per un manifesto lib-lab - Fondazione ReL • Riformismo&Libertà
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
Fabrizio<br />
Renato<br />
Stefano<br />
Giuliano<br />
Lucio<br />
Margherita<br />
Pierluigi<br />
Alessandro<br />
Francesco<br />
Francesco<br />
Lella<br />
Giancarlo<br />
Sergio<br />
Jole<br />
CICCHITTO<br />
BRUNETTA<br />
CALDORO<br />
CAZZOLA<br />
BARANI<br />
BONIVER<br />
BORGHINI<br />
COLUCCI<br />
COLUCCI<br />
FORTE<br />
GOLFO<br />
LEHNER<br />
PIZZOLANTE<br />
SANTELLI<br />
22 Ottobre 2012
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. ALCUNE RIFLESSIONI SUL PASSATO E SUL PRESENTE<br />
1.1 Dalla prima alla seconda Repubblica<br />
1.2 L’antipolitica<br />
1.3 Ieri Tangentopoli come sistema, oggi la corruzione parcellizzata<br />
1.4 La parola alla politica, il rinnovamento del PdL<br />
2. LA NOSTRA ANALISI SULLA CRISI, SULL’EUROPA E SULL’ITALIA<br />
2.1 Il quadro internazionale: geopolitica ed economia<br />
2.2 Che cosa è successo in Europa<br />
2.3 Perché è successo<br />
2.4 Che fare in Italia<br />
3. LE NOSTRE PROPOSTE DI RIFORMA ISTITUZIONALE E DI<br />
POLITICA ECONOMICA<br />
3.1 Architettura costituzionale dello Stato e legge elettorale<br />
3.2 Una nuova politica economica<br />
3.3 Se riparte il Sud riparte il Paese<br />
4. ETICA E VALORI. IL RAPPORTO TRA STATO, ECONOMIA E SOCIETÀ
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
1. ALCUNE RIFLESSIONI SUL PASSATO E SUL PRESENTE<br />
1.1 Dalla prima alla seconda Repubblica<br />
Ciò che accadde in Italia nel ‘92-‘94, come lo si voglia giudicare,<br />
sconvolse alla radice gli schieramenti politici nei quali la sinistra<br />
italiana era tradizionalmente divisa fra il PCI e il PSI, che avevano<br />
rapporti insieme conflittuali, ma anche convergenti nella CGIL e<br />
negli enti locali. Per altro verso, quegli avvenimenti segnarono in<br />
modo profondo la qualità della classe politica del nostro paese.<br />
Allora in Italia, <strong>un</strong>ico paese dell’Europa occidentale, proprio il<br />
crollo del com<strong>un</strong>ismo, avvenuto nel 1989, fu seguito dalla<br />
liquidazione <strong>per</strong> ragioni economiche del sistema di<br />
finanziamento irregolare dell’attività politica e dei partiti da<br />
parte delle imprese (autentico “sistema” fondato sull’assenza di<br />
<strong>un</strong> <strong>lib</strong>ero mercato, sul rapporto collusivo delle grandi imprese<br />
pubbliche e private con lo stato dal quale ricevevano aiuti e<br />
sostegni di ogni tipo in cambio di forme molteplici di<br />
finanziamento irregolare a tutti i principali partiti, dalla DC al PSI,<br />
ai partiti laici, al PCI). La successione di quei due avvenimenti<br />
portò al paradossale esito <strong>per</strong> cui furono liquidati il PSI, i partiti<br />
laici, l’area di centro-destra della DC, e invece risparmiata la<br />
sinistra democristiana. Ciò avvenne <strong>per</strong>ché l’o<strong>per</strong>azione “Mani<br />
pulite” fu egemonizzata da alc<strong>un</strong>e procure politicamente<br />
orientate che riservarono al PCI-PDS (con l’eccezione dei<br />
“miglioristi”) <strong>un</strong> trattamento particolare, prima sottraendolo alla<br />
gogna mediatico-giudiziaria e poi assumendolo come “dominus<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
politico” di <strong>un</strong> sistema politico che esse intendevano<br />
ristrutturare ma non distruggere. Utilizzando questo<br />
trattamento di favore, il PDS surrogò la sua mancata evoluzione<br />
da partito com<strong>un</strong>ista in partito socialdemocratico e riformista<br />
attraverso questo organico collegamento con alc<strong>un</strong>i settori della<br />
magistratura che, sul terreno della prassi politica corrente, si è<br />
esplicitato in modo clamoroso prima nell’elezione nel Mugello di<br />
Antonio Di Pietro e poi, addirittura, nel salvataggio del suo<br />
partito ad o<strong>per</strong>a di Walter Veltroni alle elezioni del 2008. Non a<br />
caso nell’o<strong>per</strong>azione Mani pulite i colpi furono concentrati sul<br />
PSI di Bettino Craxi che andava eliminato dalla scena <strong>per</strong><br />
consegnare il suo spazio politico al PDS. La reazione a questa<br />
sorta di genocidio politico è stata inevitabile e durissima, e non<br />
derivante da alc<strong>un</strong> tradimento o involuzione morale, psicologica,<br />
culturale del popolo socialista, che si è ritrovato attraverso<br />
<strong>per</strong>corsi spesso individuali nel centro-destra. Infatti <strong>un</strong>a larga<br />
parte dell’elettorato socialista e <strong>un</strong> numero significativo di<br />
dirigenti e di quadri socialisti si sono riconosciuti nell’o<strong>per</strong>azione<br />
fatta nel 1994 da Silvio Berlusconi che ha fondato Forza Italia<br />
proprio con l’obiettivo di dare <strong>un</strong> soggetto politico a tutte le<br />
forze politiche, sociali e culturali che precedentemente si erano<br />
riconosciute nei partiti democratici e anticom<strong>un</strong>isti (i partiti che<br />
avevano dato origine alle coalizioni di governo cosiddette di<br />
“centrosinistra”). La fondazione di Forza Italia coinvolse anche<br />
tutta <strong>un</strong>’area di <strong>per</strong>sone che precedentemente non aveva mai<br />
svolto attività politica e che visse la discesa in campo di Silvio<br />
Berlusconi come <strong>un</strong>a grande novità anche nel modo di “fare<br />
politica”. Non appena Silvio Berlusconi discese in campo, fu<br />
attivato contro di lui, fin dal gennaio del 1994, il tritacarne<br />
giudiziario <strong>per</strong> cui nel nostro paese è proseguita <strong>un</strong>’anomala<br />
“guerra civile fredda”, malgrado che quella derivante dalla<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
divisione in blocchi fosse cessata da molto tempo. L’esistenza di<br />
questo elemento del tutto anomalo, e non anacronistiche<br />
riproposizioni dell’anticom<strong>un</strong>ismo, ha radicalizzato e dato <strong>un</strong>a<br />
versione estremizzata al bipolarismo italiano, nel quale, in forme<br />
nuove, che negavano addirittura la legittimazione democratica<br />
allo schieramento di centro destra, si è riproposta la dialettica<br />
amico/nemico, e non quella in atto nel bipolarismo degli altri<br />
paesi europei, fondata sul confronto alleato/avversario. Anche<br />
in seguito a ciò l’antiberlusconismo, e non altro, è stato spesso il<br />
principale fattore aggregante dello schieramento di centrosinistra<br />
che, proprio <strong>per</strong> questo, ha registrato numerosi<br />
fallimenti sul terreno della gestione del governo del paese, come<br />
hanno testimoniato le vicende che hanno caratterizzato i<br />
governi Prodi. Successivamente i socialisti si sono riconosciuti<br />
nel PDL, fondato con <strong>un</strong>a sua iniziativa politico-mediatica da<br />
Silvio Berlusconi nel 2008, partito che è stato il p<strong>un</strong>to di<br />
riferimento di <strong>un</strong> vasto arco di forze sociali (piccole imprese,<br />
artigiani, commercianti, professionisti, partite IVA, lavoratori<br />
dipendenti, giovani) e nel quale sono confluiti molteplici<br />
tendenze politico-culturali, dai cattolici <strong>lib</strong>erali, ai socialisti<br />
riformisti, ai laico-<strong>lib</strong>erali, alla destra che aveva compiuto la<br />
svolta democratica, grazie anche allo “sdoganamento” di Silvio<br />
Berlusconi. Non è questa la sede e l’occasione <strong>per</strong> ri<strong>per</strong>correre<br />
le vicende avvenute fra il 2008 e il 2011, caratterizzate sia dalla<br />
realizzazione di alc<strong>un</strong>e riforme assai significative, sia<br />
dall’adozione - in modo anticipato fino dal 2008, quando ancora<br />
il centro sinistra proponeva di finanziare la crescita con il deficit<br />
- di <strong>un</strong>a politica di rigore <strong>per</strong> fronteggiare la crisi monetaria e<br />
finanziaria europea, sia dalla riproposizione di <strong>un</strong> violentissimo<br />
attacco a Silvio Berlusconi non solo di carattere politico ma<br />
anche mediatico giudiziario e <strong>per</strong> di più riguardante, <strong>per</strong> la<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
prima volta nella storia del paese, la sua vita privata. Il Governo<br />
Berlusconi nel novembre del 2011 è caduto da <strong>un</strong> lato <strong>per</strong>ché<br />
contro di esso si erano coalizzati in Europa sia gli interessi<br />
tedeschi gestiti da Angela Merkel, sia quelli francesi di Nicolas<br />
Sarkozy e dall’altro <strong>per</strong>ché in Italia l’opposizione di sinistra<br />
sosteneva la campagna critica nei confronti del nostro paese<br />
promossa in ambienti europei pur di colpire e far cadere il<br />
governo di centro-destra.<br />
1.2 L’antipolitica<br />
In questo quadro l’antipolitica – nella quale, come vedremo,<br />
confluiscono molteplici tendenze – va affrontata a viso a<strong>per</strong>to<br />
da <strong>un</strong> partito serio, rigoroso, rinnovato, realmente democratico,<br />
non va inseguita dando, magari involontariamente, vita e spazio<br />
ad <strong>un</strong>a sorta di grillismo di destra. Non ci nascondiamo che la<br />
situazione con la quale dobbiamo fare i conti è gravissima. Da <strong>un</strong><br />
lato c’è <strong>un</strong>a componente oggettiva nell’antipolitica innervata<br />
proprio nella crisi economica e nei sacrifici richiesti alle famiglie:<br />
mentre fino ad alc<strong>un</strong>i anni fa le coalizioni di governo, sia che<br />
fossero di centro-destra che di centro-sinistra distribuivano<br />
risorse alle singole <strong>per</strong>sone e ai vari settori della società, invece<br />
adesso sono costrette a toglierle o attraverso i tagli alla spesa<br />
pubblica o attraverso l’aumento della pressione fiscale. In<br />
secondo luogo, in f<strong>un</strong>zione di affermazione di <strong>un</strong> ruolo<br />
dominante della tecnocrazia, come espressione dei poteri forti,<br />
contro la politica in quanto tale da tempo è stata scatenata <strong>un</strong>a<br />
durissima offensiva mediatica, che si accompagna, come in<br />
passato, ad <strong>un</strong>’azione di tal<strong>un</strong>i settori della magistratura che non<br />
sembrano più distinguere tra fattispecie di reati e<br />
comportamenti <strong>per</strong>sonali discutibili che presentano sicuramente<br />
<strong>un</strong> rilievo politico, ma che non possono essere sanzionati<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
abusando del codice penale. Sotto il fuoco di questa campagna,<br />
che a volte pare animata da apprendisti stregoni ormai incapaci<br />
di controllare le forze che hanno scatenato, proprio in questi<br />
mesi la politica ha fornito, a sua volta, i materiali <strong>per</strong> la sua autodistruzione:<br />
i casi Belsito, Lusi e Fiorito, avvenuti in rapida<br />
successione, e anche ciò che essi hanno sco<strong>per</strong>chiato, sono<br />
dirompenti e hanno <strong>un</strong>a forza distruttiva carica di ricadute<br />
devastanti. Da questo p<strong>un</strong>to di vista sotto molti aspetti la<br />
situazione attuale è peggiore di quella del ’92-’94, e da essa<br />
differisce profondamente. Come già ricordato, alla base del<br />
disegno dei protagonisti di Tangentopoli stava l’obiettivo di<br />
