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leggi - Nazzareno Carusi

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CULTURA<br />

NOTE EDUCATIVE<br />

Un piano<br />

per suonarle<br />

alla crisi<br />

Davanti a una sinfonia di Beethoven o a una<br />

Messa di Grieg non c’è difficoltà che tenga.<br />

Dal nonno malato al figlio di poveri immigrati<br />

argentini, ecco perché «il mondo lo salverà la<br />

bellezza». Lezioni di vita di un maestro di musica<br />

di Mario Leone*<br />

Conservo nel cuore il ricordo della prima<br />

volta in cui mio padre, contadino<br />

con appena la terza elementare,<br />

mi chiese se avessi voglia di iniziare a studiare<br />

musica. Lui aveva un grande amore<br />

per l’arte dei suoni ma non poté studiarla<br />

nei difficili anni del secondo dopoguerra.<br />

Il suo invito restò sempre discreto e carico<br />

di ragioni: il punto, mi diceva, non è che tu<br />

faccia il musicista, ma ricevere un’educazione<br />

che rimanga per sempre, a prescindere<br />

da qualsiasi strada intraprenderai nel<br />

futuro. In casa si risparmiava su molte cose<br />

ma sulla musica no. Il pianoforte, le spese<br />

per le lezioni private e per i continui spostamenti,<br />

i libri, i dischi…<br />

Studiando poi la storia della musica,<br />

avrei ritrovato esempi che, si licet, mi<br />

hanno ricordato l’atteggiamento di mio<br />

padre. L’introduzione di Ludwig Van Beethoven<br />

(1770-1827) alla musica è curata<br />

direttamente dal padre che, pur avendo<br />

grossi problemi di alcolismo, tiene le prime<br />

lezioni di musica al figlio. Accortosi<br />

del talento straordinario di Ludwig, lo affida<br />

a un maestro di chiara fama come Neefe<br />

che permetterà al piccolo Beethoven di<br />

conoscere e perfezionare le innate capacità.<br />

Anche Nino Rota (1911-1979), nei primi<br />

anni di vita, frequenta assiduamente il<br />

Teatro alla Scala di Milano accompagnato<br />

dal padre. Si potrebbe pensare che in autori<br />

particolarmente “capaci” questo metodo<br />

educativo sia stato solo il necessario completamento<br />

di una genialità già di per sé<br />

spiccata. Così non è. Molti di questi musicisti<br />

infatti, partendo dalla propria esperienza,<br />

ritengono a tal punto necessaria questa<br />

educazione al bello che costruiscono opere<br />

e metodi affinché tale riconoscimento sia<br />

possibile per tutti. Lo stesso Rota nel 1971<br />

fonda la scuola media annessa al Conservatorio<br />

di Bari che lui stesso dirige (l’attuale<br />

Conservatorio musicale di Monopoli), e<br />

Un alunno di quinta, dopo aver imparato<br />

un brano sulla tastiera didattica, è corso<br />

al capezzale del nonno per farglielo sentire.<br />

Era convinto che la musica potesse fargli bene<br />

indica come decisiva per la sua formazione<br />

umana e artistica la frequentazione delle<br />

produzioni del teatro scaligero. Un altro<br />

esempio è quello di Felix Mendelssohn Bartholdy<br />

(1809-1847), che nel 1843 fonda a<br />

Lipsia un conservatorio (nel quale egli stesso<br />

sarà docente di Pianoforte e Composizione)<br />

che diventa ben presto un importante<br />

centro formativo per giovani musicisti.<br />

L’orchestra che insegna la fiducia<br />

L’intuizione che ci fosse una vera e propria<br />

emergenza educativa si è radicata in me<br />

durante gli anni passati alla Ssis, che hanno<br />

rafforzato l’idea che insegnare la musica<br />

sarebbe stata un’esperienza privilegiata,<br />

prima di tutto per me. Sono attualmente<br />

un’insegnante di musica nella scuola primaria<br />

e secondaria di I grado. Tralasciando<br />

il luogo comune che vuole i ragazzi disinteressati<br />

alla materia, in questi anni ho<br />

