La guida ai prodotti tipici della Puglia - Movimento Difesa del ...
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Introduzione<br />
“Cantina d’Italia”, patria dei “trulli”, degli “olivi”, <strong>del</strong> “Tavoliere” o dei<br />
“due mari”: in qualunque modo la si voglia definire, la <strong>Puglia</strong> è una<br />
regione capace di raccontare se stessa con la storia dei suoi monumenti,<br />
i colori <strong><strong>del</strong>la</strong> sua terra, le sagome dei suoi “trulli” e i profumi <strong><strong>del</strong>la</strong> sua<br />
“cucina”.<br />
Animati dal desiderio di dar vita a semplici armonie e gusti genuini,<br />
espressioni tipiche di un popolo di pescatori e di contadini, i cuochi<br />
pugliesi hanno quasi <strong>del</strong> tutto ignorato gli usi e i costumi <strong>del</strong>le popolazioni<br />
che li dominarono come i Normanni, gli Spagnoli, i Francesi, i<br />
Veneziani o i Saraceni, rimanendo legati <strong>ai</strong> propri <strong>prodotti</strong>.<br />
Si passa così dagli alimenti “principi” <strong><strong>del</strong>la</strong> zona costiera <strong>del</strong> mar<br />
Adriatico e <strong>del</strong> mar Ionio, ovvero il pesce, il pane e gli ortaggi, a quelli<br />
più caratteristici <strong>del</strong>l’entroterra, ossia gli insaccati, i legumi, la pasta, le<br />
olive e i latticini; a questi si aggiungono l’olio, il grano e la vite che rappresentano<br />
dei veri e propri cardini di una “cucina” che, favorita da un<br />
territorio quasi ovunque pianeggiante e dunque facilmente attraversabile<br />
in ogni sua parte per gli scambi commerciali, appare piuttosto “omogenea”<br />
nel suo insieme, al di là di alcune distinzioni presenti nelle cinque<br />
province nell’interpretazione e nella realizzazione dei “piatti”, come ad<br />
esempio nel caso <strong>del</strong>l’aglio che, utilizzato in modo significativo nella<br />
zona <strong>del</strong> “Tavoliere”, man mano che si procede verso la parte più a sud<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> regione, cede il posto alla cipolla.<br />
Nei menù pugliesi, dunque, l’estro e la creatività sono sicuramente gli<br />
ingredienti fondamentali di ogni nuova ricetta tanto più se realizzata<br />
interamente tra le pareti <strong>del</strong>le cucine domestiche come nel caso dei piatti<br />
a base di pasta “fatta in casa”. <strong>La</strong> storia narra che proprio la “pasta” è<br />
sempre stata a tal punto amata d<strong>ai</strong> pugliesi che, nel 1647, essi arrivarono<br />
a lottare per ben otto giorni contro i dominatori spagnoli colpevoli di<br />
avervi posto sopra una tassa. In verità, a giudicare dalle creazioni che nel<br />
corso <strong>del</strong> tempo hanno preso vita sulle spianatoie di legno, ben valse la<br />
loro battaglia: “orecchiette”, la cui forma nasce imprimendo con la sola<br />
forza <strong>del</strong> pollice, su un piccolo dischetto di pasta a base di semola di grano<br />
duro, una concavità che le rende simili ad una conchiglia, “fusilli”,<br />
“lasagne”, “laganelle”, “strascinati” (rettangoli di pasta che passati su<br />
1<br />
<strong>Puglia</strong>
2<br />
uno speciale tagliere assumono una faccia rugosa e una liscia), “chiancarelle”<br />
e “pociacche”, sono solo alcune testimonianze di una passione<br />
davvero profonda per un alimento da sempre considerato insostituibile;<br />
e se per ognuna di queste paste vi è un condimento capace di rispettarne<br />
l’incredibile sapore, nulla le rende uniche quanto il connubio con le verdure<br />
locali come le “cime di rapa”, i “cavoli”, le “melanzane”, i “fagioli”,<br />
le “fave”, la “cicoria” i “fiori di zucchine” e tante altre ancora.<br />
E con le verdure si riempiono anche le “pizze” <strong>del</strong>le quali i pugliesi sono<br />
ghiotti a tal punto che c’è chi sostiene che il “calzone”, che tra le sue versioni<br />
ne ha una tutta speciale che lo vede con un ripieno di olive, cipolle<br />
e formaggio pecorino, sia nato proprio per merito <strong><strong>del</strong>la</strong> loro fantasia.<br />
Del resto, le varietà di verdure presenti in <strong>Puglia</strong> sono tali e tante che<br />
alcune di esse sono quasi <strong>del</strong> tutto sconosciute nelle altre regioni <strong><strong>del</strong>la</strong><br />
penisola come nel caso dei “crispigni”, dei “marasciuli” (piccole erbette<br />
amare tipiche dei territori in cui vi sono le vigne), dei funghi “paparuli”<br />
e “cardoncelli”, o dei “lampasciuni”, cipollotti che si possono mangiare<br />
lessati e conditi con olio e aceto, arrostiti, fritti da soli o con le uova strapazzate<br />
o versati nella “tiella” (o “tiedda”), un piatto che porta il nome<br />
<strong>del</strong> tegame in cui viene cucinato e che nacque dalla necessità di portare<br />
rapidamente in tavola il pasto prima di andare in campagna a lavorare la<br />
terra o al rientro a casa, la sera, dopo una giornata di lavoro; nella “tiella”<br />
finiscono verdure, baccalà, olive, riso e patate, oppure, in una versione<br />
più povera, patate, cipolle e olive.<br />
E se sulle due coste il pesce (“polipi”, “alici”, “cozze”, “ostriche”, “vongole”,<br />
“seppie”, “scorfani”, “calamari”, “baccalà” e “triglie” solo per<br />
citarne alcuni) arriva in quantità più che abbondante, prestandosi per la<br />
preparazione di qualunque tipo di piatto (dagli antipasti <strong>ai</strong> primi, dalla<br />
famosa “zuppa” <strong>ai</strong> secondi), “mangiare pugliese” vuol dire anche assaporare<br />
piatti di carne, da quella “ovina” e di “selvaggina” agli “insaccati”<br />
di carne di m<strong>ai</strong>ale (per quanto gli allevamenti siano stati sostituiti quasi<br />
ovunque dalle “colture di grano”).<br />
Chi, al contrario, non ama né la carne né il pesce di problemi può comunque<br />
dire di non averne vista la produzione di latticini che può temere<br />
pochi, pochissimi, rivali: “burrate”, “mozzarelle”, “ricotte”, “pecorini”,<br />
“caciocavalli”, “scamorze” e “provoloni” rappresentano <strong>del</strong>le vere e proprie<br />
tentazioni irresistibili che hanno contribuito ad esportare ovunque la<br />
gastronomia pugliese. Tipico esempio ne è la “burrata”, un formaggio<br />
realizzato per la prima volta all’inizio <strong>del</strong> 900 nelle masserie di Andria,<br />
composto da una parte esterna “consistente” che fa da involucro ad un<br />
ripieno <strong><strong>del</strong>la</strong> stessa pasta ridotto in filamenti mescolati alla panna (quando<br />
la si prepara artigianalmente l’involucro viene racchiuso in foglie di<br />
asfo<strong>del</strong>o, una pianta spontanea piuttosto diffusa nelle Murge, che gli conferisce<br />
un gradevole sentore erbaceo e vagamente amarognolo).<br />
Tra le produzioni di questa terra un posto particolare lo occupa quella<br />
<strong>del</strong>le “mandorle” grazie alla quale la <strong>Puglia</strong> vanta d’aver dato i natali, nel<br />
lontano XIII secolo, al “torrone” e successivamente <strong>ai</strong> “confetti”.<br />
Non meno gustosi sono la “cicerchiata”, fatta con mandorle, cioccolata e<br />
cannella, il “gelato al forno”, preparato mettendo tra due fette di Pan di<br />
Spagna il gelato con la frutta secca e passandole in forno, la “frutta secca”<br />
e le “carteddate”, dei dolci di pasta sfoglia insaporiti dal miele e dalla<br />
cannella.<br />
Un elenco ricco, dunque, quello che anima i menù <strong><strong>del</strong>la</strong> cucina pugliese<br />
stimolando nei propri visitatori la cosiddetta “acquolina in bocca”; ma<br />
<strong>del</strong> resto proprio i pugliesi sono gli autori <strong>del</strong> detto proverbiale:<br />
“da u mbriàeche puète avàie nu bbecchiere de mìere, da u canarèute<br />
nam buète avàie nu mùezzeche (un ubriaco ti darà sempre un bicchiere<br />
di vino, il goloso non ti cederà nemmeno una sola briciola)” !<br />
3<br />
<strong>Puglia</strong>
4 Le cinque<br />
province<br />
Bari<br />
Pesce, grano, pomodori, olio d’oliva e vino rappresentano il fiore all’occhiello<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> provincia barese e <strong><strong>del</strong>la</strong> sua gastronomia. Dal grano si ottiene<br />
la pasta che ancora oggi viene preparata a mano dalle mass<strong>ai</strong>e <strong>del</strong> borgo<br />
antico utilizzando la farina integrale di grano duro, quella di semola<br />
o, in alcuni casi un po’ più rari, il grano arso ricavato dalla spigolatura.<br />
“Recchietelle”, “chianchiarelle”, “orecchiette”, “lasagne”, “roccoli”,<br />
“fusilli”, “cavatelli” e “strascenate”, solo per citarne alcune, vengono<br />
servite con diversi tipi di condimento: dalle più famose “orecchiette con<br />
le cime di rape”, che bollite con la pasta vengono poi condite con le<br />
acciughe e l’aglio sfritto nell’olio di oliva, alle “orecchiette e cavoli con<br />
la ricotta” o “con il sugo <strong><strong>del</strong>la</strong> salsiccia”, la “lasagna con il sugo di<br />
pesce”, gli “spaghetti al sugo <strong>del</strong> gronco”, gli “spaghetti con le cozze” e<br />
lo “sformato di patate, riso e cozze”.<br />
Gustoso ed invitante è il “ciambotto”, un ragù di pesce preparato facendo<br />
soffriggere in un tegame aglio, prezzemolo, pomodoro a pezzi ed<br />
aggiungendo un misto di pesci quali la cianchettina, la triglietta, il merluzzetto,<br />
il ghiozzo comune, lo scorfano, i totani, etc., insieme ad abbondante<br />
acqua e ad un po’ di sale; una volta fatto bollire il brodo e tolto dal<br />
fuoco, non appena gli occhi dei pesci si sono bianchiti, il contenuto <strong>del</strong><br />
ragù si posa sul piatto con un po’ di brodo e con un filo di olio di oliva.<br />
Prima ancora <strong><strong>del</strong>la</strong> pasta, la cucina barese offre una gran varietà di antipasti<br />
tra i quali spiccano le “alicette”, gli “allievi”, ovvero il novellame<br />
<strong>del</strong>le seppie, i “calamaretti”, le “scarpette”, che hanno l’osso come quello<br />
<strong>del</strong>le seppie ma sono di forma più tondeggiante, i “pascetti” ed i “ricci”<br />
che vanno mangiati appena aperti magari accompagnati da un buon<br />
pezzo di pane casereccio.<br />
Tra i secondi, risultano particolarmente apprezzate le carni ovine e suine:<br />
“l’agnello alla carbonara” è una vera e propria specialità barese cot-<br />
ta al forno in una teglia con il sale come solo condimento, ma vale la<br />
pena di assaggiare anche le “braciole alla barese”.<br />
Vasta risulta invece la scelta tra i <strong>prodotti</strong> <strong>del</strong> mare (“orate”, “sogliole”,<br />
“dentici”, “frutti di mare”, “scampi”, etc.) che a volte, come nel caso <strong>del</strong>le<br />
alici e dei piccoli polpi, sono tanto teneri da poter essere persino mangiati<br />
crudi. Ed è uno spettacolo tutto particolare quello che si può ammirare<br />
al rientro dei pescatori nei porti quando hanno preso i “polipetti”:<br />
dopo averli sbattuti sulle rocce, infatti, li agitano con un gesto ritmico in<br />
un canestro per arricciarli.<br />
Tra le specialità <strong><strong>del</strong>la</strong> provincia vi sono anche le “cozze arracanate”,<br />
ossia <strong>del</strong>le cozze private <strong><strong>del</strong>la</strong> valva superiore e cotte al forno in un tegame<br />
di coccio, il “dentice alle olive” o “in guazzetto”, gli “sgombri all’aceto”,<br />
