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Tre riletture del pensiero di Spinoza nella ... - Foglio Spinoziano

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UNIVERSIT¿ DEGLI STUDI DI BARI<br />

FACOLT¿ DI LETTERE E FILOSOFIA<br />

CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA<br />

TESI DI LAUREA<br />

IN<br />

STORIA DELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA<br />

<strong>Tre</strong> <strong>riletture</strong> <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>nella</strong> filosofia contemporanea:<br />

G. Deleuze, A. Negri, E. Balibar.<br />

Relatore Can<strong>di</strong>dato<br />

Ch.mo Professore Rocco Di Fonzo<br />

Francesco Fistetti Matr. 350527 S<br />

Correlatore<br />

Ch.mo Professore<br />

Pasquale Porro<br />

ANNO ACCADEMICO 2003 / 2004


INDICE<br />

Premessa 3<br />

Capitolo I ñ Deleuze e <strong>Spinoza</strong>: la filosofia <strong>del</strong>líespressione<br />

1. Rovesciare il platonismo: dallíanalogia allíunivocit‡ 13<br />

2. Uníaltra storia <strong>del</strong>líessere: líOntologia <strong>del</strong>líespressione 22<br />

3. Líetica <strong>del</strong>la potenza: dal rovesciamento cartesiano allíespressione 33<br />

4. La teoria <strong>del</strong>líespressione: dalla rappresentazione cartesiana<br />

allíespressionismo <strong>del</strong>la potenza 47<br />

5. Dallíespressionismo <strong>del</strong>la potenza al progetto etico politico: líasse<br />

Nietzsche-<strong>Spinoza</strong> 81<br />

Capitolo II - <strong>Spinoza</strong> secondo Negri: la filosofia <strong>del</strong>la multitudo,<br />

ovvero una metafisica <strong>del</strong>líimmaginazione e <strong>del</strong>la libert‡<br />

99<br />

Capitolo III ñ Balibar e <strong>Spinoza</strong>: la filosofia <strong>del</strong>la comunicazione<br />

1. La filosofia come progetto <strong>di</strong> liberazione <strong>del</strong>le singolarit‡ 127<br />

2. La filosofia <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualizzazione, ovvero líessere come<br />

transin<strong>di</strong>vidualit‡ 157<br />

Conclusione 185<br />

Bibliografia 189


PREMESSA<br />

La presente ricerca si pone líobiettivo <strong>di</strong> analizzare tre <strong>del</strong>le pi˘ importanti<br />

e, a nostro avviso, significative <strong>riletture</strong> contemporanee <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>. In particolare quella che ha compiuto G. Deleuze attraverso le<br />

opere: <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione e <strong>Spinoza</strong> filosofia pratica.<br />

Quella <strong>di</strong> A. Negri raccolta nellíopera <strong>Spinoza</strong> e infine quella che E.<br />

Balibar ha esposto in numerosi saggi raccolti in <strong>Spinoza</strong>, il<br />

transin<strong>di</strong>viduale, oltre che in <strong>Spinoza</strong> e la politica.<br />

Per questi autori, rileggere e soprattutto rivalutare oggi <strong>Spinoza</strong> non<br />

rappresenta soltanto un doveroso omaggio a un pensatore che ha segnato la<br />

loro formazione culturale e umana, quanto un tentativo <strong>di</strong> risposta a quella<br />

voce <strong>del</strong> presente che, attraverso gli eventi <strong>del</strong>la politica estera mon<strong>di</strong>ale,<br />

continua ad esprimere uníunica e drammatica sentenza: <strong>nella</strong> modernit‡ il<br />

potere come essenza <strong>del</strong>líessere ha avuto il sopravvento sulla potenza<br />

come espressione <strong>del</strong>la collettivit‡ sociale.<br />

Innanzitutto bisogna specificare il contesto storiografico a cui<br />

appartengono queste importanti <strong>riletture</strong> spinoziane. Senza dubbio sarebbe<br />

impossibile o, quanto meno improbabile, rintracciare uníomogeneit‡<br />

interpretativa tra questi tre autori se non si mostrasse il terreno comune da<br />

cui si sono sviluppate le loro interpretazioni.<br />

<strong>Spinoza</strong> risorge sul finire degli anni Sessanta come tentativo <strong>di</strong><br />

superamento <strong>del</strong>líeccesso <strong>di</strong>alettico in cui era caduto lo strutturalismo, uno<br />

sforzo compiuto soprattutto da due autori francesi: Deleuze e Matheron 1 .<br />

» il 1968 quando questi due autori pubblicano le loro opere su <strong>Spinoza</strong>.<br />

1 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> questo tema si veda la prefazione <strong>di</strong> A. Negri a L. Bove, La strategia <strong>del</strong><br />

conatus, Milano, Ghibli, 2002.<br />

3


Líintento comune Ë quello <strong>di</strong> riaffermare líestremismo ra<strong>di</strong>cale<br />

<strong>del</strong>líimmanenza contro la stasi <strong>di</strong>alettica in cui imperversava lo<br />

strutturalismo. Certo va chiarito che soltanto a partire dal terzo centenario<br />

<strong>del</strong>la morte, celebrato nel 1977, si Ë ufficializzata la cosiddetta renaissance<br />

spinoziana, a cui ha contribuito moltissimo il lavoro interpretativo <strong>di</strong><br />

Emilia Giancotti Boscherini 2 .<br />

Ma ritornando alla genesi <strong>di</strong> questa nuova interpretazione spinoziana, va<br />

detto che gi‡ Althusser e Foucault, da punti <strong>di</strong> vista eterogenei, avevano<br />

denunciato líincapacit‡ <strong>del</strong>líinterpretazione strutturalista <strong>di</strong> rileggere la<br />

storia e anche il marxismo. Per questi autori lo strutturalismo non era che<br />

una <strong>di</strong>alettica rovesciata, una visione impoverita <strong>del</strong>la mondo, che ha<br />

cercato <strong>di</strong> analizzare líintimo legame <strong>del</strong>le strutture sociali attraverso uno<br />

sterile gioco <strong>di</strong> rinvii e rispecchiamenti, espe<strong>di</strong>ente rivelatosi in seguito <strong>del</strong><br />

tutto incapaci <strong>di</strong> cogliere le reali forze <strong>di</strong>namiche <strong>del</strong>líessere.<br />

Ma perchÈ <strong>Spinoza</strong> e soprattutto líimmanenza potevano salvare il <strong>pensiero</strong><br />

dalla crisi <strong>del</strong>lo strutturalismo?<br />

La generazione post-rottura <strong>del</strong> í68, che comprende autori quali Matheron,<br />

Deleuze, Balibar, Macherey, Moreau, si pone líobiettivo <strong>di</strong> rifondare la<br />

critica marxista sul terreno <strong>del</strong>la rivalutazione filosofica e soprattutto<br />

politica <strong>del</strong>líimmanenza spinoziana. Per questi autori <strong>Spinoza</strong> rappresenta<br />

lo strumento <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssoluzione <strong>del</strong> vecchio gioco <strong>di</strong>alettico che rischiava<br />

ormai <strong>di</strong> allontanare il marxismo dalla critica materialista contemporanea.<br />

Líimmanenza rappresenta non solo il rovesciamento <strong>di</strong> qualsiasi <strong>di</strong>scorso<br />

metafisico sulla trascendenza, ma soprattutto il piano ontologico su cui la<br />

singolarit‡ materiale <strong>del</strong>líessere puÚ esprimersi come molteplicit‡ <strong>di</strong><br />

potenze soggettive. Líimmanenza Ë il campo su cui la moltitu<strong>di</strong>ne si<br />

riappropria <strong>del</strong>la vita, il terreno dove líanalisi marxista, mondata da ogni<br />

astrattezza <strong>di</strong>alettica, si ri<strong>di</strong>stende sul tessuto ontologico.<br />

2 Si veda E. Balibar, In memoria <strong>di</strong> Emilia Giancotti, in <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, Milano, Ghibli,<br />

2002, pp. 191-192.<br />

4


Questa nuova generazione <strong>di</strong> lettori <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> ha posto in evidenza non<br />

solo la forza eversiva dei concetti <strong>di</strong> conatus e cupi<strong>di</strong>tas, ma soprattutto il<br />

ruolo sovversivo che líimmaginazione acquista <strong>nella</strong> filosofia spinoziana.<br />

Per questi autori sembra proprio che il materialismo immanentista <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> si fon<strong>di</strong> unicamente su <strong>di</strong> un concetto <strong>di</strong> immaginazione<br />

antagonista alle concezioni <strong>del</strong>la gnoseologia classica. Líimmaginazione<br />

non Ë pi˘ un elemento debole <strong>del</strong>líapparato conoscitivo, quello sensibile,<br />

ma il perno <strong>del</strong>la conoscenza adeguata, la forza produttiva da cui<br />

scaturiscono tutte le <strong>di</strong>verse potenze successive.<br />

La contemporaneit‡ <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> per questa nuova rilettura, in cui si<br />

inseriscono a pieno titolo Deleuze, Negri e Balibar, consiste<br />

principalmente <strong>nella</strong> sua ontologia positiva, in quel suo sistema filosofico<br />

che costruisce la teoria <strong>del</strong>líimmanenza come teoria materialista dei corpi<br />

e <strong>del</strong>le menti <strong>nella</strong> loro singolarit‡ <strong>di</strong>namica. Questo modo <strong>di</strong> rileggere<br />

<strong>Spinoza</strong> Ë intimamente legato alla forza politica che le sue concezioni sul<br />

<strong>di</strong>ritto esprimono come rovesciamento <strong>del</strong>líasse Hobbes-Hegel, come<br />

prassi ontologia e politica <strong>del</strong> progetto collettivo <strong>del</strong>la singolarit‡.<br />

In definitiva Deleuze, Negri e Balibar si inseriscono in un contesto<br />

filosofico <strong>di</strong> riscoperta spinoziana, iniziato sul finire degli anni Sessanta,<br />

che ha il suo centro sistematico <strong>nella</strong> costruzione <strong>di</strong> un materialismo per<br />

líavvenire. Un materialismo che assume líontologia, líetica e la politica<br />

come le espressioni molteplici <strong>di</strong> un univoco <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> produzione<br />

<strong>del</strong>líessere nel mondo.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questa ricerca Ë non soltanto quello <strong>di</strong> mostrare le evidenti<br />

<strong>di</strong>fferenze che intercorrono tra queste autorevoli <strong>riletture</strong>, ma soprattutto<br />

come sotto <strong>di</strong> esse scorra una comune volont‡ <strong>di</strong> riaffermare con forza un<br />

<strong>pensiero</strong> che esprime líessere in quanto gioia e potenza <strong>del</strong>la molteplicit‡<br />

in contrapposizione alla cultura <strong>del</strong>la morte, presente <strong>nella</strong> maggior parte<br />

dei poteri istituzionali, da quelli politici e religiosi sino a quelli economici.<br />

5


Riprendere <strong>Spinoza</strong> vuol <strong>di</strong>re, prima <strong>di</strong> tutto, cogliere la carica eversiva<br />

che il suo <strong>pensiero</strong> da sempre rappresenta nei confronti <strong>del</strong>la metafisica<br />

tra<strong>di</strong>zionale, che da Platone in poi ha contribuito ad onticizzare il problema<br />

<strong>del</strong>líessere.<br />

Chi ha de<strong>di</strong>cato líintera sua interpretazione <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> spinoziano a<br />

questo tema Ë, senza dubbio, Deleuze. Egli ha attribuito allo spinozismo lo<br />

statuto <strong>di</strong> vera e autentica ontologia antigerarchica <strong>del</strong>la potenza.<br />

Si Ë voluto iniziare la presente ricerca proprio con Deleuze in quanto ci<br />

sembra che Ë su questo piano <strong>del</strong>líimmanenza ontologica che non solo ci si<br />

deve avvicinare al <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, ma soprattutto Ë da qui che deve<br />

partire un approccio contemporaneo che vuole trovare in <strong>Spinoza</strong> uníetica<br />

degli esistenti colti <strong>nella</strong> loro singolarit‡ orizzontale e non nei loro rapporti<br />

verticali con il potere.<br />

La rilettura <strong>del</strong>euziana puÚ essere interpretata come líemergenza <strong>di</strong> una<br />

domanda che il presente rivolge al <strong>pensiero</strong> filosofico contemporaneo, un<br />

interrogativo etico sulla comunit‡ a cui le <strong>riletture</strong> <strong>di</strong> Negri e soprattutto <strong>di</strong><br />

Balibar hanno cercato <strong>di</strong> dare una risposta esauriente.<br />

Domandarsi qual Ë il senso <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>lagante cultura <strong>del</strong>la sopraffazione,<br />

<strong>del</strong>la paura <strong>del</strong>líaltro, <strong>del</strong>la lotta per il dominio invece che <strong>del</strong>la reciproca<br />

espressione, vuol <strong>di</strong>re, dal punto <strong>di</strong> vista filosofico, ricercare sul piano<br />

ontologico la ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> un <strong>pensiero</strong> antagonista a quello mortifero <strong>del</strong>la<br />

modernit‡. Un <strong>pensiero</strong> che opponga líetica antigerarchica <strong>del</strong>la potenza<br />

alla morale gerarchica e or<strong>di</strong>natrice <strong>del</strong> potere.<br />

Deleuze Ë il punto <strong>di</strong> partenza non solo per rileggere <strong>Spinoza</strong> nel presente,<br />

ma anche per intraprendere un cammino che ci porti a valutare le cause <strong>di</strong><br />

questa moderna politica <strong>del</strong>la guerra. Non cíË frase pi˘ adatta a descrivere<br />

la malattia <strong>del</strong>líuomo presente <strong>di</strong> quella che Deleuze, parlandoci attraverso<br />

lo spirito <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, scrive in uno dei suoi libri de<strong>di</strong>cati al filosofo<br />

olandese: ì Non viviamo, conduciamo solo un simulacro <strong>di</strong> vita, non<br />

6


sogniamo che <strong>di</strong> evitare la morte e tutta la nostra vita Ë un culto <strong>del</strong>la<br />

morte 3 î.<br />

Si comprende come per Deleuze il mondo <strong>del</strong>líimmanenza ontologica, che<br />

costituisce líessenza <strong>del</strong>la politica spinoziana, Ë líidea selvaggia <strong>di</strong> un<br />

<strong>pensiero</strong> secondo cui il presente deve riscoprire la propria forza anarchica<br />

<strong>di</strong> egualitarismo. Deve cioË amplificare quella voce <strong>del</strong>líessere che ripu<strong>di</strong>a<br />

la gerarchia <strong>del</strong>líUno in favore <strong>del</strong>la costellazione <strong>di</strong> essenti, la cui libert‡<br />

ontologica consiste nellíequivalersi dal punto <strong>di</strong> vista <strong>del</strong>líessere 4 .<br />

Affermare líEssere uguale non vuol <strong>di</strong>re certo ridurre gli essenti ad un<br />

nihilismo omologante in cui tutto si equivale, ma significa negare che<br />

líUno valga pi˘ <strong>del</strong>líessere, anzi vuol <strong>di</strong>re affermare che niente Ë sopra<br />

líessere poichÈ líessere Ë <strong>di</strong>fferenza non-gerachica. Tutti gli essenti sono le<br />

<strong>di</strong>fferenze contenute nellíessere, che quin<strong>di</strong> Ë uguale per tutti: la non-<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>del</strong>líessere equivale ad affermare la molteplicit‡ <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze<br />

tra gli essenti.<br />

Questa ontologia pura, che Deleuze rintraccia nel <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

come potenza antagonista alla metafisica <strong>del</strong>líanalogia, porta dentro <strong>di</strong> sÈ<br />

una carica eversiva che si esprime interamente nel campo politico.<br />

Ed Ë proprio su questo terreno pratico <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> che Negri instaura il<br />

suo rapporto con <strong>Spinoza</strong>. Il filosofo italiano sembra riprendere il <strong>di</strong>scorso<br />

<strong>del</strong>euziano sullíontologia per riportarlo definitivamente su quel piano<br />

politico che, a suo avviso, rappresenta pi˘ <strong>di</strong> tutti il campo dove <strong>Spinoza</strong><br />

manifesta tutta la sua selvaggia anomalia.<br />

Líinterpretazione <strong>di</strong> Negri Ë importante soprattutto perchÈ ha cercato <strong>di</strong> far<br />

emergere il legame che il <strong>pensiero</strong> spinoziano ha intessuto con líOlanda<br />

<strong>del</strong> seicento, un legame che testimonia quanto il presente e la sue moderne<br />

concezioni sulla democrazia debbono alla sua metafisica materialista <strong>del</strong>la<br />

3 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong>. Filosofia pratica, Milano, Guerini e Associati, 1991, p. 38.<br />

4 Su questo tema si consigliano le lezioni su <strong>Spinoza</strong> tenute da Deleuze tra il 1978 e il 1981, per<br />

informazioni si veda in rete: www.web<strong>del</strong>euze.com.<br />

7


potenza. Questa ha rappresentato il <strong>pensiero</strong> rivoluzionario che si Ë<br />

imposto come líanomalia vincente <strong>del</strong>líessere, la <strong>di</strong>smisura selvaggia che,<br />

invece <strong>di</strong> ritirarsi a or<strong>di</strong>nare il mondo dallíalto, ha cercato <strong>di</strong> costruirlo dal<br />

basso <strong>del</strong>líimmaginazione e <strong>del</strong>la libert‡ degli essenti.<br />

Se per Deleuze líontologia spinoziana coincide con un anti-morale che si<br />

interessa alle essenze solo <strong>nella</strong> loro singolarit‡, in quanto solo<br />

nellíesistenza esse si danno <strong>nella</strong> loro luce eterna ed assoluta, per Negri,<br />

invece, líontologia spinoziana consiste in un anti-giusnaturalismo che<br />

rifiuta qualsiasi concezione assolutistica dei <strong>di</strong>ritti naturali a favore <strong>di</strong> una<br />

organizzazione processuale dei rapporti associativi.<br />

Insomma se per Deleuze la metafisica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> coincide con uníetica<br />

che ha per oggetto la <strong>di</strong>namica costituzione <strong>del</strong>le potenze singolari, per<br />

Negri consiste in una pratica politica, la quale <strong>di</strong>viene il luogo <strong>di</strong><br />

realizzazione <strong>del</strong>líesistenza comune. Etica e politica sono le lenti<br />

attraverso cui Deleuze e Negri mettono a fuoco il <strong>pensiero</strong> spinoziano.<br />

Il loro intento comune Ë quello <strong>di</strong> far emergere le ragioni <strong>del</strong>le sua<br />

attualit‡, <strong>di</strong> inquadrare in uníunica visione grandangolare la voce <strong>di</strong> un<br />

pensatore che ha consegnato allíamore il compito <strong>di</strong> interrompere il mondo<br />

<strong>del</strong> potere per instaurare quello <strong>del</strong>la potenza collettiva.<br />

Con líaffascinante, anche se un poí forzata, lente negriana il rapporto tra<br />

<strong>Spinoza</strong> e il presente si instaura sul terreno <strong>di</strong> lotta tra due progetti politici<br />

ancora molto attuali: da una lato líasse paura-controllo, che si presenta<br />

come líespressione <strong>del</strong>la modalit‡ con cui il potere si conserva attraverso<br />

líobbe<strong>di</strong>enza <strong>del</strong> popolo; dallíaltro lato líasse libert‡-potenza, che si<br />

esprime <strong>nella</strong> realizzazione <strong>di</strong> una politica in cui líimmaginazione<br />

produttiva <strong>del</strong>la collettivit‡ <strong>di</strong>viene la legittimazione ontologica <strong>del</strong>la<br />

Repubblica. Tramite líinterpretazione <strong>di</strong> Negri il progetto politico Ë<br />

<strong>di</strong>ventato il cuore selvaggio <strong>del</strong> <strong>di</strong>scorso metafisico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

8


Ma il terreno politico su cui cresce e matura il <strong>pensiero</strong> spinoziano Ë senza<br />

ombra <strong>di</strong> dubbio il piano materiale su cui Balibar riprogetter‡ la metafisica<br />

<strong>del</strong>líimmanenza come materialismo <strong>del</strong>la transin<strong>di</strong>vidualit‡. Secondo<br />

Balibar la filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> coincide con un <strong>di</strong>scorso antropologico che<br />

tenta <strong>di</strong> spezzare il dominio <strong>del</strong>le metafisiche <strong>del</strong>líio.<br />

Il <strong>pensiero</strong> spinoziano non parte dallíattivit‡ <strong>del</strong>líintelletto, dal soggetto,<br />

ma pone il mondo come luogo <strong>di</strong> incontro <strong>di</strong> casi singolari. Questi non sono<br />

che gli elementi potenziali che costruiscono la loro in<strong>di</strong>vidualit‡ come<br />

progetto <strong>di</strong> emergenza transinividuale.<br />

La forza <strong>del</strong>la rilettura <strong>di</strong> Balibar sta nel mostrare come la filosofia <strong>del</strong><br />

pensatore olandese Ë una politica <strong>del</strong>la comunicazione, <strong>del</strong>la solidariet‡ e<br />

<strong>del</strong>la socialit‡, non in quanto esigenze etiche, ma caratteristiche<br />

ontologiche. Líuomo Ë il risultato <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione che si<br />

compie per effetto <strong>del</strong> gioco degli incontri e <strong>del</strong>le relazioni sociali, un gioco<br />

che costituisce il campo prein<strong>di</strong>viduale dove líimmaginazione e la ragione<br />

producono aumento <strong>di</strong> potenza.<br />

Con Balibar <strong>Spinoza</strong> non Ë pi˘ soltanto il filosofo <strong>del</strong>líespressione positiva,<br />

il pensatore <strong>del</strong> progetto materiale ed univoco <strong>del</strong>líessere, ma Ë <strong>di</strong>ventato la<br />

voce inattuale, poichÈ sempre e comunque attuale, <strong>del</strong>líessere come<br />

relazione, come comunicazione sociale. Per il filosofo francese affermare<br />

che líessenza <strong>del</strong>líuomo non Ë che il suo desiderio attuale <strong>di</strong> espressione<br />

<strong>del</strong>la propria singolarit‡, in una parola autoconsevazione, vuol <strong>di</strong>re fare<br />

<strong>del</strong>la potenza in<strong>di</strong>viduale una funzione strutturale <strong>del</strong> transin<strong>di</strong>viduale 5 ,<br />

cioË <strong>del</strong> processo relazionale dei rapporti sociali.<br />

Insomma con Balibar <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>viene il campione <strong>del</strong>la collettivit‡, <strong>del</strong>la<br />

moltitu<strong>di</strong>ne intesa non come risultato, ma come campo imprescin<strong>di</strong>bile e<br />

prein<strong>di</strong>viduale <strong>del</strong>la costituzione <strong>del</strong>líessere. Líuomo sviluppa il suo<br />

desiderio, cioË la sua essenza, e attualizza la sua potenza solo attraverso la<br />

5 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 53.<br />

9


comunicazione con gli altri. Questi rapporti tra gli in<strong>di</strong>vidui non sono<br />

fondati da un principio <strong>di</strong> somiglianza o identit‡, ma dalla <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

potenza 6 . » proprio grazie alla <strong>di</strong>fferenza attuale tra le capacit‡ e le potenze<br />

<strong>di</strong> ognuno che gli uomini sono utili fra loro, in modo da superare attraverso<br />

il rapporto sociale tutti gli ostacoli alla realizzazione <strong>del</strong>la propria utilit‡.<br />

Ognuno realizza la propria singolare e irriducibile tendenza ontologica solo<br />

attraverso la convergenza plurale <strong>del</strong>le forze materiali, solo grazie ad una<br />

transin<strong>di</strong>vidualit‡ collettiva che non solo Ë líunico modo per superare i<br />

limiti esterni che tentano <strong>di</strong> reprimere la potenza, ma Ë anche il terreno su<br />

cui la <strong>di</strong>fferenza afferma la sua funzione <strong>di</strong> principio genetico-costitutivo<br />

<strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualit‡.<br />

Affermare che líessenza <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduo, il suo grado <strong>di</strong> potenza singolare, si<br />

esprime solo nel processo collettivo dei rapporti sociali, cioË <strong>nella</strong><br />

moltitu<strong>di</strong>ne, vuol <strong>di</strong>re rovesciare il <strong>pensiero</strong> cartesiano e kantiano. Vuol<br />

<strong>di</strong>re non partire pi˘ dal soggetto e dalla sua coscienza pensante, ma<br />

concepire questi come i risultati, gli effetti <strong>di</strong> un progetto ontologico<br />

preliminare che attraversa le singolarit‡, in quanto processo <strong>di</strong><br />

composizione <strong>del</strong>líessere.<br />

Il mondo non Ë il risultato <strong>di</strong> volont‡ e coscienza, ma coincide con la rete<br />

plurale <strong>di</strong> circolazione e produzione degli affetti e <strong>del</strong>le idee. » tramite il<br />

processo <strong>del</strong>líimmaginazione che gli in<strong>di</strong>vidui sfruttano il loro <strong>di</strong>fferenziale<br />

<strong>di</strong> energia per produrre in<strong>di</strong>vidui ancora pi˘ potenti, i quali assicurano la<br />

loro autoconservazione, ma soprattutto permettono lo sviluppo <strong>del</strong>la<br />

potenza, cioË aumentano líessere.<br />

Grazie a questa linea <strong>di</strong> <strong>pensiero</strong>, <strong>di</strong>scontinua e metastabile come una<br />

spirale in continua rigenerazione, <strong>Spinoza</strong> esprime tutta la sua attualit‡,<br />

tutta la forza che ancora oggi la sua voce continua a sviluppare come<br />

esigenza etica.<br />

6 Ivi, p. 56.<br />

10


Fare <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> un vento attuale che soffia tra le sfere<br />

<strong>di</strong>alettiche <strong>del</strong> potere, <strong>del</strong>la guerra come processo <strong>di</strong> sintesi contrattualistica<br />

e capitalistica, vuol <strong>di</strong>re evidenziare il carattere sociale, materiale,<br />

immanente, <strong>di</strong>fferenziale, positivo e selvaggio <strong>del</strong>líessere.<br />

Deleuze, Negri e Balibar costituiscono i punti singolari <strong>di</strong> un percorso<br />

filosofico contemporaneo che vuole e a nostro avviso riesce in pieno ad<br />

affermare la positivit‡ <strong>del</strong>líessere come pienezza plurale e orizzontale <strong>del</strong>la<br />

<strong>di</strong>fferenza. Un essere che attraverso le sue espressioni potenziali, gli<br />

essenti, non si sviluppa per mancanza o per assenza, ma per potenza piena,<br />

attuale, smisurata ed esponenziale. Un essere la cui essenza Ë un sÏ<br />

materiale e positivo, líaffermazione espressiva <strong>del</strong>la propria tendenza, e<br />

non la realizzazione <strong>del</strong>le proprie possibilit‡ attraverso la trascendenza<br />

dalla finitezza.<br />

Naturalmente per questi autori una siffatta riqualificazione materiale<br />

<strong>del</strong>líessere doveva passare attraverso la rilettura e la rivalutazione <strong>di</strong> quel<br />

pensatore che pi˘ <strong>di</strong> tutti ha affermato sulla propria pelle líimmanenza<br />

produttiva <strong>del</strong>líessere.<br />

Pi˘ nel presente il mondo richiede un impegno internazionalista, pi˘ ci<br />

costringe ad avere una visione mon<strong>di</strong>ale <strong>del</strong>líetica e <strong>del</strong>la politica che<br />

superi i limiti angusti <strong>del</strong> nazionalismo, pi˘ oggi occorre riaffermare con<br />

forza un <strong>pensiero</strong> che faccia coincidere líinfinita ed eterna bellezza <strong>di</strong>vina<br />

<strong>del</strong>líessere con la beatitu<strong>di</strong>ne materiale degli essenti, cioË con líamore<br />

intellettuale ed orizzontale <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne.<br />

Questo va considerato come il progetto <strong>di</strong> emergenza potenziale <strong>di</strong> una<br />

collettivit‡, non intesa come popolo che trasferisce il proprio <strong>di</strong>ritto allo<br />

Stato, ma come il piano politico díimmanenza <strong>di</strong>fferenziale.<br />

» il nostro presente <strong>di</strong> guerra e il suo capitalismo imperialista a richiede<br />

uníanomalia critica e positiva <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, una teoria pratica che riaffermi<br />

la storia come movimento <strong>di</strong> emancipazione plurale <strong>del</strong>líessere.<br />

11


Siamo convinti che la societ‡ e la politica moderna chiedono a gran voce <strong>di</strong><br />

svilupparsi attraverso la ìmessa in orbitaî <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> spinoziano, ma per<br />

farlo occorre approfon<strong>di</strong>re il percorso filosofico dei tre autori che pi˘ <strong>di</strong><br />

tutti hanno dato fiducia a questo progetto: rileggere <strong>Spinoza</strong> come se il suo<br />

<strong>pensiero</strong> sia la rilettura inattuale <strong>del</strong> nostro presente.<br />

12


CAPITOLO I<br />

DELEUZE E SPINOZA, LA FILOSOFIA<br />

DELLíESPRESSIONE<br />

1. Rovesciare il platonismo: dallíanalogia allíunivocit‡.<br />

Il problema che ha da sempre costituito il cuore pulsante <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong><br />

<strong>del</strong>euziano Ë indubbiamente quello <strong>del</strong>la molteplicit‡. Detto in questi<br />

termini puÚ sembrare un tema affatto inflazionato <strong>nella</strong> storia <strong>del</strong>la<br />

filosofia, soprattutto se consideriamo che il <strong>pensiero</strong> filosofico, fin dalle<br />

sue pi˘ remote origini, ha posto continuamente e con grande insistenza la<br />

domanda circa il nesso fra líuno e il molteplice.<br />

In realt‡, ciÚ che Deleuze o, meglio, ciÚ che il suo filosofare fa compiere al<br />

<strong>pensiero</strong> contemporaneo lo si puÚ considerare come un movimento <strong>di</strong><br />

torsione ontologica <strong>del</strong> tutto nuovo e singolare, ovvero concepire la<br />

molteplicit‡ non pi˘ come mera combinazione <strong>di</strong> multiplo e uno, ma come<br />

organizzazione propria <strong>del</strong> molteplice in sÈ 1 , una positivit‡ tale da non<br />

riconoscersi in nessuna unit‡. Non pi˘ un multiplo come pre<strong>di</strong>cato <strong>del</strong><br />

mondo, come prodotto estrinseco <strong>del</strong>líuno da cui tutto procede, ma una<br />

molteplicit‡ strutturale come il vero sostantivo che incarna líidea 2 , tale da<br />

rendere inutile líuno non meno <strong>del</strong> molteplice.<br />

Questa concezione potrebbe costituire da sola il manifesto programmatico<br />

<strong>del</strong>líanti<strong>di</strong>alettica, la struttura centrale <strong>di</strong> una filosofia che nega tanto<br />

líunit‡ quanto la sottomissione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza agli apparati repressivi<br />

1 G.Deleuze, Differenza e ripetizione, Milano, Raffaello Cortina, 1997, pp. 236-237.<br />

2 Ivi, p. 238<br />

13


<strong>del</strong>la rappresentazione, uno strutturalismo ontologico che non puÚ che<br />

avere un solo e sovversivo inizio: il rovesciamento <strong>del</strong> platonismo.<br />

Se possiamo tranquillamente affermare che la storia <strong>del</strong>la filosofia affonda<br />

le sue ra<strong>di</strong>ci nel problema <strong>del</strong> comprendere la molteplicit‡ <strong>del</strong> reale, e se<br />

consideriamo che le nozioni <strong>di</strong> univocit‡ e analogia saranno al centro <strong>del</strong><br />

<strong>di</strong>battito teologico e, quin<strong>di</strong>, verranno sottoposte a profonda elaborazione<br />

soltanto con la filosofia me<strong>di</strong>evale, Ë tuttavia con il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> Platone che<br />

si celebrer‡ per la prima volta e in senso strettamente morale il <strong>di</strong>vorzio<br />

fra realt‡ ed apparenza, per líesattezza fra líidea <strong>del</strong> bene e la molteplicit‡<br />

<strong>del</strong>le copie accidentali.<br />

Il corpo <strong>del</strong>la filosofia nasce cosÏ malato <strong>di</strong> un dualismo ontologico che,<br />

attraverso le tribolazioni <strong>del</strong>la questione nominalista aperta da Guglielmo<br />

díOckham 3 e le vicissitu<strong>di</strong>ni <strong>del</strong> cogito cartesiano, raggiunger‡, per cosÏ<br />

<strong>di</strong>re, il suo ultimo sta<strong>di</strong>o tumorale con Hegel, il cui <strong>pensiero</strong>, negando<br />

sistematicamente ciÚ che muta, e attribuendo arbitrariamente lo statuto <strong>di</strong><br />

realt‡ alla sola identit‡ <strong>del</strong>líidea, ufficializzer‡ definitivamente <strong>nella</strong><br />

filosofia moderna líapologia <strong>di</strong> ciÚ che Ë posto al <strong>di</strong> sopra <strong>del</strong>la <strong>di</strong>mensione<br />

mondana.<br />

Ma Platone non si accontenta <strong>di</strong> trovare líessenza <strong>del</strong>le cose, egli vuole la<br />

cosa originaria e autentica o, meglio, quel valore morale assoluto che,<br />

<strong>di</strong>stinto dalla cose false, ci permetta <strong>di</strong> selezionare le copie buone e <strong>di</strong><br />

smascherare i simulacri 4 .<br />

Una siffatta concezione filosofica non poteva che costituire, per il <strong>pensiero</strong><br />

<strong>del</strong>euziano, il fulcro <strong>di</strong> una dottrina selettiva, uní O<strong>di</strong>ssea filosofica 5 la cui<br />

3 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong>la questione nominalista nel Me<strong>di</strong>oevo,ma anche <strong>del</strong>líimportanza che il<br />

tema <strong>del</strong>líunivocit‡ e <strong>del</strong>líanalogia ha avuto <strong>nella</strong> filosofia araba ed ebraica e soprattutto <strong>nella</strong> scolastica<br />

me<strong>di</strong>evale si consiglia,poichÈ Ë stata una fonte <strong>di</strong> inesauribile ricchezza per la presente ricerca. E.Gilson,<br />

La filosofia nel Me<strong>di</strong>oevo, trad. it. a cura <strong>di</strong> M. A. <strong>del</strong> Torre, Scan<strong>di</strong>cci (Firenze), La nuova Italia, 1997.<br />

4 G. Deleuze, Differenza e ripetizione, cit., p. 165.<br />

5 G. Deleuze, Platone e i greci in Critica e clinica , Milano, Raffaello Cortina, 1997, pp. 177-178.<br />

14


motivazione principale era quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere líessenza <strong>del</strong>le cose dalle<br />

sue immagini, il mo<strong>del</strong>lo dal simulacro 6 .<br />

In Differenza e ripetizione, vero e proprio manifesto filosofico <strong>del</strong><br />

<strong>pensiero</strong> poststrutturalista, Deleuze rintraccia il compito essenziale <strong>del</strong>la<br />

sua filosofia nel mostrare come il progetto nietzschiano <strong>di</strong> un<br />

rovesciamento <strong>del</strong> platonismo vada inscritto <strong>nella</strong> rivalutazione<br />

destabilizzante <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> simulacro 7 , in modo tale da strapparlo<br />

definitivamente alla determinazione ontologica in cui era stato rinchiuso<br />

in senso negativo da Platone 8 , per conferirgliene, invece, una etico-<br />

eversiva. Questo gli permetter‡ non solo <strong>di</strong> mettere in <strong>di</strong>scussione il<br />

concetto stesso <strong>di</strong> mo<strong>del</strong>lo e <strong>di</strong> origine, <strong>di</strong> sostituire i concetti <strong>di</strong> identit‡ e<br />

negazione (retaggi <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> categoriale) 9 con quelli <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza e<br />

ripetizione, ma soprattutto <strong>di</strong> rovesciare definitivamente la morale<br />

platonica <strong>del</strong>lo Stesso nellíanarchia nomade <strong>di</strong> un mondo che, privato <strong>di</strong><br />

somiglianza, vive solo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza.<br />

Rovesciare il platonismo 10 vuol <strong>di</strong>re negare che líorigine sia il senso<br />

ultimo <strong>del</strong>le cose, il fondamento trascendentale a cui tutto deve riferirsi,<br />

impe<strong>di</strong>re la sottomissione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza alle potenze <strong>del</strong>lo Stesso.<br />

Ma per fare <strong>di</strong> questa eversiva affermazione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza líoggetto<br />

proprio <strong>del</strong>la filosofia <strong>del</strong>líavvenire occorre rovesciare anche e soprattutto<br />

Aristotele, ossia quel pensatore greco che, dando inizio al cammino <strong>del</strong>la<br />

metafisica, ha posto quel terreno mortifero su cui il <strong>pensiero</strong> si affrancher‡<br />

una volta per tutte dallíalterit‡ dei simulacri, cioË líanalogia entis.<br />

6 G. Deleuze, Logica <strong>del</strong> senso, Milano, Feltrinelli , 1975, p.223.<br />

7 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong> rapporto Nietzsche-Deleuze sul tema <strong>del</strong> simulacro si veda G. Deleuze,<br />

Nietzsche e la filosofia, Torino, Einau<strong>di</strong> , 2002.<br />

8 Secondo Deleuze la vera <strong>di</strong>stinzione platonica non Ë tanto fra líoriginale e líimmagine, ma fra due tipi<br />

<strong>di</strong> immagine, dei quali líuna Ë copia autentica,líaltra Ë copia-fantasma, quella falsa senza somiglianza<br />

con líoriginale, cioË il simulacro. G. Deleuze, Logica <strong>del</strong> senso, cit., p. 225; G. Deleuze, Differenza e<br />

ripetizione, cit., pp. 164-167.<br />

9 Il bersaglio <strong>di</strong> Deleuze Ë qui,come vedremo in seguito, Aristotele.<br />

10 Per una esauriente trattazione <strong>di</strong> questo tema si veda,G. Deleuze, Differenza e ripetizione, cit., pp. 82-<br />

94; G. Deleuze, Simulacro e filosofia antica in Logica <strong>del</strong> senso, cit., pp. 223-246.<br />

15


Tuttavia, il problema per Aristotele non Ë mai stato quello assiologico,<br />

come per Platone, quanto, piuttosto, quello logico <strong>di</strong> evitare i paradossi <strong>del</strong><br />

dualismo identit‡-<strong>di</strong>fferenza o, meglio, <strong>di</strong> impe<strong>di</strong>re al <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> restare<br />

paralizzato nellíopposizione, apparentemente insolubile, fra equivoca<br />

<strong>di</strong>spersione <strong>del</strong> reale e univoca uniformit‡ <strong>del</strong>líessere. Per evitare questi<br />

<strong>di</strong>abolici inconvenienti lo Stagirita si serve <strong>del</strong> mondo <strong>del</strong>la<br />

rappresentazione 11 , ossia <strong>di</strong> concetti logicamente ìaddomesticatiî che<br />

rappresentano i supremi generi <strong>del</strong>líessere, i significati principali a cui la<br />

molteplicit‡ <strong>del</strong> reale va ricondotta analogicamente.<br />

Si comprende subito come líobiettivo <strong>di</strong> Aristotele fosse quello <strong>di</strong> mettere<br />

or<strong>di</strong>ne, <strong>di</strong> offrire uníimmagine coerente e fondata <strong>del</strong> mondo, in definitiva<br />

<strong>di</strong> usare líanalogia come strumento per ricondurre il <strong>di</strong>verso allíidentit‡ 12 .<br />

Questa unit‡ ontologica, infatti, questa identit‡ <strong>del</strong>líessere Ë qualcosa <strong>di</strong><br />

primo, un qualcosa rispetto al quale i significati analogici sono significati<br />

secon<strong>di</strong>, cioË derivati rispetto a quello originario, che svolge quin<strong>di</strong> una<br />

funzione <strong>di</strong> sostegno per tutti gli altri.<br />

CosíË allora questa unit‡ prima e fondamentale?<br />

Possiamo <strong>di</strong>re che Ë líarchË, líessenza analogica, líorigine unica a cui tutti<br />

i mo<strong>di</strong> molteplici, in cui líessere si <strong>di</strong>ce, si riferiscono: insomma, la<br />

sostanza (ousia), la categoria prima che si esprime <strong>nella</strong> formula <strong>del</strong> che<br />

ìcosíË?î<br />

Questa domanda, che <strong>nella</strong> storia <strong>del</strong>la filosofia classica Ë stata consacrata<br />

come la domanda socratica per eccellenza, chiedendo líessenza <strong>di</strong> una<br />

cosa, in realt‡ si interroga solo sullíidentit‡ <strong>del</strong> <strong>di</strong>verso, sulla somiglianza<br />

<strong>del</strong>le cose fra loro, ignorando completamente il problema <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza.<br />

11 Per una trattazione <strong>del</strong>la logica rappresentazionale <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza secondo Aristotele si veda G.<br />

Deleuze, Differenza e ripetizione, cit., p. 46.<br />

12 Aristotele fa riferimento allíunit‡ analogica. Tale unit‡ si ha quando una molteplicit‡ <strong>di</strong> significati si<br />

riferisce ad un significato primo, Metafisica, V.<br />

16


Definire un ente chiedendosi che ìcosíË?î vuol <strong>di</strong>re ricercare quellíidentit‡<br />

che rende gli enti fra loro compatibili, quellíunit‡ che Ë sottesa alla<br />

molteplicit‡ <strong>del</strong>le manifestazioni fenomeniche <strong>del</strong>líente, ciÚ che permane<br />

identico pur mostrandosi ogni volta <strong>di</strong>verso.<br />

Líanalogia entis Ë, quin<strong>di</strong>, nientíaltro che un compen<strong>di</strong>o <strong>del</strong> reale, una<br />

comunanza <strong>di</strong> riferimento guidata unicamente dalla volont‡ <strong>di</strong> raccogliere<br />

il molteplice per fondarlo nellíidentit‡, per salvarlo dal pericolo <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>vergenza incontrollabile. A questa domanda, con cui la metafisica pone<br />

il problema <strong>del</strong>líessenza, Deleuze contrappone quella <strong>del</strong> ìchi Ë?î 13 , in<br />

quanto considera gli enti nel loro <strong>di</strong>venire-molteplice, nel loro essere<br />

attraversati da forze plurali. Líessenza non sta nellíidentit‡ <strong>del</strong>líorigine,<br />

ma nel senso e nel valore che scaturiscono solo dalla <strong>di</strong>namica produttivit‡<br />

<strong>del</strong> reale. Per questo chiedersi ìchi Ë?î invece <strong>del</strong> ìcosíË?î vuol <strong>di</strong>re<br />

interrogarsi sullíevento, sulla molteplicit‡ dei punti <strong>di</strong> vista per cui le cose<br />

appaiono in un determinato modo 14 : in una parola, vuol <strong>di</strong>re interrogarsi<br />

sulla <strong>di</strong>fferenza e non sullíidentit‡.<br />

Partendo da questa identit‡ generica, che include il molteplice come ciÚ<br />

che non ha alcuno statuto autonomo, Aristotele giunge solo alla <strong>di</strong>fferenza<br />

concettuale e non al concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza in sÈ 15 , cioË perviene ad una<br />

<strong>di</strong>fferenza che Ë una semplice determinazione <strong>del</strong>líidentit‡, un mero<br />

esemplare <strong>del</strong>la sostanza, la cui <strong>di</strong>gnit‡ ontologica Ë solo derivata e<br />

<strong>di</strong>pendente da quellíessere primo a cui fa riferimento.<br />

Lontana dalle preoccupazioni platoniche <strong>di</strong> autenticazione 16 <strong>del</strong> reale, la<br />

metafisica aristotelica ha cercato <strong>di</strong> presentarsi come soluzione <strong>di</strong><br />

identificazione ai problemi posti tanto dallíunivocit‡ parmenidea, quanto<br />

13 Su questo tema si veda anche M. Foucault, Theatrum Philosophicum in Critique,, 282, 1970, pp. 885-<br />

908, trad. it. in G. Deleuze, Differenza e ripetizione, Bologna, Il Mulino, 1971, pp. VII-XIV.<br />

14 G. Deleuze, Nietzsche e la filosofia, cit., pp. 113-115.<br />

15 G. Deleuze, Differenza e ripetizione, cit., p. 41.<br />

16 Ivi, p. 84.<br />

17


dallíequivocit‡ sofistica. Entrambe queste nozioni, infatti, avevano una<br />

sorte comune contro cui la filosofia <strong>di</strong> Aristotele doveva reagire per non<br />

rischiare <strong>di</strong> cadere nello stesso esito paralizzante: da un lato líin<strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>del</strong>líindeterminato (assoluta univocit‡, il senza-fondo), dallíaltro<br />

líin<strong>di</strong>fferenza <strong>del</strong> caotico (líassoluta equivocit‡, il bianco niente) 17 .<br />

Ma questo ragionamento aristotelico si basa, in realt‡, su <strong>di</strong> un presupposto<br />

che Ë una mera assunzione <strong>di</strong> principio, cioË che il modo díessere <strong>del</strong>la<br />

<strong>di</strong>fferenza in senso proprio sia quello <strong>del</strong>la contrariet‡ nel genere, dato che<br />

permette ad un soggetto <strong>di</strong> ricevere degli opposti pur rimanendo<br />

sostanzialmente lo stesso. In questo modo, perÚ, non si afferma la<br />

<strong>di</strong>fferenza in sÈ, bensÏ la si inscrive definitivamente nellíidentit‡ <strong>del</strong><br />

concetto.<br />

La specificazione, in quanto processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione <strong>del</strong>líidentit‡,<br />

viene quin<strong>di</strong> scelta da Aristotele come líunico strumento speciale in grado<br />

<strong>di</strong> affermare le <strong>di</strong>fferenze senza cadere nÈ <strong>nella</strong> equivocit‡ <strong>del</strong>la<br />

generazione (i generi non hanno niente in comune fra loro e sono equivoci)<br />

nÈ <strong>nella</strong> doppia sinonimia <strong>di</strong> cui Ë affetta líin<strong>di</strong>viduazione 18 (ogni<br />

in<strong>di</strong>viduo Ë indefinibile, dato che pur prevalendo in lui ciÚ che Ë comune,<br />

<strong>di</strong>fferisce da qualsiasi altro per peculiarit‡ proprie e accidentali).<br />

La <strong>di</strong>fferenza specifica <strong>di</strong>viene, cosÏ, agli occhi <strong>di</strong> Aristotele, líunica che<br />

opera in modo <strong>di</strong>stributivo nei confronti <strong>del</strong> genere e collettivo nei<br />

confronti <strong>del</strong>la specie, la sola che aggiungendosi a un genere lo altera pur<br />

lasciandolo invariato, lo fa altro senza eliminarlo, poichÈ la specie porta in<br />

sÈ e con sÈ il genere. Il fulcro <strong>del</strong>líanalogia Ë , quin<strong>di</strong>, una combinazione<br />

17 Líin<strong>di</strong>fferenza Ë la sorte comune sia <strong>del</strong>líunivocit‡ che <strong>del</strong>líequivocit‡ <strong>del</strong>líessere, la <strong>di</strong>fferenza,<br />

invece, o Ë un interme<strong>di</strong>o tra i due, il giusto mezzo fra due estremi, o Ë il solo estremo, cioË il limitante,<br />

il determinante che esprime líazione <strong>di</strong> un nÛmos nomade. Per Deleuze la <strong>di</strong>fferenza Ë proprio<br />

questíultima, cioË líunica che possa assegnare uno statuto legittimo alle determinazioni, che le permette<br />

<strong>di</strong> risaltare e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> confrontarsi su uno sfondo comune. Ivi, p. 43.<br />

18 Gli in<strong>di</strong>vidui appartengono alla specie che Ë inclusa a sua volta nel genere, quin<strong>di</strong> per Aristotele le<br />

<strong>di</strong>fferenze in<strong>di</strong>viduali sono troppo piccole, al contrario <strong>di</strong> quelle generiche che, invece, risultano troppo<br />

gran<strong>di</strong>.<br />

18


en dosata <strong>di</strong> identit‡ e <strong>di</strong>fferenza 19 , una <strong>di</strong>visione che resta interna al<br />

genere e al concetto, in definitiva la <strong>di</strong>fferenza perfetta in quanto<br />

contrariet‡ <strong>di</strong> tipo formale, cioË inscritta nellíidentit‡ <strong>del</strong> concetto che la<br />

contiene solo in potenza.<br />

Tuttavia, líessere non puÚ considerarsi un genere comune 20 , un concetto<br />

che raccoglie sotto <strong>di</strong> sÈ i vari generi, non puÚ pre<strong>di</strong>carsi <strong>del</strong>le <strong>di</strong>fferenze<br />

come il genere si pre<strong>di</strong>ca <strong>del</strong>le specie, ricorrendo, cioË, ad una identit‡<br />

presupposta. Questo, infatti comporterebbe líinsussistenza ontologica <strong>del</strong>le<br />

<strong>di</strong>fferenze, dato che un genere si pre<strong>di</strong>ca <strong>del</strong>la specie, ma non <strong>del</strong>la<br />

<strong>di</strong>fferenza specifica.<br />

Per salvare le <strong>di</strong>fferenze dei fenomeni, le cose <strong>nella</strong> loro molteplicit‡,<br />

líessere non si puÚ pre<strong>di</strong>care equivocamente o per omonimia in senso<br />

stretto, ma occorre conferirgli una quasi-identi‡ analogica, cioË uníunit‡<br />

che si ripartisce tra le <strong>di</strong>fferenze come quella risorsa comune senza la<br />

quale il mondo resterebbe <strong>di</strong>sperso ed equivoco. Questo speciale pre<strong>di</strong>cato<br />

comune non deve essere pi˘ considerato come il genere, collettivo e<br />

astrattivo, bensÏ <strong>di</strong>stributivo e gerarchico, cioË deve essere il senso comune<br />

che si <strong>di</strong>vide fra i vari generi (<strong>di</strong>stribuzione), i quali vengono misurati in<br />

base al loro rapporto con líessere (gerarchizzazione) 21 .<br />

Per Deleuze tutto questo rappresenta líinizio <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>la metafisica,<br />

una storia che nasce con la morte o, meglio, con ìlíassassinioî che<br />

Aristotele perpetra ai danni <strong>del</strong>líontologia inaugurata dal <strong>pensiero</strong><br />

tautologico <strong>di</strong> Parmenide, in cui si affermava un senso unico <strong>del</strong>líessere,<br />

uníunivocit‡ assoluta in cui, tuttavia, era gi‡ racchiuso sia il destino<br />

<strong>del</strong>líonticizzazione <strong>del</strong>líessere, e quin<strong>di</strong> <strong>del</strong>la sua morte, sia líappello<br />

19 Aristotele, Metafisica, VII.<br />

20 G. Deleuze,Differenza e ripetizione, cit.,p.49.<br />

21 Il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> genere Ë il concetto, la cui unit‡ Ë <strong>di</strong> tipo collettivo ma non numerico, in quanto le sue<br />

parti appartengono ancora al genere. Il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong>líessere Ë, invece, il giu<strong>di</strong>zio, la cui unit‡ Ë <strong>di</strong> tipo<br />

analogico: giu<strong>di</strong>care vuol <strong>di</strong>re <strong>di</strong>stribuire e or<strong>di</strong>nare, cioË líessere Ë il senso comune <strong>di</strong>stribuito fra i<br />

generi e il buon senso che mette or<strong>di</strong>ne tra le categorie, Ivi, p. 50.<br />

19


<strong>del</strong>líessere alla sua <strong>di</strong>fferenza con líente. Se oggi si potesse chiedere ad<br />

Aristotele il perchÈ <strong>di</strong> quellíatto ìviolentoî contro líontologia, sembra<br />

proprio che per Deleuze il filosofo <strong>di</strong> Stagira non potrebbe rispondere in<br />

altro modo che appellandosi alla legittima <strong>di</strong>fesa, una <strong>di</strong>fesa che il suo<br />

<strong>pensiero</strong> ha dovuto inventare contro quel mostro informe che regnava<br />

impensato e impensabile tra il troppo Piccolo e il troppo Grande, tra<br />

líUnivoco e líEquivoco. Solo un atto ìcriminaleî <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione fra<br />

líinarticolata voce <strong>del</strong>la sinonimia e quella <strong>di</strong>sarticolata <strong>del</strong>líomonimia<br />

poteva permettere alla voce <strong>del</strong>líessere <strong>di</strong> articolare il suo buon e or<strong>di</strong>nato<br />

senso.<br />

» da questo ì<strong>del</strong>ittoî che nasce la storia <strong>del</strong>líessere e <strong>del</strong>le sue<br />

rappresentazioni, una storia in cui líidentit‡ Ë presupposta ad ogni<br />

<strong>di</strong>fferenza, che per questo resta derivata, impura, sospesa allíesteriorit‡<br />

<strong>del</strong>la costruzione 22 , e líessere Ë <strong>di</strong>viso in due gran<strong>di</strong> regioni: la sostanza,<br />

come essenza per eccellenza, e líaccidente, come ciÚ che determina la<br />

sostanza. Questo modo <strong>di</strong> intendere líessere determina il passaggio dal<br />

problema ontologico <strong>del</strong>la domanda sulla determinazione nel senso <strong>del</strong><br />

determinante, a quello ontico sulla determinazione nel senso <strong>del</strong><br />

determinato, cioË viene meno il senso verbale <strong>del</strong>líessere, ciÚ che<br />

Heidegger chiamava il suo donarsi, al <strong>di</strong> l‡ sia <strong>del</strong> donatore che <strong>del</strong> donato,<br />

e che per Deleuze sar‡ il determinare in sÈ, come atto <strong>di</strong>fferenziante <strong>del</strong>la<br />

<strong>di</strong>fferenza, ed emerge, invece, il suo senso sostantivo, cioË líente in quanto<br />

determinato.<br />

Il problema filosofico Ë <strong>di</strong>ventato, pertanto, quello <strong>del</strong>líente, il cui essere Ë<br />

anchíesso un ente sussistente, la cui <strong>di</strong>fferenza, perÚ, consiste nellíavere in<br />

sÈ necessariamente líesistenza, al contrario <strong>del</strong>líaccidente che puÚ solo<br />

inerire a qualcosíaltro.<br />

22 Deleuze attribuisce soprattutto a Kant la colpa <strong>di</strong> aver continuato a pensare la <strong>di</strong>fferenza soltanto<br />

come una determinazione estrinseca, Ivi, p.226.<br />

20


Ma Deleuze, sin dal primo capitolo <strong>di</strong> Differenza e ripetizione, rintraccia<br />

uníaltra storia, una storia che, riappropriandosi <strong>del</strong>la metafora <strong>del</strong>líessere<br />

come voce 23 , al <strong>di</strong> l‡ perÚ <strong>del</strong> senso univoco parmenideo, parla <strong>di</strong> un nesso<br />

imme<strong>di</strong>ato, <strong>di</strong>retto e spontaneo tra líessere e le sue determinazioni, le quali<br />

non sono pi˘ rappresentazioni seconde <strong>del</strong>líidea, ma esprimono líessere<br />

stesso o, meglio, il suo <strong>di</strong>stinguersi, il suo ripetersi <strong>di</strong>fferenziandosi.<br />

23 Ivi, p. 52<br />

21


2. Un'altra storia <strong>del</strong>líessere: lí Ontologia <strong>del</strong>líespressione.<br />

» a questo punto che fa il suo ingresso <strong>nella</strong> filosofia <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza la<br />

concezione immanentista <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, un <strong>pensiero</strong> cosÏ unico e potente<br />

<strong>nella</strong> storia <strong>del</strong>líuomo da rappresentare per Deleuze la pi˘ compiuta<br />

formulazione <strong>del</strong>la teoria espressiva <strong>del</strong>líessere, teoria che perÚ ha inizio<br />

con Duns Scoto e che si realizzer‡ definitivamente, oltre Spinosa, in<br />

Nietzsche 24 .<br />

Contro la via crucis <strong>del</strong>la metafisica, che da Platone, passando per<br />

Aristotele, giunge sino a Hegel, in quanto formulazione reattiva che<br />

male<strong>di</strong>ce la <strong>di</strong>fferenza 25 per il suo potere <strong>di</strong> svelare la costitutiva<br />

molteplicit‡ <strong>del</strong>líessere, Deleuze riafferma la storia <strong>del</strong>líessere e <strong>del</strong>le sue<br />

espressioni, che da Duns Scoto giunge sino a <strong>Spinoza</strong> per poi compiersi in<br />

Nietzsche, come líontologia pura che libera il nesso tra le cose e líessere<br />

da ogni istanza gerarchica e <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione. Líespressione e la<br />

<strong>di</strong>fferenza hanno definitivamente usurpato il trono su cui regnavano<br />

rappresentazione e identit‡.<br />

Certo si poteva sostenere che la <strong>di</strong>fferenza era mera illusione (eleatismo),<br />

ma si cadeva <strong>nella</strong> inespressiva pomposit‡ <strong>del</strong>líunivoco. Si poteva<br />

affermare che essa Ë la sola realt‡ che ci Ë concesso <strong>di</strong> conoscere,<br />

sostenendo líassenza fenomenica <strong>del</strong> fondamento (sofistica), ma si cadeva<br />

nelle fittizie seduzioni <strong>del</strong>la retorica o nelle equivoche <strong>di</strong>spute <strong>del</strong>líeristica.<br />

24 Secondo Deleuze Scoto Ë colui che per primo pensa líessere univoco, <strong>Spinoza</strong> Ë colui che lo afferma<br />

in tutta la sua potenza, ma sar‡ soltanto Nietzsche a realizzarlo compiutamente, Ivi, pp. 57-61.<br />

25 Ivi, p. 44.<br />

22


Si poteva, infine, salvarla dalla <strong>di</strong>spersione, riconoscendola fondata<br />

nellíessere ed aprendola cosÏ alla rappresentazione analogica 26 .<br />

Ma questa storia <strong>del</strong>la catalogazione categoriale degli enti per regolarne i<br />

rapporti e quella <strong>del</strong>la prova selettiva per liberare le copie dai simulacri Ë<br />

ormai tramontata, Ë tempo <strong>di</strong> raccontare uníaltra storia.<br />

Líespressione Ë líarma rivoluzionaria <strong>di</strong> ribellione al dominio <strong>del</strong>la<br />

somiglianza instaurato dalla rappresentazione; le essenze espresse non<br />

sono pi˘ copie <strong>del</strong>la sostanza che si esprime, come le cose lo sono <strong>del</strong>le<br />

idee che imitano, bensÏ sono líesprimersi molteplice <strong>del</strong>la sostanza.<br />

Da una parte la doppia morale platonica-aristotelica, che riduce il reale per<br />

bloccare i simulacri, ripetizioni senza origine e quin<strong>di</strong> irriducibili<br />

allíidentit‡, e che <strong>di</strong>vide e classifica líessere secondo un sistema<br />

gerarchico <strong>di</strong> categorie, dallíaltra uní Etica <strong>del</strong>líimmanenza dove non cíË<br />

gerarchia tra gli essenti <strong>nella</strong> loro singolarit‡. Líuno vale quanto líaltro,<br />

rovesciamento ra<strong>di</strong>cale <strong>del</strong>la trascendenza platonica, il piano orizzontale<br />

su cui si costituisce la correlazione tra líunit‡ <strong>del</strong>la sostanza e la<br />

<strong>di</strong>stinzione degli essenti, dove líunivocit‡ non Ë altro che líessenza stessa<br />

<strong>del</strong>líequivocit‡, e questa non Ë che la sua molteplice espressione.<br />

Il rovesciamento <strong>del</strong> platonismo, quin<strong>di</strong>, non Ë solo una prospettiva<br />

eversiva <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>del</strong>euziano, quanto piuttosto il punto <strong>di</strong> partenza per<br />

tracciare un sentiero antagonista a quello metafisico, un percorso dove il<br />

<strong>pensiero</strong> <strong>del</strong>líunivocit‡ <strong>del</strong>líessere costruisce il suo movimento,<br />

proiettandolo verso quellíavvenire che Ë anche il nostro presente, ma Ë<br />

soprattutto anche il presente che appartiene alla visione ìstrutturalistaî.<br />

Deleuze si serve proprio <strong>di</strong> questo sovvertimento dei concetti metafisici<br />

tra<strong>di</strong>zionali (identit‡ nel concetto, somiglianza nellíoggetto, opposizione<br />

26 Líassoluta univocit‡ parmenidea e líassoluta equivocit‡ sofistica rappresentano i pericoli da cui<br />

Platone voleva salvare il suo <strong>pensiero</strong> per non lasciare le copie in balia <strong>del</strong> nulla ontologico a cui<br />

líeleatismo le aveva ridotte. Líanalogia sar‡ proprio il tentativo aristotelico <strong>di</strong> assolvere a questo compito<br />

non dal punto <strong>di</strong> vista morale, ma logico.<br />

23


<strong>nella</strong> determinazione <strong>del</strong> concetto, analogia nel giu<strong>di</strong>zio) 27 per riaffermare<br />

quella teoria <strong>del</strong>líidea che rappresenta il momento pi˘ ìstrutturalistaî <strong>del</strong><br />

suo <strong>pensiero</strong>.<br />

Ci appare finalmente chiaro il motivo per cui egli faccia iniziare la sua<br />

altra storia <strong>del</strong>líessere con Duns Scoto, e la porti al <strong>di</strong> l‡ <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> verso<br />

Nietzsche, arrivando per giunta a trasformare <strong>Spinoza</strong> stesso nello<br />

strumento pi˘ contemporaneo con cui fare <strong>del</strong>la filosofia nietzschiana una<br />

contro-filosofia nomade, uníanti<strong>di</strong>alettica <strong>del</strong>la potenza che innesta<br />

imme<strong>di</strong>atamente il suo <strong>pensiero</strong> con il fuori, una macchina intensiva<br />

ancora in attesa <strong>di</strong> quelle forze nuove capaci <strong>di</strong> farla funzionare 28 .<br />

Possiamo interpretare la storia <strong>del</strong>líessere e <strong>del</strong>le sue espressioni come il<br />

progressivo esporsi <strong>di</strong> quella voce <strong>del</strong>líessere che per Deleuze <strong>di</strong>ce solo e<br />

sempre <strong>di</strong>fferenza.<br />

Che cosíË o meglio chi Ë líessere per lo strutturalismo <strong>del</strong>euziano?<br />

Líessere Ë il venire alla presenza <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza, il potere <strong>di</strong> ripeterla<br />

senza lasciar sussistere alcuna identit‡, ovvero la capacit‡ <strong>di</strong> attualizzarsi<br />

<strong>del</strong>la natura. Per Deleuze líessere Ë struttura, sistema <strong>di</strong>fferenziale<br />

costituito da due met‡ 29 : una ideale che affonda nel virtuale, costituita a<br />

sua volta da rapporti <strong>di</strong>fferenziali e da singolarit‡ corrispondenti; uníaltra<br />

attuale, costituita da qualit‡ che attualizzano i rapporti e da parti estensive<br />

che attualizzano le singolarit‡.<br />

Questo dualismo ontologico paradossalmente Ë proprio il cuore<br />

<strong>del</strong>líanti<strong>di</strong>alettica <strong>del</strong>euziana, il fondamento <strong>di</strong> una teoria <strong>del</strong>líimmanenza<br />

espressiva, in cui líunit‡ e líunivocit‡ <strong>del</strong>líessere sono assicurati proprio<br />

27 Per una <strong>di</strong>scussione approfon<strong>di</strong>ta dei quattro rami <strong>del</strong> cogito con cui la <strong>di</strong>fferenza viene pensata<br />

soltanto allíinterno <strong>del</strong> mondo <strong>del</strong>la rappresentazione si veda G. Deleuze, Differenza e ripetizione, cit., p.<br />

180.<br />

28 Il principio <strong>del</strong>la filosofia Ë sempre stato legato a una certa me<strong>di</strong>azione con líinteriorit‡, <strong>del</strong>líessenza o<br />

<strong>del</strong> concetto. Il <strong>pensiero</strong> nietzschiano, invece, prende avvio <strong>di</strong>rettamente dallíesterno, cioË il suo <strong>di</strong>scorso<br />

Ë incentrato sui rapporti <strong>di</strong> forze e non sullíanima o sulla coscienza. G. Deleuze, Pensiero nomade in<br />

Nietzsche e la filosofia, cit., pp. 309-322.<br />

29 G. Deleuze, Differenza e ripetizione , cit., p. 358.<br />

24


dalla complicazione-composizione <strong>di</strong> queste due gran<strong>di</strong> met‡<br />

asimmetriche, che invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporsi gerarchicamente líuna rispetto<br />

allíaltra, si perplicano 30 orizzontalmente su <strong>di</strong> un piano <strong>di</strong> coesistenza<br />

molteplice.<br />

Va precisato che questo dualismo virtuale-attuale, fondo-superficie, puÚ<br />

generare un frainten<strong>di</strong>mento esiziale per la comprensione <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong><br />

Deleuze, che ci precluderebbe il senso proprio <strong>del</strong>la sua filosofia: credere<br />

ad una duplice <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong>líessere, riaffermando cosÏ, in termini<br />

<strong>di</strong>versi, il gi‡ criticato dualismo metafisico.<br />

In realt‡, per Deleuze il fondo non Ë altro dalla superficie e la superficie<br />

non Ë altra dal fondo, come líidea non Ë separabile dalla sua<br />

attualizzazione. Anzi, Ë giusto affermare che non cíË virtualit‡ fuori<br />

dallíattualit‡, cosÏ come non cíË natura fuori dallíìecceit‡î, o attributo<br />

fuori dal modo, <strong>di</strong>fferenza fuori dalla ripetizione, e quin<strong>di</strong> non cíË alcun<br />

fondo nÈ alcuna superficie in quanto tali. Tanto che sar‡ Deleuze stesso, in<br />

testi successivi, a non servirsi pi˘ <strong>di</strong> questa terminologia ambigua.<br />

Infatti, <strong>nella</strong> nota <strong>del</strong>líautore per líe<strong>di</strong>zione italiana <strong>di</strong> Logica <strong>del</strong> senso 31<br />

Deleuze si mostra consapevole dei possibili equivoci legati allíuso, fatto<br />

nel precedente Differenza e ripetizione, <strong>di</strong> concetti quali fondo e<br />

superficie. Scriver‡ perciÚ che líAntie<strong>di</strong>po Ë volutamente sprovvisto sia <strong>di</strong><br />

altezze che <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>t‡, <strong>di</strong> superfici come <strong>di</strong> fondo,ì li tutto succede, si<br />

fa, le intensit‡, le molteplicit‡, gli eventi, su una specie <strong>di</strong> corpo sferico o<br />

<strong>di</strong>pinto a rotolo: Corpo senza organiî 32 .<br />

Ad assicurare líincontro tra queste due met‡ <strong>del</strong>la struttura-essere Ë<br />

líin<strong>di</strong>viduazione, processo che rende possibile líattualizzazione <strong>del</strong><br />

30 Questo neologismo <strong>del</strong>euziano Ë usato dallíautore per <strong>di</strong>stinguere lo stato <strong>di</strong> molteplicit‡ e variet‡<br />

problematica <strong>del</strong>le Idee, fatte <strong>di</strong> rapporti tra elementi <strong>di</strong>fferenziali, dallo stato, definito invece con il<br />

termine <strong>di</strong> implicazione, <strong>del</strong>le intensit‡ che, comunicando grazie alle loro <strong>di</strong>fferenze, attualizzano le Idee<br />

formando dei campi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione, Ivi, pp. 359-360.<br />

31 G. Deleuze, Logica <strong>del</strong> senso, cit., pp. 293-295.<br />

32 IvI, p. 294.<br />

25


virtuale, líatto tramite il quale le quantit‡ intensive mettono in<br />

comunicazione gli elementi virtuali <strong>del</strong>la <strong>di</strong>sparit‡ 33 , e che quin<strong>di</strong>, in<br />

quanto fonte <strong>del</strong>la singolarit‡ degli in<strong>di</strong>vidui, precede sia la generazione<br />

che la specificazione 34 .<br />

Nel momento in cui Deleuze fa <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduazione il processo primario <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenziazione <strong>del</strong>la natura, il farsi sensibile <strong>del</strong>la struttura ideale, cioË il<br />

processo <strong>di</strong> produzione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza, capiamo come la sua storia<br />

antagonista e anti<strong>di</strong>alettica non poteva che partire da Duns Scoto.<br />

Questi, infatti, non Ë solo il filosofo che per primo libera líunivocit‡<br />

<strong>del</strong>líessere dallíassoluta uniformit‡ in cui era caduta líontologia<br />

parmenidea (un univocit‡ dove la <strong>di</strong>fferenza viene non tanto depotenziata,<br />

come nellíanalogia entis, quanto semplicemente negata), ma Ë soprattutto<br />

il filosofo <strong>del</strong>líhaecceitas, il pensatore che fa <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduazione la prima<br />

istanza ontologica.<br />

Va innanzitutto chiarito che il problema <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduazione non si riduce<br />

nÈ allíentificazione, nÈ alla specificazione, poichÈ pensa líin<strong>di</strong>viduo non<br />

nel suo essere-ente, nÈ nel suo essere-specie, quanto nel suo essere questo<br />

determinato in<strong>di</strong>viduo, colto <strong>nella</strong> sua irripetibile singolarit‡.<br />