visto fiorire il loro interesse nei confronti<br />

della musica, e non per la mia bravura. Mi<br />

sono reso conto che, come ricordava Benedetto<br />

XVI consacrando la Sagrada Família<br />

a Barcellona, «la bellezza è la grande necessità<br />

dell’uomo». Quando la si intravede,<br />

diventa un’esigenza costante.<br />

Dopo una lezione fatta in una quarta<br />

elementare, tutta costruita intorno ai brani<br />

della suite Peer Gynt di Edward Grieg,<br />

una bambina ha chiesto alla mamma di<br />

regalarle il disco con le musiche ascoltate<br />

in classe, perché «belle e indimenticabili».<br />

La mamma mi ha cercato per chiedermi<br />

come poter recuperare il disco, anche<br />

perché, dopo settimane di “depistaggio”,<br />

la piccola insisteva nel chiederle «quella<br />

musica». In una quinta elementare un<br />

bambino, dopo aver imparato a memoria<br />

un brano suonato su una piccola tastiera<br />

didattica, è corso a casa per farlo sentire al<br />

nonno, che allora versava in cattive condizioni<br />

di salute. Interrogato dalla mamma,<br />

il bambino ha risposto che pensava che la<br />

musica potesse fargli bene.<br />

Nell’attività corale que-<br />

sta tensione al bello assume<br />

caratteristiche ancora<br />

più rilevanti perché ad<br />

essa la persona è sollecitata<br />

non solo dalla musica<br />

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CULTURA NOTE EDUCATIVE<br />

Non dimenticherò mai<br />

la Messa bassa di Fauré<br />

eseguita con un gruppo<br />

di bambini da me diretti,<br />

come saggio conclusivo<br />

di un laboratorio corale.<br />

Terminato l’ultimo<br />

brano, qualcuno ha<br />

pianto, altri si sono<br />

abbracciati tra di loro<br />

ma anche dal testo. Il lavoro in gruppo,<br />

gomito a gomito, permette al ragazzo di<br />

cogliere il senso della comunità, dell’obiettivo<br />

comune e della diversità come risorsa<br />

e non come limite. Nel coro o nelle<br />

“orchestre” s’impara a seguire e a fidarsi<br />

di un maestro che conduce al “traguardo”.<br />

Non dimenticherò mai la Messa bassa<br />

di Gabriel Fauré eseguita con un gruppo<br />

di bambini da me diretti, come saggio conclusivo<br />

di un laboratorio corale. Terminato<br />

l’ultimo brano, qualcuno ha pianto, altri si<br />

sono abbracciati tra di loro.<br />

Il segreto delle bande di paese<br />

Che la necessità di bellezza sia insita in<br />

ogni uomo, dal bambino all’adulto, l’ho<br />

capito quando ho affiancato allo studio del<br />

pianoforte quello del clarinetto, che mi ha<br />

portato a suonare nelle bande da giro della<br />

mia regione. Le bande musicali nel Centro-Sud<br />

Italia sono un autentico fenomeno<br />

sociale. Di solito sono formate in parte da<br />

musicisti che normalmente svolgono altre<br />

attività. Interessanti e simpatiche le storie<br />

di molte persone e dei loro figli o nipoti<br />

che, chiusa l’attività di calzolaio o di barbiere,<br />

in serata si radunano per imparare<br />

a suonare uno strumento. Sicuramente si<br />

tratta di un dopolavoro dilettoso, ma allo<br />

stesso tempo rappresenta anche un luogo<br />

di educazione al bello. Non a caso la banda<br />

nasce per rispondere a un semplice desiderio:<br />

poter ascoltare le celebri melodie della<br />

tradizione belcantistica italiana nelle piazze,<br />

nei luoghi del popolo (le strade) anche<br />

da parte di chi non si può permettere un<br />

biglietto a teatro. Molti illustri strumentisti,<br />

infatti, hanno scoperto la passione della<br />

musica e sono diventati professionisti<br />

proprio assecondando la semplice propo-<br />

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sta del padre o del nonno di turno a seguirli<br />

