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Cenni di storia della moda duecentesca - Grifoni Rantolanti

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CENNI DI STORIA DELLA MODA DUECENTESCA<br />

A cura <strong>di</strong> Erica Martin, laureata in Storia dell’Arte e Conservazione dei Beni artistici<br />

presso l’Università Ca’ Foscari <strong>di</strong> Venezia.<br />

Desiderando ricostruire un certo periodo storico con la massima cura e precisione, noi rievocatori ci<br />

troviamo spesso <strong>di</strong> fronte all’annosa questione <strong>della</strong> <strong>moda</strong>: come vestivano gli uomini e le donne <strong>di</strong><br />

un determinato secolo? Quali erano le fogge degli abiti e quali tessuti venivano impiegati per la<br />

confezione? Che tipo <strong>di</strong> tinture si usavano e quali erano i colori più in voga? C’erano particolari<br />

decorazioni o mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> arricchire un capo d’abbigliamento? Che complementi <strong>di</strong> vestiario si<br />

usavano? Queste sono solo alcune delle molte domande che ci poniamo ogniqualvolta dobbiamo<br />

ricostruire il modo <strong>di</strong> abbigliarsi <strong>di</strong> un certo personaggio, tenendo conto non solo<br />

dell’inquadramento temporale, ma anche <strong>di</strong> quello geografico, del ceto sociale, dell’etnia, <strong>della</strong><br />

religione professata e del mestiere.<br />

Poiché il mondo <strong>della</strong> <strong>storia</strong> <strong>della</strong> <strong>moda</strong> è vasto ed articolato, con svariate pubblicazioni che spesso<br />

fanno uso <strong>di</strong> tecnicismi, noi de “La Compagnia dei <strong>Grifoni</strong> <strong>Rantolanti</strong>” abbiamo pensato <strong>di</strong><br />

realizzare un piccolo vademecum ad uso dei rievocatori. Nelle pagine che seguiranno troverete i<br />

nomi delle fibre e delle tipologie tessili, dei colori e dei materiali usati per tingere, delle varie fogge,<br />

dei complementi d’abbigliamento. Il tutto sarà arricchito da immagini <strong>di</strong> miniature, affreschi, statue,<br />

delle quali si in<strong>di</strong>cherà <strong>di</strong> volta in volta la provenienza e che verranno affiancate da una breve<br />

spiegazione.<br />

Per praticità, l’indagine è stata ristretta alla <strong>moda</strong> <strong>duecentesca</strong> centro-italiana, con particolari cenni<br />

all’uso friulano.<br />

Le informazioni sono tratte da pubblicazioni specializzate, che troverete in<strong>di</strong>cate in una bibliografia,<br />

da fonti antiche quali cronache, patti dotali, inventari, novelle, miniature, ma pure dalle ricerche sul<br />

campo compiute da chi scrive nell’ambito <strong>della</strong> tesi <strong>di</strong> laurea specialistica in Storia <strong>della</strong> Moda e<br />

Tecniche <strong>di</strong> Restauro dei Manufatti tessili. I glossari tecnici sono stati elaborati a partire dal<br />

“Dizionario Tecnico <strong>della</strong> tessitura” <strong>di</strong> Attiliana Argenteri Zanetti e dagli appunti del corso <strong>di</strong> Storia<br />

<strong>della</strong> Moda tenuto dalla prof.ssa Doretta Davanzo Poli presso l’Università Ca’ Foscari nell’A/A<br />

2007/2008.<br />

Buona lettura!<br />

“Vesti <strong>di</strong> rosato e parla poco”<br />

Parole <strong>di</strong> Lucrezia Tornabuoni al figlio Lorenzo<br />

De’Me<strong>di</strong>ci detto “Il Magnifico”


1- LA TESSITURA<br />

Si definisce “tessitura” la tecnica in base alla quale le fibre tessili vengono intrecciate me<strong>di</strong>ante<br />

giochi anche complessi, ottenendo drappi da impiegare tanto per la confezione <strong>di</strong> abiti quanto per<br />

l’arredamento. Le fibre tessili possono essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi tipi:<br />

VEGETALI<br />

Lino<br />

Cotone<br />

Canapa<br />

Altre: Juta, Ramiè, Agave, Ortica, Ginestra, Gelsomino, Rafia, Paglia.<br />

ANIMALI<br />

Lana<br />

Seta<br />

Bisso: detto anche “seta marina”, è costituito dai filamenti, lunghi circa 30 cm, che fuoriescono dal<br />

“piede” <strong>di</strong> una grande conchiglia bivalve che vive nel Me<strong>di</strong>terraneo. Il suo aspetto è <strong>di</strong> fili<br />

luminosissimi <strong>di</strong> color fulvo. Era usato nel passato sino all’alto me<strong>di</strong>oevo, poi scomparve per<br />

l’estrema laboriosità nel ricavarne filati per tessere. Resistette fino al 1300 per formare l’accia,<br />

ossia l’anima, dell’oro filato. A Firenze la sua presenza è attestata sino al 1400 circa.<br />

MINERALI<br />

Oro: poteva venir lavorato ad uso tessile in due <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong>: si definisce “ciprense” quell’oro che,<br />

messo in forma <strong>di</strong> pepita tra due stati <strong>di</strong> cuoio, veniva battuto sino a ridurlo in una foglia<br />

sottilissima la quale, fissata a bu<strong>della</strong> animali trattate come pergamena e tagliata a listarelle, veniva<br />

poi impiegata in tessitura, avvolgendola su anime <strong>di</strong> seta o bisso. Tale era la forma <strong>di</strong> utilizzo<br />

dell’oro nel campo dell’abbigliamento preferita dai bizantini. Si parla <strong>di</strong> oro “filato” quando il<br />

metallo prezioso, ridotto a stato lamellare, viene avvolto su filo <strong>di</strong> seta; si <strong>di</strong>ce “tirato”, invece,<br />

quell’oro al quale si conferiva un aspetto <strong>di</strong> filo tubolare facendo passare la massa del metallo<br />

attraverso minuscoli buchi, fuori dai quali veniva, appunto, tirato me<strong>di</strong>ante apposite pinze. Era<br />

questa la tipologia in voga a Venezia fino al Cinquecento e che rimase in uso in Oriente sino al<br />

secolo successivo. Di tra<strong>di</strong>zione cinese e giapponese è invece l’oro “cartaceo”, realizzato coprendo<br />

con una foglia <strong>di</strong> metallo prezioso <strong>della</strong> carta serica forte e riducendo il tutto in fettucce sottilissime;<br />

una variante persiana <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> lavorazione prevede striscioline <strong>di</strong> cuoio molto sottile in<br />

luogo <strong>della</strong> carta.<br />

Argento e Rame: potevano subire trattamenti analoghi all’oro, venendo battuti in foglia e ridotti a<br />

striscioline, avvolti attorno ad anime <strong>di</strong> seta o tirati a formare filo metallico. Il rame poteva venire<br />

dorato.<br />

Le fibre venivano intrecciate, ossia tessute, me<strong>di</strong>ante la tecnologia del telaio. Impiegato sin dalla<br />

notte dei tempi, poteva essere costruito secondo due tipologie:<br />

VERTICALE: da un palo fissato orizzontalmente pendevano (tesi me<strong>di</strong>ante appositi pesetti <strong>di</strong><br />

pietra o metallo) i fili dell’or<strong>di</strong>to, ossia quelli longitu<strong>di</strong>nali su cui poi si innestava<br />

perpen<strong>di</strong>colarmente la trama, formando il tessuto; quest’ultima veniva inserita me<strong>di</strong>ante una spola<br />

e poi compattata con un pettine. Tale tipo <strong>di</strong> telaio sopravvisse a lungo nelle case private, come<br />

strumento che le donne del popolo adoperavano per realizzare i semplici tessuti con cui vestire la<br />

famiglia.<br />

ORIZZONTALE: i fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to erano tesi tra due pali detti subbi e passavano attraverso delle<br />

cornici <strong>di</strong> legno chiamate licci: in un telaio a due licci (ne esistevano <strong>di</strong> ancor più complessi, con<br />

più licci) uno conteneva i fili pari, l’altro quelli <strong>di</strong>spari e venivano alzati alternativamente per far<br />

1


passare la spola con il filo <strong>di</strong> trama, detta anche navetta; la trama poi veniva compattata me<strong>di</strong>ante<br />

una cassa battente basculante chiamata pettine. I telai avevano una <strong>di</strong>mensione definita, per cui i<br />

tessuti non superavano una certa altezza: è questa la misura che si prende da un bordo del tessuto<br />

(cimosa) all’altro.<br />

I tessuti così ottenuti erano <strong>di</strong>visi in due categorie principali: semplici e operati.<br />

TESSUTI SEMPLICI<br />

Si utilizzavano una singola trama e un or<strong>di</strong>to, intrecciandoli con tecniche non complesse; si<br />

ottenevano così la tela (se realizzata in lino, lana, cotone o altre fibre) o taffetas (se realizzata in<br />

seta), la <strong>di</strong>agonale e il raso. Venivano realizzati con telaio a due licci.<br />

TESSUTI OPERATI<br />

Si realizzavano me<strong>di</strong>ante più trame ed or<strong>di</strong>ti, intrecciandoli con giochi anche molto complessi<br />

grazie allo speciale telaio detto al tiro (introdotto in Italia dagli Arabi tra il X e l’XI secolo), fornito<br />

<strong>di</strong> lacci che venivano tirati per muovere i vari or<strong>di</strong>ti. Otteniamo così il lampasso (che comprendeva<br />

le tipologie dello sciamito, del <strong>di</strong>aspro e del broccatello), il damasco e il velluto; tutte queste<br />

tipologie potevano essere broccate, essendo la broccatura un’aggiunta che si poteva fare a<br />

qualunque tessuto.<br />

L’effetto d’opera (cioè il complesso intreccio tra fili) consentiva <strong>di</strong> realizzare <strong>di</strong>segni e decorazioni<br />

<strong>di</strong>rettamente intessuti nel drappo, anziché applicati o ricamati: era questo il modo più costoso ed<br />

elegante <strong>di</strong> impreziosire i tessuti nell’Italia del XIII secolo.<br />

Forniamo ora un piccolo glossario dei termini tecnici <strong>della</strong> tessitura:<br />

ORDITO: insieme dei fili longitu<strong>di</strong>nali che costituiscono un tessuto.<br />

TRAMA: filo che si intreccia perpen<strong>di</strong>colarmente all’or<strong>di</strong>to, formando il tessuto.<br />

PUNTO DI LEGATURA: punto nel quale un filo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to passa sopra un filo <strong>di</strong> trama.<br />

ARMATURA: modo col quale i fili dell’or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> intrecciano con quelli <strong>di</strong> trama; le armature base<br />

sono tre: tela o taffetas, <strong>di</strong>agonale, raso.<br />

RAPPORTO DI ARMATURA: numero dei fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to e trama che formano il ciclo <strong>di</strong> intreccio <strong>di</strong><br />

una qualsiasi armatura.<br />

CIMOSA: stretto bordo longitu<strong>di</strong>nale ai due lati del tessuto; il suo colore, l’armatura o il materiale<br />

<strong>di</strong> cui è composto possono essere <strong>di</strong>versi da quelli del tessuto.<br />

ALTEZZA: la larghezza <strong>della</strong> pezza <strong>di</strong> tessuto, misurata da una cimosa all’altra.<br />

NAVETTA: oggetto <strong>di</strong> forma allungata, con un alloggiamento cavo al centro per contenere la spola<br />

col filato; con tale strumento si fa passare la trama attraverso l’apertura creata dai fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to, detta<br />

bocca o passo.<br />

COLPO: un passaggio <strong>della</strong> navetta attraverso il passo.<br />

SLEGATURA: passaggio <strong>di</strong> un filo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to sopra più colpi consecutivi <strong>di</strong> trama o <strong>di</strong> un colpo <strong>di</strong><br />

trama sopra più fili consecutivi <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to.<br />

LICCIO: insieme <strong>di</strong> maglie che sono tenute tese tra due listelli <strong>di</strong> legno o in una cornice dello stesso<br />

materiale, entro le quali passano i fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to che vengono alzati o abbassati per far passare la<br />

navetta, formando il “passo”.<br />

TELAIO A LICCI: telaio per la realizzazione <strong>di</strong> tessuti uniti semplici o piccolo-operati.<br />

