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romanzo del casale/baaria: ecco le concordanze - Cn24.tv

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ROMANZO DEL CASALE/BAARIA: ECCO LE CONCORDANZE<br />

FONTE: PROF. GIOVANNI SAPIA<br />

BAARÌA, film di Giuseppe Tornatore, sceneggiatura <strong>del</strong> medesimo (Sel<strong>le</strong>rio, Pa<strong>le</strong>rmo, settembre 2009)/<br />

IL ROMANZO DEL CASALE, di Giovanni Sapia (Tullio Pironti, Napoli, apri<strong>le</strong> 2009) 1 .<br />

I L’IDEA CREATIVA<br />

L’idea creativa è un secolo circa di storia, raccontata, in Casa<strong>le</strong>, attraverso la vita di una borgata di<br />

contadini, in Baarìa attraverso quella di un paese siciliano. La corrispondenza trova precisa dichiarazione,<br />

financo <strong>le</strong>ttera<strong>le</strong>, nel primo risvolto di entrambi i libri:<br />

Casa<strong>le</strong>: “Un secolo circa di storia, dall’avvento <strong>del</strong> fascismo ai giorni nostri, rivive nel<strong>le</strong> vicende e nei volti di<br />

una borgata rura<strong>le</strong> <strong>del</strong>la Calabria (…). Un filo unitario percorre, pur nella loro singolarità, questi venti<br />

racconti, che possono essere considerati capitoli di un <strong>romanzo</strong> che e<strong>le</strong>va il <strong>casa<strong>le</strong></strong> a personaggio col<strong>le</strong>ttivo e<br />

cora<strong>le</strong>”.<br />

Baarìa: “Tutto il secolo scorso, dagli anni Venti alla fine, compreso in un sogno e nella corsa di un bambino<br />

(…), e in questo tempo scorre la vita di un paese siciliano (…). Tutta una vicenda cora<strong>le</strong>. Una narrazione<br />

col<strong>le</strong>ttiva”.<br />

II CORRISPONDENZE NELL’APERTURA DELLA VICENDA<br />

Casa<strong>le</strong> si apre con due novel<strong>le</strong>, una intitolata “Il <strong>casa<strong>le</strong></strong>”, l’altra “Il piacere <strong>del</strong>la vita”.<br />

La prima presenta, tra l’altro, una fiera, nella qua<strong>le</strong> un veterinario risulta gabbato.<br />

II.1<br />

Casa<strong>le</strong>: “l’evento principe <strong>del</strong> <strong>casa<strong>le</strong></strong> era la festa settembrina <strong>del</strong>la sua Madonna, effigiata in una statua<br />

lignea tutta grazia e colori (…). La festa si univa alla grande fiera, una <strong>del</strong><strong>le</strong> più accorsate <strong>del</strong> territorio per<br />

quantità di animali e di merci, (…)”.<br />

Segue l’episodio <strong>del</strong> veterinario: ““Questa forse può andare; mi sembra una bestia in gamba”. Il veterinario<br />

la guardò d’ogni lato. “Quanti anni?” domandò. “Come posso permettermi – rispose garbatamente lo<br />

zingaro – di dire gli anni al dottore? Guardateveli voi stesso”. E così dicendo afferrò <strong>le</strong> froge <strong>del</strong>l’anima<strong>le</strong>,<br />

affondandovi <strong>le</strong> dita ben unte di pepe e scoprendogli i denti. “Quattro maturi, va bene!” sentenziò il<br />

veterinario” (I, pp. 13-16).<br />

Baarìa: Fiera bestiame. Un mercante si rivolge a Cicco, che ha sol<strong>le</strong>vato un grosso peso coi denti: “E con <strong>le</strong><br />

dita (scilicet: a Cicco) gli scopre i denti… Lo stesso gesto che Cicco fa ad una <strong>del</strong><strong>le</strong> mucche messe in vendita<br />

da un al<strong>le</strong>vatore” (p. 26).<br />

II.2<br />

La seconda novella di Casa<strong>le</strong> descrive, tra l’altro, la partenza di un ragazzo, Giosuelino, per il lavoro di<br />

pastorello: “il tempo di apprestargli il fagottello degli indumenti. Il piccolo carico fu fatto a mo’ di zaino a<br />

tracolla, come quello dei merciai ambulanti, e accolse, oltre i pochi panni che la madre vi stipò (…) il libro di<br />

scuola, ormai saputo a menadito, un quaderno con il necessario per scrivere e un altro libro di <strong>le</strong>ttura bello<br />

e intonso che gli aveva regalato la maestra” (II, p. 19).<br />

Baarìa: Il piccolo Peppino parte per identico lavoro: “Rosalia prende qualcosa da un vecchio cassettone<br />

abbandonato nel solaio, scende la rampa di sca<strong>le</strong> frettolosamente (…). Rosalia mette la sacca in spalla a<br />

1 Si indica l’opera di Sapia con Casa<strong>le</strong>, quella di Tornatore con Baarìa, intendendo che la sceneggiatura (Baarìa), tranne contrari<br />

avvertimenti, corrisponde al film.<br />

1


Peppino (…). Peppino infila il libro di scuola nella sacca ed esce” (pp. 35-36).<br />

La stessa seconda novella di Casa<strong>le</strong> aggiunge il patteggiamento intervenuto tra il padre <strong>del</strong> ragazzo e il<br />

padrone <strong>del</strong> gregge. L’episodio è raccontato: “Vitto e alloggio e una lira al giorno; vacanza a casa una volta<br />

al mese. Il contratto col padre di Giosuelino fu diretto e questi considerò che una lira al giorno era un pane<br />

al giorno, molto più di quanto un ragazzo di non ancora dieci anni potesse fruttare” (II, p. 19).<br />

In Baarìa l’episodio è ovviamente sceneggiato: “Cicco: «Veramenti i patti ’un èranu chisti». Minicu: “Senti a<br />

mmìa, facìemu tri cascavaddi e quattru tumazzi. E t’u tieni n’avutra misata” (p. 36).<br />

