, De fin. I, 13).<br />

Il limite dei nostri desideri ragionevoli riferendosi ai beni di fortuna, e difficile, se<br />

non impossibile, determinarlo. Perocche la soddisfazione di ciascuno a tale riguardo si<br />

fonda non sopra una quantita assoluta, ma sopra una quantita relativa, vale a dire sul<br />

rapporto tra le sue brame e le sue ricchezze; cosi queste ultime, considerate in se stesse,<br />

sono tanto prive di significato quanto il numeratore di una frazione senza denominatore. La<br />

mancanza di beni a cui un uomo non ha mai sognato d faspirare, non puo affatto privarlo di<br />

qualche cosa; ei sara perfettamente pago senza di essi, mentre un altro che possede cento<br />

volte di piu si sentira infelice perche gli manca il solo oggetto che brama. Ciascuno ha pure,<br />

riguardo i beni a cui gli e permesso aspirare, un orizzonte tutto proprio, e le sue pretese non<br />

vanno oltre i limiti di quest forizzonte. Quando un oggetto, collocato entro questi limiti, gli<br />

si presenta in modo ch fei possa esser certo di raggiungerlo, si trovera felice; al contrario si<br />

sentira infelice se, sopravvenendo ostacoli, tale prospettiva gli e tolta. Cio che e posto al di<br />

la non ha alcuna azione su di lui. Si e per questo che la immensa fortuna del ricco non da<br />

molestia al povero, e per questo pure, d faltra parte, che tutte le ricchezze gia possedute non<br />

consolano il ricco quando e deluso in un faspirazione. (La ricchezza e come l facqua salata:<br />

piu se ne beve, piu cresce la sete; lo stesso succede della gloria).<br />

Il fatto che dopo la perdita della ricchezza o dell fagiatezza, appena vinto il primo<br />

dolore, il nostro umore abituale non sara molto diverso da quello che era per lo avanti, si<br />

spiega riflettendo che, il fattore del nostro avere essendo stato diminuito dalla sorte,<br />

riduciamo subito, da noi stessi, considerevolmente il fattore delle nostre pretese. Ecco dove<br />

sta quanto havvi di veramente doloroso in una disgrazia; una volta compiuta questa<br />

operazione, il dolore si fa sempre meno sensibile, e finisce collo sparire; la piaga si<br />

cicatrizza. Nell fordine inverso, in presenza d fun avvenimento felice, il peso che comprime


le nostre pretese s finnalza e permette loro di dilatarsi: in cio consiste il piacere. Ma questo<br />

pure non dura che il tempo necessario perche l foperazione si compia; noi ci avvezziamo poi<br />

alla scala cosi aumentata delle pretese, e diveniamo indifferenti al possesso corrispondente<br />

della ricchezza. E quanto esprime un passo di Omero (Odissea, XVIII, 130-137) di cui<br />

presentiamo gli ultimi versi: Tale invero e lo spirito degli uomini terrestri, simile ai giorni<br />

mutevoli che adduce il padre degli uomini e degli dei.<br />

La fonte dei nostri dispiaceri sta negli sforzi da noi sempre rinnovati per elevare il<br />

fattore delle aspirazioni, mentre l faltro fattore colla sua immobilita vi si oppone.<br />

Non bisogna stupirsi di vedere, nella specie umana, povera e piena di bisogni, la<br />

ricchezza piu altamente e piu sinceramente apprezzata, fors fanco piu venerata, di qualunque<br />

26<br />

altra cosa; il potere stesso non e tenuto in conto se non perche conduce alla fortuna; e<br />

neppure bisogna maravigliarsi nel vedere gli uomini metter da parte, o passar sopra a<br />

qualunque considerazione quando si tratta d facquistar ricchezze, nel veder per esempio i<br />

professori di filosofia far buon mercato della loro scienza per guadagnar danaro. Si fa<br />

spesso rimprovero agli uomini di volgere i loro voti specialmente al danaro e di amarlo piu<br />

d fogni altra cosa al mondo. Pure e ben naturale, quasi inevitabile, di amare cio che, simile<br />

ad un Proteo instancabile, e pronto ad assumere in ogni momento la forma dell foggetto<br />

attuale delle nostre voglie si mobili, o dei nostri bisogni si diversi. Ogni altro bene, infatti,<br />

non puo soddisfare che un solo desiderio, che un solo bisogno: le vivande hanno valore<br />

solamente per chi ha fame, il vino per chi sta bene, i medicamenti per chi e malato, una<br />

pelliccia durante l finverno, le donne per la gioventu, ecc. Tutte queste cose non sono<br />

dunque che ƒ¿ƒÁƒ¿ƒÆƒ¿ ƒÎƒÏƒÍ. ƒÑƒÇ, vale a dire relativamente buone. Il solo danaro e il bene<br />

assoluto, perche esso non provvede unicamente ad un solo bisogno áin concreto, â ma al<br />

bisogno in generale áin abstracto. â<br />

I beni di fortuna di cui si puo disporre devono dunque esser considerati come un<br />

riparo contro il gran numero di mali e di disgrazie possibili, e non come un permesso, e<br />

meno ancora come un obbligo di aversi da procurare i piaceri del mondo. Le persone che,


senza aver un patrimonio, giungono col loro ingegno, qualunque esso sia, al punto di<br />

guadagnare molto danaro, cadono quasi sempre nell fillusione di credere che il loro ingegno<br />

sia un capitale stabile, e che il danaro che frutta loro l fingegno sia per conseguenza<br />

l finteresse del detto capitale. Cosi non mettono da canto alcun poco di cio che guadagnano<br />

per farsene una rendita certa, ma spendono nella stessa misura che prendono. Ne segue che<br />

d fordinario essi cadono in miseria quando i loro guadagni ristanno o cessano<br />

completamente; infatti il loro talento stesso, passaggero di sua natura, come lo e per<br />

esempio il genio per quasi tutte le belle arti, si esaurisce, oppure le circostanze speciali o le<br />

occasioni che lo rendevano produttivo spariscono. Gli artigiani possono a tutto rigore<br />

menar una tal vita, perche la capacita richiesta per il loro mestiere non si perde facilmente,<br />

o puo esser surrogata dal lavoro dei loro operai; inoltre i loro prodotti sono oggetti di<br />

necessita il cui smercio e sempre assicurato; un proverbio tedesco dice con ragione: áEin<br />

Handwerk hat einen goldenen Boden7 â vale a dire un buon mestiere vale molto oro.<br />

Cosi non avviene degli artisti e dei virtuosi d fogni specie. Ed e giusto per questo che<br />

sieno pagati a prezzi cosi alti; ma anche per la stessa ragione dovrebbero essi capitalizzare<br />

il danaro che guadagnano; nella loro presunzione lo considerano invece come se non fosse<br />

che l finteresse e vanno incontro cosi alla loro rovina.<br />

In cambio la gente che possiede un patrimonio sa molto bene fin da principio<br />

distinguere tra capitale ed interessi. Sicche la maggior parte cerchera d finvestire il suo<br />

capitale nel modo piu sicuro, ne lo rosicchiera in alcun caso, anzi riservera, possibilmente,<br />

sugl finteressi l fottava parte almeno per prevenire ad una crisi eventuale. Costoro si<br />

mantengono cosi soventi volte nell fagiatezza. Niente di quanto diciamo si applica ai<br />

commercianti; per essi il danaro e per se stesso l fistromento del guadagno, l futensile di<br />

professione per cosi dire: d fonde segue che anche quando lo hanno acquistato col loro<br />

lavoro, cercheranno nel suo impiego i mezzi di conservarlo e di aumentarlo. Cosi la<br />

ricchezza e abituale in questa classe piu che in qualunque altra.<br />

In generale, si trovera che ordinariamente quelli che hanno gia lottato colla vera<br />

miseria e col bisogno, li temono incomparabilmente meno, e sono piu portati alla


dissipazione di coloro che non conoscono questi mali se non per averne sentito parlare. Alla<br />

prima categoria appartengono tutti coloro che; non importa per qual colpo della sorte, o per<br />

qualunque talento speciale, sono passati rapidamente dalla poverta all fagiatezza; alla<br />

seconda quelli che, nati con beni di fortuna, li hanno conservati. Costoro stanno in<br />

apprensione per l favvenire piu dei primi e sono piu economi. Se ne potrebbe dedurre che il<br />

7 Letterale: Un mestiere ha un fondo d foro.<br />

27<br />

bisogno non e cosa tanto brutta come sembrerebbe visto da lontano. Pero la ragione vera<br />

dev fessere piuttosto la seguente: all fuomo nato con un patrimonio, la ricchezza appare<br />

come qualche cosa d findispensabile, come l felemento della sola esistenza possibile, allo<br />

stesso titolo dell faria; cosi ei ne avra cura come della sua vita istessa, e sara, in generale,<br />

ordinato, previdente ed economo. Al contrario a colui che fin dalla nascita visse in poverta,<br />

si e questa che sembrera la condizione naturale; le ricchezze che gli potranno toccare piu<br />

tardi, non importa come, gli pareranno un superfluo, buono solo per goderne e farne<br />

baldoria; egli dira a se stesso che quando saranno nuovamente sparite, sapra cavarsela senza<br />

di esse come per lo avanti, e che, per per di piu, sara sollevato da un fastidio. E proprio il<br />

caso di dire con Shakespeare: Bisogna che il proverbio si verifichi: il mendicante a cavallo<br />

fa galoppare la bestia fino alla morte (Enrico VI, P. 3, A. 1).<br />

Aggiungiamo ancora che questa gente possede, non tanto nella testa quanto nel cuore,<br />

una ferma ed eccessiva confidenza da una parte nella sua buona fortuna e dall faltra nelle<br />

sue proprie risorse, che le hanno di gia dato aiuto per cavarsi dalle strettezze e<br />

dall findigenza; questa gente non considera la miseria, come fanno i ricchi di nascita, quale<br />

un abisso senza fine, ma la crede un basso-fondo che basta battere col piede per rimontarne<br />

alla superficie. Con questa stessa particolarita umana si puo spiegare perche le donne,<br />

povere prima del loro matrimonio, sieno molto spesso piu esigenti e piu prodighe di quelle<br />

che hanno portato con se una grossa dote; infatti, quasi sempre, le ragazze ricche non<br />

possedono solamente beni di fortuna, ma anche uno zelo, o, per cosi dire, un certo istinto<br />

ereditario di conservarli che fa difetto alle povere. Tuttavia coloro che volessero sostenere


la tesi opposta troveranno autorita nella satira prima dell fAriosto; in cambio il dottor<br />

Johnson si mette dalla parte mia: áUna donna ricca, essendo abituata a maneggiar monete,<br />

le spende con giudizio; ma quella che per il suo matrimonio si trova per la prima volta in<br />

possesso della ricchezza, trova tanto gusto nello spendere che getta il danaro con grande<br />

profusione. â (Vedi Boswell, life of Johnson, vol. III, pag. 199, ediz. del 1821). Io<br />

consiglierei per ogni evento, a chi sposa una ragazza povera, di affidarle non gia un<br />

capitale, ma una semplice rendita, e sopratutto di vegliare perche il patrimonio dei figli non<br />

cada nelle sue mani.<br />

Non credo proprio far cosa indegna della mia penna raccomandando qui la cura di<br />

conservar la propria fortuna, guadagnata od avuta in eredita; perocche e un vantaggio<br />

inapprezzabile il possedere tutta fatta una sostanza quand fanche essa non bastasse a<br />

lasciarci vivere agiatamente solo e senza famiglia, in una vera indipendenza, vale a dire<br />

senza aver bisogno di lavorare; ecco cio che costituisce il privilegio che affranca dalle<br />

miserie e dai tormenti propri della vita umana; ecco l femancipazione della servitu generale<br />

che e il destino dei figli della terra. Non e che con questo favore della sorte che siamo<br />

veramente uomini nati liberi; a questa sola condizione si e realmente sui juris, padroni del<br />

proprio tempo e delle proprie forze, e si potra dire ogni mattina: La giornata m fappartiene.<br />

Sicche tra chi ha una rendita di mille scudi e chi ne ha una di centomila la differenza e<br />

infinitamente piu piccola che tra il primo e chi non ha nulla. Ma la fortuna patrimoniale<br />

arriva al suo piu alto valore quando tocca a colui che, dotato di forze intellettuali superiori,<br />

intende ad uno scopo la cui realizzazione non mira ad un lavoro per vivere; messo in tali<br />

condizioni quest fuomo e doppiamente dotato dalla sorte; ei puo ora vivere a suo genio, e<br />

paghera al centuplo il suo debito all fumanita producendo cio che nessun altro potrebbe<br />

produrre, e creando cose che formeranno il bene e nello stesso tempo l fonore della<br />

comunita umana. Un altro, posto in una situazione altrettanto favorevole, sara benemerito<br />

dell fumanita per le sue opere filantropiche. Quanto a chi possedendo un patrimonio, non<br />

produce alcunche di simile, in qualunque misura si sia, fosse pure a titolo di saggio, o che<br />

con studi seri non si crea almeno la possibilita di far progredire una scienza, costui non e


che un fannullone spregievole. E nemmeno questi sara felice perche il fatto d fesser liberato<br />

dal bisogno lo trasporta all faltro polo della miseria umana, alla noia, che lo tortura in tal<br />

28<br />

maniera ch fei sarebbe assai piu contento se il bisogno gli avesse imposto un foccupazione.<br />

La noia lo fara cadere piu facilmente in quelle stravaganze che gli toglieranno la fortuna di<br />

cui non e degno. In realta una folla di persone non e nell findigenza se non per aver speso il<br />

suo danaro, finche ne aveva, a fine di procurarsi un sollievo momentaneo alla noia che la<br />

opprimeva.<br />

Le cose succedono in tutt faltro modo quando lo scopo a cui si tende e quello di<br />

elevarsi altamente nel servizio dello Stato; quando si tratta, per conseguenza, d facquistare<br />

favore, amici, relazioni per mezzo dei quali potersi alzare di grado in grado e giungere forse<br />

un giorno ai posti piu eminenti: in tal caso val meglio, in sostanza, esser venuto al mondo<br />

affatto senza beni di fortuna. Per un individuo sopratutto che non e della nobilta, e che ha<br />

qualche talento, essere un povero cialtrone costituisce un vantaggio reale ed una<br />

raccomandazione. Perocche cio che ognuno cerca ed ama anzitutto, non solo nella semplice<br />

conversazione, ma anche a fortiori nel servizio pubblico, si e l finferiorita degli altri. Ora<br />

non v fha che un pitocco che sia convinto e penetrato della sua profonda, intera,<br />

indiscutibile, onnilaterale 8 inferiorita, della sua totale dappocaggine e della sua nullita al<br />

punto voluto dalla circostanza. Un pitocco solamente si china abbastanza spesso ed<br />

abbastanza a lungo, e sa piegare la schiena a riverenze di 90 gradi ben contati; egli solo<br />

soffre tutto col sorriso sulle labbra; egli solo riconosce che i meriti non hanno alcun valore;<br />

egli solo vanta pubblicamente, ad alta voce od a grosso carattere, come capolavori le inezie<br />

letterarie dei suoi superiori, od in generale degli uomini influenti; egli solo sa l farte di<br />

mendicare; per conseguenza egli solo puo esser iniziato a tempo, vale a dire fin dalla prima<br />

giovinezza, a quella verita nascosta che Goethe ci ha svelato in questi termini: Che nessuno<br />

si lagni della bassezza, perche essa e la potenza, checche se ne dica (W. O. Divan).<br />

Chi invece ebbe dai genitori una fortuna sufficiente per vivere sara d fordinario<br />

recalcitrante; egli e uso a camminare colla testa alta; egli non ha imparato tutti questi


giuochi di flessibilita; fors fanche egli pensa di giovarsi di quel certo talento che possede e<br />

di cui dovrebbe piuttosto comprendere l finsufficienza in faccia a cio che succede con il<br />

mediocre e lo strisciante 9; egli e pure capace di notare l finferiorita di coloro che sono posti<br />

al di sopra di lui, e finalmente, quando le cose toccano l findegnita, egli doventa restio ed<br />

ombroso. Non si va avanti nel mondo cosi; alla fine potra accadergli di dire con Voltaire,<br />

quell fimpudente: Non abbiamo che due giorni da vivere, non vale la pena di passarli<br />

strisciando davanti spregevoli bricconi. Disgraziatamente, sia detto strada facendo,<br />

spregevole briccone e un attributo per il quale esiste in questo mondo un numero<br />

maledettamente grande di soggetti. Possiamo dunque vedere che cio che dice Giovenale<br />

(Sat. II, v. 164): Non facilmente emergono coloro al cui merito pone ostacolo la poverta, si<br />

applica piuttosto alla carriera delle persone eminenti che a quella degli uomini di mondo.<br />

Tra le cose che si possede non ho annoverato moglie e figli perche si e piuttosto<br />

posseduti da loro. Si potrebbe piu ragionevolmente comprendervi gli amici, ma qui pure il<br />

proprietario deve nella stessa misura essere anche proprieta dell faltro.<br />

_____<br />

8 Mi si permetta il neologismo. (Nota del Trad.).<br />

9 Mediocre et rampant nell foriginale. (N. del Trad.).<br />

29<br />

CAPITOLO IV<br />

___<br />

Di cio che si rappresenta.<br />

1. Dell fopinione altrui.<br />

Cio che rappresentiamo, o, in altri termini, la nostra esistenza nell fopinione altrui e<br />

generalmente, in conseguenza di una debolezza particolare della nostra natura, troppo<br />

apprezzata, benche la piu piccola riflessione possa insegnarci che tutto questo per se stesso<br />

non ha importanza alcuna per la nostra felicita. Sicche si dura fatica a spiegarsi la grande<br />

soddisfazione interna che prova un uomo quando s faccorge d funa prova di stima datagli<br />

dagli altri, e quando viene lusingata la sua vanita, non ne importa il come. Tanto


infallibilmente il gatto si mette a ronfare quando gli si carezza il dorso, altrettanto<br />

sicuramente si vede una dolce estasi dipingersi sulla figura dell fuomo che vien lodato,<br />

sopratutto quando la lode tocca il dominio delle sue pretese, e quand fanche essa fosse una<br />

menzogna palpabile. I segni dell fapprovazione altrui lo consolano spesso d funa sventura<br />

reale o della parsimonia colla quale stillano per lui le due fonti principali di felicita, di cui<br />

abbiamo trattato finora. Dall faltro lato fa stupore il vedere quanto egli sia infallantemente<br />

angosciato e molte volte dolorosamente ferito da ogni lesione alla sua ambizione, in<br />

qualunque senso, a qualunque grado, o sotto qualunque rapporto si sia, da ogni sdegno, da<br />

ogni trascuranza, dalla piu piccola mancanza di riguardi. Servendo di base al sentimento<br />

dell fonore, questa proprieta puo avere un finfluenza salutare sulla buona condotta di<br />

moltissime persone, a guisa di succedaneo della loro moralita; ma in quanto alla sua azione<br />

sulla felicita reale dell fuomo, e sopratutto sulla quiete dell fanimo e sull findipendenza, le<br />

due condizioni si necessarie alla felicita, essa e piuttosto perturbatrice e dannosa che<br />

favorevole. Si e per questo, che, dal nostro punto di vista, e prudente metterle un limite e,<br />

con saggie riflessioni e con un giusto apprezzamento del valore dei beni, moderare questa<br />

grande sensibilita riguardo l fopinione altrui tanto nel caso che carezzi quanto nel caso che<br />

ferisca, perocche in tutti e due pende dal medesimo filo. Altrimenti restiamo schiavi<br />

dell fopinione e del sentimento degli altri:<br />

Sic leve, sic parvum est, animum quod laudis avarum<br />

Subruit ac reficit.<br />

(Talmente tenue, talmente piccolo e cio che perturba e riconforta un fanima avida di<br />

lode).<br />

Per conseguenza un giusto apprezzamento del valore di cio che si e in se stesso e per<br />

se stesso confrontato con cio che si e solamente agli occhi altrui contribuira molto alla<br />

nostra felicita. Il primo termine del confronto comprende quanto riempie il tempo della<br />

nostra esistenza, il contenuto intimo di questa, e quindi tutti i beni che abbiamo esaminati<br />

nei capitoli intitolati Di cio che si e e Di cio che si ha. Perocche il luogo dove si trova la<br />

sfera d fazione di tutto questo e proprio la coscienza dell fuomo. Invece il luogo di tutto cio


che siamo per gli altri e la coscienza altrui; e la figura sotto la quale noi vi appariamo,<br />

come pure le nozioni che vi si riferiscono 10. Ora queste sono cose che, direttamente, non<br />

10 Le classi piu eminenti nel loro lustro, splendore e fasto, nella loro magnificenza ed ostentazione d fogni<br />

natura possono dire a se stesse: La nostra felicita e posta interamente fuori di noi; il suo luogo e nella testa<br />

30<br />

esistono affatto per noi; tutto cio non esiste che indirettamente, vale a dire se non in quanto<br />

stabilisce la condotta degli altri verso di noi. Ed anche questo non entra realmente in<br />

considerazione che in quanto influisce su cio che potrebbe modificare quello che siamo in<br />

noi e per noi stessi. Cio posto, quanto succede in una coscienza straniera ci e, a tal titolo,<br />

perfettamente indifferente, e, a nostra volta, noi vi diverremo indifferenti a misura che<br />

conosceremo abbastanza la superficialita e la futilita dei pensieri, i ristretti limiti delle<br />

nozioni, la piccolezza dei sentimenti, l fassurdita delle opinioni e il numero considerevole di<br />

errori che s fincontra nella maggior parte dei cervelli umani . a misura che impareremo per<br />

esperienza con qual disprezzo si parla, all foccasione, di ciascuno di noi quando non si teme<br />

o non si crede che lo sapremo . ma sopratutto allorquando avremo inteso una sol volta con<br />

qual disdegno una dozzina d fimbecilli parla dell fuomo il piu degno di stima.<br />

Comprenderemo allora che attribuire un alto valore all fopinione degli uomini e far loro<br />

troppo onore.<br />

In ogni caso, e proprio esser ridotti ad una meschina risorsa il non trovare la felicita<br />

nelle due classi di beni di cui abbiamo gia parlato, ed il doverla cercare in questa terza, o,<br />

con altre parole, in cio che si e non realmente, ma nell fimmaginazione altrui. In tesi<br />

generale e la nostra natura animale che costituisce la base del nostro essere, e per<br />

conseguenza anche della nostra felicita.<br />

L fessenziale per il benessere e dunque la salute, e poi i mezzi necessari al nostro<br />

mantenimento, e per conseguenza una vita libera da cure moleste. L fonore, il fasto, la<br />

grandezza, la gloria, qualunque valore si attribuisca loro, non possono entrar in concorrenza<br />

con questi beni essenziali, ne surrogarli; ben altrimenti, toccando il caso, non si esiterebbe<br />

un momento solo a cangiarli con gli altri. Sara dunque molto utile per la nostra felicita il


conoscere per tempo questo fatto cosi semplice che ognuno vive anzitutto ed effettivamente<br />

nella sua propria pelle e non nell fopinione degli altri, e che allora naturalmente la nostra<br />

condizione reale e personale, quale la determinano la salute, il temperamento, le facolta<br />

intellettuali, le rendite, la moglie, i figli, l fabitazione, ecc., e cento volte piu importante per<br />

la nostra felicita di cio che piace agli altri fare di noi. L fillusione contraria rende infelice.<br />

Esclamare con enfasi: áL fonore vale piu della vita â e dire realmente: áLa vita e la salute<br />

sono niente; cio che gli altri pensano di noi, ecco l fimportante â. Tutt fal piu questa massima<br />

puo esser considerata come una iperbole in fondo alla quale si trova la prosaica verita che<br />

per mantenersi e per andar avanti fra gli nomini, l fonore, vale a dire la loro opinione a<br />

nostro riguardo, e spesso d fun futilita indispensabile: ritornero piu avanti su tale questione.<br />

Quando si vede invece come quasi tutto cio che gli uomini cercano durante l fintera loro<br />

vita, a prezzo di sforzi incessanti, di mille pericoli e di mille amarezze, ha per iscopo finale<br />

di elevarli nell fopinione altrui, perocche non solo le cariche, i titoli e le onorificenze, ma la<br />

ricchezza ancora, o pur anche la scienza11 e le arti sono, in sostanza, ricercate<br />

principalmente a questo fine, quando si vede che il risultato definitivo a cui si tende e di<br />

ottenere piu rispetto da parte degli altri, tutto cio non prova, ahime! se non la grandezza<br />

dell fumana follia.<br />

Annettere troppo valore all fopinione altrui e una superstizione universalmente<br />

dominante; che essa abbia le sue radici nella nostra stessa natura, o che abbia seguito la<br />

nascita della societa e della civilta, egli e certo che esercita in ogni caso sulla nostra<br />

condotta un finfluenza smisurata ed ostile alla nostra felicita. Possiamo seguire tale<br />

influenza dal punto in cui si mostra sotto la forma d funa deferenza ansiosa e servile per il<br />

che se ne dira? fino al punto in cui pianta il pugnale di Virginio in petto alla figlia, oppure<br />

in cui trascina l fuomo a sacrificare alla gloria postuma il suo riposo, la sua fortuna, la sua<br />

salute e perfino la sua vita. Questo pregiudizio offre, e vero, a chi e chiamato a regnare<br />

degli altri. (Nota di Schopenhauer).<br />

11 Scire tuum nihil est, nisi te scire hoc sciat alter (Che tu sappi e niente, se non sai che gli altri lo sanno).<br />

(Nota di Schopenhauer).


31<br />

sugli uomini od, in generale, a dirigerli, una risorsa comodissima; sicche il precetto d faver<br />

da tenere svegliato o stimolato il sentimento dell fonore occupa il posto principale in ogni<br />

ramo dell farte dell feducazione; ma riguardo alla felicita dell findividuo, ed e questo che qui<br />

ci occupa, succede tutt faltra cosa, e noi dobbiamo dunque dissuaderci dall fattribuire un<br />

valore troppo alto all fopinione altrui. Se nondimeno, come ce lo insegna l fesperienza, il<br />

fatto si presenta ogni giorno; se cio che la maggior parte degli uomini stima di piu si e<br />

precisamente l fopinione altrui a loro riguardo, e se essi se ne preoccupano piu che di<br />

quanto, succedendo nella loro propria coscienza, esiste immediatamente per loro; se<br />

dunque, per un rovesciamento dell fordine naturale, si e l fopinione altrui che sembra loro<br />

esser la parte reale dell fesistenza, l faltra non apparendo esserne che la parte ideale; se fanno<br />

di cio che e derivato e secondario l foggetto principale, e se l fimmagine del loro essere nella<br />

testa degli altri sta loro piu a cuore che il loro essere stesso; tale apprezzamento diretto di<br />

cio che direttamente non esiste per alcuno costituisce quella follia a cui si e dato il nome di<br />

vanita, ávanitas â per indicare con questa parola il vuoto ed il chimerico di tale tendenza. Si<br />

puo facilmente comprendere anche, per quanto dicemmo piu indietro, che essa appartiene<br />

alla categoria di quegli errori che consistono nell fobliare lo scopo per i mezzi, come<br />

l favarizia.<br />

In fatti il prezzo che noi annettiamo all fopinione altrui e la nostra costante<br />

preoccupazione a questo riguardo passano quasi ogni limite ragionevole, talmente che tale<br />

preoccupazione puo esser considerata come una specie di mania generalmente diffusa, o<br />

piuttosto innata. In tutto cio che facciamo, come in tutto cio che ci asteniamo di fare, noi<br />

prendiamo in considerazione l fopinione altrui quasi prima d fogni altra cosa, e si e da una tal<br />

cura che in seguito ad un esame profondo vedremo nascere la meta circa dei tormenti e<br />

delle angoscie che abbiamo provato. Perocche e davvero questa preoccupazione che<br />

troviamo in fondo di ogni nostro amor proprio, cosi spesso offeso perche e cosi<br />

morbosamente sensibile, al fondo di ogni nostra vanita e di ogni nostra pretesa, come pure<br />

al fondo del nostro fasto e della nostra ostentazione. Senza una tale preoccupazione, senza


una tal rabbia, il lusso non sarebbe il decimo di cio che e. Su essa e stabilito tutto il nostro<br />

orgoglio, punto d fonore e puntiglio12, di qualunque specie si sia ed a qualunque sfera<br />

appartenga, . e quante vittime non fa di frequente! Essa si mostra gia nel fanciullo poi in<br />

ogni stadio della vita, ma raggiunge tutta la sua forza nell feta avanzata, perche allora,<br />

l fattitudine ai piaceri sensuali essendo esaurita, vanita ed orgoglio non hanno piu a divider<br />

l fimpero che con l favarizia. Un tale furore si osserva piu chiaramente nei Francesi presso i<br />

quali essa regna endemicamente e si manifesta spesso per mezzo dell fambizione la piu<br />

sciocca, della vanita nazionale la piu ridicola, e della millanteria la piu spudorata; ma le<br />

loro pretese per cio stesso si annullano perche li espongono al riso delle altre nazioni, ed<br />

hanno fatto un nomignolo grottesco del titolo di grande nation.<br />

Per spiegare piu chiaramente tutto cio che abbiamo esposto fin qui sulla stoltezza di<br />

preoccuparsi fuor di misura dell fopinione altrui voglio ricordare un esempio davvero<br />

maraviglioso di questa follia radicata nella natura umana; questo esempio e favorito da un<br />

effetto di luce che deriva da circostanze speciali e d fun carattere appropriato; ciocche ci<br />

permettera di ben valutare la forza di questo bizzarro motore delle azioni umane. Ecco un<br />

brano del rapporto dettagliato pubblicato dal Times del 31 marzo 1846 sulla recente<br />

esecuzione di un certo Thomas Wix, operaio che aveva assassinato il suo padrone per<br />

vendetta: áNella mattina del giorno fissato per l fesecuzione, il reverendo cappellano delle<br />

carceri si porto presso di lui. Ma Wix, quantunque assai calmo, non ascoltava le esortazioni<br />

del ministro di Dio; sua sola preoccupazione era quella di far mostra d fun coraggio estremo<br />

in presenza della folla che stava per assistere alla sua brutta fine. E vi e riuscito. Arrivato<br />

nel cortile che doveva traversare per giungere al patibolo, innalzato di contro alla prigione,<br />

esclamo: áEbbene, come diceva il dottor Dodd, conoscero fra poco il gran mistero! â<br />

12 Point d fhonneur und puntiglio nel testo. (Nota del Trad.).<br />

32<br />

Quantunque avesse le braccia legate, sali senza aiuto la scala della forca; giunto alla cima,<br />

fece a dritta e a manca saluti agli spettatori, e la moltitudine assembrata vi corrispose, in<br />

ricompensa, con formidabili acclamazioni, ecc. â


Aver davanti gli occhi la morte, sotto la forma piu spaventosa, coll feternita dopo di<br />

essa, e non preoccuparsi se non dell feffetto che si produrra su quella massa di balordi<br />

accorsi e dell fopinione che si lasciera dopo morte nelle loro teste, non e forse un saggio<br />

unico d fambizione? Lecomte che, lo stesso anno, fu ghigliottinato a Parigi per tentato<br />

regicidio, si rammaricava principalmente, durante il processo, di non potersi presentare<br />

davanti la Camera dei pari, vestito convenientemente, ed anche al momento dell fesecuzione<br />

era suo gran dolore che non gli si avesse permesso di radersi la barba prima di salire il<br />

patibolo.<br />

Lo stesso succedeva per lo passato, cio che potremo vedere nell fintroduzione<br />

(declaracion) da cui Mateo Aleman fa precedere il suo celebre romanzo Guzman<br />

d fAlfarache; in essa e detto che molti delinquenti dal cervello sconcertato tolgono le loro<br />

ultime ore alle cure della salute eterna, a cui dovrebbero impiegarle esclusivamente, per<br />

terminare ed imparare a mente un piccolo discorso che vorrebbero recitare dall falto della<br />

forca.<br />

Possiamo trovare la nostra propria immagine in simili tratti; perocche sono gli esempi<br />

di taglia colossale che forniscono le spiegazioni piu evidenti in ogni materia. Per noi tutti,<br />

ben di sovente, le nostre preoccupazioni, i nostri affanni, le cure angosciose, le nostre<br />

collere, le nostre inquietudini, i nostri sforzi, ecc., hanno in vista quasi interamente<br />

l fopinione altrui e sono tanto assurde quanto quelle dei poveri diavolacci ricordati piu<br />

indietro. L finvidia e l fodio partono egualmente, in gran parte, dalla stessa radice.<br />

Nessuna cosa evidentemente contribuirebbe meglio alla nostra felicita, composta<br />

principalmente di calma dello spirito e di soddisfazione, del limitare la potenza di un tale<br />

motore, e dell fabbassarla a un grado che la ragione potesse giustificare (a 1/50 per esempio)<br />

estraendo cosi dalle nostre carni questa spina che le strazia. Ma la cosa e molto difficile;<br />

abbiamo a che fare con una bizzarria naturale ed innata: Anche i saggi si spogliano per<br />

ultimo dalla passion della gloria, dice Tacito (Hist. IV, 6). Il solo mezzo di liberarci da<br />

questa follia universale sarebbe di riconoscerla distintamente per una follia, e, a tale scopo,<br />

renderci conto ben chiaramente fino a qual punto le opinioni, nelle teste degli uomini, sieno


in massima parte e molto di frequente false, storte, erronee ed assurde; quanto l fopinione<br />

altrui abbia poca influenza reale su noi nella maggior parte dei casi e delle cose; quanto in<br />

generale essa sia cattiva, talmenteche non vi sarebbe chi non si ammalerebbe dalla collera<br />

se sentisse in che tono si parla e cosa si dice di lui; quanto infine l fonore istesso non abbia,<br />

propriamente parlando, che un valore indiretto e non immediato, ecc. Se potremo riuscire<br />

ad ottenere la guarigione di questa pazzia generale, guadagneremo infinitamente in calma di<br />

spirito ed in soddisfazione, ed acquisteremo nel tempo stesso un contegno piu fermo e piu<br />

sicuro, e un portamento molto piu sciolto e piu naturale. L finfluenza affatto benefica d funa<br />

vita ritirata sulla nostra tranquillita d fanimo e sulla nostra soddisfazione proviene in gran<br />

parte perche essa ci sottrae all fobbligo di vivere costantemente sotto lo sguardo altrui e, per<br />

conseguenza, ci toglie la preoccupazione incessante sulla loro possibile opinione: cio che ha<br />

per effetto di renderci a noi stessi. In tal maniera sfuggiremo egualmente a molti mali<br />

effettivi la cui causa unica e questa aspirazione puramente ideale, o, per dire piu<br />

correttamente, questa deplorabile demenza; ci restera pure la facolta di prestare maggior<br />

cura ai beni reali, che potremo allora gustare senza essere disturbati. Ma ჴƒ¿ƒÉƒÃƒÎƒ¿ ƒÑƒ¿ ƒÈƒ¿ƒÉƒ¿ â<br />

(moleste le cose buone) lo abbiamo gia detto.<br />

Dalla follia della natura umana or ora descritta, germogliano tre rampolli principali:<br />

l fambizione, la vanita e l forgoglio. Tra i due ultimi la differenza consiste in cio che<br />

l forgoglio e la convinzione gia fermamente acquistata del nostro alto valore sotto ogni<br />

rapporto; la vanita invece e il desiderio di far nascere questa convinzione negli altri e,<br />

33<br />

d fordinario, colla secreta speranza di poter in seguito appropriarsela. Cosi l forgoglio e l falta<br />

stima di se, procedente dall finterno, dunque diretta; la vanita invece e la tendenza ad<br />

acquistarla dal di fuori, dunque indirettamente. Per cio la vanita rende loquaci, l forgoglio<br />

taciturni. Ma il vanitoso dovrebbe sapere che l falta opinione degli altri, a cui aspira, si<br />

ottiene molto piu presto e piu sicuramente serbando un continuo silenzio che parlando,<br />

quand fanche s favesse da dire le piu belle cose del mondo. Non e orgoglioso chiunque lo<br />

voglia; tutt fal piu puo affettare orgoglio chiunque lo voglia; ma quest fultimo si tradira ben


presto nella parte che vuol rappresentare, siccome in ogni parte presa a prestito. Perocche<br />

cio che rende realmente orgoglioso si e la ferma, l fintima, l fincrollabile convinzione di<br />

meriti eminenti e d fun valore straordinario. Tale convinzione puo essere erronea, oppure<br />

basarsi su meriti semplicemente esterni e convenzionali . cio poco importa all forgoglio,<br />

purche essa sia reale e sincera. Poiche l forgoglio ha le sue radici nella convinzione, sara,<br />

come ogni idea, al di fuori della nostra libera volonta. Il suo peggior nemico, voglio dire il<br />

suo maggior ostacolo, e la vanita che briga l fapprovazione altrui per fondar poi su questa la<br />

propria alta stima di se stessa, mentre l forgoglio suppone un fopinione gia fermamente<br />

stabilita.<br />

Quantunque l forgoglio sia generalmente biasimato ed infamato, nondimeno sono<br />

tentato di credere che cio venga principalmente da coloro che non hanno di che<br />

insuperbirsi. Vista l fimpudenza, e la stupida arroganza della maggior parte degli uomini,<br />

ogni persona che possede meriti di qualsivoglia specie fara molto bene a metterli in chiara<br />

luce da se stesso, allo scopo di non lasciarli cadere in un completo oblio; perocche colui che<br />

benevolmente, non cerca di approfittarsene e si conduce con la gente come se fosse affatto<br />

suo simile, non tardera ad esser considerato da essa in tutta sincerita come un suo pari.<br />

Vorrei raccomandare di condursi in siffatta guisa a coloro sopratutto i cui meriti sono<br />

dell fordine il piu elevato, meriti reali, in conseguenza puramente personali, attesoche essi<br />

non possono esser richiamati ad ogni momento alla memoria, come le decorazioni e i titoli,<br />

da una impressione dei sensi; altrimenti facendo, vedranno realizzarsi troppo spesso il sus<br />

Minervam (il maiale che ammonisce Minerva).<br />

Un eccellente proverbio arabo dice: Scherza collo schiavo, ed ei ti mostrera ben tosto<br />

il deretano. Anche la massima di Orazio: Sume superbiam quaesitam meritis (Assumi la<br />

superbia richiesta dai meriti) non e da disdegnare. La modestia e proprio una virtu inventata<br />

principalmente per uso e consumo dei mariuoli, perocche esige che ciascuno parli di se<br />

come se fosse un mariuolo: ciocche stabilisce un feguaglianza di livello ammirabile e<br />

produce la stessa apparenza come se non vi fosse in generale che della canaglia.<br />

Intanto l forgoglio a piu buon mercato e l forgoglio nazionale. Esso tradisce presso chi


ne e tocco l fassenza di ogni qualita individuale di cui potesse andar fiero, perocche, se cosi<br />

non fosse, questi non sarebbe ricorso ad una qualita che divide con tanti milioni d findividui.<br />

Chiunque possede meriti personali distinti riconoscera invece piu chiaramente i difetti della<br />

sua nazione, poiche l fha sempre sotto gli occhi. Ma ogni miserabile imbecille, che non ha al<br />

mondo cosa di cui possa andar superbo, si getta su quest fultima risorsa, d fesser fiero cioe<br />

della nazione alla quale si trova appartenere per azzardo; si e con cio che vuol rifarsi, e,<br />

nella sua gratitudine, e pronto a difendere ƒÎƒËƒÇƒÌ ƒÈƒ¿ƒÇ ƒÉƒ¿ƒÌ (a pugni ed a calci) tutti i difetti e<br />

tutte le sciocchezze proprio alla sua nazione.<br />

Cosi, su cinquanta inglesi, per esempio, se ne trovera appena uno solo che levera la<br />

voce per approvarvi quando parlerete con giusto disprezzo del bigottismo stupido e<br />

degradante della sua nazione; ma questo solo individuo sara certamente una buona testa. I<br />

Tedeschi non hanno orgoglio nazionale e provano cosi quell fonesta di cui hanno la fama;<br />

invece provano tutto il contrario coloro fra i Tedeschi che professano ed affettano in modo<br />

ridicolo tale orgoglio, come fanno principalmente i deutschen Bruder (fratelli tedeschi) ed i<br />

democratici che adulano il popolo allo scopo di sedurlo. Si pretende bene che i Tedeschi<br />

abbiano inventato la polvere, ma io non sono di quest fopinione. Lichtenberg presenta la<br />

34<br />

seguente questione: áPerche un uomo che non e tedesco si fa molto di rado passare per<br />

tale? e perche quando vuol farsi passare per qualche cosa, si dira ordinariamente francese o<br />

inglese? â13. Del resto l findividualita, in ogni persona, e cosa ben altrimenti importante della<br />

nazionalita, e merita mille volte piu di questa d fesser presa in considerazione. Onestamente<br />

non si potra mai dire gran bene d fun carattere nazionale, poiche nazionale significa che<br />

appartiene al volgo. Si e piuttosto la meschinita dello spirito, la demenza e la perversita<br />

della specie umana che sole spiccano in ogni paese sotto forma differente, ed e questo che<br />

si chiama carattere nazionale. Stomacati di uno, ne lodiamo un altro, fino a che anche<br />

questo c fispira lo stesso sentimento. Una nazione si ride dell faltra, e tutte hanno ragione.<br />

La materia di questo capitolo puo esser classificata, come dicemmo, in onore, grado e<br />

gloria.


2. Il grado.<br />

In quanto al grado, per importante che sembri agli occhi del volgo e dei filistei, e per<br />

grande che possa essere la sua utilita come roteamento nella macchina dello Stato, avremo<br />

finito con esso in poche parole per raggiungere il nostro scopo. Si tratta d fun valore di<br />

convenzione, o, piu correttamente, d fun valore di simulazione; la sua azione ha per risultato<br />

una stima simulata, e il tutto e una commedia per la folla. Le decorazioni sono cambiali<br />

tirate sull fopinione pubblica; il loro valore si basa sul credito del traente. Intanto, senza<br />

parlare del danaro non indifferente che risparmiano allo Stato sostituendo le ricompense<br />

pecuniarie, esse sono nondimeno un fistituzione delle piu felici, dato che la loro<br />

distribuzione sia fatta con discernimento ed equita. Infatti la folla ha occhi ed orecchie, ma<br />

nient faltro; sopratutto il senno le e infinitamente scarso, e corta pure la memoria. Certi<br />

meriti sono affatto fuori della portata del suo comprendimento; e ve n fha di quelli che essa<br />

comprende ed acclama al loro apparire, ma che ben presto dimentica. Cio essendo, trovo<br />

convenientissimo di gridare, ovunque e sempre, alla folla coll forgano d funa croce o d funa<br />

stella: áL fuomo che vedete non e vostro pari, egli ha dei meriti! â Per altro con una<br />

distribuzione ingiusta, non ragionevole od eccessiva, le decorazioni perdono il loro prezzo;<br />

sicche un principe dovrebbe mettervi tanta circospezione ad accordarle, quanta un<br />

commerciante a segnar cambiali. L fiscrizione áAl merito â sopra una croce e un pleonasmo;<br />

ogni decorazione dovrebbe essere ápour le merite, ca va sans dire â14.<br />

3. L fonore.<br />

La discussione sull fonore sara molto piu difficile e molto piu lunga di quella sul<br />

grado. Prima di tutto dovremo definirlo. Se a tal uopo dicessi: áL fonore e la coscienza<br />

esterna, e la coscienza e l fonore interno â, la definizione potrebbe forse piacere a qualcuno,<br />

ma avremmo una spiegazione piuttosto brillante che netta e ben fondata. Sicche direi:<br />

13 Vedemmo cosa dice lo Schopenhauer dei Francesi, degli Inglesi e dei Tedeschi; vediamo ora come parla<br />

degli Italiani: áQualita dominante nel carattere nazionale degli Italiani si e un fimpudenza assoluta che<br />

proviene da cio che eglino si considerano come se non fossero ne al di sopra ne al di sotto di chicchessia,<br />

vale


a dire che sono a vicenda arroganti e sfrontati, oppure vili ed abbietti. Chiunque, invece, ha pudore e per<br />

certe<br />

cose troppo timido, per altre troppo fiero. L fitaliano non e ne l funo ne l faltro, ma secondo le circostanze<br />

poltrone od insolente. â Dei Tedeschi scrisse pure: áIn previsione della mia morte faccio questa<br />

confessione:<br />

che disprezzo la nazione tedesca a causa della sua infinita stupidezza, e che arrossisco di appartenerle. â Si<br />

veda in proposito: A. SCHOPENHAUER. Von ihm. Ueber ihn, von Lindner; Memorabilien, von Frauenstaedt<br />

(Berlino, 1863). (Nota del Trad.).<br />

14 In francese nell foriginale.<br />

35<br />

áL fonore e, oggettivamente, l fopinione che hanno gli altri del nostro valore, e,<br />

soggettivamente, il timore che c fispira tale opinione. â In quest fultima qualita esso ha di<br />

sovente un fazione molto benefica, quantunque in morale pura niente affatto fondata,<br />

sull fuomo d fonore.<br />

La radice e l forigine del sentimento dell fonore e della vergogna, inerente ad ogni<br />

uomo che ancora non sia interamente corrotto, ed il motivo dell falto prezzo attribuito<br />

all fonore, saranno messi in mostra colle considerazioni seguenti. L fuomo non puo, da se<br />

solo, che assai poca cosa: egli e un Robinson abbandonato; unicamente in societa cogli altri<br />

e, e puo molto. Ei si rende conto di questa condizione fino dall fistante in cui la sua<br />

coscienza comincia a svilupparsi un po f, che subito si sveglia in lui il desiderio di esser<br />

annoverato come un membro utile della societa, capace di concorrere ápro parte virili â<br />

all fazione comune, con diritto cosi di partecipare ai vantaggi della comunita umana. Vi<br />

riesce soddisfacendo da prima a cio che si esige e si aspetta da qualunque uomo in<br />

qualunque posizione, e poi a cio che si esige e si aspetta da lui nella posizione speciale che<br />

occupa. Ma egli conosce ben presto che cio che importa non e d fesser un uomo di tal<br />

tempra nella sua propria opinione, ma bensi in quella degli altri. Ecco l forigine dell fardore<br />

con cui egli briga favorevole l fopinione altrui, e dell falto prezzo che vi annette.<br />

Queste due tendenze si manifestano colla spontaneita d fun sentimento innato che si<br />

chiama sentimento dell fonore e, in certe circostanze, sentimento del pudore (verecundia).


Ecco cio che caccia il sangue sulle guancie all fuomo non appena ei si crede minacciato di<br />

perdere nell fopinione altrui, benche si sappia innocente, od ancorche il fallo svelato non sia<br />

che un finfrazione relativa, vale a dire non concerni che un obbligo assunto gentilmente.<br />

D faltra parte nessuna cosa fortifica in lui il coraggio di vivere meglio della certezza<br />

acquistata o rinnovellata della buona opinione degli altri, perocche essa gli assicura la<br />

protezione ed il soccorso delle forze riunite dell finsieme, ciocche costituisce un riparo<br />

contro i mali della vita infinitamente piu gagliardo delle sue sole forze.<br />

Dalle diverse relazioni in cui un uomo puo trovarsi con altri individui e che mettono<br />

costoro nel caso di accordargli fiducia, in conseguenza di avere, come si dice, buona<br />

opinione di lui, nascono diverse specie di onore. Di esse le principali sono il mio ed il tuo, i<br />

doveri a cui si ha preso impegno, e in fine il rapporto sessuale; vi corrispondono l fonore<br />

borghese, l fonore dell fofficio e l fonore sessuale, ciascuno dei quali presenta ancora delle<br />

suddivisioni.<br />

L fonore borghese occupa la sfera la piu estesa: consiste nella presupposizione che noi<br />

rispetteremo assolutamente i diritti di ciascuno e che, per conseguenza, non impiegheremo<br />

mai a nostro vantaggio mezzi ingiusti od illeciti. Esso e la condizione richiesta per<br />

partecipare al commercio pacifico cogli uomini. Basta, per perderlo, una sola azione che gli<br />

sia fortemente e manifestamente contraria; come conseguenza ogni pena criminale ce lo<br />

toglie egualmente, a condizione pero che la pena sia giusta. Tuttavia l fonore si basa sempre,<br />

in ultima analisi, sulla convinzione dell fimmutabilita del carattere morale, in virtu della<br />

quale una sola cattiva azione garantisce una qualita identica di senso morale in tutte le<br />

azioni ulteriori, non appena si presenteranno ancora circostanze simili; cio che indica pure<br />

l fespressione inglese ácharacter â che vuoi dire stima, riputazione, onore. Ed ecco perche la<br />

perdita dell fonore e irreparabile, a meno che non sia dovuta alla calunnia od a false<br />

apparenze. Percio v fhanno leggi contro la calunnia, i libelli, e di piu contro le ingiurie;<br />

perocche l fingiuria, l finsulto semplice, e una calunnia sommaria, senza indicazione di<br />

motivi: in greco si potrebbe esprimere questo pensiero cosi: áƒÃƒÐƒÑƒÇ . ƒÉƒÍƒÇƒÂƒÍƒÏƒÇƒ¿ ƒÂƒÇƒ¿ƒÀƒÍƒÉƒÅ<br />

ƒÐƒÒƒËƒÑƒÍƒÊƒÍ. â (L fingiuria e la calunnia abbreviata); tuttavia questa massima non si trova


espressa in alcun luogo.<br />

E un fatto che chi ingiuria non ha niente di reale ne di vero da produrre contro l faltro,<br />

altrimenti lo esprimerebbe come premessa e lascierebbe tranquillamente a chi ascolta la<br />

cura di tirare la conclusione; ma invece da la conclusione e resta in debito della premessa<br />

36<br />

contando sulla presupposizione nello spirito degli uditori ch fegli proceda in siffatta guisa<br />

solamente per brevita.<br />

L fonore borghese prende, e vero, il nome dalla classe borghese; ma la sua autorita si<br />

estende sopra tutte le classi indistintamente, senza eccezione pure per le piu alte; nessuno<br />

puo farne senza; si e proprio un affare dei piu serj, e bisogna guardarsi dal prenderlo alla<br />

leggera. Chiunque viola la fede e la legge rimane per sempre uomo senza fede e senza<br />

legge, checche faccia e checche possa essere; i frutti amari che porta con se la perdita<br />

dell fonore non tarderanno a mostrarsi.<br />

L fonore ha, in un certo senso, carattere negativo, in opposizione alla gloria il cui<br />

carattere e positivo, perche l fonore non e quell fopinione che si riferisce a qualita speciali,<br />

appartenenti ad un solo individuo, ma e l fopinione che si riferisce a qualita d fordinario<br />

presupposte, e che l findividuo e tenuto di possedere egualmente agli altri. L fonore dunque<br />

si accontenta di far testimonianza che questo soggetto non fa eccezione, mentre la gloria<br />

afferma che esso e un feccezione. La gloria deve quindi esser acquistata; l fonore al contrario<br />

non abbisogna che di non esser perduto. Per conseguenza la mancanza di gloria e l foscurita,<br />

una negazione; la mancanza d fonore e l fonta, una positivita. Non bisogna pero confondere<br />

questa condizione negativa con la passivita; tutto all fopposto l fonore ha un carattere<br />

interamente attivo. Infatti esso procede unicamente dal suo soggetto; esso e fondato sulla<br />

condotta propria di questi e non sulle azioni d faltri, o su fatti esterni; esso e dunque áƒÑƒÖƒË<br />

ƒÅƒÊƒÇ ƒË â (una qualita interna). Vedremo bentosto che questo e il marchio distintivo fra il<br />

vero onore, e l fonore cavalleresco o falso onore. Dal di fuori non v fha attacco possibile<br />

contro l fonore che colla calunnia; il solo mezzo di difesa ne e il respingerla colla pubblicita<br />

necessaria per smascherare il calunniatore.


Il rispetto che si accorda all feta sembra fondarsi sul fatto che l fonore dei giovani,<br />

quantunque accordato per supposizione, non e ancora stato messo alla prova e per<br />

conseguenza non esiste, propriamente parlando, che a credito, mentre per gli uomini maturi<br />

si e potuto constatare nel corso della vita se colla loro condotta hanno saputo serbarlo.<br />

Perocche ne gli anni per se stessi . gli animali raggiungendo essi pure un feta avanzata e<br />

forse piu avanzata che l fuomo . ne l fesperienza quale semplice conoscenza piu intima<br />

dell fandamento delle cose umane giustificherebbero abbastanza il rispetto dei giovani per<br />

chi conta maggior numero d fanni, rispetto che tuttavia si esige universalmente; la pura<br />

fiacchezza senile darebbe diritto ai riguardi piuttosto che alla considerazione. Nondimeno e<br />

da notare che vi e nell fuomo un certo rispetto innato, realmente istintivo, per i capelli<br />

bianchi. Le grinze, segno ben piu certo di vecchiezza, non lo ispirano minimamente. Non si<br />

e mai fatto menzione di grinze rispettabili, si e sempre detto: i venerabili capelli bianchi.<br />

L fonore non ha che un valor indiretto. Perocche, come spiegai al principio del<br />

capitolo, l fopinione degli altri a nostro riguardo non puo aver valore per noi che in quanto<br />

determini o possa determinare eventualmente la loro condotta verso di noi. E vero che cio<br />

succede sempre per quanto a lungo si viva cogli uomini o fra essi. Infatti, siccome nello<br />

stato di civilta dobbiamo solo alla societa la nostra sicurezza e il nostro avere, siccome<br />

inoltre in ogni impresa abbiamo bisogno degli altri e ci occorre avere la loro confidenza<br />

perche essi entrino in relazione con noi, l fopinione loro avra un alto prezzo agli occhi<br />

nostri; ma questo prezzo sara sempre indiretto, ed io non saprei ammettere che essa potesse<br />

avere un valore diretto. Tale e pure il parere di Cicerone (Fin., III, 17): Della buona fama<br />

poi Crisippo e Diogene invero dicevano che, messa da parte l futilita, per essa certo non<br />

sarebbe da muovere un dito; cio che io pure affermo altamente. Anche Elvezio nel suo<br />

capolavoro Dello spirito (Disc. III, cap. 13), sviluppa a lungo questa verita, e giunge alla<br />

conclusione: Noi non amiamo la stima per se stessa, ma, unicamente per i vantaggi che<br />

procura. Ora il mezzo non potendo valere piu del fine, la massima pomposa: Prima della<br />

vita l fonore, non sara mai, come gia dicemmo, che un fiperbole.<br />

Ecco quanto sull fonore borghese.


37<br />

L fonore dell fofficio e l fopinione generale che un uomo investito d fun impiego<br />

posseda effettivamente tutte le qualita richieste, e adempia appuntino ed in ogni circostanza<br />

agli obblighi della sua carica. Quanto piu nello Stato la sfera d fazione di un uomo e<br />

importante ed estesa, quanto piu il posto ch fegli occupa e elevato e potente, tanto piu<br />

grande deve essere l fopinione che si ha delle qualita intellettuali e morali che ne lo rendono<br />

degno; per conseguenza dovra alzarsi il grado dell fonore che gli si accorda e che si<br />

manifesta coi titoli, colle decorazioni, ecc., e l fumilta nella condotta degli altri a suo<br />

riguardo s faccentuera progressivamente. Si e la posizione di un uomo che, misurata sulla<br />

stessa scala, determina costantemente il grado particolare dell fonore che gli e dovuto;<br />

questo grado tuttavia puo esser modificato dalla facilita piu o meno grande delle masse a<br />

comprendere l fimportanza della posizione. Ma si concedera sempre maggior onore a chi<br />

avra obblighi affatto speciali da disimpegnare, come quelli d fun officio, per esempio, che al<br />

semplice borghese, il di cui onore e stabilito principalmente su qualita negative.<br />

L fonore dell fofficio esige inoltre che colui che tiene una carica, la faccia rispettare a<br />

causa dei suoi colleghi e dei suoi successori; per riuscirvi deve, come dicemmo, soddisfare<br />

puntualmente a f suoi doveri, ma di piu non deve lasciare impunito nessun attacco contro il<br />

posto o contro lui stesso, come funzionario: non permettera dunque giammai che si dica<br />

ch fegli non disimpegna scrupolosamente ai doveri del suo officio, o che questo non e di<br />

alcuna utilita per il paese, dovra invece, facendo punire il colpevole dai Tribunali, provare<br />

che tali attacchi erano ingiusti.<br />

Come sotto-ordini di questo onore troviamo quelli dell fimpiegato, del medico,<br />

dell favvocato, di ogni pubblico professore, e pur anco di ogni graduato, in poche parole, di<br />

chiunque in virtu d funa dichiarazione officiale e stato proclamato capace di un qualche<br />

lavoro intellettuale, e per cio si e impegnato ad eseguirlo; l fonore finalmente in quella<br />

qualita che si puo comprendere sotto la designazione di obbligati pubblici. In tale categoria<br />

bisogna dunque mettere anche il vero onore militare, che consiste nell fopinione che<br />

chiunque si e impegnato a difender la patria comune, possede realmente le qualita volute,


fra le quali e prima d fogni altra il coraggio, il valore e la forza, e che costui e pronto a<br />

difenderla risolutamente fino alla morte, ed a non abbandonare per nessun prezzo la<br />

bandiera a cui ha prestato giuramento. Ho dato all fonore dell fofficio un significato molto<br />

largo, perocche ordinariamente quest fespressione significa il rispetto dovuto dai cittadini<br />

all fofficio stesso.<br />

Mi pare che l fonore sessuale richiegga d fesser esaminato piu da vicino, e che i suoi<br />

principi debbano esser rintracciati fino nella radice; cio che verra a confermare nel tempo<br />

stesso che ogni onore si fonda, alla fin fine, sopra considerazioni di utilita. Considerato<br />

nella sua natura l fonore sessuale si divide in onore delle donne ed in onore degli uomini, e<br />

costituisce d fambe le parti uno spirito di corpo bene inteso. Dei due il primo e molto piu<br />

importante perche nella vita della donna il rapporto sessuale e l faffare principale. Cosi<br />

dunque l fonore femminile e, quando si parla di una ragazza, l fopinione generale che ella<br />

non si sia data all fuomo, e, per la donna maritata, che ella si sia data a quello solo a cui e<br />

unita in matrimonio. L fimportanza di questa opinione si fonda sulle considerazioni<br />

seguenti. Il sesso femminile invoca e si aspetta dal sesso mascolino assolutamente tutto;<br />

tutto cio che desidera e tutto cio che gli e necessario; il sesso mascolino non domanda<br />

all faltro, prima di tutto e direttamente, che un funica cosa. Si dovette quindi acconciarsi in<br />

maniera tale, che il sesso mascolino non potesse ottenere questa unica cosa se non a<br />

condizione di prendersi cura di tutto, e per soprammercato dei nascituri; su tale<br />

disposizione di cose e basato il benessere di tutto il sesso femminile. Perche la disposizione<br />

possa eseguirsi conviene necessariamente che tutte le donne tengano fermo insieme, e che<br />

mostrino uno spirito di corpo. Esse si presentano allora come un solo tutto, a schiere<br />

38<br />

serrate, dinanzi la massa intera del sesso mascolino, come contro un nemico comune che,<br />

avendo dalla natura ed in virtu della preponderanza delle forze fisiche ed intellettuali, il<br />

possesso di tutti i beni terrestri, deve esser vinto e conquistato allo scopo di giungere,<br />

essendone padrone, a godere nello stesso tempo dei beni terrestri. A tal fine la massima<br />

d fonore di tutto il sesso femminile, si e che la vita in comune fuori del matrimonio sara


assolutamente interdetta agli uomini, affinche ognuno di essi sia costretto al matrimonio<br />

come ad una specie di capitolazione, e che cosi siano provvedute tutte le donne. Tale<br />

risultato non puo essere ottenuto per intero che coll fosservanza vigorosa della massima or<br />

ora esposta; sicche il sesso femminile tutto intero veglia con vero spirito di corpo a che tutti<br />

i suoi membri l feseguiscano fedelmente. Per conseguenza ogni ragazza che col concubinato<br />

si rende colpevole di tradimento verso il suo sesso, e scacciata dal corpo intero e notata<br />

d finfamia, perocche il benessere della comunita correrebbe pericolo se questo modo di<br />

procedere si generalizzasse; allora si dice: Ella ha perduto il suo onore. Nessuna donna deve<br />

piu frequentarla; la si sfugge come un fappestata. La stessa sorte tocca alla donna adultera,<br />

perche essa ha violato la capitolazione consentita dal marito, e tale esempio distoglie gli<br />

uomini dal conchiudere si fatte convenzioni, mentre ne dipende la salute di tutte le donne.<br />

Ed inoltre, siccome una tale azione comprende una frode ed un volgare mancamento di<br />

parola, la donna adultera perde non solo l fonore sessuale, ma anche l fonore borghese. Per<br />

cio si puo dire, come per scusarla: áuna ragazza e caduta â; non si dira mai: áuna donna e<br />

caduta â; il seduttore puo rendere l fonore alla prima col matrimonio, ma giammai l fadultero<br />

alla sua complice, in seguito a divorzio. Dopo una esposizione cosi chiara si riconoscera<br />

che la base del principio dell fonor femminile e uno spirito di corpo salutare, necessario<br />

anzi, ma tuttavia calcolato giustamente e fondato sull finteresse; si potra bene attribuirgli la<br />

piu alta importanza nella vita della donna, si potra accordargli un grande valore relativo, ma<br />

non mai un valore assoluto che oltrepassi quello della vita colle sue sorti; ne si ammettera<br />

in alcun caso che questo valore arrivi al punto d fesser pagato a prezzo dell fesistenza stessa.<br />

Non si potra dunque approvare Lucrezia, ne Virginio nel loro esaltamento degenerante in<br />

una buffonata tragica. La peripezia nel dramma Emilia Galotti (di W. Lessing), per la stessa<br />

ragione ha qualche cosa talmente ributtante, che si sorte dallo spettacolo affatto mal<br />

disposti. In cambio ed a dispetto dell fonor sessuale non si puo astenersi dal simpatizzare<br />

colla Clarchen dell fEgmont. Tale maniera di spingere agli estremi il principio dell fonore<br />

femminile appartiene, come tante altre, all foblio del fine per i mezzi; si attribuisce, con tali<br />

esagerazioni, all fonore sessuale un valore assoluto, quando, non altrimenti d fogni altro


onore, non ha che un valore relativo; fors fanche si potrebbe esser condotti a dire che questo<br />

valore e puramente convenzionale, quando si legga áThomasius, De concubinato â; si<br />

scorge in quest fopera che, fino alla riforma di Lutero, in quasi tutti i paesi e in ogni tempo,<br />

il concubinato fu uno stato di cose permesso e riconosciuto dalla legge e che la concubina<br />

non cessava d fesser onorevole: senza parlare di Militta Babilonese (vedi Erodoto, I, 199),<br />

ecc. Vi hanno pure convenienze sociali che rendono impossibile la formalita esterna del<br />

matrimonio, sopratutto nei paesi cattolici ove non e ammesso il divorzio; ma in ogni paese<br />

tale ostacolo esiste per i sovrani; a mio avviso, intanto, aver un famante e da parte loro<br />

un fazione molto piu morale di un matrimonio morganatico; i figli nati da simili unioni<br />

possono levar pretese nel caso in cui la discendenza legittima venisse ad estinguersi, d fonde<br />

risulterebbe la possibilita, benche assai lontana, d funa guerra civile. Di piu il matrimonio<br />

morganatico, concluso cioe a dispetto di ogni convenienza esterna, e alla fin fine una<br />

concessione fatta alle donne ed ai preti, due classi di persone a cui si deve guardarsi, per<br />

quanto si puo, dal concedere qualche cosa. Consideriamo ancora che ciascuno, nel suo<br />

paese, puo sposare la donna da lui desiderata; ve n fha uno solo a cui questo diritto naturale<br />

e tolto: questo pover fuomo e il sovrano. La sua mano appartiene al paese; non la si accorda<br />

che in vista di una ragione di Stato, vale a dire dell finteresse del paese. E tuttavia questo<br />

principe e un uomo che, come gli altri, vorrebbe una volta seguire l finclinazione del suo<br />

39<br />

cuore. E ingiustizia ed ingratitudine, quanto volgarita borghese, il proibire o il rimproverare<br />

al sovrano di vivere colla sua amante, bene inteso pero quando ei non le accordi influenza<br />

alcuna sugli affari del paese. Dal suo lato pure quest famante, in rapporto all fonore sessuale,<br />

e per cosi dire una donna eccezionale, fuori della regola comune, ella non si e data che ad<br />

un sol uomo, lo ama e ne e amata, ed egli non potra mai prenderla per moglie. Cio che<br />

prova sopratutto che il principio dell fonore femminile non ha un forigine puramente naturale<br />

si e il gran numero di sacrifizi sanguinosi che gli vengono fatti dall finfanticidio e dal<br />

suicidio delle madri. Una ragazza che si da fuori della legge viola, e vero, la fede verso il<br />

suo sesso; ma da lei questa fede e stata solo tacitamente accettata, non giurata. E siccome


nella maggior parte dei casi e precisamente il suo stesso interesse che ne soffre nel modo<br />

piu diretto, la sua follia e infinitamente piu grande della sua depravazione.<br />

L fonore sessuale degli uomini e provocato da quello delle donne a titolo di spirito di<br />

corpo opposto; ogni uomo che si adatta al matrimonio, vale a dire ad una capitolazione cosi<br />

vantaggiosa per la parte avversaria, contrae l fobbligo di vegliare ormai a che si rispetti la<br />

capitolazione, affinche un tal patto non venga a perdere della sua saldezza se si prendesse<br />

l fabitudine di non osservarlo che assai negligentemente; non bisogna che gli uomini, dopo<br />

aver accordato tutto, giungano al punto di non esser nemmeno sicuri della sola cosa che<br />

hanno stipulato d faver in cambio, cioe del possesso esclusivo della sposa. L fonore del<br />

marito esige che questi vendichi l fadulterio della moglie, e lo punisca almeno colla<br />

separazione. Se egli lo tollera quando ne sia a conoscenza, la comunita mascolina lo copre<br />

di vergogna; ma questa non e, presso a poco, cosi profonda come quella della donna che ha<br />

perduto l fonore sessuale. Essa e tutt fal piu una levioris notae macula (una macchia di lieve<br />

impronta), perocche le relazioni sessuali sono per l fuomo un affare secondario, vista la<br />

moltiplicita e l fimportanza delle altre sue relazioni. I due grandi poeti drammatici dei tempi<br />

moderni hanno preso, ciascuno due volte, per soggetto l fonore maschile: Shakespeare<br />

nell fOtello e nel Racconto d funa notte d finverno, e Calderon in El medico de su honra (Il<br />

medico del suo onore) e in A secreto agravio secreta venganza (Ad oltraggio secreto,<br />

secreta vendetta). Del resto questo onore non chiede che il castigo della donna, e non quello<br />

dell famante; la punizione di quest fultimo non e che opus superogationis (affare di<br />

soprammercato), cio che conferma molto bene che la sua origine sta nello spirito di corpo<br />

dei mariti.<br />

L fonore, quale lo considerai fin qui nelle varie specie e nei suoi principi, lo si trova<br />

regnare in generale presso tutti i popoli ed in tutte le epoche, quantunque si possa scoprire<br />

qualche modificazione locale o temporanea sui principi dell fonor femminile. Ma esiste pure<br />

un genere di onore interamente diverso da quello che ha corso generalmente e dovunque, un<br />

genere di onore di cui ne i Greci ne i Romani avevano la menoma idea, come non l fhanno<br />

pure fino ad oggi ne i Chinesi, ne gl fIndiani, ne i Maomettani. In fatti esso e nato nel medio


evo, e non si e climatizzato che nell fEuropa cristiana; qui pure non e penetrato che in una<br />

frazione minima della popolazione, cioe fra le classi superiori della societa e fra gli emuli di<br />

esse. Il suo nome e onore cavalleresco, o punto d fonore. La base di esso e totalmente<br />

diversa da quella dell fonore di cui abbiamo trattato finora; su alcuni punti ne e anzi<br />

l fopposto, poiche l funo fa l fuomo onorevole, e l faltro invece l fuomo d fonore. Vengo<br />

dunque ora ad esporne separatamente i principi sotto forma di codice o specchio<br />

cavalleresco.<br />

1. ‹ L fonore non consiste nell fopinione altrui sul nostro merito, ma unicamente nelle<br />

manifestazioni di quest fopinione; poco importa che l fopinione manifestata esista realmente,<br />

o non esista, e meno che sia o non sia fondata. Per conseguenza il mondo puo avere la piu<br />

cattiva opinione sul nostro conto a causa della nostra condotta; esso puo disprezzarci<br />

quanto gli accomoda; tutto cio non nuoce per niente al nostro onore fino a che qualcuno<br />

non si permette di dirlo ad alta voce. Ma viceversa se pure le nostre qualita e le nostre<br />

40<br />

azioni forzassero l funiverso mondo a stimarci altamente (perocche cio non dipende dal<br />

libero arbitro di esso), bastera che un solo individuo, fosse pure il piu cattivo od il piu<br />

stupido, dimostri disprezzo a nostro riguardo, ed ecco d fun tratto leso, fors fanche perduto<br />

per sempre il nostro onore se noi non lo ripariamo. Un fatto che mostra esuberantemente<br />

non trattarsi minimamente dell fopinione per se stessa, ma solo della sua manifestazione<br />

esterna, si e che le parole offensive possono esser ritirate, che al caso si puo domandarne<br />

perdono, e che allora avviene come se non fossero state pronunziate; la questione di sapere<br />

se l fopinione che le aveva provocate cangio nel tempo istesso e perche si e cangiata, non ha<br />

a che fare; non si annulla che la manifestazione, ed allora tutto e in regola. Il risultato che si<br />

ha in vista non e dunque di meritare il rispetto, ma di estorcerlo.<br />

2. ‹ L fonore di un uomo non dipende da cio che egli fa, ma da cio che gli vien fatto, da<br />

cio che gli succede. Abbiamo studiato piu sopra l fonore che regna da per tutto; i suoi<br />

principi ci hanno dimostrato che esso dipende esclusivamente da cio che un uomo fa o dice;<br />

invece l fonore cavalleresco risulta da cio che un altro dice o fa. Esso e dunque posto nella


mano, o semplicemente attaccato all festremita della lingua del primo venuto: per poco che<br />

questi vi accenni l fonore e ad ogni istante in pericolo di perdersi per sempre, a meno che<br />

l foffeso non se lo riprenda colla forza. Parleremo fra poco delle formalita da compiere per<br />

rimetterlo a posto. Per altro questa procedura non puo esser seguita che con pericolo della<br />

vita, della liberta, della fortuna e della quiete dello spirito. La condotta di un uomo, fosse<br />

pure la piu onorevole e la piu nobile, la sua anima la piu pura e la sua testa la piu eminente,<br />

tutto cio non impedira che il suo onore non possa esser perduto non appena piacera ad un<br />

individuo qualunque d fingiuriarlo; e, sotto la sola riserva di non aver ancora violato i<br />

precetti dell fonore in questione, questo individuo potra essere il piu vile briccone, il bruto<br />

piu stupido, uno scioperato, un giocatore, un uomo ingolfato nei debiti, in poche parole un<br />

cialtrone nemmeno degno che l faltro lo guardi. E ordinariamente sara ad una creatura di<br />

siffatta specie che piacera insultare, perocche come Seneca ha giustamente osservato (De<br />

Constantia, 11), quanto piu un uomo e dispregiato e schernito, tanto piu ha la lingua<br />

sciolta, ed e contro l fuomo eminente di cui parlammo or ora che un vile briccone, si<br />

scagliera di preferenza, perche caratteri opposti si odiano e perche la vista di qualita<br />

superiori risveglia di solito una rabbia sorda nell fanima dei tristi; per questo dice Goethe:<br />

(W. O. Divan) Perche lagnarti de f tuoi nemici? Potrebbero mai esser tuoi amici, uomini<br />

pei quali una natura come la tua e secretamele un eterno rimprovero?<br />

Si vede bene quanta riconoscenza tale genia deve al principio dell fonore, principio<br />

che la solleva allo stesso livello di coloro i quali le sono infinitamente superiori sotto ogni<br />

aspetto. Che un individuo siffatto scagli un fingiuria, vale a dire attribuisca ad un altro<br />

qualche brutta qualita; se questi non lava tosto nel sangue l finsulto, questo passera<br />

provvisoriamente per un giudizio oggettivamente vero e fondato, per un decreto avente<br />

forza di legge; l faffermazione potra anche restare per sempre vera e valevole. In altri<br />

termini l finsulto rimane (agli occhi di tutti gli áuomini d fonore â) come l finsultatore (fosse<br />

pur l fultimo degli uomini) lo ha detto, perche l finsultato ingoio l faffronto (e questo il<br />

áterminus technicus â). Da allora gli áuomini d fonore â lo sprezzeranno profondamente, lo<br />

fuggiranno come se avesse la peste; rifiuteranno, per esempio, altamente e pubblicamente


di andare in una societa ove lo si riceve, ecc. Credo poter con certezza far risalire al medio<br />

evo l forigine di questo lodevolissimo sentimento. Infatti C. W. de Wachter (Contributo alla<br />

storia tedesca particolarmente sul diritto penale, 1845) c finsegna che fino al XV secolo nei<br />

processi criminali non spettava al denunciatore provare la reita, ma che toccava all faccusato<br />

provare la sua innocenza. Questa prova poteva darsi col giuramento di purgazione, per il<br />

quale occorrevano all faccusato i consacramentales che giurassero esser convinti ch fegli<br />

fosse incapace d funo spergiuro. Se l faccusato non poteva trovare garanti, o se l faccusatore<br />

li ricusava, interveniva il giudizio di Dio che consisteva ordinariamente nel duello.<br />

Perocche ál faccusato â diveniva allora un áinsultato â e doveva purgarsi dall finsulto. Ecco<br />

41<br />

dunque l forigine della nozione dell f áinsulto â e di tutta quella procedura che viene praticata,<br />

salvo il giuramento, anche oggigiorno fra gli áuomini d fonore. â<br />

Tutto questo ci spiega anche la profonda indignazione d fobbligo che commuove gli<br />

áuomini d fonore â quando si sentono accusar di menzogna, e cosi pure la sanguinosa<br />

vendetta che ne tirano; cio che pare tanto piu strano in quanto che la menzogna e cosa<br />

d fogni giorno. In Inghilterra sopra tutto la faccenda si leva all faltezza d funa superstizione<br />

fortemente radicata (chiunque minaccia di morte colui che lo accusa di menzogna<br />

dovrebbe, in realta, non aver mai mentito in tutta la sua vita). Nei processi criminali del<br />

medio evo v fera una procedura ancor piu sommaria, e consisteva nel replicare dell faccusato<br />

all faccusatore: áTu hai mentito â, dopo di che si faceva appello immediatamente al giudizio<br />

di Dio; da cio deriva nel codice dell fonor cavalleresco l fobbligo di ricorrere senza ritardo<br />

alle armi quando si abbia ricevuto l faccusa d faver mentito. Ecco quanto concerne l fingiuria.<br />

Ma esiste qualche cosa molto peggiore dell fingiuria, qualche cosa talmente orribile che<br />

devo domandar perdono agli áuomini d fonore â d fosare unicamente ricordarla in questo<br />

codice dell fonor cavalleresco; non ignoro che solo a pensarvi essi ne avranno i brividi e che<br />

i capelli si drizzeranno loro sulla testa, perocche questa cosa e il summum malum, di tutti i<br />

mali della terra il piu grande, piu spaventevole della morte e dell feterna dannazione. Puo<br />

succedere infatti, horribile dictu, puo succedere che un individuo dia uno schiaffo od una


percossa ad un altro individuo: con cio una spaventevole catastrofe! La morte dell fonore e<br />

allora cosi completa che, se si puo guarire con un semplice salasso ogni altra lesione<br />

dell fonore, questa per la radicale guarigione esige che si debba uccidere completamente.<br />

3. ‹ L fonore non si da pensiero di cio che possa esser l fuomo in se e per se, e<br />

nemmeno della questione di sapere se la condizione morale d fun individuo possa<br />

modificarsi coll fandar del tempo o d faltre simili pedanterie da scolaretti. Quando l fonore e<br />

stato per un momento intaccato o perduto, esso puo esser prontamente ed interamente<br />

ristabilito, ma alla condizione che vi si provveda al piu presto: la panacea ne e il duello. Se<br />

pero l fautore dell faffronto non appartiene alle classi che professano il codice dell fonor<br />

cavalleresco, o s fegli lo ha violato in qualche occasione, havvi, sopratutto quando l faffronto<br />

e stato prodotto da vie di fatto, ma pur anco quando lo fu solamente da parole, havvi,<br />

diciamo, un foperazione infallibile da intraprendere, ed e, se si ha un farma addosso, di<br />

passargliela immediatamente od anche, a rigore, un fora dopo, attraverso il corpo; in tal<br />

maniera l fonore e riparato. Ma qualche volta si vuole evitare quest foperazione perche si<br />

teme gl fimpicci che ne potrebbero derivare; allora se non si e ben sicuri che l foffensore si<br />

sottometta alle leggi dell fonore cavalleresco, si ricorre ad un rimedio palliativo che si<br />

chiama pigliar l favvantaggio. Consiste questo, quando l favversario e stato villano,<br />

nell fesser notabilmente piu villano di lui; se per cio le ingiurie non bastano si viene alle<br />

percosse: e qui pure v fha un climax, una gradazione nella cura dell fonore: gli schiaffi sono<br />

guariti colle bastonate, queste colle scudisciate; per le scudisciate poi v fe qualcuno che<br />

raccomanda, come rimedio d fefficacia garantita, lo sputare nel viso. Ma nel caso in cui non<br />

si arrivi a tempo con questi rimedi, bisogna senza fallo ricorrere alle operazioni sanguinose.<br />

Un tal metodo di cura palliativa e basato in sostanza sulla massima seguente:<br />

4. ‹ Nella stessa maniera che esser insultato e un fonta, insultare e un onore. Cosi, che<br />

la verita, il diritto e la ragione sieno pure dalla parte del mio avversario, e che io lo ingiuri,<br />

sull fistante egli non ha che da andare al diavolo con tutti i suoi meriti: il diritto e l fonore<br />

sono dalla mia parte, ed egli al contrario ha provvisoriamente perduto l fonore fino a che<br />

non lo ristabilisca . col diritto e colla ragione, direte voi? niente affatto!: colla pistola o


colla spada. Dunque dal punto di vista dell fonore la rozzezza e una qualita che supplisce o<br />

domina tutte le altre: il piu villano ha sempre ragione: quid multa? Qualunque sciocchezza,<br />

qualunque sconvenienza, qualunque infamia si abbia potuto commettere, una villania<br />

grossolana toglie loro questo carattere, e le legittima seduta stante. Che in una discussione,<br />

od in una semplice conversazione una persona mostri una conoscenza piu esatta della<br />

42<br />

questione, un amore piu severo della verita, una mente piu vasta, un raziocinio piu giusto,<br />

in una parola ch fegli metta in luce tali meriti intellettuali che facciano cader nell fombra i<br />

nostri, nondimeno noi potremo d fun sol colpo annullare tutte queste superiorita, nascondere<br />

la nostra pochezza di mente, ed esser superiori a nostra volta divenendo villani ed offensivi.<br />

Perocche una villania volgare atterra qualunque argomento ed eclissa qualunque grande<br />

ingegno. Se dunque il nostro avversario non vuol entrare in partita, e non replica con una<br />

villania ancora piu grande, nel qual caso verremo a nobile tenzone per pigliar<br />

l favvantaggio, saremo noi i vincitori e l fonore restera dal nostro lato: verita, istruzione,<br />

raziocinio, intelligenza, ingegno, tutto cio deve far fagotto, e fuggire davanti l farte divina<br />

dello svillaneggiare. Cosi gli áuomini d fonore â, non appena qualcuno manda fuori una<br />

opinione differente dalla loro, o fa mostra di ragioni migliori di quelle che essi possono<br />

mettere in campo, faranno vista immediatamente d finforcar gli arcioni di un tal cavallo da<br />

guerra; quando in una controversia mancano di argomenti da opporre, essi cercheranno<br />

qualche insulto grossolano, cio che fa lo stesso officio ed e piu facile a trovare: dopo di che<br />

se ne andranno tutti trionfanti. Dopo quanto abbiamo esposto, non si ha forse ragione di<br />

dire che il principio dell fonore nobilita il tono della societa?<br />

La massima di cui ci siamo or ora occupati e fondata a sua volta sulla seguente, che e,<br />

a dir vero, il fondamento e l fanima del presente codice.<br />

5. ‹ La corte suprema di giustizia, quella davanti a cui, in ogni contesa concernente<br />

l fonore, si puo appellarsi di qualunque altro giudizio, si e la forza fisica, vale a dire<br />

l fanimalita. Perocche qualunque villania e, propriamente parlando, un appello all fanimalita<br />

nel senso che essa dichiara l fincompetenza della lotta delle forze intellettuali o del diritto


morale e la surroga con quella delle forze fisiche; nella specie uomo, che Franklin definisce<br />

a toolmaking animal (un animale che fabbrica degli arnesi), questa lotta si effettua col<br />

duello, per mezzo di arme costruite espressamente allo scopo, e porta una decisione senza<br />

appello. Questa massima fondamentale e disegnata, come si sa, coll fespressione diritto<br />

della forza, espressione che implica un fironia come in tedesco la parola Aberwitz (delirio,<br />

demenza), che indica una specie di áWitz â (spirito) che e ben lungi dall fessere del áWitz â;<br />

nello stesso ordine d fidee l fonore cavalleresco dovrebbe chiamarsi l fonore della forza.<br />

6. ‹ Trattando dell fonore borghese, lo abbiamo trovato molto scrupoloso circa i<br />

capitoli del tuo e del mio, degli obblighi contratti e della parola data, invece il codice in<br />

questione professa su tutti questi punti i principi piu nobilmente liberali. Infatti v fha una<br />

sola parola a cui non si deve mancare: ála parola d fonore â vale a dire la parola dopo la<br />

quale si ha detto: ásul mio onore â, donde risulta la presunzione che si puo mancare ad ogni<br />

altra parola. Ma anche nel caso in cui si avesse violato la parola d fonore, l fonore, a un<br />

bisogno, puo esser salvato per mezzo della nota panacea, il duello: siamo tenuti a batterci<br />

con chi sostenesse che abbiamo data la nostra parola d fonore. Inoltre non esiste che un solo<br />

debito che occorra pagare immancabilmente: il debito di giuoco, che, per questo motivo, si<br />

chiama ádebito di onore â. In quanto agli altri debiti si rubi pure ad Ebrei ed a Cristiani, che<br />

cio non nuoce minimamente all fonore cavalleresco15.<br />

15 Nei manoscritti di Schopenhauer Adversaria, cominciati nel marzo del 1828 a Berlino, nei quali si<br />

contiene la prima idea di un trattato dal titolo: Schizzo d funa dissertazione sull fonore, si legge: Ecco<br />

dunque<br />

questo codice! Ed ecco l feffetto strano e grottesco che producono, quando sono stabiliti su nozioni<br />

precise ed<br />

enunciati chiaramente, questi principi, a cui obbediscono ancora oggidi nell fEuropa cristiana tutti coloro<br />

che<br />

appartengono alla cosi detta buona societa od al cosi detto bon ton. Vi sono pure molte persone, fra coloro<br />

a<br />

cui questi principi sono stati inoculati fin dalla prima gioventu colla parola e coll fesempio, che credono in<br />

essi


piu fermamente che nel loro catechismo; che portano loro la venerazione piu profonda e piu sincera; che<br />

sono<br />

pronti in ogni momento a sacrificar loro felicita, riposo, salute e vita; che sono convinti che la loro radice<br />

stia<br />

nella natura umana, che sieno innati, che esistano a priori e che sieno posti al di sopra di qualunque esame.<br />

Io<br />

sono ben lontano dal voler portar colpi al loro cuore, ma devo dichiarare che tutto cio non fa testimonianza<br />

in<br />

favore della loro intelligenza. Di piu questi principi dovrebbero convenire meno che a tutt faltra, a quella<br />

classe sociale destinata a rappresentare l fintelligenza, a diventare il sale della terra, e che per conseguenza<br />

si<br />

43<br />

Qualunque mente di buona fede riconoscera a prima vista che un tal codice strano,<br />

barbaro e ridicolo dell fonore non puo aver la sua origine nell fessenza della natura umana o<br />

in una maniera sensata di considerare i rapporti degli uomini fra loro. E questo e quanto<br />

conferma pure il dominio molto ristretto della sua autorita: tale dominio, che ebbe principio<br />

solamente nel medio evo, e limitato all fEuropa, ed anche qui non comprende che la nobilta,<br />

la classe militare ed i loro emuli16. Perocche ne i Greci, ne i Romani, ne le popolazioni<br />

eminentemente civilizzate dell fAsia, non meglio nell fantichita che nei tempi moderni,<br />

hanno saputo e sanno una parola di un siffatto onore e dei suoi principi. Tutti questi popoli<br />

non conoscono che cio che noi abbiamo chiamato l fonore borghese. Presso di loro l fuomo<br />

non ha altro valore che quello conferitogli dalla sua intera condotta, e non quello fattogli<br />

dalle parole che una mala lingua si diverte a proferire sul suo conto. Presso tutti questi<br />

popoli cio che dice o fa un individuo puo benissimo annientare il suo proprio onore, ma<br />

non mai quello di un altro. Una percossa, presso tutti questi popoli, non e altra cosa che una<br />

percossa, eguale e forse meno pericolosa del calcio che puo tirare un cavallo od un asino:<br />

una percossa potra, al caso, suscitar la collera o spingere immediatamente alla vendetta, ma<br />

non ha niente di comune coll fonore. Queste nazioni non tengono registri ove notare a conto<br />

le percosse o le ingiurie, oppure le soddisfazioni che si ebbe cura, o si trascuro di ottenere.<br />

Per bravura, e per disprezzo della vita esse non la cedono affatto affatto17 all fEuropa


cristiana. I Greci ed i Romani erano certo eroi perfetti, ma ignoravano completamente il<br />

ápunto d fonore â. Il duello, presso di loro, non era privilegio delle classi nobili, ma affare di<br />

vili gladiatori, di schiavi abbandonati, di rei condannati che erano eccitati a battersi,<br />

alternativamente colle bestie feroci, per divertimento del pubblico. Col Cristianesimo i<br />

giuochi dei gladiatori furono aboliti, ma al loro posto, e regnando sovrana la religione di<br />

Cristo, si istitui il duello, coll fintermedio del giudizio di Dio. Se i primi erano un sacrifizio<br />

crudele offerto alla pubblica curiosita, il duello e un sacrifizio non meno crudele al<br />

pregiudizio generale, sacrifizio in cui non sono immolati colpevoli, schiavi o prigionieri,<br />

ma uomini liberi e nobili.<br />

Moltissimi tratti che la storia ci ha conservato provano che gli antichi ignoravano<br />

assolutamente questo pregiudizio. Quando, per esempio, un capo teutono invito Mario ad<br />

un duello, l feroe gli fece rispondere che áse era stanco della vita non aveva che da<br />

appiccarsi per la gola â, proponendogli tuttavia un gladiatore dei piu valenti con cui<br />

potrebbe combattere a suo piacere (Freinsheim, Supplementi a Tito Livio, 1. LXVIII, c.<br />

12). Leggiamo in Plutarco (Temistocle, 11) che Euribiade, comandante della flotta, in una<br />

discussione con Temistocle, avrebbe alzato il bastone per batterlo; non si scorge mica che<br />

questi abbia snudata la spada, ma che disse: áBatti, ma ascolta â. Quale indegnazione il<br />

lettore áuomo di onore â deve provare non trovando menzione in Plutarco che il corpo degli<br />

prepara a quest falta missione: intendo parlare della gioventu accademica, la quale in Germania, ohime!<br />

obbedisce a questi precetti piu che qualunque altra classe di persone. Qui io non vengo a richiamare<br />

l fattenzione dei giovani studenti sulle conseguenze funeste od immorali di tali massime; lo si deve aver<br />

fatto<br />

ben di sovente. Mi limitero dunque a dir loro cio che segue: Voi, la cui gioventu e stata nutrita colla lingua e<br />

colla saggezza dell fEllade e del Lazio, voi, per cui si ebbe la cura inapprezzabile d filluminare di buon fora<br />

la<br />

giovane intelligenza coi raggi splendidi emanati dalle menti nobili e saggie del bel tempo antico, come mai<br />

volete voi esordire nella vita prendendo per regola di condotta questo codice della demenza e della<br />

brutalita?<br />

Vedetelo, questo codice, quando, come ho fatto io, lo si stabilisce su nozioni chiare, come e spiegato, la,


davanti i vostri occhi, nella sua miserabile nullita; fatene la pietra di paragone non del vostro cuore, ma<br />

della<br />

vostra ragione. Se questa non lo respinge, allora la vostra mente non e atta a coltivare un campo per cui<br />

qualita indispensabili sono una forza energica di raziocinio che spezzi facilmente i legami del pregiudizio, ed<br />

una ragione chiaroveggente che sappia distinguere nettamente il vero dal falso anche la dove la differenza<br />

e<br />

profondamente nascosta, e non solamente dove, come qui, e palpabile; se cosi fosse, miei buoni amici,<br />

cercate<br />

qualche altro mezzo onesto per tirar avanti nel mondo: fatevi soldati, o imparate qualche mestiere, che una<br />

buona arte e sempre un podere d foro. (Nota dell feditore tedesco).<br />

16 Cioe chi vuole scimiottare i nobili ed i militari. (Nota del Trad.).<br />

17 gaffatto h ripetuto nel testo. (Nota dell fedizione elettronica Manuzio)<br />

44<br />

ufficiali ateniesi non abbia immediatamente dichiarato di non voler piu servire sotto<br />

Temistocle! Percio uno scrittore francese dei nostri giorni dice con ragione: áSe qualcuno<br />

s fimmaginasse di dire che Demostene fu un uomo d fonore si riderebbe per compassione.....<br />

Neppur Cicerone era uomo d fonore. â (Soirees litteraires, par C. Durand; Rouen, 1828, vol.<br />

II, pag. 300). Inoltre il passo di Platone (De leg., IX, le sei ultime pagine e XI, pag. 131,<br />

ediz. Bipont) sopra le ƒ¿ƒÇƒÈƒÇƒ¿, vale a dire sulle ingiurie con vie di fatto, prova abbastanza che<br />

in quest fargomento gli antichi non supponevano nemmeno tale sentimento del punto<br />

d fonore cavalleresco. Socrate, in seguito alle sue numerose controversie, si espose molte<br />

volte alle percosse, che sopportava con tutta calma; un giorno, avendo ricevuto un calcio,<br />

non ne fece caso e disse a qualcuno che si maravigliava di cio: áSe me lo avesse dato un<br />

asino ne porterei querela? â (Diogene Laerzio, II, 21). Un faltra volta, siccome qualcuno gli<br />

diceva: áQuest fuomo vi biasima; non vi ingiuria forse? â rispose: áNo, perche cio che dice<br />

non si riferisce a me â (Ibid. 36). . Stobeo (Florilegium, ediz. Gaisford, vol. I, pag. 327-<br />

330) ci ha conservato un lungo brano di Musonio, brano che ci lascia scorgere la maniera<br />

con cui gli antichi consideravano le ingiurie: essi non conoscevano altra soddisfazione che<br />

quella da ottenersi per mezzo dei magistrati, e i saggi disdegnavano pur questa. Si puo


vedere nel Gorgia di Platone (pag. 86, ediz. Bipont) che in fatti cosi aveva luogo l funica<br />

riparazione che si potesse pretendere per uno schiaffo; noi vi troviamo anche (pag. 133)<br />

riportata l fopinione di Socrate in proposito. E cio spicca pure da quanto racconta Aulo<br />

Gellio (XX, 1) di un certo Lucio Verazio il quale si divertiva, per malizia e senza motivo<br />

alcuno, a dare uno schiaffo ai cittadini romani che incontrava per istrada; allo scopo di<br />

evitare lunghe formalita egli si faceva accompagnare da uno schiavo che portava un sacco<br />

di moneta di bronzo e che era incaricato di pagare immediatamente al passeggiero stupito<br />

l fammenda legale di 25 assi. Crate, il celebre cinico, avendo ricevuto dal musicista<br />

Nicodromo uno schiaffo cosi forte che il viso gli si era gonfiato con larga echimosi, si<br />

attacco alla fronte una tavoletta coll fiscrizione: Nicodromo fece, cio che coperse di<br />

vergogna il suonatore di flauto che si era lasciato trasportare ad una tale brutalita (Diogene<br />

Laerzio, VI, 89) contro un uomo che tutta Atene riveriva al pari d fun Dio Lare (Apulejo,<br />

Flor. pag. 126, ediz. Bipont). Abbiamo in argomento una epistola di Diogene di Sinope a<br />

Melesippo nella quale, dopo avergli detto d fesser stato battuto da alcuni Ateniesi ubbriachi,<br />

aggiunge che di cio non gli cale (Nota Casaub. ad Diog. Laert., VI, 33). Seneca nel libro De<br />

constantia sapientis, dal capitolo X fino alla fine, tratta in dettaglio de contumelia per<br />

stabilire che il savio la sprezza. Al capitolo XIV dice: áMa il saggio percosso da uno<br />

schiaffo che fara? Cio che fece Catone, il quale percosso nel viso non si adiro, non vendico<br />

l fingiuria e neppure la perdono, ma nego che gli fosse stata fatta â.<br />

áSta bene, esclamerete, ma erano savi! â<br />

E voi altri, siete pazzi voi altri? . Ve lo accordo.<br />

Noi vediamo dunque che ogni principio d fonore cavalleresco era ignoto agli antichi<br />

precisamente perche consideravano, sotto ogni punto di vista, le cose nel loro aspetto<br />

naturale senza prevenzioni e senza lasciarsi raggirare da ciance empie o funeste. Sicche in<br />

uno schiaffo non vedevano altra cosa se non cio che e in realta, un piccolo danno fisico,<br />

mentre per i moderni esso e una catastrofe ed un tema da tragedia, come per esempio nel<br />

Cid di Corneille ed in un dramma tedesco piu recente intitolato La forza delle circostanze,<br />

ma che dovrebbe piuttosto chiamarsi La forza del pregiudizio. Se un di fosse dato uno


schiaffo nell fAssemblea nazionale a Parigi, l fEuropa intera ne rimbomberebbe. Le<br />

reminiscenze classiche, e gli esempi dell fantichita or ora ricordati devono aver mal disposto<br />

gli áuomini d fonore â; noi raccomandiamo loro come antidoto di leggere in Jacques le<br />

fataliste, capolavoro di Diderot, la storia di Monsieur Desglands18; vi troveranno un tipo<br />

18 Nel gia ricordato áSchizzo di una dissertazione sull fonore â Schopenhauer cosi racconta questa storia:<br />

Due uomini d fonore, l funo dei quali si chiamava Desglands, corteggiano la stessa donna: essi sono seduti<br />

a<br />

tavola vicini, e dirimpetto alla dama, di cui Desglands cerca fissar l fattenzione con discorsi vivaci; ma cio<br />

45<br />

nobilmente straordinario dell fonore cavalleresco moderno che potra dilettarli e nel tempo<br />

stesso edificarli a maraviglia.<br />

Da quanto precede resta provato abbastanza che il principio dell fonore cavalleresco<br />

non e un principio primitivo, basato sulla natura stessa dell fuomo; invece esso e artificiale,<br />

e la sua origine e facile a scoprire. L fonore cavalleresco e il figlio di quei secoli in cui i<br />

pugni erano esercitati piu che le teste, ed in cui i preti tenevano incatenata la ragione, del<br />

medio evo insomma, del medio evo tanto vantato, e della sua cavalleria. Allora infatti il<br />

buon Dio non aveva la sola missione di vegliare su noi, ei doveva anche giudicare per noi.<br />

Percio le cause giudiziarie d findole delicata si decidevano per mezzo delle Ordalie o giudizi<br />

di Dio, che consistevano, meno qualche piccola eccezione, in combattimenti singolari, non<br />

solamente tra cavalieri, ma anche tra borghesi come viene provato da un bel passo<br />

dell fEnrico VI di Shakespeare (2a parte, atto 2 ‹, scena 3a). Il combattimento singolare o<br />

giudizio di Dio era un fistanza suprema a cui si poteva appellarsi contro ogni sentenza<br />

giudiziaria. In tal modo, invece della ragione, si era la forza e la destrezza fisica, altramente<br />

detta la natura animale, che si erigeva a tribunale, e non era mica cio che un uomo aveva<br />

fatto, ma cio che gli era accaduto che decideva se egli aveva torto o ragione, precisamente<br />

come procede il principio dell fonore cavalleresco oggigiorno in vigore. Se qualcuno<br />

conservasse ancora dei dubbi su tale origine del duello e delle sue formalita non avrebbe,<br />

per levarseli intieramente, che a leggere l feccellente opera di J. G. Mellingen, The history of


duelling, 1849. Ai nostri giorni ancora, fra le persone che regolano la loro vita su questi<br />

precetti, . gia si sa che ordinariamente non sono ne le piu istruite, ne le piu ragionevoli .<br />

ve n fha di quelle per le quali l fesito del duello rappresenta effettivamente la sentenza divina<br />

nelle conseguenze che ha portato il combattimento; opinione nata evidentemente da una<br />

lunga trasmissione ereditaria e tradizionale.<br />

Fatta astrazione dalla sua origine, il principio dell fonore cavalleresco ha per iscopo<br />

immediato di farsi accordare, colla minaccia della forza fisica, le testimonianze esterne di<br />

quella stima che si crede troppo difficile, o superfluo d facquistare realmente. Presso a poco<br />

e la stessa cosa come se qualcuno scaldasse colla mano il bulbo d fun termometro e volesse<br />

provare, perche la colonna di mercurio sale, che la sua camera e bene riscaldata. Volendo<br />

considerare la cosa piu da vicino, eccone il principio: nello stesso modo che l fonore<br />

borghese, avendo in vista i rapporti pacifici degli uomini tra loro, consiste nell fopinione che<br />

noi meritiamo piena fiducia perche rispettiamo scrupolosamente i diritti altrui, del pari<br />

l fonore cavalleresco consiste nell fopinione che noi siamo da temere perche decisi a<br />

difendere ad oltranza i nostri diritti. La massima che val meglio ispirar timore che fiducia<br />

non sarebbe cosi falsa, visto il pochissimo conto che si puo fare sulla giustizia degli uomini,<br />

se vivessimo nello stato di natura in cui ciascuno deve da se stesso difendere la sua persona<br />

e i suoi diritti. Ma essa non trova applicazione nella nostra epoca di civilta, in cui lo Stato si<br />

e preso l fincarico di proteggere persone e proprieta; essa non esiste piu che come quei<br />

castelli e quei torrioni dell fepoca del diritto feudale, inutili ed abbandonati, frammezzo<br />

campi ben coltivati, quartieri animati, e fors fanche strade ferrate. L fonore cavalleresco, per<br />

la ragione stessa che professa la massima precedente, e andato a ficcarsi necessariamente in<br />

tutte quelle offese alla persona che lo Stato non punisce che leggermente, o non punisce<br />

durante, gli occhi della persona amata carezzano costantemente il rivale di Desglands, ed ella non presta a<br />

quest fultimo che un orecchio distratto. La gelosia provoca in Desglands, che tiene in mano un uovo a bere,<br />

una contrazione spasmodica; l fuovo scoppia, e il suo contenuto salta sul viso del rivale. Questi fa un gesto<br />

colla mano, ma Desglands gliela afferra e gli dice nell forecchio: áLo tengo per dato â. Si fa un profondo


silenzio. L findomani comparisce Desglands colla guancia destra coperta da un gran tondo di taffeta nero.<br />

Ha<br />

luogo il duello e il rivale di Desglands riceve una ferita grave, ma non mortale. Desglands diminuisce allora<br />

di<br />

alcune linee il suo taffeta. Alla guarigione del rivale, secondo duello; Desglands gli cava sangue nuovamente<br />

e impiccolisce ancora il noto circoletto. E cosi per cinque o sei volte di seguito: dopo ogni duello Desglands<br />

riduce sempre piu stretta la circonferenza dell fimpiastro, che finalmente fa sparire alla morte<br />

dell favversario.<br />

(Nota dell feditore tedesco).<br />

46<br />

affatto in virtu del principio: De minimis lex non curat, tali delitti non producendo che un<br />

danno insignificante, e non essendo il piu delle volte che semplici puntigli. Per mantenere il<br />

suo dominio in una sfera molto elevata, esso ha attribuito alla persona un valore la cui<br />

esagerazione e affatto sproporzionata con la natura, la condizione ed il destino dell fuomo;<br />

spinge questo valore fino al punto di fare qualche cosa di sacro dell findividuo, e, trovando<br />

del tutto insufficienti le pene pronunziate dallo Stato contro le piccole offese alla persona, si<br />

prende la briga di punirle esso stesso con punizioni sempre corporali, ed anche colla morte<br />

dell foffensore. Havvi evidentemente, in sostanza, l forgoglio piu smisurato e l foltracotanza<br />

piu ributtante nell fobbliare la natura reale dell fuomo e nel pretendere di rivestirlo d funa<br />

inviolabilita e d funa irreprensibilita assolute. Ma ogni uomo che e deciso a mantenere simili<br />

principi colla violenza, e che professa la massima: chi m finsulta o mi tocca deve morire,<br />

merita per cio solo d fessere espulso dal paese19. E vero che si mette avanti ogni sorta di<br />

pretesti per inorpellare questo orgoglio smisurato. Di due uomini intrepidi, si dice, nessuno<br />

cedera; nella piu leggera collisione essi verranno subito alle ingiurie, poi alle percosse e<br />

finalmente all fomicidio: e dunque preferibile, in riguardo alle convenienze, di sorpassare i<br />

gradi intermedi, e ricorrere immediatamente alle armi. I dettagli della procedura sono stati<br />

allora formulati in un sistema di rigido pedantismo, sistema che ha le sue leggi e le sue<br />

regole, e che e davvero la buffonata piu lugubre del mondo; vi si puo scorgere, nessuno lo<br />

neghi, il Panteon glorioso della follia. Ma il punto di partenza istesso e falso; nelle cose


d fimportanza minima (gli affari gravi restano sempre deferiti alla decisione dei tribunali) di<br />

due uomini intrepidi ve n fha sempre uno, il piu saggio, che cede: quando non si tratta che di<br />

opinioni non si vorra nemmeno occuparsene. Ne troviamo la prova nel popolo, o, per<br />

meglio dire, in tutte quelle numerose classi sociali che non ammettono il principio<br />

dell fonore cavalleresco; quivi le contese seguono il loro corso naturale e tuttavia l fomicidio<br />

vi e cento volte meno frequente che nella frazione minima, l/1000 appena, che lo accetta;<br />

anche le risse vi sono rare. Si pretende inoltre che questo principio, coi suoi duelli, sia la<br />

pietra angolare che mantiene il bon ton e le belle maniere nella societa, che sia un baluardo<br />

che mette al riparo dall furto della brutalita e della rozzezza. Per altro in Atene, a Corinto, a<br />

Roma c fera della buona ed anche della buonissima societa, delle maniere eleganti, del bon<br />

ton, senza che vi fosse bisogno d fimpiantarvi l fonore cavalleresco a guisa di spauracchio. E<br />

19 L fonore cavalleresco e figlio dell forgoglio e della follia (la verita opposta a questi precetti si trova<br />

nettamente espressa nella commedia El Principe constante colle parole: Esa es la herencia de Adan, gli<br />

affanni sono il retaggio dei figli di Adamo). (*)<br />

Reca stupore che questo orgoglio estremo non s fincontri che in seno di quella religione che impone ai suoi<br />

aderenti l fumilta estrema; ne le epoche anteriori, ne le altre parti del mondo conoscono tale principio<br />

dell fonore cavalleresco. Tuttavia non e alla religione che bisogna attribuirne la causa, ma al regime<br />

feudale<br />

durante il quale ogni nobile si considerava come un piccolo sovrano; egli non riconosceva fra gli uomini<br />

alcun<br />

giudice che fosse messo al di sopra di lui; imparava cosi ad attribuire alla sua persona una inviolabilita ed<br />

una<br />

santita assolute; ed e per questo che qualunque attentato contro la sua persona, una percossa, una<br />

ingiuria, gli<br />

sembrava un delitto meritevole di morte. Per cio il principio dell fonore ed il duello non erano in origine<br />

che<br />

un affare concernente i nobili; essi si estesero piu tardi agli officiali, a cui si unirono poi qualche volta, ma<br />

giammai d fun modo costante, le altre classi piu eminenti, nello scopo di non perdere in considerazione. Le<br />

ordalie, quantunque abbiano fatto nascere il duello, non sono l forigine del principio dell fonore<br />

cavalleresco;


esse non ne sono che la conseguenza e l fapplicazione: chiunque non riconosce in altro uomo il diritto di<br />

giudicarlo ricorre al giudice divino. . Le ordalie stesse non appartengono esclusivamente al Cristianesimo; le<br />

troviamo spesso nel Brahmanismo, benche piu di sovente nelle epoche piu antiche; ne esistono pero vestigi<br />

anche oggigiorno. (Nota dell fAutore).<br />

(*) Le parole sopra citate fra parentesi, si leggono cosi nel Principe costante (Jorn. III, Esc. 8, ed.<br />

Hartzenbusch).<br />

(Don Giovanni entra con un pane)<br />

Don Giovanni Per portarti questo pane io fui inseguito dai Mori e le loro spade mi ferirono; arrivo or ora<br />

fieramente minacciato.<br />

Fernando La miseria (gli affanni) e il retaggio d fAdamo (dei figli d fAdamo).<br />

(Nota dell feditore tedesco).<br />

47<br />

giusto pero il dire che le donne non regnavano nella societa antica come presso di noi. Oltre<br />

il carattere frivolo e puerile che assume con esse la conversazione, poiche se ne bandisce<br />

qualunque soggetto serio ed ampliamento trattato, la presenza delle donne nella nostra<br />

societa contribuisce di certo per una gran parte ad accordare al coraggio personale il<br />

primato su ogni altra qualita, mentre in realta esso non e che un merito molto subordinato,<br />

una semplice virtu da sotto-tenente nella quale gli animali stessi ci sono superiori; infatti<br />

non si dice forse: ácoraggioso come un leone? â Ma v fha di piu: all fopposto dell fasserzione<br />

precedentemente riportata, il principio dell fonore cavalleresco e di sovente il rifugio sicuro<br />

della disonesta e della scelleratezza negli affari gravi, e nello stesso tempo l fasilo<br />

dell finsolenza, della sfacciataggine e della rozzezza nelle cose di lieve momento, per la<br />

semplicissima ragione che nessuno si vuol prender la briga di castigare queste brutte qualita<br />

a rischio della vita. In prova vediamo il duello rigogliosamente in fiore, e praticato colla piu<br />

sanguinaria serieta, precisamente presso quella nazione la quale, nelle sue relazioni<br />

politiche e finanziarie, ha mostrato mancanza di vera onesta: a chi ne ha fatto la prova<br />

bisognerebbe domandare di che natura sieno le relazioni private cogli individui di quella<br />

nazione; in quanto poi alle loro maniere civili ed alla loro coltura sociale, sono cose che da


lunga data hanno grande celebrita come modelli negativi.<br />

Tutti questi motivi che vengono allegati sono adunque privi di fondamento. Si<br />

potrebbe affermare con piu ragione che, come il cane brontola quando lo si irrita e fa vezzi<br />

quando lo si carezza, nello stesso modo e proprio della natura dell fuomo il rendere ostilita<br />

per ostilita e l fessere esacerbato ed irritato per le manifestazioni dello sprezzo o dell fodio.<br />

Cicerone l fha gia detto: áL fingiuria ha un certo aculeo che gli stessi uomini saggi e<br />

prudenti difficilmente possono tollerare â, ed infatti in nessuna parte del mondo (fatta<br />

eccezione di alcune sette divote) si sopportano con calma le ingiurie, o, a piu forte ragione,<br />

le percosse. Ma la natura c finsegna di non andar al di la d funa rappresaglia equivalente<br />

all foffesa, non ci dice mica di punir colla morte colui che ci accusasse di menzogna, di<br />

stupidita, o di codardia. L fantica massima tedesca: áAd uno schiaffo con uno stile â e un<br />

pregiudizio cavalleresco che muove a sdegno. In qualunque caso si e alla collera che tocca<br />

rendere o vendicare le offese, e non all fonore od al dovere, ai quali il principio dell fonore<br />

cavalleresco ne impone l fobbligo. E certo d faltronde che un rimprovero non offende che<br />

nella misura con cui ci colpisce; cio che lo prova si e che la piu piccola allusione, che batta<br />

giusto, ferisce molto piu profondamente di un faccusa assai piu grave ma che non sia<br />

fondata. Per conseguenza chiunque ha la coscienza sicura di non aver meritato un<br />

rimprovero, puo disdegnarlo e non gliene calera. Il principio dell fonore invece gli impone<br />

di mostrare una irritazione che non prova e di vendicare col sangue offese che non lo hanno<br />

colpito. Eppure e veramente aver pochissima opinione del proprio valore il cercar di<br />

soffocare ogni parola che mostrasse di metterlo in dubbio! La vera stima di se stesso dara la<br />

calma ed il disprezzo reale delle ingiurie; in mancanza di essa, la prudenza e la buona<br />

educazione ci comandano di salvare l fapparenza e di dissimulare la nostra collera. Se<br />

inoltre noi giungessimo a spogliarci dal pregiudizio del principio cavalleresco; se nessuno<br />

piu ammettesse che un insulto fosse capace di togliere o di restituire checchessia all fonore;<br />

se si fosse convinti che un torto, una brutalita, una villania non possono essere giustificati<br />

all fistante colla sollecitudine che si vorra mettere a darne soddisfazione, cioe a battersi,<br />

allora ognuno arriverebbe a comprendere che quando si tratta d finvettive e d fingiurie, si e il


vinto che sorte vincitore dal combattimento, e che, come dice Vincenzo Monti, delle<br />

ingiurie avviene lo stesso come delle processioni sacre, le quali ritornano sempre al loro<br />

punto di partenza. Allora non basterebbe piu, come attualmente, spacciare una insolenza per<br />

mettere il diritto dalla nostra parte; allora il senno e la ragione avrebbero ben altra autorita,<br />

mentre oggidi devono, prima di parlare, vedere se non urtano in checchessia l fopinione<br />

delle menti meschine e degli imbecilli che irrita ed allarma gia la loro sola apparizione, che<br />

altrimenti l fintelligenza puo trovarsi nel caso di giuocare in un colpo di dadi, la testa ove<br />

48<br />

risiede contro il cervello grossolano ove e alloggiata la stupidita. Allora la superiorita<br />

intellettuale occuperebbe realmente nella societa il primo posto che gli e dovuto e che si da<br />

oggi, benche in modo mascherato, alla superiorita fisica ed al coraggio alla ussara; di piu<br />

allora vi sarebbe, per gli uomini eminenti, un motivo di meno per fuggire la societa, cio che<br />

fanno attualmente. Un mutamento tanto radicale farebbe nascere il vero bon ton e<br />

fonderebbe la vera buona societa nella forma in cui, senza dubbio, ha esistito a Roma, a<br />

Corinto ed in Atene. A chi volesse averne saggio raccomando di leggere il Banchetto di<br />

Senofonte.<br />

L fultimo argomento in difesa del codice cavalleresco sara senza dubbio concepito<br />

cosi: áAndiamo dunque! ma allora un uomo potrebbe, Dio ce ne guardi, percuotere un<br />

altro! â A cio potrei rispondere, senza frasi reboanti, che il caso si e presentato ben di<br />

frequente in quei 999/1000 della societa presso i quali tale codice non e ammesso, senza che<br />

un solo individuo ne sia morto, mentre che presso coloro che ne seguono i precetti, ogni<br />

percossa, per regola, diventa una faccenda mortale.<br />

Ma voglio esaminare la questione piu in dettaglio. Io mi sono molto di sovente affaticato<br />

la mente per trovare nella natura animale od intellettuale dell fuomo una qualche ragione<br />

valida od anche solamente plausibile, fondata non su semplici modi di dire, ma su nozioni<br />

distinte, una qualche ragione, ripeto, che possa giustificare la convinzione, profondamente<br />

radicata in una parte della specie umana, che una percossa e una orribile cosa: tutte le mie<br />

ricerche riescirono vane. Una percossa non e e non sara mai che un piccolo male fisico che


ogni uomo puo cagionare ad un altro, senza provare con cio altra cosa se non che egli e piu<br />

forte o piu destro, oppure che l faltro non stava in guardia. Dall fanalisi di piu non abbiamo.<br />

Inoltre io vedo questo stesso cavaliere per il quale, una percossa ricevuta dalla mano di un<br />

uomo sembra il piu grande di tutti i mali, ricevere un colpo dieci volte piu forte dal suo<br />

cavallo ed assicurare, trascinando la gamba e dissimulando il dolore, che non e niente.<br />

Allora ho supposto che cio dipendesse dalla mano dell fuomo. Vedo pero il nostro cavaliere<br />

in un combattimento, ricever dalla mano di un uomo colpi di punta e di taglio ed assicurare<br />

ancora che sono bagattelle di cui non vale la pena di parlare. Imparo inoltre che i colpi di<br />

lama piatta non sono a un dipresso tanto terribili come i colpi di bastone, sicche molto di<br />

recente gli allievi delle scuole militari erano ancora passibili dei primi, e giammai degli<br />

altri. Ma v fha di piu: nella iniziazione di un cavaliere il colpo col piatto della lama e un<br />

grandissimo onore. Ed ecco esauriti tutti i miei motivi psicologici e morali; ora non mi resta<br />

piu che a considerare la cosa come un fantica superstizione, profondamente radicata, come<br />

un nuovo esempio, a lato di tanti altri, di quanto si puo dare ad intendere agli uomini. Cio<br />

che e provato anche dal fatto ben noto che in China i colpi di bastone sono una punizione<br />

civile impiegata assai frequentemente anche riguardo a funzionari d fogni grado; la qual<br />

cosa dimostra che cola la natura umana, pur anco fra le persone piu civili, non parla come<br />

da noi20.<br />

Inoltre un esame imparziale della natura umana c finsegna che il battere e tanto<br />

naturale all fuomo quanto il mordere agli animali carnivori e il dar colpi di testa alle bestie<br />

cornute; l fuomo e, propriamente parlando, un animale percuotitore. Per questo siamo mossi<br />

a sdegno quando sentiamo che un uomo ha morsicato un altro uomo: dare o ricever colpi<br />

invece e per esso un effetto tanto naturale quanto frequente. Si comprende facilmente come<br />

le persone d funa educazione finita cerchino di sottrarsi a tali effetti dominando<br />

reciprocamente la loro naturale inclinazione. Ma havvi invero della crudelta nel voler far<br />

credere ad una intera nazione, od anche solo ad una classe d findividui, che ricevere una<br />

percossa sia una disgrazia spaventevole, che dev fessere seguita dall fomicidio. Ci sono<br />

troppi veri mali a questo mondo perche sia permesso d faumentarne il numero e crearne


20 Venti o trenta colpi di canna sulle natiche sono, per cosi dire, il pane quotidiano dei Chinesi. E questa<br />

una correzione paterna del mandarino, correzione che non ha niente d finfamante, e che viene ricevuta<br />

con vivi<br />

ringraziamenti (Lettres edifiantes et curieuses, ediz. del 1819, voi XI, pag. 454). (Citazione dell fAutore).<br />

49<br />

d fimmaginari che ne portano pur troppo di reali seco loro, cio che fa tuttavia questo sciocco<br />

e scellerato pregiudizio. Come conseguenza io non potrei che disapprovare quei governi e<br />

quei corpi legislativi che gli vengono in aiuto affaticandosi con ardore per far abolire, tanto<br />

nel codice civile che nel militare, le punizioni corporali. Cosi facendo essi credono di agire<br />

nell finteresse dell fumanita, quando, al contrario, lavorano cosi a consolidare questo<br />

traviamento snaturato e funesto a cui sono gia state sacrificate tante vittime. Per ogni colpa,<br />

salvo le piu gravi, infliggere alcune bastonate e la punizione che nell fuomo si presenta per<br />

prima alla mente; dunque e la piu naturale; chi non si sottomette alla ragione, si<br />

sottomettera ai colpi. Punire con una leggera bastonatura colui che non puo esser colpito<br />

nelle ricchezze quando non ne ha, e che non puo esser privato della liberta, quando si ha<br />

bisogno de f suoi servigi, e un atto tanto giusto quanto naturale. Percio non viene presentata<br />

alcuna buona ragione contro questo principio; gli oppositori si contentano d finvocare la<br />

dignita dell fuomo, maniera di parlare che non si appoggia sopra una nozione veramente<br />

chiara, ma ancora e sempre sul fatale pregiudizio di cui abbiamo parlato piu in alto. Un<br />

fatto recente dei piu comici viene a confermare tale stato di cose: molti Stati hanno or ora<br />

sostituito nell farmata le stangate alle bastonate; le stangate come ogni altro colpo,<br />

producono senza dubbio un dolore fisico, e nondimeno sono tenute per non infamanti, ne<br />

disonoranti.<br />

Stimolando cosi il pregiudizio che ci tien servi, s fincoraggia nello stesso tempo il<br />

principio dell fonore cavalleresco e quindi del duello, mentre d faltra parte si fanno sforzi, o<br />

piuttosto si pretende di sforzarsi per abolire colle leggi il duello21. Cosi vediamo questo<br />

frammento del diritto del piu forte, trasportato attraverso il tempo dal medio-evo al XIX<br />

secolo, fare oggi ancora scandalosa mostra di se in pieno giorno; e tempo alla fin fine di


cacciarlo vergognosamente. Oggidi, quando e proibito di addestrare con metodo cani e galli<br />

a battersi gli uni contro gli altri (in Inghilterra almeno questi combattimenti sono puniti), ci<br />

e dato veder creature umane eccitate loro malgrado a lotte mortali: si e da questo ridicolo<br />

pregiudizio, da questo principio assurdo dell fonore cavalleresco, si e da questi stupidi<br />

rappresentanti e da questi campioni che, per la prima bagattella insorta, viene imposto agli<br />

uomini l fobbligo di battersi fra loro come gladiatori. Propongo ai nostri puristi tedeschi di<br />

rimpiazzare la parola duell, derivata probabilmente non dal latino duellum, ma dallo<br />

spagnuolo duelo (danno, querela, pena), colla parola Ritterhetze (lotta di cavalieri, come si<br />

dice lotta di galli o di bull-dogs). Si ha certamente amplio soggetto al riso nel vedere le<br />

formalita pedanti con cui si compiono tutte queste follie. Non si e per cio meno mossi a<br />

sdegno, riflettendo che questo principio, col suo codice assurdo, costituisce nello Stato uno<br />

Stato che, non riconoscendo altro diritto se non quello del piu forte, tiranneggia le classi<br />

sociali che sono sotto il suo dominio collo stabilire un tribunale permanente della Santa-<br />

Vehme; ognuno puo esser citato da chichessia a comparirvi; i motivi della citazione, facili a<br />

trovare, fanno l fofficio di sbirri del tribunale, e la sentenza pronunzia la pena di morte<br />

contro le due parti. E questo naturalmente il rifugio dal fondo del quale l findividuo piu<br />

spregevole, alla sola condizione di appartenere alle classi soggette alle leggi dell fonore<br />

21 Ecco, secondo me, qual fe il vero motivo per cui i governi non si sforzano che in apparenza a proscrivere<br />

i duelli, cosa ben facile, sopra tutto nelle Universita, e d fonde viene che essi pretendano non potervi<br />

riuscire;<br />

lo Stato non e in grado di pagare con danaro i servigi dei suoi officiali e dei suoi impiegati civili al loro giusto<br />

valore; percio fa consistere l faltra meta dei loro emolumenti in onore, rappresentato dai titoli, dalle<br />

uniformi e<br />

dalle decorazioni. Per mantenere tale prezzo ideale dei loro servigi ad un corso elevato, bisogna, con ogni<br />

mezzo, sostenere, avvivare ed anche esaltare un po f il sentimento dell fonore; siccome a tal uopo<br />

l fonore<br />

borghese non basta per la semplice ragione che e proprieta comune di tutti, si chiama in aiuto l fonore<br />

cavalleresco che si stimola, come abbiamo gia dimostrato. In Inghilterra, ove il soldo dei militari e degli<br />

impiegati civili e molto maggiore che sul continente, non si ha bisogno d fun tale espediente; sicche, da<br />

una


ventina d fanni specialmente, il duello vi e quasi affatto caduto in disuso; e nelle rare occasioni in cui vi si<br />

ricorre ancora, il pubblico ne ride come d funa pazzia. E certo che la grande Anti-duelling Society, che conta<br />

fra i suoi membri una folla di lord, d fammiragli e di generali, ha contribuito assai a questo risultato, e il<br />

Moloch deve cosi far a meno di vittime. (Nota dell fAutore).<br />

50<br />

cavalleresco, potra minacciare, od anche uccidere gli uomini piu nobili e migliori, che sono<br />

precisamente quelli che odia di necessita. Poiche al giorno d foggi la giustizia e la polizia<br />

hanno guadagnato presso a poco abbastanza autorita perche un briccone non possa piu<br />

arrestarci per la strada gridandoci: la borsa o la vita!, sarebbe tempo che il buon senso<br />

assumesse altrettanta autorita affinche la prima canaglia venuta non possa piu venirci a<br />

turbare nel bel mezzo della nostra esistenza piu pacifica esclamando: l fonore o la vita!<br />

Bisogna finalmente liberare le classi superiori dal peso che le opprime, bisogna affrancarci<br />

tutti dall fangoscia di sapere che possiamo ad ogni momento essere chiamati a pagare colla<br />

nostra vita la brutalita, la rozzezza, la balordaggine o la cattiveria di tale individuo cui avra<br />

piaciuto scaricarla contro di noi. E ingiusto, e vergognoso che due giovani inesperti e senza<br />

cervello sieno tenuti ad espiare col loro sangue la piu piccola contesa. Ecco un fatto che<br />

prova a quale altezza si sia levata la tirannia di questo Stato nello Stato, ed a qual punto sia<br />

arrivato il potere di questo pregiudizio: si e visto spesso persone uccidersi per la<br />

disperazione di non aver potuto ristabilire il loro onore cavalleresco offeso, sia perche<br />

l foffensore era di troppo alta o di troppo bassa condizione, sia per tutt faltra causa di<br />

disproporzione che rendeva il duello impossibile; una tal morte non e proprio tragicomica?<br />

Tutto quanto e falso ed assurdo si rivela alla fine per cio che, giunto al suo sviluppo<br />

perfetto, porta come fiore una contraddizione; egualmente nel caso nostro la contraddizione<br />

sboccia sotto la forma della piu ingiusta antinomia; infatti il duello e proibito all fufficiale, e<br />

nondimeno questi e punito colla destituzione se, dandosene il caso, si rifiutasse di battersi.<br />

Poiche ci sono, voglio andare ancora piu avanti col mio parlar franco. Esaminata con<br />

cura e senza prevenzioni, la grande differenza, che si fa risuonare tanto forte, tra l fuccidere<br />

il proprio avversario in una lotta alla piena luce del sole e ad armi eguali oppure in un


agguato, e fondata semplicemente su quanto abbiamo gia detto che cioe questo Stato nello<br />

Stato non riconosce altro diritto che quello del piu forte e ne fa la base del suo codice dopo<br />

averlo elevato all faltezza di un giudizio di Dio. Infatti, cio che si chiama un combattimento<br />

leale non prova altra cosa se non che si e o il piu forte o il piu abile. La giustificazione che<br />

si cerca colla pubblicita del duello presuppone dunque che il diritto del piu forte sia<br />

realmente un diritto. Ma la circostanza che il mio avversario sa difendersi male mi da<br />

effettivamente la possibilita, e non il diritto di ucciderlo; questo diritto, altrimenti detto la<br />

mia giustificazione morale, non puo derivare che dai motivi che io ho di togliergli la vita.<br />

Ammettiamo ora che questi motivi esistino e che sieno soddisfacenti; allora non v fha piu<br />

alcuna ragione di cercar prima chi di noi due maneggia meglio la pistola o la spada, allora e<br />

indifferente che io lo uccida in tale o tal faltra maniera, per davanti o per di dietro. Perocche,<br />

moralmente parlando, il diritto del piu forte non ha piu peso del diritto del piu scaltro, ed e<br />

di quest fultimo che si fa uso quando si ammazza a tradimento: qui il diritto del pugno vale<br />

esattamente il diritto della testa. Osserviamo inoltre che anche nel duello sono messi in<br />

pratica i due diritti, perche ogni finta nella scherma e un inganno. Se io mi credo<br />

moralmente autorizzato a toglier la vita ad un uomo, farei una sciocchezza col rimettermi<br />

alla sorte s fegli sapesse maneggiare le armi meglio di me, perocche in questo caso sara lui<br />

che dopo avermi offeso mi uccidera per soprammercato. Rousseau e d favviso che bisogna<br />

vendicar un foffesa non col duello, ma coll fassassinio; egli presenta tale sua opinione con<br />

molte precauzioni nella 21.a nota, concepita in termini cosi misteriosi, del IV libro<br />

dell fEmilio22. Ma egli e ancora cosi fortemente imbevuto dal pregiudizio cavalleresco che<br />

22 Ecco la famosa nota: Ma se altri cercasse di altercare con lui, come dovra egli comportarsi? Rispondo<br />

ch fegli non avra mai alterchi, se non si prestera abbastanza per averne. Ma infine, si seguitera a chiedere,<br />

chi<br />

sara salvo da uno schiaffo o da una smentita da parte d fun brutale, d fun ubbriaco, o d fun bravaccio<br />

briccone<br />

che per avere il piacere di uccidere un uomo comincia col disonorarlo? Allora e un faltra cosa: e necessario<br />

che l fonore dei cittadini e la loro vita non sieno in balia d fun brutale, d fun ubbriaco o d fun bravaccio


iccone, e non si puo preservarsi da un tale accidente meglio che dalla caduta di una tegola. Uno schiaffo<br />

ed<br />

una smentita ricevuti e sofferti hanno effetti civili che nessuna saggezza puo prevenire, e di cui nessun<br />

tribunale puo vendicare l foffeso. L finsufficienza della legge gli rende dunque in cio l findipendenza; egli e<br />

51<br />

considera il rimprovero d funa menzogna come giustificazione dell fassassinio, mentre<br />

dovrebbe sapere che ogni uomo ha meritato questo rimprovero innumerevoli volte, egli<br />

stesso per primo ed al piu alto grado. E evidente che il pregiudizio che autorizza ad<br />

uccidere l foffensore a condizione che il combattimento succeda di pieno giorno e ad armi<br />

eguali, considera il diritto della forza come se fosse realmente un diritto, e il duello come<br />

un giudizio di Dio. Almeno l fitaliano che bollente di collera assalta senza complimenti, a<br />

colpi di coltello, l fuomo che lo ha offeso, agisce in modo logico e naturale: egli e piu<br />

scaltro, ma non piu cattivo del duellista. Se si volesse oppormi che cio che mi giustifica<br />

dell fuccisione del mio avversano in duello si e che da parte sua egli cerca di fare altrettanto,<br />

risponderei che provocandolo l fho messo nel caso di legittima difesa. Mettersi cosi<br />

mutuamente e con intenzione nel caso di legittima difesa non significa altro, in conclusione,<br />

se non cercare un pretesto plausibile per l fomicidio. Si potrebbe meglio trovare una<br />

giustificazione nella massima: áVolenti non fit injuria â (Non si fa torto a chi v facconsente),<br />

poiche si e di comune accordo che si rischia la vita; ma a cio si potrebbe replicare che<br />

volens non e parola esatta, perocche la tirannia del principio dell fonore cavalleresco e del<br />

suo codice assurdo e l falguazilo che ha trascinato i due campioni, o per lo meno uno di essi,<br />

davanti questo tribunale sanguinario della Santa-Vehme.<br />

Mi sono fermato a lungo sull fonore cavalleresco, ma lo feci con una buona intenzione<br />

e perche la filosofia e l fErcole che solo puo combattere sulla terra le mostruosita morali ed<br />

intellettuali. Due cose principalmente distinguono lo stato della societa moderna da quello<br />

della societa antica, e cio a detrimento della prima a cui danno una tinta seria, tetra, sinistra<br />

da cui non era velata l fantichita, cio che la fa apparir candida e serena come il mattino della<br />

vita. Queste due cose sono: il principio dell fonor cavalleresco e la sifilide, par nobile


fratrum. A loro due hanno avvelenato ƒËƒÃ.ƒÈƒÍ. ƒÈƒ¿ƒÇ ƒÇƒÉ.ƒ¿ della vita (i contrasti e le amicizie<br />

della vita). Infatti l finfluenza della sifilide e molto piu estesa che non sembri a prima vista<br />

per cio che tale influenza non e solamente fisica ma anche morale. Dappoiche la faretra<br />

d famore porta anche freccie avvelenate s fe introdotto nelle mutue relazioni dei sessi un<br />

elemento eterogeneo, ostile, direi quasi diabolico, il quale fa che esse sieno pregne d funa<br />

tetra e paurosa diffidenza: gli effetti indiretti d funa tale alterazione nel fondamento d fogni<br />

comunita umana si fanno sentire egualmente, a gradi diversi, in tutte le altre relazioni<br />

sociali; ma la loro analisi dettagliata mi trarrebbe troppo lungi. Analoga, benche di tutt faltra<br />

natura, e l finfluenza del principio d fonore cavalleresco, questa forza di grave conseguenza<br />

che rende la moderna societa rigida, cupa ed inquieta poiche ogni parola fuggitiva vi e<br />

scrutata e discussa. Ma non e tutto. Questo principio e un Minotauro universale a cui<br />

bisogna sacrificare ogni anno un gran numero di figli di famiglie nobili, presi non in un<br />

solo Stato, come per il mostro antico, ma in tutti i paesi d fEuropa. Sicche e tempo alla fine<br />

d fattaccare coraggiosamente corpo a corpo la chimera, come ho fatto or ora. Possa il XIX<br />

secolo sterminare questi due mostri dei tempi moderni! Noi non disperiamo di vedere i<br />

medici riuscirvi circa uno di essi col mezzo della profilassia. Ma appartiene alla filosofia<br />

l fannientar la chimera raddrizzando le idee; i governi non hanno potuto aver buon esito<br />

colle leggi, che il solo ragionamento filosofico puo attaccare il male nella radice. Fino a che<br />

questo avvenga, se i governi vogliono seriamente abolire il duello, e se il piccolissimo<br />

successo dei loro sforzi non dipende che dalla loro impotenza, io vengo a proporre loro una<br />

legge di cui garantisco l fefficacia e che non reclama operazioni sanguinose, ne patiboli, ne<br />

allora il solo magistrato, il solo giudice tra l foffensore e se stesso: egli e il solo interprete e il solo ministro<br />

della legge naturale, egli si deve giustizia e solo puo rendersela e non v fha sulla terra governo tanto<br />

insensato<br />

per punirlo di essersela fatta in caso tale. Non dico che debba andare a battersi, sarebbe una stravaganza;<br />

dico<br />

ch fegli si deve giustizia e che ne e il solo esecutore. Senza tanti vani editti contro il duello, se io fossi<br />

sovrano,<br />

garantisco che non sarebbero mai dati schiaffi ne smentite nel mio regno, e cio con un mezzo molto<br />

semplice,


con cui i tribunali non avrebbero a che fare. Checche ne sia Emilio conosce la giustizia che in tal caso deve a<br />

se stesso, e l fesempio che deve alle persone d fonore. Non dipende dall fuomo il piu risoluto l fimpedire<br />

che lo<br />

si insulti; ma dipende da lui l fimpedire che si possa vantarsi a lungo di averlo insultato. (N. del Trad.).<br />

52<br />

forche, ne prigioni perpetue. Si tratta invece di un piccolo, di un piccolissimo rimedio<br />

omeopatico dei piu facili; eccolo: áChiunque mandera o accettera una sfida ricevera alla<br />

chinese, di pieno giorno, davanti il corpo di guardia dodici colpi di bastone per mano del<br />

caporale; chi porto la sfida, e cosi pure i testimoni ne riceveranno sei cadauno23. Per le<br />

conseguenze eventuali del duello succeduto si seguira la procedura criminale ordinaria â.<br />

Qualche cavaliere mi porra forse l fobiezione che dopo aver subito un tale castigo molti<br />

áuomini d fonore â saranno capaci di bruciarsi le cervella; a cio rispondo: Val meglio che un<br />

pazzo uccida se stesso, piuttosto che un altro uomo. Ma so molto bene che in sostanza i<br />

governi non cercano seriamente l fabolizione dei duelli. Gli stipendi degli impiegati civili,<br />

ma sopra tutto quelli degli ufficiali (salvo nei gradi elevati) sono molto inferiori al valore di<br />

cio che producono. Quindi si paga loro la differenza in onore. Questo e rappresentato dai<br />

titoli e dalle decorazioni, e, sotto un punto di vista piu largo e piu generale, dall fonore della<br />

funzione. Ora per tale onore il duello e un eccellente cavallo da maneggio il cui<br />

ammaestramento comincia gia nelle Universita. Si e col loro sangue che le vittime pagano il<br />

deficit dello stipendio.<br />

Per non fare alcuna ommissione ricordiamo qui ancora l fonore nazionale. E desso<br />

l fonore di tutto un popolo considerato come membro della comunita dei popoli. Questa<br />

comunita non riconoscendo altro foro che quello della forza, e ciascun membro avendo per<br />

conseguenza da difendere da se stesso i suoi diritti, l fonore di una nazione non consiste solo<br />

nell fopinione fermamente stabilita che essa merita fiducia (il credito), ma di piu che essa e<br />

abbastanza forte perche la si tema; percio una nazione non dovrebbe lasciar impunita la piu<br />

piccola offesa ai suoi diritti. L fonore nazionale combina dunque il punto d fonore borghese<br />

col punto d fonore cavalleresco.


4. La gloria.<br />

In cio che si rappresenta ci resta da esaminare per ultimo la gloria. Onore e gloria<br />

sono gemelli, ma alla maniera dei Dioscuri di cui uno, Polluce, era immortale e l faltro,<br />

Castore, mortale: l fonore e il fratello mortale della gloria immortale. E evidente che cio non<br />

si deve intendere che della gloria la piu alta, della gloria vera e di buona lega, perocche<br />

v fhanno pure molte specie effimere di gloria. Inoltre l fonore non si applica che a qualita<br />

che il mondo esige da tutti coloro i quali si trovano in condizioni simili, la gloria invece si<br />

applica a qualita che non si possono pretendere da alcuno; l fonore si riferisce a meriti che<br />

ciascuno puo attribuirsi pubblicamente, la gloria a meriti che nessuno puo attribuirsi da se<br />

stesso. Mentre l fonore non va oltre i limiti in cui siamo personalmente conosciuti, la gloria,<br />

tutto all fopposto, precede nel suo volo la conoscenza dell findividuo e se la porta dietro<br />

tanto lontano quanto arrivera ella stessa. Ognuno puo pretendere all fonore; alla gloria le<br />

sole eccezioni, perocche non la si acquista che con produzioni eccezionali. Tali produzioni<br />

possono essere atti od opere: da cio due strade per giungere alla gloria. Un animo grande<br />

sovra ogn faltra cosa ci apre la via degli atti; una mente grande ci rende capaci di seguir<br />

quella delle opere. Ciascuna delle due ha vantaggi ed inconvenienti suoi propri. La<br />

differenza capitale si e che le azioni passano, e le opere rimangono. L fazione la piu nobile<br />

ha sempre un finfluenza solamente temporanea, l fopera del genio invece sussiste ed agisce,<br />

benefica e nobilitante, a traverso i tempi. Delle azioni non resta che la memoria che diventa<br />

sempre grado a grado piu piccola, svisata e indifferente; essa e pur anco destinata a sparire<br />

affatto se la storia non la raccoglie per trasmetterla, pietrificata, alla posterita. Le opere in<br />

cambio sono immortali da per se stesse, e le opere scritte sopra tutto possono vivere in ogni<br />

tempo. Il nome e la memoria di Alessandro il Grande sono soli viventi oggidi; ma Platone,<br />

23 E il medico che assiste al duello, come andrebbe trattato? (domanda il traduttore).<br />

53<br />

Aristotele, Omero ed Orazio sono presenti essi stessi, vivono ed agiscono direttamente. I<br />

Veda, colle loro Upanishadi sono la, davanti a noi; ma di tutte le azioni compite nel loro<br />

tempo, non la piu piccola nozione e giunta fino a noi24 W. Un altro svantaggio delle azioni


si e che esse dipendono dalla occasione che, prima di ogn faltra cosa, deve dar loro la<br />

possibilita di prodursi: d fonde risulta che la grandezza della loro gloria non e regolata<br />

unicamente dal loro valore intrinseco, ma anche dalle circostanze che danno loro<br />

importanza e splendore. La gloria delle azioni deriva inoltre, quando queste sono puramente<br />

personali, come in guerra, dalla relazione d fun piccolo numero di testimoni oculari; ora puo<br />

succedere che non vi sieno stati testimoni, o che questi sieno ingiusti o mal prevenuti.<br />

D faltra parte le azioni, essendo qualche cosa di pratico, hanno il vantaggio d fesser alla<br />

portata delle facolta che intendono e giudicano presso tutti gli uomini; percio si rende loro<br />

immediatamente giustizia non appena i dati sono esattamente prodotti, a meno che tuttavia i<br />

motivi non ne possano esser nettamente conosciuti o giustamente apprezzati che piu tardi,<br />

perocche, per ben comprendere un fazione, bisogna conoscerne il motivo.<br />

Per le opere la cosa e affatto diversa; la loro produzione non dipende dall foccasione,<br />

ma unicamente dal loro autore, ed esse restano quello che sono in se stesse e da per se<br />

stesse per quanto a lungo durino. Qui, in cambio, la difficolta consiste nella facolta di<br />

giudicarle, e la difficolta e tanto piu grande quanto piu le opere sono di qualita eminente; di<br />

sovente mancano giudici competenti; di sovente pure mancano giudici imparziali ed onesti.<br />

Di piu non e un tribunale solo che decide della loro gloria, havvi sempre luogo ad appello.<br />

Infatti se, come abbiamo detto, la memoria delle azioni giunge alla posterita sola, e quale i<br />

contemporanei l fhanno trasmessa, le opere al contrario vanno ai posteri da per se stesse, e<br />

quali sono, salvo i frammenti perduti: qui dunque non v fha la possibilita di snaturare i dati,<br />

e se al loro apparire l fambiente ha potuto esercitare qualche influenza dannosa, questa piu<br />

tardi sparisce. Anzi, per meglio dire, si e il tempo che produce, uno ad uno, il piccolo<br />

numero di giudici veramente competenti, chiamati, come esseri eccezionali quali sono, a<br />

giudicarne di piu eccezionali ancora: eglino depongono successivamente nell furna i loro<br />

voti significativi, e con cio si stabilisce, qualche volta dopo secoli, un giudizio pienamente<br />

fondato e che il progredire del tempo non puo invalidare. Si vede quindi che la gloria delle<br />

opere e assicurata, infallibile. Occorre un concorso di circostanze esterne ed un azzardo<br />

perche l fautore arrivi alla gloria durante la vita; il caso sara tanto piu raro quanto piu il


genere delle sue opere sara difficile ed elevato. Percio Seneca ha detto (Ep. 79), in un<br />

linguaggio incomparabile, che la gloria segue tanto infallantemente il merito quanto<br />

l fombra il corpo, benche essa cammini, come l fombra, ora davanti ed ora di dietro. Dopo<br />

aver sviluppato questa idea egli aggiunge: áAncorche l finvidia imponesse silenzio su di te<br />

a tutti i viventi verra chi giudichera senza odio, senza amore; â questo passo ci mostra nel<br />

tempo stesso che l farte di soffocare malignamente i meriti col silenzio e con una finta<br />

ignoranza, allo scopo di nascondere al pubblico cio che e buono a profitto di cio che e<br />

cattivo, e stata gia messa in pratica dalla canaglia fin dall fepoca di Seneca, come lo si fa<br />

dalla canaglia ai nostri giorni, e che all funa e all faltra e l finvidia che chiude la bocca.<br />

24 Percio si fa un brutto complimento quando, come e di moda oggidi, credendo render onore ad opere, le<br />

si chiama atti. E cio perche le opere sono, per la loro essenza, d funa specie superiore. Un atto e sempre<br />

un fazione basata sopra un motivo, per conseguenza, qualche cosa d fisolato, di transitorio, ed<br />

appartenente<br />

all felemento generale e primitivo del mondo, alla volonta. Una grande e bella opera e cosa durevole,<br />

perocche<br />

la sua importanza e universale, ed ella stessa procede dall fintelligenza, da quell fintelligenza innocente e<br />

pura<br />

che si leva come un profumo al di sopra del basso mondo della volonta.<br />

Fra i vantaggi della gloria delle azioni v fha pur quello di prodursi ordinariamente d fimprovviso con<br />

grande<br />

splendore, cosi grande che talvolta l fEuropa intera ne e abbarbagliata, mentre la gloria delle opere non<br />

giunge<br />

che con lentezza od insensibilmente debole da bel principio, poi cresce piu e piu, e di sovente non arriva a<br />

tutta la sua potenza che dopo un secolo; ma allora rimane cosi per migliaia d fanni, perche anche le opere<br />

rimangono. L faltra gloria, passata la prima esplosione, s findebolisce gradatamente, e sempre meno<br />

conosciuta, e finisce col non esister piu che nella storia allo stato di fantasma. (Nota dell fAutore).<br />

54<br />

D fordinario la gloria e tanto piu tardiva quanto piu sara durevole, perocche tutto cio<br />

che e squisito matura adagio. La gloria chiamata ad esser eterna e pari alla quercia che<br />

cresce lentamente dal seme; la gloria facile, effimera somiglia alle piante annuali, rapide a


crescere; in quanto poi alla gloria falsa essa e come quelle cattive erbaccie che nascono a<br />

vista d focchio e che si cerca in tutta fretta di estirpare. E questo perche quanto piu un uomo<br />

appartiene alla posterita, o con altre parole all fumanita intiera in generale, tanto piu e<br />

straniero alla sua epoca; perocche cio che egli crea non e destinato specialmente a questa<br />

come tale, ma come parte dell fumanita collettiva; percio queste opere non essendo tinte del<br />

color locale del loro tempo, succede ben di sovente che i contemporanei le lascino passare<br />

inosservate. Cio che costoro apprezzano sono piuttosto le opere che trattano delle cose<br />

fuggevoli del giorno, o che servono al capriccio del momento; queste appartengono loro<br />

completamente, vivono e muoiono con essi. Cosi la storia dell farte e della letteratura<br />

c finsegna generalmente che le piu alte produzioni della mente umana sono state accolte, di<br />

regola, con disfavore e sono rimaste in abbandono disdegnate fino al giorno in cui spiriti<br />

elevati, attratti da esse, hanno riconosciuto il loro valore ed hanno assegnato loro una<br />

considerazione che da quel momento conservarono costantemente. In ultima analisi tutto<br />

questo ha fondamento sul fatto che ciascuno non puo realmente comprendere ed apprezzare<br />

se non quanto gli e omogeneo. Ora l fomogeneo per l fuomo d fingegno limitato si e cio che e<br />

limitato; per l fuomo triviale cio che e triviale; per una mente vasta cio che e vasto, e per<br />

l finsensato l fassurdo; quello che ciascuno preferisce e l fopera sua propria, essendo cosa<br />

della stessa natura.<br />

Gia il vecchio Epicarmo, il poeta favoloso, cantava cosi: áNon e cosa ammirabile<br />

ch fio parli cosi, e che un simile piaccia al suo simile, e gli sembri esser nato bello;<br />

imperocche il cane par cosa bellissima al cane, ed il bue al bue, l fasino all fasino sembra una<br />

maraviglia, il porco al porco â. Val bene la pena di tradurre questi versi, affinche quanto<br />

esprimono non sia perduto per nessuno25.<br />

Lo stesso braccio piu vigoroso quando lancia un corpo leggero, non puo comunicargli<br />

abbastanza moto perche vadi lontano e colpisca fortemente; il corpo cadra inerte da vicino<br />

perche, mancando di massa materiale propria, non puo ricevere forza dall festerno; tale sara<br />

la sorte dei pensieri grandi e belli, dei capolavori del genio, quando, per esser compresi, non<br />

incontrano che cervelli piccoli, teste deboli o balzane. Ecco quanto i saggi di tutti i tempi


hanno ad una voce e senza posa deplorato. Gesu, figlio di Sirach, per esempio dice: áChi<br />

parla ad uno stolto parla ad un addormentato; quando ha finito di parlare l faltro<br />

domanda: che hai? â . In Amleto: áUn discorso sagace dorme nell forecchio di uno<br />

sciocco â. . Goethe a sua volta: áLa parola piu felice perde il suo valore quando chi<br />

l fascolta ha l forecchio di traverso â. Ed anche: áTu non puoi agire, tutto sta inerte (ottuso);<br />

non te ne affliggere! Il sasso gettato nella palude non fa cerchi â.<br />

Ecco Lichtenberg: áQuando una testa ed un libro urtandosi danno un suono fesso,<br />

dipende cio sempre dal libro? â Lo stesso autore disse altrove: áTali opere sono specchi;<br />

quando vi si mira una scimmia non possono riflettere le sembianze d fun apostolo â.<br />

Riportiamo pure il bello e toccante lamento del vecchio papa Gellert, che ben lo<br />

merita: áQuante volte le migliori qualita trovano scarsi ammiratori, e quante volte la<br />

maggior parte degli uomini prende il cattivo per buono! E questo un male che si vede ogni<br />

giorno. Ma come evitare tale pestilenza? Dubito che questa calamita possa esser bandita dal<br />

mondo. Non vi sarebbe a tal uopo che un solo mezzo sulla terra, ma e infinitamente<br />

difficile: che cioe i matti diventassero savi. Ma che! Cio non sara mai. Essi non conoscono<br />

il valore delle cose, giudicano cogli occhi, non colla ragione. Lodano costantemente cio che<br />

e vile perche non hanno mai conosciuto il buono. â<br />

25 Per ben comprendere il senso delle parole di Schopenhauer bisogna sapere che il grande pessimista, non<br />

traduce mai le citazioni latine, e che delle greche da solamente, e non sempre, la traduzione in latino. Per<br />

Epicarmo fa un feccezione in favore degl fignoranti sempre da lui profondamente dispregiati. (Nota del<br />

Trad.).<br />

55<br />

A questa incapacita intellettuale degli uomini la quale fa che, come disse Goethe, sia<br />

meno raro veder nascere un fopera eminente che non di vederla conosciuta ed apprezzata,<br />

viene ad aggiungersi ancora la loro perversita morale che si manifesta coll finvidia.<br />

Perocche colla gloria che si acquista, havvi un uomo di piu che si leva sopra gli altri della<br />

sua specie; costoro sono dunque abbassati altrettanto, di modo che ogni merito straordinario<br />

ottiene la sua gloria a spese di coloro che non hanno meriti: áQuando noi rendiamo onore


agli altri dobbiamo abbassar noi stessi â, scrive Goethe (W. O. Divan).<br />

Ecco cio che spiega perche, non appena appare un fopera superiore, di qual genere<br />

non importa, tutte le innumerevoli mediocrita fanno alleanza, e congiurano per impedirle<br />

che sia conosciuta e per soffocarla se e possibile. Loro tacita parola d fordine si e: áabbasso<br />

il merito â. Coloro stessi che hanno meriti e che sono gia al possesso della lor parte di<br />

gloria, non vedono volentieri sorgere una gloria novella di cui lo splendore diminuira<br />

d faltrettanto lo splendore della gloria loro. Goethe stesso ha detto: áSe per nascere avessi<br />

atteso che mi si dasse la vita, non sarei ancora di questo mondo; potete ben comprenderlo<br />

vedendo come si arrabattano coloro che, pur di parer qualche cosa, mi rinnegherebbero<br />

volentieri â.<br />

Sicche, mentre l fonore trova molto di sovente giudici retti, mentre l finvidia non lo<br />

attacca e lo si accorda anzi ad ognuno per antecipazione od a credenza, la gloria, tutto al<br />

contrario, deve esser conquistata con seria lotta, a dispetto dell finvidia, ed e un tribunale di<br />

giudici decisamente sfavorevoli che decreta la palma. Possiamo e vogliamo divider l fonore<br />

con tutti, ma la gloria acquistata da un altro diminuisce la nostra o ce ne rende la conquista<br />

piu penosa. Inoltre la difficolta d farrivare alla gloria colle opere e in ragione inversa del<br />

numero d findividui di cui si compone il pubblico dedicatosi ad esse, e cio per motivi facili<br />

a comprendere. Sicche la fatica e piu grande per le opere che hanno per iscopo l fistruire che<br />

non per quelle che son fatte solo per dilettare. Per i lavori di filosofia la difficolta e ancora<br />

piu grande perche l finsegnamento che promettono, dubbio da una parte, senza profitto<br />

materiale dall faltra, s findirizza, fin da bel principio, ad un pubblico di concorrenti.<br />

Da quanto dicemmo sulle difficolta di giungere alla gloria deriva che il mondo<br />

vedrebbe nascere molto poche opere immortali, od anche nessuna, se coloro che possono<br />

produrne non lo facessero per amore stesso di queste opere, per loro propria soddisfazione,<br />

e se avessero bisogno dello stimolante della gloria. Anzi, chiunque puo produrre il buono<br />

ed il vero, e fuggire il male, sfidera l fopinione delle masse e dei loro organi, dunque li<br />

disprezzera. Percio si e fatto giustamente osservare, da Osorio fra gli altri (De gloria), che<br />

la gloria fugge davanti coloro che la cercano e segue coloro che non se ne curano, perche i


primi si piegano al gusto dei loro contemporanei, mentre gli altri lo affrontano.<br />

Tanto e difficile acquistar la gloria quanto e poi facile conservarla. Anche su cio essa<br />

e in opposizione coll fonore. Questo e accordato a tutti, anche a credito, e basta saperlo<br />

conservare. Ma l faffare e arduo perche una sola azione vituperevole lo fa perdere<br />

irrevocabilmente. Al contrario la gloria non puo realmente esser mai perduta, perocche<br />

l fazione o l fopera che l fha data resta sempre compita, e la gloria ne va sempre all fautore<br />

quand fanche questi non aggiungesse nuovi meriti a quelli gia acquistati. Se nondimeno essa<br />

si estingue, se l fautore le sopravvive, vuol dire che si trattava di gloria falsa, vale a dire non<br />

meritata; essa proveniva da una valutazione esagerata e momentanea del merito; era una<br />

gloria del genere di quella di Hegel, di quella gloria che Lichtenberg descrive, dicendo che<br />

era stata áproclamata a suono di tromba da una brigata di amici e di discepoli e ripercossa<br />

dall feco dei cervelli vuoti; ma come devono ridere i posteri quando un giorno, battendo<br />

alla porta di questi castelli di parole smaglianti, di questi avanzi incantevoli d funa moda<br />

svanita, di queste stanze di convenzioni finite, troveranno tutto, assolutamente tutto vuoto, e<br />

non un pensiero che risponda con fiducia: ENTRATE â.<br />

In conclusione, la gloria e fondata su cio che un uomo e in confronto degli altri. E<br />

dunque in essenza qualche cosa di relativo, e non puo quindi avere che un valore relativo.<br />

56<br />

Essa sparirebbe totalmente se gli altri divenissero cio che e gia l fuomo celebre. Una cosa<br />

non puo avere un valore assoluto se non se conservando il suo prezzo in ogni circostanza;<br />

nel caso presente cio che avra un valore assoluto sara dunque cio che un uomo e per se<br />

stesso direttamente: ecco per conseguenza la cosa che costituira necessariamente il valore e<br />

la felicita d fun gran cuore e d funa gran mente. Cio che v fha di prezioso invero non e la<br />

gloria, ma il meritarsela. Le condizioni che ne rendono degni sono, per cosi dire, la<br />

sostanza; la gloria non e che l faccidente; questa agisce sull fuomo celebre come sintomo<br />

esterno che viene a confermare a f suoi occhi l falta stima ch fegli ha di se stesso; si potrebbe<br />

dire che, simile alla luce che non diviene visibile se non riflessa da un corpo, ogni mente<br />

superiore non acquista la piena coscienza di se che colla gloria. Ma il sintomo istesso non e


infallibile, visto che esiste pure gloria senza merito, e merito senza gloria. Su questo<br />

argomento disse Lessing in modo graziosissimo: áVi sono uomini celebri, ve ne sono che<br />

meriterebbero di esserlo â. Sarebbe invero un fesistenza ben miserabile quella il cui valore o<br />

svilimento dipendesse da cio che essa appare agli occhi altrui, e tale sarebbe la vita<br />

dell feroe e dell fuomo di genio se il prezzo della loro esistenza consistesse nella gloria, vale<br />

a dire nell fapprovazione altrui. Ogni individuo vive ed esiste prima di tutto per suo proprio<br />

conto, di conseguenza principalmente in se e per se stesso. Quello che un uomo e, non ne<br />

importa il come, lo e a bella prima e sopra tutto in se stesso; se, cosi considerato, il valore<br />

ne e minimo vuol dire che esso e pure minimo considerato in generale. L fimmagine invece<br />

del nostro essere, quale si riflette nella testa degli altri uomini, e qualche cosa di secondario,<br />

di derivato, di eventuale, non riferendosi che molto indirettamente all foriginale. Inoltre le<br />

teste delle masse sono un locale troppo miserabile perche la vera felicita vi possa trovare il<br />

suo posto. Non vi si puo trovare che una felicita chimerica. Quale ibrida societa non si vede<br />

riunita in questo tempio della gloria universale! Capitani, ministri, ciarlatani, espilatori,<br />

ballerini, cantanti, milionari ed ebrei: precisamente cosi; i meriti di questa gente sono molto<br />

piu sinceramente apprezzati, trovano molto maggior sentita stima che non i meriti<br />

intellettuali, sopra tutto quelli d fordine superiore, che non ottengono dalla grande<br />

maggioranza che una stima sulla parola. Dal punto di vista eudemonologico la gloria non e<br />

che il boccone piu raro e piu squisito presentato al nostro orgoglio ed alla nostra vanita. Ma<br />

si trova una straordinaria soprabbondanza d forgoglio e di vanita presso la maggior parte<br />

degli uomini benche queste due condizioni sieno dissimulate; e fors fanco le s fincontra in<br />

piu alto grado presso coloro che possedono, non importa a qual titolo, diritti alla gloria, e<br />

che piu di sovente devono portare ben a lungo nell fanimo la coscienza incerta del loro alto<br />

valore, prima d faver occasione di metterlo alla prova e di farlo poi conoscere; fino allora<br />

essi hanno il sentimento di subire una secreta ingiustizia26. In generale, e come dicemmo in<br />

principio del capitolo, il prezzo annesso all fopinione e del tutto sproporzionato e fuor di<br />

ragione, a tal punto che Hobbes ha potuto dire in termini molto energici ma giustissimi:<br />

áOgni piacere dell fanimo, ogni soddisfazione viene dal poter avere, mettendosi a confronto


cogli altri, un falta opinione di se stesso. (De Cive, I, 5) â. Cosi si spiega il prezzo<br />

grandissimo che si annette alla gloria, e i sacrifizi che si fa nella sola speranza di arrivarvi<br />

un giorno: áLa fama e lo sprone che spinge le menti superiori (ultima debolezza delle<br />

anime nobili) a sdegnare i piaceri ed a consacrare la loro vita al lavoro â.<br />

Come anche:<br />

áQuanto e faticoso l farrampicarsi su quelle cime ove brilla il tempio della fama â.<br />

Percio la piu vanitosa di tutte le nazioni ha sempre in bocca la parola ágloria â e la<br />

considera come il motore delle grandi azioni e delle grandi opere. Solo, siccome la gloria<br />

non e incontestabilmente che il semplice eco, l fimmagine, l fombra, il sintomo del merito, e<br />

26 Siccome il nostro maggior piacere consiste nell fammirazione degli altri verso di noi, ma siccome<br />

d faltra<br />

parte gli altri non consentono che assai difficilmente ad ammirarci anche quando l fammirazione sarebbe<br />

giustificata appieno, ne risulta che piu felice e colui che e giunto, non importa come, ad ammirare<br />

sinceramente se stesso. Solamente ei non deve lasciarsi sviare dagli altri. (Nota dell fAutore).<br />

57<br />

siccome in ogni caso cio che si ammira deve valere piu dell fammirazione, ne segue che<br />

quello che rende veramente felice non sta nella gloria ma in cio che ce la procura, nel<br />

merito stesso, o, per parlare piu esattamente nel carattere e nelle facolta che fondano il<br />

merito sia nell fordine morale, sia nell fordine intellettuale. Perocche cio che un uomo puo<br />

essere di piu eccellente, e necessariamente per lui stesso che deve esserlo; quanto del suo<br />

avere si riflette nella testa degli altri, quanto egli vale nella loro opinione non e per lui che<br />

accessorio e d fun interesse subordinato. Per conseguenza colui che non fa che meritare la<br />

gloria, quand fanche non la ottenga, possede ampiamente la cosa principale ed ha di che<br />

consolarsi se gli manca l faccessorio, vale a dire la gloria stessa. Cio che rende l fuomo<br />

degno d finvidia non e l fesser tenuto per grande da quel pubblico cosi incapace di giudicare<br />

e di sovente cosi cieco, ma e l fesser grande; e neppur si e felicita suprema vedere il proprio<br />

nome passar alla posterita, bensi produrre pensieri che meritino di esser raccolti e meditati<br />

in ogni epoca. Ecco quanto non puo esser tolto áƒÑƒÖƒË . ƒÅƒÊ.ƒË â; il resto e áƒÑƒÍƒË ƒÍ.ƒÈ .


ƒÅƒÊ.ƒË â.<br />

Quando invece l fammirazione stessa e l foggetto principale, si e il soggetto che non ne<br />

e degno. Tale infatti e il caso della falsa gloria, vale a dire della gloria non meritata. Chi la<br />

possede deve contentarsene per ogni suo pasto, poiche ei non ha quelle qualita di cui questa<br />

gloria non dovrebbe esser che il sintomo, il semplice riflesso. Ma tal gloria gli verra molto<br />

di sovente a noia: giunge finalmente il momento in cui a dispetto dell fillusione sul proprio<br />

conto che la vanita gli procura, ei sara preso dalle vertigini su quelle altezze per cui non e<br />

fatto, od anche si risvegliera in lui un vago sospetto di non essere che di bronzo dorato;<br />

allora e preso dal timore di essere conosciuto ed umiliato come lo merita, sopratutto quando<br />

gia puo legger sulla fronte dei saggi il giudizio dei posteri. Ei rassomiglia ad un uomo che<br />

possede una eredita in virtu d fun testamento falso.<br />

Il rimbombo della gloria vera, di quella gloria che vivra a traverso i tempi che<br />

verranno, non arriva mai alle orecchie di chi ne e l foggetto, e nondimeno lo si vede felice.<br />

Egli e che sono le facolta eminenti a cui deve la gloria, l fagio di poterle svolgere, cioe di<br />

agire in conformita della propria natura, il poter occuparsi degli oggetti che ama o che lo<br />

dilettano, egli e tutto cio che lo rende felice; e solo in tali condizioni sono create le opere<br />

che condurranno alla gloria. Si e dunque la sua anima grande, si e la ricchezza della sua<br />

intelligenza, l fimpronta della quale nelle sue opere costringera all fammirazione le eta<br />

future, sono queste cose che formano la base della sua felicita; vi si aggiungono ancora i<br />

suoi pensieri la cui meditazione sara soggetto di studio e sorgente di delizia ai piu nobili<br />

spiriti attraverso secoli innumerevoli. Aver meritato la gloria, ecco cio che ne costituisce il<br />

valore e nel tempo istesso la propria ricompensa. Che lavori chiamati a gloria immortale<br />

l fabbiano qualche volta gia ottenuta dai contemporanei, e tal fatto dovuto a circostanze<br />

fortuite e che non ha grande importanza. Perocche gli uomini mancano ordinariamente di<br />

giudizio proprio, e sopra tutto non hanno le facolta volute per apprezzare le produzioni di<br />

un ordine superiore e difficile; percio essi seguono sempre su queste materie l fautorita<br />

altrui, e la gloria suprema e accordata di pura fiducia da novantanove ammiratori su cento.<br />

Per questo l fapprovazione dei contemporanei, per quanto numerose sieno le voci loro, ha un


prezzo assai basso per il pensatore; questi vi distingue solo l feco di qualche voce che non e<br />

ella stessa che un effetto del momento. Un virtuoso si sentirebbe molto lusingato dal plauso<br />

approvatore del pubblico se sapesse che, salvo uno o due individui, l fuditorio e composto<br />

affatto da sordi, i quali per dissimulare scambievolmente la loro infermita, applaudiscono a<br />

tutta forza non appena vedono muover le mani la sola persona che ha le orecchie sane? Che<br />

sarebbe dunque s fegli sapesse pure che i capi della claque sono stati spesso comprati per<br />

procurare il piu splendido successo al piu infelice raschiatore di violino! Questo ci spiega<br />

perche la gloria contemporanea subisca cosi di rado la metamorfosi in gloria immortale:<br />

d fAlembert espone la stessa idea nella sua magnifica descrizione del tempio della gloria<br />

letteraria: áL finterno del tempio non e abitato che dai morti che non vi erano mentre<br />

58<br />

vivevano, e da pochi viventi che sono messi alla porta, nella maggior parte, non appena<br />

hanno cessato di vivere â.<br />

Strada facendo possiam dire che elevare un monumento ad un uomo ancora in vita e<br />

lo stesso che dichiarare che su quanto lo concerne non si ha fidanza nella posterita. Quando<br />

ad onta di tutto un uomo arriva durante la vita ad una gloria che le generazioni future<br />

confermeranno, cio non succedera mai se non in eta avanzata; v fha bene qualche eccezione<br />

a questa regola in favore degli artisti e dei poeti, ma molto di rado per i filosofi. I ritratti di<br />

uomini celebri per le loro opere, fatti generalmente in un fepoca in cui la loro celebrita era<br />

gia stabilita, confermano la regola precedente; essi ce li presentano ordinariamente vecchi e<br />

canuti, sopratutto i filosofi. Tuttavia dal punto di vista eudemonologico la cosa e<br />

perfettamente giustificata. Aver gloria e gioventu in una volta sarebbe troppo per un<br />

mortale; la nostra esistenza e cosi povera che i suoi beni devono essere ripartiti con piu<br />

risparmio. La gioventu possede abbastanza ricchezze sue proprie; essa puo tenersene paga.<br />

Si e nella vecchiezza, quando i piaceri e le gioie sono morte, come gli alberi durante la<br />

fredda stagione, che l falbero della gloria viene a germogliare molto a proposito, come<br />

verdura d finverno; si puo anche paragonare la gloria a quelle pere tardive che si sviluppano<br />

nell festate, ma che non sono mangiate che d finverno. Non havvi piu bella consolazione per


il vegliardo che di vedere tutta la forza de f suoi giovani anni incorporarsi in opere che non<br />

invecchieranno come la sua gioventu.<br />

Esaminiamo ora piu davvicino la strada che conduce alla gloria colle scienze, essendo<br />

queste maggiormente a nostra portata; a loro riguardo potremo stabilire la regola seguente.<br />

La superiorita intellettuale di cui fa testimonianza la gloria scientifica si manifesta sempre<br />

per una combinazione nuova di certi dati. Questi possono essere di specie assai differenti,<br />

ma la gloria annessa alla loro combinazione sara tanto piu grande e piu estesa quanto piu<br />

essi stessi saranno piu generalmente conosciuti e piu accessibili a tutti. Se questi dati sono,<br />

per esempio, cifre, linee curve, questioni speciali di fisica, di zoologia, di botanica o di<br />

anatomia, passi corrotti di antichi autori, iscrizioni quasi cancellate o di cui ci manca<br />

l falfabeto, o punti oscuri della storia, in tutti questi casi la gloria che si acquistera nel<br />

combinarli giudiziosamente non si estendera piu lontano della conoscenza stessa di tali dati<br />

e per conseguenza non oltrepassera il cerchio d fun piccolo numero di uomini che<br />

d fordinario vivono ritirati, e che sono gelosi della gloria nella loro speciale professione. Se<br />

invece i dati sono di tale specie che tutto il mondo conosce, per esempio sulle facolta<br />

essenziali ed universali della mente o del cuore umano, oppure sulle forze naturali la cui<br />

azione succede costantemente sotto i nostri occhi, od anche sull fandamento, noto a tutti,<br />

della natura in generale, allora la gloria di averli messi maggiormente in luce con una<br />

combinazione nuova, importante ed evidente, si spargera col tempo quasi da per tutto fra<br />

l fumanita civilizzata. Perocche se i dati sono accessibili a tutti, lo sara pure in generale la<br />

loro combinazione. Nondimeno la gloria stara sempre in rapporto colle difficolta che<br />

saranno da superare per conquistarla. Infatti quanto piu gli uomini, a cui i dati sono<br />

famigliari, saranno numerosi, tanto piu sara difficile combinare questi dati in modo nuovo e<br />

giusto ad un tempo, poiche una infinita di menti vi si saranno gia provate ed avranno<br />

esaurito ogni possibile risultato. In cambio i dati inaccessibili al pubblico volgare, la<br />

conoscenza dei quali non si acquista che con lunghe e faticose ricerche, ammetteranno<br />

ancora ben di sovente una nuova combinazione; studiandoli con mente fredda e con sano<br />

criterio, si puo con facilita aver la sorte di arrivare a cose inaspettate e tuttavia razionali. Ma


la gloria cosi ottenuta avra, presso a poco, per limite il cerchio stesso della conoscenza di<br />

questi dati. Perocche la soluzione dei problemi di siffatta natura esige per verita molto<br />

lavoro e molto studio; d faltra parte i dati per i problemi della prima specie, con cui si puo<br />

acquistare precisamente la gloria piu alta e piu vasta, sono da tutto il mondo conosciuti<br />

senza sforzo; ma se basta poca fatica per conoscerli, occorrera tanto piu talento e fors fanche<br />

59<br />

il genio per combinarli. Ora non v fha lavoro che, per valore proprio o per quello che gli si<br />

attribuisce, possa sostenere il confronto col talento o col genio.<br />

Da tutto cio risulta che coloro i quali si sanno dotati di una ragione solida e di un<br />

raziocinio giusto, senza aver pertanto il sentimento di possedere un fintelligenza fuori<br />

dell fordinario, non devono indietreggiare di fronte a lunghi studi ed a faticose ricerche; essi<br />

potranno con cio levarsi sopra quegli uomini alla cui portata stanno i dati universalmente<br />

noti, e raggiungere quelle regioni discoste, che sono accessibili solamente all fattivita del<br />

dotto. Imperocche quivi il numero dei concorrenti e infinitamente piu piccolo, ed una mente<br />

un po f superiore trovera ben presto l foccasione di una combinazione nuova e razionale; il<br />

merito della sua scoperta potra pure aver per base la difficolta di giungere alla conoscenza<br />

dei dati. Ma la moltitudine sentira solamente da lontano lo strepito degli applausi che questi<br />

lavori procureranno all fautore da parte de f suoi confratelli di scienza, soli conoscitori nella<br />

materia. Seguitando fino alla fine la strada qui indicata, si puo anche determinare il punto in<br />

cui i dati, per l festrema difficolta di acquistarli, bastano a se stessi, senza bisogno di<br />

combinazione, per stabilire una gloria. Tali sono i viaggi in paesi molto lontani e poco<br />

visitati: cosi si diviene celebri per quello che si e veduto, non per quello che si e pensato.<br />

Questo sistema ha pure un grande vantaggio, il poter cioe comunicare agli altri piu<br />

facilmente le cose vedute che non quelle pensate, mentre il pubblico stesso comprende le<br />

prime meglio delle seconde; si trova pure in tal modo un numero piu grande di lettori.<br />

Perocche, come disse gia Asmus: áDopo un lungo viaggio si hanno molte cose da<br />

raccontare â.<br />

Ma ne risulta pure che quando si fa conoscenza personale cogli uomini celebri per


siffatte gesta, si ricorda spesso l fosservazione di Orazio:<br />

Coelum, non animum, mutant qui trans mare corrunt<br />

(Cangiano cielo, ma non cangiano l fanimo coloro che vanno al di la dei mari).<br />

(Ep. I, 11, v. 27).<br />

Su quanto concerne l fuomo dotato di alte facolta, diro che solamente chi puo osare di<br />

darsi alla soluzione di quei grandi e difficili problemi che trattano di cose generali ed<br />

universali, fara bene da una parte di allargare quanto piu sia possibile il proprio orizzonte,<br />

ma d faltra parte dovra estenderlo egualmente in tutte le direzioni, senza abbandonarsi<br />

troppo addentro in qualcuna di quelle regioni speciali note solo a pochi; in altre parole, non<br />

andar troppo avanti nei dettagli speciali d funa sola scienza, e molto meno ancora far della<br />

micrologia in qualsivoglia ramo della scienza. Perche non occorre che egli si dedichi a cose<br />

difficilmente accessibili per innalzarsi sopra la folla dei concorrenti; cio che e alla portata di<br />

tutti gli fornira precisamente materia a risultati nuovi, importanti e veri. Ma anzi per questo<br />

il suo merito potra esser apprezzato da tutti coloro che conoscono i dati, vale a dire dalla<br />

maggior parte del genere umano. Ecco la ragione dell fimmensa differenza tra la gloria<br />

serbata ai poeti ed ai filosofi e quella accessibile agli eruditi in fisica, chimica, anatomia,<br />

geologia, zoologia, filologia, storia ed altre scienze.<br />

________________<br />

60<br />

CAPITOLO V.<br />

Parenesi e massime.<br />

Qui meno che altrove ho la pretesa d fesser completo, che altrimenti dovrei ripetere le<br />

numerose ed in parte eccellenti regole per la vita date dai pensatori di tutte le epoche da<br />

Teognide e dal pseudo-Salomone27 fino a La Rochefoucault, e non potrei evitare di ripetere<br />

molte cose volgari, notissime, gia ampiamente trattate. Ho pure rinunziato quasi<br />

interamente a qualunque ordine sistematico. Che il lettore se ne consoli, perocche in<br />

materie siffatte un trattato completo e ordinato rigorosamente sarebbe riuscito senza dubbio<br />

noiosissimo. Ho messo giu quello che mi e venuto in mente alla bella prima, quello che mi


parve degno d fesser comunicato, e quello che, per quanto me ne ricordava, non era ancora<br />

stato detto, od almeno non era stato detto cosi completamente, e sotto questa forma; non<br />

faccio dunque che spigolare nel vasto campo ove altri ha gia mietuto.<br />

Tuttavia per mettere un po f d fordine nella grande varieta d fopinioni e di consigli<br />

relativi al mio soggetto, li classifichero in massime generali ed in massime concernenti la<br />

nostra condotta verso noi stessi da prima, poi verso gli altri e finalmente di faccia<br />

all fandamento delle cose ed alla sorte in questo mondo.<br />

27 L fEcclesiaste.<br />

61<br />

1. Massime generali.<br />

1. ‹ Considero regola suprema d fogni saggezza nella vita la proposizione espressa da<br />

Aristotele nella Morale a Nicomaco (VII, 12): á. ƒÏƒÍƒËƒÇƒÊƒÍ. ƒÑƒÍ ƒ¿ƒÉƒÒƒÎƒÍƒË ƒÂƒÇƒÖƒÈƒÃƒÇ, ƒÍƒÒ ƒÑƒÍ<br />

.ƒÂƒÒ, â cio che si puo tradurre: Il saggio cerca l fassenza del dolore, non il piacere. La verita<br />

di tale sentenza e basata sul fatto che ogni piacere ed ogni felicita sono negativi per natura,<br />

mentre e positivo il dolore. Ho svolta e provata questa tesi nella mia opera principale, vol I,<br />

˜ 58. Voglio nondimeno spiegarla ancora con un fatto d fosservazione giornaliera. Quando<br />

il nostro corpo tutto intero e sano ed intatto, salvo una piccola parte ferita o dolorosa, la<br />

coscienza cessa dal sentire la salute del tutto; l fattenzione si dirige interamente sul dolore<br />

della parte lesa, ed il piacere, determinato dal sentimento totale dell fesistenza, sparisce.<br />

Similmente quando tutti i nostri affari vanno a gonfie vele, salvo uno solo che riesce a<br />

male, si e proprio questo, fosse pure di minima importanza, che ci gira continuamente per il<br />

cervello, si e su questo che si portano sempre i nostri pensieri, e di rado su altre cose di<br />

maggior rilievo che vanno a seconda dei nostri desideri. In ambo i casi e lesa la volonta, la<br />

prima volta come si oggettiva nell forganismo, la seconda negli sforzi dell fuomo; noi<br />

vediamo nei due casi che il suo soddisfacimento e sempre negativo, e che per conseguenza<br />

non e provato direttamente dall findividuo intero; tutto al piu arrivera alla coscienza per<br />

riflessione. Cio che v fha di positivo invece si e l fimpedimento della volonta, il quale si<br />

manifesta pure direttamente. Ogni piacere consiste nel sopprimere tale impedimento, nel


liberarsene, e non puo esser quindi che di breve durata.<br />

Ecco dunque ov fe basata l feccellente regola d fAristotele or ora citata, d faver cioe da<br />

dirigere la nostra attenzione non sulle gioie e sui divertimenti della vita, ma sui mezzi di<br />

sfuggire per quanto e possibile ai mali innumerevoli di cui e seminata. Se questa via non<br />

fosse la vera, l faforismo di Voltaire: áLa felicita non e che un sogno e il dolore e reale â<br />

sarebbe cosi falso come e giusto in realta. Pero quando si vuole far il bilancio della propria<br />

esistenza dal punto di vista eudemonologico bisogna stabilire le partite non sui piaceri<br />

gustati, ma sui mali a cui si pote sottrarsi. Inoltre l feudemonologia, vale a dire un trattato<br />

sulla vita felice, deve cominciare dall finsegnarci che il suo nome stesso e un eufemismo, e<br />

che per ávita felice â bisogna intender solo una ávita meno infelice â, in poche parole<br />

un fesistenza sopportabile. E infatti havvi la vita non perche se ne goda, ma perche la si<br />

subisca, perche si soddisfi ai doveri che impone; cio che indicano molto bene le<br />

espressioni: ádegere vitam, vitam defungi â in latino; ási scampa cosi28 â in italiano; áman<br />

muss suchen durchzukommen â, áer wird schon durch die Welt kommen â in tedesco, ed altre<br />

simili. Si! e una consolazione per la tarda eta l faver dietro di se una vita laboriosa. L fuomo<br />

piu felice e dunque colui che conduce un fesistenza senza dolori troppo forti sia nel morale,<br />

sia nel fisico, e non colui che ebbe per sua parte le gioie piu vive ed i piaceri piu grandi.<br />

Voler misurare su questi la felicita di un fesistenza si e ricorrere ad una scala falsa. Perocche<br />

i piaceri sono e rimangono negativi: credere che essi rendano felici e una illusione che<br />

l finvidia tien viva e colla quale punisce se stessa. I dolori invece sono sentiti positivamente,<br />

ed e la loro assenza che forma la scala della felicita nella vita. Se ad uno stato libero dal<br />

dolore viene ad aggiungersi ancora l fassenza della noia, allora si raggiunge sulla terra la<br />

felicita in cio che v fha di essenziale, perocche il resto non e piu che una chimera. Ne segue<br />

che non bisogna mai procurarsi piaceri a prezzo di dolori, anzi nemmeno a prezzo della loro<br />

sola minaccia, visto che sarebbe pagare cose negative e chimeriche con cose positive e<br />

reali. In cambio havvi vantaggio nel sacrificare i piaceri allo scopo di evitare dolori.<br />

28 Qual modo di dire ha voluto citare Schopenhauer con queste parole? Forse il campar la vita? (Nota del<br />

Trad.).


