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<strong>Le</strong>rida Cisotto<br />

Università di Padova - Facoltà di Scienze <strong>della</strong> <strong>Formazione</strong><br />

<strong>Le</strong> <strong>trame</strong> <strong>connettive</strong> <strong>della</strong> conoscenza:<br />

Discorsi e Narrazioni<br />

Convegno nazionale<br />

EDUCARE LE EMOZIONI, I SENTIMENTI, LA RAGIONE<br />

Marina di Minturno, 28-29 aprile 2011


H. Muller, Discorso per il Nobel 2009,<br />

I miei libri sono nati dal fazzoletto di mia madre<br />

Hai un fazzoletto, chiedeva mia madre ogni mattina sul portone di casa, prima che io<br />

uscissi. Non ne avevo. E poiché non ne avevo, tornavo di nuovo in camera e mi pren-<br />

devo un fazzoletto. Ogni mattina non ne avevo, perché ogni mattina attendevo la do-<br />

manda. Il fazzoletto era la prova che mia madre, di mattina, mi proteggeva. La doman-<br />

da hai un fazzoletto era una tenerezza indiretta. Una diretta sarebbe stata imbarazzante,<br />

insolita presso i contadini. L’amore si è travestito da domanda. Il fatto che la voce fosse<br />

brusca enfatizzava ancor di più la tenerezza. Ogni mattina mi trovavo davanti al portone<br />

senza un fazzoletto e una seconda volta con un fazzoletto. Solo allora uscivo in strada<br />

come se con il fazzoletto ci fosse anche la madre. ……………………..<br />

Ma ciò che non si può dire si può scrivere. Perché la scrittura è un atto silenzioso che<br />

dalla testa confluisce nelle mani …. Mi auguro di poter dire una frase a tutti quelli cui<br />

viene tolta la dignità nelle dittature … e che sia una frase con la parola Fazzoletto.<br />

Può essere che da sempre la richiesta del fazzoletto non intenda affatto il fazzoletto,<br />

bensì l’acuta solitudine dell’uomo?


Momenti di essere<br />

Senti la trasparenza delle parole …<br />

Quando esse cessano di essere parole<br />

e diventano così intense<br />

che ti pare di viverle, di saperle.<br />

Come se elaborassero un sentimento<br />

che già provi<br />

(Virginia Wolf)


Condivisione empatica e senso di intimità<br />

Quando il racconto riesce a suscitare coinvolgimento,<br />

si carica di affettività ed emozione: Fruizione estetica<br />

SCRITTORE<br />

Racconto<br />

LETTORE<br />

SPAZIO IDEALE DI INCONTRI : LE INTERPRETAZIONI<br />

PRINCIPIO DI INTERSOGGETTIVITÀ E COOPERAZIONE<br />

CIRCOLARITÀ ERMENEUTICA : DAL SIGNIFICATO AL SENSO


• Per quale ragione, aneddoti, talora insignificanti,<br />

biografie personali, vicende più o meno complesse<br />

possono assurgere a genere letterario?<br />

• E’ indispensabile avere storie avvincenti da<br />

narrare per rendere valevole e interessante il<br />

racconto e, con esso, la propria vita? “Non ho nulla<br />

di importante, interessante, singolare da raccontare”<br />

• Ma può una vita, una vicenda o un momento<br />

qualsiasi dell’esistenza essere tanto banale e<br />

insignificante da non meritare d’essere narrato?


I CARDINI DELLE NARRATIVE<br />

La materia narrativa<br />

- I temi generativi<br />

- Reale e possibile: “Lo<br />

spazio dell’immaginazione”<br />

- Ordinarietà e conflitto<br />

- I tipi umani<br />

- Il rapporto autore-<br />

lettore- personaggio<br />

- <strong>Le</strong> metafore organizzatrici<br />

- Scenario dell’azione e<br />

scenario <strong>della</strong> coscienza<br />

Il discorso narrativo<br />

- Il linguaggio dell’evocare<br />

ambiguità, vaghezze,<br />

allusioni, le violazioni …<br />

- Gli artifizi stilisticoretorici:<br />

lessico e<br />

relazioni semantiche,<br />

costruzione del periodo..<br />

- “Tensione-orientamento”<br />

del testo: il principio<br />

dell’iceberg (cono zoom)<br />

- Diacronicità narrativa


1- Temi generativi<br />

La materia narrativa<br />

Motivi ricorrenti che attraversano l’animo umano: amore,<br />

giustizia, sogno, identità, differenza, lotta … I racconti<br />

attraversano le vite dei personaggi, ci conducono dentro<br />

alle loro intime ragioni. Presa di contatto con la propria<br />

intimità: Il sé allo specchio.<br />

2- <strong>Le</strong> finzioni narrative: reale e immaginario<br />

la narrativa non riproduce l’esistente.<br />

La materia narrativa è trasformata dal<br />

discorso narrativo: gli andamenti narrativi.<br />

I fatti al congiuntivo e loro risonanza nell’animo umano<br />

“Se bastasse essere conti, disgraziati e infelici per scrivere L’Infinito,<br />

ci sarebbero migliaia di <strong>Le</strong>opardi invece di uno solo”.