Nota – Le due scene, cioè di Casa<strong>le</strong> e di Baarìa, sono perfettamente speculari. Non interessa la modalità <strong>del</strong><br />

contratto: interessa la precisa corrispondenza <strong>del</strong> fatto in sé.<br />

II.3<br />

Altri e<strong>le</strong>menti di chiara corrispondenza nel medesimo episodio:<br />

la figura <strong>del</strong>la maestra, che in Casa<strong>le</strong> (II, p. 28) dona al ragazzo un libro da <strong>le</strong>ggere, e in Baarìa (sc. IV, p.<br />

20) lo maltratta perché privo <strong>del</strong> libro (interessa non il diverso ma la figura in sé);<br />

la figura <strong>del</strong> vecchio pastore, che in Casa<strong>le</strong> è compagno di lavoro (II, p. 26), in Baarìa titolare <strong>del</strong> gregge<br />

(sc. 10, p. 36 e passim);<br />

la casa <strong>del</strong> pastore, identica, nella struttura e nella topografia, in Casa<strong>le</strong> (II, p. 20: “la casa <strong>del</strong> massaro<br />

sorgeva, lunga e piatta, nata evidentemente per più famiglie, sul piano <strong>del</strong>la distesa collinare, al riparo da<br />

ponente e tramontana; poco più in basso due ampi pagliai, uno per la lavorazione <strong>del</strong> latte etc.) e in Baarìa<br />

(film, sc. 15);<br />

il libro di scuola, recato sempre appresso nello zaino (Casa<strong>le</strong>, II, p. 22; Baarìa, sc. 15, p. 43).<br />

Nota 1. – L’episodio <strong>del</strong> pastorello, rif<strong>le</strong>ttendosi specularmente in tota<strong>le</strong> da Casa<strong>le</strong> in Baarìa, ne sorregge<br />

l’intera vicenda, come il perno dal qua<strong>le</strong> essa muove e si sviluppa.<br />

Nota 2. – Lo stesso amore di Cicco per il romanzesco, che egli rivela, tra l’altro, recando nel<strong>le</strong> mani (Baarìa,<br />

sc. 9, p. 34) i volumi Giulietta e Romeo e Gli sposi promessi (sic!), un’opera, questa, pubblicata solo nel<br />

1916 e non certamente ad uso <strong>del</strong> volgo, non pare estraneo a un filo ispirativo ravvisabi<strong>le</strong> nell’episodio <strong>del</strong><br />

<strong>romanzo</strong> I reali di Francia, donato dalla maestra a Giosuelino (Casa<strong>le</strong>, II, p. 20) e <strong>le</strong>tto da lui al vecchio<br />

pastore (p. 26).<br />

III CORRISPONDENZE ALL’INTERNO DELLA VICENDA<br />

All’interno, cioè tra inizio e risoluzione, numerosi personaggi e fatti di Casa<strong>le</strong> trovano precisa<br />

corrispondenza, talora anche in minuti particolari, in personaggi e fatti di Baarìa e <strong>del</strong> relativo film. Il<br />

riferimento è, in particolare, al<strong>le</strong> seguenti novel<strong>le</strong> di Casa<strong>le</strong>: IV (La casa ma<strong>le</strong>detta), pp. 35 ss; VI (La terra<br />

santa), pp. 57 ss.; XIV (L’abito <strong>del</strong>lo sposo), pp. 162 XV (Passione e gloria di mastro Giuseppe), pp. 162;<br />

XVI (Donna Maria), pp. 174 ss.; XVII (La calata <strong>del</strong> so<strong>le</strong>), pp. 186 ss.<br />

III.1 BOMBARDAMENTO<br />

Casa<strong>le</strong>: “Gli aerei rombavano sul capo senza che quel pugno di anime avesse rifugio se non nel<strong>le</strong> mani di<br />

Dio, e ogni tanto il fragore <strong>del</strong>la bombe giungeva da lontano, da luoghi diversi <strong>del</strong> golfo fino alla punta<br />

tarantina” (XIV, pp. 154-155).<br />

Baarìa: “Gente ammucchiata in preda al terrore. Le pareti sussultano allo scoppio <strong>del</strong><strong>le</strong> bombe in lontananza<br />

(…). “Calmati, a Paliermu sparanu!”” (p. 67).<br />

Nota – Il valore <strong>del</strong>la corrispondenza non è nell’episodio in sé, ma nel preciso riferimento ai luoghi lontani<br />

degli scoppi.<br />

III.2 ARRIVO DEGLI AMERICANI<br />

2


Casa<strong>le</strong>: “Un giorno arrivò un grosso mezzo militare condotto da soldati negri, il cui colore, noto a quella<br />

buona gente per il racconto degli emigranti, unito al rombo <strong>del</strong> motore, la ridusse a precipizio nel<strong>le</strong> case<br />

(…). Maria fece sapere che i militari erano alla ricerca di uova per il Comando e che <strong>le</strong> avrebbero barattate<br />

con odorose pagnotte (…). I casalini, dimentichi <strong>del</strong> colore, fecero ressa intorno ai venuti da lontano (…). I<br />

due, goffi e commossi, esprimevano a loro modo, nel barbaro idioma, l’amicizia e la gratitudine” (XV, pp.<br />

174-175).<br />

Baarìa: “La casa di Sarina è divenuta una specie di trattoria per soldati americani. Un soldato chiama<br />