consegnare il potere agli eredi del Pci (a Silvio Berlusconi non<br />
hanno mai <strong>per</strong>donato di aver fatto saltare quel progetto); oggi è<br />
forte il rischio di “non fare prigionieri” e di spalancare le porte a<br />
<strong>per</strong>icolose derive populista sostanzialmente avventuriste e<br />
reazionarie.<br />
1.3 Ieri tangentopoli come sistema, oggi la corruzione<br />
parcellizzata<br />
Tangentopoli era <strong>un</strong> sistema sulla base del quale venivano<br />
o<strong>per</strong>ate sistematiche irregolarità <strong>per</strong> finanziare i partiti, nel<br />
quadro di <strong>un</strong> sistema del quale facevano organicamente parte i<br />
più grandi gruppi economici privati e pubblici che godevano a<br />
loro volta del sistematico sostegno dello Stato. Adesso siamo<br />
arrivati alla situazione paradossale <strong>per</strong> cui sono i partiti ad<br />
essere derubati. Allora c’era <strong>un</strong> sistema organicamente<br />
irregolare, ma esso esisteva anche in f<strong>un</strong>zione dello scontro<br />
politico e della divisione del mondo e dell’Italia in due blocchi,<br />
anche se poi da esso, nell’ultima fase, scorrevano anche rivoli di<br />
corruzione <strong>per</strong>sonale. Adesso, invece, abbiamo <strong>un</strong>a<br />
parcellizzazione selvaggia della malversazione che vede <strong>per</strong><br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
protagonisti dei soggetti singoli e delle fameliche reti<br />
intersoggettive: singoli imprenditori, legati a singoli burocrati ,e<br />
a singoli uomini politici, al di fuori di ogni logica di schieramento.<br />
In sostanza è in atto <strong>un</strong>a sorta di interprenetrazione <strong>per</strong>versa fra<br />
spicchi di società civile e spezzoni del sistema politico. Anche<br />
stavolta non c’è <strong>un</strong>a società civile incorrotta e <strong>un</strong> sistema<br />
politico putrido, ma onestà e disonestà, rispetto delle regole e<br />
sistematica violazione di esse, rigore e dilapidazione delle risorse<br />
attraversano trasversalmente i soggetti economici e i soggetti<br />
politici, la società civile e la cosiddetta classe politica.<br />
Di conseguenza è sacrosanto oggi intervenire <strong>per</strong> eliminare i<br />
presupposti di tutto ciò, anche tagliando con rigore le risorse<br />
pubbliche che sono state riservate al sistema politico. C’è <strong>un</strong><br />
p<strong>un</strong>to, <strong>per</strong>ò, sul quale attiriamo l’attenzione di tutti: e cioè<br />
siccome in Italia si passa da <strong>un</strong> estremo all’altro, il rischio adesso<br />
è quello che si arrivi ad <strong>un</strong>a situazione nella quale l’attività<br />
politica diventi materialmente impossibile, o possibile solo <strong>per</strong><br />
chi è <strong>per</strong>sonalmente ricco o abbia alle spalle delle fortissime<br />
lobbies. In ogni caso, non è né giustificata né accettabile quella<br />
sorta di caccia all’uomo a<strong>per</strong>ta nei confronti del <strong>per</strong>sonale<br />
politico, che prende la forma di giudizi sommari, di <strong>un</strong>a vera e<br />
propria gogna mediatica e “rottamatoria” ad o<strong>per</strong>a di <strong>un</strong><br />
giovanilismo fine a se stesso.<br />
1.4 La parola alla politica. Il rinnovamento del PdL<br />
Anche a costo di apparire degli inguaribili ottimisti, riteniamo<br />
che ancora <strong>un</strong>a vola la parola va data alla politica, alla dialettica<br />
fra le forze politiche - anche con quelle che oggi predicano<br />
l’antipolitica ma che, nel contempo, si stanno dando <strong>un</strong>’<br />
organizzazione politica <strong>per</strong> di più a guida autoritaria-carismatica<br />
- e alla dialettica sui programmi economico-sociali.<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
Proprio in questi giorni <strong>un</strong> chiarimento sta arrivando dalla<br />
sinistra, pur nella molteplicità delle forze che la compongono.<br />
Come è noto lo schieramento di sinistra è assai composito, come<br />
testimoniano le stesse <strong>per</strong>sonalità che si contendono la<br />
leadership <strong>per</strong>ché Pierluigi Bersani im<strong>per</strong>sona la sinistra<br />
tradizionale, Matteo Renzi <strong>un</strong>a sorta di nuovismo centrista e<br />
Nichi Vendola la sinistra radicale. Oggi questa dialettica ha<br />
prodotto <strong>un</strong> primo risultato: l’alleanza organica tra Pierluigi<br />
Bersani e Nichi Vendola. Avendo giocato tutte le sue carte sulla<br />
formazione della coalizione PD-Sel, di fatto Pierluigi Bersani si è<br />
messo nelle mani di Nichi Vendola. E’ possibile che la sinistra<br />
vinca le elezioni sul piano numerico, sulla base di <strong>un</strong>a<br />
piattaforma assai spostata a sinistra del tutto in contraddizione<br />
con l’attuale sostegno al governo Monti. Tutto ciò<br />
provocherebbe delle incognite di non poco conto visto che la<br />
situazione economica internazionale rimane gravissima e gli<br />
equi<strong>lib</strong>ri tuttora appesi ad <strong>un</strong> filo <strong>per</strong>ché, come vedremo<br />
successivamente, le positive iniziative di Mario Draghi non<br />
hanno ancora il retroterra costituito da <strong>un</strong>a BCE che abbia, al<br />
pari della Federal Reserve americana, l’obiettivo di garantire non<br />
solo la stabilità monetaria, ma anche l’occupazione e, di<br />
conseguenza, la crescita.<br />
Di fronte a ciò è auspicabile che si formi la grande aggregazione<br />
di centro-destra, di tutti i moderati e riformisti, auspicata da<br />
Silvio Berlusconi e da Angelino Alfano, in alternativa a quella<br />
messa in campo dal PD e dalla SEL. In questo quadro il PDL deve<br />
fare la sua parte rinnovandosi, anche al p<strong>un</strong>to di cambiare nome<br />
e simbolo, ma non autodistruggendosi in seguito ad <strong>un</strong>a sorta di<br />
cupio dissolvi. A nostro avviso il PDL va rinnovato e rilanciato,<br />
non smontato o rottamato, come suol dirsi con <strong>un</strong>’espressione<br />
repellente che non appartiene al nostro lessico. Le grandi<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
difficoltà politiche, sociali, organizzative, elettorali e anche<br />
etiche vanno affrontate con il rilancio di <strong>un</strong>a forte leadership<br />
politica, e con <strong>un</strong> partito fortemente radicato nel territorio e nel<br />
rapporto con vari settori della società, quale che sia la legge<br />
elettorale e non con gli “spacchettamenti”, le impossibili<br />
separazioni consensuali, le fughe all’indietro, l’inseguimento<br />
dell’antipolitica, tantomeno poi con le crisi di nervi, i reciproci<br />
attacchi <strong>per</strong>sonali e, in questo quadro, anche le ipotesi di<br />
rottamazione individuali avanzate sulla base delle qualifiche<br />
professionali, dell’età, del sesso, di storie <strong>per</strong>sonali<br />
<strong>per</strong>versamente ricostruite o, peggio ancora, dell’etnia politica<br />
originaria, da Forza Italia o da AN. Se ciò non bastasse, talora<br />
presi da <strong>un</strong>a sorta di masochismo politico spesso dimentichiamo<br />
che, diversamente da quello che finora è avvenuto nel Partito<br />
Democratico, <strong>per</strong> merito di Silvio Berlusconi, il PDL, come partito<br />
e come rappresentanza di governo, ha rinnovato largamente i<br />
suoi gruppi dirigenti mettendo in campo <strong>un</strong>a ottima e rinnovata<br />
classe dirigente: nel Governo Berlusconi molti ministri erano<br />
giovanissimi rispetto ai soliti <strong>per</strong>sonaggi che facevano parte<br />
dell’ultimo governo Prodi. Questo processo va proseguito anche<br />
a livello regionale, ma non va dimenticato ciò che è stato fatto ai<br />
congressi provinciali e com<strong>un</strong>ali di qualche tempo fa, dove sono<br />
stati eletti molti nuovi dirigenti. Contro il Governo Berlusconi,<br />
contro il PDL hanno giocato la crisi finanziaria internazionale,<br />
forze internazionali e interessi molto forti, da <strong>un</strong> certo momento<br />
in poi anche <strong>un</strong>a sostanziale divisione nel Governo dove Giulio<br />
Tremonti, che pure aveva <strong>un</strong>’enorme potere, ha p<strong>un</strong>tato a<br />
essere lui a svolgere il ruolo oggi svolto da Mario Monti, il<br />
dissenso della Lega su questioni programmatiche essenziali, il<br />
rinnovato e <strong>per</strong>manente attacco contro Silvio Berlusconi.<br />
Certamente la durezza dell’attacco ha anche messo in evidenza<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
tutti i p<strong>un</strong>ti deboli del PdL, dall’esistenza di <strong>un</strong>a <strong>per</strong>manente<br />
litigiosità locale, a episodi anche gravissimi di malversazione<br />
come nel caso Fiorito (che <strong>per</strong> le cronache giovanilistiche ha solo<br />
<strong>un</strong>a quarantina di anni), da eccessi di protagonismo e di<br />
conflittualità <strong>per</strong> esigenze mediatiche. Tutto ciò e altro ancora è<br />
certamente vero, ma non è certo <strong>un</strong>a buona ragione <strong>per</strong><br />
smontare o spacchettare il PDL, magari ritornando a Forza Italia<br />
e ad AN, o agitando il sogno di tornare al 1994, addirittura alla<br />
ricerca di formare nuove forze politiche concorrenziali al<br />
grillismo da destra. Dal 1994 ad oggi sono passati 18 anni, tutto<br />
il mondo è cambiato, forse in peggio, e non siamo come al<br />
cinema dove si può mettere in campo il flashback o far scorrere<br />
a ritroso la moviola. Purtroppo paghiamo il ritardo di non aver<br />
riaffermato, ai fini delle elezioni, né la leadership di Silvio<br />
Berlusconi, né di aver messo in campo Angelino Alfano con le<br />
primarie. Adesso, <strong>per</strong>ò, proprio Silvio Berlusconi ed Angelino<br />
Alfano, a nome del PDL hanno fatto <strong>un</strong>a proposta politica forte,<br />
<strong>per</strong> l’aggregazione di tutti i moderati, allo scopo di impedire alla<br />
sinistra di conquistare il potere, e di governare il paese con <strong>un</strong>a<br />
linea politica sostanzialmente conflittuale con l’es<strong>per</strong>ienza di<br />
Mario Monti e le indicazioni della UE.<br />
Adesso dobbiamo attendere che la proposta avanzata ai<br />
centristi abbia delle risposte politiche che fino ad ora non sono<br />
venute, mettendo in evidenza l’imbarazzo che la nostra<br />
proposta ha determinato nelle altre forze moderate. In ogni<br />
caso, a nostro avviso, in tempi di antipolitica non bisogna<br />
adeguarsi ad essa ed inseguirla sul suo stesso terreno, sia <strong>per</strong>ché<br />
non la si raggi<strong>un</strong>gerà mai, sia <strong>per</strong>ché all’antipolitica non si<br />
risponde apprestando <strong>un</strong> surrogato che poi verrà giustamente<br />
rifiutato e disprezzato da tutti, sia da coloro che prediligono la<br />
politica sia dai fanatici dell’antipolitica. Bisogna invece rimettere<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
in campo <strong>un</strong>a proposta politica fondata su <strong>un</strong>a leadership e su<br />
gruppi dirigenti, autorevoli <strong>per</strong> storia ed es<strong>per</strong>ienza ma a<strong>per</strong>ti al<br />
ricambio, che siano eletti dalla base; su gruppi dirigenti che<br />
coinvolgano più generazioni e più sa<strong>per</strong>i sulla base del merito,<br />
