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Testi libretto - Ottavio de Carli

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e angosciato, e anticipa il clima ossessionato <strong>de</strong>l terzo movimento, che cita lontanamente<br />

un tema <strong>de</strong>lla famosa sonata beethoveniana eseguita nel momento <strong>de</strong>l <strong>de</strong>litto, ma con i<br />

toni distorti di una psiche ormai sconvolta dalla gelosia. Nell’ultimo movimento il<br />

dramma si compie: la frammentazione <strong>de</strong>l discorso si fa ossessiva e sempre più<br />

angosciata, fino al drammatico epilogo che chiu<strong>de</strong> bruscamente l’intera composizione.<br />

Il secondo brano in programma è di un autore contemporaneo forse non molto conosciuto<br />

dal pubblico italiano, ma piuttosto noto nel mondo anglosassone. Formatosi come<br />

clarinettista presso il Royal Manchester College of Music, Sir Harrison Birtwistle nel<br />

1965 ha abbandonato lo strumento per <strong>de</strong>dicarsi interamente alla composizione.<br />

Trasferitosi a Princeton, vi ha completato l’opera Punch and Judy, che assieme a Verses<br />

for Ensembles e The Triumph of Time l’ha consacrato come uno <strong>de</strong>i più stimati<br />

compositori <strong>de</strong>l mondo britannico contemporaneo.<br />

Autore <strong>de</strong>lla monumentale tragedia lirica The Mask of Orpheus, messa in scena<br />

all’English National Opera nel 1986, Birtwistle ha in seguito composto altre opere di<br />

ampio respiro, come Gawain, The Second Mrs Kong, o Earth Dances per orchestra. Altri<br />

lavori importanti sono stati Exody, eseguito per la prima volta dalla Chicago Symphony<br />

Orchestra diretta da Daniel Barenboim, Panic trasmesso nel 1995 dalla BBC in<br />

mondovisione per un audience di almeno cento milioni di persone, e The Shadow of Night<br />

commissionatagli dalla Cleveland Orchestra diretta da Christoph von Dohnányi.<br />

Da oltre vent’anni la sua musica suscita l’interesse di musicisti quali Pierre Boulez,<br />

Daniel Barenboim, Christoph von Dohnányi, Oliver Knussen e Sir Simon Rattle, e molte<br />

sue opere sono state commissionate ed eseguite in importanti rassegne (i BBC Proms, i<br />

Festival di Salisburgo, Glyn<strong>de</strong>bourne, Lucerna, e numerosi altri), realizzando nel<br />

contempo incisioni per prestigiose case discografiche quali Decca, Philips, Deutsche<br />

Grammophon, Tel<strong>de</strong>c, CPO, ecc. Oggi è Direttore <strong>de</strong>l dipartimento di Composizione alla<br />

Royal Aca<strong>de</strong>my of Music di Londra. Lo stile <strong>de</strong>l suo linguaggio è difficilmente<br />

classificabile, ma si è parlato di influenze inizialmente di Stravinskij e Messiaen e<br />

soprattutto di Edgar Varèse, per la tecnica di composizione a grandi blocchi giustapposti;<br />

ma il suo linguaggio si è poi fatto più complesso e personale, e inevitabilmente anche non<br />

<strong>de</strong>l tutto facile da compren<strong>de</strong>re, per la concezione di una logica ‘drammatica’ e non<br />

‘classica’ <strong>de</strong>lla forma stessa. The Tree of Strings è una <strong>de</strong>lle sue più recenti composizioni,<br />

completata nel 2007 e naturalmente presentata a Brescia qui per la prima volta.<br />

Il concerto si chiu<strong>de</strong> infine con il Quartetto di Ravel, l’unico composto dal gran<strong>de</strong><br />

musicista francese per questo organico. L’opera vi<strong>de</strong> la luce tra gli ultimi mesi <strong>de</strong>l 1902 e<br />

l’aprile <strong>de</strong>l 1903, proprio quando il compositore si trovava a collezionare una serie di<br />

insuccessi acca<strong>de</strong>mici che ancora oggi non finiscono di scandalizzare. Per la quarta (e<br />

penultima) volta, Ravel veniva bocciato alla candidatura per il famoso Prix <strong>de</strong> Rome, e<br />

anche lo stesso primo movimento <strong>de</strong>l Quartetto non ebbe il gradimento <strong>de</strong>lla giuria <strong>de</strong>l<br />

concorso di composizione <strong>de</strong>l Conservatorio. Il ventottenne musicista dovette<br />

abbandonare perfino i corsi tenuti da Fauré, e questo nel momento in cui la sua fama fuori<br />

dagli ambienti acca<strong>de</strong>mici iniziava a pren<strong>de</strong>re il volo.<br />

Proprio “à mon cher maître Gabriel Fauré” era <strong>de</strong>dicato il Quartetto, ma lo stesso maestro<br />

sembra nutrisse alcuni dubbi sulla struttura <strong>de</strong>lla composizione, in particolare perché<br />

trovava un po’ troppo breve l’ultimo tempo. Anni più tardi, lo stesso Ravel espresse<br />

qualche riserva sulla composizione: “Il mio Quatuor en fa rispon<strong>de</strong> a una volontà di<br />

costruzione musicale senza dubbio realizzata imperfettamente, ma che si <strong>de</strong>linea molto<br />

più nitidamente rispetto alle mie composizioni prece<strong>de</strong>nti”. Si trattava di un lavoro in<br />

ogni caso piuttosto ambizioso, se si tiene conto che in quegli anni Vincent d’Indy,<br />

guardando a Beethoven, proclamava la forma quartettistica come la prova suprema <strong>de</strong>lla<br />

maturità. In sostanza, Ravel si presentava al mondo partendo da quello che per i classici e<br />

i romantici era il punto d’arrivo. Al di là <strong>de</strong>l linguaggio, già pienamente ‘raveliano’, il<br />

quartetto è in realtà strutturato secondo lo schema classico, con un primo tempo<br />

rigorosamente rispettoso <strong>de</strong>lla forma tradizionale di sonata, e con lo scherzo anteposto<br />

all’adagio (come nella Nona Sinfonia di Beethoven). Solo sul piano tonale Ravel si prese<br />

molte libertà; inoltre aggiunse aspetti tratti dalla forma ciclica di Franck, perché riprese<br />

temi e cellule tematiche, con varianti e nuovi sviluppi, nei diversi movimenti. Di questi, si<br />

segnalano soprattutto il Très lent, straordinariamente maturo sul piano timbrico, e<br />

l’originale finale, in tempo di 5/8, che utilizza materiale tematico <strong>de</strong>l primo tempo,<br />

ren<strong>de</strong>ndolo però irriconoscibile attraverso un vorticoso movimento che crea un vero e<br />

proprio effetto di centrifuga conclusiva.<br />

Ascoltando la composizione, vien da pensare che il mo<strong>de</strong>llo non fosse in <strong>de</strong>finitiva quello<br />

classico <strong>de</strong>i viennesi, bensì quello ben più vicino di Debussy. Si racconta che Ravel gli<br />

avesse mostrato il Quartetto, e che Debussy glielo avesse restituito con un biglietto: “Au<br />

nom <strong>de</strong>s dieux <strong>de</strong> la musique, et mien personnel, ne touchez pas à ce que vous avez écrit<br />

dans ce quatuor”.

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