28.05.2013 Views

La maratona - Studio di Ingegneria e Informatica Ing. Roberto Croci

La maratona - Studio di Ingegneria e Informatica Ing. Roberto Croci

La maratona - Studio di Ingegneria e Informatica Ing. Roberto Croci

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

<strong>La</strong> <strong>maratona</strong><br />

<strong>Roberto</strong> <strong>Croci</strong>


<strong>La</strong> <strong>maratona</strong><br />

<strong>Roberto</strong> <strong>Croci</strong>


Prefazione<br />

INDICE<br />

Parte Prima – L’estate<br />

Il volo<br />

<strong>La</strong> lettura<br />

L’idea stravagante<br />

Il viaggio<br />

I preparativi<br />

<strong>La</strong> corsa<br />

Il sogno<br />

Il risveglio<br />

<strong>La</strong> ricerca<br />

Parte Seconda – L’inverno<br />

Siamo spiriti?<br />

Il complice<br />

<strong>La</strong> scoperta<br />

<strong>La</strong> gara <strong>di</strong> fondo<br />

Il ritrovamento<br />

5


Prefazione<br />

L’idea <strong>di</strong> questo racconto è nata alla fine del<br />

2003 nel corso delle vacanze <strong>di</strong> Natale.<br />

Inizialmente desideravo scrivere una<br />

sceneggiatura per un film, ma non sapendo<br />

come fare, pur avendo nella mia mente chiara<br />

la trama e la rappresentazione delle scene<br />

principali, sia quelle reali che quelle <strong>di</strong><br />

fantasia, sono passato alla scrittura <strong>di</strong> questa<br />

storia sperando <strong>di</strong> catturare l’interesse e<br />

l’attenzione del lettore.<br />

Il racconto fa riferimento a luoghi esistenti e<br />

fatti storici realmente accaduti e la narrazione<br />

si intreccia con alcuni <strong>di</strong> questi luoghi ed<br />

eventi. Solo i nomi dei personaggi, e le loro<br />

avventure, sono frutto della mia fantasia e<br />

pertanto ogni riferimento a persone realmente<br />

vissute è puramente casuale.<br />

<strong>La</strong> foto <strong>di</strong> copertina, fa parte <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong><br />

cartoline proprietà <strong>di</strong> mia moglie, Donatella<br />

Angelini, raccolte dal nonno nel periodo della<br />

Grande Guerra.<br />

Un video che narra il primo capitolo del<br />

libro “Il volo” e che secondo il mio punto <strong>di</strong><br />

7


vista è ben rappresentato nel filmato, è<br />

presente su YOUTUBE agli in<strong>di</strong>rizzi:<br />

http://www.youtube.com/watch?v=PmhypgaXjlg<br />

e<br />

http://www.youtube.com/watch?v=BjPpCaG0f8c<br />

Buona visione.<br />

8


Parte Prima<br />

L’estate<br />

9


Il volo<br />

Un soffio: forse è stato solo un debole soffio a far<br />

scattare la scintilla che ha provocato la comparsa<br />

del nostro universo, un’impercettibile increspatura<br />

che dal nulla ha creato il tutto.<br />

Queste <strong>di</strong>storsioni si verificano in<br />

continuazione, alcune volte generando nuove<br />

<strong>di</strong>mensioni a noi parallele, altre volte, più<br />

semplicemente, aprendo delle piccole finestre nel<br />

passato o nel futuro nelle quali poter vivere dei<br />

momenti, che al loro trascorrere, ci lasciano<br />

nell’inconscio un tenue ricordo, come <strong>di</strong> un sogno<br />

che rapidamente si <strong>di</strong>ssolve al risveglio.<br />

Un capriccio, lo spazio e il tempo creano queste<br />

increspature che a noi risultano invisibili e<br />

raramente ne siamo coinvolti, ma quando ciò<br />

accade, possono cambiare il corso della nostra vita.<br />

A me è capitato e questa è la storia, questo è il<br />

segreto che sto’ per svelarvi.<br />

Sognare. Sognare e volare, volare in un cielo<br />

limpido e terso tra nuvole sottili,<br />

contemplando in lontananza imponenti catene<br />

montuose, che man mano avvicinandosi<br />

mutano <strong>di</strong> colore alla luce del tramonto,<br />

<strong>di</strong>ventando dapprima bianche, quin<strong>di</strong> gialle,<br />

poi rosa e rosse ed infine grigie e nere.<br />

11


Ammirare il paesaggio e scorgere in<br />

lontananza un gruppo <strong>di</strong> alpinisti che scalano<br />

ripide pareti per sod<strong>di</strong>sfare la loro grande<br />

passione, affrontando asperità in apparenza<br />

insuperabili; l’entusiasmo mi coinvolge al<br />

punto che desidero partecipare alla scalata.<br />

Un senso <strong>di</strong> benessere, pace e tranquillità mi<br />

pervadono intensamente, godo nell’arrampicarmi<br />

su queste pareti imponenti, ma ben<br />

presto l’attenzione è <strong>di</strong>stolta da qualcosa che<br />

mi attrae e mi costringe a volgere lo sguardo<br />

verso nord.<br />

Lì un’enorme montagna a forma piramidale<br />

si staglia all’orizzonte e avvicinandomi, prima<br />

lentamente e poi sempre più rapidamente,<br />

muta con violenza la gioia della visione<br />

precedente dapprima in ansia, poi dopo, in<br />

paura e dolore.<br />

Il cielo ora è scuro e cupo, nuvole nere<br />

minacciano un forte temporale, l’oscurità è<br />

rischiarata dal bagliore dei fulmini e il rumore<br />

assordante che provocano riecheggia tutto<br />

attorno a me.<br />

Con orrore vedo alla base <strong>di</strong> questo<br />

imponente massiccio migliaia <strong>di</strong> soldati che<br />

12


combattono ammassati gli uni sugli altri come<br />

fosse un esercito <strong>di</strong> piccolissime formiche.<br />

Si rotolano nel fango avvinghiati in un<br />

abbraccio mortale; le facce, seppur <strong>di</strong> giovani<br />

ragazzi, sono scavate dalla fame e dagli stenti,<br />

gli occhi sembrano fuori dalle orbite per la<br />

fatica e la paura, le <strong>di</strong>vise lacere e cenciose non<br />

li riparano dalla pioggia e dal freddo.<br />

<strong>La</strong> scena mi risulta sempre più nitida, riesco<br />

a guardare più attentamente i combattenti e<br />

con raccapriccio scorgo il mio volto teso,<br />

impaurito, rassegnato. Urlo! Io o il soldato mio<br />

sosia? Forse entrambi, ma non fa alcuna<br />

<strong>di</strong>fferenza perché quel meraviglioso sogno si è<br />

tramutato in un terribile incubo.<br />

Questo è quanto mi accade nel cuore della<br />

notte ormai da qualche tempo. Non so<br />

esattamente da quando, ma il ricordo <strong>di</strong> un<br />

passato a me ignoto tormenta il mio presente,<br />

fino al risveglio, quando pian piano tutto<br />

svanisce lasciandomi nel letto tremante e<br />

impaurito con la fronte imperlata <strong>di</strong> sudore e<br />

un urlo strozzato in gola.<br />

13


<strong>La</strong> lettura<br />

Pur abitando in città sono un appassionato<br />

<strong>di</strong> montagna e ho sempre passato molto del<br />

mio tempo libero in letture riguardanti<br />

passeggiate, arrampicate, itinerari turistici e<br />

solitari ma anche memorie su quanto accaduto<br />

nelle Dolomiti nel corso della Grande Guerra.<br />

Un caro amico, appassionato come me <strong>di</strong><br />

storia e passeggiate, mi ha prestato un suo<br />

piccolo libro <strong>di</strong> appunti sulle Tofane, libro che<br />

sto leggendo con interesse anche in<br />

prospettiva <strong>di</strong> ciò che intendo fare a breve.<br />

<strong>La</strong> lettura è piacevole e scorrevole e, seppur<br />

tar<strong>di</strong>, non riesco a <strong>di</strong>stogliermi da ciò che sto<br />

leggendo: “ ………….Cominciamo dalla<br />

pronuncia: giuro non è una barzelletta, ma quanto<br />

sto per raccontare è capitato realmente a mia figlia,<br />

in prima me<strong>di</strong>a. Un giorno la sua professoressa ha<br />

parlato delle Dolomiti e inevitabilmente delle<br />

Tòfane. Prontamente la bambina, che praticamente<br />

è nata e vissuta in quei luoghi, ha osato alzare la<br />

mano e <strong>di</strong>re alla maestra: < Si <strong>di</strong>ce “Tofàne”<br />

professoressa! > Apriti cielo, per via <strong>di</strong> uno stupido<br />

senso <strong>di</strong> onnipotenza nei confronti <strong>di</strong> una<br />

ragazzina <strong>di</strong> 11 anni, la professoressa ha zittito la<br />

poverina con una occhiataccia. Da quel giorno<br />

15


anche per me sono <strong>di</strong>ventate le Tòfane e questa è<br />

<strong>di</strong>ventata un’ occasione per scherzarci su con mia<br />

figlia ……”<br />

Anche io sorridevo pensando che per<br />

fortuna l’arroganza e la stupi<strong>di</strong>tà è <strong>di</strong> pochi,<br />

mentre l’ignoranza inevitabilmente è <strong>di</strong> tutti<br />

noi e può essere combattuta solo con lo stu<strong>di</strong>o<br />

e la volontà <strong>di</strong> conoscere e imparare.<br />

“…….. le Tofàne sono, insieme al Pomagagnon,<br />

Cristallo e Sorapis, le montagne più famose <strong>di</strong><br />

Cortina che chiudono rispettivamente a Ovest ed a<br />

Est la conca d’Ampezzo. Sono un massiccio<br />

costituito da tre vette principali, tutte sopra i 3200<br />

metri, e da cime minori, ma non per questo meno<br />

note, come Col Rosà, Col Druscè, Pocol, Castelletto<br />

e altre ancora. Le tre cime principali si chiamano<br />

Tofana <strong>di</strong> Dentro, Tofana <strong>di</strong> Mezzo, Tofana <strong>di</strong><br />

Rozes. Il complesso massiccio ha una forma<br />

cuneiforme per cui è chiuso sugli altri due lati dalla<br />

Val Costeana che porta a Passo Falzarego e dalla<br />

Val Travenanzes. Queste due valli si incontrano lì<br />

dove si trova la Forcella Bois (spesso chiamata<br />

anche Forcella de Bois o Forcella de Bos o<br />

erroneamente Col de Bos che invece è una piccola<br />

cima che si trova nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze).<br />

16


Costituiscono un micro-sistema ricco <strong>di</strong> forcelle,<br />

guglie, grotte, cenge, ghiaioni, alcuni vertiginosi<br />

come il Valon de ra Ola, bivacchi, rifugi e vette,<br />

con strapiombi anche superiori ai mille metri,<br />

raggiungibili sia per facili sentieri o per vie ferrate<br />

spesso molto impegnative, sia per scalate dalle più<br />

semplici al sesto grado superiore ed oltre. È una<br />

palestra per gli appassionati che, allontanatisi dai<br />

circuiti più frequentati, consente meravigliose<br />

passeggiate a contatto con la natura ricca <strong>di</strong> flora e<br />

fauna. Anche i nomi <strong>di</strong> alcuni luoghi sanno <strong>di</strong><br />

mistero e trage<strong>di</strong>a perché spesso riconducibili alle<br />

vicende della grande guerra: Sasso Misterioso,<br />

Sasso Cubico, Sasso Spaccato, le Tre Dita,<br />

Nemesis, Fontananegra, Masarè, Punta<br />

Giovannina, Punta Marietta, Castelletto.<br />

Mia moglie quando sente che vado sulle Tofane<br />

esclama, alzando gli occhi al cielo: < Ancora!! ma<br />

quante volte ci sei stato!! >. Ha ragione sono ormai<br />

più <strong>di</strong> cinquant’anni che frequento questa<br />

montagna ma ogni angolo mi affascina, dal<br />

percorso più banale al più impegnativo e ogni volta<br />

c’è qualcosa <strong>di</strong> nuovo da scoprire o ricordare.<br />

Potrei fare l’elenco delle <strong>di</strong>verse passeggiate<br />

possibili sulle Tofane, ma esistono decine <strong>di</strong> libri<br />

che spiegano in modo dettagliato i vari percorsi.<br />

17


Personalmente, anche per vantarmene un po’, sono<br />

stato una quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> volte in cima alla Tofane <strong>di</strong><br />

Rozes, la prima volta nel 1966, l’ultima nell’agosto<br />

del 2004, per ben due volte, sia seguendo la via<br />

normale sia per la ferrata Lipella fino alle Tre Dita<br />

e quin<strong>di</strong> nuovamente per la via normale. Spero,<br />

questa estate, <strong>di</strong> tornare con un caro amico che, pur<br />

frequentando questi luoghi come me da molti anni,<br />

non è ancora mai arrivato in vetta.<br />

Ricordo anche la Scala del Minighel (o<br />

Menighel) perchè si tratta della prima “via ferrata”<br />

dell'Ampezzano, realizzata nel 1907 per iniziativa<br />

privata dal proprietario del Rifugio Von<br />

Glanvellhütte presente in Val Travenanzes, poi<br />

<strong>di</strong>strutto durante la Grande Guerra e mai più<br />

ricostruito. Questa breve ferrata ha un <strong>di</strong>slivello <strong>di</strong><br />

soli centocinquanta metri ma è molto esposta ed è<br />

costituita da circa 300 pioli <strong>di</strong> ferro infissi solo da<br />

un lato nella roccia viva, liscia, nera, bagnata e<br />

verticale tendente verso l’esterno, cioè lo<br />

strapiombo, che consentono <strong>di</strong> salire rapidamente<br />

dalla Val Travenanzes al Masarè sotto il Rifugio<br />

Giussani.<br />

In inverno poi, sulle Tofane, si trovano alcune<br />

tra le più belle piste da sci delle Dolomiti come il<br />

mitico Canalone, la pista del “Bus de la Tofana” a<br />

18


Ra Valles, meravigliosa per la maestosità del<br />

paesaggio, Forcella Rossa e ancora il severo Druscè<br />

“A”, pista consentita ai soli sciatori veramente<br />

esperti e da fare in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> neve ottimale, la<br />

rilassante Tofanina <strong>di</strong>vertente sia per i gran<strong>di</strong> che<br />

per i bambini e tante altre facili, me<strong>di</strong>e e<br />

soprattutto <strong>di</strong>fficili come la <strong>La</strong>birinti, la Vertigine<br />

Bianca, la Strà, l’Olimpica.<br />

Per concludere questa breve storia delle Tofane<br />

posso affermare che percorrere tutti i sentieri e<br />

ferrate, con relative varianti che si trovano in<br />

questo luogo, richiede <strong>di</strong>verse settimane e tanta<br />

fatica ripagata però da sod<strong>di</strong>sfazioni in<strong>di</strong>menticabili<br />

……..”.<br />

Mi concessi un attimo <strong>di</strong> pausa riflettendo<br />

su quanto letto, mi rendevo conto che molte<br />

delle località in<strong>di</strong>cate mi erano già note e che<br />

comunque era estremamente piacevole<br />

ritrovarsi in una bella lettura, ricordando<br />

luoghi e fatti nei quali si erano trascorsi<br />

momenti felici con i propri amici.<br />

Proseguii non riuscendo a smettere <strong>di</strong><br />

leggere: “………… Pochi sanno in realtà che<br />

Cortina fu “occupata” o “liberata” dall’esercito<br />

italiano, dopo circa 350 anni <strong>di</strong> dominio Austriaco,<br />

il 29 maggio 1915 con due plotoni, uno proveniente<br />

19


da Passo 3 <strong>Croci</strong> e l’altro da San Vito. Gli Alpini<br />

trovarono solo vecchi e bambini perché tutti i<br />

maschi in età <strong>di</strong> militare già dal 1914 erano stati<br />

richiamati a combattere per il Kaiser soprattutto<br />

nei Balcani. Nei giorni successivi si provvide a<br />

consolidare le postazioni, in attesa delle ostilità che<br />

in verità erano già iniziate, in prossimità delle Tre<br />

Cime <strong>di</strong> <strong>La</strong>varedo dove una serie <strong>di</strong> cannonate<br />

austriache partite dalla cima del Monte Paterno<br />

<strong>di</strong>strusse prima una casetta italiana sotto Forcella<br />

<strong>La</strong>varedo e in sua risposta una serie <strong>di</strong> colpi <strong>di</strong><br />

artiglieria italiana <strong>di</strong>strusse il Rifugio<br />

Dreizinnenhütte, ora noto come Locatelli; era il 25<br />

maggio 1915.<br />

Tutto il fronte dolomitico in breve si infiammò,<br />

dalla Marmolada fin oltre la Croda Rossa <strong>di</strong> Sesto,<br />

passando per il Col <strong>di</strong> <strong>La</strong>na, <strong>La</strong>gazuoi, Tofane,<br />

Cristallo, Monte Piana, le già citate Tre Cime <strong>di</strong><br />

<strong>La</strong>varedo, Cima Un<strong>di</strong>ci e molte altre ancora. <strong>La</strong><br />

Guerra tra queste montagne durò ben 29 mesi, dal<br />

maggio 1915 all’ottobre 1917, quando la <strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong><br />

Caporetto costrinse l’esercito Italiano a ripiegare<br />

sul Piave. Due inverni terribili tra i più rigi<strong>di</strong> e<br />

nevosi del secolo, con temperature che arrivarono<br />

anche a sfiorare i -40 °C, oltre cinque metri <strong>di</strong> neve<br />

e slavine che procurarono migliaia <strong>di</strong> morti, tutti<br />

20


uomini che rifornivano gli avamposti <strong>di</strong> viveri e<br />

munizioni.<br />

Su tutto il fronte i due eserciti combatterono in<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>sperate e <strong>di</strong>sumane. Gli italiani si<br />

trovarono in posizione sfavorevole, dovendo<br />

attaccare gli austriaci ben arroccati in posizione<br />

dominante sugli avversari. Alcune postazioni ben<br />

presto si rivelarono come delle vere e proprie spine<br />

nel fianco per gli italiani, in particolare il Col <strong>di</strong><br />

<strong>La</strong>na, il <strong>La</strong>gazuoi ed il Castelletto, in quanto<br />

impe<strong>di</strong>vano il rifornimento degli avamposti<br />

durante il giorno. Solo <strong>di</strong> notte, senza luna e nel<br />

massimo silenzio, era possibile procedere per quelle<br />

strade vitali alla salvaguar<strong>di</strong>a delle prime linee. In<br />

particolare il Castelletto, ultimo bastione roccioso<br />

della Tofana <strong>di</strong> Rozes verso Ovest dominante su<br />

Col <strong>di</strong> Bos e sulla statale per Falzarego da un lato e<br />

sulla Val Travenanzes dall’altro, saldamente in<br />

mano Austriaca, è stato teatro <strong>di</strong> furiosi ed eroici<br />

attacchi, sempre respinti, provocando ingenti<br />

per<strong>di</strong>te. Gli austriaci stessi avevano<br />

soprannominato la cima “Schreckenstein” cioè<br />

Rocca degli Orrori. Per conquistarlo, lo Stato<br />

Maggiore Italiano decise <strong>di</strong> costruire una galleria<br />

nella montagna, che partisse dalla Tofane <strong>di</strong> Rozes<br />

e proseguisse nelle viscere del Castelletto, per oltre<br />

21


500 metri e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> farne saltare la sommità.<br />

Dopo sei mesi <strong>di</strong> lavoro, piazzando ben 350 quintali<br />

<strong>di</strong> gelatina (oltre un quinto <strong>di</strong> tutta la produzione<br />

italiana annuale <strong>di</strong> esplosivo), l’11 luglio 1916 alle<br />

ore 3.40 avvenne l’esplosione alla presenza del Re:<br />

si udì un “suono metallico, incre<strong>di</strong>bilmente<br />

violento e, passati alcuni istanti silenziosi, l’intera<br />

conca tuonò e ruggì con tale veemenza da spiazzare<br />

gli stessi soldati italiani pronti all’assalto delle<br />

postazioni nemiche.<br />

<strong>La</strong> montagna scaricò sassi <strong>di</strong> tutte le <strong>di</strong>mensioni,<br />

anche <strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> chili, per un giorno intero e la<br />

galleria fu impercorribile a causa dei gas tossici<br />

dell’esplosione che rendevano l’aria al suo interno<br />

irrespirabile.<br />

In breve tempo gli austriaci riuscirono a<br />

riorganizzarsi e mantenere le postazioni della Val<br />

Travenanzes, che mai furono conquistate dagli<br />

italiani. L’unico beneficio fu la conquista del<br />

Castelletto che permise il transito dei rifornimenti<br />

sulla strada per Falzarego anche durante il giorno.<br />

Per il periodo <strong>di</strong> preparazione allo scoppio, i<br />

soldati austriaci in vetta sentirono le trivelle e le<br />

piccole esplosioni <strong>di</strong> preparazione al botto finale<br />

senza poter far nulla per <strong>di</strong>fendersi giorno dopo<br />

22


giorno, notte dopo notte, con gli italiani sempre più<br />

vicini ma comunque irraggiungibili.<br />

Immagino quei ragazzi con il loro sgomento,<br />

rassegnazione e terrore quando calò un silenzio<br />

irreale, al termine delle perforazioni, in attesa dello<br />

scoppio e della morte certa. Anche in quelle<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> attesa terribile, l’or<strong>di</strong>ne fu <strong>di</strong><br />

mantenere comunque le posizioni, pena la<br />

condanna a morte per <strong>di</strong>serzione.<br />

Ma tutte le Tofane sono legate a violente vicende<br />

<strong>di</strong> guerra, con la conquista delle tre cime principali<br />

da parte italiana, sanguinosi combattimenti alla<br />

Forcella Fontananegra, Masarè, Tre Dita, Nemesis,<br />

Punta Giovannina e Punta Marietta. Sono solo<br />

alcuni riferimenti a fatti avvenuti in quel periodo.<br />

Anche in questi luoghi per la prima volta nella<br />

storia umana si fece ricorso ai gas velenosi da parte<br />

<strong>di</strong> entrambi gli eserciti.<br />

Furono costruite teleferiche per i rifornimenti in<br />

quota, mulattiere, sentieri, cenge ar<strong>di</strong>te, scale in<br />

legno o ferro per decine e decine <strong>di</strong> metri, passaggi<br />

aerei con uso <strong>di</strong> travi in acciaio conficcate nella<br />

roccia viva con pavimentazione in legno, sentieri<br />

ferrati, gallerie, ponti sospesi, baraccamenti,<br />

ricoveri aerei o scavati nella roccia, linee telefoniche<br />

e telegrafiche, segherie, forni, luoghi <strong>di</strong> cottura per<br />

23


la calce, serbatoi d’acqua, ricoveri per gli animali e<br />

relativi fienili, magazzini per viveri ed armi. Ora<br />

conquistate da un esercito ora da un altro,<br />

trovarono la morte migliaia <strong>di</strong> soldati poco più che<br />

ventenni, sia essi conta<strong>di</strong>ni, irredentisti, laureati,<br />

impiegati o volontari. <strong>La</strong> morte non fece <strong>di</strong>stinzione<br />

