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bresciaMUSICA 132 Febbraio 2013 ( PDF 2,5 Mb) - Isidoro Capitanio

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IN QUESTO NUMERO:<br />

•RICORDO DI<br />

REMO CROSATTI<br />

•ANNIVERSARI:<br />

GESUALDO DA<br />

VENOSA,VERDI,<br />

WAGNER, BETTINELLI<br />

•IL FESTIVAL DI SANREMO<br />

•SPAZIO AMATORIALE:<br />

IL CONCERTO AL GRANDE<br />

DELLA “I. CAPITANIO”<br />

•UN CORSO DI<br />

PERCUSSIONE NEL<br />

CARCERE DI VERZIANO<br />

SPEDIZIONE IN A.P. 70% - FILIALE DI BRESCIA<br />

Già si vedono iniziative<br />

di rilievo in<br />

questo <strong>2013</strong> verdiano<br />

e wagneriano,<br />

bicentenario della<br />

nascita dei due giganti<br />

dell’opera. Alla fine di<br />

gennaio si segnalava a<br />

livello nazionale un convegno<br />

sul duplice anniversario<br />

organizzato dall’Istituto<br />

Lombardo Accademia<br />

di Scienze e<br />

Lettere presso il Ridotto<br />

dei palchi della Scala di<br />

Milano con la partecipazione<br />

di autorevoli studiosi<br />

italiani, mentre nel<br />

Bresciano venivano tenute<br />

al Teatro Sociale di<br />

via Cavallotti due conferenze<br />

rispettivamente da<br />

Roberto Gazich (Wagner<br />

e la nascita della tragedia)<br />

ed Ermanno Paccagnini<br />

(Verdi e i suoi librettisti)<br />

nell’ambito della<br />

rassegna Gli incontri del<br />

Foyer curati dallo stesso<br />

Roberto Gazich che a loro<br />

volta rientrano nella<br />

Stagione di prosa del<br />

Teatro.<br />

Il buon giorno si vede<br />

dal mattino. È lecito attendersi<br />

ulteriori celebrazioni<br />

e momenti di studio<br />

di alto livello sia nel panorama<br />

nazionale sia locale<br />

(per quanto questa<br />

distinzione sia appropriata)<br />

ed è probabile che<br />

<strong>132</strong><br />

FEBBRAIO <strong>2013</strong><br />

brescia<br />

MUSICA<br />

BIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA MUSICALE<br />

DELL’ASSOCIAZIONE FILARMONICA “ISIDORO CAPITANIO”<br />

A PROPOSITO DI ANNIVERSARI<br />

OLTRE WAGNER E VERDI<br />

sentiremo parlare solo di<br />

loro, o quasi. Tuttavia, il<br />

<strong>2013</strong> non coincide solo<br />

con i numeri di Verdi e<br />

Wagner bensì, guardando<br />

al passato, anche di<br />

di CARLO BIANCHI<br />

Gesualdo da Venosa e<br />

Arcangelo Corelli, nonché<br />

di alcuni caposaldi<br />

del Novecento come<br />

Britten, Poulenc, Hindemith.<br />

Un piede nell’Otto-<br />

cento e uno nel Novecento<br />

per Mascagni, altro<br />

nome importante dell’opera.<br />

Classe 1913 era<br />

Bruno Bettinelli, che ha<br />

lasciato a suo modo<br />

un’impronta indelebile<br />

nella vita musicale italiana<br />

soprattutto tramite la<br />

sua attività di insegnamento<br />

al Conservatorio<br />

di Milano. I nomi di certi<br />

suoi allievi si commentano<br />

da soli, anche se solo<br />

pochi sono diventati<br />

compositori, e pazienteranno<br />

gli esperti se li citiamo<br />

ancora una volta: da<br />

Claudio Abbado ad Aldo<br />

Ceccato, da Riccardo<br />

Muti a Maurizio Pollini,<br />

e poi Uto Ughi, Gary Bertini,<br />

fino ai nostri Giancarlo<br />

Facchinetti e Umberto<br />

Benedetti Michelangeli.<br />

Milano sta rendendo<br />

onore alla figura di Bettinelli<br />

con varie iniziative,<br />

conferenze, tavole ro-<br />

Il 5 per mille per la “<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>”<br />

L’associazione Amici della Banda cittadina di Brescia per lo sviluppo<br />

sociale e sostenibile si impegna a sostenere tutte le attività<br />

della Banda cittadina di Brescia.<br />

Nell’apposita casella della dichiarazione dei redditi scrivete il codice fiscale<br />

9 8 1 5 2 3 9 0 1 7 9<br />

ANNO XXVII N° <strong>132</strong> - FEBBRAIO <strong>2013</strong><br />

tonde, concerti, all’interno<br />

delle “Cinque giornate”<br />

della musica in programma<br />

a partire dal 18<br />

marzo, e con un concorso<br />

pianistico intitolato al<br />

compositore nella città<br />

di Treviglio. Iniziative perfino<br />

all’università di Boston.<br />

BresciaMusica ritiene<br />

di dare ai lettori un<br />

contributo originale raccogliendo<br />

in questo numero<br />

la testimonianza di<br />

Silvia Bianchera, moglie<br />

di Bettinelli e parte attiva<br />

delle “Giornate” milanesi,<br />

che evidenzia alcuni<br />

dettagli poco noti riguardo<br />

all’attività del marito<br />

– senza tralasciare l’aggancio<br />

“bresciano” che<br />

ella rappresenta.<br />

A proposito di anniversari<br />

“bresciani”, sono trascorsi<br />

giusto vent’anni<br />

dalla scomparsa di Camillo<br />

Togni. Su una delle<br />

più importanti riviste<br />

musicologiche italiane, Il<br />

saggiatore musicale, è<br />

stato pubblicato recentemente<br />

un ampio articolo<br />

di uno studioso bresciano,<br />

Alessandro Venzi.<br />

BresciaMusica da parte<br />

sua non passerà la ricorrenza<br />

sotto silenzio. Altro<br />

anniversario bresciano,<br />

rivolto però al repertorio<br />

classico, quello di Ferdinando<br />

Gasparo Bertoni.


2 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

I<br />

o e Remo siamo stati<br />

compagni di studio, fin<br />

da piccoli, nella classe di<br />

organo dell’allora neonato<br />

Conservatorio di Brescia.<br />

All’inizio con Eva Frick, la nostra<br />

prima e giovane maestra, poi<br />

un anno con Walter Zaramella,<br />

infine con Luigi Benedetti che<br />

ci ha portati al diploma, a Milano.<br />

Remo si è diplomato un anno<br />

prima di me. Lui era nato<br />

musicista: si sedeva davanti alla<br />

consolle con la disinvoltura<br />

che è propria di chi “deve” fare<br />

musica, e lì suonava, improvvisava,<br />

leggeva a prima<br />

vista, cantava. Era molto più<br />

bravo di me, davvero, ma<br />

questa cosa non mi ha mai fatto<br />

ingelosire perché già fin da<br />

allora intuivo che ci sono predisposizioni<br />

naturali che neanche<br />

con anni di studio matto e<br />

disperatissimo avrei potuto<br />

sperare di sfiorare.<br />

Abbiamo quindi passato insieme<br />

gli anni della giovinezza,<br />

dei quali ho ricordi anche molto<br />

divertenti. Ma non ci siamo<br />

abbandonati dopo il diploma.<br />

Ci si trovava di frequente, si sapeva<br />

l’uno dell’altra, ci si voleva<br />

bene. Difficile, del resto,<br />

non voler bene a Remo, sempre<br />

gentile e disponibile.<br />

Nella vita, Remo aveva scelto<br />

di fare – oltre che l’insegnante<br />

alle scuole medie dopo<br />

un anno di docenza in un<br />

IN RICORDO DI REMO CROSATTI<br />

NATO MUSICISTA<br />

SOMMARIO DEL N° <strong>132</strong><br />

di MARIELLA SALA<br />

Conservatorio – il musicista di<br />

chiesa: ruolo sconosciuto ai<br />

più, ma importante anche se,<br />

ormai, fuori moda, almeno qui<br />

in Italia. Per fare il musicista di<br />

chiesa ci vogliono molte doti:<br />

bisogna essere disponibili non<br />

solo nel tempo, ma anche nella<br />

testa; sapere rimediare quello<br />

che occorre, spesso al momento;<br />

superare gli ostacoli imprevisti<br />

che, sempre, arrivano<br />

in una funzione (specie se importante).<br />

E, poi, ci vuole molta<br />

pazienza, virtù – questa –<br />

che (come dice il parroco della<br />

chiesa dove anche io suono<br />

l’organo) non è una noiosa<br />

virtù da vecchi.<br />

Siamo anche stati vicini, molte<br />

volte, in occasione di alcune<br />

sue idee concertistiche: lui<br />

era un vulcano, aveva idee in<br />

continuazione e riusciva sorprendentemente<br />

ad arrivare in<br />

fondo a tutte le proposte inconsuete<br />

che elaborava. Pietro<br />

Gnocchi, per esempio, l’ha<br />

scoperto lui, molti anni fa, in un<br />

concerto in Duomo con vari<br />

cori; anni dopo ha organizzato<br />

una tournée per le Ancelle della<br />

Carità riscoprendo musiche<br />

sconosciute depositate nel loro<br />

archivio; altre volte, numerose,<br />

ha organizzato i concerti<br />

per San Filippo Neri, alla Pace,<br />

presentando spesso opere<br />

nuove appositamente scritte<br />

per l’occasione. Negli ultimi<br />

anni, poi, si era dato alla ricer-<br />

pag. 1 Oltre Wagner e Verdi di Carlo Bianchi<br />

pag. 2 Ricordo di Remo Crosatti di Mariella Sala e c.b.<br />

pag. 3 Biscrome di al.m.<br />

pag. 4 Anniversari:<br />

Giuseppe Verdi e Richard Wagner<br />

di Andrea Faini<br />

Gesualdo da Venosa di Alessandra Moreni<br />

Bruno Bettinelli a cura di Carlo Bianchi<br />

pag. 8 Jazz:<br />

La recente scomparsa di Dave Brubeck<br />

di Giuseppe Gioacchini<br />

pag. 9 Rock e dintorni:<br />

Il festival di Sanremo di Piero Tarantola<br />

Isaia & l’Orchestra di Radio Clochard<br />

a cura di Olmo Chittò<br />

pag. 11 Le 4 Stagioni della musica<br />

pag. 12 Se la musica muore:<br />

Si va verso la fine del genere colto?<br />

di Augusto Mazzoni<br />

pag. 13 ... con mordente di gus.tro.<br />

pag. 14 La nuova “Officina” di Filippo Fasser<br />

a cura di Giacomo Baroni<br />

pag. 16 Spazio amatoriale:<br />

Il concerto al Teatro Grande della<br />

“<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>” di Marisa Viviani<br />

e Luigi Fertonani<br />

Il Coro “Calliope” a cura di Paola Donati<br />

pag. 19 Il concorso per studenti nell’ambito<br />

del Festival pianistico <strong>2013</strong><br />

pag. 20 Il corso di percussioni nella Casa circondariale<br />

di Verziano a cura di Paolo Tesi e Olmo Chittò<br />

pag. 22 Gli organi delle chiese di Gargnano<br />

di Umberto Perini<br />

pag. 23 La musica nella letteratura:<br />

Sospiri al pianoforte di Antonio Fogazzaro<br />

pag. 24 Canti della tradizione popolare bresciana<br />

Illustrazioni fuori testo:<br />

immagini del Concerto al Teatro Grande<br />

della Banda cittadina di Brescia<br />

[Fotografie di Gianpietro Mazzelli, Prisca Pezzagno e Luciano Saia ]<br />

ca musicologica, pubblicando<br />

numerosi (e consistenti) volumi:<br />

il catalogo dell’archivio musicale<br />

della Pace, per esempio,<br />

o l’ancora più voluminoso catalogo<br />

del Fondo musicale delle<br />

Ancelle della Carità.<br />

Per non dimenticare poi il<br />

lungo impegno con il suo Insieme<br />

Vocale Gregoriano che ha<br />

fatto sentire, per molti anni,<br />

quel canto durante le Messe<br />

nel nostro Duomo.<br />

Qualche mese fa, era estate,<br />

ha regalato molti dei suoi libri<br />

alla Biblioteca del Conservatorio<br />

(se guardate, nel catalogo<br />

di SBN, talvolta si trova<br />

scritto, in nota, “Dono di Remo<br />

Crosatti”). E io, intanto che insieme<br />

guardavamo i libri, gli facevo<br />

presente con amarezza<br />

che non mi pareva un bel gesto<br />

disfarsi di una biblioteca,<br />

cosa preziosa in sé e che poteva<br />

ancora essergli molto utile.<br />

C<br />

redo che fosse un Siheko,<br />

uno di quei mezzacoda<br />

coreani che<br />

forse non suonano come<br />

gli Yamaha ma vanno benissimo<br />

per chi come me preparava<br />

l’ottavo e poi il diploma.<br />

Si trovava al terzo o quarto<br />

piano dell’oratorio di S. Agata,<br />

dove Remo aveva il suo stu-<br />

Ma lui diceva che doveva fare<br />

un trasloco (proprio così: un<br />

trasloco) e che nella nuova casa<br />

i libri non ci potevano stare.<br />

È stata l’ultima volta che ci<br />

siamo visti. Era ammalato. Senza<br />

troppo clamore, perché era<br />

una persona molto riservata<br />

SULLA PUNTA DELLE DITA<br />

dio, in un mare di libri, spartiti e<br />

strumenti d’epoca. Lui era stato<br />

di una disponibilità rara,<br />

quasi inaspettata, per me, che<br />

non lo conoscevo, quando gli<br />

chiesi se potevo esercitarmi su<br />

quel pianoforte onde svincolarmi<br />

un po’ dal mio verticale e<br />

non tartassare sempre i miei familiari<br />

con il maledetto Gradus<br />

nel suo privato. E poi se ne è<br />

andato, troppo presto, una<br />

mattina di gennaio. Il giorno<br />

del suo funerale nevicava.<br />

La città ha perso un grande<br />

musico (definizione da lui scelta<br />

per il suo ex-libris), io anche<br />

un caro amico.<br />

di Clementi (passi per Bach,<br />

che è sempre musica). “Vieni<br />

pure. A me non dai fastidio,<br />

anzi mi fa piacere”. Ma non immaginavo<br />

che i pomeriggi passati<br />

su quel pianoforte erano<br />

parte di un mondo musicale<br />

che mi si stava schiudendo.<br />

segue alla pagina 3


segue dalla pagina 2<br />

Eravamo entrati in contatto<br />

tramite due membri del gruppo<br />

di canto gregoriano che lui<br />

aveva fondato e dirigeva, Bruno<br />

Angoscini e Giambattista<br />

Tura (anni dopo avrebbero dato<br />

vita per conto loro a un coro<br />

di canti popolari molto apprezzato,<br />

“Le Rocce Roche”,<br />

testimoniando secondo me il<br />

valore dell’esperienza con Remo).<br />

Già che ero lì a studiare,<br />

mi invitò a un concerto in cui<br />

dovevano eseguire pagine del<br />

lliber vermell.<br />

Sapendo che avevo fatto<br />

un buon liceo, mi chiese di tradurre<br />

un testo dal latino all’italiano<br />

per le letture, lo ricordo<br />

benissimo, Stella splendens.<br />

“Ma visto che la musica la sai,<br />

perché non vieni anche a girarmi<br />

le pagine all’organo?”.<br />

Tra un canto e l’altro aveva infatti<br />

l’abitudine di suonare dei<br />

pezzi organistici a sé stanti, per<br />

dare varietà al concerto.<br />

E fu lì, voltandogli le pagine<br />

di una qualche Toccata, che<br />

mi resi conto che dietro quei<br />

modi cortesi e quel volto sempre<br />

sorridente si annidava, in<br />

verità, un gran musicista.<br />

Forse quella Toccata non la<br />

leggeva per la prima volta, ma<br />

la sua facilità esecutiva era<br />

sconcertante, specie se rapportata<br />

alla difficoltà del pezzo.<br />

Ero più in difficoltà io a seguire<br />

il rigo. “Aspetta che abbia<br />

finito di leggere, prima di<br />

girare” si preoccupò di avvertirmi,<br />

e mentre scandiva questa<br />

frase suonava in totale indipendenza<br />

una specie di contrappunto<br />

doppio in sovrapposizione<br />

al bordone dei pedali.<br />

Era quella rara capacità di<br />

Opinioni<br />

Recentemente, nel corso di una<br />

intervista, un illustre concertista<br />

ha affermato che<br />

per capire Chopin è sufficiente<br />

ascoltare alcuni suoi Preludi, come,<br />

per capire Beethoven, ascoltare le sue<br />

Bagattelle per pianoforte. Forse intendeva<br />

dire che nei Preludi e nelle Bagattelle<br />

c’è, per così dire, un particolarissimo<br />

concentrato di energia musicale,<br />

chopiniana e beethoveniana. Opinione<br />

condivisibile. Ci si consenta però<br />

di osservare che affermazioni siffatte,<br />

nella loro perentorietà, si prestano facilmente<br />

a generare equivoci, come<br />

quello di credere che, una volta individuate<br />

quelle che ci sembrano le pagine<br />

più salienti di un compositore, il resto<br />

sia di secondario rilievo, addirittura<br />

trascurabile, una specie di “aggiunta”<br />

non proprio necessaria. Vengono in<br />

mente, a proposito, i pronunciamenti<br />

tipo: “La Traviata è un’opera meravigliosa,<br />

e così verdiana, che, per capire<br />

Verdi, non c’è bisogno d’altro”<br />

(l’abbiamo letta su un settimanale).<br />

Affermazioni dettate certo dall’entusiasmo<br />

di chi scopre qualcosa di entusiasmante,<br />

ma forse anche dalla inclinazione<br />

a concedere spazio al gusto<br />

dell’esprimersi per paradossi, e forse<br />

anche dalla tendenza che giace<br />

nel nostro inconscio a voler dare valore<br />

assoluto a una nostra più o meno<br />

estemporanea opinione (le opinioni, si<br />

“avere la musica sulla punta<br />

delle dita” come diceva Mendelssohn<br />

a proposito dei grandi<br />

pianisti, che però nell’organo<br />

si unisce a quella dei piedi.<br />

Questo volevo ribadire per<br />

evitare che andasse dimenticato<br />

nel caso non si cogliesse<br />

dalle sue incisioni e dato che<br />

non sono cose scritte. A differenza<br />

di altre: perché poi Crosatti<br />

ha curato alcuni lavori<br />

editoriali significativi per la storia<br />

della vita musicale a Brescia,<br />

su fondi, istituzioni, congregazioni<br />

e compositori, e fra<br />

le varie cose ha anche scritto<br />

parecchia musica – mi pare<br />

addirittura qualche oratorio –<br />

che saranno i segni più evidenti<br />

del suo ricordo.<br />

Lo avevo incontrato ancora<br />

negli ultimi tempi, affabile come<br />

al solito. “E un po’ che non<br />

vieni a suonare ma ti vedo<br />

sempre volentieri, e poi ti leggo<br />

sempre su BresciaMusica”.<br />

Ti sia lieve la terra, Remo.<br />

Quelli che ti hanno conosciuto<br />

davvero sapevano che la tua<br />

religiosità non era solo nella<br />

musica.<br />

c.b.<br />

SOSTENETE<br />

BRESCIAMUSICA<br />

ASSOCIANDOVI<br />

ALLA<br />

FILARMONICA<br />

“ISIDORO<br />

CAPITANIO”<br />

sa, si muovono nella soggettività, ma è<br />

irresistibile il bisogno di pensarle, direbbero<br />

i filosofi, come epistéme, vale a<br />

dire come certezza incontrovertibile).<br />

Diversamente opinando, e concedendoci<br />

a una lapalissiana ovvietà,<br />

potremmo però anche essere dell’opinione<br />

che per capire Chopin, o<br />

Beethoven, o etc. etc. quant’altri potremmo<br />

elencare, sarebbe bene<br />

ascoltarli con qualche apprezzabile<br />

attenzione alla ampiezza di quel che<br />

ci hanno lasciato in eredità. Certo siamo<br />

tutti indaffarati in mille impegni e<br />

quotidiane quisquilie, e non si può<br />

concedere molto tempo all’“ozio”<br />

dell’ascolto. Però visto che quell’eredità<br />

è lì, disponibile per chi la voglia<br />

godere, forse è il caso di concederle<br />

qualcosa del nostro tempo. Se è vero<br />

come pare sia vero, che la musica<br />

“favorisce la crescita del nostro esserci<br />

come uomini” cerchiamo di conoscerla.<br />

Non accontentiamoci di un<br />

Preludio di Chopin o di una Bagattella<br />

di Beethoven, e nemmeno, per capolavoro<br />

che sia, de La Traviata. C’è<br />

qualcos’altro; molto altro.<br />

Le due facce della musica<br />

Abbiamo già avuto l’occasio<br />

ne di accennare, in questa<br />

rubrica, alla opinione che<br />

attribuisce alla musica le<br />

<br />

BISCROME<br />

caratteristiche e le qualità di una<br />

“droga”. Una droga che consente<br />

l’oblio della realtà. Come tale, straordinario<br />

conforto, ma anche preoccupante<br />

strumento di “allontanamento”<br />

da qualunque assunzione di responsabilità.<br />

Obliosa indifferenza. Perfino<br />

Daniel Barenboim, che di musica abbondantemente<br />

si intende e si nutre<br />

(pianista più che eccellente, direttore<br />

d’orchestra impegnatissimo, convinto<br />

assertore della utilità “sociale” della<br />

musica) in un suo libretto-intervista da<br />

poco dato alle stampe afferma: “Se<br />

vuoi dimenticare tutto e scappare dai<br />

problemi e dalle difficoltà, o semplicemente<br />

dall’esistenza, la musica è il<br />

modo perfetto”.<br />

Inquietante concessione a una diffusa<br />

convinzione? Probabilmente no.<br />

Poco più oltre, infatti, nello stesso testo,<br />

si legge: la musica è “uno dei modi<br />

migliori di apprendere qualcosa<br />

della vita umana”. Siamo di fronte a<br />

una contraddizione? Insomma: è una<br />

droga che ci permette di sottrarci alla<br />

realtà o è uno strumento di conoscenza<br />

della realtà?<br />

Può sembrare un comodo stratagemma<br />

– di quelli che servono per salvare<br />

capra e cavoli – se diciamo che<br />

la musica è l’una e l’altra cosa? Forse<br />

no. Possiamo infatti tranquillamente<br />

osservare che questa è la “ambi-<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 3<br />

guità” della musica: ambiguità inquietante,<br />

ma affascinante. E altamente<br />

produttiva. Si tratta, del resto, di una<br />

ambiguità che è propria anche di tutte<br />

le altre arti, ma che certo nella musica<br />

è di più evidente e corposa evidenza.<br />

Non per niente gli antichi greci<br />

avevano inventato il mito delle Sirene<br />

(la musica che affascina e “distrae”,<br />

perfino può “uccidere”) e al<br />

tempo stesso attribuito alla musica origine<br />

divina: un dono degli dei. Si creda<br />

o no negli dei e nei loro possibili doni,<br />

certamente la musica ci dà conoscenza<br />

della realtà nella molteplicità<br />

della sua fenomenicità (ogni pagina<br />

musicale dà voce a qualcosa di umano)<br />

e, contemporaneamente, proprio<br />

in forza di questa conquista di “conoscenza”,<br />

ci appaga, ci “affascina”. E<br />

anche Barenboim, infatti, poco più oltre<br />

dice: la musica “da un lato offre la<br />

possibilità di evadere dalla vita e dall’altro<br />

di capirla molto meglio”. In questa<br />

compresenza di “evasione” e di<br />

strumento di conoscenza sta indubbiamente<br />

la forza (“il dono divino”)<br />

della musica. Ognuno può sperimentarlo,<br />

e riuscire a vivere di entrambi di<br />

questi suoi due risvolti, di queste sue<br />

due facce. Anche se, certamente (va<br />

proprio detto) in alcuni momenti, nei<br />

quali la realtà è insopportabile, il risvolto<br />

“conforto”, o “evasione” che sia, si<br />

fa preponderante. E non è il caso di<br />

rimproverarcelo.<br />

al.m.<br />

Forse non tutti sanno che... la Banda cittadina di Brescia è la più antica istituzione musicale della provincia