Secondo Aristotele il principio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione Ë la materia, poichÈ un<br />

ente Ë questo ente, dato che la materia lo affetta 35 , lo rende sussistente,<br />

<strong>di</strong>stinto da ogni altro ente. Tuttavia, sar‡ S. Tommaso, scorgendo <strong>nella</strong><br />

materia qualcosa che tutti gli in<strong>di</strong>vidui hanno in comune, a precisare che il<br />

principio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione non puÚ essere la materia in quanto tale, bensÏ<br />

una materia designata dalla quantit‡, cioË la materia che soggiace a<br />

33 Per Deleuze líin<strong>di</strong>viduazione assicura la risonanza interna <strong>del</strong> campo problematico oggettivo, cioË<br />

<strong>del</strong>la parte virtuale che Ë costituita da or<strong>di</strong>ni eterogenei e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sparati. G. Deleuze, Differenza e<br />

ripetizione , cit., p. 318.<br />

34 Ivi, p. 56.<br />

35 Aristotele, Metafisica, XII.<br />

26


<strong>di</strong>mensioni quantitative 36 , ciÚ che, non rientrando <strong>nella</strong> definizione <strong>di</strong><br />

qualcosa, risulta pertanto inessenziale, ciÚ per cui líin<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong>fferisce<br />

dalla specie, ovvero uníaccidentalit‡.<br />

Líin<strong>di</strong>viduazione Ë, dunque, segnatura, un accadere estrinseco allíessenza<br />

che conferisce unit‡ numerica allíin<strong>di</strong>viduo; la specificazione, invece, Ë un<br />

processo essenziale, una <strong>di</strong>visione <strong>del</strong> genere me<strong>di</strong>ante la <strong>di</strong>fferenza<br />

specifica, che conferisce unit‡ formale alla specie 37 . Sar‡ proprio il<br />

contributo scotista a questo problema a mettere in moto un Ontologia che<br />

rifiuter‡ líanalogia in nome <strong>del</strong>líunivocit‡.<br />

Duns Scoto, infatti, considera il vedere líin<strong>di</strong>viduazione <strong>nella</strong> materia,<br />

nelle <strong>di</strong>mensioni quantitative <strong>di</strong> spazio e tempo, insomma nellíesistenza un<br />

errore. Il principio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione non puÚ pertanto consistere in una res<br />

che si aggiunge ad una res communis. Non cíË un ente universale che,<br />

grazie allíaggiunta <strong>di</strong> una determinazione, <strong>di</strong>venti un ente particolare.<br />

Líin<strong>di</strong>vidualit‡ Ë líultima realt‡ <strong>del</strong>líente 38 , e questo vuol <strong>di</strong>re che lo<br />

riguarda <strong>nella</strong> sua totalit‡, non in qualche suo aspetto particolare.<br />

La natura per Scoto, come líidea per Deleuze 39 , Ë ciÚ che precede tanto<br />

líuniversale quanto líin<strong>di</strong>viduale 40 , non va quin<strong>di</strong> confusa nÈ con un ente<br />

particolare, nÈ con líinsieme degli enti, nÈ tanto meno con il concetto<br />

universale <strong>di</strong> un ente. … un ni-ente pur essendo reale, Ë ciÚ che Ë sempre in<br />

rapporto ad un determinato in<strong>di</strong>viduo senza mai confondersi nÈ con<br />

36 ìE perciÚ occorre sapere che non la materia intesa in un modo qualunque funge da principio <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduazione, ma solo la materia segnata, e chiamo materia segnata quella che viene considerata sotto<br />

determinate <strong>di</strong>mensioni.î S. Tommaso díAquino, Líente e líessenza, trad. it. a cura <strong>di</strong> P. Porro, Milano,<br />

Rusconi Libri, 1995, p.85.<br />

37 Ivi, pp. 100-101.<br />

38 ìPertanto ´questa entit‡ª non Ë la materia o la forma o il composto, in quanto ognuno <strong>di</strong> questi Ë<br />

natura,bensÏ Ë líultima realt‡ <strong>del</strong>líente che Ë la materia o che Ë la forma o che Ë il composto.î J. Duns<br />

Scoto, Or<strong>di</strong>natio, II, d.3, p.1, q.2, 188, trad. it. in O. To<strong>di</strong>sco, Giovanni Duns Scoto, filosofo <strong>del</strong>la<br />

libert‡, Padova, Messaggero, 1996, p. 169.<br />

39 Per Deleuze líidea, come la sostanza per <strong>Spinoza</strong> e la natura per Scoto, Ë un Tutto virtuale, cioË non Ë<br />

mai dato, nÈ come uno nÈ come molti, ma si d‡, in<strong>di</strong>pendentemente dalle parti in cui si d‡, <strong>di</strong>fferenziale<br />

in se stessa e <strong>di</strong>fferenziatrice nel suo effetto. Ha una realt‡ solo virtuale, non esistendo al <strong>di</strong> fuori <strong>del</strong>la<br />

sua attualizzazione. Infatti, il sistema <strong>di</strong>fferenziale, cioË il virtuale, líidea, non deve realizzarsi, passare<br />

da uno stato ontico allíaltro. BensÏ attualizzarsi, cioË esprimersi, <strong>di</strong>venire, uscire dal nascon<strong>di</strong>mento.<br />

40 J. Duns Scoto, Or<strong>di</strong>natio, II, d.3, q.1, n.7.<br />

27


líinsieme degli in<strong>di</strong>vidui, nÈ con i loro concetti, precede le sue<br />

determinazioni, pur non esistendo separatamente da esse.<br />

Se líin<strong>di</strong>vidualit‡ fosse una produzione <strong>di</strong> un composto formato dalla<br />

sostanza pi˘ gli accidenti, non coinvolgerebbe líente <strong>nella</strong> sua totalit‡, ma<br />

toccherebbe solo la sua parte pi˘ caduca, inessenziale, sarebbe solo una<br />

determinazione limitante, un impoverimento <strong>del</strong>la natura.<br />

Invece, per Scoto essa deve considerarsi come una contrazione <strong>del</strong>la stessa<br />

natura, cioË líattualizzazione interna ad essa, uníespressione <strong>di</strong>fferenziante<br />

<strong>del</strong>la virtualit‡. Líecceit‡ scotista non si aggiunge alla natura comune<br />

come una determinazione estrinseca che la contrae allíin<strong>di</strong>vidualit‡, ma la<br />

perfeziona come ultima attualit‡, tutto nellíin<strong>di</strong>viduo viene ad essere<br />

in<strong>di</strong>viduato, insomma non Ë altra cosa rispetto a ciÚ cui si applica, bensÏ<br />

un'altra, anzi líultima formalit‡ <strong>del</strong>la stessa cosa 41 .<br />

Questa ontologia <strong>del</strong>líunivocit‡ aperta da Scoto si caratterizza, inoltre,<br />

come la prima grande <strong>di</strong>fesa <strong>del</strong>la costituzione affermativa <strong>del</strong>líessere, in<br />

quanto rintraccia nellíesistenza contingente quella positivit‡ che, invece,<br />

veniva categoricamente negata dalla ìvia in gi˘î <strong>del</strong>la scolastica.<br />

Contro la tesi sostenuta da Enrico <strong>di</strong> Gand 42 , secondo la quale<br />

líin<strong>di</strong>viduazione Ë basata su <strong>di</strong> una duplice negazione, ovvero quella che<br />

nega ogni <strong>di</strong>fferenza nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> se stesso e quella che nega ogni<br />

identit‡ con uno <strong>di</strong>verso da lui, Scoto asserisce che la persona Ë líultima<br />

solitudo 43 , cioË ne afferma líassoluta incomunicabilit‡ e in<strong>di</strong>pendenza.<br />

Per Scoto la negazione Ë sempre derivata, non puÚ sussistere per se stessa,<br />

ma al contrario essa implica uníaffermazione che esprime il carattere<br />

proprio <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>vidualit‡. Questo sta a significare che per Scoto il<br />

41<br />

Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong>la concezione <strong>di</strong> ecceit‡ scotista si veda sempre, E. Gilson, La filosofia <strong>del</strong><br />

me<strong>di</strong>oevo, cit., p. 719.<br />

42<br />

J. Duns Scoto, Or<strong>di</strong>natio, II, d.3, p.1, q.2, n.47-48, trad it. in O. To<strong>di</strong>sco,Giovanni Duns Scoto, filosofo<br />

<strong>del</strong>la libert‡, cit., p. 165.<br />

43<br />

J. Duns Scoto, Or<strong>di</strong>natio, III, d.1, q.1, n.17: ´Ad personalitem requiritur ultima solitudo,sive negatio<br />

depentiae actualis et aptitu<strong>di</strong>nalis ad personam alterius naturaeª.<br />

28


principio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione non puÚ essere fornito se non da una realt‡<br />

positiva, una <strong>di</strong>fferenza in<strong>di</strong>viduale che, collocata allíinterno <strong>del</strong>líor<strong>di</strong>ne<br />

<strong>del</strong>la sostanza, contrae la natura rendendola non ulteriormente <strong>di</strong>visibile.<br />

Sostenere che la persona Ë costituita in se stessa da uníaffermazione prima<br />

che da qualsiasi negazione 44 , fa <strong>di</strong> Scoto il pensatore che per primo da<br />

inizio a quel <strong>pensiero</strong> filosofico che, con <strong>Spinoza</strong> prima e con Nietzsche in<br />

seguito, interpreter‡ líesistenza come il pi˘ potente e gioioso <strong>di</strong>re si <strong>del</strong>la<br />

vita a se stessa.<br />

Siamo giunti cosÏ ad un modo <strong>del</strong> tutto ra<strong>di</strong>cale <strong>di</strong> concepire la <strong>di</strong>fferenza:<br />

non pi˘ una cosa che una specie possiede e uníaltra no, ma una <strong>di</strong>fferente<br />

organizzazione <strong>del</strong>la stessa cosa, un altro modo in cui líessere stesso si<br />

progetta <strong>nella</strong> sua totalit‡.<br />

Ecceit‡, modo spinoziano e ripetizione <strong>del</strong>euziana sono tre <strong>di</strong>stinte, ma in<br />

realt‡ simili concezioni <strong>del</strong> modo in cui líessere univoco si presenta, in cui<br />

appare <strong>nella</strong> <strong>di</strong>fferenza senza che si istituiscano dualismi o fratture fra il<br />

sostanziale e líaccidentale, uníunica sostanza che si esprime secondo<br />

modalit‡ intrinseche molteplici.<br />

Certo va precisato che Scoto non Ë colui che approfon<strong>di</strong>sce in maniera<br />

esaustiva il tema <strong>del</strong>líunivocit‡, poichÈ egli la pensa solo come esigenza<br />

fondamentale per la conoscenza <strong>di</strong> Dio. Se líessere non si potesse <strong>di</strong>re in<br />

un solo senso, Dio resterebbe estraneo, ineffabile, impensabile, <strong>di</strong> lui<br />

potremmo parlare solo per negazione. Ma líessere univoco non ci permette<br />

solo <strong>di</strong> risolvere il problema <strong>del</strong>la conoscenza <strong>di</strong> Dio, esso rappresenta<br />

anche quel pericolo nefasto per il cristianesimo che Ë noto con il nome <strong>di</strong><br />

panteismo 45 .<br />

44<br />

J. Duns Scoto, Or<strong>di</strong>natio, III, d.1, q.1, n.8, trad. it. in O. To<strong>di</strong>sco, Giovanni Duns Scoto,filosofo <strong>del</strong>la<br />

libert‡, cit., p.61.<br />

45<br />

G. Deleuze, Differenza e ripetizione,. cit., p. 57.<br />

29


Si ripropone, cosÏ, quellíuniformit‡ paradossale che Parmenide aveva<br />

posto a livello ontologico: dove tutto era essere e <strong>pensiero</strong>, ora tutto Ë Dio.<br />

Per scongiurare la riproposizione in chiave teologica <strong>del</strong>la male<strong>di</strong>zione<br />

eleatica Scoto neutralizza líessere univoco, cioË lo concepisce senza<br />

alcuna limitazione che lo restringa in modo determinato, rendendolo<br />

in<strong>di</strong>fferente tanto allíuniversale quanto al singolare. Neutralit‡, tuttavia,<br />

non significa indeterminatezza o caos, ma apertura, capacit‡ <strong>di</strong> assumere<br />

una molteplicit‡ <strong>di</strong> mo<strong>di</strong> o maniere díessere senza perdere nulla <strong>del</strong>la<br />

propria unit‡, accogliere contemporaneamente líuniversalit‡ e la<br />

singolarit‡ come espressioni <strong>del</strong>la propria univocit‡.<br />

» proprio con il problema <strong>del</strong>la ì<strong>di</strong>stinzione formaleî 46 , cioË interna<br />

allíessere o alla cosa e non esterna o tanto meno numerica, che fa la sua<br />

comparsa <strong>nella</strong> storia <strong>del</strong>euziana la filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Questa irrompe<br />

sulla scena come una tempesta improvvisa, un uragano che rovescia<br />

definitivamente la posizione metafisica, la sola forza anti<strong>di</strong>alettica capace<br />

<strong>di</strong> ripiegare su se stesso il ì<strong>del</strong>ittoî con cui Aristotele ha liquidato il<br />

<strong>pensiero</strong> ontologico.<br />

Con la teoria degli attributi, intesi come forme in cui la sostanza si esprime<br />

interamente, e dei mo<strong>di</strong> come gradazioni intensive degli attributi, cioË<br />

maniere díessere <strong>del</strong>la sostanza, <strong>Spinoza</strong>, e prima <strong>di</strong> lui Scoto, rompono<br />

definitivamente il nesso fra unit‡ numerica e sussistenza su cui si basava la<br />

<strong>di</strong>fferenza ontica in senso metafisico, e aprono il problema <strong>del</strong>líessere<br />

46 Va sottolineata líimportanza <strong>di</strong> Scoto nel <strong>di</strong>stinguere per primo la <strong>di</strong>stinzione formale da quella reale e<br />

da quella concettuale. Egli, infatti, se ne serve per determinare la <strong>di</strong>fferenza tra i concetti <strong>di</strong> essenza ed<br />

esistenza, in quanto tra loro non cíË soltanto una <strong>di</strong>stinzione puramente logica, nÈ tanto meno vi Ë<br />

<strong>di</strong>stinzione reale, come ci sarebbe se fossero realt‡ numericamente <strong>di</strong>stinte e separate. J. Duns Scoto,<br />

Reportata Parisiensia, I, d.33, q.1, n.10, trad. it. in O. To<strong>di</strong>sco, Giovanni Duns Scoto, filosofo <strong>del</strong>la<br />

libert‡, cit., p.61. Tuttavia sar‡ <strong>Spinoza</strong> a darle maggiore importanza, affermando che la <strong>di</strong>fferenza reale<br />

Ë formale e non numerica, in quanto la sostanza non si <strong>di</strong>vide negli attributi, ma si esprime in essi, ed in<br />

ognuno <strong>di</strong> essi si esprime interamente. Si coglie la portata rivoluzionaria <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> spinoziano, il<br />

rovesciamento <strong>del</strong>la posizione metafisica, che, invece, ponendo una <strong>di</strong>stinzione numerica tra essere ed<br />

essenza, conferiva unit‡ in senso proprio soltanto a Dio, in cui essenza ed esistenza coincidono, mentre<br />

la conferiva agli enti solo analogicamente.<br />

30


allíautentica domanda ontologica, cioË allíessere come non-ente, come il<br />

<strong>di</strong>fferente, il determinante o <strong>di</strong>fferenziante.<br />

<strong>Spinoza</strong> Ë, per Deleuze, il Vento <strong>di</strong> fuoco 47 che soffia su questa altra storia<br />

<strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, una storia <strong>del</strong>la filosofia in cui si afferma il senso<br />

<strong>del</strong>líunivocit‡ <strong>del</strong>líessere, uníantimetafisica che nasce contro una<br />

tra<strong>di</strong>zione filosofica che Ë fiorita sulla ìcarcassaî <strong>del</strong>líontologia, ma<br />

soprattutto contro una storia <strong>del</strong>la metafisica in cui si parla <strong>del</strong>líessere<br />

come <strong>di</strong> un qualcosa che Ë, cioË come <strong>di</strong> un semplice ente.<br />

Non Ë un caso che Differenza e ripetizione si concluda riprendendo la<br />

metafora <strong>del</strong>la voce per in<strong>di</strong>care líessere 48 . Infatti, Ë proprio attraverso<br />

questa metafora che Deleuze puÚ ricondurre la contrapposizione tra<br />

ripetizione e rappresentazione, che Ë il tema centrale <strong>di</strong> tutto il libro,<br />

allíunica e autentica contrapposizione che da sempre ha caratterizzato<br />

líintera storia <strong>del</strong>la filosofia, cioË quella tra analogia e univocit‡.<br />

Rivalutare la filosofia spinoziano <strong>nella</strong> sua effettiva appartenenza alla<br />

storia <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> non Ë solo líopera eru<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> un filosofo affetto da un<br />

malinconico amore per il passato, ma Ë soprattutto il modo con cui<br />

Deleuze riafferma líunivocit‡ <strong>del</strong>líessere come la vera e sola potenza<br />

<strong>del</strong>líontologia, la sola voce che, da Parmenide a Heidegger, ha saputo<br />

portare líessere univoco a esprimersi attraverso due tesi fondamentali:<br />

1) Líessere, pur univoco, non Ë in<strong>di</strong>fferenziato, non Ë informe, ci sono<br />

<strong>del</strong>le forme <strong>del</strong>líessere, ma líessere <strong>di</strong> tali forme non Ë quello ontico. Le<br />

forme, le <strong>di</strong>fferenze non sono qualcosa, il qualcosa Ë gi‡ opera <strong>del</strong>la<br />

<strong>di</strong>fferenza, mentre le <strong>di</strong>fferenze possono essere colte solo come il<br />

<strong>di</strong>fferenziante.<br />

47 Per le stupende metafore <strong>del</strong>euziane sul <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> come vento o serie <strong>di</strong> raffiche si veda G.<br />

Deleuze, <strong>Spinoza</strong>. La filosofia pratica, cit., pp. 151-161.<br />

48 G. Deleuze, Differenza e ripetizione, cit., p. 388.<br />

31


2) Líessere univoco <strong>di</strong>stinto formalmente si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una molteplicit‡ <strong>di</strong><br />

singolarit‡ o <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenze in<strong>di</strong>viduanti, che, al contrario <strong>del</strong>le specie, il cui<br />

rapporto con líessere Ë sempre me<strong>di</strong>ato dal genere, si rapportano<br />

<strong>di</strong>rettamente allíessere univoco, quin<strong>di</strong> le <strong>di</strong>fferenze numeriche non sono<br />

<strong>di</strong>fferenze reali, ma modali 49 .<br />

49 Ivi, p. 387.<br />

32


3. LíEtica <strong>del</strong>la potenza: dal rovesciamento cartesiano<br />

allíespressione.<br />

Se, come abbiamo visto sin qui, la storia <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza per<br />

Deleuze deve costituirsi sullíadesione al rovesciamento <strong>del</strong> platonismo, Ë<br />

indubbio che líincursione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> in questa storia rappresenti, invece,<br />

líemergere <strong>di</strong> un altro rovesciamento, ossia quello che líunivocit‡ fa<br />

compiere al <strong>pensiero</strong> cartesiano.<br />

Infatti, secondo Deleuze, il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> sembra che nellíEtica tenti<br />

<strong>di</strong> usare gli elementi cartesiani per superare le stesse <strong>di</strong>fficolt‡ poste dal<br />

cartesianesimo 50 . Tale prospettiva far‡ <strong>del</strong>líidea <strong>del</strong>líespressione il centro<br />

<strong>di</strong>namico e operativo <strong>del</strong>la sua concezione non solo teologica, ma anche<br />

ontologica e gnoseologica. Sembra quasi che per il filosofo francese la<br />

metafisica spinoziana abbia i suoi elementi genetici e vitali <strong>nella</strong> sua<br />

capacit‡ <strong>di</strong> polemizzare con il <strong>pensiero</strong> filosofico che da sempre si Ë<br />

occupato <strong>del</strong> rapporto tra unit‡ <strong>del</strong>la sostanza e <strong>di</strong>versit‡ <strong>di</strong> essenza.<br />

Nella misura in cui Deleuze rintraccia nellíincipit <strong>del</strong>líEtica un<br />

anticartesianesimo <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione espressionista, tale punto <strong>di</strong> vista gli<br />

permetter‡ <strong>di</strong> incentrare la sua rilettura spinoziana sul rapporto conflittuale<br />

che la suddetta visione <strong>del</strong> mondo ha instaurato con il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> altri<br />

illustri filosofi e teologi, in particolare quello <strong>di</strong> S. Tommaso, Duns Scoto e<br />

Leibniz.<br />

Per comprendere al meglio il percorso che, attraverso le problematiche da<br />

lui affrontate, lo porter‡ ad incrociare quello dei suddetti filosofi, Ë<br />

opportuno iniziare dal vero e autentico cuore <strong>del</strong>líanticartesianesimo<br />

50 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, Macerata, Quodlibet, 1999, p. 12.<br />

33


spinoziano, cioË quello che, secondo Deleuze, occupa tutta la prima parte<br />

<strong>del</strong>líEtica: la <strong>di</strong>stinzione reale non numerica 51 .<br />

<strong>Spinoza</strong>, nel cercare <strong>di</strong> superare le assur<strong>di</strong>t‡ che inevitabilmente si<br />

incontrano quando si porta la <strong>di</strong>stinzione, concepita solo come <strong>di</strong>visione<br />

ontica, nellíinfinito, non puÚ che giungere ad una visione totalmente ostile a<br />

quella <strong>di</strong> Cartesio. Infatti, il filosofo <strong>del</strong> cogito non poteva che concepire la<br />

<strong>di</strong>stinzione reale come una <strong>di</strong>visione numerica, dato che era <strong>di</strong>fficile per lui<br />

pensare ad una <strong>di</strong>stinzione che non si riscontri in soggetti numericamente<br />

separati. Per questo puÚ tranquillamente affermare che vi sono pi˘ sostanze<br />

<strong>del</strong>lo stesso attributo, ammettendo cosÏ líesistenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>stinzione reale<br />

tra le sostanze, una modale tra le sostanze e i mo<strong>di</strong>, e infine una <strong>di</strong> ragione<br />

tra le sostanze e gli attributi. <strong>Spinoza</strong>, invece, utilizzer‡ le prime 8<br />

proposizioni <strong>del</strong>líEtica per contrad<strong>di</strong>re questa concezione e condurci alla<br />

posizione <strong>di</strong> una sostanza univoca e infinita.<br />

Tutta la prima parte <strong>del</strong>líEthica Ë dominata da un concetto che senza ombra<br />

<strong>di</strong> dubbio Ë da considerarsi rivoluzionario rispetto sia alla teologia scolastica<br />

che al cartesianesimo. Questa provocazione ontologica consiste nel<br />

considerare líinfinito qualcosa <strong>di</strong> completamente estraneo allíindefinito.<br />

Insomma, la sostanza pur essendo infinita non Ë indeterminata.<br />

Se teniamo conto <strong>di</strong> questa concezione, si puÚ facilmente notare come per il<br />

filosofo olandese le tre <strong>di</strong>stinzioni <strong>del</strong>líessere operate da Cartesio peccano<br />

nel riferimento al numero per quanto riguarda la definizione <strong>del</strong>la<br />

sostanza 52 .<br />

La sostanza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non puÚ essere accostata alla sfera <strong>del</strong> numero,<br />

poichÈ questa riguarda una limitazione, cioË una determinazione che<br />

richiederebbe una causa esterna. Sappiamo benissimo che la sostanza<br />

spinoziana non puÚ implicare nessuna limitazione, nÈ alcuna causa esterna,<br />

51 Ivi, p. 27.<br />

52 M. Hardt, Gilles Deleuze, un appren<strong>di</strong>stato in filosofia , Milano, a-change, 2000, p. 94.<br />

34


per questo la <strong>di</strong>stinzione numerica non puÚ essere reale, cioË sostanziale.<br />

<strong>Spinoza</strong>, tra líaltro, protrae líargomento sulla <strong>di</strong>stinzione affermando che la<br />

sostanza, essendo assoluta, contiene un numero infinito <strong>di</strong> attributi, in<br />

quanto pi˘ una cosa ha realt‡ pi˘ attributi possiede 53 . Questo <strong>di</strong>mostra che la<br />

<strong>di</strong>stinzione reale, cioË la <strong>di</strong>stinzione che conviene alla sostanza, Ë formale,<br />

ma non numerica, cioË non puÚ portare una limitazione allíinterno<br />

<strong>del</strong>líinfinit‡ sostanziale. Per Deleuze questo concetto risulta fondamentale,<br />

molto pi˘ importante <strong>di</strong> quanto non lo fosse per <strong>Spinoza</strong> stesso. Infatti, la<br />

<strong>di</strong>stinzione non numerica implica una visione <strong>del</strong>líessere che si avvicina,<br />

anzi coincide perfettamente con la <strong>di</strong>fferenza <strong>del</strong>euziana.<br />

La <strong>di</strong>stinzione numerica <strong>di</strong> Cartesio pone la negazione come fondamento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stinzione o, meglio, <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione relazionale (x <strong>di</strong>verso da y),<br />

mentre <strong>Spinoza</strong> pone la <strong>di</strong>stinzione in se stessa, come <strong>di</strong>fferenza interna <strong>di</strong><br />

x, cioË <strong>del</strong>la sostanza non in quanto <strong>di</strong>fferente, ma in quanto <strong>di</strong>fferenziante,<br />

<strong>di</strong>fferenza in sÈ. Qui Deleuze pone <strong>Spinoza</strong> e Bergson sulla stessa linea <strong>di</strong><br />

<strong>pensiero</strong> che fa <strong>del</strong>la <strong>di</strong>stinzione una causa efficiente e interna, líelemento<br />

produttivo <strong>del</strong>líassoluto da cui hanno origine tutte le <strong>di</strong>fferenze.<br />

CiÚ che unisce la <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Bergson e la <strong>di</strong>stinzione reale <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë il<br />

concepire la <strong>di</strong>stinzione interna <strong>del</strong>líessere non come opposizione <strong>di</strong>alettica,<br />

bensÏ come <strong>di</strong>versit‡ produttiva, immanente, in una parola espressiva.<br />

La <strong>di</strong>stinzione reale non numerica Ë una concezione <strong>del</strong>líessere in quanto<br />

pura positivit‡, lotta allíopposizione, al negativo, <strong>di</strong>fferenza positiva che non<br />

rimanda a nessuna causa o limite esterno, ma solo a se stessa, singolarit‡<br />

<strong>di</strong>fferenziatrice. Certo questa visione ontologica comporta <strong>del</strong>le <strong>di</strong>fficolt‡<br />

logiche non in<strong>di</strong>fferenti, dato che risulta <strong>di</strong>fficile immaginare una sostanza<br />

univoca e al tempo stesso infinita, cioË che comprende tutto, illimitata ma<br />

non indefinita. Per <strong>Spinoza</strong>, líessere non Ë indeterminato poichÈ Ë principio<br />

53 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. I, prop. IX, trad. it, Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, a cura <strong>di</strong> E.<br />

Giancotti, Roma, E<strong>di</strong>tori Riuniti, 1988, p. 93.<br />

35


<strong>di</strong> determinazione, ma al tempo stesso non Ë in<strong>di</strong>fferente, cioË non si<br />

<strong>di</strong>stingue da tutto ciÚ che Ë esterno a esso. La <strong>di</strong>stinzione <strong>del</strong>líessere, quin<strong>di</strong>,<br />

non puÚ essere esterna, poichÈ non cíË nulla <strong>di</strong> esterno che possa spiegare o<br />

causare líessere. La <strong>di</strong>fferenza, ovvero la <strong>di</strong>stinzione reale puÚ sorgere solo<br />

dallíinterno. In altri termini, il concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione reale non numerica sta<br />

a significare che líessere Ë singolare, cioË la sua <strong>di</strong>fferenza Ë interna, non fa<br />

riferimento a nientíaltro che a se stessa, in quanto líessere Ë in sÈ infinito e<br />

determinato allo stesso tempo.<br />

La questione che sembra occupare il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> e che, in<br />

particolare, con<strong>di</strong>ziona la formulazione <strong>del</strong>le prime 5 proposizioni<br />

<strong>del</strong>líEtica, riguarda proprio la possibilit‡ <strong>di</strong> introdurre la <strong>di</strong>stinzione <strong>nella</strong><br />

sostanza infinita 54 . Se Ë impossibile che questa possa <strong>di</strong>stinguersi per i mo<strong>di</strong>,<br />

dato che la sostanza li precede e non li implica 55 , non resta che una<br />

<strong>di</strong>stinzione secondo attributi, per cui ad ogni attributo corrisponde una sola<br />

sostanza. Gli attributi perÚ sono líespressione <strong>del</strong>líessenza <strong>del</strong>la sostanza,<br />

ciÚ vuol <strong>di</strong>re che per <strong>Spinoza</strong> la <strong>di</strong>visione tra la sostanza e le sue forme non<br />

puÚ essere affatto come ce la presenta Cartesio, ossia come una semplice<br />

astrazione <strong>del</strong>líintelletto.<br />

Le forme sono realmente <strong>di</strong>stinte 56 , poichÈ esprimono le guise o, meglio, gli<br />

strati <strong>di</strong> cui Ë composta la sostanza, senza che possano sussistere<br />

onticamente líuna separata dalle altre. Come possiamo notare, questa<br />

concezione permette a <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> spezzare quel vincolo <strong>di</strong> solidariet‡ che<br />

<strong>nella</strong> metafisica tra<strong>di</strong>zionale univa la <strong>di</strong>stinzione reale alla <strong>di</strong>visione<br />

numerica. Questo lo porta, pertanto, a fondare le sue prime definizioni <strong>del</strong>la<br />

sostanza su <strong>di</strong> uníanticartesianesimo tale da permettergli, una volta per tutte,<br />

<strong>di</strong> svincolare la teoria degli attributi da qualsiasi concezione creazionista e<br />

antropomorfa.<br />

54 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 20.<br />

55 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. I, prop. V, <strong>di</strong>m., trad. It., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p. 89.<br />

56 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P.I, p.X, sc., trad. It., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p. 93.<br />

36


Se ciÚ che accomunava Cartesio e <strong>Spinoza</strong> era il concepire la <strong>di</strong>stinzione<br />

reale come un dato <strong>del</strong>la rappresentazione 57 , adesso ciÚ che li <strong>di</strong>vide Ë<br />

proprio ciÚ che per Cartesio assicurava il passaggio dalla <strong>di</strong>stinzione<br />

concettuale a quella nellíesistenza: la creazione <strong>di</strong>vina. Per <strong>Spinoza</strong> la<br />

sostanza non puÚ essere creata, ma soprattutto non puÚ essere ridotta ad una<br />

semplice possibilit‡ <strong>di</strong> esistenza, <strong>di</strong> cui líattributo ne rappresenta il segno o<br />

la con<strong>di</strong>zione conferitagli da un Dio trascendentale.<br />

Questo eversivo modo con cui líattributo Ë considerato, cioË non pi˘ come<br />

semplice qualit‡ esteriore <strong>del</strong>la sostanza, ma elemento <strong>di</strong>namico e<br />

costitutivo <strong>del</strong>líessenza stessa <strong>del</strong>la sostanza, sposta il campo <strong>del</strong>la<br />

spinoziana lotta alla metafisica dalla <strong>di</strong>stinzione cartesiana allíanalogia.<br />

Il nemico con cui polemizzare Ë adesso S. Tommaso 58 o, meglio, quel suo<br />

modo <strong>di</strong> confondere gli attributi con i propri, líessenza <strong>di</strong> Dio con quella<br />

<strong>del</strong>le creature, confusione che nasce quando il metodo analogico si propone<br />

<strong>di</strong> evitare líantropomorfismo.<br />

Fin qui abbiamo visto come la molteplicit‡ degli attributi possa essere<br />

espressa soltanto da una <strong>di</strong>stinzione quiddativa, cioË qualitativa, a cui perÚ<br />

non corrisponde nessuna <strong>di</strong>stinzione quantitativa tra le sostanze. Infatti, se<br />

potessimo <strong>di</strong>videre una sostanza conformemente ai suoi attributi, questa<br />

sarebbe soltanto un genere, che riceverebbe líesistenza dallíoperazione con<br />

cui gli attributi ne determinano la specificazione.<br />

Il senso <strong>del</strong>le prime 8 proposizioni non puÚ essere inteso solo in senso<br />

ipotetico rispetto alla proposizione 9 59 , bensÏ genetico, in quanto sono<br />

57<br />

G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 25.<br />

58<br />

Ivi, p. 33.<br />

59<br />

Secondo Deleuze le prime 8 proposizioni <strong>del</strong>la parte prima <strong>del</strong>líEthica sono incentrate sulla<br />

<strong>di</strong>mostrazione <strong>del</strong>líimpossibilit‡ <strong>di</strong> applicazione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>stinzione numerica alla sostanza. Per <strong>Spinoza</strong>, se<br />

due sostanze avessero in comune líattributo, potrebbero <strong>di</strong>stinguersi solo dal numero, ma una <strong>di</strong>stinzione<br />

numerica richiede una causa esterna al loro concetto. Come si puÚ vedere, questo implicherebbe una<br />

contrad<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> fondo, dato che Ë impossibili applicare una causa esterna ad una sostanza, quin<strong>di</strong> non si<br />

possono dare due sostanze <strong>del</strong>lo stesso attributo. Nella proposizione 9 perÚ, sembra che <strong>Spinoza</strong> cambi<br />

prospettiva, non ha pi˘ <strong>di</strong> mira la <strong>di</strong>mostrazione <strong>del</strong>líesistenza <strong>di</strong> una sola sostanza per attributo, bensÏ<br />

líesistenza <strong>di</strong> una sola sostanza per tutti gli attributi. Come vedremo, per Deleuze questo non rappresenta<br />

uníinversione nÈ uno spostamento improvviso <strong>di</strong> prospettiva, ma attraverso una conversione <strong>di</strong> una<br />

37


proprio quelle proposizioni che ci portano ad affermare che, non essendoci<br />

<strong>di</strong>stinzione quantitativa <strong>nella</strong> sostanza, anche se vi fossero pi˘ sostanze<br />

<strong>del</strong>lo stesso attributo, queste non si <strong>di</strong>stinguerebbero numericamente, ma<br />

esprimerebbero soltanto una molteplicit‡ formale <strong>di</strong> essenza.<br />

CiÚ che poteva sembrare un ra<strong>di</strong>cale cambio <strong>di</strong> prospettiva, ci appare non<br />

solo come una naturale conseguenza logica <strong>del</strong>le prime 8 proposizioni con<br />

cui <strong>Spinoza</strong> apre líEtica, ma soprattutto ci sembra pi˘ che legittimo<br />

attribuire a questo momento líasse centrale <strong>di</strong> tutto il <strong>pensiero</strong> spinoziano<br />

<strong>del</strong>líunivocit‡. PoichÈ la <strong>di</strong>stinzione reale non puÚ essere numerica<br />

(questíultima la si puÚ attribuire solo ai mo<strong>di</strong> finiti, altrimenti rischiamo <strong>di</strong><br />

contrad<strong>di</strong>re il concetto stesso <strong>di</strong> sostanza) gli attributi formano uníunica<br />

sostanza assolutamente infinita,in quanto possiede tutte le qualit‡ esistenti.<br />

Adesso compren<strong>di</strong>amo il motivo <strong>del</strong>la lotta alle due gran<strong>di</strong> degenerazioni<br />

<strong>del</strong>líanalogia: líequivocit‡ e líeminenza.<br />

Secondo S. Tommaso, gli attributi o sono qualit‡ che possiede soltanto Dio<br />

o comportano un analogia proporzionale tra la sostanza <strong>di</strong>vina e le creature:<br />

líidentit‡ <strong>di</strong> essenza coincide con la <strong>di</strong>stinzione analogica <strong>del</strong>le forme.<br />

<strong>Spinoza</strong>, invece, secondo la sua concezione univoca non puÚ che rovesciare<br />

questa visione. Gli attributi non sono soltanto elementi costitutivi e genetici<br />

<strong>del</strong>la sotanza, ma sono anche forme implicate nelle creature, anzi si<br />

pre<strong>di</strong>cano dei mo<strong>di</strong> finiti <strong>nella</strong> stessa maniera con cui sviluppano líessenza<br />

<strong>del</strong>la sostanza: una conformit‡ <strong>di</strong> forme coincide con una <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong><br />

essenze 60 .<br />

Líeminenza Ë rovesciata, líequivocit‡ Ë spezzata, líanalogia Ë negata da una<br />

teoria <strong>del</strong>líespressione che fa <strong>del</strong>la comunanza <strong>di</strong> forme la con<strong>di</strong>zione per<br />

cui le espressioni <strong>di</strong> Dio si esplicano nei limiti <strong>del</strong> finito, cioË <strong>del</strong>le cose a<br />

cui non Ë pi˘ negata alcuna qualit‡, ma anzi le ri-esprimono in quanto<br />

universale negativa (la <strong>di</strong>stinzione numerica non Ë mai reale; reciprocamente, la <strong>di</strong>stinzione reale non Ë mai<br />

numerica) possiamo cogliere la logica interna che unisce le due tematiche. Ivi, pp. 24-27.<br />

60 Ivi, p. 57.<br />

38


con<strong>di</strong>zioni <strong>del</strong>la loro potenza 61 . Opponendo un metodo formale basato<br />

sullíuguaglianza ad un metodo analogico basato sullíeminenza, <strong>Spinoza</strong><br />

conferisce al mondo e alla vita una positivit‡ espressiva tale da instaurare tra<br />

tutte le cose esistenti e la sostanza univoca un rapporto imme<strong>di</strong>ato e<br />

orizzontale <strong>di</strong> esplicazione e implicazione 62 , insomma <strong>di</strong> pura e assoluta<br />

affermazione.<br />

Questa nuova concezione affermativa <strong>del</strong>líattributo permette a <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong><br />

accusare le teologie sia positive, come quella <strong>di</strong> S. Tommaso, sia negative <strong>di</strong><br />

essere state incapaci <strong>di</strong> trovare un metodo per interpretare la Scrittura 63 .<br />

Infatti, sia quella negativa che, concependo le affermazioni <strong>del</strong>la sostanza<br />

solo come negazioni, si perde in una eminenza oscura, sia quella positiva,<br />

che, risalendo da una negazione preliminare, giunge ad una trascendenza<br />

analogica <strong>del</strong>líattributo, confondono la natura <strong>di</strong> Dio con i suoi propri.<br />

Questo errore che, secondo <strong>Spinoza</strong>, accomuna tutta la filosofia ebraica e<br />

araba, oltre che quella scolastica, Ë la naturale conseguenza <strong>di</strong> un<br />

atteggiamento filosofico che non Ë affatto fondato sul proposito <strong>di</strong> farci<br />

conoscere la natura <strong>del</strong>la sostanza <strong>di</strong>vina, bensÏ Ë solo líespressione <strong>di</strong> un<br />

insegnamento morale, che si propone, invece, <strong>di</strong> farci obbe<strong>di</strong>re ad un Dio <strong>di</strong><br />

cui ignoriamo la natura 64 . La maggior parte degli attributi che i teologi e i<br />

filosofi, compreso Cartesio, attribuiscono a Dio sono in realt‡ dei propri,<br />

non verbi espressivi <strong>del</strong>líessenza, ma aggettivi che qualificano le modalit‡<br />

con cui gli attributi costituiscono la natura <strong>del</strong>la sostanza.<br />

Tutta la teologia per <strong>Spinoza</strong> non Ë altro che un metodo composto<br />

unicamente da segni e non da espressioni. Per questo puÚ solo operare per<br />

61 Ivi, p. 35.<br />

62 Per Deleuze questi due termini (esplicazione-implicazione) rappresentano dei correlativi che<br />

contribuiscono a precisare líespressione. Questa non solo Ë lo sviluppo <strong>di</strong> ciÚ che esprime (gli attributi<br />

sono lo sviluppo <strong>del</strong>líessenza <strong>del</strong>le sostanza), ma implica anche ciÚ che esprime (líUno Ë implicato<br />

nellíespressione molteplice che lo sviluppa). Ivi, p. 11.<br />

63 Ivi, p. 40; Cfr., B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus teologico-politicus, cap. VII; trad. it., Etica. Trattato teologico<br />

politico, a cura <strong>di</strong> R. Cantoni e F. Fergnani, San Benigno Canavese, UTET, 1980.<br />

64 B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus teologico-politicus, cap. XIII; trad. it., Etica e Trattato teologico politico, cit., pp.<br />

613-614.<br />

39


comandamenti, i quali attraverso líimmaginazione hanno líunico scopo <strong>di</strong><br />

fondare la nostra obbe<strong>di</strong>enza 65 , precludendoci la conoscenza <strong>del</strong>la vera<br />

ìParola espressivaî 66 con cui poter cogliere líessenza <strong>di</strong> Dio.<br />

La natura non Ë fatta <strong>di</strong> segni imperativi, <strong>di</strong> qualit‡ misteriose che<br />

nascondono o rivelano ciÚ che esprimono, ma Ë espressiva <strong>nella</strong> sua<br />

interezza, questo vuol <strong>di</strong>re che <strong>nella</strong> manifestazione <strong>del</strong>la sostanza non vi<br />

puÚ essere negazione.<br />

Si comprende come per <strong>Spinoza</strong> il problema, posto dalla teologia, <strong>di</strong> capire<br />

se gli attributi <strong>di</strong> Dio vanno considerati positivamente o negativamente non<br />

puÚ che essere un falso problema. Líattributo, in quanto elemento genetico<br />

che porta allíesistenza la natura <strong>di</strong> Dio, Ë affermazione pura <strong>del</strong>la sostanza,<br />

questa affermazione non Ë semplicemente un modo <strong>di</strong> concepire<br />

<strong>del</strong>líintelletto, bensÏ Ë líesplicarsi stesso <strong>del</strong>la sostanza, il suo costituirsi a<br />

priori.<br />

Certo va detto che ciÚ che si estrinseca in uníespressione si <strong>di</strong>stingue da<br />

quello che designa 67 , cioË líessenza non esiste al <strong>di</strong> fuori <strong>del</strong>le sue<br />

espressioni (attributi), ma Ë comunque rapportata soltanto alla sostanza, in<br />

quanto oggetto designato da tutti gli attributi. Da questo punto <strong>di</strong> vista resta<br />

irrisolto il problema <strong>del</strong> perchÈ una molteplicit‡ <strong>di</strong> nomi si <strong>di</strong>ca <strong>di</strong> una sola<br />

sostanza.<br />

Prima <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> era stato Duns Scoto ad affrontare questo problema,<br />

risolvendolo, tra líaltro brillantemente, con la teoria <strong>del</strong>líunivocit‡<br />

<strong>del</strong>líessere. Per il ìdottor sottileî un ente puÚ benissimo cambiare modalit‡<br />

senza per questo cambiare natura, poichÈ tra le ragioni formali <strong>di</strong> cui Ë<br />

65 ìLa Scrittura non esige espressamente dogmi veri, ma tali da essere necessari alla pratica<br />

<strong>del</strong>líobbe<strong>di</strong>enza.î B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus teologico-politicus, cap. XIV; trad. it., Etica e Trattato teologico<br />

politico, cit., p. 625.<br />

66 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 41.<br />

67 Questo tema <strong>del</strong>la <strong>di</strong>stinzione tra líespresso e il designato, anche se ha origine <strong>nella</strong> logica stoica, Ë stato<br />

al centro <strong>del</strong>le <strong>di</strong>scussioni tra i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Ockham, i quali ra<strong>di</strong>calizzarono ancora <strong>di</strong> pi˘ tale <strong>di</strong>stinzione,<br />

arrivando a sostenere líirriducibilit‡ <strong>del</strong>líespresso nei confronti sia <strong>del</strong>la cosa che <strong>del</strong>la proposizione. Ivi,<br />

p. 46.<br />

40


composto líessere non vi Ë <strong>di</strong>stinzione reale, bensÏ formale. Questa, pur<br />

essendo esprimibile solo nellíintelletto, ha fondamento <strong>nella</strong> realt‡, poichÈ<br />

esprime i <strong>di</strong>versi strati che formano la natura degli enti.<br />

Come abbiamo accennato in precedenza, Duns Scoto nega qualsiasi<br />

definizione <strong>del</strong>líessere in senso negativo, Ë il primo filosofo che combatte<br />

contro líeminenza e líanalogia, il primo ad usare líarma <strong>del</strong>la <strong>di</strong>stinzione<br />

formale per <strong>di</strong>fendere la costitutiva positivit‡ <strong>del</strong> reale.<br />

Tuttavia, Duns Scoto resta pur sempre un teologo, per questo non puÚ che<br />

applicare questíarma <strong>di</strong> emancipazione ontologica solo ad enti <strong>di</strong> ragione, a<br />

quei propri che continua a confondere con gli attributi.<br />

Líobiettivo principale <strong>del</strong>la sua filosofia resta ancora quello <strong>di</strong> salvare<br />

líunivocit‡ dal pericolo <strong>del</strong> panteismo, per questo rischia <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>care le<br />

potenzialit‡ <strong>del</strong>la sua nuova arma neutralizzando líessere, rendendolo<br />

in<strong>di</strong>fferente e con ciÚ riducendo la <strong>di</strong>stinzione formale ai minimi termini 68 .<br />

Per <strong>Spinoza</strong>, invece, líente univoco Ë assolutamente determinato nel suo<br />

concetto, poichÈ tutto ciÚ che <strong>nella</strong> sostanza univoca si d‡ in una identit‡<br />

assoluta, esiste in atto solo come espressione molteplice.<br />

Quin<strong>di</strong>, invece che superiore in<strong>di</strong>fferenza, líunivocit‡ per <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>venta il<br />

principio immanente <strong>di</strong> uníaffermazione pura, che libera líessere non solo<br />

dallíeminenza <strong>del</strong>la negazione e dallíanalogia <strong>del</strong>líaffermazione, ma anche<br />

dalla neutralizzazione scotista.<br />

Ci sembra <strong>di</strong>fficile non vedere come Deleuze faccia <strong>del</strong>la filosofia<br />

spinoziana quella forza critica <strong>di</strong> demistificazione che trover‡ in Nietzsche il<br />

suo pi˘ inattuale compimento. Per questi due gran<strong>di</strong> autori il <strong>pensiero</strong><br />

sembra non avere tanto <strong>di</strong> mira il raggiungimento <strong>del</strong>la serenit‡ attraverso il<br />

possesso <strong>del</strong>le certezze, quanto il denunciare le bassezze <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, anzi il<br />

trasformare il <strong>pensiero</strong> stesso nellíatto pi˘ aggressivo e creativo con cui<br />

68 Ivi, p. 47.<br />

41


sottoporre la verit‡ alla sua prova mortale 69 . Questa interpretazione<br />

<strong>del</strong>euziana <strong>del</strong>la filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, in quanto demistificazione critica <strong>del</strong><br />

proprio tempo, si arricchisce <strong>di</strong> uníaltra feconda polemica, nel momento in<br />

cui <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>mostra a priori líesistenza necessaria <strong>di</strong> Dio 70 .<br />

Ancora una volta il <strong>pensiero</strong> da rovesciare per giungere alla verit‡ Ë quello<br />

<strong>di</strong> Cartesio, ma questa volta il filosofo olandese non Ë solo. Un altro illustre<br />

filosofo che, come lui, considera insufficienti le prove cartesiane<br />

<strong>del</strong>líesistenza <strong>di</strong> Dio Ë proprio Leibniz 71 .<br />

Questi si accorge subito come líinfinitamente perfetto non puÚ bastare a<br />

costituire la natura e la realt‡ <strong>di</strong> Dio, dato che una definizione in termini <strong>di</strong><br />

perfezione, che resta sempre un proprio e non una natura, rimane una<br />

definizione nominale che non ci permette <strong>di</strong> superare líambito<br />

<strong>del</strong>líarbitrario. Sia <strong>Spinoza</strong> che Leibniz sanno che per affrontare il problema<br />

<strong>del</strong>líesistenza <strong>di</strong> Dio non si puÚ partire dallíenunciato <strong>di</strong> un suo proprio.<br />

Líinfinitamente perfetto Ë, infatti, solo la modalit‡ con cui ogni attributo<br />

esprime líessenza <strong>di</strong> Dio, quin<strong>di</strong> non puÚ provarne líesistenza.<br />

Conoscere la natura <strong>di</strong> Dio vuol <strong>di</strong>re cercare <strong>di</strong> provare o <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare la<br />

ragion sufficiente <strong>del</strong>líinfinitamente perfetto, per questo <strong>Spinoza</strong> non<br />

incomincia dallíidea <strong>di</strong> Dio, bensÏ dalla <strong>di</strong>mostrazione <strong>del</strong>líirriducibilit‡<br />

degli attributi. Se gli attributi non sono limitati nÈ da se stessi, nÈ da<br />

qualsiasi altra sostanza, vuol <strong>di</strong>re che non hanno nulla <strong>di</strong> imperfetto e sono<br />

69<br />

Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong> ruolo demistificatore <strong>del</strong>la filosofia nietzschiana si veda, G. Deleuze,<br />

Nietzsche e la filosofia, cit., pp. 154-165.<br />

70<br />

<strong>Spinoza</strong>, al contrario <strong>di</strong> Cartesio, che basa le sue prove sullíinfinitamente perfetto, Ë convinto che<br />

bisogna prima <strong>di</strong> tutto <strong>di</strong>mostrare a priori che líassolutamente infinito esiste necessariamente, altrimenti<br />

non si potrebbe <strong>di</strong>re <strong>del</strong>la sostanza che Ë infinitamente perfetta. Tramite le sei definizioni con cui si apre<br />

líEtica si <strong>di</strong>mostra che la sostanza deve esistere necessariamente, altrimenti non sarebbe sostanza. Resta,<br />

perÚ, da <strong>di</strong>mostrare che líassolutamente infinito sia la ragion sufficiente <strong>del</strong>líinfinitamente perfetto. Questa<br />

<strong>di</strong>mostrazione avviene in due momenti: nelle prime otto proposizioni si <strong>di</strong>mostra che, essendo la<br />

<strong>di</strong>stinzione numerica non reale, gli attributi sono realmente <strong>di</strong>stinti e infinitamente perfetti. Nelle<br />

proposizioni nove e <strong>di</strong>eci si <strong>di</strong>mostra che, essendo la <strong>di</strong>stinzione reale non numerica, gli attributi <strong>di</strong>stinti<br />

formano una sola e unica sostanza; quin<strong>di</strong> la proposizione un<strong>di</strong>ci puÚ tranquillamente affermare che<br />

líassolutamente infinito esiste necessariamente (Ë vero che anche <strong>Spinoza</strong> Ë partito dallíinfinitamente<br />

perfetto, ma questo resta subor<strong>di</strong>nato alla posizione preliminare <strong>del</strong>líassolutamente infinito). G. Deleuze,<br />

<strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., pp. 55-57; Cfr. B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. I, prop. I-XI, trad. it.,<br />

Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., pp.88-94.<br />

71<br />

G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 54.<br />

42


pertanto illimitati. Questo fa si che nessun attributo sia in contrad<strong>di</strong>zione<br />

con líaltro, nessuno puÚ negare líaltro, sicchÈ, essendo <strong>di</strong>versi ma non<br />

contrari e soprattutto <strong>di</strong>stinti formalmente, sono la con<strong>di</strong>zione positiva <strong>del</strong>la<br />

non-impossibilit‡ <strong>di</strong> uníunica sostanza che li contiene tutti.<br />

Tuttavia, Leibniz non puÚ seguire <strong>Spinoza</strong> in questa logica<br />

<strong>del</strong>líaffermazione pura. Egli come Scoto ha un obiettivo ancora<br />

profondamente teologico: negare la necessit‡ assoluta al mondo per far<br />

trionfare una concezione finalistica <strong>di</strong> eminenza. Per questo critica la<br />

definizione 6 72 <strong>del</strong>la prima parte <strong>del</strong>líEtica, considerandola incapace <strong>di</strong><br />

mostrare líequivalenza tra i termini <strong>di</strong> ìassolutamente infinitoî e ìconsta <strong>di</strong><br />

infiniti attributiî 73 . Per Leibniz le forme sono i primi possibili <strong>del</strong>líintelletto<br />

<strong>di</strong>vino <strong>di</strong> cui conosciamo la compatibilit‡, ma ne ignoriamo la natura.<br />

<strong>Spinoza</strong>, invece, non ha bisogno <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere alcuna concezione finalistica o<br />

creazionista, ciÚ che conta per lui non Ë la salvaguar<strong>di</strong>a <strong>del</strong> ìperfettoî nÈ <strong>del</strong><br />

ìnecessarioî, quanto la concezione <strong>di</strong> una natura che afferma la propria<br />

espressivit‡ nellíassoluto.<br />

» come se nel mondo spinoziano vi fossero due piani che si equivalgono<br />

ontologicamente, quello <strong>di</strong>vino <strong>del</strong>líunit‡ <strong>del</strong> <strong>di</strong>verso (una sostanza che<br />

consta <strong>di</strong> infiniti attributi) e quello formale <strong>del</strong>le <strong>di</strong>versit‡ in atto (infiniti<br />

attributi che si riferiscono ad uníunica sostanza). CiÚ che permette líunione<br />

<strong>di</strong> questi due concetti Ë la <strong>di</strong>stinzione reale non numerica, <strong>di</strong>stinzione non<br />

pi˘ ai minimi termini come in Scoto, bensÏ <strong>di</strong>stinzione per eccellenza, che Ë<br />

anche la con<strong>di</strong>zione per concepire gli attributi non soltanto come<br />

manifestazioni riflessive <strong>di</strong> Dio, ma soprattutto come elementi genetici <strong>del</strong>la<br />

sua costituzione in atto.<br />

72 ì Per Dio intendo líente assolutamente infinito, ossia la sostanza che consta <strong>di</strong> infiniti attributi, ciascuno<br />

dei quali esprime uníeterna e infinita essenza.î B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. I, def. VI; trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata<br />

con metodo geometrico, cit., p. 87.<br />

73 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 58.<br />

43


Come abbiamo potuto vedere sin qui, sembra proprio che per Deleuze lo<br />

spirito anticartesiano animi e orienti líintera prima parte <strong>del</strong>líEtica, parte in<br />

cui <strong>Spinoza</strong> affronta il problema <strong>del</strong>líesistenza <strong>di</strong> Dio da un punto <strong>di</strong> vista<br />

che possiamo definire materialista, cioË immune da qualsiasi concezione<br />

misticheggiante o creazionista <strong>del</strong>la sostanza.<br />

Dopo aver conferito alla <strong>di</strong>stinzione formale scotista lo statuto <strong>di</strong> unica e<br />

sola <strong>di</strong>stinzione reale applicabile alla sostanza, e dopo aver fatto<br />

<strong>del</strong>líuguaglianza <strong>del</strong>le forme la con<strong>di</strong>zione <strong>del</strong>la possibilit‡ <strong>del</strong>líesistenza<br />

<strong>del</strong>líassoluto, <strong>Spinoza</strong> rafforza il suo materialismo immanentista attribuendo<br />

alla potenza il doppio ruolo <strong>di</strong> elemento costitutivo <strong>del</strong>líesistenza, nonchÈ<br />

essenza stessa <strong>del</strong> finito 74 .<br />

Come ci ricorda Deleuze 75 , <strong>Spinoza</strong> nel Trattato politico 76 d‡ una<br />

<strong>di</strong>mostrazione <strong>del</strong>líesistenza <strong>di</strong> Dio che ci sembra cogliere in pieno questa<br />

nuova prospettiva ontologica: ìPer esistere un ente ha bisogno <strong>del</strong>la potenza<br />

<strong>di</strong> un ente in grado <strong>di</strong> conservare se stesso e <strong>di</strong> esistere da se stessoî.<br />

Da questa <strong>di</strong>mostrazione si evince non solo che gli attributi svolgono il<br />

ruolo <strong>di</strong>namico <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni comuni alla sostanza come ai mo<strong>di</strong> in base alle<br />

quali si attribuisce la potenza <strong>di</strong> esistere e <strong>di</strong> agire, ma soprattutto che<br />

líintenzione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë sempre stata quella <strong>di</strong> conferire <strong>di</strong>gnit‡ positiva a<br />

tutte le creature in quanto gra<strong>di</strong> espressivi <strong>di</strong> uníunica e infinita potenza <strong>di</strong><br />

esistere. Far coincidere la potenza con líesistenza e líessenza <strong>del</strong> finito vuol<br />

<strong>di</strong>re fare <strong>del</strong>la necessit‡, un tempo esclusiva <strong>del</strong>la sola sostanza <strong>di</strong>vina, la<br />

modalit‡ ontologica <strong>di</strong> tutti gli enti finiti.<br />

» vero che líente Ë potenza solo in quanto parte <strong>di</strong> un tutto 77 , solo in quanto<br />

modo contenuto negli attributi <strong>di</strong> Dio, ma questo non coincide pi˘ con la<br />

74 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P.IV, prop. IV, <strong>di</strong>m., trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p. 237.<br />

75 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 70.<br />

76 B. <strong>Spinoza</strong>,Tractatus politicus,cap. 2,2-3; trad it., Trattato politico, a cura <strong>di</strong> L. Pezzullo, Roma-Bari,<br />

Laterza, 1991, p. 8.<br />

77 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P.IV, prop. IV, <strong>di</strong>m., trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p.237<br />

44


estaurazione <strong>di</strong> un qualche tipo <strong>di</strong> eminenza, bensÏ con líaffermazione<br />

<strong>del</strong>líassoluta irriducibilit‡ ontologica <strong>del</strong>líente 78 .<br />

Líesistenza possibile (non intesa come possibilit‡, ma in quanto potenza<br />

sempre in atto) 79 , coincidendo con líessenza, non Ë nientíaltro che la<br />

necessaria esplicazione, attraverso gli attributi, <strong>del</strong>líessenza stessa <strong>di</strong> Dio.<br />

Ogni essenza finita mantiene la sua <strong>di</strong>stinzione irriducibile non solo da<br />

qualsiasi altra essenza finita, ma anche da Dio stesso, pur restando sempre<br />

una parte o, meglio, un grado, finito ma espressivo, <strong>del</strong>líassoluta potenza <strong>di</strong><br />

esistere.<br />

Certo va aggiunto che la potenza si accompagna sempre ad una capacit‡ <strong>di</strong><br />

essere affetti, che <strong>nella</strong> sostanza Ë colmata solo da affezioni attive, mentre<br />

nei mo<strong>di</strong> anche da quelle passive. Ma non <strong>di</strong>mentichiamoci che pur<br />

essendoci passivit‡ nel mondo, la potenza Ë sempre in atto, cosÏ come la<br />

capacit‡ <strong>di</strong> essere affetti Ë sempre colmata in ogni istante.<br />

Nel concludere la prima parte <strong>del</strong> suo libro de<strong>di</strong>cato al filosofo olandese,<br />

Deleuze ci lascia un interessante interpretazione tria<strong>di</strong>ca 80 <strong>del</strong>la prima parte<br />

<strong>del</strong>líEtica. Riassumendo, possiamo <strong>di</strong>re che per Deleuze il primo elemento<br />

<strong>di</strong> questa triade Ë la sostanza, una totalit‡ univoca che si esplica in<br />

uníinfinit‡ <strong>di</strong> forme che si equivalgono senza limitarsi. Il secondo elemento<br />

completa il primo ed Ë líassoluto, natura che vale univocamente per tutte le<br />

78 ìLa potenza,con la quale le cose singolari, e per conseguenza líuomo, conservano il proprio essere, Ë la<br />

stessa potenza <strong>di</strong> Dio, ossia <strong>del</strong>la Natura, non in quanto Ë infinita, ma in quanto puÚ esplicarsi me<strong>di</strong>ante<br />

líattuale essenza umana.î Ibidem..<br />

79 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 68.<br />

80 In realt‡, Deleuze parla <strong>di</strong> tre tria<strong>di</strong> <strong>del</strong>la sostanza presenti <strong>nella</strong> prima parte <strong>del</strong>líEtica, la prima Ë:<br />

attributo-essenza-sostanza. Questa si fonda su due argomenti, uno polemico: la <strong>di</strong>stinzione reale non Ë<br />

numerica; líaltro positivo: la <strong>di</strong>stinzione reale Ë una <strong>di</strong>stinzione formale. La seconda triade, che si ha nel<br />

passaggio dallíinfinitamente perfetto allíassolutamente infinito, Ë la seguente: perfetto-infinito-assoluto.<br />

Líargomento polemico <strong>di</strong> questa triade Ë: i propri non costituiscono una natura. Quello positivo: <strong>nella</strong><br />

natura tutto Ë perfetto. Líultima triade Ë: essenza <strong>del</strong>la sostanza come potenza assolutamente infinita <strong>di</strong><br />

esistere; la sostanza come ente esistente per sÈ; la capacit‡ <strong>di</strong> essere affetti in infiniti mo<strong>di</strong>. Si Ë preferito<br />

sintetizzare le tre tria<strong>di</strong> in una sola, poichÈ la sostanza, líassoluto e la potenza sono in realt‡ i soli e<br />

autentici elementi <strong>di</strong>namici su cui si regge tutta la struttura ontologica elaborata <strong>nella</strong> prima parte<br />

<strong>del</strong>líEtica, Ivi, pp. 61-62.<br />

45


sue forme. Líultimo elemento Ë chiaramente la potenza, sostanza in quanto<br />

necessit‡ <strong>di</strong> produrre infinite cose.<br />

Come abbiamo visto, questa coincide con líessenza stessa <strong>del</strong>la vita e <strong>di</strong><br />

tutte le creature, le quali esprimono le variazioni graduali <strong>di</strong> una potenza<br />

infinita <strong>di</strong> esistere e <strong>di</strong> una capacit‡ <strong>di</strong> essere affetti in infiniti mo<strong>di</strong>.<br />

Sostanza, assoluto e potenza, in realt‡, non potrebbero sorreggere il peso <strong>di</strong><br />

questa affascinante visione filosofica <strong>del</strong>líessere, se non fossero accomunate<br />

dallíelemento forse pi˘ importante <strong>del</strong>la stessa triade, e che, tra líaltro, ne Ë<br />

il principio fondante: líespressione 81 .<br />

81 Ivi, p. 74.<br />

46


4. La teoria <strong>del</strong>líespressione: dalla rappresentazione cartesiana<br />

allíespressionismo <strong>del</strong>la potenza.<br />

La potenza espressiva <strong>di</strong> una filosofia risiede non solo <strong>nella</strong> capacit‡ <strong>di</strong><br />

creare concetti, ma soprattutto nel fare in modo che questi continuino a<br />

colorare forze e passioni dei tempi a venire, in modo che líessenza<br />

racchiusa in essi passi attraverso le gioie pratiche e le affermazioni<br />

speculative degli autori che verranno.<br />

La filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë entrata in un rapporto <strong>di</strong> risonanza con quella <strong>di</strong><br />

Leibniz nel momento in cui il suo filosofare Ë <strong>di</strong>venuto lo sviluppo<br />

espressivo <strong>di</strong> uno dei concetti filosofici pi˘ importanti per líintera storia<br />

<strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> occidentale: líespressione.<br />

CiÚ che unisce in profon<strong>di</strong>t‡ il loro comune percorso filosofico Ë, senza<br />

dubbio, líaver impostato lo sviluppo <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> espressione sulla<br />

reazione anticartesiana, in modo tale da trasformare líespressione stessa<br />

nello strumento <strong>di</strong> liberazione <strong>del</strong>la Natura e <strong>del</strong>la sua potenza.<br />

Líespressionismo <strong>di</strong> certo non Ë nato grazie a questi due filosofi, ma si Ë<br />

inserito <strong>nella</strong> grande tra<strong>di</strong>zione teologica me<strong>di</strong>evale 82 come la con<strong>di</strong>zione<br />

in base alla quale líimmanenza poteva definitivamente emanciparsi dai<br />

concetti <strong>di</strong> eminenza e <strong>di</strong> creazione, <strong>di</strong>venendo cosÏ líautentico pericolo<br />

filosofico messo al servizio <strong>di</strong> una vita ormai stanca <strong>di</strong> essere svalutata<br />

dalla trascendenza.<br />

Ma perchÈ attaccare Cartesio?<br />

82 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> espressionismo in filosofia si veda, G. Deleuze, La teoria<br />

<strong>del</strong>líespressione in Leibniz e <strong>Spinoza</strong> in <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., pp. 253-263.<br />

47


Se non si chiarisce líintimo legame che unisce líespressionismo con la<br />

reazione anticartesiana 83 non si puÚ cogliere la portata eversiva <strong>di</strong> questo<br />

nuovo materialismo o, meglio, dei due volti <strong>di</strong> questo nuovo e potente<br />

naturalismo. Fare <strong>del</strong>líespressione la ra<strong>di</strong>ce comune <strong>del</strong>le tre<br />

determinazioni fondamentali <strong>del</strong>la vita (essere, conoscere, agire) coincide<br />

con la volont‡ <strong>di</strong> ricercare una ragion sufficiente che superi e al tempo<br />

stesso sorregga in profon<strong>di</strong>t‡ il meccanicismo <strong>del</strong>la Natura.<br />

La scienza cartesiana, agli occhi <strong>di</strong> questo nuovo formalismo, era<br />

colpevole <strong>di</strong> aver ridotto la potenza <strong>del</strong>la Natura ad una semplice virtualit‡,<br />

ovvero ad un possibile costretto dalla sua contingenza ad attendere<br />

uníanima o un Dio per essere conosciuto e realizzato. Appiattendo la vita<br />

sulle leggi meccaniche, ha impe<strong>di</strong>to, inoltre, alle forze <strong>del</strong>la Natura <strong>di</strong><br />

partecipare allíassoluta potenza <strong>di</strong>vina. Se, invece, ogni movimento <strong>del</strong>la<br />

Natura, da quello meccanico <strong>del</strong>líesistenza a quello logico <strong>del</strong> conoscere,<br />

coincidesse con una specie univoca <strong>del</strong>líespressione, allora la Natura intera<br />

riscoprirebbe, sotto tutte le sue parti, uníintima essenza pi˘ profonda <strong>di</strong><br />

qualsiasi quantit‡ <strong>di</strong> realt‡, pi˘ espressiva <strong>di</strong> qualsiasi logica<br />

rappresentativa, pi˘ potente <strong>di</strong> qualsiasi legge meccanica.<br />

Questa Natura espressiva non Ë altro che líamore anticartesiano con cui<br />

<strong>Spinoza</strong> tenta <strong>di</strong> ri<strong>di</strong>pingere il cosmo <strong>di</strong> gioia e potenza.<br />

Per <strong>Spinoza</strong> líelemento primario su cui fondare la reazione anticartesiana<br />

Ë, senza dubbio, il concetto <strong>del</strong> parallelismo. Deleuze nÈ Ë consapevole al<br />

punto da de<strong>di</strong>care a questo tema líintera seconda parte <strong>del</strong> suo saggio 84 .<br />

Per il filosofo olandese la natura <strong>di</strong> Dio, la sua vita Ë uno svilupparsi<br />

attraverso le espressioni molteplici <strong>del</strong>la sua essenza formale.<br />

Dio Ë espressivo nellíintimit‡ <strong>del</strong>la sua costituzione, cioË Ë parte integrante<br />

<strong>del</strong>la sua natura esprimere se stesso <strong>nella</strong> molteplicit‡ formale degli<br />

attributi. Ma guai a credere che Dio sia una struttura gi‡ data che si riflette<br />

83 Ivi, p. 178.<br />

84 G. Deleuze, Il parallelismo e líimmanenza in <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., pp. 77-146.<br />

48


accidentalmente o, peggio, una virtualit‡ che necessita degli attributi per<br />

esplicarsi, si perderebbe cosÏ il valore fondante <strong>del</strong>líunivocit‡. La sua<br />

essenza Ë gi‡ costituita dalle sue espressioni ancora prima che queste la<br />

riflettano affinchÈ un intelletto-occhio la possa comprendere.<br />

Tuttavia, gli attributi si esprimono a loro volta nei mo<strong>di</strong>. Líespressione,<br />

cioË, passa da un livello formale-ontologico a uno modale-produttivo.<br />

Ma se Dio non ha bisogno <strong>di</strong> nessun mondo per esprimersi, perchÈ questo<br />

secondo livello díespressione?<br />

La risposta <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë inscritta nel parallelismo, questo viene espresso in<br />

due famosi argomenti 85 : 1) Dio non si esprime <strong>nella</strong> sua essenza formale<br />

attraverso gli attributi senza che prima non si intenda come idea oggettiva,<br />

cioË senza dedurre le propriet‡ logiche (mo<strong>di</strong>) che derivano dalla sua<br />

necessit‡, cosÏ come egli la intende; 2) Dio produce le sue affezioni fisiche<br />