neanche nelle gerarchie militari uccidendo soldati<br />

semplici, caporali, tenenti, capitani, maggiori e<br />

generali, tra cui il Generale Cantore a<br />

Fontananegra. Una strage insensata che trovò gli<br />

eserciti alla fine della guerra praticamente nelle<br />

stesse posizioni iniziali.<br />

Dal male estremo può nascere qualcosa <strong>di</strong> bello e<br />

positivo, così come la fenice risorge dalle sue ceneri.<br />

Se nel 1915 i soldati descrivevano la zona come<br />

“un deserto <strong>di</strong> pietra” e “ un paesaggio<br />

stramaledetto”, oggi queste montagne sono ricche<br />

<strong>di</strong> itinerari turistici e ciò lo si deve in gran parte al<br />

fatto che furono costruite, in con<strong>di</strong>zioni proibitive,<br />

delle opere che anche dopo 90 anni sono ancora ben<br />

visibili ed utilizzabili. Certamente molto è stato<br />

risistemato negli ultimi decenni, ma i sentieri, le<br />

ferrate e anche alcune ascensioni riprendono i<br />

tracciati così valorosamente costruiti e <strong>di</strong>fesi da<br />

entrambi gli eserciti. In nessun’ altra parte del<br />

mondo è possibile trovare così tante escursioni<br />

24


come sulle Dolomiti, lì dove si sono intrecciati i<br />

fronti dei belligeranti.<br />

Le Tofane oggi sono il cuore del Parco Naturale<br />

delle Dolomiti d’Ampezzo, insieme al Cristallo e<br />

alla Croda Rossa e costituiscono un oasi eccezionale<br />

per la flora e la fauna.<br />

Per chi non è mai stato al Castelletto, poiché<br />

parte della galleria (circa 300 metri) è ancora<br />

percorribile con grande sod<strong>di</strong>sfazione perché<br />

presenta alcune finestre che si affacciano a<br />

strapiombo sulla valle sottostante, consiglio due<br />

itinerari per arrivare all’imboccatura della galleria<br />

ed eventualmente percorrerla, con una attrezzatura<br />

da ferrata e soprattutto con una buona luce sul<br />

casco o torcia a mano.<br />

Il primo percorso molto facile è quello <strong>di</strong> seguire<br />

la strada costruita dagli Alpini e che porta a<br />

Forcella Bois partendo dal Magistrato delle Acque o<br />

dal Cason de Rozes. Da qui, un sentiero poco più<br />

impegnativo risale verso l’imboccatura della<br />

galleria, che si raggiunge in poco meno <strong>di</strong> due ore.<br />

Il secondo percorso, più impegnativo ma<br />

decisamente più spettacolare, in verità un po’<br />

esposto in alcuni punti, parte dal Rifugio Dibona e<br />

seguendo l’alta via sotto la Tofana <strong>di</strong> Rozes, in<br />

circa 2 ore, porta all’imboccatura della galleria. Il<br />

25


panorama che si gode è in<strong>di</strong>menticabile e rimarrà<br />

sempre nel mio cuore.<br />

Questo percorso, fatto nei mesi autunnali,<br />

quando ancora non è presente la neve, permette <strong>di</strong><br />

effettuare una passeggiata in solitaria tra camosci e<br />

caprioli per nulla intimoriti dalla presenza umana.<br />

Spesso, nei momenti <strong>di</strong>fficili della mia vita, mi<br />

piace fuggire dal presente e tuffarmi in questi<br />

ricor<strong>di</strong> fantastici.<br />

Per finire riporto la canzone degli alpini<br />

“Bombardano Cortina”, non a tutti nota, che se<br />

letta con un po’ <strong>di</strong> attenzione, richiama la maggior<br />

parte dei luoghi <strong>di</strong> combattimento nelle vicinanze<br />

<strong>di</strong> Cortina e che spesso mi capita <strong>di</strong> cantare assieme<br />

agli amici della montagna nelle serate trascorse<br />

nelle belle baite ampezzane.<br />

1. Bombardano Cortina! - oilà<br />

Dicon che gettan fiori! - oilà<br />

Nemici tra<strong>di</strong>tori<br />

è giunta l'ora, subito fora,<br />

subito fora dovete andar.<br />

26


2. E proseguendo poi! - oilà<br />

Per Valle Costeana! - oilà<br />

Giunti sulla Tofana<br />

su quella vetta, la baionetta,<br />

la baionetta, scintillerà.<br />

3. Non mancherà poi tanto! - oilà<br />

Che anche il <strong>La</strong>gazuoi! - oilà<br />

Conquisteremo noi<br />

quando l'artiglieria, Sasso <strong>di</strong> Stria,<br />

Sasso <strong>di</strong> Strià, battuto avrà.<br />

4. Son prese le Tre Dita! - oilà<br />

Il Masarè è già nostro! - oilà<br />

L'aquila ha perso il rostro<br />

è già s'invola spennata e sola,<br />

spennata e sola là sul Caval.<br />

5. Fatta è la galleria! - oilà<br />

È pronta la gran mina! - oilà<br />

E una bella mattina<br />

anche Gigetto col Castelletto,<br />

col Castelletto per aria andò.<br />

6. Giunti sul Canalone! - oilà<br />

27


Schierati i suoi soldati! - oilà<br />

Tiri ben aggiustati,<br />

la pasta asciutta vi fece tutta,<br />

vi fece tutta lasciare lì.<br />

7. Per Valle Travenanzes! - oilà<br />

E Strada Dolomiti! - oilà<br />

V'inseguiremo ar<strong>di</strong>ti:<br />

e voi scappate finché arrivate,<br />

finché arrivate dal vostro Re.<br />

8. Giunti da Cecco Peppo – Hoilà!<br />

Stringetegli le mani – Hoilà!<br />

Ditegli che gli alpini<br />

Vi fan la guerra su questa terra<br />

su questa terra vi voglion più!<br />

…………………”<br />

Alla fine rilassato e sereno mi addormentai,<br />

pensando a quanto mi aspettava il giorno<br />

dopo e alle fatiche delle giornate successive.<br />

28


L’idea stravagante<br />

All’età <strong>di</strong> cinquanta anni decisi <strong>di</strong> prendere<br />

parte ad una <strong>maratona</strong> sulle Dolomiti, non<br />

tanto per vincere, cosa che mi sarebbe risultata<br />

fisicamente impossibile, quanto più per un<br />

desiderio interiore, per provare ancora una<br />

volta quelle sensazioni meravigliose, comuni<br />

solo a chi ama davvero la montagna,<br />

soprattutto nei suoi aspetti più puri e selvaggi.<br />

Venendo in questi luoghi dall’età <strong>di</strong> cinque<br />

anni sia d’estate che d’inverno, mi sentivo a<br />

tutti gli effetti un montanaro, un alpinista<br />

amante delle bellezze naturali, che godeva<br />

guardando i panorami maestosi delle valli<br />

silenziose e delle vette incontaminate, che non<br />

amava le compagnie chiassose e il caos<br />

metropolitano.<br />

Ormai da tre mesi ogni mattina avevo preso<br />

l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> alzarmi molto presto, andare a<br />

correre quoti<strong>di</strong>anamente all’ombra dei platani<br />

del parco vicino casa per svolgere un<br />

allenamento impegnativo in vista della prima<br />

<strong>maratona</strong> che si sarebbe svolta lungo un<br />

percorso, a me ben noto, il giro della Tofana <strong>di</strong><br />

Rozes, nelle vicinanze <strong>di</strong> Cortina, meta<br />

29


turistica assai suggestiva, nel cuore delle<br />

Dolomiti.<br />

Mia moglie Lucilla si lamentava per il<br />

<strong>di</strong>sturbo che le provocava il rumore inevitabile<br />

che facevo per alzarmi e vestirmi. Dopo oltre<br />

venti anni <strong>di</strong> matrimonio il nostro rapporto si<br />

era decisamente rovinato, ci sopportavamo ma<br />

certo non ci amavamo più come una volta.<br />

Solo la presenza <strong>di</strong> nostro figlio aveva evitato<br />

una separazione altrimenti inevitabile. Lei<br />

amante del mare, mai stata in montagna fino a<br />

venti anni, ora vi era costretta a passare estati<br />

e inverni.<br />

Certo all’inizio mi seguiva in tutte le<br />

passeggiate, anche le più spericolate, mentre<br />

ora rimaneva tranquilla a casa nell’attesa del<br />

mio ritorno.<br />

Ricordo la prima volta che venne a trovarmi<br />

in una splen<strong>di</strong>da giornata <strong>di</strong> inizio agosto.<br />

Arrivata con il treno alle 9 <strong>di</strong> mattina subito la<br />

portai a comprarsi un buon paio <strong>di</strong> pedule e<br />

dopo neanche un ora era già appesa su un<br />

impegnativo costone roccioso sul<br />

Pomagagnon. Arrivò in vetta un po’ affaticata<br />

ma per niente impaurita dalla gita che le<br />

30


avevo fatto fare, anzi trovò più <strong>di</strong>fficile la<br />

<strong>di</strong>scesa sul ghiaione che ci riportò alla base<br />

della montagna. Effettivamente scendere per<br />

un ghiaione è un po’ come sciare e lei, che non<br />

aveva mai messo gli sci in vita sua, si trovò in<br />

non poca <strong>di</strong>fficoltà, ma con grande ilarità da<br />

parte <strong>di</strong> entrambi trascorremmo una giornata<br />

in<strong>di</strong>menticabile che spesso ricor<strong>di</strong>amo e<br />

raccontiamo agli amici.<br />

Spesso, quando ancora non eravamo<br />

sposati, passavamo per un piccolo borgo, poco<br />

<strong>di</strong>stante dal centro rumoroso e caotico, dove<br />

poi avremmo comprato un piccolo<br />

appartamento, e restavamo incantati per la<br />

bellezza e tranquillità del luogo.<br />

Ci eravamo ripromessi che se mai avessimo<br />

potuto acquistarne uno, senz’altro avremmo<br />

scelto quel luogo.<br />

Il caso volle che quando un giorno<br />

chiedemmo ad una agenzia <strong>di</strong> mostrarci<br />

qualche occasione, il primo appartamento che<br />

andammo a vedere fosse proprio quello che<br />

avevamo sognato per tanti anni. Destino,<br />

fatalità, casualità, forse solo un colpo <strong>di</strong><br />

sfacciata fortuna.<br />

31


Finalmente anche Lucilla iniziò ad amare la<br />

montagna, a venire volentieri in quella casa<br />

dove trovava giovamento nella tranquillità e<br />

nella pace del luogo.<br />

Quando le parlai del mio progetto all’inizio<br />

non fu d’accordo, ma poi quando vide che mi<br />

allenavo con assiduità mi assecondò sia pure<br />

tra dubbi e preoccupazioni, ed anzi mi aiutò<br />

ad organizzare al meglio gli allenamenti<br />

facendomi seguire una <strong>di</strong>eta adeguata che mi<br />

<strong>di</strong>ede forza e resistenza fisica.<br />

32


Il viaggio<br />

<strong>La</strong> mia destinazione era Cortina, la Perla<br />

delle Dolomiti, nota località turistica famosa<br />

anche per i giochi Olimpici del 1956.<br />

Cortina è un grosso paese costituito da<br />

qualche migliaio <strong>di</strong> case <strong>di</strong>vise in Sestieri, cioè<br />

l’equivalente dei nostri quartieri, solo che<br />

alcuni <strong>di</strong> essi sono un gruppo <strong>di</strong> poche case<br />

abitate da conta<strong>di</strong>ni, altri invece gruppi <strong>di</strong><br />

decine e decine <strong>di</strong> ville. Il paese è <strong>di</strong>stribuito<br />

per tutta la valle, per cui questi agglomerati<br />

possono <strong>di</strong>stare dal centro poche centinaia <strong>di</strong><br />

metri ma anche qualche chilometro. Alcuni <strong>di</strong><br />

questi Sestieri sono più belli <strong>di</strong> altri, Ca<strong>di</strong>n,<br />

Chiave, Cianderies, Pecol solo per citarne<br />

alcuni perchè isolati e lontani dai clamori del<br />

centro, ma comunque molti preferiscono stare<br />

lì dove, nei perio<strong>di</strong> festivi, vip, star e pseudo<br />

star, politici e politicanti fanno a gara nel farsi<br />

notare per la via pedonale che attraversa il<br />

centro secondo il ben noto rito dello<br />

“struscio”.<br />

Partii pochi giorni prima della<br />

competizione, per concedermi la possibilità <strong>di</strong><br />

trovare la giusta concentrazione e serenità, in<br />

33


vista del notevole sforzo fisico che avrei<br />

dovuto affrontare <strong>di</strong> lì a poco.<br />

<strong>La</strong> casa dove risiedevo si trovava isolata,<br />

lontana dal centro mondano del paese, e<br />

insieme ad altre quattro case <strong>di</strong> conta<strong>di</strong>ni<br />

formava un piccolissimo villaggio immerso<br />

nel verde con gran<strong>di</strong> prati e una imponente<br />

vista sulle Tofane. Quando arrivavo a<br />

destinazione, dopo <strong>di</strong>verse ore <strong>di</strong> macchina, la<br />

prima sensazione che percepivo, era quel<br />

familiare aroma <strong>di</strong> legna bruciata che usciva<br />

dai camini, a me tanto caro sin da bambino<br />

quando mi recavo d’estate con i miei genitori a<br />

casa dei nonni che abitavano in una graziosa<br />

casetta al centro del Sestiere <strong>di</strong> Ca<strong>di</strong>n.<br />

Purtroppo non avevamo più quel bellissimo<br />

appartamento con vista sul campanile della<br />

chiesa dominante la valle e, tutte le volte che<br />

passavo davanti a quella casa, una grande<br />

nostalgia mi prendeva nel ricordo <strong>di</strong> quanta<br />

infanzia felice avessi trascorso nell’affetto e<br />

calore della mia famiglia.<br />

Non potevo fare a meno <strong>di</strong> respirare<br />

quest’aria profumata e fresca quasi fino a<br />

farmi scoppiare i polmoni. Poi quando entravo<br />

34


in casa con Lucilla assaporavamo l’aria<br />

presente della piccola abitazione che era calda<br />

e profumata grazie al cirmolo che ricopriva le<br />

pareti, legno simile all’abete ma con un suo<br />

profumo caratteristico che si esaltava nei<br />

perio<strong>di</strong> in cui la casa rimaneva chiusa. <strong>La</strong><br />

delicatezza <strong>di</strong> quell’aroma era in forte<br />

contrasto con il profumo <strong>di</strong> resina bruciata che<br />

si respirava all’esterno.<br />

Il silenzio, anzi il rumore del silenzio, era<br />

un’altra <strong>di</strong> quelle sensazioni gradevoli che<br />

colpiva i nostri sensi. Svegliarsi <strong>di</strong> notte in una<br />

quiete assoluta, ascoltare ed assaporare il<br />

silenzio che ben presto riportava ad un sonno<br />

<strong>di</strong>steso, profondo, tranquillo. Al mattino<br />

alzarsi ben riposati con giornate spesso<br />

ra<strong>di</strong>ose e con il sole che illuminava la boiserie<br />

della piccola stanza, esaltandone le colorazioni<br />

dal crema chiaro al marrone intenso.<br />

Il tempo sembrava buono, anche se per la<br />

settimana successiva, quella della gara, le<br />

previsioni sarebbero state tutt’altro che<br />

clementi. Avanzava da qualche giorno infatti<br />

una grossa perturbazione proveniente dal<br />

35


nord della Francia, che avrebbe investito tutta<br />

la zona dolomitica.<br />

I giorni scorrevano rapidamente e al loro<br />

susseguirsi tutto il mio essere stava ritrovando<br />

la forma e le energie necessarie per affrontare<br />

il percorso.<br />

Decisi <strong>di</strong> effettuare alcune passeggiate per<br />

verificare e migliorare la mia forma fisica. Una<br />

<strong>di</strong> queste fu la salita al Taè, percorso poco noto<br />

alla maggioranza degli escursionisti, una delle<br />

vette che accompagna sul lato nord-est la Val<br />

<strong>di</strong> Fanes. È una montagna che presentava due<br />

facce: la prima, una salita verticale che partiva<br />

dalla valle ed era caratterizzata da passaggi<br />

vertiginosi; l’altra, più facile ma faticosa<br />

perchè anch’essa risaliva per oltre mille metri.<br />

Inizialmente il sentiero era lo stesso che<br />

portava a Col Becchei, ma arrivati al primo<br />

anfiteatro sassoso, anziché proseguire sulla<br />

destra verso il secondo anfiteatro si piegava<br />

dalla parte opposta per una traccia al limite<br />

superiore del ghiaione, sotto le rocce, fino ad<br />

arrivare a una piccola forcella erbosa che<br />

dominava la Val <strong>di</strong> Fanes.<br />

36


Da qui impiegai qualche decina <strong>di</strong> minuti ad<br />

arrivare in vetta per rocce, ciuffi d’erba e<br />

bellissime stelle alpine, complessivamente<br />

oltre due ore dalla partenza.<br />

In vetta, facevano da cornice a questo<br />

paesaggio incontaminato i ruderi <strong>di</strong> una<br />

baracca <strong>di</strong> vedetta austriaca risalente alla<br />

Prima Guerra Mon<strong>di</strong>ale, una croce in legno<br />

sconnessa e il libro delle firme.<br />

Pensai alla posizione strategica e<br />

all’importanza che doveva avere questo<br />

avamposto in quanto consentiva agli Austriaci<br />

<strong>di</strong> avere una visione completa su Cortina e<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> poter registrare ogni più piccolo<br />

movimento dell’esercito italiano.<br />

Anche il panorama era incre<strong>di</strong>bilmente bello<br />

con una vista a 360 gra<strong>di</strong> che andava dalle<br />

Conturines al Vallon Bianco, alle Tofane viste<br />

da una prospettiva insolita, dall’Antelao al<br />

Sorapis, alle 3 Cime <strong>di</strong> <strong>La</strong>varedo che da questa<br />

<strong>di</strong>stanza sembravano piccoli sassi, a Forcella<br />

Lerosa, alla Croda Rossa e tutto l’arco alpino<br />

delle montagne Austriache sin oltre il<br />

Grossglockner e i monti Tauri.<br />

37


In apparenza poteva sembrare una<br />

montagna uguale a tante altre al <strong>di</strong> fuori dei<br />

gran<strong>di</strong> circuiti turistici senza rifugi né<br />

segnalazioni lungo il sentiero, se non per<br />

qualche “ometto” in pietra, ma la<br />

sod<strong>di</strong>sfazione dell’escursione era decisamente<br />

superiore alle fatiche incontrate.<br />

Ah! gli “ometti”, così rassicuranti per gli<br />

escursionisti, si presentavano come un cumulo<br />

<strong>di</strong> sassi sovrapposti a forma <strong>di</strong> piccolo cono,<br />

generosamente collocati dagli stessi alpinisti e<br />

in<strong>di</strong>spensabili per in<strong>di</strong>care la via più sicura da<br />

percorrere, lì dove ogni piccola deviazione<br />

avrebbe potuto portare a strapiombi<br />

insuperabili, spesso mortali, in<strong>di</strong>spensabili<br />

anche nelle giornate nebbiose dove la visibilità<br />

si riduceva a pochi metri.<br />

Ricordai come un ometto mi salvò da una<br />

brutta avventura: scendendo da Forcella<br />

Verde per un bellissimo ghiaione verso<br />

Ospitale improvvisamente sulla mia destra<br />

circa a metà <strong>di</strong>scesa, vi<strong>di</strong> con la coda<br />

dell’occhio un ometto al limite delle rocce.<br />

Nulla faceva presagire che si dovesse andare<br />

da quella parte. Davanti a me il ghiaione<br />

38


proseguiva bellissimo e in apparenza senza<br />

troppe <strong>di</strong>fficoltà, ma memore dell’importanza<br />

dei segnali, e comunque avendo consultato<br />

una guida che segnalava il pericolo, mi <strong>di</strong>ressi<br />

verso l’ometto e lì potei notare la presenza <strong>di</strong><br />

un sentiero che scendeva al limite tra il<br />

ghiaione e le rocce. Prosegui per quella strada<br />

e fu la mia salvezza. Arrivato al Rifugio<br />

Ospitale incontrai un anziano signore che con<br />

il binocolo guardava verso il ghiaione da cui in<br />

precedenza ero sceso. Incuriosito gli chiesi<br />

cosa stesse facendo e lui mi rispose che stava<br />

guardando se qualche incauto escursionista<br />

stesse scendendo per il ghiaione fino in fondo<br />

o avesse preso la deviazione a metà dello<br />

stesso. Mi <strong>di</strong>sse infatti <br />

Lo salutai felice per lo scampato pericolo<br />

pensando che tanti anni <strong>di</strong> montagna mi<br />

avevano insegnato a non trascurare mai le<br />

39


in<strong>di</strong>cazioni, anche le più insignificanti, e<br />

comunque a consultare sempre una guida<br />

prima <strong>di</strong> avventurarmi in una nuova<br />

passeggiata.<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>scesa dal Taè fu tranquilla e solitaria<br />

infatti l’unico incontro della giornata fu quello<br />

con un alpinista che con grande baldanza,<br />

dopo avermi raggiunto in cima alla forcella<br />

che domina l’anfiteatro, dove stavo facendo un<br />

breve spuntino, mi chiese quanto mancava per<br />

Col Becchei. Alla mia risposta, che aveva<br />

sbagliato strada e che sarebbe dovuto<br />

ri<strong>di</strong>scendere per un lungo tratto fin quasi alla<br />

base dell’anfiteatro, lo vi<strong>di</strong> sbiancare e<br />

mestamente incamminarsi per il sentiero in<br />

<strong>di</strong>scesa. Io, malignamente, sogghignai delle<br />

sue <strong>di</strong>savventure.<br />

I giorni scorrevano in fretta e così giunse il<br />

giorno della presentazione della gara e la<br />

consegna dei numeri <strong>di</strong> gara.<br />

Si prevedeva la partecipazione <strong>di</strong> numerosi<br />

atleti, ma soprattutto <strong>di</strong> molti appassionati<br />

provenienti dall’Italia e dalle zone più<br />

<strong>di</strong>sparate dell’Europa, in particolare dall’<br />

Austria, data la caratteristica dell’evento, cioè<br />

40


la commemorazione dei 90 anni dello scoppio<br />

della mina del Castelletto. Tutti comunque<br />

eravamo accomunati da un unico interesse, la<br />

passione per la montagna!<br />

41


I preparativi<br />

Arrivai puntuale e, nell’attesa che venissero<br />

illustrati tutti i particolari dell’evento, iniziai a<br />

parlare con altri concorrenti scambiandoci<br />

opinioni sulle <strong>di</strong>verse strategie <strong>di</strong> gara. Alcuni<br />

erano decisi a partire senza zaino per essere<br />

più leggeri con solo una leggera giacca a vento<br />

legata alla vita, altri intendevano considerare<br />

l’avvenimento come una vera e propria<br />

scampagnata portandosi grappa, vino e cibi<br />

vari, altri più realisticamente propendevano<br />

per uno zaino leggero con un minimo <strong>di</strong><br />

ricambi, tavolette energetiche e qualcosa <strong>di</strong><br />

pesante in caso <strong>di</strong> freddo intenso. Sentii anche<br />

un gruppetto <strong>di</strong> atleti <strong>di</strong>scutere sul tempo<br />

complessivo <strong>di</strong> gara convinti che si potesse<br />

arrivare al traguardo in meno <strong>di</strong> 4 ore.<br />

Purtroppo, essendo quasi in duemila,<br />

l’incontro avvenne all’aperto anziché nel<br />

salone conferenze dove avremmo potuto<br />

usufruire delle comode poltrone imbottite.<br />

Il <strong>di</strong>rettore, fatta una breve presentazione,<br />

iniziò a descrivere i particolari dell’itinerario<br />

che noi tutti avremmo seguito.<br />

43


<strong>La</strong> gara parte dal parcheggio che si trova<br />

appena sotto il Cason de Rozes, risale per la<br />

strada militare che porta a Forcella Bois con<br />

circa 400 metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello quin<strong>di</strong> scende per<br />

la Val Travenanzes fino al Cason de<br />

Travenanzes e da qui obbligatoriamente per la<br />

via normale, è vietato fare la scala del<br />

Menighel causa pericolo <strong>di</strong> intasamento tra i<br />

concorrenti che comunque sarebbero costretti<br />

a salire uno alla volta, passando per il Masarè<br />

si arriva alla Forcella Fontananegra dove è<br />

situato il rifugio Giussani a quota 2561. Da qui,<br />

sfiorando le Tre Dita, si sale in vetta alla<br />

Tofana <strong>di</strong> Rozes a quota 3225 per la via<br />

normale con una salita <strong>di</strong> altri 650 metri. <strong>La</strong><br />

<strong>di</strong>scesa si effettua sempre per la via normale,<br />

ma seguendo un percorso parallelo alla salita<br />

fino al Giussani per evitare il traffico tra chi<br />

sale e chi scende, quin<strong>di</strong> al Rifugio Dibona e<br />

da qui all’arrivo. In totale il <strong>di</strong>slivello è <strong>di</strong> oltre<br />

1600 metri e il percorso <strong>di</strong> circa 15 chilometri.<br />

<strong>La</strong> partenza è prevista alle 8 per gli atleti e le<br />

8.30 per il resto dei partecipanti. <strong>La</strong> gara<br />

prevede un percorso abbreviato per chi non si<br />

sente <strong>di</strong> arrivare in vetta e quin<strong>di</strong> arrivati al<br />