4 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

T<br />

ripla V o Volkswagen?<br />

Scegliete il gioco di parole<br />

che preferite, ma<br />

rassegnatevi: nel <strong>2013</strong><br />

sentiremo parlare solo di loro,<br />

Verdi e Wagner. Sono passati<br />

duecento anni dalla nascita<br />

dei due giganti del teatro musicale<br />

dell’Ottocento e l’occasione<br />

è troppo ghiotta per non<br />

riaccendere la miccia di un<br />

mai sopito confronto tra il principe<br />

del melodramma e il demiurgo<br />

dell’opera d’arte totale.<br />

Concerti, incisioni discografiche,<br />

saggi, dibattiti, tavole rotonde<br />

su Verdi e Wagner ci terranno<br />

compagnia per i prossimi<br />

dodici mesi e, pur setacciando<br />

un terreno crivellato da<br />

infinite esplorazioni, promettono<br />

di svelarci nuovi segreti della<br />

strana coppia e magari di<br />

dichiarare infine il vincitore della<br />

secolare contesa per la corona<br />

di re dell’opera musicale.<br />

Naturalmente, non ci riusciranno:<br />

gli anniversari sono come<br />

le elezioni, decisivi... fino alla<br />

prossima volta. Ma per non<br />

lasciarsi sorprendere e orientarsi<br />

nel mondo della tripla V, ecco<br />

un breve vademecum che<br />

raccoglie (quasi) tutto quello<br />

che dovremmo sapere di loro.<br />

Dalla A alla Z.<br />

A come Antisemitismo<br />

È la macchia indelebile che<br />

sfregia l’arte dell’autore del<br />

Lohengrin. Nel feroce libello del<br />

1850 Il giudaismo nella musica<br />

Wagner semina parole di pietra,<br />

che sembrano non lasciare<br />

spazio a dubbi: “Diventare uomo<br />

nello stesso tempo di noi,<br />

ciò significa per l’Ebreo cessare<br />

di essere Ebreo [...] c’è un solo<br />

modo per scongiurare la maledizione<br />

che pesa su di voi: la redenzione<br />

di Assuero, l’annientamento”.<br />

E a molti è parso di<br />

riconoscere tratti più o meno<br />

velatamente antisemiti anche<br />

nei drammi musicali di Wagner.<br />

Eppure, tra i fedelissimi della<br />

cerchia del compositore, non<br />

mancavano gli ebrei, come il<br />

suo direttore d’orchestra favorito,<br />

Hermann Levi. E molti direttori<br />

ebrei hanno alzato la bacchetta<br />

per dirigere Wagner,<br />

compreso Daniel Barenboim,<br />

che nel 2001 ruppe l’incantesimo<br />

di pregiudizi che teneva<br />

lontana la musica wagneriana<br />

da Israele. Come spesso accade<br />

– si pensi anche a Nietzsche<br />

– la storia successiva – il nazismo,<br />

lo sterminio – distorce la<br />

visione del passato: se indubbiamente<br />

Wagner fu antisemita,<br />

ebbe a cuore assai più la<br />

sua arte, vero spartiacque tra<br />

amici e nemici. Il critico musicale<br />

Hanslick viene messo alla<br />

berlina nei panni del Beckmesser<br />

dei Maestri Cantori assai più<br />

perché fiero anti-wagneriano<br />

che perché ebreo.<br />

B come Bayreuth<br />

Insieme apoteosi e tramonto<br />

del Romanticismo, la musica di<br />

Wagner aspirò più di ogni altra<br />

a diventare religione, culto per<br />

iniziati, porta d’accesso all’Assoluto.<br />

E come ogni religione<br />

che si rispetti, richiese la costruzione<br />

di un tempio per la propria<br />

adorazione e questo tempio<br />

è il teatro di Bayreuth. Edificato<br />

con il denaro di Ludovico<br />

II di Baviera – ultimo e più munifico<br />

di una lunga lista di benefattori<br />

dell’arte wagneriana –<br />

le idee di Wagner e il braccio<br />

dell’architetto Gottfried Semper,<br />

fu inaugurato nel 1873. Tra<br />

le innovazioni che lo caratterizzano,<br />

spicca la “scomparsa”<br />

dell’orchestra, occultata nel<br />

cosiddetto “golfo mistico”,<br />

commentatore invisibile delle<br />

vicende rappresentate sulla<br />

scena. Ancora oggi, Bayreuth<br />

è meta di pellegrinaggio obbligatoria<br />

per i wagneriani osservanti.<br />

C come Colonialismo<br />

È l’accusa che alcuni, tra cui<br />

Edward Said, hanno mosso ad<br />

ANNIVERSARI<br />

GIUSEPPE VERDI (1813-1901) E RICHARD WAGNER (1813-1883)<br />

VADEMECUM PER DUE GRANDI<br />

di ANDREA FAINI<br />

Aida, opera che Verdi compose<br />

nel 1870 per l’inaugurazione<br />

del Canale di Suez; troppi finti<br />

esotismi tradirebbero l’appropriazione<br />

mistificante dell’Oriente<br />

da parte dell’Occidente.<br />

Se Verdi in effetti si compiacque<br />

di qualche effetto retorico,<br />

la musica pare tuttavia<br />

parteggiare più per gli Etiopi<br />

oppressi che per gli Egizi imperialisti.<br />

E più che un saggio antropologico,<br />

l’Aida rimane uno<br />

spettacolo sfarzoso e monumentale.<br />

D come Donne<br />

Nella vita di entrambi i compositori<br />

ci furono un primo matrimonio<br />

nel 1836 e due mogli,<br />

ma le similitudini – in fatto di<br />

rapporti con l’universo femminile<br />

– finiscono qui. Verdi, infatti,<br />

si sposò due volte con convinzione<br />

e due volte rimase dolorosamente<br />

vedovo: prima<br />

con Margherita Barezzi, figlia<br />

del primo benefattore e mecenate<br />

di Verdi, spentasi nel 1840<br />

dopo aver sepolto due figli, e<br />

poi con la cantante Giuseppina<br />

Strepponi, con cui condivise<br />

per lunghi anni amore e musica.<br />

Wagner, invece, si sposò<br />

prima con la mediocre cantante<br />

Minna Planner, senza<br />

amarla – almeno a suo dire –<br />

ma solo cercando un antidoto<br />

alla propria mancanza di senso<br />

pratico. La tradì in innumerevoli<br />

occasioni, a volte per amore<br />

– come con Mathilde Wesendonck,<br />

musa ispiratrice del Tristano<br />

– a volte per interesse,<br />

circuendo dame e fanciulle<br />

per puntellare la sua sempre<br />

catastrofica situazione finanziaria.<br />

Infine, abbandonata<br />

Minna, si risposò con Cosima Liszt,<br />

figlia del compositore e moglie<br />

di Hans von Bülow, direttore<br />

d’orchestra e suo grande<br />

ammiratore, che gradì assai<br />

poco lo scippo. Cosima darà<br />

alla luce tre figli e, alla morte<br />

del marito, prenderà le redini di<br />

Bayreuth come depositaria<br />

della sua memoria artistica.<br />

E come Educazione musicale<br />

Sia V. che W. non ebbero<br />

certo la strada spianata nel<br />

coltivare le proprie attitudini<br />

musicali. Verdi, che aveva ricevuto<br />

nella natia Busseto i rudimenti<br />

della composizione, non<br />

fu ammesso al Conservatorio<br />

di Milano – che oggi porta il<br />

suo nome! – per aver superato<br />

i limiti d’età, e si dovette accontentare<br />

delle lezioni di contrappunto<br />

di Vincenzo Lavigna<br />

e di frequentare i teatri musicali<br />

per carpirne i segreti. A<br />

Wagner andò anche peggio.<br />

A cinque anni venne avviato<br />

allo studio del pianoforte, presto<br />

interrotto perché il suo insegnante<br />

lo giudicò del tutto privo<br />

di talento; l’anno seguente<br />

si riprovò col violino, con analoghi<br />

risultati. Così Wagner dovette<br />

aspettare i sedici anni – e<br />

un ascolto rivelatore del Fidelio<br />

di Beethoven – per decidere di<br />

diventare un compositore, formandosi<br />

prodigiosamente come<br />

autodidatta.<br />

F come Falstaff<br />

All’ultima opera, dopo decenni<br />

di fortune costruite sulla<br />

tragedia, Verdi firma un capolavoro<br />

di musica e umorismo.<br />

Nel raccontare in pentagramma<br />

le vicende shakespeariane<br />

del ridicolo Sir Falstaff, il compositore<br />

di Busseto dimostra di<br />

aver compreso la lezione del rivale<br />

Wagner, morto dieci anni<br />

prima, trovando nuove formule<br />

per coniugare parole e note,<br />

in un irresistibile addio al<br />

melodramma, in bilico tra sorriso<br />

e malinconia.<br />

G come Gesamtkunstwerk<br />

Nella lingua di Dante: opera<br />

d’arte totale. È il concetto su<br />

cui poggia l’intera estetica di<br />

Wagner: rifacendosi alla tragedia<br />

greca, nella sua opera il<br />

compositore mirava a recuperare<br />

la perduta unità di parola,<br />

musica e danza (con quest’ultima<br />

un po’ defilata, per la verità).<br />

Per questo divenne anche<br />

librettista dei suoi drammi<br />

musicali, riassumendo così in<br />

una sola, titanica visione l’atto<br />

della creazione artistica.<br />

H come Habanera<br />

No, questa in Verdi e Wagner<br />

proprio non c’è. Però, ricordandoci<br />

Carmen, ci ricorda<br />

che l’opera dell’Ottocento<br />

non è tutta nel segno della tripla<br />

V.<br />

I come Isotta (e Tristano)<br />

Il capolavoro di Wagner.<br />

Una macchina drammatica<br />

perfetta e una musica sublime,<br />

inquieta e sensuale, bruciata<br />

da una tensione armonica mai<br />

consumata, sono le architravi<br />

di un dramma che esprime<br />

segue alla pagina 5


segue dalla pagina 4<br />

nella maniera più alta la battaglia<br />

di Amore e Morte. Apoteosi<br />

del Romanticismo – le<br />

emozioni soverchiano la ragione,<br />

l’assoluto afferrato nella<br />

notte che sfugge al sorgere<br />

del giorno – ne rappresenta<br />

anche il tramonto, facendo<br />

esplodere nella figura di Tristano<br />

fragilità e incongruenze<br />

che anticipano le angosce<br />

dell’uomo del Novecento.<br />

L come Leitmotive<br />

Sopprimendo la poco realistica<br />

distinzione tra recitativi<br />

(che sospingono la narrazione)<br />

e arie (che esprimono gli “affetti”<br />

dei personaggi sulla scena)<br />

tipica dell’opera italiana,<br />

Wagner ha bisogno di trovare<br />

nuovi perni a cui ancorare la<br />

struttura fluida della sua melodia<br />

infinita. Li trova in quelli che<br />

battezza Grundthemen e poi<br />

saranno chiamati Leitmotive,<br />

cioè motivi conduttori: ogni<br />

personaggio o situazione drammatica<br />

viene associato a un<br />

inciso musicale, che ricorre<br />

ogni qual volta questi si presentano<br />

o sono evocati sulla scena.<br />

Per l’opera musicale, è la<br />

conquista della terza dimensione:<br />

parole e musica non solo<br />

sono portatrici di autonomi<br />

significati, ma realizzano una<br />

polifonia delle idee in cui ogni<br />

parte rimanda al tutto e viceversa.<br />

Una rivoluzione dal successo<br />

duraturo, basti osservare<br />

come il principio dei Leitmotive<br />

sia massicciamente impiegato<br />

nelle colonne sonore dei film.<br />

M come Messa di Requiem<br />

Verdi ci aveva già provato<br />

nel 1869 per celebrare la morte<br />

di Rossini, ma era riuscito a<br />

completare solo un brano, Libera<br />

me. Nel 1873, per la morte<br />

di Alessandro Manzoni, come<br />

lui padre nobile della giovanissima<br />

Italia indipendente,<br />

al compositore riuscì infine di<br />

scrivere un’intera Messa di Requiem.<br />

Ateo dichiarato, Verdi<br />

donò alla pagina sacra il fuoco<br />

del melodramma, trasformando<br />

l’invocazione al cielo<br />

in un conflitto tra l’uomo e il<br />

destino che a volte esplode<br />

con violenza – come nel celebre<br />

Dies Irae – altre si inabissa<br />

in un oscuro scrutare oltre l’ultimo<br />

orizzonte, reso con una tavolozza<br />

armonica di spiazzante<br />

modernità.<br />

N come Nabucco<br />

Il primo grande successo<br />

verdiano, accolto con tripudio<br />

alla prima al Teatro della Scala<br />

1842. Un trionfo che si vuole legato<br />

agli afflati risorgimentali<br />

che attraversano l’opera – in<br />

realtà quasi esclusivamente<br />

circoscritti al Va’ pensiero cantato<br />

su melodia felicissima intonata<br />

dal coro degli ebrei prigionieri<br />

a Babilonia – ma deriva<br />

anche dalla schiettezza<br />

che da lì in poi caratterizzerà il<br />

linguaggio musicale verdiano,<br />

capace di esprimere una leggerezza<br />

popolare anche descrivendo<br />

aspre tragedie.<br />

O come Otello<br />

Penultima opera verdiana,<br />

sbocciata dopo vent’anni di silenzio,<br />

è la prova che: 1) Tra<br />

Verdi e Shakespeare c’è una<br />

consonanza profonda, nel segno<br />

di un affine senso del tea-<br />

tro. 2) Verdi ha ascoltato Wagner:<br />

le forme chiuse si aprono,<br />

le transizioni orchestrali fanno<br />

lievitare le melodie vocali, il<br />

flusso sonoro scorre riflettendo<br />

il tempo della vita. 3) Verdi non<br />

si arrende a Wagner: nell’opera<br />

riaffiorano come relitti fecondi<br />

forme antiche, echi della<br />

storia del melodramma, occhiate<br />

al passato dagli sviluppi<br />

imprevedibili. Conservazione e<br />

innovazione: per non scontentare<br />

il pubblico, ma anche per<br />

disegnare una via personale<br />

verso la modernità.<br />

P come Parsifal<br />

L’ultimo dramma musicale di<br />

Wagner e il compimento del<br />

suo sogno d’artista. Se tutta la<br />

poetica wagneriana si fonda<br />

sul recupero di un’unità perduta,<br />

rappresentata dalla metafora<br />

dell’androginia come<br />

superamento della distinzione<br />

tra i sessi – non è un caso che<br />

in tutti i drammi wagneriani, su<br />

tutti il Tristano, attraverso il sacrificio<br />

d’amore della protagonista<br />

femminile si celebri<br />

un’ideale fusione con la controparte<br />

maschile – Parsifal,<br />

eroe-redentore senza macchia,<br />

ne rappresenta l’incarnazione.<br />

Rappresentazione sacra<br />

ANNIVERSARI<br />

concepita per il teatro-tempio<br />

di Bayreuth, è il vertice della<br />

concezione romantica dell’arte<br />

come religione, capace di<br />

offrire agli uomini una via di salvezza<br />

attraverso la bellezza. E<br />

non pare azzardato ritenere,<br />

considerato l’ego del personaggio,<br />

che sotto i panni del<br />

suo medievale salvatore Wagner<br />

immaginasse se stesso.<br />

Q come Quartetto<br />

Verdi non è solo opera: ha<br />

scritto un solo quartetto, ma è<br />

un capolavoro.<br />

R come Ring<br />

L’Anello del Nibelungo, la Tetralogia,<br />

è uno dei progetti<br />

creativi più monumentali mai<br />

concepiti da mente umana.<br />

Quattro drammi musicali – dall’Oro<br />

del Reno al Crepuscolo<br />

degli Dei – e quindici ore di<br />

musica, per raccontare la nascita<br />

e la fine di un mondo, un<br />

mitologico eterno ritorno in cui<br />

si dibattono ambizione, sacrificio,<br />

amore e vendetta. È quasi<br />

una trasposizione drammatica<br />

dell’estetica wagneriana: tre<br />

figlie del Reno come le tre arti<br />

sorelle, il malefico “ebreo” Alberich<br />

che rinunciando all’amore<br />

per conquistare il potere<br />

rompe l’equilibrio naturale per<br />

imporre la supremazia della<br />

tecnica, l’eroina Brunhilde che<br />

sacrificando la vita per l’amato<br />

Sigfrido rompe la maledizione<br />

e ripristina l’unità perduta.<br />

Più che un’avventura teatrale,<br />

un’esperienza estetica che è<br />

come la musica: non si può<br />

raccontare, ma soltanto vivere.<br />

S come Successo<br />

In vita arrise più a Verdi che<br />

a Wagner. Salvo rare eccezioni,<br />

l’autore di Rigoletto fu presto<br />

riconosciuto come il più illustre<br />

operista italiano e celebrato<br />

come gloria nazionale da<br />

un pubblico che non cessò<br />

mai di coltivare, seminando innovazione<br />

nel solco delle convenzioni.<br />

Wagner, invece, faticò<br />

non poco a far apprezzare<br />

i suoi lavori e divise sempre<br />

gli spettatori in tifosi pro e contro.<br />

Oggi, dopo che tutti i divi<br />

del palcoscenico e della regia<br />

li hanno celebrati, V. e W. sono<br />

due marchi di sicuro successo,<br />

l’usato garantito che non passa<br />

mai di moda.<br />

T come Trilogia popolare<br />

A differenza che la tetralogia<br />

wagneriana – monumento<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 5<br />

musicale concepito come un<br />

unico blocco creativo – “trilogia<br />

popolare” è più che altro<br />

un’etichetta di comodo che<br />

associa tre successi verdiani –<br />

Rigoletto, Trovatore e Traviata<br />

– perché i protagonisti sono<br />

personaggi del popolo – un<br />

buffone, il figlio di una zingara<br />

e una cortigiana – e non nobili,<br />

anticipando così una tendenza<br />

che caratterizzerà il cosiddetto<br />

“verismo musicale” di<br />

Mascagni, Leoncavallo e Puccini.<br />

Tra le tre opere, scritte tra<br />

il 1851 e il 1853, la continuità è<br />

però assicurata soprattutto<br />

dalla capacità della musica<br />

verdiana di aderire al testo<br />

drammatico, affiancando alla<br />

sempre felice vena melodica<br />

un uso più accorto delle potenzialità<br />

orchestrali e un arricchimento<br />

del vocabolario armonico.<br />

Non manca qualche<br />

effetto facile di pronto consumo<br />

per il pubblico – la trilogia è<br />

popolare anche in questo senso<br />

– ma altrimenti non sarebbe<br />

stato melodramma.<br />

U come Un giorno di regno<br />

Il grande fiasco verdiano.<br />

Seconda opera del compositore,<br />

è un lavoro buffo scritto<br />

mentre il compositore piangeva<br />

la perdita della prima moglie,<br />

su un libretto vecchio e<br />

scadente. Un cocktail perdente<br />

e la Scala non perdonò.<br />

V come Viva Verdi<br />

Viva Vittorio Emanuele Re<br />

D’Italia. Grazie all’acrostico, il<br />

cognome del compositore divenne<br />

un motto dello spirito risorgimentale<br />

italiano, ma non<br />

si tratta solo di una fortunata<br />

coincidenza: Verdi, in maniera<br />

più o meno esplicita, nelle sue<br />

opere lasciò trasparire alti sentimenti<br />

patriottici, solleticando<br />

anche per questo l’entusiasmo<br />

del pubblico. E non è quindi un<br />

caso neppure che, nel 1874,<br />

Verdi diventi Senatore del Regno<br />

d’Italia; peccato che, da<br />

allora, i compositori abbiano<br />

perso la buona abitudine di sedersi<br />

nella stanza dei bottoni<br />

(con le conseguenze che sappiamo<br />

per la musica del nostro<br />

Paese).<br />

W come Wagneriani e Wagnerismi<br />

Wagner fece di tutto per diventare<br />

una religione e in gran<br />

parte ci riuscì già in vita. Tra i<br />

wagneriani di stretta osservanza,<br />

vanno ricordati Franz Liszt e<br />

Anton Bruckner, oltre ad una<br />

lunga schiera di per lo più trascurabili<br />

epigoni. Ma il “fenomeno<br />

Wagner” – ed è un fatto<br />

unico nella storia della musica<br />

– fu soprattutto una febbre culturale<br />

che contagiò poeti come<br />

Baudelaire, scrittori come<br />

Thomas Mann e D’Annunzio, filosofi<br />

come Nietzsche e tanti<br />

altri, influenzando persino i detrattori.<br />

Simbolismo, decadenza,<br />

tragedia: nel wagnerismo si<br />

indovinano le tracce che conducono<br />

al ventesimo secolo.<br />

Z come Zum - pa - pa<br />

Per i detrattori, la musica di<br />

Verdi si accartoccia sempre lì,<br />

sull’aria belcantistica appoggiata<br />

su un trito zum-pa-pa<br />

buono per tutte le stagioni. E<br />

da wagneriano convinto, almeno<br />

in chiusura di articolo, lasciatemi<br />

dire che qualcosa di<br />

vero c’è.


6 - <strong>bresciaMUSICA</strong><br />

ANNIVERSARI<br />

Sono trascorsi quattrocento<br />

anni da quando<br />

Carlo Gesualdo, principe<br />

di Venosa, si spense<br />

nel suo castello. Sembra il<br />

protagonista di un’oscura leggenda<br />

d’altri tempi, ma la sua<br />

musica ci rammenta come<br />

questo incredibile personaggio<br />

sia realmente esistito.<br />

Gesualdo nasce a Venosa,<br />

piccolo scorcio partenopeo,<br />

intorno al 1560. È il capo di<br />

un’antica casata aristocratica<br />

e nipote di S. Carlo Borromeo,<br />

e la sua privilegiata condizione<br />

gli consente di dedicarsi in piena<br />

libertà allo studio della musica,<br />

avvalendosi dei maggiori<br />

maestri presenti sul territorio, e<br />

componendo per il solo piacere<br />

di scrivere musica, senza la<br />

necessità di compiacere i gusti<br />

di una superiore committenza.<br />

Gesualdo è lui stesso illustre liutista<br />

e mecenate, oltre che<br />

compositore.<br />

Carlo Gesualdo è “Principe<br />

dei musici”, libero di inventare<br />

un personale linguaggio musicale.<br />

E così fece, dando una<br />

brusca virata alla tradizione<br />

del madrigale, il genere vocale<br />

profano simbolo dell’epoca.<br />

Compone anche musica sacra:<br />

due libri di mottetti a 5 e 6<br />

voci e un libro di responsori a 6<br />

voci, ma è nel genere del madrigale<br />

che Gesualdo lascia la<br />

sua indelebile impronta nella<br />

storia della musica. Del compositore<br />

ci sono pervenuti circa<br />

centodieci madrigali a cinque<br />

voci, raccolti in sei libri.<br />

Il madrigale del Cinquecento<br />

ha poco a che vedere con<br />

quello del Trecento: la forma<br />

musicale si libera dalla costrizione<br />

delle ripetizioni strofiche, per<br />

seguire passo a passo il testo<br />

poetico nel suo svolgersi. Le voci<br />

da tre diventano cinque, le<br />

sonorità si fanno più piene, i giochi<br />

polifonici più audaci e stupefacenti.<br />

Verso la metà del XVI<br />

secolo compositori fiamminghi<br />

come Orlando di Lasso e Cipriano<br />

de Rore e italiani, tra i quali<br />

Andrea Gabrieli e Pierluigi da<br />

Palestrina, compongono madrigali<br />

sempre più sperimentali,<br />

che abbandonano l’omoritmia<br />

per introdurre giochi di “cromatismo”,<br />

ossia valori sempre più<br />

piccoli che in alternanza alle<br />

note lunghe creano varietà nella<br />

resa musicale del testo poetico<br />

(ecco che in corrispondenza<br />

di parole come “fuggire” o “volar<br />

via” la musica evapora in un<br />

guizzo ascendente).<br />

Dalla seconda metà del XVI<br />

secolo la necessità di andare<br />

oltre le regole della teoria musicale<br />

per esprimere al meglio il<br />

contenuto della poesia da musicare<br />

conducono a un progressivo<br />

superamento della<br />

tradizione. Già il bresciano Luca<br />

Marenzio, nato a Coccaglio<br />

nel 1553, fa sentire l’esigenza<br />

di cambiamento facendo<br />

abbondante uso di “madrigalismi”,<br />

ossia soffermandosi a<br />

descrivere con pennellate sonore<br />

singole parole, come<br />

“morte”, espressa con armonie<br />

dissonanti o “salir” con una linea<br />

ascendente della melodia.<br />

Marenzio utilizza anche gli<br />

artificiosi espedienti della cosiddetta<br />

“Augenmusik”, ossia<br />

“musica da vedere”, in cui le<br />

note nere appaiono in corrispondenza<br />

di parole relative<br />

all’oscurità. Nonostante queste<br />

licenze sonore, i madrigali di<br />

GESUALDO DA VENOSA (1560 CA.-1613)<br />

IL PRINCIPE IRREQUIETO<br />

Marenzio mantengono generalmente<br />

un certo equilibrio<br />

strutturale e un saldo legame<br />

alla tradizione polifonica.<br />

Gesualdo, suo contemporaneo,<br />

arriva invece a spezzare i<br />

vincoli con il passato e parla<br />

con un linguaggio proprio,<br />

creando sonorità rivoluzionarie,<br />

accostamenti prima mai<br />

sentiti e utilizzati perché ritenuti<br />

troppo violenti, insopportabili<br />

per l’orecchio umano e troppo<br />

vicini all’idea di peccato. Nel<br />

madrigale Baci soavi e cari,<br />

tratto dal I libro, Gesualdo ricrea<br />

un intreccio virtuoso delle<br />

voci, che quasi stordisce l’ascoltatore<br />

in un gioco di stretti<br />

dall’effetto ipnotico. L’uso delle<br />

dissonanze è sprezzante, di<br />

una modernità che trafigge e<br />

spiazza l’ascoltatore.<br />

È curioso notare come lo<br />

stesso testo, musicato da un<br />

primo Monteverdi (nel 1587),<br />

colui che sarà poi considerato<br />

l’apoteosi del madrigale, risulti<br />

più tradizionalista, dal canto<br />

spianato e comprensibile in<br />

ogni parola.<br />

Nei madrigali di Gesualdo<br />

di ALESSANDRA MORENI<br />

c’è tutta la doppiezza della<br />

sua anima e l’irrequietezza del<br />

suo spirito. “Non t’amo, o voce<br />

ingrata, la mia donna mi disse;<br />

e con pungente strale di duol<br />

e di martir, l’alma trafisse(...)”,<br />

così recita uno dei più interessanti<br />

madrigali del III libro.<br />

Le parole, di un certo Ridolfo<br />

Arlotti, sembrano aprire un<br />

nuovo scenario. Gesualdo fa<br />

risaltare nella musica il contrasto<br />

della serrata dichiarazione<br />

di non amore, con una dolcissima<br />

e lenta discesa melodica<br />

che si dissolve nella parola<br />

martir, come in un’amara presa<br />

di consapevolezza.<br />

***<br />

A partire dal III libro di madrigali<br />

notiamo in Gesualdo una<br />

frattura rispetto alle musiche<br />

pubblicate precedentemente:<br />

la parola morte inizia a insinuarsi<br />

quasi ossessivamente in<br />

ogni nuovo madrigale.<br />

Le tinte diventano violente,<br />

come feroce è la morte della<br />

sua sposa Maria d’Avalos, sorpresa<br />

da Gesualdo nell’atto di<br />

tradirlo. Gesualdo, per vendi-<br />

Del compositore<br />

sono<br />

pervenuti<br />

circa<br />

centodieci<br />

madrigali<br />

care l’onore ferito, la uccide<br />

barbaramente.<br />

La legge partenopea gli dà<br />

ragione, ma il compositore inizia<br />

a fuggire: prima da Napoli,<br />

per non essere a sua volta vendicato<br />

dalla famiglia d’Avalos,<br />

rifugiandosi a Ferrara e sposando<br />

Eleonora d’Este, e poi dal<br />

mondo, ritanandosi gli ultimi<br />

anni della sua vita in un’isolata<br />

e inquietante fortezza nella sua<br />

terra d’origine.<br />

La sua musica emancipata<br />

dalla tradizione, scaturisce da<br />

un modo di accostarsi troppo<br />

individuale perché potesse generare<br />

una scuola durevole.<br />

Ma i suoi madrigali dovettero<br />

comunque colpire l’attenzio-<br />

ne, se già nel 1613 venne pubblicato<br />

un volume che conteneva<br />

in partitura tutti i sei libri.<br />

Questo aspetto è interessante,<br />

se si pensa che a quel tempo<br />

venivano pubblicati in partitura<br />

quasi solo le musiche destinate<br />

agli studenti di composizione.<br />

Nel IV libro compare un raffinatissimo<br />

madrigale a carattere<br />

spirituale, dalla scrittura musicale<br />

accordale e il solenne<br />

incedere: “Sparge la morte al<br />

mio Signor nel viso tra squallidi<br />

pallori e pietosissimi horrori, poi<br />

lo rimira e ne divien pietosa;<br />

geme, sospira, e più ferir non<br />

osa. Ei, che temer la mira, inchina<br />

il capo, asconde il viso, e<br />

spira”. Il soggetto del testo che<br />

Gesualdo sceglie di musicare<br />

è la morte ingiusta, che non risparmia<br />

neppure Cristo. Dalla<br />

scelta di questo testo emerge il<br />

tormento interiore di Gesualdo,<br />

che da testi che trattano<br />

di rifiuti amorosi, passa a temi<br />

di espiazione.<br />

La modernità della sua scrittura<br />

è palese nel madrigale O<br />

dolorosa gioia, dal V libro: “O<br />

dolorosa gioia, o soave dolore,<br />

per cui quest’alma è mesta e<br />

lieta more! O miei cari sospiri,<br />

miei graditi martiri, del vostro<br />

duol non mi lasciate privo poiché<br />

sì dolce mi fa morto e vivo”.<br />

L’invocazione, che con un<br />

ossimoro esprime la natura allo<br />

stesso tempo dolce e amara<br />

dell’amore, è ben resa musicalmente<br />

da un forte cromatismo<br />

melodico che nella sovrapposizione<br />

delle voci origina giochi<br />

armonici fortemente dissonanti<br />

e all’avanguardia per i tempi. Il<br />

testo è di Guarini: assieme a<br />

Tasso rappresenta la scelta<br />

poetica preferita da Gesualdo,<br />

che però dedica anche la sua<br />

attenzione a testi di autori minori.<br />

Per cromatismo non s’intende<br />

più un accorciamento di<br />

valori, ma una melodia fatta di<br />

piccoli intervalli che intonati<br />

contemporaneamente da più<br />

voci generano sonorità aspre.<br />

Questi cromatismi armonici si<br />

infittiscono sempre di più nel VI<br />

libro. Nel madrigale Io pur respiro<br />

in così gran dolore, la sua<br />

musica “dolcemente aspra”<br />

rende al meglio il senso di sconfitta<br />

e di morte racchiuso nel<br />

testo: “E tu pur vivi, o dispietato<br />

core? Ahi, che non vi è più<br />

speme di riveder il nostro amato<br />

bene! Deh, morte, danne aita,<br />

uccidi questa vita! Pietosa<br />

ne ferisci, a la vita dia fin ed al<br />

gran duolo”.<br />

Gesualdo, a partire dalla<br />

metà del XIX secolo, per l’unicità<br />

della sua scrittura e la sua<br />

capacità di precorrere i tempi<br />

ha affascinato e ispirato molti<br />

artisti, come Richard Wagner o<br />

Igor Stravinskij, che negli anni<br />

Sessanta gli dedicò Monumentum<br />

pro Gesualdo, composto a<br />

partire dall’arrangiamento di<br />

alcuni suoi madrigali. Numerose<br />

anche le opere liriche nate intorno<br />

alla sua tormentata biografia,<br />

come Tenebrae Super<br />

Gesualdo (1972) del compositore<br />

inglese postmoderno Peter<br />

Maxwell Davies.<br />

Ancora oggi la figura di Gesualdo<br />

non smette d’incuriosire,<br />

disorientare, ispirare: da<br />

Franco Battiato al regista Werner<br />

Herzog la sua attualità è<br />

tangibile, e l’inquietante doppiezza<br />

del suo animo e della<br />

sua musica un richiamo diabolicamente<br />

irresistibile.