(mo<strong>di</strong>) cosÏ come esiste, cioË in quanto causa <strong>di</strong> sÈ Ë anche causa dei mo<strong>di</strong>.<br />

La potenza assoluta <strong>di</strong>vina possiede una capacit‡ <strong>di</strong> essere affetta che Ë<br />

colmata solo da affezioni attive, in quanto non potrebbe avere cause<br />

esterne a sÈ, quin<strong>di</strong> Dio produce attivamente per la sola necessit‡ <strong>del</strong>le<br />

leggi <strong>del</strong>la sua natura. Ma tutto ciÚ che produce non esiste al <strong>di</strong> fuori degli<br />

attributi, cioË <strong>del</strong>le espressioni attraverso cui sviluppa la sua essenza e<br />

produce le sue mo<strong>di</strong>ficazioni.<br />

Il parallelismo espressivo, quin<strong>di</strong>, si fonda su <strong>di</strong> una doppia univocit‡ 86 :<br />

<strong>del</strong>le cause (Dio Ë causa <strong>di</strong> sÈ <strong>nella</strong> stessa maniera in cui Ë causa dei mo<strong>di</strong>)<br />

e degli attributi (gli stessi attributi costituiscono líessenza <strong>di</strong> Dio e<br />

complicano le essenze dei mo<strong>di</strong>). Questo non puÚ che coincidere con un<br />

punto <strong>di</strong> vista avverso a qualsiasi concetto <strong>di</strong> Dio inteso come giu<strong>di</strong>ce<br />

sovrano o creatore remoto. Il mondo non Ë il prodotto finale <strong>di</strong> una volont‡<br />

85 Ivi, pp. 78-81.<br />

86 Ivi, p. 80.<br />

49


<strong>di</strong>vina 87 che <strong>di</strong>stribuisce e or<strong>di</strong>na per propria scelta, ma Ë la ri-espressione<br />

ad un secondo livello <strong>di</strong> una sostanza univoca che coincide con le leggi<br />

espressive <strong>del</strong>la Natura.<br />

Per Leibniz, come per <strong>Spinoza</strong>, il parallelismo 88 rappresenta uníidentit‡ <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne o una corrispondenza nel finito (in particolare tra le mona<strong>di</strong> per il<br />

primo, tra i mo<strong>di</strong> per il secondo) che esclude ogni rapporto <strong>di</strong> causalit‡<br />

reale. Ma a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> Leibniz, per <strong>Spinoza</strong> parallelismo non vuol <strong>di</strong>re<br />

solo corrispondenza, bensÏ anche uguaglianza <strong>di</strong> principio e soprattutto<br />

unit‡ ontologica. Questo significa che i mo<strong>di</strong> hanno lo stesso essere, cioË<br />

sono le stesse cose che implicano gli stessi attributi che a loro volta<br />

costituiscono líessenza <strong>del</strong>la sostanza univoca.<br />

Il parallelismo sembra essere líarma rivoluzionaria con cui <strong>Spinoza</strong> nega<br />

ogni forma <strong>di</strong> trascendenza ed eminenza, ma soprattutto lo strumento<br />

sovversivo che porta con sÈ il pericolo <strong>del</strong> panteismo e <strong>del</strong>líimmanenza.<br />

Tuttavia, Deleuze ci mostra come <strong>nella</strong> proposizione 7 <strong>del</strong>la seconda parte<br />

<strong>del</strong>líEtica 89 viene espresso un parallelismo epistemologico che sembra<br />

contrad<strong>di</strong>re líesigenza <strong>di</strong> uguaglianza <strong>del</strong> parallelismo ontologico.<br />

Líor<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> corrispondenze non Ë pi˘ tra i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> attributi <strong>di</strong>versi, che<br />

perÚ esprimono comunque uníunica mo<strong>di</strong>ficazione <strong>del</strong>la sostanza, ma tra<br />

un modo <strong>di</strong> un certo attributo e líidea che rappresenta questo modo.<br />

Se dal punto <strong>di</strong> vista ontologico-formale gli attributi sono tutti uguali, cioË<br />

esprimono la stessa potenza <strong>di</strong> esistere e <strong>di</strong> agire senza colmarla mai <strong>del</strong><br />

tutto, dal punto <strong>di</strong> vista oggettivo líattributo <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> Ë líunica<br />

con<strong>di</strong>zione espressiva <strong>del</strong>la potenza <strong>di</strong> pensare, líunica che puÚ colmare<br />

tale potenza. Questo paradosso Ë facilmente superabile se si tiene conto<br />

87 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong>la concezione critica spinoziana nei confronti <strong>del</strong>la dottrina finalistica si<br />

veda K. Lˆwith, <strong>Spinoza</strong>. Deus sive Natura, Roma, Donzelli, 1999.<br />

88 In realt‡ Deleuze ci tiene a chiarire che il termine parallelismo non Ë <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, bensÏ <strong>di</strong> Leibniz, il<br />

quale lo usa per in<strong>di</strong>care la corrispondenza tra serie autonome e in<strong>di</strong>pendenti, i cui principi sono<br />

singolarmente <strong>di</strong>seguali. Per <strong>Spinoza</strong>, invece, líidentit‡ <strong>di</strong> connessione coincide con líisonomia, cioË con<br />

uníuguaglianza <strong>di</strong> principio tra serie autonome. G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit.,<br />

p. 84.<br />

89 Ivi, p. 88.<br />

50


che il parallelismo ontologico si fonda sullíuguaglianza degli attributi,<br />

mentre il parallelismo epistemologico sullíuguaglianza <strong>del</strong>le potenze.<br />

La potenza <strong>di</strong> esistere e <strong>di</strong> agire, che Ë espressa da tutti gli attributi, Ë solo<br />

la met‡ <strong>del</strong>líessenza <strong>di</strong> Dio, líaltra Ë costituita dalla potenza <strong>di</strong> pensare, che<br />

Ë <strong>del</strong> tutto uguale alla prima. Quin<strong>di</strong>, Ë solo rispetto a questíaltra potenza<br />

che líattributo acquista un privilegio rispetto agli altri, ma bisogna tener<br />

sempre presente che líessenza formale espressa dagli attributi e quella<br />

oggettiva rappresentata dallíidea non sono che due potenze esprimenti<br />

uníunica essenza. Questo non contrad<strong>di</strong>ce, ma anzi conferma pienamente<br />

il parallelismo ontologico.<br />

Deleuze vuole farci notare come la grandezza <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> spinoziano<br />

consista nellíestendere líunivocit‡, líimmanenza e líespressione a tutte le<br />

determinazioni che costituiscono la vita, tanto da trasformarla in uníunica<br />

forza espressiva che si conosce riflettendosi, e non ricevendo<br />

uníilluminazione dallíalto, e agisce riproducendosi, e non realizzando la<br />

sua essenza secondo líor<strong>di</strong>ne dei fini. Le idee, le cose e le nostre azioni<br />

non esprimono che un unico essere che si esplica tramite due potenze.<br />

Questa Ë la vera scommessa o ,meglio, il rischio che <strong>Spinoza</strong> accetta come<br />

ra<strong>di</strong>ce profonda <strong>del</strong>la sua teoria univoca <strong>del</strong>líespressione.<br />

Abbiamo detto che per Deleuze <strong>Spinoza</strong> Ë il filosofo che per primo<br />

afferma líespressione, ma questo concetto ha una storia che Ë incominciata<br />

molto prima <strong>del</strong>la filosofia spinoziana, infatti affonda le sue ra<strong>di</strong>ci nello<br />

sviluppo che, durante il Me<strong>di</strong>oevo e il Rinascimento, il neoplatonismo ha<br />

ìsubitoî ad opera <strong>del</strong> cristianesimo e <strong>del</strong>líebraismo.<br />

Abbiamo aggiunto anche che líespressionismo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë intimamente<br />

legato a quello <strong>di</strong> Leibniz, poichÈ il concetto <strong>di</strong> espressione anima con la<br />

stessa intensit‡ le loro teorie <strong>di</strong> Dio, <strong>del</strong>le creature e <strong>del</strong>la conoscenza, pur,<br />

come vedremo, con le dovute <strong>di</strong>fferenze. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> capire come si<br />

51


inseriscono <strong>nella</strong> tra<strong>di</strong>zione espressionista e qual Ë il ruolo che avranno per<br />

lo sviluppo e líevoluzione <strong>di</strong> questa storia.<br />

Anche la risposta a questo quesito Ë stata accennata in precedenza, e cioË il<br />

loro comune modo <strong>di</strong> usare líespressione come reazione anticartesiana.<br />

<strong>Spinoza</strong> e Leibniz si servono <strong>del</strong>la teoria <strong>del</strong>líespressione per superare i<br />

limiti e le <strong>di</strong>fficolt‡ <strong>del</strong> cartesianesimo 90 , anche se i loro risultati saranno<br />

completamente opposti.<br />

In precedenza abbiamo affrontato il modo in cui Leibniz e <strong>Spinoza</strong><br />

criticavano la prova ontologica cartesiana. Questa, infatti, era troppo<br />

superficiale, cioË si lasciava sfuggire líessenza o la natura <strong>di</strong> Dio per<br />

limitarsi alla descrizione <strong>di</strong> un suo proprio, che in quanto tale Ë totalmente<br />

inespressivo. Per <strong>di</strong>mostrare líesistenza <strong>di</strong> Dio bisogna coglierne la natura<br />

al <strong>di</strong> l‡ <strong>del</strong>le sue propriet‡, in particolare per <strong>Spinoza</strong> bisogna <strong>di</strong>mostrarne<br />

il suo essere costituito da infinite forme espressive. Adesso, perÚ,<br />

dobbiamo affrontare gli attacchi che líespressione rivolge al<br />

cartesianesimo dal punto <strong>di</strong> vista epistemologico.<br />

Per Deleuze la filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë una logica il cui metodo ha per<br />

oggetto la Natura e le sue leggi 91 . Questo metodo ha come fine la forma<br />

vera <strong>del</strong>líidea, ovvero líidea riflessa (idea <strong>del</strong>líidea) in quanto espressione<br />

<strong>di</strong> una parte <strong>del</strong>la potenza assoluta <strong>di</strong> pensare. Insomma il fine <strong>del</strong> metodo<br />

non consiste nel conoscere qualcosa, ma nel conoscere, tramite le idee, la<br />

nostra stessa potenza <strong>di</strong> pensare. Ma il mezzo per raggiungere questa<br />

conoscenza riflessa, che consiste nellíavere idee esprimenti <strong>di</strong>rettamente la<br />

nostra potenza <strong>di</strong> conoscere, Ë il contenuto materiale <strong>del</strong>líidea vera, ossia<br />

líidea adeguata in quanto espressione <strong>del</strong>la sua causa prossima.<br />

Líidea chiara e <strong>di</strong>stinta <strong>di</strong> Cartesio, invece, non coglie affatto il contenuto<br />

materiale, bensÏ solo quello oggettivo, cioË fonda la definizione <strong>di</strong> verit‡<br />

sulla corrispondenza tra idea e oggetto, corrispondenza che Ë affatto<br />

90 Ivi, p. 12.<br />

91 Ivi, p. 101.<br />

52


inespressiva. Ma non coglie neanche la forma logica <strong>del</strong>líidea, cioË il suo<br />

essere una riflessione espressiva <strong>del</strong>la nostra potenza, bensÏ solo quella<br />

<strong>del</strong>la coscienza psicologica <strong>del</strong>líidea, la quale non puÚ che basarsi su <strong>di</strong><br />

una definizione estrinseca e nominale. Líidea adeguata, invece, esprime<br />

líidentit‡ tra contenuto materiale e forma logica, Ë líespressione <strong>del</strong>la<br />

convenienza tra líidea e ciÚ che esprime, e non la corrispondenza<br />

rappresentativa tra idea e oggetto.<br />

La mente non Ë pi˘ il luogo <strong>di</strong> produzione <strong>del</strong>líidea, ma Ë uníautoma<br />

spirituale 92 , cioË coincide con le idee stesse che si esprimono in essa. Nel<br />

momento in cui conosce il contenuto <strong>del</strong>le sue idee le riflette <strong>nella</strong> loro<br />

forma in quanto espressioni <strong>del</strong>la sua potenza.<br />

Siamo <strong>di</strong> fronte allíopposizione tra due meto<strong>di</strong> logici completamente<br />

antagonisti 93 , líuno cartesiano, analitico e regressivo, líaltro spinoziano,<br />

riflessivo e sintetico. Líanalisi cartesiana poggia sulla sufficienza <strong>del</strong>líidea<br />

chiara e <strong>di</strong>stinta. Questa, perÚ, Ë segno, immagine in<strong>di</strong>cativa, ovvero<br />

esprime solo líimpronta, la traccia o líeffetto <strong>di</strong> un corpo esterno sul<br />

nostro. Tramite questa idea noi conosciamo soltanto la con<strong>di</strong>zione<br />

momentanea <strong>del</strong>la nostra costituzione, <strong>del</strong> nostro essere affetti, e al tempo<br />

stesso <strong>del</strong>líoggetto ne conosciamo solo il suo effetto su <strong>di</strong> noi.<br />

Tuttavia, per Cartesio questa conoscenza <strong>del</strong>líeffetto Ë sufficiente a<br />

portarci verso la conoscenza <strong>del</strong>la sua causa, dato che, secondo la sua<br />

logica, un effetto presuppone sempre una conoscenza, anche se<br />

inizialmente confusa, <strong>del</strong>la propria causa (inferenza o implicazione).<br />

Il metodo spinoziano, invece, parte dalla constatazione che nessuna idea<br />

chiara e <strong>di</strong>stinta puÚ farci passare in modo sod<strong>di</strong>sfacente dalla conoscenza<br />

<strong>del</strong>líeffetto alla conoscenza <strong>del</strong>la causa, poichÈ in questo modo non<br />

riusciremmo ad andare al <strong>di</strong> l‡ <strong>di</strong> quello che consideriamo nellíeffetto, ma<br />

92 Ivi, p. 110.<br />

93 Il Trattato sullíemandazione <strong>del</strong>líintelletto Ë incentrato proprio sulla critica <strong>del</strong> metodo cartesiano <strong>di</strong><br />

implicazione o inferenza, per questo <strong>Spinoza</strong> si serve <strong>di</strong> Aristotele contro Cartesio o, meglio, <strong>del</strong>la<br />

conoscenza <strong>del</strong>la causa contro quella <strong>del</strong>líeffetto. Ivi, p. 123.<br />

53


esprimeremmo la causa solo in termini generici ed estrinseci. Riprendendo<br />

Aristotele, <strong>Spinoza</strong> afferma che non dobbiamo limitarci a conoscere la<br />

causa partendo dallíeffetto, ma determinare la causa come ragion<br />

sufficiente <strong>di</strong> tutte le propriet‡ che líeffetto possiede.<br />

Per <strong>Spinoza</strong>, come per Leibniz, la conoscenza chiara e <strong>di</strong>stinta Ë una<br />

conoscenza inadeguata, inespressiva, cioË puÚ solo in<strong>di</strong>carci il segno che<br />

le cose lasciano in noi, in questo modo avremo idea che nÈ potranno<br />

esprimere la loro causa, nÈ si esprimeranno per mezzo <strong>del</strong>la loro potenza.<br />

Cartesio Ë colpevole <strong>di</strong> essersi limitato al contenuto rappresentativo<br />

<strong>del</strong>líidea, non ha colto quellíidentit‡ espressiva <strong>di</strong> contenuto e forma<br />

grazie alla quale ogni idea Ë concatenata allíaltra in modo tale da<br />

riprodurre líor<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>la realt‡. Insomma, se avesse fatto <strong>del</strong>líespressione<br />

il fondamento <strong>del</strong>la rappresentazione avrebbe visto come la produzione<br />

<strong>del</strong>le idee non Ë altro che la riproduzione <strong>del</strong>le cose naturali.<br />

Tuttavia, <strong>Spinoza</strong> sa bene che durante la nostra esistenza non abbiamo che<br />

idee <strong>di</strong> affezioni, idee inadeguate, in quanto siamo sempre influenzati dagli<br />

incontri con gli oggetti esterni. Ma Ë pur vero che <strong>Spinoza</strong> scorge qualcosa<br />

<strong>di</strong> positivo in questa nostra conoscenza inespressiva.<br />

Dopo tutto, anche se incapace <strong>di</strong> esplicare la sua causa, un effetto implica<br />

sempre la nostra potenza <strong>di</strong> pensare, pur non spiegandosi tramite essa.<br />

Sfruttando questa positivit‡ possiamo trasformare le idee chiare e <strong>di</strong>stinte,<br />

che implicano ma non esplicano la loro causa, in nozioni comuni, cioË in<br />

idee adeguate che esprimono la loro causa e si spiegano per mezzo <strong>del</strong>la<br />

nostra potenza.<br />

Quin<strong>di</strong>, il metodo sintetico spinoziano parte sÏ in modo pseudo-regressivo,<br />

ovvero da uníipotesi 94 , da uníidea chiara e <strong>di</strong>stinta, questa, perÚ, serve<br />

94 <strong>Spinoza</strong> sa che non si puÚ partire dallíidea <strong>di</strong> Dio, cioË dallíidea che ci mostra come la produzione<br />

<strong>del</strong>líidee corrisponde alla riproduzione <strong>del</strong>le cose naturali, ma dobbiamo partire da uníipotesi, cioË da<br />

una finzione. Questo vuol <strong>di</strong>re che possiamo ricorrere ad una causa fittizia, cioË a qualcosa che non<br />

riscontriamo <strong>nella</strong> natura, per giungere allíidea <strong>di</strong> Dio, allíidea <strong>del</strong>líEnte perfetto, in quanto fonte <strong>di</strong> tutte<br />

le cose <strong>del</strong>la Natura. Una volta giunti allíidea <strong>di</strong> Dio, tutte le idee si mostrano nel loro concatenamento.<br />

54


soltanto per evidenziare ciÚ che <strong>di</strong> positivo vi Ë in uníidea inadeguata.<br />

Occorre comunque andare al <strong>di</strong> l‡ <strong>di</strong> essa per poter giungere allíidea che<br />

contiene la propria ragione.<br />

Una volta giunti allíidea adeguata il metodo spinoziano <strong>di</strong>venta riflessivo,<br />

ovvero ci permette <strong>di</strong> conoscere la nostra potenza attraverso le nozioni<br />

comuni. Come abbiamo visto, líidea riflessiva rappresenta il fine che il<br />

metodo logico spinoziano si proponeva <strong>di</strong> raggiungere, ossia conoscere il<br />

nostro <strong>pensiero</strong> <strong>nella</strong> sua forma, senza nessuna relazione con il contenuto<br />

oggettivo. Tuttavia, per raggiungerlo dobbiamo partire da uníidea chiara<br />

gi‡ data, e <strong>di</strong> conseguenza renderla adeguata.<br />

Va precisato che uníidea adeguata non puÚ esprimere la sua causa senza<br />

esprimere líidea <strong>di</strong> ciÚ che determina tale causa a produrre un tale effetto,<br />

ovvero líidea <strong>di</strong> Dio. A questo punto il metodo Ë <strong>di</strong>ventato genetico.<br />

Infatti, sempre riprendendo Aristotele, <strong>Spinoza</strong> ci <strong>di</strong>ce che la causa<br />

rappresenta líunico modo adeguato per conoscere líessenza <strong>di</strong> una cosa,<br />

cioË il principio da cui derivano tutte le propriet‡ che le appartengono.<br />

Certo il metodo aristotelico non Ë affatto esente da <strong>di</strong>fetti, anzi era lo<br />

stesso Cartesio che rimproverava lo stagirita <strong>di</strong> voler conoscere sempre e<br />

solo attraverso la causa. In questo modo finiva per astrarre un universale<br />

proporzionato dalla conoscenza confusa <strong>di</strong> un effetto. Ma <strong>Spinoza</strong> ha<br />

saputo cogliere anche questo <strong>di</strong>fetto strutturale <strong>del</strong> metodo aristotelico, per<br />

poi superarlo verso una concezione fondata sullíautomatismo <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>.<br />

Infatti, il vero errore <strong>di</strong> Aristotele consiste, come tra líaltro anche quello <strong>di</strong><br />

Cartesio, nel non aver colto líunit‡ <strong>del</strong>la causa formale e materiale, in<br />

questo modo ha trasformato la forma logica in uníastrazione universale,<br />

mentre <strong>Spinoza</strong> ce la restituisce come espressione <strong>del</strong>la nostra stessa<br />

potenza <strong>di</strong> conoscere.<br />

Questo non consente pi˘ alcuna finzione. Queste idee, infatti non sono pi˘ enti <strong>di</strong> ragione. Il principio a<br />

cui siamo giunti Ë tale da essersi liberato <strong>del</strong>líipotesi da cui siamo partiti. Ivi, p. 108.<br />

55


Quin<strong>di</strong>, se la nostra potenza non Ë che una parte, un grado intensivo <strong>di</strong><br />

quella <strong>di</strong>vina, si puÚ perfettamente capire come líidea <strong>di</strong> Dio non sia altro<br />

che la fonte materiale <strong>di</strong> tutte le idee. Queste sono concatenate líuna alle<br />

altre, poichÈ ognuna Ë causa materiale <strong>del</strong>líaltra e tutte sono deducibili sia<br />

materialmente a partire dallíidea <strong>di</strong> Dio, líEnte che Ë causa <strong>di</strong> tutte le cose<br />

cosÏ come lo Ë <strong>di</strong> tutte le nostre idee, sia formalmente a partire dalla<br />

potenza <strong>di</strong> pensare che noi stessi siamo.<br />

Giunti a questo punto possiamo vedere come il parallelismo<br />

epistemologico spieghi il nostro automatismo spirituale, cioË il fatto che la<br />

mente obbe<strong>di</strong>sca esclusivamente a quelle leggi <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> che<br />

determinano líunit‡ e la corrispondenza tra forma e contenuto.<br />

In questa sua ultima forma deduttiva il metodo spinoziano mostra tutta la<br />

sua capacit‡ <strong>di</strong> interagire sia con il metodo analitico cartesiano, sia con<br />

quello sintetico aristotelico, ma solo per superarli entrambi attraverso<br />

líunivocit‡ <strong>del</strong> parallelismo, in modo tale da negare le categorie <strong>di</strong><br />

equivocit‡, eminenza e analogia che attraversavano interamente gli altri<br />

due meto<strong>di</strong>.<br />

Per Cartesio 95 Dio non poteva essere causa <strong>di</strong> sÈ <strong>nella</strong> stessa maniera in cui<br />

era causa <strong>di</strong> tutte le cose, non poteva essere ridotto a una creazione <strong>di</strong> sÈ<br />

che corrispondesse alle creature, ma bisognava <strong>di</strong>stinguere tra causa<br />

formale e causa efficiente. Questa <strong>di</strong>stinzione Ë negata da <strong>Spinoza</strong> che,<br />

invece, pone una comunanza formale tra Dio e le creature, in quanto<br />

garanzia <strong>del</strong>la positivit‡ <strong>del</strong>la Natura naturata.<br />

Certo questo non vuol <strong>di</strong>re che i mo<strong>di</strong> e la sostanza hanno la stessa<br />

essenza, poichÈ le mo<strong>di</strong>ficazioni sono in altro mentre la sostanza Ë in sÈ,<br />

ma che líessere comune a entrambi Ë pre<strong>di</strong>cato formalmente nello stesso<br />

senso sia dei ciÚ che Ë in sÈ, sia <strong>di</strong> ciÚ che Ë in altro.<br />

95 Anche se Cartesio ha escluso la fede <strong>nella</strong> rivelazione dalla scienza <strong>del</strong>la metafisica, cioË ha tenuto i<br />

due campi separati, tuttavia ha sempre creduto nel concetto cristiano <strong>di</strong> creazione, cioË in una causa<br />

remota che produce, or<strong>di</strong>ne e armonizza. K. Lˆwith, <strong>Spinoza</strong>. Deus sive Natura, cit., p. 21.<br />

56


Líunivocit‡ Ë <strong>di</strong>ventata il baluardo <strong>di</strong>fensivo <strong>del</strong>líuguaglianza formale, i<br />

mo<strong>di</strong> non sono affatto accidentali, non attendono che una causa conferisca<br />

loro líessere in senso analogico, la necessit‡ Ë líunica modalit‡ <strong>del</strong>líessere<br />

univoco, quin<strong>di</strong> anche dei mo<strong>di</strong>. Questi sono líespressioni attraverso cui la<br />

potenza <strong>di</strong>vina si esplica come causa materiale, tali espressioni, inoltre,<br />

implicano le stesse forme che costituiscono la stessa essenza sviluppata<br />

attraverso le mo<strong>di</strong>ficazioni.<br />

Per ultimo dobbiamo considerare la grande <strong>di</strong>stanza che separa <strong>Spinoza</strong> da<br />

Cartesio riguardo al concetto <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualit‡ 96 . Il fulcro <strong>del</strong>la teoria<br />

cartesiana sullíuomo Ë senza dubbio il rapporto <strong>di</strong> causalit‡ reale tra corpo<br />

e anima: il corpo patisce quando líanima agisce e viceversa.<br />

Questa prospettiva morale con cui Cartesio valuta líeterogeneit‡ <strong>del</strong>la res<br />

cogitans rispetto alla res extensa ci parla <strong>di</strong> un potere o, meglio, <strong>di</strong> un<br />

dovere che la mente ha sul corpo, cioË far obbe<strong>di</strong>re, imporre, costringere il<br />

corpo a seguire i sui dettami. Per <strong>Spinoza</strong> mente e corpo sono si<br />

eterogenei, in quanto rappresentano due serie variabili (espressioni), ma<br />

questa loro eterogeneit‡ Ë garantita da uníidentit‡ pi˘ profonda che<br />

corrisponde a ciÚ che Ë espresso.<br />

Il concetto <strong>di</strong> espressione viene usato da <strong>Spinoza</strong> per farci cogliere la realt‡<br />

che precede e al tempo stesso sorregge quella estrinseca <strong>del</strong>la causalit‡,<br />

ovvero vuole farci considerare líin<strong>di</strong>viduo come il centro espressivo che<br />

permette a due serie, affatto estranee tra loro, <strong>di</strong> esprimere il medesimo<br />

invariante. Questo coincide con ciÚ che Ë espresso dalle due serie, ovvero<br />

con líessenza stessa <strong>del</strong>líuomo, una quantit‡ intensiva pi˘ profonda <strong>di</strong><br />

quelle <strong>di</strong> realt‡, ma che díora in poi non potremo pi˘ considerare<br />

cartesianamente come una semplice virtualit‡ innata, cioË una possibilit‡<br />

che attende nelle affezioni esterne uníoccasione favorevole per <strong>di</strong>ventare<br />

96 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong>le <strong>di</strong>fferenze tra Cartesio e <strong>Spinoza</strong> per quanto riguarda la struttura<br />

<strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduo si veda R. Crippa, Le passioni in <strong>Spinoza</strong> in Stu<strong>di</strong> sulla coscienza etica e religiosa <strong>del</strong><br />

seicento, Milano, Marzorati, 1965.<br />

57


attuale. Le essenze sono sempre attuali, reali e soprattutto fisiche, poichÈ<br />

hanno uníesistenza eterna complicata negli attributi, questa, quin<strong>di</strong>,<br />

precede líesistenza esterna <strong>del</strong> modo corrispondente, che invece si<br />

sviluppa <strong>nella</strong> durata.<br />

QualíË quin<strong>di</strong> il ruolo che questo nuovo espressionismo possiede rispetto<br />

alla tra<strong>di</strong>zione teologica in cui il concetto díespressione si Ë sviluppato?<br />

Per Deleuze, <strong>Spinoza</strong> ha liberato líespressione da ogni concezione<br />

emanativa e creazionista, e lo ha fatto attraverso una teoria affermativa<br />

<strong>del</strong>líessere che concilia líunivocit‡ con líimmanenza o, meglio, líunit‡<br />

ontologica <strong>del</strong>la sostanza con la pluralit‡ qualitativa degli attributi.<br />

La <strong>di</strong>stinzione formale sovverte il dominio <strong>del</strong>líanalogia e <strong>del</strong>líeminenza,<br />

impedendo cosÏ al mondo <strong>di</strong> essere una semplice imitazione analogica<br />

<strong>del</strong>la sostanza. Adesso il mondo Ë <strong>di</strong>ventato, grazie a <strong>Spinoza</strong>, líeffetto<br />

espressivo e immanente che si sviluppa tramite qualit‡ comuni alla sua<br />

causa.<br />

Certo va chiarito che il rapporto tra immanenza ed espressione non Ë una<br />

creazione spinoziana 97 , ma ha avuto inizio con il concetto platonico <strong>di</strong><br />

partecipazione. Per il filosofo greco, che la vedeva solo in termini<br />

imitativo-materiali, essa era la modalit‡ con cui uníartefice superiore<br />

utilizzava líidea come mo<strong>del</strong>lo, in modo da costringere il partecipante ad<br />

imitarla per poter essere degno <strong>del</strong>líintelligibile.<br />

Il neoplatonismo, invece, sposter‡ il principio fondante <strong>del</strong>la<br />

partecipazione dal partecipante al partecipato, in modo da fare<br />

<strong>del</strong>líemanazione la causa e al tempo stesso il dono impartecipabile, ovvero<br />

il principio che istituisce la partecipazione senza che possa essere<br />

partecipato. Plotino lega líimmanenza allíemanazione, poichÈ fa <strong>del</strong>líUno<br />

la causa che, pur essendo superiore a ciÚ che dona, resta in sÈ per produrre.<br />

Il problema Ë che, secondo questa concezione, líeffetto puÚ esistere solo se<br />

97 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 133.<br />

58


fuoriesce dalla causa, insomma líimmanenza vale solo per la causa e non<br />

per líeffetto. In questo modo Plotino salva il metodo analogico <strong>del</strong>la<br />

degradazione <strong>del</strong>líessere, rendendolo inseparabile dalla teologia negativa.<br />

Líimmanenza, invece, Ë uníOntologia pura dove líEnte non Ë pi˘<br />

líespressione <strong>di</strong> una gerarchia fondata sulla lontananza dallíUno<br />

impartecipabile, bensÏ líesplicazione <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> implicazioni<br />

reciproche, dove gli enti ricevono tutto <strong>di</strong>rettamente da una Natura comune<br />

al produttore come alle creature. In Plotino il sistema analogico <strong>di</strong><br />

emanazioni successive fa in modo che la causa immanente resti<br />

subor<strong>di</strong>nata e limitata dalla causa emanativa.<br />

CiÚ che si esplica <strong>del</strong>la causa <strong>nella</strong> pluralit‡ contingente Ë ciÚ che Ë gi‡<br />

molteplice in sÈ, ciÚ che proviene dal principio emanativo ma che non<br />

coincide con esso. In altri termini viene posto un principio secondo con<br />

líunico scopo <strong>di</strong> salvaguardare líunit‡ superiore <strong>del</strong>líUno, in modo tale che<br />

questo continui ad essere il principio remoto che contiene virtualmente<br />

tutte le cose, senza perÚ esplicarle.<br />

Ma la storia <strong>del</strong>líessere tracciata da Deleuze ci in<strong>di</strong>ca la via attraverso cui<br />

líespressione Ë riuscita a liberarsi dallíanalogia. Da Boezio a Bruno 98 ,<br />

infatti, le nozioni <strong>di</strong> complicazione e <strong>di</strong> esplicazione acquisteranno sempre<br />

pi˘ importanza nelle filosofie me<strong>di</strong>evali e rinascimentali.<br />

La partecipazione non sar‡ pi˘ fondata sullíemanazione, bensÏ su i due<br />

movimenti correlativi <strong>del</strong>líespressione, in modo tale che le creature<br />

saranno finalmente inerenti ad un Dio implicato in tutto ciÚ che lo esplica.<br />

Tramite questi due movimenti fondamentali <strong>del</strong>líespressione, ovvero la<br />

complicazione <strong>del</strong> molteplice e lo sviluppo <strong>del</strong>líUno, il mondo si libera dei<br />

suoi limiti per partecipare allíinfinit‡ <strong>di</strong>vina, in quanto espressione<br />

imme<strong>di</strong>ata <strong>del</strong>la potenza <strong>di</strong> Dio.<br />

98 Bisogna comunque precisare che per Deleuze saranno soltanto NicolÚ Cusano e Giordano Bruno a far<br />

acquistare alle nozioni <strong>di</strong> complicazione ed esplicazione uno statuto filosofico rigoroso, Ivi, p. 138.<br />

59


Tuttavia, non dobbiamo sottovalutare la carica reazionaria che il<br />

cristianesimo ha rappresentato <strong>nella</strong> storia <strong>del</strong>líespressione. Questa, infatti,<br />

proprio a causa <strong>di</strong> questa forza repressiva, sar‡ costretta a subire il<br />

predominio <strong>del</strong>la similitu<strong>di</strong>ne, un egemonia che il concetto cristiano <strong>di</strong><br />

creazione ha instaurato per salvaguardare la trascendenza <strong>del</strong> <strong>di</strong>vino.<br />

Il principio <strong>di</strong> imitazione platonica non viene affatto rigettato, ma<br />

semplicemente spostato dal lato <strong>del</strong> mo<strong>del</strong>lo, <strong>del</strong> partecipato, in modo tale<br />

che il rapporto tra Dio esprimente e idee espressioni non sia pi˘<br />

propriamente gerarchico, bensÏ imitativo-esemplare 99 . Questo impe<strong>di</strong>sce<br />

líinerenza tra la sostanza e le creature e permette allíanalogia <strong>di</strong><br />

riacquistare i suoi <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> supremazia sullíimmanenza.<br />

Ma <strong>Spinoza</strong> sar‡ colui che far‡ compiere alla storia <strong>del</strong>líespressione il suo<br />

salto mortale nellíunivocit‡, nel pericolo immondo <strong>del</strong>líimmanenza.<br />

Grazie a questa nuova e vitale spaccatura apertasi nel <strong>pensiero</strong> occidentale,<br />

la tirannide <strong>del</strong>le trascendenza Ë stata abbattuta, il dominio <strong>del</strong>líanalogia Ë<br />

stato rovesciato, il totalitarismo <strong>del</strong>líeminenza Ë stato fatto cadere.<br />

La Natura ha cosÏ riacquistato la libert‡, Ë tornata a esprimere la propria<br />

potenza.<br />

Su cosa si basa questa improvvisa se<strong>di</strong>zione <strong>nella</strong> storia <strong>del</strong>la filosofia?<br />

Senza ombra <strong>di</strong> dubbio líelemento pi˘ sovversivo che Deleuze rintraccia<br />

<strong>nella</strong> filosofia spinoziana consiste nellíaver fatto coincidere líessere con<br />

líespressione, in questo modo líontologia finisce per corrispondere alla<br />

storia <strong>del</strong>la sostanza e <strong>del</strong>la sua triplice espressione.<br />

La sostanza Ë prima <strong>di</strong> tutto espressione in sÈ stessa, cioË attraverso i suoi<br />

attributi, le qualit‡ formali che costituiscono la sua essenza (prima<br />

espressione o <strong>di</strong>fferenziazione qualitativa). La sostanza si esprime anche<br />

nellíidea che Dio ha <strong>di</strong> sÈ, qui líuguaglianza non Ë pi˘ tra la sostanza e gli<br />

99 Questo cammino Ë tracciato sia da santíAgostino, sia da San Bonaventura, infatti entrambi<br />

sottomettono líespressione allo statuto <strong>del</strong>la similitu<strong>di</strong>ne esemplare e <strong>del</strong>la similitu<strong>di</strong>ne imitativa. In<br />

questo modo negano ogni gerarchia tra le idee e Dio, ma attraverso il concetto <strong>di</strong> irra<strong>di</strong>azione non fanno<br />

che salvaguardare líeminenza e líanalogia. Ivi, p. 141.<br />

60


attributi, ma tra le due potenze che costituiscono líessenza <strong>di</strong> Dio: esistere<br />

e pensare. Infatti, líidea <strong>di</strong> Dio non Ë altro che la sostanza che si riflette nel<br />

suo essere formale (seconda espressione o <strong>di</strong>fferenziazione oggettiva).<br />

Infine gli attributi si esprimono nei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> cui contengono le essenze, qui<br />

líespressione Ë <strong>di</strong>venuta produzione <strong>del</strong> finito (terza espressione o<br />

<strong>di</strong>fferenziazione quantitativa).<br />

Come possiamo vedere la <strong>di</strong>stinzione modale, che fonda tra líaltro<br />

líin<strong>di</strong>viduazione, Ë sÏ numerica, ma soprattutto quantitativa, cioË Dio si<br />

esplica tramite quantit‡ intensive corrispondenti ai mo<strong>di</strong> esistenti.<br />

Le qualit‡ espressive <strong>del</strong>la sostanza complicano due tipi <strong>di</strong> quantit‡, una<br />

intensiva che corrisponde alle essenze dei mo<strong>di</strong>, una estensiva che<br />

corrisponde alle parti in cui si esprimono le essenze e grazie alle quali<br />

queste acquistano uníesistenza <strong>nella</strong> durata.<br />

Abbiamo visto sin qui come per Deleuze, Leibniz e <strong>Spinoza</strong> rappresentino<br />

due facce <strong>di</strong> un naturalismo che si esprime attraverso una violenta quanto<br />

incisiva reazione anticartesiana. Entrambi erano convinti che il<br />

meccanicismo causale cartesiano non fosse sufficiente a spiegare la natura,<br />

ma rappresentava solo un caso particolare ed estrinseco <strong>di</strong> una teoria<br />

<strong>di</strong>namica 100 incentrata sulla capacit‡ <strong>di</strong> essere affetti, cioË sullíintima<br />

natura dei corpi, su quellíessenza quantitativa che si esprime attraverso<br />

variazioni <strong>del</strong>la potenza. Sia per Leibniz che per <strong>Spinoza</strong> la forza <strong>di</strong> cui<br />

<strong>di</strong>spone un corpo Ë doppia: attiva e passiva. Tuttavia questíultima Ë<br />

totalmente inespressiva, ovvero rappresenta solo una limitazione o<br />

uníimperfezione <strong>del</strong> finito, un limite posto alla forza attiva.<br />

Anche se entrambe costituiscono la maniera in cui la capacit‡ <strong>di</strong> essere<br />

affetti Ë colmata, soltanto la forza attiva colma positivamente e attivamente<br />

tale capacit‡, quella passiva, invece, rappresenta il grado minimo in cui la<br />

100 Ivi, p. 179.<br />

61


nostra potenza Ë paralizzata, insomma non Ë altro che il segno <strong>del</strong>la nostra<br />

impotenza.<br />

A questo punto, perÚ, dobbiamo soffermarci sulle <strong>di</strong>fferenze che<br />

intercorrono tra i due filosofi nel loro riprendere e sviluppare il concetto<br />

díespressione, <strong>di</strong>fferenze che non sono affatto marginali, se consideriamo<br />

che sar‡ solo <strong>Spinoza</strong> a fare <strong>del</strong>líespressione líarma <strong>di</strong> emancipazione<br />

<strong>del</strong>líessere, Leibniz, invece, continuer‡ a sottometterla alle potenze<br />

<strong>del</strong>líanalogia e <strong>del</strong>la trascendenza. Líinterpretazione <strong>del</strong>euziana si serve <strong>di</strong><br />

queste <strong>di</strong>fferenze come <strong>del</strong>líelemento essenziale per mettere in risalto<br />

líunicit‡ <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> spinoziano, il modo atipico con cui ha sviluppato la<br />

sua ontologia <strong>del</strong>líespressione.<br />

Prima <strong>di</strong> tutto le loro <strong>di</strong>vergenze riguardano il concetto <strong>di</strong> conatus. Per<br />

Leibniz non Ë solo la tendenza al movimento <strong>di</strong> un corpo, ma Ë anche la<br />

tendenza <strong>di</strong> uníessenza allíesistenza. Per <strong>Spinoza</strong> líessenza, come abbiamo<br />

pi˘ volte riba<strong>di</strong>to, non puÚ essere un possibile che aspiri allíesistenza, ma Ë<br />

gi‡ tutto ciÚ che Ë, per questo il conatus 101 non puÚ che essere líessenza <strong>del</strong><br />

modo solo dopo che questo Ë passato allíesistenza, insomma in<strong>di</strong>ca solo la<br />

funzione esistenziale <strong>del</strong>líessenza.<br />

Per Leibniz le essenze sono quin<strong>di</strong> sostanze che Dio ha deciso <strong>di</strong> attuare<br />

nellíesistenza, mentre per <strong>Spinoza</strong> sono le quantit‡ intensive <strong>del</strong>la sostanza<br />

contenute negli attributi, quin<strong>di</strong> hanno gi‡ uníesistenza <strong>di</strong> per sÈ, e per<br />

giunta eterna.<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista, Leibniz si mostra per quello che Ë: un filosofo<br />

con la vocazione da teologo, cioË un pensatore che, per scongiurare il<br />

pericolo <strong>del</strong> panteismo, sottomette líespressione allíemanazione e alla<br />

creazione 102 , anzi arriva a trasformare entrambe in due specie <strong>del</strong>la stessa<br />

101 ì Il conatus, come ogni stato <strong>di</strong> potenza, Ë sempre in atto. Ma la <strong>di</strong>fferenza Ë nelle con<strong>di</strong>zioni in cui<br />

questo atto viene effettuato.î G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e la filosofia pratica, cit., p. 127.<br />

102 In Leibniz líemanazione corrisponde alla <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong>le molteplicit‡ espresse in<br />

ogni unit‡; la creazione alla <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong>la costituzione <strong>del</strong>le unit‡ espressive analoghe. Insomma nel<br />

mondo leibniziano la combinazione <strong>di</strong> unit‡ e zero (<strong>di</strong> Uno e fondo oscuro) da origine ad uníarmonia <strong>di</strong><br />

62


espressione. Le essenze vengono inserite in un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> finalit‡, in<br />

funzione <strong>del</strong> quale vengono scelte da Dio per esprimere al meglio, cioË<br />

<strong>di</strong>stintamente, il mondo, altrimenti confinato nel fondo oscuro dei <strong>di</strong>versi<br />

mon<strong>di</strong> possibili. Insomma, per Leibniz il meccanicismo rimanda ad una<br />

finalit‡ trascendentale che struttura la Natura su <strong>di</strong>versi livelli <strong>di</strong><br />

gerarchizzazione, <strong>di</strong> armonizzazione e <strong>di</strong> simbolizzazione.<br />

La colpa <strong>di</strong> Leibniz Ë <strong>di</strong> aver esteso líespressione anche a ciÚ da cui<br />

<strong>Spinoza</strong> ha tentato <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguerla, cioË i segni e le analogie. Líespressione<br />

leibniziana, sia quella che implica una similitu<strong>di</strong>ne, sia quella che implica<br />

una legge, non Ë affatto costituita da termini uguali. Il termine che contiene<br />

nellíunit‡ (monade) Ë sempre superiore allíaltro che <strong>di</strong>sperde<br />

confusamente <strong>nella</strong> molteplicit‡ (il mondo espresso).<br />

Nella filosofia simbolica leibniziana le mona<strong>di</strong> vengono create come unit‡<br />

espressive in maniera analogica, cioË rispetto al grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione con<br />

cui implicano la molteplicit‡ vengono inserite in uníarmonia finale<br />

prestabilita da Dio. Per <strong>Spinoza</strong>, invece, il meccanicismo rimanda ad una<br />

causalit‡ immanente, che nega qualsiasi forma <strong>di</strong> finalit‡ trascendentale.<br />

La Natura per <strong>Spinoza</strong> Ë un tutto fisico, dove le quantit‡ intensive, quelle<br />

estensive e le forze non sono che espressioni <strong>di</strong>rette <strong>del</strong>la potenza <strong>di</strong>vina,<br />

in quanto escludono qualsiasi simbolizzazione finale, qualsiasi fondo<br />

oscuro da cui trae forza líeminenza.<br />

La <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> essenza, come la maggiore perfezione <strong>del</strong>la causa rispetto<br />

allíeffetto, non in<strong>di</strong>ca uníanalogia che fa esistere il superiore su <strong>di</strong> un altro<br />

piano qualitativo, su <strong>di</strong> uníaltra forma, ma implica solo un processo<br />

quantitativo <strong>di</strong> esplicazione causale immanente.<br />

Tutto Ë racchiuso nellíunivocit‡. Forma comune, causa comune e nozioni<br />

comuni esprimono líunivocit‡ <strong>di</strong> un ente che non Ë pi˘ neutro o<br />

in<strong>di</strong>fferente come quello <strong>di</strong> Scoto, ma <strong>di</strong>viene líespressione <strong>di</strong><br />

centri espressivi <strong>di</strong>sposti gerarchicamente secondo una finalit‡ prestabilita. G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il<br />

problema <strong>del</strong>líespressione, cit., pp. 261-262.<br />

63


uníaffermazione pura che si esplica nellíimmanenza produttiva. Quin<strong>di</strong> se<br />

Leibniz Ë il filosofo <strong>del</strong>le espressioni equivoche, <strong>Spinoza</strong> lo Ë <strong>del</strong>le<br />

espressioni univoche.<br />

Tuttavia, bisogna chiarire il motivo per cui Deleuze insiste sullíimportanza<br />

che entrambi hanno comunque avuto per lo sviluppo <strong>del</strong> concetto<br />

díespressione nel <strong>pensiero</strong> occidentale. Sia Leibniz che <strong>Spinoza</strong> hanno<br />

contrapposto la forma tria<strong>di</strong>ca <strong>del</strong>líespressione alla <strong>di</strong>ade <strong>del</strong>la causa e<br />

<strong>del</strong>líeffetto.<br />

Qual Ë quin<strong>di</strong> líelemento sovversivo che líespressione tria<strong>di</strong>ca porta con<br />

sÈ?<br />

Il paradosso eversivo <strong>del</strong>la triade consiste nel fatto che ciÚ che Ë espresso<br />

non esiste al <strong>di</strong> fuori <strong>del</strong>líespressione, anche se <strong>di</strong>verso da questa, ma Ë<br />

comunque rapportato solo a ciÚ che si esprime. Al dualismo <strong>del</strong>la causa<br />

vengono cosÏ contrapposti tre elementi <strong>di</strong>stinti (le espressioni, ciÚ che si<br />

esprime, líespresso) 103 che perÚ si implicano líuno con líaltro.<br />

Líespressione aggiunge un terzo elemento che trasforma il dualismo, in<br />

questo modo la <strong>di</strong>stinzione gerarchica tra i due termini viene soppressa a<br />

favore <strong>di</strong> un sistema <strong>di</strong> compliacazione-esplicazione, che si sviluppa,<br />

invece, su <strong>di</strong> un piano díimmanenza produttiva. Questo terzo termine, che<br />

spezza il dualismo cartesiano, che fa penetrare líidentit‡ <strong>nella</strong> <strong>di</strong>stinzione,<br />

non Ë altro che la potenza, líessenza o meglio il senso espresso pi˘<br />

profondo <strong>di</strong> qualsiasi causalit‡ o rappresentazione.<br />

Tuttavia, resta ancora una domanda senza risposta: cosíË che spinge<br />

Deleuze a definire <strong>Spinoza</strong> uno dei pi˘ importanti filosofi<br />

<strong>del</strong>líespressione?<br />

CosíË che fa <strong>del</strong>la filosofia <strong>di</strong> questo pensatore uníontologia pura <strong>del</strong>la<br />

potenza, uníEtica <strong>del</strong>líespressione?<br />

103 Per un approfon<strong>di</strong>mento sullíimportanza che Deleuze attribuisce allíespresso, come elemento che<br />

rende possibile líespressione si veda G. Deleuze, Sullíoralit‡ in Logica <strong>del</strong> senso, cit., pp. 165-172.<br />

64


La risposta <strong>di</strong> Deleuze Ë una e incontrovertibile: la teoria dei mo<strong>di</strong> finiti o,<br />

meglio, la funzione pratica che <strong>Spinoza</strong> assegna alla ragione nel mondo dei<br />

mo<strong>di</strong> esistenti.<br />

Non siamo pi˘ <strong>nella</strong> storia <strong>del</strong>líessere e <strong>del</strong>le sue rappresentazioni, la<br />

ragione ha smesso <strong>di</strong> essere uno strumento speculativo con cui imitare le<br />

idee-mo<strong>del</strong>lo elargite dal trascendentale, o ancora meno con cui produrre<br />

verit‡ corrispondenti alle leggi meccaniche dei corpi. Adesso la ragione si<br />

Ë immersa nel terreno multicolore <strong>del</strong>la pratica, Ë <strong>di</strong>ventata líutensile che<br />

ci libera dalla tristezza e ci consegna allíamore.<br />

La metafisica Ë ormai alle spalle, siamo entrati in uníOntologia che fa<br />

tuttíuno con uníEtica <strong>del</strong> finito. La filosofia ha smesso <strong>di</strong> servire <strong>di</strong>vinit‡<br />

remote e imperscrutabili, ha indossato líabito pratico <strong>del</strong>líamore per<br />

servire líuomo che brucia <strong>di</strong> passione sulla terra.<br />

La ragione, legata comíË inscin<strong>di</strong>bilmente alle passioni,<br />

allíimmaginazione, puÚ comunque <strong>di</strong>venire lo sforzo con cui limitare la<br />

tristezza e aumentare le passioni <strong>di</strong> gioia, fino al punto <strong>di</strong> farci possedere<br />

formalmente la nostra potenza <strong>di</strong> conoscere e <strong>di</strong>venire cosÏ attivi. Non pi˘<br />

vittime <strong>del</strong>la gioia passiva, ma puri centri espressivi, casse <strong>di</strong> risonanza<br />

<strong>del</strong>líaffezione attiva pi˘ potente che ci sia: la beatitu<strong>di</strong>ne.<br />

<strong>Spinoza</strong> perÚ Ë un vero e proprio empirista, per lui líuomo non nasce<br />

razionale, non nasce libero, ha <strong>del</strong>le parti innate che tuttavia necessitano <strong>di</strong><br />

essere sviluppate. La sua esistenza, quin<strong>di</strong>, Ë il luogo per testare queste<br />

forze, per mettere alla prova il suo sforzo <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire espressivo. Líuomo<br />

deve quin<strong>di</strong> compiere un processo <strong>di</strong> formazione espressiva che lo porti a<br />

fare <strong>del</strong>líessenza, <strong>del</strong>la potenza, la parte pi˘ importante <strong>del</strong>la sua vita.<br />

Ma perchÈ líuomo deve fare tutto questo?<br />

E soprattutto come puÚ riuscirci visto che non puÚ mai liberarsi <strong>del</strong>le<br />

passioni?<br />

65


Per <strong>Spinoza</strong> questo si spiega con un passaggio espressivo che la sostanza<br />

non puÚ non compiere, e cioË quello che va dallíinfinito al finito 104 .<br />

Ogni attributo, ogni elemento qualitativo esprimente la natura <strong>di</strong> Dio Ë in<br />

sÈ in<strong>di</strong>visibile, tuttavia, contiene una quantit‡ infinita <strong>di</strong>visibile che forma<br />

una materia modale, cioË nÈ reale nÈ sostanziale. Questa si compone <strong>di</strong> due<br />

parti: una parte <strong>del</strong>la potenza, quantit‡ intensiva che si <strong>di</strong>vide in gra<strong>di</strong><br />

(essenza dei mo<strong>di</strong>); una parte estrinseca, quantit‡ estensiva che si <strong>di</strong>vide in<br />

parti estrinseche. Queste sono entrambi quantit‡ infinite, ma <strong>di</strong>versamente<br />

dalla sostanza sono <strong>di</strong>visibili, cioË hanno uníinfinit‡ <strong>di</strong> natura <strong>di</strong>versa,<br />

ovvero non Ë in sÈ bensÏ solo in virt˘ <strong>del</strong>la causa a cui ineriscono.<br />

Quello che ci colpisce imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> questa concezione Ë che le<br />

essenze dei mo<strong>di</strong>, le nostre essenze, sono realt‡ fisiche, non virtuali, cioË<br />

quantit‡ attuali che possiedono uníesistenza autonoma rispetto a quella <strong>del</strong><br />

modo corrispondente. Líessenza non si <strong>di</strong>stingue realmente dallíesistenza,<br />

tra <strong>di</strong> loro non vi Ë un rapporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza causale, líesistenza si<br />

aggiunge allíessenza come sua ultima determinazione.<br />

In cosa consiste allora questa <strong>di</strong>stinzione?<br />

Le essenze sono gra<strong>di</strong> <strong>del</strong>la potenza <strong>di</strong>vina, hanno quin<strong>di</strong> Dio come causa<br />

efficiente, ma esistono <strong>nella</strong> loro coesistenza ancor prima e<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dai mo<strong>di</strong> corrispondenti, cioË non possono essere<br />

separate líuna dallíaltra se non astrattamente. Essendo complicate tutte<br />

negli attributi da cui non possono <strong>di</strong>stinguersi, le essenze non implicano<br />

nessuna <strong>di</strong>stinzione estrinseca. Líesistenza, invece, Ë dovuta alle leggi<br />

meccaniche <strong>di</strong> movimento, che determinano infinite parti estensive a<br />

formare rapporti in cui si esprime líessenza.<br />

104 Secondo Deleuze líontologia spinoziana ha il suo cuore pulsante nel legame tra infinito e finito.<br />

Infatti secondo líetica <strong>del</strong>líespressione líuomo puÚ aspirare ad una conoscenza <strong>del</strong>le cose sotto una<br />

specie díeternit‡, cioË puÚ giungere alla beatitu<strong>di</strong>ne, proprio perchÈ partecipa <strong>del</strong>la potenza <strong>di</strong>vina, in<br />

quanto la sua essenza Ë una parte, un grado <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>vina, una quantit‡ intensiva grazie alla quale Dio<br />

puÚ esplicarsi. Quin<strong>di</strong>, per concludere, líispirazione etica spinoziana Ë giustificata dal rapporto <strong>di</strong><br />

complicazione-esplicazione tra líinfinito e il finito.<br />

66


Quin<strong>di</strong>, per <strong>Spinoza</strong> il passaggio dallíinfinito al finito, dalla sostanza ai<br />

mo<strong>di</strong>, Ë un passaggio dalla qualit‡ alla quantit‡, per questo<br />

líin<strong>di</strong>viduazione Ë un processo quantitativo che non va dal genere al<br />

particolare, dal possibile allíattuale, bensÏ dalla complicazione intensiva<br />

allíesplicazione estensiva.<br />

Ogni essenza, pur non <strong>di</strong>stinguendosi nÈ una dallíaltra nÈ dagli attributi in<br />

cui Ë contenuta, in quanto rappresenta líespresso <strong>di</strong> ogni rapporto che<br />

persiste <strong>nella</strong> durata, deve presupporre una <strong>di</strong>stinzione intrinseca<br />

preliminare, ovvero una <strong>di</strong>fferenza interna díintensit‡. Le essenze sono<br />

gra<strong>di</strong>, quantit‡ intensive complicate in attributi-qualit‡ che restano<br />

immutati, questo vuol <strong>di</strong>re che non possono <strong>di</strong>stinguersi estrinsecamente<br />

come parti dotate <strong>di</strong> grandezza e durata, ma essendo contenute ognuna<br />

<strong>nella</strong> produzione <strong>del</strong>líaltra, hanno comunque una loro <strong>di</strong>stinzione, una loro<br />

singolarit‡ particolare e irriducibile.<br />

Il mondo finito <strong>nella</strong> sua natura Ë si fisico e reale, ma modale, quantitativo,<br />

costituito da parti intensive che esprimono líessenza <strong>di</strong> Dio in base alla<br />

loro singolarit‡, cioË ognuna secondo il proprio grado <strong>di</strong> potenza. Queste<br />

essenze dei mo<strong>di</strong> esisteranno quin<strong>di</strong> solo quando per leggi meccaniche<br />

acquisteranno parti estrinseche <strong>di</strong>stinte líuna dallíaltra.<br />

Insomma líesistenza non ha causa nellíessenza, poichÈ non Ë altro che<br />

líesplicazione <strong>del</strong>la quantit‡ intensiva complicata nellíattributo, cioË non Ë<br />

altro che líessenza stessa nel suo esplicarsi. Ma va detto che questo uscire<br />

dalle qualit‡ e acquistare parti estensive, che si compongono per leggi<br />

meccaniche in rapporti persistenti <strong>nella</strong> durata, non contrad<strong>di</strong>ce<br />

líimmanenza. La <strong>di</strong>stinzione estrinseca 105 , che riafferma i mo<strong>di</strong> come<br />

105 Ci sembra interessante mettere in risalto líaccostamento che Deleuze, su questo tema, fa tra <strong>Spinoza</strong> e<br />

Kant. Secondo il filosofo francese la quantit‡ estensiva per <strong>Spinoza</strong> Ë simile al concetto <strong>di</strong> spazio per<br />

Kant. Infatti per questíultimo lo spazio coincideva con la forma <strong>del</strong>líesteriorit‡, ma tale forma era<br />

comunque interna allíio. Lo stesso vale per il modo, la sua quantit‡ intensiva appartiene pur sempre<br />

allíattributo, allíessenza, ma Ë comunque una forma <strong>di</strong> esteriorit‡ modale. G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il<br />

problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 167.<br />

67


esterni alle qualit‡ <strong>di</strong>vine, Ë pur sempre una <strong>di</strong>stinzione modale, quin<strong>di</strong> Ë<br />

comunque contenuta nellíattributo che esplica.<br />

La triade, che si puÚ facilmente estrapolare da questa concezione teoretica<br />

<strong>del</strong> finito, non Ë tuttavia quella che costituisce il cuore <strong>del</strong>la filosofia<br />

pratica spinoziana. Certo il mondo dei mo<strong>di</strong> Ë indubbiamente costituito da:<br />

essenze come gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> potenza; rapporti che esprimono le essenze; parti<br />

estensive sussunte sotto questi rapporti 106 . Ma dobbiamo considerare una<br />

triade pi˘ profonda che sorregge tutta líetica espressionista, ovvero quella<br />

incentrata sulla potenza e sulle affezioni.<br />

Sappiamo che ogni potenza una volta immersa nellíesistenza costituisce un<br />

conatus, una tendenza a perseverare, cioË a conservare questa nuova<br />

esistenza <strong>del</strong>líessenza, ma proprio perchÈ le parti tendono a incontrarsi<br />

secondo determinati rapporti, líappetito si traduce in una capacit‡ <strong>di</strong> essere<br />

affetti (tendenza ad agire e patire) e in affezioni che in qualunque<br />

momento colmano tale capacit‡.<br />

Tuttavia, dobbiamo cogliere líelemento pi˘ importante <strong>del</strong>la fisica<br />

spinoziana: la capacit‡ <strong>di</strong> essere affetti Ë un invariante, cioË resta immutata<br />

e costante nel suo essere ad ogni istante colmata da affezioni sia attive che<br />

passive. Quin<strong>di</strong> il modo Ë in ogni momento al massimo <strong>del</strong>la sua<br />

perfezione, ma questo non vuol <strong>di</strong>re staticit‡, anzi ogni capacit‡ Ë colmata<br />

da variazioni continue, cioË da affetti che in<strong>di</strong>cano il passaggio da uno<br />

stato <strong>di</strong> minore potenza ad uno <strong>di</strong> maggiore potenza e viceversa 107 .<br />

Questa Ë la con<strong>di</strong>zione imprescin<strong>di</strong>bile in cui viviamo. PoichÈ dotati <strong>di</strong><br />

parti estensive, che sono sempre determinate ed affette dal <strong>di</strong> fuori, siamo<br />

106 Questa per Deleuze rappresenta la prima triade in<strong>di</strong>viduale <strong>del</strong> modo, triade che deriva da quella<br />

modale per eccellenza: attributo, modo, mo<strong>di</strong>ficazione. Nello stu<strong>di</strong>o formale <strong>del</strong>líEtica, che si trova in<br />

appen<strong>di</strong>ce al gi‡ citato saggio su <strong>Spinoza</strong>, Deleuze ci mostra come ad ogni momento e parte <strong>del</strong>líEtica<br />

corrispondono dei concetti espressivi fondamentali per líanalisi <strong>del</strong>líontologia spinoziana. In particolare<br />

si puÚ vedere come, secondo Deleuze, líEtica parte dalle tria<strong>di</strong> <strong>del</strong>la sostanza <strong>nella</strong> prima parte, poi<br />

prosegue con le due tria<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduali <strong>del</strong> modo <strong>nella</strong> seconda e <strong>nella</strong> terza parte, infine arriva, attraverso<br />

i concetti <strong>di</strong> gioia e conatus <strong>del</strong>la quarta parte, alla beatitu<strong>di</strong>ne come forma finale <strong>del</strong>líespressione. Ivi,<br />

pp. 265-267.<br />

107 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong>la <strong>di</strong>stinzione tra affezioni e affetti si veda G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e la<br />

filosofia pratica, cit., pp. 59-62.<br />

68


incapaci <strong>di</strong> subire cambiamenti che si esplicano soltanto tramite la nostra<br />

natura. La nostra potenza Ë quin<strong>di</strong> colmata sia da affezioni attive (che si<br />

esplicano tramite la nostra natura) sia da affezioni passive (che si esplicano<br />

tramite la natura <strong>del</strong> corpo che ci affetta).<br />

Tuttavia, <strong>Spinoza</strong> ci parla <strong>di</strong> un uomo che, fin dalla sua nascita, Ë separato<br />

dalla sua potenza <strong>di</strong> agire, che vive solo attraverso il suo patire, che ha per<br />

la maggior parte <strong>del</strong> tempo affezioni passive, insomma un uomo<br />

caratterizzato dallíimpotenza.<br />

Se perÚ trasformassimo questa concezione spinoziana <strong>nella</strong> sentenza finale<br />

<strong>di</strong> tutta la sua filosofia etica, saremmo portati a credere, come <strong>del</strong> resto ha<br />

fatto Leibniz, che il sistema teorico <strong>del</strong>líazione e <strong>del</strong>la passione nel mondo<br />

non sia altro che un occasionalismo <strong>del</strong>líimpotenza, una filosofia<br />

pessimista sorretta da una visione fatalista <strong>del</strong>la vita.<br />

In realt‡, líinterpretazione <strong>del</strong>euziana ci obbliga a considerare lo<br />

spinozismo come la pi˘ compiuta esposizione etica <strong>del</strong>la teoria <strong>del</strong>la<br />

potenza. Mai, per <strong>Spinoza</strong>, la teoria <strong>del</strong> modo e <strong>del</strong>le sue quantit‡ serve a<br />

impoverire il mondo <strong>del</strong>le creature, a mostrare líimpotenza dei mo<strong>di</strong><br />

esistenti. Tutta líEtica Ë attraversata dalla volont‡ <strong>di</strong> mettere in evidenza il<br />

principio <strong>di</strong> complicazione tra mo<strong>di</strong> e attributi, tra quantit‡ e qualit‡,<br />

principio che permette il passaggio espressivo e immanente dallíunit‡ <strong>del</strong>la<br />

sostanza alla molteplicit‡ dei mo<strong>di</strong>. Il finito, in quanto espressione modale<br />

<strong>del</strong>le qualit‡ formali <strong>di</strong> Dio, ha <strong>nella</strong> sua necessit‡ e irriducibilit‡ la propria<br />

e unica modalit‡ díesistenza, una singolarit‡ che in quanto tale partecipa<br />

<strong>del</strong>la potenza <strong>di</strong> Dio.<br />

La questione <strong>del</strong>líimpotenza non va certo interpretata come strumento<br />

teoretico per ridurre i mo<strong>di</strong> a proiezioni sbia<strong>di</strong>te e passive <strong>del</strong>la sostanza,<br />

ma va considerato alla luce <strong>del</strong>la <strong>di</strong>visione spinoziana <strong>del</strong> modo in tre<br />

<strong>di</strong>stinti livelli, a cui corrispondono tre or<strong>di</strong>ni <strong>del</strong>la Natura.<br />

69


Il primo livello corrisponde allíor<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>le essenze in quanto gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

potenza. A questo livello non vi Ë scomposizione, poichÈ le essenze,<br />

essendo tutte complicate negli attributi e ognuna compresa <strong>nella</strong><br />

produzione <strong>del</strong>líaltra, sono in rapporto <strong>di</strong> totale convenienza. In questo<br />

modo la scomposizione <strong>di</strong> una comporterebbe la scomposizione <strong>di</strong> tutte.<br />

Il secondo livello corrisponde allíor<strong>di</strong>ne dei rapporti, questi si<br />

compongono per leggi meccaniche che impe<strong>di</strong>scono la composizione<br />

casuale e fortuita, ma soprattutto fanno sÏ che nel tutto <strong>del</strong>la Natura non si<br />

<strong>di</strong>a mai scomposizione <strong>di</strong> rapporti, poichË lÏ tutto Ë soggetto alla<br />

composizione, in<strong>di</strong>pendentemente dalla <strong>di</strong>struzione dei singoli corpi.<br />

Líultimo livello <strong>del</strong> modo corrisponde allíor<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>le parti estensive,<br />

ovvero degli incontri <strong>di</strong> concordanza e <strong>di</strong>scordanza in cui i corpi sono<br />

immersi per mezzo <strong>del</strong>le loro parti estrinseche.<br />

Come si puÚ notare, per <strong>Spinoza</strong> solo a questo livello si ha la<br />

scomposizione da cui deriva líimpotenza, cioË la <strong>di</strong>struzione dei rapporti<br />

che compongono i corpi. Questíor<strong>di</strong>ne coincide con líor<strong>di</strong>ne comune <strong>del</strong>la<br />

Natura, ma anche <strong>del</strong>le passioni e <strong>del</strong>le determinazioni estrinseche, poichÈ<br />

sono proprio questi incontri a determinare tutte le affezioni che colmano la<br />

nostra capacit‡ si essere affetti.<br />

Certo questo livello <strong>del</strong> modo, che corrisponde al mondo <strong>del</strong>le passioni,<br />

puÚ essere considerato fortuito, in quanto non Ë sottoposto a leggi come<br />

líor<strong>di</strong>ne dei rapporti. Infatti se ad ogni incontro abbiamo sempre come<br />

risultato una composizione <strong>di</strong> rapporti, da due se ne forma sempre un<br />

terzo, questi rapporti non si compongono nellíor<strong>di</strong>ne in cui si incontrano i<br />

corpi.<br />

Tuttavia, non dobbiamo credere che <strong>Spinoza</strong> si sia servito <strong>di</strong> questo livello<br />

per introdurre la contingenza nel finito, dato che líor<strong>di</strong>ne degli incontri<br />

resta sempre perfettamente determinato e necessario. Ma dobbiamo<br />

considerare il fatto che nellíesistenza non possiamo valutare i gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

70


potenza in modo assoluto, <strong>nella</strong> loro convenienza perfetta, nÈ tanto meno<br />

possiamo definire i corpi solo dal loro rapporto globale.<br />

Se considerato nel suo insieme líor<strong>di</strong>ne degli incontri coincide con quello<br />

dei rapporti, nei casi particolari, perÚ, i due or<strong>di</strong>ni non corrispondono<br />

affatto, questo perchÈ i corpi esistenti si incontrano in modo progressivo<br />

sulla base <strong>del</strong>le loro componenti, <strong>del</strong>le loro parti, e non secondo leggi<br />

meccaniche. Dal punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> questa parzialit‡, vi possono essere<br />

sempre <strong>di</strong>struzioni <strong>di</strong> corpi, senza che questo vada ad intaccare la verit‡<br />

eterna dei rapporti, cioË le essenze che si esprimono in essi.<br />

La nostra esistenza Ë quin<strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionata da questa non corrispondenza tra<br />

le con<strong>di</strong>zioni degli incontri (cioË i rapporti parziali che compongono e<br />

scompongono le parti) e quelle dei rapporti, per questo possiamo sempre<br />

rischiare <strong>di</strong> incontrare corpi il cui rapporto non si compone con il nostro o,<br />

nel peggiore dei casi, <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>strutti da corpi con un essenza meno<br />

perfetta <strong>del</strong>la nostra.<br />

Ma se i livelli <strong>del</strong>le essenze e dei rapporti che esprimono le essenze non<br />

conoscono la <strong>di</strong>struzione, perchÈ <strong>nella</strong> Natura vi Ë scomposizione?<br />

PerchÈ gli uomini sono sempre affetti da passioni che derivano da cattivi<br />

incontri?<br />

» proprio su questo tema che il panteismo e líimmanenza spinoziana<br />

giocano un ruolo fondamentale, soprattutto se consideriamo che per<br />

<strong>Spinoza</strong> questi sono i principi grazie ai quali líiniziale impotenza in cui<br />

versa il mondo <strong>di</strong>viene la con<strong>di</strong>zione privilegiata per aspirare ad esprimere<br />