della serietà, delle capacità, del consenso, della competenza e<br />
del rapporto col territorio: è essenziale che ad ogni livello si<br />
passi da <strong>un</strong> regime fondato sulle cooptazioni e sulle nomine a<br />
catena, ad <strong>un</strong> altro fondato sul confronto e sulla realtà degli<br />
iscritti e degli elettori. È anche ipotizzabile che il partito<br />
rinnovato venga riorganizzato sulla base di tre centri di direzione<br />
politico-organizzativa al centro, al nord e al sud. D’altra parte <strong>un</strong><br />
partito si fonda non solo sul suo modo di essere, ma su scelte<br />
politiche e programmatiche forti. Allora, come abbiamo visto, la<br />
prima scelta è quella dell’aggregazione di tutta l’area moderata:<br />
dobbiamo fare di tutto <strong>per</strong>ché ciò avvenga. Nel caso deprecabile<br />
che ciò non riuscisse, <strong>per</strong> responsabilità non nostra, allora<br />
bisognerebbe mettere nel conto che a fronte della coalizione già<br />
formata delle varie forze di sinistra si deve consolidare<br />
com<strong>un</strong>que <strong>un</strong> forte e serio partito dell’opposizione, il partito del<br />
centro–destra, quale che sia il suo nome e il suo simbolo, che<br />
marchi le ragioni dell’alternativa programmatica, politica, di<br />
valori, alla sinistra e ad <strong>un</strong> certo establishment amministrativo<br />
del tutto conservatore, nella convinzione poi, che non è affatto<br />
detto che questa opposizione sarà inevitabilmente di<br />
l<strong>un</strong>ghissima durata, <strong>per</strong>ché le contraddizioni intrinseche allo<br />
schieramento di centro-sinistra sono profondissime e già visibili<br />
oggi ad occhio nudo e quindi esse possono anche esplodere in<br />
tempi imprevedibili. Detto tutto ciò sono fondamentali l’analisi e<br />
le terapie <strong>per</strong> affrontare la crisi finanziaria internazionale e i<br />
serissimi problemi che ha l’Europa. Per questo il nostro<br />
<strong>manifesto</strong> non può esimersi dall’affrontare contenuti di analisi e<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
1. Alc<strong>un</strong>e riflessioni sul passato e sul presente<br />
programmatici, in modo altrettanto impegnato. Infatti è<br />
indispensabile misurarsi sia con i nodi politici sia con le questioni<br />
programmatiche che coinvolgono gli interessi e le prospettive di<br />
vita e di lavoro di milioni di <strong>per</strong>sone.<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
2. LA NOSTRA ANALISI SUL QUADRO ECONOMICO<br />
INTERNAZIONALE, SULL’EUROPA, SULL’ITALIA<br />
2. 1 Il quadro internazionale: geopolitica ed economia<br />
Ad <strong>un</strong> contesto economico-finanziario di straordinaria difficoltà si<br />
accompagna <strong>un</strong> quadro internazionale tutt’altro che stabilizzato sul piano<br />
monetario, finanziario, economico e sociale.<br />
Dal crollo del com<strong>un</strong>ismo in poi ci sono state due previsioni di<br />
stabilizzazione entrambe fallite. La prima è quella che <strong>per</strong> comodità fa<br />
riferimento al <strong>lib</strong>ro di Francis Fukuyama, che prevedeva <strong>un</strong>a sorta di “fine<br />
della politica”, dopo il crollo del com<strong>un</strong>ismo e quindi il decollo di <strong>un</strong>’era<br />
dominata da <strong>un</strong> <strong>lib</strong>erismo ben tem<strong>per</strong>ato. Purtroppo, dopo la crisi del<br />
compromesso socialdemocratico, proprio nel cuore dell’Europa, il<br />
<strong>lib</strong>erismo estremo della Thatcher e di Reagan, che pure ha cambiato i<br />
paradigmi tradizionali dell’economia, ha prodotto <strong>un</strong>a fase di sviluppo<br />
impetuoso che poi, <strong>per</strong>ò, ha dato via <strong>lib</strong>era ad <strong>un</strong>a finanziarizzazione<br />
selvaggia che è all’origine dei nostri guai attuali.<br />
Dopo il 1989 il mondo è stato sconvolto dal terrorismo islamico espresso<br />
da <strong>un</strong> fondamentalismo che com<strong>un</strong>que, anche nelle sue espressioni<br />
pacifiche, ha <strong>un</strong>a visione integralista dello Stato e della società. In ogni<br />
caso il mondo occidentale, gli USA in primo luogo, con tutte le sue<br />
componenti e i suoi apparati, è stato preso alla sprovvista dall’11<br />
settembre del 2001. Può dirsi che George Bush e Bill Clinton hanno<br />
sviluppato <strong>un</strong>a lotta organica al terrorismo in <strong>un</strong>a successione di scelte<br />
felici e di errori rilevanti. E’ stata <strong>un</strong>a scelta giusta quella di procedere ad<br />
<strong>un</strong>a lotta organica e senza quartiere al terrorismo, come è stata <strong>un</strong>a scelta<br />
giusta l’intervento nell’Afghanistan. A nostro avviso invece si è rivelato<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
<strong>un</strong>a scelta assai discutibile l’intervento in Iraq (anche se è il solo che sia<br />
stato in grado di introdurre dei cambiamenti ancora parziali ma effettivi in<br />
quel Paese). C’è stata <strong>un</strong>’interpretazione non solo ottimistica, ma proprio<br />
fuorviante, sulla cosiddetta primavera araba, che si è rivelata essere la<br />
solita allucinazione di quanti sono sempre pronti ad attribuire ad <strong>un</strong>a<br />
manifestazione di piazza <strong>un</strong> significato palingenetico.<br />
Purtroppo in vari paesi del Mediterraneo varie tendenze fondamentaliste<br />
stanno chiaramente prevalendo. In questo quadro, poi, l’interventismo<br />
militare a senso <strong>un</strong>ico si sta rivelando <strong>un</strong> disvalore anche dal p<strong>un</strong>to di vista<br />
etico. Sulla Libia e sulla Siria la Nato e l’ONU si sono mossi adottando due<br />
pesi e due misure, con esiti in entrambi i casi tutt’altro che positivi. Il<br />
durissimo intervento militare in Libia è servito ad esaltare la grandeur di<br />
Nicolas Sarkozy, ma non ha certo prodotto <strong>lib</strong>ertà, stabilità, democrazia.<br />
Anzi in Libia è in atto <strong>un</strong>a <strong>per</strong>manente guerra <strong>per</strong> bande tribali che rischia<br />
di produrre <strong>un</strong>a situazione simile a quella somala. Inoltre, rispetto ad <strong>un</strong>a<br />
serie di nodi, in primo luogo quello iraniano, si rischia di avere <strong>un</strong>a linea<br />
incerta e contraddittoria. In <strong>un</strong> momento così serio e grave, gli USA<br />
devono essere maggiormente vicini ad Israele.<br />
Nel contempo a livello mondiale c’è <strong>un</strong>a iniziativa cinese a largo raggio,<br />
dall’Estremo Oriente all’Africa, <strong>un</strong>’iniziativa sviluppata da <strong>un</strong> singolare<br />
paese che combina insieme <strong>un</strong>o stato rigorosamente com<strong>un</strong>ista,<br />
<strong>un</strong>’economia ultracapitalista, il controllo di <strong>un</strong>a parte cospicua del debito<br />
pubblico americano, la possibilità di praticare <strong>un</strong>a concorrenza drogata e<br />
falsata all’industria occidentale.<br />
In sostanza ci troviamo davanti ad <strong>un</strong>a situazione mondiale tutt’altro che<br />
stabilizzata, nella quale la crisi finanziaria si intreccia con <strong>un</strong> quadro<br />
internazionale tutt’altro che solido, nel quale l’egemonia americana<br />
<strong>per</strong>siste ma è resa sempre più debole da serie difficoltà economiche.<br />
Di contro ancora, l’antiberlusconismo, malattia ormai cronica del centro<br />
sinistra, ha portato a sottovalutare, da noi, il contributo, anche <strong>per</strong>sonale<br />
di Silvio Berlusconi, nel riconsegnare alla Russia il ruolo che compete ad<br />
<strong>un</strong>a grande potenza in cammino, pur con tante contraddizioni, verso <strong>un</strong><br />
14
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
sistema democratico compiuto e in grado di ottenere, grazie alle sue<br />
risorse energetiche e di materie prime, <strong>un</strong>a influenza ancor più<br />
determinante sullo scenario internazionale di quella che era riconosciuta<br />
alla politica che viaggiava sui carri dell’Armata rossa e sulla competizione<br />
nucleare.<br />
Dobbiamo avere la consapevolezza di vivere <strong>un</strong>a fase fuori dall’ordinario,<br />
caratterizzata da <strong>un</strong>a profonda crisi finanziaria del capitalismo mondiale<br />
nelle sue p<strong>un</strong>te storicamente più avanzate, quella stat<strong>un</strong>itense e quella<br />
europea.<br />
Questa crisi comporta <strong>un</strong>a forte conflittualità fra interessi contrapposti di<br />
aree economiche, di nazioni, di gruppi finanziari, di forze sociali e<br />
politiche.<br />
Prima i contrasti di interesse di questo tipo portavano a guerre militari.<br />
Adesso essi provocano guerre finanziarie e monetarie. Non c’è nulla di<br />
oggettivo in ciò che è avvenuto. Il sistema finanziario bancario americano<br />
ha distribuito titoli tossici in tutto il mondo. Sull’Italia, come sugli altri<br />
paesi dell’Europa, è piombata dal 2008 <strong>un</strong>a crisi del capitalismo mondiale,<br />
sotto forma di <strong>un</strong>a crisi finanziaria che dalle banche - prima quelle<br />
stat<strong>un</strong>itensi, poi quelle europee (quelle tedesche in particolare) –<br />
passando attraverso la messa in questione dei titoli di Stato, si è estesa al<br />
settore produttivo, ha investito le imprese e i lavoratori, determinando<br />
<strong>un</strong>a forte recessione.<br />
La “guerra finanziaria” si è a<strong>per</strong>ta anche <strong>per</strong>ché la globalizzazione ha avuto<br />
<strong>un</strong> andamento assai diverso da quello previsto sia dall’analisi <strong>lib</strong>erista sia<br />
da quella neo-marxista. Entrambe queste analisi ritenevano - <strong>un</strong>a <strong>per</strong><br />
applaudire, l’altra <strong>per</strong> condannare - che la globalizzazione si sarebbe<br />
risolta nell’ennesimo trionfo dell’occidente sul Terzo Mondo. A conferma<br />
dell’assoluta imprevedibilità della storia, le cose sono andate in modo<br />
assai diverso: l’atipico meccanismo concorrenziale messo in atto dalla<br />
globalizzazione (in primo luogo attraverso il bassissimo costo del lavoro in<br />
alc<strong>un</strong>i paesi), insieme ad altri fattori, ha fatto sì che le gerarchie<br />
economiche sul terreno dell’andamento del PIL, della crescita, della stessa<br />
15
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
concorrenza <strong>per</strong> ciò che riguarda alc<strong>un</strong>i settori industriali - quelli più<br />
elementari sul piano tecnologico - si sono quasi rovesciate: Brasile, Russia,<br />
India, Cina, Sudafrica, i cosiddetti Brics, hanno avuto finora, pur fra mille<br />
contraddizioni, <strong>un</strong> notevole sviluppo, non solo economico ma anche<br />
sociale; mentre invece a essere nei guai, e in guai serissimi, sono proprio<br />
gli USA e l’Europa, soprattutto nell’area dell’euro.<br />
Alla radice di questi guai sono molti elementi. Tra di essi anche la battuta<br />
d’arresto subita, in <strong>un</strong>a significativa successione temporale, dalle due<br />
grandi linee di politica economica che hanno caratterizzato il XX secolo: il<br />
compromesso socialdemocratico, fondato sul Welfare e sul Keynesismo, e<br />
il <strong>lib</strong>erismo reaganiano e thatcheriano. Il compromesso socialdemocratico,<br />