Il linguaggio dell’immaginazione<br />

PROCESSO EVOCATIVO<br />

generazione di immagini affettivamente connotate<br />

LINGUAGGIO EVOCATIVO<br />

vaghezze, ambiguità, allusioni, metafore<br />

che richiamano (non denotano) atmosfere e sensazioni<br />

Ciascuno si colloca dentro al racconto con il suo<br />

personalissimo sentire<br />

La Poetica <strong>della</strong> lettura ad alta voce: “far vedere con l’udito”


Il bambino indigeno, da K. Blixen, La mia Africa,<br />

La prima volta incontrai Kamante, un bambino kikuyu figlio di uno dei miei<br />

squatters, mentre passavo a cavallo per la pianura.Stava pascolando le capre.<br />

Era la creatura più degna di pietà che avessi mai visto. Aveva la testa<br />

grossa e il corpo spaventosamente piccolo e magro, i gomiti e le ginocchia<br />

puntuti come i nodi di un ramo, le gambe, tutte, dalla coscia al tallone,coperte<br />

di pieghe profonde. Qui, in mezzo alla pianura, sembrava incredibilmente<br />

piccolo: pareva impossibile che tanta sofferenza fosse concentrata in un<br />

punto solo. Quando mi fermai e gli rivolsi la parola non mi rispose: pareva<br />

quasi non mi vedesse. Nel viso piatto, angoloso, infinitamente paziente, gli<br />

occhi erano senza luce, annebbiati, come di un morto. Sembrava non potes-<br />

se avere più di qualche settimana di vita: si aveva la sensazione di vedere da<br />

un momento all’altro gli avvoltoi volteggiare in alto, sopra la sua testa,<br />

nell’aria chiara e fiammeggiante. Gli dissi di venire a casa mia, la mattina<br />

dopo. Volevo tentare di curarlo. Quasi ogni mattina, dalle nove alle dieci,<br />

facevo la medichessa per la gente <strong>della</strong> fattoria. Come tutti i grandi ciarlatani<br />

avevo una clientela vastissima, in genere da due a dodici visite al giorno.


IL LINGUAGGIO DELL’EVOCARE:<br />

La prosa secca, nuda, rassegnata<br />

Nel pomeriggio ci misero in fila. Tre prigionieri portarono un<br />

tavolo e degli strumenti chirurgici. Con la manica del braccio<br />

sinistro tirata su, ognuno doveva passare davanti alla tavola.<br />

Tre anziani, ago alla mano, incidevano un numero sul braccio<br />

sinistro … […]<br />

I giorni passavano. Al mattino, caffé nero. A mezzogiorno,<br />

zuppa. Alle sei del pomeriggio, l’appello. Alle nove, a letto.<br />

……………………………………………………………………………………………………………<br />

Un giorno riuscii ad alzarmi dopo aver raccolto tutte le mie forze.<br />

Volevo vedermi allo specchio: non mi ero mai più visto dal<br />

ghetto. Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava.<br />

Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più.<br />

E. Wiesel, La notte


Ruoli codificati, consentiti<br />

e apprezzati<br />

Ordinarietà e conflitto<br />

Nella routine dell’ordinario occorre far intervenire<br />

il conflitto: la rottura<br />

Comportamenti devianti<br />

e conflittuali<br />

Partecipazione emotiva alle vicende: gioco irresistibile<br />

Sfida del limite che nella quotidianità è barriera invalicabile:<br />

ispirazione per nuovi “stili di vita”<br />

breve respiro di libertà


P / S<br />

Artifizi stilistici<br />

(Pirandello)<br />

LO SCRITTORE<br />

SOPRAVANZA<br />

IL LETTORE<br />

L<br />

scrittore, lettore, personaggio<br />

1- Ironia narrativa 2- Crudezza narrativa 3- Compassione narrativa<br />

“La notte”<br />

L<br />

P/ S<br />

Fatti in primo piano<br />

Prosa scarnificata<br />

nient’altro da dire<br />

EMPATIA PERSONAGGIO<br />

-LETTORE<br />

S L P<br />

La madre di Cecilia<br />

EMPATIA SCRITTORE-<br />

LETTORE-PERSONAGGIO


«Quand’ho qualcuno attorno, non la guardo mai; ma sento che mi guard a lei , mi guard a , mi<br />

