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Leggendo - Associazione Nomentana di Storia e Archeologia Onlus

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Note descrittive<br />

Palazzo Borghese, attuale sede del Consiglio Comunale<br />

e dell’Amministrazione <strong>di</strong> Mentana, è dotato <strong>di</strong><br />

due ingressi: il primo a nord su Piazza San Nicola, il secondo<br />

a sud con affaccio sull’o<strong>di</strong>erna Piazza Borghese. L’e<strong>di</strong>ficio<br />

funge così da raccordo fra la quota inferiore della<br />

piazza e quella superiore del borgo retrostante.<br />

Il piano terreno del fabbricato, con ingresso in Via<br />

Mazzini, è invece frazionato in più unità immobiliari, appartenenti<br />

a <strong>di</strong>versi proprietari.<br />

Anche se il palazzo <strong>di</strong> Mentana è comunemente conosciuto<br />

come “Palazzo Borghese”, dal nome degli ultimi<br />

proprietari, l’aspetto attuale <strong>di</strong> questo e<strong>di</strong>ficio è quello che<br />

risulta dagli interventi operati soprattutto da Camillo Orsini<br />

che resse le sorti <strong>di</strong> questo feudo fino al 1595 quando<br />

fu acquistato dal principe Michele Peretti. A questi feudatari<br />

si deve la forma che il Palazzo ha poi assunto e che<br />

presenta ancora oggi, con l’ampliamento della parte monumentale<br />

dell’ingresso su piazza San Nicola comprendente<br />

la grande facciata.<br />

L’aspetto del Palazzo nel quale s’inse<strong>di</strong>a Michele Peretti,<br />

nell’atto del suo ingresso a Mentana nel 1595, è dunque<br />

quello voluto dall’ultimo dei precedenti feudatari, cui il<br />

Principe <strong>di</strong> Venafro fece eseguire lavori e ristrutturazioni<br />

per trasformare un castello feudale in una residenza <strong>di</strong> villeggiatura,<br />

in un “palazzo” degno <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mora raffinata.<br />

Superate ormai le esigenze <strong>di</strong>fensive, il complesso si<br />

trasforma così in palazzo,<br />

con un secondo ingresso<br />

sulla piazza, attenuando<br />

le caratteristiche dell’originaria<br />

struttura fortificata.<br />

Simbolo del prestigio<br />

nobiliare della città, il palazzo<br />

signorile <strong>di</strong> Mentana,<br />

è l’espressione <strong>di</strong><br />

un’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> potenza tradotta<br />

in un segno che è<br />

proprio del linguaggio<br />

dell’architettura del palazzo<br />

voluta proprio dai<br />

Peretti servendosi, secondo<br />

alcuni storici locali,<br />

dell’opera <strong>di</strong> Giandomenico<br />

Fontana: la facciata<br />

domina la scena paesana<br />

e la composizione planimetrica<br />

si affaccia su<br />

Piazza San Nicola ed an-<br />

PALAZZO BORGHESE<br />

Vicende della città <strong>di</strong> Mentana e delle famiglie<br />

che ne hanno costruito la storia<br />

ROBERTO TOMASSINI<br />

zi concorre a formare il perimetro della piazza stessa sulla<br />

quale incombe l’imponente prospetto del palazzo baronale<br />

con la sua sontuosa balconata posta su maestosi mensoloni<br />

ed il suo gran<strong>di</strong>oso portale d’ingresso preceduto da<br />

una scalinata 1 .<br />

La scarsa documentazione relativa all’opera <strong>di</strong> ristrutturazione<br />

del palazzo baronale <strong>di</strong> Mentana, intrapresa da<br />

Michele Peretti, impe<strong>di</strong>sce una precisa attribuzione del<br />

monumento e rende assai <strong>di</strong>fficile in<strong>di</strong>viduare le varie tipologie<br />

d’intervento subite in questo periodo dal palazzo<br />

che pure, come si è detto, presenta interessanti soluzioni<br />

architettoniche. Difficile, è anche stabilire con esattezza<br />

la data d’inizio dei lavori che in ogni modo, da quanto<br />

sembra emerge dalle ricerche proposte in questa sede devono<br />

risalire ad un periodo successivo al 1613.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o della documentazione conservata, relativamente<br />

al feudo <strong>di</strong> Mentana, consente, infatti, <strong>di</strong> mettere<br />

in evidenza alcuni aspetti che testimoniano le <strong>di</strong>fficoltà<br />

economiche del Principe Peretti già nel periodo successivo<br />

all’acquisto del feudo, che non lasciano certo intravedere<br />

la possibilità <strong>di</strong> un intervento strutturale del palazzo.<br />

Il 19 giugno 1599, Michele Peretti affittò il castello ed<br />

il territorio <strong>di</strong> Mentana a Bartolomeo Perusi. Il 4 settembre<br />

dell’anno successivo il Peretti prende 2000 scu<strong>di</strong> a censo<br />

dalla Nobildonna Faustina Gottar<strong>di</strong> sulla garanzia del<br />

Castello e del territorio della Mentana. Ancora nel 1608,<br />

per pagare l’acquisto <strong>di</strong> un terreno, il principe Peretti im-<br />

111<br />

ANNALI 2003


pose un censo <strong>di</strong> 900 scu<strong>di</strong><br />

sulla tenuta <strong>di</strong> Formelluccio<br />

2 .<br />

La situazione <strong>di</strong>venta<br />

ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>fficile dopo la<br />

morte <strong>di</strong> Camilla Peretti,<br />

nonna materna <strong>di</strong> Michele,<br />

i cui beni erano minacciati<br />

dai cre<strong>di</strong>tori.<br />

Nel 1613, Michele, vedovo,<br />

sposò la ricca ere<strong>di</strong>tiera<br />

Anna Maria Cesi, già<br />

promessa sposa del figlio<br />

Francesco, che gli importò<br />

una dote <strong>di</strong> 160.000 scu<strong>di</strong>.<br />

La nuova <strong>di</strong>sponibilità<br />

<strong>di</strong> denaro, aumentata anche<br />

da una donazione del<br />

fratello, il Card. Alessandro,<br />

consentì al principe <strong>di</strong><br />

Venafro <strong>di</strong> intraprendere<br />

nuove attività. Contemporaneamente,<br />

in quello stesso<br />

torno <strong>di</strong> anni, Michele<br />

Peretti ebbe la possibilità<br />

<strong>di</strong> iniziare la trasformazione<br />

<strong>di</strong> molte sue proprietà<br />

come il casale della tenuta<br />

<strong>di</strong> Torre in Pietra e Villa Grazioli a Grottaferrata e, alcuni<br />

anni dopo, l’e<strong>di</strong>ficazione del Convento degli Angeli a<br />

Mentana.<br />

Si può perciò ipotizzare, alla luce <strong>di</strong> questi fatti, che<br />

anche il Castello <strong>di</strong> Mentana fu certamente interessato da<br />

interventi <strong>di</strong> ristrutturazione proprio in quegli stessi anni.<br />

ANNALI 2003 112<br />

INGRESSO AL CASTELLO (1924)<br />

PROSPETTO E SEZIONI DEL COMPLESSO DI PALAZZO BORGHESE (DA MARCONI 1960)<br />

I lavori, il cui avvio non è dato sapere,<br />

si svolsero con fasi alterne <strong>di</strong> interruzione<br />

e <strong>di</strong> ripresa fino agli anni<br />

Venti del 1600, quando la <strong>di</strong>rezione<br />

dell’opera fu affidata all’architetto<br />

Francesco Peperelli sotto la cui sorveglianza,<br />

i lavori furono ultimati. Attraverso<br />

l’esame dei pagamenti registrati<br />

nei libri contabili del principe<br />

Peretti risulta, infatti, la fornitura <strong>di</strong><br />

un grande quantitativo <strong>di</strong> legname relativo<br />

a questo periodo. Il 7 <strong>di</strong>cembre<br />

1619 fu versata all’architetto Peperelli<br />

la somma 30 scu<strong>di</strong>, da lui stesso anticipata,<br />

per “Tavoloni da comprarsi a<br />

Tivoli per Lamentana” e ancora, qualche<br />

mese più tar<strong>di</strong>, il 17 febbraio<br />

1620, fu registrato il pagamento <strong>di</strong><br />

“scu<strong>di</strong> 55 moneta per conto <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> 85<br />

per il costo, vittura e dogana <strong>di</strong> Tavoloni<br />

cento mandati a Lamentana”.<br />

Furono questi, con tutta probabilità,<br />

gli anni degli ultimi lavori <strong>di</strong> ristrutturazione<br />

del palazzo, epoca in<br />

cui era forse già stata completata la ristrutturazione<br />

<strong>di</strong> alcune stanze nobili<br />

dal momento che già dal 1624 il prin-<br />

cipe Peretti vi soggiornava regolar-<br />

mente con il suo seguito e numerosi ospiti. Un pagamento<br />

<strong>di</strong> 31 scu<strong>di</strong>, è registrato nell’ottobre 1624 a favore <strong>di</strong> tale<br />

Agostino, cocchiere, “per nolo <strong>di</strong> tante carrozze date per<br />

seguito nostro per li Casali <strong>di</strong> Lamentana questo mese 10 ottobre<br />

1624”.<br />

Tuttavia, ancora nel maggio del 1625 sono registrati ul-<br />

teriori pagamenti per lavori effettuati a<br />

Mentana, sempre sotto la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong><br />