45


Giussani è possibile procedere <strong>di</strong>rettamente<br />

all’arrivo, comunque per chi arriva al Giussani<br />

dopo le 15.00 è impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> proseguire per la<br />

vetta. Ogni concorrente dovrà essere<br />

autonomo per quanto riguarda vestiario cibo e<br />

bevande. Si ricorda che lungo il percorso sono<br />

presenti alcune sorgenti come in<strong>di</strong>cato sulla<br />

piantina del tracciato e che comunque nei<br />

rifugi è possibile mangiare e bere a proprie<br />

spese.<br />

Ogni concorrente ha una serie <strong>di</strong> taglian<strong>di</strong><br />

che deve consegnare ai vari punti <strong>di</strong> controllo<br />

che sono al Cason de Travenanzes, al<br />

Giussani, in vetta alla Tofana, al Dibona,<br />

all’arrivo e un segnalatore ottico ed acustico<br />

da utilizzare in caso <strong>di</strong> pericolo. Questo<br />

strumento è in<strong>di</strong>spensabile in quanto lungo<br />

gran parte del percorso non sono utilizzabili i<br />

cellulari per mancanza <strong>di</strong> segnale. Purtroppo<br />

le con<strong>di</strong>zioni meteo non sono favorevoli per il<br />

giorno della gara e danno 80% <strong>di</strong> possibilità <strong>di</strong><br />

pioggia e neve sopra i 2800 metri già dalle<br />

prime ore del pomeriggio. Si raccomanda a<br />

tutti <strong>di</strong> portare un abbigliamento pesante con<br />

46


guanti, passamontagna, giacche a vento e un<br />

adeguato numero <strong>di</strong> ricambi.>><br />

In montagna, anziché calcolare quanti<br />

chilometri si fanno in un ora, si calcola quanti<br />

metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>slivello si compiono. Io avevo<br />

calcolato <strong>di</strong> percorre in me<strong>di</strong>a 350 metri l’ora<br />

le prime due - tre ore per <strong>di</strong>minuire poi a 250-<br />

300 nel tratto finale considerando anche che in<br />

prossimità dei 3000 metri era più <strong>di</strong>fficile<br />

camminare per la carenza <strong>di</strong> ossigeno; in<br />

<strong>di</strong>scesa valutai <strong>di</strong> percorrere circa 500-600<br />

metri l’ora. Conti alla mano speravo <strong>di</strong><br />

arrivare al Rifugio Giussani per le 12.00-12.30,<br />

considerando qualche sosta necessaria lungo il<br />

tragitto, <strong>di</strong> arrivare in vetta per le 15.00-15.30 e<br />

all’arrivo per le 17,30-18.00. Una passeggiatina<br />

<strong>di</strong> circa 10 ore contro le 3.00-4.00 ore degli<br />

atleti più forti.<br />

Al termine della presentazione ci fu<br />

consegnato tutto il necessario per la gara e a<br />

me toccò il numero 1375. Mentre il personale<br />

addetto alla gara ed i concorrenti erano intenti<br />

alla consegna e verifica dei materiali,<br />

iniziarono le celebrazioni affidate alle bande <strong>di</strong><br />

Cortina e <strong>di</strong> Lienz che, alternandosi, ci<br />

47


deliziarono con musiche tipiche delle loro<br />

tra<strong>di</strong>zioni. Ben presto nell’aria si iniziò a<br />

sentire un piacevole profumo <strong>di</strong> salsiccia,<br />

pollo, carne alla brace e patate fritte, infatti il<br />

comitato organizzatore aveva preparato un<br />

pranzo all’aperto de<strong>di</strong>cato ai partecipanti e<br />

agli ospiti che numerosi erano accorsi per<br />

l’occasione.<br />

Le cucine da campo furono prese d’assalto<br />

da quella moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone e i poveri<br />

addetti dovettero faticare non poco per<br />

sod<strong>di</strong>sfare oltre 3000 persone. Tra musiche e<br />

balli, la birra, il vino e la grappa scorrevano a<br />

fiumi, io volutamente mi accontentai <strong>di</strong> una<br />

braciola <strong>di</strong> maiale con polenta pensando a ciò<br />

che mi avrebbe atteso il giorno dopo.<br />

Non avrei potuto assolutamente<br />

immaginare cosa il tempo malignamente mi<br />

stava preparando: un’accoglienza che non<br />

avrei più <strong>di</strong>menticato.<br />

48


<strong>La</strong> corsa<br />

Il mattino successivo il tempo si presentò<br />

anche peggio delle previsioni annunciate.<br />

L’idea <strong>di</strong> partire sotto un cielo plumbeo carico<br />

<strong>di</strong> pioggia mi fece presagire una gara tutt’altro<br />

che facile.<br />

<strong>La</strong> partenza era stabilita comunque per le<br />

8.00 del mattino per il gruppo <strong>di</strong> atleti e<br />

camminatori più allenati, mentre la restante<br />

compagnia, <strong>di</strong> cui anche io facevo parte, era<br />

pronta per le 8.30. In tutto circa 300<br />

partecipanti si schierarono nel primo gruppo,<br />

l’aria era carica <strong>di</strong> tensione e ognuno cercava<br />

<strong>di</strong> trovare la giusta concentrazione ripassando<br />

mentalmente il percorso da compiere e le<br />

<strong>di</strong>fficoltà da affrontare. Nonostante la<br />

presenza <strong>di</strong> così tante persone un silenzio<br />

surreale scese sul campo <strong>di</strong> gara nell’attesa<br />

della partenza. Solo nel momento del via un<br />

urlo <strong>di</strong> incitamento risuonò per il bosco e noi<br />

della retrovia, con un po’ <strong>di</strong> invi<strong>di</strong>a, vedemmo<br />

i primi concorrenti partire velocemente.<br />

Sembrava che volassero, che non si<br />

accorgessero <strong>di</strong> correre in salita e subito un<br />

primo gruppetto <strong>di</strong> 30 concorrenti si staccò dal<br />

49


esto del gruppo. Ben preso il plotone<br />

scomparve alla nostra vista, ma il tempo volò<br />

ed ecco che arrivò il segnale che ci consentì <strong>di</strong><br />

partire. Nuove urla <strong>di</strong> incitamento<br />

riecheggiarono per la valle mentre cercavo <strong>di</strong><br />

trovare uno spazio per procedere, spintonato<br />

ora a destra ora a sinistra dalla moltitu<strong>di</strong>ne dei<br />

partecipanti.<br />

Il percorso si <strong>di</strong>mostrò <strong>di</strong>fficile già dai<br />

primissimi minuti <strong>di</strong> competizione e già dopo<br />

una mezz’ora <strong>di</strong> salita si era creata una dura<br />

selezione tra i vari concorrenti, causata<br />

principalmente dalle con<strong>di</strong>zioni atmosferiche<br />

rigide, per cui il freddo e la pioggia pungente<br />

si <strong>di</strong>mostrarono i principali antagonisti.<br />

Il terreno si era fatto assai scivoloso, mentre<br />

con molta cautela ci si inerpicava<br />

faticosamente, cercando <strong>di</strong> mantenere<br />

l’equilibrio e la calma.<br />

Insieme a un gruppetto, costituito da altri<br />

cinque partecipanti, procedevo con<br />

entusiasmo, conscio delle fatiche che ancora<br />

mi attendevano.<br />

Finalmente, dopo un’ora e un quarto arrivai<br />

abbastanza affaticato a Forcella Bois, un passo<br />

50


erboso con vista imponente sulla Val<br />

Travenanzes e il Castelletto. Da qui, dopo una<br />

breve sosta per bere un sorso d’acqua e un<br />

doveroso ricordo ai caduti, <strong>di</strong> slancio iniziai la<br />

<strong>di</strong>scesa giù per la valle fino al Cason de<br />

Travenanzes in poco più <strong>di</strong> mezz’ora; la<br />

baracca in legno ormai semi-abbandonata era<br />

immersa in un prato verde con erba e fiori alti<br />

più <strong>di</strong> un metro e un piccolo torrente che<br />

scorreva nelle vicinanze. Qui dopo una<br />

seconda breve sosta, bagnato dalla pioggia e<br />

dal sudore, feci un rapido cambio <strong>di</strong> maglia,<br />

mi concessi un frutto e un buon sorso d’acqua<br />

e quin<strong>di</strong> ripresi il cammino verso il Giussani.<br />

Questo era un tratto molto faticoso che<br />

iniziava con un sentiero ripido prima a zig zag<br />

in uno stretto canalino con presenza <strong>di</strong> travi in<br />

legno per preservare il percorso, poi attaccato<br />

alle rocce con un <strong>di</strong>screto strapiombo sulla<br />

destra sino ad arrivare ad un primo anfiteatro<br />

poco erboso dove una ricca sorgente <strong>di</strong>ssetava<br />

molti concorrenti. In questo punto vi sono<br />

ancora numerose tracce <strong>di</strong> baraccamenti<br />

austriaci che dominano verso l’alto il Masarè e<br />

le Tofane e verso il basso la Val Travenanzes.<br />

51


Un panorama bellissimo reso tenebroso<br />

dalle nuvole, dal vento e dalla pioggia<br />

battente.<br />

Purtroppo a questo punto eravamo a meno<br />

della metà della salita che portava al rifugio e<br />

procedendo tra i grossi sassi del Masarè, che<br />

spesso nascondevano la visuale verso l’alto,<br />

speravo sempre che <strong>di</strong>etro la curva si vedesse<br />

il rifugio che infine apparve dopo oltre due ore<br />

<strong>di</strong> salita.<br />

Ero veramente stanco e mi riposai quasi<br />

mezz’ora all’asciutto bevendo due the cal<strong>di</strong> e<br />

mangiando avidamente una Sacher con panna<br />

che mi avrebbe dato quel tanto <strong>di</strong> energia da<br />

farmi desiderare <strong>di</strong> proseguire per la vetta,<br />

nonostante il tempo continuasse a peggiorare,<br />

con forti raffiche <strong>di</strong> vento e la neve ben visibile<br />

avviluppare le cime delle montagne<br />

circostanti.<br />

Rimasi affascinato dal <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> un<br />

concorrente che vicino a me <strong>di</strong>scuteva con<br />

alcuni compagni se proseguire verso la vetta<br />

oppure scendere a valle.<br />


iempirà <strong>di</strong> torrenti verticali che scaricheranno<br />

tonnellate e tonnellate d’ acqua ad una<br />

velocità incre<strong>di</strong>bile. Questi canali verticali che<br />

solcano tutte le pareti della Tofana, sono<br />

cascate normalmente in secca, ma in pochi<br />

minuti <strong>di</strong>venteranno dei veri e propri killer.<br />

Alla base della parete poi queste cascate si<br />

trasformeranno in torrenti impetuosi che,<br />

scendendo lungo i ghiaioni, attraverseranno il<br />

sentiero che dobbiamo percorrere e ci<br />

impe<strong>di</strong>ranno <strong>di</strong> proseguire>>.<br />

risposi io interrompendo il<br />

racconto .<br />

I presenti furono d’accordo con me che<br />

almeno quel pericolo non sussisteva e<br />

continuai la <strong>di</strong>scussione con loro per <strong>di</strong>versi<br />

minuti.<br />

Nel gruppetto ben preso si formarono due<br />

schieramenti; chi desiderava proseguire, tra<br />

cui io, e chi più prudentemente fermarsi.<br />

<strong>La</strong> salita, dopo un primo lungo tratto in<br />

<strong>di</strong>agonale ed in leggera pendenza, era ancora<br />

53


più dura, impegnativa ma non pericolosa per<br />

ripi<strong>di</strong> ghiaioni verticali lungo gradoni <strong>di</strong><br />

roccia friabile tipici della dolomite, fino alla<br />

cresta nord-ovest da cui si raggiungeva<br />

l’anticima e quin<strong>di</strong>, con un ultimo sforzo <strong>di</strong><br />

oltre mezz’ora, la cima stessa.<br />

Avendo già fatto quella salita, sapevo che<br />

l’ultimo tratto era un susseguirsi <strong>di</strong> piccoli<br />

passi con brevi soste, la bocca aperta alla<br />

ricerca <strong>di</strong> ossigeno, la vista un po’ annebbiata<br />

per lo sforzo, il passo incerto sull’ultimo<br />

pen<strong>di</strong>o ghiaioso e franoso allo stesso tempo.<br />

Testardo e contro ogni logica partii dal<br />

Giussani verso le Tre Dita accompagnato da<br />

due violenti tuoni ma, pensai, sono già<br />

fra<strong>di</strong>cio <strong>di</strong> sudore e d’acqua e se inizia a<br />

nevicare forse mi asciugherò anche un po’.<br />

Il vento mi sferzava la faccia con raffiche <strong>di</strong><br />

inau<strong>di</strong>ta violenza, considerando la fine <strong>di</strong><br />

giugno, e comunque con un gran fiatone<br />

proseguii a testa bassa in compagnia <strong>di</strong><br />

un’altra decina <strong>di</strong> partecipanti che si<br />

trovavano nella mia stessa con<strong>di</strong>zione.<br />

In prossimità delle Tre Dita piegammo a<br />

sinistra per un ghiaioncino non<br />

54


particolarmente ripido, ma fasti<strong>di</strong>oso perché<br />

in leggera frana, e ciò ci costrinse a camminare<br />

facendo un passo avanti e mezzo in<strong>di</strong>etro per<br />

un bel tratto.<br />

Proseguii con il tempo sempre più<br />

inclemente, oramai ero solo, pioveva molto<br />

forte e gran<strong>di</strong>nava anzi oramai era un<br />

nevischio misto ad acqua, poi salendo ancora<br />

qualche decina <strong>di</strong> metri una nevicata<br />

decisamente forte, quasi una tormenta con il<br />

vento che spazzava via ogni cosa e la nebbia<br />

che salendo dal basso nascondeva tutto il<br />

paesaggio circostante.<br />

Ero in un mondo tutto bianco, non esisteva<br />

più cielo e terra, facevo fatica a trovare gli<br />

ometti in pietra che in<strong>di</strong>cavano il percorso,<br />

andavo avanti qualche metro, ma poi tornavo<br />

in<strong>di</strong>etro trovandomi in <strong>di</strong>fficoltà.<br />

Continuai così alla cieca per una buona<br />

mezz’ora alla ricerca <strong>di</strong> un ometto che non<br />

trovavo, mi ero perso nonostante conoscessi a<br />

memoria la montagna, provavo a chiamare,<br />

ma la voce si perdeva in un sussurro attutita<br />

dalla neve e dal vento, iniziavo ad aver paura<br />

e questo era quanto <strong>di</strong> peggio potesse capitare<br />

55


ad un alpinista. Ero intirizzito, nonostante la<br />

giacca a vento il cappello e guanti, il mio<br />

abbigliamento era pur sempre estivo e oramai<br />

la temperatura percepita, anche a causa del<br />

vento, era <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> sottozero.<br />

Decisi <strong>di</strong> scendere, pur non riconoscendo il<br />

luogo in cui mi trovo. Sapevo che la<br />

montagna, lasciata la via normale, era piena <strong>di</strong><br />

strapiombi ma speravo che il canalino nel<br />

quale mi trovavo comunque mi riportasse<br />

verso il rifugio.<br />

Improvvisamente mi bloccai, restai<br />

immobile ben incollato agli spuntoni <strong>di</strong> un<br />

grosso masso.<br />

Avevo le orecchie tese, cercavo <strong>di</strong> captare il<br />

rumore sordo che sembrava avvicinarsi<br />

sempre <strong>di</strong> più al punto in cui mi trovavo.<br />

Rimasi paralizzato nell’istante in cui capii<br />

cosa stava succedendo sopra la mia testa: una<br />

frana!<br />

Cercai <strong>di</strong> ripararmi, per quanto possibile,<br />

sotto quel grosso masso a cui ero attaccato con<br />

tutte le mie forze, quand’ecco piovere come<br />

tanti rasoi, a poca <strong>di</strong>stanza da me, prima una,<br />

poi due tre e ancora tante altre rocce<br />

56


frantumate alcune delle quali, inevitabilmente,<br />

mi colpirono. Svenni.<br />

Quando mi risvegliai mi ritrovai, privo <strong>di</strong><br />

forze e intontito, su un cumulo <strong>di</strong> sassi, alla<br />

base della ripida scarpata da cui<br />

probabilmente ero scivolato.<br />

Con gran fatica riuscii a prendere il<br />

segnalatore acustico e lanciare l’allarme, poi<br />

provai ad alzarmi ma un rivolo <strong>di</strong> sangue mi<br />

annebbiò la vista e un dolore lancinante mi<br />

fece ricadere pesantemente.<br />

Ero stato colpito alla fronte e in altre parti<br />

del corpo da quei sassi che mi erano piovuti<br />

addosso poco prima.<br />

Stanco, infreddolito e impaurito, con un<br />

dolore sordo che aumentava sempre più,<br />

inutilmente tentai <strong>di</strong> resistere, <strong>di</strong> rialzarmi,<br />

alla fine svenni per la seconda volta.<br />

57


Il sogno<br />

Non so’ esattamente da quanto tempo mi<br />

trovassi lì svenuto, ma quando mi guardai<br />

attorno stranito e intontito, circondato da una<br />

fitta nebbia che emanava un acre odore <strong>di</strong><br />

polvere da sparo, sobbalzai al rumore <strong>di</strong> un<br />

boato cupo, violento e sordo, ripetuto più e<br />

più volte che fece tremare il terreno sotto <strong>di</strong><br />

me, non mi rendevo conto <strong>di</strong> ritrovarmi nella<br />

terra <strong>di</strong> nessuno che separava le trincee<br />

italiane da quelle austriache.<br />

Di fianco a me vi<strong>di</strong> una sagoma e u<strong>di</strong>i una<br />

voce concitata che mi <strong>di</strong>ceva: mi <strong>di</strong>ceva un<br />

ragazzone grosso e robusto vestito con una<br />

<strong>di</strong>visa verdastra lacera e sporca.<br />

Con un dolore lancinante alla testa cercai <strong>di</strong><br />

reagire, e quando tentai <strong>di</strong> articolare le prime<br />

parole mi salì in gola il sapore <strong>di</strong> sangue<br />

rappreso. Dopo aver tossito violentemente,<br />

cercai <strong>di</strong> tirarmi su a sedere, ma una fitta alla<br />

spalla mi bloccò ancora una volta<br />

inchiodandomi a terra.<br />

59


Non riuscendo a muovere nemmeno un<br />

muscolo mi sentii sollevare <strong>di</strong> peso.<br />

Il ragazzo continuava a parlare, ma<br />

non riuscivo a capire nulla <strong>di</strong> quanto stesse<br />

<strong>di</strong>cendo.<br />

Sentii non lontano da noi, oltre un’altura, un<br />

fragore spaventoso provocato da una violenta<br />

deflagrazione, vi<strong>di</strong> il <strong>di</strong>vampare delle fiamme<br />

al seguito e una gragnola <strong>di</strong> schegge e sassi<br />

sfiorarci e colpirci senza procurarci ulteriori<br />

danni.<br />

Riuscimmo a spostarci lentamente fino alla<br />

nostra trincea cercando un varco tra il filo<br />

spinato, in parte aiutato dal mio salvatore a<br />

cui mi ero aggrappato con il braccio meno<br />

dolorante, in parte trascinandomi facendo leva<br />

60


sulla gamba sinistra che fortunatamente non<br />

era stata lesionata dalle schegge.<br />

Lì per lì non capii dove mi trovavo, chi fosse<br />

il mio soccorritore, né tantomeno chi fosse<br />

questo Tenente Pauletti che andava<br />

nominando, ma tanto era il dolore e lo<br />

stor<strong>di</strong>mento che ben presto tutti i miei sensi<br />

vennero meno e svenni nuovamente.<br />

Probabilmente dopo pochi minuti ripresi<br />

conoscenza anche se non riuscii subito a<br />

riaprire gli occhi che sentivo in fiamme.<br />

Quello che percepivo confusamente erano<br />

strazianti lamenti <strong>di</strong> dolore, boati assordanti e<br />

il cigolio delle ruote <strong>di</strong> un carro, che<br />

sobbalzavano pesantemente sul fondo bagnato<br />

dell’acciottolato, ci portava lontano dal fronte.<br />

Poi <strong>di</strong> nuovo il buio.<br />

Quando riaprii gli occhi mi ritrovai sdraiato<br />

all’asciutto su una branda da ospedale, con la<br />

testa, la caviglia destra e la spalla sinistra<br />

me<strong>di</strong>cate e fasciate con cura.<br />

Intorno a me la stanza si presentava buia e<br />

tetra, con bassi soffitti scrostati e un pungente<br />

odore <strong>di</strong> <strong>di</strong>sinfettante.<br />

61


Cercai <strong>di</strong> ricordare quel che mi era successo,<br />

ripensando agli ultimi episo<strong>di</strong> avvenuti prima<br />

che perdessi conoscenza.<br />

Gli unici particolari nella mia mente confusa<br />

erano il dolore, la pioggia mista a neve sul viso<br />

sferzato dal vento, il filo spinato, la frana, la<br />

nebbia, la trincea, i boati e nulla più. Tutto era<br />

sfocato, inconsistente e labile come un sogno<br />

nel quale più ricor<strong>di</strong> si sovrapponevano.<br />

All’improvviso una mano si posò sulla mia<br />

fronte, ma sembrava più una carezza che altro.<br />

Mi svegliai dal torpore e vi<strong>di</strong> al mio<br />

capezzale una giovane donna vestita con un<br />

camice bianco sotto il quale si intravedeva un<br />

bel vestito azzurro, un cappellino bianco da<br />

infermiera.<br />

mi <strong>di</strong>sse con una voce dolce e<br />

calma.


senza problemi. Ancora poche settimane e<br />

sarà come nuovo>> mi rassicurò sorridendo.<br />

Quella vista mi lasciò senza fiato. <strong>La</strong><br />

ragazza era veramente graziosa, pur avendo il<br />

giovane viso segnato dalla stanchezza e dalla<br />

fatica, i lineamenti erano minuti e due gran<strong>di</strong><br />

occhi azzurri espressivi e pieni <strong>di</strong> vitalità<br />

risplendevano come un faro nella notte, i<br />

capelli, nascosti dal cappellino, erano <strong>di</strong> un bel<br />

colore rosso ramato, la carnagione, bianca<br />

come la neve, era impreziosita da numerose<br />

lentiggini che le riempivano mani e viso. <strong>La</strong><br />

sua voce era dolce e suadente.<br />

le chiesi apprensivo. <br />

, <strong>di</strong>sse<br />

preoccupata del fatto che non mi ricordassi del<br />

perché mi trovassi lì.<br />

<br />

Notando la mia crescente apprensione cercò<br />

<strong>di</strong> minimizzare, per evitare che mi agitassi e<br />

63


mi salisse <strong>di</strong> nuovo la febbre, e rispose: <br />

Non ricordandomi <strong>di</strong> nulla gli domandai:<br />

<br />

Con un velo <strong>di</strong> <strong>di</strong>spiacere mi rispose:<br />

<br />

Quale <strong>di</strong>sgrazia mi era capitata per<br />

ritrovarmi in<strong>di</strong>etro nel tempo <strong>di</strong> oltre 90 anni?<br />