Negli anni scorsi, BresciaMusica<br />

ha dato spazio alla figura<br />

di Bruno Bettinelli in vari modi,<br />

ospitando un suo intervento a<br />

proposito della “questione filologica”,<br />

recensendo il volume<br />

di Giulio Mercati e realizzando<br />

un’ampia intervista al compositore.<br />

Ora in occasione del<br />

centanario della nascita, la rivista<br />

porta un ulteriore contributo<br />

con questa intervista alla<br />

moglie di Bettinelli, Silvia Bianchera.<br />

Bresciana di origine,<br />

completata la sua formazione<br />

al Conservatorio di Milano con<br />

lo stesso Bettinelli, attualmente<br />

insegna canto presso la Scuola<br />

diocesana “S. Cecilia” del Seminario<br />

Vescovile di Brescia.<br />

***<br />

Lei si pone certo in una<br />

prospettiva del tutto particolare<br />

nel restituirci la<br />

figura del maestro, per<br />

certi versi privilegiata. Anche<br />

la sua provenienza bresciana<br />

costituisce per noi un motivo di<br />

interesse.<br />

“Sono nata a Roma ma da<br />

genitori bresciani. A Brescia ho<br />

avuto le mie prime basi musicali.<br />

Ho studiato all’Istituto<br />

‘Venturi’ teoria, solfeggio e pianoforte<br />

con Ada <strong>Capitanio</strong>, armonia<br />

e composizione con Luigi<br />

Manenti. Il nome di Bettinelli<br />

ricorreva moltissimo a Brescia,<br />

tanto che io conobbi la musica<br />

di mio marito nel salone Da<br />

Cemmo in un concerto diretto<br />

da Mario Conter. Poi venni a<br />

sapere che Conter era anche<br />

suo allievo. Nella mia classe<br />

con il maestro Manenti si parlava<br />

spesso di Bettinelli, perché<br />

Manenti lo stimava molto. Del<br />

resto la stima fra i due era reciproca.<br />

Quando diedi il quarto<br />

di composizione a Milano e<br />

venni ammessa nella sua classe<br />

– era il ‘64 – lui alla prima lezione<br />

mi disse: ‘Hai studiato<br />

con Manenti? Bene, allora sei a<br />

posto, le basi le hai’”.<br />

Da cosa scaturì la decisione<br />

di spostarsi da Brescia a Milano?<br />

“All’epoca il ‘Venturi’ non<br />

era pareggiato. Quando tentai<br />

l’ammissione a Milano per<br />

composizione, già vi studiavo<br />

canto da tre anni. Fu proprio<br />

Manenti a incoraggiarmi a venire<br />

via da Brescia. Testualmente:<br />

‘Te che ta pödet va a<br />

Milà. Sta mia che en mes a<br />

chei paesà!’. Entrai nella classe<br />

di Bettinelli perché gli altri<br />

docenti tranne Maggioni portavano<br />

solo fino al settimo, invece<br />

Bettinelli e Maggioni portavano<br />

fino al diploma. Mi ritrovai<br />

con Bettinelli perché la<br />

classe di Maggioni era piena.<br />

Nella classe di Bettinelli il nome<br />

di Brescia ricorreva spesso. Già<br />

in quella prima lezione mi disse:<br />

‘Tu sei quella di Brescia? Sai<br />

che sono un po’ bresciano anch’io?’.<br />

All’inizio cercava sempre<br />

qualche frase per mettere<br />

a loro agio gli allievi. La sua<br />

nonna paterna in effetti era di<br />

Brescia. Poi era molto affezionato<br />

a Margola e a Togni. Erano<br />

tre personaggi molto legati,<br />

sempre con tante cose da dirsi,<br />

accomunati da una grande<br />

solidità musicale generale, non<br />

solo compositiva. E poi erano<br />

grandi docenti”.<br />

Ci può dire qualcosa sulle<br />

sue concezioni didattiche?<br />

“Bruno diceva sempre: ‘Quando<br />

dò lezione, rivivo ciò che ho<br />

vissuto quando ero allievo io.<br />

Non mi permetto mai di trattare<br />

male un allievo perché la fatica<br />

che vedo in loro è la stessa fatica<br />

che ho fatto io’. Era molto<br />

legato al suo maestro, Giulio<br />

Cesare Paribeni, lo considerava<br />

un secondo padre. Per quanto<br />

riguarda le sue idee in fatto di<br />

didattica, negli ultimi tempi se<br />

ne era parlato pubblicamente<br />

sulle pagine della Rivista Musicale<br />

Italiana perché Paolo Fragapane,<br />

noto docente e musicologo<br />

toscano, aveva mandato<br />

una lettera in cui asseriva<br />

di sentirsi impotente nei confronti<br />

dei suoi allievi di composizione<br />

perché non sapeva bene<br />

cosa insegnare loro. E mio marito<br />

a sua volta rispose affermando<br />

che un insegnante di composizione<br />

non deve insegnare<br />

uno stile in cui scrivere, ma de-<br />

ANNIVERSARI<br />

BRUNO BETTINELLI (1913-2004): INTERVISTA A SILVIA BIANCHERA<br />

NON SOLO MAESTRO DEI MAESTRI<br />

a cura di CARLO BIANCHI<br />

Bruno Bettinelli con la moglie<br />

Silvia Bianchera e, in mezzo,<br />

Riccardo Allorto<br />

ve fornire il materiale per farlo,<br />

come è sempre avvenuto anche<br />

per le botteghe di pittura e<br />

di scultura. Non credo che – cito<br />

a caso – il maestro di Matisse<br />

gli abbia insegnato a fare il fauvista.<br />

Gli avrà dato tutte le conoscenze<br />

che servono ad un<br />

pittore. Così, l’insegnante di<br />

composizione deve dunque<br />

dare all’allievo tutte le conoscenze<br />

che gli servono per diventare<br />

un musicista, dal gregoriano<br />

alla scrittura di Machaut,<br />

il contrappunto antico e<br />

quello più vicino a noi, il contrappunto<br />

ai tempi di Bach e di<br />

Hindemith, la strumentazione ai<br />

tempi di Vivaldi e ai tempi di<br />

Beethoven, la dodecafonia…<br />

Quando l’allievo si sarà impadronito<br />

di tutto questo, allora<br />

troverà il suo cammino musicale<br />

e la sua personalità, se ha talento.<br />

Questo era il credo di<br />

Bruno”.<br />

Si sentiva più insegnante o<br />

più compositore?<br />

“Più compositore, senza<br />

dubbio. Certo amava essere<br />

apprezzato come insegnante<br />

e che tanti ragazzi sparsi in tutto<br />

il mondo gli dimostrassero<br />

gratitudine, anche quelli che<br />

sono diventati maestri famosi,<br />

come Riccardo Muti, Claudio<br />

Abbado o Aldo Ceccato, ma<br />

l’essere riconosciuto solo come<br />

insegnante gli dava un po’ fastidio”.<br />

C’era qualche sua opera a<br />

cui teneva in modo particolare?<br />

“In generale i lavori con la<br />

voce. Del resto amava moltissimo<br />

le composizioni con la voce<br />

di Mahler. Certo andava fiero<br />

anche delle sue opere strumentali,<br />

le sinfonie. In particolare il<br />

suo quarto concerto e le Strutture.<br />

Poi certo la Sinfonia breve<br />

che all’inizio fece la sua fortuna<br />

perché fu il brano con cui vinse<br />

il concorso ‘I littoriali’ nel 1938.<br />

A questo proposito ci fu un episodio<br />

che lui mi ha sempre<br />

chiesto di non menzionare, perché<br />

chiama in causa direttamente<br />

Mussolini e Bruno sosteneva<br />

che ci sono troppi ricordi<br />

spiacevoli per gli italiani legati a<br />

quel nome. ‘I littoriali’ erano un<br />

premio importante internazionale<br />

e per Bruno fu una fortuna<br />

anche perché la Sinfonia venne<br />

diretta da Bernardino Molinari<br />

uno dei più importanti direttori<br />

dell’epoca. Bruno seppe<br />

della vittoria al concorso quando<br />

era via militare, si recò a Roma<br />

grazie ad un permesso per<br />

assistere all’esecuzione. Mussolini<br />

era nel palco e alla fine dell’esecuzione<br />

lo invitò personalmente<br />

in quel palco per conferirgli<br />

una medaglia, che io conservo<br />

tuttora, e si congratulò<br />

con lui: ‘Molto interessante<br />

questo suo lavoro, soprattutto<br />

quel finale’, che è il Corale ostinato,<br />

tuttora uno dei suoi pezzi<br />

più eseguiti. Fu anche in quella<br />

occasione che conobbe Petrassi.<br />

Era seduto fra il pubblico,<br />

gli andò vicino e gli fece molti<br />

complimenti. Da quel momento<br />

diventarono inseparabili, si<br />

telefonavano spessissimo”.<br />

Quel concorso lo agevolò<br />

anche nel trovare il posto al<br />

Conservatorio a Milano?<br />

“Mah non credo, poi vinse<br />

anche altri concorsi, il premio<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 7<br />

‘Bolzani’, vinse ai concorsi della<br />

Gioventù Universitaria Fascista,<br />

ci fu la guerra… ma va detto<br />

che era anche un compositore<br />

molto eseguito e poi aveva<br />

tantissime attività, faceva il<br />

maestro sostituto al teatro ‘Dal<br />

Verme’ di Milano, che sostituiva<br />

la Scala nel periodo estivo. Incoraggiava<br />

anche i suoi allievi<br />

a praticare ogni tipo di attività<br />

musicale, ci stimolava ad andare<br />

nelle altre classi di composizione,<br />

ad ascoltare anche gli<br />

strumentisti. Poi, per converso,<br />

secondo lui lo studio della composizione<br />

era necessario per<br />

occuparsi di musica in generale.<br />

‘Vuoi diventare critico musicale<br />

giornalista, o il ricercatore<br />

di musica? Devi conoscere la<br />

composizione. Vuoi fare il direttore,<br />

il pianista o il violinista?<br />

Idem. Se non conosci a fondo<br />

come si costruisce un brano,<br />

come si combinano i suoi elementi<br />

sarai sempre un dilettante,<br />

un impotente della musica,<br />

in qualsiasi campo’. Ha avuto<br />

anche allievi che hanno fatto<br />

carriera nella musica leggera”.<br />

Qualche nome?<br />

“Gianna Nannini. Veniva da<br />

lui a lezioni private di armonia e<br />

composizione. Bruno diceva<br />

che era anche brava e infatti<br />

quasi la rimproverava: ‘Ma cosa<br />

ti metti a fare questa musica<br />

di serie B, con il talento che hai,<br />

perché non provi a fare qualcos’altro?’.<br />

Ma lei, facendo<br />

una bella risata rispondeva: ‘No<br />

guardi, io mi sento portata per<br />

la musica leggera, voglio fare<br />

questo’. Con Bruno faceva armonia<br />

contrappunto e un primo<br />

livello di composizione. Aveva<br />

anche il quinto di pianoforte.<br />

Voleva fare anche l’ottavo<br />

e allora mio marito l’ha affidata<br />

da una sua allieva, la Soffritti,<br />

ma ha fatto solo qualche lezione<br />

perché non aveva mai tempo,<br />

era sempre in giro per il<br />

mondo, ha preso qualche lezione<br />

da Eli Perrotta che abitava<br />

vicino a noi. Poi non ha più continuato,<br />

perché ha intrapreso la<br />

carriera che tutti sanno. Ma era<br />

seria e impegnata, molto coscienziosa.<br />

Basti pensare ai sacrifici<br />

che faceva per venire da<br />

Siena, passare tutta la giornata<br />

a Milano, prima di passare dall’editore<br />

Ricordi per le sue cose.<br />

E non era nemmeno una che<br />

pensava solo a strimpellare, conosceva<br />

il repertorio: Chopin,<br />

Beethoven, Bach. In generale,<br />

la musica la conosceva benissimo.<br />

Mi ricordo sempre di questa<br />

ragazza così carina e cordiale,<br />

quando andavo ad<br />

aprirle la porta. Secondo Bruno,<br />

ripeto, la scuola di composizione<br />

non era solo per diventare<br />

compositori ma in generale per<br />

conoscere la musica, al di là<br />

delle note”.<br />

Ricorda qualche altro noto<br />

cantante “leggero” che si era<br />

presentato da suo marito?<br />

“Ne ricordo due, Johnny Dorelli<br />

e Umberto Bindi. Ma Bruno<br />

non volle intervenire con loro<br />

perché diceva che erano delle<br />

personalità già formate”.


8 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

S<br />

Se chiedi ad un cinquantenne<br />

americano quale<br />

musicista per primo<br />

lo ha portato sulla via<br />

del jazz, in molti risponderanno<br />

Miles, Trane, Duke, Monk, ma la<br />

maggior parte vi dirà Dave<br />

Brubeck. Non così in Italia, dove<br />

è noto principalmente per il<br />

mega-hit Take Five, ma dove<br />

non ha mai trovato altrettanti<br />

ammiratori. A questo proposito<br />

ricordo una definizione piuttosto<br />

tranchant che ne diede Arrigo<br />

Polillo (cito a memoria con<br />

possibile approssimazione): “Il<br />

più dozzinale dei pianisti raffinati,<br />

ed il più raffinato dei pianisti<br />

dozzinali”. Forse anche per<br />

la enorme popolarità che Brubeck<br />

si costruì con il suo storico<br />

Quartetto.<br />

Dave Brubeck nacque a<br />

Concord, California, il 6 dicembre<br />

1920, da padre allevatore<br />

di bestiame e da madre insegnante<br />

di pianoforte. Di famiglia<br />

con ascendenze svizzere<br />

(cognome originario Broadbeck),<br />

ma anche tedesche e<br />

inglesi, lo stesso Brubeck rivelò<br />

nel ‘91 al critico Gene Lees di<br />

avere forse anche un quarto di<br />

sangue nativo americano, dato<br />

che uno dei tre matrimoni<br />

del nonno paterno era stato<br />

con una donna Modoc, della<br />

riserva indiana di Pyramid Lake<br />

nel Nevada, nei pressi della<br />

quale la famiglia Brubeck aveva<br />

il suo ranch.<br />

Diplomatosi al Pacific College,<br />

e dopo avere prestato il<br />

servizio militare durante la II<br />

Guerra mondiale, alla smobilitazione<br />

il giovane Dave ritornò<br />

al college, questa volta il Mills<br />

College, per studiare sotto l’ala<br />

del compositore francese<br />

Darius Milhaud. Lì formò il suo<br />

primo gruppo professionale, il<br />

Dave Brubeck Octet, con un<br />

nucleo di studenti del Mills. Tra<br />

di essi alcuni musicisti che collaboreranno<br />

in seguito in numerosi<br />

album, come Paul Desmond,<br />

Bill Smith, Cal Tjader<br />

ecc. Nonostante il duro lavoro,<br />

l’Ottetto giunse a una sua naturale<br />

conclusione, riformandosi<br />

come trio. Nel 1951 un incidente<br />

di surf a Honolulu<br />

sconvolse i piani del pianista e<br />

quasi mise fine alla sua carriera,<br />

ma dopo una lunga convalescenza<br />

Dave scrisse una lettera<br />

a Paul Desmond, lettera<br />

che quest’ultimo conservò fino<br />

alla sua morte, nella quale diceva:<br />

“Forse ora possiamo dare<br />

il via ad un quartetto”.<br />

Brubeck firmò il suo primo<br />

contratto discografico nel ‘49<br />

con la Coronet Records, ma la<br />

sua carriera cominciò a prendere<br />

il largo solo con l’inizio del<br />

contratto con la nascente etichetta<br />

californiana Fantasy<br />

Records. Invece di cercare<br />

scritture nel circuito dei jazz<br />

clubs, con acume e lungimiranza<br />

si rivolse invece al circuito<br />

dei college, con la moglie<br />

Iola come manager, riuscendo<br />

ad arrivare a una media di circa<br />

250 concerti all’anno. Ciò<br />

gli permise di essere conosciu-<br />

to da un pubblico giovanile e<br />

costituì la base del suo futuro<br />

successo negli anni a venire.<br />

I primi album come Jazz at<br />

Oberlin, Jazz at the College of<br />

the Pacific e Jazz goes to College<br />

(quest’ultimo per la Columbia),<br />

risultarono molto popolari<br />

presso gli acquirenti di<br />

dischi americani. Il passaggio<br />

alla potente Columbia sancì il<br />

definitivo successo del Quartetto.<br />

Fu un altro disco per la<br />

Columbia, Dave Brubeck at<br />

Storyville (1954), registrato nell’omonimo<br />

club di Boston, che<br />

portò il Quartetto in classifica<br />

per la prima volta, raggiungendo<br />

l’ottavo posto di Billboard<br />

all’inizio del ‘55.<br />

***<br />

Il personaggio Brubeck ricevette<br />

un’ulteriore spinta quando<br />

la rivista Time lo mise in copertina<br />

nel numero dell’8 novembre<br />

del ‘54. Prima di lui solamente<br />

Louis Armstrong, tra i<br />

jazzmen, era riuscito a tanto.<br />

Ormai una istituzione alla Columbia,<br />

il Quartetto (con Paul<br />

Desmond, Gene Wright e Joe<br />

Morello) piazzò nel solo ‘55 ben<br />

due album nella Top 10: Bru-<br />

JAZZ<br />

LA RECENTE SCOMPARSA DI DAVE BRUBECK<br />

UNA RAFFINATEZZA ACCESSIBILE<br />

di GIUSEPPE GIOACCHINI<br />

Il pianista<br />

ottenne<br />

ampia<br />

popolarità<br />

e successo<br />

discografico<br />

beck Time e Jazz: Red, Hot and<br />

Cool. Ma alla popolarità di<br />

massa mancavano solo pochi<br />

anni, fino alla pubblicazione di<br />

Time Out, registrato e uscito nel<br />

‘59, che trasformò Brubeck in<br />

una superstar internazionale.<br />

Costruendo gradatamente la<br />

sua reputazione, l’album entrò<br />

nella classifica di Billboard verso<br />

la fine del 1960, fino ad arrivare<br />

alla posizione n° 2, diventando<br />

il primo album di jazz da un milione<br />

di copie vendute. La Columbia<br />

pubblicò Take Five anche<br />

come singolo un anno e<br />

mezzo dopo, e si accorse con<br />

una certa sorpresa che anche i<br />

singoli jazz avevano un mercato<br />

quando Take Five, con sul lato<br />

B Blue Rondo à la Turk, raggiunse<br />

il n° 25 della classifica<br />

dei singoli (o se preferite 45 giri).<br />

La metrica dispari delle due<br />

composizioni (Take Five, scritta<br />

da Desmond, è in 5/4, Blue<br />

Rondo in 9/8) era stata ispirata<br />

dalle musiche ascoltate durante<br />

un tour nel Medio Oriente e<br />

India, sponsorizzato dal Dipartimento<br />

di Stato americano. Brubeck<br />

più di una volta approfittò<br />

della sua posizione per intervenire<br />

e prendere posizione<br />

su questioni sociali. Nel 1958 rifiutò<br />

un’offerta di esibirsi in Sud<br />

Africa quando i funzionari insistettero<br />

perché suonasse con<br />

un gruppo composto da soli<br />

bianchi (Gene Wright era afroamericano).<br />

L’incidente ispirò<br />

Dave e la moglie Iola a scrivere<br />

insieme un musical per i diritti<br />

civili, The Real Ambassadors.<br />

L’album della colonna sonora<br />

aveva tra i protagonisti Louis<br />

Armstrong, il Trio Lambert, Hendricks<br />

& Ross e Carmen McRae,<br />

e venne eseguito al Festival di<br />

Monterey nel 1962. Un altro album<br />

conquistò la Top Ten, Time<br />

Further Out (1962), e diversi altri<br />

piazzamenti in classifica negli<br />

anni seguenti (Bossa Nova<br />

U.S.A. e At Carnegie Hall vendettero<br />

piuttosto bene), ma<br />

anche quando le vendite non<br />

furono più così importanti<br />

quantitativamente, Brubeck rimase<br />

un’importante attrazione<br />

a concerti e festival.<br />

Anche se la critica non sosteneva<br />

lui o il Quartetto, il<br />

pubblico non si stancò mai di<br />

lui. Per tutto il tempo dopo lo<br />

scioglimento del Quartetto nel<br />

1967 (Desmond morì nel 1977,<br />

Morello nel 2011, Wright ha attualmente<br />

89 anni), Brubeck<br />

ha continuato a tenere concerti<br />

da tutto esaurito in ogni<br />

parte del mondo. Nel 1968<br />

formò un nuovo gruppo con il<br />

baritonista Gerry Mulligan, e in<br />

seguito, quando i suoi figli divennero<br />

musicisti professionisti,<br />

Brubeck lavorò spesso con loro<br />

nel progetto “Two Generations<br />

of Brubecks”. Negli anni ‘70 costituì<br />

un nuovo Quartetto col<br />

quale ha continuato a esibirsi<br />

fino alla fine della carriera. Al<br />

posto di Desmond, negli ultimi<br />

anni il saxofono era affidato a<br />

Bobby Militello. Da non dimenticare<br />

le sue composizioni più<br />

ambiziose, per orchestre, cori e<br />

piccoli gruppi, come The Light<br />

in the Wilderness (Cincinnati<br />

Symphony Orchestra, 1968), o<br />

The Gates of Justice, ispirata a<br />

Martin Luther King. Il Quartetto<br />

storico si riunì una sola volta nel<br />

1976 per il tour del venticinquennale.<br />

Brubeck verrà ricordato per<br />

aver riportato il jazz a un’ampia<br />

popolarità in un periodo in<br />

cui le prospettive commerciali<br />

del genere erano ormai in vistoso<br />

calo, usando una musica<br />

accessibile che combinava<br />

melodie efficaci, innovazione<br />

metrica e il frizzante e anche<br />

un po’ erudito temperamento<br />

del West Coast jazz. Anche nelle<br />

sue opere più classicheggianti,<br />

non perse mai di vista le<br />

sue radici jazzistiche, come<br />

nelle improvvisazioni “stride”.<br />

Da un punto di vista squisitamente<br />

jazzistico, Brubeck fa<br />

parte della categoria dei pianisti-compositori,<br />

come Ellington,<br />

Bill Evans o Erroll Garner. Le sue<br />

più famose composizioni, The<br />

Duke e In Your Own Sweet Way,<br />

sono diventati degli standards.<br />

Tipico del suo pianismo era il<br />

suo stile martellato sui tasti del<br />

pianoforte, come pure la ricerca<br />

di armonie complesse, che<br />

lo portava a improvvisazioni anche<br />

imprevedibili, specialmente<br />

nel dialogo privilegiato con<br />

Desmond, saxofonista che contribuì<br />

in maniera determinante<br />

al successo del Quartetto.<br />

“Come Bach, Dave Brubeck<br />

alterna periodi di tensione e relax.<br />

I diversi temi sono sezionati<br />

e modulati. Dall’alto di tutto<br />

ciò Brubeck sfoggia il suo swing<br />

impressionante accostato a un<br />

tempo perfetto. Nelle sue improvvisazioni<br />

egli usa tutta la<br />

sua erudizione musicale acquisita<br />

nel corso degli anni”. (Juul<br />

Anthonessen)<br />

Il cuore di Dave Brubeck ha<br />

ceduto il 5 dicembre del 2012,<br />

un giorno prima del suo 92°<br />

compleanno.


T<br />

utto inizia mesi prima<br />

quando bisogna scegliere<br />

le canzoni. È<br />

chiaro che gli esclusi<br />

ci rimangono male: una comparsata<br />

a Sanremo vale molte<br />

serate in locali e piazze e magari<br />

si riesce anche a vendere<br />

qualche disco. Quindi c’è chi<br />

ha protestato. Ma come si sono<br />

permessi di lasciare fuori<br />

Anna Oxa? Con tutto il suo palmares<br />

(addirittura una conduzione<br />

del festival, mica bruscolini).<br />

Eppure è successo. Sono<br />

mancate in effetti le vecchie<br />

glorie. Abbiamo rivisto Albano,<br />

ma solo come ospite (perché<br />

lui sì e altri no non è dato sapere<br />

comunque...) e poco altro.<br />

Come sempre le vere star si<br />

astengono e se ne stanno alla<br />

larga. Si guarda quello c’è che<br />

sulla piazza e quindi il cast è<br />

quello che è.<br />

Una volta selezionati i partecipanti<br />

bisogna decidere come<br />

votare il vincitore. Ne abbiamo<br />

viste di tutti i colori e soprattutto<br />

ne abbiamo sentite<br />

di tutti i colori. Molti, in passato,<br />

hanno espresso dubbi sulle votazioni,<br />

si è ipotizzato l’uso massiccio<br />

dei call center per il televoto,<br />

le giurie sparse per l’Italia<br />

non le ha mai viste nessuno e<br />

così via. E quest’anno? Quest’anno<br />

viene rispolverata la<br />

“giuria di qualità” già comparsa<br />

in altre edizioni, in special<br />

modo nelle precedenti condotte<br />

da Fazio (qualcuno ricorderà<br />

la vittoria degli Avion Travel).<br />

Cerchiamo di capirci: i giurati<br />

(quelli della giuria di qualità)<br />

hanno a disposizione venti<br />

gettoni e devono indicare almeno<br />

tre interpreti con un tetto<br />

massimo di dieci voti. Il loro<br />

verdetto pesa al 50% e viene<br />

combinato con quello del televoto<br />

del giovedì (25%) e della<br />

serata finale (altro 25%). I primi<br />

tre artisti vengono nuovamente<br />

sottoposti al voto della giuria<br />

di qualità (6 gettoni a cranio:<br />

tre per il primo, due per il secondo,<br />

uno per il terzo) che<br />

conta al 50%, alla pari del televoto,<br />

sul verdetto finale. Avete<br />

capito naturalmente. Meccanismo<br />

chiarissimo e soprattutto<br />

limpido. Così limpido che mentre<br />

andava in onda il festival<br />

scorrevano sullo schermo scritte<br />

che ricordavano come la<br />

RAI non potesse controllare i<br />

call center e invitavano a un<br />

uso corretto del televoto.<br />

La giuria di qualità è composta<br />

da personaggi del mondo<br />

della musica, dello spettacolo<br />

e della cultura. Il presidente<br />

della giuria di qualità è Nicola<br />

Piovani e poi Eleonora Abbagnato,<br />

Stefano Bartezzaghi,<br />

Cecilia Chailly, Claudio Coccoluto,<br />

Serena Dandini, Paolo<br />

Giordano, Nicoletta Mantovani<br />

e Rita Marcotulli. Era previsto<br />

anche Carlo Verdone che<br />

però si è dato malato ed è stato<br />

sostituito da Neri Marcorè.<br />

Conosciamo meglio i membri<br />

della giuria. Nicola Piovani:<br />

compositore celebre per le sue<br />

colonne sonore, è anche autore<br />

di teatro musicale e di musica<br />

da concerto. Ha ricevuto<br />

l’Oscar per la miglior colonna<br />

sonora nel ‘99 per “La vita è<br />

bella” di Benigni. È il presidente<br />

di giuria. Eleonora Abbagnato:<br />

ballerina e attrice, è la prima<br />

italiana a essere ammessa alla<br />

prestigiosa scuola dell’Opéra<br />

di Parigi. Nel 2009 ha affiancato<br />

Paolo Bonolis alla conduzione<br />

di una serata del Festival di<br />

Sanremo. Stefano Bartezzaghi:<br />

enigmista, giornalista, e scrittore,<br />

ha pubblicato il primo rebus<br />

nel 1971 per La Settimana Enigmistica.<br />

Cecilia Chailly: arpista,<br />

compositrice, cantante, ha<br />

collaborato, fra gli altri, con<br />

John Cage, Ludovico Einaudi,<br />

Mina, Fabrizio De André e Lucio<br />

Dalla. Claudio Coccoluto:<br />

deejay e produttore. Serena<br />

Dandini: nota conduttrice e<br />

autrice televisiva. Ha pubblicato<br />

due romanzi e tra il 2012 e il<br />

<strong>2013</strong> ha messo in scena il suo<br />

primo testo teatrale sul femminicidio<br />

dal titolo “Ferite a morte”.<br />

Paolo Giordano: scrittore e<br />

autore del romanzo “La solitudine<br />

dei numeri primi” che ha<br />

vinto nello stesso anno il Premio<br />

Campiello Opera prima e il<br />

Premio Strega. Nicoletta Mantovani:<br />

produttrice e manager<br />

italiana. Vedova del celebre<br />

tenore Luciano Pavarotti, è stata<br />

direttore artistico e deus ex<br />

machina del concerto di beneficenza<br />

Pavarotti & Friends<br />

(dal 1995 al 2003). Rita Marcotulli:<br />

pianista e musicista jazz<br />

molto apprezzata in Europa; è<br />

stata premiata con un David di<br />

ROCK E DINTORNI<br />

Donatello per il miglior musicista<br />

nel 2011.<br />

Quindi di tutto un po’: sicuramente<br />

musicisti competenti<br />

ma anche attori di varia estrazione<br />

.<br />

***<br />

Partiamo dall’inizio. Marco<br />

Mengoni, nella terza serata del<br />

14 febbraio, ha ottenuto la<br />

percentuale più alta di televoto<br />

tra tutti i concorrenti: il<br />

25,28% su 14 artisti, guadagnando<br />

così la prima posizione<br />

nella classifica provvisoria. Dietro<br />

abbiamo trovato i Modà<br />

(20,32%) e Annalisa terza con<br />

meno della metà dei voti<br />

(8,97%), cifra che già si stacca<br />

completamente dai primi due<br />

concorrenti.<br />

Questo dato, come da re-<br />

golamento, ha determinato il<br />

25% del voto complessivo. L’altro<br />

25% spettava al televoto di<br />

sabato e il restante 50% al voto<br />

della giuria di qualità di cui abbiamo<br />

già parlato.<br />

Nell’ultima serata del 16 febbraio<br />

è stato quindi determinante<br />

il voto della giuria di<br />

qualità, che ha ridefinito in<br />

parte il podio votando nella<br />

prima fase quasi all’unanimità<br />

Elio e le Storie Tese e poi a seguire<br />

Malika Ayane, Raphael<br />

Gualazzi e Daniele Silvestri. Tra<br />

gli ultimi Mengoni e ancora<br />

peggio i Modà, con il solo 4<br />

per cento delle votazioni di<br />

qualità.<br />

Il primo televoto (sui 14 concorrenti)<br />

di sabato ha visto invece<br />

la vittoria dei Modà (con<br />

il 25,04%), invertendo la situazione<br />

della prima votazione<br />

popolare di giovedì, con Marco<br />

Mengoni secondo (con il<br />

20,72% dei voti) e terza Annalisa,<br />

lei sempre con una percentuale<br />

drasticamente più bassa<br />

di votazioni. È quindi solo grazie<br />

alla giuria che Elio e le storie<br />

tese hanno guadagnato il podio.<br />

E Chiara Galiazzo? Quarta<br />

alla fine della prima serata,<br />

grande successo di vendite,<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 9<br />

IL FESTIVAL DI SANREMO<br />

NIENTE TRASH, MA POCA MUSICA<br />

Alla<br />

giuria<br />

di<br />

qualità<br />

si aggiungeva<br />

il televoto<br />

di PIERO TARANTOLA<br />

nelle radio e Itunes, è lentamente<br />

scivolata fino all’ottavo<br />

posto. Evidentemente la “vis a<br />

tergo” è venuta a mancare<br />

proprio nello sprint finale.<br />

I primi tre si sono riaffrontati<br />

nel finale e, a questo punto il<br />

voto verso Mengoni da parte<br />

della giuria è arrivato nel momento<br />

in cui i dieci giurati hanno<br />

lasciato il 48% dei voti complessivi<br />

agli Elio e le Storie Tese<br />

e gli altri due a pari merito.<br />

Quindi il televoto sul trio finale<br />

diventa decisivo: Mengoni<br />

prende il 44% staccando i<br />

Modà, che ricevono il 33,90%<br />

delle preferenze ed Elio che<br />

raccoglie il 21% circa.<br />

Chiaro?<br />

Comunque ha vinto Mengoni,<br />

lanciato da X factor che<br />

però ha un discreto riscontro in<br />

giro, si vede su MTV, ha delle<br />

ottime qualità vocali. Alzi la<br />

mano chi ricorda come fa la<br />

sua canzone. Nessuno naturalmente,<br />

come nessuno ricorda i<br />

brani di Emma, Marco Carta,<br />

Valerio Scanu, i precedenti vincitori.<br />

Quando va in onda Sanremo<br />

si parla solo dei conduttori,<br />

degli ospiti, di eventuali<br />

gaffes e di tutto quello che gira<br />

intorno.<br />

Crozza interrotto da quattro<br />

scalmanati ha fatto più audience<br />

di Mengoni, il duetto<br />

tra Stefano Bollani e Caetano<br />

Veloso è stato straordinario e<br />

ha avuto un grandissimo impatto<br />

anche la serata di venerdì<br />

nel corso della quale sono<br />

stati eseguiti vecchi pezzi<br />

del festival (più o meno noti).<br />

Le grandi star della canzone<br />

italiana (Vasco, Ligabue, Jovanotti)<br />

se ne stanno alla larga e<br />

fanno capire che il loro target<br />

è ben diverso.<br />

Il festival è stato inoltre molto<br />

apprezzato per la sua conduzione<br />

e per essere rimasto lontano<br />

dal trash di precedenti<br />

edizioni e di questo va dato<br />

merito a Fazio e alla Littizzetto:<br />

garbati, simpatici, spiritosi mai<br />

volgari come in generale è stato<br />

tutto lo spettacolo.<br />

Ultime ruote del carro naturalmente<br />

le canzoni, ma questa<br />

non è una novità.


