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<strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong><br />
Veni Vidi Vici<br />
www.solovela.net<br />
Articolo pubblicato sulla rivista <strong>SoloVela</strong><br />
<strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong>, il genio della<br />
matita, conclude la trilogia<br />
dei grandi progettisti.<br />
Raccontata da chi lo ha<br />
conosciuto, la storia<br />
dell’uomo che ha vinto nella<br />
vela tutto il vincibile.<br />
di Pietro Fiammenghi<br />
Di lui si parlava molto, era il 1990, probabilmente l’anno<br />
più radioso della sua lunga carriera di progettista. La sua<br />
ombra era omnipresente. Dai mini ai maxi, saltellando<br />
per ogni singola classe che il regolamento annoverava. Progettava<br />
e vinceva di tutto.<br />
Eravamo in Spagna, a Palma di Maiorca, alla Coppa del Re col<br />
maxi yacht “Carmen”. Lo scatolato d’alluminio che univa inferiormente<br />
le due grosse lande, si era completamente scollato<br />
dalla struttura in carbonio di cui era fatto lo scafo. Che fare?<br />
Ritirarsi o regatare comunque, sperando di non disalberare?<br />
Lui, <strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong>, era lì. Lo chiamarono e venne subito a vedere<br />
cos’era successo. Silenzioso nell’ampio ventre ferito del maxi,<br />
dove il caldo era asfissiante, osservò incuriosito il grosso pezzo<br />
d’alluminio, quindi il suo volto lentigginoso e sudato si<br />
corrugò contrariato. Chiese seccamente chi avesse ordinato<br />
l’applicazione di quell’insulso rinforzo metallico! Sottocoperta<br />
in un solo attimo, si passò dall’afa tropicale al gelo siderale.<br />
Nell’imbarazzato silenzio generale, lentamente emerse che<br />
l’incriminato scatolato era stato ideato e installato per espresso<br />
volere dell’armatore stesso. <strong>Bruce</strong> alzò le spalle, sbuffò e<br />
infine sorrise ironicamente dicendo “è del tutto inutile e totalmente<br />
incompatibile con la struttura carboniosa che ho<br />
progettato per questo maxi. Ora vi toccherà portare a spasso<br />
per il campo di regata tutto questo inutile metallo”. Per lui il<br />
caso era chiuso. Mentre risaliva in coperta gli chiesi come facesse<br />
a essere così sicuro che la struttura non si fosse piegata<br />
e scollata per altri motivi. Lui mi squadrò e mi sussurrò tagliente:<br />
“di ogni progetto calcolo non solo il diametro, ma anche<br />
lo spessore di ogni singola rondella. Questo scafo è concepito<br />
per reggere esattamente i carichi a cui viene sottoposto,<br />
senza alcun bisogno di rinforzi metallici posticci”. Dalle<br />
sue parole traspariva ferma la consapevolezza del proprio operato,<br />
unitamente all’insofferenza di chi, pur avendo parlato<br />
chiaramente, non è stato compreso, o peggio, ascoltato. Su<br />
quel maxi regatai per altri tre anni. Il pezzo metallico<br />
Settembre 2003<br />
<br />
43
Disque D’Or progetto #81<br />
Merit<br />
(progetto #183)<br />
Longobarda (progetto #207)<br />
Larouge<br />
(progetto #242)<br />
Mumm 36<br />
(progetto #299)<br />
MR. BRUCE<br />
<strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong> è nato ad Auckland, in Nuova Zelanda, nel 1949. Durante la scuola media,<br />
a soli 12 anni, disegna la sua prima barca: un dinghi di 12 piedi. Poi, durante il liceo,<br />
è la volta di un Moth con cui vince il campionato nazionale. Entrato all’università non<br />
si trova a suo agio. Non individua la facoltà che soddisfa il suo vero obiettivo: diventare<br />
uno yacht designer. Lascia l’università e da autodidatta studia, costruisce e regata<br />
