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L'uomo che non ride – il caso della regina rossa - Belle notizie

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Premessa<br />

Mi rivolgo a tutto <strong>il</strong> mondo. No, <strong>non</strong> posso più tacere. Per troppi anni sono stato testimone<br />

<strong>della</strong> vita di un uomo <strong>che</strong> passa da un guaio all’altro. Da un intrigo all’altro. Da un delitto<br />

all’altro. Perché è la sua vita. Perché fa l’investigatore privato. E io <strong>non</strong> ne posso proprio<br />

più di tutto ciò <strong>che</strong> fa disordine nella sua vita, già, perché … c’è un terzo ineliminab<strong>il</strong>e<br />

imprescindib<strong>il</strong>e perché… Perché io vivo con lui in ogni momento. Perché condivido con lui<br />

tutte le situazioni.<br />

Perché io sono <strong>il</strong> suo cane.<br />

Vi sembrerà un po’ strano leggere queste righe. Ma come? Un cane <strong>che</strong> scrive a<br />

macchina… chi l’ha mai visto?<br />

Chi vi ha detto <strong>che</strong> un cane <strong>non</strong> lo sappia fare? E poi, quando è troppo è troppo.<br />

Quindi, adesso, sedetevi comodi, no, <strong>non</strong> lì sulla poltrona buona. E no… è <strong>il</strong> posto<br />

pred<strong>il</strong>etto dal vostro cane, vergogna!<br />

Insomma, accucciatevi da qual<strong>che</strong> parte e, suvvia, voltate pagina!<br />

1


I.<br />

L’uomo <strong>che</strong> <strong>non</strong> <strong>ride</strong><br />

- <strong>il</strong> <strong>caso</strong> <strong>della</strong> <strong>regina</strong> <strong>rossa</strong> -<br />

di Andrea Savio<br />

Prima di tutto, bisogna specificare <strong>che</strong> <strong>il</strong> mio padrone è un bipede qualsiasi. Io <strong>non</strong> so<br />

distinguere molto bene un uomo da un altro… per me sono tutti uguali, tranne per l’odore.<br />

Ma è dura descrivere un odore sopra un pezzo di carta, soprattutto per un cane di ottima<br />

famiglia <strong>che</strong> <strong>non</strong> ha mai avuto <strong>il</strong> bisogno di mettere zampa alla macchina da scrivere per<br />

guadagnarsi da vivere. Nean<strong>che</strong> adesso per dirla tutta. Il mio è soltanto uno sfogo. Beh,<br />

insomma, superate qual<strong>che</strong> pagina prima di mal giudicarmi uno <strong>che</strong> si lamenta per niente,<br />

oppure uno <strong>che</strong> sputa nella ciotola in cui mangia!<br />

Andiamo per ordine. Vi stavo dicendo chi è <strong>il</strong> mio padrone. Si ostina a <strong>non</strong> volersi mettere<br />

una medaglietta, comunque tutti lo conoscono come Johnathan Queen. È un tipo segaligno,<br />

molto alto (beh, per noi cani siete tutti piuttosto alti…) <strong>il</strong> viso asciutto, <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o aff<strong>il</strong>ato, <strong>il</strong><br />

naso appuntito e normalmente freddo e asciutto (per cui, gode di ottima salute…). Non mi<br />

pare di aver notato in lui vizi particolari: <strong>non</strong> beve alcolici, <strong>non</strong> fuma. Si limita a masticare<br />

bastoncini di liquirizia.<br />

Non so se questa è la sede più adatta per parlarne, ma effettivamente un difetto grosso ce<br />

l’ha. Sin da quando ero cucciolo ho cercato di abituarlo a fare i suoi bisogni come me,<br />

all’aria aperta, in maniera molto più igienica. No! Lui si ostina ad andare nel mio bar! Già.<br />

Inciv<strong>il</strong>e! Perché, se al mondo inventano una cosa intelligente come una stanza <strong>della</strong> casa<br />

riservata alla tazza per l’acqua del cane, chissà perché, c’è sempre qualcuno disposto a<br />

rovinarne l’ut<strong>il</strong>ità? Continuereste a bere in un recipiente in cui qualcuno ci ha fatto i propri<br />

bisogni? Beh, io, appena ho scoperto <strong>che</strong> Johnathan si rintanava nella mia stanza bar e si<br />

sedeva sulla mia tazza per l’acqua, ho smesso subito di andarci a bere, accontentandomi<br />

<strong>della</strong> ciotola per l’acqua vicino al cibo, an<strong>che</strong> se lì <strong>non</strong> è certo acqua corrente!<br />

A parte questa trascurab<strong>il</strong>e perversione, Johnathan risulta un tipo piuttosto a posto. Certo,<br />

c’è <strong>il</strong> suo lavoro, ma andiamo con ordine. Per meglio comunicare <strong>il</strong> disagio <strong>che</strong> la<br />

situazione in cui mi trovo mi procura, la cosa migliore è di raccontare un aneddoto.<br />

E decisamente l’affare <strong>della</strong> <strong>regina</strong> <strong>rossa</strong> è <strong>il</strong> più indicato. Già quello sì <strong>che</strong> si poteva<br />

definire un affare sporco. Procediamo con ordine.<br />

L’ufficio di John si trova al 200 di Baker Street. Dicono tutti <strong>che</strong> per iniziare un’attività<br />

bisogna puntare tanto sull’immagine. Penso <strong>che</strong> Johnathan volesse sfruttare la fama di un<br />

altro grande detective <strong>che</strong> le leggende metropolitane dicono abitasse in questi paraggi. Di<br />

2


grande in John, invece, <strong>non</strong> c’era poi molto. All’apparenza. Il suo ufficio era una stanzetta<br />

di pochi metri quadrati al primo piano del numero 200.<br />

Al piano di sotto c’era un pub. Gli unici clienti <strong>che</strong> salivano da noi erano troppo ubriachi<br />

per fare affidamento sulle loro storie. D’altronde, se si ha un problema, <strong>non</strong> c’è niente di<br />

una buona birra fresca, prima di affrontarlo. Almeno questo era ciò <strong>che</strong> pensavano quei tizi<br />

<strong>che</strong> venivano a bussare alla nostra porta. Il più delle volte, poi, si trattava di gente <strong>che</strong><br />

cercava un posto in cui fare i bisogni (altri viziosi fissati sulle stanze bar).<br />

-Mister Queen, ho un <strong>caso</strong> da esporle!<br />

-Lei ha bevuto molta birra, amico mio. Le chiamo un taxi.<br />

-Ma è stupefacente! Come ha fatto ha capirlo?<br />

Già, secondo voi come avrà potuto farlo? A causa dell’alito et<strong>il</strong>ico dell’energumeno <strong>che</strong><br />

aveva varcato la nostra soglia? Oppure a causa del sottobicchiere di cartone fradicio con<br />

l’eti<strong>che</strong>tta del pub <strong>che</strong> gli era rimasto appiccicato sul gomito?<br />

-Lei ha tutti i baffi sporchi di schiuma di birra.<br />

A quel punto l’energumeno scoppiava a <strong>ride</strong>re.<br />

-È ridicolo, mister Queen. Io <strong>non</strong> porto i baffi.<br />

-Appunto, mio buon amico!<br />

Qui solitamente terminava la conversazione. Soltanto <strong>che</strong> quella volta <strong>non</strong> fu così.<br />