10 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

Isaia Mori, vuoi parlarci di<br />

questo tuo progetto?<br />

“Isaia & l’Orchestra di Radio<br />

Clochard è il terzo<br />

grosso progetto negli ultimi dodici<br />

anni della mia vita. Gli altri<br />

sono stati i Nunc Bibendum Est<br />

e gli 00Talpa. Quando si sono<br />

sciolti i Nunc tantissima gente<br />

mi chiedeva perché cantassi<br />

ancora le loro canzoni con gli<br />

00Talpa [ndr. tuttora in attività]<br />

non sapendo che le canzoni<br />

erano mie, non del gruppo. Intendo<br />

dire che l’unico ragionamento<br />

che non funzionava<br />

era quello che attribuiva ai<br />

Nunc la paternità di canzoni<br />

che invece avevo scritte io in<br />

prima persona. Così quando<br />

anche gli 00Talpa hanno iniziato<br />

a calare la loro attività ho<br />

deciso di riproporre tutte le mie<br />

canzoni – e anche inediti – con<br />

una nuova formazione, indipendentemente<br />

dal fatto che<br />

fossero già state suonate dall’uno<br />

o dall’altro gruppo”.<br />

Una ragione commerciale<br />

dunque?<br />

“Diciamo piuttosto che ho<br />

tagliato la testa al toro. Non ti<br />

immagini nemmeno quanta<br />

gente mi fermava nei locali iniziando<br />

discussioni più finite sul<br />

fatto che suonassi con gli 00Talpa<br />

canzoni considerate dei<br />

Nunc... La gente si affeziona<br />

molto alle band che ascolta.”.<br />

Perché Radio? Perché Clochard?<br />

“Clochard perché il progetto<br />

nasce per strada. All’inizio<br />

solo io, poi in tre, infine tutti sei<br />

abbiamo iniziato a suonare per<br />

le piazze d’Italia, a cappello.<br />

Era il 2006. Avevo appena<br />

comprato un piccolo amplificatore<br />

economico e ho pensato:<br />

‘Perché non provarlo a<br />

Bergamo in Piazza Vecchia?’.<br />

In un’ora ho fatto sessanta euro.<br />

È stato lì che ho iniziato a interrogarmi<br />

sul perché mai debba<br />

andare a suonare nei locali<br />

che piangono miseria quando<br />

per strada oltre che alla<br />

soddisfazione si ottiene la gratificazione<br />

economica. Questa<br />

cosa è durata circa un anno,<br />

anno in cui abbiamo partorito<br />

tutte le canzoni del primo disco,<br />

Spacciatori di serenate. A<br />

questo disco è legata la storia<br />

della nostra etichetta, Diffusionearte.<br />

Tutti gli editori che abbiamo<br />

contattato infatti avevano<br />

delle mire monetarie<br />

molto grosse sugli artisti. Così<br />

abbiamo fatto due conti ed<br />

abbiamo deciso di aprire la<br />

nostra etichetta, con cui tra<br />

l’altro abbiamo pubblicato, oltre<br />

che tutti i Cd di Isaia & l’Orchestra<br />

di Radio Clochard<br />

[ndr. Lo spacciatore di Serenate,<br />

Diffusionearte 2010, ...Barcollo<br />

ma non Crollo... - Live,<br />

2011, sempre per Diffusionearte]<br />

anche tre edizioni della<br />

compilation di musica dialettale<br />

bresciana Gòi de cöntàla.<br />

Ci tengo molto a dire che l’etichetta<br />

Diffusionearte nasce<br />

con uno statuto Arci per promuovere<br />

senza scopo di lucro<br />

le situazioni musicali locali e<br />

ISAIA & L’ORCHESTRA DI RADIO CLOCHARD<br />

UN’IDEA CHE NASCE PER STRADA<br />

non. Per tornare alla domanda,<br />

ho optato per Radio perché<br />

è un qualcosa di legato al<br />

concetto di diffusione: mi piace<br />

pensare che quando sei in<br />

una piazza e c’è un musicista<br />

che suona dal vivo ci si sintonizzi<br />

sulla sua radio... su Radio Clochard”.<br />

Quali sono i tuoi autori di riferimento?<br />

“Da piccolo ho iniziato con<br />

Branduardi, che mi piaceva<br />

tantissimo e che tra l’altro so-<br />

a cura di OLMO CHITTÒ<br />

miglia non poco al nostro violinista<br />

Stefano Zeni. Ho seguito<br />

per poco Vasco e Ligabue, fino<br />

ai tredici anni, ossia fino all’incontro<br />

con De André, di cui<br />

ho assistito nel ‘97 al concerto<br />

a Brescia nel tour ‘Anime salve’.<br />

Lo ricordo ancora benissimo<br />

perché era il 7 aprile, il giorno<br />

del mio compleanno. Per<br />

parecchio tempo De André ha<br />

messo la bandierina al mio cervello,<br />

come nel Risiko. Sempre<br />

di musica italiana Guccini<br />

ma, parallelamente, anche Dire<br />

Straits, Alan Parson Project,<br />

qualcosina dei Pink Floyd a cui<br />

più tardi si aggiungono Bob<br />

Marley e Manu Chao. Comunque<br />

tutti gli artisti che mi hanno<br />

maggiormente influenzato li<br />

ho anche visti dal vivo qui a<br />

Brescia: De André, Mark Knopfler<br />

e Manu Chao”.<br />

Che percorso di studi hai fatto?<br />

“Dopo il Copernico nel 2004<br />

mi sono laureato in lettere e filosofia<br />

indirizzo discipline arte<br />

musica spettacolo, presso l’Università<br />

Cattolica del Sacro<br />

Cuore di Brescia. Per quanto riguarda<br />

la musica ho iniziato<br />

come chitarrista classico a undici<br />

anni, prima con la M° Elena<br />

Baronio, poi col M° Giulio<br />

Tampalini. Negli ultimi anni ho<br />

dato in Conservatorio tutti gli<br />

esami fino all’ottavo anno di<br />

corso ma non ho potuto proseguire<br />

a causa della recente<br />

riforma che impedisce ai non<br />

iscritti di diplomarsi”.<br />

Ritieni che questo tipo di studi<br />

sia stato d’aiuto o di ostacolo<br />

alla tua preparazione?<br />

“Mah, ho sempre vissuto lo<br />

studio della classica focalizzato<br />

ai grandi classici, coltivando<br />

solo parallelamente l’interesse<br />

per la musica leggera. Forse<br />

avendo una conoscenza appena<br />

più approfondita dello<br />

strumento sono riuscito ad arrivare<br />

dove volevo, sempre con<br />

lo scopo di divertirmi però, cosa<br />

che a volte i ragazzi del<br />

Conservatorio sembrano perdere<br />

di vista. A conti fatti lo studio<br />

tecnico è stato di aiuto più<br />

che di ostacolo”.<br />

E con la musica leggera?<br />

Come sei arrivato al sound<br />

odierno?<br />

“La svolta è arrivata attorno<br />

al ‘98. Personalmente non mi ritenevo<br />

un buon chitarrista leggero:<br />

ce ne erano tanti molto<br />

meglio di me. La mia fortuna è<br />

stato un tape che per caso trovai<br />

tra la roba vecchia di casa<br />

mia, una cassettina di un genere<br />

di musica molto poco noto<br />

nell’ambiente musicale bresciano<br />

di allora: lo ska. Nella<br />

zona gli unici che iniziarono a<br />

riproporre quel genere furono i<br />

Nunc Bibendum Est e i Lemon<br />

Squeezer. Nonostante riconosca<br />

tutti i limiti di questa musica<br />

devo dire che è stata una vera<br />

ventata di freschezza nell’ambiente:<br />

siamo iniziati a piacere<br />

alla gente ed i Nunc poco alla<br />

volta sono riusciti a distinguersi.<br />

A dire il vero penso che i Lemon<br />

fossero molto più bravi di<br />

noi, tecnicissimi... Noi eravamo<br />

quelli musicalmente un po’ più<br />

sporchi ma che tiravano di<br />

brutto. Ci divertivamo un sacco<br />

e penso che questo sia passato<br />

al pubblico.”.<br />

Qual è la formazione attuale<br />

di Isaia & l’Orchestra di Radio<br />

Clochard?<br />

“Al momento siamo io, chitarra<br />

e voce, Stefano Caprini,<br />

mio fedelissimo collaboratore<br />

fin dal primo progetto, fisarmonica<br />

e voce, Stefano Zeni, violino,<br />

Federico de Maria, contrabbasso<br />

e basso elettrico,<br />

Antonio d’Alessandro, banjo,<br />

chitarra, cori e logistica, Paolo<br />

Decca Rodriguez, batteria,<br />

Max Pietta, tromba ed infine<br />

Maurizio de Virgilis, trombone.<br />

Questo è il nostro zoccolo duro,<br />

ma con noi hanno suonato<br />

nel disco e anche dal vivo Carlo<br />

Poddighe, chitarria solista<br />

già nel progetto 00talpa nonché<br />

eccellente polistrumentista,<br />

Gabriele Mitelli, tromba e<br />

percussioni, Giovanni ‘Lenny’<br />

Scalvini, bassi vari. Non posso<br />

non citare anche Giorgio Signorile,<br />

che ha arrangiato un<br />

mio minuetto – 3/4 d’ora – per<br />

4 chitarre poi suonato oltre che<br />

da me anche da Antonio D’Alessandro<br />

e Jacopo Dutti – miei<br />

colleghi presso l’Accademia<br />

della Chitarra di Brescia – e Michele<br />

de Vincenti, giovane<br />

promessa bresciana della chitarra<br />

classica. Infine l’avv. Flaminio<br />

Valseriati, eclettico musicista<br />

e collezionista di strumenti.<br />

Nonostante i molti take ci ha<br />

molto aiutati con la registrazione<br />

del theremin”.<br />

Come lavorate col vostro<br />

gruppo?<br />

“Io scrivo più o meno il testo,<br />

butto già gli accordi e la melodia,<br />

che poi propongo al gruppo,<br />

poi dipende. Nei nostri dischi<br />

ci sono due generi di canzoni:<br />

quelle diciamo ‘festaiole’<br />

e quelle un po’ più intime. Nel<br />

primo caso si va tutti in studio e<br />

poco a poco ognuno mette<br />

del suo, democraticamente. Si<br />

cerca di andare d’accordo, è<br />

un compromesso. Nei brani più<br />

tranquilli invece ci si trova con<br />

una formazione ridotta e si cerca<br />

di lavorare massimo in tre o<br />

in quattro. Solo in un secondo<br />

momento si integra il materiale<br />

ottenuto nell’organico completo”.<br />

Conflitti?<br />

“Beh certo, facciamo delle<br />

belle litigate. Ad esempio la sezione<br />

ritmica è importantissima<br />

nei pezzi in cui si deve ballare,<br />

ma il batterista e il bassista a<br />

volte si scazzano a fare sempre<br />

segue alla pagina 11


segue dalla pagina 10<br />

primo, quinto, primo [ndr. i gradi<br />

dell’armonia], allora si sta<br />

delle ore a cambiare il giro di<br />

basso e la parte ritmica affinché<br />

siano semplici ed efficaci<br />

ma non banali, interessanti anche<br />

per i musicisti stessi. Penso<br />

infatti che se facessi sempre<br />

come voglio tutto si appiattirebbe<br />

sui miei ascolti. Il conflitto<br />

crea interesse perché abbiamo<br />

background molto diversi,<br />

ci sprona ad integrare i<br />

nostri punti di vista particolari al<br />

fine di ottenere sempre qualcosa<br />

di nuovo”.<br />

Ho notato che in alcuni testi<br />

c’é una certa appartenenza a<br />

uno spirito “politico” un insieme<br />

di idee e valori in cui credi e<br />

che traduci in musica. Questa<br />

cosa ti ha mai dato problemi?<br />

“Ovviamente se sei schierato<br />

perdi una parte di pubblico ma<br />

sinceramente non mi sembra di<br />

esserlo. Secondo noi la cosa<br />

che fa veramente male all’uomo<br />

sono le ingiustizie e noi siamo<br />

contro chi le ingiustizie le fa,<br />

sotto qualsiasi bandiera. Le ingiustizie<br />

abbruttiscono l’uomo e<br />

noi nella nostra musica cerchiamo<br />

di denunciarle: non abbiamo<br />

ancora imparato a subirle e<br />

non restiamo zitti, indipendentemente<br />

dalla loro origine”.<br />

Sembra quindi che la musica<br />

abbia un valore in buona<br />

parte etico. È così?<br />

“La prendo un po’ alla larga:<br />

per quanto mi riguarda la fase<br />

creativa musicale è abbastanza<br />

indipendente da quella di<br />

creazione del testo. Pertanto le<br />

canzoni che vengono con un<br />

testo più leggero non determi-<br />

nano necessariamente una<br />

musica più leggera né nelle<br />

canzoni più impegnate ho inseguito<br />

degli stratagemmi armonici<br />

per sottolinearne la tensione<br />

drammatica. Nulla è fatto in<br />

funzione del testo e la genesi<br />

musicale dei pezzi non è mai<br />

programmata per raggiungere<br />

un dato fine. Che poi questo fine<br />

a posteriori ci sia è tutt’altra<br />

faccenda. Ovviamente sta solo<br />

all’artista e alla sua personalità<br />

decidere se essere veicolo<br />

di messaggi più o meno importanti,<br />

ma quello che è importante<br />

per me non lo è necessariamente<br />

anche per un altro”.<br />

Cosa pensi della scena musicale<br />

bresciana?<br />

“A Brescia la scena underground<br />

fermenta, brulica, ribolle<br />

di creatività, ci sono tantissimi<br />

musicisti eccezionali, a partire<br />

dai fratelli Poddighe, poi Felice<br />

Cosmo, e ancora forse un gradino<br />

sopra Carmelo Leotta e<br />

Mirko Dettori, anche loro di S.<br />

Eufemia come me. Purtroppo<br />

gli spazi musicali dove esprimersi<br />

sono molto limitati. Io vorrei<br />

musica dal vivo ovunque”.<br />

C’è secondo te in questo una<br />

qualche responsabilità dell’Amministrazione<br />

comunale?<br />

“Guarda, magari si fanno iniziative<br />

molto belle ma molto<br />

costose, che tagliano fuori un<br />

sacco di gente che potrebbe<br />

esprimersi, così come buona<br />

parte del pubblico. D’altro<br />

canto i soldi sono quello che<br />

sono e anche se fossi io ad amministrarli<br />

so che sarei soggetto<br />

ad un sacco di critiche...”.<br />

Che consigli daresti ai giovani<br />

gruppi?<br />

“Tirerò acqua al mio mulino<br />

Giovedì 21 Marzo ore 20:45 - Associazione GIA - XLIV Stagione Concertistica<br />

Omaggio a Paul Wittgenstein - Massimiliano Motterle pianoforte - Auditorium San Barnaba<br />

Venerdì 22 Marzo ore 18:00 - Associazione Danzarte - Brescia Festival di Danza<br />

Danzarte / Danza. Autori - Luigi Fertonani, Luisa Cuttini - Rudolf von Laban - Foyer del Teatro Sociale<br />

Domenica 24 Marzo ore 16:00 - Parrocchia di Sant’Agata - Concerti Quaresima Pasqua <strong>2013</strong><br />

Passio Domini Nostri Iesu Christi - Corale Polifonica Ars Nova<br />

Michela Tononi direttore - Mario Tononi direttore - Chiesa di Sant’Agata<br />

Domenica 24 Marzo ore 17:00 - Associazione Oltre la musica - Musica e oltre …<br />

Le emozioni: il dolore e la gioia - Conferenza con Nedo Brunelli e Federico Nicoli<br />

Intermezzo musicale - Pianoforte a 4 mani - Daniela Piovani e Claudia Giacopini pianoforte<br />

Museo Diocesano<br />

Domenica 24 Marzo ore 17:00 - Apindustria Associazione per le imprese<br />

Festa dei Santi Patroni - Concerto della Banda Cittadina di Brescia - Auditorium San Barnaba<br />

Martedì 26 Marzo ore 18:00 - Associazione Cieli Vibranti<br />

Duecento anni con Giuseppe Verdi e Richard Wagner - Corso di introduzione alla lirica<br />

Centro Clinico Brescia<br />

Mercoledì 27 Marzo ore 20:30 - Conservatorio Luca Marenzio - Le Stagioni del Conservatorio<br />

Omaggio a Richard Wagner - Orchestra “Luca Marenzio” di Brescia e Darfo<br />

Michele Tagliaferri violoncello - Roberto Tolomelli direttore - Chiesa di S. Giuseppe<br />

Sabato 30 Marzo ore 15:30 - Associazione Elea in collaborazione con Arte con noi<br />

Dipingere la Passione - Visita teatralizzata - Ermanno Nardi attore - Museo Diocesano<br />

Martedì 2 Aprile ore 21:00 - Jazz in Eden - Barbara Casini presenta il libro<br />

Se tutto è musica. Pensieri e Parole di alcuni tra i più importanti compositori brasiliani<br />

Nuovo Eden<br />

Venerdì 5 Aprile ore 20:45 - Associazione Oltre la musica - Musica e oltre …<br />

Strumenti a pizzico nel repertorio classico tradizionale<br />

Antonio D’Alessandro chitarra - Orchestra a Plettro Giovanni Paolo Maggini<br />

Stefano Ghisleri direttore - Chiesa di San Giorgio<br />

Sabato 6 Aprile ore 17:30 - Coro Filarmonico di Brescia - Concerto in favore di APB<br />

Associazione Parkinson Brescia - Fabio Piazzalunga direttore - Auditorium San Barnaba<br />

Sabato 6 Aprile ore 21:00 - Associazione Danzarte - Brescia Festival di Danza<br />

Il Tavoliere delle Alpi - Compagnia della Vocata - Pizziche e Tarante - Spazio Danzarte<br />

Domenica 7 Aprile ore 11:00 - Fondazione del Teatro Grande<br />

Il solista: l’oboe e il corno inglese - Ensemble del Teatro Grande - Ridotto del Teatro Grande<br />

Domenica 7 Aprile ore 15:30 - Associazione Elea in collaborazione con Arte con noi<br />

La Domenica a teatro - Percorsi teatralizzati nel centro storico: Via Moretto<br />

Serena Facchini - e Ermanno Nardi attori - Partenza da Caffè della Stampa<br />

ROCK E DINTORNI<br />

ma sappi che con Diffusionearte<br />

stiamo cercando di<br />

creare degli appositi spazi. Col<br />

nostro ultimo bando di concorso<br />

per gruppi emergenti italiani<br />

siamo riusciti a pubblicare una<br />

raccolta che contiene brani di<br />

14 gruppi giovanili inediti, per<br />

la maggior parte bresciani. Tenere<br />

d’occhio queste situazioni<br />

è importante. Che dire poi?<br />

Non fare cover, cercare di dire<br />

qualcosa di proprio”.<br />

Sono ormai diversi anni che<br />

sei in attività: dopo tutto questo<br />

tempo non c’è il rischio di perdere<br />

un po’ di entusiasmo?<br />

“Inevitabilmente la routine<br />

può portare a questo, a volte sei<br />

molto stanco ed è sabato, potresti<br />

andare a fare un giro, conoscere<br />

gente nuova... e invece<br />

devi andare a suonare a<br />

Ponte di Legno. Ma quando inizi<br />

a montare e bevi una birra inizi<br />

a ricordarti perché sei lì. È come<br />

in ogni lavoro: anche chi deve<br />

fare i film porno probabilmente<br />

ha questi problemi. Bisogna infatti<br />

partire dal presupposto che<br />

la vita del musicista è una vita di<br />

stenti e patimenti: per soldi nessuno<br />

lo farebbe. Parti alle 4 e<br />

torni alle 4 per un centinaio di<br />

euro. Devi farlo perché ti diverti:<br />

questa è la chiave”.<br />

Cosa pensi di avere ancora<br />

da raccontare?<br />

“Mah, penso di aver detto<br />

talmente tante cavolate finora<br />

che le cose serie sono ancora<br />

tutte da dire”.<br />

Progetti futuri?<br />

“Siamo un attimo fermi fino<br />

ad aprile, perché ho in cantiere<br />

una decina di canzoni nuove<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 11<br />

che sto cercando di sistemare.<br />

Il 17 marzo però con Diffusionearte<br />

abbiamo lanciato una<br />

grande iniziativa: vogliamo portare<br />

mille chitarre in Piazza Loggia.<br />

Una grande nota di merito<br />

per questo progetto va ad Antonio<br />

D’Alessandro, che ha fatto<br />

valere tutte le sue raffinate<br />

doti organizzative per rendere<br />

possibile questa mia folle idea.<br />

Sarà il nostro primo progetto di<br />

diffusione nella socialità. Non<br />

c’entrano i Clochard in prima<br />

persona ma saremo tutti lì a<br />

suonare La canzone del sole e<br />

Gianna. Spero che la partecipazione<br />

sia numerosa”.<br />

Sono invitato?<br />

“Assolutamente”.<br />

Sito ufficiale di Isaia & lìOrchestra<br />

di Radio Cloachard:<br />

www.isaia.tv.<br />

Lunedì 8 Aprile ore 18:30 - Fondazione del Teatro Grande - Serata Dannunziana<br />

Renato Borsoni relatore - Ridotto del Teatro Grande<br />

Martedì 9 Aprile ore 18:00 - Associazione Cieli Vibranti<br />

Duecento anni con Giuseppe Verdi e Richard Wagner - Corso di introduzione alla lirica<br />

Centro Clinico Brescia<br />

Venerdì 12 Aprile ore 21:00 - Associazione Danzarte - Brescia Festival di Danza<br />

La scatola dei sogni - Soggetti Smarriti/Elea - Danza e musica - Auditorium San Barnaba<br />

Domenica 14 Aprile ore 15:30 - Associazione Elea - in collaborazione con Arte con noi<br />

La Domenica a teatro - Percorsi teatralizzati nel centro storico: Corso Zanardelli<br />

Serena Facchini - e Ermanno Nardi attori - Partenza da Caffè della Stampa<br />

Domenica 14 Aprile ore 18:00 - Associazione Aref - Aref in musica - Aura Ensemble - Spazio Aref<br />

Martedì 16 Aprile ore 20:45 - Conservatorio Luca Marenzio - Le stagioni del Conservatorio<br />

Premio Luca Marenzio - In collaborazione con Lions Club Brescia Cidneo<br />

Alberto Chiari clavicembalo - Matteo Benedetti flauto - Auditorium S. Barnaba<br />

Martedì 16 Aprile ore 21:00 - Fondazione del Teatro Grande<br />

Metamorfosi. La musica di Philip Glass - Sentieri Selvaggi - Ridotto del Teatro Grande<br />

Martedì 16 Aprile ore 21:00 - Jazz in Eden - Joyce & Band - Joyce voce e chitarra<br />

Helio Alves pianoforte - Rodolfo Stroeter contrabbasso - Tutty Moreno batteria - Nuovo Eden<br />

Venerdì 19 Aprile ore 18:00 - Associazione Danzarte - Brescia Festival di Danza<br />

Danzarte / Danza. Autori - Luigi Fertonani, Luisa Cuttini - Mats Ek - Foyer del Teatro Sociale<br />

Venerdì 19 Aprile ore 20:30 - Associazione Oltre la musica e Lions Club Clisis Brixia<br />

Musica e oltre … - Concerto di beneficenza - Juan Lorenzo<br />

Flamenco Libre company - Juan Lorenzo guitarra flamenca - Auditorium San Barnaba<br />

Venerdì 19 Aprile ore 21:00 - Associazione Danzarte - Brescia Festival di Danza<br />

Serata eXpLo - Galli, Tanzi, Calvaresi - Giovani danz’autori - Spazio Teatro Idra<br />

Sabato 20 Aprile ore 16:00 - Fondazione del Teatro Grande - Brimborium! Favola per musica<br />

Carlo Boccadoro maestro concertatore e direttore - Teatro Grande<br />

Sabato 20 Aprile ore 16:30 - Associazione Usci - Dodici mesi di coralità - Concerto corale<br />

Ensemble femminile Sifnos - Gloria Busi direttore - Chiesa di San Giorgio<br />

Sabato 20 Aprile ore 20:45 - Conservatorio Luca Marenzio - Le stagioni del Conservatorio<br />

Omaggio a Poulenc e Britten - Claudio Marini violoncello - Gabriele Prodi pianoforte - Teatro S. Carlino<br />

Domenica 21 Aprile ore 15:30 - Associazione Elea in collaborazione con Arte con noi<br />

La Domenica a teatro - Percorsi teatralizzati nel centro storico: Corso Cavour<br />

