Netsuke - n. 1 - Giugno 2007 - La Galliavola - Arte Orientale
Netsuke - n. 1 - Giugno 2007 - La Galliavola - Arte Orientale
Netsuke - n. 1 - Giugno 2007 - La Galliavola - Arte Orientale
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<strong>Arte</strong> <strong>Orientale</strong><br />
n. 1 - <strong>Giugno</strong> <strong>2007</strong><br />
<strong>Netsuke</strong><br />
<strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Orientale</strong><br />
Via Borgogna, 9 - 20122 Milano -<br />
tel. +39 0276007706 - fax. +39 0276007708<br />
www.lagalliavola.com info@lagalliavola.com
Hanno collaborato a questo numero: Bruno Asnaghi, Carla Gaggianesi, Roberto<br />
Gaggianesi, Sara Orsolini, Anna Rossi Guzzetti.<br />
Fotolito e stampa: Grafiche San Patrignano. Ospedaletto di Coriano - Rimini<br />
In copertina e quarta di copertina: <strong>Netsuke</strong> in avorio raffigurante Sennin. Fine secolo XVIII, non<br />
firmato, Altezza mm 97. I Sennin sono asceti considerati semi-dei dotati di poteri sovrannaturali,<br />
poiché conoscono il passato, il presente ed il futuro. L’iconografia tipica del Sennin è quella di un<br />
anziano calvo, con lunga barba, mantella di foglie e un lungo bastone. L’esemplare proposto, invece,<br />
regge fra le mani un tralcio floreale.
Cari amici,<br />
il numero “zero” ha dato un riscontro più che positivo e pertanto desidero ringraziare<br />
tutti coloro che, in modi diversi, hanno manifestato il proprio interesse per la pubblicazione<br />
e in modo particolare quelle persone che hanno voluto segnalarmi nominativi<br />
di collezionisti, o anche solo di amici curiosi, ai quali inviare il bollettino.<br />
Confortato da questo risultato al di sopra delle aspettative e che mi conferma la bontà<br />
dell’idea, proseguo pubblicando il numero uno seguendo il filo conduttore che vi<br />
avevo preannunciato in attesa di nuove opportunità per interessarvi o anche soltanto<br />
per incuriosirvi.<br />
Sulla falsariga del numero scorso proponiamo in apertura il saggio di Bruno Asnaghi<br />
il quale, ricco ormai di una vastissima conoscenza dell’argomento e di una sostanziale<br />
esperienza, commenta alcuni pezzi della sua collezione sottolineando ed evidenziando<br />
le caratteristiche peculiari ed indispensabili per una corretta individuazione e classificazione<br />
dei netsuke. Quindi in ogni numero, lo studioso ne presenterà una particolare<br />
tipologia documentata da esempi calzanti e di chiara ed esemplificativa caratterizzazione.<br />
<strong>La</strong> scoperta in un baule di un collezionista di un oggetto straordinario ci ha poi spinto<br />
a presentare una sorta di nuova rubrica in cui segnaleremo pezzi di particolare<br />
interesse che illustreremo e studieremo cercando di soddisfare la nostra e, spero, la<br />
vostra curiosità. Come sempre presentiamo alcuni netsuke che la Galleria propone<br />
operando una accurata ricerca tra materiali, soggetti ed artisti e capaci, almeno lo speriamo,<br />
di soddisfare, in poco spazio, il vostro interesse.<br />
Si prosegue quindi con l’articolo sui netsuke contemporanei - sarebbe interessante<br />
avere un vostro riscontro su questo tema - segnalando qualche carver e proponendo<br />
le schede di due pezzi straordinari, sempre provenienti da collezione privata. Da<br />
Londra, infine, il nostro inviato ci fa il reportage di un’asta che si è tenuta presso<br />
Sotheby’s, come al solito con prezzi e risultati altalenanti che in questo specifico caso<br />
però ci provocano qualche perplessità e di cui saremmo curiosi di scoprire le effettive<br />
motivazioni.<br />
Un grazie ancora di cuore.<br />
Roberto Gaggianesi
Nel precedente articolo accennavo alla diversità esistente tra<br />
il netsuke e le consorelle arti figurative, ma sottolineando<br />
che il divario emerge, oggettivamente, ancor più che nella<br />
fisicità delle forme, nell’interpretazione del soggetto.<br />
<strong>La</strong> singolarità deriva dall’essere stato, il nostro, un personale<br />
coadiutore - per circa 250 anni - alle quotidiane occorrenze,<br />
al fianco di ogni giapponese di qualsiasi rango sociale.<br />
In questo numero illustreremo il katabori o tabori o bori - i<br />
nomi sono equivalenti e significano scultura, statua - cioè la<br />