62<br />

Nell funo e nell faltro caso e indifferente che i dolori seguano o precedano i piaceri. Non<br />

v fha davvero maggior follia del voler trasformare questo teatro di miserie in un luogo di<br />

delizie, e dell f andar cercando gioie e piaceri in luogo di procurar di sfuggire alla maggior<br />

somma possibile di dolori. Quanta gente per altro non cade in tale follia! L ferrore e<br />

infinitamente piu piccolo presso colui che, con occhio troppo triste, considera questo<br />

mondo come una specie d finferno e non si occupa se non di procurarsi una stanza a prova<br />

di fuoco. Il pazzo corre dietro ai piaceri della vita e non trova che disinganni; il saggio evita<br />

i mali. Se ad onta de f suoi sforzi non raggiunge lo scopo, la colpa e del destino, non della<br />

sua follia. Ma per poco che vi riesca non avra mai delusioni perche i mali a cui sara<br />

sfuggito sono sempre reali. Nel caso stesso in cui avesse fatto per evitarli un giro troppo<br />

grande, od avesse sacrificato inutilmente qualche piacere, egli in realta nulla ha perduto<br />

perocche i piaceri sono chimerici, e desolarsi per la perdita di essi sarebbe una meschinita o<br />

piuttosto una ridicolaggine.<br />

Disconoscendo tale verita in favore dell fottimismo, la sorgente di molte calamita e<br />

aperta. Infatti, nei momenti in cui siamo liberi da dolori, inquiete brame fanno brillare a f<br />

nostri occhi le chimere d funa felicita che non ha esistenza reale, e c finducono ad andarne in<br />

cerca; con cio ci procuriamo il dolore che e incontestabilmente reale. Allora rimpiangiamo<br />

quello stato franco da dolori che abbiamo perduto e che si trova ormai dietro di noi come un<br />

paradiso che abbiamo lasciato scappare, e vorremmo inutilmente che non fosse accaduto<br />

quanto noi stessi abbiamo fatto succedere. Pare cosi che un cattivo demonio sia<br />

costantemente occupato a toglierci coi miraggi ingannatori dei nostri desideri, da quello<br />

stato senza dolore, che e vera e suprema felicita. Il giovane s fimmagina che quel mondo<br />

ch fegli non ha ancora veduto esista perche lo si goda, che sia la sede d funa felicita positiva<br />

la quale sfugge solo a coloro che non hanno l fabilita di saperla afferrare. Lo fortificano<br />

nella sua credenza i romanzi e le poesie, e quell fipocrisia che governa il mondo, sempre e<br />

dovunque, colle apparenze esterne. Ritornero fra breve su tale argomento. D fora innanzi la<br />

sua vita sara una caccia alla felicita positiva, caccia condotta piu o meno prudentemente; e


questa felicita positiva e calcolata, ad un tal titolo, esser composta di piaceri positivi. In<br />

quanto ai pericoli a cui si rischia di esporsi, ebbene, che fare? bisogna bene adattarvisi!<br />

Questa caccia trascina in cerca di selvaggina che non esiste in alcun modo, e finisce<br />

d fordinario col condurre ad una infelicita troppo reale e positiva. Dolori, sofferenze,<br />

malattie, perdite, passioni, affanni, poverta, disonore e mille altre pene, ecco sotto quali<br />

forme si presenta il risultato di essa. Il disinganno giunge sempre troppo tardi. Se invece si<br />

obbedisce alla regola da noi qui riportata, se si stabilisce il piano della propria vita in modo<br />

da evitare i dolori, vale a dire di allontanare il bisogno, le malattie ed ogni altro affanno,<br />

allora lo scopo e reale; si potra cosi ottener qualche cosa, e tanto piu facilmente perche il<br />

piano sara stato meno disturbato dalla ricerca di quella chimera che e la felicita positiva.<br />

Cio si accorda con quello che Goethe, nelle affinita elettive, fa dire a Mittler il quale e<br />

sempre occupato della felicita degli altri: áChi vuole liberarsi da un male sa sempre cosa<br />

vuole: invece chi cerca quello che non ha e cieco come colui che e affetto da cateratta â.<br />

Queste parole ricordano il bell fadagio: áil meglio e nemico del bene â Da tutto cio si puo<br />

anche dedurre l fidea fondamentale del cinismo, come l fho esposta nella mia grande opera,<br />

tomo II, capitolo 16 ‹. Cosa e infatti che portava i cinici a respingere tutti i piaceri, se non il<br />

pensiero dei dolori che tosto o tardi li accompagnano? Evitare questi sembrava loro molto<br />

piu importante che non procurarsi i primi. Profondamente penetrati e convinti della<br />

condizione negativa di ogni piacere e positiva di ogni dolore, essi dirigevano ogni loro<br />

sforzo allo scopo di sfuggire ai mali, e per cio giudicavano necessario di respingere<br />

interamente ed intenzionalmente i piaceri che consideravano insidie tese per mettere l fuomo<br />

in balia del dolore.<br />

Certamente noi nasciamo tutti in Arcadia, come dice Schiller, vale a dire cominciamo<br />

la nostra vita pieni di aspirazioni alla felicita, al piacere, e coltiviamo la folle speranza di<br />

63<br />

giungervi. Ma, regola generale, arriva ben presto il destino il quale ci afferra rozzamente e<br />

c finsegna che niente e nostro, che tutto e suo, nel senso che egli ha diritto incontestabile<br />

non solamente su quanto possediamo ed acquistiamo, sopra moglie e figli, ma anche sopra


le nostre braccia e le nostre gambe, sopra i nostri occhi e le nostre orecchie, e perfino sopra<br />

quel naso che portiamo in mezzo alla faccia. In qualunque caso non passa gran tempo che<br />

l fesperienza verra a farci comprendere che felicita e piacere sono una áfata morgana â la<br />

quale, visibile solo da lontano, sparisce quando la si avvicina, ma che in cambio pena e<br />

dolore hanno una realta, e che si presentano immediatamente e per se stessi senza prestarsi<br />

ad illusioni o ad aspettazioni lusinghiere. Se la lezione porta i suoi frutti, allora cessiamo<br />

dal correr dietro alla felicita ed al piacere, e ci mettiamo piuttosto a chiudere, per quanto e<br />

possibile, ogni accesso al dolore ed agli affanni. Conosciamo cosi che cio che il mondo puo<br />

offrirci di migliore si e un fesistenza senza pene, tranquilla, sopportabile e ad una tal vita<br />

limiteremo le nostre esigenze allo scopo di poterne godere piu sicuramente. Perocche per<br />

non diventare infelicissimi, il mezzo piu certo si e di non domandare d fesser felicissimo. E<br />

quanto riconobbe Merck, l famico di giovinezza di Goethe, quando scrisse: áQuesta brutta<br />

pretesa alla felicita, sopra tutto nella misura in cui la sogniamo, rovina tutto in questo<br />

basso mondo. Chi puo liberarsene non domandando che cio che ha davanti a se, potra farsi<br />

strada nella mischia â (Corrispondenza di Merck). E dunque cosa prudente abbassare ad<br />

una misura assai modesta le proprie pretese ai piaceri, alle ricchezze, al grado, agli onori,<br />

ecc., perocche le disgrazie piu grandi sono attirate su di noi precisamente da essi, da questa<br />

lotta per la felicita, per lo splendore e per il piacere. Ma una tale condotta e gia saggia ed<br />

accorta per cio solo che e molto facile essere estremamente infelice, e che e invece, non<br />

difficile, ma affatto impossibile essere molto felice. Il cantore della saggezza ha detto con<br />

ragione: áColui che ama un faurea mediocrita, sta lontano, sagace, dal tetto frusto per<br />

sordidezza, sta lontano, prudente, dai palazzi che destano invidia. Piu forte e scosso dai<br />

venti il pino gigante: e le alte torri cadono con piu fragore: le folgori poi colpiscono le<br />

cime piu elevate â (Orazio, Libro II, ode 10).<br />

Colui il quale essendosi imbevuto degli insegnamenti della mia filosofia, sa che la<br />

nostra esistenza e una cosa che dovrebbe meglio non essere e che la suprema saggezza<br />

consiste nel negarla, e nel francarsene, costui non fondera mai grandi speranze sopra<br />

soggetto, ne situazione alcuna, non agognera con passione ad una cosa qualunque in questo


mondo, e non alzera grandi lamenti in seguito a qualche delusione, ma conoscera la verita<br />

di cio che disse Platone (Rep. X, 604): áNessuna cosa umana e degna di considerazione â, e<br />

l faltra verita enunciata dal poeta persiano: áHai tu perduto l fimperio del mondo? Non te ne<br />

affliggere; che non e niente. Hai tu acquistato l fimperio del mondo? Non te ne rallegrare;<br />

che non e niente. Dolore e felicita, tutto passa, passa nel mondo (nel tempo) e non e niente â<br />

(Anwari Soheili). (Si veda il motto del Gulistan di Saadi, trad. ted. di Graf.).<br />

Cio che aumenta particolarmente la difficolta di assimilare idee tanto saggie, si e<br />

quell fipocrisia di cui ho parlato piu sopra, e nessuna cosa sarebbe piu utile che lo svelarla<br />

per tempo alla gioventu. La magnificenza e quasi sempre cosa di pura apparenza, come le<br />

decorazioni dei teatri; le manca l fessenza. Cosi e i vascelli ornati a festa, e i colpi di<br />

cannone, e le illuminazioni, e le musiche, e i gridi d fallegrezza, ecc., tutto cio e l finsegna, la<br />

mostra, il geroglifico della gioia; ma il piu delle volte la gioia non c fe: essa sola ha mancato<br />

d fintervenire alla festa. Laddove e presente in realta, la gioia arriva e non si fa invitare, ne<br />

annunciare, viene da se senza cerimonie, introducendosi in silenzio, spesso per motivi i piu<br />

insignificanti e i piu futili, nelle occasioni piu comuni, qualche volta anche in circostanze<br />

che sono tutt faltro che brillanti o gloriose. Come l foro in Australia, essa si trova<br />

sparpagliata qua e la secondo il capriccio del caso, senza regola e senza legge, piu di<br />

sovente in fina polvere, molto di raro in grandi masse. Ma pure, di tutto le manifestazioni di<br />

cui abbiamo or ora parlato, solo scopo si e il far credere agli altri che nella festa c fe la gioia,<br />

e solo intento il produrre l fillusione nel cervello altrui.<br />

64<br />

Come della gioia, cosi della tristezza. Con quale andamento melanconico s favanza<br />

questo lungo e lento convoglio! La fila delle vetture e interminabile. Ma guardate un po f<br />

nell finterno: esse sono tutte vuote, e il defunto non e realmente condotto al cimitero che dai<br />

cocchieri della citta. O immagine parlante dell famicizia e della considerazione a questo<br />

mondo! Ecco quello che io chiamo falsita, vanita ed ipocrisia dell fumana condotta. Noi<br />

abbiamo anche un esempio nei ricevimenti solenni con numerosi invitati in abito da festa;<br />

questi sono l finsegna della nobile e dell falta societa: ma in luogo suo si avra malessere,


affettazione, riservatezza, noia: perocche ove son molti convitati v fha sempre della<br />

canaglia, fossero pure tutti i petti coperti da decorazioni. Infatti la vera buona societa e, da<br />

per tutto e necessariamente, assai ristretta. In generale le feste, le solennita portano sempre<br />

con se qualche cosa che da un suono vuoto, o per dir meglio un suono falso, precisamente<br />

perche contrastano colla miseria e colla poverta della nostra esistenza e perche ogni<br />

confronto fa meglio spiccare la verita. Ma visto dal di fuori tutto cio produce bell feffetto, e<br />

cosi e raggiunto lo scopo. Chamfort dice in modo graziosissimo: áLa societa, i circoli, i<br />

saloni, cio che si chiama il mondo, sono una meschina commedia, un povero melodramma<br />

senza interesse che si sostiene un momento per i meccanismi, i costumi, e le decorazioni. â<br />

Le accademie e le cattedre di filosofia sono egualmente l finsegna, il simulacro esterno della<br />

saggezza; ma il piu delle volte essa non e della festa, e, a cercarla, la si troverebbe in ben<br />

altri luoghi. Lo sbatacchiare delle campane, i vestimenti sacerdotali, il contegno pietoso, le<br />

smorfie da bacchettone, sono la mostra, la falsa apparenza della devozione, e cosi di<br />

seguito. Ed e per cio che a questo mondo tutte le cose possono esser dette nocciuole vuote;<br />

la mandorla e rara per se stessa, e piu raramente ancora e posta nel suo guscio. Occorre<br />

cercarla in tutt faltra parte, e d fordinario non la si trova che per caso.<br />

2. ‹ Quando si volesse valutare la condizione di un uomo dal punto di vista della sua<br />

felicita, bisognerebbe prender notizie non su cio che lo diverte, ma su cio che lo attrista,<br />

perocche quanto piu saranno insignificanti per se stesse le cose che lo affliggono, tanto piu<br />

l fuomo sara felice; occorre un certo stato di benessere per divenir sensibile a bagattelle che<br />

nella sventura non si sentirebbero affatto.<br />

3. ‹ Bisogna guardarsi dallo stabilire il benessere della propria vita sopra una base<br />

larga coll felevare alte pretese alla felicita: posto sopra un tale fondamento esso crolla piu<br />

facilmente, perocche in allora fa nascere senza fallo molte sventure. L fedificio della felicita<br />

si comporta dunque sotto tale rapporto alla rovescia degli altri che sono tanto piu solidi<br />

quanto piu la loro base e grande. Tenere le pretese il piu basso possibile in proporzione<br />

colle proprie risorse d fogni specie, ecco la via piu sicura per evitare grandi guai.<br />

In generale e una follia delle piu grandi e delle piu diffuse il prendere, in qualunque


maniera si sia, vaste disposizioni per la propria esistenza. Perocche prima di tutto, per farlo,<br />

si conta sopra una durata della vita piena ed intera, a cui invece arrivano molto pochi.<br />

Inoltre quand fanche si vivesse tanto a lungo, l fesistenza sarebbe sempre troppo corta in<br />

relazione ai piani prestabiliti; la loro esecuzione reclama sempre piu tempo che non si<br />

avesse supposto; essi sono talmente soggetti, come tutte le cose umane, alle vicende della<br />

sorte e ad ostacoli d fogni natura, che si puo ben di rado condurli a compimento. Finalmente<br />

anche allora che si e riusciti a conseguire tutto quello che si desiderava, si scorge che si e<br />

trascurato di tener conto delle modificazioni che il tempo produce in noi stessi; non si e<br />

riflettuto che, ne per creare ne per godere, le nostre facolta non restano invariabili<br />

nell fintera vita. Ne risulta che lavoriamo sovente per acquistare cose che, una volta<br />

ottenute, non si trovano piu adatte alla nostra taglia; succede pure che nei lavori preparatori<br />

di un fopera impieghiamo anni che nel frattempo ci tolgono le forze necessarie per arrivare a<br />

buon fine. Medesimamente le ricchezze acquistate a prezzo di lunghe fatiche e di numerosi<br />

pericoli non possono piu esserci utili, e troviamo di aver lavorato per gli altri; ed avviene<br />

ancora che non siamo piu in caso di occupare un posto ottenuto finalmente dopo avervi<br />

aspirato ed ambito per lunghi anni. Le cose sono giunte troppo tardi per noi, o, viceversa,<br />

65<br />

siamo noi giunti troppo tardi per esse, sopratutto allorche si tratta di opere o di produzioni;<br />

il gusto dell fepoca ha cangiato; si e maturata una nuova generazione che non prende alcun<br />

interesse a queste materie; oppure altri ci ha preceduto per strade piu corte, e cosi di<br />

seguito. Quanto abbiamo esposto in questo terzo paragrafo era gia stato compendiato da<br />

Orazio nei versi:<br />

Quid aeternis minorem<br />

Consiliis animum fatigas?<br />

(L. II, O. 11, v. 11 e 12).<br />

(Perche stanchi una mente debole con eterni progetti?)<br />

Tale errore cosi comune e determinato dall finevitabile illusione ottica degli occhi<br />

dello spirito, illusione che ci fa apparire la vita come senza fine, o come troppo corta


secondo che la vediamo dall fingresso o dal termine della nostra carriera. Essa pero ha il suo<br />

buon lato: senza di lei produrremmo difficilmente qualche cosa di grande.<br />

Ma in generale ci succede nella vita cio che succede al viaggiatore: a misura che egli<br />

avanza, gli oggetti prendono forme differenti da quelle che mostravano da lungi e si<br />

modificano per cosi dire di mano in mano che va loro vicino. Cosi avviene dei nostri<br />

desideri. Troviamo spesso ben altra cosa, qualche volta anche meglio che non cerchiamo; di<br />

sovente pure incontriamo quanto desideriamo per tutt faltra via di quella inutilmente<br />

percorsa fino allora. Certe volte laddove crediamo trovare un piacere, una gioia, una<br />

soddisfazione, in loro luogo ci si presenta un ammaestramento, una spiegazione, una<br />

cognizione, vale a dire un bene duraturo e reale che si offre a noi invece di un bene<br />

passaggero e fallace. Si e un tale pensiero che corre, come base fondamentale, a traverso<br />

tutto il Wilhelm Meister, romanzo intellettuale, superiore precisamente per cio a tutti gli<br />

altri, anche a quelli di Walter Scott, che sono tutti solamente opere morali, ossia che non<br />

osservano la natura umana che dal lato della volonta! Nel Flauto magico, geroglifico<br />

grottesco, ma espressivo e molto significante, ci si presenta egualmente questo stesso<br />

pensiero fondamentale simbolizzato a grandi e larghi tratti come quelli delle decorazioni<br />

teatrali; il simbolo sarebbe anzi perfetto se nello scioglimento Tamino, invece d fessere<br />

spronato dal desio di posseder Tamina, non domandasse e non ottenesse che l finiziazione<br />

nel tempio della Saggezza; in cambio Papageno, l fopposto necessario di Tamino, otterrebbe<br />

la sua Papagena. Gli uomini superiori e veramente nobili assimilano subito questo<br />

ammaestramento del destino e vi si adattano con sommessione e con riconoscenza:<br />

comprendono che a questo mondo si puo bene trovare istruzione, ma non felicita; si<br />

abituano a cambiare le speranze colle cognizioni; ne vanno contenti e dicono alla fin fine<br />

col Petrarca<br />

Altro diletto che fmparar non provo.<br />

Possono anche arrivare al punto di non dar seguito ai loro desideri ed alle loro aspirazioni<br />

che in apparenza per cosi dire, e per ischerzo, mentre in realta e nella serieta del loro<br />

interno non attendono che all fistruzione; cio che li adorna di una tinta pensosa, geniale e


nobile. In questo senso si puo dire che succede di noi come degli alchimisti, i quali mentre<br />

non cercavano che oro, hanno trovato la polvere da fuoco, la porcellana, le medicine e<br />

perfino molte leggi naturali.<br />

66<br />

2. Circa la nostra condotta verso noi stessi.<br />

4. ‹ Il manovale che aiuta a fabbricare un edifizio, non ne conosce il progetto, o non<br />

l fha sempre sotto gli occhi; tale e pure la posizione dell fuomo mentre e occupato a dividere<br />

uno per uno i giorni e le ore della sua esistenza in rapporto all finsieme della sua vita ed al<br />

carattere fondamentale di essa. Quanto piu questo carattere sara nobile, considerevole,<br />

espressivo e individuale, tanto piu sara necessario e benefico per l findividuo il gettare di<br />

tempo in tempo uno sguardo sul piano prestabilito della propria vita. E vero che per cio ei<br />

deve aver fatto gia un primo passo col áconosci te stesso â: deve dunque sapere cio che<br />

vuole realmente, principalmente e prima d fogni altra cosa; deve conoscere quello che e<br />

essenziale alla sua felicita, e quello che viene solo in seconda o terza linea; deve rendersi<br />

conto sommariamente della sua vocazione, della parte che ha da rappresentare nel mondo, e<br />

de f suoi rapporti colla gente. Se tutto cio sara importante ed elevato, allora l faspetto del<br />

piano prestabilito della sua vita gli dara forza, lo sosterra, lo innalzera piu che qualunque<br />

altra cosa; questo esame lo incoraggiera al lavoro e lo terra lontano da quei sentieri che<br />

potrebbero fargli smarrire la dritta via.<br />

Solamente quando arriva sopra un faltura il viaggiatore abbraccia a colpo d focchio e<br />

riconosce l finsieme del cammino percorso, colle sue svolte e co f suoi giri; cosi pure non e<br />

che al termine d fun periodo della nostra esistenza, e qualche volta sul finir della vita, che<br />

conosciamo il vero nesso delle nostre azioni, dei nostri lavori, e delle nostre produzioni, il<br />

loro preciso legame, il loro concatenamento e il loro valore. Infatti fino a che siamo<br />

immersi nella nostra attivita noi operiamo solo secondo le proprieta inconcusse del nostro<br />

carattere, sotto l finfluenza dei motivi e nella misura delle nostre facolta, vale a dire per<br />

assoluta necessita; noi non facciamo in un dato momento che quello che in quel momento<br />

ci sembra giusto e conveniente. Solamente in seguito ci sara permesso d fapprezzare il


isultato, e lo sguardo gettato sulle cose passate ci dara contezza del come e del perche. Per<br />

questo quando compiamo le piu grandi azioni, o quando diamo al mondo opere immortali,<br />

non abbiamo coscienza della loro vera natura: esse non ci sembrano che quello che v fha di<br />

piu appropriato al nostro scopo d fallora, e di meglio corrispondente alle nostre intenzioni;<br />

non riceviamo altra impressione se non quella d faver fatto precisamente cio che bisognava<br />

fare in quel momento; non e che piu tardi che il nostro carattere e le nostre facolta spiccano<br />

in piena luce da quell finsieme e dal suo concatenamento; per mezzo dei dettagli vediamo<br />

allora come abbiamo preso la sola vera fra tante strade false quasi per ispirazione e guidati<br />

dal nostro genio. Tutto quanto abbiamo detto or ora e vero e in teoria e in pratica, e si<br />

applica egualmente ai fatti inversi, vale a dire al male ed alla falsita.<br />

5. ‹ Un punto di molta importanza per la saggezza nella vita si e la proporzione con<br />

cui dobbiamo dividere la nostra attenzione tra il presente e l favvenire affinche l funo non<br />

porti nocumento all faltro. V fhanno molte persone che vivono troppo nel presente: le<br />

frivole; altre troppo nell favvenire: le timorose e le inquiete. Di rado si conserva la giusta<br />

misura. Quegli uomini che, mossi dai loro desideri o dalle loro speranze, vivono<br />

unicamente nell favvenire, gli occhi sempre diretti in avanti, che corrono con impazienza<br />

incontro al futuro, perocche, pensano, questo e per portar loro fra breve la vera felicita,<br />

mentre intanto lasciano passare il presente, che non curano, senza goderlo: costoro<br />

somigliano a quegli asini a cui in Italia si fa sollecitare il passo per mezzo d fun fascetto di<br />

fieno attaccato ad un bastone davanti la testa: essi vedono il fieno davanti e sempre vicino<br />

ed hanno ognora la speranza d farrivarvi. Tali persone infatti s fingannano da se stesse per<br />

tutta la loro esistenza non vivendo perpetuamente che ad interim fino alla morte. Percio<br />

invece di occuparci incessantemente ed esclusivamente di piani e di progetti per l favvenire,<br />

o, viceversa, abbandonarci a rimpiangere il passato, dovremmo non dimenticar mai che il<br />

presente solo e reale e certo, e che l favvenire, al contrario, si presenta quasi sempre ben<br />

diverso da quello che pensavamo, come pure fu del passato; cio che in conclusione fa che<br />

67<br />

avvenire e passato hanno molto minor importanza che non sembri. Perocche la lontananza


che impiccolisce gli oggetti per l focchio, li ingrandisce per il pensiero. Il presente solo e<br />

vero ed effettivo; esso e il tempo realmente impiegato, e su di esso esclusivamente e<br />

fondata la nostra esistenza. Percio deve meritar sempre agli occhi nostri benevole<br />

accoglienza; noi dovremmo gustare, con la piena coscienza del suo valore, ogni ora<br />

sopportabile e libera da affanni e da dolori attuali, vale a dire non turbarla col viso<br />

rattristato dalle speranze cadute per lo passato o dalle apprensioni per l favvenire. Si puo<br />

dare stoltezza piu grande del respingere una buona ora presente o di guastarla malamente<br />

coll finquietudine dell favvenire o coi dispiaceri del passato? Diamo il tempo dovuto alle<br />

cure, se non al pentimento; ma poi, in quanto ai fatti compiuti, bisogna dirsi:<br />

áAbbandoniamo, benche a malincuore, tutto cio che e passato all fobblio; e necessario<br />

soffocar l fira nel nostro seno. â E in quanto all favvenire: áTutto cio sta sulle ginocchia<br />

degli dei â29. In cambio circa il presente e bene pensare come Seneca: Singulas dies,<br />

singulas vitas puta (Considera ciascun giorno come una vita separata), e rendersi questo<br />

solo tempo reale tanto gradevole quanto meglio e possibile.<br />

I soli mali futuri che devono con ragione preoccuparci sono quelli il cui arrivo ed il<br />

cui momento di arrivo sono certi. Ma v fha ben poca gente che si trovi in questo caso,<br />

perocche i mali sono o semplicemente possibili o tutt fal piu verosimili, oppure sono certi,<br />

ma e incerto il tempo del loro arrivo. Ad allarmarsi per queste due specie di mali non si<br />

avrebbe un solo istante di riposo. In conseguenza, allo scopo di non perdere la tranquillita<br />

della nostra vita per mali la cui esistenza o la cui epoca sono ignote, conviene abituarci a<br />

riguardare gli uni come se non dovessero mai arrivare, e gli altri come se non dovessero di<br />

certo arrivare in un tempo vicino.<br />

Ma quanto piu la paura ci lascia in riposo, tanto piu siamo agitati da desideri, da<br />

voglie sfrenate e da strane pretese. La canzone, cosi nota, di Goethe: áIo ho collocato le mie<br />

brame nel nulla â significa, in fondo, che solo quando si sara liberato da tutte le sue pretese<br />

e si sara ridotto all fesistenza tale quale e realmente nuda e spoglia, l fuomo potra acquistare<br />

quella calma di spirito che e la base dell fumana felicita, perocche tale calma e<br />

indispensabile per godere del presente della vita, e dell favvenire. A tal uopo dovremmo


pure ricordarci che il giorno d foggi non viene che una sola volta, e piu mai. Ma invece noi<br />

c fimmaginiamo che ritornera domani: pero domani e un altro giorno che anch fesso non<br />

viene che una volta. Dimentichiamo che ciascun giorno e una porzione integrante, dunque<br />

irreparabile, della vita, e lo consideriamo come contenuto nella vita, nello stesso modo che<br />

gl findividui sono contenuti nella nozione dell finsieme. Di piu apprezzeremmo e<br />

gusteremmo molto meglio il presente se nei giorni di benessere e di salute conoscessimo a<br />

qual punto, durante la malattia o l fafflizione, il ricordo ci presenta come infinitamente<br />

invidiabile ogni ora libera da dolori o da privazioni; che questa ci appare quale un paradiso<br />

perduto, od un amico disconosciuto. Ma al contrario noi viviamo i nostri bei giorni senza<br />

prestar loro alcuna attenzione, e solamente quando arrivano i cattivi vorremmo richiamare<br />

gli altri. Lasciamo passare da canto, senza goderne e senza accordar loro un sorriso, mille<br />

ore serene e piacevoli, e piu tardi nel tempo triste, portiamo verso di esse le nostre vane<br />

aspirazioni. In luogo di condurci cosi, dovremmo rendere omaggio a quelle attualita<br />

sopportabili, fossero pure le piu comuni, che lasciamo fuggire con tanta indifferenza, che<br />

fors fanche respingiamo con impazienza; dovremmo ricordarci sempre che questo presente<br />

precipita ad ogni momento in quell fapoteosi del passato in cui ormai, risplendente della<br />

luce delle cose non periture, e conservato dalla memoria, per ripresentarsi agli occhi nostri<br />

come l foggetto della nostra piu ardente aspirazione allorquando, sopratutto nelle ore<br />

d faffanno, il ricordo viene ad alzare il velo dinanzi le cose che furono.<br />

6. ‹ Il limitarsi rende felici. Quanto piu il nostro cerchio di visione, di azione e di<br />

contatto e ristretto, tanto piu siamo felici; e piu esso e vasto, piu ci troviamo tormentati ed<br />

29 Da Omero.<br />

68<br />

inquieti. Perocche insieme ad esso aumentano e si moltiplicano le pene, i desideri e le<br />

apprensioni. Ed e per tale motivo che i ciechi non sono tanto infelici come potremmo<br />

crederlo a priori; e facile convincersene all faspetto della calma dolce, quasi allegra, delle<br />

loro sembianze. Questa regola ci spiega anche in parte perche la seconda meta della nostra<br />

vita sia piu triste della prima. Infatti nel corso dell fesistenza, l forizzonte delle nostre vedute


e delle nostre relazioni va allargandosi. Nell finfanzia esso e limitato ai dintorni piu prossimi<br />

ed alle relazioni piu strette; nell fadolescenza si estende in modo considerevole; nell feta<br />

virile abbraccia tutto il corso della nostra vita ed arriva anche a relazioni lontanissime,<br />

perfino con Stati e con popoli diversi; nella vecchiezza comprende le generazioni future.<br />

Ogni limitazione invece, anche nelle cose dello spirito, giova alla nostra felicita. Perocche<br />

quanto meno sara eccitata la volonta, tanto meno vi saranno dolori, e noi sappiamo che il<br />

dolore e positivo e la felicita semplicemente negativa. Il limitare il cerchio d fazione toglie<br />

alla volonta le occasioni esterne d feccitamento; il limitare lo spirito, le occasioni interne.<br />

Quest fultimo ha solo l finconveniente di aprir l faccesso alla noia che diviene sorgente<br />

indiretta d finnumerevoli patimenti perche si ricorre a qualunque mezzo per scacciarla; si<br />

mette a prova infatti e riunioni, e divertimenti, e il giuoco, e il lusso, e la crapula, e mille<br />

altre cose; da cio danni, rovine e disgrazie d fogni specie. Difficilis in otio quies (e difficile<br />

la pace nell fozio). In cambio, per dimostrare quanto il limitarsi esternamente giovi alla<br />

felicita umana, per quello, bene inteso, che puo giovare una cosa qualunque, non abbiamo<br />

che da ricordarci come il solo genere di poesia che intende a dipingere le genti felici,<br />

l fidillio, le rappresenti sempre poste essenzialmente in una condizione ed in un ambiente<br />

dei piu ristretti. Questo stesso sentimento produce pure il piacere che troviamo in cio che si<br />

chiama quadri di genere. Per conseguenza avremo felicita nella maggior possibile<br />

semplicita delle nostre relazioni ed anche nella uniformita del genere di vita fino a che una<br />

tale uniformita non ci dia in braccio alla noia: a questa condizione sopporteremo piu<br />

facilmente la vita ed il suo peso inseparabile; l fesistenza scorrera, come un ruscello, senza<br />

tempeste e senza vortici.<br />

7. ‹ Quello che importa, in ultima analisi, per la nostra felicita o per la nostra infelicita<br />

si e cio che riempie ed occupa la coscienza. Ogni lavoro puramente intellettuale apportera<br />

in totalita alla mente capace di dedicarvisi risorse maggiori che non le apporterebbe la vita<br />

reale colle sue alternative costanti di buono e cattivo esito, colle sue scosse e co f suoi<br />

tormenti. E vero d faltronde che cio esige disposizioni di spirito non comuni. Conviene<br />

inoltre osservare che da una parte l fattivita esterna della vita ci distrae e ci allontana dallo


studio, e toglie allo spirito la tranquillita ed il raccoglimento all fuopo necessari, e che<br />

d faltra parte l foccupazione continua dello spirito ci rende piu o meno incapaci di star in<br />

mezzo all fandamento ed al tumulto della vita reale; e dunque saggia cosa sospendere una<br />

tale occupazione quando una circostanza qualunque necessita un fattivita pratica ed<br />

energica.<br />

8. ‹ Per vivere con prudenza perfetta e per trarre dalla propria esperienza tutti<br />

gl finsegnamenti ch fessa contiene, e necessario portarsi spesso indietro col pensiero e<br />

ricapitolare cio che nella vita si e veduto, fatto, appreso e sentito nello stesso tempo;<br />

bisogna pure confrontare il proprio giudizio d faltre volte colle idee, progetti ed aspirazioni<br />

attuali, col loro risultato, e colla soddisfazione dataci da tale risultato. L fesperienza ci serve<br />

cosi da maestro speciale che viene a darci lezione privatamente. La si puo anche<br />

considerare come il testo, costituendone il commento le cognizioni e il raziocinio. Molto<br />

raziocinio e copiose cognizioni somiglierebbero a quei libri le cui pagine presentano due<br />

linee di testo e quaranta di chiose. Molta esperienza accompagnata da poco raziocinio e da<br />

scarso sapere ricorda quelle edizioni di Deux-Ponts che non hanno annotazioni e che<br />

lasciano cosi molti passi del testo inintelligibili.<br />

Si e a tali precetti che si riferisce la massima di Pitagora, di passare in rivista cioe, la<br />

sera, prima di addormentarsi, quanto si ha fatto nella giornata. L fuomo che se ne va nel<br />

69<br />

tumulto degli affari e dei piaceri senza mai rinvangare il suo passato, e che si contenta di<br />

aggomitolare la matassa della vita, perde ogni ragione chiara delle cose; il suo spirito<br />

diventa un caos, e ne f suoi pensieri s finfiltra una certa confusione di cui fa testimonianza il<br />

suo modo di conversare sconnesso, a scatti, a frammenti, e, per cosi dire, sottilmente<br />

sminuzzato. Tale stato sara messo tanto piu in rilievo quanto piu sara grande l fagitazione<br />

esterna, la somma delle impressioni, e quanto piu sara piccola l fattivita interna dello spirito.<br />

Qui osserviamo pure come dopo un certo periodo di tempo da che le relazioni e le<br />

circostanze che agirono su noi sono sparite, non possiamo piu far ritornare e rivivere la<br />

disposizione e la sensazione prodotte gia in noi; ma cio che possiamo benissimo ricordarci


si e le nostre manifestazioni in quell foccasione. Ora queste sono il risultato, l fespressione e<br />

la misura delle sensazioni e dello stato che esse produssero in noi. La memoria quindi, o la<br />

carta dovrebbero conservare con ogni cura le traccie delle epoche importanti della nostra<br />

vita. Percio tener un giornale sara cosa molto utile.<br />

9. ‹ Bastare a se stesso, esser per se stesso tutto in tutto, e poter dire: áOmnia mea<br />

mecum porto â (porto con me tutte le cose mie), ecco certamente la condizione piu<br />

favorevole per la nostra felicita; percio non si sapra mai ripeter abbastanza la massima di<br />

Aristotele: áLa felicita e per coloro che bastano a se stessi â (Mor. ad Eud. 7, 2). (In fondo<br />

e lo stesso pensiero, presentato in modo graziosissimo, che esprime la sentenza di Chamfort<br />

messa per epigrafe a questo trattato: áLa felicita non e cosa facile a conquistare: e difficile<br />

trovarla in noi, affatto impossibile poi trovarla altrove â). Perocche da una parte non si puo<br />

contare con sicurezza che sopra se stessi; e d faltra parte le fatiche e gl finconvenienti, i<br />

pericoli e gli affanni che la societa porta seco, sono innumerevoli ed inevitabili.<br />

Non v fha strada che piu ci allontani dalla felicita della vita alla grande, della vita dei<br />

conviti e dei festini, di quella vita che gl finglesi chiamano high life, perocche cercando di<br />

trasformare la nostra miserabile esistenza in una successione continua di gioie, di piaceri e<br />

di divertimenti, non si puo mancare d fincontrar il disinganno, senza tener conto delle<br />

menzogne reciproche di cui si fa scambio in quel mondo e che ne sono l faccompagnamento<br />

obbligato30.<br />

Ed anzitutto qualunque societa esige necessariamente un adattamento reciproco, un<br />

temperamento: quindi quanto piu sara numerosa, tanto piu diverra scipita. Non si puo esser<br />

veramente se stesso, se non quando si e solo; dunque chi non ama la solitudine non ama la<br />

liberta, perche non si e liberi che essendo soli. Ogni societa ha per compagna inseparabile la<br />

riservatezza e reclama sacrifizi che costano tanto piu cari quanto piu la propria individualita<br />

e spiccata. Per conseguenza ognuno fuggira, sopportera o cerchera la solitudine in<br />

proporzione esatta del valore del suo io. Perocche e proprio qui che il povero sente tutta la<br />

sua poverta, ed una gran mente tutta la sua grandezza; in breve, ciascuno vi si pesa al suo<br />

giusto valore. Inoltre un uomo e tanto piu essenzialmente e necessariamente isolato quanto


piu alto e il posto che occupa nel libro genealogico della natura. Allora per un tal uomo si e<br />

una vera gioia che l fisolamento fisico sia in rapporto col suo isolamento intellettuale: se cio<br />

non puo essere il frequente avvicinarglisi di persone eterogenee turba, gli diviene<br />

fors fanche funesto, perocche gli toglie il suo io, e non ha niente da offrirgli in compenso.<br />

Di piu mentre la natura ha messo la piu grande dissomiglianza, nel morale come<br />

nell fintelletto, fra gli uomini, la societa non ne tiene alcun conto, li fa tutti eguali, o<br />

piuttosto alla diversita naturale sostituisce distinzioni e gradi artificiali di condizione e di<br />

rango, che stanno sempre diametralmente in opposizione con quell fordine scalare stabilito<br />

dalla natura. Coloro che la natura ha posto in basso, si trovano molto bene vantaggiati da un<br />

tale accomodamento sociale, ma il piccolo numero degli individui che stanno in alto non ci<br />

30 Come il nostro corpo e avvolto nei vestiti, cosi il nostro spirito e inviluppato di menzogne. Le nostre<br />

parole, le nostre azioni, tutto il nostro essere sono bugiardi, e non e che a traverso questo intonaco che si<br />

puo<br />

qualche volta intravvedere il nostro vero pensiero, come a traverso i vestiti le forme del corpo. (Nota<br />

dell fAutore).<br />

70<br />

ha il suo tornaconto; percio costoro si tolgono ordinariamente dalla societa: d fonde risulta<br />

che non appena questa diventa numerosa vi predomina la volgarita. Cio che agli animi<br />

grandi fa venir a noia la societa si e l fuguaglianza dei diritti e delle pretese che ne deriva, di<br />

fronte alla disparita delle facolta e delle produzioni (sociali) degli altri. La cosi detta buona<br />

societa apprezza i meriti di qualsivoglia specie, salvo i meriti intellettuali; questi anzi non<br />

vi entrano che di contrabbando. Essa impone l fobbligo di dimostrare una pazienza senza<br />

limiti per ogni sciocchezza, per ogni follia, per ogni assurdita, per ogni stupidezza; i meriti<br />

personali invece devono mendicare il loro perdono o nascondersi, perche la superiorita<br />

intellettuale, senza concorso della volonta, offende colla sua sola esistenza. Inoltre, questa<br />

pretesa buona societa non ha solo l finconveniente di metterci in contatto con gente che non<br />

possiamo approvare ne amare, ma di piu non ci permette d fesser noi stessi, d fesser quali<br />

conviene alla nostra natura; essa ci obbliga piuttosto, allo scopo di metterci allo stesso


diapason degli altri, a raggrinzarci per cosi dire, se non a difformarci addirittura. Discorsi<br />

sanamente spiritosi o motti arguti non convengono che ad una societa di persone d fingegno;<br />

nella societa ordinaria essi sono cordialmente detestati, perocche per piacere alle persone<br />

che la compongono bisogna essere assolutamente triviali e dappoco. In tali riunioni si deve,<br />

con penosa annegazione di se stessi, abbandonare tre quarti della propria personalita per<br />

assomigliarsi agli altri. E vero che in cambio si guadagna tutti costoro, ma quanto piu si ha<br />

di valore in se tanto piu si scorgera che il guadagno non copre la perdita e che il contratto<br />

finisce a nostro danno, perocche le persone generalmente sono insolvibili, vale a dire non<br />

hanno cosa alcuna nel loro magazzino che possa indennizzarci delle noie, delle fatiche e dei<br />

fastidi che esse procurano, e del sacrificio di se che impongono; d fonde risulta che quasi<br />

tutta la societa e di tale qualita che chi la baratta colla solitudine fa un affare eccellente. A<br />

cio si aggiunge che la societa, allo scopo di supplire alla superiorita vera, vale a dire<br />

all fintellettuale, che essa non vuol sopportare e che e rara, ha adottato senza motivo una<br />

superiorita falsa, convenzionale, fondata su leggi arbitrarie, una superiorita che si propaga<br />

per tradizione fra le classi alte, e che nello stesso tempo si cambia come una parola<br />

d fordine: vogliam dire il bon ton áfashionableness â. Tuttavia quando succede che siffatta<br />

specie di superiorita entra in collisione colla superiorita genuina, la meschinita di essa non<br />

tarda a mostrarsi. Inoltre áquand le bon ton arrive, le bon sens se ritire â31.<br />

In tesi generale non si puo essere in perfetto unisono che con se stessi; non si puo<br />

esserlo coll famico, non si puo esserlo con la donna amata, perche le differenze<br />

dell findividualita e dell fumore producono sempre una dissonanza, sia pur piccolissima.<br />

Cosi la pace del cuore vera e profonda, e la perfetta tranquillita dello spirito, beni supremi<br />

sulla terra dopo la salute, non si trovano che nella solitudine, e non saranno permanenti se<br />

non nell fisolamento assoluto. Allora, quando l fio e grande e ricco, si gusta la condizione<br />

piu felice che sia possibile trovare in questo povero mondo. Si! diciamolo apertamente: per<br />

quanto strettamente l famicizia, l famore e il matrimonio uniscano gli umani, non si vuol<br />

bene, interamente e di buona fede, che a se stessi, o tutt fal piu al proprio figlio. Meno si<br />

avra bisogno, in seguito a condizioni oggettive e soggettive, di mettersi a contatto cogli


uomini, meglio ci troveremo. La solitudine, l fisolamento permettono d fabbracciare d fun<br />

solo sguardo tutti i propri mali, od anche di non provarli in un colpo solo; la societa invece<br />

e insidiosa; essa nasconde mali immensi, di sovente irreparabili, dietro un fapparenza di<br />

passatempi, di conversazioni, di divertimenti di societa, e d faltre simili cose. Sarebbe per<br />

gli uomini uno studio importante l fimparar di buon fora a sopportare la solitudine, questa<br />

sorgente di felicita e di quiete intellettuale.<br />

Da quanto abbiamo esposto deriva che ha una parte molto migliore colui che non<br />

conta che su se stesso e che puo in tutto esser tutto a se stesso. Cicerone ha detto áColui che<br />

basta a se stesso e che mette in se solo tutte le cose sue non puo non esser felicissimo â<br />

(Paradox. II). Inoltre piu un uomo ha in se, meno gli altri possono essergli qualche cosa. Si<br />

31 In francese nell foriginale. (Nota del Trad.).<br />

71<br />

e un tal sentimento, di poter esser sufficiente a se stesso, che impedisce all fuomo di vaglia e<br />

ricco all finterno, di fare alla vita comune quei grandi sacrifizi che essa esige, e molto meno<br />

ancora di ricercarla a prezzo d funa notevole annegazione di se stesso. Si e il sentimento<br />

opposto che rende gli uomini ordinari cosi socievoli e cosi trattabili: infatti e loro piu facile<br />

sopportar gli altri che se stessi. Notiamo pure che cio che ha un valore reale non e<br />

apprezzato nel mondo, e che cio che e apprezzato non ha valore. Ne troviamo la prova e la<br />

conseguenza nella vita ritirata d fogni persona di merito e di distinzione. Ne segue che sara<br />

per l fuomo eminente far atto positivo di saggezza il limitare, se occorre, i bisogni, non fosse<br />

altro per poter conservare ed estendere la propria liberta, e il contentarsi del meno possibile<br />

per la propria persona quando il contatto cogli altri individui fosse inevitabile.<br />

Cio che d faltra parte rende gli uomini sociabili si e che essi sono incapaci di<br />

sopportare la solitudine e di sopportare se stessi quando sono soli. Ed e dal loro vuoto<br />

interno e dalla stanchezza di se stessi che sono spinti a cercare la societa, a correre paesi<br />

stranieri e ad intraprendere viaggi continuamente. Il loro spirito, mancando della forza<br />

necessaria per comunicarsi un movimento proprio, cerca di accrescersela col vino, e molti<br />

cosi finiscono col divenire ubbriaconi. A questo scopo essi hanno pure bisogno


dell feccitamento continuo che viene dal di fuori e specialmente di quello prodotto da<br />

individui della loro specie, che e il piu energico fra tutti. In mancanza di tale irritazione<br />

esterna il loro spirito si accascia sotto il proprio peso e cade in grave letargia32. Si potrebbe<br />

dire egualmente che ciascuno di essi non e che una piccola frazione dell fidea dell fumanita,<br />

e che ha quindi bisogno di essere addizionato con molti de f suoi simili per costituire in<br />

certo modo una coscienza umana intera; invece l fuomo completo, l fuomo per eccellenza,<br />

non e una frazione, ma rappresenta una unita intera e di conseguenza basta a se stesso. Si<br />

puo, in questo senso, paragonare la societa ordinaria a quell forchestra russa composta<br />

esclusivamente di corni, nella quale ogni stromento non da che una nota; non e che colla<br />

loro coincidenza precisa che si produce l farmonia musicale. Infatti lo spirito della maggior<br />

parte delle persone e monotono come quel corno che non produce che un suono solo:<br />

costoro sembrano in realta non aver mai che un solo e medesimo soggetto nella mente, ed<br />

essere incapaci di contenerne un altro. Cio spiega dunque in una volta come succeda che<br />

essi siano tanto nojosi e tanto sociabili, e perche vadino ben volentieri in gregge: áThe<br />

gregariousness of mankind â. La monotonia della loro propria natura e insopportabile a<br />

ciascuno di essi: áOmnis stultitia laborat fastidio sui â. (Qualunque stupidezza opprime<br />

colla nausea di se stessa). Non e che uniti e colla loro riunione che essi sono qualche cosa<br />

precisamente come i sonatori di corno russo. L fuomo intelligente invece puo esser<br />

paragonato ad un virtuoso che eseguisce da se solo il suo concerto, oppure anche ad un<br />

pianoforte. Simile a questo, che e da per se una piccola orchestra, egli e un piccolo mondo,<br />

e cio che gli altri non sono che nell fazione dell finsieme, ei lo presenta nell funita d funa sola<br />

coscienza. Come il pianoforte, ei non e una parte della sinfonia, ma e fatto per l fa solo e per<br />

la solitudine; quando deve prender parte al concerto cogli altri cio non puo essere che come<br />

voce principale con accompagnamento, ancora come il pianoforte, o per dare il tono nella<br />

32 Tutti sanno che i mali si sentono meno sopportandoli in comune: pare che fra questi mali gli uomini<br />

contino la noja, ed e per questo che si riuniscono allo scopo di annojarsi insieme. Nello stesso modo che<br />

l famore della vita non e alla fin fine che la paura della morte, cosi l fistinto sociale degli uomini non e un<br />

sentimento diretto, vale a dire non e fondato sull famore della societa, ma sulla paura della solitudine,


perocche non e in verita la benefica presenza degli altri che si cerca, ma si fugge piuttosto l faridita e la<br />

desolazione dell fisolamento, e cosi pure la monotonia della propria coscienza; per togliersi alla solitudine<br />

ogni compagnia e buona, anche la cattiva, e ciascuno si sottomette volontieri alla fatica ed alla riservatezza<br />

forzata che qualunque societa porta necessariamente con se. . Ma quando il disgusto di tuttocio ha preso il<br />

sopravvento, quando, come conseguenza, la solitudine si ha caparrata la nostra simpatia e noi abbiamo<br />

vinto<br />

quella prima impressione che essa produce, in modo da non provar quegli effetti che piu in alto abbiamo<br />

descritti, allora si puo a bell fagio restar sempre soli; non si rimpiangera di certo il mondo, perche non si<br />

avra<br />

bisogno diretto di esso, e perche ormai si sara avvezzi alle conseguenze benefiche dell fisolamento. (Nota<br />

dell fAutore).<br />

72<br />

musica vocale, sempre come il pianoforte. Chi ama andar di tempo in tempo nel mondo<br />

potra cavare dalla comparazione precedente la regola che cio che manca in qualita alle<br />

persone con cui si e in relazione deve esser supplito fino ad un certo punto dalla quantita.<br />

La societa di un solo uomo intelligente potra bastargli, ma se non trova che mercanzia di<br />

qualita ordinaria sara buona cosa averne in abbondanza, perche la varieta e l fazione<br />

combinate producano qualche effetto, in analogia coll forchestra dei corni russi, gia<br />

ricordata: e che il cielo gli accordi la pazienza di cui avra bisogno!<br />

Egli e ancora a questo vuoto interno ed a questa nullita della gente che si deve<br />

attribuire il fatto che quando gli uomini di miglior stoffa si uniscono in vista di qualche<br />

scopo nobile ed ideale, il risultato sara quasi sempre il seguente: si trovera qualche membro<br />

di quella plebe dell fumanita che, simile agl finsetti schifosi, pullula ed invade ogni cosa in<br />

ogni luogo, sempre pronta ad impadronirsi di tutto indistintamente per alleviare la propria<br />

noja, o qualche volta la propria miseria, . si trovera, dico, qualcuno che s finsinuera<br />

nell fassemblea, o vi entrera a forza di molestie, ed allora o distruggera ben presto tutta<br />

l fopera, oppure la modifichera al punto che l fesito ne verra presso a poco all festremo<br />

opposto dello scopo prefisso.<br />

Si puo ancora considerare la sociabilita presso gli uomini come un mezzo per


scaldarsi reciprocamente lo spirito, analogo al modo con cui si riscaldano scambievolmente<br />

il corpo quando, nei grandi freddi, si ammucchiano e si serrano gli uni contro gli altri. Ma<br />

chi possede in se molto calorico intellettuale non ha bisogno di tali accumulamenti. Si<br />

trovera nel 2 ‹ vol. di questa raccolta33, nel capitolo finale, un apologo immaginato da me su<br />

questo soggetto. Conseguenza di tutto cio si e che la sociabilita di ciascuno e in ragione<br />

inversa del valore intellettuale; dire di qualcuno: áEgli e ámolto insociabile â significa<br />

press fa poco: áCostui e un uomo dotato di facolta eminenti â.<br />

La solitudine offre all fuomo altolocato intellettualmente due vantaggi: il primo<br />

d fesser con se, il secondo di non esser con gli altri. Si apprezzera grandemente quest fultimo<br />

riflettendo a tutto cio che il commercio col mondo porta seco in fatto di riservatezza<br />

forzata, di tormenti, ed anche di pericoli. áOgni nostro male deriva dal non poter esser<br />

soli â ha detto La Bruyere. La sociabilita appartiene ai caratteri pericolosi e perniciosi,<br />

perocche ci mette in contatto con individui i quali in grande maggioranza sono moralmente<br />

cattivi ed intellettualmente limitati o pervertiti. L fuomo insociabile e colui che non ha<br />

bisogno di siffatta gente. Aver abbastanza in se per poter fare a meno della societa e gia una<br />

grande felicita, per cio stesso che quasi tutti i nostri mali derivano dal mondo, e perche la<br />

tranquillita dello spirito, che dopo la salute forma l felemento piu essenziale del nostro<br />

benessere, vi e messa in pericolo e non puo esistere senza lunghi periodi di solitudine. I<br />

filosofi cinici rinunziarono ai beni d fogni specie per godere la felicita che procura la quiete<br />

intellettuale: rinunziare alla societa allo scopo, di arrivare allo stesso risultato, si e scegliere<br />

il mezzo piu saggio. Bernardin de Saint-Pierre dice con ragione ed in modo graziosissimo:<br />

áLa dieta degli alimenti ci da la salute del corpo, e quella degli uomini la tranquillita<br />

33 Gli aforismi sulla saggezza nella vita fanno parte di una raccolta di scritti pubblicata da Schopenhauer<br />

sotto il titolo di Parerga und Paralipomena. Ecco l fapologo di cui l fautore parla nel testo: áIn una rigida<br />

giornata d finverno una truppa di porcospini si era messa in mucchio serrato per salvarsi scambievolmente<br />

dal<br />

freddo col loro proprio calore. Ma subito sentirono le offese delle loro punte, cio che li fece allontanare gli<br />

uni<br />

dagli altri. Quando il bisogno di riscaldarsi li avvicino di nuovo, si rinnovo lo stesso inconveniente,


dimodoche essi furono ballonzolati di qua e di la tra i due patimenti fino a che non ebbero trovato una<br />

distanza media che rese loro sopportabile la situazione. Cosi il bisogno di societa, nato dalla vacuita o dalla<br />

monotonia del loro interno, spinge gli uomini gli uni verso gli altri; ma le numerose loro qualita ributtanti e i<br />

loro insopportabili difetti li disperdono nuovamente. La distanza media che essi finiscono collo scoprire, e<br />

nella quale la vita in comune diventa possibile, si e la pulitezza e le belle maniere. In Inghilterra si grida a chi<br />

non mantiene la dovuta distanza: Keep your distance! . Con questo mezzo il bisogno di mutuo<br />

riscaldamento<br />

non e invero soddisfatto che a meta, ma in cambio non si sente la puntura delle spine. . Chi pero possede<br />

molto calorico suo proprio preferisce rimanere fuori della societa per non provare ne cagionare<br />

sofferenze. â<br />

(Nota del Trad.).<br />

73<br />

dell fanima â. Percio colui che si e assuefatto di buon fora alla solitudine, e che vi ha preso<br />

gusto, possiede una miniera d foro. Ma questo non e dato a tutti. Perocche nella stessa guisa<br />

che la miseria, da prima, avvicina gli uomini, cosi, piu tardi allontanato il bisogno, vi e la<br />

noja che li raccoglie. Senza questi due motivi, ciascheduno resterebbe probabilmente in<br />

disparte, non foss faltro perche solo nell fisolamento l fambiente che ci circonda corrisponde<br />

a quell fimportanza esclusiva che ognuno possede a f suoi occhi, ma che l fandazzo<br />

tumultuoso del mondo riduce a niente, visto che ad ogni passo riceve una dolorosa<br />

smentita. In questo senso la solitudine e anzi lo stato naturale a ciascuno; essa lo rimette,<br />

novello Adamo, nella condizione primitiva di felicita, nella condizione appropriata alla sua<br />

natura.<br />

Si! ma Adamo non aveva padre ne madre! Ed e per questo, d faltra parte, che la<br />

solitudine non e naturale all fuomo, poiche al suo arrivo nel mondo ei non si trova solo, ma<br />

in mezzo a parenti, a fratelli, a sorelle, con altre parole in seno d funa vita in comune.<br />

Per conseguenza l famore della solitudine non puo esistere come inclinazione<br />

primitiva; esso deve nascere come risultato dell fesperienza e della riflessione, e prodursi<br />

sempre in rapporto collo sviluppo della forza intellettuale ed in proporzione col progredire<br />

degli anni: ne segue che alla fin fine l fistinto sociale d fogni individuo sara in rapporto


inverso dell feta sua. Il bambino strilla dalla paura e si lamenta non appena e lasciato solo,<br />

fosse pure per qualche momento. Per i fanciulli il dover starsene soli e un severo castigo. I<br />

giovani si uniscono volentieri fra loro; non v fhanno che quelli dotati d funa natura piu<br />

nobile e d funo spirito piu elevato che cercano gia qualche volta la solitudine; nondimeno<br />

passar soli tutta la giornata e loro ancora difficile. Per l fuomo fatto la cosa e facile; ei puo<br />

rimanere a lungo isolato, e tanto piu a lungo quanto piu progredisce nella vita. Al vecchio<br />

poi, unico sopravvivente delle generazioni sparite, morto da una parte alle gioje della vita, e<br />

dall faltra ormai al di sopra di esse, la solitudine e il vero suo elemento. Ma, in ogni<br />

individuo considerato separatamente, i progressi dell finclinazione al ritiro ed all fisolamento<br />

saranno sempre in ragione diretta del valore intellettuale. Perocche, come gia dicemmo, non<br />

e questa un finclinazione puramente naturale, provocata in modo diretto dalla necessita, e<br />

piuttosto solamente l feffetto dell fesperienza acquistata e meditata; vi si arriva soprattutto<br />

dopo essersi bene convinti della miserabile condizione morale ed intellettuale della maggior<br />

parte degli uomini, e cio che v fha di peggio in tale condizione si e che le imperfezioni<br />

morali dell findividuo cospirano colle imperfezioni intellettuali e si ajutano a vicenda; si<br />

producono allora i fenomeni piu schifosi che rendono ripugnante, e fors fanco<br />

insopportabile, il commercio colla grande maggioranza degli uomini. Ecco perche, sebbene<br />

vi siano tante brutte cose a questo mondo, la societa e ancora piu brutta: lo stesso Voltaire,<br />

francese sociabile, si spinse fino a dire: áLa terra e coperta da gente tale che non<br />

meriterebbe nemmeno che le si rivolgesse la parola â. Il tenero Petrarca, che ha cosi<br />

vivamente e con tanta costanza amato la solitudine, ce ne spiega egualmente il perche:<br />

Cercato ho sempre solitaria vita<br />

(Le rive il sanno, e le campagne, e i boschi),<br />

Per fuggir quest fingegni storti e loschi<br />

Che la strada del ciel hanno smarrita.<br />

Ei ci presenta gli stessi motivi nel suo bel libro De vita solitaria, che sembra aver<br />

servito di modello a Zimmermann per la celebre opera Della solitudine. Chamfort, co f suoi<br />

modi sarcastici, esprime precisamente questa origine secondaria e indiretta


dell finsociabilita quando scrive: áSi dice qualche volta di un uomo che vive solo: Ei non<br />

ama la societa. Spesso e la stessa cosa come se si dicesse d fun uomo che egli non ama il<br />

passeggiare perche non va a spasso volentieri la sera nella foresta di Bondy â. Saadi nel<br />

Gulistan parla nel medesimo senso: áDa questo momento, prendendo congedo dal mondo,<br />

noi abbiamo seguito la via dell fisolamento, perocche la sicurezza sta nella solitudine â.<br />

74<br />

Angelo Silesius, anima dolce e cristiana, dice la stessa cosa nel suo linguaggio speciale e<br />

affatto mistico: áErode e un nemico, Giuseppe e la ragione a cui Dio rivela in sogno (in<br />

ispirito) il pericolo. Il mondo e Betleme, l fEgitto la solitudine: fuggi, anima mia! fuggi, o tu<br />

muori di dolore â. Egualmente Giordano Bruno: áTanti uomini che in terra hanno voluto<br />

gustare vita celeste, dissero ad una voce: ecce elongevi fugiens et mansi in solitudine â<br />

(ecco, m fallontanai fuggendo, e rimasi nella solitudine). Saadi, il persiano, parlando di se<br />

nel Gulistan dice anche: áStanco degli amici a Damasco mi ritirai nel deserto vicino a<br />

Gerusalemme per cercare la societa degli animali â. In poche parole tutti coloro che<br />

Prometeo ha fabbricato colla migliore argilla si sono espressi nello stesso senso. Quali<br />

piaceri infatti possono provare questi esseri privilegiati nel commercio con creature colle<br />

quali non possono aver relazioni per stabilire una vita in comune se non per mezzo della<br />

parte piu bassa e piu vile della loro natura, vale a dire di tutto cio che v fha in essa di<br />

volgare, di triviale, d fignobile? Tali individui ordinari non potendosi levare all faltezza dei<br />

primi, non hanno altra risorsa, come non si prenderanno altro compito, se non quello di<br />

abbassarli al loro livello. Da questo punto di vista si e davvero un sentimento aristocratico<br />

quello che alimenta l finclinazione all fisolamento ed alla solitudine. Tutti i cialtroni sono<br />

tanto sociali da far pieta: in cambio, a cio solo si vede che un uomo e di qualita piu nobile,<br />

quando non trova alcun piacere cogli altri, quando alla loro societa preferisce ognor piu la<br />

solitudine, acquistando insensibilmente coll feta la convinzione che salvo rare eccezioni non<br />

v fha scelta nel mondo tra l fisolamento e la volgarita. Per quanto dura sembri, questa<br />

massima e stata espressa da Angelo Silesius stesso, ad onta di tutta la sua carita e tenerezza<br />

cristiana: áLa solitudine e penosa: pero non esser volgare, e tu potrai isolarti in qualunque


luogo â.<br />

Specialmente in quanto concerne gli spiriti eminenti, e ben naturale che questi veri<br />

educatori del genere umano provino anche tanta poca inclinazione a mettersi di frequente in<br />

rapporto cogli altri, quanta ne puo sentire il pedagogo ad unirsi ai giochi rumorosi della<br />

schiera di fanciulli che lo contorna. Perocche, nati per guidare gli altri uomini sull fOceano<br />

dei loro errori verso la verita, per trarli dall fabisso della loro rozzezza e della loro volgarita,<br />

per innalzarli verso la luce della civilizzazione e del progresso, essi devono, e vero, vivere<br />

in mezzo a gente siffatta, ma senza pero appartenerle realmente; si sentono quindi fino dalla<br />

giovinezza creature sensibilmente differenti; ma in questo riguardo la convinzione ben<br />

chiara non giunge loro che insensibilmente a misura che vanno avanti cogli anni; allora<br />

hanno cura di aggiungere la distanza fisica alla distanza intellettuale che li separa dal resto<br />

degli uomini, e vegliano perche nessuno, a meno che non sia piu o meno affrancato dalla<br />

volgarita generale, li accosti troppo da vicino.<br />

Da tutto cio si deduce che l famore della solitudine non apparisce direttamente ed allo<br />

stato d fistinto primitivo, ma che si sviluppa indirettamente e progressivamente specie negli<br />

spiriti eminenti, non senza dover vincere l finclinazione naturale alla socialita, ed anche<br />

combattere all foccasione qualche suggerimento mefistofelico: áCessa dal giocare col tuo<br />

cordoglio che, pari ad un avoltojo, ti rode la vita: la piu vile compagnia ti fa sentire che sei<br />

uomo con gli uomini. â<br />

La solitudine e il retaggio delle menti superiori; qualche volta succedera loro che se<br />

ne rammarichino, ma la sceglieranno sempre come il minore dei mali. Col progresso<br />

dell feta nondimeno il sapere aude doventa in questo riguardo sempre piu facile ed<br />

omogeneo; verso la sessantena l finclinazione alla solitudine arriva ad essere affatto<br />

naturale, e quasi istintiva. Infatti tutto si unisce allora per favorirla. Le forze che spingono<br />

piu gagliardamente alla socialita, cioe l famor delle donne e l fistinto sessuale, non agiscono<br />

piu a quel momento; anzi lo sparire del sesso fa nascere nel vecchio una certa capacita di<br />

bastare a se stesso, che a poco a poco assorbe totalmente l finclinazione alla societa. Si e<br />

ormai ritornati in se da mille illusioni e da mille stoltezze; d fordinario la vita d fazione e


cessata; non si ha piu cosa alcuna da aspettare, nessun piano o progetto da concepire; la<br />

75<br />

generazione a cui si appartiene realmente non esiste piu; attorniati da una razza straniera si<br />

e di gia oggettivamente ed essenzialmente isolati. Con tutto cio il cammino del tempo si e<br />

accelerato, e lo si vorrebbe inoltre impiegare per l fintelletto. Perocche a quell fora, ammesso<br />

che la testa abbia conservato tutte le sue forze, gli studi d fogni sorta sono resi piu che mai<br />

facili ed interessanti dalla grande somma di esperienza e di conoscenze acquistate, dalla<br />

meditazione progressivamente piu approfondita di qualunque pensiero, come pure dalla<br />

maggior attitudine all fesercizio di tutte le facolta intellettuali. Si vede chiaro in molte cose<br />

che altra volta erano in certo modo avviluppate da densa nebbia, si ottiene eccellenti<br />

risultati, e si sente interamente la propria superiorita. In seguito alla lunga esperienza si ha<br />

cessato dall faspettarsi gran cosa dagli uomini, poiche, tutto considerato, essi non<br />

guadagnano ad esser conosciuti piu da vicino; si sa piuttosto che, eccettuata qualche rara<br />

probabilita favorevole, non s fincontreranno nella natura umana se non esemplari molto<br />

difettosi che e meglio non toccare. Non si e piu esposti alle illusioni ordinarie, si vede a<br />

colpo d focchio cio che un uomo vale, e non si provera che molto di rado la voglia di entrare<br />

in piu intimi rapporti con lui. Infine, quando nella vita solitaria si riconosce un famica<br />

d finfanzia, l fabitudine dell fisolamento e del commercio con se stesso prende piede, e<br />

diventa una seconda natura. Percio l famor della solitudine, qualita che fino a quel punto<br />

bisognava conquistare con la lotta contro l fistinto della socialita; e ormai semplice e<br />

naturale; si sta perfettamente bene da soli come il pesce nell facqua. Ogni uomo superiore,<br />

quindi, che ha un findividualita non somigliante all faltrui, e che per conseguenza occupa un<br />

posto a parte, si sentira beato da vecchio in tale posizione interamente isolata, benche abbia<br />

potuto trovarsene infastidito durante la sua gioventu.<br />

Certamente ciascuno non possedera la sua parte di questo privilegio reale dell feta se<br />

non nella misura delle sue forze intellettuali; si e dunque lo spirito eminente che lo<br />

acquistera prima d fogni altro, ma ad un grado minore tutti vi arriveranno. Non v fha che le<br />

nature le piu povere e le piu volgari che saranno nella vecchia eta cosi socievoli come per lo


innanzi: esse stanno allora a carico di quella societa a cui non sono piu adatte; ma tutt fal piu<br />

arriveranno a farsi tollerare, e non saranno mai cercate come altre volte.<br />

Si puo ancora trovare un lato teleologico in questo rapporto inverso di cui or ora<br />

tenemmo parola, tra il numero degli anni e il grado di socialita. Quanto piu l fuomo e<br />

giovane tanto piu ha da imparare ancora in tutte le direzioni; ora la natura non gli ha<br />

riservato che quel mutuo insegnamento che ciascheduno riceve dalle relazioni co f suoi<br />

simili, quell finsegnamento reciproco per cui la societa umana potrebbe chiamarsi una<br />

grande casa d feducazione Bell-Lancasteriana, visto che i libri e le scuole sono istituzioni<br />

artificiose, ben lontane dal piano della natura. E molto utile all fuomo il frequentare l fistituto<br />

naturale di educazione tanto piu assiduamente quanto piu e giovane.<br />

áNihil est ab omni parte beatum â<br />

non v fha in questa vita beatitudine perfetta, dice Orazio, e áNessun loto senza stelo â ripete<br />

un proverbio indiano; similmente la solitudine a lato di tanti vantaggi ha pure i suoi leggeri<br />

inconvenienti e i suoi piccoli fastidi, che pero sono minimi riguardo a quelli della societa, a<br />

tal punto che colui il quale ha un valore proprio, trovera sempre cosa piu facile far senza<br />

degli uomini, piuttostoche mantenersi in relazione con essi. Fra gl finconvenienti ve n fha<br />

uno del quale non si puo facilmente rendersi conto come degli altri; ed e il seguente: nello<br />

stesso modo che a forza di starsene continuamente in una camera il nostro corpo diventa<br />

cosi sensibile ad ogni impressione esterna che la piu piccola corrente d faria lo colpisce<br />

morbosamente, cosi il nostro umore si fa talmente sensibile nella solitudine e<br />

nell fisolamento prolungato che ci sentiamo inquieti, afflitti od offesi dai fatti piu<br />

insignificanti, da una parola, fors fanco dalla semplice apparenza, mentre chi e<br />

costantemente in mezzo al tumulto del mondo non presta affatto attenzione a tali bagattelle.<br />

76<br />

Potrebbe darsi che un uomo, specialmente in gioventu, e ad onta che la giusta<br />

avversione per i suoi simili l fabbia gia fatto fuggire di sovente nell fisolamento, non sappia<br />

a lungo andare sopportarne il vuoto; io gli consiglio di abituarsi a portar seco nella societa<br />

una parte della sua solitudine; apprenda cosi ad esser solo, fino ad un certo punto, anche fra


la gente, per conseguenza non comunichi subito agli altri cio che pensa, d faltra parte non<br />

annetta troppo valore a cio che dice il mondo, e meglio ancora non si aspetti da esso gran<br />

cosa, sia dal lato morale sia dall fintellettuale, e quindi attenda a fortificare in se questa<br />

indifferenza riguardo all fopinione altrui, mezzo sicurissimo per praticare costantemente una<br />

lodevole tolleranza. In siffatta guisa, benche in mezzo agli uomini, ei non sara interamente<br />

nella loro societa, ed avra riguardo ad essi un fattitudine piu puramente oggettiva, cio che lo<br />

proteggera contro un contatto troppo intimo colla gente, e quindi contro ogni<br />

contaminazione, e meglio ancora contro ogni offesa. Esiste una descrizione drammatica<br />

degna di nota d funa tale societa attorniata da barriere e da trinceramenti, nella commedia<br />

áEl cafe, o sea la comedia nueva â di Moratin; la si trovera nel personaggio di Don Pedro,<br />

sopratutto nelle scene 2a e 3a del primo atto.<br />

In quest fordine d fidee possiamo paragonare la societa ad un fuoco innanzi a cui il<br />

saggio si riscalda senza pero toccarlo come fa il pazzo il quale, dopo essersi scottato, fugge<br />

nella fredda solitudine e si lamenta perche il fuoco brucia.<br />

10 ‹ L finvidia e naturale all fuomo, e tuttavia costituisce in un tempo stesso un vizio ed<br />

un finfelicita34. Dobbiamo dunque considerarla come un nemico della nostra felicita, e<br />

cercar di soffocarla come un cattivo demone. Seneca ce lo comanda con queste belle parole:<br />

áLe cose nostre ci dilettano senza confronto: non sara mai felice quegli a cui dara<br />

angoscia il desio di maggior bene â (De ira, III, 30). Ed altrove: áQuando poni mente a<br />

quanta gente ti precede, pensa pure a quanta gente sta dietro di te â (Ep. 15); bisogna<br />

dunque considerare piuttosto coloro la cui condizione e peggiore della nostra che non quelli<br />

che ci pare stieno meglio di noi. Quando ci colpiscono disgrazie reali, la consolazione piu<br />

efficace, quantunque derivata dalla stessa sorgente dell finvidia, sara la vista di mali piu<br />

grandi dei nostri, ed a lato di cio il frequentare persone che si trovino nello stesso caso<br />

nostro, i nostri compagni di sventura.<br />

Ecco quanto sul lato attivo dell finvidia. Circa il lato passivo havvi da osservare che<br />

nessun odio e cosi implacabile come l finvidia; percio invece d fesser incessantemente<br />

occupati ad eccitarla, faremmo assai meglio di rifiutarci, come molti altri, anche questo


piacere, viste le sue funeste conseguenze.<br />

Si danno tre aristocrazie: la quella della nascita e del rango; 2a quella del danaro; 3a<br />

quella dello spirito. Quest fultima e realmente la piu nobile, e si fa anche conoscere per tale<br />

dato che gliene si lasci il tempo: lo stesso Federico il Grande non ha detto: áLe anime<br />

privilegiate stanno al medesimo livello dei sovrani â? Egli indirizzava queste parole al suo<br />

maresciallo di Corte, il quale si trovava offeso perche Voltaire era chiamato a prender posto<br />

in una tavola riservata unicamente ai sovrani ed ai principi della famiglia, mentre i ministri<br />

ed i generali pranzavano a parte con lui. Ognuna di queste aristocrazie e attorniata da<br />

un farmata speciale d finvidiosi, segretamente stizziti contro ciascuno de f suoi membri, ed<br />

occupati, quando credono non aver da temere, a fargli capire in tutti i modi: áTu non sei<br />

niente piu di noi â. Ma tali sforzi tradiscono precisamente la loro convinzione del contrario.<br />

La linea di condotta che devono scegliere gl finvidiati consiste nel tenere a distanza tutti<br />

coloro che compongono tali bande, e nell fevitare qualunque contatto con essi in modo da<br />

restarne separati da un largo abisso; quando la cosa non e fattibile devono tollerare colla<br />

maggior calma possibile gli sforzi dell finvidia, la cui sorgente si trovera cosi esaurita.<br />

Questo e quanto vediamo succedere ogni giorno. In cambio, i membri di una delle<br />

aristocrazie nominate s fintenderanno ordinariamente molto bene e senza provar invidia<br />

34 L finvidia, negli uomini, dimostra quanto si sentono infelici, e la continua attenzione che portano a tutto<br />

cio che fanno o non fanno gli altri, prova quanto si annojano. (Nota dell fAutore).<br />

77<br />

colle persone che fanno parte d fognuna delle altre due, e questo perche ciascheduno mette<br />

nella bilancia il proprio merito come equivalente a quello degli altri.<br />

11 ‹ E necessario meditare maturatamente ed a molte riprese un progetto avanti di<br />

metterlo in esecuzione, e, dopo averlo pesato scrupolosamente, bisogna pure calcolare la<br />

parte debole per l finsufficienza di ogni sapere umano; visti i limiti delle nostre cognizioni,<br />

possono sempre esservi circostanze che e stato impossibile scrutare o prevedere, e che<br />

potrebbero venir ad alterare il risultato di tutte le nostre speculazioni. Tale riflessione<br />

mettera sempre un peso nel piatto negativo della bilancia, e ci portera negli affari importanti


a non muover cosa senza necessita: áQuieta non movere. â Ma, una volta presa la decisione<br />

e messo mano all fopera, quando ogni cosa puo seguire il suo corso, e quando noi non<br />

abbiamo piu che da aspettare il risultato, non bisogna ormai tormentarsi con replicate<br />

considerazioni su cio che e fatto, e con sempre nuove inquietudini sui possibili pericoli; e<br />

necessario invece scaricarsi completamente lo spirito da tale affare, chiudere affatto questo<br />

scompartimento del pensiero, e rimaner tranquilli nella convinzione d faver tutto pesato<br />

maturamente a suo tempo. Cio e quanto consiglia pure di fare il proverbio italiano: áLegala<br />

bene e poi lasciala andare35 â. Se, ad onta di tutto, l fesito non corrisponde, si e perche tutte<br />

le cose umane sono soggette alla sorte ed all ferrore. Socrate, il piu saggio degli uomini,<br />

aveva bisogno d fun demone tutelare per discernere il vero, od almeno per evitare il falso<br />

ne f suoi affari personali; non e questa una prova che la ragione umana non vi basta? Percio<br />

questa sentenza, attribuita ad un papa, che siamo noi stessi, almeno in parte, colpevoli delle<br />

disgrazie che ci colpiscono, non e vera, ne sempre, ne senza riserve, quantunque lo sia nella<br />

maggior parte dei casi. Si e un tal sentimento che sembra condurre gli uomini a nascondere<br />

per quanto e possibile i loro mali, ed a cercare, come meglio possono riuscirvi, di<br />

aggiustarsi un aspetto soddisfatto. Essi temono che la sventura sia attribuita alla colpa.<br />

12. ‹ In faccia d fun avvenimento funesto, gia compito, che per conseguenza non si<br />

puo piu modificare, bisogna non abbandonarsi nemmeno all fidea che forse avrebbe potuto<br />

succedere altrimenti, e meno ancora riflettere a quanto avrebbe avuto la possibilita di<br />

stornarlo; perocche si e questo precisamente che porta la gradazione del dolore fino al<br />

punto in cui diviene insopportabile, e fa dell fuomo un á.ƒ¿ƒÒƒÑƒÍƒËƒÑƒÇƒÊƒÍ ƒÏƒÍƒÒƒÊƒÃƒËƒÍ. â.<br />

Facciamo piuttosto come il re Davide, che assediava incessantemente Jehova con preghiere<br />

e suppliche durante la malattia di suo figlio, e che, non appena questi fu morto, fece<br />

scoppiettare le dita e non vi penso piu oltre. Colui che non ha un carattere abbastanza<br />

leggero per condursi nello stesso modo, deve rifugiarsi sul terreno del fatalismo, e<br />

convincersi pienamente di quest falta verita che tutto quello che succede, succede<br />

necessariamente, dunque e inevitabile.<br />

Tuttavia questa regola non ha valore che in un solo senso. Essa giova a consolarci ed


a calmarci immediatamente in caso di sventura; ma quando, come avviene piu di sovente,<br />

devesi attribuire la colpa, almeno in parte, alla nostra negligenza od alla nostra temerita,<br />

allora la meditazione ripetuta e dolorosa dei mezzi che avrebbero potuto prevenire il<br />

funesto avvenimento e una mortificazione salutare, propria a servirci di lezione e di<br />

ammendamento per l favvenire. Sopratutto non bisogna cercar di scusare, colorire o<br />

impiccolire ai propri occhi i falli di cui si e colpevoli evidentemente; e necessario<br />

confessarseli e presentarseli in tutta la loro estensione, allo scopo di poter prendere la ferma<br />

decisione di evitarli in seguito. E vero pero che cosi si viene a procurarsi il dolorosissimo<br />

sentimento della scontentezza di se, ma ál fuomo impunito non s finstruisce. â<br />

13. ‹ In tutto cio che concerne la nostra felicita o la nostra miseria bisogna imbrigliare<br />

la fantasia: quindi, anzitutto non fabbricare castelli in aria: essi ci costano troppo cari,<br />

perocche ci e forza, subito dopo, demolirli con molti sospiri. Ma dobbiamo guardarci ben di<br />

piu dal darci angoscia rappresentandoci vivacemente mali che sono solamente possibili.<br />

35 In italiano nell foriginale.<br />

78<br />

Che se essi poi fossero completamente immaginari od anche possibili solo in una<br />

eventualita molto lontana, sapremmo immediatamente al nostro svegliarci da tal sogno, che<br />

tutto questo non era che illusione; in conseguenza ci sentiremmo assai piu contenti della<br />

realta che si trova esser migliore, e ne trarremmo forse avvertimento per accidenti lontani,<br />

quantunque possibili. Ma la nostra fantasia non gioca facilmente con simili immagini; essa<br />

non fabbrica mai per puro divertimento se non prospettive ridenti. La stoffa de f suoi sogni<br />

foschi e fornita dai mali che, quantunque lontani, ci minacciano effettivamente in una certa<br />

misura; ecco gli oggetti che essa ingrandisce, ecco gli oggetti di cui avvicina la possibilita<br />

alla verita e che dipinge coi colori piu terribili. Allo svegliarci, non possiamo scuotere un<br />

tal sogno come facciamo delle visioni ridenti, perche queste sono smentite senza indugio<br />

dalla realta, e non lasciano dietro di se che una debole speme di realizzazione. In cambio,<br />

quando ci abbandoniano ad idee nere (blue devils), avviciniamo immagini che non si<br />

staccano da noi tanto facilmente, perocche la possibilita dell favvenimento, in generale, e


vera, e noi non siamo sempre in istato di misurarne con esattezza il grado; essa allora si<br />

trasforma ben presto in probabilita ed eccoci cosi in preda all finquietudine. Si e per questo<br />

che dobbiamo considerare cio che interessa il nostro bene o la nostra infelicita coi soli occhi<br />

della ragione e del raziocinio; bisogna riflettere prima seccamente e freddamente, e poi non<br />

operare che su nozioni ed in abstracto. L fimmaginazione non deve entrar in giuoco, perche<br />

non sa giudicare; essa non puo che presentare agli occhi immagini che commuovono<br />

l fanima senza vero motivo, e spesso molto dolorosamente. Si e alla sera che questa regola<br />

dovrebbe essere piu strettamente osservata. Perocche se l foscurita ci rende paurosi e ci fa<br />

veder da per tutto figure spaventevoli, l findecisione delle idee, che le e analoga, produce lo<br />

stesso risultato; infatti l fincertezza genera la mancanza di sicurezza: percio gli oggetti della<br />

nostra meditazione, quando riguardano i nostri interessi, prendono facilmente di sera<br />

un fapparenza minacciosa e diventano spauracchi; a quell fora la fatica ha rivestito lo spirito<br />

ed il raziocinio d foscurita soggettiva, l fintelletto e accasciato e áƒÆƒÍƒÏƒÒƒÀƒÍƒÒƒÊƒÃƒËƒÍ. â (turbato), e<br />

non e capace d fun esame profondo. Questo succede piu di sovente la notte, a letto; lo spirito<br />

essendo interamente allentato, il raziocinio non ha piu la sua piena potenza d fazione,<br />

mentre la fantasia e ancora attiva. La notte allora copre ogni essere ed ogni cosa della sua<br />

tinta fosca. Quindi i nostri pensieri, nel momento d faddormentarci o se ci svegliamo<br />

durante la notte, ci fanno apparire gli oggetti sfigurati ed inverosimili come in sogno; li<br />

vedremo cosi tanto piu neri e terribili quanto piu riguardano davvicino circostanze<br />

personali. Al mattino tali spauracchi svaniscono, proprio come i sogni: e quanto significa il<br />

proverbio spagnuolo: Noche tinta, blanco ed dia (La notte e colorata, bianco il giorno). Ma<br />

di sera, non appena e acceso il lume, la ragione, del pari dell focchio, vede meno<br />

chiaramente che nel giorno; percio quell fora non e favorevole a meditazioni su soggetti<br />

seri, e specialmente su soggetti spiacevoli. Si e il mattino favorevole a cio, come in<br />

generale, senza eccezione, ad ogni lavoro: lavoro dell fintelletto o lavoro manuale. Perche il<br />

mattino e la giovinezza del giorno: tutto e gaio, fresco e facile al mattino e noi ci sentiamo<br />

vigorosi in quell fora, e possiamo disporre di tutte le nostre facolta. Non bisogna abbreviarlo<br />

levandosi tardi, ne sprecarlo in occupazioni od in discorsi volgari; ma invece e necessario


considerarlo come la quintessenza della vita e, per cosi dire, come qualche cosa di sacro. In<br />

cambio la sera e la vecchiezza del giorno: noi siamo abbattuti, ciarlieri e storditi. Ciascun<br />

giorno e una piccola vita, lo svegliarsi e l falzarsi una piccola nascita, ogni fresco mattino<br />

una piccola giovinezza, e il coricarsi colla sua notte di sonno una piccola morte.<br />

Ma, generalmente parlando, lo stata di salute, il sonno, il cibo, la temperatura, il<br />

tempo, l fambiente, e mille altre condizioni esterne influiscono considerevolmente sulla<br />

nostra disposizione, e questa, a sua volta, sui nostri pensieri. Ne viene che il nostro modo di<br />

considerar le cose, come pure l fattitudine a produrre qualche opera, sono fino ad un certo<br />

punto subordinate al tempo ed anche al luogo. Goethe ha detto: áAfferrate la buona<br />

disposizione perocche essa viene di rado â. Non e solo per le concezioni oggettive e per i<br />

79<br />

pensieri originali che ci e necessario attendere se e quando piaccia loro di venir a noi, ma<br />

anche la meditazione profonda d funa faccenda personale non riesce mai nell fora fissata<br />

precedentemente e nel momento in cui vogliamo dedicarvici; essa pure sceglie da se il suo<br />

tempo, e lo fa quando una conveniente figliazione delle idee si sviluppa spontanea, e<br />

quando possiamo seguirla con intera efficacia.<br />

Per meglio tener in freno la fantasia, come noi lo raccomandiamo, occorre non<br />

permetterle di ricordare e di colorire vivamente i torti, i danni, le perdite, le offese, le<br />

umiliazioni, le vessazioni, ecc., subite per lo passato, perocche con questo agitiamo<br />

nuovamente l findegnazione, la collera, e tante altre odiose passioni assopite da lungo<br />

tempo, passioni che tornano ad imbrattare l fanima nostra. Secondo un bel confronto del<br />

neoplatonico Proclo, come in ogni citta a lato dei nobili e della gente civile s fincontra la<br />

plebaglia d fogni specie (ƒÍƒÔƒÉƒÍ.), cosi in qualunque uomo, fosse pure il piu nobile ed il piu<br />

eminente, si trova l felemento basso e volgare della natura umana, anzi qualche volta si<br />

potrebbe dire della natura bestiale. Questa plebaglia non deve esser eccitata al tumulto; ne<br />

bisogna permetterle di mostrarsi alla finestra, perche la vista ne e molto brutta. Ora quelle<br />

produzioni della fantasia, di cui parlammo adesso, sono i demagoghi del popolaccio.<br />

Aggiungiamo che la piu piccola contrarieta, provenga pure dagli uomini o dalle cose, se ci


occuperemo costantemente a ruminarla ed a dipingerla sotto colori vistosi ed a grossa scala,<br />

puo ingrandirsi fino a diventare un mostro che ci faccia perdere il senno. E necessario<br />

invece accogliere molto prosaicamente e molto freddamente tutto cio che e dispiacevole<br />

allo scopo di affliggersene il meno possibile.<br />

Nella stessa guisa che gli oggetti piccoli tenuti troppo da presso all focchio<br />

diminuiscono il campo della visione e nascondono il mondo, cosi gli uomini e le cose che<br />

ci contornano piu da vicino, quand fanche fossero dappoco ed indifferenti al piu alto grado,<br />

occuperanno spesso la nostra attenzione ed i nostri pensieri al di la d fogni convenienza, e<br />

svieranno idee ed affari d falta importanza. Conviene reagire contro una tale tendenza.<br />

14. ‹ Alla vista di beni che noi non possediamo, ci diciamo molto volentieri: áAh! se<br />

questa cosa fosse mia! â ed un tal pensiero ce ne rende sensibile la privazione. Invece<br />

dovremmo spesso domandarci: áChe succederebbe se questa cosa non mi appartenesse? â<br />

Con cio intendo che dovremmo qualche volta sforzarci d fimmaginare i beni che<br />

possediamo come ci apparirebbero dopo averli perduti; e parlo dei beni d fogni specie:<br />

ricchezze, salute, amico, amante, sposa, figlio, cavallo e cane, perocche il piu di sovente si<br />

e la perdita delle cose che ce ne insegna il valore. Al contrario il metodo che<br />

raccomandiamo avra per primo risultato di fare che il loro possesso ci rendera<br />

immediatamente piu felice che per lo avanti, ed in secondo luogo c findurra a premunirci<br />

con tutti i mezzi contro la loro perdita; sicche non rischieremo i nostri averi, non irriteremo<br />

gli amici, non esporremo alla tentazione la fedelta della moglie, avremo la massima cura<br />

della salute dei figli, e cosi di seguito. Noi cerchiamo spesso di rallegrare la tinta smorta del<br />

presente con speculazioni sulla possibilita di buona fortuna, ed immaginiamo ogni sorta di<br />

speranze chimeriche ciascuna delle quali e piena di delusioni; percio queste non mancano di<br />

arrivare non appena le speranze vengono a rompersi contro la dura realta. Bisognerebbe<br />

piuttosto sceglier per tema delle nostre speculazioni la cattiva sorte; cio che ci porterebbe a<br />

prendere disposizioni allo scopo di allontanarla, e ci procurerebbe talora gradite sorprese<br />

quando essa non si realizza. Non si e forse piu allegri dopo sortiti da qualche angoscia? E<br />

anche salutare rappresentarci in mente certe grandi sventure che potrebbero eventualmente


venire a colpirci; questo giovera a farci sopportare piu facilmente mali meno gravi quando<br />

in fatto siano su di noi, perocche allora ci consoliamo ritornando col pensiero su quelle<br />

disgrazie ben piu terribili che non si sono realizzate. Ma praticando questa regola bisogna<br />

aver cura di non trascurare la precedente.<br />

15. ‹ Gli avvenimenti e gli affari che ci risguardano si producono e si succedono<br />

isolatamente, senza ordine, e senza mutuo rapporto, in sorprendente contrasto gli uni cogli<br />

80<br />

altri, e senza altro legame che quello di riferirsi a noi; ne risulta che i pensieri e le cure<br />

necessarie dovrebbero essere altrettanto nettamente distinte, al fine di corrispondere agli<br />

interessi che le hanno provocate. In conseguenza quando intraprendiamo una cosa, bisogna<br />

condurla a termine facendo astrazione da qualunque altro affare, allo scopo di compiere,<br />

gustare o subire ogni cosa a suo tempo senza cure moleste di tutto il resto; dobbiamo avere<br />

nei nostri pensieri, per cosi dire, degli scompartimenti per non aprirne che un solo mentre<br />

gli altri resteranno chiusi. Vi troveremo il vantaggio di non guastare ogni piccolo piacere<br />

attuale e di non perdere il riposo per la preoccupazione di qualche grande affanno;<br />

guadagneremo ancora perche un pensiero non ne cacciera un altro, e perche la cura d fun<br />

affare importante non ce ne fara dimenticare molti di piccoli, ecc. Ma sopratutto l fuomo<br />

capace di pensieri nobili ed elevati non deve lasciare che il suo spirito sia assorbito dagli<br />

affari personali e preoccupato da basse cure al punto che sia chiuso l faccesso alle piu alte<br />

meditazioni, perocche sarebbe veramente ápropter vitam, vivendi perdere causas â (per la<br />

vita perdere le cause del vivere). E indubitato che per far eseguire al nostro spirito tutte<br />

queste manovre e contromanovre ci abbisogna, come in molte altre circostanze, esercitare<br />

una violenza su noi stessi; tuttavia dovremmo attingerne la forza nella riflessione che<br />

l fuomo subisce dal mondo esterno numerose e potenti tirannie alle quali nessuna esistenza<br />

puo sottrarsi, ma che un piccolo sforzo esercitato su se stessi ed applicato a tempo e luogo<br />

opportuno, puo ovviare sovente ad una grande pressione esterna; allo stesso modo nel<br />

cerchio un piccolo taglio vicino al centro corrisponde ad un fapertura talvolta centupla alla<br />

periferia. Nessuna cosa ci sottrae alla tirannia del di fuori meglio della nostra soggezione a


noi stessi: ecco il significato della sentenza di Seneca: áSe vuoi che le cose tutte sieno a te<br />

sottomesse, sottometti te stesso alla ragione â (Ep. 37). Inoltre una tale soggezione a noi<br />

stessi e sempre in nostro potere, e in un caso estremo, o quando essa posasse sovra il punto<br />

piu sensibile, noi abbiamo la facolta di rallentarla un poco, mentre la pressione esterna non<br />

ci risparmia mai, ed e per noi senza riguardi e senza pieta. Per cio e cosa saggia prevenir<br />

questa con quella.<br />

16. ‹ Limitare i propri desideri, frenare le brame, domare la collera, ricordandoci<br />

incessantemente che ogni individuo non puo conseguir mai se non una parte infinitamente<br />

piccola di cio che e desiderabile, e che in cambio mali senza fine devono colpire tutti gli<br />

umani; in una parola ჿƒÎƒÃƒÔƒÃƒÇƒË ƒÈƒ¿ƒÇ ƒ¿ƒËƒÃƒÔƒÃƒÇƒË, abstinere et sustinere â (contenersi e<br />

sostenersi),<br />

ecco la regola senza l fosservanza della quale ne ricchezza ne potere potranno impedirci di<br />

sentire la nostra miserabile condizione. Orazio disse in proposito: áIn ogni cosa leggi ed<br />

interroga i dotti; in tal modo cerca di condur vita felice, affinche non ti agiti e non ti strazi<br />

la cupidigia sempre povera, oppure il timore e la speranza di cose invero mediocremente<br />

utili â. (Ep. I, 18, 96-99).<br />

17. ‹ ƒ­ ƒÀƒÇƒÍ. .ƒË ƒÑƒÅ ƒÈƒÇƒËƒÅƒÐƒÃƒÇ .ƒÐƒÑƒÇ, la vita sta nel movimento, ha detto con ragione<br />

Aristotele: come la nostra vita fisica consiste unicamente nel movimento, cosi la nostra vita<br />

interna, intellettuale, richiede un foccupazione costante, un foccupazione in qualunque cosa,<br />

sia per mezzo dell fazione, sia per mezzo del pensiero; ecco quanto prova quella mania che<br />

ha la gente oziosa di mettersi a stamburare colle dita o col primo oggetto che cade loro sotto<br />

mano. L fagitazione infatti e l fessenza della nostra vita; una inazione completa diviene ben<br />

presto insopportabile perocche genera la noia piu orribile. E regolando tale istinto si puo<br />

soddisfarlo metodicamente e con piu frutto. L fattivita e indispensabile per esser felici; e<br />

necessario che l fuomo agisca, che compia, se cio gli e possibile, qualche lavoro, od almeno<br />

che impari qualche cosa; le sue forze domandano il loro impiego ed egli stesso non chiede<br />

che di vederle produrre un risultato qualsiasi. In questo rapporto la sua soddisfazione piu<br />

grande consiste nel lavorare a qualche cosa, paniere o libro; ma cio che gli apporta una


felicita immediata si e il vedere, giorno per giorno, crescere l fopera propria sotto le mani<br />

facendosi grado a grado piu perfetta. Una creazione artistica, uno scritto od anche un<br />

semplice lavoro manuale producono interamente questo effetto; bene inteso che quanto piu<br />

81<br />

la natura dell fopera e nobile tanto piu il piacere e elevato. A questo riguardo i piu felici<br />

sono gli uomini altamente dotati che si sentono capaci di produrre le opere piu importanti,<br />

piu grandiose e piu fortemente ragionate. Cio sparge su tutta la loro esistenza un interesse<br />

d fordine superiore e le comunica un sapere che fa difetto negli altri uomini; ne viene che la<br />

vita di questi ultimi e insipida in confronto dell faltra. Infatti per le persone eminenti la vita<br />

ed il mondo, a lato dell finteresse comune, materiale, ne hanno un altro piu elevato e<br />

formale, che e quello di contenere la stoffa delle loro opere; si e quindi a raccoglier questi<br />

materiali che esse attivamente si occupano durante il corso del viver loro, non appena la<br />

loro parte di miserie terrestri le lascia un momento in riposo. Il loro intelletto e anche, fino<br />

ad un certo punto, doppio: una parte giova per gli affari ordinari (oggetti della volonta) e<br />

somiglia a quella comune a tutti; l faltra invece serve per la concezione puramente oggettiva<br />

delle cose. Questi uomini vivono cosi d funa vita doppia, spettatori ed attori in una volta,<br />

mentre gli altri non sono che attori. Bisogna tuttavia che ciascheduno si occupi in qualche<br />

cosa, nella misura delle sue facolta. Si puo constatare l finfluenza perniciosa dell fassenza<br />

d fattivita regolare, d fun lavoro qualsiasi, durante i lunghi viaggi di piacere, quando di<br />

tempo in tempo ci sentiamo infelici per la sola ragione che, privati di qualunque<br />

occupazione reale, ci troviamo, per cosi dire, strappati dal nostro elemento naturale.<br />

Faticare e lottare contro le resistenze e un bisogno per l fuomo, come per la talpa scavar<br />

buchi. L fimmobilita che sarebbe prodotta dalla soddisfazione completa d fun godere<br />

continuo gli riescirebbe insopportabile. Vincere gli ostacoli costituisce il colmo del piacere<br />

nell fesistenza umana, sieno gli ostacoli di natura materiale come nell fazione e<br />

nell fesercizio, oppure si riferiscano allo spirito come nello studio e nelle ricerche: si e la<br />

lotta e la vittoria che rendono l fuomo felice. Se l foccasione gli manca, ei se la crea come<br />

puo: secondo lo comporta la sua individualita andra a caccia o giuochera alla trottola,


oppure, spinto dall finclinazione inconscia della sua natura, suscitera contese, ordira intrighi,<br />

macchinera inganni o non importa quale altra disonesta, al solo scopo di mettere un termine<br />

allo stato d fimmobilita che non puo sopportare. áDifficilis in otio quies â (E difficile la<br />

calma nell fozio).<br />

18. ‹ Non sono le immagini della fantasia, ma nozioni nettamente concette che<br />

bisogna prendere per guida nei propri lavori. Il contrario succede molto di frequente. Bene<br />

esaminando, si scorge che cio che nelle nostre determinazioni viene in ultima istanza a<br />

render decisiva la sentenza, non sono ordinariamente le nozioni ed i giudici, ma lo e bensi<br />

un fimmagine della fantasia che le rappresenta e le sostituisce. Non so piu in quale romanzo<br />

di Voltaire o di Diderot la virtu appare sempre all feroe, posto come Ercole adolescente al<br />

bivio della vita, sotto l faspetto del suo vecchio ajo che moralizza tenendo la tabacchiera<br />

nella mano sinistra ed una presa di tabacco nella destra; il vizio invece colle sembianze<br />

della cameriera di sua madre. Si e particolarmente durante la giovinezza che lo scopo della<br />

nostra felicita si fissa sotto la forma di certe immagini che volteggiano davanti noi e che<br />

persistono spesso durante la meta, e qualche volta durante tutto il corso della vita. Sono<br />

esse veri folletti che ci tormentano, perche appena raggiunte svaniscono e l fesperienza<br />

viene ad insegnarci che non mantengono affatto cio che promettevano. Di questo genere<br />

sono le scene speciali della vita domestica, civile, sociale o rurale, le idee sull fabitazione e<br />

sulla nostra societa, le decorazioni cavalleresche, le testimonianze di rispetto, ecc., ecc.;<br />

áchaque fou a sa marotte â36 (ogni pazzo ha la sua impresa); anche l fimmagine<br />

dell finnamorata ne e una. E ben naturale che sia cosi, perocche cio che si vede, essendo<br />

l fimmediato, agisce sulla nostra volonta piu facilmente della nozione, il pensiero astratto,<br />

che non da che il generale senza il particolare; ora e proprio quest fultimo che contiene il<br />

reale: la nozione non puo dunque agire sulla volonta se non mediatamente. E tuttavia non<br />

v fha che la nozione che mantenga quanto promette: e quindi prova di coltura intellettuale<br />

36 In francese nell foriginale. Si veda a proposito di questo motto la nota a pag. 10. (Nota del Trad.) . (Nota<br />

2 nella presente edizione elettronica Manuzio)<br />

82


porre in essa sola tutta la propria fede. Di tratto in tratto si fara certamente sentire il bisogno<br />

di dare una spiegazione o di fare una parafrasi col mezzo di qualche immagine, ma soltanto<br />

ácum grano salis. â<br />

19. ‹ La regola precedente fa parte di quest faltra massima piu generale che bisogna<br />

sempre saper dominare l fimpressione di tutto cio che e presente e visibile. Questo in<br />

riguardo al semplice pensiero, alla conoscenza pura, e incomparabilmente piu forte, non in<br />

virtu della materia e del valore, che sono spesso insignificanti, ma in virtu della forma, vale<br />

a dire della visibilita e dell fattualita diretta le quali penetrando nello spirito ne turbano il<br />

riposo o ne rendono incerte le risoluzioni. Infatti ciocche e presente, ciocche e visibile,<br />

potendo facilmente esser abbracciato d funo sguardo, agisce sempre d fun colpo solo, e con<br />

tutta la sua potenza; invece i pensieri e le ragioni, dovendo esser meditate pezzo per pezzo,<br />

richiedono e tempo e tranquillita, e non possono essere ad ogni momento ed interamente<br />

presenti allo spirito. Si e per questo che una cosa gradevole a cui la riflessione ci ha fatto<br />

rinunziare ci alletta ancora colla sua vista; cosi pure una opinione di cui conosciamo<br />

l fassoluta incompetenza tuttavia ci offende; un oltraggio ci irrita benche sappiamo che esso<br />

non merita se non disprezzo, nello stesso modo dieci ragioni contro l fesistenza d fun<br />

pericolo, sono vinte dalla falsa apparenza della sua comparsa, ecc. In tutte queste<br />

circostanze prevale la irragionevolezza originale del nostro essere. Le donne sono ben di<br />

frequente soggette a tali impressioni, e pochi uomini hanno una ragione abbastanza<br />

preponderante per non aver a soffrire dai loro effetti. Quando non possiamo dominarle<br />

interamente col solo pensiero, cio che di meglio possiamo fare si e di neutralizzare<br />

un fimpressione coll fimpressione contraria: per esempio l fimpressione di un foffesa con<br />

visite alle persone che ci stimano, l fimpressione di un pericolo che ci minaccia colla vista<br />

reale dei mezzi propri ad allontanarlo. Un italiano, di cui Leibnitz ci racconta la storia,<br />

(Saggi critici, L. I, c. II, ˜ 11), riesci perfino a resistere ai dolori della tortura: a cio, con<br />

ferma risoluzione presa prima, impose alla sua immaginazione di non perdere di vista un<br />

solo istante la figura della forca a cui lo avrebbe senza dubbio condannato qualunque sua<br />

confessione; sicche ei gridava di tratto in tratto: áTi vedo â, parole che, come spiego piu


tardi, si riferivano al patibolo. Per la stessa ragione quando tutti intorno a noi sono<br />

d fun fopinione differente della nostra e si conducono conseguentemente ad essa, e difficile<br />

non lasciarsi smuovere dalle nostre idee quand fanche si fosse convinti che gli altri sono<br />

nell ferrore. Per un re fuggitivo, inseguito e che viaggia seriamente incognito, il cerimoniale<br />

di ossequio che il suo compagno e confidente osservera quando sono a quattr focchi deve<br />

essere un cordiale quasi indispensabile perche lo sventurato non giunga a dubitare della sua<br />

stessa esistenza.<br />

20. ‹ Dopo aver fatto spiccare fino dal secondo capitolo l falto valore della salute come<br />

condizione prima, ed importantissima fra tutte, della nostra felicita, voglio indicare alcune<br />

regole di condotta molto generali per conservarla e fortificarla.<br />

Per farsi robusti e necessario, finche si e in buona salute, sottoporre il corpo nel suo<br />

insieme, come pure in ciascuna delle sue parti, a sforzi ed a fatiche, e abituarsi a resistere a<br />

tutto quello che puo male impressionarlo, per quanto bruscamente cio possa succedere. Non<br />

appena, invece, si manifesta uno stato morboso sia del tutto, sia d funa parte, si dovra<br />

ricorrere immediatamente al procedimento contrario, vale a dire risparmiare e curare in<br />

ogni maniera il corpo o la parte malata: perocche chi e sofferente o snervato non e<br />

suscettibile di esser aspramente invigorito.<br />

I muscoli si fortificano; al contrario i nervi s findeboliscono per un forte uso.<br />

Conviene dunque esercitare i primi con tutti gli sforzi convenienti e risparmiare invece<br />

qualunque sforzo ai secondi; in conseguenza difendiamo gli occhi dalla luce troppo viva<br />

specialmente quando e riflessa, dalla fatica della semioscurita e del guardare a lungo oggetti<br />

troppo piccoli; preserviamo egualmente le orecchie dagli strepiti troppo forti, ma sopratutto<br />

evitiamo al cervello qualunque applicazione forzata, sostenuta troppo a lungo od<br />

83<br />

intempestiva; lo si lasci quindi riposare durante la digestione perocche allora quella stessa<br />

forza vitale che, nella testa, forma i pensieri, lavora con tutti i suoi sforzi nello stomaco e<br />

negli intestini a preparare il chimo ed il chilo; esso deve egualmente riposare durante e<br />

dopo un lavoro muscolare considerevole. Perocche per i nervi motori come per i nervi


sensitivi le cose procedono nello stesso modo, e, come il dolore provato in un membro leso<br />

ha la vera sua sede nel cervello, cosi non sono le braccia e le gambe che faticano e<br />

camminano, ma il cervello, cioe quella parte di esso che, per mezzo della midolla allungata<br />

e della midolla spinale, eccita i nervi di questi membri e li fa muovere. Percio la fatica che<br />

proviamo alle gambe od alle braccia ha la sua sede reale nel cervello; ed e per questo che le<br />

membra il cui movimento e sottomesso alla volonta, ossia ha impulso dal cervello, sono i<br />

soli che si stancano, mentre quelli il cui lavoro e involontario, come per esempio, il cuore,<br />

sono instancabili. Evidentemente adunque sara nuocere al cervello l fesiger da esso<br />

un fattivita muscolare energica e una grande tensione dello spirito, sia simultaneamente, sia<br />

soltanto dopo un intervallo di tempo troppo corto. Cio non e per nulla in contraddizione col<br />

fatto che al termine d funa passeggiata od in generale dopo un breve cammino si prova un<br />

aumento nell fattivita dello spirito, perocche in questo caso non v fha per anco fatica delle<br />

parti respettive del cervello, e d faltra parte una leggera attivita muscolare, accelerando la<br />

respirazione, favorisce il salire del sangue arterioso, per di piu meglio ossigenato, al<br />

cervello. Ma bisogna sopratutto dare ad esso la piena misura del sonno necessario al suo<br />

ristoro, perche il sonno e per la macchina umana cio che il caricamento della molla e per<br />

l foriuolo. (Si veda Il mondo come volonta e come fenomeno II, 217. . 3a ed. II, 240). Tale<br />

misura dovra esser tanto piu grande quanto piu il cervello sara sviluppato ed attivo; pero<br />

oltrepassarla sarebbe semplicemente uno sprecare il tempo, perocche allora il sonno perde<br />

in intensita cio che guadagna in estensione. (Si veda Il mondo come volonta e come<br />

fenomeno II, 247. . 3a ed. II, 275).37 In generale persuadiamoci bene del fatto che il nostro<br />

pensare non e altro che la funzione organica del cervello, e che quindi esso si conduce, in<br />

quanto riguarda la fatica e il riposo, in modo analogo a quello di qualunque altra attivita<br />

organica. Uno sforzo eccessivo stanca il cervello come stanca gli occhi. Si e detto con<br />

ragione: Il cervello pensa come lo stomaco digerisce. L fidea di un fanima immateriale,<br />

semplice, essenzialmente e costantemente pensante, quindi instancabile, che sarebbe come<br />

allogata a pigione nel cervello, e che non avrebbe bisogno di cosa alcuna al mondo, una tale<br />

idea ha certamente spinto piu di qualcheduno ad una condotta insensata, condotta che ha


intuzzato le sue forze intellettuali; Federico il Grande, per esempio, non ha tentato una<br />

volta di disavvezzarsi totalmente dal sonno? I professori di filosofia dovrebbero bene non<br />

incoraggiare simili illusioni, dannose anche in pratica, col loro sistema ortodosso di<br />

filosofia da connocchia (Katechismusgerechtseynwollende Rocken-Philosophie). Bisogna<br />

apprendere a considerare le forze intellettuali quali funzioni fisiologiche allo scopo di<br />

saperle usare, risparmiare od affaticare a proposito; si deve ricordarsi che ogni dolore, ogni<br />

disagio, ogni disordine in una parte qualunque del corpo, impressiona lo spirito. Per<br />

convincersi pienamente di tale verita bisogna leggere: Cabanis, I rapporti del fisico e del<br />

morale nell fuomo.<br />

Si e per aver trascurato di seguire questo consiglio che molte menti sublimi e molti<br />

grandi scienziati, sono caduti da vecchi nell fimbecillita, nell finfanzia e insino nella follia.<br />

Se, per esempio, celebri poeti inglesi del nostro secolo, quali Walter Scott, Wordsworth,<br />

Southey, e vari altri, giunti a tarda eta, e pur anche fino dalla sessantina, sono divenuti<br />

37 Il sonno e una piccola porzione di morte che noi prendiamo a prestito anticipando (*) e col cui mezzo<br />

riguadagniamo e rinnovelliamo la vita consumata nello spazio di un giorno. Le sommeil est un emprunt fait<br />

a<br />

la mort. Il sonno prende a prestito dalla morte per mantenere la vita. Oppure esso e l finteresse pagato<br />

provvisoriamente alla morte, che rappresenta il pagamento completo del capitale. Il rimborso totale e<br />

chiesto<br />

con un ritardo tanto piu lungo quanto piu l finteresse e alto e pagato regolarmente. (Nota di<br />

Schopenhauer).<br />

(*) In italiano nel testo originale. (Nota del Trad.).<br />

84<br />

intellettualmente ottusi ed inetti, e talvolta imbecilli, senza dubbio bisogna attribuirlo al<br />

fatto che sedotti da stipendi elevati, hanno tutti esercitato la letteratura come un mestiere<br />

scrivendo per del danaro. Un tal mestiere conduce ad una fatica contro natura: chiunque<br />

sottomette il proprio Pegaso al giogo e spinge avanti la Musa colla frusta dovra espiarne la<br />

colpa nella stessa maniera di colui che ha reso un culto forzato a Venere. Io credo che lo<br />

stesso Kant, in eta avanzata, gia divenuto celebre, si sia dato ad un lavoro eccessivo ed


abbia provocato cosi quella seconda infanzia in cui passo i suoi ultimi quattro anni di vita.<br />

Ogni mese dell fanno ha un finfluenza speciale e diretta, vale a dire indipendente dalle<br />

condizioni meteorologiche, sulla nostra salute, sullo stato generale del nostro corpo, ed<br />

insino sullo stato del nostro spirito.<br />

3. Circa la nostra condotta verso gli altri.<br />

21. ‹ Per mettersi fra la gente e utile portar seco una buona provvista di circospezione<br />

e d findulgenza; la prima ci garantira dai danni e dalle perdite, l faltra dalle contese e dagli<br />

alterchi.<br />

Chi e chiamato a vivere fra gli uomini non deve respingere in modo assoluto alcuna<br />

individualita dal momento che essa e gia determinata e data dalla natura, fosse pure<br />

l findividualita la piu malvagia, la piu miserabile o la piu ridicola. Ei deve piuttosto<br />

accettarla come una immutabilita che, in virtu d fun principio eterno e metafisico, deve<br />

essere quale e; e nel peggior dei casi dira a se stesso: áBisogna bene che vi sia pure<br />

qualcuno di questa specie. â Che se prendesse la cosa altrimenti, commetterebbe<br />

un fingiustizia e provocherebbe l faltro ad una lotta di vita e morte. Perocche non v fha uomo<br />

che possa modificare la propria individualita, vale a dire il carattere morale, le facolta<br />

intellettuali, il temperamento, la fisonomia, ecc. Se dunque condanniamo senza eccezione il<br />

suo essere, non gli restera che a combattere in noi un nemico mortale dal momento che noi<br />

non vogliamo riconoscergli il diritto di esistere se non alla condizione di diventare altra<br />

cosa da cio che e immutabilmente. Ed e per questo che, quando si vuol stare fra gli uomini,<br />

bisogna lasciar vivere ciascheduno ed accettarlo coll findividualita, qualunque essa sia, che<br />

gli e toccata in sorte, occupandosi unicamente di utilizzarla in quanto la sua qualita e la sua<br />

organizzazione lo permettono, ma senza sperare di modificarla e senza condannarla<br />

puramente e semplicemente cosi come e. Ecco il vero significato del detto: áVivere e<br />

lasciar vivere, â Tuttavia il compito non e cosi facile come e giusto; si chiami felice colui al<br />

quale e dato di poter evitare per sempre certe individualita. Intanto, per imparar a<br />

sopportare gli uomini, e buona cosa esercitare la pazienza sugli oggetti inanimati che, in<br />

virtu d funa necessita meccanica o di qualunque altra necessita fisica, contrariano


ostinatamente la nostra azione; a cio fare abbiamo occasione ogni giorno. Si apprende poi a<br />

trasportare sugli uomini la pazienza cosi acquistata, e si finisce coll favvezzarsi all fidea che<br />

anch fessi, tutte le volte che ci sono di ostacolo, lo sono per forza maggiore, in virtu d funa<br />

necessita naturale cosi rigorosa come quella per cui agiscono le cose inanimate: che per<br />

conseguenza e cosa tanto insensata sdegnarsi della loro condotta quanto stizzirsi contro la<br />

pietra che viene a rotolare sui nostri passi. Riguardo molte persone sara piu saggio dirsi:<br />

áNon le cambierei, dunque voglio utilizzarle â.<br />

22. ‹ E sorprendente il vedere a qual punto si manifesti nella conversazione<br />

l fomogeneita o l feterogeneita di spirito e di carattere fra gli uomini; esse divengono<br />

sensibili alla piu piccola occasione. Tra due persone, di natura essenzialmente diversa, che<br />

discorreranno sopra soggetti i piu indifferenti, i piu strani, ogni frase dell funa dispiacera piu<br />

o meno all faltra, e forse un solo detto la fara montare in collera. Quando esse invece si<br />

rassomiglino, sentono immediatamente ed in ogni cosa un certo accordo che, quando<br />

l fomogeneita e molto spiccata, si fonde in un farmonia perfetta, e puo giungere insino<br />

all funissono. Con cio si spiega in primo luogo perche gl findividui molto triviali sono tanto<br />

85<br />

sociabili e trovano cosi facilmente dappertutto quell feccellente compagnia che chiamano<br />

ábuona e brava gente amabilissima â. Succede precisamente il contrario agli uomini che non<br />

sono volgari, ed essi saranno tanto meno sociabili quanto piu sono eminenti, talmente che<br />

qualche volta nel loro isolamento potranno provare un vero piacere nello scoprire presso<br />

un faltra persona una fibra qualunque, fosse pur piccolissima, della loro stessa natura.<br />

Perocche ogni uomo non puo essere per un altro se non cio che questi stesso e per lui.<br />

Come l faquila, gli spiriti realmente superiori vagano per le altezze, solitari. Cio spiega, in<br />

secondo luogo, come gli uomini che hanno le stesse inclinazioni si trovino cosi presto<br />

riuniti assieme, come si attirino magneticamente: le anime sorelle si salutano da lontano. Si<br />

potra osservar questo piu di frequente presso gl findividui di sentimenti bassi o di scarsa<br />

intelligenza; ma e unicamente perche costoro si chiamano legione, mentre gli animi buoni e<br />

nobili sono e si chiamano esseri d falta rarita. Sicche succedera, per esempio, che in qualche


vasta associazione fondata in vista di risultati effettivi, due bricconi matricolati si<br />

riconosceranno scambievolmente tanto presto come se portassero una coccarda, e si<br />

avvicineranno subito per immaginare qualche abuso o qualche tradimento. Medesimamente<br />

supponiamo, per impossibile38, una societa numerosa composta affatto da uomini<br />

intelligenti e di spirito, ma della quale facessero parte pure due imbecilli; questi ultimi si<br />

sentirebbero attratti simpaticamente l funo verso l faltro, e ben presto ciascuno di loro<br />

sarebbe contento nel suo cuore d faver finalmente trovato almeno una persona ragionevole.<br />

E in verita degno di nota il vedere coi propri occhi come due esseri, principalmente fra<br />

coloro che stanno ad un basso livello dal lato morale ed intellettuale, si conoscono a prima<br />

vista, tendono ardentemente ad avvicinarsi, si salutano con amore e con gioia, e corrono<br />

uno incontro all faltro siccome vecchie conoscenze; tutto questo e tanto maraviglioso che si<br />

e tentati d fammettere, secondo la dottrina buddistica della metempsicosi, che costoro si<br />

erano gia legati d famicizia in una vita anteriore.<br />

V fha pero un fatto che, anche nel caso della massima armonia, mantiene gli uomini<br />

lontani gli uni dagli altri e che giunge fino a creare tra loro una dissonanza transitoria:<br />

sarebbe esso la differenza della disposizione del momento, disposizione che e quasi sempre<br />

diversa per ogni persona secondo la sua situazione momentanea, l foccupazione, l fambiente,<br />

lo stato del corpo, il corso attuale dei pensieri, ecc. Ecco quanto produce dissonanze fra<br />

individualita che pure vanno d faccordo magnificamente bene. Sforzarsi continuamente a<br />

correggere cio che fa nascere questi dissensi ed a stabilire l feguaglianza della temperatura<br />

ambiente, sarebbe l feffetto di una suprema coltura intellettuale. Si avra la misura di cio che<br />

puo produrre per la societa l feguaglianza dei sentimenti dal fatto che i membri d funa<br />

riunione, anche molto numerosa, saranno portati a comunicarsi reciprocamente lo loro idee,<br />

a prender parte sinceramente all finteresse ed al sentimento generale, non appena qualche<br />

causa esterna, un pericolo, una speranza, una notizia, la vista d funa cosa straordinaria, uno<br />

spettacolo, un trattenimento musicale, o non importa quale altra cosa, viene ad<br />

impressionarli tutti nel medesimo istante e nella stessa maniera. Perocche questi motivi<br />

soggiogano qualunque interesse particolare e creano in cotal guisa l funita perfetta di


disposizione. In mancanza d funa tale influenza oggettiva si ricorre d fordinario a qualche<br />

espediente soggettivo, ed allora si e la bottiglia che viene chiamata abitualmente a<br />

procurare una disposizione comune alla compagnia. Il te ed il caffe sono del pari impiegati<br />

a tale effetto. Ma quello stesso disaccordo che la diversita d fumore introduce cosi<br />

facilmente in ogni societa, porge anche la spiegazione parziale del fatto che ciascuno<br />

apparisce come idealizzato, qualche volta anzi trasfigurato nel ricordo, quando questo non e<br />

piu sotto l fimpero dell finfluenza momentaneamente perturbatrice di cui tenemmo parola, o<br />

di qualunque altra consimile. La memoria agisce nello stesso modo della lente convergente<br />

nella camera oscura: essa riduce tutte le dimensioni, e produce cosi un fimmagine molto piu<br />

bella dell foriginale. Ogni assenza ci procura parzialmente il vantaggio d fesser veduti sotto<br />

38 Cosi nell foriginale. (Nota del Trad.).<br />

86<br />

un tale aspetto. Perocche sebbene il ricordo idealizzatore richieda un tempo considerevole,<br />

nondimeno il suo lavoro comincia immediatamente. Per questo sara buona e saggia cosa<br />

non mostrarsi ai propri conoscenti ed amici che a lunghi intervalli; si osservera, nel<br />

rivedersi, che il ricordo ha gia lavorato.<br />

23. ‹ Nessuno puo vedere al di la di se stesso. Voglio dire con cio che non si puo<br />

scorgere in altri piu di quello che si e in se stessi, perocche ciascuno capisce e comprende<br />

un altro solamente nella misura della sua propria intelligenza. Se questa e della specie piu<br />

bassa, tutti i doni intellettuali piu eminenti non lo impressioneranno affatto, ed egli non<br />

vedra nell fuomo cosi altamente dotato se non cio che v fha di piu basso nell findividualita,<br />

cioe tutte le debolezze e tutti i difetti di temperamento e di carattere. Ecco di che il<br />

grand fuomo sara composto agli occhi suoi. Le alte facolta intellettuali dell funo esistono<br />

cosi poco per l faltro come i colori per i ciechi. E cio viene perche qualunque genio resta<br />

invisibile per chi ne e privo; e perche qualunque valutazione rappresenta il prodotto del<br />

valore dello stimato per la sfera d fapprezzamento dello stimatore. Ne segue che quando si<br />

discorre con qualcuno si va a mettersi sempre al suo livello, poiche tutto cio che si ha al di<br />

sopra sparisce, e di piu il sacrifizio di se stesso che esige un tale aggiustamento rimane


perfettamente disconosciuto. Se dunque si riflettera quanto la maggior parte degli uomini<br />

abbia sentimenti e facolta di bassa lega, in una parola quanto essi sieno triviali, si vedra che<br />

e cosa impossibile parlare con loro senza diventare a sua volta triviale durante questo<br />

intervallo (in analogia colla distribuzione dell felettricita); si comprendera allora il<br />

significato effettivo e la verita dell fespressione tedesca ásich gemein machen â (rendersi<br />

famigliare), e si cerchera di evitare qualunque compagnia colla quale non si possa<br />

comunicare se non mediante la partie honteuse (la parte piu brutta) della propria natura. Si<br />

capira egualmente che in presenza di imbecilli o di pazzi non v fha che una sola maniera di<br />

mostrare che si e forniti di ragione: cioe non parlare con essi. Ma e pur vero che allora, in<br />

societa, piu di qualcheduno potrebbe trovarsi nella situazione di un ballerino che entrasse in<br />

un ballo ove non ci fossero che degli attrappiti: con chi danzerebbe egli?<br />

24. ‹ Io accordo tutta la mia stima, come ad un eletto fra cento individui, a colui che<br />

essendo disoccupato, perche aspetta, non si mette immediatamente a dar colpi od a battere<br />

il tempo con tutto cio che gli viene in mano, bastone, coltello, forchetta od altro oggetto<br />

qualunque. E probabile che quest fuomo pensi a qualche cosa. Si conosce alla cera della<br />

maggior parte degli uomini che presso di essi la vista surroga interamente il pensiero;<br />

costoro cercano di accertarsi della loro esistenza facendo strepito, a meno che non abbiano<br />

in bocca un sigaro, cio che rende loro lo stesso servizio. Si e per la medesima ragione che<br />

essi stanno costantemente cogli occhi e colle orecchie tese per attendere a tutto quello che<br />

succede loro d fintorno.<br />

25. ‹ La Rochefoucauld ha molto giustamente osservato che e difficile nello stesso<br />

tempo stimare ed amare assai un uomo. Avremo dunque la scelta di brigare l famore o la<br />

stima della gente. L famore e sempre interessato, benche a titoli diversi. Di piu le condizioni<br />

con cui lo si acquista non sono sempre tali da rendercene fieri. E prima di tutto ci faremo<br />

amare nella misura a cui abbasseremo le nostre pretese di trovare spirito e cuore presso gli<br />

altri, ma cio seriamente, senza finzioni, e non in virtu di quell findulgenza che ha la sorgente<br />

nel disprezzo. Per completare le premesse che ajuteranno a tirar la conclusione, ricordiamo<br />

anche la sentenza cosi vera di Helvetius: áIl grado di spirito necessario per piacerci e una


misura assai precisa del grado di spirito che abbiamo noi stessi â. Succede tutto il contrario<br />

quando si tratta della stima degli uomini: non la si puo ottenere che loro malgrado, quasi<br />

strappandola; essi la tengono anche il piu delle volte nascosta. Ed e per tale ragione che<br />

questa ci procura una soddisfazione interna molto piu grande; essa e in proporzione col<br />

nostro valore, cio che non e vero direttamente dell famore della gente, perocche l famore e<br />

soggettivo, mentre e oggettiva la stima. Ma il primo ci e di certo piu utile.<br />

87<br />

26. ‹ Gli uomini, nella maggior parte, sono talmente personali che, in sostanza,<br />

nessuna cosa ha interesse agli occhi loro se non essi stessi, e cio affatto esclusivamente. Ne<br />

risulta che, qualunque sia l fargomento di cui si parla, essi pensano tosto a se stessi, e che<br />

tutto quello che, per azzardo e pur lontanamente, si riferisce a cosa che li riguardi, attira e si<br />

cattiva tanto completamente la loro attenzione che essi non hanno piu la liberta di capire la<br />

parte oggettiva del discorso; medesimamente non v fhanno per loro ragioni valevoli dal<br />

momento che queste contrariano il loro interesse o la loro vanita. Percio sono costoro cosi<br />

facilmente distratti, cosi facilmente feriti, offesi ed afflitti che, quando pure si parlasse con<br />

essi dal punto di vista soggettivo, non importa su cosa, non si sapra mai guardarsi<br />

abbastanza da tutto cio che potrebbe nel discorso aver un rapporto possibile, forse ingrato,<br />

col prezioso e delicato io che si ha davanti; niente fuori di questo io, li interessa, e mentre<br />

non hanno sensi ne sentimento per quanto v fha di vero e di notevole, o di bello, di fine, di<br />

spiritoso nelle parole altrui, possedono la piu squisita sensibilita per tutto cio che, pur da<br />

lontano ed in modo indiretto, puo toccare la loro meschina vanita o riferirsi<br />

svantaggiosamente, in qualsivoglia modo, al loro inapprezzabile io. Somigliano davvero,<br />

nella loro suscettibilita, a quei botoli sulle cui zampe e cosi facile camminare per<br />

inavvertenza e di cui bisogna poi sopportare il guaire, od anche ad un malato coperto di<br />

piaghe e di lividure che si deve con ogni cura evitar di toccare. Ve n fha di quelli presso i<br />

quali la cosa arriva ad un tal punto che sentono precisamente come un foffesa lo spirito ed il<br />

senno che si mostra o che non si nasconde abbastanza nel parlar con loro; non lo danno a<br />

vedere, e vero, al momento, ma in seguito colui che non ha abbastanza esperienza riflettera


e si lambicchera inutilmente il cervello per sapere con che si abbia potuto attirare il rancore<br />

e l fodio loro. Pero e altrettanto facile carezzarli e guadagnarseli. La loro sentenza quindi e<br />

d fordinario comperata: essa non e che un decreto in favore del loro partito o della loro<br />

classe, e non un giudizio oggettivo ed imparziale. Cio viene perche presso di essi la volonta<br />

sorpassa di molto l fintelligenza, e perche il loro debole intelletto e affatto sommesso al<br />

servigio della volonta da cui non puo francarsi un solo istante.<br />

Tale miserabile soggettivita degli uomini che li fa riferire tutto a se stessi, e ritornare<br />

immediatamente e in dritta linea da qualunque punto di partenza alla loro persona, e provata<br />

sovrabbondantemente dall fastrologia, che rapporta il cammino dei grandi corpi<br />

dell funiverso al vilissimo io e che trova una certa relazione tra le comete in cielo e le<br />

contese e le miserie sulla terra. Ma cosi fu sempre, anche nei tempi piu antichi (si veda per<br />

esempio Stobeo, Egloghe, L. I, c. 22, 9, pag. 478).<br />

27. ‹ Non bisogna disperare ad ogni assurdita che si dice in pubblico o in societa, che<br />

si stampa nei libri e che e bene accolta od almeno che non e confutata; e nemmeno bisogna<br />

credere che essa rimarra accettata per sempre. Si sappia, a propria consolazione, che piu<br />

tardi e insensibilmente la cosa sara ruminata, lucidata, meditata, pesata, discussa, e il piu<br />

delle volte finalmente giudicata, di modo che, dopo uno spazio di tempo variabile in<br />

ragione della difficolta della materia, la gente quasi tutta finira col capire cio che una mente<br />

chiara aveva scorto a prima vista. E certo che nell fintervallo bisogna pazientare. Perocche<br />

l fuomo di senno fra persone che sono nell ferrore somiglia a colui che avesse l forologio<br />

perfettamente giusto in una citta in cui tutti gli orologi fossero mal regolati. Ei solo conosce<br />

l fora precisa, ma che giova? Tutti prenderanno sempre norma dai pubblici quadranti che<br />

indicano un fora falsa: tutti, anche colui che sapesse per caso come solamente l forologio del<br />

primo segni l fora vera.<br />

28. ‹ Gli uomini somigliano ai fanciulli che prendono brutte maniere quando sono<br />

viziati; non si deve quindi esser troppo indulgenti o troppo amabili verso alcuno. Come<br />

ordinariamente non si perdera un amico per avergli rifiutato un prestito, ma piuttosto per<br />

averglielo accordato, cosi non lo si perdera per un atteggiamento altero e per un po f di


negligenza, ma piuttosto per un eccesso d famabilita e di cortesia: con cio ei diviene<br />

arrogante, insopportabile, e la rottura non tarda a predarsi. E sopratutto l fidea che si ha<br />

88<br />

bisogno di loro che gli uomini non possono assolutamente sopportare; essa e sempre<br />

seguita inevitabilmente da arroganza e da presunzione. Presso alcuni tale idea nasce gia per<br />

questo solo che una persona e in relazione e discorre di sovente e famigliarmente con loro:<br />

s fimmaginano tosto che bisogna mostrarsi condiscendenti, e cercheranno di estendere i<br />

limiti della gentilezza. Per questo havvi cosi scarsa gente da poter frequentare con un po f<br />

d fintimita; sopratutto poi si deve guardarsi da qualunque domestichezza con esseri di basso<br />

grado. Che se per disgrazia un individuo di questa specie s fimmagina che io abbia bisogno<br />

di lui assai piu che egli non ne abbia di me, provera immediatamente un sentimento quale<br />

se io gli avessi rubato qualche cosa: allora cerchera di vendicarsi e di riacquistare la sua<br />

proprieta. Non aver mai ed in alcun modo bisogno degli altri e farlo veder loro, ecco<br />

assolutamente la sola maniera di mantenere la propria superiorita nelle relazioni. Per<br />

conseguenza e cosa saggia far sentire a tutti, uomini e donne, che si puo benissimo star<br />

senza di loro; cio fortifica l famicizia: e anche utile di lasciar qualche volta introdursi un<br />

granellino di disdegno nel nostro atteggiamento verso la maggior parte degli amici; essi non<br />

faranno che valutare a piu alto prezzo la nostra amicizia. áChi non istima vien stimato â39<br />

dice finemente un proverbio italiano. Ma se qualcuno avesse realmente un gran valore ai<br />

nostri occhi bisognerebbe dissimularglielo come un delitto. Cio che davvero non e proprio<br />

piacevole, ma in cambio e verissimo. A mala pena i cani sopportano una grande<br />

benevolenza; ben altrimenti gli uomini.<br />

29. ‹ Le persone della specie piu nobile e dotate delle piu alte facolta tradiscono,<br />

specialmente in gioventu, una mancanza sorprendente di conoscenza degli uomini e di<br />

saper fare; si lasciano anche facilmente ingannare o traviare, mentre esseri inferiori sanno<br />

molto meglio e molto piu prontamente vivere nel mondo; cio succede perche, in mancanza<br />

d fesperienza, si deve giudicare a priori e perche in generale nessuna esperienza vale l fa<br />

priori. Alla gente di calibro ordinario questo a priori e fornito dal loro stesso io, mentre non


lo e a coloro che hanno una nobile e degna natura, perocche e precisamente in questo che<br />

costoro differiscono dagli altri. Valutando quindi i pensieri e gli atti degli uomini ordinari<br />

secondo i loro propri, il conto non torna.<br />

Ma anche quando un tal uomo avra finalmente imparato a posteriori, vale a dire dalle<br />

lezioni altrui e dalla propria esperienza, cio che deve aspettarsi dagli uomini; anche quando<br />

avra compreso che i cinque sesti di essi, tanto dal lato morale quanto dal lato intellettuale,<br />

sono fatti in modo che chi non e forzato dalle circostanze ad entrar in relazione con loro,<br />

fara cosa molto buona evitandoli fin da bel principio e tenendosi per quanto e possibile<br />

lontano dal loro contatto, anche allora quest fuomo non potra, ad onta di tutto, avere una<br />

conoscenza sufficiente della loro piccolezza e della loro meschinita; egli avra per tutta la<br />

vita da estendere e da completare questa nozione, ma fino allora fara pur sempre calcoli<br />

falsi a suo svantaggio. Inoltre, benche imbevuto degli insegnamenti ricevuti, gli succedera<br />

qualche volta ancora, trovandosi in una societa di persone che non conosce, di sentirsi<br />

meravigliato nello scorgere che tutti paiono ragionevoli, leali, sinceri, onesti e virtuosi, e<br />

fors fanco intelligenti e spiritosi. Ma che cio non lo tragga dalla buona strada, perche deriva<br />

semplicemente dal fatto che la natura non procede come i cattivi poeti i quali, quando<br />

devono presentare un briccone od un pazzo, lo fanno cosi goffamente e con un fintenzione<br />

cosi accentuata che si vede spuntare, per cosi dire, dietro ognuno di questi personaggi<br />

l fautore a sconfessarne costantemente il carattere e i discorsi, ed a gridar forte in modo<br />

d favvertimento: ácostui e una canaglia, quest faltro e un matto; non prestate fede a quello<br />

che dicono â. La natura invece agisce alla maniera di Shakespeare e di Goethe: nelle opere<br />

di costoro, ogni personaggio, fosse pure il diavolo stesso, per tutto il tempo in cui sta sulla<br />

scena, parla come ragione vuole che parli; esso e concepito in modo cosi oggettivamente<br />

reale che ci attrae e ci costringe a prender parte a f suoi interessi; simile alle creazioni della<br />

natura, e lo sviluppo di un principio interno in virtu del quale i suoi discorsi e i suoi atti<br />

39 In italiano nel testo. (Nota del Trad.).<br />

89<br />

appariscono come naturali e per conseguenza necessari. Colui che crede che nel mondo i


diavoli non vadano mai senza corna e i pazzi senza sonagli sara sempre loro preda o loro<br />

zimbello. Aggiungiamo ancora a tutto questo che nelle loro relazioni, gli umani fanno come<br />

la luna ed i gobbi, non ci mostrano, cioe, che una sola faccia; essi hanno un talento innato<br />

per trasformare con abile mimica il viso in una maschera che rappresenta molto esattamente<br />

cio che dovrebbero essere in realta; questa maschera tagliata esclusivamente sulla misura<br />

della loro individualita, si adatta e conviene cosi perfettamente bene ad essi che l fillusione e<br />

completa. Ciascuno se l fapplica ogni qual volta gli possa giovare per insinuarsi con arti<br />

lusinghiere. Non bisogna fidarsi di essa piu che d funa maschera di tela cerata ricordando<br />

quell feccellente proverbio italiano: áNon e si tristo cane che non meni la coda â.40<br />

Guardiamoci bene, in ogni caso, dal formarci un fopinione molto favorevole di un<br />

uomo appena fattane la conoscenza; saremmo d fordinario disingannati a nostra confusione<br />

e forse pure a nostro danno. Ancora una osservazione degna di nota: si e precisamente nelle<br />

piccole cose, nelle quali non pensa a badare al proprio contegno, che l fuomo svela il suo<br />

carattere; si e nelle azioni insignificanti, qualche volta nelle semplici maniere, che si puo<br />

facilmente osservare quell fegoismo illimitato, senza riguardo per alcuno, che non si<br />

smentira mai in seguito nelle cose grandi, ma che solamente sara dissimulato. Che<br />

occasioni simili non sieno perdute per noi! Quando un individuo si conduce senza<br />

discrezione alcuna nei piccoli incidenti giornalieri, nei piccoli affari della vita, ai quali si<br />

applica il motto: áDe minimis lex non curat â (La legge non si occupa di piccolezze),<br />

quando ei non cerca nelle occasioni che il suo interesse o i suoi comodi a danno degli altri,<br />

o si appropria cio che deve servire a tutti, ecc., questo individuo, siatene pur certi, non ha in<br />

cuore il sentimento del giusto; ei sara un furfante anche nelle grandi circostanze ogni qual<br />

volta la legge o la forza non gli legheranno le braccia; non permettete a quest fuomo di<br />

passare la soglia di casa vostra. Si, lo affermo, colui che viola senza scrupolo le regole del<br />

suo club, violera egualmente le leggi dello Stato non appena potra farlo senza pericolo.41<br />

Quando un uomo col quale siamo in rapporti piu o meno stretti ci fa qualche cosa che<br />

ci dispiace o ci sdegna, noi non abbiamo che da chiederci se egli ha o se non ha agli occhi<br />

nostri abbastanza valore perche accettiamo da parte sua una seconda volta ed a riprese


sempre piu frequenti un trattamento simile, e fors fanco piu accentuato (perdonare o<br />

dimenticare significano gettare dalla finestra l fesperienza acquistata a caro prezzo). Nel<br />

caso affermativo, tutto e detto; perocche semplicemente parlare non servirebbe a nulla:<br />

bisogna allora lasciar passare la cosa con o senza ammonizione; ma dobbiamo ricordarci<br />

che in tal modo ce ne attireremo benevolmente la ripetizione. Nella seconda alternativa e<br />

necessario, immediatamente e per sempre, rompere ogni relazione col caro amico, o, se si<br />

tratta d fun servo, congedarlo. Imperciocche ei fara, rinnovandosi il caso, inevitabilmente ed<br />

esattamente la stessa cosa, o qualche cosa affatto analoga, quand fanche al momento ci<br />

giurasse ben altamente e sinceramente il contrario. Si puo tutto dimenticare, tutto, eccetto<br />

se stessi, eccetto il proprio essere. Infatti il carattere e assolutamente incorreggibile, perche<br />

tutte le azioni umane partono da un principio intimo, in virtu del quale un uomo deve<br />

sempre agire nella stessa guisa trovandosi nelle stesse circostanze, e non puo condursi<br />

altrimenti. Leggete la mia memoria, premiata, sulla pretesa liberta della volonta e cacciate<br />

ogni illusione. Riconciliarsi con un amico col quale si aveva rotta l famicizia e dunque una<br />

debolezza che si dovra espiare quando, alla prima occasione, questi ricominciera a fare<br />

precisamente cio che aveva determinato la rottura, e lo fara per di piu con maggior<br />

sicurezza, perche ha la coscienza secreta di esserci indispensabile. Tutto questo si applica<br />

40 In italiano nel testo originale. (Nota del Trad.).<br />

41 Se negli uomini, tali quali sono nella maggior parte, il lato buono superasse il cattivo, sarebbe cosa<br />

saggia fidarsi alla loro giustizia, alla loro equita, alla loro fedelta, alla loro affezione od alla loro carita<br />

piuttosto che al loro timore; ma siccome succede affatto il contrario, fare il contrario sara piu saggio. (Nota<br />

dell fAutore).<br />

90<br />

egualmente ai domestici congedati che riprendiamo al nostro servizio. Dobbiamo ancor<br />

meno, e per gli stessi motivi, aspettarci di veder che un uomo si comporti nello stesso modo<br />

della volta precedente quando le circostanze sono cangiate. Che invece la disposizione e la<br />

condotta degli uomini cangiano altrettanto presto quanto il loro interesse: le intenzioni che<br />

li muovono tirano le loro lettere di cambio a vista cosi corta che bisognerebbe veder corto


en di piu per non lasciarle protestare.<br />

Supponiamo ora che volessimo sapere come si condurra una persona in una<br />

situazione in cui abbiamo intenzione di metterla; per cio non bisognera contare sulle sue<br />

promesse e sulle sue asserzioni. Perocche anche ammettendo che ne parli sinceramente,<br />

essa parla pur sempre di una cosa che ignora. Si e dunque dall fapprezzamento delle<br />

circostanze in cui sara per trovarsi, e del conflitto di queste col suo carattere, che noi<br />

potremo renderci conto del suo agire futuro.<br />

In tesi generale per acquistare la comprensione netta, profonda e cosi necessaria della<br />

vera e triste condizione degli uomini, e eminentemente istruttivo l fimpiegare, qual<br />

commentario della condotta e dei raggiri loro sul terreno della vita pratica, la condotta ed i<br />

raggiri loro nel dominio della letteratura e viceversa. Cio e molto utile per non cadere in<br />

errore su se stessi, ne su loro. Ma nel corso di tale studio qualunque tratto di grande infamia<br />

o stoltezza che potessimo incontrare sia nella vita, sia in letteratura, non dovra prestarci<br />

soggetto per affliggerci o per metterci in collera; esso dovra servire unicamente alla nostra<br />

istruzione offrendoci un lato complementare del carattere della specie umana, che sara<br />

buona cosa non dimenticare. In tal maniera osserveremo la faccenda come il mineralogista<br />

esamina un saggio bene caratterizzato d fun minerale cadutogli sotto la mano. V fha delle<br />

eccezioni, ve n fha pure di incomprensibilmente grandi, e le differenze tra le individualita<br />

sono immense; ma, preso in massa, lo si e detto da lungo tempo, il mondo e cattivo; i<br />

selvaggi si mangiano tra loro, e i popoli civili s fingannano a vicenda, e questo si chiama<br />

l fandamento delle umane cose. Gli Stati, coi loro ingegnosi meccanismi diretti contro il di<br />

fuori e il di dentro, e coi loro mezzi di coazione, cosa sono dunque se non misure stabilite<br />

per mettere un limite alla illimitata perversita degli uomini? Non vediamo forse in ogni<br />

storia, ciascun re, non appena e solidamente assiso sul trono e non appena il suo paese gode<br />

di qualche prosperita, profittarne per piombare colla sua armata, come una banda di<br />

briganti, sugli Stati vicini? Tutte le guerre non sono forse in sostanza atti di brigantaggio?<br />

Nella remota antichita e cosi pure durante una parte del medio evo, i vinti diventavano<br />

schiavi dei vincitori, cio che, alla fin fine, vuol dire che quelli dovevano lavorare per questi;


ma coloro che pagano contribuzioni di guerra devono fare altrettanto, ossia dare il prodotto<br />

del lavoro gia fatto: In tutte le guerre non si tratta che di rubare, scrisse Voltaire, e che i<br />

Tedeschi se lo tengano per detto.<br />

30. ‹ Nessun carattere e tale che si possa abbandonarlo a se stesso e lasciarlo andare<br />

liberamente; esso ha bisogno di esser guidato con nozioni e massime. Che se, spingendo la<br />

cosa all festremo, si volesse fare del carattere non il risultato della natura innata, ma<br />

unicamente il prodotto d funa deliberazione ragionata, per conseguenza un carattere del tutto<br />

acquisito ed artificiale, si vedrebbe tosto verificarsi la sentenza latina:<br />

Naturam expelles furca, tamen usque recurret.<br />

(Caccia a forza la natura, nullameno essa ritornera sempre di volo).<br />

Infatti si potra molto bene vedere od anche scoprire e formulare perfettamente una regola di<br />

condotta verso gli altri, e nondimeno nella vita reale si pecchera fin dal bel principio contro<br />

di essa. Tuttavia non si deve per cio perdere coraggio e credere che sia impossibile il<br />

dirigere la propria condotta nella vita sociale secondo regole e massime astratte, e che<br />

quindi valga meglio lasciarsi andare alla buona. Perocche di queste succede come di tutte le<br />

91<br />

istruzioni e direzioni pratiche; comprendere la regola e una cosa, e saperla applicare<br />

un faltra. La prima si acquista ad un tratto per mezzo dell fintelligenza, la seconda a poco a<br />

poco per mezzo dell fesercizio. All fallievo si son fatti vedere i tasti dell fistromento, le parate<br />

e i colpi di fioretto; ma in pratica egli s finganna immediatamente malgrado la piu buona<br />

volonta e s fimmagina allora che ricordarsi queste lezioni nella rapidita della lettura<br />

musicale o nell fardore d fun assalto sia cosa quasi impossibile. E tuttavia un po f per volta, a<br />

forza d finciampare, di cadere e di rialzarsi, l fesercizio finisce coll finsegnargliele; lo stesso<br />

succede per le regole della grammatica quando si apprende a leggere ed a scrivere in latino.<br />

Non e altrimenti che un mascalzone diviene cortigiano; una testa calda, un personaggio<br />

eminente; l fuomo aperto, abbottonato; il nobile, sarcastico. Tuttavia questa educazione di<br />

se, ottenuta siffattamente con lunga abitudine, agira sempre come uno sforzo venuto dal di<br />

fuori, cui la natura non cessera mai dall fopporsi, e ad onta del quale finira qualche volta


coll firrompere da un varco inaspettato. Perocche qualunque condotta che abbia per motore<br />

massime astratte si riferisce ad una condotta decisa dalla inclinazione primitiva ed innata,<br />

come un meccanismo alla mano dell fuomo: per esempio un orologio, ove la forma e il<br />

movimento sono imposti ad una materia che e estranea ad essi, si riferisce ad un organismo<br />

vivente in cui forma e materia si compenetrano scambievolmente e non formano che una<br />

cosa sola. Tale rapporto tra il carattere acquisito e il carattere naturale conferma il pensiero<br />

espresso dall fimperatore Napoleone: áTutto cio che non e naturale e imperfetto. â Questo e<br />

vero in tutto e per tutti, sia nel fisico che nel morale; e la sola eccezione che io ricordi alla<br />

regola si e la venturina naturale che non vale l fartificiale.<br />

Guardiamoci quindi da qualunque affettazione. Essa provoca sempre il disprezzo:<br />

prima di tutto e un inganno e come tale una vigliaccheria, perche si fonda sulla paura; e in<br />

secondo luogo implica condanna di se stesso per mezzo di se stesso, imperocche si vuol<br />

parere cio che non si e, e si crede questo esser migliore di cio che si e. Il fatto d faffettare<br />

una qualita, di vantarsene, e confessare di non possederla. Quanta gente si gloria, di<br />

coraggio o di dottrina, d fintelligenza o di spirito, di successi colle donne o di ricchezze o di<br />

nobilta o d faltro, e si potra invece concludere che e precisamente su tale capitolo che manca<br />

loro qualche cosa! Perocche colui che possede realmente e completamente una qualita non<br />

si pensa di farne mostra e di affettarla; egli e perfettamente tranquillo su tale rapporto. E<br />

questo che vuol dire il proverbio spagnuolo: áHerradura que chacolotea clavo le falta â (A<br />

ferratura crocchiante manca un chiodo). Non si deve certo, l fabbiamo gia detto,<br />

abbandonare affatto le redini e mostrarsi interamente quali si e; perche la parte cattiva e<br />

bestiale della nostra natura e considerevole ed ha bisogno d fesser velata; ma cio non<br />

legittima che l fatto negativo, la dissimulazione, e niente affattissimo il positivo, la<br />

simulazione. Bisogna pure sapere che si scopre l faffettazione in un individuo prima ancora<br />

di capir chiaro cio ch fegli voglia precisamente affettare. Infine la cosa non puo durare a<br />

lungo, e la maschera un giorno finira col cadere: áNessuno puo portare per lungo tempo la<br />

maschera; le cose finte ben presto ritornano alla propria natura â (Seneca, De clementia,<br />

L. I, c. 1).


31. ‹ Nella stessa guisa che si porta il peso del proprio corpo senza avvertirlo mentre<br />

si sentirebbe il peso di qualunque oggetto estraneo che si volesse muovere, cosi non si<br />

scorgono che i difetti e i vizi degli altri e non i propri. In cambio pero ciascuno possede in<br />

altrui uno specchio nel quale puo vedere distintamente i suoi propri vizi, i suoi difetti, e le<br />

sue maniere grossolane e antipatiche. Ma d fordinario si fa come il cane che abbaja contro lo<br />

specchio perche non sa esser se stesso ch fei vede e s fimmagina invece d faver davanti un<br />

altro cane. Chi critica gli altri lavora alla correzione di se medesimo. Coloro dunque che<br />

hanno una tendenza abituale a sottoporre tacitamente nel loro foro interno ad una critica<br />

attenta e severa le maniere degli uomini, ed in generale tutto cio che questi fanno o non<br />

fanno, costoro intendono a correggere ed a perfezionare se stessi: perocche avranno<br />

abbastanza equita od almeno abbastanza orgoglio e vanita per evitare cio che hanno tante<br />

92<br />

volte e cosi rigorosamente biasimato in altrui. L fopposto succede per i tolleranti, cioe:<br />

áHanc veniam damus petimusque vicissim. â (Concediamo il perdono e lo chiediamo a<br />

nostra volta). Il vangelo moralizza mirabilmente bene su coloro che scorgono la pagliuzza<br />

nell focchio del vicino, e che non vedono la trave nel proprio; ma la natura dell focchio non<br />

gli permette di guardare che al di fuori ed esso non puo quindi veder se medesimo; per<br />

questo, notare e biasimare i difetti degli altri e un mezzo opportunissimo per farci sentire i<br />

nostri. Ci occorre uno specchio per correggerci. Questa regola e buona ugualmente quando<br />

si tratta dello stile e del modo di scrivere; chi in tali materie ammira qualunque nuova<br />

pazzia, anziche biasimarla, finira col farsene imitatore. Percio in Germania siffatto genere<br />

di follia si diffonde tanto presto. I Tedeschi sono tolleranti: lo si scorge benissimo. Hanc<br />

veniam damus petimusque vicissim, ecco la loro impresa.<br />

32. ‹ L fuomo di specie nobile, in gioventu, crede che le relazioni essenziali e decisive,<br />

che creano veri legami tra gli uomini, sieno quelle di natura ideale, vale a dire quelle<br />

fondate sulla conformita del carattere, della piega dello spirito, del gusto, dell fintelligenza,<br />

ecc.; ma si avvede piu tardi che sono invece le reali, cioe quelle che sono stabilite su<br />

qualche interesse materiale. Sono esse che formano la base di tutti i rapporti, e la


maggioranza degli uomini ignora che ve ne sieno d faltra specie. Per conseguenza ciascuno<br />

e scelto in ragione del suo ufficio, della sua professione, del suo paese o della sua famiglia,<br />

in generale dunque secondo la posizione e la parte attribuitagli dalla convenzione; si e con<br />

tale concetto che viene scompartita e classificata, come articoli di fabbrica, la gente. Invece<br />

cio che un individuo e in se e per se, come uomo, in virtu delle qualita sue, non e preso in<br />

considerazione se non a piacimento, per eccezione; ciascuno mette queste cose da un lato<br />

non appena gli convien meglio, e le dimentica. Quanto piu un uomo avra un valore<br />

personale, tanto meno potra convenirgli una tale classificazione; cerchera quindi di<br />

sottrarvisi. Osserviamo tuttavia che tale maniera di trattare e fondata sul fatto che nel<br />

mondo, in cui regnano la miseria e l findigenza, i mezzi che servono a tenerle lontane sono<br />

la cosa essenziale e necessariamente predominante.<br />

33. ‹ Come la carta monetata circola sul mercato in luogo del danaro, cosi invece della<br />

stima e dell famicizia genuine sono la loro dimostrazione esterna ed il loro atteggiamento<br />

imitati quanto piu naturalmente e possibile, che hanno corso nel mondo. Si potrebbe, e<br />

vero, domandarsi se havvi proprio gente che meriti stima ed amicizia. Checche ne sia ho<br />

piu fiducia in un bravo cane quando dimena la coda che in tutte queste dimostrazioni e<br />

cerimonie. La vera, la sincera amicizia presuppone che, fra amici, l funo prenda una parte<br />

vivissima, puramente oggettiva ed affatto disinteressata, alla felicita ed alle disgrazie<br />

dell faltro, e tale associazione suppone a sua volta un reale identificarsi con l famico.<br />

L fegoismo della natura umana e talmente opposto a questo sentimento che l famicizia vera<br />

fa parte di quelle cose circa le quali s fignora, come per il gran serpente di mare, se<br />

appartengano al regno delle favole o se esistano in qualche luogo. Tuttavia si danno qualche<br />

volta fra gli uomini certe relazioni le quali, benche fondate in essenza su motivi<br />

segretamente egoistici di molteplice natura, sono condite nullameno d fun grano di amicizia<br />

genuina e sincera, cio che basta a dar loro una tale impronta di nobilta che possono, in<br />

questo mondo delle imperfezioni, portare con qualche diritto il nome d famicizia. Tali<br />

relazioni si levano altamente sopra gli avvicinamenti d fogni giorno; questi sono di tale<br />

natura che noi non rivolgeremmo piu mai la parola alla maggior parte delle nostre buone


conoscenze se intendessimo cio che esse dicono di noi in nostra assenza.<br />

A lato dei casi nei quali si ha bisogno di seri soccorsi e di sacrifizi considerevoli, la<br />

migliore occasione per mettere alla prova la sincerita d fun amico si e il momento in cui gli<br />

annunciate una disgrazia che vi ha improvvisamente colpito. Vedrete allora dipingersi sul<br />

suo viso un fafflizione vera, profonda e schietta, od al contrario colla sua calma<br />

imperturbabile, con uno sberleffo d fun istante confermera la massima di La Rochefoucauld:<br />

93<br />

áNelle sventure dei nostri migliori amici troviamo sempre qualche cosa che non ci<br />

dispiace. â Coloro che sono detti abitualmente amici possono appena, in tali occasioni,<br />

reprimere il piccolo fremito, il leggero sorriso di soddisfazione. V fhanno poche cose che<br />

mettano la gente cosi indubitatamente di buon umore come il racconto di qualche calamita<br />

che ci ha colpito recentemente od anche la confessione sincera che si fa loro di qualche<br />

debolezza personale. E cosa invero caratteristica.<br />

La lontananza e la lunga assenza portano danno a qualunque amicizia, sebbene non lo<br />

si confessi volentieri. Le persone che non vediamo piu, fossero pure nostri carissimi amici,<br />

insensibilmente col passar del tempo svaniscono fino allo stato di nozioni astratte, cio che<br />

fa che il nostro interesse per loro diventi sempre piu un semplice affare di ragionamento,<br />

anzi di tradizione; il sentimento vivo e profondo resta serbato per coloro che abbiamo<br />

davanti gli occhi, quand fanche non fossero che gli animali prediletti. Siffattamente la natura<br />

umana e guidata dai sensi. Qui ancora Goethe ha ragione di dire: Il presente e una divinita<br />

grandissima (Tasso, atto IV, scena IV).<br />

Gli amici di casa sono d fordinario ben chiamati con questo nome, perche sono piu<br />

attaccati alla casa che al padrone di essa; costoro somigliano ai gatti piuttosto che ai cani.<br />

Gli amici si dicono sinceri: solamente i nemici sono sinceri; percio si dovrebbe, per<br />

imparare a conoscere se stesso, approffittarsi del loro biasimo come d funa medicina amara.<br />

Sono rari gli amici nel bisogno? Al contrario! Appena si e fatto amicizia con un<br />

uomo, ecco che questi e tosto in bisogno e che vi chiede a prestito denaro.<br />

34. ‹ Come bisogna esser novizi per credere che il far mostra di spirito e di senno sia


un mezzo per riescire ben visti in societa! Che, ben al contrario, cio suscita presso la<br />

maggior parte della gente un sentimento di odio e di rancore tanto piu amaro in quanto che<br />

chi lo prova non e autorizzato a dichiararne il motivo; anzi lo dissimula pure a se stesso.<br />

Ecco dettagliamente come succede la faccenda: fra due interlocutori non appena uno<br />

osserva e sente una grande superiorita nell faltro, ne conchiude tacitamente e senza averne la<br />

coscienza ben chiara che costui pure osserva e sente nel medesimo grado l finferiorita e lo<br />

spirito limitato di chi gli sta davanti. Tale contrasto eccita al piu alto grado il suo odio, il<br />

suo rancore, la sua rabbia.42 Percio Graciano dice con ragione: áIl solo mezzo che valga per<br />

rimaner tranquilli si e il vestire la pelle del piu semplice fra gli animali43 â. Mettere in luce<br />

spirito e senno e un modo indiretto di rimproverare agli altri l fincapacita e la stupidezza.<br />

Una natura volgare s firrita all faspetto della natura opposta; motore secreto dello stizzirsi e<br />

l finvidia. Perocche soddisfare alla propria vanita e, come lo si puo scorgere ogni momento,<br />

un piacere che presso gli uomini passa avanti ogni altro, ma che pero non e possibile se non<br />

in virtu d fun confronto fra se stessi e gli altri. E non si danno meriti di cui gli uomini sieno<br />

piu fieri che di quelli dell fintelligenza, visto che su di essi e fondata la loro superiorita<br />

riguardo gli animali. E dunque una grandissima temerita il mostrar loro una spiccata<br />

superiorita intellettuale, sopratutto davanti testimoni. Cio provoca la loro vendetta, e<br />

d fordinario essi cercheranno d fesercitarla colle ingiurie, perocche passano cosi dal dominio<br />

dell fintelligenza a quello della volonta nel quale siamo tutti eguali. Se dunque la posizione<br />

e le ricchezze possono sempre contare in societa sulla considerazione, le qualita intellettuali<br />

non devono aspettarsela; cio che puo loro toccare di meglio si e che non si faccia loro<br />

attenzione; che altrimenti saranno considerate come una specie d fimpertinenza o come un<br />

bene che e stato acquistato per vie illecite e di cui il proprietario ha l faudacia di gloriarsi;<br />

per questo ciascuno si propone tacitamente di infliggergli in appresso qualche umiliazione<br />

su tale proposito, e allo scopo non attende che l foccasione favorevole. Appena con<br />

umilissimo atteggiamento si riescira a strappare, come una elemosina, il perdono della<br />

propria superiorita intellettuale. Dice Saadi nel Gulistan: áSappiate che si trova presso<br />

l fuomo irragionevole cento volte piu d favversione per il ragionevole di quello che questi


42 Cfr. nell fop. Il mondo come volonta e come rappresentazione, 3a ed., vol. II, p. 256 le toccanti parole<br />

del<br />

D. Johnson e di Merk, l famico di gioventu di Goethe.<br />

43 Vedi Oraculo manual y arte de prudencia, 240 (Obras, Amberes 1702, P. II, p. 287).<br />

94<br />

non ne provi per il primo. â L finferiorita intellettuale invece equivale ad un vero titolo di<br />

raccomandazione. Perocche il sentimento benefico della superiorita e per lo spirito cio che<br />

il calore e per il corpo; ciascuno s favvicina all findividuo che gli procura tale sensazione per<br />

lo stesso istinto che lo spinge ad avvicinarsi alla stufa o ad andarsi a mettere sotto i raggi<br />

del sole. Ora a cio non v fha che l findividuo assolutamente inferiore, nelle facolta<br />

intellettuali per gli uomini, in bellezza per le donne. Conviene confessare che per lasciar<br />

scorgere, in presenza di certa gente, una inferiorita non simulata bisogna possederne una<br />

buona dose. In cambio vedete con quale amabile cordialita una ragazza mediocremente<br />

bella va incontro ad una essenzialmente brutta. Il sesso maschile non annette grande valore<br />

ai vantaggi fisici, benche si preferisca meglio trovarsi a lato d funa persona piu piccola<br />

piuttosto che di una piu grande di se stessi. Per conseguenza fra gli uomini sono gli sciocchi<br />

e gl fignoranti che riescono graditi e cercati dovunque, fra le donne le brutte; si fa loro<br />

immediatamente la riputazione d faver un cuore eccellente, visto che ciascheduno ha<br />

bisogno d fun pretesto per giustificare le proprie simpatie agli occhi di se stesso e degli altri.<br />

Per la medesima ragione qualunque superiorita di spirito ha la proprieta d fisolare: la si<br />

fugge, la si odia e per aver un pretesto a cio si prestano a chi la possede difetti d fogni<br />

sorta44. La bellezza produce esattamente lo stesso effetto tra le donne; le ragazze, quando<br />

sono molto belle, non trovano amiche e nemmeno compagne. Che esse non s fimmaginino<br />

di cercare in qualche parte un posto di damigella di compagnia; non appena si<br />

presenteranno, il viso della dama presso la quale sperano entrare si fara scuro; perocche, sia<br />

per suo conto, sia per le sue figlie, essa non ha affatto bisogno del risalto d funa bella figura.<br />

Avviene invece ben altrimenti quando si tratta dei vantaggi del grado, perche questi non<br />

agiscono, come i meriti personali, per effetto del contrasto e del rilievo, ma per riverbero,


come i colori circonvicini quando si riflettono sul viso.<br />

35. ‹ La pigrizia, l fegoismo e la vanita hanno molto spesso la parte piu grande nella<br />

confidenza che noi concediamo ad altri: la pigrizia, quando per non esaminare, curare,<br />

operare da noi stessi, preferiamo confidarci ad un faltra persona; l fegoismo, quando il<br />

bisogno di parlare degli affari nostri ci porta a fare qualche confidenza ad alcuno; la vanita<br />

quando questi affari sono tali da rendercene gloriosi. Ma ad onta di cio non pretendiamo<br />

meno che si apprezzi la nostra confidenza. Noi al contrario non dovremmo mai essere<br />

irritati per la diffidenza, perche essa racchiude un complimento all findirizzo della probita<br />

ed e la confessione sincera della sua estrema scarsezza la quale fa si che essa appartenga a<br />

quelle cose di cui si mette in dubbio l fesistenza.<br />

36. ‹ Ho presentato nella mia Morale, p. 201 (2a ed. 198). una delle basi della<br />

compitezza, virtu cardinale presso i Chinesi; l faltra e la seguente. La compitezza e stabilita<br />

sopra una convenzione tacita di non osservare gli uni presso gli altri la miseria morale ed<br />

intellettuale della condizione umana e di non rinfacciarsela reciprocamente; d fonde risulta<br />

che essa appare meno facilmente con vantaggio d fambo le parti.<br />

Compitezza e prudenza; scortesia dunque e balordaggine; farsi dei nemici senza<br />

necessita e senza motivo colla rozzezza e follia: la stessa cosa come se si dasse fuoco alla<br />

propria casa. Perocche la cortesia e, come i gettoni, moneta notoriamente falsa: risparmiarla<br />

e prova di demenza, usarne con liberalita, di senno. Tutte le nazioni terminano le lettere<br />

colla formola: áVotre tres-humble serviteur, Your most obedient servant, Suo devotissimo<br />

44 Per tirar avanti nel mondo amicizie e camerate sono, fra tutti, il mezzo piu potente. Ma le grandi<br />

capacita danno fierezza; si e allora disadatti per adulare coloro che ne sono privi e davanti ai quali,<br />

precisamente a causa di questo, si devono dissimulare le proprie qualita eminenti. La coscienza di non<br />

avere<br />

che mezzi limitati agisce in senso opposto; essa si accorda perfettamente coll fumilta, l faffabilita, la<br />

condiscendenza ed il rispetto per cio che e cattivo; giova quindi per farsi amici e protettori.<br />

Tutto questo non si applica solamente alle funzioni dello Stato, ma pure alle cariche onorifiche, alla<br />

dignita, ed anche alla gloria nel mondo della scienza; cio che produce, per esempio, che nelle accademie la


uona e brava mediocrita occupa sempre il primo posto e che la gente di merito non vi entra che tardi o<br />

forse<br />

mai: lo stesso succede da per tutto. (Nota dell fAutore).<br />

95<br />

servo â; solo i Tedeschi sopprimono il áDiener â (servo), perche non e vero, dicono. Chi<br />

invece spinge la compitezza fino al sacrifizio d finteressi reali, somiglia all fuomo che desse<br />

monete d foro per gettoni. Nella stessa guisa che la cera dura e fragile per sua natura,<br />

diviene per mezzo d fun po f di calore cosi malleabile da prendere quella forma qualunque<br />

che piacera darle, cosi pure si puo, con un granellino di cortesia e di amabilita, render<br />

pieghevoli e compiacenti perfino uomini burberi ed ostili. La compitezza e dunque per<br />

l fuomo cio che il calore e per la cera. Pero davvero e questo un grave compito, nel senso<br />

che c fimpone testimonianze di stima per tutti, quando la maggior parte della gente non ne<br />

merita punto; esige inoltre che abbiamo da fingere il piu vivo interesse, quando dovremmo<br />

invece starcene beati di non sentirne affatto. Mettere insieme la politezza e la dignita e un<br />

colpo da maestro.<br />

Le offese, consistendo sempre alla fin fine in manifestazioni di mancanza di<br />

considerazione, non ci metterebbero cosi facilmente fuori di noi se, da una parte, non<br />

nutrissimo una opinione molto esagerata del nostro alto valore e della nostra dignita, cio<br />

che e proprio d fun orgoglio smisurato, e se, d faltra parte, ci rendessimo conto di quello che<br />

ordinariamente ognuno, in fondo al cuore, crede e pensa riguardo gli altri. Quale stonante<br />

contrasto pertanto tra la suscettibilita della maggior parte degli uomini per la piu leggera<br />

allusione critica diretta contro di loro, e cio che i medesimi dovrebbero udire se potessero<br />

sorprendere quanto dicono di essi le loro conoscenze! Faremmo ottima cosa ricordandoci<br />

sempre che la compitezza non e che una maschera beffarda; in tal modo non ci metteremmo<br />

a strillare come pavoni ogni volta che la maschera si sposta un po f, o che viene smessa per<br />

un momento. Quando un individuo diventa apertamente villano e la stessa cosa come se si<br />

spogliasse delle sue vesti e si mostrasse in puris naturalibus. Certamente apparirebbe molto<br />

brutto, come la maggior parte della gente in tale stato.


37. ‹ Non bisogna modellarsi sopra un altro per quello che si vuol fare o non fare,<br />

perche le situazioni, le circostanze, le relazioni non sono mai le stesse e perche anche la<br />

differenza di carattere da tutt faltra tinta all fazione; per questo áduo cum faciunt idem, non<br />

est idem â (quando due persone fanno la stessa cosa, questa tuttavia non risulta la stessa).<br />

Occorre, dopo matura riflessione, dopo seria meditazione, agire conformemente al proprio<br />

carattere. L foriginalita e dunque indispensabile anche nella vita pratica; senza di essa cio<br />

che si fa non s faccorda con cio che si e.<br />

38. ‹ Non combattete l fopinione altrui; pensate che se si volesse correggere la gente di<br />

tutte le assurdita a cui crede non si avrebbe finito quand fanche si vivesse gli anni di<br />

Matusalem.<br />

Asteniamoci inoltre nel conversare da qualunque osservazione critica, quando pure<br />

questa fosse fatta nella migliore intenzione, perciocche offendere gli uomini e cosa facile,<br />

difficile invece, se non impossibile, correggerli.<br />

Quando in una conversazione le assurdita che sentiamo cominciano a metterci in<br />

collera, dobbiamo immaginare d fassistere ad una scena di commedia tra due pazzi:<br />

áProbatum est. â L fuomo nato per istruire il mondo sugli argomenti piu importanti e piu<br />

seri puo chiamarsi fortunato quando se ne tira sano e salvo.<br />

39. ‹ Chi vuole che la sua opinione trovi credito deve enunciarla freddamente e<br />

spassionatamente. Perocche qualunque impeto procede dalla volonta; e dunque a questa,<br />

non alla ragione, che e fredda di sua natura, che sarebbero attribuiti i giudizi espressi. Infatti<br />

essendo la volonta nell fuomo il principio radicale, ed essendo la ragione solo secondaria e<br />

venuta accessoriamente, si considerera il raziocinio come nato dalla volonta eccitata,<br />

piuttosto che l feccitazione della volonta come prodotta dal raziocinio.<br />

40. ‹ Non si deve abbandonarsi a lodare se stessi, quand fanche se ne avesse tutto il<br />

diritto. Imperocche la vanita e cosa tanto comune, e il merito tanto raro, che ogni qual volta<br />

sembrera che ci lodiamo, per quanto indirettamente cio avvenga, ciascuno scommettera<br />

cento contro uno che per mezzo della nostra bocca ha parlato solo la vanita, perche essa non<br />

96


ha abbastanza buon senso per capire la ridicolaggine della millanteria. Nondimeno Bacone<br />

da Verulamio potrebbe non affatto aver torto quando pretende che il ásemper aliquid<br />

haeret â (ne resta sempre qualche cosa) non sia vero solamente della calunnia, ma anche<br />

della lode di se, e quando raccomanda quest fultima a dosi moderate45.<br />

41. ‹ Quando sospettate qualcuno di menzogna, fingete credulita; allora ei diverra<br />

sfrontato, mentira piu spudoratamente, e sara smascherato. Se invece scorgete che una<br />

verita che vorrebbe dissimulare, gli sfugge in parte, fate l fincredulo affinche, provocato<br />

dalla contraddizione, ei metta fuori tutta la riserva.<br />

42. ‹ Consideriamo tutti i nostri affari personali quali secreti; al di la di cio che i nostri<br />

buoni conoscenti veggono coi propri occhi, conviene restar loro del tutto ignoti.<br />

Imperciocche quello che essi saprebbero circa le cose le piu innocenti puo, a tempo ed a<br />

luogo, esserci funesto. In generale val meglio manifestare il proprio senno con cio che si<br />

tace piuttosto che con cio che si dice. Effetto di prudenza nel primo caso, di vanita nel<br />

secondo. Le occasioni di tacersi e quelle di parlare si presentano in numero eguale, ma noi<br />

preferiamo spesso la momentanea soddisfazione che procurano le ultime al profitto durabile<br />

che ricaviamo dalle prime. Si dovrebbe rifiutarsi perfino quel sollievo che si prova parlando<br />

qualche volta ad alta voce con se stessi, cio che tocca facilmente alle persone di gajo<br />

umore, per non prenderne l fabitudine; perocche con questo il pensiero diventa l fanima ed il<br />

fratello della parola a tal punto che insensibilmente arriviamo a parlare anche cogli altri<br />

come se pensassimo ad alta voce, mentre la prudenza raccomanda di mantenere un largo<br />

fosso sempre aperto tra il pensiero e la parola.<br />

Ci sembra talora che gli altri non possano assolutamente credere ad una cosa che ci<br />

riguarda, mentre invece non pensano minimamente a dubitarne; se pero ci avviene di<br />

risvegliare in essi un tal dubbio, allora infatti non potranno piu prestarvi fede. Ma noi ci<br />

tradiamo unicamente coll fidea che e impossibile che non lo si noti; ci precipitiamo cosi da<br />

noi stessi da un faltezza per effetto del capogiro vale a dire del pensiero che non sia<br />

possibile di restare solidamente a quel posto e che l fangoscia di esser la sia cosi straziante<br />

che valga meglio abbreviarla: tale illusione si chiama vertigine.