Francesco Peperelli. “21 maggio 1625.<br />

Dati a Bastiano falegname a Lamentana<br />

sc. 5,18 quale saldo <strong>di</strong> cento manifatture<br />

fatte in detto locho e per quanto possa pretendere<br />

al dì d’hoggi come per fede del Peperelli<br />

architetto” e più oltre, sotto la stessa<br />

data, “Dati a M.ro Pietro Giorgetti muratore<br />

a Lamentana sc. 118,09 a saldo <strong>di</strong><br />

un conto <strong>di</strong> sc. 568,56 <strong>di</strong> lavori fatti in detto<br />

locho come per fede del Peperelli”.<br />

Si tratta comunque <strong>di</strong> insufficienti e<br />

laconiche registrazioni <strong>di</strong> spesa da cui è<br />

quasi impossibile ricavarne gli interventi<br />

anche se, l’ingente quantità <strong>di</strong> spese e <strong>di</strong><br />

materiali e, soprattutto, la presenza dell’architetto<br />

Peperelli, ci sembra che lascino<br />

ben pochi dubbi circa il probabile riferimento<br />

ai lavori <strong>di</strong> ristrutturazione al<br />

Palazzo <strong>di</strong> Mentana.<br />

Di fronte a tale penuria <strong>di</strong> fonti documentali,<br />

relativi ai lavori <strong>di</strong> Palazzo Borghese,<br />

non ci resta che fare riferimento al-


la sola opera e<strong>di</strong>ficata che resta comunque il “documento”<br />

principale della nostra indagine. Abbiamo cercato perciò,<br />

<strong>di</strong> mettere insieme la più ampia documentazione a <strong>di</strong>sposizione,<br />

utilizzando sia materiale d’archivio sia fonti<br />

e<strong>di</strong>te, in modo da poter tracciare una sintesi, per quanto<br />

ci sarà possibile efficace ed adeguata, dei <strong>di</strong>versi elementi<br />

partendo dalle motivazioni che spinsero Michele Peretti<br />

alla ristrutturazione del palazzo, delle quali abbiamo già<br />

detto all’inizio, passando, ove è stato possibile, per i riferimenti<br />

storici, stilistici e le tecnologie usate, per realizzarne<br />

il profilo storico e la descrizione architettonica dell’antico<br />

palazzo.<br />

Alla luce <strong>di</strong> quanto è emerso dalla ricerca archivistica,<br />

il Palazzo Baronale <strong>di</strong> Mentana appare costruito in <strong>di</strong>verse<br />

epoche, prima del XVI secolo, nel suo complesso si manifesta<br />

<strong>di</strong> solida costruzione, tanto per la qualità dei materiali<br />

e degli impasti, che per le gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni dei muri<br />

e per l’insieme delle volte che poggiano sugli stessi, con<br />

giusto e ben equilibrato contrasto.<br />

I muri internamente sono fatti con materiale misto tra<br />

mattoni, tufo vulcanico e travertino. Le facciate esterne<br />

hanno un’incamiciatura <strong>di</strong> mattoni. Un grosso marcapiano<br />

<strong>di</strong> travertino, separa esternamente il piano terreno,<br />

mentre altre fasce <strong>di</strong> travertino servono a far risaltare gli<br />

altri piani. Le finestre sono tutte munite <strong>di</strong> davanzale con<br />

spallette e architrave <strong>di</strong> travertino e l’enorme cornicione,<br />

che in verità appare troppo massiccio e pesante rispetto<br />

all’altezza del fabbricato, è fatto con grossi conci <strong>di</strong> travertino,<br />

internati nel muro, che sostengono tanti archetti<br />

<strong>di</strong> mattoni in piano, formanti il gocciolatoio.<br />

Il tetto ha due spioventi: uno verso l’esterno e l’altro<br />

verso l’interno e le acque <strong>di</strong> questo affluiscono in un terrazzino<br />

sito nel centro del fabbricato, al terzo piano.<br />

La pianta è quasi quadrata d’impianto tipicamente rinascimentale.<br />

Dove dovrebbe esserci il cortile, esiste invece<br />

un grande ambiente, il quale al pianterreno è coperto<br />

<strong>di</strong> volta a botte, rinforzati da archi con lesene <strong>di</strong> rinforzo<br />

ai piedritti, superiormente per mezzo <strong>di</strong> un gran salo-<br />

ne coperto con volta a botte <strong>di</strong> sagoma ellittica, avente<br />

l’imposta a livello del secondo piano e l’estradosso<br />

a quello del terzo.<br />

Sovrastano questa volta, su archi <strong>di</strong> scarico,<br />

dei muri <strong>di</strong>visori che <strong>di</strong>vidono al terzo piano<br />

lo stesso vano in <strong>di</strong>versi ambienti, ai quali serve<br />

per copertura il tetto e per pavimento la<br />

grande volta.<br />

Ai lati Nord e Sud, al primo piano, vi sono<br />

due atrii a pilastri, archi e volte a pa<strong>di</strong>glione<br />

con lesene rivestite <strong>di</strong> travertino, i quali adesso<br />

sono chiusi verso l’esterno nel segmento degli<br />

archi e negli interpilastri con un muro, in<br />

cui sono praticate delle finestre e porte, anticamente<br />

in questa parte si trovavano aperti per<br />

dare luce al grande salone interno e per rompere<br />

la monotonia della facciata.<br />

Sugli angoli dell’arco del portale, sono raffigurati<br />

due leoni rampanti che reggono tre pere.<br />

Sopra il frontespizio aggettante, in una nic-<br />

chia <strong>di</strong> travertino a rettangolo, troneggia lo stemma dell’abbate<br />

Francesco Peretti, cui nel 1611 era stato donato<br />

il castello, costituito da uno scudo col leone rampante che<br />

regge tre pere, tagliato da una banda con stella e tre monti,<br />

sormontato dal cappello e dalla croce con cordone e<br />

nappe. I fiocchi in numero <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci, sono <strong>di</strong>sposti sei per<br />

parte, su tre or<strong>di</strong>ni.<br />

Sovrasta il portale d’ingresso una grande balconata con<br />

gran<strong>di</strong> mensole che sostengono le lastre, con parapetto a<br />

pie<strong>di</strong>stalli e balaustre ton<strong>di</strong>.<br />

Un’ampia scala ha origine dall’ingresso principale <strong>di</strong><br />

Piazza San Nicola, con gran<strong>di</strong> pedate a scivolo <strong>di</strong> mattoni<br />

a coltello con bor<strong>di</strong> <strong>di</strong> travertino, con due rampe per piano<br />

fino alle soffitte. Altre due scale a chiocciola esistevano<br />

sulle facciate est ed ovest.<br />

Il palazzo consiste in due piani nobili <strong>di</strong> molte stanze,<br />

la <strong>di</strong>stribuzione rispetta un andamento simmetrico tipico<br />

dei palazzi dell’epoca ed alcuni affreschi arricchivano anche<br />

le sale laterali: il piano superiore era riservato alle famiglie,<br />

ed al piano inferiore si trovavano le officine. Una<br />

fastosa galleria stava ai lati del piano nobile ed era riccamente<br />

decorata come testimonia un recente monitoraggio<br />

dell’ambiente. Dalla parte <strong>di</strong> mezzogiorno è <strong>di</strong>sposto il<br />

cortile munito <strong>di</strong> cisterna centrale, oggi demolita, attorniato<br />

d’altre comode abitazioni. Sopra il piano nobile si<br />

trova il sottotetto, un tempo a<strong>di</strong>bito ad alloggi per la servitù.<br />

Il palazzo è ampiamente munito <strong>di</strong> camini in tutti i<br />

piani, oltre a due colossali che stanno nell’androne terreno<br />

(oggi <strong>di</strong>strutto), ed al salone del primo piano.<br />

Dalle descrizioni riportate negli inventari allegati ai<br />

contratti d’affitto della Tenuta <strong>di</strong> Mentana, a partire dal<br />

XVIII secolo, è possibile ricostruire la destinazione delle<br />

<strong>di</strong>verse sale in questo periodo. Verso la facciata prospiciente<br />

il cortile d’ingresso, circondato da due corpi <strong>di</strong> abitazioni<br />

continui con base a scarpa e cordone <strong>di</strong> marcapiano,<br />

che forma l’attuale Piazza Borghese, recentemente restaurata,<br />

e al cui centro si trovava una cisterna, era posta<br />

l’armeria dove, ancora nella metà del ’700, sono registrati<br />

15 pezzi d’arme in asta.<br />

STEMMA DELLA FAMIGLIA PERETTI<br />

D’azzurro, il leone tenente con la branca anteriore destra un ramo <strong>di</strong> tre pere, il<br />

tutto d’oro alla cotissa <strong>di</strong> rosso attraversante caricata in capo <strong>di</strong> una stella <strong>di</strong> otto<br />

punte e in punte da un monte a tre cime d’argento <strong>di</strong>sposto nel verso della cotissa.<br />

113<br />

ANNALI 2003


Attraverso un portico a tre arcate con volte a crociera,<br />

prospiciente al cortile d’ingresso, si accedeva al salone <strong>di</strong><br />

rappresentanza con un grande camino in cui spiccava il tavolo<br />

da gioco, detto turchio, dove si svolgeva il gioco molto<br />

simile al biliardo, attorniato da <strong>di</strong>versi sgabelli. Le pareti<br />

della sala erano ricoperte interamente da <strong>di</strong>pinti: vi facevano<br />

bella mostra 35 tele stimate <strong>di</strong> buona mano, tra cui<br />

un ritratto <strong>di</strong> papa Sisto V, del Car<strong>di</strong>nale nipote, del re e<br />

della regina <strong>di</strong> Spagna e la pianta della città <strong>di</strong> Costantinopoli.<br />

Il salone è coperto con volta a botte <strong>di</strong> sagoma ellittica<br />

con l’imposta al livello del secondo piano e l’estradosso<br />

a quello del terzo, comprendendo quin<strong>di</strong> il secondo e<br />

terzo piano. L’imposta della volta del salone è decorata con<br />

pregevoli stucchi, costituiti da una cimasa, intervallata da<br />

varie rosette, riccamente decorato con fogliami, fiori, volute<br />

e protomi giovanili, in cui si fondono mirabilmente<br />

elementi rinascimentali e barocchi.<br />

Sulla sala si affacciavano sei stanze anch’esse a volta,<br />

tre da un lato e tre dall’altro, almeno quattro erano destinate<br />

a camere da letto tappezzate con broccatelli e “quattro<br />

letti nobili con due materassi per ciascheduno con taborche<br />

<strong>di</strong> catalusso con sei seggi, parate con certi damaschetti e parte<br />