più diffusa tipologia del netsuke, quella che si presenta in Verso della fig. precedente<br />
forma tridimensionale, e che<br />
ne è diventata il sinonimo per eccellenza.<br />
I netsuke-shi, con il bori, raggiunsero la sublimazione di<br />
questa unica e grande espressione culturale, tipica dell’epoca<br />
shogunale Edo, riuscendo a coniugare arte e tecnica<br />
in un unicum tanto equilibrato che l’analisi di un<br />
soggetto artistico, finemente scolpito anche nei minimi<br />
dettagli, non può prescindere dalla valutazione del perfetto<br />
rispetto delle proporzioni fisiche.<br />
Ad illustrazione di queste peculiarità - che lo spazio tiranno<br />
non ci consente di analizzare più approfonditamente -<br />
sopperiremo con le immagini di alcuni pezzi esemplificativi,<br />
realizzati tra il XVIII secolo e l’inizio del XIX.<br />
4<br />
Katabori<br />
il netsuke per definizione<br />
Tobosaku. <strong>Netsuke</strong> in avorio,<br />
non firmato, inizi secolo XIX.<br />
Altezza mm 85.<br />
di Bruno Asnaghi<br />
Sennin Tobosaku<br />
Sennin Tobosaku è un genio taoista quasi immortale a cui<br />
Saiobo, la regina delle fate, ha donato una magica pesca<br />
che permette, a chi la mangia, di vivere migliaia di anni.<br />
Il sorridente Tobosaku, l’incarnazione dell’astro Sui<br />
(Venere), sembra alquanto incredulo poiché, come narra<br />
la leggenda, è morto a quarant’anni.
<strong>Netsuke</strong> in avorio di grande espressività facciale col capo leggermente chinato in<br />
avanti che consente al lungo pizzo di aderire al petto; il braccio sinistro piegato evidenzia<br />
la ricchezza del drappeggio dall’ampia manica.<br />
<strong>La</strong> mano sinistra trattiene la grande pesca. Il kimono fascia il corpo di Tobosaku e<br />
sulle spalle porta un mino (mantello) di foglie. <strong>La</strong> sommità del capo è coperta dal<br />
tipico zucchetto dei saggi taoisti. Nella parte posteriore, sotto la cintola, i due<br />
classici himotoshi. Caratteristica di questo stupendo esemplare è il perfetto equi-<br />
Ashinaga e Tenaga. <strong>Netsuke</strong> in<br />
legno di bosso, non firmato,<br />
secolo XIX. Altezza mm 122.<br />
librio, malgrado la notevolissima gibbosità causata dalla postura leggermente inclinata<br />
della schiena e l’innalzamento della spalla destra. Leggera la patina e ben diffusa.<br />
Ashinaga e Tenaga<br />
Mitici esseri dimoranti lungo le coste dell’arcipelago nipponico che presentavano<br />
tratti somatici differenti dalle popolazioni giapponesi: corona di capelli che<br />
circondano un cranio calvo, naso schiacciato e bocca enorme. Erano, però, le<br />
5
dimensioni degli arti che ne rappresentavano la caratterizzazione. Le gambe degli<br />
Ashinaga (ashi significa gambe) misuravano 7 metri, mentre le braccia non raggiungevano<br />
i 40 centimetri. Per contro, i Tenaga (te significa braccia) possedevano<br />
9 metri di braccia e gambe di qualche decina di centimetri.<br />
Queste anomalie, però, permettevano loro di essere dei formidabili pescatori. I<br />
“gamba corta” si sistemavano a cavalcioni sulle spalle dei “gamba lunga” e in<br />
acqua potevano agevolmente agguantare i pesci a modeste profondità. Il netsuke<br />
Ashinaga e Tenaga rappresenta la collaborazione umana.<br />
Questo esemplare “verticale” espresso in legno di bosso, malgrado la notevole<br />
altezza e i 200 anni d’età, può vantare un ammirevole equilibrio statico.<br />
Ashinaga, per favorire il “socio”, piega le gambe e comprime l’addome, respirando aria a<br />
pieni polmoni. Lo sforzo appare sul suo viso. Tenaga, a sua volta, per agguantare il grosso<br />
pesce protende il braccio sinistro fino allo spasimo e, facendo perno con il destro,<br />
preme la mano sulla spalla del compare in uno sforzo tale che le vertebre della sua colonna<br />
sembrano sul punto di fuoruscire. I pochi indumenti che coprono i due sono ben rifiniti.<br />
L’artista ha dosato magistralmente i volumi così da ottenere da un’esasperata anatomia<br />
un capolavoro perfetto per agilità di movimento e nel contempo di estrema lievità.<br />
6<br />
Koseusei o Gama Sennin.<br />
<strong>Netsuke</strong> in legno di bosso,<br />
non firmato, inizi secolo XIX.<br />
Altezza mm 76.
