N° 1 - 2013.pdf - Liceo Scientifico e Classico "Lucio Piccolo"

RIVISTA DEL LICEO SCIENTIFICO E CLASSICO STATALE “LUCIO PICCOLO”
DI CAPO D’ORLANDO - Anno XIII - N° 1 - FEBBRAIO 2013
Direttore responsabile: Dirigente Scolastico Dott.ssa Giuseppa Rita PINTABONA
Redazione: Proff. Rinaldo Anastasi, Sarina Consiglio, Angelo Cortese, Giuseppe Pagano, Zingales Giovanni
Il Dirigente Scolastico
Con l’anno scolastico 2010/2011 hanno preso il via
le nuove superiori targate Gelmini.
La riforma, che ha riordinato
globalmente l’istruzione secondaria
superiore riorganizzando
ů͛ ŝŶƚĞƌŽ ƐĞƩ ŽƌĞ͕ ŚĂ ƐŽƉƌĂƩ ƵƩ Ž
innovato i Licei, portandoli a
sei: oltre al classico, allo scien-
ƟĮ ĐŽ͕ Ăůů͛ ĂƌƟƐƟĐŽ͕ Ăů ůŝŶŐƵŝƐƟͲ
co, anche il musicale-ĐŽƌĞƵƟĐŽ
e quello delle scienze umane,
ĐŚĞĐŽƐƟƚƵŝƐĐŽŶŽ ĚĞůůĞĂƵƚĞŶƟͲ
che novità.
/Ŷ ƉĂƌƟĐŽůĂƌĞ͕ ĐŽŶ ůĂ ƌĞǀ ŝƐŝŽŶĞ
dei quadri orari, l’incremento
ĚĞůůĞ ŽƌĞ Ěŝ ŵĂƚĞŵĂƟĐĂ͕ Į ƐŝĐĂ
e scienze, il potenziamento
dello studio delle lingue, l’in-
Nella foto il Dirigente Scolastico Dott.ssa Giuseppa Rita PINTABONA
troduzione di una disciplina del
quinto anno insegnata in inglese e, ancor di più, con nuove Indicazioni Nazionali che han-
ŶŽ ƌŝĨŽƌŵĂƚŽ ŝ ĐŽŶƚĞŶƵƟ ĚĞůůĂ >ĞŐŐĞ ' ĞŶƟůĞ ĚĞů ϭϵϮϯ͕ Ɛŝ ƐŽŶŽ ǀ ŽůƵƟ ƐŝŐŶŝĮ ĐĂƟǀ ĂŵĞŶƚĞ
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della lingua straniera.
All’interno
Primo Piano ……. Pag. 2
Attualità…………..Pag. 5
Costituzione e
Cittadinanza ……. Pag. 11
Unione
Europea…………. Pag. 15
Interculturalità….. Pag. 18
Scuola ……………Pag. 19
Musica…………… Pag. 22
Curiosità….………Pag. 24
Pensieri e
parole……………..Pag. 26
Logos……………..Pag. 27
Filosofia oggi…… Pag. 37
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anzi, consolidata tradizione del nostro Paese, alla buona volontà del personale della scuola, lasciato ancora una volta da
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bere e l’intera operazione riformatrice rischia di essere vanificata.
Segue a pag. 2

2
Intervista alla Preside
Da quanti anni fa il Dirigente Scolastico?
Ricopro il ruolo di Dirigente Scolastico da circa 32 anni.
Che cosa faceva prima di assumere l’incarico di Dirigente Scolastico?
Prima di assumere l’incarico di Dirigente facevo la docente.
Primo Piano Febbraio
Dalla prima pagina
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doveva essere pensata come realizzabile a costo zero. Non solo, invece, si è verificato questo fraintendimento, che
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Ăůů͛ ŝŶƚĞƌŽ WĂĞƐĞ͕ ŝŶ ƵŶ ŵŽŵĞŶƚŽ ŝŶ ĐƵŝ ƐĂƌĞďďĞ ƐƚĂƚŽ ďĂƐŝůĂƌĞ ƉƵŶƚĂƌĞ ĚĞĐŝƐĂŵĞŶƚĞ ƚƵƩ Ž ƐƵůů͛ /ƐƚƌƵnjŝŽŶĞ Ğ ƋƵŝŶĚŝ ƐƵů
futuro, sulla formazione dei giovani che dovranno promuovere la rinascita del Paese medesimo anche in termini economici.
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ƉƵďďůŝĐĂ͘ ŽŶƚƌŽ ŝ ƚĂŐůŝ ŝƌƌĂnjŝŽŶĂůŝ ŚĂ ŐŝƵƐƚĂŵĞŶƚĞ ƉƌŽƚĞƐƚĂƚŽ ŝůŵŽŶĚŽ ĚĞůůĂ ƐĐƵŽůĂ͕ ĐŽŶ ƉĂƌƟĐŽůĂƌĞ ƌŝŐƵĂƌĚŽ͕ ŝŶ ƵŶ
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Y ƵĞƐƟ ƵůƟŵŝ͕ ĐŽŶ ĂnjŝŽŶŝǀ ĂƌŝĞ͕ ŚĂŶŶŽ ĨĂƩ Ž ƐĞŶƟƌĞůĂ ƉƌŽƉƌŝĂ ǀ ŽĐĞŶĞůůĞĚŝǀ ĞƌƐĞƌĞĂůƚă͕ ŝŶĚŝƌŝnjnjĂŶĚŽ Ăŝǀ ĞƌƟĐŝ͕ ĐŽŶ ĨŽƌͲ
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ƚĞƌŝŽƌŝnjnjĂƌĞ͕ ƉƌŽŵƵŽǀ ĞƌĞƐŽůƵnjŝŽŶŝĂĚĞŐƵĂƚĞ ĂŝƚĂŶƟƉƌŽďůĞŵŝĞŵĞƌŐĞŶƟ͘
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Ăƫ ǀ ŝƚă͕ ƉƌŽŐĞƫ ĂůƚĂŵĞŶƚĞĐŽŝŶǀ ŽůŐĞŶƟ͕ ĚŝƐŝĐƵƌŽ Ğī ĞƩ Ž ƐŽĐŝŽ-ĞĚƵĐĂƟǀ Ž͕ ŐĞƐƟƟŝŶ ƉŝĞŶĂ ĂƵƚŽŶŽŵŝĂ͕ ŵĂ ƐĞŶnjĂ ĨƌĂƩ ƵͲ
ƌĞ ĐŽŶ ůĂ ĐůĂƐƐĞ ĚŽĐĞŶƚĞ Ğ ů͛ hĸ ĐŝŽ ĚŝĚŝƌŝŐĞŶnjĂ͕ ĐŚĞ͕ ĂŶnjŝ͕ ƐŽŶŽ ƐƚĂƟ ƌĞƐŝƉĂƌƚĞĐŝƉŝĚĞŝŵŽŵĞŶƟ Ɖŝƶ ƐŝŐŶŝĮ ĐĂƟǀ ŝĚĞůůĞ
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͞ ƐŝƐƚĞŵĂ͟ /ƚĂůŝĂ͕ Ɛŝ ƉŽƐƐĂ Į ŶĂůŵĞŶƚĞ ƐŵĂŶƚĞůůĂƌĞ Đŝž ĐŚĞ ƌĞƐƚĂ ĚĞůǀ ĞĐĐŚŝŽ Ğ ĂŶŶŝĐŚŝůŝƚŽ ͞ ƐŝƐƚĞŵĂ͟ ƐĐŽůĂƐƟĐŽ͕ ƐĂůǀ ĂͲ
ŐƵĂƌĚĂŶĚŽ Ğ ŵĂŶƚĞŶĞŶĚŽ͕ ĚĂ ƵŶ ůĂƚŽ͕ ŝŵĞĐĐĂŶŝƐŵŝĚŝ ǀ ŝƌƚƵŽƐŝƚă ĞƐŝƐƚĞŶƟ Ğ ƉƌŽŵƵŽǀ ĞŶĚŽ Ğ ŝŶĐĞŶƟǀ ĂŶĚŽ͕ ĚĂůů͛ ĂůƚƌŽ͕
ůĂ ĚĞƐƟŶĂnjŝŽŶĞ͕ ŶĞŝĐŽŶĨƌŽŶƟ ĚĞůůĂ ƐĐƵŽůĂ ƉƵďďůŝĐĂ͕ ĚŝƌŝƐŽƌƐĞ Ğ ŵĞnjnjŝĐŚĞ ƉŽƐƐĂŶŽ ĞƐƐĞƌĞ ĚŝŐƌĂŶĚĞ ŝŵƉĂƩ Ž ƐƵůƉƌŽͲ
ĐĞƐƐŽ ĚŝƋƵĂůŝĮ ĐĂnjŝŽŶĞĞŽƫ ŵŝnjnjĂnjŝŽŶĞĚĞůů͛ ƵŶŝǀ ĞƌƐŽ ŝƐƚƌƵnjŝŽŶĞͬ ĨŽƌŵĂnjŝŽŶĞ͘
Chiara Tindiglia e Valeria Letizia, II A Lc
Cosa l’ha spinta a scegliere questa professione?
Ho scelto questa professione sia per il desiderio di continuare l’opera intrapresa da mio padre sia perché
ho sempre creduto nel ruolo prioritario dell’istruzione ai fini dello sviluppo della società.
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Primo Piano Febbraio
In quali istituti ha svolto la sua carriera lavorativa?
Ho svolto la mia carriera lavorativa a Cesarò, Sant’Angelo di Brolo e, per brevi periodi, a Raccuia e San
Piero Patti.
Il suo primo giorno di incarico è stato emozionante come il nostro primo giorno di scuola?
Il mio primo giorno di incarico, in qualità di Dirigente, è stato particolarmente emozionante
soprattutto per la mia giovane età.
Qual è stato il momento più difficile come Dirigente Scolastico?
Fortunatamente, dai miei esordi come Dirigente Scolastico ad oggi, non ho avuto momenti
difficili.
Qual è stato il momento più bello e gratificante?
Sono belli e gratificanti tutti i momenti che consentono di esprimere al meglio le proprie
potenzialità e di lavorare sempre al servizio dell’utenza.
Che effetto fa diventare preside di un Liceo importante, qual è il liceo classico e scientifico
“Lucio Piccolo”?
Premesso che ogni scuola è importante, diventare Dirigente Scolastico del Liceo Lucio Piccolo
è stato frutto di una decisione oculata, tesa a completare l’esperienza lavorativa intrapresa
tanti anni fa.
Nel nostro Liceo hanno tutti collaborato per farla sentire a suo agio nei primi tempi?
Nei primi tempi la collaborazione offertami è stata incisiva e piena e ciò mi ha consentito di
promuovere l’avvio di un rapporto di interazione efficace con i docenti, la segreteria e il
personale tutto.
Si trova bene in questa scuola? Come giudica questo Liceo?
Il Lucio Piccolo è un Liceo apprezzato nel contesto socio-territoriale ed è, senza dubbio, punto
di riferimento per le giovani generazioni interessate a conseguire una formazione
pluridimensionale; ciò deve sicuramente impegnare chi lo dirige a garantire un’azione seria,
sensibile e al passo con i tempi.
Quali sono stati i miglioramenti che si sono verificati nel nostro Liceo durante la sua Presidenza?
Ritengo che il tempo troppo breve della mia presidenza non abbia potuto ancora produrre
miglioramenti di rilievo, ma solo alcune tracce e prospettive di innovazioni, di attese nonché la promozione
di un clima di scambio, a partire dagli alunni, comprendendo le famiglie e, ovviamente, il personale
tutto.
Cosa bisognerebbe fare, secondo lei, per migliorare ancora di più la nostra scuola?
Per migliorare la nostra scuola sarebbe opportuno attivare nuovi indirizzi di studio per rispondere
alle richieste sempre più pressanti dell’utenza; continuare e integrare l’attività progettuale con
particolare riferimento ai PON; sollecitare, con forza, la Provincia regionale a garantire
l’adeguamento dell’edificio che ospita la scuola alle nuove esigenze, scaturenti da una visione del
rapporto utente/istituzione fondato sulla ricerca della qualità ad ogni livello.
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Primo Piano Febbraio
Quali sono gli obiettivi che si prefigge per il futuro di questa scuola?
Per il futuro di questa scuola mi prefiggo obiettivi che coinvolgono la valorizzazione dei rapporti
con le famiglie e gli Enti del territorio; l’ottimizzazione delle risorse umane e il giusto riconoscimento
delle competenze; la promozione dei talenti per assicurare pari opportunità educative,
dando “di più a chi ha di meno”: ad ogni studente saranno assicurati ascolto, rispondenza ai suoi interessi,
effettiva possibilità di successo.
Che opinione ha degli alunni, dei docenti e del personale di questa scuola?
Il personale docente, nel complesso, è costantemente impegnato a realizzare un’efficace
ed incisiva azione educativo-didattica, rispondente anche alle nuove sfide poste in essere dalla
Riforma Gelmini e sensibile a proposte di formazione in servizio, aggiornamento e riqualificazione
professionale. Anche la segreteria e tutto il personale Ata evidenziano comportamenti rispondenti
alle funzioni di competenza. L’opinione sugli alunni è più difficile da esprimere sia perchè
riguarda un numero rilevante di persone, sia perchè la tipologia di rapporto che un Dirigente può
instaurare risulta meno immediata e profonda rispetto a quella che coinvolge studenti e docenti.
Ciò nonostante l’impressione maturata, in questo arco di tempo, si connota per un chiaro carattere
di positività, sintetizzabile nell’espressione di comportamenti responsabili, dinamicamente
proiettati verso la conquista di obiettivi di crescita e di maturazione piena ed integrale.
Cosa ne pensa dei tagli attuati sulla scuola? E delle consequenziali proteste attuate dagli studenti?
I tagli attuali sulla scuola hanno, ancora una volta, compromesso le possibilità di sviluppo e di
adeguamento del sistema istruzione e formazione alle richieste di una società complessa.
Forti e convinte sono state le contestazioni dei docenti e del personale tutto della scuola,
a cui hanno fatto riscontro quelle attuate dagli studenti in tutto il Paese. Le proteste sono
state legittime ed espresse, complessivamente, con civiltà e consapevolezza.
Qual è la sua opinione sulla riforma Gelmini?
La Riforma Gelmini, salutata come “epocale”, dovrebbe conseguire l’obiettivo di un
rinnovamento radicale dei Licei (portati a sei) e della formazione tecnico.professionale;
allo stato attuale i risultati sono incerti, globalmente compromessi, si ritiene, dalla mancanza
di assegnazioni economico-finanziarie di supporto e dalla, non ancora, promossa attività
di formazione del personale docente, al quale, in concreto, è demandato il compito di attuare
la riforma stessa nella prassi scolastica quotidiana.
Cosa le piace fare nel tempo libero?
Durante il tempo libero, sempre poco rispetto alle esigenze che incalzano, il rapporto con
la famiglia ha la priorità sul resto.

5
Attualità Febbraio
Anche al Lucio Piccolo la Settimana della Didattica Alternativa:
Conferenza dal titolo “L’Attimo Fuggente”
Giorno 21 Dicembre 2012 presso il nostro
Liceo, in occasione della “Settimana della
didattica alternativa”, organizzata dai Rappresentanti
d’Istituto con l’aiuto degli studenti, si
sono tenute alcune conferenze. Tra le varie tematiche
proposte dagli stessi studenti ai proff.
Consiglio e Spaticchia è stata assegnato
“l’Attimo Fuggente”.
Gli studenti delle classi V B e V D L.s. e I A
L.c. sono stati coinvolti da una presentazione
multimediale sull’argomento dal taglio dichiaratamente
artistico e da una lettura di passi
scelti sulle tematiche sviluppate tratti da Catullo,
Orazio, Asclepiade, Sartre e Moravia.
“Quale giovane di oggi o del passato non ha
mai cercato di cogliere l’attimo?!” Con questa
provocazione la professoressa Consiglio ha
esordito dando così avvio alla sua relazione.
Nell’immaginario collettivo l’attimo fuggente
corrisponde al Carpe Diem, espressione latina
che incarna il pensiero filosofico di Orazio, che
dichiarava, con ciò, la necessità dell’uomo di
agire nel presente, senza preoccupazioni, poiché
nessuno può prevedere cosa accadrà in futuro.
Ogni momento è degno di essere vissuto,
sia esso un secondo o un’eternità, senza per
questo perseguire un’etica comportamentale
improntata ad edonismo sfrenato, gaudente,
privo di inibizioni.
Per molti giovani, ciò potrebbe corrispondere al
proprio ideale di vita, vivere il presente, come
impegno pieno nella propria particolare condizione
sociale per giungere oggi a quelle realizzazioni
cui forse il domani ci sottrarrebbe.
Come si legge nei versi di Asclepiade, di Orazio
e di Catullo, il Carpe Diem non ha impedito
la considerazione sulla precarietà del destino
umano e sull’inutilità di rinviare al futuro la
gioia della vita, la necessità di risolvere tutto
nell’hic et nunc effimero e fuggevole.
In tempi più moderni, però, questo messaggio è
stato spesso frainteso. I giovani di oggi vedono
Messina Sara, Agnello Alice, Pruiti Gloria
Madonna Simona, Pittalà Ilaria, 5ª D Ls
nel Carpe Diem la piena libertà nelle proprie
azioni. A lungo andare, però, questo atteggiamento
di disinvoltura distrugge la loro personalità
e i giovani saranno sempre più annoiati,
come è emerso dagli interventi di alcuni studenti.
Proprio questo aspetto è stato uno dei
punti di discussione nella
conferenza e dalle considerazioni di alcune
opere pittoriche, nonchè dalla lettura dei brani
di Moravia e Sartre è emerso che la Noia, secondo
una visione moderna, nasce dalla presa
di coscienza da parte dell’individuo dell’illusorietà
del piacere, cosicché si ritiene che non
valga la pena neppure desiderare.
Sartre definisce la Noia, Nausea, assurdo della
realtà senza senso e assurdo delle cose che non
sembrano avere nessuna giustificazione. Anche
se la filosofia sartriana si riferisce ad un periodo
storico ben preciso,l’ineliminabile senso di
angoscia trova riferimento anche nel nostro
presente. Sartre, pur non negando la terribile
condizione in cui vive l’uomo , indica nell’azione
e nell’impegno individuale un mezzo di
riscatto.
L’uomo non deve lasciarsi condizionare nelle
sue scelte da principi esterni, ma deve assumersi
la totale responsabilità delle proprie azioni ed
impegnarsi attivamente nella storia, contando
unicamente sulla sua volontà e sulle circostanze
che permettono di attuarla.
“L’uomo è solo con se stesso, in ciò sta il suo
dramma, ma anche la sua libertà”.
La lezione di Sartre risulta quanto mai attuale
nella nostra epoca caratterizzata da forti contrasti
sociali e politici, che può essere benissimo
associata a quella di Moravia che, in una società
industriale e tecnologica nella quale domina
l’alienazione e la reificazione, consiglia di vivere
una condizione di imperturbabilità, senza
più tentare di istaurare un rapporto con le cose
attraverso il possesso.

