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ISTITUTO COMPRENSIVO “G.B. MARZANO”<br />
LAUREANA DI BORRELLO<br />
RCIC84800T@ istruzione .it TEL. e FAX 0966 991109<br />
DIRIGENTE SCOLASTICO<br />
Dott.ssa Domenica Proto<br />
ANNO SCOLASTICO 2009-2010
PREMESSA<br />
La scuola ha il compito principale di far prendere coscienza<br />
all’alunno delle proprie radici affinché il passato sia<br />
l’illuminazione per il futuro che le giovani generazioni sapranno<br />
costruire. In quest’ottica grande importanza riveste la storia<br />
della vita lavorativa dell’uomo nel proprio ambiente.<br />
Rievocare le tecniche artigianali de<strong>gli</strong> <strong>antichi</strong> <strong>mestieri</strong><br />
acquista un contenuto di crescita culturale un’ipotesi valida a<br />
sostenere la curiosità dei discenti non ancora entrati a far<br />
parte del mondo del lavoro.<br />
Tante attività, sono progressivamente scomparse ad<br />
appannaggio di una produzione su scala industriale, con la<br />
conseguenza ulteriore di portare nell’oblio vecchie tradizioni<br />
manuali del passato.<br />
Il presente lavoro è il risultato dell’impegno di<br />
docenti che hanno accolto l’iniziativa proposta per<br />
immergersi con i propri alunni nei ricordi di una<br />
realtà quotidiana che è in via di estinzione.<br />
Chissà se tra i giovani non germo<strong>gli</strong> un nuovo<br />
entusiasmo verso queste arti tradizionali del<br />
passato e l’assecondare la genialità insita e<br />
connaturata in ciascuno dei nostri giovani<br />
conterranei non possa far nascere in un prossimo<br />
futuro concrete scelte di lavoro!
Vibo Valentia<br />
IL TERRITORIO DELLA NOSTRA RICERCA SI<br />
TROVA ALL’ESTREMO NORD DELLA PROV. DI<br />
REGGIO CALABRIA E CONFINA, A NORD, CON<br />
LA PROV. DI VIBO VALENTIA…..<br />
Reggio Calabria
Nell’arco dei secoli XVIII- XX fiorirono a<br />
Laureana, Candidoni, Serrata e San Pietro di Caridà<br />
attività artigianali di buon livello. Non si può parlare di<br />
botteghe, sicuramente di fami<strong>gli</strong>e, che, per generazioni,<br />
hanno tenuto alto il mestiere tramandato, insegnando a<br />
quanti frequentavano le loro attività. Memorie di quel<br />
passato in cui l’artigianato locale era un’importante<br />
attività economica di questa terra. Alla fine della II<br />
Guerra Mondiale molte fami<strong>gli</strong>e si sono disperse e i<br />
pochi apprendisti rimasti non sempre hanno fatto in<br />
tempo ad acquisire le abilità dei loro maestri.
Vi sono stati:<br />
Decoratori-pittori, quasi tutti autodidatti, che<br />
hanno ornato chiese e case signorili e hanno<br />
ridipinto e restaurato statue antiche, dipinto quadri<br />
di buona fattura<br />
Falegnami- inta<strong>gli</strong>atori, che oltre a produrre<br />
mobili di grande pregio , hanno acquisito una<br />
notevole abilità nell’inta<strong>gli</strong>are e scolpire il legno<br />
Impa<strong>gli</strong>asedie per lo più donne brave a<br />
racco<strong>gli</strong>ere nelle paludi la “sala”, un’erba<br />
acquatica che cresceva spontaneamente con la<br />
quale impa<strong>gli</strong>avano le sedie<br />
Ciabattini capaci di creare e aggiustare ogni<br />
tipo di calzatura.<br />
Maniscalchi perché <strong>gli</strong> animali delle<br />
“masserie” avevano bisogno di essere “ferrati” per<br />
non rovinare, nel lavoro, i loro zoccoli:buoi,<br />
cavalli, muli, asini .<br />
Muratori – stuccatori dei quali si conservano opere<br />
di stucco nelle chiese e su<strong>gli</strong> estremi di alcune case.<br />
Carradori, maestri costruttori di ogni specie di carro<br />
e carretto da adibire a trasporto di persone e cose.
