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Pia Bruzzichelli - Cesvol

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Quaderni del volontariato<br />

4


Futura<br />

Proloco Bastia Umbra<br />

In Umbria...perché?<br />

Riflessioni al femminile su<br />

tematiche della vita ambientale<br />

culturale e sociale della<br />

Regione Umbria:<br />

“spiritualità e territorio”


<strong>Cesvol</strong><br />

Centro Servizi Volontariato<br />

della Provincia di Perugia<br />

Via Sandro Penna 104/106<br />

Sant’Andrea delle Fratte<br />

06132 Perugia<br />

tel.075/5271976<br />

fax.075/5287998<br />

www.pgcesvol.net<br />

cesvol@mclink.it<br />

pubblicazioni@pgcesvol.net<br />

Pubblicazione a cura di<br />

Con il patrocinio<br />

della Regione Umbria<br />

Progetto grafico e videoimpaginazione<br />

Chiara Gagliano<br />

© 2008 CESVOL<br />

2008 FUTURA soc.coop.<br />

ISBN 88-95132-34-3


I quaderni del volontariato,<br />

un viaggio attraverso un libro nel mondo del sociale<br />

Il CESVOL, centro servizi volontariato per la Provincia di<br />

Perugia, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, ha definito<br />

un piano specifico nell’area della pubblicistica del volontariato.<br />

L’obiettivo è quello di fornire proposte ed idee coerenti rispetto ai<br />

temi di interesse e di competenza del settore, di valorizzare il patrimonio<br />

di esperienze e di contenuti già esistenti nell’ambito del<br />

volontariato organizzato ed inoltre di favorire e promuovere la circolazione<br />

e diffusione di argomenti e questioni che possono ritenersi<br />

coerenti rispetto a quelli presenti al centro della riflessione<br />

regionale o nazionale sulle tematiche sociali.<br />

La collana I quaderni del volontariato presenta una serie di produzioni<br />

pubblicistiche selezionate attraverso un invito periodico<br />

rivolto alle associazioni, al fine di realizzare con il tempo una<br />

vera e propria collana editoriale dedicata alle tematiche sociali,<br />

ma anche ai contenuti ed alle azioni portate avanti dall’associazionismo<br />

provinciale.<br />

I Quaderni del volontariato, inoltre, rappresentano un utile supporto<br />

per chiunque volesse approfondire i temi inerenti il sociale per<br />

motivi di studio ed approfondimento.


9 Presentazione Daniela Brunelli<br />

11 Presentazione Giuseppe Belli<br />

13 Poesia Maurizio Terzetti<br />

15 Introduzione Luigi Bovo<br />

19 Ricordo Mariano Borgognoni<br />

27 Articoli partecipanti I edizione Premio Letterario<br />

“<strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong>”<br />

29 Articolo Anna Santarelli<br />

31 Articolo Anna Segatori<br />

33 Articolo Sara Stangoni<br />

36 Articolo Marina Rosati<br />

39 Articolo Sara Biarella<br />

42 Articolo Carmela Neri<br />

49 Articoli vincitori I Edizione Premio Letterario<br />

“<strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong>”<br />

51 Articolo prima classificata Ida Gentile<br />

55 Articolo seconda classificata Giulia Yvanov<br />

58 Articolo terza classificata Anna Lisa Rossi<br />

63 Mostra Concorso di Pittura “Roberto Quacquarini –<br />

Vivere l’Umbria” in collaborazione con il gruppo amici<br />

dell’Arte Bastia Umbra abbinata al Premio Letterario<br />

Nazionale “Insula Romana”progetto integrato per la<br />

valorizzazione del territorio<br />

71 Ringraziamenti<br />

72 Biografia <strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong><br />

Indice


Presentazione Daniela Brunelli<br />

In questa pubblicazione sono raccolti gli articoli vincitori e finalisti<br />

della I edizione del Premio Giornalistico“<strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong>”<br />

Insula Romana 2006 organizzato dalla Pro Loco e dal Comune<br />

di Bastia Umbra, dal titolo “In Umbria...perché”, riflessioni al<br />

femminile su tematiche di vita ambientale, culturale e sociale<br />

della Regione Umbria, affrontando in questa edizione l’aspetto<br />

“spiritualità e territorio”.<br />

Hanno partecipato al concorso giornaliste, pubbliciste e professioniste<br />

che con i loro articoli ci hanno portato a parlare<br />

dell’Umbria che si racconta nelle parole delle donne, che hanno<br />

saputo narrare sinteticamente e con incisività gli aspetti di spiritualità<br />

e di territorialità nelle bellezze naturali, nelle ricchezze<br />

culturali, nelle problematiche legate al lavoro, attraverso l’ umanità<br />

dei suoi abitanti, nei valori che accompagnano le relazioni,<br />

nei piccoli e preziosi centri carichi di storia, di arte, di folclore e<br />

di tradizione.<br />

<strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong>, giornalista acuta e collaboratrice della Pro<br />

Loco di Bastia Umbra, recentemente scomparsa, è l’ispiratrice<br />

della sezione di Giornalismo.<br />

Vorremmo rendere omaggio a <strong>Pia</strong> per il suo talento indiscusso,<br />

per essere stata una donna impegnata a difendere e salvaguardare<br />

l’individualità di genere, per il coraggio intellettuale mostrato<br />

nel trovare sempre nuove soluzioni progettuali e operative, per<br />

la spinta motivazionale con la quale ha spronato chi le è stato<br />

vicino, per esserci stata amica, sempre.<br />

Daniela Brunelli<br />

Presidente Pro loco Bastia Umbra<br />

9


Presentazione Giuseppe Belli<br />

Sono molteplici le ragioni che hanno indotto l'Amministrazione<br />

Comunale a collaborare con la Pro Loco di Bastia Umbra nell'organizzazione<br />

del Premio giornalistico dedicato a <strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong>,<br />

giunto quest’anno alla sua seconda edizione.<br />

Abbiamo voluto, infatti, con questa nostra presenza, ricordare la<br />

sua instancabile attività di animatrice di iniziative culturali e<br />

sociali, sottolineare il senso profondo del suo impegno civile; diffondere<br />

tra i giovani e le giovani che si avvicinano al giornalismo<br />

il suo insegnamento per un'informazione improntata all'etica e<br />

dalla responsabilità .<br />

Per tutti questi ideali <strong>Pia</strong> ha vissuto ed ha lavorato.<br />

Ricordarla in questa occasione è sentirla più vicina, è ascoltare<br />

ancora la sua voce.<br />

Giuseppe Belli<br />

Assessore alla cultura<br />

11


Per <strong>Pia</strong><br />

Nella foto da giovane sembro inseguire<br />

un corteo di soldati virtuosi:<br />

mi sono molto davanti, compatti e lontani.<br />

I primi fra loro, già presa l’altura,<br />

brillano dentro armature potenti,<br />

le spade tagliano in strati sottili<br />

onde di sole discese dal cielo<br />

e mura risorgono intorno al castello.<br />

Poesia Maurizio Terzetti<br />

Ho avuto coraggio, ho raggiunto i primi<br />

accampamenti. M’hanno accolta per fede<br />

e portata nel borgo: mangiavamo radici<br />

col popolo antico, il pane loro<br />

con i nostri alimenti, noi senza terra<br />

ed essi dicevano ai padri, sull’uscio:<br />

«Non manca nulla a noi, se li accogliamo;<br />

la pietra nuova non merita più dell’antica».<br />

Nel castello è stato diverso. Il forte<br />

mi stringeva, mi nutriva di giornalismo e intelletto.<br />

Sentivo che mi guardavano, che dal borgo stupito<br />

capivano meno chi fossimo, io e i fratelli.<br />

Venivano però nella christiana signoria<br />

più sapienti che alla tomba di Francesco:<br />

ho cominciato allora a dubitare<br />

della virtù che s’incendia e acceca umiltà.<br />

13


Poesia Maurizio Terzetti<br />

«Via dal castello! Via dal castello!» Il suo Signore<br />

era morto; più morta, da tempo, la fede<br />

in noi senza terra. Dovevamo restare<br />

contro ogni pulsione vera, monastero di cera<br />

offerto al pastore del luogo. Egli, infine,<br />

indicava la porta, contro ogni amore vero.<br />

E fu di sera che non aspettammo<br />

per la seconda volta il suo dito levato.<br />

Avevo ritrovato la campagna,<br />

amavo la città dalle colline.<br />

La fede s’era sciolta nella vita,<br />

più dura in apparenza ma più amica<br />

quotidiana. Negli ultimi fratelli<br />

ho visto ancora i primi virtuosi,<br />

gli antichi cavalieri che nel sogno<br />

dovevano portarmi a casa mia.<br />

Maurizio Terzetti


INTERVENTO DI LUIGI BOVO<br />

COMPONENTE<br />

DELLA GIURIA TECNICA<br />

Intervento Luigi Bovo<br />

Come componente della Giuria per la prima edizione del Premio<br />

al Giornalismo “<strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong>”, desidero porgere il mio saluto<br />

e il mio ringraziamento alle Autorità presenti, alle Giornaliste<br />

partecipanti, ai membri della Giuria, a tutto il pubblico.<br />

In particolare mi rivolgo a Maurizio Terzetti, Presidente della<br />

Giuria e ideatore del premio e a Daniela Brunelli, Presidente<br />

della Pro Loco di Bastia, che assieme ai suoi collaboratori ha profuso<br />

generosamente le sue multiformi capacità realizzative per<br />

materializzare il complesso evento a cui stasera partecipiamo.<br />

Da questo momento, però, permettetemi di parlare solamente di<br />

<strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong>, di cui ho avuto la fortuna di essere compagno,<br />

collaboratore, marito, per quarantacinque anni, anche se adesso<br />

pago il conto della sua dolorosa perdita.<br />

Per stare in tema, accennerò alla storia giornalistica di <strong>Pia</strong>, iscritta<br />

all’albo fin dal 1960. <strong>Pia</strong> iniziò questa professione, che non fu<br />

l’unica, perché era una persona capace di fare contemporaneamente<br />

molte cose importanti, scrivendo d’arte sacra sul periodico<br />

“Rocca” della Pro Civitate Christiana di Assisi dal 1950 fino al<br />

1980. Dall’arte andò progressivamente allargandosi alla teologia,<br />

alla critica letteraria, ai problemi etico-sociali d’attualità, quindi<br />

alla donna negli anni dell’onda femminista. Questa particolare<br />

ricerca ebbe modo di svilupparla dall’84 al ’89 come presidente<br />

della cooperativa “Libera stampa” di Roma, editrice di<br />

“Noidonne” e di “Legendaria”. Dal ’91 al ’95 allargò i suoi interessi<br />

a nuovi problemi del mondo colti nella specificità della nostra<br />

Regione, assumendo la fondazione e la responsabilità di<br />

“Umbria”, mensile di società, cultura e ambiente, in un tempo in<br />

cui l’Umbria non aveva una pubblicazione esclusivamente dedicata<br />

a se stessa.<br />

15


Intervento Luigi Bovo<br />

Lasciato il casale di S. Fortunato di Assisi e trasferitasi a Bastia<br />

all’inizio del 2000, <strong>Pia</strong> collaborò con il “Giornale di Bastia”,<br />

periodico della Pro Loco di questa città e con “UVISP informa”,<br />

trimestrale di questa organizzazione di volontariato per lo sviluppo<br />

e la pace, continuando a dare la sua intelligenza e la sua<br />

creatività anche alle attività della Libera Università, fino alla<br />

vigilia della sua morte avvenuta l’11 febbraio dell’anno scorso.<br />

In “Mai stata ferma”, pubblicata in questi mesi dalle “Edizioni<br />

Corsare” di Perugia, di cui è responsabile una cara amica di <strong>Pia</strong>,<br />