D faltra parte bisogna tener a mente che tutti, anche coloro che altrove non fanno<br />

mostra di perspicacia, sono eccellenti algebristi quando si tratta degli affari personali altrui;<br />

su quest fargomento, data una sola quantita, essi sciolgono i piu complicati problemi. Se,<br />

per esempio, si racconta loro una storia passata sopprimendo i nomi e tutte le altre<br />

indicazioni sulle persone, bisogna guardarsi bene dall fintrodurre nella narrazione il piu<br />

piccolo dettaglio positivo e speciale, come la localita, o la data, o il nome d fun personaggio<br />

secondario, o qualunque cosa che avesse connessione anche lontanissima coll faffare,<br />

perocche essi troverebbero subito una grandezza stabilita positivamente, per mezzo della<br />

quale il loro talento algebrico dedurrebbe tutto il resto. L fesaltamento della curiosita in<br />

questo caso e tale che col suo ajuto la volonta mette gli sproni sui fianchi dell fintelletto, il<br />

quale, spinto in siffatta guisa, giunge ai risultati piu lontani. Perciocche tanto gli uomini<br />

45 Bacone da Verulamio dice cosi: áNon e piccola prerogativa di prudenza se alcuno con una certa arte e<br />

grazia possa presso gli altri far mostra di se, col millantare opportunamente le sue virtu, i meriti ed anche la<br />

fortuna (quando cio possa esser fatto senza arroganza o fastidio), e all fopposto coll foccultare<br />

artificiosamente<br />

i vizi, i difetti, gl finfortuni e i disonori; in quelle trattenendosi e volgendole come contro a luce, in questi<br />

cercando sotterfugi o purgandoli coll finterpretarli destramente, e altre cose di simil fatta. Cosi Tacito<br />

intorno a<br />

Muziano, uomo della sua eta prudentissimo e ad operare prontissimo, disse: Di tutte le cose che aveva<br />

dette e<br />

fatte, con una certa arte vantatore. Questa cosa abbisogna senza dubbio di un qualche artifizio, onde non<br />

generi noja o spregio: cosicche, nondimeno, una certa millanteria, benche fino al primo grado della vanita,<br />

sia<br />

piuttosto vizio in Etica che in Politica. Imperciocche siccome suol dirsi della calunnia, arditamente<br />

calunniando sempre qualche cosa rimane affissa (semper aliquid haeret), cosi possa dirsi della jattanza (se<br />

pur<br />

non sia stata brutta e ridicola) con audacia va gloriando te stesso, che sempre qualche cosa resta attaccata<br />

(semper aliquid haeret). Stara impressa di certo presso il popolo, abbenche i piu savi sorridano. Dunque la<br />

stima ottenuta appresso i piu compensera in gran copia il fastidio dei pochi â. (De augmentis scientiarum,<br />

Lugd. Batav. 1645. L. VIII, C. 2, p.644 e seg.). (Nota dell fEditore tedesco)


97<br />

hanno scarsa attitudine e curiosita per le verita generali, quanto sono avidi delle verita<br />

individuali.<br />

Ecco perche il silenzio e stato cosi istantemente raccomandato da tutti i maestri di<br />

saggezza cogli argomenti piu svariati in appoggio. Non occorre quindi che io insista piu a<br />

lungo; mi limitero a riportare alcune massime arabe molto efficaci e poco note: áNon dire<br />

all famico cio che non deve sapere il nemico â. . áE necessario che io custodisca il mio<br />

secreto, esso e mio prigioniero; non appena me lo lascio sfuggire, divento io suo<br />

prigioniero â. . áDall falbero del silenzio pende per frutto la tranquillita â.<br />

43. ‹ Non v fha danaro meglio impiegato di quello che ci siamo lasciato rubare,<br />

imperciocche esso ci ha servito immediatamente a comperare della prudenza.<br />

44. ‹ Non conserviamo, per quanto sia possibile, animosita contro alcuno;<br />

contentiamoci di notar con cura il áprocedere â di chi ci avvicina, e ricordiamocene per<br />

stabilire con cio il valore di ciascheduno almeno su quanto ci riguarda, e per regolare in<br />

conseguenza il nostro atteggiamento e la nostra condotta verso la gente; si sia sempre ben<br />

convinti che il carattere non cangia mai: dimenticare un tratto villano e un gettare dalla<br />

finestra danaro guadagnato penosamente. Ma seguendo la mia raccomandazione si sara<br />

protetti contro la pazza confidenza, e contro la pazza amicizia.<br />

áNon aver amore ne odio â compendia meta della piu alta saviezza; ánon dir verbo e<br />

non credere in cosa alcuna â, ecco l faltra meta. Davvero che si voltera ben volentieri la<br />

schiena ad un mondo che rende necessarie regole come queste e come le seguenti.<br />

45. ‹ Mostrar odio o collera nelle parole o nelle fattezze e inutile, e dannoso,<br />

imprudente, ridicolo, volgare. Non si deve palesare odio o collera che cogli atti. In questa<br />

seconda maniera si otterra un effetto tanto piu sicuro quanto meglio si seppe guardarsi dalla<br />

prima. Gli animali a sangue freddo soli sono velenosi.<br />

46. ‹ áParler sans accent â: questa vecchia regola della gente di mondo insegna che si<br />

deve lasciare all fintelligenza altrui la cura di decifrare cio che si e detto; la facolta di<br />

comprendere e lenta, e, prima che si sia svolta interamente, voi siete lontani. Invece áparler


avec accent â significa indirizzarsi al sentimento, e allora tutto e rovesciato. Havvi tal gente<br />

a cui, con gesto cortese ed in tuono amichevole, si puo dire in realta delle sciocchezze senza<br />

pericolo immediato.<br />

4. Circa la nostra condotta<br />

di faccia all fandamento del mondo ed alla sorte.<br />

47. ‹ Qualunque aspetto presenti l fumana esistenza, gli elementi ne sono sempre<br />

eguali; percio l fessenza rimane la stessa si viva pure in una capanna od alla Corte, in<br />

convento o nell farmata. Ad onta della loro varieta gli avvenimenti, le avventure, i casi lieti<br />

o tristi della vita somigliano agli articoli del confettiere; le figure sono svariate e numerose,<br />

ve n fha di circolari o di screziate, ma tutto esce dalla stessa pasta, e gli accidenti toccati ad<br />

una persona sono molto piu simili a quelli avvenuti ad un faltra che questa sentendone il<br />

racconto non pensi. I casi della nostra vita hanno anche simiglianza colle figure del<br />

caleidoscopio: ad ogni giro vediamo qualche combinazione nuova mentre in realta abbiamo<br />

sotto gli occhi sempre la stessa cosa.<br />

48. ‹ Tre potenze dominano il mondo, dice molto acutamente un antico: áƒÐƒÒƒËƒÃƒÐƒÇ.,<br />

ƒÈƒÏƒ¿ƒÑƒÍ., ƒÈƒ¿ƒÇ ƒÑ.ƒÔƒÅ, â prudenza, fortezza e fortuna. Io credo che quest fultima sia la maggiore.<br />

Imperciocche il cammino della vita possa esser paragonato al corso di un bastimento. La<br />

sorte, la ƒÑ.ƒÔƒÅ, la secunda aut adversa fortuna, fa la parte del vento che rapidamente spinge<br />

da lontano, avanti o indietro, mentre contro di essa poco valgono i nostri sforzi e le nostre<br />

98<br />

cure. Si e ufficio di queste il servire da remi; quando, dopo molte ore di lungo lavoro ci<br />

hanno portato in avanti d fun tratto di via, ecco che un colpo improvviso di vento ci respinge<br />

indietro d faltrettanto. Se all fincontro il vento e favorevole, ci manda avanti cosi bene che<br />

possiamo fare a meno di remo. Un proverbio spagnuolo esprime con energia incomparabile<br />

questa potenza della sorte: áDa ventura a tu hijo, y echa lo en el mar â (da fortuna al<br />

figliuolo tuo e buttalo in mare).<br />

Ma il caso e una malvagia potenza, cui dobbiamo fidarci il meno possibile. Eppure<br />

qual fe, fra tutti i dispensatori di beni, il solo che quando ci da, ci dimostra nel tempo stesso


chiaramente che non abbiamo diritto ai doni suoi e che non ne dobbiamo render grazie al<br />

nostro merito, ma alla sua bonta ed al suo favore, e che in conseguenza ci e permesso di<br />

nutrire la gioconda speranza di ottenere in seguito, umilmente sottomessi, nuovi regali,<br />

altrettanto poco meritati? E il caso: il caso che sa l farte sovrana di far comprendere<br />

luminosamente che di faccia al suo favore ed alla sua grazia qualunque merito e privo di<br />

forza e di valore.<br />

Quando si getta indietro uno sguardo sul cammino della vita, e quando, abbracciando<br />

nell finsieme il suo corso tortuoso e perfido come un laberinto, si scorge la felicita tante<br />

volte fallita, la sventura tante volte tirataci addosso, allora si sara facilmente condotti a<br />

passar la misura dei rimproveri verso se stessi. Perocche il corso della nostra esistenza non<br />

e unicamente semplice opera nostra; bensi il prodotto di due fattori, cioe la serie degli<br />

avvenimenti e la serie delle nostre decisioni, che si compenetrano e si modificano<br />

scambievolmente. Di piu avviene che in ambedue questi fattori il nostro orizzonte e sempre<br />

assai circoscritto, non potendo noi di lontano predire le nostre decisioni, ne ancor meno<br />

prevedere gli avvenimenti, ma solo di questi e di quelle conoscere veramente cio che e<br />

presente al momento. Ne segue che non possiamo, finche la meta e lontana, nemmeno una<br />

volta dirigere diritto su essa il nostro timone; ma solo in via approssimativa e dietro<br />

congetture volgere per quel verso la nostra direzione; spesso dunque ci conviene<br />

bordeggiare. Infatti tutto quello che ci e dato di poter fare si e di deciderci ogni volta<br />

secondo le circostanze presenti, nella speranza di coglier abbastanza giusto per raggiungere<br />

lo scopo principale. In questo senso gli avvenimenti e le nostre risoluzioni piu importanti<br />

sono ordinariamente da paragonare a due forze che agiscono in direzioni differenti e di cui<br />

la diagonale rappresenta il corso della vita nostra. Terenzio ha detto: áSuccede della vita<br />

degli uomini come di una partita di dadi: se non si ottiene il punto di cui si ha bisogno, e<br />

necessario saper tirar partito da quello che la sorte ha dato â; Terenzio in questo punto<br />

deve aver avuto in vista una specie di tric-trac. Piu brevemente possiamo dire: la sorte<br />

distribuisce le carte e noi giuochiamo. Ma l fesempio che segue e il piu adatto a spiegare la<br />

presente mia osservazione. Nella vita le cose passano come nel giuoco degli scacchi; noi ci


facciamo un piano: questo pero rimane subordinato a quanto piacera fare nella partita<br />

all favversario, e nella vita al destino. Le modificazioni che il nostro piano subisce sono,<br />

molto spesso, cosi grandi che nell fesecuzione esso e appena riconoscibile da qualche linea<br />

fondamentale.<br />

Del resto nel corso della nostra vita havvi qualche cosa ancora che sta sopra a tutto<br />

cio. E infatti una verita volgare e troppo sovente confermata che noi siamo spesso piu pazzi<br />

che non si creda; in cambio l fessere piu savi che non si supponga e tale scoperta che solo<br />

possono fare, e per di piu ben tardi, coloro che si sono trovati in questo caso. Qualche cosa<br />

c fe in noi di piu accorto della testa. Vale a dire che nei grandi momenti, nei passi piu<br />

importanti della nostra vita noi operiamo non tanto secondo la nozione chiara del giusto<br />

quanto in virtu di un impulso interno, impulso che potremmo chiamare istinto proveniente<br />

dalle profondita intime dell fesser nostro: dopo di che il nostro operare viene alterato da un<br />

concetto delle cose chiaro bensi, ma meschino, anzi accattato da regole generali, da esempi<br />

altrui, e cosi di seguito, senza che sia ponderato il detto: áquello che giova ad uno non<br />

giova a tutti â; in siffatta guisa diveniamo facilmente ingiusti verso noi medesimi. Alla fine<br />

99<br />

si conosce chi ha avuto ragione, e solo la vecchiaia raggiunta felicemente e soggettivamente<br />

ed oggettivamente in condizione di giudicare la quistione.<br />

Forse cotesto impulso interno e diretto, senza che noi ce ne avvediamo, da sogni<br />

profetici, dimenticati allo svegliarci, sogni che appunto cosi danno alla nostra vita<br />

quell fintonazione armonica e quell funita drammatica che non le potrebbe procurare la<br />

coscienza cerebrale cosi spesso vacillante e fallace, e cosi facilmente variabile; per cio forse<br />

avviene, per esempio, che l fuomo chiamato a produrre grandi opere in un ramo speciale, ne<br />

ha, fino dalla giovinezza, il sentimento intimo e secreto, e lavora in vista di tale risultato<br />

come l fape alla costruzione del suo alveare. Ma per ogni uomo, cio che lo spinge si e quella<br />

forza che Baldassare Graciano chiama ála grande sinderesi â, vale a dire la cura istintiva ed<br />

energica di se stesso, senza di cui l fessere va a rovina. Agire secondo principi astratti e<br />

cosa malagevole, e non riesce che dopo lunga pratica, e non sempre; spesso anche tali


principi sono insufficienti. All fincontro ognuno possede certi principi innati e concreti, che<br />

sono per lui sangue e vita, perche risultato di tutto il suo pensare, del suo sentire e del suo<br />

volere. Il piu delle volte non li conosce in abstracto; solamente portando lo sguardo sulla<br />

sua vita passata, scorge che ha sempre obbedito loro, e che fu da essi guidato come da un<br />

filo invisibile. Secondo le loro qualita, essi lo condurranno al bene suo, od al suo male.<br />

49. ‹ Bisognerebbe aver sempre davanti gli occhi l fazione del tempo e la mutabilita<br />

delle cose; per conseguenza in tutto quello che accade attualmente, poter immaginare<br />

l fopposto: rappresentare dunque a se con vivi colori nella sventura la felicita, nell famicizia<br />

la nimista, nel tempo sereno la cattiva stagione, nell famore l fodio, nella fiducia e<br />

nell fespansione il tradimento e il pentimento, e viceversa. Troveremmo cosi una fonte<br />

perenne di vera filosofia pratica su questa terra, perocche saremo sempre cautamente<br />

avveduti, ne cosi facilmente soggetti ad inganni. Del resto nei casi piu frequenti non<br />

avremo con cio che anticipato sull fazione del tempo. Ma forse per nessun faltra conoscenza<br />

umana e tanto necessaria l fesperienza quanto per il giusto apprezzamento dell finstabilita e<br />

del mutare delle cose. Siccome ogni situazione, nel tempo della sua durata, esiste<br />

necessariamente e quindi di pieno diritto, sembra che ogni anno, ogni mese ed ogni giornata<br />

varranno finalmente a conservarci un tale diritto per l feternita. Ma nessuna cosa dura, la<br />

mutabilita sola e veramente esistente e positiva. Saggio e colui che non e ingannato<br />

dall fapparente stabilita delle cose, e che inoltre sa prevedere il nuovo indirizzo che sara<br />

preso nel prossimo cambiamento46. Che gli uomini in via ordinaria tengano come<br />

permanente lo stato momentaneo delle cose o la direzione del loro corso, deriva da cio, che<br />

essi pure avendo sotto gli occhi l feffetto non ne comprendono le cause; eppure sono queste<br />

che racchiudono in se il germe dei mutamenti futuri, mentre gli effetti, che soli esistono per<br />

costoro, non contengono nulla di simile. Si tengono al risultato nella presupposizione che le<br />

cause ignote che ebbero il potere di produrlo, saranno pure in condizione di mantenerlo.<br />

Hanno in questo il vantaggio, quando sbagliano, di sbagliare all funisono; ne segue dunque<br />

che la sventura, da cui sono colpiti in conseguenza dell ferrore, e sempre generale, mentre il<br />

pensatore, quando s finganna, si trova per di piu isolato. Incidentalmente diro come si abbia


in questo una conferma della mia massima che l ferrore procede sempre da una conclusione<br />

di effetto a causa. (Si veda Il mondo come volonta e come rappresentazione, v. I, p. 90).<br />

Tuttavia solo in via teoretica, e prevedendo la sua azione, dobbiamo anticipare sul<br />

tempo: non in via pratica; ciocche vuol dire che non si deve commettere usurpazioni<br />

sull favvenire domandando prima del tempo quello che solamente col tempo ci puo esser<br />

46 Il caso ha in ogni cosa umana un campo d fazione cosi vasto che se noi cerchiamo subito di prevenire<br />

per<br />

mezzo di sacrifici un pericolo che ci minaccia di lontano, spesso questo pericolo per un nuovo indirizzo<br />

impreveduto degli avvenimenti scompare, ed ecco che non solo vanno perduti i sacrifici fatti, ma ancora i<br />

cambiamenti che da questi risultarono, riescono, per la mutata condizione delle cose, a dirittura di<br />

pregiudizio.<br />

Non dobbiamo quindi, prendendo le nostre misure, andar troppo avanti nell fabbracciare l favvenire,<br />

bensi<br />

calcolare anche sul caso ed audacemente affrontare qualche pericolo, sperando che esso, come tante nere<br />

nuvole di temporale, passi oltre. (Nota di Schopenhauer).<br />

100<br />

dato. Chiunque agisce cosi, esperimentera presto che non v fha davvero peggior usuraio, ne<br />

piu irremissibile del tempo; e che esso, se costretto ad imprestiti, esige interessi piu gravi<br />

che forse non farebbe un ebreo. Si puo, ad esempio, con calce viva e calore spingere la<br />

vegetazione d fun albero per modo che nel termine di pochi giorni metta foglie, fiori e<br />

frutta; ma poi esso muore. Se il giovinetto vuole esercitare, anche solo per pochi giorni, la<br />

potenza virile dell fuomo, e fare a dicianov fanni cio che gli sarebbe facile a trenta, il tempo<br />

gliene concedera bene il prestito, ma una parte della forza degli anni avvenire, forse una<br />

parte della sua stessa vita, servira d finteresse. Vi sono malattie dalle quali radicalmente non<br />

si guarisce se non lasciando ad esse il loro corso naturale; dopo di che spariscono da se<br />

medesime senza lasciar traccia. Ma se si esige pronta guarigione, proprio sul momento<br />

preciso, anche in questo caso il tempo dovra dare a prestito; la malattia sara vinta, ma il<br />

frutto da pagare sara costituito da debolezza e da mali cronici per tutta la vita. Allorche in<br />

tempo di guerra o di agitazioni popolari, si vuole valersi di danaro, e subito, proprio nel


momento stesso, si e costretti a vendere per il terzo del loro valore, e forse per meno<br />

ancora, i beni immobili o le carte dello Stato, di cui si avrebbe l fintero prezzo se si lasciasse<br />

tempo al tempo, ossia se si volesse aspettare qualche anno; ma invece si costringe il tempo<br />

ad un imprestito. Ovvero si abbisogna di una somma per un viaggio lontano: in capo ad uno<br />

o due anni si potrebbe avere il danaro necessario risparmiando sulle proprie rendite. Ma non<br />

si vuole aspettare: si cerchera dunque quanto occorre a credenza, o lo si togliera dal<br />

capitale; in altre parole ecco il tempo costretto ad un nuovo prestito. Qui l finteresse sara un<br />

disordine di cassa sempre maggiore, un deficit permanente e crescente da cui non ci<br />

libereremo mai. Tale l fusura del tempo; tutti coloro che non sanno aspettare saranno sue<br />

vittime. Non havvi impresa piu arrischiata del voler affrettare il corso misurato del tempo.<br />

Guardiamoci dunque dall fessergli debitori d finteressi.<br />

50. ‹ Tra i cervelli ordinari ed i sensati havvi una differenza caratteristica che si<br />

produce assai spesso nella vita privata, ed e che i primi quando riflettono sopra un pericolo<br />

possibile di cui vogliono apprezzare la grandezza, non cercano e non considerano se non<br />

cio che puo gia esser avvenuto di simile; mentre gli altri pensano da se stessi cio che puo<br />

accadere, ricordandosi del proverbio spagnuolo che dice: áQuello che non succede nel<br />

termine di un anno, succede in capo a pochi momenti â. Del resto la differenza di cui parlo e<br />

affatto naturale, perocche per abbracciare collo sguardo quanto puo accadere, si richiede<br />

l fintelletto, e per vedere quello che e successo bastano i sensi.<br />

Sia nostra massima: Sacrifichiamo agli spiriti maligni! Il che significa che non<br />

dobbiamo indietreggiare di fronte ad un certo consumo di cure, di tempo, d fincomodi, di<br />

difficolta, di danaro o di privazioni, quando si puo cosi chiudere l faccesso alla eventualita<br />

d funa disgrazia e fare che quanto piu il pericolo e grave tanto piu la possibilita ne divenga<br />

piccola, lontana ed inverosimile. La dimostrazione piu evidente di questa regola e il premio<br />

d fassicurazione. Esso e un sacrifizio pubblico e generale sull faltare degli spiriti cattivi.<br />

51. ‹ Nessun avvenimento deve farci prorompere in grida esagerate d fallegrezza o di<br />

lamento, in parte a cagione della mutabilita delle cose che puo ad ogni momento cangiarne<br />

l faspetto, e in parte a cagione della fallacia dei nostri giudizi su cio che per noi puo riescire


di vantaggio o di pregiudizio; cosi succede a tutti, almeno una volta in vita, di gemere per<br />

cio che piu tardi fu provato essere loro vero e maggior bene, ovvero di rallegrarsi di cio che<br />

divenne poi per essi fonte di immensi guai. Il sentimento raccomandato or ora o presentato<br />

da Shakespeare nella bella espressione: áHo provato tante scosse di gioja e di dolore che<br />

mai, al primo aspetto di essi, mi lascio trasportare qual femminuccia verso l funo o l faltro â<br />

(Tutto e bene.... atto 3 ‹, scena 2a).<br />

In generale colui che rimane serenamente tranquillo dinanzi ad ogni sventura, mostra<br />

di conoscere quanto colossali e moltiformi sieno i mali possibili della vita, per cui<br />

considera la disgrazia sopraggiuntagli come una piccolissima parte di cio che potrebbe<br />

accadergli: e questo il sentimento stoico conformemente al quale l fuomo non deve esser<br />

101<br />

mai conditionis humanae oblitus (dimentico della condizione umana), ma invece aver<br />

sempre in mente quanto sia triste e deplorevole il destino dell fumana vita, quanto<br />

innumerevoli i guai a cui e esposta. A tener vivo tale sentimento basta gettare dovunque<br />

uno sguardo solo intorno a se; e da per tutto si avra tosto sotto gli occhi lotte, angoscie,<br />

crucci per un fesistenza misera, nuda, insignificante. Allora s fimparera a moderare le<br />

proprie esigenze, allora si sapra adattarsi all fimperfezione di tutte le cose e di ogni stato, ed<br />

aspettare le disgrazie per poterle scansare o sopportarne il peso. Perocche le sventure,<br />

grandi e piccole, sono l felemento della nostra vita. Ecco cio che dovremmo sempre aver<br />

presente allo spirito senza per questo, da veri ƒÂƒÒƒÐƒÈƒÍƒÉƒÍ. (uomini difficili), lamentarsi e<br />

andar in convulsioni con Beresford in causa delle miseries of human life, e meno ancora in<br />

pulicis morsu Deum invocare (invocar Dio per la puntura d funa pulce); bensi, da ƒÃƒÒƒÉƒ¿ƒÀƒÅ.,<br />

(uomini circospetti) spingere tanto oltre la prudenza nel prevenire o nel metter argine alle<br />

sventure, sia che vengano dalle persone sia dalle cose, e perfezionarsi siffattamente in<br />

quest farte, che si possa, quali volpi astute, scansare gentilmente qualunque piccolo o grande<br />

accidente (che ordinariamente non e che un finettitudine mascherata).<br />

La ragione principale per cui un avvenimento doloroso ci riesce meno grave a<br />

sopportare quando lo abbiamo gia considerato come possibile, e che, come si dice, vi ci


siamo preparati, deve esser la seguente: quando pensiamo con calma ad una disgrazia prima<br />

che ci colga, come ad una semplice possibilita, ne abbracciamo l festensione chiaramente e<br />

da ogni lato, e cosi la riconosciamo circoscritta e definibile; di maniera che, quando essa<br />

succede, non potra esercitare i suoi effetti oltre la sua vera ed intrinseca gravita. Se<br />

all fincontro non abbiamo preso queste precauzioni, se saremo colti all fimpensata, allora lo<br />

spirito turbato non puo, al primo momento, misurare esattamente la grandezza della<br />

disgrazia, e siccome non la vede a colpo d focchio, se la rappresenta immensurabile, od<br />

almeno molto maggiore che in fatto non sia. Nella stessa guisa l foscurita e l fincertezza<br />

ingrandiscono ogni pericolo. Naturalmente a cio si aggiunge che noi, prevedendo come<br />

possibile una sventura, abbiamo nel tempo stesso considerato i motivi di conforto ed i<br />

rimedi, o per lo meno ci siamo abituati all fimmagine di essa.<br />

Ma nulla vale a renderci meglio atti a sopportare tranquilli e dignitosi i casi tristi che<br />

ci colgono, quanto il convincimento di quella verita che ho fermamente stabilito, e svolta<br />

fino ne f suoi primi principi, nella mia opera premiata sopra Il libero arbitrio, dove dissi a<br />

pag. 62 (60 della 2a ed.): áTutto quello che accade, dalle piu grandi alle piu piccole cose,<br />

accade necessariamente â. Perocche nell finevitabile necessita l fuomo sa raccapezzarsi<br />

presto, e la conoscenza della nozione or ora esposta fa si che egli consideri tutti gli<br />

avvenimenti, anche quelli prodotti dai casi piu strani, come altrettanto necessari quanto<br />

quelli che derivano da leggi notissime e che si conformano alle piu esatte previsioni.<br />

Rimando dunque il lettore a cio che ho detto (si veda Il mondo come volonta e come<br />

rappresentazione. V. I, pag. 345 e 346 [361 della 3a ed.]) sull finfluenza calmante che<br />

esercita la nozione dell finevitabile e del necessario. Chiunque se ne sara ben penetrato fara<br />

da prima tutto cio che puo fare, soffrira poi coraggiosamente cio che deve soffrire.<br />

Le piccole traversie che ad ogni ora ci molestano, si possono considerare come<br />

destinate a tenerci in esercizio perche la forza necessaria a sopportare le grandi sventure<br />

non abbia da infiacchirsi nei giorni felici. Contro gl fimpicci quotidiani, i disgusti leggeri<br />

del commercio cogli uomini, le difficolta insignificanti, le sconvenienze sgarbate, le<br />

chiacchere e simili cose ancora, si deve essere invulnerabili, vale a dire non solamente non


curarsene e non macchinarci sopra, ma nemmeno avvertirli; non lasciamoci toccare da essi,<br />

cacciamoli col piede come i sassi della strada, e non ammettiamoli in nessun modo<br />

nell fintimo secreto delle nostre riflessioni e deliberazioni.<br />

52. ‹ D fordinario sono semplicemente le loro stesse stupidaggini che la gente chiama<br />

destino. Dunque non si potra mai prendere abbastanza in seria considerazione il bel passo di<br />

Omero (Iliade, XXIII, v. 313 e seg.), la dove ei raccomanda la ƒÊƒÅƒÑƒÇ., cioe la circospezione.<br />

102<br />

Perocche se anche le malvagita nostre venissero espiate soltanto nell faltro mondo, si e<br />

proprio in questo che si paga il fio delle balordaggini, benche di tempo in tempo possa<br />

accadere che ci venga fatta grazia in luogo di giustizia.<br />

Non e il carattere violento, ma la prudenza che fa apparire terribili e minacciosi; tanto<br />

il cervello dell fuomo e arma piu formidabile dell fartiglio del leone.<br />

L fuomo di mondo piu perfetto sarebbe colui che non rimanesse mai paralizzato<br />

nell findecisione, ne mai si lasciasse vincere dalla precipitazione.<br />

53. ‹ Il coraggio e, dopo la prudenza, una condizione essenziale per la felicita nostra.<br />

Certamente non si puo dare a se medesimi ne l funa ne l faltra di queste qualita, che si eredita<br />

la prima dal padre, e la seconda dalla madre; tuttavia con proponimenti fermamente presi e<br />

coll fesercizio si arriva ad aumentare quella parte che gia si possede. In questo mondo in cui<br />

Cadon qual ferro della sorte i dadi,<br />

e necessario un carattere di ferro, corazzato contro il destino ed armato contro gli uomini.<br />

Perche tutta la vita e lotta, ogni passo ci viene disputato, e Voltaire dice con ragione: áA<br />

questo mondo non si va avanti che colla punta della spada, e si muore coll farma in mano â.<br />

E quindi anima codarda quella che al primo accavallarsi di nuvole, od anche solo al loro<br />

presentarsi sull forizzonte, si ripiega sopra di se, sbigottisce, e si querela. Sia piuttosto<br />

nostra impresa:<br />

Tu ne cede malis, sed contra audentior ito.<br />

(Non ceder all favversita, ma va arditamente contro di essa).<br />

Finche l fesito di una cosa pericolosa e ancora dubbio, finche rimane la possibilita


d fun risultato favorevole, non vi disanimate, ma pensate alla resistenza, nello stesso modo<br />

che non si deve disperare del bel tempo fino a che resta ancora un lembo azzurro nel cielo.<br />

Occorre saper dire:<br />

Si fractus illabatur orbis,<br />

Impavidum ferient ruinae.<br />

(Se il mondo crollasse infranto, le sue ruine (mi) colpirebbero impavido).<br />

Ne l fintera vita istessa, ne con piu ragione, i suoi beni, meritano alla fin fine tanto<br />

codardo timore e tante angoscie:<br />

Quocirca vivite fortes,<br />

Fortiaque adversis opponite pectora rebus,<br />

(Per la qual cosa vivete da forti, ed opponete gagliardo il petto all favversita).<br />

Eppure anche qui l feccedere e possibile: il coraggio puo degenerare in temerita. Pero<br />

il timore, in una certa misura, e necessario alla conservazione della nostra esistenza sulla<br />

terra; la codardia non e che l fesagerazione di esso. Cio ha espresso acutamente Bacone da<br />

Verulamio nella sua spiegazione etimologica del terror panicus, spiegazione che si lascia<br />

molto addietro l faltra piu antica dovuta a Plutarco (De Iside et Osir., c. 14). Bacone fa<br />

derivare il terror panicus da Pane, come dalla natura personificata, ed aggiunge: áLa<br />

103<br />

natura ha messo il sentimento della paura e del terrore in tutto cio che e vivo per<br />

conservare la vita e la sua essenza, e per evitare ed allontanare i pericoli. Pero questa<br />

stessa natura non sa conservare la misura: ma confonde sempre le paure salutari colle<br />

vane ed inutili, talmente che troveremmo (se ci fosse dato di vederne l finterno) tutti gli<br />

esseri, e specialmente le creature umane, invasi sempre da timori panici â (De sapientia<br />

veterum, VI). Del resto cio che caratterizza il timor panico si e che esso non e chiaramente<br />

consapevole della sua causa; la presuppone piu che non la conosca, e, occorrendo, fa valere<br />

la paura stessa come fondamento alla paura.<br />

_________<br />

104


=============================================================<br />

CAPITOLO VI.<br />

___<br />

Sulla differenza delle eta della vita.<br />

Voltaire ha detto mirabilmente bene:<br />

Qui n fa pas l fesprit de son age<br />

De son age a tout le malheur.<br />

Converra dunque che, per chiudere queste considerazioni eudemonologiche, gettiamo<br />

uno sguardo sulle modificazioni che l feta porta in noi.<br />

In tutto il corso della nostra vita, possediamo soltanto il presente, e niente di piu, colla<br />

sola differenza che, in primo luogo, da principio vediamo un lungo avvenire dinanzi a noi e<br />

verso la fine un lungo passato dietro di noi; e che, in secondo luogo, il nostro<br />

temperamento, mai il carattere, percorre una serie di modificazioni conosciute, ciascuna<br />

delle quali da al presente una tinta differente.<br />

Ho esposto nella mia opera principale (V. II, C. 31, p. 394 [451 della 3a ediz.]) come<br />

e perche nell finfanzia siamo assai piu portati verso la conoscenza che non verso la volonta.<br />

Precisamente su cio e stabilita quella felicita del primo quarto della vita la quale lo fa<br />

apparire piu tardi dietro di noi come un paradiso perduto. Noi non abbiamo, durante<br />

l finfanzia, che relazioni poco numerose e bisogni limitati, quindi scarsa eccitazione della<br />

volonta: la parte maggiore del nostro essere e impiegata a conoscere. L fintelletto, come il<br />

cervello, che a sette anni raggiunge tutta la sua grandezza, si sviluppa di buon fora, benche<br />

non diventi maturo che piu tardi, e studia questa esistenza ancora nuova in cui tutto,<br />

assolutamente tutto, e rivestito della brillante vernice che gli e data dall fincanto della<br />

novita. Per questo i nostri anni d finfanzia sono poesia non interrotta. Perocche l fessenza<br />

della poesia, e cosi di tutte le arti, consiste nello scorgere in ogni cosa isolata l fidea<br />

platonica, vale a dire l fessenziale, cio che e comune a tutta la specie; ciascun oggetto ci<br />

appare cosi come il rappresentante di tutto il suo genere, e un caso ne vale mille.<br />

Quantunque sembri che nelle scene della nostra giovane eta noi non siamo occupati se non


dell foggetto o dell favvenimento attuale, e cio anche solamente perche la nostra volonta del<br />

momento vi si e interessata, in sostanza non e cosi. Infatti la vita, con tutta la sua<br />

importanza, si offre a noi ancora cosi nuova, cosi fresca, con impressioni cosi poco<br />

affievolite da un frequente rinnovarsi, che, con tutto il nostro fare infantile, ci occupiamo,<br />

in silenzio e senza marcata intenzione, a scoprire nelle scene e negli avvenimenti isolati,<br />

l fessenza stessa della vita, i tipi fondamentali delle sue forme e delle sue immagini. Noi<br />

vediamo, come lo esprime Spinoza, gli oggetti e le persone sub specie aternitatis. Quanto<br />

piu siamo giovani, tanto piu ogni cosa isolata rappresenta per noi il suo genere tutto intero.<br />

Tale effetto va diminuendo gradatamente di anno in anno; ed e per questo che si determina<br />

quella differenza cosi considerevole fra l fimpressione che e prodotta su noi dagli oggetti<br />

nell finfanzia e quella che ne riceviamo nell feta avanzata. Le esperienze e le cognizioni<br />

105<br />

acquistate durante l finfanzia e la prima gioventu divengono poi i tipi costanti e le rubriche<br />

di tutte le esperienze e cognizioni ulteriori, le categorie, per cosi dire, alle quali<br />

aggiungiamo, senza averne sempre coscienza precisa, tutto cio che incontriamo piu tardi.<br />

Cosi si forma, fino dai primi anni di vita la base solida del nostro modo, superficiale o<br />

profondo, di concepire il mondo; in seguito si sviluppa e si completa, ma non cangia piu ne f<br />

suoi punti principali. In virtu dunque di questa maniera di veder le cose, puramente<br />

oggettiva, per conseguenza poetica, essenziale all finfanzia, in cui e mantenuta dal fatto che<br />

la volonta e ancora ben lontana dal manifestarsi con tutta la sua energia, il fanciullo si<br />

occupa molto piu a conoscere che a volere. Da cio quello sguardo serio, contemplativo, di<br />

certi ragazzi, dal quale Raffaello ha tratto partito cosi felicemente per i suoi angeli, sopra<br />

tutto nella Madonna della Cappella Sistina. Per cio egualmente gli anni d finfanzia sono<br />

tanto felici che il loro ricordo va sempre unito ad un doloroso rimpianto. Mentre da una<br />

parte noi ci consacriamo cosi, con tutta serieta, alla conoscenza intuitiva delle cose,<br />

dall faltra parte l feducazione si occupa a procurarci nozioni. Ma le nozioni non ci danno<br />

l fessenza stessa delle cose; questa, che costituisce il fondo e il vero contenuto di tutte le<br />

nostre cognizioni, e stabilita sulla comprensione intuitiva del mondo. La quale pero puo


essere acquistata soltanto da noi stessi, e non potrebbe in alcuna guisa esserci insegnata. Ne<br />

deriva che il nostro valore intellettuale, proprio come il morale, non entra in noi dal di fuori,<br />

ma sorte dal nostro proprio essere, e che tutta la scienza pedagogica d fun Pestalozzi non<br />

arrivera mai a fare un pensatore di un uomo nato imbecille: no! mille volte no! chi e nato<br />

imbecille, imbecille deve morire. Tale comprensione contemplativa del mondo esterno<br />

esposto di recente alla nostra vista, spiega anche perche tutto quello che si e veduto ed<br />

appreso in giovinezza s fimprima cosi fortemente nella memoria. In fatti vi ci siamo<br />

occupati esclusivamente, niente ci ha distratti, ed abbiamo considerate le cose che<br />

vedevamo come uniche della loro specie, anzi come le sole esistenti. Piu tardi il numero<br />

considerevole di cose conosciute ci toglie il coraggio e la pazienza. Se si vorra ricordar cio<br />

che ho esposto nel secondo volume della mia opera principale (p. 372 [423 della 3a ediz.]),<br />

cioe che l fesistenza oggettiva di tutte le cose, vale a dire nella rappresentazione pura, e<br />

sempre gradevole, mentre la loro esistenza soggettiva, che sta nel volere, e unita in buona<br />

dose a dispiaceri e dolori, allora si ammettera facilmente, come espressione riassuntiva del<br />

fatto, la proposizione seguente: Tutte le cose sono belle a vedersi e orribili nel loro essere<br />

(alle Dinge sind herrlich zu sehn, also schrecklich zu seyn). Da quanto precede risulta che,<br />

durante l finfanzia, gli oggetti ci sono ben piu noti dal lato della vista, della rappresentazione<br />

cioe, dell foggettivita, che non dal lato dell fessere, che e nello stesso tempo quello della<br />

volonta. Siccome il primo e il lato gradevole, e che il soggettivo ed orribile ci resta ancora<br />

ignoto, il giovane intelletto prende tutte le immagini che la realta e l farte gli presentano per<br />

altrettante cose eccellenti: egli s fimmagina che come sono belle a vedersi, cosi ed anche di<br />

piu, lo sieno nel loro essere. Percio la vita gli appare come un eden: e questa quell farcadia<br />

in cui noi tutti siamo nati. Ne deriva un po f piu tardi la sete della vita reale, il bisogno<br />

urgente di agire e di soffrire che ci caccia irresistibilmente nel tumulto del mondo. Quivi<br />

impariamo a conoscere l faltra faccia delle cose, quella dell fessere, vale a dire della volonta,<br />

che tutto viene ad attraversare ad ogni passo. Allora a poco a poco s favvicina il grande<br />

disinganno; quando e giunto si dice: áL feta delle illusioni e passata â, e pure il disinganno si<br />

fa sempre piu grande e diventa sempre piu completo. Sicche possiamo dire che


nell finfanzia la vita si presenta come una decorazione da teatro veduta da lontano, nella<br />

vecchiaia come la stessa decorazione veduta da vicino.<br />

Ecco pure un sentimento che contribuisce alla felicita dell finfanzia: come nei primi<br />

giorni di primavera qualunque fogliame ha lo stesso colore e quasi la stessa forma, cosi<br />

nella prima giovinezza ci rassomigliamo tutti, e andiamo d faccordo perfettamente. Non e<br />

che colla puberta che comincia la divergenza, la quale va sempre aumentando, pari a quella<br />

dei raggi d fun cerchio.<br />

106<br />

Cio che turba, cio che rende infelici gli anni di giovinezza, il rimanente di questa<br />

prima meta della vita tanto preferibile alla seconda, si e la caccia alla felicita intrapresa nel<br />

fermo convincimento che la si possa trovare nell fesistenza. Ecco la fonte della speranza<br />

sempre delusa, che genera a sua volta lo scontento. Le immagini ingannatrici d fun vago<br />

sogno di felicita volano davanti gli occhi nostri sotto forme capricciosamente scelte, e noi<br />

cerchiamo invano il loro tipo originale. Percio siamo durante la giovinezza quasi sempre<br />

mal soddisfatti del nostro stato e del nostro ambiente qualunque si siano, perocche ad essi<br />

attribuiamo cio che dovremmo sempre riferire alla inanita od alla miseria della vita umana,<br />

colle quali allora facciamo conoscenza per la prima volta, dopo esserci aspettati ben altra<br />

cosa. Si guadagnerebbe molto nel toglier di buon fora, con adatti insegnamenti, questa<br />

illusione, propria alla gioventu, che vi siano grandi cose da trovare nel mondo. Ma succede<br />

invece che la vita si fa conoscere a noi per mezzo della poesia prima di rivelarsi colla realta.<br />

All faurora della nostra giovinezza le scene che l farte ci dipinge si spiegano brillanti sotto i<br />

nostri occhi, ed eccoci tormentati dal desiderio di vederle realizzate, di afferrare l farco<br />

baleno. Il giovane si aspetta la vita sotto la forma d fun romanzo interessante. Cosi nasce<br />

quell fillusione che ho descritta nel secondo volume della mia opera gia citata (p. 374 [428<br />

della 3a ediz.]). Perocche cio che presta il loro incanto a tutte queste immagini si e il fatto<br />

che esse sono precisamente immagini e non realta, e che contemplandole noi ci troviamo<br />

nello stato di calma e di soddisfazione perfetta della conoscenza pura. Realizzarle vuol dire<br />

essere occupato dalla volonta, e questa porta con se infallibilmente il dolore. Qui pure devo


imandar il lettore, cui l fargomento interessa, al secondo volume del mio libro (p. 427 [488<br />

della 3a ediz.]).<br />

Se dunque carattere della prima meta della vita e un faspirazione insaziata alla felicita,<br />

carattere dell faltra meta e il timore della sventura. Perocche a quell fora si ha conosciuto piu<br />

o meno nettamente che ogni bene e chimerico, ogni dolore, invece, reale. Allora gli uomini,<br />

quelli almeno il cui giudizio e sensato, in luogo d faspirare al piacere non cercano piu che<br />

uno stato franco da dolori e da inquietudini47. Quando nei miei anni di gioventu sentiva<br />

battere alla mia porta, io era tutto allegro perche mi dicevo: áAh! finalmente! â Piu tardi,<br />

nella medesima situazione, ne ricevevo un fimpressione piuttosto vicina al terrore, e<br />

pensavo: áAhime ! di gia! â Gli esseri eminenti e largamente dotati, coloro che, per cio<br />

stesso, non appartengono del tutto al resto degli uomini e si trovano piu o meno isolati in<br />

proporzione dei loro meriti, provano pure riguardo la societa umana questi due sentimenti<br />

opposti: in giovinezza spesso quello di esserne abbandonati, nell feta matura quello<br />

d fesserne liberati. Il primo, che e penoso, deriva dalla loro ignoranza: il secondo,<br />

gradevole, dalla conoscenza del mondo. Ne segue che la seconda meta della vita, come la<br />

seconda parte d fun periodo musicale, ha meno foga e piu quiete della prima: e succede cosi<br />

perche la gioventu s fimmagina meraviglie immense circa la felicita ed i piaceri che si<br />

possono incontrare sulla terra e crede che la difficolta stia solo nel raggiungerli, mentre la<br />

vecchiezza sa che non v fha cosa alcuna da cercare; tranquilla su tale proposito, essa gusta<br />

qualunque attualita sopportabile, e prende piacere perfino alle cose piu piccole.<br />

L fuomo maturo coll fesperienza della vita ha guadagnato anzitutto l fassenza di<br />

prevenzioni, per cui vede il mondo in una maniera diversa dall fadolescente e dal giovane.<br />

Egli, per la prima volta, comincia a veder le cose semplicemente ed a prenderle per quello<br />

che sono, mentre agli occhi di lui giovane e fanciullo un fillusione formata da<br />

vaneggiamenti creati da se stessi, da pregiudizi ereditati, e da strane fantasticherie, velava o<br />

deformava il mondo reale. Primo lavoro che l fesperienza trova da compiere si e quello di<br />

liberarci dalle chimere e dalle false nozioni accumulate durante la giovinezza. Garantirne i<br />

giovani sarebbe certamente la migliore educazione che si potesse dar loro, benche essa sia


semplicemente negativa; ma e questo un affare assai difficile. Occorrerebbe a questo scopo<br />

cominciare col mantener l forizzonte del fanciullo ristretto quanto piu e possibile, non<br />

47 Nell feta matura si sa meglio guardarsi dall finfelicita, in giovinezza a sopportarla. (Nota dell fAutore).<br />

107<br />

procurargli in questo limite che nozioni chiare e giuste, e non allargarglielo che<br />

gradatamente quando egli avesse la conoscenza esattissima di tutto quello che vi e<br />

compreso, avendo cura che non vi resti all foscuro, o che non sia intesa incompletamente o<br />

falsamente cosa alcuna. Ne risulterebbe che le sue nozioni sulle faccende e sulle relazioni<br />

umane, benche ancora ristrette e semplicissime, sarebbero tuttavia distinte e vere in modo<br />

da richiedere ormai solamente estensione e non indirizzo; si continuerebbe cosi fino a che il<br />

fanciullo non si fosse fatto uomo. Questo metodo esige sopra tutto che non si permetta la<br />

lettura di romanzi; vi saranno sostituite biografie scelte con giusti criteri, come per esempio<br />

la vita di Franklin, o la storia di Antonio Reiser di Moritz, ed altri simili libri.<br />

Finche siamo giovani c fimmaginiamo che avvenimenti e personaggi importanti<br />

appariranno nella nostra esistenza coi tamburi e colle trombe; nell feta matura uno sguardo<br />

al passato ci fa scorgere che essi vi sono entrati senza strepito, per la porta secreta, e quasi<br />

inavvertiti.<br />

Si puo anche, sotto il punto di vista che ci occupa, paragonare l fesistenza ad un<br />

drappo ricamato di cui ciascuno vedrebbe, nella prima meta della vita, il solo diritto, e,<br />

nella seconda, il solo rovescio; questo lato e meno bello, ma piu istruttivo perche permette<br />

di conoscere l fintreccio dei fili.<br />

La superiorita intellettuale, anche la piu grande, non fara valere pienamente la sua<br />

autorita nel conversare che dopo il quarantesimo anno. Perocche la maturita propria dell feta<br />

ed i frutti dell fesperienza possono essere benissimo sorpassati di molto, ma giammai<br />

surrogati dall fintelligenza; queste condizioni forniscono, anco all fuomo piu volgare, un<br />

contrappeso da opporre alla forza della mente piu grande, fino a che questa e giovane. Parlo<br />

qui solamente della personalita, non delle opere.<br />

Nessun uomo un po f superiore, nessuno di coloro che non appartengono alla


maggioranza dei 5/6 degli umani cosi scarsamente dotati dalla natura, potra andar franco da<br />

una certa tinta di melanconia quando avra passato la quarantina. Perocche, come era<br />

naturale, egli aveva giudicato gli altri secondo se stesso, ed e ora uscito d finganno; ha<br />

compreso che essi sono ben indietro rapporto a lui sia per il cervello, sia per il cuore, molto<br />

spesso anzi per l funo e l faltro, e che non potranno mai equilibrare il conto; evitera quindi<br />

ogni commercio con essi, come del resto qualunque uomo amera oppure odiera la<br />

solitudine, vale a dire la societa, in proporzione del suo valore intellettuale. Kant tratta pure<br />

di questo genere di misantropia nella sua Critica della ragione verso la fine della nota<br />

generale al ˜ 29 della prima parte.<br />

E un brutto sintomo, cosi dal lato morale come dall fintellettuale, per un giovane il<br />

raccapezzarsi facilmente in mezzo alla confusione delle vicende umane, il trovarvisi bene, e<br />

il mettervisi dentro quasi vi fosse stato preparato anticipatamente; cio indica volgarita.<br />

Invece un fattitudine confusa, esitante, imbarazzata e a controsenso e in tale circostanza<br />

indizio di nobile specie.<br />

La serenita e il coraggio in cui si rimane vivendo durante la gioventu dipendono<br />

anche in parte dal fatto che salendo il monte non possiamo scorgere la morte, la quale sta ai<br />

piedi dell faltro versante. Una volta passata la cima, la vediamo coi nostri occhi, mentre fino<br />

allora non la conoscevamo che per bocca altrui, e, siccome in quel momento le forze vitali<br />

cominciano a declinare, il nostro coraggio s finfiacchisce nel tempo stesso; una serieta<br />

pensosa scaccia allora la petulanza giovanile, e s fimprime sulle nostre sembianze. Finche<br />

siamo giovani crediamo senza fine la vita, checche ce ne venga detto, ed usiamo del tempo<br />

in conseguenza. Quanto piu invecchiamo, tanto piu facciamo economia di esso. Perocche,<br />

in eta avanzata ogni giorno che vola via, produce in noi quel sentimento che prova un<br />

condannato ad ogni passo che lo avvicina al patibolo.<br />

Considerata dal punto di vista della gioventu l fesistenza e un avvenire infinitamente<br />

lungo: da quello della vecchiezza un passato assai corto, cosicche essa si offre ai nostri<br />

sguardi, sul principio come le cose guardate dalla parte dell fobbiettivo d fun cannocchiale<br />

108


da teatro, e sul finire come quando sono viste dall foculare. Occorre esser vecchi, vale a dire<br />

aver vissuto lungamente, per conoscere come la vita sia corta. Quanto piu si va avanti<br />

coll feta, tanto piu le cose umane, qualunque si siano, ci appariscono piccole; la vita, che<br />

durante la gioventu era la, davanti a noi, ferma e quasi immobile, ci sembra ora una rapida<br />

fuga d fapparizioni effimere, e ci diventa manifesta la nullita d fogni cosa su questa terra. Il<br />

tempo stesso, nella giovinezza, cammina d fun passo piu lento; sicche il primo quarto della<br />

vita e non solamente il piu felice, ma anche il piu lungo; esso lascia dunque molti piu<br />

ricordi, e ciascuno potrebbe all foccasione raccontare di questo primo quarto maggiori<br />

avvenimenti che non degli altri due. Nella primavera della vita come nella primavera<br />

dell fannata i giorni finiscono talvolta col divenire d funa lunghezza molesta. Nell fautunno<br />

della vita, come nell fautunno dell fannata, i giorni sono corti, ma sereni e piu costanti.<br />

Perche mai in vecchiaja la vita che si ha dietro di se, pare cosi breve? Si e perche noi<br />

la stimiamo cosi corta come il ricordo che ne conserviamo. Infatti tutto cio che in essa vi fu<br />

d finsignificante ed una gran parte di cio che vi fu di penoso, sfuggirono dalla nostra<br />

memoria; vi e dunque rimasto ben poca cosa. Perocche nella stessa guisa che la nostra<br />

mente e in generale molto imperfetta, cosi succede pure della nostra memoria: bisogna che<br />

teniamo in esercizio le nostre cognizioni e che rinvanghiamo il nostro passato, senza di che<br />

tutto cio sparira nell fabisso dell foblio. Ma noi non ritorniamo volentieri col pensiero sulle<br />

cose insignificanti, ne, ordinariamente, sulle sgradevoli, cio che tuttavia sarebbe<br />

indispensabile per conservarle nella memoria. Ora le cose insignificanti divengono sempre<br />

piu numerose, perche molti fatti che a prima vista ci sembrano importanti perdono<br />

qualunque interesse ripetendosi; il ripetersi, da principio, non e frequente, ma in seguito<br />

succede spessissimo. Per questo ricordiamo i nostri giovani anni meglio di quelli che<br />

vennero poi. Quanto piu lungamente viviamo, tanto meno si danno avvenimenti che ci<br />

sembrino abbastanza gravi od abbastanza significanti per meritare d fessere ripassati col<br />

pensiero, ciocche e l funico mezzo per conservarne il ricordo; appena trascorsi, li<br />

dimentichiamo. Ed ecco perche il tempo fugge lasciando di meno in meno traccia dietro di<br />

se.


Ma neppure ritorniamo volentieri sulle cose sgradite, sopra tutto quando esse<br />

feriscono la nostra vanita; ed e questo il caso piu frequente, perocche pochi disgusti ci<br />

toccano senza nostra colpa. Noi dimentichiamo dunque egualmente molte cose penose. Si e<br />

coll feliminazione di queste due categorie d favvenimenti che la nostra memoria diviene cosi<br />

corta, e lo diviene, in proporzione, quanto piu la stoffa e lunga. Come gli oggetti situati<br />

sulla riva si fanno sempre piu piccoli, indeterminati e indistinti a misura che la nostra barca<br />

se ne allontana, cosi svaniscono gli anni passati, colle nostre avventure e colle nostre azioni.<br />

Succede inoltre che la memoria e l fimmaginazione ci presentino talora una scena della<br />

nostra vita, obliata da lungo tempo, con tanta vivacita che ci sembri avvenuta il giorno<br />

prima, e ci apparisca affatto vicina. E cio perche ci e impossibile rappresentarci in una volta<br />

il lungo spazio di tempo che e scorso tra il passato e il presente, ed abbracciarlo collo<br />

sguardo in un solo quadro; di piu gli avvenimenti compiti in questo intervallo sono in gran<br />

parte dimenticati, e non ce ne resta piu che un fidea generale, in abstracto, una semplice<br />

nozione e non un fimmagine. Allora questo passato lontano ed isolato si presenta tanto<br />

vicino da parer successo jeri; il tempo intermedio e sparito, e la nostra intera esistenza ci<br />

sembra d funa brevita incomprensibile. Qualche volta pure, nella vecchiaja, il lungo passato<br />

che abbiamo dietro di noi puo ad un certo momento parerci favoloso; cio che viene<br />

principalmente perche vediamo sempre davanti a noi lo stesso presente immobile. In<br />

sostanza tutti questi fenomeni interni sono fondati non su cio che e il nostro essere per se<br />

stesso, ma sulla sua immagine visibile, che esiste sotto la forma del tempo, e sul fatto che il<br />

presente e il punto di contatto tra il mondo esterno e noi, tra l foggetto e il soggetto.<br />

Si puo ancora domandarsi perche, in gioventu, la vita sembri estendersi davanti noi a<br />

perdita d focchio. Cio dipende da prima perche ci occorre il posto da mettere le speranze<br />

109<br />

illimitate di cui la popoliamo, e per la cui realizzazione Matusalem sarebbe morto troppo<br />

giovane; poi perche prendiamo per scala della sua misura il piccolo numero d fanni che<br />

abbiamo gia dietro a noi; ma il ricordo di essi e ricco in materiali, e per conseguenza lungo,<br />

perche la novita ha dato importanza a tutti gli avvenimenti che vi si compierono; percio vi


itorniamo volentieri col pensiero, li richiamiamo spesso in mente, e finiamo col fissarveli.<br />

Ci sembra qualche volta di desiderare ardentemente di trovarci in un luogo lontano,<br />

mentre in realta non facciamo che rimpiangere il tempo che vi abbiamo passato quando<br />

eravamo piu giovani e piu freschi. Ecco in qual maniera il tempo ci trae in inganno sotto la<br />

maschera dello spazio. Portiamoci sul luogo tanto bramato e ci renderemo conto<br />

dell fillusione.<br />

Vi sono due vie per arrivare ad un feta avanzata, a condizione sine qua non tuttavia di<br />

possedere una costituzione senza difetto; per spiegarci, prendiamo l fesempio di due<br />

lampade che ardono: una bruciera a lungo perche, con poco olio, ha lo stoppino assai<br />

sottile; l faltra perche anche avendo un lucignolo molto grosso ha pure molto olio: l folio e la<br />

forza vitale, lo stoppino ne e l fimpiego applicato a qualsivoglia uso.<br />

Sotto il rapporto della forza vitale possiamo paragonarci, fino al nostro<br />

trentesimosesto anno, a coloro che vivono coll finteresse d fun capitale; cio che si spende<br />

oggi, si trova rimesso l findomani. A partire di qui, somigliamo ad un capitalista che<br />

comincia a toccare il suo capitale. In sul principio la cosa non e sensibile; la piu gran parte<br />

della spesa viene ancora a supplire a se stessa, e il piccolissimo deficit che ne risulta passa<br />

inosservato. Ma a poco a poco esso ingrandisce, diviene apparente e il suo stesso<br />

accrescimento cresce ogni giorno, e c finvade di continuo in grado maggiore; l foggi e<br />

sempre piu povero del giorno che lo precedette, e non v fha speranza che la faccenda si<br />

arresti. Come la caduta dei corpi, la perdita si accelerera velocemente fino alla scomparsa<br />

totale. Il caso piu triste e quello in cui tutte e due, forza vitale e ricchezza, questa non come<br />

termine di confronto, ma in realta, sono in via di sparire simultaneamente; per questo<br />

l famore al danaro aumenta coll feta. In cambio nei nostri primi anni fino alla eta maggiore,<br />

ed anche un po f al di la, noi siamo, sotto il rapporto della forza vitale, simili a coloro che<br />

sugl finteressi aggiungono ancora qualche cosa al capitale: non solo cio che si spende si<br />

rimette da se, ma il capitale stesso aumenta. Questo succede qualche volta anche per il<br />

danaro in grazia delle cure previdenti d fun tutore galantuomo. O gioventu fortunata! O<br />

triste vecchiaja! Bisogna, ad onta di tutto cio, risparmiare le forze della gioventu. Aristotele


osserva (Politica, Libro ultimo, Cap. 5) che fra i lottatori ai giuochi Olimpici, non se ne<br />

sono trovati che due o tre i quali, vincitori una volta da giovani, abbiano trionfato anche<br />

come uomini, perche gli sforzi prematuri che esigono gli esercizi preparatori, esauriscono<br />

talmente le forze che piu tardi, nell feta virile, esse fanno difetto. Se cio e vero per la forza<br />

muscolare lo e assai maggiormente per la forza nervosa, manifestazione della quale sono<br />

tutte le produzioni intellettuali: ecco perche gli ingenia praecocia, i fanciulli-prodigio,<br />

questi frutti d fun allevamento di serra calda, che fanno stupire nella loro prima eta,<br />

diventano . in seguito . teste perfettamente volgari. E anche possibilissimo che un<br />

eccesso d fapplicazione precoce e forzata nello studio delle lingue antiche sia la causa che<br />

ha fatto cadere piu tardi tanti eruditi in uno stato di paralisia e d finfanzia intellettuale.<br />

Ho notato che presso la maggior parte degli uomini il carattere sembra essere piu<br />

particolarmente adattato ad una delle eta della vita, di modo che in tale eta essi presentansi<br />

sotto la luce piu favorevole. Gli uni sono giovanotti amabili, e poi e finito; altri nella loro<br />

maturita si mostrano uomini energici ed attivi, ma in tarda eta perderanno ogni valore; e<br />

altri infine appariscono piu vantaggiosamente in vecchiaja, durante la quale sono piu cari<br />

perche hanno maggior esperienza e maggior calma: e questo il caso piu frequente presso i<br />

Francesi. Cosi deve avvenire perche il carattere ha per se stesso un certo che di giovanile, di<br />

virile o di senile in armonia coll feta corrispondente, o corretto da essa.<br />

110<br />

Nella stessa guisa che sopra una nave non ci rendiamo conto del suo cammino se non<br />

perche vediamo gli oggetti situati sulla riva allontanarsi e quindi farsi piu piccoli, cosi non<br />

ci avvediamo di divenir vecchi, sempre piu vecchi, se non per il fatto che persone d funa eta<br />

ognora piu avanzata ci sembrano giovani.<br />

Abbiamo gia esaminato piu indietro come e perche, a misura che si entra nella<br />

vecchiaja, tutto cio che si ha veduto, e tutte le azioni e tutti gli avvenimenti della vita<br />

lascino nello spirito traccie sempre meno numerose. Cosi considerata la giovinezza e la sola<br />

eta in cui si viva con intera coscienza; la vecchiezza non ha che una mezza coscienza della<br />

vita. Col progredire dell feta tale coscienza diminuisce gradatamente; gli oggetti passano


apidamente davanti a noi senza farci impressione, simili a quelle produzioni artistiche che<br />

non ci colpiscono piu quando le abbiamo viste parecchie volte; si fa cio che si aveva da<br />

fare, e non si sa poi nemmeno d faverlo fatto. Mentre la vita diviene sempre piu automatica,<br />

mentre cammina a gran passi verso l fincoscienza completa, per questo stesso fatto la fuga<br />

del tempo si accelera. Durante l finfanzia la novita delle cose e degli avvenimenti fa si che<br />

tutto s fimprima nella nostra coscienza; percio i giorni sono d funa lunghezza immensa. Per<br />

la medesima ragione lo stesso ci succede in viaggio, che un mese ci pare piu lungo di<br />

quattro passati a casa nostra. Malgrado la novita, il tempo, che ci sembra piu lungo<br />

nell finfanzia ed in viaggio, molto spesso ci diviene anche in fatto piu lungo che non nella<br />

tarda eta o nel nostro paese. Ma a poco a poco l fintelletto s fintorpidisce talmente colla<br />

lunga abitudine delle stesse percezioni che di grado in grado tutto finisce col passare sopra<br />

di esso senza lasciarvi impressione; ne viene che i giorni diventano sempre piu<br />

insignificanti e per conseguenza sempre piu corti; le ore del fanciullo sono piu lunghe delle<br />

giornate del vecchio. Vediamo adunque che il tempo della vita possede un movimento<br />

accelerato come quello d funa sfera che rotola sopra un piano inclinato; e, nella stessa guisa<br />

che sopra un cerchio girante un punto qualunque corre tanto piu veloce quanto piu e lontano<br />

dal centro, cosi per ogni uomo il tempo passa piu presto e sempre piu presto nella<br />

proporzione della sua distanza dal principio dell fesistenza. Si puo dunque ammettere che la<br />

lunghezza di un anno, quale e valutata dalla nostra disposizione del momento, sia in<br />

rapporto inverso del quoziente di esso per l feta; quando per esempio l fanno e la quinta parte<br />

dell feta, ci sembrera dieci volte piu lungo di quando non ne sia che la cinquantesima. Tale<br />

differenza nella rapidita del tempo ha un finfluenza assai decisiva su tutto il nostro modo di<br />

essere in ogni eta della vita. Prima d fogni altra cosa per essa l finfanzia, quantunque non<br />

comprenda che quindici anni appena, e il periodo piu lungo dell fesistenza, e<br />

conseguentemente anche il piu ricco di memorie; per essa poi noi siamo soggetti in tutto il<br />

corso della vita alla noja nel rapporto inverso dell feta. I fanciulli hanno sempre bisogno di<br />

passare il tempo sia nel gioco, sia nel lavoro; se l foccupazione manca, essi sono tosto<br />

assaliti da immensa noja. Gli adolescenti vi sono pure fortemente esposti, e temono assai le


ore d fozio. Nell feta virile la noja sparisce ognora piu: e per i vecchi il tempo e sempre<br />

troppo breve e i giorni volano colla rapidita d funa freccia. Bene inteso che io parlo di<br />

uomini e non di bruti invecchiati. L faccelerarsi del cammino del tempo sopprime dunque il<br />

piu delle volte la noja nell feta avanzata; d faltra parte le passioni coi loro tormenti<br />

cominciano a tacersi; ne viene che in sostanza, dato che la salute sia in buono stato, il peso<br />

della vita e realmente piu leggero che durante la gioventu: per questo l fintervallo che<br />

precede l fapparizione della debolezza e delle infermita proprie alla vecchiaja e chiamato gli<br />

anni migliori. E forse lo e in fatto dal punto di vista del nostro contento; ma in cambio gli<br />

anni di giovinezza, quando tutto fa impressione, quando ogni cosa entra nella coscienza,<br />

hanno il vantaggio d fessere la stagione fertilizzante dello spirito, la primavera che fa<br />

spuntare i germogli. Infatti le verita profonde si acquistano per intuizione e non colla<br />

speculazione, vale a dire che la loro prima percezione e immediata e provocata<br />

dall fimpressione momentanea: essa non puo dunque prodursi che fino a quando<br />

l fimpressione e forte, viva e profonda. Tutto dunque dipende, sotto tale rapporto,<br />

111<br />

dall fimpiego dei giovani anni. Piu tardi possiamo agire meglio sugli altri, fors fanco sul<br />

mondo intero, perocche noi stessi siamo finiti e completi, e non apparteniamo piu<br />

all fimpressione; ma il mondo agisce meno su noi. Questi anni sono dunque l fepoca<br />

dell fazione e della produzione: i primi invece quelli della comprensione e della conoscenza<br />

intuitiva.<br />

In gioventu domina la contemplazione, e nell feta matura la riflessione; l funa e il<br />

tempo della poesia, l faltra piuttosto quello della filosofia. In pratica egualmente si e per<br />

mezzo della percezione e della sua impressione che ci determiniamo a qualunque cosa<br />

durante la giovinezza; piu tardi invece per mezzo della riflessione. Cio succede in parte<br />

perche nell feta matura le immagini si sono presentate e riunite intorno a nozioni abbastanza<br />

numerose per dar loro importanza, peso e valore e cosi pure per moderare nello stesso<br />

tempo coll fabitudine l fimpressione delle percezioni. Al contrario l fimpressione di tutto cio<br />

che e visibile, dunque del lato esterno delle cose, e talmente preponderante in gioventu,


specialmente nelle menti vivaci e ricche d fimmaginazione, che i giovani considerano il<br />

mondo come un quadro; e si preoccupano della figura e dell feffetto che vi fanno piuttosto<br />

che della disposizione interna che esso risveglia in loro. Lo si scorge dalla vanita della loro<br />

persona, e dal loro civettare.<br />

La piu grande energia e la piu alta tensione delle forze intellettuali si manifestano<br />

senza dubbio durante la gioventu e fino al trentacinquesimo anno alla piu lunga: poi<br />

decrescono, quantunque insensibilmente. Nondimeno l feta virile ed anche la vecchiezza<br />

non sono senza compensi intellettuali. Allora l fesperienza e l fistruzione hanno acquistato<br />

tutta la loro ricchezza: allora si e avuto il tempo e l foccasione di considerare le cose sotto<br />

tutti gli aspetti e di meditarvi sopra; avendole avvicinate le une alle altre si e scoperto i<br />

punti in cui si toccano, le parti in cui si uniscono; allora, per conseguenza, si puo<br />

comprenderle bene e nel loro concatenamento completo. Tutto si mette in piena luce. Per<br />

questo si conoscono piu a fondo quelle stesse cose che erano mal note quando si era<br />

giovani, perche si ha per ogni nozione maggior numero di dati. Ciocche si credeva sapere<br />

durante la giovinezza, si comprende realmente nell feta matura; inoltre si sa effettivamente<br />

di piu, e si possedono conoscenze ragionate in tutte le direzioni, e per cio stesso<br />

solidamente concatenate, mentre in gioventu la nostra scienza e difettosa e frammentata.<br />

L fuomo che e giunto ad una eta molto avanzata avra solo un fidea completa e giusta della<br />

vita, perche l fabbraccia collo sguardo nel suo insieme e nel suo corso naturale, e sopratutto<br />

perche non la vede piu, come gli altri, unicamente dalla parte dell fingresso, ma anche dalla<br />

parte dell fuscita; cosi collocato ei ne comprende pienamente la nullita, mentre gli altri sono<br />

ancora il trastullo dell fillusione costante che áe proprio adesso che sta per succedere quanto<br />

v fha di veramente buono â. In cambio nell feta giovanile e maggiore la facolta di concepire;<br />

ne segue che si e in caso di produrre di piu col poco che si sa; piu tardi v fha maggior dose<br />

di raziocinio, di penetrazione e di fondo. Durante la giovinezza si raccolgono i materiali<br />

delle proprie nozioni, delle proprie vedute originali e fondamentali, vale a dire di tutto cio<br />

che uno spirito privilegiato deve per destino dare in dono al mondo; ma non e che dopo<br />

molti anni che esso diviene padrone del suo soggetto. Si trovera che il piu delle volte i piu


grandi scrittori non hanno creato i loro capolavori che verso il cinquantesimo anno. Ma non<br />

per questo la gioventu non resta pur sempre la radice dell falbero della conoscenza, benche<br />

sia la corona dell falbero che porta i frutti. Ma nella stessa guisa che ogni epoca, anche la<br />

piu miserabile, si crede piu saggia di tutte quelle che la precedettero, cosi l fuomo in ogni<br />

eta si crede superiore a quello che era per lo avanti; tutti e due sono spesso in errore.<br />

Durante gli anni di crescimento fisico, quando noi aumentiamo egualmente le forze<br />

intellettuali e le cognizioni, l foggi per costume guarda con disprezzo l fieri. Tale abitudine<br />

prende radice, e persiste anche quando e cominciata la decadenza delle forze mentali,<br />

allorche l foggi dovrebbe piuttosto guardare l fieri con rispetto: a quell fora sono troppo<br />

disprezzate le produzioni e i giudizi degli anni giovanili.<br />

112<br />

Conviene osservare sopra tutto che quantunque la testa e l fintelletto siano, circa le<br />

loro proprieta fondamentali, altrettanto innati quanto il cuore o il carattere, nondimeno<br />

l fintelligenza, non resta cosi invariabile come il carattere: essa, e soggetta a molte<br />

modificazioni le quali, alla grossa, si producono pur anche regolarmente, perocche derivano<br />

dal fatto che da una parte la base dell fintelligenza e fisica, e che dall faltra la sua stoffa e<br />

empirica. Cio essendo, la sua forza propria cresce continuamente fino al punto culminante,<br />

e diminuisce poi di grado in grado fino all fimbecillita. Ma d faltronde la stoffa su cui si<br />

esercita tutta questa forza e che la mantiene in attivita, vale a dire il contenuto dei pensieri e<br />

del sapere, l fesperienza, le cognizioni, l fesercizio del raziocinio e la perfezione che ne<br />

deriva, tutta questa materia e una quantita che aumenta costantemente fino al momento in<br />

cui, sopravvenendo la fiacchezza definitiva, l fintelletto lascia scappare ogni cosa. Tale<br />

condizione dell fuomo d fesser composto d funa parte assolutamente immutabile (il carattere)<br />

e d fun faltra che varia regolarmente e in due direzioni opposte (l fintelletto), spiega la<br />

diversita d faspetto sotto cui egli si manifesta, e la differenza del suo valore nelle varie eta<br />

della vita.<br />

In un senso piu largo si puo anche dire che i quaranta primi anni di vita danno il testo,<br />

e i trenta seguenti il commento, che solo ce ne fa ben comprendere il vero senso, e la


connessione, unitamente alla morale con tutte le sue sottigliezze.<br />

Ma particolarmente verso la sua fine la vita somiglia ad un ballo mascherato, quando<br />

sono tolte le maschere. A quell fora si vede cosa erano in realta coloro con cui si ebbe<br />

contatto durante la vita. In fatti i caratteri si sono messi in piena luce, le azioni hanno<br />

portato i loro frutti, le opere hanno trovato il loro giusto apprezzamento, e tutte le<br />

fantasmagorie sono svanite. Perocche ci abbia voluto il tempo a cio. Ma quello che v fha di<br />

piu strano si e che non si comprende bene e se stesso, e il proprio scopo, e le proprie<br />

aspirazioni, sopra tutto in cio che riguarda i rapporti col mondo e cogli uomini, se non verso<br />

il finire dell fesistenza. Spesso, non sempre pero, si dovra classificarsi piu basso che non si<br />

credesse per lo avanti, ma qualche volta si accordera a se stesso un posto superiore: il qual<br />

ultimo caso succede perche non si aveva una conoscenza sufficente della bassezza del<br />

mondo, e perche lo scopo della vita si trovava in tal modo collocato troppo in alto.<br />

S fimpara a conoscere, presso a poco, cio che valga ciascuno.<br />

Si usa chiamar la giovinezza il tempo beato, e la vecchiaja il tempo triste della vita.<br />

Cio sarebbe vero se le passioni rendessero felici. Ma sono esse che tengono trabalzata la<br />

gioventu con poca gioja e molto dolore. Non agitano invece la fredda eta, la quale assume<br />

tosto una tinta contemplativa: perocche la conoscenza diviene libera ed ha il sopravvento.<br />

Ora la conoscenza e da per se stessa esente da dolori; per conseguenza quanto piu<br />

predominera nella coscienza, tanto piu questa sara felice. Non si ha che da riflettere che<br />

ogni gioja e negativa di sua natura, mentre e positivo il dolore, per comprendere che le<br />

passioni non saprebbero rendere felici e che la tarda eta non e da compiangere perche alcuni<br />

piaceri le sono vietati; qualunque piacere non e che la soddisfazione d fun bisogno, e non si<br />

e piu disgraziati perdendo il piacere nello stesso tempo del bisogno, di quello che non lo si<br />

sia per non poter piu mangiare dopo aver pranzato, o dormire dopo una notte di sonno<br />

profondo. Platone (nell fintroduzione alla Repubblica) ha ben ragione di stimar felice la<br />

vecchiaja perche e liberata dall fistinto sessuale che per lo innanzi turbava l fuomo senza<br />

tregua. Si potrebbe quasi sostenere che le fantasie diverse ed incessanti generate dall fistinto<br />

sessuale, e cosi pure le emozioni che ne derivano, mantengono nell fuomo una pazzia


enigna e costante per tutto quel tempo in cui egli e sotto l finfluenza di questo incentivo, o<br />

di questo diavolo da cui e continuamente invasato, al punto da non essere affatto<br />

ragionevole se non dopo essersene liberato. Tuttavia e cosa positiva che, in generale e senza<br />

tener conto delle circostanze tutte e delle condizioni individuali, un faria di melanconia e di<br />

tristezza e propria della gioventu, ed una certa serenita della vecchiaja; e cio perche il<br />

giovane e ancora sotto la potesta, o piuttosto sotto la tirannia di questo demonio che<br />

113<br />

difficilmente gli accorda un fora di liberta e che e anzi l fautore, diretto od indiretto, di quasi<br />

tutti i mali che colpiscono o minacciano l fuomo. L feta matura ha la serenita di colui che,<br />

liberato da catene portate lungamente, gode ormai della liberta de f suoi movimenti. D faltra<br />

parte pero si potrebbe dire che una volta estinte le voglie sessuali, il vero midollo<br />

dell fesistenza e consumato, e che non ne resta piu che l finvolucro, oppure che la vita<br />

somiglia ad una commedia, la rappresentazione della quale, cominciata da uomini vivi,<br />

sarebbe finita da automi rivestiti dei medesimi costumi.<br />

Checche ne sia, la giovinezza e il momento dell fagitazione, l feta matura quello del<br />

riposo: cio basta per giudicare dei loro rispettivi piaceri. Il bambino tende avidamente le<br />

mani nello spazio dietro quegli oggetti, cosi screziati e cosi vari, che si vede davanti gli<br />

occhi; tutto questo lo eccita perocche il suo sensorio e ancora tanto fresco e tanto nuovo. Lo<br />

stesso avviene, ma con maggior energia, per il giovane. Il mondo dai colori smaglianti, e<br />

dalle figure moltiformi lo eccita del pari, ed anzi egli ben presto nella sua immaginazione vi<br />

annette piu valore che esso non abbia. Per questo la gioventu e piena di esigenze e di<br />

aspirazioni a cose vaghe, ciocche le toglie quel riposo senza di cui non v fha felicita.<br />

Coll feta tutto si calma, sia perche il sangue si e raffreddato e perche l feccitabilita del<br />

sensorio e diminuita, sia perche l fesperienza, illuminandoci sul valore delle cose e<br />

sull fessenza dei piaceri, ci ha francati a poco a poco dalle illusioni, dalle chimere e dai<br />

pregiudizi che velavano o deformavano fino allora l faspetto libero e netto delle cose, che<br />

ormai sono conosciute tutte piu giustamente e piu chiaramente; a quell fora noi le prendiamo<br />

per quello che sono, ed acquistiamo in maggior o minor grado, la convinzione della nullita


d fogni cosa sulla terra. Da cio quasi tutti i vecchi, anche coloro d fun fintelligenza assai<br />

volgare, ricevono una certa tinta di saggezza che li distingue dalle persone piu giovani. Ma<br />

tutto questo produce principalmente la calma intellettuale che e l felemento importante, direi<br />

anzi la condizione e l fessenza della felicita. Mentre l fuomo giovane crede di poter<br />

conquistare in questo mondo immense meraviglie se solamente sapesse ove trovarle, il<br />

vecchio e penetrato dalla massima dell fEcclesiaste: áTutto e vanita â, e sa bene che le noci<br />

sono vuote quantunque dorate.<br />

Solo in un feta avanzata l fuomo arriva interamente al nil admirari di Orazio, vale a<br />

dire alla convinzione diretta, sincera e ferma della vanita d fogni cosa quaggiu, e della<br />

inanita di qualunque pompa: le chimere sono svanite. Ei non si pasce piu dell fillusione che<br />

in qualche parte, palazzo o capanna, risieda una felicita speciale piu grande di quella di cui<br />

gode egli stesso dovunque, quando e per l fappunto libero da ogni dolore fisico e morale. A f<br />

suoi occhi non v fha piu distinzione tra le cose grandi e le piccole, tra le nobili e le vili,<br />

misurate sulla scala del nostro mondo. Cio da al vecchio una calma di spirito affatto<br />

particolare, la quale gli permette di guardare sorridendo il vano prestigio di quaggiu. Egli e<br />

completamente disingannato; sa che la vita umana, checche si faccia per adornarla e<br />

metterla in arnese, non tarda a mostrarsi in tutta la sua miseria a traverso i suoi orpelli da<br />

fiera; sa che, qualunque sforzo si faccia per dipingerla ed abbellirla, essa e in sostanza<br />

sempre la stessa cosa, vale a dire un fesistenza di cui bisogna stimare il valore effettivo<br />

sull fassenza del dolore e non sulla presenza del piacere, e meno ancora del fasto (Orazio,<br />

Epist., L. I, 12, v. 1-4). Carattere fondamentale della vecchiaja e il disinganno; in essa non<br />

piu di quelle illusioni che davano alla vita una bellezza incantevole ed all fattivita uno<br />

stimolo; si ha conosciuto la nullita e la vanita in questo basso mondo di qualunque<br />

magnificenza, specialmente della pompa, dello splendore e d fogni apparenza di grandezza:<br />

si ha avuto prova dell finfimita di cio che sta in fondo di quasi tutte queste cose che destano<br />

cosi vivo il desiderio, e di questi piaceri a cui si aspira con tanto ardore; e cosi a poco a<br />

poco si e giunti a convincersi della poverta e della vacuita dell fesistenza. Soltanto nel<br />

settantesimo anno di vita sono ben compresi i primi versi dell fEcclesiaste. Ma e anche


questo che da alla vecchiaja una certa tinta di tristezza.<br />

114<br />

Si crede comunemente che infermita e noja sieno la condizione dell feta. La prima non<br />

le e essenziale, particolarmente quando si ha la prospettiva di arrivare ad una vecchiaja<br />

molto avanzata, perocche crescente vita, crescit sanitas et morbus. E in quanto alla noja ho<br />

dimostrato piu indietro come la vecchiezza abbia a temerla meno della gioventu: e neppure<br />

la noja e la compagna necessaria della solitudine, verso la quale infatti ci spinge l feta per<br />

motivi facili a comprendere; essa non segue che coloro i quali hanno conosciuto solamente<br />

le gioje dei sensi ed i piaceri della societa e che non hanno avuto cura di arricchire il loro<br />

spirito, e di sviluppare le loro facolta. E vero che in un feta avanzata anche le forze<br />

intellettuali s fintorpidiscono; ma laddove furono potentemente copiose, ne restera sempre<br />

abbastanza per combattere la noja. Inoltre, come abbiamo dimostrato, la ragione guadagna<br />

forza coll fesperienza, colle cognizioni, coll fesercizio e colla riflessione; la mente diviene<br />

piu acuta, e il concatenamento delle idee piu chiaro; in ogni materia si acquista, in grado<br />

sempre maggiore, vedute d finsieme sulle cose: le combinazioni poi sempre variate delle<br />

cognizioni che gia si possedono, i nuovi acquisti che vengono ad aggiungervisi, favoriscono<br />

il progresso continuo in tutte le direzioni del nostro sviluppo intellettuale, in cui lo spirito<br />

trova in una volta la sua occupazione, il suo soddisfacimento e la sua mercede. Tutto questo<br />

compensa fino ad un certo punto l findebolimento delle facolta mentali di cui abbiamo<br />

parlato. Sappiamo inoltre che nella vecchiezza il tempo corre piu rapidamente; cosi e<br />

neutralizzata la noja. In quanto poi allo infiacchirsi delle forze fisiche, cio non e un danno,<br />

salvo il caso in cui si avesse bisogno di esse per la professione che si esercita. La poverta in<br />

vecchiaja e una immensa disgrazia. Se si ha saputo tenerla lontana e se si ha conservato la<br />

salute, la tarda eta puo essere una parte sopportabilissima della vita. L fagiatezza e la<br />

sicurezza sono i suoi principali bisogni: per questo si ama allora piu che mai il danaro<br />

perocche esso supplisce alle forze che mancano. Abbandonati da Venere, si cerchera<br />

volentieri di confortarsi con Bacco. Il bisogno di vedere, di viaggiare, d fapprendere e<br />

sostituito dal bisogno di insegnare e di parlare. E una felicita per il vecchio l faver


conservato l famore dello studio, o della musica, o del teatro, e in generale la facolta di<br />

essere impressionato fino ad un certo grado dalle cose esterne: questo succede per qualcuno<br />

fino all feta piu avanzata. Cio che l fuomo ha da per se stesso non gli profitta mai meglio che<br />

nella vecchiaja. Ma e vero d faltronde che nella maggior parte le persone essendo state in<br />

ogni tempo ottuse di mente, diventano ognora piu automi avanzando in eta: pensano,<br />

dicono e fanno sempre nella stessa guisa, e nessuna impressione esterna puo cangiare il<br />

corso delle loro idee, o far loro produrre qualche cosa di nuovo. Parlare a vecchi siffatti si e<br />

scrivere sulla sabbia: l fimpressione si cancella quasi istantaneamente. Una vecchiaja di tale<br />

natura non e piu, senza dubbio, che il caput mortuum della vita. Pare che la natura abbia<br />

voluto simbolizzare la venuta di tale nuova infanzia con quella terza dentizione, che si<br />

dichiara in qualche raro caso nei vecchi. L findebolimento progressivo di tutte le forze a<br />

misura che s finvecchia e certamente una cosa tristissima, ma necessaria ed anche benefica:<br />

altrimenti la morte, di cui e il preludio, sarebbe troppo penosa. Percio il principale<br />

vantaggio che procura un feta avanzata e l feutanasia, vale a dire la morte eminentemente<br />

facile, senza malattia che la preceda, senza convulsioni che l faccompagnino, una morte per<br />

la quale non si sente di morire. Ne ho dato una descrizione nel secondo volume della mia<br />

opera, al capitolo 41, pag. 470 (536 della 3a ed.)48. Perocche per quanto a lungo si viva non<br />

48 La vita umana, propriamente parlando, non puo esser detta lunga ne corta, perocche, in sostanza, e la<br />

scala su cui misuriamo tutte le altre lunghezze di tempo. Le Upanishadi dei Veda (Oupnekhat, Vol. II, p. 53)<br />

danno 100 anni per durata naturale della vita, e con ragione, a mio credere; perocche ho notato che coloro<br />

solamente che passano i 90 anni finiscono coll feutanasia, cioe muojono senza malattia, senza apoplessia,<br />

senza convulsioni, senza rantolo, qualche volta anche senza pallore, il piu di sovente seduti, specialmente<br />

dopo aver preso cibo: sarebbe piu esatto dire non che muojono, ma che cessano soltanto di vivere. In<br />

qualunque altra eta anteriore a questa non si muore che di malattia, dunque prematuramente. . Nel<br />

Vecchio<br />

Testamento (Salmo 90, 10) la durata della vita umana e valutata di 70 anni, tutto al piu di 80; e, cosa piu<br />

importante, Erodoto (I, 32 e III, 22) dice lo stesso. Ma cio non e vero, e non e che il risultato di una maniera<br />

115


si possede niente al di la del presente indivisibile; ma anzi la memoria perde ogni giorno<br />

coll fobblio piu che non si arrichisca per l faggiungervisi di cose nuove.<br />

La differenza fondamentale tra la gioventu e la vecchiaja rimane sempre questa: la<br />

prima ha in prospettiva la vita, la seconda la morte; per conseguenza una possede un<br />

passato corto ed un lungo avvenire, e l faltra l fopposto. Senza dubbio il vecchio non ha piu<br />

che la morte davanti a se, quando il giovane ha la vita; ora si tratta di sapere quale delle due<br />

prospettive offra maggiori inconvenienti, e se, tutto calcolato, sia preferibile aver la vita<br />

dietro di se o davanti; non ha gia detto l fEcclesiaste: áIl giorno della morte val meglio che<br />

fl giorno della nascita â (7, 1)? In qualunque caso domandare di vivere lungamente e un<br />

desiderio temerario. Perocche áquien larga vida vive mucho mal vide â (chi vive a lungo<br />

vive molto male) dice un proverbio spagnuolo.<br />

Non e, come pretendeva l fastrologia, la esistenza individuale, ma bensi l fandamento<br />

della vita umana in generale che si trova scritto nei pianeti, nel senso che, nel loro ordine,<br />

ognuno corrisponde ad un feta, e che quindi la vita e governata successivamente da ciascuno<br />

di essi. . MERCURIO regge il decimo anno. Come questo pianeta, l fuomo si muove con<br />

rapidita e facilita in un forbita molto limitata; la piu piccola bagattella e per lui causa di<br />

perturbazione; ma egli apprende molto e facilmente, sotto la direzione del dio dell fastuzia e<br />

dell feloquenza. . Col ventesimo anno comincia il regno di VENERE: l famore e le donne<br />

possedono interamente l fuomo. . Nel trentesimo anno domina MARTE: a quell feta l fuomo<br />

e violento, forte, audace, bellicoso e fiero. . A quarantanni governano i quattro piccoli<br />

pianeti: il campo della vita aumenta: e frugi, cioe consacrato all futile per virtu di CERERE;<br />

ha il suo focolare domestico da VESTA; sa cio che deve sapere per influenza di PALLADE, e,<br />

simile a GIUNONE, presso di esso regna sovrana la sposa49. . Nel cinquantesimo anno<br />

domina GIOVE: l fuomo e gia sopravvissuto alla maggior parte de f suoi contemporanei, e si<br />

sente superiore alla generazione attuale. Mentre possede il pieno godimento delle sue forze,<br />

e ricco di esperienza e di cognizioni: ha pure (nella misura della sua individualita o della<br />

sua posizione) un fautorita su coloro che lo avvicinano. Non intende piu di lasciarsi<br />

ordinare: vuole comandare a sua volta. Si e proprio adesso che nella sua sfera egli e


maggiormente atto ad esser guida e dominatore. Cosi culmina GIOVE e, come lui, l fuomo di<br />

cinquant fanni. . Ma dopo, nel sessantesimo anno, giunge SATURNO e con lui la<br />

pesantezza, la lentezza e la tenacita del PIOMBO: áMa molti vecchi hanno l faria d fesser gia<br />

morti; essi sono pallidi, lenti, pesanti ed inerti come il piombo â (Shakespeare, Romeo e<br />

Giulietta, Atto 2 ‹, Scena 5a). . Finalmente viene URANO: e il momento di volare in cielo,<br />

come si dice. . Non voglio tener conto di NETTUNO (cosi pur troppo lo si e chiamato con<br />

grave spensieratezza) dal momento che non posso dargli il suo vero nome, che sarebbe<br />

EROS. Se cosi non fosse avrei voluto dimostrare come il principio si lega colla fine, e in<br />

qual maniera Eros sia misteriosamente in connessione colla Morte, connessione in virtu<br />

della quale l fORCO, o l fAMENTI degli Egiziani (secondo Plutarco, De Iside et Osir., C. 29),<br />

e il áƒÉƒ¿ƒÊƒÀƒ¿ƒËƒÖƒË ƒÈƒ¿ƒÇ ƒÂƒÇƒÂƒÍƒÒ. â, per conseguenza non solo áColui che prende â ma anche<br />

áColui che da â e la MORTE il grande reservoire (serbatojo) della vita. Da li, dunque, da li,<br />

grossolana e superficiale d finterpretare l fesperienza giornaliera. Perche, se la durata naturale della vita<br />

fosse<br />

di 70-80 anni, gli uomini tra 70 e 80 anni dovrebbero morire di vecchiaja; ciocche non succede: essi<br />

muojono<br />

di malattia, come i loro cadetti; ora la malattia, essendo essenzialmente una cosa anormale, non costituisce<br />

la<br />

fine naturale. Non e che tra 90 e 100 anni che diventa normale morir di vecchiaja, senza malattia, senza<br />

lotte,<br />

senza rantolo, senza convulsioni, qualche volta senza impallidire, in una parola di eutanasia. . Anche sopra<br />

questo punto le Upanishadi hanno dunque ragione fissando a 100 anni la durata naturale della vita. (Nota<br />

di<br />

Schopenhauer).<br />

49 Circa 62 nuovi pianeti sono stati scoperti ancora, ma e questa una innovazione di cui non voglio sentir<br />

parlare. Cosi tratto con essi come i professori di filosofia hanno trattato a mio riguardo; non ne voglio<br />

sapere,<br />

perocche cio discrediterebbe la mercanzia che ho in negozio. (Nota dell fAutore).<br />

116<br />

dall fORCO viene ogni cosa, e li e stato tutto cio che adesso ha vita: . se solamente fossimo


capaci di comprendere il giuoco50 con cui succede la faccenda, allora tutto sarebbe chiaro.<br />

FINE.<br />

50 Taschenspielerstreich, colpo di giuocatore di bussolotti. (Nota dei Trad.).<br />

1<br />

AFORISMI E DISCORSI DEL BUDDHA<br />

2<br />

AFORISMI E DISCORSI DEL BUDDHA<br />

PREFAZIONE E SCELTA A CURA DI MARIO PIANTELLI<br />

TRADUZIONI DI EUGENIO FROLA E PIO FILIPPANI-RONCONI<br />

EDIZIONI TEA<br />

Canone Buddhista appartenenti alla Collezione dei Classici delle religioni sezione I ""Le<br />

religioni orientali""<br />

diretta da Oscar Botto 1988 Editori Associati S.p.A., Milano "<br />

per la Prefazione<br />

Prima edizione TEA ottobre 1988<br />

Stampa: Officine Grafiche Stianti, Sancasciano-Firenze<br />

PREFAZIONE<br />

"La scelta di testi buddhistici che il lettore si trova fra le mani è un po' diversa da quelle<br />

correnti, in cui<br />

all'esigenza di presentazione dottrinale si sovrappongono variamente preoccupazioni<br />

apologetiche, tentativi<br />

di ricostruzione ""biografica"" della vicenda terrena del Buddha, pregiudizi in sintonia con la<br />

""demitizzazione""<br />

caratteristica dell'orizzonte culturale d'Occidente negli ultimi due secoli. In sé<br />

rispettabilissime e non prive d'interesse, siffatte antologie tendono tuttavia ad ingenerare nei<br />

non ""addetti ai<br />

lavori"" un duplice equivoco. Da un lato, infatti, i passi - pervenutici attraverso un secolare<br />

lavoro di<br />

correzioni e messe a punto più o meno standardizzate secondo l'ottica dell'una o dell'altra<br />

scuola - sono<br />

suscettibili d'esser recepiti dal lettore non avvertito come veridica testimonianza del pensiero<br />

stesso<br />

dell'antico asceta sulle cui labbra son posti gli insegnamenti ch'essi trasmettono, che - tutti -<br />

saranno così<br />

ritenuti in sostanza esenti da alterazioni ed elaborazioni. Dall'altro lato, il contenuto di tali<br />

insegnamenti,<br />

ridotto all'osso e spogliato di tutta la variopinta ricchezza della visione del mondo indiana che<br />

fa da sfondo<br />

alla predicazione buddhistica, appare, nella sua stringatezza e nella sua tecnicità, al tempo<br />

stesso<br />

singolarmente ""moderno"" e insopportabilmente arido ciò che in realtà non è. Ci siamo<br />

sforzati, attingendo<br />

alle versioni già portate a termine da Eugenio Frola e Pio Filippani-Ronconi, di mettere a<br />

disposizione di chi


nutra qualche interesse per il Buddhismo antico una immagine di esso abbastanza fedele da<br />

evitare letture<br />

ingenuamente ""fondamentaliste"" e da mostrarne insieme la complessità e l'articolazione<br />

mitica. La nostra<br />

cura di rispettare l'integrità dei materiali, forniti senza tagli né adattamenti (al di fuori delle<br />

ripetizioni<br />

espunte già nei testi dell'edizione in lingua pali, in base ad ovvie esigenze editoriali!), ha in<br />

qualche misura<br />

limitato la vastità della selezione di ""aforismi e discorsi del Buddha"" che proponiamo in<br />

questo volume,<br />

ma restano sufficienti elementi al quadro per alimentare questa ambizione."<br />

"Colui che sarebbe stato in futuro oggetto come Buddha, del culto di milioni di uomini,<br />

Gautama l'asceta<br />

(muni, ""silenzioso"", o sramana, ""sforzantesi"" in vista della purificazione e del<br />

conseguimento della<br />

liberazione dal ciclo delle rinascite) trascorse la sua esistenza, elemosinando il vitto<br />

quotidiano e predicando<br />

i suoi precetti, nella piana gangetica orientale qualche tempo prima dell'invasione da parte<br />

d'Alessandro il<br />

Macedone della provincia del Sindh (327-325 a.C.) La sua datazione è oggetto di controversie<br />

e dipende<br />

dalla correlazione che s'intende stabilire con la consacrazione dell'imperatore Asoka della<br />

dinastia dei<br />

3<br />

Maurya, la quale sembra aver avuto luogo verso il 270 a. Cristo. Fonti indiane, a noi pervenute<br />

anche in<br />

versione tibetana e cinese, pongono la morte del fondatore del Buddhismo un secolo innanzi<br />

tale data mentre<br />

la tradizione singalese la spinge a duecentodiciott'anni prima di essa. Altre testimonianze, che<br />

parlano di<br />

centosedici anni tra i due eventi, o pongono Gautama verso la metà del VI secolo a.C., godono<br />

di minor<br />

considerazione. I fatti di cui possiamo esser sicuri - o quasi quanto a lui e al suo entourage<br />

sono<br />

relativamente esigui: nei decenni della sua vita itinerante (si sarebbe spento verso<br />

l'ottantina), egli ottenne un<br />

certo prestigio presso la ""borghesia"" urbana ed esponenti dell'aristocrazia dei regni locali,<br />

tra cui<br />

primeggiavano quello dei Magadha, allora retto da Bimbisara della dinastia Haryanka, deposto<br />

e fatto<br />

uccidere dal figlio Ajatasatru, e quello dei Kosala governato da Prasenajit, a sua volta<br />

detronizzato dal figlio<br />

Virudhaka. La politica espansionistica di quest'ultimo finì per assoggettare, ancor vivo<br />

Gautama, la piccola<br />

repubblica aristocratica degli Sakya, nella terra dei Kosala settentrionali (Uttarakosala), oggi a<br />

cavallo del<br />

confine indonepalese. Gautama stesso era probabilmente originario di quella zona, come<br />

attesta il suo epiteto<br />

di Sakyamuni (""Asceta degli Sakya""). Il nome simbolico di Siddhartha (""Che ha raggiunto il<br />

suo


scopo""), la nascita in una famiglia principesca o addirittura regale, i nomi dei genitori<br />

(Suddhodana e<br />

Mayadevi), la conquista della bellissima sposa Yasodhara, l'abbandono del palazzo paterno a<br />

seguito del<br />

turbamento insorto dall'incontro traumatizzante con la realtà del male nel mondo,<br />

esemplificato in un<br />

vegliardo, un infermo e un morto, sono tratti d'una leggenda atemporale che si sovrappone ad<br />

una biografia<br />

certo meno nota nei suoi inizi che nel suo esito, esattamente come avverrà per Gesù nei<br />

racconti evangelici.<br />

Invero la qualità del meraviglioso che circonda il Buddha ricorda sotto alcuni rispetti, quella<br />

che in tali<br />

racconti ci è familiare. Lo vediamo misurarsi con il Maligno (Mara, ""l'uccisore"", divino e<br />

demoniaco<br />

principe del mondo dominato dal desiderio) in una serie di tentazioni simboleggianti le<br />

possibili deviazioni<br />

dalla sua vocazione di maestro spirituale - la sfida a tramutare una montagna in oro l'offerta<br />

della regalità e<br />

del dominio sul mondo... e, più insinuante di tutte, la tentazione ad abbandonare subito la vita<br />

e le sue pene,<br />

senza giungere ai fastigi dell'insegnamento e ai suoi mille scacchi e delusioni. Lo vediamo<br />

camminare sulle<br />

acque, discendere dal cielo su una scala d'oro e di gemme con ai fianchi gli dei Brahma ed<br />

Indra, dichiarare<br />

solennemente ""chi vede me, vede il Dharma"", la legge universale che, nella visione<br />

buddhista, prende in<br />

qualche modo il posto di Dio... Insomma, si direbbe che una sorta di archetipo comune sia<br />

sotteso alle<br />

narrazioni indiane e a quelle fiorite sulle rive del Mediterraneo. Le prime sono probabilmente<br />

più antiche, e<br />

meglio inquadrate - nei loro elementi straordinari - di quelle che circondano il Cristo. Così la<br />

nascita del<br />

Buddha dal fianco materno, senza passare per la via umiliante dei comuni mortali, riprende il<br />

mito della<br />

nascita del dio Indra, già noto fin dall'epoca dei Veda, mentre il docetismo occidentale<br />

riproduce con minor<br />

convinzione - e minor successo - il discorso sul corpo ultraterreno (lokottara) del Buddha,<br />

destinato a<br />

divenire, con i maestri del ""Grande Veicolo"" (Mahayana), un corpo fantasmatico<br />

(Nirmanakaya) proiettato<br />

dall'eterna Realtà che fa tutt'uno con il Dharma (Dharmakaya) e destituito d'ogni funzione al<br />

di là<br />

dell'impartir la dottrina agli esseri umani prigionieri dell'illusione cosmica. Ben più concreti<br />

sono i tratti<br />

relativi alla morte, avvenuta (dopo aver consumato un indigesto piatto di ""delizie porcine"",<br />

offerto a<br />

Gautama dal fabbro Cunda) nel parco presso Kuginagara, a qualche distanza dall'attuale<br />

Patna. Altrettanto<br />

attendibili sembrano i dati relativi ai parenti di cui Gautama si circondava (la zia Gautami, che<br />

lo avrebbe


allevato, posta, non senza resistenze e perplessità, a capo d'una comunità di ascete; i cugini di<br />

Ananda e<br />

Devadatta, il quale ultimo avrebbe tentato di alienargli una parte dei discepoli e addirittura<br />

d'assassinarlo; il<br />

figlio Rahula), così come ad altri personaggi di varie condizioni sociali che gli erano<br />

specialmente vicini, dal<br />

barbiere Vaisalin ai due brahmani rispettivamente designati col matronimico Sariputra e con<br />

l'appellativo del<br />

gotra o clan brahmanico d'appartenenza, Kasyapa. Il caso di quest'ultimo, succeduto al<br />

fondatore come capo<br />

della comunità (sangha), è identico a quello dello stesso Gautama, il cui nome è quello d'un<br />

gotra originato<br />

dal saggio Gotama, veggente di alcuni inni del Rgveda. Ciò sembrerebbe indicare che il Buddha<br />

fosse in<br />

realtà anch'egli un brahmano, i tentativi di conciliare la tradizione, che lo fa invece<br />

appartenere alla stirpe<br />

guerriera degli ksatriya, con questo fatto sono poco convincenti. Che i nobili Sakya si<br />

fregiassero di un<br />

epiteto derivato dal loro guru familiare Kapila, il quale era un Gautama, è una notizia che non<br />

pare trovare<br />

4<br />

conferme al di là del testo del poema Saundarananda di Agvaghosa (che - a corroborare la sua<br />

asserzione -<br />

ascrive erroneamente all'eroe divino Krsna l'appartenenza a un gotra diverso da quello del<br />

fratello<br />

Balarama!). Siamo intorno al I secolo d.C.: in quest'epoca i tratti biografici leggendari sono già<br />

definitivamente consolidati. La ricerca dell'appoggio delle dinastie regnanti nel subcontinente<br />

indiano, molto<br />

spesso d'origine ksatriya, e la polemica sempre più accesa con i brahmani - e la loro eredità<br />

culturale -<br />

possono aver giocato nella confezione di tali tratti."<br />

"Il primo testo che si propone qui al lettore, il Mahapadanasuttanta, registra puntualmente la<br />

versione in<br />

discorso; ma il suo interesse sta piuttosto nella grandiosa cornice che fornisce alla vicenda,<br />

ormai fissata<br />

canonicamente del principe Siddhartha. Questa vi viene toccata, in effetti, soltanto per sommi<br />

capi, mentre si<br />

narra il suo archetipo eternamente ripetentesi, esemplificato dalla biografia d'un Buddha del<br />

remoto passato,<br />

chiamato Vipascit (in pali Vipassi ""L'intelligente"")."<br />

"In un mondo destinato a ripresentare periodicamente le stesse situazioni, salvo dettagli<br />

accidentali di minore<br />

importanza, Gautama perde la sua unicità: la trama del suo destino si scopre costituire<br />

semplicemente un<br />

momento dell'avvicendarsi delle età cosmiche, ciascuna con il suo uomo-Dio (questo è il senso<br />

abituale<br />

dell'epiteto Bhagavat, ""Possessore di maestà divina"", piuttosto che ""Beato"", come<br />

tradizionalmente si<br />

traduce nelle lingue occidentali). Vengono sottolineate discrepanze e concordanze fra i vari<br />

Buddha, ma le


seconde contano, evidentemente, ben più delle prime: esse obbediscono ad una legge eterna<br />

che il pio<br />

buddhista è invitato a contemplare con rapita meraviglia."<br />

"Sempre gli stessi sono i momenti della nascita, gl'incontri che scatenano l'angoscia del futuro<br />

Buddha,<br />

""Colui la cui mente è naturata di comprensione"" (Bodhisattva, in pali Bodhisatta), sempre gli<br />

stessi sono i<br />

trentadue segni prodigiosi che contraddistinguono il suo corpo impareggiabile, soprattutto<br />

sempre la stessa è<br />

la verità ch'egli giunge ad esperire al culmine della sua meditazione, nel ""risveglio"" che ne fa,<br />

a pieno<br />

titolo, il ""Desto"" (Buddha) della sua epoca. Tutto ciò, nella storia di Vipascit, si svolge su uno<br />

sfondo che<br />

ripete, ingigantendoli, i caratteri del mondo indiano contemporaneo ai redattori del testo: in<br />

questa preistoria<br />

- in cui il fatale declino delle cose ancora non incide nel tessuto stesso dell'esistere umano - si<br />

vive<br />

ottantamila anni, i discepoli sono contati a milioni, le regge hanno la bellezza e il fasto d'una<br />

fiaba. Occorre<br />

tenere presente come una siffatta visione sia solidale con i dati della biografia di Siddharta, ed<br />

anzi tragga,<br />

alla stessa stregua, la sua legittimazione da un discorso posto sulle labbra del Buddha in<br />

persona, come è<br />

uniformemente il caso dei diversi sutra (""fili"" onde si dipana l'insegnamento) contenuti nei<br />

Canoni delle<br />

varie scuole buddhistiche. Quello da cui i nostri testi son tratti, unico a sopravvivere nella sua<br />

intera<br />

estensione e in redazione ""popolare"" (nella lingua pali, basata sulla parlata stessa dei tempi<br />

del Buddha,<br />

anziché nel sanscrito - più o meno artificialmente regolarizzato - adottato per tempo dagli<br />

altri indirizzi<br />

dottrinali), appartiene alla ""setta"" affermatasi come ortodossia di stato nell'isola di Ceylon a<br />

metà del XII<br />

secolo d.C., quella che faceva capo al ""Gran cenobio"" (Mahavihara), affermatasi in un<br />

definitivo trionfo<br />

contro le rivali grazie al favore del re Parakkama Bahu I. Essa, che reclama per sé l'antico<br />

titolo di ""Dottrina<br />

degli Anziani"" (Theravada) - già portato dal partito conservatore nato con lo scisma della<br />

comunità<br />

buddhista consumatosi in occasione del Concilio di Pataliputra, tenutosi sotto Agoka -,<br />

fornisce oggi una<br />

guida spirituale ai popoli di tutta l'Indocina, là dove la repressione non ne ha indebolito la<br />

presa, ed è la sola<br />

sopravvissuta tra le numerose consorelle della più antica stagione del Buddhismo indiano.<br />

Nella loro<br />

struttura attuale, i diversi testi che compongono il Canone in lingua pali furono messi per<br />

iscritto all'epoca di<br />

Gesù, in occasione d'un Concilio tenutosi nella capitale di Ceylon, Anuradhapura, dominato<br />

dalla figura del


e Vattagamam, poi più volte rimaneggiati nei secoli successivi, fino alla revisione in<br />

concomitanza con il<br />

Concilio tenutosi in Birmania tra il 1868 e il 1871, sotto il re Mindonmin. Dove il confronto<br />

con le<br />

corrispondenti parti dei Canoni d'altre ""sette"", come i Mahisasaka e i Sarvastivadin, è<br />

possibile, questo<br />

lavoro di alterazione emerge limpidamente, come hanno dimostrato in particolare le ricerche<br />

di André<br />

Bareau. Il fondo comune ai diversi Canoni comprendeva sia testi orali direttamente risalenti<br />

alla comunità<br />

attorno a Gautama, sia pie leggende, talora adattate da altra fonte, che dovevano specialmente<br />

esser diffuse<br />

5<br />

nei centri, meta di pellegrinaggio, ricollegati all'una o all'altra tappa importante della carriera<br />

del Buddha:<br />

l'illuminazione, a Gaya, la prima predicazione, a Varanasi (Benares), la morte, a Kuginagara...<br />

In origine<br />

dovette trattarsi di passi brevi o brevissimi, concatenati soltanto in seguito dalla paziente<br />

fatica dei<br />

diascheuasti."<br />

"Il secondo testo che figura nella nostra scelta è appunto un saggio di quella che poté essere<br />

tale primitiva<br />

consistenza delle testimonianze confluite poi nei grandi sutra. Si tratta delle parole<br />

""profferite"" dal Buddha<br />

(Udana), in forma poetica e spesso oscura, in occasione di determinate circostanze. L'asceta<br />

Gautama, negli<br />

altri testi solitamente impassibile e impersonale, privo di qualsiasi profilo individuale<br />

plausibile (a differenza<br />

della sua cerchia, in cui il carattere dei vari discepoli è spesso lumeggiato in modo verisimile -<br />

e coerente -<br />

dal punto di vista delle loro diverse reazioni agli incidenti narrati), qui invece effonde,<br />

trasportato<br />

dall'emozione, l'animo suo e ci appare molto più umano e vicino alla ""storicità"" dei<br />

personaggi<br />

dell'agiografia occidentale. Non mancano, invero, nelle ottantadue brevissime porzioni del<br />

testo, strutturate<br />

come altrettanti sutra, elementi mirabili e apparizioni ultraterrene, che danno ai ""fioretti""<br />

del Buddha un<br />

profumo affine a quello dei racconti francescani che c'incantano nelle nostre pagine<br />

trecentesche. La<br />

sistemazione semicronologica dei passi, così come l'uso di epiteti invalsi relativamente tardi,<br />

quali quello di<br />

Tathagata (""Colui ch'è in tal guisa pervenuto""), mostrano, beninteso, che anche qui è<br />

intervenuto un certo<br />

lavoro d'adattamento, ma la natura stessa dei materiali depone a favore della loro sostanziale<br />

antichità."<br />

Il terzo testo, che con le sue parti in versi sembra riecheggiare le strutture espositive del<br />

precedente, è un<br />

compendio di norme per l'uomo che vive nel mondo,


"dettate al giovane Sirigalaka, da cui il suo titolo (Singalovadasuttanta). Esso apre una serie<br />

d'insegnamenti<br />

che segnaliamo qui in quanto si presentano come non strettamente indirizzati agli asceti. Tali<br />

materiali<br />

costituiscono un aspetto del Buddhismo antico generalmente poco valutato: accade persino di<br />

leggere che le<br />

scuole del cosiddetto ""Grande Veicolo"" (Mahayana) avrebbero esse sole volto ai ""laici"" un<br />

interesse che<br />

era prima interamente concentrato sulla prassi dei ""monaci"". La rivalutazione della figura<br />

del Bodhisattva<br />

rispetto a quella dell'Arhat (Il ""rispettabile"" asceta che ha raggiunto la perfetta<br />

comprensione della dottrina<br />

ed è certo di aver messo fine al meccanismo delle rinascite), centrale nel Buddhismo antico,<br />

starebbe a<br />

testimoniare tale evoluzione. In realtà non soltanto ritroviamo nei testi canonici tutta una<br />

precettistica<br />

indirizzata ai ""laici"" in quanto privati, ma anche una teoria della regalità e dei suoi compiti<br />

specifici. Le è<br />

sottesa una visione della storia del mondo, dell'umanità e del viver sociale che appare<br />

saldamente radicata<br />

nella visione indiana del tempo ciclico, con il suo progressivo degenerare, da epoche auree di<br />

rispetto del<br />

Dharma e di paradisiaca pace universale, fino alla dura realtà quotidiana del matsyanyaya, la<br />

sinistra legge<br />

del pesce grande che divora il pesce piccolo, fondamento della politica e legittimazione del<br />

contratto sociale<br />

che affida al monarca la gestione esclusiva della violenza (danda, ""il bastone"") che<br />

accompagna il potere."<br />

"Il quarto testo, l'Agannasuttanta, si occupa appunto di tale tematica, con un'esposizione di<br />

notevole interesse<br />

diretta a due brahmani, del gotra Vasistha e del gotra Bharadvaja rispettivamente. Le<br />

caratteristiche dei<br />

quattro grandi gruppi sociali indiani, ksatriya (che, significativamente, sono posti innanzi a<br />

tutti gli altri!),<br />

brahmani, vaisya (""quelli del popolo"", produttori di ricchezze) e sudra (""servitori"") sono<br />

passate in<br />

rivista, in quanto suscettibili di biasimo o di lode, senza far distinzione tra le tradizionali<br />

incombenze e i<br />

corrispondenti profili deontologici, che tanta parte prendono nella letteratura non<br />

buddhistica, mentre si<br />

censura espressamente la dottrina del primato dei brahmani, fondamento della prospettiva<br />

ortodossa<br />

dell'ordinamento castale. L'origine di quest'ultimo è poi rintracciata, assieme a quella della<br />

società nel suo<br />

complesso, in una catena d'eventi che inizia con un vero e proprio mito del peccato originale,<br />

posto come<br />

causa di ogni tipo di differenziazione, a cominciare dall'apparire del tempo segnato dalle<br />

evoluzioni dei corpi<br />

celesti. Nutrizione, rapporti sessuali e proprietà compaiono via via, progressivamente<br />

inquinando l'originaria


purezza di esseri tutti eguali tra loro, fino a render necessaria l'espropriazione della libertà<br />

individuale con la<br />

6<br />

scelta di un detentore della regalità. Quasi a far da contraltare a questo culmine negativo, ecco<br />

sorgere la<br />

prassi ascetica, fondata su un'esigenza di recupero della primitiva condizione beata,<br />

superando ogni<br />

differenziazione in una sorta di ""regressione all'utero"" pre-sociale. L'alternarsi dei cicli<br />

cosmici provvede,<br />

ovviamente, una alternativa a questa fuga all'indietro individuale, garantendo la fine dei mali<br />

del mondo<br />

attuale, allorché esso avrà toccato l'estremo della sua parabola d'abbiezione e di sofferenza,<br />

con il ritorno<br />

automatico all'età dell'oro."<br />

"È quanto si discute nel quinto testo della nostra scelta, il Cakkavattisihanadasuttanta, che<br />

prende nome dal<br />

""ruggito leonino dell'Imperatore"". La figura di questi è designata con l'epiteto di a Colui che<br />

fa girare la<br />

ruota"" (Cakravartin), ma anche il Buddha (che - potenzialmente - era destinato al ruolo di<br />

monarca<br />

universale, ove non avesse perseguito la via della conoscenza liberatrice) è ""Quegli che mette<br />

in moto la<br />

ruota"" del Dharma! In effetti, l'ideologia del dominio imperiale propria della dinastia dei<br />

Maurya, in cui il<br />

simbolismo della ruota è centralissimo, pervade ancora la prima parte di questa analisi del<br />

declino della<br />

società e della qualità della vita, in concomitanza con l'eclissarsi via via della funzione regale.<br />

Si direbbe<br />

quasi che il disagio conseguente al crollo dei Maurya e alla frammentazione del quadro<br />

politico indiano nei<br />

secoli immediatamente precedenti l'era cristiana pesi sulla visione espressa nella narrazione,<br />

qui diretta ad<br />

un'assemblea di discepoli. Invece di assistere ad un brusco rivolgimento, come avviene nella<br />

dottrina non<br />

buddhistica delle età cosmiche, il lettore si trova innanzi, una volta giunto al punto di assoluta<br />

negatività<br />

sociale, ad un lento ritorno ai valori già abbandonati e al conseguente miglioramento della<br />

qualità della vita,<br />

che ripercorre, con una sorta di moto pendolare, l'arco del declino dianzi tratteggiato. Ciò che<br />

l'asceta, con il<br />

suo deciso e coerente invertire la tendenza negativa, compie nello spazio d'una sola esistenza,<br />

la società<br />

attinge con una lenta e faticosa riforma dei costumi fino al ritorno all'assoluta positività delle<br />

origini. Alla<br />

figura messianica di Kalkin, il futuro avatara del dio Visnu, che con il suo bianco destriero e la<br />

sua spada<br />

invincibile riporterà, per l'ortodossia brahmanica, il secolo aureo, subentra qui la promessa<br />

del Buddha<br />

futuro, Maitreya (""Il compassionevole""), destinato a venire quando i tempi saranno maturi,<br />

piuttosto che a


provocarne egli stesso, drammaticamente, la fine. Scomparso il ruolo divino di direzione della<br />

vicenda del<br />

mondo, il suo dipanarsi resta affidato alle leggi impersonali del divenire. Ad esse non sfuggono<br />

gli stessi dèi,<br />

a cominciare da Brahma, che la tradizione non buddhista vuole manifestatore delle cose tutte.<br />

Costui, che ha<br />

larga parte nei miti accentrati nella carriera del Buddha, viene spogliato della sua funzione<br />

cosmogonica e<br />

ricondotto nel novero degli esseri soggetti al ciclo delle rinascite."<br />

"Il sesto testo documenta, tra l'altro, gli esiti di questo processo. Brahma, venuto in esistenza<br />

per un processo<br />

spontaneo e legato soltanto al consumarsi del deposito di meriti accumulati in un precedente<br />

ciclo cosmico,<br />

ignora la propria origine ed identità, è convinto, in buona fede, d'essere il Signore e l'Origine<br />

degli esseri. La<br />

sua posizione ci rammenta irresistibilmente quella dello Yhwh veterotestamentario nella<br />

rilettura operata<br />

dagli gnostici: demiurgo all'oscuro delle più profonde realtà che, atemporalmente, lo<br />

precedono, costui<br />

dichiara con le parole di Isaia (XLV, 5): ""Io sono il Signore e non c'è alcun altro; fuori di me<br />

non c'è dio"",<br />

esattamente come qui, nel Patikasuttanta, Brahma proclama: ""Io sono Brahma, il Gran<br />

Brahma,<br />

l'onnipotente, il padrone, il fattore, il creatore, l'altissimo, l'ordinatore, il possente padre di ciò<br />

che fu e<br />

sarà!"" Si tratta di un passo abbastanza rilevante, da venir riprodotto in più versioni: la più<br />

nota è nel<br />

lunghissimo Brahmajalasutta (II, 3, 5)."<br />

"Invero il Buddhismo antico ha molti tratti in comune con le scuole della gnosi mediterranea:<br />

ciò vale<br />

specialmente per la valutazione sostanzialmente negativa dell'esistenza mondana in sé,<br />

dominata da forze<br />

ciecamente protese al suo perpetuarsi (ipostatizzate nel sinistro Mara), contrapposta ad una<br />

Realtà<br />

assolutamente altra, trascendente e ineffabile (che qui è, naturalmente, rappresentata dal<br />

concetto-limite del<br />

Nirvana). Non sappiamo se vi sia stata una effettiva connessione tra le due gnosi, ma molto<br />

porta a supporlo:<br />

così apprendiamo da un'iscrizione di Asoka ch'egli aveva spedito missionari a diversi sovrani<br />

ellenistici,<br />

mentre Clemente Alessandrino mostra di conoscere l'esistenza del Buddha e il nome di sua<br />

madre, Maya,<br />

7<br />

sembra figurare nelle aretalogie isiache. In ogni caso, la nozione dell'ignoranza del presunto<br />

manifestatore<br />

del mondo s'inserisce chiaramente nel disegno della vicenda spirituale indiana: vi si allude in<br />

forma<br />

enigmatica già nella chiusa del famoso Nasavyasukta del Rgveda (X, 129, 6-7): ""Chi davvero<br />

sa, chi qui


potrebbe enunciare dond'è stata generata, dond'è questa manifestazione?... Se invero la stabilì<br />

o se invero no,<br />

Colui ch'è di questo mondo l'eccelso Supervisore, nel sublime spazio celeste, Costui soltanto lo<br />

sa, se pure<br />

non l'ignora!"", mentre nella Brhadaranyakopanisad (I, 4) troviamo uno sviluppo del tema<br />

come fondamento<br />

del timore, oscuro e ingiustificato, provato dal Sé (Atman) venuto in esistenza al principio dei<br />

tempi. Al<br />

contrario, nelle cosmogonie mediterranee degli antecedenti significativi alla dottrina in<br />

discorso non sono<br />

facilmente reperibili! Il Patikasuttanta ha anche altri motivi d'interesse: le rivalità fra gli<br />

antichi asceti, a colpi<br />

di prodigi e di straordinarie operazione di potenza, vi appare vividamente, e porta con sé un<br />

meraviglioso<br />

tutto indiano. Non manca neppure la favola con animali per protagonisti, un genere accolto<br />

largamente nei<br />

racconti delle vite anteriori del Buddha (Jataka), e diffusosi nei secoli in tutto l'antico Oriente,<br />

dove se ne<br />

constata l'impiego per ammaestramento e per diletto come nei racconti d'Esopo e Fedro che ci<br />

sono<br />

familiari."<br />

"Il settimo testo apre il discorso sugl'insegnamenti centrali del Buddhismo antico, orientati a<br />

guidare la prassi<br />

ascetica e a fornire ad essa le basi teoretiche indispensabili all'attingimento dei suoi frutti più<br />

elevati.<br />

Appunto da tali frutti prende nome il Samannaphalasutta, che introduce quale interlocutore<br />

del Buddha il<br />

possente e sinistro monarca dei Maghada, Ajatasatru ("" Colui il cui nemico scilicet capace di<br />

vincerlo - non<br />

è ancora nato""), designato col matronimico Vaidehiputra (""Figlio di [Cellana, principessa]<br />

dei Videha"").<br />

Ancorché la narrazione non vi faccia esplicitamente riferimento, gravano sullo sfondo del<br />

dialogo cupe<br />

vicende, che ne coinvolgono entrambi i protagonisti. Su consiglio del malvagio cugino di<br />

Gautama,<br />

Devadatta, Ajatasatru avrebbe organizzato una congiura contro l'anziano genitore e, una volta<br />

ottenutane<br />

l'abdicazione, l'avrebbe messo a morte - otto anni prima della estinzione del Nirvana di<br />

Gautama stesso.<br />

Quando si consideri che il defunto re, Bimbisara, era ritenuto assai favorevole al Buddha, e<br />

che, sempre per<br />

istigazione di Devadatta, Ajatasatru avrebbe consentito a un attentato contro il maestro<br />

(lasciando libero sulla<br />

sua strada il feroce elefante da battaglia Dhanapala), l'impeccabile cortesia con cui questi già<br />

si rivolge<br />

permetterà d'apprezzarne vieppiù il distacco dal mondo e l'equanimità. L'autocrate ci appare<br />

- secondo un<br />

modello ideale di regalità attenta alle speculazioni più sottili dei maitres-à-penser<br />

contemporanei


testimoniato da numerosi testi dell'India antica, a cominciare dalle famose a Domande di re<br />

Menandro""<br />

(Milindapanha) - curioso degl'insegnamenti eterodossi rispetto alla tradizione brahmanica e<br />

ne riassume<br />

concisamente i principali. Si tratta di un prezioso repertorio di notizie sulla predicazione di<br />

guide spirituali<br />

contemporanee a Gautama, che consente di cogliere lo sfondo su cui egli viene a situarsi,<br />

sebbene la<br />

presentazione delle dottrine rivali sia - qua e là - deformata quasi ai limiti della caricatura.<br />

Così, se è ancora<br />

possibile riconoscere i tratti del severo fatalismo di Gopala ""il Bardo"" (Maskarin), fondatore<br />

della ""setta""<br />

degli Allvika, la complessa etica del Tainismo, fondata quanto quella buddhistica - e più di<br />

essa! - sulla nonviolenza<br />

(ahimsa), non emerge affatto dalle parole riportate del suo iniziatore, Vardhamana ""il<br />

Vincitore""<br />

(Jina, epiteto dello stesso Gautama), a il Grande Eroe"" (Mahavira), ""il Facitore del guado""<br />

dell'oceano<br />

delle rinascite (Tirthamkara). Designato con l'epiteto di a Libero da nodi"" (Nirgrantha) e col<br />

patronimico<br />

Nayaputra (""Figlio del [principe Siddhartha della schiatta dei] Naya""), questi è presentato da<br />

Ajatasatru<br />

che era suo parente! - discettante sulla figura dell'asceta in oscuri rapporti con le ""acque""<br />

(vari), forse<br />

metafora del flusso di materia entro la coscienza - in concomitanza con la condotta<br />

egoisticamente motivata -<br />

(asrava), o allusione alla rappresentazione mentale dell'alluvione destinata a spazzar via le<br />

contaminazioni<br />

mentali (varunidharana), importante momento dello yoga jainistico. In contrasto con<br />

l'inconcludente caos<br />

delle esposizioni a suo tempo ascoltate da Ajatasatru, il Buddha gli spiega con persuasiva<br />

eloquenza l'ascesi<br />

e i suoi frutti. Dapprima egli lo conduce ad ammettere - in un linguaggio sorprendentemente<br />

""democratico""! - la promozione di status goduta nella società indiana da ogni asceta,<br />

prescindendo dalla<br />

sua prassi e dalle dottrine ad essa soggiacenti, poi traccia, sullo sfondo quasi picaresco dei<br />

costumi poco<br />

8<br />

dignitosi o troppo liberi della massa degli yogin itineranti dei suoi tempi, un quadro delle<br />

regole di vita per i<br />

propri seguaci, in termini prevalentemente negativi. Segue la precettistica positiva, che vien<br />

dipanando, in<br />

termini standardizzati costantemente ripresi nel Canone pali, il percorso meditativo seguito<br />

dall'asceta<br />

buddhista, gradino per gradino. Gli stati di consapevolezza via via attinti sono descritti e<br />

illustrati con<br />

attraenti similitudini, ma Ajatasatru, pur favorevolmente impressionato dalla lunga serie<br />

d'istruzioni, si limita<br />

ad una professione di rifugio nel Buddha ed alla confessione del proprio parricidio, senza<br />

deporre le insegne


egali per la veste ocra del rinunciatario. Gautama commenta che la macchia contratta col<br />

parricidio stesso<br />

gli ha precluso la comprensione ultima del Dharma così pazientemente insegnatogli."<br />

Ancora una volta si respira il meraviglioso nell'ottavo testo, il Kevaddhasutta, dove una<br />

classificazione delle<br />

varie capacità paranormali attingibili mediante l'ascesi è seguita dalla narrazione dei viaggi<br />

celesti di un<br />

praticante, che riprende un tema caro alla letteratura apocalittica in Occidente. La ricerca d'un<br />

substrato<br />

unitario dei quattro elementi che formano il mondo, mentre spinge alla sua ascesa in reami<br />

paradisiaci<br />

l'asceta, animato da un astratto spirito d'indagine intellettualistica, offre il destro al redattore<br />

della narrazione<br />

per porre in rilievo al solito la nescienza di Brahma. Essa sbocca in ultimo nella scoperta del<br />

fine, ben più<br />

esistenzialmente significativo, del Nirvana. Su questo sfondo s'inserisce nuovamente la<br />

presentazione<br />

standardizzata dell'iter ascetico del perfetto discepolo del Buddha.<br />

"La pratica meditativa, fondata sull'esercizio continuato dell'attenzione non coinvolta portata<br />

sui diversi<br />

momenti della vita psicofisiologica, è, anzitutto, resa attraente, nell'esposizione diretta ai<br />

""laici"", attraverso<br />

l'elenco dei suoi sottoprodotti, appartenenti alla sfera del folklore yogico, mentre agli<br />

""addetti ai lavori""<br />

essa interessa come via di superamento delle false identificazioni dell'""io"" con l'uno o l'altro<br />

settore<br />

dell'esistenza esteriore Si tratta di utilizzare la consapevolezza (vyjana, lett. ""conoscenza<br />

comprensiva""),<br />

momento culminante del processo di percezione dell'universo oggettuale e ubi consistam del<br />

senso d'identità<br />

personale, come strumento di indebolimento e poi di negazione di questa stessa identità,<br />

identificata dal<br />

pensiero buddistico (ma non sappiamo se dallo stesso Gautama!) con l'Atman del lessico<br />

brahmanico, il Sé<br />

imperituro ed atemporale che funge, appunto, da testimone della vita dei sensi e della mente.<br />

""Questo non<br />

sono io, questo non è il mio Atman"", ripete il meditante buddhista, prendendo in<br />

considerazione i vari strati<br />

della propria struttura corporea e dei propri flussi e riflussi sensoriali e psichici, sistemati in<br />

cinque skandha<br />

(""complessi"", ""aggregati"") via via più intimi. La conclusione è che non vi è da nessuna<br />

parte un Atman<br />

suscettibile d'essere scoperto. Fino a qui l'indagine buddhistica riproduce, mutatis mutandis,<br />

quella vedantica,<br />

fondata negli antichi insegnamenti delle Upanisad. Ma mentre quest'ultima sbocca nella presa<br />

di coscienza di<br />

un Atman ch'è il puro soggetto immanente nell'indagatore, irriducibile al mondo oggettuale su<br />

cui la ricerca<br />

s'era esercitata fino a quel momento, il procedere buddhistico s'arresta alla disidentificazione<br />

e proclama che


l'Atman stesso è uno pseudo-concetto. Questa comprensione liberatrice è possibile soltanto<br />

quando<br />

gl'""ingorghi"" impuri della vita mentale (asrava) sono stati vinti dalla paziente fatica di<br />

riorientamento di<br />

essa, cui la prassi ascetica in primissimo luogo mira."<br />

"Il nono testo, fondamentale per la comprensione di tale prassi, è chiamato<br />

Mahasatipatthanasuttanta, dai<br />

quattro ""pilastri dell'attenzione/memoria"" (smrtyupasthana) su cui esso particolarmente<br />

indugia. Di<br />

notevole rilievo vi è la presentazione delle quattro Nobili Verità (Aryasatya) legate alla<br />

predicazione<br />

buddhistica fin dalle origini, che ripropongono la scoperta del disagio esistenziale (duhkha; il<br />

termine non<br />

designa soltanto il dolore e la sofferenza, ma più in generale ogni forma di esperienza negativa<br />

e<br />

traumatizzante) seguendo il formalismo dell'antica medicina indiana: a) individuazione della<br />

presenza del<br />

morbo in base alla constatata presenza dei sintomi di esso; b) ricerca dell'eziologia del morbo;<br />

c)<br />

accertamento dell'efficacia della rimozione delle cause del morbo, in quanto producente la<br />

scomparsa dei<br />

sintomi; d) prescrizione della cura vera e propria. Questa consiste nell'Ottuplice Sentiero<br />

(Astangamarga),<br />

probabilmente la più antica sistematizzazione dell'iter ascetico buddhistico, le cui tappe sono<br />

qui chiaramente<br />

9<br />

descritte. Il nesso tra disagio esistenziale e coinvolgimento involontario nel rapporto con<br />

l'oggetto, sentito<br />

come sete (trsna) nei confronti dell'oggetto medesimo, è il punto forte della struttura delle<br />

Nobili Verità, e la<br />

sua scoperta è tutt'uno con il ""risveglio"" che fa di Gautama il Buddha della sua epoca. Tale<br />

nesso viene<br />

esplicitato per tempo - in stretta associazione con una teoria del ciclo delle rinascite che si<br />

sforza di fare a<br />

meno della nozione di un Atman trasmigrante di corpo in corpo - attraverso l'analisi del<br />

processo del<br />

pratityasamutpada (""sorgere in concomitanza con il verificarsi di condizioni date""). Si tratta<br />

del momento<br />

teoretico sentito come di maggiore importanza nel Buddhismo antico, rivalutato poi anche<br />

dalle scuole del<br />

""Grande Veicolo"", in ispecie da quella che fa capo al maestro Nagarjuna (II secolo d.C.), che<br />

fonda in esso<br />

la sua dottrina della vacuità (sunyata) di tutti i momenti del divenire, in quanto destituiti di<br />

autonomia<br />

ontologica."<br />

"Ad esso è dedicato il decimo testo, che prende il nome di Mahanidanasuttanta dalle tappe del<br />

processo in<br />

discorso, presentate come altrettante cause/condizioni (nidana) nei confronti delle tappe<br />

immediatamente


successive. Vi si trova anche una critica articolata delle teorie relative all'Atman (reso con<br />

""anima"" dal<br />

Frola) che mostra ancora una volta l'attenzione degli ambienti buddhistici alle componenti del<br />

pensiero<br />

indiano diverse dal loro indirizzo. Giova ricordarlo, il Buddhismo è anche una ""filosofia""!<br />

Segnaliamo<br />

altresì la corrispondenza stabilita tra i diversi stati di meditazione ed una serie di condizioni<br />

paradisiache<br />

sempre più elevate. Si tratta di una nota caratteristica della riflessione indiana sullo yoga fin<br />

dall'epoca preclassica,<br />

che ritroviamo tanto in testi tecnici come il commento agli Yogasutra ascritto a Vyasa, quanto<br />

nelle<br />

dominanti sillogi puraniche ed agamiche che ispirano la più matura visione induistica. Del<br />

resto, la tradizione<br />

assegna una visione siffatta già ai maestri di Gautama, che l'avrebbero guidato<br />

rispettivamente<br />

all'attingimento del settimo ed ottavo stato sopracosciente: Arada Kalama di Vaisall, nel<br />

territorio della<br />

repubblica aristocratica di Vrjji, e il meno caratterizzato Udraka Ramaputra di Rajagrha,<br />

l'antica capitale dei<br />

Magadha. Di fatto, la capacità di accedere via via a queste stazioni sempre più rarefatte di<br />

esercizio<br />

dell'attenzione, fino ai gradi di attenzione vuota in cui la pratica culmina, sono condizione<br />

necessaria, ma non<br />

sufficiente alla esperienza terminale del Nirvana. Allorché il Buddha stesso si spegne, tale<br />

esperienza è detta<br />

comportare dapprima l'ascesa fino alla condizione più elevata, quella in cui non v'è più<br />

presenza né assenza<br />

d'attenzione (naivasamjnanasamjnayatana), indi la ridiscesa graduale allo stato di<br />

consapevolezza empirico.<br />

Come un pendolo che abbia descritta in tal modo interamente la propria curva, acquistando<br />

movimento ed<br />

energia, la coscienza del movente riparte poi verso gli stati più elevati fino a raggiungere la<br />

quarta<br />

esperienza. Qui, a metà tra il mondo delle forme (rupadhatu) e quello dell'informe<br />

(arupyadhatu), quasi<br />

aprendosi uno spazio interstiziale per uscire definitivamente dal cosmo, il Buddha si estingue<br />

(Mahaparinibbanasuttanta, VI, 8-9). A parte il ricorso al motivo ""pendolare"", che già<br />

avevamo notato a<br />

proposito delle età cosmiche, questo passo (in cui concordano sostanzialmente le varianti<br />

della narrazione<br />

appartenenti ai diversi Canoni in lingua diversa dalla pali sopravvissuti fino a noi,<br />

mostrandone l'antichità!)<br />

rivela l'importanza tutta particolare della ""via di mezzo"" fra affermazione e negazione, tanto<br />

spesso<br />

reperibile nelle fonti buddhistiche. Val la pena di segnalare che, appunto in corrispondenza<br />

della divisione<br />

fra i due mondi accennati, i maestri del ""Grande Veicolo"" pongono il ""corpo fruitivo"" del<br />

Buddha


(Sambhogakaya), sempre risplendente innanzi alla visione trascendente dei bodhisattva.<br />

L'estinzione<br />

dell'asceta Gautama viene così a configurarsi come una sorta di riassorbimento nella sua<br />

realtà archetipale..."<br />

L'undicesimo testo ci trasporta ancora una volta nei mondi divini, con maggior vividezza del<br />

consueto e una<br />

certa rivalutazione del ruolo di Brahma (o almeno di un Brahma!). La narrazione della entità<br />

celestiale dalla<br />

quale trae nome il Janavasabhasuttanta, ancorché destinata, ancora una volta, a servir da<br />

quadro ad<br />

un'esposizione di temi dottrinali, folgora di luci trascendenti e anticipa le vivaci visioni dei<br />

sutra mahayanici.<br />

"Terminata la visitazione di questi materiali, si spera che il lettore, ormai edotto dei contenuti<br />

e del tono<br />

degl'insegnamenti buddhistici, sia in grado di apprezzare e gustare la gemma<br />

dell'apoftegmatica in lingua<br />

10<br />

pali, che chiude la scelta propostagli: Il dodicesimo testo è, infatti il famoso Dhammapada<br />

(""Impronta del<br />

Dharma""), raccolta di 423 strofe, molte delle quali reperibili, con le circostanze in cui furono<br />

pronunciate, in<br />

altre porzioni del Canone. L'elevatezza dei precetti, la sobria dignità dell'espressione, l'uso<br />

sapiente delle<br />

similitudini, la vigorosa impostazione stilistica, là dove le ripetizioni veicolano l'appassionata<br />

convinzione<br />

del poeta-maestro, fanno di questa breve eppur grande opera un classico degno di figurare<br />

nella biblioteca<br />

spirituale dell'umanità."<br />

MARIO PIANTELLI<br />

NOTA BIBLIOGRAFICA<br />

Nella presente edizione, si sono conservate le annotazioni dei curatori, P. Filippani-Ronconi ed<br />

E. Frola,<br />

contenute nella più vasta edizione del Canone Buddhista (2 Voll., UTET, Torino 1967-68) cui il<br />

lettore è<br />

rimandato per approfondimenti e per una sommaria bibliografia ragionata.<br />

"Più vasta è la bibliografia che correda il bel saggio di 0. BOTTO, Buddha, Esperienze, Fossano<br />

1974, PP.<br />

209-221 (ristampato per i tipi di Mondadori nella collana ""Uomini e religioni"", 1984) e<br />

quella in appendice<br />

alla Storia del Buddhismo, di A. PEZZALI (EMI, Bologna 1983, PP.391-433). Vale la pena di<br />

ricordare,<br />

comparsi più di recente, Der buddhistische Kanon: eine Bibliographie, di G. GRONBOLD<br />

(Harassowitz,<br />

Wiesbaden, 1984), di speciale interesse per rendersi conto dell'imponente letteratura che fa<br />

da sfondo ai testi<br />

qui presentati, e En suivant Bouddha, di A. BAREAU (Lebaud, Paris 1985), con una vasta scelta<br />

dai Canoni<br />

delle diverse ""sette"" del Buddhismo antico, ordinata biograficamente e colma di preziose<br />

annotazioni.


Degna di nota è anche la bibliografia sparsa nelle note del Buddhismo e Cristianesimo in<br />

dialogo, di M.<br />

ZAGO (Città nuova, Roma 1985), che contiene più di quanto non prometta il titolo. Recente è<br />

la traduzione<br />

italiana del saggio di H.W. SCHUMANN, Der Histortsche Buddha, Diederichs, Koln 1982 (trad.<br />

it., Il<br />

Buddha storico, Salerno, Roma 1986), con una bibliografia circostanziata, cosa come La<br />

spiritualità<br />

buddhista, ancora di M. ZAGO (Studium, Roma 1986), con piccola bibliografia alle pp. 7579 e<br />

scelta di testi<br />

in appendice. Da ultimo, si possono segnalare le traduzioni italiane dei classici The Central<br />

Philosophy of<br />

Buddhismo, di T.V.R. MURTI (Allen & Unwin, London 1955; it., La filosofia centrale del<br />

Buddhismo,<br />

Ubaldini, Roma 1983), Buddhism Thought in India, di E. CONZE (Allen 8, Unwin, London 1962;<br />

trad. it., il<br />

pensiero del Buddhismo indiano, Ed. Mediterranee, Roma 1988) e Buddhist Philosophy in<br />

Theory and<br />

Practice, di H. GUEETHER (Shambala, Berkeley 1971; trad. it., La filosofia buddhista nella<br />

teoria e nella<br />

pratica, Ubaldini, Roma 1975), che aiuteranno il lettore ad orientarsi nei labirinti delle diverse<br />

scuole di<br />

pensiero buddhistiche."<br />

M.P.<br />

Aforismi e discorsi del Buddha<br />

11<br />

MAHAPADANASUTTANTA<br />

(LA GRANDE LEGGENDA)<br />

PRIMA PARTE<br />

Così ho sentito:<br />

"1. Un tempo il Sublime dimorava a Savatthi nel Jetavana, il parco di Anathapindika, in una<br />

piccola capanna<br />

di Rosa Muschiata. Allora a molti monaci, tornati dal giro di elemosina, dopo il pasto, nel<br />

rotondo padiglione<br />

di Rosa Muschiata, insieme seduti, insieme riuniti, sorse una conversazione sui tempi passati:<br />

""Così erano i<br />

tempi passati, così erano i tempi passati""."<br />

2. Udì il Sublime col divino orecchio purificato, sorpassante la condizione umana, la<br />

conversazione di quei<br />

monaci. Allora il Sublime, sorto da sedere, si diresse al rotondo padiglione di Rosa Muschiata<br />

ed entratovi si<br />

sedé su di un apprestato sedile. Sedutosi il Sublime si rivolse ai monaci:<br />

Ajatasatru Per quale conversazione, o monaci, siete ora insieme seduti, quale era il mutuo<br />

discorso ora<br />

interrotto? .<br />

"Così essendo stato detto, un monaco disse al Sublime così: ""Ecco, o signore, a noi, tornati dal<br />

giro di<br />

elemosina, dopo il pasto, nel rotondo padiglione di Rosa Muschiah, insieme seduti, insieme<br />

riuniti, sorse una


conversazione sui tempi passati: "" così erano i tempi passati, così erano i tempi passati"".<br />

Questa la mutua<br />

conversazione interrotta allorquando comparve il Sublime ""."<br />

"3. ""Non desiderereste voi, o monaci, udire un discorso sui tempi passati ? ""."<br />

Di ciò è tempo , o sublime, di ciò è tempo, o Benvenuto, ciò che il sublime vorrà dire sui tempi<br />

passati i<br />

monaci, udendo dal Sublime, lo ricorderanno.<br />

Pertanto udite , o monaco, o ponete ben mente: io parlerò<br />

Sì, o signore, assentirono i monaci al Sublime.<br />

Il Sublime così disse:<br />

"4. ""Fu nel 9l° evo, o monaci, che Vipassi il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />

sorse nel<br />

mondo; fu nel 31° evo, o monaci, che Sikhi il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />

sorse nel<br />

mondo; fu nel medesimo 31° evo che Vessabhu il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, sorse nel<br />

mondo. Fu nel nostro felice evo, o monaci, che Kakusandha il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato sorse nel mondo. E fu nel nostro felice evo che Konagamana il Sublime Santo,<br />

Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato sorse nel mondo. E fu nel nostro felice evo che Kassapa il Sublime<br />

Santo, Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato, sorse nel mondo. E fu nel nostro felice evo, o monaci, che io attuale<br />

Santo, Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato, son sorto nel mondo."<br />

5. Vipassi, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita nobile,<br />

sorse nella<br />

classe dei nobili. Sikhi, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di<br />

nascita nobile,<br />

sorse nella classe dei nobili. Vessabhu, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, fu di<br />

nascita nobile, sorse nella classe dei nobili. Kakusandha, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, fu di nascita brahmano, sorse nella classe dei brahmani. Konagamana, o monaci, il<br />

Sublime,<br />

12<br />

Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita brahmano, sorse nella classe dei<br />

brahmani. Kassapa, o<br />

monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita brahmano, sorse<br />

nella classe dei<br />

brahmani. Io, o monaci, attuale Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sono di nascita<br />

nobile, sorsi nella<br />

classe dei nobili.<br />

6. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia<br />

Kondanna. Sikhi, o<br />

monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kondanfia.<br />

Vessabhu, o monaci,<br />

il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kondanna. Kakusandha, o<br />

monaci, il


Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kassapa. Konagamana, o<br />

monaci, il Sublime<br />

Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kassapa. Kassapa, o monaci, il Sublime<br />

Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kassapa. Io, o monaci, attuale Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, sono di famiglia Gotama.<br />

7. Di Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita<br />

fu di 80.000<br />

anni. Di Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita<br />

fu di 70.000<br />

anni. Di Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata<br />

della vita fu di<br />

60.000 anni. Di Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la<br />

durata della<br />

vita fu di 40.000 anni. Di Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, la<br />

durata della vita fu di 30.000 anni. Di Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, la durata della vita fu di 20.000 anni. A me, o monaci, attuale Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, è un breve insignificante tempo di vita, facilmente danneggiabile, colui che ora vive<br />

a lungo vive<br />

cent'anni o poco più.<br />

8. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse<br />

l'illuminazione al tronco<br />

di una bignonia. Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse<br />

l'illuminazione al tronco di un loto bianco. Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto.<br />

perfettamente<br />

Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di un albero di sala. Kakusandha, o monaci, il<br />

Sublime Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di una acacia.<br />

Konagamana, o monaci,<br />

il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di una<br />

ficus<br />

glomerulata. Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse<br />

l'illuminazione al tronco di una ficus indica. Io, o monaci, attuale Santo, Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato,<br />

raggiunsi l'illuminazione al tronco di una ficus religiosa.<br />

9. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di<br />

discepoli di<br />

nome Kanda e Tissa, eccelsa nobile coppia. A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome Abhibhu e Sambhava, eccelsa nobile coppia. A<br />

Vessabha, o<br />

monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome<br />

Son e Uttara,<br />

eccelsa nobile coppia. A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, fu una


coppia di discepoli di nome Vidhura e Sarijiva, eccelsa nobile coppia. A Konagamana, o<br />

monaci, il Sublime<br />

Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome Bhiyyos e Uttara,<br />

eccelsa nobile<br />

coppia. A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato fu una coppia<br />

di discepoli<br />

di nome Tissa e Bharadvaja, eccelsa nobile coppia. A me, o monaci, è ora una coppia di<br />

discepoli di nome<br />

Sariputta e Moggallana, eccelsa nobile coppia.<br />

10. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di<br />

discepoli.<br />

Una di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di<br />

queste classi<br />

fu di 80.000 monaci. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le<br />

tre classi<br />

furono di discepoli tutti liberi dagli asava.<br />

A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di<br />

discepoli. Una di<br />

queste classi fu di 100.000 monaci, una di queste classi fu di 80.000 monaci, una di queste<br />

classi fu di 70.000<br />

monaci. A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le tre classi<br />

furono di<br />

discepoli tutti liberi dagli asava.<br />

A Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di<br />

discepoli.<br />

13<br />

Una di queste classi fu di 80.000 monaci, una di queste classi fu di 70.000 monaci, una di<br />

queste classi fu di<br />

60.000 monaci. A Vessabha o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le<br />

tre classi<br />

furono di discepoli tutti liberi dagli asava.<br />

A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una sola classe<br />

di discepoli,<br />

di 40.000 monaci. A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, questa<br />

classe fu di discepoli tutti liberi dagli asava.<br />

A Konagamana, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una sola classe di<br />

discepoli di 30.000<br />

monaci. A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, questa<br />

classe fu di<br />

discepoli tutti liberi dagli asava.<br />

A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una sola classe di<br />

discepoli di<br />

20.000 monaci. A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />

questa classe fu di<br />

discepoli tutti liberi dagli asava.<br />

A me, o monaci, attualmente è una sola classe di discepoli di 1350 monaci. A me, o monaci,<br />

questa classe è<br />

di discepoli tutti liberi dagli asava.


I l. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale<br />

attendente, nobile<br />

personale attendente, un monaco di nome Asoka. A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di<br />

nome<br />

Khemankara. A Vessabhu o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu<br />

personale<br />

attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Upasannaka A Kakusandha, o<br />

monaci, il<br />

Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale<br />

attendente, un<br />

monaco di nome Buddhija. A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, fu<br />

personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Sotthija. Kassapa, o<br />

monaci, il<br />

Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale<br />

attendente, un<br />

monaco di nome Sabbamitta. A me, o monaci, è ora personale attendente, nobile personale<br />

attendente, il<br />

monaco Ananda.<br />

12. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di<br />

nome<br />

Bandhuma, la divina Bandhumati fu madre e genitrice. La città di nome Bandhumati fu<br />

capitale del re<br />

Bandhuma.<br />

A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di nome<br />

Aruna, la<br />

divina Pabhavati fu madre e genitrice. La città di nome Arunavati fu capitale del re Aruna.<br />

A Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di<br />

nome Suppatita,<br />

la divina Yasavati fu madre e genitrice. La città di nome Anopama fu capitale del re Suppatita.<br />

A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il<br />

brahmano di nome<br />

Aggidatta, la brahmana Visakha fu madre e genitrice. In quel tempo, o monaci, era re Khema.<br />

La città<br />

Khemavati era la capitale del re Khema.<br />

A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il<br />

brahmano<br />

Yannadatta, la brahmana Uttara fu madre e genitrice. In quel tempo, o monaci, era re Sobha.<br />

La città di nome<br />

Sobhavati era la capitale del re Sobha.<br />

A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il brahmano<br />

Brahmadata,<br />

la brahmana Dhanavati fu madre e genitrice. In quel tempo, o monaci, fu re Kiki. La città di<br />

nome Baranasi<br />

(1) fu la capitale del re Kiki.<br />

"A me, o monaci, è padre il re Suddhodana, la divina Maya fu madre e genitrice. Capitale la<br />

città di<br />

Kapilavatthu""."<br />

Così parlò il Sublime. Così avendo parlato, il Benvenuto sorse da sedere e rientrò nella dimora.


13. Allora, ai monaci, dopo la dipartita del Sublime, sorse questa conversazione:<br />

"È meraviglioso, o amici, è straordinario, o amici, la grande potenza, la grande maestà del<br />

Compiuto. Infatti<br />

certamente il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli<br />

impedimenti,<br />

interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel<br />

nome, li ricorda<br />

14<br />

nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda<br />

nelle classi di<br />

discepoli: così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i<br />

comportamenti,<br />

queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio così furono<br />

questi<br />

Sublimi"". E che, o amici? Al Compiuto non è forse presente una suprema forza, tale che<br />

essendo a lui ben<br />

presente questa suprema forza, il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che<br />

hanno superato<br />

gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella<br />

stirpe, li ricorda nel<br />

nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nelle classi di<br />

discepoli, li ricorda<br />

nei principali discepoli: "" così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le<br />

famiglie, questi i<br />

comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni.<br />

Proprio così furono<br />

questi Sublimi""""."<br />

Questa era la mutua conversazione dei monaci.<br />

14. Allora il Sublime, fattasi sera, uscito dalla meditazione, si diresse al rotondo padiglione di<br />

Rosa<br />

Muschiata. Entrato sedé sull'apprestato sedile, sedutosi così il Sublime si rivolse ai monaci:<br />

Per quale conversazione, o monaci, siete assieme seduti, quale era la mutua conversazione ora<br />

interrotta?.<br />

Così essendo stato detto, i monaci dissero al Sublime così:<br />

" Ecco, o signore, a noi, dopo la dipartita del Sublime, sorse questa conversazione: è<br />

meravigliosa, o amici,<br />

è straordinaria, o amici, la grande potenza, la grande maestà del Compiuto. Infatti certamente<br />

il Compiuto<br />

ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli impedimenti, interrotto<br />

l'andare, esausto<br />

il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella<br />

famiglia, li ricorda<br />

nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: '<br />

così furono<br />

durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste<br />

le dottrine,<br />

questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio così furono questi Sublimi'. E<br />

che, o amici? Al<br />

Compiuto non è forse presente una suprema forza, tale che essendo a lui ben presente questa<br />

suprema forza,


il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli<br />

impedimenti, interrotto<br />

l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li<br />

ricorda nella<br />

famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nelle classi di discepoli, li ricorda nei<br />

principali<br />

discepoli: ' così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i<br />

comportamenti,<br />

queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio così furono<br />

questi Sublimi '.<br />

Forse che gli dèi diedero al Sublime questa possibilità con cui il Compiuto ricorda gli antichi<br />

Buddha,<br />

totalmente estinti, che hanno superato gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo,<br />

spenta<br />

l'agitazione, li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella<br />

durata della<br />

vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: ' così furono durante<br />

la vita quei<br />

Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine, questi i<br />

saperi, queste le<br />

dimore, queste le liberazioni Proprio così furono questi Sublimi'?"". Questa era la mutua<br />

conversazione<br />

interrotta allorquando comparve il Sublime""."<br />

"15. o Proprio, o monaci, così è dal Compiuto ben conosciuta una regola universale per la<br />

conoscenza della<br />

quale il Compiuto, ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno troncato gli<br />

impedimenti,<br />

interrotto l'andare, esausto il circolo, spinta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel<br />

nome, li ricorda<br />

nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda<br />

nelle classi di<br />

discepoli: "" così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i<br />

comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni"".<br />

Proprio così<br />

furono questi Sublimi. Gli dèi (2) diedero questa possibilità al Sublime, colla quale il Sublime<br />

ricorda gli<br />

antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno troncato gli impedimenti, interrotto l'andare,<br />

esausto il circolo,<br />

spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li<br />

ricorda nella durata<br />

della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: "" così furono<br />

durante la vita<br />

quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine,<br />

questi i saperi,<br />

queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio così furono questi Sublimi"". Non desidereste<br />

voi, o monaci,<br />

15<br />

udire un altro discorso sui tempi passati? ""."<br />

Di ciò è tempo, o Sublime, di ciò è tempo, o Benvenuto. Quell'ulteriore discorso sui tempi<br />

passati, che il


Sublime ci farà, i monaci avendolo udito lo ricorderanno .<br />

Pertanto udite, o monaci, e ponete ben mente: io parlerò .<br />

Sì, o signore, assentirono i monaci al Sublime.<br />

Il Sublime così disse:<br />

"16. ""Fu proprio, o monaci, il 91° evo quello in cui Vipassi il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, sorse nel mondo. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, fu di<br />

nascita nobile, sorse nella classe dei nobili. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, fu di famiglia Kondanna. Di Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, la durata della vita fu di 80.000 anni. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, raggiunse l'illuminazione, al tronco di una bignonia. A Virassi, o monaci, il Sublime<br />

Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli, di nome Khanda e Tissa, eccelsa<br />

nobile coppia.<br />

A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di<br />

discepoli. Una<br />

di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di<br />

queste classi fu di<br />

80.000 monaci. A Virassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le tre<br />

classi furono<br />

di discepoli tutti liberi dagli asava. A Virassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato,<br />

fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Asoka. A Vipassi, o<br />

monaci, il<br />

Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di nome Bandhuma, la divina<br />

Bandhumati fu<br />

madre e genitrice, la città di nome Bandhumati fu capitale del re Bandhuma."<br />

"17. Ecco o monaci, il Bodhisatta (3) Vipassi, trapassando dal coro degli dèi Tubista (4) entrò<br />

consapevole,<br />

cosciente nel grembo della madre. E questa è una regola. E vi è, o monaci, questa regola:<br />

allorquando il<br />

Bodhisatta, trapassando dalla classe degli dèi Tubista, entra nel grembo della madre, allora<br />

nel mondo, coi<br />

suoi dèi, colle sue schiere di Mara, colle sue schiere di Brahma, coi suoi asceti e brahmani,<br />

colle sue<br />

generazioni di dèi e di uomini, un immenso eccelso splendore si manifesta, sorpassante il<br />

divino splendore<br />

degli dèi. Ed anche nei mondi intermedi, infelici, disordinati, bui, oscuri, nei quali questo sole e<br />

questa luna,<br />

così potenti, così magnifici, non penetrano colla loro luce, anche là si manifesta un immenso,<br />

eccelso<br />

splendore sorpassante la divina magnificenza degli dèi. E gli esseri, colà sorti, per quello<br />

splendore<br />

mutuamente si riconoscono: "" Vi sono certo altri esseri qui sorti "". E questo universo di<br />

10.000 mondi


freme, trema, si muove. Un immenso, eccelso splendore si manifesta nel mondo sorpassante la<br />

divina<br />

magnificenza degli dèi. Questa è una regola. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il<br />

Bodhisatta è<br />

entrato nel grembo della madre, allora quattro figli di dèi sopravvengono dalle quattro regioni<br />

per protezione:<br />

"" Non il Bodhisatta, non la madre del Bodhisatta, o uomo, o non uomo, o chicchessia<br />

offenda"". Questa è<br />

una regola."<br />

18. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta è sceso nel grembo della madre,<br />

la madre<br />

rimane naturalmente (5) osservante le regole di comportamento: si astiene dall'uccidere, si<br />

astiene dal non<br />

dato, si astiene da [cattivo stato per] brama, si astiene da menzogna, si astiene da vino,<br />

liquore, bevande<br />

eccitanti. Questa è una regola.<br />

19. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta è scese nel grembo della madre,<br />

nella madre<br />

del Bodhisatta non sorge più pensiero di desiderio vincolante nei riguardi di uomini e, senza<br />

pensiero<br />

pungente, la madre del Bodhisatta non è con mente passionale verso alcun uomo (6). Questa è<br />

una regola.<br />

20. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta è sceso nel grembo della madre,<br />

la madre del<br />

Bodhisatta, pur nel possesso dei cinque tronchi del desiderio, pur dotata e provvista dei<br />

cinque tronchi del<br />

desiderio, li domina. Questa è una regola.<br />

"21. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta è sceso nel grembo della madre,<br />

alla madre<br />

del Bodhisatta non sorge alcuna tristezza. Beata è la madre del Bodhisatta, sana di corpo. La<br />

madre del<br />

Bodhisatta vede il Bodhisatta nella parte sinistra dell'utero, con ogni, anche pur minimo,<br />

organo. Come, o<br />

monaci, vi fosse un gioiello prezioso, puro, eccellente, a otto facce, ben tagliato, trasparente,<br />

chiaro,<br />

16<br />

provvisto di ogni qualità, ed in questo vi fosse infilato un filo azzurro, o giallo, o rosso, o<br />

bianco, e vi fosse<br />

un uomo di buona vista che avendolo preso in mano lo guardasse: ""questo è un gioiello<br />

prezioso, puro,<br />

eccellente, a otto facce, ben tagliato, chiaro, trasparente, provvisto di ogni qualità, in cui è<br />

infilato un filo<br />

azzurro, o giallo, o rosso, o bianco (7)"". Proprio così, o monaci, quando il Bodhisatta è sceso<br />

nel grembo<br />

della madre, alla madre del Bodhisatta non sorge alcuna tristezza. Beata è la madre del<br />

Bodhisatta, sana di<br />

corpo. La madre del Bodhisatta vede il Bodhisatta nella parte sinistra dell'utero con ogni pur<br />

minimo organo.<br />

Questa è una regola."


22. E vi è, o monaci, questa regola: sette giorni dopo la nascita del Bodhisatta, la madre del<br />

Bodhisatta<br />

compie il suo tempo, e risorge nel coro degli dèi Tubista. Questa è una regola.<br />

"23. E vi è, o monaci, questa regola: mentre le altre donne partoriscono dopo aver portato nel<br />

loro ventre<br />

nove o dieci mesi, non così la madre del Bodhisatta partorisce il Bodhisatta; infatti la madre<br />

del Bodhisatta<br />

porta nel suo ventre il Bodhisatta dieci mesi. Questa è una regola (8)."<br />

"24. E vi è, o monaci, questa regola: mentre le altre donne partoriscono sedute o giacenti, non<br />

così la madre<br />

del Bodhisatta partorisce il Bodhisatta; in piedi la madre del Bodhisatta partorisce il<br />

Bodhisatta. Questa è una<br />

regola."<br />

25. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre per<br />

primi lo<br />

accolgono gli dèi, posai gli uomini. E questa è una regola.<br />

"26. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre<br />

non tocca la terra<br />

e quattro figli di dèi si pongono, sorreggendolo, di fronte alla madre: "" Sii felice, o divina, un<br />

figlio molto<br />

potente ti è nato "". Questa è una regola."<br />

27. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre,<br />

esce mondo,<br />

immacolato di siero, immacolato di muco, immacolato di sangue, immacolato di ogni impurità,<br />

deterso,<br />

puro. Come, o monaci, ponendo una gemma preziosa su una stoffa di Casi la gemma preziosa<br />

non macchia la<br />

stoffa di Casi, né la stoffa di Casi macchia la gemma preziosa, perché l'una e l'altra sono pure,<br />

proprio così, o<br />

monaci, allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre esce mondo, immacolato di<br />

siero,<br />

immacolato di muco, immacolato di sangue, immacolato di ogni impurità, deterso, puro.<br />

Questa è una regola.<br />

28. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre, due<br />

sorgenti<br />

d'acqua, sgorganti dal cielo, una di fredda, l'altra di calda acqua, sono lavacri al Bodhisatta ed<br />

alla madre.<br />

Questa è una regola.<br />

"29. E vi è, o monaci, questa regola: appena nato il Bodhisatta, rizzandosi su entrambi i piedi,<br />

girandosi<br />

verso settentrione, compie sette passi, riparato da un bianco ombrello, scruta tutti i punti<br />

cardinali e con voce<br />

di toro dice: "" Il primo io sono del mondo, il supremo io sono del mondo, l'eccelso io sono del<br />

mondo,<br />

questa è l'ultima nascita, non vi sarà più per me ripetersi di vita "". Questa è una regola."<br />

"30. E vi è, o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre,<br />

allora nel<br />

mondo coi suoi dèi, colle sue schiere di Mara, colle sue schiere di Brahma, coi suoi asceti e<br />

brahmani, colle


sue generazioni di dèi e di uomini, un immenso, eccelso splendore si manifesta sorpassante il<br />

divino<br />

splendore degli dèi. Ed anche nei mondi intermedi, infelici, disordinati, bui, oscuri, nei quali<br />

questo sole e<br />

questa luna, così potenti, così magnifici, non penetrano colla loro luce, anche là sì manifesta un<br />

immenso,<br />

eccelso splendore sorpassante la divina magnificenza degli dèi. E gli esseri, colà sorti, per<br />

quello splendore<br />

mutuamente si riconoscono: "" Vi sono certo altri esseri qui sorti "". E questo universo di<br />

10.000 mondi<br />

freme, trema, si muove. Un immenso, eccelso splendore si manifesta nel mondo sorpassante la<br />

divina<br />

magnificenza degli dèi. Questa è una regola."<br />

"31. Essendo, o monaci, nato il fanciullo Vipassi, fu annunciato al re Bandhuma: ""Un fanciullo,<br />

o divino, ti<br />

è nato, guardalo, o divino"". Il re Bandhuma, o monaci, visto il fanciullo Vipassi, fatti chiamare i<br />

brahmani<br />

astrologi, disse: "" Guardino, o signori, i brahmani astrologi questo fanciullo "". E guardarono,<br />

o monaci, i<br />

brahmani astrologi il fanciullo Vipassi, indi dissero così al re Bandhuma: "" Felice tu sei, o<br />

divino, un molto<br />

potente figlio ti è nato. Un gran tesoro tu hai, o gran re, una buona fortuna tu hai, o gran re, se<br />

nella tua<br />

famiglia un tale figlio è nato. Questo fanciullo, o divino, è provvisto dei trentadue segni di<br />

grande uomo, ed a<br />

17<br />

colui che è provvisto dei trentadue segni di grande uomo due destini sono possibili: se rimane<br />

nella casa è un<br />

re giratore della ruota, giusto legittimo re, conquistatore delle quattro regioni, stabilizzatore<br />

della sicurezza<br />

del regno, possessore dei sette reali tesori. I sette reali tesori sono: il tesoro della ruota, il<br />

tesoro dell'elefante,<br />

il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il tesoro della donna, il tesoro del ministro di<br />

palazzo, il tesoro<br />

della guida. Questi sette. Inoltre egli avrà mille figli valorosi, di bell'aspetto, vincitori dei<br />

nemici. Egli la<br />

terra, sino al confine dell'oceano, senza mazza, senza spada conquistata, colla legge governerà.<br />

Se invece<br />

abbandona la casa per l'anacoretismo, diventa un Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato e<br />

per lui il mondo è<br />

libero da ogni velame."<br />

32. E di quali, o divino, trentadue segni (9) questo fanciullo è provvisto, ed a chi è così<br />

provvisto, due destini<br />

sono possibili, se rimane nella casa è un re giratore della ruota, giusto legittimo re,<br />

conquistatore delle<br />

quattro regioni, stabilizzatore della sicurezza del regno, possessore dei sette reali tesori ? I<br />

sette reali tesori<br />

sono: il tesoro della ruota, il tesoro dell'elefante, il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il<br />

tesoro della


donna, il tesoro del ministro di palazzo, il tesoro della guida. Questi sette. Inoltre egli avrà<br />

mille figli<br />

valorosi, di bell'aspetto, vincitori dei nemici. Egli la terra, sino al confine dell'oceano, senza<br />

mazza, senza<br />

spada conquistata, colla legge governerà. Se invece abbandona la casa per l'anacoretismo,<br />

diventa un Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato e per lui il mondo è libero da ogni velame.<br />

Questo giovane, o divino, ha piedi ben fatti, e che il fanciullo, o divino, abbia i piedi ben fatti ciò<br />

ad un<br />

grande uomo e proprio segno di grande uomo.<br />

A questo fanciullo, o divino, sono tracciate sotto le piante dei piedi delle ruote con mille raggi,<br />

col loro<br />

cerchio, col loro mozzo, complete in ogni particolare, e che al fanciullo, o divino, siano<br />

tracciate sotto le<br />

piante dei piedi delle ruote, con mille raggi, col loro cerchio, col loro mozzo, complete in ogni<br />

particolare ciò<br />

ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha snello il calcagno e che il fanciullo, o divino, abbia snello il<br />

calcagno ciò ad un<br />

grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha lunghe dita e che il fanciullo, o divino, abbia lunghe dita ciò ad un<br />

grande<br />

uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha morbidi e snelli mani e piedi e che il fanciullo, o divino, abbia<br />

morbidi e snelli<br />

mani e piedi ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha netti e proporzionati mani e piedi e che il fanciullo, o divino,<br />

abbia netti e<br />

proporzionati mani e piedi ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha le caviglie centrate sui piedi e che il fanciullo, o divino, abbia le<br />

caviglie<br />

centrate sui piedi ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, è muscoloso come un'antilope e che il fanciullo, o divino, sia<br />

muscoloso come<br />

una antilope ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ritto, senza flettersi, tocca e ricopre con ambo le mani le ginocchia e<br />

che il<br />

fanciullo, o divino, ritto, senza flettersi, tocchi e ricopra con ambo le mani le ginocchia ciò ad<br />

un grande<br />

uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha il pene interamente coperto dalla sua guaina e che il fanciullo, o<br />

divino, abbia<br />

il pene interamente coperto dalla sua guaina ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande<br />

uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha la pelle coloro dell'oro che il fanciullo, o divino, abbia la pelle<br />

coloro dell'oro<br />

ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha la pelle liscia, e per la levigatezza della pelle la polvere e la<br />

sozzura non gli


attaccano e che il fanciullo, o divino, abbia la pelle liscia, per la levigatezza della pelle la<br />

polvere e la sozzura<br />

non gli si attacchino ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha peli solitari, ciascun pelo nasce da ciascun poro e che il fanciullo,<br />

o divini,<br />

abbia peli solitari, ciascun pelo nasca da ciascun poro ciò ad un grande uomo è proprio segno<br />

di grande<br />

uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha i peli ricci, un pelo ricci nasce da ogni poro e che il fanciullo, o<br />

divino, abbia i<br />

18<br />

peli ricci, un pelo riccio nasca da ogni poro ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande<br />

uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha peli neri, di colora scuro, avvolti su sé stessi, rivolti verso destra<br />

e che il<br />

fanciullo, o divino, abbia peli neri, di colora scuro, avvolti su sé stessi, rivolti verso destra ciò<br />

ad un grande<br />

uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha nelle membra la schiettezza di Brahma e che il fanciullo, o divino,<br />

abbia nelle<br />

membra la schiettezza di Brahma ciò ad un grande uomo è proprio segni di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha sette bozze e che il fanciullo, o divino, abbia sette bozze ciò ad un<br />

grande<br />

uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha il corpo simile a quello di vecchio leone e che il fanciullo, o<br />

divino, abbia il<br />

corpo simile a quello di vecchio leone ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha ampie le spalle e che il fanciullo, o divino, abbia ampie le spalle<br />

ciò ad un<br />

grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha le proporzioni del fico bagnano: quale di lui l'altezza tale<br />

l'apertura delle<br />

braccia, quale di lui l'apertura delle braccia tale l'altezza e che il fanciullo, o divino, abbia le<br />

proporzioni del<br />

fico bagnano: quale di lui l'altezza tale l'apertura delle braccia, quale di lui l'apertura delle<br />

braccia tale<br />

l'altezza ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha rotonde le spalle e che il fanciullo, o divino, abbia rotonde le<br />

spalle ciò ad un<br />

grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha sensi assai acuti e che il fanciullo, o divino, abbia sensi assai acuti<br />

ciò ad un<br />

grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha la mascella leonina e che il fanciullo, o divino, abbia la mascella<br />

leonina ciò ad<br />

un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha 40 denti e che il fanciullo, o divino, abbia 40 denti ciò ad un<br />

grande uomo è<br />

proprio segno di grande uomo.


Questo fanciullo, o divino, ha i denti piani e che il fanciullo, o divino, abbia i denti piani ciò ad<br />

un grande<br />

uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha i denti intatti e che il fanciullo, o divino, abbia i denti intatti ciò<br />

ad un grande<br />

uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha i denti bianchi e che il fanciullo, o divino, abbia i denti bianchi ciò<br />

ad un<br />

grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha lunga la lingua e che il fanciullo, o divino, abbia lunga la lingua<br />

ciò ad un<br />

grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha la voce di Brahma e che il fanciullo, o divino, abbia la voce di<br />

Brahma ciò ad<br />

un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha soave la voce quale di cucolo e che il fanciullo, o divino, abbia<br />

soave la voce<br />

quale di cucolo ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha nerissimi gli occhi e che il fanciullo, o divino, abbia nerissimi gli<br />

occhi ciò ad<br />

un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha gli occhi bovini e che il fanciullo, o divino, abbia gli occhi bovini<br />

ciò ad un<br />

grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha tra le vellose sopraciglia un bianco ciuffo di morbidi peli, e che al<br />

fanciullo, o<br />

divino, sia tra le vellose sopraciglie un bianco ciuffo di morbidi peli ciò ad un grande uomo è<br />

proprio segno<br />

di grande uomo.<br />

Questo fanciullo, o divino, ha il capo pari ad un turbante, e che al fanciullo, o divino, il capo sia<br />

pari ad un<br />

turbante ciò ad un grande uomo è proprio segno di grande uomo.<br />

"33. Proprio di questi trentadue segni di grande uomo è provvisto, o divino, questo fanciullo,<br />

ed a colui che è<br />

provvisto dei trentadue segni di grande uomo due destini sono possibili: se rimane nella casa<br />

è un re giratore<br />

della ruota, giusto, legittimo re, conquistatore delle quattro regioni, stabilizzatore della<br />

sicurezza del regno,<br />

19<br />

possessore dei sette reali tesori. I sette reali tesori sono: il tesoro della ruota, il tesoro<br />

dell'elefante, il tesoro<br />

del cavallo, il tesoro del gioiello, il tesoro della donna, il tesoro del ministro di palazzo, il<br />

tesoro della guida.<br />

Questi sette. Inoltre egli avrà mille figli valorosi, di bell'aspetto, vincitori dei nemici. Egli la<br />

terra, sino al<br />

confine dell'oceano, senza mazza, senza spada conquistata, colla legge governerà. Se invece<br />

abbandona la<br />

casa per l'anacoretismo, diventa un Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato e per lui il mondo<br />

è libero da<br />

ogni velame""."


Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatti rivestire i brahmani astrologi di nuove vesti li soddisfò<br />

di tutti i loro<br />

desideri.<br />

"34. Allora o monaci, il re Bandhuma al fanciullo Vipassi procurò una nutrice. Alcuni lo<br />

dissetavano, alcuni<br />

lo lavavano, altri lo portavano, altri ancora lo curavano nelle sue membra. Dalla nascita, o<br />

monaci, sul<br />

fanciullo Vipassi fu steso giorno e notte un candido ombrello. "" Non il freddo, né il caldo, né la<br />

polvere, né<br />

l'impurità, né la rugiada gli siano di noia'. Appena nato, o monaci, il fanciullo Vipassi fu caro e<br />

gradito a<br />

molte persone. Come, o monaci, il loto azzurro, od il loto rosso, od il loto bianco sono cari e<br />

graditi a molte<br />

persone, proprio così, o monaci, il fanciullo Vipassi fu caro e gradito a molte persone. Così egli<br />

era portato di<br />

grembo in grembo."<br />

35. Appena nato, o monaci, il fanciullo Vipassi, era piacevolissimo, amabilissimo, dolcissimo,<br />

bellissimo.<br />

Come, o monaci, sul monte Himavant vi è l'uccello di nome Kararika il cui canto è<br />

piacevolissimo,<br />

amabilissimo, dolcissimo, bellissimo, proprio così, o monaci, il fanciullo Vipassi appena nato<br />

era<br />

piacevolissimo, amabilissimo, dolcissimo, bellissimo. Così egli era portato di grembo in<br />

grembo.<br />

36. Appena nato, o monaci, al fanciullo Vipassi, in conseguenza delle sue [precedenti] azioni si<br />

rese<br />

manifesto l'occhio divino col quale vedeva giorno e notte per un intero yojana.<br />

"37. Appena nato, o monaci, il fanciullo Vipassi attento vedeva come vedono i trentatré dèi. ""<br />

Desto il<br />

fanciullo vede "", o monaci,"" Vipassi, Vipassi, Vipassi (10), così sorse questo nome al fanciullo.<br />

Allora, o<br />

monaci, il re Bandhuma quando sedeva in giudizio, preso sulle ginocchia il fanciullo Vipassi lo<br />

istruiva nel<br />

diritto. Dunque, o monaci, il fanciullo Vipassi, seduto sulle ginocchia del padre, osservando,<br />

riosservando,<br />

progredì con metodo nel diritto: "" osservando, riosservando il fanciullo progredisce con<br />

metodo nel diritto<br />

"". E dunque, o monaci, al fanciullo Vipassi, essendo stato molte volte detto "" Vipassi, Vipassi<br />

"", così sorse<br />

il nome."<br />

38. Allora, o monaci, il re Bandhuma al fanciullo Vipassi fece costruire tre palazzi. Uno per la<br />

stagione delle<br />

piogge, uno per l'inverno, uno per l'estate, e lo soddisfò nei cinque tronchi del desiderio.<br />

Allora proprio, o<br />

monaci, il fanciullo Vipassi, nel palazzo per la stagione delle piogge, rimaneva i quattro mesi<br />

della pioggia,<br />

circondato da donne e da strumenti musicali, né mai scendeva a terra dal suo palazzo.<br />

SEZIONE DELLA NASCITA<br />

FINE<br />

SECONDA PARTE


l. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte<br />

migliaia di anni, si<br />

rivolse al maestro di scuderia:<br />

Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per<br />

vederne il<br />

territorio .<br />

" Sì, o divino ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto<br />

apprestare un ben<br />

domo equipaggio, annunciò al giovane Vipassi: ""È pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e<br />

pertanto è<br />

20<br />

tempo ""."<br />

Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il<br />

territorio del<br />

parco.<br />

"2. Vide, o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, un uomo<br />

decrepito, chino come<br />

la trave di un tetto, appoggiato al bastone, tremulo, che andava malfermo per la tarda età;<br />

allora si rivolse al<br />

maestro di scuderia:"<br />

Com'è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi capelli non sono come quelli degli altri, il<br />

suo corpo non<br />

è come quello degli altri?.<br />

Quest'uomo, o divino, è vecchio .<br />

E perché, caro maestro di scuderia, costui è vecchio.<br />

Egli, o divino, è vecchio perché ormai non gli resta più lunga vita .<br />

E che forse, caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto all'invecchiare, incontrerò io<br />

stesso la<br />

vecchiaia?.<br />

Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad invecchiare, ad incontrare la vecchiaia.<br />

Pertanto, caro maestro di scuderia, sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale.<br />

" Sì, o divino . Così, o monaci, il maestro di scuderia, ubbidendo al giovane Vipassi, lo<br />

ricondusse al palazzo<br />

reale. Allora, o monaci, il giovane Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, meditò:<br />

""Ecco è ora<br />

ben nota la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia""."<br />

3. Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatto chiamare il maestro di scuderia, così disse:<br />

Si è, caro maestro di scuderia, divertito il giovane nel territorio del parco, è stato felice, caro<br />

maestro di<br />

scuderia, il giovane nel territorio del parco?.<br />

Di certo, o divino, il giovane non si è divertito nel territorio del parco, di certo, o divino, il<br />

giovane non è<br />

stato felice nel territorio del parco.<br />

E che vide, caro maestro di scuderia, il giovane mentre era portato attraverso il territorio del<br />

parco? .<br />

"Vide, o divino, il giovane, mentre era portato-attraverso il territorio del parco, un uomo<br />

decrepito, curvo<br />

come la trave di un tetto, appoggiato al bastone, tremulo, che andava malfermo per la tarda<br />

età; allora così mi


disse: ' com'è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi capelli non sono come quelli degli<br />

altri, il suo<br />

corpo non è come quello degli altri ? '. ' Quest'uomo, o divino, è vecchio '. ' E perché, caro<br />

maestro di<br />

scuderia, costui è vecchio?'. 'Egli, o divino, è vecchio perché ormai non gli resta più lunga vita'.<br />

' E che forse,<br />

caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto ad invecchiare, incontrerò io stesso la<br />

vecchiaia? '. ' Tu, o<br />

divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad invecchiare, ad incontrare la vecchiaia '. ' Pertanto,<br />

caro maestro di<br />

scuderia, sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale '. ' Sì, o divino'. Così, o<br />

divino, ubbidendo<br />

al giovane Vipassi lo ricondussi al palazzo reale. Allora, o divino, il giovane Vipassi, rientrato al<br />

palazzo<br />

reale, addolorato, triste, meditò: ' ecco è ora ben nota la nascita: certamente in conseguenza<br />

della nascita si<br />

sperimenta la vecchiaia ' ."<br />

"4. Allora, o monaci, al re Bandhuma così fu: "" Che il giovane Vipassi per questo non<br />

abbandoni il regno,<br />

che per questo non esca dalla casa per l'anacoretismo, che non si avveri la parola dei<br />

brahmani astrologi ! ""."<br />

Allora, o monaci, il re Bandhuma procurò con molta abbondanza al giovane Vipassi<br />

soddisfazioni nei cinque<br />

tronchi del desiderio, affinché il giovane Vipassi avesse da assumere il regno, affinché il<br />

giovane Vipassi<br />

non uscisse di casa per l'anacoretismo, affinché non si avverasse la parola dei brahmani<br />

astrologi. Quindi, o<br />

monaci, il giovane Vipassi, nel possesso e nel godimento dei cinque tronchi del desiderio, si<br />

dilettò.<br />

5. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte<br />

migliaia di anni, si<br />

rivolse al maestro di scuderia:<br />

Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per<br />

vederne il<br />

territorio .<br />

" Sì, o divino ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto<br />

apprestare un ben<br />

domo equipaggio, annunciò al giovane Vipassi: ""È pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e<br />

pertanto è<br />

tempo""."<br />

21<br />

Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il<br />

territorio del<br />

parco.<br />

"6. Vide, o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, un uomo afflitto,<br />

dolente,<br />

gravemente infermo, giacente sui suoi escrementi, in condizioni di dover esser mosso da altri,<br />

portato da<br />

altri; allora si rivolse al maestro di scuderia:"


Come è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi occhi non sono come quelli degli altri, il<br />

suo aspetto<br />

non è come quello degli altri ? .<br />

Quest'uomo, o divino, è ammalato .<br />

E perché, caro maestro di scuderia, costui è ammalato ? .<br />

Egli, o divino, per le sue afflizioni è divenuto ammalato .<br />

E che forse, caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto all'ammalarmi, incontrerò io<br />

stesso la<br />

malattia?.<br />

Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad ammalarci, ad incontrare la malattia.<br />

Pertanto, caro maestro di scuderia, sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale.<br />

" Sì, o divino . Così, o monaci, il maestro di scuderia, ubbidendo al giovane Vipassi, lo<br />

ricondusse al palazzo<br />

reale. Allora, o monaci, il giovane Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, meditò:<br />

""Ecco è ora<br />

ben nota la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia, si<br />

sperimenta la<br />

malattia ""."<br />

7. Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatto chiamare il maestro di scuderia, così disse:<br />

Si è, caro maestro di scuderia, divertito il giovane nel territorio del parco, è stato felice, caro<br />

maestro di<br />

scuderia, il giovane nel territorio del parco? .<br />

Di certo, o divino, il giovane non si è divertito nel territorio del parco, di certo, o divino, il<br />

giovane non è<br />

stato felice nel territorio del parco.<br />

E che vide, caro maestro di scuderia, il giovane mentre era portato attraverso il territorio del<br />

parco?.<br />

" Vide, o divino, il giovane, mentre era portato attraverso il parco, un uomo afflitto, dolente,<br />

gravemente<br />

infermo, giacente sui suoi escrementi, in condizioni di dover essere mosso da altri, portato da<br />

altri; allora<br />

così mi disse: ' Com'è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi occhi non sono come quelli<br />

degli altri, il<br />

suo aspetto non è come quello degli altri ? '. ' Quest'uomo, o divino, è ammalato '. ' E perché,<br />

caro maestro di<br />

scuderia, costui è ammalato? '. ' Egli, o divino, per le sue afflizioni è divenuto ammalato '. ' E<br />

che forse, caro<br />

maestro di scuderia, sono io stesso soggetto ad ammalarmi, incontrerò io stesso la malattia? '.<br />

' Tu, o divino,<br />

ed io, tutti noi siamo soggetti ad ammalarci, ad incontrare la malattia'. ' Pertanto, caro maestro<br />

di scuderia,<br />

sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale '. ' Sì, o divino '."<br />

"Così, o divino, ubbidendo al giovane Vipassi lo ricondussi al palazzo reale. Allora, o divino, il<br />

giovane<br />

Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, meditò: ' ecco è ora ben nota la nascita:<br />

certamente in<br />

conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia, si sperimenta la malattia ' ""."<br />

"8. Allora, o monaci, al re Bandhuma così fu: "" Che il giovane Vipassi per questo non<br />

abbandoni il regno,


che per questo non esca dalla casa per l'anacoretismo, che non si avveri la parola dei<br />

brahmani astrologi!""."<br />

Allora, o monaci, il re Bandhuma procurò con molta abbondanza al giovane Vipassi<br />

soddisfazioni nei cinque<br />

tronchi del desiderio, affinché il giovane Vipassi avesse da assumere il regno, affinché il<br />

giovane Vipassi<br />

non uscisse di casa per l'anacoretismo, affinché non si avverasse la parola dei brahmani<br />

astrologi. Quindi, o<br />

monaci, il giovane Vipassi, nel possesso e nel godimento dei cinque tronchi del desiderio, si<br />

dilettò.<br />

9. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte<br />

migliaia di anni, si<br />

rivolse al maestro di scuderia:<br />

Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per<br />

vederne il<br />

territorio .<br />

"Si, o divino ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto<br />

apprestare un ben<br />

domo equipaggio, annunciò al giovane Vipassi: "" È pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e<br />

pertanto è<br />

tempo""."<br />

22<br />

Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il<br />

territorio del<br />

parco.<br />

"10. Vide o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, una moltitudine<br />

di uomini<br />

riuniti, dai molti aspetti, che portava un uomo di pelle oscura, flaccido; allora si rivolse al<br />

maestro di<br />

scuderia: ""Chi è, caro maestro di scuderia, colui che quella moltitudine di uomini riuniti, dai<br />

molti aspetti,<br />

porta, di pelle oscura, flaccido? ""."<br />

Costui, o divino, è uno che ha compiuto il suo tempo .<br />

Verso costui, che ha compiuto il suo tempo, caro maestro di scuderia, dirigi il cocchio .<br />

Sì, o divino . E, o monaci, il maestro di scuderia, obbedendo al giovane Vipassi, diresse il<br />

cocchio verso<br />

colui che aveva compiuto il suo tempo. Vide così, o monaci, il giovane Vipassi il morto che<br />

aveva compiuto<br />

il suo tempo. Allora disse al maestro di scuderia:<br />

E come, caro maestro di scuderia, costui ha compiuto il suo tempo? .<br />

Egli ha compiuto il suo tempo, né più lo vedranno la madre ed il padre, né gli altri parenti, né<br />

più egli vedrà<br />

la madre ed il padre, né gli altri parenti.<br />

" E che forse, caro maestro di scuderia, anche io sono soggetto alla morte, incontrerò la morte,<br />

e più me non<br />

vedranno il divino, la divina, né gli altri parenti; né io più vedrò il divino, la divina, né gli altri<br />

parenti? ."<br />

" Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti alla morte, incontreremo la morte, te più non<br />

vedranno il divino,<br />

la divina, né gli altri parenti; tu più non vedrai il divino, la divina, né gli altri parenti."


Pertanto, caro maestro di scuderia, sùbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale.<br />

" Sì, o divino . Così, o monaci, il maestro di scuderia, obbedendo al giovane Vipassi, lo condusse<br />

al palazzo<br />

reale. Allora, o monaci, il giovane Vipassi, rientrato nel palazzo reale, addolorato, triste,<br />

meditò: "" Ecco ora<br />

ben nota è la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia, si<br />

sperimenta la<br />

malattia, si sperimenta la morte""."<br />

I l. Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatto chiamare il maestro di scuderia, così disse:<br />

Si è, o caro maestro di scuderia, divertito il giovane nel territorio del parco, è stato felice, caro<br />

maestro di<br />

scuderia, il giovane nel territorio del parco? .<br />

Di certo, o divino, il giovane non si è divertito nel territorio del parco, di certo, o divino, il<br />

giovane non è<br />

stato felice nel territorio del parco.<br />

E che vide, caro maestro di scuderia, il giovane mentre era portato attraverso il territorio del<br />

parco? .<br />

" Vide, o divino, il giovane, mentre era portato attraverso il parco, una moltitudine di uomini,<br />

riuniti, dai<br />

molti aspetti, che portavano un uomo di pelle oscura, flaccido; allora mi disse: ' Chi è, caro<br />

maestro di<br />

scuderia, colui che quella moltitudine di uomini riuniti, dai molti aspetti, porta, di pelle oscura,<br />

flaccido? '. '<br />

Costui, o divino, è uno che ha compiuto il suo tempo '. ' Verso costui, che ha compiuto il suo<br />

tempo, caro<br />

maestro di scuderia, dirigi il cocchio '. ' Sì, o divino' ed io, o divino, obbedendo al giovane<br />

Vipassi, diressi il<br />

cocchio verso colui che aveva compiuto il suo tempo. Vide così, o divino, il giovane il morto<br />

che aveva<br />

compiuto il suo tempo. Allora mi disse: ' E come, caro maestro di scuderia, costui ha compiuto<br />

il suo tempo?<br />

'. ' Egli ha compiuto il suo tempo, né più lo vedranno la madre ed il padre, né gli altri parenti,<br />

né più egli<br />

vedrà la madre ed il padre, né gli altri parenti '. ' E che forse, o caro maestro di scuderia, anche<br />

io sono<br />

soggetto alla morte, incontrerò la morte, e più me non vedranno il divino, la divina, né gli altri<br />

parenti, né io<br />

più vedrò il divino, la divina, né gli altri parenti ? '. ' Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti<br />

alla morte,<br />

incontreremo la morte te più non vedranno il divino, la divina, né gli altri parenti; tu più non<br />

vedrai il divino,<br />

la divina, né gli altri parenti '. ' Pertanto, caro maestro di scuderia, sùbito riportami dal<br />

territorio del parco al<br />

palazzo reale '. ' Sì, o divino '."<br />

"Così, o divino, obbedendo al giovane Vipassi lo condussi al palazzo reale. Allora, o divino, il<br />

giovane<br />

Vipassi, rientrato nel palazzo reale, addolorato, triste, meditò: ' Ecco ora ben nota è la nascita:<br />

certamente in<br />

conseguenza della nascita, si sperimenta la vecchiaia, si sperimenta la malattia, si sperimenta<br />

la morte'""."


"12. Allora, o monaci, al re Bandhuma così fu: "" Che il giovane Vipassi per questo non<br />

abbandoni il regno,<br />

che per questo non esca dalla casa per l'anacoretismo, che non si ; avveri la parola dei<br />

brahmani<br />

23<br />

astrologi!""."<br />

Allora, o monaci, il re Bandhuma procurò con molta abbondanza al giovane Vipassi<br />

soddisfazioni nei cinque<br />

tronchi del desiderio, affinché il giovane Vipassi avesse da assumere il regno, affinché il<br />

giovane Vipassi<br />

non uscisse di casa per l'anacoretismo, affinché non si verificasse la parola dei brahmani<br />

astrologi. Quindi, o<br />

monaci, il giovane Vipassi, nel possesso e nel godimento dei cinque tronchi del desiderio, si<br />

dilettò.<br />

13. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte<br />

migliaia di anni,<br />

si rivolse al maestro di scuderia:<br />

Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per<br />

vederne il<br />

territorio .<br />

" Sì, o divino , ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto<br />

apprestare un ben<br />

domo equipaggio, annunciò al giovane Vipassi: "" È pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e<br />

pertanto è<br />

tempo""."<br />

Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il<br />

territorio del<br />

parco.<br />

"14. Vide, o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, un uomo raso il<br />

capo, errante,<br />

vestito di giallo; allora si rivolse al maestro di scuderia:"<br />

Com'è, caro maestro di scuderia, quest'uomo: la sua testa non è come quella degli altri, le sue<br />

vesti non sono<br />

come quelle degli altri?.<br />

Quest'uomo, o divino, è uno che ha abbandonato .<br />

E perché, caro maestro di scuderia, costui è uno che ha abbandonato ? .<br />

Egli, o divino, è uno che ha abbandonato, virtuoso per aver realizzata la dottrina, virtuoso per<br />

aver realizzata<br />

la calma, virtuoso per aver realizzati gli elementi salutari, virtuoso per aver realizzate azioni<br />

propiziatrici,<br />

virtuoso per mancanza di astio, virtuoso per la compassione verso gli esseri .<br />

Virtuoso è certo colui che ha abbandonato, caro maestro di scuderia, virtuoso per avere<br />

realizzata la dottrina,<br />

virtuoso per avere realizzata la calma, virtuoso per avere realizzati gli elementi salutari,<br />

virtuoso per avere<br />

realizzate azioni propiziatrici, virtuoso per mancanza di astio, virtuoso per la compassione<br />

verso gli esseri.<br />

Pertanto verso questo anacoreta, caro maestro di scuderia, dirigi il cocchio.<br />

Sì, o divino , così, o monaci, il maestro di scuderia, obbedendo al giovane Vipassi, diresse il<br />

cocchio verso


l'anacoreta. Allora, o monaci, il giovane Vipassi disse all'anacoreta:<br />

Tu, o caro, chi sei, il tuo capo non è come quello degli altri, le tue vesti non sono come quelle<br />

degli altri? .<br />

Io, o divino, sono un anacoreta .<br />

E come, o caro, tu sei un anacoreta? .<br />

Io sono, o divino, un anacoreta, virtuoso per aver realizzata una dottrina, virtuoso per aver<br />

realizzata la<br />

calma, virtuoso per aver realizzati gli elementi salutari, virtuoso per aver realizzate azioni<br />

propiziatrici,<br />

virtuoso per mancanza di astio, virtuoso per la compassione verso gli esseri .<br />

15. Allora, o monaci, il giovane Vipassi disse al maestro di scuderia:<br />

Pertanto, caro maestro di scuderia, ritorna con il cocchio al palazzo reale, io invece rasi capelli<br />

e barba,<br />

indossato l'abito giallo, abbandonerò la casa per l'anacoretismo.<br />

Sì, o divino .<br />

E così il maestro di scuderia, obbedendo al giovane Vipassi, ritornò col cocchio al palazzo<br />

reale. Invece il<br />

giovane Vipassi, proprio, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, abbandonò la casa per<br />

l'anacoretismo.<br />

"16. Allora, o monaci, nella capitale Bandhumati una grande moltitudine, 84.000 uomini, udì:<br />

"" certo il<br />

giovane Vipassi, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, ha lasciata la casa per<br />

l'anacoretismo"" ed a<br />

coloro che udivano così fu: ""o certo allora la dottrina e la regola non sono l'ultima cosa,<br />

l'abbandonare la<br />

casa non è l'ultima cosa, se il giovane Vipassi, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, ha<br />

lasciata la casa<br />

per l'anacoretismo. E se il giovane Vipassi, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, ha<br />

lasciato la casa per<br />

l'anacoretismo, perché non lo faremo anche noi ? ""."<br />

Allora, o monaci, quella grande moltitudine, 84.000 uomini, rasi capelli e barba, indossato<br />

l'abito giallo,<br />

24<br />

seguirono il Bodhisatta Vipassi, che aveva lasciato la casa per l'anacoretismo. Allora<br />

circondato da quella<br />

schiera, il Bodhisatta Vipassi percorse elemosinando i villaggi, la campagna e la capitale del<br />

regno.<br />

"17. Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, mentre rimaneva appartato in solitudine, sorse<br />

nella mente<br />

questa considerazione: ""proprio così, in questo mondo io vivo in un ambiente troppo<br />

affollato, forse io<br />

dovrei vivere da solo, separato dalla schiera""."<br />

Allora, o monaci, il Bodhisatta Vipassi dopo qualche tempo visse solo, separato dalla schiera. E<br />

da una parte<br />

andarono gli 84.000 pellegrini, dall'altra il Bodhisatta Vipassi.<br />

"18. Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che si era ritirato in una casa, appartato in<br />

solitudine, sorse nella<br />

mente questo pensiero: "" Miseramente, certo, è costruito questo mondo: sorge, declina,<br />

muore, trapassa e


isorge. Né invero si conosce uno scampo al dolore, alla vecchiaia ed alla morte. Ma non potrà<br />

essere trovato<br />

lo scampo al dolore, alla vecchiaia ed alla morte? "". Ed, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu:<br />

"" dove<br />

risiede il perdurare della vecchiaia e della morte, dove il fondamento della vecchiaia e della<br />

morte?"". Allora,<br />

o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante certezza:<br />

"" nella nascita è il perdurare della vecchiaia e della morte, la nascita è il fondamento della<br />

vecchiaia e della<br />

morte""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare della nascita, quale è il<br />

fondamento<br />

della nascita ? ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: "" nell'esistenza è il perdurare della nascita, l'esistenza è il fondamento della<br />

nascita""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare dell'esistenza, quale è il<br />

fondamento<br />

dell'esistenza ? ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: "" nell'attaccamento è il perdurare dell'esistenza, attaccamento, è fondamento<br />

dell'esistenza""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare dell'attaccamento, quale<br />

è il<br />

fondamento dell'attaccamento? ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: "" nella sete è il perdurare dell'attaccamento, la sete è il fondamento<br />

dell'attaccamento""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare della sete, quale è il<br />

fondamento della<br />

sete ? ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: "" nella sensazione è il perdurare della sete, la sensazione è il fondamento della<br />

sete""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare della sensazione, quale è<br />

il<br />

fondamento della sensazione? ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante,<br />

certezza: "" nel contatto è il perdurare della sensazione, il contatto è il fondamento della<br />

sensazione""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dove è il perdurare del contatto, quale è il<br />

fondamento del<br />

contatto ? ""."


"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò con centrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: "" nei sei organi del senso è il perdurare del contatto, i sei organi del senso sono il<br />

fondamento del<br />

contatto""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dove è il perdurare dei sei organi del senso,<br />

quale è il<br />

fondamento dei sei organi del senso?""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: "" in nome e forma è il perdurare dei sei organi del senso, nome e forma sono il<br />

fondamento dei sei<br />

organi del senso ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così su: "" dove è il perdurare di nome e forma, quale è<br />

il<br />

fondamento di nome e forma?""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò con centrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

25<br />

certezza: "" in vinnana è il perdurare di nome e forma, vinnana è il fondamento di nome e<br />

forma""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il perdurare di vinnana quale è il<br />

fondamento di<br />

vinnana ? ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: "" in nome e forma è il perdurare di vinnana, nome e forma è il fondamento di<br />

vinnana''."<br />

"19. Allora al Bodhisatta Vipassi così fu: ""da nome e forma si ritorna a vinnana e avanti non si<br />

va. Proprio<br />

per questo si sorge, si declina, si muore, si trapassa, si risorge: nome e forma è fondamento a<br />

vinnana,<br />

vinnana è fondamento a nome e forma: nome e forma è fondamento ai sei organi del senso, i<br />

sei organi del<br />

senso sono fondamento a contatto, contatto è fondamento a sensazione, sensazione è<br />

fondamento a sete, sete<br />

è fondamento ad attaccamento, attaccamento è fondamento ad esistenza, esistenza è<br />

fondamento a nascita,<br />

nascita è fondamento a vecchiaia e morte, vecchiaia, morte, angoscia, lamento, dolore,<br />

sofferenza, agitazione<br />

si perpetuano, così è l'origine dell'intero complesso del dolore ""."<br />

Origine, origine, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, in questi non prima uditi elementi, sorse<br />

l'occhio, sorse la<br />

certezza, sorse la chiarezza, sorse il sapere, sorse la visione.<br />

"20. Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il non perdurare di vecchiaia e<br />

morte, con la<br />

fine di che è la fine di vecchiaia e morte? ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante


certezza: "" per la nascita non vi è il non perdurare di vecchiaia e morte. Colla fine della<br />

nascita è la fine di<br />

vecchiaia e morte""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il non perdurare di nascita, con la fine<br />

di che è la<br />

fine di nascita?"". Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua<br />

attenzione, sorse<br />

chiara, realizzante certezza: "" per l'esistenza non vi è il non perdurare della nascita, colla fine<br />

dell'esistenza<br />

vi è la fine della nascita ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il non perdurare di esistenza, con la<br />

fine di che è<br />

la fine di esistenza?"". Allora o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua<br />

attenzione, sorse<br />

chiara, realizzante certezza "" per attaccamento non vi è il non perdurare di esistenza, con la<br />

fine di<br />

attaccamento vi è la fine di esistenza ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu "" dove è il non perdurare di attaccamento, con<br />

la fine di che<br />

è la fine di attaccamento ? "". Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la<br />

sua<br />

attenzione, sorse chiara, realizzante certezza: "" per la sete non vi è il non perdurare di<br />

attaccamento, con la<br />

fine della sete vi è la fine dell'attaccamento ""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""do è il non perdurare di sete, con la fine di<br />

che è la fine di<br />

sete?"". Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse<br />

chiara,<br />

realizzante certezza: "" per la sensazione non vi è il non perdurare di sete, con la fine di<br />

sensazione vi è la<br />

fine di sete""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dove è il non perdurare di sensazione, con la<br />

fine di che è<br />

la fine di sensazione?""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: i' per il contatto non vi è il perdurare di sensazione, con la fine del contatto vi è la<br />

fine di sensazione<br />

""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dov'è il non perdurare di contatto, con la fine<br />

di che è la<br />

fin di contatto? "". Allora o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua<br />

attenzione, sorse<br />

chiara, realizzante certezza: "" per i sei organi del senso non vi è il non perdurare di contatto,<br />

con la fine dei<br />

sei organi del senso vi è la fine del contatto""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" dove è il non perdurare dei sei organi del<br />

senso, con la<br />

fine di che è la fine dei sei organi del senso?"". Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su<br />

ciò


concentrava la sua attenzione, sorse chiara, realizzante certezza: "" per nome e forma non vi è<br />

il non<br />

perdurare dei sei organi del senso, con la fine di nome e forma vi è la fine dei sei organi del<br />

senso""."<br />

26<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, così fu: "" dove è il non perdurare di nome e forma,<br />

con la fine di<br />

che è la fine di nome e forma?""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: "" per vinnana non vi è il non perdurare di nome e forma, con la fine di vinnana vi è<br />

la fine di nome<br />

e forma""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: ""dove è il non perdurare di vinnana, con la<br />

fine di che è la<br />

fine di vinnana?""."<br />

"Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi, che su ciò concentrava la sua attenzione, sorse chiara,<br />

realizzante<br />

certezza: "" per nome e forma non vi è il non perdurare di vinnana, colla fine di nome e forma<br />

vi è la fine di<br />

vinnana""."<br />

"21. Allora, o monaci, al Bodhisatta Vipassi così fu: "" raggiunta è da me una interiore via per<br />

l'illuminazione; per essa dalla fine di nome e forma è fine a vinnana, dalla fine di vinnana è<br />

fine a nome e<br />

forma, dalla fine di nome e forma è fine ai sei organi del senso, dalla fine dei sei organi del<br />

senso è fine al<br />

contatto, dalla fine del contatto è fine a sensazione, dalla fine della sensazione è fine a sete,<br />

dalla fine della<br />

sete è fine ad attaccamento, dalla fine dell'attaccamento è fine ad esistenza, dalla fine<br />

dell'esistenza è fine a<br />

nascita, dalla fine della nascita sono finiti vecchiaia, morte, angoscia, lamento, sofferenza,<br />

agitazione, e<br />

proprio così è la fine dell'intero complesso del dolore""."<br />

Fine, fine , o monaci, al Bodhisatta Vipassi in questi non prima uditi elementi, sorse l'occhio,<br />

sorse la<br />

certezza, sorse la chiarezza, sorse il sapere, sorse la visione.<br />

"22. Allora, o monaci, il Bodhisatta Vipassi dimorò sperimentando (12) il sorgere e lo sparire<br />

del quintuplo<br />

complesso dell'attaccamento "" questa è la forma, questo il sorgere della forma, questo lo<br />

sparire della forma;<br />

questa la sensazione, questo il sorgere della sensazione, questo lo sparire della sensazione,<br />

questa la<br />

coscienza, questo il sorgere della coscienza, questo lo sparire della coscienza; questi i<br />

sankhara, questo il<br />

sorgere dei sankhara, questo lo sparire dei sankhara; questo vinnana, questo il sorgere di<br />

vinnana, questo lo<br />

sparire di vinnana."<br />

E dimorando nell'osservazione del quintuplo complesso dell'attaccamento, dopo non molto<br />

con la liberazione<br />

da ogni asava emancipò la mente.


SECONDA PARTE<br />

FINE<br />

TERZA PARTE<br />

"1. Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così fu: "" e<br />

se io ora<br />

esponessi la Dottrina? ""."<br />

"Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così fu: ""<br />

raggiunta fu da<br />

me una dottrina profonda, ardua a conoscersi, ardua a comprendersi, sottile, percepibile dai<br />

saggi. Attaccate<br />

al piacere invece sono le genti, intente al piacere, dilettantisi di piacere; ora dalle genti<br />

attaccate al piacere,<br />

intente al piacere, dilettantisi di piacere, ardua a realizzare è una posizione come quella del<br />

fondamento e<br />

dell'origine del risorgere, pure ardua a realizzare è la posizione per cui cessa ogni sankhara, la<br />

posizione di<br />

distacco da ogni attaccamento, di esaurimento della sete, di compimento, di fine, di estinzione.<br />

E se io<br />

esponessi queste dottrine, e non fossi compreso, ciò per me sarebbe una fatica, ciò per me<br />

sarebbe una<br />

noia""."<br />

27<br />

2. Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, vennero<br />

naturalmente in<br />

mente questi versi mai prima sentiti:<br />

Con difficoltà certo esporrei ciò che raggiunsi.<br />

Gli immersi nella passione e nella ripulsione da questa dottrina non sono ben illuminabili.<br />

Ciò che va contro corrente (13), sottile, profondo, nascosto,<br />

Gli infocati dalla passione, gli avvolti dall'elemento della<br />

[tenebra, non vedono.<br />

"Così, o monaci, la mente di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />

propendeva alla<br />

inazione, non all'esposizione della Dottrina. Allora, o monaci, ad un Maha Brahma fu nota<br />

questa riflessione<br />

della mente di Vi. passi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato: "" perirà certo il<br />

mondo, perirà<br />

certo il mondo se la mente; di Vipassi propende all'inazione, non all'esposizione della Dottrina<br />

""."<br />

3. Allora, o monaci, il Maha Brahma, come un uomo forte distende un braccio piegato, o piega<br />

un braccio<br />

disteso,: proprio così scomparendo dal mondo di Brahma, apparve innanzi a Vipassi, il<br />

Sublime Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato. Allora, o monaci, il Maha Brahma, toccando il mantello sulla<br />

spalla destra,<br />

umiliando a terra le ginocchia innanzi a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, giunte<br />

le mani così parlò a Vipassi il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato:<br />

Esponga, o signore, il Sublime la Dottrina, esponga i Benvenuto la Dottrina: vi sono degli<br />

esseri che sono di


natura poco passionale, che, non applicati alla Dottrina, potranno perdersi: essi diverranno<br />

conoscitori della<br />

Dottrina .<br />

4. Così essendo stato detto, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, disse<br />

al Maha<br />

Brahma così:<br />

" A me o Brahma così fu: ' e se io esponessi la Dottrina ' e allora, o Brahma, a me così fu: '<br />

Raggiunta fu da<br />

me una dottrina profonda, ardua a conoscersi, ardua a comprendersi, sottile, percepibile dai<br />

saggi. Attaccate<br />

al piacere invece sono le genti, intente al piacere, dilettantisi di piacere; ora dalle genti<br />

attaccate al piacere,<br />

intente al piacere, dilettantisi al piacere, ardua a realizzare è una posizione come quella del<br />

fondamento e<br />

dell'origine del risorgere, pure ardua a realizzare è la posizione per cui cessa ogni sankhara, la<br />

posizione di<br />

distacco da ogni attaccamento, di esaurimento della sete, di compimento, di fine, di estinzione.<br />

E se io<br />

esponessi queste dottrine, e non fossi compreso, ciò per me sarebbe una fatica, ciò per me<br />

sarebbe una noia'.<br />

Allora, o Brahma, mi vennero naturalmente in mente questi versi mai prima sentiti:"<br />

Con difficoltà certo esporrei ciò che raggiunsi.<br />

Gli immersi nella passione e nella ripulsione da questa dottrina non sono ben illuminabili. Ciò<br />

che va contro<br />

corrente, sottile, profondo, nascosto,<br />

Gli infocati dalla passione, gli avvolti dall'elemento della tenebra, non vedono.<br />

"Così, o Brahma, la mia mente propende all'inazione, non all'esposizione della Dottrina""."<br />

5. Per la seconda volta, o monaci, il Maha Brahma così disse a Vipassi, il Sublime Santo,<br />

Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato:<br />

"Esponga, o signore, il Sublime la Dottrina, esponga il Benvenuto la Dottrina; vi sono degli<br />

esseri che sono<br />

di natura poco passionale, che, non applicati alla Dottrina, potranno perdersi: essi diverranno<br />

conoscitori<br />

della Dottrina ."<br />

6. Per la terza volta, o monaci, il Maha Brahma così disse a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato:<br />

"Esponga, o signore, il Sublime la Dottrina, esponga il Benvenuto la Dottrina; vi sono degli<br />

esseri che sono<br />

di natura poco passionale, che, non applicati alla Dottrina, potranno perdersi: essi diverranno<br />

conoscitori<br />

della Dottrina ."<br />

28<br />

"Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sentita la<br />

richiesta del<br />

Brahma, mosso da compassione per gli esseri, osservò con l'occhio rischiarato il mondo. E<br />

vide, o monaci,<br />

Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, osservando il mondo con occhio<br />

rischiarato,


esseri poco passionali, esseri molto passionali, di facoltà acute, di facoltà ottuse, con buoni<br />

attributi, con<br />

cattivi attributi, di buona coscienza, di cattiva coscienza, e di alcuni si accorse che erano<br />

timorosi di essere<br />

privati dell'altro mondo. Come in un lago con loti azzurri, o rossi, o bianchi, alcuni loti azzurri,<br />

o rossi, o<br />

bianchi, nati nell'acqua, sviluppati nell'acqua, sono immersi nell'acqua e dentro immersi si<br />

nutrono; altri loti<br />

azzurri, o rossi, o bianchi, nati nell'acqua, sviluppati nell'acqua stanno a fior d'acqua; ed altri<br />

loti azzurri, o<br />

rossi, o bianchi, nati nell'acqua, sviluppati nell'acqua emergono dall'acqua, non bagnati<br />

dall'acqua, proprio<br />

così, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, osservando il<br />

mondo con<br />

l'occhio rischiarato, vide esseri poco passionali, esseri molto passionali, di facoltà acute, di<br />

facoltà ottuse,<br />

con buoni attributi, con cattivi attributi, di buona coscienza, di cattiva coscienza e di alcuni si<br />

accorse che<br />

erano timorosi di essere privati dell'altro mondo."<br />

7. Allora, o monaci, il Maha Brahma, osservati questi pensieri nella mente di Vipassi, il Sublime<br />

Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato, si rivolse a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato,<br />

coi versi:<br />

Come chi dall'asceso picco, dalla cima del monte le genti intorno guarda,<br />

così, o saggio, dall'ascesa vetta della Dottrina, occhio onniveggente,<br />

tu che non ardi, le infocate genti, soggette al nascere e all'invecchiare, osserva,<br />

e nel mondo, eroe vittorioso, opera, e, guida immacolata,<br />

conduci.<br />

Esponga il Sublime la Dottrina, vi sarà chi ben la impara.<br />

Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, rispose al Maha<br />

Brahma con i<br />

versi:<br />

Aperta è a costoro la porta del non più morire.<br />

La varchino coloro che vogliono rettamente sapere. Conscio della repulsione delle umane<br />

genti<br />

prima non volli enunciare la verace, profonda Dottrina, o Brahma.<br />

"Allora, o monaci, il Maha Brahma disse: "" mi diede la promessa Vipassi, il Sublime Santo,<br />

Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato, di esporre la Dottrina "". E salutato Vipassi, il Sublime Santo,<br />

Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato, girato sulla destra di là disparve."<br />

"8. Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così fu: ""a<br />

chi io<br />

dunque per primo esporrò la Dottrina, chi facilmente imparerà la Dottrina ? ""."<br />

"Allora, monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così fu: ""<br />

Khanda, figlio di<br />

re, Tissa, figlio del brahmano di corte, abitano a Bandhumati; la capitale, colti, pieni<br />

d'esperienza,


intelligenti, maturi, di natura poco passionale. E se io esponessi la Dottrina per primi a Khanda<br />

figlio di re e a<br />

Tissa figlio del brahmano di corte, questi rapidamente imparerebbero la Dottrina""."<br />

Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, come un uomo<br />

forte distende<br />

un braccio piegato o piega un braccio disteso, proprio così, sparendo dal tronco dell'albero<br />

dell'illuminazione, apparve presso la capitale Bandhumati, in Khema, nel parco delle Antilopi.<br />

9. Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, si rivolse al<br />

guardiano del<br />

parco:<br />

Ehi tu caro guardiano del parco, va nella capitale Bandhumati e a Khanda, figlio di re, a Tissa,<br />

figlio del<br />

brahmano di corte, così parla: Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />

signori, venuto<br />

nella capitale Bandhumati, dimora in Khema, nel parco delle Antilopi. Egli desidera vedervi.<br />

Sì, o signore e, o monaci, il guardiano del parco, obbedendo a Vipassi, il Sublime Santo,<br />

Perfetto,<br />

29<br />

perfettamente Svegliato, si recò nella capitale Bandhumati, ed a Khanda, figlio di re, a Tissa,<br />

figlio del<br />

brahmano di corte, così disse:<br />

Vipassi, o signori, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, venuto nella capitale<br />

Bandhumati,<br />

dimora in Khema, nel parco delle Antilopi. Egli desidera vedervi .<br />

10. Allora, o monaci, Khanda, figlio di re, e Tissa, figlio del brahmano di corte, fatto apprestare<br />

un ben domo<br />

equipaggio, saliti sul ben domo equipaggio, si mossero dalla capitale Bandhumati e andarono<br />

per il parco<br />

delle Antilopi, col ben domo equipaggio, sin dove il terreno era carrozzabile, indi, scesi dal<br />

cocchio,<br />

proseguendo a piedi, si diressero là dove era Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato,<br />

salutatolo si sedettero accanto.<br />

"11. Ad essi Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, tenne un regolare<br />

discorso, cioè un<br />

discorso sull'elemosina, un discorso sulla condotta, un discorso sulla trascendenza e lo<br />

svantaggio, la vanità,<br />

il decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente loro illustrò. Ed il Sublime fece loro nota<br />

la mente<br />

chiara, la mente duttile, la mente impregiudicante, la mente beata, la mente serena, ed illustrò<br />

in breve la<br />

Dottrina insegnata dai Buddha: il dolore, l'origine, la fine, la via. E come una chiara veste,<br />

rimossa l'oscurità,<br />

il suo giusto colore riceve, proprio così a Khanda, figlio di re, a Tissa, figlio del brahmano di<br />

corte, mentre là<br />

erano seduti, sorse limpido e chiaro l'occhio della Dottrina: ""questa è proprio la Dottrina<br />

dell'origine, questa<br />

è la Dottrina della totale estinzione ""."<br />

12. Ed essi, osservata nell'insegnamento del maestro la Dottrina, accettata la Dottrina,<br />

imparata la Dottrina,


penetrati nella Dottrina, superata l'incertezza, superato il dubbio,<br />

raggiunta l'autosufficienza, liberi da ogni dipendenza, così dissero a Vipassi, il Sublime Santo,<br />

Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato:<br />

"È meraviglioso, o signore, è meraviglioso, o signore! Come, o signore, si raddrizzasse ciò che<br />

era<br />

rovesciato, si scoprisse ciò che era coperto, ad uno smarrito di mostrasse la strada, si portasse<br />

una lampada<br />

nell'oscurità: chi ha gli occhi vedrà le forme; così con più di un argomento fu dal Sublime<br />

esposta la<br />

Dottrina, e noi, o signore, prendiamo rifugio nel Sublime e nella Dottrina. Forse potremo<br />

ottenere presso il<br />

Sublime l'ordinazione, potremo ottenere l'ammissione ."<br />

I3. E, o monaci, Khanda, figlio di re, e Tissa, figlio del brahmano di corte, ottennero presso<br />

Vipassi il<br />

Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, l'ordinazione, ottennero l'ammissione. E<br />

Vipassi, il<br />

Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, con discorsi sulla Dottrina li istruì, incitò,<br />

rallegrò,<br />

rasserenò e lo svantaggio, la vanità, il decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente loro<br />

illustrò. Ed a<br />

costoro, da Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, con discorsi sulla<br />

Dottrina, istruiti,<br />

incitati, rallegrati e rasserenati, dopo non molto fu libera la mente.<br />

"14. Allora, o monaci, nella capitale Bandhumati una grande folla di circa 84.000 uomini udì:<br />

""Vipassi,<br />

certo, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, è apparso nella capitale Bandhumati<br />

e dimora in<br />

Khema, nel parco delle Antilopi. Khanda, figlio di re, e Tissa, figlio del brahmano di corte, al<br />

séguito di<br />

Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, rasi capelli e barba indossato il<br />

giallo mantello,<br />

hanno lasciata la casa per l'anacoretismo"". A coloro che udivano così fu: "" questa non è una<br />

inferiore<br />

dottrina e regola, non è un'inferiore ordinazione, se Khanda, figlio di re, e Tissa, figlio del<br />

brahmano di corte,<br />

rasi capelli e barba, indossato il giallo mantello, hanno lasciata la casa per l'anacoretismo. E se<br />

Khanda, figlio<br />

di re, e Tissa, figlio del brahmano di corte, al séguito di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, rasi capelli e barba, indossato il giallo mantello, hanno lasciata la casa per<br />

l'anacoretismo, perché<br />

non sarà anche per noi così ? ""."<br />

Allora, o monaci, una grande folla di circa 84.000 uomini uscita dalla capitale Bandhumati si<br />

diresse a<br />

Khema, al parco delle Antilopi, la dove era Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, ed<br />

avvicinatasi a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, si sedette accanto.<br />

"15. A costoro Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, tenne un regolare<br />

discorso, cioè


un discorso sull'elemosina, un discorso sulla condotta, un discorso sulla trascendenza, e lo<br />

svantaggio, la<br />

vanità, il decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente illustrò. Ed il Sublime fece loro<br />

nota la mente<br />

30<br />

chiara, la mente duttile, la mente impregiudicante, la mente beata, la mente serena, ed illustrò<br />

in breve la<br />

Dottrina segnata dai Buddha; il dolore, l'origine, la fine, la via. E come una chiara veste,<br />

rimossa l'oscurità, il<br />

suo giusto colore riceve, proprio così a questi 84.000 uomini, mentre là s'erano seduti, sorse<br />

limpido e chiaro<br />

l'occhio della Dottrina : "" questa è proprio la Dottrina dell'origine, questa; è la Dottrina della<br />

totale<br />

estinzione""."<br />

"l6. E costoro, osservata nell'insegnamento del maestro la Dottrina, accettata la Dottrina,<br />

imparata la<br />

Dottrina, penetrati nella Dottrina, superata l'incertezza, superato il dubbio, raggiunta<br />

l'autosufficenza, liberi<br />

da ogni dipendenza, così a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato dissero:<br />

""È<br />

meraviglioso, o signore, è meraviglioso, o signore! Come, o signore, si raddrizzasse ciò che era<br />

rovesciato, si<br />

scoprisse ciò che era coperto, ad uno smarrito si mostrasse la strada, si portasse una lampada<br />

nell'oscurità:<br />

chi ha gli occhi vedrà le forme; così con più di un argomento fu dal Sublime esposta la<br />

Dottrina, e noi, o<br />

signore, prendiamo rifugio nel Sublime e nella Dottrina. Forse potremo ottenere presso il<br />

Sublime<br />

l'ordinazione, potremo ottenere l'ammissione ""."<br />

"17. E, o monaci, gli 84.000 uomini ottenne."" presso Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, l'ordinazione, ottennero l'ammissione. E Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, con discorsi sulla Dottrina, li istruì, incitò, rallegrò, rasserenò e lo svantaggio, la<br />

vanità, il<br />

decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente loro illustrò. Ed a costoro, da Vipassi, il<br />

Sublime Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato, con discorsi sulla Dottrina, istruiti, mutati, rallegrati,<br />

rasserenati, dopo non<br />

molto fu loro libera la mente."<br />

"18. Udirono i primi 84.000 pellegrini 14: "" certo Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, apparso nella capitale Bandhumati, dimora in Khema nel parco delle Antilopi ed<br />

espone la<br />

Dottrina "". Allora, o monaci, gli 84.000 pellegrini si diressero alla capitale Bandhumati, in<br />

Khema, nel<br />

parco delle Antilopi, là dove era Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, si<br />

sedettero<br />

accanto."


"19. Ad essi Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, tenne un regolare<br />

discorso, cioè un<br />

discorso sulla elemosina, un discorso sulla condotta, un discorso sulla trascendenza e lo<br />

svantaggio, la vanità,<br />

il decadere, la rinunzia dei desideri profittevolmente illustrò. Ed il Sublime fece loro nota la<br />

mente chiara, la<br />

mente duttile, la mente impregiudicante, la mente beata, la mente serena, ed illustrò in breve<br />

la Dottrina<br />

insegnata dai Buddha: il dolore, l'origine, la fine, la via. E come una chiara veste, rimossa<br />

l'oscurità, il suo<br />

giusto colore riceve, proprio così agli 84.000 pellegrini, mentre là erano seduti, sorse limpido<br />

e chiaro<br />

l'occhio della Dottrina: "" questa è proprio la Dottrina dell'origine, questa è la Dottrina della<br />

totale estinzione<br />

""."<br />

"20. Ed essi, osservata nell'insegnamento del maestro la Dottrina, accettata la Dottrina,<br />

impara la Dottrina,<br />

penetrati nella Dottrina, superata l'incertezza, superato il dubbio, raggiunta l'autosufficenza,<br />

liberi da ogni<br />

dipendenza, così a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, dissero: ""È<br />

meraviglioso, o<br />

signore, è meraviglioso, o signore! Come, o signore, si raddrizzasse ciò che era rovesciato, si<br />

scoprisse ciò<br />

che era coperto, ad uno smarrito si mostrasse la strada, si portasse una lampada nell'oscurità:<br />

chi ha gli occhi<br />

vedrà le forme; così con più di un argomento fu dal Sublime esposta la Dottrina, e noi, o<br />

signore, prendiamo<br />

rifugio nel Sublime e nella Dottrina. Forse potremo ottenere presso il Sublime l'ordinazione,<br />

potremo<br />

ottenere l'ammissione ""."<br />

21. E, o monaci, questi 84.000 pellegrini, ottennero presso Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, l'ordinazione, ottennero l'ammissione. E Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, con discorsi sulla Dottrina istruì, incitò, rallegrò, rasserenò e lo svantaggio, la vanità,<br />

il decadere,<br />

la rinunzia dei desideri profittevolmente loro illustrò. Ed a costoro, da Vipassi, il Sublime<br />

Santo, Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato, con discorsi sulla dottrina, istruiti, mutati, rallegrati, rasserenati,<br />

dopo non molto fu<br />

loro libera la mente.<br />

"22. Dunque così in quel tempo, o monaci, nella capitale Bandhumati venne a trovarsi una<br />

grande schiera di<br />

monaci, 6.800.000 monaci. Allora, o monaci, a Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato,<br />

31<br />

ritirato in solitudine, sorse questo pensiero: ""ora nella capitale Bandhumati si trova una<br />

grande schiera di<br />

monaci, 6.800.000 monaci, e se io prescrivessi ai monaci: ' aggiratevi, o monaci, a propiziare il<br />

vantaggio di


molti, la gioia di molti, per la compassione del mondo, per il vantaggio, la gioia degli dèi e degli<br />

uomini.<br />

Non da soli, ma in due andate, esponete la Dottrina, letificante nel principio, letificante nel<br />

mezzo, letificante<br />

nella fine, nella lettera e nello spirito, la completa totalmente perfetta condizione di purezza.<br />

Vi sono degli<br />

esseri, di natura poco passionale, che, privi della Dottrina, perirebbero, essi saranno dei buoni<br />

discepoli della<br />

Dottrina. Così dopo sei anni ritornate nella capitale Bandhumati per esporre il patimokkha<br />

(15)'""."<br />

23. Allora, o monaci, ad un Maha Brahma fu nota questa riflessione della mente di Vipassi, il<br />

Sublime Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato. E come un uomo forte distende un braccio piegato, o piega<br />

un braccio<br />

disteso, proprio così, scomparendo dal mondo di Brahma, apparve innanzi a Vipassi, il<br />

Sublime Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato. Allora, o monaci, il Maha Brahma, denudando dal mantello<br />

la spalla<br />

destra, umiliando a terra le ginocchia, giunte le mani, così parlò a Vipassi, il Sublime Santo,<br />

Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato:<br />

Proprio così, o Sublime, proprio così, o Benvenuto. Una grande, o signore, schiera di monaci si<br />

trova nella<br />

capitale Bandhumati, 6.800.000 monaci. Annunci, o signore, il Sublime ai monaci: ' aggiratevi,<br />

o monaci, a<br />

propiziare il vantaggio di molti, la gioia di molti, per la compassione del mondo, per il<br />

vantaggio, la gioia<br />

degli dèi e degli uomini. Non da soli, ma in due andate, esponete la Dottrina, letificante nel<br />

principio,<br />

letificante nel mezzo, letificante nella fine, nella lettera e nello spirito, la completa totalmente<br />

perfetta<br />

condizione di purezza. Vi sono degli esseri, di natura poco passionale, che, privi della Dottrina,<br />

perirebbero,<br />

essi saranno dei buoni discepoli della Dottrina. Così dopo ogni sei anni ritornate nella capitale<br />

Bandhumati<br />

per esporre il patimokkha.<br />

Così disse il Maha Buddha. E così avendo detto, salutato Vipassi il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, girando sulla destra di là sparì.<br />

24. Allora, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sul far della<br />

sera, uscito<br />

dal ritiro, si muove ai monaci:<br />

Proprio a me, ritirato in solitudine, sorse questo pensiero: 'ora nella capitale Bandhumati si<br />

trova una grande<br />

schiera di monaci, 6.800.000 monaci, e se io prescrivessi ai monaci: aggiratevi o monaci, a<br />

propiziare il<br />

vantaggio di molti, la gioia di molti, per la compassione del mondo, per il vantaggio, la gioia<br />

degli dèi e degli<br />

uomini. Non da soli, ma in due andate, esponete la Dottrina, letificante nel principio, letificante<br />

nel mezzo,


letificante nella fine, nella lettera e nello spirito, la completa totalmente perfetta condizione di<br />

purezza. Vi<br />

sono degli esseri, di natura poco passionale, che, privi della Dottrina, perirebbero, essi<br />

saranno dei buoni<br />

discepoli della Dottrina. Così dopo sei anni ritornate nella capitale Bandhumati per esporre il<br />

patimokkha.<br />

25. Allora, o monaci, ad un Maha Brahma fu nota questa riflessione della mia mente. E come<br />

un uomo forte<br />

distende un braccio piegato, o piega un braccio disteso, proprio così, scomparendo dal mondo<br />

di Brahma, mi<br />

apparve innanzi. Allora, o monaci, il Maha Brahma, denudando dal mantello la spalla destra,<br />

umiliando a<br />

terra le ginocchia innanzi a me, giunte le mani così mi parlò: ' Proprio così, o Sublime, proprio<br />

così, o<br />

Benvenuto. Una grande, o signore, schiera di monaci si trova nella capitale Bandhumati,<br />

6.800.000 monaci.<br />

Annunci, o signore, il Sublime ai monaci: aggiratevi o monaci, a propiziare il vantaggio di<br />

molti, la gioia di<br />

molti per la compassione del mondo, per il vantaggio, la gioia degli dèi e degli uomini. Non da<br />

soli, ma in<br />

due andate, esponete` la Dottrina, letificante nel principio, letificante nel mezzo, letificante<br />

nella fine, nella<br />

lettera e nello spirito, la completa totalmente perfetta condizione di purezza. Vi sono degli<br />

esseri, di natura<br />

poco passionale, che, privi della Dottrina, perirebbero, essi saranno dei buoni discepoli della<br />

Dottrina. Così<br />

dopo sei anni ritornate nella capitale Bandhumati per esporre il patimokkha'. Così disse il<br />

Maha Brahma. E<br />

così avendo detto, salutatomi, girando sulla destra di là sparì.<br />

26. Ed io annuncio, o monaci: ' aggiratevi, o monaci, a propiziare il vantaggio di molti, la gioia<br />

di molti, per<br />

la compassione del mondo, per il vantaggio, la gioia degli dèi e degli uomini. Non da soli, ma in<br />

due andate,<br />

esponete la Dottrina letificante nel principio, letificante nel mezzo, letificante nel fine, nella<br />

lettera e nello<br />

spirito, la completa totalmente perfetta condizione di purezza. Vi sono degli esseri, ,li natura<br />

poco<br />

32<br />

passionale, che, privi della Dottrina, perirebbero, essi saranno dei buoni discepoli della<br />

Dottrina. Così dopo<br />

sei anni ritornate nella capitale Bandhumati per esporre " il patimokkha'""."<br />

Così, o monaci, i monaci proprio da quel giorno andarono in giro per il paese.<br />

"27. In quel tempo, o monaci, vi erano 84.000 dimore (per i monaci) nel Jambudipa (16). E<br />

come finì la<br />

prima stagione delle piogge gli dèi fecero udire una voce: finita, o venerabili, la prima stagione<br />

delle piogge.<br />

Ora rimangono cinque stagioni delle piogge, dopo la quinta stagione delle piogge dovrete<br />

dirigervi alla<br />

capitale Bandhumati per esporre il patimokkha""."


"Ed essendo finita la seconda stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: ""È finita, o<br />

venerabili, la<br />

seconda stagione delle piogge. Ora rimangono quattro stagioni delle piogge, dopo la quarta<br />

stagione delle<br />

piogge dovrete dirigervi alla capitale Bandhumati per esporre il patimokkha""."<br />

" Ed essendo finita la terza stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: ""È finita, o<br />

venerabili, la<br />

terza stagione delle piogge. Ora rimangono tre stagioni delle piogge, dopo la terza stagione<br />

delle piogge<br />

dovrete dirigervi alla capitale Bandhumah per scoprire il patimokkha""`"<br />

" Ed essendo finita la quarta stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: ""È finita, o<br />

venerabili, la<br />

quarta stagione delle piogge. Ora rimangono due stagioni delle piogge, dopo la seconda<br />

stagione delle piogge<br />

dovrete dirigervi alla capitale Bandhumati per esporre il patimokkha"""<br />

"Ed essendo finita la quinta stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: ""È finita, o<br />

venerabili, la<br />

quinta stagione delle piogge. Ora rimane una sola stagione delle piogge."<br />

Dopo la prima stagione delle piogge dovrete dirigervi alla capitale Bandhumati per esporre il<br />

patimokkha<br />

"Ed essendo finita la sesta stagione delle piogge, gli dèi fecero udire una voce: "" È finita, o<br />

venerabili, la<br />

sesta stagione delle piogge. Ora è tempo che ritorniate, dirigendovi alla capitale Bandhumati,<br />

per esporre il<br />

patimokkha""."<br />

Allora, o monaci, i monaci e per i poteri soprannaturali di ciascuno, e per i poteri<br />

soprannaturali degli dèi,<br />

dirigendosi alla capitale Bandhumati, in un solo giorno quivi convennero.<br />

"28. Dunque, o monaci, Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, espose<br />

innanzi alla<br />

schiera dei monaci il patimokkha"":"<br />

"Sopportazione, autocontrollo e perseveranza, estinzione supremamente insegnano i Buddha;<br />

colui che è<br />

uscito nessuno ingiurii;"<br />

l'asceta non sia ad alcuno ostile.<br />

Non esser causa di alcun male, ma origine di cose salutari, purificare la mente, questo è il<br />

messaggio dei<br />

Buddha.<br />

Non essere insolenti, non ingiurianti, ma dal patimokkha essere moderati e soli nel cibo e nel<br />

riposo, frenati,<br />

frenati alla concentrazione della mente, questo è il messaggio dei Buddha.<br />

"29. Io stesso, o monaci, un tempo dimoravo ad Ukkatthaya, nel bosco di Subhaga, al tronco di<br />

un albero di<br />

sala. Allora, o monaci, mentre ero ritirato in meditazione sorse questo pensiero nella mia<br />

mente: "" la dimora<br />

degli dèi Suddhavasa (17) non fu da me precedentemente abitata e da lungo tempo lo è solo<br />

dagli dèi<br />

Suddhavasa e se io ora mi dirigessi verso gli dèi Suddhavasa?""."<br />

Allora, o monaci, come un uomo forte distende un braccio piegato, o piega un braccio disteso,<br />

proprio così


da Ukkatthaya, dal bosco di Subhaga, dal tronco di un albero di sala sparito comparvi agli dèi<br />

Aviha. Qui<br />

un'assemblea di dèi, alcune migliaia di dèi si diresse verso di me, ed essendosi avvicinata,<br />

salutatomi si<br />

sedette accanto. Accanto seduti, o monaci, gli dèi mi dissero:<br />

Fu nel 91° evo, o Venerabile, che Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />

sorse nel<br />

mondo Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu di nascita<br />

nobile, sorse<br />

nella classe dei nobili. Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />

Venerabile, fu di<br />

famiglia Kondanna. Di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />

Venerabile, la durata<br />

della vita fu di 80.000 anni. Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />

Venerabile,<br />

raggiunse l'illuminazione al tronco di una bignonia. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

33<br />

Svegliato, o Venerabile, fu una coppia di discepoli di nome Khanda e Tissa, eccelsa nobile<br />

coppia. A<br />

Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, furono tre classi di<br />

discepoli. Una<br />

di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di<br />

queste classi fu di<br />

80.000 monaci. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, le<br />

tre classi<br />

furono di discepoli tutti liberi dagli asava. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, o<br />

Venerabile, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Asoka.<br />

A Vipassi, il<br />

Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu padre il re di nome<br />

Bandhuma, la divina<br />

Bandhumati fu madre e genitrice. La città di nome Bandhumati fu capitale del re Bandhuma.<br />

Così, o<br />

Venerabile, fu la rinuncia di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così<br />

l'uscita, così la<br />

concentrazione, così la suprema illuminazione, così la messa in moto della ruota della dottrina<br />

E noi, o<br />

signore, avendo realizzata la condizione di purezza, ed essendoci liberati dai desideri di<br />

attaccamento<br />

sensoriali, presso Vipassi il Sublime qui siamo risorti.<br />

30. E qui, o monaci, un'assemblea di dèi, di alcune migliaia di dèi, di alcune centinaia di dèi si<br />

diresse verso<br />

di me, ed essendosi avvicinata, ed avendomi salutato, si sedette accanto. Accanto seduti, o<br />

monaci, gli dèi mi<br />

dissero:<br />

"In questo felice evo, o Venerabile, l'attuale Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato è<br />

apparso nel<br />

mondo. Il Sublime, o Venerabile, è di nascita nobile, sorto nella classe dei nobili. Il Sublime, o<br />

Venerabile, è


di famiglia Gotama. Al Sublime, o Venerabile, è un breve, insignificante tempo di vita,<br />

facilmente<br />

danneggiabile; colui che ora vive a lungo vive cent'anni o poco più. Il Sublime, o Venerabile,<br />

raggiunse<br />

l'illuminazione al tronco di una ficus religiosa. Al Sublime, o Venerabile, è una coppia di<br />

discepoli di nome<br />

Sariputta e Moggallana, eccelsa nobile coppia. Al Sublime, o Venerabile, è una sola classe di<br />

discepoli di<br />

1350 monaci. Al Sublime, o Venerabile, questa classe è di discepoli tutti liberi dagli asava. Al<br />

Sublime, o<br />

Venerabile, è ora attendente personale, nobile personale attendente, il monaco Ananda. Al<br />

Sublime, o<br />

Venerabile, è padre il re Suddhodana, la divina Maya fu madre e genitrice. Capitale la città<br />

Kapilavatthu.<br />

Così, o Venerabile, fu la rinuncia del Sublime, così l'uscita, così la concentrazione, così la<br />

suprema<br />

illuminazione, così la messa in moto della ruota della Dottrina. E noi, o signore, avendo<br />

realizzato la<br />

condizione di purezza, ed essendoci liberati dai desideri di attaccamento sensoriale, presso il<br />

Sublime qui<br />

siamo risorti."<br />

3l. Allora, o monaci, cogli dèi Aviha mi diressi verso gli dèi Atappa, poi cogli dèi Atappa e cogli<br />

dèi Aviha<br />

mi diressi verso gli dèi Sudassa. Poi cogli dèi Sudassa, cogli dèi Atappa, cogli dèi Aviha mi<br />

diressi verso gli<br />

dèi Sudassa. Poi cogli dèi Sudassi, cogli dèi Sudassa, cogli dèi Atappa, cogli dèi Aviha mi diressi<br />

dagli dèi<br />

Akanittha. Quivi, o monaci, un'assemblea di dèi, alcune migliaia di dèi si diressero verso di me,<br />

ed essendosi<br />

avvicinata, e salutatomi si sedettero accanto. Accanto seduti, o monaci, gli dèi mi dissero:<br />

Fu nel 9l° evo, o Venerabile, che Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />

sorse nel<br />

mondo.<br />

Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu di nascita nobile,<br />

sorse nella<br />

classe dei nobili.<br />

Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu di famiglia<br />

Kondanna. Di<br />

Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, la durata della vita fu<br />

di 80.000<br />

anni. Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, raggiunse<br />

l'illuminazione al<br />

tronco di una bignonia. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />

Venerabile, fu una<br />

coppia di discepoli di nome Khanda e Tissa, eccelsa nobile coppia. A Vipassi, il Sublime Santo,<br />

Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato, o Venerabile, furono tre classi di discepoli.<br />

"Una di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di<br />

queste classi


fu di 80.000 monaci. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o<br />

Venerabile, le tre<br />

classi furono di discepoli tutti liberi dagli asava. A Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato, o Venerabile, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di<br />

nome Asoka. A<br />

Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, o Venerabile, fu padre il re di<br />

nome Bandhuma,<br />

34<br />

la divina Bandhumati fu madre e genitrice. La città di nome Bandhumati fu capitale del re<br />

Bandhuma. Così,<br />

o Venerabile, fu la rinuncia di Vipassi, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, così<br />

l'uscita, così<br />

la concentrazione, così la suprema illuminazione, così la messa in moto della ruota della<br />

Dottrina. E noi, o<br />

signore, avendo realizzata la condizione di purezza, ed essendoci liberati dai desideri di<br />

attaccamento<br />

sensoriali, presso Vipassi il Sublime qui siamo risorti""."<br />

32. Quivi, o monaci, un'assemblea di dèi, alcune migliaia di dèi, alcune centinaia di dèi si<br />

diressero verso di<br />

me ed avendomi avvicinato, ed avendomi salutato si sedettero accanto.<br />

Accanto seduti gli dèi così mi dissero:<br />

" In questo felice evo, o Venerabile, l'attuale Sublime, Sublime Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, è<br />

apparso nel mondo. Il Sublime, o Venerabile, è di nascita nobile, sorto nella classe dei nobili. Il<br />

Sublime, o<br />

Venerabile, è di famiglia Gotama. Al Sublime, o Venerabile, è un breve, insignificante tempo di<br />

vita,<br />

facilmente danneggiabile; colui che ora vive a lungo vive cent'anni o poco più. Il Sublime, o<br />

Venerabile,<br />

raggiunse l'illuminazione al tronco di una ficus religiosa. Al Sublime, o Venerabile, è una<br />

coppia di discepoli<br />

di nome Sariputta e Moggalana, eccelsa nobile coppia. Al Sublime, o Venerabile, è una sola<br />

classe di<br />

discepoli di 1350 monaci. Al Sublime, o Venerabile, questa classe è di discepoli tutti liberi<br />

dagli asava. Al<br />

Sublime, o Venerabile, è ora attendente personale, nobile personale attendente, il monaco<br />

Ananda. Al<br />

Sublime, o Venerabile, è padre il re Suddhodana, la divina Maya fu madre e genitrice. Capitale<br />

la città<br />

Kapilavatthu. Così, o Venerabile, fu la rinuncia del Sublime, così l'uscita, così la<br />

concentrazione, così la<br />

suprema illuminazione, così la messa in moto della ruota della Dottrina. E noi, o signore,<br />

avendo realizzato<br />

la condizione di purezza, ed essendoci liberati dai desideri di attaccamento sensoriale, presso<br />

il Sublime qui<br />

siamo risorti ."<br />

"33. Così, o monaci, questa regola universale è ben nota al Sublime. Il Compiuto per la<br />

conoscenza di questa


egola universale ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno troncato gli<br />

impedimenti,<br />

interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel<br />

nome, li ricorda<br />

nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda<br />

nelle classi di<br />

discepoli: "" così furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i<br />

comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni.<br />

Proprio così furono<br />

questi Sublimi """"."<br />

Così disse il Sublime. Contenti i monaci si rallegrarono alla parola del Sublime.<br />

MAHAPADANA SUTTANTA<br />

FINE<br />

NOTE<br />

1) Benares<br />

"2) Il Sublime non può penetrare la mente degli antichi Svegliati perché totalmente estinti; è<br />

solo attraverso<br />

agli dei del mondo di Brahma, che, nella loro lunghissima esistenza, furono contemporanei<br />

degli antichi<br />

Svegliati, che il Sublime viene a sapere ogni cosa su costoro."<br />

3) Colui che possiede l'elemento Bodhi od illuminazione. Nome che compete coloro che<br />

stanno per diventare<br />

Buddha.<br />

4) Una classe di dèi inferiori al mondo di Brahma.<br />

5) Diviene cioè consustanziale al retto comportamento che necessariamente ti realizza in lei.<br />

6) Anche qui la castità è necessaria ed assoluta conseguenza del portare nel ventre il<br />

Bodhisatta.<br />

7) La madre del Bodhisatta raggiunge nei riguardi del proprio corpo e di quello del Bodhisatta<br />

la lucida<br />

chiarezza che si realizza colla pratica dei quattro jhana.<br />

8) Anche le dee della Grecia avevano le loro gravidanza di 10 mesi.<br />

35<br />

9) Sulle mani, sui piedi, sulle spalle, e sulla schiena.<br />

10) Vipassi = Vi + passi = buon veggente.<br />

11) Intesa come possibilità quasi necessità di esistere.<br />

12) Sperimentando, realizzando su piano ontologico. Cioè non solo riconoscendo la logicità,<br />

veridicità<br />

dell'asserzione, ma vivendola in tutti i piani che tanti mano gli si andavano schiudendo.<br />

13) La corrente del Samsara.<br />

14) I primi che avevano seguìto Vipassi, prima della sua illuminazione.<br />

15) Pubblico esame cui ciascun monaco sottopone il suo comportamento.<br />

16) L'Isola del Melograno, l'India propriamente detta.<br />

17) Una classe di dèi del mondo di Brahma comprendenti più cori.<br />

UDANA(1)<br />

(DETTI ISPIRATI O VERSI DI ESALTAZIONE)<br />

CAPITOLO I<br />

BODHI<br />

(IL RISVEGLIO)<br />

"Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava, sulla riva del fiume<br />

Neranjara, ai piedi


dell'albero della Bodhi, avendo proprio allora conseguito la perfetta illuminazione. Ora, in<br />

quella occasione,<br />

il Beato rimase assiso per sette giorni (2) in una particolare posizione (3) sperimentando la<br />

beatitudine della<br />

Liberazione. Quindi il Beato, trascorsi quei sette giorni, durante la prima vigilia della notte,<br />

riprendendosi da<br />

quell'estasi meditativa (samadhi), volse attentamente il pensiero alla nascita delle cause l'un<br />

l'altra<br />

condizionate (paticca-samuppdda), secondo l'ordine diretto, così: ""in questa [condizione di]<br />

essere, ciò si<br />

verifica; per il fatto che ciò nasce, quest'altro nasce, cioè: condizionati dall'ignoranza (avijja),<br />

gli elementi<br />

dell'esistenza (sankhara); condizionato dagli elementi dell'esistenza, [lo stato di] coscienza<br />

(vinnana);<br />

condizionati dallo stato di coscienza, nome-e-forma (nama-rupa); condizionate da nome-eforma,<br />

le sei sfere<br />

d'azione sensoria (salayatana = i cinque sensi più il mentale), condizionata dalle sei sfere di<br />

azione sensoria<br />

la percezione (phassa); condizionata dalla percezione, la sensazione (vedana); condizionata<br />

dalla sensazione,<br />

la sete [di esistenza] (tanha); condizionato dalla sete [di esistenza] il legame [verso una<br />

particolare vita]<br />

(upadana); condizionata dal legame, l'esistenza (bhava); condizionata dall'esistenza, la nascita<br />

(jati);<br />

condizionati dalla nascita, vengono ad esistere vecchiaia-e-morte (jara-marana), dolore,<br />

lamento, sofferenza,<br />

tormento e disperazione. Così avviene la nascita di tutto questo insieme di Male""."<br />

Quindi il Beato, avendo intuito il significato di ciò, proferì in quel momento questo verso<br />

ispirato:<br />

Quando, invero, si rivelano gli elementi della realtà (dhamma)<br />

"al brahmana ardente di ascesi, meditante, allora svaniscono i suoi dubbi, dacché egli già<br />

conosce la<br />

contingente realtà e le sue cause""."<br />

2. Così da me è stato udito. In una certa occasione.....<br />

(ecc., come sopra) "Quindi il Beato, sorgendo da quell'estasi meditativa, durante la vigilia di<br />

mezzo della<br />

notte, volse attentamente il pensiero alla nascita condizionata delle cause in senso inverso,<br />

così: ""non<br />

essendovi questa [condizione di] essere, ciò non si verifica: per il fatto che ciò cessa,<br />

[quest'altro] cessa di<br />

essere, e cioè: cessando l'ignoranza, si ha la cessazione degli elementi dell'esistenza: cessando<br />

gli elementi<br />

dell'esistenza, cessa [lo stato di] coscienza: cessando lo stato di coscienza, cessano nome-eforma:<br />

cessando<br />

nome-e forma, cessano le sei sfere di azione sensoria: cessando le sei sfere di azione sensoria,<br />

cessa la<br />

percezione: cessando la percezione, cessa la sensazione: cessando la sensazione, cessa la sete:<br />

cessando la<br />

36


sete, cessa il legame: cessando il legame, cessa l'esistenza: cessando l'esistenza, cessa la<br />

nascita; cessando la<br />

nascita, cessano vecchiaia-e-morte, dolore, lamento, sofferenza, tormento e disperazione. Così<br />

avviene la<br />

cessazione di tutto questo insieme di Male"". Quindi il Beato, avendo intuìto il significato di ciò<br />

profferì in<br />

quel momento questo verso ispirato:"<br />

Quando, invero, si rivelano gli elementi della realtà al brahmana che, ardente di ascesi, medita,<br />

allora<br />

svaniscono tutti i suoi dubbi, dacché egli ha conosciuto il dileguarsi delle cause.<br />

3. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato (ecc., come sopra) ....Quindi il<br />

Beato,<br />

riprendendosi da quell'estasi meditativa, durante l'ultima vigilia della notte, considerò<br />

attentamente la nascita<br />

condizionata delle concause in entrambo i sensi, quello diretto e quello indiretto, così: "<br />

""Quando c'è questo,<br />

si verifica questo. Quando questo non c'è, questo altro non c'è; quando questo cessa,<br />

quest'altro cessa, e cioè:<br />

condizionato dalla Ignoranza" "(ecc., come nel precedente paragrafo)...Così viene ad esistere<br />

tutto questo<br />

insieme di Male. Quando, invece, si dilegua e cessa senza residui l'Ignoranza, si ha la<br />

cessazione degli<br />

elementi dell'esistenza (ecc., come nel precedente paragrafo) In tale modo si ha la cessazione<br />

di tutto questo<br />

complesso di Male""."<br />

Perciò il Beato, avendo intuito il significato di tutto ciò, in quel momento proferì questo verso<br />

ispirato:<br />

Allorché, invero, si rivelano gli elementi della realtà al brahmana ardente di ascesi, meditante,<br />

allora egli si<br />

erge, avendo messo in rotta l'esercito di Mara, come il sole quando irraggia nel cielo.<br />

4. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato dimorava ad Uruvela, sulla sponda<br />

del fiume<br />

Neranjara, ai piedi dell'albero della bodhi, avendo proprio allora conseguito l'Illuminazione.<br />

Ora, in<br />

quell'occasione, il Beato rimase assiso per sette giorni in quella particolare posizione,<br />

sperimentando la<br />

beatitudine della Liberazione. Indi il Beato, trascorso il periodo di sette giorni, si riprese da<br />

quell'estasi<br />

meditativa.<br />

"Avvenne che un certo brahmana della Huhumka-jajati venne dove si trovava il Beato e,<br />

avvicinandosi a lui,<br />

lo salutò amichevolmente, e, dopo che i due si furono scambiati saluti e convenevoli, si pose<br />

accanto a lui.<br />

Stando in piedi [in segno di rispetto] presso di lui, quel brahmana interpellò il Beato, dicendo:<br />

"" Ti prego,<br />

caro (5) Gotama, in che misura [si può dire che] uno è brahmana e, inoltre, quali sono gli<br />

elementi che<br />

costituiscono un brahmana?"". Allora il Beato, avendo intuito il significato di ciò, profferì in<br />

quel momento<br />

questo verso ispirato:"


Quel brahmana che ha fugato da sé i cattivi elementi non dice<br />

" "" huhum""(4 a), "<br />

[ma] è privo di impurità e si controlla, è versato nei Veda (6) e<br />

vive una vita da brahmana (casta), un siffatto brahmana può<br />

"parlare del Brahman giustamente, proprio lui, nel quale non vi sono escrescenze (7) verso<br />

questo<br />

mondo!""."<br />

5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel<br />

boschetto Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. In quella circostanza i venerabili Sariputta, 1 Mogallana il Grande,<br />

Kassapa il<br />

Grande, Kaccayana il Grande ed inoltre i venerabili Anuruddha, Revata, Devadatta ed Ananda<br />

vennero là<br />

dove si trovava il Beato. E quando il Beato<br />

"vide quei venerabili da lontano, mentre si avvicinavano, alla loro vista disse ai monaci:<br />

""Monaci, costoro<br />

sono dei brahmana che vengono, sono brahmana, costoro che vengono!"""<br />

"A queste parole un certo monaco, brahmana di nascita, disse al Beato: ""O Signore, in che<br />

misura [si può<br />

dire che] uno sia brahmana, e, inoltre, quali sono gli elementi che costituiscono un<br />

brahmana?"". Allora il<br />

Beato, intendendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:"<br />

37<br />

Avendo fugato da sé i cattivi elementi, coloro che procedono sempre consapevolmente,<br />

"i Risvegliati che hanno distrutto i legami, costoro sono certamente nel mondo i brahmana!""."<br />

"6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato dimorava presso Rajagaha nel<br />

Bosco dei Bambù<br />

(Veluvana), nella Radura ove si nutrono gli Scoiattoli (Kalandakanivapa). Ora, in<br />

quell'occasione, il<br />

venerabile Maha-Kassapa stava nella Grotta del Fico (Pipphala-guha), malato, afflitto e colpito<br />

da dura<br />

sofferenza. Più tardi, essendosi sollevato da quella malattia, il venerabile Maha-Kassapa disse:<br />

"" Che<br />

sarebbe se io andassi a Rajagaha per elemosinare?"". In quello stesso momento più di<br />

cinquecento dèi si<br />

occuparono intensamente per provvedere al cibo che Maha-Kassapa voleva questuare. Ma il<br />

venerabile<br />

Maha-Kassapa rifiutò i servizi di quei cinquecento dèi e, apprestandosi all'uscita mattutina,<br />

indossata la veste<br />

e presa la ciotola, entrò in Rajagaha per la questua, attraverso le strade ove abitavano i poveri<br />

ed i bisognosi,<br />

nel quartiere dei tessitori. Allora il Beato, intendendo il senso di ciò, profferì in quel momento<br />

questo verso<br />

ispirato:"<br />

Chi non deve nutrire altri, che è ignorato, domo, ben stabilito nell'essenza [delle cose],<br />

"la cui adesione [al mondo] è distrutta, i cui difetti sono espulsi, costui io chiamo un<br />

brahmana"""<br />

7. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il<br />

"Beato si trovava a Patali, presso il tempio di Ajakatapa, dimora dello yakkha (8) Ajakalapa.<br />

Ora, in quella


occasione, il Beato se ne stava seduto all'aria aperta in una notte scurissima e il dio del cielo<br />

gli faceva<br />

piovere addosso goccia a goccia. Allora lo yakkha Ajakalapa, volendo ispirare al Beato paura,<br />

costernazione<br />

ed orrore, avvicinatosi al Beato per ben tre volte gli urlò vicino il suo ululato, dicendo: ""Vi è<br />

un lemure per<br />

te, monaco!"". Però il Beato, avendo intuito il significato di ciò, profferì in quel momento<br />

questo verso<br />

ispirato:"<br />

quando ha superato tutti gli elementi della realtà che è in lui<br />

stesso,<br />

"il brahmana è di là da questo lemure, con tutto il suo frastuono!""."<br />

"8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. In quella circostanza il venerabile Sangamaji (9) era venuto a Savatthi<br />

per vedere il<br />

Beato. Ora, colei che precedentemente era stata la moglie di Sangamaji, senti che si diceva: ""Il<br />

nobile<br />

Sangamaji è venuto a Savatthi"". Allora prese il suo bambino e se ne andò al bosco Jeta. Ora, in<br />

quella<br />

occasione, il venerabile Sahgamaji se ne stava assiso sulla radice di un certo albero per il<br />

riposo meridiano.<br />

Allora colei che era stata in precedenza la moglie del venerabile Sahgamaji gli andò incontro,<br />

gli si avvicinò<br />

e gli disse questo: ""O monaco, nutri questo piccolo bimbo e me del pari""."<br />

"A queste parole il venerabile Sahgamaji rimase silenzioso. Così, ancora una seconda volta<br />

colei che era<br />

stata in precedenza la moglie del venerabile Sahgamaji ripeté: ""O monaco. nutri questo<br />

piccolo bimbo e me<br />

del pari !""."<br />

A queste parole il venerabile Sahgamaji rimase silenzioso<br />

ed essa ripeté una terza volta la stessa domanda "ed il venerabile Sangamaji rimase silenzioso.<br />

Allora lei<br />

pose il bimbo di fronte al venerabile Sangamaji e se ne andò dicendo: ""Questo è tuo figlio, o<br />

monaco,<br />

nutrilo!"", ma il venerabile Sangamaji né lo guardò né gli disse verbo. E lei, che si era di poco<br />

allontanata,<br />

voltatasi, vide che il venerabile Sangamaji né guardava il bambino né gli parlava. Vedendo ciò<br />

essa pensò:<br />

""Questo monaco non ha neppure bisogno del suo bambino"". Allora tornò indietro, prese il<br />

bambino e se ne<br />

andò via."<br />

Ora il Beato, col suo occhio divino, purificato tanto più di quello che è proprio agli esseri<br />

umani,<br />

contemplando una tale improprietà, come quella compiuta da colei che era stata in<br />

precedenza la moglie di<br />

Sangamaji (10), ed intuendo il significato di ciò, in quel momento profferì questo verso<br />

ispirato:<br />

38<br />

Non si rallegra quando essa arriva né soffre quando se ne


"va via. Sangamaji lo svincolato, questi io chiamo un brahmana"" ."<br />

"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Gaya, al Capo di<br />

Gaya. In<br />

quella circostanza un gran numero di asceti con la crocchia(11), nelle fredde notti d'inverno<br />

fra gli ottavi<br />

[giorni prima e dopo il plenilunio] (12) all'epoca in cui cade la neve, s'immergevano ed<br />

emergevano dalle<br />

acque del Gaya, aspergendosi reciprocamente, e versavano l'oblazione sul fuoco sacrificale,<br />

[intendendo:]<br />

""per questo mezzo si ottiene la purità"". Ora il Beato, vedendo un tale numero di asceti che<br />

agiva così e, allo<br />

stesso tempo, intuendo il significato di ciò, profferì questo verso ispirato:"<br />

Non per l'acqua si diventa puri, anche se tanta gente ivi si bagna.<br />

"Colui nel quale è Verità e Buona Legge, costui è puro, costui un brahmana"" ."<br />

"l0. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al<br />

bosco Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. In questa stessa epoca Bahiya, dalla Veste di Scorza (? - Daruclriyo),<br />

risiedeva a<br />

Supparaka (13) in riva al mare, dove era stimato, onorato, considerato, venerato e trattato con<br />

deferenza, per<br />

cui aveva ricevuto grande quantità di vesti, cibo, giacigli e seggi, conforti e medicamenti per<br />

malattie. Ora,<br />

nella mente di Bahiya dalla Veste di Scorza, sorse questa considerazione: ""Chissà che io sia<br />

uno di coloro<br />

che in questo mondo sono Arhat, oppure che abbia conseguito la via degli Arhat?"". Allora una<br />

devota(14),<br />

che in una sua esistenza precedente era stata un consanguineo di Bahiya dalla Veste di Scorza,<br />

presa da<br />

compassione e dal desiderio di beneficarlo, venne ove egli si trovava e disse a Bahiya dalla<br />

Veste di Scorza:<br />

""Bahiya, tu non sei un Arhat, né hai raggiunto la via degli Arhat. Questa non è la strada per la<br />

quale puoi<br />

divenire Arhat oppure raggiungere la via degli Arhat""."<br />

Ma allora - disse Baniya - a chi sono coloro che, nel mondo con i suoi deva, sono Arhat oppure<br />

hanno<br />

raggiunto la via degli Arhat?.<br />

"(""Vi è una città, Bahiya, nelle regioni settentrionali, detta Savatthi. Ivi risiede quel Beato che<br />

è un Arhat,<br />

un vero Risvegliato (samma-sambuddha). Egli è davvero, o Bahiya, un Arhat e insegna la<br />

Legge che<br />

permette di raggiungere la condizione di Arhat""."<br />

"Allora Bahiya dalla Veste di Scorza, incitato da quella devata, lasciò Supparaka e, fermandosi<br />

una sola<br />

notte [in ogni posto - ?] durante il viaggio (15), giunse dove il Beato si trovava, presso<br />

Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco di Anathapindika. Ora, in quella occasione, un gran numero di monaci<br />

passeggiava all'aria<br />

aperta. Quando Bahiya dalla Veste di Scorza fu giunto presso quei monaci, chiese loro: ""Di<br />

grazia, Signori,


dove si trova ora il Beato, che è un Arhat, che è il vero Risvegliato ? Noi desideriamo vedere<br />

questo Arhat<br />

che è un Vero Risvegliato!"". ""Il Beato, o Bahiya, è andato per le case a fare la questua di<br />

cibo"". Allora<br />

Bahiya dalla Veste di Scorza si voltò in fretta, lasciò il bosco Jeta ed entrò in Savatthi, dove vide<br />

il Beato che<br />

questuava: egli era pieno di grazia, piacevole a guardarsi, con i sensi calmati, tranquillo di<br />

spirito, pieno di<br />

compostezza per il controllo su se medesimo, simile ad un elefante domo, attento e<br />

perfettamente addestrato.<br />

Appena vide il Beato gli si avvicinò, cadde [toccandogli] i piedi con la testa e gli disse: ""O<br />

Signore, possa il<br />

Beato insegnarmi la Buona Legge! Possa Colui che è Bene Andato (Sugata) insegnarmi la<br />

Buona Legge, di<br />

modo che ne abbia beneficio e felicità per lungo tempo!""."<br />

"A queste parole il Beato disse a Bahiya dalla Veste di Scorza: ""Sei venuto fuori tempo,<br />

Bahiya. Io sono ora<br />

entrato [in questa città] per la questua"". Indi una seconda volta Bahiya dalla Veste di Scorza<br />

[si rivolse] al<br />

Beato [e] gli disse: ""Questa cosa (= il Phamma) è difficile a conoscersi e pericolo di vita (=<br />

morte) sovrasta<br />

il Beato e me" "Possa il Beato insegnarmi la Buona Legge! Possa il Bene Andato insegnarmi la<br />

Buona<br />

Legge, di modo che ne riceva beneficio e felicità per lungo tempo!"". Allora, per la seconda<br />

volta, il Beato<br />

disse: ""Sei venuto fuori tempo, Bahiya. Io sono entrato ora per la questua""."<br />

"Ancora una terza volta Bahiya dalla Veste di Scorza disse al Beato: ""Questa cosa, o Signore, è<br />

difficile a<br />

39<br />

conoscersi, e pericolo di vita sovrasta il Beato e me. Possa il Beato insegnarmi la Buona Legge!<br />

Possa il<br />

Bene Andato insegnarmi la Buona Legge, di modo che riceva beneficio e felicità per lungo<br />

tempo!"".<br />

""Allora, Bahiya, tu devi esercitarti: in ciò che vedi ci deve essere solo ciò che [da te] è stato<br />

visto, in ciò che<br />

odi solo Ciò che è stato udito, in ciò che pensi solo ciò che è stato pensato in ciò che conosci<br />

solo ciò che è<br />

stato conosciuto (16). Così invero Bahiya, tu ti devi esercitare."<br />

"Quando, Bahiya, in ciò che hai visto ci sarà soltanto ciò che è stato visto, in ciò che hai udito ci<br />

sarà soltanto<br />

ciò che hai udito, in ciò che hai pensato ci sarà soltanto ciò che hai pensato in ciò che hai<br />

conosciuto ci sarà<br />

soltanto ciò che hai conosciuto allora, o Bahiya, poiché non esisterà per te un quindi"" non ci<br />

sarà neppure un<br />

""perciò"". E quando O Bahiya, tu non avrai più un ""perciò"", ne deriva che per te non ci sarà<br />

né un "" qui<br />

"" né un "" di là "" e neppure un"" di mezzo ad entrambo "". Questa sarà la fine del Male""."<br />

Quindi Bahiya dalla Veste di Scorza in seguito a questo insegnamento conciso della Buona<br />

Legge del Beato,


mediante l'atto di non aderire (16a) sciolse la mente dai vincoli. Così il Beato, dopo aver<br />

ammonito Bahiya<br />

con il suo insegnamento conciso, se ne andò via.<br />

"Ora avvenne che, non molto tempo dopo la partenza del Beato, un vitello assalì Bahiya dalla<br />

Veste di<br />

Scorza, privandolo della vita. Il Beato dopo aver girato per Savatthi in cerca di cibo, ritornato<br />

dalla sua<br />

questua ed avendo mangiato mentre lasciava la città con un grande seguito di monaci, vide<br />

che Bahiya dalla<br />

Veste di Scorza era giunto al termine della sua vita. Vedendolo, disse ai monaci: ""Monaci,<br />

raccogliete il<br />

corpo di Bahiya dalla Veste di Scorza. Portate una barella, portatelo via, bruciatelo e innalzate<br />

[sulle sue<br />

ceneri] un thupa (17), poiché uno che ha Compiuto la brahmanica disciplina assieme a voi è<br />

giunto al<br />

termine dei suoi dì""."<br />

"Sì Signore, risposero i monaci al Beato. Raccolsero il corpo, chiamarono per una barella, ve lo<br />

caricarono<br />

sopra e lo bruciarono e, quando ebbero innalzato un jthupa, vennero dal Beato, lo salutarono e<br />

si sedettero da<br />

una parte. Seduti che furono quei monaci da parte dissero al Beato: ""Signore il corpo di<br />

Bahiya dalla Veste<br />

di Scorza è stato arso ed un thupa è stato innalzato. Quale è la sua sorte, quale è il suo<br />

destino?""."<br />

"Un saggio o monaci fu Bahiya dalla Veste di Scorza;"<br />

"egli praticava il Dhamma inferiore in vista del Dhamma e non mi ha assillato per quanto<br />

intimamente<br />

riguarda l'insegnamento del Dhamma. Ha raggiunto il Nibbana, O monaci Bahiya dalla Veste di<br />

Scorza""."<br />

Allora il Beato, intuendo il senso di ciò, proferì in quel particolare momento questo verso<br />

ispirato:<br />

Laddove acqua, terra, fuoco ed aria non hanno fondamenti dove non risplendono le stelle né<br />

rifulge il sole,<br />

ivi non brilla la luna ivi non si conosce tenebra.<br />

Allorché l'asceta, il brahmana, mediante [La scienza di] se stesso<br />

" e mediante il silenzio ha saputo, allora si libera da forma e non-forma da piacere e dolore!""."<br />

CAPITOLO II<br />

MUCALINDA (18)<br />

"Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Uruvela, sulla riva<br />

del fiume<br />

Nerarijara, assiso sulla radice di un [albero] mucalinda (18), avendo proprio allora col seguito<br />

il Perfetto<br />

Risveglio. Ora, in quell'occasione, il Beato rimase assiso per sette giorni in una particolare<br />

posizione,<br />

sperimentando la beatitudine conseguentemente alla Liberazione. Ora, in quella circostanza,<br />

scoppiò una<br />

tempesta di pioggia fuori stagione, sicché per sette giorni vi fu pioggia, venti freddi e cattivo<br />

tempo. Allora<br />

Mucalinda, re dei Naga, uscendo dalla sua tana, si ravvolse sette volte attorno al corpo del<br />

Beato con le sue


spire e rimase a coprire col suo grande cappuccio il capo del Beato, [ pensando]: ""Non<br />

disturbino il Beato<br />

calore, freddo, contatto di mosche, zanzare ed esseri striscianti!"". Quindi, trascorsi sette<br />

giorni, il Beato si<br />

riprese da quell'estasi meditativa e Mucalinda, re dei Naga, vedendo che il cielo era terso e<br />

libero da nuvole,<br />

sciolse le sue spire dal corpo del Beato, [indi,] ritirando la sua propria forma, assunse la forma<br />

di un giovane,<br />

40<br />

che si pose dinanzi al Beato rendendogli omaggio con le mani giunte (19)."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

a Felice la solitudine di colui che si rallegra, avendo appreso la Buona Legge ed avendo<br />

acquistato la<br />

Visione!<br />

Felice la libertà dalla sofferenza nel mondo ed il ritegno [dal danneggiare] le creature!<br />

Felice la libertà dalle passioni in questo mondo, ed il superamento dei desideri!<br />

"Che ci si sciolga dalla vanità dell""' ego "", questa è la suprema felicità""."<br />

"2. Così da me è stato udito. In una certa occasiona, il Beato se ne stava presso Savatthi, al<br />

bosco Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, fra un gran numero di monaci che, dopo il<br />

pasto, erano<br />

tornati dalla questua e si erano riuniti e seduti assieme nella sala di servizio, si venne<br />

casualmente a parlare<br />

[di questo argomento]: ""Quale, o fratelli, di questi due re, il re di Magadha Seniya Bimbisarà e<br />

Pasenadi di<br />

Kosala (20), è il più ricco, ha le più grandi proprietà, ha i maggiori tesori, ha le maggiori<br />

province, ha<br />

maggior numero di carri, è il più forte, il più potente, il più autorevole?"". Questo discorso<br />

casuale non era<br />

ancora finito quando il Beato, alzandosi dal suo ritiro, verso sera se ne venne a quella sala di<br />

servizio e,<br />

entrato, sedette su un sedile che gli era stato apprestato. Una volta seduto il Beato domandò ai<br />

monaci:<br />

""Ditemi, o monaci, in quale conversazione vi stavate intrattenendo, qui seduti e radunati, e<br />

quale è il vostro<br />

discorso casualmente incompiuto?"". ""Qui, o Signore, dopo il pasto, ritornati dalla questua" Si<br />

è venuti<br />

casualmente a parlare quale dei due re fosse il più ricco,<br />

il più potente, eccetera Questo è il discorso casuale restato<br />

"incompiuto allorché giunse il Beato"". ""O monaci, non è"<br />

degno, per voi, o figli di famiglia (21), che con fede avete lasciato la casa per una vita senza<br />

casa, di<br />

impegnarvi in simili<br />

chiacchiere. Allorché sediamo qui tutti assieme, bisogna compiere una delle due azioni, o<br />

parlare riguardo la<br />

Buona Legge,<br />

o praticare il Silenzio Ario (22).<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

La beatitudine [del soddisfacimento] dei piaceri e la beatitudine<br />

del mondo celeste non valgon la sedicesima parte (23) della beatitudine conseguente alla


"distruzione della brama!""."<br />

3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato risiedeva a Savatthi, al bosco Jeta,<br />

nel parco di<br />

Anathapindika. Ora, in quella circostanza, un gran numero di giovani stavano tormentando un<br />

serpente con<br />

un bastone, fra Savatthi ed il bosco Jeta. Il Beato, di buon mattino, indossata la veste e presa la<br />

ciotola, entrò<br />

in Savatthi per la questua, quando vide fra Savatthi ed il bosco Jeta quella turba di giovani che<br />

stavano<br />

tormentando il serpente col bastone. Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in<br />

quel momento<br />

il verso ispirato:<br />

Chi col bastone tormenta [creature] che cercano felicità, costui<br />

non trova la felicità, una volta che sia morto.<br />

Chi non tormenta col bastone creature che bramano felicità, mentre cerca la propria felicità,<br />

costui la<br />

conquista una volta che<br />

"sia morto!""."<br />

4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. In quell'epoca il Beato era stimato, onorato, considerato, venerato e trattato<br />

con deferenza,<br />

per cui aveva ricevuto grande quantità di vesti, cibo, giacigli e seggi, conforti e medicamenti<br />

per malattie.<br />

41<br />

Così pure l'Ordine dei monaci era stimato mentre asceti Erranti (24) di vedute diverse<br />

non erano stimati né avevano ricevuto grande quantità di<br />

vesti, cibo<br />

"In tal modo [avvenne che] gli asceti Erranti di diverse vedute, incapaci di sopportare la<br />

considerazione<br />

tributata al Beato ed all'Ordine dei monaci, quando scorgevano i monaci nel villaggio o nella<br />

foresta, li<br />

coprivano di improperi, sarcasmi ed ingiurie, li provocavano e li tormentavano. Allora un gran<br />

numero di<br />

monaci venne dal Beato e, dopo averlo salutato, sedette in un canto. Una volta sedutisi, questi<br />

monaci dissero<br />

al Beato: ""Signore, proprio ora che il Beato è stimato, onorato, considerato e venerato"<br />

mentre quegli<br />

Asceti Erranti di altre vedute non sono stimati [avviene<br />

che essi,] incapaci di sopportare le attenzioni tributate al<br />

Beato, sia nel villaggio che nella foresta, appena scorgono i<br />

"monaci... li provocano e li tormentano""."<br />

A quel punto il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />

Nel villaggio e nella foresta, se siete toccati dalla buona o dall'avversa sorte, non attribuite<br />

[ciò] a voi stessi o<br />

agli altri: i contatti si verificano perché esiste un substrato corporeo all'esistenza (25):<br />

" come potrebbe avvenire con chi è privo di substrato esistenziale?""."<br />

"5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, presso


il parco di Anathapindika. In quella circostanza un devoto laico (upasaka) di Icchanangala era<br />

venuto a<br />

Savatthi per qualche affare... Indi il devoto, avendo finito il suo affare a Savatthi, venne a<br />

visitare il Beato.<br />

Venuto che fu da lui, lo salutò e sedette in un canto. Quando si fu seduto, il Beato gli disse: ""È<br />

lungo tempo,<br />

upasaka, che non hai colto l'occasione di venire da queste parti"". ""Per lungo tempo, o<br />

Signore, ho<br />

desiderato venire a visitare il Beato, ma, attratto da questo o da quell'affare, che dovevo<br />

compiere, non sono<br />

potuto venire"". Allora il Beato,"<br />

intuendo il significato di questo, profferì in quel momento seguente verso ispirato:<br />

Per chi ha ben soppesato la Buona Legge, per chi ha molto appreso,<br />

"non v'è [alcun pensiero del genere:] ""ah, come sarebbe bene"<br />

[per me] ! .<br />

Guarda come è tormentato colui che ha qualche cosa!<br />

"Gli uomini sono l'un l'altro ben stretti da legami!""."<br />

"Così è stato da me udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora avvenne che in quel tempo la giovane moglie brahmana di un Errante<br />

era incinta e sul<br />

punto di partorire. La donna quindi disse al marito asceta: ""Vai, brahmana, procurami olio di<br />

tila che mi<br />

serva per il parto"". Al che l'Errante rispose: ""Ma dove potrò trovare olio per Vossignoria? "".<br />

Una seconda<br />

volta lei fece la medesima richiesta e ne ebbe la stessa risposta. Ed ancora una terza volta<br />

rivolse al marito la<br />

stessa domanda....."<br />

"Ora avvenne che in quel tempo, nel magazzino del Re Pasenadi di Kosala, si distribuiva ad<br />

ogni monaco o<br />

brahmana altrettanto burro fuso (sarpis) ed olio quanto ne poteva bere e non portare via con<br />

sé. Allora<br />

quell'Errante disse [ a se stesso]: ""Nel magazzino del Re Pasenadi di Kosala si distribuisce"<br />

"Ora io andrò al<br />

magazzino del Re Pasenadi di Kosala e berrò tanto olio quanto possa, indi ritornerò a casa, e lo<br />

vomiterò in<br />

modo che possa averlo costei per il parto""."<br />

[Con questa intenzione] l'Errante andò nel magazzino del Re Pasenadi di Kosala, bevve quanto<br />

olio poté e,<br />

ritornato a casa, non gli riuscì né di vomitarlo in su né di digerirlo in giù. Assalito da dolori<br />

acuti, aspri e<br />

taglienti, si rotolava qua e là. In quel tempo il Beato, apprestatosi per l'uscita mattutina,<br />

indossata la veste e<br />

presa la ciotola, entrò a Savatthi per la questua. Ivi vide l'Errante assalito da dolori acuti, aspri<br />

e taglienti, che<br />

si rotolava qua e là.<br />

42<br />

Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento il verso ispirato:<br />

"Beati coloro che nulla hanno; conoscitori dei Veda (26) sono invero"<br />

coloro che non posseggon nulla.


Guarda come è torturato colui che ha qualcosa (27)! Gli uomini<br />

"sono l'un l'altro stretti da legami!""."<br />

7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora in quel tempo l'unico figlio, caro e grazioso, di un devoto laico, era<br />

venuto a morire.<br />

Ed un gran numero di devoti laici con le vesti ed i capelli ancora bagnati<br />

" [per il lavacro rituale] andò a visitare il Beato. Venuti che furono da lui, lo salutarono e<br />

sedettero in un<br />

canto. Quando essi si furono seduti il Beato disse a quegli upasaka: ""come mai, o upasada,<br />

siete venuti qui<br />

in un momento così importuno (28)?"". Quand'ebbe detto così, il devoto gli rispose ""Mi è<br />

morto, o Signore,<br />

l'unico figlio mio, caro e grazioso."<br />

Questa è la ragione per la quale noi veniamo da te con i<br />

"capelli e le vesti bagnati, in un'ora inopportuna""."<br />

" Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso di<br />

Esaltazione:<br />

""Aderendo a ciò che è caro e grazioso, molti dèi, molti uomini, peccatori e dominati dalla<br />

decadenza, vanno<br />

in dominio al Re della Morte."<br />

Ma coloro che giorno e notte, pieni di vigile attenzione, pongono<br />

" in disparte ciò che è caro e grazioso, costoro svellono la radice stessa del peccato, la<br />

tentazione della Morte<br />

così difficile da superare!""."<br />

8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Kundiya (29), nel bosco<br />

Kundadhana.<br />

Ora, a quel tempo, Suppavasa, figlia del re dei Koliya, [che] per ben sette anni era stata incinta,<br />

si trovava in<br />

travaglio di parto da sette giorni. Essa, nonostante che fosse assalita da dolori<br />

"acuti, aspri e pungenti, mantenne il suo spirito fisso su tre pensieri: ""Rettamente Risvegliato<br />

è il Beato che<br />

insegna la Buona Legge per l'abbandono del dolore, come questo [mio];"<br />

"Rettamente Procedente sulla Via è invero l'Ordine dei discepoli del Beato, che avanza per<br />

l'abbandono del<br />

dolore, come questo [mio]; Retta Beatitudine è quella del Nibbana, ove è estinto il dolore,<br />

come questo<br />

[mio]."<br />

"Allora Suppavasa, figlia del re dei Koliya, così disse al suo signore: ""Va', o nobile signore,<br />

presso il Beato<br />

e, venerandolo in nome mio, col tuo capo ai piedi del Beato, chiedigli come sta di salute e<br />

benessere, vigore<br />

fisico, forza e comodità nel vivere, indi digli: "" Signore, Suppavasa, figlia del re dei Koliya,<br />

presenta i suoi<br />

omaggi ponendo la testa ai piedi del Beato e gli domanda come stia di salute e benessere,<br />

vigore fisico, forza<br />

e comodità nel vivere "", indi aggiungi: "" Signore, Suppavasa, figlia del re dei Koliya, è stata<br />

incinta per<br />

sette anni ed oggi si trova nel settimo giorno del travaglio del parto. Essa, nonostante che sia<br />

assalita da


dolori acuti, aspri e pungenti, mantiene il suo spirito fisso su tre pensieri""""."<br />

" Molto bene , rispose quell'uomo dei Koliya a Suppavasa, e se ne andò a visitare il Beato.<br />

Entrato dal Beato<br />

lo salutò e sedette in un canto. Così sedutosi, ripeté le parole di sua moglie... E il Beato disse:<br />

""che stia<br />

bene Suppavasa, figlia del re dei Koliya. Possa in buona salute partorire un robusto figliolo!"""<br />

Appena il Beato ebbe detto ciò Suppavasa, figlia del re dei Koliya, si sentì bene e, in buona<br />

salute, partorì un<br />

figlio robusto.<br />

"Così sia! , disse il Koliya, tutto contento alle parole del Beato, e, ringraziandolo, si alzò in<br />

piedi, salutò il<br />

Beato girandogli attorno verso destra (30) e se ne ripartì per la sua casa. Ivi il Koliya vide<br />

Suppavasa, figlia<br />

del re dei Koliya, bene ed in buona salute, avendo partorito un figlio robusto. Vedendo ciò egli<br />

pensò :u<br />

Questo è proprio meraviglioso! Questo è proprio un miracolo! Grande è il potere magico,<br />

grande la potenza<br />

43<br />

del Tathagata, dacché Suppavasa, alle solo parole del Beato, è ritornata in buona salute ed ha<br />

partorito un<br />

figlio robusto"". Perciò egli era contento e felice, pieno di gioia e di letizia."<br />

"Allora Suppavasa, figlia del re dei Koliya, disse al suo signore: ""Vieni tu, o mio signore, vai da<br />

quel Beato<br />

e, dopo avergli espresso venerazione in nome mio, ponendogli il capo sui piedi, digli:<br />

""Signore, Suppavasa,<br />

la figlia del re dei Koliya, è stata incinta per sette anni ed ha avuto un travaglio durato sette<br />

giorni. Ma ora<br />

essa sta bene, e, in buona salute, ha partorito un figlio robusto, Lei ora invita l'Ordine dei<br />

monaci a mangiare<br />

da noi per sette giorni. O Signore, possa il Beato accettare il cibo per sette giorni da<br />

Suppavasa, figlia del re<br />

dei Koliya, assieme all'Ordine dei monaci! """"."<br />

Molto bene, rispose l'uomo Koliya a Suppavasa, e si recò dal Beato (al quale ripeté il<br />

messaggio dalla<br />

moglie).....<br />

"Ora in quel periodo l'Ordine dei monaci, con a capo il Buddha, era stato invitato per il pranzo<br />

di quel giorno<br />

da un certo devoto laico e quel devoto era al servizio del venerabile Maha-Mogallana. Pertanto<br />

il Beato<br />

chiamò a sé Maha-Mogallana [e gli disse]: ""Vieni qui, Mogallana! Recati da quel tale devoto e<br />

digli: "" Mio<br />

caro Signore, Suppavasa, la figlia del re dei Koliya è stata incinta per sette anni e per sette<br />

giorni è stata in<br />

travaglio di parto (ripete tutta la storia). Ora essa ha invitato l'Ordine dei monaci, con a"<br />

capo il Buddha, a prendere cibo da lei per sette giorni. Permetti a Suppavasa di donare cibo<br />

per sette giorni<br />

all'Ordine<br />

"e successivamente tu offrirai il tuo""""."<br />

Signore, se il nobile Maha-Mogallana può garantirmi tre cose: ricchezza, vita e fede, allora<br />

Suppavasa, la


figlia del re dei Koliya, conviti pure per sette giorni i monaci e poi io darò loro il mio cibo.<br />

Amico, per due delle tre cose posso esserti garante, ma, per quanto riguarda la fede, tu<br />

soltanto puoi essere<br />

garante a te stesso.<br />

Bene, Signore, se per due cose, cioè per la ricchezza e per la vita, il mio signore Maha-<br />

Mogallana si fa<br />

garante a me, allora inviti pure Suppavasa per sette giorni i monaci, e poi io darò loro il mio<br />

cibo.<br />

"Quindi il venerabile Maha-Mogallana convinse quel suo devoto laico ed andò dal Beato.<br />

Giunto che fu, gli<br />

disse: ""Signore, quel devoto è stato convinto da me. Dia pure Suppavasa, figlia del re dei<br />

Koliya, il suo cibo<br />

per sette giorni. Egli darà il suo dopo""."<br />

"Perciò Suppavasa, la figlia del re dei Koliya, per sette giorni servì l'Ordine dei monaci, con a<br />

capo il<br />

Buddha, di cibo scelto, vitale, sia solido che tenero, con le proprie mani soddisfacendoli fino a<br />

quando<br />

dissero: ""Grazie, basta!"". E fece anche riverire dal bambino il Beato e turno l'Ordine dei<br />

monaci. Allora il<br />

venerabile Sariputta disse a quel bambino: ""Ti trovi forse a tuo agio? Hai abbastanza da<br />

mangiare? Soffri di<br />

qualche dolore ?"". Al che il bimbo rispose: "" Come potrei, Sariputta, stare a mio agio? Come<br />

potrei avere<br />

abbastanza cibo? Io, che ho trascorso ben sette anni in una giara di sangue! (31)."<br />

"A questo punto Suppavasa, la figlia del re dei Koliya, [pensò]: "" Mio figlio sta conversando<br />

con il duce<br />

dell'esercito della Buona Legge (32)"". A questo [pensiero] essa si sentì compiaciuta, contenta,<br />

piena di gioia<br />

e di soddisfazione."<br />

"A questo punto il Beato disse a Suppavasa, la figlia del re dei Koliya: "" Ti piacerebbe, o<br />

Suppavasa, avere<br />

un altro simile figlio?"". [Lei rispose:] ""O Beato, mi piacerebbe aver sette altri simili figli! ""."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quella circostanza questo verso ispirato:<br />

"L'inessenziale sotto forma di essenziale, ciò che è spiacevole sotto forma di ciò che è<br />

piacevole, il dolore<br />

sotto forma di gioia travolgono colui che non è attento"" (33-33 a)"<br />

"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava nei pressi di Savatthi, al<br />

parco<br />

orientale, nel palazzo a molti piani della Madre di Migara (34). In quello stesso tempo Visakha,<br />

la Madre di<br />

Migara, aveva a che fare con Pasenadi, il re del Kosala. Il re Pasenadi del Kosala, però, non<br />

condusse a<br />

conclusione quel tale affare secondo le intenzioni [di Visakha], così costei se ne venne ad<br />

un'ora importuna a<br />

fare visita al Beato, e, venendo da lui, lo salutò e si sedette in un canto. Una volta che si fu<br />

seduta, il Beato le<br />

disse: ""Ebbene, Visakha, come mai sei venuta ad un'ora fuori di tempo?"". ""Signore, avevo un<br />

affare con<br />

44<br />

Pasenadi, il re del Kosala, ma il re non ha condotto questo affare ad una conclusione""."


A questo punto il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />

ispirato:<br />

Doloroso è essere soggetto all'altrui volontà, piacevole è ogni dominio [su se stesso].<br />

"Nell'aver [affari] in comune gli uomini si tormentano: è difficile sfuggire ai legami!""."<br />

"10. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato si trovava ad Anupiya, nella<br />

foresta degli<br />

alberi amba (mango). In quello stesso tempo il venerabile Bhaddiya, figlio dei Kaligodhas (35),<br />

usava<br />

rifugiarsi nella foresta, sedendosi su radici di alberi in luoghi solitari, ove di tanto in tanto<br />

profferiva questa<br />

esclamazione: ""Oh, la felicità! Oh, la felicità!""."<br />

Ora un gran numero di monaci aveva udito i versi di esaltazione frequentemente ripetuti dal<br />

venerabile<br />

Bhaddiya, che usava rifugiarsi nelle foreste "Udendo ciò, a loro venne di pensare: ""Non v'è<br />

dubbio che<br />

Bhaddiya, il figlio dei Kali godhas, pratica l'ascesi malcontento, ricordando come<br />

precedentemente godeva<br />

della beatitudine della regalità, vivendo nel suo palazzo. Quando gli capita di pensare a ciò,<br />

usando [ora]<br />

raccogliersi nei selvosi eremi, proferisce l'esclamazione:"<br />

" "" Oh, la felicità, oh, la felicità ! """". Così un gran numero di"<br />

monaci andò dal Beato e, giunti che essi furono, lo salutarono<br />

e sedettero in un canto. Una volta che furono seduti dissero:<br />

" ""O Beato, il venerabile Bhaddiya, figlio dei Kaligodhas....."<br />

" (eccetera) ""."<br />

"Allora il Beato chiamò un certo monaco: "" Vieni qui, monaco, convoca in nome mio<br />

Bhaddiya, il monaco,<br />

dicendogli: "" Signore, il Maestro desidera parlarti "" "". "" Così farò, Signore"", rispose il<br />

monaco al Beato,<br />

e si recò là dove si trovava il venerabile Bhaddiya, e, come fu giunto, gli disse: ""Signore, il<br />

Maestro<br />

desidera parlarti "". ""Molto bene, Signore"", disse Bhaddiya in risposta a quel monaco: andò<br />

dal Beato e,<br />

avvicinandoglisi, lo salutò, indi sedette in un canto."<br />

Quando si fu seduto, il Beato gli disse Ë vero che tu,<br />

o Bhaddiya, usando raccoglierti nella foresta esclami di<br />

" tanto in tanto "" Oh, la felicità, oh, la felicità! "" ?"". ""È vero,"<br />

" o Signore !""."<br />

Ma, Bhaddiya, per quale motivo, tu, che hai l'abitudine<br />

di rifugiarti in selvoso eremo "esclami così ? "". ""Una volta,"<br />

o Signore, quando godevo del benessere della regalità, nella<br />

condizione di padre di famiglia (36) erano poste guardie entro<br />

il mio palazzo, ed erano poste guardie fuori del mio palazzo.<br />

Così, o Signore, nonostante che fossi sorvegliato e protetto,<br />

io vi dimoravo timoroso, ansioso, tremante e pieno di paura.<br />

"Ma ora, o Signore, quando mi rifugio nella foresta, [siedo] sulle radici degli alberi in luoghi<br />

deserti,<br />

nonostante che io sia solo, sono senza paura, sicuro, fiducioso e non spaventato. Vivo a mio<br />

agio, senza


soprassalti, di quello che gli altri mi danno, con lo spirito allo stato [naturale] come quello di<br />

qualche<br />

animale selvaggio. Questo è, o Signore, il motivo che mi induceva ad esclamare: "" Oh, la<br />

felicità, Oh, la<br />

felicità! "" ""."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì, in quel momento, questo [verso di]<br />

Esaltazione:<br />

Colui nel quale non albergano moti di collera, che ha superato il divenire così e il nondivenire-così,<br />

costui, che ha sormontato ogni paura, felice, senza dolore, neppure gli dèi riescono a scorgerlo<br />

(= ad averlo<br />

in loro potere)!<br />

45<br />

CAPITOLO III<br />

NANDA<br />

l. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato se ne stava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. In quella particolare circostanza un monaco se ne stava seduto a<br />

breve distanza dal<br />

Beato, con le gambe incrociate (37) col corpo eretto, sopportando un dolore che era il frutto di<br />

una sua<br />

precedente esistenza, un dolore lacerante, tagliente ed amaro: ma egli se ne stava tutto<br />

raccolto in se stesso,<br />

composto e senza lamentarsi. Ed il Beato vide quel<br />

monaco così seduto e così intento sopportando il dolore,<br />

raccolto in sé, composto, senza lamentarsi. Allora il Beato,<br />

intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo<br />

verso ispirato:<br />

Per il monaco che ha lasciato dietro di sé ogni specie di karma, che ha scosso da sé la polvere<br />

precedentemente accumulata,<br />

"che sta saldo senza [ricoprire] "" io ' e "" mio"", per costui non v'è alcun senso a parlare della<br />

gente (=<br />

chiedere aiuto agli altri) ! ""."<br />

"2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella occasione, il beato Nanda, germano del Beato, figlio<br />

dalla zia del<br />

Beato, si rivolse ad un gran numero di monaci, dicendo loro: ""Cari Signori, senza alcun<br />

piacere io pratico la<br />

castità. Io non posso sopportare la vita di asceta. Abbandonando la disciplina io ritorno in<br />

basso (= nel<br />

mondo) "". Allora un certo monaco andò dal"<br />

Beato e, quando gli fu seduto al fianco, gli ripeté le parole<br />

del venerabile Nanda.<br />

"Allora il Beato chiamò un monaco e gli disse: ""Vieni, monaco ! Convoca in nome mio il<br />

monaco Nanda,<br />

dicendogli: ""Nanda, caro amico, il Maestro ti convoca"" "". ""Sì, Signore "", rispose il monaco<br />

al Beato, ed<br />

andò (a ripetere il messaggio del Maestro a Nanda). "" Molto bene, caro amico "","<br />

rispose Nanda, e venne dal Beato Quando si fu seduto in


" un canto, il Beato gli disse: "" È vero, come mi hanno narrato, che tu, o Nanda, ti sei rivolto ad<br />

un gran<br />

numero di"<br />

" monaci, dicendo loro: ""Senza alcun piacere io pratico la"<br />

" castità, eccetera "" ? "". ""vero, Signore "". "" Ma come avviene,"<br />

o Nanda, che tu non provi alcun piacere per la vita di asceta,<br />

" che non la puoi sopportare e vuoi ritornare in basso? "". "" Signore, quando lasciai la casa,<br />

una ragazza<br />

dei Sakya, la più"<br />

bella della regione, con i capelli mezzo pettinati, si voltò<br />

" guardandomi in tralice e mi disse: "" Possa tu tornare presto,"<br />

" Giovane Signore!"". Signore, poiché sto sempre pensando a"<br />

questo, non provo alcun diletto per la castità, né posso più<br />

" sopportare la vita di asceta, [perciò] lascerò la disciplina e tornerò in basso"". Allora il Beato,<br />

prendendo<br />

il venerabile"<br />

Nanda per il braccio, proprio [nello stesso tempo in cui] un<br />

uomo forte può stendere il suo braccio piegato o piegarlo se<br />

lo ha disteso, proprio così il Beato sparì dal bosco Jeta e comparve in mezzo ai trentatré dèi<br />

(38).<br />

"Ora, in quel momento apparve un numero di circa cinquecento Apsaras (39) dette ""Pié di<br />

colomba"" per<br />

servire il Sakya, signore degli dèi. Allora il Beato disse al venerabile Nanda: ""Nanda, vedi<br />

queste<br />

46<br />

cinquecento ninfe, dette "" Pié di colomba""?"". "" Sì, Signore "". "" [Dimmi] ora, Nanda, che<br />

pensi ? Chi è<br />

più bello, più degno di essere guardato, più affascinante, la ragazza dei Sakya, la più bella della<br />

regione, o<br />

queste cinquecento Apsaras dette ""Pié di colomba""?"". ""O Signore, proprio come se lei fosse<br />

una scimmia<br />

mutilata, con le orecchie ed il naso mozzi, proprio così, o Signore, la ragazza dei Sakya, vicino a<br />

queste<br />

cinquecento Apsaras dette "" Pié di colomba "", non vale una frazione di loro, non può essere<br />

comparata con<br />

loro. Poiché queste cinquecento Apsaras sono di gran lunga più belle, molto più degne a<br />

vedersi, molto più<br />

affascinanti!""."<br />

"Fatto ciò il Beato, prendendo per il braccio il venerabile Nanda, proprio [nel tempo in cui] un<br />

uomo forte<br />

può stendere un braccio piegato o piegare un braccio disteso, proprio così si dileguò dal<br />

paradiso dei trentatré<br />

Deva e riapparve nel bosco Jeta. E corse la voce fra i monaci: "" Si dice che il venerabile Nanda,<br />

germano<br />

del Beato, il figlio della zia del Beato, conduca vita di austera ascesi per via delle Apsaras. Si<br />

dice che il<br />

Beato gli ha assicurato che potrà provvedersi di cinquecento Apsaras dette "" Pié di colomba<br />

"" "". Al]ora i<br />

monaci che erano compagni di Nanda presero a chiamarlo "" mercenario"" e ""domestico"",<br />

dicendo: ""un


mercenario è certamente il venerabile Nanda. Un domestico è certamente il venerabile Nanda<br />

Egli pratica la<br />

castità in vista delle Apsaras. Si dice che il Beato sia garante al venerabile Nanda per la<br />

conquista di<br />

cinquecento Apsaras dette "" Pié di colomba """". Quindi il venerabile Nanda, sentendosi così<br />

infastidito,<br />

umiliato e di! sprezzato, da quando era stato chiamato ""mercenario"" e ""domestico"" dai<br />

suoi compagni,<br />

essendo andato a vivere solitario, remoto, attento, energico, distaccato, avendo rafforzato, e<br />

stesso, in breve<br />

tempo, pur stando in questo mondo realizzò lui stesso, con piena comprensione, il motivo per<br />

cui il figlio di<br />

nobile famiglia giustamente abbandona la casa per la vita errante, ed anche quell'insuperabile<br />

mèta della vita<br />

di ascesi, così intuendo: ""Distrutta è la nascitas, vissuta è la vita, compiuto è ciò che si doveva<br />

fare, non vi è<br />

più da essere qui"". Così il venerabile Nanda divenne uno degli Arhat."<br />

"Allora una certa devata, quando la notte si stava dileguando, illuminando tutto il bosco Jeta<br />

con splendore<br />

abbagliante, venne a vedere il Beato e, venendo da lui, lo salutò e restò ritta in un canto. Così<br />

stando, quella<br />

devata disse al Beato: ""Signore, il venerabile Nanda, il germano del Beato e figlio di sua zia,<br />

col porre fine<br />

all'attaccamento, egli, Beato, pur [stando] in questo mondo, ma comprendendolo pienamente<br />

così la visione<br />

interiore, ha inverato ed ha conquistato il non-attaccamento, la liberazione dello spirito, la<br />

liberazione che è<br />

propria alla Gnosi, e così si dimora""."<br />

Allora nel Beato apparve la conoscenza [che così era] e quando, alla fine della notte, il<br />

venerabile Nandavenne<br />

al<br />

Beato "e gli disse questo: ""Signore, per quanto riguarda"<br />

"la garanzia datami dal Beato circa la conquista delle cinquecento Apsaras dette "" Pié di<br />

colomba "", io<br />

lascio libero il Beato"<br />

"da tale promessa"". o Io pure, Nanda, afferrando il tuo pensiero col mio proprio, ho visto [che<br />

è così]. In<br />

ogni caso, una"<br />

"devata mi ha informato, dicendo: ""Signore, il venerabile"<br />

Nanda Avendo posto fine all'attaccamento ha conquistato la liberazione dello spirito "e così si<br />

dimora"". Ma<br />

da"<br />

quando, o Nanda, il tuo spirito è libero per il fatto che non<br />

"più si afferra ai vincoli, anche io sono libero dalla promessa"". Al che il Beato, intuendo il<br />

significato di ciò,<br />

profferì in quel momento questo verso ispirato:"<br />

a Colui dal quale è stata attraversato la palude, dal quale è stata distrutta la spina della brama,<br />

"che è giunto all'annientamento dell'illusione, questo monaco non è più scosso da felicità e<br />

dolore!""."


"3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, un numero di quasi cinquecento monaci,<br />

guidati da<br />

Yasaja (40), era giunto a Savatthi per vedere il Beato. I monaci che stavano arrivando, per il<br />

fatto che<br />

salutavano i monaci là residenti, si informavano di dove potevano alloggiare, consegnavano le<br />

scodelle e le<br />

47<br />

vesti, provocavano un grande rumore e frastuono. Fu così che il Beato chiamò il venerabile<br />

Ananda e gli<br />

disse: ""Che cosa è, o Ananda, tutto questo frastuono e rumore, si direbbe che vi siano<br />

pescatori intenti ad<br />

acchiappare pesce!"". ""Signore, sono questi cinquecento monaci, guidati da Yasoja, proprio<br />

ora arrivati a<br />

Savatthi per vedere il Beato. Sono costoro che, una volta arrivati" "hanno cagionato tanto<br />

rumore e<br />

frastuono"". ""Allora, Ananda, vai tu a nome mio e di' a quei monaci: "" Il Maestro chiama i<br />

Reverendi """".<br />

""Molto"<br />

"bene, Signore"", rispose il venerabile Ananda al Beato (andò"<br />

"e fece così come gli era stato ordinato). "" Molto bene, Signore"", dissero quei monaci al<br />

venerabile<br />

Ananda, andarono"<br />

dal Beato e, ivi giunti, lo salutarono e sedettero da un lato.<br />

Quando si furono seduti, il Beato indirizzò le seguenti parole<br />

"ai monaci: ""Monaci, che cosa significa tutto questo gran rumore e frastuono? Si direbbe che<br />

vi siano<br />

pescatori intenti"<br />

"ad acchiappare pesce !""."<br />

A queste parole il venerabile Yasoja rispose al Beato:<br />

"Signore, questi cinquecento monaci sono giunti proprio ora a Savatthi per vedere il Beato.<br />

Questi nuovi<br />

arrivati, nel salutare i monaci residenti, chiedere dove fosse il loro alloggio e consegnare<br />

scodelle e vesti,<br />

hanno provocato tale rumore e frastuono. ""Andate, monaci, io vi congedo, voi non meritate di<br />

abitare con<br />

me! "" o Così sia, Signore! o, risposero quei monaci al Beato; si alzarono, lo salutarono<br />

girandogli attorno<br />

verso destra, misero in ordine i loro alloggiamenti, presero ciotole e vesti e se ne andarono via<br />

per la questua<br />

presso i Vajji (41). Finita la loro questua sul posto, se ne andarono al fiume Vaggumuda. Sulla<br />

sponda di<br />

questo fiume costruirono capanne di foglie e si disposero a trascorrere la stagione delle<br />

piogge. Or'ecco che il<br />

venerabile Yasoja, iniziata la stagione delle piogge, si rivolse ai monaci in questi termini:<br />

""Venerabili amici,<br />

noi siamo stati congedati dal Beato per il nostro stesso bene, per compassione di noi, perché<br />

egli provò


compassione di noi. Venite dunque, venerabili amici, dimoriamo qui in modo tale che il Beato<br />

si rallegri<br />

della maniera in cui ci comportiamo "". ""Così sarà, venerabile! "", risposero i monaci al<br />

venerabile Yasoja.<br />

Di conseguenza quei monaci, vivendo remoti dalla società, ardenti di ascesi, interiormente<br />

saldi, nello spazio<br />

della stagione delle piogge inverarono tutta la triplice conoscenza (42)."<br />

"Nel frattempo il Beato, dopo essere restato quanto gli piacque in Savatthi, iniziò il suo giro<br />

per Vesali e, più<br />

tardi, durante i propri giri, raggiunse Vesali Quindi il Beato prese dimora a Vesali, nel Grande<br />

Bosco, presso<br />

la Sala dal Tetto a Pinnacolo. Allora il Beato, afferrando col suo pensiero i pensieri di quei<br />

monaci che<br />

vivevano sui banchi in riva al fiume Vaggumuda, prestando attenzione a questo, chiamò il<br />

venerabile<br />

Ananda. a Ananda "", disse, ""quel quadrante del cielo mi sembra sia come illuminato. Tutto<br />

irraggiante mi<br />

sembra, Ananda, quel quadrante del cielo. Mi è gradito andare e pensare a quella zona ove, in<br />

riva al fiume<br />

Vaggumuda, quei monaci risiedono. Ananda, manda un messaggero a quei monaci, dicendo: ""<br />

Il Maestro<br />

chiama i reverendi. Il Maestro è desideroso di vedere le Vostre Signorie"" "". ""Così sia,<br />

signore"", rispose il<br />

venerabile Ananda al Beato: andò da un certo monaco e, giunto che fu presso di lui, gli disse:<br />

""Vieni, caro<br />

amico! Va' dove quei monaci risiedono, sulla riva del fiume Vaggumuda e, giunto che vi sarai,<br />

di' loro: "" Il<br />

Maestro chiama le Vostre Signorie. Il Maestro è desideroso di vedere le Vostre Signorie "" "".<br />

""Così sia,<br />

Signore"", rispose il monaco al venerabile Ananda, e, proprio [nel tempo che impiegherebbe]<br />

un uomo forte<br />

per stendere un braccio piegato o per piegare un braccio disteso, proprio così egli sparì dalla<br />

Sala del Tetto a<br />

Pinnacolo per riapparire di fronte a quei monaci sulla riva del fiume Vaggumuda (" ai quali<br />

trasmise il messaggio "). ""Molto bene, caro amico "", risposero quei monaci, e, dopo aver<br />

rassettato i loro<br />

alloggiamenti,"<br />

prese la ciotola e le vesti, proprio [nel tempo che impiegherebbe] un uomo forte per stendere<br />

un braccio<br />

piegato......<br />

proprio così essi sparirono dalla riva del fiume Vaggumuda<br />

per riapparire al Gran Bosco nella Sala dal Tetto a Pinnacolo,<br />

48<br />

faccia a faccia di fronte al Beato. In quel momento il Beato<br />

era seduto, sprofondato in uno stato di estatica meditazione,<br />

"di là [dal mondo delle forme]. Allora quei monaci considerarono: "" In che condizione si trova<br />

ora a<br />

risiedere il Beato ? ""."<br />

Quindi quei monaci conclusero che il Beato era sprofondato<br />

in estatica meditazione ed essi anche, tutti assieme, sederono


apiti in estatica meditazione.<br />

"Il venerabile Ananda, quando la notte era già scesa e la prima vigilia stava trascorrendo,<br />

rialzata la tunica su<br />

una spalla (43), congiunse le mani in gesto di venerazione e disse al Beato: ""Signore, la notte<br />

è ormai<br />

discesa, la prima vigilia sta trascorrendo. I monaci nuovamente arrivati sono seduti da lungo<br />

tempo. Signore,<br />

può il Beato scambiare i saluti con i monaci nuovamente arrivati?"". A queste parole il Beato<br />

rimase in<br />

silenzio."<br />

Indi, quando la notte era calata ancora di pi¢ e la seconda vigilia stava trascorrendo, il<br />

venerabile Ananda si<br />

alzò dal suo<br />

"sedile e (ripeté le stesse parole, aggiungendo): """ Signore,<br />

"la notte trascorre, la seconda vigilia sta per finire"". E, per la"<br />

seconda volta, il Beato rimase in silenzio.<br />

Indi ancora, quando la notte era tutta trascorsa e la terza vigilia stava finendo, mentre<br />

appariva già l'aurora e<br />

la notte rivestiva il volto di gioia (= dell'alba), il venerabile Ananda,<br />

alzandosi dal suo sedile "disse al Beato: "" Signore, la notte"<br />

è trascorsa, l'ultima vigilia sta finendo, l'aurora si annuncia,<br />

la notte riveste il volto di gioia, i monaci nuovamente arrivati<br />

"sono restati seduti da lungo tempo; voglia il Beato scambiare"<br />

"i saluti con loro "". Allora il Beato si riprese da quella meditazione estatica e disse al<br />

venerabile Ananda: ""<br />

Se tu in verità"<br />

sapessi o Ananda, non ti sarebbe occorso di chiedere tante<br />

volte (44). 0 Ananda, sia io che questi cinquecento monaci<br />

"siamo tutti restati seduti in estatica meditazione "". Quindi il"<br />

Beato, intuendo il significato di ciò, profferì, in quel momento, questo verso ispirato:<br />

Colui nel quale la spina della brama è stata vinta, come anche<br />

ingiuria, ferita e prigionia, che come una montagna sta, imperturbabile, questo monaco non<br />

è scosso da felicità e sventura.<br />

4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato se ne stava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il venerabile Sariputta stava seduto a<br />

gambe incrociate<br />

non lungi dal Beato, tenendo il corpo diritto, avendo fissa dinanzi a sé la consapevolezza [di se<br />

stesso] (45).<br />

Il Beato vide il venerabile Sariputta che così faceva e, in quel momento, intuendo il significato<br />

di ciò,<br />

profferì il verso ispirato:<br />

Come una rupe montana si erge, incommovibile, ben fondata, così è il monaco, in cui l'illusione<br />

e stata<br />

annientata: come una<br />

"montagna non si scuote""."<br />

5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora, in quella stessa circostanza il venerabile Maha-Mogallana era assiso,<br />

non lungi dal


Beato, Con le gambe incrociate, tenendo il Corpo eretto. Con la consapevolezza riguardante il<br />

proprio Corpo<br />

46 ben stabilita in. se medesimo. Il Beato vide il venerabile Maha-Mogallana assiso non lungi<br />

da<br />

sé ed allo stesso tempo, intuendo il significato di ciò, profferì questo Verso ispirato:<br />

49<br />

Allorché la consapevolezza riguardante il proprio corpo è ben<br />

"stabilita, ben controllate sono le sei sfere dei sensi (47), sempre ben composto, il monaco<br />

[avrà potuto]<br />

conoscere il proprio nibbana""."<br />

"6. In Una Certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel Bosco di Bambù, nella<br />

Radura ove si<br />

nutrono gli Scoiattoli. Ora, proprio in quel tempo il venerabile Pilindavaccha aveva preso<br />

l'abitudine di<br />

rivolgere ai monaci l'appellativo di ""servi"" (48). Allora un gran numero di monaci....."<br />

venne dal Beato e, dopo averlo salutato, sedé e gli disse:<br />

Signore, il venerabile Pilindavaccha si avvicina ai monaci,<br />

"chiamandoli "" servi """". Al che il Beato chiamò un certo"<br />

"monaco, dicendogli: ""Vieni, monaco! Di' a nome mio al monaco Pilindavaccha: "" Caro<br />

Signore, il<br />

Maestro vi chiama """"."<br />

Così sia, Signore, rispose il monaco al Beato, se ne<br />

andò "e così fece. "" Molto bene, signore "", rispose il venerabile Pilindavaccha a quel monaco,<br />

e si recò dal<br />

Beato. Una"<br />

volta giunto, dopo aver salutato il Beato, sedette in un canto<br />

"e, avendolo salutato, il Beato così gli disse: ""È vero, Vaccha (49), come raccontano, che tu ti<br />

avvicini ai<br />

monaci, chiamandoli ""servi "" ? "". ""Così è, Signore "". Allora il Beato, avendo rivolto la sua<br />

attenzione<br />

alle precedenti esistenze di"<br />

"Pilindavaccha, disse ai monaci: "" Non siate irritati col monaco Vaccha. Non è per un senso<br />

interiore di<br />

disprezzo che"<br />

"Vaccha chiama i monaci "" servi "". Monaci, lungo la successione di cinquecento esistenze,<br />

Vaccha<br />

rinacque in una famiglia di casta brahmana. L'uso del termine "" servi "" gli si"<br />

è radicato per lunga abitudine. Questa è la ragione per cui<br />

"Vaccha dirige ai monaci il termine "" servo"" ""."<br />

Allora il Beato, intuendo il senso di ciò, proferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

Colui nel quale non risiedono né illusione né orgoglio, che ha<br />

distrutto la cupidigia ed ha superato il senso di sé, in cui la collera è setta rigettata, questi è un<br />

asceta, questi è<br />

un<br />

"brahmana, questi è un monaco!""."<br />

"7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />

Bosco di Bambù,<br />

nella Radura in cui si nutrono gli Scoiattoli. Ora, in quella circostanza, il venerabile Maha-<br />

Kassapa si era


itirato nella Grotta del Fico, ove, per sette giorni, era rimasto assiso in una particolare<br />

postura. Ivi, raggiunto<br />

un determinato grado di meditazione, gli occorse di pensare: ""Se io adesso entrassi in<br />

Rajagaha per la<br />

questua, in tale occasione qualcosa come cinquecento deità sarebbero intente a raccogliere<br />

cibo elemosinato<br />

per il venerabile Maha-Kassapa "". Quindi il venerabile Maha-Kassapa, apprestatosi per la sua<br />

uscita<br />

mattutina, indossata la veste e presa la ciotola, entrò in Rajagaha per la questua."<br />

"Ora in quel tempo Sakka (50), signore degli dèi, desiderava procurare cibo elemosinato al<br />

venerabile Maha-<br />

Kassapa. Quindi prese l'aspetto di un tessitore che volgeva il filo [sulla rocca], mentre Suja, la<br />

figlia degli<br />

Asura (51), riempiva la spola. Ora il venerabile Maha-Kassapa, mentre andava girando di casa<br />

in casa, venne<br />

all'abitazione di Sakka, il signore degli dèi. E Sakka, il signore degli dèi, scorse da lontano<br />

Maha-Kassapa,<br />

mentre si avvicinava. Alla sua vista venne fuori di casa per incontrarlo, gli tolse di mano la<br />

ciotola, entrò in<br />

casa, prese dalla pentola riso con cui riempì la ciotola, che restituì a Maha-Kassapa. Questo<br />

cibo era condito<br />

50<br />

con diversi sughi, varie salse, misto di diversi intingoli, profumi e condimenti. Allora a Maha-<br />

Kassapa<br />

occorse di pensare: ""Mi immagino chi sia questa persona, che ha un simile potere magico "".<br />

Indi pensò:<br />

""Deve essere Sakka, il signore degli dèi "". Sicuro di ciò disse a Sakka, il signore degli dèi:"<br />

"Questa è una tua azione, Kosiyas (52) ! Non la fare più!""."<br />

"Ma, venerabile Kassapa, anche noi abbiamo bisogno di [compiere] azioni meritevoli, anche<br />

noi dobbiamo<br />

operare meritevolmente! "". Indi Sakka, il signore degli dèi, salutando Maha-Kassapa gli girò<br />

attorno verso<br />

destra e, salendo in cielo, fece risuonare tre volte l'atmosfera con questo verso ispirato: "" Oh,<br />

il sublime dei<br />

doni, il dono è stato ben conferito a Kassapa! "". A questo punto il Beato, mediante il suo udito<br />

divino,<br />

purificato, e che oltrepassa [le possibilità di]"<br />

quello degli uomini, udì le parole di Sakka, signore degli dèi, e quindi, intuendo il significato di<br />

ciò, proferì,<br />

in quel momento, il verso ispirato:<br />

Il monaco che questua il cibo, che sostiene se stesso, che altri non nutre, un siffatto uomo,<br />

interiormente<br />

pacificato e consapevole, anche gli dèi lo invidiano!.<br />

"8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, ai monaci, seduti assieme nell'àmbito<br />

dell'albero kereri,<br />

essendo ritornati dalla questua ed avendo consumato il pasto, capitò di fare questo discorso:<br />

""Cari Signori, il


monaco che gira per la questua, di tanto in tanto, ha l'occasione di vedere forme gradevoli<br />

all'occhio, di udire<br />

suoni gradevoli all'orecchio, di fiutare odori gradevoli al naso, di gustare sapori gradevoli alla<br />

lingua, di<br />

toccare oggetti gradevoli al tatto. Cari Signori, il monaco questuante è riverito, onorato,<br />

considerato,<br />

venerato e rispettato, allorché va in giro questuando cibo. Or dunque, Signori, anche noi<br />

andremo a questuare<br />

cibo, sicché di tempo in tempo ci capiterà l'occasione di vedere forme gradevoli"<br />

all'occhio, di udire , di fiutare , di gustare , di toccare , allorché percepiremo oggetti gradevoli<br />

all'occhio,<br />

all'orecchio, al naso, alla lingua ed al tatto. Anche noi saremo<br />

riveriti, onorati, considerati ", allorché andremo in giro questuando cibo""."<br />

Questa chiacchiera non era ancora finita, quando il Beato,<br />

al tramonto, lasciando il suo ritiro, venne verso il padiglione<br />

"dell'albero kareri e, giuntovi, sedette su un sedile apprestatogli. Nel sedersi chiese ai suoi<br />

monaci: ""Ditemi,<br />

monaci,"<br />

in quale discorso vi stavate intrattenendo mentre eravate seduti assieme, e quale è la<br />

conversazione che non<br />

avete ancora<br />

"finito?"". ""Quando ci siamo seduti assieme, o Signore, ci"<br />

"capitò di fare questo discorso: ""Il monaco questuante, di"<br />

tanto in tanto, ha l'occasione di vedere forme gradevoli all'occhio, di udire suoni gradevoli<br />

all'orecchio egli è<br />

riverito,<br />

Onorato, considerato, venerato e rispettato, allorché va in giro<br />

questuando cibo Anche noi saremo riveriti .allorché andremo attorno questuando cibo . Tale<br />

era, o Signore,<br />

la<br />

conversazione che non avevamo finito, allorché è arrivato il<br />

"Beato "". "" Monaci, non mi sembra degno di voi, che siete"<br />

Figli di Famiglia, che per fede avete abbandonato la vita di<br />

casa per andare errando, di chiacchierare su di un argomento<br />

simile. Monaci, quando sedete qua radunati, una delle due si<br />

"deve fare: ""conversare riguardo alla Buona Legge o praticare"<br />

"il Silenzio Ariol""."<br />

A quel punto il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento questo verso<br />

ispirato:<br />

51<br />

Il monaco che questua Cibo, che sostiene se stesso, che altri<br />

non nutre, un siffatto uomo gli dèi invidiano, non se questi agisce per lode<br />

"o per fama!""."<br />

9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Savatthi, al bosco Jeta,<br />

nel parco di<br />

Anathapindika. Ora, in quella occasione, un gran numero di monaci<br />

si erano seduti assieme .(come nella narrazione precedente) "e capitò loro di fare il seguente<br />

discorso:<br />

""Signore,"<br />

chi conosce un'arte? Chi è stato addestrato in un'arte? Quale


"è la migliore fra le arti?"". Qualcuno disse: "" L'arte di [addestrare] elefanti è la migliore delle<br />

arti"". Altri<br />

disse: ""L'arte"<br />

di [addestrare] cavalli ". Altri disse: L'arte di [guidare] carri è la migliore delle arti"". Altri<br />

disse: ""L'arte di"<br />

"tirar d'arco è la migliore delle arti"". Altri disse: ."" La"<br />

"scherma..."". Altri: ""L'arte delle muasra (53)" . Altri disse:<br />

"L'arte del computo . Altri: ""L'arte del calcolo (54)...""."<br />

"Altri: ""L'arte dell'incisione.... Altri: "" L'arte della poesia. Altri: ""L'arte di interpretare le<br />

cause (=<br />

filosofia"<br />

naturale) . Altri invece dissero che la massima fra le arti<br />

è quella dello statista. Tale era la discussione che casualmente<br />

era sorta fra i monaci, che non era giunta a conclusione.<br />

Ora il Beato, abbandonato il suo ritiro, verso sera, giunse<br />

colà e sedette su un sedile che gli era stato preparato. Una<br />

"volta seduto, chiese a quei monaci: ""Vi prego, monaci, su"<br />

quale argomento eravate impegnati a discorrere, qui seduti in<br />

"radunanza, e quale era la conversazione casuale lasciata in sospeso?"". (Ed essi gli narrarono<br />

l'oggetto della<br />

loro conversazione). Allora disse il Beato: "" Monaci, è disdicevole per"<br />

voi impegnarvi in simile conversazione. Monaci, quando sedete qui raduna, una delle due cose<br />

deve essere<br />

compiuta, o<br />

"conversare su argomenti riguardanti la Buona Legge, o praticare il Silenzio Ario ""."<br />

A tale proposito il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quella circostanza le parole<br />

ispirate:<br />

Colui che vive non per la sua arte, celato, intento all'oggetto, coi<br />

sensi domi, in ogni senso liberato, senza casa, senza egoismo, libero da speranza, avendo<br />

ucciso Mara,<br />

"quel monaco procede solo""."<br />

10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava ad Uruvela, sulle sponde<br />

del fiume<br />

Neranjara, avendo da poco consecutio l'illuminazione Suprema ai piedi dell'albero della<br />

Bodhi. Ora in quella<br />

circostanza il Beato rimase assiso per sette giorni nella medesima posizione, sperimentando<br />

la Beatitudine<br />

conseguente alla Liberazione. Allora il Beato, alla fine di quei sette giorni, uscendo da quello<br />

stato di<br />

meditazione estatica, contemplò il mondo con l'occhio del Risvegliato e scorse quanti esseri<br />

erano torturati<br />

da differenti tormenti e diversamente ardevano per brama, avversione ed ottundimento<br />

mentale. Allora il<br />

Beato, intuendo il significato di tutto ciò, proferì in quel momento le parole ispirate:<br />

Questo mondo, avvampato, mandato in perdizione dal contatto (= dal sentire), innalza il suo<br />

lamento.<br />

Ciò per cui uno si considera, proprio per questo diventa un altro (55).<br />

Diventare altro è iniziare ad esistere e la gente e caduta nel [ciclo dell'esistenza pur si<br />

compiace di esistere!<br />

Per il fatto stesso che vi si compiace, [ivi nasce] timore: e ciò per cui teme, questo è Dolore.


Mediante il totale abbandono del Divenire (= esistere, bhava) 50, si vive nella condizione del<br />

Brahman<br />

(Brahmacariya).<br />

52<br />

Quei monaci, o brahmona, i quali hanno detto che mediante il divenire si giunge alla<br />

liberazione del divenire,<br />

tutti costoro io dichiaroýsono non-liberati dal divenire.<br />

Ma tutti quei monaci, o brahmana, i quali hanno detto che, interrompendo [il flusso del]<br />

divenire, si consegue<br />

un rifugio dal divenire, costoroýio dichiaroýnon sono liberi dal divenire.<br />

"No! È in seguito al substrato (57) che il Male viene ad essere; mediante la distruzione di tutti<br />

gli<br />

attaccamenti (upadana) non vi è più produzione di Dolore."<br />

Contempla questo mondo così vario: rovinati dalla Nescienza gli esseri, che si rallegrano di<br />

esistere, non<br />

raggiungono la Liberazione.<br />

Poiché, invero, tutte le esistenze, quali che siano e comunque siano, tutte le condizioni di<br />

esistenza sono<br />

impermanenti, dolorose e costituite da incessante mutamento.<br />

Colui che ha visto le cose come sono in realtà, mediante la retta conoscenza,<br />

abbandona la sete di esistere: egli si rallegra del fatto che la sete sia stata uccisa.<br />

L'Estinzione, però, è la distruzione di tutte le seti ed è la cessazione senza residui di ogni<br />

passione.<br />

"Per quell'asceta che si sia ""estinto"" non vi è più attaccamento,"<br />

non esiste più rinascita.<br />

Sopraffatto è Mara. Egli (= l'asceta) ha vinto il combattimento.<br />

"Così egli è, avendo abbandonato ogni forma di esistere!""."<br />

CAPITOLO IV<br />

MEGHIYA<br />

"1. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Calika, sulla collina di<br />

Calika. Ora,<br />

in quella occasione, il venerabile Meghiya (58) si trovava al servizio del Beato. Quindi il<br />

venerabile Meghiya<br />

venne dal Beato e, venuto da Lui, lo salutò e rimase in piedi in un canto. Mentre così stava<br />

chiese al Beato:<br />

""Signore, io desidero andare al villaggio Jantu per la questua "". ""Fa' quello che ti sembra il<br />

tempo adatto<br />

di fare, o Meghiya! "" Pertanto il venerabile Meghiya, apprestatosi alla sua uscita mattutina,<br />

indossato l'abito<br />

e presa la ciotola, entrò nel villaggio Jantu per la questua del cibo. Finita la questua e<br />

consumato il cibo se ne<br />

venne verso la riva del fiume Kimikala e, mentre si sgranchiva le gambe camminando avanti e<br />

indietro, vide<br />

un piacevole e delizioso boschetto di manghi."<br />

"Quella vista lo indusse a pensare: ""Veramente piacevole e delizioso è questo boschetto di<br />

manghi! Per un<br />

Figlio di Famiglia che voglia esercitarsi, questo è proprio adatto ad allenarsi alla<br />

concentrazione. Se il Beato<br />

mi dà licenza verrò in questo boschetto di manghi per esercitarmi "". Quindi il"<br />

venerabile Meghiya andò dal Beato e, sedutosi in un canto,


gli narrò [del luogo che aveva trovato] e gli disse:<br />

Se il Beato me lo permette, andrei a quel boschetto di<br />

"manghi per esercitarmi"". A queste parole, il Beato disse al venerabile Meghiya: ""Attendi un<br />

poco,<br />

Meghiya, io sono solo fintanto che non arrivi un altro monaco "" (59)."<br />

"Più tardi il venerabile Meghiya disse per la seconda volta al Beato: "" Signore, il Beato non ha<br />

da compiere<br />

più nulla che debba essere compiuto, non ha più nulla da aggiungere a ciò che ha già fatto. Ma<br />

per me, o<br />

Signore, vi è ancora di più da compiere di ciò che deve essere compiuto, vi è ancora da<br />

aggiungere a ciò che<br />

ho già fatto. Se il Beato mi dà licenza, andrei a quel bosco di manghi per esercitarmi [alla<br />

concentrazione]"".<br />

Ancora, per seconda volta, il Beato rispose al venerabile Meghiya: "" Aspetta un po', Meghiya.<br />

Io sono solo,<br />

intanto che non arrivi un altro monaco ""."<br />

"Più tardi, per terza volta, il venerabile Meghiya presentò la sua richiesta ed il Beato gli<br />

rispose: "" Bene,<br />

53<br />

Meghiya, che possiamo noi dire ad un Meghiya che ci parla di esercitarsi nella concentrazione.<br />

Fa' ciò che ti<br />

sembra opportuno compiere in questo tempo! "". A queste parole il venerabile Meghiya si alzò<br />

dal luogo ove<br />

era assiso, salutò il Beato girandogli attorno verso destra e se ne andò al bosco di manghi;<br />

giuntovi, vi<br />

penetrò e sedette per il riposo meridiano ai piedi di un certo albero. Ora, mentre il venerabile<br />

Meghiya se ne<br />

stava in quel boschetto di manghi, soverchiarono [la sua mente] tre formo di pensiero cattive<br />

e malefiche,<br />

cioè pensieri concupiscenti, pensieri di odio, pensieri di uccisione. Allora il venerabile<br />

Meghiya così rifletté:<br />

""È strano davvero, è stupefacente davvero che proprio io, che pieno di fede lasciai la casa per<br />

la vita errante,<br />

venga così assalito da tre forme di pensiero, cattive e malefiche, cioè pensieri concupiscenti,<br />

pensieri di odio,<br />

pensieri di uccisione!"". Così, venuta la sera, si alzò dal suo eremo ed andò dal Beato. Giunto<br />

che fu dal<br />

Beato lo salutò e, avendolo salutato, si sedette in un canto e gli disse: ""Signore, mentre me ne<br />

stavo nel<br />

boschetto di manghi sono stato assalito da tre forme di pensiero, cattive e malefiche" Allora, o<br />

Signore, ho<br />

riflettuto: è strano davvero, è stupefacente davvero, che io venga così assalito "!"". ""O<br />

Meghiya, cinque<br />

sono gli elementi che ostacolano la maturazione di un cuore (= dello spirito), allorché questo<br />

non è ancora<br />

maturo!"<br />

"1) Qui, o Meghiya, il monaco è [circondato da] buona amicizia, buona dimestichezza, buona<br />

confidenza.<br />

Questo è il primo elemento che conduce un cuore non ancora maturo alla maturazione. 2)<br />

Oltre a ciò,


Meghiya, il monaco pratica le virtù (sila), dimora raffrenato mediante l'obbedienza ai precetti<br />

(60), è perfetto<br />

nella pratica della giusta condotta, considera temibili le mancanze più lievi, e intraprende ad<br />

allenarsi nelle<br />

diverse forme di ascesi. Quando il cuore non è ancora maturo, o Meghiya, questo è il secondo<br />

elemento che<br />

conduce alla sua maturazione. 3) Inoltre, o Meghiya, il monaco pratica la conversazione con<br />

piacere, senza<br />

pena e senza limite, soltanto in quanto purifica ed è adatta ad aprire il cuore [all'autoanalisi] e<br />

conduce alla<br />

revulsione [degli ostacoli], al distacco, alla calma, alla quiete, alla perfetta intuizione,<br />

all'estinzione, cioè, la<br />

conversazione riguardante l'aver necessità di poco, l'essere contento del proprio stato, lo<br />

stato solitario,<br />

l'essere schivi della società, il porre in atto virile energia. Quando il cuore non è ancora<br />

maturo, questo, o<br />

Meghiya, è il terzo elemento che conduce alla sua maturazione. 4) Inoltre ancora, o Meghiya, il<br />

monaco<br />

permane risoluto nell'operare, nell'abbandonare le cose non benefiche e nell'acquistarsi<br />

quelle benefiche; è<br />

forte e costante nello sforzo e non scarica il fardello quando si tratta [di intraprendere] azioni<br />

meritorie.<br />

Quando il cuore non è ancora maturo, questo, o Meghiya, è il quarto elemento che conduce<br />

alla sua<br />

maturazione. 5) Oltre a ciò, o Meghiya, il monaco possiede la gnosi (61), quella gnosi che gli<br />

permette di<br />

intuire lo sviluppo e la decadenza [degli elementi della realtà], con la penetrazione arya, che fa<br />

discernere la<br />

fine del Male. Quando il cuore non è ancora maturo, o Meghiya, questo è il quinto elemento<br />

che conduce alla<br />

sua maturazione."<br />

Ora, Meghiya, questo deve essere atteso da un monaco che ha buona amicizia, buona<br />

dimestichezza, buona<br />

confidenza - cioè, che egli praticherà virtù, dimorerà raffrenato mediante l'obbedienza ai<br />

precetti, sarà<br />

perfetto nella pratica della giusta condotta, considererà temibili le mancanze più lievi, si<br />

allenerà nelle<br />

diverse forme di ascesi. Questo, o Meghiya, deve essere atteso da un monaco che pratica<br />

virtù......<br />

cioè, che egli praticherà con piacere la conversazione soltanto in quanto purifica ed è adatta<br />

ad aprire il<br />

cuore, a condurre alla revulsione, al distacco, alla calma, alla perfetta<br />

gnosi, all'estinzione Questo, o Meghiya, deve essere atteso<br />

dal monaco che pratica con piacere la conversazione soltanto<br />

in quanto purifica , cioè che permarrà risoluto nell'operare, nell'abbandonare le cose non<br />

benefiche e<br />

nell'acquistarsi<br />

quelle benefiche, che sarà forte e costante nello sforzo e non<br />

scaricherà il fardello quando si tratterà di intraprendere azioni<br />

meritorie (62). Questo, o Meghiya, sarà atteso dal monaco che


permarrà risoluto nell'operare , cioè, che possiederà la gnosi,<br />

quella gnosi che gli permetterà di intuire lo sviluppo e la<br />

decadenza [degli elementi della realtà], con la penetrazione<br />

54<br />

arya che fa discernere la fine del Dolore.<br />

"Inoltre, o Meghiya, il monaco che ha ben stabilito se stesso, in queste cinque condizioni, da<br />

costui altri<br />

quattro elementi devono essere sviluppati: il senso di disgusto deve venir sviluppato per<br />

giungere<br />

all'abbandono della concupiscenza; l'amorevolezza deve venir sviluppata per giungere<br />

all'abbandono<br />

dell'avversione [per il prossimo]; la consapevolezza nell'inspirare e nell'espirare (anapanasati)<br />

deve venir<br />

sviluppata per giungere alla soppressione del pensiero discorsivo (viitakka); la coscienza<br />

dell'impermanenza<br />

deve venire sviluppata per giungere allo sradicamento dell'egoismo. In chi e cosciente<br />

dell'impermanenza, o<br />

Meghiya, si stabilisce la coscienza di ciò che non è il Sé. Chi è cosciente di ciò che non Ë il Sé<br />

conquista<br />

l'annientamento della vanità dell'egoismo (63) in questa stessa vita, cioè conquista<br />

l'Estinzione (nibbana)"",<br />

A questo punto il Beato, intuendo questo significato, profferì in quel momento queste parole<br />

ispirate:"<br />

"Piccoli, sottili pensieri, prendendo forma, rendono il mentale elato (54); coloro che ciò non<br />

sanno, con lo<br />

spirito vagante, errano mentalmente qua e là; coloro che ciò sanno, ardenti di ascesi e<br />

consapevoli, domano il<br />

mentale nel pensiero; superata l'elazione della mente, il Risvegliato abbandona questi<br />

pensieri e nulla più<br />

rimane! ."<br />

2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Kusinara, ad<br />

Upavattana, nel<br />

bosco di alberi sala. In quella circostanza una turba di monaci abitava in capanne nella foresta,<br />

non lontano<br />

dal Beato, superbi, insolenti, incostanti, maldicenti, ciarloni, privi di controllo, scomposti, dalla<br />

mente non<br />

raccolta, dai sensi non raffrenati.<br />

Ora il Beato, vedendo quei monaci che erano di tale specie,<br />

viventi non lungi da lui, ed intuendo il significato di ciò,<br />

profferì, in quel momento, le parole ispirate:<br />

Col corpo (= mente) non custodito, dedito a false teorie, dominato da indolenza e torpore, si<br />

soccombe al<br />

potere di Mara. Perciò il monaco che agisce seguendo giuste vedute, che ha conosciuto<br />

crescita e decadenza,<br />

superati indolenza e torpore, abbandona tutte le cattive vie!.<br />

3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato compiva il suo giro in mezzo alle<br />

genti del<br />

Kosala, seguito da gran numero di monaci. In quella occasione il Beato, uscito dalla via<br />

maestra, andò verso<br />

la radice di un certo albero, ove sedette su un sedile che gli era stato preparato.


"Poco dopo un certo vaccaro giunse presso il Beato, lo salutò e sedette [presso di lui] ad un<br />

lato. Una volta<br />

che fu seduto, il Beato istruì, incitò, infiammò e rallegrò quel vaccaro con conversazione<br />

attinente alla Buona<br />

Legge. Ed il vaccaro, così istruito, incitato, infiammato e rallegrato dal Beato, gli disse:<br />

""Signore, voglia il<br />

Beato accettare da me il pasto di domani assieme all'Ordine dei monaci o. Ed il Beato accettò<br />

tacendo.<br />

Quindi il vaccaro, vedendo l'assenso del Beato, si alzò, lo salutò girandogli attorno verso<br />

destra e se ne andò.<br />

Poi, quando fu trascorsa la notte, quel vaccaro preparò nella sua casa una buona quantità di<br />

latte-e-riso con<br />

poca acqua (= sostanzioso) e burro fresco fuso: indi annunciò il tempo al Beato, dicendogli: ""<br />

Signore, il<br />

riso è cotto "". Così il Beato, apprestatosi ad uscire nel mattino, presa la ciotola ed indossata la<br />

veste, andò<br />

con tutto l'Ordine dei monaci alla casa di quel vaccaro, ove, giunto, si sedé in un posto<br />

preparatogli. Allora<br />

quel vaccaro, con le sue stesse mani, soddisfece e nutrì fino alla sazietà l'Ordine dei monaci, a<br />

cominciare dal<br />

Beato, con latte e riso ben sostanzioso e burro fresco fuso. E quel vaccaro, vedendo che il<br />

Beato aveva<br />

mangiato a sazietà ed aveva lavato sia la ciotola che le mani, prendendo un basso sedile gli si<br />

sedette<br />

accanto. Quando si fu seduto così il Beato lo istruì, lo incitò, lo infiammò e lo rallegrò con la<br />

sua<br />

conversazione attinente alla Buona Legge. Indi si alzò ed andò via. Non molto tempo dopo che<br />

il Beato se ne<br />

fu andato un certo uomo uccise il vaccaro nelle vicinanze del villaggio ""(65)."<br />

"Ed i monaci, in gran numero accorsi presso il Beato.... e gli dissero: ""Signore, dicono che il<br />

vaccaro dal<br />

quale l'Ordine dei monaci, con a capo il Beato, è stato proprio oggi soddisfatto e totalmente<br />

nutrito con le sue<br />

stesse mani" è stato<br />

55<br />

"ucciso da un certo uomo nelle vicinanze del villaggio"". Allora il Beato, intuendo il significato<br />

di ciò,<br />

profferì in quel"<br />

momento le parole ispirate:<br />

Qualunque male possa fare un nemico ad un nemico o l'odio<br />

"a chi odia, male molto maggiore viene compiuto dalla mente mal diretta""."<br />

4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Rajagaha, nel Bosco di<br />

Bambù,<br />

presso la Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. In quella circostanza i venerabili Sariputta e<br />

Maha-Mogallana<br />

vivevano nella Grotta dei Piccioni, ed il venerabile Sariputta, in una notte illuminata dalla luna,<br />

proprio<br />

quando si era rasato i capelli, sedeva [in raccoglimento], avendo conquistato l'accesso ad un<br />

certo grado di<br />

meditazione estatica.


"Proprio allora si trovavano a passare per quelle parti due yakkha (66) amici, i quali<br />

viaggiavano dal nord<br />

verso il sud per qualche cosa che avevano da fare. Alla vista del venerabile Sariputta così<br />

assiso, l'uno disse<br />

all'altro: ""Mi viene in mente di dare a quel monaco un colpo in testa"". A queste parole l'altro<br />

yakkha<br />

rispose: ""Guardatene, amico, un asceta è un essere elevato, di grande potere [magico] e di<br />

grande maestà!<br />

1). Indi il primo yakkha ripeté le medesime parole" e l'amico di nuovo lo dissuase Così pure<br />

una terza volta<br />

allora quello yakkha, non tenendo conto del consiglio dell'altro, diede un colpo in testa al<br />

venerabile<br />

Sariputta. Così<br />

forte fu il colpo, che avrebbe potuto abbattere un elefante alto<br />

da sette a otto cubiti, e spaccato la cima di una montagna.<br />

"Istantaneamente lo yakkha, gridando: ""Brucio, brucio!"","<br />

cadde entro il grande inferno.<br />

"Ora il venerabile Maha-Mogallana, con purificato occhio divino, che di molto supera quello<br />

umano, vide il<br />

colpo che era stato assestato dallo yakkha alla testa di Sariputta. A quella vista, avvicinatosi a<br />

Sariputta, gli<br />

chiese: "" Caro mio Signore, spero che lo abbiate sopportato, spero che lo possiate reggere,<br />

spero che non ne<br />

abbiate avuto male ! "". "" Sì, Mogallana, lo sto sopportando; sì, mio Signore, lo reggo, però<br />

sento soltanto<br />

un piccolo dolore alla testa"". ""È meraviglioso, Sariputta, mio caro Signore! È veramente una<br />

meraviglia il<br />

grande potere magico e la grande maestà del venerabile Sariputta! Perché proprio ora un<br />

certo yakkha vi ha<br />

dato un colpo sulla testa: tanto potente era il colpo che avrebbe potuto abbattere un elefante"<br />

"o spaccare la<br />

cima di un monte: ed il venerabile Sariputta dice: "" Lo sopporto, Mogallana, caro amico"<br />

"però sento un<br />

leggero dolore al capo "" "". [E Sariputta soggiunse:] "" Ma questo è meraviglioso! il<br />

miracoloso, Mogallana,<br />

caro amico, il gran potere e la grande maestà"<br />

del venerabile Mogallana, che egli possa addirittura vedere<br />

uno Yakkha, addirittura! Quanto a me, non riuscirei a vedere<br />

"in questo posto neppure uno spirito folletto (67)! """<br />

Allora il Beato, con purificato orecchio divino, che di molto supera quello umano, udì i due<br />

saggi che in tal<br />

modo conversavano e, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento il verso ispirato:<br />

Colui il cui spirito, simile ad una roccia, sta fermo e non vacilla,<br />

"Libero dalle passioni non si agita per ciò che dovrebbe turbarlo, a questi, il cui spirito è così<br />

[concentrato],<br />

donde potrebbe venirgli male ? "" ."<br />

"5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Kosambi, nel parco<br />

Ghosita. Ora, in<br />

quel]a circostanza il Beato era infastidito da monaci e monache, devoti laici e devote laiche, re<br />

e ministri


eali, settari e loro seguaci, e viveva In mezzo alla confusione, non a suo agio. Allora il Beato<br />

pensò: ""Io sto<br />

qui vivendo infastidito da"<br />

monaci e monache da settari e da loro seguaci. Io vivo<br />

56<br />

scomodo, non a mio agio. Vivessi romito e solo, lontano dalla<br />

"folla"". Quindi il Beato, rassettatosi di buon mattino, indossa"<br />

la veste, prese la scodella ed entrò in Kosambi per la questua<br />

del cibo: compiuto il suo giro per la questua del cibo ritornò<br />

e se ne nutrì, pose in ordine il suo alloggio ed il suo giaciglio,<br />

prese la scodella e la veste senza informare il monaco che lo<br />

serviva o darne notizia all'Ordine dei monaci, solo e senza seguaci iniziò il suo giro diretto al<br />

villaggio<br />

Parileya, che raggiunse successivamente. Ivi il Beato si fermò a risiedere nella<br />

radura della Fitta Foresta Custodita, presso la radice di un<br />

bell'albero sala. Ora, un certo elefante maschio viveva infastidito dagli elefanti e dalle<br />

elefantesse, dagli<br />

elefantini e dagli<br />

elefanti lattanti, e doveva nutrirsi ove l'erba era stata già raccolta per loro. Essi mangiavano i<br />

fasci di rami<br />

che egli aveva<br />

spezzato. Egli doveva bere l'acqua infangata e, quando attraversava un guado, le elefantesse lo<br />

seguivano<br />

spingendo il suo corpo. Così il grande elefante maschio viveva scomodo, non a<br />

"suo agio. Quindi il grande elefante maschio pensò: "" Qui io"<br />

vivo infastidito da elefanti e da elefantesse, da elefantini e da<br />

elefanti lattanti, debbo nutrirmi laddove l'erba è già stata<br />

raccolta. Gli altri mangiano i fasci di rami che io spezzo, io<br />

devo bere acqua infangata e, quando attraverso un guado, le<br />

elefantesse mi spingono premendo il mio corpo: così vivo<br />

"scomodo, non a mio agio "". Quindi il grande elefante maschio"<br />

abbandonò il branco e partì per il villaggio di Parileya, verso<br />

la radura della Fitta Foresta Custodita, e verso quell'albero<br />

alla cui radice stava assiso il Beato. Quando vi fu giunto, tenne<br />

il luogo, ove il Beato dimorava, pulito da erba, e, con la sua<br />

proboscide, portava acqua per uso del Beato. Così al Beato,<br />

"che viveva in ritiro e meditazione, sorse il pensiero: ""Io"<br />

vivevo prima infastidito da monaci e monache vivevo scomodo, non a mio agio. Ma ora vivo<br />

non infastidito<br />

da monaci<br />

e monache settari e loro seguaci. Non infastidito, vivo<br />

"tranquillo e a mio agio "". Egualmente il grande elefante"<br />

"maschio pensava: "" Prima io vivevo infastidito da elefanti ed"<br />

elefantesse "ora, invece, dimoro tranquillo ed a mio agio ""."<br />

Quindi il Beato, considerando il suo ritiro e con la sua<br />

mente penetrando nel pensiero di quel grande elefante maschio, proferì in quell'occasione il<br />

verso ispirato:<br />

Su questo concordano, mente con mente, il Naga (68) col naga<br />

"dalle zanne a vomere: poiché entrambi si rallegrano della solitudine della foresta! ""."


6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato se ne stava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il venerabile Pindolabharadhvaja sedeva<br />

non lungi dal<br />

Beato, con le gambe incrociate, tenendo il corpo eretto, essendo egli un abitatore delle foreste,<br />

un questuante,<br />

uno vestito di panni rappezzati, uno che porta addosso le tre robe (69), che aveva bisogno di<br />

poco, contento<br />

del suo stato, eremita, schivante la società, di ardente energia, che seguiva le pratiche<br />

ascetiche, dedito alle<br />

più alte meditazioni. Ora il Beato, vedendo il venerabile Pindolabharadhvaja così assiso in<br />

quel momento<br />

proferì il verso ispirato:<br />

57<br />

Non ingiuriare, non danneggiare, vivi contenuto dalla disciplina,<br />

prendi poco cibo, dormi e giaci solo. Mantieni la mente dedita alla meditazione suprema:<br />

questo è<br />

"l'insegnamento dei Risvegliati!""."<br />

7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora in quella stessa circostanza il venerabile Sariputta sedeva non lungi dal<br />

Beato, con le<br />

gambe incrociate, tenendo il corpo eretto. Egli era uno di quelli che hanno bisogno di poco,<br />

contento del suo<br />

stato, un monaco, che schiva la società, di ardente energia, dedito alle più alte meditazioni. Ora<br />

il Beato,<br />

vedendo Sariputta così assiso in<br />

quel momento profferì il verso ispirato:<br />

Di alti pensieri, gravemente attento, silente ed allenato nelle<br />

"discipline ascetiche, i dolori non sopravvengono ad uno tale, calmo e sempre attento ""."<br />

8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora in quel tempo il Beato era molto stimato, onorato, considerato e<br />

venerato. Lo<br />

trattavano con deferenza e non gli facevano mancare vesti, cibo elemosinato, giaciglio e<br />

alloggio, comodità e<br />

medicine per le malattie, e così pure l'Ordine dei monaci. Ma gli Erranti (70), che sostenevano<br />

altre dottrine, non erano stimati ed onorati non ottenevano<br />

viveri, eccetera Allora quegli Erranti, che sostenevano altre<br />

dottrine, incapaci di sopportare l'onore che veniva reso al<br />

Beato ed all'Ordine dei monaci, andarono da Sundan, donna<br />

"degli Erranti, e le dissero: "" Sorella, tu puoi fare una buona"<br />

"azione ai tuoi confratelli "". "" Che cosa posso io fare, fratelli ? Che cosa mi è possibile fare ?<br />

La mia stessa<br />

vita è offerta"<br />

"in sacrificio per i miei parenti [spirituali] !"". "" Allora, sorella,"<br />

"va' frequentemente al bosco Jeta "". ""Bene, fratelli "", rispose"<br />

"Sundar; a quegli Erranti di altra dottrina, e prese ad andare"<br />

ogni momento al bosco Jeta.


"Allora, quando quegli Erranti di altra dottrina furono sicuri che correva voce che ""Sundari, la<br />

donna-asceta,<br />

era stata chiaramente veduta da molta gente andare ogni momento al bosco Jeta "", allora<br />

l'uccisero e la<br />

seppellirono nel cavo di un fosso, indi si recarono da Pasenadi, dal re del Kosala, e gli<br />

dissero:""Maharaja,<br />

quella Sundari, donna-asceta, non si vede più in nessun luogo "". ""E dove sospettate che possa<br />

trovarsi? "".<br />

"" Nel bosco Jeta, Maharaja "". ""Allora setacciate il bosco Jeta per trovarla "". Così quegli<br />

Erranti di altra<br />

dottrina, dopo aver frugato il bosco Jeta, trassero il corpo dell'uccisa dal fosso dove l'avevano<br />

sepolta, lo<br />

misero su un palanchino e lo portarono a Savatthi, dove lo fecero girare [per tutta la città] di<br />

strada in strada,<br />

di crocicchio in crocicchio e, quando incontravano gente, ne accendevano l'indignazione<br />

dicendo:<br />

""Guardate, fratelli, ciò che hanno fatto i figli del Sakya! Svergognati sono quei monaci! I figli<br />

del Sakya<br />

sono perversi, malvagi, mentitori, non viventi secondo castità ! Essi pretenderanno di vivere<br />

secondo la<br />

Buona Legge, di vivere in pace, di vivere secondo castità, veritieri, virtuosi, uomini di vita<br />

commendevole.<br />

Ma, presso di loro, non vi è monachesimo, non brahmanica condotta. Il loro monachesimo è<br />

perduto, la loro<br />

condotta brahmanica è perduta. Come potrebbero praticare il monachesimo? Come<br />

potrebbero praticare la<br />

brahmanica condotta? Essi hanno abbandonato il monachesimo, essi hanno abbandonato la<br />

brahmanica<br />

condotta. Dico, come può un uomo, dopo aver fatto la parte dell'uomo (= giacendosi con<br />

donna), privare di<br />

vita la donna? ""."<br />

"In quel tempo, pertanto, allorché la gente di Savatthi scorgeva i monaci, li assaliva, li<br />

insultava, li<br />

vilipendeva ed angariava con ingiurie ed improperi, dicendo: ""Svergognati sono"<br />

questi monaci dico, come potrebbe un uomo, dopo aver<br />

58<br />

"fatto la parte dell'uomo, privare di vita la donna? ""."<br />

"Allora un gran numero di monaci, preparatisi per l'uscita mattutina, presa la ciotola ed<br />

indossata la veste,<br />

entrò in Savatthi per la questua e, dopo aver girato per Savatthi ed aver mangiato il cibo<br />

questuato, andò dal<br />

Beato. Quei monaci, presentatisi al Beato, dopo averlo salutato si sedettero in un canto e<br />

dissero ""Ora, a<br />

Savatthi, o Signore, quando la gente vede i monaci, li assale con ingiurie ed improperi,<br />

dicendo:"<br />

" Svergognati sono i monaci (eccetera) "". ""O monaci,"<br />

"questo rumore non durerà a lungo: durerà solo sette giorni;"<br />

alla fine dei sette giorni dileguerà. Pertanto, o monaci, quando<br />

incontrate quelle persone che, alla vista dei monaci, li assale<br />

con ingiurie ed improperi, riprendetele con questo verso:


Chi dice menzogna va all'inferno, così pure chi nega di<br />

"aver fatto ciò che egli compì. Tutti e due, trapassando, diventano uguali, gente d'azione<br />

spregevole,<br />

nell'altro mondo! "" ""."<br />

Quindi quei monaci appresero a memoria quella strofa e,<br />

allorché incontravano la gente che li assaliva con ingiurie ed<br />

improperi, le rispondevano con quella strofa. Allora la<br />

"gente pensò: "" Questi monaci, i figli del Sakya, sono consacrati da giuramento"". Così il<br />

rumore non durò a<br />

lungo: durò"<br />

esattamente sette giorni. Alla fine dei sette giorni esso svanì.<br />

Allora molti monaci si recarono dal Beato e dissero:<br />

Straordinario è, o Signore, meraviglioso è, o Signore, come<br />

"sono state veraci le parole dette dal Beato, e cioè: "" Questo"<br />

rumore, o monaci, non durerà molto. Durerà soltanto sette<br />

"giorni. Alla fine dei sette giorni dileguerà!"""". Allora il"<br />

Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento<br />

questo verso ispirato:<br />

La gente priva di controllo colpisce gli altri (71) con parole, come elefanti in combattimento.<br />

"Udendo proferire crudeli parole. resti il monaco imperturbabile""."<br />

"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />

Bosco di Bambù,<br />

nella Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. Ora, in quel medesimo tempo, il venerabile Upasena<br />

(72), figlio di<br />

Vanganta, ""a andato in ritiro spirituale e raccoglimento, per cui gli era occorso di pensare:<br />

""Un acquisto è<br />

questo mio"" un buon guadagno per me che il mio maestro sia il Beato, l'Arhat, il Pienamente<br />

Risvegliato<br />

(samma-sam-buddha)! Che io abbia abbandonato la casa per la vita errante nella ben<br />

proclamata disciplina<br />

della Buona Legge! È un acquisto per me, che i miei compagni nella vita brahmanica siano<br />

virtuosi e di<br />

amabile natura; che io sia uno che ha soddisfatto ai precetti di virtù (sila), che io sia composto,<br />

che sia uno<br />

con la mente concentrata in un punto solo (73), un Arhat che ha distrutto ogni attaccamento;<br />

che io sia uno di<br />

grandi poteri e di grande potenza! Felice è stata la mia vita e felice sarà la mia morte!""."<br />

Ora il Beato, afferrando con la sua mente il pensiero del venerabile Upasena, figlio di<br />

Vahganta, intuendo il<br />

senso di tutto ciò profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

Colui che la vita non arde, lui non cruccia la fine [allorché giunge] la morte.<br />

Se questo Costante ha visto il sentiero, non s'addolora in mezzo al dolore.<br />

Per il monaco che ha troncato la sete di vivere, il cui spirito è placato,<br />

"in cui è annientato l'errare di nascita in nascita, per costui non esiste più altro divenire! ""."<br />

10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

59<br />

parco di Anathapindika. In quella circostanza il venerabile Sariputta era assiso non lungi dal<br />

Beato, con le


gambe incrociate, col corpo eretto, contemplando il proprio stato di conquistata calma<br />

interiore (upasama).<br />

Ed il Beato, vedendo il venerabile Sariputta così meditante, intuendo il significato di ciò,<br />

profferì in quel<br />

momento questo verso ispirato:<br />

Per il monaco la cui mente è calma, che ha spezzato la serie delle vite,<br />

"è annichilito il flusso delle nascite: egli è libero dal vincolo di Mara!""."<br />

CAPITOLO V<br />

L'ANZIANO (74) SONA<br />

"1. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella stessa occasione, il re Pasenadi dei Kosala era andato<br />

con la regina<br />

Mallika al piano rialzato del suo palazzo. Allora il re Pasenadi dei Kosala disse a Mallika, la<br />

regina:<br />

""Dimmi, o Mallika, esiste qualcuno che ti sia più caro che il Sé (75)?"". ""Per me, maharaja,<br />

non vi è alcuno<br />

più caro del Sé. Ma per te, o maharaja, vi è alcuno che ti sia più caro del Sé? "". ""Anche per me,<br />

Mallika,<br />

non vi alcuno che mi sia più caro del Sé"". Quindi il re Pasenadi dei Kosala scese dal palazzo e<br />

se ne andò<br />

presso il Beato. Giunto che fu al suo cospetto lo salutò e, avendolo salutato, sedette in un<br />

canto. Così seduto,<br />

il re Pasenadi dei Kosala disse al Beato: "" Signore, sono andato con la regina Mallika al piano<br />

rialzato del<br />

palazzo ed ho detto a Mallika, la regina, quanto segue" "(e narrò della conversazione avuta con<br />

la moglie)<br />

""."<br />

Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel tempo questo verso ispirato:<br />

"Si attraversino con la mente tutte le direzioni dello spazio, nulla si troverà di più caro [a sé]<br />

che il Sé;"<br />

"poiché anche per gli altri ad ognuno il sé è caro, non danneggi altri, chi il sé ha caro! ""."<br />

"2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora il venerabile Ananda, alzandosi verso sera dal suo eremo, andò<br />

dal Beato:<br />

essendo giunto presso di lui lo salutò e si pose a sedere in un canto. Sedutosi, così il venerabile<br />

Ananda<br />

interpellò il Beato: "" È meraviglioso, o Signore, è straordinario, o Signore, come è vissuta poco<br />

la madre del<br />

Beato! Quando il Beato era nato da appena sette giorni, sua madre pose termine [alla sua vita],<br />

rinascendo<br />

presso gli dèi del Tubista (76) "" proprio così, Ananda, breve è la vita delle madri dei<br />

Boddisattva (77).<br />

Quando i Bodhisattva sono nati da sette giorni, le loro madri pongono fine all'esistenza e<br />

rinascono presso gli<br />

dèi del Tubista ""."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quell'occasione questo verso ispirato:<br />

Che tutte le creature verranno ad essere e che tutte, abbandonando il corpo, se ne<br />

dipartiranno,


"il Bennato, vedendo tutto questo, procederà ardente nella brahmanica ascesi! ""."<br />

"3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />

Bosco dei<br />

Bambù. presso la Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. Ora, in quel tempo vi era a Rajahaga un<br />

lebbroso di<br />

nome Suppabuddha, un pover'uomo, una creatura misera e disgraziata; ed avvenne che, in<br />

quell'occasione, il<br />

Beato sedesse in mezzo ad una grande moltitudine, insegnando la Buona Legge. E<br />

Suppabuddha, il lebbroso,<br />

60<br />

avendo visto da lontano tutta quella turba riunita assieme, pensò a tale vista: "" Certamente<br />

laggiù vi sarà da<br />

ricevere cibo, vuoi duro vuoi morbido. Che sia il caso che io vada vicino a quella folla? Potrei<br />

ottenere<br />

qualcosa da mangiare, sia duro sia morbido! "". Fu così che Suppabuddha, il lebbroso, si<br />

avvicinò alla<br />

moltitudine e contemplò il Beato che sedeva in mezzo alla grande folla, insegnando la Buona<br />

Legge e,<br />

vedendolo, pensò: "" No! Qui non si ottiene nulla da mangiare, né di duro né di morbido.<br />

Questi è Gotama,<br />

l'asceta, che insegna la Buona Legge all'assemblea. Che sia il caso che anche io ascolti la Buona<br />

Legge? ""<br />

Così sedette anche lui in un canto, pensando: ""Voglio anche io ascoltare la Buona Legge ""."<br />

"Ora il Beato, afferrando in ispirito i pensieri di tutta quella assemblea, concepì il pensiero:<br />

""Chi dei<br />

presenti è perfettibile sì da conoscere la Buona Legge ? "". E il Beato vide Suppabuddha, il<br />

lebbroso, seduto<br />

in mezzo alla folla e, a tale vista, pensò: "" Questi è uno evoluto sì da comprendere la Buona<br />

Legge "" Così,<br />

proprio tenendo presente Suppabuddha, il lebbroso, iniziò una conversazione riguardante,<br />

nell'ordine dovuto,<br />

i seguenti argomenti: il dono, la virtù morale, il mondo celeste, gli svantaggi, la bassezza e la<br />

corruzione<br />

della sfera dei desideri ed il vantaggio che si consegue rendendosene libero. E, allorché il<br />

Beato riconobbe<br />

che lo spirito di Suppabuddha, il lebbroso, era pronto, docile, privo di inciampi, elevato ed in<br />

istato di grazia,<br />

allora Egli sviluppò quegli insegnamenti sul Dhemma che soltanto i Risvegliati hanno scoperto<br />

da soli, cioè:<br />

il Dolore, il Sorgere, l'Estinzione, la Vita (78)."<br />

"Proprio come una veste bianca, senza macchie, è pronta ad assorbire la tintura, così pure in<br />

Suppabuddha, il<br />

lebbroso, proprio allorché sedette in quel luogo, sorse in lui la pura, immacolata intuizione del<br />

Dhamma, la<br />

conoscenza del fatto che, in tutto ciò che è soggetto al nascere, è implicita la natura<br />

dell'estinguersi. E [così<br />

pure] Suppabuddha, il lebbroso, vide la Buona Legge, comprese la Buona Legge, si immerse<br />

nella Buona<br />

Legge, passò di là da ogni dubbio, fu libero da ogni [necessità di] chiedere, conquistò fiducia e,<br />

non avendo


più bisogno di altro [che della Buona Legge], si alzò dal luogo ove sedeva, avanzò verso il<br />

Beato e,<br />

essendoglisi avvicinato, lo salutò e sedette in un canto. Come si fu così seduto Suppabuddha, il<br />

lebbroso,<br />

disse al Beato: "" Benissimo, Signore! Benissimo, Signore! Proprio come si dovrebbe sollevare<br />

ciò che è<br />

caduto, scoprire ciò che è nascosto, indicare la via a chi è stordito, mostrare una luce nelle<br />

tenebre, dicendo:<br />

"" Ora coloro che hanno occhi per vedere possono vedere le forme"", così pure il Beato ha<br />

spiegato in<br />

diverse maniere la Buona Legge. Così proprio io, o Signore, prendo rifugio nel Beato, nella<br />

Buona Legge e<br />

nell'Ordine (79). Possa il Beato accettarmi come suo seguace (80), come uno che da quest'ora<br />

in avanti, fino<br />

alla fine della sua vita, prende rifugio in lui "". Dopo di ciò Suppabuddha, il lebbroso, istruito<br />

nella Buona<br />

Legge dall'esposizione del Beato, [da Lui] accolto, e reso felice da quanto aveva ascoltato,<br />

rallegrato e<br />

contentato, ringraziò, si sollevò da dove era seduto e salutò il Beato girandogli attorno verso<br />

destra, e se ne<br />

andò via."<br />

[Più tardi] un giovane vitello, assalito Suppabuddha, gli tolse la vita. Allora un gran numero di<br />

monaci venne<br />

dal<br />

Beato, essendo venuto lo salutò, e disse ": ""Signore, quel"<br />

lebbroso chiamato Suppabuddha, dopo essere stato istruito,<br />

accolto, sollevato e reso felice dall'esposizione della Buona<br />

Legge fatta dal Beato, è giunto al termine della sua vita.<br />

Quale sorte gli è toccata [dopo questa vita] ? Quale è la sua<br />

"vita successiva? """<br />

" Monaci, Suppabuddha, il lebbroso, era un saggio (pandita). Egli è vissuto secondo la Buona<br />

Legge. Egli<br />

non mi ha infastidito domandandomi [tante cose] circa la Buona Legge. Suppabuddha, il<br />

lebbroso, o monaci,<br />

avendo spezzato tre vincoli, è ormai uno-che-è-entrato nella corrente (sotapanno), uno che<br />

oramai non è più<br />

destinato a ricadere in basso: egli è ormai destinato a conquistare la Suprema Illuminazione<br />

(abhisambodhi) .<br />

A queste parole un certo monaco disse al Beato: ""Dimmi, o Signore, quale è la ragione, quale è<br />

la causa per<br />

la quale Suppabuddha, il lebbroso, fu un povero, miserabile e disgraziato essere ? "". ""Una<br />

volta, o monaco,<br />

il lebbroso Suppabuddha era [, in una sua vita trascorsa,] il figlio di un ricco, in questo stesso<br />

Rajagaha. Un<br />

giorno, attraversando un giardino, vide Tagara-sikkhi, un Pacceka-buddha (81) che entrava in<br />

città per la<br />

61<br />

questua. Vedendolo, egli pensò: "" Chi è quel lebbroso che va in giro?"". E, sputando e<br />

volgendoglisi a


sinistra (82), se ne andò. In seguito alla maturazione di tale fatto egli soffrì tormento nel<br />

purgatorio per molti<br />

secoli, per molti millenni, per molte centinaia di millenni (83). Ma, per l'ulteriore maturazione<br />

di quell'atto,<br />

egli venne a nascere in questo stesso Rajagaha come una povera, miserabile, inferma creatura.<br />

Ma,<br />

incontratosi con la disciplina della Buona Legge resa nota dal Così-Venuto (Tathagata), egli<br />

accolse in sé la<br />

fede, accolse in sé la virtù, accolse in sé l'insegnamento udito, accolse in sé il distacco, accolse<br />

in sé la<br />

suprema saggezza"<br />

(panna). Così agendo quando il suo corpo fu disfatto, dopo<br />

la morte, egli ha conquistato un buon destino, rinascendo nel<br />

"mondo celeste, in compagnia dei Trentatré Deva. Egli supera in isplendore, colà, gli altri<br />

Deva, in bellezza e<br />

gloria""."<br />

Indi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

Come chi ha occhi, con forza e conoscenza, evita di cadere nei fossi,<br />

"così, in questo mondo, scansi il saggio le cattive azioni! ""."<br />

"4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quel tempo, gran numero di ragazzi, fra Savatthi ed il bosco<br />

Jeta, [si<br />

divertiva] a tormentare i pesci. Il Beato, [in quella occasione,] apprestatosi per la sua uscita<br />

mattutina,<br />

indossata la veste e presa la ciotola, stava entrando in Savatthi per la questua. Allora il Beato<br />

vide tutti quei<br />

ragazzi che tormentavano i pesci, fra il bosco Jeta e Savatthi. A quella vista Egli andò da loro e<br />

disse:<br />

""avete paura, ragazzi, del male ? Vi è gradito il dolore ? "". "" Proprio così, abbiamo paura del<br />

male, il<br />

dolore ci è sgradito ""."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />

[Se temete il male,] (84) se il dolore vi è sgradito, non compite una mala azione palesemente o<br />

nascostamente:<br />

"se farete il male, o già lo fate, non sfuggirete al male, comunque andiate o tentiate di<br />

sfuggirlo! ""."<br />

"5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel<br />

parco orientale,<br />

presso la casa a piani della madre di Migara. Ora, in quel tempo, il Beato se ne stava seduto,<br />

circondato<br />

dall'assemblea dei monaci, in un giorno che era uposatha (85). Il venerabile Ananda, entrata la<br />

notte, quando<br />

la prima vigilia stava trascorrendo, si alzò da dove sedeva e, buttandosi la veste sulla spalla<br />

destra, congiunse<br />

le palme [salutando] il Beato, e gli disse: ""signore, la notte è bene entrata, la prima veglia è<br />

trascorsa."<br />

"L'assemblea dei monaci è stata già seduta a lungo. Signore, voglia il Beato pronunciare i voti<br />

(86) per i<br />

monaci ! ""."