Calderai maestri capaci di trasformare un fo<strong>gli</strong>o di<br />
lamiera di rame, con il solo uso del martello, in una<br />
caldaia.<br />
Sellai, maestri conosciuti come “bastai”, approntavano<br />
basti per asini e muli in legno e pelle, e selle in cuoio per<br />
cavalli.<br />
Bottai, maestri per la costruzione e riparazione delle<br />
botti nel periodo della vendemmia<br />
Casari, maestri del formaggio, il<br />
“caso”. Antico mestiere ancora<br />
esercitato nelle masserie anche dalle<br />
donne.<br />
Scopai, producevano non solo<br />
scope ma anche stuoini e dischi per<br />
i frantoi: oggetti che oggi hanno una<br />
diversa provenienza<br />
Arrotini <strong>gli</strong> “alliffa coltelli”che non si<br />
vedevano passare più per le vie del paese.<br />
Valorari, venditori di caldarroste<br />
durante il periodo autunno-inverno<br />
Capillara chiedeva i capelli che le<br />
donne racco<strong>gli</strong>evano ogni mattina<br />
“facendosi la testa” in cambio di oggetti<br />
per la casa. I capelli servivano per fare<br />
parrucche e toupè<br />
Pastorari: ogni<br />
buon contadino o<br />
artigiano era<br />
costruttore di<br />
pastori del<br />
presepe o altre<br />
statuine di<br />
devozione<br />
utilizzando come<br />
materia prima la<br />
creta
IL MESTIERE DEL CESTAIO O PANIERAIO<br />
Le radici di questa attività sono <strong>antichi</strong>ssime perché l'uomo ha imparato ad<br />
utilizzare i doni della natura fin dai tempi della preistoria. La natura offre la<br />
materia prima da quando è nato il mondo.<br />
L'artigiano sce<strong>gli</strong>e i rami di olivo, salice, castagno, più diritti che verranno<br />
spo<strong>gli</strong>ati dalla corteccia e trafilati col ta<strong>gli</strong>o della roncola. Poi li bagnerà, per<br />
renderli ancora più flessibili e cominciare così a tessere il fondo della cesta. Le<br />
lamine vegetali avranno tutte lo stesso spessore e la stessa lunghezza. Quest’<br />
attività era molto comune ed era facile vedere lungo le vie del paese vecchietti<br />
seduti sui gradini della loro abitazione intenti nella creazione di cestini, panieri,<br />
ceste.<br />
Giorno 10 marzo 2010 : una mattinata con il signor La Rocca Giovanni
L’ INTERVISTA<br />
D. Qual è il materiale necessario<br />
che occorre per realizzare i<br />
cestini?<br />
R. Virgulti di ulivo che nascono<br />
dalle radici lasciate essiccare e<br />
canne giovani.<br />
D. Quando si racco<strong>gli</strong>e la “virga”?<br />
R. Il periodo giusto è agosto<br />
quando è raggiunto il giusto punto<br />
di elasticità<br />
D. Quando si racco<strong>gli</strong>e la canna?<br />
R. Anche la canna si ta<strong>gli</strong>a ad<br />
agosto ed opportunamente<br />
sfrondata si ta<strong>gli</strong>a con un<br />
particolare coltello ad uncino, la<br />
“roncola”<br />
D. Come si procede nella<br />
lavorazione ?<br />
R. Prima si intreccia il virgulto per<br />
il fondo, il “culacchio”. Dal fondo<br />
partono le guide i laterali dove si<br />
intrecceranno le strisce di canna.
Momenti della giornata<br />
Con il Dirigente Scolastico,<br />
dott.ssa Domenica Proto<br />
Con<br />
le<br />
docenti<br />
Antonietta Iemma<br />
Avati Concetta - Denicola Concettina - Nicolaci Isabella
I disegni de<strong>gli</strong> alunni
IL MESTIERE DEL FABBRO<br />
Per lavorare il ferro, l'artigiano lo immergeva sotto la brace di carbon fossile<br />
sino a che si arroventava e diventava malleabile.<br />
Quando si trattava di un pezzo consistente da<br />
spianare e ridurre a piastra sottile,su quel pezzo<br />
intervenivano contemporaneamente due e, se<br />
necessario, tre operai (il mastro e due lavoranti),<br />
che, con una cadenza ritmica, frenetica e precisa,<br />
battevano con la mazza sullo stesso punto senza<br />
scontrarsi (in gergo si diceva a’ mazza). L'incudine<br />
su cui si lavorava era ben piazzata su un grosso<br />
tronco d'albero pesante, difficilmente spostabile.<br />
Oltre che per l'incudine, la ferraria si<br />
caratterizzava per la presenza della<br />
fucina a mantice, azionato con un<br />
pedale , il fabbro attaccava a lavorare<br />
la mattina ben presto e il suono dei<br />
suoi colpi si diffondeva in tutto il<br />
quartiere.