Giuliana Fanti, ho raccolto, insieme a una documentazione delle<br />

molteplici iniziative e pubblicazioni di <strong>Pia</strong>, una antologia di suoi<br />

testi, impreziosita da commenti di suoi amici. Ne viene fuori uno<br />

spaccato interessante e pregnante degli ultimi sessanta anni di<br />

vita sociale, culturale e religiosa in Italia.<br />

Da questa antologia di testi riprendo uno scritto di <strong>Pia</strong> che si presta<br />

a chiosare il sottotitolo del nostro premio: “In Umbria... perché”,<br />

riportando le riflessioni che <strong>Pia</strong> fece nel maggio 1995 proprio<br />

su questo tema. Erano i mesi in cui <strong>Pia</strong> aveva partecipato<br />

alle elezioni regionali senza esserne eletta, esperienza amara<br />

perché, come lei stessa annotò: “si corre sempre per vincere<br />

anche se è saggio saper perdere”. Il contrattempo le diede l’occasione<br />

di pubblicare nel n. 45 di “Umbria” il suo pensiero sulle<br />

tematiche culturali, ambientali e sociali della nostra regione.<br />

Scrive <strong>Pia</strong>: “vi faccio conoscere quattro punti. Anzitutto gli aspetti<br />

e gli assetti generazionali”.<br />

Una società nella quale diverse generazioni non riescono a comunicare<br />

è una società povera, priva di memoria e di fiducia nel futuro,<br />

annichilita nel presente; credo che sia possibile e necessario<br />

creare occasioni di partecipazione e interesse reciproco tra le<br />

generazioni”.<br />

<strong>Pia</strong> poi parla di sviluppo dell’occupazione, tecnologia e ricerca<br />

scientifica. “La lotta per l’occupazione non trova un ostacolo<br />

nello sviluppo della tecnologia.<br />

16


Intervento Luigi Bovo<br />

Al contrario è importante che ai giovani vengano date nella scuola<br />

ampie possibilità di formazione”. Il terzo punto riguarda la diffusione<br />

della cultura della solidarietà e non solo della proclamazione<br />

della solidarietà e della pace.<br />

“Sviluppare il rapporto tra culture diverse diffondendo valori di<br />

solidarietà, della fiducia e della non violenza.<br />

La solidarietà deve diventare, a mio avviso, un modo di affrontare<br />

tutti gli aspetti della vita sociale, in maniera professionale.<br />

Bisogna vivere la tradizione e la storia come matrici di cultura<br />

solidale”.<br />

Infine <strong>Pia</strong> domanda di “dare un’anima al turismo”. Senza incertezze<br />

afferma che: “è forse l’impresa più difficile, ma anche la<br />

più necessaria per una regione come quella umbra che dal turismo<br />

attende beni di sussistenza e dunque la deve affrontare con<br />

energia e lungimiranza per dare il meglio di sé senza venire travolta<br />

dalle sue stesse ricchezze artistiche ed ambientali” (cfr.<br />

Mai stata ferma, p. 165).<br />

Ripeto, in questi quattro succinti punti <strong>Pia</strong> ha saputo rispondere,<br />

a suo modo, a quello che anche questa sera ci chiediamo: in<br />

Umbria, perché?<br />

Il bando del premio, che stasera viene qui assegnato, parla anche<br />

di “riflessioni al femminile”. Parlare di <strong>Pia</strong> come pensatrice,<br />

oratrice, scrittrice “ al femminile” richiede un intero saggio.<br />

Mi limito a una, per me riuscita, definizione in cui <strong>Pia</strong> “autobiografa”<br />

il significato esistenziale della sua vita e significa il suo<br />

modo di vivere: “La donna è stata capace di abbracciare l’utopia<br />

e di riempirla di conquiste concrete per sé e per l’intera<br />

società, segnando non tanto il rifiuto della morale, quanto il<br />

valore universale dell’etica.<br />

La donna ha anche riaperto (spesso nonostante lei) uno spiraglio<br />

su alcuni aspetti del sacro, spezzando la solitudine dell’uomo<br />

segregato nel primo gradino del mondo intero o dietro le sbarre<br />

delle prigioni del mondo... .<br />

17


Intervento Luigi Bovo<br />

Io penso che la donna e il corpo che è lei, e i corpi che in lei sono<br />

come segno perenne, sia al centro del cambiamento, o meglio, sia<br />

uno dei centri di un cambiamento complesso e multiculturale.<br />

Che fare: vivere il proprio corpo non come mio, ma come me e<br />

così ritenere i corpi degli altri” (cfr. Mai stata ferma, pp. 148-<br />

149).<br />

Con questi pensieri di <strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong> faccio l’augurio commosso<br />

che il premio concorra, adesso e in futuro, a tenere aperti gli orizzonti<br />

di cui lei ci ha parlato.<br />

18<br />

Premio Giornalistico “<strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong>”<br />

“In Umbria...perché?”<br />

Mercoledì 8 marzo 2006<br />

Sala consiliare Comune di Bastia Umbra


RICORDO DI PIA BRUZZICHELLI<br />

Mariano Borgognoni<br />

Devo dire anzitutto che queste sono cose difficili. Farò il possibile<br />

per ripercorrere alcune tappe di quelli che sono stati i miei<br />

rapporti con <strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong>, discussioni, dialoghi. Vorrei<br />

cominciare con il dire che sono contento per <strong>Pia</strong> della partecipazione<br />

di questa sera, vi sono veramente tanti suoi amici, un<br />

mondo che viene da tante parti. E sono contento anche per Bastia<br />

perché questa, vedo con piacere, è una città che sempre più sa<br />

ricordare e quando c’è gratitudine credo ci possa essere anche<br />

speranza e senso del futuro.<br />

Io ho conosciuto <strong>Pia</strong> senza che lei conoscesse me, e anche Gigi,<br />

negli ormai lontani anni settanta, ai corsi di studi cristiani della<br />

Cittadella, di cui allora <strong>Pia</strong> era il responsabile. Partecipavo un<br />

pò così da irregolare, con molta curiosità, molto interesse, senza<br />

un’appartenenza certa, come una persona in cammino cui piacevano<br />

un pò come a <strong>Pia</strong>, e credo agli amici della Cittadella, le terre<br />

di confine, quelle in cui ci si poteva incontrare e dialogare.<br />

La qualità di questi convegni, il clima che si respirava, le persone<br />

che vi partecipavano, erano sempre esperienze assolutamente<br />

liberanti. Che ne sò? Si conosceva e si approfondiva il marxismo,<br />

per esempio, con Roger Garaudy e Lucio Lombardo Radice, e<br />

non era la stessa cosa che conoscerlo attraverso altri, perché<br />

c’era la dimensione aperta, creativa, pronta a rimettere in questione<br />

le rigidità ideologiche, pronta a confrontarsi con altre culture.<br />

E nello stesso tempo si conosceva il cristianesimo attraverso<br />

Italo Mancini o padre Ernesto Balducci, uomini che sfidavano la<br />

fissità delle identità precostituite e che cercavano di aprire un<br />

varco, come faceva <strong>Pia</strong>, alle novità, a un mondo nuovo che fermentava<br />

in quegli anni. Parliamo di trenta anni fa, però io credo<br />

che allora si è costruito un orizzonte attraverso il dialogo culturale,<br />

un orizzonte che oggi può diventare perfino concretezza politica.<br />

19


Mariano Borgognoni<br />

Oggi ci siamo tutti liberati da fissità e zavorre ideologiche, ma il<br />

lavoro di scavo, chi lo vide in anticipo, lo visse allora. Oggi però<br />

molti di noi pensano che essersi liberati dalle zavorre ideologiche<br />

non significa liberarsi dalla grande ansia ed esigenza di giustizia,<br />

cioè venendo insieme da tanti percorsi si può convergere liberi<br />

appunto da ideologie totalizzanti ed oppressive, si può convergere<br />

verso un traguardo di giustizia e quella rimane una sfida che ci<br />

interpella. Io credo che il lavoro di <strong>Pia</strong>, della Cittadella, di tanti<br />

altri allora ha costruito le condizioni per questo tipo di cammino.<br />

Poi tra la metà e la fine degli anni ottanta cominciai a conoscer<br />

<strong>Pia</strong> più da vicino, frequentarla, a discuterci di tante cose. C’era<br />

una discreta distanza di animi tra me e lei, però devo dire, come<br />

testimonianza personale, che l’ho sentita sostanzialmente come<br />

una coetanea, ho sentito che i miei problemi e la mia ricerca e i<br />

miei interrogativi erano i suoi problemi, la sua ricerca, i suoi<br />

interrogativi, la sua curiosità, la capacità di farsi interrogare dal<br />

tempo nel quale viveva. C’era una distanza di anni, però lei era<br />

molto forte, vitale, solare. L’altra cosa che mi sorprendeva era<br />

che lei era sempre a suo agio, poteva stare a discutere con Ivan<br />

Illich, oppure con il falegname, <strong>Pia</strong> era pressa poco la stessa,<br />

questo dice molto dell’equilibrio e della maturità umana che<br />

aveva.<br />

Non ho sentito mai in lei un atteggiamento di tipo magisteriale,<br />

insomma non faceva la saggia un pò anziana, questo ruolo non<br />

le si attagliava e non ha mai cercato di recitarlo, era sempre<br />

pronta a fare una ricerca comune, e mai una ricerca puramente<br />

intellettuale.<br />

Quello che è stato detto fin qui, io lo condivido completamente,<br />

<strong>Pia</strong> si poneva sempre, alla fine, il problema di cosa fare concretamente,<br />

come trasformare i sogni e le utopie in qualcosa da realizzare<br />

domani.<br />

Mi sembra che questo fosse lo spirito di <strong>Pia</strong>: fare una riunione,<br />

20


Mariano Borgognoni<br />

inventarsi una rivista, organizzare una festa a S. Fortunato, quella<br />

festa che era scomparsa da molto tempo, buttarsi su un premio<br />

letterario, su qualsiasi cosa seria, però c’era sempre questa<br />

ansia e questa esigenza di “sporcarsi le mani”.<br />

Agli inizi degli anni novanta, sempre per seguire questo filo dei<br />

ricordi, <strong>Pia</strong> mi chiese di scrivere, e anch’io con lei. Decidemmo<br />

così che anch’io avrei scritto nella nuova rivista “Umbria” che<br />

con assoluta temerarietà <strong>Pia</strong> aveva iniziato. Gran bella idea, perché<br />

purtroppo in Umbria non c’era mai stata, e forse neanche<br />

adesso, una rivista, un giornale che non sia né di gossip politico,<br />

né di cose che si consumano tutti i giorni, ma sia qualcosa che<br />

invece rifletta sulla nostra regione, pacatamente, articolatamente,<br />

mettendo a frutto mille competenze e sensibilità, questo è stato il<br />

tentativo bello di “Umbria” ed io pubblicai una serie di racconti,<br />

non qualcosa propriamente da politico, e alla fine, come frutto di<br />

questa collaborazione, uscì un libro, “La terra dei semi”. Mi si<br />

offre ora l’occasione per dire che lo presentammo alla festa<br />

dell’Unità a Palazzo di Assisi. Io avevo chiesti giudizi a tanti e ci<br />

fu chi mi disse: bravo, hai raccontato la storia di qualche vicenda<br />

religiosa in Umbria, ed altri: hai fatto del folclore locale,<br />

anche questo è interessante. <strong>Pia</strong>, quella sera, iniziò a presentarlo<br />