<strong>di</strong> vacchetta”. Un’altra stanza, raggiungibile attraverso la<br />

loggia interna dalla quale un tempo era possibile godere la<br />

vista dell’intera vallata sottostante.<br />

Salendo al piano nobile attraverso la scala interna, si<br />

accedeva all’appartamento dei Gentil huomini, privo <strong>di</strong> sala.<br />

Era costituito da altre sei stanze con camino, <strong>di</strong>vise da<br />

due corridoi, con quattro letti e parate <strong>di</strong> broccatello.<br />

Al secondo piano, lo stesso spazio occupato dall’atrio<br />

d’ingresso, è pure coperto a volta con lesene e archi, a pa<strong>di</strong>glione,<br />

e forma un ambiente piuttosto lungo che ha le<br />

finestre all’esterno e dove un tempo erano presenti altre<br />

finestre che guardavano nel gran salone.<br />

Al terzo piano, togliendo lo spazio occupato dalla volta<br />

del salone, vi erano delle soffitte formate da <strong>di</strong>versi am-<br />

ANNALI 2003 114<br />

bienti un tempo destinati alla servitù, con ingresso da corridoi<br />

interni che prendono la luce per mezzo d’abbaini del<br />

tetto il quale verso l’esterno è bassissimo.<br />

I piani inferiori infine erano a<strong>di</strong>biti a cucine e servizi.<br />

Per quanto concerne la pianta, il gran vano interno, sotto<br />

il pianoterra esiste il terrapieno dove in antico furono<br />

praticate due antiche “tempe”, ossia delle vasche interrate<br />

costruite in mattoni, a forma <strong>di</strong> bottiglione, che servivano<br />

per conservare il grano.<br />

Sotto i quattro bracci della fabbrica, vi sono le cantine<br />

coperte con volta a botte, fatte con materiale a sacco, con<br />

finestre a scivolo, un tempo munite da inferiate.<br />

Dal lato ovest vi è una grotta nella quale gli zuavi scavarono<br />

un altro braccio per fare un’uscita, verso le pen<strong>di</strong>ci<br />

esterne del colle su cui s’erge il palazzo.<br />

Dal lato sud il pianterreno ha addossato il terrapieno.<br />

Tra la fine del Cinquecento e gli inizi del secolo successivo,<br />

i Peretti intrapresero la decorazione del piano nobile<br />

dell’e<strong>di</strong>ficio.<br />

Gli intonaci che li hanno ricoperti per lunghi secoli li<br />

hanno anche preservati dalla sicura e definitiva rovina, ma<br />

nulla hanno potuto contro gli impietosi scalpelli degli operai<br />

che nel corso del tempo su quelli stessi intonaci hanno<br />

lavorato, fra le mura <strong>di</strong> Palazzo Borghese, sede del Municipio<br />

<strong>di</strong> Mentana, contribuendo, complice l’umi<strong>di</strong>tà, al loro<br />

deterioramento e degrado che ne ha mo<strong>di</strong>ficato l’originaria<br />

coesione: il pigmento pittorico tende a polverizzarsi,<br />

a sollevarsi e, in alcuni casi, perfino a sfaldarsi in scaglie.<br />

Si sono presentati così i numerosi affreschi presenti al<br />

primo piano del Palazzo Comunale <strong>di</strong> Mentana, riportati<br />

parzialmente alla luce nel corso <strong>di</strong> un recente monitoraggio<br />

voluto dall’Amministrazione comunale nell’ambito del<br />

più vasto progetto <strong>di</strong> recupero storico artistico del vetusto<br />

palazzo citta<strong>di</strong>no, situato nel cuore del caratteristico<br />

borgo me<strong>di</strong>oevale. Si tratta <strong>di</strong> <strong>di</strong>pinti realizzati con la tecnica<br />

ad affresco che ricoprono gran parte della superficie<br />

delle pareti <strong>di</strong> quello che un tempo era piano nobile del<br />

palazzo, situato al piano superiore<br />

dell’e<strong>di</strong>ficio, costituiti per la maggior<br />

parte da grottesche che in alcune<br />

zone sono state <strong>di</strong>pinte su<br />

partiture <strong>di</strong> finto marmo policromo.<br />

Di notevole fattura sono, invece,<br />

gli affreschi che decorano le lunette<br />

delle sale interne del palazzo<br />

con affaccio sulla prospiciente<br />

Piazza Borghese, rappresentanti vivaci<br />

vedute paesistiche. Le curatrici<br />

del monitoraggio, nella loro relazione<br />

tecnica, recentemente depositata<br />

agli atti a conclusione dei lavori<br />

durati circa due mesi, mettendo<br />

in risalto le analoghe caratteristiche<br />

relative alla stesura pittorica<br />

degli affreschi in parola con i <strong>di</strong>pinti<br />

della “Scala <strong>di</strong> Sisto V”, d’accesso<br />

alla Cappella Sistina in Vaticano,<br />

sono propense ad attribuire


l’opera a Paul Brill. Pittore originario<br />

<strong>di</strong> Anversa, Paul Brill lavorò a<br />

Roma fin dal 1578 entrando nella<br />

cerchia <strong>di</strong> artisti che operò per Sisto<br />

V, collaborando con il fratello<br />

alla decorazione della Torre dei<br />

Venti in Vaticano e de<strong>di</strong>candosi in<br />

seguito a pitture <strong>di</strong> paesaggi in palazzi<br />

e chiese romane, che risentono<br />

dell’esperienza <strong>di</strong> Annibale Caracci<br />

col quale rimase sempre fortemente<br />

legato fino alla sua morte,<br />

avvenuta a Roma nel 1626.<br />

La conclusione formulata nella<br />

citata relazione, presenta tuttavia<br />

alcune incongruenze relative alle<br />

date: uno sfasamento <strong>di</strong> cerca venti<br />

anni separa la presenza degli artisti<br />

ricordati nella vicina Monterotondo<br />

e l’acquisto del feudo <strong>di</strong><br />

Mentana da parte della famiglia<br />

Peretti. Noi, tenendo fermo quanto<br />

esposto all’inizio, propenderemo<br />

invece per una <strong>di</strong>versa collocazione<br />

temporale dell’esecuzione<br />

degli affreschi del piano nobile <strong>di</strong><br />

Palazzo Borghese. Ad avvalorare questa ipotesi sembrano<br />

concorrere soprattutto due elementi tra loro concomitanti.<br />

Innanzi tutto, la committenza delle opere che sembra<br />

potersi attribuire a Michele Peretti, pronipote <strong>di</strong> Sisto V,<br />

signore del feudo <strong>di</strong> Mentana, come si evince chiaramente<br />

dallo stemma <strong>di</strong> famiglia (i classici monti all’italiana,<br />

sormontati da una stella) presente in alcuni affreschi del<br />

corridoio <strong>di</strong> destra al secondo piano del palazzo. Inoltre in<br />

una delle stanze dell’appartamento nobile è emerso un affresco,<br />

riportato alla luce solo parzialmente, nel quale è<br />

però ben visibile una parte <strong>di</strong> stemma recante una testa <strong>di</strong><br />

moro con le tempie fasciate. Un chiaro riferimento ad uno<br />

degli attributi aral<strong>di</strong>ci dell’emblema nobiliare della principessa<br />

Anna Maria Cesi, (un esempio è ancora ben visibile<br />

sulla facciata della chiesa cimiteriale), che farebbe propendere<br />

per una datazione degli stessi intorno al 1613. Un<br />

periodo molto interessante, poiché in questi stessi anni lavarono<br />

per il principe Peretti vari pittori e, anzi, proprio<br />

nel 1613, sotto suggerimento <strong>di</strong> suo fratello car<strong>di</strong>nale A.<br />

Montalto, commissionò la decorazione della quinta stanza<br />

al piano nobile <strong>di</strong> Villa Grazioli a Grottaferrata, ad un<br />

pittore della scuola bolognese dei Carracci, probabilmente<br />

lo stesso Antonio, nipote del più celebre Annibale.<br />

Il feudo <strong>di</strong> Mentana al tempo<br />

<strong>di</strong> Michele Peretti<br />

Naturalmente spetterà adesso agli storici dell’arte dover<br />

<strong>di</strong>re l’ultima parola, ma intanto le recenti scoperte gettano<br />

indubbiamente una nuova luce, con più certi ed og-<br />

ANONIMO SEC. XVII, RITRATTO DI MICHELE<br />

PERETTI, ROMA, GALLERIA CORSINI<br />

gettivi elementi, sulla storia <strong>di</strong><br />

Palazzo Borghese, sulla principesca<br />

famiglia che vi abitò fra la<br />

fine del ’500 e gli inizi del ’600,<br />

sulle abitu<strong>di</strong>ni del tempo.<br />

Michele Peretti fu un vero<br />

principe rinascimentale. Erede<br />

universale della nonna Camilla,<br />

sorella <strong>di</strong> Sisto V, in quanto unico<br />

maschio della famiglia a non<br />

essere destinato alla carriera ecclesiastica,<br />

e il solo quin<strong>di</strong> a poter<br />

proseguire la stirpe, a soli otto<br />

anni, nel 1585, fu nominato<br />

dal prozio Sisto V capitano generale<br />

della guar<strong>di</strong>a pontificia e<br />

governatore <strong>di</strong> Borgo. A un<strong>di</strong>ci<br />

anni fu fatto sposare con la ricchissima<br />

ere<strong>di</strong>tiera Margherita<br />

della Somaglia, figlia unica del<br />

conte Alfonso <strong>di</strong> Milano. Per<br />

compensare la mancanza <strong>di</strong> blasone<br />

gli furono comprati in successione,<br />

il marchesato <strong>di</strong> Incisa,<br />

poi la contea <strong>di</strong> Calusio e infine,<br />

per 84.000 scu<strong>di</strong>, il titolo <strong>di</strong><br />

principe <strong>di</strong> Venafro. Il suo cognome che gli deriva dall’essere<br />

figlio <strong>di</strong> Damasceno, fu sostituito con quello più importante<br />