Ama awabi. <strong>Netsuke</strong><br />
in avorio dipinto, non<br />
firmato, secolo XVIII.<br />
Alt. mm 75.<br />
Koseusei o Gama Sennin<br />
Koseusei, un genio taoista che viveva appartato sulle montagne,<br />
un giorno si imbatté in una rana molto mal messa e, curandola<br />
amorevolmente, la guarì. Il batrace, che in effetti era un demone<br />
dai poteri occulti, per gratitudine, iniziò il suo salvatore alle<br />
arti magiche. Se Koseusei si imbatteva in loschi figuri, la rana<br />
assumeva enormi proporzioni e rincorreva urlando i malfattori<br />
che fuggivano terrorizzati alla vista di un simile mostro.<br />
L’iconografia che più sovente i netsuke-shi interpretarono è il<br />
Sennin con la rana accovacciata sulla spalla, proprio come<br />
l’esemplare proposto. Si tratta di un netsuke in bosso che ritrae<br />
Sennin con un viso espressivo ed un ampio sorriso, con il cranio<br />
lucente e una zazzera sulla nuca. <strong>La</strong> mano destra accarezza la<br />
lunga barba a pizzo e sulla spalla c’è la rana. Un ampio mino<br />
(mantello) gli copre le spalle e scende oltre la vita mentre un<br />
ricco kimono lascia scoperte solo le gambe ed i piedi nudi.<br />
Calda patina bruna dona corposità al soggetto. Gli himotoshi<br />
sono posti posteriormente all’altezza della cintola. Sorprendente<br />
esemplare, si può datare agli inizi del XIX secolo.<br />
Ama Awabi<br />
Erano così chiamate le contadine della provincia<br />
di Shima che, oltre al duro lavoro dei<br />
campi, si tuffavano coraggiosamente nelle profondità marine per<br />
staccare, con uno scalpello, le awabi, le conchiglie perlifere che,<br />
riposte in una apposita sacca e portate in superficie, venivano<br />
vendute dai loro mariti che, secondo le cronache del tempo,<br />
erano alquanto fannulloni. Il ricavato della vendita delle perle<br />
rappresentava un notevolissimo sostegno ai bisogni familiari.<br />
<strong>La</strong> nostra Ama si presenta con un “sudato” tesoretto.<br />
Il braccio sinistro, alzato e piegato, impugna nella mano un<br />
pesante scalpello.<br />
Lunghissime e annerite chiome scendono lungo i fianchi della<br />
donna e anteriormente le incorniciano i seni.<br />
Sorretto con una cordicella, in vita veste un gonnellino d’erbe<br />
che scende fino alle ginocchia. Gli himotoshi, molto ampi, sono<br />
posti tra i glutei e la vita.<br />
Questo netsuke è di notevole interpretazione e fattura ed è ascrivibile<br />
al XVIII secolo.<br />
Verso della figura<br />
precedente.<br />
7
Un oggetto straordinario<br />
in collezione privata<br />
Nella collezione di un gentiluomo d’altri tempi, abbiamo<br />
trovato un completo Sagemono - Ojime - <strong>Netsuke</strong> assolutamente<br />
straordinario per la raffinata fattura e l’originalità<br />
di tutti i suoi componenti. Spesso i completi venivano<br />