A queste parole il Beato restò silenzioso. Una seconda volta il venerabile Ananda, alla veglia<br />

mediana,<br />

(ripeté la<br />

richiesta) Indi, una terza volta, quando la notte era ormai<br />

alla fine e la terza veglia stava trascorrendo, mentre l'alba<br />

sbiancava la notte rallegrandone il volto, il venerabile Ananda<br />

si alzò da dove era seduto e, buttandosi la veste sulla spalla,<br />

"congiunse le palme di fronte al Beato, dicendogli: ""Signore,"<br />

la notte è trascorsa. L'ultima veglia sta finendo. È giunta<br />

l'alba e la notte mostra il volto dell'allegrezza. L'ordine dei<br />

monaci è restato seduto per lungo tempo. Signore, voglia il<br />

"Beato pronunciare i voti per i monaci ! "". ""Ananda, L'assemblea non è totalmente pura! ""."<br />

"Allora al venerabile Maha-Mogallana occorse di pensare: ""Riguardo quale persona il Beato<br />

ha detto: ""<br />

62<br />

Ananda, l'assemblea non è totalmente pura ! "" ? "" . Perciò il venerabile Maha-Mogallana,<br />

afferrando questo<br />

[detto] con la mente, rivolse la sua attenzione a tutta quell'assemblea di monaci. Ed il<br />

venerabile Maha-<br />

Mogallana si accorse di una persona che era immorale, di perversa natura, che era un impuro,<br />

di condotta<br />

sospetta, di azioni nascoste, che non era un vero monaco, pur pretendendo di esserlo, né<br />

viveva castamente,<br />

pur pretendendo di vivere così, marcio di dentro, pieno di brame, sporco mucchio di<br />

immondizia, ivi sedente<br />

in mezzo all'Ordine dei monaci. Dopo averlo scorto, si alzò dal suo seggio ed andò incontro a<br />

tale persona, e,<br />

essendo giunto, le disse: "" Alzatevi, caro signore! Siete stato visto dal Beato! Non vi è società<br />

per voi, qui,<br />

fra i monaci! "". Ma quella persona se ne ristette silenziosa. Allora una seconda volta ed una<br />

terza il<br />

venerabile Maha-Mogallana ripeté le stesse parole, ed [ancora] quella persona rimase zitta.<br />

Allora il<br />

venerabile MahaMogallana prese quella persona per il braccio, la cacciò fuori dal portone,<br />

attraverso il quale<br />

pose la sbarra, venne dal Beato e disse: ""Signore, quella persona è stata cacciata da me. La<br />

compagnia è<br />

totalmente pura. Signore, si degni il Beato di pronunciare i voti per i monaci!"". "" è strano,<br />

Mogallana, è<br />

meraviglioso, Mogallana, come quell'imbecille abbia dovuto aspettare finché non venne<br />

afferrato per il<br />

braccio! "". Allora il Beato ammonì i monaci, dicendo: "" Da questo giorno in poi, o monaci, io<br />

non<br />

osserverò più l'uposatha, né pronuncerò i voti [per i monaci]. Pronunciateli voi, i voti [ai quali<br />

siete astretti].<br />

È fuor di luogo, o monaci, è inopportuno che il Tathagata debba osservare l'uposatha, debba<br />

pronunciare i<br />

voti, quando l'assemblea non è totalmente pura. Monaci, vi sono le seguenti otto cose nel<br />

grande Oceano,


meravigliose e strane, contemplando le quali gli Asura (87) di volta in volta, si deliziano nel<br />

vasto Oceano:"<br />

I) Monaci, il grande Oceano defluisce, scorre e tende verso il basso gradualmente. Non vi è un<br />

improvviso<br />

precipitare. Questa è, o monaci, la prima circostanza meravigliosa e strana, contemplando la<br />

quale, di tempo<br />

in tempo, gli Asura si rallegrano.<br />

II) Monaci, il grande Oceano è, inoltre, di natura stabile, esso non sorpassa la spiaggia. Questa<br />

è, o monaci,<br />

la seconda circostanza meravigliosa e strana contemplando la quale, di tempo in tempo, gli<br />

Asura si<br />

rallegrano.<br />

"III) Monaci, il grande Oceano, inoltre, non coabita con un corpo morto; poiché, quando nel<br />

grande Oceano<br />

vi è un cadavere, ben presto lo sospinge verso la sponda e lo butta"<br />

sulla spiaggia. Questa è La terza circostanza meravigliosa e<br />

strana<br />

"IV) Monaci, quali che siano i grandi fiumi - cioè la Gariga, Aciravati, Sarabhu e Mahi - tutti<br />

costoro,<br />

allorché raggiungono il grande Oceano, abbandonano gli antichi nomi, le famiglie, ma<br />

procedono avanti col<br />

solo nome di "" grande"<br />

"Oceano "". Questa è, o monaci" La quarta circostanza meravigliosa e strana<br />

V) Monaci, quanti che siano i fiumi che scorrono verso il grande Oceano, e quanta sia la<br />

pioggia che vi cade<br />

dal cielo, non si osserva nel grande Oceano né ritirarsi né trabordare.<br />

Questa è, o monaci La quinta circostanza meravigliosa e<br />

strana<br />

VI) Monaci, il grande Oceano è di un solo sapore, il<br />

sapore salato. Questa è, monaci .La sesta circostanza meravigliosa e strana<br />

VII) Monaci, il grande Oceano, inoltre, contiene molte gemme, differenti gemme, fra le quali se<br />

ne trovano<br />

di queste specie perle, cristalli, berillo, madreperla, quarzo, corallo, argento, pepite d'oro,<br />

rubini, agate<br />

Questa è, o monaci<br />

La settima circostanza meravigliosa e strana.....<br />

"VIII) Monaci, il grande Oceano, inoltre, è sede di grandi creature, fra le quali si annoverano<br />

balene (?),<br />

pescicani (?"" orche (?) (88) asvra, naga (89) gandharva (90). Vi sono, nel grande Oceano,<br />

animali lunghi<br />

uno yojana (91) due, tre quattro, cinque"<br />

yojena. Questa è, o monaci L'ottava circostanza meravigliosa e strana<br />

Così pure, o monaci, in questa disciplina della Buona Legge vi sono anche otto circostanze<br />

meravigliose e<br />

strane, contemplando le quali, di volta in volta, i monaci si deliziano in questa disciplina della<br />

Buona Legge.<br />

63<br />

I) Proprio come, o monaci, il grande Oceano defluisce, scorre e tende verso il basso<br />

gradualmente, e non vi è


un improvviso precipitare, così pure, o monaci, in questa disciplina della Buona Legge<br />

l'allenamento è<br />

graduale, L'azione è graduale, il procedimento è graduale. Questa è, o monaci, la prima<br />

circostanza<br />

meravigliosa e strana, vedendo la quale i monaci, di volta in volta, si rallegrano(92),<br />

II) Proprio come, o monaci, il grande Oceano è di natura stabile e non sorpassa mai la spiaggia,<br />

così pure, o<br />

monaci, i miei discepoli non trasgrediscono mai, dovesse loro costare la vita, L'allenamento a<br />

cui io li<br />

astringo. Questa è la seconda circostanza meravigliosa e strana.....<br />

III) Proprio come, o monaci, il grande Oceano non coabita con un corpo morto, poiché, quando<br />

nel grande<br />

Oceano vi è un cadavere, ben presto esso lo sospinge verso la sponda e lo butta sulla spiaggia,<br />

così pure, o<br />

monaci, qualunque persona che sia immorale, di perversa natura, impura, di condotta<br />

sospetta, di azioni<br />

nascoste, che non sia un vero monaco, pur pretendendo di esserlo, che non viva castamente,<br />

pur pretendendo<br />

di vivere così, marcia di dentro, piena di brame, sporco mucchio di immondizia - con una tale<br />

persona<br />

l'Ordine non convive, ma, allorché si raccoglie, ben presto la butta fuori. Nonostante che essa<br />

sia assisa in<br />

mezzo all'Ordine, essa è ben lontana dall'Ordine. Questa è la terza circostanza meravigliosa e<br />

strana.....<br />

"IV) Proprio come, o monaci, quali che siano i fiumi - cioè la Gariga, Aciravati, Sarabhu e Mahl -<br />

tutti<br />

costoro, allorché raggiungono il grande Oceano, abbandonano gli antichi nomi e le famiglie, e<br />

procedono<br />

avanti col solo nome di ""grande Oceano"", così pure, o monaci, [gli appartenenti al]le quattro<br />

caste: khattiya<br />

(khasatriya), brahmana, vessa (vais'ya) e sudda (sudra) (93), procedendo dalla vita in casa<br />

alla vita errante<br />

nella disciplina della Buona Legge insegnata dal Tathagata, abbandonano i loro nomi e le loro<br />

famiglie e<br />

vanno solo col nome di ""monaci figli del Sakya"". Questa è la quarta circostanza meravigliosa<br />

e strana....."<br />

V) Proprio come, o monaci, quanti siano i fiumi che scorrono verso il grande Oceano, quanta<br />

sia la pioggia<br />

che vi cade dal cielo, non si osserva nel grande Oceano né ritirarsi né trabordare, così pure, o<br />

monaci,<br />

nonostante che molti siamo i monaci che alla fine passano nella condizione del nibbana che<br />

non lascia<br />

residui, non vi è né ritirarsi né trabordare nella condizione di nibbana ivi sperimentata.<br />

Questa è la quinta<br />

circostanza meravigliosa e strana.....<br />

VI) Proprio come, o monaci, il grande Oceano è di un sapore, di sapore salato, così pure, o<br />

monaci, questa<br />

Buona Legge è di un solo sapore, del sapore della Liberazione. Questa è la sesta circostanza<br />

meravigliosa e<br />

strana.....


VII) Proprio come, o monaci, il grande Oceano contiene molte gemme, differenti gemme, fra le<br />

quali se ne<br />

trovano di queste specie: perle, cristalli, berillo, madreperla, quarzo, corallo, argento, pepite<br />

d'oro, rubini,<br />

agate, così pure, in questa Buona Legge, vi sono molte gemme, diverse gemme: in essa vi sono<br />

le quattro<br />

sorgenti di Rammemoramento (satipatthana), i quattro Retti Sforzi (sammappadhana), la<br />

quadruplice Base<br />

per i Poteri [psichici] (iddhipada), le cinque Facoltà (indriyani), le cinque Forze (balani), le<br />

sette membra<br />

dell'Illuminazione (bojjhangant), il Nobile Ottuplice Sentiero (ariyo attangiko, maggo). Questa<br />

è la settima<br />

circostanza meravigliosa e strana.....<br />

VIII) Proprio come, o monaci, il grande Oceano è la sede di grandi creature, fra le quali si<br />

annoverano<br />

balene, pescicani<br />

ed orche, asura, naga e gandhana così pure, o monaci,<br />

"questa disciplina della Buona Legge è la sede di grandi creature. In lei sono queste creature:<br />

Colui che è<br />

Entrato nella Corrente (sotapanno), che procede realizzando i frutti nascenti dal vincere la<br />

Corrente; Quello<br />

che ritorna una sola volta (sakadagamin), il quale procede realizzando i frutti del fatto che<br />

deve ritornare<br />

[ancora] una volta [sola sulla terra]; il Non-ritornante, il quale procede realizzando i frutti del<br />

fatto che non<br />

ritorna [più sulla terra]; il Degno (Arha), che procede in virtù [della sua condizione di Arhat.<br />

Questa è<br />

l'ottava circostanza meravigliosa e strana, o monaci, di questa disciplina della Buona Legge,<br />

contemplando la<br />

quale, di volta in volta, i monaci si rallegrano di questa disciplina della Buona Legge."<br />

"Tutte queste, o monaci, sono le otto meravigliose e strane circostanze in questa disciplina<br />

della Buona<br />

Legge, contemplando le quali, ancora ed ancora, i monaci si deliziano [di praticare] questa<br />

disciplina della<br />

Buona Legge ""."<br />

64<br />

A questo punto il Beato intuendo il significato di ciò,<br />

profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

Piove attraverso il coperto, non piove laddove è aperto (94): quindi aprite il coperto: non vi<br />

pioverà più<br />

attraverso! .<br />

"6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quel medesimo tempo, il venerabile MahaKaccana stava fra la<br />

gente di<br />

Avanti presso Kururaghara, nel monte [detto] "" Precipite "" (Pavatta), mentre il devoto laico<br />

(upasaka)<br />

Sona, ""dalle orecchie appuntite (kofi-kanna)"", era al suo servizio. Mentre il devoto Sona kotikanna<br />

si


trovava in ritiro e meditazione, gli capitò di pensare: ""Secondo quanto spiega il signore<br />

Maha-Kaccana non<br />

è facile per chi vive in famiglia seguire la disciplina brahmanica (brahmacariya = castità,<br />

meditazione e<br />

studio) in un modo totalmente puro e totalmente levigato. Non sarebbe il caso che mi facessi<br />

radere i peli<br />

della barba, rivestissi l'abito colora zafferano e mutassi la vita casalinga per la vita errante?"".<br />

Di<br />

conseguenza il devoto laico Sona, detto ""dalle orecchie appuntite "", andò dal venerabile<br />

Maha-Kaccana.<br />

Giunto da lui lo salutò e sedette in un canto. Sedutosi, gli disse: ""Signore, quando mi trovavo<br />

in ritiro e<br />

meditazione, mi capitò di pensare" "(gli narra la sua riflessione) e, quindi, voglia il venerabile<br />

Maha-Kaccana<br />

conferirmi gli ordini di monaco! ""."<br />

"A queste parole il venerabile Maha-Kaccana rispose: ""Non è cosa facile praticare la<br />

brahmanica disciplina<br />

per tutto il resto della vita, con la sua unica refezione quotidiana ed il solitario giaciglio. Orsù,<br />

o Sona,<br />

continua a praticare, assolvendo egualmente i tuoi doveri domestici, così ed oltre, gli<br />

insegnamenti del<br />

Buddha, mangiando un pasto una volta sola [al giorno] e giacendo solo "". Così si placò in<br />

Sona, detto ""<br />

dalle orecchie appuntite "", il desiderio di adottare la vita errante."<br />

Ma, in una seconda occasione, mentre Sona si trovava in<br />

ritiro e meditazione, gli venne la medesima idea ed<br />

anche una terza volta fece la medesima richiesta al venerabile<br />

Maha-Kaccana Quindi, allora, il venerabile Maha-Kaccana<br />

conferì gli ordini [provvisori] al devoto laico Sona, detto<br />

"a dalle orecchie appuntite "". In quel tempo, nel distretto di"<br />

Avanti, vi era scarsezza di monaci, di modo che il venerabile Maha-Kaccana, alla fine di tre<br />

stagioni delle<br />

piogge,<br />

riuscì a radunare, con difficoltà e fatica, i dieci monaci [necessari] per il capitolo e diede la<br />

ordinazione<br />

completa a Sona (95).<br />

"Indi, dopo aver trascorso una stagione delle piogge in solitudine e raccoglimento, al<br />

venerabile Sona venne<br />

di pensare: "" Il Beato non è mai stato visto faccia a faccia da me, nonostante che io abbia<br />

sentito che il<br />

Beato è una persona così e così. Se il mio maestro (uspajjhaya) me lo permettesse, andrei a<br />

vedere il Beato,<br />

che è un Arhat rettamente Risvegliato ,)."<br />

"Pertanto il venerabile Sona, alzandosi, al tramonto, dalla sua solitaria meditazione, andò dal<br />

venerabile<br />

Maha-Kaccana. Giunto che fu da lui lo salutò e si sedette in un canto. Una volta seduto, gli riferì<br />

circa il suo<br />

desiderio di vedere il Beato ed aggiunse: "" Se Vostra Beatitudine lo consente vorrei, o signore,<br />

andare a


vedere il Beato, che è un Arhat ed uno rettamente Risvegliato "". "" Molto bene, molto bene!<br />

Vai,"<br />

Sona! Tu vedrai quel Beato, che è sereno e rasserenante,<br />

calmo nelle sue facoltà e calmo nella sua mente: che ha raggiunto la massima pace e controllo<br />

su se stesso:<br />

quell'elefante<br />

(naga) domo, custodito e controllato nei suoi sensi. Quando<br />

Lo vedrai, venera in nome mio, col tuo capo, i piedi (96) del<br />

Beato, interrogalo circa la Sua salute e benessere, circa la Sua<br />

"leggerezza [d'umore], il Suo vigore e le Sue buone condizioni di vita. Ed aggiungi: ""Signore, il<br />

mio<br />

65<br />

maestro, il"<br />

venerabile Maha-Kaccana, venera col suo capo i piedi del<br />

Beato e chiede notizie circa la Sua salute e benessere .<br />

"o Molto bene, Signore "", rispose il venerabile Sona, rallegrandosi alle parole del venerabile<br />

Maha-<br />

Kaccana, e, ringraziandolo, si alzò da dove era seduto, lo salutò girandogli attorno verso<br />

destra, pose in<br />

ordine il suo giaciglio ed il suo"<br />

alloggio, prese la ciotola e la veste, indi iniziò il suo cammino<br />

verso Savatthi. Dopo aver compiuto il viaggio nell'ordine<br />

dovuto, raggiunse il bosco Jeta, nel parco di Anathapindika,<br />

a Savatthi. Indi venne dove si trovava il Beato, lo salutò... e<br />

gli riferì il messaggio del venerabile Maha-Kaccana... Il<br />

"Beato allora gli chiese: ""Dimmi, o monaco, sopporti [la vita"<br />

ascetica] ? Hai da mangiare? Ti ha un po' affaticato il<br />

"viaggio? Sei stanco della questua per il cibo?"". ""Sì, Signore, sopporto [la vita ascetica]. Ho da<br />

mangiare.<br />

Sono"<br />

un po' affaticato del viaggio. Non sono stanco di questuare<br />

"il cibo""."<br />

"Allora il Beato chiamò il venerabile Ananda, dicendo: ""Ananda, fai preparare letto ed<br />

alloggio per questo<br />

monaco giunto or ora!"". Ed il venerabile Ananda pensò: ""Per quanto riguarda l'ordine del<br />

Beato, che io<br />

debba far preparare letto ed alloggio per questo monaco arrivato or ora, il Beato desidera<br />

certamente avere lo<br />

stesso alloggio col venerabile Sona""."<br />

"Quindi egli preparò letto ed alloggio per il venerabile Sona nello stesso luogo ove dimorava il<br />

Beato. Ora il<br />

Beato, dopo aver trascorso gran parte della notte assiso all'aria aperta, si lavò i piedi e rientrò<br />

nel suo<br />

alloggio. Così pure fece il venerabile Sona. Quindi, alzandosi ancora di notte, verso l'alba, il<br />

Beato disse al<br />

venerabile Sona: ""Ti piaccia, o monaco, di recitarmi la dottrina!"". ""Molto bene, Signore"",<br />

disse il<br />

venerabile Sona, e, obbedendo al Beato, recitò a memoria tutte le sedici sezioni delle Ottave<br />

(atthakavaggikani), da capo a fondo. Quando il venerabile Sona ebbe finito di recitare il Beato<br />

lo ringraziò,


dicendo: ""Bene, bene, o monaco! Ben apprese a mente, ben considerate e riflettute, o monaco,<br />

sono queste<br />

sedici sezioni delle Ottave. Tu sei benedetto da una buona favella distintamente e chiaramente<br />

profferita, sì<br />

da rendere chiaro ciò che intendi dire. Quante stagioni di pioggia hai tu trascorso, monaco, [a<br />

studiare] ?"".<br />

""Una soltanto, Signore"". ""Come mai hai rimandato tanto [il pronunciare i voti], o monaco?""<br />

""Da lungo<br />

tempo, Signore, avevo scorto il pericolo insito nelle passioni, ma la vita domestica, con tutti i<br />

suoi vincoli e<br />

le sue necessità, mi aveva trattenuto""."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, proferì in quel momento il verso ispirato:<br />

Vedendo la sofferenza nel mondo, avendo riconosciuto la Buona Legge come priva di<br />

substrato,<br />

"L'Ario non gode del male, nel male non si rallegra il Puro""."<br />

7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora avvenne che, in quella medesima circostanza, il venerabile Revata il<br />

Dubbioso<br />

(Kankha-Revata) stesse seduto non lungi dal Beato, con le gambe incrociate, il<br />

corpo eretto, contemplando la propria purificazione nel passare di là da dubbio. Ed il Beato,<br />

vedendo lui che<br />

così operava e, allo stesso tempo, intuendo il significato di ciò, profferì questo verso ispirato:<br />

Qualunque siano i dubbi su questo mondo o sull'altro, o siano<br />

dubbi propri o altrui,<br />

i meditanti li abbandonano tutti, ardendo d'ascesi e conducendo<br />

" brahmanica esistenza!""."<br />

66<br />

8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />

Bosco di Bambù,<br />

presso<br />

la Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. Ora avvenne che, in<br />

quella medesima circostanza, il venerabile Ananda, [pur]<br />

"essendo quello il giorno uposatha (97) (quindi festivo), apprestatosi ad uscire il mattino,<br />

presa la ciotola ed<br />

indossata la veste, entrò in Rajagaha per la questua. E Devadatta (98), vedendo il venerabile<br />

Ananda che così<br />

faceva, gli venne incontro e gli disse: ""Da questo giorno in avanti, Ananda, mio"<br />

caro, indipendentemente dal Beato e indipendentemente dal<br />

"l'Ordine dei Monaci, osserverò [la prescrizione di ogni attività nel]l'uposatha e la Disciplina<br />

dell'Ordine"". Il<br />

venerabile"<br />

Ananda, finito il giro della questua e ritornatone, dopo aver<br />

consumato la sua refezione, andò dal Beato e gli disse:<br />

a Ecco, Signore, apprestatomi questa mattina ad uscire, presa<br />

la ciotola e indossata la veste, entrai in Rajagaha. Devadatta,<br />

che mi aveva visto questuare il cibo in Rajagaha, è venuto da<br />

"me dicendomi: "" Da questo giorno in avanti, Ananda, mio"<br />

"caro, indipendentemente dal Beato e indipendentemente dall'Ordine dei monaci, osserverò<br />

l'uposatha e la


disciplina dell'Ordine "". Oggi, o Signore, Devadatta cagionerà lo scisma"<br />

nell'Ordine ed osserverà [il proprio] uposatha e la disciplina<br />

"dell'Ordine""."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in<br />

quel momento il seguente verso ispirato:<br />

a Facile per il buono è la buona azione, difficile per il cattivo è la buona azione.<br />

"Facile per il cattivo è la mala azione, difficile per gli Arii è la mala azione"" (99)."<br />

9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato compiva il suo giro presso le genti<br />

di Kosala,<br />

accompagnato da una grande turba di monaci. Ora avvenne che, in tale circostanza, molti<br />

ragazzi, non lungi<br />

dal Beato, si facessero beffe [di loro]. Ed il Beato, vedendoli agire così, ed intuendo il<br />

significato di ciò,<br />

profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

Gli scimuniti, sapienti a chiacchiere, spaziano nel campo delle parole,<br />

"si sgolano quanto vogliono: non conoscono, però, chi li conduce!""(100)."<br />

10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il<br />

Beato si trovava presso Savatthi, al bosco Jeta, nel parco di<br />

Anathapindika. Ora, in quella circostanza, accadde che il venerabile Culapanthaka stesse<br />

seduto a gambe<br />

incrociate non lungi dal Beato, mantenendo il corpo eretto e con la consapevolezza ben<br />

stabilita di fronte a sé<br />

(101). E il Beato, vedendo lui che così operava e, allo stesso tempo, intuendo il significato di<br />

ciò, profferì<br />

allora questo verso ispirato:<br />

Col corpo ben stabilito, con la mente ben stabilita, in piedi, seduto o giacente,<br />

quando un monaco risieda nella consapevolezza, ha già conquistato la prima e L'ultima<br />

eccellenza.<br />

"Conquistata la prima e l'ultima eccellenza, proceda invisibilmente per il Re della Morte""."<br />

67<br />

CAPITOLO VI<br />

JACCANDHA (102)<br />

"1. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Vesali, nel<br />

Grande Bosco, al<br />

Palazzo dal Tetto Appuntito. Ora avvenne che il Beato, apprestatosi ad uscire nel mattino,<br />

presa la ciotola e<br />

indossata la veste, entrò in Vesali per la questua del cibo. Ritornato dal suo giro in Vesali e<br />

consumata la<br />

refezione, chiamò il venerabile Ananda, dicendo ""Ananda, prendimi una stuoia; andrò al<br />

santuario (cetsya)<br />

Capala per il riposo del pomeriggio"". ""Benissimo, Signore"", rispose il venerabile Ananda, e,<br />

presa una<br />

stuoia, seguì passo a passo il Beato."<br />

"Quando ebbe raggiunto il santuario Capala, il Beato si sedette sulla stuoia preparatagli. (E il<br />

venerabile<br />

Ananda, salutato il Beato, gli sedette accanto). Una volta sedutosi [anche] il venerabile<br />

Ananda, il Beato gli<br />

disse questo: ""Deliziosa,"<br />

o Anelnda, è Vesali! Piacevoli sono i santuari di Udena, ed il santuario Gotamaka! Gradevole è<br />

il santuario


dei Sette Manghi (Sattamba), il santuario dei Molti Figli (Bahuputta), piacevole quello di<br />

Sarandada!<br />

Gradevole è il santuario Capala! Chiunque, o Ananda, si sia allenato [nella meditazione], si sia<br />

[interiormente] dilatato, si sia fatto un veicolo [della meditazione], si sia fatto una base, si sia<br />

applicato<br />

strenuamente, abbia accresciuto e pienamente intrapreso i quattro fondamenti dei poteri<br />

miracolosi (103),<br />

una tale persona, se lo desiderasse, potrebbe rimanere [sulla terra] tutto un eone (104) o<br />

quanto<br />

ne rimane! Ora, Ananda, il Tathagata si è allenato e così,<br />

se scegliesse [di rimanere], potrebbe restare [sulla terra] un<br />

eone, o quanto ne rimane o. Però, nonostante che un'allusione così fosse stata avanzata dal<br />

Beato, nonostante<br />

che il<br />

suo significato fosse così chiaro e ovvio, Ananda non poté<br />

penetrarne il significato. Così egli non pregò il Beato,<br />

"dicendo: "" Signore, possa il Beato restare per tutto un"<br />

eone. Possa il Beato restare per il resto di un eone, per<br />

il vantaggio di molta gente, per la felicità di molta gente, per<br />

compassione verso il mondo, per il benessere, il profitto e la<br />

"felicità degli dèi e dell'umanità"", tanto la sua mente era"<br />

sviata da Mara.<br />

Indi una seconda volta il Beato disse al venerabile Ananda:<br />

"o Deliziosa, o Ananda, è Vesal;" "(eccetera); chiunque, o"<br />

Ananda, si sia allenato una siffatta persona, se lo desiderasse, potrebbe rimanere [sulla terra]<br />

un eone, o<br />

quanto ne<br />

rimane! Ora il Tathagata si è allenato .e così, se scegliesse, potrebbe restare [sulla terra] un<br />

eone o quanto ne<br />

rimane! l). Ed una seconda volta il venerabile Ananda non<br />

poté penetrare il significato dell'allusione Ancora una terza<br />

volta il Beato ripeté le medesime parole ed una terza volta<br />

Ananda non riuscì a penetrare il significato dell'allusione.....<br />

tanto era stato sviato da Mara.<br />

"Allora il Beato disse al venerabile Ananda: ""Vai pure, Ananda, e fai quello che adesso ti<br />

sembri<br />

opportuno"". ""Così farò, Signore"", rispose il venerabile Ananda al Beato; si alzò da dove<br />

stava seduto e<br />

salutò il Beato girandogli attorno verso destra, e se ne andò via, per sedersi ai piedi di un<br />

albero non molto<br />

distante."<br />

"Poco dopo che Ananda se ne fu andato, Mara, il Malefico, venne dal Beato e, venuto che fu, Gli<br />

disse: ""Si<br />

estingue, ora, il Beato! Si estingue ora Colui che è Bene Andato (sugata)! È già tempo, per il<br />

trapasso del<br />

68<br />

Beato! Così era stato detto, Signore, dal Beato: "" Non mi estinguerò, o Malefico, fintanto che i<br />

miei monaci<br />

non siano discepoli bene esercitati, disciplinati e pieni di fede, che abbiano conquistato la<br />

sicurezza


(yogakkhema), che abbiano udito molto, che conoscano la Buona Legge a memoria, che<br />

procedano secondo<br />

la Buona Legge, che procedano secondo il dovere, che vivano secondo la Buona Legge,<br />

accogliendo ciò che<br />

abbiano appreso dal loro proprio maestro, finché non saranno in condizione di proclamare,<br />

insegnare,<br />

dimostrare ulteriormente, stabilire, rivelare, analizzare e rendere facile [la Buona Legge]: fino<br />

a che non<br />

saranno capaci di confutare ogni errata dottrina che sorga e che possa essere ben confutata<br />

con giusto<br />

ragionamento, finché non insegneranno la Buona Legge, che porta con sé la Liberazione"".<br />

Ora, Signore, i<br />

monaci del Beato sono [ormai tali] discepoli bene esercitati, disciplinati, pieni di fede..... capaci<br />

di<br />

proclamare ed insegnare la Buona Legge, che porta con sé la Liberazione. Quindi ora, o<br />

Signore, si estingua<br />

il Beato! Si estingua Colui che è Bene Andato! Questo è il tempo, Signore, per l'estinzione del<br />

Beato! Perché<br />

fu detto, con la parola stessa del Beato: "" Non mi estinguerò, o Malefico, fintanto che i miei<br />

monaci, devoti<br />

laici, sia maschi"<br />

che femmine (eccetera) . Inoltre, questo fu detto dal<br />

"Beato: "" Io non mi estinguerò totalmente, o Maligno (105), fintanto che questa mia<br />

brahmanica disciplina<br />

non sia potente e prospera, diffusa ed ampiamente nota, resa popolare e proclamata lontano<br />

da dèi e da<br />

uomini"". Ed ora, Signore, questa brahmanica disciplina del Beato è potente e prospera,<br />

diffusa ed<br />

ampiamente nota, resa popolare e proclamata lontano da dèi e da uomini. Pertanto, voglia il<br />

Beato estinguersi<br />

totalmente! Voglia Colui che è Bene Andato estinguersi totalmente! È tempo, ormai, per la<br />

totale estinzione<br />

del Beato!""."<br />

"A queste parole così replicò il Beato a Mara, il Maligno: ""Non ti contristare troppo, tu, o<br />

Maligno! Fra non<br />

molto tempo avverrà la totale estinzione del Tathagata. Alla fine di tre mesi, a partire da oggi,<br />

il Tathagata si<br />

estinguerà totalmente""."<br />

Di conseguenza il Beato, nel santuario di Capala, pieno di consapevolezza e di dominio su se<br />

stesso, rigettò<br />

l'insieme delle strutture vitali (107). E, quando il Beato ebbe rigettato le strutture vitali,<br />

avvenne un grande<br />

terremoto, e si sentì dal cielo un formidabile tuono, tale da far rizzare i capelli. Ed il Beato,<br />

intuendo il<br />

significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

Quanto era venuto ad essere, di misurabile e di non misurabile,<br />

"rigettò l'asceta; raccolto in se stesso, composto, egli spezzò, come una cotta a"<br />

"maglia, ciò che si era connaturato in lui"" (107)."<br />

2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel parco<br />

orientale, nel


palazzo a molti piani della madre di Migara. In quel tempo, verso sera, il Beato, essendosi<br />

alzato dal suo<br />

raccoglimento,<br />

sedeva fuori di casa, sotto il portico. Allora giunse il re Pasenadi, il kosalese, per visitare il<br />

Beato, che lo<br />

salutò e gli si sedette accanto. In quella stessa occasione passarono non lungi dal Beato sette<br />

asceti dai lunghi<br />

capelli, sette Nigantha (Nirgrantha), sette nudi asceti, sette di quelli che portano addosso solo<br />

uno straccio e<br />

sette Erranti (paribbajaka), con le unghie lunghe, le ascelle pelose, portando il fardello in cima<br />

ad un palo,<br />

sulla spalla(105).<br />

"Ora quando il kosalese, il re Pasenadi, vide tutti quei gruppi di sette, si alzò da dove era<br />

seduto e, gettando il<br />

lembo della veste sulla spalla, piegando il ginocchio destro a terra, alzò le palme congiunte<br />

verso quei gruppi<br />

di sette e pronunciò tre volte il suo nome, dicendo così: "" Signori, io sono il re Pasenadi, il<br />

kosalese! "".<br />

Quindi, non molto tempo dopo che erano passati quei sette asceti dai lunghi capelli, i sette<br />

Nigantha, i sette<br />

asceti nudi, i sette asceti vestiti di un cencio solo"<br />

ed i sette erranti il re Pasenadi, il kosalese, tornò dal Beato<br />

e, avendolo nuovamente salutato, gli sedette accanto e gli<br />

"disse: ""Signore, vi è forse qualcuno, fra coloro, che possa"<br />

69<br />

essere annoverato fra quelli che nel mondo sono Arhat o<br />

"hanno raggiunto la via degli Arha?. ""Questa cosa, maharaja, è ben difficile che venga<br />

conosciuta da uno<br />

come te,"<br />

che vive la vita delle passioni, che vive una vita assillata da<br />

moglie e figlio, che gode nell'uso del legno di sandalo di<br />

Benares, coperto di ghirlande ed unguenti, maneggiando oro<br />

"e argento - è difficile per te il dire: "" Costoro sono Arhat"","<br />

"o "" quegli altri hanno raggiunto il sentiero degli Arhat""."<br />

E trattando da vicino un uomo, o maharaja, che se ne conosce<br />

la virtù, e questo anche dopo molto tempo! Non certo da<br />

parte di qualcuno che ci pensi di sfuggita, o non ci pensi<br />

"affatto; da parte di un uomo saggio, non da parte di uno stupido. È vivendoci assieme,<br />

maharaja, che si<br />

conosce l'integrità morale di un uomo" è in tempo di sventure, maharajah, che la sua forza può<br />

essere<br />

conosciuta, è conversando<br />

con lui, maharaja, che si conosce la sua saggezza, e anche<br />

questo dopo lungo tempo, ma non da chi vi dedichi un pensiero fuggitivo, o non ci pensi<br />

affatto: da un<br />

saggio, non da<br />

"uno stupido!"" . È meraviglioso, Signore!: meraviglioso"<br />

"come questo è stato detto bene dal Beato: "" Questo, maharaja, è difficile che venga<br />

conosciuto da te" "[può<br />

venir conosciuto] da un saggio, non da uno stupido "" (109). Tutte queste"


persone sono miei informatori. Essi percorrono ed investigano<br />

una provincia, indi vengono da me. Ciò che essi hanno prima<br />

investigato, giudico io dopo (?). Però ora, o signore, quando<br />

si saranno mondati dalla polvere e dal sudiciume, quando<br />

avranno fatto un bagno, si saranno unti ed avranno raso la<br />

barba, rivestiti di bianchi indumenti, forniti e dotati [come<br />

"sono] dei cinque sensi, si daranno al piacere""."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />

Ci si rafforzi in tutti i sensi, non si sia uomo appartenente ad<br />

un altro.<br />

Non si viva dipendendo da un altro, non si faccia mercato della<br />

"Buona Legge!""."<br />

3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora, in quella occasione, il Beato se ne stava assiso contemplando tutte le<br />

proprie<br />

condizioni non giovevoli, che egli aveva abbandonato, e tutte le varie condizioni giovevoli, che<br />

egli aveva<br />

portato a compimento, coltivandole pienamente.<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />

"Vi era all'inizio, poi non vi fu; non vi era all'inizio, poi vi fu. Non Vi era, non vi sarà e<br />

nemmeno ora<br />

appare! ."<br />

"4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, una grande folla di monaci e di brahmana,<br />

che erano<br />

degli Erranti, seguaci di varie dottrine, entrò in Savatthi per la questua di cibo. Essi<br />

sostenevano differenti<br />

vedute; erano tolleranti in alcune cose [ad in altre no], favorivano differenti idee ed erano<br />

inclini a credere a<br />

questa o a quella teoria. Alcuni, fra i monaci ed i brahmana, parlavano a favore di una<br />

particolare teoria o<br />

70<br />

affermavano un altro punto di vista, [dicevano, ad esempio,] che il mondo è eterno, che questa<br />

è la verità, e<br />

che ogni altra"<br />

teoria è vana. Altri monaci ed altri brahmana sostenevano<br />

invece che il mondo non è eterno, che questa è la verità, e che<br />

ogni altra teoria è vana. Altri che il mondo è limitato<br />

altri che è illimitato altri affermavano che il principio vivente (jiva) è il corpo, altri che il<br />

principio vivente è<br />

una<br />

cosa, e che il corpo è un'altra cosa Alcuni sostenevano che<br />

il Tathagata è di là dalla morte altri che questo non è di là<br />

dalla morte altri che non è né non è di là dalla morte:<br />

che questa è la verità ed ogni altra teoria è vana.<br />

"Così tutti costoro, già per natura litigiosi, rissosi e disputanti, si ferivano l'un l'altro con le<br />

armi della lingua,<br />

affermando: ""il Dhamma è così e così, non è così e così; esso è,"


"esso non è...."". Ora avvenne che un gran numero di monaci,"<br />

apprestatosi ad uscire di mattina, presa la ciotola ed indossata la veste, entrò a Savatthi per la<br />

questua del<br />

cibo e, dopo<br />

aver compiuto il suo giro e mangiato il cibo mendicato, andò<br />

dal Beato "e Gli disse: ""Signore, si trova attualmente a"<br />

Savatthi una turba di monaci e di brahmana, che sono degli<br />

Erranti, ognuno dei quali sostiene teorie differenti, così congegnate "(si enunciano le teorie di<br />

quegli<br />

asceti)......"". Allora disse il Beato: ""Monaci, gli Erranti che sostengono altre teorie sono ciechi,<br />

non<br />

veggenti. Essi non conoscono ciò che è profittevole, essi non conoscono ciò che non è<br />

profittevole. Essi non<br />

conoscono affatto il Dhamma, essi non conoscono nemmeno ciò che non è il Dhamma. Nella<br />

loro ignoranza<br />

di queste cose [permangono nella] loro natura litigiosa, rissosa e disputante, sostenendo<br />

[tutte queste teorie e<br />

punti di vista]."<br />

..... "Anticamente, o monaci, vi fu in questa stessa Savatthi; un"<br />

"certo re. Dunque, o monaci, il re chiamò un uomo dicendogli: "" Vieni, brav'uomo, va' e<br />

raduna assieme in<br />

un solo luogo tutti i nati ciechi che vi sono in Savatthi ! "". "" Così farò,"<br />

"Sire"", rispose l'uomo, che, obbedendo al re, radunò assieme"<br />

tutti i nati ciechi di Savatthi. Fatto ciò, andò dal re e gli<br />

"disse: "" Sire, tutti i nati ciechi presenti in Savatthi; sono stati"<br />

"riuniti "". "" Allora, brav'uomo, mostra ai ciechi un elefante ""."<br />

Così farò, Sire , disse l'uomo. Fece come gli era stato detto,<br />

"indi disse ai ciechi: "" O ciechi, questo è un elefante! "", e ad"<br />

uno di loro presentò la testa dell'elefante, ad un altro l'orecchia, ad un altro la zanna, ad un<br />

altro la<br />

proboscide, ad un<br />

altro la zampa, ad un altro la schiena, ad un altro la coda e<br />

ad un altro il ciuffo terminale della coda, dicendo ad ognuno<br />

che quello era l'elefante. Ora, o monaci, quell'uomo, dopo<br />

aver presentato l'elefante ai ciechi in tale maniera, venne dal<br />

"re e gli disse: "" Sire, L'elefante è stato presentato ai ciechi."<br />

"Fa' ora quello che ti pare"". Allora, o monaci, quel re andò"<br />

"dai ciechi e disse ad ognuno di loro separatamente "" Bene,"<br />

"cieco, hai ' visto ' L'elefante ? "". "" Sì, Maestà "". "" Allora"<br />

"dimmi, o cieco, che specie di cosa è l'elefante ? "". Allora quello"<br />

"a cui era stata presentata la testa disse: ""Sire, l'elefante è"<br />

"simile ad un orcio"". Quelli che avevano percepito solamente"<br />

"l'orecchio risposero: "" Sire, l'elefante è simile ad un crivello"". Quelli che avevano toccato la<br />

zanna<br />

71<br />

dissero" che<br />

l'elefante è un vomere. Quelli che avevano toccato solo la<br />

proboscide dissero "che l'elefante è un aratro; quelli che I"<br />

"avevano toccato solo il tronco dissero che l'elefante è un granaio; quelli che avevano toccato<br />

la zampa


dissero che è una"<br />

"colonna; quelli che avevano toccato la schiena, che è un mortaio; quelli che avevano toccato<br />

la coda, che è<br />

un pestello; quelli che avevano toccato il ciuffo terminale della coda, che è una scopa. Indi [i<br />

ciechi]<br />

cominciarono a disputare, gridando: "" Sì, è questo!"", "" No, non lo è! "", "" L'elefante non è<br />

quello! "", ""<br />

Ma sì, è proprio questo! "", e così continuarono, finché giunsero a picchiarsi per tale ragione.<br />

Allora, o<br />

monaci, il re si divertì alla scena. Proprio così sono quegli Erranti asceti che sostengono altre<br />

teorie, ciechi,<br />

non vedenti, ignoranti di ciò che è vantaggioso, ignoranti di ciò che è svantaggioso. Essi non<br />

conoscono<br />

affatto il Dhamme. Essi non conoscono che cosa non è il Dhamma. Nella loro ignoranza di<br />

queste cose essi<br />

sono di natura litigiosi, rissosi e disputanti, ognuno sostenendo che le cose stanno così e così""<br />

(111)"<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il verso ispirato:<br />

Come sono attaccati a queste [teorie] quei diversi monaci e<br />

brahmana!<br />

"Così, immersi [nel loro particolare], litigano gli uomini che vedono un solo lato [della realtà]<br />

!""."<br />

5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato se ne stava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, una grande folla di monaci e di brehmene,<br />

che erano<br />

degli Erranti, seguaci di varie dottrine, entrò in Savatthi per la questua del cibo.....<br />

(eccetera, come nel sutta precedente) Essi sostenevano differenti vedute ad esempio, che il<br />

mondo è eterno e<br />

che<br />

questa è la verità e che ogni diversa teoria è vana. Altri, invece, affermavano che il mondo non<br />

è eterno e che<br />

ogni<br />

diversa teoria è vana (eccetera, come nel precedente sutta).<br />

Allora un gran numero di monaci, recatosi dal Beato riferì<br />

questi discordanti punti di vista al Beato, il quale rispose:<br />

Monaci, quegli asceti Erranti, che sostengono altri punti di<br />

vista, sono ciechi, non vedenti: essi non conoscono ciò che è<br />

vantaggioso, né conoscono ciò che non arreca vantaggio: essi<br />

non conoscono il Dhamma né conoscono ciò che non è il Dhamma. Nella loro ignoranza di<br />

queste cose essi<br />

sono di<br />

"natura litigiosi, rissosi e disputanti, perché affermano in contrasto queste e queste teorie<br />

(eccetera)....""."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì<br />

questo verso ispirato:<br />

"Oh, come sono attaccati a queste [teorie] quei diversi monaci e brahmana! mezzo [al guado]<br />

sprofondano,<br />

senza avere il piede fermo sulla sponda!"""<br />

6. Come il precedente sutta, eccetto il verso ispirato


finale) "Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì questo verso ispirato: ""Gli<br />

uomini, dediti<br />

all'idea di"<br />

essere agenti (112), vincolati all'idea che anche gli altri uomini<br />

sono agenti, non afferrano il senso di questo, non vedono la<br />

spina. Per colui che attentamente consideri questo come una<br />

72<br />

"spina non esiste più l'idea "" io sono quello che agisce "", "" è"<br />

"l'altro quello che agisce! "" (113)."<br />

Questa gente, guidata dalla vanità, dalla vanità è legata, dalla vanità è vincolata. Protesa ad<br />

affermare le sue<br />

teorie non sorpassa il flusso del samsara!<br />

7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. In quella circostanza il venerabile Subhuti stava seduto non lungi dal Beato,<br />

con le gambe<br />

incrociate, tenendo il corpo eretto, avendo conseguito quello stadio di estasi meditativa<br />

(samadhi) che è privo<br />

di concezioni mentali. Ora il Beato, vedendo il venerabile Subhuti così assiso non lungi da lui,<br />

con le gambe<br />

incrociate, tenendo il corpo eretto, avendo conseguito quello stadio di estasi meditativa che è<br />

privo di<br />

concezioni mentali (114), avendo il Beato intuito il significato di ciò, profferì in quel momento<br />

questo verso<br />

ispirato:<br />

Colui il cui intimo sé ha disperso i pensieri, ben enucleati [da<br />

"sé], senza residui, superato questo attaccamento diventa conscio dell'informale: trasceso il<br />

quadruplice<br />

vincolo egli non più rinasce!""."<br />

8. Così da me è stato udito. In una certa occasione, il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />

Bosco di Bambù,<br />

presso la Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. In quel tempo due bande, in Rajagaha, erano<br />

innamorate,<br />

infatuate di una certa prostituta. Per causa sua si abbassavano a litigi, chiassate ed ingiurie: si<br />

prendevano<br />

reciprocamente a pugni, si attaccavano gettandosi zolle di terra, battendosi con bastoni ed<br />

armi, sicché, per<br />

tale ragione [alcuni] incontrarono la morte, o dolore come la morte.<br />

"Ora un gran numero di monaci, apprestatosi ad uscire il mattino, presa la ciotola ed indossata<br />

la veste, entrò<br />

in Rajagaha per la questua del cibo. Fatti i loro giri in Rajagaha, consumato il cibo mendicato, i<br />

monaci<br />

vennero dal Beato, lo salutarono e, avendolo salutato, sedettero in un canto. Una volta seduti,<br />

dissero al<br />

Beato: ""Signore, in Rajagaha vi sono"<br />

due bande "(eccetera)"", e spiegarono tutto ciò che accadeva."<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, in quel momento profferì il verso ispirato:<br />

Ciò che è stato ottenuto, ciò che si vuole ottenere - entrambe le direzioni sono infette di<br />

passione (115) per<br />

quel malato che è intento a loro, che per loro si affanna.


Coloro che attribuiscono valore al vivere secondo virtù, al seguire la castità - questa è una<br />

direzione.<br />

"Coloro che, invece, dicono: "" non c'è danno nei desideri sensuali "" - questa è una seconda<br />

direzione."<br />

Tutte e due le direzioni fanno crescere i carnai: i carnai, a loro volta, accrescono le teorie.<br />

Non riconoscendo queste due direzioni alcuni soggiacciono, altri<br />

oltrepassano i limiti. .<br />

Quanto a coloro, però, che, pienamente riconoscendo entrambe ` .<br />

" le direzioni, non hanno seguito tale modo di pensare, né se ;"<br />

ne sono vantati, per costoro non vi è bisogno di insegnare il .<br />

" giro [della ruota delle esistenze] "" (116)."<br />

9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. In quella circostanza il Beato se ne stava seduto all'aria aperta, in una notte<br />

assolutamente<br />

buia, per cui erano state accese lampade ad olio. E proprio per questo sciami di insetti alati<br />

cadevano<br />

continuamente in quelle lampade ad olio, e perciò trovavano la loro fine, si distruggevano e<br />

continuavano a<br />

distruggersi. E il Beato vide quegli sciami di insetti alati che così facevano e, in quel momento,<br />

intuendo il<br />

significato di ciò, profferì questo verso ispirato:<br />

73<br />

Si affrettano e passano oltre, ma falliscono a cogliere l'essenza: un vincolo sempre nuovo essi<br />

crescere fanno,<br />

"e cadono come moscerini nella lampada. Così sono intenti alcuni a ciò che odono e vedono!<br />

""."<br />

10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Avvenne che il venerabile Ananda andò dal<br />

Beato "e gli disse questo: "" Signore, fintanto che i Tathagata non sorgono nel mondo, essi che<br />

sono Arhat<br />

rettamente"<br />

e pienamente risvegliati, gli asceti Erranti che sostengono differenti dottrine sono stimati,<br />

considerati,<br />

venerati, rispettati<br />

e tenuti in grande onore, ricevendo provviste di vesti, cibo<br />

questuato, giacigli e seggi, conforti e medicine in caso di<br />

malattia. Ma, Signore, allorché i Tathagata appaiono nel<br />

mondo, essi che sono Arhat, rettamente e pienamente risvegliati, allora codesti Erranti, che<br />

sostengono altre<br />

dottrine,<br />

non sono più stimati, non più considerati, non più venerati,<br />

non più rispettati e tenuti in considerazione (eccetera).<br />

Così ora, o Signore, il Beato è stimato, considerato e così<br />

"pure l'Ordine dei monaci "". ""è proprio così, Ananda! Fintanto che i Tathagata non sorgono,<br />

nel mondo<br />

[avvengono"<br />

i fatti che hai detto] ma, allorché un Tathagata viene ad


essere quei fatti cessano. Così ora il Beato è stimato, considerato e venerato (eccetera) e così<br />

pure l'Ordine<br />

dei<br />

"monaci""."<br />

A tale proposito il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />

ispirato:<br />

Brilla l'insetto finché non sorge il Portatore di Luce.<br />

Quando lo Splendente è sorto, uccisa è la sua luce, esso più non<br />

brilla.<br />

Tale è la luce dei settari: fintanto che non appaiono nel mondo<br />

"Coloro che sono rettamente e pienamente Risvegliati, i meri speculatori non danno luce e<br />

neppure i loro<br />

seguaci, né quelli dalle false teorie possono liberarsi dal Dolore!""."<br />

CAPITOLO VII<br />

CULA-VAGGA<br />

(IL CAPITOLO BREVE)<br />

l. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Avvenne che, in quella circostanza, il venerabile Sariputta stesse, in modo<br />

crescente ed in<br />

diverse maniere, erudendo, incitando, rallegrando e deliziando il venerabile Bhaddiya-il-nano<br />

(Lakunthaka-<br />

Bhaddiya), con un discorso riguardante il Dhamma. Allora lo spirito di Lakunthaka-Bhaddiya,<br />

essendo stato<br />

così istruito, incitato, rallegrato e deliziato, ebbe lo spirito liberato da [ogni] attaccamento<br />

senza il minimo<br />

sforzo (an-upadaya). E il Beato vide<br />

il venerabile Lakunthaka-Bhaddiya che era stato così istruito<br />

..... dal venerabile Sariputta con lo spirito liberato da ogni<br />

74<br />

attaccamento senza il minimo sforzo: pertanto, in quel momento, intuendo il significato di ciò,<br />

profferì<br />

questo verso<br />

ispirato:<br />

"In alto, in basso (117), ovunque liberato, non più si riguarda come: io sono questi "";"<br />

"così liberato attraversò la fiumana mai traghettata, per non tornare mai più a rinascere!""."<br />

2. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora proprio in quella circostanza, il venerabile Sariputta stava, in modo<br />

crescente ed in<br />

diverse maniere, istruendo, incitando, rallegrando e deliziando il venerabile Lakunthaka-<br />

Bhaddiya, con un<br />

discorso riguardante il Dhamma, tutto ciò nel modo più serio, perché lo considerava un<br />

allievo. E il Beato<br />

vide il venerabile Sariputta che così faceva ed in quel momento, intuendo il significato di ciò,<br />

profferì questo verso ispirato:<br />

"Spezzato ha il vortice, conquistato il non-desiderio; prosciugata, non più fluisce la fiumana;<br />

infranta, non<br />

gira più la ruota (118) Questa è la fine del Dolore!."


3. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora, in quel tempo, vi erano in Savatthi uomini in gran parte<br />

disordinatamente attaccati ai<br />

desideri, che vivevano gaudenti, bramosi, desiderosi, infatuati, impacciati ed avvelenati dai<br />

desideri. Ed un<br />

gran numero di monaci dopo aver compiuti i giri per la questua, in Savatthi,<br />

venne dal Beato e gli descrisse tali condizioni. Quindi il<br />

Beato, intuendo il significato di ciò, profferì questo verso<br />

spirato:<br />

Vivendo [immersi] nel desiderio, aderendo alle brame, senza percepire errore in questo<br />

legame, così<br />

vincolati ed attaccati, non potranno mai attraversare l'onda così grande e possente!<br />

4. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora, in quel tempo, vi erano in Savatthi<br />

molti uomini disordinatamente attaccati ai desideri, ..(come<br />

nel sutta precedente) avvelenati ed acciecati dai desideri.<br />

Allora il Beato, apprestatosi ad uscire il mattino, indossata<br />

la veste e presa la ciotola, entrò in Savatthi per la questua del<br />

cibo. Ed in Savatthi il Beato contemplò quegli uomini che<br />

vivevano disordinatamente, attaccati ai desideri avvelenati<br />

ed acciecati dai desideri. Allora, intuendo il significato di ciò,<br />

Egli profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

"I ciechi di desiderio sono come presi in una rete, coperti dalla cappa della brama;"<br />

quelli legati col vincolo della distrazione sono come pesci nella<br />

"rete ad imbuto; vanno verso la vecchiaia-e-morte come un vitello da latte verso la"<br />

"madre ""."<br />

"5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel<br />

parco di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il venerabile Bhaddiya-il-nano se ne veniva<br />

camminando<br />

dietro ad un gran numero di monaci, per visitare il Beato. Ed il Beato vide il venerabile<br />

Bhaddiya-il-nano<br />

venire seguendo un gran numero di monaci, ancorché da lontano - brutto, sgradevole a<br />

vedersi, gobbo e<br />

75<br />

generalmente disprezzato dai monaci - . Guardando lui, il Beato si rivolse ai monaci, dicendo:<br />

""Monaci,"<br />

vedete voi venire da laggiù quel monaco "che è generalmente disprezzato dai monaci? "". ""Sì,<br />

Signore""<br />

""Ebbene,"<br />

monaci, quel monaco è dotato di grande potere, di grande<br />

energia. Non è certamente facile da conquistare ciò che egli<br />

non aveva precedentemente conquistato, anche ciò per cui i<br />

figli di famiglia giustamente lasciano la casa per la vita errante, anche quel supremo fine della<br />

vita<br />

brahmanica che egli<br />

ha conquistato, nel quale egli dimora sicuro, essendo giunto a<br />

"conoscerlo pienamente per se stesso e ad inverarlo!"""


Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

Dalle membra pure, immacolato, procede il carro con una ruota (119),<br />

"Guardalo, com'egli viene! Senza macchia, avendo tagliato la corrente, svincolato! ""."<br />

6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di<br />

Anathapindika. Avvenne che, in quella circostanza, il venerabile Anna[ta] Kondariria (120)<br />

stesse seduto a<br />

breve distanza dal Beato, con le gambe incrociate e col tronco eretto, contemplando il proprio<br />

svincolamento<br />

conseguente alla distruzione della brama. E il Beato contemplò il venerabile Arina Kondarir-<br />

La che così<br />

operava e, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento il seguente verso ispirato:<br />

Colui la cui radice non è in terra, non ha foglie: quindi dove le liane?<br />

Quel forte, svincolato da ogni legame, chi è degno di lodarlo?<br />

"Non son soli gli dei a lodarlo: anche da Brahma egli è fondato! ""."<br />

7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il Beato se ne stava seduto contemplando il<br />

proprio abbandono<br />

delle concezioni e delle idee [concomitanti] allo sviluppo [degli ostacoli] (121), Allora il Beato,<br />

riconoscendo come egli avesse abbandonato le proprie idee e concezioni concomitanti allo<br />

sviluppo [degli<br />

ostacoli], profferì in quel momento il verso spirato:<br />

Colui nel quale sviluppo e permanenza [dell'ostacolo] non esistono, che ha superato vincolo<br />

ed ostruzione,<br />

"questo silenzioso che, privo di brama, procede, lui non conosce il mondo con tutti gli dèi! ""."<br />

8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika Ora, in quella circostanza, non lungi dal Beato stava seduto il venerabile<br />

Maha-Kaccana,<br />

con le gambe incrociate, tenendo il corpo eretto, con la consapevolezza della<br />

sua entità corporea (121) ben stabilita di fronte a se stesso. E il Beato contemplò il venerabile<br />

Kaccana così<br />

operante e, quindi, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />

ispirato:<br />

Colui la cui consapevolezza è in ogni senso e perennemente ben stabilita riguardo al corpo<br />

[mentre pensa]:<br />

" ciò non sia e per me non sarebbe , "" ciò non sarà e per me non avverrà"" (123), così<br />

dimorando di stato in<br />

istato, a suo tempo sarà di là da ogni attaccamento!"""<br />

"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato, compiendo i suoi giri fra i Malla,<br />

assieme ad<br />

una grande comitiva di monaci, giunse a Thuna, un villaggio brahmana della gente Malla. Ed i<br />

brahmana<br />

capifamiglia udirono la novella: "" Si dice, amici, che Gotama il monaco, uscito dalla stirpe dei<br />

Sakya, stia<br />

compiendo i suoi giri in mezzo ai Malla con una grande comitiva di monaci, ed abbia raggiunto<br />

Thuna "".<br />

76


[Di conseguenza] colmarono il pozzo fino all'orlo con ogni sorta di erbacce e paglia [,<br />

pensando]: "" Non<br />

attingano acqua quei monaci dal capo raso "". Ora il Beato, uscendo dalla strada principale,<br />

andò verso la<br />

radice di un certo albero: giunto colà sedette in un luogo apprestatogli e, una volta assiso, si<br />

rivolse al<br />

venerabile Ananda, dicendogli: ""vieni, Ananda, fammi avere un sorso da questo pozzo ),. A<br />

queste parole il<br />

venerabile Ananda rispose al Beato: "" Proprio adesso, signore, quel pozzo è stato ostruito<br />

fino all'orlo da<br />

erbacce di ogni sorta e paglia da quei brahmana capifamiglia [, col pensiero]: "" non attingano<br />

acqua quei<br />

monaci dal capo raso "" "". Più tardi il Beato ripeté la richiesta una seconda volta ed il<br />

venerabile Ananda<br />

diede la"<br />

"medesima risposta. Una terra volta ancora il Beato ripeté la richiesta e, allora, il venerabile<br />

Ananda rispose:<br />

""Così sia, Signore"", prese la ciotola e si diresse verso il pozzo. Ora, appena il venerabile<br />

Ananda si fu<br />

avvicinato a quel pozzo, esso vomitò tutta quell'erbaccia e paglia, rimanendo pieno fino<br />

all'orlo di acqua<br />

trasparente, limpida e tranquilla, che persino trabordava. A questo fatto il venerabile Ananda<br />

pensò:<br />

""Meraviglioso è questo ! Un vero miracolo è stato operato dal grande potere e dalle grandi<br />

facoltà<br />

sovrannaturali del Beato! Perché mai questo pozzo, appena mi sono avvicinato, ha vomitato<br />

tutte quelle<br />

erbacce e paglia, ed ora rimane pieno fino all'orlo di acqua trasparente, limpida e tranquilla,<br />

che persino<br />

traborda.....? "". Così, empita d'acqua la"<br />

ciotola, se ne tornò al Beato e, giunto che fu da lui, gli disse:<br />

Che meraviglia! Un miracolo invero è stato operato dal<br />

grande potere e dalle grandi facoltà sovrannaturali del<br />

Beato ! Voglia il Beato bere l'acqua! Voglia il Beato bere<br />

"l'acqua ! """<br />

Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

" Perché si dovrebbe costruire un pozzo, se le acque sono ovunque? Una volta troncata la<br />

sete"" alla radice,<br />

cosa si dovrebbe andare"<br />

"a cercare? ""."<br />

10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a Kosambi, nel parco<br />

Ghosita. Ora, in<br />

quella occasione, il gineceo del re Udena, che era andato al [padiglione] del parco, prese fuoco,<br />

e<br />

cinquecento donne vi incontrarono la morte, prima fra di loro Samavati. Quindi un gran<br />

numero di monaci,<br />

che, al mattino, indossata la veste e presa la ciotola, erano entrati a Kosambi per la questua e,<br />

dopo, avevano consumato la loro refezione vennero dal<br />

Beato e, venuti che furono, lo salutarono, sedettero in un<br />

"canto e gli chiesero "" Qui il gineceo del re Udena" ha


preso fuoco Dicci, Signore, quale è il destino, a quale<br />

"forma di esistenza andranno incontro quelle devote laiche? ""."<br />

Monaci, fra quelle devote alcune sono entrate-in-corrente, altre dovranno ritornare sulla terra<br />

una volta sola,<br />

altre ancora non avranno bisogno di ritornare più. Non è senza frutto, monaci, che quelle<br />

devote laiche<br />

abbiano incontrato la loro fine!<br />

Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

" Legato all'illusione è il mondo, il suo essere appare un [continuo] divenire; lo stolto,<br />

condizionato al<br />

substrato"" (125) dalle tenebre è ravvolto; [il mondo gli] appare come eterno: per chi<br />

veramente guarda"<br />

" esso è nulla! """<br />

CAPITOLO VIII<br />

77<br />

PATALIGAMA (125)<br />

1. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al bosco<br />

Jeta, nel parco<br />

di Anathapindika. Ora, in quella circostanza, il Beato istruiva, incitava, illuminava e rallegrava i<br />

monaci con<br />

un discorso d'accordo col Dhamma che riguardava il Nibbana. E quei monaci, prestando<br />

intensa attenzione,<br />

tutto afferrando nel loro spirito, stavano ad ascoltare la Buona Legge con orecchie attente.<br />

Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

Vi è, o monaci, quella condizione ove non è ne terra, né acqua,<br />

né fuoco, né aria, ove non è né la sede dello spazio infinito né<br />

quella dell'infinita coscienza, né quella della nullità, né quella<br />

" propria a "" né-coscienza-né-non-coscienza"", ove non è né questo mondo né un mondo di là<br />

da questo,<br />

né entrambo assieme,"<br />

"né luna, né sole. Da là, o monaci, io dichiaro, non si viene a nascere: ivi non si va [In quella<br />

condizione]<br />

non v'è permanenza, non v'è decadenza, non v'è nascita. Non è fissa, non si muove, non è<br />

fondata su cosa<br />

alcuna. Quella è, invero, la fine del Dolore ""."<br />

2 (Ripetizione del precedente sutta, cui segue :)<br />

Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò (= di questa<br />

conversazione), profferì questo verso ispirato:<br />

"Difficile da vedere è il non-sé: non è facile certamente da vedere il Vero;"<br />

"trafitta è la "" sete "" per chi conosce: per chi vede, nulla v'è! ""."<br />

3 (Ripetizione del sutta precedente, cui segue :)<br />

Quindi il Beato profferì questo verso ispirato:<br />

Vi è, o monaci, il non-nato, il non-divenuto, il non-fatto, il non-composto. Monaci, se questo<br />

non-nato, nondivenuto,<br />

non-fatto, non-composto non fossero, non si conoscerebbe modo di sfuggire a questo nato,<br />

divenuto, fatto, composto. Perciò, o<br />

monaci - dato che vi è un non-nato - si conosce rifugio<br />

" da questo nato, divenuto, fatto, composto """<br />

4 (Ripetizione dei primi tre sutta, cui si aggiunge :)<br />

Quindi il Beato profferì questo verso ispirato:


"Per chi dipende [da altro] che sé vi è il vacillare, per chi non dipende non vi è vacillare. Non<br />

esistendo<br />

vacillare vi è calma; essendovi calma non vi è piacere [in cosa diversa da sé]: non essendovi<br />

piacere, non v'è<br />

andare-e-venire; non essendovi andare-e-venire, non v'è decesso e-rinascita; non essendovi<br />

decesso-erinascita<br />

non vi è né qui"" né "" [al di] là "", né alcunché di mezzo ai due. Questa è, invero, la fine del<br />

Dolore """<br />

5. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato stava compiendo i suoi giri fra i<br />

Malla, assieme<br />

ad una grande comitiva di monaci, quando giunse a Pava. Ed avvenne che il Beato si allogasse<br />

nel bosco di<br />

manghi di Cunda, il (figlio del) fabbro (kammdra-putta) (126), in Pava. Ora, a Cunda,<br />

"al fabbro capitò di sentire: "" Si dice che il Beato, nel compiere i suoi giri con una grande<br />

comitiva di<br />

monaci, sia giunto a Pava "", [e, aggiunse lui,] a si sia trattenuto nel mio bosco di manghi "".<br />

Quindi Cunda,<br />

il fabbro, andò a visitare il Beato e, giunto che fu, lo salutò e sedette in un canto. Come egli si fu<br />

così seduto,<br />

78<br />

il Beato lo istruì, incitò, illuminò e lo rese felice con un discorso d'accordo con la Buona<br />

Legge."<br />

"Allora Cunda il fabbro, in tale maniera istruito, incitato, illuminato e reso felice, disse questo<br />

al Beato: "" O<br />

Signore, consenta il Beato ad accettare il mio cibo, domani, assieme all'Ordine dei monaci! "" Il<br />

Beato<br />

accettò, rimanendo silenzioso. Allora Cunda, il fabbro, vedendo che il Beato accettava, si alzò<br />

da dove stava<br />

seduto, salutò il Beato girandogli attorno verso destra e se ne andò. Indi Cunda, il fabbro,<br />

passata che fu la<br />

notte, preparò in casa sua del cibo scelto, sia duro che morbido, assieme ad un abbondante<br />

piatto di funghi<br />

porcini (127): indi annunciò al Beato che era giunto il tempo [di mangiare], dicendo: ""<br />

Signore, è preparato<br />

il desinare "". Allora il Beato, apprestatosi all'uscita mattutina, indossata la veste e presa la<br />

ciotola, uscì<br />

assieme all'Ordine dei monaci, diretto alla casa di Cunda, il fabbro, e, giuntovi, sedette in un<br />

posto<br />

apprestatogli. Al momento di sedersi il Beato disse a Cunda il fabbro: "" Cunda, quel piatto di<br />

porcini servilo<br />

a me. Quanto all'altro cibo, sia duro sia morbido, che tu hai preparato, servilo all'Ordine dei<br />

monaci "". ""<br />

Così sarà, signore "", rispose Cunda, il fabbro, al Beato, e fece come gli era stato detto....."<br />

"Più tardi il Beato disse a Cunda, il fabbro: ""Cunda, quanto ai resti del piatto di porcini,<br />

seppelliscili in un<br />

fosso. Poiché io non vedo alcuno, o Cunda, in tutto questo mondo con i suoi deva, i suoi<br />

Brahma, con tutta la<br />

schiera degli asceti e dei brahmana, io non vedo alcuno che, una volta mangiato questo cibo,<br />

possa digerirlo,


altro che il Tethagete "". "" Così sia o, rispose Cunda, il fabbro, prestando orecchio a quanto gli<br />

diceva il<br />

Beato; quindi, dopo aver seppellito in un fosso i resti del piatto di boleti porcini, tornò dal<br />

Beato e, avendolo<br />

salutato, sedette in un canto. Quando si fu seduto il Beato lo istruì, lo incitò, lo illuminò e lo<br />

rese felice con<br />

un discorso d'accordo con la Buona Legge, indi si alzò da dove era seduto e se ne andò.<br />

Avvenne che, dopo<br />

che il Beato ebbe mangiato il pranzo offertogli da Cunda, il fabbro, gli venne una violenta<br />

malattia, con<br />

dolorose sofferenze accompagnate da flusso di sangue, sì da condurre a morte. Tali dolori,<br />

invero, il Beato<br />

sostenne, sempre concentrato e composto, senza venirne angustiato."<br />

"Indi il Beato chiamò Ananda, [dicendo]: ""Ananda, andiamo ! Voglio giungere a Kusinara "". a<br />

Va bene,<br />

Signore"", rispose il venerabile Ananda al Beato."<br />

"(""Quand'ebbe ingerito il cibo di Cunda - così io ho udito - quel Costante patì un duro<br />

malanno, che a<br />

morte lo condusse."<br />

"Poi che ebbe mangiato ""la delizia porcina "", atroce malanno"<br />

" crebbe al Maestro ""."<br />

"Finito è il flusso , disse il Beato, ""io vado, dunque, a Kusinara "")."<br />

"Quindi il Beato, uscendo dalla via maestra, si diresse verso la radice di un certo albero, giunto<br />

al quale<br />

chiamò a sé il venerabile Ananda, dicendogli: "" Vieni, Ananda. Piegami in quattro la roba (=<br />

veste). Sono<br />

stanco, siederò"". ""Sì, Signore "", rispose il venerabile Ananda. E il Beato sedette sul posto<br />

preparatogli.<br />

Dopo essersi seduto, si rivolse al venerabile Ananda, e gli disse "" Vieni, Ananda, vammi a<br />

prendere<br />

dell'acqua; sono assetato, vorrei bere""!"<br />

"A queste parole il venerabile Ananda rispose al Beato: "" Proprio ora, Signore, circa<br />

cinquecento carri sono<br />

passati per qua. L'acqua agitata dalle ruote, essendo poco fonda, scorre torbida e fangosa. Ma<br />

non molto<br />

lontano, Signore, vi è il lume Kukuttha, con acqua spumeggiante e gradevole, fresca e chiara, di<br />

facile<br />

accesso, deliziosa. Ivi il Beato può bere e rinfrescare le Sue membra "". Una seconda volta il<br />

Beato fece la<br />

medesima richiesta e ricevette la stessa risposta" Una terza volta, ancora, il Beato fece la<br />

medesima<br />

"richiesta. Quindi il venerabile Ananda, dicendo: ""Così sia,"<br />

"Signore"", in obbedienza al Beato, prese la ciotola e andò"<br />

verso quel ruscello [vicino]. Il ruscello, agitato dalle ruote<br />

ed essendo poco fondo, scorreva torbido e fangoso. Ma, appena si fu avvicinato il venerabile<br />

Ananda, esso<br />

prese a scorrere chiaro e puro, fresco e trasparente. E il venerabile Ananda<br />

79<br />

"pensò: "" Che meraviglia! Un miracolo, invero, è stato compiuto dal Tathagata! Perché questo<br />

ruscello che,


agitato dalle"<br />

ruote dei carri, essendo poco fondo, scorreva torbido e fangoso, quando mi sono avvicinato si<br />

è messo a<br />

scorrere chiaro<br />

"e puro, fresco e trasparente ? "". Così, presa l'acqua con la ciotola, andò dal Beato e,<br />

avvicinandosi a Lui,<br />

disse: "" Signore,"<br />

è meraviglioso, è un miracolo compiuto dal grande potere e<br />

dalle grandi facoltà del Tathagata! questo ruscello scorre<br />

"ora fresco e puro! Ne beva il Beato l'acqua!"". Ed il Beato"<br />

bevve quell'acqua. Indi il Beato, con una gran comitiva di<br />

monaci, venne al fiume Kukuttha, giunto che fu vi si immerse e, dopo essersi lavato, aver<br />

bevuto ed essere<br />

uscito dall'acqua, andò al boschetto di manghi e si rivolse al venerabile<br />

"Cundaka: "" Vieni, Cundaka! Preparami la mia roba piegata"<br />

"in quattro! Sono stanco, mi siederò"". "" Sì, Signore"", rispose"<br />

il venerabile Cundaka, e, obbedendo al Beato, preparò la<br />

roba piegata in quattro. Indi il Beato giacque sul lato destro,<br />

nella posizione del leone (128), posando un piede sul[la pianta<br />

della altro, consapevole, conoscente, volgendo la mente alla coscienza di energia (? - utthanasannam)<br />

(129).<br />

Tuttavia il venerabile Cundaka sedette allora di fronte al Beato.<br />

Giunto che fu il Beato al lume Kukuttha, dall'acqua tersa, fresca, trasparente,<br />

vi si immerse, ben stanco, il Maestro, quaggiù nel mondo impareggiabile Tathagata.<br />

Lavato e dissetato [che fu], ne venne fuori, il Maestro, in mezzo alla scorta dei monaci.<br />

Il Maestro, Istruttor della Legge, Beato - il Possente Signore andò al bosco di manghi.<br />

"Un monaco chiamò, detto Cundaka: "" Piegami in quattro la veste per giaciglio ""."<br />

Da Quegli-che-ha-se-stesso-conseguito (bhavitattena) così comandato, Cunda presto [obbedì],<br />

stendendo la veste piegata in quattro come giaciglio, sul quale si stese il Maestro affaticato. E<br />

Cunda (130) di<br />

fronte a lui si pose a sedere o).<br />

"Indi il Beato si rivolse al venerabile Ananda, dicendo: ""Può darsi, Ananda, che qualcuno<br />

faccia sorgere<br />

rimorso in"<br />

"Cunda, il fabbro, dicendo: "" è una pecca per te, caro Cunda,"<br />

è una disgrazia per te, caro Cunda, che il Tathagata sia trapassato definitivamente dopo aver<br />

mangiato il suo<br />

ultimo<br />

"cibo, offerto dalle tue mani! "". Tale rimorso per Cunda deve"<br />

"venire impedito, o Ananda, [col dire]: "" È un prodotto per"<br />

te, caro Cunda. È una grazia per te, caro Cunda, che il Beato<br />

sia definitivamente trapassato dopo aver mangiato il suo<br />

ultimo cibo offerto dalle tue mani. Faccia a faccia con Lui,<br />

caro Cunda, io ho udito questo: faccia a faccia con Lui, caro<br />

Cunda, ho accolto questo detto: ' Questi due doni di cibo sono esattamente di eguale merito, di<br />

eguale<br />

risultato, e sono ben più fruttuosi e profittevoli di qualsivoglia altro dono di cibo. Quali due?<br />

Quel dono di<br />

cibo, dopo aver consumato il quale il Tathagata si è risvegliato alla Suprema Illuminazione<br />

(anutaram


sambodhim ) e quel dono di cibo, dopo aver consumato il quale il Tathagata trapassa<br />

finalmente in quella<br />

sfera<br />

di Estinzione (nibbana-dhatu) che è senza residuo. Questi due<br />

doni di cibo sono di merito esattamente eguale, di eguale risultato, e sono ben più profittevoli<br />

di qualsiasi<br />

altro dono di<br />

80<br />

cibo'. Per il venerabile Cunda il fabbro il kamma è stato<br />

accumulato sì da condurlo a vivere una lunga vita .a godere della bellezza ad essere felice al<br />

mondo celeste<br />

ed<br />

alla fama. È stato messo in moto il kamma che porta alla<br />

"supremazia"". Così è, o Ananda, come si deve impedire il"<br />

"rimorso di Cunda il fabbro ""."<br />

Quindi il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì il verso ispirato:<br />

Per colui che dà li merito cresce: per chi si raffrena non si<br />

accumula l'ira.<br />

"L'uomo retto abbandona le cattive azioni; avendo distrutto brama,"<br />

"avversione ed ottundimento, egli trapassa nell'Estinzione!""."<br />

"6. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava a compiere i suoi giri fra<br />

i Magadhi e,<br />

con una grande comitiva di monaci, arrivò a Pataligama. Ed i devoti laici di Pataligama<br />

udirono novella: ""Il<br />

Beato, invero, assieme ad una grande comitiva di monaci" è giunto<br />

"a Pataligama "". Così quei devoti laici andarono a visitare il"<br />

Beato. Venuti che furono da lui, lo salutarono e sedettero in<br />

"disparte. Così seduti, dissero al Beato: "" Prenda alloggio il"<br />

"Beato nella nostra sala comunale! "". E il Beato accettò mediante il suo silenzio. Quindi quei<br />

devoti laici,<br />

vedendo che"<br />

il Beato acconsentiva, si alzarono dai posti ove erano seduti,<br />

lo salutarono girandogli attorno verso destra e se ne andarono alla sala comunale. Giunti che<br />

furono alla sala<br />

comunale<br />

la apprestarono in ogni modo e in ogni lato, prepararono seggi, collocarono un bacile d'acqua<br />

ed appesero<br />

una lampada ad olio. Indi ritornarono dal Beato, lo salutarono [di nuovo]<br />

..... "e, stando in piedi, gli dissero: "" Signore, la sala del consiglio è pronta in ogni particolare. I<br />

seggi sono<br />

stati preparati, un bacile d'acqua è stato collocato, una lampada a olio"<br />

è stata appesa. Voglia il Beato fare ora ciò che Gli sembri più<br />

"opportuno ""."<br />

Quindi il Beato, apprestatosi ad uscire di mattina, indossata la veste e presa la ciotola, andò<br />

con una grande<br />

comitiva di monaci alla sala comunale: giunto che vi fu ebbe i piedi lavati, entrò nella sala e si<br />

assise<br />

addossato al pilastro centrale, volto ad oriente. L'Ordine dei monaci si lavò pure i piedi, entrò<br />

nella sala


comunale e sedette addossato alla parete occidentale, guardando quindi ad oriente, col Beato<br />

di fronte a tutti.<br />

I seguaci laici di Pataligama si lavarono pure i piedi, entrarono nella sala del consiglio e<br />

sedettero col dorso<br />

appoggiato alla parete orientale, volti quindi ad occidente, ed avendo il Beato di fronte.<br />

"Allora il Beato si diresse ai devoti laici di Pataligama, dicendo: "" Capifamiglia, cinque sono le<br />

cattive<br />

conseguenze (adinava) alle quali va incontro l'uomo immorale, in conseguenza del suo essere<br />

caduto fuori<br />

dalla virtù. Quali sono queste cinque conseguenze?"<br />

1) In questo mondo, o capifamiglia, l'uomo immorale, caduto fuori della virtù, in conseguenza<br />

del suo essere<br />

dedito alla distrazione (131) patisce una grande perdita di ricchezza. Questa è la prima delle<br />

cattive<br />

conseguenze che patisce l'uomo immorale in seguito all'essere caduto fuori del cammino della<br />

virtù.<br />

2) Inoltre, o capifamiglia, per l'uomo immorale, caduto<br />

fuori della via della virtù, nasce una cattiva fama. Questa è la seconda cattiva conseguenza.....<br />

3) Inoltre, o capifamiglia, l'uomo immobile, che è caduto fuori della via della virtù, qualunque<br />

sia la società<br />

nella quale si introduce, sia di guerrieri, di brahmana, di capifamiglia o di asceti, vi si appressa<br />

timido e<br />

vergognoso. Questa è la terza cattiva conseguenza.....<br />

4) Inoltre, o capifamiglia, l'uomo immorale, che è caduto fuori della via della virtù, finisce la<br />

sua vita<br />

81<br />

stralunato, paralizzato (sammulha). Questa è la quarta cattiva conseguenza.....<br />

5) Infine, o capifamiglia, l'uomo immorale, che è caduto fuori della via della virtù, alla<br />

distruzione del corpo,<br />

quando morte sopravviene, procede verso un cattivo destino, cadendo in basso, nel<br />

Purgatorio. Questa è la<br />

quinta cattiva conseguenza e tutte queste sono le cinque cattive conseguenze<br />

che colpiscono l'uomo immorale, che è caduto fuori della<br />

via della virtù.<br />

Queste sono le cinque buone conseguenze, o capifamiglia, che toccano agli uomini virtuosi,<br />

poiché hanno<br />

praticato virtù (132). Quali sono?<br />

I ) In questo mondo, o capifamiglia, l'uomo virtuoso, dotato di virtù, in conseguenza del suo<br />

essere dedito al<br />

l'attenzione consapevole, consegue una grande porzione di ricchezze. E questa è la prima<br />

buona conseguenza<br />

a cui va incontro l'uomo virtuoso, per il fatto che segue la via della virtù.<br />

2) Inoltre, o capifamiglia, attorno all'uomo virtuoso, per il fatto che segue la via della virtù, si<br />

diffonde una<br />

buona fama. Questa è la seconda buona conseguenza.....<br />

3) Ed ancora, o capifamiglia, l'uomo virtuoso, che segue la via della virtù, in qualunque<br />

compagnia egli entri,<br />

sia di guerrieri che di brahmana, o di capifamiglia o di asceti, vi<br />

entra fiducioso in se stesso e non confuso. Questa è la terza buona conseguenza.....


4) Oltre a ciò, o capifamiglia, l'uomo virtuoso, che segue la via della virtù, finisce la propria<br />

vita in piena<br />

coscienza. Questa è la quarta buona conseguenza.<br />

5) Infine, o capifamiglia, l'uomo virtuoso, che segue la via della virtù, alla distruzione del<br />

corpo, quando<br />

morte sopravviene, procede verso un buon destino, rinascendo nel mondo celeste. Questa è la<br />

quinta buona<br />

conseguenza..... e tutte queste sono le cinque buone conseguenze che toccano all'uomo<br />

virtuoso, a cagione<br />

della sua pratica della virt¢<br />

"Così il Beato, dopo aver istruito, incitato, illuminato e rallegrato i devoti laici di Pataligama<br />

con un discorso<br />

consono alla Buona Legge fino a tarda notte, li licenziò dicendo: ""Ora, capifamiglia, la notte è<br />

bene<br />

avanzata, fate adesso ciò che vi sembri bene "". Quindi i devoti laici di Pataligama, rallegrati<br />

dalle parole del<br />

Beato, lo ringraziarono, si alzarono da dove erano seduti, salutarono il Beato girandogli<br />

attorno verso destra<br />

e se ne andarono. Avvenne che il Beato, non molto tempo dopo la partenza dei devoti laici di<br />

Pataligama,<br />

entrò nel suo alloggio (sunnagaram). Circa in quello stesso tempo Sumdha e Vassakara, grandi<br />

ministri del<br />

Magadha, costruivano una città sul sito di Pataligama, allo scopo di contenere i Vajji (133). E,<br />

nello stesso<br />

tempo, un gran numero di devatas (134), in gruppi di un migliaio, si era stabilito nei luoghi<br />

delle costruzioni<br />

in Pataligama. Ora, accade che, quando devatas di grande potere occupano un luogo, esse<br />

rendono inclini le<br />

menti dei re e dei grandi ministri dei re a costruire abitazioni. Quando, invece, devatas di<br />

minore potere<br />

occupano un luogo, esse rendono inclini le menti dei minori governanti e dei loro ministri a<br />

costruire<br />

abitazioni. Il Beato, allora, contemplò con la sua vista divina e sovrumana quelle devatas<br />

schierate per<br />

migliaia che occupavano siti in Pataligama. Egli vide che, ovunque le devatas occupino un sito,<br />

esse rendono<br />

inclini le menti dei re e dei grandi ministri ad edificare"<br />

abitazioni Ed alzandosi, alla fine di quella notte, quando<br />

"l'alba rischiarava il cielo, si rivolse al venerabile Ananda, dicendo: ""Dimmi, Ananda, chi sta<br />

costruendo<br />

una città in"<br />

"Pataligama?"". ""Signore, sono Sunidha e Vassakara, grandi"<br />

"ministri di Magadha, che stanno costruendo una città a Pataligama per tenere lontani i<br />

Vajji""."<br />

Certamente, dopo essersi consultati coi deva dei Trentatré (135) Ananda, si saranno messi a<br />

fabbricare la<br />

città sul sito di Pataligama per tener lontani i Vajji. Io ho visto, Ananda, con lo sguardo celeste,<br />

purificato,<br />

sovrumano, un gran numero di devatas, in schiere di mille, che occupavano luoghi in<br />

Pataligama. In


qualunque luogo devatas di grande potere occupano un sito, esse rendono inclini le menti dei<br />

re e dei grandi<br />

ministri dei re a costruire abitazioni. Quando, invece, devatas, di minore potere, occupano un<br />

luogo, esse<br />

rendono inclini le menti dei minori governanti e dei loro ministri a costruire edifici (ripetuto<br />

tre volte).<br />

O Ananda, per quanto si stende la sede degli Arii, per quanto lungi i mercanti viaggino, questa<br />

sarà la<br />

82<br />

capitale delle città, il luogo ove gli uomini apriranno le balle di mercanzia. Però, Ananda, tre<br />

sventure<br />

colpiranno Pataligama - cioè - a causa di fuoco, a causa di acqua e a causa di discordia (136).<br />

"Ora Sunidha e Vassakara, grandi ministri del Magadha, vennero a visitare il Beato. Venuti che<br />

furono lo<br />

salutarono cortesemente e, dopo lo scambio di saluti e convenevoli, restarono in piedi in un<br />

canto.<br />

Standosene così in piedi, in un canto, i grandi ministri del Magadha, Sumdha e Vassakara,<br />

dissero questo al<br />

Beato: ""Voglia il venerando signore Gotama accettare oggi il nostro invito a pranzo assieme<br />

all'Ordine dei<br />

monaci "". Ed il Beato acconsentì con il silenzio."<br />

Quindi Sunidha e Vassakara, vedendo che il Beato acconsentiva, se ne tornarono a casa e,<br />

giuntivi, fecero<br />

preparare<br />

nella loro magione cibo scelto, sia duro che morbido, indi<br />

annunciarono il tempo [di mangiare] al Beato, dicendo:<br />

il tempo, Signore Gotama, il cibo è stato preparato! . Allora il Beato, apprestandosi all'uscita<br />

mattutina,<br />

indossata la<br />

veste e presa la ciotola, si recò in casa di Sumdha e Vassakara,<br />

i grandi ministri del Magadha. Giunto che vi fu si assise in un<br />

seggio preparatogli. Indi Sumdha e Vassakara servirono e<br />

soddisfecero l'Ordine dei monaci, diretto dal Buddha, con cibo<br />

scelto, vuoi tenero vuoi duro. Poi Sumdha e Vassakara vedendo che il Beato aveva mangiato<br />

quanto gli<br />

soddisfaceva<br />

ed aveva ritirato la mano [destra] dalla ciotola [e lavato entrambe], presero uno sgabello e<br />

sedettero in un<br />

canto. Come<br />

si furono seduti, il Beato espresse loro il suo ringraziamento<br />

con questi versi:<br />

In qualunque regione l'uomo saggio ponga la [sua] dimora, nutra i virtuosi controllati,<br />

praticanti il<br />

brahmacariya,<br />

propizii con l'offerta tutti gli dèi ivi viventi:<br />

così venerati, lo venereranno, così onorati, lo onoreranno.<br />

"Come la madre ha compassione del figlio che essa ha portato, chi delle deità ha compassione<br />

vedrà sempre<br />

la buona fortuna ""."


Così il Beato, dopo aver ringraziato con questi versi Sunidha e Vassakara, grandi ministri del<br />

Magadha, si<br />

alzò dal<br />

suo seggio e se ne andò.<br />

Ora, in quel tempo, Sunidha e Vassakara seguivano i<br />

"passi del Beato, passo a passo, con questa idea: ""Quale sarà"<br />

la porta di città per la quale uscirà Gotama l'asceta, quella<br />

diverrà la porta di Gotama. Quale sarà il guado per il quale<br />

Gotama l'asceta attraverserà il Gange, quello sarà il [Sacro]<br />

Guado (137) di Gotama o. Per questa ragione la porta per la<br />

quale il Beato uscì di città prese il nome di Porta di Gotama. Indi il Beato giunse al fiume<br />

Gange. In quel<br />

tempo il Gange era in piena, giungendo all'altezza dei banchi rivieraschi, in modo tale che<br />

perfino un corvo<br />

vi avrebbe potuto bere. E alcune persone andavano alla ricerca di un'imbarcazione, altre<br />

erano intente a<br />

cercare una zattera, altre ancora legavano assieme fasci di canne, desiderose di giungere<br />

all'opposta sponda.<br />

Ma il Beato, proprio come un uomo forte potrebbe distendere il suo braccio piegato o piegare<br />

il suo braccio<br />

disteso - allo stesso modo sparì da questa sponda del fiume per ritrovarsi, assieme a tutto<br />

l'Ordine dei<br />

monaci, sulla sponda opposta.<br />

E il Beato vide alcune persone che andavano alla ricerca di un'imbarcazione, altre intente a<br />

cercare una<br />

83<br />

zattera, altre ancora che legavano assieme fasci di canne, desiderose di giungere alla sponda<br />

opposta. Quindi<br />

il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso ispirato:<br />

Hanno L'atto un ponte per attraversare l'oceano e la corrente<br />

"per passare la palude: la gente intreccia una cesta, perfino. I saggi hanno già guadato!""<br />

(138)."<br />

"7. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato viaggiava sulla strada maestra nel<br />

territorio dei<br />

Kosali, assieme al venerabile Nagasamala come suo attendente personale. Mentre essi<br />

procedevano, il<br />

venerabile Nagasamala vide una biforcazione e, avendola scorta, disse al Beato: "" O Beato, vi<br />

è un'altra]<br />

strada: andiamo per quella! "". A questo detto il Beato rispose al venerabile Nagasamala: ""<br />

Questa [qui] è la<br />

strada, Nagasamala, andiamo per questa strada! "". Una seconda volta il venerabile<br />

Nagasamala disse al<br />

Beato" "e ancora una terza volta, ed il Beato rispose: ""Questa [qui] è la strada, Nagasamala,<br />

andiamo per<br />

questa strada ! "". A questo punto il venerabile Nagasamala lasciò proprio là per terra la<br />

ciotola e la veste del<br />

Beato, e se ne andò dicendo: ""Eccovi, Beato, la vostra veste e la vostra ciotola ""."<br />

"Ora capitò che, mentre il venerabile Nagasamala se ne andata per quella via secondaria, dei<br />

ladroni lo


sorprendessero: lo picchiarono, lo presero a calci, gli ruppero la ciotola e gli stracciarono la<br />

veste. Allora il<br />

venerabile Nagasamala, con la ciotola spezzata e le vesti stracciate, se ne ritornò dal Beato e,<br />

giunto che fu<br />

presso di Lui, Lo salutò e sedette in un canto. Come si fu così seduto il venerabile Nagasamala<br />

disse al<br />

Beato: ""Signore, mentre andavo per quella strada i ladri mi hanno assalito, picchiato e preso a<br />

calci, mi<br />

hanno rotto la ciotola e stracciato le vesti ""."<br />

A questo punto il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />

ispirato:<br />

Camminando adagio con lo sciocco il saggio perde soltanto<br />

tempo (?).<br />

Quando scopre che è un mariuolo, subito lo abbandona, come un<br />

"airone nutrito con latte abbandona l'acqua (139)""."<br />

"8. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, nel<br />

parco orientale,<br />

nella casa a più piani della Madre di Migara. In quel tempo avvenne che l'amata e graziosa<br />

nipote di Visakha,<br />

madre di Migara, venne a morire. Così Visakha, la madre di Migara, con le vesti ed i capelli<br />

ancora umidi<br />

(140) venne a visitare il Beato ad un'ora impropria. Venuta che fu lo salutò e sedette in un<br />

canto. Una volta<br />

che si fu seduta, il Beato disse a Visakha, la madre di Migara: "" Orbene, Visakha, come mai sei<br />

venuta qui,<br />

con gli abiti ed i capelli ancora umidi, in un'ora impropria? ""."<br />

" O Signore, la mia cara e graziosa nipote è morta! Questa è la ragione per la quale sono venuta<br />

qui coi<br />

capelli e le vesti ancora umidi in un'ora impropria . "" Ti piacerebbe, Visakha, aver tanti figli e<br />

tanti nipoti<br />

quanti uomini ci sono a Savatthi? "". "" Desidererei davvero, Signore, aver tanti figli e nipoti<br />

quanti uomini<br />

ci sono a Savatthi! "". "" [Dimmi, allora,] Visakha, quante persone pensi che muoiano<br />

quotidianamente a<br />

Savatthi? "". "" Dieci, Signore, saranno le persone che muoiono quotidianamente a Savatthi, o<br />

forse nove, o"<br />

otto Forse, invece, sette sei, cinque, o quattro o tre,<br />

o due. Forse è una sola persona quella che muore giornalmente in Savatthi, Signore. Savatthi<br />

non è mai priva<br />

di gente<br />

"che muore, Signore "". "" E allora, Visakha, che pensi ? In tal"<br />

caso potresti tu stare qualche volta senza i capelli e le vesti<br />

"bagnate? "". "" No di certo: basta, Signore, con tanti figli e"<br />

"tanti nipoti! "". "" Visakha, coloro i quali hanno cento cose"<br />

care, hanno altrettanti cento dolori. Coloro che hanno novanta cose care hanno altrettanti<br />

novanta dolori.<br />

84<br />

Coloro<br />

che hanno ottanta trenta ..venti dieci cose care,


hanno altrettanti ottanta trenta venti dieci dolori. Chi, però, ha una sola cosa cara, ha un solo<br />

dolore.<br />

E chi nulla ha di caro (141), costui non patisce alcun dolore.<br />

Costoro sono senza dolore e senza passione: essi sono sereni,<br />

"io dichiaro! ""."<br />

Quanti sono i dolori, i lamenti ed i malanni in questo mondo, innumerevoli,<br />

per quello che vi è di caro, questi divengono [tali]: se non vi è ciò che è caro, essi non sono.<br />

Perciò felici, liberi da dolore sono tutti coloro per i quali nulla è caro al mondo.<br />

"Se, quindi, ricerchi il non-dolore e il non-soffrire, non renderti caro nulla in questo<br />

mondo!""."<br />

"9. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Rajagaha, nel<br />

Bosco di Bambù,<br />

alla Radura ove si nutrono gli Scoiattoli. Ora, in quella circostanza, il venerabile Dabba (142),<br />

della stirpe dei<br />

Malla, venne a visitare il Beato. Venuto che fu lo salutò e, salutatolo, sedette in un canto.<br />

Quando si fu così<br />

seduto, il venerabile Dabba disse al Beato: ""O Bene-Andato (Su-gattl), è giunto il tempo della<br />

mia Finale<br />

Estinzione (parinibbana) "". "" Fa' pure ciò che ti sembri tempo di fare, Dabba! ?). Allora il<br />

venerabile<br />

Dabba, alzandosi dal suo seggio, salutò il Beato girandogli attorno verso destra, indi si sollevò<br />

in aria e,<br />

seduto a gambe incrociate nell'atmosfera, raggiunse la sfera del calore, superando la quale si<br />

estinse<br />

totalmente (143). Quindi, allorché il venerabile Dabba della gente Malla, sollevatosi"<br />

nell'aria si fu totalmente estinto, il suo corpo fu consumato,<br />

arso fino in fondo, sicché di lui non rimase visibile né un<br />

atomo di cenere né uno di fuliggine. Proprio come quando<br />

burro fuso o olio è consunto ed arso totalmente e non ne<br />

rimane visibile né un atomo di cenere né uno di fuliggine,<br />

così pure, allorché il venerabile Dabba fu sollevato in aria.....<br />

non un atomo di cenere né di fuliggine ne rimase visibile.<br />

Allora il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel<br />

momento questo verso ispirato:<br />

Spezzato è il corpo, estinto l'ideare, arso ogni sentire, disciolti<br />

"i componenti, giunta è la coscienza al suo fine!""."<br />

"10. Così da me è stato udito. In una certa occasione il Beato si trovava presso Savatthi, al<br />

bosco Jeta, nei<br />

parco di Anathapindika. Ivi il Beato chiamò i monaci, dicendo: ""Monaci! "" ""Sì, Signore,<br />

[eccoci] "",<br />

risposero i monaci al Beato."<br />

"Il Beato disse questo: "" Monaci, allorché Dabba della gente"<br />

Malla si sollevò nell'aria (come nel sutta precedente)<br />

non un atomo di cenere o di fuliggine rimase visibile. Proprio come, per esempio, quando<br />

burro fuso o olio<br />

viene consumato, arso totalmente "così è avvenuto con Dabba dei Malla """<br />

A questo punto il Beato, intuendo il significato di ciò, profferì in quel momento questo verso<br />

ispirato:<br />

Come un'ardente favilla di fuoco - sprigionata da incudine battuta,


di essa non si conosce il destino, mentre si va estinguendo, così è per quelli rettamente<br />

Liberati, che ha....<br />

della brama che lega [alla vita],<br />

"che sono giunti alla feliciti incommovibile rintracciare la via!"""<br />

(Traduzione di Pio Filippani Ronconi)<br />

85<br />

NOTE<br />

"1) Udana significa propriamente ""elevazione"", ""esaltazione""."<br />

"Nella teoria fisio-psicologica delle Upanisad si denota la principale forma dello spirito vitale<br />

(prana), quella<br />

che esso assume ""ascendendo"" (udana) dal plesso laringeo alla sutura sagittale, o ""foro del<br />

Brahman""<br />

(brahma-randhra), ove si ricongiunge con lo Spirito Universale ."<br />

"2. La permanenza di sette giorni nel luogo dell'illuminazione è un elemento rituale<br />

caratteristico, nell'antica<br />

India, dei sovrani consacrati dal battesimo regale (abhisaka). Il Buddha, infatti, venne<br />

considerato alla<br />

stregua di un Sovrano Universale (cakra-vartin, ""volgitore di ruota"") e, come tale, vennero<br />

tributati onori<br />

funebri regali alla sua salma."<br />

"3) Il testo denota unicamente tale posizione e posa a palanchino (-pallanka, sanscrito -<br />

poryanka), che<br />

probabilmente è la posizione yoghica di ""fiore di loto"", padmasana cioè con le palme dei<br />

piedi volte in su,<br />

piede sinistro su coscia destra, piede destro - al di sopra del malleolo sinistro, posato sulla<br />

coscia opposta,<br />

posizione nella quale si rappresenta il Buddha meditante."<br />

"4-4a) Huhumka-jati, o humhumka-iati, ""della gente che dice hum- hum"" Hum è una<br />

giaculatoria mistica<br />

(mantra), la cui ripetizione meditata è ritenuta aprire il varco verso esperienze superiori. A<br />

parte questo<br />

significato più evidente, il termine hjtiko può significare ""individuo che borbotta è, ""che si dà<br />

arie""' ecc.,<br />

come appare nel verso seguente.."<br />

"5) F. L. WOODWARD, Cfr. bibl., pag. 4, traduce ""Master Gotama, cioè l'espressione bho<br />

Gotama, ciò che<br />

non sembra preciso, poiché bho è un termine familiare adoperato dai bradhmana per parlare<br />

con quelli di<br />

casta inferiore, tanto è vero che nel Canone essi vengono spesso designati come bho-vadin,<br />

gente che dice<br />

[agli altri] "" bho """"."<br />

6) Il verso dimostra, contro coloro che ritengono il Buddha una specie di rivoluzionario<br />

anticastrale, come<br />

egli considerasse naturale e giusta la funzione dei brahmana nella società indiana, purché il<br />

loro rango<br />

corrispondesse ad una qualificazione interiore (v. i versi 363-423 del Dhammapada).<br />

7) Ciò: brama, avversione, torpidità mentale orgoglio e false teorie (raga, dosa, moha, mana,<br />

ditthi).<br />

8) Creatura sovrannaturale (sanscrito yaksa) di carattere demoniaco, ritenuta abitare nei<br />

boschi, generalmente


nemica degli uomini, talvolta invece benevola. Buddha è ritenuto aver convertito alla Buona<br />

Legge alcuni di<br />

questi fauni.<br />

9) Figlio di un setthi, o capo di una corporazione di banchieri, che aveva ottenuto dal Buddha,<br />

il permesso di<br />

farsi monaco sebbene già ammogliato e padre, a condizione che i suoi genitori avessero<br />

acconsentito, il che<br />

era avvenuto.<br />

Insistere, per il ritorno allo stato di padre di famiglia presso uno che aveva lasciato il mondo<br />

costituiva, per<br />

gli Indiani, addirittura una ingiuria.<br />

Jatila, segno distintivo degli asceti ortodossi indiani.<br />

12) Dei mesi Magha e Phalguna, che corrispondono circa ai nostri Gennaio e Febbraio.<br />

"13) Sanscrito Surparak, attualmente Sopara, a nord di Bombay; città successivamente nota ai<br />

mercanti greci<br />

e romani."<br />

14) Secondo lo scol. deità del Brahma-loka, che in epoca precedente era stata e famosi monaci,<br />

cinque dei<br />

quali si reincarnarono all'epoca dei, come preminenti suoi discepoli. Uno di essi è lo stesso<br />

Bahiya.<br />

15) Il testo è anche interpretabile nel senso che Bahiya compì il viaggio - di circa, un migliaio<br />

di chilometri -<br />

nello spazio di un. sola notte.<br />

16-16 a) Il punto è di un'importanza capitali, perché il Buddha vi impartisce l'essenza del suo<br />

insegnamento.<br />

che, nel caso esposto, consiste nell'isolare le percezioni - puramente obbiettive - dalla<br />

risonanza soggettiva<br />

delle sensazioni, il che libera l'uomo dal complesso delle tendenze innata, sankhdra, e dalle<br />

abitudini<br />

contratte, vasana, restituendogli la coscienza della sua primordiale trasparenza.<br />

17) Sanscrito steppa (o cetiva), classico edificio buddhista destinato a raccogliere le reliquie di<br />

qualche santo<br />

neppure oggetti e libri sacri, consistente - nella su forma più elaborata - di un cubo<br />

arrotondato e svasato in<br />

86<br />

alto, posato su una base e sormontato da un cono a sei o dieci gradini (quante sono le<br />

Perfeziona, paramitah).<br />

Però, in questo caso, si intende, naturalmente, un semplice tumulo di sassi sovrapposti.<br />

18) Nome di un albero della specie Asoka (Barringtonia actutangula) e nome del re di quei<br />

genii serpiformi<br />

conosciuti dalla tradizione indiana come Naga (cfr. lat. Anguis).<br />

19) Si tratta del gesto classico (mudrà) delle preghiera o della venerazione, simile a quello<br />

della preghiera<br />

cristiana occidentale. Consiste nel portare davanti al viso, o, meglio, davanti all'intercilio, le<br />

due mani con le<br />

palme unite (anjali), inchinando (namas) contemporaneamente il tronco in segno di<br />

devozione.<br />

30) I due re contemporanei di Buddha.<br />

21) Kuluputta (sanscrito kula-putra), figlio di famiglia, cioè nobile per antonomasia.<br />

22) Ariyo tunihibhavo, il nobile silenzio, cioè la meditazione: così lo scoliaste.


"23) Solesim kalam, per antonomasia la ""sedicesima parte o, indica il giorno di luna nuova, in<br />

cui gli asceti<br />

brahmanici compiono il digiuno completo, raggiungendo quindi lo stato di massima purità<br />

sacrale. Il<br />

termine, pertanto, significa ""la quiescenza"", o la parte migliore""."<br />

24) Paribbajaka (sanscrito parivrajaka), qui non indica i monaci dell'Ordine, altrove anch'essi<br />

denotati con lo<br />

stesso nome, bensì gli asceti loro avversari, probabilmente jaina e saiva seguaci delle varie<br />

discipline<br />

yoghiche.<br />

25) Upalhi, substrato e base per l'aggregazione dei cinque khandha (sanscrito skhandha) che<br />

costituiscono -<br />

secondo il Buddhismo - la base della transeunte personalità umana.<br />

"26) Vada-gu, ""conoscitore dei Veda"", intendendo per ""Veda"", la sapienza in generale.<br />

Nell'espressione<br />

pali è implicita l'armonia verso coloro che conoscevano un sapere puramente rituale e<br />

letterale, ignorando la<br />

sorgente donde questo eternamente sgorga, secondo forme sempre diverse."<br />

"27) A-kincand, ""che non hanno ""qualcosa"", intendendo per "" qualcosa ciò che resta<br />

irrimediabilmente<br />

confinato nella sfera dell'esteriorità, non essendo posseduto realmente dallo spirito."<br />

28) Di regola l'ora della visita ad monaco è immediatamente dopo il patto di mezzogiorno.<br />

29) Città nella regione abitata dai Koliya.<br />

30) Padakkhina (sanscrito pradaksina), circumambulazione a destra che gli Indiani seguono<br />

ritualmente<br />

attorno ad altri templi, luoghi consacrati o personaggi divini.<br />

"31) Lohita-kumbhi: vi è un'allusione ironica all'inferno della ""caldaia di rame"" lollakumbha,<br />

Ove<br />

vengono bolliti i dannati Il fatto di dover [ri]nascere"<br />

è implicitamente concepito come una maledizione.<br />

"32) Il termine militaresco dhamma-sena-pati richiama all'espressione medioironica di<br />

""generale"", ""duce<br />

di esercito"" ispdhbad, attribuita ai capi religiosi ed agli Arcangeli"<br />

"33-33 a) cioè l'invocazione alla suona Legge da parte di Suppavasa ha avuto come scopo la<br />

creazione di un<br />

nuovo anello nella catena delle nascite-morti-rinascite, cioè di qualcosa che è in contrasto col<br />

Dhamma.<br />

Tanto più lo è il desiderio di altri sette figli e l'attaccamento ad una tale previsione. Secondo i<br />

jadaka (1,<br />

407), Suppavasa sarebbe invece stata regina di senares da dove, assieme a suo figlio, Sarebbe<br />

stata cacciata<br />

da ""quelli del Kosala"". Per riprendere la città essa consigliò al figlio di bloccarne i viveri per<br />

sette giorni,<br />

affamando la popolazione come punizione, s., in una vita successiva dove sopportare"<br />

sette anni ed un travaglio di sette giorni<br />

"34) La madre di Migara "" era, in realtà, la nuora di questo potente signore Madre"" o<br />

""Piccola Madre""<br />

(matrkd) si dice, ancor oggi, in India a qualunque donna propria parente, anche se non<br />

sposata con un<br />

sottinteso riferimento religioso alla funzione femminile nel mondo divino."


35) Monaco di nobile stirpe, la cui madre era una principessa (raja-devi) degli Saltya,<br />

contribale, quindi, del<br />

Buddha.<br />

"36) Il secondo stadio della vita dell'Indiano ario, dopo il discepolato (brahma-carya), consiste<br />

nel ""vivere in<br />

casa"" (graha-stha), cioè formarsi una famiglia e far parte della società attiva."<br />

87<br />

37) V. nota 3.<br />

38) Gli dèi (deva) del paradiso vedico, che i Buddhisti considerano come uno dei tanti stadi<br />

transitori di<br />

esistenza.<br />

39) Pali ucchara (sanscr. Apsaras). Ninfa celeste, dispensatrice di piaceri, che la mitologia<br />

indiana considera<br />

generalmente come una tentatrice inviata dagli dèi per distogliere dalla meditazione quei<br />

saggi la cui ascesi<br />

mette in pericolo la supremazia degli dei stessi. Le a. sono le compagne dei Gandharva (v.<br />

Dhammapuda,<br />

nota 34).<br />

"40) Il padre di Yasoja era il capo di ""cinquecento famiglie di pescatori"" (così lo scol.).<br />

L'illusione<br />

successiva ai pescatori non è, quindi, casuale."<br />

41) Sanscrito Vrjji, potente ed irrequieta drya del Magdha, che ebbe notevole peso nelle<br />

vicende politiche<br />

contemporanee.<br />

42) Tisso vijja. La conoscenza della nascita precedenti, la chiaroveggenza e la conoscenza del<br />

fatto che i<br />

legami erano finiti.<br />

Per avere le braccia libere per salutarlo.<br />

44) Ananda, essendosi occupato per tutta la vita delle minute necessità del Beato, non aveva<br />

mai potuto<br />

sviluppare in sé quelle facoltà di chiaroveggenza e di intuito proprie agli Arhae Cosa che gli fu<br />

rimproverata<br />

dopo la morte del Maestro e lo indusse a percorrere immediatamente il cammino interiore<br />

trascurato prima.<br />

"45) Quasi certamente allude ad una fase della meditazione sul respiro (anapenasati), durante<br />

la quale l'asceta<br />

assiste ""dal di fuori"" all'alterno flusso del proprio respiro, sì da concepire che non è lui a<br />

respirare, bensì<br />

""in lui il respiro viene respirato"", e così pure ""in lui viene pensato), ecc. Questa operazione,<br />

che conduce a<br />

pi¢ alte forme di chiaroveggenza, sembra chiaramente espressa dal contesto parimukham<br />

satim upatthapetva,<br />

test.: avendo stabilito la consapevolezza davanti alla propria faccia""."<br />

"46) Kaya-geta-sati (sanscrito keya-gate-smrti), consapevolezza riguardante l'assenza o,<br />

meglio, la nonessenza<br />

del corpo. Uno dei sedici ""rammemoramenti"" di Sasipatthana (V. Dhammapadia, note 6 e<br />

79)."<br />

47) I cinque sensi più il mentale.<br />

48) Vasala (sanscrito vrsala), appartenente alla casta dei servi, gli sudra.<br />

"49) Sanscrito vatsa, ""vitulus"", termine affettivo o nome tribale del monaco."


"Sanscrito Sakra, ""il Potente "", sinonimo di Indra, re dei Trentatrè Dèi. "<br />

Dèi di una classe opposta ai Deva, che nei Veda rivestono frequentemente carattere magico e<br />

malvagio. I<br />

Buddhisti. Però, li accomunano ai Deva al servizio della Buona Legge.<br />

"52) Sanscrito Kausika, ""civetta"", nome totemico o tribale di Indra."<br />

"53) Mudra significa gesto magico, ""sphragís"", la cui corretta esecuzione evoca superiori<br />

potenze dello<br />

spirito e dota l'operatore di magici poteri. A meno che qui si intenda il linguaggio a gesti<br />

praticato ancor oggi<br />

da alcuni mercanti singhalesi di gioielli per non fare ascoltare le contrattazioni (v. ""Journal<br />

Asiatique"",<br />

avril-septembre 1937)."<br />

54) Sankhana è l'arte di calcolare a colpo d'occhio un numero sconosciuto di oggetti radunati<br />

in un luogo il<br />

numero delle foglie di un albero ecc.<br />

"55) L'entrata nel ciclo delle esistenze è concepita come un alterarsi di una primordiale<br />

identità, per il fatto<br />

che ci si identifica a questa o a quella ""persona"" con il suo carico di possibilità, di limitazioni<br />

e di difetti<br />

frutto di una sua adesione"""<br />

(assava, asrava) passionale all'azione.<br />

56) In questo e nei passi seguenti vi è un costante gioco di parole, imperniato<br />

sui vari significati del vocabolo bhava: divenire, esistenza, vivere essere.<br />

57) Upadhi, il quadruplice substrato all'esistere i cinque Khandha, kama, kilesa e kamma.<br />

58) Monaco della stirpe regale dei Sakya.<br />

Evidentemente, essendo il Buddha diventato vecchio i monaci lo servano a turno nelle sue<br />

necessità<br />

quotidiane, eccetto la questua, che compì da solo fino alla fine dei suoi giorni.<br />

88<br />

"Pattimokka. È l'insieme delle regole disciplinari e morali di stretta osservanza; per<br />

estensione del concetto,<br />

p. è venuto a significare il codice dei peccati e delle pene relative e la ""confessione dei<br />

peccati""."<br />

Panna (sanscrito prajna) non è soltanto la conoscenza trascendentale, ma la percezione<br />

dell'operare del vero<br />

Sé entro la compagine umana.<br />

62) Allusione evidente al rifiuto di Meghiya di servire il Buddha, quando gli toccava tale<br />

incombenza.<br />

"63) Asmi-mena-samugghata, lett. ""l'annientamento delle idee io sono """" riferita,<br />

naturalmente, alla<br />

compagine umana. Nella ""non-condizione"" di nirvana non è più questione di ""io sono"" o<br />

""io non<br />

sono""."<br />

64) Allude all'impercettibile depositarsi nelle zone oscure della coscienza dei<br />

"sottili impulsi prodotti dal pensiero discorsivo (vitekka, sanscrito vitarka), i quali, loro volta<br />

risorgono come<br />

abitudini aquisite, ""complessi"" (vasana) sfera istintiva. A queste abitudini l'uomo,<br />

inconsciamente, si<br />

identifica."


65) Secondo il commento, il vaccaro era un certo Nanda, ricco proprietario, e la sua uccisione,<br />

avvenuta per<br />

mano di un cacciatore era stata motivata, da una disputa circa i diritti di abbeverata in una<br />

certa fonte.<br />

66) V. nota 5.<br />

"Pamsu-pisaca, lett. ""lemure del fango"" spirito elementare della terra, alla cui visione si<br />

accade nei primi<br />

gradi della chiaroveggenza."<br />

68) Naga, in pali e sanscrito significa contemporaneamente serpente cobra elefante e Saggio<br />

nonché una<br />

particolare specie di esseri sovrannaturali anguiformi che, nelle viscere della Terra,<br />

custodiscono una<br />

Sapienza primordiale (v. nota 18).<br />

"La veste di panni rappezzati civara, avuta in dono raccolta in un cimitero o nella spazzatura,<br />

in tre pezze, è<br />

l'indumento classico del monaco buddhista. Si noti per incidenza come in ambiente<br />

mussulmano il vestito<br />

rappezzato (hirga sia caratteristico degli appartenerti agli ordini mistici o gnostici, sufi di<br />

Persia e l'abito<br />

formato di tre strisce di tela sia prescritto durante le cerimonie del pellegrinaggio alla Mecca<br />

come simbolo<br />

dell'entrata in ""istato sacro "" (haram)."<br />

Puhhajaka (sanscrito parivrajaka) asceti erranti dediti a varie forme di Yoga, non<br />

appartenenti all'ordine del<br />

Buddha, né qui meglio identificati. Sono comuni anche all'India attuale.<br />

"71) Il Chieders (cfr bibl.) preferisce la lettura sarehi/sayakehi = ""con i dardi""; lo STEINIHAL<br />

(cfr. bibl.)<br />

la lettura parehi = ""[con] gli altri""."<br />

72) Fratello di Sariputta.<br />

"73) Ekaggacitta (sanscrito ekagracitta) è il requisito fondamentale nella meditazione estatica<br />

raccogliere la<br />

mente su ""un punto solo"" (sanscrito eka-agra), fino a raggiungere l'identificazione psichica<br />

con l'oggetto<br />

meditato."<br />

"74) Thera (sanscrito sthavira) è l'appellativo corrente per gli anziani ed i capi di comunità<br />

nel Buddhismo<br />

meridionale. Thera-vada, o ""Dottrina degli Anziani, è la denominazione della Scuola più<br />

importante del<br />

Buddhismo Hinayana."<br />

"75) La teoria del ""Sé"" (atman) che sperimentando se stesso attraverso gli oggetti della<br />

conoscenza ama<br />

questi perché in loro si riconosce, è stata sintetizzata del celebre passo upanisadico (""... Non e<br />

certo per<br />

amore del marito che il marito è caro: è per amore di sè [dello atmaa] che è caro il marito. Non<br />

è certamente<br />

per l'amore della sposa che la sposa è cara; è per l'amore del sé che la sposa è cara. Non è<br />

certamente per<br />

l'amore dei figli che i figli sono cari: è per l'amore del sé che i figli sono cari. Non è certamente<br />

per l'amore


delle ricchezze che le ricchezze sono care: è per l'amore del sé che le ricchezze sono care. Non<br />

è per l'amore<br />

del Brahman che si ama Brahman: è per l'amore del sé che si ama il Brahman... "" Brh.-up., II, 4<br />

5. nostra<br />

traduzione in upanisad Antiche e Medie, vol. Il Torino 1961 pag. 63). È importante osservare<br />

come il<br />

Buddhismo pur affermando l'inessenzialità (anatta) del Sé trasponga proprio in questa<br />

inessenzialità il<br />

significato autocosciente dell'esperienza umana."<br />

"76) (Sanscr. Tubista, o Tusitah, [degli dèi] ""Deliziati"" paradiso ove dimorano i Buddha,<br />

prima di<br />

discendere sulla Terra."<br />

89<br />

"77) ""Coloro la cui essenza (sattva) è illuminazione (bodhi)"". Esseri allo stadio anteriore a<br />

quello della<br />

Buddheità vera e propria."<br />

78) Cioè le Quattro Nobili Verità.<br />

E la formula classica mediante la quale si entra nella Chiesa buddhista.<br />

La leggenda narra che Suppabuddha chiese di entrare come semplice devoto laico (upasaka) e<br />

non come<br />

monaco, probabilmente per giustificare la proibizione successiva che vietava di accogliere<br />

nell'Ordine - quali<br />

monaci - i malati di malattie inguaribili i minorenni ecc.<br />

"81) Sanscrito Pratyeka-buddha, ""Buddha di per sé"", un essere illuminatosi per la propria<br />

salvezza non un<br />

Maestro Universale."<br />

82) In segno di disprezzo. La circumambulazione a destra intendendo imitare il corso del sole<br />

attorno alla<br />

terra è, come si è visto in altri passi, l'espressione di omaggio verso luoghi immagini e<br />

personaggi sacri.<br />

83) Si tratta naturalmente di un tempo interiormente, concepito, non di quello<br />

cronologicamente misurato<br />

sulla terra.<br />

84) Variante generalmente espunta metri causa.<br />

"85) Sanscrito upavasarha; giorno di digiuno astinenza e confessione patimokkha, oltre che di<br />

festa, Della<br />

comunità buddhista. Si celebra nei quattro giorni cardinali del mese lunare: luna piena,<br />

quarto, ottavo e luna<br />

nuova."<br />

"86) Si tratta del patimokhha (sanscrito pratimoksa), già citato nel quale vengono elencati e<br />

rammentati i voti<br />

ai quali i monaci debbono sottostare trasgredendo i quali soggiacciono a varie pene, fino<br />

all'espulsione<br />

dall'Ordine. In tale occasione i monaci compiono collettivamente una specie di "" confessione<br />

dei peccati""."<br />

87) Gli Asura sono dèi primordiali di carattere piuttosto magico che la religione, vedicobrahmanica<br />

considera generalmente nemici dei Deva, gli dèi propriamente detti luminosi e giusti.<br />

"88) Interpretazione incerta di termini favolosi (timi timngalo, timirapingilo), appartenenti<br />

oltre tutto ad una


civiltà ""non marinara""."<br />

89)V. nota 68.<br />

"90) Geni di sostanza iperfisica, che sovraintendono al mondo degli impulsi passionali<br />

specialmente<br />

amorosi. Ritenuti ora musici celesti, ora medici miracolosi ora custode della bevanda<br />

dell'immortalità, i<br />

gandharva sono i compagni delle ninfe apsaras, seduttrici di quei saggi la cui ascesi mette in<br />

pericolo la<br />

sovranità degli dèi. Son detti anche Kinnara (cfr. i "" Centauri "" della mitologia greco-latina)."<br />

91) Misura di circa 8-9 miglia.<br />

"92) Il Buddha precisa qui polemicamente la differenza fra la sua disciplina che si fonda su un<br />

graduale<br />

allenamento, commisurato alle possibilità di un uomo normale e gli esercizi dello Yoga<br />

""violento"" (hathayoga<br />

ecc.), già si suoi tempi seguiti dai vari asceti degli ordini settari."<br />

93) Le quattro caste dell'India tradizionale: guerrieri. sacerdoti agricoltori allevatori-mercanti<br />

e servi<br />

(indigeni non Arii). Come in alcune upanisad antiche, il Buddha pone in primo luogo i<br />

guerrieri, anziché i<br />

sacerdoti forse perché gli stesso come anche Jina ed altri innovatori appartengono a quella<br />

casta.<br />

"94) Cioè là dove si è inverato il nibbana, scompaiono le limitazioni e le reciproche<br />

opposizioni (dolorepiacere<br />

male-bene vincolo-liberazione): non vi è quindi più bisogno di ""coprire"" di un solido tetto la<br />

casa<br />

della mente (v. Dhammapada, 13), onde non vi penetri la pioggia dei pensieri distraenti, ecc."<br />

"95) Pabbajjd (sanscrito pravrajya = dipartita). È una semplice cerimonia per la quale il<br />

devoto presentandosi<br />

all'abate di un monastero assistito dal capitolo di almeno cinque (o dieci) monaci con la veste<br />

di monaco<br />

chiede di venire ordinato. Egli recita quindi il Credo (Saranattaya) ed i Dieci Comandamenti<br />

(Dassasila),<br />

viene raso, rivestito dalla veste, e diventa membro attivo del Sangha, come novizio<br />

(samanera) o diacono. Il<br />

grado superiore è quello di ""anziano "" (thera) (V. nota 74)."<br />

96) In tutte le sette indiane il discepolo usa onorare i piedi del Maestro. Le stesse prime<br />

raffigurazioni del<br />

90<br />

Buddha, puramente simboliche, lo rappresentavano con due piante dei piedi entro le quali era<br />

tracciata lo<br />

svastika, simbolo della Buona Legge.<br />

97) L'uposatha essendo giorno festivo era implicitamente dedicato alle attività religiose come<br />

il sabbath<br />

ebraico. La questua ed il lavoro ne erano esclusi.<br />

98) Il celebre cugino discepolo e poi rivale del Buddha, iniziatore di una setta rigorista .<br />

99) Cioè: per il simile è facile il simile o meglio comunque agisce - anche violando la legge<br />

esteriore - il<br />

Buono resta sulla retta via mentre il cattivo, anche se segue apparentemente la Legge (v. il<br />

caso<br />

dell'uposatha), agisce implicitamente seguendo la propria malvagia natura.


100) Cioè Mara.<br />

V. nota 46.<br />

" Sanscrito Jaty-andha, cieco di nascita "". Vedi la storia 4."<br />

"103) Iddhi-pada (sanscrito rddhi-pddah): sono generalmente dieci, delle quali quattro<br />

principali; attraversare<br />

l'aria in volo, prendere la forma che si vuole, creare e fare apparire ciò che si vuole<br />

(nimmalla)."<br />

104) Kappa (sanscrito kalpa), evo, nel quale, secondo le tradizioni indiana buddhista, un<br />

cosmo viene creato,<br />

mantenuto e distrutto, attraverso un certo numero di periodi (generalmente quattro) detti<br />

yuga, o<br />

arankheyyahappa.<br />

Cioè effettua il cosiddetto parinibbano (sanscrito parinirvana), che consiste nel supplemento<br />

anche<br />

dell'insieme delle azioni che hanno condotto al nibbana.<br />

Per il rigetto delle strutture vitali (oyulonkhoro-osojjano)<br />

"Atta sam-bhavar., ""ciò che era divenuto [di] lui "", cioè la stessa personalità psico-fisica,<br />

come si era<br />

venuta formando in quella particolare esistenza."<br />

"108) In questo brano è raffigurato più o meno il campionario degli asceti fachiri mistici e<br />

lunatici dell'india<br />

di tutti i tempi. L'asceta dal lungo ciuffo (jatila) è probabilmente un sadhu di una scena dedita<br />

alle liturgie<br />

della a ""mano sinistra"" il Nirgrantha, ""svincolato"", è un Jaino, l'asceta nudo è forse<br />

anch'esso un Jaino<br />

ortodosso o, piuttosto, un adepto di qualche culto proto-scivaita. Dei porivrajaka o ""Erranti"",<br />

si è già<br />

accennato."<br />

109) Si osservi la franchezza, da pari a pari con la quale il Buddha tratta Pasenadi dandogli<br />

dello sciocco.<br />

Franchezza dovuta non solo alla superiorità spirituale ma anche al rango regale che il<br />

Gotamide aveva per<br />

nascita.<br />

110) È detto contro gli asceti a metà i quali, per vivere fanno mercato della fiducia loro<br />

tributata dal popolo.<br />

111) L'apologo è molto importante perché illustra una delle caratteristiche fondamentali del<br />

Buddhismo:<br />

l'atteggiamento apofatico di fronte a qualunque questione, ritenendosi che solo L'esperienza<br />

diretta, totale,<br />

ineffabile, di tutta la realtà - che in sé è inessenziale - possa illuminare circa i suoi particolari<br />

aspetti, non già<br />

il pensiero discorsivo che coi suoi risultati si sovrappone alla serie degli eventi, senza peraltro<br />

risolverli.<br />

"112) Ahan-kara, qui non ha il Senso Sankhya di ""organo di individuazione"", bensì quello di<br />

idea per la<br />

quale lo ""io"" (aham) si ritiene ""agente"" (hara). "<br />

"Cioè la insostanzialità di tutti gli elementi dell'esistenza conduce a concepire i ""fatti"" di cui<br />

l'uomo è<br />

protagonista, come meri ""accadimenti"", nei quali egli tesse il karma universale. uno non e<br />

più ""agente o,


ma ""occasionale"" per il verificarsi di un avvenimento, che egli stesso, con una sua<br />

precedente azione si è<br />

meritato."<br />

Avitakka samaddhi lo stato cioè nel quale si realizza l'insostanzialità di tutte le cose, in seguito<br />

allo svanire<br />

delle concezioni mentali per mezzo delle quali esse si presentano alla coscienza.<br />

"115) Rajanukinna può anche significare ""offuscato dalla polvere"", così il WOODWARD, op.<br />

cit., pag. 85,<br />

rajas, rajo significando passione, polvere, agitazione, eccetera."<br />

"116) Con ciò il Buddha allude alla funzione ""mediana"" del suo insegnamento, detto appunto<br />

madhyamapratipad,<br />

""via di mezzo"", non perché stia a metà strada tra ascesi e godimento, bensì perchè rifugge la<br />

91<br />

""mortificazione della carne come fine a sé, e la ricerca del godimento come soluzione al<br />

problema del<br />

dolore."<br />

117) Nel mondo informale (in alto), e in quello delle forme (in basso).<br />

118) Delle nascite e delle morti.<br />

119) Il simbolo del carro, a significare il complesso psico-fisico umano, il proprio anche alle<br />

Upanisad<br />

antiche e medie (v. Katha-up., I, 3, 3, tradotta nelle nostre Upanisad antiche e medie, op. cit.,<br />

vol. 2, pag.<br />

195).<br />

"La ""ruota sola"" Ë indica lo stato di equilibrio di chi si fonda non sulla natura costituzionale,<br />

bensì<br />

sull'energia che lo spinge verso a mèta."<br />

Sanscrito Ajnata-Kaundinya, il primo dei cinque discepoli del Buddha.<br />

"Papanca-sanna-sankhd-pahanam (sanscrito prepanca-samjna-sankhya-apahdnam). Secondo<br />

lo scol.,<br />

papanca, ""sviluppo "", indica i sei ""ostacoli"": ragadosa-moha-ditthi-tanha-mana (passioneavversioneottundimento<br />

dottrina-""sete"" orgoglio)"<br />

122) Ajjhattam (sanscrito adhyatmam) corrisponde chiaramente alla kaya-gata-sati, la<br />

consapevolezza<br />

meditativa del proprio corpo e della sua alterità rispetto alla coscienza che lo pone come<br />

oggetto. È la prima<br />

delle quattro consapevolezze (V. note 45 e 46).<br />

123) Il verso allude alla disidentificazione rispetto ai processi psico-fisici, ottenuta mediante<br />

la<br />

consapevolezza a cui si accennerà nella nota precedente.<br />

"124) Upadhi, il ""substrato"" all'essere apparente dell'esperienza del mondo. Gli upadi sono,<br />

oltre ai cinque<br />

khanda, kama, kilesa e kamma."<br />

125) Nome originario (sanscrito Pataligranna) della città nel Magadha, più tardi nota come<br />

Pataliputta<br />

(sanscrito Pataigranna). V. anche nota 136.<br />

126) Pi¢ che di un fabbro pare che si truccasse di un ricco orefice.<br />

"127) Sukara-maddavam, ""tenerume da cinghiale"". Ritengo da respingersi l'interpretazione<br />

di ""carne di


maiale"", data anche la dieta vegetariana seguita dagli asceti indiani (v. RHYS DAVIDS, Budda.<br />

Sut., 71). I<br />

sintomi del malore che colse il Buddha sembrano, invece, quelli classici di un avvelenamento o<br />

indigestione<br />

di boletus satanas o boletus felleus, che producono una sindrome acre-resinoide, la quale<br />

induce ad emolisi e<br />

altri disturbi gastro-enterici (v. CAVARA F., Funghi e Tartufi, pagg. 30-39, Milano, 1934;<br />

MACCANI A.,<br />

Avvelenamento da funghi, Trento, 1915). I fenomeni colerici (visucika) ai quali, secondo<br />

l'Anguttara-nikaya,<br />

andò soggetto il Buddha, farebbero pensare anche a funghi di diversa natura, che producono<br />

una sindrome<br />

tossica, come l'Amanita Phalloides e l'Amanita Verna (vomito, sete, ecc.)."<br />

128) Simha-asana, consistente nello star sdraiato e disteso sul fianco destro braccio destro<br />

piegato si che la<br />

mano regga la testa, gamba sinistra, distese sulla destra in modo che il piede superiore posi<br />

sulla pianta di<br />

quello inferiore a posizione generalmente adottata dai monaci buddhisti durante il riposo.<br />

La locuzione sembra alludere all'evocazione dell'energia spirituale.<br />

Qui il monaco Cundaka si identifica a Cunda il fabbro come a far risaltare la provvidenzialità<br />

del cibo<br />

avvelenato da lui offerto al Buddha per dischiudergli inconsapevolmente la Suprema<br />

Estinzione. I due<br />

responsabili della morte del R,, Ananda - che non capì l'allusione contenuta nella narrazione<br />

(Cap. VI, I) - e<br />

Cunda, sono qui prescritti negli ultimi momenti del Buddha.<br />

131) Pamada. contrario all'appamoda (v. Dhammapado, nota 6), distrazione, o, meglio,<br />

mancanza di<br />

consapevolezza e di cosciente attenzione per tutto ciò che si pensa, si dice e si compie, il che,<br />

per la<br />

disciplina buddhista, e il peccato capitale, sorgente di tutti gli altri.<br />

132) Si tratta dei dassasjíaní, le dieci virtù, che fanno la pratica dell'Ottuplice Sentiero.<br />

133) Sanscrito Vrjji, stirpe drya del Magadha, dominata dal clan dei Licchavi (v. nota 41).<br />

134) Deità non meglio identificate, del rango dei genii loci, ecc.<br />

135) I Trentatré deva dell'Olimpo vedico.<br />

92<br />

136) La profezia è stata, naturalmente, interpretata come una profezia a posteriori dagli<br />

studiosi occidentali,<br />

inserita nel Canone al tempo dell'imperatore Asoka, allorché Pataliputra (greco oggi Patna)<br />

primeggiava fra<br />

le città indiane.<br />

"137) Titthe (sanscrito tirtha), ""guado"". Considerato sacro in India, come nell'antica Roma, il<br />

ponte è,<br />

pertanto, sinonimo di ""tempio""."<br />

138) Il senso del verso e che, mentre chi non è illuminato si adopera a traversare il flusso del<br />

samsara, colui<br />

che, invece, è illuminato, si trova implicitamente ad avere di già attraversato tale condizione.<br />

Condizione la<br />

quale, nella conoscenza esteriore, corrisponde all'esperienza dello spazio, nascente da un<br />

moto interiore del


quale non si afferrato, comunemente, le dimensioni ideali.<br />

139) La credenza popolare indiana affermava che se un airone, o una gru (kraunca), veniva<br />

nutrito con latte<br />

misto ad acqua, il volatile avrebbe separato i due componenti, bevendo solo il latte.<br />

140) Cioè, il lavacro illustratorio dopo il funerale.<br />

"141) L'aver qualcosa di caro (piyam, sanscrito priyam) significa qui l'identificazione<br />

""dolorosa""<br />

all'oggetto o alla persona amata. Il distacco (vairagya) predicato dal Buddha non contrasta,<br />

quindi, col<br />

precetto dell'Amorevolezza Universale (metta, maitri)."<br />

142) Discepolo del Buddha famoso per la sua affinità meditativa con l'elemento fuoco Si<br />

diceva, infatti, che<br />

nelle notti senza luna illuminasse la strada col suo pollice risplendente (Vin., III, pagg. 76-80,<br />

124).<br />

143) Si tratta invero di un processo yoghico che avviene sul piano del forze causanti spirituali.<br />

La<br />

realizzazione esteriore, fisica, è il simbolo della realtà che interiormente si invera.<br />

SINGALOVADASUTTANTA<br />

(ISTRUZIONE A SINGALAKA)<br />

Così ho sentito:<br />

1. Un tempo il Sublime dimorava a Rajagaha nel bosco . bambù, nel pascolo degli scoiattoli. In<br />

quel tempo<br />

Singalaka, figlio di famiglia, che dimorava a Rajagaha per la stagione delle piogge, mondo nelle<br />

vesti,<br />

mondo nei capelli 1, giunte le mani, onorava tutte le regioni: la regione del levante, la regione<br />

del mezzodì,<br />

la regione del ponente, la regione del settentrione, la regione del nadir, la regione dello zenit.<br />

2. Allora il Sublime, levatosi di buon mattino, presi scodella e mantello, entrò in Rajagaha per<br />

l'elemosina.<br />

Vide allora il Sublime Singalaka, figlio di famiglia, che dimorava a Rajagaha per la stagione<br />

delle piogge,<br />

mondo nelle vesti, mondo nei capelli, giunte le mani, onorare tutte le regioni: la regione del<br />

levante, la<br />

regione del mezzodì, la regione del ponente, la regione del settentrione, la regione del nadir, la<br />

regione dello zenit. Allora disse a Singalaka, figlio di famiglia, così:<br />

Perché tu, o figlio di famiglia, mentre dimori a Rajagaha per la stagione delle piogge, mondo<br />

nelle vesti,<br />

mondo nei capelli, giunte le mani, onori tutte le regioni: la regione del levante, la regione del<br />

mezzodì, la<br />

regione del ponente, la regione del settentrione, la regione del nadir, la regione dello Zenit? .<br />

" Mio padre, o signore, mentre compiva il suo tempo così mi disse: Possa tu, o caro, onorare le<br />

regioni "".<br />

Ed io, o signore, onorando, venerando, stimando, ossequiando la parola del padre, mentre<br />

dimoro a Rajagaha<br />

per la stagione delle piogge, mondo nelle vesti, mondo nei capelli, giunte le mani, onoro tutte<br />

le regioni: la<br />

regione del levante, la regione del mezzodì, la regione del ponente, la regione del settentrione,<br />

la regione del<br />

nadir, la regione dello zenit""."<br />

"a Non così, o figlio di famiglia, nelle regole del nobile si onorano le sei regioni ""."


E come, o signore, nella regola del nobile si onorano le sei regioni? Il Sublime, o signore, mi<br />

esponga quella<br />

dottrina per la quale, nella regola del nobile, si onorano le sei regioni .<br />

93<br />

Pertanto, o figlio di famiglia, odi e poni ben mente, io parlerò .<br />

Sì, o signore assentì Singalaka, il figlio di famiglia, al Sublime. Il Sublime così disse:<br />

"3. "" Pertanto, o figlio di famiglia, un nobile discepolo deve eliminare quattro cattivi elementi,<br />

in quattro<br />

modi non compie azioni dannose, non pratica sei cattive fonti di piacere. Egli così quattordici<br />

cose cattive<br />

rimuove e nelle sei regioni è protetto, ottiene la vittoria in entrambi i mondi, per lui e questo e<br />

l'altro mondo<br />

sono senza pericoli. Colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, felicemente risorge in mondo<br />

beato."<br />

"Quali sono, o figlio di famiglia, i quattro cattivi elementi da eliminare ? La distruzione della<br />

vita, o figlio di<br />

famiglia, è cattivo elemento, il prendere il non dato è cattivo elemento, il non retto<br />

comportamento per brame<br />

è cattivo elemento, il dire menzogna è cattivo elemento. Questi sono i quattro cattivi elementi<br />

da eliminare<br />

""."<br />

Così disse il Sublime.<br />

4. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro così:<br />

Distruggere la vita, prendere il non dato, mentire, si dice, l'andar coll'altrui donna, ciò i saggi<br />

non approvano.<br />

"5. In quali quattro modi non si compie azione dannosa? Chi cammina sulla via della passione<br />

compie azione<br />

dannosa, chi cammina sulla via dell'ira compie azione dannosa, chi cammina sulla via del<br />

torpore compie<br />

azione dannosa, chi cammina sulla via della paura compie azione dannosa. In conseguenza, o<br />

figlio di<br />

famiglia, un nobile discepolo non cammina sulla via della passione, non cammina sulla via del<br />

l'ira, non<br />

cammina sulla via del torpore, non cammina sulla via della paura, ed in questi quattro modi<br />

non compie<br />

azione dannosa ""."<br />

Così disse il Sublime.<br />

6. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro così:<br />

Per passione, per ira, per torpore e paura colui che trascura la legge<br />

la sua libertà distrugge,<br />

faccia nera della luna.<br />

Per passione, per ira, per torpore e paura colui che non trascura la legge<br />

aumenta la sua gloria,<br />

faccia lucente della luna.<br />

"7. Quali sei cattive fonti di piacere non pratica? Essere abitualmente e supinamente dedito a<br />

bevande<br />

spiritose, eccitanti è, o figlio di famiglia, una cattiva fonte di piacere; l'essere dedito a<br />

frequentare le strade in<br />

tempo non opportuno è una cattiva fonte di piacere; l'essere dedito a frequentare le feste è<br />

una cattiva fonte di


piacere; l'essere abitualmente e supinamente dedito ai giochi è una cattiva fonte di piacere;<br />

essere dedito a<br />

cattive compagnie è una cattiva fonte di piacere; essere dedito alla pigrizia è una cattiva fonte<br />

di piacere."<br />

8. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere abitualmente e supinamente dedito a<br />

bevande spiritose,<br />

eccitanti: immediata perdita di denaro, incremento di dispute, occasione di malattie, perdita<br />

di stima,<br />

scostumatezza, indebolimento dell'intelligenza. Questi sono i sei danni, o figlio di famiglia,<br />

nell'essere<br />

abitualmente e supinamente dedito a bevande spiritose, eccitanti.<br />

9. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere dediti a frequentare le strade in un tempo<br />

non opportuno:<br />

non si è né sicuri né protetti, non sono né sicuri né protetti la moglie ed i figli, non è sicura né<br />

protetta la<br />

proprietà, ci si trova in spiacevoli situazioni, si provocano non buone dicerie, e si è soggetti a<br />

molti cattivi<br />

elementi. Questi sono i sei danni, o figlio di famiglia, nell'essere dediti a frequentare le strade<br />

in tempo non<br />

opportuno.<br />

10. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono ad essere dediti a frequentare le feste: dove è la<br />

danza? Dove è il<br />

canto? Dove è la musica? Dove è la rappresentazione? Dove è il suono delle mani ? Dove è il<br />

tamburo?<br />

Questi sono i sei danni, o figlio di famiglia, nell'essere dediti a frequentare le feste.<br />

11. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere abitualmente e supinamente dediti al<br />

gioco: la vittoria<br />

94<br />

implica la rivincita, il vincitore non si accontenta della sua vittoria, vi è manifesta perdita di<br />

denaro, [del<br />

giocatore] non si ascolta la voce ove intervenga in assemblea, è disprezzato da compagni ed<br />

amici, non è<br />

ricercato tra i possibili sposi, chi ha il vizio del gioco è marito mal gradito alla moglie. Questi<br />

sono i sei<br />

danni, o figlio di famiglia, nell'essere abitualmente e supinamente dediti al gioco.<br />

12. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere dediti a cattive compagnie: giocatori,<br />

libertini, bevitori,<br />

fraudolenti, falsi, violenti, tra costoro sono i suoi amici e compagni. Questi sono i sei danni, o<br />

figlio di<br />

famiglia, nell'essere dedito a cattive compagnie.<br />

"13. Sei danni, o figlio di famiglia, vi sono nell'essere dedito alla pigrizia: ""È troppo freddo"", e<br />

non fa ciò<br />

che deve fare. "" ""È troppo caldo"", e non fa ciò che deve fare. ' "" È troppo tardi "", e non fa<br />

ciò che deve<br />

fare. "" È troppo presto "", e non fa ciò che deve fare. "" Ho troppo appetito "", e non fa ciò che<br />

deve fare. ""<br />

Sono troppo sazio "", e non fa"<br />

"ciò che deve fare. Così a costui, che così dimora colmo di ragioni di debito, mai non giunge la<br />

ricchezza.<br />

Questi sono i sei danni, o figlio di famiglia, nell'essere dediti alla pigrizia""."


Così disse il Sublime.<br />

"14. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro così: ""vi è il compagno del<br />

bicchiere, e costui è<br />

tutta gentilezza, ma colui che, al momento del bisogno è compagno, costui è amico. Sin dopo<br />

l'alba con<br />

l'altrui donna, pronto al litigio, cattivi affari, cattive amicizie, durezza di cuore, questi sei<br />

rovinano l'uomo.<br />

Cattivo amico, cattivo compagno, non retto comportamento in questo mondo e nell'altro<br />

entrambi rovinano<br />

l'uomo. Gioco, donne, liquori, danza e canto, il giorno dormire, uscire di notte, cattivi<br />

compagni, durezza di<br />

cuore, questi sei rovinano l'uomo. Chi beve liquori è povero e miserabile, assetato frequenta le<br />

osterie. Come<br />

in acqua, così affonda nei debiti, rovina la famiglia, e presto mal finisce. Per l'abitudine di<br />

dormire il giorno,<br />

di veder, la notte, sorgere l'alba, per perpetua intossicante ebrietà non è possibile rimanere in<br />

casa. Troppo<br />

freddo, troppo caldo, troppo tardi, così dice, e vivendo rilassato fugge dal suo vantaggio."<br />

Chi il freddo ed il caldo non valuta più d'un filo d'erba, adempie al suo umano dovere e più la<br />

gioia non lo<br />

abbandona.<br />

15. Quattro, o figlio di famiglia, sono i falsi amici, da riconoscere come nemici. Chi sempre solo<br />

accetta è un<br />

falso amico, da riconoscere come nemico. Chi eccede nelle chiacchiere è un falso amico, da<br />

riconoscere<br />

come nemico. L'adulatore è un falso amico, da riconoscere come nemico. Il compagno in<br />

dissolutezze è un<br />

falso amico, da riconoscere come nemico.<br />

16. In quattro modi, o figlio di famiglia, chi solamente accetta è un falso amico, da riconoscere<br />

come<br />

nemico: solamente accetta, per poco chiede molto, solo per paura compie ciò che deve, fa solo<br />

ciò che gli è<br />

di vantaggio. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, chi sempre solo accetta è un falso<br />

amico, da<br />

riconoscere come nemico.<br />

17. In quattro modi, o figlio di famiglia, chi eccede nelle chiacchiere è falso amico, da<br />

riconoscere come<br />

nemico: si professa amico nel passato, si professa amico nel futuro, vano è il suo aiuto, nelle<br />

necessità<br />

presenti è di completo danno. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, chi eccede nelle<br />

chiacchiere è falso<br />

amico, da ben riconoscere come nemico.<br />

18. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'adulatore è un falso amico, da riconoscere come<br />

nemico: egli<br />

favorisce le cose cattive, non favorisce le buone, di fronte dice cose piacevoli, in assenza dice<br />

cose<br />

spiacevoli. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, l'adulatore è un falso amico, da ben<br />

riconoscere come<br />

nemico.


"19. In quattro modi, o figlio di famiglia, il compagno in dissolutezza è un falso amico, da<br />

riconoscere come<br />

nemico: è abitualmente e supinamente dedito a bevande spiritose, eccitanti, è dedito a<br />

frequentare le strade<br />

fuori tempo, è dedito a frequentare le feste, è abitualmente e supinamente dedito al gioco. In<br />

questi quattro<br />

modi, o figlio di famiglia, il compagno in dissolutezza è un falso amico, da ben riconoscere<br />

come nemico<br />

""."<br />

Così disse il Sublime.<br />

95<br />

20. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro<br />

ff L'amico che solo accetta, quello che nelle chiacchiere eccelle, quello che con lusinga parla, ed<br />

il compagno<br />

di dissolutezza, questi quattro sono nemici. Così chi è dotto nella regola, da lungi li fugge come<br />

una strada di<br />

spavento.<br />

21. Quattro, o figlio di famiglia, sono gli amici da riconoscere come amici: l'amico servizievole<br />

è da<br />

riconoscere come amico, l'amico sempre uguale nella gioia e nel dolore è da riconoscere come<br />

amico,<br />

l'amico che indica ciò che è profittevole è da riconoscere come amico, l'amico<br />

compassionevole è da<br />

riconoscere come amico.<br />

22. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico servizievole è da riconoscere come amico: ti<br />

difende quando<br />

sei in pericolo, difende la tua proprietà quando è in pericolo, è rifugio nel timore, in forti<br />

obblighi d'affari ti<br />

appresta doppio aiuto. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico servizievole è da<br />

riconoscere come<br />

amico.<br />

23. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico, sempre uguale nella gioia e nel dolore, è da<br />

riconoscere<br />

come amico: ti manifesta i suoi segreti, tiene nascosti i tuoi segreti, nella disgrazia non ti<br />

abbandona,<br />

sacrifica la vita al tuo vantaggio. In questi quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico, sempre<br />

uguale nella<br />

gioia e nel dolore, è da riconoscere come amico.<br />

24. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico, che indica ciò che è profittevole, è da<br />

riconoscere come<br />

vero amico indica ciò che è profittevole, ti impedisce il male,<br />

ti favorisce il bene, ti fa udire ciò che non odi, ti indica la via della felicità. In questi quattro<br />

modi, o figlio di<br />

famiglia, l'amico che indica ciò che è profittevole è da riconoscere come amico.<br />

25. In quattro modi, o figlio di famiglia, l'amico compassionevole è da riconoscere come vero<br />

amico: non si<br />

diletto, in ciò che a te non è di diletto, si diletta in ciò che a te è di diletto, confuta chi parla<br />

male di te,<br />

incoraggia chi parla bene di te. In questi quattro modi, o figlio di famiglia,<br />

"l'amico compassionevole è da riconoscere come amico""."


Così disse il Sublime.<br />

26. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestre così:<br />

L'amico servizievole, chi è amico nella gioia e nel dolore, l'amico che indica il profittevole,<br />

ehi è amico compassionevole, proprio questi quattro amici il dotto nella regola accudisce con<br />

amore, come<br />

madre il proprio figlio. Il dotto che segue la regola<br />

splende come fuoco sull'acqua. A ehi ammassa ricchezze, come sempre volante ape, le<br />

ricchezze vanno al<br />

cumulo, come alle schiere gli armati.<br />

Così, riunendo ricchezze,<br />

il laico è di molto vantaggio alla famiglia. Se in quattro parti divide il suo avere<br />

a sé gli amici lega: con una parte vive, con due prosegue i suoi affari, la quarta risparmia<br />

per eventuali sciagure.<br />

27. E come, o figlio di famiglia, un nobile discepolo onora le sei regioni ? Queste sei regioni, o<br />

figlio di<br />

famiglia, sono così da individuare: la regione del levante è da individuare in madre e padre, la<br />

regione del<br />

mezzodì è da individuare nel Maestro, la regione di ponente è da individuare nei figli e nella<br />

moglie, la<br />

regione di mezzanotte è da individuare negli amici e compagni, la regione del nadir è da<br />

individuare nei seni<br />

ed operai, la regione dello zenit è da individuare negli asceti e brahmani.<br />

"28. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione del levante un figlio deve onorare madre<br />

e padre: da<br />

loro fui nutrito, ora li nutrirò; li sostituirò nelle loro incombenze; manterrò la tradizione di<br />

famiglia; accudirò<br />

l'eredità; infine offrirò offerte espiatorie agli spiriti dei defunti. Madre e padre, o figlio di<br />

famiglia, onorati<br />

nella regione del levante in questi cinque modi dal figlio, dimostrano la loro gratitudine al<br />

figlio a in cinque<br />

modi: lo difendono dal male, ne favoriscono il bene, lo istruiscono, lo sposano<br />

opportunamente, e a suo<br />

tempo gli lasciano l'eredità. Così madre e padre, onorati nella regione del levante in cinque<br />

modi dal figlio,<br />

96<br />

dimostrano al figlio gratitudine in questi cinque modi. E così a lui nella regione del levante è<br />

sicura<br />

tranquillità, mancanza di timore."<br />

29. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione di mezzodì un discepolo deve onorare il<br />

Maestro: col<br />

levarsi in piedi, col servirlo, coll'obbedirlo, con l'onorarlo, con accoglierne rispettosamente<br />

l'insegnamento.<br />

Un maestro, o figlio di famiglia, onorato nella regione di mezzodì in questi cinque modi dal<br />

discepolo,<br />

dimostra la sua gratitudine al discepolo in cinque modi: lo educa con buona educazione, gli<br />

procura un buon<br />

sapere, gli comunica tutto ciò che sa, lo mette in buona luce tra gli amici ed i compagni,<br />

provvede a<br />

difenderlo da ogni pericolo. Così un maestro, onorato nella regione di mezzodì in cinque modi<br />

dal discepolo,


dimostra al discepolo gratitudine in questi cinque modi. E così<br />

a lui nella regione di mezzodì è sicura tranquillità, mancanza di timore.<br />

30. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione di ponente un marito deve onorare la<br />

moglie: colla<br />

stima, colla mancanza di sospetto, col non tradirla, col non concederle autorità, col provvedere<br />

al suo<br />

ornamento. Una moglie, o figlio di famiglia, onorata nella regione di ponente in questi cinque<br />

modi dal<br />

marito, dimostra la sua gratitudine al marito in cinque modi: ben adempie al suo debito, ben<br />

dirige la servitù,<br />

non lo tradisce, ben conserva le provviste, è diligente e sollecita nei suoi doveri. Così una<br />

moglie, onorata<br />

nella regione del ponente in cinque modi dal marito, ! dimostra al marito gratitudine in questi<br />

cinque modi. E<br />

così a lui nella regione di ponente è sicura tranquillità, mancanza di timore.<br />

"31. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione` di settentrione un figlio di nobile<br />

famiglia deve<br />

onorare gli amici: con doni, con cortesi parole, coll'agire a loro vantaggio, con imparzialità, con<br />

onestà. I<br />

compagni e gli amici, o figlio di famiglia, onorati nella regione di settentrione in questi cinque<br />

modi da un<br />

figlio di nobile famiglia, dimostrano la loro gratitudine al figlio di nobile famiglia in cinque<br />

modi: lo<br />

difendono se è in pericolo, ne difendono la proprietà se è in pericolo, gli sono di rifugio nel<br />

timore, non lo<br />

abbandonano nella sventura, e ne onorano la famiglia. Così compagni ed amici, onorati nella<br />

regione del<br />

settentrione in cinque modi da un figlio di nobile famiglia, dimostrano al figlio di nobile<br />

famiglia gratitudine<br />

in questi cinque modi. E così a lui nella regione di settentrione è sicura tranquillità, mancanza<br />

di timore""."<br />

32. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione del nadir un nobile signore deve onorare i<br />

servi e gli<br />

operai: col distribuire il lavoro secondo la forza, col distribuire cibo e stipendio, col curarli se<br />

ammalati, col<br />

concedere piaceri straordinari, con lasciare loro, a tempo debito, libertà. Servi ed operai, o<br />

figlio di famiglia,<br />

onorati nella regione del nadir in questi cinque modi da un nobile signore, dimostrano la loro<br />

gratitudine al<br />

nobile signore in cinque modi: si alzano presto, si coricano tardi, prendono solo quanto loro è<br />

dato, fanno<br />

bene il lavoro, e diffondono intorno a lui buona fama. Così servi ed operai, onorati nella<br />

regione del nadir in<br />

cinque modi da un nobile signore, dimostrano al nobile signore gratitudine in questi cinque<br />

modi. E così a lui<br />

nella regione del nadir è sicura tranquillità, mancanza di timore.<br />

"33. In cinque modi, o figlio di famiglia, nella regione dello zenit un figlio di nobile famiglia<br />

deve onorare<br />

asceti e brahmani: con amichevole comportamento nelle opere, con amichevole<br />

comportamento nelle parole,


con amichevole comportamento nei pensieri, col tener loro aperta la porta [della propria<br />

casa], col<br />

provvedere alla loro vita. Asceti e brahmani, o figlio di famiglia, onorati nella regione dello<br />

zenit in questi<br />

cinque modi da un figlio di nobile famiglia, dimostrano la loro gratitudine al figlio di famiglia<br />

in cinque<br />

modi: gli tengono lontano il male, gli propiziano il bene, gli fanno udire ciò che non ha udito,<br />

gli rendono<br />

chiaro ciò che ode, gli indicano la via della beatitudine. Così asceti e brahmani, onorati nella<br />

regione dello<br />

zenit in cinque modi da un figlio di nobile famiglia, dimostrano al figlio di nobile famiglia<br />

gratitudine in<br />

questi cinque modi. E così a lui nella regione dello zenit è sicura tranquillità, mancanza di<br />

timore""."<br />

Così disse il Sublime.<br />

34. Così avendo detto il Benvenuto, soggiunse il Maestro così:<br />

Madre e padre, la regione del levante, il maestro, la regione del mezzodì, figli e moglie, la<br />

regione del<br />

ponente, compagni ed amici, la regione del settentrione, servi ed operai, la regione del nadir, e<br />

lo zenit, asceti<br />

e brahmani.<br />

97<br />

Queste regioni onorando,<br />

il laico ha molto profitto nella famiglia,<br />

dotto, seguace di retta condotta,<br />

gentile ed intelligente,<br />

senza passione, non ostinato<br />

sicuramente diviene così.<br />

Alacre, sano,<br />

senza timore di sciagura,<br />

integro e comprensivo,<br />

sicuramente diviene così.<br />

Cortese, amichevole<br />

generoso, non invidioso,<br />

guida, istruttore, maestro,<br />

sicuramente diviene così.<br />

Munifico e di cortesi parole,<br />

di profittevole comportamento, .<br />

equanime nelle vicende,<br />

proprio così merita lode.<br />

Per il mondo la cortesia<br />

è come l'asse per il giro della ruota.<br />

Se cortesia non vi fosse,<br />

la madre dai suoi figli<br />

non avrebbe rispetto ed onore,<br />

né il padre dai suoi figli.<br />

Quanto più alla cortesia -<br />

è intento il savio,<br />

tanto più ottiene grandezza,<br />

" tanto più è glorificato""."