<strong>di</strong> Peretti, facendolo educare in casa <strong>di</strong> Lucrezia<br />

Salviati, moglie <strong>di</strong> Latino Orsini 3 .<br />

Nel 1615 compaiono nei libri contabili <strong>di</strong> Michele le<br />

registrazioni delle spese, riferibili alla conduzione dell’azienda<br />

<strong>di</strong> Mentana in cui spesso i <strong>di</strong>versi pagamenti sono<br />

semplicemente giustificati con un laconico “a bon conto<br />

<strong>di</strong>...” oppure “per i nostri Casali della Mentana”.<br />

Il fatto che spesso si usi la denominazione “Casali”, rivela<br />

che esistevano e<strong>di</strong>fici isolati nella Tenuta <strong>di</strong> Mentana.<br />

La pianta <strong>di</strong>segnata dell’architetto Francesco Peperelli nel<br />

1618, lo rivela in maniera evidente e ben si presta ad un’analisi<br />

del territorio in quanto essa raffigura alcune sud<strong>di</strong>visioni<br />

del territorio sia <strong>di</strong> carattere amministrativo sia <strong>di</strong><br />

carattere agricolo, oltre alla segnalazione <strong>di</strong> alcuni manufatti.<br />

Nella pianta sono rappresentati schematicamente i centri<br />

urbani <strong>di</strong> Mentana e Monterotondo con le loro cinte<br />

murarie. Si <strong>di</strong>stinguono altri centri minori, casali o castra,<br />

formati da alcune case, a volte con chiesa e campanile, il<br />

tutto circondato dalle mura. Unico tipo <strong>di</strong> opificio è segnalato<br />

presso l’abitato <strong>di</strong> Mentana, in<strong>di</strong>cato col toponimo<br />

fornace <strong>di</strong> mattoni 4 .<br />

Attraverso l’esame dei pagamenti nei libri contabili si<br />

può in<strong>di</strong>viduare l’attività agricola ed economica, legata al<br />

mondo rurale, relativamente al periodo qui considerato,<br />

costituite soprattutto dall’allevamento e del loro commercio<br />

nei vari mercati come quello <strong>di</strong> Farfa.<br />

Per questo periodo sono documentati altri tipi <strong>di</strong> attività<br />

e artigianato in particolare la fabbricazione della calce<br />

viva. Numerosi i riferimenti a questo proposito “Pagati ad<br />

115<br />

ANNALI 2003


CASALE VIGNA SANTUCCI<br />

Agostino e Lorenzo Parmeggiani, calcarali, della Mentana scu<strong>di</strong><br />

40 a costo della calce che fanno in detto locho a servizio della<br />

nostra fabbrica [<strong>di</strong> San Lorenzo in Lucina]”. Il 22 giugno<br />

1624 “Pagati ad Agostino Parmeggiani scu<strong>di</strong> 87,50: sono per<br />

la calce per servizio della fabbrica <strong>di</strong> Santa Maria degli Angeli<br />

della Mentana”. Le zone del territorio mentanese dove<br />

era maggiormente abbondante la pietra calcare, materiale<br />

<strong>di</strong> partenza per la fabbricazione della calce, erano Gattaceca<br />

e Grotta Marozza, nella località che ancora oggi, assai<br />

significativamente, conserva il toponimo “Li Forni”.<br />

A partire dal 1614, come emerge dal “Libro d’Istromenti<br />

delle possessioni in Mentana godute dall’Ecc.ma Famiglia<br />

Savelli”, cominciò a <strong>di</strong>ffondersi la pratica giuri<strong>di</strong>ca<br />

della concessione delle terre in enfiteusi sino alla terza generazione,<br />

sia mascolina che femminile, da parte del Principe<br />

ai conta<strong>di</strong>ni stabilmente residenti nel Castello <strong>di</strong><br />

Mentana, affinché le coltivassero. L’enfiteusi era un contratto<br />

agrario con il quale il proprietario, in questo caso il<br />

Principe Peretti, concedeva in uso le proprie terre a un<br />

conta<strong>di</strong>no-lavoratore che ne assumeva la gestione con<br />

l’obbligo <strong>di</strong> apportare miglioramento al fondo ricevuto. Il<br />

conta<strong>di</strong>no da parte sua si impegnava a “bene et deligenter<br />

colere” l’appezzamento ricevuto e a non venderlo ne subaffitarlo<br />

e, se vi fossero state querce, a non tagliarle senza<br />

debita licenza. Ogni anno nel mese <strong>di</strong> settembre, il giorno<br />

della festa <strong>di</strong> Sant’Angelo, il conta<strong>di</strong>no si impegnava a<br />

versare alla Curia <strong>di</strong> Mentana un canone o responsione <strong>di</strong><br />

quattro giulii per ogni scorzo <strong>di</strong> terreno. In genere si trattava<br />

<strong>di</strong> piccoli appezzamenti <strong>di</strong> terreno soprattutto coltivati<br />

a vigneto, ma figurano anche albereti e piccoli orti.<br />

Lo spirito <strong>di</strong> magnanimità del principe Michele Peretti<br />

c’è attestato da una concessione fatta a beneficio della<br />

popolazione <strong>di</strong> Mentana: “12 ottobre 1626, pagati 300 scu<strong>di</strong><br />

che havevamo promesso per la nuova strada per Monte<br />

Rotondo alla Mentana, senza però che sia gravata detta Comunità”.<br />

ANNALI 2003 116<br />

Il principe Michele Peretti<br />

affittava la Tenuta <strong>di</strong><br />

Mentana che gli procurava<br />

una ren<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> 3.200 scu<strong>di</strong>,<br />

ma riservava per se un vasto<br />

latifondo ai confini della<br />

grande proprietà che<br />

preferiva amministrare <strong>di</strong>rettamente,<br />

attraverso propri<br />

salariati. Si trattava della<br />

fascia collinare che da<br />

Vigna Santucci con relativo<br />

casale, evidentemente il<br />

centro dell’azienda, in<strong>di</strong>cata<br />

nelle carte dell’epoca come<br />

Vigna <strong>di</strong> Sua Ecc.za, <strong>di</strong>gradava<br />

verso nord sulla<br />

strada per Sant’Angelo-Palombara,<br />

comprendendo i<br />

terreni dell’Immaginella, la<br />

tenuta <strong>di</strong> Greppe con casale<br />

e procoio, fino al Quarto<br />

dei Tobal<strong>di</strong>ni, lungo via<br />

delle Molette, dove è segnalata una piccola costruzione ed<br />

un fontanile ben strutturato con selciata intorno e lapide<br />

con lo stemma della Casa Peretti 5 .<br />

Fra le figure più in<strong>di</strong>cative <strong>di</strong> coloro che lavoravano nella<br />

Tenuta <strong>di</strong> Mentana vi era il fattore, responsabile dell’azienda,<br />

il capovaccaro del procoio <strong>di</strong> Greppe, che provvedeva<br />

ai lavori inerenti la cura del bestiame, ed un certo numero<br />

<strong>di</strong> salariati o braccianti.<br />

La vigna del Principe rendeva molto vino nelle buone<br />

annate. Sembra, anzi, che la produzione fosse molto cospicua,<br />

ma per la maggior parte il vino era trasportato a<br />

Roma, come testimoniano numerosi riferimenti: 11 aprile<br />

1625: “Pagati a Pasquino, vitturale della Mentana, sc.<br />

15,60 moneta che importano la vettura <strong>di</strong> barili 68 <strong>di</strong> vino<br />

condotti da detto locho alla nostra cantina li 26 febbraio passato”<br />

e, “A Pasquino della Mentana, vitturale, sc. 20 per la<br />

portatura <strong>di</strong> some 60, cioè barili 120 dalla Mentana a Roma”.<br />

Documenti dell’epoca c’informano, inoltre, che la Principessa<br />

Anna Maria Peretti, <strong>di</strong>morava lunghi perio<strong>di</strong> dell’anno<br />

nel suo palazzo <strong>di</strong> Mentana che si connota come il<br />

palazzo nobiliare <strong>di</strong> campagna, che si traduce nello sfarzo<br />