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Basilio Reale, 5ª D Ls
Conferenza “L’Attimo fuggente”
Interventi costruttivi:
Cos'è la noia?
Attualità Febbraio
Il Mese di Dicembre, in attesa che si risolvesse la mobilitazione studentesca nazionale a seguito della
Riforma, gli studenti del Lucio Piccolo hanno deciso di dedicarlo ad un momento di approfondimento, secondo
essi più utile rispetto ad una sterile agitazione che si sarebbe poi esaurita con l’arrivo delle Vacanze
Natalizie. La proposta della Didattica Alternativa ha riscosso grande successo tra gli studenti ed ha incontrato
anche l’approvazione dei professori che si sono prestati ad assecondarli, accogliendo le loro richieste
di sviluppare tematiche che stanno a cuore ai giovani.
Il professore Spaticchia e la professoressa Consiglio, quest’ultima mia insegnante di Lettere, hanno tenuto
una conferenza sull’Attimo Fuggente.
Così, terminate le relazioni dei rispettivi professori, si è dato avvio ad un dibattito e personalmente ho curato
un intervento sulla noia, nel quale ho cercato di sintetizzare e spiegare agli studenti presenti cosa avevo
compreso e come avevo elaborato questo concetto,come comprendere il perchè ci si annoia ,riprendendo il
pensiero di filosofi e letterati .
Per me, la definizione più appropriata di noia ,frutto di studi, è insoddisfazione, frequente sempre più nei
giovani, che spesso cercano di evadere da questa sensazione di vuoto momentaneo, provocato dalla nostra
mente alla continua ricerca di stimoli. E' una forma di non vivere, poiché non ci si accorge che il tempo a
nostra disposizione è veramente fugace.
Lucrezio affermava l’ impossibilità dell'uomo nel soddisfare i propri desideri, le proprie ambizioni, poiché
il raggiungimento della voluptas lo portava a pretendere un bene e una felicità infinita, che in realtà la natura
non era in grado di offrire; da qui la considerazione dell'illusorio appagamento delle pulsioni umane. Secondo
Lucrezio,attraverso lo studio e l’applicazione della filosofia epicurea,l’uomo,soddisfatti i beni necessari
,lascia da parte la futilità ,assumendo la posizione del saggio,raggiungendo l’atarassia.
Shopenauer, pur appartenendo ad un’epoca completamente diversa , ha una visione molto simile a quella
di Lucrezio. Shopenauer considera la vita come un pendolo,da un lato pone la noia ,dall’altro l’infelicità,con
al centro dei fugaci momenti di gioia. L'uomo, soddisfatto un desiderio ,dopo un iniziale momento di
felicità , perde ogni piacere ; arriva, quindi allo stato di noia e successivamente d'infelicità non trovando un
desiderio che possa condurre al pieno appagamento.
Anche Seneca dà una definizione di noia alias tedium vitae, sibi displicere ,che affligge chi vive un’esistenza
priva di significato. L'impegno per il bene comune e l’amore per la filosofia sono un'ottima soluzione
a questa condizione.
Per Ungaretti la noia è offuscamento della mente, uno stato in cui l'uomo non riesce più a pensare e ragionare.
Tutti gli uomini vivono nella stessa condizione di dolore e in nome dell’Unanimismo, il poeta auspica
la realizzazione di una fraternità fra gli uomini .
Eugenio Montale, invece, chiuso in un freddo e insensibile dolore, proietta il suo ' male di vivere' sul mondo
circostante, caratterizzato da una sofferenza che non è solo umana, ma cosmica e
universale, molto più cupa di quella di Leopardi. Se per quest’ultimo la condizione di noia rappresenta un
momento in cui l’uomo diventa consapevole del proprio stato basso e frale , dal quale si può uscire o con la
percezione dell’Infinito o con la social catena, per Montale,la divina indifferenza, significa consapevole ed
imperturbabile considerazione di uno status quo, non certamente isolamento e rifiuto di vivere.
Da sempre, l’attività speculativa del pensiero umano ha avuto come oggetto la noia, perché si possono annoiare
i giovani, per carenza di idee e di stimoli e si possono annoiare gli anziani, ai quali tutto può sembrare
un film già visto.
In realtà la vita offre a qualsiasi età numerose occasioni d’interesse. “Cogli l’attimo” consigliava Orazio.

7
Attualità Febbraio
LA COSTITUZIONE ITALIANA, LA PIU’ BELLA DEL MONDO
TANTO BELLA QUANTO IGNORATA
Sapienza Giovanni - Tripiciano Federica - Gorgone Mara, 4ª D Ls
“I nemici della Costituzione sono l'indifferenza alla politica e il non
voto. Non ti tirare fuori, se ti tiri fuori è terribile, dai il potere alla
folla che sceglie sempre Barabba.” Sono queste alcune delle frasi
piene di significato e completamente condivisibili che Roberto Benigni
ha pronunciato nel suo commento alla Costituzione Italiana
durante una trasmissione Rai. Nella società odierna, purtroppo, regna,
soprattutto fra i giovani, un completo disinteresse, che in
qualche caso diventa odio verso la politica. Se da un lato questo
aspetto è condivisibile per il cattivo esempio che quotidianamente
offre la classe politica, dall'altro lato è una circostanza che non solo non bisogna condividere ma bisogna
combatterla con tutti i mezzi democratici. La lontananza dalla politica, infatti, induce soprattutto i giovani a
non usufruire di un fondamentale diritto che è il voto, unico strumento in democrazia per poter esprimere la
nostra opinione scegliendo chi dovrà rappresentarci in Parlamento. Il non voto delega ad altri questa importante
facoltà. Benigni, nel commentare la Costituzione con un metodo completamente nuovo che non induce
noia verso qualcosa di astratto, ma suscita interesse anche nei giovani, ci ha ricordato che i padri della Costituzione
hanno messo da parte tutte le divergenze politiche, sociali e
culturali per un unico fine, realizzare un organismo in grado di difendere
i diritti dell’uomo: la Costituzione Italiana. In essa sono racchiusi
tutti i presupposti per un vivere civile. Se oggi tutti gli italiani,inclusi
i politici, fossero in grado di amare la politica, di rispettare
gli articoli della costituzione e soprattutto di interessarsi al bene
comune e non esclusivamente ai propri interessi, l’Italia non sarebbe
dilaniata dalla corruzione e dalla crisi delle istituzioni. Non avere
interesse per la politica è come non avere interesse per la vita, perché la politica è l’unico strumento in grado
di garantire la convivenza tra gli uomini. Può sembrare strano, ma coloro che hanno scritto la Costituzione
erano politici, differenti dai politici che oggi sono continuo oggetto di derisione e satira. I padri Costituenti
nello scrivere gli articoli che compongono la Costituzione hanno pensato a garantire a tutti i cittadini i diritti
inviolabili dell'uomo, riconoscendo a tutti pari dignità sociale, senza distinzione di sesso, razza, lingua,
religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Naturalmente la Costituzione impone anche dei
doveri, che sono alla base della convivenza civile e rappresentano il principale presupposto per cui giustizia
e legge possono affermarsi ed essere rispettati. La nostra Repubblica pone l’accento sui doveri giuridici, ma
anche civici, che sono alla base della convivenza civile e rappresentano il principale presupposto per cui giustizia
e legge possano affermarsi e essere rispettate. È di fondamentale importanza che ciascun cittadino assolva
i propri doveri verso lo Stato. L’ articolo 2 della Costituzione Italiana, tra i principi fondamentali, richiede
l’adempimento di doveri di solidarietà politica, economica, sociale. Tali doveri gravano essenzialmente
sui cittadini, ma anche sugli stranieri. La consapevolezza anche dei nostri doveri è necessaria, non si
hanno diritti senza corrispondenti doveri. A tal proposito, è molto profonda la frase di Gandhi: “se adempiamo
i nostri doveri non dovremo andare lontano a cercare i diritti”. L'importanza della Costituzione dovrebbe,
dunque, essere spiegata ai giovanissimi, magari con il “metodo benigni”, in modo che tutti i cittadini sappiamo
quali sono i diritti e i doveri di una Carta Costituzionale che guarda al futuro proprio perché prevede un
Paese senza ingiustizia, in cui i cittadini tutti hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri perché è la Repubblica
che rimuove «gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l´uguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l´effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (art.3).

8
Attualità Febbraio
L’università è veramente la scelta del futuro?
Mattia Castano, Alessio Ciullo, 5ª D, Julia Vitanza, 4ª D Ls
La scelta dell’Università è un passo di fondamentale importanza nella propria vita, così a lungo, per
evitare che essa risulti una perdita di tempo. A volte, purtroppo la scelta non è quella giusta, probabilmente
perché gli studenti presi dall’esame di maturità non riescono a scegliere in maniera esatta: più del
30% dei maturandi si preoccupa di quale corso scegliere solo dopo la maturità e quasi il 10% sceglie cosa
frequentare proprio all’ultimo minuto. I ripensamenti sono sempre di più e per questo molti cambiano il
proprio corso di laurea già al primo anno di studi.
Di per sé, non ha molto senso perdere molti mesi di studio in un corso di laurea per il quale non si ha un
vero interesse tanto meno la cosa ha senso per i genitori che escono migliaia di euro per il mantenimento
dei propri figli.
Per evitare tutto ciò bisogna dedicare del tempo alla scelta, che risulti congeniale alle proprie attitudini e
a ciò che si vuole realmente fare, evitando di certo esiti negativi.
A questo proposito è molto utile rispondere a dei semplici questionari, quasi sempre gratuiti, rintracciabili
sulla rete e che permettono di comprendere quale sia una possibile strada da seguire. Oggi siamo pieni
di laureati che ottenuta la laurea, per poter andare avanti si riducano a fare lavori che potrebbe fare anche
chi non possiede una laurea sprecando così “solo” 18 anni di studio. Anni di sacrifici e di impegno buttati
. E se la situazione è difficile per i laureati, si pensi solo alla gente che non avendo potuto studiare per
motivi economici o negligenza cosa si riduce a fare,
soprattutto in questo periodo di crisi.
In termini di orientamento è importante vedere
quello che le università possono offrire, poiché i
servizi di orientamento oggi permettono di avere
informazioni in prima persona. C’è anche da tener
in conto che esperienze all’estero sono molto apprezzate
dalle aziende che cercano del personale da
inserire.
Ed infine è da tenere presente la disponibilità di
borse di studio e di agevolazioni per studenti meno
agiati e più brillanti.
Ancora è bene informarsi sulle possibilità di svolgere
degli stage e dei tirocini all’interno delle
aziende. Una volta che si hanno le idee più chiare sulla scelta da effettuare, è bene informarsi anche sulla
città polo universitario da scegliere. Le varie facoltà organizzano sempre delle giornate “porte aperte”,
dove professori, ricercatori e laureandi presentano i vari corsi di laurea e rispondono alle domande dei
futuri universitari. Una volta fatto ciò si può avere un’idea di quello che bisogna scegliere, basta fare tutto
con calma e semplicità.
Di certo l’università non darà un vitalizio, ma non bisogna agire superficialmente, perché solo attraverso
gli studi specialistici si potrà avere una futura garanzia lavorativa, in questo mondo di crisi.

9
Francesca Sgrò, 4ª D Ls
LAVORARE IN ITALIA O ALL’ESTERO?
Attualità Febbraio
In un periodo strano come questo, gli adolescenti hanno paura, più che mai, per il loro futuro. La crisi
economica, i vari tagli alla sanità, all’istruzione e l’assoluto nepotismo che, purtroppo, mina gli atenei delle università
addolora i giovani del XXI secolo.
Nonostante tutto quello che ci circonda, da sempre la parola “FUTURO” ha fatto vacillare i pensieri delle generazioni:
non sapere a cosa si va incontro, spesso è una scommessa, un puntare al buio, un affidarsi alle previsioni
e alle statistiche. Rischiare tutto per poi non sapere se il proprio obiettivo sarà realizzato. È più che ovvio che
oggi i ragazzi non vogliono parlare del loro futuro; è semplice sognare una bella casa, un marito perfetto e dei
figli stupendi ma alla fine sono solo dei castelli in aria che non sempre diventano realtà. Il problema fondamentale
è concepito dal lavoro, poiché oggi sperare di trovare un buon impiego in Italia è quasi impossibile. I ruoli
di maggiore prestigio, infatti, sono ricoperti, da tanti anni, dalle stesse persone, impedendo ai giovani di fare le
dovute esperienze. Inoltre con la legge Biagi i giovani sono sempre meno tutelati e così un laureato, pur di entrare
nel mondo del lavoro, è costretto ad accettare un contratto a breve termine o a volte anche in nero, guadagnando
una cifra irrisoria e lavorando tante ore, senza neppure avere la certezza che, una volta finito il periodo
di prova, il contratto gli venga rinnovato. È indubbio
che in Italia ci siano personalità in grado di emergere a
livello internazionale, ma è vero anche che non si fa
nulla per trattenere nel nostro paese questi giovani con
tante idee per il futuro. Oramai, siamo cittadini del
mondo, per cui dobbiamo essere sempre pronti ad un
possibile lavoro all’estero, il lato negativo è che il lavoro
fuori della propria nazione non rappresenta un’alternativa
ma una necessità. Per questo motivo frequentare,
nei giusti tempi di studio, una buona università, e conoscere
almeno due lingue straniere, oggi è di fondamentale
importanza. Il lavoro, si sa, manca, per questo i giovani
espatriano per vivere attivamente la loro vita lavorativa,
per non aspettare che il lavoro bussi alle loro
porte, ma per crearsi un’attività al passo con la società
moderna. Già, perché se il lavoro manca non deve però
mancare la voglia di lavorare né l’ambizione. Tuttavia
anche le università con le loro aule caotiche e i pochi
fondi a disposizione per espandere gli orizzonti e le
possibilità degli studenti, concorrono a convincere i
giovani a puntare su un paese che crede in loro. In breve,
vi è una sorta di ostracismo nei confronti dei giovani.
Se l’esilio è volontario, deciso cioè non per cause esterne, il lavoro all’estero può essere un’ottima scelta, utile
anche per fare esperienza. Inoltre in questo caso un eventuale lavoro all’estero, unito ad una buona conoscenza
della lingua, rappresenta un vantaggio anche qualora il giovane decida di tornare nella propria nazione. In
questo modo le esperienze all’estero rappresenterebbero un eccellente curriculum vitae e, quindi, la quasi certezza
di ottenere un posto di lavoro. Da un punto di vista personale, il lavoro all’estero sarebbe un’ottima esperienza,
non un’alternativa obbligatoria alla difficoltà di occupazione italiana. Riguardo a questo punto, ci viene da
pensare agli italiani militari impegnati in missioni di pace, giovani che non trovando lavoro hanno deciso di rischiare
la propria vita, pur di portare a casa uno stipendio, per non sentirsi persi o falliti. Troppe volte, però,
nelle loro case, oltre al loro stipendio, è arrivata anche la notizia della morte. In sintesi il lavoro all’estero non è
sempre una fuga, può invece, rappresentare la volontà di affermare se stessi e la propria nazione in uno scenario
lavorativo mondiale.

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Attualità Febbraio
IL PARADOSSO SU CUI POGGIA IL MONDO
Dobbiamo assolutamente riscoprire il concetto di distinzione.
Giuseppe Tindiglia
Il bisogno di distinzione materiale nasce
nell'uomo come un mezzo attendibile per perseguire
la propria felicità. La famosa formula “I
soldi fanno la felicità!” deriva proprio da questo
bisogno.
Per fortuna, non tutti gli uomini lo hanno assecondato,
ricercando la felicità in un altro modo:
l'Arte.
Per Arte si intende l'insieme di tutte le forme di
distinzione ideali attraverso cui un individuo si
sente diverso, “distinto” da un altro. Queste due
strade, intraprese dall'uomo, hanno generato due
fasi che si sono intercorse nella storia e che hanno prodotto i medesimi risultati: la prima fase, essendo ancorata
ad una dimensione materialistica della vita, ha indotto gli uomini ad una strenua lotta fisica. I risultati
sono stati guerre, massacri e tutte le forme più estreme, orrende e disgustose che permettono ad un uomo di
prevalere su un altro per affermarsi, cioè di distinguersi; la seconda via ha evitato contatti fisici tra gli uomini,
spostando però lo scontro a livello intellettuale ed ideologico. I risultati non sono cambiati. Nonostante
ciò, a tale strada si deve dare il merito di aver placato l'eccessiva irrazionalità dell'uomo. Ad un certo punto
della nostra storia, purtroppo, siamo giunti al polo opposto, ovvero all'eccessiva razionalità, perché l'uomo è
caduto nello stesso tranello, cioè ha razionalizzato la sua esistenza, credendo che la sua felicità consistesse
nella capacità di sfruttare la propria ragione, placando così il proprio istinto irrazionale, cioè il sentir scorrere
la vita all'interno del proprio essere. Secondo un'ottica storica, il risultato finale, ovvero il risultato che possiamo
toccare a mani nude nella nostra vita odierna è una situazione intermedia, ma dal punto di vista della
condizione umana il risultato appare molto meno scontato e prevedibile. Quale fase del processo storico deve
prevalere sull'altra per assicurare una condizione equilibrata e migliore per tutti gli uomini? La risposta è nessuna
delle due. Abbiamo commesso un grave errore nel definire il concetto di distinzione e quindi, di conseguenza,
il concetto di felicità che da esso deriva.La distinzione non è travestita da pregio così come quasi tutti
credono, non è dimostrare, ottenere, fare quel qualcosa in più dell'altro a garantire la felicità per l'individuo.
Quanto detto può essere dimostrato facendo leva sul ragionamento fatto in precedenza: Il bisogno di distinzione
è nato nell'uomo come bisogno di felicità perché qualora riuscissi a soddisfare il mio bisogno di distinzione,
distinguendomi da un altro individuo in forma materiale o ideale, realizzerei la mia felicità, riuscendo
così a soddisfare il mio bisogno di felicità. Questo modo di intendere la distinzione ci ha condotto ad un risultato
tangibile ed opposto, rispetto a quello che ci eravamo prefissati: l'omologazione e la massificazione.
La realtà di oggi ne è testimone.Siamo partiti con l'intenzione di soddisfare il nostro bisogno di distinzione
per raggiungere la nostra felicità e, una volta soddisfatto per via materiale o ideale, siamo diventati degli esseri
omologati e massificati. Quella che si è venuta a creare è una situazione paradossale. Abbiamo solo finto
di essere felici, ovvero abbiamo solo creduto che il nostro bisogno di distinzione è stato soddisfatto.La distinzione
non deve essere intesa come quel quid in più che un uomo deve possedere rispetto ad un altro per sentirsi
felicemente realizzato; la distinzione è nella copresenza di uguaglianza e specialità in ogni uomo, è patrimonio
intangibile dell'uomo.La felicitàè una meta comune; è un luogo dove gli uomini si riuniscono curando
i loro difetti con i pregi degli altri; è condivisione e completamento dei nostri bisogni di distinzione. Può darsi
che, scoprendo i nostri difetti, saremo più vulnerabili nei confronti di persone che si comportano in maniera
opportunistica, ma è più vero e più indiscutibile per l’uomo non continuare a vivere in una menzogna.