35. Così essendo stato detto, Singalaka, il figlio di fami<br />

glia, disse al Sublime così: .<br />

È meraviglioso, o signore, è meraviglioso, o signore.<br />

"Come, o signore, si raddrizzasse ciò che era rovesciato, come si scoprisse ciò che era coperto,<br />

come ad uno<br />

smarrito si mostrasse la strada, come nell'oscurità si portasse una lampada: "" Chi ha gli occhi<br />

vedrà le forme<br />

"", proprio così dal Sublime con più di un argomento fu esposta la Dottrina. Ed io, o signore,<br />

prendo rifugio<br />

nel Sublime, nella Dottrina, nell'ordine dei monaci. Devoto seguace il Sublime voglia<br />

accogliermi quale<br />

prendente rifugio da oggi per la vita """<br />

SINGALO VADA SUTTANTA<br />

FINE<br />

(Traduzione di Eugenio Frola)<br />

Così ho sentito:<br />

1. Un tempo il Sublime dimorava a Savatthi nel parco di levante sulla terrazza della madre di<br />

Migara. In quel<br />

tempo Vasettha e Bharadvaja abitavano tra i monaci, ponendo quesiti ai monaci. Allora il<br />

Sublime, sul far<br />

98<br />

della sera, uscito dalla meditazione, disceso dal terrazzo, camminava all'aperto all'ombra del<br />

terrazzo.<br />

2. Vide allora Vasettha il Sublime che, sul far della sera, uscito dalla meditazione, disceso dal<br />

terrazzo,<br />

camminava all'aperto all'ombra del terrazzo. Allora si rivolse a Bharadvaja:<br />

Quegli, o amico Bharadvaja, il Sublime, sul far della sera, uscito dalla meditazione, disceso dal<br />

terrazzo,<br />

cammina all'aperto all'ombra del terrazzo. O amico, noi ci accosteremo al Sublime e così forse<br />

riusciremo ad<br />

udire dal Sublime un discorso sulla dottrina.<br />

Sì, o amico assentì Bharadvaja a Vasettha. Allora Vasettha e Bharadvaja si accostarono al<br />

Sublime, ed<br />

avendolo salutato, camminarono accanto al Sublime che camminava<br />

3. Allora il Sublime si rivolse a Vasettha.<br />

Voi, o Vasettha, siete di nascita brahmani, figli di brahmani, di stirpe brahmana, ed avete<br />

lasciata la casa per<br />

l'anacoretismo. E, o Vasettha, i brahmani non vi rimproverano, non vi criticano?.<br />

Certo, o signore, i brahmani ci rimproverano, ci criticano, con una riprovazione completa,<br />

senza mezzi<br />

termini .<br />

E per qual ragione, o Vasettha, i brahmani vi rimproverano, vi criticano con una riprovazione<br />

completa,<br />

senza mezzi termini ?.<br />

" I brahmani, o signore, così dicono: Eccelsa è la casta brahmana, basse le altre caste; pura è la<br />

casta<br />

brahmana, nere le altre caste. I brahmani ben si purificano, non coloro che non sono<br />

brahmani. I brahmani<br />

sono figli di Brahma, legittimi, nati dalla sua fronte, fatti da Brahma, creati da Brahma,<br />

consustanziali a


Brahma. Voi avete lasciato una casta eccelsa e siete entrati in casta bassa: infatti i tonsurati<br />

asceti solitari<br />

sono impuri, usciti dai piedi di Brahma. Così non è bene, non è bello che voi, abbandonando<br />

una casta<br />

eccelsa, siate entrati in una casta bassa: infatti i tonsurati asceti solitari sono impuri, usciti dai<br />

piedi di<br />

Brahma"". Proprio così i brahmani, o signore, ci rimproverano, ci criticano con una<br />

riprovazione completa,<br />

senza mezzi termini""."<br />

"4. ""Ordunque, o Vasettha, i brahmani pur ignorando le origini, così dicono: ""eccelsa è la<br />

casta brahmana,<br />

basse le altre caste; pura è la casta brahmana, nere le altre caste I brahmani ben si purificano,<br />

non coloro che<br />

non sono brahmani. I brahmani sono figli di Brahma, legittimi, nati dalla sua fronte, fatti da<br />

Brahma, creati<br />

da Brahma, consustanziali a Brahma "". Ma si vedono, o Vasettha, brahmane gestanti e<br />

partorienti, fecondate<br />

e gravide di brahmani, e questi brahmani, pur nati da ventre di donna, così dicono: "" eccelsa è<br />

la casta<br />

brahmana, basse le altre caste; pura è la casta brahmana, nere le altre caste. I brahmani ben si<br />

purificano, non<br />

coloro che non sono brahmani. I brahmani sono figli di Brahma, legittimi, nati dalla sua fronte,<br />

fatti da<br />

Brahma, creati da Brahma, consustanziali a Brahma"". Costoro così bestemmiano Brahma,<br />

dicono menzogne<br />

e producono molto demerito."<br />

5. Quattro, o Vasettha sono le caste: i nobili, i brahmani, i borghesi, i servi. Ecco, o Vasettha, un<br />

nobile è un<br />

uccisore, uno che prende il non dato, che mal si comporta per le brame, un menzognero, un<br />

insolente, un<br />

ciarliero, un avido, è di mente astiosa, di non retta opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in<br />

costui sono gli<br />

elementi non salutari sono chiamati (1) non salutari, ciò che è biasimevole, è chiamato<br />

biasimevole, ciò che è<br />

da non seguirsi è chiamato da non seguirsi, ciò che è non nobile è chiamato non nobile, e le<br />

cose oscure<br />

producono frutti oscuri e sono da biasimarsi con intelligenza. Proprio, o Vasettha, alcuni nobili<br />

vivono in tal<br />

modo.<br />

Ecco, o Vasettha, un brahmano è un uccisore, uno che prende il non dato, che mal si comporta<br />

per le brame,<br />

un menzognero, un insolente, un ciarliero, un avido, è di mente astiosa, di non retta opinione.<br />

Allora, o<br />

Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi non salutari sono chiamati non salutari, ciò che<br />

è biasimevole<br />

è chiamato biasimevole, ciò che non è da seguirsi è chiamato da non seguirsi, ciò che non è<br />

nobile è<br />

chiamato non nobile, e le cose oscure producono frutti oscuri e sono da biasimarsi con<br />

intelligenza. Proprio,


o Vasettha, alcuni brahmani vivono in tal modo. Ecco, o Vasettha, un borghese è un uccisore,<br />

uno che prende<br />

il non dato, che mal si comporta per le brame, un menzognero, un insolente, un ciarliero, un<br />

avido, è di<br />

mente astiosa, di non retta opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi<br />

non salutari<br />

sono chiamati non salutari, ciò che è biasimevole è chiamato biasimevole, ciò che non è da<br />

seguirsi è<br />

99<br />

chiamato da non seguirsi, ciò che non è nobile è chiamato non nobile, e le cose oscure<br />

producono frutti<br />

oscuri e sono da biasimarsi con intelligenza. Proprio, o Vasettha, alcuni borghesi vivono in tal<br />

modo. Ecco, o<br />

Vasettha, un servo è un uccisore, uno che prende il non dato, che mal si comporta per le<br />

brame, un<br />

menzognero, un insolente, un ciarliero, un avido, è di mente astiosa, di non retta opinione.<br />

Allora, o<br />

Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi non salutari sono chiamati non salutari, ciò che<br />

è biasimevole<br />

è chiamato biasimevole, ciò che è da non seguirsi è chiamato da non seguirsi, ciò che è non<br />

nobile è<br />

chiamato non nobile, e le cose oscure producono frutti oscuri e sono da biasimarsi con<br />

intelligenza. Proprio,<br />

o Vasettha, alcuni servi vivono in tal modo.<br />

6. Un nobile, o Vasettha si astiene dall'uccidere, si astiene dal prendere il non dato, si astiene<br />

da cattivo<br />

comportamento per le brame, si astiene da menzogna, si astiene da insolenza, si astiene da<br />

ciarla, non è<br />

avido, è di mente non astiosa, di retta opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in costui sono gli<br />

elementi<br />

salutari sono chiamati salutari, ciò che è lodevole è chiamato lodevole, ciò che è da seguirsi è<br />

chiamato da<br />

seguirsi, ciò che è nobile è chiamato nobile, gli elementi gioiosi producono frutti gioiosi e sono<br />

da lodarsi<br />

con intelligenza. Proprio, o Vasettha, alcuni nobili vivono in tal modo. Un brahmano, o<br />

Vasettha, si astiene<br />

dall'uccidere, si astiene dal prendere il non dato, si astiene da cattivo comportamento per le<br />

brame, si astiene<br />

da menzogna, si astiene da insolenze.., si astiene da ciarla, non è avido, è di mente non astiosa,<br />

di retta<br />

opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi salutari sono chiamati<br />

salutari, ciò che è<br />

lodevole è chiamato lodevole, ciò che è da seguirsi è chiamato da seguirsi, ciò che è nobile è<br />

chiamato<br />

nobile, gli elementi gioiosi producono frutti gioiosi e sono da lodarsi con intelligenza. Proprio,<br />

o Vasettha,<br />

alcuni nobili vivono in tal modo. Un borghese, o Vasettha, si astiene dall'uccidere, si astiene<br />

dal prendere il<br />

non dato, si astiene da cattivo comportamento per le brame, si astiene da menzogna, si astiene<br />

da insolenza,


si astiene da ciarla, non è avido, è di mente non astiosa, di retta opinione. Allora, o Vasettha,<br />

quelli che in<br />

costui sono gli elementi salutari sono chiamati salutari, ciò che è lodevole è chiamato lodevole,<br />

ciò che è da<br />

seguirsi è chiamato da seguirsi, ciò che è nobile è chiamato nobile, gli elementi gioiosi<br />

producono frutti<br />

gioiosi e sono da lodarsi con intelligenza. Proprio, o Vasettha, alcuni borghesi vivono in tal<br />

modo. Un servo,<br />

o Vasettha, si astiene dall'uccidere, si astiene dal prendere il non dato, si astiene da cattivo<br />

comportamento<br />

per le brame, si astiene da menzogna, si astiene da insolenza, si astiene da ciarla, non è avido,<br />

è di mente non<br />

astiosa, di retta opinione. Allora, o Vasettha, quelli che in costui sono gli elementi salutari sono<br />

chiamati<br />

salutari, ciò che è lodevole è chiamato lodevole, ciò che è da seguirsi è chiamato da seguirsi,<br />

ciò che è nobile<br />

è chiamato nobile, gli elementi gioiosi producono frutti gioiosi e sono da lodarsi con<br />

intelligenza. Proprio, o<br />

Vasettha, alcuni servi vivono in tal modo.<br />

"7. Proprio così, o Vasettha, nelle quattro caste l'elemento puro ed impuro, insieme mescolati<br />

sono con<br />

intelligenza da biasimare, o con intelligenza da lodare. Ma che i brahmani dicano: "" eccelsa è<br />

la casta<br />

bramana, basse le altre caste, pura è la casta bramana, nere le altre caste. I brahmani ben si<br />

purificano, non<br />

coloro che non sono brahmani. I brahmani sono figli di Brahma, legittimi, nati dalla sua fronte,<br />

fatti da<br />

Brahma, creati da Brahma, consustanziali a Brahma""; ciò non si deve loro concedere. E quale<br />

di ciò la<br />

ragione? Su queste quattro caste, un monaco santo, che ha esausto gli asava, che ha raggiunta<br />

la perfezione,<br />

che ha compiuto ciò che era da compiersi, che ha deposto il fardello, che ha raggiunto la meta,<br />

che ha<br />

infranto i legami dell'essere, perfettamente libero da alterità, costui giustamente, non<br />

ingiustamente è da<br />

proclamarsi il primo su tutti. La dottrina, o Vasettha, è eccelsa ad ogni essere e in questo<br />

visibile mondo e nel<br />

mondo futuro."<br />

8. Ed è, o Vasettha, per il seguente argomento che si può affermare: la dottrina è eccelsa ad<br />

ogni essere e in<br />

questo visibile mondo e nel mondo futuro.<br />

"Ben sa, o Vasettha, il re Pasenadi del Kosala: "" l'asceta Gotama a nessuno secondo ha lasciato<br />

la stirpe dei<br />

Sakya"". I Sakya, o Vasettha, sono vassalli del re Pasenadi del Kosala. I Sakya, o Vasettha,<br />

prestano aiuto,<br />

rispetto, riverenza, ossequio, omaggio al re Pasenadi del Kosala. E proprio quell'aiuto, quel<br />

rispetto, quella<br />

riverenza, quell'ossequio, quell'omaggio che i Sakya portano al re Pasenadi del Kosala, proprio<br />

lo stesso,


aiuto, lo stesso rispetto, la stessa riverenza, lo stesso ossequio, lo stesso omaggio il re<br />

Pasenadi del Kosala<br />

100<br />

porta al Compiuto: "" forse non è ben nato l'asceta Gotama ?"<br />

"Allora anch'io sono mal nato, non è forte l'asceta Gotama? Allora debole io sono, non amabile<br />

l'asceta<br />

Gotama? Spiacevole io sono, non molto potente è l'asceta Gotama? Poco potente io sono "". E<br />

siccome onora<br />

la dottrina, venera la dottrina, rispetta la dottrina, stima la dottrina, il re Pasenadi del Kosala<br />

porta al<br />

Compiuto aiuto, rispetto, riverenza, ossequio, omaggio. È per questo argomento, o Vasettha,<br />

che si può<br />

affermare: la dottrina è eccelsa ad ogni essere e in questo visibile mondo e nel mondo del<br />

futuro."<br />

"9. Voi ora, o Vasettha, avete lasciato la casa per l'anacoretismo, non siete più della stessa<br />

nascita, dello<br />

stesso nome, della stessa famiglia, della stessa stirpe di prima. "" Chi siete voi?"". Essendo così<br />

interrogato:<br />

""Siamo asceti del figlio dei Sakya "" voi affermerete. E colui che nel Compiuto ha fiducia certa,<br />

radicata,<br />

stabile, solida, non distruggibile, ad un asceta o brahmano, ad un dio, a Mara, od a Brahma, a<br />

chiunque nel<br />

mondo, sempre così deve affermare: "" Io sono figlio del Sublime, legittimo, nato dalla sua<br />

fronte, fatto di<br />

dottrina, creato dalla dottrina, consustanziale alla dottrina "". E perché ciò ? Il Compiuto, o<br />

Vasettha, così<br />

afferma, un corpo accordato colla dottrina è un corpo accordato con Brahma, chi diviene<br />

dottrina, diviene<br />

Brahma."<br />

10. Vi è, o Vasettha, un certo momento, o questo o quello, in cui dopo lungo lasso di tempo il<br />

mondo si<br />

evolve. Evolvendosi il mondo praticamente gli esseri si evolvono come dèi raggianti (2). Essi<br />

allora sono<br />

fatti di pensiero, nutriti di beatitudine, da sé irradiano luce, sono di struttura aerea,<br />

costantemente gloriosi, a<br />

lungo, per lungo tempo, rimangono. Vi è, o Vasettha, un certo momento, questo o quello, in cui,<br />

dopo lungo<br />

lasso di tempo, questo mondo si involve. Nel mondo involutosi gli esseri, trapassando dal coro<br />

degli dèi<br />

raggianti, sorgono. Costoro sono fatti di pensiero, nutriti di beatitudine, da sé irradiano luce,<br />

sono di struttura<br />

aerea, costantemente gloriosi, a lungo, per lungo tempo, rimangono.<br />

11. Una natura acquea, o Vasettha, fu a quel tempo, circondata dal buio, dal buio delle tenebre.<br />

Non erano<br />

apparsi né luna né sole, non apparse le costellazioni, né la luce delle stelle, non apparsi la<br />

notte ed il giorno,<br />

non plenilunio, né novilunio, non il ciclo delle stagioni, non femmina, né maschio. Gli esseri<br />

solo come<br />

esseri erano conosciuti. Allora a questi esseri, dopo lungo spazio di tempo, la terra come<br />

sapore emerse (3)


dalle acque. Come sopra latte bollito e poi raffreddato si forma una pelle, proprio così si<br />

manifestò, e fu<br />

dotata di colore, dotata di odore, dotata di consistenza (4), il suo sapore fu quale di burro<br />

chiarificato, di<br />

burro fresco. Quale il chiaro miele di api tale fu la sua dolce consistenza.<br />

"12. Allora, o Vasettha, un certo essere che viveva in agitazione: "" oh che sarà mai ciò ? ""<br />

saggiò col dito la<br />

terra come sapore. Ecco che la, saggiata col dito (5), terra come sapore ricoprì costui, e la sete<br />

entrò in lui.<br />

Allora altri esseri, o Vasettha, vollero imitare quell'essere e saggiarono col dito la terra come<br />

sapore. E la,<br />

saggiata col dito, terra come sapore ricoprì costoro, e la sete entrò in loro. Allora, o Vasettha,<br />

gli esseri<br />

incominciarono per sostenersi a nutrirsi a piene mani della terra come sapore, e così cessò<br />

loro la facoltà di<br />

emettere luce. Cessata agli esseri la facoltà di emettere luce, ecco apparire il sole e la luna (6).<br />

Apparsi sole e<br />

luna, apparvero le costellazioni e la luce delle stelle. Apparse le costellazioni e la luce delle<br />

stelle, si<br />

conobbero il giorno e la notte, noti giorno e notte, si conobbero il plenilunio ed il novilunio,<br />

noti plenilunio e<br />

novilunio si conobbe il ciclo delle stagioni (7)."<br />

"13. Allora, o Vasettha, gli esseri che si erano nutriti della prima terra, in tale nutrimento, in<br />

tale cibo,<br />

rimasero per lungo lasso di tempo. E man mano che quegli si nutrivano di tale nutrimento, di<br />

tale cibo,<br />

entrava nel loro corpo la: grossolanità e così furono noti il bello ed il brutto. Alcuni esseri, o<br />

Vasettha, erano<br />

belli, ed alcuni esseri erano brutti: gli esseri belli disprezzano gli esseri brutti. "" Noi siamo<br />

più, belli di<br />

costoro, costoro sono più brutti di noi"". Allora, o Vasettha, agli esseri, a causa di coloro che<br />

erano<br />

sprezzanti per alta opinione della loro bellezza, venne a mancare la terra come sapore. E per<br />

la mancanza<br />

della terra come sapore si riunirono, si lamentarono: ""oh il sapore! oh il sapore!"" E così, o<br />

Vasettha, anche<br />

ora gli uomini, quando hanno gustato un buon sapore a loro è: "" oh il sapore ! oh il sapore ! "".<br />

E così<br />

pronunciano un'antica primordiale frase senza conoscerne il significato."<br />

"14. Allora, o Vasettha, agli esseri, cui era venuta a man care la terra come sapore, si manifestò<br />

sulla terra la<br />

capacità di germogliare. E come i funghi si manifestano, proprio così si manifestò. E ciò che<br />

germogliava fu<br />

101<br />

dotato di colore, fu dotato di odore, fu dotato di consistenza. Il suo sapore fu quale di burro<br />

chiarificato, di<br />

burro fresco. Quale il chiaro miele di api tale fu la sua dolce consistenza. Allora gli esseri si<br />

avvicinavano a<br />

ciò che germogliava dalla terra per nutrirsene. E costoro, o Vasettha, in tale nutrimento, in tale<br />

cibo rimasero


per lungo lasso di tempo. E man mano che quegli esseri si nutrivano di tale nutrimento, di tale<br />

cibo, entrava<br />

nel loro corpo la grossolanità: e così furono noti il bello ed il brutto. Alcuni esseri, o Vasettha,<br />

erano belli, ed<br />

alcuni esseri erano brutti: gli esseri belli disprezzarono gli esseri brutti "" Noi siamo più belli<br />

di costoro,<br />

costoro sono più brutti di. noi"". Allora, o Vasettha, agli esseri, a causa di coloro che erano<br />

sprezzanti per<br />

l'alta opinione della loro bellezza, venne a mancare ciò che germogliava dalla terra. Venuto a<br />

mancare ciò<br />

che germogliava dalla terra apparvero le piante rampi canti. E come il bambù, proprio così<br />

apparvero. E<br />

furono dotate di colore, di odore, di consistenza. Ed il loro sapore fu quale di burro<br />

chiarificato, fu quale di<br />

burro fresco. Quale il chiaro miele di api, tale fu la loro dolce consistenza."<br />

"15. Allora, o Vasettha, gli esseri si avvicinarono alle piante rampicanti per nutrirsi. E costoro,<br />

o Vasettha, in<br />

tale nutrimento, in tale cibo, rimasero per lungo lasso di tempo. E man mano che quegli esseri<br />

si nutrivano di<br />

tale nutrimento, di tale cibo, entrava nel loro corpo la grossolanità: e così furono noti il bello<br />

ed il brutto.<br />

Alcuni esseri, o Vasettha, erano belli ed alcuni esseri erano brutti: gli esseri belli<br />

disprezzarono gli esseri<br />

brutti. "" Noi siamo più belli di costoro, costoro sono più brutti di noi "". Allora, o Vasettha, agli<br />

esseri, a<br />

causa di coloro che erano sprezzanti per l'alta opinione della loro bellezza, vennero a mancare<br />

le piante<br />

rampicanti. Essendo venute a mancare le piante rampicanti, gli esseri si radunarono e si<br />

lamentarono: ""a noi<br />

prima erano, ma ora sparirono le piante "". E così, o Vasettha, anche ora gli uomini quando a<br />

loro vien a<br />

mancare qualcosa a loro così è: "" a noi prima era, ma ora sparì ciò "". E così pronunciano<br />

un'antica<br />

primordiale frase senza conoscerne il significato."<br />

"16. Allora, o Vasettha, agli esseri, cui erano venute a mancare le piante rampicanti si<br />

manifestò il riso che<br />

non richiedeva aratura e cottura, libero da polvere, libero da loppa, ben odorante, in grani. E<br />

quanto alla sera<br />

consumavano per il loro pasto serale, altrettanto al mattino rigermogliava pronto. E quanto al<br />

mattino<br />

consumavano per il pasto mattutino altrettanto alla sera rigermogliava pronto. E così non era<br />

noto il pilare. E,<br />

o Vasettha, allora quegli esseri che si cibavano di quel riso che non richiedeva aratura e<br />

cottura, in tale<br />

nutrimento, in tale cibo rimasero per lungo lasso di tempo. E man mano che gli esseri si<br />

cibavano di tale<br />

nutrimento di tale cibo entrava nel loro corpo la grossolanità, e così furono noti il bello ed il<br />

brutto. E nelle<br />

donne apparve la matrice, e negli uomini la verga. E la donna troppo a lungo ammirò l'uomo,<br />

l'uomo troppo a


lungo ammirò la donna. Ed in costoro, che troppo a lungo l'un l'altra si ammiravano, sorse<br />

affatto ed entrò<br />

nei corpi la passione. Costoro a causa della passione indulsero all'elemento sessuale. Ed in<br />

quel tempo si<br />

videro gli esseri che avevano indulto all'elemento sessuale, alcuni cospargersi di polvere, altri<br />

cospargersi di<br />

cenere, altri cospargersi di sterco vaccino: "" scompaia l'impuro, scompaia l'impuro. E che un<br />

essere così può<br />

fare ad un altro essere? "". Ed ora, in certe province, allorquando gli uomini conducono in<br />

sposa una<br />

fanciulla, alcuni si cospargono di polvere, altri si cospargono di cenere, altri si cospargono di<br />

sterco vaccino.<br />

Ed essi così ripetono un antico primordiale gesto, ma non ne conoscono il significato."<br />

"17. In quei tempi, o Vasettha, erano considerate non giuste cose che ora sono considerate<br />

giuste. Gli esseri,<br />

che in quel tempo avevano indulto all'elemento sessuale, per un mese, o per due mesi, non<br />

potevano abitare il<br />

villaggio o la città. E siccome gli esseri in quel tempo compivano molti falli nei rapporti<br />

sessuali, presero<br />

così a costruire delle città, in cui si potessero nascondere i rapporti sessuali. Allora, o<br />

Vasetthai, ad un certo<br />

essere particolarmente debole così fu: "" certo io sono oppresso dal cibarmi di riso ed alla sera<br />

nel pasto<br />

serale, ed alla mattina nel pasto mattutino. E se io ora mangiassi il riso solo una volta, al<br />

mattino, nel pasto<br />

mattutino?"". Allora, o Vasettha, quell'essere mangiò il riso solo una volta (8), al mattino, nel<br />

pasto<br />

mattutino. Allora, o Vasettha, un altro essere si accostò a quell'essere ed essendosi accostato<br />

così gli disse:<br />

""Caro essere, andiamo a mangiare il riso "". "" Orsù, o caro essere, io mangio il riso una sola<br />

volta, al<br />

mattino, al pasto mattutino "". Allora, o Vasettha, quest'essere per emulare quello si cibò di<br />

riso una sola<br />

volta ogni due giorni: "" così certo è bene "". Allora, o Vasettha, un altro essere si accostò a<br />

quest'ultimo, ed<br />

essendosi accostato, così gli disse: "" Caro essere, andiamo a mangiare il riso "". "" Orsù,"<br />

102<br />

"o caro essere, io mangio il riso una sola volta ogni due giorni "". Allora, o Vasettha, quest'altro<br />

essere per<br />

emulare quell'altro si cibò di riso una sola volta ogni quattro giorni: "" così certo è bene "".<br />

Allora, o<br />

Vasettha, un altro essere ancora si accostò a quell'altro, essendosi accostato, così gli disse: ""<br />

Caro essere,<br />

andiamo a mangiare il riso "". "" Orsù, o caro essere, io mangio il riso una sola volta ogni<br />

quattro giorni "".<br />

Allora, o Vasettha, l'ultimo essere per emulare l'altro si cibò di riso una sola volta ogni o""o<br />

giorni. "" Così<br />

certo è bene "". Pertanto, o Vasettha, gli esseri poco alla volta cominciarono a mangiare del<br />

riso i cui grani


erano coperti di polvere, erano coperti di loppe, del riso che, colto, più non rigermogliava. Ed<br />

ecco che si<br />

rese noto il pilare, e rimasero le stoppie."<br />

"18. Allora, o Vasettha, gli esseri si radunarono e così si lamentarono: "" Certo degli elementi<br />

non salutari<br />

sono comparsi tra gli esseri. Una volta eravamo fatti di pensiero, ci nutrivamo di beatitudine,<br />

irradiavamo<br />

luce, eravamo di struttura aerea, costantemente gloriosi, e così restammo per lungo lasso di<br />

tempo. Indi, dopo<br />

un lungo lasso di tempo la terra come sapore apparve sulle acque, ed era dotata di colore, di<br />

odore, di<br />

consistenza. Allora noi cominciammo a prendere a piene mani la terra come sapore per<br />

nutrirci. Ed a noi, che<br />

avevamo cominciato a prendere a piene mani la terra come sapore per nutrirci, sparve la<br />

luminosità. Collo<br />

sparire della nostra luminosità apparvero la luna ed il sole, apparsi la luna ed il sole,<br />

apparvero le<br />

costellazioni e la luce delle stelle. Apparse le costellazioni e la luce delle stelle conoscemmo il<br />

giorno e la<br />

notte. Noti il giorno e la notte, conoscemmo i pleniluni ed i noviluni, noti pleniluni e noviluni,<br />

conoscemmo<br />

il corso delle stagioni. Così ci nutrimmo della terra come sapore e con tal cibo, tal nutrimento,<br />

rimanemmo<br />

per lungo lasso di tempo. Ma comparvero elementi oscuri e non salutari, ed a noi venne a<br />

mancare la terra<br />

come sapore. Venuta a mancare la terra come sapore si manifestò ciò che germogliava sul<br />

suolo. E ciò fu<br />

dotato di colore, di odore e consistenza. E noi cominciammo a nutrirsi di ciò che germogliava"<br />

"sul suolo. Noi dunque ci cibammo di ciò che germogliava sul suolo e con tale cibo, con tale<br />

nutrimento,<br />

dimorammo per lungo lasso di tempo. Ma comparvero elementi oscuri e non salutari, ed a noi<br />

venne a<br />

mancare ciò che germogliava sul suolo. Venuto a mancare ciò che germogliava nel suolo si<br />

manifestarono a<br />

noi le piante rampicanti. Ed erano dotate di colore, di odore, e di consistenza. E noi<br />

incominciammo a<br />

nutrirci delle piante rampicanti. Noi dunque ci cibammo delle piante rampicanti e con tal cibo,<br />

con tal<br />

nutrimento, dimorammo per lungo lasso di tempo. Ma comparvero elementi oscuri e non<br />

salutari, ed a noi<br />

vennero a mancare le piante rampicanti. Venute a mancare le piante rampicanti si manifestò il<br />

riso che non<br />

richiedeva aratura né cottura, libero da polvere, libero da loppa, ben odorante, in grani. E<br />

quanto alla sera<br />

consumavamo per il pasto serale, altrettanto era pronto al mattino. E quanto al mattino<br />

consumavamo per il<br />

pasto mattutino, altrettanto era pronto alla sera. Così noi ci cibammo di quel riso che non<br />

richiedeva aratura<br />

né cottura, e con tal cibo, con tal nutrimento, dimorammo per lungo lasso di tempo. Ma<br />

comparvero elementi


oscuri e non salubri, e si manifestarono a noi i grani di riso coperti di polvere, coperti di loppa,<br />

che colti più<br />

non rigermogliano. Ed ecco che si rende noto il pilare e rimangono le stoppie di riso. E se noi<br />

ora<br />

dividessimo il riso, stabilendo i confini ? ""."<br />

Allora, o Vasettha, gli esseri si divisero il riso stabilendo i confini.<br />

"19. Allora, o Vasettha, un essere per conservare la sua parte mangiò, prendendola, la non<br />

data parte altrui. E<br />

sorpresero costui, e avendolo sorpreso, così gli dissero: "" tu, o caro essere, hai compiuta una<br />

cattiva azione:<br />

infatti per conservare la tua parte hai mangiata, prendendola, la non data parte altrui. Che ciò<br />

più non accada<br />

""."<br />

"Sì assentì, o Vasettha, costui agli altri esseri. Una seconda volta, o Vasettha, un essere per<br />

conservare la sua<br />

parte mangiò, prendendola, la non data parte altrui. E sorpresero costui, e avendolo sorpreso,<br />

così gli dissero:<br />

"" tu, o caro"<br />

"essere, hai compiuta una cattiva azione: infatti per conservare la tua parte hai mangiata,<br />

prendendola, la non<br />

data parte altrui. Che ciò più non accada"". Una terza volta, o Vasettha, un essere per<br />

conservare la sua parte<br />

mangiò, prendendola, la non data parte altrui. E sorpresero costui, e avendolo sorpreso, così<br />

gli dissero: "" tu,<br />

o caro essere, hai compiuta una cattiva azione: infatti per conservare la tua parte hai<br />

mangiata, prendendola,<br />

la non data parte altrui. Che ciò più non accada "". Alcuni colpirono esseri viventi, alcuni<br />

colpirono con<br />

103<br />

ciotoli, alcuni con bastoni. Infine, o Vasettha, si conobbe il furto, si conobbe la rampogna, si<br />

conobbe la<br />

menzogna, si conobbe la percossa."<br />

"20. Allora, o Vasettha, gli esseri si riunirono e si lamentarono: "" cattivi dementi sono apparsi<br />

tra gli esseri,<br />

se si è potuto conoscere il furto, se si è potuta conoscere la rampogna, se si è potuta conoscere<br />

la menzogna,<br />

se si è potuta conoscere la percossa. Se noi ora delegassimo un essere, che possa colpire chi è<br />

giustamente da<br />

colpire, rimproverare chi è giustamente da rimproverare, cacciare chi è giustamente da<br />

cacciare. Noi gli<br />

potremmo cedere una parte del riso ""."<br />

"Allora, o Vasettha, gli esseri si accostarono a quello che tra loro era il più bello, il più mirabile,<br />

il più<br />

piacevole, il più forte, ed accostatisi così gli dissero: "" oh, o essere, colpisci chi è giustamente<br />

da colpire,<br />

rimprovera chi è giustamente da rimproverare, caccia chi è giustamente da cacciare "". ""<br />

Proprio così "", e,<br />

o Vasettha, quell'essere assentendo agli altri esseri, colpì chi giustamente era da colpire,<br />

rimproverò chi


giustamente era da rimproverare, cacciò chi giustamente era da cacciare. E gli esseri diedero a<br />

costui una<br />

parte di riso."<br />

21. Da molta gente onorato, molto onorato, o Vasettha, maha-sammata, questo primo<br />

vocabolo venne usato.<br />

Signore delle terre (khetta), o Vasettha, nobile (khattiya) questo secondo vocabolo venne<br />

usato. Inoltre per la<br />

sua abitudine a dilettarsi (ranjati), o Vasettha, re (raja) questo terzo vocabolo venne usato. E<br />

così, o Vasettha,<br />

queste le antiche origini dei nomi del cerchio dei nobili. E tra gli esseri alcuni furono di<br />

questo cerchio, proprio così, non diversamente. Ma la dottrina, o Vasettha, è eccelsa per ogni<br />

essere sia nel<br />

visibile mondo, sia nel mondo futuro.<br />

"22. Ad alcuni tra gli esseri, o Vasettha, così fu: "" cattivi elementi sono certo comparsi tra gli<br />

esseri: sono<br />

noti il furto, la rampogna, la menzogna, la percossa, l'esilio. E se noi ora tenessimo lontani gli<br />

elementi<br />

cattivi, non salutari ? "". E costoro tennero lontani gli elementi cattivi, non salutari. "" Tengono<br />

lontani<br />

(bahenti) gli elementi cattivi, non salutari "". Quindi, o Vasettha, brahmani, questo primo<br />

vocabolo venne<br />

usato. E costoro abitarono nelle foreste e avendo costruito delle capanne di fronde<br />

meditarono arsero '. Ed<br />

erano senza focolare, senza fumo, senza foglie o legno. Visitarono paesi, città e capitali in cerca<br />

di cibo, al<br />

mattino per il pasto mattutino, alla sera per il pasto serale. Costoro avendo ricevuto il cibo<br />

meditavano<br />

ardevano nella foresta, nelle capanne di fronde. E di essi gli uomini così dicevano: "" costoro<br />

abitano nella<br />

foresta, avendo costruite capanne di fronde, nelle capanne di fronde meditano ardono, e sono<br />

senza focolare,<br />

senza fumo, senza foglie e legna; visitano i paesi, le città e le capitali in cerca di cibo, al mattino<br />

per il pasto<br />

mattutino, alla sera per il pasto serale. E dopo aver ricevuto il cibo, nella foresta, nelle capanne<br />

di fronde,<br />

meditano ardono "". "" Meditano ardono"" (jhayanti). Così, o Vasettha, meditanti ardenti<br />

(jhayaka) e questo<br />

è il secondo vocabolo che venne usato."<br />

"23. Ma, o Vasettha, alcuni tra quelli esseri viventi nella solitudine delle selve, nelle capanne di<br />

fronde pur<br />

non erano abili a raggiungere la meditazione, ma ugualmente, visitarono le vicine città, i vicini<br />

paesi, stettero<br />

scrivendo dei libri. Costoro non meditano ardono: "" costoro ora non meditano ardono "" così,<br />

o Vasettha,<br />

non meditano ardono (ajjhayaka gli studiosi dei Veda e così ajjhayaka questo terzo vocabolo<br />

fu usato. E<br />

quella, o Vasettha, allora era una bassa qualifica,"<br />

ora invece è un'eccelsa qualifica. Questa, o Vasettha, è dunque l'antica origine dei nomi del<br />

cerchio dei


ahmani. E tra gli esseri alcuni furono di questo tipo, proprio così, non diversamente. Ma la<br />

dottrina, o<br />

Vasettha, è eccelsa per ogni essere sia nel visibile mondo, sia nel mondo futuro.<br />

"24. Tra gli esseri, o Vasettha, alcuni assunsero l'elemento sessuale e crearono diverse (vissu)<br />

occupazioni. E<br />

allora, o Vasettha, "" borghesi "" (vessa) questo vocabolo sorse. Questa è dunque l'antica<br />

origine del nome<br />

del cerchio dei borghesi. E degli esseri alcuni furono di questo tipo, proprio così, non<br />

diversamente. Ma la<br />

dottrina, o Vasettha, è eccelsa, per ogni essere sia nel visibile mondo, sia nel mondo futuro."<br />

"25. E, o Vasettha, tra gli esseri, gli altri vissero di caccia. "" Vivono di caccia "" (luddacara). ""<br />

Conducono<br />

bassa esistenza "" (khuddacara). "" Servi "" (sudda) così questo vocabolo venne usato. E<br />

questo è dunque<br />

l'antica origine del nome del cerchio dei servi. Così fu per gli esseri di questo tipo, proprio<br />

così, non<br />

diversamente. Ma la dottrina, o Vasettha, è eccelsa per ogni essere sia nel visibile mondo, sia<br />

nel mondo<br />

104<br />

futuro."<br />

"26. Ma venne, o Vasettha, il tempo, in cui un nobile non contento della sua sorte abbandonò la<br />

casa per<br />

l'anacoretismo: "" sarò un asceta "". Ed anche un brahmano non contento della sua sorte<br />

abbandonò la casa<br />

per l'anacoretismo: "" sarò un asceta"". Ed un borghese non contento della sua sorte<br />

abbandonò la casa per<br />

l'anacoretismo: ""sarò un asceta"". Ed un servo non contento della sua sorte abbandonò la<br />

casa per<br />

l'anacoretismo: "" sarò un asceta "". E così sorse accanto agli altri quattro cerchi il cerchio<br />

degli asceti. Ma la<br />

dottrina, o Vasettha, è eccelsa per ogni essere sia nel visibile mondo, sia nel mondo futuro."<br />

27. Il nobile, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta nelle parole, mal si<br />

comporta nei<br />

pensieri, di non retta opinione, a causa della cattiva opinione e del cattivo comportamento,<br />

colla dissoluzione<br />

del corpo, dopo la morte risorge malamente, su cattivo sentiero, in rovina, in<br />

mondo infernale. Il brahmano, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta<br />

nelle parole,<br />

mal si comporta nei pensieri, di non retta opinione, a causa della cattiva, opinione e del cattivo<br />

comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge malamente, su cattivo<br />

sentiero, in rovina,<br />

in mondo infernale. Il borghese, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta<br />

nelle parole,<br />

mal si comporta nei pensieri, di non retta opinione, a causa della cattiva opinione e del cattivo<br />

comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge malamente, su cattivo<br />

sentiero, in rovina,<br />

in mondo infernale. Il servo, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta<br />

nelle parole, mal<br />

si comporta nei pensieri, di non retta opinione, a causa della cattiva opinione e del cattivo<br />

comportamento,


colla dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge malamente, su cattivo sentiero, in rovina,<br />

in mondo<br />

infernale. L'asceta, o Vasettha, che mal si comporta nelle opere, mal si comporta nelle parole,<br />

mal si<br />

comporta nei pensieri, di non retta opinione a causa della cattiva opinione e del cattivo<br />

comportamento, colla<br />

dissoluzione del corpo, dopo la morte, risorge malamente, su cattivo sentiero, in rovina, in<br />

mondo infernale.<br />

28. Il nobile, o Vasettha, che ben si comporta nelle opere, che ben si comporta nelle parole, che<br />

ben si<br />

comporta nei pensieri, di retta opinione a causa della retta opinione e del retto<br />

comportamento, colla<br />

dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge beatamente in mondo beato. Il brahmano, o<br />

Vasettha, che ben<br />

si comporta nelle opere, che ben si comporta nelle parole, che ben si comporta nei pensieri, di<br />

retta opinione<br />

a causa della retta opinione e del retto comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la<br />

morte risorge<br />

beatamente in mondo beato. Il borghese, o Vasettha, che ben si comporta nelle opere, che ben<br />

si comporta<br />

nelle parole, che ben si comporta nei pensieri, di retta opinione a causa della retta opinione e<br />

del retto<br />

comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte risorge beatamente in mondo<br />

beato. Il servo, o<br />

Vasettha, che ben si comporta nelle opere, che ben si comporta nelle parole, che ben si<br />

comporta nei<br />

pensieri, di retta opinione a causa della retta opinione e del retto comportamento, colla<br />

dissoluzione del<br />

corpo, dopo la morte risorge beatamente in mondo beato. L'asceta, o Vasettha, che ben si<br />

comporta nelle<br />

opere, che ben si comporta nelle parole, che ben si comporta nei pensieri, di retta opinione, a<br />

causa della retta<br />

opinione e del retto comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, risorge<br />

felicemente, in<br />

mondo beato.<br />

29. Il nobile, o Vasettha, che si comporti nei due modi nelle opere, che si comporti nei due<br />

modi nelle parole,<br />

che si comporti nei due modi nei pensieri, retta e non retta opinione, a causa della retta e non<br />

retta opinione e<br />

del duplice comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e<br />

dolore. Il<br />

brahmano, o Vasettha, che si comporti nei due modi nelle opere, che si comporti nei due modi<br />

nelle parole,<br />

che si comporti nei due modi nei pensieri, retta e non retta opinione, a causa della retta e non<br />

retta opinione e<br />

del duplice comportamento colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e<br />

dolore. Il<br />

borghese, o Vasettha, che si comporti nei due modi nelle opere, che si comporti nei due modi<br />

nelle parole,


che si comporti nei due modi nei pensieri, retta e non retta opinione, a causa della retta e non<br />

retta opinione e<br />

del duplice comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e<br />

dolore. Il servo,<br />

o Vasettha, che si comporti nei due modi nelle opere, che si comporti nei due modi nelle<br />

parole, che si<br />

comporti nei due modi nei pensieri, retta e non retta opinione, a causa della retta e non retta<br />

opinione e del<br />

105<br />

duplice comportamento colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e<br />

dolore. L'asceta, o<br />

Vasettha, che si comporta in due modi nelle opere, che si comporta in due modi nelle parole,<br />

che si comporta<br />

in due modi nei pensieri, di retta e non retta opinione, a causa della retta e non retta opinione<br />

e del duplice<br />

comportamento, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, sperimenta gioia e dolore.<br />

30. Il nobile, o Vasettha, controllato nelle azioni, controllato nelle parole, controllato nei<br />

pensieri, che attua e<br />

realizza le sette componenti del risveglio già in questo visibile mondo . | completamente si<br />

estingue. Il<br />

brahmano, o Vasettha, controllato nelle azioni, controllato nelle parole, controllato nei<br />

pensieri, che attua e<br />

realizza le sette componenti del risveglio ` già in questo visibile mondo completamente si<br />

estingue. Il<br />

borghese, o Vasettha, controllato nelle azioni, controllato nelle: parole, controllato nei<br />

pensieri, che attua e<br />

realizza le sette componenti del risveglio già in questo visibile mondo completamente si<br />

estingue. Il servo, o<br />

Vasettha, controllato nelle azioni, controllato nelle parole, controllato nei pensieri, che attua e<br />

realizza le<br />

sette componenti del risveglio già in questo visibile mondo completamente si estingue.<br />

L'asceta, o Vasettha,<br />

controllato nelle azioni, controllato nelle parole, controllato nei pensieri, che attua e realizza<br />

le sette<br />

componenti del risveglio già in questo visibile mondo si estingue.<br />

31. Da qualunque, o Vasettha, di queste quattro caste uscito, un monaco santo, che ha esausto<br />

gli asava, che<br />

ha raggiunta la perfezione, che ha compiuto ciò che era da compiersi, che ha deposto il<br />

fardello, che ha<br />

raggiunta la meta, che ha infranto i legami dell'essere, perfettamente libero da alterità, costui<br />

giustamente,<br />

non ingiustamente, è proclamato il primo su tutti. La dottrina, o Vasettha, è eccelsa per ogni<br />

essere, sia in<br />

questo visibile mondo, sia nel futuro.<br />

32. A Brahma Sanamkumara si cantano questi versi:<br />

Il nobile è alto su ogni essere che si attacchi ad una stirpe, il possessore del cibo della sapienza<br />

è alto sugli<br />

dèi e sugli<br />

"[uomini ""."


Questi versi, o Vasettha, sono ben cantati a Brahma Sanamkumara, non mal cantati, ben detti,<br />

non mal detti,<br />

profittevoli, non mal profittevoli.<br />

Io stesso, o Vasettha, dico:<br />

Il nobile è alto su ogni essere che si attacchi ad una stirpe, il possessore del cibo della sapienza<br />

è eccelso<br />

sugli dèi e sugli<br />

"[uomini""""."<br />

Così disse il Sublime. Contenti Vasettha e Bharadvaja si rallegrarono alle parole del Sublime.<br />

AGGANNA SUTTANTA<br />

FINE<br />

(Traduzione di Eugenio Frola)<br />

CAKKAVATTISIHANADASUTTANTA<br />

(IL GIRATORE DELLA RUOTA)<br />

Così ho sentito:<br />

"l. Un tempo il Sublime dimorava nel Magadha in Matula. Allora il Sublime si rivolse ai monaci:<br />

"" O<br />

106<br />

monaci "". "" Signore "" i monaci assentirono al Sublime così"<br />

disse:<br />

In voi isolati, o monaci, dimorate, null'altro rifugiati, in null'altro rifugiati , nella dottrina<br />

isolati, nella<br />

dottrina rifugiati, in null'altro rifugiati (1).<br />

E come, o monaci, un monaco dimora in sé isolato, in sé rifugiato, in null'altro rifugiato, nella<br />

dottrina<br />

isolato, nella dottrina rifugiato, in null'altro rifugiato?<br />

"Ecco, o monaci, un monaco nel corpo, osservando il corpo, dimora strenuo, attento,<br />

consapevole, lontane<br />

nel mondo la cupidigia e la sofferenza, nella sensazione isolato, nella sensazione rifugiato,<br />

nella mente<br />

isolato, nella mente rifugiato; tra gli elementi osservando gli elementi dimora strenuo, attento,<br />

consapevole,<br />

lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Così, o monaci, un monaco in sé isolato dimora,<br />

in sé<br />

rifugiato, in null'altro rifugiato, nella dottrina isolato, nella dottrina rifugiato, in null'altro<br />

rifugiato?"<br />

Secondo le vostre consuetudini, o monaci, vivete. E su voi che vivete, o monaci, secondo le<br />

vostre<br />

consuetudini, Mara non ha presa, Mara non ha aderenza. E così, o monaci,<br />

vi è origine di acquisto di elementi salutari, accrescimento di cose favorevoli.<br />

2. Una volta, o monaci, vi era un re di nome Dalhanemi, giratore della ruota, legittimo, giusto<br />

re, che nelle<br />

quattro direzioni il paese aveva sicuramente conquistato, possessore dei sette tesori. A lui<br />

erano i sette tesori,<br />

cioè: il tesoro della ruota, il tesoro dell'elefante, il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il<br />

tesoro della<br />

donna, il tesoro del ministro, il tesoro della guida, questi sette. A lui poi erano più di mille figli<br />

valorosi, di<br />

virile aspetto, vincitori dei nemici. Egli la terra sino ai confini dell'oceano senza mazza, senza<br />

spada, con la


legge conquistata, governava.<br />

3. Allora, o monaci, il re Dalhanemi dopo molti anni, molte centinaia di anni, molte migliaia di<br />

anni si<br />

rivolse ad un certo uomo:<br />

Allorché tu, o caro uomo, vedrai il divino tesoro della ruota tramontare, offuscarsi, allora<br />

avvertimi (2).<br />

Sì, o divino così quell'uomo, o monaci, assentì al re<br />

Dalhanemi.<br />

E quell'uomo, o monaci, vide dopo molti anni, dopo molte centinaia di anni, dopo molte<br />

migliaia di anni<br />

tramontare, I offuscarsi il divino tesoro della ruota. Allora si recò dal re Dalhanemi, ed<br />

accostatolo, così disse<br />

al re Dalhanemi:<br />

Orsù, o divino, sappi che il divino tesoro della ruota<br />

"tramonta, si offusca ""." I<br />

Allora, o monaci, il re Dalhanemi, fatto chiamare il giovane suo figlio primogenito, così disse:<br />

Ecco, o caro giovane, il divino tesoro della ruota per me tramonta, si offusca. Invero io così<br />

udii: ' A quel re,<br />

giratore della ruota, cui tramonta, si offusca il divino tesoro della ruota, non è più lungo tempo<br />

di vita '. Mi<br />

nutrii dei piaceri umani, è tempo ora di cercare piaceri divini. Orsù tu, o caro giovane, governa<br />

la terra sino<br />

ai confini dell'oceano, io invece rasi i capelli e barba, indossato il giallo mantello, lascerò la<br />

casa per<br />

l'anacoretismo.<br />

Allora, o monaci, il re Dalhanemi dopo aver ben istruito il giovane figlio primogenito nell'arte<br />

del regno, rasi<br />

capelli e barba, indossato il giallo mantello, lasciò la casa per l'anacoretismo. E dopo sette<br />

giorni, o monaci,<br />

il divino tesoro della ruota sparì dal vecchio re.<br />

4. Allora, o monaci, un certo uomo si accostò al re guerriero, unto nel capo, ed avendolo<br />

accostato così disse<br />

al re guerriero unto nel capo:<br />

Sai tu, o divino, che il divino tesoro della ruota è sparito ? (3).<br />

Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo per la dipartita del divino tesoro della ruota si<br />

dispiacque,<br />

provò dispiacere. E si diresse dal vecchio re, il vecchio re, avvicinato così gli disse:<br />

Tu, o caro, non essere spiacente per la dipartita del divino tesoro della ruota, non provarne<br />

dispiacere. Il<br />

divino tesoro della ruota non è, o caro, eredità paterna. Orsù, o caro, procedi nella nobile virtù<br />

del giratore<br />

della ruota: si conosce la possibilità che, a chi procede nella nobile virtù di un giratore della<br />

ruota, un dì<br />

festivo, il quindicesimo, compiute le abluzioni, celebrata la festa, salito sull'alta nobile<br />

terrazza, si manifesti<br />

107<br />

sul capo il divino tesoro della ruota, coi suoi mille raggi, col suo mozzo, perfetta in ogni sua<br />

parte .<br />

"5. "" E quale è, o divino, la nobile virtù di un giratore della ruota ? ""."


Pertanto, o caro, vivi secondo la legge, onorando la legge, stimando la legge, venerando la<br />

legge, riverendo<br />

la legge, rispettando la legge, sii il simbolo della legge, lo splendore della legge, il supremo<br />

regolatore della<br />

legge, il legittimo vigile custode e difensore della legge, tutore del singolo e della collettività,<br />

dei nobili<br />

vassalli, dei brahmani, dei padri di famiglia, nelle città e nelle province, degli asceti e<br />

brahmani, dei<br />

quadrupedi e degli uccelli. E mai nel territorio del tuo regno, o caro, non ti voler comportare<br />

secondo<br />

illegittimi desideri. Ed a coloro che nel regno sono privi di beni, tu distribuisci beni. E coloro, o<br />

caro, che nel<br />

regno sono asceti o brahmani, che vigili si astengono dagli eccessi, nella pazienza e tolleranza<br />

sicuri, che da<br />

loro si correggono, che da loro si conoscono, che da loro si emancipano, di tempo in tempo<br />

costoro avvicina,<br />

e così interrogali: ' Questo, o signore, è salutare, questo è non salutare, questo è biasimevole, è<br />

non<br />

biasimevole, è da seguire, è da non seguire, da questa azione me ne verrà per lungo tempo<br />

danno e dolore, od<br />

invece da quest'azione me ne verrà per lungo tempo vantaggio e gioia?'. E avendo da costoro<br />

apprese le cose<br />

non salutari, da queste astienti, e avendo da costoro apprese le cose salutari, queste sempre<br />

pratica ed<br />

esercita. Ecco, o caro, la nobile virtù di un giratore della ruota .<br />

" Sì, o divino ed il re guerriero, unto nel capo, obbedendo al vecchio re praticò la nobile virtù<br />

di un giratore<br />

della ruota. Ed a lui che praticava la nobile virtù di un giratore della ruota, un dì di festa, il<br />

quindicesimo,<br />

dopo aver compiute le abluzioni e dopo aver celebrata la festa, salito sulla nobile alta terrazza<br />

gli si<br />

manifestò sul capo il divino tesoro della ruota, coi suoi mille raggi, col suo mozzo, perfetta in<br />

ogni sua parte:<br />

"" Ora io sono un re giratore della ruota ""."<br />

"6. Allora, o monaci, il re guerriero, unto nel capo, sorse da sedere, aggiustatosi il manto, presa<br />

con la mano<br />

sinistra una coppa, con la mano destra asperse il tesoro della ruota: "" Gira, o tesoro della<br />

ruota, conquista, o<br />

tesoro della ruota "". Allora, o monaci, il tesoro della ruota girò verso la regione di levante ed il<br />

re giratore<br />

della ruota lo seguì con un quadruplice esercito. E quelli, che nella regione del levante erano<br />

gli avversari del<br />

re, si accostarono al re giratore della ruota e così gli dissero:"<br />

" Vieni, o gran re, benvenuto, o gran re; ogni cosa è tua, o gran re; istruiscici, o gran re."<br />

"Il re giratore della ruota così disse: "" il vivo non si uccida, il non dato non si prenda, con<br />

desiderii torbidi<br />

non si viva, menzogna non si dica, bevande inebrianti non si bevano, si mangi secondo il"<br />

"bisogno"". E coloro, che nella regione del levante erano stati avversari del re, divennero<br />

vassalli del re<br />

giratore della ruota."


7. Allora, o monaci, il tesoro della ruota dalla regione del levante, dopo essere giunti sino<br />

all'oceano, ritornò<br />

indietro, e girò verso la regione di mezzodì ed il re giratore della ruota lo seguì con un<br />

quadruplice esercito.<br />

E quelli, che nella regione del mezzodì erano gli avversari del re, si accostarono al re giratore<br />

della ruota e<br />

così gli dissero:<br />

" Vieni, o gran re, benvenuto, o gran re; ogni cosa è tua, o gran re; istruiscici, o gran re."<br />

"Il re giratore della ruota così disse: "" Il vivo non si uccida, il non dato non si prenda, con<br />

desiderii torbidi<br />

non si viva, menzogna non si dica, bevande inebrianti non si bevano, si mangi secondo il<br />

bisogno"". E<br />

coloro, che nella regione del mezzodì erano stati gli avversari del re, divennero vassalli del re<br />

giratore della<br />

ruota. Allora, o monaci, il tesoro della ruota dalla regione di mezzodì, dopo essere giunto sino<br />

all'oceano,<br />

ritornò indietro e girò verso la regione di ponente ed il re giratore della ruota lo seguì con un<br />

quadruplice<br />

esercito. E quelli, che nella regione di ponente erano gli avversari del re, si accostarono al re<br />

giratore della<br />

ruota e così gli dissero:"<br />

" Vieni, o gran re, benvenuto, o gran re; ogni cosa è tua, o gran re; istruiscici, o gran re."<br />

"Il re giratore della ruota così disse: "" Il vivo non si uccida, il non dato non si prenda, con<br />

desiderii torbidi<br />

non si viva, menzogna non si dica, bevande inebrianti non si bevano, si mangi secondo il<br />

bisogno "". E<br />

coloro, che nella regione di ponente erano stati gli avversari del re, divennero vassalli del re<br />

giratore della<br />

ruota. Allora, o monaci, il tesoro della ruota dalla regione di ponente, dopo essere giunto sino"<br />

all'oceano, ritornò indietro e girò verso la regione di mezzanotte ed il re giratore della ruota lo<br />

seguì con un<br />

108<br />

quadruplice esercito. E quelli, che nella regione di mezzanotte erano gli avversari del re, si<br />

accostarono al re<br />

giratore della ruota e così gli dissero:<br />

" Vieni, o gran re, benvenuto, o gran re; ogni cosa è tua, o gran re; istruiscici, o gran re."<br />

"Il re giratore della ruota così disse: "" Il vivo non si uccida, il non dato non si prenda, con<br />

desiderii torbidi<br />

non si viva, menzogna non si dica, bevande inebrianti non si bevano, si mangi secondo il<br />

bisogno"". E<br />

coloro, che nella regione di mezzanotte erano stati gli avversari del re, divennero vassalli del<br />

re giratore della<br />

ruota. Allora, o monaci, il tesoro della ruota, avendo conquistato la terra sino ai confini<br />

dell'oceano, ritornò<br />

nella capitale e sulla porta del reale palazzo, nella corte dei giudizi, si fermò splendendo<br />

bellissima."<br />

8. Il secondo, o monaci, re giratore della ruota...* Il terzo, o monaci, re giratore della ruota...* Il<br />

quarto, o<br />

monaci, re giratore della ruota...* Il quinto, o monaci, re giratore della ruota...* Il settimo, o<br />

monaci, re


giratore della ruota dopo molti anni, molte centinaia d'anni, molte migliaia d'anni si rivolse ad<br />

un certo<br />

uomo:<br />

Allorché tu, o caro uomo, vedrai il divino tesoro della ruota tramontare, offuscarsi, allora<br />

avvertimi.<br />

Sì, o divino così quell'uomo, o monaci, assentì al settimo re giratore della ruota.<br />

E quell'uomo, o monaci, vide, dopo molti anni, dopo molte centinaia di anni, dopo molte<br />

migliaia di anni,<br />

tramontare, offuscarsi il divino tesoro della ruota. Allora si recò dal re giratore della ruota, ed<br />

accostatolo<br />

così disse al re giratore della ruota:<br />

Orsù, o divino, sappi che il divino tesoro della ruota tramonta, si offusca.<br />

Allora, o monaci, il re giratore della ruota fatto chiamare il giovane suo figlio primogenito così<br />

disse:<br />

Ecco, o caro giovane, il divino tesoro della ruota per me tramonta, si offusca. Invero io così<br />

udii: ' A quel re<br />

giratore della ruota, cui tramonta, si offusca il divino tesoro della ruota, non è più lungo tempo<br />

di vita '. Mi<br />

nutrii di piaceri umani, è tempo ora di cercare piaceri divini. Orsù tu, o caro giovane, governa<br />

la terra sino ai<br />

confini dell'oceano, io invece, rasi capelli e barba, indossato il giallo mantello, lascerò la casa<br />

per<br />

l'anacoretismo .<br />

Allora, o monaci, il re giratore della ruota, dopo aver ben istruito il giovane figlio primogenito<br />

nell'arte del<br />

regno, rasi capelli e barba, indossato il giallo mantello, lasciò la casa per l'anacoretismo. E<br />

dopo sette giorni,<br />

o monaci, il divino tesoro della ruota sparì dal vecchio re.<br />

9. Allora, o monaci, un certo uomo si accostò al re guerriero unto nel capo, ed avendolo<br />

accostato così disse<br />

al re guerriero unto nel capo:<br />

Sai tu, o divino, che il divino tesoro della ruota è sparito ? .<br />

"Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo per la dipartita del divino tesoro della ruota si<br />

dispiacque,<br />

provò dispiacere, ma non si diresse dal vecchio re, né lo interrogò sulla virtù di un re giratore<br />

della ruota. Ed<br />

egli, di testa propria, governò il paese; e le città e le province, da lui così governate di testa<br />

propria,<br />

diversamente da quanto accadeva prima, più non prosperarono, non essendo più esercitate le<br />

nobili virtù<br />

degli antichi re giratori della ruota."<br />

Allora, o monaci, gli amici, i consiglieri, i ministri, le guardie reali, che vivevano secondo le<br />

tradizioni,<br />

essendosi riuniti si accostarono al re guerriero unto nel capo, e così gli dissero:<br />

Ora tu, o divino, governi il paese di tua testa, e le province più non prosperano, non essendo<br />

più esercitate le<br />

nobili virtù dei re giratori della ruota. Nel regno gli amici,<br />

"i consiglieri, i ministri, le guardie reali, che vivono secondo le tradizioni sono turbati; ma tutti<br />

noi e molti


altri ancora conserviamo memoria delle nobili virtù dei re giratori della ruota, orsù<br />

interrogaci, o divino, sulle<br />

nobili virtù dei re, giratori della ruota e noi, interrogati, ti esporremo le nobili virtù dei re<br />

giratori della ruota<br />

"". I"<br />

"10. Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo interrogò gli amici, i consiglieri, i ministri, le<br />

guardie<br />

reali, che vivevano secondo le tradizioni, che si erano riuniti, sulle nobili virtù dei re giratori<br />

della ruota. E a<br />

costoro, dopo averli uditi, apprestò giusta protezione e difesa, ma non distribuì ai ricchezze ai<br />

poveri, e, non<br />

avendo distribuito ricchezze ai poveri, la miseria ovunque dilagò. Dilagando ovunque la<br />

miseria, un certo<br />

uomo di soppiatto prese ad altri il non dato. E costui fu preso; ed avendolo preso lo<br />

mostrarono al re<br />

109<br />

guerriero unto nel capo: ""Quest'uomo, o divino, di soppiatto prese ad altri il non dato""."<br />

Così essendogli stato detto, o monaci, il re guerriero unto nel capo disse a quell'uomo così:<br />

È vero, o caro uomo, che tu di soppiatto prendesti ad altri il non dato?.<br />

È vero, o divino .<br />

" ""E perché facesti ciò? ""."<br />

Io, o divino, non ho di che vivere .<br />

"11. Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo diede a quell'uomo del denaro: "" Con<br />

questo denaro, o<br />

caro uomo, vivi, sostieni padre e madre, sostieni figli e moglie, prosegui i tuoi affari ed offri ad<br />

asceti e<br />

brahmani propiziatorie elemosine che ti fruttino celesti gioie""."<br />

Sì, o divino e quell'uomo, o monaci, ubbidì al re guerriero unto nel capo.<br />

"Un altro uomo, o monaci, di soppiatto prese ad altri il non dato. E costui fu preso; ed<br />

avendolo preso, lo<br />

mostrarono al re guerriero unto nel capo: ""Quest'uomo, o divino, di soppiatto prese ad altri il<br />

non dato ""."<br />

Così essendogli stato detto, o monaci, il re guerriero unto nel capo disse a quell'uomo così:<br />

È vero, o caro uomo, che tu di soppiatto prendesti ad altri il non dato?.<br />

È vero, o divino .<br />

E perché facesti ciò? .<br />

Io, o divino, non ho di che vivere<br />

"Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo diede a quell'uomo del denaro: "" Con questo<br />

denaro, o caro<br />

uomo, vivi, sostieni padre e madre, sostieni figli e moglie, prosegui i tuoi affari ed offri ad<br />

asceti e brahmani<br />

propiziatorie elemosine che ti fruttino celesti gioie""."<br />

Sì, o divino e quell'uomo, o monaci, ubbidì al re guerriero unto nel capo.<br />

"12. Allora, o monaci, gli uomini udirono: ""A coloro, che di soppiatto prendono ad altri il non<br />

dato, il re<br />

guerriero unto nel capo offre denaro "". Avendo ciò udito a costoro così fu: "" E se noi ora<br />

prendessimo di<br />

soppiatto ad altri il non dato ? ""."<br />

"Allora, o monaci, un altro uomo di soppiatto prese ad altri il non dato. E costui fu preso, ed<br />

avendolo preso,


lo mostrarono al re guerriero unto nel capo: "" quest'uomo, o divino, di soppiatto prese ad<br />

altri il non dato""."<br />

Così essendogli stato detto, o monaci, il re guerriero unto nel capo disse a quell'uomo così:<br />

È vero, o caro uomo, che tu di soppiatto prendesti ad altri il non dato?.<br />

È vero, o divino .<br />

E perché facesti ciò ? .<br />

Io, o divino, non ho di che vivere .<br />

"Allora, o monaci, al re guerriero unto nel capo così fu: "" Se io all'uno ed all'altro, che di<br />

soppiatto ad altri<br />

prendono il non dato, dò denaro, proprio così aumentano i furti; e se"<br />

"ora invece con un castigo esemplare, punissi quest'uomo, lo togliessi di mezzo, gli facessi<br />

tagliare la<br />

testa?""."<br />

"Allora, o monaci, il re guerriero unto nel capo ordinò ai suoi uomini: "" Pertanto quest'uomo,<br />

da robuste<br />

corde le mani avvinte dietro la schiena, con forti catene legato, completamente rasato, con<br />

aspro suono di<br />

tamburi, strada per strada, piazza per piazza sia condotto, e fatto uscire dalla porta di<br />

mezzogiorno (4), a<br />

mezzogiorno della città con castigo esemplare sia punito, sia tolto di mezzo, gli si tagli la<br />

testa""."<br />

Sì, o divino , ed, o monaci, gli uomini ubbidendo al re guerriero unto nel capo, avvinte con<br />

robuste corde le<br />

mani dietro la schiena a quest'uomo, con forti catene legato, completamente rasato, con aspro<br />

suono di<br />

tamburo, strada per strada, piazza per piazza lo condussero, e fattolo uscire per la porta di<br />

mezzogiorno, a<br />

mezzogiorno della città con un esemplare castigo lo punirono, lo tolsero di mezzo, gli<br />

tagliarono la testa.<br />

"13. Udirono allora, o monaci, gli uomini: "" Coloro, che di soppiatto prendono ad altri il non<br />

dato, il re<br />

guerriero unto nel capo con un esemplare castigo punisce, toglie radicalmente di mezzo, taglia<br />

loro la testa"".<br />

Così avendo udito, a loro così fu: "" e se ora noi, fatte fare acute spade, coloro cui prendiamo<br />

furtivamente il<br />

non dato con un buon colpo colpissimo, togliessimo radicalmente di mezzo, tagliassimo loro la<br />

testa? ""."<br />

E costoro fecero fare acute spade, e fatte fare acute spade, coloro cui prendevano furtivamente<br />

il non dato<br />

110<br />

con un buon colpo colpivano, li toglievano radicalmente di mezzo, tagliavano loro la testa, si<br />

accostavano ai<br />

villaggi per porli a sacco, si accostavano alle città per porle a sacco, si accostavano per<br />

rapinare.<br />

14. Proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri, si diffuse una grande<br />

miseria, essendosi<br />

diffusa la miseria, si diffusero i latrocinii, essendosi diffusi i latrocinii, si diffusero le spade,<br />

essendosi<br />

diffuse le spade, si


diffusero gli assassinii, essendosi diffusi gli assassinii si diffuse la menzogna, essendosi diffusa<br />

la menzogna<br />

decadde la durata della vita, decadde la bellezza degli esseri, ed i figli di coloro cui decadde la<br />

durata della<br />

vita, che prima era di 80.000 (5) anni, cui decadde la bellezza, ebbero una durata della vita di<br />

40.000 anni.<br />

"E tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita era di 40.000 anni un certo uomo prese<br />

altrui<br />

furtivamente il non dato, e lo presero, ed avendolo preso, lo portarono dal re guerriero unto<br />

nel capo: ""<br />

Quest'uomo, o divino, prese altrui furtivamente il non dato""."<br />

Così essendo stato detto, o monaci, il re guerriero unto nel capo così disse a quell'uomo:<br />

È vero, o caro uomo, che tu prendesti altrui furtivamente il non dato? .<br />

No, o signore disse e fu deliberata menzogna.<br />

15. Proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri, si diffuse una grande<br />

miseria, essendosi<br />

diffusa la miseria si diffusero i latrocinii, essendosi diffusi i latrocinii si diffusero le spade,<br />

essendosi diffuse<br />

le spade si diffusero gli assassinii, essendosi diffusi gli assassinii si diffuse la menzogna,<br />

essendosi diffusa la<br />

menzogna decadde la durata della vita, decadde la bellezza degli esseri, ed i figli di coloro cui<br />

decadde la<br />

durata della vita, che prima era di 40.000 anni, cui decadde la bellezza, ebbero una durata<br />

della vita di 20.000<br />

anni.<br />

"E tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita era di 20.000 anni un certo uomo prese<br />

altrui<br />

furtivamente il non dato. E quell'uomo denunciò al re guerriero unto nel capo: "" L'uomo di tal<br />

nome, o<br />

divino, prese altrui furtivamente il non dato "". E fu una calunnia."<br />

16. E proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri si diffuse una grande<br />

miseria, essendosi<br />

diffusa<br />

la miseria si diffusero i latrocinii, essendosi diffusi i latrocinii si diffusero le spade, essendosi<br />

diffuse le spade<br />

si diffusero gli assassinii, essendosi diffusi gli assassinii si diffuse la calunnia, essendosi diffusa<br />

la calunnia<br />

decadde la durata della vita, decadde la bellezza degli esseri, ed i figli di coloro, cui decadde la<br />

durata della<br />

vita, che prima era di 20.000 anni, cui decadde la bellezza, ebbero una durata della vita di<br />

10.000 anni.<br />

E tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita era di 10.000 anni alcuni erano di bello, altri<br />

di brutto<br />

aspetto. Allora gli esseri di brutto aspetto desiderando ardentemente gli esseri di bello<br />

aspetto, si ebbero<br />

contatti colle mogli altrui.<br />

17. E proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri, si diffuse una grande<br />

miseria,<br />

essendosi diffusa la miseria si diffusero i latrocinii, essendosi diffusi i latrocinii si diffusero le<br />

spade,


essendosi diffuse le spade si diffusero gli assassinii, essendosi diffusi gli assassinii dilagarono i<br />

cattivi<br />

costumi, ed essendo dilagati i cattivi costumi, decadde la durata della vita, decadde la bellezza<br />

degli esseri,<br />

ed i figli di coloro cui decadde la durata della vita, che prima era di 10.000 anni, cui decadde la<br />

bellezza,<br />

ebbero una durata della vita di 5.000 anni.<br />

E, o monaci, tra gli uomini, la cui durata della vita era di 5.000 anni dilagarono due elementi:<br />

le parole aspre<br />

ed i discorsi frivoli, e per la diffusione di questi due elementi a quegli esseri decadde la durata<br />

della vita,<br />

decadde la bellezza. Ed i figli di coloro, cui decadde la durata della vita, che era di 5.000 anni,<br />

cui decadde la<br />

bellezza, alcuni ebbero la durata della vita di 2.500 anni, altri ebbero la durata della vita di<br />

2.000 anni.<br />

E, o monaci, tra gli uomini, la cui durata della vita era di 2.500 anni, si diffusero la brama e<br />

l'astio, ed<br />

essendosi diffusi brama ed astio, decadde la durata della vita, decadde la bellezza degli esseri.<br />

E i figli di<br />

coloro, cui decadde la durata della vita, che prima era di 2.500 anni, cui decadde la bellezza,<br />

ebbero la durata<br />

della vita di 1.000 anni e, o monaci, tra gli uomini la cui durata della vita era di 1.000 anni si<br />

diffuse la falsa opinione, ed essendosi diffusa la falsa opinione decadde la durata della vita,<br />

decadde la<br />

bellezza di quegli esseri. Ed i figli di coloro, cui decadde la durata della vita, che prima era di<br />

l.000 anni, cui<br />

111<br />

decadde la bellezza, ebbero la durata della vita di 500 anni.<br />

"E, o monaci, tra gli uomini, la cui durata della vita era di 500 anni, si diffusero tre elementi:<br />

non giusta<br />

passione 6, disordinata ingordigia, falsità; ed essendosi diffusi questi tre elementi, decadde la<br />

durata della<br />

vita, decadde la bellezza di quegli esseri. Ed i figli di coloro, cui decadde la durata della vita,<br />

che prima era<br />

di 500 anni, cui decadde la bellezza, alcuni ebbero la durata della vita di 250 anni, altri ebbero<br />

la durata della<br />

vita di 200 anni."<br />

E, o monaci, tra gli uomini, la cui durata della vita era di 250 anni, si diffusero questi elementi:<br />

la mancanza<br />

di rispetto per la madre, la mancanza di rispetto per il padre, la mancanza di rispetto per gli<br />

asceti, la<br />

mancanza di rispetto per i brahmani, la mancanza di rispetto per i capi famiglia (7).<br />

18. Proprio così, o monaci, non essendo stato dato denaro ai poveri, si diffuse la miseria,<br />

essendosi diffusa la<br />

miseria si diffuse il latrocinio, essendosi diffuso il latrocinio si diffusero le spade, essendosi<br />

diffuse le spade<br />

si diffuse l'assassinio, essendosi diffuso l'assassinio si diffuse la menzogna, essendosi diffusa<br />

]a menzogna si<br />

diffuse la calunnia, essendosi diffusa la calunnia si diffuse il cattivo comportamento per<br />

brame, essendosi


diffuso il cattivo comportamento per brame si diffusero due elementi: parole aspre e discorsi<br />

frivoli,<br />

essendosi diffusi questi due elementi si diffusero brama ed astio, essendosi diffusi brama ed<br />

astio, si<br />

diffusero tre elementi: non giusta passione, disordinata ingordigia e falsità, essendosi diffusa<br />

questi tre<br />

elementi si diffusero la mancanza di rispetto per la madre, la mancanza di rispetto per il<br />

padre, la mancanza<br />

di rispetto per gli asceti, la mancanza di rispetto per i<br />

brahmani, la mancanza di rispetto per i capi famiglia, per la diffusione di questi elementi la<br />

durata della vita<br />

decadde, decadde la bellezza degli esseri, ed i figli di quegli uomini, cui decadde la durata della<br />

vita, che<br />

prima era di 250 anni, cui decadde la bellezza, ebbero la durata della vita di 100 anni.<br />

19. E vi sarà, o monaci, un tempo in cui i figli degli uomini avranno la durata della vita di 10<br />

anni, e tra gli<br />

uomini la cui durata della vita sarà di 10 anni, le fanciulle a 5 anni saranno da marito. E, o<br />

monaci, agli<br />

uomini, la cui durata della vita sarà di 10 anni, spariranno questi cibi: il burro chiarificato, il<br />

burro fresco,<br />

l'olio di sesamo, lo zucchero di canna ed il sale (8). E, o monaci, agli uomini, la cui durata della<br />

vita sarà di<br />

10 anni, il principale alimento sarà il kudrusaka (9). Come oggi riso e curry è il principale<br />

alimento, così, o<br />

monaci, agli uomini, la cui durata della vita sarà di 10 anni, il kudrusaka sarà il principale<br />

alimento. E agli<br />

uomini, la cui durata della vita sarà di 10 anni, completamente, totalmente avranno fine i dieci<br />

salutari modi<br />

di agire, e dieci non salutari modi di agire saranno celebrati. E tra gli uomini la cui durata della<br />

vita sarà di<br />

10 anni la parola salutare più non vi sarà. E chi invero sarà ancora seguace delle cose salutari?<br />

Tra gli<br />

uomini, la cui durata della vita sarà di 10 anni, coloro che non onorano la madre, che non<br />

onorano il padre,<br />

che non onorano gli asceti, che non onorano i brahmani, che non onorano i capi famiglia<br />

saranno stimati e<br />

rispettati. E come oggi coloro che onorano la madre, che onorano il padre, che onorano gli<br />

asceti, che<br />

onorano i brahmani, che onorano i capi di famiglia sono stimati e rispettati, proprio così tra gli<br />

uomini, la cui<br />

durata della vita sarà di 10 anni, coloro che non onorano la madre, che non onorano il padre,<br />

che non<br />

onorano gli asceti, che non onorano i brahmani, che non onorano i capi di famiglia saranno<br />

stimati e<br />

rispettati.<br />

20. E tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita sarà di 10 anni non varrà madre, né zia<br />

materna, né zio<br />

materno, non moglie del maestro, né moglie del guru 10 E il mondo cadrà in una promiscuità<br />

come quella


delle capre, dei polli, dei maiali, dei cani, e degli sciacalli. E tra gli uomini, o monaci, la cui<br />

durata della vita<br />

sarà di 10 anni, sarà presente un confuso reciproco astio tra gli esseri, una confusa<br />

malevolenza, una confusa<br />

ostilità, una confusa tendenza all'assassinio: alla madre verso i figli, ai figli verso la madre, al<br />

padre verso i<br />

figli, ai figli verso il padre, al fratello verso il fratello, al fratello verso la sorella, alla sorella<br />

verso il fratello<br />

sarà presente confuso reciproco astio, una confusa malevolenza, una confusa ostilità, una<br />

confusa tendenza<br />

all'assassinio. E come, o monaci, al cacciatore verso la preda è presente un confuso reciproco<br />

astio, una<br />

confusa malevolenza, una confusa ostilità, una confusa tendenza all'assassinio, proprio così<br />

alla madre verso<br />

i figli, ai figli verso la madre, al padre verso i figli, ai figli verso il padre, al fratello verso il<br />

fratello, al<br />

fratello verso la sorella, alla sorella verso il fratello, tra quegli esseri la cui durata della vita<br />

sarà di 10 anni,<br />

112<br />

sarà presente un confuso reciproco astio, una confusa malevolenza, una confusa ostilità, una<br />

confusa<br />

tendenza all'assassinio.<br />

"21 . Agli uomini, o monaci, la cui durata della vita sarà di 10 anni, verrà l'èra della spada, di<br />

sette giorni 11,<br />

e costoro riceveranno coscienza l'un contro l'altro belluina, e sul capo di costoro appariranno<br />

pungenti spade,<br />

e costoro: "" Costui è una belva; costui è una belva "" l'un l'altro toglieranno la vita Allora, o<br />

monaci, ad<br />

alcuni tra questi esseri così sarà: "" Noi non dobbiamo essere in tali condizioni, tale condizione<br />

non deve<br />

essere di noi; e se noi ora, ritirati nella giungla, nella selva, nel bosco, tra inguadabili fiumi, su<br />

impervi monti<br />

ci"<br />

"nutrissimo di radici e frutti selvaggi? "". E costoro rifugiati nella giungla, nella selva, nel<br />

bosco, tra<br />

inguadabili fiumi, su impervi monti si nutriranno di radici e frutti selvaggi. E costoro, per<br />

quell'èra di sette<br />

giorni, dimorando nella giungla, nella foresta, nel bosco, tra inguadabili fiumi, su impervi<br />

monti l'un l'altro<br />

abbracciandosi ove si troveranno, si ripeteranno confortandosi: ""Finalmente, o amico, vivi in<br />

pace.<br />

Finalmente, o amico, vivi in pace"". Allora a questi esseri così sarà:"<br />

Noi a causa dell'attaccamento a cose non salutari abbiamo percorso una lunga via, e se noi ora<br />

compissimo<br />

cose salutari? E che di salutare potremmo compiere? Noi potremo astenerci dall'uccidere, e<br />

procedere con<br />

questo elemento salutare. E costoro si asterranno dall'uccidere, e così con questo elemento<br />

salutare<br />

procederanno. E costoro, a causa della compagnia di questo elemento salutare, aumenteranno<br />

in durata di


vita, aumenteranno in bellezza. Ed i figli di coloro la cui durata della vita sarà stata di 10 anni e<br />

che saranno<br />

stati aumentati in durata di vita, aumentati in bellezza, avranno una durata di vita di 20 anni.<br />

"22. Allora, o monaci, a questi esseri così sarà: "" Noi a causa della compagnia di elementi<br />

salutari<br />

aumentammo in durata della vita, aumentammo in bellezza. E se noi ora compissimo delle<br />

cose ancor più<br />

salutari? E se noi ora vivessimo astenendosi dal non dato, vivessimo astenendoci da cattivi<br />

desideri,<br />

vivessimo astenendoci da menzogne, vivessimo astenendoci da calunnia, vivessimo<br />

astenendoci da parole<br />

aspre, vivessimo astenendoci da parole frivole, vivessimo astenendoci da astio, vivessimo<br />

astenendoci da ira,<br />

vivessimo astenendoci da falsa opinione, vivessimo astenendoci da questi tre elementi: non<br />

giusta passione,<br />

disordinata ingordigia e falsità, se noi ora fossimo rispettosi verso la madre, fossimo rispettosi<br />

verso il padre,<br />

fossimo rispettosi verso gli asceti, fossimo rispettosi verso i brahmani, fossimo rispettosi<br />

verso i capi<br />

famiglia, e procedessimo in compagnia di questi elementi salutari ? ""."<br />

E costoro saranno rispettosi della madre, del padre, degli asceti, dei brahmani, dei capi<br />

famiglia e<br />

procederanno in compagnia di elementi salutari, e aumenteranno in durata della vita,<br />

aumenteranno in<br />

bellezza. Ed i figli di coloro che aumenteranno in durata della vita che allora sarà stata di 20<br />

anni, che<br />

aumenteranno in bellezza, avranno la durata della vita di 40 anni. I figli di coloro, la cui durata<br />

della vita sarà<br />

stata di 40 anni, avranno la durata della vita di 80 anni. E i figli di coloro, la cui durata della<br />

vita sarà di 80<br />

anni avranno la durata della vita di 160 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà<br />

stata di 160 anni,<br />

avranno la durata della vita di 320 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà stata di<br />

320 anni,<br />

avranno la durata della vita di 640 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà di 640<br />

anni, avranno la<br />

durata della vita di 2.000 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà di 2.000 anni,<br />

avranno la durata<br />

della vita di 4.000 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà stata di 4.000 anni,<br />

avranno la durata<br />

della vita di 8.000 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà stata di 8.000 anni,<br />

avranno la durata<br />

della vita di 20.000 anni. E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà Stata di 20.000 anni,<br />

avranno la<br />

durata della vita di 40.000 anni E i figli di coloro, la cui durata della vita sarà stata di 40.000<br />

anni, avranno la<br />

durata della vita di 80.000 anni.<br />

23. Coloro, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni, potranno sposarsi al 500° anno. Coloro,<br />

la cui durata


della vita sarà di 80.000 anni, saranno afflitti da tre afflizioni: l'appetito, il desiderio e la<br />

vecchiaia. Agli<br />

uomini, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni, l'isola del melograno sarà prospera e ricca:<br />

i paesi, le<br />

città, e la capitale vicini l'un l'altro ad un volo di gallo. Agli uomini, la cui durata della vita sarà<br />

di 80.000<br />

anni, l'isola del melograno sarà piena di gente come Avici (12), come una macchia di canne,<br />

come una<br />

macchia di canne da zucchero. Agli uomini, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni, sarà<br />

capitale l'attuale<br />

113<br />

Baranasi, il cui nome sarà Ketumati, prosperosa e ricca, densamente popolata, ben provvista<br />

di cibo. Agli<br />

uomini, la cui durata i della vita sarà di 80.000 anni, nell'isola del melograno saranno 40.000<br />

città, oltre la<br />

capitale Ketumati.<br />

24. Agli uomini, o monaci, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni, nella capitale Ketumati<br />

sorgerà un re<br />

di nome Sankha, giratore della ruota, giusto legittimo re, che nelle quattro direzioni il paese<br />

avrà sicuramente<br />

conquistato, possessore dei sette tesori. A lui saranno i sette tesori, cioè: il tesoro della ruota,<br />

il tesoro<br />

dell'elefante, il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il tesoro della donna, il tesoro del<br />

ministro, il tesoro<br />

della guida, questi sette. A lui poi saranno più di mille figli valorosi, di virile aspetto, vincitori<br />

dei nemici.<br />

Egli la terra sino ai confini dell'oceano senza mazza, senza spada, con la legge conquistata,<br />

governerà.<br />

25. Tra gli uomini, o monaci, la cui durata della vita sarà di 80.000 anni sorgerà nel mondo il<br />

Sublime di<br />

nome Metteyya Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, possessore del cibo di sapienza,<br />

benvenuto, del<br />

mondo conoscitore, incomparabile guida delle genti umane, maestro degli dèi e degli uomini,<br />

Svegliato,<br />

Sublime, come oggi io son sorto nel mondo Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />

possessore di cibo di<br />

sapienza, benvenuto, del mondo conoscitore, incomparabile guida alle genti umane, maestro<br />

degli dèi e degli<br />

uomini, Svegliato, Sublime. Costui questo mondo coi suoi dèi, con ciò che appartiene a Mara,<br />

con ciò che<br />

appartiene a Brahma, con quanti in lui sorgeranno asceti o brahmani, cogli dèi e cogli uomini,<br />

avendolo da se<br />

stesso appreso, realizzato, renderà noto, proprio come io oggi questo mondo, con suoi dèi, con<br />

quanto<br />

appartiene a Mara, con quanto appartiene a Brahma, con quanti in lui sorgono asceti o<br />

brahmani, cogli dèi e<br />

cogli uomini, avendolo da me stesso appreso, realizzato, rendo noto. Egli esporrà una Dottrina<br />

letificante nel<br />

principio, letificante nel mezzo, letificante nel fine,


nello spirito e nella lettera, soddisfacente nella sua completezza, e farà nota una perfetta<br />

condizione di<br />

purezza, proprio come io ora espongo una dottrina, letificante nel principio, letificante nel<br />

mezzo, letificante<br />

nel fine, nello spirito e nella lettera, soddisfacente nella sua completezza, e faccio nota una<br />

perfetta<br />

condizione di purezza. Egli sarà circondato da una schiera di alcune migliaia di monaci, come<br />

io oggi sono<br />

circondato da una schiera di alcune centinaia di monaci.<br />

26. Allora il re di nome Sankha, là dove il re Maha Panada fece costruire un palazzo, farà<br />

costruire un<br />

palazzo, avendolo abitato, ed essendo stato generoso e munifico in elemosine con asceti,<br />

brahmani, poveri,<br />

mendicanti, bisognosi, alla presenza del Sublime Metteyya Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato, rasi<br />

capelli e barba, indossato l'abito giallo, lascerà la casa per l'anacoretismo. Ed egli, dimorando<br />

solo, isolato, di<br />

poco soddisfatto, zelante, risoluto, non molto tempo dopo la sua uscita, come i figli di nobile<br />

famiglia che<br />

per il loro profitto lasciano la casa per l'anacoretismo, già tra gli elementi visibili<br />

l'incomparabile fine della<br />

condizione di purezza, da sé realizzato, posseduto, raggiunto dimorerà.<br />

27. In voi isolati, o monaci, dimorate, in voi rifugiati, in null'altro rifugiati, nella dottrina<br />

isolati, nella<br />

dottrina rifugiati, in null'altro rifugiati. E come, o monaci, un monaco dimora in sé isolato, in sé<br />

rifugiato, in<br />

null'altro rifugiato, nella dottrina isolato, nella dottrina rifugiato, in null'altro rifugiato? Ecco, o<br />

monaci, un<br />

monaco nel corpo, osservando il corpo, dimora strenuo, attento, consapevole, lontane nel<br />

mondo la cupidigia<br />

e la sofferenza, nella sensazione... nella mente... tra gli elementi, osservando gli elementi,<br />

dimora strenuo,<br />

attento, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Così, o monaci, un<br />

monaco in sé isolato<br />

dimora, in sé rifugiato, in null'altro rifugiato, nella dottrina isolato, nella dottrina rifugiato, in<br />

null'altro<br />

rifugiato.<br />

28. Secondo le vostre consuetudini, o monaci, vivete. Coloro, o monaci, che vivono secondo le<br />

loro<br />

consuetudini progrediscono in durata della vita, progrediscono in bellezza,<br />

progrediscono in gioia, progrediscono in ricchezza, progrediscono in forza.<br />

Che è, o monaci, ad un monaco lunga vita? Ecco, o monaci, un monaco è possessore della base<br />

del potere,<br />

del sankhara di ben diretto sforzo di concentrazione, di potente concentrazione... di mentale<br />

concentrazione,<br />

del sankhara di esaminante sforzo di concentrazione. Ed egli, equilibrato, esercitato in queste<br />

quattro basi del<br />

potere, può, se richiesto, rimanere un kalpa o sino alla fine del kalpa. Ecco, o monaci, cos'è ad<br />

un monaco la<br />

lunga vita.


114<br />

E che è, o monaci, ad un monaco la bellezza? Ecco, o monaci, ad un monaco è retto<br />

comportamento, egli<br />

dimora controllato da interiore controllo, è possessore di retto controllo di vita, di ogni sia pur<br />

piccolo fallo<br />

realizza il danno, I seguendo le regole di esercizio, si esercita. Ecco, o monaci,<br />

cosa è ad un monaco la bellezza.<br />

E cosa è, o monaci, ad un monaco la gioia? Ecco, o monaci, un monaco, lungi da brame, lungi da<br />

elementi<br />

non salutari, raggiunta la riflettente ed osservante, nata da distacco, beata gioia, la prima<br />

esperienza dimora.<br />

Riflessione ed osservazione quietate, l'interna tranquillità della mente, l'unità dell'essere, la<br />

non riflettente,<br />

non osservante, beata gioia, la<br />

seconda esperienza raggiunta dimora. Ecco, o monaci, cos'è ad un monaco la gioia.<br />

E cosa è, o monaci, ad un monaco la ricchezza? Ecco, o monaci, un monaco, con mente intonata<br />

ad amicizia<br />

una regione irradiando dimora, così una seconda, così una terza, così la quarta, così in alto, in<br />

basso, di<br />

traverso, totalmente ovunque, interamente il mondo con mente intonata ad amicizia, ampia,<br />

espansa, non<br />

limitata, tranquilla, libera di astio irradiando dimora. Con mente intonata a compassione... con<br />

mente<br />

intonata a distacco... con mente intonata ad equanimità, ampia, espansa, non limitata,<br />

tranquilla, libera da<br />

astio, irraggiando dimora. Ecco cosa è, o monaci, ad un monaco la ricchezza.<br />

E come, o monaci, ad un monaco è forza? Ecco, o monaci, un monaco colla rimozione degli<br />

asava, privo di<br />

ajava, la libertà della mente, la libertà del sapere, già tra questi visibili elementi<br />

sperimentando, avendola da<br />

sé realizzata, dimora. Ecco, o monaci, cosa è ad un monaco la forza.<br />

"Io non vedo, o monaci, che esista anche una sola altra forza capace di soverchiare la forza di<br />

Mara, e<br />

capace, in compagnia di cose salutari, di raggiungere il sapere ""."<br />

Così disse il Sublime. Contenti i monaci si rallegrarono alla parola del Sublime,<br />

CAKKAVATTI SIHANADA .SUTTANTA<br />

(Traduzione di Eugenio Frolla)<br />

PATIKASUTTANTA<br />

(PATIKAPUTTA L'ASCETA D'ALTRA DOTTRINA)<br />

l<br />

PRIMA PARTE<br />

Così ho sentito<br />

"l. Un tempo il Sublime dimorava tra i Malla, in una città di nome Anupya. Allora il Sublime,<br />

levatosi di<br />

buon mattino, presi mantello e scodella, andò ad Anupya per l'elemosina. Ma al Sublime così<br />

fu: ""È troppo<br />

presto per girare per Anupya per l'elemosina, e se io mi dirigessi al parco di Bhaggava-gotta il<br />

pellegrino, mi<br />

accostassi a Bhaggava-gotta il pellegrino, mi accostassi a Bhaggava-gotta il pellegrino? . Allora<br />

il Sublime si


diresse al parco di Bhaggava-gotta il pellegrino, si accostò a Bhaggava-gotta il pellegrino."<br />

2. Allora Bhaggava-gotta il pellegrino disse al Sublime così:<br />

"Venga, o signore, il Sublime; benvenuto, o signore, il Sublime. Da lungo tempo io desidero, o<br />

signore,<br />

115<br />

l'occasione della venuta del Sublime. Si segga, o signore, il Sublime, questo sedile è pronto."<br />

Sedé il Sublime sull'apprestato sedile, Bhaggava-gotta il pellegrino poi, preso un più basso<br />

sedile, gli sedé<br />

accanto. Accanto seduto Bhaggava-gotta il pellegrino disse al Sublime così:<br />

Alcuni giorni or sono, o signore, proprio alcuni giorni or sono, Sunakkhatta, il figlio dei<br />

Licchavi (1), mi si<br />

accostò,<br />

"ed essendosi accostato così mi disse: È stato ora, o Bhaggava-gotta, da me abbandonato il<br />

Sublime, più ora<br />

io non dimoro presso il Sublime"". Cosa vi è, di vero, o signore, in - in ciò che disse<br />

Sunakkhatta, il figlio dei<br />

Licchavi? ""."<br />

a Proprio quello che, o Bhaggava-gotta, disse Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi.<br />

"3. Alcuni giorni or sono, proprio alcuni giorni or sono, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio<br />

dei<br />

Licchavi, mi si avvicinò. Avvicinatosi, avendomi salutato, si sedé accanto; accanto seduto, o<br />

Bhaggavagotta,<br />

Sunakkhatta il figlio dei Licchavi così mi disse: ""Ora io abbandono, o signore, il Sublime, non<br />

più<br />

d'ora innanzi io dimorerò presso il Sublime"". "<br />

"Così avendo detto, o Bhaggava-gotta, io dissi a Sunakkhatta, figlio dei Licchavi, così: ""Forse<br />

che io, o<br />

Sunakkhatta, così ti dissi: ' Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso"<br />

"di me?'""."<br />

No di certo, o signore .<br />

O forse tu mi dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il Sublime?'.<br />

No di certo, o signore .<br />

Così certo, o Sunakkhatta, io non ti dissi: ' Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso di me', né tu<br />

certo a me<br />

dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il Sublime '. E così essendo le cose, o uomo stolto,<br />

proprio così<br />

essendo, che abbandoni ? Vedi, o uomo stolto, quale è il tuo errore .<br />

"4. "" Il Sublime, o signore, con me non usò elementi sovrumani, straordinari poteri ""."<br />

Forse che io, o Sunakkhatta, così ti dissi: 'Ehi tu, ' o Sunakkhatta, dimora presso di me ed io<br />

con te userò<br />

elementi sovrumani, straordinari poteri? '.<br />

No di certo, o signore .<br />

Forse che tu, o Sunakkhatta così mi dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il Sublime, ed il<br />

Sublime con me<br />

userà elementi sovrumani, straordinari poteri?'.<br />

No di certo, o signore .<br />

Così certo, o Sunakkhatta, io non ti dissi: 'Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso di me ed io con<br />

te userò<br />

elementi sovrumani, straordinari poteri ', né tu mi dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il<br />

Sublime, ed il


Sublime con me userà elementi sovrumani, straordinari poteri '. E così essendo le cose, o<br />

uomo stolto,<br />

proprio così essendo, che abbandoni? Che pensi, o Sunakkhatta? Che siano usati elementi<br />

sovrumani,<br />

straordinari poteri, o che non siano usati elementi sovrumani, straordinari poteri, non è da me<br />

forse esposta<br />

una dottrina, menante chi la segue, alla totale distruzione del dolore ? .<br />

Che siano usati elementi sovrumani, straordinari poteri, che non siano usati elementi<br />

sovrumani, straordinari<br />

poteri, è dal Sublime esposta una dottrina, menante chi la segue, alla totale distruzione del<br />

dolore.<br />

Così è certo, o Sunakkhatta, che siano usati elementi sovrumani, straordinari poteri, o che non<br />

siano usati<br />

elementi sovrumani, straordinari poteri, è da me esposta una dottrina, menante chi la segue,<br />

alla totale<br />

distruzione del dolore. Allora, o Sunakkhatta, che importa l'uso di elementi sovrumani,<br />

straordinari poteri?<br />

Vedi, o uomo stolto, quale è il tuo errore .<br />

"5. "" Il Sublime, o signore, non mi annunciò le verità fondamentali ""."<br />

Forse che io, o Sunakkhatta, così ti dissi: 'Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso di me ed io ti<br />

annuncerò le<br />

verità fondamentali? '.<br />

No di certo, o signore .<br />

Forse che, o Sunakkhatta, così mi dicesti: ' Io, signore, dimorerò presso il Sublime, ed il<br />

Sublime mi<br />

annuncerà le verità fondamentali?'.<br />

No di certo, o signore .<br />

116<br />

Così certo, o Sunakkhatta, io non ti dissi: ' Ehi tu, o Sunakkhatta, dimora presso di me ed io ti<br />

annuncerò le<br />

verità fondamentali ', né tu mi dicesti: ' Io, o signore, dimorerò presso il Sublime, ed il Sublime<br />

mi annuncerà<br />

le verità fondamentali '. E così essendo le cose, o uomo stolto, proprio così essendo, che<br />

abbandoni ? Che<br />

pensi, o Sunakkhatta ? Che siano annunciate le verità fondamentali, o che non siano<br />

annunciate le verità<br />

fondamentali, non è da me forse esposta una dottrina, menante chi la segue, alla totale<br />

distruzione del dolore<br />

? .<br />

Che siano annunciate le verità fondamentali, o che non siano annunciate le verità<br />

fondamentali, è dal<br />

Sublime esposta una dottrina, menante chi la segue, alla totale distruzione del<br />

"dolore "". . "" Così è certo, o Sunakkhatta, che siano annunciate le ' verità fondamentali, o<br />

che non siano annunciate le verità fondamentali, è da me esposta una dottrina, menante chi la<br />

segue, alla<br />

totale distruzione del dolore. Allora, o Sunakkhatta, che importa l'annuncio di verità<br />

fondamentali ? Vedi, o<br />

uomo stolto, quale è il tuo errore""."<br />

"6. "" Con più di un argomento, o Sunakkhatta, ti furono dette nel paese dei Vajji le mie qualità:<br />

Costui è il


Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, possessore del cibo di sapienza, benvenuto,<br />

del mondo<br />

conoscitore, incomparabile guida delle umane genti, maestro degli dèi e degli uomini,<br />

Svegliato, Sublime.<br />

Proprio così, o Sunakkhatta, con più di un argomento ti furono dette nel paese dei Vajji le mie<br />

qualità."<br />

Con più di un argomento, o Sunakkhatta, ti furono dette nel paese dei Vajji le qualità della<br />

dottrina: Ben<br />

esposta fu dal Sublime una dottrina, attuale, immediata, invitante all'introspezione,<br />

conducente all'estinzione,<br />

direttamente realizzabile dagli intelligenti. Proprio così, o Sunakkhatta, con più di un<br />

argomento ti furono<br />

dette nel paese dei Vajji le qualità della dottrina.<br />

Con più di un argomento, o Sunakkhatta, ti furono dette nel paese dei Vajji le qualità<br />

dell'ordine: Ben<br />

regolato fu dal Sublime l'ordine dei discepoli, sapientemente regolato fu dal Sublime l'ordine<br />

dei discepoli,<br />

propriamente regolato fu dal Sublime l'ordine dei discepoli, cioè: quattro assemblee di<br />

uomini ed otto assemblee di spiriti. L'ordine dei discepoli del Sublime è degno di venerazione,<br />

degno di<br />

onore, degno di omaggio, ed è nel mondo incomparabile sorgente di merito. Proprio così, o<br />

Sunakkhatta, con<br />

più di un argomento ti furono dette nel paese dei Vajji le qualità dell'ordine.<br />

"Allora, o Sunakkhatta, io così affermo, o Sunakkhatta, io così concludo: di te si dirà, o<br />

Sunakkhatta, così: '<br />

Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, non fu capace di dimorare in purezza presso l'asceta<br />

Gotama, non essendo<br />

capace di esercitarsi, evidentemente, ricadde in basso '. Così, o Sunakkhatta, di te si dirà""."<br />

Proprio così, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi fu da me riconosciuto<br />

immaturo per questa<br />

dottrina e regola, destinato alla rovina, all'inferno.<br />

7. Un tempo, o Bhaggava-gotta, io dimoravo tra i Bumu, in una città dei Bumu di nome<br />

Uttaraka. Allora,<br />

levatomi di buon mattino, o Bhaggava-gotta, presi scodella e mantello, mi recai a Uttaraka per<br />

elemosina con<br />

Sunakkhatta figlio dei Licchavi, aspirante asceta. In quel tempo vi era il penitente<br />

Korakkhattiya, che imitava<br />

il cane (2), rimanendo su quattro gambe, pronto a prendere colla bocca, a mangiare colla<br />

bocca per terra il<br />

cibo.<br />

Vide, o Bhaggavagotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, il penitente Korakkhattiya, che<br />

imitava il cane,<br />

rimanendo su quattro gambe, pronto a prendere colla bocca, a mangiare colla bocca per terra<br />

il cibo. Allora a<br />

lui così fu<br />

" E degno di rispetto, è un santo asceta chi imita il cane; rimanendo su quattro gambe, pronto<br />

a prendere<br />

colla bocca, a mangiare colla bocca per terra il cibo."<br />

Allora io, o Bhaggava-gotta, assunta con la mente la mente di Sunakkhatta figlio dei Licchavi,<br />

così gli dissi:


Tu, o stolto uomo, stimi il figlio dei Sakya?.<br />

Perché, o signore, ora il Sublime mi dice: ' Tu, o stolto uomo, stimi il figlio dei Sakya?'.<br />

Non forse a te, o Sunakkhatta, nei riguardi del penitente Korakkhattiya, che imita il cane<br />

rimanendo su<br />

quattro gambe, pronto a prendere colla bocca, a mangiare colla bocca per terra il cibo, ora così<br />

fu: È degno<br />

di rispetto, è un santo asceta chi imita il cane, rimanendo su quattro gambe, pronto a prendere<br />

colla bocca, a<br />

mangiare colla bocca per terra il cibo ? ' .<br />

117<br />

Sì, o signore, forse che il Sublime disprezzerebbe un 3 santo ? .<br />

" Non certo io, o uomo stolto, disprezzo un santo. Orsù a questa cattiva opinione sorga in te<br />

rinuncia,<br />

affinché a te non sia per lungo tempo di danno e di dolore. E costui di cui, o Sunakkhatta,<br />

pensi: ' Degno di<br />

rispetto, certo, e santo asceta è il penitente Korakkhattiya ', costui, fra sette giorni, . per<br />

languore compirà il<br />

suo tempo e risorgerà quale asura di nome Kalakanja nel più basso coro asurico (3), ed il suo<br />

corpo sarà<br />

abbandonato in un mucchio d'erbacce in un cimitero. Se i, I tu lo vuoi, va da Korakkhattiya e<br />

così<br />

interrogalo: ' Conosci, o amico Korakkhattiya, la tua sorte?'. Può darsi il caso, o Sunakkhatta,<br />

che il penitente<br />

Korakkhattiya risponda: ' Conosco, o amico Sunakkhatta, la mia sorte: io risorgerò quale .b;<br />

asura di nome<br />

Kalakanja nel più basso coro asurico ' ."<br />

"8. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi andò dal penitente Korakkhattiya<br />

ed<br />

essendoglisi accostato, disse a costui così: "" Fu detto dall'asceta Gotama, amico<br />

Korakkhattiya: ' Il penitente<br />

Korakkhattiya tra sette giorni, per languore compirà il suo tempo e sorgerà quale asura di<br />

nome Kalakanja<br />

nel più basso coro asurico, ed il suo corpo sarà abbandonato in un mucchio d'erbacce al<br />

cimitero ' pertanto, o<br />

amico Korakkhattiya, nutriti di cibo in quantità sufficiente, bevi in quantità sufficiente delle<br />

bevande, a che<br />

risultino false le parole dell'asceta Gotama"". Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta contò uno<br />

per uno i<br />

giorni di una settimana sperando che fosse smentito il Compiuto. Ma, o Bhaggava-gotta, il<br />

penitente<br />

Korakkhattiya, al settimo giorno, per languore compì il suo tempo e risorse quale asura di<br />

nome Kalakanja,<br />

nel più basso coro asurico, ed il suo corpo fu abbandonato in un mucchio d'erbacce in un<br />

cimitero."<br />

"9. Udì, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta: "" Il penitente Korakkhattiya per languore compì il<br />

suo tempo ed il<br />

suo corpo fu abbandonato in un mucchio d'erbacce in un cimitero"". Allora, o Bhaggava-gotta,<br />

Sunakkhatta,<br />

il figlio dei Licchavi, si recò, presso il mucchio di erbacce nel cimitero, accanto al penitente<br />

Korakkhattiya,


ed essendoglisi accostato per tre volte batté con la mano Korakkhattiya: ""Conosci, amico<br />

Korakkhattiya, la<br />

tua sorte?""."<br />

"Allora, o Bhaggava-gotta, il penitente Korakkhattiya appoggiandosi sulle mani sollevò il<br />

dorso: "" Conosco,<br />

amico Sunakkhatta, la mia sorte: io sono sorto quale asura Kalakanja nel più basso coro<br />

asurico "". E così<br />

avendo parlato ricadde supino."<br />

10. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, mi si avvicinò, essendosi<br />

avvicinato mi<br />

salutò e si sedette accanto. A lui, che mi era accanto seduto, dissi così:<br />

Che tu pensi, o Sunakkhatta? Ciò che ti dissi nei riguardi del penitente Korakkhattiya si è<br />

verificato così,<br />

oppure diversamente? .<br />

Ciò, o signore, che il Sublime mi disse nei riguardi del penitente Korakkhattiya, così si è<br />

verificato, non<br />

diversamente .<br />

E che tu pensi, o Sunakkhatta, così essendo è stato usato un elemento sovrumano, uno<br />

straordinario potere,<br />

oppure non è stato usato?.<br />

Così essendo, o signore, è stato usato un elemento sovrumano, uno straordinario potere.<br />

E così tu, o uomo stolto, pur essendo stato usato un elemento sovrumano, straordinario<br />

potere, così dici: ' Il<br />

Sublime, o signore, non usa con me l'elemento sovrumano, straordinario potere'. Vedi, o uomo<br />

stolto, quale è<br />

il tuo i errore .<br />

Proprio così, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi fu da me riconosciuto<br />

immaturo per questa<br />

dottrina e regola, è destinato alla rovina, all'inferno.<br />

"11. Un tempo, o Bhoggava-gotta, io dimoravo a Vesali nella grande foresta, nella casa<br />

dall'acuto tetto. In<br />

quel tempo, l'asceta d'altra dottrina Kandaramasuka abitava a Vesali e per. conseguire alto<br />

profitto, alta fama<br />

praticava e coltivava nella città dei Vajji queste sette virtù: ""Sinché a me sarà vita,: sarò asceta<br />

non coperto<br />

da veste; sinché a me sarà vita, sarò puro, non indulgerò all'elemento sessuale; sin che a me<br />

sarà vita, mi<br />

nutrirò di eccitante carne (4) e non mangerò riso e giuncata; non oltrepasserò a mezzodì di<br />

Vesali il tumulo<br />

di Udena; non oltrepasserò a settentrione di Vesali il tumulo di Gotama; non oltrepasserò a<br />

levante di Vesali<br />

il tumulo di Sattamba; non oltrepasserò a ponente di Vesali il tumulo di Bahuputta (5). E<br />

proprio, per<br />

ottenere alto profitto, alta fama, praticava e coltivava nella città dei Vajji queste sette virtù."<br />

118<br />

"12. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi si accostò all'asceta<br />

Kandaramasuka, ed<br />

essendosi accostato, pose all'asceta Kandaramasuka un problema. A lui l'asceta<br />

Kandaramasuka, interrogato


su quel problema, non fu capace di rispondere. Non essendo capace di rispondere, manifestò<br />

dispiacere,<br />

disgusto, scontento. Allora a Sunakkhatta figlio dei Licchavi, o Bhaggavagotta, così fu: "" Che io<br />

non<br />

offenda un santo asceta così degno di onore, che ciò non mi sia per lungo tempo di danno e<br />

dolore""."<br />

13. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi mi si accostò, accostatosi, dopo<br />

avermi<br />

salutato si<br />

sedé accanto. A lui, o Bhaggava-gotta, che mi era accanto seduto, così dissi:<br />

Tu, o uomo stolto stimi il figlio dei Sakya ? .<br />

Perché, o signore, ora il Sublime mi dice: ' Tu, o uomo stolto, stimi il figlio dei Sakya? '.<br />

Non forse tu, o Sunakkhatta, avendo accostato l'asceta Kandaramasuka, gli ponesti un<br />

problema? A te<br />

l'asceta Kandaramasuka, interrogato su quel problema, non fu capace di rispondere. Non<br />

essendo capace di<br />

rispondere, manifestò dispiacere, disgusto, scontento. Allora a te, così fu: ' Che io non offenda<br />

un santo<br />

asceta così degno di onore, che ciò non mi sia per lungo tempo di danno e di dolore'.<br />

Sì, o signore, forse che il Sublime disprezzerebbe un santo ? .<br />

Non certo io, o uomo stolto, disprezzo un santo. Orsù a questa cattiva opinione sorga in te<br />

rinuncia, affinché<br />

a te non sia per lungo tempo di danno e di dolore. E costui di cui, o Sunakkhatta, pensi: ' Degno<br />

di rispetto<br />

certo, e santo asceta è l'asceta Kandaramasuka ', costui, fra non molto, vestito ed in<br />

compagnia, mangiando<br />

riso e giuncata, oltrepassati tutti i tumuli di Vesali, intento alla sua gloria, compirà il suo<br />

tempo .<br />

Allora, o Bhaggava-gotta, l'asceta Kandaramasuka, dopo non molto, vestito, in compagnia,<br />

mangiando riso e<br />

giuncata, oltrepassati tutti i tumuli di Vesali, intento alla sua gloria, compì il suo tempo.<br />

"14. Udì allora Sunakkhatta figlio dei Licchavi: "" Certo l'asceta Kandaramasuka rivestito, in<br />

compagnia,<br />

mangiando riso e giuncata, oltrepassati tutti i tumuli di Vesali, intento alla sua gloria, compì il<br />

suo tempo""<br />

(6). Allora, o Bhaggavagotta, Sunakkhatta mi si accostò, ed essendosi accostato, avendomi<br />

salutato, sedette<br />

accanto. A lui, che mi era accanto seduto, o Bhaggava-gotta, così dissi:"<br />

Che tu pensi, o Sunakkhatta? Ciò che ti dissi nei riguardi dell'asceta Kandaramasuka si è<br />

verificato così,<br />

oppure diversamente ? .<br />

Ciò, o signore, che il Sublime disse nei riguardi dell'asceta Kandaramasuka così si è verificato,<br />

non<br />

diversamente .<br />

E che tu pensi, o Sunakkhatta, così essendo è stato usato un elemento sovrumano,<br />

straordinario potere,<br />

oppure non è stato usato? .<br />

Così essendo, o signore, è stato usato un elemento sovrumano, straordinario potere.<br />

E così, o uomo stolto, pur essendo stato usato un elemento sovrumano, straordinario potere,<br />

così dici: ' il


Sublime, o signore, non usa con me l'elemento sovrumano, straordinario potere'. Vedi, o uomo<br />

stolto, quale è<br />

il tuo errore.<br />

Proprio così, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei Licchavi fu da me riconosciuto<br />

immaturo per questa<br />

dottrina e regola, destinato alla rovina, all'inferno.<br />

"15. Un tempo, o Bhaggava-gotta, io dimoravo a Vesali, nella grande foresta, nella casa<br />

dall'acuto tetto. In<br />

quel tempo l'asceta di altra dottrina Patikaputta si era stabilito a Vesali; per conseguire alto<br />

profitto, alta fama<br />

nella città dei Vajji. E costui, in Vesali, diceva così: è"<br />

L'asceta Gotama ha raggiunta la sapienza, io ho raggiunta la sapienza, colui che ha raggiunta la<br />

sapienza è<br />

atto, per la raggiunta sapienza, ad insegnare l'elemento sovrumano, straordinario potere.<br />

L'asceta Gotama<br />

percorra mezzo cammino, anch'io percorrerò mezzo cammino. Così insieme potremo usare<br />

l'elemento<br />

sovrumano, straordinario potere. Se l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano,<br />

straordinario potere,<br />

io ne farò uso di due. Se l'asceta Gotama farà uso di due elementi sovrumani, straordinari<br />

poteri, io ne farò<br />

uso di quattro. Se l'asceta Gotama farà uso di quattro elementi sovrumani, straordinari poteri,<br />

io ne farò uso<br />

di otto. Ogni qualvolta l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano, straordinario<br />

potere, io ne farò<br />

uso di due.<br />

119<br />

16. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, si avvicinò a me, essendosi<br />

avvicinato ed<br />

avendomi salutato si sedé accanto.<br />

Accanto seduto, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta, il figlio dei Licchavi, così mi disse:<br />

L'asceta, o signore, Patikaputta dimora a Vesali per conseguire alto profitto, alta fama nella<br />

città dei Vajji.<br />

Egli in Vesali così dice: ' L'asceta Gotama ha raggiunta la sapienza, io ho raggiunta la sapienza,<br />

colui che ha<br />

raggiunto la sapienza è atto per la raggiunta sapienza ad insegnare l'elemento sovrumano<br />

straordinario<br />

potere. L'asceta Gotama percorra mezzo cammino, io anche percorrerò mezzo cammino. Così<br />

insieme<br />

potremo usare l'elemento sovrumano, straordinario potere. Se l'asceta Gotama farà uso di un<br />

elemento<br />

sovrumano, straordinario potere, io ne farò uso di due. Se l'asceta Gotama farà uso di due<br />

elementi<br />

sovrumani, straordinari poteri, io ne farò uso di quattro. Se l'asceta Gotama farà uso di quattro<br />

elementi<br />

sovrumani, straordinari poteri, io ne farò uso di otto. Ogni qualvolta l'asceta Gotama farà uso<br />

di un elemento<br />

sovrumano, straordinario potere, io ne farò uso di due ' .<br />

Così essendo stato detto, o Bhaggava-gotta, dissi a Sunakkhatta figlio dei Licchavi così:


Non è capace, o Sunakkhatta, l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a<br />

confermare questo suo<br />

pensiero, a non rinunciare a questa sua opinione, se viene a confronto con me. Se a lui così<br />

fosse: ' io<br />

confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione,<br />

allorquando verrò a<br />

confronto con l'asceta Gotama' la sua testa sarebbe allora fatta in pezzi .<br />

"17. ""Controlli, o signore, il Sublime la parola, controlli, o signore, il Benvenuto la parola ""."<br />

Perché, o Sunakkhatta, tu dici: ' Controlli, o signore, il Sublime la parola, controlli, o signore, il<br />

Benvenuto la<br />

parola ? ' .<br />

Dal Sublime, o signore, queste parole furono pronunciate come una sentenza: ' Non è capace<br />

l'asceta<br />

Patikaputta<br />

"a confermare questa sua parola a confermare questo suo pensiero, a non rinunciare a questa<br />

sua opinione, se<br />

verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: io confermerò la parola, io confermerò il<br />

pensiero, io non<br />

rinuncerò a questa : È opinione, allorquando verrò a confronto coll'asceta Gotama', la sua<br />

testa sarebbe allora<br />

fatta in pezzi. L'asceta Patikaputta, o signore, in un modo o nell'altro può venire a confronto<br />

col Sublime e<br />

allora ciò sarebbe menzogna al Sublime"""<br />

"18. "" Forse che, o Sunakkhatta, allorquando il Compiuto"<br />

"parla dice parole non vere?""." .<br />

E che forse, o signore, il Sublime, avendo colla sua mente assunta la mente dell'asceta<br />

Patikaputta, sa: non è<br />

capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo<br />

pensiero, a non<br />

rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io<br />

confermerò la parola, io<br />

confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto<br />

coll'asceta Gotama<br />

' la sua testa allora sarebbe fatta in pezzi. Oppure gli dèi, o signore, così annunciarono al<br />

Compiuto: ' Non è<br />

capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo<br />

pensiero, a non<br />

rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io<br />

confermerò la parola, io<br />

confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrà (5) a confronto<br />

coll'asceta<br />

Gotama' la sua testa allora sarebbe fatta in pezzi ? ' .<br />

Avendo, o Sunakkhatta, proprio colla mia mente assunta la mente dell'asceta Patikaputta, così<br />

di lui io so:<br />

'non è capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo<br />

pensiero, a non<br />

rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io<br />

confermerò la parola, io<br />

confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto<br />

coll'asceta Gotama


' la sua testa sarà fatta in pezzi. E proprio gli dèi mi annunciarono: ' Non è capace l'asceta<br />

Patikaputta a<br />

confermare questa sua parola, a confermare questo suo pensiero, a non rinunciare a questa<br />

sua opinione, se<br />

verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io confermerò la parola, io confermerò il<br />

pensiero, io non<br />

rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto coll'asceta Gotama, la sua testa<br />

sarà fatta in<br />

pezzi'. Infatti Ajita, il condottiero dei Licchavi, or non è molto, compiuto il suo tempo, sorse nel<br />

coro dei<br />

trentatré dèi. Costui, essendosi accostato, così mi annunciò: 'non prudente è l'asceta<br />

Patikaputta, bugiardo è<br />

120<br />

l'asceta Patikaputta: su di me l'asceta Patikaputta spiegò nei paesi dei Vajji: - Ajita, il<br />

condottiero dei<br />

Licchavi, sorgerà in un grande inferno - . Io non sono sorto in un grande inferno, ma sono<br />

sorto nel coro dei<br />

trentatré dèi. Non prudente è l'asceta Patikaputta, bugiardo è l'asceta Patikaputta, non è<br />

capace l'asceta<br />

Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo pensiero, a non<br />

rinunciare a questa sua<br />

opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io confermerò la parola, io<br />

confermerò il<br />

pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto coll'asceta<br />

Gotama ' la sua testa<br />

sarebbe allora fate in pezzi. Proprio così, o Sunakkhatta, avendo colla mia mente assunta la<br />

mente dell'asceta<br />

Patikaputta, io so: ' non è capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a<br />

confermare questo<br />

suo pensiero, a non rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto con me. Se a lui così<br />

fosse: - Io<br />

confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione,<br />

allorquando verrò a<br />

confronto coll'asceta Gotama - la sua testa allora sarebbe fatta in pezzi'. E proprio gli dèi mi<br />

annunciarono: '<br />

non è capace l'asceta Patikaputta a confermare questa sua parola, a confermare questo suo<br />

pensiero, a non<br />

rinunciare a questa sua opinione, se verrà a confronto col Sublime. Se a lui così fosse: - io<br />

confermerò la<br />

parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a<br />

confronto<br />

coll'asceta Gotama - . La sua testa allora sarebbe fatta in pezzi'.<br />

"Io, o Sunakkhatta, dopo aver girato per elemosina in Vesali, essendo tornato dall'elemosina,<br />

dopo il pasto,<br />

mi recherò nel parco là dove si trova l'asceta Patikaputta. O Sunakkhath, annuncia pure ciò a<br />

chi tu<br />

desideri""."<br />

"19. Allora, o Bhaggava-gotta, di prima mattina, presi mantello e scodella, andai in Vesali per<br />

l'elemosina,


dopo aver girato per elemosina in Vesali, ritornato dall'elemosina, dopo il pasto, mi recai nel<br />

parco dove<br />

l'asceta Patikaputta si trovava per passare il giorno. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhath, il<br />

figlio dei<br />

Licchavi, di furia entrò in Vesali si accostò ai più noti Licchavi, e a tutti i più noti Licchavi disse:<br />

"" O<br />

amico, il Sublime, dopo aver girato per elemosina in Vesali, essendo tornato dall'elemosina,<br />

dopo il pasto, si<br />

recherà nel parco dove l'asceta Patikaputta si trova per passare il giorno. Vengano gli<br />

onorevoli, vengano gli<br />

onorevoli, useranno gli elementi sovrumani, straordinari poteri due famosi asceti"". Allora, o<br />

Bhaggava-goth,<br />

a tutti i più noti Licchavi così fu: "" Certo useranno gli elementi sovrumani, straordinari poteri<br />

due famosi<br />

asceti. Or noi andremo""."<br />

"Ed ai più noti ricchi brahmani, ai più facoltosi padri di famiglia, ad asceti e brahmani di varie<br />

scuole costui<br />

si accostò, ed essendosi accostato a costoro, così disse: "" O amico, il Sublime, dopo aver girato<br />

per<br />

elemosina in Vesali, essendo tornato dall'elemosina, dopo il pasto, si recherà nel parco dove<br />

l'asceta<br />

Patikaputh si trova per passare il giorno. Vengano gli onorevoli, vengano gli onorevoli,<br />

useranno gli elementi<br />

sovrumani, straordinari poteri due famosi asceti"". Allora, o Bhaggava-gotta, agli asceti e<br />

brahmani di varie<br />

scuole così fu: ""Certo useranno gli elementi sovrumani, straordinari poteri due famosi asceti.<br />

Or noi<br />

andremo "". Allora, o Bhaggava-goth, i più noti Licchavi, i più noti ricchi brahmani, i facoltosi<br />

padri di<br />

famiglia, gli asceti o brahmani di varie scuole si recarono al parco dove si trovava l'asceta<br />

Patikaputta. E<br />

così, o Bhaggava-gotta, si radunò una grande assemblea di più di un centinaio di persone, di<br />

più di un<br />

migliaio di persone."<br />

"20. Allora udì, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputta: "" Certo ora vengono i più noti Licchavi,<br />

vengono i<br />

più noti"<br />

"ricchi brahmani, i facoltosi padri di famiglia, gli asceti e brahmani di varie scuole, e viene<br />

l'asceta Gotama<br />

nel parco dove io dimoro durante il giorno"". Avendo ciò udito, in lui sorse terrore,<br />

costernazione, e gli si<br />

rizzarono i capelli. Allora, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputha terrorizzato, costernato, coi<br />

capelli ritti, se<br />

ne andò nel parco dei pellegrini Tindukkhanu."<br />

"Udì, o Bhaggava-goth, l'assemblea: "" Certo l'asceta Patikaputta, terrorizzato, costernato, coi<br />

capelli ritti, se<br />

ne è andato nel parco dei pellegrini Tindukkhanu "". Allora, o Bhaggava-goth, l'assemblea si<br />

rivolse ad un<br />

uomo:"


Ehi tu, o uomo, va al parco dei pellegrini Tindukkhanu, là dov'è l'asceta Patikaputta, è colà<br />

giunto di'<br />

all'asceta Patikaputta così: ' vieni, o amico Patikaputta, nel parco dove l'onorevole è solito<br />

passare il giorno,<br />

121<br />

sono ora giunti i più noti Licchavi, i più noti ricchi brahmani, i facoltosi padri di famiglia, gli<br />

asceti o<br />

brahmani di varie scuole e l'asceta Gotama ' O amico Patikaputh, tu pronunciasti innanzi a<br />

tutta Vesali queste<br />

parole: ' l'asceta Gotama ha raggiunge la sapienza, io ho raggiunta la sapienza, e colui che ha<br />

raggiunta la<br />

sapienza è atto, per la raggiunta sapienza, ad insegnare l'elemento sovrumano straordinario<br />

potere. L'asceta<br />

Gotama percorra mezzo cammino, io anche percorrerò mezzo cammino. Così insieme<br />

potremo usare<br />

l'elemento sovrumano, straordinario potere. Sc l'asceta Gotama farà uso di un elemento<br />

sovrumano,<br />

straordinario potere, io ne farò uso di due. Se l'asceta Gotama farà uso di due elementi<br />

sovrumani,<br />

straordinari poteri, io ne farò uso di quattro. Se l'asceta Gotama farà uso di quattro elementi<br />

sovrumani,<br />

straordinari poteri, io ne farò uso di otto. Ogni qualvolta l'asceta Gotama farà uso di un<br />

elemento sovrumano,<br />

straordinario potere, io ne farò uso di due '. Vieni, o amico Patikaputh, per mezzo cammino,<br />

l'intero cammino<br />

ha già percorso l'asceta Gotama, che ora siede nel parco dove l'onorevole suole passare il<br />

giorno.<br />

21. Allora, o Bhaggava-gotta, quell'uomo ubbidendo all'assemblea, si recò al parco dei<br />

pellegrini<br />

Tindukkhanu dove<br />

"si trovava l'asceta Patikaputta, accostatosi all'asceta Patikaputta, così gli disse: "" Vieni, o<br />

amico<br />

Patikaputta, nel parco dove l'onorevole suole passare il giorno, sono ora giunti i più noti<br />

Licchavi, i più noti<br />

ricchi brahmani, i facoltosi padri di famiglia, gli asceti o brahmani di varie scuole e l'asceta<br />

Gotama. O,<br />

amico Patikaputta, tu pronunciasti innanzi a tutta Vesali queste parole: 'l'asceta Gotama ha<br />

raggiunta la<br />

sapienza, io ho raggiunto la sapienza, colui che ha raggiunto la sapienza è atto per la raggiunta<br />

sapienza ad<br />

insegnare l'elemento sovrumano, straordinario potere. L'asceta Gotama percorra mezzo<br />

cammino, io anche<br />

percorrerò mezzo cammino. Così insieme potremo usare l'elemento sovrumano, straordinario<br />

potere. Se<br />

l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano, straordinario potere io ne farò uso di due<br />

'. Vieni, o<br />

amico Patikaputta, per mezzo cammino, l'intero cammino ha già percorso l'asceta Gotama, che<br />

ora siede nel<br />

parco dove l'onorevole suole passare il giorno""."


"Così essendo stato detto l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o amico"" pur così<br />

dicendo si<br />

agitava e non poteva levarsi da sedere. Allora, o Bhaggava-gotta, quell'uomo così disse<br />

all'asceta Patikaputta:<br />

""che è, di grazia, o amico Patikaputta? Forse che i peli ti si sono attaccati alla sedia, o che la<br />

sedia ti si è<br />

attaccata ai peli ? Tu dici: ' Vengo, o amico, vengo, o amico ', e tuttavia ti agiti e non puoi levarti<br />

da<br />

sedere""."<br />

"Così essendogli stato detto, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o<br />

amico"",<br />

pur così dicendo si agitava ma non poteva levarsi da sedere."<br />

"22. Allora, o Bhaggava-gotta, quell'uomo riconobbe è una cosa straordinaria: l'asceta<br />

Patikaputta, ' Vengo, o<br />

amico, vengo, o amico' pur così dicendo si agita ma non riesce a levarsi da sedere"". E<br />

ritornato all'assemblea<br />

così riferì:"<br />

" È una cosa straordinaria: l'asceta Patikaputta ' Vengor o amico; vengo, o amico ' pur così<br />

dicendo si agita<br />

ma non riesce a levarsi da sedere."<br />

"Così essendo stato detto, o Bhaggava-gotta, io dissi all'assemblea così: "" Non è capace, o<br />

amici, l'asceta<br />

Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua<br />

opinione se<br />

viene a confronto con me. Se a lui così fosse: ' Io confermerò la parola, io confermerò il<br />

pensiero, io non<br />

rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con l'asceta Gotama' la sua testa<br />

allora sarebbe<br />

fatta in pezzi""."<br />

PRIMA PARTE<br />

FINE<br />

122<br />

SECONDA PARTE<br />

1. Allora, o Bhaggava-gotta, un tale, gran ministro dei Licchavi, sorse da sedere e disse<br />

all'assemblea:<br />

Pertanto attendete qui un istante ed io sicuramente condurrò qui, all'assemblea, l'asceta<br />

Patikaputta .<br />

Allora, o Bhaggava-gotta, il gran ministro Licchava andò nel parco dei pellegrini Tindukkhanu,<br />

là dove era<br />

l'asceta Patikaputta, ed essendosi avvicinato all'asceta Patikaputta,<br />

disse così:<br />

Vieni, o amico Patikaputta, è meglio che tu venga: ! nel parco dove l'onorevole suole passare il<br />

giorno sono<br />

ora giunti i più noti Licchavi, sono ora giunti i più noti ricchi brahmani, i facoltosi padri di<br />

famiglia, gli<br />

asceti ed i brahmani di varie scuole e l'asceta Gotama. Tu pronunciasti innanzi a tutta Vesali<br />

queste parole:<br />

'L'asceta Gotama ha raggiunta la sapienza, io ho raggiunto la sapienza, colui che ha raggiunto<br />

la sapienza è


atto per la raggiunta sapienza ad insegnare l'elemento sovrumano, straordinario potere.<br />

L'asceta Gotama<br />

percorra mezzo cammino, io anche percorrerò mezzo cammino. Così insieme potremo usare<br />

l'elemento<br />

sovrumano, straordinario potere. Se l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano,<br />

straordinario potere,<br />

io ne farò uso di due '. Venga l'amico Patikaputta per mezzo cammino, l'asceta Gotama ha<br />

percorso l'intero<br />

cammino ed ora siede nel parco dove l'onorevole suole passare il giorno. L'asceta Gotama<br />

pronunziò innanzi<br />

all'assemblea queste parole: ' Non è capace, o amici, l'asceta Patikaputta a confermare la sua<br />

parola, a<br />

confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua opinione se viene a confronto con me '.<br />

Se a lui così<br />

fosse: ' Io confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione,<br />

allorquando<br />

verrò a confronto con l'asceta Gotama ' la sua testa sarebbe allora fatta in pezzi. Vieni, o amico<br />

Patikaputta, e<br />

colla tua venuta vi sarà il confronto con l'asceta Gotama.<br />

"2. Così essendo stato, l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o amico "" pur così<br />

dicendo si agitava<br />

ma non poteva levarsi da sedere. Allora, o Bhaggava-gotta, il gran ministro dei Licchavi così<br />

disse all'asceta<br />

Patikaputta: "" Che è, di grazia, o amico Patikaputta? Forse che i peli ti si sono attaccati alla<br />

sedia, o che la<br />

sedia ti si è attaccata ai peli ? Tu dici: 'Vengo, o amico; vengo, o amico', e tuttavia ti agiti e non<br />

puoi levarti<br />

da sedere ""."<br />

"Così essendogli stato detto, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o<br />

amico"",<br />

pur così dicendo si agitava ma non poteva levarsi da sedere."<br />

"3. Allora, o Bhaggava-gotta, il gran ministro dei Licchavi riconobbe: "" È una cosa<br />

straordinaria: l'asceta<br />

Patikaputta, ' Vengo, o amico; vengo, o amico ' pur così dicendo si agita ma non riesce a levarsi<br />

da sedere"".<br />

E ritornato all'assemblea così riferì:"<br />

" È una cosa straordinaria: l'asceta Patikaputta, ' Vengo, o amico; vengo, o amico', pur così<br />

dicendo si agita<br />

ma non riesce a levarsi da sedere."<br />

"Così essendo stato detto, o Bhaggava-gotta, io dissi all'assemblea così: ""Non è capace, o<br />

amici, l'asceta<br />

Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua<br />

opinione se<br />

viene a confronto con me. Se a lui così fosse: 'io confermerò la parola, io confermerò il<br />

pensiero, io non<br />

rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con l'asceta Gotama, la sua testa<br />

sarebbe fatta a<br />

pezzi'. Se agli onorevoli Licchavi così fosse: 'Legato l'asceta Patikaputta con una corda ad una<br />

coppia di


uoi, lo trascineremo qui' si spezzerebbe la corda o l'asceta Patikaputta. Non è capace l'asceta<br />

Patikaputta a<br />

confermare la sua parola! a confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua opinione se<br />

viene a<br />

confronto con me. Se a lui così fosse ' io confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io<br />

non rinuncerò a<br />

questa opinione, allorquando verrò a confronto con l'asceta Gotama' la sua testa sarebbe fatta<br />

in pezzi ""."<br />

4. Allora, o Bhaggava-gotta, Jaliya discepolo portatore di scodella, sorto da sedere, così disse<br />

all'assemblea:<br />

Pertanto attendete qui un istante ed io certamente potrò condurre qui, all'assemblea, l'asceta<br />

Patikaputta.<br />

Allora, o Bhaggava-gotta, Jaliya (7), discepolo portatore di scodella, si recò al parco dei<br />

pellegrini<br />

Tindukkanu là dove era l'asceta Patikaputta, ed essendosi avvicinato all'asceta Patikaputta:<br />

"Vieni, o amico Patikaputta, è meglio che tu venga: nel parco dove l'onorevole suole passare il<br />

giorno sono<br />

123<br />

ora giunti i più noti Licchavi, sono ora giunti i più noti ricchi brahmani, i facoltosi padri di<br />

famiglia, gli<br />

asceti ed i brahmani di varie scuole e l'asceta Gotama. Tu pronunciasti innanzi a tutta Vesali<br />

queste parole: '<br />

L'asceta Gotama ha raggiunta la sapienza, io ho raggiunta la sapienza, colui che ha raggiunta la<br />

sapienza è<br />

atto per la raggiunta sapienza ad insegnare l'elemento sovrumano, straordinario potere.<br />

L'asceta Gotama<br />

percorra mezzo cammino, io anche percorrerò mezzo cammino. Così insieme potremo usare<br />

l'elemento<br />

sovrumano, straordinario potere. Se l'asceta Gotama farà uso di un elemento sovrumano,<br />

straordinario potere,<br />

io ne farò uso di due ' Vieni, o amico Patikaputta per mezzo cammino; l'asceta Gotama ha<br />

percorso l'intero<br />

cammino ed ora siede nel parco dove l'onorevole suole passare il giorno. L'asceta Gotama<br />

pronunciò innanzi<br />

all'assemblea queste parole: ' Non è capace, o amici, l'asceta Patikaputta a confermare la sua<br />

parola, a<br />

confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua opinione se viene a confronto con me. Se<br />

a lui così<br />

fosse - Io confermerò la parola, io confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione,<br />

allorquando<br />

verrò a confronto con l'asceta Gotama - se a lui così fosse: - io confermerò la parola, allora la<br />

sua testa<br />

sarebbe fatta in pezzi - . Se agli onorevoli Licchavi così fosse: - Legato asceta Patikaputta con<br />

una corda ad<br />

una coppia di buoi, lo trascineremo qui - si spezzerebbe la corda o l'asceta Patikaputta. Non è<br />

capace l'asceta<br />

Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo pensiero, a non rinunciare alla sua<br />

opinione se<br />

viene a confronto con me. Se a lui così fosse. - Io confermerò la parola, io confermerò il<br />

pensiero, io non


inuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con l'asceta Gotama - la sua testa<br />

sarebbe fatta in<br />

pezzi '. Vieni, o amico Patikaputta, e colla tua venuta vi sarà il confronto con l'asceta Gotama ."<br />

"5. Così essendo stato detto, l'asceta Patikaputta: "" Vengo, o amico; vengo, o amico "" pur così<br />

dicendo si<br />

agitava ma non poteva levarsi da sedere. Allora, o Bhaggava-gotta, Jaliya, discepolo portatore<br />

di scodella,<br />

così disse all'asceta Patikaputta: "" Che è, di grazia, o amico Patikaputta? Forse che i peli ti si<br />

sono attaccati<br />

alla sedia o che la sedia ti si è attaccata ai peli ? Tu dici: ' Vengo, o amico; vengo, o amico ' e<br />

tuttavia ti agiti<br />

e non puoi levarti da sedere ""."<br />

"Così essendogli stato detto, o Bhaggava-gotta, l'asceta Patikaputta: ""Vengo, o amico; vengo, o<br />

amico"",<br />

pur così dicendo si agitava ma non poteva levarsi da sedere."<br />

"6. Allora, o Bhaggava-gotta, Jaliya discepolo portatore di scodella riconobbe: "" È una cosa<br />

straordinaria:<br />

l'asceta Patikaputta: ' Vengo, o amico; vengo, o amico ' pur così dicendo si agita, ma non riesce<br />

a levarsi da<br />

sedere "". Allora a costui così disse: "" Un tempo, o amico Patikaputta, ad un leone, re degli<br />

animali, così fu:<br />

' Se io ora mi preparassi un rifugio nella foresta e se, dopo averlo preparato, vi entrassi al<br />

mattino, e dopo<br />

esservi entrato, mi svegliassi, e dopo essermi svegliato, girassi nelle quattro direzioni lo<br />

sguardo, e dopo aver<br />

girato nelle quattro direzioni lo sguardo, per tre volte ruggissi col ruggito del leone, e dopo<br />

aver per tre volte<br />

ruggito col ruggito del leone, mi recassi al pascolo, e qui uccidessi tra il gregge degli animali<br />

quelli di<br />

migliore e più tenera carne, e dopo averne mangiata la tenera carne, raggiungessi così il<br />

rifugio? '."<br />

Allora, o amico, il leone, re degli animali, si preparò un rifugio nella folta foresta, e dopo<br />

esserselo preparato,<br />

vi entrò al mattino, e dopo esservi entrato, si svegliò, dopo essersi svegliato, girò nelle quattro<br />

direzioni lo<br />

sguardo, e dopo aver girato nelle quattro direzioni lo sguardo, per tre volte ruggì col ruggito<br />

del leone, e<br />

dopo aver per tre volte ruggito col ruggito del leone, si recò al pascolo e uccise tra il gregge<br />

degli animali<br />

quelli di migliore e più tenera carne, e avendone mangiate le teneri carni, raggiunse così il<br />

rifugio?'.<br />

7. Dunque, amico Patikaputta, a Jara, lo sciacallo arrogante e sciocco, che si nutriva degli<br />

avanzi del leone,<br />

proprio a Jara lo sciacallo Così fu: ' Che sono io, che il leone, re degli animali? Se io ora mi<br />

preparassi un<br />

rifugio nella foresta e se, dopo averlo preparato, vi entrassi al mattino, e, dopo esservi entrato,<br />

mi svegliassi,<br />

e dopo essermi svegliato, girassi nelle quattro direzioni lo sguardo, e dopo aver girato nelle<br />

quattro direzioni


lo sguardo, per tre volte ruggissi col ruggito del leone e dopo aver per tre volte ruggito col<br />

ruggito del leone,<br />

mi recassi al pascolo e qui uccidessi tra il gregge quelli di migliore e più tenera carne, e dopo<br />

averne<br />

mangiata la tenera carne, raggiungessi così il rifugio ? '.<br />

Allora, o amico, Jara lo sciacallo si preparò un rifugio nella folta foresta, e dopo esserselo<br />

preparato, vi entrò<br />

al mattino, e dopo esservi entrato, si svegliò, e dopo essersi svegliato, girò nelle quattro<br />

direzioni lo sguardo,<br />

e dopo aver girato nelle quattro direzioni lo sguardo: ' Per tre volte ruggirò col ruggito del<br />

leone ', ma lo<br />

124<br />

sciacallo non ruggì ed emise invece il suo urlo. E che è il vile urlo dello sciacallo, e che il<br />

ruggito<br />

"del leone ? Proprio così tu, o amico Patikaputta, vivendo cogli attributi del Benvenuto,<br />

nutrendoti col cibo<br />

del Benvenuto, pensi di poter competere col Compiuto, Santo, Perfetto, perfettamente<br />

Svegliato. Che sono i<br />

vili Patikaputta al confronto dei Compiuti, Santi, Perfetti, perfettamente Svegliati? ""."<br />

8. Ma con ciò, o Bhaggava-gotta, Jaliya, discepolo portatore di scodella, con questo paragone,<br />

non fu in<br />

grado di trarre l'asceta Patikaputta dal suo sedile, allora così gli disse:<br />

Uno sciacallo pensa di poter essere scambiato da chi lo [guarda per un leone: ma ecco lo<br />

sciacallo ruggisce: '<br />

che è il vile urlo dello scia<br />

[callo, e che il ruggito del leone? '.<br />

"Proprio così tu, amico Patikaputta, vivendo con gli attributi del Benvenuto, nutrendoti col<br />

cibo del<br />

Benvenuto, pensi di poter competere col Compiuto, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato.<br />

Che sono i vili<br />

Patikaputta al confronto dei Compiuti, Santi, Perfetti, perfettamente Svegliati? ""."<br />

9. Con ciò, o Bhaggava-gotta, Jaliya, il discepolo portatore di scodella, con questo paragone,<br />

non fu in grado<br />

di trarre l'asceta Patikaputta dal suo sedile, e allora così gli disse:<br />

Colui che si aggirò cercando per sé gli avanzi dell'altrui cibo non vede se stesso e si crede<br />

simile ad una tigre,<br />

ma ecco lo sciacallo ruggisce: ' e che è il vile urlo dello scia[callo, e che il ruggito del leone?'.<br />

"Proprio così tu, o amico Patikaputta, vivendo cogli attributi del Benvenuto, nutrendoti col<br />

cibo del<br />

Benvenuto, pensi di poter competere col Compiuto, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato.<br />

Che sono i vili<br />

Patikaputta al confronto dei Compiuti, Santi, Perfetti, perfettamente Svegliati? ""."<br />

10. Ma con ciò, o Bhaggava-gotta, Jaliya, discepolo portatore di scodella, con questo paragone,<br />

non fu in<br />

grado di trarre l'asceta Patikaputta dal suo sedile, allora così gli disse:<br />

Chi si nutrì di rane, di topi da grano, di crani, di ossa e<br />

[di rifiuti<br />

nella grande foresta, nell'inospitale foresta si crede stimabile:<br />

[' io sono il re degli animali '<br />

ma ecco lo sciacallo ruggisce: ' che è il vile ruggito dello scia[callo, e che il ruggito del leone? '.


"Proprio così tu, o amico Patikaputta, vivendo cogli attributi del Benvenuto, nutrendoti col<br />

cibo del<br />

Benvenuto, pensi di poter competere col Compiuto, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato.<br />

Che sono i vili<br />

Patikaputta al confronto dei Compiuti, Santi, Perfetti, perfettamente Svegliati?""."<br />

"I l. Con ciò, o Bhaggava-gotta, Jaliya, discepolo portatore di scodella, con questo paragone,<br />

non fu in grado<br />

di trarre l'asceta Patikaputta dal suo sedile. Allora tornato all'assemblea così riferì: ""è una<br />

cosa straordinaria:<br />

l'asceta Patikaputta, ' Vengo, o amico; vengo, o amico ' pur così dicendo si agita ma non riesce<br />

a levarsi da<br />

sedere""."<br />

Così essendo stato detto, o Bhaggava-gotta, così dissi all'assemblea:<br />

Non è capace, o amici, l'asceta Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo<br />

pensiero, a non<br />

rinunciare alla sua opinione, se viene a confronto con me. Se a lui così fosse: ' io confermerò la<br />

parola, io<br />

confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con<br />

l'asceta<br />

Gotama' la sua testa allora sarebbe fatta in pezzi. Se agli onorevoli Licchavi così fosse: ' Legato<br />

l'asceta<br />

Patikaputta con una corda ad una coppia di buoi lo trascineremo qui' si spezzerebbe la corda<br />

o l'asceta<br />

Patikaputta. Non è capace l'asceta Patikaputta a confermare la sua parola, a confermare il suo<br />

pensiero, a non<br />

rinunciare alla sua opinione, se viene a confronto con me. Se a lui così fosse ' Io confermerò la<br />

parola, io<br />

confermerò il pensiero, io non rinuncerò a questa opinione, allorquando verrò a confronto con<br />

l'asceta<br />

Gotama' la sua testa sarebbe fatta in pezzi.<br />

125<br />

12. Allora io, o Bhaggava-gotta, istruii, incitai, rallegrai, rasserenai l'assemblea con un discorso<br />

sulla dottrina<br />

ed avendo istruita, incitata, rallegrata, rasserenata l'assemblea con un discorso sulla dottrina e<br />

avendo così<br />

liberato dai grandi legami, avendo rimosse le maggiori difficoltà a 84.000 esseri, raggiunto<br />

l'elemento fuoco,<br />

feci apparire sette palme nel cielo e avendo costruite di fuoco e di fumo altre sette palme,<br />

riapparvi nella<br />

grande selva, nel padiglione dall'acuto tetto. Allora, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta figlio dei<br />

Licchavi, mi si<br />

avvicinò, avvicinatomi ed avendomi salutato, sedette accanto. A lui che si era accanto seduto, o<br />

Bhaggavagotta,<br />

così dissi:<br />

Che tu pensi, o Sunakkhatta? Ciò che ti dissi nei riguardi dell'asceta Patikaputta si è verificato<br />

così oppure<br />

diversamente ? .<br />

Ciò, o signore, che il Sublime mi disse nei riguardi dell'asceta Patikaputta così si è verificato,<br />

non<br />

diversamente .


E che tu pensi, o Sunakkhatta, così essendo è stato usato un elemento sovrumano,<br />

straordinario potere,<br />

oppure non è stato usato ? .<br />

Così essendo, o signore, è stato usato un elemento sovrumano, straordinario potere.<br />

E così tu, o uomo stolto, pur essendo stato usato un elemento sovrumano, straordinario<br />

potere, così dici: ' Il<br />

Sublime, o signore, non usa con me l'elemento sovrumano, straordinario potere'. Vedi, o uomo<br />

stolto, quale è<br />

il tuo errore ' .<br />

Proprio così, o Bhaggava-gotta, Sunakkhatta fu da me riconosciuto immaturo per questa<br />

dottrina e regola,<br />

destinato alla rovina, all'inferno.<br />

"13. Ed io, o Bhaggava-gotta, ho realizzato il sapere delle origini; questo ho realizzato e cose di<br />

queste più<br />

alte ho realizzato, ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo,<br />

stabilita la<br />

pace ed il supremo sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino. Vi sono, o<br />

Bhaggava gotta,<br />

alcuni asceti o brahmani che espongono un insegnamento sulle origini: il mondo di Issara, il<br />

mondo di<br />

Brahma. Essendomi loro avvicinato, così dissi: "" È vero che, onorevoli, esponete un<br />

insegnamento intorno<br />

alle origini, al mondo di Issara, al mondo di Brahma?"". Costoro, così da me interrogati: "" Sì ""<br />

risposero. E<br />

di conseguenza dissi loro: "" In che modo, onorevoli, voi avete stabilito il vostro sapere sulle<br />

origini, sul<br />

mondo di Issara, sul mondo di Brahma che insegnate, che esponete? "". Costoro da me così<br />

interrogati, non<br />

risposero, ma a loro volta mi interrogarono. Interrogato, a loro risposi così:"<br />

"l 4. "" Vi è, o amici, un certo momento, questo o quello, in cui dopo lungo lasso di tempo<br />

questo mondo si<br />

evolve. Evolvendosi il mondo, gli esseri praticamente si evolvono come dèi raggianti. Essi<br />

allora sono fatti di<br />

pensiero, nutriti di beatitudine, da sé irradiano luce, sono di struttura aerea, costantemente<br />

gloriosi, e così a<br />

lungo, per lungo tempo rimangono. Vi è, o amici, un certo momento, questo o quello, in cui,<br />

dopo lungo<br />

lasso di tempo, questo mondo si involve, nel mondo che si è involuto, una vuota regione di<br />

Brahma si rende<br />

manifesta. Allora un certo essere, o per l'esaurirsi del tempo, o per l'esaurirsi del merito,<br />

trapassando dal coro<br />

degli dèi raggianti, sorge nella vuota regione di Brahma. Costui allora è fatto di pensiero,<br />

nutrito di<br />

beatitudine, da sé irradia luce, è di struttura aerea, costantemente glorioso, ed a lungo, per<br />

lungo tempo<br />

rimane. A costui allora, da lungo tempo solitario, nella non soddisfatta mente,<br />

un'insoddisfazione, un<br />

desiderio sorge: Oh, certo, altri esseri possono venire in questo mondo! Allora altri esseri, per<br />

esaurirsi del


tempo, o per esaurirsi del merito, trapassati dal coro degli dèi raggianti sorgono nella regione<br />

di Brahma in<br />

compagnia di quell'essere. Costoro allora sono fatti di pensiero, nutriti di beatitudine, da sé<br />

irradiano luce,<br />

sono di struttura aerea, costantemente gloriosi, a lungo, per lungo tempo rimangono."<br />

l S. Allora, o amici, a quell'essere per primo sorto così è: Io sono Brahma, il Gran Brahma, il<br />

Signore, il mai<br />

vinto, l'onniveggente, l'onnipotente, il padrone, il fattore, il creatore, l'altissimo, l'ordinatore, il<br />

possente<br />

padre di ciò che fu e sarà. Da me questi esseri furono creati. E quale ne è la ragione? Al<br />

principio a me così<br />

fu: Oh certo altri esseri possono venire in questo mondo! A quegli esseri, dopo sorti, invece<br />

così è: costui è il<br />

signore Brahma, il Gran Brahma, il signore, il mai vinto, l'onniveggente, l'onnipossente, il<br />

padrone, il fattore,<br />

il creatore, l'altissimo, l'ordinatore, il possente padre di ciò che fu e ciò che sarà. Da costui, dal<br />

signor<br />

126<br />

Brahma, noi fummo creati. E quale di ciò la ragione? Costui noi vedemmo qui primo sorto: noi<br />

qui<br />

sorgemmo dopo!<br />

"16. Allora, o amici, l'essere prima sorto è dotato di più lunga vita, di maggior splendore, di più<br />

grande<br />

potenza, mentre gli altri esseri, sorti dopo, sono dotati di men lunga vita, di scarsa bellezza, di<br />

minore<br />

potenza? Si conosce questa possibilità, o amici, che un certo essere, trapassando da quel coro,<br />

appaia in<br />

questo mondo. In questo mondo venuto, fatto asceta, abbandoni la casa per l'anacoretismo.<br />

Abbandonata la<br />

casa per l'anacoretismo, fatto asceta, realizzato lo zelo, realizzata l'attenzione, realizzato il<br />

controllo,<br />

realizzata la vigilanza, realizzata la giusta applicazione del pensiero, in modo da raggiungere<br />

la<br />

concentrazione della mente, nella sua mente raccolta sorge consapevolezza di una anteriore<br />

forma di<br />

esistenza, ma non sorge consapevolezza di altro. Ed egli così dice: ' Quegli certo è il signor<br />

Brahma, il gran<br />

Brahma, il signore, il mai vinto, l'onniveggente, l'onnipotente, il padrone, il fattore, il creatore,<br />

l'altissimo,<br />

l'ordinatore, il possente padre di ciò che fu e ciò che sarà. Da costui, dal signor Brahma noi<br />

fummo creati.<br />

Egli è permanente, perdurante, eterno, elemento immobile, così per sempre uguale sarà. Noi<br />

invece fummo<br />

creati dal Brahma, impermanenti, non perduranti, di corta vita, elementi mutabili venuti a<br />

questo mondo '.<br />

Così è l'origine, o amici, del mondo di Issara, del mondo di Brahma, del sapere delle origini,<br />

che voi<br />

esponete ""."<br />

"Costoro così dissero: ""Ecco, o amico Gotama, noi abbiamo udito ciò che disse l'onorevole<br />

Gotama "". Ed


io, o Bhaggava-goth, ho realizzato il sapere delle origini; questo ho realizzato e cose di queste<br />

più alte ho<br />

realizzato, ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo,<br />

stabilita la pace ed il<br />

supremo sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino."<br />

"1 7. Vi sono, o Bhaggava-gotta, alcuni asceti o brahmani che espongono un insegnamento sul<br />

sapere delle<br />

origini per corruzione del piacere. Essendomi loro avvicinato, così dissi: "" È vero che,<br />

onorevoli, voi<br />

esponete un insegnamento sulle origini per corruzione del piacere?"". Costoro così da me<br />

interrogati: ""Sì"",<br />

risposero. Ed in conseguenza, dissi loro: "" In che modo, voi onorevoli, avete stabilito il sapere<br />

delle origini<br />

per corruzione del piacere, che esponete? "". Costoro da me così interrogati non risposero, ma<br />

a loro volta mi<br />

interrogarono. Interrogato, a loro risposi così:"<br />

Vi sono invero, o amici, gli dèi corrotti dal piacere. Essi avendo raggiunto l'elemento gioiapiacere<br />

a lungo<br />

attaccati dimorano, avendo a lungo dimorato attaccati al raggiunto elemento gioia-piacere, la<br />

loro<br />

consapevolezza si attenua, attenuata la consapevolezza, essi trapassano dal loro coro divino.<br />

Si conosce, o<br />

amici, questa possibilità, che un essere trapassato da quel coro, giunga in questo mondo. E,<br />

giunto in questo<br />

mondo, fatto asceta, abbandoni la casa per l'anacoretismo. Abbandonata la casa per<br />

l'anacoretismo, fatto<br />

asceta, realizzato lo zelo, realizzata l'attenzione, realizzato il controllo, realizzata la vigilanza,<br />

realizzata la<br />

giusta applicazione del pensiero, in modo da raggiungere la concentrazione della mente, sì che<br />

colla mente<br />

raccolta sorge in lui la consapevolezza di una precedente esistenza, ma non sorge<br />

consapevolezza di altro.<br />

Egli così dice: ' Vi sono i signori dèi non corrotti dal piacere. Essi non attaccati al raggiunto<br />

elemento gioiapiacere<br />

a lungo dimorano, e avendo dimorato a lungo non attaccati al raggiunto elemento gioiapiacere,<br />

la<br />

loro consapevolezza non si attenua e non trapassano dal loro coro, permanenti, perduranti,<br />

eterni, elementi<br />

immutabili, così per sempre uguali staranno. Invece noi fummo corrotti<br />

"dal piacere: a lungo dimorammo attaccati al raggiunto elemento gioia-piacere, e, avendo noi a<br />

lungo<br />

dimorato attaccati al raggiunto elemento gioia-piacere, la nostra consapevolezza si attenuò,<br />

attenuata la<br />

consapevolezza, trapassati da quel coro, impermanenti, imperduranti, di corta vita, elementi<br />

mutabili siamo<br />

venuti a questo mondo'. Così, o amici, si è stabilito il sapere delle origini per corruzione del<br />

piacere, che voi<br />

esponete ""."<br />

"Costoro così dissero: ""Ecco, o amico Gotama, noi abbiamo udito ciò che disse l'onorevole<br />

Gotama"". Ed


io, o Bhaggava-gotta, ho realizzato il sapere delle origini; questo ho realizzato e cose di queste<br />

più alte ho<br />

realizzato, ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo,<br />

stabilita la pace ed il<br />

supremo sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino."<br />

"18. Vi sono, o Bhaggava-gotta, alcuni asceti o brahmani che espongono un insegnamento sul<br />

sapere delle<br />

127<br />

origini per corruzione della mente. Essendomi loro avvicinato così dissi: "" È vero che voi<br />

onorevoli<br />

esponete un insegnamento sulle origini per corruzione della mente? "". Costoro così da me<br />

interrogati: "" Sì<br />

"", risposero. Ed in conseguenza dissi loro: "" In che modo voi onorevoli avete stabilito il<br />

sapere delle origini<br />

per corruzione della mente, che esponete ? "". Costoro da me così interrogati non risposero,<br />

ma a loro volta<br />

mi interrogarono. Interrogato, a loro risposi così:"<br />

" Vi sono, o amici, gli dèi corrotti dal pensiero. Essi a lungo si pensano l'un l'altro, ed essendosi<br />

a lungo l'un<br />

l'altro pensati, si corrompono la mente. Essi corrotta l'un l'altro la mente, esauriscono la<br />

mente, esauriscono il<br />

corpo, trapassano dal loro coro divino. Si conosce, o amici, questa possibilità: che un essere<br />

trapassato da<br />

quel coro giunga in questo mondo. E giunto in questo mondo, fatto asceta, abbandoni la casa<br />

per<br />

l'anacoretismo. Abbandonata la casa per l'anacoretismo, fatto asceta, realizzato lo zelo,<br />

realizzata<br />

l'attenzione, realizzato il controllo, realizzata la vigilanza, realizzata la giusta applicazione del<br />

pensiero, in<br />

modo da raggiungere la concentrazione della mente, sì che colla mente raccolta sorge in è` lui<br />

consapevolezza di una precedente esistenza, ma non sorge consapevolezza di altro. Egli così<br />

dice: ' Vi sono,<br />

o signori, gli dèi non corrotti dal pensiero. Essi, non essendosi a lungo l'un l'altro pensati, non<br />

hanno corrotta<br />

la mente. Essi, non essendosi l'un l'altro corrotta la mente, non hanno esaurita la mente, non<br />

hanno esaurito il<br />

corpo. Questi dèi non trapassano dal loro coro, permanenti, perduranti, eterni, elementi<br />

immutabili, così per<br />

sempre eguali staranno. Noi invece fummo corrotti dal pensiero, a lungo l'un l'altro ci<br />

pensammo, ed<br />

essendoci a lungo l'un l'altro pensati, indebolimmo l'un l'altro la mente, corrotta l'un l'altro la<br />

mente<br />

esaurimmo la mente, esauriscono il corpo, e trapassati da quel coro, impermanenti,;<br />

imperduranti, di corta<br />

vita, elementi mutabili, siamo venuti a questo mondo'. Così, o amici, si è stabilito il sapere<br />

delle"<br />

"origini per corruzione della mente, che voi esponete ""."<br />

"Costoro, così dissero: "" Ecco, o amico Gotama, noi abbiamo udito ciò che disse l'onorevole<br />

Gotama"". Ed


io, o Bhaggava-gotta, ho realizzato il sapere delle origini; questo ho realizzato e cose più alte<br />

ho realizzato,<br />

ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo, stabilita la pace<br />

ed il supremo<br />

sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino."<br />

"19. Vi sono, o Bhaggava-gotta, alcuni asceti o brahmani che espongono un insegnamento sul<br />

sapere<br />

dell'origine casuale. Essendomi loro avvicinato così dissi: ""È vero che voi onorevoli, esponete<br />

un<br />

insegnamento sull'origine casuale? "". Costoro così da me interrogati: "" Sì "", risposero. E di<br />

conseguenza<br />

dissi loro: ""In che modo voi, onorevoli, avete stabilito il sapere dell'origine casuale, che<br />

esponete?"".<br />

Costoro da me così interrogati, non risposero, ma a loro volta mi interrogarono. Interrogato<br />

risposi così:"<br />

Vi sono, o amici, gli dèi esseri inconsci, questi dèi raggiunta una coscienza trapassano dal loro<br />

coro. Si<br />

conosce questa possibilità, o amici, che un certo essere, trapassato da quel coro, appaia in<br />

questo mondo.<br />

Giunto in questo mondo,<br />

"fatto asceta, abbandoni la casa per l'anacoretismo. Abbandonata la casa per l'anacoretismo,<br />

fatto asceta,<br />

realizzato lo zelo, realizzata l'attenzione, realizzato il controllo, realizzata la vigilanza,<br />

realizzata la giusta<br />

applicazione del pensiero, in modo da raggiungere la concentrazione della mente, sì che colla<br />

mente raccolta<br />

sorge in lui consapevolezza di una precedente esistenza, ma non sorge consapevolezza di<br />

altro. Egli così<br />

dice: ' Origine casuale hanno l'anima ed il mondo. E quale di ciò la ragione? Io non esistevo<br />

prima che<br />

quest'io fosse maturato in esistenza'. Così, o amici, si è stabilito il sapere dell'origine casuale<br />

che voi<br />

esponete""."<br />

"Costoro così dissero: ""Ecco, o amico Gotama, noi abbiamo udito ciò che disse l'onorevole<br />

Gotama"". Ed<br />

io, o Bhaggava-gotta, ho realizzato il sapere delle origini, questo ho realizzato e cose di queste<br />

più alte ho<br />

realizzato, ma da ciò che ho realizzato non sono vincolato; non essendo vincolato, solo,<br />

stabilita la pace ed il<br />

supremo sapere, il Compiuto consegue la liberazione dal destino."<br />

"20. Così, o Bhaggava-gotta, avendo io detto, alcuni asceti o brahmani, vani, bugiardi,<br />

calunniano non<br />

secondo realtà: ""Non chiaro è l'asceta Gotama coi suoi monaci. L'asceta Gotama così dice: 'Nel<br />

tempo in cui<br />

un asceta ha raggiunta la splendente liberazione, in quel tempo egli percepisce solo oscurità '<br />

"". Non io, o<br />

Bhaggava-gotta, così dico: "" Nel tempo in cui un asceta ha raggiunta la splendente<br />

liberazione, in quel<br />

128


tempo percepisce solo oscurità "". Ma così io dico: "" Nel tempo in cui un asceta, raggiunta la<br />

splendente<br />

liberazione, dimora, in quel tempo percepisce lo splendore""""."<br />

Pertanto, o signore, oscuri sono coloro che accusano il Sublime ed i monaci di oscurità, che io<br />

possa essere<br />

rischiarato dal Sublime, possa il Sublime insegnarmi la dottrina per mezzo della quale,<br />

raggiunta la<br />

splendente liberazione, si dimora.<br />

Difficile, o Bhaggava-gotta, a chi è di altra opinione, di altra credenza, a chi è sotto un altro<br />

influsso, ad altro<br />

aggiogato ad un altro insegnamento intento, poter dimorare<br />

"nella raggiunta splendente liberazione; ma a te, o Bhaggavagotta, quella certezza che hai in<br />

me ti serve di<br />

buona protezione ""."<br />

Se è difficile, o signore, a chi è di altra opinione, di altra credenza, a chi è sotto un altro<br />

influsso, ad altro<br />

aggiogato, ad un altro insegnamento intento, dimorare nella raggiunta splendente liberazione,<br />

certo la<br />

certezza che io ho nel Sublime mi sarà di buona protezione.<br />

Così disse il Sublime, contento Bhaggava-gotta il pellegrino si rallegrò alla parola del Sublime.<br />

PATIKA SUTTANTA<br />

FINE<br />

(Traduzione di Eugenio Frola)<br />

SAMANNAPHALASUTTA<br />

(SUL FRUTTO DELL'ASCESI)<br />

Così ho sentito:<br />

"1. Un tempo il Sublime dimorava a Rajagaha (1) nel boschetto di manghi di Jivaka il pediatra,<br />

con una<br />

schiera di monaci, milletrecentocinquanta monaci. quel tempo il re del Magadha Ajatasattu<br />

Vedehiputta (2)<br />

nei giorni della vigilia, al quindicesimo, alla festa della fine delle piogge, nelle notti di<br />

plenilunio (3),<br />

circondato dai suoi reali amici, era uso sedere sul terrazzo dell'eccelsa casa. E dunque il re del<br />

Magadha<br />

Ajatasattu Vedehiputta, una notte di vigilia così esclamò: ""bellissima, o amici, è questa notte<br />

di plenilunio;<br />

meravigliosa, o amici, è questa notte di plenilunio; splendida, o amici, è questa notte di<br />

plenilunio; mirabile,<br />

o amici, e questa notte di plenilunio; propizia, o amici"<br />

"questa notte di plenilunio. Quale asceta o brahmano potremmo onorare, che onorato possa di<br />

pace colmarci<br />

la mente ?"" ."<br />

"2. Così essendo stato detto, uno tra gli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta.<br />

così disse:<br />

""tale,"<br />

"o divino, è Purana Kassapa', capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore<br />

di una<br />

dottrina, per la calma virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età<br />

veneranda. Proprio,


o divino, si onori Purana Kassapa ed allora certamente, onorando Purana Kassapa, colma di<br />

pace verrà a noi<br />

la mente "". Ma, essendo stato così detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in<br />

silenzio."<br />

"3. Un altro tra gli amici del re, al re dei Magadha Ajatasattu Vedehiputta, così disse: "" tale, o<br />

divino, è<br />

Makkhali - Gosala, capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore di una<br />

dottrina, per la<br />

129<br />

calma virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda. Proprio,<br />

o divino, si<br />

onori Makkhali-Gosala ed allora certamente, onorando Makkhali-Gosala, colma di pace verrà a<br />

noi la<br />

mente"". Ma, essendo stato così detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in<br />

silenzio."<br />

"4. Un altro tra gli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, così disse: ""tale, o<br />

divino, è Ajita<br />

Kesakambala, capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore di una<br />

dottrina, per la calma<br />

virtuoso, da. molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda. Proprio, o<br />

divino, si onori<br />

Ajita Kesa-kambala ed allora certamente, onorando Ajita Kesa-kambala, colma di pace verrà a<br />

noi la mente<br />

"". Ma, essendo stato così è detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in silenzio."<br />

"5. Un altro degli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, così disse: ""tale, o<br />

divino, è<br />

Pakudha Kaccayana, capo di una scuola, con molti seguaci, famoso, fondatore di una dottrina,<br />

per la calma<br />

virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda. Proprio, o<br />

divino, si onori<br />

Pakudha Kaccayana ed allora certamente, onorando Pakudha Kaccayana, colma di pace verrà"<br />

"a noi la mente "". Ma, essendo stato così detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta<br />

rimase in silenzio."<br />

"6. Un altro tra gli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta così disse: ""tale, o<br />

divino, è<br />

Sarijaya Belatthiputta, capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore di una<br />

dottrina, per<br />

la calma virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda.<br />

Proprio, o divino, si<br />

onori Sanjaya Belatthiputta ed allora certamente, onorando Sanjaya Belatthiputta, colma di<br />

pace verrà a noi<br />

la mente "". Ma, essendo stato così detto, il del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in<br />

silenzio."<br />

"7. Un altro tra gli amici del re, al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, così disse:""tale, o<br />

divino, è<br />

Nigantha Nataputta, capo di una scuola, con molti seguaci, celebre, famoso, fondatore di una<br />

dottrina, per la<br />

calma virtuoso, da molta gente onorato, grande anacoreta, vegliardo d'età veneranda. Proprio,<br />

o divino, si


onori Nigantha Nataputta ed allora certamente, onorando Nigantha Nataputta, colma di pace<br />

verrà a noi la<br />

mente "". Ma, essendo stato così detto, il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rimase in<br />

silenzio."<br />

"8. Durante questo tempo Jivaka il pediatra era rimasto seduto in silenzio accanto al re del<br />

Magadha<br />

Ajatasattu Vedehiputta. Allora il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta così disse a Jivaka il<br />

pediatra: ""Ma<br />

tu, o caro Jivaka, perché resti in silenzio? ""."<br />

" Il Sublime, o divino, il Santo Perfetto perfettamente Svegliato dimora nel mio boschetto di<br />

manghi con una<br />

grande schiera di monaci, con milletrecentocinquanta monaci, ed intorno a lui, al Sublime<br />

Gotama<br />

meravigliosa una voce di fama così si espande: Ecco, quegli è il Sublime Santo Perfetto<br />

perfettamente<br />

Svegliato, possessore del cibo della sapienza, benvenuto, del mondo conoscitore, insuperabile<br />

guida delle<br />

umane genti, maestro degli dèi e degli uomini, Svegliato, Sublime Il Sublime, o divino, si onori<br />

ed allora<br />

certamente onorando il Sublime, colma di pace verrà a noi la mente ""."<br />

Pertanto, caro Jivaka, fa preparare gli elefanti.<br />

"9. ""Sì, o divino"". E così Jivaka il pediatra, ubbidendo al re del Magadha Ajatasattu<br />

Vedehiputta, fece<br />

preparare cinquecento elefanti, ed il reale elefante da sella, ed al re del Magadha Ajatasattu<br />

Vedehiputta<br />

annunciò: ""Pronti, o divino, sono gli elefanti, ora è il tempo cui tu pensi "". Ed il re del<br />

Magadha Ajatasattu<br />

Vedehiputta sulle cinquecento elefantesse fatte salire a parte le dame, salito egli stesso sul<br />

reale elefante da<br />

sella, al lume delle torce, entrò in Rajagaha con magnifico reale splendore e si inoltrò nel<br />

boschetto di<br />

manghi di jivaka il pediatra."<br />

"10. Ma al re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta nel boschetto di manghi sorse meraviglia,<br />

sorse stupore,<br />

sorse spavento. E allora il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta agitato, stupito, spaventato a<br />

Jivaka il<br />

pediatra così disse: ""Mi hai tu forse, caro Jivaka, ingannato? Mi hai tu forse, caro jivaka,<br />

mentito? Mi hai tu<br />

forse, caro Jivaka, tradito? Per il tuo onore, dove è la grande schiera di monaci, i<br />

milletrecentocinquanta<br />

monaci? Ché qui non s'ode respiro, non sospiro, non voce"" (5)."<br />

Non spaventarti o gran re. Non ti ho, o divino, ingannato, non ti ho, o divino, mentito, non ti ho,<br />

o divino,<br />

tradito. Avvicinati, gran re. Avvicinati, gran re. Essi nel rotondo padiglione, in sé isolati,<br />

meditano .<br />

"11. E così il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, fatto chinare a terra l'elefante, ne scese,<br />

lo legò, e a<br />

piedi raggiunse l'entrata del padiglione; raggiunta che ebbe l'entrata del padiglione così parlò<br />

a Jivaka il<br />

130


pediatra:"<br />

Quale è dunque, caro Jivaka, il Sublime?.<br />

Quello, o gran re, è il Sublime, o gran re, è il Sublime, che di fronte, nel mezzo, al posto d'onore<br />

siede tra la<br />

schiera dei monaci .<br />

"12. E dunque il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta si avvicinò al Sublime, ed avvicinatosi,<br />

si fermò<br />

presso un sedile, fermo presso il sedile il re, circondato dalla silenziosa e, come l'acqua di un<br />

lago, immobile<br />

schiera dei monaci, così esclamò: ""Di questa calma possa essere ricolmo il mio giovane Udayibhadda<br />

(6),<br />

della quale ora è ricolma la schiera dei monaci ""."<br />

"Mosso da affetto forse, o gran re, tu qui ti accostasti ? ""."<br />

Mi è caro il giovane Udayi-bhadda. Di questa calma, o signore, possa essere ricolmo il giovane<br />

Udayibhadda<br />

della quale ora è ricolma la schiera dei monaci .<br />

"13. E così il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta, reso omaggio al Sublime, inchinatosi con<br />

giunte le<br />

mani alla schiera dei monaci, si sedé sul sedile, seduto sul sedile il re del Magadha Ajatasattu<br />

Vedehiputta<br />

così disse al Sublime: è posso, o signore, interrogare il Sublime su una piccola questione, se il<br />

Sublime<br />

permette richieste di spiegazione? ""."<br />

Interroga, o gran re, su ciò che desideri o.<br />

"14. ""Per ciascuno che esercita delle attività, o signore, cioè per coloro che: cavalcano elefanti<br />

e cavalli,<br />

guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi, sono aiutanti di campo, distributori di<br />

vivande, nobili,<br />

prìncipi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti, figli di servi, cuochi, barbieri, bagnini,<br />

sguatteri,<br />

preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di vasi, contabili, scrivani, o esercitano<br />

quelle altre<br />

attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in questo mondo, fanno lieto e<br />

soddisfatto colui che<br />

si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie, compagni ed amici; per gli asceti e<br />

brahmani le<br />

opere che promuovono spirituale benessere, le opere espiatorie dolcemente fruttificano, in<br />

mondi celesti,<br />

producono propensione ai cieli. Ora si possono, o signore, proprio qui in questo mondo<br />

riconoscere i frutti<br />

dell'ascesi ? ""."<br />

"15. ""Non ricordi tu, o gran re, di aver già posta questa domanda ad altri asceti o brahmani?<br />

"" (7)."<br />

Sì, ricordo, o signore, di aver già posta questa domanda ad altri asceti o brahmani.<br />

Quanto, o gran re, ti risposero al riguardo, se a te non spiace, ripeti .<br />

Nulla mi è, o signore, sgradito, allorquando è presente il Sublime, la forma del Sublime .<br />

" ""Allora, o gran re, parla ""."<br />

"16. ""Un tempo, o signore, avvicinai di persona Parana Kassapa, e, avendo avvicinato Purana-<br />

Kassapa,


dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto a lui. Dopo<br />

essermi seduto,<br />

io, o signore, così dissi a Purana-Kassapa: ""Per ciascuno che esercita una attività, o Kassapa,<br />

cioè per coloro<br />

che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi, sono<br />

aiutanti di campo,<br />

distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti, figli di<br />

servi, cuochi,<br />

barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di vasi,<br />

contabili, scrivani,<br />

o esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in questo<br />

mondo, fanno<br />

lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie, compagni<br />

ed amici; per<br />

gli asceti e brahmani, le opere che promuovono spirituale benessere, le opere espiatorie<br />

dolcemente<br />

fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si possono, o Kassapa,<br />

proprio qui in<br />

questo mondo riconoscere i frutti dell'ascesi?""."<br />

"17. Avendo io così detto, o signore, Purana-Kassapa così mi rispose: ""Agire, o gran re,<br />

provocare azione,<br />

distruggere, provocare distruzione, incendiare, provocare incendi, far piangere, far stare in<br />

agitazione,<br />

palpitare, far palpitare, causare morte ad essere vivente, prendere il non dato, separare ciò<br />

che è unito, abitare<br />

sempre nella propria casa, rimanere nei villaggi, correre ai piaceri, mentire: nessuna azione<br />

produce male. Se<br />

con una affilata arma tagliente tu riducessi il mondo in una poltiglia di carne, non ne verrebbe<br />

male né<br />

origine di male. Se sulle rive settentrionali del Gange tu fossi andato uccidendo, incendiando,<br />

torturando, oh<br />

non per questo ne verrebbe male, né origine di male. Se su questa riva tu andassi beneficando,<br />

regalando,<br />

131<br />

facendo sacrifici, compiendo olocausti, non ne verrebbe bene, né origine di bene. Dalla<br />

generosità, dalla<br />

moderazione, dall'astinenza, dalla sincerità non nasce bene né origine di bene ""."<br />

"18. Così letteralmente, o signore, Purana-Kassapa, interrogato sul visibile frutto dell'ascesi,<br />

mi rispose sulla<br />

non causalità. Come interrogato sul mango mi parlasse dell'artocarpo, interrogato<br />

sull'artocarpo mi parlasse<br />

del mango, proprio così Purana-Kassapa interrogato sul visibile frutto dell'ascesi a proposito<br />

mi rispose.<br />

Allora, o signore, a me così fu: ""E come, di grazia, puoi pensare che vi sia un asceta o un<br />

brahmano<br />

dimorante vincitore a causa della rinuncia? "". Così io, o signore, dissi a Purana-Kassapa, ma<br />

non vi fu<br />

accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né respinto, scontento, senza<br />

proferire parola di


insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso, per nulla convinto, levatomi da sedere<br />

me ne andai."<br />

"19. Un tempo, o signore, avvicinai di persona MakkhaliGosala, e, avendo avvicinato Makkhali-<br />

Gosala,<br />

dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto a lui. Dopo<br />

essermi seduto,<br />

io, o signore, così dissi a Makkhali-Gosala: "" Per ciascuno che esercita una attività, o Gosala,<br />

cioè per<br />

coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi, sono<br />

aiutanti di<br />

campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti,<br />

figli di servi,<br />

cuochi barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di<br />

vasi, contabili,<br />

scrivani, o"<br />

"esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in questo<br />

mondo, fanno<br />

lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie, compagni<br />

ed amici; per<br />

gli asceti e brahmani, le opere che promuovono spirituale benessere, le opere espiatorie<br />

dolcemente<br />

fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si possono, o Gosala, proprio<br />

qui in questo<br />

mondo riconoscere i frutti dell'ascesi?""."<br />

"20. Avendo io così detto, o signore, Makkhali-Gosala così mi rispose: "" Non vi è causa, o<br />

signore, non<br />

motivo per le impurità degli esseri, senza causa, senza motivo gli esseri diventano impuri, non<br />

vi è causa,<br />

non motivo della beatitudine degli esseri, senza causa, senza motivo gli esseri diventano beati.<br />

Non vi è un io<br />

personale, non vi è un'alterità, non vi è una condizione umana, non potenza, non virilità, non<br />

vi è potere<br />

umano, non energia umana. Tutti gli esseri, tutti i viventi, tutte le creature, tutti gli spiriti sono<br />

impotenti, non<br />

virili, piegati sotto la vincolante necessità dell'essere e sperimentano gioia e dolore. Un<br />

milionequattrocentoseimila e seicento modi fondamentali di esistere, cinquecento karma,<br />

cinque karma, tre<br />

karma, un solo Karma, mezzo karma, sessantadue linee di condotta, sessantadue stati<br />

intermedi, sei razze, od<br />

otto cori di spiriti, una conoscenza unica in cento modi di vivere, una conoscenza unica in<br />

cento modi di<br />

mendicare, una conoscenza unica in cento stati di perfezione, due pienezze della mente, tre<br />

fermezze della<br />

mente, i quattro elementi della terra, le sette generazioni animali, le sette generazioni<br />

inanimate, le sette<br />

generazioni svincolate, i sette dèi, i sette stati umani, i sette demoni, i sette colori, i sette nodi, i<br />

settecento<br />

nodi, i sette abissi, i settecento abissi, le sette visioni, le settecento visioni, gli ottantaquattro<br />

grandi kalpa, i


centomila modi principali di esistere (8): gli ignoranti ed i dotti, trasmigrando e turbinando,<br />

porranno fine al<br />

dolore. Perciò non può dirsi: ' Costui con la condotta, con l'osservanza, con la castità, porterà a<br />

maturazione<br />

un immaturo karma, o realizzando porrà termine ad un maturo karma'. Non vi è possibilità di<br />

colmare la<br />

misura della gioia o del dolore, non di limitare il samsara, non di diminuzione, né di<br />

accrescimento, non di<br />

innalzamento né di abbassamento; come un gomitolo di filo gettato, dipanandosi si distende,<br />

così ignoranti e<br />

dotti, trasmigrando e turbinando, porranno fine al dolore""."<br />

"21. Così letteralmente, o signore, Makkhali-Gosala, interrogato sul visibile frutto dell'ascesi,<br />

mi rispose<br />

sulla non esistenza di alcunché al di fuori del samsara. Come interrogato sul mango mi<br />

parlasse<br />

dell'artocarpo, interrogato sull'artocarpo mi parlasse del mango, proprio così Makkhali-<br />

Gosala interrogato sul<br />

visibile frutto dell'ascesi a sproposito mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" E come, di<br />

grazia, puoi<br />

pensare che vi sia un asceta o un brahmano dimorante vincitore a causa della rinuncia ? "".<br />

Così io, o<br />

signore, dissi a Makkhali-Gosala, ma non vi fu accettazione né ripulsa, e non avendo costui né<br />

accettato né<br />

respinto, scontento, senza proferire parola di insoddisfazione, preso da disgusto per questo<br />

discorso, per nulla<br />

convinto, levatomi da sedere, me ne andai."<br />

132<br />

"22. Un tempo, o signore, avvicinai di persona Ajita Kesakambala, e, avendo avvicinato Ajita<br />

Kesa-kambala,<br />

dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto a lui. Dopo<br />

essermi seduto,<br />

io, o signore, così dissi ad Ajita Kesa-kambala: "" Per ciascuno che esercita una attività, o Ajita,<br />

cioè per<br />

coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi, Sono<br />

aiutanti di<br />

campo, distributori di vivande, nobili, principi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti,<br />

figli di servi,<br />

cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di<br />

vasi, contabili,<br />

scrivani, o esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in<br />

questo mondo,<br />

fanno lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie,<br />

compagni ed<br />

amici; per gli asceti e brahmani, le opere che promuovono spirituale benessere, le opere<br />

espiatorie<br />

dolcemente fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si possono, o<br />

Ajita, proprio qui<br />

in questo mondo riconoscere i frutti dell'ascesi? ""."<br />

"23. Avendo io così detto, o signore, Ajita Kesa-kambala così mi rispose: "" Non vi è, o gran re,<br />

elemosina,


non vi è sacrificio, non vi è olocausto, non vi è frutto delle azioni piacevoli o dolorose, non vi è<br />

questo<br />

mondo, non vi è l'altro mondo, non vi è madre né padre, non vi è spontaneo rinascere degli<br />

esseri, non vi<br />

sono al mondo asceti e brahmani perfetti che, con retta conoscenza, da sé coi propri occhi<br />

conoscono questo<br />

mondo e l'altro mondo; allorquando l'uomo, composto dei quattro grandi elementi, raggiunge<br />

la morte, ciò<br />

che nel suo corpo è terra si dirige, va verso la terra, ciò che nel suo corpo è acqua si dirige, va<br />

verso l'acqua,<br />

ciò che nel suo corpo è fuoco si dirige, va verso il fuoco, ciò che nel suo corpo è aria si dirige,<br />

va verso l'aria,<br />

ciò che è causa di coscienza si dissolve nello spazio. Composti di cinque elementi gli uomini<br />

vanno verso la<br />

morte che li afferra. Allora essi sperimentano le caratteristiche dei cimiteri, diventano grige<br />

ossa,<br />

abbandonano la religione. Dottrine da stolti sono quelle sulla religiosità, sull'empietà e quelle<br />

che<br />

bugiardamente proclamano inesistenti profitti. Ignoranti e sapienti, colla distruzione del<br />

corpo, sono distrutti,<br />

annientati, non esistono dopo la morte""."<br />

"24. Così letteralmente, o signore, Ajita Kesa-kambala, interrogato sul visibile frutto<br />

dell'ascesi, mi rispose<br />

colla teoria dell'annientamento. Come interrogato sul mango mi parlasse dell'artocarpo,<br />

interrogato<br />

sull'artocarpo mi parlasse del mango, proprio così Ajita Kesa-kambala interrogato sul visibile<br />

frutto<br />

dell'ascesi a sproposito mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" E come, di grazia, puoi<br />

pensare che vi<br />

sia un asceta o un brahmano dimorante vincitore a causa della rinuncia? "". Così io, o signore,<br />

dissi ad Ajita<br />

Kesa-kambala, ma non vi fu accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né<br />

respinto, scontento,<br />

senza proferire parola di insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso, per nulla<br />

convinto, levatomi<br />

da sedere me ne andai."<br />

"25. Un tempo, o signore, avvicinai di persona Pakudha Kaccayana, e, avendo avvicinato<br />

Pakudha<br />

Kaccayana, dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto<br />

a lui. Dopo<br />

essermi seduto, io, o signore, così dissi a Pakudha Kaccayana: "" Per ciascuno che esercita una<br />

attività, o<br />

Kaccayana, cioè per coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco,<br />

portano<br />

stendardi, sono aiutanti di campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui<br />

grandi elefanti,<br />

eroi, catafratti, figli di servi, cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande,<br />

lavandai,<br />

fabbricanti di ceste, di vasi, contabili, scrivani, o esercitano quelle altre attività che esistono, i<br />

frutti si


manifestano sensibilmente in questo mondo, fanno lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti<br />

e soddisfatti<br />

madre e padre, figli e figlie, compagni ed amici; per gli asceti e brahmani, le opere che<br />

promuovono<br />

spirituale benessere, le opere espiatorie dolcemente fruttificano in mondi celesti, producono<br />

propensione ai<br />

cieli. Ora si possono, o Kaccayana, proprio qui in questo mondo riconoscere i frutti<br />

dell'ascesi?""."<br />

"26. Avendo io così detto, o signore, Pakudha Kaccayana così mi rispose: "" I sette elementi, o<br />

gran re, sono<br />

originarii, assolutamente originarii, non creati, non generati, sterili, permanenti, immobili<br />

come pilastri. Essi<br />

non muovono, non mutano, non si urtano l'un contro l'altro, non causano l'un all'altro né gioia<br />

né dolore, né<br />

gioia e dolore. Quali sette? La Sostanza terra, la sostanza acqua, la sostanza fuoco, la sostanza<br />

aria, la gioia,<br />

il dolore, e settima la vita. Proprio questi"<br />

"sette elementi sono originarii assolutamente originarii, non creati, non generati, sterili,<br />

permanenti immobili<br />

133<br />

come pilastri, essi non muovono, non mutano, non si urtano uno con l'altro, non causano l'un<br />

all'altro né<br />

gioia né dolore, né gioia e dolore. Pertanto non vi è un separare, non un unire, non vi è<br />

sensazione né causa<br />

di sensazione, non vi è percezione né causa di percezione. Se con un'arma tagliente si<br />

troncasse ad alcuno la<br />

testa non per questo alcuno verrebbe privato della vita, ma il taglio della spada si<br />

introdurrebbe tra i setti<br />

elementi ""."<br />

"27. Così letteralmente, o signore, Pakudha Kaccayana, interrogato sul visibile frutto<br />

dell'ascesi, mi rispose<br />

sulla distinzione per la distinzione. Come interrogato sul mango mi parlasse dell'artocarpo,<br />

interrogato<br />

sull'artocarpo mi parlasse del mango, proprio così Pakudha Kaccayana interrogato sul visibile<br />

frutto<br />

dell'ascesi a sproposito mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" E come, di grazia, puoi<br />

pensare che vi<br />

sia un asceta o un brahmano dimorante vincitore a causa della rinuncia? "". Così io, o signore,<br />

dissi a<br />

Pakudha Kaccayana, ma non vi fu accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né<br />

respinto,<br />

scontento, senza proferire parola di insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso,<br />

per nulla<br />

convinto, levatomi da sedere me ne andai."<br />

"28. Un tempo, o signore, avvicinai di persona Nigantha Nataputta (9), e, avendo avvicinato<br />

Nigantha<br />

Nataputta, dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su un sedile accanto a<br />

lui. Dopo<br />

essermi seduto io, o signore, così dissi a Nigantha Nataputta: "" Per ciascuno che esercita una<br />

attività, o


Aggi-Vessana, cioè per coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco,<br />

portano<br />

stendardi, sono aiutanti di campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui<br />

grandi elefanti,<br />

eroi, catafratti, figli di servi, cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di"<br />

"ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di vasi, contabili, scrivani, o esercitano quelle altre<br />

attività che<br />

esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in questo mondo, fanno lieto e soddisfatto colui<br />

che si occupa,<br />

lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie, compagni ed amici; per gli asceti e brahmani, le<br />

opere che<br />

promuovono spirituale benessere, le opere espiatorie dolcemente fruttificano in mondi<br />

celesti, producono<br />

propensione ai cieli. Ora si possono, o Aggi-Vessana, proprio qui, in questo mondo riconoscere<br />

i frutti<br />

dell'ascesi ? ""."<br />

"29. Avendo io così detto, o signore, Nigantha Nataputta così mi rispose: "" Ecco, o gran re, il<br />

Nigantha è<br />

quadruplice freno, controllo, limitazione. E come o gran re, il Nigantha è quadruplice freno,<br />

controllo,<br />

limitazione? Ecco, o gran re, il Nigantha di ogni acqua è limitazione, di ogni acqua è controllo,<br />

di ogni acqua<br />

è scrupolo, di ogni acqua è sazietà. Così, o gran re, è un quadruplice freno, controllo,<br />

limitazione; e siccome,<br />

o gran re, il Nigantha è questo quadruplice freno, controllo, limitazione, così svincolato viene<br />

chiamato colui<br />

che da sé è giunto, che da sé è controllato, da sé è calmato ""."<br />

"30. Così letteralmente, o signore, Nigantha Nataputta, interrogato sul visibile frutto<br />

dell'ascesi, mi rispose<br />

sul quadruplice freno, controllo, limitazione. Come interrogato sul mango mi parlasse<br />

dell'artocarpo,<br />

interrogato sull'artocarpo mi parlasse del mango, proprio così Nigantha Nataputta interrogato<br />

sul visibile<br />

frutto dell'ascesi a sproposito mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" E come, di grazia,<br />

puoi pensare<br />

che vi sia un asceta o brahmano dimorante vincitore a causa della rinuncia? "". Così io, o<br />

signore, dissi a<br />

Nigantha Nataputta, ma non vi fu accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né<br />

respinto,<br />

scontento, senza proferire parola di insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso,<br />

per nulla<br />

convinto, levatomi da sedere me ne andai."<br />

"31. Un tempo, o signore, avvicinai di persona Sanjaya Belatthiputta, e, avendo avvicinato<br />

Sanjaya<br />

Belatthiputta, dopo aver scambiato cortesi e amichevoli parole, presi posto su di un sedile<br />

accanto a lui.<br />

Dopo essermi seduto, io, o signore, così dissi a Sanjaya Belatthiputta: "" Per ciascuno che<br />

esercita un'attività,<br />

o Sanjaya, cioè per coloro che: cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco,<br />

portano stendardi,


sono aiutanti di campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui grandi elefanti,<br />

eroi, catafratti,<br />

figli di servi, cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricante<br />

di ceste, di<br />

vasi, contabili, scrivani, o esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano<br />

sensibilmente in<br />

questo mondo fanno lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre,<br />

figli e figlie,<br />

compagni ed amici; per gli asceti e brahmani, le opere che promuovono spirituale benessere,<br />

le opere<br />

134<br />

espiatorie dolcemente fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si<br />

possono, o<br />

Sanjaya, proprio qui in questo mondo riconoscere i frutti dell'ascesi ? ""."<br />

"32. Avendo io così detto, o signore, Sanjaya Belatthiputta così mi rispose: "" C'è l'altro<br />

mondo? - Che tu<br />

così possa chiedere, - c'è l'altro mondo, - che ciò per me abbia senso, - c'è l'altro mondo, - che<br />

così da<br />

qualcuno sia insegnato: il primo non può essere, il secondo non può essere, il terzo non può<br />

essere. Né può<br />

non essere, né non può non essere. - Non c'è l'altro mondo? - che tu così possa chiedere, - non<br />

c'è l'altro<br />

mondo, - che ciò per me abbia senso, - non c'è l'altro mondo, - che così da qualcuno sia<br />

insegnato: il primo<br />

non può essere, il secondo non può essere, il terzo non può essere. - C'è e non c'è l'altro<br />

mondo? Non c'è, né<br />

non c'è l'altro mondo? - Che tu così possa chiedere, - c'è e non c'è l'altro mondo non c'è né, -<br />

che ciò per me<br />

abbia senso, - c'è e non c'è l'altro mondo, non c'è l'altro mondo, - che così da qualcuno sia<br />

insegnato: il<br />

primo non può essere, il secondo non può essere, il terzo non può essere. - Vi è possibilità di<br />

risorgere per gli<br />

esseri? Non vi è possibilità di risorgere per gli esseri ? Vi è e non vi è possibilità di risorgere<br />

per gli esseri?<br />

Non vi è né non vi è possibilità di risorgere per gli esseri? - Che tu così possa chiedere, - c'è<br />

l'altro mondo, -<br />

che ciò per me abbia senso, - c'è l'altro mondo,"<br />

- che così da qualcuno sia insegnato: il primo non può essere, il secondo non può essere, il<br />

terzo non può<br />

essere. - Vi è frutto e conseguenza delle azioni piacevoli e dolorose ? Non vi è frutto e<br />

conseguenza delle<br />

azioni piacevoli e dolorose ? Vi è e non vi è frutto e conseguenza delle azioni piacevoli e<br />

dolorose? Non vi è<br />

né non vi è frutto e conseguenza delle azioni piacevoli e dolorose? - Che tu così possa chiedere,<br />

- c'è l'altro<br />

mondo, - che ciò per me abbia senso, - c'è l'altro mondo, - che così da qualcuno sia insegnato: il<br />

primo non<br />

può essere, il secondo non può essere, il terzo non può essere. - Esiste il Compiuto dopo la<br />

morte ? Non


esiste il Compiuto dopo la morte ? Esiste e non esiste il Compiuto dopo la morte? Non esiste<br />

né non esiste il<br />

Compiuto dopo la morte? - Che tu così possa chiedere, - non esiste né non esiste il Compiuto<br />

dopo la morte?<br />

- che ciò per me abbia senso, - non esiste, né non esiste il Compiuto dopo la morte ? - che così<br />

da qualcuno<br />

sia insegnato, il primo non può essere, il secondo non può essere, il terzo non può essere, né<br />

può non essere,<br />

né non può non essere è10.<br />

"Così letteralmente, o signore, Sanjaya Belatthiputta, interrogato sul visibile frutto dell'ascesi,<br />

mi rispose<br />

sull'ambivalenza. Come interrogato sul mango mi parlasse dell'artocarpo, interrogato<br />

sull'artocarpo mi<br />

parlasse del mango, proprio così Sanjaya Belatthiputta interrogato sul visibile frutto<br />

dell'ascesi a sproposito<br />

mi rispose. Allora, o signore, a me così fu: "" Costui è il più stolto, il più fatuo di questi asceti o<br />

brahmani. E<br />

come, di grazia potrà spiegare, essendo così confuso, la domanda sul visibile frutto<br />

dell'ascesi?"". Allora, o<br />

signore, a me così fu: "" E come, di grazia, costui può pensare che vi sia un asceta o un<br />

brahmano dimorante<br />

vincitore a causa della rinuncia?"". E queste parole, o signore, dissi a Sanjaya Belatthiputta, ma<br />

non vi fu né<br />

accettazione né ripulsa, e, non avendo costui né accettato né respinto, scontento, senza<br />

proferire parola<br />

d'insoddisfazione, preso da disgusto per questo discorso, per nulla convinto, levatomi da<br />

sedere, me ne<br />

andai."<br />

"34. Su questo, o signore, io interrogo il Sublime: ""Per ciascuno che esercita delle attività, o<br />

signore, cioè<br />

per coloro che cavalcano elefanti e cavalli, guidano i cocchi, tirano d'arco, portano stendardi,<br />

sono aiutanti di<br />

campo, distributori di vivande, nobili, prìncipi, che saltano sui grandi elefanti, eroi, catafratti,<br />

figli di servi,<br />

cuochi, barbieri, bagnini, sguatteri, preparatori di ghirlande, lavandai, fabbricanti di ceste, di<br />

vasi, contabili,<br />

scrivani, o esercitano quelle altre attività che esistono, i frutti si manifestano sensibilmente in<br />

questo mondo,<br />

fanno lieto e soddisfatto colui che si occupa, lieti e soddisfatti madre e padre, figli e figlie,<br />

compagni ed<br />

amici; per gli asceti e brahmani le opere che promuovono spirituale benessere, le opere<br />

espiatorie<br />

dolcemente fruttificano in mondi celesti, producono propensione ai cieli. Ora si possono, o<br />

signore, proprio<br />

qui in questo mondo riconoscere i frutti dell'ascesi ? "" (11)""."<br />

È possibile, o gran re, ma ora io ti porrò una domanda, se vuoi tu mi risponderai .<br />

"35. ""Che pensi tu, o gran re, se ci fosse un uomo, un plebeo, molto operoso, che presto si leva,<br />

che tardi<br />

giace, obbediente, ossequioso, riverente nel parlare, gradevole"" E così a lui fosse: "" è<br />

meraviglioso, è


straordinario certamente l'andare verso il bene, l'operare bene. Quegli, il re del Magadha<br />

Ajatasattu<br />

135<br />

Vedehiputta è un essere umano, ed anch'io sono un essere umano. Quegli, il re del Magadha<br />

Ajatasattu<br />

Vedehiputta è nel possesso dei cinque tronchi del desiderio, gode nel possesso dell'esistenza,<br />

certamente,<br />

invece io sono un plebeo, molto operoso, presto mi levo, tardi giaccio, ubbidiente, ossequioso,<br />

riverente nel<br />

parlare, gradevole. E così facendo io ne trarrò bene. Ma se ora io, rasi capelli e barba,<br />

indossato l'abito giallo,<br />

uscissi dalla casa verso l'anacoretismo ? (12). Allora costui, rasi capelli e barba, indossato<br />

l'abito giallo, esce<br />

dalla casa verso l'anacoretismo. Così uscito col corpo vigilato dimora, colla parola vigilata<br />

dimora, colla<br />

mente vigilata dimora, soddisfatto di poco cibo e poca bevanda, in sé lieto isolato. Se a te<br />

alcuni, in<br />

riferimento a quest'uomo, dicessero: "" Di grazia, o divino, vorresti conoscere forse tu un<br />

uomo, un plebeo,<br />

operoso, che presto si leva, che tardi giace, obbediente, ossequioso, riverente nel parlare,<br />

gradevole: costui, o<br />

divino, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, è uscito dalla casa verso l'anacoretismo,<br />

così uscito, col<br />

corpo vigilato dimora, colla parola vigilata dimora, colla mente vigilata dimora, soddisfatto di<br />

poco cibo e<br />

poca bevanda, in sé lieto ed isolato"". Forse così tu risponderesti: ""Se ne vada questo mio<br />

caro uomo, egli<br />

tuttora rimane un plebeo, un plebeo molto operoso, che presto si leva, che tardi giace,<br />

obbediente,<br />

ossequioso, riverente nel parlare, gradevole """"."<br />

"36. ""No di certo, o signore, ma lui io saluterei, mi alzerei da sedere, lo inviterei, gli offrirei<br />

manto,<br />

scodella, medicine e, secondo la consuetudine, gli appresterei riparo, protezione, difesa ""."<br />

Che pensi, o gran re ? Proprio così essendo, vi è un visibile frutto dell'ascesi, o non vi è ? .<br />

Certamente, o signore, così essendo, vi e un visibile frutto dell'ascesi .<br />

Così, o gran re, ti ho indicato un primo, composto di visibili elementi, visibile frutto dell'ascesi<br />

.<br />

"37. "" Si può dunque, o signore, indicare ancora un altro, composto di visibili elementi,<br />

visibile frutto<br />

dell'ascesi? ""."<br />

"È possibile, o gran re; ma ora io ti porrò una domanda, se vuoi tu mi risponderai. Che pensi<br />

tu, o gran re ?<br />

Se ci fosse un uomo, un proprietario terriero, capo di casa, religioso, buon amministratore, e<br />

così a lui fosse:<br />

è meraviglioso, è straordinario certamente l'andare verso il bene, l'operare bene. Quegli, il re<br />

del Magadha<br />

Ajatasattu Vedehiputta è un essere umano, ed anch'io sono un essere umano. Quegli il re del<br />

Magadha<br />

Ajatasattu Vedehiputta è nel possesso dei cinque tronchi del desiderio, gode nel possesso<br />

dell'esistenza,


certamente; invece io sono un proprietario di terre, capo di casa, religioso, buon<br />

amministratore. E così<br />

facendo io ne trarrò bene. Ma se ora io, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, uscissi<br />

dalla casa verso<br />

l'anacoretismo ? "". Allora costui abbandonata una piccola od una grande proprietà, una<br />

piccola od una<br />

grande cerchia di amici, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, esce dalla casa verso<br />

l'anacoretismo.<br />

Così uscito col corpo vigilato dimora, colla parola vigilata dimora, colla mente vigilata dimora,<br />

soddisfatto di<br />

poco cibo e poca bevanda, in sé lieto ed isolato. Se a te alcuni in riferimento a quest'uomo<br />

dicessero: ""di<br />

grazia, o divino, vorresti conoscere forse tu un uomo, proprietario di terra, capo di casa,<br />

religioso, buon<br />

amministratore: costui, o divino, rasi capelli e barba, indossato l'abito giallo, è uscito dalla<br />

casa verso<br />

l'anacoretismo, così uscito col corpo vigilato dimora, colla parola vigilata dimora, colla mente<br />

vigilata<br />

dimora, soddisfatto di poco cibo e poca bevanda, in sé lieto isolato"". Forse così tu<br />

risponderesti: "" se ne<br />

vada questo mio caro uomo, egli tuttora rimane un proprietario terriero, capo di casa,<br />

religioso, buon<br />

amministratore ? "" """<br />

"38. "" No di certo, o signore, ma lui io saluterei, mi alzerei da sedere, lo inviterei, gli offrirei<br />

manto,<br />

scodella, medicine e, secondo la consuetudine, gli appresterei riparo, protezione, difesa ""."<br />

Che pensi o gran re? Proprio così essendo vi è un visibile frutto dell'ascesi, o non vi è?<br />

Certamente, o signore, così essendo vi è un visibile frutto dell'ascesi .<br />

Così, o gran re, ti ho indicato un secondo, composto di visibili elementi, visibile frutto<br />

dell'ascesi (13)<br />

"39. a Si può dunque, o signore, indicare ancora un altro, composto di visibili elementi, visibile<br />

frutto<br />

dell'ascesi, di questi visibili frutti più eccelso, più alto? ""."<br />

"o Si può o gran re; pertanto, ascolta attentamente e poni mente, io ti risponderò ""."<br />

136<br />

Sì, o signore , così al Sublime assentì il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta. Il Sublime così<br />

disse:<br />

"40. ""In questo mondo, o gran re, sorge il Compiuto, Santo, Perfetto, Perfettamente Svegliato,<br />

possessore<br />

del cibo della sapienza, benvenuto, conoscitore del mondo, incomparabile guida delle umane<br />

genti, maestro<br />

degli dèi e degli uomini, svegliato Sublime. Questo mondo, con ciò che vi è di divino, con ciò<br />

che appartiene<br />

a Mara, con ciò che appartiene a Brahma, con quanti in lui sorgono asceti e brahmani, con<br />

quanti in lui sono<br />

dèi e uomini, egli descrive, avendolo da sé stesso sperimentato, visto coi propri occhi. Egli<br />

insegna una<br />

dottrina letificante nel principio, letificante nel mezzo, letificante nel fine, nella lettera e nello<br />

spirito, palesa<br />

la condizione di isolata pienezza, di limpida purezza."