Sarina: “Aah … Onion! Onion salad!”. Sarina: “Manninè, io a chistu ’un lu capisciu!” (…) il soldato mima di<br />

tagliare qualcosa, con <strong>le</strong> mani si strofina gli occhi come se piangesse (…) Mannina: “Ah, ’a cipudda! Mamà,<br />

vòli ’a cipudda!” (pp. 74-75).<br />

Nota – La corrispondenza è nel barbaro idioma e nell’oggetto richiesto, che in Casa<strong>le</strong> sono <strong>le</strong> uova, in Baarìa<br />

la cipolla, invenzione chiaramente artificiosa e posticcia. Storico è l’episodio <strong>del</strong><strong>le</strong> uova, di cui vari incaricati<br />

facevano incetta per conto <strong>del</strong> Comando Al<strong>le</strong>ato e che venivano conservate nella calce in un certo ristorante<br />

di Rossano per la colazione mattutina degli ufficiali.<br />

Casa<strong>le</strong>: “Maria (…) tornò più volte col rombo <strong>del</strong> grosso mezzo e il sorriso goffo dei due militari di colore,<br />

raccogliendo <strong>le</strong> uova e distribuendo <strong>le</strong> buone pagnotte e quant’altro la riserva militare permetteva (…).<br />

Corse la notizia che a casa di Maria era possibi<strong>le</strong> comprare di tutto, dal<strong>le</strong> sigarette al<strong>le</strong> coperte militari,<br />

buone anche per ricavarne vestiti e cappotti, e dal <strong>casa<strong>le</strong></strong> e dal paese fu un continuo bussare alla sua porta”<br />

(XVI, p. 178).<br />

Baarìa: “Un soldato americano regala a Sarina e Mannina un paracadute, con cui vengono confezionate<br />

camicie per bambini. La ragazza prende lo strano regalo, prova a sventolarlo, perp<strong>le</strong>ssa (…). Il soldato<br />

l’aiuta a stendere l’enorme telo (…). Sarina s’affaccia dalla porta <strong>del</strong>la cucina, guarda: “Miii un paracarùti! E<br />

chi cci sguazzàmu c’un paracarùti?”. Bambini corrono tra urli e risate, tutti vestiti con la stoffa <strong>del</strong><br />

paracadute” (p. 76).<br />

Nota – La corrispondenza è nell’idea <strong>del</strong> materia<strong>le</strong> americano, che comunque donato e di qualsiasi natura,<br />

serve a vestire.<br />

III.3 AMORE E VICENDA MATRIMONIALE DI PEPPINO E MANNINA IN BAARÌA<br />

III.3.1 L’AMORE CONTRASTATO<br />

Casa<strong>le</strong>: “I genitori di Lucia gli (scilicet: a Carminuzzo) facevano intendere che l’amore non bastava a<br />

mettere su famiglia e che non avevano nessuna voglia di consegnare la figlia a uno che (…) non aveva<br />

ancora, in definitiva, né arte né parte” (XX, pp. 232-233).<br />

Baarìa: “Biglietto di Mannina a Peppino: “Tu dici che guadagni, ma i miei parenti hanno preso informazioni<br />

da persone assai fiduciose, che dicono che sei uno senza arte né parte” (sc. 60, p. 102).<br />

Casa<strong>le</strong>: Il padre a Giovanni (che ama Carmela di famiglia sospetta di malattia): “«Sono un uomo come te e<br />

capisco certi sentimenti, ma tu sai <strong>le</strong> cose e non te <strong>le</strong> puoi nascondere. Si tratta <strong>del</strong>la sorte tua e <strong>del</strong>la<br />

nostra famiglia, e qui ci sono due figlie da maritare. Per questa via non ci troverai mai d’accordo. Perciò<br />

mettiti l’anima in pace finché ne hai tempo»”. (…) La madre a Carmela: «Sei l’unica nostra luce e daremmo<br />

la vita per farti felice, ma accogliere un giovane in casa senza il consenso dei genitori è come rubarlo alla<br />

famiglia» (IV, p. 40).<br />

Baarìa: Il padre urla a Mannina: «Ricordatìllu, ’u zitu ca vo’ tu, a’ mè casa ’un ci nni mìetti pìeri!» (p. 112).<br />

III.3.2 LA FUJTINA<br />

Casa<strong>le</strong>: “(Carmela) aprì, furtiva, la porta in una notte flagellata dalla pioggia e dal vento e con lui corse per<br />

il sentiero di montagna fino alla casa <strong>del</strong> nonno materno. – Disgrazia! – gridarono i vecchi, quando<br />

sentirono bussare a rintocco. – Disgrazia! – ripeterono, quando la videro in compagnia di un uomo, ma si<br />

chetarono al<strong>le</strong> sue lacrime e rattizzarono il fuoco per asciugarli, zuppi com’erano d’acque tutti e due” (IV, p.<br />

3


41).<br />

Baarìa: “(Peppino e Mannina si barricano nella casa di <strong>le</strong>i). Sarina: «Svinturàtu! Ruvinacàsi! Nèsci ti rìssi!<br />

Nèsci!» (sc. 70, p. 116).<br />

III.3.3 L’AGGIUSTAMENTO<br />

Casa<strong>le</strong>: “(La matassa è risolta dal nonno): “Il vecchio brontolò tutta la notte, ma la mattina presto era al<br />

<strong>casa<strong>le</strong></strong> prima che lo scandalo l’agitasse e che la sorpresa <strong>del</strong><strong>le</strong> due famiglie montasse in allarme e<br />

disperazione. – Niente di brutto – tenne a dire – la ragazza ha dormito nel nostro <strong>le</strong>tto e lui accanto al<br />

fuoco. Vedete piuttosto quello che c’è da fare. Quando il <strong>casa<strong>le</strong></strong> lo seppe, <strong>le</strong> famiglie s’erano viste e sentite e<br />

Giovanni era entrato da promesso nella casa di Carmela” (IV, p. 41).<br />

Baarìa: “(La matassa è risolta dal padre di Peppino): Il padre di Peppino va alla porta, sereno, bussa<br />

adagio: «Pippèj, io sugnu, tò patri». Dall’interno non si sente più fiatare. Dopo alcuni istanti si schiude<br />

<strong>le</strong>ntamente la porta. Appare il viso di Peppino. Suo padre gli parla con tono serio, ma pacato: «Amunì,<br />

vinìti cu mmìa ca ci pensu io». Peppino viene fuori tenendosi per mano la sua Mannina. Li accoglie un<br />

sommesso mormorio. I due sorridono, insensibili al<strong>le</strong> lacrime di Sarina ed agli sguardi turbati <strong>del</strong><strong>le</strong> vicine.<br />