Aveva a che fare con tutti, perché numerosi<br />
erano <strong>gli</strong> attrezzi che costruiva per <strong>gli</strong> altri<br />
lavoratori . picconi, falci, zappe, scalpelli,<br />
scuri, ecc.<br />
Un’ultima curiosità del fabbro si servivano<br />
anche i bambini per far montare il chiodo<br />
(trottole azionate da un filo che veniva<br />
ASCIUGAPANNI<br />
arrotolato intorno) per poter giocare.<br />
OGGI<br />
Le operazioni di fucinatura fondamentali, eseguite con<br />
martelli e altri attrezzi semplici, sono:<br />
la ricalcatura, per produrre un allargamento della<br />
VECCHIA FUCINA<br />
sezione a scapito della lunghezza;<br />
la strozzatura, per produrre un restringimento<br />
della sezione;<br />
la piegatura, per<br />
curvare il pezzo;<br />
la saldatura a fuoco,<br />
per unire due pezzi<br />
diversi;<br />
la punzonatura, per praticare fori relativamente piccoli;<br />
Il ta<strong>gli</strong>o, per praticare fori grandi o eliminare una parte del pezzo.
D. Il suo è un lavoro pesante ?<br />
R. Si, ma si guadagna bene.<br />
D. Quante ore al giorno lavora?<br />
R. Lavori 8 ore al giorno.<br />
VISITA ALL’OFFICINA DEL FABBRO “VALEO”<br />
L’ INTERVISTA<br />
D. A che età ha iniziato<br />
a lavorare il ferro?<br />
R. Ho iniziato che avevo<br />
9 anni.<br />
D. Il suo lavoro le piace?<br />
R. Si, lo faccio con<br />
passione.<br />
D. A cosa serve l’incudine?<br />
R. Serve per battere il ferro<br />
quando è caldo.<br />
Una volta per<br />
riscaldare i forni si<br />
usava il carbon fossile, invece<br />
oggi si riscalda a gas.<br />
D. Da chi ha imparato?<br />
R. Da un grande maestro di nome Garcea del quale conservo ancora un<br />
attrezzo, oltre che un grande affetto per lui che era una persona speciale.
FABBRO AL LAVORO<br />
OGGETTI IN FERRO
IL VASAIO<br />
Un abile creatore di forme e una misura universale delle civiltà e delle culture..<br />
L’"argagnaru" nei nostri paesi non esiste più; <strong>gli</strong> ultimi rimasti lavorano con<br />
torni e forni elettrici e producono oggetti per amatori. I cocci ("shrachi") si<br />
possono vedere nei vecchi muri.<br />
Arnesi del mestiere:<br />
la creta<br />
l’argilla<br />
il tornio<br />
le stecche<br />
il forno a legna.<br />
L’artigiano si procurava la creta presso i<br />
margini del fiume Mesima, la portava al<br />
laboratorio e con l’apposito tornio a ruota<br />
manovrato con il piede la trasformava in<br />
vasi.<br />
L’artigiano appoggiava la creta sul piatto del tornio<br />
e lo faceva girare contemporaneamente bagnandosi<br />
continuamente le mani dava la forma desiderata<br />
alla creta. L’oggetto veniva messo poi nel forno. Gli<br />
oggetti più comuni erano: la pignata, la tella, la<br />
gozza, la giara, la bumbula, e u salaturi.
LA LAVORAZIONE DELLA CERAMICA OGGI<br />
L’esperienza delle visite guidate alla fabbrica della ceramica di Bagnara<br />
Uniti non si lavora solo in ambito scolastico<br />
ma anche a creare oggetti di propria fantasia.<br />
L’esperienza è stata indimenticabile perché<br />
abbiamo avuto la possibilità di partecipare<br />
alla creazione di alcuni oggetti. Siamo stati<br />
accolti affettuosamente e ci hanno spiegato<br />
per filo e per segno la lavorazione dell’argilla.<br />
Abbiamo visto come si usa il torchio elettrico<br />
e manuale.<br />
Nella fabbrica ci sono pochi macchinari perché<br />
l’argilla si deve lavorare soprattutto a mano.<br />
Abbiamo visto estrarre<br />
oggetti da stampi di gesso<br />
chiusi fra loro con de<strong>gli</strong><br />
elastici. L’argilla<br />
che era in più veniva<br />
ta<strong>gli</strong>ata con molta<br />
precisione. Gli oggetti<br />
venivano infornati e pitturati<br />
a mano con molta cura,poi immersi nella<br />
cristallina,infornati per la seconda volta.