nelle sue varie versioni, dagli anni trenta agli anni ‘80, ha dato positivi<br />
contributi allo sviluppo economico e sociale, determinando anche <strong>un</strong>a<br />
condizione di relativa equità, con <strong>un</strong> esteso ceto medio e con <strong>un</strong> lavoro<br />
dipendente dotato di <strong>un</strong> forte potere contrattuale, entrambi garantiti dal<br />
welfare e gratificati da <strong>un</strong>a crescita economica quasi ininterrotta. Poi, in<br />
molte delle sue es<strong>per</strong>ienze, esso è andato incontro a <strong>un</strong>a forte involuzione<br />
che ha determinato eccessi di dirigismo, di statalismo, di lacci e lacciuoli<br />
alla produzione, di crescente spesa pubblica assistenziale, clientelare e<br />
improduttiva, di <strong>un</strong> eccesso di potere sindacale: tutti questi elementi<br />
negativi hanno finito con l’inceppare lo sviluppo. In diversi paesi la<br />
socialdemocrazia, o la sua versione “democratica” (vedi gli USA), è stata<br />
“bucata” e sconfitta dal “<strong>lib</strong>erismo estremo”, rappresentato dal<br />
thatcherismo e dal reaganismo – che hanno avuto in Tony Blair <strong>un</strong>a più<br />
morbida versione <strong>lab</strong>urista – i quali hanno dato spazio agli “spiriti animali”<br />
del capitalismo, di <strong>un</strong>a imprenditorialità che voleva <strong>lib</strong>erarsi da<br />
condizionamenti politici, economici e sindacali <strong>per</strong> essere competitiva<br />
nella concorrenza internazionale.<br />
È accaduto, <strong>per</strong>ò, che su questa <strong>lib</strong>ertà imprenditoriale successivamente si<br />
è innestata l’egemonia dell’economia finanziaria che, in primo luogo negli<br />
USA, ha prodotto danni significativi, a testimonianza che il <strong>lib</strong>erismo senza<br />
regole finisce col provocare crisi economiche e tensioni sociali. Le banche<br />
16
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
stat<strong>un</strong>itensi e inglesi sono state fra le principali responsabili: esse hanno<br />
distribuito titoli tossici in tutto il mondo, in primo luogo a molte banche di<br />
altri paesi europei (meno delle altre <strong>per</strong>ciò che riguarda le banche italiane<br />
che hanno problemi di altro tipo, riguardanti in primo luogo la gestione).<br />
Le banche tedesche non sono state da meno. Se andiamo ad analizzare<br />
cronologicamente l’inizio della crisi, vediamo come, <strong>per</strong> quanto riguarda il<br />
nostro paese, la corsa a rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato sia<br />
cominciata a giugno 2011, ma in realtà la tempesta <strong>per</strong>fetta si stava<br />
preparando già qualche mese prima.<br />
In effetti, tra febbraio e maggio 2011, c’è stata calma piatta sui mercati,<br />
con rendimenti dei titoli decennali tedeschi e italiani, con 150 p<strong>un</strong>ti base<br />
circa di differenza (spread) tra gli <strong>un</strong>i e gli altri. Calma piatta, d<strong>un</strong>que, con<br />
<strong>un</strong>a sola avvertenza: i rendimenti dei titoli del debito pubblico della<br />
Germania erano su <strong>un</strong>a curva ascendente, in ragione non tanto dei<br />
problemi della finanza pubblica, quanto di quelli della finanza privata: le<br />
banche, oggettivamente a rischio.<br />
Le banche tedesche, infatti, avevano, e hanno tuttora, al loro interno<br />
rilevanti componenti di debolezza che derivano dai loro comportamenti<br />
s<strong>per</strong>icolati (vedi il caso dei titoli greci) e dai loro investimenti sbagliati (in<br />
titoli tossici), di cui mai si è conosciuta la reale consistenza. È così che il<br />
combinato disposto dell’aumento dei rendimenti dei titoli pubblici<br />
tedeschi, del dubbio valore dei titoli tossici e delle <strong>per</strong>dite sui titoli greci<br />
nei portafogli delle banche da <strong>un</strong>a parte e le regole stringenti, proprio sul<br />
settore bancario, di EBA e Basilea 3 dall’altra hanno generato <strong>un</strong>a<br />
situazione di forte tensione nel sistema finanziario privato tedesco.<br />
La reazione, alla luce di quello che è successo, è stata geniale, cinica e<br />
irresponsabile al tempo stesso: la finanza privata tedesca ha trasferito la<br />
crisi potenziale del suo sistema bancario sui paesi più deboli dell’eurozona,<br />
vendendo e dando indicazioni generalizzate di vendere i titoli del debito<br />
sovrano, prevalentemente greci e italiani, sul mercato secondario, al fine<br />
di aumentarne i rendimenti sul mercato primario.<br />
17
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
Molto probabilmente, la strategia tedesca, più o meno concertata, mirava<br />
<strong>un</strong>icamente a <strong>un</strong> riequi<strong>lib</strong>rio dei rendimenti, ma, dati i tempi, l’o<strong>per</strong>azione<br />
è finita <strong>per</strong> sfuggire di mano, provocando la tempesta <strong>per</strong>fetta.<br />
A livello internazionale le banche, <strong>per</strong>ò, sono anche entrate in<br />
contraddizione fra di loro. Quelle più forti sono collegate con le società di<br />
rating e, attraverso gli spread, cercano di gestire l’Europa, di fare e disfare<br />
i governi, come è avvenuto in Grecia, in Spagna, in Portogallo e fra<br />
novembre e dicembre 2011 anche in Italia.<br />
E’ proprio <strong>un</strong> segno dei tempi che la sinistra italiana, almeno fino a quando<br />
ciò è servito <strong>per</strong> combattere Silvio Berlusconi, ha avuto come p<strong>un</strong>ti di<br />
riferimento sia Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, sia i “mitici mercati”, sia<br />
gli “indiscutibili spread”, le nuove divinità del nostro tempo. Però adesso<br />
che è cambiato il Governo, la sinistra sta cambiando spalla al suo fucile e<br />
<strong>un</strong>a parte di essa riscopre la socialdemocrazia europea.<br />
Una prima demistificazione va fatta del termine i “mercati” che oramai<br />
viene ass<strong>un</strong>ta in termini del tutto acritici, senza <strong>per</strong> questo dimenticare i<br />
grandi vantaggi e le opport<strong>un</strong>ità che possono derivare dalla<br />
globalizzazione anche <strong>per</strong> <strong>un</strong>’economia come quella italiana che ha nei<br />
settori esportatori i comparti d’avanguardia della sua struttura produttiva.<br />
In <strong>un</strong> articolo di Alessandro Politi e di Claudia Bettiol su Limes è scritto: “I<br />
mercati sono <strong>un</strong>a parola che non ha veramente senso <strong>per</strong>ché dopo 30<br />
anni di fusioni e acquisizioni, l’Ocse ha potuto osservare che ci sono 10<br />
attori che controllano oltre il 90% del mercato dei derivati (Credit default<br />
swaps, Collateral debt obligation, Exchange rate swaps). Queste sono le<br />
entità che fanno il cosiddetto mercato e spezzano le reputazioni<br />
finanziarie senza troppo curarsi dei fondamentali, avvalendosi anche di<br />
sofisticate tecniche di scambio come il cosiddetto high frequency fading<br />
(cambio automatizzato ad alta velocità). Se ciò non bastasse, le prestazioni<br />
dei vari attori privati e pubblici in questo sistema vengono valutate dalle<br />
agenzie di rating, di cui tre internazionali e <strong>un</strong>a nazionale, ove il conflitto<br />
di interessi è evidente e i giudizi che esse esprimono vanno a condizionare<br />
le decisioni di investitori in tutto il mondo.<br />
18
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
2.2 Che cosa è successo in Europa<br />
Ottobre 2009: elezioni in Grecia, si scopre <strong>un</strong> buco di bilancio nei conti<br />
pubblici di Atene. La speculazione internazionale inizia a interessarsi della<br />
Grecia e, soprattutto, della reattività dell’area euro alle crisi delle finanze<br />
pubbliche di singoli Stati nazionali. Reattività insufficiente che si<br />
caratterizza come il vero p<strong>un</strong>to debole dell’intero sistema euro: da<br />
quell’ottobre fatidico l’Unione Europea inizia a rispondere troppo poco e<br />
troppo tardi alle ondate speculative e le istituzioni com<strong>un</strong>itarie si rivelano<br />
non sufficientemente forti, mature, reattive da resistere e rispondere agli<br />
attacchi speculativi sulla moneta <strong>un</strong>ica.<br />
A 3 anni di distanza da quel fatidico ottobre e dopo più di <strong>un</strong> anno di<br />
passione, da luglio 2011, caratterizzato da spread tra titoli del debito<br />
pubblico dei Paesi dell’area euro rispetto ai B<strong>un</strong>d troppo elevati, a livelli<br />
febbrili (in Italia in alc<strong>un</strong>i <strong>per</strong>iodi oltre i 500 p<strong>un</strong>ti base), da vertici europei<br />
inconcludenti e da misure di austerità e rigore imposte ai Paesi sotto<br />
attacco della speculazione, si è sfiorato più volte il collasso dell’intero<br />
sistema euro. Con la conseguente stagnazione e recessione, che finiscono<br />
<strong>per</strong> ridurre drasticamente l’efficacia della politica monetaria che il<br />
presidente della BCE, Mario Draghi, ha cercato di far convergere<br />
progressivamente verso l’impostazione espansiva adottata dalle altre<br />
banche centrali mondiali. E con le conseguenti tensioni democratiche,<br />
cambi di governo e inevitabili derive populistiche.<br />
2.3 Perché è successo<br />
Alla base della crisi ci sono stati errori di costruzione nell’architettura della<br />
moneta <strong>un</strong>ica.<br />
Da tali im<strong>per</strong>fezioni sono derivati comportamenti rigidi, intransigenti,<br />
“egoistici” da parte di alc<strong>un</strong>i paesi – come la Germania, che pur hanno<br />
beneficiato, negli ultimi 10 anni, di <strong>un</strong> tasso di cambio di fatto favorevole,<br />
19
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
che ha rilanciato il commercio con gli altri Stati e le esportazioni, nella<br />
totale assenza di politiche redistributive – e comportamenti “lassisti” da<br />
parte di altri paesi – come Portogallo, Irlanda, Italia, (Grecia) e Spagna, che<br />
non hanno utilizzato i vantaggi derivanti da tassi di interesse e da tassi di<br />
inflazione più bassi rispetto al proprio merito di credito <strong>per</strong> consolidare i<br />
loro conti e avviare le riforme strutturali necessarie.<br />
Nel gioco al massacro poco hanno influito i fondamentali economici degli<br />
Stati presi di mira (tranne il caso greco, che è <strong>un</strong> <strong>un</strong>icum) mentre hanno<br />
avuto <strong>un</strong> grande ruolo i sentiment cosiddetti “auto-avveranti” dei mercati,<br />
che hanno giocato contro l’architettura im<strong>per</strong>fetta dell’euro.<br />
Risultato: spread alle stelle, in gran parte immeritati, <strong>per</strong> i Paesi sotto<br />
attacco speculativo e conseguente loro impossibilità a reagire, nonostante<br />
le cure recessive che si sono “autoimpartite”.<br />
Considerate tutte queste premesse, la via d’uscita è da individuare nel<br />
salto di qualità indicato nel documento “Verso <strong>un</strong>a vera <strong>un</strong>ione economica<br />
e monetaria”, e<strong>lab</strong>orato dai presidenti di Commissione europea, Consiglio<br />
europeo, Eurogruppo e BCE, che prevede <strong>un</strong>ione bancaria, economica,<br />
politica e fiscale <strong>per</strong> completare l’<strong>un</strong>ione monetaria in Europa. Cui<br />
aggi<strong>un</strong>gere l’introduzione nel mandato della Banca Centrale Europea,<br />