Qualcosa negli occhi dell’energumeno cambiò improvvisamente. Un lampo di intelligenza<br />

gli br<strong>il</strong>lò nello sguardo. An<strong>che</strong> <strong>il</strong> suo odore aveva qualcosa di mutato. Le mie deduzioni mi<br />

portarono a seguire la sua mano destra <strong>che</strong> scompariva dietro la schiena ed estraeva<br />

qualcosa dai pantaloni.<br />

La mia presenza era passata inosservata. Approfittai <strong>della</strong> situazione e mi mossi in un<br />

istante. Dal pavimento dietro la scrivania di John dove mi trovavo, balzai sulla sua poltrona<br />

girevole e da lì sulla scrivania.<br />

Oramai distinguevo l’oggetto estratto a sorpresa. Non benissimo, a causa del fatto <strong>che</strong> noi<br />

cani <strong>non</strong> vediamo come voi umani, è chiaro (questo lo so perché ho letto alcuni studi<br />

scientifici a riguardo). Insomma si trattava di una pistola e dall’odore di adrenalina <strong>che</strong><br />

trasudava dalla pelle dell’energumeno dedussi <strong>che</strong> voleva far fuoco contro John. Chi era<br />

costui? Un sicario? Un creditore impazzito? Semplicemente un uomo di buon gusto <strong>che</strong><br />

<strong>non</strong> poteva soffrire le battute insipide di Johnathan? Oppure uno dei suoi innumerevoli<br />

nemici? Le domande a dopo. Adesso dovevo agire. Approfittando dello slancio acquisito<br />

grazie ai precedenti salti, mi lanciai contro la schiena di John.<br />

L’energumeno sparò.<br />

3


John crollò a terra come un castello di carte in mezzo alla corrente. Intanto, alle nostre<br />

spalle, la vetrinetta dietro la scrivania esplose in m<strong>il</strong>le s<strong>che</strong>gge.<br />

L’energumeno guadagnò la porta.<br />

Il mio padrone guadagnò l’equ<strong>il</strong>ibrio e balzò in piedi.<br />

-Suvvia cane! Un po’ di contegno! Le coccole te le faccio dopo! In <strong>caso</strong> <strong>non</strong> lo avessi<br />

notato, quello sconosciuto mi ha appena sparato con una pistola calibro nove.<br />

John <strong>non</strong> era molto sveglio, ma la sua conoscenza enciclopedica riusciva a compensare la<br />

cosa. Un particolare è importante dire subito, prima di proseguire <strong>il</strong> mio resoconto dei fatti:<br />

Johnathan Queen possedeva un viso di pietra. Imperturbab<strong>il</strong>e. Non solo era diffic<strong>il</strong>e<br />

scorgere un qual<strong>che</strong> tipo di sentimento o di espressione. La cosa più inquietante era <strong>che</strong><br />

Johnathan Queen <strong>non</strong> sor<strong>ride</strong>va mai.<br />

Dopo aver fatto quel commento, si lanciò an<strong>che</strong> lui al di là <strong>della</strong> porta per inseguire <strong>il</strong><br />

corpulento sconosciuto.<br />

Decisi di seguirlo. Con Johnathan Queen, una storia si sa dove incomincia. Ma <strong>non</strong> dove<br />

finisce.<br />

II.<br />

Ero appena giunto in strada, quando rischiai di scontrarmi contro i polpacci di John. Cosa<br />

ci faceva impalato in mezzo al marciapiedi?<br />

-Il mascalzone aveva un’auto <strong>che</strong> l’aspettava qui fuori. Inseguiamolo.<br />

Alzò la mano per chiamare un taxi.<br />

Arrivò immediatamente. Salimmo entrambi e l’inseguimento proseguì.<br />

-Ehi, amico. Dove la porto?- chiese l’autista.<br />

-Non faccia domande e segua le mie istruzioni alla lettera. Sempre diritto, per <strong>il</strong> momento.<br />

-Non sarà uno di quelli <strong>che</strong> <strong>non</strong> si fida dei taxista? Guardi <strong>che</strong> <strong>non</strong> ho l’abitudine di<br />

allungare <strong>il</strong> tragitto per gonfiare <strong>il</strong> prezzo, sa?<br />

-Svolti a destra, qui al semaforo.<br />

-È assurdo. Avessi voluto un navigatore satellitare, me lo sarei comprato.<br />

-Adesso entri in quel garage…<br />

-Il suo cocker è più loquace di lei, scommetto!<br />

-Bene. Esca pure dal garage, adesso.<br />

-Amico, <strong>non</strong> mi dirà <strong>che</strong> stiamo inseguendo quell’auto nera, vero?<br />

-Non faccia domande e giri intorno a questa rotonda finchè <strong>non</strong> glielo dico io.<br />

4


-Io le conosco quelle auto lì. Mio cugino è maggiordomo a Buckingham Palace. È un’auto<br />

<strong>della</strong> guardia del corpo <strong>della</strong> <strong>regina</strong>. Non ci voglio avere niente a <strong>che</strong> fare con quei tizi.<br />

Sparano se li pedini.<br />

-Bene, può uscire qui dalla rotonda, buon uomo.<br />

-Chi sarebbe lei, una spia di qual<strong>che</strong> paese straniero?<br />

-Adesso acceleri e superi quell’auto.<br />

Il taxista tirò un sospiro di sollievo.<br />

-Le chiedo scusa. Cominciavo a pensare strane cose.<br />

-Bene, amico, sul sed<strong>il</strong>e ci sono cinquanta sterline. Le beva alla mia salute e mantenga la<br />

stessa velocità ancora per qual<strong>che</strong> istante.<br />

-Ma <strong>che</strong> fa, signore? Chiuda la portiera! Ma si è buttato! E <strong>il</strong> cane lo segue! Accidenti! Si<br />

reggono al tergicristalli coi denti!<br />

III.<br />

Scotland Yard. Terzo piano. Ore 2.00 p.m. L’ufficio dell’ispettore King era terrib<strong>il</strong>mente<br />

fumoso. Non riuscivo a smettere di starnutire.<br />

King era un funzionario di polizia come se ne vedono tanti. Giacca, cravatta, pochi peli in<br />

testa e degli occhialetti rotondi <strong>che</strong> restavano in b<strong>il</strong>ico a mezzo muso… pardon, naso.<br />

-Queen, <strong>non</strong> s<strong>che</strong>rziamo. Lei sta affermando <strong>che</strong> <strong>il</strong> nostro agente Tompson avrebbe cercato<br />

di spararle…<br />

-Con una calibro nove. Esattamente, ispettore.<br />

-E perché mai l’avrebbe fatto?<br />

-Perché lo chiede a me?<br />

-Perché Tompson afferma <strong>che</strong> stava facendo <strong>il</strong> suo tragitto normale col suo collega e lei gli<br />

si è gettato sul parabrezza da un taxi in corsa col suo cocker.<br />

John si strinse nelle spalle.<br />

-Non sono responsab<strong>il</strong>e dei colpi di testa del mio cane.<br />

-Ma lei è <strong>il</strong> suo padrone.<br />

-Questo è un particolare trascurab<strong>il</strong>e per lui. Ma torniamo a noi. Che ne è <strong>della</strong> calibro<br />

nove?<br />

-Tompson dice di <strong>non</strong> aver mai posseduto un’arma sim<strong>il</strong>e.<br />

-Dice <strong>il</strong> vero.<br />

King aggrotto le sopracciglia.<br />

5


-Come sarebbe a dire? Se Tompson dice <strong>il</strong> vero, lei si è inventato tutta questa storia sulla<br />

calibro nove! Cosa mi nasconde, Queen?<br />

-Sono in stato di arresto, ispettore?<br />

-Se ci fosse una legge contro l’idiozia, sì!<br />

John si alzò e si diresse verso la porta. Felice di potermi allontanare da quella topaia intrisa<br />

di fumo di sigaro, trotterellai sulle sue orme. Improvvisamente John si fermò ed io ebbi un<br />

nuovo incontro ravvicinato coi suoi polpacci. La cosa stava diventando noiosa. Inoltre,<br />

devo proprio dire <strong>che</strong> i calzini degli esseri umani costituiscono un pericolo per l’ambiente!<br />