le “orate alla San Nicola” e le “fenecchiedde”, un intingolo preparato<br />
utilizzando finocchietti selvatici e filetti di acciughe; e sempre le<br />
acciughe vengono usate come ripieno <strong>del</strong> “calzone al forno” insieme alla<br />
cipolla, i capperi e le olive.<br />
A Bari e dintorni infatti non mancano le “pizze rustiche” e i “panzerotti”,<br />
la cui pasta si prepara con la farina, un cucchi<strong>ai</strong>no di sale, un cucchi<strong>ai</strong>o<br />
scarso d’olio d’oliva, il lievito di birra e un bicchiere abbondante<br />
di acqua calda. Di panzerotti ce ne sono “con la carne”, “con la provolina”,<br />
“con la ricotta forte” o, ad esempio, con una farcia composta da una<br />
fettina di mozzarella e da pomodori scottati, spellati, passati al setaccio<br />
e cotti a fuoco vivo per una decina di minuti.<br />
Passeggiando per le vie <strong><strong>del</strong>la</strong> città non è raro sentirsi avvolgere da un<br />
odore di frittura piuttosto particolare: è quello che proviene d<strong>ai</strong> cartocci<br />
ripieni di “sgagliozze” e “pòpizze”; le prime sono <strong>del</strong>le fettine di polenta<br />
di semola rafferma immerse nell’olio bollente mentre le seconde, più<br />
note con il nome di “pettole”, sono <strong>del</strong>le gustose frittelle realizzate con<br />
un impasto di farina, morbide dentro e croccanti fuori.<br />
<strong>La</strong> tradizione contadina e l’attaccamento <strong>ai</strong> <strong>prodotti</strong> <strong><strong>del</strong>la</strong> terra di questo<br />
popolo si possono comprendere pienamente solo assaporando i “contorni”:<br />
d<strong>ai</strong> “peperoni alla pizz<strong>ai</strong>ola”, i “piselli freschi e carciofi ripieni”, lo<br />
“stufato di cime di rapa”, <strong>ai</strong> “carciofi e lampascioni indorati e fritti”, le<br />
“melanzane ripiene”, le “zucchine alla poveretta” cucinate con olio, basi-<br />
5<br />
<strong>Puglia</strong>
6<br />
lico o menta, prezzemolo, aceto e ricotta marzotica grattugiata e la “parmigiana<br />
di melanzane, zucchine e carciofi”.<br />
Sul “carrello dei dolci” finiscono, infine, sia i “torroncini”, gli “amaretti”<br />
e le “orecchiette con ricotta zuccherata”, che i “panzerotti con la ricotta<br />
dolce”, le “scarcedde”, il cui ornamento è composto da alcune uova<br />
complete di guscio, le “castagnedde”, il “callume”, ossia un sanguinaccio<br />
dolce, i “taralli con giulebbe” e le “zeppole”, la cui pasta si prepara<br />
mettendo in un tegame acqua, burro, sale, farina e poi, quando il tutto è<br />
ben amalgamato, aggiungendovi le uova; una volta cotto l’impasto lo si<br />
versa in una siringa per dolci con un bocchettone largo e, su tanti quadratini<br />
di carta oleata, si stende la pasta in forma di tarallo; per finire, uno<br />
per volta, si gettano i taralli nell’olio bollente facendoli friggere da un<br />
lato e dall’altro e li si guarnisce a freddo con un po’ di crema pasticcera.<br />
Brindisi<br />
<strong>La</strong> cucina <strong><strong>del</strong>la</strong> città di Brindisi, il cui nome deriva da “brunda” che nell’antica<br />
lingua messapica significava “testa di cervo” e che gli venne<br />
conferito osservando la conformazione <strong>del</strong> suo porto, esprime con estrema<br />
semplicità, in ogni parte <strong><strong>del</strong>la</strong> provincia, i sapori e gli aromi di luoghi<br />
in cui, oltre alle incredibili ricchezze storiche e artistiche, sono presenti<br />
quelle legate alle tradizioni <strong><strong>del</strong>la</strong> gente che li abita da sempre e che,<br />
con infinita fantasia, ha saputo dar vita a “piatti” che non basano la propria<br />
fortuna sulla loro elaboratezza ma sulla genuinità e freschezza degli<br />
alimenti utilizzati.<br />
Il pane, impastato anche qui quasi ovunque “in casa”, ne è un primo esempio:<br />
d<strong>ai</strong> forni a legna escono forme croccanti e saporite, capaci di catturare<br />
il palato anche solo tagliandole a fette e irrorandole con un filo d’olio<br />
d’oliva e qualche pizzico di sale e di pepe, così come prendono colore le<br />
“friselle”, le caratteristiche ciambelle biscottate, che si racconta siano state<br />
importate d<strong>ai</strong> navigatori greci che le bagnavano nel mare e che noi oggi<br />
gustiamo, dopo averle inumidite con l’acqua, condite con i pomodori freschi<br />
a pezzetti, l’aglio, l’olio, il sale, il pepe, il basilico o l’origano.<br />
Come nelle altre province, la cucina locale offre gustosi piatti di “orecchiette<br />
con le cime di rapa” o “con il ragù”, di “cavatelli”, di “pasta al<br />
forno” arricchita con uova sode, mozzarella, salumi e polpettine di carne<br />
col ragù, di “spaghetti con le cozze” o “con le vongole”, di “tagliatelle”,<br />
di “ravioli” e di “riso con le cozze nere” che la ricetta originale vuole si<br />
porti a far cuocere nei forni a legna.<br />
I “legumi” rivestono un ruolo fondamentale nel menù <strong>del</strong> territorio brindisino:<br />
ceci, lenticchie, piselli, fagioli e fave sono spesso utilizzati sia<br />
nella preparazione <strong>del</strong>le “zuppe”, come nel caso <strong><strong>del</strong>la</strong> “’ncapriata di fave<br />
e cicoria” in cui le fave secche vengono bollite a lungo in acqua e sale<br />
fino a che non sono ridotte ad una purea, che in quella dei “contorni”.<br />
E a proposito di “zuppe” non si può non citare quella “di pesce” tanto più<br />
che tra i banchi dei mercati non mancano “cozze”, “ricci”, “polipi”,<br />
“calamari”, “alici”, “sgombri”, “sarde”, “merluzzi”, “cernie” e molti altri<br />
ancora. Passando invece alla carne, qui si va dagli “insaccati con il peperoncino”<br />
al gustosissimo “agnello con le patate”; dopodiché molto amata<br />
è anche la carne di capretto.<br />
Comun denominatore di ogni ricetta è senza ombra di dubbio l’olio d’oliva,<br />
fiore all’occhiello <strong>del</strong>l’intera regione; grazie al suo pregiatissimo<br />
aroma persino un semplice piatto di verdure sott’olio diventa una tentazione<br />
irresistibile: pomodori secchi, carciofi, melanzane, peperoni o<br />
cipolline, qualunque sia l’ortaggio che finisce nel piatto non si può m<strong>ai</strong><br />
fare a meno di addentarlo. Se si vuole poi provare le verdure in una versione<br />
un po’ più elaborata, non si deve far altro che ordinare una “parmigiana<br />
di melanzane”, “di zucchine” o una porzione di “carciofi ripieni”<br />
con pane grattugiato, uova e aromi vari.<br />
A fine pasto, prima di decidere se concedersi un “gelato”, la “scarcedda”,<br />
i “mostaccioli con il cioccolato e le nocciole” o i “cauciuni”, farciti con<br />
il cioccolato, i ceci bolliti, la cannella, lo zucchero e il vino cotto, è d’obbligo<br />
concedersi una macedonia di frutta: pesche, pere, fichidindia ciliegie,<br />
albicocche, meloni, uva, fichi, anguria, mandorle e mele cotogne<br />
riempiono infatti coppette e uno stomaco che altro non potrà che dirsi<br />
“più che soddisfatto”!<br />
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<strong>Puglia</strong>
8<br />
Foggia<br />
<strong>La</strong> cucina di questa provincia detta anche “Capitanata”, ha risentito l’influenza<br />
<strong>del</strong>le regioni limitrofe, ovvero l’Abruzzo, la Campania e la<br />
Basilicata, importando da ognuna di esse nuovi sapori e “saperi” come<br />
nel caso dei pastori abruzzesi d<strong>ai</strong> quali i contadini pugliesi hanno imparato<br />
una varietà di piatti a base di agnello e di carni di pecora o il “pancotto”,<br />
una minestra che si mangia con olio d’oliva, verdure selvatiche<br />
(rucola e marasciuoli ad esempio), patate ed integrata con pane raffermo,<br />
aglio, peperoncino e pomodoro.<br />
<strong>La</strong> tradizione gastronomica è pertanto estremamente varia: d<strong>ai</strong> “troccoli”,<br />
una pasta che deve il suo nome al bastone utilizzato per tagliarli, le<br />
“recchietelle” ed i “cecatelli”, conditi con pomodoro fresco, olio d’oliva<br />
e ricotta dura grattugiata, alle “pociacche”, le “fenesecche” e le “chiancarelle”;<br />
dalle “fave bianche e loane” preparate con fave bianche secche,<br />
olio, aglio, peperoncino, loane (fettuccine fatte con acqua e farina) e<br />
guarnite con mollica di pane soffritta, alla “minestra maritata alla foggiana”,<br />
cucinata con scarola, cicoria, finocchi selvatici, sedani, pecorino<br />
grattugiato e pancetta di m<strong>ai</strong>ale soffritta. Tutte queste bontà precedono i<br />
secondi tra i quali risulta particolarmente apprezzata la carne <strong><strong>del</strong>la</strong> “cacciagione”<br />
(in special modo quella di lepre, di coniglio selvatico, di fagiano,<br />
di cinghiale, di quaglie e di piccioni), e la carne “ovina” grazie alla<br />
quale arrivano in tavola le “quagghiaridde”, <strong>del</strong>le ventricina di bu<strong><strong>del</strong>la</strong> di<br />
montone ripiene di frattaglie tagliuzzate ed amalgamate con la scamorza,<br />
le uova e il salame, la “pideja”, una pancetta di pecora o di castrato<br />
che, farcita con salame, pecorino, uova sode e prezzemolo, viene soffritta<br />
e poi stufata nel sugo di pomodoro e le “gnemeridde”, <strong>del</strong>le interiora<br />
di agnello tagliate a piccole strisce, strette a forma di gomitolo e rosolate<br />
con il pecorino e gli aromi. Nei menù <strong><strong>del</strong>la</strong> città di Foggia compare,<br />
infine, anche la carne di “cavallo” con la quale, ad esempio, si fanno<br />
degli “involtini” al sugo di pomodoro ripieni di pecorino, prezzemolo,<br />
aglio, peperoncino ed uva passita.<br />
Pur appartenendo ad una regione bagnata da ben due mari, il foggiano<br />
non è un territorio in cui il pesce occupa un posto di rilievo. Al contra-<br />
rio, le ricette a base di <strong>prodotti</strong> ittici sono tutte importate dalle altre province<br />
e ciò sembra trovare la sua spiegazione in un remoto conflitto<br />
avvenuto quasi quattordici secoli prima di Cristo quando un popolo di<br />
pastori greci, i Dauni, dopo essere stato attaccato d<strong>ai</strong> Dori, decise di<br />
imbarcarsi alla volta <strong>del</strong>le sponde adriatiche: non avendo alcuna esperienza<br />
marinara si racconta che subì notevoli perdite tanto che nei pochi<br />
superstiti rimase un’incredibile paura per il mare e, dei loro discendenti,<br />
quasi nessuno decise poi di fare il pescatore. Comunque sia, sulle tavole<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> provincia non mancano il pesce azzurro, “cefali” e “orate cotte alla<br />
brace”, “triglie fritte” o “al cartoccio”, “anguille” e “capitoni fritti in scapece”,<br />
ossia fritti e poi marinati con una salsa d’aceto e zafferano, o<br />
“all’acqua marina” ovvero cotti al sole e conditi con olio e aceto.<br />
Tra i <strong>prodotti</strong> caseari, amatissimi in tutta la provincia, la scelta spazia dal<br />
“pecorino”, la “provola di bufala” e la “mozzarella di bufala” alla “scamorza”,<br />
la “manteca” e la “ricotta”. Anche le verdure hanno un posto<br />
rilevante nella tradizione culinaria di questi luoghi d<strong>ai</strong> quali nascono <strong>prodotti</strong><br />
d<strong>ai</strong> profumi inconfondibili come nel caso dei “caccialepre”, dei<br />
“crispigni”, <strong><strong>del</strong>la</strong> “cicoria riccia”, dei “marasciuli”, dei “cipollotti amarognoli”<br />
e dei funghi “carboncelli” e “paparuli”. Con i funghi tra l’altro<br />