Anche noi abbiamo lavorato con l’argilla e<br />
abbiamo realizzato vari oggetti tra cui una<br />
rosa,i funghi,pergamene ed altri. Dopo aver<br />
pranzato abbiamo comprato qualcosa e poi<br />
siamo ritornati a scuola. Nella seconda giornata<br />
abbiamo vissuto esperienze a colori, infatti,<br />
ognuno di noi ha scelto di dipingere qualche<br />
oggetto: un salvadanaio a forma di papera, un<br />
portapenne a forma di gufo, una piccola fo<strong>gli</strong>a.<br />
Anche le professoresse che ci hanno<br />
accompagnato hanno contribuito e si sono<br />
messe a dipingere, a loro piacimento<br />
un uovo di gesso.<br />
Al ritorno la nostra allegria e vivacità è<br />
divenuta tristezza, quest’esperienza rimarrà<br />
sempre nei nostri cuori.
LA FIGURA DELLA TESSITRICE<br />
La filatura e la tessitura occupavano nell'esperienza popolare un posto di<br />
grande rilievo; con esse la donna concorreva spesso all'economia familiare in<br />
cui il lavoro femminile comprendeva, oltre al lavoro della terra, tutte quelle<br />
operazioni domestiche necessarie al sostentamento. Assieme al cucinare, alla<br />
responsabilità del piccolo allevamento, alla cura della prole e della casa, il filare<br />
e il tessere corrispondevano, nella quotidianità e nell'immaginario, ad un<br />
esclusivo ambito e pertinenza femminili, assumendo anche un'ampia valenza<br />
simbolica.<br />
Fino a cinquanta anni or sono le tessitrici operanti<br />
su telai semplici a due pedali per la produzione della<br />
tela, o a più pedali per la messa in atto, dei disegni<br />
simmetrici, erano numerose e distribuite con<br />
uniformità sul territorio. L'importanza che la<br />
lavorazione al telaio della canapa e del lino assunse<br />
nell'economia contadina, si evidenzia nella dimora<br />
contadina tipica di Laureana in cui trovava quasi<br />
sempre posto il grosso telaio per la tessitura.<br />
FILATRICE
L'utilizzo di tale attrezzo venne così tanto esteso e in un certo senso codificato,<br />
che ne<strong>gli</strong> anni verrà destinata all'interno della casa una vera e propria "stanza<br />
del telaio".Filatura. Si filava in ogni casa, prima a mano con il fuso e la rocca,<br />
soppiantati nel tempo dalla ruota a pedale. La tecnica di filatura consiste<br />
nell'operare con la rocca (supporto della fibra) e il fuso (con funzione di volano e<br />
peso) per la riduzione, tramite assotti<strong>gli</strong>amento e torcitura, di una massa<br />
fibrosa in filo.<br />
Tessitura. Nell'incontro di trama e ordito il telaio<br />
sviluppa la propria funzione principale. Appropriati<br />
pedali, pettini, licci e subbi lavorano sull'ordito per<br />
stendere e separare i fili predisponendoli all'incontro<br />
con la trama. La trama è posata tramite una navetta<br />
contenente un cannello di filo.<br />
Il telaio, invece, era formato da due grossi pezzi di<br />
trave lunghi circa due metri, poggianti su quattro<br />
"piedi" per trave, due avanti e due dietro. Sulle travi<br />
erano innestate due robuste tavole di legno,<br />
attraversate da un'altra tavola che le univa, sia da<br />
una parte che dall'altra. Le tavole verticali avevano<br />
due fori per parte di circa venti centimetri di<br />
diametro nei quali si inserivano i cilindri cui<br />
abbiamo accennato prima.<br />
FILATORE
Di sotto c'erano due o quattro pedali, pigiando sui quali con i piedi si<br />
permetteva l'apertura o la chiusura delle fasce di cotone provenienti dal<br />
cilindro posteriore. Lavorando con due pedali, si produceva tela liscia e<br />
leggera, mentre con quattro si produceva panno più duro e forte, detto "a<br />
spiga": c'era, quindi, la tela a due pedi e la tela a quattro pedi.. Lavorando<br />