Serena Facchini - e Ermanno Nardi attori - Partenza da Caffè della Stampa<br />

Giovedì 25 Aprile ore 16:00 - Comune di Brescia - Festa della Liberazione<br />

Concerto della Banda Cittadina - Porticato Palazzo Loggia


12 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

La musica sta morendo?<br />

Molti, forse tutti, scorgono<br />

i gravi sintomi che la<br />

tormentano, ormai da<br />

qualche tempo. Diagnosi concorde:<br />

l’arte musicale, in particolare<br />

per quel che concerne<br />

il genere colto, versa in condizioni<br />

serie, affetta da un morbo<br />

pericoloso. Più incerta la prognosi:<br />

tra pessimismo e ottimismo,<br />

tra previsioni infauste e<br />

speranza fiduciosa, ognuno<br />

esprime il suo giudizio personale.<br />

A chi evoca già la fine della<br />

musica e si prepara al suo imminente<br />

decesso, chi ritiene invece<br />

che la malattia, per quanto<br />

nient’affatto trascurabile, sia<br />

tuttavia solo transitoria, obietta<br />

che nel corso della storia musicale<br />

si sono presentati altri frangenti<br />

difficili, eppure sono stati<br />

sempre brillantemente superati.<br />

Altri periodi della produzione<br />

compositiva sono stati caratterizzati<br />

da un forte ristagno creativo,<br />

eppure hanno fatto soltanto<br />

da preludio a nuove fasi di<br />

fioritura artistica: parentesi di<br />

quiescenza in preparazione di<br />

ulteriori vividi slanci.<br />

Certo, guardando retrospettivamente<br />

alla storia della musica,<br />

si possono rintracciare diversi<br />

momenti, durati talvolta<br />

anche parecchi decenni, in<br />

cui prevalse un senso di ripetitività<br />

o addirittura di stanchezza<br />

sul piano della produzione<br />

compositiva. Quando si denuncia<br />

l’attuale mancanza di<br />

novità creativa e il ricorso alla<br />

citazione e al rimescolamento<br />

continuo di stili del passato<br />

(anche recentissimo), perché<br />

si dovrebbe pensare che, questa<br />

volta, la benamata arte<br />

musicale sia giunta al termine<br />

dei suoi giorni? Perché non<br />

pensare viceversa alla preparazione<br />

di chissà quali fervidi<br />

impulsi vitali pronti a sbocciare<br />

rigogliosamente magari solo<br />

tra qualche anno, appena terminato<br />

questo periodo di pausa?<br />

Per l’appunto, perché privarsi<br />

della speranza di una possibile<br />

ripresa, con l’apertura di felici<br />

futuri orizzonti? Il problema è<br />

che ciò a cui si assiste oggi<br />

sembra avere tratti del tutto<br />

eccezionali. Per la musica colta<br />

non è in atto una banale<br />

standardizzazione o un impoverimento<br />

di ordine epigonale<br />

e nemmeno quella brutale<br />

semplificazione stilistica che<br />

talvolta ha davvero aiutato a<br />

voltare pagina nel libro della<br />

storia musicale. Al contrario,<br />

pure in questo ambito ciò che<br />

si dispiega è uno scenario postmoderno<br />

complessissimo, dove<br />

è impossibile rintracciare<br />

una chiara tendenza dominante,<br />

sebbene improntata a<br />

un infiacchimento generale<br />

dell’ispirazione.<br />

Più che di ristagno creativo,<br />

di un flusso che perde forza<br />

perché prossimo a fermarsi,<br />

forse sarebbe meglio parlare di<br />

un vortice disordinato di correnti<br />

e controcorrenti. O forse si<br />

potrebbe dire che il fiume millenario<br />

della musica colta è<br />

giunto ormai al suo delta e, prima<br />

di gettarsi definitivamente<br />

nel mare, si sta dividendo in rami<br />

dalle direzioni diverse, ciascuno<br />

dei quali segue la sua incerta<br />

estrema via.<br />

Ci sarà ancora un compositore<br />

capace di riassumere in<br />

una sintesi originale gli aspetti<br />

migliori di quanto è emerso da<br />

ultimo o un genio in grado di<br />

valide invenzioni musicali tali<br />

da fornire un’altra grande spinta<br />

alla storia della musica? L’esame<br />

della situazione induce a<br />

credere di no. La confusione<br />

babelica a cui si è arrivati con<br />

la composizione contemporanea<br />

probabilmente resisterà a<br />

ogni tentativo sintetico, sconfiggendo<br />

le forze di qualsiasi<br />

musicista, per quanto dotato. E<br />

non è nemmeno escluso che,<br />

dopo le audaci esplorazioni<br />

delle avanguardie novecentesche,<br />

non rimangano più territori<br />

vergini da scoprire, privando<br />

pertanto chiunque di uno<br />

spazio sufficientemente ampio<br />

per autentiche innovazioni.<br />

***<br />

Anche concedendo che la<br />

storia musicale di genere colto<br />

sia davvero pervenuta al termine,<br />

entrata nel suo delta fi-<br />

SE LA MUSICA MUORE<br />

SI VA VERSO LA FINE DEL GENERE COLTO?<br />

ESTINZIONE E TRASMUTAZIONE<br />

Il passaggio<br />

definitivo della<br />

musica<br />

dal sacro<br />

alla<br />

merce-spettacolo<br />

nale, restano tuttavia dei buoni<br />

argomenti in favore di chi si<br />

oppone all’idea di una morte<br />

della musica. Se è vero che<br />

quel corso fluviale millenario si<br />

è ormai disperso in molti rivoli,<br />

avviene però che le sue acque<br />

gloriose stiano comunque<br />

per alimentare l’enorme oceano<br />

della musica. Detto altrimenti:<br />

se il genere “alto” della<br />

musica è destinato a smarrire<br />

la sua identità, è pur vero che<br />

la musica in generale continuerà<br />

a esistere anche grazie<br />

a una fusione del genere “al-<br />

di AUGUSTO MAZZONI<br />

to” con i generi più “bassi”. Ciò<br />

forse non è affatto un male,<br />

anzi prefigura il superamento<br />

di certi pregiudizi di valore, con<br />

lo scardinamento di ogni chiusura<br />

elitaria e aristocratica della<br />

musica colta.<br />

Mai come adesso la musica<br />

riempie ogni angolo del mondo.<br />

Suoni musicali riecheggiano<br />

ovunque e di continuo, diffusi<br />

dai più moderni mezzi tecnici<br />

di riproduzione. Si deve far<br />

fronte ormai all’insorgere di<br />

una sorta di inquinamento<br />

acustico, provocato non solo<br />

dai rumori di una società sempre<br />

in azione ma anche da<br />

un’invasione di musica amplificata.<br />

Ma allora, in una tal circostanza,<br />

quando pure la musica<br />

colta dovesse agonizzare<br />

ed estinguersi, come si potrebbe<br />

nutrire il pensiero di una<br />

morte della musica? Non certo<br />

intendendola quale morte della<br />

musica nella sua totalità.<br />

Sì è vero. L’eventuale estin-<br />

zione della musica colta non<br />

sembra portare con sé la<br />

scomparsa di tutta la musica:<br />

per nulla! Ma è importante sottolineare<br />

che, se il genere musicale<br />

colto dovesse effettivamente<br />

estinguersi, si manifesterebbero<br />

le più acute conseguenze<br />

di quella che appare<br />

come una vera trasmutazione,<br />

i cui segnali del resto si presentano<br />

già da parecchio tempo<br />

e non soltanto in riferimento all’ambito<br />

musicale e artistico.<br />

La questione principale riguarda<br />

la definitiva perdita di<br />

sacralità che si impone nel<br />

mondo attuale. In relazione alla<br />

musica ciò significa non solo<br />

che la musica sacra (religiosa)<br />

ha da secoli ormai ceduto la<br />

sua posizione eminente in favore<br />

della musica profana<br />

(non religiosa), ma altresì che si<br />

è smarrito quel senso di sacralità<br />

“laica” quale si è espresso<br />

segue alla pagina 13


segue dalla pagina 12<br />

allorquando la musica rivestiva<br />

un profondo valore culturale e<br />

civile.<br />

Nel destino della musica che<br />

si profila d’ora in avanti sembra<br />

esserci l’assenza più assoluta<br />

di ogni senso del sacro:<br />

qualcosa che oltrepassa gli effetti<br />

di un semplice processo di<br />

secolarizzazione. Al posto della<br />

sacralità, religiosa o civile, che<br />

ha caratterizzato, pur se in modo<br />

e in misura diversi, la musica<br />

colta (ma non solo essa) nel<br />

corso della sua storia, si sostituiscono<br />

soprattutto due aspetti<br />

radicalmente differenti: il carattere<br />

di merce e quello di<br />

spettacolo.<br />

Non che la musica colta non<br />

sia stata essa pure talvolta<br />

merce o spettacolo: anzi, fin<br />

da epoche lontane, è stata innervata<br />

da fenomeni di mercificazione<br />

e di spettacolarizzazione,<br />

forse anche più della<br />

stessa musica etnico-popolare.<br />

Si consideri però, quale caso<br />

esemplare, l’opera lirica nel<br />

suo sviluppo storico e si vedrà<br />

come in essa si siano intrecciati<br />

e fusi tutti questi aspetti, con<br />

la messa in scena di spettacoli<br />

impresariali che tuttavia assunsero<br />

significati civili (oltre che<br />

sociali, strettamente politici)<br />

della massima importanza.<br />

***<br />

Al di fuori della musica colta<br />

è lecito aspettarsi qualcosa di<br />

simile? No, non almeno nel futuro<br />

immediato. L’impegno sociale,<br />

che pure qualche decennio<br />

fa aveva contagiato<br />

certi settori della musica extracolta,<br />

sembra già da un pezzo<br />

svanito. Del resto, l’impiego<br />

funzionale della musica quale<br />

può presentarsi ancor oggi all’interno<br />

della sfera religiosa (a<br />

contorno della concreta pratica<br />

liturgica) o all’interno di<br />

quella socio-politica (a rinforzo<br />

di una campagna propagandistica),<br />

è da intendersi più<br />

che altro come un uso meramente<br />

strumentale, piuttosto<br />

che un tentativo riuscito di recupero<br />

di senso.<br />

Bisogna constatare che la<br />

musica, una volta che sia privata<br />

delle possibilità del sacro,<br />

possiede solo quelle della merce-spettacolo.<br />

Essa tende a<br />

essere fagocitata, nella sua interezza,<br />

dal sistema economico<br />

che la produce e la riproduce<br />

puntando esclusivamente<br />

su tali caratteristiche. Anche<br />

la musica colta, se dovesse<br />

mai sopravvivere, rischierebbe<br />

d’ora in poi di essere quasi<br />

esclusivamente merce-spettacolo<br />

e non più autentico fenomeno<br />

culturale.<br />

Come affrontare la scomparsa<br />

della musica colta, ove<br />

effettivamente si verificasse nei<br />

termini qui descritti? Nell’animo<br />

di chi l’ama sinceramente,<br />

l’evento esiziale, anche solo<br />

nel momento in cui lo si presagisce<br />

come imminente, non<br />

può che provocare un grave<br />

lutto. L’esaurimento di una così<br />

grande tradizione non può<br />

che gettare nello scoramento<br />

chi l’ha coltivata e ha contribuito<br />

finora a tenerla in essere,<br />

magari facendone una propria<br />

ragione di vita.<br />

C’è un risvolto consolatorio<br />

in tutto questo, che lenisce tuttavia<br />

il dolore. Se pure va estinguendosi<br />

il vigore di una produzione<br />

compositiva su cui la<br />

tradizione musicale nel corso<br />

dei secoli si fondava, si tratta<br />

però, almeno per adesso, solo<br />

di un’estinzione parziale. Sussiste<br />

infatti tuttora la possibilità di<br />

riportare in essere, di volta in<br />

volta, la musica del passato<br />

continuando a eseguirla e ad<br />

ascoltarla. In tal modo, nella<br />

trasmutazione radicale della<br />

musica dal sacro alla mercespettacolo,<br />

il genere colto permane,<br />

ma divenendo paradossalmente<br />

ciò che torna a<br />

esistere nel suo non esserci più:<br />

ciò che non viene più creativamente<br />

prodotto, ma pure è<br />

ancora possible riprodurre.<br />

Proseguire la tradizione della<br />

musica colta con rinnovate<br />

esecuzioni e rinnovati ascolti, in<br />

generale con ulteriori nuove interpretazioni<br />

(anche mediante<br />

gli studi musicologici) forse può<br />

essere un atto dovuto di<br />

omaggio e di testimonianza,<br />

un atto di nostalgica celebrazione;<br />

o forse è qualcosa di<br />

meno solenne, un atto mosso<br />

dalla semplice volontà di trattenere<br />

l’eco di ciò che è stato<br />

importante, per quanto caduco,<br />

con l’opportunità di farne<br />

partecipi in qualche maniera<br />

le future generazioni.<br />

CAMPAGNA<br />

ASSOCIATIVA <strong>2013</strong><br />

Quota minima € 20,00<br />

(Socio ordinario)<br />

€ 100,00 (Socio benemerito)<br />

Il versamento può essere effettuato<br />

tramite il c/c postale n. 10580256<br />

intestato a: Associazione Filarmonica<br />

“<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>”<br />

Banda cittadina di Brescia<br />

Via delle Battaglie 61/1 - 25122 Brescia<br />

o con bonifico bancario Iban:<br />

IT72Q0350011210000000018860<br />

<br />

A proposito della Siae<br />

N<br />

ell’autunno del 2010 si scopre un<br />

buco di bilancio di ottocento milioni<br />

di euro. I vertici della Siae<br />

danno il ben servito al presidente<br />

Giorgio Assumma e si riuniscono per nominare<br />

i nuovi membri del consiglio di amministrazione.<br />

Per mancanza del numero legale in<br />

più di un incontro e per varie irregolarità formali<br />

di fatto sfuma la nomina di una nuovo<br />

organo dirigenziale. Per necessità il Governo<br />

decide il commissariamento, affidato all’anziano<br />

Gian Luigi Rondi, noto critico cinematografico.<br />

Fin qui una breve cronistoria delle ultime vicende<br />

che hanno colpito l’ultracentenaria<br />

Società italiana autori ed editori – nacque a<br />

Milano nell’aprile del 1882 e si pensi che del<br />

primo Consiglio direttivo fecero parte eminenti<br />

figure del mondo della musica, della<br />

letteratura e del teatro quali Giuseppe Verdi,<br />

Giosuè Carducci, Francesco De Sanctis, Edmondo<br />

De Amicis; tra i promotori della Società<br />

vanno inoltre ricordati Roberto Ardigò,<br />

Arrigo Boito, Ulrico Hoepli, Edoardo Sonzogno,<br />

Giovanni Verga, Pasquale Villari, Giuseppe<br />

Zanardelli – che ora si trova a fare i<br />

conti con le acuite tensioni fra i suoi associati<br />

a causa del nuovo statuto, approvato il 9<br />

novembre scorso dal Presidente del Consiglio<br />

dei ministri su proposta del Ministero per i<br />

beni e le attività culturali in accordo con il<br />

Ministro dell’economia, che sancisce l’adozione<br />

di regole fortemente inique se non addirittura<br />

illegittime che affidano la Siae alle<br />

mani dei più ricchi, trascurando i numerosissimi<br />

altri associati meno facoltosi a un ruolo assolutamente<br />

marginale e irrilevante.<br />

In sostanza secondo il nuovo Statuto ogni<br />

associato ha diritto, in assemblea, a un voto<br />

più un voto per ogni euro incassato: così facendo,<br />

le delibere delle assemblee relative<br />

essenzialmente alla nomina del Consiglio di<br />

sorveglianza al quale lo Statuto affida, di fatto,<br />

attraverso la nomina di un Consiglio di gestione,<br />

tutte le decisioni inerenti l’attività e la<br />

vita della società, dipendono esclusivamente<br />

dagli associati più ricchi vale a dire i grandi<br />

editori collegati a poche multinazionali<br />

straniere e i più importanti cantautori della<br />

musica leggera italiana. Quindi, grazie alle<br />

nuove norme, pochi associati (circa una<br />

ventina) potranno decidere delle sorti della<br />

società infischiandosene altamente del volere<br />

e delle indicazioni delle decine di migliaia<br />

di iscritti. Bell’esempio di democrazia.<br />

La Siae che si dovrebbe soprattutto occupare<br />

di tutelare il diritto d’autore, raggranellando<br />

ed erogarando i proventi che ne derivano,<br />

ha attraversato in questi ultimi anni un<br />

evidente crisi palesando uno stato di ineffi-<br />

... CON MORDENTE <br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 13<br />

cienza veramente imbarazzante. Quella che<br />

dovrebbe essere una società con una forte<br />

incidenza nel sostegno della creatività artistica,<br />

proprio per la sua natura redistributiva, è<br />

in realtà un carrozzone che risponde a vecchie<br />

logiche di potere che tendono a favorire<br />

pochi referenziati a scapito di tantissimi<br />

onesti intelletuali e artisti.<br />

Questa situazione non viene sicuramente<br />

superata dal nuovo statuto che sancisce la<br />

trasformazione della Siae in Spa e permette,<br />

come si diceva in precedenza, a un importante<br />

autore o a una grossa casa editrice di<br />

avere in sede di voto un potere incontrastabile<br />

che rende pressoché impossibile opporsi<br />

alle scelte decise dai pochi ricchi e potenti<br />

soci. Si verifica così l’attuazione di un sistema<br />

che si basa assolutamente su principi economico-finanziari<br />

– le finalità della SIAE dovrebbero<br />

essere ben altre – ove il voto che vale è<br />

quello di coloro che dispongono di maggiore<br />

ricchezza così come capita, per esempio,<br />

nella governance degli istituti di credito e dei<br />

grandi gruppi finanziari: contano solo i soldi.<br />

La nostra senzazione è che così facendo si<br />

vada a impoverire il sistema culturale, già di<br />

per sé ampiamente trascurato dalle istituzioni<br />

nazionali in questi utimi anni, con una visione<br />

di stupefacente ottusità sotto il profilo<br />

strategico, politico e ideologico.<br />

Con la trasformazione in atto, che sancisce<br />

in concreto la fine del monopolio della<br />

Siae – unico caso in Europa –, probabilmente<br />

si possono aprire le porte alla possibile nascita<br />

di nuovi enti analoghi in regime di concorrenza.<br />

In questo modo la Siae potrebbe rischiare<br />

un forte ridimensionamento e un inevitabile<br />

cambiamento della propria natura<br />

operativa, creando una situazione difficilmente<br />

controllabile ove le mani nella marmellata<br />

le metterebbero solo e sempre i soliti<br />

noti e potenti.<br />

Qualche settimana fa Acep (Associazione<br />

autori compositori e piccoli editori), Arci, AudioCoop<br />

(associazione delle etichette discografiche)<br />

hanno presentato un ricorso al TAR<br />

del Lazio per verificare e dichiarare l’illegittimità<br />

del nuovo statuto della Siae.<br />

Ci auguriamo che la notifica venga accolta<br />

positivamente dal TAR del Lazio e che il futuro<br />

Governo manifesti la volontà di riportare<br />

la Siae a svolgere in assoluta trasparenza, salvaguardando<br />

l’interesse di tutti gli oltre centomila<br />

iscritti, quel ruolo di promozione e tutela<br />

del sistema culturale italiano non riducendo<br />

l’attività e la creatività artistica e l’impegno<br />

intelletuale di un compositore, di un autore o<br />

editore a un fatto puramente economico. Si<br />

ritorni quindi ai nobili intenti per i quali Giuseppe<br />

Verdi e gli altri contribuirono alla nascita<br />

della Siae nel lontano 1882.<br />

gus.tro.


14 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

Un involucro concettuale<br />

e accattivante, che<br />

nasconde un’anima<br />

più concreta e artigianale.<br />

Un salotto confortevole<br />

e accogliente, un ambiente<br />

raccolto, che unisce design e<br />

tradizione. Il prodotto ideale<br />

del connubio di due figure professionali<br />

che nell’immaginario<br />

comune rappresentano l’innovazione<br />

e il patrimonio culturale:<br />

l’architetto-designer, e il liutaio.<br />

“Da un lato può essere così,<br />

sì. Almeno in linea di massima<br />

la ricerca del liutaio è una ricerca<br />

nel passato, che quindi<br />

tenta di mettere in luce il più<br />

possibile quello che è stato fatto,<br />

mentre il designer cerca il<br />

futuro. Questo però non è necessariamente<br />

vero, anzi. Lo<br />

sguardo a ciò che è stato realizzato<br />

in precedenza e a ciò<br />

che è bello e funziona è comune.<br />

Comunque la nostra non è<br />

stata una scelta fatta a tavolino,<br />

pensando a quali fossero<br />

gli ingredienti migliori, ma il<br />

prodotto di un’amicizia che<br />

dura da anni”.<br />

È Filippo Fasser che da buon<br />

padrone di casa ci mostra la<br />

nuova sede del suo laboratorio,<br />

e il salotto che è diventato<br />

il cuore del nuovo progetto da<br />

lui creato insieme all’architetto<br />

Antonio Gardoni, inaugurato<br />

l’8 dicembre in via Fratelli Ugoni<br />

16 a Brescia.<br />

“È da quando ho traslocato,<br />

che Officina Musicale, già attiva<br />

in città fin dal 2001, si è arricchita<br />

di un nuovo spazio,<br />

che è appunto Officina da<br />

Camera. Una difficoltà non<br />

trascurabile, quando si vogliono<br />

proporre eventi e iniziative,<br />

è quella di riuscire a farsi riconoscere,<br />

distinguersi per ottenere<br />

un luogo, dei contributi o<br />

dei finanziamenti, che consentano<br />

di guadagnare una determinata<br />

sala o chiamare determinati<br />

artisti. L’idea di avere<br />

un ambiente proprio significa<br />

invece non appartenere a<br />

nessuno, non dover chiedere<br />

A COLLOQUIO CON FILIPPO FASSER<br />

UNA NUOVA “OFFICINA”<br />

nulla. Ciò che mi piace lo faccio,<br />

se l’artista mi piace lo invito:<br />

può sembrare una maniera<br />

un po’ brutale per descrivere il<br />

cambiamento a cui sono andato<br />

incontro, ma è un ostacolo<br />

che abbiamo dovuto affrontare<br />

per anni. Soprattutto<br />

quando abbiamo cominciato<br />

con Officina Musicale, quando<br />

ci siamo presentati all’Amministrazione<br />

e a chi si occupava<br />

di cultura a Brescia. Credo che<br />

non sia un problema solamente<br />

della nostra città, ma una<br />

difficoltà comune a tutte le<br />

realtà: la presenza di blocchi,<br />

gruppi ai quali non solo bisogna<br />

appartenere, ma anche<br />

rendere conto. Iniziative, come<br />

la mostra che abbiamo allestito<br />

sui liutai bresciani dal Cinquecento<br />

al Settecento, diventano<br />

così possibili solo a<br />

patto di coinvolgere altre<br />

realtà più o meno vicine o affini.<br />

Insomma, si sentiva un bisogno<br />

d’indipendenza, anche<br />

perché questi passaggi rischiano<br />

molto spesso di appesantire<br />

il lavoro, non necessariamente<br />

lo rendono più facile. È vero<br />

tuttavia che uno spazio come<br />

a cura di GIACOMO BARONI<br />

il nostro non permette certamente<br />

di fare qualsiasi cosa”.<br />

Il mondo che si è creato intorno<br />

alle vostre iniziative è già<br />

attivo, pieno di partecipazioni<br />

e collaborazioni anche con artisti<br />

noti. Sembra che il fine sia<br />

un coinvolgimento totale di<br />

tutte le parti in causa, anche<br />

del pubblico. L’Officina è il<br />

mezzo con il quale l’artista può<br />

porsi alla stessa altezza dell’uditorio?<br />

“Sono da poco tornato da<br />

Mosca, dove ho partecipato<br />

alla giuria del concorso per<br />

viola ‘Yuri Bashmet’. Qui, ancora<br />

una volta, ho avuto modo di<br />

notare come la vera ricchezza<br />

del vivere, in generale, sia<br />

quella della relazione, dello<br />

scambio, della capacità di<br />

ospitare e di farsi ospitare. È<br />

dove si creano connessioni,<br />

scambi ed energia nuova che<br />

tutto funziona al meglio. Più si<br />

viene presi da questo mulinello<br />

e intersecarsi di vite, e più la<br />

propria esperienza diventa ricca.<br />

Si perdono i fronzoli inutili e<br />

rimane un nucleo di vero interesse.<br />

L’idea sulla quale poggia<br />

l’Officina da Camera, forse<br />

proprio perché l’ambiente di<br />

cui disponiamo è piccolo, è un<br />

po’ quella di allargare casa<br />

propria, e invitare le persone<br />

con cui di fatto ci si trova bene<br />

o che provano un interesse<br />

reale per ciò che facciamo, e<br />

da qui fare nascere relazioni,<br />

connessioni, insomma una vera<br />

e propria rete. Il mio lavoro,<br />

come anche quello di Antonio<br />

Gardoni, non può essere rivolto<br />

al locale, non certo per una<br />

avversione al localismo o al<br />

provincialismo, ma per sua<br />

stessa natura. Ad esempio la<br />

professione di liutaio nasce nel<br />

Cinque-Seicento già globalizzata,<br />

gli artigiani tanto amati<br />

come Gasparo da Salò lavoravano<br />

per le corti di tutta Europa,<br />

vale a dire tutto il mondo<br />

allora conosciuto. È sempre<br />

stato un mercato globale, e a<br />

maggior ragione oggi se non<br />

sei nella rete – al di là di Internet<br />

– non esisti. L’Officina da<br />

Camera è una cosa che va<br />

molto oltre il semplice evento<br />

proposto, è un progetto per<br />

creare connessioni”.<br />

Quali sono le iniziative che<br />

avete già realizzato?<br />

“È solo da due mesi che abbiamo<br />

aperto Officina da Camera,<br />

quindi gli eventi che<br />

possiamo citare sono ancora<br />

pochi. Abbiamo concentrato<br />

nel periodo inaugurale, cioè<br />

da sabato 8 dicembre a sabato<br />

2 febbraio, quattro concerti.<br />

Il primo è stato la performance<br />

jazz di un pianista bresciano,<br />

nato però come batterista,<br />

che è Emanuele Maniscalco,<br />

attualmente residente a Copenaghen.<br />

Da notare ancora<br />

l’idea dell’essere in comunicazione<br />

con l’esterno, parte integrante<br />

del disegno di Officina<br />

da Camera. Nella giornata del<br />

9 dicembre abbiamo proposto<br />

due incontri. Durante la mattina<br />

Ugo Orlandi, che è secondo<br />

me il maggior appassionato,<br />

esperto, ricercatore e conoscitore<br />

di tutto quello che riguarda<br />

il mandolino nel mondo,<br />

e Luisella Conter, ci hanno<br />

intrattenuto con un concerto<br />

di mandolino e chitarra; tra<br />

l’altro dovremmo iniziare in<br />

febbraio proprio con Orlandi<br />

una serie di appuntamenti per<br />

celebrare l’anniversario della<br />

nascita di Raffaele Calace,<br />

uno dei più grandi costruttori e<br />

compositori di musica per<br />

mandolino. Durante la serata<br />

invece abbiamo ospitato due<br />

musicisti più noti nel giro bresciano,<br />

che sono Daniele Richiedei<br />

e Andrea Bettini, con<br />

un percorso fuori dal classico,<br />

dal sapore vario, che ha spaziato<br />

dal Sud americano al balcanico.<br />

Infine il concerto di<br />

Giovanni Sollima e Luca Ranieri,<br />

quello un po’ più ‘classico’,<br />

nelle intenzioni. In contemporanea<br />

si è tenuta una mostra<br />

dei lavori di Livio Scarpella e<br />

Fausto Salvi. Riapriremo con<br />

una nuova mostra dal 14 febbraio<br />

al 30 marzo, ‘Life Before<br />

Death’, l’unione delle opere di<br />

un bresciano, nome d’arte Valvola,<br />

proveniente dalla cultura<br />

del graffito e di Dan Hillier, un<br />

londinese che fa grafica. Abbiamo<br />

poi proposto ‘prova<br />

aperta’ con i Birdcage, e il<br />

concerto di fine anno con Giulio<br />

Plotino, Gianpaolo Peloso,<br />

Marco Misciagna e Paolo Bonomini.<br />

Una cosa molto interessante<br />

è stato l’incontro avvenuto<br />

il 17 gennaio sempre<br />

con Scarpella e Salvi, una sorta<br />

di sfida di idee cronometrata<br />

tra i due artisti. E la risposta è<br />

stata sempre soddisfacente,<br />

tenendo comunque conto<br />

che la disponibilità è di solamente<br />

quaranta posti a sedere,<br />

per cui non è difficile riempire<br />

la sala”.<br />

Qual è il supporto degli enti<br />

pubblici?<br />

“È chiaro che con maggiori<br />

risorse sarebbe più facile proporre<br />

un maggior numero di<br />

persone interessanti, tuttavia<br />

non riceviamo alcun aiuto, ma<br />

nemmeno lo abbiamo cercato.<br />

Ritorniamo al discorso sul bisogno<br />

d’indipendenza: per le<br />

iniziative che ho organizzato fi-<br />

segue alla pagina 15


segue dalla pagina 14<br />

no a oggi, ho notato che è<br />

sempre stata un pochino limitante<br />

la richiesta, da parte dell’ente<br />

pubblico in particolare,<br />

di coinvolgere altre realtà. Non<br />

è certo la voglia di collaborare<br />

che manca, anzi, però non è<br />

sempre facile far squadra con<br />

tutti”.<br />

Via Fratelli Ugoni, oltre a<br />

ospitare la sala di Officina da<br />

Camera, è anche la nuova sede<br />

del suo laboratorio. Qual è<br />

stato il valore della sua esperienza<br />

nel centro della città?<br />

Quali nuove prospettive offre il<br />

cambiamento?<br />

“Io sono nato musicalmente<br />

al Carmine, in Vicolo dell’Anguilla<br />

con il Centro giovanile di<br />

educazione musicale di Giovanni<br />

Ligasacchi, è seguita Via<br />

Odorici, dove si trova la sede<br />

della Banda cittadina. Man<br />

mano mi sono allontanato dalla<br />

musica ‘praticata’: mi sono<br />

spostato per un breve tempo<br />

in corso Matteotti, dopo di che<br />

nel ‘91 mi sono trasferito in Rua<br />

Confettora, che non è Carmine<br />

ma la zona è comunque la<br />

stessa. Dal ‘94 al 2012 infine sono<br />

stato in Via Paitone. Credo<br />

che il Carmine sia un quartiere<br />

magnifico della città, e che<br />

fornisca l’evidenza di come<br />

qualsiasi cultura, e quella occidentale<br />

maggiormente, possa<br />

raggiungere un livello d’eccellenza<br />

solo grazie alla sua mescolanza<br />

con tante altre diverse.<br />

Molti stupidamente non si<br />

rendono conto che solo grazie<br />

al continuo incontro di civiltà si<br />

possono raggiungere risultati<br />

davvero interessanti. Il nostro rinascimento<br />

ad esempio, dei<br />

cui strascichi viviamo ancora<br />

oggi, è stato possibile soltanto<br />

perché in Italia si incontravano<br />

e si fondevano le culture di tutta<br />

Europa e del Mediterraneo.<br />

È lo stesso spirito del Carmine.<br />

Purtroppo il quartiere è stato<br />

trasformato negli ultimi anni: l’idea<br />

di ristrutturarlo dal punto di<br />

vista architettonico, un’operazione<br />

tutto sommato interessante,<br />

ha fatto sì che i locali raso<br />

strada, un tempo magazzini,<br />

botteghe e laboratori, siano diventati<br />

tutti posti macchina.<br />

Oggi la gente si lamenta che il<br />

quartiere sia abitato solamente<br />

dagli stranieri – perché quelli<br />

vivono ancora la strada, a<br />

differenza nostra – oppure della<br />

presenza dei locali aperti<br />

perché c’è l’università. Questo<br />

è il frutto di una politica che<br />

non aveva magari l’intenzione<br />

di far chiudere le attività, ma di<br />

fatto ha incentivato la creazione<br />

di autorimesse. Quindi il mio<br />

spostamento, a parte l’opportunità<br />

offerta dall’avere trovato<br />

dei locali che mi piacevano,<br />

mi ha anche dato la possibilità<br />

di allargare ulteriormente lo<br />

sguardo. Brescia ha un po’ la<br />

difficoltà di voler costruire<br />

qualsiasi iniziativa intorno a<br />

piazza della Loggia, mentre<br />

tutto sommato è anche una<br />

città più grande, con altri luoghi.<br />

Sono queste le nuove prospettive:<br />

una visione un po’ più<br />

ampia, e la possibilità di ospitare<br />

in uno spazio mio”.<br />

La vostra proposta spazia<br />

dal classico al contemporaneo.<br />

Lei è un liutaio, esercita<br />

un mestiere antico, basato sulla<br />

costruzione di strumenti che<br />

contano ormai centinaia d’anni.<br />

La musica colta e non del<br />

futuro, può passare attraverso<br />

gli strumenti della tradizione?<br />

Se è necessaria, da dove passa<br />

l’innovazione?<br />

“Il violino, la viola e il violoncello<br />

sono ancora gli stessi, è<br />

nel modo di suonare piuttosto,<br />

che c’è stata la vera evoluzione.<br />

Certamente, il futuro può<br />

passare da qui, e io credo che<br />

con questi stessi strumenti si<br />

possano fare cose molto nuove.<br />

Secondo me uno dei maggiori<br />

musicisti, solisti, esecutori<br />

di strumenti ad arco, proiettato<br />

molto in avanti, è Giovanni Sollima.<br />

Lui è la dimostrazione che<br />

con un violoncello del Seicento,<br />

un Ruggeri realizzato a Cremona,<br />

si possono eseguire cose<br />

nuovissime, che nemmeno<br />

si pensava fossero possibili,<br />

però sempre con quello stesso<br />

strumento”.<br />

Progetti per il futuro?<br />

“Un’idea che ha già preso<br />

forma è quella di una serie di<br />

concerti vietati ai maggiori di<br />

venticinque anni, il primo dei<br />

quali si è tenuto il 18 febbraio, il<br />

concerto per pianoforte di<br />

Margherita Gulino. L’intenzione<br />

è che questa diventi un’iniziativa<br />

fissa. Resta il fatto che la<br />

base del progetto è la creazione<br />

di incontri, connessioni e relazioni.<br />

Di conseguenza le iniziative,<br />

i pensieri e le idee nascono<br />

mano a mano. Non<br />

avere una programmazione,<br />

può permettere di cogliere al<br />

meglio tutte le occasioni che si<br />

presenteranno”.<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 15<br />

L’Associazione Amici della Banda<br />

cittadina di Brescia per lo sviluppo<br />

sociale e sostenibile contribuisce<br />

concretamente alla realizzazione<br />

di tutte le attività della “<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>”.<br />