dicendo: io trovo un Cristo enorme in questo libro e poi poco<br />

altro. Fece scoprire a me stesso, per certi versi, una cosa di me<br />

che non avevo notato. Questo per dire che aveva una capacità,<br />

un fiuto, con il cuore e la ragione, di cogliere sempre l’essenziale,<br />

senza disperdersi in accademie o altre cose di questo tipo. Fu<br />

l’unica, per un certo periodo, a capire veramente il senso, poi<br />

magari non riuscito, di quello che avevo scritto.<br />

Una considerazione sul: “Mai stata ferma”. Trovo bellissimo il<br />

titolo di questo libro, titolo assolutamente felice. Eppure, vorrei<br />

giocare un pò sul filo del paradosso, io avrei trovato anche bello<br />

il contrario: “Mai mossa”; o tutti e due insieme: “Mai stata<br />

ferma, mai mossa”. E mi viene in mente un altro toscano, padre<br />

21


Mariano Borgognoni<br />

Ernesto Balducci, quando diceva: io sono nato a Santa Fiora,<br />

paese dell’Amiata, mi alzavo presto, mio padre faceva il minatore,<br />

di fronte a casa mia c’era un convento e vedevo alla mattina che<br />

una dopo l’altra si accendevano le luci di questo convento, era il<br />

tempo della gratuità, cantavano lo sposo.<br />

E Balducci commenta: io, in realtà, da quella finestra di casa<br />

non mi sono mai mosso. Io penso che, in fin dei conti, si possa<br />

dire la stessa cosa di <strong>Pia</strong>, o almeno a me così sembra. <strong>Pia</strong> ha<br />

ancorato il suo muoversi a un orientamento di fondo a cui, pur<br />

nelle diverse stagioni della sua vita che sono state tante, è rimasta<br />

profondamente fedele. Io penso di poterlo dire e sulla base<br />

dei colloqui e sulla base di quello che c’è scritto qui, in questo<br />

libro straordinariamente curato da Gigi.<br />

E cosa è questo ancoraggio e questo fondamento? Io credo che<br />

la radice sta nella sua scelta del 1947, quando lei scrive di sé:<br />

lasciai la città, l’insegnamento e venni in Assisi per fare cristiana<br />

l’anima del tempo moderno. Oggi non si direbbe più così, è<br />

una terminologia di quegli anni, però il fondo di quella scelta è<br />

rimasto per tutta la vita di <strong>Pia</strong>. Se non fosse troppo carico di<br />

ambiguità, mi sentirei di usare per lei un termine che è quello che<br />

<strong>Pia</strong> è stata pervasa da un certo ottimismo cristiano, che per certi<br />

versi, nell’esperienza della Cittadella, anticipa anche il Concilio<br />

Vaticano II.<br />

Dico ottimismo cristiano nel senso nobile, altrimenti sembra davvero<br />

una banalità, come annota <strong>Pia</strong> stessa : “Quando mai la speranza<br />

è una cosa semplice?” Non ci può essere un ottimismo a buon<br />

mercato, ma ottimismo cristiano nel senso del concilio, cioè basta<br />

essere profeti di sventura, come disse papa Giovanni iniziando il<br />

concilio, confrontiamoci con tutte le asperità che possono esserci<br />

con la modernità, non siamo i custodi del passato, incarniamoci,<br />

stiamo dentro questo mondo.<br />

In questo senso io credo di poter usare per <strong>Pia</strong> la parola ottimismo<br />

cristiano, che si sposa con una sorta di umanesimo di eco<br />

22


Mariano Borgognoni<br />

rinascimentale o toscano. Io credo che il punto d’incontro tra<br />

questo ottimismo cristiano e questo umanesimo è tutto quello che<br />

viene fuori dalla esperienza di <strong>Pia</strong> espressa nella prima parte di<br />

questo libro, l’idea della bellezza, la ricchezza di questo termine,<br />

la bellezza che salva il mondo, secondo la celebre frase di<br />

Dostoevskij, la bellezza che nasce da un’arte creativa, non un’arte<br />

su commissione. Da qui tutta la battaglia di <strong>Pia</strong> perché gli artisti<br />

trovino un nuovo rapporto con la chiesa, con la liturgia e non<br />

sia la chiesa a dire loro cosa devono fare, possono farla gli artisti<br />

una nuova teologia, per un certo verso, possono narrare la<br />

fede dentro un’umanità di fede, naturalmente.<br />

C’è una frase su Chagall che vorrei citare, molto rivelativa, a<br />

pagina 38, quando <strong>Pia</strong> dice: “Quando ventenne verrà la prima<br />

volta a Parigi in mezzo all’avanguardia artistica di cui uno dei<br />

canoni era il rifiuto della pittura a soggetto e il disprezzo per il<br />

racconto, il giovane Chagall, povero ed affamato, continuerà a<br />

raccontare l’antico e il nuovo testamento, che è come dire se<br />

stesso, con tutta la sua infanzia, il suo ghetto, la preghiera, gli<br />

inni ebraici, la storia del suo popolo e in più questo Cristo che lo<br />

incanta e lo tormenta, lo segue dovunque, gli dà il senso delle<br />

cose, soprattutto gli dà la misura dell’uomo”. Ecco, una fede che<br />

vive nel racconto più che nella dottrina e soprattutto un Cristo<br />

che non è solo Gesù Dio-salva, ma è anche la misura della pienezza<br />

umana. Un uomo secondo il sogno di Dio potremmo dire,<br />

comunque misura della pienezza umana, non una cosa che è contrapposta<br />

all’umanità, come <strong>Pia</strong> dice di avere visto in Chagall.<br />

Quindi penso che si possa dire che in nessun modo di pensare e<br />

di essere c’è contrapposizione o frattura tra fede e vita, tra fede<br />

e storia. In fondo, rendere cristiano il mondo moderno, secondo<br />

la frase di don Giovanni Rossi, è come dire portare a pienezza<br />

l’umanità, renderlo umano.<br />

Per questo io credo che <strong>Pia</strong> sia stata una donna di fede forte, ma di<br />

fede non ostentata ma vissuta, che riusciva a stabilire un rapporto<br />

23


Mariano Borgognoni<br />

con gli altri in cui non c’era bisogno di sottolineare la propria appartenenza.<br />

E mi è piaciuto in questo libro, tra l’altro, il recupero di<br />

Maria: “riprendere Maria tra di noi”, come scrive a pagina 49.<br />

“Nessun ragionamento teologico nè elevazione spirituale può<br />

staccare Maria dal nostro essere creature dinnanzi al Creatore.<br />

Riprendere Maria fra noi, introdurla di nuovo nelle relazioni di<br />

comunità di fedeli, diventare umili imitatori delle sue virtù piuttosto<br />

che cantori delle sue bellezze, è forse diminuirla? Non<br />

credo. Credo che ci sarà qualche fulgido aggettivo in meno per<br />

lei e un fermento di fede e di forza nella comunità cristiana”.<br />

Anche qui si manifesta quella che potremmo chiamare fedeltà<br />

alla terra, al mondo, alla vita.<br />

Direi, in conclusione, che si può dire di <strong>Pia</strong> che è stata una cristiana<br />

“conciliare” con il carisma del dissenso – il dissenso è<br />

qualche volta un servizio – anche nei confronti della chiesa,<br />

anche delle sue gerarchie. Ma un dissenso sempre solare e affettuoso,<br />

come emerge in molti degli scritti qui pubblicati, nella<br />

consapevolezza che c’è questa forte esigenza di apertura e di<br />

confronto con il mondo. Verrebbe in mente la frase di Dietrich<br />

Bonhoeffer in cui avverte che si può cantare il gregoriano solo<br />

dopo aver combattuto le battaglie di giustizia. Se lo si canta<br />

senza aver combattuto battaglie di giustizia potrebbe essere un<br />

po’alienante, le due cose devono andare sempre insieme.<br />

Secondo me, azzardo, questa è stata la radice della generosità di<br />

<strong>Pia</strong> nel parlare, nello scrivere, nell’essere una donna impegnata<br />

in compiti di governo e di amministrazione, in impegni di carattere<br />

politico e concreto. Arrivata a Bastia si è buttata subito sulle<br />

cose vive della città, Unilibera, UVISP, Pro Loco, cioè in quelle<br />

situazioni che facevano della città una comunità vera, con spirito<br />

di generosità, di contraccambio, di attenzione a tutte le difficoltà.<br />

E la cosa straordinaria – io l’ho potuto constatare di persona<br />

– è che lei ci metteva lo stesso impegno per qualsiasi iniziativa,<br />

in qualunque posto fosse, e sempre con la stessa generosità.<br />

24


Mariano Borgognoni<br />

Qualche volta, in politica, con qualche ingenuità, e meno male,<br />

anche se non sempre la politica è riconoscente con le persone<br />

generose. Però io credo che alla fine questa generosità non vada<br />

mai dispersa e oggi Bastia e gli amici di <strong>Pia</strong>, ricordandola in<br />

questo modo, dimostrano che questo impegno, questa generosità<br />

sono le corde che veramente restano. E per questo credo che<br />

dovremo continuare a ricordare e a mettere a frutto gli insegnamenti<br />

che <strong>Pia</strong> ci ha lasciato.<br />

Mariano Borgognoni<br />

25


ARTICOLI PARTECIPANTI<br />

I EDIZIONE<br />

PREMIO LETTERARIO INSULA ROMANA<br />

“PIA BRUZZICHELLI”<br />

27


Articolo Anna Santarelli<br />

Un viaggio in Umbria è un’esperienza dell’anima. Abbraccia e<br />

sintetizza in modo mirabile paesaggio, arte, religiosità e tradizione.<br />

L’Umbria, terra ricca di acque, disegnata da verdi colline, da<br />

borghi medievali con la caratteristica trama di viuzze e costruzioni<br />

antiche, mette l’uomo a tu per tu con se stesso. Solitudine,<br />

silenzio, pace, restituiscono alla persona la sua dimensione più<br />

autentica, invitano alla meditazione. A contatto con una natura<br />

che continuamente si rigenera e, al tempo stesso, rigenera le sue<br />

creature. Il paesaggio umbro restituisce intatto il filo della storia.<br />

Una forte memoria, come quella che affiora da questi luoghi, dà<br />

il senso pieno del nostro passato, illumina il presente, aiuta a<br />

costruire il futuro, senza perdere di vista i valori spirituali che<br />

questa terra antica custodisce. Una ricerca della spiritualità<br />

umbra non può prescindere dall’arte, a cominciare dall’architettura,<br />

che incarna la struttura stessa della città. Si ammira la maestosità<br />

e si coglie in pieno la poesia del romanico nel duomo di<br />

Spoleto. Si sperimenta l’elevazione dello spirito e si coniuga la<br />

bellezza dell’arte con la ricerca dell’assoluto nel duomo di<br />

Orvieto. Riecheggia il messaggio di San Francesco nella basilica<br />

di Assisi a lui dedicata. Qui gli affreschi di Giotto si fanno parola,<br />

predicazione rivolta al mondo. Assisi è il luogo dell’anima per<br />

eccellenza: situata su un colle, raccolta, silenziosa, eppure universale.<br />

Un luogo attraversato da pellegrini giovani e meno giovani,<br />

che si sintonizzano sul linguaggio di San Francesco e diventano<br />

un’unica comunità. Al di là delle barriere linguistiche, religiose,<br />

territoriali. La pace, la fratellanza, l’amore per tutte le<br />

creature, sono il messaggio che Assisi rivolge agli uomini.<br />

Di qui a Gubbio. Città di pietre, ben custodisce lo spirito e l’insegnamento<br />

di San Francesco, che vi ammansì un lupo feroce, in<br />

segno di amore verso tutto il creato. Una terra fortemente spirituale<br />

l’Umbria, che ha saputo parlare al mondo anche attraverso<br />

le figure di Santa Chiara e San Benedetto da Norcia. I valori della<br />

preghiera e della meditazione, unitamente alla sacralità dello studio<br />

e del lavoro, hanno lasciato il segno nel solco della storia.<br />

29


Articolo Anna Santarelli<br />

Un patrimonio al quale possono attingere gli uomini di tutti i<br />

tempi. A Perugia, un percorso che coinvolga il cuore e la mente<br />

porta inevitabilmente alla chiesa di San Pietro. Sia pure arricchita<br />

da uno sfarzoso apparato decorativo, con il suo impianto basilicale<br />

classico, poderoso e lineare, rimanda ai primi secoli del cristianesimo.<br />

In posizione quasi appartata, è il luogo ideale per<br />

accogliere dentro di sé il mistero e confrontarsi con la nudità<br />

della proprio anima. Tutto il tessuto urbano di Perugia è ordito<br />

all’insegna dell’armonia, come un mosaico fatto di mille tessere<br />

che legano arte, storia, vita quotidiana, esperienza religiosa,<br />

dando luogo a fermenti culturali e spirituali sempre nuovi. Una<br />

religiosità intensa trabocca dalla ricca collezione della Galleria<br />

nazionale dell’Umbria. catturano la sensibilità del visitatore la<br />

raffinata Madonna col bambino di Gentile da Fabriano, che ha<br />

saputo trasferire nella sua pittura la sacralità più intensa e commovente,<br />

il luminoso polittico di S. Antonio di Piero della<br />

Francesca, le splendide tele di Giovanni Boccati, venate di suggestioni<br />

terrene, Madonna dell’Orchestra e Madonna del<br />

Pergolato. Fino al cromatismo nitido, luminoso e spirituale che<br />

anima gli affreschi del Perugino, al Collegio del Cambio. Questo<br />

illustre figlio dell’Umbria incarna bene l’anima della regione,<br />

con la sua pittura ispirata alla grazia e attenta al fascino del paesaggio.<br />