Ero sicuro <strong>di</strong> essere un tranquillo<br />

escursionista, oppure, mentre ero svenuto,<br />

avevo fatto un sogno che ora credevo essere la<br />

mia realtà?<br />

Come una esplosione la pressione<br />

sanguigna mi salì alle stelle. Svenni e <strong>di</strong> nuovo<br />

fu buio.<br />

<strong>La</strong> febbre, tornata altissima per <strong>di</strong>versi<br />

giorni a causa <strong>di</strong> un inizio <strong>di</strong> infezione alla<br />

spalla, mi procurò orribili incubi nei quali<br />

alternavo ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> guerra a piacevoli<br />

escursioni, ma con il trascorrere del tempo e il<br />

64


miglioramento delle mie con<strong>di</strong>zioni generali<br />

tutto fu <strong>di</strong>menticato proprio come in un<br />

sogno.<br />

Pian piano iniziò a tornarmi la memoria,<br />

ricordai l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> appostarci in prima linea<br />

nell’attesa dello scoppio della mina del<br />

Castelletto per conquistare finalmente le<br />

postazioni nemiche, ma lo scoppio, troppo<br />

violento, scagliò in aria migliaia <strong>di</strong> tonnellate<br />

<strong>di</strong> roccia, come l’esplosione <strong>di</strong> un vulcano, non<br />

risparmiando neanche noi italiani che<br />

l’avevamo costruita.<br />

Decine e decine <strong>di</strong> morti e feriti assieme a<br />

me colpiti non dal fuoco nemico ma dalle<br />

mici<strong>di</strong>ali schegge <strong>di</strong> roccia impazzite che<br />

piovevano e piovevano senza sosta per ore e<br />

ore.<br />

Castillo, il giovane che mi aveva trovato in<br />

fin <strong>di</strong> vita, ogni tanto veniva a trovarmi in<br />

ospedale, per tenermi compagnia e farmi<br />

ricordare gli ultimi episo<strong>di</strong> vissuti in trincea, e<br />

pian piano ricominciai a ricordare sempre più<br />

episo<strong>di</strong> come in un mosaico che si andava<br />

ricomponendo.<br />

65


Era poco più che un ragazzo, ma i suoi occhi<br />

verde smeraldo, dello stesso colore dei laghi<br />

alpini illuminati dal sole, già riflettevano le<br />

sofferenze <strong>di</strong> più battaglie, <strong>di</strong> chi aveva visto<br />

la morte in faccia e aveva perso amici e fratelli<br />

sotto il fuoco delle armi.<br />

Era sotto i miei coman<strong>di</strong> ormai da qualche<br />

mese e, da come mi parlava, pareva anche che<br />

si fosse affezionato a me, come se io fossi un<br />

suo fratello maggiore. Poi le visite finirono del<br />

tutto, seppi che era stato trasferito presso un<br />

altro reggimento, ancora in prima linea e poi,<br />

durante un ennesimo inutile assalto, <strong>di</strong>sperso<br />

nella terra <strong>di</strong> nessuno.<br />

Con il passare del tempo e delle cure,<br />

riacquistai l’uso parziale delle gambe, sebbene<br />

con l’ausilio <strong>di</strong> un bastone, e rimasi sotto lo<br />

sguardo vigile e premuroso <strong>di</strong> quella dolce<br />

infermiera che sempre mi accompagnava con<br />

pazienza.<br />

Una mattina, quando mi alzai dal letto per<br />

rimettere in moto le gambe, appoggiandomi al<br />

bastone, accompagnato da Lucia,<br />

passeggiammo lungo le corsie della clinica.<br />

66


I corridoi erano pieni <strong>di</strong> feriti, e la loro vista<br />

era straziante. Molti aveva perso braccia o<br />

gambe, altri, forse i più fortunati erano<br />

immobilizzati a letto in coma profondo, altri<br />

ancora erano completamente ustionati e<br />

bendati dalla testa ai pie<strong>di</strong>.<br />

<strong>La</strong> vista più straziante era però per quei<br />

poveri ragazzi che erano stati sfigurati in<br />

modo orribile sul volto; senza naso, occhi,<br />

denti, mento, mascelle fratturate e deformate,<br />

volti <strong>di</strong>strutti dal fuoco e dalle schegge.<br />

Riconobbi alcuni <strong>di</strong> loro perché<br />

appartenevano al mio reggimento e<br />

guardando quei volti esangui, praticamente<br />

stroncati da un tragico destino, ricordando<br />

come fossero prima della sciagura, ancora<br />

indebolito dalle ferite mi sentii mancare le<br />

forze e mi accasciai a terra, subito soccorso da<br />

Lucia, che fino ad allora era rimasta in<br />

<strong>di</strong>sparte, abituata come era a vedere quelle<br />

scene dolorose.<br />

Mi guardò preoccupata e mi accompagnò<br />

fino alla mia branda. Dopo avermi aiutato a<br />

sdraiarmi a letto, con un velo <strong>di</strong> tristezza<br />

<strong>di</strong>sse:


adattarmi a tutto questo, al dolore e alla<br />

sofferenza <strong>di</strong> questi ragazzi. Non credo mi ci<br />

abituerò mai, ma almeno ora riesco a rendermi<br />

utile, ad alleviare quantomeno le loro<br />

sofferenze e a portare un po’ <strong>di</strong> conforto. Si<br />

sentono solo urla, lamenti e le cannonate in<br />

lontananza, mattina e sera. Stiamo tutti<br />

vivendo un dramma>> <strong>di</strong>sse, con le lacrime<br />

agli occhi, e mi sfiorò dolcemente una mano.<br />

Lucia, nelle successive settimane che<br />

trascorsi in convalescenza, iniziò a far parte<br />

della mia vita, si occupava delle me<strong>di</strong>cazioni,<br />

seguiva passo per passo tutti i miei progressi<br />

confortandomi con la sua presenza e con il suo<br />

buon carattere, e benché dovesse occuparsi<br />

anche <strong>di</strong> altri pazienti, ben più gravi <strong>di</strong> me,<br />

rimase sempre il mio angelo custode.<br />

Alcune notti avevo ancora dei terribili<br />

incubi, mi ritrovavo sdraiato su un cumulo <strong>di</strong><br />

sassi, tutto dolorante, dalla testa ai pie<strong>di</strong>. Dove<br />

mi trovavo? Tutto intorno a me sembrava<br />

<strong>di</strong>verso. Non ero in ospedale e non c’era Lucia<br />

a prendersi cura <strong>di</strong> me. Mi alzavo, cercando <strong>di</strong><br />

capire cosa fosse successo, ma le gambe erano<br />

come immobilizzate ed intorpi<strong>di</strong>te, come se<br />

68


non ci fossero! Alzavo lo sguardo in cerca <strong>di</strong><br />

aiuto e, nel silenzio <strong>di</strong> quel paesaggio in cui<br />

ero immerso, vedevo <strong>di</strong> fronte a me un uomo<br />

in <strong>di</strong>visa bianca puntarmi un fucile alla fronte<br />

e premere il grilletto. Credevo <strong>di</strong> sentire il<br />

rumore dello sparo ma in realtà era il rombo<br />

dell’artiglieria austriaca che martellava le<br />

nostre postazioni e, svegliandomi <strong>di</strong><br />

soprassalto, mi ritrovavo seduto nella mia<br />

branda in un bagno <strong>di</strong> sudore e urlare <strong>di</strong><br />

terrore.<br />

Tutto congestionato dall’incubo e forse<br />

anche dalla febbre, guardavo dai vetri della<br />

finestra l’orrido spettacolo pirotecnico che si<br />

scorgeva dal crinale nord dell’altura, poi un<br />

enorme boato. Anche i vetri vibravano, dai<br />

nostri letti rimanevamo ad ascoltare in silenzio<br />

come fosse l’ululare <strong>di</strong> un branco <strong>di</strong> lupi<br />

inferociti. Mi tornava in mente la <strong>di</strong>sperazione<br />

dei soldati schierati in trincea, al freddo,<br />

immersi nel fango, nei loro escrementi,<br />

<strong>di</strong>vorati da ogni tipo <strong>di</strong> parassita e dalla fame.<br />

Pensavo a tutte quelle famiglie spezzate che<br />

avevano perso i loro cari nelle battaglie. Ero<br />

69


stato davvero fortunato ad essermi salvato, a<br />

venir recuperato prontamente e curato.<br />

<strong>La</strong> mia permanenza in ospedale, dopo<br />

appena un mese e mezzo <strong>di</strong> degenza, stava<br />

ormai per terminare.<br />

Avevo ripreso quasi perfettamente l’uso<br />

delle gambe e della spalla, mentre della ferita<br />

alla testa ormai ne restava solo una profonda<br />

cicatrice.<br />

<strong>La</strong> guerra intanto continuava a falciare vite<br />

umane, le notizie giunte dalla mia guarnigione<br />

non erano per nulla incoraggianti, sentivo che<br />

oramai si stava avvicinando il momento <strong>di</strong><br />

lasciare l’ospedale e quin<strong>di</strong> anche Lucia.<br />

Pochi giorni dopo, infatti, ricevetti dal<br />

comando una missiva in cui mi veniva<br />

comunicato che mi sarei dovuto presentare<br />

alla mia vecchia postazione sotto Col <strong>di</strong> Bois la<br />

settimana successiva.<br />

Ero <strong>di</strong>strutto dalla <strong>di</strong>sperazione <strong>di</strong> dover<br />

tornare in quel luogo infernale, <strong>di</strong> dover<br />

abbandonare Lucia, l’unica persona a cui mi<br />

sentivo profondamente legato, che mi aveva<br />

dato un po’ <strong>di</strong> quel calore umano che tanto mi<br />

era mancato dall’inizio della guerra.<br />

70


A stento riuscivo a trattenere le lacrime e<br />

quella mattina, mentre Lucia accu<strong>di</strong>va i suoi<br />

pazienti, mi avvicinai a lei.<br />

Quando mi vide sorrise come al solito con<br />

tutta la dolcezza che la contrad<strong>di</strong>stingueva e<br />

alla vista <strong>di</strong> quel suo viso sentii il contrarsi <strong>di</strong><br />

un nodo allo stomaco.<br />

e mi guardò triste<br />

come se già conoscesse la risposta.<br />

<br />

le risposi con tranquillità, per smorzare<br />

quell’ombra <strong>di</strong> tristezza che le velava gli occhi.<br />

<br />

Il suo viso impallidì e timidamente,<br />

guardandomi negli occhi, si avvicinò a me<br />

tanto da sentire il suo alito profumato, mi<br />

prese la mano conducendomi con risolutezza<br />

verso una delle stanze dove il personale<br />

me<strong>di</strong>co si recava durante il riposo.<br />

71


mi <strong>di</strong>sse con un<br />

filo <strong>di</strong> voce supplichevole non appena giunti<br />

in quella misera stanza, dove due brande e un<br />

mobile malmesso erano gli unici arre<strong>di</strong><br />

presenti.<br />

.<br />

Lei era <strong>di</strong> fronte a me, con il viso chino. Non<br />

aveva il coraggio <strong>di</strong> alzare lo sguardo.<br />

<strong>di</strong>sse<br />

questa volta con voce decisa, quasi rabbiosa,<br />

.<br />

Alzò lo sguardo, mi fissò per alcuni secon<strong>di</strong><br />

con il viso contratto e gli occhi azzurri<br />

spalancati quasi a sfidarmi, poi lentamente i<br />

72


suoi lineamenti si addolcirono e mi baciò con<br />

impeto.<br />

Rimasi stupito sia per il calore <strong>di</strong> quel suo<br />

slancio improvviso, da me del tutto<br />

inaspettato, ma fortemente sperato, sia per la<br />

reazione violenta che questo provocò in me.<br />

Una vampata improvvisa salì dal profondo del<br />

mio essere, arrossii e sentii la faccia bruciare<br />

come fosse stata toccata dal fuoco, mentre un<br />

forte desiderio <strong>di</strong> possederla mi pervase.<br />

<strong>La</strong> attirai a me stringendola con forza,<br />

iniziai a baciare il suo viso, i suoi occhi, le sue<br />

labbra mentre con una mano le sciolsi i capelli<br />

nascosti dal cappellino. Rimasi estasiato alla<br />

vista <strong>di</strong> quella moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> capelli rossi che,<br />

contrastando con la carnagione bianca e<br />

lentigginosa del viso pallido e aggraziato,<br />

creavano in me una visione para<strong>di</strong>siaca.<br />

Iniziai a slacciarle il camice bianco e poi la<br />

maglietta azzurra fino ad insinuare la mia<br />

mano sul suo seno che sentii morbido e caldo.<br />

Ormai non mi controllavo più, né lei<br />

desiderava lo facessi, abbassai la testa sul suo<br />

petto e, spostandole il reggiseno, la baciai<br />

73


ipetutamente mentre gridolini <strong>di</strong> piacere e<br />

profon<strong>di</strong> sospiri le uscivano dalla bocca.<br />

Prima che potessi proseguire lei mi baciò<br />

con passione, poi si <strong>di</strong>stese sulla misera<br />

branda continuando con impeto sempre<br />

maggiore.<br />

Iniziai a spogliarla accarezzando e baciando<br />

con amore ogni sua parte, anche le più intime.<br />

Una montagna <strong>di</strong> riccioli rossi erano <strong>di</strong><br />

contorno alla sua natura che non appena<br />

accarezzai procurarono in lei fremiti <strong>di</strong><br />

desiderio e <strong>di</strong> passione.<br />

Mi <strong>di</strong>stesi su <strong>di</strong> lei e ciò che accadde per me<br />

fu una esperienza <strong>di</strong> una dolcezza e bellezza<br />

che mai avevo provato nella vita.<br />

Esausti rimanemmo in quel misero locale,<br />

che per noi era <strong>di</strong>ventato il posto più bello del<br />

mondo, abbracciati fortemente l’uno all’altro,<br />

rivolgendoci continue domande sulle nostre<br />

vite prima della guerra, su chi ci aspettasse a<br />

casa e sul nostro futuro.<br />

In gioventù mi era capitato <strong>di</strong> andare alcune<br />

volte con gli amici in uno dei casini della città,<br />

per <strong>di</strong>vertirmi con le prostitute, ma non avevo<br />

mai provato il vero amore.<br />

74


Così scoprii che il sesso fatto per amore era<br />

un’altra cosa, ti coinvolgeva in tutto il tuo<br />

essere e saperlo con<strong>di</strong>viso con un'altra persona<br />

ne esaltava il piacere e la bellezza.<br />

Non solo i corpi si univano, ma era come se<br />

le anime si fondessero in un tutt’uno; pensai<br />

“se esiste il para<strong>di</strong>so, deve assomigliare molto<br />

al piacere provato in un atto d’amore”.<br />

Quella giornata la natura volle che fosse una<br />

serata magica, la Luna spuntata da <strong>di</strong>etro<br />

l’Antelao illuminava la valle a giorno.<br />

Anche le poche nuvole, che sembravano dei<br />

piccoli batuffoli <strong>di</strong> cotone bianco, brillavano<br />

come se avessero un proprio chiarore, la luce<br />

riflessa era talmente forte che era quasi<br />

impossibile fissare la Luna che proiettava<br />

lunghe ombre su ogni oggetto, le cime e le<br />

creste delle montagne erano visibili a 360<br />

gra<strong>di</strong>.<br />

Era uno spettacolo unico e bellissimo che<br />

contrastava fortemente con le trage<strong>di</strong>e<br />

incombenti e che per poche ore fece <strong>di</strong>stogliere<br />

i belligeranti dalle loro folli battaglie.<br />

Le artiglierie e i combattimenti furono<br />

sospesi, come se un tacito armistizio fosse<br />

75


stato concordato tra le parti, e fece finalmente<br />

immergere la valle in un silenzio profondo<br />

interrotto solo da un leggero alito <strong>di</strong> vento che<br />

si insinuava tra gli alberi.<br />

Passeggiando con Lucia ai margini del<br />

bosco gli <strong>di</strong>ssi dolcemente <br />

<br />

mi <strong>di</strong>sse lei quasi piangendo, come sapesse<br />

inconsciamente che non ci saremmo mai più<br />

rivisti.<br />

le <strong>di</strong>ssi<br />

sussurrando e accarezzandole il volto.<br />

Passammo ancora quei pochi giorni tra gioia<br />

e dolore, ma il tempo inesorabilmente bussò<br />

alle nostre porte e arrivò il giorno della<br />

partenza.<br />

76


Gli accor<strong>di</strong> con Lucia erano stati chiari: ci<br />

eravamo detti “Evitiamo <strong>di</strong> incontrarci la<br />

mattina della partenza, sarebbe troppo<br />

doloroso.”<br />

<strong>La</strong> mattina presto, uscito per l’ultima volta<br />

dall’ospedale, mi incamminai verso la<br />

stazione; con tristezza mi voltai e la vi<strong>di</strong> <strong>di</strong>etro<br />

i vetri <strong>di</strong> una finestra, con il viso pallido<br />

tremendamente triste.<br />

Le feci un cenno con la mano e mi voltai,<br />

con un groppo in gola e con la voglia quasi<br />

irrefrenabile <strong>di</strong> tornare in<strong>di</strong>etro per correrle<br />

incontro e stringerla a me ancora una volta. Il<br />

dovere ebbe il sopravvento e così arrivai alla<br />

piccola stazione.<br />

Il trenino per Cortina giunse puntuale e in<br />

30 minuti mi ritrovai nel centro del paese dove<br />

un carro trainato da due cavalli mi portò alla<br />

base della montagna e quin<strong>di</strong> in un ora <strong>di</strong><br />

marcia <strong>di</strong>rettamente alle trincee dove mi<br />

aspettava il mio reggimento.<br />

L’accoglienza dei commilitoni fu cor<strong>di</strong>ale e<br />

allegra sia pure nel rispetto delle gerarchie e<br />

delle oggettive <strong>di</strong>fficoltà nelle quali eravamo<br />

costretti a vivere.<br />

77


Le trincee erano luride fogne a cielo aperto<br />

dove fango ed escrementi si mescolavano in<br />

un tanfo insopportabile, la pioggia rendeva<br />

ogni cosa viscida e penetrava anche nei pochi<br />

ricoveri parzialmente protetti, le <strong>di</strong>vise<br />

inadeguate ad una guerra <strong>di</strong> trincea in alta<br />

montagna erano stracci fra<strong>di</strong>ci che non era<br />

possibile asciugare se non nelle poche giornate<br />

<strong>di</strong> sole, i viveri scarsi e scadenti rendevano le<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita ancora più tristi e<br />

opprimenti.<br />

Non c’era comunque da preoccuparsi<br />

troppo per quelle orribili con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita,<br />

l’unica cosa che veramente contava era quella<br />

<strong>di</strong> sopravvivere e sperare in una rapida<br />

conclusione del conflitto.<br />

L’or<strong>di</strong>ne giunse quasi subito ed era<br />

estremamente perentorio: dovevamo lanciare<br />

una massiccia offensiva per conquistare a tutti<br />

i costi le postazioni <strong>di</strong>etro il Castelletto, in<br />

modo da procurarci un buon appostamento<br />

per poter sfondare da lì le linee nemiche che si<br />

trovavano più in basso nella Val Travenanzes.<br />

Partecipai insieme agli altri ufficiali<br />

all’incontro con il Comandante che ci illustrò<br />

78


in dettaglio gli obiettivi principali della<br />

missione e le strategie dell’ attacco.<br />

L’operazione iniziava in piena notte con un<br />

gruppo <strong>di</strong> guastatori che sarebbero avanzati<br />

per tranciare nell’oscurità il filo spinato messo<br />

a protezione delle trincee nemiche insieme ad<br />

un fuoco <strong>di</strong> artiglieria per <strong>di</strong>stogliere il nemico<br />

dall’operazione dei guastatori.<br />

Quin<strong>di</strong> doveva seguire un violento<br />

bombardamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse ore che dalle<br />

Cinque Torri avrebbe investito tutto il fronte<br />

nemico, infine l’assalto delle truppe che dalle<br />

<strong>di</strong>verse postazioni trincerate avrebbero<br />

attaccato il nemico prima del sorgere dell’alba.<br />

Il mio compito era quello <strong>di</strong> guidare uno <strong>di</strong><br />

questi battaglioni.<br />

Ai miei or<strong>di</strong>ni avevo giovani sui 20 anni, che<br />

per età avrebbero potuto benissimo essere<br />

miei fratelli minori, ragazzi a cui la vita<br />

sarebbe stata quasi certamente stroncata, <strong>di</strong> lì a<br />

poco.<br />

Eppure sembravano tranquilli, se ne<br />

stavano da soli a scrivere lettere ai loro cari,<br />

oppure a scherzare amichevolmente per<br />

79


stemperare il clima teso che si era venuto a<br />

creare.<br />

Il giorno prima dell’assalto, quando mi<br />

trovai da solo sulla branda, presi carta e penna<br />

e decisi <strong>di</strong> scrivere a Lucia un ultima lettera<br />

prima dei combattimenti, rinnovandole tutto il<br />

mio amore e il desiderio <strong>di</strong> sposarla appena<br />

finita la guerra.<br />

Era ancora buio, quando ci preparammo<br />

all’assalto, per sfruttare il fattore sorpresa, una<br />

buona mezz’ora prima dell’alba, infreddoliti,<br />

impauriti ma decisi a conquistare le trincee<br />

nemiche.<br />

Dovemmo avvicinarci strisciando<br />

silenziosamente verso le prime linee per<br />

cogliere il nemico <strong>di</strong> sorpresa, piano, nel<br />

silenzio più assoluto, nel timore <strong>di</strong> essere<br />

scoperti prima del dovuto.<br />

L’aria era densa e brumosa e a malapena<br />

potevamo <strong>di</strong>stinguere il paesaggio che ci<br />

circondava.<br />

Una volta raggruppati e posizionati ci<br />

decidemmo a scendere lungo il crinale, stando<br />

attenti a non scivolare sui sassi bagnati.<br />

80


Strisciammo in<strong>di</strong>sturbati per oltre cento<br />

metri e nessuno si accorse del nostro<br />

passaggio.<br />

Purtroppo una sentinella austriaca,<br />

appostata <strong>di</strong>etro un grosso sasso dove non<br />

poteva essere scorta, avvertì la nostra presenza<br />

e, dopo aver dato l’allarme generale, si scatenò<br />

contro <strong>di</strong> noi l’intera artiglieria crucca.<br />

Iniziammo a correre rapidamente tra il filo<br />

spinato e i corpi mutilati <strong>di</strong> altri soldati,<br />

cercando <strong>di</strong> schivare la pioggia <strong>di</strong> schegge e<br />

pallottole che ci sfioravano da ogni parte.<br />

Nonostante stesse iniziare ad albeggiare era<br />

impossibile vedere le pallottole, solo un<br />

leggero sibilo e lo schianto sui sassi ci<br />

avvertiva del pericolo che ci circondava, ma<br />

non c’era tempo <strong>di</strong> pensare, bisognava<br />

procedere e uccidere quei bastar<strong>di</strong>!<br />

Una increspatura, una piccolissima<br />

increspatura come un onda del mare; una<br />

pallottola mi centrò in piena fronte.<br />

Cad<strong>di</strong> fulminato, era finita, mamma, papà, i<br />

commilitoni, Lucia! Tutto finito, tutto perso<br />

per sempre, non potevo più amare, sognare,<br />

gridare, pensare.<br />

81


Perché morire a 25 anni in un posto a me<br />

sconosciuto? È sì! Era meglio comunque vivere<br />

in quell’inferno, nella speranza <strong>di</strong> un futuro<br />

migliore con Lucia, che tornare a essere<br />

polvere.<br />

82


Il risveglio<br />

Intorno a me c’era solo foschia, pioggia e<br />

vento. Niente più cannoni né mitragliatrici.<br />

Mi guardai attorno, ma anche la vista<br />

pareva essersi annebbiata.<br />

Di fronte a me, all’improvviso, si<br />

materializzò un’ombra.<br />

Cercai <strong>di</strong> spostarmi ma le gambe non mi<br />

reggevano e avevo un forte dolore alla testa, la<br />

figura si avvicinò con prudenza, “forse è Lucia<br />

che vuole aiutare a rialzarmi”pensai.<br />

<br />

Mi sentivo scuotere, ma dentro <strong>di</strong> me non<br />

avevo la forza <strong>di</strong> reagire a quella<br />

sollecitazione, impaurito da quell’accento<br />

straniero, pensai “forse sono suo prigioniero e<br />

ora probabilmente vuole uccidermi”.<br />

Non potevo reagire sebbene i miei sensi, per<br />

quanto intorpi<strong>di</strong>ti, percepissero l’ambiente<br />

esterno.<br />

mi<br />

chiese concitata la voce che sentivo, mentre mi<br />

copriva con una pesante giacca a vento.<br />

.<br />

83


Mi sentivo la testa pulsare in modo ritmico,<br />

come se mi avessero dato una pesante<br />

bastonata sulla tempia.<br />

Tanto era il dolore, che riuscivo appena a<br />

scorgere la possente figura del mio<br />

soccorritore.<br />

Non capivo dove mi trovassi esattamente,<br />

sentivo freddo ed ero intontito.<br />

Ora, un paesaggio brullo e sassoso aveva<br />

preso il posto dei cannoni e della pioggia <strong>di</strong><br />

pallottole dell’artiglieria austriaca.<br />

Dove mi trovavo allora? Possibile che fosse<br />

stato solo un sogno? Solo un’illusione, per<br />

quanto realistica essa fosse!<br />

.<br />

Con un filo <strong>di</strong> voce, sforzandomi <strong>di</strong> non<br />

perdere i sensi, gli <strong>di</strong>ssi: ><br />

implorai!<br />

84


Lui rimase un po’ interdetto e mi rispose<br />

quasi ridendo, per tranquillizzarmi: .<br />

Era stato solo un sogno! Spalancai gli occhi<br />

con le poche forze che mi restavano e mi<br />

guardai attorno per accertarmi delle parole<br />

dell’uomo che effettivamente non indossava<br />

alcuna <strong>di</strong>visa militare ma una comoda giacca a<br />

vento e pantaloni tecnici da montagna.<br />

Un altro concorrente nel frattempo<br />

soggiunto e mi <strong>di</strong>sse <br />

85


Subito un'altra persona ci raggiunse, tutta<br />

trafelata. .<br />

Come era possibile? Il colpo che avevo<br />

preso alla testa era stato più forte <strong>di</strong> quanto<br />

avessi pensato?<br />

Mi sentii venir meno e svenni. In un limbo<br />

tra torpore e incoscienza vagamente percepii<br />

l’arrivo dell’elicottero, le pale che fendevano<br />

vorticosamente l’aria, le frasi concitate dei<br />

miei soccorritori, il trasporto in ospedale.<br />

Quando ripresi i sensi mi ritrovai sdraiato<br />

su un comodo letto, con un bendaggio alla<br />

testa ed una spalla immobilizzata. Guardando<br />

bene, vi<strong>di</strong> attorno a me una stanza linda, ben<br />

illuminata e calda <strong>di</strong>versa da quella che<br />

ricordavo.<br />

Ero ritornato in<strong>di</strong>etro dalla mia Lucia,<br />

ancora una volta?<br />

Improvvisamente sentii una carezza sulla<br />

mano.<br />

urlai, mettendomi a sedere <strong>di</strong><br />

scatto sul letto.<br />

86


mi <strong>di</strong>sse con voce preoccupata.<br />

<br />

<strong>di</strong>sse la donna al mio capezzale, rimettendomi<br />

le coperte in or<strong>di</strong>ne e accomodandomi il<br />

cuscino sotto il capo.<br />

si alzò sorridendomi ed andò a<br />

chiamare l’infermiera <strong>di</strong> turno per<br />

controllarmi la febbre e darmi qualche<br />

antidolorifico.<br />

<strong>La</strong> dolcezza <strong>di</strong> quel sorriso aveva un non so<br />