Con la prossima dichiarazione dei<br />

redditi (CUD, 730, UNICO) puoi destinare<br />

il tuo 5 per mille alle Associazioni<br />

di volontariato: dai il tuo 5<br />

per mille per le attività della Banda<br />

cittadina di Brescia.<br />

Sul tuo modulo di dichiarazione dei<br />

redditi:<br />

• metti la tua firma nel primo riquadro<br />

(associazione di volontariato,<br />

ecc.)<br />

• scrivi il codice fiscale della Associazione<br />

Amici della Banda cittadina<br />

9 8 1 5 2 3 9 0 1 7 9<br />

A te non costa nulla! Non è alternativo<br />

all’8 per mille (per la Chiesa,<br />

lo Stato, ecc.).<br />

FIRMA PER IL<br />

TUO 5 x mille<br />

ALLA BANDA<br />

CITTADINA DI<br />

BRESCIA<br />

I contributi raccolti con il tuo 5 per mille andranno<br />

a sostenere le attività della Associazione<br />

Filarmonica “<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>” - Banda<br />

cittadina di Brescia: • Stagione concertistica<br />

e Rassegna bandistica; • Pubblicazione<br />

della rivista BresciaMusica; • Scuola popolare<br />

di musica; • Progetto “Conoscere la<br />

Banda” nelle scuole; • Progetto “Facciamo<br />

la Banda” nelle scuole; • Altri interventi didattici<br />

nelle scuole primarie e secondarie di<br />

primo grado; • Campo estivo musicale per<br />

giovani; • Seminari di aggiornamento e di<br />

studio per gli strumentisti della Banda cittadina<br />

e per i docenti; • Concorsi nazionali di<br />

composizione ed esecuzione bandistici,<br />

scambi culturali con altre realtà bandistiche<br />

e rassegne musicali; • Allestimento e messinscena<br />

di favole musicali didattiche; •<br />

Coinvolgimento di affermati compositori<br />

nella realizzazione di brani per organico<br />

bandistico; • Incisioni discografiche; • Implementazione<br />

dell’archivio musicale.


16 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

L’ESECUZIONE AL GRANDE DELLA “ISIDORO CAPITANIO”<br />

CRONACA BUFFA DI UN CONCERTO SERIO<br />

La Rassegna Bandistica<br />

“Giovanni Ligasacchi”<br />

si conclude a fine anno<br />

al Teatro Grande con il<br />

Concerto della Banda cittadina<br />

di Brescia; questo concerto<br />

è offerto ai soci della Associazione<br />

“<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>” e alla<br />

cittadinanza, è molto apprezzato<br />

ed è atteso con interesse<br />

dal pubblico degli aficionados,<br />

molto attenti a non perdersi<br />

il posto a teatro: posti che<br />

sono numerati, quindi non illimitati.<br />

Ecco perché il giorno della<br />

distribuzione dei biglietti scatta<br />

l’assalto alla diligenza. Dove la<br />

diligenza è rappresentata dall’ufficio<br />

del povero Enio Esti,<br />

che per due giorni deve armarsi<br />

di santa pazienza per accontentare<br />

tutti. Quasi tutti,<br />

perché quando i 900 biglietti<br />

sono finiti, come si fa a far capire<br />

al 901esimo pretendente<br />

che non può andare a sedersi<br />

sul palco, tra le quinte o in terra<br />

tra le due file di poltrone della<br />

platea per seguire il concerto,<br />

ovvero che doveva arrivare<br />

prima per accaparrarsi l’agognato<br />

biglietto?<br />

Infatti qualcuno capisce e si<br />

rassegna senza far storie – sarà<br />

per l’anno prossimo, si organizzerà<br />

meglio, si alzerà alle sei<br />

per mettersi in fila, manderà la<br />

madre che conosce le tattiche<br />

di accerchiamento della<br />

clientela ai saldi di fine stagione<br />

e saprà come battere sul<br />

tempo i temibili contendenti;<br />

ma qualcuno non accetta ragione<br />

e storie ne fa, pretendendo<br />

da Enio una riedizione<br />

aggiornata del miracolo dei<br />

pani e dei pesci, nello specifico<br />

la moltiplicazione dei palchetti<br />

e delle poltrone, e si offende<br />

molto se il nostro non ci<br />

riesce: non si fanno miracoli<br />

nemmeno su ordinazione, varrà<br />

la pena di specificare d’ora<br />

innanzi quando si dovranno assegnare<br />

i biglietti per il Concerto<br />

di Natale (e anche quando<br />

la cassa piange, cioè quasi<br />

sempre).<br />

Per l’appuntamento bandistico<br />

del 2012 avevo la responsabilità<br />

di prendere i biglietti<br />

anche per degli amici, vale a<br />

dire che dovevo alzarmi io all’alba,<br />

affrontare il caos dell’ora<br />

di punta, attraversare tutta<br />

la città, trovare un parcheggio,<br />

per arrivare davanti al<br />

cancello dell’Associazione al<br />

momento dell’apertura e poter<br />

anche prendere i posti migliori;<br />

e conoscendo l’antifona,<br />

ecco che la strategia dell’attacco<br />

preventivo funziona e<br />

SPAZIO AMATORIALE<br />

di MARISA VIVIANI<br />

quando mi trovo a scegliere i<br />

posti c’è ancora tutto il teatro<br />

a mia disposizione, una meraviglia,<br />

e posso trovare le postazioni<br />

più adatte anche per fotografare,<br />

alla redazione di<br />

BresciaMusica qualche foto<br />

può sempre tornare utile. Così<br />

sono riuscita ad avere dei bei<br />

posti, ancora migliori di quelli<br />

dell’anno precedente, per la<br />

gioia mia e di tutti quelli che<br />

sono rimasti a dormire intanto<br />

che io facevo la fila.<br />

***<br />

Il giorno del concerto, il 23<br />

dicembre, sempre conoscendo<br />

l’antifona del caso, lasciamo<br />

l’auto in tanta malora e ci<br />

facciamo una bella sgambata<br />

per raggiungere il teatro, perché<br />

oltre che antivigilia di Natale<br />

è anche domenica, po-<br />

In<br />

galleria<br />

tra<br />

disagi<br />

e delizie<br />

sonore<br />

meriggio, e il centro della città<br />

è un putiferio (ma quando mai<br />

non lo è, ora è solo peggiore<br />

del solito); pregustiamo però la<br />

tranquillità del teatro, quando<br />

salendo la scalinata del Grande<br />

ci si lascia alle spalle il molesto<br />

frastuono della vita urbana<br />

e ci si immerge nella calma<br />

ovattata del teatro, dove i rumori<br />

sembrano assorbiti dai<br />

velluti degli arredi e delle passatoie<br />

e dove la musica, al<br />

contrario, si amplifica senza<br />

mai divenire strepito, schiamazzo,<br />

fastidio.<br />

Rinfrancati andiamo a sederci<br />

ed ecco la sorpresa sotto<br />

l’albero, i bei posti centrali dove<br />

si sente bene e si fotografa<br />

meglio, esattamente sopra il<br />

palco reale, hanno proprio il<br />

baldacchino ligneo che sporge<br />

davanti alla balaustra della<br />

galleria e per dirla tutta, stando<br />

comodamente seduti, non<br />

si vede un tubo; per vedere il<br />

palco bisogna sporgersi completamente<br />

in avanti, allungare<br />

il collo che pare di essere<br />

come quel pollo a cui fanno la<br />

festa, flettendosi chi a sinistra<br />

chi a destra secondo il posto;<br />

altro che godersi lo spettacolo,<br />

che è sì di musica, ma anche<br />

di scena, di colore, di rappresentazione,<br />

e un concerto a<br />

teatro lo si gode con tutti i sensi,<br />

non solo con l’udito.<br />

Così mi attendo da tutti una<br />

strigliata con sfottimenti vari,<br />

“Brava, bella scelta”, mio marito,<br />

il fotografo sacrificato, me<br />

ne ha già cantate alcune, e le<br />

altre le incasserò dagli amici,<br />

che però sono in ritardo, che si<br />

siano persi nel gorgo dell’antivigilia,<br />

chissà. Infatti arrivano<br />

trafelati dopo aver battuto tutta<br />

la città per trovare un parcheggio,<br />

gratis o a pagamento<br />

che fosse, costretti a lasciare<br />

l’auto in periferia e a precipitarsi<br />

al galoppo verso il centro,<br />

incerti di ritrovare quella<br />

strada, che venendo da fuori<br />

non si raccapezzano più tra<br />

sensi unici, divieti, ZTL, nuove<br />

costruzioni, ristrutturazioni, e<br />

punti di riferimento spariti; salvo<br />

il Teatro Grande che fortunatamente<br />

è ancora lì: con il suo<br />

baldacchino reale che impedisce<br />

la vista. Sorvoliamo per<br />

pudore i commenti intercorsi e<br />

attendiamo l’inizio del concerto<br />

con le sue delizie musicali e<br />

con l’inevitabile mal di schiena<br />

che ci starà addosso per tutto<br />

il tempo; beh, al secondo tempo<br />

ci scambieremo di poltrona<br />

in modo da compensare i do-<br />

segue alla pagina 17


segue dalla pagina 16<br />

lori dal lato opposto: così avremo<br />

mal di schiena un po’ a<br />

destra e un po’ a sinistra, cioè<br />

dappertutto. Ma bando alle<br />

lagnanze, inizia il concerto.<br />

***<br />

Entrano i musicisti, in bell’ordine,<br />

con gli strumenti luccicanti,<br />

la divisa impeccabile,<br />

l’atteggiamento sicuro e calmo<br />

di chi è avvezzo a presentarsi<br />

al pubblico e a dar prova<br />

della sua preparazione musicale.<br />

Io che ho già le vertebre<br />

un po’ girate e cerco un’occasione<br />

per rilassarmi e compensare<br />

gli sfottò ricevuti, guardo<br />

l’ineccepibile sfilata dei<br />

bandisti, ma vedo scorrere le<br />

immagini dell’Orchestra del<br />

Bolshoi nel film “Il Concerto” (1) ,<br />

e cinicamente mi attendo che<br />

qualcuno inciampi in una sedia,<br />

o si lasci sfuggire di mano<br />

lo spartito, o si precipiti sul palco<br />

in ritardo e con la divisa<br />

sbagliata (se suoni in cinque<br />

bande diverse può capitare di<br />

confondersi: al mio amico Stefano<br />

più di una volta), spero in<br />

sostanza che l’atmosfera di<br />

compostezza si attenui, e magari<br />

irrompa sulla scena un M°<br />

Biscroma (2) ad allietarci inaspettatamente<br />

con le sue trovate<br />

divertenti; insomma a me<br />

è venuta voglia di ridere, invece<br />

il programma che ci attende<br />

è serissimo e molto impegnativo.<br />

Sul palco si alterneranno infatti<br />

i tre direttori, Sergio Negretti,<br />

Giuliano Mariotti, Arturo<br />

Andreoli con un programma di<br />

tutto rilievo all’insegna di brani<br />

originali per banda, scritti da<br />

importanti compositori passati<br />

e contemporanei, tra cui l’affermato<br />

musicista bresciano e<br />

collaboratore di BresciaMusica,<br />

Rossano Pinelli, autore di<br />

Játék Bandára, un pezzo recentissimo<br />

già presentato in<br />

anteprima dalla Banda cittadina<br />

nel giugno 2012, che evoca<br />

la fanfara con ritmi rapidi di<br />

grande effetto sonoro. Sì, il programma<br />

proposto è decisamente<br />

ragguardevole e prevede<br />

pezzi di grande interesse<br />

musicale, a cominciare da Lincolnshire<br />

Posy, del 1937, il capolavoro<br />

del compositore australiano<br />

Percy Grainger, costituito<br />

da sei brani distinti su temi<br />

popolari frutto di una ricerca<br />

etnologica musicale. Aprirà la<br />

rassegna Bridges over the River<br />

Cam del compositore inglese<br />

contemporaneo Derek Bourgeois,<br />

le cui opere costituiscono<br />

testi guida per gare tra<br />

band; a dirigere i preparatissimi<br />

strumentisti nell’esecuzione<br />

di questi brani sarà il M° Sergio<br />

Negretti, direttore titolare dal<br />

2000 della Banda cittadina di<br />

Brescia.<br />

Seguirà, per la direzione del<br />

M° Arturo Andreoli, già direttore<br />

della Banda cittadina per oltre<br />

dieci anni e ospite sul palco<br />

in questa occasione, l’apprezzatissima<br />

Piccola Sinfonia per<br />

Banda del poliedrico compositore<br />

marchigiano Giancarlo<br />

Aquilanti, opera del 2012 in tre<br />

movimenti, raffinata e di grande<br />

personalità.<br />

L’ultima parte del concerto<br />

sarà diretta dal M° Giuliano<br />

Mariotti, condirettore della<br />

Banda cittadina, con un brano<br />

dell’inglese Gustav Holst, la Se-<br />

cond Suite for Military Band,<br />

opera del 1911 che rappresenta<br />

una delle maggiori composizioni<br />

per banda sinfonica della<br />

storia della musica; e a conclusione<br />

la Suite Française del<br />

francese Darius Milhaud, considerata<br />

il capolavoro della musica<br />

originale per banda, di<br />

grande difficoltà esecutiva,<br />

scritta nel 1944, e composta<br />

da sei brani dedicati alle regioni<br />

francesi dove gli Alleati combatterono<br />

contro i nazifascisti<br />

durante la seconda guerra<br />

mondiale.<br />

***<br />

E a ben guardare, questo<br />

programma pare tutto improntato<br />

alla scelta di autori che<br />

per origini, per formazione culturale,<br />

per carattere e personalità,<br />

si distinguono oggi, o si<br />

distinsero in passato, per scelte<br />

di vita, di studio e di lavoro all’insegna<br />

della libertà di pensiero<br />

e di espressione, valori<br />

che la Banda cittadina di Brescia<br />

persegue oggi con convinzione,<br />

in coerente continuità<br />

con il grande insegnamento<br />

del M° Giovanni Ligasacchi.<br />

Non c’è che dire, la Banda<br />

cittadina di Brescia per capacità<br />

esecutiva, per repertorio,<br />

per storia passata, per impegno<br />

e presenza nel panorama<br />

musicale bresciano fa onore<br />

alla musica e alla comunità,<br />

come del resto ben sintetizza il<br />

progetto “10 Anni di... musica,<br />

cultura, didattica, editoria, volontariato”,<br />

realizzata nell’ambito<br />

del Bando “10 Anni di...<br />

con Fondazione Comunità Bresciana”,<br />

che ha coinvolto l’Associazione<br />

“<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>”<br />

dal 14 settembre al 23 dicembre<br />

2012 con iniziative mirate<br />

alla diffusione della cultura<br />

musicale a Brescia. Tra cui il<br />

concorso rivolto agli studenti<br />

universitari e delle scuole superiori<br />

per la creazione di un nuovo<br />

logo della Associazione “<strong>Isidoro</strong><br />

<strong>Capitanio</strong>” - Banda Cittadina<br />

di Brescia, premiati nel<br />

contesto del concerto (3) .<br />

E così con il consueto impeccabile<br />

aplomb (alla faccia dei<br />

miei riprovevoli pensieri), la<br />

Banda cittadina di Brescia sotto<br />

la guida dei tre direttori conclude<br />

in gloria la sua ennesima<br />

fatica; io e la mia compagnia<br />

lasciamo il teatro soddisfatti<br />

ma un po’ sghembi, ripromettendoci<br />

di indicare nel libro nero<br />

i posti n° 13-14-15-16 della<br />

prima galleria, ovvero di consigliarli<br />

in futuro a qualche arrogante<br />

conoscente con cui abbiamo<br />

conti in sospeso.<br />

***<br />

NOTE:<br />

1) Il Concerto, regia di Radu<br />

Mihaileanu, 2009 – film commedia<br />

con momenti drammatici<br />

– da vedere.<br />

2) Eugenio, ovvero il M° Biscroma,<br />

opera buffa in un atto,<br />

ispirata a Il maestro di cappella<br />

di Domenico Cimarosa; musica<br />

di Marco Tamanini, libretto<br />

di Luigino Bertuetti; presentata<br />

al Concerto di Natale nell’edizione<br />

del 2011.<br />

3) Il logo vincitore del concorso,<br />

già divenuto ufficiale<br />

per l’Associazione “<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>”<br />

- Banda Cittadina di<br />

Brescia, è stato ideato da Alessandra<br />

Vecchi di Romanengo<br />

(Cr).<br />

SPAZIO AMATORIALE<br />

Il giudizio critico<br />

Successo completo<br />

di LUIGI FERTONANI<br />

Rientrava nel progetto realizzato per<br />

il “10 anni di… 10 anni con Fondazione<br />

Comunità Bresciana” il concerto<br />

che la Banda cittadina ha tenuto<br />

nel pomeriggio di domenica 23 dicembre,<br />

offerto a una cittadinanza che come<br />

sempre ha risposto numerosa al richiamo<br />

della musica e della “storia” del complesso<br />

bandistico bresciano: in quest’ottica è stata<br />

anche un’ottima occasione per ospitare, per<br />

una parte del programma, un direttore come<br />

Arturo Andreoli che ha guidato per oltre<br />

un decennio la “<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>”.<br />

Presentato da Renato Krug e da Rossella<br />

Pluda il programma è iniziato col direttore<br />

principale della Cittadina, Sergio Negretti,<br />

che ha proposto Bridges over the River Cam<br />

di Derek Bourgeois, compositore inglese molto<br />

prolifico (basti pensare alle sue ben quindici<br />

Sinfonie e ai quattordici Concerti) e del<br />

quale è stato scelto invece un brano meno<br />

“importante” ma non privo di fascino, nel<br />

quale l’autore racconta l’atmosfera spensierata<br />

del periodo universitario a Cambridge<br />

che, come del resto in tutto il mondo accademico,<br />

è fatta non solo di studio a volte accanito,<br />

ma anche di giovanili e indimenticabili<br />

momenti.<br />

Nel clima di nostalgia di questo brano d’esordio<br />

siamo comunque rimasti anche per il<br />

brano successivo, Lincolnshire Posy di Percy<br />

Aldrige Grainger. Si tratta di una serie di sei<br />

brani, un mazzo di fiori musicali (da “posy”,<br />

appunto) di temi popolari del Lincolnshire nei<br />

quali l’autore ha descritto, o meglio evocato<br />

paesaggi e personaggi, dalla Baia di Dublino<br />

al solenne “Harkstow Grange” col suo finale<br />

a tratti dissonante e solenne, quasi wagneriano<br />

nella trattazione dei fiati; senza contare<br />

la danzante “The Lost Lady Found” che ha<br />

concluso la serie intrecciando più temi musicali.<br />

Nella prima parte del concerto una gradita<br />

sorpresa, con quella Játék Bandára del<br />

compositore bresciano Rossano Pinelli, una<br />

commissione di Mauro Montalbetti che avevamo<br />

già avuto l’occasione di ascoltare all’aperto,<br />

l’estate scorsa sotto i portici di Palazzo<br />

Loggia e che ci aveva profondamente<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 17<br />

colpito grazie al suo impatto estremamente<br />

aggressivo. Anche in teatro il risultato è stato<br />

lo stesso, se non ancora più efficace grazie<br />

alla sua timbrica che unisce quella della fanfara<br />

ad altre sezioni della banda in un gioco<br />

breve – in fondo si tratta “solo” di quattro minuti<br />

– ma incessante, oseremmo dire implacabile.<br />

Coniugando le polifonie africane (il riferimento<br />

all’etnia Bambara è dichiarato) alle<br />

irregolarità ritmiche tipiche di Béla Bartók, il<br />

risultato è stato anche stavolta raggiunto in<br />

pieno, il pezzo di Pinelli diretto da Sergio Negretti<br />

è stato uno dei più applauditi dell’intero<br />

concerto.<br />

Poi, come dicevamo all’inizio, Arturo Andreoli<br />

è arrivato sul podio per dirigere i tre<br />

movimenti della Piccola Sinfonia per Banda<br />

di Giancarlo Aquilanti, omaggio alla bellezza<br />

straordinaria della famosa isola siciliana di<br />

Favignana che, oltre alle sue meraviglie naturali<br />

ospita anche un complesso, la Njcabanda,<br />

che Andreoli ha diretto e per la quale<br />

Giancarlo Aquilanti ha scritto questa breve<br />

ma intensa, lirica composizione divisa in Poco<br />

mosso, Adagio, Valzer.<br />

Dopo questo gradito ritorno in scena di Arturo<br />

Andreoli, il terzo direttore del pomeriggio<br />

in musica con Giuliano Mariotti per la Second<br />

Suite for Military Band di Gustav Holst e<br />

soprattutto la Suite Française di Darius<br />

Milhaud. Quest’ultimo è un brano molto bello,<br />

che avevamo già avuto modo d’ascoltare<br />

nel marzo scorso al Palabrescia con l’Orchestra<br />

di fiati della Northern University dello<br />

Iowa diretta da Ronald Johnson, ospite della<br />

nostra città. Un omaggio alla Francia e ai<br />

suoi eroi, a quelle regioni dove combatterono<br />

le truppe americane nel corso della Seconda<br />

guerra mondiale, dalla Normandia<br />

alla Bretagna, dall’Île de France all’Alsazia-<br />

Lorena e alla Provenza; un’ottima esecuzione<br />

da parte della Banda Cittadina.<br />

Successo completo dunque per il concerto<br />

che ha concluso la Rassegna bandistica<br />

del 2012 intitolata a Giovanni Ligasacchi, col<br />

patrocinio dell’Assessorato alla Cultura della<br />

Provincia di Brescia, del Comune di Brescia,<br />

della Circoscrizione Centro e dell’Associazione<br />

Bande Musicali Bresciane.


18 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

Abbiamo ricordato la recente<br />

scomparsa di<br />

Antonella Landucci<br />

sul numero di dicembre<br />

della nostra rivista. Ci piace<br />

dare un ulteriore spazio alla<br />

sua memoria parlando del coro<br />

che ha diretto per molti anni<br />

con un’intervista al presidente<br />

Elio Caccagni, compagno di<br />

Antonella in questa avventura<br />

artistica ma anche nella vita.<br />

Proprio alle porte della città,<br />

a Gussago, lavora il coro Calliope,<br />

che raggiunge quest’anno<br />

il traguardo della maggiore<br />

età, poiché fu fondato<br />

nel marzo 1995 dal maestro<br />

Antonella Landucci. Grazie alla<br />

propria pazienza ma anche<br />

alla propria tenacia Antonella<br />

ha messo in campo numerose<br />

attività e ha saputo creare e<br />

far crescere tra le tante anche<br />

questa realtà amatoriale.<br />

A cosa si deve il nome del<br />

coro? Come e quando è nato?<br />

“All’inizio avevamo chiamato<br />

il coro ‘La Santissima’. Trovandoci<br />

a Gussago ci sembrava<br />

un bel tributo al vecchio castello<br />

che sovrasta il paese. Ci<br />

siamo poi accorti che nelle<br />

promozioni dei primi concerti<br />

‘La Santissima Corale’ o ‘Corale<br />

Santissima’ suonava molto<br />

male! Così decidemmo di trovare<br />

un nome più carino, che<br />

suonasse bene. Calliope fu una<br />

scelta azzeccata: nella mitologia<br />

greca Calliope (in Greco significa<br />

‘dalla bella voce’) era<br />

la musa della poesia epica”.<br />

Quale scopo ha spinto Antonella<br />

Landucci a fondare un<br />

gruppo di canto corale?<br />

“All’inizio degli anni Novanta<br />

Antonella da 15 anni dirigeva il<br />

coro parrocchiale del Villaggio<br />

Sereno. Quando le maestranze<br />

di Gussago proposero di istituire<br />

un coro nel paese Antonella<br />

ne fu entusiasta. Le adesioni furono<br />

di circa 60 persone e così<br />

iniziammo questa nuova avventura”.<br />

Quale è il repertorio inizialmente<br />

proposto? Ci sono state<br />

poi evoluzioni (es. maggiore<br />

difficoltà del repertorio affrontato,<br />

collaborazioni con altri<br />

organici, etc) nelle scelte dei<br />

programmi da concertare?<br />

“Forte delle esperienze legate<br />

al mondo della lirica, Antonella<br />

già da subito aveva idee<br />

molto chiare su quello che si<br />

doveva fare. All’inizio il repertorio<br />

fu lirico, ma crebbe nell’arco<br />

degli anni, arricchendosi con<br />

brani polifonici, popolari e natalizi,<br />

tanto che a oggi il nostro<br />

curriculum vanta circa 150 brani,<br />

anche di compositori bresciani<br />

contemporanei. Abbiamo<br />

tenuto numerosi concerti in<br />

Brescia e provincia ottenendo<br />

lusinghieri consensi. Negli anni<br />

ci sono state anche esperienze<br />

teatrali, come Caffè Chantant,<br />

spettacolo indimenticabile rappresentato<br />

nel giugno del 2003,<br />

nel quale un cameriere tra i tavoli<br />

di un bar ricorda i bei tempi<br />

di quando gli avventori seduti<br />

ascoltavano della bella musica.<br />

In questo spettacolo eravamo<br />

riusciti a ottenere la collaborazione<br />

di Luca Madalin al<br />

flauto di Pan: una chicca. Potemmo<br />

così proporre brani che<br />

hanno accompagnato un secolo<br />

della nostra storia da Funiculì<br />

Funiculà a C’era una volta<br />

l’America passando da Vecchio<br />

Frack e tante altre. Abbiamo<br />

cantato con la Skenderbeg<br />

Chamber Orchestra e L’Orchestra<br />

Camerata, dirette sempre<br />

da Antonella, abbiamo collaborato<br />

con il soprano Paola<br />

Moroni in Brescia e provincia<br />

proponendo La storia di Violetta.<br />

In occasione dei 150 anni<br />

dell’unita d’Italia riuscimmo a<br />

creare uno spettacolo veramente<br />

bello e apprezzato, con<br />

proiezioni di diapositive che riguardavano<br />

l’unità d’Italia e<br />

brani che spaziavano dal repertorio<br />

classico, a brani leggeri<br />

(Volare, Grazie dei fior, ecc)”.<br />

Considerato il suo variegato<br />

impegno in campo artistico e<br />

SPAZIO AMATORIALE<br />

IL GRUPPO CALLIOPE FONDATO DA ANTONELLA LANDUCCI<br />

LA “BELLA VOCE” DEL CORO<br />

didattico, qual era la dote musicale<br />

precipua di Antonella?<br />

“La dote principale di Antonella<br />

era di avere il cosiddetto<br />

‘orecchio assoluto’, a detta<br />

degli intenditori cosa molto rara.<br />

Comunque Antonella riusciva<br />

a far cantare tutti, anche<br />

i più stonati”.<br />

In un ambito amatoriale è<br />

fondamentale per il raggiungimento<br />

degli obiettivi che ci si<br />

propone un clima di stima e fiducia<br />

reciproca tra tutti i componenti.<br />

Come era il rapporto<br />

umano tra Antonella e i “suoi”<br />

coristi?<br />

a cura di PAOLA DONATI<br />

“Bellissimo, era un clima molto<br />

famigliare; Antonella metteva<br />

la casa a disposizione di tutti,<br />

soprattutto di chi si sentiva<br />

non preparato rispetto ad altri.<br />

In occasione dei concerti lei<br />

cominciava ad agitarsi almeno<br />

una settimana prima. A volte<br />

diventava anche intrattabile,<br />

non voleva sfigurare davanti<br />

al pubblico, e allora le prove<br />

per la preparazione ai concerti<br />

a volte diventavano estenuanti,<br />

e non tutti riuscivano a<br />

condividere il ripetersi di certi<br />

brani in continuazione per trovare<br />

la perfezione. Per fortuna<br />

alla fine dei concerti gli applausi<br />

del pubblico gratificavano<br />

il lavoro fatto, e anche Antonella<br />

rientrava nella normalità”.<br />

Quali sono state le maggiori<br />

soddisfazioni che hanno gratificato<br />

il coro in questi quasi<br />

venti anni di attività?<br />

“Le soddisfazioni sono state<br />

molteplici. Il coro Calliope ha<br />

incisio un Cd amatoriale, registrato<br />

presso il Salone Da Cemmo<br />

a Brescia nel febbraio<br />

2005, dal titolo Verdi e dintorni<br />

in cui gran parte del repertorio<br />

era dedicata a Giuseppe Verdi.<br />

Ci sono poi tutti i concerti di<br />

solidarietà con associazioni<br />

con scopi umanitari, come<br />

Ant, Amnesty International,<br />

Note per il mondo, Sichar Onlus,<br />

Il Granello di sabbia, Avis di<br />

Brescia e tante altre. C’è stata<br />

inoltre la partecipazione a<br />

Opera Fondo in Trentino con la<br />

rappresentazione di tre opere<br />

complete, con tanto di orchestra<br />

e costumi di scena: Lucia<br />

di Lammermoor, Un ballo in<br />

maschera, Manon Lescaut, insomma<br />

una tournée”.<br />

Lei è il presidente del coro.<br />

Come intende dare seguito all’impegno<br />

di Antonella e dare<br />

così un futuro all’attività del<br />

coro Calliope?<br />

“Antonella mi ha lasciato un<br />

compito difficile, un vuoto incolmabile:<br />

trent’anni vissuti assieme<br />

non si dimenticano in<br />

breve tempo. Spero di continuare<br />

degnamente quanto lei<br />

era riuscita a fare. Fortunatamente<br />

tutti i coristi vogliono<br />

continuare a proporre tutto<br />

quello che ci aveva insegnato,<br />

ma rimane il problema di riuscire<br />

a trovare un sostituto che<br />

riesca ad adeguarsi a noi: la<br />

maggior parte dei coristi non<br />

conosce la musica, riuscivamo<br />

a cantare grazie alla magia di<br />

Antonella”.