si condiscono anche i “troccoli”, una pasta simile a degli spaghetti piuttosto<br />
spessi, che si ricavano incidendo la sfoglia di pasta di semola con<br />
un arnese chiamato “troccolaturo” e vengono arricchiti con un sugo di<br />
pomodoro fresco e funghi saltati in pa<strong><strong>del</strong>la</strong>; altri sistemi per cucinare i<br />
“troccoli” sono “con il ragù di galluccio”, piatto tipico <strong>del</strong> ferragosto, o<br />
“con il sugo di seppia”.<br />
Anche in questa parte <strong><strong>del</strong>la</strong> regione, i dolci sono quasi sempre legati alle<br />
festività religiose: con le “zeppole” si festeggia il giorno di San<br />
Giuseppe, con le “mandorle atterrate” (o “attorrate”) il periodo natalizio<br />
e con la “squarcella”, una ciambella ricoperta di glassa di zucchero, la<br />
Pasqua; in quest’ultimo caso la tradizione vuole che essa si faccia utilizzando<br />
un numero dispari di uova e si regali in segno di buon auspicio a<br />
bambini e fidanzati. Vi sono, inoltre, il “grano dei morti”, il “propato”,<br />
una ciambella con la quale si festeggiano tutte le circostanze felici, cucinata<br />
con farina, sugna, lievito, miele e cannella, le “cartellate”, prepara-<br />
9<br />
<strong>Puglia</strong>
10<br />
te con una pasta sottilissima impastata con il vino bianco che, una volta<br />
fritta, viene condita con il vino cotto, e la “pizza sette sfoglie”, in cui sette<br />
sfoglie, per l’appunto, vengono farcite con noci tritate, cioccolata, zucchero<br />
e tutto ciò che più piace.<br />
Lecce<br />
Per giungere nella provincia di Lecce occorre spingersi fin nella <strong>Puglia</strong><br />
sud-orientale, in quella parte più nota a tutti con il nome di “Salento”.<br />
Caratterizzato da un clima molto dolce in cui le precipitazioni piovose<br />
sono soprattutto tipiche <strong>del</strong> periodo invernale, il Salento ha un’economia<br />
che si regge principalmente sull’agricoltura e sulla pesca.<br />
Vite, olivo, pane, pasta, mandorle e cereali hanno un ruolo da veri protagonisti<br />
in una cucina “contadina” in cui la povertà degli alimenti viene<br />
compensata dalla loro freschezza. Accade così di sentir raccontare dagli<br />
anziani <strong><strong>del</strong>la</strong> provincia di quando i pescatori, per risparmiare, cucinavano<br />
i legumi nella pignatta accanto al fuoco utilizzato per dipingere le reti<br />
o le “donne” usavano la farina integrale per impastare il pane da cuocere<br />
nel forno di pietra e la pasta (ad esempio, “minchiareddhi cu lla recotta<br />
frisca” e “ricchiteddhe”).<br />
All’elenco dei primi piatti e <strong>del</strong>le minestre appartengono gli “strangulaprevati<br />
cu lli rizzi”, la “pepata de cozze niure a taratine”, la “pasta cu lli<br />
caulifiuri”, la “t<strong>ai</strong>eddhra”, pasta con zucchine, pomodori, patate, carciofi,<br />
cipolle e mitili, le “ricchiteddhe cu le cime di rape” e la “mmenescia<br />
te ciceri e tria alla leccese” preparata utilizzando per l’appunto la tria,<br />
ovvero la tagliatella fatta con acqua, farina e sale, chiamata così dal termine<br />
arabo “itrva” che vuol dire pasta fritta o secca: tagliata <strong><strong>del</strong>la</strong> larghezza<br />
di circa 1,5 cm, solitamente il 40% <strong><strong>del</strong>la</strong> quantità che si desidera<br />
cucinare si frigge nell’olio d’oliva mentre il rimanente si lessa nel brodo<br />
di ceci; solo a fine cottura di entrambe si unisce il tutto, si spolverizza<br />
con un cucchi<strong>ai</strong>o di prezzemolo tritato e si condisce con altro olio di oliva<br />
e peperoncino.<br />
Il pane è uno dei <strong>prodotti</strong> più <strong>tipici</strong> <strong><strong>del</strong>la</strong> zona: a Lecce, in particolare, si<br />
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può gustare il “pane purecascio”, la “puccia” con le olive nere o le “friselle<br />
di grano o di orzo”. Tra gli odorini che si sprigionano dalle cucine<br />
vi sono anche quelli <strong>del</strong>le “puddiche”, fatte sovrapponendo due dischi di<br />
pasta riempiti di cipolla, pomodoro, olive nere e acciughe, dei “pizzi”, il<br />
cui impasto è fatto unendo alla “pasta di pane” la cipolla tritata, i pomodori<br />
e le zucchine affettate, e <strong>del</strong>le “pittule” ossia <strong>del</strong>le frittelle di farina,<br />
lievito di birra, acqua e sale per le quali sono previste numerosissime<br />
varianti: “con il baccalà”, “con le rape”, “con il cavolfiore”, “con le alici”<br />
o persino “con l’uva passa” quando le si vuole rendere dolci.<br />
Con la farina si prepara poi il “cappello <strong>del</strong> gendarme”, chiamato così<br />
perché la sua forma somiglia a quella <strong><strong>del</strong>la</strong> feluca, composto da una sfoglia<br />
di farina riempita con melanzane, zucchine fritte, scaloppine di vitello<br />
saltate, uova sode e mozzarella o scamorza.<br />
“L’annulieddu a lu furnu”, messo in teglia con le patate, <strong>del</strong>le fettine di<br />
pane raffermo e l’aglio, apre l’elenco <strong>del</strong>le carni che vede tra i suoi protagonisti<br />
anche la “salsiccia”, preparata con un misto di vitella e di m<strong>ai</strong>ale<br />
e cotta nel vino bianco, la “trippa con le patate”, la “carne di m<strong>ai</strong>ale<br />
con la verza”, il “sanguinaccio” che, composto di sangue e cervella di<br />
m<strong>ai</strong>ale insaccati nei bu<strong>del</strong>li, viene servito dopo essere stato lessato, e i<br />
“turcinieddhri sapuriti” per la cui preparazione si utilizzano le frattaglie<br />
<strong>del</strong>l’agnello da latte. Particolare è il “panza, pede e musu de porcu” cucinato<br />
mettendo in una pentola con l’acqua salata in ebollizione il muso,<br />
le zampe e la pancia <strong>del</strong> m<strong>ai</strong>ale in pezzi; trascorsi circa quindi minuti si<br />
travasano tutti i pezzi in un’altra pentola con acqua, cipolla, carota, peperone,<br />
pomodoro, sedano e pepe nero, fino a terminarne la cottura; alla<br />
fine si scola il tutto, si tagliano le carni a listarelle e si condisce in insalata<br />
con olio di oliva, sale, pepe, pomodori e patate lessate.<br />
E giacchè il Salento è anche zona di pesce, chi non ama la carne, potrà<br />
optare per una <strong>del</strong>le ricette legate alle fatiche dei pescatori ed alla loro<br />
capacità di vivere e lavorare sul mare: dal “baccalà cu lle cepòddhe fresche”,<br />
le “sarde spinate fritte” e le “cozze alla vampa”, alla “zuppa di<br />
pesce” ed al “purpu in insalata” prima lessato con acqua, aceto di vino<br />
bianco e grani di pepe nero e quindi condito con olio di oliva, olivette<br />
nere, sedano, carote e prezzolo tritato.<br />
<strong>Puglia</strong>
12<br />
Anche la persona più distratta, leggendo le caratteristiche <strong><strong>del</strong>la</strong> gastronomia<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> provincia leccese, non può non notare la “preminenza” <strong>del</strong>l’olio<br />
di oliva grazie al quale ogni piatto assume un profumo <strong>del</strong> tutto<br />
unico, come accade alle erbette di campo che crescono il più <strong>del</strong>le volte<br />
spontaneamente e che vengono cucinate nei modi più svariati. Allo stesso<br />
modo le verdure coltivate sono molto apprezzate d<strong>ai</strong> cuochi locali che<br />
le servono spesso crude o rielaborate come nel caso <strong><strong>del</strong>la</strong> “peperonata”,<br />
dei “peperoni fritti”, <strong>del</strong>le “melanzane arrostite” dei “pisieddhri e cecamariti”<br />
o <strong><strong>del</strong>la</strong> “insalata di pampasciuni”.<br />
Chi predilige le crostate ripiene di crema pasticciera non potrà partire da<br />
Lecce senza aver assaggiato il “pasticciotto” anche se, già che ci si trova,<br />
un peccato di gola potrebbe concederselo pure per le “paste di mandorle”,<br />
i “porceddhruzzi”, le “carteddrate”, <strong>del</strong>le strisce di pasta arrotolate,<br />
fritte in pa<strong><strong>del</strong>la</strong> e ricoperte di miele o passate nel vincotto, i<br />
“mustazzoli”, la “puddhica”, la “cotognata” e “l’agnello de pasta de<br />
mendula”, preparato in occasione <strong><strong>del</strong>la</strong> festività pasquale pressando la<br />
pasta di mandorle in uno stampo a forma di agnello e farcendola con un<br />
ripieno di marmellata di pere, scaglie di cioccolato fondente, biscotti<br />
savoiardi, zucchero a velo, cannella in polvere e liquore.<br />
Taranto<br />
Gli allevamenti di cozze, ricci, datteri di mare ed ostriche <strong>tipici</strong> di questa<br />
provincia preannunciano una tradizione gastronomica fortemente<br />
legata alla pesca. In porto, sulle barche dei pescatori, arrivano dentici, triglie,<br />
alici, gamberi, cernie, orate e tante altre varietà con le quali i cuochi<br />
si sbizzarriscono a cucinare “cozze al gratin”, “cozze arracanate” o<br />
“alla tarantina”, “seppie alla tarantina”, ripiene con un composto di pane<br />
bagnato con l’acqua, odori tritati, sale e pepe, “polipi affogati”, “polpettine<br />
di faloppa”, “fritture miste” o “grigliate”, il “tarantello”, un insaccato<br />
fatto con la ventresca di tonno e le spezie, nonché il “baccalà alla<br />
tarantina” cucinato infarinandolo e rosolandolo con l’olio e il vino bianco<br />
e poi aggiungendovi una salsa fatta con un soffritto di olio, cipolla ed<br />
13<br />
aglio al quale si aggiungono pinoli, zucchero, aceto, peperoni, capperi,<br />
olive, pomodorini, sale e pepe.<br />
In particolare, le cozze vengono coltivate secondo una tradizione secolare<br />
che prevede l’innesto dei fascinotti di lentisco <strong>ai</strong> quali sono attaccati i<br />
molluschi nei “giardini <strong>del</strong> Mar Piccolo”, situati in una zona limitrofa al<br />
porto, in cui sgorgano polle sottomarine d’acqua dolce il cui merito<br />
sarebbe proprio quello di rendere ancora più saporiti i frutti di mare. Una<br />
leggenda, a tal proposito, narra che la sorgente <strong>del</strong>le polle (dette “citri”)<br />
si sia formata proprio nel punto in cui San Cataldo gettò il suo anello per<br />
placare una terribile tempesta<br />
Il pesce è inoltre protagonista <strong><strong>del</strong>la</strong> famosa “zuppa alla tarantina” preparata<br />
mettendo a cuocere con l’olio, l’aglio e i pomodori, l’anguilla, gli<br />
allievi, le seppioline, le cozze, lo scorfano più altri pesci di scoglio, e di<br />
molti primi piatti quali le “linguine alle vongole”, i “cavatelli con le cozze”,<br />
il “risotto <strong>ai</strong> frutti di mare” ed altre ricette tutte frutto <strong><strong>del</strong>la</strong> genialità<br />
dei cuochi locali forti <strong><strong>del</strong>la</strong> freschezza dei propri <strong>prodotti</strong> che la tradizione<br />
vuole si possano mangiare anche crudi accompagnati da qualche<br />
goccia di limone, proprio come nel caso <strong>del</strong>le ostriche o dei datteri di<br />
mare.<br />
<strong>La</strong> carne, che la si ordini ben cotta o al sangue, è piuttosto apprezzata<br />
soprattutto per quanto riguarda le braciole; ricercati sono anche la “salsiccia<br />
di Ginosa”, prodotta insaccando in un bu<strong>del</strong>lo naturale le carni di<br />
coscio e spalla con grasso suino, sale, pepe, finocchio e zafferano, “l’agnello”,<br />