Un viaggio in Umbria vuol dire riscoprire le nostre radici,<br />

rivalutare un grande patrimonio spirituale e renderlo ancora<br />

attuale, per raccogliere le molteplici sfide che aspettano noi,<br />

uomini e donne di questo tempo. Vuol dire risvegliare la nostra<br />

interiorità, praticare nuovi modelli di vita, vivere la femminilità<br />

richiamandosi all’essere più che all’avere, all’ascolto più che<br />

all’ostentazione, all’idealità più che all’effimero.<br />

Vuol dire coltivare le ragioni del cuore, l’impegno e la speranza.<br />

30<br />

Anna Santarelli


Articolo Anna Segatori<br />

Spiritualità come ispirazione alla natura, come partecipazione<br />

della natura e di un territorio. È forse l’Umbria meno strillata ad<br />

evocare di più questo tipo di spiritualità. Regione mistica, dicono,<br />

terra di Santi. Affermazioni limitative per una terra certo ricca<br />

di spiritualità ma ispirata non soltanto dalle tante figure religiose<br />

vissute qui e dai santuari e monasteri a queste dedicati. È la stessa<br />

orografia della regione a suggerire molto di più. Paesaggi dove<br />

una natura, a volte prepotente, a volte gentile, accoglie con benevolenza<br />

chi vi si accosta con la predisposizione d’animo giusta,<br />

pronta al rispetto per le regole non scritte, per un silenzio che racconta<br />

delle genti che hanno vissuto qui. L’Umbria è arte, e non<br />

soltanto dell’uomo. L’Umbria è una delle massime espressioni<br />

artistiche di una natura che nel corso dei secoli ha dato vita a paesaggi<br />

unici nel loro genere e tanto diversi tra loro.<br />

Il termine spiritualità, in Umbria forse più che altrove, assume<br />

quindi una valenza che va oltre l’aspetto più prettamente religioso.<br />

Al di là dell’indiscutibile fascino che emanano scenari come<br />

la piana di Castelluccio di Norcia nel periodo della fioritura, o gli<br />

altipiani di Colfiorito, è difficile non partecipare del paesaggio<br />

semplicemente andando per le strade secondarie che collegano<br />

città e piccoli centri. Come quando, uscendo dalla Strada Flaminia,<br />

si sale su per il monte Serano attraverso antiche piante d’olivi, fino<br />

a scorgere il castello di Campello Alto. O come quando si percorrono<br />

le colline della zona di Bevagna e Montefalco con i vigneti di<br />

Sagrantino che volgono al rosso. Non è raro incontrare un turista<br />

fermo a fotografare apparentemente nulla, ma forse con l’intento<br />

di fermare una sensazione.<br />

L’Umbria, con i suoi 830mila abitanti, che ha mantenuto intatti i<br />

suoi borghi medievali e non ha subito un’urbanizzazione selvaggia,<br />

resta tuttora fonte d’ispirazione per artisti che decidono, sempre<br />

più numerosi, di trovare un rifugio qui, esuli volontari di<br />

grandi e caotiche città. L’Umbria, meta prescelta da molti turisti,<br />

offre numerose occasioni per evadere dalla frenesia del quotidiano.<br />

31


Articolo Anna Segatori<br />

Sia che si opti per delle passeggiate nella natura meno conosciuta;<br />

sia che ci si regali una visita a manifestazioni culturali di elevata<br />

qualità famose in tutto il mondo come Umbria Jazz o il<br />

Festival dei Due Mondi; sia, ancora, che si visitino borghi storici<br />

valorizzati grazie ad una conservazione architettonica ed artistica<br />

per nulla invadente.<br />

Città più note e piccoli centri meno conosciuti, infatti, armoniosamente<br />

integrati nella natura, contribuiscono anch’essi ad ispirare<br />

spiritualità.<br />

Come non restare ammutoliti quando, al termine della discesa del<br />

valico della Somma, dietro una curva si scopre, inattesa ed imponente,<br />

la Rocca albornoziana che sovrasta Spoleto? O quando si<br />

rivela improvvisamente il Duomo di Orvieto? O, ancora, quando<br />

si scopre lentamente la Basilica di San Francesco, ad Assisi?<br />

A mantenere intatta questa regione dalle tante sfaccettature, è<br />

anche il profondo rispetto che gli umbri hanno per la propria<br />

terra. Soprattutto nei piccoli borghi, basta passeggiare per trovare<br />

chi pulisce una strada, o accudisce piante cresciute fuori dal<br />

cancello della propria abitazione.<br />

Vox populi vuole gli umbri persone chiuse. Ma forse c’è un altro<br />

livello di lettura, che è, appunto, quello della cultura del rispetto<br />

e dell’amore per un territorio. L’accoglienza verso chi, il rispetto,<br />

lo porta con sé, viene spontaneamente.<br />

La spiritualità, in Umbria, non va dunque cercata soltanto in suggestivi<br />

monasteri o nella storia dei santi vissuti qui. Va più che<br />

altro ricercata in se stessi e nella propria disponibilità ad aprirsi<br />

per accogliere un territorio che è natura, tradizione, storia, arte e<br />

cultura.<br />

32<br />

Anna Segatori


Articolo Sara Stangoni<br />

Lo ha fatto pensare Giovanni Paolo II con le sue visite e gli<br />

incontri ecumenici proprio qui. Lo ha richiesto ai deputati europei<br />

Franco Gualdrini, vescovo emerito di Terni, Narni e Amelia:<br />

«l’Umbria è chiamata, può e deve svolgere il servizio di essere e<br />

divenire l’oasi di spiritualità dell’Europa». Perché tanta intensità<br />

e sacralità? Decido di scoprirlo.<br />

Mi libero dei tacchi, spesso un frivolo conforto per sentirmi<br />

“all’altezza” della situazione. Spengo il cellulare e come una visitatrice<br />

solitaria mi aggiro tra il dolce declinare delle colline e le<br />

limpide acque di questa terra, felicemente novellata da poeti e letterati.<br />

Si aprono al mio sguardo ridenti valli costellate di borghi<br />

e castelli. Luoghi ideali per vivere appartati nella natura.<br />

Ma un filo rosso collega ogni angolo dell’Umbria, sul quale scorrono<br />

frammenti di vita di uomini e donne, da un passato non sempre<br />

glorificato. Sono loro, i Santi, i veri protagonisti della storia<br />

umbra. Resto incantata: arte e fede si fondono in un lieto connubio.<br />

Mi rapiscono pitture e affreschi dal gusto scenografico e<br />

dalla ricercata vivacità narrativa. Sono ovunque. Piccoli pezzi di<br />

un grande puzzle, e per terminarlo si devono trovare tutti.<br />

Ma brividi di ammirazione percorrono il mio corpo quando scopro<br />

l’austera semplicità con cui la gente mi apre le porte, quella<br />

semplicità voluta proprio da queste figure religiose. È la “terra di<br />

santi”. Li definiscono chiusi, “gli umbri”, un popolo di poche<br />

parole. Li ho osservati con cura, da fedele reporter, e ho capito.<br />

Gli umbri preferiscono ascoltare una voce che non emette suoni,<br />

che non dice nulla, ma trasmette tutta la spiritualità di questi luoghi.<br />

È la voce del silenzio. Turisti e pellegrini invadono ogni<br />

anno questa terra sedotti dalle bellezze naturali, catturati da atmosfere<br />

magnetiche. Ma la vera anima dell’Umbria è il silenzio.<br />

Basta mettersi seduti sui gradini di una scalinata. O nel chiostro<br />

di un monastero. O semplicemente abbandonarsi su un prato. Si<br />

proietta lo sguardo verso l’orizzonte, al di là delle strade e della<br />

gente. In totale silenzio. Il tempo si ferma, non è più reale.<br />

33


Articolo Sara Stangoni<br />

E l’anima si sente libera. Seduta in questa tranquillità, scopro il<br />

vero messaggio che l’Umbria ha voluto trasmettere nei secoli.<br />

C’è qualcosa di straordinariamente magico nel silenzio! Allontana<br />

di colpo l’insopportabile quotidianità. Tutte le abbazie, chiese e<br />

cappelle diventano strumenti di raccoglimento e sacrificio. Mi<br />

ricordo quando d’estate i miei genitori mi portavano a visitare<br />

l’abbazia di Sant’Eutizio, sui Monti Sibillini.<br />

La guardavo con soggezione, era enorme. Sembrava aggrapparsi<br />

per miracolo su quel pendio. Ma domina la valle da più di 1500<br />

anni, con orgoglio e possanza, e il culto del suo santo non si è mai<br />

arrestato.<br />

Sono questi i circuiti spirituali per ritrovare la nostra identità.<br />

Già, l’identità. Ne parlano tanto oggi, fin troppo. Sembra stare<br />

dappertutto e in nessun luogo. E guarda caso, mai dove siamo.<br />

Ma forse ciò che abbiamo dimenticato, in chissà quale angolo, è<br />

solo la nostra anima. E vi giuro, in questo paradiso sembra essercene<br />

un po’ per tutti. Basta fermarsi solo un attimo, e ascoltare. Il<br />

silenzio dell’anima riecheggia tra le mura arroccate, si sente nelle<br />

vallate più nascoste, fino a risalire oltre l’immensità del cielo. Il<br />