CHE BELLO IL BOMBARDINO!<br />

(TEMA N° 2 - SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO)<br />

Lo strumento più simpatico<br />

in assoluto, secondo<br />

me, è il flicorno baritono<br />

o euphonium o, come<br />

viene chiamato in Italia,<br />

bombardino.<br />

L’euphonium nasce intorno<br />

al 1830 per mano di Adolph<br />

Sax che in quegli anni perfezionò<br />

la tipologia dei flicorni;<br />

successivamente ne presentò il<br />

brevetto a Parigi che, nonostante<br />

le proteste di altri costruttori<br />

di strumenti musicali<br />

che non consideravano i flicorni<br />

una vera e propria classe<br />

strumentale, venne approvato<br />

e registrato nel 1845.<br />

Il flicorno baritono è composto<br />

da un tubo di ottone ripiegato<br />

su se stesso in modo circolare<br />

e il suo diametro aumenta<br />

progressivamente dai<br />

pistoni fino alla campana; è<br />

costituito dall’imboccatura su<br />

cui si fissa il bocchino e circa a<br />

metà del canneggio si trovano<br />

quattro pistoni che quando<br />

vengono premuti deviano l’aria<br />

attraverso altri tubi di ottone<br />

abbassando il suono rispettivamente<br />

all’ordine di un tono,<br />

mezzo tono, un tono e mezzo e<br />

due toni e mezzo. Alla fine si<br />

trova la campana, rivolta verso<br />

l’alto, da dove esce il suono.<br />

Uno strumento musicale fatto<br />

da quattro pistoni e da un<br />

tubo di ottone però non è nulla<br />

senza colui che lo suona, infatti<br />

la bellezza del suono non<br />

è data solo dalla qualità dello<br />

strumento, ma soprattutto dall’abilità<br />

del musicista di creare<br />

la vibrazione perfetta.<br />

Chi vuole suonare questo<br />

strumento deve prima di tutto<br />

Da sempre, i giovani di<br />

ogni città o paese si<br />

incontrano, si riuniscono<br />

e trascorrono la<br />

giornata insieme cantando o<br />

suonando. La musica è infatti<br />

un elemento centrale che permette<br />

la socializzazione delle<br />

persone, diventando un punto<br />

di riferimento essenziale per la<br />

loro vita. A volte si ha l’esigenza<br />

di far nascere un qualcosa<br />

di più importante e impegnativo<br />

come piccoli gruppi, quali<br />

bande, cori o complessi musicali,<br />

in genere formati soprattutto<br />

da giovani oltre che da<br />

maestri professionisti.<br />

Oggi ci sono bande di paese<br />

che di solito hanno numerosi<br />

strumentisti e suonano nelle occasioni<br />

importanti o nelle feste.<br />

Oltre a queste, esistono anche<br />

delle realtà più piccole, come,<br />

ad esempio, i cori o i gruppi di<br />

musicisti che suonano in chiesa<br />

oppure i semplici amici che si ritrovano<br />

a suonare nei garage<br />

o nelle cantine. Ci sono anche<br />

dei gruppi più o meno grandi,<br />

formati o da professionisti o da<br />

NELL’AMBITO DEL FESTIVAL PIANISTICO 2012<br />

IL CONCORSO PER STUDENTI<br />

saper leggere gli spartiti in<br />

chiave di basso o di fa, perché<br />

è quella su cui suona il bombardino;<br />

dopo di che deve<br />

possedere una grande capacità<br />

polmonare per riuscire a<br />

produrre un bel suono ampio e<br />

pulito.<br />

Nei concerti organizzati dalla<br />

banda del mio paese mi ha<br />

colpito questo suono che sa<br />

essere forte e deciso, ma anche<br />

leggero, e mi piacerebbe<br />

diventare un buon “flicornista”<br />

per trasmettere agli altri le emozioni<br />

che provo quando suono.<br />

Quattro anni fa, infatti, accostandomi<br />

alla Banda “Santa<br />

Cecilia” di Manerbio l’ho scelto<br />

come strumento tra i molti che<br />

mi sono stati proposti. Dalla prima<br />

volta che l’ho visto ha suscitato<br />

in me molto interesse<br />

AMICIZIA E DIVERTIMENTO<br />

(TEMA N° 3 - BIENNIO)<br />

semplici amatori che suonano<br />

su commissione a matrimoni o<br />

altre cerimonie. La consuetudine<br />

di trovarsi a suonare insieme<br />

è piuttosto diffusa tra i giovani:<br />

infatti, conosco ragazzi e ragazze<br />

che fanno parte di piccoli<br />

complessi fondati da loro e<br />

che si divertono a suonare le<br />

loro musiche preferite. Molto<br />

spesso eseguono motivi famosi,<br />

più raramente interpretano dei<br />

pezzi scritti da loro.<br />

Personalmente, non faccio<br />

parte di un gruppo musicale,<br />

ma nella mia parrocchia c’è<br />

un bellissimo coro formato da<br />

giovani e meno giovani, a cui<br />

appartiene anche mia mamma.<br />

Ciò che ha reso possibile il<br />

formarsi del gruppo è stata sicuramente<br />

la passione per la<br />

musica, oltre alla necessità di<br />

avere un coro parrocchiale<br />

che cantasse durante le messe<br />

più importanti. Inoltre, il coro<br />

“Sant’Antonio da Padova” è<br />

anche una risposta alle esigenze<br />

che alcune persone hanno,<br />

come la voglia di stare insieme,<br />

l’amicizia, l’entusiasmo di co-<br />

con quella forma e quelle dimensioni<br />

e, quando poi l’ho<br />

sentito suonare, ho capito subito<br />

che era fatto per me, perché<br />

quando lo ascolti ti dà<br />

quel senso di sicurezza e di forza<br />

che secondo me non si prova<br />

con altri strumenti. Ne è un<br />

esempio emozionante la colonna<br />

sonora del film “Pirati dei<br />

Caraibi”, creata da Klaus Badelt.<br />

È suddivisa in cinque parti,<br />

ma la mia preferita è l’ultima:<br />

“He’s a Pirate”. Nel film fa<br />

da sfondo all’entrata e all’uscita<br />

di scena del capitano Jack<br />

Sparrow, introdotta dai flicorni,<br />

che, forti e decisi, sembrano<br />

dare al protagonista la spinta<br />

nei suoi movimenti.<br />

Grazie alla mia esperienza<br />

nella minibanda ho capito che<br />

il flicorno ha quasi sempre una<br />

parte da controcanto, cioè seconda<br />

voce di un brano, ma<br />

questo non mi ha scoraggiato,<br />

perché anche se la parte è se-<br />

noscere gente nuova e anche<br />

l’orgoglio di creare qualcosa<br />

che prima non c’era. Far parte<br />

del coro significa anche coltivare<br />

nuove amicizie e nuove<br />

conoscenze; vuol dire ritrovarsi<br />

spesso con gli altri per le prove<br />

e anche avere un’occasione e<br />

un modo diverso di uscire e divertirsi.<br />

Essere nel gruppo significa<br />

anche condividere interessi<br />

in comune con gli altri. Spesso,<br />

infatti, si partecipa a concerti<br />

oppure si trascorre del tempo<br />

insieme, parlando e scherzando,<br />

oltre a far musica.<br />

La nascita di questi gruppi<br />

che si ritrovano a fare musica insieme<br />

è un aspetto molto importante<br />

soprattutto nella società<br />

di oggi, dove le persone<br />

sono spesso sole. Per i singoli<br />

componenti del gruppo c’è<br />

una motivazione particolarmente<br />

positiva che è quella di<br />

voler andare avanti insieme e di<br />

essere stimolati dagli altri a proseguire.<br />

Molti di questi gruppi<br />

nascono dal nulla e solo alcuni<br />

crescono a tal punto da diventare<br />

più o meno famosi, ma ciò<br />

che unisce tutti i gruppi, famosi<br />

e non, è l’amore per la musica<br />

e la voglia di coltivare questo<br />

interesse insieme ad altri.<br />

Secondo me, la musica è<br />

condaria, il ruolo dell’euphonium<br />

è comunque quello di sostenere<br />

l’intera banda. Inaspettatamente,<br />

dopo quattro<br />

anni di studio individuale e di<br />

gruppo, ho avuto l’opportunità<br />

e la fortuna di poter entrare<br />

nella banda ufficiale grazie<br />

al maestro Arturo Andreoli che<br />

ha ideato un nuovo programma:<br />

il progetto permette ai<br />

giovani musicisti come me di<br />

far parte di un’organizzazione<br />

musicale di un certo livello:<br />

uno stimolo a impegnarmi per<br />

riuscire a tenere il passo con<br />

persone molto più brave e con<br />

più esperienza di me.<br />

Le parti che ci hanno assegnato<br />

in banda sono equilibrate:<br />

ci sono dei punti in cui i tre<br />

flicorni devono fare delle note<br />

lunghe per sostenere la parte<br />

principale e altri in cui noi dobbiamo<br />

fare da solisti per spezzare<br />

la monotonia dei flauti e<br />

dei clarinetti.<br />

una disciplina molto importante<br />

ed è necessario che venga<br />

sviluppata anche nell’ambito<br />

scolastico. Infatti, ciò permetterebbe<br />

alle persone di avere<br />

non solo la possibilità di approfondire<br />

un interesse culturale,<br />

ma anche di interpretare<br />

ed esprimere alcuni sentimenti<br />

ed emozioni che senza di essa<br />

resterebbero nascosti. Io non<br />

faccio parte di un vero e proprio<br />

gruppo musicale, ma grazie<br />

all’ambiente scolastico sono<br />

riuscita a creare forti legami<br />

d’amicizia durante le prove<br />

per i saggi di metà e fine anno,<br />

con i ragazzi del mio stesso corso<br />

e strumento. Nei periodi di<br />

prove musicali o esibizioni, passo<br />

molto tempo a scuola; spesso<br />

mi sembra che il “Gambara”<br />

sia la mia seconda casa.<br />

Tutto ciò non mi pesa minimamente,<br />

anzi per me è un vero<br />

divertimento e il tempo scorre<br />

via in un baleno. Questi anni<br />

trascorsi al liceo sono stati i più<br />

belli della mia vita; saranno per<br />

me sempre un magnifico ricordo<br />

e l’indirizzo musicale è stata<br />

una scelta azzeccata, in quanto<br />

la musica è fantastica!<br />

Elena Martina Prandelli<br />

Classe 5 M - Liceo “Gambara”<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 19<br />

Tra i brani che ho avuto modo<br />

di suonare, il mio preferito è<br />

Highlights from Ratatouille, presa<br />

dalla colonna sonora del<br />

film “Ratatouille”, perché alterna<br />

pezzi costituiti da note costanti<br />

di sottofondo, presenti<br />

nel primo tema, con la parte<br />

dominante avente note energiche<br />

e vigorose.<br />

Il più grande strumentista<br />

contemporaneo di flicorno baritono<br />

è sicuramente Steven<br />

Mead, un uomo capace di<br />

deliziare il pubblico con ogni<br />

singola nota e in grado di suonare<br />

nelle migliori orchestre<br />

d’Europa. Ho solo tredici anni e<br />

ancora poca esperienza musicale,<br />

ma mi trovo a volte a sognare<br />

di poter ripercorrere le<br />

sue tappe e suonare in tutto il<br />

mondo.<br />

Stefano Baldini<br />

Classe 3 F<br />

Scuola media<br />

“A. Zammarchi” - Manerbio<br />

Forse non tutti<br />

sanno che…<br />

… l’Associazione<br />

Filarmonica<br />

“<strong>Isidoro</strong><br />

<strong>Capitanio</strong>”<br />

promuove<br />

numerose<br />

iniziative<br />

musicali,<br />

didattiche e<br />

culturali.<br />

Il tuo contributo<br />

può essere<br />

fattore vitale<br />

per la loro<br />

realizzazione.<br />

Associati<br />

alla Banda<br />

cittadina<br />

di Brescia!