<strong>di</strong> una vita <strong>di</strong> corte intesa come un mondo a se. In genere<br />

vi si trasferivano ai primi cal<strong>di</strong> per restarvi fino ad autunno<br />

inoltrato.<br />

Una delle occupazioni preferite dal principe Michele<br />

Peretti era la caccia: nei suoi registri contabili sono annotate<br />

le spese per il mantenimento <strong>di</strong> una muta <strong>di</strong> cani, trattati<br />

con ogni cura, fino a calzarli <strong>di</strong> scarpette <strong>di</strong> pelle per<br />

evitarne il danneggiamento alle zampe, quando erano impiegati<br />

negli impervi terreni <strong>di</strong> caccia.<br />

Una lettera del 1624 della principessa Maria Aldobran<strong>di</strong>,<br />

che possedeva una vigna in Mentana, testimonia<br />

nella riserva del principe la presenza <strong>di</strong> cinghiali che avevano<br />

invaso e danneggiato la sua proprietà.<br />

Fu proprio al rientro a Roma da uno dei suoi soggior-


ni <strong>di</strong> caccia nella tenuta<br />

<strong>di</strong> Torre in Pietra che<br />

Michele Peretti morì improvvisamente<br />

il 3 febbraio<br />

1631, all’età <strong>di</strong> 54<br />

anni, probabilmente a<br />

causa della peste.<br />

Il patrimonio <strong>di</strong> Michele<br />

Peretti, morto ab<br />

intestato, passò interamente<br />

al figlio, l’abate<br />

Francesco, creato, in seguito,<br />

car<strong>di</strong>nale nel<br />

1642.<br />

Anche Francesco, come<br />

suo padre, amava trascorrere<br />

lunghi perio<strong>di</strong><br />

nei suoi casali <strong>di</strong> campagna,<br />

occupato in cacce e<br />

cavalcate, passione <strong>di</strong> famiglia<br />

e moda del tempo:<br />

il ricchissimo inventario<br />

dei suoi beni, redatto<br />

dopo la sua morte nel<br />

1655, testimonia questa<br />

sua pre<strong>di</strong>lezione.<br />

Francesco Peretti, nel<br />

suo testamento del 2<br />

maggio 1655 lasciò Men-<br />

tana all’abate Paolo Svel-<br />

li, figlio <strong>di</strong> sua sorella Maria Felice, il quale in quello stesso<br />

anno ebbe la facoltà <strong>di</strong> vendere il feudo <strong>di</strong> Mentana al<br />

principe Marcantonio Borghese 6 .<br />

Il periodo dei Borghese:<br />

la residenza <strong>di</strong> caccia<br />

PARTICOLARE DELL’ABITATO DI MENTANA CON AL CENTRO<br />

L’IMPONENTE PALAZZO BARONALE<br />

(PIANTA DEL TERRITORIO DI MENTANA<br />

DI FRANCESCO PEPERELLI DEL 1619 - ROMA ASR)<br />

Anche i Borghese, quando entrarono in possesso del<br />

Feudo <strong>di</strong> Mentana nel 1655, utilizzarono il palazzo come<br />

<strong>di</strong>mora temporanea e residenza <strong>di</strong> caccia. Perio<strong>di</strong>camente<br />

in tutta l’area circostante erano organizzate battute <strong>di</strong> caccia.<br />

Uno degli svaghi preferiti dai signori del tempo, era la<br />

“cacciarella”: caccia al cinghiale con battute <strong>di</strong> cani e cacciatori<br />

che attendono alle poste il cinghiale per colpirlo<br />

con il fucile. In particolare sono citate le Spallette<br />

<strong>di</strong> Valle Cavallara, il pantano <strong>di</strong> detta selva e Selva<br />

<strong>di</strong> Trento (sic) “per essere nido <strong>di</strong> cinghiali”.<br />

Conseguentemente, anche i ban<strong>di</strong> <strong>di</strong> caccia<br />

relativi al feudo <strong>di</strong> Mentana, facevano espressamente<br />

<strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> cacciare gli animali tanto volatili<br />

che quadrupe<strong>di</strong>, prevedendo per i trasgressori<br />

pene pecuniarie severissime fino a tre tratti<br />

<strong>di</strong> corda in pubblico per i reci<strong>di</strong>vi. Perfino i viandanti<br />

che per caso si trovavano a passare dentro<br />

la riserva, specialmente se armati e con cani dovevano<br />

mantenere, la strada maestra per non incorrere<br />

nelle medesime sanzioni.<br />

La ristrutturazione del palazzo per residenza <strong>di</strong> cac-<br />

cia dovette essere certamente opera<br />

<strong>di</strong> Giovanni Battista Borghese,<br />

successivamente al 1658, anno del<br />

suo matrimonio con la principessa<br />

Eleonora Boncompagni. Nelle<br />

descrizioni che abbiamo degli ambienti<br />

del palazzo in questo periodo,<br />

figurano, infatti, le armi gentilizie<br />

sia dei Borghese e che dei<br />

Boncompagni Ludovisi.<br />

I lavori commissionati dal principe<br />

Borghese abbellirono il palazzo<br />

baronale <strong>di</strong> Mentana che in<br />

questo periodo fu particolarmente<br />

frequentato dalla famiglia nelle<br />

loro fughe da Roma, per lunghi<br />

perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> riposo e <strong>di</strong> svago. Fu<br />

certamente ristrutturato il grande<br />

salone d’onore con nuovi elementi<br />

decorativi e fu data una nuova<br />

<strong>di</strong>stribuzione degli spazi, <strong>di</strong>visi da<br />

porte lignee raffinate e rivestite <strong>di</strong><br />

stoffe particolarmente raffinate<br />

con damaschi, broccatelli e con<br />

corami in cui figuravano gli elementi<br />

aral<strong>di</strong>ci delle due nobili casate.<br />

Sulle pareti risaltavano quadri<br />

<strong>di</strong> vario tipo, trofei armi ed altri<br />

arre<strong>di</strong> legati alla vita privata:<br />

quadri, suppellettili sacre, stemmi<br />

nobiliari e splen<strong>di</strong><strong>di</strong> mobili.<br />

Gli inventari del Palazzo consentono <strong>di</strong> ricostruire la<br />

destinazione delle stanze e dei <strong>di</strong>versi ambienti solo a partire<br />

dal 1756. Vi sono descritte in maniera molto dettagliata<br />

le <strong>di</strong>verse stanze in base all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> sequenza dei<br />

<strong>di</strong>stinti piani del palazzo, dei mobili, delle tappezzerie, dei<br />

<strong>di</strong>pinti alle pareti, fornendo informazioni sulla loro <strong>di</strong>sposizione.<br />

Soprattutto si nota la presenza <strong>di</strong> molti <strong>di</strong>pinti,<br />

per lo più <strong>di</strong>sposti alle pareti del salone <strong>di</strong> rappresentanza,<br />

con l’in<strong>di</strong>cazione delle misure e la descrizione delle<br />

cornici. L’esame dei dati rileva un <strong>di</strong>screto numero <strong>di</strong> tele<br />

raffiguranti scene <strong>di</strong> paesaggi e figure <strong>di</strong> santi. Vi sono<br />

rappresentati vari ritratti (Re e Regina <strong>di</strong> Spagna, il Car<strong>di</strong>nale<br />

Infante, l’Ambasciatore della Moscovia). Sono inoltre<br />

presenti scene desunte da ambienti agresti e <strong>di</strong><br />

caccia.<br />

Riportiamo solo alcuni brani dell’inventario<br />

redatto nel 1756 dal Guardaroba<br />

del principe Borghese, relativi<br />

all’appartamento <strong>di</strong> rappresentanza.<br />

<strong>Leggendo</strong> il documento,<br />

possiamo capire quale era lo stato<br />

del Palazzo in quel momento<br />

e lo stile dell’epoca.<br />

– Nel cortile: Al pozzo la girella<br />

<strong>di</strong> ferro e due secchi <strong>di</strong> rame con catena<br />

<strong>di</strong> ferro per tirare l’acqua. Una<br />

macina <strong>di</strong> granito da macinar legumi,<br />

rotta.<br />

– Entrone del Palazzo: un quadro in te-<br />

117<br />

ANNALI 2003


la rappresentante un cane <strong>di</strong> Bretagna alto palmi cinque e<br />

largo palmi sette. Un leone <strong>di</strong> cartapesta dorato, lacero. Tre<br />

scu<strong>di</strong> da guerriero <strong>di</strong> ferro. Alla porta della sala = una storta<br />

foderata <strong>di</strong> tela torchina fiocchettata <strong>di</strong> scartaccio color perla<br />

con sua corda e girella <strong>di</strong> ferro sopra per alzarla, traversa<br />

<strong>di</strong> legno e rampini <strong>di</strong> ferro fissi al muro che la reggono.<br />

– Sala: (omettiamo una lunga descrizione dei numerosi quadri<br />

appesi alle pareti). Alle porte = Quattro portiere <strong>di</strong> corame<br />

con l’Arme dell’Ecc.ma Casa Borghese e Ludovisi, con<br />

quattro ferrigrossi, otto occhietti al muro che le sostengono e<br />

suoi anelli <strong>di</strong> ferro. Num. Diciotto se<strong>di</strong>e <strong>di</strong> cordano rosso con<br />

sue trine stampate e dorate, con fusti <strong>di</strong> noce e braccioli lisci.<br />

Un buffetto <strong>di</strong> noce lungo palmi sette e largo palmi tre e mezzo,<br />

con pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> ferro ritorti e bottoni in mezzo. (...) Quattro<br />

lucernari d’ottone al muro con sue boccaglie simili da fiaccoloni.<br />

Un torcere <strong>di</strong> ferro con sua padella simile. Un trucco <strong>di</strong><br />

noce con sua cornice simile, sei bussole attorno, coperto <strong>di</strong><br />

panno lacero, posato sopra tre cavalletti <strong>di</strong> albuccio lungo palmi<br />

ventisei e largo palmi sei con tre palle <strong>di</strong> metallo et una<br />

d’avorio da gioco. Al camino = Un paro <strong>di</strong> coprifuochi assai<br />

gran<strong>di</strong> con grossi pomi d’ottone, pala, tirabragie, forcina <strong>di</strong><br />

ferro con mascaroncini e paracenere con molle <strong>di</strong> ferro or<strong>di</strong>narie<br />

con suoi pomi d’ottone. Sopra detto camino due grosse<br />

palle <strong>di</strong> marmo venato turchino, con pie<strong>di</strong> sotto. Un tavoliere<br />