Cicco li scorta verso la palizzata di fronte alla casa.” (sc.71, pp. 118-119).<br />

Nota – La divergenza di particolari non infirma la natura perfettamente paral<strong>le</strong>la <strong>del</strong><strong>le</strong> due storie, sia nella<br />

vicenda che nei personaggi.<br />

III.3.4 STORIA DEL BIMBO MAL NATO<br />

Nota – Questa vicenda, nei termini in cui è rappresentata in Baarìa, ricalca strettamente da presso quella<br />

narrata nella novella VI di Casa<strong>le</strong> (La terra santa).<br />

Casa<strong>le</strong>: “Premi, comare Terè, premi ancora! – gridò la <strong>le</strong>vatrice. Teresa, allo stremo, premette con un<br />

rantolo di belva. Quando il tronco e gli arti furono fuori, medico e <strong>le</strong>vatrice poterono tirare <strong>le</strong> somme e la<br />

cosa fu chiara. Quello non era un corpo di neonato, ma uno straccetto di corpo (…). La <strong>le</strong>vatrice bisbigliò<br />

alcune paro<strong>le</strong> alla suocera, perché la puerpera non sentisse. “Gesù, Giuseppe e Maria!”, mormorò quella<br />

con la gola stretta e un fiotto si<strong>le</strong>nzioso di lacrime. Mastro Ferretto misurava a passi disperati lo stretto<br />

spazio <strong>del</strong>la cucina (…). «Mastro Ferretto, è un maschio, ma non sta bene. Abbiamo fatto di tutto per<br />

salvarli tutti e due, ma il bimbo è nato ma<strong>le</strong>. C’è da aspettarsi di tutto; ci vuo<strong>le</strong> pazienza…». Glielo fecero<br />

vedere quand’era già bello e fasciato (…). Mastro Ferretto (…) portava timidamente la mano grossa dal<br />

piccolo viso a quello <strong>del</strong>la moglie, ancora sfatto dal travaglio, col tocco lieve con cui la mano <strong>del</strong>la bimba<br />

percorre la bambola di pezza per paura di svegliarla o di far<strong>le</strong> ma<strong>le</strong> (…) ” (VI, pp. 66-67).<br />

Nota – Il bimbo morrà dopo qualche giorno.<br />

Baarìa: “Peppino è nella sala da pranzo. La <strong>le</strong>vatrice raccoglie nella borsa i suoi attrezzi. Peppino: «Chi<br />

succìessi?”. Levatrice: “Eh… Già rotte eranu l’ova, figghiuzzu mìu… Mi rispiaci». Sarina appare dalla<br />

stanzetta. I suoi occhi arrossati incrociano quelli turbati di Peppino. Peppino: «Ova rutti…». E corre in quella<br />

stanzetta. Mannina è sdraiata sul <strong>le</strong>tto, di spal<strong>le</strong>, singhiozzante. Peppino <strong>le</strong> s’avvicina. La stringe a sé in<br />

si<strong>le</strong>nzio. Poi sussurra… «Comu si’…?». Mannina: «Io bbùona…». Lui muove lo sguardo. Sul tavolo vede un<br />

cesto di vimini coperto da un asciugamano insanguinato” (sc. 76, pp. 125-126).<br />

Casa<strong>le</strong>: “Le stanze si riempirono di gente che si dava da fare per rendersi uti<strong>le</strong>; (…). Mastro Nata<strong>le</strong><br />

s’impegnò di preparare durante la notte la cassa di <strong>le</strong>gno bianco” (VI, p. 69).<br />

Baarìa: “Dalla guardiola Peppino stacca vecchie assi di <strong>le</strong>gno che un tempo sono state una porta. Le sega in<br />

tanti pezzi, che infine assembla tra di loro piantando chiodi arrugginiti” (sc. 76, p. 126).<br />

Casa<strong>le</strong>: “Mastro Ferretto non vol<strong>le</strong> che il becchino, com’era d’uso anche in paese per i piccoli morti, si<br />

portasse via sotto braccio, come un fagotto, la cassetta bianca; la portò lui stesso, sorretto dal compare,<br />

come una teca di reliquie, tra la piccola folla che lo scortò fino all’uscita dal <strong>casa<strong>le</strong></strong>; varcò il torrente e salì al<br />

cimitero, cercò la cappella, dove il custode l’aspettava già. «Posatela qui per la notte. La cappella si chiude<br />

4


e il cancello <strong>del</strong> cimitero pure. Tornate domani per la sepoltura». Convennero che l’avrebbero interrata nella<br />

stessa fossa <strong>del</strong> padre Giovanni, a opportuna profondità” (VI, p. 69).<br />

Baarìa: “Peppino avanza reggendo la spoglia cassetta fabbricata con <strong>le</strong> tavo<strong>le</strong> <strong>del</strong>la guardiola. In piazza si<br />

rivolge al cocchiere di una <strong>del</strong><strong>le</strong> carrozze a cavallo ferme al marciapiedi. Peppino: «Quantu vo’ pi pujtàrimi a<br />

Puntaùgghia?». L’uomo mette giù il pane che sta mangiando, vede la strana cassetta, forse intuisce…<br />

Cocchiere: “Acchiàna Pippèj”. Peppino sa<strong>le</strong> sulla carrozza che s’allontana lungo il corso, verso il mare” (sc.<br />

78, p. 127).<br />

Casa<strong>le</strong>: “Quando tornò l’indomani, verso mezzogiorno, come si era convenuto, mastro Ferretto trovò la<br />

porta aperta e la cappella vuota. «Si è dato – spiegò il custode – a prima mattina un ritaglio di tempo e<br />

abbiamo provveduto alla sepoltura. Meglio così, meglio non aver visto: sarebbe stata un’altra sofferenza». E<br />

lo guidò alla tomba <strong>del</strong> padre, sulla qua<strong>le</strong> si ergeva un tumu<strong>le</strong>tto di terra fresca, con una piccola croce di<br />