attraverso opport<strong>un</strong>e modifiche dei Trattati, oltre all’obiettivo del<br />
mantenimento della stabilità dei prezzi, anche quello del livello massimo<br />
di occupazione e, di conseguenza, la crescita, al pari della Federal Reserve<br />
americana.<br />
Tutto ciò dovrà realizzarsi attraverso l’indicazione p<strong>un</strong>tuale di date,<br />
<strong>per</strong>corsi e modifiche dei trattati necessarie, a partire da subito, e<br />
com<strong>un</strong>que entro le elezioni europee previste <strong>per</strong> metà 2014.<br />
2.4 Che fare in Italia<br />
Per reagire alla crisi della democrazia e al dilagare dell’antipolitica, diventa<br />
necessario tornare virtuosi attraverso la crescita, la riduzione del debito<br />
pubblico, l’aumento della produttività del lavoro e della competitività<br />
dell’intero sistema paese, così da ri-legittimare le istituzioni e avere le<br />
20
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
carte in regola <strong>per</strong> tornare a partecipare, nelle condizioni e con le risorse<br />
opport<strong>un</strong>e, alla realizzazione in maniera forte, l<strong>un</strong>gimirante e duratura,<br />
<strong>un</strong>a volta <strong>per</strong> tutte, del grande progetto europeo.<br />
Finora il Governo Monti ha proseguito l’azione del Governo Berlusconi sul<br />
terreno della tenuta dei conti e di alc<strong>un</strong>e riforme strutturali: tutti<br />
interventi che abbiamo appoggiato lealmente <strong>per</strong> riuscire a su<strong>per</strong>are<br />
questa fase assai difficile. Di conseguenza non abbiamo nulla da<br />
recriminare rispetto a quello che abbiamo fatto nel corso di questi mesi e<br />
al sostegno che abbiamo dato al governo Monti. Il rigore <strong>per</strong>ò, ha anche<br />
prodotto recessione e a sua volta la recessione rischia di rimettere in<br />
questione i conti. Per questo bisogna partire da ciò che ha finora fatto il<br />
governo Monti <strong>per</strong> lavorare sullo sviluppo: rigore e crescita è <strong>un</strong>’endiade<br />
che va costruita e realizzata.<br />
Per amor di verità, il Documento di Economia e Finanza, e<strong>lab</strong>orato ad<br />
aprile 2011, secondo le scadenze previste dal semestre europeo,<br />
prevedeva il pareggio di bilancio nel 2014 ed era stato approvato dalla<br />
Commissione e dal Consiglio europeo nel mese di giugno 2011.<br />
Successivamente, con la lettera del 5 agosto 2011, la BCE aveva chiesto<br />
l’anticipo del raggi<strong>un</strong>gimento dell’obiettivo nel 2013, al fine di rassicurare i<br />
mercati. Il governo Berlusconi aveva adempiuto prontamente, in agosto,<br />
con la manovra correttiva dei conti pubblici <strong>per</strong> 64 miliardi di euro. Il<br />
peggioramento della congi<strong>un</strong>tura nell’intera eurozona nell’aut<strong>un</strong>no 2011,<br />
tuttavia, aveva richiesto <strong>un</strong> ulteriore intervento correttivo, cui ha<br />
provveduto il governo Monti con il decreto “Salva Italia”, <strong>per</strong> 63 miliardi di<br />
euro. Manovra, quest’ultima, che ha contribuito solo <strong>per</strong> il 20% al<br />
risanamento dei conti pubblici in vista del pareggio di bilancio nel 2013, su<br />
328 miliardi totali di manovre varate dal 2008, con effetti fino al 2014, di<br />
cui l’80% (265 miliardi) ad o<strong>per</strong>a del governo Berlusconi.<br />
Con riferimento al PD, solo con l’avvento del governo Monti, il segretario<br />
del PD, Pierluigi Bersani, e il suo responsabile economico, Stefano Fassina,<br />
hanno espresso, anche se non da subito, <strong>un</strong>a contrapposizione al<br />
rigorismo di stampo tedesco, prendendo sempre più le distanze dal<br />
21
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
governo Monti e da quella che viene definita la sua “agenda”. Agenda che,<br />
a onor del vero, sarebbe più corretto definire come “agenda Berlusconi”:<br />
quella attuata con i provvedimenti di agosto 2011 e in precedenza con il<br />
maxi-emendamento alla Legge di Stabilità dell’11 novembre 2011.<br />
Monti, nel suo programma di governo, su cui è stata votata la fiducia il 17<br />
novembre 2011, non ha fatto altro che assumere totalmente quella<br />
impostazione, con la variante, dettata dal peggioramento congi<strong>un</strong>turale,<br />
della già citata manovra “Salva Italia”, basata in gran parte su <strong>un</strong><br />
inasprimento fiscale sulla proprietà immobiliare, e quella dell’attuazione<br />
di riforme strutturali (pensioni e mercato del lavoro), che <strong>per</strong> definizione<br />
non dovrebbero afferire all’emergenza, ma che, con il governo Monti,<br />
sono state affrontate sotto la pressione dell’emergenza, e quindi con<br />
l’urgenza di chi ne ricerca gli effetti attesi di breve <strong>per</strong>iodo sulle<br />
aspettative dei mercati.<br />
Per quanto riguarda la nostra presenza in Europa, va anche detto che nei<br />
confronti dei profondi limiti e degli orientamenti <strong>un</strong>ilaterali ass<strong>un</strong>ti dalle<br />
politiche monetarie ed economiche europee, eccessivamente rigoristi,<br />
sarebbe auspicabile che, all’interno del PPE, il PdL faccia sentire la sua<br />
voce: la partecipazione al PPE non deve consistere solo nell’ottenere<br />
qualche carica ma nel dare <strong>un</strong> apporto critico <strong>per</strong> contribuire a modificare<br />
gli orientamenti del PPE finora eccessivamente subalterni alla linea della<br />
CDU.<br />
Infine, la crisi in atto è anche espressione di <strong>un</strong>a debolezza di governance<br />
che non è solo europea, ma pure italiana. Per tutte le ragioni che si sono<br />
sinora illustrate è evidente che, affinché tutte le manovre che si sono<br />
realizzate non siano divorate dai mercati e rese d<strong>un</strong>que inutili, la prima<br />
riforma strutturale da fare è quella dell’architettura costituzionale, dei<br />
motori della decisione e della credibilità futura.<br />
L’evoluzione della nostra storia politica ci indica <strong>un</strong>a soluzione. I partiti da<br />
soli non riescono a disciplinarsi, è necessario che i cittadini possano<br />
investire qualc<strong>un</strong>o della specifica responsabilità democratica di mantenere<br />
il motore f<strong>un</strong>zionante anche nel medio <strong>per</strong>iodo. La storia del nostro<br />
22
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
2. La nostra analisi sul quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia<br />
parlamentarismo è molto simile, da questo p<strong>un</strong>to di vista a quella<br />
francese. Anche la soluzione può essere simile: il semi-presidenzialismo<br />
con elezione popolare e diretta del capo dello Stato. Che, inoltre sarebbe<br />
l’equi<strong>lib</strong>rato contrappeso <strong>per</strong> l’improcrastinabile compimento del<br />
federalismo anche sul piano fiscale e dell’organizzazione parlamentare.<br />
A questo p<strong>un</strong>to c’è <strong>un</strong> solo modo <strong>per</strong> scongiurare l’incertezza e<br />
l’ingovernabilità e <strong>per</strong> avere <strong>un</strong>’Italia credibile in Europa e sui mercati<br />
internazionali: dare <strong>un</strong> doppio fortissimo segnale: verticalizzare la<br />
governance, eleggendo direttamente il Presidente della Repubblica,<br />
assicurando <strong>un</strong>a guida stabile e democraticamente legittimata alla politica<br />
italiana. E cambiare la politica economica, attaccando il debito: la vera<br />
grande anomalia e debolezza dell’Italia. Due facce della stessa medaglia.<br />
23
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
3. LE NOSTRE PROPOSTE DI RIFORMA ISTITUZIONALE E DI<br />
POLITICA ECONOMICA<br />
3.1 Architettura costituzionale dello stato e legge elettorale<br />
Una democrazia non può f<strong>un</strong>zionare bene e a l<strong>un</strong>go senza possibilità di<br />
ricambio, senza competizione tra alternative, senza che i cittadini possano<br />
dire la loro sulla cosa che conta di più: quale leader, quale governo e quale<br />
maggioranza debba governarli. Nei Paesi che contano succede così. E non<br />
è <strong>un</strong> caso.<br />
L’alternativa è <strong>un</strong> fossato sempre più largo tra <strong>un</strong>a politica asserragliata<br />
nella paura e cittadini arrabbiati, <strong>un</strong>a miscela esplosiva. Per non parlare di<br />
quanto potrebbe succedere in Parlamento: instabilità, veti, contrattazione<br />
paralizzante. Ci illudiamo se pensiamo che il ricorso a soluzioni eccezionali,<br />
come governi tecnici, possano compensare questi effetti. I governi hanno<br />
bisogno di <strong>un</strong> sostegno diretto dei cittadini: di cittadini che li scelgano, non<br />
che li subiscano.<br />
Il timore è che facendo riforme difensive, domani ci ritroviamo con<br />
istituzioni <strong>per</strong>sino più deboli, in cui ness<strong>un</strong>o può vincere, in cui ness<strong>un</strong>o<br />
può veramente decidere. E cambiarle, a quel p<strong>un</strong>to, potrebbe divenire<br />
impossibile. Per questo occorre offrire ai cittadini <strong>un</strong>a alternativa<br />
possibile: il modello semipresidenziale.<br />
Un’alternativa che è motivata dalla convinzione che questa sia la soluzione<br />
più adatta all’Italia. Certo non l’<strong>un</strong>ica, ma oggi la più adatta. Per ragioni<br />
storiche, <strong>per</strong> ragioni politiche, <strong>per</strong> il modo in cui si è venuta evolvendo la<br />
Costituzione vivente. In questa direzione andava la scelta fatta nella<br />
Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema, in questa direzione è andata<br />
l’interpretazione del ruolo del Capo dello Stato nei momenti di crisi.<br />
24
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
Il presidenzialismo alla francese può allineare la Costituzione formale alle<br />
tendenze della costituzione vivente. È <strong>un</strong> sistema che ha dato buona prova<br />
di sé, aiutando, in Francia, partiti in precedenza frammentati e litigiosi ad<br />
orientarsi verso <strong>un</strong> assetto e comportamenti più virtuosi. In <strong>un</strong> momento<br />
in cui tutti i partiti italiani sono in fase di ristrutturazione, avere <strong>un</strong> p<strong>un</strong>to<br />
fermo nella guida responsabile di <strong>un</strong> Capo dello Stato legittimato dai<br />
cittadini può aiutare quel processo, evitando il rischio dell’anarchia e di<br />
involuzioni autoritarie. Infine il presidenzialismo è <strong>un</strong> grande fattore di<br />
<strong>un</strong>ità nazionale. La competizione attraversa l’intero Paese. Esso può<br />
<strong>per</strong>tanto rappresentare <strong>un</strong> ottimo contrappeso <strong>per</strong> <strong>un</strong> federalismo<br />
equi<strong>lib</strong>rato e responsabile.<br />
Abbiamo l’opport<strong>un</strong>ità di colmare quel gap tra la nostra e le altre<br />
democrazie avanzate. Ciò che i costituenti stessi avrebbero voluto fare,<br />
ma ai quali fu impedito dalle condizioni storiche. E se fu saggio che, allora,<br />
non l’abbiano fatto, sarebbe colpevole non farlo oggi. Perché tanta acqua<br />
è passata sotto i ponti e l’applicazione della seconda parte della<br />
Costituzione si è avvitata in distorsioni e manipolazioni imposte dalla<br />
necessità del tempo. Una necessità fisiologica nell’evoluzione delle<br />