il “capretto”, le “polpette” ed la ben nota “soppressata di<br />
Martina Franca” che viene preparata inserendo in un bu<strong>del</strong>lo grasso di<br />
m<strong>ai</strong>ale le carni magre di suino, coscio o spalla, con il 10% di grasso, sale,<br />
pepe e vino bianco; e da Martina Franca arrivano pure il “capocollo”, che<br />
insieme alle olive locali si “piazza” tra i <strong>prodotti</strong> più consumati durante<br />
l’antipasto, e la “cervellata”, un insaccato composto da una miscela di<br />
carne suina mista a quella di vitello, o da sola carne di m<strong>ai</strong>ale, e condita<br />
con sale, pepe macinato, semi di finocchio e vino rosso.<br />
Ad aggiungere profumo e colore alle ricette contribuiscono gli ortaggi<br />
locali, quali peperoni, melanzane, carciofi e pomodori, nonché i legumi<br />
e le patate con le quali si fanno sia le “frittelle di patate” che la “pizza di<br />
<strong>Puglia</strong>
14<br />
patate”.<br />
Le “mozzarelle”, i “caciocavalli”, i “pecorini”, le “scamorze”, le “burrate”,<br />
le “manteche” e le “provole” sono piuttosto rinomate in tutta la provincia<br />
che, oltre agli agrumi, vanta poi angurie e uva dolcissime.<br />
Tra i dolci <strong>tipici</strong> comp<strong>ai</strong>ono i “mustazzueli”, dei dolci a forma di frutti di<br />
mare per il cui impasto si usano mandorle, zucchero e farina bianca, le<br />
“scarselle”, le “carteddate”, le “sanacchiutele” e le “pettole”.<br />
I <strong>prodotti</strong><br />
DOP e IGP<br />
15<br />
I Prodotti DOP e IGP appartengono alla “famiglia” dei cosiddetti<br />
“P rodotti <strong>tipici</strong>”, insieme <strong>ai</strong> Vini DOC, DOCG e IGT, i Prodotti tradizionali<br />
agro-alimentari e i Prodotti meritevoli di riconoscimento comunitario<br />
per la cui realizzazione si usano materie prime di particolare pregio.<br />
I Prodotti di origine protetta (DOP) si definiscono tali in quanto hanno<br />
ottenuto un “riconoscimento che viene assegnato solo <strong>ai</strong> <strong>prodotti</strong><br />
agricoli ed alimentari le cui fasi <strong>del</strong> processo produttivo vengono<br />
realizzate in un’area geografica <strong>del</strong>imitata e il cui processo produttivo<br />
risulta essere conforme ad un disciplinare di produzione. Queste<br />
caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente all’ambiente<br />
geografico, comprensivo dei fattori naturali ed umani (Reg.<br />
CEE 2081/92)”.<br />
Per ottenere il riconoscimento di DOP devono sussistere due condizioni:<br />
1. la produzione <strong>del</strong>le materie prime e la loro trasformazione fino al prodotto<br />
finito devono essere effettuate nella regione <strong>del</strong>imitata di cui il<br />
prodotto porta il nome;<br />
2. la qualità o le caratteristiche <strong>del</strong> prodotto devono essere dovute, essenzialmente<br />
o esclusivamente, all’ambiente geografico <strong>del</strong> luogo d’origine,<br />
dove per ambiente geografico si intende l’insieme dei fattori<br />
naturali ed umani, come ad esempio il clima, la qualità <strong>del</strong> suolo, il<br />
know how locale.<br />
Il termine di Prodotti d’indicazione geografica protetta (IGP) è “relativo<br />
al nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali,<br />
di un paese che serve a designare un prodotto agricolo o alimentare<br />
originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale<br />
paese e di cui una determinata qualità, la reputazione o un’altra<br />
caratteristica possa essere attribuita all’origine geografica e la cui<br />
<strong>Puglia</strong>
16<br />
produzione e/o trasformazione e/o elaborazione avvengano nell’area<br />
geografica determinata (Reg. CEE 2081/92)”.<br />
Anche per ottenere l’attribuzione di IGP devono sussistere due condizioni:<br />
1.il prodotto deve essere originario <strong><strong>del</strong>la</strong> regione geografica di cui porta<br />
il nome.Contrariamente a quanto previsto per la DOP, è sufficiente che<br />
solo una <strong>del</strong>le fasi di produzione sia stata effettuata nella zona <strong>del</strong>imitata:<br />
per esempio, le materie prime che intervengono nella produzione,<br />
possono provenire da un’altra regione;<br />
2. deve esistere un collegamento tra il prodotto e la regione da cui prende<br />
il nome. Tuttavia questa caratteristica, diversamente da quanto previsto<br />
per la denominazione d’origine, non deve essere predominante<br />
od esclusiva essendo sufficiente un collegamento oggettivo più leggero,<br />
che può consistere semplicemente nella reputazione <strong>del</strong> prodotto se<br />
essa risulta dalla sua origine geografica.<br />
Nella regione pugliese il marchio di Prodotti DOP e IGP è stato assegnato<br />
a:<br />
SETTORE PRODOTTO REGOLAMENTO<br />
FORMAGGI<br />
(GUCE L. 163/96 <strong>del</strong> 02.07.1996) Caciocavallo Silano (DOP) Reg. CE n.1263/96<br />
(GUCE L. 148/96 <strong>del</strong> 21.06.1996) Canestrato Pugliese (DOP) Reg. CE n.1107/96<br />
OLI DI OLIVA<br />
(GUCE L. 163/96 <strong>del</strong> 02 07.1996) Collina di Brindisi (DOP) Reg. CE n.1263/96<br />
(GUCE L. 322/96 <strong>del</strong> 25.11 . 1 9 9 7 ) Dauno (DOP) Reg. CE n.2325/97<br />
(GUCE L. 156/97 <strong>del</strong> 25.11 . 1 9 9 7 ) Terra d’Otranto (DOP) Reg. CE n.1065/97<br />
(GUCE L. 228/57 <strong>del</strong> 08.09.2000) Terra di Bari (DOP) Reg. CE n.2325/97<br />
ORTOFRUTTICOLI<br />
E CEREALI<br />
(GUCE L. 228/57 <strong>del</strong> 08.09.2000) <strong>La</strong> Bella <strong><strong>del</strong>la</strong> Daunia (IGP) Reg. CE 1904/2000<br />
(Fonte: Ministero <strong>del</strong>le Politiche Agricole e Forestali) Glossario <strong>prodotti</strong> <strong>tipici</strong><br />
I Prodotti di origine protetta (DOP)<br />
Caciocavallo Silano (DOP)<br />
17<br />
Chiamato così per la tradizionale legatura a coppie <strong>del</strong>le forme fresche<br />
che ne permette la stagionatura “a cavallo” di un bastone orizzontale<br />
(“pertica”) oltre che per uno dei suoi luoghi di produzione, ovvero gli<br />
altopiani calabresi <strong><strong>del</strong>la</strong> Sila, il “Caciocavallo Silano DOP” è un formaggio<br />
semi duro a pasta filata prodotto utilizzando il latte di vacca di<br />
diverse razze.<br />
Le fasi <strong><strong>del</strong>la</strong> lavorazione comprendono la “coagulazione”, la “maturazione”,<br />
la “filatura e preparazione <strong><strong>del</strong>la</strong> forma”, la “salatura”, che prevede,<br />
dopo il raffreddamento in acqua, l’immersione in salamoia per non<br />
meno di 6 ore, e la “stagionatura” durante la quale le forme vengono<br />
sospese, per un periodo di tempo che va d<strong>ai</strong> 15 giorni a qualche mese,<br />
sulle pertiche per la cosiddetta areazione.<br />
Dalla forma ovale o tronco-conica a seconda <strong><strong>del</strong>la</strong> regione in cui viene<br />
prodotto (oltre alla <strong>Puglia</strong> e alla Calabria, si hanno anche la<br />
Basilicata, la Campania e il Molise) e con una testina stretta all’altezza<br />
<strong>del</strong> collo da legacci, questo formaggio, che già nel lontano 500<br />
a.C. il medico Ippocrate elogiava per la sua bontà, ha una crosta sottile,<br />
liscia, di colore bianco o giallo paglierino; la pasta, omogenea e<br />
compatta, presenta una occhiatura di colore bianco o giallo paglierino<br />
che tende a divenire più intenso verso la sua parte esterna; il sapore<br />
infine tende a cambiare, con il procedere <strong><strong>del</strong>la</strong> stagionatura, da<br />
<strong>del</strong>icato, aromatico e tendenzialmente dolce in decisamente piccante<br />
e sapido.<br />
Il “Caciocavallo Silano” grazie al suo particolare valore nutritivo è senza<br />
dubbio un formaggio estremamente utile sia per l’alimentazione dei<br />
bambini che degli anziani e degli sportivi: il valore energetico per 100 gr<br />
di prodotto è pari a 310 Kcal. E <strong>del</strong> resto portarlo in tavola è piuttosto<br />
semplice visto che quando è poco stagionato lo si può mangiare crudo<br />
con miele e pepe rosa, cotto sulla piastra, tagliato a tocchetti nelle insalate,<br />
a fette nei panini imbottiti o, quando è in avanzata maturazione,<br />
<strong>Puglia</strong>
18<br />
grattugiato su una teglia di pasta pronta da mettere in forno, oltre che in<br />
mille altre modi.<br />
Per conservare questo prodotto, che ha ottenuto il riconoscimento di<br />
“denominazione di origine protetta” nel 1993, occorre tenerlo in un luogo<br />
fresco e asciutto o, in alternativa, nel frigorifero, lasciandolo avvolto<br />
nell’incarto d’acquisto o in un foglio di carta argentata.<br />
Canestrato Pugliese (DOP)<br />
Formaggio a pasta dura non cotta, compatta e friabile, prodotto nelle province<br />
di Foggia e in alcuni comuni di quella di Bari, il “Canestrato<br />
Pugliese DOC” deve il suo nome <strong>ai</strong> <strong>tipici</strong> “canestri di giunco intrecciato”<br />
impiegati per la sua stagionatura.<br />
Per ottenere il “Canestrato”, la cui DOP è stata riconosciuta nel 1996, si<br />
utilizza esclusivamente il latte di pecora intero di razza Gentile di <strong>Puglia</strong>,<br />
discendente dalla razza Merinos, proveniente da una o due mungiture<br />
giornaliere e coagulato ad una temperatura compresa tra i 38 ed i 45°C<br />
con l’aggiunta di solo caglio animale.<br />
Il tempo di lavorazione varia da uno a due mesi a seconda <strong>del</strong>le dimensioni<br />
<strong>del</strong>le forme che vanno d<strong>ai</strong> 7 <strong>ai</strong> 14 chili. Nel corso di questo periodo<br />
le forme racchiuse nei canestri e pressate per far uscire l’umidità in<br />
eccesso, vengono cosparse con il sale grosso ed assumono la caratteristica<br />
rugosità <strong><strong>del</strong>la</strong> crosta che viene poi unta con l’olio di oliva: la salatura<br />
può essere in realtà effettuata sia a “secco” che in “salamoia”.<br />
Una <strong>del</strong>le particolarità di questo formaggio, il cui periodo di stagionatura<br />
si protrae da due a dieci mesi e la cui forma è cilindrica a facce piane<br />
con scalzo leggermente convesso, è che deve la sua diffusione alla<br />
“transumanza” da dicembre a maggio dei greggi abruzzesi verso le piane<br />
<strong>del</strong> Tavoliere pugliese divenendo così concreta testimonianza <strong>del</strong>le<br />
tradizioni pastorizie legate alle due regioni.<br />
I consumatori che vogliano essere certi di acquistare un “Canestrato<br />
Pugliese DOC” dovrebbero verificare che la crosta abbia un colore marrone<br />
tendente al giallo e sia più o meno rugosa, dura e spessa e che la<br />
pasta sia di colore giallo paglierino più o meno intenso a seconda <strong><strong>del</strong>la</strong><br />
stagionatura.<br />
Quando è fresco e, dunque, ha un sapore <strong>del</strong>icato, questo formaggio che,<br />
come secondo piatto, è ottimo condito insieme al sedano, alla cicoria,<br />
alle olive nere ed <strong>ai</strong> ravanelli, viene servito accompagnato dalle fave,<br />
dalla frutta (mele e pere), o dalle verdure crude in pinzimonio, mentre<br />
quando è maturo ed ha un sapore decisamente più intenso e piccante, viene<br />
grattugiato sui piatti di pasta asciutta o al forno ed utilizzato nelle farce<br />
come nel caso degli involtini di carne.<br />
Collina di Brindisi (DOP)<br />
19<br />
L’olio “Collina di Brindisi DOC” è un extravergine prodotto nella parte<br />