guard a senza staccarmi un momento gli occhi d’addosso.<br />

Vorrei far le intendere, a quattr’occhi, che non è nulla; che stia tranquill a , che non potevo permettermi<br />

con altri questo breve atto , che per lei non ha alcuna importanza e per me è tutto. Lo compio<br />

ogni giorno al momento opportuno, nel massimo segreto, con spaventosa gioia, perché vi assaporo, tremando,<br />

la voluttà di una divina, cosciente, follia, che per un attimo mi libera e mi vendica di tutto.<br />

Dovevo essere sicuro (e la sicurezza mi parve di poterla avere solamente con lei ) che<br />

questo mio atto non fosse scoperto . Giacché, se fosse scopert o , il danno che ne perverrebbe, e non soltanto<br />

a me, sarebbe incalcolabile,. Sarei un uomo finito. Forse m’acchiapperebbero, mi legherebbero e<br />

mi trascinerebbero, atterriti, in un ospizio di matti.<br />

Il terrore da cui tutti sarebbero presi, se questo mio atto fosse scoperto, ecco, lo leggo ora negli<br />

occhi del la mia vittima . […]<br />

La mia vittima non può parlare, è vero. Tuttavia, da qualche giorno, non mi sento più sicuro.<br />

Sono costernato e inquieto. Perché se è vero che non pu ò parlare, mi guard a , mi guard a con tali occhi<br />

e in questi occhi è così chiaro il terrore, che temo qualcuno possa da un momento all’altro accorgersene,<br />

essere indotto a cercarne la ragione.<br />

Sarei, ripeto, un uomo finito. Il valore del l’atto che io compio può essere stimato e apprezzato<br />

solamente da quei pochissimi a cui la vita si sia rivelata come d’un tratto s’è rivelata a me. […]<br />

Ebbene, fu nella scala <strong>della</strong> mia casa; fu sul pianerottolo innanzi alla mia porta.<br />

Io vidi, a un tratto, innanzi a quella porta chiusa, color di bronzo, con la targa ovale, d’ottone, su<br />

cui è inciso il mio nome, preceduto dai miei titoli e seguito da’ miei attributi scientifici e professionali,<br />

vidi ad un tratto, come da fuori, me stesso e la mia vita, ma per non riconoscermi e per non riconoscerla<br />

come mia. […]<br />

Come potrei io nella mia prigione di questa forma non mia, ma che rappresenta me quale sono<br />

per tutti, quale tutti mi conoscono e mi vogliono e mi rispettano, accogliere e muovere una vita diversa,<br />

una mia vera vita? Una vita in una forma che sento morta, ma che deve sussistere per gli altri, per tutti<br />

quelli che l’hanno messa su e la vogliono così e non altrimenti? Dev’essere questa, per forza. Serve così,<br />

a mia moglie, ai miei figli, alla società, cioè ai signori studenti universitari <strong>della</strong> facoltà di legge, ai signori<br />

clienti che mi hanno affidato la vita, l’onore, la libertà, gli averi. Serve così e non posso mutarla,<br />

non posso prenderla a calci e levarmela dai piedi; ribellarmi, vendicarmi, se non per un attimo solo, ogni<br />

giorno, con l’atto che compio nel massimo segreto. […]<br />

Ecco. Ho una vecchia cagna lupetta , da undici anni per casa, bianca e nera, grassa, bassa e pelosa,<br />

con gli occhi già appannati dalla vecchiaia. […]<br />

Non le faccio male, non le faccio nulla. Appena posso, appena qualche cliente mi lascia libero<br />

un momento, mi alzo cauto, pian piano, dal mio seggiolone, perché nessun s’accorga che la mia sapienza,<br />

temuta e ambita, la mia sapienza formidabile, di professore di diritto e d’avvocato, la mia austera dignità<br />

di marito, di padre, si siano per poco staccate dal trono di questo seggiolone; e in punta dei piedi<br />

mi reco all’uscio, a spiare nel corridoio, se qualcuno non sopravvenga; chiudo l’uscio a chiave, per un<br />

momento solo; gli occhi mi sfavillano di gioia, le mani mi ballano dalla voluttà che sto per concedermi,<br />

