Speciale Toscana - Associazione Dimore Storiche Italiane
Speciale Toscana - Associazione Dimore Storiche Italiane
Speciale Toscana - Associazione Dimore Storiche Italiane
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
<strong>Speciale</strong> <strong>Toscana</strong><br />
moltiplicati i propri possedimenti terrieri da poter<br />
scegliere tra una residenza vicina alla città e una<br />
collocata sui rilievi montuosi.<br />
Una delle prime residenze a rendere tangibile la<br />
trasformazione di quelle che un tempo erano semplici<br />
dimore di campagna nel simbolo del potere e<br />
della ricchezza dei suoi proprietari è la splendida villa<br />
Buonvisi, attribuita a Francesco Marti, in cui, nel<br />
1541, i fratelli Martino e Ludovico ospitano il pontefice<br />
Paolo III arrivato a Lucca per incontrare lʼimperator<br />
Carlo V.<br />
Nellʼestate del 1581 Michel de Montaigne, dopo<br />
aver lasciato Prato, si dirige alla volta di Lucca scoprendo<br />
una città “sita nella miglior posizione […]<br />
mai vista, circondata per due leghe da una magnifica<br />
pianura e poi da belle montagne e colline, dove<br />
i più hanno residenze estive”. Lʼammirato giudizio<br />
dellʼeccezionale paesaggio si sposa a quello riservato<br />
alle residenze “delli gentiluomini lucchesi, pulite,<br />
gentili e belle”, dislocate ne “i colli più vicini alla<br />
città assai fittamente cosparsi”, su poggi panoramici<br />
come prescritto nella trattatistica (dal sommo<br />
Leon Battista Alberti fino allʼerudito lucchese Giovanni<br />
Sanminiati) o insinuate nelle vallate limitrofe<br />
(Vorno e Coselli).<br />
Anche quando ci si attiene a una realtà territoriale<br />
già costituita da secoli (per esempio gli allineamenti<br />
suggeriti dalle maglie della centuriazione<br />
romana) le nuove strutture determinano vistose<br />
modifiche nellʼambiente naturale e agricolo: non a<br />
caso gli edifici di servizio, i rustici e le case agricole,<br />
risultano spesso collocati vicini ai palazzi signorili o<br />
al viale di accesso a ribadire la centralità della villa<br />
come polo amministrativo della campagna, ma<br />
anche del profondo rapporto legante la famiglia proprietaria<br />
a domestici, servi e personale di servizio,<br />
garanzia del buon funzionamento e, più in generale,<br />
dellʼautosufficienza agricola dello stesso stato. Non<br />
devono pertanto stupire in questa ottica le notazioni<br />
di Montaigne a proposito dei “contadini e lor donne<br />
[…] vestiti da gentiluomini”: “non si vede contadina<br />
LUCCA, VILLA ROSSI.<br />
LXIII<br />
che non porti le scarpe bianche, le calzette di filo belle,<br />
il grembiale di ermesino di qualche colore; e ballano,<br />
fanno capriole e molinetti molto bene”.<br />
La duplice natura della villa cinquecentesca,<br />
centro agricolo e luogo di delizia, si riflette in una<br />
razionale organizzazione della campagna che<br />
imprime sulla natura circostante un forte mutamento<br />
paesaggistico. Il nome ancora oggi utilizzato di<br />
via delle Ville attesta il numero e lʼimportanza delle<br />
dimore che sfilano lungo lʼarteria snodantesi da Porta<br />
Santa Maria fino alle pendici delle Pizzorne,<br />
sopra tutto nei luoghi ricchi di acque sorgive o attraversati<br />
da un torrente, naturalmente quelli più ricercati:<br />
tra la Fraga e la Sana sorgono una serie di belle<br />
ville servite dalla strada sopracitata come la Diodati,<br />
la Orsetti (poi assorbita nella villa Reale di Marlia),<br />
la Orsucci (oggi Orlando), la Cenami (poi Mansi),<br />
la Mazzarosa e la Lucchesini.<br />
A scrivere un nuovo capitolo nellʼevoluzione tipologica<br />
della residenza nobiliare lucchese sono<br />
ancora i Buonvisi: quella “al Giardino”, realizzata<br />
allʼesterno della cinta medioevale di Lucca, nei<br />
pressi della porta di San Gervasio in una zona compresa<br />
entro lʼampliamento delle nuove mura, sebbene<br />
non molto edificata, e terminata negli anni<br />
Novanta del Cinquecento, viene da subito destinata<br />
a funzioni di rappresentanza. Sia lʼedificio e il<br />
giardino con lo spettacolare ninfeo che il portale del<br />
muro di cinta prospettante la coeva chiesa della<br />
Santissima Trinità rivelano un sofisticato intreccio di<br />
sfumature allʼinterno del lessico manieristico, ora<br />
declinato nei modi di Ammannati o Buontalenti, ora<br />
in quelli del lucchese Vincenzo Civitali. La residenza<br />
dei Cenami (poi Querci) a Saltocchio, quella Guinigi<br />
(poi Pardini) a Matraia e quella Buonvisi (poi<br />
Oliva) a San Pancrazio, richiamano la tipologia della<br />
villa “al Giardino”, in particolare nella chiarezza<br />
stereometrica dei volumi e nel raffinato realismo<br />
delle membrature architettoniche, differenziandosi<br />
dal prototipo cittadino principalmente nella soluzione<br />
dei giardini.<br />
Ancora agli inizi del Seicento i Buonvisi, i Guinigi,<br />
i Balbani, gli Arnolfini, i Bottini, i Franciotti, i Burlamacchi<br />
e gli Orsetti continuano a controllare la vita