su alcuni skiff di 18 piedi. Nel breve volgere di qualche anno diventa il miglior realizzatore<br />
e progettista di questa spettacolare classe. Negli anni ‘70 si affaccia sul mondo<br />
dello IOR. I suoi disegni sono caratterizzati da linee semplici e piatte soprattutto<br />
nella zona poppiera, proprio come i suoi skiff. Con “45° South” vince la Quarter Ton<br />
Cup del 1975, la prima vittoria veramente importante della sua lunga carriera. La Half<br />
Ton Cup, la Three Quarter Ton Cup e la mitica One Ton Cup verranno puntualmente e<br />
ripetutamente centrate negli anni successivi. Storica, al riguardo, la OTC vinta nel ‘77<br />
con “The Red Lion”. Il disegno (numero 64) che - più di ogni altro - materializza il<br />
concetto di poppa alla <strong>Farr</strong>: piatta, larga e potente. L’esatto opposto delle poppe a<br />
“punta” tanto in voga in quegli anni.<br />
Dopo aver dominato nelle Level Class, <strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong> si interessa ai Maxi Yacht dove -<br />
nell’86, vincendo il giro del mondo - si candida quale antagonista principale all’egemonia<br />
di German Frers. Nel 1989 vince il titolo più ambito e prestigioso: il mondiale<br />
maxi. Il suo progetto, “Longobarda”, è l’ennesimo disegno rivoluzionario: il primo<br />
maxi realizzato completamente in carbonio e privo di paratie interne. Una macchina<br />
da regata sofisticatissima e velocissima, l’unica capace di sconfiggere ripetutamente<br />
“Il Moro di Venezia” (Maxi) di Raul Gardini. Questi sono gli anni in cui domina anche<br />
il mondo dei feroci cinquanta piedi, oltre alla neonata Two Ton Class. Gli armatori italiani<br />
sono conquistati dal suo metodo di lavoro e dall’organizzazione<br />
che Lorenzo Bortolotti ha creato in Italia. Nasce<br />
una squadra italiana omnipresente e fortissima che parteciperà,<br />
da protagonista, a tutte le edizioni dell’Admiral’s<br />
Cup degli anni ‘90. Mandrake, Larouge e Brava, i suoi cavalli<br />
di battaglia. Tutti scafi italiani progettati da <strong>Farr</strong>, yacht<br />
che lasceranno un ricordo nitido e professionale della<br />
vela italiana. Un’ascesa che porterà alla storica vittoria italiana<br />
dell’Admiral’s Cup del ‘95, oltre a ripetuti successi nella<br />
Coppa del Re e nella Kenwood Cup.<br />
L’avvento dell’IMS ha nuovamente visto <strong>Farr</strong> tra i protagonisti<br />
dell’altura mondiale. Suo è il rivoluzionario disegno di<br />
Sayonara, il maxi del miliardario californiano Larry Ellison. Il maxi più vincente mai realizzato,<br />
coi suoi tre titoli mondiali consecutivi. Di <strong>Farr</strong> è anche la firma del ‘43 piedi Atalanti<br />
per l’armatore greco George Andreadis. Costruito da Cookson Boats in Nuova Zelanda,<br />
questo è il primo disegno (numero 491) dell’era moderna con carena strettissima.<br />
L’idea da cui questa carena ha preso forma, è quella di ridurre drasticamente la larghezza,<br />
la stabilità di forma, a tutto vantaggio della resistenza all’avanzamento. Un concetto<br />
geniale che ridefinirà profondamente i parametri dimensionali dell’ultima generazione<br />
dei One Off secondo la stazza IMS. Sempre sua è stata la prima carena espressamente<br />
studiata per vincere tra i Cruiser-Racer, quella del Beneteau 40.7. Proprio la proficua<br />
collaborazione col maggior cantiere nautico del mondo, il colosso francese Beneteau-<br />
Jeanneau, segnerà l’ingresso dello studio anche nella progettazione di barche di grande<br />
serie. Un nuovo filone progettuale che, grazie alla recente vittoria del 36.7 al Campionato<br />