<strong>le</strong>gno, resto evidente di altra sepoltura. Mastro Ferretto tentennò (…); tornato alla sua triste mansuetudine,<br />

lo pregò di scrivere i dati <strong>del</strong> bimbo sui bracci <strong>del</strong>la croce” (VI, pp. 69-70).<br />

Baarìa: “Tra tante tombe Peppino ne ha scavata una più piccola <strong>del</strong><strong>le</strong> altre. Vi pone la cassetta e la copre di<br />

terra. Poi il guardiano vi ficca sopra un pa<strong>le</strong>tta col 746 in ceramica” (sc. 79, pp. 127-128).<br />

Nota – In Baarìa l’episodio si chiude con la fossa e non pare avere, in tutta la storia, altra funzione se non di<br />

colore. In Casa<strong>le</strong> la vicenda dolorosa continua con l’amorosa cura <strong>del</strong> padre intorno al tumu<strong>le</strong>tto, con<br />

mer<strong>le</strong>tti fiori e mattoni intorno, una piccola croce elaborata, una pietra ornata a sostegno, e lo strazio di<br />

non trovare, dopo anni, al momento <strong>del</strong>l’esumazione, né cassetta né scaglia di ossa. In Baarìa la vicenda<br />

dolorosa di Casa<strong>le</strong> appare profanata, usata com’è solo per per quanto è servita.<br />

III.4 CARRIERA POLITICA DI MICHELE IN CASALE E DI PEPPINO IN BAARÌA<br />

Casa<strong>le</strong>: “Miche<strong>le</strong> in convitto. “Buono e bravo – aveva replicato il rettore – ma <strong>le</strong> sue idee me <strong>le</strong> pianta anche<br />

qui, <strong>le</strong> soffia all’orecchio dei piccoli e dei grandi; si vede da certi discorsi, da certi atteggiamenti che i ragazzi<br />

non sono più tranquilli e docili come prima. Se non dovesse rientrare in sé, mastro Giusè, dovremo darvi un<br />

dispiacere” (…). Il movimento di idee che aveva creato tra i compagni <strong>del</strong> liceo e alimentato negli anni<br />

<strong>del</strong>l’università gli aveva conquistato un rispettabi<strong>le</strong> posto nei circoli politici, attenti, anche nel dissenso, alla<br />

sua voce” (XIII, p. 143; XV, p. 163).<br />

Baarìa: L’iter politico di Peppino è narrato passim.<br />

Casa<strong>le</strong>: “Il ma<strong>le</strong> – gridava – … è padre <strong>del</strong> ma<strong>le</strong> e il seme, a breve o a distanza, germoglierà. La<br />

restaurazione <strong>del</strong>la giustizia viene nella <strong>le</strong>gge e nella parola che la costruisce” (XV, p. 163).<br />

Baarìa: “Riformista è chi vuo<strong>le</strong> cambiare il mondo per mezzo <strong>del</strong> buon senso, senza tagghiari testi a nuddu”<br />

(sc. 162, p. 244).<br />

Nota – Nella diversità <strong>del</strong><strong>le</strong> circostanze, il filone è chiaramente unico.<br />

III.5 MALATTIA E MORTE DEL PADRE DI PEPPINO<br />

Casa<strong>le</strong>: Nella novella XV (Passione e gloria di mastro Giuseppe, pp. 172 ss.) si racconta che Miche<strong>le</strong><br />

convoca intorno al <strong>le</strong>tto <strong>del</strong> padre i luminari <strong>del</strong> paese, assiste al<strong>le</strong> sue sofferenze durante la visita, poi<br />

l’accompagna nel grande ospeda<strong>le</strong> universitario, da dove lo riporta moribondo:<br />

“Mastro Giuseppe restava immobi<strong>le</strong> come l’avevano adagiato all’arrivo e quasi assopito, e solo ogni tanto<br />

moveva il viso ed emetteva un rantolo breve. Restò alcuni giorni così, poi il respiro si fece più greve.<br />

“Giuseppe!”, “Papà!”, supplicarono, mentre la moglie gli bagnava <strong>le</strong> labbra arse. Dagli occhi a stento aperti<br />

il malato li guardò con un velo di luce, tremulo e dolce, e parve che <strong>le</strong> mani tentassero una stretta, il petto<br />

cominciò a essere scosso da sobbalzi affannosi (…) e prima che il so<strong>le</strong> calasse, il corpo s’adagiò in<br />

un’immobilità rassegnata e stanca.<br />

Baarìa: “L’agonia di Cicco si trascina negli ultimi spasmi di vita” (sc. 108, p. 167).<br />

“Peppino: «Tà…». Al suono di quella voce il vecchio muove <strong>le</strong>ntamente gli occhi verso di lui… Cicco:<br />

5


«Pippèj…». Accenna a sol<strong>le</strong>varsi. Peppino gli s’avvicina. S’abbracciano. E con <strong>le</strong> ultime forze, Cicco gli<br />

sussurra… «A ttìa aspittava»” (sc. 110, p. 169).<br />

Nota – L’episodio <strong>del</strong>la visita medica, con la preoccupazione di Miche<strong>le</strong> per la malattia <strong>del</strong> padre, appare<br />

trasferito, in Baarìa, nell’attenzione di Pietro per la visita <strong>del</strong> padre Peppino.<br />

Casa<strong>le</strong>: “Arrivarono, il giovane medico generico e l’anziano chirurgo, in una macchina di pubblico servizio<br />

(…). Indagarono nella storia persona<strong>le</strong> e familiare <strong>del</strong> parente, l’osservarono in ogni parte (…).<br />

L’esplorarono a vicenda su tutto il corpo, con <strong>le</strong> mani che si affondavano e con lo strumento che<br />

giocherellava a scoprire il ma<strong>le</strong> nascosto (…). Miche<strong>le</strong> intuì i limiti ed ebbe paura (…)” (XV, pp. 165-66).<br />