-Ispettore, lei sarà liberissimo di <strong>non</strong> credermi, ma le consiglio di <strong>non</strong> trascurare di eseguire<br />

sull’agente Tompson l’esame del guanto di paraffina.<br />

Il guanto di paraffina! Ottima mossa! Serve per stab<strong>il</strong>ire se una mano ha fatto da poco<br />

tempo fuoco con un’arma.<br />

Oramai la patata bollente era passata di mano. Con le mani in tasca ed un bastoncino di<br />

liquirizia ad un angolo <strong>della</strong> bocca, John si incamminò s<strong>il</strong>enziosamente nella nebbia <strong>che</strong><br />

spesso e volentieri era nostra compagna in questa strana città. Ma c’era una domanda <strong>che</strong><br />

<strong>non</strong> mi lasciava tranqu<strong>il</strong>lo. Perché mai Johnathan aveva affermato <strong>che</strong> la calibro nove <strong>non</strong><br />

era proprietà dell’agente Tompson? E poi, lui come faceva a saperlo?<br />

Ad ogni modo, certamente <strong>non</strong> sapeva ancora <strong>che</strong> di lì a poco avrebbe incontrato Cloe. E<br />

<strong>che</strong> lei gli avrebbe rivoltato la vita come si fa con un calzino. Puzzolente o meno <strong>che</strong> sia…<br />

IV.<br />

-Tu sei <strong>il</strong> mio papà!<br />

-Ti assicuro <strong>che</strong> ti sbagli, bambina!<br />

-No, <strong>non</strong> mi sbaglio! Sei <strong>il</strong> mio papà!<br />

-Suvvia, via di qui, torna da tua madre!<br />

-Io <strong>non</strong> ce l’ho, la mamma! Mi ha abbandonata! Non mi resti <strong>che</strong> tu! E tu mi cacci! Ah!<br />

Dove andrò? Cosa farò? Sono solo una povera e piccola orfanella!<br />

Una scena un po’ teatrale, lo devo ammettere, ma la cucciola di uomo stava sortendo <strong>il</strong> suo<br />

effetto.<br />

Un passante, visib<strong>il</strong>mente accigliato, s’irrigidì e puntò l’ombrello contro John.<br />

-Padre snaturato! Come si permette di trattare così <strong>il</strong> sangue del suo sangue!<br />

-Questa bambina io <strong>non</strong> l’ho mai vista!<br />

6


-È tardi adesso! Sua figlia è rimasta senza la madre, la donna <strong>che</strong> lei ha abbandonato; e<br />

adesso le sta chiedendo aiuto! Si assuma le sue responsab<strong>il</strong>ità e andatevene a casa! In<br />

fretta!<br />

“Sì, -pensai- andiamo a casa: è quasi ora di cena!”<br />

Vistosi alle strette, passatosi <strong>il</strong> bastoncino di liquirizia da un angolo all’altro <strong>della</strong> bocca,<br />

Johnathan si sentì toccato nel suo punto d’onore: aiutare chiunque gli avesse domandato<br />

aiuto. Ebbene, quella cucciola forse <strong>non</strong> era sua figlia, è vero, ma a suo modo gli aveva<br />

domandato soccorso. Ed era spuntata così all’improvviso dalla folla.<br />

Come avevo già detto, con John si sa dove si comincia, ma mai dove si va a finire…<br />

Comunque, la prese per mano e la condusse a casa sua, al secondo piano del 200 di Baker<br />

Street. Certamente <strong>non</strong> un posto adatto per crescere una prole!<br />

Una volta chiuso l’uscio di casa, John, imperturbab<strong>il</strong>e, domandò.<br />

-Perché?<br />

Ritta davanti a lui, i lunghi riccioli neri liberi sul volto, la bambina lo fissava seriamente.<br />

-Tu conosci Lia Scott, <strong>non</strong> è vero?<br />

A quel nome, John <strong>non</strong> mosse un muscolo. Però <strong>il</strong> suo odore cambiò impercettib<strong>il</strong>mente:<br />

adrenalina!<br />

-Ho conosciuto una donna <strong>che</strong> rispondeva a quel nome, in passato.<br />

-È morta, signor Queen. La mia mamma ed <strong>il</strong> tuo antico amore!<br />

V.<br />

Lia era morta dando alla luce la piccola Cloe.<br />

Lia e John erano stati fidanzati molti anni prima, ma lui <strong>non</strong> era <strong>il</strong> padre <strong>della</strong> bimba. Lia si<br />

era sposata con un grande avvocato parigino e si era trasferita col marito nella capitale<br />

francese. Cloe fu svezzata da una bambinaia e quando potè <strong>il</strong> padre la mise in collegio. Non<br />

poteva badare a lei. Il suo lavoro lo assorbiva completamente. Così Cloe crebbe in un<br />

ambiente educativo, sì, ma ster<strong>il</strong>e, ost<strong>il</strong>e per molti aspetti (e chiunque sia cresciuto lontano<br />

dalle cure dei suoi genitori lo può capire), una scuola di vita <strong>non</strong> adatta per una bambina.<br />

Scuola <strong>che</strong> però risultò ut<strong>il</strong>e in quegli ultimi giorni.<br />

Si sa, i bambini possono essere crudeli a volte. Basta un’antipatia, un’invidia, e scatta la<br />

battuta <strong>che</strong> ferisce profondamente gli animi più sensib<strong>il</strong>i.<br />

Cloe era una bambina carina e gent<strong>il</strong>e, ma riservata. La lontananza del padre le impediva di<br />

essere aperta alle amicizie. Ebbene, quella strana bambina era <strong>il</strong> bersaglio ideale per gli<br />

s<strong>che</strong>rzi degli altri.<br />

7


Un giorno, però, qualcuno esagerò.<br />

-Fai bene a startene lontana. Non vogliamo avere a <strong>che</strong> fare con la figlia di un criminale.<br />

-Cosa stai dicendo?<br />

-Tuo papà è un criminale!<br />

-Non è vero!<br />

-Sì, <strong>che</strong> è vero. Mio papà è <strong>il</strong> segretario del ministro degli affari esteri e lui dice <strong>che</strong> <strong>il</strong><br />

ministro ce l’ha con tuo padre per qualcosa <strong>che</strong> sta combinando! È un criminale!<br />

Ebbene sì, le parole erano quelle di un bambino. Poteva trattarsi di qualsiasi cosa, ma la<br />

rabbia ormai l’aveva presa. La determinazione l’aveva. Il dubbio pure. Suo padre <strong>non</strong> era in<br />

Francia in quel momento. I soldi risparmiati dai regali <strong>che</strong> <strong>il</strong> padre le aveva fatto erano<br />

sufficienti per un viaggio da Parigi a Londra. La corrispondenza ritrovata nel fondo di un<br />

baule fra Lia Scott e Johnathan Queen avevano infine costituito l’ultimo tassello <strong>che</strong> le<br />

aveva reso chiaro <strong>il</strong> piano <strong>della</strong> sua fuga.<br />

Nella notte scappò dal collegio. Mostrando una lettera di sua madre opportunamente<br />

piegata in modo <strong>che</strong> si leggesse chiaramente una frase <strong>che</strong> poteva essere equivocata come<br />

un invito di John a raggiungerla a Londra.<br />

-L’invito c’è stato, già <strong>–</strong> rammentò John, mentre Cloe continuava <strong>il</strong> suo racconto, -ma era<br />

rivolto a tua madre. Se avesse accettato di raggiungermi e di vivere con me a Londra,<br />

l’avrei sposata.<br />

-Perché <strong>non</strong> ti sei trasferito tu a Parigi?<br />

Notai <strong>che</strong> a quella domanda John quasi <strong>non</strong> riuscì a trattenere un certo imbarazzo. Ma<br />

conservò la sua espressione di pietra. Infine mi indicò.<br />

-Colpa del cane. Abituato com’è agli odori di questa città nebbiosa, sarebbe morto per i<br />

troppi profumi di cui è intrisa l’aria di Parigi. Non vorrai mica <strong>che</strong> lo volessi morto, vero?<br />