Mondiale di Capri, ha portato il quarantesimo titolo mondiale allo studio <strong>Farr</strong>.<br />
restò lì, scollato e inutile; naturalmente l’albero non si mosse<br />
mai, neanche di un solo millimetro. Come da progetto.<br />
LA FABBRICA DI TITOLI MONDIALI<br />
<strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong> non è certamente un simpaticone. Anzi, non lo è<br />
affatto. Piuttosto sembra un bambinone, uno di quegli anglosassoni<br />
allampanati che spesso vediamo deambulare<br />
accaldati per le nostre città d’arte. Glabro, lentigginoso<br />
e rossastro. Completa il suo understatement l’anonimo<br />
paio di occhiali dall’esile montatura metallica,<br />
abitualmente appoggiati sul naso. In banchina è<br />
facilmente identificabile per la carnagione quasi<br />
albina; chiara e slavata, del tutto incompatibile<br />
con la luce solare. Pur non essendo oggettivamente<br />
brutto, difficilmente lo si definirebbe un bell’uomo,<br />
tanto meno un “tipo” affascinante. Lui è<br />
sinteticamente un dinoccolato neozelandese trapiantato<br />
negli Stati Uniti; una fortuita miscela<br />
del provincialismo di quel paese agli antipodi, al<br />
pessimo gusto nel vestire tipico degli statunitensi.<br />
Se è inconfutabilmente vero che il nostro anti-eroe,<br />
quando cammina per strada, sembra<br />
tutt’al più un pignolo impiegato di banca, non appena<br />
impugna la sua matita magica, si trasforma<br />
miracolosamente. Innanzi al suo tavolo da disegno<br />
Mr. <strong>Farr</strong> ritrova tutta la sua essenza, diventando<br />
prontamente l’essere geniale capace di immaginare e<br />
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Articolo pubblicato sulla rivista <strong>SoloVela</strong><br />
L’ultimo dei Brava<br />
(progetto #428), il 49 piedi IMS.<br />
Progettato e varato nel 1999,<br />
ha vinto il Mondiale del 2002 a Capri.<br />
E’ l’ennesimo “Brava” creato da <strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong><br />
tratteggiare linee di carena sorprendenti e velocissime, disegni<br />
da cui sono sorte autentiche opere d’arte naviganti. E’ dalla sua<br />
mano che è letteralmente sgorgata la storia dello yachting<br />
moderno. Lui è l’interprete più innovativo e originale delle<br />
formule di stazza che hanno caratterizzato l’ultimo quarto di<br />
secolo; l’astuto ideatore e attuale padrone della monotipia<br />
moderna; lui è l’incontrastato “Signore” del Giro del Mondo;<br />
il più esperto, conteso e creativo interprete del regolamento<br />
di Coppa America; lui è l’incarnazione dello<br />
yachting moderno, il presente e il futuro della vela. La<br />
mente più acuta di cui la nautica attualmente disponga.<br />
E’ semplicemente il più bravo, il più innovativo,<br />
il più creativo. Come Le Corbusier viene<br />
considerato il padre dell’architettura moderna, così<br />
<strong>Farr</strong> può esserlo per lo yachting.<br />
Il segreto delle sue interpretazioni rivoluzionarie,<br />
rispetto a formule di stazza apparentemente<br />
esauste, risiede proprio nell’approccio mentalmente<br />
svincolato che riesce a mantenere. Come<br />
se quell’aria da eterno bambinone curioso, che<br />
tanto lo caratterizza nella quotidianità, gli fornisca<br />
la chiave universale per interpretare originalmente<br />
qualunque progetto. La sua vera forza, il<br />
suo segreto, è questa inesauribile freschezza mentale.<br />
La capacità di porsi davanti a qualsiasi regolamento,<br />
osservarlo, stuzzicarlo e attentamente aggirarlo,<br />
fino a scardinarlo. Come per gioco.<br />
<br />