<strong>di</strong>rettamente líinfinita potenza <strong>di</strong>vina. Ma la Natura non ha come fine la<br />

nostra conservazione, cioË la nostra utilit‡, bensÏ comprende uníinfinit‡ <strong>di</strong><br />

leggi universali che costituiscono un or<strong>di</strong>ne superiore al quale sottostiamo<br />

in quanto parti <strong>del</strong> tutto.<br />

Siamo <strong>di</strong> fronte ad una visione fatalista o, peggio, misticheggiante <strong>del</strong>la<br />

Natura?<br />

71


Niente <strong>di</strong> pi˘ lontano dalle concezioni spinoziane. Per Deleuze la teoria<br />

<strong>del</strong>la potenza <strong>del</strong> finito coincide con la visione etica pi˘ vitalistica ed<br />

espressiva <strong>del</strong> mondo. Per cogliere a pieno il valore <strong>di</strong> questíetica<br />

dobbiamo entrare nel campo che sar‡ il cuore <strong>del</strong>la rilettura negriana <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, ovvero quello politico <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto naturale 108 .<br />

Su questo terreno díanalisi Deleuze e Negri giungono ad uníunanime,<br />

quanto eversiva, conclusione: <strong>Spinoza</strong> Ë il primo filosofo materialista che<br />

ha saputo spingersi al <strong>di</strong> l‡ <strong>del</strong>le concezioni hobbesiane sul rapporto tra<br />

natura e societ‡.<br />

Secondo il <strong>di</strong>ritto classico lo stato <strong>di</strong> natura <strong>del</strong>líuomo coincideva con la<br />

perfezione ontologica conforme allíor<strong>di</strong>ne dei fini (razionale e sociale).<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista, non solo il <strong>di</strong>ritto naturale era conforme alla<br />

buona societ‡, quin<strong>di</strong> non pre-sociale, ma soprattutto la Natura finiva per<br />

coincidere con líinsieme dei doveri e <strong>del</strong>le norme <strong>del</strong> potere, insomma le<br />

potenze naturali venivano ridotte a possibilit‡ costrette ad essere realizzate<br />

dalla ragione in funzione <strong>del</strong>líor<strong>di</strong>ne dei fini.<br />

Per <strong>Spinoza</strong> e Hobbes, invece, il <strong>di</strong>ritto naturale non coincideva con una<br />

perfezione finale, ma con líappetito primor<strong>di</strong>ale. La ragione viene cosÏ<br />

destituita <strong>del</strong> suo privilegio, <strong>del</strong>la sua autorit‡, non Ë pi˘ il principio<br />

movente, la legge assoluta e trascendente. Lo stato <strong>di</strong> natura perde cosÏ<br />

tutte le sue precedenti determinazioni, non Ë razionale, nÈ religioso, nÈ<br />

sociale, la potenza Ë il nuovo contenuto <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto, mentre i doveri<br />

<strong>di</strong>ventano prodotti relativi allíaffermazione <strong>del</strong> potere.<br />

Anche per <strong>Spinoza</strong> lo stato <strong>di</strong> natura Ë, quin<strong>di</strong>, un mondo selvaggio e<br />

caotico, dove nessuno puÚ decidere <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>del</strong>líaltro, soprattutto finchÈ<br />

la nostra capacit‡ <strong>di</strong> essere affetti sia costretta ad essere colmata da<br />

passioni tristi che ci separano dalla potenza <strong>di</strong> agire.<br />

108 Su questíargomento si veda anche, G. Semerari, Il <strong>di</strong>ritto naturale in I problemi <strong>del</strong>lo spinozismo,<br />

Trani, Vecchi, 1952, pp. 160-203.<br />

72


Tuttavia, Ë proprio su questo terreno <strong>del</strong>líispirazione etica che <strong>Spinoza</strong> si<br />

<strong>di</strong>scosta da Hobbes 109 , qui líopposizione morale viene sostituita da una<br />

<strong>di</strong>fferenza etica. Líuomo, anche se non potr‡ mai sbarazzarsi <strong>del</strong>le passioni<br />

tristi, puÚ sforzarsi, grazie alla ragione, <strong>di</strong> favorire gli incontri con i corpi<br />

che concordano per natura con il suo, cioË favorire le circostanze che<br />

aumentano la sua potenza <strong>di</strong> agire, in modo da renderlo attivo.<br />

Secondo questíetica spinoziana, non cíË niente <strong>nella</strong> Natura che concor<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> pi˘ con líuomo <strong>del</strong>líuomo stesso. Questo vuol <strong>di</strong>re che líutile massimo<br />

per líuomo consiste nello sforzarsi <strong>di</strong> formare líassociazione fra gli esseri<br />

umani secondo rapporti <strong>di</strong> concordanza 110 . Nella societ‡ secondo natura<br />

non cíË pi˘ opposizione (morale) tra il giusto che obbe<strong>di</strong>sce alle leggi e<br />

líingiusto che le trasgre<strong>di</strong>sce, ma <strong>di</strong>fferenza (etica) tra líuomo libero che<br />

aumenta la sua potenza <strong>di</strong> agire tramite passioni <strong>di</strong> gioia e il servo o il<br />

debole che si separa dalla sua potenza a causa <strong>di</strong> passioni tristi.<br />

Per <strong>Spinoza</strong> la libert‡ e la ragione sono in un certo senso innate<br />

nellíuomo, ma non possono giungere a compimento, cioË essere veramente<br />

ciÚ che sono, senza un processo <strong>di</strong> emancipazione dalle passioni, cioË dai<br />

limiti che la nostra potenza subisce necessariamente durante líesistenza.<br />

Líumanit‡ non Ë razionale e libera gi‡ <strong>di</strong> per sÈ, ma deve sforzarsi <strong>di</strong><br />

abbandonare lo stato infantile in cui si trova, cioË quello <strong>del</strong>la tristezza,<br />

<strong>del</strong>la debolezza, <strong>del</strong>la passivit‡, <strong>del</strong>líignoranza e <strong>del</strong>la sottomissione agli<br />

incontri fortuiti.<br />

109 Vicino alle posizioni <strong>di</strong> Deleuze e Negri, sullíopposizione tra <strong>Spinoza</strong> e Hobbes, vi Ë anche quella <strong>di</strong><br />

R. Bodei, secondo la quale lo sguardo spinoziano sulla societ‡ umana Ë completamente antagonista a<br />

quello hobbesiano. Infatti, líottica <strong>del</strong> primo viene dal basso, cioË si preoccupa <strong>di</strong> limitare la passivit‡<br />

degli uomini e considera lo Stato come un mezzo per aumentare la loro gioia attiva. Mentre líottica<br />

hobbesiana viene dallíalto, cioË dallíesigenza <strong>di</strong> ridurre le forze centrifughe <strong>del</strong>le passioni e degli<br />

interessi privati, concependo lo Stato come una macchina che deve reprimere le potenze singolari per<br />

favorire quelle collettive. R. Bodei, Geometria <strong>del</strong>le passioni, Milano, Feltrinelli, 1997, p. 140.<br />

110 ì La stessa esperienza ogni giorno con tante e tanto illuminanti testimonianze attesta quello che<br />

abbiamo appena <strong>di</strong>mostrato, sÏ che Ë sulla bocca quasi <strong>di</strong> tutti: líuomo Ë un Dio per líuomo.î B. <strong>Spinoza</strong>,<br />

Ethica, P. IV, p. XXXV, sc., trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p. 255. Come si puÚ<br />

notare questa affermazione rappresenta il perfetto rovesciamento <strong>del</strong>la concezione hobbesiana sui<br />

rapporti tra gli uomini: ìhomo homini lupusî.<br />

73


Secondo <strong>Spinoza</strong>, Adamo 111 rappresenta questo stato infantile <strong>del</strong>líuomo,<br />

poichÈ Ë colui che, non conoscendo la necessit‡ naturale dei rapporti <strong>di</strong><br />

composizione, ha creduto alle leggi <strong>di</strong>vine come si fa con le leggi morali,<br />

cioË obbedendo o <strong>di</strong>sobbedendo. Lo stato <strong>di</strong> ragione non Ë certo il<br />

principio fondante lo stato <strong>di</strong> natura, ma questo non vuol <strong>di</strong>re che i due<br />

stati siano incompatibili o, peggio, che lo stato <strong>di</strong> ragione debba<br />

sottomettersi a quello <strong>di</strong> natura. Lo sforzo <strong>del</strong>la ragione non Ë una<br />

convenzione hobbesiana che ci priva <strong>del</strong> nostro <strong>di</strong>ritto naturale, non<br />

implica nessuna auto-censura, nessun limite artificiale auto-imposto. Lo<br />

stato <strong>di</strong> ragione Ë, in realt‡, lo sforzo con cui portiamo lo stato <strong>di</strong> natura ad<br />

esprimere una potenza senza la quale esso rimarrebbe vuoto e astratto.<br />

I dettami <strong>del</strong>la ragione non sono quin<strong>di</strong> contrari alla natura, ma anzi<br />

contribuiscono a renderla sempre pi˘ un sistema espressivo <strong>di</strong> potenza.<br />

Le pagine che Deleuze de<strong>di</strong>ca a <strong>Spinoza</strong> ci mostrano un filosofo che<br />

contrappone líetica <strong>del</strong>la potenza alla morale <strong>del</strong> potere <strong>di</strong> Hobbes. Anche<br />

se entrambi avevano sviluppato le loro teorie partendo dal corpo come<br />

mo<strong>del</strong>lo <strong>di</strong>namico e meccanico, contrariamente a quanto aveva fatto la<br />

filosofia in passato, sar‡ solo <strong>Spinoza</strong> a <strong>di</strong>staccarsi completamente da una<br />

politica fondata sullíautorit‡ <strong>del</strong> singolo, sulla rinuncia <strong>del</strong>le potenze<br />

singolari in nome <strong>del</strong>lo Stato. Per <strong>Spinoza</strong>, infatti, lo Stato Ë una persona<br />

collettiva, che non nasce per opera <strong>del</strong>la ragione, ma si nutre <strong>del</strong>la paura e<br />

<strong>del</strong>la speranza comune.<br />

Tuttavia, lo Stato puÚ conservarsi solo se ha come fine quello che la<br />

ragione ricerca per tutti gli uomini. Quin<strong>di</strong> líunica rinuncia che gli uomini<br />

devono fare nei confronti <strong>del</strong>lo Stato, non Ë quella <strong>del</strong> loro conatus, ma<br />

quella ad essere determinati da affezioni personali, in modo da accogliere<br />

il maggior numero possibile <strong>di</strong> affezioni collettive e comuni. Lo Stato, pur<br />

nascendo a causa <strong>del</strong>la debolezza e <strong>del</strong>líignoranza <strong>del</strong>líuomo, deve<br />

111 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 205.<br />

74


svolgere la funzione <strong>di</strong> limitare le passioni e produrre affezioni <strong>di</strong> gioia,<br />

insomma, deve essere la ragione per chi non la possiede e il luogo migliore<br />

dove effettuarla per chi, invece, gi‡ líha conquistata.<br />

La grandezza <strong>del</strong>líinterpretazione <strong>del</strong>auziana sta soprattutto nel renderci<br />

consapevoli <strong>del</strong>la rivoluzione etica e materiale che <strong>Spinoza</strong> porta <strong>nella</strong><br />

storia <strong>del</strong>la filosofia. Díora in poi il <strong>pensiero</strong> non potr‡ pi˘ rimandare a<br />

valori trascendentali, a precetti morali, ma solo a norme <strong>di</strong> vita, cioË a un<br />

metodo díespressione che riguarda la potenza <strong>di</strong> agire dei mo<strong>di</strong> immanenti<br />

díesistere. Il compito <strong>del</strong>la filosofia Ë <strong>di</strong> denunciare i miti, le<br />

mistificazioni, le superstizioni e tutti coloro che si servono <strong>di</strong> questi<br />

strumenti per produrre passioni tristi 112 .<br />

Deleuze, attraverso la sua splen<strong>di</strong>da rilettura, ha cercato <strong>di</strong> <strong>di</strong>rci<br />

semplicemente che per <strong>Spinoza</strong> la filosofia non Ë nientíaltro che uníetica,<br />

un modo per capire le nostre potenze, non una satira, un modo per<br />

giu<strong>di</strong>care i nostri doveri 113 . Secondo questíetica espressiva <strong>del</strong>la potenza i<br />

generi <strong>di</strong> conoscenza non sono che le modalit‡ con cui la vita si riflette,<br />

anzi sono veri e propri mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> esistere.<br />

Il primo genere <strong>di</strong> conoscenza, líimmaginazione, corrisponde infatti<br />

allíor<strong>di</strong>ne comune <strong>del</strong>la Natura, cioË allíinfanzia <strong>del</strong>líumanit‡, un mondo<br />

fatto esclusivamente <strong>di</strong> segni, <strong>di</strong> tracce, dove gli uomini percepiscono gli<br />

oggetti solo attraverso gli effetti che questi esercitano su <strong>di</strong> loro. Questa<br />

conoscenza Ë naturalmente inadeguata, poichÈ coglie solo le<br />

determinazioni estrinseche <strong>del</strong>la Natura, cioË ha per oggetto le impronte<br />

che si formano per la causalit‡ fortuita degli incontri.<br />

A questo livello <strong>del</strong>la conoscenza siamo in una <strong>di</strong>mensione umana legata a<br />

idee astratte che non esprimono affatto la natura <strong>del</strong>le cose, ma in<strong>di</strong>cano<br />

112 Deleuze paragona <strong>Spinoza</strong> a Lucrezio, infatti entrambi hanno affidato al filosofo il compito etico <strong>di</strong><br />

denunciare tutto ciÚ che vive e si nutre <strong>di</strong> tristezza. Ivi, p. 212.<br />

113 ì E infatti essi considerano gli uomini, non come sono, ma come vorrebbero che fossero: Ë per questo<br />

che per lo pi˘, invece <strong>di</strong> uníetica, hanno scritto una satira.î B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus, cap. I, I, trad.<br />

it., Trattato politico, cit., p. 4.<br />

75


solo le qualit‡ sensibili. Viviamo in una societ‡ dove le leggi, <strong>di</strong> cui ne<br />

ignoriamo la natura, assumono forma morale. Al tempo stesso ci<br />

sottomettiamo ad una religione sorta per farci obbe<strong>di</strong>re ad un Dio che si<br />

rivela tramite propri simili, ma analogicamente superiori ai nostri.<br />

Solo con il secondo genere, cioË quello <strong>del</strong>la ragione, <strong>del</strong>le nozioni<br />

comuni, entriamo nel campo <strong>del</strong>líespressione, <strong>del</strong>la conoscenza adeguata.<br />

Posse<strong>di</strong>amo finalmente la nostra potenza in quanto abbiamo idee che<br />

esprimono la loro causa e quin<strong>di</strong> ci permettono <strong>di</strong> conoscere la nostra<br />

potenza <strong>di</strong> pensare. Le nozioni comuni, che abbiamo solo in questo<br />

secondo genere <strong>del</strong>la conoscenza, sono idee che riguardano una<br />

somiglianza <strong>di</strong> composizione tra i corpi. Queste ci permettono <strong>di</strong> capire le<br />

strutture interne, le leggi secondo cui si costituiscono i rapporti nel mondo,<br />

ma soprattutto ci permettono <strong>di</strong> avere una prima idea <strong>di</strong> Dio in quanto<br />

causa efficiente.<br />

Adesso le leggi <strong>di</strong> Natura non sono pi˘ dettami a cui obbe<strong>di</strong>re, bensÏ leggi<br />

<strong>di</strong> composizione. I segni, inoltre, hanno smesso <strong>di</strong> essere líelemento<br />

dominante <strong>del</strong>la nostra vita.<br />

Certo va aggiunto che Ë solo nellíimmaginazione che la ragione trova le<br />

con<strong>di</strong>zioni per ricercare ciÚ che Ë comune ai corpi, in modo da conferire<br />

necessit‡ alla concordanza e <strong>di</strong>scordanza <strong>del</strong>la Natura. Quin<strong>di</strong> non<br />

dobbiamo per nessun motivo considerare questi generi come livelli<br />

gerarchici <strong>di</strong> un sistema, dove il successivo ha valore solo in quanto supera<br />

e invera il precedente.<br />

Siamo partiti dallíimmaginazione inespressiva e siamo giunti, tramite lo<br />

sforzo <strong>del</strong>la ragione, sia ad una conoscenza con cui esprimere la nostra<br />

potenza, sia ad una prima idea <strong>di</strong> Dio in quanto fonte <strong>di</strong> tutti i rapporti<br />

costitutivi fra le cose.<br />

76


Ma una volta giunti a questa idea <strong>di</strong> Dio, il secondo genere deve essere<br />

abbandonato. Dobbiamo, infatti, salire verso un terzo genere che esprima<br />

le essenze singolari <strong>del</strong>le cose, cosÏ come sono in Dio.<br />

Certo se considerassimo líidea <strong>di</strong> Dio una nozione comune, non potremmo<br />

mai superare il secondo genere, poichÈ líidea <strong>di</strong> Dio Ë solo il vertice <strong>di</strong><br />

questo livello <strong>di</strong> conoscenza, ma non Ë affatto paragonabile ad una<br />

semplice nozione comune. Questa, infatti, si applica solo ai mo<strong>di</strong> esistenti,<br />

cioË non esprime líessenza <strong>del</strong>le cose, ma le strutture interne dei loro<br />

rapporti, insomma, si applica agli oggetti <strong>del</strong>líimmaginazione, cosa che<br />

Dio non puÚ essere.<br />

Tuttavia, líidea <strong>di</strong> Dio che abbiamo a questo livello ci permette <strong>di</strong> avere<br />

una nuova concezione <strong>del</strong> termine comune 114 . Questo non vuol pi˘ <strong>di</strong>re<br />

generale, cioË applicabile a tutti i mo<strong>di</strong> esistenti, bensÏ univoco, cioË<br />

costitutivo <strong>del</strong>líessenza <strong>di</strong> Dio e contenente le essenze particolari <strong>del</strong>le<br />

cose. Siamo giunti <strong>nella</strong> conoscenza <strong>del</strong>le essenze, dove gli attributi<br />

acquistano una nuova identit‡, non sono pi˘ le propriet‡ comuni che<br />

regolano i rapporti fra i corpi, ma gli elementi costitutivi <strong>del</strong>líessenza <strong>di</strong><br />

Dio e le forme che complicano tutte le essenze particolari dei mo<strong>di</strong> finiti.<br />

Cosa ci trasmette questa concezione tria<strong>di</strong>ca <strong>del</strong>la conoscenza?<br />

Uníidentit‡ tra affermazione speculativa e gioia pratica.<br />

Secondo Deleuze, tutta la teoria speculativa <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> coincide con una<br />

pratica <strong>del</strong>la gioia. Questa inoltre consiste in un processo <strong>di</strong> formazione<br />

espressiva: 1) gioia passiva che ci avvicina alla nostra potenza <strong>di</strong> agire, ma<br />

non ci rende ancora attivi (cupi<strong>di</strong>t‡ irrazionale) 2) la ragione si serve <strong>di</strong> ciÚ<br />

che vi Ë <strong>di</strong> positivo <strong>nella</strong> passione-gioia per formulare nozioni comuni 3)<br />

da queste segue una gioia attiva che Ë líespressione <strong>del</strong> possesso formale<br />

114 » interessante notare come solo nel terzo genere <strong>di</strong> conoscenza, e soprattutto grazie a questa nuova<br />

concezione <strong>del</strong> termine comune, si ha líespressione vera e propria <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> univocit‡. Per Deleuze<br />

se le nozioni comuni sono figure ottiche e non pi˘ segni tattili, come gli affetti, le essenze espresse nel<br />

terzo genere sono figure <strong>di</strong> luce, unit‡ espressive <strong>di</strong> soggetto e oggetto (percetti). G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e<br />

le tre ìeticheî in Critica e clinica, cit., p. 190.<br />

77


<strong>del</strong>la nostra conoscenza 4) la gioia attiva si unisce a quella passiva per<br />

formare una cupi<strong>di</strong>t‡ che Ë ormai una vera e propria azione.<br />

La nuova rilettura ontologica <strong>di</strong> Deleuze si <strong>di</strong>scosta dalle altre che líhanno<br />

preceduta proprio perchÈ Ë incentrata sulla volont‡ <strong>di</strong> presentarci la<br />

filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> come una vera e propria rivoluzione <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>.<br />

Ci costringe a essere consapevoli <strong>del</strong>la grande novit‡ che questa prova<br />

espressiva attraverso tre livelli (degli incontri fra le parti, dei rapporti <strong>di</strong><br />

concordanza tra le cose, <strong>del</strong>le essenze particolari <strong>del</strong>le cose) rappresenta<br />

rispetto alla metafisica tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Questo percorso, infatti, non puÚ essere ridotto ad uníascesa mistica, ad un<br />

cammino per la salvezza che ci costringe a trascendere il finito, ma va<br />

considerato come un percorso etico díespressione, la cui meta finale non<br />

risiede nellíUno, bensÏ nelle nostre essenze particolari, <strong>nella</strong> nostra<br />

potenza cosÏ come Ë implicata in Dio o,meglio, nei gra<strong>di</strong> intensivi grazie ai<br />

quali Dio puÚ esplicarsi.<br />

La storia metafisica <strong>del</strong>líessere Ë ormai rovesciata. Se nel secondo genere<br />

<strong>di</strong> conoscenza Dio ci appare come un sovrano che non prova gioia nÈ<br />

attiva nÈ passiva, poichÈ queste presuppongono sempre una causa<br />

occasionale che Dio non puÚ subire, in quanto causa efficiente <strong>di</strong> tutte le<br />

cose, con le idee <strong>del</strong> terzo genere noi conosciamo un Dio che esprime la<br />

propria essenza grazie alla nostra. Siamo entrati in una nuova <strong>di</strong>mensione<br />

umana, quella <strong>del</strong>líamore o, meglio, <strong>del</strong>la beatitu<strong>di</strong>ne.<br />

Le nozioni comuni sono si affezioni attive innate, poichÈ si esprimono per<br />

mezzo <strong>del</strong>la nostra essenza, ma non costituiscono líidea <strong>di</strong> questa essenza.<br />

Questo si spiega con il fatto che tutte le idee adeguate <strong>del</strong> secondo genere<br />

hanno la loro causa nelle affezioni avventizie, cioË indotte dallíesterno.<br />

Insomma, dobbiamo conquistare attraverso la prova <strong>del</strong>la nostra esistenza<br />

ciÚ che appartiene alla nostra essenza, questo Ë il percorso pratico<br />

<strong>del</strong>líespressione.<br />

78


Una volta conquistate le idee <strong>del</strong> terzo genere, cioË una volta che abbiamo<br />

ottenuto la pienezza <strong>del</strong>la nostra essenza, siamo entrati in una <strong>di</strong>mensione<br />

<strong>del</strong>líinnato (potenza espressiva) pi˘ profonda. Non abbiamo pi˘ bisogno <strong>di</strong><br />

aumentare la nostra potenza, siamo <strong>di</strong>rettamente ed eternamente in Dio.<br />

Líamore e la gioia che proviamo in questa nuova <strong>di</strong>mensione sono le<br />

stesse che prova Dio, in quanto si esplica per mezzo <strong>del</strong>la nostra essenza,<br />

cioË amiamo Dio <strong>nella</strong> stessa maniera in cui Dio ama le nostre essenze 115 .<br />

La nuova identit‡ espressiva <strong>del</strong>la filosofia spinoziana tra Dio e la Gioia ha<br />

sostituito definitivamente quella mistica <strong>del</strong>la metafisica tra líanima umana<br />

e líUno. La beatitu<strong>di</strong>ne Ë, quin<strong>di</strong>, la forma finale <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>del</strong>la<br />

sostanza, <strong>del</strong>la sua esplicazione attraverso i mo<strong>di</strong>, insomma líultima<br />

espressione <strong>del</strong>la Natura.<br />

Deleuze ci ha mostrato come in <strong>Spinoza</strong> non vi Ë pi˘ prova morale da<br />

superare, nÈ cammino <strong>del</strong>la salvezza da intraprendere, bensÏ prova fisico-<br />

chimica da sviluppare 116 . CosÏ come il corpo, anche la mente ha le sue<br />

parti estensive, per esempio líimmaginazione e la memoria, nonchÈ la sua<br />

parte intensiva, ovvero la potenza <strong>di</strong> conoscere le cose tramite le idee <strong>del</strong><br />

terzo genere, cioË sotto una specie díeternit‡. Questo vuol <strong>di</strong>re che la<br />

mente ha durata solo in quanto Ë composta da parti estensive, mentre Ë<br />

eterna in quanto possiede una parte intensiva, uníessenza.<br />

Cosa succede allora quando moriamo?<br />

La morte Ë sottrazione, per<strong>di</strong>ta <strong>del</strong>le parti estensive, quin<strong>di</strong> la mente perde<br />

le sue facolt‡ ma non la sua essenza, che continua ad avere la sua<br />

perfezione al <strong>di</strong> l‡ <strong>del</strong>la durata. Con la morte la nostra essenza non Ë pi˘<br />

implicata, cioË non siamo pi˘ separati dalla nostra potenza, poichÈ con la<br />

<strong>di</strong>struzione <strong>del</strong> rapporto su cui si basava il nostro corpo non abbiamo perso<br />

115 Secondo Bodei questa concezione <strong>del</strong>líamore rappresenta il rovesciamento <strong>del</strong>la tra<strong>di</strong>zione cristiana.<br />

Infatti attraverso uníemancipazione dalle passioni, che avviene senza il sacrificio <strong>del</strong>la propria utilit‡,<br />

líuomo porta a compimento, cioË esplica líamore che costituisce líessenza stessa <strong>di</strong> Dio. Quin<strong>di</strong> Ë<br />

líuomo, non Dio, a essere amore, Ë lui la mo<strong>di</strong>ficazione senza la quale Dio non potrebbe esplicare il suo<br />

amore. R. Bodei, Geometria <strong>del</strong>le passioni, cit., pp. 350-351.<br />

116 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 249.<br />

79


la nostra verit‡ eterna, la parte intensiva che si esprimeva in esso, ma solo<br />

le parti estensive e tutto ciÚ che Ë legato o derivava da esse (le passioni, le<br />

nozioni comuni, le affezioni attive <strong>del</strong> secondo genere).<br />

Quin<strong>di</strong> adesso capiamo finalmente il vero scopo <strong>di</strong> questa prova fisico-<br />

naturale: se durante la nostra esistenza facciamo <strong>del</strong>la nostra essenza e <strong>di</strong><br />

tutto ciÚ che la esprime (idee adeguate e gioie <strong>del</strong> terzo genere) la parte pi˘<br />

importante <strong>del</strong>la nostra vita, non dovremo affatto temere la morte, poichÈ<br />

con essa non perderemo che la parte pi˘ insignificante <strong>di</strong> noi stessi, mentre<br />

la nostra capacit‡ <strong>di</strong> essere affetti continuer‡ ad essere colmata<br />

esclusivamente da affezioni attive, e la nostra essenza sar‡ pienamente<br />

affetta.Questo Ë il fascino <strong>del</strong>la filosofia spinoziana che Deleuze ha tanto<br />

subito, ma che deve anche conquistare tutti quanti aspirino ad essere<br />

violentati dal <strong>pensiero</strong> <strong>del</strong>líimmanenza.<br />

La vita, líagire e la filosofia non sono che il cammino <strong>del</strong>líespressione, il<br />

percorso con cui dobbiamo <strong>di</strong>ventare totalmente espressivi, totalmente<br />

attivi, anzi dobbiamo <strong>di</strong>ventare noi stessi líidea díamore pi˘ grande<br />

attraverso cui la potenza (Dio per la metafisica, nonchÈ per <strong>Spinoza</strong> stesso)<br />

si esprime: la Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />

80


5. Dallíespressionismo <strong>del</strong>la potenza al progetto etico-politico: líasse<br />

Nietzsche-<strong>Spinoza</strong>.<br />

Come Deleuze ha pi˘ volte affermato, la filosofia con<strong>di</strong>vide con líarte e la<br />

scienza lo stesso piano espressivo. Queste, cioË, sono tutte attivit‡ <strong>di</strong><br />

creazione, ma la specificit‡ <strong>del</strong>la filosofia risiede nel suo particolare<br />

oggetto o prodotto: il concetto 117 . Questa speciale creazione Ë per Deleuze<br />

un corpo espressivo, il quale, tra líaltro, necessita <strong>di</strong> uníinsolita e potente<br />

facolt‡: inventare macchine che affettano, che entrano in risonanze<br />

díespressione e con le loro vibrazioni scombinano líor<strong>di</strong>ne dei piani su cui<br />

vegetano le forme sterili <strong>del</strong> potere.<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista, Nietzsche e <strong>Spinoza</strong> sono filosofi a pieno titolo,<br />

inventori <strong>di</strong> macchine che donano al <strong>pensiero</strong> fen<strong>di</strong>ture <strong>di</strong> potenza, tagli<br />

creativi che riscrivono il cosmo, che <strong>di</strong>struggono il dominio <strong>del</strong><br />

trascendentale attraverso líespressione univoca <strong>di</strong> una molteplicit‡ <strong>di</strong><br />

fessure-concetti.<br />

<strong>Spinoza</strong> rappresenta il costruttore <strong>di</strong> concetti pi˘ importante per la storia<br />

<strong>del</strong>la filosofia, non solo perchÈ ha ìfabbricatoî la sua etica su <strong>di</strong> un piano<br />

avverso a quello metafisico, ma soprattutto perchÈ ha prodotto líevento <strong>del</strong><br />

suo <strong>pensiero</strong> sul piano materialista <strong>del</strong>líimmanenza. Questa Ë per il<br />

filosofo ciÚ che la trascendenza Ë per il prete, la macchina espressiva <strong>del</strong>la<br />

potenza.<br />

Per molto tempo la filosofia, invece <strong>di</strong> restare fe<strong>del</strong>e alla propria vocazione<br />

critica, alla propria funzione <strong>di</strong> forbice creativa, ha cercato <strong>di</strong> ìcopulareî<br />

con lo Stato per erigere uníimmagine dogmatica ed egemone <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>.<br />

117 G. Deleuze, Pourparler, Macerata, Quodlibet, 2000, p. 164.<br />

81


Ma a un certo punto <strong>del</strong>la storia, due inventori <strong>di</strong> crepe, <strong>Spinoza</strong> e<br />

Nietzsche, hanno aperto un varco nel <strong>pensiero</strong> da cui Ë penetrato un soffio<br />

<strong>di</strong> caos 118 . Con questo caos hanno rinnovato e plasmato la potenza creativa<br />

in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una nuova eccedenza, uno scarto-evento che ha prodotto<br />

uníimmagine altra <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>. Ha preso domicilio nel cuore <strong>del</strong>la<br />

filosofia maggiore uno squarcio, uníincrinatura minore che ha iniziato a<br />

<strong>di</strong>stribuire noma<strong>di</strong>camente i propri <strong>di</strong>venire, a produrre i propri concetti su<br />

<strong>di</strong> un piano díimmanenza in quanto linea <strong>di</strong> fuga dalla trascendenza<br />

<strong>del</strong>líUno.<br />

Questo ci deve far capire che per Deleuze <strong>di</strong>alogare con gli autori <strong>del</strong>la sua<br />

formazione culturale (Hume, Bergson, Lucrezio, <strong>Spinoza</strong>, Nietzsche) vuol<br />

<strong>di</strong>re costruire un rizoma <strong>di</strong> <strong>pensiero</strong> segreto ed espressivo che rappresenti<br />

la critica sovversiva <strong>del</strong> negativo, <strong>del</strong>la tristezza, <strong>del</strong>líinteriorit‡ o, meglio,<br />

costruire un piano su cui lui stesso possa <strong>di</strong>alogare con questi autori per<br />

creare concetti come crepe e fessure pensanti, da cui far fluire le forze<br />

<strong>del</strong>la gioia e líesteriorit‡ degli incontri, tutto ciÚ che líhegelismo e la<br />

<strong>di</strong>alettica non potevano rappresentare.<br />

Tuttavia, non dobbiamo credere che per Deleuze <strong>Spinoza</strong> sia il pensatore<br />

che per ultimo debba far vibrare la freccia sotterranea <strong>del</strong>la potenza<br />

affermativa <strong>del</strong>líessere. Anche se i suoi concetti sono anti-razionalisti, cioË<br />

empiristi, anti-<strong>di</strong>alettici, i vocaboli che usa per esprimersi sono ancora<br />

troppo metafisici (sostanza, Dio).<br />

Per Deleuze, Nietzsche soltanto sar‡ colui che strapper‡ definitivamente la<br />

potenza e la gioia alle parole spinoziane e le consegner‡ alle forze <strong>del</strong>la<br />

terra, al caso e allíinnocenza <strong>del</strong>líuomo senza soggetto, <strong>del</strong>líumanit‡ senza<br />

uomo, <strong>del</strong>la multitudo 119 che ha <strong>di</strong>strutto la sfera privata <strong>del</strong>líinteriorit‡.<br />

118 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong>líimportanza che il concetto <strong>di</strong> caos ha avuto <strong>nella</strong> filosofia <strong>del</strong>euziana si<br />

veda M. Guareschi, Gilles Deleuze popfilosofo, Milano, Shake, 2001, p. 17.<br />

119 Questo concetto Ë indubbiamente legato allíuso che ne fa A. Negri in tutta la sua filosofia, si veda, A.<br />

Negri, KairÚs, Alma Venus, Multitudo: nove lezioni impartite a me stesso, Roma, Manifestolibri, 2000,<br />

pp. 123-173.<br />

82


In verit‡, proprio con la suddetta ricerca, si Ë cercato <strong>di</strong> <strong>del</strong>ineare un punto<br />

<strong>di</strong> vista altro rispetto a questa linea interpretativa.<br />

Infatti, se si legge Differenza e ripetizione alla luce <strong>del</strong> nostro presente<br />

lavoro, si puÚ facilmente vedere come, violentando lo stesso Deleuze,<br />

senza perÚ mai tra<strong>di</strong>re il suo <strong>pensiero</strong>, Ë in realt‡ <strong>Spinoza</strong>, e non Nietzsche,<br />

il vero protagonista <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>euziana <strong>del</strong>líessere e <strong>del</strong>le sue<br />

espressioni. Differenza e ripetizione non Ë altro che la trascrizione<br />

strutturalista <strong>del</strong>líEthica spinoziana. Il rapporto tra virtuale e attuale, che<br />

costituisce líidea-evento, altro non Ë che il rapporto sostanza-mo<strong>di</strong>, che<br />

rappresenta la Natura spinoziana.<br />

Ma perchÈ per Deleuze Ë Nietzsche il solo e vero filosofo <strong>del</strong>líavvenire?<br />

Prima <strong>di</strong> tutto dobbiamo ripercorrere brevemente il cammino degli incontri<br />

che Deleuze ha coltivato con alcuni filosofi <strong>del</strong> passato, cammino che ha<br />

segnato lo sviluppo <strong>del</strong> suo <strong>pensiero</strong> e, attraverso quegli incontri che hanno<br />

avuto una ricaduta in forma <strong>di</strong> libro 120 , ha cambiato per sempre il modo <strong>di</strong><br />

interpretare alcuni sistemi filosofici <strong>del</strong>la tra<strong>di</strong>zione.<br />

Il primo confronto che Deleuze istituisce con il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> un altro<br />

filosofo Ë rappresentato dal suo primo libro: Empirismo e soggettivit‡ 121 .<br />

Qui il giovane Deleuze si rapporta per la prima volta allíempirismo <strong>di</strong><br />

Hume. Per lui questo coincide con il lasciarsi penetrare passivamente da<br />

un modo <strong>di</strong> fare filosofia che rester‡ centrale e determinante per il suo<br />

<strong>pensiero</strong>: non stu<strong>di</strong>o dei valori o <strong>del</strong>le essenze, ma sperimentazione,<br />

invenzione, ricerca creativa. Hume rappresenta il primo filosofo che<br />

sostituisce le e-congiunzione con le e-copula, cioË agli occhi <strong>di</strong> Deleuze Ë<br />

lo scienziato che si occupa <strong>del</strong> Fuori, <strong>del</strong>le relazioni e non <strong>del</strong>le interiorit‡.<br />

CiÚ che Deleuze estrae dalla sua filosofia empirista Ë soprattutto il<br />

concetto <strong>di</strong> mente come collezione passiva <strong>di</strong> dati.<br />

120 M. Guareschi, Gilles Deleuze popfilosofo, cit., p. 29.<br />

121 G. Deleuze, Empirismo e soggettivita: saggio sulla natura umana secondo Hume, Bologna, Cappelli,<br />

1981.<br />

83


La mente non riproduce o rappresenta il mondo, ma opera subendo<br />

affezioni, reagendo sempre a qualcosa che la scuote, entrando, attraverso<br />

le passioni, in rapporto <strong>di</strong>retto con il fuori. Hume non costruisce verit‡,<br />

non si occupa <strong>del</strong>líidentit‡, ma sperimenta relazioni, traccia una mappa<br />

degli incontri. Filosofia come invenzione che spinge il singolo a costruire<br />

la propria natura attraverso la sperimentazione.<br />

La mente non Ë natura <strong>di</strong> per sÈ, non Ë facolt‡ attiva, ma luogo passivo<br />

dove le idee si riflettono, si liberano <strong>del</strong>la loro parzialit‡ e insieme ai<br />

principi <strong>di</strong> associazione, agli interessi e alle inclinazioni <strong>del</strong>le passioni<br />

conferiscono una natura alla mente, creano nuove relazioni e legami che<br />

non costituiscono pi˘ parzialit‡, ma etica sociale e collettiva.<br />

Siamo <strong>di</strong> fronte ad un primo abbozzo <strong>di</strong> quel tema che, sviluppato in<br />

seguito con <strong>Spinoza</strong> e Nietzsche, <strong>di</strong>venter‡ centrale <strong>nella</strong> filosofia <strong>di</strong><br />

Deleuze, ovvero la critica al negativo <strong>del</strong>la legge, allíidentit‡ <strong>del</strong>líUno,<br />

insomma alla metafisica che da Platone a Hegel parla solo <strong>di</strong> essenza e<br />

non <strong>di</strong> esistenza.<br />

Adesso si tratta <strong>di</strong> costruire una filosofia come affermazione pura<br />

<strong>del</strong>líessere, cioË un empirismo trascendentale che faccia coincidere le<br />

essenze con líesistenza, líetica con líontologia. Proprio questa visione anti-<br />

<strong>di</strong>alettica <strong>del</strong> metodo filosofico lo avviciner‡ a Bergson. Sar‡ questíautore<br />

a inaugurare il percorso fondamentale <strong>del</strong>la filosofia <strong>del</strong>euziana, ovvero<br />

quello <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza.<br />

La <strong>di</strong>alettica hegeliana era una filosofia dove líessere emergeva e si<br />

affermava solo attraverso il negativo, solo tramite il contrasto e la lotta con<br />

la sua ombra. Per Hegel qualsiasi determinazione <strong>del</strong>líessere doveva<br />

passare dalla negazione <strong>di</strong> ciÚ che non Ë. In questo modo la <strong>di</strong>fferenza<br />

veniva risucchiata allíinterno dei binari <strong>di</strong>alettici affermazione/negazione e<br />

sottomessa ai concetti <strong>di</strong> identit‡ e rappresentazione.<br />

84


Ma Ë proprio con Bergson che Deleuze scopre líarma anti-<strong>di</strong>alettica per<br />

eccellenza, uníontologia pura, dove líessere si afferma come piena<br />

positivit‡ irriducibile a qualsiasi forza negativa. Alla contrad<strong>di</strong>zione,<br />

allíalterit‡ e negazione viene contrapposto un concetto che, come abbiamo<br />

gi‡ accennato, <strong>di</strong>venter‡ essenziale non solo per la filosofia <strong>del</strong>lo stesso<br />

Deleuze, ma anche per tutto il <strong>pensiero</strong> francese postmoderno: la<br />

<strong>di</strong>fferenza 122 . Questa non Ë pi˘ concepita in termini relativi, non Ë pi˘ un<br />

aggettivo da applicare ai vari possibili, Ë <strong>di</strong>ventata <strong>di</strong>fferenza interna,<br />

assoluta, in sÈ, ovvero Ë líelemento che pone e fa la <strong>di</strong>fferenza, non un<br />

<strong>di</strong>fferente, ma il <strong>di</strong>fferenziante. La <strong>di</strong>fferenza Ë, quin<strong>di</strong>, la modalit‡<br />

ontologica primaria <strong>del</strong>líessere, non una <strong>di</strong>storsione contingente che<br />

líessenza deve superare per riportare líidentit‡ nel cuore <strong>del</strong>líessere.<br />

Bergson dona a Deleuze líamore per le <strong>di</strong>versit‡ <strong>di</strong> grado, le variazioni<br />

minime che non sono derivati o effetti <strong>del</strong>líessere, ma elementi genetici e<br />

costitutivi interni, irriducibili, non aggettivi-qualit‡, ma sostantivi-quantit‡.<br />

Le sfumature sono ciÚ che caratterizzano la <strong>di</strong>fferenza, che non Ë mai<br />

statica, gi‡ data, ma <strong>di</strong>namica, in <strong>di</strong>venire, in un continuo movimento <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenziazione, come una virtualit‡ interna che si attualizza<br />

sviluppandosi attraverso le linee e i punti singolari <strong>del</strong>la molteplicit‡.<br />

Líempirismo costruzionista <strong>del</strong>la mente e il concetto anti-<strong>di</strong>alettico <strong>del</strong>la<br />

<strong>di</strong>fferenza spingono Deleuze a cercare quel filosofo che pi˘ <strong>di</strong> tutti<br />

rappresenti il <strong>pensiero</strong> antagonista a quello metafisico, il <strong>pensiero</strong> <strong>del</strong>la<br />

pura affermazione contro la negazione <strong>di</strong>alettica, <strong>del</strong>líessere in quanto<br />

innocenza e gioia contro il risentimento e la perversione <strong>del</strong>líessere<br />

razionale.<br />

Insomma, Deleuze Ë alla ricerca <strong>del</strong> filosofo che incarni il compito<br />

espressivo e positivo <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>: fare <strong>del</strong>la filosofia líespressione critica<br />

e gioiosa <strong>del</strong>la potenza <strong>del</strong>líessere.<br />

122 M. Guareschi, Gilles Deleuze popfilosofo, cit., p. 34.<br />

85


<strong>Spinoza</strong> non puÚ incarnare questíimmagine <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, egli Ë il filosofo<br />

che, anche se ha liberato líespressione dallíanalogia e dallíeminenza, porta<br />

ancora un retaggio metafisico nel cuore <strong>del</strong>líontologia <strong>del</strong>la potenza.<br />

Nietzsche, invece, Ë líinventore <strong>di</strong> una nuova sperimentazione nel <strong>pensiero</strong><br />

in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere i dogmi <strong>del</strong>la verit‡ assoluta e <strong>del</strong>líerrore esterno e<br />

contingente, in modo da collocarsi allíinterno <strong>di</strong> una visione pluralista e<br />

positiva <strong>del</strong>líessere, un SÏ <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza contro il No <strong>del</strong>la negazione.<br />

Con Nietzsche il <strong>pensiero</strong> non Ë pi˘ interessato a raggiunge la verit‡<br />

assoluta, che tanto desidera e ricerca, attraverso la sottomissione <strong>del</strong>le<br />

forze esterne <strong>del</strong> corpo (passioni), ma ciÚ che ottiene va valutato in base<br />

alle forze o alla potenza che lo spingono, attraverso una vera e propria<br />

effrazione, a pensare, a interpretare qualcosa piuttosto che uníaltra.<br />

… solo nel gioco incessante <strong>del</strong>le forze, attraverso cui si esprime e sviluppa<br />

la nostra potenza, che il <strong>pensiero</strong> costruisce il proprio campo problematico,<br />

le proprie domande e le rispettive soluzioni. Il piano verticale su cui si<br />

<strong>di</strong>spone la linea <strong>pensiero</strong>-verit‡ Ë scompaginato da quello orizzontale <strong>del</strong>le<br />

forze plurali, dove la linea si fraziona in segmenti, ognuno espressivo <strong>del</strong>la<br />

propria verit‡ 123 . Líessere <strong>di</strong>viene un punto <strong>di</strong> vista in quanto sistema<br />

prospettico costituito da una molteplicit‡ <strong>di</strong> forze.<br />

Kant Ë stato il primo a parlare <strong>di</strong> critica totale e positiva allíinterno <strong>del</strong>la<br />

conoscenza stessa, ma in realt‡ ha concepito la critica solo come strumento<br />

per giustificare e <strong>di</strong>fendere i <strong>di</strong>ritti e le pretese <strong>del</strong>la conoscenza razionale.<br />

In questo modo ha evitato <strong>di</strong> sottoporre al vaglio <strong>del</strong>la critica i valori stessi<br />

<strong>del</strong>la conoscenza, limitandosi a giu<strong>di</strong>care moralmente il cattivo uso <strong>del</strong>la<br />

ragione e líoltrepassamento <strong>di</strong> ciÚ che Ë non-criticabile.<br />

Nietzsche, invece, intende la filosofia come critica positiva <strong>del</strong>la verit‡<br />

stessa, <strong>del</strong>la conoscenza e dei suoi valori, insomma mette sotto accusa<br />

líintera morale kantiana. Anche se Kant ha portato la critica dentro la<br />

123 Ivi,p. 39.<br />

86


agione, ha tuttavia considerato la ragione ciÚ che doveva giu<strong>di</strong>care se<br />

stessa o, quanto meno, líuso sbagliato che se ne fa <strong>di</strong> essa. Ma per<br />

Nietzsche questa Ë una falsa critica, la vera critica deve creare i valori,<br />

operare una trasmutazione allíinterno <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, in quanto Ë<br />

líespressione <strong>di</strong> una volont‡ <strong>di</strong> potenza che Ë il motore <strong>del</strong>lo scontro tra le<br />

forze, quin<strong>di</strong> Ë ciÚ che determina i valori e il senso che ne deriva, ma al<br />

tempo stesso ciÚ che viene determinandosi attraverso lo sviluppo <strong>del</strong>le<br />

forze. La critica immanente <strong>del</strong>la ragione era in realt‡ uno strumento per<br />

fare <strong>del</strong>la ragione il giu<strong>di</strong>cante e il giu<strong>di</strong>cato, il tribunale e líaccusato.<br />

Nietzsche, invece, vuole una genealogia <strong>del</strong>la ragione, non cerca <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fendere principi trascendentali per accusare le false pretese <strong>del</strong>la<br />

conoscenza, ma, valutando la conoscenza stessa, si chiede quali siano<br />

quelle forze che spingono líuomo a volere e a cercare attraverso la verit‡.<br />

Per questo motivo solo Nietzsche, e non <strong>Spinoza</strong>, rappresenta, agli occhi <strong>di</strong><br />

Deleuze, il filosofo <strong>del</strong>líavvenire, colui che realizza líunivocit‡ <strong>del</strong>líessere,<br />

pensata da Scoto e affermata da <strong>Spinoza</strong>, attraverso líeterno ritorno.<br />

CiÚ che ritorna non Ë la stessa cosa, ma la ripetizione stessa o, meglio, il<br />

movimento <strong>del</strong>líessere, cioË la <strong>di</strong>fferenza in quanto <strong>di</strong>fferenziante, líunica<br />

che ha la forza <strong>di</strong> affermare se stessa ripetendo ciÚ che in essa <strong>di</strong>fferisce.<br />

Nietzsche Ë, quin<strong>di</strong>, il filosofo che si oppone sia al razionalismo morale<br />

kantiano che alla <strong>di</strong>alettica hegeliana, il pensatore che opera per intero il<br />

rovesciamento <strong>del</strong> platonismo: Ë líuno a <strong>di</strong>rsi <strong>del</strong> molteplice, <strong>del</strong>la<br />

<strong>di</strong>fferenza in sÈ in quanto molteplice, líessere Ë <strong>di</strong>venire in quanto<br />

ripetizione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza.<br />

Con Nietzsche non vi Ë pi˘ <strong>pensiero</strong> che vuole la verit‡ e giu<strong>di</strong>ca le sue<br />

pretese, ma interpretazione e valutazione <strong>del</strong>le forze che violentano il<br />

<strong>pensiero</strong>, che lo portano al livello affermativo <strong>del</strong>la creazione dei valori<br />

molteplici.<br />

87


Tuttavia, secondo la nostra ipotesi <strong>di</strong> lavoro e contrariamente a quanto lo<br />

stesso Deleuze era <strong>di</strong>sposto ad ammettere, il filosofo che porta líunivocit‡<br />

espressiva alla sua piena realizzazione non Ë Nietzsche o, meglio, non ne<br />

Ë il solo e unico rappresentante.<br />

<strong>Spinoza</strong>, infatti, Ë colui che offre il sistema generale in cui far convergere<br />

tutti gli elementi che sono emersi nellíitinerario filosofico <strong>del</strong>euziano,<br />

colui che per primo fa emergere con forza e fermezza quella concezione<br />

materialista <strong>del</strong>líontologia che confluir‡ <strong>nella</strong> teoria strutturalista.<br />

Certo non si puÚ non tener conto <strong>del</strong>la <strong>di</strong>stinzione tra i tre tipi <strong>di</strong> ontologia<br />

che Deleuze teorizza in Differenza e ripetizione 124 .<br />

Secondo questa concezione tria<strong>di</strong>ca <strong>del</strong>líontologia, Dun Scoto rappresenta<br />

il filosofo che pensa líunivocit‡ attraverso líessere neutro. Questa<br />

neutralizzazione Ë senza dubbio un passo avanti rispetto allíanalogia e<br />

allíeminenza <strong>del</strong>la teologia, ma Ë anche un rendere líessere astratto,<br />

in<strong>di</strong>pendente dalla genesi plastica <strong>del</strong>le forze materiali, dei campi<br />

intensivi.<br />

<strong>Spinoza</strong>, invece, rappresenta la seconda ontologia <strong>del</strong>líunivocit‡. Grazie a<br />

lui líessere Ë finalmente espressivo, affermazione pura <strong>del</strong>la potenza, e la<br />

<strong>di</strong>stinzione formale <strong>di</strong>viene la modalit‡ <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza in sÈ.<br />

Tuttavia, la sostanza resta separata, in<strong>di</strong>pendente dai mo<strong>di</strong>, cioË, anche se<br />

líanalogia viene negata, vi Ë comunque una lontananza <strong>del</strong>la sostanza che<br />

le impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> <strong>di</strong>rsi solo e soltanto dei mo<strong>di</strong>. Líunivocit‡ va realizzata<br />

solo attraverso un rovesciamento <strong>del</strong>líidentit‡ e <strong>del</strong>líUno, attraverso una<br />

filosofia in cui líunica identit‡ Ë il ripetersi <strong>del</strong> <strong>di</strong>fferente, dove líunico<br />

essere Ë il <strong>di</strong>venire <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza.<br />

Insomma, questa storia <strong>del</strong>líelaborazione <strong>del</strong>líunivocit‡ <strong>nella</strong> filosofia ha<br />

come risultato finale la teoria <strong>del</strong>líeterno ritorno nietzschiana, líunica<br />

teoria, a detta <strong>di</strong> Deleuze, in cui líunivocit‡ <strong>del</strong>líessere Ë non solo<br />

124 G. Deleuze, Differenza e ripetizione, cit., p. 56.<br />

88


affermata, ma anche realizzata in pieno, in quanto il senso univoco<br />

<strong>del</strong>líessere si <strong>di</strong>ce come ritorno e ripetizione <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza. Questo<br />

movimento produttivo <strong>del</strong>la ripetizione rovescia la gerarchia <strong>del</strong>líidentit‡ e<br />

instaura líanarchia <strong>del</strong>la potenza.<br />

Tuttavia, <strong>Spinoza</strong> resta il filosofo <strong>del</strong>líimmanenza che sovverte la<br />

trascendenza, il pensatore <strong>di</strong> un piano espressivo <strong>di</strong> immanenza che non si<br />

basa affatto sui generi o sulle categorie, ma sulle affezioni e sugli affetti.<br />

La filosofia spinoziana Ë non solo uníontologia <strong>del</strong>la pura positivit‡<br />

<strong>del</strong>líessere, <strong>del</strong>líassenza <strong>del</strong>la negazione, uníaffermazione speculativa<br />

<strong>del</strong>líessere che si pone sulla linea, tracciata da Deleuze, che unisce líanti-<br />

hegelismo <strong>di</strong> Hume, Bergson e Nietzsche, ma Ë soprattutto una gioia<br />

pratica, cioË uníarte <strong>di</strong> organizzare gli incontri, <strong>di</strong> valutare le singolarit‡,<br />

non pi˘ dalle forme a cui appartengono, ma dai rapporti <strong>di</strong> velocit‡ e<br />

lentezza tra i corpi e dagli affetti che derivano dai vari incontri.<br />

Líetica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë una pratica <strong>di</strong> costruzione <strong>del</strong>líessere che si sviluppa<br />

su <strong>di</strong> un piano díimmanenza. Questo si struttura attraverso il multiforme e<br />

molteplice gioco <strong>di</strong> affetti e affezioni, <strong>di</strong> passioni e incontri che si<br />

stabiliscono tra i gra<strong>di</strong> intensivi <strong>di</strong> potenza.<br />

Insomma, anche se Deleuze far‡ <strong>di</strong> Nietzsche il filosofo inattuale<br />

<strong>del</strong>líavvenire, <strong>del</strong>líunivocit‡ realizzata in quanto <strong>di</strong>venire <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza,<br />

Ë solo grazie al materialismo spinoziano che potr‡ costruire il suo<br />

empirismo trascendentale, cioË la sua teoria strutturalista e costitutiva<br />

<strong>del</strong>líessere, la sua arte degli innesti, dei concatenamenti <strong>di</strong> linee e punti<br />

singolari, dove tra virtuale e attuale, tra spirito e materia, finito e infinito<br />

non vi Ë alcuna gerarchia, alcun primato <strong>del</strong>líuno sullíaltro.<br />

Differenza e ripetizione sta allí Ethica come lo strutturalismo empirista<br />

<strong>del</strong>euziano sta allíontologia <strong>del</strong>líimmanenza spinoziana. Tuttavia, non<br />

dobbiamo credere che Deleuze abbia voluto usare <strong>Spinoza</strong> per superare<br />

89


Nietzsche o, viceversa, fare <strong>di</strong> Nietzsche líunico pensatore in grado <strong>di</strong><br />

realizzare la filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Il vero asse <strong>del</strong>líunivocit‡ <strong>del</strong>líespressione parte sÏ da Hume e Bergson 125 ,<br />

ma si attualizza solo sulla linea Nietzsche-<strong>Spinoza</strong>. Entrambi hanno usato<br />

il loro <strong>pensiero</strong> come strumento <strong>di</strong> negazione e <strong>di</strong> critica <strong>del</strong>líuomo<br />

reattivo e <strong>del</strong>le affezioni passive che ci separano dalla nostra potenza, da<br />

ciÚ che Ë in nostro potere. Sia <strong>Spinoza</strong> con líaumento o <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong><br />

potenza, sia Nietzsche con la volont‡ <strong>di</strong> potenza, hanno sempre<br />

contrapposto il concetto stesso <strong>di</strong> potenza a quello <strong>di</strong> potere. Aumentare la<br />

propria potenza o <strong>di</strong>venire noi stessi pura volont‡ <strong>di</strong> potenza, non vuol <strong>di</strong>re<br />

conquistare il potere 126 , ma produrre rapporti tra le forze, tra i mo<strong>di</strong> finiti,<br />

in modo da trasformarli in parti <strong>di</strong>ssimili <strong>di</strong> un nuovo e potentissimo<br />

in<strong>di</strong>viduo-forza.<br />

» la filosofia in quanto etica etologica 127 , contro la metafisica come<br />

morale, ciÚ che accomuna Nietzsche e <strong>Spinoza</strong>, uníontologia che non ci<br />

parla <strong>del</strong>le essenze, ma <strong>del</strong>la potenza. » dal punto <strong>di</strong> vista <strong>del</strong>la potenza<br />

che non vi Ë pi˘ uníessenza comune a pi˘ cose che si <strong>di</strong>stinguono per ciÚ<br />

che devono, ma una <strong>di</strong>stinzione quantitativa (maggiore o minore potenza)<br />

tra gli esistenti e uníopposizione qualitativa (buono o cattivo, libero<br />

potente o schiavo impotente) tra i mo<strong>di</strong> díesistenza.<br />

Dobbiamo, perÚ, ricordare che il Nietzsche <strong>di</strong> Deleuze non puÚ essere<br />

separato dalla logica <strong>del</strong>líessere <strong>di</strong> Bergson o, meglio, la logica <strong>del</strong>la<br />

volont‡ nietzschiana Ë figlia <strong>del</strong>líemanazione positiva e <strong>di</strong>fferenziatrice<br />

<strong>del</strong>líessere bergsoniano 128 . Il Nietzsche <strong>del</strong>euziano riprende la lotta logica<br />

alla <strong>di</strong>alettica hegeliana intrapresa dalla filosofia <strong>di</strong> Bergson e la porta sul<br />

125<br />

Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong> rapporto Deleuze-Hume-Bergson si veda il gi‡ citato M. Guareschi,<br />

Gilles Deleuze popfilosofo, cit., pp. 30-37.<br />

126<br />

Ivi, p. 118.<br />

127<br />

Líetologia Ë lo stu<strong>di</strong>o dei corpi, degli animali o degli uomini, in base agli effetti <strong>di</strong> cui sono capaci,<br />

cioË grazie allo stu<strong>di</strong>o dei rapporti <strong>di</strong> velocit‡ e lentezza, <strong>del</strong>le capacit‡ <strong>di</strong> affettare e <strong>di</strong> essere affetto. G.<br />

Deleuze, <strong>Spinoza</strong>. Filosofia pratica, cit., p. 154.<br />

128<br />

ì Líavvento <strong>di</strong> Nietzsche nel <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> Deleuze d‡ un contributo importante alla speculazione<br />

teoretica bergsoniana.î M. Hardt, Gilles Deleuze, un appren<strong>di</strong>stato in filosofia, Milano, a-change, 2000,<br />

p. 58.<br />

90


terreno pratico <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza, ovvero compie il passaggio dallíontologia<br />

<strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza allíetica e alla politica <strong>del</strong> valore.<br />

Questo passaggio sar‡ fondamentale per la rilettura <strong>del</strong>líontologia<br />

spinoziana, anzi proprio questo modo <strong>di</strong> intendere le interpretazioni<br />

<strong>del</strong>euziane come collegate da una linea evolutiva che dallíempirismo<br />

costruzionista (Hume) passa allíaffermazione <strong>del</strong>líessere come <strong>di</strong>fferenza<br />

(Bergson), giungendo allíetica <strong>di</strong>namica <strong>del</strong>la volont‡ impersonale<br />

(Nietzsche), per poi proiettarsi verso uníontologia <strong>del</strong>líimmanenza<br />

(<strong>Spinoza</strong>), che racchiude ed esplica tutte le precedenti posizioni, insomma<br />

proprio questa visione evolutiva <strong>del</strong> rapporto, che il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> Deleuze ha<br />

instaurato con gli altri filosofi, conferma la teoria secondo la quale Ë<br />

<strong>Spinoza</strong> il vero filosofo che <strong>di</strong>strugge il tempio <strong>del</strong>la metafisica <strong>del</strong><br />

risentimento e costruisce il piano orizzontale <strong>del</strong>líessere e <strong>del</strong>líamore.<br />

La potenza efficiente <strong>del</strong>líontologia nietzschiana Ë fondata sullíetica <strong>del</strong>la<br />

volont‡ efficiente, cioË líessere non Ë un dato, non Ë un essenza<br />

preesistente allíesistenza, ma uníessenza che deve essere voluta dalla<br />

volont‡ come <strong>di</strong>venire molteplice e costruttivo.<br />

Questo ci dovrebbe far capire che Ë líeticit‡ <strong>del</strong>líeterno ritorno<br />

nietzschiano a portarci verso la politica materialista <strong>del</strong>la potenza<br />

spinoziana o, meglio, verso lo <strong>Spinoza</strong> <strong>del</strong>la V parte <strong>del</strong>líEthica e<br />

soprattutto <strong>del</strong> Trattato politico, dove líessere Ë affermazione pura e<br />

pratica <strong>di</strong> una potenza che si costruisce nel desiderio creativo <strong>del</strong>la<br />

collettivit‡.<br />

In verit‡ tra il Nietzsche e lo <strong>Spinoza</strong> <strong>del</strong>euziani non vi Ë successione<br />

evolutiva, ma complementariet‡ simultanea, cioË líetica materialista e<br />

collettiva <strong>del</strong>la potenza non fa che completare líontologia <strong>del</strong>líeterno<br />

ritorno nietzschiano, ontologia dove Arianna rappresenta líatto <strong>di</strong> amore<br />

91


spinoziano 129 , lo sviluppo e la moltiplicazione infinita <strong>di</strong> uníaffermazione<br />

<strong>di</strong>onisiaca elevata allíennesima potenza.<br />

Adesso líesteriorit‡ <strong>di</strong> uníaffermazione piena <strong>di</strong> gioia ha sostituito<br />

líinteriorit‡ <strong>del</strong>la negazione piena <strong>di</strong> sofferenza, la parte costruttiva <strong>del</strong>la<br />

volont‡ <strong>di</strong> potenza nietzschiana, il momento in cui líauto-<strong>di</strong>struzione<br />

compiuta dalla volont‡ <strong>del</strong> nulla Ë <strong>di</strong>ventata creazione <strong>di</strong> senso e valore,<br />

viene a coincidere con la beatitu<strong>di</strong>ne e la gioia spinoziani, il momento in<br />

cui líessere finito scopre la sua massima espressivit‡ <strong>nella</strong> partecipazione<br />

<strong>del</strong>la sua essenza con quella <strong>del</strong>líinfinito.<br />

Certo non dobbiamo vedere in questa linea uníalleanza assoluta tra<br />

<strong>Spinoza</strong> e Nietzsche. Le loro filosofie <strong>di</strong>vergono sul metodo logico<br />

adottato, sullo stile teoretico usato e sui rispettivi contesti epocali, per non<br />

parlare <strong>del</strong>la famosa critica anti-<strong>di</strong>alettica che Nietzsche rivolse allíamor<br />

dei <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, una volta che ormai giu<strong>di</strong>cava la sua filosofia una malattia<br />

<strong>del</strong> razionalismo.<br />

In realt‡, <strong>Spinoza</strong> e Nietzsche sono vicini solo se li collochiamo allíinterno<br />

<strong>del</strong> sistema strutturalista <strong>del</strong>euziano. Qui sono i filosofi con cui Deleuze ha<br />

ìcopulatoî spiritualmente per ingravidare il mondo <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>del</strong>la<br />

<strong>di</strong>fferenza. Sono gli autori grazie a cui Deleuze ha potuto formulare il<br />

concetto <strong>di</strong> campo immanente trascendentale.<br />

La vita, anzi una vita, dove líarticolo indeterminativo Ë il punto díincontro<br />

tra líindeterminazione degli in<strong>di</strong>vidui e la determinazione <strong>del</strong> singolare 130 ,<br />

Ë costituita da un piano díimmanenza senza Soggetto nÈ Oggetto, dove<br />

tutti gli esistenti si <strong>di</strong>fferenziano orizzontalmente soltanto per la velocit‡<br />

dei loro incontri, <strong>del</strong>le loro combinazioni macchiniche.<br />

Una vita Ë, dunque, ecceit‡, natura, potenza, molteplicit‡, un puro evento<br />

singolare affrancato dalla coscienza <strong>del</strong> soggetto come dagli accidenti<br />

129 M. Hardt, Gilles Deleuze, un appren<strong>di</strong>stato in filosofia, cit., p. 82.<br />

130 Questo concetto Ë sviluppato in Líimmanenza, una vitaÖ,uno degli ultimi scritti <strong>di</strong> Deleuze,<br />

pubblicato nel numero 47 <strong>di</strong> ìPhilosophieî, tradotto in italiano nel numero 271-272 <strong>di</strong> ìaut-autî e anche<br />

in M. Guareschi, Gilles <strong>del</strong>euze popfilosofo, cit., pp. 138-142.<br />

92


<strong>del</strong>la vita esteriore. Un flusso in <strong>di</strong>venire che Ë pura potenza in<strong>di</strong>pendente<br />

da qualsiasi in<strong>di</strong>vidualit‡, uníimmanenza assoluta, in sÈ, che non si<br />

riferisce a nientíaltro che a se stessa, immanenza <strong>del</strong>líimmanenza come<br />

assoluta potenza <strong>del</strong>la beatitu<strong>di</strong>ne.<br />

Ritornando allíasse Nietzsche-<strong>Spinoza</strong>, possiamo constatare che per<br />

Deleuze, completare líinterpretazione <strong>del</strong>líesteriorit‡ nietzschiana<br />

significava rileggerla attraverso <strong>Spinoza</strong>, ovvero utilizzare la filosofia<br />

pratica <strong>del</strong>la potenza spinoziana come base etico-politica per la teoria<br />

impersonale <strong>del</strong>la volont‡ <strong>di</strong> potenza nietzschiana.<br />

Per fondare una filosofia <strong>del</strong>la gioia che sia uníetica pratica occorre<br />

combattere le passioni tristi attraverso la produzione <strong>di</strong>namica degli<br />

appetiti e dei desideri che penetrano i corpi. Questo progetto collettivo non<br />

poteva essere fondato dalla volont‡ nietzschiana. Essa mancava <strong>del</strong>lo<br />

sviluppo <strong>di</strong> una concezione personalistica e sociale, cioË era incapace <strong>di</strong><br />

costruire una pratica che si fon<strong>di</strong> sui rapporti <strong>di</strong> concordanza tra agenti<br />

corporei e desideranti 131 .<br />

Solo cosÏ Ë possibile arrivare alla creazione <strong>di</strong> una collettivit‡ sociale che<br />

esprima líaumento <strong>di</strong> potenza con cui abbattere le passioni tristi,<br />

<strong>di</strong>struggere il mondo <strong>del</strong> risentimento e <strong>del</strong>la cattiva coscienza, nemici<br />

giurati <strong>del</strong>la volont‡ <strong>di</strong> potenza.<br />

Sembra quasi che líeterno ritorno nietzschiano, líarma <strong>di</strong> cui Deleuze si Ë<br />

servito per spezzare definitivamente la logica <strong>di</strong>alettica, abbia bisogno<br />

<strong>del</strong>la pratica spinoziana per poter interrompere il dominio pratico <strong>del</strong>la<br />

sofferenza e <strong>del</strong>la tristezza nel mondo. La politica spinoziana, interpretata<br />

alla luce <strong>del</strong>lo strutturalismo <strong>del</strong>euziano, Ë riuscita a integrare líontologia<br />

<strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza bergsoniana con líetica <strong>del</strong> valore nietzschiano.<br />

Ha elaborato un piano orizzontale su cui la potenza e la <strong>di</strong>fferenza<br />

finiscono per coincidere con la costruzione <strong>di</strong>namica e collettiva<br />

131 M. Hardt, Gilles Deleuze, un appren<strong>di</strong>stato in filosofia, cit., p. 88.<br />

93


<strong>del</strong>líessere sociale, ovvero <strong>del</strong>líessere in sÈ e per sÈ che sviluppa la sua<br />

essenza <strong>nella</strong> pratica collettiva.<br />

Tuttavia, non dobbiamo credere che la storia <strong>del</strong>la filosofia tracciata dal<br />

<strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> Deleuze abbia una meta finale, una cima che solo un filosofo,<br />

dominando dallíalto tutta la vallata sottostante, puÚ abitare.<br />

Bergson e Nietzsche sono ormai entrati nellíevoluzione <strong>del</strong>la<br />

sperimentazione <strong>del</strong>euziana, ne fanno parte integrante, a tal punto da<br />

penetrare <strong>nella</strong> stessa interpretazione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>. Anzi, sono proprio quei<br />

due autori che anacronisticamente fanno compagnia al filosofo olandese<br />

sulla montagna <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>. Senza il loro intervento, senza la positivit‡<br />

emanativa <strong>del</strong>la <strong>di</strong>fferenza e senza líetica <strong>del</strong>la potenza, <strong>Spinoza</strong> non<br />

sarebbe mai riuscito a compiere la scalata politica <strong>del</strong>líespressione.<br />

Se, perÚ, vogliamo essere pi˘ precisi, allora dobbiamo riconoscere che per<br />

Deleuze, come accadr‡ anche per Negri, ma da un <strong>di</strong>fferente punto <strong>di</strong><br />

vista, vi sono due <strong>Spinoza</strong> nellíEthica o, meglio, due prospettive<br />

ontologiche: una speculativa e líaltra pratica.<br />

Il primo momento appartiene alla ricerca teoretica, Ë il momento in cui il<br />

<strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>aloga con quello <strong>di</strong> Bergson per ripensare il mondo<br />

come affermazione pura e immanente <strong>del</strong>líessere. Ma grazie al concetto <strong>di</strong><br />

potenza, come elemento <strong>di</strong>namico e causale <strong>del</strong>la produzione, <strong>Spinoza</strong><br />

passa al secondo momento <strong>del</strong>líindagine, cioË alla prospettiva <strong>del</strong>la pratica<br />

politica, dove insieme a Nietzsche invece <strong>di</strong> ripensare il mondo,<br />

incominciano a crearlo, a svilupparlo in un etica pratica e collettiva<br />

<strong>del</strong>líespressione.<br />

A questo punto, ci sembra doveroso ricordare la lettura <strong>di</strong> Michael Hardt 132<br />