con due pedali, si produceva tela liscia e leggera, mentre con quattro si<br />
produceva panno più duro e forte, detto "a spiga": c'era, quindi, la tela a<br />
due pede e la tela a quattro pede.<br />
il ciclo della canapa va dal raccolto, alla macerazione e gramolatura fino alla<br />
tessitura. Due grandi gramole e una portatile e pettini per dividere la<br />
canapa nobile dalla stoppa; strumenti per la filatura: incannatoi (a volano),<br />
aspi (rotanti), rocche (conocchie), fusi. Arcolai e telai: grandi telai per la<br />
produzione di tele ad uso familiare: coperte, lenzuola e asciugamani, e un<br />
telaio più piccolo per la produzione di pezze e cinture.<br />
Arnesi del mestiere:<br />
Telaio - arcolaio – incannatoio –<br />
Navetta - Spoletta – licci –<br />
subbio – pinte da tessuto :<br />
Canapa – lino - Ginestra<br />
VECCHIO TELAIO
IL MESTIERE DEL CARBONAIO<br />
Per comporre una "carbonaia" occorreva una quantità considerevole di legna,<br />
comunque non inferiore ai trecento quintali (bisogna tenere presente che solo<br />
un quinto del peso della legna si trasforma in carbone). Il diametro<br />
generalmente era di quattro o cinque metri per un altezza di due-tre metri. Si<br />
cominciava mettendo i tronchi in piedi, obliqui verso l'interno, a forma di<br />
gabbia, e si girava attorno, accatastando legna su legna fino a raggiungere la<br />
grandezza base. Dopo di che si ricominciava di sopra a costruire il secondo<br />
piano. Al centro, dalla base all'apice, si lasciava un grosso buco per<br />
l'accensione del fuoco. Il tutto veniva ricoperto da una "camicia" di stoppie o<br />
erbacce secche e da uno strato di terra che variava dai quaranta ai cinquanta<br />
centimetri in modo che la legna rimanesse imprigionata in una corazza di terra<br />
e il calore compresso la cuocesse senza sbriciolarla.<br />
MOMENTI DELLA LAVORAZIONE DELLA CARBONAIA
La legna "cotta" rimaneva in piedi, intatta, e, alla fine, dovevano essere i<br />
carbonai stessi a fare in pezzi tutto quanto. Lungo tutta la struttura,<br />
all'altezza di trenta centimetri circa, si praticano dei fori ogni metro per far sì<br />
che quando il fuoco bruciava l'aria avesse la possibilità di giocare dentro,<br />
terminata la preparazione della carbonaia, non rimaneva, poi, che dare fuoco.<br />
Ciò avveniva in un modo molto semplice: si accendeva un grosso fuoco al fine<br />
di produrre della brace, la quale veniva raccolta e buttata dentro attraverso il<br />
buco lasciato di proposito durante la costruzione. Il fuoco doveva bruciare<br />
ininterrottamente per la durata di dodici, tredici giorni, dopo di che la legna<br />
era "cotta": era diventata carbone. L’attività dei carbonai è un mestiere in via<br />
di estinzione, a causa dei mutati usi del combustile a fini energetici, infatti,<br />
veniva venduto per il riscaldamento delle abitazioni sino a pochi decenni.<br />
Oggi si produce solo in pochissime fami<strong>gli</strong>e rimaste, soprattutto nei boschi<br />
delle Serre<br />
L’ANTICA ARTE DEL MUGNAIO<br />
Nel mestiere del mugnaio ognuno aveva i<br />
suoi segreti per la macinatura dei cereali. I<br />
proprietari, i massari, i contadini<br />
producevano grano, granturco ed altri semi<br />
che dovevano essere macinati. Al mugnaio<br />
si pagava la “decima” sul prodotto macinato<br />
o anche in denaro. L'arte del mugnaio è<br />
stata sempre veramente tramandata da<br />
generazione in generazione.<br />
VECCHIA MACINA
Doveva stimare il livello di essiccazione dei cereali, quantificarne la loro resa in<br />
termini di farina. Dopo aver effettuato, mediante va<strong>gli</strong>, la pulitura del prodotto<br />
da trattare, provvedeva all'esatta pesatura riponendone il contenuto<br />