assemblati secondo il gusto del proprietario e la praticità del suo utilizzo, mentre i<br />
nostri tre soggetti - che si riconducono tutti al motivo principale costituito dalla<br />
zucca - hanno mantenuto la<br />
loro originaria genesi. Infatti,<br />
il sagemono - in questo caso un<br />
kanabuta- scatola che serviva<br />
a contenere generi vari, fra cui<br />
il tabacco, è in forma di zucca<br />
con foglie e tralci applicati su<br />
un lato, una grande mantide<br />
sull’altro ed una lumachina<br />
sul coperchio a trattenere il<br />
cordoncino.<br />
<strong>La</strong> zucca è in lega sentoku<br />
(bronzo dolce giallo, caratterizzato<br />
dalla elevata percentuale di rame), le foglie applicate sono in shakudo (patina<br />
nera, ovvero rame allo stato quasi puro e tracce d’oro)<br />
e in shibuichi (patina grigia, cioé una percentuale equamente<br />
divisa fra rame e argento e alcune tracce d’oro).<br />
Il kanabuta è indicativamente alto circa 58 mm e largo<br />
98 mm circa.<br />
L’Ojime è in legno a forma di piccola zucca con tralci e<br />
foglie e ha diametro di circa 16 mm (vedi particolare).<br />
Il <strong>Netsuke</strong> in legno è firmato Tomonobu, artista attivo<br />
agli inizi del XIX secolo e raffigura una zucca della specie<br />
cucurbita pepo con due melanzane e una cappella di<br />
fungo; l’himotoshi è naturalmente ricavato dal gambo<br />
ricurvo della cucurbitacea.<br />
Il diametro è di circa 46 mm.<br />
8
Peonia. <strong>Netsuke</strong> in avorio, firmato Kogyoku, Tokyo, seconda metà secolo XIX. Diametro mm 51.<br />
<strong>La</strong> peonia (paeonia suffruticosa) in Oriente è considerata la regina dei fiori ed è simbolo dello Yang,<br />
ma anche di amore, felicità, bellezza femminile, onore e buona salute. Esistono più di trenta qualità<br />
di peonie che prendono nomi differenti in base alle tonalità dei petali. Il netsuke raffigura il bel<br />
fiore completamente sbocciato ed i suoi petali restano socchiusi solo nella parte centrale. <strong>La</strong> tradizione<br />
giapponese identifica il profumato fiore come simbolo del mese di giugno. Il netsuke è pubblicato<br />
a pag.134, n. 145, del catalogo <strong>Netsuke</strong>, Collezione Tamanini e proviene dall’omonima collezione.<br />
(Proposto a 2.600 euro).<br />
10<br />
Le proposte<br />
del mese di giugno<br />
Scimmia seduta. <strong>Netsuke</strong> in avorio,<br />
firma non identificata, metà secolo<br />
XIX. Altezza mm 40.<br />
<strong>La</strong> scimmia (saru) è il nono animale<br />
dello Zodiaco e rappresenta il settimo<br />
mese e le ore comprese fra le 15.00 e le<br />
17.00. E’ simbolo di fecondità e si<br />
riteneva proteggesse le persone dal<br />
demonio e dalle malattie.<br />
Spesso questi animali sono rappresentati<br />
in atteggiamenti ironici traendo<br />
spunto dalle saghe popolari nelle quali<br />
le scimmie esprimevano le fragilità<br />
umane. (Proposto a 2.000 euro).