Settembre 2003 45
Sayonara (progetto #323)<br />
Mumm 30 (progetto #338)<br />
First 40.7 (progetto #354)<br />
Beneteau 25<br />
(progetto #316)<br />
<strong>Farr</strong> 40<br />
(progetto #374)<br />
Ma questa disinvoltura nel trovare siste-<br />
The Card (progetto #195),<br />
maticamente la chiave di volta per aprire<br />
il meno performante dei<br />
nuove prospettive apparentemente inesi-<br />
tre ketch nella<br />
stenti, non deve lasciar supporre che il<br />
Whitbread<br />
tutto sia casuale o peggio, poco profes-<br />
del 1989<br />
sionale. Infatti, <strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong> è anche il più<br />
organizzato. Nulla togliendo alla freschezza<br />
geniale che caratterizza la sua<br />
opera, questi è oggi al centro di una organizzata<br />
struttura internazionale, simile<br />
a una ragnatela ben articolata e attentamente<br />
ordita. Oltre al geniale <strong>Bruce</strong>, un<br />
designer team - composto da quindici<br />
professionisti super-qualificati - rappresenta<br />
il nocciolo duro, le teste pensanti<br />
della <strong>Farr</strong> Yachts Design. Questo nucleo, a<br />
sua volta, viene supportato da una “longa<br />
manu” sapiente, pronta e presente<br />
ovunque: la <strong>Farr</strong> International. Una struttura<br />
commerciale impressionante, costosa<br />
quanto efficiente, che lavora unicamente<br />
per loro, con fede e dedizione religiose. Forte di questa ramificazione mondiale - volutamente<br />
strutturata a compartimenti stagni - l’intero team progettuale, alleggerito da ogni incombenza<br />
economico commerciale, ha prodotto in una ventina d’anni qualcosa come cinquecento<br />
progetti dando vita, nel mondo delle regate, a una vera e propria catena di montaggio<br />
di titoli mondiali.<br />
NESSUNA COINCIDENZA<br />
Le rivoluzionarie intuizioni di <strong>Bruce</strong>, il meticoloso sviluppo tecnico attraverso la <strong>Farr</strong> Yachts<br />
Design, la commercializzazione attraverso la <strong>Farr</strong> International e la realizzazione delle barche<br />
all’interno di una ristretta cerchia di cantieri, attentamente standardizzati sull’elevato livello<br />
realizzativo preteso dalla struttura a monte, hanno letteralmente fatto la differenza.<br />
Questa organizzazione senza compromessi ha posto, sin dalla metà degli anni ottanta, lo yachting<br />
mondiale innanzi a una realtà altamente professionale, completamente nuova e scevra<br />
dalle improvvisazioni che lo hanno contraddistinto. Una concezione intransigente, ma anche<br />
ingombrante. <strong>Farr</strong> ha dato vita a una rivoluzione nello yachting, cresciuta grazie ai risultati<br />
ma che a molti, soprattutto agli inizi, è restata assai indigesta. Il rigoroso metodo di<br />
lavoro adottato, incorniciava obbligatoriamente ogni nuovo disegno entro parametri e dettagli<br />
ben definiti che, anche se compendio di soluzioni innovative, non lasciavano quasi nulla<br />
al caso. Tutto ciò ha ridotto il margine di manovra e il potere decisionale di tutti coloro<br />
che gravitano attorno al progetto della barca - incluso lo stesso armatore - relegandoli in<br />
ruoli ben definiti e molto meno invadenti. Fatto sta che, grazie alle sue intuizioni e a questa<br />
scrupolosa metodica di lavoro, <strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong> è da vent’anni il più capace, prolifico, costoso,<br />
vincente, organizzato e celebrato architetto navale del mondo e certo tutto ciò non è affatto<br />
frutto di fortuite e continue coincidenze.<br />
L’ASSOLUTISTA<br />