settentrionale <strong><strong>del</strong>la</strong> provincia brindisina che per il suo aroma <strong>del</strong>icato<br />
può essere utilizzato sia per la preparazione di “piatti salati” che di quelli<br />
“dolci”.<br />
Tra le sue caratteristiche vi sono un colore dal verde al giallo, l’odore<br />
fruttato medio ed il sapore fruttato, con leggera percezione di amaro e<br />
piccante.<br />
Le varietà di olive dalle quali esso si ricava sono molteplici: l’Ogliarola<br />
è presente per almeno il 70% dopodiché in elenco comp<strong>ai</strong>ono anche<br />
Cellina di Nardò, Coratina, Frantoio, Leccino, Picholine e altre, da sole<br />
o congiunte, con una resa massima <strong>del</strong> 30%.<br />
Le olive, una volta raccolte dalla pianta entro il 31 dicembre con mezzi<br />
meccanici o per brucatura, vengono prima travasate in cassette o in cassoni<br />
di plastica traforati in strati sottili e poi inviate al frantoio, dove vengono<br />
posizionate in locali adeguatamente ventilati e coperti per essere<br />
“oleificate” entro le successive 48 ore. Le caratteristiche originarie <strong>del</strong><br />
frutto sono garantite dal fatto che l’estrazione <strong>del</strong>l’olio avviene “a freddo”<br />
secondo processi meccanici e fisici studiati appositamente per poterle<br />
riprodurre più che fe<strong>del</strong>mente.<br />
L’importanza di quest’olio è infine ribadita dall’esistenza <strong><strong>del</strong>la</strong> “Strada<br />
<strong>del</strong>l’Olio Extravergine di Oliva Dop Collina di Brindisi”, un itinerario<br />
<strong>Puglia</strong>
20<br />
lungo il quale si trovano frantoi, aziende olivicole, musei, osterie, ristoranti,<br />
locande e svariati punti di ristoro, tutti percorribili sia in automobile<br />
che a cavallo o, perché no, in calesse !<br />
Dauno (DOP)<br />
Secondo quanto previsto nel “Disciplinare di produzione”, la denominazione<br />
di origine controllata <strong>del</strong>l’olio “Dauno” deve essere accompagnata<br />
obbligatoriamente dalle menzioni geografiche “Alto Ta v o l i e r e ” ,<br />
“Basso Tavoliere”, “Gargano” o “Sub Appennino”. Ognuna <strong>del</strong>le quattro<br />
varietà ha ovviamente caratteristiche ben precise:<br />
• l’olio “Dauno Alto Tavoliere”, un extravergine di oliva ottenuto in<br />
misura non inferiore all’80% dalla varietà di olivo Peranzana o provenzale<br />
e fino ad un limite massimo <strong>del</strong> 20% da altre varietà presenti<br />
negli oliveti, grazie al suo odore di fruttato medio con sensazione di<br />
frutta fresca e mandorlato dolce, è ottimo da gustare nel pinzimonio per<br />
le verdure crude;<br />
• l’olio “Dauno Basso Tavoliere”, ottenuto in misura non inferiore al<br />
70% dalla varietà di oliva Coratina e fino ad un limite massimo <strong>del</strong><br />
30% da altre varietà presenti negli oliveti, ha un odore fruttato che lo<br />
rende ideale nelle paste e nella minestre;<br />
• l’olio “Dauno Gargano”, dall’odore di fruttato medio con sensazione<br />
erbacea, ricavato dalla varietà di Olivo Ogliarola Garganica presente<br />
negli oliveti in misura non inferiore al 70% e da altre varietà presenti<br />
fino al limite massimo <strong>del</strong> 30%, si utilizza con il pesce e i cosiddetti<br />
piatti “raffinati”;<br />
• l’olio “Sub Appennino”, ottenuto dalla varietà di olivo Ogliarola,<br />
Coratina e Roton<strong><strong>del</strong>la</strong> presenti da sole o congiuntamente negli oliveti<br />
in misura non inferiore al 70% e da altre varietà presenti negli oliveti<br />
purchè non superino il limite massimo <strong>del</strong> 30%, in considerazione <strong>del</strong><br />
suo odore di fruttato medio con sentori di frutta fresca, si utilizza per le<br />
fritture e per la preparazione dei dolci.<br />
Sempre secondo quanto previsto nel “Disciplinare”, la raccolta <strong>del</strong>le oli-<br />
ve, che devono poi essere molite entro trenta giorni, deve avvenire sempre<br />
e soltanto per “brucatura”, il procedimento che prevede la raccolta a<br />
mano <strong>del</strong>le olive direttamente dalla pianta e che, pertanto, rappresenta un<br />
sistema che preserva al meglio l’integrità <strong>del</strong> frutto.<br />
Terra d’Otranto (DOP)<br />
21<br />
L’olio extravergine di oliva “Terra d’Otranto DOP”, che deve l’avvio <strong>del</strong><br />
suo commercio <strong>ai</strong> monaci Basiliani, viene prodotto nella provincia di<br />
Lecce e in una parte di quelle di Taranto e di Brindisi.<br />
Le olive dalle quali trae origine questo prodotto sono la Cellina di Nardò<br />
e la Olearola, da sole o congiuntamente, per almeno il 60% con l’eventuale<br />
concorso di altre varietà per un massimo <strong>del</strong> 40%.<br />
Indicato per condire insalate, grigliate di pesce, paste, verdure bollite e<br />
legumi, il “Terra d’Otranto” presenta un colore verde o giallo con leggeri<br />
riflessi verdi, un odore fruttato medio con leggera sensazione di foglia,<br />
un sapore fruttato con leggera sensazione di amaro e piccante ed un’acidità<br />
massima <strong>del</strong>lo 0,8%.<br />
Le olive vengono prelevate direttamente dalla pianta entro il 31 genn<strong>ai</strong>o<br />
di ogni anno e sono oleificate entro i due giorni successivi alla raccolta<br />
secondo un procedimento che prevede “la pulitura”, durante la quale esse<br />
vengono separate dalle foglie oltre che dalle impurità e lavate con circolazione<br />
forzata <strong>del</strong>l’acqua, “la frangitura”, con la lacerazione a fondo<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> polpa e dei noccioli, “la gramolatura”, ossia il rimescolamento <strong><strong>del</strong>la</strong><br />
pasta, “l’estrazione”, con la definitiva separazione <strong><strong>del</strong>la</strong> sansa, <strong>del</strong>l’acqua<br />
di vegetazione e <strong>del</strong>l’olio e, infine, “la decantazione” ovvero il<br />
deposito sul fondo di tutte le sostanze estranee destinate ad essere eliminate<br />
con il travaso.<br />
Di norma la produzione massima di olive per ettaro non deve superare i<br />
12.000 Kg mentre la resa massima di olive in olio non deve essere superiore<br />
al 20%.<br />
<strong>Puglia</strong>
22<br />
Terra di Bari (DOP)<br />
<strong>La</strong> denominazione di origine protetta <strong>del</strong>l’olio extravergine “Terra di<br />
Bari” è accompagnata dalle menzioni geografiche aggiuntive “Castel <strong>del</strong><br />
Monte”, “Bitonto”, “Murgia dei Trulli e <strong>del</strong>le Grotte”:<br />
• nel primo caso la varietà di olive utilizzate è la Coratina (min. 80%), il<br />
colore è il verde con riflessi gialli, il profumo è fruttato intenso ed il<br />
sapore è fruttato con sensazione media di amaro e piccante;<br />
• nell’olio “Terra di Bari DOP Bitonto” la varietà <strong>del</strong>l’olive, da sole o<br />
congiunte, è la Cima di Bitonto o Ogliarola Barese e Coratina (min.<br />
80%), il colore è il verde-giallo, il profumo è fruttato medio ed il sapore<br />
è fruttato con sensazione di erbe fresche e sentore leggero di amaro<br />
e piccante;<br />
• infine, nell’olio “Terra di Bari DOP Murgia dei Trulli e <strong>del</strong>le Grotte” la<br />
varietà di olive è la Cima di Mola (min. 50%), il colore è il giallo oro<br />
con riflessi verdi, il profumo è fruttato leggero ed il sapore è fruttato<br />
con sensazione di mandorle fresche e leggero sentore di amaro e piccante.<br />
In cucina quest’olio trova la sua migliore espressione come condimento<br />
di piatti di pesce grigliato o al forno, di insalate, di pasta e <strong>del</strong>le stesse<br />
olive dalle quali trae origine; tra le ricette sulle quali si può sperimentare<br />
vi sono le “seppie ripiene” e i “lampascioni con le uova”.<br />
Una curiosità legata all’olio barese è che esso cominciò ad essere utilizzato<br />
per l’uso alimentare solo a partire dalla fine <strong>del</strong> ‘700 in quanto prima<br />
veniva usato esclusivamente per la produzione <strong>del</strong> sapone e per l’illuminazione.<br />
I Prodotti di indicazione geografica protetta (IGP)<br />
<strong>La</strong> Bella <strong><strong>del</strong>la</strong> Daunia (IGP)<br />
23<br />
L’area di produzione di questa oliva da tavola, il cui ceppo originario<br />
sembra deriverebbe secondo alcuni dalle olive “Orchites” dei Romani”<br />
e secondo altri da un’importazione risalente al 1442 durante il periodo<br />
aragonese (da cui il toponimo di “Spagna”), comprende i comuni di<br />
Cerignola, Stornara, Ortanova, S.Ferdinando di <strong>Puglia</strong> e Trinitapoli in<br />
provincia di Foggia.<br />
Dalla forma ellissoidale allungata con l’apice subdonico e la base appiattita,<br />
“la Bella <strong><strong>del</strong>la</strong> Daunia”, che nei primi <strong>del</strong> ‘900 era addirittura esportata<br />
in California dentro <strong>tipici</strong> recipienti in legno, ha dimensioni piuttosto<br />
grandi e voluminose, un colore verde o nero e la polpa piuttosto soda,<br />
consistente, gustosa e saporita.<br />
Il peso medio di quest’oliva, che viene raccolta non prima <strong>del</strong> 15 ottobre,<br />
va dagli 11 grammi ad un massimo di 18 grammi, con una resa <strong><strong>del</strong>la</strong> polpa<br />
<strong>del</strong>l’85% circa.<br />
<strong>La</strong> concia avviene in appositi contenitori chiamati “cugnett”, attraverso<br />
l’utilizzo di un sistema produttivo detto “Sivigliano” che prevede, inizialmente,<br />
il trattamento dei frutti con la soda per deamarizzarli e subito<br />
dopo il lavaggio con l’acqua corrente e la conservazione in fusti, o vasi<br />
di vetro o di terracotta, nei quali viene aggiunto il sale da cucina sciolto.<br />
Servita insieme all’aperitivo, come contorno <strong>ai</strong> piatti di carne o sopra un<br />
vassoio con i formaggi, la “Bella <strong><strong>del</strong>la</strong> Daunia” può anche rappresentare<br />
una piacevole pietanza.<br />
<strong>Puglia</strong>
24<br />
I <strong>prodotti</strong><br />
tradizionali<br />
Con il termine di “Prodotti tradizionali” si intendono quei “<strong>prodotti</strong><br />
agroalimentari le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura<br />
risultino consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio<br />
interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non<br />
inferiore <strong>ai</strong> venticinque anni (D.M. 18 luglio 2000)”.<br />
Nel nostro Paese vi sono oltre 4.000 “Prodotti tradizionali”.<br />
Il Decreto 22 luglio 2004 <strong>del</strong> Ministero <strong>del</strong>le Politiche Agricole e<br />
Forestali, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale <strong>del</strong> 18 agosto 2004, riporta<br />
l’elenco aggiornato dei “Prodotti agroalimentari tradizionali” <strong>del</strong>le<br />
Regioni e <strong>del</strong>le Province autonome di Trento e Bolzano, con i dati relativi<br />
la regione <strong>Puglia</strong> nella quale si contano ben 137 Prodotti:<br />
Tipologia N°Prodotto<br />
bevande analcoliche,<br />
distillati e liquori 1 amaro <strong>del</strong> gargano<br />
2 ambrosia di arance<br />
3 ambrosia di limone<br />
4 arancino<br />
5 latte di mandorla<br />
6 limoncello<br />
7 liquore di alloro<br />
8 liquore di fico d’india<br />
9 liquore di melograno<br />
10 liquore di mirto<br />
11 nocino<br />
carni (e frattaglie) fresche e<br />