Cloe mi guardò con simpatia e mi abbracciò.<br />

La mia lingua scattò i<strong>non</strong>dandole <strong>il</strong> viso. Cloe rise divertita.<br />

“Ma fatti lappare, <strong>non</strong> ascoltare le fandonie di questo bipede <strong>che</strong> <strong>non</strong> capisce niente!”<br />

pensai.<br />

8


VI.<br />

-Ti rendi conto, signorina, <strong>che</strong> le parole di quel tuo compagno valgono meno di niente?<br />

Cloe annuì.<br />

-Sì, ma un controllino io lo vorrei fare. E mi serve un bravo investigatore. E di bravi<br />

investigatori io conosco soltanto te!- disse, sventolando le lettere di sua madre.<br />

Dall’odore <strong>che</strong> esalava John, direi <strong>che</strong> queste motivazioni sarebbero potute bastare<br />

ampiamente a fargli accettare di controllare l’operato di questo “grande avvocato” negli<br />

affari esteri francesi.<br />

Ma, se in una mano l’innocente bambina sventolava lettere d’amore, nell’altra stringeva<br />

carta moneta per trem<strong>il</strong>a franchi.<br />

Calcolai subito quando cibo per cani poteva venirne fuori al cambio odierno.<br />

-Ritira quei soldi.- esclamò John (bipede incompetente!), -Al mio onorario penseremo più<br />

tardi. Fammi fare qual<strong>che</strong> controllo, prima. Si alzò e si pigiò sul capo <strong>il</strong> cappello a tesa<br />

larga. Mise in bocca un bastoncino di liquirizia. Prese in mano <strong>il</strong> guinzaglio e nell’altra la<br />

mano di Cloe e si avviò con noi appresso verso le scale.<br />

Improvvisamente si bloccò ed io riuscii ad evitare per un pelo (ah, ah! Che bel gioco di<br />

parole!) l’ennesimo incontro ravvicinato col suo polpaccio.<br />

-A proposito, come si chiama tuo padre?<br />

VII.<br />

-Jean Paul Meublè… No. Questo nome <strong>non</strong> mi dice niente.<br />

Luc<strong>il</strong>le scosse <strong>il</strong> capo vigorosamente. Luc<strong>il</strong>le era un bipede femmina con qual<strong>che</strong> anno in<br />

più di quelli di Johnathan. Mentre lui si doveva guadagnare da vivere lavorando, lei aveva<br />

smesso da tempo. Adesso riceveva un salario dallo stato. I bipedi chiamano questo stato di<br />

cose “pensione”.<br />

Comunque, an<strong>che</strong> se aveva smesso di lavorare, Luc<strong>il</strong>le era attivissima. E la sua specialità<br />

era quella di raccogliere informazioni. Si trattava di una d<strong>il</strong>ettante, naturalmente, ma questo<br />

<strong>non</strong> le impediva di ingegnarsi in m<strong>il</strong>le modi per scoprire ciò <strong>che</strong> le premeva. Era quasi lo<br />

stesso lavoro di Johnathan. Per Luc<strong>il</strong>le, però, era un hobby. E ciò la rendeva una<br />

formidab<strong>il</strong>e informatrice.<br />

Johnathan le aveva fatto <strong>il</strong> nome del padre di Cloe. Luc<strong>il</strong>le <strong>non</strong> ne sapeva nulla: questo era<br />

bene, perché si trattava di un ottimo stimolo per la donna per saperne qualcosa.<br />

9


-Ti farò sapere al più presto, Johnathan.- riprese dopo una breve riflessione, -Certo, <strong>che</strong> se<br />

tu <strong>non</strong> avessi lasciato quel tuo posto di dipendente pubblico a Scotland Yard, a quest’ora,<br />

<strong>non</strong> avresti bisogno del mio aiuto.<br />

-Allora, meno male <strong>che</strong> l’ho lasciato. Così posso avvalermene, <strong>non</strong> è vero?<br />

Luc<strong>il</strong>le andò in brodo di giuggiole per <strong>il</strong> complimento. Era bello sentirsi ut<strong>il</strong>e a qualcuno.<br />

Johnathan, imperturbab<strong>il</strong>e, mi tirò per <strong>il</strong> guinzaglio ed uscimmo da casa <strong>della</strong> donna.<br />

-Io capisco <strong>che</strong> sia stata la mia maestra, da bambino, ma questo <strong>non</strong> le dovrebbe dare <strong>il</strong><br />

diritto di ripetermi ad ogni occasione <strong>che</strong> i servizi segreti di sua Maestà mi elargivano un<br />

ottimo stipendio!- brontolò fra sé, mentre raggiungevamo la gelateria in cui ci aspettava<br />

Cloe.<br />

Appena ci udì sopraggiungere, la bambina alzò <strong>il</strong> viso dall’enorme coppa di gelato in cui<br />

sembrava essersi affondato negli ultimi minuti. Il cioccolato le gocciolava dal naso, <strong>il</strong><br />

pistacchio le colorava le orecchie e c’erano delle riuscitissime mash alla fragola sulla<br />

frangetta.<br />

Se <strong>non</strong> fossi stato trattenuto dal guinzaglio, le sarei volentieri saltato in grembo per farle<br />

uno shampoo di lappate!<br />

-Avete scoperto qualcosa sul mio papà?<br />

-Non ancora.<br />

-Ma la mamma diceva <strong>che</strong> sei un asso!<br />

-Devi lasciarmi lavorare. Ci vuole pazienza!<br />

-Ma sono io <strong>che</strong> pago! E <strong>il</strong> tempo è danaro!<br />

Non fece in tempo a finire quella frase <strong>che</strong> Johnathan l’afferrò prendendosela in braccio e,<br />

con uno strattone del guinzaglio, mi indusse a seguirlo dietro al bancone del locale, mentre<br />

le vetrate esplodevano fragorosamente in m<strong>il</strong>le frantumi. Qualcuno lanciò un urlo. Un<br />

bambino si mise a piangere.<br />

Il gelataio, accosciato per terra vicino a noi ci guardava con occhi colmi di terrore.<br />

-Io la conosco. Lei è mister Queen, l’investigatore! La posso assumere? Penso <strong>che</strong> ci sia<br />

qualcuno <strong>che</strong> minaccia alla mia incolumità solo perché <strong>non</strong> voglio pagargli la tangente!<br />

-Non si preoccupi, amico mio. Nessuno la vuole morto. E <strong>non</strong> si tratta <strong>della</strong> mafia.<br />

-Allora chi altri…<br />

-Nulla d’importante, sono soltanto i servizi segreti <strong>che</strong> mi vogliono morto!<br />

-Ah, beh! Meno male! Lei se la cava sempre. Io invece <strong>non</strong> so come avrei fatto.<br />

-Mi perdoni se abbandono questa piacevole chiacchierata, ma <strong>il</strong> dovere mi chiama.<br />

10


E, accertatosi <strong>che</strong> nessuno nel locale fosse rimasto ferito, afferrati me e Cloe, corse in<br />

strada. Alzò una mano. Un taxi si fermò. Vi salimmo.<br />

VIII.<br />

-Ehi, amico. Dove la porto?- chiese l’autista.<br />

-Non faccia domande e segua le mie istruzioni alla lettera. Sempre diritto, per <strong>il</strong> momento.<br />