democrazie. Ma che noi abbiamo dovuto drammatizzare, chiamandola<br />
sempre più di frequente “emergenza”, proprio <strong>per</strong> giustificare forzature<br />
senza le quali la Costituzione sarebbe saltata.<br />
Oggi abbiamo <strong>un</strong>a grande occasione. La crisi della nostra economia, ma<br />
anche della nostra democrazia, paradossalmente, ci dà almeno questa<br />
opport<strong>un</strong>ità. Di guardare i nostri mali con spietata lucidità e di assumerci<br />
le nostre responsabilità. Perché il modello italiano che alterna democrazia<br />
a basso rendimento e “stati di eccezione” a direzione presidenziale, non<br />
può essere <strong>un</strong> modello <strong>per</strong>manente.<br />
Il fine settimana del 6 maggio scorso ci ha posti davanti a <strong>un</strong> grande bivio:<br />
se somigliare di più alla Grecia, dove non si è riusciti a costituire <strong>un</strong>a<br />
maggioranza parlamentare che sostenesse il governo e si son dovute<br />
indire nuove elezioni, oppure alla Francia, dove il presidente François<br />
Hollande si è insediato il giorno dopo le elezioni ed è subito volato in<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
Germania in visita ufficiale dalla cancelliera Angela Merkel e si è subito<br />
messo alla guida non solo del suo Paese, ma anche degli Stati europei che<br />
vogliono <strong>un</strong> mutamento di governance a livello di Unione <strong>per</strong> mettere al<br />
sicuro la moneta <strong>un</strong>ica.<br />
Nella primavera del 2013 si determinerà nel nostro Paese <strong>un</strong>a<br />
straordinaria coincidenza: la scadenza della legislatura e la scadenza del<br />
mandato del presidente della Repubblica. È <strong>un</strong>’occasione storica <strong>per</strong><br />
mettere i cittadini nelle condizioni di poter scegliere direttamente chi li<br />
governa: i parlamentari, il governo e il presidente della Repubblica. La<br />
domanda che responsabilmente ci dobbiamo porre tutti è questa:<br />
vogliamo che siano i partiti, con accordi oscuri e incontrollati, a scegliere il<br />
prossimo Capo dello Stato, o vogliamo che siano gli elettori alla luce del<br />
sole, con <strong>un</strong> voto <strong>lib</strong>ero e democratico? E sulla base di <strong>un</strong>a proposta<br />
programmatica, <strong>un</strong>’agenda, chiara e inequivocabile?<br />
In Italia, dal 1948 ad oggi non c’è mai stato, e non c’è tuttora, alc<strong>un</strong><br />
sistema <strong>per</strong> p<strong>un</strong>ire chi fa cadere i governi. Nella prima Repubblica questa<br />
situazione è stata tollerata <strong>per</strong>ché i governi erano fatti dai partiti; ma dal<br />
1994 non è più così e sono i cittadini a decidere da chi vogliono essere<br />
governati. Ribaltoni e ribaltini sono <strong>per</strong>ciò <strong>un</strong> tradimento politico della<br />
volontà popolare, senza sanzione <strong>per</strong> i traditori. Ness<strong>un</strong>a riforma<br />
costituzionale ha senso se non scongiura questo rischio.<br />
Anche la legge elettorale da sola non serve a nulla. Perché il problema non<br />
è avere <strong>un</strong> governo la sera delle elezioni: il problema è evitare che <strong>un</strong>a<br />
minoranza lo faccia cadere a proprio piacimento qualche mese dopo. Un<br />
presidente eletto dai cittadini ha il potere e la legittimazione di sanzionare<br />
chi, nel parlamento, lavora <strong>per</strong> creare instabilità e trarne vantaggi politici.<br />
Un presidente eletto ha la legittimazione politica di sciogliere le camere e<br />
costringere chi ordisce imboscate a darne conto agli elettori. Un<br />
presidente eletto ha la legittimazione politica <strong>per</strong> progettare il futuro.<br />
Nei momenti di crisi, il presidente della Repubblica non è più solo <strong>un</strong><br />
notaio, ma il garante della continuità istituzionale e della stabilità<br />
dell’indirizzo politico-democratico. Perché i partiti dovrebbero essere più<br />
26
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
bravi dei cittadini a scegliere il capo dello Stato? È questa la domanda cui<br />
deve rispondere chi è contrario al presidenzialismo.<br />
Nell’attuale assetto istituzionale i cittadini possono scegliere il proprio<br />
sindaco, il proprio presidente di Provincia e il proprio presidente della<br />
Regione. Non c’è motivo <strong>per</strong> cui non abbiano diritto di scegliere il proprio<br />
presidente della Repubblica. Potrebbero esserci due sole ragioni <strong>per</strong><br />
evitare questo sbocco. Il primo è quello del conservatorismo<br />
costituzionale. L’altro potrebbe essere quello che i partiti vogliano<br />
conservare il potere di nominare il Capo dello Stato. A nostro avviso non<br />
esistono più le ragioni dell’<strong>un</strong>a o dell’altra cosa.<br />
Piuttosto, nell’assenza di queste scelta, non c’è da stupirsi allora<br />
dell’aumento dell’astensione e del voto di protesta. È quando le istituzioni<br />
sono deboli e instabili che vince l’antipolitica, mentre ciò non accade<br />
quando le istituzioni sono democraticamente legittimate e hanno <strong>un</strong><br />
effettivo potere di realizzare le promesse elettorali. Da quale parte<br />
vogliamo stare?<br />
L’Italia ha bisogno di <strong>un</strong>a riforma elettorale che razionalizzi il<br />
bipartitismo/bipolarismo e rafforzi la stabilità dei governi. Una legge<br />
elettorale che ottimizzi crescita e benessere, riduca l’intollerabile<br />
frammentazione politica, renda la politica comprensibile e trasparente.<br />
E’ indispensabile approvare <strong>un</strong>a nuova legge elettorale <strong>per</strong> due ragioni di<br />
fondo, quella che l’opinione pubblica non accetta più che i parlamentari<br />
siano nominati dai partiti e <strong>per</strong>ché l’attuale premio di maggioranza è<br />
eccessivo e darebbe il controllo del Parlamento anche a coalizioni<br />
fortemente minoritarie nel paese.<br />
Proprio sul filo di <strong>un</strong>a scelta sistemica di grande valore noi, anche nel<br />
dibattito al Senato, abbiamo affermato la disponibilità a fare nostro il<br />
sistema francese nella sua globalità, elezione diretta del Presidente della<br />
Repubblica e elezione a due turni dei Parlamentari. La sinistra ha<br />
vanificato questa disponibilità prendendo del sistema francese solo quello<br />
che le appariva più conveniente, e cioè solo il sistema elettorale a due<br />
turni, rifiutando ogni forma di presidenzialismo. Allora, fermo rimanendo<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
la nostra scelta globale, noi manifestiamo la nostra disponibilità a<br />
ricercare ogni soluzione ragionevole purché si su<strong>per</strong>i la situazione attuale.<br />
Il Senato ha il merito di essere com<strong>un</strong>que arrivato ad <strong>un</strong>a proposta,<br />
purtroppo contestata dal PD. Noi in questa sede ci limitiamo ad esprimere<br />
<strong>un</strong>a opzione <strong>per</strong> <strong>un</strong> bipolarismo tem<strong>per</strong>ato, <strong>un</strong> ragionevole premio di<br />
maggioranza e poi, in alternativa, o il sistema della preferenze o quello che<br />
va sotto il nome di sistema elettorale spagnolo, basato su piccoli collegi.<br />
Ormai è fin troppo chiaro: la capacità delle istituzioni di governo di agire<br />
efficacemente, e nel contempo di garantire stabilità <strong>per</strong> produrre,<br />
app<strong>un</strong>to, più benessere e più crescita, è inesorabilmente limitata dai<br />
quotidiani distinguo che nascono dai conflitti intra-governativi di esecutivi<br />
di coalizione, al loro interno variamente frammentati. Era così nella<br />
consociazione "parlamentare" della prima Repubblica, così è rimasto,<br />
purtroppo, nella consociazione "di coalizione" della seconda.<br />
La composizione dei governi, la durata e la stabilità degli stessi, le larghe<br />
ed eterogenee coalizioni, i gruppi di interesse che le sostengono e,<br />
app<strong>un</strong>to, i conflitti che nascono al loro interno, sono le variabili che<br />
determinano, nei fatti, sempre e com<strong>un</strong>que più spesa pubblica e, quindi,<br />
più deficit, più debito. Determinano, cioè, <strong>un</strong>a distorsione nella<br />
distribuzione delle risorse rispetto a quella che sarebbe generata da <strong>un</strong><br />
sistema politico bipartitico/bipolare, il quale garantisce maggiore<br />
efficienza, intesa come capacità di ridurre al minimo gli attriti e le frizioni,<br />
che rallentano il <strong>per</strong>seguimento di <strong>un</strong>o specifico obiettivo. In altri termini,<br />
nei sistemi multipartitici, il bilancio pubblico viene utilizzato, sotto forma<br />
di alta pressione fiscale e/o alto indebitamento, più al fine di assorbire i<br />
conflitti all’interno delle coalizioni di governo, che <strong>per</strong> produrre beni e<br />
servizi <strong>per</strong> lo sviluppo.<br />
Da questo deriva che i governi eletti in democrazie con sistemi<br />
maggioritari/bipartitici/bipolari tendono a tagliare le tasse, ma anche la<br />
spesa pubblica, in modo particolare durante gli anni elettorali. Mentre<br />
nelle democrazie con rappresentanza proporzionale l’evidenza empirica<br />
registra tagli alle tasse meno pron<strong>un</strong>ciati e non registra tagli alla spesa<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
pubblica. Questo <strong>per</strong>ché il nesso tra il potere di controllo degli elettori e la<br />
rappresentanza politica è molto più diretto nei sistemi bipartitici/bipolari<br />
rispetto a quelli proporzionali.<br />
La letteratura economica suggerisce, a proposito delle conseguenze sulla<br />
spesa pubblica e sulla politica fiscale in presenza di forme di governo e<br />
sistemi elettorali diversi, che le forme di governo, e ancor di più le leggi<br />
elettorali, rafforzano o indeboliscono il potere di controllo (acco<strong>un</strong>tability)<br />
che gli elettori hanno sui rappresentati politici eletti. Il grado di controllo,<br />
a sua volta, condiziona le <strong>per</strong>formance economiche con risultati opposti in<br />
termini di finanza pubblica.<br />
In particolare, i sistemi bipartitici/bipolari rafforzano il nesso tra elettore e<br />
obiettivi di corretta gestione della finanza pubblica. Un governo sostenuto<br />
da <strong>un</strong> solo partito produce meno dis<strong>per</strong>sione di risorse nello scambio<br />
politico con la propria base elettorale. Tutto ciò si traduce in minore spesa<br />
pubblica, minore pressione fiscale, minore deficit pubblico, minore debito<br />
pubblico. L’evidenza dei dati a proposito è significativa e<br />
quantitativamente importante.<br />
Se ciò non bastasse, i sistemi bipartitici/bipolari introducono l’idea che le<br />
elezioni siano <strong>un</strong>a competizione nella quale la lista delle cose da fare è già<br />
scritta prima del voto e che i partiti non siano dei semplici delegati, ma<br />
soggetti chiamati ad o<strong>per</strong>are sintesi prima delle elezioni. Sintesi definite<br />
nei programmi di governo e incarnate dalle <strong>per</strong>sonalità dei leader che si<br />
assumono la responsabilità della loro realizzazione; sintesi sulle quali gli<br />
elettori si pron<strong>un</strong>ciano dentro le urne, assegnando <strong>un</strong>a maggioranza<br />