che <strong>di</strong> familiare, mi rimandò con il pensiero al<br />

bel viso <strong>di</strong> Lucia e ai nostri brevi ma intensi<br />

momento d’amore.<br />

Quando mi ripresi, la donna che vi<strong>di</strong> al mio<br />

fianco non era lei ma Lucilla, la moglie che<br />

amai in un tempo lontano da questo.<br />

<br />

Dopo quarantotto ore uscii dal delirio,<br />

ripresi conoscenza e quando mi svegliai<br />

87


completamente, voltandomi riconobbi mia<br />

moglie.<br />

Ci guardammo con tenerezza e il nodo che<br />

avevo allo stomaco finalmente si sciolse<br />

lasciandomi andare in un pianto liberatorio.<br />

Ringraziai il cielo per essere ancora vivo e<br />

per avere al mio fianco Lucilla.<br />

A metà luglio lasciai l’Ospedale Co<strong>di</strong>villa e<br />

con il passare dei giorni, rimettendomi in<br />

salute, quei ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong>ventarono sempre più<br />

sbia<strong>di</strong>ti, lontani ma pur sempre vivi nel mio<br />

cuore.<br />

Presi coscienza che probabilmente era stato<br />

solo un sogno, molto intenso, ma pur sempre<br />

un sogno, per cui decisi <strong>di</strong> non parlarne più né<br />

con Lucilla né tanto meno con gli amici.<br />

L’esperienza vissuta mi aveva riavvicinato a<br />

lei, come se ci fossimo incontrati per la prima<br />

volta da pochi giorni, ed ora provavo per lei<br />

gli stessi sentimenti ed emozioni che avevo<br />

quando ci eravamo conosciuti.<br />

Anche lei era cambiata e sembrava<br />

accettarmi più volentieri, consapevole che la<br />

morte mi aveva sfiorato e poteva perdermi per<br />

sempre.<br />

88


ipetevo spesso a<br />

Lucilla, mi rispondeva<br />

affettuosamente, <br />

Trascorsi tutto il mese <strong>di</strong> agosto in<br />

convalescenza a Cortina in compagnia <strong>di</strong><br />

amici che incuriositi mi chiedevano particolari<br />

su quanto mi era accaduto.<br />

Volutamente non raccontai nulla del mio<br />

sogno avventuroso, del Tenente Pauletti e <strong>di</strong><br />

Lucia, e quando qualche amico insisteva<br />

troppo, cambiavo <strong>di</strong>scorso iniziando a parlare<br />

<strong>di</strong> passeggiate che in effetti iniziai a rifare,<br />

questa volta sincerandomi sempre delle<br />

con<strong>di</strong>zioni del tempo!<br />

Ricordo con grande sod<strong>di</strong>sfazione quando il<br />

mio amico Paolo mi propose <strong>di</strong> andare in cima<br />

al Paterno.<br />

Era oramai fine agosto e mi ero<br />

completamente ristabilito, per cui con<br />

entusiasmo accettai la sua proposta.<br />

Avevamo programmato la partenza presto,<br />

ma non troppo.<br />

Alle otto e mezza mi passò a prendere. Era<br />

una splen<strong>di</strong>da giornata, fresca, vista l’ora, con<br />

89


un cielo azzurro limpi<strong>di</strong>ssimo. Partimmo per il<br />

rifugio Auronzo sotto le Tre Cime <strong>di</strong><br />

<strong>La</strong>varedo.<br />

Arrivati, una gran folla <strong>di</strong> turisti percorreva<br />

il classico sentiero che dall’Auronzo porta al<br />

Locatelli, una popolazione variegata spesso<br />

con abbigliamenti inadeguati al luogo; chi con<br />

scarpe da ginnastica, chi con scarpe citta<strong>di</strong>ne,<br />

altri con semplici magliette e felpa senza<br />

giacca a vento, altri con chio<strong>di</strong> e corde pronti a<br />

salire le pareti delle Tre Cime.<br />

Il primo tratto fino alla forcella <strong>La</strong>varedo era<br />

una processione <strong>di</strong> famiglie con carrozzine,<br />

bambini festanti, persone che chiaramente era<br />

la prima volta si trovavano in montagna, ma il<br />

panorama che ci apparve improvviso alla<br />

nostra sinistra era imponente e maestoso con<br />

la vista delle pareti nord delle Tre Cime.<br />

Con il binocolo erano visibili decine <strong>di</strong><br />

alpinisti che scalavano queste imponenti pareti<br />

verticali e veramente l’impressione era quella<br />

<strong>di</strong> vedere dei piccolissimi ragni appesi alla<br />

roccia.<br />

90


Proseguendo per un largo sentiero<br />

arrivammo in poche decine <strong>di</strong> minuti al<br />

Locatelli.<br />

Da qui iniziava la nostra gita, lì dove<br />

terminava per il 90% dei turisti. Dopo le foto<br />

d’obbligo con lo sfondo sulle pareti nord delle<br />

Tre Cime, ci <strong>di</strong>rigemmo verso la galleria del<br />

Paterno.<br />

<strong>La</strong> galleria era stata scavata nel corso della<br />

prima guerra mon<strong>di</strong>ale dagli alpini per cercare<br />

<strong>di</strong> conquistare le cime circostanti in possesso<br />

degli Austriaci.<br />

In confronto la galleria del Castelletto era<br />

poca cosa, questa saliva ripida nella roccia<br />

viva con molte finestre sia a destra che a<br />

sinistra. Affacciati alle finestre si godeva <strong>di</strong> un<br />

panorama mozzafiato da un lato sulle Tre<br />

Cime, dall’altro su Pian <strong>di</strong> Cengia, le Crode<br />

Fiscaline e Cima Una.<br />

Al termine della galleria iniziava il primo<br />

tratto <strong>di</strong> ferrata che saliva ripido sotto una<br />

cresta e a strapiombo sul sentiero che portava<br />

per la via normale alla forcella <strong>di</strong> Pian <strong>di</strong><br />

Cengia.<br />

91


Paolo saliva senza cor<strong>di</strong>no né casco, non<br />

attaccandosi mai alla corda fissa; aveva una<br />

dote naturale che lo faceva sentire tranquillo e<br />

sicuro mentre io, pur provando grande piacere<br />

e sod<strong>di</strong>sfazione, rimanevo sempre attaccato<br />

col cor<strong>di</strong>no alla corda fissa memore anche <strong>di</strong><br />

ciò che mi era capitato solo due mesi prima.<br />

Dopo una salita abbastanza lunga ed<br />

esaltante arrivammo alla forcella del<br />

Camoscio, spartiacque tra la valle con il<br />

rifugio Locatelli e la valle che volge verso<br />

Auronzo.<br />

Da qui partivano tre sentieri: uno per la<br />

ferrata a sinistra verso Pian <strong>di</strong> Cengia, un’altro<br />

a destra verso la cima del Paterno, il terzo era<br />

un sentiero in <strong>di</strong>scesa verso Forcella<br />

Passaporto e quin<strong>di</strong> Forcella <strong>La</strong>varedo.<br />

Volevamo fare entrambe le ferrate, ma<br />

sapevamo che il tempo non era sufficiente<br />

perciò proseguimmo per la vetta.<br />

Solo l’attacco <strong>di</strong> questa ferrata presentava<br />

qualche piccolo problema, almeno per me, poi<br />

ancora un breve tratto ferrato e quin<strong>di</strong> per<br />

sentiero segnato da ometti fino alla vetta.<br />

92


Purtroppo il tempo si era leggermente<br />

rannuvolato per cui non era possibile godere<br />

del panorama che ci si presentava intorno a<br />

noi.<br />

Da un lato ancora le Tre Cime <strong>di</strong> <strong>La</strong>varedo,<br />

da un altro la Torre <strong>di</strong> Toblin, quin<strong>di</strong> la Val<br />

Fiscalina e ancora il sentiero degli Alpini con<br />

cima Un<strong>di</strong>ci, Do<strong>di</strong>ci e Passo della Sentinella,<br />

verso Cortina il Cristallo, Sorapis e<br />

Marmarole.<br />

Scattammo alcune foto accanto alla croce<br />

posta in sommità, in memoria della mitica<br />

guida austriaca Innerkofler uccisa dagli alpini<br />

nel corso della Grande Guerra, e godemmo<br />

per la passeggiata fatta e il piacere della<br />

scalata.<br />

Avevamo impiegato circa tre ore e mezzo<br />

per arrivare in vetta e ora ci attendeva una<br />

<strong>di</strong>scesa piuttosto lunga e faticosa soprattutto<br />

per il dolore che entrambi avevamo alle<br />

ginocchia, dolore particolarmente fasti<strong>di</strong>oso in<br />

<strong>di</strong>scesa.<br />

Tornammo alla Forcella del Camoscio e<br />

quin<strong>di</strong> prendemmo il sentiero che portava alla<br />

Forcella Passaporto.<br />

93


Il sentiero scendeva ripido per una gola<br />

all’inizio stretta in parte rocciosa ed in parte<br />

ghiaiosa, ma poi via via sempre più ampia.<br />

Tagliando il ghiaione a destra si procedeva<br />

in orizzontale per una cengia in alcuni punti<br />

non troppo larga e piuttosto esposta scavata<br />

nella roccia viva dagli Alpini e da qui alla<br />

Forcella Passaporto da dove si riguadagnava il<br />

versante fatto nella mattinata, ma molto più in<br />

alto e su roccia esposta e con vista ancora<br />

bellissima sulle Tre Cime.<br />

Dalla Forcella Passaporto in poche decine <strong>di</strong><br />

minuti arrivammo al rifugio <strong>La</strong>varedo per un<br />

meritato thè caldo, in tutto poco meno <strong>di</strong> sei<br />

ore <strong>di</strong> cammino effettivo, stanchi, ma<br />

sod<strong>di</strong>sfatti <strong>di</strong> una giornata in<strong>di</strong>menticabile.<br />

Oramai era giunto il tempo <strong>di</strong> tornare in<br />

città, <strong>di</strong> riprendere il ritmo del lavoro<br />

quoti<strong>di</strong>ano, <strong>di</strong> <strong>di</strong>stricarsi nella caotica vita<br />

citta<strong>di</strong>na, ma la sorpresa più incre<strong>di</strong>bile della<br />

mia vita doveva ancora capitarmi, oramai era<br />

questione <strong>di</strong> poche settimane e il velo che mi<br />

oscurava la vista si sarebbe definitivamente<br />

spezzato.<br />

94


<strong>La</strong> ricerca<br />

A metà Settembre il lavoro ricominciò a<br />

pieno ritmo, avevo ripreso le attività che<br />

svolgevo cercando <strong>di</strong> ritagliare più<br />

frequentemente possibile del tempo libero da<br />

de<strong>di</strong>care alla mia vita privata e a mia moglie,<br />

ma quel sogno continuava a tormentarmi.<br />

Un senso <strong>di</strong> imbarazzo, dubbio, insicurezza<br />

mi aveva impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> raccontarle l’intero<br />

sogno ma una sera, quando ci trovammo in<br />

camera da soli, le <strong>di</strong>ssi tutto quello che avevo<br />

sognato quel giorno in Tofana.<br />

Dopo avermi ascoltato attentamente mi<br />

guardò incredula negli occhi e mi chiese:<br />

<br />

Decidemmo <strong>di</strong> metterci al computer per<br />

effettuare, tramite internet, una ricerca<br />

accurata, spulciando scrupolosamente le<br />

informazioni relative alla Prima Guerra<br />

Mon<strong>di</strong>ale, in particolare nella località delle<br />

Cinque Torri e delle Tofane, e scartoffie<br />

dell’Archivio <strong>di</strong> Stato riguardanti un certo<br />

95


Tenente Pauletti a capo <strong>di</strong> un reggimento in<br />

servizio nel 1916, in quella stessa zona.<br />

I risultati furono incoraggianti. Risultò<br />

effettivamente in servizio un certo Tenente<br />

Alberto Pauletti, ma non venivano specificate<br />

né le generalità, né la data <strong>di</strong> morte; a piè <strong>di</strong><br />

pagina veniva citato solo che rimase <strong>di</strong>sperso<br />

durante una campagna combattuta contro gli<br />

austriaci, vicino alla Val Travenanzes, nei<br />

pressi del Castelletto.<br />

Continuammo la ricerca <strong>di</strong> altre<br />

informazioni sulla mia “vecchia” identità e<br />

alla fine fummo premiati perché scoprimmo<br />

che Pauletti non era sposato, fu ferito<br />

gravemente durante una campagna e rimase<br />

in degenza presso l’Ospedale <strong>di</strong> San Vito.<br />

Le tracce si fermavano lì, ma il mosaico era<br />

quasi completo.<br />

Dunque quello che avevo vissuto, non era<br />

un sogno, non era il risultato del delirio post-<br />

trauma che i dottori andavano blaterando, ma<br />

era la realtà!<br />

Anche se stanchi e assonnati decidemmo <strong>di</strong><br />

andare alla ricerca <strong>di</strong> qualche documentazione<br />

che accertasse la passata esistenza <strong>di</strong> Lucia.<br />

96


Provammo a cercare <strong>di</strong> un’infermiera<br />

volontaria presso l’Ospedale <strong>di</strong> San Vito, nel<br />

1916.<br />

Effettivamente trovammo qualcosa <strong>di</strong> una<br />

certa Lucia Brambi, <strong>di</strong> origini lombarde che<br />

rimase in servizio da volontaria presso il<br />

fronte dolomitico.<br />

Leggendo quelle poche righe notai che<br />

Lucilla aveva lo sguardo fisso e assente.<br />

Sembrava che la questione la riguardasse<br />

più del dovuto.<br />

Era impalli<strong>di</strong>ta terribilmente e non riusciva<br />

a proferire parola.<br />

le domandai realmente perplesso da<br />

quella sua reazione.<br />

<strong>La</strong> guardai <strong>di</strong> nuovo in viso e notai che gli<br />

occhi erano pieni <strong>di</strong> lacrime.<br />

<br />

Con un filo <strong>di</strong> voce mi rispose, sempre con<br />

lo sguardo perso nel vuoto .<br />

97


Cad<strong>di</strong> dalle nuvole e con un nodo allo<br />

stomaco le domandai chi fosse e come facesse<br />

a conoscerla, dato che doveva essere ormai<br />

morta da tempo.<br />

Con voce flebile mi rispose che la Lucia<br />

Brambi che tanto cercavo e che visse nei miei<br />

sogni, era sua nonna, che morì dando alla luce<br />

sua madre, nel lontano 1917.<br />

Il mondo mi crollò addosso. Troppe<br />

coincidenze, troppe casualità che<br />

combaciavano.<br />

<strong>La</strong> mia reazione fu palese, tanto che Lucilla,<br />

dopo essersi riavuta da quelle scoperte mi<br />

parlò con calma delle poche e confuse notizie<br />

che poteva darmi su quella persona.<br />

<strong>La</strong> mattina successiva appena alzati Lucilla<br />

scese in cantina e tornò con un vecchio<br />

bauletto in pelle e legno che aveva ere<strong>di</strong>tato<br />

alla morte della madre.<br />

Aprendolo ne tirò fuori degli incartamenti<br />

avvolti in una vecchia cartella, annerita dal<br />

tempo.<br />

Essa conteneva dei fogli <strong>di</strong> carta ingialliti e<br />

stropicciati, tra cui i certificati <strong>di</strong> nascita della<br />

nonna, del suo successivo affidamento alla<br />

98


sorella <strong>di</strong> Lucia, che era sposata ma senza<br />

alcun figlio e, in una busta ancora sigillata<br />

trovammo due lettere ed una fotografia.<br />

Lucilla prese le lettere in mano, ognuna<br />

chiusa separatamente e <strong>di</strong>ede a me la foto.<br />

Abbassai lo sguardo e scrutai l’immagine<br />

sbia<strong>di</strong>ta.<br />

Quel viso pallido, quei capelli e quegli occhi<br />

profon<strong>di</strong> e tristi. Non potevo sbagliarmi, la<br />

donna della foto, anche se in bianco e nero, era<br />

la mia Lucia.<br />

Le due lettere furono per me un autentico<br />

shock: la prima, a me familiare era la stessa<br />

che avevo sognato <strong>di</strong> scrivere lo stesso giorno<br />

della missione presso il Castelletto, la seconda<br />

invece fu scritta <strong>di</strong> suo pugno: era la risposta<br />

che a me non giunse mai.<br />


poterti rincontrare un giorno, anche se in<br />

tempi <strong>di</strong>versi.<br />

Sento terribilmente la tua mancanza e sappi<br />

che ti porterò sempre nel mio cuore.<br />

Conserverò queste due lettere insieme, in<br />

modo da poter rimanere, almeno in questa<br />

forma, uniti per tutta la vita.<br />

Per sempre tua, Lucia. >><br />

<strong>La</strong> lettera rimase così inerte nelle mie mani.<br />

Ancora sbigottito, la richiusi delicatamente e la<br />

riposi nella busta che conteneva la mia lettera<br />

e quella foto ormai sbia<strong>di</strong>ta dal tempo.<br />

domandai a Lucilla, che nel<br />

frattempo si era messa a sedere e mi guardava<br />

incredula.<br />


fosse stata sua>> <strong>di</strong>sse, tentando <strong>di</strong> ricordare i<br />

vecchi aneddoti che la madre e la vecchia zia<br />

le raccontava quando era piccola.<br />

<strong>La</strong> guardai, palesemente addolorato per<br />

quanto avessi appena appreso dalle sue<br />

parole. Dopo aver riposto le lettere nel baule,<br />

Lucilla si avvicinò a me e baciandomi<br />

dolcemente sulla fronte, mi <strong>di</strong>sse <br />

“È stato solo un sogno? E se non fossi<br />

andato alla <strong>maratona</strong>? E se non avessi mai<br />

conosciuto Lucia, come potrei conoscere la<br />

realtà che sto vivendo ora?” Mi balenò una<br />

valanga <strong>di</strong> interrogativi, ma non trovarono<br />

risposta. A volte è meglio non porsi troppe<br />

domande, rischiamo <strong>di</strong> perdere <strong>di</strong> vista l’unica<br />

cosa per cui davvero vale la pena vivere: il<br />

presente.<br />

Un’increspatura, una piccolissima<br />

increspatura e in quei pochi minuto svenuto<br />

sulla montagna fui catapultato in un passato<br />

101


che ha mo<strong>di</strong>ficato per sempre il destino del<br />

mio futuro.<br />

Non posso raccontare quello che mi è<br />

successo, nessuno mi crederebbe e anzi sarei<br />

scambiato per un pazzo. Ciò che mi è accaduto<br />

in quella fredda giornata <strong>di</strong> inizio estate sulla<br />

Tofana resterà per sempre un segreto tra me e<br />

Lucilla.<br />

Quel terribile incubo che mi ha tormentato<br />

per anni è svanito per sempre, nel nulla, come<br />

un tenue soffio <strong>di</strong> vento.<br />

Ero finalmente libero, il mosaico si era<br />

ricomposto quasi completamente, ma ancora<br />

doveva essere collocato al suo posto un<br />

piccolo tassello; che fine aveva fatto il Tenente<br />

Pauletti?<br />

Trovare quel tassello e riuscire a collocarlo<br />

mi procurò ancora fortissime emozioni!<br />

102


Parte Seconda<br />

L’inverno<br />

103


Siamo spiriti?<br />

<strong>La</strong> natura è misteriosa, potente, crudele,<br />

impreve<strong>di</strong>bile ma anche in grado <strong>di</strong> offrirci<br />

sensazioni bellissime.<br />

Ciò che ci circonda è reale o frutto della nostra<br />

fantasia?<br />

Siamo solo spiriti che si sono creati un mondo<br />

immaginario per sconfiggere la monotonia<br />

dell’infinito, oppure siamo creature reali plasmate<br />

da una entità superiore?<br />

L’universo è realmente antropomorfo, cioè a<br />

nostra immagine e somiglianza, oppure siamo solo<br />

uno scherzo della natura nel continuo evolversi<br />

della materia?<br />

Fantasia, mistero, immaginazione, delirio: spesso<br />

tutto ciò si intreccia come in un puzzle e venirne a<br />

capo risulta quasi sempre impossibile, ma quando si<br />

scopre una possibile soluzione il mistero si<br />

trasforma in meraviglia e incredulità.<br />

Un segreto, bisogna mantenere il segreto per<br />

evitare <strong>di</strong> essere considerati pazzi ed esclusi dalla<br />

società, ma se il mistero si rivela a più <strong>di</strong> noi<br />

contemporaneamente è necessario <strong>di</strong>ventare<br />

complici, perché noi sappiamo qualcosa <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cibile<br />

che ci <strong>di</strong>fferenzia da tutte le altre persone.<br />

Ma voi siete capaci <strong>di</strong> tenere un segreto?<br />

105


<strong>La</strong> curiosità del sapere è solo pari al desiderio <strong>di</strong><br />

raccontare qualcosa <strong>di</strong> incre<strong>di</strong>bile!<br />

106


Il complice<br />

Il fulmine produsse un botto fortissimo, un<br />

lampo <strong>di</strong> luce abbagliante poi tutto svanì.<br />

Era fine giugno, le prime giornate d’estate,<br />

ma come ben sapeva Alvise, in montagna il<br />

tempo può cambiare repentinamente e<br />

d'altronde le previsioni <strong>di</strong> Arabba avevano<br />

parlato chiaro: depressione proveniente dalla<br />

Francia in rapida evoluzione con possibilità <strong>di</strong><br />

pioggia sin dal mattino e neve a tratti sopra i<br />

2800 metri.<br />

Fenomeni in aumento con probabilità <strong>di</strong><br />

precipitazioni anche violente dal primo<br />

pomeriggio.<br />

Quel giorno a Cortina, dall’altra parte della<br />

valle era in programma il giro della Tofana <strong>di</strong><br />

Rozes organizzato per celebrare i 90 anni dello<br />

scoppio della mina del Castelletto, evento al<br />

quale partecipavano centinaia e centinaia tra<br />

atleti e semplici appassionati provenienti da<br />

tutto il mondo.<br />

Alvise, che aveva effettuato quel percorso<br />

decine <strong>di</strong> volte, preferiva la solitu<strong>di</strong>ne alla<br />

moltitu<strong>di</strong>ne, e d’accordo con il suo amico<br />

107


Christian, pensava <strong>di</strong> effettuare una<br />

passeggiata più tranquilla e solitaria.<br />

Entrambi non più giovanissimi, l’uno<br />

estroverso e burlone l’altro schivo e taciturno,<br />

erano montanari dell’ultima generazione<br />

amanti sì della montagna ma anche dei confort<br />

offerti dalla vita moderna, a <strong>di</strong>fferenza dei<br />

propri genitori che erano vissuti in gioventù <strong>di</strong><br />

stenti e <strong>di</strong> miseria, in case senza riscaldamento<br />

solo con una stanza riscaldata, la stube,<br />

alimentata con la legna raccolta durante<br />

l’estate.<br />

Sembra incre<strong>di</strong>bile e inconcepibile oggi che<br />

si sia potuto vivere con temperature esterne<br />

anche <strong>di</strong> 40 gra<strong>di</strong> sottozero senza<br />

riscaldamento, ma la tempra del montanaro è<br />

legata proprio alla durezza della vita alla<br />

quale furono sottoposti.<br />

Fino a pochi anni fa’ i genitori ottantenni <strong>di</strong><br />

Alvise vivevano in un appartamento senza<br />

riscaldamento, poi in seguito a due brutte<br />

bronco-polmoniti furono convinti a dormire<br />

nella stube.<br />

Per loro fu quasi un’umiliazione doversi<br />

trasferire in un ambiente riscaldato ed<br />

108


ammettere che l’età non consentiva più <strong>di</strong><br />

godere <strong>di</strong> certe abitu<strong>di</strong>ni acquisite in gioventù.<br />