TELAIO AL TIRO: telaio per l’esecuzione dei tessuti operati.<br />

MAGLIONE: anello sospeso all’estremità <strong>di</strong> un’arcata, munito <strong>di</strong> uno o più fori nei quali passano i<br />

fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to per realizzare i decori del tessuto operato.<br />

CORPO DEI LICCI O DEI MAGLIONI: insieme dei licci o dei maglioni che manovrano i fili <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>to per costruire il tessuto.<br />

ARCATA: corda fine che collega, nel telaio al tiro, il maglione alla corda del ramo.<br />

2


RAMO: insieme <strong>di</strong> corde poste orizzontalmente in alto sopra il telaio che sostengono le arcate nel<br />

telaio al tiro; inizialmente alle corde del ramo erano sospesi i lacci, occhielli che riunivano le corde<br />

scelte al fine <strong>di</strong> sollevare i fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to per ottenere l’opera. Poi alle corde del ramo è collegato il<br />

tiratoio, posto verticalmente.<br />

CAMPO O CAMMINO: insieme delle arcate e dei maglioni del telaio che concorrono alla<br />

formazione dei <strong>di</strong>segni secondo un or<strong>di</strong>ne determinato.<br />

FONDO: intreccio principale del tessuto che fa da base agli effetti <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno delle stoffe operate; è<br />

formato da un or<strong>di</strong>to e una trama, che sono detti, appunto, “<strong>di</strong> fondo”.<br />

TRAMA LANCIATA: trama supplementare (la quale, cioè, non fa parte del fondo) che definisce<br />

l’opera, ossia il <strong>di</strong>segno, ed è così detta perché lanciata da una cimosa all’altra. Viene legata al<br />

dritto, in <strong>di</strong>agonale o taffetas, dall’or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> fondo (liage repris) o da un or<strong>di</strong>to supplementare detto<br />

“<strong>di</strong> legatura”. Quando non deve comparire al dritto per creare affetti <strong>di</strong> opera, passa al rovescio e<br />

può rimanere slegata o essere legata al fondo come al dritto.<br />

TRAMA BROCCATA: trama supplementare che crea i decori dell’opera limitando il suo intervento<br />

alle sole zone del <strong>di</strong>segno; viene inserita con piccole navette dette “spolini”. Può essere legata al<br />

dritto nei medesimi mo<strong>di</strong> <strong>della</strong> trama lanciata, o rimanere slegata.<br />

TRAMA LISERÉE: effetto ottenuto slegando in alcune aree la trama <strong>di</strong> fondo.<br />

TIPOLOGIE TESSILI SEMPLICI<br />

Tessuti formati da un solo or<strong>di</strong>to e da una trama.<br />

TELA O TAFFETAS: tessuto ad armatura semplice in cui il rapporto <strong>di</strong> armatura è 2 fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to e<br />

2 <strong>di</strong> trama: tutti i fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to <strong>di</strong>spari si sollevano al passaggio delle trame <strong>di</strong>spari e tutti i fili pari al<br />

passaggio delle trame pari. L’aspetto dell’armatura è identico su entrambe le facce del tessuto. Si<br />

<strong>di</strong>ce “tela” quando è realizzata con filati <strong>di</strong> lino, cotone, lana o altro, mentre “taffetas” se è <strong>di</strong> seta.<br />

CANGIANTE: tessuto, <strong>di</strong> solito taffetas, che ha la trama e l’or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> colori <strong>di</strong>versi e crea perciò<br />

riflessi <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse tonalità al mutare <strong>della</strong> luce.<br />

CANNELLATO: armatura derivata dal taffetas; appare con coste orizzontali, formate dalle<br />

slegature <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to su più colpi <strong>di</strong> trama inseriti nello stesso passo. I vari tipi <strong>di</strong> cannellato si<br />

definiscono in base al numero dei colpi introdotti per realizzare ciascuna delle coste orizzontali;<br />

quello <strong>di</strong> due colpi è detto “Gros de Tours”.<br />

CANNELLATO SEMPLICE: cannellato con un or<strong>di</strong>to supplementare, detto “<strong>di</strong> pelo”, che slega su<br />

più colpi <strong>di</strong> trama, formando le coste orizzontali sull’armatura <strong>di</strong> fondo a taffetas.<br />

CANNETILLÉ: variante del cannellato semplice, ma con le coste orizzontali interrotte ed alternate<br />

a formare una superficie a scacchiera.<br />

DIAGONALE, O SAIA, O SPINA: armatura semplice caratterizzata da nervature oblique che<br />

possono andare verso destra (viene in<strong>di</strong>cato con S) o verso sinistra (in<strong>di</strong>cato con Z) rispetto ai punti<br />

<strong>di</strong> legatura. Tale armatura presenta su una faccia, detta “faccia or<strong>di</strong>to”, una prevalenza delle<br />

slegature dei fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to e sul lato opposto, detto “faccia trama”, una prevalenza delle slegature <strong>di</strong><br />

trama. Il tessuto <strong>di</strong>agonale è definito dal numero <strong>di</strong> slegature e legature <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to nel rapporto <strong>di</strong><br />

armatura: si in<strong>di</strong>ca prima sotto quanti colpi <strong>di</strong> trama slega un filo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to e poi su quanti colpi lega.<br />

RASO: armatura semplice in cui i punti <strong>di</strong> legatura sono organizzati in modo da risultare nascosti<br />

dalle slegature dei fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to a<strong>di</strong>acenti, formando così sulla faccia or<strong>di</strong>to una superficie lucida e<br />

uniforme e sulla faccia trama un effetto opaco, grazie alla prevalenza delle slegature <strong>di</strong> trama. I vari<br />

tipi <strong>di</strong> raso si in<strong>di</strong>cano con il numero dei fili che compongono il rapporto d’armatura e con quanti<br />

colpi <strong>di</strong> trama si sposta una legatura <strong>di</strong> un filo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to rispetto al filo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to precedente<br />

(contando sulla faccia or<strong>di</strong>to) oppure rispetto al filo <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to seguente (contando sulla faccia<br />

trama); tale spostamento è definito “scoccamento”.<br />

3


TIPOLOGIE TESSILI OPERATE<br />

Tessuti decorati con <strong>di</strong>segni, definiti “opera”, ottenuti dall’intreccio <strong>di</strong> più or<strong>di</strong>ti con più trame.<br />

BROCCATELLO: tessuto operato <strong>della</strong> famiglia dei lampassi; in questo tipo <strong>di</strong> tessuto abbiamo<br />

<strong>di</strong>segni ottenuti con la faccia or<strong>di</strong>to del raso a rilievo, grazie all’utilizzo <strong>della</strong> trama <strong>di</strong> fondo in lino,<br />

mentre il fondo stesso è ricoperto da una trama lanciata in seta legata da un or<strong>di</strong>to supplementare.<br />

DAMASCO: tessuto operato che presenta un effetto <strong>di</strong> fondo e uno <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno prodotti dalla faccia<br />

or<strong>di</strong>to e dalla faccia trama <strong>di</strong> un’armatura raso; in questo modo il tessuto risulta “double face”: da<br />

un lato, fondo lucido e decorazione opaca, dall’altro, decorazione lucida su sfondo opaco. In<br />

generale il damasco è monocromo, ma se ne trovano anche <strong>di</strong> bicromi, con or<strong>di</strong>to e trama <strong>di</strong> due<br />

<strong>di</strong>versi colori. E’ <strong>di</strong> antichissima origine orientale.<br />

LAMPASSO: tessuto operato derivante dallo sciamito; presenta un or<strong>di</strong>to e una trama <strong>di</strong> fondo che<br />

lavorano con armatura semplice: <strong>di</strong>agonale, raso o taffetas, più un or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> legatura che lega le<br />

trame lanciate o broccate con un altro intreccio, in genere <strong>di</strong>agonale o taffetas. Può avere effetti<br />

d’or<strong>di</strong>to e <strong>di</strong> trama; mette in rilievo il <strong>di</strong>segno rispetto al fondo grazie alle <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> armature<br />

impiegate. Presenta, cioè, due sistemi <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to e almeno due serie <strong>di</strong> trame; un or<strong>di</strong>to e una trama<br />

formano l’intreccio <strong>di</strong> fondo, gli altri si legano a formare il decoro. La sua origine è cinese.<br />

SCIAMITO: tessuto a due o più trame legate in <strong>di</strong>agonale da un or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> legatura, mentre l’or<strong>di</strong>to<br />

<strong>di</strong> fondo non lavora, fungendo unicamente da separatore delle trame che eseguono l’opera al dritto<br />

dalle trame che passano al rovescio quando non sono necessarie per definire i decori. La superficie<br />

è uniforme e il contorno del <strong>di</strong>segno è dato dalla contrapposizione dei colori del fondo e <strong>di</strong> quelli<br />

dell’opera o, per gli sciamiti monocromi, dagli stessi elementi del <strong>di</strong>segno.<br />

Tra le tipologie operate è compreso anche il velluto, non in uso nel Duecento, bensì a partire dal<br />

Trecento; abbiamo pensato comunque <strong>di</strong> fornire qualche nota tecnica anche su questo tessuto, per<br />

chi fosse interessato.<br />

VELLUTO: tessuto con due or<strong>di</strong>ti; uno <strong>di</strong> fondo, che intrecciandosi alla trama <strong>di</strong> fondo forma<br />

l’armatura <strong>di</strong> base, e uno “<strong>di</strong> pelo”, usato per la costruzione <strong>della</strong> superficie vellutata, la quale<br />

risulta, appunto, pelosa. Si esegue inserendo, ogni due o più colpi <strong>di</strong> trama <strong>di</strong> fondo, un ferro da<br />

velluto sul quale vengono poi abbassati i fili dell’or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> pelo. Vi sono velluti uniti, ossia semplici,<br />

la cui superficie si presenta omogenea, e velluti operati, vale a <strong>di</strong>re arricchiti con effetti <strong>di</strong> opera.<br />

VELLUTO (CORPO DEL): tale termine in<strong>di</strong>ca l’or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> pelo <strong>di</strong> un velluto operato; in un velluto a<br />

più colori vi sono <strong>di</strong>versi corpi.<br />

2-LA TINTURA E L’USO DEI COLORI<br />

Si forniscono qui <strong>di</strong> seguito i nomi dei materiali in uso durante il Duecento per tingere le stoffe, un<br />

piccolo glossario sui colori e una tabella sinottica dei significati che i <strong>di</strong>versi colori potevano<br />

assumere nella società me<strong>di</strong>evale.<br />

Porpora: ottenuta dal Murex, un mollusco marino grazie al quale si poteva tingere in colori che<br />

variavano dal violaceo all’azzurro cupo, passando per il bruno e il livido, a seconda <strong>della</strong> zona<br />

me<strong>di</strong>terranea dove il Murice era stato pescato. Ogni singola conchiglia dava una goccia <strong>di</strong> colore,<br />

per cui ne servivano migliaia per ricavare la quantità necessaria a tingere una tunica: <strong>di</strong> qui il prezzo<br />

elevatissimo <strong>della</strong> Porpora e il suo significato <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità regale.<br />

Indaco: estratto da una pianta chiamata In<strong>di</strong>goforu e importato dal Marocco, serviva a dare il colore<br />

azzurro.<br />

Scotano: da questa pianta si ottenevano il verde, il blu e il giallo.<br />

Galla: tale escrescenza presente sui rami <strong>di</strong> quercia dava il nero e il grigio.<br />

4


Grana: da un insetto parassita <strong>della</strong> quercia, chiamato coccus ilicis, si poteva trarre una tintura<br />

rossa chiamata “grana” per il fatto che l’insetto <strong>di</strong>sseccato appariva come un granello. Il processo<br />

consisteva nel far fermentare i piccoli insetti nell’urina, ottenendo un colore molto vivo e ricercato,<br />

quin<strong>di</strong> costoso.<br />

Kermes o chermes, termine arabo in<strong>di</strong>cante una tintura rossa, da cui nasce il “cremisi”.<br />