in queste “strane” prove serali.<br />

È sorprendente constatare come questa<br />

ricerca della bellezza non è arrestata<br />

neanche in un periodo di crisi economica<br />

e sociale come quello attuale, dove le parole<br />

più utilizzate sono spread, Pil, austerità,<br />

dove si moltiplicano gli atteggiamenti di<br />

disinteresse o di sopportazione “lamentosa”<br />

della crisi. Andrea è un mio alunno italo-argentino.<br />

Parlando con la sua famiglia,<br />

mi ha stupito sentire le parole dei genitori:<br />

«Professore, a nostro figlio non possiamo<br />

lasciare nulla di materiale, quindi abbiamo<br />

deciso che tutti i nostri sforzi economici<br />

saranno per la sua educazione: la scuola<br />

paritaria, le lezioni di musica e il catechismo.<br />

Questa è un’eredità che vale molto di<br />

più delle cose». Luca è il sesto di nove figli.<br />

Una famiglia che giocoforza deve stringere<br />

la cinghia. Invitato dal padre a studiare il<br />

pianoforte, Luca vi si è accostato per gioco.<br />

Dopo pochi mesi, però, ha mostrato tutto<br />

il suo talento e nelle prossime settimane<br />

proverà l’accesso al Conservatorio.<br />

Marco, invece, è un ragazzo di scuola<br />

“media” con qualche problema a casa,<br />

molto introverso. I genitori, allarmati, mi<br />

chiedono informazioni e un consiglio.<br />

Dico loro di provare con lo studio di uno<br />

strumento musicale. Il ragazzo sceglie la<br />

chitarra. Con il passare delle lezioni, vengono<br />

fuori il suo talento e la sua passione<br />

e contemporaneamente inizia un graduale<br />

processo di apertura: prima verso alcuni<br />

amici che, come lui, suonano uno strumento,<br />

poi verso tutta la classe. Oggi Marco<br />

sta mettendo su una band con il sogno<br />

di suonare un giorno in uno stadio.<br />

La storia di Marco riporta alla mente<br />

le parole di Ippolit, personaggio dell’Idio-<br />

ta di Dostoevskij (parte III, capitolo V): «È<br />

vero, principe, che voi diceste un giorno<br />

che il mondo lo salverà la bellezza? Signori<br />

– prese a gridare a tutti – il principe afferma<br />

che il mondo sarà salvato dalla bellezza!<br />

Quale bellezza salverà il mondo?».<br />

L’educazione al bello permette, al bambino<br />

come all’adulto, di scoprire le cose, stupendosi<br />

di esse; la realtà non è più percepita<br />

come negativa o limitata al proprio raggio<br />

d’azione, ma positiva e “vasta”. Il bello<br />

introduce al grande, all’infinito e al buono.<br />

Basti pensare al bambino che suona al<br />

capezzale del nonno, a Marco che supera la<br />

sua chiusura e fonda una band.<br />

<strong>Carusi</strong> e il nutrimento dell’anima<br />

È necessario, però, un nota bene. Il bello,<br />

se assume l’accezione puramente estetica,<br />

rende la persona ancora più sola, invece<br />

spalanca se è richiamo alla Bellezza.<br />

Lo diciamo meglio con le parole del pianista<br />

<strong>Nazzareno</strong> <strong>Carusi</strong>, grande talento<br />

del panorama musicale nazionale, da me<br />

interpellato: «Sono convinto che soprattutto<br />

adesso, quando il mondo sembra scivolare<br />

in un abisso privo di qualsiasi luce, il<br />

bello sia l’unica dimostrazione che qualcosa<br />

di superiore ci sovrasti senza opprimerci<br />

e ci guidi senza privarci della nostra libertà.<br />

Gli occhi dell’amata, quelli del bambino,<br />

il grazie di una mano tesa, un capolavoro<br />

d’arte, una sinfonia perfetta, l’architettura<br />

fascinosa che sia umana o naturale;<br />

ecco, ciò di cui la nostra anima si nutre è<br />

qui, in questa assoluta bellezza. E siccome<br />

non temo di credere sia prova tangibile di<br />

Dio, dire che ci salverà è come riconoscere<br />

che siamo sicuri in mano Sua».<br />

*Mario Leone cura il blog musicale<br />

“Degni di Nota” nel sito di Tempi (tempi.it)

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