segreto? Il fascino di un luogo sacro dove rivive ancora oggi<br />

l’originaria fraternitas divulgata da San Francesco di Assisi.<br />

“Iddio non è nel frastuono”, chi medita tace. Nella società moderna<br />

tutto è rumore. La gente grida anche quando parla.<br />

Abbiamo smarrito il gusto e il piacere di ascoltarci.<br />

La sfida dell’uomo di oggi è proprio quella di ritrovare i sentieri<br />

del silenzio. E qui si sente nel respiro dei boschi, mentre il vento<br />

si infila fra gli alberi. Nelle voci degli animali e nel profumo dei<br />

fiori. “Procurino di stare in silenzio” ammoniva San Francesco<br />

nelle regole per i frati. Sono proprio all’interno della sua basilica<br />

e posti per eccellenza della meditazione, incastonata nel monte<br />

Subasio come la gemma più preziosa di un gioiello regale.<br />

Le parole dei Santi sono scritte nei luoghi in cui furono dette,<br />

impresse nelle rocce, nelle case, negli edifici religiosi.<br />

34


Articolo Sara Stangoni<br />

Guardo la cartina dell’Umbria e noto di colpo un particolare.<br />

Incredibile. I paesi dei Santi formano un’immaginaria croce sacra:<br />

Santa Veronica Giuliani a Città di Castello, Jacopone a Todi, San<br />

Benedetto e Santa Scolastica a Norcia, San Valentino a Terni.<br />

Quattro vertici con al centro il cuore della religiosità umbra: San<br />

Francesco e Santa Chiara d’Assisi.<br />

Perché come disse Giovanni Paolo II alle clarisse in una sua visita<br />

ad Assisi: “È difficile distinguere questi due nomi: Francesco e<br />

Chiara; questi due fenomeni: Francesco e Chiara; queste due leggende”.<br />

E da oggi voglio pensarla così l’Umbria. La mia Umbria.<br />

Dove sono orgogliosa di essere nata, dove adoro vivere. Questo<br />

silenzioso cuore verde protetto da una croce, custode di memoria<br />

e speranze.<br />

Sara Stangoni<br />

35


Articolo Marina Rosati<br />

Da quando nel 1876 Giosué Carducci la promosse a rango di<br />

regione più verde d’Italia l’Umbria è il simbolo della possibile<br />

convivenza tra uomo e ambiente, dove la natura è madre e non<br />

schiava. Dove le nervature delle montagne si addolciscono verso<br />

la vallata creando un giardino di colori. Ci sono poi i suoi borghi,<br />

arroccati su sporgenze rocciose, come Assisi, Gubbio, Trevi e<br />

Spello, dove il passato è presente nelle stradine che s’inerpicano<br />

verso gli antichi bastioni, nelle piccole edicole e nelle grandi<br />

chiese e basiliche. Tutto è storia e spiritualità: non c’è angolo<br />

nelle città umbre che non parli da sé, eventi e manifestazioni<br />

come il Canta Maggio, la Passione o l’infiorata che rendono speciale<br />

il rapporto tra popolazione e territorio.<br />

Un territorio tagliato “fuori” dalle grandi arterie infrastrutturali e<br />

nonostante questo l’Umbria ha sfruttato al meglio il suo centrismo<br />

facendosi lambire dalle vie di comunicazione più importanti,<br />

senza rinnegare la sua natura e distruggere il suo patrimonio<br />

caratterizzato dalla cultura contadina, dove la pace della provincia<br />

italiana è regina e la maggior parte delle vecchie tradizioni<br />

legate alla prevalente cultura campestre resistono.<br />

Quando da bambina sentivo ripetere sempre queste cose non riuscivo<br />

a capire quale fosse la fortuna di vivere in un ambiente di<br />

provincia lontano e semi isolato dai grandi centri in cui le aspirazioni<br />

e i progetti di un adolescente alla ricerca della propria crescita<br />

personale apparivano più difficili da realizzare.<br />

E io che sognavo la città, la metropolitana, i grandi palazzi, un pò<br />

di rumore dopo anni di “incessante” silenzio, mi sentivo quasi<br />

presa in giro. Poi invece la metropoli l’ho conosciuta davvero,<br />

l’ho anche apprezzata, ma ben presto mi sono resa conto che il<br />

suo fascino è sublime, immediato e poco duraturo.<br />

Ho iniziato così ad odiare quei palazzi che oscuravano il cielo,<br />

quel rumore che, da bambina, mi sembrava segno di vita, è diventato<br />

insopportabile. E poi l’umanità: quella che in periferia è gentilezza,<br />

condivisione, amicizia, in città si trasforma in indifferen-<br />

36


Articolo Marina Rosati<br />

za totale, in vera e propria solitudine. Così da grande ho iniziato<br />

a sognare, quando da bambina insieme alle mie cugine aspettavamo<br />

la Pasqua: la mamma e le zie preparavano le torte e noi pensavamo<br />

ai disegni da fare sulle uova da portare a benedire il sabato<br />

santo. E in estate quando era tempo della battitura del grano<br />

c’era un gran movimento: gli uomini impegnati sull’aia con i<br />

macchinisti e le donne, le vere regine della casa, che davano una<br />

mano fuori ma preparavano il pranzo dentro, pronte a servire a<br />

trebbiatura finita.<br />

Nonne, mamme, sorelle e zie erano le colonne della famiglia,<br />

tanto più in un ambiente tipicamente patriarcale e contadino<br />

come quello umbro la figura femminile conquista la scena: dal<br />

lavoro dei campi alla cucina, dai figli all’impiego fuori casa.<br />

Istantanea del passato non troppo lontana tuttavia dal presente; in<br />

un contesto ancora a misura d’uomo come quello umbro la naturale<br />

evoluzione femminista concilia l’immagine della donna che<br />

lavora con la madre di famiglia. Così ho ricominciato a pensare<br />

ai miei borghi, al misticismo di Assisi e alla pace di Gubbio, alla<br />

suggestione artistica di Spoleto e all’imponenza di Orvieto.<br />

Ho pensato che nessun altra regione per le sue dimensioni, la sua<br />

posizione strategica, il suo ambiente, la spiritualità che i suoi<br />

santi ci hanno lasciato, l’arte e la cultura, la tranquillità ponderata<br />

e non eccessiva, la ricchezza dei suoi paesaggi vale tanto. Non<br />

che il resto d’Italia sia privo di tanta bellezza, ma l’Umbria riesce<br />

a sintetizzare modernità e tradizione, ambiente ancestrale e<br />

qualità, vocazione agricola e piccola rappresentanza industriale.<br />

In Umbria convivono apparenti contraddizioni come il laicismo<br />

universale di Capitini e la spiritualità cattolica di San Francesco<br />

che, superate le strumentalizzazioni politiche, si ritrovano nell’unico<br />

e inconfondibile significato della parola pace. Stanno<br />

insieme la piccola dimensione rurale e l’internazionalismo multietnico<br />

di Assisi, la cultura nostrana e le grandi forme artistiche<br />

di Umbria Jazz e Festival dei Due mondi.<br />

37


Articolo Marina Rosati<br />

Alla luce di tutto ciò credo che questa regione meriti di essere<br />

preservata nel suo Dna, esaltata nelle sue eccellenze e comunque<br />

dotata di quegli strumenti essenziali di godimento e fruibilità<br />

logistica che, adeguatamente conciliati con il territorio, vadano a<br />

comporre il quadro del “perché in Umbria”.<br />

Contemperare questo standard di vita “borghigiano” con la necessaria<br />

evoluzione socio-economica è la “puntata” vincente, sulla<br />

quale tutti, ciascuno per le proprie competenze e responsabilità,<br />

siamo chiamati a scommettere.<br />

38<br />

Marina Rosati


Articolo Sara Biarella<br />

Una gru, dal consueto color ocra, spicca nel gelido cielo di dicembre,<br />

nell’agglomerato edilizio di San Mariano. E la campana della<br />

chiesetta, confusa dai colpi dei martelli pneumatici, batte le sedici.<br />

È compiuta l’ultima ora di lavoro dell’anno 2005, il geometra<br />

è pronto a chiudere il cancello, pochi minuti per raccattare gli<br />

attrezzi, per due giorni si riposa. Ne mancava uno all’appello, lo<br />

chiamarono. Non rispose. Dal quarto piano era sceso al terzo, in<br />

una pozza di sangue. Nessuno aveva sentito colpo, né grido.<br />

Trentatrè anni, e due giorni di agonia. Dal Silvestrini al porto di<br />

Napoli in Mercedes, e l’ultimo viaggio in traghetto verso la sua<br />

isola. Poi al deposito del cimitero del paese, poiché un loculo non<br />

era disponibile al suo approdo. La pioggia battente di gennaio<br />

cancellava la rossa macchia, e arrugginiva il crocefisso, che lui<br />

aveva inchiodato ad una trave di legno. “Niente alcool e sigarette,<br />

neanche una bestemmia!”, racconta un collega conterraneo,<br />

“lui portava Santa Rosalia, qui aveva San Mariano, si sentiva<br />

custodito dai vostri Santi, in una botte di ferro… bensì è tornato<br />

a casa in una bara di legno”. Tra i tintinnii del ferro, la radio trasmette<br />