Questa ferrea struttura piramidale - capace di meritare qualcosa come quaranta titoli mondiali<br />
in vent’anni d’attività - ha letteralmente prodotto un’egemonia planetaria dello studio<br />
Ceramco New Zealand<br />
(progetto #90) sotto spi,<br />
vincitore morale del giro<br />
del mondo del 81.<br />
Steinlager<br />
(progetto #190),<br />
il ketch (a destra)<br />
che ha vinto sei tappe<br />
su sei nell’edizione 89<br />
del “giro”.<br />
<strong>Farr</strong>. Supremazia talmente marcata, da impregnare tutto<br />
di grande credibilità e carattere. Anche alla divisione<br />
monotipi, branca agonistica sempre abilmente gestita<br />
e “imposta” dalla <strong>Farr</strong> International tanto da essere<br />
stata, per questo, apertamente tacciata di oscurantismo.<br />
La “Divisione One Design” fu, infatti, esplicitamente<br />
accusata del tentativo di affossare l’intero sistema<br />
di compenso IMS (International Mesurement Sistem),<br />
relegando l’altura mondiale a esclusivo bacino<br />
d’utenza della monotipia “Made in <strong>Farr</strong>”. Scenario questo<br />
prontamente smentito dal diretto interessato, ma<br />
oggettivamente verificatosi negli Stati Uniti d’America<br />
dove, casualmente, lo studio <strong>Farr</strong> ha proprio la sua sede<br />
principale. A un’analisi più attenta - però - non può<br />
certamente sfuggire che lo stesso studio <strong>Farr</strong> è anche<br />
attivo protagonista della formula IMS e che quindi non<br />
avrebbe nessun beneficio commerciale nell’affossare<br />
l’ultimo sistema di compenso attualmente esistente. Le<br />
insinuazioni avanzate quindi, se da un lato tacciano di<br />
iperplasia e di assolutismo l’operato del primo studio di progettazione<br />
mondiale, dall’altro rendono indubbiamente giustizia all’entità<br />
del potere e della forza commerciale che la <strong>Farr</strong> International è in<br />
grado di esercitare. Di fatto, nessun altro studio progettuale potrebbe<br />
essere realisticamente accusato di “manipolazione genetica”<br />
dello yachting mondiale. Almeno, non in questo sistema solare. Oggi<br />
<strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong> sta allo yachting mondiale, esattamente come Bill Gates<br />
sta al mondo dei computer. E, guardandoli bene, fisicamente i<br />
due si assomigliano pure.<br />
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Articolo pubblicato sulla rivista <strong>SoloVela</strong><br />
“IL GIRO” DI FARR<br />
Dalla <strong>Farr</strong> Yacht Design sono nati i progetti che hanno dominato la<br />
Volvo Ocean Race (ex Whitbread) dal 1985 a oggi. Malgrado in 18<br />
anni queste barche abbiano radicalmente cambiato armo, dimensioni,<br />
tracciati e filosofie costruttive, ancor oggi se si desidera vincere<br />
il giro del mondo o anche una singola tappa di questo, la storia insegna<br />
che non c’è alternativa: bisogna necessariamente rivolgersi allo<br />
studio <strong>Farr</strong>. Proprio l’epopea della Whitbread, il giro del mondo in<br />
equipaggio, focalizza emblematicamente di cosa siano capaci <br />
Settembre 2003 47
EF Language<br />
(progetto #378)<br />
Big Apple II (progetto #418)<br />
Sea Hawk (progetto #441)<br />
Mascalzone Latino ‘43 (progetto #443)<br />
First 36.7 (progetto #446)<br />
Cam - ‘50 Ims (progetto #466)<br />
LA BESTIA NERA<br />
Sono ormai vent’anni che <strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong> gli gira attorno senza riuscire ad agguantarla mai.<br />
E’ la sua bestia nera. L’unica e l’ultima coppa che manca al suo sconfinato palmares.<br />
Di cosa stiamo parlando? Del più importante trofeo velico del mondo: la Coppa America.<br />