d’esser pazzo, d’esser pazzo per un attimo solo, d’uscire per un attimo solo dalla prigione di questa forma<br />

morta, di distruggere, d’annientare per un attimo solo, beffardamente, questa sapienza, questa dignità<br />

che mi soffoca e mi schiaccia; corro a lei , al la cagnetta che dorme sul tappeto; piano, con garbo, le<br />

prendo le due zampine di dietro e le faccio fare la carriola : le faccio muovere cioè otto o dieci passi,<br />

non di più, con le sole zampe davanti, reggendo la per quelle di dietro.<br />

Questo è tutto. Non faccio altro. Corro subito a riaprile l’uscio adagio adagio, senza il minimo<br />

cricchio, e mi rimetto in trono, sul seggiolone, pronto a ricevere un nuovo cliente, con l’austera dignità<br />

di prima, carico come un cannone di tutta la mia sapienza formidabile.<br />

Ma, ecco, la bestia , da quindici giorni, rimane come basit a a mirarmi, con quegli occhi appannati,<br />

sbarrati dal terrore. Vorrei far le intendere - ripeto – che non è nulla; che sti a tranquill a , che non<br />

mi guard i così.<br />

Comprende, la bestia , la terribilità del l’atto che compio .<br />

Non sarebbe nulla, se per ischerzo glie lo facesse uno dei miei ragazzi. Ma s a ch’io non posso<br />

scherzare; non le è possibile ammettere che io scherzi, per un momento solo; e seguit a maledettamente<br />

a guardarmi, atterrit a ».


La Complicità Narrativa<br />

Quando salì in autobus infastidì tutti. La cartella stipata di fogli altrui, l'enorme<br />

involucro che gli faceva arcuare il braccio sinistro, il fasciacollo di felpa grigia,<br />

il parapioggia sul punto di sbocciare, tutto gli rendeva difficile l'esibizione del<br />

biglietto di ritorno; fu costretto a poggiare il paccone sul deschetto del<br />

bigliettaio, provocò una frana di monetine imponderabili, tentò di chinarsi per<br />

raccattarle, suscitò le proteste di coloro che stavano dietro di lui e le cui more<br />

incutevano il panico d’aver le falde dei cappotti attanagliate dallo sportello<br />

automatico. Riuscì ad inserirsi nella fila di gente aggrappata alle passatoie;<br />

era esile di corporatura, ma l'affar<strong>della</strong>mento suo gli conferiva la cubatura di<br />

una suora rigonfia di sette sottane. Mentre si slittava sulla fanghiglia attraver-<br />

so il caos miserabile del traffico,l’inopportunità <strong>della</strong> sua mole propagò il<br />

malcontento dalla coda alla testa del carrozzone; pestò piedi, gliene pestaro-<br />

no, suscitò rimproveri e quando udì perfino dietro di sé tre sillabe che allude-<br />

vano ai suoi presunti infortuni coniugali, l'onere gl'ingiunse di voltar la testa e<br />

s'illuse di aver preso una minaccia nell'espressione sfinita degli occhi.<br />

T. di Lampedusa, La gioia e la legge


Nello scrittore inesperto<br />

S P<br />

1- racconto in III persona<br />

viene a mancare lo spazio<br />

retorico: necessità di operare<br />

linguisticamente, per ….<br />

S<br />

2 – racconto in I persona<br />

viene a mancare lo<br />

spazio retorico per la<br />

partecipazione empatica<br />

Estraneità al testo o rapporto ingenuo con la narrazione


Gli scenari <strong>della</strong> narrazione<br />

Lo scenario dell’azione<br />

Lo scenario <strong>della</strong> coscienza


Riferimenti bibliografici<br />

• Calvino I. (1993). <strong>Le</strong>zioni Americane. Milano, Mondadori.<br />

• Cerami V. (1996). Consigli a un giovane scrittore, Torino,<br />

Einaudi.<br />

• Cisotto L. (1998). Scrittura e Metacognizione, Trento,<br />

Erickson.<br />

• Cisotto L., (2005). Psicopedagogia e Didattica. Processi di<br />

insegnamento e di apprendimento, Roma, Carocci<br />

• Cisotto L. (2006). Didattica del testo. Processi e<br />

competenze, Roma Carocci.<br />

• Cisotto L. (2011), Il Portfolio per la prima alfabetizzazione,<br />

Trento, Erickson<br />

• <strong>Le</strong>vorato M. C. (2000), <strong>Le</strong> emozioni <strong>della</strong> lettura, Bologna,.<br />

Il Mulino

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