<strong>di</strong> noce da giocare a dama (...).<br />

– Stanza a mano sinistra nell’entrare: tutto il parato intorno<br />

alla detta stanza è <strong>di</strong> corame turchino e oro con aquile<br />

e draghi in mezzo a fogliami<br />

dorati, in buono stato. Un<br />

letto nobile consistente come<br />

appresso: due materassi <strong>di</strong><br />

teliccio bianco, capezzale,<br />

due cuscini simili ripieni <strong>di</strong><br />

lana <strong>di</strong> soria. Due pagliaccetti<br />

<strong>di</strong> tela or<strong>di</strong>naria. Nove<br />

tavole <strong>di</strong> castagno lunghe circa<br />

palmi nove. Due banchi<br />

<strong>di</strong> ferro <strong>di</strong> pesi l. Cento incirca<br />

lunghi palmi sei e alti palmi<br />

due. (...) Un quadro in<br />

rame con vetro rotto e cornice<br />

<strong>di</strong> ebano nero, rappresentante<br />

San Michele Arcangelo.<br />

Un lavamano <strong>di</strong> albuccio<br />

con sua concolina e brocca <strong>di</strong><br />

terra. (...) Un cembalo <strong>di</strong> ottava<br />

stesa con sua cassa inverniciata<br />

suoi pie<strong>di</strong> sotto lisci<br />

e copertina <strong>di</strong> corame rosso<br />

con fregio simile al parato.<br />

– Camera che segue: un<br />

corame consimile nella stanza<br />

precedente. Al camino<br />

due coprifuochi con due palle<br />

e fusti tutti d’ottone, paletta<br />

e molle con pomi simili.<br />

Numero 14 se<strong>di</strong>e <strong>di</strong> paglia<br />

or<strong>di</strong>naria con fusti <strong>di</strong> legno<br />

tinti gialli. Nel mezzo <strong>di</strong> det-<br />

ANNALI 2003 118<br />

ta camera una tavola da mangiare d’albuccio spaccata nel<br />

mezzo con suoi maschietti <strong>di</strong> ferro et ancinelli simili lunga<br />

palmi 10 larga palmi sei Un paracamino <strong>di</strong> fojame giallo con<br />

sua cornice e pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> noce, fiocco <strong>di</strong> trina color perla lungo<br />

palmi sette fatto <strong>di</strong> nuovo. Due tavolini da gioco <strong>di</strong> tre pezzi<br />

l’uno da aprire e serrare, tutti <strong>di</strong> noce con pie<strong>di</strong> torniti, ferramenti<br />

e maschietti in buono stato, mandati dal guardaroba<br />

<strong>di</strong> Roma. Due portiere <strong>di</strong> corame consimili alle due porte con<br />

ferro e occhietti.<br />

– Stanza che segue ed esce nella loggia: un parato simile<br />

al descritto. Una portiera <strong>di</strong> corame simile al parato con suo<br />

ferro, anelli et occhietti al muro che la reggono. Otto se<strong>di</strong>e <strong>di</strong><br />

cardano rosso con sue trine stampate e dorate, fusti e braccioli<br />

<strong>di</strong> noce lisci. Un letto nobile (...) Una cassetta <strong>di</strong> comodo<br />

a sgabello d’albuccio con vaso <strong>di</strong> terra bianco. Un lavamano<br />

<strong>di</strong> albuccio con concolina <strong>di</strong> terra bianca. Un inginocchiatoio<br />

d’albuccio, con sua coperta <strong>di</strong> broccatello paonazzo<br />

e giallo con tre cascate con frangia e due coscini compagni con<br />

fiocchi e passamano attorno.<br />

– Nella loggetta: due buffetti <strong>di</strong> noce, un lungo palmi cinque<br />

e largo palmi due e mezzo con pie<strong>di</strong> e ferri ritorti, con bottoni<br />

in mezzo, e l’altro <strong>di</strong> cipresso tinto color <strong>di</strong> noce lungo palmi<br />

sei e largo palmi tre con ferri e pie<strong>di</strong> come il sud°. Quattro<br />

se<strong>di</strong>e <strong>di</strong> cardano rosso con trine stampate e dorate, fusti e<br />

braccioli <strong>di</strong> noce lisci.<br />

– Stanza appresso alla loggetta che resta a mano destra


entrando nella sala: un parato turchino simile al descritto<br />

nelle altre stanze. Una portiera del medesimo corame foderata<br />

<strong>di</strong> tela (...) Al camino sue capofuochi con fusti foderati<br />

d’ottone e palle simili in cima, paletta e molle con pomi simili.<br />

Un soffietto or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> legno bianco con manticino <strong>di</strong><br />

pelle gialla, viera e cannella <strong>di</strong> ferro. Un letto consistente come<br />

appresso = due materassi nobili <strong>di</strong> teliccio bianco, capezzale<br />

e due coscini ripieni <strong>di</strong> lana <strong>di</strong> Soria. Due pagliaccetti <strong>di</strong><br />

tela or<strong>di</strong>naria. Quattro tavole d’albuccio larghe circa palmi<br />

nove. Una coperta <strong>di</strong> bambacina foderata verde e rosa con<br />

fondo bianco, imbottita <strong>di</strong> bambace con sua fodera parimenti<br />

<strong>di</strong> bambacina più or<strong>di</strong>naria rigata e foderata con fondo torchino<br />

nuovo. Due banchi <strong>di</strong> ferro <strong>di</strong> peso circa lib. Quaranta,<br />

larghi palmi sei e mezzi, alti da terra palmi due.<br />

– Camera che segue: il parato intorno a detta camera simile<br />

in tutto alli retrostanti. Due portiere <strong>di</strong> corame simili al<br />

parato, foderate <strong>di</strong> tela torchina. Un letto nobile come appresso<br />

(...) Un lavamano d’albuccio con concolina <strong>di</strong> terra.<br />

Un quadro rappresentante la SS.ma Concezione ovato con<br />

cornice <strong>di</strong> pero negro e fregio attorno <strong>di</strong> recamo d’oro et argento.<br />

– Terza stanza: un parato <strong>di</strong> corame torchino intorno alla<br />

medesima stanza simile in tutto alli descritti. Un letto nobile<br />

(...) Una seggetta <strong>di</strong> telaro con vaso <strong>di</strong> terra bianca, copertina<br />

<strong>di</strong> raso torchino con frangetta simile. Un orinale con<br />

veste <strong>di</strong> paglia. Un tavolino a telaro, lungo palmi cinque con<br />

copertina <strong>di</strong> corame sopra.<br />

– Nelle scale del palazzo: num. Quattro lanternoni attaccati<br />

al muro <strong>di</strong> ogni capo <strong>di</strong> scale, sino all’ultimo appartamento,<br />

<strong>di</strong> latta con quattro vetri con sue lucerne <strong>di</strong> latta dentro.<br />

Due lanternoni <strong>di</strong> legno con suoi vetri e sue lume dentro,<br />

con sua corda e girella.<br />

Attorno al cortile erano <strong>di</strong>sposte le abitazioni a<strong>di</strong>bite a<br />

foresteria, capaci <strong>di</strong> dare un confortevole alloggio ai numerosi<br />

ospiti ed amici del principe, durante i soggiorni che<br />

trascorrevano tra battute <strong>di</strong> caccia e sontuosi banchetti.<br />

Tutte le stanze arredate con magnifici mobili per rendere<br />

più gradevole la permanenza e<br />

il vitto dei nobili convitati.<br />

Uscendo nel cortile, subito<br />

a destra, la stanza a<strong>di</strong>bita a<br />

cappella convenientemente arredata<br />

e fornita d’arre<strong>di</strong> sacri.<br />

“Un quadro attaccato al muro<br />

con cornice <strong>di</strong> cipresso tinta nera<br />

con iscrizione in cartapecora<br />

del Breve <strong>di</strong> Benedetto XIII per<br />

la celebrazione della Messa”.<br />

Subito dopo la cappella,<br />

seguivano poi le stanze riservate<br />

ai cacciatori arredati con<br />

letti, banchi e quadri alle pareti<br />

che sono definiti antichi,<br />

probabilmente del tempo dei<br />

Peretti, infatti, vi figuravano<br />

un ritratto <strong>di</strong> Sisto V e del<br />

Car<strong>di</strong>nale Francesco Peretti.<br />

Accanto alle stanze, sempre al<br />

piano terreno, era sistemato “l’appartamento dei camerieri<br />

<strong>di</strong> Sua Ecc.za in occasione delle cacce”. Seguiva la stanza<br />

del fattore generale, con relativo tinello, e accanto alla<br />

porta d’ingresso del cortile la stanza dei postiglioni. Le<br />

stanze sopra la cappella sono in<strong>di</strong>cate “per comodo de’-<br />

Cacciatori forestieri in tempo <strong>di</strong> cacciarella de’cignali”.<br />

In nessun registro dell’Archivio si trovano accenni agli<br />

affreschi, che decoravano gli appartamenti del piano nobile.<br />

Un probabile riferimento è contenuto in una relazione<br />

redatta integrazione <strong>di</strong> un precedente inventario, purtroppo<br />

senza data, firmata Domenico Santucci guardaroba<br />

del principe Borghese, dove si affermava: “Nell’appartamento<br />

<strong>di</strong> sopra non vi è sala, ma vi sono altre sei stanze<br />

nobili e due passaggi, vi sono nel medesimo quattro letti come<br />

<strong>di</strong> sotto, tutte parate <strong>di</strong> broccatello, in uno dei passaggi vi<br />

sono 50 quadri...”.<br />

In questo momento le stanze dell’appartamento nobile<br />

appaiono coperte dalle tappezzerie, dunque è probabile<br />

che già in quel tempo fossero stati ricoperti forse per le<br />

stesse ragioni evidenziate dai recenti rilievi e cioè a causa<br />

del deterioramento dovuta al cattivo stato del pigmento<br />

pittorico. È tuttavia da osservare un riferimento a “50 quadri<br />

presenti in uno dei passaggi” in cui si potrebbe scorgere<br />

un riferimento agli affreschi presenti nella galleria, ma<br />

naturalmente è solo un’ipotesi.<br />

Nel 1776 il palazzo <strong>di</strong> Mentana abbandonato a se stesso,<br />

mostrava tutti i segni della decadenza. L’inventario redatto<br />

nel gennaio <strong>di</strong> quello stesso anno da Lorenzo Santucci<br />

guardarobiere del principe, testimonia, infatti, lo stato<br />

in cui l’intero complesso versava: molti quadri nel tempo<br />

erano stati tolti o ad<strong>di</strong>rittura bruciati perché ormai inservibili,<br />

le tappezzerie cadenti o tarlate e in parte mancanti,<br />

perché inviate a Roma per essere riparate e mai più<br />

restituite. Vari mobili e stigli della cucina risultano essere<br />

state inviate a Roma per il servizio <strong>di</strong> Villa Pinciana.<br />

Come si legge in una nota apposta sullo stesso inventario,<br />

le poche cose superstiti furono donate dal Principe<br />

Marc’Antonio Borghese alla Parrocchia <strong>di</strong> Mentana:<br />

“Il Santucci guardaroba del nostro palazzo in Mentana,<br />

119<br />

ANNALI 2003


consegni a Don Cesare Bianchi, Arciprete <strong>di</strong> detta Terra, tutti<br />

li suddetti damaschi per farne paramenti sagri per la<br />

med.ma Chiesa, che noi gli <strong>di</strong>amo a titolo <strong>di</strong> carità, purché<br />

non passi in esempio. Il Santucci ne ritiri ricevuta e l’esibisca<br />

al nostro computista”.<br />

Segue in calce il testo autografo <strong>di</strong> ricevuta dell’Arciprete<br />