Al suo primo tentativo, quello australiano<br />
dell’86, <strong>Bruce</strong> sfiorò il successo<br />
pieno con KZ-7. Tra le ripide onde di Freemantle<br />
la Coppa gli sfuggì dalle mani solo<br />
grazie all’abilità di Dennis Conner. Per<br />
l’occasione <strong>Bruce</strong> aveva estratto dal cilindro<br />
un disegno rivoluzionario: il primo 12<br />
Metri S.I. in vetroresina della storia. Fu<br />
chiamato Kiwi Plastic e rappresentò perfettamente<br />
lo spirito con cui <strong>Farr</strong> e i neozelandesi<br />
si relazionavano alla Coppa,<br />
senza nessun timore reverenziale. In quell’edizione<br />
però Stars & Stripes diede una<br />
lezione di vela al mondo intero, battendo<br />
prima KZ-7, poi Kookaburra e riportando<br />
l’ambito trofeo negli States.<br />
Nell’88 l’imprenditore neozelandese Michael<br />
Fay reinterpretò il regolamento di<br />
Coppa e sfidò gli statunitensi con un incredibile sloop di 130 piedi sempre progettato<br />
da <strong>Farr</strong>. Gli americani si presentarono al via di quella pazza edizione della Coppa,<br />
con un piccolo ma velocissimo catamarano e la difesero con successo. Per <strong>Farr</strong> fu un<br />
nuovo smacco. Nel 1992 a San Diego, dopo cinque anni e con barche totalmente nuove,<br />
il rosso scafo di NZL 20 si scontrò contro<br />
“Il Moro di Venezia” di Raul Gardini. Il<br />
famigerato bompresso ideato dallo stesso<br />
<strong>Farr</strong>, fu messo astutamente al bando dagli<br />
italiani e l’avventura neozelandese si arrestò<br />
nuovamente al termine della finale tra<br />
i challenger. Tre anni dopo, nel 95, <strong>Bruce</strong> era il disegnatore della barca neozelandese<br />
sbagliata, Tag Heuer. Quella giusta si chiamava Black Magic e vinse la Coppa 5 a 0,<br />
portandosela ad Auckland. Nel 2000, nell’edizione di “Luna Rossa” <strong>Farr</strong> disegnò nuovamente<br />
la barca più veloce della flotta: la strettissima Young America. Purtroppo durante<br />
la Louis Vitton Cup, si ruppe letteralmente in due. La sua carena era la prima capace<br />
di modificare - flettendosi - la sua lunghezza in acqua. Un concetto fin troppo<br />
innovativo, che incappando in una sequenza di onde “anomale”, collassò su se stesso.<br />
L’idea di creare una carena rigida ma “duttile” fece scalpore e per l’edizione del<br />
2003 fu contattato da Patrizio Bertelli per far parte del Team Prada. L’accordo formale<br />
prevedeva un ingaggio di 10 miliardi di lire. Contemporaneamente Larry Ellison, decise<br />
anch’esso di partecipare alla Coppa offrendogli un miliardo in più. Correttamente<br />
<strong>Farr</strong> disse che era già in parola col team Prada (che frattanto aveva acquistato Young<br />
America) e che aspettava solo di veder ratificato l’accordo esistente. Bertelli dopo pochi<br />
giorni, telefonò nuovamente a <strong>Farr</strong> offrendogli, da bravo commerciante, un miliardo<br />
in meno dell’accordo preesistente. <strong>Farr</strong> non fece una piega, disse “no grazie”, abbassò<br />
il telefono e fece la Coppa con il neonato Team Oracle. L’Italia e <strong>Farr</strong> persero entrambi<br />
un’ottima occasione: entrambe battutti. Insieme, forse, l’avrebbero spuntata.<br />
Realizzato in oltre<br />
130 esemplari,<br />
il <strong>Farr</strong> 40 è<br />
attualmente il<br />
monotipo più in<br />
voga al mondo<br />
<strong>Bruce</strong> <strong>Farr</strong> & Co. La schiacciante supremazia dimostrata in questo tipo<br />
di regate, ha praticamente ridotto una delle più effervescenti classi<br />