20 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

INTERVISTA A FRANCESCA PAOLA LUCREZI, DIRETTRICE DEL CARCERE DI VERZIANO<br />

UN PROGETTO DI “EVASIONE COSTRUTTIVA”<br />

Promosso dall’Associazione<br />

Amici della Banda<br />

cittadina di Brescia<br />

per lo sviluppo sociale<br />

e sostenibile, ha preso avvio<br />

nel novembre scorso il progetto<br />

“Sentirsi liberi con la musica<br />

- L’arte per la cooperazione<br />

sociale: corsi di musica per i<br />

detenuti della Casa circondariale<br />

di Verziano”.<br />

L’Associazione Amici della<br />

Banda cittadina di Brescia si è<br />

costituita nel 2009 allo scopo di<br />

utilizzare e valorizzare le attività<br />

dell’Associazione Filarmonica<br />

“<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>”, per promuovere<br />

e sostenere iniziative<br />

di carattere sociale, oltre ad<br />

attività culturali, educative, ricreative<br />

nel rispetto dei principi<br />

di pari opportunità tra uomini e<br />

donne. Propone iniziative per<br />

favorire lo sviluppo della cooperazione<br />

internazionale, contribuisce<br />

alla diffusione dei valori<br />

di solidarietà, di rispetto delle<br />

persone e dell’ambiente, all’adozione<br />

di stili di vita corretti.<br />

Partendo dal presupposto<br />

che la divulgazione della cultura<br />

musicale fra i soggetti che<br />

vivono situazioni di disagio risulta<br />

essere sovente lacunosa, si<br />

è pensato di realizzare un intervento<br />

che coinvolgesse direttamente<br />

i detenuti in un’esperienza<br />

musicale concreta, con<br />

l’intento di far vivere loro un<br />

percorso in grado di stimolare<br />

lo sviluppo della personalità<br />

artistico-musicale individuale,<br />

puntando in modo particolare<br />

sul lavoro di gruppo per far sì<br />

che i soggetti coinvolti siano<br />

messi nella condizione di esprimere<br />

al meglio le loro sensibilità<br />

e le loro abilità.<br />

Il progetto è sostenuto finanziariamente<br />

in parte dall’Associazione<br />

Amici della Banda cittadina<br />

di Brescia e in parte dall’Assessorato<br />

gestione albi dell’associazionismo<br />

e del volontariato<br />

della Provincia di Brescia<br />

che ha erogato un contributo<br />

sulla base di un bando a<br />

favore delle associazioni senza<br />

fini di lucro iscritte al registro<br />

provinciale.<br />

È questo un intervento che<br />

ha anche risvolti di notevole rilevanza<br />

sociale e umana e<br />

che si realizza in un contesto<br />

dove più forte si palesa il bisogno<br />

di introdurre aiuto e solidirietà.<br />

Ne parliamo con la direttrice<br />

della Casa di reclusione di<br />

Verziano, dott.ssa Francesca<br />

Paola Lucrezi.<br />

Come è nata l’idea di questo<br />

progetto?<br />

“Da un incontro fortuito, da<br />

una sensibilità particolare di<br />

Enio Esti e dell’Associazione<br />

‘Amici della Banda’. Da sempre<br />

ritengo che la musica sia<br />

medicina per l’anima, metodologia<br />

di comunicazione interculturale,<br />

e per tali ragioni<br />

da anni cercavo di realizzare<br />

un corso di musica per i detenuti<br />

ristretti presso la Casa di reclusione<br />

di Verziano; l’opportunità<br />

è arrivata iniziando a frequentare,<br />

per il tramite di mia<br />

figlia, l’associazione e di lì si è<br />

iniziato a costruire questo bellissimo<br />

progetto”.<br />

Quali strumenti vengono insegnati<br />

ai partecipanti al corso<br />

e come è stato possibile dotarsi<br />

delle attrezzature musicali<br />

necessarie?<br />

“Al momento il corso è incentrato<br />

sulle percussioni. Ritengo<br />

che tali strumenti, particolarmente<br />

‘fisici’ come il<br />

sound che esprimono, possano<br />

essere assolutamente ‘terapeutici’<br />

in un ambiente qual è il<br />

carcere, istituzione assoluta,<br />

dove la giornata è scandita da<br />

regole preordinate e assai poco<br />

è lasciato al libero arbitrio.<br />

In questo contesto la possibilità<br />

di esprimere se stessi, attraverso<br />

il ritmo, fornisce uno strumento<br />

diverso di lettura della<br />

realtà che si sta vivendo. Contiamo,<br />

comunque, nell’ambito<br />

a cura di PAOLO TESI<br />

Francesca<br />

Paola<br />

Lucrezi<br />

delle disponibilità dell’Associazione<br />

‘Amici della Banda’ e dei<br />

maestri di musica, di poter implementare<br />

l’esperienza con<br />

l’aggiunta di nuovi insegnamenti.<br />

Tutte le percussioni utilizzate<br />

nel corso sono state messe<br />

a disposizione gratuitamente<br />

dall’Associazione stessa”.<br />

Il corso è aperto a tutti i detenuti<br />

che desiderano parteciparvi<br />

senza limitazioni?<br />

“Sì, come per tutte le attività<br />

trattamentali che vengono<br />

svolte presso la Casa di reclusione<br />

di Verziano. Affinché il<br />

tempo della detenzione non<br />

sia solo tempo di ozio cerchiamo<br />

di presentare una variegata<br />

gamma di attività a cui i detenuti<br />

possono aderire liberamente,<br />

secondo i bisogni individuati<br />

preventivamente dall’équipe<br />

formata anche dagli<br />

educatori e dalla Polizia penitenziaria.<br />

L’adesione del condannato<br />

al così detto ‘patto<br />

trattamentale’ consente di verificare,<br />

a posteriori, l’impegno<br />

e la capacità di tenuta del<br />

soggetto, e ciò è indice di valutazione<br />

anche per la possibilità<br />

di ammissione ai benefici<br />

esterni. La cooptazione rispetto<br />

a quanto suddetto oltre a<br />

essere improduttiva, sarebbe<br />

sicuramente fuorviante”.<br />

Un intervento come il corso<br />

di musica in quale misura può<br />

influire sul recupero del detenuto?<br />

E la presenza di operatori<br />

esterni alla struttura carceraria<br />

quali benefici comporta?<br />

“Ogni intervento della comunità<br />

esterna influisce sul recupero<br />

del detenuto, senza<br />

l’apporto del volontariato, del<br />

terzo settore, del privato socia-<br />

le, il carcere rimarrebbe monade<br />

isolata, braccio monco, un<br />

‘non luogo’ fisicamente presente<br />

ma inaccessibile e, quindi,<br />

inesistente; un ‘non tempo’<br />

all’interno del quale la vita del<br />

condannato si sospende, ma<br />

non si cancella, e in qualche<br />

maniera occorrerà ricostruirne<br />

le fila allorquando il detenuto<br />

smetterà di essere tale e ritornerà<br />

a essere semplicemente<br />

cittadino. In quest’ottica il carcere<br />

deve essere ‘ponte’ e<br />

‘passaggio’, paradossalmente<br />

il contrario di quello che sino a<br />

qualche anno fa si percepiva.<br />

Non possiamo pensare di essere<br />

autosufficienti e autoreferenziali,<br />

c’è bisogno dell’apporto<br />

di una rete di cooperazione<br />

con cui collaborare per<br />

la durata della detenzione, e<br />

che accompagni il detenuto<br />

nel delicato passaggio di riacquisizione<br />

della propria libertà<br />

personale”.<br />

Possiamo quindi affermare<br />

che il progetto è un contributo<br />

importante al recupero della<br />

dignità della persona?<br />

“Il progetto ‘Sentirsi liberi con<br />

la musica’ risponde pienamente<br />

a quanto detto, in quanto<br />

costituisce momento educativo<br />

individuale, attraverso l’acquisizione<br />

di competenze in<br />

campo musicale, ma soprattutto<br />

momento di insegnamento<br />

del rispetto delle regole e<br />

della capacità di gestione della<br />

vita all’interno di un gruppo.<br />

Da non ultimo la capacità di<br />

espressione offerta dalla musica<br />

e dagli strumenti a percussione,<br />

in particolare, costituisce<br />

una grande opportunità di riflessione<br />

introspettiva e di ‘evasione<br />

costruttiva’ per misurare<br />

le proprie capacità e mettere<br />

a frutto l’impegno profuso”.<br />

È ipotizzabile il proseguimento<br />

dell’esperienza musicale<br />

per i detenuti che avranno<br />

ultimato il periodo di detenzio-<br />

segue alla pagina 21


segue dalla pagina 20<br />

ne? Magari continuando a frequentare<br />

i corsi della Banda<br />

cittadina di Brescia?<br />

“L’intento è proprio quello di<br />

creare contatti positivi e opportunità<br />

di cambiamento che<br />

inizino all’interno del carcere e<br />

possano continuare anche oltre<br />

la detenzione, e speriamo<br />

che quanto seminato possa<br />

poi trovare piena realizzazione.<br />

L’integrazione e l’abbattimento<br />

del pregiudizio sono obiettivi<br />

di difficile realizzazione, ma è<br />

sicuramente il fine ultimo a cui<br />

mirare. La prosecuzione dei<br />

rapporti positivi dopo la scarcerazione<br />

costituisce il concretizzarsi<br />

della teorica ‘seconda<br />

possibilità’. È importante che il<br />

detenuto sappia che, scontata<br />

la condanna inflitta dall’autorità<br />

giudiziaria, non debba<br />

scontare un ulteriore condanna<br />

costituita dal pregiudizio<br />

della società, perché allora si<br />

rischierebbe il così detto fine<br />

pena mai”.<br />

È previsto al termine del percorso<br />

di quest’anno scolastico<br />

uno spettacolo pubblico?<br />

“Stiamo progettando uno<br />

spettacolo aperto al pubblico<br />

all’interno del carcere di Verziano,<br />

probabilmente nel mese<br />

di giugno, a cui si dovrebbe<br />

aggiungere una performance<br />

esterna, magari con la presenza<br />

concomitante dei detenuti<br />

che seguono il corso di percussioni<br />

e dei maestri della Banda<br />

cittadina”.<br />

Oltre a questo progetto quali<br />

altre attività educative e didattiche<br />

svolgono abitualmente<br />

i detenuti di Verziano?<br />

“A Verziano sono presenti le<br />

scuole di ogni grado: dall’alfabetizzazione<br />

per gli stranieri, al<br />

corso di scuola media, alla<br />

scuola superiore (ITG ‘Tartaglia’<br />

e IPSIA ‘Fortuny’). Abbiamo<br />

attivato una convenzione<br />

con l’Università Statale di Brescia,<br />

con le Facoltà di Giurisprudenza,<br />

Economia e commercio<br />

ed equivalenti; vi è la<br />

convenzione con l’Accademia<br />

di Belle Arti “S. Giulia”, il cui<br />

Corso di scultura e arti visive è<br />

arrivato all’ottavo anno, e ha<br />

originato numerose mostre e<br />

collaborazione con enti locali<br />

che hanno commissionato alcune<br />

opere. Abbiamo un rapporto<br />

continuativo con l’Università<br />

Cattolica di Brescia che<br />

organizza un laboratorio di<br />

Teatro sociale, con la partecipazione<br />

anche di alcuni studenti<br />

dell’Università. Ormai da<br />

due anni la Compagnia Lyria<br />

organizza un corso di danza,<br />

con diverse performance anche<br />

esterne, in particolare nell’ambito<br />

della rassegna ‘Danza<br />

al parco’, e quest’anno il<br />

progetto prevede anche la<br />

possibilità di contatti con le<br />

scuole per effettuare opera di<br />

prevenzione ed educazione<br />

alla legalità. All’interno vi è la<br />

possibilità di partecipare a<br />

gruppi di sostegno psicologico,<br />

gruppi per detenuti tossicodipendenti,<br />

corsi di integrazione<br />

per stranieri, corsi di educazione<br />

alla legalità. Storica è la<br />

collaborazione con l’UISP per<br />

le attività sportive: il ‘Vivicittà’<br />

all’interno del carcere aperto<br />

agli studenti delle scuole cittadine,<br />

il torneo di calcio aperto<br />

alla cittadinanza esterna, il torneo<br />

di pallavolo. Positiva, infine,<br />

è l’esperienza del Corso di<br />

yoga. A ciò aggiungasi, quest’anno,<br />

la collaborazione con<br />

il FAI, che vede il coinvolgimento<br />

del carcere durante ‘le<br />

giornate di primavera’, e la<br />

realizzazione all’interno del<br />

carcere di alcune conferenze<br />

divulgative, aperte anche alla<br />

cittadinanza”.<br />

È da considerare la prosecuzione<br />

del corso di percussioni<br />

anche per il prossimo anno<br />

scolastico?<br />

“Spero proprio di sì, considerata<br />

l’affluenza e le richieste<br />

da parte dei detenuti. Questo<br />

è sicuramente indice di riuscita<br />

e di gradimento, grazie anche<br />

al maestro Chittò, che si è dimostrato,<br />

al di là dell’indubbia<br />

professionalità, persona molto<br />

sensibile, duttile e disposta a<br />

entrare a far parte di questa<br />

‘strana realtà’, dalla quale si<br />

può ricavare, anche inaspettatamente,<br />

un bagaglio di<br />

esperienza umana non comune”.<br />

Tutti i nomi degli iscritti al corso sono stati<br />

sostituiti con nomi di fantasia per diritto di privacy.<br />

Mercoledì 17 ottobre<br />

V<br />

isita della Casa circondariale e di<br />

reclusione di Verziano e incontro<br />

con la direttrice Francesca Paola<br />

Lucrezi per stabilire le modalità<br />

d’intervento e di attivazione del corso di strumenti<br />

a percussione. Difficoltà di incastro<br />

con l’articolato calendario di attività già presenti.<br />

Sarà venerdì, dalle dieci a mezzogiorno.<br />

Attesa.<br />

Venerdì 16 novembre - I incontro<br />

Con anticipo rispetto all’arrivo degli studenti<br />

tolgo dall’imballaggio gli strumenti e il<br />

resto del materiale acquistato, poi allestisco<br />

lo spazio dedicato al corso: la cappella del<br />

carcere. Musica celeste. Al momento il numero<br />

degli iscritti è nove, sei donne e tre uomini.<br />

La prima mezzora trascorre ottimamente.<br />

Clapping Music poi gestualità, battito,<br />

pulsazione, che cos’è uno strumento, che<br />

cos’è un suono. Prima pratica, fare, poi teoria,<br />

parole.<br />

Cerco di vincere la loro diffidenza iniziale, la<br />

naturale resistenza verso chi è nuovo a questo<br />

complicato sistema di relazioni. I frequentanti<br />

sono ricettivi, hanno bisogno di ridere, talvolta<br />

parlano tra loro e nel complesso sono attenti<br />

e disponibili a mettersi in gioco.<br />

Venerdì 23 novembre - II incontro<br />

L’inizio della lezione tarda. Difficoltà nello<br />

spostamento dei detenuti dalle varie sezioni<br />

alla cappella. Bene i primi venti minuti in cui ricorro<br />

al medesimo espediente della prima lezione:<br />

solo gesti, no parole. Assisto a un superficiale<br />

episodio di attrito tra i corsisti e l’agente<br />

assistente che li ha richiamati all’attenzione.<br />

Rilevazione empirica: sembrerebbe che<br />

chi insegna possa migliorare la qualità dell’apprendimento<br />

non tanto grazie alla preparazione<br />

ricevuta o all’esperienza maturata,<br />

ma grazie a una qualità non meglio definita<br />

di “presenza”. Puro e semplice esserci. Naïf?<br />

Essere nel tempo e nello spazio in cui si è –<br />

pensare e soprattutto fare ogni istante della<br />

relazione – ha un valore terapeutico oltre<br />

che didattico: lenisce la mancanza di senso,<br />

colma il vuoto dell’attimo. Come si coniuga<br />

questa presenza con l’indispensabile programmazione<br />

dell’intervento didattico? Riflessione<br />

da sviluppare. Obiettivi a breve termine:<br />

abbattere le interferenze, materiali e<br />

non. Far sì che i partecipanti si sentano parte<br />

di qualcosa.<br />

Venerdì 30 novembre - III incontro<br />

- Chiara: interessata, si mostra predisposta<br />

e cerca la comunicazione diretta, faccia a<br />

faccia.<br />

- Lidia: il lavoro musicale risulta molto difficile<br />

ma grande è la forza. Cerca conforto?<br />

- Giulia: scettica, poco a poco si lascia<br />

coinvolgere. Grandi potenzialità, prende appunti,<br />

lavora anche tra un incontro e l’altro.<br />

- Ester: sorridente, richiama all’attenzione i<br />

compagni che spesso chiacchierano. Segnale<br />

di appartenenza?<br />

- Paolo: dopo la prima lezione un po’ sottotono,<br />

segnali di apertura ma anche di sfida.<br />

Ancora non si espone abbastanza.<br />

- Rebecca: molto precisa nella percezione<br />

della pulsazione, davvero promettente. Segue<br />

ed esegue molto bene.<br />

- Anna: ricettiva, ma si lascia facilmente distrarre<br />

da Pietro, appunta l’indispensabile<br />

ma lavora molto bene. Meglio quando non si<br />

fa distrarre.<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 21<br />

I primi mesi del corso di percussione<br />

Report dalla casa circondariale<br />

di OLMO CHITTÒ<br />

- Pietro: dopo l’iniziale diffidenza, buone<br />

potenzialità. Il fatto che parli con Anna non<br />

costituisce per il momento un grande problema.<br />

Valutare in seguito.<br />

- Matteo: poco presente, iniziali difficoltà di<br />

inserimento nel gruppo causa assenza alle<br />

prime lezioni.<br />

Rilevo la maggiore solerzia della controparte<br />

femminile nel prendere appunti e nel<br />

seguire con precisione le mie consegne.<br />

Buona anche la partecipazione maschile,<br />

qualitativamente da migliorare. Proposito.<br />

Venerdì 7 dicembre - IV incontro<br />

La lezione inizia con più di trenta minuti di<br />

ritardo causa controlli in entrata. Telefonino,<br />

computer, siamo sicuri che sia stato segnalato?<br />

Mentre aspetto che venga aperta la porta<br />

di accesso alla cappella i detenuti che<br />

dalla palestra stanno tornando in cella mostrano<br />

segni di insofferenza: battono contro il<br />

vetro al di là delle inferiate.<br />

Poco distante un ragazzo che deve andare<br />

a prendere la felpa lasciata in palestra si<br />

lamenta di non poter ancora entrare. Arrivano<br />

Paolo e Pietro. Attesa. Dicono che il carcere<br />

rovina le persone, che chi commette il<br />

delitto deve pagare i suoi debiti ma che così<br />

non ci sono prospettive di recupero. Presenza<br />

vuol dire mostrare il contrario. Ecco le<br />

chiavi.<br />

Ore undici e quaranta: arrivo delle detenute<br />

e inizio del quarto incontro. Canone a<br />

due, tre, quattro voci, formalizzazione scritta<br />

di una sequenza ritmica e sua esecuzione<br />

strumentale. Poco tempo ma sufficiente. Lavoro<br />

a coppie, imitazione. Primi feedback: la<br />

lezione di percussioni è percepita prima di<br />

tutto come un ottimo momento aggregativo.<br />

Poi il divertimento, ancora poi la musica.<br />

Missed ascolti sul canone – Bach, Ligeti – e il<br />

lavoro sugli ostinati. Venerdì prossimo.<br />

Venerdì 11 gennaio - VI incontro<br />

Per rendere più efficiente il lavoro ho pensato<br />

di dividere il gruppo in due sottogruppi<br />

fino a metà marzo. Per questo motivo ricevo<br />

alcune lamentele da Paolo. La divisione del<br />

gruppo comporta una iniziale instabilità. Ricreare<br />

clima di fiducia. Il secondo gruppo risente<br />

di una certa eterogeneità di abilità e<br />

predisposizioni. Spero che il piccolo numero<br />

mi consenta di lavorare con maggiore attenzione<br />

sui singoli.<br />

Fine lezione: ricevo una busta chiusa da un<br />

detenuto. Senza aprirla lo prendo in disparte<br />

e gli spiego che ho delle direttive rigidissime<br />

in merito alla comunicazione con l’esterno e<br />

al materiale che posso portare dentro e fuori<br />

dal carcere. Mi dice che sono solo auguri di<br />

Natale. Grande imbarazzo, poi scuse. Vilissimo<br />

pregiudizio.<br />

Venerdì 1 febbraio - IX Incontro<br />

Dieci nuove domande di iscrizione. Attivazione<br />

di un secondo corso e ridefinizione degli<br />

orari: il venerdì dalle 9.00 alle 11.00 inserimento<br />

dei nuovi iscritti, slittamento di un’ora<br />

dei veterani (11.00 - 13.00) che vengono riaccorpati<br />

in un unico gruppo viste le difficoltà<br />

di gestione dei numerosi spostamenti (troppi<br />

tempi morti).<br />

Si prendono accordi per i saggi di fine corso,<br />

uno interno e uno esterno alla Casa. Forte<br />

scetticismo dei corsisti in merito alla possibilità<br />

di essere portati all’esterno.<br />

La musica aiuta ad evadere?<br />

***<br />

Approfondimenti: http://www.osservatorioantigone.it/,<br />

osservatorio sulle condizioni delle<br />

carceri italiane; http://www.ristretti.it/, testimonianze.


22 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

SUL LAGO DI GARDA<br />

GLI ORGANI DELLE CHIESE DI GARGNANO<br />

Il vasto territorio del Comune<br />

di Gargnano, ubicato<br />

nel Parco dell’Alto Garda<br />

Bresciano, comprende numerose<br />

frazioni: il capoluogo,<br />

Villa e Bogliaco sono posti in riva<br />

al lago; Villavetro, Fornìco e<br />

Zuino, nell’immediato entroterra<br />

collinare; Liano, Formaga,<br />

Sasso, Musaga e Navazzo, costituiscono<br />

le cinque borgate<br />

di Montegargnano; Muslone è<br />

appartato su un dosso a picco<br />

sul lago; Costa, all’interno nei<br />

monti, si trova a circa diciotto<br />

chilometri dal capoluogo e<br />

detiene il primato nazionale di<br />

frazione più distante dalla sede<br />

comunale.<br />

Innumerevoli sono le chiese<br />

sparse nelle varie borgate che<br />

inizialmente tutte dipendevano<br />

dalla pieve di Gargnano e<br />

che nel tempo si costituirono<br />

nelle parrocchie autonome di<br />

Bogliaco, Navazzo, Sasso, Costa<br />

e Muslone, contrade nelle<br />

quali, le principali chiese, quelle<br />

parrocchiali, vennero sempre<br />

dotate di un organo musicale.<br />

Dalle carte degli archivi e<br />

dalla accuratezza delle registrazioni<br />

a noi pervenute, appare<br />

come l’organo venne<br />

sempre considerato un prezioso<br />

irrinunciabile arredo, tenuto<br />

nella massima considerazione<br />

quale sostegno della liturgia e<br />

delle celebrazioni religiose, per<br />

il decoro dell’edificio sacro e<br />

per l’accompagnamento del<br />

canto dei fedeli, per suscitare<br />

sentimenti di fede e per richiamare<br />

alla meditazione, a maggior<br />

gloria di Dio.<br />

Traspaiono da questi scritti i<br />

pluriennali sacrifici economici<br />

sostenuti dalle Fabbricerie, dalle<br />

Confraternite e dalle intere<br />

povere comunità nel sostenere<br />

le rilevanti spese per tenere in<br />

dotazione nel tempo strumenti<br />

aggiornati e di prestigio e per<br />

seguire le incessanti riparazioni<br />

necessarie.<br />

Sulla scorta della documentazione<br />

esaminata presentiamo<br />

qui di seguito brevi note<br />

storiche di sintesi che riguardano<br />

i sei organi ancor oggi visibili<br />

nelle parrocchie di Gargnano<br />

e i due non più esistenti.<br />

***<br />

Il 7 ottobre 1810 il Municipio<br />

di Gargnano, la Congregazione<br />

di Carità e la Fabriceria promuovevano<br />

l’erezione del<br />

nuovo organo “a gloria del Signore<br />

e a maggior lustro del<br />

paese” nella chiesa parrocchiale<br />

di San Martino Vescovo<br />

e invitavano i sottoscrittori a<br />

versare per tre anni le carità e<br />

le dispense nelle mani del cassiere<br />

per l’organo, il dottor<br />

Francesco Pederzani.<br />

Già era installato nella chiesa<br />

più importante del paese un<br />

vecchio organo non più funzionante,<br />

ma non sappiamo<br />

chi l’avesse costruito. Da molto<br />

tempo gli abitanti desideravano<br />

un nuovo strumento musicale<br />

e si dichiaravano disposti<br />

a sostenerne la spesa. Così il 29<br />

maggio 1811, regnando Napo-<br />

L’organo Montesanti<br />

leone I, si stipula un contratto<br />

con Luigi Montesanti di Mantova<br />

per la costruzione del nuovo<br />

organo da allestire per la<br />

Pentecoste dell’anno seguente,<br />

con un costo previsto di<br />

5.760 lire italiane, da versare in<br />

tre rate uguali: la prima in acconto,<br />

la seconda alla consegna,<br />

e la terza dopo la revisione,<br />

trascorso un anno dal collaudo.<br />

Interviene il nobile Carlo<br />

Becelli della Zuana q. Gian An-<br />

di UMBERTO PERINI<br />

drea di Villa, a garantire col<br />

proprio patrimonio i puntuali<br />

adempimenti del pagamento.<br />

Il professore di musica Domenico<br />

Cerutti q. Andrea di Gargnano<br />

fungeva da mediatore<br />

nella trattativa e il contratto<br />

era firmato anche dai tre fabbricieri:<br />

Francesco Zangherle,<br />

Angelo Silvestri e Francesco<br />

Giorgi.<br />

Al nobile Becelli, per ricompensa<br />

del suo impegno di ga-<br />

rante, veniva lasciato il legname<br />

usato nei ponteggi e il ricavato<br />

dalla vendita dell’esistente<br />

organo. Le clausole contrattuali<br />

prevedevano la fornitura<br />

di un primo organo e di un secondo<br />

di risposta, con la descrizione<br />

dei registri di ripieno e<br />

di concerto e della pedaliera.<br />

Erano previste due tastiere da<br />

cinquantaquattro tasti, con indicazione<br />

delle canne di stagno,<br />

legno, piombo e miste,<br />

nonché sei grandiosi mantici.<br />

Montesanti chiede anche il<br />

rimborso delle spese viaggio, le<br />

cibarie, l’alloggio, un levamantici<br />

a disposizione e alla fine gli<br />

venne offerto anche “un decente<br />

regalo” che si concretizzerà<br />

in un certo numero di limoni,<br />

essendo Gargnano in<br />

quel tempo, molto famoso per<br />

la coltivazione e il commercio<br />

degli agrumi.<br />

Montesanti fu puntuale alla<br />

consegna e il 28 giugno 1812<br />

venne eseguito il collaudo dal<br />

prof. Fernando Turini di Salò, insigne<br />

musicista, il quale non<br />

potendo scrivere per la sua cecità<br />

incaricò Giacomo Pederzoli<br />

(nota personalità locale<br />

del tempo napoleonico) di redigere<br />

il verbale. Una porzione<br />

dell’ultima rata del prezzo venne<br />

dilazionata e i pagamenti<br />

che terminarono nel 1817, assommarono<br />

a un totale di L.<br />

6.130,23.<br />

L’organo rimase attivo fin<br />

verso la fine dell’Ottocento<br />

quando troviamo traccia di un<br />

intervento di rinnovo eseguito<br />

dall’organaro don Cesare Sora<br />

di Pontevico il quale presentò<br />

dei progetti di sistemazione<br />

con la sostituzione di molte<br />

canne logorate. Sul somiere interno<br />

appare ancora la scritta<br />

del suo operato nell’anno<br />

1904.<br />

La parrocchia non approvò<br />

poi, per carenza di mezzi finanziari,<br />

un preventivo dei Fratelli<br />

Pedrini di Cremona per applicare<br />

un motore elettrico (1941)<br />

e venne pure rinviata la proposta<br />

di intervento di Armando<br />

Maccarinelli di Brescia a causa<br />

della forte spesa prevista<br />

(1944-1945). Lo stesso Maccarinelli<br />

poserà un elettroventilatore<br />

nel giugno 1952, pur rimanendo<br />

la manticeria ancora<br />

funzionante anche a mano.<br />

Di recente, nel 2009, Federico<br />

Lorenzani, organista di<br />

Guastalla e studioso dei Montesanti,<br />

ha osservato che la<br />

chiesa è veramente grandiosa<br />

e bellissima e degna di un siffatto<br />

apparato organario. La<br />

cassa e la controcassa sono<br />

proprio della tipica fattura<br />

Montesanti, ma dell’opera di<br />

costui non rimane forse che<br />

l’imponente facciata e alcune<br />

centinaia di canne interne. È<br />

un organo del 1904 quello attuale,<br />

costruito dall’autore cremonese,<br />

di buona fattura, realizzato<br />

in modo solido e razionale.<br />

Essendo ancora utilizzabili<br />

molte delle canne Montesanti,<br />

egli decise di tenerle. L’organo<br />

comunque è in buono stato<br />

anche se scordato a causa<br />

della polvere sedimentata; necessiterebbe<br />

di una pulitura e<br />

manutenzione non troppo<br />

onerosa.<br />

È da segnalare che anche<br />

nella chiesa di San Francesco<br />

di Gargnano, ubicata nel centro<br />

del paese, vi era un organo,<br />

ora non più esistente, costruito<br />

dai celebri Antegnati,<br />

ubicato sopra la porta laterale<br />

di destra, e così pure a Bogliaco,<br />

nella chiesa santuario del<br />

Crocifisso vi era un organo in<br />

controfacciata costruito nel<br />

1794 da Giulio q. Giovanni Doria<br />

(rinomata famiglia di organari<br />

locali), strumento che<br />

andò perduto a seguito del<br />

crollo del campanile sulla chiesa<br />

avvenuto nel 1831.<br />

***<br />

A Bogliaco, nella parrocchiale<br />

di San Pier d’Agrino, esisteva<br />

un vecchio organo seicentesco<br />

(deciso nel 1662, iniziato nel<br />

1668, inaugurato nel 1672, costato<br />

380 ducati da 6 lire cadauno),<br />

di cui non si conosce<br />

l’autore. Dopo essere stato trasportato<br />

nel coro verso il 1704,<br />

subì successivi intervenienti manutentivi<br />

da parte dei Doria per<br />

tutto il Settecento, finché questo<br />

strumento andò perduto nel<br />

1892 quando venne commissionato<br />

quello attualmente esistente,<br />

opera di Facchetti-Bianchetti,<br />

eseguito nel 1902. Notevole<br />

l’apparato seicentesco<br />

d’intarso ligneo in cui è collocato,<br />

con ornati e figure di angeli,<br />

su cui domina una grande<br />

statua di San Pietro.<br />

La chiesa parrocchiale di<br />

Santa Maria Assunta in Navaz-<br />

segue alla pagina 23


segue dalla pagina 22<br />

zo ebbe il privilegio di possedere<br />

un organo dei Callido fin dal<br />

1770, poi sostituito da un Bianchetti<br />

nei primi anni Venti del<br />

Novecento. Nel 1986 è stato ripulito<br />

e nuovamente accordato<br />

da Ezechiele Podavini, professore<br />

d’organo al Conservatorio<br />

musicale di Merano.<br />

La chiesa di Sant’Antonio<br />

Abate, parrocchiale di Sasso e<br />

Musaga, possiede un gioiello<br />

di arte organaria, uno splendido<br />

esempio dell’arte di fra’<br />

Damiano Damiani, costruito<br />

nel 1826 con ventun registri. La<br />

facciata è di venticinque canne<br />

a cuspide e meriterebbe<br />

adeguato restauro.<br />

L’iniziativa di dotare di organo<br />

la chiesa di San Matteo<br />

Apostolo di Muslone risale ai<br />

primi dell’Ottocento, quando<br />

venne affidato l’incarico probabilmente<br />

a fra’ Damiano<br />

Damiani, al quale nel 1834 era<br />

ancora dovuta parte di un pagamento.<br />

Pochi anni più tardi<br />

lo strumento veniva ricostruito<br />

dal tignalese Giovanni Tonoli,<br />

ma l’organo era spesso bisognoso<br />

di interventi di cui rimane<br />

traccia già nel 1845. Altra<br />

costosa manutenzione è del<br />

1888, affidata a Giuseppe Leali<br />

di Salò, ma nel 1894 durante<br />

un furioso temporale un fulmine<br />

si abbatté sul campanile<br />

con terribile fragore e scese in<br />

chiesa distruggendo l’organo<br />

quasi completamente. I tenaci<br />

muslonesi non si diedero per<br />

vinti e il nuovo organo, quello<br />

attuale, venne sùbito costruito<br />

da Angelo Ghidinelli, Facchetti<br />

e Bianchetti, come reca la<br />

targa sopra la tastiera. Per le<br />

estreme difficoltà economiche,<br />

i pagamenti si protrassero<br />

fino al 1911. Lo strumento cadde<br />

poi in abbandono finché<br />

venne risistemato in anni recenti<br />

dal parroco di Gargnano<br />

don Valerio Scolari.<br />

Infine la chiesa di San Bartolomeo,<br />

parrocchiale di Costa,<br />

aveva originariamente un organo<br />

di Fra’ Damiano Damiani,<br />

all’origine eseguito per la<br />

parrocchiale di Tremosine e<br />

poi acquistato da quei montanari<br />

nel 1834. Ebbe poi manutenzioni<br />

da Giovanni Tonoli di<br />

Tignale nella prima metà dell’Ottocento,<br />

e in seguito da un<br />

certo Giacomini di Vestone nel<br />

1864. Nel 1882 venne sostituito<br />

dal costruttore Prospero Foglia<br />

di Palazzolo sull’Oglio, come risulta<br />

dal cartiglio sopra la tastiera<br />

di cinquantasei tasti. Già<br />

sottoposto a restauro nel 1924,<br />

l’organo è stato ultimamente<br />

sistemato nel 1993 per interessamento<br />

del parroco don Luigi<br />

Bontempi coi fondi raccolti tra<br />

i residenti e i simpatizzanti.<br />

Gli strumenti musicali brevemente<br />

presentati fanno parte<br />

del patrimonio storico artistico<br />

del paese e come beni culturali<br />

meritano grande attenzione<br />

per la loro salvaguardia, la<br />

riattivazione e il mantenimento,<br />

poiché sono espressione viva<br />

di valori collettivi di cui tramandare<br />

la memoria. Si auspica<br />

che con le loro vive note<br />

possano continuare a essere<br />

stimolo di crescita culturale e<br />

spirituale, testimoniando la nobilissima<br />

tradizione che attraverso<br />

le generazioni passate<br />

affonda le proprie origini in secoli<br />

ormai lontani.<br />

Il brano che pubblichiamo di<br />

Antonio Fogazzaro è tratto da<br />

Un’idea di Ermes Torranza in Il<br />

fiasco del maestro Chieco<br />

(Racconti musicali), Passigli<br />

Editore, Firenze, 1992.<br />

***<br />

Bianca rispose di non aver<br />

sonno. Sarebbe andata<br />

volentieri nella<br />

saletta del piano a fare<br />

un po’ di musica. La mamma<br />

voleva tenerle compagnia,<br />

ma ella protestò tanto<br />

nervosamente che la signora<br />

Giovanna le chiese scusa, e,<br />

accesale una candela, salì le<br />

scale con la sua cerea faccia<br />

curva sul lumicino a petrolio.<br />

Bianca si avviò invece per il<br />

corridoio che mette alle camere<br />

deserte nell’angolo nordovest<br />

della casa. Entrò in una<br />

sala non grande, ma molto alta,<br />

tutta istoriata di affreschi mitologici,<br />

vuota; e accese con<br />

la mano ferma le candele del<br />

suo piano attraversato a un<br />

canto. La lenta luce si allargò,<br />

a destra, sopra un tavolino zeppo<br />

di musica; a sinistra, sopra<br />

una giardiniera; in alto, su per<br />

le membra enormi di non so<br />

quali divinità. Non vi erano altri<br />

mobili in tutta la sala; i passi<br />

della giovine signora vi pigliavano<br />

un suono lungo, vibrante.<br />

Ella guardò l’orologio: le dieci<br />

erano imminenti. Cercò un<br />

pezzo di musica e lo posò sul<br />

leggìo del piano. Poi si trasse<br />

dal petto il ritratto di Torranza,<br />

guardò a lungo la calva testa<br />

scultoria, del poeta. Oh, voleva<br />

bene accontentarne l’ultimo<br />

desiderio quando anche<br />

fosse una follia, voleva fedelmente<br />

comporgli la scena<br />

poetica, cui egli aveva forse<br />

pensato con qualche compiacimento<br />

prima di morire!<br />

Si giustificava così, con se<br />

stessa, dei suoi preparativi e<br />

della sua emozione, senza confessarsi<br />

che aspettava davvero,<br />

con un oscuro istinto del<br />

cuore, qualche cosa di straordinario.<br />

Posò il ritratto sul leggìo<br />

LA MUSICA NELLA LETTERATURA<br />

Sospiri al pianoforte<br />

di ANTONIO FOGAZZARO<br />

e stette un momento, involontariamente,<br />

in ascolto. Che cosa<br />

si muoveva dietro a lei?<br />

Niente, un foglio scivolava dalla<br />

catasta della musica. Bianca<br />

si ripiegò a leggere i versi riprodotti<br />

sulla copertina del<br />

pezzo che aveva davanti. Erano<br />

stati composti, lo sapeva,<br />

fra il contrasto della passione<br />

con il sentimento religioso, da<br />

un giovane amico di Torranza,<br />

morto pochi mesi dopo, presso<br />

la donna non sua che amava<br />

malgrado se stesso, in silenzio;<br />

e dicevano così: Ultimo pensiero<br />

poetico / Le finestre spalanca<br />

a la luna; / T’inginocchia, mi<br />

sento morir. / Da i terror de la<br />

cieca fortuna, / Da la guerra<br />

de i folli desir, / Esco e salgo ne’<br />

placidi rai / Lo splendente universo<br />

a veder, / A bruciar ne<br />

l’amor che bramai, / Che non<br />

volli qui impuro goder. / Ma se<br />

orribile un ciel senza Dio / Tra le<br />

stelle funeree mi appar, / Ricadrò<br />

su quel cor ch’era mio, / Disperato<br />

m’udrai singhiozzar.<br />

Bianca si coperse il viso con<br />

le mani, si rivide dentro alla<br />

fronte le sinistre parole: Ma se<br />

orribile un ciel senza Dio / Tra le<br />

stelle funeree mi appar.<br />

Immaginava con un brivido<br />

quel che proverebbe se udisse<br />

piangere vicino a sé nel vuoto.<br />

Aperse la romanza per dar una<br />

passata alla introduzione non<br />

troppo facile, che aveva letto<br />

una volta sola. Ma le pagine<br />

non volevano stare aperte, si<br />

chiudevano tutti i momenti fastidiosamente.<br />

Le fermò col ritrattino<br />

di Torranza, e suonò, sotto<br />

voce, le quindici o venti battute<br />

di introduzione che ricordano<br />

molto, in principio, la Dernière<br />

pensée musicale di Weber.<br />

Dio, come parlava quella<br />

musica! Che amore, che dolore,<br />

che sfiduciato pianto! Entrava<br />

nel petto come un irresistibile<br />

fiume, lo gonfiava, vi metteva<br />

il tormento di sentire la passione<br />

sovrumana senza poterla<br />

comprendere. Bianca si alzò<br />

con gli occhi bagnati di lagrime,<br />

andò ad aprir le imposte<br />

della porta che mette in giardino.<br />

“Le ombre della notte”<br />

aveva scritto Torranza “devono<br />

poter entrare nella camera”.<br />

La notte era chiara. Gli alberi<br />

del giardino si vedevano sfumati<br />

nella nebbia lattea. Non<br />

un sussurro, non un soffio; la<br />

nebbia, muta e sorda, era immobile.<br />

Bianca tornò con un leggero<br />

tremito al piano. Guardò ancora<br />

l’orologio; erano le dieci<br />

e un quarto.<br />

Allora si decise, si raccolse<br />

nella musica che aveva davanti,<br />

bandì ogni altro pensie-<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong> - 23<br />

ro, ogni trepidazione come se<br />

vi fosse dietro a lei una attenta<br />

folla severa e strappò dal piano<br />

con la sua grazia nervosa il<br />

primo accordo.<br />

Ella suonava ansando, per lo<br />

sforzo di mettere tutta l’anima<br />

nella musica, di non pensare a<br />

quel che forse verrebbe dopo.<br />

Le fu impossibile seguire le ultime<br />

note smorzate della introduzione;<br />

il cuore le batteva<br />

troppo forte. Passarono dieci,<br />

venti, trenta secondi eterni. Silenzio.<br />

Bianca alzò un poco la testa.<br />

In quel momento due colpi<br />

sommessi, affrettati, suonarono<br />

vicino a lei, che balzò in<br />

piedi con un subito ritorno di<br />

energia calma, e stette in<br />

ascolto.<br />

Altri due colpi affrettati, più<br />

forti dei primi; poi un tocco leggero<br />

sulla soglia della porta<br />

aperta alle ombre della notte.<br />

Bianca guardò. Era entrata<br />

una ombra, una figura umana.<br />

La giovine signora gittò un grido:<br />

“Emilio!” disse ella. Era suo<br />

marito.<br />

[…] Ma, improvvisamente,<br />

un lieve suono blando la scosse.<br />

“Zitto!” diss’ella rialzando il viso.<br />

Puntò le mani al petto di<br />

suo marito e guardò là ond’era<br />

venuto il suono.<br />

Al leggìo del piano la romanza<br />

Ultimo pensiero poetico<br />

si era chiusa sul ritrattino<br />

che Bianca, poco prima, vi<br />

aveva posato a trattenere le<br />

pagine; Ermes Torranza non si<br />

vedeva più. Parve all’amica<br />

sua che quello fosse il promesso<br />

segno sensibile, l’addio del<br />

poeta il quale, compiuta l’opera<br />

propria, si ritraesse chetamente,<br />

si dileguasse nell’ombra,<br />

o per le condizioni misteriose<br />

della sua esistenza superiore,<br />

o, fors’anche, per effetto<br />

di un malinconico sentimento<br />

che si poteva comprendere.<br />

“Cosa è stato?” disse Emilio.<br />

“Cos’hai che sospiri?”.<br />

Bianca tornò a piegargli il viso<br />

sul petto. “Niente” diss’ella.


24 -<br />

<strong>bresciaMUSICA</strong><br />

CANTI DELLA TRADIZIONE POPOLARE BRESCIANA<br />

Fai finta di dormire<br />

Il canto Fai finta di dormire compare al n° 26 della<br />

raccolta di Vittorio Brunelli e al n° 41 della raccolta<br />

di Giovanni Bignami, in Brescia e il suo territorio,<br />

secondo volume de Il mondo popolare in Lombardia.<br />

L’arrangiamento è di Marco Ruzzenenti.<br />

Arr. Marco Ruzzenenti<br />

brescia<br />

Musica<br />

Bimestrale di cultura musicale<br />

della Associazione Filarmonica “<strong>Isidoro</strong> <strong>Capitanio</strong>”<br />

Direttore responsabile MATTEO VANETTI<br />

Direttore editoriale AUGUSTO MAZZONI<br />

Vice-direttore editoriale CARLO BIANCHI<br />

Comitato di redazione<br />

ORIETTA DANIELI, PAOLA DONATI, VASCO FRATI,<br />

RENATO KRUG, GIANFRANCO PORTA, RUGGERO RUOCCO, DINO SANTINA,<br />

ENIO ESTI (segreteria e pubblicità)<br />

Direzione redazione Via delle Battaglie, 61/1 - Brescia<br />

Tel. 030.3756449 - Fax 030.3771752<br />

e-mail: associazione.capitanio@numerica.it<br />

associazione@filarmonicacapitanio.it<br />

bresciamusica@filarmonicacapitanio.it<br />

www.filarmonicacapitanio.it<br />

Autorizzazione del Tribunale di Brescia con Reg. al n. 37/1985 il 28/10/1985<br />

Videoimpaginazione - Stampa: CENTRO STAMPA QUOTIDIANI SPA - ERBUSCO<br />

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