<strong>del</strong>la filosofia <strong>del</strong>euziana. Secondo questíautore il <strong>pensiero</strong> <strong>del</strong>euziano si<br />

sviluppa come tentativo <strong>di</strong> rovesciamento <strong>del</strong>líhegelismo, la ricerca <strong>di</strong><br />

132 Secondo questíautore Deleuze attraverso Nietzsche Ë riuscito a liberarsi <strong>del</strong>la <strong>di</strong>alettica, ma Ë solo<br />

con <strong>Spinoza</strong> che riesce a portare a termine questo compito. Infatti i primi due momenti <strong>del</strong> sistema<br />

spinoziano rappresentano uníalternativa logica alla filosofia hegeliana, cioË secondo Hardt, Deleuze<br />

vede nellíontologia spinoziana uníautonomia concettuale assoluta rispetto a Hegel. Ivi, p. 82.<br />

94


uníalternativa logica allíidealismo <strong>di</strong>alettico, ma non tanto per opporsi ad<br />

esso, quanto per <strong>di</strong>struggerlo completamente, per eliminarlo una volta per<br />

tutte. Non una teoria che sia il contrario <strong>del</strong>la <strong>di</strong>alettica, ma una logica<br />

completamente autonoma e in<strong>di</strong>pendente rispetto ad essa.<br />

Questa ricerca, che ha inizio con lo stu<strong>di</strong>o <strong>del</strong>la filosofia <strong>di</strong> Bergson, trova<br />

il suo compimento solo grazie a Nietzsche e a <strong>Spinoza</strong>. Con il primo,<br />

Deleuze riesce a rovesciare la <strong>di</strong>alettica attraverso una critica totale e<br />

genealogica, creativa e non <strong>di</strong>fensiva dei valori <strong>del</strong>la ragione. Ma questo Ë<br />

ancora un momento negativo <strong>del</strong>la speculazione filosofica, la parte<br />

<strong>di</strong>struttiva <strong>del</strong>la ricerca. Il vero momento creativo-positivo, invece, lo<br />

abbiamo solo con <strong>Spinoza</strong>. » proprio grazie al filosofo olandese che<br />

Deleuze si libera definitivamente <strong>di</strong> Hegel. Con la singolarit‡ <strong>del</strong>la<br />

sostanza e líunivocit‡ degli attributi ha costruito uníontologia ra<strong>di</strong>calmente<br />

altra, cioË incomunicabile con líuniverso hegeliano.<br />

Insomma, Ë il concetto <strong>di</strong> singolarit‡ <strong>del</strong>líessere, cioË <strong>di</strong>fferente in sÈ e non<br />

da, infinito ma al tempo stesso definito e non indeterminato, che segna<br />

líabbandono <strong>del</strong>la teoria <strong>del</strong>la determinazione negativa <strong>di</strong> Hegel.<br />

Il passaggio dallíinfinito al finito non Ë pi˘ visto in termini degradativi,<br />

cioË come passaggio dallíassoluto indeterminato al contingente limitato e<br />

determinato. La sostanza, in quanto potenza, Ë sempre attuale, reale e gi‡<br />

qualificata. Gli attributi non limitano la sostanza, ma la esprimono.<br />

Questo avviene senza nessuna per<strong>di</strong>ta o <strong>di</strong>spersione, insomma tra causa ed<br />

effetto non cíË alcuna esteriorit‡, bensÏ assoluta uguaglianza ontologica.<br />

La potenza Ë produzione, sviluppo, espressione, non cíË posto per<br />

líopposizione, la determinazione o la negazione. Questi, infatti, non sono<br />

principi costituitivi <strong>del</strong>líessere, non esprimono la sua natura, ma sono solo<br />

prodotti <strong>del</strong>líattivit‡ <strong>del</strong>líintelletto. Líespressione ontologica <strong>del</strong>líessere<br />

precede la riflessione oggettiva <strong>del</strong>la conoscenza. Questa pienezza<br />

95


<strong>del</strong>líessere, questo suo essere sempre espressivo, apre la strada verso una<br />

filosofia speculativa che non puÚ che immergersi <strong>nella</strong> pratica.<br />

Qui deve svilupparsi uníetica <strong>del</strong>la potenza che oltrepassi líidealismo<br />

hegeliano, che spazzi via qualsiasi teoria emanativa e analogica<br />

<strong>del</strong>líessere. Pertanto, líasse Nietzsche-<strong>Spinoza</strong> rovescia definitivamente il<br />

piano verticale <strong>del</strong>la trascendenza a favore <strong>di</strong> una orizzontalit‡ immanente<br />

ed espressiva, ed Ë proprio qui, su questo piano etico <strong>del</strong>la potenza<br />

collettiva, che la sperimentazione <strong>del</strong>euziana ha compiuto la sua<br />

rivoluzione.<br />

Secondo questa nuova linea sovversiva <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, líessere non si serve<br />

<strong>del</strong>líesistenza per attuare la sua essenza preformata, ma coincide<br />

imme<strong>di</strong>atamente con líesistenza in quanto progetto etico <strong>di</strong> potenza. Il suo<br />

unico scopo Ë quello <strong>di</strong> esprimersi e svilupparsi creativamente per<br />

aumentare la sua potenza <strong>di</strong> esistere e <strong>di</strong> pensare.<br />

Insomma, il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> Deleuze attraverso líincontro con il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong><br />

Bergson, Nietzsche e <strong>Spinoza</strong> si Ë sviluppato come progetto appropriativo<br />

<strong>del</strong>la storia <strong>del</strong>la filosofia, un flusso <strong>di</strong>namico in cui il mondo si rinnova<br />

potenziandosi. In questo modo la filosofia Ë giunta a considerare líessere<br />

non pi˘ come oggetto da stu<strong>di</strong>are, ma come movimento da progettare, da<br />

esprimere. Questo movimento coincide con il concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenza<br />

interna ed efficiente, cioË con una <strong>di</strong>fferenza che Ë principio <strong>di</strong>fferenziante<br />

e non aggettivo che qualifica per negazione, per opposizione (<strong>di</strong>fferenza<br />

da, rispetto a). Differenza in se stessa, singolarit‡ che non ha nessuna<br />

referenza esterna, poichÈ Ë tutto ciÚ che sviluppa, tutto ciÚ che <strong>di</strong>fferenzia,<br />

struttura univoca espressa <strong>nella</strong> molteplicit‡. Non cíË negazione nÈ<br />

opposizione che spieghi líessere, non cíË causa che abbia maggiore<br />

perfezione <strong>di</strong> qualsiasi effetto, poichÈ non cíË causa che non si esprima in<br />

un effetto e che non coincida con esso. Tutto coincide con tutto, poichÈ<br />

96


tutto esprime líessere allo stesso modo, affermazione ontologica come<br />

progetto <strong>di</strong>namico <strong>del</strong>la potenza collettiva.<br />

Líessere come singolarit‡ che assembla e ricompone piani eterogenei per<br />

costruire la molteplicit‡ pratica <strong>del</strong> mondo, altro non Ë che líessere <strong>del</strong><br />

materialismo, líessere che da Lucrezio a Scoto, da Bergson a Nietzsche-<br />

<strong>Spinoza</strong> oltrepassa la logica metafisica (Platone, Hegel, Heidegger) e si<br />

impone come pienezza produttiva, progetto etico e materialista <strong>del</strong>la<br />

multitudo.<br />

Certo dobbiamo integrare questa ontologia <strong>del</strong>líaffermazione materialista<br />

alla critica totale nietzschiana: in questo modo eviteremo al <strong>pensiero</strong><br />

<strong>del</strong>euziano <strong>di</strong> cadere sotto i colpi dei critici pi˘ severi 133 .<br />

Molti hanno visto nelle filosofie <strong>del</strong>líaffermazione un atteggiamento<br />

impotente e passivo <strong>di</strong> fronte agli stati <strong>di</strong> cose. Per questi critici, privarsi<br />

<strong>del</strong>la forza critica <strong>del</strong>la negazione vuol <strong>di</strong>re rinunciare alla lotta e alla<br />

conquista <strong>del</strong>la libert‡, <strong>del</strong>líessere.<br />

In realt‡, líaffermazione <strong>del</strong>euziana non Ë affatto contraria alla critica, anzi<br />

vuol essere critica assoluta, totale, cioË vuole servirsi <strong>di</strong> una negazione non<br />

<strong>di</strong>alettica, una potenza <strong>di</strong>struttiva che non conserva niente <strong>del</strong> suo nemico,<br />

<strong>del</strong>le forze reattive <strong>del</strong> trascendentale, <strong>del</strong> soprasensibile. Solo questa<br />

negazione libera il campo per lo sviluppo <strong>del</strong>líaffermazione, per la<br />

creazione <strong>di</strong> nuove forze che non sorgono pi˘ dalla negazione, ma dalla<br />

liberazione da essa, da una trasmutazione <strong>del</strong>la potenza che rende liberi e<br />

leggeri.<br />

» proprio su questo punto, quando líaffermazione speculativa si trasforma<br />

in etica pratica, che <strong>Spinoza</strong> e Nietzsche costruiscono il loro asse eversivo<br />

<strong>del</strong>líontologia materialista, progetto rivoluzionario che, penetrando come<br />

una corrente elettrica il <strong>pensiero</strong> <strong>del</strong>euziano, rinnova líintera storia <strong>del</strong>la<br />

filosofia.<br />

133 Qui ci si riferisce sia ai gran<strong>di</strong> pensatori <strong>del</strong>la scuola <strong>di</strong> Francoforte,come ad esempio H. Marcuse, sia<br />

agli hegeliani contemporanei, come ad esempio J. Bluter, Ivi, p. 166.<br />

97


Líontologia materialista <strong>di</strong> questi tre autori non Ë solo accettazione<br />

<strong>del</strong>líessere, ma creazione pratica e potente, atto díamore per la costruzione<br />

<strong>del</strong>líavvenire-presente <strong>del</strong>líessere.<br />

98


CAPITOLO II<br />

SPINOZA SECONDO NEGRI: LA FILOSOFIA DELLA<br />

MUTLITUDO, OVVERO UNA METAFISICA<br />

DELLíIMMAGINAZIONE E DELLA LIBERT¿<br />

Prima <strong>di</strong> incominciare a parlare <strong>del</strong>la rilettura negriana non possiamo non<br />

tener conto <strong>del</strong>líimportanza che lo stesso Deleuze ha attribuito alla sua<br />

interpretazione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> 1 . Importanza, tra líaltro, ricambiata da Negri, il<br />

quale non ha mai fatto mistero <strong>del</strong>la sua ammirazione per <strong>Spinoza</strong> e il<br />

problema <strong>del</strong>líespressione. Non scor<strong>di</strong>amo che lo stesso Negri ha sempre<br />

<strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong> dover proprio allíinterpretazione <strong>del</strong>euziana la nascita in lui<br />

<strong>di</strong> un amore per il filosofo olandese tale da spingerlo a considerarsi iscritto<br />

per <strong>di</strong>ritto espressivo al partito spinoziano 2 .<br />

Per Negri, Deleuze Ë stato uno dei primi pensatori a collocare <strong>Spinoza</strong><br />

<strong>nella</strong> luce <strong>del</strong>líontologia materialista. Con la sua rilettura spinoziana ha<br />

fatto capire che un <strong>pensiero</strong> eversivo e costruttivo <strong>del</strong>líessere Ë ancora<br />

possibile, anzi ci ha insegnato che solo ridando voce e colore allo<br />

spinozismo si puÚ abbattere la metafisica <strong>del</strong>le essenze trascendentali e<br />

costruire uníontologia che fa <strong>del</strong>líimmaginazione materiale degli esistenti<br />

líarma <strong>di</strong> composizione fisico-politica <strong>del</strong>líessere.<br />

1 Si veda la splen<strong>di</strong>da prefazione <strong>di</strong> Deleuze allo <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> Negri, prefazione seguita da altre due<br />

altrettanto importanti <strong>di</strong> P. Macherey e A. Matheron, A. Negri, <strong>Spinoza</strong>, Roma, DeriveAppro<strong>di</strong>, 1998,<br />

pp. 6-8.<br />

2 Ivi, p. 396.<br />

99


Tuttavia, per Negri Deleuze ha bloccato la sua interpretazione sullíetica<br />

<strong>del</strong>la potenza, non riuscendo cosÏ a ricostruire quella politica<br />

rivoluzionaria e materialista <strong>del</strong>le forze sociali che lo stesso <strong>Spinoza</strong> aveva<br />

tracciato al <strong>di</strong> l‡ <strong>del</strong>líEtica 3 .<br />

Ma cosa accomuna due autori cosÏ <strong>di</strong>versi e lontani come Negri e Deleuze?<br />

Deleuze riconosce a Negri il merito <strong>di</strong> aver messo in evidenza le gran<strong>di</strong><br />

doti spinoziane <strong>di</strong> filosofo rivoluzionario, <strong>di</strong> cellula eversiva <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong><br />

occidentale. Secondo Deleuze, Negri ha strappato il filosofo olandese alla<br />

linea giuri<strong>di</strong>ca che unisce Hobbes, Rousseau e Hegel 4 , líasse politico <strong>del</strong><br />

dover essere, dove il <strong>di</strong>ritto Ë costituito dallíesercizio <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione <strong>del</strong><br />

potere. <strong>Spinoza</strong> viene collocato da Negri sullíasse <strong>del</strong>líontologia<br />

materialista che, passando da Machiavelli, giunge sino a Marx, dove la<br />

democrazia <strong>di</strong>viene progetto <strong>di</strong>namico <strong>del</strong>líimmaginazione collettiva, dove<br />

il <strong>di</strong>ritto Ë líespressione <strong>del</strong>la potenza plurale <strong>del</strong>le masse, piano<br />

orizzontale <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne contro la me<strong>di</strong>azione verticale <strong>del</strong> potere.<br />

In realt‡, la grande novit‡ <strong>del</strong>la tesi negriana, che Deleuze riconosce come<br />

fondamentale per la rivalutazione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> nel presente e che<br />

rappresenta anche la <strong>di</strong>stanza maggiore tra i due autori, senza perÚ metterli<br />

líuno contro líaltro, Ë la concezione evolutiva e storica <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong><br />

spinoziano.<br />

Negri in<strong>di</strong>vidua due <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>stinti da una cesura sistematica e<br />

costruttiva, cioË due <strong>di</strong>fferenti prospettive che asimmetricamente<br />

compongono il progetto materialista <strong>del</strong>líimmanenza, due fondazioni che<br />

dallíidealismo concettuale <strong>del</strong>la sostanza portano il <strong>pensiero</strong> spinoziano<br />

allo stu<strong>di</strong>o materiale dei rapporti fra i corpi, dove tra le passioni si esprime<br />

<strong>di</strong>namica e molteplice la potenza.<br />

3 Si veda la nota 4 al capitolo nono Differenza e avvenire in A. Negri, <strong>Spinoza</strong>, cit., p. 284.<br />

4 Ivi, p. 6.<br />

100


Il primo momento Ë quello negativo <strong>del</strong>líutopia e <strong>del</strong>la crisi, momento che,<br />

dalla formulazione <strong>del</strong> Breve trattato fino alla seconda parte <strong>del</strong>líEtica, Ë<br />

incentrato esclusivamente sulla concezione panteista <strong>del</strong>la sostanza.<br />

Qui Dio Ë il tema centrale che tiene in pie<strong>di</strong> líontologia spinoziana, ancora<br />

troppo legata ad un idealismo che, pur liberatosi <strong>del</strong> trascendentalismo<br />

scolastico, non Ë ancora giunto alla <strong>di</strong>sutopia materialista <strong>del</strong>la<br />

produttivit‡. Questo momento Ë legato sia alla formazione culturale <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, sia al periodo storico in cui Ë vissuto e si Ë sviluppato il suo<br />

<strong>pensiero</strong>. <strong>Spinoza</strong> fu influenzato dalla cultura giudaica, da quella<br />

rinascimentale, da quella scolastica e infine da quella cartesiana 5 .<br />

Tuttavia, sin dalla prima e giovanile formazione filosofica <strong>del</strong> suo <strong>pensiero</strong><br />

<strong>Spinoza</strong> elabora una concezione sostanzialistica <strong>del</strong>líessere, che permette,<br />

tra líaltro, al naturalismo rinascimentale <strong>di</strong> sbarazzarsi <strong>del</strong>la tra<strong>di</strong>zione<br />

emanazionistica e finalistica <strong>del</strong>le gerarchie e <strong>del</strong>le gradualit‡ ontologiche.<br />

La Repubblica olandese <strong>del</strong> 600 conferisce a <strong>Spinoza</strong> un campo non<br />

<strong>di</strong>alettico su cui innestare la sua ìanomalia selvaggiaî. La costituzione<br />

olandese <strong>di</strong> quel secolo non Ë il prodotto <strong>di</strong> un potere assoluto e<br />

gerarchizzante, quanto il progetto <strong>di</strong> uníidea <strong>del</strong> mercato come espressione<br />

spontanea <strong>del</strong>le forze produttive.<br />

Tuttavia, il mercato olandese Ë pur sempre una creazione neoplatonica,<br />

ovvero una gerarchia verticale <strong>del</strong>le forze borghesi, anche se ha cercato <strong>di</strong><br />

evitare gli aspetti assolutistici e trascendentali <strong>del</strong> potere nel tentativo <strong>di</strong><br />

superare la crisi <strong>del</strong> ciclo economico. Ma dal 1660 6 in poi il sogno<br />

borghese <strong>di</strong> una socializzazione orizzontale <strong>del</strong>le forze capitalistiche viene<br />

infranto da un mo<strong>del</strong>lo <strong>di</strong> mercato che far‡ rientrare líanomalia olandese<br />

dentro il <strong>di</strong>segno politico europeo.<br />

5 Negri ci tiene a sottolineare il fatto che la biblioteca <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non era barocca, come molte <strong>di</strong> quelle<br />

che erano possedute dagli intellettuali <strong>del</strong> 600, ma piuttosto rinascimentale, cioË una modesta e austera<br />

biblioteca da mercante colto, dove, tra líaltro, troneggiava Machiavelli. Ivi, pp. 37-38.<br />

6 Tra il 1660 e il 1680 líOlanda subisce una fase <strong>di</strong>scendente <strong>del</strong> ciclo economico, che unendosi ad altri<br />

fattori <strong>di</strong> crisi, come le guerre con líInghilterra e la Francia, metter‡ in crisi il mo<strong>del</strong>lo espansivo <strong>del</strong><br />

capitalismo olandese e segner‡ il passaggio alla monarchia <strong>di</strong> Guglielmo III. Ivi, pp. 45-46.<br />

101


La crisi <strong>del</strong> ciclo economico, <strong>di</strong>ssolvendo líorizzontalit‡ dei processi<br />

costitutivi, impone alla societ‡ olandese la soluzione reazionaria <strong>del</strong>la<br />

restaurazione <strong>del</strong>líutopia borghese. La crisi viene cosÏ concepita come<br />

essenza costitutiva <strong>del</strong> processo economico, un momento <strong>di</strong>alettico che va<br />

accettato e inglobato attraverso la me<strong>di</strong>azione, che va <strong>di</strong>feso in quanto<br />

elemento imprescin<strong>di</strong>bile <strong>del</strong>líesercizio <strong>del</strong> potere.<br />

Ma il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, pur collocandosi sulla linea hobbesiana <strong>del</strong>la<br />

filosofia <strong>del</strong>líappropriazione, si costituisce come progetto alternativo <strong>del</strong>la<br />

pienezza <strong>del</strong>líessere. Insomma, líessere non va, come in Hobbes,<br />

ri<strong>di</strong>mensionato dal potere, quanto invece inserito in un processo <strong>di</strong><br />

liberazione che concepisce la crisi come ostacolo da superare, come limite<br />

da cui la potenza collettiva deve emanciparsi.<br />

Questa pars destruens <strong>del</strong>la metafisica spinoziana Ë ancora incentrata<br />

sullíideologia panteistica e mistica <strong>del</strong>la sostanza, ma in polemica con<br />

qualsiasi concezione antropomorfa <strong>del</strong>la <strong>di</strong>vinit‡, quin<strong>di</strong> contro ogni<br />

definizione analogica ed emanazionistica <strong>del</strong>líessere.<br />

Líutopia panteista 7 <strong>del</strong>líidentificazione tra Dio e Natura, tra natura<br />

naturante e natura naturata, che percorre tutto il Breve trattato, anche se<br />

ormai libera dal concetto rinascimentale <strong>di</strong> assolutezza Ë, tuttavia, ancora<br />

troppo lontana dal terreno orizzontale <strong>del</strong>líimmanenza, <strong>del</strong>la potenza<br />

costruttiva <strong>di</strong> un metodo che coincide con la pratica <strong>del</strong>la collettivit‡.<br />

Un tentativo per superare questa iniziale visione ascetica <strong>del</strong>líessere,<br />

questo panteismo utopico dove gli attributi hanno ancora un sapore troppo<br />

nominale-descrittivo e poco costruttivo-espressivo, viene compiuto nel<br />

Trattato sullíemandazione <strong>del</strong>líintelletto.<br />

Qui líassolutezza Ë ripiegata su <strong>di</strong> uníontologia costruita a misura díuomo,<br />

uníetica che ha <strong>nella</strong> pratica conoscitiva la sua finalit‡ operativa primaria,<br />

7 Líutopia nel primo <strong>Spinoza</strong> Ë caratterizzata sia da un eccessivo entusiasmo per la concezione<br />

<strong>del</strong>líessere in quanto infinito, positivo, pieno, assoluto, sia dalla concezione <strong>del</strong>la conoscenza come<br />

sintesi.<br />

102


la quale consiste nel costituire líesistenza attraverso la conoscenza<br />

collettiva <strong>del</strong> mondo.<br />

Questa puÚ realizzarsi solo se si raggiunge una verit‡ adeguata, cioË una<br />

forma che sappia esprimere líessere o, meglio, in cui líessere si esprima.<br />

La verit‡ <strong>di</strong>viene il momento in cui líuomo costruisce collettivamente la<br />

sua esistenza etico-pratica e contemporaneamente líessere si riflette in<br />

tutta la sua assolutezza e pienezza ontologica. Líutopia panteista e la<br />

costituzione pratica <strong>del</strong> reale convivono allíinterno <strong>di</strong> un metodo che perÚ<br />

mostra subito tutti i suoi limiti e le sue contrad<strong>di</strong>zioni 8 .<br />

Infatti, la verit‡ che questo metodo ricerca si definisce come chiarezza<br />

intuitiva <strong>di</strong>stinta dalla confusione <strong>del</strong>le percezioni, una verit‡ che ha il suo<br />

statuto epistemologico <strong>nella</strong> capacit‡ <strong>del</strong>líidea <strong>di</strong> mostrarsi<br />

fenomenologicamente come fecon<strong>di</strong>t‡ logica <strong>del</strong> sapere e non come<br />

potenza materiale che produce líessere.<br />

A questo livello <strong>del</strong> metodo la conoscenza non cerca <strong>di</strong> mostrare líessere<br />

per costruirlo collettivamente nel pluralismo selvaggio <strong>del</strong>le potenze, ma si<br />

limita a ricercare quelle regole che líintelletto pone a se stesso per<br />

descrivere con chiarezza logica ciÚ che le percezioni ci mostrano<br />

confusamente. Il metodo spinoziano, a questo primo livello <strong>del</strong> processo<br />

conoscitivo, sceglie líidealismo. In questo modo líutopia panteista non<br />

riesce a convivere con la strategia <strong>del</strong>la potenza materiale. Lo spinozismo<br />

ha bisogno <strong>di</strong> una cesura sistematica.<br />

Secondo Negri, i Principi cartesiani, líunico scritto pubblicato a suo<br />

nome, e i Pensieri metafisici rappresentano un importante momento<br />

riflessivo che permette a <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> preparare il passaggio alla seconda<br />

fondazione, cioË a quella maturazione filosofica che lo spinge a scontrarsi<br />

con la datit‡ <strong>del</strong> mondo, con líeticit‡ <strong>del</strong>líesistenza. Proprio nei Cogitata il<br />

8 La conoscenza, come progetto costitutivo <strong>del</strong>líessere, <strong>nella</strong> seconda parte <strong>del</strong> Trattato<br />

sullíemandazione <strong>del</strong>líintelletto, si piega su se stessa, cioË cerca solo lo statuto intrinseco <strong>del</strong>la verit‡, la<br />

sua produttivit‡ epistemologica e non materiale. Ivi, p. 68.<br />

103


meccanicismo cartesiano subisce un processo <strong>di</strong> purificazione materialista,<br />

<strong>di</strong>viene uno strumento empirico <strong>di</strong> conoscenza sgravato da ogni<br />

trascendentale conoscitivo.<br />

Il cartesianesimo non viene ripu<strong>di</strong>ato, ma, riconosciuto come elemento<br />

fondamentale per avvicinarsi alla natura, viene semplicemente usato<br />

dallíontologia materialista per superare qualsiasi forma <strong>di</strong> idealismo, per<br />

negare qualsiasi scetticismo che voglia confutare la pienezza <strong>del</strong>líessere<br />

attraverso un astratto nominalismo.<br />

La teoria <strong>del</strong>la conoscenza deve avere come oggetto líessere concreto,<br />

qualificato, <strong>di</strong>namico, in una parola etico, mentre le essenze non devono<br />

pi˘ essere considerate come nomi trascendentali o universali conoscitivi<br />

che líesistenza deve realizzare. Le essenze sono mo<strong>di</strong> díessere, <strong>di</strong> un<br />

essere totale, univoco, pieno e sempre in atto.<br />

Il neoplatonismo e líaristotelismo, con le loro categorie metafisiche,<br />

vengono superati da una concezione <strong>del</strong>líessere come tendenza, come<br />

emergenza attuale che <strong>di</strong>luisce il panteismo utopico <strong>del</strong>la sostanza <strong>nella</strong><br />

molteplicit‡ modale. Certo siamo ancora in una fase in cui la<br />

contrad<strong>di</strong>zione non Ë stata eliminata dal metodo, la potenza Ë solo<br />

accennata, il paradosso, tra líunivocit‡ <strong>del</strong>líessere come causa sui e<br />

líequivocit‡ dei mo<strong>di</strong>, persiste ancora nel cuore <strong>del</strong>líontologia spinoziana 9 .<br />

Per Negri il primo <strong>Spinoza</strong> si conclude con la prima parte <strong>del</strong>líEtica 10 : Ë<br />

qui che si concretizza il momento negativo <strong>del</strong>la conoscenza descrittiva<br />

<strong>del</strong>líessere. Il soggetto assoluto <strong>di</strong> questo primo momento <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong><br />

spinoziano non Ë tanto Dio, come si potrebbe facilmente credere, quanto<br />

gli attributi. Ormai non siamo pi˘ <strong>nella</strong> concezione aggettivale-nominalista<br />

<strong>del</strong> Breve trattato. Adesso gli attributi sono <strong>di</strong>ventati elementi genetico-<br />

costitutivi che permettono il passaggio-incontro tra due mon<strong>di</strong> accomunati<br />

9 Ivi, p. 75.<br />

10 Per Negri la prima fondazione trova la sua piena realizzazione <strong>nella</strong> prima parte <strong>del</strong>líEtica, dove tutto<br />

Ë incentrato sulla sostanza infinita come principio. Ivi, pp. 82-89.<br />

104


dallíimmanenza <strong>del</strong>líessere univoco, cioË quello infinito <strong>del</strong>la sostanza e<br />

quello finito dei mo<strong>di</strong>.<br />

LíEtica, perÚ, pur parlando <strong>di</strong> Dio come sostanza assoluta, non ha<br />

cominciamento, nÈ me<strong>di</strong>azione. Non vi Ë Dio come inizio e principio <strong>del</strong>la<br />

conoscenza, nÈ il potere come strumento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione, ma la sostanza<br />

come spontaneit‡ <strong>del</strong>líessere, esistenza imme<strong>di</strong>ata, positiva, infinita,<br />

<strong>di</strong>namica e versatile.<br />

Questa Ë la filosofia <strong>del</strong>líassoluto, ma senza alcun riferimento al<br />

neoplatonismo o alla scolastica, anzi Ë una filosofia <strong>del</strong>líinfinito, <strong>del</strong>la<br />

spontanea totalit‡ <strong>del</strong>líessere che ripu<strong>di</strong>a i concetti <strong>di</strong> emanazione e<br />

degradazione. Líessere Ë il reale <strong>nella</strong> sua interezza univoca e orizzontale,<br />

nÈ sopra, nÈ sotto, potenza assoluta e infinita che non riconosce nessun<br />

apriori, nessun trascendentale.<br />

Tuttavia, il panteismo qui mostra i suoi limiti, porta con sÈ il concetto <strong>di</strong><br />

una sostanza assoluta che perÚ non <strong>di</strong>ce niente su come si organizza, su<br />

come deve costituire il suo progetto produttivo <strong>di</strong> potenza. Se Dio Ë la<br />

causa efficiente, <strong>di</strong>namica e immanente, gli attributi, invece, rappresentano<br />

la causa or<strong>di</strong>nativa <strong>del</strong> mondo, sono cioË il ponte che fa transitare<br />

líorganizzazione ontologica verso il piano materiale dei mo<strong>di</strong> finiti.<br />

Questa parte <strong>del</strong>la filosofia spinoziana, il momento utopico-negativo, per<br />

Negri, ha come punto <strong>di</strong> partenza líinfinito e come meta la sua<br />

organizzazione <strong>nella</strong> molteplicit‡ materiale <strong>del</strong>la potenza. Questo vuol <strong>di</strong>re<br />

che, anche se persiste una certa esigenza etica, a questo livello <strong>del</strong> metodo<br />

siamo ancora in una via che resta sospesa nel ìsuî <strong>del</strong>líassolutezza<br />

<strong>del</strong>líinfinito, ovvero una via che deve ancora scoprire il suo ìgi˘î, il suo<br />

momento selvaggio e rivoluzionario.<br />

Tuttavia, gi‡ <strong>nella</strong> prima parte <strong>del</strong>líEtica líattributo, da aggettivo <strong>di</strong><br />

denominazione <strong>del</strong>la sostanza <strong>di</strong>vina, <strong>di</strong>viene elemento <strong>di</strong>namico e<br />

costitutivo <strong>del</strong>líinfinito <strong>nella</strong> sua emergenza materiale, cioË subisce un<br />

105


processo <strong>di</strong> sostanzializzazione che lo porta ad assumere il centro<br />

ontologico <strong>del</strong> metodo geometrico spinoziano.<br />

Grazie a questa nuova concezione <strong>del</strong>líattributo líutopia Ë <strong>di</strong>ventata gioia<br />

concreta <strong>del</strong>la determinazione, <strong>del</strong>la versatilit‡ <strong>del</strong>líessere che incontra la<br />

<strong>di</strong>vinit‡ <strong>del</strong>líassoluto. Líambiguit‡ <strong>di</strong> una sostanza che tramite elementi<br />

immanenti <strong>di</strong> organizzazione si costituisce come emergenza <strong>del</strong>la<br />

molteplicit‡ Ë ciÚ che líutopia panteista porta con sÈ come elemento<br />

in<strong>di</strong>spensabile per mettere or<strong>di</strong>ne e per conferire chiarezza al mondo 11 .<br />

Ma per Negri <strong>nella</strong> seconda parte <strong>del</strong>líEtica avviene un passaggio<br />

decisivo 12 , ovvero la singolarit‡ emerge come se<strong>di</strong>zione ontologica, come<br />

spontaneit‡ <strong>del</strong>la sostanza che si pone sullo stesso piano <strong>del</strong>líassoluto.<br />

Non cíË gerarchia, ma uguaglianza tra le essenze singolari e quella <strong>del</strong>la<br />

sostanza: entrambe si <strong>di</strong>cono <strong>del</strong>lo stesso essere, entrambe hanno gli stessi<br />

attributi come elementi <strong>di</strong> produzione. La <strong>di</strong>vinit‡ costruisce líessenza<br />

<strong>del</strong>la singolarit‡ non perchÈ Ë infinita, trascendente, superiore, ma perchÈ<br />

si esplica solo tramite la singolarit‡, si costruisce come potenza espressiva<br />

solo tramite la potente datit‡ singolare.<br />

Siamo giunti ad una piena complementariet‡ tra la totalit‡ spontanea<br />

<strong>del</strong>líinfinito e la molteplicit‡ materiale <strong>del</strong>la produzione modale 13 . Questo<br />

permette a <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> superare la corrente emanazionistica <strong>del</strong><br />

neoplatonismo e <strong>di</strong> assumere il meccanicismo non pi˘ come piano su cui<br />

11 Secondo Negri líutopia spinoziana aveva bisogno <strong>di</strong> questa concezione degli attributi per dare or<strong>di</strong>ne<br />

ed organizzazione al mondo. Tuttavia, per realizzare a pieno questo <strong>di</strong>segno dovr‡ eliminare <strong>del</strong> tutto dal<br />

suo metodo il sostrato metafisico, cioË quello rappresentato dai concetti <strong>di</strong> sostanza e attributo, ancora<br />

troppo legati ad una visione emanazionistica <strong>del</strong>líessere. Ivi, p. 96.<br />

12 Negri afferma che la seconda parte <strong>del</strong>líEtica Ë incentrata sulla descrizione <strong>del</strong>le singolarit‡. Questo<br />

pone in evidenza il paradosso presente nellíontologia spinoziana, cioË quello tra la forza centrifuga ed<br />

ancora troppo emanazionistica <strong>del</strong>la sostanza e quella centripeta dei mo<strong>di</strong>, <strong>del</strong>le singolarit‡. La<br />

contrad<strong>di</strong>zione, il paradosso tra due mon<strong>di</strong> non combacianti Ë posto, ma non ancora risolto. Ivi, p. 98.<br />

13 Secondo Negri con la proposizione XIII <strong>del</strong>la seconda parte <strong>del</strong>líEtica si compie il passaggio dalla<br />

metafisica <strong>del</strong>la sostanza alla fisica <strong>del</strong>le singolarit‡. Infatti, con il parallelismo epistemologico viene<br />

meno líidealismo razionalistico che aveva caratterizzato la prima fase <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> spinoziano, ma<br />

soprattutto si assiste al passaggio dal flusso emanazionistico-neoplatonico alla complementariet‡ tra<br />

sostanza <strong>di</strong>vina (natura naturante) e molteplicit‡ <strong>del</strong> movimento causale (natura naturata). Ivi, p. 101.<br />

106


imporre la potenza superiore <strong>del</strong>la <strong>di</strong>vinit‡, bensÏ come limite costitutivo e<br />

<strong>di</strong>namico <strong>del</strong>la produzione.<br />

CiÚ che impe<strong>di</strong>va al <strong>pensiero</strong> metafisico spinoziano <strong>di</strong> <strong>di</strong>luirsi nel progetto<br />

costitutivo <strong>del</strong>la potenza era, oltre allíacritica assunzione <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong><br />

sostanza, soprattutto líidealismo con cui veniva considerata la verit‡.<br />

Il mondo era uníorganizzazione or<strong>di</strong>nata <strong>di</strong> verit‡ adeguate,<br />

líimmaginazione invece era ancora un elemento negativo, in quanto<br />

produceva idee inadeguate che rappresentavano una privazione<br />

<strong>del</strong>líor<strong>di</strong>ne. Bisognava rivalutare líimmaginazione, renderla elemento<br />

<strong>di</strong>namico e costitutivo <strong>del</strong> reale, il mare 14 <strong>di</strong> uníesistenza materiale,<br />

parziale e soprattutto etica.<br />

Il Trattato teologico-politico, secondo Negri, rappresenta il momento in<br />

cui <strong>Spinoza</strong>, tra il 1665 e il 1670, si prende una pausa costruttiva<br />

allíinterno <strong>del</strong>líelaborazione <strong>del</strong>líEtica e se ne serve per rifondare il<br />

<strong>pensiero</strong> metafisico attraverso il materiale politico. Per Negri <strong>Spinoza</strong><br />

riesce a superare líimpasse panteistico e utopico <strong>del</strong>la sua prima<br />

fondazione (metafisica <strong>del</strong>la sostanza) grazie allo stu<strong>di</strong>o e<br />

allíapprofon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong>la funzione politica e sociale <strong>del</strong>líimmaginazione.<br />

Questa <strong>di</strong>venta inattaccabile dal punto <strong>di</strong> vista <strong>del</strong>la teologia razionale,<br />

poichÈ essa Ë sÏ causa <strong>del</strong>líillusione e <strong>del</strong>la confusione da cui si genera la<br />

superstizione che molti chiamano rivelazione <strong>di</strong>vina, ma Ë anche lo<br />

strumento <strong>di</strong>namico <strong>di</strong> produzione <strong>del</strong> reale 15 , ovvero Ë la potenza<br />

ontologica che attraverso líillusione <strong>di</strong>vina contribuisce alla<br />

cementificazione <strong>del</strong> patto sociale.<br />

Il passaggio dal momento negativo <strong>del</strong>líutopia a quello positivo <strong>del</strong>la<br />

potenza costitutiva Ë rappresentato dal superamento e rifondazione <strong>del</strong>la<br />

14 Ivi, p. 129<br />

15 Secondo Negri vi sono due livelli <strong>di</strong> argomentazione nel Trattato teologico-politico: il primo Ë quello<br />

che va dalla rivelazione allíistituzione; qui líimmaginazione ha solo una funzione trascendentale, cioË<br />

costruisce líillusione e la falsit‡ <strong>del</strong>la superstizione teologica; il secondo Ë quello che va dallíillusione<br />

alla costituzione; qui líimmaginazione acquista una funzione costitutiva ed etica, cioË contribuisce al<br />

processo pratico e sociale <strong>di</strong> costituzione <strong>del</strong>la collettivit‡. Ivi, p. 134.<br />

107


metafisica <strong>del</strong>la sostanza attraverso la metafisica <strong>del</strong>líimmaginazione,<br />

dove il politico <strong>di</strong>viene il piano <strong>di</strong> produzione <strong>del</strong> mondo che anima<br />

dallíinterno il <strong>pensiero</strong> metafisico. Bisogna, perÚ, <strong>di</strong>stinguere una<br />

immaginazione negativa che impone la superstizione nel sociale e una<br />

positiva che muove allíobbe<strong>di</strong>enza per fortificare il patto sociale<br />

allíinterno <strong>del</strong>la politica <strong>del</strong>la pace.<br />

Siamo nel completo rovesciamento <strong>del</strong>la via in gi˘ neoplatonica. Qui il<br />

mondo degli esistenti non Ë degradazione <strong>del</strong>líor<strong>di</strong>ne, ma costruzione<br />

attraverso líimmaginazione, la quale, perÚ, necessita sempre <strong>del</strong>líaiuto<br />

<strong>del</strong>la ragione positiva e materiale <strong>del</strong>la molteplicit‡. Ma la grandezza <strong>del</strong><br />

Trattato teologico-politico sta anche nellíevitare il <strong>di</strong>scorso<br />

giusnaturalista 16 , che avrebbe riportato il <strong>pensiero</strong> metafisico sul blocco<br />

astratto e ideale <strong>del</strong>le essenze universali.<br />

Per <strong>Spinoza</strong> il <strong>di</strong>ritto Ë potenza, per cui non vi Ë assolutezza statica, ma una<br />

fisica, una <strong>di</strong>namica dei rapporti associativi che non sono mai dati una<br />

volta per tutte, bensÏ si costruiscono attraverso il processo collettivo<br />

<strong>del</strong>líimmaginazione. Le potenze in<strong>di</strong>viduali o, meglio, singolari non<br />

trasferiscono il loro <strong>di</strong>ritto, cioË la loro potenza materiale ad un potere che<br />

esercita la me<strong>di</strong>azione come controllo, ma la <strong>di</strong>slocano, la sviluppano in<br />

una <strong>di</strong>namica processuale dei rapporti, uno spostamento <strong>del</strong>le potenze<br />

dove ogni in<strong>di</strong>viduo conserva la propria libert‡ díespressione in quanto<br />

parte attiva <strong>del</strong>la societ‡.<br />

<strong>Spinoza</strong> come anti-Hobbes, come anti-Rousseau 17 . Questo suo <strong>pensiero</strong><br />

antagonista al giusnaturalismo permette il passaggio alla seconda<br />

fondazione, ad una metafisica dove líimmaginazione costruisce il progetto<br />

etico e collettivo <strong>di</strong> liberazione <strong>del</strong>líessere. Grazie al <strong>di</strong>scorso politico<br />

<strong>Spinoza</strong> ha trasformato la sua ontologia, liberata dal deduttivismo<br />

16 Cfr., G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., pp. 201-207.<br />

17 A. Negri, <strong>Spinoza</strong>, cit., p. 153.<br />

108


panteistico, in uníetica <strong>del</strong>la potenza collettiva, in una pratica costruttiva<br />

<strong>del</strong>líessere.<br />

Il progetto ontologico, dove metafisica e politica coincidono, non Ë quello<br />

<strong>di</strong> sommare le in<strong>di</strong>vidualit‡ per ridurre gli egoismi, ma <strong>di</strong> rendere gli<br />

uomini, attraverso combinazioni <strong>di</strong> rapporti, capaci <strong>di</strong> esercitare la loro<br />

potenza nel miglior modo possibile. Insomma, il progetto metafisico deve<br />

costituirsi come scelta politica alternativa alla teologia-superstizione, dove,<br />

invece, la corruzione <strong>del</strong>líimmaginazione pone le basi per líaffermazione<br />

<strong>del</strong>la monarchia (paura-obbe<strong>di</strong>enza).<br />

Secondo líinterpretazione negriana, il Trattato teologico-politico non Ë<br />

solo la cesura sistematica allíinterno <strong>del</strong> percorso evolutivo <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong><br />

spinoziano, ma rappresenta soprattutto líemergere <strong>del</strong>líanomalia selvaggia<br />

nel secolo <strong>del</strong> potere monarchico. Mentre in Olanda la crisi capitalistica<br />

porta alla restaurazione <strong>del</strong>líancien regime, il <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>viene<br />

il baluardo contro ogni finalismo trascendentale <strong>del</strong>la teologia, una pratica<br />

<strong>di</strong>namica <strong>del</strong>la costituzione politica che rovescia la verticalit‡ <strong>del</strong> potere<br />

sulla superficie <strong>del</strong>la potenza.<br />

Determinare, costruire, progettare non vuol <strong>di</strong>re pi˘ degradare, limitare,<br />

privare, opporre e quin<strong>di</strong> me<strong>di</strong>are, ma sviluppo produttivo <strong>del</strong>líessere<br />

attraverso le sue determinazioni. Tra queste e líessere non vi Ë rapporto<br />

analogico <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione, ma imme<strong>di</strong>atezza espressiva. Superato il<br />

paradosso <strong>del</strong>líutopia, la nuova fondazione si pone come <strong>di</strong>smisura 18 che<br />

ricostruisce líorizzonte positivo <strong>del</strong>líesistenza molteplice attraverso il<br />

materialismo e líimmanenza.<br />

Questa nuova fondazione, questa se<strong>di</strong>zione nel <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, non si<br />

propone pi˘ <strong>di</strong> descrivere il mondo <strong>nella</strong> sua adeguatezza logica e<br />

metafisica, ma vuole costruire una pratica etica con cui líuomo organizzi<br />

attraverso la sua immaginazione il processo <strong>di</strong> liberazione-espressione<br />

18 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong> concetto negriano <strong>di</strong> <strong>di</strong>smisura si veda A. Negri, KairÚs, Alma Venus,<br />

Moltitudo: nove lezioni impartite a me stesso, cit., pp. 35-47.<br />

109


<strong>del</strong>líessere. Negri in<strong>di</strong>vidua in questo momento, cioË nellíelaborazione<br />

<strong>del</strong>la seconda parte <strong>del</strong>líEtica, la vera rivoluzione <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> occidentale.<br />

Il filone che da Cartesio a Hobbes ha impostato il concetto <strong>di</strong><br />

appropriazione <strong>del</strong>la natura sul criterio <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione <strong>del</strong>le passioni Ë<br />

rovesciato da uníetica <strong>di</strong>namica <strong>del</strong>le potenze, uníetica dove le passioni<br />

costruiscono imme<strong>di</strong>atamente líesistenza. La natura non Ë pi˘ tendenza<br />

alla perversione appropriativa che va sottomessa al comando, ma creativit‡<br />

che, attraverso il corpo e la ragione, costruisce il piano orizzontale <strong>del</strong>la<br />

potenza collettiva.<br />

Nel ë600 il mondo andava in una <strong>di</strong>rezione opposta a quella tracciata da<br />

<strong>Spinoza</strong>, líappropriazione era ridotta a interesse economico, la rivoluzione<br />

a me<strong>di</strong>azione per il controllo <strong>del</strong> potere, inoltre le forze espressive erano<br />

sottomesse ai rapporti <strong>di</strong> produzione.<br />

Per <strong>Spinoza</strong>, invece, líappropriazione non puÚ coincidere con líinteresse<br />

capitalistico, non puÚ piegarsi a nessun or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> interessi egoistici 19 ,<br />

poichÈ rappresenta lo sviluppo materiale <strong>del</strong>le forze collettive.<br />

La borghesia organizza il proprio dominio mostrando come la<br />

sottomissione <strong>del</strong>le forze allíinteresse <strong>di</strong> chi detiene il potere Ë necessaria<br />

allíorganizzazione <strong>del</strong>líessere. <strong>Spinoza</strong> si oppone a questa organizzazione<br />

verticale <strong>del</strong> dominio, <strong>del</strong>líinteresse egoistico, <strong>del</strong>la traslazione <strong>del</strong> potere.<br />

La filosofia non Ë strumento <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione nÈ epistemologica, nÈ<br />

ontologica, ma strumento per la costruzione pratica <strong>del</strong>líavvenire.<br />

La seconda fondazione, il momento positivo <strong>del</strong>la <strong>di</strong>sutopia, va dalla<br />

seconda parte <strong>del</strong>líEtica al Trattato politico. Qui non sono pi˘ gli attributi<br />

il centro <strong>di</strong>namico <strong>del</strong>líontologia. Non si parte pi˘ dallíassoluto, ma si<br />

incomincia dal mondo finito dei mo<strong>di</strong>, dal piano orizzontale degli esistenti,<br />

per poi progettare su <strong>di</strong> esso la <strong>di</strong>namica costitutiva <strong>del</strong>líessere. La<br />

19 In <strong>Spinoza</strong> manca <strong>del</strong> tutto la concezione assoluta <strong>del</strong> contratto presente nel giusnaturalismo. Per lui il<br />

patto non Ë un vincolo astratto e artificiale costituito dal trasferimento dei <strong>di</strong>ritti, ma un elemento interno<br />

al processo costitutivo <strong>del</strong>líimmaginazione, una seconda natura come <strong>di</strong>slocamento <strong>del</strong>le potenze. A.<br />

Negri, <strong>Spinoza</strong>, cit., p. 151.<br />

110


potenza, spinta dal conatus, non ha come unico obiettivo la realizzazione<br />

<strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>vino prestabilito, ma il proprio aumento esponenziale.<br />

Questa Ë líunica via in su <strong>del</strong>líespressione e <strong>del</strong>líimmaginazione. La<br />

pienezza spontanea <strong>del</strong>líessere si costruisce incrementando la potenza<br />

collettiva <strong>del</strong> mondo.<br />

Dalla seconda parte <strong>del</strong>líEtica in poi, la sostanza e gli attributi scompaiono<br />

quasi <strong>del</strong> tutto dal lessico spinoziano, lasciando il posto allíesistenza <strong>nella</strong><br />

sua molteplicit‡ singolare, esistenza intesa come potenza che pone<br />

líessenza, che la costruisce come tendenza, come líemergenza <strong>del</strong> progetto<br />

<strong>di</strong> composizione progressiva <strong>del</strong>líessere. LíEtica, cosÏ come tutto il<br />

<strong>pensiero</strong> metafisico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, parte dalla sostanza, dallíinfinito,<br />

dallíassoluto, ma attraverso líimmaginazione produttiva giunge al processo<br />

<strong>di</strong> liberazione sociale e politica degli esistenti 20 . Le stesse debolezze <strong>del</strong>le<br />

passioni, come líimpotenza degli uomini non sono pi˘ pretesti per<br />

líesercizio <strong>del</strong> potere, per una gerarchizzazione analogica e trascendentale,<br />

ma elementi costitutivi interni allíontologia, cioË rappresentano lo stesso<br />

progetto costitutivo <strong>del</strong>la potenza, ciÚ che permette il passaggio dalla fisica<br />

degli incontri alla <strong>di</strong>namica politica <strong>del</strong>la socializzazione.<br />

Líantagonismo e la conflittualit‡, perÚ, non sono elementi <strong>di</strong> una<br />

concezione utilitaristica 21 in <strong>Spinoza</strong>, poichÈ in lui manca <strong>del</strong> tutto una<br />

<strong>di</strong>mensione in<strong>di</strong>vidualistica <strong>del</strong> processo politico. Líin<strong>di</strong>viduo Ë solo parte<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>namica collettiva, elemento attivo <strong>del</strong>la struttura-societ‡.<br />

Líantagonismo Ë anzi un fattore progressivo che sviluppa e moltiplica la<br />

versatilit‡ e líesuberanza <strong>del</strong>líessere etico. Questa non Ë che metafisica<br />

materialista <strong>del</strong> pieno, critica <strong>del</strong> negativo, <strong>del</strong>líessere come degradazione<br />

20 Dalla prima fondazione (metafisica <strong>del</strong>la sostanza) alla seconda fondazione (metafisica <strong>del</strong>la potenza<br />

collettiva) passando attraverso líimmaginazione, come elemento genetico che permette e istituisce il<br />

passaggio.<br />

21 Per <strong>Spinoza</strong> líutile coincide con líin<strong>di</strong>vidualit‡ come <strong>di</strong>ritto espressivo, come utilit‡ collettiva che<br />

determina il patto sociale, non come principio o valore. Quin<strong>di</strong> gli in<strong>di</strong>vidui non trasferiscono il loro<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> espressione, ma riorganizzano, <strong>di</strong>slocano le loro potenze in modo da combinarle<br />

collettivamente nel miglior modo possibile. Gli in<strong>di</strong>vidui conferiscono la loro potenza ad una societ‡<br />

(collettivit‡) <strong>di</strong> cui sono parte attiva. Ivi, p. 200.<br />

111


emanativa, affermazione <strong>del</strong>la pienezza <strong>del</strong>líessere in quanto processo<br />

graduale <strong>di</strong> costituzione <strong>del</strong>líemergenza collettiva.<br />

Insomma, líessenza non Ë possibilit‡ implicita da rendere reale, ma<br />

potenza esplicita in quanto processo esponenziale <strong>di</strong> liberazione. Secondo<br />

lo <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> Negri, líessere si muove sul piano <strong>del</strong>la conflittualit‡ e <strong>del</strong><br />

contrasto tra le potenze <strong>di</strong> vario grado. Per far sÏ che questo contrasto non<br />

porti alla me<strong>di</strong>azione <strong>del</strong> potere, ma alla composizione materiale <strong>del</strong>le<br />

forze, bisogna trasportare il piano ontologico sul terreno sociale.<br />

Se líuomo contrasta per quanto riguarda le passioni, Ë pur vero che si<br />

accorda per natura tramite la ragione, lo strumento che ci permette <strong>di</strong><br />

capire cosa vi Ë <strong>di</strong> comune nei rapporti tra forze <strong>di</strong>verse. Certo a livello<br />

sociale la ragione non basta, necessita <strong>di</strong> una convenzione, <strong>di</strong><br />

uníobbligazione con cui ottenere il consenso, in pratica <strong>di</strong> un meccanismo<br />

logico per progettare líannessione <strong>del</strong>líessere. Ma da questo punto <strong>di</strong> vista<br />

strettamente logico la societ‡ Ë ancora una prospettiva da realizzare, un<br />

fine da costruire nellíorizzonte gnoseologico. Inoltre, la ragione Ë intesa<br />

solo <strong>nella</strong> sua funzione <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione formale e non come processo pratico<br />

<strong>di</strong> costruzione materiale <strong>del</strong>líessere.<br />

Se invece passiamo sul terreno sociale <strong>del</strong>la corporeit‡ 22 , degli incontri<br />

materiali, allora la ragione non fa altro che completare il corpo, che<br />

articolarsi in perfetto equilibrio con esso per riempire materialmente<br />

líesistenza. Non Ë la ragione a dedurre il mondo dagli incontri dei corpi,<br />

ma Ë líazione simultanea e parallela <strong>di</strong> ragione e corpo che costruisce il<br />

presente etico come affermazione piena <strong>del</strong>la vita.<br />

Questa concezione positiva <strong>del</strong>líessere Ë perÚ sempre fondata sulla<br />

debolezza e incapacit‡ umane a evitare le passioni tristi. <strong>Spinoza</strong> nega sia<br />

il dualismo cartesiano, sia líassolutismo volontaristico degli stoici.<br />

22 Secondo Negri, con la fine <strong>del</strong>la terza parte <strong>del</strong>líEtica emerge líorizzonte sociale <strong>del</strong>la potenza. Infatti<br />

tutta la quarta parte Ë incentrata sulla <strong>di</strong>namica <strong>del</strong>la prassi umana, líuomo come tendenza e urgenza<br />

reale <strong>del</strong>la propria essenza in quanto progetto espansivo ed etico. Ivi, p. 208.<br />

112


Il paradosso <strong>di</strong> una sostanza univoca e dei suoi mo<strong>di</strong> equivoci non viene<br />

negato o risolto a favore <strong>di</strong> una <strong>del</strong>le due parti, ma <strong>di</strong>viene il piano-limite<br />

su cui si sviluppa il processo <strong>di</strong> costituzione <strong>di</strong>namica <strong>del</strong>líessere finito.<br />

A questo punto avviene una nuova complicazione 23 : Negri ci fa notare<br />

come <strong>nella</strong> parte quinta ritornano elementi metafisici (attributi, Dio), che<br />

pensavamo scomparsi nellíEtica spinoziana. Il ritorno <strong>del</strong>líutopia panteista<br />

Ë in realt‡ solo un momento critico per poter costruire la <strong>di</strong>sutopia pratica<br />

<strong>del</strong>la seconda fondazione.<br />

Se Ë vero che la mente, riferendo tutte le cose a Dio, cogliendole come sue<br />

espressioni, produce uníastrazione dal tempo, Ë tuttavia questo un processo<br />

pur sempre materiale, appiattito sullíorizzonte <strong>del</strong>líimmaginazione, la sola<br />

a poter alimentare dal basso questo processo intuitivo <strong>del</strong>la mente.<br />

Possiamo risalire a Dio solo in quanto Dio Ë complicato <strong>nella</strong> singolarit‡<br />

materiale <strong>del</strong>líesistenza, la nostra ascesi Ë solo una motivazione o<br />

giustificazione estrinseca <strong>del</strong> processo etico <strong>del</strong>la collettivit‡.<br />

Líutopia panteista <strong>del</strong>la prima fondazione, in quanto rispecchia líideologia<br />

borghese <strong>del</strong> mercato, Ë posta solo per essere rovesciata o, meglio, per<br />

essere superata dalla <strong>di</strong>sutopia etica in quanto negazione <strong>del</strong> mercato,<br />

affermazione <strong>di</strong> un processo che vuole risolvere la crisi nellíemergenza<br />

costitutiva <strong>del</strong>la socialit‡. La fase negativo-descrittiva <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong><br />

spinoziano viene inglobata in quella positivo-costitutiva, dove líessere Ë<br />

presentato come tendenza graduale, piena e <strong>di</strong>namica <strong>del</strong>la potenza,<br />

processo <strong>di</strong> liberazione dalla crisi, dallíutopia, in una parola dal suo limite.<br />

Questo non Ë pi˘ elemento esterno ineliminabile, in quanto fondante il<br />

processo <strong>di</strong>alettico, ma segno interno che si pre<strong>di</strong>ca <strong>del</strong>líessere solo in<br />

quanto ostacolo da superare in senso costruttivo-materiale.<br />

23 Per la precisione <strong>nella</strong> quinta parte Negri in<strong>di</strong>vidua due tensioni contrapposte: una ascetica, líaltra<br />

costitutiva e materialista. Secondo líautore, questo Ë dovuto al fatto che la redazione <strong>del</strong>la quinta parte si<br />

Ë <strong>di</strong>stribuita su <strong>di</strong>versi perio<strong>di</strong>, che hanno anticipato la redazione <strong>del</strong>la terza e quarta parte. Ivi, p. 218.<br />

Tuttavia, cre<strong>di</strong>amo sia pi˘ corretta la proposta <strong>del</strong>euziana suggerita da M. Hardt. Per approfon<strong>di</strong>re questo<br />

tema si veda M. Hardt, Gilles Deleuze, un appren<strong>di</strong>stato in filosofia, cit., pp. 128-130.<br />

113


Il mondo Ë ormai un piano orizzontale compatto, privo <strong>del</strong>le lacerazioni<br />

<strong>del</strong>la <strong>di</strong>alettica, <strong>del</strong>la metafisica <strong>del</strong> nulla, <strong>del</strong> vuoto. Líessere Ë tendenza<br />

costitutiva <strong>di</strong> superamento.<br />

Secondo Negri, il percorso filosofico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> termina con la scoperta<br />

<strong>del</strong> campo politico, con la necessit‡ umana <strong>di</strong> sviluppare la propria essenza<br />

come processo <strong>di</strong> liberazione collettiva ed esponenziale. Il politico Ë il<br />

piano orizzontale <strong>di</strong> composizione <strong>di</strong>namica <strong>del</strong>le potenze, il luogo<br />

migliore dove gli uomini possono effettuare la loro essenza.<br />

Se per Deleuze il campo spinoziano <strong>del</strong>la beatitu<strong>di</strong>ne era líetica<br />

<strong>del</strong>líespressione, dove líuomo pi˘ eliminava la passivit‡ <strong>del</strong>la tristezza, pi˘<br />

acquistava capacit‡ <strong>di</strong> essere attivamente potente, gioioso, espressivo, per<br />

Negri líetica spinoziana Ë tale solo <strong>di</strong>luendosi nel campo politico <strong>del</strong>la<br />

collettivit‡. Le essenze singolari possono esprimersi, svilupparsi solo come<br />

processo <strong>di</strong> costituzione sociale, plurale, cioË solo come moltitu<strong>di</strong>ne<br />

líuomo puÚ acquistare la sua modalit‡ <strong>di</strong>namica pi˘ potente ed espressiva.<br />

La moltitu<strong>di</strong>ne non Ë antagonismo <strong>di</strong>alettico tra le cupi<strong>di</strong>tates, non Ë un<br />

limite imposto alla libert‡ in<strong>di</strong>viduale, ma coincide in realt‡ con líaumento<br />

progressivo <strong>del</strong>la potenza, Ë il soggetto politico in quanto <strong>di</strong>namica<br />

materiale e collettiva <strong>di</strong> composizione <strong>del</strong>le forze.<br />

Allíetica <strong>del</strong>líespressione presente nellíultima parte <strong>del</strong>líEtica, deve<br />

seguire una fisica politica 24 , non pi˘ incentrata sul potere, sulle leggi o<br />

sulla volont‡, ma sulla potenza, sul desiderio collettivo e<br />

sullíimmaginazione produttiva.<br />

Per Negri il materialismo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë rappresentato dalla sua concezione<br />

politica, dal suo porre la potenza contro il potere, il <strong>di</strong>ritto contro la legge,<br />

il consenso <strong>del</strong>la collettivit‡ contro il contratto. La societ‡ per <strong>Spinoza</strong> non<br />

nasce dal trasferimento dei <strong>di</strong>ritti naturali per la salvaguar<strong>di</strong>a <strong>del</strong> dominio<br />

borghese, <strong>del</strong>la scienza capitalistica che vorrebbe sottomettere la creativit‡<br />

24 Questo passaggio secondo Negri verr‡ compiuto nel Trattato politico, A. Negri, <strong>Spinoza</strong>, cit., p. 213.<br />

114


<strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne, <strong>del</strong> potere assolutistico che considera la cessione dei<br />

<strong>di</strong>ritti superiore alla loro costituzione collettiva.<br />

Secondo questo suo modo <strong>di</strong> intendere la politica, Stato e societ‡ civile si<br />

intersecano, poichÈ ognuno dei due Ë líespressione <strong>del</strong>líaltro. Il primo<br />

inculca e garantisce líobbe<strong>di</strong>enza, espressione formale <strong>del</strong> comando, líaltro<br />

rappresenta la costituzione materiale <strong>del</strong> consenso 25 . Ma lo Stato non deve<br />

mai essere coercizione che sottomette la potenza al potere, poichÈ<br />

líobbe<strong>di</strong>enza deve sempre essere líespressione <strong>di</strong>retta <strong>del</strong> libero consenso<br />

<strong>del</strong>la natura umana. » líimmaginazione, in quanto forza creativa dei<br />

bisogni e dei desideri <strong>del</strong>la collettivit‡, a essere líelemento fondante con<br />

cui costruire la razionalit‡ sociale <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne che non si lascia<br />

sottomettere da nessuna forma astratta <strong>di</strong> dominio.<br />

Tutta líinterpretazione negriana si basa sul fatto che il clima in cui ha<br />

vissuto <strong>Spinoza</strong> Ë fondamentale per cogliere lo sviluppo politico e<br />

metafisico <strong>del</strong> suo <strong>pensiero</strong>. Quando scrive il Trattato politico in Olanda,<br />

la monarchia aveva restaurato il suo potere, aveva <strong>di</strong>mostrato che alla pace<br />

conviene ricorrere al potere <strong>di</strong> uno solo. Il progetto politico spinoziano si<br />

sviluppa proprio in aperta contrad<strong>di</strong>zione con questo dato storico, ne mette<br />

in evidenza i suoi limiti fisici e soprattutto il pericolo <strong>di</strong> un assolutismo<br />

inespressivo dei bisogni sociali.<br />

Nel Trattato politico la monarchia non Ë la forma assoluta e necessaria <strong>di</strong><br />

governo, il fine ultimo <strong>del</strong>la storia umana, ma solo un fatto storico che se<br />

vuole <strong>di</strong>ventare garante <strong>di</strong> pace e libert‡ non puÚ che piegarsi e integrarsi<br />

al processo <strong>di</strong> costituzione materiale <strong>del</strong>le forze, deve, cioË, inscriversi<br />

<strong>nella</strong> relazione <strong>di</strong> composizione <strong>di</strong>namica dei soggetti.<br />

Insomma, il progetto politico spinoziano Ë in lotta con la realt‡ borghese<br />

<strong>del</strong> suo secolo, vive questa contrad<strong>di</strong>zione interna, ma senza farsi<br />

schiacciare da essa, senza mai darsi sconfitto, ma mostrandosi solo sospeso<br />

25 Ivi, p. 251.<br />

115


in una cesura gravida <strong>di</strong> futuro, la quale non puÚ che attendere la<br />

rivoluzione come unica con<strong>di</strong>zione reale per il suo sviluppo.<br />

Líanomalia selvaggia sta quin<strong>di</strong> tutta nel suo insistere su <strong>di</strong> un campo<br />

politico completamente antagonista a quello <strong>del</strong> suo secolo, nel suo andare<br />

<strong>nella</strong> <strong>di</strong>rezione opposta al suo tempo storico. La sua <strong>di</strong>smisura sta nel aver<br />

fatto <strong>del</strong>la crisi <strong>del</strong>líutopia un elemento interno <strong>del</strong> processo politico, un<br />

limite da superare per poter costruire líessere.<br />

Lo <strong>Spinoza</strong> <strong>del</strong> momento negativo, che si arresta al Trattato teologico-<br />

politico, descrive la crisi utopica <strong>del</strong>líassolutismo come paradosso <strong>del</strong><br />

mondo, come coacervo <strong>di</strong> antinomie insolubili. Il secondo <strong>Spinoza</strong>, invece,<br />

assume questa <strong>di</strong>mensione <strong>del</strong>líessere come orizzonte <strong>del</strong> progetto politico<br />

<strong>di</strong> trasformazione e superamento <strong>del</strong>la crisi.<br />

Con líimmaginazione creativa al centro <strong>di</strong> questo progetto il mondo si<br />

appresta a costruire il suo futuro collettivo, senza che questo coincida con<br />

alcun tipo <strong>di</strong> processo <strong>di</strong>alettico. Il negativo non Ë líopposto che riafferma<br />

líassoluto, ma un vuoto, un niente paradossale come con<strong>di</strong>zione <strong>del</strong>la<br />

rivoluzione. Dal negativo al positivo, dal rapporto paradossale tra infinito e<br />

finito allíemergere <strong>di</strong>namico e materiale <strong>del</strong>la collettivit‡.<br />

Questa Ë la fenomenologia <strong>del</strong>la prassi collettiva descritta secondo Negri<br />

nellíEtica 26 . Secondo questa prospettiva ontologica, anche la scienza non<br />

deve essere pi˘ inserita nel processo verticale <strong>del</strong>la sublimazione <strong>del</strong><br />

potere, non deve essere pi˘ intesa come conoscenza finalizzata al dominio<br />

<strong>del</strong>la natura, bensÏ come processo pratico <strong>di</strong> liberazione, progetto <strong>di</strong><br />

costituzione <strong>di</strong> una seconda natura in quanto appropriazione collettiva.<br />

Negri considera la filosofia spinoziana come la traslazione teorica <strong>di</strong> un<br />

progetto pratico <strong>di</strong> conquista <strong>del</strong> mondo, <strong>di</strong>smisura che si impossessa<br />

<strong>del</strong>líutopia per trasformarla in <strong>di</strong>sutopia, in processo <strong>di</strong> liberazione.<br />

26 Ivi, p. 267.<br />

116


Lo <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> Negri Ë un vero e proprio rivoluzionario materialista, in<br />

quanto la filosofia per lui non Ë teoria conoscitiva, ma <strong>di</strong>struzione<br />

<strong>del</strong>líideologia, <strong>del</strong>la me<strong>di</strong>azione e <strong>del</strong> potere, <strong>di</strong>struzione che<br />

dallíidealismo <strong>del</strong> momento negativo giunge al materialismo <strong>di</strong> quello<br />

positivo, dove ciÚ che líideologia <strong>di</strong>fendeva come sostanziale viene<br />

rovesciato, attaccato e infine <strong>di</strong>strutto. La politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë, in<br />

definitiva, una metafisica <strong>del</strong>la pienezza <strong>del</strong>líessere che si articola in prassi<br />

politica.<br />

Dal neoplatonismo sino alla scienza borghese il problema <strong>del</strong>la potenza e<br />

<strong>del</strong> bisogno, <strong>del</strong>la produzione e <strong>del</strong>líappropriazione Ë sempre stato<br />

sviluppato e risolto in termini <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione e comando. La gerarchia<br />

neoplatonica viene utilizzata dalla borghesia come luogo <strong>di</strong> riproduzione<br />

<strong>del</strong> comando in termini <strong>di</strong> profitto capitalistico. Líideologia borghese Ë<br />

quin<strong>di</strong> mistificazione <strong>di</strong>alettica <strong>del</strong> mercato, <strong>di</strong>storsione reazionaria<br />

secondo la quale la monarchia e il suo potere coercitivo non sono che<br />

soluzioni inevitabili <strong>del</strong> conflitto sociale, elementi <strong>di</strong> cui si serve<br />

líideologia per or<strong>di</strong>nare il mondo e <strong>di</strong>scernere ciÚ che Ë buono da ciÚ che Ë<br />

cattivo. Questa teologia negativa <strong>del</strong> capitalismo coincide con una<br />

ipostatizzazione <strong>del</strong> mercato, una superstizione che costringe<br />

allíobbe<strong>di</strong>enza, che vuole <strong>di</strong>struggere i desideri e líimmaginazione creativa<br />

<strong>del</strong>la collettivit‡.<br />

La filosofia spinoziana Ë invece lotta a questa ideologia, rottura <strong>del</strong><br />

mercato come <strong>di</strong>sutopia 27 <strong>del</strong>la potenza, una rivoluzione selvaggia contro<br />

la metafisica che blocca la liberazione, che impe<strong>di</strong>sce la prassi <strong>del</strong>la<br />

costituzione. Dallíidealismo <strong>del</strong>la sostanza infinita allíetica <strong>del</strong>la potenza,<br />

<strong>del</strong>le essenze singolari, questo Ë il movimento ontologico spinoziano che<br />