Baarìa: “Peppino comincia a fare dei respiri profondi, ritmati, inquietanti. Il ragazzo sospira, inquieto.<br />

Guarda il medico che visiona <strong>del</strong><strong>le</strong> radiografie (…). Scruta il medico che palpa il corpo nudo <strong>del</strong> padre” (sc.<br />

182, p. 269).<br />

III.6 L’ELETTRICE CIECA<br />

Casa<strong>le</strong>: “Erano lontani i giorni <strong>del</strong><strong>le</strong> prime e<strong>le</strong>zioni, quando un’e<strong>le</strong>mosina di viveri o di danaro obbligava<br />

sacralmente la promessa <strong>del</strong> voto (…) e signore sconosciute si erano trascinate appresso Margherita la cieca<br />

per accompagnarla nella cabina e<strong>le</strong>ttora<strong>le</strong>” (XVII, p. 91).<br />

Baarìa: “Nino giunge sparato alla guida <strong>del</strong>l’auto con l’anziana cieca seduta accanto (…). Il presidente <strong>le</strong>gge<br />

il certificato e poi fissa la cieca con aria scettica (…). Nino accompagna la cieca che continua a lamentarsi<br />

(…). Sono dentro la cabina” (pp. 257-259).<br />

Nota – Le cose non vanno secondo <strong>le</strong> intenzioni <strong>del</strong>l’accompagnatore ma l’episodio, anche se non raro nel<br />

tempo, va<strong>le</strong> per il suo stesso esistere in ambedue i testi.<br />

III.7 RIVOLTA POPOLARE<br />

Casa<strong>le</strong>: “Un fremito d’inquietudine e di attesa si sentiva nell’aria, percorreva <strong>le</strong> strade e <strong>le</strong> case e talora<br />

minacciava la tempesta, come nel raduno <strong>del</strong><strong>le</strong> contrade nella piazza grande <strong>del</strong> paese, con <strong>le</strong> zappe e i<br />

badili e i picconi, che parevano una selva di <strong>le</strong>gno e di ferro, e <strong>le</strong> urla <strong>del</strong><strong>le</strong> donne in prima fila e i carabinieri<br />

in affanno a difendere dalla ressa montante la porta <strong>del</strong> palazzo comuna<strong>le</strong>” (XVII, p. 191).<br />

Baarìa:<br />

Assedio <strong>del</strong> Regio esercito: “Dalla porta si affaccia una donna con un piccone” (sc. 33, p. 69).<br />

Assedio <strong>del</strong> Municipio: “ Davanti al municipio una folla di braccianti disoccupati che protestano furibondi<br />

(…). Dietro la tenda <strong>del</strong> suo ufficio il sindaco spia terrorizzato quella moltitudine esacerbata (…). La folla<br />

spinge contro l’ingresso sbarrato da carabinieri. Qualcuno più esacerbato tenta di aizzare la folla (…). La<br />

scintilla fa esplodere la folla, che sfonda il portone” (sc. 114, pp. 175 ss.).<br />

III.8 EMIGRAZIONE DI CARMINUZZO IN CASALE E DI PEPPINO IN BAARÌA – IN CASALE<br />

L’AMICO FORNAIO, IN BAARÌA L’AMICO BARBIERE<br />

Casa<strong>le</strong>: «Vado a Hagen. Lì Micuzzo il fornaio mi ha trovato un lavoro in fabbrica, dove lavora lui, e dice che<br />

ce n’è anche straordinario. Parto con lui. Hai visto in pochi mesi? Macchina, vesti, regali. Ricordi com’era<br />

partito?» (XX, p. 233). “La prima uscita di Carminuzzo fu per Micuzzo il fornaio (…). Tornato dalla<br />

Germania, Micuzzo aveva preso in mano il forno avito, ristrutturandolo insioeme alla casa (…). «Che<br />

onore!», gridò Micuzzo, tutto candido come un medico nella sua corsia d’ospeda<strong>le</strong>, gettandogli d’impeto <strong>le</strong><br />

braccia al collo” (p. 239).<br />

Baarìa: “Barbiere: «Pippèj!». Lui si volta e gli va incontro sorridendo. Quello scruta la sua valigia, lo fissa<br />

negli occhi… Barbiere: «Chi fa sta’ pajtìennu! Unni ti nni va’?». Peppino è sconcertato. Resta in si<strong>le</strong>nzio per<br />

qualche istante. Poi… Peppino: «’U primu trìenu chi parti, ci acchiànu, e bonasira e’ sunatùri». Barbiere:<br />

«Bravu. Ccà ’un si po’ camapri cchiù. Si era giovani, mi nni jàva puru io». Così dicendo si alza, insieme ad<br />

altri, e gli va incontro. Lo abbraccia, baciandolo… «Bon viaggiu e bona furtuna!»” (sc. 134, p. 207).<br />

6


Casa<strong>le</strong>: Lettera di Carminuzzo a Lucia (XX, p. 236).<br />

Baarìa: Lettera di Peppino a Mannina (sc. 132, pp. 204-206).<br />

III.9 ALTRI ELEMENTI<br />

Vari altri e<strong>le</strong>menti, pur non coincidendo perfettamente, accusano corrispondenze e parente<strong>le</strong>: scene e<br />

soggetti <strong>del</strong> mercato nero, in Baarìa (sc. 28, p. 65), richiamano circostanze e persone <strong>del</strong>la novella XVI di<br />

Casa<strong>le</strong> (Donna Maria, pp. 178-79); <strong>le</strong> donne alla fontana ricorrono in Casa<strong>le</strong> (I, p. 10) e in Baarìa (sc. 29, p.<br />