"41 . E questa dottrina ode un padre di famiglia, o il figlio di un padre di famiglia, o chi sia nato<br />

in altro<br />

stato. Egli, udendo questa dottrina, si empie di fiducia nel Compiuto. Possessore della fiducia<br />

ottenuta in Lui,<br />

così riflette: ""oppressione è la vita comune, via regale, libero cielo l'andare errando. Non è<br />

possibile,<br />

abitando la casa, arrivare all'isolata pienezza, alla condizione di limpida, quasi lucida<br />

madreperla, purezza. E<br />

se io, rasi i capelli e barba, indossato l'abito giallo, uscissi di casa verso l'anacoretismo?"". Ed<br />

egli in séguito,<br />

una piccola proprietà, od una grande proprietà abbandonata, una piccola cerchia di amici, od<br />

una grande<br />

cerchia di amici abbandonata, rasi capelli e barba, esce di casa verso l'anacoretismo."<br />

"42. Così uscito, controllandosi da sé, secondo il controllo del patimokkha, dimora nutrendosi<br />

di retto<br />

comportamento, e di ogni pur minimo errore vede il danno, assumendoli si rende atto a<br />

realizzare una serie<br />

di precetti nel corpo, nell'azione, nella parola; in possesso di rettitudine, limpido di vita,<br />

perfetto nella<br />

condotta, vigilante alle porte dei sensi, in possesso della facoltà di autorealizzarsi nella<br />

propria<br />

consapevolezza, soddisfatto."<br />

43. E come, o gran re, un monaco è perfetto nella condotta? Ecco, o gran re, un monaco ha<br />

rinunciato ad<br />

uccidere, si astiene dall'uccidere, senza mazza, senza spada, riguardoso, pieno di simpatia,<br />

amico,<br />

compassionevole con tutti gli esseri viventi, dimora. Così essendo egli è nella regola.<br />

Ha rinunciato al non dato, si astiene dal non dato, [solo] il dato ricevendo, [solo] il dato<br />

accogliendo, con<br />

puro animo non furtivo, in sé dimora. Così essendo egli è nella regola.<br />

Ha rinunciato alla condizione di impurità, è in condizione di purezza, in condizione di<br />

solitudine, si astiene<br />

dalla comune legge sessuale. Così essendo egli è nella regola.<br />

44. Ha rinunciato alla menzogna, si astiene dalla menzogna, veritiero, tutt'uno col vero, fermo,<br />

conseguente,<br />

non adulatore del mondo. Così essendo egli è nella regola.<br />

Ha rinunciato a parole maligne, si astiene da parole maligne, quanto qua ode non riferisce là<br />

per la disunione<br />

di quelli, quanto là ode non riferisce qua per la disunione di questi, così è dei discordi<br />

conciliatore, dei<br />

concordi rafforzatore, nell'armonia lieto, nell'armonia giocondo, nell'armonia<br />

felice, parole che generano armonia egli parla. Così essendo egli è nella regola.<br />

Ha rinunciato a parole aspre, si astiene da parole aspre, parole non pungenti, dolci<br />

all'orecchio, amorevoli,<br />

che scendono al cuore, corrette, che molti allegrano, che molti sollevano, parole siffatte egli<br />

dice. Così<br />

essendo egli è nella regola.<br />

Ha rinunciato alle chiacchiere, si astiene da chiacchiere, interlocutore tempestivo, parla di<br />

cose reali, parla di


cose profittevoli, secondo la Dottrina, secondo la Norma, dice parole ricche di contenuto,<br />

opportunamente<br />

adorne di paragoni, adeguate al soggetto, parole siffatte egli dice. Così essendo egli è nella<br />

regola.<br />

"45. Si astiene dal danneggiare gli esseri che nascono da semi; una sola volta [al giorno] si<br />

nutre. Di notte<br />

digiuna, si astiene da cibo fuori tempo, si astiene da danze, canti, giochi, spettacoli, si astiene<br />

da corone,<br />

profumi, unguenti, ornamenti, acconciature, addobbi. Si astiene da alti e grandi letti. Si astiene<br />

dall'accettare<br />

oro ed argento. Si astiene dall'accettare cereali crudi. Si astiene dall'accettare carne cruda. Si<br />

astiene<br />

dall'accettare donne e fanciulle. Si astiene dall'accettare servi e serve. Si astiene dall'accettare<br />

pecore e capre.<br />

Si astiene dall'accettare polli e maiali. Si astiene dall'accettare elefanti, buoi e cavalli. Si astiene<br />

dall'accettare<br />

proprietà terriere. Si astiene dall'assumere messaggi, commissioni, incarichi. Si astiene da<br />

compra-vendita. Si<br />

tiene lontano da falsa bilancia, falsa moneta, falsa misura. Si tiene lontano dalle tortuose vie<br />

dell'inganno,<br />

della frode, della bassezza. Si tiene lontano dai ferimenti, dalle risse, dalle baruffe, dai furti,<br />

dalle rapine,<br />

137<br />

dalle violenze. Così essendo egli è nella regola."<br />

"46. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />

intenti a<br />

danneggiare semi e piante, quali: [le piante] che si propagano per rizomi, che si propagano per<br />

radici aeree,<br />

che si propagano per innesti, che si propagano per talee, che si propagano per semi; questi<br />

cinque, siffatti<br />

semi e piante si astiene dal danneggiare. Così essendo egli è nella regola."<br />

"47. Mentre vi sono asceti o brahmani, che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />

intenti ad<br />

accumulare siffatte provviste, quali: provviste di cibo, provviste di bevande, provviste di abiti,<br />

provviste di<br />

carrozze, provviste di letti, provviste di profumi, provviste di denaro; siffatte provviste si<br />

astiene<br />

dall'accumulare. Così essendo egli è nella regola."<br />

"48. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />

applicati ad<br />

assistere a siffatti spettacoli, quali: la danza, il canto, la musica, la rappresentazione, la<br />

recitazione di<br />

leggende, i ritmi colle mani, il canto dei bardi, il tamburo, il suono dei bicchieri, la scena<br />

incantata, il giuoco<br />

acrobatico dei fuori casta, lotte di elefanti, lotte di cavalli, lotte di bufali, lotte di tori, lotte di<br />

caproni, lotte di<br />

galli, lotte di quaglie, scherma coi bastoni, pugilato, tiro alla fune, finte battaglie, riviste, sfilate<br />

di truppe,<br />

ispezioni a truppe; da questi e siffatti generi di spettacolo si astiene. Così essendo egli è nella<br />

regola."


"49. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />

applicati all'[uso<br />

di] siffatti giacigli ricchi e comodi, quali, la sedia lunga, il divano, la coperta di lunga lana, la<br />

coperta a più<br />

colori, il lenzuolo, le varie specie di lenzuolo, il materasso, il copriletto con ricamo, il copriletto<br />

con frangia,<br />

con la frangia ad un orlo, il copriletto ricamato con gemme, [il tappeto di] seta, il tappeto di<br />

lana, la coperta<br />

da elefante, la coperta da cavallo, la coperta da carrozza, il lenzuolo di strisce intrecciate di<br />

pelle di antilope<br />

nera, la coperta di pelle di cervo; da questi e da simili giacigli biechi e comodi si astiene. Così<br />

essendo egli è<br />

nella regola."<br />

"50. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />

applicati a siffatti<br />

divertimenti sedentari, quali: le otto pedine, le dieci pedine, in aria, la strada rotonda, santika,<br />

i dadi, i<br />

bastoni, la spazzola, l'occhio, i tubi, l'amo, la giostra, il mulino a vento, il bicchiere di foglia di<br />

palma, il<br />

piccolo carro, il piccolo arco, le lettere, indovinare il pensiero, imitare i difetti; da questi e<br />

siffatti<br />

divertimenti sedentari si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />

"51. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />

applicati a siffatti<br />

acconciature e cosmetici, quali: il profumo, la lozione, il massaggio, il bagno, la frizione, lo<br />

specchio, il<br />

collirio, la ghirlanda, il cosmetico, la cipria per il volto, la crema per il volto, i nastri ai polsi, i<br />

nastri in capo,<br />

il bastone, la canna, la spada, il parasole, i sandali, il variopinto turbante, i gioielli, lo<br />

scacciamosche, l'abito<br />

bianco con lunghe frange; da questi e simili acconciature e cosmetici si astiene. Così essendo<br />

egli è nella<br />

regola."<br />

"52. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />

applicati a siffatte<br />

chiacchiere, quali: chiacchiere su re, chiacchiere su ladri, chiacchiere su primi ministri,<br />

chiacchiere su<br />

eserciti, chiacchiere su cose spaventevoli, chiacchiere su guerre, chiacchiere su cibo,<br />

chiacchiere su bevande,<br />

chiacchiere sull'abito, chiacchiere sulle ghirlande, chiacchiere sui profumi, chiacchiere su<br />

parenti,<br />

chiacchiere su carrozze, chiacchiere su villaggi, chiacchiere su città, chiacchiere su piazzeforti,<br />

chiacchiere<br />

su province, chiacchiere su donne, chiacchiere su uomini, chiacchiere su eroi, chiacchiere da<br />

strada,<br />

chiacchiere da pozzo, chiacchiere su spiriti, chiacchiere vane sull'origine del mondo,<br />

sull'origine dell'acqua,<br />

sull'essere o non essere; da queste e simili chiacchiere si astiene. Così essendo egli è nella<br />

regola."


"53. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />

applicati a siffatte<br />

dispute, quali: "" Tu non conosci questa dottrina e regola: conosceresti forse tu questa<br />

dottrina e regola? Io<br />

conosco questa dottrina e regola "". "" Su cattiva strada tu sei, su buona strada io sono"". ""<br />

Conseguente<br />

sono io, non conseguente sei tu "". "" Quanto dovevi dire prima tu dici dopo, quanto dovevi<br />

dire dopo tu dici<br />

prima"". ""Tu sei oscuro ed involuto "". ""Ti è stata mossa una confutazione, tu sei<br />

disapprovato"". "" Tu<br />

divaghi, esci dal discorso, negalo se sei capace "";"<br />

da queste e simili dispute si astiene. Così essendo egli è nella regola.<br />

138<br />

"54. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, dimorano<br />

applicati ad<br />

assumere siffatti messaggi, commissioni, incarichi, quali: [messaggi] di re, di reali ministri, di<br />

nobili, di<br />

brahmani, di padri di famiglia, di fanciulli: "" va in questo luogo, va in quel luogo, prendi<br />

questo, prendi<br />

quello""; da questi e simili messaggi si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />

"55. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, sono<br />

ingannatori, mormorati,<br />

astrologi, prestigiatori, ardenti di desiderio per il guadagno; da questi e simili inganni e<br />

mormorazioni si<br />

astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />

"56. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />

spirito si procurano<br />

vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: la chiromanzia, la profezia, il miracolo,<br />

l'interpretazione dei sogni<br />

e delle erosioni dei topi nella stoffa, il rito del fuoco, il rito del cucchiaio, il rito della crusca, il<br />

rito della<br />

farina di riso, il rito del grano di riso, il rito del burro, il rito dell'olio, il rito della saliva, il rito<br />

del sangue,<br />

L'arte di [propiziare] i luoghi, L'arte della costruzione, l'arte del governo, la scienza auspicale,<br />

la<br />

demonologia, la geomanzia, la scienza dei serpenti, dei veleni, degli scorpioni, dei topi, degli<br />

uccelli, dei<br />

corvi, la previsione della morte, gli scongiuri, lo zodiaco; da queste e simili oblique scienze si<br />

astiene. Così<br />

essendo egli è nella regola."<br />

57. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />

spirito si procurano<br />

vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: la signatura della gemma, la signatura del bastone,<br />

la signatura del<br />

manto, la signatura della spada, la signatura della freccia, la signatura dell'arco, la signatura<br />

dello scudo, la<br />

signatura dell'uomo, la signatura della donna, la signatura del fanciullo, la signatura della<br />

fanciulla, la<br />

signatura del servo, la signatura della serva,


"a signatura dell'elefante, la signatura del cavallo, la signatura del bufalo, la signatura del toro,<br />

la signatura<br />

del bue, la signatura della capra, la signatura del cervo, la signatura del gallo, la signatura della<br />

quaglia, la<br />

signatura dell'iguana, la signatura dell'orecchione, la signatura della tartaruga, la signatura<br />

dell'antilope; da<br />

queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />

"58. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />

spirito si procurano<br />

vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: "" vi sarà una successione di re "", "" non vi sarà una<br />

successione<br />

di re "", "" vi sarà la venuta di vicini re "", "" vi sarà la dipartita di lontani re "", "" vi sarà la<br />

venuta di lontani<br />

re "", "" vi sarà la dipartita di vicini re "", "" vi sarà la vittoria di vicini re "", "" vi sarà la<br />

sconfitta di lontani<br />

re "", "" vi sarà la vittoria di lontani re "", "" vi sarà la sconfitta di vicini re "", "" vi sarà vittoria<br />

di questo "",<br />

""vi sarà sconfitta di quello""; da queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è<br />

nella regola."<br />

"59. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />

spirito si procurano<br />

vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: "" vi sarà una eclissi di luna "", "" vi sarà una eclissi<br />

di sole "", ""<br />

vi sarà una eclissi di stelle "", "" vi sarà l'ordinario corso della luna e del sole "", "" vi sarà uno<br />

straordinario<br />

corso della luna e del sole "", "" vi sarà l'ordinario corso delle stelle "", "" vi sarà uno<br />

straordinario corso<br />

delle stelle "", "" vi sarà un globo di fuoco "", "" vi sarà una luce zodiacale"", ""vi sarà un<br />

terremoto"", ""vi<br />

sarà il tamburo degli dèi (tuono) "", "" vi sarà il sorgere, il tramontare, L'offuscarsi della luna,<br />

del sole e delle<br />

stelle "", "" così sarà la conseguenza dell'eclissi di luna "", "" così sarà la conseguenza<br />

dell'eclissi di sole "",<br />

"" così sarà la conseguenza dell'eclissi di stelle "", "" così sarà la conseguenza dell'ordinario<br />

corso della luna<br />

e del sole "", "" così sarà la conseguenza dello straordinario corso della luna e del sole"", "" così<br />

sarà la<br />

conseguenza dell'ordinario corso delle stelle "", "" così sarà la conseguenza dello straordinario<br />

corso delle<br />

stelle "", "" così sarà la conseguenza di un globo di fuoco "", "" così sarà la conseguenza di una<br />

luce<br />

zodiacale "", "" così sarà la conseguenza di un terremoto "", "" così sarà la conseguenza del<br />

tamburo degli<br />

dèi "", "" così sarà la conseguenza del sorgere, tramontare, offuscarsi, schiarirsi della luna, del<br />

sole e delle<br />

stelle""; da queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />

"60. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />

spirito si procurano<br />

vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: "" vi sarà abbondante pioggia "", "" vi sarà scarsa<br />

pioggia "", "" vi


sarà abbondante raccolto "", "" vi sarà scarso raccolto "", "" vi sarà pace "", "" vi sarà<br />

agitazione"", ""vi sarà<br />

malattia"", ""non vi sarà malattia"", talismani, calcoli magici, matematica, poetare, filosofare;<br />

da queste e<br />

139<br />

simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />

"61. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />

spirito si procurano<br />

vantaggi da siffatte oblique scienze, quali: lo sposare, dar marito alle fanciulle, causare<br />

simpatia, causare<br />

antipatia, causare unione, causare disunione, causare la buona sorte, causare la mala sorte,<br />

procurare aborto,<br />

paralizzare la lingua, paralizzare la mascella, paralizzare le mani, mormorare negli orecchi,<br />

divinare collo<br />

specchio, colla fanciulla, con gli dèi, L'adorazione del sole, L'adorazione della terra, il soffiare<br />

nel fuoco,<br />

L'invocare il nome; da queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella<br />

regola."<br />

"62. Mentre vi sono asceti o brahmani che, pur nutrendosi di cibo elemosinato, con basso<br />

spirito si procurano<br />

vantaggi da siffatte oblique scienze: il placare [gli dèi], L'adempiere ai voti, le opere coi<br />

demoni della terra,<br />

procurare la virilità, procurare l'impotenza, la determinazione e la propiziazione dei riti, le<br />

abluzioni, le<br />

purificazioni, i sacrifici, L'emetico, la purga, L'acqua purgante, la purga inferiore, la purga<br />

superiore,<br />

L'unzione dell'orecchio, la medicazione del naso, il collirio, il lavaggio dell'occhio, la cura<br />

dell'occhio,<br />

L'estrazione dei dardi, la cura dei fanciulli, la cura colle radici, il somministrare [medicine], il<br />

confortare, i<br />

rimedi; da queste e simili oblique scienze si astiene. Così essendo egli è nella regola."<br />

63. E quel monaco, o gran re, perfetto nella condotta, non conosce più timore perché è<br />

controllatore della<br />

condotta Come, o gran re, un re guerriero unto nel capo, vincitore del nemico non conosce più<br />

timore perché<br />

ha vinto il nemico, proprio così, o gran re, il monaco perfetto nella condotta non conosce più<br />

timore perché è<br />

controllatore della condotta. Così costui possessore delle nobili parti della condotta,<br />

sperimenta una interna<br />

giustamente ricercata gioia. Così, o gran re, un monaco è perfetto nella condotta.<br />

"64. E come, o gran re, un monaco vigila alle porte dei sensi? Ecco, o gran re, il monaco, se con<br />

l'occhio<br />

vede una forma, lascia cadere i riflessi mentali, lascia cadere ciò che ne consegue. E siccome in<br />

colui che<br />

dimora non possedendo questo controllo della facoltà visiva, desiderio e sofferenza, cattivi<br />

non salutari<br />

elementi si introducono, egli procede a questo controllo, vigila la facoltà visiva, esegue il<br />

controllo della<br />

facoltà visiva. Se egli coll'orecchio ode un suono, lascia cadere i riflessi mentali, lascia cadere<br />

ciò che ne


consegue. E siccome in colui che dimora non possedendo questo controllo della facoltà<br />

uditiva, desiderio e<br />

sofferenza, cattivi non salutari elementi si introducono, egli procede a questo controllo, vigila<br />

la facoltà<br />

uditiva, esegue il controllo della facoltà uditiva; se col naso odora un odore, lascia cadere i<br />

riflessi mentali,<br />

lascia cadere ciò che ne consegue. E siccome in colui che dimora non possedendo questo<br />

controllo della<br />

facoltà olfattiva, desiderio e sofferenza, cattivi non salutari elementi si introducono, egli<br />

procede a questo<br />

controllo, vigila la facoltà olfattiva, esegue il controllo della facoltà olfattiva; se colla lingua<br />

gusta un sapore,<br />

lascia cadere i riflessi mentali, lascia cadere ciò che ne consegue. E siccome in colui che dimora<br />

non<br />

possedendo questo controllo della facoltà gustativa, desiderio e sofferenza, cattivi non salutari<br />

elementi si<br />

introducono, egli procede a questo controllo, vigila la facoltà gustativa, esegue il controllo<br />

della facoltà<br />

gustativa; se col corpo percepisce un contatto, lascia cadere i riflessi mentali, lascia cadere ciò<br />

che ne<br />

consegue. E siccome in colui che dimora non possedendo questo controllo della facoltà tattile,<br />

desiderio e<br />

sofferenza, cattivi non salutari elementi si introducono, egli procede a questo controllo, vigila<br />

la facoltà<br />

tattile, esegue il controllo della facoltà tattile; se colla mente è conscio di un pensiero lascia<br />

cadere i riflessi<br />

mentali, lascia cadere ciò che ne consegue. E siccome in colui che dimora non possedendo<br />

questo controllo<br />

della facoltà mentale, desiderio e sofferenza, cattivi non salutari elementi si introducono, egli<br />

procede a<br />

questo controllo, vigila la facoltà mentale, esegue il controllo della facoltà mentale."<br />

65. E come, o gran re, un monaco è possessore di vigile consapevolezza? Ecco, o gran re, un<br />

monaco è<br />

chiaro e vigilante nell'andare e nel venire, è chiaro e vigilante nel guardare e nel riguardare, è<br />

chiaro e<br />

vigilante nell'alzarsi e nel muoversi, è chiaro e vigilante nel portare il manto dell'ordine e la<br />

ciotola<br />

dell'elemosina, chiaro e vigilante nel cibarsi e nel bere, nel masticare e nel gustare, chiaro e<br />

vigilante nello<br />

svuotarsi di sterco e d'urina, chiaro e vigilante nell'andare e nello stare, nel sedersi,<br />

nell'addormentarsi, nel<br />

destarsi, nel parlare e nel rimanere in silenzio. Così, o gran re, un monaco è possessore di<br />

vigile<br />

consapevolezza.<br />

66. E come, o gran re, un monaco è soddisfatto? Ecco, o gran re, un monaco è soddisfatto del<br />

manto che<br />

140<br />

protegge il suo corpo, del cibo elemosinato che sostenta il suo ventre, e dovunque egli vada<br />

solo con sé


stesso egli va. Come, o gran re, un alato uccello, ovunque egli voli, solo col peso delle sue<br />

penne egli vola,<br />

così proprio, o gran re, un monaco è soddisfatto del manto che protegge il suo corpo, del cibo<br />

elemosinato<br />

che sostenta il suo ventre, e ovunque egli vada solo con sé stesso egli va. Così, o gran re, un<br />

monaco è<br />

soddisfatto.<br />

67. Così egli, possessore del nobile comportamento, possessore del nobile controllo dei sensi,<br />

possessore<br />

della nobile vigile consapevolezza, possessore della nobile soddisfazione, cerca una dimora<br />

appartata, una<br />

foresta, un piede di un albero, una grotta tra le rupi, una caverna di montagna, un cimitero, il<br />

mezzo della<br />

foresta, un giaciglio di strame nell'aperta pianura. Egli dopo aver mangiato, ritornato dalla<br />

elemosina, siede,<br />

piegando le incrociate gambe, drizzando l'eretto corpo, dispone di fronte a sé la sua<br />

consapevolezza.<br />

68. Egli, rigettati i desideri del mondo, dimora colla mente priva di desideri, purifica di<br />

desideri la mente.<br />

Egli, rigettato l'astio, dimora con un animo privo di malevolenza, verso tutti gli esseri viventi<br />

amico e<br />

compassionevole, purifica la mente da astiosità. Egli, rigettati ignavia e torpore, dimora con<br />

coscienza chiara,<br />

consapevole e attenta, purifica la mente da ignavo torpore. Egli, rigettato il turbine dell'ira,<br />

dimora con non<br />

orgogliosa calma, colla mente interiormente calmata, purifica la mente dal turbine dell'ira.<br />

Egli, rigettato il<br />

dubbio, dimora libero dal dubbio, non incerto sulle cose salutari, purifica la mente dal dubbio.<br />

"69. Proprio come, o gran re, un uomo già carico di debiti, i suoi affari continuando, i suoi<br />

affari prosperando<br />

e le vecchie radici dei debiti e questi estinguesse, sicché a lui restasse più di quanto gli<br />

occorre, a lui così<br />

sarebbe: "" io dunque prima ero oppresso dai debiti, continuando i miei affari, gli affari<br />

prosperano e le<br />

vecchie radici dei debiti e questi ho abolito, sì che a me resta più di quanto mi occorra"". Egli<br />

in conseguenza<br />

di ciò acquisterebbe letizia, avrebbe piacere."<br />

"70. Proprio come, o gran re, un uomo colpito da malattia fosse dolente, affranto, non<br />

provasse piacere al<br />

cibo, il suo corpo non avesse più forza; egli poi, guarito dalla malattia, avesse di nuovo piacere<br />

di prendere<br />

cibo ed il corpo incominciasse a riacquistare in forza. A lui così sarebbe: "" io prima ero<br />

ammalato, dolente,<br />

affranto, non provavo piacere al cibo, il mio corpo non aveva più forza; ora sono guarito dal<br />

male, riprovo<br />

piacere al cibo, il corpo si rinforza"". Egli in conseguenza di ciò acquisterebbe letizia, avrebbe<br />

piacere."<br />

71. Proprio come, o gran re, un uomo fosse imprigionato, legato, ed in séguito venutosi a<br />

liberare dai ceppi,<br />

sicuramente libero, non potesse più perdere questo vantaggio.


"A lui così sarebbe: "" io prima ero imprigionato, legato, ora sono libero dai ceppi, sicuramente<br />

libero, e più<br />

da me non può essere perso questo vantaggio"". Egli in conseguenza di ciò acquisterebbe<br />

letizia, avrebbe<br />

piacere."<br />

"72. Proprio come, o gran re, un uomo fosse schiavo, non da sé dipendendo, da altri<br />

dipendendo, non libero<br />

di andare dove vuole, ed in séguito, libero dalla schiavitù, da sé dipendendo, non da altri<br />

dipendendo, fosse<br />

libero di andare dove vuole. A lui così sarebbe: "" io prima ero schiavo, non dipendevo da me,<br />

dipendevo da<br />

altri, non andavo dove volevo, ora invece non sono più schiavo, ma libero, da me dipendo, non<br />

da altri<br />

dipendo, sono padrone di andare dove voglio"". Egli in conseguenza di ciò acquisterebbe<br />

letizia, avrebbe<br />

piacere."<br />

"73. Proprio come, o gran re, vi fosse un uomo che, recando seco un tesoro, percorresse una<br />

pericolosa strada<br />

piena di insidie e di terrori, ma poi, fuori di pericolo, raggiungesse i dintorni di un villaggio<br />

tranquillo senza<br />

terrore. A lui così sarebbe: "" io prima, recando meco un tesoro, percorrevo una strada<br />

pericolosa, piena di<br />

insidie, di terrori; ora io sono uscito dal pericolo, sicuramente ho raggiunto i dintorni di un<br />

villaggio<br />

tranquillo, privo di terrore"". Egli in conseguenza di ciò acquisterebbe letizia, avrebbe<br />

piacere."<br />

74. Proprio così, o gran re, il monaco quasi un debito, quasi una malattia, quasi il carcere,<br />

quasi la schiavitù,<br />

quasi una strada pericolosa, questi cinque impedimenti non ancora superati in sé riconosce<br />

dapprima. Poi, o<br />

gran re, come liberazione dai debiti, come guarigione da malattia, come liberazione dal<br />

carcere, come libertà<br />

da servitù, come superamento del pericolo, questi impedimenti superati, in sé riconosce.<br />

75. In lui, che riconosce di avere in sé superati i cinque impedimenti, nasce letizia, dalla letizia<br />

nasce<br />

beatitudine, con la mente beata il corpo si calma, il corpo calmato sperimenta gioia, la mente<br />

gioiosa si<br />

141<br />

concentra. Egli così lungi da brame, lungi da elementi non salutari, raggiunta con vitakka e con<br />

vicara, la<br />

nata da distacco beata gioia, prima esperienza, dimora. Ed egli questo corpo di nata da<br />

distacco beata gioia<br />

empie, colma, permea ed intride, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga<br />

imbevuta di nata da<br />

distacco beata gioia.<br />

76. E come, o gran re, un abile bagnino, o garzone di bagnino, in una conca di bronzo<br />

intridesse polvere da<br />

bagno spruzzandola d'acqua profumata, la mescolasse sì che la saponata profumata, intrisa di<br />

profumo entro


e fuori, fosse pervasa di profumo e non gocciolasse, così, o gran re, un monaco questo corpo<br />

empie, colma,<br />

permea ed intride di nata di distacco beata gioia, sì che la non pur minima parte del corpo non<br />

rimanga<br />

imbevuta di nata di distacco beata gioia.<br />

Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo ed altissimo.<br />

77. Ed inoltre ancora, o gran re, un monaco, superando vitakka e vicara, raggiunta l'interna<br />

tranquillità della<br />

mente, l'unità dell'essere, la priva di vitakka, priva di vicara, nata di concentrazione beata<br />

gioia, seconda<br />

esperienza, dimora. Ed egli questo corpo di nata da concentrazione beata gioia empie, colma,<br />

permea ed<br />

intride, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga imbevuta di nata di<br />

concentrazione beata gioia.<br />

78. E come, o gran re, vi fosse un lago di acqua sorgiva in cui né dalla regione di levante, né<br />

dalla regione di<br />

ponente, né dalla regione di mezzanotte, né dalla regione di mezzodì sfociasse dell'acqua, né<br />

mai dal cielo<br />

cadesse scroscio di pioggia, ma in quel lago fresca acqua sgorgasse da una sorgente, sì che il<br />

lago di fresca<br />

acqua sorgente fosse pieno, colmo, pervaso, intriso, sì che la non pur minima parte del lago<br />

non rimanesse<br />

imbevuta di fresca acqua, così, o gran re, un monaco questo corpo, empie, colma, permea ed<br />

intride di nata di<br />

concentrazione beata gioia, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga imbevuta di<br />

nata da<br />

concentrazione beata di gioia.<br />

Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo ed altissimo.<br />

"79. Ed inoltre ancora, o gran re, un monaco superata la beatitudine, in assenza di ogni<br />

eccitamento,<br />

equanime, chiaro, consapevole dimora e sperimenta col corpo quella gioia di cui i nobili<br />

dicono:<br />

""l'equanime consapevole dimora gioioso"", terza esperienza raggiunta, dimora. Ed egli questo<br />

corpo di<br />

sbeatificata gioia, empie, colma, permea ed intride, sì che la non pur minima parte del corpo<br />

non rimanga<br />

imbevuta di beatificata gioia."<br />

80. E come, o gran re, vi fossero dei fiori di loto celesti, rossi, bianchi, ed alcuni di questi fiori<br />

di loto celesti,<br />

rossi, bianchi, nati dall'acqua, cresciuti nell'acqua, sbocciati nell'acqua, in questa vivono e le<br />

loro radici, le<br />

loro sommità di fresca acqua sono ripiene, colme, permeate ed intrise, sì che la non pur<br />

minima parte dei<br />

fiori di loto celesti, rossi, bianchi non rimane imbevuta di fresca acqua, così, o gran re, un<br />

monaco questo<br />

corpo di sbeatificata gioia empie, colma, permea ed intride, sì che la non pur minima parte del<br />

corpo non<br />

rimanga imbevuta di sbeatificata gioia.


Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i<br />

migliori frutti dell'ascesi eccellentissimo ed altissimo. I<br />

81. Ed inoltre ancora, o gran re, un monaco superando la gioia, superando il dolore,<br />

purificandosi da<br />

precedente piacere e sofferenza, raggiunta la priva di dolore, priva di gioia, equanime,<br />

consapevole, perfetta<br />

quarta esperienza, dimora. Ed egli posa ricoprendo questo corpo con la mente perfetta,<br />

trasparente, sè che la<br />

non pur minima parte del corpo non rimanga ricoperta dalla mente perfetta, trasparente.<br />

82. E come, o gran re, un uomo seduto si copre di una chiara veste, sì che nessuna parte del<br />

suo corpo non<br />

rimanga ricoperta dalla chiara veste, così, o gran re, un monaco posa ricoprendo questo corpo<br />

con la mente<br />

perfetta, trasparente, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga ricoperta dalla<br />

mente perfetta,<br />

trasparente.<br />

Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo ed altissimo.<br />

"83. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />

resti di<br />

combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />

rivolge al chiaro<br />

sapere. Egli così realizza: "" questo è il mio corpo, formato dai quattro grandi elementi, nato<br />

da padre e<br />

madre, nutrito di cibo, soggetto alla legge di impermanenza, decadimento, dissoluzione,<br />

distruzione,<br />

142<br />

annientamento. Questo è vinnana qui in me localizzato, in me limitato ""."<br />

"E come, o gran re, vi fosse un gioiello, una pietra preziosa, bellissima, eccellente, a otto facce,<br />

ben lavorata,<br />

chiara, trasparente, senza macchie, dotata di piena perfezione, e in lei un filo che l'attraversa o<br />

azzurro, o<br />

giallo, o rosso, o bianco, o verde, ed un uomo vi fosse di chiara vista che, presala in mano, la<br />

contemplasse:<br />

"" questo è un gioiello, una pietra preziosa, bellissima, eccellente, a otto facce, ben lavorata,<br />

chiara,<br />

trasparente, senza macchie, dotata di piena perfezione ed in lei vi è un filo che l'attraversa o<br />

azzurro, o giallo,<br />

o rosso, o bianco, o verde"", così, o gran re, un monaco, essendo nella mente raccolta, perfetta,<br />

trasparente,<br />

non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante,<br />

raggiungente<br />

l'impassibilità, la drizza, la rivolge al chiaro sapere. Egli così realizza: "" questo è il mio corpo,<br />

formato dai<br />

quattro grandi elementi, nato da padre e madre, nutrito di cibo, soggetto alla legge di<br />

impermanenza,<br />

decadimento, dissoluzione, distruzione, annientamento. Questo è vinnana qui in me<br />

localizzato, in me<br />

limitato ""."


Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo ed altissimo.<br />

85. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />

resti di<br />

combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />

rivolge a<br />

costruire un corpo costituito di pensiero: egli cioè dal corpo ne costruisce un altro formale,<br />

costituito di<br />

pensiero, con ogni singolo membro, con facoltà sensorie supernormali.<br />

"86. E come, o gran re, un uomo da una canna di sakkara munja traesse il midollo. A lui così<br />

sarebbe:<br />

""questo è il munja, questo è il midollo, altro il munja, altro il midollo, dalla munja ho tratto il<br />

midollo"". Ed<br />

inoltre come, o gran re, un uomo traesse dal fodero una spada. Così a lui sarebbe: "" questa è<br />

la spada, questo<br />

è il fodero, altra la spada, altro il fodero, dal fodero ho tratta la spada"". Ed inoltre come, o<br />

gran re, un uomo<br />

da un cesto traesse un serpente. Così a lui sarebbe: "" questo è il serpente, questo è il cesto,<br />

altro è il serpente,<br />

altro è il cesto, dal cesto ho tratto il serpente "". Così, o gran re, un monaco essendo nella<br />

mente raccolta,<br />

perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, forgiabile,<br />

non oscillante,<br />

raggiungente l'impassibilità, la drizza e rivolge a costruire un corpo costituito di pensiero; egli<br />

cioè da questo<br />

corpo ne costruisce un altro formale, costituito di pensiero, con ogni singolo membro, con"<br />

facoltà sensorie supernormali.<br />

"87. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />

resti di<br />

combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />

rivolge alla<br />

varietà dei poteri. Egli realizza quel potere di apparire diverso: uno essendo egli [appare]<br />

molteplice,<br />

molteplice essendo egli [appare] uno; di essere trasferibile su altri piani di esistenza, o<br />

attraverso muri,<br />

ostacoli, montagne: spedito passa attraverso la terra come attraverso l'aria, ascende e<br />

discende nella terra<br />

come nell'acqua, spedito cammina sull'acqua come sulla terra, nel cielo colle sue gambe<br />

passeggia come un<br />

volante uccello, e la luna ed il sole, pur così potenti e così eccellenti egli accarezza e tocca colla<br />

palma della<br />

sua mano, e sino nel mondo di Brahma dispone del suo corpo."<br />

"88. E come, o grande, un abile vasaio, o garzone di vasaio, avendo ben preparata l'argilla,<br />

proprio quel<br />

particolare vaso che progetta, così quello fa e crea; inoltre come, o gran re, un abile scultore in<br />

avorio, o<br />

garzone di scultore in avorio, avendo ben preparato l'avorio, quella particolare scultura che<br />

progetta, proprio<br />

quella fa e crea; inoltre come, o gran re, un abile orefice, o garzone d'orefice, avendo ben<br />

preparato l'oro,


quel particolare gioiello progettato proprio quello fa e crea, così, o gran re, un monaco<br />

essendo nella mente<br />

raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile,<br />

forgiabile, non<br />

oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la rivolge alla varietà dei poteri. Egli realizza<br />

quel potere di<br />

apparire diverso: uno secondo egli [appare] molteplice, molteplice essendo egli [appare] uno;<br />

di essere<br />

trasferibile in altri piani di esistenza, o attraverso muri, ostacoli e montagne: spedito passa<br />

attraverso la terra<br />

come attraverso l'aria, ascende e discende nella terra come nell'acqua, spedito cammina<br />

sull'acqua come sulla<br />

terra, nel cielo colle sue gambe passeggia come un volante uccello, e la luna ed il sole, pur così<br />

potenti e così<br />

eccellenti, egli accarezza e tocca colla palma della sua mano, e sino nel mondo di Brahma<br />

dispone del suo<br />

corpo."<br />

143<br />

Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo, altissimo.<br />

89. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />

resti di<br />

combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza e la<br />

rivolge<br />

all'organo dell'udito divino. Egli coll'organo dell'udito divino, eccelso, sovrumano, entrambe le<br />

voci ascolta,<br />

divine ed umane, remote e vicine.<br />

"90. Come, o gran re, un uomo percorrendo una grande strada udisse suoni di tamburi, suoni<br />

di crotali, suoni<br />

di trombe, suoni di cimbali, suoni di timpani, a lui così sarebbe: ""questo è il suono del<br />

tamburo"", "" questo<br />

è il suono del crotalo"", "" questo è il suono della tromba"", "" questo è il suono del cimbalo "",<br />

"" questo è il<br />

suono del timpano "", così, o gran re, un monaco essendo nella mente raccolta, perfetta,<br />

trasparente, non<br />

affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante,<br />

raggiungente<br />

l'impassibilità, la drizza e la rivolge all'organo dell'udito divino. Egli coll'organo dell'udito<br />

divino, eccelso,<br />

sovrumano, entrambe le voci ascolta, divine ed umane, remote e viene."<br />

Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo, altissimo.<br />

91. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />

resti di<br />

combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza e la<br />

rivolge<br />

all'interiore conoscenza delle menti. Egli realizza ciò che è nella mente di altre persone, di altri<br />

esseri:<br />

la mente bramosa come mente bramosa realizza, la mente non bramosa come mente non<br />

bramosa realizza,


la mente astiosa come mente astiosa realizza,<br />

la mente non astiosa come mente non astiosa realizza,<br />

la mente fatua come mente fatua realizza,<br />

la mente non fatua come mente non fatua realizza,<br />

la mente casta come mente casta realizza,<br />

la mente non casta come mente non casta realizza,<br />

la mente magnanima come mente magnanima realizza,<br />

la mente non magnanima come mente non magnanima realmente superiore come mente<br />

superiore realizza,<br />

[lizza,<br />

la mente non superiore come mente non superiore realizza,<br />

la mente attenta come mente attenta realizza,<br />

la mente non attenta come mente non attenta realizza,<br />

la mente libera come mente libera realizza,<br />

la mente non libera come mente non libera realizza.<br />

"92. E come, o gran re, una donna, od un uomo, od un fanciullo, od un giovane, amanti della<br />

propria bellezza<br />

in uno specchio purissimo, chiarissimo, trasparente, o in un vaso d'acqua il volto riflesso<br />

considerando, con<br />

un neo sa di avere un neo, senza neo sa di essere senza neo; così, o gran re, un monaco<br />

essendo nella mente<br />

raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile,<br />

forgiabile, non<br />

oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza e la rivolge all'interiore conoscenza delle<br />

menti. Egli<br />

realizza ciò che è nella mente di altre persone, di altri esseri: la mente bramosa come mente<br />

bramosa<br />

realizza,"<br />

la mente non bramosa come mente non bramosa realizza, la mente astiosa come mente<br />

astiosa realizza,<br />

la mente non astiosa come mente non astiosa realizza, la mente fatua come mente fatua<br />

realizza,<br />

la mente non fatua come mente non fatua realizza, la mente casta come mente casta realizza,<br />

la mente non casta come mente non casta realizza, la mente magnanima come mente<br />

magnanima realizza, la<br />

mente non magnanima come mente non magnanima realmente superiore come mente<br />

superiore realizza,<br />

[lizza,<br />

la mente non superiore come mente non superiore realizza, la mente attenta come mente<br />

attenta realizza,<br />

la mente non attenta come mente non attenta realizza, la mente libera come mente libera<br />

realizza,<br />

la mente non libera come mente non libera realizza.<br />

Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo, altissimo.<br />

144<br />

"93. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />

resti di<br />

combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />

rivolge


all'intelligenza di sorgente consapevolezza di anteriori forme di esistenza. A lui sorge<br />

consapevolezza di<br />

molte anteriori esistenze, come di un'esistenza, come di delle esistenze, di tre, di quattro, di<br />

cinque, di dieci,<br />

di venti, di trenta, di quaranta, di cinquanta, di cento esistenze, di mille esistenze, di centomila<br />

esistenze,<br />

delle esistenze durante epoche di molte formazioni di mondi, epoche di molte trasformazioni<br />

di mondi,<br />

epoche di molte formazioni e trasformazioni di mondi: "" in questo luogo, questo nome questa<br />

famiglia,<br />

questo stato, questa gioia e dolore sperimentati questa la fine della vita, e quanto qui sorse di<br />

qui trapassò. In<br />

quel luogo, quel nome, quella famiglia, quello Stato, quella gioia e dolore sperimentati, quella<br />

la fine della<br />

vita, e quanto là sorse di là trapassò"". Così a lui sorge consapevolezza di molte precedenti<br />

esistenze nelle<br />

loro caratteristiche, nelle loro circostanze."<br />

"94. E come, o gran re, un uomo andasse dal suo ad un altro villaggio, e da questo ad un altro<br />

ancora, e da<br />

quest'ultimo ritornasse al suo. Allora a lui così sarebbe: "" io andai dal mio villaggio ad un<br />

altro villaggio, là<br />

così sono stato, così mi sono seduto, così ho parlato, così ho taciuto, da quello poi sono andato<br />

in un altro<br />

villaggio, in quell'altro così sono stato, così mi son seduto, così ho parlato, così ho taciuto, e da<br />

quest'ultimo<br />

villaggio così sono tornato nel mio ""; così, o gran re, un monaco, essendo nella mente raccolta,<br />

perfetta,<br />

trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, non oscillante,<br />

raggiungente<br />

l'impossibilità, la drizza, la rivolge a riconoscere la sorgente consapevolezza di anteriori forme<br />

di esistenza.<br />

A lui sorge consapevolezza di molte precedenti esistenze, come di un'esistenza, come di due<br />

esistenze, di tre,<br />

di quattro, di cinque, di dieci, di venti, di trenta, di quaranta, di cinquanta esistenze, di cento<br />

esistenze, di<br />

mille esistenze, di centomila esistenze, delle esistenze durante epoche di molte formazioni di<br />

mondi, epoche<br />

di molte trasformazioni di mondi, epoche di molte formazioni e trasformazioni di mondi: "" in<br />

questo luogo,<br />

questo nome, questa famiglia, questo stato, questa gioia e dolore sperimentati, questa la fine<br />

della vita, e<br />

quanto qui sorse di qui trapassò, In quel luogo, quel nome, quella famiglia, quello stato, quella<br />

gioia e dolore<br />

sperimentati, quella la fine della vita, e quanto là sorse di là trapassò"". Così a lui sorge<br />

consapevolezza di<br />

molte precedenti esistenze nelle loro caratteristiche, nelle loro circostanze."<br />

Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo, altissimo.<br />

"95. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />

resti di


combustioni, ! malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />

rivolge<br />

all'intelligenza del trapassare e del risorgere degli esseri. Egli, col divino occhio rischiarato,<br />

vede gli esseri<br />

divini ed umani trapassanti e sorgenti in basso, in alto, belli, brutti, felici, infelici, e come<br />

secondo le opere<br />

gli esseri riappaiono, realizza: "" Questi cari esseri sono seguaci di un non retto<br />

comportamento nelle opere,<br />

sono seguaci di un non retto comportamento nelle parole, sono seguaci di un non retto<br />

comportamento nei<br />

pensieri, disprezzano le cose nobili, stimano il cattivo, ed il cattivo stimato attuano colle opere.<br />

Essi, colla<br />

dissoluzione del corpo, dopo la morte, vanno così su cattiva strada, in cattive condizioni, in<br />

rovina. Questi<br />

cari esseri invece sono seguaci di un retto comportamento nelle opere, sono seguaci di un<br />

retto<br />

comportamento nelle parole, sono seguaci di un retto comportamento nei pensieri, non<br />

disprezzano ciò che è<br />

nobile, stimano il buono, ed il buono stimato attuano colle opere. Essi, colla dissoluzione del<br />

corpo, dopo la<br />

morte, felicemente risorgono in mondo beato"". Così col divino occhio rischiarato vede gli<br />

esseri divini ed<br />

umani trapassanti e risorgenti in alto, in basso, belli, brutti, felici, infelici, e come secondo le<br />

opere sempre<br />

gli esseri riappaiono realizza."<br />

"96. E come, o gran re, in mezzo ad una piazza vi fosse un terrazzo e quivi un uomo di buona<br />

vista vedesse<br />

gli uomini che nelle case entrano ed escono, per la via carreggiabile si avviano, o sostano in<br />

mezzo alla<br />

piazza, a lui così sarebbe: "" Questi uomini entrano ed escono di casa, per la via carreggiabile<br />

si avviano, o<br />

sostano in mezzo alla piazza""; così, o gran re, un monaco nella mente raccolta, perfetta,<br />

trasparente, non<br />

affetta da scorie, senza resti di combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante,<br />

raggiungente<br />

l'impassibilità, la drizza, la rivolge all'intelligenza del trapassare e del risorgere degli esseri.<br />

Egli, col divino<br />

occhio rischiarato, vede gli esseri divini ed umani trapassanti e sorgenti in basso, in alto, belli,<br />

brutti, felici,<br />

145<br />

infelici, e come secondo le opere gli esseri riappaiono realizza: "" Questi cari esseri sono<br />

seguaci di un non<br />

retto comportamento nelle opere, sono seguaci di un non retto comportamento nelle parole,<br />

sono seguaci di"<br />

"un non retto comportamento nei pensieri, disprezzano le cose nobili, stimano il cattivo, ed il<br />

cattivo stimato<br />

attuano con le opere. Essi, colla dissoluzione del corpo, dopo la morte, vanno così su cattiva<br />

strada, in cattive<br />

condizioni, in rovina. Questi cari esseri invece sono seguaci di un retto comportamento nelle<br />

opere, sono


seguaci di un retto comportamento nelle parole, sono seguaci di un retto comportamento nei<br />

pensieri, non<br />

disprezzano ciò che è nobile, stimano il buono, ed il buono stimato attuano colle opere. Essi,<br />

colla<br />

dissoluzione del corpo, dopo la morte, felicemente risorgono in mondo beato "". Così, col<br />

divino occhio<br />

rischiarato vede gli esseri divini ed umani trapassanti e risorgenti in alto, in basso, belli, brutti,<br />

felici, infelici,<br />

e come secondo le opere sempre gli esseri riappaiono realizza."<br />

Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo, altissimo.<br />

"97. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />

resti di<br />

combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />

rivolge<br />

all'intelligenza distruggitrice degli asava. Egli: "" Ecco il dolore "" così secondo realtà realizza.<br />

"" Questa<br />

l'origine del dolore "" secondo realtà realizza. "" Questa la fine del dolore"" secondo realtà<br />

realizza. ""Questa<br />

la via che mena alla fine del dolore"" secondo realtà realizza. "" Questi gli asava "" secondo<br />

realtà realizza.<br />

""Questa l'origine degli asava"" secondo realtà realizza. ""Questa la, fine degli asava "" secondo<br />

realtà<br />

realizza. "" Questa la via che mena alla fine degli asava "" secondo realtà realizza. Ed a lui, I che<br />

così sa, così<br />

vede, la mente si libera dall'asava del desiderio, si libera dall'asava dell'essere, si libera<br />

dall'asava del<br />

l'ignoranza. "" Nel redento è la redenzione "" in lui sorge questa intelligenza. "" Esausta la vita,<br />

estinta la<br />

condizione di purezza, fatto ciò che era da fare, non esiste altro stato condizionato"" realizza<br />

allora."<br />

"98. E come, o gran re, vi fosse un lago tra i monti trasparente, limpido, chiaro ed un uomo di<br />

buona vista<br />

fermo sulla sponda vedesse ostriche e conchiglie, cristalli e ghiaia, frotte di pesci che vanno e<br />

che stanno, a<br />

lui così sarebbe: "" Questo è un lago tra i monti trasparente, limpido, chiaro e quivi sono<br />

ostriche e<br />

conchiglie, cristalli e ghiaia e frotte di pesci che vanno e che stanno""; così, o gran re, un<br />

monaco essendo<br />

nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza resti di combustioni,<br />

malleabile,<br />

forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la rivolge all'intelligenza<br />

distruttrice degli<br />

asava. Egli: "" Ecco il dolore "" così secondo realtà realizza. "" Questa è l'origine del dolore ""<br />

secondo realtà<br />

realizza. "" Questa la fine del dolore "" secondo realtà realizza. "" Questa la via che mena alla<br />

fine del dolore<br />

"" secondo realtà realizza. "" Questi gli asava "" secondo realtà realizza. "" Questa l'origine<br />

degli asava ""


secondo realtà realizza. "" Questa la fine degli asava secondo realtà realizza. "" Questa la via<br />

che mena alla<br />

fine degli asava "" secondo realtà realizza. Ed a lui che così sa, che così vede la mente libera<br />

dall'asava del<br />

desiderio, si libera dall'asava dell'essere, si libera dall'asava dell'ignoranza. "" Nel redento è la<br />

redenzione ""<br />

in lui sorge questa intelligenza. "" Esausta la vita, estinta la condizione di purezza, fatto ciò che<br />

era da fare,<br />

non esiste altro stato condizionato "" realizza allora."<br />

Questo è, o gran re, un visibile frutto dell'ascesi, e tra i migliori frutti dell'ascesi<br />

eccellentissimo, altissimo.<br />

"Di questi, o gran re, visibili frutti dell'ascesi, un altro visibile frutto dell'ascesi più alto, più<br />

eccelso non vi è<br />

""."<br />

"99. Così essendo stato detto il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta disse al Sublime così: ""<br />

È<br />

meraviglioso, o signore, è meraviglioso, o signore, come si raddrizzasse ciò che era rovesciato,<br />

si scoprisse<br />

ciò che era coperto, ad uno smarrito si mostrasse la strada, si portasse nel buio una lampada,<br />

chi ha gli occhi<br />

vedrà le forme, così dal Sublime con più di un argomento è stata esposta la Dottrina. Ed ecco, o<br />

signore, io<br />

prendo rifugio presso il Sublime, prendo rifugio presso la dottrina e l'Ordine dei monaci. Me<br />

fedele seguace<br />

voglia il Sublime accogliere prendente da oggi rifugio per la vita. Un errore mi vinse, o signore,<br />

come uno<br />

stolto, come un folle, come un insensato. Per desiderio di potere privai della vita il padre,<br />

giusto, legittimo re.<br />

Questo mio errore, o signore, accetti il Sublime in vista di futuro controllo ""."<br />

"100. ""Orsù, o gran re, un errore ti vinse come uno stolto, come un folle, come un insensato:<br />

tu per desiderio<br />

di potere I privasti della vita il padre, giusto, legittimo re. E perciò tu, o gran re, compisti un<br />

errore, un<br />

146<br />

duplice errore secondo la, dottrina e questo io accetto. Vi è miglioramento, o gran re, nella<br />

norma dei nobili a<br />

chi, pur avendo errato di un duplice errore, secondo la Dottrina, nel futuro si controllerà ""."<br />

101. Così essendo stato detto il re del Magadha Ajatasattu<br />

"Vedehiputta disse al Sublime così: "" Ora è tempo, o signore, che io vada. Molti affari, molte<br />

incombenze ci<br />

attendono ""."<br />

Questo è il tempo, o gran re, a cui tu pensi .<br />

Allora il re del Magadha Ajatasattu Vedehiputta rallegrato, rasserenato dalle parole del<br />

Sublime sorse da<br />

sedere, avendo salutato il Sublime, girando sulla destra se ne andò.<br />

"102. Allora il Sublime, dopo la partenza del re del Majgadha Ajatasattu Vedehiputta, si rivolse<br />

ai monaci: ""<br />

Stroncato, o monaci, è il re, contaminato, o monaci, è il re. Se il re, o monaci, non avesse<br />

privato della vita il


padre, giusto, legittimo re, libero da passione, senza macchia, su questo stesso sedile gli si<br />

sarebbe dischiuso<br />

l'occhio della Dottrina "" ."<br />

Così disse il Sublime, contenti i monaci si rallegrarono I alla parola del Sublime.<br />

SAMANNA PHALA SUTTA<br />

FINE<br />

(Traduzione di Eugenio Frola)<br />

KEVADDHASUTTA<br />

(KEVADDI LA IL FIGLIO DI FAMIGLIA)<br />

Così ho sentito<br />

" 1. Un tempo il Sublime dimorava a Nalanda nel bosco di manghi del mercante di vesti. Allora<br />

Kevaddha<br />

figlio di famiglia, si diresse là dove era il Sublime; accostatosi, salutato il Sublime, gli sedette<br />

accanto.<br />

Accanto seduto Kevaddha figlio di famiglia così disse al Sublime:"<br />

Nalanda, o signore, prosperosa, opulenta, molto popolata, densa di abitanti è devota al<br />

Sublime. Voglia il<br />

Sublime, o signore, ben ammaestrare un monaco che possa compiere cose sovrumane,<br />

meravigliosi miracoli,<br />

e così proprio Nalanda sarà ancor più devota al Sublime.<br />

"Così essendo stato detto il Sublime disse a Kevaddha figlio di famiglia così: ""Non così, o<br />

Kevaddha, io<br />

espongo la Dottrina: "" andate voi, o monaci, presso il laico bianco vestito e compite cose<br />

sovrumane,<br />

meravigliosi miracoli "" ""."<br />

"2. Per la seconda volta Kevaddha figlio di famiglia disse al Sublime così: "" Io non vorrei<br />

molestare il<br />

Sublime, però così dico: Nalanda, o signore, prosperosa, opulenta, molto popolata, densa di<br />

abitanti è devota<br />

al Sublime. Voglia il Sublime, o signore, ben ammaestrare un monaco che possa compiere cose<br />

sovrumane,<br />

meravigliosi miracoli, e così proprio Nalanda sarà ancor più devota al Sublime o."<br />

Per la seconda volta il Sublime disse a Kevaddha figlio di famiglia così:<br />

" Non così, o Kevaddha, io espongo la Dottrina: andate voi, o monaci, presso il laico bianco<br />

vestito e<br />

compite cose sovrumane, meravigliosi miracoli """<br />

"3. Per la terza volta Kevaddha figlio di famiglia disse al Sublime così: "" Io non vorrei<br />

molestare il Sublime,<br />

però così dico: Nalanda, o signore, prosperosa, opulenta, molto popolata, densa di abitanti è<br />

devota al<br />

Sublime. Voglia il Sublime, o signore, ben ammaestrare un monaco che possa compiere cose<br />

sovrumane,<br />

meravigliosi miracoli, e così proprio Nalanda sarà ancor più devota al Sublime ""."<br />

147<br />

Questi tre elementi straordinari sono stati da me stesso realizzati, posseduti, resi noti: i poteri<br />

sovranormali,<br />

la penetrazione sovranormale dell'altrui mente e l'insegnamento sovranormale.<br />

"4. Qual è, o Kevaddha, il potere sovranormale? Ecco, o Kevaddha, un monaco realizza quel<br />

potere di


apparire diverso: uno essendo egli appare molteplice, molteplice essendo egli appare uno; è<br />

trasferibile su<br />

altri piani di esistenza, attraverso muri, ostacoli, montagne; non impedito cammina,<br />

attraverso la terra come<br />

attraverso l'aria, ascende e discende nella terra come nell'acqua; spedito cammina sull'acqua<br />

come sulla terra;<br />

nel cielo colle sue gambe passeggia come un volante uccello, e il sole e la luna così potenti, così<br />

eccellenti<br />

accarezza e tocca col palmo della sua mano, e sino nel mondo di Brahma dispone del suo<br />

corpo. E se un tale<br />

assiste fiducioso e vede quel monaco che realizza il potere di apparire diverso: che uno<br />

essendo egli appaia<br />

molteplice, molteplice essendo appaia uno; di essere trasferibile su altri piani di esistenza,<br />

attraverso muri,<br />

ostacoli, montagne; che non impedito cammini attraverso la terra come attraverso l'aria,<br />

ascenda e discenda<br />

nella terra come nell'acqua; che spedito cammini sull'acqua come sulla terra; che nel cielo<br />

colle sue gambe<br />

passeggi come un volante uccello, e il sole e la luna così potenti, così eccellenti accarezzi e<br />

tocchi col palmo"<br />

della sua mano, e sino nel mondo di Brahma disponga del suo corpo.<br />

"5. E se quel tale che assistette fiducioso dice ad un altro che non assistette e non è fiducioso:<br />

"" È<br />

meraviglioso, o signore, è straordinario, o signore, il grande potere, la grande eccellenza di un<br />

asceta. Io<br />

stesso vidi un monaco che realizza il potere di apparire diverso: uno essendo egli appare<br />

molteplice,<br />

molteplice essendo egli appare uno; che è trasferibile su altri piani di esistenza, attraverso<br />

muri, ostacoli,<br />

montagne; che non impedito cammina attraverso la terra come attraverso l'aria, ascende e<br />

discende nella terra<br />

come nell'acqua; che spedito cammina sull'acqua come sulla terra; che nel cielo colle sue<br />

gambe passeggia<br />

come un volante uccello, e il sole e la luna così potenti, così eccellenti accarezza e tocca col<br />

palmo della sua<br />

mano, e sino nel mondo di Brahma dispone del suo corpo"". Allora colui che non ha assistito e<br />

non è<br />

fiducioso così potrebbe dire a colui che ha assistito fiducioso: ""Questo è certamente un<br />

incanto di Gandhari,<br />

per questo quel monaco realizza quel potere di apparire diverso: uno essendo egli appare<br />

molteplice,<br />

molteplice essendo egli appare uno; è trasferibile su altri piani di esistenza, attraverso muri,<br />

ostacoli,<br />

montagne; non impedito cammina, attraverso la terra come attraverso l'aria, ascende e<br />

discende nella terra<br />

come nell'acqua; spedito cammina sull'acqua come sulla terra; nel cielo colle sue gambe<br />

passeggia come un<br />

volante uccello e il sole e la luna così potenti, così eccellenti accarezza e tocca col palmo della<br />

sua mano, e


sino nel mondo di Brahma dispone del suo corpo "". Che tu pensi, o Kevaddha ? Forse che colui<br />

che non ha<br />

assistito e non è fiducioso non direbbe così a colui che fiducioso ha assistito?""."<br />

" ""Così direbbe, o signore ""."<br />

E vedendo questo pericolo, o Kevaddha, del potere supernormale io non sono propenso, non<br />

sono disposto,<br />

non sono favorevole al potere sovranormale.<br />

"6. Qual è, o Kevaddha, la penetrazione sovranormale dell'altrui mente? Ecco, o Kevaddha, un<br />

monaco<br />

penetra la mente di altri esseri, di altre persone, penetra quanto appartiene alla mente,<br />

penetra il<br />

ragionamento, penetra le considerazioni: "" così è quel pensiero, così è quel pensiero, proprio<br />

in quella<br />

mente"". Ed ecco un tale assiste fiducioso e vede quel monaco che realizza il potere di<br />

penetrare le menti di<br />

altri esseri, di altre persone, che penetra quanto appartiene alla mente, penetra il<br />

ragionamento, penetra le<br />

considerazioni: "" così è quel pensiero, così è quel pensiero, proprio in quella mente ""."<br />

"7. E se quel tale che assistette fiducioso dice ad un altro, che non assistette e non è fiducioso:<br />

""È<br />

meraviglioso, o signore, è straordinario, o signore, il grande potere, la grande eccellenza di un<br />

asceta. Io<br />

stesso vidi un monaco che penetra la mente di altri esseri, di altre persone, penetra quanto<br />

appartiene alla<br />

mente, penetra il ragionamento, penetra le considerazioni: ' così è quel pensiero, così è quel<br />

pensiero, proprio<br />

in quella mente'"". Allora colui che non ha assistito e non è fiducioso così potrebbe dire a colui<br />

che ha<br />

assistito fiducioso: "" Questo è certamente un incanto Manika, per questo quel monaco<br />

penetra la mente di<br />

altri esseri, di altre persone, penetra quanto appartiene alla mente, penetra il ragionamento,<br />

penetra le<br />

considerazioni: ' così è quel pensiero, così quel pensiero in quella mente ' ""."<br />

"Che tu pensi, o Kevaddha? Forse che colui che non ha assistito e non è fiducioso non direbbe<br />

così a colui<br />

148<br />

che fiducioso ha assistito ?""."<br />

Così direbbe, o signore<br />

E vedendo questo pericolo, o Kevaddha, nella penetrazione della mente io non sono propenso,<br />

non sono<br />

disposto, non sono favorevole alla penetrazione della mente.<br />

"8. E quale è, o Kevaddha, l'insegnamento supernormale? Ecco, o Kevaddha, un monaco così<br />

insegna: ""<br />

Così devi considerare, così non devi considerare, a questo devi por mente, a questo non devi<br />

por mente,<br />

questo raggiungi, questo raggiunto, dimora"". Questo si chiama, Kevaddha, l'insegnamento<br />

sovranormale."<br />

9. Ed inoltre ancora, o Kevaddha, ecco in questo mondo sorge il Compiuto, Santo, Perfetto,<br />

perfettamente<br />

Svegliato *...


44. In lui che ha riconosciuto di aver da sé superato i cinque impedimenti, nasce letizia, dalla<br />

letizia nasce<br />

beatitudine, colla mente beata il corpo si calma, col corpo calmato sperimenta gioia, la mente<br />

gioiosa si<br />

concentra ed egli così, lungi da brame, lungi da elementi non salutari, raggiunta, con vitakka e<br />

vicara, la nata<br />

da distacco beata gioia, prima esperienza, dimora. Ed egli questo corpo empie, colma, permea<br />

ed intride di<br />

nata di distacco beata gioia, sì che la non pur minima parte del corpo non rimanga imbevuta di<br />

nata di<br />

distacco beata gioia.<br />

45. Come, o Kevaddha, un abile bagnino o garzone di bagnino, in una conca di bronzo<br />

intridesse polvere da<br />

bagno spruzzandola d'acqua profumata, la mescolasse sì che la saponata profumata, intrisa di<br />

profumo, entro<br />

e fuori fosse pervasa di profumo e non gocciolasse, così o Kevaddha, un monaco questo corpo<br />

empie, colma,<br />

permea ed intride di nata di distacco beata gioia, sì che la non pur minima parte del corpo non<br />

rimanga<br />

imbevuta di nata di distacco beata gioia.<br />

50. *... La quarta esperienza raggiunta dimora *... Questo Si chiama, o Kevaddha,<br />

l'insegnamento<br />

sovranormale.<br />

52. Egli così essendo nella mente raccolta, perfetta, trasparente, non affetta da scorie, senza<br />

resti di<br />

combustioni, malleabile, forgiabile, non oscillante, raggiungente l'impassibilità, la drizza, la<br />

rivolge al chiaro<br />

sapere *... Ciò si chiama, o Kevaddha, l'insegnamento sovranormale.<br />

"53. *... non esiste alcun altro stato condizionato così realizza allora"". E ciò si chiama, o<br />

Kevaddha,<br />

l'insegnamento sovranormale."<br />

67. Questi, o Kevaddha, tre elementi sovranormali sono stati da me stesso, realizzati,<br />

posseduti, resi noti.<br />

Una volta,<br />

"o Kevaddha, in una certa schiera di monaci, ad un monaco sorse in mente una riflessione: ""<br />

in qual luogo i<br />

quattro elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria?"". Allora, o<br />

Kevaddha, quel<br />

monaco concentrò la mente sicché nella sua mente raccolta fu visibile la via che mena agli dèi<br />

'."<br />

"68. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi dei quattro grandi re, e avendoli<br />

raggiunti così<br />

disse loro: "" Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />

l'acqua, il<br />

fuoco, l'aria?""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi dei quattro grandi re dissero al monaco così: ""<br />

Noi, o<br />

monaco, non sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la<br />

terra, l'acqua, il


fuoco, l'aria. Ma vi sono, o, monaco, i quattro grandi re, di noi più eccelsi, più alti. Essi<br />

certamente sapranno<br />

dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria<br />

""."<br />

"69. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso i: quattro grandi re, e avendoli raggiunti<br />

così disse<br />

loro: ""Dove, . o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />

l'acqua, il fuoco,<br />

l'aria?"". Così essendo stato detto, o Kevaddha, i quattro grandi re dissero al monaco così: ""<br />

Noi, o monaco,<br />

non sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua,<br />

il: fuoco, l'aria.<br />

Ma vi sono, o monaco, i trentatrè dèi, di noi più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno dove<br />

i quattro<br />

grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />

"70. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso i Trentatrè dèi, e avendoli raggiunti così<br />

disse loro:<br />

""Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />

fuoco, l'aria?<br />

""."<br />

149<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, i trentatré dèi dissero al monaco così: "" Noi, o monaco,<br />

non<br />

sappiamo dove"<br />

"i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria. Ma<br />

vi è, o monaco,<br />

Sakka, re degli dèi, di noi più eccelso, più alto. Egli certamente saprà dove i quattro grandi<br />

elementi<br />

scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />

"71. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Sakka, re degli dèi, e avendolo raggiunto<br />

così gli<br />

disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />

l'acqua, il fuoco,<br />

l'aria? ""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Sakka re degli dèi disse al monaco così: ""Io, o monaco,<br />

non so dove<br />

i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria. Ma vi<br />

sono gli dèi<br />

dei Yama di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno dove i quattro grandi elementi<br />

scompaiono<br />

senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />

"72. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi dei Yama, e avendoli raggiunti<br />

così disse loro:<br />

"" Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />

fuoco,<br />

l'aria?""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi dei Yama dissero al monaco così: "" Noi, o<br />

monaco, non<br />

sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />

fuoco, l'aria. Ma


vi è, o monaco, Suyama-Devaputta di noi più eccelso, più alto. Egli certamente saprà dove i<br />

quattro grandi<br />

elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />

"73. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Suyama Devaputta, e avendolo<br />

raggiunto così gli<br />

disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />

l'acqua, il fuoco,<br />

l'aria?""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Suyama-Devaputta disse al monaco così: "" Io, o<br />

monaco, non so<br />

dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, I acqua, il fuoco, l'aria.<br />

Ma, vi sono, o<br />

monaco, gli dèi Tubista, di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno dove i quattro<br />

grandi elementi<br />

scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />

"74. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi Tubista, e avendoli raggiunti così<br />

disse loro:<br />

""Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />

fuoco,<br />

l'aria?""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi Tubista dissero al monaco così: "" Noi, o<br />

monaco, non<br />

sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />

fuoco, l'aria. Ma<br />

vi è, o monaco, Santusita-Devaputta, di noi più eccelso, più alto. Egli certamente saprà dove i<br />

quattro grandi<br />

elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />

"75. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Santusita-Devaputta, e avendolo<br />

raggiunto così gli<br />

disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />

l'acqua, il fuoco,<br />

l'aria ? ""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Santusita-Devaputta disse al monaco così: "" Io, o<br />

monaco, non so<br />

dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria.<br />

Ma vi sono, o<br />

monaco, gli dèi Nimmanarati, di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno dove i<br />

quattro grandi<br />

elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />

"76. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi Nimmanarati, ed avendoli<br />

raggiunti, così disse<br />

loro: "" Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />

l'acqua, il fuoco,<br />

l'aria? ""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi Nimmanarati dissero al monaco così: "" Noi, o<br />

monaco, non<br />

sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il<br />

fuoco, l'aria. Ma<br />

vi è, o monaco, Sunimitta-Devaputta, di noi più eccelso, più alto. Egli certamente saprà dove i<br />

quattro grandi


elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />

"77. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Sunimitta-Devaputta, e avendolo<br />

raggiunto così gli<br />

150<br />

disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />

l'acqua, il fuoco,<br />

l'aria?""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Sunimitta-Devaputta disse al monaco così: "" Io, o<br />

monaco, non so<br />

dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria.<br />

Ma vi sono, o<br />

monaco, gli dèi Paranimmita-Vasavatti, di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno<br />

dove i quattro<br />

grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria ""."<br />

"78. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi Paranimmita-Vasavatti, e<br />

avendoli raggiunti<br />

così disse loro: "" Dove, o amici, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la<br />

terra, l'acqua, il<br />

fuoco, l'aria ? ""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi Paranimmita-Vasavatti dissero al monaco così:<br />

"" Noi, o<br />

monaco, non sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la<br />

terra, l'acqua, il<br />

fuoco, l'aria. Ma vi è, o monaco, Vasavatti-Devaputta, di noi più eccelso, più alto. Egli<br />

certamente saprà<br />

dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria<br />

""."<br />

"79. Allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso Vasavatti Devaputta e avendolo<br />

raggiunto così gli<br />

disse: "" Dove, o amico, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />

l'acqua, il fuoco,<br />

l'aria ? ""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Vasavatti-Devaputta disse al monaco così: "" Io, o<br />

monaco, non so<br />

dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria.<br />

Ma vi sono, o<br />

monaco, gli dèi della schiera di Brahma, di me più eccelsi, più alti. Essi certamente sapranno<br />

dove i quattro<br />

grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria""."<br />

"80. Allora, o Kevaddha, quel monaco entrò in concentrazione sì che nella sua mente raccolta<br />

fu visibile la<br />

strada che conduce a Brahma (2). E allora, o Kevaddha, quel monaco si diresse verso gli dèi<br />

della schiera di<br />

Brahma, e avendoli raggiunti così disse loro: "" Dove, o amici, i quattro grandi elementi<br />

scompaiono senza<br />

residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria?""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, gli dèi della schiera di Brahma dissero al monaco così:<br />

""Noi, o<br />

monaco, non sappiamo dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la<br />

terra, l'acqua, il


fuoco, l'aria. Ma vi è Brahma, il gran Brahma, signore, non divenuto, onnipresente,<br />

onnipotente, sommo<br />

fattore, creatore, eccelso reggitore, potente padre di ciò che fu e di ciò che sarà, di noi più<br />

eccelso, più alto.<br />

Egli certamente saprà dove i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra,<br />

l'acqua, il<br />

fuoco, l'aria ""."<br />

Dove al presente, o amici, è il gran Brahma?.<br />

Noi non sappiamo, o monaco, donde viene Brahma, è` dove è Brahma, dove va Brahma. Ma, o<br />

monaco,<br />

dove appaiono dei segni, si produce una luce, si manifesta uno splendore, la sarà visibile<br />

Brahma. Quello è il<br />

segnale della manifestazione di Brahma: dove si produce una luce, si manifesta uno splendore.<br />

"81. Allora, o Kevaddha, dopo non molto si manifestò il gran Brahma. Allora, o Kevaddha, quel<br />

monaco si<br />

diresse verso il gran Brahma, e avendolo raggiunto così gli disse: "" Dove, o amico, i quattro<br />

grandi elementi<br />

scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria? ""."<br />

"Così essendo stato detto, o Kevaddha, Brahma disse al monaco così: "" Io sono, o monaco, il<br />

gran Brahma,<br />

signore, non divenuto, onnipresente, onnipotente, sommo fattore, creatore, eccelso reggitore,<br />

potente padre di<br />

ciò che fu e di ciò che sarà""."<br />

"82. Per la seconda volta, o Kevaddha, quel monaco disse al gran Brahma così: "" Io, o amico,<br />

non ti ho<br />

chiesto se tu"<br />

"sei il gran Brahma, signore, non divenuto, onnipresente, onnipotente, sommo fattore,<br />

creatore, eccelso<br />

reggitore, potente padre di ciò che fu e di ciò che sarà, ma così io ti ho chiesto: dove, o amico, i<br />

quattro<br />

grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria?""."<br />

"E per la seconda volta, o Kevaddha, il gran Brahma rispose a quel monaco così: "" Io sono<br />

Brahma, il gran<br />

Brahma, signore, non divenuto, onnipresente, onnipotente, sommo fattore, creatore, eccelso<br />

reggitore,<br />

potente padre di ciò che fu e di ciò che sarà""."<br />

151<br />

"83. Per la terza volta, o Kevaddha, quel monaco disse al gran Brahma così: "" Io, o amico, non<br />

ti ho chiesto<br />

se tu sei il gran Brahma, signore, non divenuto, onnipresente, onnipotente, sommo fattore,<br />

creatore, eccelso<br />

reggitore, potente padre di ciò che fu e di ciò che sarà, ma così ti ho chiesto: dove, o amico, i<br />

quattro grandi<br />

elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria? ""."<br />

"Allora, o Kevaddha, il gran Brahma prendendo per il braccio il monaco, ed accostandoglisi<br />

così disse: ""<br />

Certo, o monaco, gli dèi della schiera di Brahma credono che non vi sia alcunché non visto da<br />

Brahma, non<br />

vi sia alcunché non saputo da Brahma, non vi sia alcunché di impossibile a Brahma, e per<br />

questa ragione io


non risposi di fronte a loro: io, o monaco, non so dove i quattro grandi elementi scompaiono<br />

senza residuo,<br />

cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria. E pertanto qui, o monaco, tu hai commesso un errore, tu<br />

hai commesso<br />

una colpa e, trasgredendo al Sublime, hai ricercato non rettamente la risposta a questa<br />

domanda. Va tu, o<br />

monaco, accostati al Sublime, e fagli questa domanda, quanto il Sublime risponderà, questo tu<br />

devi<br />

ricordare""."<br />

"84. Allora, o Kevaddha, il monaco, proprio come un uomo forte distende un braccio piegato o<br />

piega un<br />

braccio disteso, scomparso dal mondo di Brahma comparve dinnanzi a me. Allora, o<br />

Kevaddha, il monaco<br />

dopo avermi salutato mi si sedé accanto. Accanto, seduto, o Kevaddha, il monaco così mi disse:<br />

"" Dove, o<br />

signore, i quattro grandi elementi scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco,<br />

l'aria? ""."<br />

"85. Così essendo stato detto, o Kevaddha, così io al monaco risposi: "" Da tempo, o monaco, i<br />

mercanti che<br />

viaggiano per mare si imbarcano, prendendo sulla nave un uccello ci indichi la terra. Essi dalla<br />

nave, non in<br />

vista della spiaggia, liberano l'uccello indicatore della terra. Quegli va verso il levante, va verso<br />

il mezzodì,<br />

va verso il ponente, va verso la mezzanotte, va sull'oceano, va in ogni direzione. Se di qualche<br />

parte vede la<br />

terra, verso quella parte e guida, se da nessuna parte vede la terra, egli ritorna alla nave.<br />

Proprio così tu, o<br />

monaco, desiderando una risposta a quella domanda non l'hai ottenuta neppure nel mondo di<br />

Brahma e sei<br />

ritornato presso di me. Tu desideri che questa domanda sia posta: ' dove i quattro grandi<br />

elementi<br />

scompaiono senza residuo, cioè la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria'. Così invece, o monaco, è da<br />

porsi la<br />

domanda""."<br />

Dove la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria non hanno pi¢ luogo ove posare il piede ? .<br />

Dove il lungo ed il corto, il sottile, lo spesso, il buono ed il cattivo?.<br />

Dove nome e forma totalmente sono distrutti? .<br />

Allora così è la risposta:<br />

" Là, senza attributi, l'infinito vinnena abbandonato;"<br />

"Allora acqua e terra, fuoco e aria, non han luogo ove posare il piede; "<br />

"Allora il lungo, il corto, il sottile, lo spesso, il buono, il cattivo; "<br />

"Allora nome e forma totalmente sono distrutti; "<br />

"Colla distruzione di vinnena queste cose sono distrutte """<br />

Così disse il Sublime. Contento Kevaddha, figlio di famiglia, si rallegrò alle parole del Sublime.<br />

KEVADDHA SUTTA<br />

FINE<br />

(Traduzione di Eugenio Frola)<br />

MAHASATIPATTHANASUTTANTA<br />

(LA BASE DELLA CONSAPEVOLEZZA)<br />

152


Così ho sentito:<br />

"l. Un tempo il Sublime dimorava tra i Kuru in una città dei Kuru di nome Kammassadhamma.<br />

Allora il<br />

Sublime si rivolse ai monaci: ""O monaci "", ""Signore "", i monaci risposero al Sublime."<br />

Il Sublime così disse:<br />

La strada, o monaci, ad una unica meta, alla purificazione degli esseri, al superamento del<br />

pianto e del<br />

lamento, all'allontanamento del dolore e della sofferenza, al comparire del giusto metodo per<br />

la realizzazione<br />

dell'estinzione è quella dei quattro pilastri della consapevolezza.<br />

Quali quattro? Ecco, o monaci, un monaco nel corpo osservando il corpo, dimora strenuo,<br />

attento,<br />

consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Nella sensazione, osservando la<br />

sensazione,<br />

dimora strenuo, attento, consapevole lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza. Nella<br />

mente osservando<br />

la mente, dimora strenuo, attento, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza.<br />

Negli<br />

elementi osservando gli elementi, dimora strenuo, attento, consapevole lontane nel mondo la<br />

cupidigia e la<br />

sofferenza.<br />

2. E come, o monaci, un monaco nel corpo, osservando il corpo, dimora?<br />

"Ecco, o monaci, un monaco andato nella foresta, al piede di un albero, in un vuoto eremo, si<br />

siede, le gambe<br />

incrociate, diritto, erigendo il corpo presente, presente la consapevolezza. Consapevole egli<br />

inspira,<br />

consapevole egli espira. Se lungamente egli inspira realizza: ""Io inspiro lungamente"", se<br />

lungamente egli<br />

espira realizza: ""Io espiro lungamente"", se brevemente egli inspira realizza: "" Io inspiro<br />

brevemente "", se<br />

brevemente egli espira realizza: "" Io espiro brevemente "", ""Inspirerò sperimentando tutto il<br />

corpo"", egli si<br />

esercita, "" Espirerò sperimentando tutto il corpo "", egli si esercita "" Inspirerò calmando<br />

questo sankkare<br />

del corpo"", egli esercita. "" Espirerò calmando questo sankhare del corpo egli si esercita (1)."<br />

"Come, o monaci, un abile tornitore od allievo tornitor allorquando lungamente gira il tornio<br />

realizza: "" Io<br />

lungamente giro il tornio"", ed allorquando brevemente gira tornio realizza: "" Io brevemente<br />

giro il tornio<br />

"", proprio come un monaco se inspira lungamente realizza: "" Io inspiro lungamente"", se egli<br />

espira<br />

lungamente realizza: ""Io espira lungamente"", se brevemente egli inspira realizza: ""Io in<br />

spiro brevemente<br />

"", se brevemente egli espira, realizza: "" Io espiro brevemente "". "" Inspirerò sperimentando<br />

tutto il corpo<br />

"", egli si esercita, ""Espirerò sperimentando tutto corpo "", egli si esercita, "" Inspirerò<br />

calmando questo<br />

sankhar del corpo "", egli si esercita, "" Espirerò calmando questo saikhera del corpo"", egli si<br />

esercita."


"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />

osservando il<br />

corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />

il sorgere<br />

degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />

osservando il<br />

sorgere ed il trapassare degli elementi del corpo. ""Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />

consapevolezza<br />

è di fondamento, perché a lui è basso di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />

libero e nulla<br />

brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco, nel corpo dimora osservando il corpo."<br />

"3. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco allorquando va egli realizza "" Io vo "", allorquando<br />

egli sta egli<br />

realizza: ' Io sto ""; allorquando egli siede egli realizza: "" Io siedo""; allorquando egli giace egli<br />

realizza: ""<br />

Io giaccio "". E se a questo od a quello egli è applicato, col suo corpo, proprio quello egli<br />

realizza."<br />

"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />

osservando il<br />

corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />

il sorgere<br />

degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />

osservando il<br />

sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />

consapevolezza<br />

è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />

libero e nulla<br />

brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />

"4. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco che vada o che venga, egli realizza ciò che fa; che<br />

guardi o<br />

distolga lo sguardo, egli realizza ciò che fa; che si chini o si alzi, egli realizza ciò che fa; che<br />

porti il mantello<br />

153<br />

o la scodella, egli realizza ciò che fa; che mangi o che beva, che mastichi o che gusti, egli<br />

realizza ciò che fa;<br />

che si vuoti di feci o di urina, egli realizza ciò che fa; che vada, stia, sieda, si addormenti o si<br />

svegli, egli<br />

realizza ciò che fa."<br />

Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />

osservando il<br />

corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo Egli dimora osservando<br />

il sorgere<br />

degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo.<br />

Così è il corpo , e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />

sapere, è base<br />

di più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così o monaci, un<br />

monaco, nel<br />

corpo dimora osservando il corpo.<br />

"5. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco considera questo corpo dal capo sino al basso della<br />

palma dei


piedi: "" Ricoperto di peli, limitato esteriormente dalla pelle, composto di varie sostanze: vi<br />

sono in questo<br />

corpo capelli, peli, unghie, denti, pelle, carne, tendini, ossa, midollo osseo, reni, cuore, fegato,<br />

diaframma,<br />

milza, polmoni, intestini, pacco intestinale, stomaco, feci, bile, secrezioni, umori, sangue,<br />

sudori, linfa,<br />

lacrime, siero, saliva, muco, sinovia, urina""."<br />

"Come, o monaci, vi fosse un sacco legato da ambo le parti, ripieno di molte specie di grani,<br />

come di riso,<br />

riso di monte, fagioli, fave, sesamo, riso non brillato, ed un uomo di buona vista, slegatolo<br />

considerasse: ""<br />

Questo è riso, riso di monte, fagioli, fave, sesamo, riso non brillato"", proprio così, o monaci, un<br />

monaco<br />

questo corpo dal capo sino al basso della palma dei piedi, ricoperto di peli, limitato<br />

esteriormente dalla pelle,<br />

composto di varie sostanze considera: ""Vi sono in I questo corpo capelli, peli, unghie, denti,<br />

pelle, carne,<br />

tendini, ossa, midollo osseo, reni, cuore, fegato, diaframma, milza, ! polmoni, intestini, pacco<br />

intestinale,<br />

stomaco, feci, bile, secrezioni, umori, sangue, sudori, linfa, lacrime, siero, muco, ! sinovia, urina<br />

""."<br />

"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />

osservando il<br />

corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />

il sorgere<br />

degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />

osservando il<br />

sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />

consapevolezza<br />

è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />

libero e nulla<br />

brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />

"6. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco esamina e considera questo corpo, sia che stia, sia<br />

che vada, in<br />

rapporto agli elementi: "" Vi è in questo corpo l'elemento terra, l'elemento acqua, l'elemento<br />

fuoco,<br />

l'elemento aria""."<br />

"Così come, o monaci, un'abile macellaio od allievo macellaio uccisa una mucca, portatala al<br />

[mercato del]<br />

quadrivio, avendola sezionata pezzo per pezzo, si siede, proprio così, o monaci, un monaco<br />

questo corpo, sia<br />

che stia, sia che vada, esamina e considera in rapporto agli elementi: ""Vi è in questo corpo<br />

l'elemento terra,<br />

l'elemento acqua, l'elemento fuoco, l'elemento aria ""."<br />

"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />

osservando il<br />

corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />

il sorgere<br />

degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />

osservando il


sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />

consapevolezza<br />

è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />

libero e nulla<br />

brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />

"7. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco come vedesse un cadavere abbandonato in un<br />

cimitero un<br />

giorno, o due giorni, o tre giorni, dopo la morte, privo di colore, generante putrefazione, così<br />

focalizza questo<br />

corpo: "" Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è della stessa natura, non può evitare<br />

questo [destino]""<br />

(2)."<br />

"Così egli dall'interno dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora osservando il<br />

corpo,<br />

dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando il<br />

sorgere degli<br />

elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />

osservando il sorgere ed<br />

il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa<br />

consapevolezza è di<br />

154<br />

fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive libero<br />

e nulla<br />

brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />

"8. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco come vedesse un cadavere abbandonato in un<br />

cimitero, preda di<br />

corvi, poiane, ed avvoltoi, lamie, sciacalli, di diversi generi di esseri viventi, così focalizza<br />

questo corpo: ""<br />

Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è della stessa natura, non può evitare questo ""."<br />

"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />

osservando il<br />

corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />

il sorgere<br />

degli elementi nel; corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />

osservando il<br />

sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. ""Così è il corpo"", e pertanto in lui questa<br />

consapevolezza<br />

è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />

libero e nulla<br />

brama nel mando. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />

"9. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco come vedesse un cadavere abbandonato in un<br />

cimitero: un<br />

insieme di ossa con sangue e carne legate dai tendini, così focalizza questo corpo: "" Questo<br />

corpo è soggetto<br />

alla stessa legge, è della stessa natura, non può evitare questo"" un insieme di ossa prive di<br />

sangue e carne<br />

legate dai tendini, così focalizza questo corpo: "" Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è<br />

della stessa<br />

natura, non può evitare questo"" un insieme di ossa prive di legamenti qua e là sparse, qua un<br />

osso della


mano, qua un osso del piede, là un osso della gamba, là un osso della coscia, là un osso<br />

dell'anca, qua una<br />

vertebra, là il cranio, così focalizza questo corpo: ""Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è<br />

della stessa<br />

natura, non può evitare questo ""."<br />

Così egli dall'interno dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora osservando il<br />

corpo,<br />

dall'interno !<br />

"e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando il sorgere degli<br />

elementi nel<br />

corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora osservando il sorgere<br />

ed il trapassare<br />

degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di<br />

fondamento,<br />

perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla<br />

brama nel mondo.<br />

Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />

"10. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco come vedesse un cadavere abbandonato in un<br />

cimitero: le ossa<br />

candide come bianche conchiglie, così focalizza questo corpo: "" Questo corpo è soggetto alla<br />

stessa legge, è<br />

della stessa natura, non può evitare questo"" le ossa ammucchiate, trascorso un anno, così<br />

focalizza questo<br />

corpo: ""Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è della stessa natura, non può evitare<br />

questo"" le ossa<br />

putride, così focalizza questo corpo: "" Questo corpo è soggetto alla stessa legge, è della stessa<br />

natura, non<br />

può evitare questo"" le ossa ridotte in polvere, così focalizza questo corpo: "" Questo corpo è<br />

soggetto alla<br />

stessa legge, è della stessa natura, non può evitare questo ""."<br />

"Così egli dall'interno del corpo dimora osservando il corpo, dal di fuori del corpo dimora<br />

osservando il<br />

corpo, dall'interno e dal di fuori del corpo dimora osservando il corpo. Egli dimora osservando<br />

il sorgere<br />

degli elementi nel corpo, dimora osservando il trapassare degli elementi nel corpo, dimora<br />

osservando il<br />

sorgere ed il trapassare degli elementi nel corpo. "" Così è il corpo "" e pertanto in lui questa<br />

consapevolezza<br />

è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta consapevolezza. Ed egli vive<br />

libero e nulla<br />

brama del mondo. Così, o monaci, un monaco nel corpo dimora osservando il corpo."<br />

11. E come, o monaci, un monaco, nelle sensazioni, osservando le sensazioni, dimora?<br />

"Ecco, o monaci, un monaco sperimentando una sensazione piacevole realizza: "" Sperimento<br />

una<br />

sensazione piacevole ""."<br />

"Sperimentando una sensazione dolorosa realizza: "" Speri. mento una sensazione dolorosa"".<br />

Sperimentando una sensazione né piacevole né dolorosa realizza: "" Sperimento una<br />

sensazione né piacevole<br />

né dolorosa"". Sperimentando una sensazione grossolana e piacevole realizza - "" Sperimento<br />

una sensazione


grossolana e piacevole"". Sperimentando una sensazione sottile e piacevole realizza: ""<br />

Sperimento una<br />

sensazione sottile e piacevole"". Sperimentando una sensazione grossolana e dolorosa<br />

realizza: ""<br />

Sperimento una sensazione: grossolana e dolorosa "". Sperimentando una sensazione sottile e<br />

dolorosa<br />

155<br />

realizza: "" Sperimento una sensazione sottile e dolorosa"". Sperimentando una sensazione<br />

grossolana né<br />

piacevole né dolorosa realizza: "" Sperimento una sensazione grossolana né piacevole né<br />

dolorosa"".<br />

Sperimentando una sensazione sottile né piacevole né dolorosa realizza: "" Sperimento una<br />

sensazione sottile<br />

né piacevole né dolorosa ""."<br />

"Così egli dall'interno della sensazione dimora osservando la sensazione, dal di fuori della<br />

sensazione dimora<br />

osservando la sensazione, dall'interno e dal di fuori della sensazione dimora osservando la<br />

sensazione. Egli<br />

dimora osservando il sorgere degli elementi nella sensazione, dimora osservando il<br />

trapassare degli elementi<br />

nella sensazione, dimora osservando: il sorgere ed il trapassare degli elementi nella<br />

sensazione. "" Così è la<br />

sensazione "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />

sapere, è base<br />

di più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un<br />

monaco nella<br />

sensazione dimora osservando la sensazione."<br />

12. E come, o monaci, un monaco nella mente, osservando la mente, dimora ? Ecco, o monaci,<br />

un monaco<br />

"Con mente passionale realizza: "" La mente è passionale"". Con mente non passionale<br />

realizza: "" La mente<br />

non è passionale "". Con mente ostile realizza: "" La mente è ostile ""."<br />

"Con mente non ostile realizza: ""La mente non è ostile""."<br />

"Con mente torpida realizza: "" La mente è torpida ""."<br />

"Con mente non torpida realizza: "" La mente non è torpida "". Con mente agitata realizza: ""<br />

La mente è<br />

agitata ""."<br />

"Con mente non agitata realizza: "" La mente non è agitata "". Con mente espansa realizza: ""<br />

La mente è<br />

espansa ""."<br />

"Con mente non espansa realizza: "" La mente non è espansa "". Con mente devota realizza: ""<br />

La mente è<br />

devota ""."<br />

"Con mente non devota realizza: "" La mente non è devota "". Con mente raccolta realizza: ""<br />

La mente è<br />

raccolta ""."<br />

"Con mente non raccolta realizza: "" La mente non è raccolta "". Con mente emancipata<br />

realizza: "" La<br />

mente è emancipata"". Con mente non emancipata realizza: "" La mente non è emancipata "" ."


"Così egli dall'interno della mente dimora osservando la mente, dal di fuori della mente<br />

dimora osservando la<br />

mente, dall'interno e dal di fuori della mente dimora osservando la mente. Egli dimora<br />

osservando il sorgere<br />

degli elementi nella mente, dimora osservando il trapassare degli elementi nella mente,<br />

dimora osservando il<br />

sorgere ed il trapassare degli elementi nella mente. "" Così è la mente "", e pertanto in lui<br />

questa<br />

consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di sapere, è base di più alta<br />

consapevolezza. Ed egli<br />

vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un monaco nella mente dimora<br />

osservando la mente."<br />

13. E come, o monaci, un monaco negli elementi osservando gli elementi, dimora? (3).<br />

Ecco, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei cinque<br />

impedimenti.<br />

E come, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei cinque<br />

impedimenti?<br />

"Ecco, o monaci, un monaco essendogli interiormente desiderio di brame realizza: "" Non a me<br />

interiormente<br />

desiderio"<br />

"di brame "". Non essendogli interiormente desiderio di brame realizza: "" Non è a me<br />

interiormente<br />

desiderio di brame "". E se a lui che dimora osservando, è sorgere di desiderio di brame egli<br />

ciò realizza; e se<br />

a lui che dimora osservando, è trapassare di desiderio di brame egli ciò realizza. E se a lui che<br />

dimora<br />

osservando, è non più sorgere di trapassati desiderii di brame egli ciò realizza."<br />

"Essendogli interiormente astio realizza: ""è a me interiormente astio "". Non essendogli<br />

interiormente astio<br />

realizza: "" Non è a me interiormente astio "". E se a lui che dimora osservando è sorgere di<br />

astio egli ciò<br />

realizza. E se a lui che dimora osservando è trapassare di astio egli ciò realizza. E se a lui che<br />

dimora<br />

osservando è non più sorgere di trapassato astio egli ciò realizza."<br />

"Essendogli interiormente inerte accidia realizza: ""è. a me interiormente inerte accidia "".<br />

Non essendogli<br />

156<br />

interiormente inerte accidia realizza: "" Non è a me interiormente inerte accidia"". E se a lui<br />

che dimora<br />

osservando è sorgere di inerte accidia egli ciò realizza. E se a lui che dimora osservando è non<br />

più sorgere di<br />

tramontata inerte accidia egli ciò realizza."<br />

"Essendogli interiormente turbante rimorso realizza: "" Vi è a me interiormente turbante<br />

rimorso"". Non<br />

essendogli interiormente turbante rimorso realizza: "" Non è a me interiormente turbante<br />

rimorso"". E se a<br />

lui che dimora osservando è non più sorgere di tramontata inerte accidia egli ciò a lui che<br />

dimora osservando<br />

è trapassare di turbante rimorso egli ciò realizza. E se a lui che dimora osservando è non più<br />

sorgere di


tramontato turbante rimorso egli ciò realizza."<br />

"Essendogli interiormente dubbio egli realizza: "" È a me interiormente dubbio"". Non<br />

essendogli<br />

interiormente dubbio realizza: "" Non è a me interiormente dubbio "". E se a lui che dimora<br />

osservando è<br />

sorgere di dubbio egli ciò realizza. E se a lui che dimora osservando è trapassare di dubbio egli<br />

ciò realizza.<br />

E se a lui che dimora osservando è non più sorgere di trapassati dubbi egli ciò realizza."<br />

"Così egli dall'interno degli elementi dimora osservando gli elementi, dal di fuori degli<br />

elementi dimora<br />

osservando gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi dimora osservando gli<br />

elementi. Egli<br />

dimora osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare<br />

degli elementi<br />

tra gli elementi, dimora osservando il sorgere e il trapassare degli elementi tra gli elementi. ""<br />

Così sono gli<br />

elementi "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />

sapere, è base di<br />

più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un<br />

monaco negli<br />

elementi dimora osservando gli elementi nei cinque impedimenti."<br />

14. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco negli elementi osservando gli elementi dimora nel<br />

quintuplo<br />

complesso dell'attaccamento.<br />

E come, o monaci, un monaco negli elementi osservando gli elementi dimora nel quintuplo<br />

complesso<br />

dell'attaccamento ?<br />

"Ecco, o monaci, un monaco [così realizza]: Questa la forma, questo il sorgere della forma,<br />

questo il<br />

trapassare della forma; questa la sensazione, questo il sorgere della sensazione, questo il<br />

trapassare della<br />

sensazione, questa la coscienza, questo il sorgere della coscienza, questo il trapassare della<br />

coscienza; questo<br />

il sankhara, questo il sorgere del sankhara, questo il trapassare del sankhara; questo vinnana,<br />

questo il<br />

sorgere di vinnana, questo il trapassare di vinnana."<br />

"Così egli dall'interno degli elementi dimora osservando gli elementi, dal di fuori degli<br />

elementi dimora<br />

osservando í gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi, dimora osservando gli<br />

elementi. Egli<br />

dimora osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare<br />

degli elementi<br />

tra gli elementi, dimora osservando il sorgere ed il trapassare degli elementi tre, gli elementi.<br />

"" Così sono gli<br />

elementi "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />

sapere, è base di<br />

più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un<br />

monaco negli<br />

elementi dimora osservando gli elementi nel quintuplo complesso dell'attaccamento."


l5. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco, negli elementi dimora osservando gli elementi nei<br />

sei dominii<br />

dell'interno-esterno.<br />

E come, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei sei dominii<br />

dell'internoesterno?<br />

"Ecco, o monaci, un monaco realizza l'occhio, realizza le forme, e la combinazione che da<br />

entrambi sorge<br />

anche questa realizza. E realizza allorquando è il sorgere di non ancor sorta combinazione, e<br />

realizza<br />

allorquando è il trapassare della sorta combinazione, e realizza allorquando non è più il<br />

sorgere della<br />

trapassata combinazione; realizza l'orecchio, realizza i suoni, realizza il naso, realizza gli<br />

odori, realizza la<br />

lingua, realizza i sapori, realizza il corpo, realizza le cose tangibili, realizza l'intelletto, realizza<br />

gli elementi e<br />

la combinazione che da entrambi sorge, anche questa realizza. E realizza allorquando è il<br />

sorgere della non<br />

ancor sorta combinazione, e realizza allorquando è il trapassare della sorta combinazione, e<br />

realizza<br />

allorquando non è più il sorgere della trapassata combinazione."<br />

"Così egli dall'interno degli elementi dimora osservando gli elementi, dal di fuori degli<br />

elementi dimora<br />

157<br />

osservando gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi dimora osservando gli<br />

elementi. Egli<br />

dimora osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare<br />

degli elementi<br />

tra gli elementi, dimora osservando il sorgere ed il trapassare degli elementi tra gli elementi.<br />

"" Così sono gli<br />

elementi "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />

sapere, è base di<br />

più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo. Così, o monaci, un<br />

monaco negli<br />

elementi dimora osservando gli elementi nei sei dominii dell'interno-esterno."<br />

16. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei<br />

sette fattori<br />

del risveglio.<br />

E come, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei sette fattori<br />

del risveglio?<br />

"Ecco, o monaci, un monaco essendogli interiormente consapevolezza, fattore del risveglio<br />

realizza: "" In me<br />

interiormente vi è la consapevolezza, fattore del risveglio "". Non essendogli interiormente la<br />

consapevolezza, fattore del risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è la<br />

consapevolezza, fattore del<br />

risveglio"". Sorgendogli interiormente non sorta consapevolezza, fattore del risveglio ciò<br />

realizza.<br />

Essendogli interiormente completo sviluppo della sorta consapevolezza, fattore del risveglio<br />

ciò realizza."<br />

"Essendogli interiormente in lui l'esame della Dottrina, fattore del risveglio, realizza: ""In me<br />

interiormente


vi è l'esame della Dottrina, fattore del risveglio"". Non essendogli interiormente l'esame della<br />

Dottrina,<br />

fattore del risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è l'esame della Dottrina, fattore del<br />

risveglio"".<br />

Sorgendogli interiormente non sorto esame della Dottrina, fattore del risveglio ciò realizza.<br />

Essendogli<br />

interiormente completo sviluppo del sorto esame della Dottrina, fattore del risveglio ciò<br />

realizza, essendogli<br />

interiormente la forza, fattore del risveglio realizza: ""In me interiormente vi è la forza, fattore<br />

del risveglio<br />

"". Non essendogli interiormente la forza, fattore del risveglio, realizza: "" In me interiormente<br />

non vi è la<br />

forza, fattore del risveglio "". Sorgendogli interiormente non sorta forza, fattore del risveglio<br />

ciò realizza.<br />

Essendogli interiormente completo sviluppo della sorta forza, fattore del risveglio ciò realizza,<br />

essendogli<br />

interiormente la beatitudine, fattore del risveglio realizza: "" In me interiormente vi è la<br />

beatitudine, fattore<br />

del risveglio"". Non essendogli interiormente la beatitudine, fattore del risveglio realizza: ""In<br />

me<br />

interiormente non vi è la beatitudine, fattore del risveglio "". Sorgendogli interiormente non<br />

sorta<br />

beatitudine, fattore del risveglio ciò realizza. Essendogli interiormente completo sviluppo<br />

della sorta<br />

beatitudine, fattore del risveglio ciò realizza, essendogli interiormente la calma, fattore del<br />

risveglio realizza:<br />

"" In me interiormente vi è la calma, fattore del risveglio"". Non essendogli interiormente la<br />

calma, fattore<br />

del risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è la calma, fattore del risveglio"".<br />

Sorgendogli<br />

interiormente non sorta calma, fattore del risveglio ciò realizza. Essendogli interiormente<br />

completo sviluppo<br />

della sorta calma, fattore del risveglio ciò realizza, essendogli interiormente la<br />

concentrazione, fattore del<br />

risveglio realizza: "" In me interiormente vi è la concentrazione, fattore del risveglio "". Non<br />

essendogli<br />

interiormente la concentrazione, fattore del risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è<br />

la<br />

concentrazione, fattore del risveglio"". Sorgendogli interiormente non sorta concentrazione,<br />

fattore del<br />

risveglio ciò realizza. Essendogli interiormente completo sviluppo della sorta concentrazione,<br />

fattore del<br />

risveglio ciò realizza, essendogli interiormente l'equanimità, fattore del risveglio realizza: ""In<br />

me<br />

interiormente vi è l'equanimità, fattore di risveglio "". Non essendogli interiormente<br />

l'equanimità, fattore del<br />

risveglio realizza: "" In me interiormente non vi è l'equanimità, fattore del risveglio"".<br />

Sorgendogli non<br />

interiormente sorta equanimità, fattore del risveglio ciò realizza. Essendogli completo<br />

sviluppo della sorta


equanimità, fattore del risveglio ciò realizza."<br />

"Così egli dall'interno degli elementi osservando gli elementi, dal di fuori degli elementi<br />

dimora osservando<br />

gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi dimora osservando gli elementi. Egli<br />

dimora<br />

osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare degli<br />

elementi tra gli<br />

elementi, dimora osservando il sorgere ed il trapassare degli elementi tra gli elementi. "" Così<br />

sono gli<br />

elementi"", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />

sapere, è base di<br />

più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama nel mondo"<br />

158<br />

Così, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nei sette fattori del<br />

risveglio.<br />

17. Ed inoltre ancora, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi<br />

nelle quattro<br />

nobili verità.<br />

E come, o monaci, un monaco negli elementi dimora osservando gli elementi nelle quattro<br />

nobili verità?<br />

"Ecco, o monaci, "" Questo è il dolore"", secondo realtà realizza. "" Questa è l'origine del dolore<br />

"", secondo<br />

realtà realizza. "" Questa è la fine del dolore "", secondo realtà realizza. "" Questa è la via che<br />

mena alla fine<br />

del dolore "", secondo realtà realizza."<br />

18. E cosa è, o monaci, la nobile verità sul dolore ?<br />

Nascita è dolore, vecchiaia è dolore, morte è dolore, angoscia, lamento, dolore, sofferenza,<br />

agitazione, sono<br />

dolore, non soddisfare un desiderio anche questo è dolore. In breve il quintuplo complesso<br />

dell'attaccamento<br />

è dolore.<br />

Cosa è, o monaci, la nascita? A questi od a quegli esseri, in questa od in quella classe di esseri,<br />

nascere,<br />

sorgere, apparire, divenire, manifestarsi di indicazioni, acquistare sfere, questo si dice, o<br />

monaci, nascita.<br />

Cosa è, o monaci, la vecchiaia ? A questi od a quegli esseri vecchiaia, decadenza, usura,<br />

incanutire,<br />

raggrinzirsi, diminuire di vitalità, decadere di sensibilità, questo si dice, o monaci, vecchiaia.<br />

Cosa è, o monaci, la morte? A questi od a quegli esseri, in questa o in quella classe di esseri,<br />

quanto è<br />

cessare, essere rimosso, dissolversi, svanire, sparire nella morte, compiere il tempo,<br />

dissolversi dei composti,<br />

distruzione del cadavere, questo, si dice, o monaci, morte.<br />

Cosa è, o monaci, angoscia? A chi, o monaci, è afflitto da una o da un'altra miseria, a chi è<br />

afflitto da uno o<br />

da un altro elemento doloroso, angoscia, tristezza, melanconia, angoscia della fine, tormento<br />

della fine,<br />

questo si dice, o monaci, angoscia.<br />

Cosa è, o monaci, lamento? A chi, o monaci, è afflitto da una o da un'altra miseria, a chi è<br />

afflitto da uno o da


un altro elemento doloroso, è pianto e lamento, è lacrima e grido, è singhiozzo ed urlo, questo<br />

si dice, o<br />

monaci, lamento.<br />

Cosa è, o monaci, dolore? Ciò che, o monaci, è corporale dolore, corporale scontento, corporale<br />

contatto ed<br />

esperienza con dolore e scontento, questo si dice, o monaci, dolore.<br />

Cosa è, o monaci, sofferenza? Ciò che, o monaci, è intellettuale dolore, intellettuale scontento,<br />

intellettuale<br />

contatto ed esperienza con dolore e scontento, questo si dice, o monaci, sofferenza.<br />

Cosa è, o monaci, agitazione? A chi, o monaci, è afflitto da una o da un'altra miseria, a chi è<br />

afflitto da uno o<br />

da un altro elemento doloroso, turbamento, agitazione, spavento, terrore, questo si dice, o<br />

monaci,<br />

agitazione.<br />

"E come, o monaci, il non soddisfare al desiderio è dolore ? Agli esseri, o monaci, soggetti<br />

all'elemento della<br />

nascita il desiderio così sorge: "" Oh, a noi non fosse più l'elemento della nascita, a noi non<br />

spettasse più<br />

nascita"". Ed invece questo desiderio non è soddisfatto, e così il non soddisfare questo<br />

desiderio è dolore.<br />

Agli esseri, o monaci, soggetti all'elemento malattia il desiderio così sorge: ""Oh, a noi non<br />

fosse più<br />

l'elemento della malattia, a noi non spettasse più malattia"". Ed invece questo desiderio non è<br />

soddisfatto, e<br />

così il non soddisfare questo desiderio è dolore. Agli esseri, o monaci, soggetti all'elemento<br />

vecchiaia il<br />

desiderio Così sorge: "" Oh, a noi non fosse più l'elemento della vecchiaia, a noi non spettasse<br />

più<br />

vecchiaia"". Ed invece questo desiderio non è soddisfatto, e così il non soddisfare questo<br />

desiderio è dolore.<br />

Agli esseri, o monaci, soggetti all'elemento morte il desiderio così sorge: "" Oh, a noi non fosse<br />

più<br />

l'elemento della morte, a noi non spettasse più morte "". Ed invece questo desiderio non è<br />

soddisfatto, e Così<br />

il non soddisfare questo desiderio è dolore. Agli esseri, o monaci, soggetti agli elementi<br />

angoscia, lamento,<br />

dolore, sofferenza, agitazione, così il desiderio sorge: "" Oh, a noi non fossero più gli elementi<br />

angoscia,<br />

lamento, dolore, sofferenza, agitazione"". Ed invece questo desiderio non è soddisfatto, e così<br />

il non<br />

soddisfare questo desiderio è dolore."<br />

E come, o monaci, in breve, il quintuplo complesso dell'attaccamento è dolore ? Cioè la<br />

componente<br />

dell'attaccamento alla forma, la componente dell'attaccamento alla sensazione, la componente<br />

dell'attaccamento alla percezione, la componente dell'attaccamento all'indicazione, la<br />

componente<br />

159<br />

dell'attaccamento alla coscienza, queste, in breve, il quintuplo complesso dell'attaccamento al<br />

dolore, sé<br />

dicono dolore. Questa, o monaci, vien detta la nobile verità sul dolore.


l9. Cosa è, o monaci, la nobile verità sull'origine del dolore ?<br />

Vi è la sete, legante alla nascita, accompagnata da passione per i diletti, qua e là molto<br />

dilettevole, come sete<br />

di brama, sete di esistere, sete di riesistere.<br />

E col sorgere di che, o monaci, sorge la sete? E con lo stabilirsi di che si stabilisce la sete? Vi<br />

sono nel<br />

mondo le forme piacevoli, le forme gradevoli, e col sorgere di queste sorge la sete, collo<br />

stabilirsi di queste si<br />

stabilisce la sete.<br />

"Cosa è nel mondo forma piacevole, forma gradevole? Nel mondo l'occhio è forma piacevole,<br />

forma<br />

gradevole, col suo sorgere sorge la sete, col suo stabilirsi si stabilisce la sete; nel mondo<br />

l'orecchio, il naso, la<br />

lingua, il corpo (4), la mente sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la<br />

sete, col loro<br />

stabilirsi si stabilisce la sete."<br />

Nel mondo le forme (5), i suoni, gli odori, i gusti, le cose tangibili, i pensieri sono forme<br />

piacevoli, forme<br />

gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />

Nel mondo vinnana (5) visivo, vinnana uditivo, vinnana olfattivo, vinnana gustativo, vinnana<br />

tattile, vinnana<br />

mentale, sono forme piacevoli, forme gradevoli, col sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi si<br />

stabilisce la<br />

sete.<br />

Nel mondo il contatto visivo, il contatto uditivo, il contatto olfattivo, il contatto gustativo, il<br />

contatto tattile, il<br />

contatto mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro<br />

stabilirsi si<br />

stabilisce la sete. !<br />

Nel mondo la sensazione per contatto visivo, la sensazione per contatto uditivo, la sensazione<br />

per contatto<br />

olfattivo, la sensazione per contatto gustativo, la sensazione per contatto tattile, la sensazione<br />

per contatto<br />

mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi<br />

si stabilisce<br />

la sete.<br />

Nel mondo la coscienza delle forme, la coscienza dei suoni, la coscienza degli odori, la<br />

coscienza dei gusti,<br />

la coscienza dei contatti, la coscienza dei pensieri sono forme piacevoli, forme gradevoli, col<br />

loro sorgere<br />

sorge la sete, col<br />

loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />

Nel mondo il giudizio sulla forma, il giudizio sul suono, il giudizio sull'odore, il giudizio sul<br />

gusto, il<br />

giudizio su cose tangibili, il giudizio sul pensiero sono forme piacevoli, forme gradevoli, col<br />

loro sorgere<br />

sorge la sete, col loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />

Nel mondo la sete di forme, la sete di suoni, la sete di odori, la sete di gusti, la sete di cose<br />

tangibili, la sete di


pensieri sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi<br />

si stabilisce<br />

la sete.<br />

Nel mondo la riflessione sulle forme, la riflessione sui í suoni, la riflessione sugli odori, la<br />

riflessione sui<br />

gusti, la riflessione sui contatti, la riflessione sui pensieri sono forme piacevoli, forme<br />

gradevoli, col loro<br />

sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />

Nel mondo l'osservazione (7) delle forme, l'osservazione dei suoni, l'osservazione degli odori,<br />

l'osservazione<br />

dei gusti, l'osservazione dei contatti, l'osservazione dei pensieri sono forme<br />

piacevoli, forme gradevoli, col loro sorgere sorge la sete, col loro stabilirsi si stabilisce la sete.<br />

Questa, o<br />

monaci, vien detta la nobile verità sull'origine del dolore.<br />

20. Cosa è, o monaci, la nobile verità sulla fine del dolore ?<br />

Quando vi è fine della sete per completa indifferenza, rinuncia, abbandono, liberazione,<br />

disabitudine [vi è la<br />

fine del dolore] .<br />

E dunque, o monaci, con lo svanire di che la sete svanisce, col cessare di che la sete cessa ? Vi<br />

sono nel<br />

mondo forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro cessare<br />

cessa la sete.<br />

E cosa è nel mondo forma piacevole, forma gradevole? Nel mondo l'occhio, l'orecchio, il naso,<br />

la lingua, il<br />

corpo, la mente sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col<br />

loro cessare<br />

160<br />

cessa la sete.<br />

Nel mondo le forme, i suoni, gli odori, i gusti, le cose tangibili, i pensieri sono forme piacevoli,<br />

forme<br />

gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro cessare cessa la sete.<br />

Nel mondo vinnana visivo, vinnana uditivo, vinnana olfattivo, vinnana gustativo, vinnana<br />

tattile, vinnana<br />

mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro<br />

cessare cessa la<br />

sete.<br />

Nel mondo il contatto visivo, il contatto uditivo, il contatto olfattivo, il contatto gustativo, il<br />

contatto tattile, il<br />

contatto mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col<br />

loro cessare<br />

cessa la sete.<br />

Nel mondo la sensazione per contatto visivo, la sensazione per contatto uditivo, la sensazione<br />

per contatto<br />

olfattivo, la sensazione per contatto gustativo, la sensazione per contatto tattile, la sensazione<br />

per contatto<br />

mentale sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro<br />

cessare cessa la<br />

sete.<br />

Nel mondo la coscienza delle forme, la coscienza dei Suoni, la coscienza degli odori, la<br />

coscienza dei gusti,


la coscienza delle cose tangibili, la coscienza dei pensieri sono forme piacevoli, forme<br />

gradevoli, col loro<br />

svanire svanisce<br />

la sete, col loro cessare cessa la sete.<br />

Nel mondo il giudizio sulla forma, il giudizio sul suono,<br />

il giudizio sull'odore, il giudizio sul gusto, il giudizio sulle<br />

cose tangibili, il giudizio sul pensiero sono forme piacevoli,<br />

forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro<br />

cessare cessa la sete.<br />

Nel mondo la sete di forme, la sete di suoni, la sete di<br />

odori, la sete di gusti, la sete di cose tangibili, la sete di<br />

pensieri sono forme piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete, col loro<br />

cessare cessa la<br />

sete.<br />

Nel mondo la riflessione sulle forme, la riflessione sui<br />

suoni, la riflessione sugli odori, la riflessione sui gusti, la<br />

riflessione sui contatti, la riflessione sui pensieri sono forme<br />

piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete,<br />

col loro cessare cessa la sete.<br />

Nel mondo l'osservazione delle forme, l'osservazione dei<br />

suoni, l'osservazione degli odori, l'osservazione dei gusti, l'osservazione dei contatti,<br />

l'osservazione dei<br />

pensieri sono forme<br />

piacevoli, forme gradevoli, col loro svanire svanisce la sete,<br />

col loro cessare cessa la sete. Questa, o monaci, vien detta la<br />

nobile verità sulla fine del dolore.<br />

21. Cosa è, o monaci, la nobile verità sulla via che mena<br />

alla fine del dolore?<br />

Il nobile ottuplice sentiero, o monaci, cioè: retta opinione,<br />

retta intenzione, retta vita, retto esercizio, retta consapevolezza, retta concentrazione.<br />

Cosa è, o monaci, retta opinione?<br />

Quella che è, o monaci, conoscenza del dolore, conoscenza dell'origine del dolore, conoscenza<br />

della fine del<br />

dolore, conoscenza della via che mena alla fine del dolore.<br />

Questa, o monaci, vien detta retta opinione.<br />

Cosa è, o monaci, retta intenzione?<br />

Quella che è intenzione di astenersi da bramare, che è<br />

intenzione di astenersi da astio, che è intenzione di astenersi da crudeltà. Questa, o monaci,<br />

vien detta retta<br />

161<br />

intenzione.<br />

Cosa è, o monaci, retta parola?<br />

l'astenersi da parola falsa, l'astenersi da parola calunniosa, l'astenersi da parola aspra,<br />

l'astenersi da parola<br />

frivola. Questa, o monaci, vien detta retta parola.<br />

Cosa è, o monaci, retta azione?<br />

l'astenersi dall'uccidere, l'astenersi dal non dato, l'astenersi da cattivo comportamento per<br />

brame. Questo, o<br />

monaci, vien detta retta azione.<br />

Cosa è, o monaci, retta vita?


Ecco, o monaci, un nobile discepolo, abbandonata una vita opposta, intraprende un modo di<br />

vivere secondo<br />

retta vita. Questa, o monaci, vien detta retta vita.<br />

Cosa è, o monaci, retto esercizio?<br />

Ecco, o monaci, un monaco dirige ed esercita la volontà a che non sorgano non sorti cattivi<br />

non salutari<br />

elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige ed esercita la volontà ad<br />

abbandonare sorti<br />

cattivi non salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige ed<br />

esercita la volontà a<br />

far sorgere non sorti salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Dirige<br />

ed esercita la<br />

volontà a far permanere, a non confondere, ad incrementare, a sviluppare, a coltivare, a<br />

perfezionare, sorti<br />

salutari elementi, raggiunge la forza, applica ed esercita la mente. Questa, o monaci, vien detta<br />

retto sforzo.<br />

Cosa è, o monaci, retta consapevolezza ?<br />

"Ecco, o monaci, un monaco dimora nel corpo osservando il corpo, strenuo, presente,<br />

consapevole, lontane<br />

nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora nella sensazione osservando la sensazione,<br />

strenua, presente,<br />

consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora nella mente osservando la<br />

mente,<br />

strenua, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la sofferenza; dimora tra gli<br />

elementi<br />

osservando gli elementi, strenuo, presente, consapevole, lontane nel mondo la cupidigia e la<br />

sofferenza.<br />

Questa, o monaci, vien detta retta consapevolezza."<br />

Cosa è, o monaci, retta concentrazione?<br />

"Ecco, o monaci, un monaco lungi da elementi non salutari raggiunta la riflettente, osservante,<br />

nata da<br />

distacco beata serenità, prima esperienza raggiunta dimora. Riflessione ed osservazione<br />

quietate, l'interna<br />

tranquillità della mente, l'unità dell'essere, la non riflettente non osservante, nata di<br />

concentrazione, beata<br />

serenità, seconda esperienza raggiunta dimora. Superata la beatitudine, in assenza di ogni<br />

alterità, equanime<br />

dimora, e prova nel corpo quella serenità per cui i nobili dicono: ""l'equanime savio dimora<br />

sereno"", e terza<br />

esperienza raggiunta dimora. Ed ancora superando la gioia, superando il dolore, purificandosi<br />

da precedenti<br />

euforie o sofferenze, raggiunta la priva di dolore, la priva di gioia, equanime, consapevole,<br />

perfetta, quarta<br />

esperienza raggiunta dimora. Questa, o monaci, vien detta retta concentrazione."<br />

Questa, o monaci, vien detta la nobile verità sulla via che mena alla fine del dolore.<br />

"Così egli dall'interno degli elementi dimora osservando gli elementi, dal di fuori degli<br />

elementi dimora<br />

osservando gli elementi, dall'interno e dal di fuori degli elementi dimora osservando gli<br />

elementi. Egli


dimora osservando il sorgere degli elementi tra gli elementi, dimora osservando il trapassare<br />

degli elementi<br />

tra gli elementi, dimora osservando il sorgere ed il trapassare degli elementi tra gli elementi.<br />

"" Così sono gli<br />

elementi "", e pertanto in lui questa consapevolezza è di fondamento, perché a lui è base di<br />

sapere, è base di<br />

più alta consapevolezza. Ed egli vive libero e nulla brama al mondo. Così, o monaci, un monaco<br />

negli<br />

elementi dimora osservando gli elementi nelle quattro nobili verità."<br />

"22. E colui, o monaci, che questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per sette<br />

anni, di questi<br />

due frutti un frutto consegue: ""la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una<br />

esistenza senza<br />

ritorno. Rimangano, o monaci, sei anni. Chi questi quattro pilastri della consapevolezza così<br />

pratica per sei<br />

anni, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la<br />

consapevolezza di una<br />

esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci, cinque anni. Chi questi quattro pilastri della<br />

consapevolezza<br />

così pratica per cinque anni, di questi due frutti un frutto ne consegue: o la sapienza negli<br />

elementi visibili o<br />

la consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci, quattro anni. Chi<br />

questi quattro<br />

162<br />

pilastri della consapevolezza così pratica per quattro anni, di questi due frutti un frutto<br />

consegue: o la<br />

sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza ritorno.<br />

Rimangano, o monaci, tre<br />

anni. Chi questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per tre anni, di questi due<br />

frutti un frutto<br />

consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza<br />

ritorno.<br />

Rimangano, o monaci, due anni. Chi questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica<br />

per due anni, di<br />

questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di<br />

una esistenza<br />

senza ritorno. Rimanga, o monaci, un anno. Chi questi quattro pilastri della consapevolezza<br />

così pratica per<br />

un anno, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la<br />

consapevolezza in<br />

una esistenza senza ritorno. Rimanga, o monaci, un anno, chi questi quattro pilastri della<br />

consapevolezza così<br />

pratica per sette mesi, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi<br />

visibili o la<br />

consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci, sei mesi, chi questi<br />

quattro pilastri<br />

della consapevolezza così pratica per sei mesi, di questi due frutti un frutto consegue: o la<br />

sapienza negli<br />

elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci,<br />

cinque mesi, chi


questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per cinque mesi, di questi due frutti<br />

un frutto<br />

consegue o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza<br />

ritorno. Rimangano,<br />

o monaci, quattro mesi, chi questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per<br />

quattro mesi, di<br />

questi due frutti un frutto consegue o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di<br />

una esistenza<br />

senza ritorno. Rimangano, o monaci, tre mesi, chi questi quattro pilastri della consapevolezza<br />

così pratica per<br />

tre mesi, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la<br />

consapevolezza di<br />

una esistenza senza ritorno. Rimangano, o monaci, due mesi, chi questi quattro pilastri della<br />

consapevolezza<br />

così pratica per un mese, di questi due frutti un frutto consegue: o la sapienza negli elementi<br />

visibili o la<br />

consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimanga, o monaci, un mese, chi questi quattro<br />

pilastri della<br />

consapevolezza così pratica per mezzo mese, di questi due frutti un frutto consegue: o la<br />

sapienza negli<br />

elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza ritorno. Rimanga, o monaci, mezzo<br />

mese, chi<br />

questi quattro pilastri della consapevolezza così pratica per sette giorni, di questi due frutti un<br />

frutto<br />

consegue: o la sapienza negli elementi visibili o la consapevolezza di una esistenza senza<br />

ritorno."<br />

"La via, o monaci, ad una unica meta, alla purificazione degli esseri, al superamento del pianto<br />

e del lamento,<br />

all'allontanamento del dolore e della sofferenza, al comparire del giusto metodo per la<br />

realizzazione<br />

dell'estinzione è quella dei quattro pilastri della consapevolezza. Questo è detto e questo è il<br />

motivo per cui è<br />

detto ""."<br />

Così parlò il Sublime. Contenti i monaci si rallegrarono alla parola del Sublime.<br />

MAHA SATIPATTHANA SUTTANTA<br />

FINE<br />

(Traduzione di Eugenio Frola)<br />

MAHANIDANASUTTANTA<br />

(GRANDE DIALOGO DELLE CAUSE)<br />

Così ho sentito:<br />

1. Un tempo il Sublime dimorava tra i Kuru, in un villaggio dei Kuru di nome<br />

Kammassadhamma. Allora il<br />

163<br />

venerabile Ananda si diresse là dove era il Sublime e avvicinatolo, dopo averlo salutato, gli<br />

sedé accanto.<br />

Accanto seduto, il venerabile Ananda così disse al Sublime:<br />

È meraviglioso, o signore, è straordinario, o signore, come generalmente sia, o signore,<br />

difficile l'origine da<br />

precedenti, difficile a capire. Invece a me appare assai facile .


Non dire, così, o Ananda, non dire così, o Ananda. Difficile, o Ananda, è l'origine da precedenti,<br />

difficile a<br />

capire. Senza la comprensione, senza l'approfondimento di questa dottrina, non si supera il<br />

ciclo delle<br />

generazioni, aggrovigliato come una matassa, immerso nelle tenebre, simile a cespugli di erba<br />

pungente e<br />

tagliente (1), sfuggente, doloroso, ruinoso samsara.<br />

"2. "" Esiste un presupposto a vecchiaia e morte? "". Così, o Ananda, alla domanda in piena<br />

consapevolezza<br />

è da rispondere: ""Esiste"". ""Quale è il presupposto a vecchiaia ed a morte?"". Così può essere<br />

chiesto.<br />

""Nascita è presupposto a vecchiaia e morte "". Così è da rispondere."<br />

" Esiste un presupposto a nascita? . Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da<br />

rispondere:<br />

"" Esiste""."<br />

" Quale è il presupposto a nascita ? . Così può essere chiesto. "" Esistenza è il presupposto a<br />

nascita "". Così<br />

è da rispondere."<br />

" Esiste un presupposto ad esistenza? . Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza<br />

è da<br />

rispondere: "" Esiste "". "" Quale è il presupposto ad esistenza ? "". Così può essere chiesto. ""<br />

Attaccamento<br />

è il presupposto ad esistenza "". Così è da rispondere."<br />

" Esiste un presupposto ad attaccamento ? . Così, o Ananda, alla domanda in piena<br />

consapevolezza è da<br />

rispondere: "" Esiste "". "" Quale è il presupposto ad attaccamento?"". Così può essere chiesto.<br />

"" La sete è il<br />

presupposto ad attaccamento"". Così è da rispondere."<br />

"Esiste un presupposto a sete?. Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da<br />

rispondere: ""<br />

Esiste "". ""Quale è il presupposto a sete?"". Così può essere chiesto. "" Sensazione è il<br />

presupposto a sete<br />

"". Così è da rispondere."<br />

" Esiste un presupposto a sensazione ? . Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza<br />

è da<br />

rispondere: "" Esiste "". "" Quale è il presupposto a sensazione? "". Così può essere chiesto. ""<br />

Contatto è<br />

presupposto alla sensazione "". Così è da rispondere."<br />

"Esiste un presupposto a contatto?. Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da<br />

rispondere:<br />

"" Esiste "". "" Quale è il presupposto a contatto ? "". Così può essere chiesto. "" Nome e forma è<br />

il<br />

presupposto a contatto "". Così è da rispondere."<br />

" Esiste un presupposto a nome e forma ? . Così, o Ananda, alla domanda in piena<br />

consapevolezza è da<br />

rispondere: "" Esiste "". "" Quale è il presupposto a nome e forma ? "". Così può essere chiesto.<br />

"" Vinnana è<br />

il presupposto a nome e"<br />

"forma "". Così è da rispondere."


"Esiste un presupposto a Vinnana?. Così, o Ananda, alla domanda in piena consapevolezza è da<br />

rispondere:<br />

"" Esiste "". "" Quale è il presupposto a vinnana? "". Così può essere chiesto. "" Nome e forma è<br />

il<br />

presupposto a vinnana "". Così è da rispondere."<br />

3. Così, o Ananda, nome e forma è il presupposto a vinnana, vinnana è presupposto a nome e<br />

forma, nome e<br />

forma è presupposto a contatto, contatto è presupposto a sensazione, sensazione è<br />

presupposto a sete, sete è<br />

presupposto ad attaccamento, attaccamento è presupposto ad esistenza, esistenza è<br />

presupposto a nascita,<br />

nascita è presupposto a vecchiaia e morte, vecchiaia, morte, angoscia, lamento, dolore,<br />

sofferenza,<br />

agitazione, si perpetuano. Così è l'origine dell'intero complesso del dolore.<br />

"4. Nascita è presupposto a vecchiaia e morte. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />

seguente argomento<br />

che si può dire così: "" nascita è presupposto a vecchiaia e morte "". Se, o Ananda, totalmente,<br />

completamente, a ciascuno, ovunque non fosse più nascita, cioè: agli dèi nei cieli, ai<br />

Gandhabba (2) nel loro<br />

regno, agli Yakka (3) nel loro regno, agli spiriti nel loro regno, agli uomini nel loro regno, ai<br />

quadrupedi nel<br />

loro regno, agli uccelli nel loro regno, ai serpenti nel loro regno e a questi ed a quegli esseri, o<br />

Ananda,<br />

ovunque, più non fosse nascita, se completamente vi fosse il cessare della nascita, colla<br />

distruzione della<br />

164<br />

nascita forse che si sperimenterebbe ancora vecchiaia e morte?""."<br />

" ""No di certo, o signore ""."<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

della vecchiaia e della morte: la nascita.<br />

"5. Esistenza è il presupposto di nascita. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />

argomento che si<br />

può dire così: "" Esistenza è presupposto di nascita "". Se, o Ananda totalmente<br />

completamente, a ciascuno,<br />

ovunque non fosse più esistenza; cioè: l'esistenza passionale, l'esistenza formale, l'esistenza<br />

priva di forma<br />

(4), se completamente vi fosse il cessare dell'esistenza, colla distruzione dell'esistenza forse<br />

che si<br />

sperimenterebbe ancora nascita? ""."<br />

" No di certo, o signore""."<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

della nascita: l'esistenza.<br />

"6. Attaccamento è presupposto ad esistenza. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />

argomento<br />

che si può dire così: "" Attaccamento è presupposto ad esistenza"". Se, o Ananda, totalmente,<br />

completamente, a ciascuno, ovunque, non fosse più attaccamento; cioè: l'attaccamento alla<br />

passione,<br />

l'attaccamento ai rituali, l'attaccamento all'opinione, l'attaccamento all'affermazione dell'io, se


completamente vi fosse il cessare dell'attaccamento, colla distruzione dell'attaccamento forse<br />

che si<br />

sperimenterebbe ancora l'esistenza? ""."<br />

No di certo, o signore .<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

dell'esistenza: l'attaccamento.<br />

"7. Sete è il presupposto ad attaccamento. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />

argomento che<br />

si può dire così: "" sete è il presupposto ad attaccamento "". Se, o Ananda, totalmente,<br />

completamente, a<br />

ciascuno, ovunque non fosse più sete; cioè: la sete di forme, la sete di suoni, la sete di odori, la<br />

sete di sapori,<br />

la sete di cose tangibili, la sete di pensieri, se completamente vi fosse il cessare della sete, colla<br />

distruzione<br />

della sete forse che si sperimenterebbe ancora l'attaccamento? """<br />

No di certo, o signore .<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

ad attaccamento: la sete.<br />

8. Sensazione è il presupposto a sete. Così invero ciò si<br />

"dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "" sensazione è il<br />

presupposto a sete "". Se,<br />

o Ananda, totalmente, completamente, a ciascuno, ovunque non fosse più sensazione: cioè la<br />

sensazione<br />

attraverso il contatto dell'occhio, la sensazione attraverso il contatto dell'orecchio, la<br />

sensazione attraverso il<br />

contatto del naso, la sensazione attraverso il contatto della lingua, la sensazione attraverso il<br />

contatto del<br />

corpo, la sensazione attraverso il contatto della mente, se completamente, vi fosse il cessare<br />

della sensazione,<br />

colla distruzione della sensazione forse che si sperimenterebbe ancora la sete ? ""."<br />

No di certo, o signore.<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

della sete: la sensazione.<br />

9. Così, o Ananda', la sensazione è origine della sete, la sete è origine della ricerca, la ricerca è<br />

origine<br />

dell'assunzione, l'assunzione è origine del gradimento, il gradimento è origine del desiderio<br />

turbante, il<br />

desiderio turbante è origine del possesso, il possesso è origine della proprietà, la proprietà è<br />

origine<br />

dell'avarizia, l'avarizia è origine della tesaurizzazione, a scopo di tesaurizzare l'armarsi di<br />

mazza, l'armarsi di<br />

spada, guerra, conquista, litigio, discussione, calunnia, menzogna e più di un elemento torbido,<br />

non salutare<br />

si manifesta.<br />

"10 A scopo di tesaurizzare è l'armarsi di mazza, l'armarsi di spada, la guerra, la conquista, il<br />

litigio, la


discussione, la calunnia, la menzogna e più di un elemento torbido, non salutare si manifesta.<br />

Così invero ciò<br />

si dice, ma è in forza del seguente argomento che si può dire così: "" a scopo di tesaurizzare è<br />

l'armarsi di<br />

165<br />

mazza, l'armarsi di spada, la guerra, la conquista, il litigio, la discussione, la calunnia, la<br />

menzogna e più di<br />

un elemento torbido, non salutare si manifesta"". Se, o Ananda, totalmente, completamente, a"<br />

"ciascuno, ovunque non fosse più tesaurizzare forse che si manifesterebbe ancora l'armarsi di<br />

spada, l'armarsi<br />

di mazza, la guerra, la conquista, il litigio, la discussione, la calunnia, la menzogna e più di un<br />

elemento<br />

torbido, non salutare?""."<br />

No di certo, o signore .<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

dell'armarsi di mazza, dell'armarsi di spada, della guerra, della conquista, del litigio, della<br />

discussione, della<br />

calunnia, della menzogna e del manifestarsi di più di un elemento torbido, non salutare: la<br />

tesaurizzazione:<br />

"11. Avarizia è origine di tesaurizzazione. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />

argomento che<br />

si può dire così: "" avarizia è origine di tesaurizzazione "". Se, o Ananda, totalmente,<br />

completamente, a<br />

ciascuno, ovunque non fosse più avarizia, se completamente vi fosse il cessare dell'avarizia,<br />

colla distruzione<br />

dell'avarizia forse che si sperimenterebbe ancora tesaurizzazione ? ""."<br />

" ""No di certo, o signore ""."<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questo è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di tesaurizzazione: avarizia.<br />

"12. Proprietà è origine dell'avarizia. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />

argomento che si può<br />

dire così: "" proprietà è origine di avarizia ""; Se, o Ananda, totale mente, completamente, a<br />

ciascuno,<br />

ovunque non fosse pi¢ proprietà, se completamente vi fosse il cessare di proprietà, colla<br />

distruzione di<br />

proprietà forse che si sperimenterebbe ancora avarizia? ""."<br />

No di certo, o signore .<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di avarizia: proprietà.<br />

"13. Possesso è origine di proprietà. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />

argomento che si può<br />

dire così: "" possesso è origine di proprietà "". Se, o Ananda, totalmente, completamente, a<br />

ciascuno,<br />

ovunque non fosse più possesso, se completamente vi fosse il cessare del possesso, colla<br />

distruzione del<br />

possesso forse che si sperimenterebbe ancora proprietà ? ""."<br />

No di certo, o signore.


Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di proprietà: possesso.<br />

"14. Desiderio turbante ' è origine di possesso. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />

seguente argomento<br />

che si può dire così: "" desiderio turbante è origine di possesso "". Se, o Ananda, totalmente,<br />

completamente,<br />

a ciascuno, ovunque non fosse più desiderio turbante, se completamente vi fosse il cessare di<br />

desiderio<br />

turbante, colla distruzione del desiderio turbante forse che si sperimenterebbe ancora<br />

possesso? ""."<br />

"No di certo, o signore ""."<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di possesso: desiderio turbante.<br />

"15. Compiacimento è origine di desiderio turbante. Così invero ciò si dice. Ma è in forza del<br />

seguente<br />

argomento che si può dire così: "" compiacimento è origine di desiderio turbante"". Se, o<br />

Ananda,<br />

totalmente, completamente, a ciascuno, ovunque non fosse più compiacimento, se<br />

completamente vi fosse il<br />

cessare di compiacimento, colla distruzione di compiacimento forse che si sperimenterebbe<br />

ancora desiderio<br />

turbante ? "" ."<br />

No di certo, o signore .<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa<br />

è l'origine, questa è la radice, questo è il presupposto di desiderio turbante: compiacimento.<br />

"10. Assunzione "" è origine di compiacimento. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />

seguente argomento<br />

che si può dire così: "" assunzione è origine di compiacimento "". Se, o Ananda, totalmente,<br />

completamente,<br />

a ciascuno, ovunque non fosse più assunzione, se completamente vi fosse il cessare di<br />

assunzione, colla<br />

166<br />

distruzione di assunzione forse che si sperimenterebbe ancora compiacimento? ""."<br />

"No di certo, o signore ""."<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di compiacimento: assunzione.<br />

"17. Ricerca (9) è origine di assunzione. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />

argomento che si<br />

può dire così: "" ricerca è origine di assunzione "". Se, o Ananda, totalmente, completamente, a<br />

ciascuno,<br />

ovunque non fosse pi? ricerca, se completamente vi fosse il cessare di ricerca, colla<br />

distruzione di ricerca<br />

forse che si sperimenterebbe ancora assunzione ? ""."<br />

"No di certo, o signore . ""Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questo è l'origine,<br />

questa<br />

è la radice, questo è il presupposto di assunzione ricerca. "


"18. Sete è origine di ricerca. Così invero ciò si dice, ma in forza del seguente argomento che si<br />

può dire<br />

così: "" sette è origine di ricerca"". Se, o Ananda, totalmente, completo mente, a ciascuno,<br />

ovunque non<br />

fosse più sete, se completamente vi fosse il cessare della sete, colla distruzione della sete forse<br />

che si<br />

sperimenterebbe ancora ricerca? ""."<br />

No di certo, o signore .<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di ricerca: la sete.<br />

Così, o Ananda, queste due dottrine, sono ricondotte tutte e due alla sensazione.<br />

"19. Contatto (10) è presupposto di sensazione. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />

seguente argomento<br />

che si può dire così: contatto è presupposto di sensazione. Se, o Ananda, totalmente,<br />

completamente, a<br />

ciascuno, ovunque non fosse più contatto, cioè: il contatto dell'occhio, il contatto dell'orecchio,<br />

il contatto del<br />

naso, il contatto della lingua, il contatto del corpo, il contatto della mente, se completamente vi<br />

fosse il<br />

cessare di contatto, colla distruzione di contatto forse che si sperimenterebbe ancora<br />

sensazione? "". ""No di<br />

certo, o signore""."<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di sensazione: contatto.<br />

"20. Nome e forma è presupposto di contatto. Così invero ciò si dice, ma è in forza del<br />

seguente argomento<br />

che si può dire così: ""nome e forma è presupposto di contatto"". O Ananda, da certi attributi,<br />

da certi organi,<br />

da certi fenomeni, da certe espressioni viene la facoltà conoscitiva dell'aggregato nominale<br />

(11). Ma se in<br />

questi attributi, in questi organi, in questi fenomeni, in queste espressioni fosse cessazione,<br />

forse che<br />

nell'aggregato formale si sperimenterebbe il contatto indicante? ""."<br />

No di certo, o signore .<br />

O Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni viene la<br />

facoltà<br />

conoscitiva dell'aggregato formale: ma se in questi attributi, in questi organi in questi<br />

fenomeni, in queste<br />

espressioni, fosse cessazione forse che nell'aggregato nominale si sperimenterebbe il contatto<br />

reattivo ? .<br />

No di certo, o signore .<br />

O Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni viene la<br />

facoltà<br />

conoscitiva dell'aggregato nominale e dell'aggregato formale: ma se in questi attributi, in<br />

questi organi, in<br />

questi fenomeni, in queste espressioni fosse cessazione, forse che si sperimenterebbe il<br />

contatto indicante ed<br />

il contatto reattivo?.


"No di certo, o signore ""."<br />

O Ananda, da certi attributi, da certi organi, da certi fenomeni, da certe espressioni, viene la<br />

facoltà<br />

conoscitiva di nome e forma: ma se in questi attributi, in questi organi, in questi fenomeni, in<br />

queste<br />

espressioni fosse cessazione, forse che si sperimenterebbe il contatto? .<br />

No di certo, o signore.<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di contatto: nome e forma.<br />

"21. Vinnana è presupposto di nome e forma. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />

argomento<br />

167<br />

che si può dire così: "" vinnana è il presupposto di nome e forma "". Se, o Ananda, vinnana (12)<br />

non si<br />

introducesse nell'utero della madre, forse che nell'utero della madre, si determinerebbe nome<br />

e forma? ""."<br />

"No di certo, o signore ""."<br />

Se, o Ananda, vinnana, introdottosi nell'utero della madre, deviasse, forse che nome e forma si<br />

manifesterebbe alla stato normale? . .<br />

No di certo, o signore.<br />

Se, o Ananda, vinnana di un infante fosse strappato all bimbo od alla bimba, forse che nome e<br />

forma<br />

prosperamente, felicemente, favorevolmente si svilupperebbe? .<br />

No di certo, o signore .<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di nome e forma: vinnana.<br />

"22. Nome e forma è presupposto a vinnana. Così invero ciò si dice, ma è in forza del seguente<br />

argomento<br />

che si può dire così: ""nome e forma è presupposto di vinnana"". Se, o Ananda, vinnana non<br />

trovasse il suo<br />

supporto in nome e forma, forse che si sperimenterebbe il futuro, la nascita, la vecchiaia, la<br />

morte, il dolore,<br />

l'angoscia, l'esistenza? ""."<br />

" No di certo, o signore""."<br />

Pertanto, o Ananda, proprio questo è il motivo, questa è l'origine, questa è la radice, questo è il<br />

presupposto<br />

di vinnana: nome e forma.<br />

"Proprio così, o Ananda, si sorge, si declina, si muore, si trapassa, si risorge; proprio in<br />

conseguenza di ciò si<br />

sviluppa il processo semantico, il processo logico, il processo delle idee, il processo della<br />

conoscenza,<br />

proprio così turbina il ciclo del samsara nel normale stato del conoscere, così si unisce nome e<br />

forma a<br />

vinnana."<br />

"23. E come, o Ananda, coloro che definiscono l'anima la definiscono? Colui che definisce<br />

l'anima formale e<br />

finita proprio così definisce: ""formale e finita secondo me è l'anima"" Colui che definisce<br />

l'anima formale e


infinita proprio così definisce: ""formale ed infinita secondo me è l'anima"" Colui che definisce<br />

l'anima priva<br />

di forma e finita proprio così definisce: "" priva di forma e finita secondo me è l'anima"" Colui<br />

che definisce<br />

l'anima priva di forma ed infinita proprio così definisce: ""priva di forma ed infinita secondo<br />

me è<br />

l'anima""."<br />

"24. Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima formale e finita proprio la definisce, e sia<br />

che la definisca<br />

immediatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così è: "" se anche ciò<br />

non è certo, me<br />

ne servirò lo stesso come di verità "". E così essendo, costui ripete continuamente nel discorso<br />

la sua<br />

opinione sull'anima formale e finita."<br />

"Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima formale ed infinita proprio la definisce, e sia<br />

che la definisca<br />

immediatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così è: "" se anche ciò<br />

non è certo, me<br />

ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo, costui ripete continuamente nel discorso<br />

la sua opinione<br />

sull'anima formale ed infinita."<br />

"Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima priva di forma e finita proprio la definisce, e sia<br />

che la<br />

definisca immediatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così è: "" se<br />

anche ciò non è<br />

certo, me ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo costui ripete continuamente nel<br />

discorso la sua<br />

opinione sull'anima priva di forma e finita."<br />

"Dunque, o Ananda, colui che definisce l'anima priva di forma ed infinita proprio la definisce, e<br />

sia che la<br />

definisca immediatamente, sia che la definisca dietro deduzione, sempre in lui così è: "" se<br />

anche ciò non è<br />

certo, me ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo costui ripete continuamente nel<br />

discorso la sua<br />

opinione sull'anima priva di forma ed (1) infinita. Proprio così, o Ananda, definiscono coloro<br />

che definiscono<br />

l'anima."<br />

"25. E come, o Ananda, coloro che non definiscono l'anima non la definiscono? Colui che non<br />

definisce<br />

l'anima formale e finita non così definisce: "" formale e finita secondo me è l'anima "". Colui<br />

che non<br />

definisce l'anima formale ed infinita non così definisce: "" formale ed infinita secondo me è<br />

l'anima"". Colui<br />

168<br />

che non definisce l'anima priva di forma e finita non così definisce: "" priva di forma e finita<br />

secondo me è<br />

l'anima"". Colui che non definisce l'anima priva di forma ed infinita non così definisce: "" priva<br />

di forma ed<br />

infinita i secondo me è l'anima ""."


"26. Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima formale e finita proprio non la<br />

definisce, e sia che<br />

non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così non<br />

è: "" se anche<br />

ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo costui non ripete<br />

continuamente nel<br />

discorso la sua opinione sull'anima formale e finita."<br />

"Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima formale ed infinita proprio non la<br />

definisce, e sia che<br />

non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così è: ""<br />

se anche ciò<br />

non è certo, me ne servirò lo stesso come di verità "". E così essendo costui non ripete<br />

continuamente nel<br />

discorso la sua opinione sull'anima formale ed infinita."<br />

"Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima priva di forma e finita proprio non la<br />

definisce, e sia che<br />

non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così è: ""<br />

se anche ciò<br />

non è certo, me ne servirò lo stesso come di verità"". E così essendo costui non ripete<br />

continuamente nel<br />

discorso la sua opinione sull'anima priva di forma e finita."<br />

"Dunque, o Ananda, colui che non definisce l'anima priva di forma ed infinita proprio non la<br />

definisce, e sia<br />

che non la definisca immediatamente, sia che non la definisca dietro deduzione, mai in lui così<br />

è: "" se anche<br />

ciò non è certo, me ne servirò lo stesso come di verità "". E così essendo costui non ripete<br />

continuamente nel<br />

discorso la sua opinione sull'anima priva di forma ed infinita. Proprio così, o Ananda, non<br />

definiscono coloro<br />

che non definiscono l'anima."<br />

"27 . E come, o Ananda, coloro che introspezionano l'anima, la introspezionano? Vi è, o<br />

Ananda, chi<br />

introspezionando l'anima, introspeziona la sensazione: ""la sensazione secondo me è l'anima<br />

"". Oppure: ""<br />

non la sensazione secondo me è l'anima, la cessazione della sensazione secondo me è l'anima<br />

"". Oppure: ""<br />

non la sensazione secondo me è l'anima, non la cessazione della sensazione secondo me è<br />

l'anima, l'anima da<br />

me è sentita come la capacità di sentire, questo secondo me è l'anima"". Così, o Ananda, coloro<br />

che<br />

introspezionano l'anima introspezionano."<br />

"28. Dunque, o Ananda, a colui che così afferma: "" sensazione è l'anima "", è da rispondere: ""<br />

vi sono, o<br />

amico, queste tre sensazioni: la sensazione piacevole, la sensazione dolorosa, la sensazione<br />

indifferente.<br />

Quali di queste tre sensazioni tu introspezioni come anima'"". Nel momento, o Ananda, in cui<br />

ottenendola,<br />

percepisci sensazione piacevole, in quel momento non percepisci sensazione dolorosa, né<br />

percepisci


sensazione indifferente. In quel momento in cui ottenendola percepisci sensazione dolorosa,<br />

in quel<br />

momento non percepisci sensazione piacevole, né percepisci sensazione indifferente. In quel<br />

momento in cui<br />

ottenendola percepisci sensazione indifferente, in quel momento non percepisci sensazione<br />

piacevole, né<br />

percepisci sensazione dolorosa."<br />

"29. La sensazione piacevole, o Ananda, è impermanente, condizionata, originata da<br />

precedenti, soggetta al<br />

decadere, soggetta al trapassare, soggetta allo svanire, soggetta alla distruzione. La sensazione<br />

dolorosa, o<br />

Ananda, è impermanente, condizionata, originata da precedenti, soggetta al decadere,<br />

soggetta al trapassare,<br />

soggetta allo svanire, soggetta alla distruzione. La sensazione indifferente, o Ananda, è<br />

impermanente,<br />

condizionata, originata da precedenti, soggetta al decadere, soggetta al trapassare, soggetta<br />

allo svanire,<br />

soggetta alla distruzione. Allora a colui che sperimenta sensazione piacevole dovrebbe essere:<br />

"" questa è<br />

l'anima "", ma collo sparire della sensazione piacevole così dovrebbe essere: "" a me sparì<br />

l'anima"". A colui<br />

che sperimenta sensazione dolorosa dovrebbe essere: "" questa è l'anima "", ma collo sparire<br />

della sensazione<br />

dolorosa così dovrebbe essere: ""a me spari l'anima"". A colui che sperimenta sensazione<br />

indifferente<br />

dovrebbe essere: "" questa è l'anima "", ma collo sparire della sensazione indifferente così<br />

dovrebbe essere:<br />

""a me sparì l'anima "". Così coloro che affermano: "" sensazione per me è l'anima"",<br />

introspezionando nel<br />

campo della sensazione, introspezionano l'impermanenza, il dolore mescolato al piacere, la<br />

legge del sorgere<br />

e del trapassare. Pertanto, o Ananda, non si può introspezionando affermare: "" la sensazione<br />

per me è<br />

l'anima ""."<br />

169<br />

"30. Ecco, o Ananda, a colui che così afferma: ""non la sensazione secondo me è l'anima, la<br />

cessazione della<br />

sensazione secondo me è l'anima "", così è da rispondere: "" quando, o amico, totalmente<br />

manca il sentire,<br />

allora forse sussiste: ' io sono? ' "" ""."<br />

No di certo, o signore .<br />

" Pertanto, o Ananda, non si può introspezionando affermare: non la sensazione secondo me è<br />

l'anima, la<br />

cessazione della sensazione secondo me è l'anima ""."<br />

"31. Ecco, o Ananda, a colui che così afferma: "" non la sensazione secondo me è l'anima, né la<br />

cessazione<br />

della sensazione, l'anima è da me intesa come la facoltà di sentire"", così è da rispondere: "" se,<br />

o amico, la<br />

sensazione totalmente, completamente fosse distrutta, colla cessazione di ogni sensazione,<br />

colla distruzione


della sensazione forse che sussisterebbe: ' io sono questo ? ' "" ""."<br />

No di certo, o signore.<br />

" Pertanto, o Ananda, non si può introspezionando affermare: non la sensazione secondo me è<br />

l'anima, non<br />

la cessazione della sensazione, l'anima è da me intesa come la facoltà senziente ""."<br />

"32. Ma, o Ananda, un monaco non così introspeziona l'anima nella sensazione, non<br />

introspeziona l'anima<br />

nella cessazione della sensazione, non così introspeziona: "" da me così è intesa l'anima:<br />

l'anima è la facoltà<br />

senziente"". Egli così non introspezionando, non è attaccato, è libero da attaccamento, non si<br />

agita, calmo,<br />

isolato, totalmente si estingue: "" Esausta la vita, estinta la condizione di purezza, fatto ciò che<br />

si doveva<br />

fare, non esiste più alcuno stato condizionato "", così comprende."<br />

"E se qualcuno interroga così un monaco dalla mente emancipata: ""esiste il Compiuto dopo la<br />

morte?"", ciò<br />

per lui l'opinione da scartare. "" Non esiste il Compiuto dopo la morte?"", ciò per lui è opinione<br />

da scartare.<br />

""Esiste e non esiste il Compiuto dopo la morte? "", ciò per lui è opinione da scartare. "" Non<br />

esiste e non<br />

non esiste il Compiuto dopo la morte? "", ciò per lui è opinione da scartare. E quale è il motivo<br />

di ciò?<br />

Quanto è, o Ananda, nei confronti della semantizzazione e del processo semantico, nei<br />

confronti della logica,<br />

e del processo logico, nei confronti delle idee e del processo delle idee, nei confronti della<br />

conoscenza e del<br />

processo della conoscenza, nei confronti del ciclo del samsara e di ciò che gira il ciclo del<br />

samsara, ciò un<br />

monaco emancipato, possessore del sapere, non considera, non se ne occupa, per lui"<br />

opinione, cosa da scartare.<br />

33. Vi sono, o Ananda, sette stazioni di vinnana e due dyatana, Quali sette? Vi sono degli esseri<br />

aventi corpo<br />

non semplice e coscienza non semplice. Cioè alcuni uomini cd alcuni dèi, ed i soggetti alla<br />

rovina. Questa è<br />

la prima stazione di vinnana.<br />

Vi sono, o Ananda, degli esseri aventi corpo non semplice e coscienza semplice, cioè gli dèi del<br />

coro di<br />

Brahma che sono alla loro prima esistenza. Questa è la seconda stazione di vinnana.<br />

Vi sono, o Ananda, degli esseri che hanno corpo semplice e coscienza non semplice: gli dèi<br />

Abhassara.<br />

Questa è la terza stazione di vinnana.<br />

Vi sono, o Ananda, degli esseri che hanno corpo semplice e coscienza semplice: gli dèi<br />

Subhakinna. Questa<br />

è la quarta stazione di vinnana.<br />

"Vi sono, o Ananda, degli esseri che hanno totalmente sorpassate le coscienze formali, che col<br />

tramontare<br />

delle coscienze dovute a reazioni sensorie, distolta la mente dalle coscienze non semplici,<br />

""infinito è lo<br />

spazio"", vivono nel dominio dello spazio infinito. Questa è la quinta stazione di vinnana."


"Vi sono, o Ananda, degli esseri che, superato il dominio dello spazio infinito, "" infinito è<br />

vinnana "",<br />

vivono nel dominio del vinnana infinito. Questa è la sesta stazione di vinnana."<br />

"Vi sono, o Ananda, degli esseri che, superato il dominio del vinnana infinito, "" non vi è<br />

alcunché "",<br />

vivono nel dominio del non vi è alcunché. Questa è la settima stazione di vinnana."<br />

Vi è l'ayatana degli esseri inconsci, e l'ayatana degli esseri<br />

non consci né inconsci: questi due.<br />

34. Dunque, o Ananda, forse colui che è intento a giocare nella prima stazione di vinnana, con<br />

corpo non<br />

semplice, coscienza non semplice, cioè qualche uomo e qualche<br />

dio, forse che questa situazione realizza, forse che di questa<br />

170<br />

realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa<br />

realizza la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa<br />

"realizza la salvezza? ""."<br />

" ""No di certo, o signore ""."<br />

o Dunque, o Ananda, vi sono degli esseri aventi corpo<br />

non semplice e coscienza semplice, cioè gli dèi del coro di<br />

Brahma che sono alla loro prima esistenza. Questa è la seconda stazione di vinnana.<br />

Dunque, o Ananda, vi sono degli esseri che hanno corpo<br />

semplice e coscienza non semplice: gli dèi Abhassara. Questa<br />

è la terza stazione di vinnana.<br />

Dunque, o Ananda, vi sono degli esseri che hanno corpo<br />

semplice e coscienza semplice: gli dèi Subhakinna. Questa<br />

la quarta stazione di vinnana.<br />

Vi sono, o Ananda, degli esseri che hanno totalmente<br />

sorpassate le coscienze formali, che col tramontare delle coscienze dovute a reazioni sensorie,<br />

distolta la<br />

mente dalle<br />

"coscienze non semplici, ""infinito è lo spazio"", vivono nel"<br />

dominio dello spazio infinito. Questa è la quinta stazione di<br />

vinnana.<br />

Dunque, o Ananda, vi sono degli esseri che, superato il<br />

"dominio dello spazio infinito, "" infinito è vinnana "", vivono"<br />

nel dominio del vinnana infinito. Questa è la sesta stazione<br />

di vinnana.<br />

Dunque, o Ananda, forse colui che è intento a giocare<br />

"nella settima stazione di vinnana "" non vi è alcunché "", forse"<br />

"che questa situazione realizza; forse che di questa realizza" `<br />

il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa realizza<br />

la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa realizza<br />

"la salvezza? ""."<br />

No di certo, o signore .<br />

Dunque, o Ananda, forse colui che è nell'ayatana degli esseri inconsci, forse che questa<br />

situazione realizza,<br />

forse che di questa realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di questa realizza la<br />

sazietà, di questa<br />

realizza il disgusto, da questa realizza la salvezza? .<br />

No di certo, o signore .