Verzino (o barzi, berzi, verzi), detto anche lignum brasile o braxile in quanto avente il colore <strong>della</strong><br />

bragia: era un legno proveniente dall’In<strong>di</strong>a o dall’Asia tropicale, per la precisione la corteccia <strong>di</strong><br />

Cesalpina Sappam e Cesalpina Cristia: i panni tinti con questo si <strong>di</strong>cevano berziliati e davano un<br />

rosso meno pregiato del kermes. Questo legno serviva anche per ricavare il vermiglio, il paonazzo<br />

e lo zaffiorato, laddove quest’ultimo colore in<strong>di</strong>cava una tinta interme<strong>di</strong>a fra giallo e rosso.<br />

Robbia (o garanza), ovvero la Rubia tinctorum, da secoli coltivata in Europa, ma importata pure<br />

dall’Oriente; questo perché la parte <strong>della</strong> pianta che dava la tintura era la ra<strong>di</strong>ce, per cui ogni<br />

raccolto <strong>di</strong> Robbia, che avveniva una volta l’anno e a due anni dalla semina, doveva essere<br />

sra<strong>di</strong>cato; <strong>di</strong> qui il fatto che la produzione interna non fosse sufficiente a colmare la richiesta. Dava<br />

anch’essa un colore rosso.<br />

Lacca: molto pregiata ma <strong>di</strong> scarso uso, altra tintura rossa <strong>di</strong> origine asiatica: era questa una resina<br />

emessa dai rami <strong>di</strong> alcune piante <strong>della</strong> famiglia delle euforbiacee a causa dell’azione <strong>di</strong> certi<br />

parassiti, che facevano “piangere” l’arbusto.<br />

Oricello: ulteriore maniera per ottenere il rosso, era già usato in Italia nel XII secolo: si trattava <strong>di</strong><br />

una sostanza <strong>di</strong> colore rosso violaceo estratta da un lichene definito “rocella tintoria”, lo stesso dal<br />

quale si ottiene il tornasole.<br />

Guado: altro modo, oltre all’indaco, <strong>di</strong> realizzare l’azzurro; si tratta <strong>di</strong> una sostanza estratta dalle<br />

foglie <strong>di</strong> una pianta, la Isatis tintoria, che forniva ben quattro-cinque raccolti all’anno. Le zone <strong>di</strong><br />

maggior produzione nell’Italia del XIII secolo erano il Chianti, la parte alta <strong>della</strong> val <strong>di</strong> Chiana, la<br />

valle del Tevere, la zona che si estendeva da Piacenza sino ad Alessandria.<br />

COLORE SIGNIFICATO<br />

Bianco Fede, in aral<strong>di</strong>ca detto “argento”,<br />

significa purezza o passione<br />

d’amore<br />

Rosso Carità, nobiltà, regalità, vendetta<br />

(in aral<strong>di</strong>ca), passione, amore,<br />

potere<br />

Verde Speranza, lutto se scuro, ardore<br />

(in aral<strong>di</strong>ca), rinascita<br />

Giallo In aral<strong>di</strong>ca detto “oro”, significa<br />

ricchezza e onori; se acceso,<br />

infamia e invi<strong>di</strong>a<br />

Nero Lutto, fermezza, perseveranza; in<br />

aral<strong>di</strong>ca in<strong>di</strong>ca malinconia<br />

Azzurro Purezza; in aral<strong>di</strong>ca il turchino<br />

significa magnanimità<br />

Blu Lutto o vedovanza se scuro<br />

Grigio Umiltà<br />

Bruno Umiltà<br />

Rovano (colore misto tra il nero Lutto o vedovanza se scuro<br />

e il rosso)<br />

Morello (color violetto) Lutto o vedovanza se scuro<br />

Oro Sentimento<br />

Viola Lutto<br />

5


I nomi dei colori in<strong>di</strong>cati qui <strong>di</strong> seguito si rifanno all’uso e alla lingua veneta.<br />

ALESSANDRINO: color azzurro con riflessi metallici.<br />

AMAREO: color amaranto.<br />

ARMELIN: color albicocca.<br />

BAVELIN: color <strong>della</strong> bavella, cioè del cascame <strong>di</strong> seta, i filamenti tolti dal bozzolo prima <strong>di</strong><br />

cominciare a trarne la seta.<br />

BERETINO: color marrone scuro tendente al grigio topo.<br />

BERTAMOREA: panno <strong>di</strong> color bruno tendente al viola.<br />

BIAVO, BLAVO: color celeste, azzurrognolo.<br />

BIAVETTO: blavus azzurro, ossia colore lilla.<br />

BIGELLO: tendente al grigio.<br />

BIOIO: panno <strong>di</strong> color Blavo o Biavo, cioè azzurro chiaro, molto usato dai veneti.<br />

BIONDO: colore giallo-bianco o giallo dorato.<br />

BLÒ: azzurro, paonazzo.<br />

CANNELLINO: color <strong>di</strong> cannella, <strong>di</strong> solito citato fra i paonazzi.<br />

CILESTRO: variante chiara del bioio.<br />

CREMESE: cremisi, rosso (dal chermes); sinonimo <strong>di</strong> vermiglio, è il colore veneziano nobile.<br />

FESTICHINO: color verde pistacchio.<br />

GREDELIN: o griselin, deriva dal francese gris-de-lin e in<strong>di</strong>ca il color lilla.<br />

INCARNÀ: color rosa carne.<br />

LACCA: color rosso lacca.<br />

LATADO: color del latte.<br />

LATESIN: colore bianco celestino.<br />

LIONATO: colore del leone ovvero fulvo, tinta ruggine.<br />

MAVÌ: colore celeste cupo.<br />

MORELLO: color violetto.<br />

MOSCO: color muschio.<br />

NARANZIN: color arancio.<br />

OBRIACO: forse panno rosso vivo.<br />

PAVONAZO, PAONAZZO: colore violetto, nero-azzurro o blu pavone.<br />

PAZIENZA: colore scuro.<br />

PERSEGHIN: del colore <strong>della</strong> pesca.<br />

PERSO: panno blavo bruno.<br />

ROAN, ROVANO: color nero rossigno.<br />

RUOSA SECHA: colore rosaceo.<br />

SCARLATTO: color rosso cremisi. In realtà questo termine, derivante dal persiano scarlat,<br />

in<strong>di</strong>cava in origine qualsiasi colore nella sua gradazione più intensa; si poteva parlare <strong>di</strong> bianco<br />

scarlatto, ad esempio, per in<strong>di</strong>care un bianco particolarmente brillante e vivido.<br />

SGUARDO: color rosso acceso, vermiglio.<br />

TANNÉ: color castano fulvo.<br />

VERDELLO: panno verde.<br />

VERMIGLIONE: rosso scuro.<br />

VINÀ, VINADO: color rosso, la stessa tinta del vino.<br />

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3- LA MODA<br />

Qui <strong>di</strong> seguito forniamo un glossario dei nomi <strong>di</strong> abiti e accessori del vestiario, seguito da brevi<br />

spiegazioni illustrate me<strong>di</strong>ante miniature. La trattazione si riferisce in generale alla <strong>moda</strong> del nord e<br />

centro Italia, considerando però il più ampio contesto centroeuropeo e approfondendo talvolta con<br />

cenni dell’uso friulano; saranno quin<strong>di</strong> impiegate risorse iconografiche pertinenti tanto all’ampia<br />

area <strong>di</strong> cultura franco-germanica, quanto all’Italia del centro-nord e alle terre del Patriarcato<br />

d’Aquileia. Questa scelta è motivata dal fatto che il costume italiano in generale e friulano in<br />

particolare hanno subito, a causa delle conquiste e delle invasioni o grazie alla presenza pacifica sul<br />

territorio, l’influenza degli usi vestimentari e tessili <strong>di</strong> numerose culture e vari popoli: i francesi, le<br />

genti germanico-magiare, i normanni, gli arabi hanno lasciato il loro segno in decorazioni, fogge,<br />

tecniche tessitorie o tintorie.<br />

Si deve considerare, inoltre, il fatto che durante il Duecento i traffici commerciali a livello<br />

continentale erano molto sviluppati: in Italia si lavoravano lane pregiate fatte venire apposta<br />

dall’Inghilterra, che esportava anche i migliori ricami d’Europa, chiamati opus anglicanum; a<br />

Venezia, Lucca e Palermo fiorì una produzione <strong>di</strong> sete operate <strong>di</strong> derivazione orientale grazie ai<br />

contatti coi popoli del Vicino Oriente, dai quali venivano comunque importati tanto materie prime<br />

(cotone, seta, allume) quanto prodotti lavorati; in Friuli la presenza <strong>di</strong> una nobiltà <strong>di</strong> ceppo<br />

germanico favorì il <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> costumi “alla tedesca”, ma la vicinanza con Venezia, porta<br />

d’Oriente, influenzò anche il gusto per i tessuti operati e ad<strong>di</strong>rittura, verso i primi del Trecento, la<br />

passione per i drappi decorati alla <strong>moda</strong> cinese.<br />

Naturalmente questo intervento non ha la pretesa <strong>di</strong> illustrare un panorama così ampio e articolato<br />

come quello appena descritto, ma semplicemente <strong>di</strong> fornire al lettore le informazioni principali<br />

riguardo alla <strong>moda</strong> <strong>duecentesca</strong>; altri interventi affronteranno <strong>di</strong> volta in volta con approfon<strong>di</strong>menti<br />

le singole questioni.<br />

NOMI DEI TESSUTI, DEGLI INDUMENTI E DEI COMPLEMENTI DI VESTIARIO<br />

I termini impiegati in questo breve glossario sono sempre quelli dell’uso veneto nei secoli XIII e<br />

XIV.<br />

AGNINA: lana d’agnello<br />

ALBAGIO: tessuto grossolano <strong>di</strong> lana non tinta<br />

AMUER: moire, tessuto con armatura in taffetas o gros dall’effetto marezzato. Detto anche<br />

amoerro o marizzo.<br />

ARAZZO: tessuto che presenta un unico or<strong>di</strong>to e più trame <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi colori, ciascuna delle quali<br />

interviene solo dove lo richiede il <strong>di</strong>segno, coprendo comunque l’or<strong>di</strong>to. Di solito l’armatura è tela.<br />

ARMELIN: pelliccia <strong>di</strong> ermellino, ma anche color albicocca.<br />

AURIFRISIA: fregio, passamaneria intessuta d’oro.<br />

BAIADERA: tessuto che presenta fasce orizzontali prodotte dall’accostamento <strong>di</strong> armature <strong>di</strong>verse.<br />

BAIETTA: panno <strong>di</strong> lana.<br />

BALDACHIN: tessuto <strong>di</strong> seta originario <strong>della</strong> città <strong>di</strong> Baghdad.<br />

BALZANA: guarnizione all’estremità inferiore delle vesti.<br />

BANCHAL: cassapanca, ma anche drappo che la ricopre.<br />

BANDA: striscia <strong>di</strong> tessuto colorato in<strong>di</strong>cante l’appartenenza a un esercito, un partito, un casato.<br />

BARBOLE: lembi <strong>di</strong> cuffia.<br />

BASSETTE: pelli <strong>di</strong> agnellino ucciso appena nato.<br />

BATISTA: tela <strong>di</strong> lino sottile e semitrasparente, <strong>di</strong> alta qualità, <strong>di</strong> provenienza fiamminga.<br />

BASTON: tela <strong>di</strong> lino fabbricata nella regione francese <strong>della</strong> Piccar<strong>di</strong>a; è sinonimo <strong>di</strong> tela batista o<br />

rensa (da Reims).<br />

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BAVELIN: color <strong>della</strong> bavella, cioè del cascame <strong>di</strong> seta, i filamenti tolti dal bozzolo prima <strong>di</strong><br />

cominciare a trarne la seta. E’ una seta <strong>di</strong> qualità più scadente.<br />

BECCHETTO: parte finale allungata <strong>di</strong> copricapo maschile.<br />

BELVEDER: tessuto <strong>di</strong> seta.<br />

BERCANDO: tessuto <strong>di</strong> cotone, fustagno, pignolato.<br />

BERGAMON: panno <strong>di</strong> lana.<br />

BIGELLO: panno <strong>di</strong> lana grossolana tendente al grigio.<br />

BINDELLI: fettucce <strong>di</strong> seta, nastri.<br />

BIOIO: panno <strong>di</strong> color blavo o biavo, cioè azzurro chiaro, molto usato dai veneti.<br />