-Ancora lei?<br />

-La prego, niente domande!<br />

-Accidenti! Non mi dica <strong>che</strong> inseguiamo la macchina nera davanti a noi! Ma è la stessa di<br />

questa mattina!<br />

-Lasci stare <strong>il</strong> mio papà!<br />

-Non sono <strong>il</strong> tuo papà!<br />

-Adesso, oltre al cocker, si è portato appresso an<strong>che</strong> la figlia?<br />

-Non sono <strong>il</strong> padre di questa fanciulla. Svolti qui a destra.<br />

-Bimba, dice <strong>che</strong> <strong>non</strong> è tuo padre.<br />

-Ha ragione!<br />

-Allora perché lo hai detto?<br />

-Per distrarla! Lei si lamenta troppo. Non vede? Deve svoltare qui a sinistra.<br />

-Non avrete mica intenzione di ripetere <strong>il</strong> numero dell’altra volta, lei ed <strong>il</strong> suo cane!<br />

-Io <strong>non</strong> faccio dei numeri. Devo solo ricuperare quella pistola!<br />

-Pistola? In quella macchina hanno delle armi?<br />

-Non ha sentito <strong>il</strong> mio papà? Almeno una pistola.<br />

-Non diciamogli troppo. Potrebbe restarci di mezzo.<br />

-Ragazzi, io adesso fermo la macchina e voi scendete… va beh, continuo l’inseguimento<br />

ancora per un po’, ma potrebbe essere così gent<strong>il</strong>e di togliere i canini del suo cane da dietro<br />

la mia nuca?<br />

11


IX.<br />

L’auto nera si fermò di fronte all’ingresso dell’Hotel Palace in Regent Street. Tompson si<br />

precipitò all’interno.<br />

Pagato <strong>il</strong> tassista, gli rimanemmo alle calcagna.<br />

Una volta nella hall dell’albergo, ci si pose un nuovo problema. Tompson lo avevamo<br />

perso di vista. In compenso, ritto davanti a noi c’era monsieur Meublè.<br />

-Papà!- esclamò Cloe.<br />

-Interessante.- sentenziò Johnathan.<br />

-Cloe! Cosa ci fai qui? E chi è questo signore?<br />

Guardai con ansia l’uscio da cui <strong>non</strong> saremmo mai dovuti entrare. La situazione si era fatta<br />

oltremodo imbarazzante.<br />

X.<br />

-Ricapitoliamo.- mormorò tutt’ad un tratto Johnathan, mentre risalivamo per Regent Street<br />

in mezzo alla folla <strong>che</strong> mi sembrava indifferente mentre noi stavamo vivendo un momento<br />

così diffic<strong>il</strong>e. <strong>–</strong>C’è qualcuno <strong>che</strong> cerca di uccidermi, mentre una bambina francese viene a<br />

Londra per ingaggiarmi perché io scopra delle informazioni sul di lei padre, <strong>il</strong> quale è a<br />

Londra in uno dei più lussuosi alberghi <strong>che</strong> dà rifugio al mio sicario. Non c’è male!<br />

“Non c’è male!” mi ripetevo, cercando di fermarmi a fare la pipì contro un semaforo,<br />

-Come può pensare an<strong>che</strong> solo lontanamente di definire così questa situazione? Non c’è<br />

male! Ah! Ogni tanto penso <strong>che</strong> an<strong>che</strong> se si trovasse legato alle rotaie e vedendosi <strong>il</strong> treno<br />

lanciato a tutta velocità ad un palmo dal suo naso, sarebbe capace di esclamare: Non c’è<br />

male! Ma perché, quando ero al can<strong>il</strong>e, <strong>non</strong> è arrivata per prima davanti alla mia gabbia<br />

quella vecchina tanto carina <strong>che</strong> mi avrebbe destinato a sopportare lunghe partite a bridge<br />

con le sue ami<strong>che</strong>?”<br />

Pensavo a questo, mentre rimuginavo gli eventi <strong>che</strong> ci avevano investiti nell’ultimo quarto<br />

d’ora.<br />

Una volta sorpresi nella hall del Palace da monsieur Meublè, padre <strong>della</strong> piccola Cloe,<br />

Johnathan <strong>non</strong> aveva potuto fare altro <strong>che</strong> raccontargli la storia <strong>della</strong> bambina scappata dal<br />

collegio per raggiungere <strong>il</strong> padre a Londra, ma <strong>non</strong> trovandolo aveva chiesto aiuto a lui.<br />

Inut<strong>il</strong>e dire <strong>che</strong> monsieur Meublè se l’era bevuta. O, per meglio dire, aveva finto bene: già,<br />

perché per tutto <strong>il</strong> tempo io avevo fiutato l’odore del pericolo ed arrivava proprio dal padre<br />

di Cloe.<br />

12


Avevo cercato di ringhiare, ma Johnathan mi aveva zittito, imbastendo una storia secondo<br />

la quale protestavo perché era passata da mezz’ora l’ora del mio tè! Così mi ero dovuto<br />

arrendere, fissando impotente lo sguardo suppli<strong>che</strong>vole <strong>della</strong> bambina. Evidentemente,<br />

an<strong>che</strong> lei fiutava <strong>il</strong> pericolo e l’ultima persona al mondo con cui voleva stare in quel<br />

momento era proprio quel padre tanto assente dalla sua esistenza. Ma lì accanto a lui era <strong>il</strong><br />

suo posto in quel momento e lei lo sapeva.<br />

E adesso eravamo lì, un cane ed un grullo, <strong>che</strong> passeggiavamo senza meta. Oppure una<br />

meta l’avevamo? Con Jonathan c’era da aspettarsi di tutto.<br />

Infatti, di lì a poco, accadde di tutto.<br />

Una voce fece voltare di scatto Johnathan. In mezzo a Regent Street c’era mrs Luc<strong>il</strong>le.<br />

-Allora è qui, lei!- esclamò la maestra.<br />

-Mrs Luc<strong>il</strong>le! Come ha fatto a trovarmi!<br />

-Che domande! L’ho cercata, no?<br />

Una risposta <strong>che</strong> <strong>non</strong> faceva una grinza. In fondo, quando Luc<strong>il</strong>le cercava qualcosa o<br />

qualcuno, <strong>non</strong> poteva fare altro <strong>che</strong> trovarlo: era la cosa <strong>che</strong> le riusciva meglio.<br />

-Ho le informazioni <strong>che</strong> mi ha chiesto.<br />

Sentii Johnathan trattenere per un breve istante <strong>il</strong> fiato.<br />

-Mi dica pure.- la invitò.<br />

-Non qui. Il tempo stringe! Prendiamo un taxi <strong>che</strong> dobbiamo correre.<br />

-Perché?<br />

-Perché <strong>il</strong> suo uomo ne ha preso uno!<br />

Proprio in quell’istante, ci sfrecciò davanti un taxi con sopra <strong>il</strong> signor Meublè. Non riuscii a<br />

vedere se insieme a lui c’era an<strong>che</strong> Cloe.<br />

13


XI.<br />

Londra. Regent Street. 5.00 pm.<br />

-Ancora lei!- esclamò <strong>il</strong> taxista. Aveva la fronte imperlata di sudore. <strong>–</strong>Ed è an<strong>che</strong> in<br />

compagnia del suo cane! Che cosa volete farmi?<br />

-Stia zitto e guidi, Smitson!<br />

-E stavolta si è portato dietro la mia maestra! Come ha fatto?<br />

-È stata an<strong>che</strong> la sua maestra?<br />

-An<strong>che</strong> la sua?<br />

-Già. Dorme tranqu<strong>il</strong>lo?<br />

-Sogno ancora le interrogazioni…<br />

-Smitson, sta andando come una lumaca! Fermi questa macchina e scenda!<br />

Smitson obbedì. Luc<strong>il</strong>le scese ed andò a mettersi alla guida del taxi. Io mi trovai seduto fra<br />