loro preparazione 12 capocollo di martina franca<br />
13 carne arrosto di laterza<br />
14 cervellata<br />
15 fegatini di laterza<br />
16 muschiska<br />
17 prosciutto di faeto<br />
18 pzzntell<br />
19 salsiccia a punta di coltello <strong>del</strong>l’alta<br />
murgia<br />
20 salsiccia <strong>del</strong>l’ appennino dauno<br />
21 salsicciotti di laterza<br />
22 soppressata <strong>del</strong>l’appennino dauno<br />
23 tocchetto<br />
24 turcinelli<br />
25 zampina<br />
condimenti 26 sugo alla zia vittoria<br />
formaggi 27 burrata<br />
28 cacio<br />
29 caciocavallo<br />
30 caciocavallo podolico dauno<br />
31 cacioricotta<br />
32 caprino<br />
33 giuncata<br />
34 manteca<br />
35 mozzarella o fior di latte<br />
36 pecorino<br />
37 pecorino di maglie<br />
38 pecorino foggiano<br />
39 ricotta<br />
40 ricotta forte<br />
41 ricotta marzotica leccese<br />
25<br />
<strong>Puglia</strong>
26<br />
42 ricotta salata o marzotica<br />
43 scamorza<br />
44 scamorza di pecora<br />
45 vaccino<br />
<strong>prodotti</strong> vegetali allo stato<br />
naturale o trasformati 46 arancia bionda <strong>del</strong> gargano<br />
47 arancio dolce <strong>del</strong> golfo di taranto<br />
48 asparagi sott’olio<br />
49 capperi in salamoia<br />
50 capperi sott’aceto<br />
51 caramelle di limone arancio<br />
52 carciofini sott’olio<br />
53 carota di zapponeta<br />
54 carota giallo - viola di tiggiano,<br />
pastanaca ti santu pati<br />
55 cipolla di acquaviva <strong>del</strong>le fonti<br />
56 cipolla di zapponeta<br />
57 concentrato secco di pomodoro<br />
58 conserva piccante di peperoni<br />
59 cotognata<br />
60 cotto di fico<br />
61 farinella<br />
62 fave fresche cotte in pignatta<br />
63 fichi secchi<br />
64 finocchio marino sott’aceto, ripili,<br />
critimi, salippici, erba di mare<br />
65 funghi spontanei secchi al sole<br />
66 funghi spontanei sott’olio<br />
67 lampascioni sott’olio<br />
68 limone <strong>del</strong> gargano<br />
69 marmellata di arancio e limone<br />
70 marmellata di fichi<br />
71 melanzane secche al sole<br />
72 melanzane sott’olio<br />
73 meloncella, spiuleddhra, minunceddhra,<br />
cucumbarazzu, cummarazzu<br />
74 mostarda<br />
75 mostarda di uva e mele cotogne<br />
76 olio extra vergine aromatizzato<br />
77 olive cazzate o schiacciate<br />
78 olive in salamoia<br />
79 olive verdi<br />
80 patata di zapponeta<br />
81 patata novella sieglinde di galatina,<br />
siglinda te galatina<br />
82 peperoni secchi al sole<br />
83 peperoni sott’olio<br />
84 pisello riccio di sannicola<br />
85 pomodori secchi al sole<br />
86 pomodori verdi e pomodori<br />
maturi secchi sott’olio<br />
87 pomodoro da serbo giallo, pummitoro<br />
te ‘mpisa giallu, pummitoru<br />
te prendula giallu<br />
88 salicornia sott’olio<br />
89 salsa di pomodoro<br />
90 vincotto<br />
91 zucchine secche al sole<br />
92 zucchine sott’olio<br />
paste fresche e <strong>prodotti</strong> <strong><strong>del</strong>la</strong><br />
panetteria, <strong><strong>del</strong>la</strong> biscotteria,<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> pasticceria e<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> confetteria 93 africani<br />
94 biscotto di ceglie messapico<br />
95 bocca di dama<br />
96 calzoncelli<br />
27<br />
<strong>Puglia</strong>
28<br />
97 calzone di ischitella<br />
98 cartellate<br />
99 cavatelli<br />
100 dolcetto <strong><strong>del</strong>la</strong> sposa, dolcetto<br />
bianco<br />
101 dolci di pasta di mandorle (pasta<br />
reale)<br />
102 focaccia a libro<br />
103 friselle di orzo e di grano<br />
104 fruttone, barchiglia<br />
105 fusilli<br />
106 grano dei morti<br />
107 intorchiate<br />
108 lagane<br />
109 lasagne arrotolate<br />
110 maccaruni<br />
111 mandorlaccio<br />
112 mandorla riccia di francavilla<br />
fontana, cunfietti rizzi, mennuli<br />
rizze<br />
113 mandorle atterrate<br />
114 mostaccioli<br />
115 orecchiette<br />
116 ostie ripiene<br />
117 pane di ascoli satriano<br />
118 pane di grano duro<br />
119 pane di laterza<br />
120 pasta di grano bruciato<br />
121 pasticciotto<br />
122 pettole<br />
123 pizza di grano d’india<br />
124 pizza sfoglia e scannatedda<br />
125 pizzelle<br />
126 pucce, uliate, pane di semola,<br />
pane di orzo<br />
127 ravioli con ricotta<br />
128 rustico leccese<br />
129 scaldatelli<br />
130 semola battuta<br />
131 scarcelle<br />
132 taralli<br />
133 taralli neri con vincotto<br />
134 troccoli<br />
preparazioni di pesci,<br />
molluschi e crostacei e<br />
tecniche particolari<br />
di allevamento degli stessi 135 alici marinate<br />
136 scapece di lesina<br />
137 scapece gallipolina<br />
29<br />
<strong>Puglia</strong>
30<br />
Il vino<br />
L’Italia è, senza dubbio, una terra particolarmente legata alla produzione<br />
vitivinicola che in <strong>Puglia</strong> affonda le proprie radici in tempi antichissimi<br />
quando era abitata d<strong>ai</strong> Dauni, i Messapi e tanti altri popoli che, succedendosi<br />
gli uni agli altri, seppero sempre conservare le tradizioni <strong><strong>del</strong>la</strong><br />
coltivazione dei vitigni.<br />
Forti di un terreno calcareo e argilloso e di una regione caratterizzata dal<br />
clima mite e scarsamente piovoso, i pugliesi hanno potuto perfezionare<br />
la propria attività, raggiungendo così il primo posto nella classifica dei<br />
maggiori produttori italiani.<br />
I riconoscimenti attribuiti <strong>ai</strong> vini pugliesi sono di “Denominazione di origine<br />
controllata” o di “Indicazione geografica tipica”:<br />
Denominazione di origine controllata<br />
Si tratta <strong>del</strong> riconoscimento di qualità attribuito <strong>ai</strong> vini <strong>prodotti</strong> in zone<br />
limitate (di solito di piccole/medie dimensioni), recanti il loro nome geografico.<br />
Di norma il nome <strong>del</strong> vitigno segue quello <strong><strong>del</strong>la</strong> Doc e la disciplina<br />
di produzione è rigida. Tali vini sono ammessi al consumo solo<br />
dopo accurate analisi chimiche e sensoriali.(Legge 164/92)<br />
Indicazione geografica tipica<br />
Con tale termine si indica il riconoscimento di qualità attribuito <strong>ai</strong> vini<br />
da tavola caratterizzati da aree di produzione generalmente ampie e con<br />
disciplinare produttivo poco restrittivo. L’indicazione può essere accompagnata<br />
da altre menzioni, quali quella <strong>del</strong> vitigno. (Legge 164/92)<br />
31<br />
Nella regione pugliese il riconoscimento di Vini DOC e IGT è stato<br />
assegnato a:<br />
Aleatico di <strong>Puglia</strong> (DOC)<br />
D.M. 29/05/73 (G.U. n. 214 <strong>del</strong> 20/08/73) Da tempo immemorabile si<br />
prepara in <strong>Puglia</strong> questo squisito vino “dolce naturale” che invecchiato<br />
assume un <strong>del</strong>icato profumo. Prodotto con le uve di Aleatico, con l’eventuale<br />
aggiunta di quelle di Negroamaro, Malvasia nera e Primitivo,<br />
ha un colore rosso granato più o meno intenso, con riflessi violacei, tendente<br />
all’arancione con l’invecchiamento; aroma <strong>del</strong>icato caratteristico;<br />
sapore pieno, moderatamente dolce, vellutato. Gradazione minima: 15°.<br />
Con un leggero appassimento <strong>del</strong>le uve e con una gradazione minima di<br />
18,5° si ottiene il tipo “liquoroso” dal sapore pieno, caldo, dolce, armonico,<br />
gradevole. Affinamento obbligatorio: cinque mesi. Invecchiamento<br />
obbligatorio: tre anni per la “riserva”. Uso: da dessert.<br />
Alezio (DOC)<br />
D.M. 09/02/83 (G.U. n. 264 <strong>del</strong> 26/09/83) Nella parte più meridionale<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> regione, in tutto il territorio comunale di Alezio e di altri comuni<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> provincia di Lecce, con le uve dei vitigni Negroamaro e con l’eventuale<br />
aggiunta di quelle di Malvasia nera di Lecce, Sangiovese e<br />
Montepulciano, si producono due vini, uno rosso e l’altro rosato.<br />
Brindisi (DOC)<br />
D.M. 22/11/79 (G.U. n. 111 <strong>del</strong> 23/04/80) Nella zona che comprende<br />
tutto il territorio dei comuni di Brindisi e Mesagne (provincia di<br />
Brindisi), con le uve <strong>del</strong> vitigno Negroamaro e con l’eventuale aggiunta<br />
di quelle di Malvasia nera di Brindisi, Sussumaniello, Montepulciano e<br />
Sangiovese, vengono <strong>prodotti</strong> due vini, uno rosso e uno rosato.<br />
Cacc’e Mmitte di Lucera (DOC)<br />
D.M. 13/12/75 (G.U. n. 82 <strong>del</strong> 29/03/76) Nella parte nord <strong><strong>del</strong>la</strong> regione,<br />
e in particolare su tutto il territorio amministrativo dei comuni di<br />
Lucera, Troia e Biccari (provincia di Foggia), con le uve dei vitigni Uva<br />
di Troia, Montepulciano, Sangiovese, Malvasia nera di Brindisi,<br />
Trebbiano toscano, Bombino bianco e Malvasia <strong>del</strong> Chianti, viene prodotto<br />
questo vino dal colore rosso rubino più o meno carico; odore carat-<br />
<strong>Puglia</strong>
32<br />
teristico, intenso; sapore pieno, armonico con retrogusto caratteristico.<br />
Gradazione minima: 11,5°. Uso: da pasto.<br />
Castel <strong>del</strong> Monte (DOC)<br />
D.M. 19/05/71 (G.U. n. 188 <strong>del</strong> 26/07/71) Castel <strong>del</strong> Monte, uno dei<br />
monumenti più famosi <strong><strong>del</strong>la</strong> <strong>Puglia</strong>, da’ il nome a diversi vini rinomati<br />
<strong>prodotti</strong> in una ristretta zona <strong><strong>del</strong>la</strong> provincia di Bari, comprendente l’intero<br />
territorio amministrativo di Minervino Murge e parte di quello di<br />
una decina di comuni limitrofi, tra i quali Andria, dove si trova appunto<br />
il castello.<br />
Copertino (DOC)<br />
D.M. 02/11/76 (G.U. n. 27 <strong>del</strong> 29/01/77) Al Sud <strong><strong>del</strong>la</strong> regione, in vari<br />
comuni <strong><strong>del</strong>la</strong> provincia di Lecce, tra cui Copertino, con le uve di<br />
Negroamaro e con l’eventuale aggiunta di quelle di Malvasia nera di<br />
Brindisi, Malvasia nera di Lecce, Montepulciano e Sangiovese, si producono<br />
i seguenti tipi di vino:Rosso,Rosato.<br />
Daunia (IGT)<br />
D.M. 12/09/95 (G.U. n. 237 <strong>del</strong> 10/10/95)<br />
Galatina (DOC)<br />
Dd 21/04/97 (G.U. n. 104 <strong>del</strong> 07/05/97) Nell’intero territorio amministrativo<br />
dei comuni di Galatina (da cui il nome), Cutrofiano, Aradeo,<br />
Neviano, Secli, Sogliano Cavour e Collepasso, tutti in provincia di<br />
Lecce, si producono i seguenti vini:<br />
B i a n c o , R o s s o , R o s a t o , C h a r d o n n a y, N e g r o a m a r o , N e g r o a m a r o<br />
Riserva,Novello.<br />
Gioia <strong>del</strong> Colle (DOC)<br />
D.M. 11/05/87 (G.U. n. 248 <strong>del</strong> 23/10/87) In una vasta zona <strong><strong>del</strong>la</strong> provincia<br />
di Bari, che comprende il comune di Gioia <strong>del</strong> Colle, si producono<br />
diversi tipi di vino che prendono il nome appunto da detta località.<br />
Gravina (DOC)<br />
D.M. 04/06/83 (G.U. n. 23 <strong>del</strong> 24/01/84) Questo vino viene prodotto<br />
nell’intero territorio comunale di Gravina, Poggiorsini e in parte di quello<br />
dei comuni di Altamura e Spinazzola, in provincia di Bari. Ottenuto<br />