dell’altura oceanica, i maxi OMYA (Offshore Maxi Yacht Association),<br />
praticamente a semplice monotipo “made in <strong>Farr</strong>”. Ma andiamo con ordine<br />
e vediamo come si è arrivati a tanto.<br />
Sul finire degli anni settanta, l’allora giovane ma già innovativo progettista<br />
neozelandese, esordì nella più importante regata oceanica internazionale,<br />
la “Round the World Race”, disegnando sia la rivoluzionaria<br />
carena di “Ceramco New Zealand” (skipper Sir Peter Blake), che<br />
quella di “Disque d’Or 3” (skipper Pierre Fehlmann) terminata quarta<br />
assoluta in quella lontana edizione 1981/82. “Ceramco”, malgrado il<br />
disalberamento subito durante la prima tappa Portsmouth-Città del<br />
Capo, mostrò chiaramente al mondo di cosa fossero capaci le linee tese<br />
e la poppa larga che <strong>Bruce</strong> per l’occasione aveva astutamente associato<br />
a un dislocamento medio leggero. La cosa fece scalpore e “Ceramco”<br />
è considerata la carena che mise in luce le doti di questo giovane<br />
progettista. Ma esattamente quattro anni dopo, nel “giro”<br />
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Articolo pubblicato sulla rivista <strong>SoloVela</strong><br />
Realizzato dal cantiere<br />
Beneteau in oltre<br />
cinquecento<br />
esemplari, questo<br />
piccolo monotipo<br />
è attualmente<br />
la “entry level”<br />
dei monotipi<br />
di <strong>Farr</strong><br />
dell’85-86, grazie ai consistenti capitali delle banche elvetiche, <strong>Farr</strong><br />
perfezionò la caratteristica a lui più cara: i dettagli. Questo consentì<br />
al suo progetto di non subire alcuna avaria e vincere nettamente la<br />
Whitbread con un 86 piedi: “UBS Switzerland” (skipper Pierre Fehlmann).<br />
Quella vittoria fu la vera chiave di volta della sua carriera. Il<br />
ricco e conservativo mondo dei maxi dovette piegarsi alle sue nuove<br />
idee e anche se controvoglia, gli schiuse le porte, proiettandolo rapidamente<br />
ai vertici anche dell’esclusivo mondo dei maxi yacht da regate<br />
inshore. I due mondiali vinti col maxi italiano “Longobarda” di<br />
Gianni Varasi, altro non fecero che decretarne la sua totale consacrazione.<br />
Il vero capolavoro però, lo compì nell’edizione della Whitbread<br />
a cavallo dell’1989/90. Studiando l’efficienza dei piani velici nelle andature<br />
portanti, percentualmente dominanti nel giro del mondo, intuì<br />
che l’introduzione dell’armamento a ketch era nettamente favorevole<br />
rispetto a quello a sloop allora imperante. Abbassare il piano velico<br />
permetteva inoltre di aumentarne enormemente la superficie, raggiungendo<br />
parametri di dislocamento/lunghezza al galleggiamento,<br />
estremamente favorevoli. Ne nacque una rivoluzionaria generazione di<br />
ketch, molto invelati e pesanti che, grazie a “Stainlager” prima e “New<br />
Zealand Endeavour” poi, dominarono l’altura mondiale sino al 1995.<br />
Poi, questi grossi e costosi ketch vennero banditi e la corsa attorno<br />
al mondo, nel tentativo di rivitalizzarsi, cambiò sponsor, nome e lunghezza<br />
massima riducendo gli scafi dagli oltre 86 ai soli 60 piedi. Malgrado<br />
il profondo rimescolamento dei parametri, il risultato finale<br />
però non si modificò affatto. <strong>Farr</strong> restò l’indisturbato dominatore della<br />
classe. Anzi, nell’edizione 1997/98, accentuò ulteriormente l’effetto<br />
“monotipia” imponendo ben sette disegni del suo studio di Annapolis,<br />
nelle prime sette posizioni. Uno strapotere marcatissimo - e a<br />
molti indigesto - ripetuto nell’ultima edizione 2001/02 della Volvo<br />