Johnathan ed <strong>il</strong> tassista.<br />

Il tassista ormai era ammutolito. Luc<strong>il</strong>le no.<br />

-Ecco cosa ho scoperto sul suo uomo, Queen.<br />

-Magari parliamone in privato.<br />

-Stia tranqu<strong>il</strong>lo. Smitson è sempre stato <strong>il</strong> primo <strong>della</strong> classe. Non parlerà!<br />

-Ha la mia parola Queen. Mi prometta solo <strong>che</strong> ne uscirò vivo!<br />

-Caro amico, nessuno può darle questa certezza!<br />

C’erano delle volte <strong>che</strong> ammiravo Johnathan per <strong>il</strong> coraggio <strong>che</strong> sapeva infondere negli<br />

altri! Indifferente allo scambio di battute, Luc<strong>il</strong>le parlò.<br />

-Arthur Meublè <strong>non</strong> è da tempo un avvocato di successo, come invece propaganda la sua<br />

fama. Ha perso delle cause importanti <strong>che</strong> hanno gettato su di lui <strong>il</strong> ridicolo e la bancarotta.<br />

Per un certo tempo ha cercato di nascondere la verità, ma si è indebitato con loschi<br />

individui <strong>che</strong> lo hanno coinvolto in un affare piuttosto sporco.<br />

-Di cosa si tratta?<br />

-Non so di preciso. C’entra B<strong>il</strong>l Rayneg.<br />

-Interessante. Non esiste <strong>il</strong> monopolio del tè, ma Raineg risulta <strong>il</strong> maggiore azionista delle<br />

principali aziende del Regno Unito <strong>che</strong> si occupano di tè. In <strong>che</strong> modo può collegarsi a<br />

Meublè?<br />

Intanto Luc<strong>il</strong>le aveva fermato <strong>il</strong> taxi.<br />

Meublè era sceso dal suo e ci fissava, tenendo per mano Cloe, lì fermo in mezzo al nulla.<br />

Sì, proprio in mezzo al nulla, perché ci eravamo fermati nel bel mezzo di un cantiere<br />

abbandonato del porto e si stava alzando la nebbia. In quel momento vedemmo le luci di<br />

14


un’auto <strong>che</strong> si fermava dietro di noi. Era lunga. E nera. Un uomo ne discese. Era Tompson:<br />

ci aveva seguiti. In mano impugnava la calibro nove.<br />

-Orbene, scendiamo di qui, dunque.- disse Johnathan aprendo lo sportello e tirandomi per <strong>il</strong><br />

guinzaglio.<br />

XII.<br />

-La trama s’infittisce, mister Queen.- esclamò con tono di rammarico Meublè, -Chi sono<br />

questi signori?<br />

-Estranei. Non sanno nulla. Lasciateli andare.<br />

-Non dipende da me, purtroppo.<br />

-Già!- intervenne alle nostre spalle Tompson. <strong>–</strong>Dovevi lasciarti eliminare. Nessun altro ci<br />

sarebbe andato di mezzo. L’ho sempre detto <strong>che</strong> manchi di buon gusto.<br />

-Perché mi volete morto?<br />

Meublè fece per parlare, ma Tompson gli puntò contro l’arma.<br />

-Si unisca al gruppo amico mio. E potrete parlarne liberamente all’altro mondo.<br />

-Ma qui c’è mia figlia! Non vorrà mica uccidere an<strong>che</strong> lei!<br />

A quelle parole, Cloe si mise a piangere. Il tempismo con cui lo aveva fatto mi fece capire<br />

<strong>che</strong> stava chiaramente fingendo per darci ciò <strong>che</strong> aspettavamo tutti: un diversivo!<br />

-Faccia smettere quella mocciosa!- intimò <strong>il</strong> grosso agente.<br />

Cloe smise all’istante.<br />

-Muovetevi, raggiungete Queen e gli altri!<br />

Meublè obbedì. Occhieggiando l’uomo armato, Johnathan gli domandò.<br />

-Cosa avete combinato?<br />

-Avete presente B<strong>il</strong>l Rayneg, <strong>il</strong> magnate del tè?<br />

Annuirono tutti e tre.<br />

-Ebbene, ad una festa tra vip internazionali, qual<strong>che</strong> tempo fa, Rayneg ha alzato un po’ <strong>il</strong><br />

gomito ed ha fatto una battuta fatale: ha asserito di essere l’uomo più potente del Regno<br />

Unito. Un suo gesto e la nostra economia cadrebbe in pezzi.<br />

-E come?- incalzò Luc<strong>il</strong>le ormai coinvolta in quell’intrigo.<br />

-In mano sua ci sono le industrie del tè. Costituiscono ancora lo zoccolo duro <strong>della</strong> nostra<br />

economia. Basterebbe <strong>che</strong> Raynegg vendesse le sue azioni ad un paese straniero e Londra<br />

<strong>non</strong> possiederebbe più quelle industrie. Solo <strong>che</strong> Rayneg ha fatto un’affermazione ancora<br />

più assurda: avrebbe compiuto una cosa sim<strong>il</strong>e soltanto <strong>il</strong> giorno <strong>che</strong> alla <strong>regina</strong> fossero<br />

comparsi i capelli rosso carota!<br />

15


-Impossib<strong>il</strong>e!- esclamò Queen.<br />

-S<strong>il</strong>enzio! Vi tengo sotto tiro! Preparatevi a morire!- si mise a sbraitare Tompson <strong>che</strong><br />

oramai nessuno più calcolava.<br />

-Ah, già <strong>che</strong> ci devi uccidere!- esclamò Johnathan, -Beh, cosa aspetti? Fallo!<br />

-Non s<strong>che</strong>rziamo!- balbettò Smitson, ma nessuno lo degnò d’attenzione. Queen riprese:<br />

-Spara pure, ma ricorda. È un reato sottrarre una pistola di proprietà di un ispettore di<br />

polizia, solo per fare ricadere la colpa su di lui. Sai, King si potrebbe offendere.<br />

-Sono già offeso!- esclamò King, comparendo dalla nebbia alle spalle di Tompson <strong>che</strong><br />

trasalì, ma resistette al panico.<br />

-Io impugno la sua pistola, ispettore! Lei è disarmato.<br />

-Io sì, ma gli agenti Bobson e Clark no! E la tengono sotto tiro!<br />

-Non fare scioc<strong>che</strong>zze Tompson!- intervenne Luc<strong>il</strong>le con tono autoritario.<br />

-Stia zitta lei!<br />

-Oh, io parlo quanto mi pare! Non fare tanto <strong>il</strong> furbo, tu! Non ti avevo in classe con me, ma<br />

conosco molto bene tua madre!<br />

-No, <strong>non</strong> vincerete così!- urlò Tompson esasperato e premette <strong>il</strong> gr<strong>il</strong>letto. Probab<strong>il</strong>mente<br />

mirava a Johnathan.<br />

Ma <strong>il</strong> proiett<strong>il</strong>e fischiò nell’aria e si perse probab<strong>il</strong>mente nelle acque del Tamigi.<br />

Approfittando del diversivo di Cloe, io avevo strisciato nella nebbia fino a lui, avevo<br />

spiccato un balzo ed ora gli stringevo <strong>il</strong> polso fra i denti.<br />