un motivo di Bennato: “situazioni che stancamente, si<br />

ripetono senza tempo... .” recita il ritornello. È un tentativo per<br />

tornare alla normalità. Il caposquadra la spegne, cogli occhi affaticati<br />

dal dolore sussurra: “al nostro paese c’è la fame, anche suo<br />

padre fa il pescatore, da voi il carpentiere non lo vuole fare nessuno!<br />

Noi abbiamo la partita iva e ci pagano bene”.<br />

Sono ingegneri, periti e geometri, sono salpati dalla Sicilia, dal<br />

Nord-Africa, taluni sono atterrati dall’Europa Orientale, convinti<br />

che l’Umbria sia il paradiso che procura pane e ali, per volare al<br />

di sopra del lastrico. Altri sono immigrati dopo il terremoto, poiché<br />

nelle gare d’appalto i loro preventivi erano i più bassi.<br />

Risiedono in Umbria da anni e colmando il deficit di manodopera<br />

nell’edilizia hanno eretto un’impresa, fabbricato una posizione,<br />

impastando fede e cemento. Perché il binomio “birra e bestemmia<br />

del muratore” è un pessimo luogo comune: lui pregava, man-<br />

39


Articolo Sara Biarella<br />

giava coi colleghi durante la pausa, aveva una moglie, sognava un<br />

erede, metteva da parte, per potenziare il destino che era stato<br />

assegnato. E la sera, dal cantiere, portava alla sposa un sorriso.<br />

Anche lui aveva chiuso gli occhi per sognare, in fondo al cuore:<br />

un figlio, una cravatta al collo, la macchina col mirino, l’azienda<br />

con gli operai.<br />

E neppure il suo crocefisso e San Mariano l’hanno salvato.<br />

Lui che, inchinandosi, si toglieva l’elmetto al sopralluogo di chi,<br />

avendo il nome stampato sul nubile cartello della recinzione,<br />

indossava la cravatta. L’Umbria registra l’assurdo primato di<br />

incidenti mortali sul lavoro, l’attuazione delle norme di sicurezza<br />

spesso scarseggia, i trattamenti previdenziali ed assistenziali<br />

talvolta sono rarità. Si lavora in nero nell’edilizia, soprattutto. Si<br />

muore pure se la legalità è osservata, se Dio chiama.<br />

E il cemento invade le splendide campagne, nasconde la storia,<br />

semina disgrazie. E qualche sedicente “santo” mercanteggia<br />

miracoli sui piani regolatori e sui commi delle leggi conquistate<br />

dai sindacati.<br />

Ma a San Mariano era davvero tutto in regola, si investiva in<br />

sicurezza, soprattutto. “Nel cantiere contiguo gli extracomunitari<br />

lavoravano finanche la notte. Avevano a loro carico un decreto di<br />

espulsione, hanno arrestato i padroni”, confida un muratore, “un<br />

cantiere pulito come il nostro non l’avevano mai visto, c’erano<br />

davvero tutte le protezioni, eppure ci è scappata la sventura”. È il<br />

primo di Febbraio, alla stessa ora del mese precedente, la campana<br />

della chiesa di Torgiano annuncia con pochi sordi rintocchi la<br />

Messa di suffragio. È una musica per pochi amici.<br />

Sono nomi che si scrivono e si cancellano come un’orma nel<br />

deserto, sono gente a cui nessun comune intitola una piazza.<br />

Sudando nel qualunquismo del mestiere, hanno sognato una posizione;<br />

legando al cielo le ruvide mani, hanno consumato un panino<br />

davanti al fuoco, spesso ricolmando le tasche dei padroni.<br />

Il salario equivale ad un metro quadrato, che per molti ha il valo-<br />

40


Articolo Sara Biarella<br />

re della sopravvivenza. Le chiamano “morti bianche” perché non<br />

lasciano traccia, perché succede quando un principe sta visitando<br />

Assisi o è in corso un congresso politico a Perugia, quando la<br />

stampa è impegnata altrove, o perché tutto ciò fa scarsa notizia.<br />

E sono rischi che le donne non corrono. Sono i nostri padri, fratelli,<br />

mariti e amici.<br />

Ignote iscrizioni sepolcrali, che non si notano. Angeli che nella<br />

terra hanno investito l’ambizione per elevare un solaio, per schermare<br />

un tetto, poveri diavoli che volano dai ponteggi, senza ali<br />

né aureola, quelli che hanno innalzato le regge dei soliti noti,<br />

coloro che dal paradiso ci gridano che tutto poco importa.<br />

Sono soprattutto ricordi, che svaniscono, come il sangue che<br />

hanno lasciato sul cemento.<br />

Oggi è l’unica musica che echeggia tra quei puntelli, un sorriso<br />

che intiepidisce questi glaciali attimi, in uno dei numerosi cantieri<br />

di San Mariano. Pure lui, da anonimo, era in Umbria per cambiarne<br />

i tratti e, più di tutto, la sua esistenza.<br />

E perché anche oggi, stupito, ci rivolge lo sguardo, sorride, inchina<br />

il capo togliendo l’elmetto. Perché Gaspare neppure questo si<br />

aspettava.<br />

Sara Biarella<br />

41


Articolo Carmela Neri<br />

Cieli, cieli infiniti sorvolano l’Umbria dei borghi e dei colli, del<br />

lago e delle città. Guardarli è impossessarsi di un pezzo di divino.<br />

Tutto questo azzurro solcato di nubi estive “leggere e vaganti”,<br />

di gelidi e rossi tramonti invernali riflessi sulle acque dei<br />

fiumi, di livide, rugiadose albe d’autunno, dell’umida primavera<br />

delle mimose e dei fiori di ciliegio, sovrasta un paesaggio lineare,<br />

remoto, macchiaiolo, fatto di pietra e vegetazione, connubio<br />

di aerea santità e terragna bellezza.<br />

Sublime e semplice, “naturalmente” spirituale, così l’Umbria;<br />

come i suoi poeti, i suoi santi, la sua cucina, la sua gente le sue<br />

feste. Ed è facile, attraversando per caso una delle tante strade<br />

vicinali che ricamano la dolcezza rotonda delle colline – care al<br />

Perugino e a Dottori, a Duccio e Giotto e a Signorelli, Raffaello,<br />

Pier della Francesca, Ghepardi – o delimitano le piane piatte e<br />

ordinate delle valli fluviali, tra filari di olmi e querce, capire perché<br />

in questi luoghi si pensa e si costruisce la pace, si ritemprano<br />

corpo e mente, ci si riconnette con il proprio mondo interiore,<br />

accedendo ai sentieri più nascosti del paesaggio e del cuore con<br />

la stessa intima gioia che fece dire a Jacopone: “O iubelo de core,<br />

/ che fai cantar d’amore! / Quanno iubel se scalda, / si fa l’omo<br />

cantare, /e la lengua barbaglia / e non sa che parlare: / dentro non<br />

pò celare, / tant’è granne “l’dolzore”.<br />

Qui San Francesco, dantesco sposo di Madonna Povertà, predicatore<br />

d’umiltà e carità, nudo e scalzo, da cotanta privazione trasse<br />

messaggi di straordinaria pienezza: “Laudato sì, mi Signore, per<br />

frate vento / et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, / per<br />

lo quale a le tue creature dai sustentamento... .”<br />

Per non tacere di San Benedetto da Norcia, che in un mondo<br />

devastato e in ginocchio, con due sole parole – “Ora et labora” –<br />

dissolse le nebbie barbariche rifondando cultura latina e, insieme,<br />

spirito ed economia europei.<br />

In Umbria la santità, l’eroismo, partono dal basso per arrivare<br />

ovunque. E il “basso” è spesso, materialmente, proprio la terra,<br />

42


Articolo Carmela Neri<br />

quella, ancora, semplice e francescana, come l’acqua “utile et<br />

umile et preziosa et casta”, e che “produce diversi fructi con coloriti<br />

flori et erba”. Terra ombrosa, boschiva, selvaggia, di poche<br />

parole, di molti fatti, che da un secolo invita il visitatore sull’onda<br />

di un piccolo “bacio” di cioccolata, promessa d’intrigo e d’amore<br />

e segno d’antico genio imprenditoriale, trattenendolo poi in un<br />

cammino a ritroso per strade rupestri in cui, tra vigneti e boschi<br />

carichi di funghi e castagne, roseti profumati s’inerpicano lungo le<br />

facciate sregolate e petrose di cinquantacinquemila casali di poggio,<br />

montagna o pianura, costruiti della pietra calcarea o arenaria<br />

del nord o del vulcanico tufo sud-occidentale, sovrastati di “coppi”<br />

di terracotta freschi di fornace, testimoni a cielo aperto di una produttività<br />

umile, mezzadrie, da sempre solida spina dorsale di una<br />

regione aspra e appenninica, ma anche fluviale e lacustre, traversata<br />

da ampie vallate un tempo paludose e poi, da etruschi e romani,<br />

rese fertili, agevoli, comunicative. Almeno quanto le montagne<br />

restavano alte, dure, inaccessibili, intrichi di pini, abeti, lecci e<br />

faggi battuti da gelidi venti, piegati da pesanti nevicate come dal<br />

primo sole, dalle precoci gemme di primavera; e disseminate di<br />

leggende, canti, canzonature, stornelli, magie, Sibille, mentre il<br />

cocchio di Ponzio Pilato trainato da cavalli impazziti, evocato in<br />

un febbricitante immaginare, spariva negli inghiottitoi carsici della<br />

piana di Castelluccio... .<br />

Un mondo mercantile e aristocratico in città, capace di lussi e<br />

audacia militare e politica... .<br />

Un mondo soprattutto povero e contadino a ogni latitudine della<br />

campagna, che ha vissuto di poco per interi millenni, e da quel<br />

poco oggi trae la ricchezza di agriturismi, torri e castelli riadattati<br />

in residenze d’epoca. Nati perché, dalle opulente città, i mercanti,<br />

tra il XV e il XVIII secolo, amarono edificare nel contado case<br />

per il loro riposo, e per la produzione agricola: costruzioni fatte a<br />

immagine e somiglianza di quelle cittadine dotate di eleganti scalinate<br />

esterne, archi, loggette, porticati e torri colombaie, d’una<br />

43


Articolo Carmela Neri<br />

ruralità quasi signorile, ripetuta poi nei secoli secondo disegni<br />

tradizionali, e ancora splendide agli occhi di chi le guarda, sperdute<br />

nell’insediamento sparso d’ascendenza germanica e feudale<br />

che denota una tendenza antica della gente umbra allo ‘understatement’,<br />

alla distanza e alla riservatezza, spesso anticamera di<br />

vera spiritualità.<br />

Così l’Umbria è terra di case rurali e, insieme, di santuari, abbazie,<br />

conventi, eremi, romitori, grotte, dove a lungo santi ed eremiti<br />

più o meno noti si isolavano in preghiera, tra sofferenze,<br />

dubbi atroci della fede, meditazioni e tormenti, mute domande e<br />

imperscrutabili soliloqui con Dio.<br />

Ma è anche terra di fede giocosa, di feste e sarabande, saltarelli e<br />

madrigali, nelle aie e nei palazzi, nelle corti e nei castelli; come<br />

di balli di carnevale in dimore nobiliari, piazze e teatri; di feste a<br />

tema che illuminano le calde sere di una troppo breve estate.<br />

Santità mista a paganesimo, trasgressione rimata a devozione...sottili<br />

linee, tremuli percorsi tra ciò che avvicina a Dio e ciò che è<br />

umano, troppo umano... .<br />

Vantaggi duplici di una terra essenziale come una lirica di<br />

Montale, che sa arrivare all’anima, sa prenderti con niente, col<br />

bambino che, vestito da angelo, sta serio vicino alla capanna nel<br />

presepe vivente di Natale... o che, nelle notti d’aprile, brandendo<br />

una fiaccola, segue le processioni pasquali segnate dal funereo<br />

ritmare delle confraternite... .<br />

Infine, che ti entusiasma facendo correre i suoi santi preferiti, in<br />

un tifo da stadio, su alti ceri; o travestendosi in solenni cortei<br />

medievali, rinascimentali o barocchi; cimentandosi con archi e<br />

balestre; o lanciando in alto bandiere a scacchi colorati e, al<br />

suono dei tamburi, spronando al galoppo cavalli arabi e spagnoli<br />

in giostre, palii e quintane, alla conquista d’anelli e onore contro<br />

i saraceni.<br />

Terra di duellanti rioni e terzieri, gaite e guaite, mercati e fiere<br />

medievali; di devoti “faoni”, i fuochi che a Norcia illuminano di<br />

44


Articolo Carmela Neri<br />

notte il passaggio della Madonna di Loreto; e di beneaugurali<br />

“pasquarelle” cantate dai ragazzi la vigilia dell’Epifania, bussando<br />

di casa in casa... .Terra di “palombelle” orvietane del Corpus<br />

Domini, evocanti il vicino miracolo di Bolsena, e delle pentecostali<br />

infiorate di Spello, Città della Pieve, Cannara... . Religione<br />

frammista a rievocazioni storiche, feste di piazza, scatenati carnevali,<br />

sagre paesano... . Come la dolce festa di San Martino, che<br />

tra le brume di novembre, un pò ovunque, a S.Martino in Colle<br />

come a Bastia, rievoca un gesto di cristiana carità offrendo a tutti,<br />

prosaicamente, vino nuovo, “arvoltoli” e castagne. È qui che il<br />

sacro convive con la storia, anche violenta o sensuale, sempre e<br />

comunque; come nel castello dei Cavalieri di Malta di Magione,<br />

che ristorava pellegrini in viaggio verso Roma o crociati in partenza<br />

per Monte Sant’Angelo e Gerusalemme, a difesa della cristianità.<br />

O come nella magia dei “Calendimaggio” assisani, in cui<br />

dalle sfide medievali tra le parti “de sopra” e “de sotto” spunta,<br />

botticelliana e pacificatrice, Madonna Primavera, simile alle crinite<br />

Maddalene rossovestite, alle fiorenti Agate, Lucie e Caterine,<br />

alle bionde sognanti Vergini dagli azzurri mantelli dipinte e scolpite<br />

della Galleria Nazionale dell’Umbria...simulacri di fanciulle<br />

fatali, muse di pittori, nei cui occhi si specchiano i colli tracimanti<br />

d’ulivi, macchie color verde-salvia che inghirlandano il<br />

Trasimeno, Perugia, la Valtiberina da Città di Castello a Trevi, a<br />

Spoleto... .Terre d’olio, e di vini bianchi (etruschi) e rossi (romani)<br />

da Torgiano a Montefalco, da Orvieto a Todi, da Città di<br />

Castello a San Martino in Colle, da Spoleto a Marsciano... .<br />

Terre di colture biologiche, erbe officinali, di grano e fieno,<br />

foraggi, e campi infiniti di papaveri e girasoli. Prodotti arcaici e<br />

naturali, che portano a tavola dolci poco elaborati, ricette vecchissime,<br />

da fare anche in casa, imparando dalle nonne, e quasi<br />

sempre coincidenti con la festa di qualche patrono (forse per i trecentodiciott’anni<br />