Ocean Race. Frers, supportato dall’esperto team Nautor, in quell’occasione<br />
tentò d’interrompere l’incontrastato dominio di <strong>Farr</strong>, ma <br />
Settembre 2003 49
50<br />
Settembre 2003<br />
Tau - ‘50 Ims<br />
(progetto #466)<br />
Bribon - ‘53 Ims (progetto #467)<br />
Illbruck - Vor ‘60 (progetto #471)<br />
Mascalzone<br />
Latino ‘51<br />
(progetto #488)<br />
Azur de Puig (progetto #493)<br />
Il Mumm 30 è il più piccolo<br />
monotipo di <strong>Farr</strong> dotato di albero,<br />
boma e tangone in carbonio<br />
venne sonoramente sconfitto anche da team dotati di budget assai inferiori,<br />
ma sorretti da progetti firmati <strong>Farr</strong>. Progetti semplicemente più veloci, che<br />
hanno fatto nuovamente gridare al miracolo costringendo gli organizzatori,<br />
per rivitalizzare la classe, a un ennesimo rimescolamento delle carte.<br />
Nella prossima edizione - quella del 2005 - le barche cambieranno ancora.<br />
Stavolta si riallungheranno sino a 70 piedi, ma nessuno dubita che saranno<br />
nuovamente i disegni di <strong>Farr</strong> a dominare la classifica. Cambiando l’ordine dei<br />
fattori, il prodotto non cambia, la storia insegna.<br />
FARR E LA “SUA” MONOTIPIA<br />
Anche se non lo ammetterà mai, il caro <strong>Bruce</strong>, al colpaccio ci ha sicuramente<br />
pensato: impadronirsi dello yachting e farla finita. Gli altri, tutti a casa!<br />
Rendere il mondo delle regate un suo esclusivo dominio sbarazzandosi, una<br />
volta per tutte, della feroce concorrenza sempre pronta a insidiargli il primato.<br />
Sì, ma come fare? Come liberarsi in un colpo solo di Frers, Vrolijk, Jeppesen<br />
e tutti gli altri assidui frequentatori di vasche navali e campi di regata?<br />
Non potendo vietare ad altri esseri umani di disegnare barche a vela, l’unica<br />
alternativa possibile resta quella di convincere, o costringere, la committenza<br />
a non poterle utilizzare. In sostanza, l’idea è questa: o si acquista<br />
un One Design di <strong>Farr</strong> o regate ad alto livello non se ne possono fare. <strong>Bruce</strong>,<br />
consigliato come al solito dal fido Joff Stag, ha focalizzato chiaramente<br />
il nocciolo del problema, individuando esattamente quali fossero le lunghezze<br />
chiave in cui posizionare i suoi tre cavalli di battaglia: Platu 25, Mumm<br />
30 e <strong>Farr</strong> 40. Oggi i tre monotipi cardine della vela agonistica internazionale.<br />
Tre splendidi disegni di <strong>Farr</strong>, indirizzati a tre distinte richieste del mercato<br />
agonistico. Attorno a queste tre icone della monotipia internazionale, <strong>Farr</strong><br />
ha sapientemente collocato altri quattro One Design: il nuovo 36, il 395, il<br />
52 e il 60 piedi. Tutte classi che tendono a saturare opportunamente gli spazi<br />
lasciati vacanti dalle tre classi dominanti. La politica è infatti quella di offrire<br />
sul mercato un <strong>Farr</strong> One Design, ogni cinque piedi di lunghezza, accompagnando<br />
fedelmente le necessità di ogni armatore, durante la realizzazione<br />
del suo iter agonistico. Il tutto in un crescendo rossiniano di prestazioni<br />
e costi, sempre sotto l’austera supervisione della <strong>Farr</strong> International. Un<br />
servizio completo che, partendo dal 7 metri fino all’esagerato monotipo da<br />
18 metri, offre all’armatore globale tutte le forme di divertimento. Il tutto,<br />
senza cambiare progettista o rete di vendita. Provare per credere. <br />
www.solovela.net<br />
Articolo pubblicato sulla rivista <strong>SoloVela</strong>