11
Marco Cipriano, 3ª A Ls
Costituzione e Cittadinanza Febbraio
La scuola nella Costituzione più bella del mondo
La Costituzione Italiana, “la più bella del mondo”! È così che
Roberto Benigni descrive la nostra Costituzione, commentandola
con fervore su Rai 1 . “La Costituzione ancora respira - continua
l’attore - ed è il miglior regalo che ci potessero lasciare, ma abbiamo
il dovere di farlo nostro e di essere orgogliosi di essere italiani”.
Bellissime parole, ma belle soprattutto in quanto dicono la verità. Di
seguito ricordiamo gli articoli che, direttamente e indirettamente,
riguardano la scuola, l’istruzione e la formazione.
33 L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La
Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole
statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di
istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La
legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che
chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro
alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di
scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e
per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il
diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
34 La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I
capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica
rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che
devono essere attribuite per concorso.
3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
9 La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il
patrimonio storico e artistico della Nazione.
30 È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli,
anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori,
la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura
ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile
con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta
le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
117 (Omissis) Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
(omissis) m determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n norme generali
sull’istruzione; (omissis). Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a : (omissis) istruzione,
salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e formazione professionale;
(omissis).
4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo
questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta,
un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
>>

12
>>
Costituzione e Cittadinanza Febbraio
6 La Repubblica tutela con apposite norme
le minoranze linguistiche.
21 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente
il proprio pensiero con la parola,
lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
(Omissis)
32 La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo e interesse
della collettività (omissis).
35 La Repubblica tutela il lavoro in tutte
le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione
e l'elevazione professionale dei
lavoratori. (Omissis).
38 (Omissis) Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Elogio della democrazia
Laura Valentino, Antonio Paterniti, Daniele Castanò, 3ª A Ls
Il nostro sistema politico non compete con istituzioni che sono vigenti altrove. Noi non capiamo i
nostri vicini, ma cerchiamo di essere un esempio. Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: per
questo è detto democrazia. Le leggi assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma
noi non ignoriamo i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza
di altri, chiamato a servire lo Stato, non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito, e la
povertà non costituisce un impedimento. […]
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e
non infastidiamo il nostro prossimo se preferisce vivere a suo modo. […] Ma questa libertà non ci rende
anarchici. Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati e le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo
proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte la
cui sanzione risiede solo nell’universale sentimento di ciò che è giusto.
La nostra città è aperta al mondo; noi non cacciamo mai uno straniero. […] Noi siamo liberi di vivere proprio
come ci piace, e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Noi amiamo la bellezza
senza indulgere tuttavia a fantasticherie, e benché cerchiamo di migliorare il nostro intelletto, non ne
risulta tuttavia indebolita la nostra volontà. […] Riconoscere la propria povertà non è una disgrazia presso
di noi; ma riteniamo deplorevole non fare alcuno sforzo per evitarla.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private. Un uomo
che non si interessa dello Stato non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché soltanto pochi siano in
grado di dar vita a una politica, noi siamo tutti in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione
come un ostacolo sulla strada dell’azione politica, ma come indispensabile premessa ad agire saggiamente.
[…] Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà e la libertà il frutto del valore […].
Sembra un brano scritto per noi, invece è tratto dal discorso che Pericle tenne nell’inverno tra il 431 e il
430 a.C. in onore dei caduti ateniesi nel primo anno della guerra del Peloponneso. È riportato da Tucidide
nell’opera “La guerra del Peloponneso”.

13
Giuseppina Masitto, 5ª A Ls
Costituzione e Cittadinanza Febbraio
Storia del suffragio in Italia
“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che
hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio
è dovere civico.
La legge stabilisce requisiti e modalità per l'esercizio del
diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura
l'effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero
per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi
nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri
determinati dalla legge.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità
civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei
casi di indegnità morale indicati dalla legge” (art. 48 della
Costituzione).
Prima dell’entrata in vigore della Costituzione italiana, la
situazione non era così.
La prima legge elettorale dello Stato unitario italiano fu
quella che Carlo Alberto aveva emanato per il Regno di
Sardegna il 17 marzo 1848: l'elettorato poteva essere esercitato solamente dai maschi in possesso di una
serie di requisiti: età non inferiore ai 25 anni, saper leggere e scrivere, pagamento di un censo di 40 lire.
Al voto erano ammessi, anche non pagando l'imposta stabilita, i magistrati, i professori e gli ufficiali.
Questa normativa elettorale, parzialmente modificata dalla legge del 20 novembre 1859, n. 3778, emanata
durante la seconda guerra di indipendenza dal governo Rattazzi in virtù dei pieni poteri, rimase sostanzialmente
inalterata dal 1848 al 1882.
Nel 1882, durante il governo di Sinistra presieduto da Agostino Depretis, fu elaborata la legge n. 999,
che ammise all'elettorato tutti i cittadini maggiorenni che avessero superato l'esame del corso elementare
obbligatorio, oppure pagassero un contributo annuo di lire 19,80; in tal modo si realizzò un cospicuo allargamento
del corpo elettorale, che passò da circa 628.000 ad oltre 2.000.000 di elettori, cioè dal 2% al
7% della popolazione totale.
Il passo successivo fu il suffragio universale maschile,
durante il governo di Giovanni Giolitti, introdotto con la
legge del 30 giugno 1912, n. 666. L'elettorato attivo fu
esteso a tutti i cittadini maschi di età superiore ai 30 anni
senza alcun requisito di censo né di istruzione, restando
ferme per i maggiorenni di età inferiore ai 30 anni le
condizioni di censo o di prestazione del servizio militare
o il possesso di titoli di studio già richiesti in precedenza.
Il corpo elettorale passò da 3.300.000 a 8.443.205, di
cui 2.500.000 analfabeti, pari al 23,2% della popolazione.
La Camera respinse, però, con votazione per appello
nominale la concessione del voto alle donne (209 contrari,
48 a favore e 6 astenuti). Questa legge fu rivisitata alla fine del primo conflitto mondiale, il 16 dicembre
1918: il suffragio fu esteso a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto il 21° anno di età e,
prescindendo dai limiti di età, a tutti coloro che avessero prestato servizio nell'esercito mobilitato.
>>

14
Costituzione e Cittadinanza Febbraio
>> Il 31 gennaio del 1945 con il Paese diviso ed il nord sottoposto all'occupazione tedesca il Consiglio
dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi emanò un decreto che riconosceva il diritto di voto alle
donne (Decreto legislativo luogotenenziale 2 febbraio 1945, n. 23). Il 2 giugno del 1946 le donne votarono
per il Referendum istituzionale e per le elezioni della Assemblea costituente ma già nelle elezioni amministrative
precedenti avevano votato, risultando in numero discreto elette nei consigli comunali.
Sui banchi dell'Assemblea costituente sedettero le prime parlamentari: nove della DC, nove del PCI, due
del PSIUP ed una dell'Uomo qualunque.
[ Il porcellum ]
Martina Mastriani, Giorgio Emanuele, Elena Merendino, 3ª A Ls
La legge elettorale con la quale andremo a votare il 24 ed il 25 febbraio è la numero 270 del 21
dicembre 2005. È stata formulata principalmente dall'allora Ministro per le Riforme Roberto Calderoli,
che in un'intervista televisiva la definì «una porcata». Proprio per questo venne denominata porcellum
dal politologo Giovanni Sartori. Ha sostituito le leggi 276 e 277 del 1993, (cosiddetto mattarellum),
introducendo un sistema radicalmente differente.
Con il porcellum il nostro sistema elettorale è divenuto un sistema proporzionale a liste bloccate con
premio di maggioranza. L’elettore vota la lista, ma non può esprimete preferenze per i candidati.
Il sistema prevede soglie di sbarramento per accedere sia alla Camera che al Senato. Alla Camera, per
la lista non collegata a una coalizione la soglia prevista è del 4 %, mentre per le coalizioni è del 10%.
Diverso al Senato, la soglia per la lista non coalizzata è dell’8%, per la coalizione invece è del 20%.
La legge prevede il premio di maggioranza che viene garantito alla coalizione vincente; un premio che
viene assegnato in maniera diversa nei due rami del parlamento. Alla Camera il premio viene computato
su scala nazionale: chi prende più voti guadagna (qualora non avesse raggiunto i 340 seggi) il 55 per
cento dei seggi. Il territorio nazionale viene suddiviso in 27 circoscrizioni con un numero di seggi che
variano secondo l’ultimo censimento della popolazione.
Questo è il numero dei seggi che spettano alle regioni: Lombardia 101 seggi, Piemonte 46, Trentino
11, Veneto 51, Friuli 13, Liguria 16, Emilia 45, Toscana 38, Umbria 9, Marche 16 , Lazio 58, Abruzzo
14, Molise 3, Campania 59, Puglia 42, Basilicata 6, Calabria 20, Sicilia 52, Sardegna 17, Valle d’Aosta
1, circoscrizione estero 12.
Diverso però è quanto avviene al Senato, dove permane sempre un premio di maggioranza, ma questo
viene assegnato su scala regionale, dunque lo ottiene la coalizione che in quella singola regione ha raccolto
il maggior numero dei voti.
L’effetto paradossale è che chi ottiene una maggioranza netta alla Camera, rischia di non governare se
al Senato perde regioni chiave come la Lombardia, il Veneto, la Campania o la Sicilia.

15
Maura Milone, 5ª A Ls
Unione Europea Febbraio
L’Unione Europea è un organismo particolare, formato da
27 paesi membri indipendenti e democratici, alle cui istituzioni
gli stati membri delegano parte della propria sovranità
nazionale.
La prima proposta di unificazione pacifica del continente
sotto un’unica istituzione sovranazionale fu avanzata già
nell’Ottocento da Victor Hugo, ma si concretizzò solamente
il 18/04/1951 quando i sei stati fondatori (Germania Ovest,
Francia, Italia, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo) firmano il
trattato di Parigi, che istituì ufficialmente la Comunità europea
del carbone e dell’acciaio (CECA) con lo scopo di coordinare
produzione e prezzi in quelli che erano ancora i settori-chiave della grande industria continentale.
Il 25 marzo 1957 gli stessi stati istituirono a Roma la Comunità economica europea (CEE), che mirava
alla creazione di un mercato europeo comune, la Comunità europea per l’energia atomica (CEEA o Euratom).
Ai sei stati fondatori si sono uniti nel 1973 la Gran Bretagna, l’Irlanda e la Danimarca, nel 1981 la Grecia,
nel1986 la Spagna e Portogallo. Nel 1990, con la riunificazione tedesca, la Germania Est entra a far parte
della Comunità economica europea, come parte della Germania. Nel 1995 entrano l’Austria, la Svezia e la
Finlandia, nel 2004 Cipro, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, Malta, la Polonia, la Repubblica Ceca, la
Slovacchia, la Slovenia ed l’Ungheria, nel 2007 infine la Romania e la Bulgaria.
Vi sono inoltre stati che hanno avviato i negoziati: la Turchia,
la Croazia e l’Islanda; altri che si sono candidati all’adesione:
la Macedonia ed il Montenegro, altri ancora che
hanno presentato richiesta di adesione: l’Albania e la Serbia.
Dal 1° luglio 2013, la Croazia sarà il ventottesimo stato
dell’Unione Europea.
Il processo di unificazione economica, politica e culturale
dell’Unione è avvenuto attraverso delle tappe fondamentali
quali: le Prime elezioni a suffragio universale del Parlamento
Europeo (1979) eletto direttamente dai cittadini e
avente sede ufficiale a Strasburgo, ma che svolge le proprie
attività anche a Bruxelles e a Lussemburgo; l’Atto unico
europeo (1987) che prevedeva una serie di misure intese a
rendere effettiva, dopo l’abolizione delle barriere doganali,
l’unificazione del mercato, introducendo regole comuni a
tutti i paesi membri della comunità europea nei settori del
commercio, dell’industria e dell’agricoltura.; il Trattato di
Maastricht (1992), con il quale il termine Unione Europea
subentra a quello di comunità e riunisce nell’unica cornice dell’Ue le tre comunità preesistenti: Euratom,
Ceca e Cee. Tre i pilastri dell’Ue con il Trattato di Maastricht: mercato unico, unione economica e monetaria;
politica estera e di sicurezza; cooperazione giudiziaria e di polizia.
>>

16
Unione Europea Febbraio
>>
Tre le fasi dell’Unione economica e monetaria: libera circolazione dei capitali; direzione comune delle
politiche economiche, cooperazione tra le banche dei singoli Stati membri e istituzione dell’Ime
(Istituto Monetario Europeo); graduale introduzione dell’euro sotto il controllo della Bce che subentra
all’Ime; il Trattato di Amsterdam (1997), che prevedeva il rafforzamento dell’unione politica; il Trattato
di Nizza (2001), che adeguava le istituzioni in vista dell’adesione di altri Stati; il Trattato di Lisbona
(2007), che migliora, senza surrogarli i trattati precedenti, e si prefigge, come obiettivo, che l’Europa diventi
la locomotiva per “l’economia più dinamica e competitiva la mondo” e che l’Ue sia sempre più democratica,
efficiente, libera e potente. Quest’ultimo è entrato in vigore nel dicembre del 2009 e mette,
concretamente, fine ai negoziati della riforma istituzionale. La Costituzione europea firmata dagli stati
membri nel 2004, dopo essere stata modificata e semplificata, è entrata in vigore nel 2009.
L’Unione Europea è un’area di libero mercato, rappresentata da una moneta unica e provvista di un’unione
doganale. Soltanto diciassette stati, però, hanno adottato l’euro. Non hanno aderito all’euro il Regno
Unito, la Danimarca, la Svezia, la Lituania, le Lettonia, la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, la
Bulgaria e la Romania.
L’Unione Europea, inoltre, non si occupa esclusivamente di affari esteri, sicurezza e politica economia,
ma anche di agricoltura, commercio e protezione ambientale, promuove iniziative per sostenere la ricerca
e lo sviluppo scientifico e tecnologico, disciplina le modalità di produzione ed imballaggio, garantendo
così oltre che la qualità anche la tracciabilità dei prodotti Europei.
La festa dell’Unione Europea cade il 9 maggio, perché nel 1950, l’allora Ministro francese degli Affari
Esteri, Robert Schuman, presentò, con l'ausilio del suo collaboratore Jean Monnet, esattamente il 9 maggio,
la proposta di creare un’Europa organizzata al fine di instaurare e mantenere relazioni pacifiche fra
gli Stati che la componevano. Tale proposta, nota come "Dichiarazione Schuman", è considerata proprio
l'atto di nascita dell'Unione Europea.
Il Motto dell’Unione Europea è “Unità nella diversità”. L’«Inno alla gioia», tratto dalla nona sinfonia di
Beethoven, ne è l’inno ufficiale.
Istruzione, formazione e gioventù nell’Unione Europea
Ludovica Chirieleison, Rosamaria Danna,
Micaela Carcione, II A Lc
L’art. 49 del Trattato di Roma, modificato
dall’Atto unico e dal Trattato di Maastricht, afferma
che la Comunità deve contribuire allo sviluppo di
un’educazione di qualità, rispettando, però, le responsabilità
degli Stati membri per quanto riguarda il
contenuto dell’insegnamento e per quanto concerne
l’organizzazione del sistema educativo. Di conseguenza,
la politica in materia di istruzione è decisa
dai singoli paesi dell’UE, ma insieme essi fissano
obiettivi comuni e condividono le migliori pratiche.
Per questo i sistemi scolastici, nella maggior parte
dei paesi dell’UE, presentano, in una fase di riforme,
alcune peculiarità comuni, come, ad esempio: l’innalzamento
del ciclo della scolarità obbligatoria; il
decentramento amministrativo e didattico con riferimento
all’autonomia delle singole scuole; la lotta alla
dispersione scolastica per incrementare in maniera
significativa la scolarità; la possibilità di integrare
percorsi di istruzione con quelli di formazione professionale;
il prolungamento dell’obbligo formativo anche
attraverso percorsi di alternanza scuola-lavoro e
apprendistato; l’aumento della percentuale di diplomati
in grado di entrare nei corsi universitari. L’UE finanzia
numerosi programmi per aiutare i suoi cittadini
a sfruttare al meglio le proprie capacità. Un'istruzione
e una formazione professionale di elevata qualità sono
fondamentali, infatti, per consentire all’Europa di affermarsi
come società della conoscenza e competere in
maniera efficace nell’economia globalizzata. Per il
periodo 2007-13, l'UE ha stanziato quasi 13 miliardi
di euro da destinare alla formazione permanente e agli
scambi internazionali nel campo dell'istruzione. I principali
programmi sono “Leonardo da Vinci”,
“Erasmus”, “Grundtvig”, “Comenius”, “Marie Curie”.
L’UE promuove inoltre la cooperazione politica, l’apprendimento
delle lingue, l’e-learning, nonché la diffusione
e lo scambio delle migliori pratiche, gli scambi
e i corsi sull’integrazione europea grazie ad altri
programmi e agli accordi di cooperazione con circa 80
paesi di tutto il mondo.
>>