BISAZZA: bisaccia.<br />

BOMBASO: cotone.<br />

BOTANA: tela <strong>di</strong> cotone assai resistente usata per le vele.<br />

BRAZZO: unità <strong>di</strong> misura per la tela, corrispondente a quattro palmi o quarte, cioè, a Venezia 63,8<br />

cm per la seta e 68,2 cm per la lana.<br />

BROCCA: bottone, spilla; tessuto operato per broccature.<br />

BRUNETTA: panno <strong>di</strong> bassa qualità <strong>di</strong> color bruno ( bruno in<strong>di</strong>cava la tonalità scura <strong>di</strong> un qualsiasi<br />

colore).<br />

BULGARO: cuoio <strong>di</strong> provenienza bulgara.<br />

CALÇARIOS: scarpe.<br />

CALCETTI: calzetti.<br />

CALLICOLE: decorazioni tonde.<br />

CAMAURO: cuffietta maschile <strong>di</strong> tela <strong>di</strong> lino <strong>di</strong> foggia cupoliforme con cordelle laterali da<br />

allacciare sotto la gola.<br />

CAMORA, GAMURRA: veste femminile; tunica con maniche.<br />

CAMOCATO: tessuto <strong>di</strong> seta molto lucente, proveniente da Cina e In<strong>di</strong>a.<br />

CAMOZZA: pelle scamosciata.<br />

CAMPAGI: calzature.<br />

CANZANTE: cangiante; detto così un tessuto <strong>di</strong> seta con trama <strong>di</strong> un colore e or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> un altro.<br />

CAPIGLIARA: acconciatura femminile arricchita da posticci e nastri.<br />

CAPPA: mantello a ruota con cappuccio.<br />

CARNIZE: tela rada <strong>di</strong> lino.<br />

CAMBELOTTO: detto anche ciambellotto, cammellotto o zambellotto, è un tessuto in uso già a<br />

metà Duecento, una lana beige ricoperta <strong>di</strong> un leggero pelo. E’ chiamato così perché in origine pare<br />

fosse fatto <strong>di</strong> pelo <strong>di</strong> cammello.<br />

CAMBRADA: tela finissima <strong>di</strong> lino, solitamente bianca, originaria <strong>di</strong> Cambrai; del genere <strong>della</strong><br />

batista.<br />

CAMBRAGIO: tela molto fine vicina o coincidente con la batista.<br />

CANEVAZZA: canovaccio, ossia panno <strong>di</strong> lino (pannolino) grosso e ruvido, ma anche broccato<br />

tessuto d’oro e argento.<br />

CANUTIGLIA: strisciolina d’oro e argento che, attorcigliata, è usata nei ricami.<br />

CAPICCIOLA: tessuto con trama <strong>di</strong> stame o bavelle e or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> seta cotta.<br />

CASTORETO: tela con or<strong>di</strong>to <strong>di</strong> seta e trama <strong>di</strong> lana.<br />

CENDAL, ZENDADO: detto anche zendale, era un tessuto grandemente in voga sin dal IX secolo e<br />

rimase in uso sino al XVII; poteva essere <strong>di</strong> molte varietà, somigliava ai foulard e al taffetas. Se ne<br />

facevano vesti sacre quanto abiti comuni.<br />

CENTONE: rozzo panno pesante; schiavina <strong>di</strong> più pezzi.<br />

CHATASAMITO: copia <strong>di</strong> sciamito, quasi sciamito.<br />

CHERMONESE: pare che il nome in<strong>di</strong>chi un tessuto fabbricato a Cremona, o che derivi da<br />

chermes.<br />

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CHINÉ: tessuto decorato da un <strong>di</strong>segno a contorni sfumati, ottenuto tingendo, prima <strong>della</strong> tessitura,<br />

i fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to a piccoli gruppi, in colori <strong>di</strong>versi e me<strong>di</strong>ante tintura per riserva, vale a <strong>di</strong>re coprendo<br />

(“riservando”) le zone che non si vogliono tingere.<br />

CINGOLO: cintura <strong>di</strong> corda.<br />

CIOPPA: sopravveste maschile pesante, con maniche, foderata <strong>di</strong> pelliccia.<br />

CIROTECHE: guanti.<br />

CLAMIDE: mantello a ruota allacciato da fibbia sulla spalla.<br />

COA: coda, ovvero strascico.<br />

COAZZONE: lunghissima treccia <strong>di</strong> capelli: è una <strong>moda</strong> originaria del Nord Europa.<br />

COGOLA: cocolla, tunica; veste monacale.<br />

CORDOVANO: cuoio finissimo, originario <strong>della</strong> città spagnola <strong>di</strong> Cordova.<br />

CORTELLATO: frastagliato, abito sul quale sono stati praticati dei tagli ornamentali.<br />

COSCIALIA: mutande: dette anche “tibialia” o “femoralia”.<br />

COSTANZA: tela bianca <strong>di</strong> lino proveniente dalla città <strong>di</strong> Costanza.<br />

COTTA: veste lunga con maniche strette, <strong>di</strong> uso sia maschile che femminile.<br />

CROSINA, CROSNA: sopravveste o mantello foderato <strong>di</strong> pelliccia.<br />

CUCULLO: corta mantellina con cappuccio.<br />

CUOIETTO: detto anche “coletto”, è un farsetto <strong>di</strong> cuoio per lo più senza maniche.<br />

DALMATICA: veste liturgica aperta ai fianchi, con maniche larghe; deve il suo nome alla sua<br />

origine dalmata.<br />

DESTAGGIO: intaglio, lavoro traforato o frastagliato.<br />

DIASPRO: termine in uso solo durante il secolo XIII per in<strong>di</strong>care certi tessuti preziosi. Deriva dal<br />

greco e significa “due volte bianco”, poiché presentava un <strong>di</strong>segno monocromatico che si staccava<br />

dal fondo per contrasto tra superficie lucida e opaca.<br />

DIMITO: termine derivante dal greco e che significa “a filo doppio”; guarnello o tessuto <strong>di</strong> cotone<br />

puro o misto con altra fibra.<br />

DIVISA: stemma aral<strong>di</strong>co.<br />

DIVISATO: tessuto a strisce verticali.<br />

DOBLONE: tessuto doppio, forse <strong>di</strong> cotone.<br />

DOSSI: dorsi del vaio.<br />

DRAPO: tessuto <strong>di</strong> pura seta.<br />

DURANTE: una specie <strong>di</strong> panno rinforzato.<br />

FACCIOLO: detto anche fazzuolo, faziol; è un velo da testa, in genere <strong>di</strong> seta.<br />

FALDA: lembo <strong>di</strong> veste, tesa <strong>di</strong> cappello o parte inferiore <strong>di</strong> casacca.<br />

FARSETTO: indumento per il busto maschile, chiuso e regolato con legacci; bustino o corpetto<br />

femminile.<br />

FELPA: tessuto <strong>di</strong> cotone grosso e peloso.<br />

FELTRO: stoffa non tessuta, ma ottenuta pressando peli o fibre animali.<br />

FERANDINA: stoffa leggera <strong>di</strong> lana e seta.<br />

FIGURADO: operato, ossia che presenta <strong>di</strong>segni e figure realizzati me<strong>di</strong>ante effetti <strong>di</strong> trama.<br />

FILLO: lino.<br />

FOGGIA: parte larga del cappuccio in uso nei secoli XIV-XV.<br />

FRAPPE: frastagliature degli orli <strong>della</strong> veste; frangiature.<br />

FORBIZADO: sforbiciato,tagliato, trinciato, accoltellato. Già nel Duecento era in uso la “veste<br />

accoltellata”, abito sul quale erano stati praticati tagli, in genere verticali; era spesso <strong>di</strong>stintiva dei<br />

personaggi bizzarri, come i giullari.<br />

FUSTAGNO: tessuto operato <strong>di</strong> cotone bianco, nel quale i <strong>di</strong>segni sono in genere geometrici e<br />

ottenuti per slegature <strong>di</strong> trama. Può però in<strong>di</strong>care qualsiasi tessuto <strong>di</strong> cotone o panno misto <strong>di</strong> lana e<br />

cotone, <strong>di</strong> me<strong>di</strong>o peso e poco prezzo.<br />

GARBO: panno fatto con lana proveniente dalla città araba <strong>di</strong> Garbo.<br />

GARZA: tela molto rada, molle e irregolare, originaria <strong>della</strong> città <strong>di</strong> Gaza.<br />

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GHERONE: tassello triangolare <strong>di</strong> stoffa inserito per ampliare la veste.<br />

GIURIN: tipo <strong>di</strong> tessuto per fodere.<br />

GIUSTACUORE: farsetto o copribusto.<br />

GONNELLA: veste lunga tanto maschile quanto femminile, con maniche e strascico.<br />

GRISETTA: stoffa leggera <strong>di</strong> lana o mista <strong>di</strong> lana e seta.<br />

GRISO: o len<strong>di</strong>nella, era il panno grosso e <strong>di</strong> poco pregio usato da alcuni monaci e dagli eremiti;<br />

era adottato anche per le vesti degli schiavi forzati e degli operai.<br />

GRISOFERRO: panno ruvido <strong>di</strong> lana.<br />

GROGRANO: dal francese gros-grain, che in<strong>di</strong>ca la grana grossa, è un tessuto pesante a corde<br />

rilevate.<br />

GROS: drappo <strong>di</strong> seta in cui la trama è inserita doppia ad ogni passo; noti il gros de Tours o quello<br />

<strong>di</strong> Napoli.<br />

GUARNACCA: sopravveste con aperture laterali per le braccia, <strong>di</strong> uso sia maschile che femminile.<br />

GUARNELLO: lunga tunica femminile cinta in vita, veste da casa o da lavoro; così chiamata è una<br />

stoffa mista <strong>di</strong> cotone, lino, canapa.<br />

INTERCULAS, INTERULAS: mutande.<br />

LAMA, LAMETTA: tessuto <strong>di</strong> seta laminato, ossia con una trama lanciata d’oro o argento filati o<br />

lamellari.<br />

LATESIN:tipo <strong>di</strong> seta o colore bianco celestino.<br />

LATTIZI: pelli <strong>di</strong> agnellini da latte.<br />

LISCI: belletti, trucchi.<br />

LUPO CERVIERO: lince.<br />

MAGIETA: piccola maglia o anellino metallico.<br />

MANGANO: macchina formata da due cilindri orizzontali che sostengono una cassa <strong>di</strong> legno piena<br />

<strong>di</strong> pesi, attorno ai quali veniva avvolto il tessuto, che, così compresso, acquistava in lucentezza.<br />

MANOPOLE: guanti.<br />

MANTELLO: drappo da avvolgere attorno al corpo sopra gli abiti, a scopo <strong>di</strong> proteggersi dalle<br />

intemperie. Non ha una forma precisa.<br />

MANTO: mantello o tipo <strong>di</strong> tessuto <strong>di</strong> seta.<br />

MAREZZATO O MOIRÉ: presenta effetti decorativi ad onde, secondo i riflessi <strong>della</strong> luce; sono<br />

ottenuti piegando e poi schiacciando tessuti ad armature a coste trasversali, <strong>di</strong> solito del tipo gros. Il<br />

proce<strong>di</strong>mento avviene spostando la trama con appositi arnesi lignei e fissando poi il tutto me<strong>di</strong>ante<br />

la calandra, una pressa fortemente riscaldata.<br />

MASPILLI: bottoni.<br />

MAZZOCCHIO: cerchio imbottito che si cala sulla fronte per fissare il sottostante berretto o<br />

cappuccio.<br />

MEÇANELLO: tessuto misto <strong>di</strong> lana e lino.<br />

MESCOLATO: tessuto con fili <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi colori.<br />

MEZZALANA: tessuto <strong>di</strong> poco prezzo misto <strong>di</strong> lana, canapa o lino.<br />

MOZZETTA: corta mantellina, a volte rivestita <strong>di</strong> pelliccia.<br />

MUNEGHINA: tela ruvida <strong>di</strong> lino o canapa tessuta nei conventi.<br />