65); lo sposo ricco che i genitori avrebbero destinato, in Baarìa, a Mannina (sc. 65, p. 108; sc. 62, p. 104 e<br />

passim) richiama il fidanzato ricco <strong>del</strong>la novella II di Casa<strong>le</strong> (p. 24); il diffici<strong>le</strong> rapporto di Peppino con la<br />

figlia e lo scontento per il suo vestire corto (Baarìa, sc. 159, pp. 236-37) richiamano <strong>le</strong> difficoltà di rapporto<br />

di Tommaso con la figlia nella novella XVIII di Casa<strong>le</strong> (p. 207) e i discorsi fra nobildonne nella novella XVII<br />

(«Dice bene la marchesa: in meno di vent’anni un precipizio, la frana <strong>del</strong><strong>le</strong> rego<strong>le</strong>. Le ragazze? Manca poco<br />

per il nudo tota<strong>le</strong>. E i rapporti con i maschi? Chi <strong>le</strong> frena? Chi <strong>le</strong> controlla? Mugugni, resistenze, ribellioni e<br />

peggio!», pp.193-94); lo schiaffo di Peppino a don Giacinto, che ha percosso il padre (Baarìa, sc. 97, p.<br />

147), richiama il calcio di Maria a don Filiberto, che l’ha deflorata (Casa<strong>le</strong> XVI, p. 185), ecc.<br />

IV CORRISPONDENZE NELLA RISOLUZIONE DELLA VICENDA<br />

Nella novella XX di Casa<strong>le</strong> Carminuzzo, tornato dalla Germania, trova il <strong>casa<strong>le</strong></strong> mutato: mutato il lastricato,<br />

sventrata e modernamente adornato il negozietto, ingrandita la casa, riconvertito il bosco a luogo ricercato<br />

di gita e di merenda con i tavoli per i gitanti e <strong>le</strong> fornaci. Dov’è il suo <strong>casa<strong>le</strong></strong>?<br />

Scene e sentimenti tornano in Baarìa.<br />

Casa<strong>le</strong>: “Carminuzzo riguadagnò lo spiazzo, ma dov’era il suo <strong>casa<strong>le</strong></strong>? Percorse <strong>le</strong>ntamente la pista tra gli<br />

alberi, fino al dirupo, lastricato come via di paese” (XX, p. 241).<br />

Baarìa: “Peppino (…) giunge in strada, si guarda intorno stralunato. Il paese che sfila sotto i suoi occhi non è<br />

quello degli anni Trenta, è la Baarìa di oggi (…). Peppino avanza sperduto” (XX, p. 275).<br />

Casa<strong>le</strong>: “Il vecchio negozio di generi alimentari appariva sventrato, mostrando, attraverso <strong>le</strong> vetrine<br />

luminose, nella parte più interna la struttura di un moderno emporio e anteriormente quella <strong>del</strong> bar-trattoria,<br />

come confermavano l’insegna luminosa sulla facciata e <strong>le</strong> macchine degli avventori in sosta sul largo di terra<br />

divenuto piazza lastricata (…). La madre aspettava al piano superiore <strong>del</strong>la casa, per la qua<strong>le</strong> il denaro <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

varie rimesse appariva speso con giudizio, bella e grande com’era, più di quanto gli era stata descritta” (XX,<br />

pp. 237-238).<br />

Baarìa: “La casa di Sarina è svuotata come dopo un bombardamento. I muratori che la ristrutturano hanno<br />

abbattuto i tramezzi, lasciando solo lo sche<strong>le</strong>tro” (p. 276).<br />

Casa<strong>le</strong>: “La domenica al <strong>casa<strong>le</strong></strong> era una gloria. La messa raccoglieva <strong>le</strong> contrade e <strong>le</strong> vigne, colmava la chiesa<br />

e tutti gli spazi intorno (…). Di buon’ora cominciava l’afflusso dei gitanti, preoccupati di guadagnarsi un<br />

tavolo nel bosco per la merenda e uno dei disseminati focolari per la cottura <strong>del</strong><strong>le</strong> vivande” (XX, p. 242).<br />

Baarìa: “Pietro corre lungo il pianoro cosparso di famiglie che mangiano, gente che balla e suona, ragazzi<br />

spensierati. Raggiunge i suoi intorno alla brace” (sc. 162, p. 243).<br />

CONCLUSIONI<br />

Dall’analisi consegue che la varia corrispondenza tra Casa<strong>le</strong> da una parte e Baarìa, sceneggiatura e film,<br />

dall’altra, non è casua<strong>le</strong> ed episodica, ma organica e sistematica. Non è casua<strong>le</strong> la corrispondenza<br />

<strong>del</strong>l’apertura <strong>del</strong>la vicenda in Baarìa, fiera e avviamento <strong>del</strong> ragazzo al lavoro, con i primi due racconti di<br />

Casa<strong>le</strong>, cioè “Il <strong>casa<strong>le</strong></strong>” e “Il piacere <strong>del</strong>la vita”. In dirittura logica, non è casua<strong>le</strong> la chiusura <strong>del</strong>la vicenda in<br />

Baarìa, con <strong>le</strong> varie trasformazioni e il bosco divenuto ospizio di gitanti, con la chiusura <strong>del</strong>la vicenda di<br />

7


Casa<strong>le</strong>, caratterizzata da identiche e precise circostanze e da identici e precisi e<strong>le</strong>menti di trasformazione.<br />

Tra i due momenti, inizio e conclusione, Baarìa racconta una sua vicenda, che nel proprio percorso immette,<br />

secondo l’occorrenza, talora in funzione essenzia<strong>le</strong>, talora in funzione di colore, e<strong>le</strong>menti precisi di Casa<strong>le</strong>,<br />

ravvisabili non solo nella loro oggettiva esistenza, ma in caratterizzanti e non generici particolari.<br />

Anche luoghi che parrebbero appartenere al patrimonio comune, come l’arrivo degli Americani e i<br />

bombardamenti, se ne distaccano per la natura dei particolari, dei colori, <strong>del</strong><strong>le</strong> atmosfere, acquistando titolo<br />

di unicità; altri appartengono alla storia persona<strong>le</strong> <strong>del</strong>l’autore di Casa<strong>le</strong> e sono perciò, in ogni aspetto,<br />

irripetibili, o a precise documentabili storie <strong>del</strong> suo ambiente.<br />