17 Unione Europea Febbraio
>> I documenti Europass aiutano i cittadini a presentare le loro qualifiche e competenze, mettendo in evidenza
in un formato standard cosa hanno imparato e cosa sono in grado di fare. Questo strumento permette
ai datori di lavoro di comprendere meglio le qualifiche di candidati di altri paesi e facilita la ricerca di
lavoro all'estero. Esempi di documenti Europass sono: Europass Curriculum vitae, Europass Passaporto delle
lingue, Europass Mobilità (che riporta il tempo trascorso all'estero per l'apprendimento), Europass Supplemento
al certificato (competenze relative a un certificato di formazione professionale), Europass Supplemento al
diploma (che riporta il percorso di formazione degli studenti nell'istruzione superiore).
Oltre a facilitare il riconoscimento delle qualifiche attraverso i documenti Europass, l'UE è impegnata anche a
rendere più comparabili i diversi sistemi di istruzione nazionali attraverso un Quadro europeo delle qualifiche
comune (QEF) per la formazione permanente.
Per quanto riguarda l’istruzione superiore, nel quadro del cosiddetto "processo di Bologna" l’UE ed altri 20
paesi stanno lavorando alla creazione di uno Spazio europeo dell'istruzione superiore. L'obiettivo è promuovere
il riconoscimento reciproco dei periodi di studio, qualifiche comparabili e standard qualitativi uniformi.
L'Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT), creato per promuovere l'eccellenza nell'istruzione superiore,
nella ricerca e nell'innovazione, sta ricevendo finanziamenti pari a 309 milioni di euro nel periodo 2008-
13. L'EIT aiuta a tradurre i risultati della ricerca in applicazioni commerciali mediante la creazione di
"comunità della conoscenza e dell'innovazione" che raccolgono università, centri di ricerca, imprese e fondazioni.
Tra le priorità iniziali figurano i cambiamenti climatici, le fonti energetiche rinnovabili e la nuova generazione
di tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
L'iniziativa Youth on the Move punta a migliorare l'istruzione e la prospettive di occupazione dei giovani attraverso
le seguenti misure: dare maggiore importanza all'istruzione e alla formazione; incoraggiare i giovani a
utilizzare le borse europee di studio o formazione all'estero; incoraggiare i paesi dell'UE ad adottare provvedimenti
per semplificare la transizione dal mondo della scuola/università a quello del lavoro.
La strategia dell'UE per i giovani (2009) e il patto europeo per la gioventù (2005) fissano principi comuni riguardo
alle opportunità per i giovani. La strategia si basa su un approccio intersettoriale con interventi a breve
e lungo termine in tutti i settori principali (istruzione, lavoro, salute, cultura, volontariato, partecipazione, integrazione
sociale, ecc.) indirizzati ai giovani d'Europa; pone in risalto l'importanza dell'esperienza lavorativa;
definisce misure per una migliore attuazione delle politiche per la gioventù a livello europeo; esorta tutti i paesi
dell'UE a condurre un dialogo permanente con i giovani; auspica maggiori sforzi nel campo della ricerca e
una politica per i giovani fondata su dati concreti. Gioventù in azione promuove la partecipazione attiva nella
comunità e sostiene i progetti che rafforzano il senso di cittadinanza dell'UE tra i giovani, ad esempio attraverso
un'esperienza di volontariato all'estero nell'ambito del Servizio volontario europeo. Tra il 2007 e il 2013
sono previsti investimenti per 900 milioni di euro in queste attività.
Il riconoscimento delle qualifiche professionali a livello europeo è una priorità

18 Interculturalità Febbraio
L’interculturalità come rivoluzione antropologica
La necessità di colmare il vuoto fra le culture
Di Rinaldo Anastasi
“Lo spazio fra le culture è vuoto. Possiamo colmarlo nel momento in cui usciamo da noi stessi e
incontriamo l’altro”. Così scriveva nel 2005 Raimon Panikkar, filosofo e teologo spagnolo.
Se la multiculturalità è la presenza su un territorio di più culture e l’interculturalità è lo scambio fra culture
finalizzato ad un processo dinamico, è evidente che solo la seconda può colmare il vuoto di cui parla
Panikkar.
Tale processo dinamico, nel corso della storia, ahimè, è stato frenato dall’etnocentrismo, dall’occidentalismo
e dal loro senso di superiorità. Per capire che non esiste e non è mai esistita alcuna superiorità culturale,
basta spostare l’attenzione dall’Italia o dall’Europa verso tutto il pianeta, prendere coscienza che nel
corso della storia ogni cultura è progredita nel contatto e nel confronto con le altre culture, riesaminare criticamente
le vicende coloniali dal punto di vista degli altri, riflettere sulle conseguenze che le vicende coloniali
dell’Italia hanno avuto in Libia, in Etiopia ed in Somalia.
Solo la mondialità, come sintesi dialettica tra identità ed appartenenza, diversità e globalità, relativismo e
universalismo, pluralismo e cosmopolitismo, può oggi rinvigorire gli obiettivi dell’Onu, quali la pace e la
sicurezza internazionale, le relazioni amichevoli tra le nazioni e la cultura del disarmo.
La cultura, poi, proprio perché tale, è multiculturalismo;
il multiculturalismo implica il pluralismo; il pluralismo
produce l’interculturalità e riconosce la
“differenza” come una risorsa. Da qui alla cittadinanza
cosmopolita il passo è breve e immediato. La cultura
se è vera cultura, quindi, porta transitivamente tutti a
riconoscersi negli altri ed a trovare negli altri se stessi
secondo la humiana “morale della simpatia”, per cui
sentiamo come proprio il bene altrui.
Gordon W. Allport aveva capito chiaramente come la
dinamica del “capro espiatorio” si fosse spostata dal
caprone all’essere umano, responsabile a volte soltanto
di essere diverso. Nel mondo classico il diverso era il
“barbaro”, nel mondo romano il cristiano, nel medioevo
l’ ebreo, nell’età moderna l’indiano d’America o il
negro, nel mondo contemporaneo ancora l’ebreo o il
nero dall’apartheid. Oggi l’immigrato. Ma ce n’è per
tutti: donne, omosessuali, minoranze linguistiche o
religiose, rom, clochard… .
“Credo che il dialogo – ha affermato Kofi Annan – sia
un’occasione per i popoli di differenti culture e tradizioni
di conoscersi meglio, sia che vivano ai lati opposti
del mondo o nella stessa strada”. Non esistono
“capri espiatori”, la maggiorità dell’uomo implica che ognuno si assuma la propria responsabilità senza
scaricarla sui più deboli.
Il razzismo, le discriminazioni, le pulizie etniche, l’intolleranza oggi possono essere superati solo dalla persuasione
che il proprio territorio non va difeso, ma condiviso, poiché siamo tutti cittadini del mondo, e per
condividerlo c’è bisogno di una rivoluzione antropologica, che consiste nel trasformarsi radicalmente e
percepire, attraverso l’interazione, la diversità come una ricchezza e come crescita sociale e culturale.

19 Scuola Febbraio
Simone Catena e Alice Zingale, 4ª A Ls
L’homeschooling
È un fenomeno di nicchia, molto diffuso in America e Gran
Bretagna, ma inizia a prendere piede anche in Italia: è l’homeschooling,
cioè l’«educazione a casa», un'opzione legale che
permette ai genitori di fornire un'educazione al proprio figlio
direttamente a casa con il progressivo allontanamento dalle
scuole e dalla vita sociale con i coetanei. Iniziative di homeschooling
si registrano in provincia di Pordenone, di Perugia, a
Verona e Vicenza, a Modica, in provincia di Ragusa, a Rimini…
.
Cifre ufficiali non ce ne sono; interpellato, il Miur ha confermato
che l’ufficio statistico dell’Istruzione non ha mai censito dati sull’homeschooling, benché sia tra
l’altro assolutamente legale. La possibilità di educare i figli a casa non solo è consentito dalla legge, ma
sancito perfino dagli articoli 30 e 33 della Costituzione. L’obbligo infatti è sull’istruzione, non su dove
debba avvenire. Basta che i genitori che non iscrivono i figli a scuola lo comunichino e presentino un
piano di studi.
L'homeschooling ha origini antiche, si pensi a quanti grandi autori di tutto il mondo venivano istruiti
nella propria domus, ma aveva pian piano perso la sua importanza con la nascita delle prime scuole fino
ad arrivare ad oggi, tempo in cui la scuola ha assunto un ruolo importantissimo e insostituibile nella vita
di ogni individuo.
L’obbligo scolastico dal 1859 ad oggi
Antonella Pinsone, Rossella Ioppolo,
II A Lc, Davide Giuliano, Giorgio
Grasso, 3ª A Ls
Nel 1859, con la legge Casati,
l’obbligo scolastico era della durata
del biennio inferiore della scuola
elementare, allora di 4 anni. In
seguito, nel 1877, con la legge
Coppino, l‘obbligo scolastico venne
esteso a 3 anni della scuola elementare,
ampliata a 5 anni, e per
la prima volta si previdero delle
sanzioni per i genitori inadempienti.
Nel 1904, la legge Orlando
prolungò l'obbligo scolastico fino
12 anni, prevedendo l'istituzione
di un Corso popolare (classi quinta
e sesta). Un’altra modifica venne
apportata nel 1923, con la legge
Gentile, che prevedeva l’innalzamento
dell’obbligo scolastico
fino a 14 anni. Nella Costituzione
della Repubblica italiana, nel
1948, viene stabilita l'istruzione
pubblica, gratuita e obbligatoria
per almeno 8 anni, ma ancora una
volta la realtà è ben diversa per
molti ragazzi italiani. Nel 1962,
viene istituita la scuola media unificata,
nel 1968 la scuola materna
statale e nel 1969 viene liberalizzato
l’accesso all’università: tutti i
diplomati possono iscriversi a
qualsiasi facoltà. Nel 1969, viene
modificato l’esame di maturità (2
prove scritte e colloquio orale che
verte su 2 materie: una scelta dallo
studente e l’altra dalla commissione,
composta da un professore
della classe e da professori esterni).
Questo tipo di esame era stato
concepito come sperimentale
e provvisorio: sarebbe durato sino
al 1998, quando avrebbe fatto
ingresso il nuovo esame, che si
chiama esame di Stato (tre prove
scritte e un colloquio orale pluridisciplinare).
Con la legge 517 del
1977 si consente ai portatori di
handicap la frequenza della scuola
dell’obbligo, che sarà poi estesa
anche nella scuola superiore all’inizio
degli anni ’90. Nel 1997
l’obbligo scolastico viene elevato a
15 anni. La legge 296 del 2006,
infine, afferma: “L'istruzione impartita
per almeno dieci anni e'
obbligatoria ed è finalizzata a consentire
il conseguimento di un titolo
di studio di scuola secondaria
superiore o di una qualifica professionale
di durata almeno triennale
entro il diciottesimo anno di età.
L'età per l'accesso al lavoro e'
conseguentemente elevata da quindici
a sedici anni.” Di conseguenza
a tale legge oggi vige in Italia l’obbligo
scolastico, l’obbligo di istruzione
e l’obbligo formativo.
>>

20
>>
L’obbligo scolastico inizia a 6 anni e termina a 14 anni, periodo in cui è fatto
obbligo a chi ha la tutela del minore, di consentirgli di frequentare le istituzioni
scolastiche. L’obbligo di istruzione va dai 14 ai 16 anni, si assolve nel biennio
delle scuole superiori e non si conclude con il rilascio di un titolo terminale.
L’obbligo formativo è stato istituito dall'articolo 68 della legge 144/99 che introduce
"l'obbligo di frequenza di attività formative fino al diciottesimo anno
d'età". Inizia quindi a 16 anni e termina con il raggiungimento di una qualifica
professionale o col diploma, o con il compimento di 18 anni.
Con questo obbligo nessun giovane può interrompere il proprio percorso formativo
senza aver conseguito un titolo di studio o almeno una qualifica professionale
entro il 18° anno di età.
Rinaldo Anastasi
Scuola Febbraio
Le due ultime circolari ministeriali sulla valutazione periodica degli apprendimenti nei percorsi di
istruzione secondaria di II grado sono la 94 del 2011 e l’89 del 2012. Nell’ultima “… si indica alle istituzioni
scolastiche l’opportunità di deliberare che negli scrutini intermedi delle classi prime, seconde e terze
la valutazione dei risultati raggiunti sia formulata, in ciascuna disciplina, mediante un voto unico, come
nello scrutinio finale”. Nella penultima si richiama “il quadro di riferimento proprio dei vecchi ordinamenti,
[che] negli scrutini intermedi [esprime una valutazione] attraverso l’attribuzione di uno o più voti
a seconda che l’insegnamento preveda una o più prove (scritte, orali, pratiche o grafiche)”.
Nel diritto vige il criterio cronologico "lex posterior derogat priori", secondo il quale prevale la norma
entrata in vigore successivamente, ossia la più recente, anche se la norma precedente non è invalida, ma
semplicemente circoscritta nel tempo. Le due circolari, però, solo apparentemente sono in antinomia: in
realtà esse si pongono su un piano di continuità lungo la difficile strada della “didattica del successo”.
Il recupero, una volta, non veniva considerato parte integrante del processo educativo. L’attività didattica
si concludeva con le interrogazioni e con i compiti in classe finali, con i quali gli insegnanti prendevano
atto degli alunni che avevano appreso e degli alunni che non avevano appreso, ma senza che questa riscontro,
salvo rare eccezioni, avesse alcun effetto sul proseguimento
della sua attività. Quando gli alunni non riuscivano spesso
si citava Dante: la “forma non s’accorda / molte fïate a l’intezion
del l’arte / perch’a risponder la materia è sorda” (Par., I, 127-129).
La didattica era considerata “arte dell’insegnamento” e il compito
degli insegnanti era quello di spiegare, interrogare e correggere i
compiti in classe. Il problema dell’apprendimento era, invece, degli
alunni, dei quali quasi sempre il docente non si preoccupava. I
voti non avevano alcun effetto sull’insegnamento, il quale proseguiva
senza tenere conto alcuno dei mancati apprendimenti, che
venivano “recuperati”, quando venivano recuperati, dagli alunni
interessati al di fuori dell’ordinaria attività didattica della scuola.
Negli ultimi decenni, ci si è cominciati a porre il problema del recupero,
ma con iniziative aggiuntive alla normale attività didattica,
e come tali opzionali, da svolgere in orario diverso da quello curricolare,
spesso pomeridiano.
>>

21
Scuola Febbraio
>> Il recupero è stato attuato quando si sono notano gravi carenze di base che costituivano un forte
ostacolo per avanzare nell'apprendimento. Ancora oggi molto spesso il recupero viene considerato in
tale prospettiva e non viene posto come momento costitutivo, integrante, del normale processo didattico,
che deve prevedere come fisiologici gli eventuali insuccessi apprenditivi di alcuni alunni. Nella mia decennale
esperienza di supervisore di tirocinio presso la Sissis dell’Università degli Studi di Messina, durante
la fase di osservazione dei contesti scolastici e della didattica in provincia, mai mi è capitato di imbattermi
in programmazioni improntate alla “didattica del successo” nelle scuole secondarie: a dire il vero
nelle scuole secondarie di primo grado ho trovato spessissimo programmazioni modulari e per unità di
apprendimento, ma improntate ancora al recupero e non al successo; nelle scuole secondarie di secondo
grado quasi mai. La didattica del successo è quella che ha come obiettivo il successo scolastico e formativo
di tutti gli alunni; successo che rappresenta il nuovo modo di essere della scuola che mira a formare
cittadini che siano in grado di gestire il proprio progetto di vita e che acquisiscano il gusto del fare e di
realizzarsi nell’esperienza professionale. “La rivoluzione copernicana è tutta incentrata sul superamento
di un egualitarismo di superficie per aprirsi all’accettazione della specificità di ogni studente e del suo
modo di essere mettendo da parte la lettura moralistica del successo come arrivismo per considerarlo invece
realizzazione personale”, scrive Emilia Sarno in “Proposte
per una didattica del successo”. Da questo punto di vista il voto
unico della circolare 89/2012 implica che l’eventuale insuccesso
venga vissuto come un problema non solo del ragazzo ma
anche e soprattutto della scuola. Il docente che esprime un voto
insufficiente deve individuare, dall’alto della sua professionalità
e nell’ambito dell’autonomia organizzativa, didattica, di ricerca,
sperimentazione e sviluppo della scuola, dei percorsi di recupero
o integrazione che non possono essere demandati alle famiglie
o ad attività aggiuntive, seppur organizzate dalla scuola. Il
doppio voto, scritto ed orale, serviva per informare le famiglie
sulle carenze che dovevano risolvere per conto proprio nell’ambito
della didattica trasmissiva; il voto unico serve al docente
per tentare di risolvere il problema definitivamente nell’ambito
della didattica del successo. Oggi, addirittura, c’è chi propone,
non il voto unico per disciplina, ma per assi culturali (dei linguaggi,
matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale), così come sono previsti dal Dm 139/2007 e
dalla certificazione delle competenze di base del Dm 9/2010. Per di più, il voto unico facilita l’analisi
comparata dei risultati di fine quadrimestre e di fine anno per l’autovalutazione d’Istituto. Il Consiglio
europeo, in data 17 giugno 2010, ha adottato la strategia “Ue 2020” o post-2010 con l’obiettivo rappresentato
dal binomio “una vita migliore e più posti di lavoro”. Tale strategia deve fondarsi su tre priorità:
crescita intelligente, crescita inclusiva, crescita sostenibile. Il fattore di stimolo di tali priorità è lo sviluppo
di un’economia che deve basarsi sulla conoscenza, sull’innovazione continua, sull’istruzione, sulla
ricerca e sull’economia digitale. Non a caso l’Unione Europea ha erogato dei fondi, nell’ambito dell’obiettivo
convergenza per lo sviluppo e la crescita economica delle regioni con reddito nazionale lordo
inferiore al 75 per cento della media UE (Campania, Calbaria, Puglia e Sicilia), mirati al miglioramento
della qualità dell’insegnamento attraverso metodologie didattiche innovative ed allo sviluppo delle competenze
chiave di alunni e personale della scuola. Le scuole devono svolgere e sviluppare, allora, nuovi
metodi e tecniche in cui le azioni fondamentali sono il passaggio dal nozionismo alle competenze, la trasformazione
dei contenuti in capacità, la pratica della trasversalità, dell’interdisciplinarità e della multidisciplinarità,
la promozione del valori di cittadinanza, la didattica del successo, la facilitazione dell’accesso
all’istruzione ed alla formazione, l’allargamento dell’istruzione e della formazione al mondo esterno.
Ma qual è oggi la situazione? Nel dodicesimo rapporto Ocse Education at a glance presentato a settembre
a Parigi, l’Italia si è piazza al 24° posto su 27 paesi per gli insegnanti della primaria, al 23° per le superiori.
La percentuale dei suoi laureati resta tra le più basse dell’area che riunisce i paesi più industrializzati:
tra i 25 e i 64 anni sono il 15 per cento, contro una media Ocse del 31 per cento. Il 23 per cento dei
ragazzi tra i 15 e i 29 anni «non studiano, né lavorano» (giovani «Neet», vengono definiti). Buona
parte dei ragazzi rinunciano a iscriversi all'università.
>>