27 Se líutopia borghese si basa sullíipostasi <strong>del</strong> dualismo <strong>del</strong> mercato, la <strong>di</strong>sutopia , invece, considera<br />

come unica ipostasi possibile il mondo nel suo svilupparsi <strong>di</strong>namico e materiale. In poche parole líutopia<br />

borghese Ë mistificazione <strong>del</strong> mercato, mentre la <strong>di</strong>sutopia Ë processo <strong>di</strong> liberazione. Ivi, p. 272.<br />

117


prepara il terreno per la politica, per la costruzione orizzontale <strong>del</strong>la<br />

moltitu<strong>di</strong>ne.<br />

Secondo Negri, dalla quarta e quinta parte <strong>del</strong>líEtica sino al Trattato<br />

politico <strong>Spinoza</strong> giunge al <strong>di</strong> l‡ anche <strong>del</strong>la semplice questione etica, Ë<br />

ormai entrato <strong>nella</strong> fisica <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne, <strong>nella</strong> politica <strong>del</strong>la tendenza<br />

costitutiva <strong>del</strong>la collettivit‡. Il vuoto, il negativo, il non-essere non sono<br />

concetti che stanno a in<strong>di</strong>carci il contrad<strong>di</strong>ttorio, il limite esterno da<br />

inglobare per poter ristabilire líor<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>la gerarchia, <strong>del</strong> potere.<br />

Essere e limite, esistenza piena e non-essere vuoto si affermano sullo<br />

stesso piano orizzontale, senza trascendenza, senza <strong>di</strong>alettica, affermazione<br />

<strong>del</strong>la positivit‡ <strong>del</strong>líessere immanente in quanto dominio <strong>del</strong> nulla,<br />

produzione e appropriazione come elementi costitutivi <strong>del</strong>la vittoria<br />

rivoluzionaria sul negativo, sul vuoto <strong>del</strong> non-essere.<br />

Tuttavia, ciÚ che rende ancora pi˘ interessante líinterpretazione negriana Ë<br />

líonest‡ politica e intellettuale con cui líautore <strong>di</strong>chiara il suo amore per<br />

<strong>Spinoza</strong>. Infatti, proprio per quanto riguarda il Trattato politico Negri<br />

afferma che non lo si puÚ utilizzare come strumento <strong>di</strong> propaganda<br />

politica 28 , cioË non possiamo credere che <strong>Spinoza</strong> abbia voluto <strong>di</strong>fendere<br />

una forma <strong>di</strong> governo particolare. Per il filosofo olandese il vero problema<br />

politico non sta <strong>nella</strong> forma ma in ciÚ che in essa si esprime. La politica Ë<br />

un problema <strong>di</strong> potenza, <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> liberazione, <strong>di</strong> emancipazione dei<br />

bisogni collettivi, conferire potenza piana e gioiosa agli esistenti, questa Ë<br />

politica, unico fine <strong>del</strong>la metafisica.<br />

Il suo <strong>pensiero</strong> Ë anomalo poichÈ, in un periodo storico dove trionfa la<br />

restaurazione, il suo metodo, la sua logica, ha come risultato la <strong>di</strong>sutopia,<br />

la prassi <strong>di</strong> emancipazione <strong>del</strong>la creativit‡ produttiva. La sua filosofia Ë<br />

selvaggia poichÈ, in un periodo in cui la politica era espressione <strong>del</strong> potere<br />

borghese, la sua ontologia acquistava una doppia funzione politica e<br />

28 Ivi,p. 274.<br />

118


pratica: critica <strong>del</strong>la datit‡ storica <strong>del</strong>líesistenza; costruzione e liberazione<br />

<strong>del</strong> presente.<br />

Le forze produttive devono liberarsi dalla sottomissione ai rapporti <strong>di</strong><br />

produzione capitalistici e costruire il mondo, poichÈ líessere non Ë che<br />

questa produzione materiale e conoscitiva, organizzazione etica e politica<br />

<strong>del</strong>le forze per la loro liberazione.<br />

Certo questa interpretazione <strong>del</strong>líetica spinoziana risulta forzatamente<br />

marxista, ma ciÚ che deve interessarci non Ë affatto sapere se<br />

effettivamente <strong>Spinoza</strong> si considerava un rivoluzionario materialista che<br />

doveva trasformare la sua metafisica in progetto politico <strong>di</strong> emancipazione.<br />

In realt‡, dobbiamo riconoscere a Negri il merito <strong>di</strong> aver messo in rilievo<br />

líimportanza centrale <strong>del</strong>líimmaginazione nellíontologia spinoziana.<br />

Questa Ë líelemento strutturale pi˘ importante <strong>di</strong> tutto il sistema<br />

spinoziano. Líimmaginazione, perÚ, ha sempre bisogno <strong>del</strong>la ragione, non<br />

solo per costruire la mente in<strong>di</strong>viduale, ma soprattutto per la liberazione<br />

<strong>del</strong>le potenze collettive allíinterno <strong>del</strong>la societ‡ civile.<br />

Líetica <strong>del</strong>líimmaginazione Ë incentrata sulla concezione <strong>del</strong>líessere come<br />

natura che crea una seconda natura, un mondo <strong>di</strong> essenze singolari che<br />

sviluppano la propria potenza come umanit‡ liberata. Líessere Ë sempre<br />

produzione, appropriazione e quin<strong>di</strong> accumulazione progressiva <strong>di</strong> forze.<br />

Questo vuol <strong>di</strong>re che la Natura in <strong>Spinoza</strong> Ë gi‡ seconda natura in atto,<br />

produzione appropriativa <strong>del</strong>líimmaginazione che non ha un fine o un<br />

risultato ben preciso, ma Ë sempre gi‡ il suo risultato e il suo principio in<br />

atto, processo che costituendosi <strong>nella</strong> sua necessit‡ effettuale determina la<br />

propria liberazione.<br />

Questa prospettiva ontologica, che fa <strong>del</strong>líessere il suo movimento<br />

costitutivo e <strong>di</strong>namico, il passaggio da natura a seconda natura, costituisce<br />

il cuore <strong>del</strong>la politica spinoziana, il momento in cui la metafisica si fa<br />

emergenza etica <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne. Parlare <strong>del</strong>líessere, <strong>del</strong>líinfinito porta<br />

119


necessariamente verso la problematica <strong>del</strong>la costituzione <strong>del</strong>la soggettivit‡<br />

collettiva.<br />

La seconda natura coincide con il movimento orizzontale con cui la<br />

soggettivit‡, la moltitu<strong>di</strong>ne degli esistenti costruisce la sua fisica, la sua<br />

resistenza ai rapporti <strong>di</strong> produzione. Il potere, invece, Ë contingenza che<br />

vuole sopraffare e dominare la natura, appropriazione <strong>di</strong>alettica e negativa.<br />

Ma la potenza creatrice <strong>del</strong>la soggettivit‡ collettiva afferma la propria<br />

pienezza materiale corrodendo il potere dal basso, fino a quando non sar‡<br />

completamente permeato dalla potenza soggettiva.<br />

Secondo Negri, líetica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> coincide con questa <strong>di</strong>sutopia etica,<br />

pertanto Ë processo <strong>di</strong> liberazione <strong>del</strong>le forze produttive, superamento ed<br />

emancipazione <strong>del</strong>la collettivit‡. Questo <strong>di</strong>segno etico-politico ha inizio<br />

con la critica alle teologie negative presente nel Trattato teologico-<br />

politico. Qui <strong>Spinoza</strong> mostra come la superstizione sia funzionale al<br />

potere, in quanto forma <strong>di</strong> alienazione utile al controllo e alla<br />

sottomissione <strong>del</strong>la creativit‡ soggettiva. Attraverso questa <strong>di</strong>samina <strong>del</strong>la<br />

forza repressiva <strong>del</strong> potere e dei suoi strumenti <strong>di</strong> legittimazione, <strong>Spinoza</strong><br />

costruisce il campo immanente e materiale per lo sviluppo <strong>del</strong>la pienezza<br />

produttiva e sociale <strong>del</strong>líessere.<br />

Il passaggio dallíinfinito al finito si Ë rovesciato nel progetto etico <strong>di</strong><br />

liberazione <strong>del</strong>la potenza dalla residualit‡ <strong>del</strong> potere, Ë <strong>di</strong>ventato <strong>di</strong>sutopia,<br />

emergenza <strong>del</strong>líessere nel tempo <strong>del</strong>la <strong>di</strong>smisura. La temporalit‡ 29<br />

appartenente a questo movimento ontologico, a questo processo<br />

esponenziale, non Ë affatto computazione, calcolo, bensÏ apertura <strong>di</strong>namica<br />

dei bisogni materiali, essere come costituzione <strong>di</strong> un avvenire che percorre<br />

il presente per aprirlo alla propria pienezza.<br />

29 Va tuttavia precisato che <strong>nella</strong> prefazione al suo libro su <strong>Spinoza</strong> Negri aveva affermato che il<br />

materialismo spinoziano non superava i limiti <strong>di</strong> una concezione spaziale, lasciando irrisolto il rapporto<br />

tra <strong>di</strong>mensioni spaziali e temporali. In realt‡, nel capitolo nono corregge il tiro, spiegando che in realt‡<br />

líessere spaziale <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> racchiude una concezione temporale. Questa perÚ non Ë basata sul concetto<br />

moderno <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire, ma <strong>di</strong> costituzione. Ivi, p. 281<br />

120


Líontologia spinoziana acquista per Negri il valore <strong>di</strong> una vera e propria<br />

filosofia materialista <strong>del</strong>líavvenire, dove il tempo Ë esistenza, movimento<br />

<strong>di</strong> liberazione, emancipazione, tendenza, appropriazione cumulativa <strong>del</strong><br />

passato per la costruzione <strong>di</strong> un presente immerso nel ventre <strong>del</strong>líavvenire.<br />

Líessere come temporalit‡ <strong>di</strong>viene la formula ontologica per descrivere la<br />

modalit‡ <strong>del</strong>líesistenza in quanto movimento, processo in costruzione,<br />

essenza come produzione e appropriazione sempre in atto, ma mai risolta<br />

una volta per tutte.<br />

Insomma, per Negri risulta estremamente facile concludere che la filosofia<br />

<strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, dal Breve trattato al Trattato politico, apre la strada al<br />

materialismo rivoluzionario, ad una prospettiva che rompe con la <strong>di</strong>alettica<br />

<strong>del</strong> potere e inaugura líetica <strong>del</strong>la potenza. Proprio quando la crisi <strong>di</strong>viene<br />

cosÏ invasiva da essere letta solo in termini assolutistici, i teorici <strong>del</strong>la<br />

reazione al potere pongono la lotta <strong>del</strong>la potenza contro i rapporti <strong>di</strong><br />

produzione in termini ancora pi˘ assoluti, per loro si tratta esclusivamente<br />

<strong>di</strong> fondare il piano materiale su cui la storia dei soggetti dovr‡ costruire la<br />

propria affermazione desiderante.<br />

CiÚ che accomuna Deleuze e Negri nel rileggere <strong>Spinoza</strong> sta tutto nel loro<br />

modo <strong>di</strong> vestirlo con gli abiti <strong>del</strong>la rivoluzione, <strong>di</strong> consegnarlo ai posteri e<br />

alla storia come umanista rivoluzionario e maledetto. Per questi autori<br />

<strong>Spinoza</strong> pone líumanit‡ come Natura perfetta, dove la perfezione consiste<br />

nel movimento produttivo dei desideri <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne: un umanesimo<br />

che fa <strong>del</strong>líamore líarma espressiva con cui costruire la libert‡ etica <strong>del</strong>la<br />

vita collettiva 30 . Il desiderio umano, mosso dallíamore, ovvero dalla<br />

volont‡ <strong>di</strong> comporre la propria potenza per aumentarla, Ë la materia con<br />

cui Ë fatto il mondo, la seconda natura come espressione <strong>del</strong>la pienezza<br />

collettiva, <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne che progetta la liberazione <strong>del</strong> proprio corpo e<br />

<strong>del</strong>la propria mente.<br />

30 M. Hardt / A. Negri, Impero. Il nuovo or<strong>di</strong>ne <strong>del</strong>la globalizzazione, Milano, Bur, 2001, p. 86.<br />

121


Per Negri <strong>Spinoza</strong> rappresenta il campione <strong>del</strong>la prima fase <strong>del</strong>la<br />

modernit‡, cioË <strong>di</strong> quel momento rivoluzionario durante il quale líumanit‡<br />

si riappropriava <strong>di</strong> ciÚ che la trascendenza me<strong>di</strong>evale gli aveva tolto 31 ,<br />

ossia <strong>del</strong>la capacit‡ <strong>di</strong> costruire la propria potenza appropriativa e<br />

costituente a <strong>di</strong>scapito <strong>del</strong> potere costituito trascendente 32 .<br />

Purtroppo, a questa se<strong>di</strong>zione <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, <strong>del</strong> corpo, in una parola<br />

<strong>del</strong>líumanit‡ seguÏ una controrivoluzione intesa a impe<strong>di</strong>re la <strong>di</strong>vulgazione<br />

<strong>del</strong>líimmanenza spinoziana, <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> moltitu<strong>di</strong>ne come seconda<br />

natura in <strong>di</strong>retta e imme<strong>di</strong>ata relazione con la <strong>di</strong>vinit‡.<br />

Bisognava restaurare la trascendenza, ristabilire la separazione tra essenza<br />

ed esistenza, tra potere e moltitu<strong>di</strong>ne, per questo si impose la me<strong>di</strong>azione<br />

come strumento per traslare il potere da Dio agli uomini o, meglio, al<br />

mercato e a chi lo rappresentava.<br />

Se Deleuze fa <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> il filosofo che inventa uníetica critica <strong>del</strong>le<br />

mistificazioni trascendentali, uníarma <strong>di</strong> liberazione dalle passioni tristi,<br />

uníontologia <strong>del</strong>líessere come potenza che vuole la propria espressione a<br />

tutti i costi, Negri, spingendosi oltre, fa <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> il filosofo che inventa<br />

una politica rivoluzionaria <strong>del</strong>la modernit‡, anzi una filosofia<br />

<strong>del</strong>líimmanenza come antimodernit‡ 33 . Questa non vuol <strong>di</strong>re negazione<br />

<strong>del</strong>la realt‡. Al contrario <strong>di</strong> quello che poteva pensare Hegel, <strong>Spinoza</strong> non<br />

riduce la sostanza allíindeterminato, al nulla acosmico, ma la riconduce al<br />

processo orizzontale e costitutivo <strong>del</strong>la potenza collettiva.<br />

La sostanza non coincide con un Ente indeterminato, poichÈ Ë immanente,<br />

cioË priva <strong>di</strong> quella ì<strong>di</strong>fferenza daî che gli permette <strong>di</strong> qualificarsi<br />

attraverso la limitazione. In realt‡, Ë una potenza determinante, cioË<br />

attuale, reale, qualificata ma non limitata. Líattualit‡ <strong>del</strong>la sostanza<br />

coincide con il presente <strong>del</strong>líesistenza.<br />

31 Ivi, p. 82.<br />

32 Ivi, p. 83.<br />

33 Per un approfon<strong>di</strong>mento <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> antimodernit‡ spinoziana si veda il quinto capitolo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong><br />

sovversivo in A. Negri, <strong>Spinoza</strong>, cit., pp. 359-371.<br />

122


Questo, perÚ, non Ë líheideggeriano essere-presenti-<strong>nella</strong>-verit‡, nel<br />

<strong>di</strong>svelamento <strong>del</strong>líessere, ma Ë tendenza, proiezione come emergenza<br />

ra<strong>di</strong>cale <strong>del</strong> presente. Se la temporalit‡ per Heidegger tende a chiudersi in<br />

una <strong>di</strong>mensione pre-ontologica originaria, che, anticipando la deiezione<br />

ontica, acquista un sapore metafisico, per <strong>Spinoza</strong> essa Ë pienezza <strong>di</strong> un<br />

presente che Ë potenza, conatus, appetito, amore. Nellíontologia <strong>di</strong><br />

Heidegger la fatticit‡ <strong>del</strong> mondo degli enti coincideva con lo sca<strong>di</strong>mento,<br />

con líallontanamento <strong>del</strong>líesserci dalla chiarit‡ <strong>del</strong>líessere, dallíevento<br />

originario con cui siamo in relazione. La possibilit‡ <strong>del</strong>líesserci, la sua<br />

apertura allíessere tende a chiudersi nel nulla, a trovare <strong>nella</strong> morte la cifra<br />

<strong>del</strong>la propria possibilit‡ autentica.<br />

Negri fa risorgere <strong>Spinoza</strong> dalle ceneri <strong>di</strong> questa ontologia, che pur<br />

rompendo i ponti con líegemonia <strong>del</strong> trascendentale, <strong>del</strong>la <strong>di</strong>alettica, che<br />

pur aprendo ad una nuova concezione <strong>del</strong> tempo come relazione<br />

ontologicamente costitutiva, rovescia líapertura <strong>del</strong> Dasein alla propria<br />

verit‡ <strong>nella</strong> vuota presenza <strong>del</strong> nulla. <strong>Spinoza</strong> spezza questo <strong>di</strong>sperato<br />

movimento verso il vuoto e riempie la semplice possibilit‡ heidegger<strong>di</strong>ana<br />

con líegemonia <strong>di</strong> un presente che esprime la pienezza produttiva<br />

<strong>del</strong>líesistenza.<br />

Negri ci consegna uno <strong>Spinoza</strong> che rompe definitivamente con il moderno,<br />

che, anzi, risorge dopo il moderno per abbatterlo, per contestarlo attraverso<br />

la costruzione <strong>di</strong> uníantimodernit‡ che si fonda sulla <strong>di</strong>mensione collettiva<br />

<strong>del</strong>líamore. Se il moderno si Ë lasciato sedurre dalle metafisiche <strong>del</strong><br />

soggetto, <strong>del</strong>líIdea assoluta, <strong>del</strong> processo <strong>di</strong>alettico <strong>del</strong>la ragione, <strong>del</strong>le<br />

essenze prestabilite, insomma si Ë lasciato ammaliare dallíin<strong>di</strong>vidualismo,<br />

<strong>Spinoza</strong> afferma la pienezza <strong>del</strong>líessere come espressione <strong>del</strong> processo<br />

costitutivo <strong>del</strong>la collettivit‡. Nel nostro destino <strong>di</strong> seconda natura non vi Ë<br />

che moltitu<strong>di</strong>ne, non vi Ë che superamento <strong>del</strong>líego.<br />

123


Se líamore Ë la con<strong>di</strong>zione formale per líaumento <strong>del</strong>la potenza, quin<strong>di</strong><br />

<strong>del</strong>la perfezione, la <strong>di</strong>mensione collettiva <strong>del</strong>la socializzazione Ë la<br />

con<strong>di</strong>zione materiale e ontologica <strong>di</strong> questo amore intellettuale, <strong>del</strong>la<br />

Beatitu<strong>di</strong>ne.<br />

Il moderno non sa valutare la democrazia 34 , la potenza democratica <strong>del</strong>la<br />

moltitu<strong>di</strong>ne che si fa comunit‡. Per il moderno la democrazia Ë limitazione<br />

<strong>del</strong>le in<strong>di</strong>vidualit‡, riduzione <strong>del</strong>le forze produttive al dominio dei rapporti<br />

<strong>di</strong> produzione. Se cosÏ non fosse, il mondo <strong>del</strong>le singolarit‡ resterebbe<br />

incompiuto, indeterminato, anarchia ridotta a negativit‡. Ma il processo<br />

costitutivo <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne non Ë mai incompiuto, poichÈ non si puÚ<br />

riprodurre la presenza <strong>del</strong>líessere <strong>nella</strong> durata, altrimenti si finirebbe per<br />

ridurre la pienezza <strong>del</strong>líessere nel vuoto <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong>alettico.<br />

La <strong>di</strong>smisura e líapertura <strong>del</strong>líessere sono sempre compiute, piene, chiuse<br />

in una presenza oltre la quale non cíË vuoto, non cíË negativo, ma altra<br />

presenza, nuova pienezza.<br />

Negri <strong>di</strong>chiara concluso il ciclo <strong>del</strong>la modernit‡ che da Descartes giunge<br />

sino ad Heidegger 35 , il ciclo <strong>di</strong> una filosofia che era egemonia <strong>del</strong><br />

soggetto-in<strong>di</strong>viduo, <strong>del</strong>la me<strong>di</strong>azione e <strong>del</strong> trascendentale, che riduceva la<br />

potenza allíirrazionalit‡ <strong>di</strong> un nulla dominato dallíassoluto.<br />

» da questo punto critico <strong>del</strong>la storia <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> che <strong>Spinoza</strong> risorge<br />

come alternativa selvaggia, <strong>di</strong>smisura anomala che coincide con<br />

líegemonia <strong>del</strong>líamore, come potenza espressiva <strong>del</strong> corpo e <strong>del</strong>la mente,<br />

ontologia come processo <strong>di</strong> costituzione <strong>del</strong> soggetto collettivo.<br />

Tuttavia, per concludere, non possiamo ignorare quanto questa ontologia<br />

spinoziana per Negri sia intimamente legata alla questione <strong>del</strong>la<br />

rivoluzione marxista 36 . Secondo Negri ritornare a <strong>Spinoza</strong>, farlo emergere<br />

dalla modernit‡ in tutto il suo intempestivo antimodernismo, vuol <strong>di</strong>re far<br />

34 Ivi, p. 368.<br />

35 Ivi, p. 369.<br />

36 Si veda A. Negri, Ilì ritorno a <strong>Spinoza</strong>î e il ritornare <strong>del</strong> comunismo in <strong>Spinoza</strong>, cit., pp. 372-378.<br />

124


itornare con prepotenza la questione <strong>del</strong>la crisi <strong>del</strong> marxismo ortodosso.<br />

<strong>Spinoza</strong> Ë il <strong>pensiero</strong> selvaggio che non solo propone una salvezza, ma<br />

costruisce un futuro, la sua Ë ontologia rivoluzionaria <strong>del</strong>líavvenire.<br />

Per essere rivoluzionario oggi, Negri ad<strong>di</strong>ta uníunica soluzione: far<br />

ritornare <strong>Spinoza</strong> nei nostri cuori, come riqualificazione positiva e potente<br />

<strong>del</strong>líoperare umano, <strong>del</strong> progetto collettivo <strong>del</strong>líumanit‡.<br />

Líontologia spinoziana Ë unica <strong>nella</strong> storia <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, tranne forse per<br />

líepicureismo, in quanto Ë un <strong>pensiero</strong> materialista che pone líessere come<br />

progetto etico e politico, come fondamento in atto, determinazione come<br />

pratica appropriativa e produttiva <strong>del</strong>le forze plurali sulla superficie fisica<br />

e storica <strong>del</strong>líessere. Ontologia che esclude qualsiasi finalismo, qualsiasi<br />

<strong>di</strong>scorso teologico, trascendentale, poichÈ coincide con la <strong>di</strong>sutopia, con la<br />

sovversione in quanto processo <strong>di</strong> emancipazione pratica.<br />

Questo Ë il cuore <strong>del</strong>líinterpretazione marxista <strong>di</strong> Negri: cogliere in<br />

<strong>Spinoza</strong> un <strong>pensiero</strong> che reinventa il materialismo contro líideologia<br />

capitalista dei rapporti <strong>di</strong> produzione, uníontologia che concepisce la vita<br />

come rivoluzione sovversiva che non necessita <strong>di</strong> essere realizzata, poichÈ<br />

gi‡ in atto, essenza che noi siamo in quanto la costruiamo collettivamente<br />

nel presente. Questo sta a significare che per Negri il senso <strong>del</strong>lo<br />

spinozismo nellíet‡ presente risiede soprattutto nel concetto secondo cui Ë<br />

líetica che fonda il sapere, non il contrario.<br />

» nel processo etico che si sviluppa la conoscenza, non perchÈ il <strong>pensiero</strong><br />

deve sempre occuparsi <strong>del</strong>líetica, ma perchÈ la mente ed il corpo si<br />

sviluppano solo nel campo etico collettivo, nellíinsieme <strong>del</strong>le forze che<br />

costituiscono líorizzonte pratico <strong>del</strong>líumanit‡.<br />

La filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> non rappresenta uníideologia tra le tante, queste<br />

sono forme che vanno e vengono <strong>nella</strong> storia, bensÏ corrisponde ad un<br />

125


orizzonte aperto nel quale siamo sempre immersi, lo stato spirituale 37 che<br />

Negri attribuisce al rivoluzionario.<br />

Líontologia spinoziana Ë maledetta, paradossale e selvaggia, poichÈ si<br />

rivela essere uníantropologia costitutiva, un comunismo ante litteram che<br />

fa <strong>del</strong>líimmaginazione e <strong>del</strong>líetica le strutture su cui líessere collettivo si<br />

ricostruisce al <strong>di</strong> l‡ <strong>del</strong>la crisi.<br />

Invece <strong>di</strong> contestare líeccessiva forzatura ideologica che qui Negri compie<br />

nei confronti <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, dobbiamo, in realt‡, cogliere<br />

líaspetto pi˘ significativo <strong>di</strong> questa affascinante interpretazione, cioË<br />

quello che pone Negri sulla linea teorica che da Deleuze giunge, come<br />

vedremo in seguito, a Balibar: mettere a fuoco la <strong>di</strong>mensione comunicativa<br />

e sociale <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> spinoziano.<br />

In uníepoca in cui la guerra Ë <strong>di</strong>ventata lo scenario forzato dei rapporti<br />

internazionali tra i popoli o, meglio, tra i poteri trascendentali che guidano<br />

i popoli, il ìritorno a <strong>Spinoza</strong>î deve assumere il valore <strong>di</strong> una sovversione<br />

selvaggia <strong>del</strong>la potenza, una filosofia come contropotere che oppone la<br />

concezione materialista <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto alla negativit‡ alienante <strong>del</strong> potere<br />

capitalistico, il quale cerca con tutti i mezzi <strong>di</strong> sottomettere líuguaglianza<br />

orizzontale dei <strong>di</strong>ritti alla <strong>di</strong>suguaglianza verticale <strong>del</strong>la produzione.<br />

Tramite questi autori oggi <strong>Spinoza</strong> continua a <strong>di</strong>rci, contro la <strong>di</strong>sperata<br />

crisi <strong>del</strong>líOccidente, che: líessere Ë potenza, la potenza Ë campo<br />

orizzontale <strong>di</strong> forze, collettivit‡, incrocio comunicativo tra soggetto e<br />

totalit‡, essere Ë moltitu<strong>di</strong>ne.<br />

37 Ivi, p. 377.<br />

126


CAPITOLO III<br />

BALIBAR E SPINOZA: LA FILOSOFIA DELLA<br />

COMUNICAZIONE<br />

1. La filosofia come progetto <strong>di</strong> liberazione <strong>del</strong>le singolarit‡.<br />

Possiamo considerare la rilettura <strong>di</strong> Balibar come una linea pensante che,<br />

pur attraversando o, meglio, costruendo le sue geometrie filosofiche<br />

principalmente sul piano privilegiato dallíinterpretazione negriana, ovvero<br />

quello politico, Ë essenzialmente uno sviluppo <strong>di</strong>namico e fecondo <strong>del</strong>le<br />

teorie <strong>del</strong>euziane sullíespressione.<br />

Se Balibar ha visto <strong>nella</strong> politica il campo ontologico privilegiato dalla<br />

stessa filosofia spinoziana per la costruzione esponenziale <strong>del</strong>líessere,<br />

ovvero il solo piano <strong>di</strong> realizzazione <strong>del</strong>líessenza umana, Ë soltanto nel<br />

concetto <strong>del</strong>euziano <strong>di</strong> espressione <strong>di</strong>namica <strong>del</strong>le forze che possiamo<br />

trovare un presupposto ontologico alla teoria comunicativa <strong>del</strong>líessere<br />

spinoziano. Solo considerando la seconda natura, ovvero il mondo finito,<br />

come processo <strong>di</strong> composizione <strong>del</strong>le forze espressive, Ë possibile cogliere<br />

la portata politica e sociale <strong>del</strong>la teoria <strong>del</strong>la transin<strong>di</strong>vidualit‡, teoria,<br />

come vedremo, ripresa da G. Simondon e applicata alla fisica e allíetica<br />

spinoziana da Balibar.<br />

Certo il nostro compito consiste anche nellíevidenziare sia le <strong>di</strong>fferenze<br />

che intercorrono tra la visione <strong>del</strong>euziana e quella <strong>di</strong> Balibar (riscontrabili<br />

soprattutto nel concetto <strong>di</strong> coscienza 1 ) sia quelle che intercorrono tra<br />

questíultima e quella <strong>di</strong> Negri. Questo perÚ non basta. Dobbiamo, infatti,<br />

1 In seguito vedremo come i due autori <strong>di</strong>vergeranno, seppur marginalmente, sul valore che <strong>Spinoza</strong><br />

avrebbe attribuito alla coscienza nellíEtica.<br />

127


precisare che il nostro principale intento resta quello <strong>di</strong> mostrare come le<br />

suddette <strong>di</strong>fferenze siano il principio fecondo <strong>di</strong> comunicazione tra tre<br />

linee interpretative che soltanto insieme possono costruire un unico piano<br />

<strong>di</strong> rilettura spinoziana: evidenziare la filosofia materialista <strong>di</strong> un pensatore<br />

unico <strong>nella</strong> storia, poichÈ capace <strong>di</strong> concepire líessere come principio<br />

espressivo e <strong>di</strong>fferenziante che dalla passivit‡ iniziale <strong>del</strong>líimmaginazione<br />

giunge a sviluppare se stesso su <strong>di</strong> un piano pi˘ potente, quello <strong>del</strong>la<br />

conoscenza intuitiva intesa come amore attivo (beatitu<strong>di</strong>ne) tra le<br />

singolarit‡ ed il tutto <strong>di</strong> cui fanno parte, ovvero conoscenza <strong>del</strong>líessenza<br />

<strong>del</strong> tutto in quanto si esplica per mezzo <strong>del</strong>le essenze singolari.<br />

CiÚ che colpisce con estrema evidenza chiunque si avvicini alle pagine <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale Ë soprattutto la <strong>di</strong>fferenza prospettica tra<br />

Negri e Balibar. Questíultimo non si lascia trasportare dallíenfasi <strong>del</strong>la<br />

rilettura rivoluzionaria, dalla luce accecante <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> anomalo e<br />

selvaggio che trasforma <strong>Spinoza</strong> in un rivoluzionario premarxista. Balibar<br />

ci sembra, invece, preoccupato dallíesigenza <strong>di</strong> mostrarci uno <strong>Spinoza</strong> che<br />

lotta con uníaporia insita nel suo percorso politico, aporia che si<br />

evidenzier‡ nelle pagine <strong>del</strong> Trattato teologico-politico 2 , ma che<br />

ritroveremo anche nel Trattato politico.<br />

Per Balibar, <strong>Spinoza</strong> sviluppa la sua ricerca etico-politica attraverso una<br />

linea contrad<strong>di</strong>ttoria e biforcuta: da un lato vuole teorizzare attraverso una<br />

ricerca empirica <strong>del</strong>la societ‡, cioË attraverso un occhio antropologico e<br />

fenomenologico, la forma democratica migliore possibile, espressione<br />

<strong>del</strong>líemancipazione <strong>del</strong>le masse; dallíaltro Ë ossessionato dalla paura <strong>del</strong>le<br />

masse stesse, paura che non solo alimentano, ma che suscitano nei<br />

governanti. 3<br />

2 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 17.<br />

3 Balibar prende in esame líimportanza <strong>del</strong> genitivo soggettivo e oggettivo <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> paura <strong>del</strong>le<br />

masse sia nel Trattato teologico-politico che nel Trattato politico, Ivi, p. 14.<br />

128


Secondo Balibar, il <strong>pensiero</strong> politico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> oscilla sempre tra una<br />

concezione ottimista <strong>del</strong>la massa e una <strong>del</strong> tutto pessimista 4 . Ma non<br />

<strong>di</strong>mentichiamo che se <strong>Spinoza</strong> arriva a sostenere che meno la massa<br />

governa <strong>di</strong>rettamente, pi˘ lo Stato Ë stabile e duraturo 5 , Ë soltanto perchÈ<br />

sa benissimo che lo Stato deve sempre e comunque esprimere gli interessi<br />

<strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne, in quanto il <strong>di</strong>ritto non Ë che la potenza attuale degli<br />

in<strong>di</strong>vidui 6 . Líaccento posto su questa contrad<strong>di</strong>zione, cioË sulla volont‡ <strong>di</strong><br />

trovare un governo espressivo <strong>del</strong> bene comune, pur non fidandosi<br />

machiavellicamente <strong>del</strong>le masse, ci consegna uno <strong>Spinoza</strong> pi˘ coerente<br />

con il suo percorso filosofico (dal Breve trattato al Trattato politico) e<br />

soprattutto con il contesto storico-sociale in cui ha agito il suo pur anomalo<br />

e folgorante <strong>pensiero</strong>.<br />

Tuttavia, per esporre adeguatamente il nocciolo <strong>del</strong>la rilettura <strong>di</strong> Balibar,<br />

ovvero il concepire la metafisica spinoziana come ontologia<br />

fenomenologica <strong>del</strong>líessere, dobbiamo soffermarci prima <strong>di</strong> tutto<br />

sullíanalisi esposta in <strong>Spinoza</strong> e la politica. Questo non ha nulla a che fare<br />

con un rispetto per la cronologia <strong>del</strong>le opere <strong>di</strong> Balibar su <strong>Spinoza</strong>, ma<br />

coincide con la convinzione che solo esponendo la teoria politica<br />

spinoziana nel suo percorso evolutivo possiamo cogliere la modernit‡ e<br />

líimportanza sociale per il presente <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualit‡ cosÏ come<br />

emerge dallíinterpretazione <strong>di</strong> Balibar e, in particolare, dallíapplicazione<br />

<strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> transin<strong>di</strong>vidualit‡ allo spinozismo.<br />

Prima <strong>di</strong> tutto dobbiamo domandarci cosa vuol far emergere Balibar<br />

dallíautore <strong>del</strong> Trattato teologico-politico. Da quanto emerge con<br />

chiarezza dal suo scritto, Balibar non fa che evidenziare la carica eversiva<br />

e demistificatrice <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> spinoziano. Infatti, il Trattato teologico-<br />

4 Balibar si riferisce alle tesi contrad<strong>di</strong>ttorie che <strong>Spinoza</strong> sostiene nel Trattato politico. Ivi, p. 27.<br />

5 Per <strong>Spinoza</strong> il ritorno alla massa, cioË al popolo che in quanto non organizzato Ë incapace <strong>di</strong> costruire<br />

il proprio bene comune, Ë un pericolo che qualsiasi forma <strong>di</strong> governo deve scongiurare. B. <strong>Spinoza</strong>,<br />

Tractatus politicus, cap. VII, XXV, trad. it., Trattato politico, cit., p. 60.<br />

6 B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus, cap. II, XII-XVII, cap. VII, XVIII,trad. it., Trattato politico, cit., pp.<br />

13-14; p. 57.<br />

129


politico non Ë uníopera in cui líautore si limita ad esporre una visione<br />

rappresentativa <strong>del</strong> mondo degli uomini, ma in realt‡ designa un vero e<br />

proprio mezzo <strong>di</strong> lotta, ovvero uno strumento teorico per liberare <strong>nella</strong><br />

pratica gli uomini schiacciati dalle mistificazioni.<br />

La degenerazione <strong>del</strong>líimmaginazione, la sua eccessiva passivit‡<br />

nellíinterpretare le immagini come segni, effetti <strong>del</strong>le leggi morali <strong>del</strong>la<br />

<strong>di</strong>vinit‡, spinge gli uomini allíobbe<strong>di</strong>enza nei confronti <strong>di</strong> una religione<br />

che Ë superstizione inespressiva <strong>del</strong>líessere. Per <strong>Spinoza</strong> la filosofia non<br />

deve accontentarsi <strong>di</strong> evitare le questioni teologiche, poichÈ la sua ricerca<br />

non puÚ ignorare il problema <strong>del</strong>la causa prima, ma per ritornare al giusto<br />

modo <strong>di</strong> intendere Dio deve prima <strong>di</strong> tutto <strong>di</strong>ventare lo strumento <strong>di</strong><br />

liberazione dalle false opinioni in materia <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> Stato 7 .<br />

Di qui il concetto fondamentale per la realizzazione <strong>di</strong> una vita<br />

democratica ed espressiva dei bisogni <strong>del</strong>líuomo: le parole non sono<br />

perseguibili 8 , poichÈ sono líespressione <strong>del</strong>la conoscenza umana,<br />

conoscenza che deve essere portata verso il livello <strong>del</strong>líadeguatezza<br />

razionale, cioË liberata dalla impotenza, emancipata dalla passivit‡, resa<br />

attiva e potente. Questo Ë possibile solo se grazie allo Stato il <strong>pensiero</strong><br />

collettivo <strong>di</strong>viene líespressione <strong>del</strong> maggior numero <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista<br />

singolari.<br />

La libert‡ díespressione sembra essere il tema centrale <strong>del</strong>la critica<br />

spinoziana sia alle teologie che ai poteri reazionari. Tuttavia, ciÚ che<br />

allontana la visione critica spinoziana da quella dei suoi contemporanei,<br />

oltre che dalla nostra, Ë il valore equivoco che acquista il suo concetto <strong>di</strong><br />

libert‡ 9 . Infatti, libert‡ per <strong>Spinoza</strong> non Ë uníessenza umana, una<br />

possibilit‡ da realizzare <strong>nella</strong> pratica, quin<strong>di</strong> non Ë affatto opposta alla<br />

necessit‡ naturale, poichÈ non Ë che il processo materiale e <strong>di</strong>namico <strong>di</strong><br />

7 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, Roma, Manifestolibri, 1996, p. 12.<br />

8 Ibidem.<br />

9 Ivi, p. 13.<br />

130


liberazione umana, processo che si sviluppa attraverso i rapporti <strong>di</strong><br />

causalit‡ necessaria tra le potenze singolari. Il rapporto apparentemente<br />

antitetico tra libert‡ e necessit‡ non Ë che il fulcro <strong>del</strong>líantropologia<br />

politica spinoziana.<br />

Sembra chiaro líintento <strong>di</strong> Balibar: renderci consapevoli <strong>del</strong>la forza<br />

materialista <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> spinoziano. La politica non Ë un interesse<br />

marginale o collaterale allíesperienza filosofica, ma Ë il campo<br />

antropologico che permette <strong>di</strong> determinare quali siano gli interessi e le<br />

problematiche <strong>del</strong>la metafisica 10 . » <strong>nella</strong> storia e <strong>nella</strong> pratica umana che la<br />

filosofia scopre la sua vocazione laica e materialista: costruzione e<br />

liberazione <strong>del</strong> reale.<br />

Come abbiamo accennato, secondo Balibar, <strong>Spinoza</strong> non si accontenta <strong>di</strong><br />

separare il campo <strong>del</strong> sapere scientifico-filosofico da quello <strong>del</strong>la teologia.<br />

Per il pensatore olandese anche i filosofi che costruiscono il loro <strong>pensiero</strong><br />

come <strong>di</strong>scorso antireligioso o quelli che, come Descartes, si limitano ad<br />

evitare líostacolo teologico, sono da condannare. Non Ë la religione<br />

líoggetto <strong>del</strong>la critica spinoziana, nÈ questa deve essere considerata un<br />

campo estraneo al <strong>pensiero</strong> filosofico, ma in realt‡ Ë la mistificazione <strong>del</strong>la<br />

fede il vero pericolo per la natura umana, ovvero la teologia e la sua<br />

strumentalizzazione <strong>del</strong>la Sacra Scrittura.<br />

Per la teologia la Bibbia non contiene sapere scientifico, ovvero<br />

conoscenza adeguata <strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong>la natura, ma precetti morali a cui<br />

obbe<strong>di</strong>re, a cui sottomettere la nostra potenza. <strong>Spinoza</strong> attacca la teologia<br />

non solo come conoscenza confusa e inadeguata <strong>del</strong>la natura, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

Dio, ma come vera e propria antireligione 11 , una speculazione filosofica<br />

<strong>del</strong>líimpotenza umana. La negazione spinoziana <strong>del</strong> libero arbitrio non va<br />

vista come passo in<strong>di</strong>etro <strong>del</strong> suo <strong>pensiero</strong> sovversivo nei confronti <strong>del</strong>la<br />

10 Questo Ë un tema che ritroveremo spesso nelle opere <strong>di</strong> Balibar de<strong>di</strong>cate a <strong>Spinoza</strong>, Ivi, p. 14; E.<br />

Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 46.<br />

11 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 19.<br />

131


teologia negativa, ma come logica conseguenza <strong>del</strong> suo naturalismo<br />

materialista. Il libero arbitrio non Ë strappato soltanto allíuomo, ma anche<br />

a Dio. Questo vuol <strong>di</strong>re che la grazia non coincide pi˘ con la decisione<br />

eterna <strong>di</strong> Dio, ma con le leggi necessarie <strong>del</strong>la Natura 12 . Líuomo non Ë<br />

parte <strong>di</strong> un ingranaggio strutturato e organizzato teleologicamente, ma un<br />

grado singolare <strong>del</strong>la potenza assoluta <strong>del</strong>la Natura in quanto totalit‡<br />

immanente, non eminente. Solo líignoranza, ovvero líimpotenza, la<br />

passivit‡ <strong>del</strong>líuomo legata allíimmaginazione illusoria o, meglio, solo la<br />

sproporzione tra líimpotenza <strong>del</strong>líuomo e la potenza <strong>del</strong>la Natura spingono<br />

gli in<strong>di</strong>vidui a rappresentarsi Dio come un monarca che con il suo libero<br />

arbitrio <strong>di</strong>stribuisce ricompense o punizioni 13 . Volont‡ e intelletto non<br />

sono líessenza <strong>di</strong> Dio, <strong>del</strong>la natura naturante, ma mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>del</strong>la<br />

sostanza, quin<strong>di</strong> appartengono alla natura naturata. Dio Ë potenza assoluta<br />

<strong>di</strong> esistere e <strong>di</strong> pensare, cioË potenza che coincide con la sua espressione<br />

formale e oggettiva e non coscienza rappresentativa.<br />

Balibar a questo punto pone líaccento su <strong>di</strong> uníinteressantissima<br />

convergenza tra crisi religiosa e politica, ovvero istituisce, allíinterno <strong>del</strong><br />

<strong>pensiero</strong> critico spinoziano, un confronto tra antropomorfismo teologico e<br />

monarchia reazionaria. Sono entrambi espressione <strong>di</strong> una conoscenza<br />

inadeguata e repressiva <strong>del</strong>le potenze in<strong>di</strong>viduali, un sapere che Ë in realt‡<br />

líarma con cui i potenti (sia rappresentanti <strong>del</strong> potere temporale che <strong>di</strong><br />

quello spirituale) sfruttano líimpotenza degli uomini a pensare la loro<br />

salvezza e il loro benessere come propria opera e capacit‡ 14 . Questa<br />

convergenza tra la degenerazione politica e quella religiosa si manifesta<br />

proprio nellíOlanda <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, un paese colpito da una duplice crisi, sia<br />

militare che religiosa. LíOlanda era sconvolta da due secoli <strong>di</strong> guerre<br />

12 Ivi, p. 24.<br />

13 Questo sar‡ il tema centrale <strong>di</strong> tutto il quarto capitolo <strong>del</strong> Trattato teologico-politico, Ivi, p. 26.<br />

14 Ivi, p. 28.<br />

132


continue 15 causate da uníeconomia mercantile che faceva <strong>del</strong>líespansione<br />

coloniale lo strumento <strong>di</strong> costruzione <strong>del</strong> mercato. Ma questo non era il<br />

solo problema.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista politico líOlanda era lacerata dalla rivalit‡ tra due<br />

gruppi <strong>di</strong>rigenti 16 : uno rappresentato <strong>del</strong>la famiglia dei principi <strong>di</strong> Orange-<br />

Nassau, detentrice <strong>del</strong> comando militare e <strong>del</strong>la funzione esecutiva <strong>di</strong><br />

Statolder; líaltro dai Reggenti borghesi rappresentati dai fratelli de Witt,<br />

che riusciranno negli anni Cinquanta <strong>del</strong> 1600 ad escludere la famiglia<br />

Orange dalle cariche militari e ad abolire lo statolderato. Tuttavia, sar‡ il<br />

confluire <strong>del</strong>la crisi religiosa con quella politica a consegnare la<br />

moltitu<strong>di</strong>ne nelle mani e nelle menti reazionarie degli Orange. Il seme che<br />

far‡ crescere le masse olandesi nellíimpotenza Ë da rintracciare nel<br />

calvinismo, ovvero <strong>nella</strong> sua grande capacit‡ <strong>di</strong> combinare rigetto<br />

<strong>del</strong>líidolatria romana e patriottismo antispagnolo e antifrancese 17 .<br />

Ma ai margini <strong>del</strong>líufficialit‡ <strong>del</strong> calvinismo vi erano or<strong>di</strong>ni religiosi in<br />

aperto conflitto tra loro: Rimostranti seguaci <strong>del</strong>la teologia arminiana, cioË<br />

fautori <strong>del</strong> libero arbitrio e <strong>del</strong>la tolleranza religiosa; Gomaristi, contro-<br />

rimostranti poichÈ calvinisti ortodossi, quin<strong>di</strong> sottomessi alla Chiesa e al<br />

principe; cristiani senza chiesa, ovvero una molteplicit‡ <strong>di</strong> gruppi<br />

(sociniani, mennoniti, collegianti) che rifiutavano líautorit‡ ecclesiastica e<br />

credevano nellíinteriorizzazione <strong>del</strong>la fede. Il popolo olandese sceglier‡ il<br />

calvinismo, cioË rester‡ fe<strong>del</strong>e ad una religione che li voleva schiavi<br />

<strong>di</strong>nnanzi a Dio come al monarca, impotenti verso il cielo come sulla terra.<br />

Come si inserisce, secondo Balibar, la figura <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> in questo<br />

marasma politico-religioso (non <strong>di</strong>mentichiamo che religione e politica<br />

15 Anche se nel periodo che va dagli ultimi decenni <strong>del</strong> XVI secolo ai primi <strong>del</strong> XVII líOlanda trae<br />

grande vantaggio per la sua nascente economia dalla debolezza politica degli Stati circostanti, resta il<br />

fatto che dopo la ìrivolta dei pezzentiî <strong>del</strong> 1565, líOlanda non aveva pi˘ smesso <strong>di</strong> essere in guerra.<br />

16 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 29.<br />

17 Ivi, p. 31.<br />

133


non erano affatto due piani separati, ma campi che si influenzavano<br />

reciprocamente a <strong>di</strong>scapito <strong>del</strong>la natura umana)?<br />

Balibar ci mostra uno <strong>Spinoza</strong> che aderisce al partito repubblicano e<br />

simpatizza con il gruppo dei collegianti e dei cartesiani (la cerchia dei suoi<br />

amici proverr‡ principalmente da questi gruppi). Tuttavia, ci tiene a<br />

precisare che il vero partito spinoziano non esisteva ancora nellíOlanda <strong>del</strong><br />

ë600. La concezione <strong>del</strong>la religione cosÏ come Ë esposta nel Trattato<br />

teologico-politico andava al <strong>di</strong> l‡ <strong>del</strong>la semplice tolleranza dei repubblicani<br />

e dei collegianti. Il suo concetto <strong>di</strong> libert‡ era troppo equivoco per il suo<br />

tempo. Insomma, il suo partito ideale era costituito da parti che non<br />

combaciavano tra loro, era una struttura <strong>di</strong>namica ancora da costruire, ma<br />

che si era posta con fermezza líobiettivo díanalizzare le cause <strong>di</strong> quella<br />

convergenza tra monarchia e integralismo religioso che aveva reso le<br />

masse cosÏ passive e impotenti da andare contro i loro stessi interessi 18 ,<br />

contro la loro emancipazione. Sono proprio le masse o, meglio, la loro<br />

costituzione esponenziale e materiale e non lo Stato a costituire il cuore <strong>del</strong><br />

<strong>di</strong>scorso politico spinoziano.<br />

Infatti, dal Trattato teologico-politico in poi, <strong>Spinoza</strong> cercher‡ <strong>di</strong> costruire<br />

uníunit‡ <strong>di</strong> teoria filosofica (conoscenza demistificatrice <strong>del</strong>líessere) e<br />

pratica politica (produzione materiale e sociale <strong>del</strong>líessere) con cui<br />

trasformare il suo <strong>pensiero</strong> in uníindagine antropologica sulla storia <strong>del</strong>la<br />

formazione <strong>del</strong>le moltitu<strong>di</strong>ni e dei rapporti <strong>di</strong> potere.<br />

La politica per <strong>Spinoza</strong> Ë rovesciamento <strong>del</strong>la concezione hobbesiana <strong>del</strong><br />

potere 19 . Una pratica che parte dal basso, dalla massa e dai suoi movimenti<br />

materiali. Le masse non sono la somma <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui i cui movimenti vanno<br />

neutralizzati dallo Stato, ma sono un processo <strong>di</strong> costituzione <strong>di</strong>namica <strong>di</strong><br />

rapporti tra forze che potenziano lo Stato o, meglio, sono líelemento<br />

18 Ivi, p. 37.<br />

19 Su questo punto Deleuze, Negri e Balibar concordano pienamente.<br />

134


costitutivo ed esponenziale <strong>del</strong>la sua stessa potenza, non un suo ostacolo.<br />

Ma perchÈ partire dalle masse?<br />

PerchÈ il tema centrale <strong>del</strong>la politica spinoziana Ë il popolo e i suoi<br />

movimenti?<br />

Oggi questa domanda non potrebbe che risultare retorica, ma nel ë600 era<br />

pi˘ che legittima se non si voleva essere considerati dei semplici agitatori<br />

sovversivi. <strong>Spinoza</strong> non Ë populista, non parte dalle masse per una<br />

questione <strong>di</strong> riven<strong>di</strong>cazione ideologica <strong>di</strong> classe, ma, in maniera ancora pi˘<br />

estrema e selvaggia, fa <strong>del</strong> suo materialismo antropologico il prodotto<br />

<strong>del</strong>la sua concezione ontologica <strong>del</strong>líessere. La massa non Ë un risultato da<br />

raggiungere con la privazione degli interessi in<strong>di</strong>viduali, nÈ uníessenza da<br />

realizzare, ma la base materiale <strong>di</strong> produzione <strong>del</strong>líessere. Spieghiamo<br />

questo passaggio fondamentale (politica-massa e ontologia-essere).<br />

Se líessenza <strong>del</strong>líuomo Ë il desiderio 20 , cioË líappetito cosciente, ovvero la<br />

tendenza ad agire per perseverare nel proprio essere e se ogni in<strong>di</strong>viduo Ë<br />

una parte o, meglio, un grado limitato <strong>di</strong> potenza, allora líunico modo per<br />

aumentare questa potenza e sod<strong>di</strong>sfare il conatus Ë quello <strong>di</strong> entrare in<br />

rapporti <strong>di</strong> concordanza con altri in<strong>di</strong>vidui. In questo modo líin<strong>di</strong>viduo<br />

sod<strong>di</strong>sfa la propria autoconservazione superando la sua parzialit‡, cioË<br />

componendola con quella degli altri. CosÏ facendo, costruisce uníutilit‡<br />

collettiva superiore alla sua, un in<strong>di</strong>viduo molteplice pi˘ potente <strong>di</strong> ogni<br />

singolo uomo. Se la costruzione <strong>del</strong>líinteresse comune Ë il fulcro <strong>del</strong><br />

<strong>di</strong>scorso etico-politico, il processo che porta la massa a <strong>di</strong>venire<br />

moltitu<strong>di</strong>ne, cioË a prendere coscienza <strong>del</strong>la propria potenza e <strong>del</strong>la propria<br />

utilit‡, deve essere il cuore e il tema centrale <strong>di</strong> qualsiasi antropologia<br />

politica.<br />

20 ìLa cupi<strong>di</strong>t‡ Ë la stessa essenza <strong>del</strong>líuomo, in quanto si concepisce determinata da una certa sua<br />

affezione a fare qualcosa.î B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. III, def. I, trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo<br />

geometrico, cit., p. 218.<br />

135


Tuttavia, per buona parte <strong>del</strong> Trattato teologico-politico, come per tutta<br />

líEtica, si rincorrono termini che fanno dubitare <strong>del</strong> materialismo<br />

spinoziano. Questi termini sono vulgus e plebs 21 , cioË concetti che<br />

rimandano ad una collettivit‡ instabile e inferiore, a un coacervo <strong>di</strong><br />

passioni e sentimenti contrastanti. Purtroppo, per <strong>Spinoza</strong> il rapporto con<br />

líaltro Ë sempre basato, come vedremo in seguito, su <strong>di</strong> un processo<br />

conflittuale <strong>di</strong> identificazione. Insomma, se il conflitto passionale Ë insito<br />

<strong>nella</strong> costituzione dei rapporti sociali, che sono alla base <strong>del</strong>la formazione<br />

<strong>del</strong>la collettivit‡, allora <strong>Spinoza</strong> non puÚ che nutrire il sospetto <strong>di</strong> un<br />

pericolo congenito nelle masse. Questa Ë líaporia che Balibar rintraccia nel<br />

<strong>pensiero</strong> politico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

Vi Ë uníambivalenza 22 nel concetto spinoziano <strong>di</strong> massa tale da spingere il<br />

filosofo olandese a trovare nellíobbe<strong>di</strong>enza alle leggi 23 , ovvero<br />

nellíunanimit‡, la realizzazione <strong>di</strong> un interesse comune che <strong>di</strong>sciplina le<br />

passioni ed evita la duplice paura che le masse provocano e subiscono.<br />

DovíË finito il pensatore che Negri aveva descritto come il rivoluzionario<br />

<strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne, intesa come potenza produttiva <strong>del</strong>líessere?<br />

Chi ha ragione o, meglio, quale interpretazione dobbiamo prendere per<br />

vera e autentica?<br />

Il problema non Ë quello <strong>del</strong> rispetto <strong>del</strong>líuomo <strong>Spinoza</strong>, quanto quello <strong>di</strong><br />

evidenziare tutte le sfumature concettuali che emergono nel tentativo<br />

spinoziano <strong>di</strong> costruire una filosofia <strong>del</strong>líuomo, sullíuomo, per líuomo.<br />

Secondo lo <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong> Balibar, la massa Ë sia quella mescolanza <strong>di</strong> gra<strong>di</strong><br />

intensivi che vanno educati, neutralizzati nei loro eccessi passionali, sia la<br />

base <strong>di</strong>namica e potente che va costruita per conferire assolutezza allo<br />

21 Secondo Balibar nel Trattato teologico politico e nellíEtica la massa Ë descritta quasi sempre in senso<br />

negativo, come si puÚ vedere dai termini che usa per designarla. Ma nel Trattato politico, <strong>Spinoza</strong> user‡<br />

spesso il termine multitudo per in<strong>di</strong>care la massa. Questo, secondo Balibar, Ë dovuto allíimportanza<br />

sempre maggiore che acquista il concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto come potenza <strong>del</strong> numero nel <strong>pensiero</strong> politico <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>. E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., pp. 17-22.<br />

22 Ivi, p. 15.<br />

23 Ivi, p. 23.<br />

136


Stato 24 . Ma la grandezza <strong>di</strong> questo filosofo sta anche in questa apparente<br />

debolezza, in ciÚ che potrebbe sembrare una spaccatura insanabile <strong>del</strong> suo<br />

<strong>pensiero</strong>. », infatti, su questa ambigua concezione <strong>del</strong>le masse che <strong>Spinoza</strong><br />

costruisce uníaltra apparente contrad<strong>di</strong>zione, uníantitesi che in realt‡ sar‡<br />

líelemento centrale e positivo <strong>del</strong> suo <strong>pensiero</strong> politico.<br />

Líassolutezza <strong>del</strong>lo Stato, elemento fondante per qualsiasi organizzazione<br />

politica, non risiede nellíincontrovertibilit‡ trascendentale <strong>del</strong> suo potere,<br />

ma <strong>nella</strong> sua potenza intesa come espressione <strong>del</strong>la libera volont‡<br />

collettiva 25 . Pi˘ lo Stato si identifica con líinteresse comune, pi˘ si <strong>di</strong>luisce<br />

<strong>nella</strong> produzione orizzontale dei desideri comuni, pi˘ Ë Stato forte.<br />

Per questo motivo la libert‡ <strong>di</strong> opinione <strong>di</strong>venta il fondamento <strong>del</strong>lo Stato,<br />

in quanto solo se gli in<strong>di</strong>vidui non rinunciano ad esprimere liberamente le<br />

loro opinioni, Ë possibile costruire una volont‡ comune che coincida con<br />

quellíin<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui che Ë lo Stato. Ma <strong>nella</strong> realt‡ questo non Ë<br />

affatto facile, anzi <strong>Spinoza</strong> sa bene che lo Stato e le libert‡ in<strong>di</strong>viduali, pur<br />

conciliandosi <strong>nella</strong> teoria materialista <strong>del</strong>la potenza, si combattono <strong>nella</strong><br />

pratica storica.<br />

Nel Trattato teologico-politico <strong>Spinoza</strong> espone un concetto antireazionario<br />

che trover‡ conferma nellíOlanda <strong>del</strong> 1672: i regimi monarchici ed<br />

ecclesiastici utilizzano la paura <strong>del</strong>le masse per creare uno stato <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>pendenza e impotenza tale da imporre uníinversione <strong>del</strong> conatus 26 .<br />

Le masse schiacciate dalla loro ignoranza e dalla paura amplificata dal<br />

potere finiscono per scegliere la loro servit˘. Qui Balibar ci mostra uno<br />

<strong>Spinoza</strong> che attraverso il Trattato teologico-politico combatte qualsiasi<br />

forma reazionaria <strong>del</strong> potere come elemento repressivo e non espressivo<br />

<strong>del</strong>líessenza umana. Ogni societ‡, come quella religiosa, che costringe ad<br />

24 Ivi, p. 17.<br />

25 ì[Ö ]poichÈ il corpo <strong>del</strong> potere deve essere guidato come da una sola mente, e <strong>di</strong> conseguenza la<br />

volont‡ <strong>del</strong>lo Stato deve essere considerata la volont‡ <strong>di</strong> tutti, ciÚ che lo Stato decide essere giusto e<br />

buono bisogna ritenerlo come deciso da ciascuno[...]î B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus, cap. III, V, trad.<br />

it., Trattato politico, cit., p. 20.<br />

26 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 18.<br />

137


uníuniformit‡ <strong>di</strong> <strong>pensiero</strong>, non fa che <strong>di</strong>struggere la propria forza<br />

produttiva, quin<strong>di</strong> se stessa. In altri termini, se uno Stato o un potere<br />

religioso opera uníinversione <strong>del</strong> conatus in<strong>di</strong>viduale, Ë votato<br />

allíauto<strong>di</strong>struzione 27 .<br />

Qui la questione politica per <strong>Spinoza</strong> Ë complessa. Se Ë vero che i<br />

movimenti <strong>del</strong>la massa senza controllo sono pericolosi, poichÈ tendono<br />

alla conflittualit‡ e allíeccesso esponenziale <strong>del</strong>le passioni, Ë pur vero che<br />

uno Stato che non esprima gli interessi e i desideri <strong>del</strong>la collettivit‡ Ë<br />

destinato alla rovina, in quanto finisce per favorire líimpotenza collettiva.<br />

Per questo la democrazia, anche dopo il 1672, resta in <strong>Spinoza</strong> un<br />

problema e non un dogma a priori, dato che, pur essendo la soluzione pi˘<br />

giusta ed espressiva <strong>del</strong>la vita sociale, Ë anche <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficilissima attuazione.<br />

» proprio la <strong>di</strong>fficolt‡ <strong>del</strong>la questione politica, unita alla concezione <strong>del</strong><br />

<strong>di</strong>ritto naturale, che far‡ <strong>del</strong>le masse il soggetto principale <strong>del</strong> Trattato<br />

politico. Ma nel Trattato teologico-politico resta comunque centrale il<br />

problema <strong>del</strong>líespressione singolare.<br />

La critica ai sistemi religiosi, come quello ebraico 28 , che fonda il suo<br />

impero sullío<strong>di</strong>o, determinando cosÏ anche la sua caduta, Ë centrata sulla<br />

fisica antropologica. Infatti, se le opinioni <strong>di</strong>pendono dallíingenium <strong>di</strong><br />

ognuno 29 , ovvero da una memoria costruita nellíesperienza dei rapporti tra<br />

i corpi e tra le menti, allora per avere le stesse opinioni gli uomini<br />

dovrebbero fare anche le stesse esperienze, gli stessi incontri.<br />

Questo concetto <strong>Spinoza</strong> lo utilizza non solo per mostrare come i poteri<br />

repressivi tendono allíauto<strong>di</strong>struzione, ma soprattutto come due sovranit‡<br />

che richiedono obbe<strong>di</strong>enza a leggi eterogenee, come lo Stato e la Chiesa,<br />

non possono coesistere autonomamente sullo stesso piano sociale. Questo<br />

27 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 44.<br />

28 Qui Balibar si riferisce al capitolo XVII <strong>del</strong> Trattato teologico-politico, dove <strong>Spinoza</strong> mostra come lo<br />

stesso sistema <strong>di</strong> cause spiega sia la grande stabilit‡ <strong>del</strong>lo Stato ebraico, sia la sua progressiva rovina. E.<br />

Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., pp. 19-20.<br />

29 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 44<br />

138


porta <strong>Spinoza</strong> ad affermare, <strong>di</strong>stinguendo tra religione interna ed esterna,<br />

che il sovrano (potere temporale) deve farsi interprete <strong>del</strong>la religione,<br />

rinunciando, perÚ, a prescrivere opinioni e mo<strong>del</strong>li <strong>di</strong> <strong>pensiero</strong> che vadano<br />

al <strong>di</strong> l‡ <strong>del</strong>la carit‡ e giustizia verso il prossimo.<br />

Libert‡ in<strong>di</strong>viduale e assolutezza <strong>del</strong>lo Stato. Líespressione attuale e<br />

materiale degli in<strong>di</strong>vidui Ë <strong>di</strong>ventata líelemento che fonda e costruisce la<br />

sovranit‡, lo strumento <strong>di</strong>namico e costitutivo <strong>del</strong>la potenza <strong>del</strong>lo Stato,<br />

non un ostacolo da neutralizzare.<br />

Solo cosÏ, solo cioË se lo Stato coincide con líespressione <strong>del</strong>le libert‡<br />

in<strong>di</strong>viduali, líobbe<strong>di</strong>enza alle sue leggi non sar‡ pi˘ líimposizione <strong>di</strong> uno<br />

Stato reazionario e, quin<strong>di</strong>, repressivo, ma la sola con<strong>di</strong>zione per<br />

líattualizzazione <strong>del</strong>líutilit‡ sociale. CosÏ come la libert‡ díopinione Ë<br />

líutile massimo <strong>del</strong>lo Stato (se non vuole la propria rovina), cosÏ<br />

líobbe<strong>di</strong>enza concordata da tutti i citta<strong>di</strong>ni Ë líutile massimo per gli<br />

in<strong>di</strong>vidui (se vogliono essere parte attiva <strong>del</strong>lo Stato). Questo rapporto <strong>di</strong><br />

interazione espressiva tra Stato e in<strong>di</strong>viduo rappresenta la base<br />

programmatica <strong>del</strong>la democrazia, líunica forma <strong>di</strong> governo dove la<br />

sovranit‡ non coincide con líincontrovertibilit‡ a priori <strong>del</strong> potere statale,<br />

ma con un processo <strong>di</strong> produzione <strong>del</strong>la collettivit‡.<br />

Balibar ci mostra come il Trattato teologico-politico contenga<br />

líesposizione <strong>di</strong> un <strong>pensiero</strong> politico votato interamente alla causa <strong>del</strong>la<br />

democrazia, almeno dal punto <strong>di</strong> vista teorico. Lo Stato democratico risulta<br />

il migliore, non solo perchÈ Ë il pi˘ longevo, visto che evita le rivolte e i<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni dovuti alla repressione, ma anche perchÈ fa <strong>del</strong>la ragione il<br />

principio pratico <strong>di</strong> combinazione <strong>del</strong>le potenze in<strong>di</strong>viduali 30 .<br />

Tutti gli Stati implicano líobbe<strong>di</strong>enza alle leggi, ma solo in quello<br />

democratico essa <strong>di</strong>viene líespressione <strong>del</strong>líautolimitazione reciproca tra<br />

Stato e in<strong>di</strong>viduo. Va, perÚ, precisato che líin<strong>di</strong>viduo non si limita<br />

30 Ivi, p. 49.<br />

139


trasferendo il suo <strong>di</strong>ritto naturale ad un in<strong>di</strong>viduo superiore, bensÏ<br />

traslandolo in favore <strong>di</strong> una volont‡ comune espressa dallo Stato.<br />

In questo modo non si tratta pi˘ <strong>di</strong> limitazione per líin<strong>di</strong>viduo, ma <strong>di</strong> vera<br />

e propria espressione. Per questo <strong>Spinoza</strong> nega, contro Hobbes 31 , che<br />

líuscita dallo stato <strong>di</strong> natura coincida con líentrata <strong>nella</strong> societ‡ civile. CiÚ<br />

che cambia Ë solo la composizione e <strong>di</strong>stribuzione <strong>del</strong>le potenze singolari.<br />

Come abbiamo detto in precedenza, la politica Ë questione <strong>di</strong> movimento<br />

<strong>del</strong>le masse, cioË processo <strong>di</strong> combinazione e interazione tra i corpi e le<br />

menti. Tuttavia, <strong>Spinoza</strong> sa bene che gli antagonismi, gli o<strong>di</strong> e le<br />

insod<strong>di</strong>sfazioni crescono e si moltiplicano allíinterno <strong>del</strong>le masse 32 .<br />

Questo spinge i governanti terrorizzati a terrorizzare le masse, creando<br />

cosÏ una concatenazione <strong>di</strong> eccessi passionali dannosi, anzi esiziali per lo<br />

Stato stesso. Questo non vuol <strong>di</strong>re che la conflittualit‡ violenta Ë innata<br />

<strong>nella</strong> natura, in quanto espressione <strong>del</strong>la sua essenza, poichÈ gli eccessi<br />

passionali sono solo perversioni <strong>del</strong> conatus, <strong>del</strong>la tendenza<br />

autoconservativa. Questo accade paradossalmente quanto pi˘ gli in<strong>di</strong>vidui<br />

si danno <strong>del</strong>le istituzioni per vivere. Le istituzioni nascono per correggere<br />

le debolezze e le paure degli uomini, ma finiscono per alimentarle, sempre<br />

se non si limita líignoranza e la passivit‡.<br />

Insomma, per <strong>Spinoza</strong>, almeno ipoteticamente, gli Stati non sono<br />

condannati a vivere nei conflitti e nelle crisi interne, soprattutto se riescono<br />

a costruire un sistema democratico <strong>di</strong> rapporti istituzionali 33 .<br />

Per Balibar Ë, tra líaltro, interessante notare come <strong>Spinoza</strong> si sia occupato<br />

nel Trattato teologico-politico <strong>del</strong> significato <strong>del</strong> Cristianesimo 34 . Secondo<br />

il filosofo olandese la figura <strong>di</strong> Cristo si Ë inserita in un periodo storico <strong>di</strong><br />

31 Come abbiamo visto nel capito precedente, líopposizione tra Hobbes e <strong>Spinoza</strong> Ë centrale<br />

nellíinterpretazione negriana <strong>del</strong>la concezione politica <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>.<br />

32 Se per Balibar in <strong>Spinoza</strong> gli antagonismi sono un rischio che lo Stato democratico deve sempre<br />

contenere, per Negri non costituiscono uno sviluppo <strong>di</strong>alettico, ma sono elementi interni al processo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>slocamento <strong>del</strong>líessere. Cfr. A. Negri, <strong>Spinoza</strong>, cit., p. 245.<br />

33 Per <strong>Spinoza</strong> sono fondamentali i rapporti funzionali tra le parti <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne, ovvero tra il potere<br />

esecutivo, legislativo e <strong>di</strong> controllo, soprattutto per assicurare il rispetto <strong>del</strong>le leggi da parte <strong>di</strong> chi Ë al<br />

potere. Cfr, B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus,cap. VIII, XIX-XX, trad. it., Trattato politico, cit., pp. 77-78.<br />

34 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., pp. 57-61.<br />

140


grande <strong>di</strong>ssoluzione e <strong>di</strong> drammatici antagonismi sociali. Ma la sua figura<br />

non Ë servita a moralizzare il mondo, bensÏ a evidenziare il <strong>di</strong>stacco tra<br />

legge universale <strong>di</strong>vina e legge politica. Infatti, le leggi professate da<br />

Cristo si imponevano universalmente per la loro in<strong>di</strong>pendenza<br />

dallíesistenza dei legami sociali. Questo ha determinato <strong>nella</strong> vita dei<br />

singoli in<strong>di</strong>vidui un grado <strong>di</strong> astrazione tale da ripiegare la legge <strong>di</strong>vina<br />

contro la natura stessa dei vincoli sociali. Tuttavia, <strong>Spinoza</strong> riconosce al<br />