con le uve di Malvasia <strong>del</strong> Chianti, Greco di Tufo e Bianco d’Alessano<br />
con l’eventuale aggiunta di quelle di Bombino bianco, Trebbiano tosca-<br />
33<br />
no e Verdeca; ha colore paglierino tendente al verdolino; odore caratteristico,<br />
gradevole; sapore secco o amabile, fresco, sapido, armonico, <strong>del</strong>icato<br />
talvolta un po’ vivace. Gradazione minima: 11°. Uso: da pesce se<br />
secco, da fine pasto se amabile. Si produce anche nel tipo “spumante”.<br />
Leverano (DOC)<br />
D.M. 15/09/79 (G.U. n. 41 <strong>del</strong> 12/02/80) Nell’intero territorio amministrativo<br />
<strong>del</strong> comune di Leverano, in provincia di Lecce, viene prodotto<br />
l’omonimo vino nei tipi:Bianco,Bianco Passito,Bianco Vendemmia<br />
Tardiva,Rosso,Rosso Novello,Rosso Riserva,Rosato,Malvasia Bianca,<br />
Negramaro o Negro Amaro Rosso,Negramaro o Negro Amaro Rosato.<br />
Lizzano (DOC)<br />
D.M. 21/12/88 (G.U. n. 144 <strong>del</strong> 22/06/89) Nell’intero territorio dei<br />
comuni di Lizzano, Faggiano e in parte di quello di Taranto, nell’omonima<br />
provincia, vengono prodotte diverse tipologie di vino.<br />
Locorotondo (DOC)<br />
D.M. 10/06/69 (G.U. n. 211 <strong>del</strong> 19/08/69) <strong>La</strong> zona di produzione di<br />
questo vino, tipica per i suoi caratteristici “trulli”, è situata a cavallo <strong>del</strong>le<br />
province di Bari e Brindisi e interessa l’intero territorio dei comuni di<br />
Locorotondo, Cisternino e parte di quello di Fasano. Ottenuto con le uve<br />
di Verdeca, Bianco d’Alessano e con l’eventuale aggiunta di quelle di<br />
Fiano, Bombino e Malvasia toscana, ha colore verdolino o paglierino<br />
chiaro; odore <strong>del</strong>icato, caratteristico, gradevole; sapore asciutto, <strong>del</strong>icato.<br />
Gradazione minima: 11°. Uso: da aperitivo o da pesce. Viene prodotto<br />
anche nel tipo “spumante”.<br />
Martina Franca (DOC)<br />
D.M. 10/06/69 (G.U. n. 211 <strong>del</strong> 19/08/69) Con le stesse uve con cui si<br />
produce il “Locorotondo”, nella zona attigua comprendente il territorio<br />
dei comuni di Martina Franca (Taranto), Alberobello (Bari), Ceglie<br />
Messapico, Cisternino e Ostuni (Brindisi), si produce questo vino, altrettanto<br />
noto da antica data, che porta il nome <strong>del</strong> maggiore centro di produzione;<br />
ha colore verdolino o paglierino chiaro; odore vinoso, <strong>del</strong>icato,<br />
caratteristico, gradevole; sapore asciutto, <strong>del</strong>icato. Gradazione minima:<br />
11°. Uso: da aperitivo o da pesce. Viene prodotto anche nel tipo “spumante”.<br />
<strong>Puglia</strong>
34<br />
Matino (DOC)<br />
D.M. 19/05/71 (G.U. n. 187 <strong>del</strong> 24/07/71) Nella parte <strong>del</strong>le “Murg e<br />
Salentine”, che comprende l’intero territorio comunale di Matino<br />
(Lecce) e parte di quello dei comuni confinanti, in prevalenza con le uve<br />
di Negroamaro, cui si uniscono talvolta modeste percentuali di uve di<br />
Malvasia nera e/o Sangiovese, si ottengono due apprezzati vini:Rosso e<br />
Rosato.<br />
Moscato di Trani (DOC)<br />
D.M. 11/09/74 (G.U. n. 63 <strong>del</strong> 06/03/75) Con le uve di Moscato bianco,<br />
noto localmente anche come Moscato di Trani o Moscato reale, e con<br />
l’eventuale aggiunta di altre uve con aroma di Moscato, prodotte nella<br />
zona che da Bisceglie si spinge lungo la costa adriatica sino a Barletta<br />
per poi continuare verso l’interno sino a comprendere, in tutto o in parte,<br />
il territorio di altri comuni <strong>del</strong>le province di Bari e di Foggia, da tempo<br />
immemorabile, si prepara una squisito vino “dolce naturale” con le<br />
seguenti caratteristiche: colore giallo dorato; odore intenso, aroma caratteristico;<br />
sapore dolce, vellutato. Gradazione minima: 14,5°.<br />
Affinamento obbligatorio: cinque mesi. Uso: da dessert. Viene prodotto<br />
anche nel tipo “liquoroso” con una gradazione minima di 18° e un invecchiamento<br />
obbligatorio di un anno.<br />
Murgia (IGT)<br />
D.M. 12/09/95 (G.U. n. 237 <strong>del</strong> 10/10/95)<br />
Nardo’ (DOC)<br />
D.M. 06/04/87 (G.U. n. 226 <strong>del</strong> 28/09/87) Con le uve di Negroamaro e<br />
con l’eventuale aggiunta di quelle di Malvasia nera di Brindisi, Malvasia<br />
nera di Lecce e Montepulciano si producono, nel territorio comunale di<br />
Nardò e Porto Cesareo (provincia di Lecce), questi due vini: Rosso e<br />
Rosato.<br />
Orta Nova (DOC)<br />
D.M. 26/04/84 (G.U. n. 274 <strong>del</strong> 04/10/84) Nel territorio amministrativo<br />
dei comuni di Orta Nova e Ordona e in parte di quello di altri comuni <strong><strong>del</strong>la</strong><br />
provincia di Foggia, dalle uve <strong>del</strong> vitigno Sangiovese, con l’eventuale<br />
aggiunta di quelle di Uva di Troia, Montepulciano, <strong>La</strong>mbrusco Maestri e<br />
Trebbiano toscano, si ottengono questi due tipi di vino:Rosso e Rosato.<br />
35<br />
Ostuni (DOC)<br />
D.M. 13/01/72 (G.U. n. 83 <strong>del</strong> 28/03/72) <strong>La</strong> notorietà di questo vino<br />
<strong><strong>del</strong>la</strong> provincia di Brindisi è antica, considerato che già nel 1600 si scriveva<br />
sul vino di Ostuni. Oggi viene prodotto nei tipi bianco e rosso; quest’ultimo<br />
denominato “Ottavianello” dal nome <strong>del</strong> vitigno omonimo.<br />
Primitivo di Manduria (DOC)<br />
D.M. 30/10/74 (G.U. n. 60 <strong>del</strong> 04/03/75) Prodotto con le uve <strong>del</strong>l’omonimo<br />
vitigno (Primitivo), nel territorio comunale di Manduria (da cui<br />
prende il nome), oltre che in quello di altri comuni <strong>del</strong>le province di<br />
Taranto e di Brindisi, è un vino rosso tendente al violaceo e all’arancione<br />
con l’invecchiamento; ha aroma leggero caratteristico; sapore gradevole,<br />
pieno, armonico, tendente al vellutato con l’invecchiamento; può<br />
essere anche leggermente amabile. Gradazione minima: 14°. Uso: da<br />
pasto. Affinamento obbligatorio: nove mesi.<br />
Questo vino viene prodotto anche in altre tipologie adatte per i fine<br />
pasto: Dolce Naturale – gradazione minima: 16°. Affinamento obbligatorio:<br />
nove mesi.<br />
Liquoroso Dolce Naturale – gradazione minima: 17,5°. Invecchiamento<br />
obbligatorio: due anni.<br />
Liquoroso Secco – gradazione minima: 18°. Invecchiamento obbligatorio:<br />
due anni.<br />
<strong>Puglia</strong> (IGT)<br />
D.M. 12/09/95 (G.U. n. 237 <strong>del</strong> 10/10/95)<br />
Rosso Barletta (DOC)<br />
D.M. 01/06/77 (G.U. n. 278 <strong>del</strong> 12/10/77) Prodotto in tutto il territorio<br />
comunale di Barletta ed in parte di quello di Andria e Trani (in provincia<br />
di Bari) e in tutto il territorio di S. Ferdinando di <strong>Puglia</strong> e Trinitapoli (in<br />
provincia di Foggia), con le uve <strong>del</strong> vitigno Uva di Troia e con l’eventuale<br />
aggiunta di quelle di Montepulciano, Sangiovese e di Malbek, è un<br />
vino dal colore rubino granato tendente ad assumere riflessi arancioni<br />
con l’invecchiamento; odore vinoso caratteristico; sapore asciutto, armonico,<br />
di corpo. Gradazione minima: 12°. Uso: da pasto. Con un invecchiamento<br />
di almeno due anni, questo vino può portare in etichetta la<br />
qualificazione “invecchiato”.<br />
<strong>Puglia</strong>
36<br />
Rosso Canosa (DOC)<br />
D.M. 24/02/79 (G.U. n. 198 <strong>del</strong> 20/07/79) Prodotto nel territorio comunale<br />
di Canosa di <strong>Puglia</strong> (provincia di Bari) con le uve <strong>del</strong> vitigno Uva<br />
di Troia e con l’eventuale aggiunta di quelle di Montepulciano,<br />
Sangiovese e, in minima parte, di altri vitigni <strong><strong>del</strong>la</strong> zona, questo vino ha<br />
colore rosso rubino, più o meno intenso tendente ad assumere riflessi<br />
arancioni con l’invecchiamento; odore vinoso, alcolico, gradevole, con<br />
profumo caratteristico; sapore asciutto, sapido di buon corpo, giustamente<br />
tannico con retrogusto amarognolo gradevole. Gradazione minima:<br />
12°. Uso: da pasto, se invecchiato da arrosto. Con una gradazione di<br />
13° e due anni di invecchiamento, questo vino può portare la dizione<br />
aggiuntiva “riserva”.<br />
Rosso Cerignola (DOC)<br />
D.P.R. 26/6/74 (G.U. n. 285 <strong>del</strong> 31/10/74) Cerignola, in provincia di<br />
Foggia, uno dei maggiori centri agricoli <strong><strong>del</strong>la</strong> <strong>Puglia</strong>, ha dato il nome a<br />
questo gradevole vino ottenuto prevalentemente dalle uve dei vitigni<br />
Uva di Troia e Negroamaro, a cui possono essere aggiunte modeste percentuali<br />
di uve di altri vitigni a frutto rosso (Sangiovese, Barbera,<br />
Montepulciano e Malbek) e a frutto bianco (Trebbiano toscano); ha colore<br />
che va dal rosso rubino più o meno intenso al rosso mattone con l’invecchiamento;<br />
odore vinoso alcolico, gradevole; sapore asciutto, sapido,<br />
di buon corpo, giustamente tannico, armonico, retrogusto amarognolo<br />
gradevole. Gradazione minima: 12°. Uso: da pasto. Con una gradazione<br />
minima di 13° e due anni di invecchiamento, questo vino può essere qualificato<br />
“riserva”.<br />
Salento (IGT)<br />
D.M. 12/09/95 (G.U. n. 237 <strong>del</strong> 10/10/95)<br />
Salice Salentino (DOC)<br />
D.M. 08/04/76 (G.U. n. 224 <strong>del</strong> 25/08/76) Con le uve <strong>del</strong> vitigno<br />
Negroamaro, alle quali possono essere aggiunte (massimo 20%) quelle<br />
di Malvasia nera di Lecce e di Malvasia nera di Brindisi, prodotte in<br />
diversi comuni <strong>del</strong>le province di Lecce e Brindisi, si ottengono i seguenti<br />
vini: Rosso, Rosato,Aleatico Dolce, Aleatico Liquoroso Dolce,<br />
Bianco, Pinot Bianco.<br />
San Severo (DOC)<br />
D.M. 19/04/68 (G.U. n. 138 <strong>del</strong> 01/06/68) Nel territorio <strong>del</strong> comune di<br />
San Severo e in quello di altri comuni limitrofi <strong><strong>del</strong>la</strong> provincia di Foggia<br />
si producono i seguenti vini:Bianco,Rosso e Rosato.<br />
Squinzano (DOC)<br />
D.M. 06/07/76 (G.U. n. 230 <strong>del</strong> 31/08/76) Con le uve di Negroamaro,<br />
cui talvolta si uniscono quelle di Malvasia nera di Brindisi, Malvasia<br />
nera di Lecce e Sangiovese, prodotte nell’intero territorio dei comuni di<br />
Squinzano, S. Pietro Vernotico, Torchiarolo, Novoli e in parte di quello<br />
di altri comuni <strong><strong>del</strong>la</strong> provincia di Lecce, si ottengono questi due<br />
vini:Rosso,Rosato.<br />
Tarantino (IGT)<br />
D.M. 12/09/95 (G.U. n. 237 <strong>del</strong> 10/10/95)<br />
Valled’Itria (IGT)<br />
D.M. 12/09/95 (G.U. n. 237 <strong>del</strong> 10/10/95)<br />
Le “Strade <strong>del</strong> vino”<br />
Per consentire <strong>ai</strong> consumatori di approfondire la conoscenza dei vini<br />
pugliesi e scoprire i luoghi in cui essi vengono <strong>prodotti</strong> sono state inaugurate<br />
le cosiddette “Strade <strong>del</strong> vino”, ovvero dei percorsi tra le aziende<br />
agricole, le “cantine” e i vigneti, durante i quali è possibile scoprire<br />
nuovi paesaggi oltre che degustare i <strong>prodotti</strong> locali:<br />
1. Strada dei Vini DOC <strong><strong>del</strong>la</strong> Daunia<br />
2. Strada dei Vini DOC Castel <strong>del</strong> Monte<br />
3. Strada degli Antichi Vini Rossi<br />