Smitson svenne.<br />

XIII.<br />

-Meublè si era indebitato fino al collo ed era stato costretto a muovere trattative con alcune<br />

società straniere perché si tenessero pronte a fare la scalata, come si dice in borsa, alle<br />

industrie del tè britanni<strong>che</strong>. Per <strong>non</strong> dare troppo nell’occhio, aveva manovrato la cosa<br />

proprio attraverso gli uffici del ministro degli affari esteri francese. Qualcuno <strong>non</strong> ben<br />

precisato voleva <strong>non</strong> comparire in questa impresa.- disse King, sprofondando nella poltrona<br />

dietro la sua scrivania.<br />

-Qualcuno disposto a mettere sul lastrico un Paese e screditarne un altro.- rimuginò<br />

Johnathan.<br />

-Un intrigo internazionale, quindi?<br />

Queen scosse <strong>il</strong> capo.<br />

-Deve trattarsi sempre <strong>della</strong> stessa mente criminale <strong>che</strong> mi ha fatto lasciare i servizi segreti.<br />

16


-Watt?<br />

Queen annuì tristemente. Il dottor Watt, un uomo dalla grande intelligenza, reso folle dai<br />

suoi esperimenti scientifici. L’agente segreto Johnathan Queen aveva più volte intralciato i<br />

suoi piani <strong>che</strong> miravano a prendere <strong>il</strong> controllo del trono inglese per influenzare <strong>il</strong> mondo<br />

intero. Perché partire dalla corona d’Ingh<strong>il</strong>terra? Mah, forse per simpatia: Watt era<br />

londinese. Nessun Paese ha mai invidiato questa preferenza.<br />

Comunque, un giorno, portò a segno un colpo: screditare l’operato dell’agente Queen. Le<br />

prove erano solo indiziarie, ma c’erano.<br />

Queen preferì dimettersi.<br />

-Mi dispiace per Tompson.- esclamò Johnathan per distrarre l’ispettore da quei tristi<br />

ricordi.<br />

-An<strong>che</strong> a me. Meublè gli ha offerto dei bei soldi per toglierti di mezzo. Lui ha accettato. Mi<br />

chiedo perché.<br />

-Entrambi avevano un motivo: a Meublè è stato ordinato da coloro <strong>che</strong> lo tenevano in<br />

pugno. Per Tompson, invece, si trattava di terminare <strong>il</strong> lavoro <strong>che</strong> aveva iniziato anni fa.<br />

-Cosa intendi dire?<br />

-Indaga un po’ e scoprirai <strong>che</strong> le prove contro di me le aveva raccolte proprio lui. E lui<br />

sapeva an<strong>che</strong> un altro fatto: col mio lavoro avrei potuto venire a sapere <strong>che</strong> cosa bolliva in<br />

pentola ed avvertire la <strong>regina</strong>.<br />

-Ma come pensavano di tingere i capelli <strong>della</strong> <strong>regina</strong> di rosso carota?<br />

-Drogando la coppa di vino <strong>della</strong> <strong>regina</strong>, durante un pranzo ufficiale. Oppure farle uno<br />

shampoo colorante a sua insaputa. Chi lo sa? Forse <strong>non</strong> lo scopriremo mai. Una volta<br />

capitato questo davanti agli occhi di tutti, tramite i giornali sarebbe riaffiorata la storia <strong>della</strong><br />

bizzarra dichiarazione di Rayneg e lui, famoso per essere un uomo di parola, <strong>non</strong> si sarebbe<br />

potuto tirare indietro.<br />

-Ma è assurdo!<br />

-Lo avrebbe fatto.- insistè Queen,-Ci sono degli uomini <strong>che</strong> per orgoglio <strong>non</strong> distinguono<br />

più <strong>il</strong> bene dal male.<br />

Detto questo, prese <strong>il</strong> mio guinzaglio e si alzò dalla poltrona in cui era assiso.<br />

-Un’ultima cosa.- soggiunse King, -Come sapevi <strong>che</strong> la calibro nove era mia?<br />

Queen si strinse nelle spalle.<br />

-Ho visto la fondina vuota nel tuo ufficio. Ho pensato <strong>che</strong> avrebbe fatto molto comodo a<br />

Watt eliminare oltre a me an<strong>che</strong> l’amico <strong>che</strong> cerca di provare la mia innocenza.<br />

-Ma come facevi a ricordare <strong>che</strong> possiedo una calibro nove?<br />

17


-Non lo ricordavo.- disse Queen e uscì.<br />

Confesso <strong>che</strong> an<strong>che</strong> a me sarebbe piaciuta quest’uscita di scena, sebbene un po’ troppo<br />

teatrale, ma con Queen, si sa sempre da dove si comincia, ma mai come andrà a finire. Fu<br />

così <strong>che</strong> urtai per l’ennesima volta, quel giorno contro i suoi polpacci troppo odoranti.<br />

Queen si voltò verso King. Il suo volto era imperturbab<strong>il</strong>e, ma compresi <strong>che</strong> un pensiero<br />

doveva attraversargli quella sua strana testa.<br />

-La signora Luc<strong>il</strong>le e quel taxista?<br />

-Hanno r<strong>il</strong>asciato una deposizione. Adesso saranno già a casa guardare la cerimonia.<br />

-Quale cerimonia?<br />

-L’apertura del nuovo teatro a London Bridge. Vi presiederà la <strong>regina</strong>. Tutte le nostre forze<br />

sono concentrate laggiù, per sicurezza. Anzi, dovrei muovermi anch’io.<br />

Detto questo, si alzò, afferrò <strong>il</strong> suo soprabito dall’attaccapanni, ne estrasse un piccolo<br />

telecomando e vi premette l’unico pulsante. L’apparecchio emise un lieve bip.<br />

Improvvisamente, la luce nella stanza si spense.<br />

-Da quando in qua, gli uffici di Scotland Yard sono dotati di luci manovrab<strong>il</strong>i con<br />

telecomando?- esclamò Johnathan.<br />

-Si tratta di un piccolo sistema di sicurezza a salvaguardia del mio archivio, <strong>non</strong> di luci<br />

p<strong>il</strong>otate!- spiegò King in un soffio. Roba top secret, ma <strong>non</strong> per le mie orecchie!<br />

-Luci p<strong>il</strong>otate!- ripetè Queen in tono assente. Stava pensando. Pensare in modo assente!<br />

Solo Queen poteva essere più contraddittorio di così! Sbuffai!<br />

-Zitto!- mi fece lui.<br />

-Prego?<br />

-Dicevo al cane. Vengo con te alla cerimonia, amico mio.<br />

-An<strong>che</strong> <strong>il</strong> cane?<br />

-Certamente.<br />

Volevo ben dire!<br />

-Allora prendiamo un taxi?<br />

A quelle parole potei udire un lamentoso no, in fondo al corridoio. Una sagoma <strong>non</strong><br />

definita si precipitò a rotta di collo giù per le scale. Non vidi di più.<br />

-No,- disse Queen, -è più rapido se andiamo laggiù con un’auto d’ordinanza. A sirene<br />

spiegate.<br />

King sbiancò.<br />

-Le sirene spiegate… in presenza <strong>della</strong> <strong>regina</strong>?<br />

-Le sirene spiegate… in presenza del dottor Watt!<br />

18


XVI.<br />

Il teatro era affollato. Un uomo coi capelli bianchi raccolti sulla schiena in una coda<br />

argentata si aggirava dietro le quinte.<br />

-Ehi, tu!- gli gridò un tecnico, -Dai una regolata al faro sopra la tua testa!<br />

L’uomo annuì. Salì una scaletta e giunse sopra un corridoio soppalcato. Sporgendosi dallo<br />

corrimano raggiunse <strong>il</strong> faro e lo attirò a sé. La carrucola alla quale era montato cedette e<br />

l’uomo potè attirare a sé <strong>il</strong> faretto. Cominciò a lavorare con un cacciavite. E <strong>il</strong> piccolo<br />

marchingegno <strong>che</strong> estrasse da una tasca lo aiutò a portare a termine <strong>il</strong> suo compito.<br />