solida al progetto che li convince di più.<br />
I programmi elettorali diventano così le agende competitive, quanto alle<br />
riforme costituzionali e quanto agli impegni dell’esecutivo e del<br />
parlamento. Agende che contengono le diverse visioni di architettura dello<br />
Stato e disegni di legge già pronti <strong>per</strong> essere incardinati, con relative<br />
scadenze di approvazione e, quindi, di realizzazione dei contenuti. Nel<br />
nostro caso, in questa particolare congi<strong>un</strong>tura, con il “ricatto” continuo<br />
dei mercati attraverso gli spread, <strong>un</strong>’agenda che riguardi in particolare<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
l’attuazione del presidenzialismo e le leggi di politica economica previste<br />
nell’ambito del semestre europeo, quale il Documento di Economia e<br />
Finanza (DEF), che comprende il Programma di Stabilità (PdS) e il<br />
Programma Nazionale di Riforma (PNR): i nostri impegni nei confronti<br />
dell’Europa.<br />
3.2 Una nuova politica economica<br />
Occorre intervenire in maniera decisiva <strong>per</strong> <strong>un</strong>a nuova politica economica<br />
e <strong>per</strong> modernizzare il paese. Per farlo tornare a crescere assieme<br />
all’Europa. Basta, d<strong>un</strong>que, con i ricatti della Germania, che ha portato<br />
governi e parlamenti ad approvare riforme sbagliate, basate su analisi<br />
parziali e distorte della crisi, che tendevano alla colpevolizzazione degli<br />
Stati piuttosto che alla soluzione strutturale in sede com<strong>un</strong>itaria degli<br />
squi<strong>lib</strong>ri macroeconomici nella costruzione dell’euro.<br />
Cambiare la politica economica si può e si deve. Significa conciliare due<br />
esigenze. La prima è quella di non tornare indietro, dopo gli impegni presi<br />
e le conseguenze negative sopportate, rispetto agli obiettivi fissati di<br />
pareggio di bilancio, ma prestando la massima attenzione a non mancare<br />
l’obiettivo <strong>per</strong> “eccesso di rigore” (overshooting). Ciò vuol dire ammettere,<br />
da parte di tutti, gli errori e fare manutenzione. C’è lo spazio in sede di<br />
riforma fiscale e altro spazio si può trovare, come del resto si stava<br />
facendo da anni, in sede di riforma della Pubblica amministrazione o,<br />
come è ora più di moda, in sede di Spending review.<br />
L’importante è capire che non ci sono scorciatoie, e quelle che appaiono<br />
salvifiche spesso sono <strong>per</strong>icolose <strong>per</strong>ché piene di buche. Ma l’obiettivo<br />
fondamentale è quello di continuare la pressione in sede europea <strong>per</strong> <strong>un</strong><br />
mutamento di politica economica. Su questo terreno il governo è senza<br />
dubbio riuscito a trovare spazi di autorevolezza notevoli <strong>per</strong>ché<br />
supportato da <strong>un</strong>a maggioranza politica in Parlamento senza precedenti.<br />
Si tratta di continuare a utilizzarla in modo coerente con l’azione della<br />
BCE, la cui politica monetaria espansiva tuttavia viene sterilizzata<br />
30
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
dall’eccesso di rigore restrittivo nelle politiche di bilancio che ancora<br />
domina a livello europeo.<br />
Come ci spiegano i più grandi banchieri centrali, Ben Bernanke e Mario<br />
Draghi in primis, nonché economisti come i Nobel Paul Krugman e Joseph<br />
Stiglitz, se la crisi economica e finanziaria non è ancora stata risolta, ciò è<br />
dovuto proprio alla difficile trasmissione della politica monetaria. Se,<br />
infatti, la politica di bilancio è eccessivamente restrittiva, non solo<br />
depotenzia l’effetto espansivo di <strong>un</strong> aumento della liquidità, agendo in<br />
senso contrario, ma, determinando aspettative negative, impedisce alla<br />
liquidità di trasmettersi all’economia reale.<br />
La liquidità non si trasforma, d<strong>un</strong>que, né in credito a imprese e famiglie da<br />
parte del sistema bancario, che utilizza la maggiore quantità di moneta<br />
disponibile <strong>per</strong> rafforzare i propri standard di patrimonializzazione<br />
intaccati dalla crisi economica, né in investimenti (e conseguenti<br />
ass<strong>un</strong>zioni) da parte delle imprese, né, infine, in consumi da parte delle<br />
famiglie, che nell’incertezza propendono più <strong>per</strong> il risparmio. Ciò significa<br />
che la riduzione dei tassi di interesse inseguita dalle banche centrali non<br />
determina livelli di reddito più elevati, come invece previsto quando i<br />
canali di trasmissione di <strong>un</strong>’espansione monetaria all’economia reale<br />
f<strong>un</strong>zionano.<br />
Ma veniamo all’altro aspetto dell’emergenza, quello relativo all’urgenza<br />
con la quale sono state disegnate le riforme strutturali fondamentali<br />
attuate dal governo, quella della pensioni e quella del mercato del lavoro.<br />
Che ci fosse l’urgenza di vararle non è in discussione, soprattutto la prima,<br />
ancorché si trattasse di realizzare l’ultimo miglio di <strong>un</strong> assetto già virtuoso<br />
e in equi<strong>lib</strong>rio, ma che assumeva <strong>un</strong> forte valore simbolico di fronte a<br />
cosiddetti mercati assetati di sangue. Ma gli errori tecnici, a volte dovuti<br />
alla fretta, a volte alla subalternità a posizioni conservatrici (come quelle<br />
della CGIL), a volte alla scarsa conoscenza dei dati, <strong>un</strong> prossimo governo,<br />
pur in continuità con gli obiettivi e le idee riformatrici dichiarate<br />
dall’attuale governo, dovrà correggerli.<br />
31
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
Non sarà difficile farlo <strong>per</strong> ciò che riguarda le pensioni, se si escluderanno i<br />
tentativi di annullare la sostanza della riforma (incentrata sull’estensione<br />
pro rata del calcolo contributivo e sul su<strong>per</strong>amento delle pensioni di<br />
anzianità nonché sull’esigenza di spostare l’età pensionabile e di<br />
<strong>un</strong>iformare i trattamenti), e ci si concentrerà app<strong>un</strong>to sulla correzione<br />
degli errori attinenti in particolare la grave sottovalutazione del problema<br />
della transizione.<br />
Per ciò che riguarda la riforma del mercato del lavoro, la manutenzione<br />
dovrà essere più sostanziale affinché essa risponda, in primo luogo,<br />
all’obiettivo di ridurre il rischio di assumere (dalla riduzione di questo<br />
rischio consegue l’aumento di occupazione e la riduzione conseguente del<br />
precariato patologico) e, in secondo luogo, alla necessità di detassare i<br />
salari di produttività e di introdurre, finalmente nel nostro sistema, il<br />
metodo della contrattazione decentrata, come richiesto, tra l’altro, dalla<br />
Banca Centrale Europea nell’ormai famosa lettera all’Italia del 5 agosto<br />
2011.<br />
Per far fronte a tutto ciò, oggi occorre avviare <strong>un</strong>a riflessione alta,<br />
riprendendo la discussione sulla delega fiscale del governo Berlusconi, <strong>per</strong><br />
<strong>un</strong>o scambio vero tra imposizione diretta e imposizione indiretta, <strong>per</strong><br />
passare dalla tassazione delle <strong>per</strong>sone alle cose in maniera seria (e non<br />
ridicola), cioè l’idea di <strong>un</strong>a “svalutazione fiscale” <strong>per</strong> aiutare a ridurre il<br />
divario di competitività di costi accumulato dall’Italia nell’ultimo decennio<br />
nei confronti della Germania e altri paesi concorrenti, divario non<br />
correggibile con l’aggiustamento del tasso di cambio nominale. Il disegno<br />
complessivo della riforma fiscale in direzione di <strong>un</strong> sistema pro-crescita è<br />
anch’esso <strong>un</strong> terreno di confronto da sottrarre alla demagogia elettorale.<br />
Ne abbiamo la possibilità attuando, inoltre, secondo le scadenze già<br />
previste, il Federalismo fiscale, in <strong>un</strong> processo di razionalizzazione della<br />
spesa, da integrare con la Spending review, di responsabilizzazione degli<br />
enti territoriali e di passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard, in<br />
<strong>un</strong> ambito di sostanziale revisione della riforma del titolo V che tanti<br />
problemi ha creato alla f<strong>un</strong>zionalità delle istituzioni. Ed è il momento di<br />
32
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
avviare la riforma delle riforme: <strong>un</strong>a riduzione strutturale, in 5 anni, del<br />
debito pubblico <strong>per</strong> almeno 400 miliardi di euro (circa 20-25 p<strong>un</strong>ti di PIL)<br />
come valore obiettivo, così da portare sotto il 100% il rapporto rispetto al<br />
PIL, al fine di ridurre, nello stesso arco temporale, la pressione fiscale di <strong>un</strong><br />
p<strong>un</strong>to <strong>per</strong>centuale all’anno (dal 45% attuale al 40%) e rilanciare gli<br />
investimenti.<br />
Si rende altresì necessario dare seguito al piano di progressiva riduzione<br />
degli incentivi statali alle imprese <strong>per</strong> finanziare contestualmente la totale<br />
eliminazione dell’IRAP (gettito 30-35 miliardi), in <strong>un</strong> contesto di impatto<br />
neutro sui conti pubblici. Ed è fondamentale eliminare l’IMU sulla prima<br />
casa, <strong>per</strong> tornare all’IMU come prevista nell’ambito del Federalismo<br />
Fiscale: a decorrere dal 2013, escluse le abitazioni principali, direttamente<br />
riscossa dai Com<strong>un</strong>i, in sostituzione dell’ICI e della componente<br />
immobiliare di IRPEF e relative addizionali. Eliminare l’IMU sulla prima<br />
casa stimola il settore delle costruzioni e, di conseguenza, l’intera<br />
economia. Gli investimenti in edilizia hanno il più alto coefficiente di<br />
attivazione: <strong>un</strong> euro di spesa nel settore si trasforma in <strong>un</strong> multiplo di<br />
maggior prodotto interno lordo. Investimenti nel settore immobiliare<br />
vogliono dire crescita e occupazione.<br />
Infine, la riduzione della pressione fiscale e <strong>un</strong> conseguente miglior<br />
rapporto fisco-contribuenti consente l’emersione dell’economia<br />
sommersa, che in Italia ammonta a 540 miliardi.<br />
Con questo metodo di analisi di tutte le altre azioni concrete riformatrici in<br />
direzione di <strong>un</strong>a <strong>lib</strong>eralizzazione dell’economia, come l’Autorità garante<br />
della concorrenza e del mercato ha segnalato al governo e al Parlamento<br />
nella relazione del 2 ottobre 2012 in 72 p<strong>un</strong>ti, in tema di servizi pubblici<br />
locali, energia elettrica e gas, trasporti, settore bancario e assicurativo,<br />
servizi professionali, forse sarà possibile capire meglio il grado di<br />
continuità e di discontinuità che è necessario proporre <strong>per</strong> il futuro.<br />
Il presidenzialismo, d<strong>un</strong>que, come verticalizzazione democratica e non<br />
tecnocratica della governance; e l’attacco al debito, come valorizzazione di<br />
mercato della dimensione orizzontale diffusa degli interessi dei territori e<br />
33
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
delle imprese: <strong>un</strong>a vera e propria guerra di <strong>lib</strong>erazione dalla cattiva<br />
politica, dalle cattive rendite di posizione clientelari, sindacali, corporative,<br />
dai monopoli, dai poteri forti.<br />