<strong>La</strong> ricchezza ed il benessere iniziarono ad<br />

arrivare pian piano con il turismo <strong>di</strong> massa a<br />

seguito delle Olimpia<strong>di</strong> Invernali svoltesi nel<br />

1956 e tutta la generazione nata a partire dagli<br />

anni sessanta ignorava quanto fosse dura e<br />

<strong>di</strong>fficile la vita quoti<strong>di</strong>ana del conta<strong>di</strong>nomontanaro,<br />

solo i racconti dei vecchi oggi ci<br />

potevano far comprendere le <strong>di</strong>fficoltà sofferte<br />

per secoli e secoli.<br />

Alvise, proprietario <strong>di</strong> un rinomato<br />

ristorante della valle, si godeva gli ultimi<br />

giorni <strong>di</strong> riposo prima della riapertura del<br />

locale per il periodo estivo che iniziava <strong>di</strong> lì a<br />

pochi giorni.<br />

Gli spaghetti alla cipolla, i casunzei, il<br />

risotto al sugo <strong>di</strong> cervo, il risotto ai porcini, lo<br />

stinco <strong>di</strong> maiale e <strong>di</strong> vitello con funghi porcini<br />

e patate ampezzane, lo stracotto <strong>di</strong> capriolo al<br />

ginepro con polenta, lo strudel <strong>di</strong> pere o <strong>di</strong><br />

mele, la sacher con panna, il semifreddo allo<br />

zabaione, i frutti <strong>di</strong> bosco con gelato alla<br />

crema, le infinite varietà <strong>di</strong> grappa<br />

aromatizzata ai frutti ed erbe <strong>di</strong> bosco erano le<br />

109


specialità del luogo per cui gli ospiti<br />

affollavano le sale in tutto il periodo estivo ed<br />

invernale con prenotazione del tavolo che, in<br />

prossimità delle festività, superava la<br />

settimana <strong>di</strong> attesa.<br />

Per il cenone <strong>di</strong> Capodanno poi bisognava<br />

prenotarsi già dall’estate prima.<br />

Anche lui, come tanti altri paesani, aveva<br />

iniziato con una piccola attività, aiutato dalla<br />

moglie e dalla suocera, ma ben presto aveva<br />

potuto prendere in gestione locali via via più<br />

prestigiosi ed ora aveva a <strong>di</strong>sposizione una<br />

bellissima villa con vista sulla valle, tre ampi<br />

locali, un bellissimo ingresso in boiserie con<br />

piano bar e una nutrita schiera <strong>di</strong> camerieri<br />

pronti a sod<strong>di</strong>sfare le esigenza più sofisticate<br />

dei clienti.<br />

<strong>La</strong> cantina poi <strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> una quantità <strong>di</strong><br />

vini bianchi e rossi <strong>di</strong> prestigio soprattutto<br />

veneti e sud tirolesi, delizia per i palati più<br />

raffinati.<br />

In estate e nelle terse giornate invernali<br />

l’ampio prato antistante il locale consentiva al<br />

mattino <strong>di</strong> triplicare i tavoli a <strong>di</strong>sposizione<br />

degli ospiti che così potevano godere <strong>di</strong> una<br />

110


vista tra le più belle al mondo tra i profumi<br />

delle carni e verdure cotte al barbecue.<br />

Anche Christian si godeva quegli ultimi<br />

giorni <strong>di</strong> relativo riposo, e se pur non agiato<br />

come Alvise, perché maestro <strong>di</strong> sci in inverno,<br />

in estate portava i turisti nei rifugi con la jeep e<br />

anche lui in agosto aveva liste <strong>di</strong> attesa <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>versi giorni per sod<strong>di</strong>sfare tutte le richieste<br />

dei turisti che affollavano all’inverosimile la<br />

conca Ampezzana.<br />

Una vera cascata d’oro si era riversata su<br />

questa valle affascinante e meravigliosa<br />

trasformando la vita magra conta<strong>di</strong>nopastorale<br />

in attività frenetiche proprie delle<br />

gran<strong>di</strong> città occidentali.<br />

Ma la ricchezza, si sa, porta con se anche il<br />

tarlo dell’arroganza e del cinismo, per cui<br />

alcuni <strong>di</strong> coloro che una volta, pur poveri,<br />

erano felici educati e gentili ora si<br />

comportavano, dall’alto dei propri jeepponi,<br />

con fare maleducato e supponente<br />

considerando il turista più come una pecora<br />

da tosare che non un bene da rispettare e<br />

salvaguardare.<br />

111


Per fortuna non a tutti la ricchezza ed il<br />

benessere avevano dato alla testa e<br />

sicuramente Alvise e Christian erano tra<br />

coloro che continuavano ad amare e<br />

conservare le proprie montagne come un bene<br />

da proteggere e tutelare guardando il turista<br />

come una risorsa importante per il futuro loro<br />

e dei propri cari.<br />

<strong>di</strong>sse Alvise<br />

<br />

rispose Christian <br />

I bivacchi infatti sono dei piccoli rifugi<br />

metallici <strong>di</strong> forma cubica, con il tetto<br />

arrotondato per sopportare meglio il peso<br />

della neve, gestiti dal CAI, ma privi <strong>di</strong><br />

personale e normalmente si trovano in posti<br />

112


isolati ad alta quota e non sempre facilmente<br />

raggiungibili.<br />

Al loro interno sono presenti pochi letti a<br />

castello per ospitare escursionisti che<br />

desiderano cimentarsi in passeggiate che<br />

durano più giorni o che si trovano in <strong>di</strong>fficoltà<br />

a causa del maltempo.<br />

Nei più dotati è possibile trovare coperte,<br />

qualche pentola, candele, fiammiferi, e una<br />

piccolissima <strong>di</strong>spensa con pochi generi<br />

alimentari, altri invece, in stato <strong>di</strong> semi<br />

abbandono, contengono solo letti a castello e<br />

sono privi <strong>di</strong> tutto.<br />

Qualche volenteroso, inviato dal CAI,<br />

provvede in autunno a togliere le coperte e<br />

quant’altro ed a inizio estate a rifornire il<br />

bivacco del minimo necessario controllandone<br />

l’agibilità.<br />

<strong>La</strong> mattina successiva alle 11.00 in punto<br />

arrivarono a Ra Stua, località amena punto <strong>di</strong><br />

ritrovo per innumerevoli passeggiate tra le più<br />

belle e amate dai turisti, a cavallo del Parco<br />

Naturale Fanes-Sennes-Braies e del Parco<br />

Naturale delle Dolomiti d’Ampezzo e anche<br />

113


punto terminale della strada percorribile dai<br />

privati in alcuni perio<strong>di</strong> estivi.<br />

Da qui è possibile arrivare a <strong>di</strong>versi rifugi<br />

quali il Biella, Fodara Vedla, Sennes e Munt de<br />

Sennes, forcelle erbose e panoramiche quali<br />

Lerosa o faticose quali la Val Salata o le Crepe <strong>di</strong><br />

Son Forca, ancora laghi incantevoli quali i laghi<br />

<strong>di</strong> Fosses e de Remeda Rosses dove spesso al<br />

tramonto è possibile ammirare le nutrie lungo<br />

le rive, cime facili e impegnative quali<br />

<strong>La</strong>vinores, Croda de R’Ancona, Croda Rossa<br />

d’Ampezzo, Croda del Beco, numerosissimi<br />

ricoveri e bivacchi.<br />

Ognuno <strong>di</strong> questi luoghi è un ricordo, una<br />

storia da raccontare, momenti sereni e felici<br />

trascorsi con amici parenti figli, ricchi <strong>di</strong><br />

misteri e <strong>di</strong> fascino sfiorati dalla Grande<br />

Guerra dove ancora sono visibili numerosi<br />

baraccamenti, trinceramenti, abbeveratoi e<br />

strade militari imponenti, tuttora percorribili e<br />

<strong>di</strong> riferimento per gli itinerari turistici attuali.<br />

Percorrere la strada che dai 1500 metri del<br />

Pederù porta in pochi minuti ai 2000 metri del<br />

Fodara Vedla è una esperienza esaltante e<br />

terrorizzante al tempo stesso per l’ar<strong>di</strong>tezza<br />

114


dell’opera realizzata dall’esercito Austro-<br />

Ungarico, costituita da una serie infinita <strong>di</strong><br />

tornanti quasi sovrapposti gli uni agli altri e<br />

con strapiombi impressionanti lungo tutto il<br />

tragitto.<br />

Visto il tempo alquanto incerto, in verità<br />

carico <strong>di</strong> elettricità e <strong>di</strong> pioggia, nell’ampio<br />

piazzale erano presenti solo due auto, una del<br />

gestore del piccolo ristorante l’altra<br />

probabilmente <strong>di</strong> qualche escursionista<br />

volenteroso come noi e poi quasi tutti erano<br />

andati a seguire o partecipare alla <strong>maratona</strong><br />

che si svolgeva intorno alla Tofana <strong>di</strong> Rozes.<br />

Dopo aver scambiato due chiacchiere con il<br />

gestore del ristorante insieme ad un buon<br />

bicchiere <strong>di</strong> Merlot, partimmo con due zaini<br />

carichi <strong>di</strong> materiale da lasciare al bivacco<br />

situato oltre 800 metri più in alto e, con passo<br />

deciso e costante, arrivammo in circa 20<br />

minuti a Ru de Ra Cuodes attraversando il<br />

bellissimo bosco <strong>di</strong> larici e abeti che dal fondo<br />

valle saliva fin quasi ai 1800 metri.<br />

Questo primo tratto quasi pianeggiante ci<br />

consentì <strong>di</strong> prendere il giusto ritmo per<br />

iniziare la salita vera e propria.<br />

115


Nel frattempo una pioggerella fine e<br />

qualche tuono in lontananza ci confermarono<br />

che le previsioni meteo erano purtroppo<br />

veritiere, ma da buoni montanari non era certo<br />

un temporale a spaventaci e a farci tornare<br />

in<strong>di</strong>etro, anzi vento e pioggia li<br />

consideravamo parte integrante dell’ambiente<br />

che ci circondava e per questo non ci recava<br />

alcun fasti<strong>di</strong>o rendendo la passeggiata più<br />

apprezzabile e go<strong>di</strong>bile.<br />

Salivamo lentamente nel bosco che via via si<br />

<strong>di</strong>radava notando qualche bell’albero <strong>di</strong><br />

cirmolo, ma soprattutto larici e abeti rossi con<br />

a destra un piccolo ruscello ricco d’acqua.<br />

Continuando a salire lentamente a zigzag,<br />

uscimmo dal bosco e ci trovammo in una<br />

ampia radura cosparsa <strong>di</strong> larici e mughi.<br />

Qui avremmo potuto facilmente scendere<br />

per prati al Cason de Lerosa visto che pioggia<br />

e vento stavano decisamente rinforzando, ma<br />

il materiale che avevamo negli zaini, da<br />

lasciare al bivacco, ci spinse a proseguire.<br />

Salimmo tra fitti mughi che al passaggio<br />

scaricavano ulteriore acqua sui nostri<br />

indumenti già completamente bagnati, poi a<br />

116


seguire un prato erboso attraversato da ripi<strong>di</strong><br />

tornantini fin sotto un costone roccioso.<br />

Proseguimmo sotto il costone sino a sbucare<br />

a Sote Ra Geralbes, luogo impreziosito da una<br />

piccola madonnina incastonata nella roccia e<br />

da qui, attraversato un ultimo ripido prato<br />

erboso, infine giungemmo al bivacco.<br />

Il bivacco si trovava in un ampio valloncello<br />

erboso ondulato con un panorama molto bello<br />

verso la valle e le splen<strong>di</strong>de montagne<br />

antistanti: la Croda de R'Ancona, Le Tofane,<br />

Col Becchei, Croda del Valon Bianco,<br />

<strong>La</strong>vinores, e Furcia dai Fer.<br />

Peccato che il tempo inclemente ci stesse<br />

privando <strong>di</strong> un tale spettacolo!<br />

Entrati nello spoglio bivacco posammo gli<br />

zaini per terra, cercammo <strong>di</strong> asciugarci alla<br />

meno peggio, mettemmo le coperte sui letti, le<br />

pentole e le candele in un piccolo arma<strong>di</strong>etto e<br />

cercammo <strong>di</strong> sistemare quanto trovato in<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne.<br />

Talmente piccolo era il locale che non<br />

riuscendoci a muovere in due, Christian uscì<br />

mentre io proseguivo nelle pulizie.<br />

117


Poi fu Christian ad entrare e io rimanere<br />

fuori sotto la pioggia.<br />

Mangiata una puccia con speck, uscimmo<br />

dal bivacco decisi a ripartire per tornare in<br />

fretta alla macchina.<br />

Eravamo infreddoliti, il cielo era nero e<br />

sembrava calata la sera, nonostante non<br />

fossero ancora le due.<br />

Intorno a noi le nuvole basse nascondevano<br />

ogni cosa, il vento continuava a rinforzare e la<br />

pioggia assai fitta ci sferzava le mani e la<br />

faccia.<br />

Sebbene gli indumenti fossero<br />

impermeabili, un rivolo d’ acqua ci scendeva<br />

lungo la schiena fino a bagnare le maglie e gli<br />

indumenti intimi, le calze <strong>di</strong> lana negli<br />

scarponi erano completamente fra<strong>di</strong>ce a tal<br />

punto che sembrava <strong>di</strong> tenere i pie<strong>di</strong><br />

nell’acqua.<br />

C’era tanta elettricità nell’aria che sentivamo<br />

i peli delle braccia e delle gambe drizzarsi,<br />

mentre dal cinturino metallico dell’orologio<br />

iniziarono ad uscire piccole scintille luminose.<br />

118


Il fulmine arrivò all’improvviso e produsse<br />

un botto fortissimo, un lampo <strong>di</strong> luce<br />

abbagliante.<br />

Fui afferrato da una forza mostruosa,<br />

sbattuto per terra con violenza, come fossi un<br />

fuscello, a qualche metro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza con i<br />

muscoli contratti in uno spasmo <strong>di</strong> dolore, gli<br />

occhi accecati roteanti nelle orbite.<br />

Nell’impatto con il terreno, sia pur erboso,<br />

sbattei la testa con violenza e pian piano<br />

cominciai a perdere conoscenza con il terrore<br />

<strong>di</strong> non svegliarmi mai più.<br />

Christian, scioccato dal rumore assordante,<br />

al momento non si rese conto <strong>di</strong> quanto fosse<br />

accaduto anche perché tutto avvenne in un<br />

attimo.<br />

Notò con orrore che la mia giacca a vento<br />

fumava e sembrava come liquefatta lungo la<br />

manica sinistra, che ero svenuto sul prato e un<br />

acre odore <strong>di</strong> pelle bruciata si andava<br />

<strong>di</strong>ffondendo nell’aria tempestosa.<br />

Si avvicinò, vide che respiravo con affanno,<br />

tremavo tutto come preso da convulsioni, un<br />

rivolo <strong>di</strong> saliva mi scendeva da un lato della<br />

bocca semiaperta.<br />

119


Prontamente chiamò il 118, sperando che un<br />

elicottero fosse in grado <strong>di</strong> raggiungerci nel<br />

più breve tempo possibile.<br />

120


<strong>La</strong> scoperta<br />

Ormai avevo <strong>di</strong>menticato quasi tutto <strong>di</strong><br />

quella strana avventura che mi era capitata<br />

alcuni mesi prima facendo la prima <strong>maratona</strong><br />

della Tofana <strong>di</strong> Rozes.<br />

Ricordavo molto bene la frana che mi aveva<br />

procurato la ferita alla testa e il ricovero al<br />

Co<strong>di</strong>villa, ma sempre meno del tenente<br />

Alberto Pauletti morto a Col dei Bos e <strong>di</strong> Lucia<br />

Brambi.<br />

Cio’ che mi era rimasto impresso, era che<br />

mia moglie Lucilla fosse una <strong>di</strong>scendente <strong>di</strong><br />

quella Lucia, ma il sogno-incubo che avevo<br />

vissuto era rimasto fino ad ora un segreto<br />

inconfessabile tra me e lei.<br />

Mi immaginavo le facce degli amici e<br />

conoscenti che davanti a me si mostravano<br />

incuriositi e interessati del racconto, ma ridere<br />

alle mie spalle <strong>di</strong>cendo che il colpo alla testa<br />

mi aveva un po’ “rincoglionito”.<br />

No, meglio tacere e condurre una vita<br />

normale, finalmente avevo ritrovato la serenità<br />

con mia moglie.<br />

<strong>La</strong> passione per la montagna non era certo<br />

scemata e con un po’ <strong>di</strong> testardaggine, ancora<br />

121


una volta contro il parere <strong>di</strong> Lucilla, decisi<br />

questa volta <strong>di</strong> allenarmi per partecipare alla<br />

gara <strong>di</strong> fondo che si svolgeva tutti gli anni nel<br />

mese <strong>di</strong> febbraio tra Dobbiaco e Cortina lungo<br />

il tracciato della ex ferrovia.<br />

Io amante dello sci sin da bambino, oramai<br />

da alcuni anni mi de<strong>di</strong>cavo soprattutto al<br />

fondo a causa dell’affollamento sempre<br />

maggiore delle piste.<br />

Con la scusa <strong>di</strong> eliminare le code e<br />

aumentare la sicurezza in tutta la valle<br />

avevano ammodernato gli impianti<br />

aumentandone enormemente la portata senza<br />

d’altro canto fare nuove piste, per cui se da un<br />

lato non c’erano più code per le risalite, in<br />

compenso le piste erano un delirio <strong>di</strong> sciatori e<br />

snowbor<strong>di</strong>sti.<br />

Ma se il problema degli impianti avrebbe<br />

potuto in parte essere risolto, ad esempio con<br />

un regolamento che stabilisse la portata oraria<br />

degli impianti in funzione della lunghezza<br />

della pista, della loro larghezza e <strong>di</strong>fficoltà,<br />

nulla era più possibile fare per il trenino che<br />

collegava Calalzo a Cortina e Dobbiaco.<br />

122


Mi rivedo bambino a Zuel in una casa presa<br />

in affitto, con mia nonna Elena e i miei<br />

genitori, proprio <strong>di</strong> fronte alla ferrovia con<br />

altri amichetti a fare gli in<strong>di</strong>ani, con la tenda<br />

regalatami per il mio compleanno piantata nel<br />

prato antistante, e mettere pericolosamente<br />

l’orecchio sulle rotaie per ascoltare l’arrivo del<br />

treno proprio come avevo visto fare nei film<br />

western.<br />

Quanta incoscienza, ma che innocente<br />

<strong>di</strong>vertimento e quanta nostalgia per la<br />

fanciullezza perduta!<br />

Era una ferrovia ar<strong>di</strong>ta per l’epoca in cui fu<br />

pensata e realizzata, infatti i primi progetti<br />

risalivano alla fine dell’800 e nel 1905 venne<br />

autorizzato il progetto <strong>di</strong> costruzione del<br />

primo tronco tra Cortina d'Ampezzo e<br />

Dobbiaco.<br />

Solo allo scoppio della Grande Guerra, e per<br />

esigenze belliche, fu realizzato il tratto tra<br />

Calalzo e Cortina, ad<strong>di</strong>rittura sfruttando in<br />

alcuni punti la sede stradale della attuale SS51<br />

Alemagna, per consentire un rapido<br />

approvvigionamento delle truppe <strong>di</strong>slocate sul<br />

fronte Dolomitico.<br />

123


Poi nel 1917 si iniziò a costruire una vera<br />

linea ferroviaria tra Calalzo e Cortina, ma la<br />

<strong>di</strong>sfatta <strong>di</strong> Caporetto fermò per oltre due anni i<br />

lavori che ripresero nel 1919 e l’inaugurazione<br />

avvenne nel Giugno del 1921 con il transito dei<br />

treni solo nei mesi estivi.<br />

Alcuni anni dopo il treno iniziò a svolgere<br />

un servizio regolare anche in inverno, ma il<br />

problema principale era rimuovere la neve che<br />

cadeva durante le abbondanti nevicate; fu<br />

sempre rimossa manualmente utilizzando gli<br />

spalatori!<br />

Nel corso degli anni successivi furono fatte<br />

numerose migliorie con varianti al tracciato<br />

per preservarlo dalle slavine, furono<br />

acquistate nuove locomotive, ma solamente<br />

nel 1927 la linea fu elettrificata.<br />

Anche i paesi attraversati dalla ferrovia<br />

contribuirono economicamente allo sviluppo<br />

della strada ferrata e all’acquisto <strong>di</strong> nuove<br />

carrozze tanta era l’importanza del treno per<br />

l’economia <strong>di</strong> quei paesi all’epoca poverissimi.<br />

Nel periodo delle Olimpia<strong>di</strong> invernali la<br />

linea ebbe il suo momento <strong>di</strong> gloria portando<br />

fino a 7000 passeggeri al giorno, da quel<br />

124


momento iniziò un lento ma inesorabile<br />

declino che portò alla sua soppressione a<br />

causa del sempre maggiore utilizzo delle<br />

automobili e dei pullman.<br />

Per la mancanza <strong>di</strong> fon<strong>di</strong>, la manutenzione<br />