NASICCIO: drappo <strong>di</strong> seta intessuto d’oro, <strong>di</strong> origine cinese, così chiamato da Marco Polo.<br />

ORARIO: panno <strong>di</strong> lino per avvolgere il viso.<br />

ORMESIN: tessuto <strong>di</strong> seta che deve il suo nome all’isola <strong>di</strong> Ormuz, situata all’entrata del golfo<br />

Persico.<br />

OSTEA: detta anche hostea, è un tipo <strong>di</strong> tessuto.<br />

PADOVANELLA: panno <strong>di</strong> lana prodotto tanto in Italia quanto in Spagna.<br />

PASSETTI: cinghiette, cinturini.<br />

PATERNOSTRI: grani, ciondoli sferici, bossoli.<br />

PATITOS: zoccoli.<br />

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PAVION: tessuto <strong>di</strong> stamigna a fili ra<strong>di</strong> e uguali tanto <strong>di</strong> trama quanto <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to; era usato per le<br />

cortine dei letti o dei tabernacoli (da qui il termine “pa<strong>di</strong>glione”).<br />

PENULA: veste liturgica <strong>di</strong> forma circolare con apertura centrale per far passare il capo.<br />

PEROLO: ciondolo, pendente o bottone a forma <strong>di</strong> pera.<br />

PIANELE: calzature senza tacco.<br />

PIGNOLATO: panno misto grezzo con la superficie a piccoli no<strong>di</strong>, detti pinoli.<br />

POLANA: flanella.<br />

PONTO MORESCO: punto saraceno, puncetto a no<strong>di</strong>.<br />

POSTA: fascia <strong>di</strong> seta che si cinge in vita o attorno ad alcuni copricapo.<br />

PURGO: magistratura incaricata <strong>di</strong> verificare che i vari tessuti <strong>di</strong> lana fossero stati realizzati col<br />

numero <strong>di</strong> fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to regolamentare per ciascuna tipologia.<br />

QUARTATO: <strong>di</strong>viso in quattro parti.<br />

RASSA: rascia.<br />

RAZZESE: panno proveniente da Arras.<br />

RAZZO: arazzo, dalla città <strong>di</strong> Arras.<br />

REFE: filo <strong>di</strong> lino.<br />

RESTAGNO: telette con oro e argento tirati.<br />

RIGADIN: tessuto ad armatura tela costituito da lana legata a intervalli regolari da gruppi <strong>di</strong> fili <strong>di</strong><br />

seta.<br />

RIGADINI TEDESCHI: tessuti misti <strong>di</strong> lino e cotone.<br />

ROMAGNOLO: panno <strong>di</strong> poco prezzo proveniente dalla Romagna.<br />

SACHOZA: borsa.<br />

SAIA: armatura semplice; tessuto <strong>di</strong> lana secca con or<strong>di</strong>to e trama <strong>di</strong> stame ad intreccio <strong>di</strong>agonale<br />

(anche in lino).<br />

SAIO: veste maschile o tonaca monacale.<br />

SARABULLE, ZARABULLE: mutande <strong>di</strong> ridotte <strong>di</strong>mensioni, una sorta <strong>di</strong> slip ante litteram.<br />

SARANGONA: tessuto <strong>di</strong> lana <strong>di</strong> origine turca.<br />

SARANTASIMO: tessuto <strong>di</strong> azze ( ricor<strong>di</strong>amo che l’accia, o azza, è il filo <strong>di</strong> lino, cotone e seta, o<br />

sinonimo <strong>di</strong> anima) e lana.<br />

SAZO: assaggio, ossia controllo <strong>della</strong> qualità delle stoffe effettuato da personale specializzato.<br />

SCAPOLARE: tipico degli or<strong>di</strong>ni monastici, è un lungo rettangolo <strong>di</strong> stoffa con apertura laterale,<br />

che cade sul petto e sulla schiena e rimane aperto ai lati.<br />

SCARLATTO: sargia o color rosso cremisi, oppure panno pregiato <strong>di</strong> colore acceso.<br />

SCHIAVINA: detto anche stiavina, è un tessuto <strong>di</strong> lana ruvido usato spesso per far coperte, ma<br />

in<strong>di</strong>cava anche un corto mantello con cappuccio usato dai marinai. Il nome è deriva dal fatto che il<br />

tipo <strong>di</strong> tessuto era originario <strong>della</strong> Schiavonia, l’o<strong>di</strong>erna Dalmazia.<br />

SCHIETO: semplice, ossia <strong>di</strong> un solo colore.<br />

SCHILLATO, SGHIRATTO: scoiattolo.<br />

SCIAMITO: stoffa <strong>di</strong> seta pesante.<br />

SCOTO: tessuto spinato <strong>di</strong> lana proveniente dalla Scozia.<br />

SIVIGLIA: tessuto <strong>di</strong> seta proveniente dell’omonima città spagnola, che con Cordoba e Toledo fu<br />

una delle capitali <strong>della</strong> seta nella Spagna dei secoli XII e XIII .<br />

SOATTO: tipo <strong>di</strong> cuoio leggero.<br />

SOGGOLO: fascia da avvolgere attorno al viso, passando sotto il mento. Acconciatura che copre<br />

capo e collo.<br />

SOTTANA: veste lunga da portare sotto gli altri indumenti.<br />

SPALIERE: arazzi o stoffe con le quali venivano rivestiti stalli o schienali <strong>di</strong> se<strong>di</strong>li lignei.<br />

STAME: filo <strong>di</strong> lana pettinata più attorto del solito, usato per l’or<strong>di</strong>to.<br />

STAMETTO: panni <strong>di</strong> lana molto pelosi e ispi<strong>di</strong>; tessuto a foggia <strong>di</strong> fascia stretta, da ciascun lato<br />

del quale la trama tagliata e sfilacciata sopravanza i fili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>to che la tengono unita.<br />

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STAMIGNA: tessuto <strong>di</strong> lana o lino a trama larga, impiegato per il confezionamento <strong>di</strong> camicie; si<br />

sa che già esisteva alla fiera <strong>di</strong> Troyes nel XIV secolo. Tessuto <strong>di</strong> lana sottile e resistente.<br />

STANFORTINO: tessuto dall’or<strong>di</strong>to (stame) rinforzato.<br />

TINTILANA: realizzato con lana tinta prima <strong>della</strong> filatura.<br />

TRUFALDA: tipo <strong>di</strong> tessuto.<br />

VAIO, VARO: vaio, animaletto dalla pelliccia pregiata simile allo scoiattolo.<br />

VALENZANA: stoffa leggera <strong>di</strong> lana pettinata.<br />

VANTIS: guanti.<br />

VARNAZA: guarnacca.<br />

VERGATO: a righe orizzontali o verticali.<br />

ZEBELIN: zibellino.<br />

ZENDADO, CENDATO: stoffa <strong>di</strong> seta leggera, usata solitamente per foderare.<br />

ZETANO, ZETANINO: tessuto originario <strong>della</strong> città cinese <strong>di</strong> Zayton, famosa per le sue seterie. E’<br />

un raso.<br />

ZUPON, ZIPON: giubbone, farsetto maschile da indossare sopra la camicia.<br />

ESEMPI DI ABBIGLIAMENTO DUECENTESCO<br />

Figura 1: conta<strong>di</strong>ni al lavoro, Bibbia Maciejowski, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, sec. XIII, John Pierpont<br />

Morgan Library, New York<br />

Grazie alla figura qui sopra abbiamo la possibilità <strong>di</strong> capire quali fossero gli indumenti intimi<br />

portati dagli uomini del Duecento: il conta<strong>di</strong>no seminudo, infatti, calza un paio <strong>di</strong> brache, sorta <strong>di</strong><br />

pantaloni corti <strong>di</strong> lino (o <strong>di</strong> tessuto misto per i meno abbienti) sostenuti in vita da un’allacciatura a<br />

coulisse e dotati <strong>di</strong> due spacchi sulle cosce grazie ai quali la braca poteva essere rialzata, legandola<br />

al cordone in vita me<strong>di</strong>ante appositi laccetti. E’ infatti ciò che ha fatto il nostro conta<strong>di</strong>no: notiamo<br />

il cordoncino <strong>della</strong> vita che scende ad allacciarsi con la cor<strong>della</strong> fissata in fondo allo spacco <strong>della</strong><br />

braca; in questo modo chi lavora può avere più agio nei movimenti. L’uomo più a destra, oltre a<br />

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sollevare le brache, ha rimborsato attorno alla vita la camisia, indumento <strong>di</strong> lino o tessuto misto, in<br />

genere bianco, da portare sciolto e lungo almeno fino alle ginocchia. Per le donne, il medesimo<br />

indumento è detto sotano.<br />

Gli uomini del popolo portavano solamente le brache come intimo, mentre i più ricchi potevano<br />

permettersi le sarabullas (o sararbulle, zorabulle), veri e propri slippini in lino chiusi a coulisse e<br />

resi aderenti grazie al taglio e alle cuciture, da portare sotto alle brache.<br />

Il trebbiatore vestito <strong>di</strong> blu ci mostra altri due capi che concorrevano a realizzare l’abbigliamento<br />

base <strong>di</strong> un uomo del XIII secolo: agganciate in vita alle brache porta infatti le calzebrache, antenate<br />

dei nostri pantaloni; erano <strong>di</strong>vise (da qui il nostro uso <strong>di</strong> <strong>di</strong>re “un paio <strong>di</strong> braghe”), realizzate in<br />

genere in panno <strong>di</strong> lana e a volte rivestite internamente <strong>di</strong> tela sottile <strong>di</strong> lino o <strong>di</strong> altro tessuto.<br />

Dotate <strong>di</strong> cordelle, potevano essere –appunto- legate in vita, ma si potevano anche portare scese e<br />

fissate attorno al ginocchio per maggior praticità. Il nostro uomo indossa anche la gonnella (o<br />

tunica): è un indumento lungo almeno fino alle ginocchia (sino alle caviglie per ricchi e nobili),<br />

attillato al busto e più abbondante al <strong>di</strong> sotto <strong>della</strong> vita, con maniche tubolari e scollo solitamente<br />

circolare (ma ne esistevano anche quadri o a “V”) con un’apertura sul davanti per essere infilato più<br />

co<strong>moda</strong>mente dalla testa; è stretta attorno alla vita da una cintura chiamata cingulum (se <strong>di</strong> corda) o<br />

corrigia (se <strong>di</strong> cuoio). Notiamo che la gonnella in questione si apre davanti a portafoglio e ci lascia<br />

vedere una foderatura interna, probabilmente in tela <strong>di</strong> lino o tessuto misto; tanto la fodera quanto<br />

questo tipo <strong>di</strong> apertura erano opzionali, esistendo anche gonnelle non foderate (per chi non se lo<br />

poteva permettere) e senza taglio anteriore, essendo quest’ultimo più che altro ricavato sulle<br />

gonnelle da lavoro. Notiamo anche come ai polsi delle maniche sia stato praticato un taglio<br />

longitu<strong>di</strong>nale per facilitare l’uscita <strong>della</strong> mano e come siano rivoltati all’in<strong>di</strong>etro per maggior<br />

praticità.<br />

La gonnella poteva in<strong>di</strong>care, in base ad alcuni particolari, la ricchezza e il rango sociale <strong>di</strong> chi la<br />

indossava: se un lavoratore la portava corta al ginocchio, a volte aperta a portafoglio, con tagli alle<br />

maniche e allo scollo, realizzata in tessuti poco costosi come quelli misti o le lane <strong>di</strong> scarsa qualità,<br />

un ricco e nobile signore la indossava in ottima lana, lino finissimo o seta, con foderatura in tela<br />

fine, attillatissima al busto ed estremamente abbondante al <strong>di</strong> sotto, lunga fino alle caviglie e chiusa<br />

attorno allo scollo e ai polsi da bottoni detti maspilli, pomelli o peroli. Per rendere la gonnella larga<br />

sotto i fianchi si faceva uso <strong>di</strong> gheroni, ovvero triangoli <strong>di</strong> stoffa cuciti l’uno accanto all’altro;<br />

naturalmente un indumento ricco poteva anche essere ingentilito da passamanerie, ricami (detti acu<br />

pictura o ars plumaria), applicazioni <strong>di</strong> perle, gemme, pietre preziose, liste (ovvero fasce) intessute<br />

d’oro; poteva essere realizzato in tessuto operato e tinto in colori vivaci. Per il Duecento, il non plus<br />

ultra dell’eleganza era la gonnella in seta operata con motivi circolari detti rotae, orbicula,<br />

compaxis o rotellas, tinta in colori molto brillanti, arricchita da bottoni in avorio, argento, oro e<br />

decorata da liste d’oro allo scollo, ai polsi e al bordo inferiore, oppure da fasce arricchite <strong>di</strong> perle e<br />

preziosi.<br />

Oltre alla gonnella esisteva anche un abito da lavoro chiamato guarnello, che prendeva il suo nome<br />

dal tessuto <strong>di</strong> cotone col quale era realizzato; se la gonnella poteva essere un capo “<strong>di</strong> tutti i giorni”<br />

quanto <strong>di</strong> lusso, il guarnello, portato da ambo i sessi, era un indumento de<strong>di</strong>cato unicamente al<br />

lavoro, fosse esso in casa o nei campi.<br />

Ma torniamo ai nostri trebbiatori: tutti portano in testa un copricapo bianco, probabilmente in tela <strong>di</strong><br />

lino, detto generalmente cofia o camauro; era usato unicamente dal sesso maschile e poteva venire<br />

indossato da solo oppure sotto un altro copricapo, fosse esso un cappello, un cappuccio o una<br />

berretta. Dall’analisi <strong>di</strong> varie miniature ed affreschi si evince come non tutti portassero la cofia:<br />

nelle miniature <strong>della</strong> Bibbia Maciejowski ricorre spesso, ma per esempio nel Salterio <strong>di</strong> Santa<br />