22
Lo scorso novembre si è celebrato il 33°
anniversario della pubblicazione del celebre concept
album “The Wall”, pubblicato dai Pink
Floyd il 30 novembre 1979; un album discografico
le cui canzoni ruotano tutte intorno ad un unico
tema. Quest’opera rock fu inserita nella lista
dei 500 migliori album secondo la rivista
“Rolling Stone”, anche grazie a famosi brani come
“Another brick in the wall”, “Comfortably
numb”, “Outside the wall” e “Mother”, ormai
presenti ed impressi nell’immaginario collettivo.
Musica Febbraio
>> Almalaurea ha calcolato che dall'inizio degli anni Duemila le iscrizioni calano al ritmo di 43 mila
all'anno. In Italia in percentuale, secondo quello che si legge su “La fabbrica degli ignoranti” di
Giovanni Floris, ci sono meno laureati che in Cile. Sempre nel nostro Paese abbandonano 32 studenti su
100. In Europa, in media, sono solo 15 su 100 gli studenti che lasciano la scuola. Su 1000 bambini che
si iscrivono in prima elementare, 36 abbandonano prima degli otto anni, 93 si fermano alla scuola media,
460 si ritirano al biennio superiore. Più di 400 arrivano all’università e solo 171 si laureano. Ed in
Sicilia? Secondo l’Ocse-Pisa, gli studenti siciliani gravemente ignoranti sono il quadruplo dei coetanei
di alcuni paesi sottosviluppati. I dati dell’Istat di qualche giorno fa dicono che il 25 per cento dei siciliani
di età compresa tra 18 e 24 anni con sola licenza media non frequenta corsi, non prosegue gli studi,
non lavora, tanto meno cerca lavoro. Un orizzonte lontano la convergenza verso il traguardo europeo del
10% riproposto dalla Strategia Europa 2020. Il dato sui Neet siciliani ha raggiunto livelli preoccupanti,
attestandosi sul 35,7%. Con il protrarsi della crisi economica e l’aggravarsi delle condizioni occupazionali,
tale valore sembra destinato ad aumentare, in assenza di interventi efficaci. La progettazione formativa
è il cuore del lavoro scolastico, ha l’obiettivo di condurre al successo formativo, che è l’obiettivo
principale del sistema d’istruzione in Italia, come recita il secondo comma dell’art. 1 del Dpr 275/99, e
trova base nell’autonomia didattica e nella programmazione collegiale. A livello normativo è stata
recepita dal decreto legislativo 76/2005, che concretizza la legge delega 53/2003 e ridefinisce l’obbligo
scolastico e formativo come un diritto all’istruzione ed alla formazione, che inizia nella scuola primaria,
si realizza nel primo ciclo d’istruzione e si conclude nel sistema dei licei, dell’istruzione tecnica o
professionale o nella formazione professionale. La legge 27 dicembre 2006, n. 296, articolo 1, comma
622 recita: "L'istruzione impartita per almeno dieci anni è obbligatoria ed è finalizzata a consentire il
conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di
durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età". Mi sia concesso terminare con l’art. 24 delle
Conclusioni della Presidenza – Consiglio Europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000: “Le persone
sono la principale risorsa dell’Europa e su di esse dovrebbero essere imperniate le politiche dell’Unione.
Investire nelle persone e sviluppare uno Stato sociale attivo e dinamico sarà essenziale per la posizione
dell’Europa nell’economia della conoscenza nonché per garantire che l’affermarsi di questa nuova
economia non aggravi i problemi sociali esistenti rappresentati dalla disoccupazione, dall’esclusione
sociale e dalla povertà".
Andrea Lo Piccolo, II A Lc
Pink Floyd e scuola, come la musica si schiera dalla parte degli studenti.
Il tema principale è l’abolizione dell’autorità oppressiva
sia in campo sociale e quotidiano sia in
campo scolastico. Il simbolismo delle immagini
dei video permea l’intera opera e viene sottolineato
da splendidi effetti musicali partoriti dalla chitarra
elettrica di David Gilmour, dalla voce di Roger
Waters e dai sottofondi di Alan Parker. In
particolare, il video di “Another brick in the
wall” (un altro mattone nel muro) illustra, nella
prima parte, la sottomissione degli alunni ad un
sistema scolastico che crea dalle fondamenta una
società statica con protagonisti veri e propri
>>

23
Musica Febbraio
“automi umani”, che contribuiscono a loro volta a mettere un mattone nel muro (simbolo di ostacolo
>>
alla comunicazione e alla libera personalità) e a mantenere intatta la compagine sociale. Tutto dunque
parte dalla scuola, da professori autoritari che insegnano agli alunni delle nozioni rese poco interessanti da
metodi oppressivi a base di paura e di subordinazione. Così in maniera simbolica i bambini oppressi cadono
in un tritacarne, uscendone sottoforma di tritato.
Tuttavia nella seconda parte del video, gli
studenti si ribellano ai propri maestri e,
ribadendo di non essere oggetti da mattatoio,
da automi si trasformano in lucide
personalità in grado non solo di contrastare
il sistema scolastico, ma tutto ciò
che è presente all’infuori di esso. I Pink
Floyd con questo video non intendono
criticare la scuola come istituzione, ma
valorizzarla come depositaria della cultura
ed esortarla a spronare ad apprendere
l’alunno con metodi innovativi e a tratti
divertenti in modo tale da instaurare un
rapporto più umano ed educativo tra
alunno e professore. Solo così secondo la
band inglese la società potrà favorire il progresso, imparando a convivere con esso e all’occorrenza a sfruttarlo.
A pensarci bene, questa è una tematica ancora attuale. Proprio in questo periodo infatti molti studenti,
similmente al video, si sono ribellati per i propri diritti contro un sistema che dice di credere in loro, ma che
in realtà non lo pensa ed in molti casi purtroppo taglia loro le ali. A questo punto ci si chiede se il problema
sia recente o meno e come in passato sia
stato risolto. Sembra che in passato, se
non per brevi periodi, il problema non
sia stato risolto e che ancora oggi non si
sia trovata una soluzione. La verità è che
ad ogni periodo di crisi economica, corrisponde
un taglio in campo scolastico e
di conseguenza l’efficacia e l’efficienza
della scuola sono continuamente messe a
rischio. Non c’è da stupirsi, quindi, se
tuttora a molti giovani la scuola non
sembra un’istituzione nella quale riconoscersi.
Forse avevano ragione i Pink
Floyd che cantavano “we don’t need no
education,we don’t need no thought control”
(non abbiamo bisogno di istruzione,
non abbiamo bisogno di controllo
del pensiero), almeno fino a quando non ci sarà la reale convinzione del potere dei giovani.
L’obiettivo primario è appunto quello di abbattere il Muro.

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Curiosità Febbraio
“A che ora è la fine del mondo?”
Pruiti Gloria, Messina Sara, Madonna Simona, Pittalà Ilaria, 5ª D Ls
“Panta rei” affermava Eraclito, più di duemila anni fa: non ci si bagna mai due volte nella stessa
acqua di un fiume. Ogni istante non è mai uguale ad un altro. Tutto, il nostro corpo, la dimensione in cui viviamo,
la natura: tutto cambia, dentro e fuori di noi. La natura è una realtà in divenire ed anche quando qualcosa
sembra ripetersi, non è mai identico, è qualcosa di sempre nuovo. Siamo noi uomini a rinchiudere la meraviglia
dell’universo e le sue infinite manifestazioni in schemi, calcoli e previsioni. Ciò che ci spaventa è proprio la
consapevolezza del cambiamento e di una nostra fine drastica. Siamo stati abituati a vivere seguendo degli schemi
che non ci appartengono, forniti da chissà chi, e li accettiamo come se fossero verità, senza aver alcuna prova
o senza aver condotto alcuna indagine. A tal proposito, negli ultimi anni si è diffusa la fantomatica idea di una
possibile fine del mondo. Fino ad oggi, tante sono state le date stabilite nel tempo per una plausibile fine: 1000,
1284,1910, 2000..ed infine il 2012! Addirittura proprio nel 1910 la fine era da attribuire ad un veleno presente
nella cometa di Halley, che avrebbe annullato la vita sul pianeta.
Nonostante la popolazione mondiale
andasse in crisi e si preparasse
con adeguate “pillole anticometa”,
non accadde nulla: siamo ancora
qui! A quanto pare il mondo non ha
imparato nulla, non ha imparato ad
accettare per vero solo le cose (o
quasi..) con fondamenta scientifiche.
Le previsioni non rientrano in
questo ambito. L’ultima data prevista
per la fine del mondo è stata
proprio il 21/12/2012, secondo una
profezia dei Maya. Difatti, questo
popolo aveva stabilito un calendario
basato sui movimenti di Venere,
che aveva come fine proprio nel
dicembre 2012. Secondo alcuni
profeti, in quel giorno si sarebbero
dovuti verificare terremoti, cataclismi
e inondazioni;
altri teorizzavano l’inversione dei
poli terrestri, arresto della rotazione terrestre, tempeste solari e azzeramento del campo magnetico terrestre. Ma
ci troviamo ancora qua, non abbiamo avvertito nessun cambiamento, nessuna catastrofe, se non quelle che viviamo
ogni giorno. Una domanda sorge spontanea: i Maya non conoscevano lo sviluppo che si sarebbe venuto a
creare nei secoli dopo la loro scomparsa; come potevano teorizzare una fine del mondo, senza i dovuti mezzi,
mentre noi che viviamo nel terzo millennio, con innovazioni e tecnologie, non abbiamo previsto nulla di simile
a ciò? E ipotizzando che vi fosse stata la certezza che le previsioni dei Maya si sarebbero realmente verificate,
chi si dovrebbe assumere l’impegno di avvisare e distogliere dal sogno quotidiano milioni, miliardi di persone?
Chi si assumerebbe il compito di avvertire il mondo che forse sta morendo o che la fine sarà improvvisa? Senza,inoltre,
parlare di cosa succederebbe nel caso di un allarme a vuoto, di un pericolo scampato all’ultimo momento.
Chi si assume la responsabilità della sicurezza e dell’errore dei calcoli?
Arrivati a questo punto nessuno nega che nell’Universo possano esistere fenomeni ciclici che tendono a ripetersi,
senza una successione logica, ma indicare date esatte, giorni, mesi e anni in cui questi fenomeni avverranno è
pura presunzione, poichè come affermava Werner Karl Heisenberg (Fisico quantistico, premio Nobel), "Non
solo l’universo è più strano di quanto immaginiamo, ma è più strano di quanto possiamo riuscire a immaginare."

25
I
Curiosità Febbraio
CAUSE E CONSEGUENZA DELLA CRISI ECONOMICA DEL ‘29
Silvia Cacciola e Sebastiano Calà, 5ª D Ls
l crollo di Wall Street, il grande crollo, la crisi del 1929, sono tutte espressioni usate per indicare un periodo
della storia economica del Novecento durante il quale si ridussero considerevolmente e su scala mondiale
produzione, occupazione, redditi, salari, consumi, investimenti, risparm ovvero tutte le grandezze economiche
il cui andamento caratterizza di norma lo stato di progresso o di regresso dell'economia di un paese
La crisi del 1929 fu un grave tracollo economico che sconvolse l'economia mondiale alla fine degli anni venti,
con forti ripercussioni durante i primi anni del decennio successivo. La depressione ebbe alla propria origine
contraddizioni simili a quelle che avevano portato alla crisi economica del 1873-1895. L'inizio della grande
depressione è associato con la crisi del New York Stock Exchange (la borsa di Wall Street) avvenuta il 24 ottobre
del 1929 (giovedì nero), a cui fece seguito il definitivo crollo della borsa valori del 29 ottobre (martedì
nero), dopo anni di boom azionario.
L'economista John Kenneth Galbraith ha individuato almeno cinque fattori di debolezza nell'economia americana
responsabili della crisi:
cattiva distribuzione del reddito;
cattiva struttura o cattiva gestione delle aziende industriali e finanziarie;
cattiva struttura del sistema bancario;
eccesso di prestiti a carattere speculativo (Margin);
errata scienza economica (perseguimento ossessivo del pareggio di bilancio e quindi assenza di intervento
statale considerato un fattore penalizzante per l'economia).
Tuttavia la causa principale che portò il crollo finanziario a diventare
una depressione economica di enormi dimensioni fu la chiusura
delle economie nazionali e coloniali. Così come nella Grande depressione
del 1873-95 furono i dazi doganali a deprimere l'economia.
Alcuni stati producevano beni in surplus che però altri stati
non acquistavano, poiché venivano resi troppo costosi dai dazi
all'importazione imposti per favorire i produttori interni. Quindi
quando in un paese produttore un dato bene raggiunge livelli
di saturazione, il prezzo scende tanto che non è più conveniente
produrre quel bene, a meno di trovare nuovi mercati che possano
assorbire parte delle merci. In assenza di nuovi mercati la produzione,
pur mantenendo un potenziale valore, si ferma.
Occorre ricordare che la crisi economica non coinvolse solo gli Stati
Uniti ma anche tutto il resto della popolazione mondiale. La crisi
mise in difficoltà molte banche. Compromesso dalla caduta delle
vendite e dei prezzi, un numero crescente di imprese non fu in condizione
di pagare i debiti alle scadenze e intanto le banche erano
premute dai loro depositanti che, spinti a loro volta da crescenti esigenze di liquidità, volevano la restituzione
di tutto o parte delle somme depositate. Schiacciate tra l’incudine del mancato rientro dei prestiti e il martello
dei depositanti che pretendevano la restituzione dei loro capitali, molte di queste banche furono costrette a
chiudere i battenti trascinando nel fallimento altre banche collegate. Tutto ciò comportò l’aumento della disoccupazione
la quale dalla politica di contenimento della spesa pubblica e di salvaguardia del valore della moneta
(promossa da Hoover) è da considerarsi una delle principali cause della ingente disoccupazione mondiale. Fu
in questo quadro che le elezioni presidenziali negli Stati Uniti del novembre portarono alla sconfitta di Hoover
e alla vittoria di F. D. Roosevelt.

26
Dedicato...
Pensieri & Parole Febbraio
Sei lo stupore della mia esistenza, la tua bellezza è sconvolgente e offensiva, è la fusione straordinaria
della sacralità che incute riverenza e della spudoratezza che trabocca dagli argini.
La tua forza è la tua fragilità ed è poesia il tuo canto.
Hai la leggerezza della schiuma del mare e della roccia più dura lo spessore; sei archetipo della grazia in
assoluto e la bellezza sparpagliata fra le donne della tua discendenza si ricompone in te come per miracolo,
sublimandoti in un’armonia che non ha eguali.
Quando ti guardo mi manca il respiro e ogni giorno mi stupisco e ogni giorno mi misuro con l’incapacità
di esprimere il mio stupore.
Si insinua la sensazione di qualcosa che sfugge, di un messaggio che non va oltre la barriera delle superficialità,
dell’incapacità di far risalire ciò che di taciuto rimane della mia e della tua storia.
Riaffiora l’ambiguità del non-detto che annaspa nel tentativo, vanificato, di venir fuori nella sua forma più
autentica.
È la scelta del silenzio che vince sempre sulla verità urlata; che mi proietta, suo malgrado, nello spazio
avvilente delle mie mediocrità, dove i sogni si infrangono e il desiderio di ricostruire la mia canzone si
perde nell’opacità di una memoria asservita alla paura.
Il tuo sorriso è impresso nel mio cuore come le lettere del tuo nome.
Angelo caduto nel dunque; nel nulla della mia esistenza.
Sei il conto che non torna e il suono che squarcia la mia solitudine.
Con la maestà delle regine e con il coraggio delle eroine d’altri tempi ti sei mossa lungo un percorso che
non ho voluto: qualcuno lo ha tracciato per noi; a nostra insaputa.
In punta di piedi mi hai cercato, con rumorosa dissonanza continui a farlo, colmando d’amore il mio stupido
cuore.
Lungo le strade del tuo viaggio mi hai portato con te ed io non ti ho insegnato nulla che già non possedessi...
anzi ho respirato la tua luce e ho provato sbigottimento dinanzi alla grandezza della tua anima.
La banalità e la mediocrità non conosceranno la tua vita e i luoghi speciali in cui abiterai avranno l’impronta
dell’amore elargito.
Sono in ginocchio davanti a te: bellissima e ostinata.
Starei a guardarti per sempre, vivendo della tua vita e riempiendo della tua voce il vuoto dei giorni inutili.
Ti stringo a me nel tentativo di aggrappare il dubbio alla certezza dei tuoi domani, di moltiplicare il mio
tempo e sognare di esserci, di essere con te: in avanti, in futuro, in eterno.
Angelo maestoso e irragionevole hai varcato la soglia del mio piccolo spazio con l’audacia di chi conquista
un regno e accovacciata su troni d’oro e d’argento hai provato a dare un senso a me che non l’ho mai
avuto.
Mi hai tenuto per mano e, vincendo le mie perplessità, mi hai trascinato attraverso la tua magia, attraverso
il fiume in piena dei tuoi pensieri, attraverso le tue esuberanze, le tue meditazioni, le tue cadute e il tuo
risalire in alto, oltre le barriere, le costrizioni, i sillogismi.
Un mondo di carta stagnola si è piegato al nostro passaggio.
Ho avuto paura di volare e mentre tu continui a farlo... io, dal basso, riesco solo a guardarti.
Progetto gettato

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I A Liceo classico
Il salto (Der satz)
Logos Febbraio
La I A classico, ormai da settembre, ha a che fare con una disciplina del tutto nuova: la filosofia.
In un primo momento ci aspettavamo un cammino lineare, ricco di definizioni e di date da memorizzare.
Ma ben presto, grazie al professore e all'analisi di alcuni stralci delle opere di M. Heidegger ("Le
Thor"1969, "Che cos'è la metafisica" 1929; "Sguardo in ciò che è: prima conferenza di Brema (La cosa)"
1949), ci siamo resi conto che non si trattava affatto di tutto ciò.
Allora abbiamo capito che per "Filosofia" vera e propria s'intende uno scardinamento della consuetudine e
dei rapporti lineari che ne stanno alla base, un vero e proprio "Salto".
Detto ciò ci siamo posti delle domande: Da dove e verso dove si effettua questo salto?; Quale energia ne
determina il movimento? Cosa vuol dire saltare? E, soprattutto, quale ente compie il salto?
Questo "salto" si effettua partendo dalla prassi del sano intelletto verso la questione stessa, l'ente in grado di
compierlo è l'uomo in quanto questionante ovvero l'unico in grado di interrogarsi e di mettersi in questione.
L'energia che determina tutto ciò è la forza stessa della questione, la quale scardina e rompe i legami rigidi
con il fare quotidiano e con la monotonia della nostra vita, dettata da schemi ripetitivi.
Durante il salto si perde progressivamente la propria "consistenza", in questo lasciarsi andare il soggetto diventa
questione a se stesso, proprio da quella posizione di forza e rigidezza iniziale si percepisce non più
come soggetto ma come questione. E’ portato a spiccare il salto da "un'altra" forza, infatti non è dettato da
una volontà o da un'intenzione e non c'è un motivo logico, quasi come fosse una "chiamata destinale".
Toni emotivi esperiti:
Lo stupore: scaturito dall'emergere di una realtà prima nascosta e velata.
L’incertezza: si diviene incerti di fronte a questa realtà, si perde la sicurezza logica che ci legava ai principi
del “sano intelletto”
Coraggio: non s’intende quello dell’eroe tradizionale bensì quella forza che spinge a rispondere ad una
“chiamata”, nel senso che si viene costantemente mantenuti nel luogo della nostra vita, nel suo significato
nascosto che sfugge alla rigidità degli schemi logici (Risolutezza)
E se l’imprevedibilità da modo al salto di avere luogo in voi, che fare, quindi?
Fragmenta:
Veronika Befumo, I A Lc
]
Quando parliamo di metafisica (dal
greco metà ta phusikà), ci riferiamo a quella
parte della filosofia che si occupa degli
aspetti ritenuti più autentici e fondamentali
della realtà, secondo al prospettiva più universale
possibile. Essa mira allo studio degli
enti ‘in quanto tali nella loro interezza,
a differenza delle scienze particolari ( come la matematica, la
fisica o la chimica ) che generalmente si occupano di singole
determinazioni empiriche, secondo punti di vista e metodi
specifici. Nel caso di queste scienze, non si esordisce chiedendosi
dapprima che cosa siano, ma si entra nella cosa in
maniera immediata, talvolta limitandosi a pochi brevi premesse
generali. Se il matematico volesse provare a dire che
cos’è la matematica, si servirebbe semplicemente dei suoi
oggetti e dei suoi metodi per arrivare a dimostrazioni e a
concetti matematici cristallizzati. Si tratta, quindi, di una
scienza positiva, in quanto ciò che può diventare suo oggetto
e suo tema sta già dinnanzi.
Il termine positivo, appunto, derive da ‘ponere’, ovvero,
‘porre’, ‘positum’, ciò che è posto dinnanzi. Se le scienze
positive si ponessero questioni di partenza, finirebbero per
fare filosofia. Quest’ultima è quindi la scienza critica >>