<strong>di</strong>venne precaria e, proprio a causa <strong>di</strong> questa<br />

gestione <strong>di</strong>sastrosa, l’11 marzo 1960 si ebbe il<br />

più grave incidente <strong>di</strong> tutta la storia della<br />

ferrovia delle Dolomiti.<br />

Un treno passeggeri, proveniente da<br />

Cortina, ad Acquabona, a causa <strong>di</strong> un guasto<br />

tecnico, uscì dai binari; una vettura, che si<br />

trovava in curva, si rovesciò e fu trascinata per<br />

alcuni metri dalla motrice rimasta sulle rotaie.<br />

Il bilancio fu drammatico: 2 morti e 27 feriti.<br />

Fu il colpo <strong>di</strong> grazia per la ferrovia che in tanti<br />

anni non aveva mai subito incidenti.<br />

Il collegamento tra Dobbiaco e Cortina fu<br />

soppresso il 23 marzo 1962, mentre quello tra<br />

Cortina e Calalzo il 17 maggio 1964. Erano le<br />

ore 18,20.<br />

Che delitto! Ripensai tra me e me. Con<br />

milioni <strong>di</strong> euro sperperati per opere inutili e<br />

incompiute e per interesse <strong>di</strong> qualche lobby<br />

dei trasporti si rinunciò ad un opera utile e<br />

125


meravigliosa incastonata tra le più belle<br />

montagne del mondo.<br />

Oggi tutti i paesi compresi nel vecchio<br />

tracciato ferroviario soffrono del traffico<br />

incessante e sono soffocati dallo smog.<br />

Il trenino delle Dolomiti poteva, anzi<br />

doveva, essere salvaguardato esattamente<br />

come in Svizzera, dove i tracciati ferroviari<br />

alpini sono un vanto nazionale e dove ogni<br />

anno migliaia <strong>di</strong> turisti affollano le carrozze<br />

per percorrere e ammirare quei luoghi<br />

suggestivi.<br />

Oramai da <strong>di</strong>versi anni il tracciato veniva<br />

utilizzato in estate dalle biciclette e in inverno<br />

per fare sci <strong>di</strong> fondo e soprattutto la gara cui<br />

volevo partecipare.<br />

Il tratto che attraversava Cortina veniva<br />

chiamato un po’ tristemente “Viale del<br />

Tramonto” perchè in agosto era sempre pieno<br />

<strong>di</strong> persone anziane che, non potendo fare<br />

passeggiate più impegnative, godevano<br />

comunque del bel panorama e dell’aria sana<br />

che era possibile respirare.<br />

126


<strong>La</strong> gara si svolgeva immersi in una natura<br />

incontaminata lungo un tracciato <strong>di</strong> 42<br />

chilometri con panorami da sogno.<br />

<strong>La</strong> partenza avveniva all’aeroporto <strong>di</strong><br />

Dobbiaco e da lì si proseguiva per la Val <strong>di</strong><br />

<strong>La</strong>ndro sino all’omonimo lago con imponente<br />

vista sul Cristallo completamente innevato.<br />

Si proseguiva passando per Carbonin fino a<br />

Cimabanche, punto più alto del percorso<br />

avendo superato un <strong>di</strong>slivello <strong>di</strong> poco inferiore<br />

ai 300 metri.<br />

Con la Croda Rossa <strong>di</strong> fronte iniziava la<br />

<strong>di</strong>scesa dapprima molto dolce fino ad<br />

Ospitale.<br />

Da qui si iniziavano a vedere le maestose<br />

Tofane, e il percorso, passando su una serie <strong>di</strong><br />

ponti sospesi e gallerie illuminate, si<br />

immetteva nella valle d’Ampezzo immersa nel<br />

freddo sole invernale.<br />

Proseguendo si arrivava a Fiames da dove si<br />

iniziava a sperare <strong>di</strong> raggiungere il traguardo,<br />

ancora <strong>di</strong>stante qualche chilometro, in poco<br />

piu’ <strong>di</strong> un ora e mezza per gli atleti e anche 6<br />

ore per i meno allenati.<br />

127


Il mio obiettivo era quello <strong>di</strong> impiegare tra<br />

le quattro e le cinque ore che, vista l’età e la<br />

vita piuttosto sedentaria, sarebbe stato un<br />

ottimo risultato.<br />

Partimmo per la montagna il 18 <strong>di</strong>cembre<br />

per trascorrere un lungo periodo fino alla<br />

Epifania e quin<strong>di</strong> tornare qualche giorno<br />

prima della gara per gli ultimi allenamenti.<br />

Il clima natalizio che si respirava nel paese<br />

era completamente <strong>di</strong>verso da quello estivo.<br />

Il freddo pungente e secco consentiva <strong>di</strong><br />

rimanere all’aperto solo per pochi minuti<br />

durante lo struscio serale, la neve scricchiolava<br />

sotto la suola delle scarpe e in certi momenti il<br />

freddo era talmente penetrante che,<br />

nonostante un abbigliamento pesante, dopo<br />

pochi minuti pareva <strong>di</strong> essere nu<strong>di</strong>.<br />

Il corso era illuminato a festa così come tutti<br />

i negozi, un vociare soffuso ed allegro<br />

riempiva la bella strada con l’imponente<br />

campanile sempre visibile lungo il percorso.<br />

I ragazzi, ancora in tuta da sci, ridevano e<br />

scherzavano nei numerosi punti <strong>di</strong> ritrovo con<br />

davanti un buon bicchiere <strong>di</strong> vino e<br />

abbondanti panini, le signore erano<br />

128


impellicciate e ingioiellate che parevano delle<br />

madonne, alcuni anziani signori si portavano<br />

al rimorchio giovani ragazze dell’est, e poi<br />

tanti stranieri che formavano un variegato<br />

popolo <strong>di</strong> ricchi e nuovi ricchi spesso vestiti in<br />

modo ri<strong>di</strong>colo e cafone.<br />

Ogni tanto l’incontro <strong>di</strong> un vip, una star o<br />

presunti tali, in una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone<br />

gaudenti e festanti, dava un senso <strong>di</strong> allegria e<br />

felicità come se ci si trovasse in un Luna Park<br />

consapevoli della fortuna <strong>di</strong> potersi trovare in<br />

un posto tanto bello, quasi fosse il paese del<br />

Bengo<strong>di</strong>; si percepiva nell’aria un profumo <strong>di</strong><br />

legna bruciata che invogliava a respirare<br />

profondamente per assaporare maggiormente<br />

il piacevole aroma.<br />

I giorni successivi all’arrivo andai a trovare<br />

gli amici <strong>di</strong> sempre per scambiarci gli auguri<br />

<strong>di</strong> Buone Feste e raccontare impressioni e<br />

notizie sui comuni interessi cioè le<br />

passeggiate, le sciate e ancora qualche notizia<br />

sulla <strong>maratona</strong> estiva e sulle possibilità che<br />

l’iniziativa, dato il successo incre<strong>di</strong>bile, fosse<br />

ripetuta anche l’anno successivo.<br />

129


Un amico in particolare ricercai e andai a<br />

trovare, Alvise Bortolon perchè con<strong>di</strong>vise con<br />

me la stanza del Co<strong>di</strong>villa nel periodo in cui<br />

mi trovai in coma e in convalescenza.<br />

Ci capitò qualcosa <strong>di</strong> incre<strong>di</strong>bile<br />

praticamente nello stesso istante, mentre io<br />

svenivo colpito dai sassi che erano stati<br />

scagliati della frana, lui sveniva perché,<br />

sfiorato da un fulmine che lo aveva gettato a<br />

terra, sbatté la testa con violenza.<br />

Due eventi, successi, a quel che si era potuto<br />

capire dalle testimonianze, praticamente a<br />

<strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> pochissimi minuti se non<br />

ad<strong>di</strong>rittura in contemporanea.<br />

Lui riportò anche qualche lieve ustione al<br />

braccio sinistro ma fortunatamente gli abiti<br />

completamente bagnati lo protessero da più<br />

gravi complicazioni.<br />

Passammo un breve periodo <strong>di</strong><br />

convalescenza assieme e il suo carattere aperto<br />

e gioviale contribuì a conoscerci meglio ed in<br />

breve, constatati i comuni interessi per la<br />

montagna, <strong>di</strong>ventammo amici e una volta<br />

guariti ci invitò nel suo splen<strong>di</strong>do ristorante a<br />

130


gustare quanto <strong>di</strong> meglio era in grado <strong>di</strong><br />

offrirci.<br />

Lo andai a trovare nella sua bella casa a<br />

Ca<strong>di</strong>n <strong>di</strong> Sopra austera e funzionale, priva <strong>di</strong><br />

fronzoli e con una boiserie in cirmolo <strong>di</strong> fine<br />

‘800 che avrebbe meritato <strong>di</strong> essere esposta in<br />

un museo per la bellezza e raffinatezza degli<br />

intarsi.<br />

Entrato in casa ci abbracciammo come<br />

vecchi amici.<br />

<strong>di</strong>ssi, <br />

rispose <strong>di</strong>sse<br />

con un largo sorriso sulle labbra.<br />

Mi offrì un buon bicchiere <strong>di</strong> prosecco e tra<br />

un sorriso e l’altro si fece serio in volto e mi<br />

<strong>di</strong>sse <br />


altrimenti sarei molto grato se mi spiegassi chi<br />

è questa Lucia.>><br />

Mi sentii avvampare la faccia e non poco<br />

imbarazzato risposi <br />

<br />

rispose Alvise sempre più<br />

serio .<br />

Un silenzio glaciale scese nella stanza,<br />

impalli<strong>di</strong>i mentre un sudore freddo mi<br />

scendeva copiosamente dalle ascelle<br />

nonostante il calore della stanza.<br />

<br />

rispose Alvise sempre più serio ed<br />

imbarazzato


Pauletti, è come avere una doppia personalità,<br />

<strong>di</strong> giorno sono Alvise e spesso mentre dormo<br />

sogno Alberto.>><br />

Lo stupore mi aveva annientato, mi sentivo<br />

completamente privo <strong>di</strong> forze e la mente,<br />

completamente vuota, non era in grado <strong>di</strong><br />

proferire parola.<br />

Rimanemmo così per <strong>di</strong>versi minuti<br />

evitando <strong>di</strong> guardarci negli occhi,<br />

sorseggiando il prosecco per bagnare la gola<br />

improvvisamente seccatasi.<br />

A quel punto mi decisi <br />

Ottenuta la sua promessa raccontai <strong>di</strong> come<br />

durante il coma mi fossi trovato proiettato nel<br />

passato nel corpo del Tenente Pauletti e<br />

l’intensa storia d’amore vissuta con<br />

l’infermiera Lucia, volontaria del corpo delle<br />

Crocerossine.<br />

Gli raccontai pure come Lucia fosse la<br />

nonna <strong>di</strong> mia moglie.<br />

133


Alvise rimase profondamente colpito dal<br />

racconto e mi <strong>di</strong>sse <br />

<br />

si<br />

interruppe, mi offri e si versò un altro<br />

134


icchiere <strong>di</strong> prosecco e proseguì <br />

<br />

Rimasi interdetto perchè i mesi che avevo<br />

vissuto nei panni <strong>di</strong> Pauletti in realtà erano<br />

stati solo pochi minuti del mio presente<br />

mentre ero svenuto ai pie<strong>di</strong> della montagna,<br />

non sapevo nulla del suo passato se non quella<br />

incre<strong>di</strong>bile storia d’amore con Lucia.<br />

Quanto mi stava raccontando Alvise era<br />

qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>verso, infatti lui, nel presente, si<br />

ritrovava in continuazione nei panni <strong>di</strong> un<br />

soldato morto nel 1916.<br />

135


Che collegamento c’era con il mio sogno,<br />

perchè quella povera anima aveva tormentato<br />

prima me ed ora Alvise?<br />

In apparenza un solo fatto ci accomunava,<br />

eravamo entrambi svenuti lo stesso giorno e<br />

nello stesso istante sia pure a qualche<br />

chilometro <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza.<br />

proseguì Alvise<br />

sempre più turbato <br />

.<br />

<strong>di</strong>ssi <br />


il periodo che ha combattuto a Monte Piana.<br />

Trasferito lì nel 1915 allo scoppio della guerra,<br />

ha <strong>di</strong>retto uno dei reparti che hanno<br />

contribuito alla fortificazione dell’altopiano<br />

sommitale della montagna e alla costruzione<br />

delle numerose trincee lì presenti fino a<br />

realizzare un vero e proprio labirinto>>.<br />

.<br />

Rimase in silenzio quasi in lacrime con lo<br />

sguardo basso e perso nel vuoto.<br />

Alla fine per spezzare l’atmosfera pesante<br />

che si era creata <strong>di</strong>ssi ad Alvise che mi stavo<br />

allenando per la gara <strong>di</strong> fondo Dobbiaco -<br />

Cortina e con grande meraviglia mi <strong>di</strong>sse che<br />

anche lui, nonostante la piena stagione<br />

turistica invernale, intendeva partecipare alla<br />

gara per rompere lo stress a cui ultimamente<br />

era sottoposto.<br />

137


Decidemmo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> effettuare il tragitto<br />

assieme e comunque <strong>di</strong> tenerci in contatto se<br />

fosse emerso qualcosa <strong>di</strong> nuovo su Pauletti.<br />

<strong>La</strong> notte rimasi a lungo sveglio ripensando a<br />

quanto mi aveva svelato Alvise e decisi per il<br />

momento <strong>di</strong> non turbare Lucilla evitando <strong>di</strong><br />

raccontarle la storia.<br />

Nei giorni successivi in pieno clima festivo,<br />

mentre con Lucilla passavamo piacevoli serate<br />

a cena in compagnia degli amici, trascorrevo le<br />

mattine ad allenarmi o lungo il bel circuito <strong>di</strong><br />

Fiames o lungo la ex ferrovia o in Val Fiscalina<br />

dove l’imponente frana dell’ottobre 2007<br />

aveva per sempre mo<strong>di</strong>ficato la morfologia <strong>di</strong><br />

Cima Una.<br />

Quella valle sembrava incantata e fuori dal<br />

mondo, circondata da montagne che<br />

sembravano cosparse <strong>di</strong> farina come<br />

incastonate in un presepe.<br />

Il paesaggio era quieto e tranquillo, il solo<br />

rumore percepibile era quello del proprio<br />

respiro e degli sci che silenziosamente<br />

scivolavano sulla neve cristallina.<br />

Il tracciato, ora immerso tra mughi ora in<br />

spazi aperti, proseguiva in leggerissima salita<br />

138


fino al Rifugio <strong>di</strong> Fondo Valle, luogo<br />

incantevole che meritava una pausa per<br />

godere dell’ambiente circostante can<strong>di</strong>do e<br />

luccicante.<br />

I bassi raggi del sole invernale fermati dalle<br />

creste delle montagne che si stagliavano in un<br />

cielo azzurro intenso, colpivano le pen<strong>di</strong>ci<br />

delle montagne opposte creando incre<strong>di</strong>bili<br />

giochi <strong>di</strong> luce mutevoli con il passare dei<br />

minuti quasi ci fosse un <strong>di</strong>rettore d’orchestra a<br />

<strong>di</strong>rigerne il coro.<br />

Proseguii poi ancora per un ampio tratto fin<br />

quasi a toccare le montagne che chiudono la<br />

valle con il Rifugio Zsigmondy-Comici ben<br />

incastonato nella roccia 700 metri più in alto.<br />

È uno dei percorsi più go<strong>di</strong>bili delle<br />

Dolomiti, peccato un po’ <strong>di</strong>stante da Cortina,<br />

ma il piacere che si prova in quei luoghi<br />

sopperisce ampiamente la noia del tempo<br />

passato in macchina per poterli raggiungere.<br />

Il 28 pomeriggio iniziò una violenta nevicata<br />

che in breve mise in tilt il traffico, proseguì per<br />

tutta la notte e la mattina successiva,<br />

formando una coltre <strong>di</strong> oltre mezzo metro <strong>di</strong><br />

can<strong>di</strong>da neve.<br />

139


Erano ormai le 11.00 <strong>di</strong> mattina e stavo<br />

godendo <strong>di</strong> tale bellezza seduto al tavolo <strong>di</strong><br />

fronte alla finestra quando Alvise mi telefonò.<br />

<br />

Stavo per fare la sciata più bella della mia<br />

vita. Arrivammo in cima al Pomedes verso<br />

mezzogiorno e mezza praticamente da soli con<br />

il sole che faceva capolino <strong>di</strong>etro le ultime<br />

nuvole in rapido <strong>di</strong>ssolvimento. Che<br />

spettacolo, che meraviglia!<br />

Ci buttammo giù per il canalone da soli<br />

senza ancora alcuna traccia, la neve morbida,<br />

alta più <strong>di</strong> mezzo metro, arrivava fin sopra le<br />

ginocchia e schizzava da tutte le parti, mentre<br />

sotto, un manto ben compatto, consentiva <strong>di</strong><br />

sciare come se si stesse su <strong>di</strong> un tavolo da<br />

biliardo.<br />

Arrivammo giù tutti pieni della neve che<br />

noi stessi avevamo sollevato, ma l’euforia era<br />

al massimo e continuammo così per oltre due<br />

140


ore con le piste, sempre semivuote, in una<br />

con<strong>di</strong>zione unica ed irripetibile.<br />

Proseguii le vacanze tranquillamente tra<br />

allenamenti e belle serate trascorse con Lucilla<br />

e i nostri amici.<br />

Un pomeriggio raccontai a Lucilla ciò che<br />

mi aveva detto Alvise e anche lei rimase<br />

stupita per questo incre<strong>di</strong>bile puzzle <strong>di</strong> cui<br />

conoscevamo parecchi frammenti, ma non<br />

riuscivamo a trovare e collocare il tassello<br />

mancante nella giusta posizione.<br />

In verità la soluzione era più vicina <strong>di</strong><br />

quanto potessimo sperare ed arrivò<br />

inaspettata <strong>di</strong> lì a poco.<br />

141


<strong>La</strong> gara <strong>di</strong> fondo<br />

<strong>La</strong> mattina della gara mi svegliai presto per<br />

effettuare un buon preriscaldamento, passai a<br />

prendere Alvise e quin<strong>di</strong> partimmo per<br />

Dobbiaco dove arrivammo in poco meno <strong>di</strong> un<br />

ora a causa del gran traffico presente sulla<br />

strada.<br />

Ci presentammo alla partenza solo con<br />

qualche minuto <strong>di</strong> anticipo, infatti avevamo<br />

preferito trascorrere l’attesa in un bar a causa<br />

del freddo pungente, nonostante la splen<strong>di</strong>da<br />

giornata <strong>di</strong> sole.<br />

Io avevo il pettorale 1248 ed Alvise 1249 e<br />

complessivamente i partecipanti erano quasi<br />

mille e ottocento.<br />

<strong>La</strong> partenza era <strong>di</strong>visa in tre sezioni; nella<br />

prima c’erano gli atleti più forti, nella seconda<br />

giovani sino a 35 anni, nella terza, la più<br />

numerosa, noi insieme a tanti altri<br />

appassionati tra cui alcuni signori <strong>di</strong> ottanta<br />

anni.<br />

Al via partimmo dalla pista dell’aeroporto<br />

con andatura decisa in tecnica classica per<br />

passare quin<strong>di</strong> dentro lo Sta<strong>di</strong>o del Fondo<br />

costruito a Dobbiaco e teatro <strong>di</strong> tante gare <strong>di</strong><br />

143


Coppa del Mondo, dove una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

persone sulle gra<strong>di</strong>nate ci incitava con urla ed<br />

applausi.<br />

Sapevo che c’era Lucilla insieme a tanti altri<br />

amici, ma nella ressa e confusione generale,<br />

non in<strong>di</strong>viduai nessuno dei conoscenti anche<br />

perché ero concentrato sulla gara.<br />

Se questo primo tratto era tutto un vociare,<br />

l’equilibrio era incerto perchè gli altri<br />

concorrenti spingevano e strattonavano,<br />

arrivati all’inizio della valle <strong>di</strong> <strong>La</strong>ndro, lì dove<br />

iniziava la salita, una prima selezione ci<br />

consentì <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanziarci e, entrati nel bosco, il<br />

silenzio prese il sopravvento su tutto, rotto<br />

solo dallo scivolare degli sci e dal respiro che<br />

pian piano <strong>di</strong>ventava sempre più affannoso<br />

ma regolare.<br />

Alvise mi precedeva <strong>di</strong> pochi metri ed io, se<br />

pur affaticato perchè il tratto era in costante<br />

leggera salita, cercavo <strong>di</strong> seguirlo e nello stesso<br />

tempo ammiravo gli alberi intorno a me<br />

carichi <strong>di</strong> neve.<br />

Ogni tanto un blocco <strong>di</strong> neve, staccandosi<br />

dai rami, cadeva delicatamente a terra con un<br />

144


umore sordo e piacevole, attutito dalla neve<br />

stessa presente in abbondanza sul terreno.<br />

Arrivati al <strong>La</strong>go <strong>di</strong> <strong>La</strong>ndro finalmente<br />

potemmo godere <strong>di</strong> un tratto pianeggiante sul<br />

lago ghiacciato illuminato dal sole con sullo<br />

sfondo la sagoma dell’imponente Cristallo e<br />

sul lato sinistro le ripide pareti <strong>di</strong> Monte<br />

Piana.<br />

Tranquilli proseguimmo fin oltre Carbonin<br />

quando Alvise si fermò <strong>di</strong> colpo come stor<strong>di</strong>to,<br />

perse quasi l’equilibrio, ed io pensai che la<br />

stanchezza ed il freddo avessero provocato un<br />

eccesso <strong>di</strong> affaticamento.<br />

Mi sbagliavo, perché guardandolo in faccia,<br />

vi<strong>di</strong> che aveva gli occhi fissi nel vuoto,<br />

muoveva le labbra come se parlasse con<br />

qualcuno ed infine quasi urlò <br />

Il tutto durò non più <strong>di</strong> mezzo minuto e lì<br />

per lì non capii le sue parole ma ben preso lo<br />

invitai a spiegarsi.<br />

Lui si appoggiò a me e mi <strong>di</strong>sse<br />


prendere un buon bicchiere <strong>di</strong> vino caldo e<br />

sederci per qualche minuto, giusto il tempo <strong>di</strong><br />

raccontarti cosa ho scoperto.>><br />

Non osai contrad<strong>di</strong>rlo e così ripartimmo<br />

lentamente l’uno affianco all’altro verso la<br />

meta.<br />

Cimabanche, nonostante la quota non<br />

elevatissima, solo 1530 metri, è una delle<br />

località più fredde delle Dolomiti perchè<br />

d’inverno rimane sempre in ombra, ma<br />

fortunatamente quel giorno <strong>di</strong> metà febbraio<br />

qualche raggio <strong>di</strong> sole riusciva a illuminare il<br />

bar ristorante presente lungo il percorso<br />

riscaldando l’aria quel tanto da consentire <strong>di</strong><br />

sederci ad un tavolo all’aperto.<br />

quasi lo<br />

implorai.<br />


dentro quella trincea scavata nella roccia<br />

calcarea. Ho capito esattamente il punto in cui<br />

il tutto è accaduto a poche decine <strong>di</strong> metri dal<br />

Sasso Misterioso.>><br />

<br />

<strong>di</strong>sse tutto <strong>di</strong> un fiato<br />

con la faccia pallida e tesa.<br />

Finalmente tutti i tasselli cominciavano a<br />

collocarsi al loro posto e una visione chiara e<br />

incre<strong>di</strong>bile si prospettava <strong>di</strong>nanzi a noi.<br />

Il mio stato <strong>di</strong> coma sotto la Tofana era<br />

terminato alcuni attimi prima che Alberto mi<br />

rivelasse le sue volontà ma pochi istanti dopo<br />

cadeva in coma Alvise che percepiva la sua<br />

storia in un modo <strong>di</strong>verso dal mio.<br />

147


Evidentemente il fulmine aveva mo<strong>di</strong>ficato<br />

il suo modo <strong>di</strong> percepire il tempo lasciandogli<br />

socchiusa una finestra sul passato che<br />

spora<strong>di</strong>camente si apriva con ricor<strong>di</strong> alcune<br />

volte frammentari e confusi, altre volte limpi<strong>di</strong><br />

e chiari.<br />

Anche perchè il Tenente Pauletti si fosse<br />

rivolto a me e quin<strong>di</strong> ad Alvise ora era chiaro.<br />

Mia moglie Lucilla era una <strong>di</strong>scendente<br />

<strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Lucia ed Alvise, esperto conoscitore<br />

dei luoghi, mi avrebbe aiutato a ritrovare i<br />

resti <strong>di</strong> Alberto.<br />

Eccitati per la scoperta brindammo con un<br />

secondo bicchiere <strong>di</strong> vino e iniziammo la<br />

<strong>di</strong>scesa verso Cortina senza sentire più né la<br />

fatica né gli incitamenti del pubblico che da<br />

Fiames si era ammassato lungo il percorso<br />

sino all’arrivo nel centro <strong>di</strong> Cortina.<br />

Arrivammo al traguardo in poco meno <strong>di</strong> 5<br />

ore, e considerando la lunga fermata a<br />

Cimabanche, era sicuramente un tempo molto<br />

buono.<br />

Sapevamo <strong>di</strong> non poter far nulla nel periodo<br />

invernale per quanto riguardava le ricerche,<br />

148


ma ci ripromettemmo <strong>di</strong> sentirci a primavera<br />

per decidere come procedere.<br />

149


Il ritrovamento<br />

Rimasi in contatto telefonico con Alvise,<br />

ansioso <strong>di</strong> iniziare le ricerche e finalmente mi<br />

chiamò <strong>di</strong>cendomi <br />

Tornai a Cortina la prima settimana <strong>di</strong><br />

giugno e subito iniziammo i preparativi per<br />

quella nostra piccola spe<strong>di</strong>zione segreta.<br />

Il giorno stabilito decidemmo <strong>di</strong> arrivare in<br />

Val Travenanzes passando per la galleria del<br />

Castelletto appena riaperta dal gelo invernale<br />

e da lì iniziare le ricerche.<br />

Il percorso in realtà era costituito da una<br />

breve ferrata che, dopo due scale metalliche<br />

verticali, si percorreva all’interno della galleria<br />

<strong>di</strong> guerra costruita per arrivare al punto in cui<br />

creare la camera <strong>di</strong> scoppio, cioè la stanza<br />

nella quale collocare la <strong>di</strong>namite per far saltare<br />

la fortezza così strenuamente <strong>di</strong>fesa dagli<br />

austriaci.<br />

Percorrerla, obbligatoriamente con una<br />

torcia elettrica, era sempre elettrizzante sia<br />

pensando al lavoro immane effettuato dai<br />

soldati sia per le finestre che improvvisamente<br />

151


si aprivano sulla parete verticale consentendo<br />

un panorama unico su Col <strong>di</strong> Bois, <strong>La</strong>gazuoi,<br />