Elisabetta non la porta praticamente nessuno; si pensa dunque che il suo uso <strong>di</strong>pendesse dalle<br />

abitu<strong>di</strong>ni locali e dalla situazione.<br />

Ai pie<strong>di</strong> quasi tutti i conta<strong>di</strong>ni –salvo quello scalzo- calzano bassi stivaletti con un’allacciatura<br />

attorno alla caviglia; le calzature, chiamate caligas (scarpe basse) o stivalli (scarpe alte alla<br />

caviglia), erano realizzate in pelle e cuoio, chiuse sul davanti o sul lato me<strong>di</strong>ante lacci oppure<br />

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fibbie, laddove queste ultime erano molto chic, soprattutto se poste lateralmente. La pelle poteva<br />

essere in tinta naturale oppure colorata: si hanno scarpe delle <strong>di</strong>verse tonalità del marrone, nere, ma<br />

anche (per i ricchi) rosse, bianche o realizzate in stoffa ricamata e colorata. Non era strettamente<br />

necessario per gli uomini del tempo indossare scarpe: potevano infatti portare le calze solate,<br />

calzebrache al piede delle quali era stata fissata una suola <strong>di</strong> cuoio; i conta<strong>di</strong>ni e i popolani<br />

potevano portare zoccoli <strong>di</strong> legno o ciocie <strong>di</strong> corda, mentre i più sfortunati andavano scalzi. Non<br />

esisteva lo stivale come è concepito in epoca moderna, alto fino al ginocchio.<br />

In definitiva, l’abbigliamento base dell’uomo duecentesco era costituito da:<br />

• Brache<br />

• Calzebrache<br />

• Camisia<br />

• Gonnella o guarnello<br />

• Caligas o stivalli<br />

• Cofia/camauro<br />

• Cingulum/corrigia<br />

In realtà il vero e proprio “completo”, così come lo concepiamo oggi, era detto roba e composto da:<br />

• Gonnella<br />

• Guarnacca<br />

• Mantello o pelle<br />

Laddove la gonnella è l’equivalente <strong>della</strong> nostra camicia, la guarnacca <strong>della</strong> giacca che usiamo<br />

portare abbinata coi pantaloni e il mantello del cappotto; naturalmente erano sottointesi l’intimo, le<br />

scarpe e i copricapo. Analizzeremo in seguito il mantello e la guarnacca; ora osserviamo qualche<br />

altra miniatura.<br />

Figura 2: popolano al lavoro, Salterio <strong>di</strong> Santa Elisabetta, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, sec. XIII, Museo<br />

Archeologico Nazionale, Cividale del Friuli<br />

L’uomo <strong>di</strong> figura 2 indossa una gonnella rossa con scollo quadro e maniche a tubo, percorsa da una<br />

sottile profilatura bianca agli orli; è corta al ginocchio e leggermente rimborsata in vita,<br />

nascondendo la cintura. Il popolano porta anche calze solate color turchino; in testa non ha<br />

copricapo e i capelli sono regolati corti, a caschetto.<br />

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Figura 3: conta<strong>di</strong>no intento al lavoro, Salterio <strong>di</strong> Santa Elisabetta, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, sec. XIII,<br />

Museo Archeologico Nazionale, Cividale del Friuli<br />

Sempre gonnella rossa profilata <strong>di</strong> bianco, con scollo quadro e maniche tubolari per quest’altro<br />

popolano; qui però si notano bene lo sbuffo delle brache e la calzabraca scura agganciata in vita,<br />

forse solata o forse abbinata a stivaletti <strong>di</strong> pelle.<br />

Figura 4: mietitore, Salterio <strong>di</strong> Santa Elisabetta, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, sec. XIII, Museo Archeologico<br />

Nazionale, Cividale del Friuli<br />

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Ancora gonnella identica alle due precedenti, scarpe <strong>di</strong> pelle nera allacciate alla caviglia,<br />

calzebrache turchine; qui, però, l’interesse è suscitato dal copricapo, un cappello a tesa larga<br />

probabilmente in feltro e dotato <strong>di</strong> apposita cor<strong>della</strong> da passare sotto al mento per tenerlo ben<br />

assestato in capo. Nell’Italia del Duecento si usavano tanto cappelli in feltro o paglia, quanto<br />

berrette in feltro, panno <strong>di</strong> lana, seta; esistevano anche berrette in lana fatte a maglia con una<br />

tecnica ad ago (non esistevano i nostri ferri da maglia) chiamata Nadelbinde o Nälbil<strong>di</strong>ng. Molto<br />

usati anche i cappucci, in genere in lana foderata <strong>di</strong> tela, seta o pelliccia.<br />

Figura 5: carnefice intento a decapitare un uomo, Salterio <strong>di</strong> Santa Elisabetta, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, sec.<br />

XIII, Museo Archeologico Nazionale, Cividale del Friuli<br />

Anche qui ricorre la gonnella rossa con scollo quadro e maniche tubolari, ora sollevata e rimborsata<br />

per avere più agio, lasciando vedere le brache e le calze solate. Interessante è il nodo <strong>della</strong> cintura<br />

<strong>di</strong> pelle che fissa alla vita dell’uomo il fodero <strong>della</strong> spada; le cinture potevano essere più o meno<br />

alte, dotate <strong>di</strong> fibbia metallica o -come in questo caso- allacciate me<strong>di</strong>ante stringhe passanti in<br />

occhielli. Le cinture più ricche erano in genere sottili e avevano un lunghissimo capo pendente che<br />

terminava in un puntalino prezioso, abbinato con una bella fibbia e magari con borchiette decorative<br />

applicate lungo tutta la lunghezza <strong>della</strong> cinta; si potevano anche avere leggiadre cinture <strong>di</strong> stoffa,<br />

realizzate me<strong>di</strong>ante una speciale tecnica <strong>di</strong> tessitura chiamata “a tavolette” o “a cartoni”, utile per<br />

ottenere bordure o passamanerie; per i nobili e i sovrani la stoffa poteva essere anche ornata da<br />

pietre preziose, applicazioni d’oro o d’argento, gemme o perle.<br />

Il nostro carnefice bran<strong>di</strong>sce una spada a una mano, arma tipica del Duecento: le tecniche<br />

principali <strong>di</strong> combattimento in<strong>di</strong>viduale erano infatti spada a una mano e scudo oppure spada e<br />

boccoliere, essendo quest’ultimo una protezione metallica circolare dotata <strong>di</strong> umboncino, atta a<br />

proteggere la mano armata; per il corpo a corpo si usavano anche la daga (tipo <strong>di</strong> arma corta a<br />

pugnale), mentre nelle battaglie frequentissimo era l’uso <strong>di</strong> lance, picche e armi in asta; si<br />

impiegavano anche archi e balestre.<br />

Il venerabile vecchio che sta subendo il martirio porta sulle spalle un manto azzurro in tessuto<br />

operato con un motivo molto frequente in periodo me<strong>di</strong>evale: le tre sfere sono dette “cintamani” ed<br />

originano in zona persiano-sassanide; si <strong>di</strong>ffondono in Europa a partire dal VII secolo circa e<br />

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imangono in voga fino al Trecento. Il cintamani rappresenta le sfere celesti e viene in genere<br />

realizzato ad opera, ossia <strong>di</strong>rettamente intessuto nei drappi.<br />

Figura 6: allegoria dell’inverno, Salterio <strong>di</strong> Santa Elisabetta, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, sec. XIII, Museo<br />

Archeologico Nazionale, Cividale del Friuli<br />

Ecco un altro mantello: questo in particolare è una pelle, ossia un vello animale conciato ed<br />

impiegato per <strong>di</strong>fendersi dai rigori invernali. In questo caso il fatto che l’uomo porti il pelo al <strong>di</strong><br />

fuori rappresenta un’eccezione: è solo nel XIX secolo, infatti, che le pellicce si cominciano a<br />

portare col vello all’esterno, mentre durante i secoli passati era posto all’interno. Le pellicce erano<br />

portate da tutte le classi sociali, <strong>di</strong>stinguendosi in base alla qualità: i popolani indossavano pelli<br />

grezze <strong>di</strong> capra, montone o simili, pesanti e con basso potere <strong>di</strong> scaldare; i ricchi foderavano<br />

mantelli, vesti, sopravvesti, scarpe e berrette con pellicce leggere, ma dall’elevato potere <strong>di</strong> scaldare<br />

come il vaio (scoiattolo argentato), l’ermellino, la martora, lo zibellino, la lince (chiamata “lupo<br />

cerviero”). In uso erano anche le pelli <strong>di</strong> coniglio, volpe, gatto selvatico; curiosa era la voga dei<br />

lattizzi, ovvero delle pelli <strong>di</strong> agnellino appena nato, considerate pregiate e delicate.<br />

Notiamo che il vecchio rappresentato nella miniatura calza dei bassi stivalli in pelle nera, con un<br />

piccolo risvolto.<br />

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Figura 7: giovane uomo con cappuccio, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, Bibbia Maciejowski, sec. XIII, John<br />

Pierpont Morgan Library, New York<br />

Il giovane <strong>di</strong> figura 7 indossa un cappuccio molto comune nel Duecento e chiamato cocolla (cogola,<br />

bardococolla), <strong>di</strong>scendente del romano cucullus; come si può vedere, non copre solo la testa ma<br />

anche le spalle, grazie a una falda a mantellina che scende sul busto. Solitamente la cocolla era in<br />

lana, foderata all’interno <strong>di</strong> tela fine o, per i ricchi, <strong>di</strong> pelliccia pregiata; poteva avere una piccola<br />

apertura alla gola dotata <strong>di</strong> maspilli, per facilitare l’atto d’infilarla.<br />

L’uomo rappresentato dalla miniatura ostenta un’acconciatura molto in voga: capelli arricciati col<br />

ferro caldo, pettinati all’in<strong>di</strong>etro e tagliati sotto le orecchie, frangia corta con ricciolini.<br />

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Figura 8: uomini intenti al duello, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, Codex Manesse, secc. XIII-XIV, Heidelberg,<br />