L’analisi <strong>le</strong>gittima la conclusione che l’autore <strong>del</strong> film e <strong>del</strong>la sua sceneggiatura ha, comunque, dovuto<br />

tenere sott’occhio, nell’idea creativa e nello svolgimento, Il <strong>romanzo</strong> <strong>del</strong> <strong>casa<strong>le</strong></strong>, seguendolo a proprio<br />

consumo, secondo convenienza e necessità, fino alla sconcertante corrispondenza <strong>del</strong> risvolto di copertina.<br />

Il regista si preoccupa, si direbbe gratuitamente, di osservare che i fatti rappresentati possano accadere in<br />

tutti i luoghi. Ed è pur vero che un tema può ricorrere in opere diverse, ma è, si ribadisce, la diversità <strong>del</strong><strong>le</strong><br />

componenti che lo rende individuo, mentre una corrispondenza così numericamente e organicamente<br />

eclatante di e<strong>le</strong>menti non generici, ma precisi e caratterizzati nei modi, nel<strong>le</strong> forme, fin nel <strong>le</strong>ssico, qua<strong>le</strong><br />

risulta dall’analisi condotta, rende per lo meno sorridevo<strong>le</strong> ogni difesa di casualità. Ed è vero che i momenti<br />

ravvisati non risolvono il tessuto di Baarìa, ma ne costituiscono, si ripete, i punti nodali, i cardini portanti, i<br />

colori più vivi.<br />

Anche la <strong>le</strong>tteratura (interviste, articoli ecc.) che ha accompagnato il film, abbondante come non mai in<br />

casi <strong>del</strong> genere e preoccupata di recuperare tempi, volti, circostanze in contrario senso, cede all’evidenza dei<br />

dati. Il regista afferma che il film è la sua autobiografia. Affermazione per lo meno ingenua e patetica, per<br />

uno nato nel 1956, che <strong>del</strong> fascismo, <strong>del</strong>lo strazio <strong>del</strong>la guerra e <strong>del</strong><strong>le</strong> miserie <strong>del</strong>l’immediato dopoguerra può<br />

solo aver <strong>le</strong>tto o sentito dire, con <strong>le</strong> deformazioni operate dal tempo, dalla passione, dall’interesse, e <strong>del</strong>lo<br />

stesso comunismo non ha vissuto l’età eroica, ma quella <strong>del</strong>la decantazione, corrispondente, diciamo, agli<br />

anni dai Settanta in poi, quelli <strong>del</strong>la sua maggiore età. Quella storia può essere raccontata solo da chi, per<br />

anni di vita, la porta negli occhi e nella carne, nel sangue, nel<strong>le</strong> ferite ancora aperte, nei dolori non tutti<br />

confessabili, ma in parte destinati ad essere seppelliti con lui. Diversamente la storia rischia di essere<br />

conculcata, il dolore di essere profanato, il sorriso di scadere a farsesco, l’ironia a grottesco, il fiabesco a<br />

fantasticheria, la poesia a banalità.<br />

Ma questa è un’altra sede di giudizio. Il quadro <strong>del</strong><strong>le</strong> <strong>concordanze</strong> appartiene a quella <strong>del</strong>la filologia.<br />

NOTIZIE SUL PERCORSO DEL TESTO<br />

ANTERIORMENTE ALLA DATA DI PUBBLICAZIONE (APRILE 2009)<br />

Il <strong>romanzo</strong> fu da me scritto negli anni Novanta <strong>del</strong> secolo scorso e sarebbe rimasto nel cassetto se un<br />

estimatore affettuoso non mi avesse persuaso, e quasi costretto, a pubblicarlo.<br />

Insieme, dopo molte considerazioni, scegliemmo la casa editrice Sel<strong>le</strong>rio di Pa<strong>le</strong>rmo, alla qua<strong>le</strong> pervenne<br />

agli inizi <strong>del</strong>l’anno 2007, con preghiera di sol<strong>le</strong>cita <strong>le</strong>ttura. La <strong>le</strong>ttura sol<strong>le</strong>cita non fu, nonostante <strong>le</strong> mie<br />

frequenti pressioni te<strong>le</strong>foniche al <strong>le</strong>ttore <strong>del</strong>la Casa, prof. Aiello (non mi fu mai possibi<strong>le</strong> parlare direttamente<br />

con la direzione), finché, ai primi di febbraio 2008, il testo mi fu restituito, con una lusinghiera <strong>le</strong>ttera<br />

persona<strong>le</strong> <strong>del</strong>la Sig. Elvira Sel<strong>le</strong>rio, che comunque era di rifiuto.<br />

Coincidenza: l’ed. Sel<strong>le</strong>rio è lo stesso che ha pubblicato la sceneggiatura <strong>del</strong> film Baarìa, di mano <strong>del</strong><br />

regista G. Tornatore che, nella sua prefazione, lo ringrazia espressamente per la varia assistenza ricevuta.<br />

Dopo una breve e non convincente affacciata alla casa ed. Rubbettino, il cui manager mi propose la<br />

pubblicazione immediata con sigla collatera<strong>le</strong> <strong>del</strong>la Casa, prospettandomi lusinghieri sviluppi <strong>del</strong>l’impresa,<br />

con accenno a nomi eclatanti <strong>del</strong>la <strong>le</strong>tteratura e <strong>del</strong> cinema, il testo approdò, nell’apri<strong>le</strong> 2008, presso l’editore<br />

Pironti, il qua<strong>le</strong> ne annunziò in internet la pubblicazione per l’agosto 2008. Non so il perché, il <strong>romanzo</strong> è<br />

stato pubblicato nell’apri<strong>le</strong> 2009.<br />

Coincidenza: Pironti, il mio editore, è anche editore <strong>del</strong> <strong>romanzo</strong> di Giuseppe Marrazzo dal qua<strong>le</strong> nel 1986<br />

Tornatore trasse il film Il camorrista.<br />

8<br />

Giovanni Sapia

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