<strong>di</strong> Mentana in data 20 febbraio 1776.<br />

Da questo momento, la storia del palazzo <strong>di</strong> Mentana<br />

si lega con quella dei vari affittuari che si avvicendarono<br />

nella gestione della tenuta <strong>di</strong> Mentana. Nel corso del tempo<br />

lo destinarono ora a magazzino ora ad uffici per l’amministrazione.<br />

Ulteriori vicende<br />

<strong>di</strong> Palazzo Borghese<br />

Agli inizi dell’Ottocento erano scomparse le giuris<strong>di</strong>zioni<br />

feudali e le gran<strong>di</strong> famiglie nobili erano ormai ridotte<br />

allo stato <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> latifon<strong>di</strong>sti. Una nuova realtà economica<br />

andava man mano cancellando un mondo agrario<br />

caratterizzato dai fedecommessi, dal <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> maggiora-<br />

scato, dagli usi civici, dal latifon<strong>di</strong>smo senza confini,<br />

dai marcanti <strong>di</strong> campagna.<br />

Verso la fine del XIX secolo, le gran<strong>di</strong> famiglie<br />

aristocratiche sono penalizzate perché i loro red<strong>di</strong>ti<br />

in massima parte provengono da una ren<strong>di</strong>ta<br />

moto bassa.<br />

I Borghese in un primo momento sembrano<br />

reagire bene alla crisi che investe tutta la nobiltà<br />

romana. Francesco Borghese aveva militato con<br />

onore durante le campagne napoleoniche, conseguendo<br />

il grado <strong>di</strong> gran scu<strong>di</strong>ero della Casa dell’Impero,<br />

<strong>di</strong> generale <strong>di</strong> brigata e <strong>di</strong> maresciallo <strong>di</strong><br />

campo. Alla morte del fratello Camillo, nel 1832,<br />

concentrò in sé, oltre i titoli <strong>di</strong> principe Borghese<br />

e <strong>di</strong> principe Aldobran<strong>di</strong>ni, quello <strong>di</strong> duca Salviati,<br />

portato dalla famiglia della madre. Nelle sue<br />

mani si veniva a concentrare uno dei più gran<strong>di</strong> patrimoni<br />

fon<strong>di</strong>ari che la storia dell’Italia Centrale ricor<strong>di</strong>.<br />

Una fortuna che egli stesso, negli anni imme<strong>di</strong>atamente<br />

seguenti, avrebbe contribuito ad accrescere.<br />

Dopo la Breccia <strong>di</strong> Porta Pia, Marcantonio V<br />

Borghese, sembra ancora sfidare indenne la crisi<br />

che negli anni Ottanta del secolo investe tutta la<br />

nobiltà romana, anzi acquista nuove gran<strong>di</strong> estensioni<br />

<strong>di</strong> terre e varia gli investimenti.<br />

Il suo patrimonio sarà <strong>di</strong>viso tra i suoi tre figli,<br />

ma il primogenito Paolo si trovò ben presto a dover<br />

affrontare una situazione insostenibile, anche<br />

perché vorrebbe mantenere il tenore <strong>di</strong> vita del padre.<br />

Negli anni Ottanta del secolo XIX, nessun<br />

privato può sostenere le spese per il mantenimento<br />

<strong>di</strong> ville, gallerie, giar<strong>di</strong>ni, vitalizi, pensioni, opere<br />

pie: soltanto lo Stato può assumersi simili e gravosi<br />

oneri. In questo modo si arriva al clamoroso<br />

fallimento <strong>di</strong> Casa Borghese con l’alienazione del<br />

palazzo romano, col passaggio dei manoscritti e<br />

documenti alla Biblioteca Apostolica in Vaticano,<br />

ANNALI 2003 120<br />

col trasferimento allo Stato italiano delle collezioni d’opere<br />

d’arte ed infine con la cessione al Comune <strong>di</strong> Roma<br />

<strong>di</strong> Villa Borghese 7 .<br />

Di fronte all’intensificarsi della crisi agraria e all’esplodere<br />

della crisi e<strong>di</strong>lizia, il principe Paolo fu costretto ad aumentare<br />

le passività e <strong>di</strong> conseguenza ad ipotecare, tra il<br />

1887 ed il 1892, quasi tutto il patrimonio sia rustico sia<br />

urbano. Tra gli altri, nel <strong>di</strong>cembre 1888 il Cre<strong>di</strong>to Fon<strong>di</strong>ario<br />

del Banco <strong>di</strong> Napoli concedeva un mutuo <strong>di</strong> lire<br />

2.783.000 che il 21 novembre del 1898 <strong>di</strong>venne aggiu<strong>di</strong>catario<br />

del Tenimento <strong>di</strong> Mentana, quale cre<strong>di</strong>tore del<br />

principe Borghese.<br />

Il prolungarsi <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>fficile situazione costrinse la<br />

famiglia Borghese, nel volgere <strong>di</strong> quegli anni, ad attestarsi<br />

sulla <strong>di</strong>fesa della consistenza del proprio patrimonio.<br />

Tra il 1841 ed il 1850 i Borghese perseguirono l’obiettivo<br />

<strong>di</strong> ampliare il patrimonio e migliorare i più significativi<br />

beni immobili posseduti, quin<strong>di</strong> quello <strong>di</strong> una riduzione<br />

generale delle passività, sia ere<strong>di</strong>tate a norma del testamento,<br />

dopo la morte <strong>di</strong> Marcantonio V, sia quelle contratte<br />

ex novo dal principe don Paolo per far fronte alle<br />

spese dei primissimi anni.<br />

In questo <strong>di</strong>fficile momento il caso del palazzo baro


to un progetto <strong>di</strong> restauro e miglioramento del Palazzo Baronale<br />

<strong>di</strong> Mentana. Gli scopi sono ben spiegati in una lettera<br />

<strong>di</strong> quegli stessi anni dell’affittuario Gaetano Rossetti,<br />

in cui si precisa che con la ristrutturazione del palazzo si<br />

prevede la possibilità <strong>di</strong> un aumento degli affitti <strong>di</strong> oltre il<br />

5-7 per cento e la possibilità <strong>di</strong> utilizzare gli spazi per molteplici<br />

scopi d’utilità pubblica.<br />

In quegli anni Palazzo Borghese, come si evince da una<br />

relazione tecnica, mostrava i segni <strong>di</strong> un forte deca<strong>di</strong>mento<br />

dovuto allo stato d’abbandono in cui si trovava da moltissimi<br />

anni e alla mancanza <strong>di</strong> manutenzione da parte degli<br />

affittuari. Soprattutto si faceva notare la mancanza del<br />

tetto che fu restaurato soltanto nel 1876. Questo stato <strong>di</strong><br />

cose durava probabilmente fin dal tempo della battaglia<br />

garibal<strong>di</strong>na del 3 novembre 1867, quando nell’incalzare<br />

del fuoco franco-pontificio, i garibal<strong>di</strong>ni dovettero ritirarsi<br />

e asserragliarsi nel castello <strong>di</strong> Mentana. Un visitatore<br />

d’eccezione, quale Fer<strong>di</strong>nando Gregorovius, ci ha lasciato<br />

una vivida testimonianza dello stato in cui si trovava il Palazzo<br />

<strong>di</strong> Mentana dopo la memorabile battaglia. Lo storico<br />

tedesco, giunto cinque giorni dopo il combattimento,<br />

in compagnia d’alcuni amici, per visitare il campo <strong>di</strong> battaglia,<br />

racconta <strong>di</strong> essere andato in giro per il paese e <strong>di</strong><br />

aver visitato il palazzo. Ecco le sue parole: “Entrammo nel<br />

Castello... Nell’interno le scale rovinate, stanze crollate coi loro<br />

soffitti fatti saltare in aria dalle bombe. Nel cortile le guar<strong>di</strong>e<br />

francesi formavano un quadro vivace; affaccendati attorno<br />

al fuoco, che alimentavano coi bastoni <strong>di</strong> carica delle<br />

armi garibal<strong>di</strong>ne, esse preparavano il pranzo” 8 nale <strong>di</strong> Mentana è quanto mai<br />

rappresentativo.<br />

Gli anni 1841-1850, sono<br />

gli anni d’alcune grosse operazioni<br />

finanziarie che comportano<br />

un notevole movimento<br />

<strong>di</strong> capitali ed anche un ulteriore<br />

indebitamento. L’amministrazione<br />

della Casa Borghese,<br />

impegnata a ridurre le passività,<br />

decise <strong>di</strong> vendere gran<br />

parte dei fon<strong>di</strong> rustici ed urbani<br />

<strong>di</strong> Mentana. Nell’aprile<br />

del 1859 fu pertanto pubblicato<br />

un avviso <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta volontaria.<br />