Biblioteca dell’Università<br />

I due giovini signori che qui duellano quasi con leggiadria portano gonnelle abbastanza lunghe, ma<br />

aperte a portafoglio e rialzate in vita, con scollo circolare e maniche a tubo, calzebrache dai vivaci<br />

colori e calighe, ovvero scarpe basse; notiamo che uno porta le calzature in pelle nera, allacciate<br />

lateralmente, mentre l’altro ha scarpe probabilmente realizzate in tessuto decorato con ricami o<br />

effetto d’opera. Entrambi calzano guanti in morbida pelle bianca, dalla manopola svasata,<br />

leggermente appuntita; queste cirotecas (così erano chiamate all’epoca) erano considerate il<br />

massimo dell’eleganza e portate da nobili e da alti ecclesiastici. Altri tipi <strong>di</strong> cirotecas potevano<br />

essere quelli in pelle <strong>di</strong> vari colori, morbida o più resistente (tipici quelli in pelle <strong>di</strong> camoscio),<br />

quelli in stoffa ricamata o ingentilita da applicazioni <strong>di</strong> metalli preziosi, perle, gemme. I sovrani<br />

indossavano lussuosissimi guanti in seta ricamata; ricchi erano anche i guanti rivestiti internamente<br />

<strong>di</strong> pelliccia.<br />

Il guerriero a sinistra ha in capo la cofia e un cappuccio <strong>di</strong> panno con bordo rinforzato;<br />

probabilmente si tratta <strong>di</strong> un cappuccio a gote, chiamato così perché <strong>di</strong> solito è indossato a coprire<br />

completamente il capo e il collo, con il bordo rinforzato a trapuntatura (detto mazzocchio) che<br />

incornicia il volto, una punta più o meno lunga (chiamata becchetto) a pendere <strong>di</strong>etro la testa e una<br />

corta falda (la foggia) a coprire la gola, senza tuttavia scendere sulle spalle. Il nostro duellante<br />

probabilmente lo porta nella maniera alternativa, vale a <strong>di</strong>re con il mazzocchio calcato sul cranio, il<br />

becchetto a pendere su un’orecchia e la foggia sull’altra.<br />

Il guerriero a destra ostenta invece la tipica acconciatura maschile del periodo: capelli tagliati poco<br />

sotto le orecchie, arricciati e resi bombati col ferro caldo, più corta frangetta bombata (in Francia<br />

detta dorelot) sulla fronte. In capo ha un serto <strong>di</strong> foglie e fiori: questa non è una stranezza per<br />

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l’epoca, perché tanto gli uomini quanto le donne amavano circondarsi il capo <strong>di</strong> coroncine <strong>di</strong> fiori o<br />

cerchietti preziosi.<br />

I due uomini impugnano nella destra una spada a una mano con pomo a <strong>di</strong>sco e nella sinistra un<br />

boccoliere, usato per proteggere dai colpi le <strong>di</strong>ta <strong>della</strong> mano armata.<br />

Nella miniatura compaiono anche tre fanciulle <strong>di</strong> alto rango, che ostentano tre <strong>di</strong>fferenti<br />

acconciature alla <strong>moda</strong>: quella più a sinistra porta il capo scoperto (tipico delle nubili), i capelli<br />

sciolti e forse ondulati col ferro caldo, nonché una coroncina; quella centrale ha un pannicello (un<br />

fazzoletto decorato con leggiadri ricami o liste colorate) posato sulla chioma e quella all’estrema<br />

destra porta invece la glympa, acconciatura molto frequentata dalle donne sposate, che si riteneva<br />

dovessero coprire il capo con un velo. La glympa è composta <strong>di</strong> due veli, uno che passa sotto il<br />

mento formando un soggolo ed è fermato in cima al capo da alcuni spilli e uno che scende dal capo,<br />

coprendolo e fluendo sulle spalle.<br />

Il velo, imposto alle donne maritate dalla chiesa, doveva teoricamente essere semplice, magari in<br />

lino bianco, privo <strong>di</strong> ornamenti e tinte vivaci; le donne, invece, trovarono il modo <strong>di</strong> farlo <strong>di</strong>venire<br />

un prezioso elemento d’eleganza: le signore portavano veli <strong>di</strong> seta tanto leggera da essere<br />

trasparente, oppure li listavano d’oro, li impreziosivano con ricami e li facevano tingere in bei<br />

colori.<br />

Per quanto riguarda la <strong>moda</strong> femminile, ve<strong>di</strong>amo ora alcune miniature.<br />

Figura 9: nobiluomo e signora, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, Codex Manesse, secc. XIII-XIV, Heidelberg,<br />

Biblioteca dell’Università<br />

La bionda e graziosa fanciulla <strong>di</strong> figura 9 indossa una gonnella <strong>di</strong> color rosato, attillata al busto e<br />

molto abbondante al <strong>di</strong> sotto <strong>della</strong> vita, con scollo ovale e maniche tubolari; la snellezza del punto<br />

vita è sottolineata da una lunga corrigia (detta anche zona), probabilmente in pelle, decorata da<br />

borchiette ornamentali. I polsi <strong>della</strong> veste sono decorati, così come lo scollo; il tessuto fluisce fino a<br />

terra, accumulandosi sui pie<strong>di</strong>: probabilmente questa gonnella è stata scampanata inserendo gheroni<br />

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<strong>di</strong> stoffa a partire dai fianchi, in modo da ampliarne notevolmente la circonferenza con uno sciupio<br />

<strong>di</strong> tessuto che significava ricchezza. Un abito così largo e abbondante impacciava anche il<br />

cammino, comunicando l’idea che chi lo indossava fosse tanto abbiente da permettersi <strong>di</strong> non<br />

camminare spesso, avendo portantine e carrozze a propria <strong>di</strong>sposizione; un <strong>di</strong>scorso analogo si può<br />

fare anche per altre costrizioni <strong>della</strong> <strong>moda</strong>, quali per esempio il busto molto attillato <strong>di</strong> certi abiti,<br />

che irrigi<strong>di</strong>va i movimenti, le maniche estremamente ampie oppure i graziosi zoccoletti con suola <strong>di</strong><br />

legno e passanti <strong>di</strong> pelle chiamati patitos, che i nobili e i ricchi <strong>di</strong> entrambi i sessi calzavano sopra le<br />

scarpe: questi rendevano lo spostarsi un atto <strong>di</strong>fficoltoso, lasciando sottintendere, come prima detto,<br />

che chi li portava non camminasse spesso. I patitos più eleganti erano in legno bianco, con passanti<br />

<strong>di</strong> pelle morbida pure bianca.<br />

Notiamo come ci sia ben poca <strong>di</strong>fferenza tra l’abbigliamento maschile e quello femminile: entrambi<br />

indossano abiti lunghi (l’uomo lo porta fino alle caviglie, la donna a coprire le scarpe), stretti al<br />

busto e abbondanti sotto, con maniche tubolari e scollo ovale; l’uomo ha lo scollo chiuso da bottoni<br />

e indossa una cintura analoga a quella <strong>della</strong> donna; entrambi hanno il capo cinto da una coroncina<br />

preziosa. Durante tutto l’alto me<strong>di</strong>oevo e fino al Duecento non vi sarà grande <strong>di</strong>stinzione tra i sessi<br />

nel modo <strong>di</strong> vestire, o non perlomeno nelle classi abbienti: i popolani si <strong>di</strong>stinguevano invece dalle<br />

loro mogli perché portavano gonnelle corte al ginocchio, comode per lavorare, ma la <strong>di</strong>fferenza si<br />

fermava qui. Perché si crei un <strong>di</strong>scrimine tra <strong>moda</strong> maschile e femminile dobbiamo aspettare la<br />

metà del Trecento, quando le vesti degli uomini (soprattutto quelle dei ricchi) si faranno sempre più<br />

corte ed attillate, laddove quelle delle signore resteranno fluenti.<br />

La donna in rosa porta quasi sicuramente sotto la gonnella un indumento intimo analogo alla<br />

camisia che indossa l’uomo: bianca, in tela fine <strong>di</strong> lino e portata sciolta, è forse solo un poco più<br />

lunga e si chiama sotano; per quanto riguarda l’intimo, le donne stringevano il seno con una fascia<br />

<strong>di</strong> stoffa che poteva servire a tenerlo fermo, ma anche a comprimerlo o a tenerlo alto per farlo<br />

risaltare; un equivalente alle sarabullas maschili potevano essere le interulas o interculas, antenate<br />

delle mutande portate pare solo dalle donne più agiate. Sembra che le popolane, e le conta<strong>di</strong>ne in<br />

particolare, si servissero del sotano per creare una sorta <strong>di</strong> “pannolone” protettivo secondo questo<br />

proce<strong>di</strong>mento: l’orlo posteriore <strong>della</strong> veste veniva fatto passare in mezzo alle gambe, rialzato e<br />

rimborsato in vita me<strong>di</strong>ante una cintura; pare che questo trucco fosse usato anche dagli uomini,<br />

inserendo la falda <strong>della</strong> veste nel cordone <strong>di</strong> chiusura delle brache. Le donne non portavano<br />

calzebrache, ma calze in tela alte fino al ginocchio e sostenute grazie a un cinturino.<br />

La signora intenta a giocare a scacchi nella miniatura che segue indossa sopra la gonnella una<br />

ampia guarnacca: era questa l’equivalente <strong>della</strong> sopravveste maschile, poiché anche per le donne<br />

valeva il completo chiamato roba e costituito <strong>di</strong> gonnella, guarnacca e mantello. Notiamo che la<br />

guarnacca in questione ha maniche corte e svasate che lasciano vedere quelle attillate <strong>della</strong><br />

gonnella, e che è foderata internamente <strong>di</strong> tessuto fine; lo scollo è ovale e poco profondo, l’abito<br />

viene portato sciolto, senza cintura. Dalla guarnacca emerge la punta <strong>di</strong> una scarpina nera: le donne<br />

indossavano caligas <strong>di</strong> pelle in vari colori, allacciate con stringhe o fibbie, ma anche scarpine in<br />

stoffa ricamata o decorata; gli stivalli erano in genere d’appannaggio maschile, anche se non<br />

sempre. Una voga tipica del XII e del XIV secolo (meno esagerata invece nel Duecento) era quella<br />

delle pigaches (termine del XII secolo) o poulaines (termine trecentesco): erano calzature dalla<br />

punta acuta, a volte talmente lunga che veniva tenuta sollevata me<strong>di</strong>ante un laccio che la ancorava<br />

alla caviglia.<br />

Per le popolane vi erano scarpe <strong>di</strong> pelle, zoccoli <strong>di</strong> legno o sandali.<br />

La donna intenta al gioco degli scacchi ha i capelli bion<strong>di</strong> e crespi come <strong>di</strong> rito, coperti solo da un<br />

corto velo can<strong>di</strong>do; il suo compagno calza il cappuccio a gote, in questo caso rivestito internamente<br />

<strong>di</strong> pelliccia pregiata, e porta un’ampia guarnacca senza maniche sopra la gonnella verde; ha scarpe<br />

in tessuto ricamato od operato.<br />

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Figura 10: coppia <strong>di</strong> nobili che gioca a scacchi e musici, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, Codex Manesse, secc.<br />

XIII-XIV, Heidelberg, Biblioteca dell’Università<br />

I musicisti, rappresentati più in piccolo, hanno gonnelle colorate e ornate da <strong>di</strong>versi giochi <strong>di</strong> colore:<br />

i due a sinistra le portano vergate, ossia attraversate da righe <strong>di</strong> colore <strong>di</strong>verso; quello a destra ne<br />

indossa una addogate, vale a <strong>di</strong>re a larghe fasce <strong>di</strong> colori contrastanti. Il percussionista al centro ha<br />

gonnella verde e cappuccio rosso gettato in<strong>di</strong>etro sulle spalle.<br />

A figura 11 ve<strong>di</strong>amo una giovane signora intenta a scegliere cinture e borsette da un ven<strong>di</strong>tore<br />

ambulante; non esistendo ancora le tasche, donne e uomini portavano borse in pelle o in tessuto,<br />

spesso a tracolla per gli uomini, anche appese in cintura per le donne; era uso che le fanciulle<br />

ricamassero belle borsette <strong>di</strong> stoffa, magari ornate da frange e nappine o applicazioni preziose, da<br />

regalare ai loro innamorati.<br />

La bella nobildonna indossa una fluente guarnacca smanicata, tenendone un lembo sollevato in un<br />

gesto che si vede frequentemente nelle miniature: era infatti un vezzo <strong>di</strong> <strong>moda</strong> per far vedere il<br />

sottostante tessuto <strong>della</strong> gonnella e, magari, intravedere la fodera preziosa (in seta, tessuto finissimo<br />