nell'apposita stadera. Disponeva le graminacee stendendole in un capiente<br />
contenitore che poteva ospitare fino a venti chilogrammi che versava nella<br />
tramoggia. Da questa cadevano nel sottostante occhio della macina superiore.<br />
La quantità veniva impostata dal mugnaio, secondo suoi precisi calcoli,<br />
azionando un cassetto che era fissato, mediante cerniere, sotto la base della<br />
tramoggia. Una lunga asticina vibrava con il movimento della macina. Una<br />
campanella suonando, avvisava il mugnaio di effettuare una successiva<br />
riempitura della tramoggia. La macina inferiore era fissa, mentre quella<br />
superiore ruotava. Le macine erano di peso elevato e venivano azionate dalla<br />
forza motrice esercitata dai flussi d’acqua continui che veniva canalizzata in<br />
lunghi percorsi in muratura “a prisa”.<br />
La macina presentava delle scolpiture che<br />
partendo dal suo perno centrale si<br />
sviluppavano verso l'esterno in modo<br />
curvilineo avevano lo scopo di ridurre<br />
l'attrito generato dal rotolamento e<br />
facilitavano la fuoriuscita della farina. Le<br />
macine erano cerchiate nella parte esterna<br />
da un robusto ferro che ne aumentava le<br />
caratteristiche meccaniche.<br />
VECCHIO MULINO
Un telaio ligneo si sviluppava al loro perimetro<br />
esterno con lo scopo di contenere la dispersione<br />
della farina. Finalmente la farina ottenuta, cadeva<br />
in una vasca sottostante posta dinanzi al<br />
basamento delle macine. Il mugnaio racco<strong>gli</strong>eva la<br />
farina ottenuta con la caratteristica pala in legno<br />
e la riponeva ordinatamente nei vari sacchi di<br />
cordame e liuta.<br />
CONGEGNI E MACINE DI VECCHI MULINI<br />
“SCHICCIU (FORO) CHE FACEVA USCIRE L’ACQUA<br />
CON UNA CERTA PRESSIONE DA FAR GIRARE LA<br />
RUOTA SOTTOSTANTE DEL MULINO
I FRANTOIANI (IERI)<br />
Gli <strong>antichi</strong> frantoi erano azionati dalla forza<br />
motrice dell’acqua o da un animale quadrupede e<br />
le macchine erano di legno. Per la macinazione si<br />
adoperavano le pietre, dette “molazze” e per la<br />
spremitura i torchi a legno, azionati a braccia<br />
d’uomo a mezzo di una stanga di legno che<br />
veniva applicata alternativamente ai due fori<br />
della testa della vite. Erano ubicati nelle vallate, lungo i fiumi,<br />
per utilizzare l’acqua nel processo di<br />
lavorazione.<br />
Poi sopraggiunsero i motori<br />
elettrici e le presse idrauliche<br />
che sostituirono i” vecchi<br />
frantoi a molazze”.<br />
VECCHIA RUOTA PERSIANA DEL FRANTOIO AD ACQUA<br />
( DIAMETRO DI M. 5,10)
I FRANTOIANI (OGGI)<br />
Oggi i frantoi sono a ciclo continuo e la lavorazione dalle olive avviene per fasi.<br />
La I fase consiste nella defo<strong>gli</strong>azione e nel lavaggio delle olive.<br />
Le olive vengono messe in un contenitore detto”tramoggia<br />
di carico”, da qui passano attraverso un elevatore a<br />
nastro che le lascia cadere in una apposita lava-olive, le<br />
fo<strong>gli</strong>e ed eventuali rami vengono aspirati e convo<strong>gli</strong>ati<br />
fuori dall’impianto.<br />
La II fase consiste nella frangitura e gramolazione: le<br />
olive lavate ricadono su una tramoggia provvista di un<br />
elevatore per il trasporto delle olive al frangitore dove<br />
avviene la molitura; il frangitore è costituito da una<br />
gri<strong>gli</strong>a e da una girante a martelli per la frantumazione<br />
delle olive che passano nella vasca superiore del<br />
gramolatore .<br />
Questo è formato da tre<br />
vasche provviste di pale<br />
rotanti elicoidali che<br />
consentono la lavorazione<br />
continua e simultanea<br />
moliture delle olive.