Dunque, o Ananda, forse colui che è nell'ayatana degli esseri non consci, né inconsci, forse che<br />

questa<br />

situazione realizza, forse che di questa realizza il sorgere, di questa realizza il tramontare, di<br />

questa realizza<br />

la sazietà, di questa realizza il disgusto, da questa realizza la salvezza? .<br />

" ""No di certo, o signore ""."<br />

Invece, o Ananda, un monaco riconoscendo secondo realtà delle sette stazioni di vinnana, e dei<br />

due ayatana<br />

il sorgere, il tramontare, la sazietà, il disgusto e la salvezza, è libero da ogni attaccamento.<br />

35. Otto, o Ananda, sono le liberazioni. Quali otto? Formale vede le forme. Questa è la prima<br />

liberazione.<br />

Internamente una coscienza non formale, vede esteriormente le forme. Questa è la seconda<br />

liberazione.<br />

Ë intento alla bellezza. Questa è la terza liberazione.<br />

"Col superamento totale delle coscienze formali, col tra montare delle coscienze dovute a<br />

reazioni sensorie,<br />

distolta la mente dalle coscienze non semplici, "" infinito è lo spazio"", il dominio dello spazio<br />

infinito<br />

raggiunto, dimora. Questa è la quarta liberazione."<br />

"Col superamento totale dello spazio infinito, "" infinito vinnana "", il dominio dell'infinito<br />

vinnana<br />

raggiunto, dimora. Questa è la quinta liberazione."<br />

171<br />

"Col totale superamento del dominio dell'infinito vinnana ""non vi è alcunché"", il dominio del<br />

""non vi è<br />

alcunché"" raggiunto, dimora. Questa è la sesta liberazione."<br />

"Col totale superamento del dominio del "" non vi è alcunché"" il dominio della non coscienza<br />

né<br />

incoscienza raggiunto, dimora. Questa è la settima liberazione."<br />

Col totale superamento del dominio della non coscienza né incoscienza, la distruzione di<br />

coscienza ed<br />

esperienza raggiunta, dimora. Questa è l'ottava liberazione. Queste, o Ananda le otto<br />

liberazioni.<br />

"30. Dunque, o Ananda, un monaco, queste otto liberazioni, ordinatamente raggiunge,<br />

inversamente<br />

raggiunge, e l'una voluta e l'altra voluta raggiunge e ne esce. E coll'estinzione degli asava,<br />

privo di asava,<br />

colla mente libera, libero da sensazioni, da opinioni, da sé raggiunta nella Dottrina la sapienza<br />

e la potenza,<br />

dimora. Costui, o Ananda, si chiama un monaco d'ambo le parti libero, e di questa liberazione<br />

d'ambo le<br />

parti, o Ananda, non vi è altra liberazione d'ambo le parti più alta e più perfetta ""."<br />

Così disse il Sublime. Contento il venerabile Ananda si rallegrò alla parola del Sublime.<br />

MAHA NIDANA SUTTANTA<br />

FINE<br />

(Traduzione di Eugenio Frola)<br />

JANAVASBHAASUTTANTA<br />

(LO SPIRITO JANAVASABHA)<br />

Così ho sentito:


"1. Un tempo il Sublime dimorava a Nadika, nella casa di mattoni. Proprio in quel tempo il<br />

Sublime, in giro<br />

per le province, indicava nella rinascita i discepoli morti trapassati: i Kahsi nel Kosala, i Vajji<br />

nel Malla, i<br />

Ceti nel Vansa, i Kuru nel Pancala, i Maecha nel Surasena: ""Costui costui è risorto, colui colà è<br />

risorto. Più<br />

d'uno, tra i discepoli di Nadika morti trapassati, i cinque vinelli mondani esausti, è risorto<br />

senza causa<br />

apparente, in attesa della totale estinzione, elemento non più ritornante in questo mondo. Più<br />

di novanta tra i<br />

discepoli di Nadika, morti trapassati, tre vinelli esausti: brama, astio, dubbio spariti, con un<br />

solo ritorno,<br />

tornando una sola volta a questo mondo porranno fine al dolore. Ben più di cinquecento<br />

discepoli di Nadika,<br />

morti trapassati, esausti tre vincoli, entrati nella corrente, sono elementi liberi da rovina, in<br />

attesa della finale<br />

illuminazione ""."<br />

"2. Dissero i discepoli di Nadika: ""Certo il Sublime in giro per le province indica nella<br />

rinascita i discepoli<br />

morti trapassati i Kahsi nel Kosala, i Vajji nel Malla, i Ceti nel Vansa, i Kuru nel Paricala, i<br />

Maccha nel<br />

Surasena: "" Costui Costà è risorto, colui colà è risorto. Più d'uno tra i discepoli di Nadika,<br />

morti trapassati, i<br />

cinque vincoli mondani esausti, è risorto senza causa apparente, in attesa della totale<br />

estinzione, elemento<br />

non più ritornante in questo mondo. Più di novanta tra i discepoli di Nadika, morti trapassati,<br />

tre vincoli<br />

esausti: brama, astio, dubbio spariti, con un solo ritorno, tornando una sola volta a questo<br />

mondo porranno<br />

fine al dolore. Ben più di cinquecento discepoli di Nadika, morti trapassati, esausti tre vincoli,<br />

entrati nella<br />

corrente, sono elementi liberi da rovina, in attesa della finale illuminazione "". E pertanto i<br />

discepoli di<br />

Nadika erano contenti, molto compiaciuti, pieni di gioia e soddisfazione, avendo udito<br />

l'esposizione,<br />

l'indicazione del Sublime."<br />

"Disse il venerabile Ananda: "" Il Sublime certo, in giro per le province, indica i discepoli morti<br />

trapassati<br />

nella rinascita: i Kahsi nel Kosala, i Vajji nel Malla, i Ceti nel Vansa, i Kuru nel Paricala, i<br />

Maccha nel<br />

172<br />

Surasena: "" Costui costà è risorto, colui colà è risorto. Più d'uno, tra i discepoli di Nadika<br />

morti trapassati, i<br />

cinque vincoli mondani esausti, è risorto senza causa apparente, in attesa della totale<br />

estinzione, elemento<br />

non più ritornante in questo mondo. Più di novanta, tra i discepoli di Nadika, morti trapassati,<br />

tre vinelli<br />

esausti: brama, astio, dubbio spariti, con un solo ritorno, tornando una sola volta a questo<br />

mondo porranno


fine al dolore. Ben più di cinquecento discepoli di Nadika, morti trapassati, esausti tre vinelli,<br />

entrati nella<br />

corrente, sono elementi liberi da rovina, in attesa della finale illuminazione """". E pertanto i<br />

discepoli di<br />

Nadika erano contenti, molto compiaciuti, pieni di gioia e soddisfazione, avendo udito<br />

l'esposizione,<br />

l'indicazione del Sublime."<br />

"4. Allora così fu al venerabile Ananda: "" Vi sono molti discepoli del Magadha che, come è<br />

noto, sono<br />

morti trapassati, certamente una parte del Magadha è spopolata dei discepoli morti trapassati.<br />

Essi furono<br />

devoti al Buddha, devoti alla Dottrina, devoti all'ordine, perfetti nel comportamento. I morti<br />

trapassati furono<br />

indicati dal Sublime, e per essi fu buona l'indicazione, ed il popolo si rallegrò perché essi<br />

giunsero a buona<br />

meta. Colui invece che fu il re Seniya Bimbisara (1), giusto legittimo sovrano, benefico ai<br />

brahmani ed ai<br />

padri di famiglia, agli abitanti della città ed a quelli del contado, certo gli uomini così<br />

l'onorano: "" Ecco a<br />

noi è morto il giusto legittimo re che ci rendeva felici, noi che lietamente dimorammo nel<br />

regno di questo<br />

giusto legittimo re. Egli fu certo devoto al Buddha, devoto alla Dottrina, devoto all'ordine,<br />

perfetto nel<br />

comportamento. E gli uomini così dicono: ' Sino alla morte fu dal Sublime lodato il morto re<br />

del Magadha,<br />

Seniya Bimbisara '. Se egli morto e trapassato fosse dal Sublime indicato con buona<br />

indicazione, il popolo si<br />

rallegrerebbe per lui, che giunse a buona meta. Poi la perfetta illuminazione del Sublime si<br />

compì nel<br />

Magadha"". E se la perfetta illuminazione del Sublime si compì nel Magadha, perché allora il<br />

Sublime non<br />

indica nella loro rinascita i discepoli del Magadha morti trapassati? Invece il Sublime non<br />

indica nella loro<br />

rinascita i discepoli del Magadha morti trapassati, pertanto i discepoli del Magadha restano<br />

umiliati, e se i<br />

discepoli del Magadha sono umiliati, perché il Sublime non indica ciò? ""."<br />

5. Allora il venerabile Ananda, dopo aver da solo interiormente meditato sui discepoli del<br />

Magadha, sul<br />

calare della notte si levò e si diresse là dove era il Sublime, avvicinatosi al Sublime salutatolo,<br />

si sedette<br />

accanto. Accanto seduto il venerabile Ananda così disse al Sublime:<br />

"a Ho udito questo, o signore: "" Certo il Sublime, in giro per le province, indica nella rinascita i<br />

discepoli<br />

morti trapassati: i Kahsi nel Kosala, i Vajji nel Malla, i Ceti nel Vansa, i Kuru nel Pancala, i<br />

Maccha nel<br />

Surasena: ' Costui costà è risorto, colui colà è risorto. Più d'uno, tra i discepoli di Nadika morti<br />

trapassati, i<br />

cinque vincoli mondani esausti, è risorto senza causa apparente in attesa della totale<br />

estinzione, elemento non


più ritornante in questo mondo. Più di novanta, tra i discepoli di Nadika morti trapassati, tre<br />

vincoli esausti:<br />

brama, astio, dubbio spariti, con un solo ritorno, tornando una sola volta a questo mondo<br />

porranno fine al<br />

dolore. Ben più di cinquecento discepoli di Nadika morti trapassati, tre vincoli esausti, entrati<br />

nella corrente,<br />

sono elementi liberi da rovina, in attesa della finale illuminazione'. E pertanto i discepoli di<br />

Nadika sono<br />

contenti, molto compiaciuti, piedi di gioia e soddisfazione, avendo udito, l'indicazione del<br />

Sublime."<br />

"6. Vi sono molti discepoli del Magadha che, come è noto, sono morti trapassati: certamente<br />

una parte del<br />

Magadha è spopolata dei discepoli morti trapassati. Essi furono devoti al Buddha, devoti alla<br />

Dottrina, devoti<br />

all'ordine, perfetti nel comportamento. I morti trapassati furono indicati dal Sublime e per<br />

essi fu buona<br />

l'indicazione, ed il popolo si rallegrò perché essi giunsero a buona meta. Colui invece che fu il<br />

re Seniya<br />

Bimbisara, giusto legittimo sovrano, benefico ai brahmani e ai padri di famiglia, agli abitanti<br />

della città ed a<br />

quelli del contado, certo gli uomini così l'onorano: ' Ecco a noi è morto il giusto legittimo re<br />

che ci rendeva<br />

felici, noi che lietamente dimorammo nel regno di questo giusto legittimo re. Egli fu certo<br />

devoto al Buddha,<br />

devoto alla Dottrina, devoto all'ordine, perfetto nel comportamento'. E gli uomini così dicono:<br />

' Sino alla<br />

morte fu dal Sublime lodato il morto re del Magadha, Seniya Bimbisara'. Se egli morto e<br />

trapassato fosse dal<br />

Sublime indicato con buona indicazione, il popolo si rallegrerebbe per lui che giunse a buona<br />

meta Poi la<br />

perfetta illuminazione del Sublime si compì nel Migadha. E se la perfetta illuminazione del<br />

Sublime si compì<br />

nel Magadha, perché allora il Sublime non indica i discepoli del Magadha morti trapassati<br />

nella loro<br />

rinascita? Invece il Sublime non indica i discepoli del Magadha morti trapassati nella loro<br />

rinascita, pertanto<br />

173<br />

i discepoli del Magadha restano umiliati, e se i discepoli del Magadha sono umiliati, perché i]<br />

Sublime non<br />

indica ciò? "" ""."<br />

Così il venerabile Ananda esposte al cospetto del Sublime le sue osservazioni intorno ai<br />

discepoli del<br />

Magadha, sorto da sedere salutato il Sublime, girando sulla destra se ne andò<br />

"7. Allora il Sublime, non molto dopo che il venerabile Ananda se ne era andato, di buon<br />

mattino, presi<br />

mantello e scodella, verso Nadika si avviò per il cibo. Ed avendo in cerca di cibo girato per<br />

Nadika, ed<br />

essendo tornato dal giro di elemosina, dopo il pasto, lavata la scodella, entrato nella casa di<br />

mattoni,


concentrata l'unita mente alla conoscenza ed alla realizzazione dei discepoli del Magadha,<br />

sull'apprestato<br />

sedile sedé: "" la sorte conoscerò di costoro, lo stato dopo la morte, questa essendo la loro<br />

sorte questo il loro<br />

stato dopo la morte "". E vide il Sublime quale fosse dei discepoli del Magadha la sorte, quale<br />

lo stato dopo<br />

la morte."<br />

Allora il Sublime, sorto dalla meditazione serale, uscito dalla casa di mattoni e rientrato nella<br />

dimora,<br />

sull'apprestato sedile sedé.<br />

"8. Allora il venerabile Ananda si diresse là dove era il Sublime, ed avvicinatosi, salutato il<br />

Sublime si sedé<br />

accanto. Accanto seduto il venerabile Ananda così disse al Sublime: ""Calmo d'aspetto, o<br />

signore, appare il<br />

Sublime, radioso, l'aspetto del Sublime è piacevole a vedersi. Forse che il Sublime in pace oggi<br />

dimorò nel<br />

vihara? ""."<br />

"9. "" Siccome tu, o Ananda, hai al mio cospetto esposte le tue osservazioni intorno ai discepoli<br />

del<br />

Magadha, e sorto da sedere ti sei allontanato, io, dopo aver girato per cibo in Nadika, ed essere<br />

ritornato dal<br />

giro di elemosina, dopo il pasto, lavata la scodella, entrato nella casa di mattoni, concentrata<br />

l'unita mente<br />

alla conoscenza ed alla realizzazione dei discepoli del Magadha, sedei sull'apprestato sedile: ""<br />

La sorte<br />

conoscerò di costoro, lo stato dopo la morte, questa essendo la loro sorte questo il loro stato<br />

dopo la morte "".<br />

Ed io vidi, o .Ananda, proprio la sorte, proprio lo stato dopo la morte dei discepoli del<br />

Magadha. Ed ecco, o<br />

Ananda, che uno spirito evanescente esclamò: "" Io, o Sublime, sono Janavasabha Io, o<br />

Benvenuto, sono<br />

Janavasabha "". Ti ricordi forse, o Ananda, di aver già udito un tale nome? ""."<br />

" No, o signore, io non ricordo di aver di già udito un tal nome come questo di Janavasabha.<br />

Ma, o signore,<br />

mi si drizzano i capelli udendo il nome di Janavasabha. O signore, io penso: ahi forse sarà uno<br />

spirito<br />

infernale quello il cui nome è Janavasabha""""."<br />

"10. ""Immediatamente si manifestò di nuovo quello spirito, e con superbo splendore apparve<br />

al mio<br />

cospetto e per la seconda volta esclamò: "" lo sono, o Sublime, Bimbisara, io sono, o<br />

Benvenuto, Bimbisara.<br />

Questa è la settima volta che risorgo in compagnia del gran re Vessavana. Io che prima fui re<br />

uomo ora sono<br />

re non uomo:"<br />

"Qui sette, lì sette: quattordici nascite ben conosco l'esistenza, presto sarò esausto. Da lungo<br />

tempo senza<br />

rovina, ho realizzate il senza rovina, ed ora attendo l'ultimo ritorno""."<br />

" È meraviglioso ciò al venerabile spirito Janavasabha, è straordinario ciò al venerabile spirito<br />

Janavasabha: '


da lungo tempo senza rovina, ho realizzato il senza rovina ed ora attendo l'ultimo ritorno'. Per<br />

qual motivo il<br />

venerabile spirito Janavasabha ha realizzato tale splendido personale guadagno? ""."<br />

"11. "" Non per altro insegnamento se non per i] tuo, o Sublime, non per altro insegnamento,<br />

se non per il<br />

tuo, o Benvenuto. Siccome estremamente, o signore, io fui devoto al Sublime, ecco che io, già<br />

da lungo<br />

tempo senza rovina, ho realizzato il senza rovina, ed ora attendo l'ultimo ritorno. Proprio io, o<br />

signore,<br />

inviato per certi affari dal gran re Vessavana alla presenza del gran re Virulhaka, vidi il<br />

Sublime che, entrato<br />

dalla strada nella casa di mattoni, i discepoli del Magadha oggettivando, osservando, rivolta la<br />

concentrata<br />

mente, sedeva: "" La sorte conoscerò di costoro, lo stato dopo la morte, questa essendo la loro<br />

sorte questo il<br />

loro stato dopo la morte "". E dopo non molto, o signore, mentre nell'assemblea del gran re<br />

Vessavana<br />

parlavo, proprio questo ho udito, proprio questo ho appreso: ""questa essendo la loro; sorte,<br />

questo il loro<br />

174<br />

stato dopo la morte "". Ed allora, o signore, così fu in me: "" vedrò il Sublime, e gli riferirò ciò"".<br />

Questi<br />

dunque, o signore, i due motivi per cui venni a vedere il Sublime."<br />

"12. I giorni precedenti, o signore, gli antiprecedenti, al tempo della vigilia, al quindicesimo,<br />

alla festa della<br />

fine delle piogge, nelle notti di plenilunio, per un intero kalpa, i trentatré dèi nella sala fatta<br />

d'ambrosia sono<br />

insieme seduti, e insieme riuniti; e sono tutti quanti seduti nella grande divina assemblea, ed i<br />

quattro grandi<br />

re sono seduti ai quattro punti cardinali. Nella regione del levante Dhatarattha, grande re, è<br />

seduto rivolto a<br />

ponente in onore degli dèi. Nella regione del mezzodì Virulhaka, grande re, è seduto rivolto a<br />

settentrione in<br />

onore degli dèi. Nella regione del ponente Virupakkha, grande re, è seduto rivolto verso<br />

levante in onore<br />

degli dèi. Nella regione del settentrione Vessavana, grande re, è seduto rivolto verso mezzodì<br />

in onore degli<br />

dèi. E proprio così, o signore, per un intero kalpa, i trentatré dèi nella sala fatta d'ambrosia<br />

sono insieme<br />

seduti, insieme riuniti; e sono tutti quanti seduti nella grande divina assemblea, ed i quattro<br />

grandi re sono<br />

seduti ai quattro punti cardinali ed ognuno di essi là è sul trono ed anche a noi è un più basso<br />

sedile. E quegli<br />

dèi, o signore, che sono vissuti secondo la purezza del Sublime e sono risorti nel coro dei<br />

trentatré dèi, gli<br />

altri dèi superano e per aspetto e per qualità. Pertanto proprio o signore, i trentatré dèi erano<br />

lieti, contenti,<br />

fatti felici e beati: i cori divini, certamente, aumentano, i cori degli Asura (2) diminuiscono."<br />

13. Allora, o signore, Sakka re degli dèi, vedendo la gioia dei trentatré dèi, si compiacque con<br />

questi canti:


" Si rallegrano certo, o cari, i trentatré dèi col loro re. ."<br />

Essi onorano il Compiuto e la buona realizzazione della Dottrina vedendo nuovi dèi, splendidi<br />

e gloriosi,:<br />

qui sorgere per aver praticato purezza nel Benvenuto.<br />

Costoro gli altri superano per aspetto e qualità,<br />

discepoli dell'Ampiveggente, eccellentemente qui sorti.<br />

giustamente si allietano i trentatré dèi col loro re.<br />

"Essi onorano il Compiuto e la buona realizzazione della Dottrina "" ."<br />

"Pertanto proprio, o signore, i trentatré dèi erano lieti, contenti, fatti felici e beati: "" i cori<br />

divini certamente<br />

aumentano, i cori asurici diminuiscono""."<br />

14. Allora, o signore, i trentatré dèi gioiosamente nella sala d'ambrosia erano insieme seduti,<br />

insieme riuniti e<br />

risplendendo di questa gioia, considerando questa gioia essi pronunciavano le parole nelle<br />

quali si<br />

rallegravano i quattro grandi re.<br />

Erano enunciate parole nelle quali si rallegravano i quattro grandi re: quattro grandi re seduti<br />

immobili sui<br />

loro troni.<br />

Le sentenze pronunciate, i re eseguiscono gli ordini.<br />

Pura la mente, calmi siedono sui troni.<br />

15. Allora, o signore, dalla regione del settentrione sorse una luce abbagliante e si manifestò<br />

uno splendore<br />

superante la divina magnificenza degli dèi. Allora, o signore, Sakka re degli dèi così disse ai<br />

trentatré dèi:<br />

Là dove, o venerabili, si vedono prodigi, sorge una luce, si manifesta uno splendore, là<br />

apparirà Brahma (3).<br />

Tale è il segno preannunciatore dell'apparire di Brahma: proprio là dove sorge una luce si<br />

rende manifesto<br />

uno splendore.<br />

"Se si vedranno prodigi: Brahma sarà manifesto, di Brahma questo è il segno: un grande<br />

esteso splendore""."<br />

"16. Allora, o signore, i trentatré dèi si sedettero sui loro seggi: "" Se conosceremo questa<br />

meraviglia vi sarà<br />

un effetto, sperimentando il quale progrediremo""."<br />

"I quattro grandi re sedettero sui loro seggi: "" Se conosceremo questa meraviglia vi sarà un<br />

effetto,<br />

sperimentando il quale progrediremo""."<br />

"Ciò avendo udito i trentatré dèi raggiunsero la calma: "" Se conosceremo questa meraviglia vi<br />

sarà un<br />

effetto, sperimentando il quale progrediremo""."<br />

175<br />

"17. E come, o signore, Brahma Sanamkumara si rese manifesto ai trentatré dèi, si rese<br />

manifesto creando<br />

una splendente immagine ma non assumendo, o signore, quello che è l'abituale aspetto di<br />

Brahma, fu agli<br />

occhi dei trentatré dèi. Ed essendosi, o signori, Brahma Sanamkumara manifestato ai trentatré<br />

dèi, li<br />

superava tutti in aspetto e qualità; e come la materia dell'oro supera la materia dell'uomo,<br />

così, o signore,


Brahma Sanamkumara, manifestatosi ai trentatré dèi, li superava tutti in aspetto e qualità.<br />

Come, o signore,<br />

Brahma Sanamkumara si rese manifesto ai trentatré dèi, nessun dio dell'assemblea lo salutò,<br />

né sorto lo<br />

invitò a sedere: tutti rimasero in silenzio e giunte le mani si sedettero sui garretti: "" ora<br />

Brahma<br />

Sanamkumara si siederà sul trono di quel dio che vorrà "". Proprio, o signore, il dio sul cui<br />

trono siede<br />

Brahma Sanamkumara ottiene un'eccelsa consacrazione, ottiene un'eccelsa spirituale gioia.<br />

Come, o signore,<br />

un re guerriero, essendo stato unto nel capo, giustamente consacrato re, ottiene un'eccelsa<br />

consacrazione, una<br />

eccelsa spirituale gioia, proprio così quel dio, sul cui seggio siede Brahma Sanamkumara<br />

ottiene un'eccelsa<br />

consacrazione, ottiene una eccelsa spirituale gioia."<br />

18. Allora, o signore, Brahma Sanamkumara si manifestò ai trentatré dèi assumendo la sua<br />

naturale forma,<br />

che è la forma del fanciullo Pancasikha. E, rimanendo in aria, sospeso tra cielo e terra, si sedé<br />

sui garretti.<br />

Come, o signore, un uomo robusto, aperte ed incrociate le gambe, in terra può sedersi sui<br />

garretti, proprio<br />

Così Brahma Sanamkumara, rimanendo in aria, sospeso tra cielo e terra, si sedé sui garretti<br />

e, conoscendo la gioia dei trentatré dèi, disse questo canto:<br />

Si rallegrano certo, o cari, i trentatré dèi col loro re.<br />

Essi onorano il Compiuto e la buona realizzazione della Dottrina vedendo nuovi dèi, splendidi<br />

e gloriosi,<br />

"qui sorgere per aver praticato purezza nel Benvenuto. Costoro gli altri superano per aspetto<br />

e qualità,<br />

discepoli dell'Ampiveggente, eccellentemente qui sorti. Giustamente si allietano i trentatré dèi<br />

col loro re.<br />

Essi onorano il Compiuto e la buona realizzazione della Dottrina ""."<br />

19. Così felicemente parlò, o signore, Brahma Sanamkumara e proprio la voce con cui Brahma<br />

Sanamkumara parlò era dotata di otto qualità: chiara, ben udibile, piacevole, armoniosa,<br />

piena, raccolta,<br />

profonda, risonante. E mentre l'assemblea risonava per la voce di Brahma Sanamkumara<br />

nessun suono uscì<br />

dall'assemblea. Così, o signore, la voce era dotata di otto qualità, così parlò la voce di Brahma.<br />

20. Allora, o signore, Brahma Sanamkumara, create trentatré forme si sedé su ciascuno dei<br />

seggi dei trentatré<br />

dèi, e così parlò ai trentatré dèi:<br />

Che pensano, o signori, i trentatré dèi? Che il Sublime insegna a beneficio di molti, a letizia di<br />

molti, per<br />

compassione del mondo, a beneficio, a letizia di uomini e dèi. Che coloro che prendono rifugio<br />

nel Buddha,<br />

rifugio nella Dottrina, rifugio nell'ordine, e sono perfetti nel comportamento, colla<br />

dissoluzione del corpo,<br />

dopo la morte risorgono alcuni per una sola volta compagni degli dèi Paranimmita Vasavatti,<br />

altri degli dèi<br />

Nimmanarati, altri degli dèi Tubista, degli dèi Yama, dei trentatré dèi, dei quattro grandi re<br />

risorgono in


compagnia. E quelli che conseguono il più basso conseguono il coro dei Gandhabba.<br />

"21. Così felicemente parlò, o signore, Brahma Sanamkumara. Così felicemente avendo<br />

parlato, o signore,<br />

della voce di Brahma Sanamkumara ciascun dio allora credette: "" quegli che è sul mio sedile<br />

quegli solo ha<br />

parlato""."<br />

Per un solo che parla tutte parlano le immagini, per un solo che tace tutte tacciono le<br />

immagini. Ora ben<br />

pensano i trentatré dèi col loro capo quegli che è sul mio seggio quegli solo parla.<br />

22. Allora, o signore. Brahma Sanamkumara si riunì in una sola entità, riunitosi in una sola<br />

entità, sedutosi<br />

sul seggio di Sakka (4), re degli dèi, così parlò:<br />

Che pensano, o signori, i trentatré dèi? Che ben sistemate furono dal Sublime, Sapiente,<br />

Veggente, Santo,<br />

Perfetto, perfettamente Svegliato, le quattro basi dei poteri, del potere comune, del potere<br />

diffuso, del potere<br />

miracoloso. Quali quattro? Ecco un monaco è dotato di volontà fortemente concentrata, di<br />

sforzo fortemente<br />

concentrato, di mente fortemente concentrata, di investigazione fortemente concentrata:<br />

queste sono le basi<br />

del potere. Queste sono le discipline ben sistemate del Sublime Sapiente, Veggente, Santo,<br />

Perfetto,<br />

perfettamente Svegliato, sulle quattro basi del potere, del potere comune, del potere diffuso,<br />

del potere<br />

176<br />

miracoloso. E tutti quei molteplici insiemi di poteri, che nel passato asceti o brahmani<br />

realizzarono, furono<br />

conseguenza e pratica delle quattro basi del potere. E tutti quei molteplici insiemi di poteri,<br />

che nel futuro<br />

asceti o brahmani realizzeranno, saranno conseguenza e pratica delle quattro basi del potere.<br />

Non vedono<br />

forse, o signori, i trentatré dèi che proprio di siffatta origine è il mio grande potere?.<br />

Sì, o Brahma .<br />

Io proprio in conseguenza, per pratica delle quattro basi del potere sono molto potente, molto<br />

eminente.<br />

23. Così felicemente parlò Brahma Sanamkumara. Così felicemente Brahma Sanamkumara<br />

avendo parlato si<br />

rivolse ai trentatré dèi:<br />

Che pensano, o signori, i trentatré dèi? I tre precetti opportuni costituiti di lunga gioia,<br />

scoperti dal Sublime,<br />

Sapiente, Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato. Quali tre?<br />

Ecco, o signori, un tale dimora in mezzo alle brame, dimora in mezzo ad elementi non salutari.<br />

Egli ode<br />

quindi | la nobile Dottrina, ed attento vi pone mente e procede nella comprensione della<br />

Dottrina. Egli<br />

attento, posta mente alla udita nobile Dottrina, procedendo nella comprensione della Dottrina,<br />

dimora lungi<br />

da brame, lungi da elementi non salutari, ed a lui, che lungi da brame, lungi da elementi non<br />

salutari dimora,


sorge gioia e dalla gioia una più alta serenità. Questo è il primo precetto opportuno scoperto<br />

dal Sublime,<br />

Sapiente, Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, costituito di lunga gioia.<br />

24. Inoltre, o signori, ecco un tale cui non son quietati i grossolani sankhara del corpo, non son<br />

quietati i<br />

grossolani sankhara della parola, non son quietati i grossolani sankhara della mente. Egli ode<br />

quindi la nobile<br />

Dottrina, attento vi pone mente e procede nella comprensione della Dottrina. Posta mente alla<br />

udita nobile<br />

Dottrina, procedendo egli attento nella comprensione della Dottrina, i sankhara grossolani del<br />

corpo si<br />

acquietano, i sankhara grossolani della parola si acquietano, i sankhara grossolani della mente<br />

si acquietano.<br />

E dall'acquietarsi dei sankhara grossolani del corpo, della parola, della mente, sorge in lui<br />

gioia e dalla gioia<br />

una più alta serenità. Come dal piacere è generata la soddisfazione proprio così i grossolani<br />

sankhara del<br />

corpo, i grossolani sankhara della parola, i grossolani sankhara della mente acquietati, sorge<br />

la gioia e dalla<br />

gioia una più alta serenità. Questo è il secondo precetto opportuno scoperto dal Sublime,<br />

Sapiente, Veggente,<br />

Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato,<br />

costituito di lunga gioia.<br />

25. Inoltre, o signori, ecco un tale ' questo è salutare' I secondo realtà non conosce, ' questo<br />

non è salutare '<br />

secondo realtà non conosce, ' questo è biasimevole, questo non è biasimevole, questo è da<br />

praticarsi, questo è<br />

da non praticarsi, questo è basso, questo è alto, questo è composto di tenebra e di gioia',<br />

secondo realtà non<br />

conosce. Egli ode quindi la nobile Dottrina, attento vi pone mente e procede nella<br />

comprensione della<br />

Dottrina. Egli attento, posta mente alla udita _<br />

nobile Dottrina, procedendo, nella comprensione della Dottrina, ' questo è salutare ' secondo<br />

realtà conosce, '<br />

questo non<br />

è salutare ' secondo realtà conosce, ' questo è biasimevole, questo non è biasimevole, questo è<br />

da praticarsi,<br />

questo è da non<br />

praticarsi, questo è basso, questo è alto, questo è composto<br />

di tenebra e di gioia', secondo realtà conosce. In lui che così<br />

conosce, così vede, scompare l'ignoranza sorge la sapienza.<br />

In lui, colla distruzione dell'ignoranza, col sorgere della sapienza, sorge gioia e dalla gioia una<br />

più alta<br />

serenità. Come<br />

dal piacere è generata la soddisfazione proprio così colla distruzione dell'ignoranza, col<br />

sorgere della<br />

sapienza, sorge la<br />

gioia e dalla gioia una più alta serenità. Questo è il terzo precetto opportuno scoperto dal<br />

Sublime, Sapiente,<br />

Veggente,


Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, costituito di lunga gioia.<br />

"Questi dunque o signori, sono i tre precetti opportuni costituiti di lunga gioia, scoperti dal<br />

Sublime,<br />

Sapiente, Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato ""."<br />

177<br />

26. Così felicemente, o signore, Brahma Sanamkumara parlò. Così avendo, o signore,<br />

felicemente parlato,<br />

Brahma Sanamkumara si rivolse ai trentatré dèi:<br />

" Che pensano, o signori, i trentatré dèi? Le quattro basi della consapevolezza costituite di<br />

lunga salute, ben<br />

insegnate dal Sublime, Sapiente, Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato. Quali<br />

quattro? Ecco, un<br />

monaco, lungi nel mondo cupidigia e sofferenza, nell'interno del corpo attento ,"<br />

al corpo, dimora strenuo chiaro consapevole. E dimorando<br />

all'interno del corpo attento al corpo, qui completamente si<br />

unifica, completamente si rasserena. E quegli, qui completamente unificato, completamente<br />

rasserenato, al di<br />

fuori, al di là del corpo si procura intelligenza e visione attento alla<br />

sensazione. All'interno della sensazione, della mente, lungi<br />

nel mondo cupidigia e sofferenza, all'interno degli elementi<br />

dimora attento agli elementi, dimora strenuo chiaro consapevole. E dimorando nell'interno<br />

degli elementi,<br />

attento agli elementi, qui completamente si unifica, completamente si rasserena. E quegli, qui<br />

completamente<br />

unificato, completamente rasserenato, al di fuori, al di là degli elementi, si procura intelligenza<br />

e visione.<br />

"Queste sono le quattro meditazioni costituite di lunga salute, ben insegnate dal Sublime,<br />

Sapiente,<br />

Veggente, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato""."<br />

27. Così felicemente, o signore, parlò Brahma Sanamkumara. Così avendo, o signore,<br />

felicemente parlato<br />

Brahma Sanamkumara si rivolse ai trentatré dèi:<br />

Che pensano, o signori, i trentatré dèi? I sette fattori della concentrazione, per lo sviluppo<br />

della retta<br />

concentrazione, per il completamento della retta concentrazione, insegnati dal Sublime,<br />

Sapiente, Veggente,<br />

Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato. Quali sette ? Retta opinione, retta intenzione, retta<br />

parola, retta<br />

azione, retta vita, retto esercizio, retta consapevolezza. E quella, così apprestata, unificazione<br />

della mente in<br />

questi sette componenti, viene detta la nobile retta concentrazione nelle sue cause e<br />

conseguenze. Da retta<br />

opinione procede retta intenzione, da retta intenzione procede retta parola, da retta parola<br />

procede retta<br />

azione, da rettazione procede retta vita, da retta vita procede retto esercizio, da retto esercizio<br />

procede retta<br />

consapevolezza, da retta consapevolezza procede retta sapienza, da retta sapienza procede<br />

retta liberazione. E<br />

così parla chi rettamente parla: 'ben insegnata è dal Sublime la Dottrina, chiara non oscura,<br />

invitante


all'introspezione, di guida a ciascuno, apprendibile dai saggi, porta aperta sul non più morire '.<br />

Proprio così<br />

parla chi rettamente parla ' Ben insegnata è dal Sublime la Dottrina chiara non oscura,<br />

invitante<br />

all'introspezione, di guida a ciascuno, apprendibile dai saggi, porta aperta sul non più morire '.<br />

E i due milioni quattrocentomila seguaci del Magadha per definitivo riposo seguaci del<br />

Buddha, per<br />

definitivo riposo<br />

seguaci della Dottrina, per definitivo riposo seguaci dell'ordine, seguaci del nobile lieto<br />

comportamento,<br />

educati eccelsamente alla Dottrina, morti trapassati, sono risorti senza visibile causa, ed<br />

estinti tre vincoli,<br />

entrati nella corrente, hanno raggiunto l'elemento privo di rovina, sicuri della banale totale<br />

illuminazione, e<br />

vi è colui che ritorna solo più una volta.<br />

"Questa è la seconda classe meritoria (5) che posso conoscere scrupoloso di menzogna""."<br />

"28. Così felicemente, o signore, parlò Brahma Sanamkumara e così al gran re Vessavana sorse<br />

nella mente<br />

questo pensiero è meraviglioso, è straordinario, certo un siffatto maestro sarà eccellentissimo,<br />

una siffatta<br />

esposizione della Dottrina, udita, sarà un eccellentissimo guadagno""."<br />

Allora, o signore, Brahma Sanamkumara avendo conosciuto il pensiero della mente del gran re<br />

Vessavana:<br />

Che pensa, o signore, il gran re Vessavana? Vi è stato un eccelso maestro, si è udita un'eccelsa<br />

esposizione<br />

della Dottrina, vi è stato un eccelso guadagno. E ancora vi sarà un eccelso maestro, sarà udita<br />

un'eccelsa<br />

esposizione della Dottrina, vi sarà un eccelso guadagno.<br />

"29. Così felicemente disse Brahma Sanamkumara ai trentatré dèi. Così felicemente il gran re<br />

Vessavana,<br />

udite le parole di Brahma Sanamkumara alla presenza dei trentatré dèi, avendole ritenute, le<br />

riferì alla sua<br />

178<br />

assemblea. Così felicemente lo spirito Janavasabha udite le parole del re Vessavana nella Sua<br />

assemblea, e<br />

avendole ritenute le riferì al Sublime. Così felicemente il Sublime, udite le parole dello spirito<br />

Janavasabha<br />

in sua presenza e avendole verificate da sé stesso per diretta osservazione le riferì al<br />

venerabile Ananda. Così<br />

felicemente il venerabile Ananda, udite le parole del Sublime e avendole ritenute, le riferì ai<br />

monaci, alle<br />

monache, ai seguaci, ed alle seguaci. E la condizione di purezza fu la spiegata, esposta per<br />

quanto si riferisce<br />

agli uomini, largamente a città popolose e grandi moltitudini di genti""."<br />

JANAVASASBHA SUTTANTA<br />

FINE<br />

(Traduzione di Eugenio Frola)<br />

DHAMMAPADA<br />

(I VERSI DELLA LEGGE)<br />

CAPITOLO I


YAMAKA-VAGGA<br />

(STROFE A COPPIA<br />

1. Gli elementi della realtà (dhamma) (1) hanno la mente come principio hanno la mente come<br />

elemento<br />

essenziale e sono costituiti di mente. Chi parli oppure operi con mente corrotta, lui segue la<br />

sventura come la<br />

ruota segue il piede [dell'animale che traina il veicolo].<br />

2. Gli clementi della realtà hanno la mente come principio, hanno la mente come elemento<br />

essenziale e sono<br />

costituiti di mente. Chi parli oppure operi con mente serena, lui segue la felicità come l'ombra<br />

che non si<br />

diparte.<br />

"3. "" Egli mi ha ingiuriato, egli mi ha battuto, egli mi ha vinto, egli mi ha derubato"": coloro<br />

che accolgono<br />

tali pensieri, in costoro l'odio non si placa."<br />

"4. ""Egli mi ha ingiuriato, egli mi ha battuto, egli mi ha vinto, egli mi ha derubato "": coloro<br />

che non<br />

accolgono tali pensieri, in costoro si placa l'odio."<br />

5. Mai, invero, si placano quaggiù gli odii con l'odiare: col non-odiare si placano. Questa è legge<br />

eterna.<br />

"6. Gli altri non sanno: "" noi qui dobbiamo domarci"". Cessano le contese per coloro che in tal<br />

modo<br />

conoscono."<br />

7. Chi trascorre la vita badando solo al piacere, non controllato nei sensi, senza conoscere<br />

misura nel cibo,<br />

pigro e fiacco, lui trascina via Mara 2 come il vento [svelle] l'albero debole.<br />

8. Chi trascorre la vita senza badare al piacere, ben controllato nei sensi, che conosce misura<br />

nel cibo, che è<br />

fedele ed energico, lui non trascina Mara, come il vento [non scuote] una montagna di roccia.<br />

9. Chi, non essendo spoglio di impurità, rivesta l'abito giallo 3, sprovvisto di dominio su se<br />

stesso e di<br />

sincerità, costui non è degno dell'abito giallo.<br />

10. Chi si sia spogliato delle impurità, ben fondato nell'esercizio delle virtù, ed abbia<br />

conquistato dominio su<br />

se stesso e sincerità, costui è, invero, degno dell'abito giallo.<br />

11. Coloro che si immaginano il reale nell'irreale e vedono l'irreale nel reale, costoro non<br />

pervengono al<br />

reale, ma restano campo d'azione di false immaginazioni.<br />

12. Coloro che, invece, riconoscono l'essenziale nell'essenziale ed il non-essenziale nel nonessenziale,<br />

costoro invero conseguono l'essenziale, divenuti campo d'azione di giuste immaginazioni.<br />

13. Come la pioggia penetra in una casa mal coperta,, così pure la passione (4) penetra in una<br />

mente non usa<br />

alla meditazione (5).<br />

14. Come la pioggia non penetra in una casa ben coperta, così pure la passione non penetra<br />

nella mente<br />

179<br />

esperta<br />

alla meditazione<br />

15. Il peccatore in questo mondo si affligge, una volta


trapassato si affligge, in entrambo i mondi si affligge: costui<br />

si tormenta, vedendo il cattivo risultato di ciò che egli stesso<br />

ha compiuto.<br />

16. Chi ha fatto il bene in questo mondo si rallegra, una<br />

volta trapassato si rallegra, in entrambo i mondi si rallegra:<br />

costui si rallegra, costui gioisce, contemplando la purità di ciò<br />

che egli stesso ha compiuto.<br />

17. Il peccatore in questo mondo si tormenta, una volta<br />

trapassato si tormenta, in entrambo i mondi si tormenta. Egli<br />

"si tormenta [pensando]: "" ho compiuto il male""; tanto più"<br />

si tormenta quanto più procede sulla mala strada.<br />

18. Chi ha fatto il bene in questo mondo è contento, una<br />

volta trapassato è contento, in entrambo i mondi è contento.<br />

"Pensando: ""io ho fatto il bene "" di nuovo è contento, e tanto"<br />

più è contento quanto più procede sulla buona strada.<br />

19. Anche se uno reciti un lungo tratto di versi sacri, ma<br />

non operi conforme a loro, costui è uomo negligente (6): come<br />

un pastore che conti le vacche altrui, egli non partecipa alla<br />

condizione di asceta.<br />

20. Anche se reciti un breve tratto di versi sacri, ma<br />

operi conforme a loro secondo la Legge, avendo abbandonato<br />

passione, odio ed ottundimento mentale, e possedendo retta<br />

conoscenza ed animo sereno, ormai distaccato in questo e<br />

nell'altro mondo, costui partecipa alla condizione di asceta.<br />

CAPITOLO II<br />

APPAMADA-VAGGA<br />

(L'ATTENZIONE)<br />

"21. L'attenzione è il sentiero conducente all'immortalità, la disattenzione è il sentiero della<br />

morte; gli attenti<br />

non muoiono, i disattenti sono già come morti."<br />

22. Costoro che sono esperti nell'[esercizio dell'] attenzione, avendo ciò chiaramente<br />

riconosciuto, gioiscono<br />

di essere attenti, rallegrandosi di appartenere agli Eletti (7).<br />

23. Questi uomini, forti, meditanti, costanti, sempre pieni di energia, sperimentano<br />

l'Estinzione (Nibbana), la<br />

Suprema Beatitudine.<br />

24. Cresce la gloria dell'uomo attento, che ha rialzato se stesso, che è raccolto in sé (8) le cui<br />

azioni sono<br />

pure, che opera con ponderazione, che vive continente e secondo la Legge.<br />

Mediante l'elevazione interiore, il controllo ed il dominio di sé, il Saggio edifichi un'isola che<br />

l'alluvione non<br />

sommerga.<br />

26. Gli sciocchi sono dediti alla distrazione, gente di poco intendimento! Il Saggio, invece,<br />

custodisce<br />

l'attenzione come la ricchezza [più] preziosa.<br />

27. Non abbandonatevi alla distrazione, non abbiate dimestichezza coi piaceri ed i diletti (9). Il<br />

diligente che<br />

medita acquista felicità completa.<br />

28. L'uomo accorto, allorché con l'attenzione scaccia la disattenzione, salito sull'alta terrazza<br />

della saggezza


180<br />

(10), sereno, contempla gli stolti, gente turbata dal dolore, come chi è salito in cima ad una<br />

montagna guarda<br />

la gente che sta in pianura.<br />

29. Attento fra i disattenti, ben sveglio fra gli addormentati, egli, giudizioso, procede<br />

distanziando gli altri<br />

come un corriere [distanzia] il ronzino.<br />

"30. Fu mediante l'[esercizio dell'] attenzione che Maghavan "" giunse alla supremazia sugli<br />

dèi. L'attenzione<br />

è pregiata, la disattenzione sempre disprezzata."<br />

31. L'asceta, che si diletta nell'essere attento ed alla disattenzione guarda con paura, procede<br />

come il fuoco,<br />

bruciando tutti i legami, grandi e piccoli.<br />

32. L'asceta, che si diletta nell'attenzione ed alla disattenzione guarda con paura, non è fatto<br />

per perdersi,<br />

anzi è al vicino al Nibbana.<br />

CAPITOLO III<br />

CITTA-VAGGA<br />

(IL PENSIERO) (12)<br />

33. Il pensiero tremulo, labile, difficile a custodire, difficile a contenere, esso raddrizza l'uomo<br />

accorto, come<br />

un fabbricatore di frecce il dardo.<br />

34. Come un pesce tolto dalla sua acquatica dimora e gettato sul pavimento, trema questo<br />

[nostro] pensiero,<br />

allorchè deve rinunciare ad essere dominato da Mara.<br />

35. È bene che si domini il pensiero, inafferrabile, leggero, che si getta su ciò che gli piace: il<br />

pensiero<br />

domato è portatore di felicità.<br />

36. Custodisca l'uomo accorto il pensiero, difficile da percepire, guizzante, che si getta su ciò<br />

che gli piace: il<br />

pensiero ben guardato porta felicità.<br />

37. Coloro che controllano il pensiero, che viaggia lontano, che cammina solo, incorporeo, che<br />

alloggia nella<br />

caverna [del cuore] (13) costoro si liberano dai vincoli di Mara.<br />

38. Per colui il cui pensiero è instabile, che non conosce la Buona Legge, la cui calma mentale è<br />

turbata, per<br />

costui la conoscenza (14) non è completa.<br />

39. Per colui il cui pensiero non divaga, la cui mente non è trascinata, che ha abbandonato<br />

bene e male (15),<br />

per colui che è vigilante, per costui non esiste paura.<br />

40. Avendo riconosciuto questo corpo come simile ad una giara, avendo consolidato il<br />

pensiero come una<br />

fortezza, si assalga Mara con l'arma della conoscenza, vintolo lo si custodisca, e non si abbia<br />

mai luogo di<br />

riposo.<br />

41. Fra non molto, ahimè, giacerà a terra questo corpo caduto, spregiato, senza conoscenza,<br />

come un pezzo<br />

di legno buttato via!<br />

42. Di ciò che potrebbe fare un odiatore ad un odiatore, un nemico ad un nemico, molto più<br />

male fa


[all'uomo stesso] il [suo] pensiero falsamente diretto.<br />

43. Di ciò che potrebbero fare un padre ed una madre, i parenti stretti e le parenti, molto più<br />

bene fa<br />

[all'uomo] la mente ben diretta.<br />

CAPITOLO IV<br />

181<br />

PUPPHA-VAGGA<br />

(I FIORI)<br />

44. Chi vincerà questa terra ed il mondo di Yama assieme a [quello degli] dèi? Chi coglierà il<br />

Dhammapada<br />

bene spiegato, come l'esperto [coglie] il [giusto] fiore?<br />

45. Il discepolo vincerà la terra, il mondo di Yama, assieme a [quello de]gli dèi. Il discepolo<br />

coglierà il<br />

Dhammapada ben spiegato, come l'esperto [coglie] il [giusto] fiore.<br />

46. Avendo conosciuto questo corpo come simile alla spuma, avendo compreso la sua natura<br />

di miraggio,<br />

spezzate le fiorite frecce di Mara (16), proceda egli invisibile al Re della Morte<br />

47. La morte si porta via, invero, l'uomo che raccoglie fiori (17) e colui la cui mente è distratta,<br />

come<br />

un'alluvione [spazza via] il villaggio addormentato.<br />

48. Mentre l'uomo raccoglie fiori, la sua mente è distratta, e non è sazio di piaceri, il Finitore lo<br />

prende in suo<br />

potere.<br />

49. Come, invece, l'ape raccoglie il succo dei fiori, senza danneggiarne colore e profumo, così<br />

dimori l'asceta<br />

(18) nel villaggio.<br />

50. Non badi ai torti altrui, non a ciò che altri avrebbe dovuto fare o non fare: osservi,<br />

piuttosto, ciò che egli<br />

ha fatto o non ha fatto.<br />

51. Come un bel fiore smagliante [ma] privo di profumo, altrettanto belle ma prive di frutto<br />

sono le parole di<br />

colui che non agisca conforme a loro.<br />

52. Come un bel fiore smagliante e profumato, altrettanto belle e fruttuose sono le parole di<br />

colui che agisca<br />

conforme a loro.<br />

53. Come si possono intrecciare molte collane da un mucchio di fiori, così pure molte buone<br />

cose possono<br />

essere compiute da un mortale, una volta che sia nato.<br />

"54. Il profumo dei fiori non va controvento, non [quello di] sandalo, tagara, o gelsomino; il<br />

profumo dei<br />

buoni va controvento, in tutti i sensi lo effonde il virtuoso."<br />

55. Sandalo, tagara, loto e vassikl: di tutte queste specie di profumo quello della virtù è<br />

maggiore.<br />

56. Di poco valore è il profumo che viene dal fagara e dal sandalo: il profumo dei virtuosi sale,<br />

invece,<br />

altissimo fra gli dèi.<br />

57. Di coloro che sono dotati di virtù, che risiedono nel l'attenzione e che si sono liberati<br />

mediante la perfetta<br />

conoscenza, di costoro Mara non trova la via.


58. Come in un mucchio di spazzatura gettata sulla strada maestra può nascere un loto<br />

profumato e delizioso,<br />

così pure nel mucchio spregevole, nel volgo cieco, fra la gente bassa, risplende per conoscenza<br />

il discepolo<br />

del Buddha totalmente illuminato.<br />

CAPITOLO V<br />

BALA-VAGGA<br />

(LO STOLTO)<br />

60. Lunga è la notte per chi veglia, lungo è un miglio per chi è stanco, lungo è il vivere-emorire<br />

(19) per<br />

quegli sciocchi che ignorano la Buona Legge.<br />

61. Il viaggiatore, se non incontra a tenergli compagnia uno migliore di lui o simile a lui,<br />

proceda<br />

decisamente da solo: con lo stolto non vi è compagnia.<br />

"62. "" Questi figli sono miei, questa ricchezza è mia!"", così [pensando] lo stolto è travagliato.<br />

Ma se egli<br />

stesso non appartiene a se stesso, quanto meno i figli, quanto meno la ricchezza !"<br />

63. Lo stolto che conosce la propria stoltezza è saggio almeno per questo: lo sciocco che si<br />

ritiene un<br />

182<br />

saggio, quegli veramente [è ciò che] si chiama uno scemo!<br />

64. Se anche per tutta la vita uno stolto si accompagnasse<br />

ad un saggio non arriverebbe a conoscere la Buona Legge (20),<br />

come il cucchiaio non conosce il sapore della zuppa.<br />

65. Se anche un solo minuto l'intelligente si accompagna<br />

al saggio, ben presto viene a conoscere la Buona Legge, come<br />

la lingua il sapore della zuppa.<br />

66. Gli sciocchi, privi di intendimento, vanno con se stessi<br />

come un nemico, compiendo azioni cattive che portano [loro].<br />

frutti amari.<br />

67. Non è un'azione ben fatta quella che una volta compiuta, cagiona pentimento, il cui<br />

compenso (21) si<br />

riceve con<br />

volto lacrimoso e pianto.<br />

68. Ben fatta è quell'azione una volta compiuta la quale non ci si pente, il cui compenso si<br />

riceve contenti e<br />

di buon animo.<br />

69 Fintanto che il male compiuto non giunge a maturazione (= non dà frutto) lo sciocco lo<br />

considera come se<br />

fosse miele, ma, quando esso matura, allora lo sciocco soggiace al dolore.<br />

70. Lascia pur che lo sciocco mangi il cibo mese per mese con la punta di un filo di erba kusa<br />

(22) non vale<br />

egli sicuramente la sedicesima parte di quelli che si sono perfezionati nella Buona Legge.<br />

71. Non di certo la cattiva azione commessa si rapprende tutta d'un tratto, come latte già<br />

fresco: bensì segue<br />

lo stolto, come fuoco che cova sotto le ceneri.<br />

72. E se [un giorno] la coscienza dello stolto si risveglia, gli manda in rovina la sua buona<br />

fortuna,<br />

rompendogli il capo.


73. Continui pure [lo stolto] a desiderare una vana reputazione e la precedenza fra i monaci, la<br />

padronanza<br />

sui monasteri e la venerazione fra l'altra gente!<br />

"74. "" Pensino che questo l'ho fatto io, sia i padri di famiglia che coloro che hanno lasciato il<br />

mondo: mi<br />

siano pure soggetti in ogni cosa, abbiano a fare ed a non fare! "" Questo è ciò che lo stolto si<br />

immagina,<br />

mentre crescono la cupidigia e l'orgoglio."<br />

"75. "" Altra è la via che mena al guadagno, altra è quella che conduce al Nibbana "" Avendo<br />

riconosciuto in<br />

questo modo, il monaco discepolo del Buddha non si compiaccia di essere onorato: coltivi la<br />

solitudine."<br />

CAPITOLO VI<br />

PANDITA-VAGGA<br />

(IL SAGGIO)<br />

76. Se vedi un uomo che ti indica ciò che va evitato, che ti riprenda dai difetti, intelligente,<br />

segui questo<br />

saggio come se fosse un rivelatore di tesori: per colui che coltiva una simile persona viene il<br />

meglio, non il<br />

peggio.<br />

77. Ammonisca, impartisca ordini, faccia evitare ciò che è improprio: costui diviene caro ai<br />

buoni, ai cattivi<br />

discaro.<br />

78. Non si frequentino come amici i cattivi: non si frequenti la gente vile. Si abbia<br />

dimestichezza coi buoni<br />

amici è3, si frequentino i migliori fra gli uomini!<br />

79. Chi si disseta con la Buona Legge vive a suo agio, con la mente completamente calma. Il<br />

Saggio sempre<br />

gioisce nella Legge resa nota dagli Eletti.<br />

80. L'acqua incanalano i fontanieri, gli armaioli piegano i dardi, piegano il legno i falegnami,<br />

piegano se<br />

stessi i Saggi.<br />

81. Come la rupe massiccia non si scuote per il vento, così pure non vacillano i Saggi in mezzo<br />

a biasimi e<br />

183<br />

lodi.<br />

82. Come un lago profondo, completamente calmo e trasparente, altrettanto sereni divengono<br />

i Saggi,<br />

allorché hanno ascoltato [le verità del]la Legge.<br />

"83. In ogni circostanza procedono eguali gli uomini dabbene; i buoni non ciarlano perché<br />

desiderosi di<br />

piacere: toccati da gioia o da dolore, i Saggi non mostrano mutamento."<br />

"84. Non per sé, né per altrui, [il Saggio] desideri figli, ricchezza, dominio; non desideri la sua<br />

stessa<br />

prosperità mediante l'ingiusto operare: allora egli sarà virtuoso, sapiente e retto."<br />

85. Pochi sono fra gli uomini quegli esseri che toccarlo l'altra sponda (24): tutta questa altra<br />

gente, invece,<br />

corre su e giù per la spiaggia.<br />

86. Coloro i quali, essendo stata loro ben spiegata la Legge, diventano seguaci della Legge,<br />

costoro


giungeranno all'altra riva, [di là dal] regno della morte, per quanto sia difficile ! da<br />

attraversare.<br />

87. Avendo abbandonato la condizione oscura, permanga il Saggio in quella chiara, lasci la<br />

casa per la noncasa,<br />

[là,] nella solitudine ove non è piacere.<br />

88. Ivi desideri il saggio la gioia eccelsa, avendo abbandonato il piacere, nulla considerando<br />

come suo,<br />

purificando se stesso dai turbamenti del pensiero.<br />

89. Coloro il cui pensiero è ben concentrato sui [sette] elementi della perfetta illuminazione<br />

(25) che<br />

gioiscono del non ricevere nulla, nella libertà dall'attaccamento, che hanno domato gli<br />

appetiti, pieni di luce,<br />

costoro hanno raggiunto la Liberazione [pur vivendo] in questo mondo.<br />

CAPITOLO VII<br />

ARAHANTA-VAGGA<br />

(GLI ARHAT) (26)<br />

90. Per colui che ha percorso la via, che è privo di dolore, I che in ogni senso si è liberato, per<br />

costui, che si è<br />

sciolto da ogni nodo, non esiste più febbre (27).<br />

Con la mente ben raccolta (28) [gli Arhat] si accingono alla via (29), né si allietano di starsene<br />

in casa: come<br />

cigni che hanno abbandonato lo stagno essi lasciano casa e dimora.<br />

92. Coloro che nulla hanno accumulato, che conoscono quale sia il cibo [lecito], la sfera<br />

d'azione dei quali è<br />

Liberazione essenziata di Vuoto, priva di attributi, la via di costoro è difficile da seguire come<br />

quella degli<br />

uccelli nell'aria.<br />

93. Coloro che hanno distrutto ogni attaccamento, che sono svincolati nel fruire (30), la sfera<br />

d'azione dei<br />

quali è Liberazione essenziata di Vuoto, priva di attributi, la via di costoro è difficile da<br />

seguire, come quella<br />

degli uccelli nell'aria.<br />

94. Colui i cui sensi sono soggiogati, come cavalli ben domi dall'auriga, che ha abbandonato<br />

orgoglio e<br />

adesione al mondo, perfino gli dèi invidiano un siffatto [uomo].<br />

"95. Simile alla terra, non si turba (31); simile ad una soglia è un tale devoto; egli è come un<br />

lago privo di<br />

fango; nascere-morire non esistono per costui."<br />

96. Calma è la mente, calme sono le parole, calma è l'azione (32) di colui che, mediante il retto<br />

conoscere, ha<br />

conseguito la Liberazione e si è interiormente pacificato.<br />

97. Quell'uomo che è libero dalla credulità, che conosce l'Increato 33, che ha tagliato tutti i<br />

legami, che ha<br />

cancellato tutte le tentazioni, che ha rinunciato ad ogni speranza, costui è davvero il supremo<br />

fra gli uomini.<br />

98. Nel villaggio o nella foresta, sul mare profondo o sulla terraferma, ovunque dimorino gli<br />

Arhat, quello e<br />

un luogo ameno.<br />

99. Piacevoli sono le foreste, ove l'uomo volgare non si diletta: ivi si rallegreranno i privi di<br />

passione, non


184<br />

certo coloro che vanno in cerca di piaceri.<br />

CAPITOLO VIII<br />

SAHASSA VAGGA<br />

(LE MIGLIAIA)<br />

100. Di un discorso anche di mille [detti], composto & frasi prive di senso, meglio è una frase<br />

sola sensata,<br />

udita la quale l'uomo si calma.<br />

101. Di un poema anche di mille [strofe], composto di frasi prive di senso, meglio è un verso<br />

solo, udito il<br />

quale l'uomo si calma.<br />

102. [Per] chi reciti cento poemi composti di frasi prive di senso, meglio è un solo verso udito<br />

il quale egli si<br />

calma.<br />

103. [Fra] chi vince in battaglia mille volte mille nemici e chi soltanto vince se stesso, costui è<br />

il migliore dei<br />

vincitori di ogni battaglia.<br />

104. Chi vince se stesso certamente è migliore delle altre creature. Dell'uomo che ha domato<br />

se stesso, che<br />

vive sempre controllandosi,<br />

105. La vittoria di un essere siffatto non potrebbero mutarla in sconfitta né un dio, né un<br />

gandharva (34) e<br />

neppure Mara assieme a Brahma (35).<br />

106. Se anche uno sacrifica mese per mese durante cento anni, [quando invece] per un solo<br />

momento rende<br />

omaggio a chi abbia lo spirito concentrato (36), questa sola onoranza è migliore di<br />

un'oblazione durata<br />

cent'anni.<br />

107. Se un uomo per un secolo presta culto ad Agni (37) nella foresta (38), ma, per un solo<br />

momento, rende<br />

omaggio a chi ha lo spirito concentrato, questa sola onoranza è migliore di un'oblazione<br />

durata cent'anni.<br />

108. Qualunque cosa si sacrifichi in questo mondo, come sacrificio od oblazione per un anno<br />

allo scopo di<br />

ottenere un beneficio, tutto questo non vale un quattrino: è meglio render onore a coloro che<br />

vivono<br />

rettamente.<br />

109. Per colui che costantemente onora e riverisce gli Anziani, quattro cose prosperano: vita,<br />

bellezza,<br />

felicità, forza.<br />

"110. Viva un uomo cent'anni vizioso e distratto; vale più un giorno di vita di quegli che vive<br />

saggio e<br />

meditante."<br />

"111. Viva un uomo cent'anni ignorante e sbadato; vale più un giorno di vita di quegli che vive<br />

saggio e<br />

meditante."<br />

"112. Viva un uomo cent'anni indolente e fiacco; vale più un giorno di vita di quegli che opera<br />

con virile<br />

energia."


"113. Viva un uomo cent'anni senza considerare il nascere e il perire [delle cose]; vale più un<br />

giorno di vita<br />

di quegli che li osserva."<br />

"114. Viva un uomo cent'anni senza mirare al Luogo Immortale (39); vale più un giorno di vita<br />

di quegli che<br />

lo considera."<br />

"115. Viva un uomo cent'anni senza considerare la Suprema Legge; vale più un giorno di vita<br />

di colui che la<br />

osserva."<br />

185<br />

CAPITOLO IX<br />

PAPA-VAGGA<br />

(IL PECCATO)<br />

116. Si affretti l'uomo verso il bene, custodisca la mente dal male. Di chi fa il bene fiaccamente,<br />

la mente si<br />

delizia nel male.<br />

117. Se qualcuno commette un male, non lo faccia di nuovo e di nuovo, non consenta<br />

interiormente al male.<br />

Il Dolore è cumulo di peccato.<br />

118. Se qualcuno compie il bene, lo faccia di nuovo e di nuovo ed in esso si diletti. La Felicità è<br />

cumulo di<br />

bene.<br />

119. Anche il peccatore se la passa bene, finché il male commesso non [gli] matura: allorché<br />

matura il<br />

peccatore sperimenta [ogni sorta di] mali.<br />

120. Il Buono se la passa male, finché il bene commesso non [gli] matura: allorché matura, il<br />

virtuoso<br />

sperimenta [ogni sorta di] beni.<br />

"121. Non stimi da poco il peccato, pensando: "" non verrà sopra di me!"". L'acqua, cadendo<br />

goccia a goccia,<br />

riempie anche una giara. Lo stolto si colma di peccato, anche se lo accumula poco a poco."<br />

"122. Non stimi da poco il bene compiuto, dicendo: "" non verrà sopra di me!"". L'acqua,<br />

cadendo goccia a<br />

goccia, riempie anche una giara. L'uomo saldo si colma di bene, anche se lo accumula poco a<br />

poco."<br />

123. Come di un mercante che, avendo molte ricchezze e poca scorta, evita la strada<br />

pericolosa, e come chi<br />

ama la vita evita il veleno, così si deve evitare il peccato.<br />

124. Colui nella cui mano non sia ferita può prendere con la mano il veleno: il veleno non<br />

penetra ove non<br />

c'è ferita, né vi è peccato per chi non lo commetta.<br />

125. Chi reca offesa ad un uomo innocente, puro e senza peccato, il male di ciò ricade su lui<br />

stolto, come<br />

sottile polvere gettata contro vento.<br />

"126. Alcuni [tornano] a nascere in un utero; vanno all'inferno coloro che fanno il male; vanno<br />

al cielo<br />

coloro che seguono la buona via; si sciolgono nel nibbana i privi di attaccamento."<br />

127. Non nell'atmosfera, non in mezzo al mare e nemmeno se si penetra in un antro montano<br />

si potrà trovare<br />

un luogo terreno, stando nel quale il peccatore si liberi.


128. Non nell'atmosfera, non in mezzo al mare e nemmeno se si penetra in un antro montano<br />

si potrà trovare<br />

un luogo terreno, stando nel quale non sovrasti la morte.<br />

CAPITOLO X<br />

DANDA-VAGGA<br />

IL BASTONE (= IL CASTIGO) (41)<br />

129. Tutti tremano al castigo, tutti temono la morte: mettendoti al posto degli altri non<br />

uccidere, nè fa'<br />

uccidere.<br />

130. Tutti tremano al castigo, tutti hanno cara la vita: mettendoti al posto degli altri non<br />

uccidere, né fa'<br />

uccidere.<br />

131. Chi, volendo la propria felicità, colpisce (col castigo) esseri che bramano la felicità, una<br />

volta morto non<br />

consegue la felicità.<br />

132. Chi, volendo la propria felicità, non colpisce (col castigo) esseri che bramano la felicità,<br />

costui, una<br />

volta morto, consegue la felicità.<br />

186<br />

133. Non parlare aspramente ad alcuno: coloro ai quali tu parli ti potrebbero rispondere: le<br />

contumelie sono<br />

sgradevoli: potrebbero coglierti, in cambio, bastonate su bastonate!<br />

134. Se rendi te stesso silenzioso come un gong spezzato, allora hai raggiunto l'Estinzione, in<br />

te non si trova<br />

violenza.<br />

135. Come il pastore sospinge le vacche col bastone verso il loro recinto, così Vecchiaia e<br />

Morte sospingono<br />

la vita di coloro che respirano.<br />

136. È pur [vero che il malvagio] non è cosciente allorché commette cattive azioni: poi, [però,]<br />

è bruciato<br />

dalle proprie azioni, come se fosse arso da fuoco.<br />

137. Chi col castigo colpisce coloro che sono immeritevoli di castigo, ben presto cade in una<br />

delle seguenti<br />

dieci condizioni.<br />

138. Crudele sofferenza lo raggiunge, perdita di beni, o danno nel corpo, oppure grave<br />

malattia, o perdita di<br />

senno.<br />

139. Persecuzione da parte di un re, una terribile accusa, perdita di parenti, rovina delle<br />

sostanze.<br />

140. Oppure il fulmine gli incendierà la casa e, quando il suo corpo sarà distrutto, quel<br />

dissennato se ne<br />

andrà all'inferno.<br />

141. Non il fatto di aggirarsi ignudo, o di portare i capelli attorti, non la sporcizia, non il<br />

digiuno o il giacersi<br />

per terra, non il sedere immobile, accosciato, o lo strofinarsi con polvere (42), possono<br />

purificare il mortale<br />

che non abbia superato il desiderio.<br />

142. Colui che, pur essendo ben ornato (= ben vestito), sia equanime, calmo, domo,<br />

controllato, casto,


deposto il bastone verso tutte le creature, costui è veramente un brahmana, un samana, un<br />

bhikkhu!<br />

143. [Non] si trova al mondo un uomo così trattenuto nella vergogna, da [non voler]<br />

provocare il rimprovero,<br />

come un nobile cavallo la frusta?<br />

"144. Come nobile cavallo spronato dalla frusta siate strenui e zelanti; mediante fede, virtù,<br />

energia,<br />

meditazione e discernimento dovuto alla Legge, divenuti perfetti in conoscenza e condotta e<br />

raccolti nella<br />

memoria supererete questo male non piccolo."<br />

145. Costringono le acque [nei tubi] i fontanieri, curvano i dardi i frecciaioli, piegano il legno i<br />

falegnami,<br />

domano se stessi i devoti.<br />

CAPITOLO XI<br />

JARA-VAGGA<br />

(LA VECCHIAIA)<br />

146. Che ragione vi è di ridere, di essere contenti, quando tutto è in fiamme? Ravvolti dalle<br />

tenebre, non<br />

cercate una luce ?<br />

147. Guarda questa variopinta figura, questo corpo piagato da ferite, tenuto su, malaticcio,<br />

pieno di fantasie,<br />

nel quale non v'è fermezza, non stabilità!<br />

"148. Questa forma è frusta, piena di malattie, fragile: questo assieme putrescente si disfa; la<br />

vita, infatti,<br />

confina con la morte."<br />

149. Che piacere vi può essere, dopo aver guardato queste ossa grigiastre, simili a zucche che<br />

si buttano via<br />

in autunno ?<br />

"150. Di ossa è fatta la cittadella, rivestita di carne e sangue; in essa trovano ricetto vecchiaia,<br />

morte,<br />

orgoglio ed ipocrisia."<br />

151. Si disfano anche gli splendenti cocchi regali e così pure il corpo si avvicina alla vecchiaia.<br />

La virtù dei<br />

buoni non diventa mai vecchia. Così i buoni riferiscono ai buoni.<br />

187<br />

152. L'uomo di poco sapere invecchia come un bove. Crescono le sue carni, ma non cresce la<br />

saggezza.<br />

153. Lungo innumerevoli esistenze ho corso, cercando il costruttore della casa, né lo ho<br />

trovato: eppure è<br />

doloroso tornare a nascere di volta in volta.<br />

"154. O costruttore, Sei stato scoperto, non farai di nuovo la casa. Tutte le travi sono spezzate,<br />

la capriata è<br />

crollata; lo spirito, cancellata ogni concezione, ha estinto la sete."<br />

155. Coloro che non esercitarono la disciplina, che in gioventù non fecero tesoro, periscono<br />

come vecchi<br />

aironi in un lago privo di pesci.<br />

156. Coloro che non esercitarono la disciplina, che in gioventù non fecero tesoro, giacciono<br />

come archi<br />

spezzati, rimpiangendo il passato.<br />

CAPITOLO XII


ATTA-VAGGA<br />

(SE STESSO) (43)<br />

157. Chi riconosca il sé come cosa cara, con buona cura lo custodisca. Delle tre vigilie della<br />

notte, durante<br />

una vegli il Saggio.<br />

158. In primo luogo indirizzi se stesso verso ciò che è proprio, indi ammaestri qualcun altro:<br />

così non avrà<br />

danno chi è saggio.<br />

159. Renda se stesso in modo da poter insegnare ad altri: I domato [se stesso, gli altri] potrà<br />

domare. Il se<br />

stesso è ben difficile da domare.<br />

"160. Ognuno è padrone di se stesso (T. ""il Sé è padrone del Sé "") quale altro padrone ci<br />

dovrebbe essere?<br />

Avendo"<br />

domato se stesso si acquista un padrone difficile da conquistare.<br />

161. Dal proprio sé è compiuto il male, [dal proprio sé] si è nati, [dal proprio sé] si è fatti<br />

crescere: esso<br />

sbriciola lo stolto, come un diamante stritola anche una pietra preziosa.<br />

162. Colui che ha pessimi costumi, come un albero sala soffocato da rampicanti, rende se<br />

stesso come<br />

desidera il suo nemico.<br />

163. Facili sono a farsi le cose non buone, dannose per noi stessi: ciò che, invece, è benefico,<br />

ciò che è<br />

buono, questo è davvero estremamente difficile a compiersi.<br />

164. Quello sciocco che deride i precetti degli Arhat, degli Eletti, dei Virtuosi, seguendo false<br />

dottrine, porta<br />

frutti per la propria distruzione, come i frutti dalla canna katthaka.<br />

165. Dal proprio sé è compiuto il male, mediante il proprio sé si giunge alla sofferenza, dal<br />

proprio sé il male<br />

non viene compiuto, mediante il proprio sé ci si purifica. Purità ed impurità [si generano] di<br />

per sé, nessuno<br />

può purificare un altro.<br />

166. Non si scordi il proprio bene per quello altrui, per quanto grande esso sia: riconosciuto il<br />

proprio bene,<br />

si sia tutto intento a questo.<br />

CAPITOLO XIII<br />

LOKA-VAGGA<br />

(IL MONDO)<br />

188<br />

167. Non praticate un basso modo di vivere, non permanete nella distrazione, non seguite<br />

false dottrine, non<br />

incrementate il vivere mondano!<br />

168. Alzati, non essere negligente! Applicati alla Legge di virtù! Chi si applica alla Buona Legge,<br />

la felicità<br />

lo segue in questo e nell'altro mondo.<br />

169. Pratica la Legge di virtù, non seguire quella della mala condotta! Chi si applica alla Buona<br />

Legge, la<br />

felicità lo segue in questo e nell'altro mondo.<br />

170. Contempla [questo mondo] come una bolla d'acqua, guardalo come un miraggio: colui<br />

che in tal mondo


contempli il mondo, lui non vede il Re della Morte.<br />

"171. Venite, contemplate questo mondo splendente come un carro regale, nel quale si<br />

accomodano gli<br />

sciocchi; coloro che sono saggi non si attaccano a lui!"<br />

172. Chi prima viveva immerso nella distrazione e poi si fa attento, costui illumina questo<br />

mondo, come luna<br />

liberata dalle nubi.<br />

173. Chi ricopre la cattiva azione commessa mediante una buona, costui illumina questo<br />

mondo come luna<br />

liberata da nubi.<br />

174. Questo mondo è coperto di tenebre, pochi vi possono veder chiaro: raro è chi si alza in<br />

volo verso il<br />

cielo come uccello sfuggito alla rete.<br />

175. Vanno i cigni per la Via del Sole (44), vanno miracolosamente attraverso l'etereo spazio<br />

(45):<br />

procedono i costanti fuori dal mondo, avendo vinto Mara con tutta l'oste sua.<br />

176. Per l'uomo che trasgredisce abitualmente ad una sola regola, per colui che dice<br />

menzogne e non si cura<br />

dell'altro mondo, non v'è male che egli non possa compiere.<br />

177. Al cielo non salgono, certamente, gli avari: sono invero stolti coloro che non magnificano<br />

[la virtù] del<br />

donare. Chi è saldo si rallegra a donare e, per ciò, consegue felicità nel mondo di là.<br />

"178. Meglio che regnar da solo su tutta la terra, meglio che ascendere al cielo, meglio che aver<br />

la signoria su<br />

tutti i mondi è il frutto dell'o entrata in corrente"" (46)`."<br />

CAPITOLO XIV<br />

BUDDHA-VAGGA<br />

IL BUDDHA (= IL RISVEGLIATO)<br />

179. Colui la cui vittoria non può essere nuovamente conquistata (= non può essere<br />

strappata), nel [campo<br />

del] la cui conquista non può entrare alcuno in questo mondo, questo Buddha che ha l'Infinito<br />

come suo<br />

dominio, che non ha via [da percorrere], su quale via vorreste guidarlo?<br />

180. Colui che nessuna brama, con i suoi lacci velenosi, può condurre fuori di strada, questo<br />

Buddha che ha<br />

l'infinito come suo dominio d'azione, che non ha via [da percorrere], su quale via vorreste<br />

guidarlo?<br />

181. Quei costanti, dediti alla meditazione, che godono nella pace dell'emancipazione! Perfino<br />

gli dèi hanno<br />

invidia di costoro, che sono risvegliati al Vero e che sono coscienti [di quel che fanno].<br />

182. Arduo a raggiungere è lo stato di uomo (47), arduo è vivere come mortale, arduo è che<br />

sorgano dei<br />

Buddha.<br />

183. Non compiere alcuna specie di male, darsi alle buone azioni, purificarsi la mente, questo<br />

è<br />

l'insegnamento del Buddha.<br />

184. I Buddha chiamano la pazienza suprema ascesi, la sopportazione eccelso Nibbana: non è<br />

anacoreta chi<br />

colpisce gli altri, non è asceta chi gli altri offende.<br />

189


185. Non biasimare, non colpire, vivere astretti alla regola, essere moderati nel cibo, dimorare<br />

e giacersi soli,<br />

essere intenti ad alti pensieri, questo è l'insegnamento dei Buddha.<br />

186. Nemmeno con una pioggia di monete d'oro si consegue la sazietà dei desideri chi conosce<br />

che la<br />

soddisfazione dei desideri ha breve sapore e porta dolore, costui è un Saggio.<br />

"187. Nemmeno nei piaceri celesti trova soddisfazione il discepolo pienamente risvegliato:<br />

egli si diletta a<br />

distruggere la o sete "" [di esistenza]."<br />

"188. Uomini spinti da paura vanno a cercare asilo in montagne e foreste, alberi sacri e<br />

santuari;"<br />

"189. ma questi non sono asilo sicuro, non sono il Supremo Rifugio; non è accorrendo a questi<br />

rifugi che ci<br />

si libera da tutti i dolori."<br />

190. Colui che, invece, cerca rifugio nel Buddha, nella Legge e nella Comunità, scorge con retta<br />

cognizione<br />

le quattro Nobili Verità:<br />

191. il dolore, l'origine del dolore, la cessazione del dolore ed il nobile ottuplice sentiero che<br />

conduce<br />

all'acquietamento del dolore.<br />

192. Questo è l'asilo sicuro, questo è il supremo rifugio, questo è il rifugio giungendo al quale<br />

si placano tutti<br />

i dolori.<br />

193. Raro è l'Uomo Superiore, esso non nasce dovunque: dove nasce un simile saldo<br />

individuo, felice è la<br />

sua gente.<br />

194. Felice è il sorgere dei Buddha, felice è la predicazione della Buona Legge, felice la<br />

concordia della<br />

Comunità, felice l'ascesi di coloro che sono concordi.<br />

195. Chi venera i Buddha degni di venerazione, oppure i loro discepoli, che hanno trasceso la<br />

schiera delle<br />

illusioni ed hanno superato dolore e pianto,<br />

196. chi onora costoro, che hanno estinto [le passioni], che nulla hanno da temere, di costui<br />

nessuno potrebbe<br />

calcolare il merito [che così acquista].<br />

CAPITOLO XV<br />

SUKHA-VAGGA<br />

(LA FELICITA)<br />

197. Viviamo dunque felici, senza inimicizia fra coloro che sono malevoli: fra gli uomini ostili,<br />

stiamocene<br />

senza inimicizia !<br />

198. Viviamo dunque ben felici, senza malanni fra gli ammalati: fra gli uomini ammalati,<br />

stiamocene senza<br />

malanni !<br />

199. Viviamo, dunque, ben felici liberi da brama fra i bramosi: fra gli uomini cupidi<br />

stiamocene senza<br />

cupidigia!<br />

200. Viviamo, dunque, ben felici noi, che non possediamo nulla: nutrendoci della gioia [altrui]<br />

come gli dèi<br />

risplendenti !


201. La vittoria alimenta inimicizia, perché chi è vinto giace dolente. Chi ha abbandonato<br />

vittoria e sconfitta,<br />

costui ristà tranquillo e felice.<br />

202. Non esiste fuoco simile alla passione, non v'è perdita comparabile all'odio, non v'è dolore<br />

simile a<br />

quello di essere composto di aggregati (49), non v'è felicità pari alla calma interiore.<br />

"203. La fame è la peggiore delle malattie, le predisposizioni psichiche (50) sono le peggiori<br />

sventure;<br />

avendo riconosciuto le cose come realmente sono, l'Estinzione (= Nibbana) appare come la<br />

suprema felicità."<br />

204. La salute è il migliore guadagno, la contentezza è la migliore ricchezza, la fiducia è il<br />

miglior parente,<br />

l'Estinzione è la suprema felicità.<br />

205. Chi ha assaporato la dolcezza della solitudine, ed il succo della calma interiore, costui è<br />

senza dolori,<br />

senza peccato, avendo bevuto l'essenza gioiosa della Legge.<br />

"206. Buona è la vista degli Eletti, è sempre benefico lo stare assieme a loro; quando non si<br />

vedono stolti si<br />

190<br />

sta sempre bene."<br />

207. Chi viaggia in compagnia degli stupidi si affligge lungamente sul cammino: la compagnia<br />

degli stupidi<br />

cagiona sempre dolore, come lo stare con un nemico: lo stare con un saggio cagiona felicità,<br />

come<br />

l'incontrarsi con un parente.<br />

Quindi, per ciò:<br />

208. chi è saldo, intelligente, di molta dottrina, capace di molto sopportare, che compie il suo<br />

dovere, eletto,<br />

un siffatto uomo virtuoso e saggio seguite, come la luna segue il cammino delle stelle.<br />

CAPITOLO XVI<br />

PIYA-VAGGA<br />

(IL PIACERE)<br />

209. Chi si applica alla distrazione e non si soggioga nella meditazione, avendo abbandonato<br />

l'utile per il<br />

diletto, invidierà coloro che si concentrano in se stessi.<br />

210. Non ti attaccare a ciò che è piacevole e neppure mai a ciò che è sgradevole. Il non vedere<br />

ciò che è<br />

piacevole causa dolore, come pure il vedere ciò che è spiacevole.<br />

211. Di conseguenza, non cercare diletto [in alcuna cosa]: dolorosa è la perdita di ciò che<br />

piace: non esistono<br />

legami per coloro che non hanno alcuna cosa piacevole e spiacevole.<br />

212. Dal piacere nasce il dolore, dal piacere nasce il timore: per chi è libero dal piacere non<br />

esiste dolore: di<br />

che cosa [dovrebbe aver] timore ? 51<br />

213. Dall'affetto nasce il dolore, dall'affetto nasce il timore: chi è libero da affetto non conosce<br />

dolore: di che<br />

cosa [dovrebbe aver] timore?<br />

214. Dalla voluttà nasce il dolore, dalla voluttà nasce il timore. Per chi è libero da voluttà non<br />

v'è dolore: di<br />

che cosa [dovrebbe avere] paura?


215. Dal desiderio nasce il dolore: dal desiderio nasce il timore: chi è libero da desiderio non<br />

conosce dolore:<br />

di che cosa [avrebbe, allora,] timore?<br />

"216. Dalla sete (52) [di vivere] nasce il dolore, dalla sete nasce il timore; chi è libero da sete<br />

non conosce<br />

dolore: di che cosa [dovrebbe avere] timore?"<br />

217. Chi ha conseguito virtù ed intelligenza, che è giusto e veridico, che compie ciò che è suo<br />

dovere, costui<br />

la gente ha caro.<br />

"218. Colui il cui desiderio è rivolto all'Ineffabile, che in ispirito sia esultante, la cui mente non<br />

sia vincolata<br />

a desideri, costui è chiamato o quello che risale la corrente "" (53)."<br />

219. Parenti, amici e compagni si rallegrano nell'accogliere un uomo che, da lungo tempo<br />

assente, ritorni da<br />

lontano sano e salvo.<br />

220. Così pure chi ha fatto del bene in questo mondo, allorché va all'altro, le azioni meritorie<br />

lo accolgono<br />

come parenti il loro caro quando ritorna.<br />

CAPITOLO XVII<br />

KODHA-VAGGA<br />

(L 'IRA)<br />

221. Abbandona l'ira, trascura l'orgoglio, passa oltre ogni vincolo: nessun dolore tocca l'uomo<br />

distaccato da<br />

nome e forma, e che non possiede nulla.<br />

"222. Colui che riesce a trattenere la collera come un cocchio precipitante, costui io chiamo ""<br />

auriga "",<br />

191<br />

l'altra gente"<br />

"o tienibríglie ""."<br />

"223. Con la mancanza di collera si vinca la collera; con la bontà si vinca la cattiveria. Con la<br />

generosità si<br />

vinca l'avarizia, con la verità si vinca il menzognero."<br />

"224. Di' la verità; non ti incollerire; dà, anche se poco, quando sei richiesto. Mediante queste<br />

tre condizioni<br />

salirai ben presto vicino agli dèi."<br />

225. Quegli asceti che non fanno male ad alcuno, che sono sempre controllati nel corpo,<br />

costoro vanno alla<br />

sede imperitura, giunti alla quale non avranno più da soffrire.<br />

226. Per coloro che sempre vegliano, che giorno e notte si educano intenti al Nibbana, per<br />

costoro<br />

tramontano gli attaccamenti.<br />

"227. È un vecchio detto, questo, o Atula, non è come uno dei nostri giorni: "" Biasimano chi se<br />

ne sta zitto,<br />

biasimano chi parla molto, biasimano anche chi parla poco: non v'è al mondo chi sia senza<br />

biasimo ""."<br />

228. Non c'è mai stato, non ci sarà, né c'è adesso un uomo che sia sempre biasimato o un<br />

uomo che sia<br />

sempre lodato.<br />

229. Ma colui che, esaminandolo giorno per giorno, è lodato da quelli che discriminano, che è<br />

di intemerata


condotta, che è intelligente, che è dotato di sapienza e di buoni costumi,<br />

230. pari ad una moneta d'oro, chi oserebbe dirne male ? Anche gli dèi lo lodano, perfino da<br />

Brahma egli è<br />

lodato.<br />

231. Guardati da un atto di collera compiuto col corpo, sii controllato nel corpo. Avendo<br />

abbandonato la<br />

mala condotta del corpo, comportati bene col corpo.<br />

232. Guardati da un atto di collera verbale, sii controllato nella parola. Abbandonata<br />

l'intemperanza di parola,<br />

comportati bene con la parola.<br />

233. Guardati da un atto di collera mentale, sii controllato nella mente. Abbandonata la mala<br />

condotta<br />

verbale, comportati bene con la mente.<br />

"234. Controllati nel corpo sono i saldi, ed anche controllati nella parola; controllati nella<br />

mente sono i forti,<br />

essi che sono controllati in ogni senso (54)"<br />

CAPITOLO XVIII<br />

MALA-VAGGA<br />

(LE IMPURITÀ) (55)<br />

"235. Ora sei come una foglia ingiallita, ormai; i messaggeri di Yama 55 sono già vicino a te: la<br />

tua partenza<br />

è prossima, non si trova, però, ancora il viatico."<br />

236. Fa' [quindi] un'isola di te stesso, opera celermente, sii saggio. Soffiate via le impurità,<br />

libero da<br />

macchia, andrai alla celeste terra degli Eletti.<br />

237. La tua vita è giunta al termine. Sei giunto ben vicino a Yama, non v'è sosta sulla via e non<br />

si trova<br />

ancora il viatico.<br />

238. Fa' [quindi] un'isola di te stesso, opera celermente, sii saggio. Soffiate via le impurità, non<br />

tornerai più a<br />

vivere e ad invecchiare.<br />

239. L'intelligente soffi via da sé le impurità poco a poco, un momento dopo l'altro, come<br />

l'argentiere<br />

dall'argento.<br />

240. Come ruggine affiorata dal ferro, [che, una volta apparsa, lo corrode,] così pure sono le<br />

proprie azioni a<br />

con. durre il trasgressore sulla via della perdizione.<br />

241. Il non ripetere meditando è la ruggine delle giaculatorie, la mancanza di energia è la<br />

ruggine delle<br />

famiglie, Ë pigrizia è la ruggine della bellezza, la distrazione è la ruggine del guardiano.<br />

192<br />

242. Ruggine della donna è la cattiva condotta, ruggine del donatore è l'egoismo, ruggine sono<br />

i cattivi modi<br />

di essere (= dottrine), in questo e nell'altro mondo.<br />

243. Ma vi è una macchia che è la maggiore delle macchie: la Nescienza (57), somma sozzura!<br />

Una volta che<br />

avrete distrutto questa macchia, restate puri da macchia, o monaci!<br />

244. Facile è la vita per uno svergognato, eroe come una cornacchia, distruttore, prepotente,<br />

superbo e che<br />

viva una vita corrotta.


245. Difficile è invece la vita di una persona modesta, che sempre ricerca la purezza,<br />

disinteressata, quieta,<br />

che vive onestamente e che è penetrante.<br />

246. Colui che distrugge la vita, come mente parlando, che nel mondo prende ciò che non gli è<br />

stato dato,<br />

che va con la moglie altrui,<br />

247. e quell'uomo che è dedito al bere liquori fermenta i o spiritosi, costui, già in questo<br />

mondo, svelle la<br />

propria radice.<br />

248. Pertanto, o uomo, sappi! Cattiva è la condizione di coloro che non si controllano! Non ti<br />

costringano<br />

lungamente al dolore la mancanza di legge e la cupidigia.<br />

249. La gente dà [l'elemosina] secondo la sua fede e secondo ciò che le piace: pertanto chi si<br />

preoccupa<br />

troppo circa il cibo o la bevanda che altri gli danno, costui non giungerà né di giorno né di<br />

notte all'estasi<br />

meditativa (samadhi).<br />

250. Colui, invece, nel quale una tale preoccupazione è stroncata e divelta sin dalla radice,<br />

costui di notte e di<br />

giorno perviene sempre all'estasi meditativa.<br />

251. Non vi è fuoco come la passione, non vi è artiglio simile all'odio, non vi è rete pari<br />

all'illusione, non vi è<br />

corrente [che trascini] come la cupidigia.<br />

252. Facile a scorgere è l'errore altrui, difficile è, invece, il proprio. Gli errori altrui si vagliano<br />

come [si<br />

avventano] le spighe di grano: il proprio errore lo si nasconde come il baro nasconde il cattivo<br />

punto ai dadi<br />

al[l'altro] giocatore.<br />

253. Chi scorge le mancanze altrui ed è sempre pronto ad irritarsi, di costui crescono le<br />

passioni ed egli è ben<br />

lungi dalla loro distruzione.<br />

254. Non v'è strada attraverso l'aria, non v'è monaco fuori [dell'Ordine], la gente comune gode<br />

al dispiegarsi<br />

dei fenomeni, i Tathagata (58) sono di là dai fenomeni.<br />

255. Non v'è strada attraverso l'aria, non v'è monaco fuori [dell'Ordine]: gli elementi<br />

dell'esistenza (sankhara)<br />

non sono eterni, per i Buddha non v'è agitazione.<br />

CAPITOLO XIX<br />

DHAMMATTHA-VAGGA<br />

(L'UOMO GIUSTO)<br />

256. Un uomo non è giusto perché si occupa di una questione con violenza, ma quel saggio che<br />

discrimina<br />

fra le due cose: ciò che è reale e ciò che è irreale.<br />

257. Colui che guida gli altri spassionatamente, secondo 1 la stessa legge, che è custode del<br />

diritto,<br />

intelligente, costa si dice un uomo giusto.<br />

258. Non è saggio un uomo perché parla molto, quando è paziente, pacifico, intrepido, allora lo<br />

si chiama<br />

saggio.


"259. Uno non è versato nella dottrina in quanto molto [ne] parla; anche se poco ha appreso,<br />

ma vede la<br />

legge come un corpo concreto, questi è uno che conosce la dottrina e giammai la trascura."<br />

260. Non è Anziano un tale perché il capo gli è divenuto canuto: la sua età può [anche] essere<br />

matura, ma<br />

egli<br />

193<br />

"chiamato o vecchio invano"";"<br />

261. ma colui nel quale sono verità, giustizia, rispetto della vita, temperanza e dominio su se<br />

stesso, che ha<br />

scosso da sé ogni macchia, costui si chiama forte e Anziano.<br />

262. Un uomo invidioso, egoista, imbroglione non diventa bello solo per i discorsi che intesse<br />

o per la<br />

venustà del suo aspetto,<br />

"263. ma colui nel quale tali difetti siano stati stroncati e divelti sin dalla radice, che abbia<br />

rigettato ogni odio<br />

e che sia intelligente, costui si chiama giustamente a bello ""."<br />

264. Mediante la tonsura non diventa asceta un uomo indisciplinato e bugiardo: come potrà<br />

essere asceta chi<br />

è do minato da desiderio e brama?<br />

265. Colui il quale placa i mali grandi o piccoli, proprio per il fatto che acquieta (samittata) i<br />

malanni è<br />

chiamato asceta (samana).<br />

"266. Non per questo uno è monaco (bhikkhu), perché degli altri va mendicando (bhikkhate);<br />

avendo accolto<br />

in sé tutta quanta la Legge, egli diventa monaco, non per quell'[altro] solo."<br />

267. Chi, avendo da sé rigettato il bene ed il male (59)<br />

praticando la castità operi cautamente nel mondo, questi in verità si chiama un monaco.<br />

268. Non per il voto del silenzio (monam) diventa asceta (muni) lo scemo o l'ignorante, ma<br />

colui che, presa<br />

la bilancia e scelto il meglio,<br />

269. evita i peccati, costui è un asceta ed è un asceta proprio per questo. Colui che nel mondo<br />

soppesa<br />

(munam) ambo i lati, proprio per questo è detto asceta (muni).<br />

"270. Un uomo non è un Eletto (ariya) perché uccide gli esseri viventi; perché si astiene dal far<br />

male a tutti<br />

gli esseri, perciò egli è chiamato Eletto."<br />

271. Non per la sola disciplina e per i voti, e neppure per la molta erudizione, o per aver<br />

conseguito l'estasi<br />

meditativa, o per la solitaria dimora,<br />

272. raggiunge la beatitudine nascente dalla rinuncia, insecchita dagli uomini non comuni. O<br />

Bhikkhu,[non<br />

fidarti!,] solo chi ha conseguito la distruzione dei vincoli, costui ha raggiunto la fiducia [in se<br />

stesso].<br />

CAPITOLO XX<br />

MAGGA-VAGGA<br />

(LA VIA)<br />

"273. Delle vie, la Ottuplice (60) è la migliore, delle verità, le quattro parole (60a); l'assenza di<br />

passioni è la<br />

migliore delle dottrine e, fra i bipedi, il migliore è colui che ha occhi [per vedere] ."


274. Questa è la Via, non ve ne è altra per purificare la visione. Voi, entrate in questa! Questa è<br />

la liberazione<br />

da Mara.<br />

275. Una volta che sarete entrati in questa, avrete posto fine alla sventura. La Via è stata<br />

insegnata da me,<br />

una volta che ebbi riconosciuto che essa placa le fitte del dolore (61).<br />

276. Lo sforzo dovete farlo voi: i Tathagata sono soltanto predicatori! meditatori che entrano<br />

[nella Via] si<br />

liberano dai lacci di Mara.<br />

"277. "" Tutti gli elementi dell'esistenza sono impermanenti "". Quando con intelligenza così si<br />

intuisce, ci si<br />

estingue rispetto al soffrire - questa è la via verso la purificazione."<br />

"278. ""Tutti gli elementi dell'esistenza sono dolorosi"". Quando con intelligenza così si<br />

intuisce ci si<br />

estingue rispetto"<br />

al soffrire - questa è la via verso la purificazione. I<br />

"279. "" Tutti gli elementi della realtà (dhamma) sono privi di essenza "". Quando con<br />

intelligenza così si<br />

intuisce, ci si estingue rispetto al soffrire - questa è la Via verso la purificazione."<br />

194<br />

280. Colui che non si leva al momento di alzarsi e che, pur giovane e forte, è provvisto [solo] di<br />

pigrizia, che<br />

è debole nell'immaginare e nel volere, questo uomo indolente ed inerte non trova la via verso<br />

la conoscenza.<br />

281. Sorvegliando la parola, ben controllato nella mente, non compirà del male nemmeno col<br />

corpo.<br />

Purifichi questi tre sentieri per l'azione: percorra la via insegnata dai Veggenti (62).<br />

282. Dall'Ascesi (Yoga) nasce la Saggezza: mediante la non-ascesi si perde la Saggezza. Avendo<br />

conosciuto<br />

questa duplice via, per l'acquisto e per la perdita, ognuno si disponga in modo tale da<br />

accrescere la Saggezza.<br />

283. Abbattete l'intera foresta (63), non un albero solo! Dalla foresta nasce il timore (64).<br />

Quando avrete<br />

tagliato la<br />

foresta ed il sottobosco (= i diversi desideri), allora, o monaci, avrete conseguito l'estinzione.<br />

284. Fintanto che non sarà reciso il desiderio, per quanto piccolo, dell'uomo verso la donna,<br />

altrettanto sarà<br />

vincolato il pensiero, come il vitello lattante verso la madre.<br />

285. Recidi l'amore verso te stesso, come un loto di autunno, con la mano! Volgiti alla via della<br />

calma<br />

interiore! Il Nibbana è stato insegnato dal Sugata (65).<br />

"286. "" Qui trascorrerò la stagione delle piogge, costà l'inverno e colà l'estate"", così va<br />

almanaccando lo<br />

sciocco, senza riflettere alla fine della vita."<br />

287. Questo uomo tutto indaffarato coi figli e col bestiame, e dalla mente dispersa, lui afferra<br />

la Morte<br />

passando, come un'alluvione porta via un villaggio addormentato.<br />

"288. Non gli sono d'aiuto i figli, non il padre, e neppure i parenti; per colui che è afferrato dal<br />

dio della<br />

Morte non v'è aiuto [che possano recargli i suoi] affini."


289. Avendo riconosciuto il senso di questo, il saggio e virtuoso ben presto purifichi il<br />

cammino che conduce<br />

al Nibbana.<br />

CAPITOLO XXI<br />

PAKINNAKA-VAGGA<br />

(MISCELLANEA)<br />

290. Se, abbandonando un piccolo piacere, si può esperimentare una felicità completa, tralasci<br />

il Forte il<br />

piccolo piacere contemplando la felicità completa.<br />

291. Chi cerca la propria felicità cagionando dolore ad altri, afferrato nel legame dell'inimicizia<br />

non si libera<br />

dall'inimicizia.<br />

292. Quando si respinge ciò che si deve fare e si compie ciò che non si deve fare, crescono i<br />

legami per gli<br />

insolenti e per i distratti.<br />

293. Coloro, invece, che, bene intenti, volgono la consapevolezza a frenare il corpo, che non<br />

compiono ciò<br />

che non si deve fare e che sempre fanno ciò che è lecito, per costoro, che sono coscienti e<br />

saggi, tramontano i<br />

legami.<br />

294. Avendo ucciso madre e padre e due re di casta guerriera, avendo distrutto il regno coi<br />

suoi soggetti, il<br />

brahmana se ne va senza colpa.<br />

295. Avendo ucciso madre e padre e due re di casta sacerdotale ed una tigre come quinto, il<br />

brahmana se ne<br />

va senza colpa.<br />

296. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, I la consapevolezza dei quali giorno e<br />

notte è rivolta<br />

al Risvegliato (ó7) (Buddha).<br />

297. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, la consapevolezza dei quali giorno e<br />

notte è rivolta<br />

alla Legge (Dhamma).<br />

298. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, la consapevolezza dei quali giorno e<br />

notte è rivolta<br />

alla Comunità (Sangha).<br />

299. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, la consapevolezza dei quali giorno e<br />

notte è rivolta<br />

195<br />

al corpo (69).<br />

300. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama, la mente dei quali giorno e notte gode<br />

nel non<br />

danneggiare alcuno (ahimsa).<br />

301. Vegliano sempre ben consci i discepoli di Gotama,<br />

la mente dei quali giorno e notte gode nella meditazione (bhavane) (69).<br />

302. È ben spiacevole abbandonare il mondo, ma la vita domestica è noiosa e dolorosa (70), è<br />

doloroso<br />

convivere con disuguali, l'itinerante [monaco] è preda di malanni, perciò non metterti in<br />

cammino e non sarai<br />

colpito da malanni (71).


303. Il credente, dotato di virtù, che ha conseguito gloria e ricchezza, in qualunque luogo si<br />

trovi, ivi tutti gli<br />

recano omaggio.<br />

"304. Da lungi risplendono i buoni come le nevose montagne (= lo Himalaya); non si vedono,<br />

invece, i<br />

malvagi, come frecce scagliate nella notte."<br />

305. Sedendo solo, giacendo solo, solitario, aggirandosi infaticabile, domando se stesso, goda<br />

[l'asceta] a<br />

starsene sul bordo della foresta.<br />

CAPITOLO XXII<br />

NIRAYA-VAGGA<br />

IL PRECIPIZIO (= L'INFERNO)<br />

"306. Chi dice il falso precipita nell'inferno, come colui che, avendo fatto qualcosa, disse: ""non<br />

feci o.<br />

Ambedue, una volta trapassati, sono uguali: nell'oltremondo sono uomini dalle azioni<br />

perdute."<br />

307. Molti che indossano la veste gialla rappezzata [del monaco] sono di indole malvagia e<br />

non controllati.<br />

Essi, cattivi, conseguono l'inferno per le loro cattive azioni.<br />

308. Meglio sarebbe inghiottire una palla di ferro arroventata, come fuoco avvampante,<br />

piuttosto che vivere,<br />

licenzioso e sfrenato, sull'elemosina del paese.<br />

309. L'uomo incauto che si giace con la moglie altrui ottiene quattro condizioni: compie un<br />

male, non si<br />

giace a suo piacimento, in terzo luogo viene punito ed in quarto va all'inferno.<br />

310. Conseguimento di peccato, una mala via, breve piacere per lui timoroso fra [le braccia di]<br />

una timorosa,<br />

il re lo punisce gravemente: perciò l'uomo non desideri la moglie altrui.<br />

311. Come una foglia [affilata] di erba kusa, che, male afferrata, taglia la mano, l'ascesi male<br />

praticata mena<br />

all'inferno.<br />

312. Azione compiuta fiaccamente, voto inficiato, castità incerta non conducono a grandi<br />

frutti.<br />

313. Ciò che deve essere fatto venga fatto, con decisione ed energia. Il monaco fiacco solleva<br />

soltanto<br />

polvere [dalle sue passioni] (72).<br />

"314. È meglio che un'azione da non compiersi non venga compiuta: in seguito egli si pente<br />

del male fatto.<br />

Ciò che si deve fare è meglio che sia fatto per bene; una volta che è stato fatto non ci si pente."<br />

315. Come una fortezza sorvegliata da tutte le parti, dentro e fuori, così si custodisca se stessi,<br />

non egli si<br />

distragga nemmeno un momento. Coloro che hanno lasciato trascorrere [quel tale] momento<br />

soffriranno poi,<br />

quando saranno scesi nell'inferno.<br />

316. Le creature che si vergognano di ciò di cui non egli si deve vergognare e che non si<br />

vergognano, invece,<br />

di ciò di cui ci si deve vergognare, poiché hanno accolto false teorie, vanno per la mala via.<br />

317. Le creature che temono ciò che non è temibile e che non temono ciò che, invece, bisogna<br />

temere, poiché<br />

hanno accolto false teorie, vanno per la mala via.


318. Le creature che ritengono di dover evitare ciò che non si deve evitare e non riguardano<br />

come evitando<br />

ciò che, invece, si deve evitare, avendo accolto false teorie, vanno per la mala via.<br />

196<br />

319. Le creature che riconoscono da evitarsi ciò che si deve evitare e da non evitarsi ciò che<br />

non si deve<br />

evitare, avendo adottato la retta visione, vanno per la via che mena al bene.<br />

CAPITOLO XXIII<br />

NAGA-VAGGA<br />

(L 'ELEFANTE)<br />

320. Io, come elefante colpito in battaglia dalla freccia scagliata da un acro, sopporterò<br />

silenziosamente. Il<br />

volgo è, invece, senza virtù.<br />

321. Si conduce alla battaglia [l'elefante] domato, il re sale sull'elefante domato. Colui che è<br />

domo è il<br />

migliore fra gli uomini [ed è] colui che sopporta senza far parole.<br />

322. Buoni sono i muli domati, o i purosangue di razza Sindhu e gli elefanti maestosi. Colui che<br />

ha domato<br />

se stesso è ancor meglio di loro.<br />

"323. Non si potrebbe, però, andare con quei quadrupedi nella regione "" non-calpestata "" (=<br />

il Nibbana),<br />

ove, invece, chi ha domato se stesso va, per mezzo del se stesso ben domato."<br />

324. L'elefante detto Dhanapalaka, dalle tempie colanti umore acido, difficile da trattenere,<br />

quando è legato<br />

non mangia un boccone: il maestoso elefante ben si rammenta della selva degli elefanti!<br />

325. Se [l'uomo] diventa pigro e gran mangiatore e, quando sonnecchia, si rivolta nel giaciglio,<br />

questo<br />

stupido, [invece,] simile ad un grasso maiale nutrito di avanzi, di nuovo e di nuovo rinasce in<br />

[nuova]<br />

matrice.<br />

326. Una volta questo [mio] pensiero se ne andava errando, come desiderava, come gli<br />

piaceva, come gli<br />

accomodava. Ora io lo tratterrò con saggezza, come il guidatore [frena con l'uncino] l'elefante<br />

furioso.<br />

327. Compiacetevi nell'essere attenti, controllate i pensieri ! Tirate fuori voi stessi dalla<br />

cattiva strada, come<br />

elefante affondato in un pantano!<br />

328. Se uno trova un compagno prudente, che proceda insieme a lui [sulla Via], che sia<br />

virtuoso, sobrio e<br />

forte, sormontando tutti gli ostacoli vada con lui contento, [ma] consapevole.<br />

329. Se uno non trova un compagno prudente, che proceda insieme [sulla Via], che sia<br />

virtuoso, sobrio e<br />

forte, vada pure solo, come un re che ha lasciato dietro di sè il regno conquistato, come un<br />

elefante nella<br />

foresta.<br />

330. È meglio procedere da solo, non esiste compagnia con lo stupido: si vada da solo senza<br />

compiere<br />

peccati, con pochi desideri, come l'elefante nella foresta.<br />

331. Quando capita l'occasione è piacevole la compagnia, è piacevole la contentezza,<br />

qualunque ne sia la


causa. La buona azione [compiuta] è piacevole quando si dice addio alla vita: è piacevole<br />

abbandonare ogni<br />

dolore.<br />

332. Nel mondo è piacevole lo stato di madre, è piacevole lo stato di padre, è piacevole lo stato<br />

di monaco, è<br />

piacevole lo stato di brahmana (73).<br />

333. È piacevole la virtù che dura sino alla vecchiaia, è piacevole la fede ben radicata, è<br />

piacevole l'acquisto<br />

di superiore conoscenza, è piacevole non aver commesso malanni.<br />

CAPITOLO XXIV<br />

TANHA-VAGGA<br />

(LA SETE) (74)<br />

334. Nell'uomo che vive con la mente distratta la sete cresce come una liana: egli guizza di vita<br />

in vita, come<br />

197<br />

la scimmia che desidera un frutto [salta di albero in albero].<br />

335. Colui che tale sete velenosa, difficile a superare in questo mondo, tormenta, le sofferenze<br />

di costui<br />

crescono come la folta erba birana.<br />

336. Però colui che sopporta tale sete velenosa, difficile<br />

a superare in questo mondo, da lui scivolano via tutti i dolori,<br />

come goccia d'acqua dal [la foglia di] loto. I<br />

"337. Io vi dico questa buona parola, giacché siete qui riuniti: ""Svellete la radice della sete,<br />

come chi cerca<br />

l'usira [odorosa] strappa l'erba birana. Non possa schiantarvi Mara di nuovo e di nuovo, come<br />

la corrente del<br />

fiume [fa] con le canne !""."<br />

338. Come un albero, anche quando è stato tagliato, cresce di nuovo finché non è stata divelta<br />

la salda radice,<br />

così pure, finché i vincoli della sete non siano troncati, questo dolore ricresce di nuovo e di<br />

nuovo.<br />

339. Quando le trentasei correnti (75) scorrono impetuose verso il piacere, le onde<br />

trascineranno quell'uomo<br />

mal guidato, cioè i desideri diretti dalla passione.<br />

340. Le correnti fluiscono ovunque lussureggiante si espande la liana. Se vedete che la liana è<br />

nata,<br />

tagliatene la radice con la conoscenza superiore.<br />

341. Impetuosi ed inebrianti sono gli appetiti dell'uomo. Dediti ai piaceri ed alle gioie che ne<br />

derivano gli<br />

uomini soggiacciono [continuamente] a nascita e vecchiaia.<br />

342. Dominati dalla sete, gli uomini balzano qua e 1è come lepri incappate nella rete. Soggetti<br />

a vincoli e<br />

legami continuamente ed a lungo vanno verso il dolore.<br />

343. Dominati dalla sete, gli uomini balzano qua e là come lepri incappate nella rete. Di<br />

conseguenza cacci<br />

lontano da sé il monaco la sete, col volere il distacco interiore.<br />

344. Chi, libero da desiderio, è intento al desiderio, liberatosi dalla foresta [dei desideri (76)]<br />

corre di nuovo<br />

verso la foresta, quell'uomo, deh, guardate: una volta liberato si getta nuovamente nei lacci.


345. I Saggi non chiamano saldo legame quello che è fatto di ferro, di legno o di canapa:<br />

appassionatamente<br />

più forte è l'affetto per le gemme e gli anelli, per i figli e per la moglie.<br />

340. Questo i Saggi chiamano saldo legame, che trascina in basso, che è molle, eppure difficile<br />

a sciogliere.<br />

Una volta che hanno tagliato anche questo, [i Saggi] se ne vanno, libri da pensieri, avendo<br />

abbandonato tutti i<br />

dolori.<br />

347. Coloro che sono attaccati alle passioni scivolano giù nella corrente da loro stessi<br />

provocata, come il<br />

ragno nella rete. Una volta che hanno interrotta anche questa, [i Saggi] se ne vanno, liberi da<br />

pensieri,<br />

avendo abbandonato tutti i dolori.<br />

348. Abbandona le cose passate, abbandona le cose avvenire, abbandona ciò che sta in mezzo<br />

(= il presente),<br />

quando tendi verso l'altra sponda dell'essere. Se la tua mente è libera in ogni senso, non<br />

ritornerai più nel<br />

[ciclo di] nascita e vecchiaia.<br />

349. In quell'uomo che è agitato da dubbi, fortemente appassionato, che bada solo al piacere,<br />

cresce la sete:<br />

egli rende, invero, più forti i legami.<br />

350. Colui che, invece, gode nel sedare i dubbi e, sempre memore, si rende consapevole di ciò<br />

che è impuro,<br />

costui allontanerà da sé, anzi troncherà, il legame di Mara.<br />

351. Chi ha raggiunto la consumazione [dell'esistenza], che non trema più, la cui sete è<br />

scomparsa, che è<br />

senza macchia, che ha troncato i pungoli dell'esistenza [di costui<br />

questo qui è l'ultimo corpo [di cui si riveste].<br />

352. Colui la cui sete è scomparsa, che è privo di attaccamento, che conosce la composizione<br />

delle lettere e<br />

la loro collocazione (= che intende l'insegnamento e lo interpreta rettamente), costui, che ha<br />

ricevuto il suo<br />

ultimo corpo, lo si chiama Gran Saggio e Grande Uomo (77).<br />

"353. Io sono il Conquistatore Universale, il Conoscitore Universale, incontaminato in ogni<br />

condizione di<br />

vita; tutto ho abbandonato con la distruzione della sete: ora che ho conosciuto me stesso, chi<br />

potrei indicare<br />

[come mio maestro (78)] ?"<br />

"354. Il dono della Buona Legge supera ogni dono; il sapore della Buona Legge vince ogni<br />

sapore; la gioia<br />

198<br />

della Buona Legge sorpassa ogni gioia; l'estinzione della sete sormonta ogni dolore."<br />

"355. I godimenti uccidono lo stolto, non certo quelli che cercano l'altra sponda; per sete di<br />

godimento lo<br />

stolto uccide gli altri e se stesso."<br />

356. I campi sono danneggiati dalle erbacce, le creature [sono guaste] da passione. Perciò il<br />

dono fatto a chi<br />

è privo di attaccamento reca gran frutto [al donatore].<br />

357. I campi sono danneggiati dalle erbacce, le creature<br />

[sono guaste] da avversione. Perciò il dono fatto a chi è privo 1


di avversione reca [al donatore] gran frutto.<br />

358. I campi sono danneggiati dalle erbacce, le creature [sono guaste] da torpidità mentale.<br />

Perciò il dono<br />

fatto a chi è privo di torpidità mentale reca gran frutto [al donatore].<br />

359. I campi sono danneggiati dalle erbacce, le creature [sono guaste] dal desiderio. Perciò il<br />

dono fatto a chi<br />

è privo di desiderio reca gran frutto [al donatore].<br />

CAPITOLO XXV<br />

BHIKKHU-VAGGA<br />

IL MONACO (BHIKKHU)<br />

360. È buona la continenza (79) nella vista, buona la continenza nell'udito, buona la<br />

continenza nell'olfatto,<br />

buona la continenza nel gusto.<br />

301. è: buona la continenza nel corpo, buona la continenza nella parola, buona la continenza<br />

nel pensiero,<br />

buona la continenza in ogni cosa. Un bhikkhu contenuto in ogni cosa si libera da ogni dolore.<br />

362. Colui che controlla la sua mano, che controlla il suo piede, che controlla la sua parola, che<br />

è il migliore<br />

dei controllati, che è felice di ripiegarsi in se stesso, che è intento, solitario, contento, costui<br />

chiamano<br />

bhikkhu.<br />

363. Quel bhikkhu che, controllando la sua bocca, parla saggiamente e modestamente e<br />

chiarisce il<br />

significato della Buona Legge, la parola di costui è dolce.<br />

364. Colui che riposa nella Buona Legge, che gode della Buona Legge, che riflette sulla Buona<br />

Legge e la<br />

ricorda, questo bhikkhu non devierà dalla Buona Legge.<br />

365. Non disprezzi ciò che ha ricevuto [in elemosina], non invidii gli altri. Il bhikkhu che<br />

invidia gli altri non<br />

raggiunge di certo l'estasi meditativa.<br />

366. Il bhikkhu che, anche se riceve poco, non invidia gli altri, costui anche gli dèi lodano, [se]<br />

la sua vita è<br />

pura ed egli non è pigro.<br />

367. Colui il quale non si identifica col proprio nome-e-forma (80), che non si affligge per ciò<br />

che non è più,<br />

costui è chiamato bhikkhu.<br />

368. Il bhikkhu che si comporta con amorevolezza (81), che è appagato dell'insegnamento del<br />

Buddha,<br />

raggiungerà la sede della pace (62), la felicità nascente dal dissiparsi degli elementi<br />

dell'esistenza.<br />

"369. O bhikkhu, vuota questa barca! Una volta vuotata correrà veloce; sradica passione ed<br />

avversione:<br />

andrai, quindi, al Nibbana."<br />

370. Taglia i cinque [legami], abbandona i cinque [sensi]. D'un bhikkhu che ha sormontato i<br />

cinque legami si<br />

dice che ha attraversato l'oceano.<br />

"371. Medita, o bhikkhu, non essere disattento! Non lasciar vagare il pensi""o verso ciò che<br />

arreca piacere:<br />

che tu non debba, perchè [qui sei] disattento, inghiottire la palla di ferro [nell'inferno], né tu<br />

debba gridare,


mentre brucerai: questo è dolore!""."<br />

372. Non esiste meditazione ove non sia conoscenza, né vi è conoscenza ove non sia<br />

meditazione. Colui che<br />

199<br />

possiede meditazione e conoscenza, costui è ben vicino al Nibbana.<br />

373. Il bhikkhu, una volta che è entrato nella casa vuota ed il cui spirito è totalmente calmo,<br />

prova una gioia<br />

non umana contemplando rettamente la Buona Legge.<br />

374. Una volta che ha interiormente realizzato il senso dell'origine e della distruzione degli<br />

elementi<br />

costituenti la personalità (i khandha), egli raggiunge la gioia e la felicità che appartiene a<br />

coloro che<br />

conoscono l'immortale (il Nibbana).<br />

"375. E questo è l'inizio per un saggio bhikkhu, proprio qui: controllo sui sensi, contentezza,<br />

continenza<br />

secondo la regola; frequentazione di nobili amici, di vita pura, che non siano pigri."<br />

376. Viva egli amichevole, sia di intemerata condotta: indi, nella pienezza di gioia, porrà fine<br />

alle sofferenze.<br />

377. Come la pianta vassiki lascia cadere i fiori appassiti, i bhikkhu devono egualmente<br />

liberarsi di brama ed<br />

avversione.<br />

"378. Il bhikkhu il cui corpo è quieto, la cui parola è pacata, la cui mente è calma, che è in sè<br />

raccolto, che ha<br />

repudiato l'esca del mondo, costui chiamano ""un Essere Acquietato ""."<br />

379. Levati in piedi da te stesso, esamina te stesso da te stesso, e così, custodito da te stesso e<br />

rammemorante, vivrai felicemente, o bhikkhu!<br />

380. Poiché il Sé è il padrone del sé (= ciascuno è padrone di se stesso), il sé è rifugio per se<br />

stesso, perciò<br />

piega te stesso, come il mercante fa col buon cavallo.<br />

3B1. Il bhikkhu che, pieno di gioia, è felice dell'insegnamento del Buddha, procede verso la<br />

sede della pace,<br />

verso la felicità dovuta allo svanire degli elementi dell'esistenza.<br />

382. Quel bhikkhu che, pur essendo giovane, si esercita nell'insegnamento del Buddha, costui<br />

illumina<br />

questo mondo come la luna libera da nuvole.<br />

CAPITOLO XXVI<br />

BRAHMANA-VAGGA<br />

IL BRAHMANA (= LO ARHAT)<br />

383. Interrompi la corrente del fiume con energia, o brahmana, disperdi le brame! Quando<br />

avrai compreso la<br />

distruzione degli elementi dell'esistenza riconoscerai Ciò che Non è stato Creato (= il<br />

Nibbana).<br />

384. Allorché un brahmana ha raggiunto l'altra sponda<br />

mediante le due leggi (continenza e meditazione), tutti i<br />

legami svaniscono per lui che ha conosciuto.<br />

385. Colui che non conosce [come esistenti di per sé]<br />

questa riva e l'altra riva ed entrambe, sciolto da timore e da<br />

ogni legame, lui chiamo brahmana.<br />

386. Colui che è meditatore, incontaminato, raccolto, che


compie ciò che si deve, spassionato, distaccato, che ha raggiunto il fine supremo, costui io<br />

chiamo brahmana.<br />

387. Di giorno splende il sole, di notte splende la luna,<br />

splende il guerriero nell'armatura, splende il brahmane allorché medita. Però il Buddha<br />

rifulge di splendore<br />

sempre,<br />

di giorno e di notte.<br />

388. Poiché si è liberato dal male (bahitapapo), perciò è<br />

"chiamato brahmana; poiché procede calmo (sama), perciò è"<br />

chiamato asceta (samana): avendo fatto dileguare (pabbajayam) da sé le sozzure, perciò è<br />

chiamato<br />

pellegrino (pabbajayam).<br />

389. Nessuno faccia violenza ad un brahmana, ma non<br />

200<br />

fugga all'aggressore il brahmana! Guai a chi colpisce un<br />

brahmana, e, ancora di più, guai a chi sfugge all'aggressore!<br />

390. Non è di poco vantaggio, per il brahmana, che trattenga la mente dalle cose gradite: a<br />

mano a mano che<br />

svanisce<br />

il pensiero di offendere, contemporaneamente si placa [in<br />

lui] ogni dolore (83).<br />

391. Quegli il cui corpo, la cui parola e la cui mente non<br />

albergano cattiva azione, che permane ben contenuto in questi<br />

tre punti, costui io chiamo brahmana!<br />

392. Colui dal quale si sia appresa la Buona Legge insegnata dal Ben Risvegliato (= Buddha),<br />

costui si<br />

veneri con<br />

zelo, come il brahmana [si inchina al] fuoco sacrificale.<br />

393. Non si diventa brahmana a cagione della crocchia è, della stirpe o della nascita: colui nel<br />

quale vi è<br />

verità e rettitudine, questo benedetto, costui è davvero un brahmana!<br />

394. Che te ne fai della crocchia, o sciocco? A che ti serve la pelle di capra (84 a) ? Dentro di te<br />

vi è la<br />

giungla, e tu ti ravvii di fuori!<br />

395. L'uomo coperto di vesti polverose, emaciato, di cui si contano le vene, che se ne sta<br />

solitario a meditare<br />

nella foresta, costui io chiamo brahmana.<br />

396. Non chiamo certamente brahmana un uomo a cagione della sua stirpe o della madre. Egli,<br />

invero, parla<br />

con arroganza ed è pure ricco. Ma quegli che non ha niente ed è privo di attaccamento, costui<br />

io chiamo<br />

brahmana.<br />

397. Colui che, avendo tagliato ogni legame, non trema più ed è sciolto da ogni vincolo, costui<br />

io chiamo<br />

brahmana.<br />

398. Colui che, avendo tagliato la cinghia, la fascia e la corda con tutti gli annessi, ha da sé<br />

rimosso ogni<br />

ostacolo, costui io chiamo brahmana.<br />

399. Colui che, innocente, sopporta insulti, percosse e vincoli, avendo la pazienza come sua<br />

fortezza, forte


come un esercito in campo, costui io chiamo brahmana.<br />

400. Colui che ha deposto la collera, che è fedele ai voti, che è virtuoso, privo di attaccamenti,<br />

che è domo,<br />

che ha ricevuto il suo ultimo corpo, costui io chiamo brahmana.<br />

401. Colui che, come l'acqua su un fiore di loto o come un seme di senape sulla punta di un<br />

ago, non aderisce<br />

ai desideri, costui io chiamo un brahmana.<br />

402. Colui che, pur vivendo in questo mondo, conosce di già la fine del dolore, che ha deposto<br />

il carico,<br />

libero da ceppi, costui io chiamo un brahmana.<br />

403. Colui che è dotato di profonda sapienza, che è saggio, che conosce la giusta via e quella<br />

errata, che ha<br />

conseguito la sublime meta, costui io chiamo brahmana.<br />

404. Colui che si tiene in disparte sia dai laici che dai religiosi, che frequenta poche case, che<br />

ha pochi<br />

desideri, costui io chiamo un brahmana.<br />

405. Colui che, avendo deposto ogni atteggiamento ostile verso le creature, sia forti che deboli,<br />

che non<br />

uccide né fa uccidere, costui io chiamo brahmana.<br />

406. Colui il quale è tollerante con gli intolleranti, che è raffrenato verso coloro che usano il<br />

bastone, che è<br />

privo di brame fra coloro che ne sono pieni, costui io chiamo brahmana.<br />

407. Colui dal quale passione, avversione, orgoglio, ipocrisia sono caduti, come un seme di<br />

senape dalla<br />

punta di un ago, costui io chiamo brahmana.<br />

408. Colui il quale pronuncia parole veraci, prive di asprezza ed istruttive, con le quali non si<br />

offende alcuno,<br />

costui io chiamo brahmana.<br />

409. Colui il quale nel mondo nulla prende che non gli sia stato dato, sia esso grande o piccolo,<br />

sottile o<br />

grosso, buono o cattivo, costui io chiamo brahmana.<br />

410. Colui che non nutre speranze né per questo mondo né per quell'altro, privo di desideri e<br />

di legami,<br />

201<br />

costui io chiamo brahmana.<br />

"411. Colui del quale non si conoscono più interessi e, poiché sa, non dice ""come?"" , che ha<br />

toccato il<br />

fondo di ciò che è immortale, costui io chiamo brahmana."<br />

412. Colui che ha abbandonato entrambo i legami, quello del bene e quello del male, che più<br />

non soffre, che<br />

non è preso da passione, che è puro, costui io chiamo brahmana.<br />

413. Colui il quale è limpido come la luna, puro, sereno, assolutamente calmo, che ha distrutto<br />

la fonte di<br />

ogni allegrezza, costui io chiamo brahmana.<br />

"414. Colui che ha lasciato dietro di sé la via paludosa, che è il samsara difficile da<br />

attraversare, che ha<br />

raggiunto l'altra sponda, che è meditatore, che è irremovibile, che non domanda più a come?<br />

"", che è<br />

svincolato, che è Estinto, costui io chiamo brahmana."


415. Colui che, in questo mondo, avendo abbandonato i desideri, erra senza casa, estinta la<br />

fonte di tutti i<br />

desideri, costui io chiamo brahmana.<br />

416. Colui che, in questo mondo, avendo abbandonato la sete [di vivere], erra senza casa,<br />

estinta la fonte di<br />

tutti desideri, costui io chiamo brahmana.<br />

417. Colui il quale, avendo abbandonato ogni vincolo umano, ha anche superato ogni legame<br />

proprio agli<br />

dèi, scioltosi da tutti i legami, costui io chiamo brahmana.<br />

418. Colui che, avendo abbandonato piacere e dispiacere, divenuto ormai freddo, privo dei<br />

germi di una vita<br />

futura, che è l'Eroe (vira) che ha vinto tutti i mondi (= tutte le condizioni di esistenza), costui<br />

chiamo<br />

brahmana.<br />

419. Colui che conosce lo svanire ed il riformarsi degli esseri ovunque, che è distaccato, che è<br />

il Ben<br />

Procedente (Sugata), che è il Risvegliato (Buddha), costui io chiamo brahmana.<br />

420. Colui il cui sentiero non conoscono né gli dèi, né i Gandharva, né gli esseri umani, che è il<br />

Venerabile<br />

(Arhat), che ha annientato ogni adesione, costui io chiamo brahmana.<br />

421. Colui che non possiede né passato, né avvenire, ne' presente, che non possiede nulla e<br />

nulla prende,<br />

costui io chiamo brahmana.<br />

422. Il virile, il nobile, l'eroe, il Grande Saggio, il vincitore, l'imperturbabile, il compiuto, il<br />

Risvegliato,<br />

costui io chiamo brahmana.<br />

423. Colui che conosce le vie precedenti dimore (= esistenze), che contempla cielo ed inferno,<br />

che è<br />

pervenuto alla estinzione delle nascite, che ha conseguito superiore conoscenza, che ha<br />

interamente compiuto<br />

ogni compimento, costui io chiamo brahmana.<br />

(Traduzione di Pio Filippani-Ronconi)<br />

GLOSSARIO (1)<br />

"A-bhava: ""[condizione di] assenza"" di qualunque elemento oggettivo, propria al nirvana (v.)<br />

o allo spazio<br />

etereo (akasa, v.)."<br />

"Abhidharma, Abhidhamma: "" Riferimento al Dharma "" o "" Metafisica "": nome del terzo<br />

pitaka (v.)."<br />

202<br />

"Abhisambodhi: "" supremo totale risveglio "": l'esperienza dell'illuminazione o del Risveglio<br />

(bodhi, v.),<br />

conseguita da Gautama Sakyamuni (v. nirvana)."<br />

Abhiseka, abhiseka: battesimo, consacrazione. Rito mediante il quale venivano consacrati<br />

ritualmente gli<br />

antichi re indiani. Nel vajrayana (v.) l'iniziazione è denominata a.<br />

"Acarya, Acarya: il maestro che, assieme al precettore (upadhyaya, upajjhdya"" guida per<br />

almeno dieci anni<br />

il novizio (sramanera, sumanera) nella Comunità (Sangha, v.)."<br />

"Acyuta sthana accuta thana: "" condizione immutabile "", sinonimo di nirvana (v.)."


"adhisthana, adhitthana: I) ""risoluzione"" di dedicarsi all'ascesi: una delle Perfezioni<br />

(paramita, v.); 2) ""<br />

grazia "". Nelle scuole del Mahayana denota la libertà che ha il Buddha o, meglio, l'elemento<br />

buddhico<br />

presente in ognuno di risolvere il karman (v.), indipendentemente dal merito (punyakarmanta)<br />

accumulato."<br />

"A-himsa "" innocenza "", il non uccidere, precetto fondamentale nel Buddhismo e nel<br />

Jainismo (v. sila)."<br />

"Akasa: "" etere "", "" spazio"", "" aria "", "" luce "". Lo a., tradotto ordinariamente come<br />

""spazio "", è<br />

concepito sotto le specie di "" ambito ideale "", in cui il nirvana si invera e, come tale, è una<br />

realtà "" non<br />

confezionata"" (a-samskrta, v.). Talvolta, invece, assume il significato di "" aria"", "" cielo""."<br />

"Alaya-vijnana: "" coscienza-ricettacolo "" (v. vijnana). Secondo la scuola Yogacara lo a. è la<br />

coscienza<br />

cosmica contenente, allo stato di seme (bija), tutti gli elementi possibili della realtà (v.<br />

dharma): tale<br />

coscienza è di là dalle forme empiriche di coscienza proprie ai cinque sensi, al mentale ed alla<br />

continuità di<br />

coscienza relativa all'entità egoica. Essa è il fondo su cui si depositano i risultati di tutte le<br />

azioni passate e<br />

dal quale scaturiscono tutti gli accadimenti presenti e futuri determinati da quelle."<br />

"A-mrta, a-mata: "" immortale"", "" ambrosia "": sinonimo di nirvana."<br />

Anapana-smrti, anapana-sati: v. smrti.<br />

"An-atmaka, anatta: ""privo di essere-in-sé"", definizione di tutte le cose (dharma, v.)."<br />

"Anitya, anicca: "" impermanenti"", carattere dei samskara(v.)."<br />

An-upadi-sesa [- nibbana]: v. Nirupadhi-sesa-nirvana.<br />

Apsaras, atthara: ninfe celesti, compagne dei Gandharva, i musici divini. Secondo la tradizione<br />

indiana<br />

vengono inviate dagli dei sulla terra onde sviare gli asceti dalla meditazione, che pone in<br />

pericolo il loro<br />

dominio.<br />

"Arhat, arhant: ""il Degno"", cioè il santo buddhista, ""colui che ha compiuto ciò che era da<br />

farsi"", (krtakaraniya<br />

kata-karaniya); ideale delle scuole hinayaniche; 4° stadio sulla via del Risveglio (v.<br />

srotapanna)."<br />

"Arya, ariya: "" nobile"" ""persona rispettabile"". Denominazione etnica propria agli Indiani<br />

portatori della<br />

cultura religiosa vedica, suddivisi nelle caste dei sacerdoti (brahmana"" guerrieri (ksatriya,<br />

khattia) ed<br />

agricoltori-allevatori (vaisya vesiyana). Nel Buddhismo a. ha il senso morale di ""seguace delle<br />

Nobili<br />

Verità"" (arya-satyani, v.)."<br />

203<br />

[Catudri] Aryasatyani, [Cattari] Ariyasaecani: le [Quattro] Nobili Verità, cioè: l'esistenza del<br />

dolore (duhkha,<br />

dukkha), la nascita del dolore (d.-samudaya), l'estinzione del dolore (d.-nirodha), la Via che<br />

mena<br />

all'estinzione (marga, magga).<br />

"A-samskrta: "" non-confezionato "", attributo di akasa (v.) e nirvana (v.); v. samskrta."


"Astanga-marga, Attharigika-magga: l'""Ottuplice Sentiero"" in cui si riassume il metodo<br />

soteriologico<br />

buddhista. Consiste in - retta visione (samyag-drsti, samma ditthi), retta rappresentazione (o<br />

volizione) (s.-<br />

sankaipa, s. sarikappa), retta parola (s.-vac., s. vaca), retta attività (s.-karmanta, s. kammanta),<br />

retto modo di<br />

vivere (s.-apva), retta applicazione di energia (s.-vyavama, s. vayama), retta presenza di<br />

spirito (s.-smrti, s.<br />

sati, retto atteggiamento psichico o retta meditazione (s.-samadhi)."<br />

"Atman, atuma (atta): il "" se stesso"", l'""essere-in-sé "", nucleo fondamentale della<br />

personalità umana, la<br />

cui sussistenza è negata dal Buddhismo (v. an.-atmana, skandha, samana, dharma)."<br />

"Avadana: ""gesta"": pie leggende relative ad azioni meritorie compiute dai passati Buddha o<br />

dal Buddha<br />

presente in esistenze trascorse."<br />

"Avastha: ""condizione"", ""modo di essere"" (proprio ai dharma, v.), nel loro apparire nella<br />

tritemporalità di<br />

presente-passato-futuro."<br />

"A-vidya a-vijja: ignoranza, nescienza. Causa efficiente e formale dell'esistenza esteriorizzata<br />

(bahyartha)<br />

del mondo, in sé illusorio ed insostanziale (an-atmaka, v.), che, a causa di essa, viene sussunto<br />

come reale<br />

dall'individuo. Il Buddhismo posteriore, come il Vedanta ed i movimenti settari indiani<br />

concepirà l'a. come<br />

forza cosmica di "" Illusione"" (maya), per cui la sfera del Dharma (Dharmadhathu),<br />

simboleggiata dal<br />

Buddha Primordiale (Adi-Buddha), vela sé a se stessa per dare origine al mondo delle forme<br />

(rupadhatu),<br />

immaginario (parikalpita)e sottoposto al reciproco condizionamento (para-rantra) dei suoi<br />

dharma (v.)."<br />

"Ayatana: ""ricettacolo"" dominio di una facoltà sensibile. Gli a. sono sei interni, o soggettivi<br />

(adhyatmika,<br />

ajjhatika), relativi ai cinque sensi più il mentale, manas, e sei esterni (behira, bahya), relativi<br />

agli oggetti dei<br />

sensi ed alle cose in quanto ideabili (dharma, dhamma)."<br />

"Ayuhsamskara, ayusarikhara:""strutture vitali"", quelle che il Buddha rigetta alla vigilia<br />

dell'Estinzione<br />

totale (v. parinirvana)."<br />

"Bhava: "" esistenza"" (v. pratityasamutpada)."<br />

"Bhava: "" condizione di esistenza "", "" proprietà innata"" dei dharma"<br />

(v .).<br />

"Bhavana: "" meditazione"", "" conseguimento"": etimologicamente significa realizzare<br />

interiormente<br />

l'essenza dell'oggetto proposto alla contemplazione. Le b. sono tre (kaya-b., citta-b., prajna-b ),<br />

o cinque<br />

(quelle rivolte alle quattro virtù cardinali, maitri, mudita karuna, upeksa, più a-subha, le ""<br />

impurità"")."<br />

"Bhiksu, bhikkhu: "" mendico"", ""asceta"", sinonimo di sramana; femm. bhiksuni, bhikkhuni."<br />

"Bhumi: "" terra"", ""terreno"", "" grado di perfezione"". Le b. comprendono le sei paramita<br />

(v.), alle quali si


aggiungono le quattro virtù; upaya-kausalya, ""abilità ne[lla scelta de]i mezzi""; pranidhana, ""<br />

risoluzione""<br />

[nell'intraprendere la Via]; bala, "" forza"" jnana, ""conoscenza"". Le dieci b. indicano<br />

altrettante tappe della<br />

carriera di un Bodhisattva (v.), caratterizzate dal progressivo inverarsi del bodhicitta (v.)."<br />

"Bija: "" seme"" (v. alaya-vijnana)."<br />

"Bodhi: ""Risveglio"", ""Illuminazione"". Condizione di chiaroveggenza, in seguito alla quale si<br />

scorge,<br />

avendo sradicato "" sete"" di vivere (trsna, v.) ed "" ignoranza"" (avidya, v.), la concatenazione<br />

causale<br />

(pratityasamutpada, v.), per cui il samsara (v.) sussiste, e ci si scioglie dalla soggezione a<br />

questo, in attesa<br />

204<br />

che con la morte fisica avvenga la Totale Estinzione ([pari] nirvana, v.) degli elementi<br />

aggregati<br />

dell'esistenza (samskara, v.)."<br />

"Bodhi-citta: ""Consapevolezza, Pensiero dell'illuminazione"". Secondo il mahayana è la<br />

coscienza innata<br />

per cui ogni essere sa, più a meno oscuramente, di essere sostanziato di Bodhi ed a questa<br />

destinato per<br />

propria vocazione irresistibile. Il b. è, quindi, la causa teleologica e contemporaneamente<br />

l'effetto del<br />

Risveglio (Bodhi, v.)."<br />

"Bodhi-paksika, bodhipakkhika: ""le Ali dell'Illuminazione"": i 37 elementi psicologici o<br />

disposizioni che<br />

preparano l'avvento del Risveglio (Bodhi, v.)."<br />

"Bodhi-sattva, bodhisattva: ""colui la cui essenza è Bodhi"" (Buddha in potenza). Nel<br />

Buddhismo primitivo<br />

si indica con tale nome l'essere predestinato a divenire Buddha in una successiva esistenza.<br />

Nel posteriore<br />

Buddhismo per B. si intende un essere che, avendo percorso le 10 bhumi (v.), ed essendo<br />

ormai un<br />

Risvegliato, rimanda indefinitamente l'Estinzione per seguitare ad aiutare gli uomini Nel<br />

Mahayana i B.<br />

divengono figure teologali emanate dai Tathagata (v.), le quali, risiedendo nel sambhoga-kaya<br />

(v. kaya),<br />

cooperano spiritualmente alla missione del Buddha incarnato (Manusi Buddha) di ogni<br />

particolare epoca<br />

cosmica (kalpa, yuga)."<br />

"Bodhi-vrksa, bodhi-rukkha: ""albero della Bodhi"". Un pipal ai piedi del quale, meditando, il<br />

Buddha<br />

divenne un Risvegliato. sin dagli inizi a tale albero è stata attribuita una funzione cosmica, di<br />

asse del mondo<br />

e, simbolicamente, di polo di luce interiore."<br />

"Bodhy-anga, bojjhanga: ""membro della bodhi"". I 7 requisiti che preparano l'avvento della<br />

bodhi<br />

(consapevolezza, investigazione, energia, gioia, calma, contemplazione ed equanimità)."<br />

"Brahmana: ""bramino"", appartenente alla prima casta degli arya (V.), sacerdote. Nel<br />

Buddhismo il termine


iacquista frequentemente il suo primitivo senso spirituale di "" Illuminato "", ""possessore<br />

della<br />

conoscenza"", arhat (v.)."<br />

"Buddha: "" il Risvegliato "" (dalla rad. budh, svegliarsi, conoscere), Colui che ha conseguito la<br />

Bodhi (v.) e<br />

ne è la perenne attuazione. Si dicono Buddha quegli esseri che, in ogni diversa epoca (yuga,<br />

kalpa),<br />

conquistano e talvolta rivelano all'Umanità una nuova formulazione del Dharma (v.), adatta<br />

alle mutate<br />

esigenze e facoltà spirituali degli uomini di quel tempo. L'ultimo Manusi-Buddha, o B.<br />

pienamente umano,<br />

fu Gautama Sakyamuni (Gotama Sakyamuni); il prossimo B. sarà Maitreya (Metteyya),<br />

attualmente<br />

bodhisattva nel cielo Tusita, Tusita. Vi sono anche i cosiddetti Pratyeka-B., "" i B. di per se<br />

stessi"", che,<br />

realizzato il Dharma, non lo rivelano con la predicazione (v. anche Tathagata)."<br />

"Ruddhi: la psiche, in quanto principio di riflessione e giudizio; talvolta ""intelletto"" (V.<br />

vijnana)."<br />

"Caitya, cetiya: ""ricettacolo""; reliquiario (v. stupa)."<br />

"Cakravartin, cakkhavattin: "" volgitore di Ruota"", nome attribuito ai"<br />

Sovrani Universali della tradizione indiana antica, la funzione dei<br />

quali, sulla terra, è approssimativamente parallela a quella spirituale dei Buddha umani<br />

(Manusi-Buddha)<br />

"Citta: ""coscienza"", nel senso di principio universale di intelligenza attiva. Nelle scuole del<br />

Buddhismo<br />

settentrionale, il c., o vijnana, è considerato il fondamento del reale (sarvam hi cittam, "" tutto<br />

è<br />

coscienza"")."<br />

Civara: la veste del monaco, costituita da tre pezze, abitualmente color zafferano.<br />

"Deva: ""essere celeste "", ""dio "", propriamente della mitologia indiana antica. Anche nel<br />

Buddhismo i d.<br />

mantengono la loro condizione, fintanto che perdura il frutto (phala) dell'azione meritoria<br />

(punyaskandha, v.)<br />

che li ha condotti a tale stato."<br />

"Dharma, Dhamma: 1 ) la Legge, in particolare quella rivelata dal Buddha, consistente nelle<br />

Quattro Nobili<br />

Verità (v, Arya-satyani); 2) la Realtà delle cose; 3) i minimi elementi della realtà fisica,<br />

psichica e noetica -<br />

di per sé vuoti (v. sunya) - l'aggregazione dei quali (samskara, v.), assunta soggettivamente,<br />

costituisce il<br />

tessuto dell'esistenza di ognuno, "" frutto"" (phala) determinato dalle azioni (karman, v.)<br />

compiute in<br />

205<br />

precedenza."<br />

Dharma-cakra-pravartana dhamma-cakka-pavattana: omessa in moto della Ruota della Legge<br />

n: la<br />

rivelazione del Dharma (v.) compiuta dal Buddha col discorso di Benares.<br />

"Dharmadhimukti ""vocazione [a seguire il] Dharma"" (v. bodhicitta)."<br />

Dharma-kaya: v. kaya.


"Dharma-sunyata: "" vacuità dei dharma"". Il fatto che i d. non siano dotati di "" essere<br />

proprio"" (svatmika),<br />

ma sussistano solo in base alla reciproca relazione (v. sanya)."<br />

"Dhatu: ""base"". Le 18 ""sfere di azione"", tre per ogni facoltà (i cinque sensi più il mentale),<br />

cioè l'organo<br />

di percezione, l'oggetto relativo e la disposizione cognitiva (es.: occhio, forma, visione). V.<br />

anche ayatana;<br />

per d. si intendono anche le successive sfere in cui si ripartiscono gli esseri e le loro<br />

disposizioni psichiche<br />

secondo una crescente purificazione (kama-a., sfera della brama, rapa-d., sfera della forma, arapa-d.,<br />

sfera<br />

informale), trascese dall'assoluto nirvana-d., nibbana-d. (v. nirvana)."<br />

"Dhyana, jhana: ""meditazione"" o estasi mistica (v. samadhi), divisa in quattro gradi di<br />

progressivo<br />

approfondimento. Il d. è la parte essenziale della meditazione buddhica, avente lo scopo di<br />

restituire il<br />

proprio essere alla sfera di inalterata coscienzialità (v. citta, v. alaya-vijnana"" che è il fondo di<br />

tutte le cose."<br />

Divyacaksus, dibba-cakkhu: l'occhio divino che si apre nel Buddha durante la seconda veglia<br />

nella notte<br />

della Bodhi (v.). Con il d. egli contempla la concatenazione dei dodici nidana (v.) e le relazioni<br />

fra tutti gli<br />

esseri, presenti passati e futuri.<br />

"Duhkha, dukkha: ""dolore, infelicità"", la realtà oggettiva del samsara (v.); la prima delle<br />

Quattro Nobili<br />

Verità (drya-satyani, v.)."<br />

"Dukkha-nirodha-ga-minipat-ipeda: ""la Via conducente all'Estinzione del Dolore"", la terza<br />

Nobile Verità<br />

(v. arya-satyani)."<br />

"Dvesa, dosa: ""odio"", avversione, una delle infezioni morali (klesa, v.)."<br />

"Garbhavakranti, gabbhavakkanti: ""discesa del germe"", atto di incarnazione fisica del<br />

Buddha presente<br />

(Gautama Sakyamuni) in Maya (v.), sposa del re Suddhodana."<br />

Gatha: canto, parte in versi dei sutra (v.).<br />

"Guru: ""maestro"", iniziatore ai sacri misteri delle sette indiane."<br />

"Hina-yana: "" Veicolo Inferiore"", denominazione corrente del Buddhismo meridionale, più<br />

intento<br />

all'ammaestramento morale ed alla disciplina monastica (vinaya) che alle speculazioni<br />

metafisicoreligiose ed<br />

alle realizzazioni mistiche, proprie al Maha-yana (v.)."<br />

"Jataka: "" nascimento "" Pia narrazione delle vite anteriori del Buddha"<br />

ad edificazione dei fedeli.<br />

Jati: V. pratityasamutpada.<br />

"Jnana nana: ""conoscenza"". Così detta la suprema delle dieci bhumi (v.). Nel senso di<br />

""conoscenza<br />

superiore"" si adopera preferibilmente il termine prajna (v.)."<br />

Kalpa kappa grande evo cosmico, suddiviso a sua volta in 4 o 8 cicli (yuga, v.).<br />

"Kama [- raga]: la brama, in particolare l'amore sensuale (v. anche raga"" espressione<br />

massima della ""sete""<br />

(v. trsna)."


"Karman, kamma: orig. ""azione"". La legge per la quale ogni azione meritoria (punya-k.) o, al<br />

contrario,<br />

206<br />

peccaminosa (papa-k.), ha come frutto, in questa e nelle prossime vite, effetti di eguale qualità,<br />

rivolti verso<br />

il soggetto che compì l'azione. L'estinzione del k., sia buono che cattivo, è conseguente al<br />

nirvana (v.)."<br />

"Karuna: ""compassione"", una delle quattro virtù cardinali del Buddhismo (v. maitri, mudita,<br />

upeksa). Nel<br />

Maha-yana la k. è, per antonomasia, il "" mezzo "" (upaya, v.) per cui si acquista la bodhi, data<br />

la sua<br />

assoluta gratuità, essendo il mondo e gli atti che in esso si compiono totalmente insostanziali<br />

(v. sunya)."<br />

"Kaya: corpo, realtà concreta percepibile. Lo Hinayana conosce il nama-k. (corpo-nome) ed il<br />

rupa-k.<br />

(corpo-forma), l'unione dei quali costituisce l'essere umano senziente. Nel Mahayana si<br />

postulano tre k., o<br />

modalità, attraverso le quali si attua il Buddha come essere cosmico: il Dharma-k., quello della<br />

pura attualità<br />

del Daharma (v.), la Realtà Assoluta, priva di essere (sunya, v.); il Sambhoga-k., o corpo di ""<br />

compartecipazione "", "" fruimento"", che è il piano in cui si manifesta la funzione dei<br />

Bodhisattva (v.); il<br />

Nirmana-k., o corpo di ""manifestazione)"" che è il piano concreto sensibile ove si ha<br />

l'apparizione fisica dei<br />

Buddha e lo svolgersi del dramma esistenziale, di per sé illusorio ed apparente (maya, v.)."<br />

Kaya-vak-citta: corpo-parola-mente: nel Mahayana ciò costituisce i tre livelli della<br />

manifestazione: quello<br />

della modalità corporea, quello della condizione psichica o fonematica e quello della pura<br />

ideazione (cit-ta),<br />

o archetipo. Essi corrispondono alle tre gerarchie esemplificate dal [tri-] kaya (v.) del<br />

Mahayana.<br />

"Klesa kilesa: "" infezione morale"". I k. sono cinque o dieci (desiderio, odio, ottusità,<br />

inquietudine, eresia,<br />

dubbio, pigrizia, arroganza, impudicizia, insensibilità di cuore). Causa continua delle azioni<br />

peccaminose,<br />

mantengono l'uomo nel samsara. La condizione di Arhat (v.) risiede specialmente nello<br />

sradicarli."<br />

"Klista-mano-vijnana:"" coscienza di volontà intellettuale contaminata"". Oscuramento che la<br />

Nescienza<br />

(avidya, v.) attua attraverso le coscienze individuali, per cui nascono le coscienze sensorie e si<br />

perde la<br />

connessione universale data dall'alaya-vijnana (v.)."<br />

"Krta-karaniya katakaraniya: "" [Colui che ha] compiuto ciò che si doveva compiere "",<br />

sinonimo di arhat (v<br />

)."<br />

"Ksana, khana: ""istante""; infinitesima misura di tempo in cui sussistono i dharma (v.)."<br />

"Ksanti, khanti: "" sopportazione"", o pazienza"", una delle Perfezioni (paramita, v.)."<br />

Ksatriya, khattiya: casta dei guerrieri e dei re (v. drya).<br />

"Laksana, lakkhana (lancana) 1) ""caratteristica"" propria ai dharma che si muta nella<br />

tritemporalità; 2) ""


segni "" fisici primari che contraddistinguono i Buddha, i Bodhisattva, i Cakra-vartin ed i<br />

Maha-purusa dalla<br />

comune umanità. (I segni secondari sono detti anuvyanjana)."<br />

Laukika: le cose di questo mondo (loka), alle quali è propria la verità empirica (samvrttisatya).<br />

Lokottara, lokuttara: l'insieme delle realtà trascendenti (uttura) il mondo (loka), che<br />

appartengono alla sfera<br />

(dhatu, v.) della verità assoluta (paramartha-satya).<br />

"Madhyamaka: ""mediano"": nome dato al sistema mahayanico conciliante gli estremi della<br />

verità empirica<br />

(samvrtti-satya), per cui il mondo deve essere assunto praticamente come reale, e la verità<br />

assoluta<br />

(paramartha-satya), per cui esso è, invece, insostanziale (sunya, v.)."<br />

"Madhyama pratipad, majjhama patipada: ""Via di mezzo"", nome dato dal Buddha al proprio<br />

sistema,<br />

perché alieno dagli estremi dell'ascesi o della vita mondana."<br />

Madhyamika: scuola di coloro che sostengono la posizione madhyamaka (v.).<br />

"Maha-purusa, Mahapurisa: "" Grande Uomo "": modello cosmico per gli esseri umani: detto<br />

dei Buddha<br />

(Y.), Bodhisattva (v.) e Cakravartin (v )."<br />

"Maha-vira: ""Grande Eroe"", sinonimo di Buddha."<br />

207<br />

"Maha-yana: ""il Grande Veicolo"", denominazione attribuita al Buddhismo Settentrionale,<br />

nelle cui diverse<br />

scuole prevale l'aspetto mistico-religioso e metafisico, rispetto a quello etico e disciplinare. Le<br />

principali<br />

branche del M. sono rappresentate dalle scuole Madhyamika, o Sunyavada (v.), Vijnanavada, o<br />

Yogacara, da<br />

quelle tantriche del Vairayana e da quelle estremo-orientali del T'ien-t'ai Ch'ing t'u, Shingon e<br />

Zen.<br />

L'epicentro del M., dopo l'estinzione del Buddhismo in India, divenne il Tibet, ove si è<br />

sviluppato nella<br />

forma nota come Lamaismo (dal tib. bLa-ma, ""Superiore"" [monaco])."<br />

"Maitreya, Metteyya: ""l'Amichevole"", nome del Buddha umano che dovrà comparire sulla<br />

terra circa 5000<br />

anni dopo il B. Gautama Sakyamuni ."<br />

"Maitri, metta: "" benevolenza universale o, "" amicizia"": una delle quattro virtù cardinali del<br />

Buddhismo, la<br />

fondamentale assieme alla karuna (v.)."<br />

"Manas, mano: il "" mentale "", o "" intelletto "": organo coordinante le funzioni sensorie.<br />

Diverso dalla ""<br />

coscienza "" (vijnana, citta, v.) che il Buddhismo identifica alla Realtà fondamentale delle<br />

cose."<br />

Mandala: raffigurazione simbolica del contenuto di un particolare insegnamento iniziatico<br />

(Tantra, v ),<br />

oggetto di contemplazione e meditazione estatica, onde realizzare intuitivamente lo speciale<br />

piano di<br />

coscienza che esso rappresenta. Consta generalmente di un quadrato inscritto in un cerchio<br />

(simbolo della


sfera della libertà magica) contenente varie figure di Tathagata (v.), Bodhisattva (v.), ecc.,<br />

ordinate<br />

simmetricamente attorno al centro.<br />

"Manta, manta: nel Buddhismo indicava "" testo sacro"" (in vedico "" deliberazione "", "" inno<br />

""). Indi<br />

prevalse il significato di "" mistica giaculatoria "", che, nella letteratura dei Tantra (v.),<br />

simboleggia<br />

foneticamente un piano particolare di coscienza. La ripetizione (japa) del m. induce<br />

all'intuizione estatica<br />

delle verità esoteriche esposte da un particolare Tantra rappresentate dal m. e raffigurate nel<br />

mandala (v.)<br />

relativo."<br />

Manusi-Buddha: Buddha umano, pienamente incarnato sul piano terrestre, ove realizza la sua<br />

missione.<br />

"Mara: "" [Dio] Morte "": deità (deva,) avversaria del Buddha che regge il mondo delle brame<br />

(kamadoka""<br />

massimo ostacolo alla Liberazione (moksa, v.)."<br />

"Maya: 1) originariamente (gioco di prestigio), indi ""illusione cosmica"". La m. è, nel<br />

Vajrayana, concepita<br />

come la potenza (sakti) cosmica che vela l'autotrasparente vacuità (sunyata, v.) dell'Assoluto<br />

(paramartha""<br />

mediante la manifestazione del mondo delle forme; 2) nome della madre del Buddha."<br />

"Moha: "" infatuazione "", "" ottundimento "": una delle tre principali infezioni morali (le altre<br />

due sono<br />

raga, v., e dvesa, v )."<br />

"Moksa (mukti), mokkha: "" liberazione "" dall'esistenza condizionata: (samsara, v.), sinonimo<br />

di nirvana<br />

(v.)."<br />

"Mudita: la "" gioia "" per le gioie altrui: una delle quattro virtù cardinali del Buddhismo."<br />

"Mudra, mudda: 1) "" sigillo"", gesto compiuto con le dita per indicare una cifra (hatthamudda-ganana);<br />

2)<br />

gesto esoterico simboleggiante un particolare momento della vita del Buddha, la verità con<br />

questo espressa<br />

ed il Tathagata (v.) che ne rappresenta l'archetipo spirituale; 3) nel Vajrayana la m. è la ""<br />

sposa-potenza ""<br />

(sakti, v.) del Tathagata o del Bodhisattva (v.)."<br />

"Nama-rupa: ""nome-forma"": il terzo nirvana (v.) del pratityasamutpada (v.), indicante la<br />

particolare<br />

determinazione di un'individualità in seguito al karma "" accumulato"" (upacita)<br />

nell'esistenza precedente (v.<br />

rupa)"<br />

"Nidana: "" corda "", "" causa prima"": nome di ognuno dei dodici nessi causali del<br />

pratityasamutpada (v.)"<br />

"Nikaya: "" collezione"", "" mucchio "": nome di ciascuno dei cinque grandi gruppi che<br />

formano il<br />

Suttapitaka (V. sutra, sutta)."<br />

208<br />

Nirmana-kaya: v. kaya<br />

"Nirodha: ""arresto"", sinonimo di nirvana (v.)."


"Nir-upadhi-s'esa-nirvana: sinonimo di pari-nirvana (v.): indica la condizione, che si avvera<br />

alla morte fisica<br />

di un Illuminato, per cui si estinguono "" senza rimanenza "" (a-sesa) anche i substrati<br />

(upadhi) di azioni<br />

meritorie che hanno condotto al Risveglio (bodhi) in vita. La locuzione denota il passaggio<br />

all'Assoluto<br />

incondizionato."<br />

"Nirvana, nibbana: "" estinzione "" della serie dei nessi causali (pratityasamutpada, v.) che<br />

determinano la<br />

esistenza condizionata (samsara, v ); esperienza della "" vacuità "" che trascende la<br />

contingenza dei dharma<br />

(v.). Liberazione dall'universale necessità del Dolore."<br />

"Paramartha-satya, paramatthasacca: ""Verità (satya) dell'Assoluto (paraminha""),<br />

trascendente la o verità<br />

empirica"" (samvrti-sarya)."<br />

"Paramita: ""perfezione"". Insieme di sei o dieci virtù al cui esercizio si dedica il bodhisattva<br />

per conseguire<br />

la piena illuminazione (abhisambodhi, v.). Le principali sono: dana ("" dono "", "" distacco da<br />

ciò che si<br />

possiede ""); sila, s'ila (""buoni costumi ""); ksanti, khanti ""( pazienza ""); v'irya, viriya<br />

(""energia virile "");<br />

dhyana, jhana ""( meditazione ""); prajna, panna (""gnosi"", "" intuizione della Realtà"")."<br />

"Paratantra: ""eteronomo "": condizione per la quale i dharma (v.) sono reciprocamente<br />

determinati, e<br />

intuizione relativa a tale verità."<br />

"Parikalpita: ""assunzione immaginaria"" dei dharma (v.) come reali di per sé (v. paratantra,<br />

V.<br />

parinispanna)."<br />

"Parinama: ""trasferimento a favore di altri"" della maturazione del proprio karman da parte<br />

di un<br />

bodhisattva (v.), in virtù di una grazia (v. adhisthana)."<br />

"Pari-nirvana, parinibbana: "" Totale Estinzione"" (v. nirvana) dopo la morte del Buddha, per<br />

cui si estingue<br />

anche il frutto delle azioni meritorie che hanno condotto al nirvana."<br />

"Parinispanna: condizione "" trascendente"" le reciproche determinazioni dei dharma (v.<br />

paratantra), per cui<br />

si invera la loro assoluta "" vacuità "" (V. sunyata)."<br />

"Pra-vrajaka, paribbajaka: ""Errante"": monaco mendicante, generalmente buddhista."<br />

Patra, patta: ciotola per le elemosine.<br />

"Phala: "" frutto"" delle azioni (V. karman)."<br />

"Pitaka: ""Cesta "": le tre raccolte canoniche del Buddhismo primitivo (Sutta-p., "" Cesta"" delle<br />

Parole del<br />

Buddha, vinaya-p., ""Cesta"" della Regola Ascetica, abhidhamma-p, ""Cesta"" della<br />

Metafisica)."<br />

"Pra-daksina, padakkhina: ""girare attorno a destra"": circumambulazione rituale attorno ad<br />

un personaggio<br />

sacro o ad un altare."<br />

"Prajna, panna: ""gnosi"", ""saggezza"", ""mistica intuizione"": la massima delle ""perfezioni""<br />

(paramita,


v.). Nel Mahayana la p. diviene uno dei due poli cardinali per la bodhi, l'altro essendo il<br />

""mezzo"" (upaya,<br />

V., karuna, V.); come tale viene simboleggiata da numerose figure divine nelle scuole<br />

Vajrayana (v.)."<br />

209<br />

"Prajnaparamita: ""Perfezione della Gnosi""- nome di testi costituenti la letteratura<br />

fondamentale della<br />

scuola Madhyamika. In essi prende forma la teoria della illusorietà e della ""vacuità di propria<br />

essenza""<br />

(svabhava-sunyata) di tutti i dharma, iniziando da quelli che costituiscono i cinque skandha<br />

(v.) ed i dodici<br />

nirvana del pratityasamutpada (v.)."<br />

"Prana: ""respiro"", ""Spirito Vitale"", identificato dai sistemi ortodossi indiani alla funzione<br />

cosmica del<br />

Brahman. Il controllo del p., percepito nel suo aspetto sottile (saksma) è fondamentale nello<br />

yoga (v.). Tale<br />

disciplina è stata accolta dal Buddhismo fra le sue tecniche estatiche (cfr. anapanasmrti)."<br />

"Pranidhana: "" risoluzione "" o voto formale del bodhisattva ad operare affinché il massimo<br />

numero di<br />

creature vengano strappate dai vincoli del dolore."<br />

"Prapanca, papanca: ""estroversione"" ""espansione"": le illusorie apparenze fenomeniche del<br />

mondo,<br />

dovute all'avidya (v.)."<br />

"Pratimoksa, patimokkha: ""[Litanie della] Professione di Fede "": elenco dei 227 peccati e<br />

delle altrettante<br />

sanzioni che - a guisa di confessione - vengono recitate quattro volte al mese in occasione<br />

dell'Uposotha<br />

(sanscr. Upavasatha) dall'assemblea dei monaci e delle monache."<br />

"Pratitya-samutpada, paticca-samuppada: insieme dei 12 nessi causali che determinano il<br />

samsara (V.),<br />

finché la bodhi ed il nirvana non vi pongono fine. Essi sono: avidya, avijja (v.), samskara,<br />

sankhara (v.),<br />

vijnana, vinnana (V.), nama-rupa (v.), sad-ayatana, salayatana (v.), sparsa, phassa (v.), vedana<br />

(v.), trsna,<br />

tanha (v.), upadana (v.), bhava (v.), jati, jara-marana. cioè: la ""nescienza"" determina gli<br />

""aggregati""<br />

accidentali, i quali causano la ""coscienza "", in cui s'individuano "" nome e forma"", da cui<br />

derivano i "" sei<br />

ricettacoli"" (i cinque sensi più il mentale che li coordina), donde si ha il ""contatto "", o<br />

percezione di una<br />

realtà esteriorizzata, da cui deriva la "" sensazione "", che determina la ""sete"" verso<br />

l'oggetto, indi nasce il<br />

""legame"" col mondo, per cui si ha ""esistenza"", ""nascita"", o vecchiaia e morte""."<br />

"Pravrajya, pabbajja: "" partenza"" dal mondo, che segna la rinuncia ad esso da parte del<br />

novizio (sramanera,<br />

samanera)."<br />

"Pudgala: "" individuo "", per i Thera o realtà solo per designazione verbale"" sussistente per<br />

quanto<br />

permane l'associazione dei 5 skandha (v.); per altre sette, come a.e. la Vaibhasika, realtà<br />

sussistente di fatto."


Puja: atto esteriore di venerazione religiosa, diverso dal culto interiore consistente in<br />

meditazione e<br />

realizzazione estatica (v. dhyana, v. bhavana).<br />

"Punya-skandha, punna-khandha: "" porzione meritoria"", cioè l'insieme delle azioni<br />

meritorie (punyakarmanta)<br />

che facilitano l'evento della bodhi (v.)."<br />

"Raga: ""passione"" (v. anche kama), la principale delle infezioni morali (v. klesa), poiché<br />

estrinsecazione<br />

immediata della "" sete o di vivere (trsna, v.)."<br />

"Ratna-traya, ratanattaya (anche Triratna, tiratana): ""Triade delle Gemme"", cioè il Buddha, il<br />

Sangha (v.) e<br />

il dharma (v.), presso i quali il laico o il professo novizio ""prende rifugio "" (sarana)."<br />

"Rddhi, iddhi: ""poteri "" magici, generalmente dieci, che vengono conseguiti nel corso<br />

dell'ascesi. Il<br />

Buddha ne sconsigliava energicamente l'impiego."<br />

210<br />

"Rupa: ""forma"": il mondo della sostanzialità "" formale "", in particolare fisica, in quanto<br />

percepibile<br />

attraverso ""forma "" (v., in dhatu, r.-dhatu, in skandha, r.-skandha)."<br />

"Sad-ayatana, salayatana: "" sei ricettacoli "" (ayatana, v.), cioè le cinque facoltà più il mentale,<br />

correlate alle<br />

rispettive sfere d'azione (dhatu, v.); quarto nidana del pratityasamutpada (v.)."<br />

"Sakrd-agamin, sakadagdmin: ""colui che deve tornare [ancora] una volta [ad incarnarsi]""."<br />

"Sakti: ""potenza"", ""sposa"". Magica potenza (radhi, v.) di cui sono dotati i Buddha e i<br />

Bodhisattva. Nel<br />

Vajrayana, figure femminili divine, spose dei Tathagata e dei Bodhisattva, che simboleggiano<br />

l'aspetto<br />

dinamico della loro funzione teologale e l'""efficienza "" dei diversi aspetti del Dharma (v.)."<br />

"Sakya-muni, Sakya-m. (Sakiya-m.): ""L'Asceta degli Sakya"", soprannome del Buddha<br />

dell'attuale ciclo,<br />

Siddhartha Gautama (Siddhartha Gotama)."<br />

"Samadhi: "" meditazione estatica o, ""enstasi"". Condizione di profonda calma interiore, di<br />

adaequatio alla<br />

Realtà essenziale, che si accompagna all'acquisto della prajna, o jnana (v.); esercizio relativo<br />

all'acquisto di<br />

tale condizione."<br />

"Sambhoga-kaya: "" corpo di comunione "" o "" partecipazione "" (v. kaya). Condizione relativa<br />

all'esistenza<br />

preterfisica dei bodhisattva (v.); piano di coscienza su cui si svolge tale esistenza."<br />

"Samgha, o Sangha: ""Comunità"", ""Ordine"" buddhista, formato da laici (upasaka) e religiosi<br />

(bhiksu,<br />

sramana ecc.). Il terzo dei Tre Gioielli (Ratna-traya, v.)."<br />

"Samjna, sanna: "" ideazione"", ""appercezione"": uno dei cinque skandha (v.). In generale il<br />

rendersi conto<br />

di un fenomeno."<br />

"Samsara: il ""flusso "" la trasmigrazione attraverso ripetute e differenti esistenze, alla quale<br />

pone fine<br />

(nirodha, v.) il nirvana (v.)."<br />

"Samskara, sankhara: ""confezionato"", carattere di ogni elemento dell'esistenza in quanto la<br />

sua presente


aggregazione è il risultato ""confezionato"" da atti (karman, V.) precedenti; il secondo dei 12<br />

nidana (v.<br />

pratityasamutpada). I principali s. sono: sensazione (vedana, v.), [ap]percezione (samjna, v.),<br />

volizione<br />

(cetana), attenzione esclusiva (ckagrata, ckaggata, o samadhi, v.), mentalizzazione del dato<br />

obiettivo<br />

(manasi-kdra), riflessione (viedra), decisione (adhimoksa, adhimokkha), energia (virya, viriya,<br />

v.),<br />

ragionamento (vitarka, vitakka), intenzione (chanda), presenza di spirito (smrti, sati, v.),<br />

intelligenza (prajna,<br />

panna) e le ""costruzioni psichiche "" opposte."<br />

"Samskrta: l'essere ""combinato "", "" aggregato"", condizione propria ai dharma (v.). V.<br />

samskara."<br />

"Samtana (santana) o santati: ""nesso continuo"" fra i dharma, che è proprio al loro riflettersi<br />

nel vijnana (v.)<br />

ed al vijnana stesso."<br />

"Samvrtti-satya: ""verità relativa""; secondo la scuola Madhyamika la verità propria al livello<br />

empirico<br />

dell'esistenza, trascesa dalla verità assoluta (paramartha-satya, v.)."<br />

"Santa, santo: colui in cui si è inverata la condizione di santi (v.); definizione del nirvana (v.)."<br />

211<br />

Santi, santi: calma, pace suprema: nirvana (v.).<br />

"Siddha: ""Perfetto"", ""Realizzato"": appellativo dello yogin tantrico che ha conseguito<br />

l'incorruttibilità<br />

(vajra, v.) suprema e si è liberato in vita (I-ivan-mukta)."<br />

"Siddhi: poteri magici propri ai siddha (v.); Y. anche radhi."<br />

"Sila, sila: ""costume "", ""uso"", ""pratica morale )"" in particolare i ""precetti morali ""<br />

(cinque per i laici,<br />

dieci per i religiosi)."<br />

"Simha-nada, sihanada: "" ruggito del leone"": la predicazione del Buddha, in particolare il<br />

Discorso di<br />

Benares."<br />

"Skandha, khandha: "" aggregato"". Così si dicono le cinque categorie, l'associazione delle<br />

quali forma la<br />

transeunte personalità umana: rapa, forma, vedana, sensazione, samjna, sanna, ideazione o<br />

appercezione,<br />

samskarah, sankhara (pl.), costruzioni psichiche, vijdana, vinnana (vinnana), coscienza."<br />

"Smrti, sati: "" memoria"", "" consapevolezza"", attenzione volitiva rivolta a quanto si osserva<br />

o si compie.<br />

In particolare: anapana-s., attenzione profonda rivolta all'ispirazione (ana) ed espirazione<br />

(apana), connessa<br />

ad una serie di 16 contemplazioni; una delle principali pratiche meditative buddhiste (v.<br />

prana)."<br />

Smrty-upasthana, satipatthana: pratica della smrti, sati (V.), fondata sulla contemplazione<br />

assidua delle<br />

quattro realtà: kaya (v.), vedana (v.), citta (V.), dharma (v.). Una delle discipline principali del<br />

Buddhismo.<br />

"Sopadhi-sesa-nirvana savupadisesa-nibbana: la prima fase del nirvana, consistente<br />

nell'estinzione dei klesa e


nell'acquisto della bodhi, senza però cancellare la ""rimanenza dei substrati "" (upadhi-sesa,<br />

upadisesa)<br />

karmici, che vengono invece sradicati nella seconda fase (v. nir-upadhisesa-n.)."<br />

"Sparsa, phassa: ""contatto"", ""percezione"": forma primaria del rapporto col mondo<br />

divenuto esteriore<br />

all'individuo; sesto nidana del pratityasamutpada (v .)."<br />

Sramana, samana (femm. sramani, samani): asceta o monaco buddhista (sinonimo di bhiksu).<br />

Sramanera, samanera: novizio buddhista.<br />

"Srotapanna, socapanna: ""entrato in corrente "", convertito, primo grado della via verso il<br />

nirvana."<br />

"Sthavira, Thera: "" Anziano o, nome degli immediati discepoli del Buddha e della scuola<br />

(Thera-vada, v.),<br />

originata dal loro insegna mento (v. Hinayana)."<br />

"Stupa, thapa: ""tumulo"", sacello generalmente di forma conica contenente sacre reliquie o<br />

ceneri di un<br />

Santo, oppure libri canonici buddhisti."<br />

"Sukhavati: ""la Felice [Dimora] "": paradiso di Occidente ove soggiorna il Tathagata<br />

Amitabha,"<br />

"Sanya, sunna: ""vuoto"". In particolare, la ""mancanza di essere-in sé"", propria a tutti i<br />

dharma (v.)<br />

sussistenti per un istante solo (ksana) ed esistenti in base alla loro reciproca relazione (v.<br />

paratantra)."<br />

"Sunyata: ""vacuità"": condizione di sunya (V.). L'ineffabile realtà che trascende tutte le<br />

condizioni proprie<br />

ai dharma (v. anche tathata, vajra)."<br />

"Sunya-vada: ""Professione del Vuoto"", ""Teoria della Sunya"": denominazione della scuola<br />

Madhyamika."<br />

"Srtra (sutranta), sutta originariamente ""verso sintetico"", ""aforisma""; nel Buddhismo<br />

significa ""parola<br />

del Buddha""; seconda parte del Canone (Sutta-pitaka)."<br />

"Svabhava-sunya: ""Vuota di una propria essenza""; definizione della realtà assoluta (v.<br />

maya)."<br />

Tantra: opere esoteriche proprie al Vajrayana (V.), basate su presunte rivelazioni<br />

extracanoniche del Buddha<br />

storico, o di altri Buddha e Bodhisattva, oppure del Buddha primordiale e archetipo<br />

(AdiBuddha). I T. sono<br />

permeati di gnosi indiana e seguono una metodologia basata sullo Yoga (v.): alcuni sono anche<br />

influenzati da<br />

concezioni magiche dell'area culturale tibetana ed affini.<br />

212<br />

"Tathagata: ""il Così Venuto [ad essere]"", sinonimo di Buddha. Nel Buddhismo settentrionale<br />

i T. sono<br />

archetipi cosmici, da cinque a otto, manifestatisi sul piano del dharma-kaya (v. kaya) a guisa di<br />

colorazioni<br />

assunte dalla Luce Primordiale incolore, pura Coscienza autotrasparente (prabhasvaram<br />

cittam V. citta). Da<br />

loro sono stati emanati i Bodhisattva (v.) e i Manusi-Buddha (v.)."<br />

"Tathata: la "" quiddità "", "" l'esser-così"" ""tatha"" cioè l'inconcepibile (a-cintya) vuoto<br />

(sanya) che è la<br />

Realtà di là dalla contingenza del mondo."


Thera: v. Sthavira.<br />

"Thera-vada: la ""Dottrina degli Anziani "", cioè la formulazione del Buddhismo secondo la<br />

tradizione<br />

antica, come è conservata presso lo Hinayana (v.) di Ceylon, Birmania, Siam e Indocina."<br />

Tipitaka: v. Pitaka.<br />

"Tri-kaya: ""Tre Corpi ""; v. kaya."<br />

"Trsna, tanha: "" la Sete"", la brama quale forza fondamentale del samsara (v.), che si esplica<br />

nell'attaccamento all'esistenza (bhava, v.), al godimento (kama, v.) e all'inesistenza (vibhava)."<br />

"Upadana: "" vincolo"" verso l'esistenza, nascente dalla o sete "" di vivere (v. tr. na), per cui si<br />

crea un nuovo<br />

karman, che fruttifica (v. phala) nella ""nascita "", jata; il nono nidana del pratityasamutpada ."<br />

"Upadana-skandha, upadanakkhanda: ""gli Insiemi di Acquisizione "", cioè nascita, malattia,<br />

morte, unione<br />

con ciò che non si ama, separazione da ciò che si ama, non-ottenimento di ciò che si desidera."<br />

"Upadhi: "" substrato"" all'esistenza. I quattro u. sono: i 5 skandha (v.), kama (v "" klesa (v.) e<br />

il karman<br />

(v.)."<br />

"Upadi: sinonimo pali per khandha (skandha, v.), frequentemente confuso col precedente<br />

upadhi. U. significa<br />

propriamente "" causa materiale"", ""atto di ricevere"" (cfr. an-upadisesa, sotto la voce<br />

anupadhisesa)."<br />

"Upadhyaya, upajjhdya: "" tutore"" del novizio (framanera, v.)."<br />

"Upanisad: "" Sessioni"" o ""Insegnamenti Esoterici""; nome dei testi di esegesi filosofica ai riti<br />

vedici e di<br />

meditazione, sui quali si fonda il sistema speculativo indiano del Vedanta,"<br />

"UpaSaka: ""devoto"" laico, astretto all'obbedienza agli fila (v.) fondamentali femm. upasika."<br />

Upavasatha, uposatha: il giorno di digiuno, astinenza e confessione pratimoksa, v.) dei<br />

Buddhisti, che si<br />

celebra nel giorno iniziale della settimana lunare.<br />

"Upaya: il "" mezzo"" per il conseguimento della bodhi (v.); nel Buddhismo Settentrionale<br />

assurto a figura<br />

teologale e identificato alla karuna (v.) oppure alla sakti (v.) di ogni particolare Tathagata (v.)<br />

o Bodhisattva<br />

(v.); ivi esso costituisce metafisicamente il polo opposto alla prajna (v.)."<br />

"Upaya-kausalya [ta]: ""abilità nell'uso dei mezzi "": la capacità di adattare l'insegnamento del<br />

Dharma alle<br />

condizioni ambientali ed all'attitudine psichica ed intellettuale degli ascoltatori."<br />

213<br />

"Upeksa, upekkha: "" equanimità""; la quarta virtù cardinale buddhista."<br />

"Vaisya, vessa e vesiyana: terza casta degli Arya (v.), quella dei (I produttori di ricchezza"",<br />

formata da<br />

agricoltori ed allevatori."<br />

"Vajra: "" folgore"", ""diamante"", simbolo della quiddità. (tathata incorruttibile dello sunya<br />

(v.)."<br />

"Vaira-dhatu: "" sfera del vajra"" (v.): il livello incondizionato sul quale si invera l'esperienza<br />

dello sunya<br />

(v.)."<br />

"Vajra-sattva: ""Essenza-vajra"". Figura teologale del Mahayana, simbolo della incorruttibile<br />

ed assoluta<br />

condizione che è immanente in ogni essere umano."


"Vajra-yana: ""via fulgurea"" o ""adamantina"" Insieme di sistemi gnostici derivati dal<br />

Mahayana e fondati<br />

sugli insegnamenti esoterici dei Tantra (v.), che tendono alla realizzazione dell'essenza-vaj-a<br />

(vajra-sattva,<br />

v.) in ogni essere umano."<br />

"Vasana: "" habitus"": impressione subconscia permanente in conseguenza delle azioni<br />

passate; complesso<br />

psicologico."<br />

"Veda: ""Scienza"": i sacri testi della tradizione indiana, la validità dei quali, ai fini della<br />

liberazione (v.<br />

moksa) è negata dal Buddhismo."<br />

"Vedana: ""sensazione"", cioè l'insieme dei 6 fenomeni psichici (afferenti ai cinque sensi pi¢ il<br />

mentale) che<br />

corrispondono alle percezioni (samjna, v.); uno dei cinque skandha (v.)."<br />

Vesakha (scrt. vaisakha): mese di aprile-maggio, alla cui luna piena si celebra la Nascita,<br />

l'illuminazione e<br />

l'Estinzione del Buddha.<br />

"Vadya, vijja: ""conoscenza"", ""gnosi"", sinonimo di jnana (v.)."<br />

"Vihara: ""residenza""; convento buddhista."<br />

"Vijnana, vinnana (vinnana): coscienza riflessa: la base psichica sulla quale si fonda la<br />

continuità cosciente<br />

(santana, santati) dell'individuo, l'elemento sul quale principalmente opera l'Ottuplice<br />

Sentiero (astangamarga,<br />

V.): il principale dei 5 skandha (v.). sinonimo di mente (manas), intelletto (buddhi) o<br />

coscienza in<br />

senso lato (citta); v. anche alaya-vijnana."<br />

"Vikalpa: ""concezioni"" o ""immagini"" che danno luogo alle impressioni latenti (vasana, v.)"<br />

"vinaya: "" Regola ""; nome di disciplina monastica, il primo dei tre Pitaka (v.)."<br />

Vipassana (pali): trasparenza cosciente, chiaroveggenza conseguente all'esperienza interiore<br />

dell'impermanenza (acyuta) dei dharma (v.) ed all'assenza (sunya, v.) di egoità (an-atmaka,<br />

v.).<br />

"Virya, viriya: "" virile energia"" "" forza ""; la quinta delle paramita (v.)."<br />

"Yoga: ""soggiogamento"": nome di un insieme di discipline psicofisiche, tradizionalmente<br />

volte alla<br />

214<br />

realizzazione piena e cosciente dell'Essere Totale (atman, brahman, purusa, ecc.) celato dai<br />

moti psichici<br />

della comune individualità Lo y. è fondato soprattutto sulla meditazione intensa (bhavana,<br />

dhyana, samadhi,<br />

ecc.) e su pratiche esoteriche poggianti sul respiro (prana) colto nell'aspetto "" sottile ""<br />

(suksma). I metodi<br />

dello y. sono stati accolti sin dal principio dal Buddhismo."<br />

"Yogacara: "" [Scuola della] Pratica dello Yoga"": nome della scuola professante la teoria<br />

secondo la quale<br />

la coscienza (citta, vijnana), è il fondo assoluto della realtà (vijnana-vada, cfr. alaya-vijnana)."<br />

Yogin: praticante lo yoga (v.).<br />

"Yuga: una delle 4 o 8 epoche nelle quali si suddivide un kalpa (v.); età di un mondo<br />

particolare."

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