Cinque Torri ed in lontananza Marmolada e<br />

Civetta.<br />

Usciti dalla galleria, che si snodava secondo<br />

un percorso elicoidale e in breve consentiva <strong>di</strong><br />

salire per oltre 200 metri, anziché proseguire<br />

per la via ferrata Lipella, scendemmo lungo un<br />

facile ghiaione dominato dalla Tofana <strong>di</strong><br />

Rozes.<br />

“Ripensai all’ultima volta che avevo fatto la<br />

Lipella pochi anni prima, dopo oltre venti anni<br />

<strong>di</strong> assenza. Quante volte avevo fatto quella<br />

ferrata da ragazzo! Sicuramente molte, ma<br />

dopo così tanto tempo fu come se fosse stata la<br />

prima volta. Andai con due amici e ho ancora<br />

negli occhi e nel cuore il ricordo della<br />

bellissima arrampicata effettuata in una<br />

ra<strong>di</strong>osa giornata <strong>di</strong> agosto. Ricordo la<br />

stanchezza arrivato alle Tre Dita, fra<strong>di</strong>cio <strong>di</strong><br />

sudore, ma felice per l’impresa compiuta.<br />

Dopo un cambio <strong>di</strong> maglietta e un breve<br />

spuntino proseguimmo per la cima della<br />

Tofana, seguendo la via normale. Il piacere ed<br />

il go<strong>di</strong>mento per quella passeggiate fu<br />

152


indescrivibile e spero ancora in futuro <strong>di</strong> poter<br />

ripercorrere quel sentiero meraviglioso”.<br />

Al termine del ghiaione ci affacciammo sulla<br />

valle sottostante scorgendo la traccia della<br />

lunghissima trincea vista da Alvise nel flashback,<br />

trincea che oramai dal basso appariva<br />

come un semplice avvallamento a causa del<br />

tempo trascorso.<br />

A sinistra poco più in alto era ben visibile il<br />

Sasso Misterioso, così chiamato dagli alpini<br />

per la sua forma squadrata e <strong>di</strong> enormi<br />

<strong>di</strong>mensioni rispetto all’ambiente circostante.<br />

Esso era un punto <strong>di</strong> riferimento ben visibile<br />

e <strong>di</strong>stinguibile immerso nel nulla <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>stesa <strong>di</strong> erba e sassi.<br />

Proprio da lì partiva la traccia della trincea e<br />

da lì iniziò la nostra ricerca.<br />

<strong>di</strong>sse Alvise


ed il rame alle fabbriche del Cadore che<br />

pagavano pochi spiccioli per queste merci.>><br />

<br />

<br />


ospitare i poveri resti <strong>di</strong> tanti soldati senza<br />

nome.>><br />

<br />

<br />

Iniziammo l’ispezione a monte della trincea<br />

secondo i ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> Alvise e percorremmo<br />

faticosamente un lungo tratto tra roccette e<br />

sassi instabili.<br />

Infatti in montagna, se è facile camminare<br />

lungo i sentieri ben segnati, è altrettanto<br />

<strong>di</strong>fficile, e spesso pericoloso, spostarsi al <strong>di</strong><br />

fuori degli stessi per il terreno accidentato a<br />

cui si è inevitabilmente esposti.<br />

155


Nella prima ora non trovammo nulla <strong>di</strong><br />

interessante se non un lungo tratto <strong>di</strong> filo<br />

spinato completamente arrugginito, solo in<br />

parte visibile perchè oramai era un tutt’uno<br />

con il terreno sottostante.<br />

Alvise che aveva un occhio molto più<br />

allenato del mio trovò un paio <strong>di</strong> bossoli <strong>di</strong><br />

fucile, un proiettile e un piccolo frammento <strong>di</strong><br />

granata.<br />

mi <strong>di</strong>sse, in<strong>di</strong>candomi la cima<br />

della Tofana, ><br />

e mi in<strong>di</strong>cò le montagne <strong>di</strong> fronte,<br />

dove si stagliavano i maestosi profili <strong>di</strong> Monte<br />

Castello e Monte Cavallo


consentire all’avversario <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare la<br />

postazione e quin<strong>di</strong>, con il binocolo, attendere<br />

il momento propizio per sparare il colpo<br />

mortale.>><br />

Continuammo la ricerca mentre Alvise mi<br />

raccontava moltissimi aneddoti interessanti<br />

riguardanti la Grande Guerra e il posto in cui<br />

ci trovavamo, ma il tempo passava e le nostre<br />

ricerche non approdarono ad alcun risultato.<br />

Continuammo così alla cieca per tutto il<br />

giorno e alla fine stanchi, acciaccati e un po’<br />

demoralizzati decidemmo <strong>di</strong> rientrare in paese<br />

per riprovare il giorno dopo.<br />

Al mattino mi svegliai particolarmente<br />

dolorante a causa del percorso che avevamo<br />

seguito il giorno prima, in particolare alle<br />

ginocchia, per cui Alvise mi consigliò <strong>di</strong><br />

utilizzare le racchette per alleggerire il peso<br />

sulle gambe e trovare una posizione <strong>di</strong><br />

maggiore equilibrio sul terreno accidentato<br />

che dovevamo esaminare.<br />

Non amavo molto l’uso delle racchette,<br />

tanto care agli escursionisti tedeschi e oramai<br />

<strong>di</strong>ffuse anche tra i turisti italiani, forse proprio<br />

come il conta<strong>di</strong>no che desiderava dormire al<br />

157


freddo perchè abituato così dall’infanzia,<br />

comunque potei verificare, dopo pochi minuti<br />

<strong>di</strong> camminata, che il beneficio era reale e il<br />

dolore agli arti inferiori contenuto.<br />

Quella seconda giornata partimmo dal<br />

Magistrato delle Acque seguendo la vecchia<br />

strada militare che portava a Forcella Bois,<br />

praticamente lo stesso percorso fatto durante<br />

la <strong>maratona</strong>, solo che questa volta la giornata<br />

era incantevole e il bosco, risvegliatosi dal<br />

torpore invernale, profumava <strong>di</strong> mille odori e<br />

brillava <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> colori.<br />

<strong>La</strong> terra umida, scaldata dal sole, restituiva<br />

l’acqua accumulata nei mesi invernali tramite<br />

un leggero vapore acqueo che saliva<br />

pigramente dalle ra<strong>di</strong>ci dei mughi.<br />

In alcuni tratti il velo <strong>di</strong> vapore nascondeva<br />

il terreno e pareva <strong>di</strong> camminare su <strong>di</strong> una<br />

nuvola, sospesi nel vuoto.<br />

Molto tranquillamente risalimmo la vecchia<br />

strada militare ed in breve raggiungemmo la<br />

forcella e da lì il Sasso Misterioso.<br />

Alvise, ben sicuro <strong>di</strong> quanto aveva visto nel<br />

flash-back, mi <strong>di</strong>sse che dovevamo<br />

158


concentrarci sui primi cento metri <strong>di</strong> trincea<br />

perchè lì si doveva trovare il corpo <strong>di</strong> Pauletti.<br />

Iniziammo la ricerca speranzosi e certi che le<br />

nostre esperienze erano reali e non frutto <strong>di</strong><br />

fantasia, ma dopo un paio <strong>di</strong> ore un senso <strong>di</strong><br />

frustrazione e scoramento cominciò a<br />

prendere il sopravvento.<br />

Nel frattempo il dolore alle ginocchia era<br />

tornato più violento che mai e oramai mi<br />

appoggiavo pesantemente alle racchette per<br />

alleviare il dolore lancinante.<br />

Avvenne il miracolo!<br />

Una delle due racchette così pesantemente<br />

appoggiate sul terreno roccioso, in apparenza<br />

solido, sprofondò per più <strong>di</strong> mezzo metro ed<br />

io lanciai un grido <strong>di</strong> dolore e paura avendo<br />

perso l’equilibrio.<br />

Non mi resi subito conto che quello che mi<br />

era accaduto era la chiave <strong>di</strong> volta della nostra<br />

ricerca, il tassello mancante del nostro puzzle.<br />

Alvise, lontano da me qualche decina <strong>di</strong><br />

metri, accorse imme<strong>di</strong>atamente sentendomi<br />

gridare e vedendomi piegato, quasi<br />

accovacciato per terra.<br />

159


<strong>La</strong> racchetta era incurvata e saldamente<br />

conficcata nel terreno, sembrava impossibile<br />

estrarla, anche perchè la rondella, in<br />

prossimità della punta, era <strong>di</strong> ostacolo per<br />

l’estrazione.<br />

Con qualche robusto strattone infine Alvise<br />

riuscì a tirar via il bastone e un piccolo sasso<br />

caduto nel foro produsse il classico rumore <strong>di</strong><br />

un oggetto che cade nell’acqua.<br />

Dunque sotto <strong>di</strong> noi si trovava una cavità<br />

nascosta dalle macerie sovrastanti, che dopo<br />

novanta anni si erano compattate rendendo il<br />

terreno uniforme, in apparenza solido, simile a<br />

quanto si trovava tutto attorno.<br />

Con l’aiuto <strong>di</strong> una piccola pala e <strong>di</strong> una<br />

piccozza, che ci eravamo portati negli zaini,<br />

iniziammo a scavare delicatamente.<br />

Circa 20 centimetri sotto il terreno ed i sassi,<br />

sentimmo il rumore <strong>di</strong> tavole <strong>di</strong> legno con<br />

sotto il vuoto e procedemmo con la massima<br />

cura a rimuoverle una per una con la paura<br />

che tutto potesse franare all’interno.<br />

Quando il buco fu sufficientemente largo lo<br />

illuminammo con una potente torcia e<br />

vedemmo il fondo a circa due metri e un<br />

160


lungo cunicolo proseguire nell’oscurità più<br />

totale.<br />

Avevamo scoperto una trincea protetta<br />

superiormente da robuste travi per evitare agli<br />

occupanti <strong>di</strong> essere esposti agli spari dei<br />

cecchini, ne vedevamo un breve tratto ma non<br />

avevamo idea della sua lunghezza.<br />

Con cura allargammo ulteriormente il foro a<br />

sufficienza per poter entrare nel cunicolo<br />

senza correre troppi rischi.<br />

Alvise entrò per primo e io lo seguii quasi<br />

subito, tale era l’emozione e il desiderio <strong>di</strong><br />

scoprire quanto si nascondesse in quel luogo<br />

abbandonato da quasi un secolo.<br />

L’aria era fredda e umida ma il cunicolo si<br />

rivelava sufficientemente largo per passare<br />

comodamente uno alla volta mentre il terreno<br />

sotto ai nostri pie<strong>di</strong> era viscido e con<br />

numerose pozze d’acqua stagnante.<br />

I muretti a secco che costituivano le pareti<br />

della trincea sembravano ben conservati<br />

mentre le travi in legno <strong>di</strong> sostegno al soffitto<br />

ed il soffitto stesso parevano in pessime<br />

con<strong>di</strong>zioni.<br />

161


Procedemmo per <strong>di</strong>versi metri evitando<br />

accuratamente <strong>di</strong> toccare quei legni marci<br />

consapevoli che anche un piccolo<br />

smottamento ci avrebbe portato a morte<br />

sicura.<br />

Arrivammo a una biforcazione e<br />

verificammo che il percorso alla nostra sinistra<br />

era totalmente franato mentre sulla destra il<br />

cunicolo proseguiva con una brusca curva a<br />

gomito.<br />

Proseguimmo quin<strong>di</strong> fino alla curva e girato<br />

l’angolo, circa tre metri avanti a noi, il cunicolo<br />

risultava completamente franato.<br />

Eravamo un po’ delusi <strong>di</strong> non aver trovato<br />

nessuna traccia umana per cui decidemmo <strong>di</strong><br />

tornare in<strong>di</strong>etro fino al punto in cui eravamo<br />

entrati.<br />

Poiché il cunicolo proseguiva anche<br />

nell’altra <strong>di</strong>rezione verso l’alto, decidemmo <strong>di</strong><br />

fare una rapida ispezione <strong>di</strong> quel tratto e<br />

finalmente trovammo o pensammo <strong>di</strong> trovare<br />

ciò che cercavamo.<br />

Dietro una ampia curva, per terra era ben<br />

visibile uno scheletro con ancora qualche<br />

brandello <strong>di</strong> indumenti, le scarpe accartocciate<br />

162


ma ben conservate, un fucile, una piccola<br />

scatola arrugginita e soprattutto una<br />

medaglietta anch’essa arrugginita che<br />

sapevamo essere quella che ciascun militare<br />

portava al collo con il numero <strong>di</strong> matricola per<br />

l’identificazione.<br />

Preso il cranio del caduto, potemmo<br />

costatare il foro <strong>di</strong> un proiettile sulla fronte<br />

proprio sopra gli occhi.<br />

Riposammo con cura il cranio emozionati<br />

per il ritrovamento, raccogliemmo il fucile, la<br />

piccola scatola arrugginita e la medaglietta ed<br />

infine uscimmo all’aperto a respirare a pieni<br />

polmoni l’aria limpida e fresca.<br />

Rimanemmo lì in silenzio rigirandoci tra le<br />

mani quanto trovato, tristi ma nello stesso<br />

tempo felici <strong>di</strong> essere riusciti in un impresa in<br />

apparenza impossibile.<br />

.<br />

163


.<br />

Ormai era pomeriggio inoltrato, tornammo<br />

a Cortina giusto in tempo per andare dai<br />

Carabinieri e raccontare del nostro<br />

ritrovamento.<br />

Con la promessa <strong>di</strong> restituirle il giorno<br />

dopo, ci permisero <strong>di</strong> tenere il piccolo<br />

contenitore e la medaglietta, ma non il fucile e<br />

ci assicurarono che entro una settimana<br />

avrebbero provveduto a mandare una squadra<br />

<strong>di</strong> soccorso per il recupero della salma.<br />

Alvise si offrì volontario per accompagnare<br />

la squadra <strong>di</strong> recupero nel punto esatto e la<br />

sua offerta fu accettata e gra<strong>di</strong>ta in quanto<br />

persona competente e conosciuta in tutta<br />

Cortina.<br />

Tornati a casa, pur stanchi e doloranti<br />

eravamo desiderosi <strong>di</strong> avere la conferma <strong>di</strong> chi<br />

fossero quei poveri resti.<br />

164


Aprire la piccola scatola non fu facile perchè<br />

il coperchio oramai formava un tutt’uno con il<br />

resto del contenitore.<br />

Alvise pensò <strong>di</strong> usare una piccolissima<br />

quantità <strong>di</strong> liquido sbloccante che, insieme a<br />

tanta pazienza, ci consentì al fine <strong>di</strong> aprirla.<br />

Era piena <strong>di</strong> oggetti quasi irriconoscibili ma<br />

con molta attenzione e delle piccole pinzette<br />

riuscimmo a separare quelle che sembravano<br />

delle lettere, un paio <strong>di</strong> sigarette, tre foto.<br />

Subito fui attratto da queste ultime, ma<br />

ormai erano molto sbia<strong>di</strong>te e quasi del tutto<br />

cancellate dalle muffe; su <strong>di</strong> una si<br />

intravedeva il viso austero <strong>di</strong> un uomo con i<br />

baffi e una scritta sbia<strong>di</strong>ta in basso che<br />

sembrava essere “papà”, su <strong>di</strong> un’altra i<br />

lineamenti gentili, ma non più giovanili <strong>di</strong> una<br />

donna con una scritta anch’essa appena<br />

leggibile “mia adorata madre”, sulla terza il<br />

volto sorridente appena riconoscibile a me<br />

familiare <strong>di</strong> Lucia.<br />

<br />

Lui la prese delicatamente in mano e rimase<br />

ad ammirare la bellezza della giovane donna<br />

165


mentre io preso da una profonda tristezza<br />

iniziavo un pianto <strong>di</strong>rotto, uno sfogo<br />

necessario dopo la tensione accumulata negli<br />

ultimi giorni.<br />

In quei momenti mi pareva che Lucia fosse<br />

stata la mia donna e che quanto avvenuto a<br />

San Vito nel 1916 fosse realmente accaduto a<br />

me e non a Pauletti.<br />

Provammo anche a leggere le due lettere<br />

presenti nella piccola scatola ma riuscimmo a<br />

leggere solo “Mia adoratissima Lucia….” e<br />

“….qualunque cosa accada staremo assieme<br />

per l’eternità’ ….”, tanto la carta oramai era<br />

rovinata ed ammuffita.<br />

Passammo ad analizzare la medaglietta che<br />

presentava evidenti segni <strong>di</strong> corrosione ma<br />

con una attenta e delicata pulizia riuscimmo a<br />

leggere RE957.. 27.<br />

Io avevo il numero <strong>di</strong> matricola del tenete<br />

Pauletti, trovato nelle mie ricerche su internet<br />

e finalmente avemmo la prova che tanto<br />

cercavamo, la matricola era Regio Esercito<br />

9570927.<br />

Scattammo entrambi in pie<strong>di</strong> abbracciandoci<br />

e urlando <strong>di</strong> felicità.<br />

166


Avevamo la prova che potevamo raccontare<br />

al mondo senza svelare i nostri segreti, e<br />

infatti così fu.<br />

<strong>La</strong> settimana successiva la squadra <strong>di</strong><br />

recupero guidata da Alvise in<strong>di</strong>viduò<br />

imme<strong>di</strong>atamente il luogo del ritrovamento e i<br />

poveri resti furono messi in una piccola teca<br />

nell’attesa della sepoltura.<br />

Io chiesi, alla luce delle prove mostrate, <strong>di</strong><br />

voler seppellire Pauletti nel cimitero <strong>di</strong> Carate<br />

Brianza dove si trovava la cappella della<br />

famiglia Brambi e dove riposava Lucia.<br />

Fu una cerimonia semplice ma toccante<br />

insieme a Lucilla e Alvise che come me<br />

avevano voluto onorare uno sfortunato<br />

soldato mandato allo sbaraglio in una guerra<br />

stupida ed insensata combattuta in luoghi che<br />

il buon senso avrebbe dovuto consigliare <strong>di</strong><br />

svolgere, se davvero necessaria per l’onore e<br />

gli interessi della patria, in altri luoghi più<br />

ospitali.<br />

<strong>La</strong> promessa <strong>di</strong> Alberto finalmente si era<br />

avverata: “vivremo assieme per l’eternità” e<br />

forse quell’ultimo pensiero prima <strong>di</strong> morire<br />

così forte e voluto aveva trapassato il tempo<br />

167


fino a trasferirsi nella mia anima e nel corpo <strong>di</strong><br />

Alvise.<br />

Alvise pian piano non soffrì più <strong>di</strong> quella<br />

strana forma <strong>di</strong> epilessia che lo aveva colpito<br />

dopo l’incidente, e i me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>ssero che le cure<br />

cui si era sottoposto, ed il tempo, avevano<br />

guarito gli effetti del fulmine; io invece dopo<br />

questa ulteriore esperienza volutamente<br />

cercavo <strong>di</strong> non <strong>di</strong>menticare e rimasi in contatto<br />

con lui per cercare nuovi particolari della vita<br />

<strong>di</strong> Alberto e Lucia.<br />

Quando potevo mi ritrovavo con Alvise,<br />

venne anche a trovarmi in città, ed insieme a<br />

Lucilla ci piaceva ripercorrere l’incre<strong>di</strong>bile<br />

storia che avevamo vissuto arricchendola<br />

spesso <strong>di</strong> piccoli dettagli, ora piangendo, ora<br />

ridendo, ma con l’animo sereno <strong>di</strong> chi era stato<br />

sfiorato da un evento misterioso che ci aveva<br />

consentito <strong>di</strong> vivere un’esperienza unica ed<br />

irripetibile.<br />

“Lucilla, Alvise ed io ora siamo complici,<br />

complici <strong>di</strong> un segreto fantastico e in<strong>di</strong>cibile che ci<br />

<strong>di</strong>fferenzia da tutti voi e che mai sveleremo al<br />

mondo perchè la società non è in grado <strong>di</strong> capire e<br />

accettare le nostre <strong>di</strong>versità.<br />

168


Così è da sempre, chi è <strong>di</strong>verso è costretto a<br />

restare nell’ombra, ma state molto attenti, potrebbe<br />

capitare anche a voi e vi accorgerete che mantenere<br />

un segreto è molto, molto <strong>di</strong>fficile!<br />

Un’increspatura, una piccolissima increspatura e<br />

……”<br />

169


Ognuno <strong>di</strong> noi ha qualche piccolo<br />

segreto che non svelerà mai a nessuno!<br />

171


In memoria <strong>di</strong> quei giovani e valorosi soldati<br />

morti sulle Dolomiti che, sopportando<br />

sofferenze e tormenti in<strong>di</strong>cibili, sperarono fino<br />

alla fine in un futuro migliore.<br />

Un monito a tutti gli appassionati <strong>di</strong> alpinismo<br />

che, troppo spesso imprudentemente, amando<br />

la montagna, sono morti e continuano a<br />

morire ignorando i pericoli nascosti dalla<br />

natura con tanta maestria e cinismo, lì dove<br />

sembra possibile toccare il cielo con un <strong>di</strong>to.<br />

173


Ringraziamenti e de<strong>di</strong>che<br />

De<strong>di</strong>co questo libro a mia moglie Donatella<br />

perché mi ha stimolato a portare avanti questa<br />

strana idea <strong>di</strong> improvvisarmi scrittore, ai miei<br />

tre figli Maria Elena, Alessandro e Maria Luisa<br />

perché rimangano sempre uniti nel bene e nel<br />

male, a mia madre perché ha sempre creduto<br />

in me e mi ha aiutato nei momenti <strong>di</strong>fficili<br />

della vita, a mio padre che è stato la luce che<br />

ha illuminato la mia giovinezza.<br />

Ringrazio Barbara Sulis che mi ha aiutato a<br />

migliorare alcuni capitoli della prima parte del<br />

libro.<br />

Ringrazio anche la inconsapevole<br />

professoressa <strong>di</strong> mia figlia per la <strong>di</strong>vertente<br />

storia delle Tòfane.<br />

Ringrazio il destino per avermi dato<br />

l’opportunità <strong>di</strong> passare, almeno 60 giorni<br />

all’anno, nelle Dolomiti, uno dei luoghi più<br />

belli del mondo, a partire dal 1950 ...e non nel<br />

1915-1918!<br />

Un doloroso ad<strong>di</strong>o a Sandro, compagno <strong>di</strong><br />

tante belle passeggiate e sciate, scomparso<br />

prematuramente alle Cinque Torri in una<br />

ra<strong>di</strong>osa giornata <strong>di</strong> sole il 10 febbraio 2008.<br />

175


Come me amava la montagna e spesso <strong>di</strong>ceva<br />

che in futuro si sarebbe trasferito volentieri tra<br />

queste montagne per trascorrere una vecchiaia<br />

serena insieme a sua moglie Nicoletta. Ora<br />

riposa in pace nel piccolo e austero cimitero <strong>di</strong><br />

Cortina. In me rimarrà sempre vivo il ricordo<br />

<strong>di</strong> una persona piena <strong>di</strong> vita, generosa e<br />

gioviale.<br />

176

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!