di dominio pontificio?), con qualche ricorrenza,<br />

come i torcoli perugini di San Costanzo, le “ciaramicole” di<br />

45


Articolo Carmela Neri<br />

Pasqua, i torciglioni e le folignati rocciate di Natale adagiati sui<br />

piatti di ceramica gualdese o derutese, con tovagliette di tombolo<br />

del Trasimeno o pizzo d’Orvieto; i tozzetti da gustare col vinsanto,<br />

le mandorlate “fave dei morti”, gli aromatici panpepati natalizi<br />

amerini e ternani, le “cialde” all’anice di carnevale, versione<br />

“secolarizzata” e zuccherata dell’ostia benedetta... .<br />

Religione “gastronomica”, da consumare dopo la pasta fatta in<br />

casa, farro e lenticchie, risotti alle erbe, prosciutto e tartufo, arrosti<br />

alla brace e porchetta longobarda di Costano, crostini di fegatini<br />

di pollo, “imbrecciate” fontignanesi di legumi, accompagnati<br />

da torte pasquali al formaggio (portate a benedire in chiesa il<br />

Sabato santo) o cotte al “testo” di pietra, le cui varianti eugubine<br />

e tifernati sono le quasi marchigiane “crescia” e “ciaccia sul<br />

panaro”... .Ha origini millenarie – nelle vecchie cucine rustiche di<br />

campagna col grande caminetto, dove oltre che stare “a veglia”<br />

nelle fredde sere invernali, a raccontare, bere e scherzare, si cucinava<br />

la straordinaria sapienza e cultura alberghiera e della ristorazione<br />

legata all’antica capacità delle famiglie patriarcali contadine<br />

di preparare ogni giorno, e con pochi mezzi, pasti per nuclei parentali<br />

allargati anche a trenta-quaranta persone, che raddoppiavano per la<br />

mietitura e la battitura, o la raccolta delle olive in novembre... .<br />

Ed è forse nell’intimità sommessa di quel focolare notturno che resta,<br />

ancora, nei discorsi tra amici, o nella solitaria ipnosi indotta dal fissare<br />

la fiamma, il senso profondo della meditazione sulla vita, un’adesione<br />

più viva e sincera alle “voci di dentro”, troppo spesso nel mutilare<br />

d’oggi nascoste e, come la nostra povera “animula vagula blandula”,<br />

dimenticate... .<br />

Chissà come quei fuochi notturni parlarono a Francesco e Chiara,<br />

Benedetto e Scolastica, Angela e Valentino, vescovo e patrono di<br />

Terni e degli innamorati. Giacchè anche le loro storie di fede sono<br />

popolari, intrise di piccole cose, della vita di ogni giorno che<br />

vediamo, ancora intatta, riflessa nelle “laude” medievali come nei<br />

“fioretti” di Francesco, nella vita di Santa Rita dilaniata dalle faide<br />

46


Articolo Carmela Neri<br />

di famiglia; o nella “Donna de Paradiso” di Jacopone, madre<br />

addolorata e piangente come doveva averne viste lui stesso il<br />

giorno in cui, nel fior degli anni, scampò per caso al crollo di un<br />

pavimento durante una festa da ballo, in cui tanti giovani come<br />

lui – tra cui la stessa, amata moglie – persero la vita.<br />

Carmela Neri<br />

47


ARTICOLI VINCITORI<br />

I EDIZIONE PREMIO LETTERARIO INSULA ROMANA<br />

“PIA BRUZZICHELLI”<br />

49


Articolo Ida Gentile<br />

In Umbria per diventare più forte e dare così anche forza agli<br />

altri: non è una donna comune la presidente della Comunità di<br />

Capodarco di Perugia, Francesca Bondì. A renderla speciale non<br />

è stata la difterite che l’ha colpita a sei anni, ma il fatto che nel<br />

lungo tempo della malattia abbia trovato la forza di resistere e<br />

vincere per poi aiutare molte persone in difficoltà a causa di<br />

malattie. Dal giorno in cui, mentre andava a scuola, non è più riuscita<br />

a muovere nessuna parte del corpo sono passati quasi 40<br />

anni. Quella bimba siciliana di cinque anni che non poteva più<br />

camminare da allora di strada ne ha fatta tanta: è guarita grazie a<br />

lunghe cure che l’ hanno obbligata a stare lontano dalla sua famiglia,<br />

prima a Palermo nel cosiddetto “ospizio marino” e poi in<br />

Umbria, nell’istituto per poliomielitici di Colle Umberto, nelle<br />

vicinanze di Perugia, dove ha continuato gli studi. In seguito ha<br />

dato vita ai centri diurni d’accoglienza per persone con disabilità,<br />

ed ai gruppi famiglia della Comunità di Capodarco di Perugia.<br />

Da poco c’è anche “La casa del Nibbio” – il sogno di Francesca<br />

– la prima residenza umbra dove soggetti con problematiche<br />

gravi potranno vivere in modo autonomo aiutati da alcuni operatori.<br />

“Prima della malattia – ha raccontato Francesca – ero una<br />

bambina felice. Vivevo a Ventimiglia, un paesino nella campagna<br />

siciliana dove mi conoscevano tutti. La mia era una famiglia tranquilla.<br />

Dopo la malattia i miei genitori mi hanno ricoverata in un<br />

istituto dove potevo ricevere cure adeguate. In quel posto, ho<br />

conosciuto la mancanza di rispetto ed i soprusi che sono costretti<br />

a subire i bambini e le persone che, a causa di una malattia, non<br />

possono difendersi. “Per anni – ha osservato – mi sono sentita<br />

prigioniera senza aver mai commesso nessun reato e quando tornavo<br />

a casa per le vacanze mi sentivo un ospite che aveva poca<br />

confidenza con i propri familiari”. Dall’ospizio marino Francesca<br />

è stata poi trasferita nell’istituto per poliomielitici di Colle<br />

Umberto, dove è rimasta fino a 18 anni, l’età in cui ha conseguito<br />

il diploma di maestra elementare.<br />

51


Articolo Ida Gentile<br />

“Dopo la maturità sarei dovuta tornare in Sicilia – ha riferito –<br />

ma volevo rimanere a Perugia per laurearmi e poi lavorare. Non<br />

potevo contare sull’appoggio dei miei genitori e non avevo nessuna<br />

possibilità economica per stare fuori casa”. Poi la svolta.<br />

“Dall’istituto uscivamo due volte l’anno – ha raccontato – per<br />

andare alla Standa, a Perugia, dove facevamo piccoli acquisti. In<br />

quell’occasione ho notato la sede della Regione Umbria e così ho<br />

imboccato la porta ed ho chiesto un colloquio con qualcuno che<br />

potesse aiutarmi. Mi ha ricevuta l’assistente sociale che ha trovato<br />

un posto nella Comunità di Capodarco di Gubbio per me e ed<br />

altre amiche che vivevano con me nell’istituto di Colle Umberto”.<br />

È iniziato così il percorso di Francesca nella Comunità. Da Gubbio<br />

a Perugia il passaggio è stato breve: “In un primo momento io e le<br />

mie compagne – ha raccontato Francesca – abbiamo dato vita al<br />

primo nucleo abitativo in via del Lavoro, poi è stata la volta de “la<br />

collina” a Prepo, il primo gruppo diurno per disabili del comprensorio”.<br />

La presidente di Capodarco ha ricordato che, grazie all’aiuto del<br />

parroco di Prepo, don Peppe Gioia, lei e le sue amiche hanno<br />

sistemato una vecchia casa abbandonata dove, in seguito, sono<br />

state ospitate una decina di persone con disabilità. “I primi anni<br />

sono stati durissimi – ha detto – lavoravo e studiavo nello stesso<br />

tempo. La difficoltà più grande era far quadrare il bilancio perché<br />

i soldi erano veramente pochi e le necessità tante. Ma mi sosteneva<br />

il desiderio enorme di accudire con affetto chi non può<br />

difendere i propri diritti e non può comunicare i propri bisogni:<br />

un anziano, un disabile o un bambino. Nell’ospizio marino ne<br />

avevo subite veramente tante. Ci facevano sentire un nulla ed era<br />

terribile visto che conoscevo i miei diritti”. Francesca ce l’ha fatta:<br />

si è laureata in pedagogia con 110 e lode, nel 2000 si è resa indipendente<br />

dalla Comunità di Capodarco di Gubbio ed è diventata la<br />

presidente della Comunità di Perugia, che ora vanta tre centri diurni<br />

frequentati da 34 persone ed un gruppo famiglia che segue 7<br />

52


Articolo Ida Gentile<br />

soggetti con disabilità psichica. “La casa del Nibbio” è l’ultima<br />

nata: “Il luogo in cui anche chi non è autosufficiente può realizzare<br />

il suo bisogno di essere indipendente perché tutti abbiamo il<br />

diritto di dare sfogo al nostro desiderio di libertà.<br />

Mi dispiace immaginare che persone adulte debbano continuare<br />

a vivere con i genitori solo perché non sono autosufficienti – ha<br />

detto. Tutte le persone, anche quelle con disabilità, sentono il<br />

bisogno di condurre una vita da adulti e di avere una casa propria<br />

e chi non può farcela da solo deve essere aiutato”.<br />

Francesca Bondì ha trovato in se stessa la forza di resistere e vincere<br />

sulla sua malattia. Ama definirsi una Cenerentola, non solo<br />

perché è bionda e con gli occhi azzurri, ma perché ha realizzato<br />

il suo desiderio più nascosto. E non è stata solo fortuna.<br />

Ha anche incontrato “il principe azzurro”,si è sposata ed è diventata<br />

mamma<br />

Nella foto Federico Fioravanti – Direttore Corriere dell’Umbria<br />

consegna a Ida Gentile prima classificata Premio Giornalistico<br />

<strong>Bruzzichelli</strong>, il premio offerto da Vacantioner Viaggi Bastia<br />

Umbra.<br />

53


Articolo Giulia Ivanov<br />

Perché l’Umbria? È come chiederti perché ti sei innamorata di<br />

quella persona, si proprio di quella.<br />

Ci sono mille e nessuna risposta. È la miscela sottile dei colori e<br />

dei profumi. È la luce che accarezza e taglia i paesaggi in un susseguirsi<br />

di chiaroscuri. Sono gli spazi che le colline ti lasciano<br />

intravedere, è la sua gente, semplice, con la riservatezza e la solidità<br />

della gente della montagna, pochi fronzoli, come nell’architettura<br />

di pietre pulite e tagliate spontaneamente che contraddistinguono<br />

i suoi borghi medievali; le strade strette, inerpicate, e<br />

gli squarci di cielo dove immagini che basta allungare solo un pò<br />

le dita per toccarlo. Sono i silenzi che diventano voci dentro di te.<br />

Una visione romantica? Stereotipata? In certi momenti forse,<br />

quando la riservatezza ti appare ostilità e diffidenza, quando dalle<br />

colline o dalla campagna piombi nei sobborghi periferici delle<br />

città e ti chiedi con sgomento dove abiti lo spirito di pace e di<br />

riflessione che ti pervade camminando nei suoi boschi, lungo le<br />

rive dei corsi d’acqua e sulle sponde del suo lago dalle infinite sfumature,<br />