La pasta gramolata viene prelevata dalla vasca inferiore ed inviata a<strong>gli</strong><br />
estrattori, ovvero alle centrifughe orizzontali o decanter mediante apposite<br />
pompe. Lì avviene la separazione del mosto oleoso dalla pasta gramola per<br />
effetto della forza centrifuga.<br />
Nella III fase avviene la raffinazione e<br />
depurazione tramite appositi separatori<br />
centrifughi verticali che servono a separare<br />
l’olio dall’acqua di vegetazione, ottenendo il<br />
prodotto finito .Successivamente abbiamo<br />
misurato il grado di acidità dell’olio estratto.<br />
Avviene la separazione dei liquidi olioacqua,mentre<br />
la sansa estratta dalla<br />
centrifuga viene trasportata nel sansaio,<br />
l’acqua e l’olio, già quasi puri al 90%<br />
cadono su di una vaschetta in acciaio.
FARE IL SAPONE<br />
L’olio d’oliva inacidito, già fritto, i grassi de<strong>gli</strong> animali<br />
macellati in fami<strong>gli</strong>a venivano conservati in appositi<br />
recipienti e, poi, trasformati in sapone, bollendo il tutto con<br />
la soda caustica o la soda solvay.<br />
Il sapone che se ne ottiene è, solitamente, detto "sapone di marsi<strong>gli</strong>a". I poveri e<br />
i ricchi ne facevano ampio uso per lavare la biancheria e la propria persona. Le<br />
saponette profumate erano riservate a pochi. L’operazione richiedeva l’impegno<br />
di tutti <strong>gli</strong> adulti della fami<strong>gli</strong>a; i bambini venivano tenuti lontano per il rischio<br />
di essere bruciati dalla soda versata nella caldaia con olio, fo<strong>gli</strong>e profumate e<br />
acqua.<br />
Questa attività sopravvive in molte fami<strong>gli</strong>e ed è ancora possibile trovare (come<br />
dono richiesto) il sapone fatto in casa con l’olio d’oliva.<br />
MOMENTI DELLA LAVORAZIONE DEL SAPONE<br />
A CALDO
RICETTA DEL SAPONE A CALDO<br />
Ingredienti: 20 litri di acqua; 10 litri<br />
di olio di oliva fritto o vecchio; 5 Kg.<br />
di “potassa” (soda caustica); qualche<br />
fo<strong>gli</strong>a di sambuco<br />
1. Accendere il fuoco sotto un “tripode”,<br />
(tre piedi di ferro) sopra il quale viene<br />
messo un pentolone di rame.<br />
2. Procurarsi un bastone abbastanza<br />
lungo<br />
3. Versare nel pentolone l’acqua, l’olio, la<br />
soda, le fo<strong>gli</strong>e di sambuco e<br />
mescolare.<br />
4. Appena comincia a riscaldare si<br />
mescola per 2 ore finché il<br />
miscu<strong>gli</strong>o non diventa bianco<br />
5. Quando il liquido diventa denso si<br />
spegne il fuoco, si copre il tutto e<br />
si lascia riposare per 2 giorni<br />
6. Il 2°giorno si ta<strong>gli</strong>a a pezzi grandi<br />
e si to<strong>gli</strong>e dal pentolone<br />
7. Si appoggia su un telo e si ta<strong>gli</strong>a<br />
in pezzi più piccoli, da tenerli in<br />
mano<br />
8. Si mette nelle cassette di legno ad<br />
asciugarsi e il sapone è pronto<br />
RICETTA DEL SAPONE A FREDDO<br />
Ingredienti: 4 litri di olio(anche fritto); 8<br />
litri di acqua; 1 Kg. Di soda caustica; 400g.<br />
di farina. Procedimento: Mescolare in un<br />
recipiente di plastica 4 litri di acqua con 4 litri<br />
di olio e la soda caustica fino a scio<strong>gli</strong>erla<br />
(qualche minuto). Aggiungere lentamente <strong>gli</strong><br />
altri litri di acqua nei quali è stata sciolta la<br />
farina (mescolata gradualmente per non fare<br />
grumi) mescolare il tutto ½ ora . Lasciare<br />
riposare una giornata (anche 2 se è estate) e<br />
capovolgere il contenuto per fare uscire intera<br />
la forma di sapone e ta<strong>gli</strong>are in piccoli pezzi.