Oni viandante. <strong>Netsuke</strong> in<br />
legno di bosso, non firmato,<br />
metà secolo XIX. Alt. mm 65.<br />
L’Oni travestito da monaco<br />
mendicante regge sulle spalle<br />
una sacca enorme nella<br />
quale ripone tutte le elemosine<br />
che va raccogliendo, un<br />
tatami arrotolato per riposarsi<br />
e un grande parasole<br />
di carta oleata a tracolla.<br />
Con la mano destra regge<br />
un ampio cappello di<br />
paglia, mentre con la sinistra<br />
impugna un borsiglio.<br />
Il saio è ben drappeggiato e<br />
la cura con cui è reso si<br />
riscontra anche nella parte<br />
posteriore del netsuke. Bello<br />
e ampio l’himotoshi d’entrata. Le gambe dell’Oni sono muscolose e ben tornite. Si tratta di un’ottima<br />
“libera” interpretazione di un Oni-monaco o di un monaco con maschera da Oni. Un’ipotesi<br />
plausibile è che si tratti di un Oni-no-nembutsu, ovvero un Oni che si è fatto monaco buddista.<br />
(Proposto a 2.400 euro).<br />
Souvenir da Tokyo. <strong>Netsuke</strong><br />
in avorio firmato Ryoun,<br />
attivo nella seconda metà del<br />
secolo XIX. <strong>La</strong>rgh. mm 40.<br />
Sei prodotti tipici di Tokyo<br />
sono raccolti a formare una<br />
natura morta: Kaminari<br />
Okoshi (riso dolce soffiato da<br />
Asakusa) in una scatola che<br />
mostra l’anello dei tamburi -<br />
allusivo alla scultura di<br />
Raiden e al Kaminarimon ad<br />
Asakusa - alcune conchiglie<br />
avvolte nella paglia, cinque<br />
satoimo (taro, Colocasia<br />
esculenta) disposti su un<br />
ramo di bambù, Omori<br />
karashizuke (sottaceti da<br />
Omori marinati nella mostarda<br />
calda), un gioco in<br />
legno a forma di aquila<br />
(probabilmente un riferimento<br />
al sacrario di Kameido<br />
Tenmangu) e una<br />
scatola decorata.<br />
(Proposto a 1.600 euro).<br />
11
L’inaspettato riscontro che ha suscitato il tema del<br />
netsuke contemporaneo fra i nostri lettori ci ha<br />
piacevolmente sorpreso e ci ha permesso di scoprire che si tratta di un collezionismo<br />
più diffuso di quanto pensassimo, spesso collaterale a collezioni di quelli antichi.<br />
L’aspetto che ci siamo ripromessi di<br />
affrontare in questa sede è una breve<br />
panoramica sui netsuke-shi contemporanei<br />
più noti che, come anticipato<br />
nello scorso numero, hanno saputo<br />
far proprie le tecniche legate<br />
all’antica arte di produrre i netsuke.<br />
Nonostante l’annosa polemica circa<br />
la “funzionalità” del netsuke, consi-<br />
12<br />
I netsuke-shi contemporanei<br />
<strong>Netsuke</strong> naturalistici<br />
di Sara Orsolini<br />
Kawari (cicala) su un ramo di betulla. <strong>Netsuke</strong> in<br />
avorio di elefante con occhi intarsiati, firmato Sempo,<br />
Senkichi Kobayashi (1919-1994). Collezione privata,<br />
Milano.<br />
Nella mitologia nipponica la cicala è considerata<br />
come la rappresentazione dell’umanità. In estate i<br />
boschi risuonano del frinito delle numerose cicale che<br />
popolano gli alberi ed il loro canto è particolarmente<br />
apprezzato, al punto che spesso i piccoli insetti vengono<br />
catturati e tenuti in apposite gabbiette.<br />
derata la principale peculiarità ed<br />
essenza dell’oggetto e che non viene<br />
riconosciuta alla produzione dei<br />
manufatti contemporanei, già negli<br />
anni ’70 si assisteva all’incremento<br />
dei prezzi a cui venivano battuti in<br />
asta i netsuke moderni.<br />
E’ proprio in questo periodo che la<br />
maggior esperta del settore - l’americana<br />
Miriam Kinsey - ha compiuto<br />
numerosi viaggi in Giappone per conoscere gli artefici dei pezzi che suscitavano tanto<br />
interesse nei collezionisti occidentali.<br />
Dalle pagine dei suoi reportages<br />
provengono le informazioni più<br />
curiose a proposito dei netsuke-shi<br />
che popolano tuttora il panorama<br />
contemporaneo.<br />
Miriam Kinsey aveva constatato<br />
che negli anni ‘70, sul territorio del<br />
Sol Levante, si annoveravano circa<br />
Verso della figura precedente.