Cristianesimo una novit‡ rivoluzionaria rispetto allíebraismo.<br />

Mentre i Profeti <strong>di</strong> Israele erano me<strong>di</strong>atori <strong>di</strong> una legge <strong>di</strong>vina proveniente<br />

dallíesteriorit‡ <strong>del</strong>la trascendenza, Cristo si pone come il me<strong>di</strong>atore <strong>di</strong> una<br />

legge <strong>di</strong>vina interiorizzata, quin<strong>di</strong> sempre attuale, poichÈ impressa negli<br />

animi <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>viduo e non nei segni esteriori. La rivoluzione <strong>di</strong> Cristo<br />

consiste nellíaver reso ognuno me<strong>di</strong>atore <strong>di</strong> se stesso. Tuttavia, il sovrano<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care in materia religiosa, che spetterebbe a ciascuno<br />

in<strong>di</strong>viduo, nel momento in cui la religione pretende <strong>di</strong> acquistare forza <strong>di</strong><br />

legge, non puÚ che passare nelle mani <strong>del</strong> Sovrano. Per <strong>Spinoza</strong> líautorit‡<br />

sovrana Ë líunica che deve decidere cosa Ë necessario per la sicurezza <strong>del</strong><br />

popolo, quin<strong>di</strong> spetta ad essa determinare le azioni dei singoli, cioË il<br />

modo in cui essi esprimono la loro fede. Solo lo Stato puÚ impe<strong>di</strong>re che<br />

líespressione <strong>del</strong>la fede vada in <strong>di</strong>rezione opposta alla sicurezza <strong>del</strong>la<br />

comunit‡, per questo non puÚ che interferire in materia <strong>di</strong> fede.<br />

Questo <strong>di</strong>fficile rapporto tra Stato e Chiesa Ë alla base <strong>del</strong>la concezione<br />

spinoziana <strong>del</strong>la Teocrazia. Infatti, secondo <strong>Spinoza</strong>, questa Ë affetta da<br />

una contrad<strong>di</strong>zione interna 35 . Da un lato Ë la realizzazione <strong>di</strong> uníunit‡<br />

politica e storica soli<strong>di</strong>ssima, basata sullíidentit‡ tra legge <strong>di</strong>vina e legge<br />

civile. Ma, dallíaltro, líobbe<strong>di</strong>enza che fonda questa straor<strong>di</strong>naria<br />

solidariet‡ nazionale Ë il fulcro <strong>di</strong> una superstizione inespressiva. Il mondo<br />

35 Ivi, p. 65.<br />

141


Ë un or<strong>di</strong>ne voluto da Dio, ogni verit‡ naturale Ë un segno <strong>del</strong> suo volere e<br />

<strong>del</strong>la sua onnipotenza, a cui tutti devono sottomettersi.<br />

La solidariet‡ e líamore tra gli uomini si trasforma in paura, solitu<strong>di</strong>ne e<br />

<strong>di</strong>ffidenza. Questa contrad<strong>di</strong>zione Ë alimentata dal fatto che la Teocrazia,<br />

mentre in apparenza, rimettendo il potere a <strong>di</strong> Dio, non fa che realizzare<br />

uníuguaglianza democratica, <strong>nella</strong> realt‡ riproduce le caratteristiche <strong>di</strong> una<br />

monarchia reale e simbolica al tempo stesso.<br />

Naturalmente non basta, per <strong>Spinoza</strong>, eliminare la finzione <strong>di</strong> uno<br />

spostamento <strong>del</strong>la sovranit‡ a un Dio trascendentale, ma occorre uno Stato<br />

che controlli le manifestazioni religiose e al tempo stesso che istituisca<br />

leggi esprimenti líinteresse comune.<br />

Balibar, in accordo con le posizioni <strong>di</strong> Negri 36 , in<strong>di</strong>vidua nel Trattato<br />

teologico-politico la costituzione <strong>di</strong> un vero e proprio manifesto<br />

programmatico <strong>del</strong>la democrazia, <strong>del</strong>la libert‡. Tuttavia, questo concetto<br />

spinoziano si fonda su <strong>di</strong> una reciproca autolimitazione tra Stato ed<br />

in<strong>di</strong>viduo, tra libert‡ religiosa e libert‡ díespressione. Questi non sono<br />

elementi separati e quin<strong>di</strong> autonomi, nÈ parti gerarchizzabili allíinterno <strong>di</strong><br />

un or<strong>di</strong>ne prestabilito teologicamente, ma sistemi implicati ognuno<br />

nellíattualizzazione <strong>del</strong>líutilit‡ <strong>del</strong>líaltro.<br />

Cosa possiamo apprendere da questa prima formulazione <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong><br />

politico <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> elaborata nelle pagine <strong>del</strong> Trattato teologico-politico?<br />

Sicuramente una concezione sovversiva <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto, in quanto espressione<br />

materiale <strong>del</strong>la potenza. Ma soprattutto emerge la volont‡ <strong>di</strong> pensare alla<br />

costituzione <strong>di</strong> una religione universale che sia líespressione <strong>di</strong> un progetto<br />

etico-politico. Il motivo <strong>di</strong> questa visione laica e materialista risiede nel<br />

oggetto <strong>del</strong>líanalisi storico-politica spinoziana. Questo non coincide con<br />

líin<strong>di</strong>viduo o con i rapporti tra le coscienze, con le relazioni tra i <strong>di</strong>versi<br />

ìioî, ma con i rapporti affettivi. Líelemento genetico dei processi <strong>di</strong><br />

36 Cfr. A. Negri, Cesura sistematica in <strong>Spinoza</strong>, cit., pp. 128-160.<br />

142


comunicazione affettiva <strong>del</strong>la collettivit‡ Ë líimmaginazione, la cui forma<br />

storica Ë rappresentata, come abbiamo visto, dalla religione 37 . Tuttavia,<br />

resta irrisolta líaporia legata alla questione centrale, in tutto il Trattato<br />

teologico-politico, <strong>del</strong>la libert‡ <strong>di</strong> <strong>pensiero</strong>.<br />

Infatti, la <strong>di</strong>visione tra <strong>pensiero</strong> ed azione, tra sfera pubblica e privata,<br />

resta fondamentalmente un concetto astratto, poichÈ impossibile da<br />

risolvere <strong>nella</strong> pratica politica. Non <strong>di</strong>mentichiamo che non solo nessuno<br />

puÚ pensare senza con<strong>di</strong>videre le proprie opinioni, poichÈ conoscere Ë<br />

comunicare, esprimere 38 , ma al tempo stesso nessuno puÚ pensare senza<br />

agire, senza in qualche modo effettuare le sue convinzioni <strong>nella</strong> pratica, in<br />

modo da influenzare i propri come gli altrui comportamenti. Queste<br />

<strong>di</strong>fficolt‡ sorgono dalla concezione stessa <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualit‡, concezione che<br />

Ë centrale nellíEtica come nel Trattato politico.<br />

» il <strong>pensiero</strong> eversivo <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, il suo modo <strong>di</strong> rovesciare le filosofie<br />

classiche, che lo porta a problematizzare la questione politica.<br />

Líin<strong>di</strong>vidualit‡ non Ë coscienza cartesiana, non Ë soggetto dotato <strong>di</strong><br />

volont‡ e intelletto, nÈ composto <strong>di</strong> anima e corpo. Líin<strong>di</strong>vidualit‡ Ë il<br />

processo <strong>di</strong> ìcircolazioneî degli affetti e <strong>del</strong>le idee prodotte<br />

dallíimmaginazione. Ma sappiamo anche che questíultima Ë fonte <strong>di</strong><br />

ambivalenza e conflittualit‡.<br />

Tramite uníimitazione affettiva ten<strong>di</strong>amo ad associare líimmagine degli<br />

altri con le rappresentazioni <strong>di</strong> uníidea astratta <strong>di</strong> Uomo; <strong>di</strong> conseguenza<br />

ognuno far‡ in modo che gli altri vivano seguendo la sua tendenza<br />

naturale 39 . Ma questo si scontra con il processo reale in cui siamo<br />

immersi, un processo in cui ognuno non puÚ che esprimere la propria<br />

potenza come tendenza che spesso entra in conflitto con le altre.<br />

37 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 33.<br />

38 ì Il luogo <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> non Ë líin<strong>di</strong>viduo privato, o il segreto <strong>del</strong>la coscienza che ne rappresenta<br />

líipostasi filosofica: Ë la comunicazione stessa, qualunque ne siano i limiti e líestensione.î Ivi, p. 35.<br />

39 ìÖognuno, per quanto puÚ, si sforzer‡ perchÈ ognuno ami ciÚ che ama e o<strong>di</strong>i ciÚ che egli ha in<br />

o<strong>di</strong>o..î B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. III, prop. XXXI, corollario, trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo<br />

geometrico, cit., p. 195.<br />

143


Quin<strong>di</strong> per <strong>Spinoza</strong> non Ë possibile risolvere la questione politica nÈ<br />

identificando in modo assoluto le opinioni degli in<strong>di</strong>vidui, cioË<br />

comprimendo le <strong>di</strong>fferenze in<strong>di</strong>viduali 40 , nÈ lasciando che chiunque<br />

esprima la propria potenza, soprattutto quando questa Ë contraria<br />

allíinteresse comune. Questo perchÈ líin<strong>di</strong>vidualit‡ non Ë la semplice<br />

somma <strong>di</strong> atomi sociali, bensÏ una molteplicit‡ complessa <strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> cui<br />

líin<strong>di</strong>viduo Ë solo un effetto, un prodotto che <strong>di</strong>pende da questa<br />

circolazione per il proprio sviluppo. Senza scambio molteplice <strong>di</strong> affetti e<br />

idee, cioË senza comunicazione sociale e politica, líin<strong>di</strong>viduo non puÚ<br />

esistere, in quanto sod<strong>di</strong>sfa il proprio conatus, la propria essenza, solo<br />

<strong>nella</strong> moltitu<strong>di</strong>ne. Balibar Ë fermamente convinto che per analizzare a<br />

fondo il <strong>pensiero</strong> politico spinoziano dobbiamo coglierlo nel passaggio dal<br />

Trattato teologico-politico al Trattato politico.<br />

Cosa cambia e cosa resta in questo passaggio?<br />

Nel 1770 <strong>Spinoza</strong> aveva pubblicato un libro <strong>di</strong> lotta ai poteri repressivi,<br />

uno scritto dove il suo <strong>pensiero</strong> si sviluppava in quanto arma <strong>di</strong> liberazione<br />

dalle mistificazioni politiche e religiose. Tuttavia, i suoi concetti critici e<br />

demistificatori <strong>del</strong>la natura, <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto e <strong>del</strong>líuomo lo hanno portato a<br />

dover affrontare <strong>di</strong>fficilissime conseguenze aporetiche 41 . Il ritorno alla<br />

monarchia degli Orange, tramite il tragico evento <strong>del</strong> 1672, porta <strong>Spinoza</strong><br />

a riflettere sui concetti <strong>di</strong> libert‡ e democrazia.<br />

Abbiamo visto come nel Trattato teologico-politico per <strong>Spinoza</strong> lo Stato<br />

pi˘ naturale, cioË pi˘ corrispondente alle leggi <strong>di</strong> natura degli uomini, era<br />

la democrazia. Questa Ë líunica forma <strong>di</strong> governo che permette alla<br />

sovranit‡ politica e alla libert‡ in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> esprimersi attraverso<br />

uníinterazione reciproca, in modo da garantire ognuno líutilit‡ <strong>del</strong>líaltro.<br />

In altri termini, prima <strong>del</strong>la stesura <strong>del</strong> Trattato politico, la democrazia gli<br />

40 Ivi, p. 38.<br />

41 Basta pensare alle aporie accennate in precedenza come quella sul rapporto tra Stato assoluto e libert‡<br />

in<strong>di</strong>viduale e quella sulla paura <strong>del</strong>le masse.<br />

144


appare come il pi˘ naturale dei contratti tra gli in<strong>di</strong>vidui, il pi˘ espressivo<br />

dei patti sociali con cui gli in<strong>di</strong>vidui donano il loro <strong>di</strong>ritto decisionale alla<br />

sovranit‡ collettiva <strong>di</strong> cui continuano ad essere parte attiva.<br />

Ma dopo le <strong>di</strong>fficili contrad<strong>di</strong>zioni a cui giunge il suo <strong>pensiero</strong> nel definire<br />

sia il complesso rapporto tra Stato e in<strong>di</strong>viduo, sia quello tra Stato e<br />

Chiesa, e soprattutto dopo gli eventi <strong>del</strong> í72, <strong>Spinoza</strong> giunge ad una<br />

conclusione che rimette in <strong>di</strong>scussione la vali<strong>di</strong>t‡ universale <strong>del</strong>la<br />

democrazia.<br />

<strong>Spinoza</strong> capisce che il regime repubblicano olandese non corrispondeva al<br />

suo concetto <strong>di</strong> democrazia. Líorganizzazione razionale e politica <strong>del</strong>le<br />

masse, tra líaltro, non era affatto una questione risolvibile sempre nei<br />

valori democratici. CiÚ che risulta evidente nel passaggio da uno allíaltro<br />

dei due scritti politici spinoziani Ë soprattutto il <strong>di</strong>verso fine che viene<br />

attribuito allo Stato. <strong>Spinoza</strong> avverte che la democrazia non Ë pi˘<br />

auspicabile ovunque e in qualsiasi tempo storico determinato.<br />

Occorre analizzare, per ogni societ‡, il processo <strong>di</strong> combinazione degli<br />

affetti che porta alla formazione <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne da governare. <strong>Spinoza</strong><br />

ha capito che non Ë sufficiente cogliere i processi immaginari che<br />

sottendono alla formazione <strong>di</strong> ogni comunit‡ civile, ma occorre soprattutto<br />

stu<strong>di</strong>are il rapporto tra espressione <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne ed efficacia <strong>del</strong>le<br />

<strong>di</strong>verse istituzioni politiche.<br />

Seguendo questa nuova linea antropologica, il fine <strong>del</strong>lo Stato non Ë pi˘<br />

rintracciabile <strong>nella</strong> libert‡, bensÏ <strong>nella</strong> sicurezza sociale e <strong>nella</strong> stabilit‡<br />

politica. Per questo <strong>Spinoza</strong> in tutto il Trattato politico non parla pi˘ <strong>di</strong><br />

patto sociale, ma <strong>del</strong>la formazione <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo collettivo assoluto, cioË<br />

garante <strong>di</strong> stabilit‡ e sicurezza. Da questo punto <strong>di</strong> vista non Ë pi˘ la<br />

democrazia il solo regime naturale a poter garantire líassolutezza, anche se<br />

145


esta il miglior garante <strong>di</strong> libert‡ e uguaglianza 42 . Dalla libert‡ in<strong>di</strong>viduale<br />

alla sicurezza sociale, dal contratto allo Stato <strong>di</strong> potenza.<br />

<strong>Spinoza</strong> Ë forse <strong>di</strong>ventato pi˘ cinico a causa dei tempi <strong>di</strong>fficili in cui vive?<br />

Ha subito un processo <strong>di</strong> machiavellizzazione che lo porta a giu<strong>di</strong>care<br />

negativamente la moltitu<strong>di</strong>ne?<br />

In realt‡, Balibar sa bene che <strong>Spinoza</strong> Ë <strong>di</strong>ventato soltanto pi˘ cauto, pi˘<br />

padrone <strong>del</strong>la materia politica e sociale. Il filosofo olandese ha capito che<br />

per risolvere le aporie sorte durante lo sviluppo <strong>del</strong> suo <strong>pensiero</strong> deve<br />

analizzare i movimenti <strong>del</strong>le masse nel loro <strong>di</strong>venire storico. Deve capire<br />

come la loro libert‡ espressiva possa garantire sicurezza e stabilit‡,<br />

viceversa come líobbe<strong>di</strong>enza e la sicurezza possano realizzarsi senza<br />

negare la libert‡. Ma questo non vuol <strong>di</strong>re che <strong>Spinoza</strong> abbia rovesciato la<br />

sua antropologia. Infatti, ciÚ che resta centrale <strong>nella</strong> sua metafisica, come<br />

<strong>nella</strong> sua politica, continua ad essere líequazione <strong>di</strong>ritto-potenza.<br />

Come la moltitu<strong>di</strong>ne puÚ garantire líespressione <strong>del</strong>la propria potenza?<br />

<strong>Spinoza</strong> sa che il <strong>di</strong>ritto naturale non cede <strong>di</strong> fronte a quello civile, poichÈ<br />

questo non Ë che una riespressione <strong>di</strong> quello attraverso uno spostamento o<br />

ricombinazione <strong>del</strong>le potenze. Il <strong>di</strong>ritto non Ë essenza innata, poichÈ ciÚ<br />

che viene prima Ë la potenza 43 . Il <strong>di</strong>ritto, invece, non Ë che<br />

líattualizzazione politica <strong>del</strong>la potenza. Questo ci fa capire che il <strong>di</strong>ritto<br />

non accomuna, ma <strong>di</strong>stingue 44 . Infatti, essendo líatto che esprime ciÚ <strong>di</strong> cui<br />

siamo capaci, la effettuazione pratica <strong>del</strong>la nostra essenza, il <strong>di</strong>ritto non Ë<br />

oggettivo, nÈ soggettivo 45 , ovvero non <strong>di</strong>pende nÈ da valori universali, nÈ Ë<br />

assolutamente in<strong>di</strong>pendente da ogni altro <strong>di</strong>ritto.<br />

Cosa vuol <strong>di</strong>re tutto questo?<br />

42 Ivi, p. 41.<br />

43 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 81<br />

44 Questo Ë dovuto al fatto che la potenza <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>viduo Ë un grado ineguale <strong>del</strong>la potenza <strong>di</strong>vina,<br />

quin<strong>di</strong> il <strong>di</strong>ritto non fa che attualizzare questa <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> essenza.<br />

45 Balibar si riferisce a due concezioni classiche <strong>del</strong> <strong>di</strong>ritto: una che fa riferimento allíesistenza <strong>di</strong><br />

uníor<strong>di</strong>ne giuri<strong>di</strong>co dato (<strong>di</strong>ritto oggettivo); líaltra che vede nel <strong>di</strong>ritto la manifestazione <strong>del</strong>la volont‡<br />

libera e in<strong>di</strong>pendente <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduo umano (<strong>di</strong>ritto soggettivo). Ivi, pp. 82-83.<br />

146


Balibar sta cercando <strong>di</strong> farci capire che per <strong>Spinoza</strong> la politica resta un<br />

problema antropologico <strong>di</strong> rapporti tra affetti, <strong>di</strong> movimenti tra le forze.<br />

Questi vanno chiariti solo alla luce <strong>del</strong>le concezioni filosofiche sulla natura<br />

e sullíuomo.<br />

CosíË líuomo per <strong>Spinoza</strong>?<br />

Líuomo Ë desiderio, tendenza alla propria autoconservazione tramite<br />

passioni e azioni <strong>del</strong> corpo e passioni e azioni <strong>del</strong>la mente. Sappiamo che<br />

questo problema implica il rovesciamento <strong>di</strong> qualsiasi concezione<br />

spiritualistica, ma anche <strong>di</strong> quella cartesiana, ovvero implica la negazione<br />

<strong>di</strong> ogni gerarchia tra mente e corpo. Il desiderio non esprime la mancanza,<br />

líassenza <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> cui abbiamo bisogno e che vorremmo possedere<br />

per ritornare ad essere integri. Il desiderio Ë sempre positivo, poichÈ<br />

espressione <strong>del</strong>la nostra eccedenza e non <strong>del</strong>la mancanza 46 .<br />

Desiderare Ë esprimere la nostra potenza attraverso il rapporto <strong>di</strong><br />

composizione con forze esterne alla nostra. Questo ci suggerisce non solo<br />

che líoggetto <strong>del</strong> desiderio non Ë pi˘ qualcosa <strong>di</strong> onticamente prefissato,<br />

bensÏ ontologicamente cangiante, sostituibile, ma soprattutto che per<br />

<strong>Spinoza</strong> il problema antropologico non consiste <strong>nella</strong> <strong>di</strong>stinzione tra<br />

conscio e inconscio 47 , ma tra attivit‡ e passivit‡.<br />

Líessenza <strong>del</strong>líuomo, la sua potenza desiderante, non Ë un universale<br />

astratto che omologa gli in<strong>di</strong>vidui ad uníunica categoria, ma Ë un principio<br />

attuale <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione 48 . Líin<strong>di</strong>viduo, quin<strong>di</strong>, si realizza solo tramite<br />

un processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione <strong>del</strong>la propria potenza singolare, solo<br />

determinando attualmente il proprio irriducibile desiderio.<br />

<strong>Spinoza</strong> elimina dalla sua antropologia il concetto <strong>di</strong> volont‡ cosciente,<br />

poichÈ lo considera un termine astratto, cioË basato su <strong>di</strong> una fittizia<br />

46<br />

E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>, il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 52. Cfr. A. Negri, Seconda fondazione in <strong>Spinoza</strong>, cit.,<br />

pp. 193-230.<br />

47<br />

Qui Balibar sembra contrad<strong>di</strong>re la teoria <strong>del</strong>euziana espressa nel suo <strong>Spinoza</strong>. Filosofia pratica. In<br />

realt‡, vedremo come questa <strong>di</strong>vergenza non porter‡ a conclusioni contrastanti.<br />

48<br />

Qui, invece, Balibar sembra istituire un parallelismo tra líantropologia spinoziana e la teoria <strong>di</strong><br />

Deleuze sulla <strong>di</strong>fferenza. Cfr. G. Deleuze, Differenza e ripetizione, cit.<br />

147


separazione tra mente e corpo 49 . Le nostre azioni <strong>del</strong> corpo come quelle<br />

<strong>del</strong>la mente non attendono líavvallo <strong>del</strong>la volont‡, ma sono <strong>di</strong>rette<br />

espressioni <strong>del</strong>la nostra potenza díesistere e <strong>di</strong> pensare.<br />

Proprio perchÈ ad ogni idea Ë sempre collegato un affetto, ad ogni azione<br />

<strong>del</strong> corpo uníidea, insomma poichÈ ragione e immaginazione non possono<br />

mai separarsi <strong>del</strong> tutto, líuomo necessita sempre <strong>del</strong>le <strong>di</strong>fferenti forze altrui<br />

per sod<strong>di</strong>sfare il proprio utile, il proprio desiderio. Questa Ë la base<br />

materiale <strong>di</strong> produzione <strong>del</strong>la collettivit‡, ovvero líinter<strong>di</strong>pendenza tra le<br />

potenze in<strong>di</strong>viduali per la costruzione <strong>del</strong>la loro utilit‡ reciproca.<br />

La societ‡ Ë uníin<strong>di</strong>vidualit‡ collettiva che fonda la propria utilit‡ non<br />

sullíuniformit‡ dei desideri, ma sullíespressione <strong>del</strong> <strong>di</strong>fferenziale <strong>di</strong><br />

potenza, sulla combinazione <strong>del</strong>le <strong>di</strong>verse capacit‡ singolari.<br />

Ma a complicare il concetto <strong>di</strong> moltitu<strong>di</strong>ne, a rendere pi˘ ambivalente e<br />

conflittuale questo processo interviene líimmaginazione. Attraverso<br />

uníimitazione degli affetti, un eccesso <strong>di</strong> somiglianza immaginativa 50 , gli<br />

in<strong>di</strong>vidui tendono allíidentificazione forzata. Questo porta non solo alla<br />

formazione <strong>del</strong>le rappresentazioni collettive <strong>di</strong> classe e nazione 51 , ma<br />

soprattutto alla conflittualit‡ <strong>del</strong>le passioni ambivalenti, in quanto gli stessi<br />

in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong>ventano oggetti dío<strong>di</strong>o e díamore.<br />

Balibar Ë convinto che proprio questa concezione instabile <strong>del</strong>la<br />

comunicazione sociale, dei rapporti affettivi, porta <strong>Spinoza</strong> verso una<br />

soluzione altrettanto ambigua <strong>del</strong>le relazioni tra masse e Stato. Il bene<br />

comune <strong>del</strong>la collettivit‡ va tutelato dallo Stato attraverso líobbe<strong>di</strong>enza,<br />

strumento mutuato dalla religione. Ritornano cosÏ due poteri contrastanti,<br />

due mo<strong>del</strong>li <strong>di</strong> Citt‡ <strong>di</strong>versi e antitetici.<br />

Questo vuol <strong>di</strong>re riapertura <strong>di</strong> uníaporia nel cuore <strong>del</strong> Trattato politico?<br />

49 Secondo Balibar <strong>Spinoza</strong> critica sia la concezione aristotelica che quella cartesiana <strong>del</strong>líuomo.<br />

Líuomo non Ë rappresentato da un appetito che si riferisce solo alla mente (volont‡) ma Ë líunit‡ <strong>di</strong> un<br />

medesimo desiderio <strong>di</strong> conservazione che si esprime sia nelle azione e passioni <strong>del</strong> corpo, sia nelle azioni<br />

e passioni <strong>del</strong>la mente. E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 50.<br />

50 Ivi, p. 57.<br />

51 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. III, prop. XLVI, trad. it. Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p. 205.<br />

148


In realt‡, Balibar ci mostra come <strong>Spinoza</strong> sia giunto a concepire il<br />

processo <strong>di</strong>namico e <strong>di</strong>alettico <strong>del</strong>la societ‡ senza ricorrere ad una<br />

concezione gerarchica o finalistica dei rapporti sociali. Stato e Chiesa,<br />

istituzioni e in<strong>di</strong>vidui, sono sistemi o, meglio, modalit‡ <strong>di</strong> rapporti<br />

comunicativi che, invece <strong>di</strong> fronteggiarsi líun líaltro, si autolimitano<br />

reciprocamente.<br />

Se la ragione non Ë il fine ultimo <strong>del</strong>la natura, ma una parte <strong>di</strong> essa e se<br />

líimmaginazione Ë altrettanto importante, poichÈ parte ineliminabile e non<br />

degenerazione <strong>del</strong>la stessa, allora lo Stato non puÚ limitarsi a esprimere la<br />

potenza collettiva, ma deve anche, tramite líobbe<strong>di</strong>enza, costringere gli<br />

in<strong>di</strong>vidui a limitare le loro passioni contrastanti e a farsi guidare dalla<br />

ragione civile. Traslando la loro potenza finita, cioË limitata in quanto<br />

parte <strong>di</strong> quella <strong>di</strong>vina, in quella pubblica <strong>del</strong>lo Stato, senza per questo<br />

rinunciare al loro <strong>di</strong>ritto naturale, gli in<strong>di</strong>vidui realizzano se stessi<br />

componendo le loro potenze singolari. La <strong>di</strong>fferenza non Ë pi˘ qualit‡<br />

esterna, ma principio <strong>di</strong> combinazione potenziale in quanto base produttiva<br />

dei rapporti sociali.<br />

Balibar come Deleuze celebra la positivit‡ materialista <strong>di</strong> una filosofia che<br />

pone gli in<strong>di</strong>vidui come risultati-funzioni <strong>del</strong> processo <strong>di</strong><br />

transin<strong>di</strong>vidualit‡. Secondo Balibar, nel Trattato politico il vero problema<br />

affrontato da <strong>Spinoza</strong> Ë la comunicazione 52 . Se gli uomini non possono<br />

fare a meno <strong>di</strong> esprimersi tramite il corpo e la mente, occorre capire quali<br />

sono quelle con<strong>di</strong>zioni che rendono le <strong>di</strong>fferenti espressioni umane non<br />

solo comunicabili tra loro, ma anche componibili in modo da garantire<br />

sicurezza e stabilit‡ 53 .<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista líesigenza <strong>di</strong> fede, ineliminabile per líin<strong>di</strong>viduo,<br />

deve essere svincolata da ogni tipo <strong>di</strong> dogma astrattamente universale e<br />

52 Secondo Balibar le <strong>di</strong>fficolt‡ che si incontrano nel voler interpretare coerentemente il <strong>pensiero</strong><br />

spinoziano possono essere chiarite seguendo un unico filo conduttore: la filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> Ë una<br />

filosofia <strong>del</strong>la comunicazione. E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 43.<br />

53 Questo Ë il problema centrale affrontato da <strong>Spinoza</strong> nel Trattato politico. Ivi, p. 67.<br />

149


trasformata in modo da risultare compatibile con qualsiasi opinione<br />

politica e filosofica. Questo ci deve far capire come lo Stato non Ë solo<br />

strumento per líobbe<strong>di</strong>enza alle leggi, ma sistema <strong>di</strong> organizzazione dei<br />

rapporti affettivi, processo <strong>di</strong> combinazione <strong>del</strong>le potenze per la<br />

costruzione <strong>di</strong> uníin<strong>di</strong>vidualit‡ collettiva pi˘ potente e quin<strong>di</strong> pi˘ stabile e<br />

sicura.<br />

La grandezza <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> consiste nel superare i vecchi schemi in cui erano<br />

intrappolate le concezioni politiche sul <strong>di</strong>ritto e sul potere. <strong>Spinoza</strong> va al <strong>di</strong><br />

l‡ sia <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualismo liberista, sia <strong>del</strong> corporativismo reazionario. Il<br />

segreto sta nello spostare il dualismo tra morale e politica, dualismo che<br />

portava alle antinomie natura-convenzione sociale, ragione-passione, bene-<br />

male, verso una <strong>di</strong>alettica materiale tra attivit‡ e passivit‡ 54 .<br />

Líin<strong>di</strong>viduo non nasce libero, razionale e in<strong>di</strong>pendente, poichÈ il suo<br />

<strong>di</strong>ritto Ë líattuazione <strong>di</strong> un potere limitato ma sempre reale e positivo.<br />

Questo vuol <strong>di</strong>re che gli uomini sono <strong>di</strong>pendenti dallíespressione <strong>del</strong>le<br />

potenze altrui, utili poichÈ <strong>di</strong>fferenti, ma sono in<strong>di</strong>pendenti in quanto<br />

titolari <strong>del</strong>la determinazione attuale <strong>del</strong> proprio <strong>di</strong>ritto, <strong>del</strong>la propria<br />

potenza.<br />

Questo rapporto <strong>di</strong>alettico tra <strong>di</strong>pendenza e in<strong>di</strong>pendenza Ë alla base <strong>del</strong><br />

passaggio dallo stato <strong>di</strong> natura, in cui si Ë massimamente <strong>di</strong>pendenti e<br />

incompatibili, allo stato civile in cui líin<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong>viene líespressione<br />

<strong>del</strong>la combinazione positiva ed esponenziale <strong>del</strong>le <strong>di</strong>pendenze.<br />

Lo Stato, quin<strong>di</strong>, e in particolare quello democratico, non sono schemi<br />

fissati a priori e che vanno applicati in blocco nelle varie societ‡, ma<br />

processi <strong>di</strong> liberazione, <strong>di</strong> passaggio dalla passivit‡ inconsapevole <strong>del</strong>la<br />

massa alla potenza collettiva <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne.<br />

Balibar invita a leggere líincompiutezza <strong>del</strong> Trattato politico non tanto<br />

come fenomeno storico dovuto al decesso <strong>del</strong>líautore, ma quanto effetto<br />

54 Ivi, p. 70.<br />

150


pratico <strong>di</strong> una concezione politica che vede <strong>nella</strong> democrazia non una<br />

con<strong>di</strong>zione effettiva da analizzare, bensÏ uno processo <strong>di</strong><br />

democratizzazione da applicare ad ogni regime <strong>del</strong>la storia 55 .<br />

La politica Ë scienza <strong>del</strong> potenziamento <strong>del</strong>líessere, analisi dei processi <strong>di</strong><br />

costituzione <strong>del</strong>la potenza collettiva, quin<strong>di</strong> <strong>del</strong>la conservazione<br />

<strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualit‡ <strong>di</strong> uno Stato. Se líin<strong>di</strong>viduo da solo Ë incapace <strong>di</strong><br />

sod<strong>di</strong>sfare il proprio conatus, cioË <strong>di</strong> conservare se stesso, allora deve<br />

essere costretto a volere la <strong>di</strong>fesa e il mantenimento <strong>di</strong> uno Stato che<br />

esprima il benessere collettivo. Solo dopo aver costruito un antropologia<br />

positiva e materialista, cioË solo dopo aver liberato il mondo dalle essenze<br />

universali e dai poteri che le utilizzano per produrre mistificazione <strong>del</strong>la<br />

vita sociale, Ë possibile per <strong>Spinoza</strong> analizzare le varie forme <strong>di</strong> governo,<br />

capire le cause <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssoluzione e quin<strong>di</strong> stabilirne il grado <strong>di</strong> assolutezza.<br />

Riemerge qui líaporia che aveva portato <strong>Spinoza</strong> ad assumere<br />

atteggiamenti ambigui nei confronti <strong>del</strong>le masse o, meglio, che aveva<br />

suscitato in lui sentimenti ambivalenti e contrastanti. Infatti, riprendendo<br />

Machiavelli, sostiene la tesi secondo cui i veri pericoli per il corpo politico<br />

provengono sempre dallíinterno, ovvero dai conflitti interni <strong>del</strong>le masse 56 .<br />

Questo non Ë affatto un inversione pessimistica <strong>del</strong> suo <strong>pensiero</strong> politico,<br />

nÈ una messa in questione <strong>del</strong> principio antropologico <strong>del</strong>la potenza in<br />

quanto identit‡ in<strong>di</strong>viduale, ma il tentativo <strong>di</strong> superare un problema che il<br />

Trattato teologio-politico aveva messo in evidenza come ineliminabile<br />

con<strong>di</strong>zione negativa <strong>del</strong>la societ‡: se le potenze singolari non si<br />

compongono tra loro, la societ‡ sarebbe <strong>di</strong>strutta 57 .<br />

La <strong>di</strong>struzione <strong>del</strong>la collettivit‡ equivale alla <strong>di</strong>struzione <strong>del</strong> singolo<br />

in<strong>di</strong>viduo come <strong>di</strong> tutto lo Stato. Per questo solo dandosi e rispettando le<br />

55 Ivi, p. 68.<br />

56 B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus, cap. VI, VI, trad. it., Trattato politico,cit., p. 36.<br />

57 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 64.<br />

151


leggi <strong>di</strong> composizione <strong>del</strong>le potenze, le leggi <strong>di</strong> libera comunicazione <strong>del</strong>le<br />

opinioni, si puÚ trasferire la potenza singolare <strong>di</strong> tutti in una pubblica.<br />

Solo cosÏ questo trasferimento coinciderebbe con líespressione <strong>di</strong> un<br />

processo <strong>di</strong> liberazione dalla passivit‡. Per questo tutti i regimi devono<br />

favorire la circolazione <strong>del</strong>líinformazione 58 invece <strong>di</strong> tenere il popolo<br />

allíoscuro <strong>del</strong>le trame <strong>del</strong> potere. Solo attraverso una libera informazione<br />

si educa il citta<strong>di</strong>no ad esercitare la propria capacit‡ <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio in materia<br />

politica 59 , cioË si ìcostruisceî una moltitu<strong>di</strong>ne attiva e consapevole <strong>di</strong> se<br />

stessa. Lo Stato e líin<strong>di</strong>viduo non sono che funzioni, effetti, modalit‡ <strong>di</strong><br />

realizzazione <strong>del</strong>líaumento <strong>di</strong> potenziale <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne 60 .<br />

Naturalmente in questo concetto non Ë affatto <strong>di</strong>fficile vedere una critica<br />

sia alle monarchie che fanno <strong>del</strong> ìsegreto <strong>di</strong> Statoî líarma per il controllo<br />

<strong>del</strong>le masse, sia alle teocrazie. Se <strong>Spinoza</strong> ci sembrava reazionario nel<br />

definire la massa come il luogo <strong>di</strong> genesi dei pericoli esiziali per lo Stato,<br />

adesso si mostra in tutta la sua statura etica.<br />

Lo Stato assoluto, cioË quello che riesce a garantire stabilit‡ e sicurezza,<br />

deve ampliare al massimo la classe <strong>di</strong>rigente, deve cioË rappresentare il<br />

maggior numero <strong>di</strong> interessi singolari, quin<strong>di</strong> deve contribuire allo<br />

sviluppo <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versificazione sempre crescente tra le opinioni. Solo cosÏ<br />

le decisioni <strong>del</strong>lo Stato risulteranno la combinazione effettiva dei <strong>di</strong>fferenti<br />

bisogni sociali. Solo cosÏ Ë possibile costruire una volont‡ comune che<br />

rispetti le <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> potenziale.<br />

Per questo <strong>Spinoza</strong> considera i partiti politico-religiosi strumenti <strong>di</strong><br />

riduzione <strong>del</strong>la complessit‡ collettiva in una categoria prestabilita <strong>di</strong> dogmi<br />

universali, in<strong>di</strong>pendentemente dalle esigenze <strong>di</strong> fede <strong>di</strong> ognuno. Pi˘ la<br />

massa Ë consapevole <strong>di</strong> se stessa, meno sar‡ esposta alla passivit‡,<br />

allíimpotenza, alla paura.<br />

58 Ivi, pp. 68-69.<br />

59 B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus, cap. VII, XXVII, trad. it., Trattato politico, cit., pp. 61-62.<br />

60 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 93.<br />

152


Quando <strong>Spinoza</strong> ci informa che le guerre civili sono la minaccia costante<br />

ed ineliminabile <strong>di</strong> ogni formazione politica, non sta sostenendo una<br />

concezione pessimista <strong>del</strong>la natura umana, non sta <strong>di</strong>fendendo una critica<br />

negativa <strong>del</strong>le relazioni sociali, ma ci sta fornendo prova <strong>del</strong>líuguaglianza<br />

<strong>di</strong> natura. Tutti gli uomini sono soggetti ad attivit‡ e passivit‡, a potenza e<br />

impotenza, la degenerazione riguarda dominanti e dominati 61 .<br />

Le cause interne <strong>di</strong> conflitto sono immanenti al ciclo naturale <strong>di</strong><br />

formazione <strong>del</strong>la societ‡, ma riguardano sia i governanti che i governati.<br />

Ogni regime ha le sue cause interne <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssi<strong>di</strong> e rivalit‡ 62 . Questo perchÈ<br />

ogni corpo collettivo esprime la sua potenza o <strong>nella</strong> concor<strong>di</strong>a, quin<strong>di</strong><br />

nellíaumento <strong>di</strong> potenza, o <strong>nella</strong> <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a, cioË nellíimpotenza.<br />

Questa orizzontalit‡ <strong>del</strong>le <strong>di</strong>fferenze interne alla moltitu<strong>di</strong>ne ci fa capire<br />

non solo che per <strong>Spinoza</strong> tutti gli in<strong>di</strong>vidui, potenti o sottomessi,<br />

partecipano al processo <strong>di</strong> formazione <strong>del</strong>la collettivit‡, sono cioË<br />

multitudo, ma soprattutto che il concetto <strong>di</strong> democrazia non Ë un assioma,<br />

bensÏ un problema, un progetto <strong>di</strong>namico che va costruito come pratica <strong>di</strong><br />

emancipazione dallíimpotenza.<br />

Sappiamo che líobbe<strong>di</strong>enza alla legge Ë in<strong>di</strong>spensabile allo Stato, ma<br />

sappiamo anche che per <strong>Spinoza</strong> lo Stato deve coinvolgere la complessit‡<br />

degli interessi <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne allíinterno <strong>del</strong> suo processo <strong>di</strong> formazione.<br />

Il progetto politico Ë decisione, scelta <strong>del</strong>le leggi che meglio garantiscono<br />

la salvaguar<strong>di</strong>a <strong>del</strong>la comunit‡.<br />

Questa operazione non puÚ che essere il frutto <strong>del</strong>la cooperazione tra le<br />

menti. Infatti, se pren<strong>di</strong>amo líesempio <strong>del</strong>la monarchia, <strong>Spinoza</strong> osserva<br />

acutamente come le decisioni non riguardano mai un unico uomo. Nessun<br />

re puÚ sopportare da solo il peso <strong>del</strong>la politica 63 , ma necessita sempre <strong>di</strong><br />

consiglieri e confidenti. Le monarchie sono in realt‡ aristocrazie occulte 64 ,<br />

61 Ivi, p. 95.<br />

62 Ivi, p. 92.<br />

63 B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus, cap. VI, V, trad. it., Trattato politico, cit., pp. 35-36.<br />

64 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 96.<br />

153


dove le rivalit‡ interne alla segreta classe <strong>di</strong>rigente sono alimentate dallo<br />

stesso re.<br />

A questo punto, <strong>Spinoza</strong> espone quelli che secondo lui sono i meccanismi<br />

decisionali <strong>di</strong> un buon governo monarchico. Occorre istituire uníassemblea<br />

con ampi poteri legislativi, dato che non puÚ essere un uomo solo il<br />

responsabile <strong>del</strong>la <strong>del</strong>iberazione ed elaborazione politica 65 . La monarchia<br />

deve rappresentare solo il momento ultimo <strong>del</strong> controllo e <strong>del</strong>la decisione<br />

finale. Infatti, spetta sempre e solo ai Consigli il momento pi˘ importante,<br />

poichÈ sono questi che devono rappresentare e attualizzare gli interessi<br />

<strong>del</strong>la comunit‡. In altri termini, i meccanismi <strong>del</strong>la politica secondo<br />

<strong>Spinoza</strong> devono essere rappresentativi ed egualitari, ma, come accade per<br />

le forme <strong>di</strong> governo aristocratiche, devono escludere la formazione<br />

partitica, poichÈ questa ridurrebbe il numero <strong>del</strong>le opinioni 66 .<br />

Non <strong>di</strong>mentichiamo che per <strong>Spinoza</strong> e qui Balibar si mostra pi˘ obiettivo<br />

<strong>di</strong> Negri il processo democratico non puÚ prescindere dalla<br />

razionalizzazione <strong>del</strong>le uniche forme <strong>di</strong> Stato che il suo tempo ha<br />

conosciuto pi˘ a fondo: la monarchia e líaristocrazia 67 . Certo questíultima<br />

deve escludere il popolo dal processo <strong>di</strong> <strong>del</strong>iberazione, ma nello stesso<br />

tempo Ë dal suo interno che deve reclutare i vari funzionari. In questo<br />

modo gli interessi <strong>di</strong> tutte le classi, anche se in<strong>di</strong>rettamente, faranno parte<br />

<strong>del</strong> funzionamento <strong>del</strong>lo Stato, ovvero coincideranno con líinteresse<br />

generale.<br />

Insomma, líaristocrazia, cioË la classe dei patrizi, dovr‡ allargare la sua<br />

base in modo tale da far confluire in essa la maggior parte <strong>del</strong>le opinioni e<br />

degli interessi in<strong>di</strong>viduali. Ma, non avendo un uomo che metta or<strong>di</strong>ne a un<br />

corpo con molte teste, dovr‡ istituire <strong>di</strong>spositivi costituzionali tali da<br />

preservare il suo funzionamento e la sua regolarit‡ 68 . O monarchia<br />

65<br />

B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus, cap. VII, V, trad. it., Trattato politico, cit., p. 49-51.<br />

66<br />

E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 99.<br />

67<br />

Ivi, p. 100.<br />

68<br />

B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus, cap. VIII, XXXV, trad. it., Trattato politico, cit., pp. 86-87.<br />

154


orghese o aristocrazia, per <strong>Spinoza</strong> si tratta sempre non solo <strong>di</strong> costruire<br />

un apparato statale che sappia garantire sicurezza, stabilit‡ e obbe<strong>di</strong>enza,<br />

ma anche <strong>di</strong> avviare un processo <strong>di</strong> razionalizzazione democratica <strong>del</strong><br />

corpo politico stesso, ovvero <strong>di</strong> rendere questo in<strong>di</strong>viduo collettivo<br />

líespressione univoca <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne.<br />

Questa deve essere giu<strong>di</strong>cata come uníaperta rinuncia alla realizzazione<br />

<strong>del</strong>la democrazia in quanto sistema politico perfetto e assoluto?<br />

Assolutamente no. Líintelligenza <strong>di</strong> Balibar sta nel restituirci uno <strong>Spinoza</strong><br />

che non rinuncia a fare i conti con le contrad<strong>di</strong>zioni <strong>del</strong>la sua epoca, le<br />

quali inevitabilmente si riflettono nel suo percorso filosofico e politico.<br />

<strong>Spinoza</strong> sta tentando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rci che ogni sistema politico Ë migliorabile, anzi<br />

che ogni forma <strong>di</strong> governo Ë il prodotto <strong>di</strong> un processo politico sempre<br />

aperto e <strong>di</strong>namico, mai chiuso una volta per tutte.<br />

Ogni regime aspira alla sua perfezione. Per <strong>Spinoza</strong> la strada verso<br />

líassolutezza Ë quella che conduce ad una democratizzazione <strong>del</strong>la vita<br />

sociale, alla costruzione <strong>di</strong> un interesse comune che sia líespressione <strong>del</strong>la<br />

combinazione <strong>del</strong>le <strong>di</strong>fferenti potenze singolari.<br />

Allo stesso tempo Balibar sta tentando <strong>di</strong> <strong>di</strong>rci che <strong>Spinoza</strong> non Ë un<br />

rivoluzionario <strong>del</strong>líemancipazione <strong>del</strong>le masse, nÈ un reazionario<br />

misantropo, ma un pensatore che ha sempre considerato la politica un<br />

processo interno a quello etico <strong>di</strong> liberazione e costruzione <strong>del</strong>la natura.<br />

<strong>Spinoza</strong> non fa che parlarci <strong>di</strong> rapporti tra corpi e relazioni tra le menti.<br />

Non smette <strong>di</strong> parlarci <strong>di</strong> potenze attuali, <strong>di</strong> desideri che si compongono o<br />

si scontrano. Per questo la sua visione politica non ha niente a che fare con<br />

una questione morale o <strong>di</strong> controllo <strong>del</strong>la natura umana, ma riguarda il<br />

movimento <strong>di</strong> trasformazione, <strong>di</strong> sviluppo <strong>di</strong>alettico tra la ragione e<br />

líimmaginazione, entrambi elementi <strong>del</strong> nostro <strong>di</strong>ritto, <strong>del</strong>la nostra<br />

potenza. La libert‡, come la democrazia, non Ë uníessenza innata, nÈ un<br />

155


fine escatologico 69 , bensÏ un movimento <strong>di</strong> emancipazione che non si<br />

oppone, ma coincide con le leggi necessarie <strong>di</strong> composizione <strong>del</strong>la natura.<br />

69 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 71.<br />

156


2. La filosofia <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualizzazione, ovvero líessere come<br />

transin<strong>di</strong>vidulit‡.<br />

Fisica, politica, etica e ontologia formano le facce molteplici <strong>di</strong> un unico<br />

percorso conoscitivo, <strong>di</strong> un unico <strong>pensiero</strong> filosofico che pone líessere<br />

come forza produttiva, come uno sviluppo che coincide con le sue<br />

determinazioni. Gli essenti non sono imitazioni <strong>di</strong> archetipi eterni o<br />

degradazioni <strong>del</strong>líUno separato ed immobile, ma costruzioni, espressioni,<br />

sforzi per la propria conservazione. Per questo motivo, secondo Balibar, la<br />

filosofia spinoziana ha come oggetto díindagine costruttiva la<br />

comunicazione.<br />

La vita non Ë che insieme molteplice <strong>di</strong> rapporti, <strong>di</strong> relazioni, insomma non<br />

Ë che comunicazione, scambio produttivo <strong>di</strong> affetti e idee. Tutto questo per<br />

la sod<strong>di</strong>sfazione dei vari conatus in<strong>di</strong>viduali, dei desideri <strong>di</strong><br />

autoconservazione che solo comunicando tra loro, cioË solo creando un<br />

aumento <strong>di</strong> potenziale, possono realizzarsi pienamente e positivamente.<br />

Líesposizione <strong>di</strong> questa visione materialista, dove conoscenza e pratica<br />

coincidono in un unico movimento, in uníunica tendenza positiva, Ë<br />

rintracciabile in ogni pagina <strong>del</strong>líEtica.<br />

Secondo Balibar, il libro pi˘ famoso <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong>, che non possiamo<br />

considerare semplicemente un opera metafisica, ma una fenomenologia<br />

antropologica, contiene líanalisi <strong>di</strong> tre fondamentali problemi 70 . Il primo <strong>di</strong><br />

questi Ë la socievolezza.<br />

Come abbiamo visto sin qui, analizzando il percorso evolutivo <strong>del</strong><br />

<strong>pensiero</strong> politico spinoziano, la socievolezza Ë immanente al progetto<br />

70 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 101.<br />

157


azionale <strong>del</strong>la natura umana o, meglio, Ë il processo stesso con cui<br />

líuomo, seguendo i dettami <strong>del</strong>la ragione, compone la propria utilit‡ con<br />

quelli degli altri. Ma ciÚ che Ë importante notare sul concetto <strong>di</strong><br />

socievolezza risulta dalla sua duplice natura, razionale e immaginativa.<br />

Per Balibar questo rappresenta la forma positiva <strong>di</strong> un <strong>pensiero</strong> materialista<br />

<strong>del</strong>líessere, una visione <strong>del</strong>líuomo e dei rapporti sociali che non ricorre a<br />

concezioni idealiste o spiritualiste, ma che fa <strong>del</strong>la natura uníunivoca<br />

potenza espressa dallíuguaglianza <strong>di</strong> molteplici forze. Questo vuol <strong>di</strong>re che<br />

ci sono due vie per <strong>di</strong>mostrare la veri<strong>di</strong>cit‡ <strong>del</strong>la proposizione 37 <strong>del</strong>la<br />

parte IV <strong>del</strong>líEtica 71 .<br />

La prima via Ë quella razionale. Lo stato <strong>di</strong> natura, come si Ë pi˘ volte<br />

ricordato, non coincide con la ragione, nÈ con la libert‡ e la bont‡ come<br />

essenze universali, ma consiste nel piano materiale <strong>di</strong> espressione <strong>del</strong>la<br />

propria utilit‡ singolare. Insomma, non facendosi guidare dalla ragione,<br />

líuomo Ë massimamente inespressivo, massimamente sottomesso alle<br />

passioni. In altri termini, non riesce a creare un senso o uníutilit‡ comune,<br />

poichÈ Ë sprovvisto <strong>del</strong>la ragione che gli permetterebbe <strong>di</strong> superare il<br />

campo unilaterale <strong>del</strong>la sua utilit‡. Gli uomini a questo livello <strong>del</strong>la vita,<br />

non riuscendo a combinare i propri desideri per aumentare la potenza, non<br />

concordano tra loro, cioË non hanno un bene comune.<br />

Questa concezione <strong>del</strong>lo stato <strong>di</strong> natura ci fa capire che líuomo per<br />

<strong>Spinoza</strong> non nasce nÈ nel peccato, nÈ nel bene, poichÈ, non essendoci<br />

comunicazione <strong>di</strong> valori o interessi comuni, non vi Ë morale nÈ giustizia 72 .<br />

In uno stato in cui gli uomini <strong>di</strong>scordano su tutto, non avendo in comune<br />

che líimpotenza, non vi puÚ essere consenso comune. Ma la ragione Ë la<br />

modalit‡ con cui riusciamo a esprimere il nostro desiderio, la nostra<br />

71 ì Il bene che ognuno che segue la virt˘ appetisce per sÈ lo desiderer‡ anche per gli altri uomini e tanto<br />

pi˘ quanto maggiore sar‡ la conoscenza che avr‡ <strong>di</strong> Dio.î B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. IV, prop. XXXVII, trad.<br />

it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p. 256.<br />

72 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. IV, prop. XXXVII, sc. II, trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, p.<br />

259.<br />

158


essenza, componendola con quella degli altri, cioË riusciamo a conoscere<br />

quel bene o quellíutilit‡ comune che ci permette <strong>di</strong> essere massimamente<br />

attivi e potenti.<br />

Abbiamo detto che per <strong>Spinoza</strong> líuomo Ë desiderio, tendenza che si<br />

esprime sia tramite le passione che tramite la ragione. Tuttavia, Ë soltanto<br />

tramite questíultima che realizziamo la nostra natura, che esprimiamo<br />

attivamente la nostra essenza, in quanto la combiniamo in maniera positiva<br />

con le altre. La ragione non Ë quin<strong>di</strong> trascendentale 73 , nÈ innata nellíuomo,<br />

ma Ë la modalit‡ <strong>di</strong> attualizzazione <strong>del</strong>la nostra potenza attraverso il<br />

raggiungimento <strong>del</strong>líutilit‡ comune. Proprio questo concetto positivo e<br />

materialista <strong>del</strong>la ragione pone <strong>Spinoza</strong> al <strong>di</strong> l‡ <strong>di</strong> qualsiasi concezione<br />

<strong>del</strong>la natura umana che opponga líin<strong>di</strong>vidualismo alla socievolezza.<br />

Se líuomo Ë dotato <strong>di</strong> uníirriducibile potenza, non puÚ che comporla con le<br />

altre, sempre e soltanto sotto la guida <strong>del</strong>la ragione, per realizzare il<br />

proprio desiderio <strong>di</strong> autoconservazione. In <strong>Spinoza</strong> autoconservazione e<br />

socievolezza non sono nÈ antitetiche nÈ identiche, ma si implicano a<br />

vicenda in un unico processo espressivo <strong>del</strong>líessere.<br />

In altri termini, solo tramite la ragione líuomo Ë massimamente utile<br />

allíuomo, quin<strong>di</strong> ciÚ che essa ci in<strong>di</strong>ca come bene lo desideriamo anche<br />

per gli altri. La seconda via Ë quella <strong>del</strong>le passioni, ovvero quella<br />

<strong>del</strong>líimmaginazione. Líuomo non vive sempre e solo sotto la guida <strong>del</strong>la<br />

ragione, ma Ë spesso vittima <strong>del</strong>le passioni. Queste non esprimono la<br />

nostra capacit‡ <strong>di</strong> agire sulle cause esterne per dominarle, ma la nostra<br />

completa passivit‡ rispetto ad esse.<br />

Tuttavia, le passioni non sono contro natura, non ne rappresentano una<br />

degenerazione inumana, ma sono anchíesse modalit‡ <strong>del</strong> conatus.<br />

Líimmaginazione, perÚ, non Ë conoscenza <strong>del</strong> proprio utile, ma solo degli<br />

effetti dei corpi esterni sul nostro, cioË <strong>del</strong>le affezioni che subiamo da<br />

73 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 110.<br />

159


cause esterne. Una tale conoscenza Ë inadeguata ad esprimere la nostra<br />

natura, ma non per questo Ë contraria alla socievolezza. Come abbiamo<br />

visto in precedenza, anche líimmaginazione costituisce una forma <strong>di</strong><br />

rapporto, precisamente uno scambio comunicativo <strong>di</strong> affetti, che abbiamo<br />

chiamato identificazione. Questa imitazione affettiva Ë causata<br />

dallíimmaginare líaltro come soggetto alle nostre stesse affezioni 74 .<br />

Gli uomini non nascono simili 75 , ma lo <strong>di</strong>ventano tramite un processo <strong>di</strong><br />

socievolezza immaginativa. Questa, perÚ, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quella razionale,<br />

che esprime la nostra vera natura, creando uníillusoria imitazione affettiva,<br />

genera una conflittualit‡ passionale.<br />

Ciascuno ama o o<strong>di</strong>a con maggiore forza un oggetto amato o o<strong>di</strong>ato da<br />

altri, ma, seguendo la nostra indole, ci ostacoliamo nel volere la stessa<br />

cosa. Questo suscita sentimenti ambivalenti che ci spingono a fluttuazioni<br />

<strong>del</strong>líanimo, provocando la nascita <strong>di</strong> comportamenti antitetici (o<strong>di</strong>o e<br />

amore verso uno stesso oggetto o persona). Temiamo le <strong>di</strong>fferenze, ma al<br />

tempo stesso nutriamo paura per passioni simili che ci spingono in<br />

conflitto. Se la socievolezza immaginativa, quin<strong>di</strong> il volere che ognuno<br />

segua la propria indole, ci fa oscillare tra comportamenti contrastanti, la<br />

ragione, in quanto conoscenza <strong>del</strong> bene comune, non potr‡ mai rovesciarsi<br />

nel suo contrario 76 .<br />

Cosa ci sta <strong>di</strong>cendo <strong>Spinoza</strong> con questa teoria dei rapporti comunicativi?<br />

Balibar Ë chiarissimo su questo punto: la socievolezza non Ë uníesclusiva<br />

<strong>del</strong>la ragione, ma coincide con líunit‡ <strong>di</strong> una concordanza reale e <strong>di</strong><br />

uníambivalenza immaginativa 77 . Queste antitetiche modalit‡ espressive <strong>del</strong><br />

conatus, <strong>del</strong>la socievolezza, costituiscono la nostra societ‡, i nostri rapporti<br />

sociali. Certo occorre che si formi uno Stato per limitare le oscillazioni<br />

74<br />

Cfr. B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. III, prop. XXXI, trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p.<br />

195.<br />

75<br />

E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 115.<br />

76 Ivi, p. 116.<br />

77 Ibidem.<br />

160


passionali e per fare in modo che la ragione determini le azioni a cui siamo<br />

determinati dalla passione. Ma come la ragione e líimmaginazione vanno<br />

considerati elementi <strong>di</strong> un unico processo <strong>di</strong> socializzazione, cosÏ anche la<br />

societ‡ e lo Stato costituiscono un progetto unico <strong>di</strong> espressione <strong>del</strong>le<br />

singolarit‡ naturali 78 .<br />

Il secondo problema Ë líobbe<strong>di</strong>enza. Bisogna capire come un concetto che<br />

esprime un rapporto <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza quale quello <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza possa<br />

trovare una coerenza pratica in un sistema dove societ‡ e Stato si<br />

identificano <strong>nella</strong> comune esigenza <strong>di</strong> emancipazione <strong>del</strong>líessere.<br />

Anche in questo caso Balibar ci mostra come <strong>Spinoza</strong> sia andato oltre le<br />

concezioni cartesiane e aristoteliche <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza 79 e abbia elaborato<br />

ancora una volta un concetto quasi impossibile da classificare, in quanto<br />

appare come critica ra<strong>di</strong>cale <strong>di</strong> tutte le concezioni classiche su questo<br />

argomento.<br />

La forza demistificatrice <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> resta la caratteristica peculiare <strong>di</strong><br />

questo grande pensatore. Prima <strong>di</strong> tutto, in totale coerenza con il concetto<br />

ontologico ed epistemologico <strong>di</strong> parallelismo, <strong>Spinoza</strong> separa líobbe<strong>di</strong>enza<br />

dal concetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza tra anima e corpo. Líobbe<strong>di</strong>enza non Ë per<br />

<strong>Spinoza</strong> líatto <strong>di</strong> sottomissione <strong>del</strong> corpo alla mente, poichÈ, ignorando <strong>di</strong><br />

cosa Ë capace un corpo 80 , non possiamo credere <strong>di</strong> imporgli il movimento.<br />

Corpo e anima sono espressione <strong>di</strong> uníunica potenza singolare, complessi<br />

<strong>di</strong> idee e complessi <strong>di</strong> movimenti materiali che in<strong>di</strong>cano attivit‡ e passivit‡<br />

simultanee, ma non causa una <strong>del</strong>líaltra, come vorrebbe Cartesio. Ad ogni<br />

passivit‡ <strong>del</strong> corpo non corrisponde uníattivit‡ <strong>del</strong>líanima, ma uníeguale<br />

passivit‡ costituita, perÚ, non da movimenti spaziali, bensÏ da idee<br />

inadeguate.<br />

78 Ivi, p. 117.<br />

79 Secondo Balibar, la tra<strong>di</strong>zione che va da Aristotele a Descartes ha sempre considerato il rapporto <strong>di</strong><br />

obbe<strong>di</strong>enza tra gli uomini come un rapporto che si basa sullíobbe<strong>di</strong>enza <strong>del</strong> corpo allíanima. Ivi, pp. 117-<br />

118.<br />

80 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. III, prop. II, sc., trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., pp. 174-<br />

177.<br />

161


Líobbe<strong>di</strong>enza Ë quin<strong>di</strong> una pratica <strong>di</strong> vita, una modalit‡ dei rapporti sociali<br />

che riguarda sia líanima che il corpo, le idee come i movimenti, le azioni<br />

come i pensieri.<br />

Ma allora cosa spinge líanima e il corpo ad obbe<strong>di</strong>re?<br />

<strong>Spinoza</strong> ricorre a due passioni negative, poichÈ legate allíincertezza e alla<br />

passivit‡, quali la paura e la speranza. Queste affezioni costringono i<br />

movimenti <strong>del</strong> corpo a sottostare a riti prefissati. Mentre, per quanto<br />

riguarda le anime, costringono le idee a sottostare a mo<strong>del</strong>li <strong>di</strong> <strong>pensiero</strong><br />

tramandati <strong>nella</strong> storia 81 . Líimmaginazione ci spinge a credere che la<br />

sottomissione ad una potenza superiore costituisca per noi sicurezza e<br />

stabilit‡. <strong>Spinoza</strong>, perÚ, con grande sottigliezza, critica líatteggiamento che<br />

sta alla base dei rapporti tra uomo e Dio nelle teologie classiche.<br />

Spinti dalla paura e dalla speranza, gli uomini sono abituati a pensare colui<br />

a cui devono obbe<strong>di</strong>re, poichÈ ritenuto superiore, come assolutamente<br />

libero, ovvero come se la sua onnipotenza non sia determinata da nessuna<br />

causa esterna. Questo, secondo <strong>Spinoza</strong>, moltiplica gli effetti ambivalenti<br />

<strong>del</strong>líobbe<strong>di</strong>enza, poichÈ riguardano un soggetto che, in quanto libero, Ë il<br />

solo responsabile <strong>del</strong>la sua potenza 82 . Ma bisogna fare i conti con la natura<br />

umana o, meglio, con líambivalenza degli affetti suscitati dallíobbe<strong>di</strong>enza,<br />

come quelli <strong>di</strong> amore reverenziale e o<strong>di</strong>o ven<strong>di</strong>cativo.<br />

Ora, nei rapporti <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza a Dio, questíambivalenza affettiva puÚ<br />

essere veramente pericolosa per i rapporti sociali. Infatti, concependo Dio<br />

come un monarca la cui libert‡ Ë assoluta, nessuno potrebbe provare o<strong>di</strong>o<br />

nei sui confronti, quin<strong>di</strong> líincertezza generata dagli effetti ambivalenti<br />

<strong>del</strong>líobbe<strong>di</strong>enza Ë costretta a spostarsi verso gli altri in<strong>di</strong>vidui. Ancora una<br />

volta <strong>Spinoza</strong> ci mostra come la religione non fa che spingere gli uomini<br />

alla tristezza, ma soprattutto alla <strong>di</strong>ffidenza e allío<strong>di</strong>o reciproco.<br />

81 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 120.<br />

82 ì LíAmore e líO<strong>di</strong>o verso una cosa che immaginiamo sia libera, pari essendo la sua causa, devono<br />

essere entrambi maggiori che verso una cosa necessaria.î B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. III, prop. XLIX, trad. it.,<br />

Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p. 207.<br />

162


Tutto questo perchÈ proiettano su Dio concetti e caratteristiche umane<br />

spogliate <strong>del</strong>la finitezza. Qui possiamo notare come la grandezza <strong>del</strong>la<br />

metafisica naturalista <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> risiede nel valore che acquista la<br />

necessit‡ a <strong>di</strong>scapito <strong>del</strong>le teologie classiche. Se, infatti, consideriamo Dio<br />

come necessario e non libero, ovvero se lo identifichiamo con le leggi<br />

necessarie <strong>del</strong>la natura, scompare ogni risentimento e o<strong>di</strong>o.<br />

I sentimenti che ci legano a Dio non sono pi˘ il frutto <strong>del</strong>la sottomissione,<br />

ma <strong>del</strong>la conoscenza, poichÈ non avremo pi˘ sopra <strong>di</strong> noi un Legislatore<br />

che ci comanda e che non possiamo o<strong>di</strong>are, bensÏ una potenza assoluta che<br />

si esprime nelle leggi <strong>del</strong>la natura <strong>di</strong> cui siamo parte attiva.<br />

Abbiamo visto come gi‡ nel Trattato teologico-politico e nel Trattato<br />

politico questa religione naturale, che si basa su <strong>di</strong> una fede universale,<br />

unita ad uno Stato democratico, poteva abbattere le passioni tristi e<br />

costruire il bene comune <strong>del</strong>la moltitu<strong>di</strong>ne. Certo questo non coincideva<br />

con líeliminazione <strong>del</strong>líobbe<strong>di</strong>enza, ma la riaffermava trasformandola in<br />

una scelta <strong>del</strong>la collettivit‡, in una decisione per la costituzione <strong>del</strong>la<br />

propria emancipazione dalle passioni nocive. Gli uomini devono volere<br />

líobbe<strong>di</strong>enza allo Stato, sempre che questo continui ad essere il garante <strong>di</strong><br />

sicurezza e stabilit‡ 83 .<br />

Líobbe<strong>di</strong>enza, la socievolezza razionale finalizzata allíutile collettivo, il<br />

<strong>di</strong>ritto come potenza <strong>del</strong> numero 84 che cosa affermano a gran voce se non<br />

che líessere Ë comunicazione?<br />

La comunicazione Ë, infatti, il terzo problema da affrontare. Per Balibar<br />

questo Ë il concetto che sostiene tutti i passaggi teorici <strong>del</strong>líantropologia<br />

spinoziana. Passione e ragione, societ‡ e Stato, non sono che modalit‡ o<br />

regimi <strong>di</strong> comunicazione. Líuomo vive in una rete <strong>di</strong> scambi, <strong>di</strong> incontri,<br />

<strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> comunicazione che passano da regimi conflittuali, in cui si Ë<br />

83 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., pp. 123-124.<br />

84 B. <strong>Spinoza</strong>, Tractatus politicus, cap. II, XIII, trad. it., Trattato politico, cit., p. 13.<br />

163


passivi e non si ha in comune che líignoranza <strong>del</strong>la propria natura, a regimi<br />

adeguati e stabili, in cui si Ë attivi, poichÈ guidati dalla ragione 85 .<br />

Queste forme <strong>di</strong> comunicazione non sono fisse, bensÏ <strong>di</strong>namiche, ovvero<br />

sono processi <strong>di</strong> trasformazione sociale. Allíinizio le societ‡ vivono<br />

nellíignoranza <strong>del</strong>le cause, tuttavia coltivano forme <strong>di</strong> scambio primitive<br />

basate sullíimitazione affettiva. Ma da questi regimi <strong>di</strong> comunicazione<br />

inadeguati, poichÈ sprovvisti <strong>di</strong> un bene comune, la moltitu<strong>di</strong>ne impara a<br />

sviluppare la propria potenza, in modo che, quando inizier‡ a essere<br />

guidata dalla ragione, potr‡ costruire una pratica <strong>di</strong> liberazione dalla<br />

passivit‡. La conoscenza razionale Ë, quin<strong>di</strong>, la forma <strong>di</strong> comunicazione<br />

pi˘ adeguata, pi˘ potente, ma non perchÈ si aggiunge dallíesterno al<br />

linguaggio immaginativo e lo sostituisce. Ma, in quanto parte integrante<br />

<strong>del</strong>lo stesso processo comunicativo, la ragione aiuta líimmaginazione a<br />

sviluppare una comunicazione coerente con le leggi <strong>del</strong>la propria natura,<br />

ovvero una comunicazione che coincide con il progetto <strong>di</strong> costruzione<br />

<strong>del</strong>líutilit‡ comune. La conoscenza razionale non Ë che strategia pratica<br />

con cui la comunicazione, cioË la vita, libera la collettivit‡ aumentandone<br />

la potenza.<br />

Come abbiamo visto sin qui, Balibar, ponendosi sulla stessa linea<br />

interpretativa <strong>di</strong> Deleuze, ma evitando le soluzioni a cui giunge Negri,<br />

rilegge la filosofia spinoziana come analisi critica <strong>di</strong> tutte le ontologie<br />

classiche <strong>del</strong>la sostanza che avevano posto nel finalismo il fondamento<br />

or<strong>di</strong>nativo <strong>del</strong>líessere. <strong>Spinoza</strong>, pur mettendo al centro <strong>del</strong>la sua metafisica<br />

concetti quali sostanza, Dio ed essenza, sviluppa la sua ontologia come<br />

antropologia, come <strong>di</strong>scorso etico (non per niente sceglie questo termine<br />

come titolo per il suo capolavoro) e politico. Per questo non si puÚ non<br />

concordare con Balibar quando sostiene che il vero oggetto <strong>del</strong>la<br />

metafisica spinoziana non Ë Dio o líuomo, ma líin<strong>di</strong>viduazione 86 .<br />