Inosservato.<br />

XVII.<br />

Un’or<strong>che</strong>stra d’ottoni squ<strong>il</strong>lò <strong>il</strong> segnale <strong>che</strong> la cerimonia aveva inizio. Tutti sedettero al<br />

loro posto. Un uomo corpulento, molto elegante nel suo frac delle grandi occasioni andò a<br />

mettersi al centro del palcoscenico. Le telecamere per la ripresa televisiva si accesero.<br />

Trasmettevano in diretta.<br />

-Sua Maestà.- disse, accennando ad un inchino in direzione del palco d’onore, -Signore e<br />

signori tutti qui presenti. Dopo tanti anni di lavoro, sono orgoglioso di assistere<br />

all’inaugurazione di questo teatro. Ma invito la nostra amata <strong>regina</strong> a fare gli onori di casa.<br />

Quello era <strong>il</strong> momento.<br />

Tutta Londra avrebbe visto. Il faro si sarebbe acceso e la <strong>regina</strong> avrebbe avuto un nuovo<br />

colore per i suoi capelli.<br />

L’uomo coi capelli a coda abbozzò un sogghigno.<br />

L’uomo sul palco, con un ampio gesto indirizzò l’attenzione al pal<strong>che</strong>tto d’onore. Tutti gli<br />

occhi si voltarono in quella direzione. Tutte le telecamere. Nella penombra <strong>della</strong> sala, la<br />

<strong>regina</strong> già sfoderava un sorriso, in attesa <strong>che</strong> <strong>il</strong> faro l’<strong>il</strong>luminasse.<br />

Ma quel faro <strong>non</strong> s’accese.<br />

Qualcosa <strong>non</strong> stava andando per <strong>il</strong> verso giusto. In sala si diffuse un educato mormorio. La<br />

<strong>regina</strong> si guardò attorno disorientata.<br />

King comparve alle sue spalle e le spiegò in breve cosa stava accadendo.<br />

19


XVII.<br />

Accortosi <strong>che</strong> se <strong>il</strong> faro <strong>non</strong> si era acceso, <strong>non</strong> poteva <strong>che</strong> esserci una spiegazione, l’uomo<br />

con i capelli a coda si d<strong>il</strong>eguò. Complice fu una porticina lungo la passatoia sulla quale si<br />

trovava. Dava accesso al retro del teatro.<br />

-Il buio sarà la mia coperta.- sib<strong>il</strong>ò.<br />

-Non te ne va bene una!- esclamò Queen <strong>che</strong> l’aspettava. Le luci si accesero.<br />

I due rivali erano faccia a faccia. Per la rima volta mi trovai davanti al nemico mortale di<br />

Johnathan: un uomo segaligno, tutto vestito di nero, avvolto in un pesante tabarro color<br />

<strong>della</strong> notte.<br />

-Queen!<br />

-Watt, <strong>che</strong> piacere.<br />

-Levati dalla faccia quel sorrisetto di convenienza! Non hai ancora vinto!<br />

A quelle parole fissai Johnathan: quale sorrisetto? Non riuscivo a capire chi era più strano<br />

fra i due…<br />

-Queen! Ovunque mi porta <strong>il</strong> mio passo, ti trovo sulla mia strada!<br />

-E <strong>non</strong> sono nean<strong>che</strong> un assicuratore!<br />

-Avrei dovuto eliminarti quella volta sui Pirenei!<br />

-Ma tu ci hai provato! Non ci puoi far nulla se ho <strong>il</strong> vizio di essere attaccato alla vita!<br />

-Ero quasi riuscito a cancellarti dalla faccia <strong>della</strong> Terra quella volta in quel laboratorio<br />

segreto in fondo alla Fossa delle Marianne.<br />

“Non c’è <strong>che</strong> dire,” pensavo, “questi due si vogliono un gran bene!”<br />

-Toglimi una curiosità, Queen.<br />

-Sono al tuo servizio.<br />

-Come hai scoperto <strong>il</strong> mio piano?<br />

-Sostituire l’immagine reale <strong>della</strong> <strong>regina</strong> con un immagine fittizia? Non poteva <strong>che</strong> esserci<br />

la tua firma. Ci sono arrivato osservando un telecomando per le luci di una stanza!<br />

-Un semplice telecomando…- Watt pareva deluso.<br />

-L’edificio è circondato, Watt, arrenditi.- disse infine Queen, scagliandosi contro Watt.<br />

Ma qui capitò l’impossib<strong>il</strong>e. Quando le mani di Queen si stavano per stringere sulle spalle<br />

di Watt, una botola si aprì sotto i piedi del criminale.<br />

Le braccia di Queen strinsero l’aria, mentre la botola si richiudeva davanti a lui,<br />

inghiottendo <strong>il</strong> suo nemico.<br />

Raggiunsi la botola ed annusai.<br />

-Non preoccuparti, cane. Lo incontreremo ancora!- mi disse Johnathan.<br />

20


E chi aveva detto di voler incontrare ancora quell’individuo? Io ero accorso soltanto per<br />

accertarmi <strong>che</strong> la botola fosse ben chiusa.<br />

XVIII<br />

-Un proiettore olografico!- esclamò stupito King.<br />

Eravamo seduti sui sed<strong>il</strong>i posteriori dell’auto di King. L’agente alla guida stava portandoci<br />

a casa.<br />

-Fu la prima invenzione di quel folle. Ricordo di avergliene messa fuori uso una qual<strong>che</strong><br />

anno fa. Watt è un nostalgico e si affeziona alle sue invenzioni.<br />

-Quindi, <strong>non</strong> voleva affatto colorare i capelli <strong>della</strong> <strong>regina</strong>, ma solo proiettare su di lei<br />

un’immagine tridimensionale modificata secondo i suoi scopi. E avrebbe funzionato?<br />

-Le trovate di Watt funzionano. I suoi piani un po’ meno. Ecco, siamo a casa.<br />

An<strong>che</strong> l’ultimo mistero era stato chiarito. Scendemmo dall’auto e ci dirigemmo verso una<br />

meritata cena ed una serata di zapping davanti al televisore. Parlo per me!<br />

21


Ep<strong>il</strong>ogo<br />

Fissai la macchina per scrivere. Chissà, magari un giorno ci avrei provato a scrivere le mie<br />

memorie. Per <strong>il</strong> momento l’onda dei ricordi era esaurita ed io mi ero ritrovato nello<br />

studiolo.<br />

La porta si spalancò e comparve Cloe. Essendo monsieur Meublè in carcere per qual<strong>che</strong><br />

tempo, Johnathan ha pensato di chiedere l’affido <strong>della</strong> bambina. Per qual<strong>che</strong> tempo sarebbe<br />

vissuta con noi. Ovviamente <strong>non</strong> Cloe <strong>non</strong> s<strong>che</strong>rza più chiamandolo papà. Ora distingue<br />

bene i ruoli. Ma <strong>non</strong> per questo gli vuole meno bene.<br />

-Fuffi, vieni in salotto a giocare. C’è an<strong>che</strong> Johnathan.<br />

La raggiunsi. Mi piaceva quella bambina, sì, e sopportavo con piacere <strong>che</strong> mi chiamasse<br />

con quel nome cosi kitch. In fondo io mi chiamo Clodoveo III di Mongrovia. Cloe mi<br />

abbracciò forte. Va bene, per un po’ Fuffi sarebbe andato bene.<br />

Sbaglio, o in quell’istante un abbozzo di sorriso era comparso ai lati <strong>della</strong> bocca di<br />

Johnathan? E no, eh? Se no mi sarebbe toccato cambiare <strong>il</strong> titolo alla mia storia! Ma in<br />

fondo ne sarebbe valsa la pena!<br />

Fine<br />

22

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