<strong>di</strong> lino o pelliccia) <strong>della</strong> guarnacca. La fanciulla è probabilmente nubile, perché porta la chioma<br />

scoperta e sciolta, ingentilita dalla celebre e frequentatissima acconciatura con ben<strong>della</strong> (soggolo <strong>di</strong><br />

stoffa) e corona, laddove quest’ultima può essere liscia, arricciata come nella miniatura o rivestita <strong>di</strong><br />

stoffe colorate, ricamate o impreziosite da applicazioni. Di solito l’anima <strong>della</strong> corona è in feltro<br />

rigido o cuoio.<br />

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Figura 11: nobildonna e ven<strong>di</strong>tore ambulante, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, Codex Manesse, secc. XIII-XIV,<br />

Heidelberg, Biblioteca dell’Università<br />

Un particolare elegante concesso solo alle donne <strong>di</strong> rango o comunque ben fornite <strong>di</strong> mezzi<br />

economici è quello che si nota nella figura 12: maniche a tubo che al polso <strong>di</strong>vengono larghissime e<br />

pendenti, intralciando i movimenti delle braccia. Quella delle maniche ampie e cadenti era una<br />

<strong>moda</strong> <strong>di</strong>ffusissima nel corso del XII secolo, poi quasi svanita nell’Italia del Duecento salvo alcune<br />

eccezioni: il Friuli, dove la <strong>moda</strong> seguiva l’uso germanico, Venezia, che sempre si <strong>di</strong>stingueva dal<br />

resto <strong>della</strong> penisola per le molteplici influenze culturali derivanti dai suoi contatti con popoli<br />

<strong>di</strong>versi, e la Puglia, terra dei normanni che seguivano l’uso nor<strong>di</strong>co delle maniche ampie. La<br />

miniatura qui analizzata appartiene a un salterio realizzato in Turingia e poi portato in Friuli già nel<br />

corso del XIII secolo, seguendo proprio uno spostamento <strong>di</strong> nobili germanici con posse<strong>di</strong>menti nelle<br />

terre patriarcali; la fanciulla rappresentata è dunque un esempio <strong>di</strong> donna nobile e ricca, che ostenta<br />

una gonnella con tessuto abbondantissimo sotto la vita, tanto che le si impila sui pie<strong>di</strong> e si<br />

abbandona sul pavimento. Lo scollo <strong>della</strong> veste pare quadro o “a V”, il busto è attillato e<br />

sottolineato da una corrigia, la chioma bionda sciolta e libera da veli come si conviene alle nubili.<br />

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Figura 12: figura astrologica <strong>della</strong> Vergine, Salterio <strong>di</strong> Santa Elisabetta, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, sec. XIII,<br />

Museo Archeologico Nazionale, Cividale del Friuli<br />

Un bell’esempio <strong>di</strong> roba femminile intesa come set completo <strong>di</strong> abiti lo abbiamo a figura 13, nella<br />

quale due donne ben vestite operano atti <strong>di</strong> devozione e carità: entrambe indossano una gonnella<br />

dalle maniche a tubo e i polsini ornati, sopra la quale portano una sopravveste ampia e abbondante<br />

dalle maniche larghe e pendenti, stretta in vita da una cintura che risulta nascosta da un rimborso.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> veste <strong>di</strong> sopra segue, come nel caso <strong>della</strong> fanciulla in bianco, l’uso germanico.<br />

In capo le due donne portano veli colorati e quella <strong>di</strong> sinistra lascia anche vedere,<br />

nell’inginocchiarsi, un paio <strong>di</strong> calighe <strong>di</strong> cuoio marrone.<br />

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Figura 13: pie donne, Salterio <strong>di</strong> Santa Elisabetta, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, sec. XIII, Museo Archeologico<br />

Nazionale, Cividale del Friuli<br />

Ben abbigliate sono anche le donne <strong>di</strong> figura 14, colte mentre danzano al suono del tamburo <strong>di</strong> una<br />

loro compagna: indossano lunghissime gonnelle con le maniche a tubo e scollo ovale, con busto<br />

attillato e molto abbondanti al <strong>di</strong> sotto <strong>della</strong> vita; una ha un breve taglio allo scollo <strong>della</strong> veste,<br />

tenuto chiuso da una spilla circolare, e una lunga corrigia dal capo pendente. Entrambe portano in<br />

capo un velo can<strong>di</strong>do e calzano scarpe <strong>di</strong> pelle nera, così come entrambe portano mantelli –<br />

probabilmente in lana- foderati internamente in tessuto più fine; questi ultimi appaiono lunghi, ampi<br />

e senza cappuccio. Il mantello era un capo d’abbigliamento usato da entrambi i sessi e confezionato<br />

in <strong>di</strong>verse maniere: semplice rettangolo <strong>di</strong> stoffa da avvolgersi attorno alla persona per i meno<br />

abbienti, a mezza ruota o a ruota completa per i più benestanti, foderato internamente <strong>di</strong> lino, seta o<br />

pellicce più o meno pregiate, con o senza cappuccio, decorato o meno da ricami e liste (anche<br />

dorate), realizzato in tessuto unito oppure in preziosi drappi operati. Poteva arrivare fino ai pie<strong>di</strong>,<br />

come essere più corto; i mantelli per cavalcare, per esempio, raggiungevano appena il ginocchio.<br />

Solitamente il manto veniva chiuso con stringhe e lacci oppure con spille e fibule; in quest’ultimo<br />

caso, se la spilla appare appuntata sulla spalla destra si parla <strong>di</strong> allacciatura a clamide, se invece<br />

chiude il mantello sul petto, l’allacciatura è detta a piviale.<br />

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Figura 14: donne danzanti e suonatrice <strong>di</strong> tamburo, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, Bibbia Maciejowski, sec. XIII,<br />

John Pierpont Morgan Library, New York<br />

Le tre giovani che danzano a figura 15 indossano gonnelle analoghe, <strong>di</strong>stinte solo dal colore: strette<br />

al busto e cinte ai fianchi da una corrigia sottile, abbondanti al <strong>di</strong> sotto <strong>della</strong> vita grazie all’aggiunta<br />

<strong>di</strong> gheroni, tanto lunghe da accumularsi sui pie<strong>di</strong>; hanno scollo ovale chiuso da spille <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse<br />

forme, maniche tubolari. Le tre giovani donne hanno il capo scoperto, con i capelli ben pettinati e<br />

trattenuti soltanto sulla fronte da una sottile coroncina; come abbiamo detto, il fatto <strong>di</strong> portare i<br />

capelli sciolti o acconciati, ma comunque senza velo, era tipico delle nubili. É vero, anche le<br />

meretrici andavano solitamente in giro a chioma sciolta e senza velo, ma ciò si abbinava a specifici<br />

capi d’abbigliamento o segni <strong>di</strong> riconoscimento che ne in<strong>di</strong>cassero il mestiere: un cappuccio giallo<br />

(colore, questo, dell’infamia) o –in alcuni casi- vermiglio, con un sonaglio da falcone a pendere dal<br />

becchetto, un abito <strong>di</strong> color giallo, l’assenza <strong>di</strong> alcuni ornamenti e <strong>di</strong> certi tessuti consentiti solo alle<br />

donne “per bene” o, al contrario, l’esenzione dalle restrizioni suntuarie, applicate solo alle signore<br />

rispettabili.<br />

Accanto alle fanciulle vi è un musico il cui abito è per noi <strong>di</strong> notevole interesse: si tratta infatti <strong>di</strong><br />

una gonnella <strong>di</strong>visata, ossia bipartita in colori contrastanti nel senso longitu<strong>di</strong>nale, e accoltellata,<br />

vale a <strong>di</strong>re con l’orlo percorso da lunghi tagli. Quella delle vesti accoltellate, sforbiciate,<br />

stratagliate è una voga che si svilupperà molto nel corso dei secoli, raggiungendo il suo apice nel<br />

Cinquecento; nel XIII secolo è riservata prevalentemente agli in<strong>di</strong>vidui un po’ fuori dal comune<br />

quali i giullari e i musici. Notiamo che il nostro suonatore indossa anche calzebrache scure e scarpe<br />

basse in pelle nera, chiuse sul davanti del piede.<br />

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Figura 15: suonatori e fanciulle danzanti, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, Bibbia Maciejowski, sec. XIII, John<br />

Pierpont Morgan Library, New York<br />

Un altro esempio <strong>di</strong> abbigliamento femminile e dei suonatori lo abbiamo alla figura seguente, dove<br />

ritroviamo le fanciulle con le loro lunghe gonnelle e un musico dalla veste <strong>di</strong>visata in blu e<br />

marrone, nonché accoltellata; risulta accoltellata anche la camisia bianca che l’uomo porta sotto la<br />

sua estrosa gonnella. Notiamo come la ragazza in blu abbia sollevato l’orlo <strong>della</strong> veste, infilandone<br />

un lembo nella cintura, per aver più agio nei movimenti.<br />

Figura 16: David porta agli israeliti la testa <strong>di</strong> Golia, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, Bibbia Maciejowski, sec.<br />

XIII, John Pierpont Morgan Library, New York<br />

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Figura 17: nobile fanciulla, particolare <strong>di</strong> pagina miniata, Bibbia Maciejowski, sec. XIII, John Pierpont Morgan<br />

Library, New York<br />

Un ultimo esempio <strong>di</strong> abbigliamento femminile è questa bella giovane in rosso: la sua ricca<br />

gonnella, la corrigia lunghissima, la vezzosa borsetta in stoffa ricamata e ingentilita da nappine, il<br />

grande mantello foderato <strong>di</strong> pance <strong>di</strong> vaio, la linda corona con ben<strong>della</strong>, denunciano la sua<br />

con<strong>di</strong>zione signorile: è una fanciulla nobile che esprime il proprio rango attraverso lo sciupio <strong>di</strong><br />

tessuto, la pelliccia pregiata, gli accessori <strong>di</strong> classe. Notiamo il forte contrasto con la servitrice che<br />

la affianca, la quale indossa un semplice guarnello bianco, l’abito <strong>di</strong> chi lavora.<br />

28


Il nostro breve viaggio nella <strong>moda</strong> del Duecento termina qui. Speriamo <strong>di</strong> aver fornito ai lettori<br />

qualche utile spunto per avvicinarsi al vasto e complesso mondo del costume antico, o <strong>di</strong> aver<br />

stimolato un po’ la loro curiosità. Ci sarebbe molto altro da <strong>di</strong>re sull’abbigliamento duecentesco<br />

italiano, ma farlo in questa sede significherebbe scrivere centinaia <strong>di</strong> pagine: questo scritto è stato<br />

invece concepito come un vademecum, per cui la brevità è essenziale. Per coloro che desiderassero<br />

approfon<strong>di</strong>re, forniamo una bibliografia contenente una scelta <strong>di</strong> alcuni tra i tanti testi e<strong>di</strong>ti<br />

sull’argomento.<br />

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BALESTRACCI, Duccio, “Profumo <strong>di</strong> donna”, Me<strong>di</strong>oevo, anno 10 n°1, Gennaio 2006, pp. 42-51<br />

2008<br />

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AA.VV., “L’arca marmorea del Beato Bertrando nel battistero <strong>della</strong> cattedrale <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne. La nuova<br />

sistemazione, il restauro e le indagini scientifiche”, Relazioni 14, U<strong>di</strong>ne, Forum, 2008<br />

SITOGRAFIA<br />

Sito web dell’Università <strong>di</strong> Heidelberg: www.uni-heidelberg.de per la versione <strong>di</strong>gitale del Co<strong>di</strong>ce<br />

Manesse<br />

Sito web <strong>della</strong> Biblicothèque Nationale de France: www.bnf.fr<br />

Sito web dell’istituto Pio Paschini per la <strong>storia</strong> <strong>della</strong> chiesa in Friuli: www.istitutopiopaschini.it, per<br />

alcune immagini <strong>di</strong>gitali del Salterio <strong>di</strong> Santa Elisabetta<br />

Sito web <strong>della</strong> John Pierpont Morgan Library: www.themorgan.org per la versione <strong>di</strong>gitale <strong>della</strong><br />

Bibbia Maciejowski<br />

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