85 E. B.alibar, <strong>Spinoza</strong> e la politica, cit., p. 125.<br />

86 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p.74.<br />

164


Cosa vuol <strong>di</strong>re esattamente questo?<br />

Vuol <strong>di</strong>re che <strong>Spinoza</strong> non si occupa tanto <strong>di</strong> enti assoluti, <strong>di</strong> cose finite, <strong>di</strong><br />

essenze trascendentali, quanto principalmente <strong>di</strong> rapporti, <strong>di</strong> incontri tra i<br />

corpi e tra le idee, ovvero <strong>di</strong> comunicazione. Líoggetto <strong>del</strong>la conoscenza<br />

non Ë pi˘ una cosa, ma un processo, un passaggio <strong>di</strong>fferenziale tra attivit‡<br />

e passivit‡ 87 . Tuttavia, questo modo <strong>di</strong> intendere líoggetto <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong><br />

conoscitivo ha portato <strong>Spinoza</strong> a incontrare serie <strong>di</strong>fficolt‡ teoretiche sul<br />

suo cammino. Le <strong>di</strong>fficolt‡ pi˘ gran<strong>di</strong>, per Balibar, derivano dal tentativo<br />

<strong>di</strong> conferire coerenza a un sistema che passava dallíinfinit‡ <strong>del</strong>la sostanza<br />

alla produttivit‡ dei mo<strong>di</strong> finiti, da uníontologia antifinalistica <strong>del</strong>la<br />

sostanza ad una fisica meccanicistica <strong>di</strong> conservazione <strong>del</strong> moto.<br />

Balibar prende in esame il confronto epistolare degli anni 1661-1665 tra<br />

<strong>Spinoza</strong>, Boyle e Oldenburg 88 , incentrato sulle <strong>di</strong>fficolt‡ <strong>di</strong> coesione tra<br />

una visione cartesiana <strong>del</strong>la fisica e una immanentista <strong>del</strong>líontologia.<br />

Balibar ci mostra come le <strong>di</strong>fficolt‡ incontrate da <strong>Spinoza</strong> <strong>di</strong>pendono<br />

essenzialmente dallíequivocit‡ <strong>del</strong>le nozioni che adopera. La nozione <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduo, per esempio, designa sia un rapporto <strong>di</strong> parti estensive ed<br />

intensive, sia un tutto irriducibile alle sue parti, poichÈ espressione <strong>di</strong><br />

uníunica mo<strong>di</strong>ficazione <strong>del</strong>la sostanza. Le nozioni immanentiste <strong>di</strong> tutto e<br />

parti, pur negando le teorie finalistiche, si basano su <strong>di</strong> un principio<br />

meccanicistico <strong>di</strong> conservazione <strong>del</strong> moto che reintroduce nozioni<br />

teologiche <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne e simmetria 89 .<br />

In realt‡, siamo <strong>di</strong> fronte allo scontro tra due mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> concepire la fisica.<br />

Quella classica, che da Aristotele giunge sino a Cartesio, si basa su<br />

principi meccanici e finalistici che tentano <strong>di</strong> conferire or<strong>di</strong>ne e coerenza<br />

87 Ibidem<br />

88 Ivi, p. 76.<br />

89 Qui Balibar si riferisce allíobiezione <strong>di</strong> Oldenburg sul tentativo spinoziano <strong>di</strong> togliere or<strong>di</strong>ne<br />

finalistico alla Natura tramite concezioni che perÚ contrad<strong>di</strong>cono apparentemente questo intento. Ivi, pp.<br />

78-79.<br />

165


al visibile. Ma la fisica spinoziana, ripu<strong>di</strong>ando il concetto creazionista 90 ,<br />

ricerca la simmetria necessaria <strong>del</strong>le leggi matematiche <strong>del</strong>la Natura che<br />

non escludono il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne, poichÈ ricevono la coerenza causale<br />

dallíinterno <strong>del</strong>la propria oggettivit‡ e non dallíesterno <strong>di</strong> una volont‡<br />

trascendentale. In questo modo il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne non Ë un fenomeno al <strong>di</strong> l‡<br />

<strong>del</strong>le leggi fisiche che soltanto Dio Ë capace <strong>di</strong> generare, ma una<br />

irregolarit‡ interna alle con<strong>di</strong>zioni stesse dei fenomeni. Tuttavia, resta il<br />

problema <strong>di</strong> capire come si <strong>di</strong>stinguono dei concetti oggettivi <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne e<br />

simmetria da nozioni teologiche e metafisiche. Il problema riguarda<br />

quin<strong>di</strong> i rapporti tra finito e infinito o, meglio, tra infinit‡ <strong>del</strong>la sostanza,<br />

causalit‡ e singolarit‡ reale 91 .<br />

Qui Balibar prende in esame le lettere <strong>del</strong> 1674-76 tra <strong>Spinoza</strong>, il me<strong>di</strong>co<br />

Schuller e il suo amico Tschirnhaus. Il problema resta quello <strong>di</strong> raccordare<br />

uníontologia <strong>del</strong>líimmanenza, dove la molteplicit‡ <strong>del</strong>le essenze singolari<br />

esprime un unico essere, con una fisica basata sul meccanicismo causale.<br />

Questo porta Gueroult a rintracciare in <strong>Spinoza</strong> due fisiche: una astratta,<br />

perchÈ concepisce gli in<strong>di</strong>vidui come mo<strong>di</strong> <strong>del</strong>líattributo <strong>del</strong>líestensione,<br />

in questo modo coincide con un meccanicismo che esclude ogni finalit‡;<br />

líaltra pi˘ concreta, poichÈ concepisce i mo<strong>di</strong> come espressioni <strong>di</strong>rette<br />

<strong>del</strong>líunit‡ <strong>del</strong>la sostanza 92 . Per Gueroult, questo Ë dovuto alle <strong>di</strong>fficolt‡<br />

insite nel passaggio da Dio come tutto universale alla molteplicit‡ fisica<br />

<strong>del</strong>líambiente.<br />

Per Negri, come abbiamo visto, questa <strong>di</strong>fficolt‡ che sussiste<br />

nellíontologia (univocit‡) come anche <strong>nella</strong> conoscenza (equivocit‡) viene<br />

risolta, invece, solo sul terreno <strong>del</strong>la pratica etico-politica.<br />

Balibar spiega queste <strong>di</strong>fficolt‡ interpretative come effetti <strong>di</strong> uníequivocit‡<br />

insita nel <strong>di</strong>scorso spinoziano. Vi sono effettivamente due <strong>di</strong>rezioni (ma<br />

90 <strong>Spinoza</strong> non attribuisce allíazione costante <strong>del</strong>líonnipotenza <strong>di</strong>vina la conservazione <strong>del</strong>la medesima<br />

proporzione nellíUniverso, ma alle leggi interne <strong>del</strong> tutto. Ibidem.<br />

91 Ivi, 83.<br />

92 Ivi, p.85.<br />

166


non due metafisiche separate) nel rapporto sostanza-attributi-mo<strong>di</strong>. Una<br />

utilizza la me<strong>di</strong>azione <strong>del</strong>líattributo per spiegare la connessione causale tra<br />

le essenze singolari, quin<strong>di</strong> propone una concezione meccanicistica che<br />

tenta <strong>di</strong> dare un or<strong>di</strong>ne intelligibile al rapporto tra molteplicit‡ modale e<br />

univocit‡ sostanziale. Líaltra, invece, concepisce i mo<strong>di</strong> come<br />

mo<strong>di</strong>ficazioni <strong>di</strong>rette <strong>del</strong>la sostanza, senza interme<strong>di</strong>ari. Questa <strong>di</strong>rezione<br />

serve a <strong>Spinoza</strong> per non cadere nelle concezioni metafisiche <strong>di</strong><br />

degradazione <strong>del</strong>líinfinito e soprattutto per evitare nozioni degli attributi<br />

che li farebbero apparire come forme trascendentali con cui il soggetto<br />

or<strong>di</strong>na la realt‡ <strong>del</strong>le percezioni.<br />

Quando parla degli attributi come unit‡ <strong>del</strong>le connessioni causali Ë <strong>di</strong>fficile<br />

non concepirli come forme <strong>del</strong>la conoscenza o, peggio, interme<strong>di</strong>ari <strong>di</strong>vini<br />

superiori e nascosti. Per questo <strong>Spinoza</strong> cerca <strong>di</strong> eclissare gli attributi<br />

<strong>nella</strong> sua ontologia. In questo modo evita le contrad<strong>di</strong>zioni con una<br />

sostanza pensata come causa immanente <strong>di</strong> tutte le cose. Líinfinit‡ degli<br />

attributi deve escludere la loro numerazione, poichÈ non vi Ë limitazione,<br />

nÈ esteriorit‡ <strong>nella</strong> sostanza, non vi Ë <strong>di</strong>visione transitiva, ma espressione<br />

immanente.<br />

Insomma, líasimmetria, il <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne sta solo nel fatto che le essenze<br />

singolari sono <strong>di</strong>verse da quella <strong>del</strong>la sostanza, cioË sono composte <strong>di</strong> parti<br />

estensive, ma non esistono al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> essa, nÈ questa si esprime senza <strong>di</strong><br />

loro. Gli or<strong>di</strong>ni eterogenei tra i corpi e tra le idee non esprimono che<br />

uníunica sostanza. Líor<strong>di</strong>ne e la connessione <strong>del</strong>la causalit‡ <strong>di</strong> tutte le cose<br />

singolari Ë identica a quella <strong>di</strong> Dio, ovvero Dio Ë causa <strong>di</strong> sÈ in quanto<br />

produce tutte le cose, cioË si causa causando tutte le cose. Certo non<br />

possiamo, perÚ, ridurre gli attributi a punti <strong>di</strong> vista concettuali, mo<strong>di</strong> con<br />

cui possiamo pensare líessenza causale <strong>del</strong>la sostanza e dei mo<strong>di</strong>. In<br />

questo modo la sostanza non sarebbe pi˘ pensabile per sÈ.<br />

167


In realt‡, Balibar ci invita a cogliere la <strong>di</strong>stinzione tra infinito e finito, non<br />

come una <strong>di</strong>stinzione tra possibile e reale, ma come inscritta in quella tra<br />

essenze ed esistenze. Se la causalit‡ <strong>del</strong>le essenze Ë sempre positiva,<br />

poichÈ inscritta nellíunit‡ <strong>del</strong>la sostanza, quella <strong>del</strong>le esistenze Ë invece<br />

soggetta a mo<strong>di</strong>ficazioni e <strong>di</strong>struzioni, in quanto sottost‡ a leggi<br />

meccaniche. Questo Ë il motivo per cui <strong>Spinoza</strong> sembra contrad<strong>di</strong>rsi<br />

nellíesposizione <strong>di</strong> due <strong>di</strong>fferenti <strong>di</strong>rezioni. Come se si vi fossero due<br />

concezioni <strong>del</strong>la Natura contrapposte: o inten<strong>di</strong>amo gli attributi come<br />

sostanze <strong>di</strong>stinte numericamente, allora dobbiamo credere allíesistenza <strong>di</strong><br />

tanti mon<strong>di</strong> per ogni attributo, oppure pensiamo il mondo come uníunica<br />

realt‡ che si esprime attraverso espressioni <strong>di</strong>fferenti, ma allora rischiamo<br />

<strong>di</strong> concepire gli attributi come semplici punti <strong>di</strong> vista sul mondo 93 .<br />

In realt‡ <strong>Spinoza</strong> cerca soltanto <strong>di</strong> progettare la sua ontologia come<br />

superamento <strong>di</strong> queste due vie, ovvero come superamento <strong>del</strong>le<br />

metafisiche <strong>del</strong> trascendentale e <strong>del</strong>líanalogia.<br />

Ma perchÈ Balibar ci tiene a precisare che líoggetto <strong>del</strong>la metafisica<br />

spinoziana non Ë líuomo, bensÏ il processo preliminare díin<strong>di</strong>viduaizone?<br />

La risposta a questa domanda Ë insita <strong>nella</strong> nozione eversiva <strong>di</strong> essenza<br />

<strong>del</strong>líuomo. Definire líessenza <strong>del</strong>líuomo come desiderio attuale <strong>di</strong><br />

autoconservazione, vuol <strong>di</strong>re negare con forza la visione analogica <strong>del</strong>la<br />

morale religiosa. Secondo questa morale il desiderio Ë perversione,<br />

alienazione e allontanamento dalla natura <strong>di</strong>vina 94 .<br />

Per <strong>Spinoza</strong>, invece, líessenza Ë parzialit‡, singolarit‡, poichÈ non Ë<br />

principio <strong>di</strong> unificazione, ma <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione 95 . Líesistenza umana non<br />

Ë che tendenza alla preservazione; questa perÚ deve fare i conti con le<br />

affezioni che subisce dallíambiente esterno. Líuomo, quin<strong>di</strong>, non<br />

rappresenta che il punto <strong>di</strong> passaggio <strong>di</strong>fferenziale tra passivit‡ e attivit‡.<br />

93<br />

Qui Balibar si riferisce allíimbarazzo <strong>di</strong> Tschirnhaus esposto nelle lettere LXIII e LXV. Ivi, p. 101.<br />

94<br />

Ivi, p. 105.<br />

95<br />

Qui sono sin troppo evidenti le similitu<strong>di</strong>ni tra questa concezione e quella <strong>di</strong> Deleuze<br />

sullíin<strong>di</strong>vidualit‡, che ritroviamo nel suo Differenza e ripetizione.<br />

168


Ma abbiamo visto come questo implichi necessariamente il rapporto con<br />

gli altri, con la collettivit‡, ovvero implichi il concetto <strong>di</strong> comunicazione.<br />

La produzione <strong>del</strong>la sostanza coincide con líin<strong>di</strong>vidualit‡, poichÈ la<br />

molteplicit‡ in<strong>di</strong>viduale non Ë che la necessaria espressione <strong>del</strong>la sostanza.<br />

Questa concezione sfugge alle antinomie classiche, le quali sorgevano<br />

dalla contrapposizione tra in<strong>di</strong>vidualismo e líorganicismo. La sostanza<br />

coincide con le sue determinazioni, con gli in<strong>di</strong>vidui, poichÈ non Ë che<br />

líunit‡ causale <strong>del</strong>la molteplicit‡ dei mo<strong>di</strong>.<br />

Qui Balibar ci sembra criticare il punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Negri sulla svolta <strong>del</strong>la<br />

metafisica spinoziana 96 . Come abbiamo gi‡ ampliamente spiegato nel<br />

capitolo de<strong>di</strong>cato a Negri, dopo la parte II <strong>del</strong>líEtica, secondo il filosofo<br />

italiano, il termine sostanza viene oscurato a favore <strong>del</strong>líemancipazione<br />

<strong>del</strong>la molteplicit‡ modale. Secondo Balibar, invece, Ë necessario<br />

mantenere la reciprocit‡ tra unit‡ sostanziale e pluralit‡ dei mo<strong>di</strong>,<br />

altrimenti si rischia <strong>di</strong> non cogliere la novit‡ concettuale <strong>del</strong>la nozione<br />

spinoziana <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualit‡. Questa, infatti, non Ë pi˘ intesa come dato,<br />

come atomo semplice, nÈ come la forma finale che organizza una materia<br />

comune 97 , ma come líeffetto <strong>di</strong> un processo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione (rapporto tra<br />

in<strong>di</strong>viduo e ambiente circostante) e <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualizzazione (rapporto tra gli<br />

in<strong>di</strong>vidui, in quanto ognuno irriducibile, ma <strong>di</strong>pendente dallíaltro), cosÏ<br />

come la natura naturata Ë líeffetto immanente <strong>di</strong> quella naturante.<br />

Questo vuol <strong>di</strong>re che líin<strong>di</strong>viduo Ë uníunit‡, un complesso <strong>di</strong> parti che, in<br />

quanto non Ë un dato, Ë sempre <strong>di</strong>namico, esponenziale, in costruzione.<br />

Inoltre, ogni processo <strong>di</strong> costruzione Ë in realt‡ uno scambio <strong>di</strong> parti,<br />

quin<strong>di</strong> coinvolge sempre altri processi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione. Líin<strong>di</strong>viduo<br />

acquista la sua singolarit‡ irriducibile solo tramite processi <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>vidualizzazione interconnessi tra loro, ovvero grazie ad avvenimenti <strong>di</strong><br />

96 Ivi, p. 109.<br />

97 Qui Balibar sta cercando <strong>di</strong> mettere in risalto le <strong>di</strong>fferenze tra la concezione <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> e quelle<br />

atomistiche, meccanicistiche e ilomorfiche sullíin<strong>di</strong>vidualit‡. Ivi, p. 110.<br />

169


<strong>di</strong>fferenziazione non separati. In un mondo dove tutto Ë collegato e niente<br />

avviene isolatamente, la contingenza perde <strong>di</strong> significato, mentre la<br />

necessit‡ causale acquista il valore <strong>di</strong> fondamento <strong>del</strong>la produttivit‡<br />

reale 98 . Líinter<strong>di</strong>pendenza degli in<strong>di</strong>vidui, ovvero il rapporto reciproco che<br />

si instaura tra le singolarit‡ in<strong>di</strong>viduali e il processo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduazione, tra<br />

in<strong>di</strong>pendenza e <strong>di</strong>pendenza, Ë il fulcro <strong>di</strong> una teoria assolutamente<br />

incomunicabile sia con le vuote autonomie in<strong>di</strong>viduali <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualismo,<br />

sia con le reazionarie concezioni sociali <strong>del</strong>líolismo organicista.<br />

La societ‡ civile in quanto luogo dei rapporti sociali, <strong>di</strong>viene il principio<br />

da cui <strong>di</strong>pende líautonomia <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduo, anzi da cui <strong>di</strong>pende la sua<br />

stessa singolarit‡, e non costituisce pi˘ una limitazione <strong>del</strong>la sua libert‡.<br />

Per lo stesso motivo, líassolutezza <strong>del</strong>lo Stato non viene meno a causa<br />

<strong>del</strong>lo sviluppo crescente <strong>del</strong>le singole in<strong>di</strong>vidualit‡, ma Ë fondata su <strong>di</strong><br />

esse. Líinter<strong>di</strong>pendenza sta a significare che líaccento non Ë posto sugli<br />

estremi, cioË sul tutto o sulle parti, ma sul processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione da<br />

cui <strong>di</strong>pendono e in cui sono reciprocamente inserite líunit‡ come la<br />

molteplicit‡ <strong>del</strong>líessere. 99<br />

Questa concezione <strong>del</strong>la natura umana per Balibar Ë intimamente legata<br />

alla nozione <strong>di</strong> transin<strong>di</strong>vidualit‡. Questo termine, che <strong>di</strong> certo non Ë una<br />

scoperta <strong>del</strong> filosofo francese, fu utilizzata da G. Simondon come nozione<br />

critica <strong>del</strong> concetto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualit‡ presente nelle dottrine metafisiche 100 .<br />

Balibar tiene a precisare come Simondon non faccia altro che utilizzare,<br />

<strong>nella</strong> sua teoria <strong>del</strong>la transin<strong>di</strong>vidualit‡, i concetti spinoziani presenti da un<br />

capo allíaltro <strong>del</strong>líEtica. Tuttavia, Simondon ha sempre rifiutato il<br />

paragone con questa filosofia <strong>del</strong>la natura, in quanto la considerava un<br />

panteismo incapace <strong>di</strong> rendere conto <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualit‡.<br />

98 Cfr. B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. I, prop. XXIX, trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p.<br />

110.<br />

99 Ivi, p. 111.<br />

100 Ivi, p. 112.<br />

170


In realt‡, seguendo le sue stesse argomentazioni, soprattutto quelle che<br />

riguardano le critiche ai concetti <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualit‡ presenti in Platone e<br />

Arisatotele, non possiamo che essere díaccordo con Balibar. Secondo<br />

Simondon, la metafisica da Platone a Kant ha sempre considerato<br />

líin<strong>di</strong>vidualit‡ attraverso il classico dualismo interiorit‡-esteriorit‡.<br />

Secondo questa prospettiva, líin<strong>di</strong>viduo finiva per essere una forma<br />

separata e immutabile che traeva la sua specificit‡ o dallíinterno o<br />

dallíesterno. Ma con la scoperta <strong>del</strong>la biologia e <strong>del</strong>la fisica moderna,<br />

líin<strong>di</strong>vidualit‡ acquista un nuovo valore <strong>di</strong> ontogenesi, dove i rapporti<br />

metastabili e <strong>di</strong>namici <strong>di</strong> aumento <strong>del</strong> potenziale sono pi˘ importanti degli<br />

elementi permanenti 101 .<br />

Secondo Balibar, líintera concezione metafisica che nellíEtica si sviluppa<br />

prima come ontologia <strong>del</strong>la sostanza, poi come etica e politica <strong>del</strong> finito, Ë<br />

sorretta da una nozione <strong>di</strong>namica <strong>del</strong>la transin<strong>di</strong>vidualit‡. In altri termini,<br />

questo concetto naturalista <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualit‡ come processo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fferenziazione non Ë che líelemento car<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> tutta la filosofia<br />

spinoziana.<br />

Tuttavia, dobbiamo precisare che nellíEtica questa nozione viene prima<br />

usata come principio <strong>di</strong> causalit‡ (parte I e II), poi come elemento <strong>di</strong><br />

costruzione graduale che da in<strong>di</strong>vidualit‡ semplici porta alla costituzione<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualit‡ complesse (parte II), infine come concetto insito sia <strong>nella</strong><br />

vita immaginativa che <strong>nella</strong> conoscenza razionale (parte III e IV) 102 .<br />

Per <strong>Spinoza</strong>, la causalit‡ non Ë affatto un processo lineare dove causa ed<br />

effetto costituiscono una <strong>di</strong>ade chiusa e isolata, in quanto fondata sulla<br />

successione necessaria. Lo scambio reciproco e líinteriorizzazione<br />

complessa sono elementi fondanti <strong>del</strong> processo e non risultati esteriori.<br />

Questi fanno <strong>del</strong>líesistenza un processo <strong>di</strong> causalit‡, dove ogni modo Ë<br />

101 Si confronti qui le concezioni <strong>di</strong> Deleuze sullíin<strong>di</strong>viduazione, intesa come líatto con cui líintensit‡<br />

attualizza i rapporti <strong>di</strong>fferenziali <strong>del</strong>la virtualit‡ (naturalmente anche Deleuze si rif‡ a Simondon). G.<br />

Deleuze, Differenza e ripetizione, cit., pp. 316-336.<br />

102 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 114.<br />

171


causa in sÈ e non in quanto lo <strong>di</strong>venta. Per <strong>Spinoza</strong>, ogni cosa nel finito Ë<br />

causa <strong>di</strong> qualcosíaltro, ma non in senso relazionale (causa <strong>di</strong>), bensÏ<br />

assoluto (causa in sÈ): questo perchÈ ogni modo esiste sempre gi‡ incluso<br />

in una rete causale complessa, dove líinter<strong>di</strong>pendenza costituisce líessenza<br />

stessa <strong>del</strong>la produzione reale. Ogni corpo agisce o Ë determinato ad agire,<br />

causa o Ë causato, mo<strong>di</strong>fica o Ë mo<strong>di</strong>ficato, in quanto líesistere stesso Ë<br />

produzione causale, attivit‡ reciproca tra i mo<strong>di</strong>. Nessuna causa Ë<br />

in<strong>di</strong>pendente, nessuna Ë spiegabile dallíesterno <strong>del</strong>la rete complessa <strong>di</strong><br />

esistenze finite. Líuomo rappresenta perfettamente questa produzione <strong>del</strong><br />

finito, poichÈ Ë líelemento <strong>di</strong> passaggio <strong>di</strong>fferenziale tra attivit‡ e passivit‡,<br />

Ë ciÚ che Ë affetto al fine <strong>di</strong> produrre affezioni, mo<strong>di</strong>ficato al fine <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficare 103 .<br />

Balibar mette in evidenza come ciÚ che per Kant era successione, ovvero<br />

schema generale <strong>di</strong> causalit‡ <strong>del</strong>líor<strong>di</strong>ne fisico come <strong>di</strong> quello etico, per<br />

<strong>Spinoza</strong> Ë líinter<strong>di</strong>pendenza modulativa 104 . Certo per Kant i due or<strong>di</strong>ni<br />

(fisico e etico) erano líuno líinverso <strong>del</strong>líaltro, poichÈ il primo fondato<br />

sulla necessit‡ meccanica, líaltro sulla libert‡ <strong>del</strong>la coscienza. Per <strong>Spinoza</strong>,<br />

invece, i due or<strong>di</strong>ni non sono che due <strong>di</strong>fferenti espressioni <strong>di</strong> un unico<br />

movimento <strong>del</strong>líessere. Líessere etico non Ë che lo sviluppo modulante <strong>del</strong><br />

processo <strong>di</strong> causalit‡ fisica <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualizzazione.<br />

Insomma, la libert‡ non Ë uníessenza innata contraria allíor<strong>di</strong>ne naturale,<br />

ma la necessaria espressione <strong>del</strong>la sua parte attiva. Questo processo fisico<br />

<strong>di</strong> formazione <strong>del</strong>la molteplicit‡ in<strong>di</strong>viduale Ë definito da Balibar come il<br />

primo grado <strong>di</strong> complessit‡ <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualizzazione (tutta la prima parte<br />

<strong>del</strong>líEtica Ë incentrata su questo).<br />

A questo livello ciÚ che emerge come centrale sono le interazioni tra gli<br />

in<strong>di</strong>vidui, gli incontri tra i corpi. Ma ad un secondo livello, cioË quello che<br />

coincide con la formazione <strong>del</strong>la societ‡ civile e quin<strong>di</strong> con líor<strong>di</strong>ne etico,<br />

103 Ivi, p. 117.<br />

104 La teoria <strong>del</strong>la modulazione Ë ancora una volta un contributo <strong>del</strong>le teorie <strong>di</strong> Simondon. Ibidem.<br />

172


líin<strong>di</strong>viduo da unit‡ composta <strong>di</strong> parti scambiabili <strong>di</strong>venta a sua volta una<br />

parte <strong>di</strong> un composto pi˘ grande e potente. Gli in<strong>di</strong>vidui a questo livello<br />

sperimentano il loro desiderio in<strong>di</strong>viduale attraverso la costituzione <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>vidualit‡ superiori che producono un aumento <strong>di</strong> potenziale.<br />

<strong>Spinoza</strong>, riprendendo Descartes, ma spingendosi decisamente oltre 105 ,<br />

concepisce gli in<strong>di</strong>vidui come unit‡ composte da una costante<br />

proporzionale <strong>di</strong> movimento e quiete a <strong>di</strong>fferenti livelli, unit‡ complesse la<br />

cui autonomia e stabilit‡ <strong>di</strong>pende dal mantenimento <strong>del</strong>la suddetta<br />

proporzione. Una <strong>di</strong>stinzione tra tutto e parte, tra fisica e ontologia, <strong>nella</strong><br />

filosofia <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> risulta impossibile.<br />

In realt‡, líin<strong>di</strong>viduo se considerato a livello fisico, cioË <strong>del</strong>la natura<br />

naturata, non Ë che una parte in un processo <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficazione e<br />

integrazione a <strong>di</strong>fferenti livelli, dove ogni elemento costituisce la<br />

molteplicit‡ <strong>di</strong> un unico in<strong>di</strong>viduo. Ma ad un livello ontologico líin<strong>di</strong>viduo<br />

ha la sua identit‡ in una costante proporzionale (conatus) che rappresenta<br />

un grado intensivo <strong>del</strong>la potenza <strong>del</strong>la natura naturante 106 .<br />

Questo, come abbiamo visto, non vuol <strong>di</strong>re che <strong>Spinoza</strong> ricorre a due<br />

<strong>di</strong>fferenti teorie, líuna fisica, líaltra metafisica, ma che la sua concezione<br />

filosofica <strong>del</strong>líessere si esprime attraverso uníontologia <strong>del</strong>la potenza in<br />

quanto sviluppo adeguato <strong>di</strong> una fisica <strong>del</strong>líestensione. Ogni in<strong>di</strong>viduo<br />

mantiene o conserva la sua proporzione costante solo attraverso un<br />

processo <strong>di</strong> rigenerazione <strong>del</strong>le parti, ovvero un processo che costituisce<br />

líin<strong>di</strong>viduo come flusso 107 . Conservare vuol <strong>di</strong>re scambiare parti estese e<br />

idee sia con altri in<strong>di</strong>vidui sia con líambiente esterno. Se líin<strong>di</strong>viduo si<br />

forma in un processo <strong>di</strong> scambio relazionale tra le forze, il suo<br />

105<br />

Secondo Balibar ha eliminato dalla teoria <strong>del</strong>la costante proprorzionale <strong>di</strong> movimento e quiete i<br />

presupposti creazionistici. Ivi, p. 120.<br />

106<br />

Cfr. B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. III, prop. VI-VIII, trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit.,<br />

p. 178-179.<br />

107<br />

E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 122.<br />

173


mantenimento non puÚ che <strong>di</strong>pendere da un continuo scambio rigenerativo<br />

<strong>di</strong> parti, purchÈ si conservi invariata la sua proporzione.<br />

La nostra identit‡, cioË la proporzione <strong>di</strong> movimento e quiete, Ë quin<strong>di</strong> un<br />

equilibrio <strong>di</strong>namico tra parti che vengono continuamente scambiate,<br />

sostituite, ovvero un equilibrio tra aumento e <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> potenza, tra<br />

conservazione e <strong>di</strong>struzione. Ogni parte <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduo puÚ essere<br />

scambiata attraverso líinterazione con líesterno solo se separata dallíunit‡<br />

<strong>di</strong> cui faceva parte. Ma questa sottrazione momentanea mette a rischio la<br />

stabilit‡ <strong>del</strong>la proporzione (decomposizione virtuale) 108 .<br />

Insomma, la conservazione <strong>del</strong>líessenza <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> ogni in<strong>di</strong>viduo<br />

<strong>di</strong>pende da uníinterazione con altre essenze <strong>di</strong>namiche. Tale interazione,<br />

perÚ, include sempre una variazione <strong>di</strong>fferenziale tra aumento e<br />

<strong>di</strong>minuzione, vita e morte, preservazione e <strong>di</strong>struzione. Non esistono,<br />

quin<strong>di</strong>, rapporti <strong>di</strong>a<strong>di</strong>ci tra in<strong>di</strong>viduo e in<strong>di</strong>viduo, atomo e atomo, ma<br />

flussi, mescolanze in cui ogni in<strong>di</strong>viduo scambia parti con altri in<strong>di</strong>vidui<br />

per far sÏ che la sua unit‡ <strong>di</strong>namica e relativamente autonoma si conservi<br />

nel tempo.<br />

Quali sono le conseguenze implicite in questo <strong>di</strong>scorso?<br />

Tale concezione <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualit‡ ci permette <strong>di</strong> fare uníimportantissima<br />

considerazione. Il problema fisico per <strong>Spinoza</strong> non Ë che un processo<br />

<strong>di</strong>namico, la cui soluzione Ë rintracciabile esclusivamente nel campo etico-<br />

politico. Infatti, ogni in<strong>di</strong>viduo, in quanto composto <strong>di</strong> parti finite che<br />

necessitano <strong>di</strong> essere scambiate per poter mantenere la loro proporzione,<br />

deve intrattenere il maggior numero <strong>di</strong> relazioni possibili. Solo cosÏ potr‡<br />

evitare che la decomposizione da virtuale <strong>di</strong>venti attuale.<br />

Nella parte IV <strong>del</strong>líEtica 109 <strong>Spinoza</strong> afferma che ogni cosa puÚ essere<br />

<strong>di</strong>strutta da una pi˘ potente, poichÈ in natura non esiste alcuna cosa<br />

singolare <strong>del</strong>la quale non esista uníaltra pi˘ potente. Quin<strong>di</strong>, líobiettivo <strong>di</strong><br />

108 Ivi, p. 124.<br />

109 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. IV, assioma, trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p. 235.<br />

174


ogni processo fisico risulter‡ sempre etico, ovvero consister‡ nel comporsi<br />

il pi˘ possibile con altri in<strong>di</strong>vidui per aumentare la propria potenza e<br />

allontanare il pericolo <strong>di</strong> incontri che <strong>di</strong>struggerebbero la propria<br />

composizione.<br />

Cosa puÚ aumentare la propria potenza?<br />

Secondo Balibar, la risposta a questa domanda coincide con il secondo<br />

livello <strong>di</strong> complessit‡ <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduazione come causalit‡ naturale.<br />

Líin<strong>di</strong>viduo aumenta la propria potenza, ovvero sod<strong>di</strong>sfa il proprio<br />

conatus, solo creando unit‡ coese pi˘ complesse, convergenze <strong>di</strong> forze che<br />

costituiscono in<strong>di</strong>vidui superiori.<br />

Líintera parte IV <strong>del</strong>líEtica Ë incentrata su questa concezione <strong>del</strong>la<br />

transin<strong>di</strong>vidualit‡, concezione che supera le vuote nozioni <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>vidualismo e olismo, poichÈ vede nel secondo grado <strong>di</strong> complessit‡,<br />

ovvero <strong>nella</strong> formazione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui collettivi, uno sviluppo <strong>del</strong>la potenza<br />

singolare degli in<strong>di</strong>vidui e non una limitazione <strong>del</strong>la loro autonomia. Se la<br />

singolarit‡ degli in<strong>di</strong>vidui Ë il risultato <strong>di</strong> processi relazionali <strong>di</strong><br />

inter<strong>di</strong>pendenza collettiva, Ë ovvio che la convenienza tra pi˘ in<strong>di</strong>vidui<br />

<strong>di</strong>venta la con<strong>di</strong>zione per il mantenimento <strong>del</strong>la propria autonomia<br />

singolare. Líin<strong>di</strong>viduo, se non vuole essere <strong>di</strong>strutto, deve inserirsi in<br />

processi collettivi <strong>di</strong> comunicazione affettiva e razionale, <strong>di</strong> scambio<br />

reciproco, ovvero deve inserirsi in quel secondo livello <strong>di</strong> complessit‡<br />

causale che porta alla formazione politica ed etica <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui collettivi<br />

quali societ‡, Stato, moltitu<strong>di</strong>ne.<br />

Come abbiamo gi‡ detto, líin<strong>di</strong>viduo Ë un problema fisico che trova la sua<br />

soluzione nei processi etici <strong>di</strong> costituzione collettiva. Questo processo <strong>di</strong><br />

costituzione superiore, poichÈ Ë il risultato <strong>di</strong> un passaggio da un livello<br />

prein<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualizzazione a successivi processi <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduazione, non Ë nÈ interno, nÈ esterno agli in<strong>di</strong>vidui, ma appunto<br />

175


transin<strong>di</strong>viduale 110 . Per <strong>Spinoza</strong>, essere attivi o causa adeguata non vuol<br />

<strong>di</strong>re essere in<strong>di</strong>pendenti e liberi in quanto separati dagli altri, poichÈ la<br />

relazione precede e costituisce líin<strong>di</strong>viduo, non il contrario.<br />

La <strong>di</strong>fferenza consiste in una relazione <strong>di</strong> convenienza, <strong>di</strong> accordo<br />

potenziale, <strong>di</strong> sinergia. <strong>Spinoza</strong> non parla mai <strong>di</strong> singoli uomini, ma<br />

sempre <strong>di</strong> rapporti, anche quando si riferisce a uomini le cui azioni sono<br />

causate dalla loro stessa natura. Líautonomia <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>viduo non consiste<br />

mai in una assoluta in<strong>di</strong>pendenza da tutto ciÚ che Ë esterno, ma Ë sempre<br />

associata alla relazione con gli altri in<strong>di</strong>vidui. Le identit‡ non sono ridotte<br />

o appiattite, ma analizzate da un punto <strong>di</strong> vista fenomenologico, cioË nel<br />

loro processo storico <strong>di</strong> costituzione. Questo <strong>di</strong>scorso Ë collegato al<br />

concetto spinoziano <strong>di</strong> coscienza. Soffermiamoci un attimo su questo<br />

punto.<br />

Secondo Balibar questo concetto Ë stato al centro <strong>di</strong> uníinterpretazione<br />

critica <strong>del</strong>lo spinozismo che ha fatto <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> líesponente pi˘ autorevole<br />

<strong>del</strong>líantisoggettivismo 111 . Secondo molti autori, tra i quali Althusser e<br />

Deleuze, la coscienza spinoziana si oppone al primato <strong>del</strong>la soggettivit‡<br />

che da Socrate giunge sino a Husserl. Sin dallíantichit‡ il termine<br />

coscienza Ë stato sempre legato a temi e questioni morali, ma con la<br />

filosofia empirista <strong>di</strong> Locke questo termine subisce un mutamento <strong>di</strong><br />

significato che lo porta in stretta correlazione con la nozione <strong>di</strong><br />

conoscenza. Lo scopo era quello <strong>di</strong> giungere a un concetto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualit‡<br />

basato sulle esperienze parziali <strong>del</strong>la singolarit‡, in modo da evitare legami<br />

con le concezioni metafisiche <strong>di</strong> sostanza.<br />

Analizzando líuso che <strong>Spinoza</strong> fa <strong>di</strong> questo termine nellíEtica, Balibar<br />

giunge ad una concezione opposta a quella <strong>di</strong> Deleuze. Secondo<br />

questíultimo, il parallelismo tra attivit‡ e passivit‡ <strong>del</strong> corpo e attivit‡ e<br />

passivit‡ <strong>del</strong>la mente non in<strong>di</strong>ca una svalorizzazione <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, ma <strong>del</strong>la<br />

110 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong> Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 128.<br />

111 Ivi, p. 150.<br />

176


coscienza 112 in favore <strong>di</strong> una scoperta <strong>del</strong>líinconscio. Per Deleuze la<br />

coscienza spinoziana non Ë che il processo <strong>di</strong> riflessione o raddoppiamento<br />

<strong>del</strong>líidea. In quanto cosa reale, cioË presa <strong>nella</strong> sua realt‡ formale e non<br />

oggettiva, líidea Ë a sua volta oggetto <strong>di</strong> uníaltra idea che la rappresenta.<br />

Questo vuol <strong>di</strong>re che la coscienza coincide con la propriet‡ fisica <strong>del</strong>líidea<br />

<strong>di</strong> riflettersi <strong>nella</strong> mente; perciÚ Ë sempre derivata rispetto allíidea <strong>di</strong> cui Ë<br />

coscienza. Noi abbiamo coscienza solo <strong>del</strong>le idee che abbiamo, ovvero <strong>di</strong><br />

idee <strong>di</strong> affezioni. Essendo queste idee inadeguate, la coscienza Ë duplice<br />

fonte <strong>di</strong> errore: ignorando le cause ma conoscendo solo gli effetti, la<br />

coscienza si crede libera (illusione <strong>del</strong> libero arbitrio); non conoscendo il<br />

conatus che tramite le affezioni, crede che queste siano le cause finali che<br />

Dio ha organizzato per noi (illusione teologica).<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista, la coscienza non Ë che un sentimento confuso che<br />

si aggiunge al conatus, ma che non apporta nessun mutamento, nessun<br />

aumento <strong>di</strong> potenza. Per questo la vera attivit‡ <strong>del</strong>líuomo, secondo<br />

Deleuze, Ë inconscia, cioË avviene prima <strong>del</strong>la coscienza, la quale si forma<br />

solo a causa <strong>del</strong>le affezioni.<br />

Ma secondo Balibar, il fatto che in tutta la parte II <strong>del</strong>líEtica il termine<br />

coscienza non compare quasi mai, sta a in<strong>di</strong>care che la teoria<br />

coscienza/conoscenza non ha niente a che fare nÈ con il parallelismo<br />

mente/corpo, nÈ con il concetto <strong>di</strong> riflessivit‡ <strong>del</strong>líidea 113 .<br />

In realt‡, il termine coscienza ha un ruolo decisivo <strong>nella</strong> parte III, cioË<br />

<strong>nella</strong> formazione <strong>del</strong>líautocosienza o autoconsapevolezza, insomma <strong>nella</strong><br />

formazione <strong>del</strong> sÈ come espressione <strong>del</strong> desiderio umano. Qui coscienza<br />

in<strong>di</strong>ca la <strong>di</strong>fferenza tra appetito e desiderio, cioË uníattivit‡ che non<br />

riguarda líuomo in generale, quanto la mente. Essere consci vuol <strong>di</strong>re che<br />

la nostra mente Ë cosciente <strong>del</strong>la nostra tendenza, <strong>del</strong> nostro conatus,<br />

112<br />

Qui Deleuze non fa che rafforzare líasse Nietzsche-<strong>Spinoza</strong>. G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong>. Filosofia pratica,<br />

cit., p. 29.<br />

113<br />

E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>, il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 154.<br />

177


ovvero cosciente <strong>di</strong> se stessa tramite le affezioni <strong>del</strong> corpo e dei suoi<br />

desideri 114 .<br />

Quin<strong>di</strong>, per Balibar la coscienza non Ë altro che líidea stessa o, meglio,<br />

líidea particolare che identifica ogni affezione <strong>del</strong> corpo con un desiderio<br />

<strong>del</strong>la mente. La coscienza Ë líidea <strong>del</strong>la mente relativa allo sforzo <strong>del</strong><br />

corpo umano <strong>di</strong> perseverare nel suo essere. Certo Balibar sa bene che<br />

questa forma <strong>di</strong> conoscenza, in quanto riferita alle affezioni <strong>del</strong> corpo, Ë<br />

sempre inadeguata, limitata e confusa. La coscienza Ë sia conoscenza che<br />

ignoranza 115 o, meglio, rappresenta un processo conoscitivo inadeguato,<br />

che perÚ Ë pur sempre un processo <strong>di</strong> espressione <strong>del</strong> conatus umano,<br />

ovvero <strong>del</strong>líessenza <strong>del</strong>la natura umana.<br />

In cosa la coscienza, ovvero la conoscenza <strong>di</strong> sÈ, Ë ignoranza?<br />

Se la coscienza consiste nelle idee <strong>del</strong>líaffezione <strong>del</strong> corpo unite allo<br />

sforzo <strong>del</strong> conatus, vuol <strong>di</strong>re che conosce solo gli effetti dei corpi sul<br />

nostro e viceversa. CiÚ che ignora sono le cause. Conosciamo gli scopi dei<br />

nostri desideri, ma ignoriamo le cause che li determinano. Gli uomini<br />

percepiscono tutte le cause come fini, cioË hanno una conoscenza <strong>del</strong><br />

mondo in quanto determinato finalisticamente. La coscienza Ë qui identica<br />

alla volont‡.<br />

Da questo punto <strong>di</strong> vista Balibar sembra concordare con Deleuze, ma in<br />

realt‡, identificando la coscienza con un tipo <strong>di</strong> conoscenza, evita <strong>di</strong><br />

attribuirle il valore negativo <strong>di</strong> (non)conoscenza derivata e riflessa, quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> affermare che Ë inutile ai fini <strong>del</strong> processo <strong>del</strong>líespressione <strong>del</strong>la<br />

potenza. Inoltre, mentre per Deleuze la coscienza spinoziana Ë<br />

esclusivamente quella morale da cui derivano le illusioni teologica e <strong>del</strong><br />

libero arbitrio, Balibar, invece, in<strong>di</strong>vidua un altro tipo <strong>di</strong> coscienza<br />

decisamente meno passiva.<br />

114 Ivi, p. 155.<br />

115 Ivi, p. 159.<br />

178


Certo, la coscienza intesa come ignoranza <strong>del</strong>le cause non Ë che la<br />

coscienza cosÏ come la intende Deleuze, cioË una conoscenza finalistica<br />

che tende a polarizzare ogni idea affettiva secondo il dualismo bene-male.<br />

Ogni affezione cosciente <strong>di</strong> gioia e tristezza viene identificata con quelle<br />

morali <strong>di</strong> bene e <strong>di</strong> male, in modo da creare una connessione tra i fini e gli<br />

affetti che Ë alla base <strong>di</strong> una visione morale <strong>del</strong> mondo.<br />

Ma Balibar va oltre. Infatti, il termine essere cosciente Ë presente<br />

principalmente <strong>nella</strong> parte V <strong>del</strong>líEtica, cioË la parte dove <strong>Spinoza</strong> ci<br />

introduce al terzo genere <strong>di</strong> conoscenza. Questa, naturalmente, Ë líesatto<br />

contrario <strong>di</strong> quella conoscenza inadeguata che abbiamo definito ignoranza<br />

<strong>del</strong>le cause. Secondo questo terzo genere <strong>di</strong> conoscenza la mente conosce<br />

la potenza <strong>del</strong> proprio corpo e <strong>di</strong> se stessa secondo una specie <strong>di</strong> eternit‡,<br />

ovvero líessenza singolare e parziale (ma sempre inter<strong>di</strong>pendente con le<br />

altre) cosÏ come deriva causalmente da Dio 116 .<br />

Questo significa che la conoscenza intuitiva Ë costituita non da idee fisse,<br />

limitate, separate, ma da un processo che istituisce una catena <strong>di</strong> passaggi<br />

relazionali tra i vari termini. La coscienza 117 adesso Ë <strong>di</strong>ventata il potere <strong>di</strong><br />

pensare espresso da questo processo circolare tra le varie idee. Se la<br />

coscienza morale si identifica con líimmaginazione, ovvero con il primo<br />

genere <strong>di</strong> conoscenza, il terzo genere <strong>del</strong>la scienza intuitiva conosce le<br />

cose <strong>nella</strong> loro relazione causale <strong>di</strong> potenza.<br />

Il passaggio da un tipo <strong>di</strong> coscienza allíaltra non Ë fluido, ma <strong>di</strong>scontinuo,<br />

separato dalla deviazione operata dalla ragione tramite le nozioni comuni.<br />

Ora, mentre per Deleuze la nozione <strong>di</strong> riflessivit‡ costituisce il fondamento<br />

<strong>del</strong>la coscienza in quanto conoscenza inadeguata, per Balibar, invece, Ë la<br />

coscienza stessa che viene a coincidere con il processo conoscitivo.<br />

Tuttavia, ci sembra giusto sottolineare come queste <strong>di</strong>fferenti visioni<br />

interpretative giungano al medesimo risultato. Sia Deleuze che Balibar<br />

116 B. <strong>Spinoza</strong>, Ethica, P. V, prop. XXX, trad. it., Etica <strong>di</strong>mostrata con metodo geometrico, cit., p. 309.<br />

117 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il trnsin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 164.<br />

179


hanno il comune interesse <strong>di</strong> mostrarci quanto in <strong>Spinoza</strong> questa<br />

<strong>di</strong>scontinuit‡ <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> appaia come un processo <strong>di</strong> conoscenza senza<br />

soggetto. La teoria <strong>del</strong>la conoscenza in <strong>Spinoza</strong> non Ë che negazione <strong>di</strong><br />

qualsiasi riferimento al soggetto cartesiano o kantiano, non Ë che<br />

uníontologia fenomenologica <strong>del</strong>la coscienza senza soggetto 118 . Una<br />

fenomenologia antropologica che non parte dal soggetto, nÈ a esso arriva,<br />

ma si occupa esclusivamente dei processi relazionali che lo attraversano.<br />

Torniamo adesso al concetto <strong>di</strong> transin<strong>di</strong>vidualit‡ nel suo articolare<br />

immaginazione e ragione.<br />

Líimmaginazione non Ë una facolt‡ <strong>del</strong>líuomo, quanto un processo <strong>di</strong><br />

costituzione <strong>del</strong>la prima forma <strong>di</strong> comunicazione in cui si costituiscono gli<br />

in<strong>di</strong>vidui. Come abbiamo gi‡ spiegato, líimmaginazione Ë un processo<br />

mimetico <strong>di</strong> identificazioni successive (io identifico líaltro a partire da me<br />

stesso e viceversa) 119 . Ma il SÈ si costruisce anche attraverso<br />

líambivalenza <strong>del</strong>le affezioni che scaturiscono dal processo <strong>di</strong><br />

identificazione immaginaria. Il conflitto che si stabilisce quando<br />

proiettiamo sullíimmagine <strong>del</strong>líaltro passioni contrarie Ë, quin<strong>di</strong>, il<br />

fondamento <strong>del</strong> primario rapporto <strong>di</strong> comunicazione affettiva, nonchÈ <strong>del</strong><br />

processo <strong>di</strong> costituzione <strong>del</strong>líautocoscienza.<br />

Quando ci relazioniamo allíaltro, ten<strong>di</strong>amo ad identificarci con lui a causa<br />

<strong>del</strong>la somiglianza che percepiamo tra le parti <strong>del</strong> corpo e <strong>del</strong>la mente.<br />

Queste parti <strong>di</strong>ventano oggetti <strong>di</strong> desiderio che proiettiamo <strong>di</strong> conseguenza<br />

su <strong>di</strong> loro. Insomma, la comunicazione o socievolezza comunicativa non Ë<br />

che circolazione <strong>di</strong> affetti basata su <strong>di</strong> un astratto processo <strong>di</strong><br />

identificazione.<br />

Come possiamo vedere, questo processo <strong>di</strong> scambio affettivo non Ë che la<br />

riespressione a livello psichico o mentale <strong>del</strong> processo <strong>di</strong> conservazione-<br />

118 Ivi, p. 167.<br />

119 Ivi, p. 132.<br />

180


igenerazione 120 analizzato in precedenza. Stiamo parlando in entrambi i<br />

casi <strong>di</strong> processi <strong>di</strong> transin<strong>di</strong>vidualizzazione. Naturalmente<br />

líimmaginazione non Ë líunica a essere transin<strong>di</strong>viduale. La ragione,<br />

infatti, <strong>nella</strong> parte IV <strong>del</strong>líEtica rappresenta il processo <strong>di</strong> costituzione<br />

adeguata <strong>del</strong> conatus , ovvero la conoscenza <strong>del</strong> proprio utile, <strong>del</strong>la propria<br />

potenza, la struttura <strong>di</strong> scambio-communicazione reciproco ed<br />

esponenziale tra gli uomini.<br />

La ragione produce líutile singolare in quanto coincide con il bene<br />

collettivo e viceversa. Tutto questo poichÈ la ragione non Ë che conoscenza<br />

adeguata <strong>del</strong>la propria essenza naturale. » la ragione che ci permette <strong>di</strong><br />

passare dal primo livello fisico <strong>di</strong> complessit‡ causale al secondo livello<br />

etico, livello in cui la comunit‡ si costituisce come aumento potenziale dei<br />

singoli in<strong>di</strong>vidui. Tuttavia, la ragione Ë anche produzione <strong>di</strong> nozioni<br />

comuni, ovvero Ë lo strumento che permette alle menti <strong>di</strong> accordarsi come<br />

se fossero uníunica mente avente un unico bene collettivo.<br />

Bisogna, perÚ, precisare che questa unit‡ tra le <strong>di</strong>fferenze singolari Ë ben<br />

<strong>di</strong>versa dallíastratta identificazione <strong>del</strong>líimmaginazione. Non si tratta <strong>di</strong><br />

uniformare gli in<strong>di</strong>vidui ad immagini prestabilite per poi proiettare su<br />

queste le nostre ambivalenti affezioni. Si tratta, invece, <strong>di</strong> istituire rapporti<br />

<strong>di</strong> convenienza tra le singolarit‡ in modo da costruire uníin<strong>di</strong>vidualit‡<br />

collettiva che non limiti, bensÏ esprima líautonomia singolare.<br />

La comunicazione immaginativa ci fa oscillare tra identit‡ o<br />

incompatibilit‡ illusorie, ci chiude in questa ambivalenza astratta, poichÈ<br />

basata su idee inadeguate e confuse. La comunicazione razionale, invece,<br />

istituisce una concordanza tra le <strong>di</strong>fferenze singolari che permette loro <strong>di</strong><br />

costruire uníutilit‡ comune. La transin<strong>di</strong>vidualit‡ non appartiene solo<br />

allíimmaginazione, nÈ tanto meno solo alla ragione, ma Ë un processo<br />

120 Ivi, p. 134<br />

181


elazionale <strong>di</strong> transizione dallíimmaginazione alla ragione, dalla passivit‡<br />

allíattivit‡.<br />

<strong>Spinoza</strong> e Leibniz 121 , insod<strong>di</strong>sfatti <strong>del</strong> meccanicismo cartesiano, hanno<br />

cercato <strong>di</strong> conoscere la natura in termini <strong>di</strong> passivit‡ e attivit‡ o, meglio, in<br />

termini <strong>di</strong> passaggio da una potenza minore ad una maggiore. Per questi<br />

autori líuomo sviluppa la sua essenza come capacit‡ <strong>di</strong> espressione attuale<br />

<strong>del</strong> proprio conatus. Líessenza <strong>del</strong>líuomo consiste nellíattualizzazione<br />

<strong>del</strong>la propria energia interna, <strong>del</strong> proprio desiderio, <strong>del</strong>la propria tendenza<br />

naturale 122 , potenza <strong>di</strong>namica <strong>del</strong>la singolarit‡.<br />

Secondo Balibar, questo modo <strong>di</strong> concepire líuomo puÚ essere inteso sia<br />

come teoria nominalista, in quanto ogni in<strong>di</strong>viduo <strong>di</strong>viene specie a sÈ<br />

(rifiuto <strong>del</strong>la comunanza <strong>di</strong> essenza), sia come teoria <strong>del</strong>la complessit‡<br />

in<strong>di</strong>viduale, in quanto rapporto prospettico tra il tutto e le parti. Ma<br />

Leibniz non rifiuter‡ il concetto <strong>di</strong> libert‡ in<strong>di</strong>viduale. In questo modo la<br />

transin<strong>di</strong>vidualit‡ spinoziana si riduce a corrispondenza intersoggettiva tra<br />

in<strong>di</strong>vidui aventi un grado <strong>di</strong> libert‡ <strong>di</strong>fferente 123 . Come ha affermato<br />

Deleuze, Leibniz rovescia líimmanenza in un rapporto verticale e<br />

gerarchico tra le essenze 124 . <strong>Spinoza</strong>, invece, la libera dalle catene <strong>del</strong>le<br />

metafisiche <strong>del</strong>líeminenza e <strong>del</strong>líanalogia.<br />

Affrancata dalle vecchie mistificazioni <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>, Balibar ce la<br />

restituisce come fondamento ontologico <strong>del</strong>la relazione transin<strong>di</strong>viduale.<br />

Solo allíinterno <strong>di</strong> questo processo la mente umana costruisce il suo<br />

progetto <strong>di</strong> liberazione <strong>di</strong>namica dalla passivit‡. Liberazione vuol <strong>di</strong>re<br />

sviluppo <strong>del</strong>la potenza in<strong>di</strong>viduale tramite la costituzione <strong>di</strong> quella<br />

collettiva e, viceversa, sviluppo <strong>del</strong>la potenza collettiva tramite quella<br />

121 Naturalmente abbiamo gi‡ visto come la comune volont‡ tra <strong>Spinoza</strong> e Leibniz <strong>di</strong> superare líimpasse<br />

<strong>del</strong> cartesianesimo Ë stata al centro <strong>del</strong>líanalisi <strong>del</strong>euziana. Cfr. G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema<br />

<strong>del</strong>líespressione,cit., p. 54.<br />

122 E. Balibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>viduale, cit., p. 141.<br />

123 Secondo il principio degli in<strong>di</strong>scernibili, non esistono in<strong>di</strong>vidui ugualmente liberi. Per questo Leibniz<br />

deve immaginare un mondo in cui un numero infinito <strong>di</strong> esseri abbiano gra<strong>di</strong> ineguali <strong>di</strong> libert‡. Ivi, p.<br />

142.<br />

124 G. Deleuze, <strong>Spinoza</strong> e il problema <strong>del</strong>líespressione, cit., p. 182.<br />

182


in<strong>di</strong>viduale. Se ogni tipo <strong>di</strong> conoscenza coincide con un determinato tipo<br />

<strong>di</strong> connessione necessaria tra la conservazione in<strong>di</strong>viduale e líistituzione <strong>di</strong><br />

una comunit‡ civile, allora per <strong>Spinoza</strong> il <strong>pensiero</strong> filosofico, come quello<br />

etico-politico, non mira che alla costruzione <strong>di</strong> una democrazia, dove la<br />

libera espressione <strong>del</strong>le <strong>di</strong>fferenze coincide con la sua con<strong>di</strong>zione<br />

díesistenza. Líarmonia, la pace, la libert‡ sono i risultati <strong>del</strong>la<br />

comunicazione razionale e non il contrario.<br />

<strong>Spinoza</strong> descrive il mondo come mercato, ma non in quanto campo <strong>di</strong><br />

espressione <strong>del</strong> liberismo in<strong>di</strong>viduale, ma come processo <strong>di</strong> costruzione<br />

<strong>del</strong>la convenienza potenziale 125 . La salvezza non Ë il risultato <strong>del</strong>le<br />

preghiere o <strong>del</strong>líobbe<strong>di</strong>enza ai precetti morali, ma il prodotto <strong>del</strong>líattivit‡<br />

razionale degli uomini.<br />

Líeternit‡ non Ë legata alla trascendenza, al passaggio dal singolare<br />

allíuniversale, ma alla conoscenza causale <strong>del</strong>le parzialit‡, <strong>del</strong>le singolarit‡<br />

cosÏ come sono in Dio. Eternit‡ in <strong>Spinoza</strong> perde qualsiasi accezione<br />

teologico-cristiana, non vuol <strong>di</strong>re promessa <strong>di</strong> una terra futura libera dalle<br />

costrizioni <strong>del</strong>la finitezza, ma Ë la qualit‡ parziale e attuale <strong>del</strong>la parte<br />

attiva <strong>del</strong>la nostra esistenza. Una parzialit‡ conosciuta <strong>nella</strong> sua<br />

molteplicit‡, cioË come parte <strong>di</strong> una catena causale <strong>di</strong> potenze. Questo vuol<br />

<strong>di</strong>re che le idee <strong>del</strong> terzo genere possono essere possedute solo in un<br />

processo <strong>di</strong> comunicazione razionale e non nel chiuso <strong>del</strong>la propria<br />

in<strong>di</strong>vidualit‡.<br />

Siamo giunti a vedere líEtica cosÏ come líha vista Balibar, ossia come un<br />

libro che parla <strong>del</strong>la produttivit‡ <strong>del</strong>líessere in quanto processo <strong>di</strong><br />

transin<strong>di</strong>vidualizzazione, processo da cui ha origine lo sviluppo <strong>di</strong> quella<br />

forma superiore <strong>del</strong>líin<strong>di</strong>vidualit‡ che abbiamo chiamato societ‡ civile.<br />

Secondo Balibar, <strong>Spinoza</strong> ci ha mostrato come líuomo non Ë che il<br />

prodotto <strong>di</strong> processi comunicativi e non il contrario. Ma soprattutto ci ha<br />

125 E B.alibar, <strong>Spinoza</strong>. Il transin<strong>di</strong>duale, cit., p. 144.<br />

183


mostrato come líesigenza etica <strong>di</strong> emancipazione <strong>del</strong>le nostre in<strong>di</strong>vidualit‡<br />

in una comunit‡ civile Ë inscritta nel progetto materiale <strong>di</strong> costituzione<br />

<strong>del</strong>líessere.<br />

La fisica, líetica, la filosofia, la politica non sono che processi <strong>di</strong><br />

comunicazione, processi <strong>di</strong> passaggio esponenziale che<br />

dallíimmaginazione alla ragione costituiscono una molteplicit‡ potenziale<br />

come espressione collettiva <strong>del</strong> principio <strong>di</strong> autoconservazione in<strong>di</strong>viduale.<br />

La fisica ha le sue finalit‡ nellíetica, líetica ha il suo principio <strong>di</strong> causalit‡<br />

materiale <strong>nella</strong> fisica. Tutto questo si fonda sulla propriet‡ ontologica<br />

prima <strong>del</strong>líessere: líespressione, se usiamo la terminologia <strong>di</strong> Deleuze; la<br />

comunicazione se usiamo quella <strong>di</strong> Balibar.<br />

184


CONCLUSIONE<br />

A termine <strong>del</strong> percorso sin qui tracciato dalla nostra ipotesi <strong>di</strong> lavoro, ci<br />

sembra opportuno riassumere gli sforzi compiuti in una sintesi teorica<br />

univoca, ma non conclusiva.<br />

Cosa dobbiamo apprendere dalle vie tracciate da Deleuze, Negri e Balibar?<br />

Questi autori hanno cercato <strong>di</strong> amplificare la voce demistificatrice <strong>di</strong><br />

<strong>Spinoza</strong>, <strong>di</strong> mettere in orbita un <strong>pensiero</strong> che non ha mai smesso <strong>di</strong> soffiare<br />

attraverso le fratture prodotte dalla metafisica, anzi non ha mai smesso <strong>di</strong><br />

produrre fen<strong>di</strong>ture pensanti per far respirare il nostro presente.<br />

Naturalmente ognuno dei pensatori <strong>di</strong> cui si Ë occupata la nostra ricerca ha<br />

cercato <strong>di</strong> portare a termine questo progetto eversivo <strong>di</strong> potenziamento<br />

<strong>del</strong>líessere con i propri mezzi e attraverso le proprie lenti interpretative.<br />

Ognuno ha evidenziato un aspetto particolare <strong>del</strong>lo spinozismo, ognuno<br />

con le proprie speranze, i propri dubbi e le rispettive esigenze etiche.<br />

Ma ciÚ che li accomuna, che li <strong>di</strong>stende su <strong>di</strong> uníunica linea orizzontale<br />

<strong>del</strong>la filosofia contemporanea Ë la volont‡ <strong>di</strong> costruire il <strong>pensiero</strong> come<br />

creazione nomade e soprattutto materiale <strong>del</strong>líessere. Bisognava lottare<br />

contro un <strong>pensiero</strong> che dopo Heidegger rischiava <strong>di</strong> coincidere con<br />

líipostatizzazione oscura <strong>del</strong> proprio fallimento: pensare come il mettersi<br />

allíascolto <strong>di</strong> una verit‡ che ha il suo evento nellíoblio, nel nascon<strong>di</strong>mento.<br />

Ma líessere non si nasconde, non manca, non Ë mai assente, oscuro, vuoto,<br />

negativo. Líessere Ë potenza materiale che líuomo sviluppa esistendo e<br />

pensando: progetto etico <strong>di</strong> aumento <strong>di</strong> potenziale.<br />

Deleuze ha visto in <strong>Spinoza</strong> il filosofo che sovverte definitivamente non il<br />

<strong>pensiero</strong> in sÈ, quanto un certo modo <strong>di</strong> pensare o <strong>di</strong> intendere il <strong>pensiero</strong>,<br />

185


che, per un motivo o per líaltro, si Ë tramandato da Platone a Heidegger<br />

come tentativo <strong>di</strong> colmare una <strong>di</strong>stanza. O <strong>di</strong>stanza tra copie e mo<strong>del</strong>li, o<br />

<strong>di</strong>stanza tra esserci ed essere, ciÚ che si Ë tramandato Ë sempre frattura,<br />

faglia, fessura, che, invece <strong>di</strong> interrompere un certo dominio,<br />

rappresentavano líesercizio <strong>del</strong>la sua superiore presenza o assenza.<br />

Tutto questo con <strong>Spinoza</strong> viene meno. Deleuze colloca il suo <strong>pensiero</strong><br />

sulla linea che unisce Bergson e Nietzsche, cioË la linea nomade <strong>del</strong>la<br />

Differenza. Bergson Ë il pensatore che fa <strong>del</strong>líessere líaffermazione logica<br />

<strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferenza assoluta, principio <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziazione, <strong>di</strong>versit‡<br />

produttiva interna. Nietzsche, invece, fa <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>fferenza la forza<br />

ontologica <strong>di</strong> creazione dei valori, in quanto potenza che vuole, non<br />

volont‡ che puÚ. <strong>Spinoza</strong>, infine, trasforma o, meglio, esprime questa forza<br />

in potenza etica e politica <strong>del</strong>la molteplicit‡.<br />

Immanenza, univocit‡ e potenza per Deleuze hanno in comune una sola<br />

ra<strong>di</strong>ce, un solo senso, un solo essere: líespressione. Esistere vuol <strong>di</strong>re<br />

esprimere, in senso formale, oggettivo e produttivo. Essere non Ë portare a<br />

compimento, nÈ attendere la trascendenza, la liberazione dalla finitezza.<br />

Essere Ë affermare se stessi <strong>nella</strong> molteplicit‡ formale <strong>del</strong>le <strong>di</strong>fferenze,<br />

poichÈ esprimere Ë <strong>di</strong>fferire, sviluppare gra<strong>di</strong> intensivi <strong>di</strong> potenza che<br />

costituiscono un unico, ma plurale evento.<br />

Negri colloca, invece, <strong>Spinoza</strong> sullíasse che congiunge Machiavelli e<br />

Marx. » líasse politico <strong>del</strong>la potenza collettiva in quanto processo <strong>di</strong><br />

emancipazione dalla sottomissione al potere. Líessere Ë qui progetto etico-<br />

politico <strong>di</strong> liberazione <strong>del</strong>le <strong>di</strong>fferenze collettive attraverso la<br />

composizione <strong>di</strong> un piano orizzontale su cui líessere stesso Ë sempre in<br />

eccedenza. Dismisura, pienezza, emergenza, esuberanza <strong>del</strong>la vita contro<br />

la contingenza misera <strong>del</strong>la <strong>di</strong>alettica mortifera <strong>del</strong> potere. <strong>Spinoza</strong> Ë per<br />

Negri il filosofo materialista che libera il mondo dalle fratture, dalla<br />

negazione e dal nulla che la metafisica, dal platonismo allíidealismo, ha<br />

186


<strong>di</strong>feso come il limite esterno, il negativo che líuomo Ë costretto a subire<br />

per far trionfare líIdea. Secondo questa reazionaria visione <strong>del</strong> mondo, le<br />

nostre sofferenze non vanno denunciate, nÈ combattute o superate, ma<br />

giustificate, assunte per far vincere lo Spirito, per servire uníidea che<br />

invece <strong>di</strong> servire noi ci consuma le ossa.<br />

Balibar, senza tracciare una nuova linea eversiva, fa <strong>di</strong> <strong>Spinoza</strong> il<br />

pensatore che spezza i dualismi tra in<strong>di</strong>viduo e societ‡ per far trionfare la<br />

comunicazione, il processo relazionale come principio primo, essenza<br />

materiale, causa produttiva <strong>di</strong> quellíevento unico che chiamiamo uomo.<br />

Non comunichiamo perchÈ abbiamo un io, non ci rapportiamo agli altri,<br />

non ci <strong>di</strong>amo <strong>del</strong>le societ‡, <strong>del</strong>le nazioni perchÈ abbiamo una coscienza<br />

interiore che ce lo impone. Siamo un io, abbiamo una coscienza solo<br />

perchÈ nasciamo gi‡ immersi in una rete causale e comunicativa che<br />

chiamiamo mondo. Siamo un mare esponenziale <strong>di</strong> implicazioni<br />

reciproche, <strong>di</strong> incroci che si attraversano líun líaltro al fine <strong>di</strong> costruire una<br />

potenza collettiva che ci conservi tutti nel miglior modo possibile.<br />

Ora, Deleuze e Balibar sono molto vicini. Líespressione, come movimento<br />

ontologico <strong>di</strong> serie eterogenee che danno origine a singolarit‡, che a loro<br />

volta sviluppano la Differenza come il loro espresso, coincide con il<br />

principio <strong>di</strong> transin<strong>di</strong>vidualit‡. Questo, in quanto processo <strong>di</strong> scambio<br />

comunicativo tra potenze implicate líuna nellíaltra, non Ë che un modo per<br />

renderci vicino líessere spinoziano.<br />

E Negri come si inserisce?<br />

Negri pi˘ che formulare uníimmagine <strong>del</strong>líessere spinoziano ha messo in<br />

evidenza lo strumento umano pi˘ importante per líessere stesso:<br />

líimmaginazione. Questa non Ë una facolt‡ debole, una perversione <strong>del</strong>la<br />

Natura, ma la modalit‡ primaria <strong>del</strong> processo <strong>di</strong> emancipazione etica<br />

<strong>del</strong>líessere. Certo, come abbiamo gi‡ ricordato pi˘ volte, solo tramite la<br />

ragione líimmaginazione puÚ superare la sua parzialit‡ illusoria e costruire<br />

187


quel bene comune che la collettivit‡ ricerca per emanciparsi dalla<br />

passivit‡.<br />

Quin<strong>di</strong>, se líespressione e la comunicazione transin<strong>di</strong>viduale sono due<br />

splen<strong>di</strong>de immagini con cui rivalutare nel presente líessere spinoziano,<br />

quale forza materiale che si oppone allíesercizio <strong>del</strong> potere come<br />

sopraffazione economica, líimmaginazione Ë lo strumento che questa<br />

stessa concezione <strong>del</strong>líessere rivaluta in quanto arma eversiva <strong>del</strong>la<br />

collettivit‡. <strong>Spinoza</strong> continua ad essere il vento che attraverso Deleuze,<br />

Negri e Balibar spira come cortocircuito ìselvaggioî <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong>.<br />

Espressione-immaginazione-comunicazione vuol <strong>di</strong>re affermare-produrre-<br />

cooperare.<br />

188


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195

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