o quando tu, anche non praticante, entrando nelle sue chiese<br />

non puoi fare a meno di sentire la presenza del soprannaturale e<br />

dell’infinito.<br />

Sono passati più di vent’anni da quando un colpo di fulmine mi<br />

spinse a scegliere l’Umbria quale paese d’adozione e, ancora oggi,<br />

ogni volta che, uscendo dal buio della galleria di S. Faustino, si<br />

delinea davanti agli occhi l’acropoli con i suoi palazzi imponenti e<br />

i campanili che dominano la collina, sento dentro di me un’emozione<br />

intensa, come la luce di quel lontano sole agostano nel quale<br />

per la prima volta conobbi l’Umbria.<br />

In questi anni ho assistito a molti cambiamenti, talvolta brutali,<br />

ho visto colline d’olivi trasformarsi in agglomerati di cemento<br />

senza personalità, ho visto supermercati e banche soffocare gli<br />

antichi ritrovi nelle vie cittadine, ho visto l’asfalto avanzare come<br />

un fiume in piena e mi chiedo cosa facciamo per fermare questa<br />

corsa verso una nuova impersonale identità.<br />

55


Articolo Giulia Ivanov<br />

La natura è ancora forte, presente, e probabilmente riuscirà a resistere<br />

agli attacchi scellerati cui è sottoposta; guardo Assisi adagiata<br />

nel suo biancore sulle pendici del Subasio e sento la presenza<br />

di Francesco e Chiara chiamati dalla voce di Dio. Ripercorro<br />

sentieri deserti e ascolto le voci di anime lontane, mentre nelle<br />

sue pietre vetuste leggo la storia degli uomini e delle donne<br />

umbre che è poi la nostra storia fatta di fatiche e di speranze.<br />

Ecco, la speranza è il sentimento a cui faccio appello nell’augurarmi<br />

che non vadano perdute le peculiarità di questa terra per<br />

inseguire sogni di un progresso a tutti i costi.<br />

Ci sono molti luoghi dell’Umbria che rappresentano un’oasi di<br />

pace e per il nostro spirito, dove possiamo ancora trovare il<br />

tempo di ascoltare noi stessi e sono proprio questi luoghi che<br />

affascinano e attraggono i nuovi abitanti.<br />

Innumerevoli volte mi sono sentita chiedere il perché di questa<br />

scelta: «sei sposata con un umbro?».<br />

«No!» «E allora perché?» ripetono i miei interlocutori, sorpresi<br />

essi stessi che l’Umbria, terra chiusa, difficile nel passato anche da<br />

raggiungere, terra di emigranti, sia diventata nel tempo luogo di<br />

accoglienza desiderato e cercato da italiani e stranieri.<br />

«Perché l’Umbria non si spiega – rispondo – dell’Umbria ci si<br />

innamora.»<br />

56


Articolo Giulia Ivanov<br />

Nella foto da sinistra, Daniela Brunelli Presidente Proloco<br />

Bastia Umbra, Francesco Lombardi Sindaco del Comune di<br />

Bastia Umbra, Lina Franceschini – Sponsor dell’iniziativa (Villa<br />

Salus dimora di San Crispino Resort e Spa) premiano la seconda<br />

classificata Giulia Ivanov.<br />

57


Articolo Anna Lisa Rossi<br />

Il primo fu Dante Alighieri verso il 1318 o 1320, due o tre anni<br />

prima di morire. Dopo di lui nessuno è riuscito a tratteggiarla con<br />

altrettanta iconica plasticità: “Però chi d’esso loco fa parole, / non<br />

dica Ascesi, che direbbe corto, / ma Oriente, se proprio dir<br />

vuole.” È il canto XI del Paradiso, dove San Tommaso tesse le<br />

lodi di San Francesco. “Ascesi, sineddoche mistica per definire il<br />

luogo trasfigurato dall’aver dato i natali al serafico Fraticello,<br />

geograficamente è in ascesi: “Fertile costa d’alto monte pende”<br />

scrive il Poeta per indicare il monte Subasio, sacro agli Umbri<br />

preistorici che vi salivano per i loro riti. Sulle sue pendici boscose<br />

vissero antichi stregoni, guaritori, sacerdoti e sacerdotesse;<br />

poi, dai primi secoli cristiani, monaci ed eremiti celebrarono i riti<br />

della fede per le popolazioni impaurite dalla violenza della natura,<br />

dalle malattie, dall’uomo stesso.<br />

Passarono quindici, forse venti secoli, vennero Francesco e<br />

Chiara che dal monte di Assisi gridarono al mondo un messaggio<br />

di povertà e di amore, la Povertà di Cristo, l’Annuncio del suo<br />

Evangelo. In tanti li seguirono, scalzi e vestiti del saio cinto del<br />

cordone tre volte annodato, segno di povertà castità e obbedienza,<br />

a sequela – difficile e talora infedele – della Perfetta Letizia;<br />

innalzarono chiese monumentali, affrescate da Giotto e Cimabue,<br />

scolpite dai maestri Comacini per la catechesi al popolo illetterato<br />

e stupefatto.<br />

La fusione d’arte e di spiritualità propria di Assisi fu talora<br />

misconosciuta: nel Settecento gli intellettuali europei che praticavano<br />

il laico pellegrinaggio del “Gran Tour”, trascurarono quel<br />

misero borgo medievale: Wolfgang Goethe vi si fermò per ammirare<br />

le forme classiche del tempio della Minerva, ma nel suo<br />

“viaggio in Italia” non c’è traccia di Francesco e delle sue chiese.<br />

Il secolo seguente ritrovò Assisi e il suo poverello soprattutto<br />

a partire dal 1818, quando dalle fondamenta della Basilica inferiore<br />

ne emerse la sepoltura. Da allora fu un crescendo di fervore<br />

lungo la “fertile costa”, una vera fioritura – come le ginestre a<br />

58


Articolo Anna Lisa Rossi<br />

maggio – quando, erano gli anni Sessanta del Novecento, Papa<br />

Giovanni scese pellegrino sulla tomba del fraticello e dal concilio<br />

Ecumenico Vaticano II partì la spinta per il ritorno ad una<br />

chiesa più evangelica e aperta all’uomo, più povera e attenta agli<br />

ultimi, vittime dello sfruttamento e della crudeltà di tutte le guerre.<br />

Il messaggio di pace lanciato dalla piccola città “lucerna sul<br />

Monte”, voce di religioni e culture diverse, viene da allora<br />

espresso in forme grandiose – le marce della pace, gli incontri<br />

ecumenici voluti da Giovanni Paolo II – e minime, nascoste,<br />

umili risposte al richiamo della fede. Come quella di Maddalena<br />

che negli anni settanta giunge a Spello, attratta da Francesco e da<br />

Fratel Carlo Carretto, lì approdato dopo l’esperienza del deserto.<br />

Maddalena viene dalla Francia in quegli anni scossa da fermenti<br />

del Sessantotto le cui radici affondano nell’immediato dopoguerra,<br />

quando lei, universitaria alla Sorbona, incontra le filosofie<br />

materialiste allora dominanti e ne subisce il fascino, ma anche<br />

una devastazione dell’anima e del corpo dalla quale uscirà con<br />

una sofferta e totale conversione a Cristo. Il suo “maggio” rivoluzionario<br />

Maddalena lo mette in marcia dentro di sé, dedicandosi<br />

ai miseri, barboni e lavoratori magrebini del porto di Nizza,<br />

quando capisce che la più grande contestazione è donare se stessa<br />

ai deboli e ai rifiutati che la vita pone sulla nostra strada.<br />

In Umbria Maddalena prova a rispondere alla chiamata di Dio,<br />

fattale per bocca del suo direttore spirituale, un gesuita combattente<br />

per la fede e la povertà del mondo. A Spello la sua vocazione<br />

si concretizza nella casa della povera gente, in via della Povera<br />

Vita: un edificio fatto con la pietra grezza e rosea del monte, nel<br />

centro storico, ampliato ed adattato, estremamente semplice,<br />

enormemente accogliente, dove chi non ha tetto può trovare per<br />

una notte un letto, sempre un pasto caldo, consumato insieme a<br />

Maddalena, a Ester e Claudia che con lei condividono la scelta di<br />

vivere ultime tra gli ultimi, ad Alessandro, marito e sponsor delle<br />

sue scelte, ai gatti Nuvola, Pascià, al cane Neige.<br />

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Articolo Anna Lisa Rossi<br />

Una minuscola “arca di Noé” che galleggia sicura fra le tempeste,<br />

oasi di silenzio nel frastuono confuso del mondo, dove molti<br />

sostano in cerca di segni di pace e semplificazione.<br />

Perché Maddalena stessa è l’icona della semplicità, con il suo<br />

volto marcato dagli anni dove gli occhi brillano di serenità: i<br />

capelli raccolti all’antica, le gonne ampie, i maglioni fatti a mano,<br />

infilati su braccia sempre pronte ad accogliere.<br />

E il sorriso, soprattutto.<br />

La vita in via della Povera Gente è fondata sui pilastri della preghiera<br />

e dell’adorazione dell’Eucaristia, posta nella piccola cappella<br />

al centro della casa.<br />

Per il resto piccoli lavori domestici, letture e conversazioni con gli<br />

ospiti. Maddalena ha scritto diversi libri, non per vanto “mi sento<br />

un miserabile strumento del Signore!”, ma per obbedienza alle<br />

guide spirituali e per condividere e restituire la grandezza del dono<br />

ricevuto.<br />

Per le stesse ragioni ha aperto un sito web, www.maddalenadispello.it,<br />

al quale si può accedere per navigare nei mari dello spirito o,<br />

semplicemente, fare un pò di pausa interiore.<br />

Lasciando via della Povera vita, mentre fuori, si diffonde la luce<br />

dorata del tramonto che ricopre di ombre e di silenzio Spello,<br />

Assisi e, più giù, la piana brulicante di vita, si prova la sensazione,<br />

la certezza, che il messaggio di Francesco (e di Chiara) abbia trovato<br />

un testimone nel nostro tempo.<br />

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Articolo Anna Lisa Rossi<br />

Nella foto Fabio Gialletti, titolare delle Ceramiche Pinturicchio<br />

Deruta premia la terza classificata, Anna Lisa Rossi.<br />

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MOSTRA CONCORSO DI PITTURA<br />

“VIVERE L’UMBRIA SEZ. ROBERTO QUACQUARINI”<br />

IN COLLABORAZIONE CON IL GRUPPO AMICI DELL’ARTE<br />

BASTIA UMBRA ABBINATA AL PREMIO LETTERARIO<br />

NAZIONALE<br />

“INSULA ROMANA”<br />

PROGETTO INTEGRATO PER LA VALORIZZAZIONE DEL<br />

TERRITORIO<br />

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Margherita Ferracci<br />

Margherita Ferracci<br />

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Orfeo Santoni<br />

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Orfeo Santoni


Giuliano Belloni<br />

Giuliano Belloni<br />

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Carlo Fabio Petrignani<br />

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Carlo Fabio Petrignani


Silvana Jafolla<br />

Silvana Jafolla<br />

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Marco Giacchetti<br />

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Marco Giacchetti


Ringraziamenti<br />

Un ringraziamento agli Sponsor dell’iniziativa letteraria:<br />

Vacantioner Viaggi Bastia Umbra<br />

Giulio Franceschini - Villa Salus - Le Dimore di San Crispino<br />

Resort e SpA<br />

Ceramiche Pinturicchio Deruta<br />

Si ringrazia per l’operato la giuria tecnica della prima edizione<br />

del Premio <strong>Bruzzichelli</strong> composta da:<br />

Luigi Bovo, Roldano Boccali, Clotilde Ceccomori,<br />

Federico Fioravanti, Edi Peterle, Maurizio Terzetti<br />

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Biografia <strong>Pia</strong> <strong>Bruzzichelli</strong><br />

Nata a Montepulciano (SI), ha partecipato<br />

alla Resistenza.<br />

Si è laureata nel 1945 in lettere moderne<br />

a Roma.<br />

Sin dal 1947 e per parecchi anni nella<br />

Pro Civitate Christiana, attraverso<br />

contatti con gli artisti, la realizzazione<br />

di mostre, convegni e pubblicazioni;<br />

ha contribuito alla formazione delle<br />

raccolte della Galleria d'arte contemporanea<br />

della Cittadella.<br />

I suoi numerosi articoli su “Rocca”<br />

hanno parlato di Cristo attraverso la<br />

bellezza.<br />

Sposatasi con Luigi Bovo, con lui aveva creato un centro di<br />

incontri e studi a San Fortunato, nelle colline prossime ad Assisi.<br />

Di lassù, e nella successiva residenza a Bastia Umbra, aveva condotto<br />

una vasta attività culturale anche in seno all’associazione<br />

Proloco di Bastia Umbra, sempre attenta agli umori culturali, alle<br />

problematiche femminili e allo scenario politico contemporaneo.<br />

È stata per lungo tempo membro della Società Teologica Italiana.<br />

Iscritta all’albo dei giornalisti dal 1960 è stata presidente della<br />

Cooperativa Libera Stampa.<br />

Ha diretto il mensile Umbria dal 1990 al 1996.<br />

È mancata l'11 febbraio 2005.<br />

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