IL FORNAIO IERI<br />
Per quest’attività le esperte erano le donne di casa<br />
per trasformare la farina in pane. Anche oggi in<br />
alcune fami<strong>gli</strong>e si fa il pane in casa.<br />
RICETTA DEL PANE FATTO IN CASA<br />
Ingredienti: per pane( forno di 25 Kg) - 20Kg di<br />
farina, 5 Kg di lievito naturale, 7 l. di acqua,¾ di Kg<br />
di sale per il lievito naturale- pagnottella di lievito<br />
naturale (tramandata ) 5 l. di acqua, 5 Kg di farina<br />
VECCHIO FORNO Preparazione del lievito naturale: Scio<strong>gli</strong>ere la<br />
pagnottella di lievito in 5 litri di acqua tiepida e aggiungere<br />
piano piano la farina impastando fino a formare un impasto<br />
omogeneo. Lasciare lievitare per 12 ore coprendo l’mpasto<br />
con una tova<strong>gli</strong>a e delle coperte tenute per il pane.<br />
Procedimento- Setacciare la farina in una “madia”,<br />
mettere il lievito preparato,<br />
l’acqua e il sale già sciolto<br />
nell’acqua. Amalgamare il<br />
tutto fino a formare un<br />
impasto omogeneo (circa 1<br />
ora). Ta<strong>gli</strong>are l’impasto e<br />
formare delle pagnottelle di<br />
1 Kg. circa e lasciare<br />
lievitare 4-5 ore.<br />
MADIA
MOMENTI DELLA PREPARAZIONE DEL PANE<br />
Quando le pagnottelle son ben lievitate si prepara il forno.<br />
Preparazione del forno- Per fare arrivare la<br />
temperatura ottimale di un forno a legna bisogna<br />
bruciare 2 - 3 tre fasci di rami d’ulivo. Quando la<br />
“bocca del forno” diventa bianca il forno è pronto.<br />
Pulire,quindi, il forno dalle braci con strumenti<br />
appositamente realizzati. Infornare il pane, chiudere<br />
il forno e lasciare cuocere per circa due ore.<br />
FORNO
IL FORNAIO OGGI Visita al forno “Brattalotta”
LAVORAZIONE DEL BERGAMOTTO<br />
L’esperienza di una visita guidata a Varapodio, “Bergarte”<br />
Dove il bergamotto prende forma (Azienda Agricola Iannello Maria)<br />
Dalla buccia del bergamotto si estrae un olio essenziale molto pregiato.<br />
Quest’olio è profumatissimo e gradevolmente aromatico ed è utilizzato nelle<br />
industrie dei profumi, nella produzione di saponi, nella preparazione di dolci e<br />
gelati oltre che nelle industrie farmaceutiche. Dalla buccia di questo frutto si<br />
ricavano, inoltre oggetti artistici e souvenir. Bomboniere, tabacchiere da fiuto,<br />
piccoli astucci, ecc..<br />
MOMENTI DELLA LAVORAZIONE
MOMENTI DELLA LAVORAZIONE DEL BERGAMOTTO PER FARE OGGETTI DECORATIVI
MOMENTI DELLA LAVORAZIONE E OGGETTO FINITO
“RICORDANDO GLI ANTICHI MESTIERI”<br />
AUTORE DEL PROGETTO<br />
DOCENTE REFERENTE : Prof.ssa Adriana Cutellè<br />
I DOCENTI CHE HANNO<br />
COLLABORATO<br />
Antonietta Iemma<br />
Isabella Nicolaci<br />
Concettina De Nicola<br />
Antonietta Trungadi<br />
Concetta Avati<br />
Vincenza Panetta<br />
Ciccone Santa<br />
Pierpaolo Lombardi<br />
Giacomo Cassalia<br />
Concetta Elvira Fonte<br />
Maria Rosa Bonaccorso<br />
Silveria Vi<strong>gli</strong>ante<br />
Teresa Giovannone<br />
Maria Barbalace<br />
Teresa Giovannone<br />
Sandra Condoleo<br />
Elisa Tripodi<br />
Maria Montagna Belcastro<br />
Annamaria Romeo<br />
GLI ALUNNI COINVOLTI<br />
SCUOLA PRIMARIA:<br />
Classi IIIA – III B – VA - VB<br />
Laureana di Borrello<br />
SCUOLA SECONDARIA:<br />
Classi IB – IIB - IIC – IIIA –<br />
IIIB – IIIC -IIID<br />
Studenti del progetto<br />
“Interventi psicopedagogici”<br />
Laureana di Borrello<br />
FONTI<br />
Viva voce di artigiani del luogo,<br />
di genitori e nonni – Luoghi e<br />
oggetti dal vivo – Siti internet