28
Logos Febbraio
per eccellenza, poiché non ricerca ciò che sta dinnanzi, ma ciò che è velato. Essa non è il possesso del
>> sapere, la continua e inesauribile ricerca di esso. Se le scienze positive implicano il ragionamento la filosofia
ruota solo ed esclusivamente intorno al libero pensiero. Essa nasce in solitudine: nella solitudine di un
pensar a fondo. La filosofia quindi, è la scienza principale perché sta alla base di tutte le altre, e risulterebbe
impossibile poter trattare di quest’ ultime senza prima porsi la domanda per antonomasia : “che cos’è l’essere?”
queste sono le parole del filosofo Aristotele nel tentativo di esortarci alla filosofia : “Chi pensa sia necessario
filosofare, deve filosofare, e chi pensa che non si debba filosofare deve filosofare ugualmente per dimostrare
che non si deve filosofare. Dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene da qui, dando l’addio alla
vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vani loqui.”
Fragmenta, liberta d’essere:
Filadelfio Emanale, I A Lc
Gli antichi Greci sono stai gli unici a cui un ente si sia manifestato per quello che è realmente e
nell’immediatezza.
Bisogna soffermarsi, infatti, su un’enorme differenza: mentre ai Greci si mostrava immediatamente per quello
che era realmente, fra noi gli enti vi è un processo di mediazione in quanto l’ente non si manifesta per quello
che è realmente ma per come ci appare e per quello che rappresenta per noi.
Tutto questo significa che quando vediamo un ente non lasciamo che esso si mostri a noi investendoci con il
suo vero essere, ma tendiamo a non stupirci più di tanto e ad assimilarlo. Infatti un’ ulteriore differenza con i
Greci è rappresentata sa questa nostra incapacità di stupirci. I Greci infatti erano affascinati dall’ eccedenza di
ciò che è presente: Talete sognava ad occhi aperti guardando il cielo e gli astri. Noi al massimo riusciamo a
stupirci per qualcosa di innovativo che subito poro però diviene qualcosa di assolutamente normale incapace
di toccarci nel profondo. Ma perché abbiamo bisogno di un processo di mediazione? E perché siamo incapaci
di stupirci? Il problema è il nostro bisogno di assimilare tutto ciò che ci sta intorno, tutto quello che altrimenti
ci permetterebbe di ucire fuori dagli schemi.
Quindi l’unica domanda è: perchè abbiamo bisogno di chiudere all’interno di uno schema ciò che per i Greci
era libero di essere?
Fragmenta:
Serena Cortolillo, I A Lc
]
Discutiamo di ciò che essere non è:
il non essere non è. In verità, se questo
non fosse, evidentemente noi non ne potremmo
parlare, per parlare del non essere
]
dobbiamo necessariamente prendere coscienza di questo. Per
non essere il non essere non solo non solo non dovrebbe né immaginabile,
né pensabile, ma neanche pronunciabile, ma ecco che
io lo pronuncio e lo scrivo, ciò lo rende essere non pienamente è.
Anche se logicamente non dovrebbe essere, in realtà il non essere
svolge l’azione transitiva dell’essere presente, forse anche il non
essere presenzia nel senso se non è propriamente essere è solo
una qualche parte di questo. È come se il non essere fosse le spalle
dell’uomo. Immaginiamo che l’uomo sia essere, che il petto
dell’ uomo sia è e le spalle dell’uomo sia il non è; nonostante le
spalle non siano il petto e quindi il non è non possa essere è, le
spalle sono sempre uomo e quindi il non è sia comunque essere.

29
[ Fragmenta,
Logos Febbraio
Dal “logos” greco all’impianto Heideggeriano:
Paolino Lo Presti, I A Lc
Il “λογος” greco è un luogo in cui era presente il “λέγειν τι κατά τινος” e tanto meno un impianto dominante
che etichettava ogni ente con un’arida definizione scientifica. No, era ben altra cosa. L’uomo greco
era parte integrante della “φύσις” e si meravigliava, o meglio si faceva travolgere dell’eccedenza della
“φυσις” ogni qualvolta un ente veniva alla presenza e quindi si manifestava. Il Greco dunque, parafrasando
Leopardi, naufragava dolcemente in quella dionisiaca danza divina che era la “φυσις”. Tutto ciò oggi non esiste
più. Da Cartesio in poi si è affermato un sempre più crescente predominio dell’ IO che prende il sopravvento
sull’ente mettendolo in secondo piano. La situazione oggi è drasticamente degenerata e la preponderante
preminenza dell’IO ha inevitabilmente portato al dominio del sapere scientifico ( impianto). L’impianto è
fondato sulla “κατάφασις”, sull’ asserzione, e l’esperienza greca dell’ “ονομάζειν ” è quindi scomparsa, proprio
come l’ente inteso come “φαινόμμενον”: l’ente non si mostra più da sé, ma viene sradicato e trapiantato
brutalmente nei nostri discorsi. L’ente, inoltre, perde la sua accezione primaria di ente e diventa mera risorsa.
La cosa in quanto tale è stata dimenticata. Quindi l’oblio della cosa rappresenta un rischio costante all’interno
dell’impianto, proprio per il fatto che quest’ultimo si fonda su una dimenticanza. L’uomo moderno ha, quindi,
una visione distorta di ciò che lo circonda e ha perso coscienza anche del suo essere. Per cambiare questa sua
condizione deve scappare dall’impianto facendo, come propone Heidegger , un salto che lo porterà ad un nuovo
modo di pensare. Solo cosi si renderà conto del paradosso dell’impianto in cui invece l’umanità risiede in
uno stato di incosciente prigionia.
[
Fragmenta:
Lorenza La Piana, I A Lc
]
“Dal punto di vista delle scienze, infatti,
nessun campo ha una preminenza sull’altro:
né la natura sulla storia,né viceversa.
Non c’è un modo di trattare gli oggetti
che sia superiore ad un altro. La conoscenza
matematica non è più rigorosa di
quella filologico-storica: essa ha soltanto
il carattere dell’ >, che non
è la stessa cose del rigore. Richiedere alla
storia esattezza è andar contro l’idea dello
spirito ch’è proprio delle scienze dello
spirito. Tutte le scienze, come tali, sono
pervase e dominate da un riferimento al
mondo, che fa loro cercare l’essente stesso,
nel suo contenuto e modo di essere,
per farne l’indagine e determinazione
fondamentale. Nelle scienze si effettua,
cosi – confermate alla loro idea- un approssimarsi
a ciò ch’è l’essenziale di tutte
le cose”. Tratto da “ CHE COS’E’ LA
METAFISICA?”
Il rigore della storia, a mio avviso,
evidenziato da quest’opera, purtroppo
ancora oggi non è riuscito a insegnare
ad abbassare il tiro alle scienze sedicenti
esatte. “Che cos’è la metafisica?”
Nessuna scienza può predominare
su un’altra, tuttavia bisogna fare
]
distinzione tra scienze caratterizzate da esattezza e scienze caratterizzate
da rigore. “L’esattezza” corrisponde allo sforzo di quantificare qualcosa
in modo esatto e presuppone, inevitabilmente, l’uso dei sensi che riescono
a percepire la realtà; altresì il rigore presuppone un uso sistematico
del pensiero nello sforzo di cogliere la verità sul mistero profondo
dell’esistente, di ciò che è e perché è, e di ciò che non è e perché non è.
Per esempio non si può chiedere alla storia l’esattezza, poiché si annullerebbe
la stessa ragion d’essere che è propria delle scienze dello spirito.
Oggi possiamo mettere in risalto la presunzione delle scienze esatte,poiché,
nonostante si siano riproposte da sempre di determinare in
modo definitivo e assoluto le quantità esatte dell’esistente, non ci siano
mai riuscite, in quanto la realtà nel corso del tempo si è sempre dimostrata
dinamica e sfuggente a qualsiasi tentativo di quantificazione assoluta
e definitiva. Molto differenti e radicalmente opposte sono le scienze
dello spirito, tra cui, appunto, la filosofia, che sin dalla nascita non hanno
mai avuto la pretesa di spiegarsi concettualmente il mondo e di fornire
la verità definitiva e assoluta sull’ esistente: infatti, ad esempio, mentre
fisica, chimica e matematica hanno fallito nella quantificazione
dell’atomo, costretti ad ammettere la realtà continuamente in movimento
di protoni, elettroni, e neutroni, la filosofia, invece, non ha mai preteso
di fornire verità assolute sull’esistenza,ma si è sempre presentata come
un’apertura benevola nei confronti della sapienza, come una tensione
costante verso la verità della conoscenza che non è stata mai presentata
come definitiva. In conclusione possiamo affermare che vi è una
parità tra scienze, e che una scienza umanistica, in quanto tale, non può
considerarsi superiore rispetto ad una scienza esatta, perché tutte le
scienze sono uguali per dignità, tutte cercano di cogliere l’essente delle
cose, ma c’è chi cerca di farlo con assoluta esattezza, e chi, invece lo fa
solo con rigore; fermo restando che una verità non è possibile, i quanto
ci si può approssimare o avvicinare mentre possiamo azzardare che la
“verità” sta solamente nel nostro cammino.

30
La famosa Prolusione “Che cos’è la Metafisica?”,
tenuta il 24 luglio 1929 nell’Aula Magna
dell’Universita di Friburgo e pubblicata verso la fine
dello stesso anno, è stata oggetto di analisi della classe
I B l. cl (a.s 2011/2012). Si è reso necessario, per
avvicinarsi al significato dell’opera fare una lettura di
tipo ermeneutico; ovvero cercare la “giusta posizione”
,per andare, in un certo qual modo, a fondo
dell’opera e per cercare di fare parte di essa. Abbiamo
percepito che per intraprendere il viaggio verso
quel luogo qual è “che cos’è la metafisica?” bisogna
innanzitutto destrutturalizzarsi abbandonando qualsiasi
tipo di soggettività perché la domanda sveglia
l’aspettazione che si parli sulla Metafisica, aspettazione
che deve essere preliminarmente negata
(rifiuto). La ricerca hideggeriana punta, infatti, a riscoprire
l’essere in quanto essere.
“Che cos’è la Metafisica?” non tratta della Metafisica
tradizionale, bensì di una questione metafisica particolare
che fa dell’essere dell’ente come totalità, la
via d’accesso ad una ontologia fondamentale che è
tale in quanto chiama in causa il nulla come soggetto
attivo della questione, quel nulla che le scienze rifiutano
come qualcosa d’altro e di non reale. Le scienza
non si interrogano su nulla al di la di ciò che le riguarda
e non si giustificano sui perché. La scienza
implica infatti un atteggiamento di sudditanza all’ente
in quanto affida a questo la prima e l’ultima parola
per far in modo che esso riveli se stesso. Essa NE-
GA il niente ma è pur vero che negandolo lo afferma.
La domanda ” Che cos’è questo Ni-ente? Presenta
difficoltà già nella sua stessa impostazione oltre che
nella richiesta, nel senso che nel domandare si da
quasi per scontato di trattare un oggetto identificando
il Ni-ente con l’ente. Si potrebbe parlare di un’impossibilita
di definire il niente per il fatto che nello
stesso momento in cui viene posta la domanda “stai
pensando a qualcosa? La risposta negativa “no”, in
realtà, afferma questo “qualcosa” poiché presuppone
di averlo pensato per poi negarlo. Lo stesso interrogarsi
sul niente implica dunque un “affermare il niente”.
Lo stesso intelletto, supremo arbitro in merito
alla Negazione (-A), di fronte alla questione entra in
crisi ed è, dunque, lecito chiedere: c’è il niente stesso
soltanto perché c’è il “non”, ossia la negazione? O
viceversa: c’è la negazione e il non, soltanto perché
c’è il niente?. Il niente è più originario del non e della
negazione. Il niente è la negazione pura e semplice
Logos Febbraio
Che cos’è la metafisica? Martin Heidegger Friburgo 1929
Mariacarola Mangano, Francesca Carletti, Federica Marafioti, II B Lc
di tutto l’essente. Bisognerà quindi, a questo punto,
effettuare una nullificazione dell’ente stesso.Se non
si può conoscere l’essere non si può conoscere il non
-essere. Bisogna dunque partire dall’ente stesso per
arrivare al niente. “Ma il niente è niente e tra il niente
vero e proprio e quello da noi formato puo non sussistere
differenza a patto che il niente rappresenti la
perfetta indifferenza”. In che modo l’uomo si pone
dinnanzi al niente?
L’uomo stesso, sospeso tra l’essere e il nulla, esperisce
nello stato d’animo fondamentale dell’angoscia.
E’ l’angoscia a rivelare il niente. L’angoscia, però,
non è paura, non è gioia, ma neanche dolore che sono
sentimenti della totalità La paura, ad esempio, implica
un “qualcosa” (paura di “qualcosa”, essere impaurito
per “qualcosa”) l’angoscia no.
L’angoscia è caratterizzata dall’indeterminazione di
“cio per cui” si è angosciati, è una caratteristica quiete,
una motivazione originaria ad interrogarsi circa il
senso delle cose, “che ci serra alla gola”. L’angoscia
è determinata da un abbandono dell’essente. Essa
disorienta l’esserci, lo allontana dall’ente e lo pone
innanzi al niente rivelando così l’essere. Il niente si
scopre nell’angoscia e viene in contro “in uno con “
la totalità dell’essente. Il farsi avanti del niente è il
niente-che-si-fa-“nientificare”. Il nulla non trae a sè,
ma respinge e implica un essere vicino .Il NON non
nasce con la negazione, la negazione si fonda sul
NON generato dal nientificare del niente. Il niente è
negazione della staticità, il NON rappresenta l’origine
stessa dell’ente come tale e del suo dinamismo.”Il
trovarsi l’essere esistenziale tenuto dentro al niente,
fondato sull’angoscia nascosta, fa dell’uomo la sentinella
del niente” , l’uomo è dunque parte dell’essente.”Il
trovarsi l’esistente tenuto dentro al niente, fondato
sull’angoscia nascosta, è il superamento dell’essente
nella totalità:la trascendenza”. Ciò che trascende,
dal latino trans-oltre e scandere-salire, va oltre
qualunque limite definito. Ed è proprio qui che entra
in gioco l’esser-ci ma cosa sta ad indicare questo
“ci”? Il “ci” non è altro che la possibilità che ognuno
ha, la possibilità di, immergersi in questo luogo
quando ci si sente chiamati. La possibilità di
“ognuno”? , “ognuno” perché tutti hanno la possibilità
di trascendere ma tra tutti ci riesce solo chi ha il
coraggio di RISCHIARE, osare, rompendo qualsiasi
schema; la trascendenza, infatti , non è legata ad una
specifica “grandezza di pensiero” bensì ad una semplice
capacità di pensare (anche ristretta).
>>

31
Logos Febbraio
>> Trascendere equivale a vivere una condizione dinamica dell’”essere fermamente fermi” in un luogo in
cui si è protesi verso il fondo e per questo implica un rischio. Cosa si rischia? Si rischia innanzi tutto di
rimanere imprigionati in questo luogo ma mantenendo a lungo questa posizione stabile, è pur vero che la trascendenza
si mostra, in un certo senso, come LIBERTA’.
[ ]
ESPLICAZIONE
Critica al relativismo dottrinale in quanto la conoscenza è organizzata in scienze set
toriali e per questo la sostanza si è inaridita
Sottrarre il concetto di filosofia alle scienze in quanto quelle particolari e la filosofia
indagatrice dell’essere (ciò che presiede)
Scienze approssimative in quanto si accostano all’essere con approssimazione
(Aristotele; per lo più: vd Metafisica IV)
L’uomo nel far scienza irrompe nell’essente pur facendo parte dell’essente stesso.
Non esiste nulla al di fuori dell’essente in quanto il resto è manifestazione
dell’essente stesso.
La scienza nega il niente ma negandolo lo afferma
Impossibilità di definire il niente
Il niente va oltre la negazione
Possiamo cercare senza il presupposto che ci sia qualcosa da trovare?
Se non possiamo conoscere l’essere non possiamo conoscere il non essere
L’uomo quando si pone di fronte al niente? Concetto di angoscia
Il niente si scopre nell’angoscia ma non come essente
Angoscia no comprensione, rivelazione del niente
Angoscia: no fuggire, no negare; fascinosa quiete
Concetto del nientificare: non annulla l’essente né nega, ma riporta a galla l’essente,
rivelandolo nella sua piena e nascosta stranità
Concetto di trascendenza e libertà

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Logos Febbraio
DA “ANNAH ARENDT E MARTIN HEIDEGGER - STORIA DI UN AMORE”
Classe II B Lc
DI ANTONIA GRUNEMBERG - ED. LONGANESI
“Conoscere qualcosa è una forma concreta di essere-nel-mondo”. Heidegger, in pratica, rivoltò l’immagine
del mondo di Cartesio. Non più io penso, dunque sono, ma ci sono, dunque penso, o meglio: sono un
esser-ci, dunque penso. Un secondo, sconcertante elemento caratteristico del modo di procedere di Heidegger
consisteva nel fatto che egli faceva apparire ciò che classicamente era considerato “ soggetto” come una strana
entità ibrida. Per Heidegger da un lato c’era il soggetto in quanto singolo individuo “ gettato “ nel mondo,
dunque tutt’altro che un signore delle cose; dall’altro c’era il soggetto in quanto esser-ci, che è anche sempre
un con-essere o essere collettivo. Con-essere significa essere-nel-mondo: essere con gli altri.
L’essere gettati non è comunque da intendere come condanna per il peccato originale, trovarsi IN-UNO-CON
significa trovarsi appunto incastrati in un mondo, percepire-subire “l’altro” ed essere chiamati a prendercene
cura. D'altronde il mondo è ciò che schiudo, ciò che nell’afferrare porto dall’altra parte, è l’ampiezza delle
braccia, il passo delle gambe … l’elemento che fondamentalmente permette all’uomo di relazionarsi con il
mondo è dunque la conoscenza, che non può essere separata dal contesto strutturale dell’essere e viene vista
in primis come faccenda, progetto espresso da quel tono emotivo fondamentale che è l’angoscia, sentimento
del dinamismo per eccellenza. L’angoscia emerge molto raramente in quanto non è determinata da qualcosa
di causale e ci coglie sempre di sorpresa perché rimane nascosta sotto la struttura di un SI impersonale a cui
l’uomo, come ciò che è suo-proprio delega la sua vera essenza. Il SI è un imprigionamento alienante grazie al
quale noi gettiamo e banalizziamo LA CURA, rendendola neutra in quanto la svuotiamo della sua responsabilità.
Il compimento radicale della progettualità avviene, infine, con la morte: diveniamo quel nulla che in realtà
siamo. Dove risiede dunque la nostra autenticità? Nel mantenerci all’interno dell’essere protesi: “scegliere
di scegliere”. Cosa? Di esserci come esserci.
Davide La Rosa, II B Lc
"Mi curo dunque sono"
Lo spaesamento è quello che modifica l'esserci perchè lo mette sotto pression, e sotto pressione tutto
cambia. Un cambiamento che si deve guardare come un'evoluzione (esserci-in + esserci-con = esserci-per)
che indica una "cura" che serve a trascendere se stesso. Con questo si sviluppa una sorta di "etica premurosa",
che viene tradotta da Steiner nella modifica di una massima cartesiana, che da "Penso, dunque sono" diventa
"Mi curo, dunque sono". Questa modifica fa risaltare ancora di più la massima, perchè non fa risalire l'essenza
al solo pensare, ma la fa arrivare ad un livello ancora più profondo, quello del pensare e trascendere se stesso.
Trascendere vuol dire sfondare la rigidità dell' "Io penso" (Cartesio), che risulta eccessivamente forte e asettico,
per richiamarlo all'interno dell'essere. Occorre, dunque, scavare ulteriormente in questa "miniera del pensiero"
mettendosi in cammino. Quanto detto evidenzia come in ogni ente ci sia qualcosa di
"malato" (strutturalmente debole) e fa notare che l'unica cura a tutto questo è scavare, scavare ancora più in
fondo dentro la "miniera non-ancora esaurita.