L’o<strong>per</strong>azione nel suo complesso (presidenzialismo e riduzione strutturale<br />
del debito pubblico) ha in sé tutta la forza, tutta l’etica, di <strong>un</strong>a vera<br />
rivoluzione: si avvia finalmente <strong>un</strong> meccanismo positivo di<br />
modernizzazione del Paese che ci consente di essere europei a 360 gradi e<br />
che i mercati non potrebbero non apprezzare, sia da <strong>un</strong> p<strong>un</strong>to di vista<br />
finanziario sia da <strong>un</strong> p<strong>un</strong>to di vista di credibilità politico-istituzionale. Un<br />
grande, decisivo investimento collettivo nel senso di dare certezze, agli<br />
italiani innanzitutto, ai nostri severi (ed egoisti) partners europei, ai<br />
mercati, <strong>per</strong> tirare fuori il Paese dalla crisi, dal pessimismo,<br />
dall’autolesionismo, dai suoi errori e dalle sue strutturali inefficienze:<br />
debito e cattiva politica. In questo senso il ricatto degli spread può<br />
paradossalmente diventare <strong>un</strong>a grande occasione non solo <strong>per</strong> l’Italia, ma<br />
anche <strong>per</strong> tutte quelle forze politiche e sociali che se ne faranno interpreti.<br />
3.3 Se riparte il Sud riparte il Paese<br />
Se riparte il Sud riparte il Paese. Nel Mezzogiorno gli indicatori economici<br />
rappresentano <strong>un</strong>a società che ha enormi difficoltà. Il Pil cresce meno<br />
della Media nazionale, il reddito pro capite è più vicino alle aree critiche<br />
del Mediterraneo, molto distante dalla media del Nord del Paese e dalle<br />
zone più ricche dell'Europa.<br />
In questo contesto il Sud del Paese può e deve diventare <strong>un</strong>a soluzione e<br />
non <strong>un</strong> problema. E'qui, infatti, che ci sono i maggiori margini di crescita, è<br />
qui che c'è la straordinaria risorsa del capitale umano, è qui che si gioca la<br />
partita del buon utilizzo dei fondi europei, è da qui che deve partire la<br />
sfida <strong>per</strong> il federalismo.<br />
Ci sono tutte le condizioni <strong>per</strong> <strong>un</strong> vantaggio geopolitico, <strong>per</strong> essere<br />
protagonisti nel Mediterraneo. Un mare che cresce e che rappresenta <strong>un</strong>a<br />
occasione di crescita. Bisogna guardare a questa possibilità, lavorarci con<br />
34
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
3. Le nostre proposte di riforma istituzionale e di politica economica<br />
politiche concrete e mirate. E' questa la porta nella sponda del<br />
Mediterraneo.<br />
In questa direzione devono andare i grandi investimenti sulla logistica e sui<br />
porti, sui Beni Culturali e sulla Ricerca e l’Ambiente. Il sistema delle<br />
infrastrutture è d<strong>un</strong>que di fondamentale importanza.<br />
E' anche in questa ottica che bisogna dare continuità al 'Piano di Azione e<br />
Coesione' e condividere con la Commissione Europea e il Governo il<br />
<strong>per</strong>corso <strong>per</strong> <strong>un</strong> migliore utilizzo dei fondi com<strong>un</strong>itari attraverso <strong>un</strong>a<br />
programmazione che si concentri su obiettivi strategici.<br />
Abbiamo il compito di introdurre regole capaci di riconoscere le<br />
<strong>per</strong>fomance di miglioramento, di individuare le responsabilità di chi<br />
sbaglia e le intuizioni di chi coniuga la capacità di contenere la spesa e<br />
pensare politiche di sviluppo.<br />
Dobbiamo archiviare la stagione della spesa pubblica improduttiva, l'idea<br />
delle rendite di posizione.<br />
L'innovazione, la trasparenza delle procedure e delle scelte, la voglia di<br />
misurarsi sul terreno della competitività devono rappresentare i p<strong>un</strong>ti di<br />
svolta di <strong>un</strong> nuovo Mezzogiorno.<br />
A questo scopo,bisogna tenere presente che il negoziato complessivo sulle<br />
prospettive finanziarie dell’Europa nel 2014-2020 avviene in <strong>un</strong> <strong>per</strong>iodo<br />
delicatissimo <strong>per</strong> le sorti stesse dell’Unione Europea.<br />
Nella consapevolezza della drammatica crisi e nella convinzione<br />
dell’irrin<strong>un</strong>ciabilità del ruolo dell’Europa e delle sue f<strong>un</strong>zioni riteniamo di<br />
fondamentale importanza che il futuro bilancio europeo sia all’altezza<br />
delle sfide in atto, proponendo idonee soluzioni sulle modalità di uscita<br />
dalla crisi economico-finanziaria globale.<br />
Per quanto riguarda specificamente l’Italia, in considerazione dell’attuale<br />
congi<strong>un</strong>tura economica e dello stato delle finanze pubbliche nazionali e<br />
regionali, le risorse dedicate alla politica regionale e di coesione si<br />
presentano come assolutamente strategiche <strong>per</strong> il mantenimento di<br />
politiche pubbliche <strong>per</strong> lo sviluppo, in linea con gli obiettivi di Europa<br />
2020, <strong>per</strong> tutto il territorio nazionale e in particolare <strong>per</strong> il Sud.<br />
35
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
4. Etica e valori. Il rapporto tra stato,economia e società<br />
4. ETICA E VALORI. IL RAPPORTO TRA STATO,<br />
ECONOMIA E SOCIETA’<br />
Su argomenti delicati, che toccano la sfera privata dell’individuo,<br />
lo Stato deve limitarsi a dettare linee di indirizzo che verranno<br />
poi sviluppate e applicate dalla società civile sia attraverso codici<br />
di autoregolamentazione delle imprese o delle organizzazioni sia<br />
attraverso la <strong>lib</strong>era determinazione di associazioni o di comitati<br />
etici.<br />
In tale contesto, il ricorso alla soft law, vale a dire ad atti paranormativi,<br />
prevalentemente afferenti alla moral suasion, al pari<br />
di quanto avviene nei principali organismi internazionali (ONU) e<br />
nelle istituzioni europee, appare lo strumento di regolazione<br />
meno invasivo e più efficace.<br />
In ambito europeo, <strong>per</strong> esempio, vengono e<strong>lab</strong>orati codici di<br />
disciplina o linee guida che indicano come la Commissione<br />
europea intende utilizzare i propri poteri e adempiere ai propri<br />
compiti nei diversi ambiti di competenza. Passa poi nella<br />
responsabilità degli Stati la declinazione, in base alle specificità<br />
di ogn<strong>un</strong>o, delle indicazioni di massima fornite dalla<br />
Commissione. Lo stesso meccanismo devono applicare i governi<br />
nazionali nei confronti della società civile <strong>per</strong> temi che<br />
riguardano scelte <strong>per</strong>sonali dei cittadini e delle professioni.<br />
In <strong>un</strong>a società sempre più multiculturale (in cui la presenza di<br />
lavoratori e cittadini stranieri è divenuto <strong>un</strong> aspetto di carattere<br />
strutturale soprattutto sul piano del mercato del lavoro) e<br />
36
PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
4. Etica e valori. Il rapporto tra stato,economia e società<br />
a<strong>per</strong>ta alle interazioni globali diventa infatti via via più difficile<br />
proporre, e certo imporre, regole stringenti di comportamento e<br />
di condivisione dei principi etici e dei valori posti alla base della<br />
convivenza civile attraverso strumenti normativi tradizionali che,<br />
al contrario, rischiano di creare inutili tensioni e<br />
contrapposizioni.<br />
Viceversa offrire al dibattito e alla autoregolamentazione<br />
elementi di riferimento sui principi fondanti la salvaguardia e la<br />
promozione dei diritti fondamentali ed invio<strong>lab</strong>ili della <strong>per</strong>sona e<br />
dei gruppi sociali consente di accrescere la tutela della dignità<br />
della <strong>per</strong>sona, del suo lavoro, delle sue aspirazioni ed attese.<br />
Tra questi: il principio della inclusione sociale, ossia il pieno<br />
rispetto della dignità e della diversità di ciasc<strong>un</strong>o, qual<strong>un</strong>que sia<br />
la sua religione, il suo genere, il suo lavoro, la sua condizione<br />
economica e la tutela di ogni sua aspirazione alla crescita<br />
<strong>per</strong>sonale e alla partecipazione alla vita collettiva; il principio<br />
della solidarietà, dell’aiuto e della assistenza che è dovuta nei<br />
limiti delle possibilità dello Stato e delle sue organizzazioni a<br />
ciasc<strong>un</strong>o in base alle proprie necessità; il principio della dignità<br />
della <strong>per</strong>sona e della vita, che delimita la <strong>lib</strong>ertà di scelta anche<br />
di fronte a malattie degenerative o a accanimenti terapeutici; il<br />
principio della riservatezza che in <strong>un</strong> mondo sempre più <strong>per</strong>vaso<br />
da tecnologie intrusive della vita privata ma anche da <strong>un</strong><br />
crescente bisogno di sicurezza sta <strong>per</strong>dendo i contorni di<br />
principio etico e divenendo schema burocratico; il principio della<br />
sostenibilità dello sviluppo e del consumo delle risorse<br />
ambientali e naturali <strong>per</strong> prevenire costi economici e sociali a<br />
carico delle generazioni future; il principio della <strong>lib</strong>ertà di<br />
iniziativa <strong>per</strong>ché ciò che non è espressamente vietato sia<br />
consentito nei limiti del rispetto degli altri interessi individuali e<br />
collettivi.<br />
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PER UN MANIFESTO LIB-LAB<br />
4. Etica e valori. Il rapporto tra stato,economia e società<br />
In questo quadro, <strong>per</strong> ciò che attiene lo Stato e i rapporti sociali<br />
si possono indicare in sintesi alc<strong>un</strong>i principi di carattere generale<br />
a cui ispirare l’azione dei riformisti: lo Stato deve assicurare<br />
l’essenziale a tutti e dare più solo a chi ne ha bisogno; regolare i<br />
comportamenti dei cittadini, non sostituirsi alla loro autonoma<br />
iniziativa <strong>per</strong> risolvere i loro problemi; garantire ai cittadini<br />
l’eguaglianza delle opport<strong>un</strong>ità. Ciò significa che ad ogn<strong>un</strong>o<br />
spettano le medesime condizioni di partenza, ma anche gli<br />
strumenti <strong>per</strong> non essere emarginato durante il cammino.<br />
Inoltre, le politiche sociali non devono assuefare il cittadino<br />
all’assistenza, ma riattivare le sue possibilità di procurarsi il<br />
necessario in piena autonomia ed autosufficienza. Il concetto di<br />
“pubblico” non coincide necessariamente con “bene fornito<br />
dallo Stato”. Si possono <strong>per</strong>seguire finalità di interesse pubblico<br />
e generale anche con forme privatistiche, più adatte ed efficaci<br />
sul piano della gestione. Lo Stato deve incoraggiare la solidarietà<br />
tra i cittadini, all’interno delle com<strong>un</strong>ità a cui appartengono. Ma<br />
ciasc<strong>un</strong>a <strong>per</strong>sona è responsabile della propria condizione e del<br />
proprio futuro.<br />
Per essere equa <strong>un</strong>a politica di welfare non può gravare<br />
eccessivamente sulle generazioni in attività che ne assicurano il<br />
finanziamento. Non vi può essere sicurezza sociale a debito e a<br />
carico delle generazioni future, non si può progredire veramente<br />
spendendo oltre le proprie disponibilità. Il presente non è<br />
consegnato dai padri ma preso in prestito dai figli ai quali<br />
dobbiamo restituirlo.<br />
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