150 artisti, di cui solo il venti per<br />
cento poteva vantare l’appellativo di<br />
issaku, ovvero l’artista da considerarsi<br />
“completo” dalla fase della progettazione,<br />
sino alla realizzazione del<br />
manufatto a regola d’arte.<br />
Ovviamente, i carvers contemporanei<br />
godono di uno status sociale<br />
notevolmente migliorato rispetto al<br />
passato e sono forti sia dello know-how ereditato dai grandi maestri, sia delle tecnologie<br />
nate nell’era moderna.<br />
Tuttavia, va sottolineato come alcuni artisti contemporanei si dedichino anche a<br />
sussidiarie attività professionali più remunerative, mentre altri abbiano avuto una<br />
parabola creativa delineatasi come una breve parentesi, poi abbandonata definitivamente.<br />
Fra gli artisti nipponici considerati unanimemente fra i più abili, spicca il celebre<br />
Kangyoku Risshisai, nato nel 1944 e originario di Tokyo.<br />
Le principali peculiarità che lo distinguono dagli altri carvers è la raffinatezza con<br />
cui egli realizza netsuke raffiguranti animali di diverso genere, rifacendosi sempre<br />
ai grandi modelli dei maestri del passato e la sua personale regola, osservata con<br />
disciplina, di non riprodurre lo stesso soggetto per più di sei volte.<br />
<strong>La</strong> caratteristica stilistica che rende inconfondibile un manufatto creato dalle mani<br />
sapienti di Kangyoku è l’intarsio minuzioso con cui egli realizza gli occhi dei soggetti<br />
zoomorfi: spesso si tratta di netsuke eburnei dai vividi occhi in guscio di tartaruga<br />
che conferiscono all’inerte manufatto una suggestiva vitalità.<br />
Come il fenomeno del collezionismo dei netsuke ha valicato i confini nipponici,<br />
anche fra i netsuke-shi si possono curiosamente trovare artisti di differenti nazionalità,<br />
come gli inglesi Micheal Birch e Jack Coutu o il californiano David Kopf.<br />
Mentre la produzione di manufatti di Coutu e di Kopf attinge al repertorio iconografico<br />
della tradizione nipponica, quella di Birch recupera le tecniche dei maestri<br />
per realizzare oggetti dalle forme stilizzate, quasi astratte.<br />
I tre artisti hanno in<br />
comune differenti aspetti:<br />
tutti coltivavano l’hobby<br />
della scultura e, entrati a<br />
contatto coi netsuke, hanno<br />
iniziato ad accostarsi a<br />
Verso della figura precedente.<br />
Scarafaggio su germoglio di bambù. <strong>Netsuke</strong> in dente di tigre<br />
intagliato e dipinto, firmato Shubi, artista contemporaneo.<br />
Collezione privata, Milano.<br />
questo genere senza più<br />
discostarsene.<br />
13
Londra: Sotheby’s, 17 maggio <strong>2007</strong><br />
Asta stanca nonostante pezzi<br />
di ottima provenienza<br />
New Bond Street, Londra: come al solito il tempo qui è variabile e il cielo<br />
londinese è solcato da gonfie nuvole oceaniche. Al numero 34-35, sede principale<br />
della Sotheby’s, Neil Davey si appresta alle ore 10.30 (precisly!) a battere<br />
il martelletto dell’asta Japanese Works of Art, Prints & Paintings, comprendente,<br />
dal lotto 721 al lotto 883, una collezione privata europea di netsuke,<br />
ma in sala il pubblico non è quello delle grandi occasioni e numeroso<br />
come oramai è consuetudine quando è di scena l’arte cinese.<br />
I primi lotti sono venti Inro che scivolano via tra il disinteresse quasi generale:<br />
nove gli invenduti! I primi netsuke riguardano alcune figure di stranieri,<br />
due gruppi di Ashinaga e Tenaga, un grande Shoki ed alcuni animali, tutti in<br />
avorio e con la stessa prestigiosa provenienza, Eskenazi Ltd. London. Ci<br />
Lotto 723<br />
apprestiamo a seguire una gran bagarre, ritenendo questi i lotti più significativi<br />
di tutta la raccolta proposta. E’ quindi con una certa perplessità che vediamo scorrere<br />
velocemente tutti questi pezzi il cui prezzo di battuta, se vengono venduti, non supera<br />
la stima minima, pur non essendo altissime le valutazioni: 9.000 euro il prezzo massimo<br />