33
Classe III A Lc
SOCRATE E ALCIBIADE
“ Perché stai sempre adorando, Socrate santo,
questo giovane? Nulla sai di più grande,
che con occhio d’amore,
Come gli dei lo contempli ?
Chi pensa il più profondo ama il più vivo,
Sublime gioventù intende, chi ha guardato il
mondo,
E finiscono i savi sovente
Con inclinare al Bello”
Sanzio - Scuola di Atene
La stretta vicinanza dei due verbi gedacht
“pensato” , e liebt , “ ama”, costituisce il cuore del verso.
L’amore poggia già sul pensiero. Una strana forma
di razionalismo, che fonda l’amore sul pensiero. Un
pensiero fatale che rischia di cadere nel sentimentalismo.
Ma di tutto ciò non c’è nel verso in questione alcuna
traccia. Ci rendiamo conto di ciò che esso dice
solo se siamo in grado di pensare. Per questa ragione
domandiamo: Che cosa significa pensare? Resteremo al
di fuori della semplice riflessione che asservisce
all’oggetto che le è proprio il pensiero. Grandi pensatori,
Kant per primo e più tardi Hegel, hanno riconosciuto
la sterilità di una tale riflessione. Tanto che dovettero
cercare di portarsi lontano da essa.
In che misura ci riuscirono e dove approdarono alla fine
del loro tentativo, ci darà nel luogo appropriato del nostro
cammino molto da pensare. Il pensiero intorno al
pensiero si è sviluppato in Occidente con il nome di “
logica “.
IMPARARE AD IMPARARE
Logos Febbraio
Essa ha raccolto una certa quantità di conoscenze
riguardanti una determinata modalità del pensiero.
Queste conoscenze della logica solo negli ultimi
tempi sono divenute produttive per la scienza, costituendosi
esse stesse in una scienza che a preso il
nome di “logistica”. Essa è, tra tutte le scienze
specializzate, la più specializzata. In molti luoghi ,
specialmente nei paesi anglosassoni, la logistica
ormai è considerata ormai come l’unica forma
possibile della filosofia in senso stretto, consentendo
i suoi risultati e il suo procedimento una immediata
sicura utilizzazione per la costruzione del
mondo tecnico. Per questa ragione, la logistica
comincia oggi in America e altrove ad assumere il
dominio sullo spirito come l’unica filosofia del
futuro. Che oggi la logistica si associ alla moderna
psicologia, alla psicoanalisi e alla sociologia significa
il perfezionamento del cartello della filosofia
futura.
“Cosa significa pensare?”
M.HEIDEGGER
L’intelletto arroga a sé il diritto di dire qualcosa di
fondato sull’ente, strappandolo all’infondato. Infatti,
ciò che è fondato sull’uomo e ciò che
sull’uomo può essere detto in maniera certa e sicura
è prerogativa delle scienze cosiddette umane
(antropologia,psicologia,sociologia). In questo
luogo imparare vuol dire rispondere necessariamente
ai requisiti richiesti da queste scienze. Ma
cosa avviene quando è il pensare a chiedere di imparare?
In questo caso è ovvio che a determinare il
modo è il pensare-a-fondo non ci da un contenuto
ma ci mette sempre in cammino. La forza peculiare
del pensare,non ci chiede né partenze né traguardi,
né qualcosa di specifico di cui parlare, ma
esige che:
L’IMPARARE STA PROPRIO NELL’IMPARA-
RE AD IMPARARE.
Questo discorso può risultare inconcludente e aporetico,
ma li pensare a fondo ci pone rispetto ad
esso in una posizione di ascolto che dinamicamente
ci “stabilizza” nei pressi di ciò che parla come
non-detto. Tale ascolto è precluso ai più, non per
arroganza, o per sopruso, ma per un gioco destinale
che è solo per i pochi e per i rari.

34
Logos Febbraio
La parola ai “filosofi”
Classe III A Lc
Oggi, in un mondo dove tutto è permeato dalla scienza e dalla tecnica,
la parola filosofia ha ancora un senso?
Alla crisi dei valori tradizionali, non ritenuti validi punti di riferimento, e alla parziale sostituzione con
altri è da attribuire l’indebolimento dell’uomo, costretto a mettere a nudo tutte le sue fragilità. Egli ha smarrito
(ma deve ritrovarla) la strada del dover essere, delle condivisioni, della solidarietà, dell’impegno sociale e
politico.
Per fermare la caduta nel baratro dell’incoscienza e dell’irrazionalità, bisogna avvalersi della filosofia, la sola
che può condurre l’uomo alla salvezza.
Essa fa perno sulle capacità del pensiero, è ragionamento, è introspezione, è indagine critica e razionale di
tutta la realtà, è porre domande e dare risposte che non saranno mai definitive.
“Quando la vita dell’uomo è in panne, egli si sente un naufrago: ha bisogno di salvarsi, allora viene in aiuto
la filosofia” (Ortega y Gasset)
“Essa non respinge nessuno e non fa speciale scelte, spende per tutti” (Seneca)
Prof.ssa Travaglia
Allorquando si intendono rifiutare convinzioni e atteggiamenti ispirati dal fanatismo, dal relativismo,
dallo scetticismo, bisogna chiamare in causa la filosofia; ogniqualvolta ci si vuole allontanare dai modi banali,
volgari, superficiali di giudicare e di esistere, è necessario fare appello alla filosofia; se si vogliono prendere le
distanze da ogni forma di sapere che pretenda di essere totalizzante, esaustivo, dogmatico, è necessario servirsi
dell’intelligenza filosofica; quando si vuole gettare una luce sulla problematicità dell’esistere umano e prendere
coscienza dei limiti propri della dimensione ontologica, occorre l’intervento della filosofia; quando si va alla
ricerca di quell’unico tipo di sapere che, oltre a mettere in discussione la realtà, mette in discussione se
>>

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Logos Febbraio
>> stesso e riconosce i suoi limiti, nella convinzione che “il supremo passo della ragione sta nel riconoscere
che c’è un’infinità di cose che la sorpassano” (Pascal- “Pensieri”) bisogna riferirsi alla filosofia; se ancora
oggi l’uomo vuole raccogliere la sfida dell’esistenza, “affrontare ad occhi aperti il proprio destino e porsi chiaramente
i problemi che risultano dal proprio rapporto con se stesso, con gli altri uomini e col mondo” allora è
più che mai necessario “filosofare”, il che significa “ non già limitarsi a elaborare concetti, a ideare sistemi, ma
scegliere, decidersi, impegnarsi, appassionarsi: vivere autenticamente ed essere autenticamente se stesso”
(N.Abbagnano- “Introduzione all’esistenzialismo”)
Prof.ssa Segreto
La filosofia non trova posto nella classificazione delle scienze di Auguste Comte ed è ridotta a metodologia,
anche se essa, scriveva il padre del Positivismo sociale in “Corso di filosofia positiva”, pubblicato fra il
1830 ed il 1842, “è il solo vero mezzo razionale per mettere in evidenza le leggi logiche dello spirito umano".
A partire dalla fine dell’Ottocento, però, vi fu un’energica reazione al Positivismo, che non viene più accettato
come una visione del mondo legata all’idea del progresso necessario e costante. Diventa fondamentale, allora,
il problema di ciò che la filosofia è o deve essere.
Se per Comte la filosofia è secondaria in quanto indaga i metodi e raccoglie i risultati generali delle scienze,
per la reazione antipositivista la filosofia è la più importante delle dottrine perché non ha i limiti delle scienze.
Infatti, la filosofia: per lo Spiritualismo indaga il rapporto dell’uomo con se stesso; per lo Storicismo si pone il
problema di come sia possibile e valida la conoscenza storica; per il Neoidealismo è atto dello Spirito, inteso
come eterno divenire, che si autodetermina, riconoscendosi infinito nelle sue manifestazioni; per il Pragmatismo
è atto orientativo dell’azione e in generale della vita; per la Fenomenologia è analisi degli atteggiamenti
fondamentali del mondo della conoscenza e della coscienza; per l’Esistenzialismo è analisi del modo d’essere
dell’uomo nel suo rapporto con l’essere.
Oggi la filosofia riempie le piazze ed i teatri come dimostra il “Festival della Filosofia”, che ormai dal 2001
ogni anno si tiene a Modena, Carpi e Sassuolo, o il “Festival della Filosofia”, organizzato dall’Associazione
cultura e volontariato Nuova Acropoli a Catania, o la discussione sulla filosofia al teatro “F. Parenti” di Milano.
Addirittura, l’Unesco celebra dal 2002, ogni terzo giovedì del mese di novembre, la “Giornata mondiale
della filosofia” con lo scopo di evidenziarne l’importanza che ricopre soprattutto per i giovani. Il tema del 2012
è stato, infatti, “Generazioni future”, perché la filosofia è una disciplina che incoraggia lo sviluppo di un pensiero
critico ed indipendente contribuendo allo stesso tempo ad una migliore comprensione del mondo e richiamando
ideali quali la tolleranza e la pace. Irina Bokova, direttrice generale della Giornata, ha affermato: “Tutti
gli esseri umani, al di là delle differenze, sono eguali nell’esercizio della loro ragione e del loro pensiero critico.
Ed è questo il modo attraverso il quale saremo in grado di costruire una società sempre più equa e sostenibile.
I filosofi, e l’insegnamento della filosofia, rivestono quindi un ruolo fondamentale nell’affrontare le sfide
contemporanee legate all’etica ed alla giustizia e rappresentano una risorsa inesauribile per ispirare le future
generazioni ad un giudizio etico in grado di rendere migliore il nostro mondo”.
Mi ricordo che a Torino per ascoltare Norberto Bobbio o Gianni Vattimo, già negli anni Ottanta, bisognava
mettersi in fila fin dalle prime ore del pomeriggio per sperare di trovar posto in sala, dove dopo cena era prevista
la conferenza.
Ma perché tanto successo ed interesse? Perché la filosofia è l’unica disciplina che può dare un senso alla nostra
vita e che può rintracciare nell’esistenza una traccia in cui la coscienza possa riconoscersi e dare a quella traccia
un’espressione. È vero tutto è permeato dalla scienza, dalla tecnica e dall’elettronica e dalla telematica, aggiungo
io, per questo siamo ad un bivio: o lavoriamo, consumiamo, mettiamo su casa e famiglia, amiamo, stiamo
attaccati al cellulare, al computer su Facebook o alla Tv senza tante domande per finire nel “dimenticatoio
del tempo” o cerchiamo risposte alla salute dell’anima con il nostro lavoro, con i nostri consumi, con la famiglia,
con l’amore, con l’uso del cellulare, del computer o leggendo e guardando la televisione. Sempre più persone,
anche se ancora minoranza, preferiscono quest’ultima strada e l’aumento delle iscrizioni degli studenti
alle varie facoltà di filosofia lo dimostra, nonostante la disapprovazione dei genitori che continuano a sostenere
che la filosofia come la letteratura "non dà lavoro a nessuno "!
Prof. Anastasi
>>

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Logos Febbraio
>>
“Chi brama ardentemente di comprendere, di orientarsi, di vedere chiaro nei problemi dello Spirito,
possiede in questa brama la prima condizione del filosofare” B.Croce
Ed è ancora a questa “brama” che vorrei fare appello, a quell’amore per il sapere che diventa ebbrezza di una
ricerca infinita, che diventa forza espansiva che va al di là dello spazio e del tempo. Qual è allora oggi il ruolo
della filosofia? Quello che aveva al tempo di Socrate, Galilei, Kant, Hegel, Nietzsche, Popper…: insegnare a
PENSARE, a soffermarsi sulle piccole e grandi cose del mondo, a diventare liberi di volere tutto ciò che si fa e
si è. Pertanto non ritengo di dovere attribuire un altro ruolo o un nuovo ruolo alla filosofia, che si è sempre
mossa nel tempo, pur non appartenendo mai in maniera esclusiva a nessuno di esso!
Prof.ssa Visalli
Ritengo ancora valido quanto espresso in altra occasione sulla possibilità di tentare di definire la Filosofia.
È il luogo dell’anima; ineffabile e sublime, intrigante gioco dei perché, rassicurante rifugio, forza indomabile
di uno spirito libero.
La richiesta da parte dei ragazzi mi ha indotto a soffermarmi ulteriormente al fine di esplicitare il significato
del rapporto tra filosofia e scienza.
La filosofia, per me, è l’anima della scienza. Già gli antichi avevano ben compreso il legame indissolubile tra
l’indagine conoscitiva e la riflessione filosofica. Ogni teoria scientifica, infatti, offre una particolare visione del
mondo, spesso producendo effetti dirompenti in relazione all’ambito dei saperi disciplinari e, di conseguenza,
pone in essere tutta una serie di interrogativi di sicura pertinenza filosofica. Il valore che la filosofia ha per la
scienza è storicamente evidente. Se molti furono e sono gli scienziati-filosofi, paradossalmente, sorprende pensare
come le teorie scientifiche siano state originate da filosofi che nulla o poco avevano a che fare con la
scienza. Il riferimento riguarda, in particolare e con le dovute cautele, Democrito, precursore della scienza moderna
che solo duemila anni dopo verrà inaugurata da quel gran genio di Galilei, e Giordano Bruno, vero artefice
della rivoluzione astronomica ancor prima che lo stesso Galilei ne dimostrasse la validità scientifica. Ciò mi
induce a pensare che filosofia e scienza siano intimamente connesse e, quando tale magica fusione avviene, il
risultato non può che essere, così come è stato in passato, straordinariamente sensazionale. Pertanto è da chiedersi:
“Quale sarebbe il destino dell’uomo riguardo la scienza e l’applicazione scientifica se non ci fosse dietro
la Filosofia ad animare l’una e ad orientare l’altra?”
Prof.ssa Lenzo

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Barbara Anastasi, III A Lc
Filosofia universale
Filosofia oggi Febbraio
La filosofia è la disciplina della maturità, della libertà e del progresso in quanto porta l’uomo alla lettura
critica dei fenomeni reali dell’esistenza.
C’è chi afferma che la filosofia “si occupa di luoghi comuni” (in Remo Bodei, “Perché c’è fame di filosofia”);
chi scrive che non serve a niente ed a nessuno perché non ha uno scopo; chi continua a sostenere che è
quella cosa “con la quale e senza la quale tutto resta uguale”; che è una moda passeggera (in Corrado Ocone,
“Prendiamola con filosofia”) e che è ambigua.
Per G. Giorello, invece, la filosofia è “capacità di ciascuno di argomentare le proprie tesi, senza alcuna pretesa
di disporre di una qualche soluzione definitiva e che si concreta in un prendere partito che impone decisioni,
anche radicali, senza per questo misconoscere il diritto di quelle altrui”. Per Remo Bodei “dopo la caduta
delle ideologie classiche, la filosofia da un parte si è affrancata dal vassallaggio nei confronti della politica,
dall’altra ha trovato nuovi canali di espressione nei mezzi di comunicazione di massa (televisione, giornali)”.
Per Mario Baudino, essa “può scendere dal piedistallo specialistico e avvicinarsi ai problemi delle persone”.
Infine, per M. Merleau-Pounty: “Il filosofo è l’uomo che si risveglia e che parla”, è l’uomo che “ha in sé,
silenziosamente, i paradosi della filosofia, perché, per essere davvero uomo, bisogna [che sia] un po’ di più e
un po’ di meno che uomo”.
Nel 1517, in un periodo di malcostume della Chiesa e di grande corruzione delle gerarchie ecclesiastiche,
Martin Lutero insegnò agli uomini, che non si fidavano più dell’autorità tradizionale, la giustificazione per
fede e il sacerdozio universale: insegnò cioè agli uomini che volevano salvarsi a diventare sacerdoti di se
stessi. Oggi, in un periodo di grave crisi economica e di grande corruzione della politica, la filosofia insegna,
non il coraggio, come diceva Kant, a proposito dell’Illuminismo, ma il dovere della propria intelligenza: insegna
ad ogni uomo, per il suo bene e per il bene sociale e politico, ad essere filosofo di se stesso.
Le grandi ideologie sono finite. Oggi riconosciamo che non esistono grandi pensatori che possano servire
per tutti i tempi e per tutti gli uomini. Al contrario, proprio le opinioni anche dei piccoli, dei più sono indispensabili
per avere una giusta opinione della realtà umana. “La filosofia [allora] è spirito critico”: tale affermazione
non è da intendere nel senso che i filosofi hanno una voce di riguardo nei dibattiti pubblici, ma come
funzione della flosofia che può essere svolta da chiunque in quanto si presenta come valore innato ed irrinunciabile
di ogni uomo che si protende verso il bene proprio e degli altri.
Hellenia Fazio, 4ª A Ls
Filosofi oggi
Spesso, a causa forse del fatto che i programmi di studio difficilmente
arrivano ai nostri giorni o forse perché la filosofia è un’attività
teorica che non produce “guadagno” , si sente chiedere: ma i filosofi
esistono ancora? Chi sono? Cosa fanno?
Esistono, esistono! Dario Antiseri, Massimo Cacciari, Emanuele Severino,
Vincenzo Vitiello, Giovanni Reale, Salvatore Natoli, Roberta De
Monticelli e Andrea Tagliapietra, solo per citare i più famosi, ne sono la
dimostrazione.
Dario Antiseri
Nato a Foligno il 9 gennaio 1940, si laurea in filosofia nel1963 presso
l'Università degli Studi di Perugia; prosegue, poi, i suoi studi presso varie
università europee sui temi legati alla logica matematica, all'epistemologia
ed alla filosofia del linguaggio.Divenuto libero docente nel
1968 inizia l'insegnamento presso l'Università "La Sapienza" di Roma e
>>