4. Strada dei Vini DOC <strong><strong>del</strong>la</strong> Murgia Carsica<br />
5. Strada dei Vini DOC Locorotondo e Martina Franca<br />
6. Strada <strong>del</strong> Vino “L’Appia dei Vini” DOC Brindisi - Ostuni<br />
7. Strada dei Vini DOC Primitivo di Manduria e Lizzano<br />
8. Strada <strong>del</strong> Vino Vigna <strong>del</strong> Sole<br />
9. Strada <strong>del</strong> Vino <strong>del</strong> Salento<br />
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<strong>Puglia</strong>
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Alcuni<br />
appuntamenti<br />
Il Palio <strong>del</strong> Viccio<br />
Palo <strong>del</strong> Colle (BA) – febbr<strong>ai</strong>o 2005<br />
Viene messo in palio un tacchino (“Viccio”), donato in premio al cava -<br />
liere che andando al galoppo in piedi sulla sella riesce per primo a col -<br />
pire una vescica piena d’acqua. Sagra dei <strong>prodotti</strong> <strong>tipici</strong> locali.<br />
<strong>La</strong> Sagra <strong><strong>del</strong>la</strong> Farrata<br />
Manfredonia (FG) - dal 6/2/2005 al 13/2/2005<br />
Durante il Carnevale la Pro loco distribuisce una specialità tipica com -<br />
posta da una pasta disposta a sfoglie e ripiena di farro, ricotta e spezie,<br />
spennellata con il tuorlo d’uovo e cotta al forno.<br />
<strong>La</strong> Festa di San Giuseppe<br />
Lizzano (TA) – dal 18/03/2005 al 19/03/2005<br />
Per due giorni una grande camera adiacente la strada si trasforma in<br />
una mensa sulla quale vengono serviti “ncartiddáti”, vari tipi di frittu -<br />
ra, cavolfiore, “ampasciúni”, baccalà, “figghiuli”, ecc., pane nelle<br />
diverse forme e abbondanza di dolci vari: “fucazziéddi, pizzetti ti can -<br />
nella, pasti ti mennula,cazuni chieni ti ricotta, eccetera.<br />
<strong>La</strong> Festa di San Giuseppe e Sagra <strong>del</strong> Calzone<br />
Modugno (BA) – 19/03/2005<br />
In occasione <strong><strong>del</strong>la</strong> festa vengono distribuiti il “pane di San Giuseppe” e<br />
il calzone di cipolla. Si possono inoltre degustare vino e <strong>prodotti</strong> <strong>tipici</strong><br />
locali.<br />
<strong>La</strong> Fiera d’Aprile - “Sudgheusia”<br />
Andria (BA) - dal 23/4/2005 al 30/4/2005<br />
<strong>La</strong> “Sudgheusia” si svolge nel corso <strong><strong>del</strong>la</strong> “Fiera d’Aprile” ed è una<br />
m o s t r a - m e rcato di <strong>prodotti</strong> <strong>tipici</strong> <strong>del</strong>l’artigianato agro a l i m e n t a re<br />
<strong>del</strong>l’Italia meridionale.<br />
39<br />
Sagra <strong>del</strong> Pesce “a sarsa”<br />
Castro (LE) - dal 24/4/2005 al 25/4/2005<br />
In occasione <strong><strong>del</strong>la</strong> festa <strong><strong>del</strong>la</strong> santa patrona viene consumato un antico<br />
piatto a base di pesce azzurro che viene prima fritto e poi marinato nel -<br />
l’aceto rosso insieme alla mollica di pane raffermo, l’aglio e la menta.<br />
<strong>La</strong> Festa te lu Mieru<br />
Carpignano Salentino (LE) – primo fine settimana di settembre<br />
<strong>La</strong> festa rispecchia lo spirito di accoglienza verso il forestiero, colui<br />
che proviene non solo da altri Paesi ma che ha anche culture sociali e<br />
religiose diverse da quella locale, al quale viene offerto “lu Mieru” (il<br />
vino) e altri <strong>prodotti</strong> <strong>del</strong> Salento.<br />
<strong>Puglia</strong>
40<br />
Alcune<br />
ricette<br />
Ricchitelle cu le cime te rape” (Orecchiette con le cime di rapa)<br />
Ingredienti:<br />
2 kg di cime di rapa, 500 gr di orecchiette di grano duro (possibilmente<br />
pasta fresca), 2 spicchi di aglio , un pizzico di sale, 5 pomodorini, un pizzico<br />
di peperoncino in polvere, 2 acciughe sott’olio, 4 cucchi<strong>ai</strong> di olio<br />
extravergine di oliva.<br />
Preparazione:<br />
Una volta pulite le rape e cotte per pochi minuti in abbondante acqua<br />
salata, occorre aggiungere le orecchiette sino a completa cottura. A parte<br />
in un pa<strong><strong>del</strong>la</strong> si deve soffriggere, in poco olio, l’aglio, le acciughe, i<br />
pomodorini ed una spruzzata di peperoncino. Terminata la cottura degli<br />
ingredienti, basta scolare la pasta con le cime di rapa e versare il tutto nel<br />
soffritto. Far saltare e servire. (fonte: http://www.trovasalento.it)<br />
“Mmenescia te ciceri e tria alla leccese”<br />
Ingredienti:<br />
gr 400 di tria o tagliatelle; gr 300 di ceci; 1 costa di sedano; 1 spicchio<br />
d’aglio; alcune foglie di alloro; 3 pomodori maturi; 1 cipolla; 1 carota<br />
gialla; olio extra vergine di oliva, pepe, sale q. b.<br />
Preparazione:<br />
<strong>La</strong> sera precedente la preparazione <strong><strong>del</strong>la</strong> ricetta ci si deve ricordare di<br />
mettere a bagno i ceci in acqua fredda con un cucchi<strong>ai</strong>no di bicarbonato;<br />
il mattino successivo si risciacquano e si mettono in un recipiente di terracotta<br />
coperti da acqua fredda, con uno spicchio d’aglio, due pomodori<br />
“pendolino” tagliati in quattro, una foglia d’alloro, una cipolla porr<strong>ai</strong>a,<br />
un ciuffo di prezzemolo con i gambi legati con refe bianco, un piccola<br />
patata sbucciata e un tronchetto di sedano. Dopo aver regolato il tutto di<br />
sale si devono lasciare cuocere i ceci fin quando saranno teneri, facendoli<br />
rimanere molto brodosi. A questo punto si prepara la “trìa” e dopo<br />
che è ben essiccata, se ne frigge il 40% in olio d’oliva, si sala e si toglie<br />
41<br />
la pa<strong><strong>del</strong>la</strong> dal fuoco. Il rimanente 60% <strong><strong>del</strong>la</strong> pasta si fa invece lessare nella<br />
pentola con i ceci ed il brodo abbondante, poi si versa tutta la pasta<br />
fritta nella pentola mescolando con un cucchi<strong>ai</strong>o di legno. Si spolvera<br />
con un cucchi<strong>ai</strong>no di prezzemolo tritato finemente e si condisce con una<br />
generosa dose di olio d’oliva <strong>del</strong> migliore peperoncino. (f o n t e :<br />
http://www.trovasalento.it)<br />
“<strong>La</strong>mpascioni con le uova”<br />
Ingredienti:<br />
600 g di lampascioni; 350 g di pomodori; 3 uova; 4 cucchi<strong>ai</strong> di olio<br />
extravergine di oliva barese; sale q.b.<br />
Preparazione:<br />
Pulire i lampascioni, eliminando le foglie esterne, lavarli, tagliarli a quarti,<br />
cuocerli per 15 minuti in poca acqua salata e poi scolarli con <strong>del</strong>icatezza.<br />
<strong>La</strong>vare i pomodori, sbucciarli, privarli dei semi e spezzettarli. Far<br />
quindi scaldare l’olio extravergine di oliva barese in una pa<strong><strong>del</strong>la</strong> e versare<br />
i lampascioni, lasciandoli insaporire per 2 minuti, quindi unire i<br />
pomodori e il sale, facendo cuocere la preparazione per altri 3 minuti.<br />
Agitare le uova in una ciotola e un attimo prima di spegnere il fuoco versarle<br />
sui lampascioni; lasciare rapprendere le uova, mescolando continuamente,<br />
regolare di sale e servire la preparazione ben calda. (fonte:<br />
http://www.saporiedintorni.it)<br />
“Seppie ripiene al forno”<br />
Ingredienti:<br />
4 grosse seppie; 800 g di patate; 4 cucchi<strong>ai</strong> di pangrattato; 20 g di prezzemolo;<br />
spicchi d’aglio; 4 cucchi<strong>ai</strong> di olio extravergine di oliva barese;<br />
sale e pepe q.b.<br />
Preparazione:<br />
Una volta pulite le seppie separando le sacche d<strong>ai</strong> tentacoli senza romperle,<br />
privandole <strong><strong>del</strong>la</strong> pelle e lavandole sotto l’acqua corrente, si deve<br />
tagliuzzarne i tentacoli. Si lavano le patate, si sbucciano e si tagliano a<br />
fette sottili. Si sbuccia quindi l’aglio e si trita con il prezzemolo. Si<br />
<strong>Puglia</strong>
42<br />
aggiungono a metà <strong>del</strong> trito di aromi parte <strong>del</strong> pangrattato (circa 2 cucchi<strong>ai</strong>),<br />
una presa di pepe e i tentacoli tritati; si riempiono con questo<br />
composto le sacche <strong>del</strong>le seppie e si richiude l’apertura con uno stuzzicadenti<br />
o un filo da cucina.<br />
Versato in un tegame da forno un bicchiere d’acqua salata, si sistemano<br />
metà <strong>del</strong>le patate e vi si adagiano sopra tutte le seppie. Si copre con un<br />
altro strato di patate e si spolverizza la superficie <strong>del</strong>le patate con il pangrattato<br />
rimasto e con l’altra metà <strong>del</strong> trito di aromi. Infine si condisce<br />
con abbondante olio extravergine di oliva barese, si inforna a 180 gradi<br />
per circa 40 minuti e si serve la preparazione ben calda nel recipiente di<br />
cottura. (fonte: http://www.saporiedintorni.it)<br />
“Zeppole di San Giuseppe”<br />
Ingredienti:<br />
500 gr di farina; 100 gr di burro; 10 uova intere; _ l. di acqua<br />
Preparazione:<br />
Scaldati in una casseruola l’acqua, il burro e una presa di sale vi si incorpora<br />
la farina, mescolando rapidamente con un cucchi<strong>ai</strong>o di legno fino a<br />
che il composto non si stacca dalle pareti <strong>del</strong> recipiente (questa fase dura<br />
circa 10 minuti). Una volta raffreddato l’impasto, vi si aggiungono,<br />
mescolando e uno alla volta, i tuorli e gli albumi. Si versa quindi il composto<br />
in una siringa da pasticciere con l’uscita larga a stella e si formano<br />
<strong>del</strong>le ciambelline con il buco al centro che andranno fritte in olio extravergine<br />
molto caldo, rigirando le zeppole tre o quattro volte in modo da<br />
avere una cottura uniforme.<br />
Tolte dal fuoco le zeppole vanno stese su carta da cucina in modo da<br />
assorbire l’olio in eccesso e vanno farcite, tagliandole a metà, con crema<br />
pasticcera e guarnite con due amarene sciroppate sistemate in due punti<br />
opposti o un cucchi<strong>ai</strong>no di marmellata di amarene. Alla fine si spolverizzano<br />
con zucchero a velo e ,se piace, la cannella. (f o n t e :<br />
http://www.laterradipuglia.it)<br />
“Le Pettole”<br />
Ingredienti:<br />
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_ di farina; 1 cubetto di lievito di birra; vincotto di fichi; olio extravergine<br />
di oliva; 1 cucchi<strong>ai</strong>no da caffè di sale fino; una patata lessa<br />
Preparazione:<br />
Per preparare le pettole si deve versare la farina, in una ciotola molto<br />
capiente, insieme con la patata lessata e passata, un pizzico di sale e il<br />
lievito di birra già sciolto in un bicchiere di acqua tiepida. Con le mani<br />
occorre impastare il tutto aggiungendo <strong>del</strong>l’acqua necessaria ad ottenere<br />
una pastella molto fluida che andrà “schiaffeggiata” a lungo. Dopo che<br />
l’impasto avrà lievitato per un p<strong>ai</strong>o di ore al caldo (si dovrebbe avvolgere<br />
la ciotola con una copertina di lana ) si deve scaldare per bene l’olio e<br />
si prendono <strong>del</strong>le cucchi<strong>ai</strong>ate di composto e per friggerle. (E’ importante<br />
la temperatura <strong>del</strong>l’olio: le pettole infatti devono gonfiarsi immediatamente<br />
e friggere per pochi secondi, giusto il tempo di dorarsi). Ottenute<br />
<strong>del</strong>le nuvolette fritte da mangiare bollenti, le si può condire in vario<br />
modo: con il tradizionale “vincotto di fichi”, con lo zucchero o miele.<br />
(fonte: http://www.laterradipuglia.it).<br />
<strong>Puglia</strong>