pagato, comprensivo di commissioni. Vale per tutti il lotto 723, una figura di<br />
straniero in avorio, alto 12 cm, con tra le braccia un cagnolino, non firmato, con la<br />
prestigiosa provenienza del Museum of the University of Pennsylvania ed esibito da<br />
Eskenazi nel 1998. Viene proposto con stima 4.500-6.000 euro e venduto a 4.800<br />
euro, compresi i diritti!<br />
Anche il lotto 738 non subisce sorte migliore: un lupo in avorio attribuito a Tomotada<br />
con provenienza Eskenazi, valutato 12.000-15.000 euro, rimane invenduto a 9.000<br />
euro. Il lotto successivo (739) è una bella capra in avorio firmata entro riserva rettangolare<br />
Okatomo, Kyoto, fine XVIII,<br />
inizi XIX secolo, 5,1 cm, esibita<br />
nel 1984 da Eskenazi, stimata<br />
22.000-29.000 euro, viene<br />
venduta a 40.000 euro.<br />
Non ci sono altre emozioni,<br />
tanto che il lotto 742, una bella<br />
tigre con cucciolo in avorio,<br />
scuola di Tomotada-Kyoto,<br />
Lotto 739 alta 4,2 cm, già venduta da Lotto 742<br />
14
Sotheby’s nel 1986 e pubblicata da Hurtig, proposta a 4.500-6.000 euro,<br />
totalizza solo 8.900 euro.<br />
L’asta si trascina stancamente offrendo lotti in gruppi di 2-3 netsuke,<br />
cercando di accorpare oggetti di bassa qualità per poter raggiungere<br />
stime decorose. Nella noia dell’atmosfera “british”, sfugge anche il lotto<br />
752, un bel modello in corno di cervo di un bambù con fiore di loto,<br />
firmato Ozaki Kokusai, alto 11,6 cm, esibito da Eskenazi nel 1998 e<br />
riportato da Sidney Moss in Eccentrics in <strong>Netsuke</strong>, 1982. Il lotto è proposto<br />
a 3.700- 4.400 euro e va invenduto a 2.000 euro.<br />
Seguono due improbabili Ashinaga in legno, il primo esibito sempre da<br />
Eskenazi e il secondo proveniente dalla collezione Bushell, che, pur essendo<br />
stimati relativamente poco, restano invenduti senza interesse da parte della<br />
sala. Il lotto numero 763 è una figura di Shoki in legno firmata Jogyoku,<br />
Edo XVIII secolo, alta 8,5 cm, stimata 4.500-6.000 euro, viene venduta a<br />
25.500 euro, probabilmente solo per rispetto della provenienza dalla collezione<br />
Hindson, dall’essere stato esibito da Eskenazi nel 1998 e pubblicato<br />
in <strong>Netsuke</strong> di Davey. Altre ragioni non si possono intuire per un motivare<br />
un simile esborso. Una serie di invenduti ci<br />
Lotto 763<br />
porta al “pezzo forte” dell’intera asta, il lotto<br />
772: un topo in legno con occhi intarsiati in corno nero, firmato<br />
entro riserva ovale Masanao di Kyoto, tardo XVIII<br />
secolo, 4,5 cm. Il pezzo è stimato 30.000-37.000 euro, ma<br />
viene venduto al telefono, dopo una bella gara, per 43.000<br />
euro. Anche Alain Ducros, l’esperto francese noto per la sua<br />
ipercriticità sui prezzi eccessivamente alti pagati per i netsu-<br />
Lotto 772<br />
ke, presente in sala, ha concorso all’aggiudicazione,<br />
fermandosi a 36.000 euro. A seguire,<br />
ancora una dozzina di lotti senza consistenza e, a questo punto - finita la collezione<br />
privata - i lotti di altre proprietà sono da dimenticare! L’unico interesse<br />
che può risvegliare il sopito partecipante è il lotto 871, inserito in un gruppo<br />
di netsuke contemporanei. Si tratta di un figura in legno di pescatrice<br />
avvinghiata da una piovra, firmata Ouichi Sosui (1911-1972), alta 5,7 cm,<br />
viene aggiudicata a 6.500 euro, contro la stima di 5.200-6.000 euro. Neil<br />
Davey batte finalmente l’ultimo lotto, probabilmente anche lui tirando un<br />
sospiro di sollievo per aver portato a termine la vendita di una collezione senz’anima<br />
e dispersa, di conseguenza.<br />
Ci precipitiamo fuori dall’edificio a prendere un caffé italiano nella via<br />
retrostante, guardando con più interesse le nuvole passare… Goodbye,<br />
London…<br />
Dal nostro inviato<br />
Lotto 871
<strong>La</strong> <strong>Galliavola</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Orientale</strong><br />
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