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Filosofia oggi Febbraio
l'Università di Siena. È stato ordinario di filosofia del linguaggio presso l'Università di Padova, ha assun-
>> to la cattedra di "Metodologia delle scienze sociali" alla LUISS di Roma per poi ricoprire l'incarico di
preside della Facoltà di Scienze politiche della stessa Università. Nel febbraio del 2002 è insignito, assieme a
Giovanni Reale, di una laurea honoris causa presso l'Università Statale di Mosca. Con lo stesso Reale scrive il
libro “Storia della Filosofia Occidentale” pubblicato in russo in quattro volumi e diventato un bestseller nazionale.
Il suddetto trattato è un’appassionata difesa dei valori della società aperta, della democrazia e della libertà
di pensiero in cui, Antiseri e Reale, vedono la storia della filosofia come una competizione tra teorie e prospettive
filosofiche diverse ed hanno dimostrato che la ricerca della verità si fonda sulla consapevolezza della
propria fallibilità. Antiseri è inoltre autore di numerosi libri di attualità come: L’agonia dei partiti politici,
1999; Destra e sinistra: due parole ormai inutili, 1999; Liberali: quelli veri e quelli falsi, 1998; Trattato di
metodologia delle scienze sociali, 1997. Il suo pensiero non ha nulla di debole. È fortemente positivo ed è
agli antipodi di ogni dogmatismo.
Emanuele Severino
Nato nel 1929 a Brescia, si laurea a Pavia nel 1950 con una tesi su
"Heidegger e la metafisica".Ottiene la libera docenza in filosofia teoretica
nel 1951. Dopo un periodo di insegnamento come incaricato all'Università
Cattolica di Milano, nel 1962 diventa ordinario di Filosofia morale
presso la stessa Università. Nel 1964 sconvolge il dibattito teoretico
con il saggio " Ritornare a Parmenide ". Dal 1970 è ordinario di Filosofia
teoretica presso l'Università di Venezia dove è stato direttore del Dipartimento
di filosofia e teoria delle scienze fino al 1989. Attualmente è
accademico dei Lincei.Ha scritto: Note sul problematicismo italiano, 1950; La struttura originaria, 1957; Studi
di filosofia della prassi, 1962; Essenza del nichilismo, 1972; Gli abitatori del tempo, 1978; Legge e caso,
1979; Le radici della violenza, 1979; Destino della necessità, 1980; A Cesare e a Dio, 1983; La strada, 1983;
La filosofia antica, Milano, 1985; La filosofia moderna, Milano, 1985; Il parricidio mancato, 1985; La filosofia
contemporanea, 1988; Il giogo, 1989; La filosofia futura, 1989; Alle origini della ragione, Milano, 1989;
Antologia filosofica, Milano, 1989; Il nulla e la poesia. Alla fine dell'età della tecnica, 1990; La guerra, 1992;
Oltre il linguaggio, 1992; Tautotes, l995; La gloria, 2001.
Da alcuni decenni collabora con il Corriere della sera. Massimo Cacciari lo definisce un gigante, l'unico filosofo
che nel Novecento si possa contrapporre a Heidegger. Per Severino la questione principale da affrontare
risale alla metafisica classica e riguarda la contraddizione o meno tra l'essere e il non essere o divenire . Il filosofo
affronta il problema tenendo presenti autori contemporanei quali Nietzsche e Heidegger. La tesi generale
è che il peccato e l'errore dell'Occidente e del cristianesimo compreso consistono nell'essersi allontanato dal
precetto parmenideo, secondo il quale tra solo l'essere è e può essere pensato e definito. Scegliendo di non rispettare
l'insegnamento di Parmenide e introducendo il divenire nel pensiero e nella storia, l'Occidente si è trovato
in una situazione senza uscita che ha portato all'attuale dominio della ragione e della tecnica. Quindi bisogna
ritornare a Parmenide . Il peccato originale dell'Occidente è avvenuto dopo Parmenide, quando il pensiero
greco, invece di considerare soltanto l'essere, ha evocato il divenire inteso come la dimensione visibile dove le
cose provengono dal niente e ritornano nel niente, dopo essersi trattenute provvisoriamente nell'essere. Il divenire
diventa l'oscillazione delle cose tra l'essere e il niente: ma Severino, sull'onda dell'insegnamento parmenideo,
nega l'esistenza stessa del divenire.« Si tratta di capire che la costruzione e la distruzione hanno la stessa
anima... » (E.Severino).
Massimo Cacciari
Nato a Venezia il 5 giugno 1944, si è laureato in filosofia a Padova ed
è ordinario di Estetica presso l'Università della sua città. È stato tra i
fondatori di alcune delle più importanti riviste italiane di filosofia e
cultura, da “Angelus Novus” (1964-1974) a "Contropiano" (1968-
1971), a “Laboratorio politico” (1980-1985), a “Il Centauro” (1980-
1985) fino a “Paradosso”, (1992). E' stato deputato al Parlamento dal
1976 al 1983, è membro di diverse istituzioni filosofiche europee, tra
cui il Collège de Philosophie di Parigi, ed è stato Sindaco di Venezia.
Ha scritto: Sulla genesi del pensiero negativo, in Contropiano, 2,
1968; >>

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Filosofia oggi Febbraio
>> Ristrutturazione e analisi di classe, Padova, 1973;
Piano e composizione di classe, Milano, 1975 (con p. perulli). Metropolis, Roma, 1973; OIKOS. Da Loos
a Wittgenstein, Roma, 1975 (con f. amendolagine); Krisis, Milano 1976; Pensiero negativo e razionalizzazione,
Venezia, 1977; Dallo Steinhof, Milano 1980; Icone della legge, Milano 1985; L'Angelo necessario, Milano
1986; Dell'inizio, Milano 1990. Nei suoi ultimi lavori la problematica filosofica si intreccia con quella teologica,
secondo una linea che si potrebbe definire di rivisitazione critica della tradizione platonica.“Vi è un destino,
che avvertiamo nella nostra mente: in questa porzione di cosmo che è la nostra mente si mostra un destino,
una necessità per noi: pensare che siamo liberi” (Tratto dall'intervista "Il libero arbitrio").
Vincenzo Vitiello
Nato il 26 settembre del 1935 a Napoli, si è laureato all'Università "Federico
II" di Napoli in Giurisprudenza, discutendo una tesi di Filosofia del diritto sul
tema: "Libertà e giustizia nel pensiero di Benedetto Croce. Nel 1970 ha conseguito
la libera docenza in Filosofia Teoretica. Ha insegnato Estetica all'Università
dell'Aquila, come professore incaricato, presso la Facoltà del Magistero,
dal 1971 al 1976, e Filosofia, dal 1974 al 1976. Dal 1977 al 1979 ha insegnato
Storia della filosofia moderna e contemporanea nella Facoltà di Magistero
dell'Università di Salerno. Dal 1980 è professore ordinario di Filosofia teoretica
presso il Magistero dell'Ateneo salernitano.
Ha scritto: Storiografia e storia nel pensiero di Benedetto Croce, 1968; Heidegger:
il nulla e la fondazione della storicità, 1976; Dialettica ed Ermeneutica:
Hegel e Heidegger; Utopia del nichilismo, 1983; Ethos ed Eros in Hegel e
Kant, 1984; Bertrando Spaventa ed il problema del cominciamento, 1990; Topologia
del moderno, 1992; La voce riflessa. Logica ed etica della contraddizione,
1994; Elogio dello spazio. Ermeneutica e topologia, 1994; Cristianesimo
senza redenzione, 1995; Non dividere il sì dal no. Tra filosofia e letteratura,
1996. Studioso dell'idealismo classico tedesco, e di Nietzsche e Heidegger, in stretto rapporto con il pensiero
greco e la tradizione neo-platonica e cristiana (Plotino ed Agostino, in particolare), Vincenzo Vitiello ha concentrato
la sua ricerca su alcune questioni teoriche di fondo, quali l'interpretazione del tempo, il concetto della
"differenza", il rapporto dialettica-ermeneutica, la dottrina del giudizio, pervenendo all'elaborazione di una
propria teoria ermeneutica, la "Topologia", fondata sulla reinterpretazione del concetto di spazio. In tempi più
recenti ha esteso l'ambito della sua ricerca ai temi della religione e dell'arte.
Giovanni Reale
Nato a Candia Lomellina il 15 aprile 1931, si è laureato in Filosofia presso l'Università
Cattolica di Milano nel l954. Si è poi perfezionato in Germania dal 1954 al
1956 e nel 1957 a Monaco di Baviera. Ha ricoperto la cattedra di Storia della filosofia
presso l'Università di Parma dove ha insegnato anche per un triennio Filosofia
morale. Attualmente è ordinario di Storia della filosofia antica presso l'Università
Cattolica di Milano. Dirige la collana "Testi a fronte" dell'editore Rusconi e la
sezione "Filosofia classica e tardo-antica" della collana "I classici del pensiero"
dello stesso editore. Dirige inoltre la collana "Temi e problemi del pensiero antico.
Studi e testi" del Centro di Ricerche di Metafisica dell'Università Cattolica di Milano, per la casa editrice Vita
e Pensiero. Ha scritto: Introduzione a “Proco”, 1989; Per una nuova interpretazione di Platone. Rilettura della
metafisica dei grandi dialoghi alla luce delle dottrine non scritte, 1991; I paradigmi storici nell'interpretazione
di Platone e i fondamenti del nuovo paradigma, 1991; Ruolo delle dottrine non scritte di Platone. Intorno
al Bene nella "Repubblica"e nel "Filebo", 1991; Il concetto di filosofia prima e l'unità della "Metafisica"di Aristotele,
1994; Saggezza antica. Terapia per i mali dell'uomo d'oggi, 1995; Eros demone mediatore. Il gioco
della maschere nel "Simposio"di Platone, 1997; Guida alla lettura della "Metafisica"di Aristotele, 1997; Per una
nuova interpretazione di Platone, 1997; Raffaello,"La "Scuola di Atene". Una nuova interpretazione dell'affresco
con il cartone a fronte, 1997. La sua tesi di fondo è la seguente: la filosofia greca ha creato quelle categorie e
quel peculiare modo di pensare che hanno consentito la nascita e lo sviluppo della
>>

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Filosofia oggi Febbraio
>> scienza e della tecnica dell'Occidente. I suoi interessi scientifici spaziano lungo tutto l’arco del pensiero
antico pagano e cristiano, e i suoi contributi di maggior rilievo hanno toccato via via Aristotele, Platone,
Plotino, Socrate e Agostino.
Salvatore Natoli
Nato a Patti il 18 settembre 1942, è un accademico e filosofo
italiano. Attualmente è professore ordinario di filosofia teoretica
presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università
degli Studi di Milano Bicocca.
In particolare, Salvatore Natoli è il propugnatore di un neopaganesimo,
cioè di un'etica che, riprendendo elementi del pensiero
greco (in particolare, il senso del tragico), riesca a fondare
una felicità terrena, nella consapevolezza dei limiti dell'uomo
e del suo essere necessariamente un ente finito, in contrapposizione
con la tradizione cristiana.
Ha scritto: La scienza e la critica del linguaggio, 1980; L'esperienza
del dolore. Le forme del patire nella cultura occidentale,
1986; Vita buona vita felice: scritti di etica e politica, 1990; La politica e il dolore, 1996; Dizionario
dei vizi e delle virtù, 1996; la felicità di questa vita. Esperienza del mondo e stagioni dell'esistenza, 2001; Il
cristianesimodi un non credente, 2002; La salvezza senza fede, 2006; L'attimo fuggente e la stabilità del bene,
2007; stare al mondo. Escursioni del tempo presente, 2008; Dialogo sui novissimi, 2009; L'edificazione di sé.
Istruzioni sulla vita interiore, 2010; I comandamenti. Non ti farai idolo né immagine, 2011; Sperare oggi,
2012. Vai a:, Una particolare a approfondita analisi sul tema del dolore è stata condotta da Natoli in diverse sue
opere. Il dolore è parte essenziale della vita e per gli antichi filosofi greci era l'altra faccia della felicità: la natura
infatti dava la vita e nello stesso tempo crudelmente la toglieva. Il dolore in realtà fa parte della vita ma non
la nega: il dolore può essere vissuto e reso sopportabile se chi soffre percepisce non la pietà dell'altro ma che la
sua sofferenza è importante per chi entra in rapporto con lui e con la sua sofferenza. Se chi soffre si sente importante
per qualcuno, anche se soffre ha motivo di vivere. Se non è importante per nessuno può lasciarsi prendere
dalla morte.
“La filosofia non è il luogo ove si custodiscono i valori assoluti , in questo senso è fortemente modificata rispetto
alla sua tradizione di origine. Però c'è un aspetto della filosofia ricorrente pure in questi cambiamenti,
perché in fondo la filosofia nella sua genesi, nella sua forma originaria, come dice Platone, come ha ripreso
Aristotele, nasce dalla meraviglia: per filosofare bisogna meravigliarsi, cioè è la caduta dell'ovvietà, e questa
meraviglia ha un carattere, un tratto singolare perché non vuol dire che ci si meravigli di qualcosa che avviene
così all'improvviso in modo inatteso. In genere la meraviglia si collega a fatti eclatanti, ci si meraviglia dinanzi
a qualcosa di inatteso, ma la meraviglia filosofica ha una caratteristica più fondamentale più radicale, più profonda,
che è quella di vedere in modo nuovo il già dato, il presente”
(“Il tempo e la tradizione” -Salvatore Natoli )
Roberta De Monticelli
Nata a Pavia, il 2 aprile del 1952,, ha studiato alla Scuola Normale
e all’Università di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con
una tesi su E. Husserl: dalla Filosofia dell’aritmetica alle Ricerche
logiche. Ha continuato i suoi studi presso le Università
di Bonn, Zurigo e Oxford, dove è stata allieva di Michael
Dummett, logico e filosofo del linguaggio. Sotto la sua direzione
ha scritto la tesi di dottorato su Frege e Wittgenstein. A
Oxford è stata iniziata allo studio della tradizione platonica da
Raymond Klibansky, membro e custode del Circolo Warburg,
grande storico delle idee ed editore di numerosi testi medievali
e moderni. Ha cominciato la sua carriera universitaria come
ricercatrice della Scuola Normale di Pisa, poi trasferita presso
il Dipartimento di Filosofia dell’Università statale di Milano.
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Filosofia oggi Febbraio
>> A Milano ha frequentato per anni i corsi della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, approfondendo
la sua formazione nel quadro delle sue ricerche sul platonismo, e poi sulla filosofia di Agostino. E’ stata
dal 1989 al 2004 professore ordinario di Filosofia moderna e contemporanea all'Università di Ginevra. A Ginevra
ha anche fondato la scuola dottorale interfacoltà "La personne: philosophie, épistémologie, éthique", che
ha diretto fino al 2004. Dall’ottobre 2003 è stata chiamata per chiara fama all’Università Vita-Salute San Raffaele,
sulla cattedra di Filosofia della persona. Ha scritto: Confessioni, 1989; Osservazioni sulla filosofia della
psicologia, 1990; La conoscenza personale. Introduzione alla fenomenologia, 1998; L'ordine del cuore. Etica e
teoria del sentire, 2003; L'allegria della mente. Dialogo con Agostino, 2004; Esercizi di pensiero per apprendisti
filosofi, 2006; Sullo spirito e l'ideologia: lettera ai cristiani, 2007; La questione morale, 2010; Dal vivo.
Meditaziomi e versi sotto le stelle, 2011.La persona, la sua realtà e i modi della sua conoscenza sono al centro
della sua ricerca, che, pur riconoscendosi erede della grande tradizione, da Platone ad Agostino a Husserl, tenta
una fondazione nuova, sul piano ontologico e sulla base del metodo fenomenologico di una teoria della persona.
La sua ambizione è di costruire un linguaggio limpido e rigoroso per affrontare le questioni che si pongono
a ogni esistenza personale matura . Un linguaggio, capace di contribuire, anche con analisi concettuali e
fenomenologiche e un proprio insieme di tecniche d’argomentazione, al dibattito contemporaneo promosso
dagli sviluppi della filosofia della mente e delle scienze naturali dell’uomo, biologia, neuroscienze, scienze
cognitive..
Andrea Tagliapietra
Nato a Venezia nel 1962, nel 1982 intraprende gli studi di medicina e filosofia
presso le Università di Padova e Ca' Foscari di Venezia, nel 1987 si
laurea in filosofia presso l'Università Ca' Foscari di Venezia e riceve il dottorato
in filosofia presso l'Università Ca' Foscari di Venezia e l'Università
di Padova nel 1994. Nel 1997 diventa ricercatore universitario di Storia
della filosofia e dal 2006, insegna Storia della filosofia, Ermeneutica e Storia
delle idee all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È socio,
sin dalla fondazione (2002), della Società Italiana di Storia della Filosofia
(SISF) e della Società Filosofica Italiana (SFI). Ha scritto: Il velo di Alcesti.
La filosofia e il teatro della morte, 1997; Filosofia della bugia. Figure
della menzogna nella storia del pensiero occidentale, 2001, nuova ed.
2008; La forza del pudore. Per una filosofia dell'inconfessabile, 2006; La
metafora dello specchio. Lineamenti per una storia simbolica, Torino 2008. La virtù crudele. Filosofia e storia
della sincerità (premio Viareggio-Rèpaci per la saggistica 2004) e Il dono del filosofo. Sul gesto originario
della filosofia (2009). Fonde nelle sue ricerche un’indagine storico filosofica sul pensiero greco e cristiano,
con un’attenzione a temi contemporanei legati al mondo delle immagini e della comunicazione.