Contestualmente si<br />

procede all’affitto <strong>di</strong> Palazzo<br />

Borghese.<br />

Intorno ai primi anni Ottanta<br />

del secolo, si assiste ad<br />

un’inversione <strong>di</strong> tendenza. Il<br />

principe Paolo Borghese decise<br />

<strong>di</strong> affrontare la crisi puntando<br />

sull’incremento qualitativo<br />

del patrimonio rustico.<br />

Nel 1884, infatti, fu approva-<br />

.<br />

Nel complesso, nonostante il lungo decennio d’abbandono<br />

seguito agli avvenimenti del 1867, il palazzo baronale<br />

<strong>di</strong> Mentana non necessitava <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> restauri, essendo<br />

nell’insieme piuttosto in buono stato. Ciò però non era<br />

certo dovuto tanto ad un’accurata manutenzione da par-<br />

te del proprietario o dell’affittuario,<br />

sebbene alla sua<br />

conformazione e soli<strong>di</strong>tà esuberante<br />

<strong>di</strong> costruzione, essendo<br />

tutti gli ambienti coperti<br />

da volta ed i muri <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni<br />

eccezionali.<br />

Le maggiori riparazioni<br />

che si resero necessarie, specialmente<br />

per la mancanza <strong>di</strong><br />

tetto che fu restaurato e rifatto<br />

appunto nel 1867. Le<br />

acque piovane s’infiltrarono<br />

da per tutto nelle volte e<br />

scendendo lungo le pareti<br />

avevano danneggiato l’intonaco<br />

e, <strong>di</strong>struggendolo, avevano<br />

prodotto sulle pareti<br />

stesse, sebbene con effetto<br />

superficiale, rovina degli intonaci<br />

che non presentano<br />

più la durezza e coesione derivante<br />

dalla buona presa, ma<br />

sono snervati e friabili.<br />

La volta del salone baronale<br />

al primo piano, fatto col<br />

mezzo mattone intonacato in tutto si presentava scrostato<br />

e specialmente nel fianco Est, dove si infiltrarono le acque,<br />

era <strong>di</strong>ventato ad<strong>di</strong>rittura permeabile. Questo danno<br />

si prolungava lungo le pareti laterali, le quali in gran parte<br />

erano pure prive d’intonaco.<br />

L’effetto nocivo delle acque si era anche esteso nei soffitti<br />

del pianterreno e in molto maggior grado nel centro,<br />

essendo che il pavimento del gran salone presenta un avvallamento<br />

considerevole nel mezzo rimontando verso i<br />

lati, in modo che le acque venute <strong>di</strong> sopra, non trovando<br />

altra uscita che filtrare attraverso il volto, nel sottoposto<br />

androne.<br />

Conseguentemente allo scopo prefissato dal principe<br />

Borghese, i lavori <strong>di</strong> ristrutturazione del palazzo comportarono,<br />

oltre il restauro, tutti quegli interventi tesi ad apportare<br />

cambiamenti per mutare lo stato del palazzo e<br />

renderlo più adatto alla nuova destinazione. Furono costruiti<br />

muri <strong>di</strong>visori per moltiplicare gli ambienti d’abitazione,<br />

o per dare agli stessi una <strong>di</strong>stribuzione più idonea<br />

ed in<strong>di</strong>pendente. Nuovi vani aperti nei muri per porte e<br />

finestre, con relativi serramenti.<br />

Al primo piano, furono demolite le tamponature che<br />

chiudevano i due atrii, lasciando a nord i soli parapetti. Furono<br />

aperti due nuovi ingressi nell’atrio che guarda Piazza<br />

Borghese, in modo da servire d’entrata ai due <strong>di</strong>stinti<br />

appartamenti costituiti dalle stanze ai lati dal salone. Per<br />

facilitare l’accesso all’appartamento a destra dell’entrata<br />

fu demolita e rifatta l’ultima rampa <strong>di</strong> scale in origine simile<br />

alle altre. Furono inoltre demolite le due scale a<br />

chiocciola per ricavarvi ambienti destinati a servizi igienici.<br />

Inoltre, poiché fu rilevato che la volta sottostante al salone<br />

baronale, era fatta <strong>di</strong> pietraccia a sacco, dovendo sostenere<br />

uno spessore considerevole <strong>di</strong> riempitura, quasi <strong>di</strong><br />

121<br />

ANNALI 2003


un metro alla chiave e <strong>di</strong> due all’imposta<br />

e si temeva perciò un<br />

possibile ce<strong>di</strong>mento, per garantirne<br />

la stabilità, fu demolito e<br />

rinnovato nella parte centrale<br />

che più è danneggiata, e ciò fu<br />

eseguito gradualmente, per anelli<br />

progressivi, in modo che chiuso<br />

uno si mise mano successivamente<br />

a demolire e ricostruire<br />

l’altro. Di conseguenza fu rifatto<br />

il pavimento del salone, che<br />

si trova ancora sotto l’attuale pavimentazione.<br />

Al secondo piano, dalla galleria<br />

furono ricavate altre tre<br />

stanze <strong>di</strong> cui l’ultima <strong>di</strong>visa in<br />

ulteriori due vani, creando un<br />

tramezzo parallelo al muro interno,<br />

lasciando i vani per le<br />

porte, in modo da creare un corridoio<br />

che riceveva la luce dalle<br />

finestre in quanto il tramezzo<br />

doveva arrivare fino all’imposta<br />

della volta.<br />

Nell’elenco delle opere <strong>di</strong> restauro<br />

citate nella relazione tecnica, si parla inoltre del ripristino<br />

del balcone che sovrasta il portone d’ingresso che<br />

in quel tempo era stato completamente chiuso, perfino nei<br />

vani della balaustra, per ricavarvi un corridoio <strong>di</strong> passaggio.<br />

I lavori <strong>di</strong> restauro iniziarono subito, ma durarono più<br />

<strong>di</strong> due anni. In una lettera del 22 marzo 1887 in<strong>di</strong>rizzata<br />

all’amministratore Gaetano Rossetti, il principe don Paolo<br />

Borghese raccomandava vivamente “<strong>di</strong> andare piano,<br />

pianissimo, colle spese e <strong>di</strong> tenersi nei limiti assoluti <strong>di</strong> spesa...<br />

che ogni altro caso un miglioramento senza corrispondente<br />

aumento <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to è parola vuota <strong>di</strong> senso”, i lavori,<br />

infatti, erano finanziati in massima parte col ricavato mensile<br />

proveniente degli incassi degli affitti.<br />

Intanto nel maggio 1886 furono ultimati i lavori del secondo<br />

piano e cioè per mattonati, stuccature ai muri, imbiancatura,<br />

restauri agli infissi, sempre in economia.<br />

Il 14 marzo 1888 il principe don Paolo, accompagnato<br />

dal suo amministratore, si reca a Mentana per visitare<br />

lo stato dei lavori. In quest’occasione si decide <strong>di</strong> demolire<br />

la cisterna esistente nel cortile allo scopo <strong>di</strong> ricavarvi<br />

una cantina nell’ambiente sottostante. Sempre in quei<br />

giorni fu liquidato il conto del capo mastro per lavori <strong>di</strong><br />

restauro del bugnato.<br />

A rallentare l’andamento dei lavori sopraggiunge un<br />

evento calamitoso: la notte fra l’11 ed 12 luglio 1888 un<br />

ciclone provocò gravi danni ai tetti che poterono essere riparati<br />

solo nell’ottobre successivo.<br />

Nel 1928 il Comune <strong>di</strong> Mentana, dopo varie trattative,<br />

acquistò il Palazzo baronale, comprendente il primo e<br />

secondo e le soffitte ancora <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> Santa e Livia<br />

Borghese, ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Scipione Borghese, per la somma <strong>di</strong><br />

50.000 lire da pagarsi ratealmente in cinque anni.<br />

Subito dopo la stipulazione, del contratto, preoccupa-<br />

ANNALI 2003 122<br />

to della con<strong>di</strong>zione in cui versava<br />

il complesso, il commissario prefettizio,<br />

incaricò <strong>di</strong> riparare la terrazza<br />

visto “che l’acqua piovana<br />

penetra abbondantemente nel salone<br />

sottostante e in imminente pericolo<br />

la volta e che per tale fatto non<br />

può funzionare l’asilo infantile”.<br />

Nel 1930, in considerazione<br />

del pessimo stato in cui era ridotta<br />

la casa parrocchiale, decise <strong>di</strong> restaurare<br />

l’appartamento posto a<br />

destra dell’ingresso principale e <strong>di</strong><br />

metterlo a <strong>di</strong>sposizione del parroco<br />

<strong>di</strong> Mentana prof. don Amedeo<br />

D’Anchora.<br />

In quest’epoca il piano terra<br />

dell’e<strong>di</strong>ficio era occupato dalle<br />

funzioni più <strong>di</strong>verse, talvolta anche<br />

incompatibili tra loro. Il Comune<br />

locò alcune stanze ed il salone<br />

a <strong>di</strong>verse associazioni tra cui<br />

Associazioni Combattenti e Reduci<br />

<strong>di</strong> guerra, mentre il piano superiore<br />

era destinato ad alloggio d’alcune suore che <strong>di</strong>rigevano<br />

un asilo infantile.<br />

Nel 1947 il sindaco Gaetano Fabrizi decise <strong>di</strong> <strong>di</strong>s<strong>di</strong>re<br />

tutti i contratti, “ritenuto che è necessario che quel salone rimanga<br />

a <strong>di</strong>sposizione del Comune per le varie esigenze dell’Amministrazione<br />

comunale che non <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> altri locali<br />

spaziosi...”.<br />

Nel 1953 il Palazzo Borghese versava in pessime con<strong>di</strong>zioni,<br />

tanto da essere <strong>di</strong>chiarato pericolante, il Genio Civile<br />

intervenne per il restauro dell’antico immobile. In<br />

questo periodo Palazzo Borghese era occupato da un certo<br />

numero <strong>di</strong> famiglie rimaste senza tetto in conseguenza<br />

degli eventi bellici del 1944. Dal momento che si trattava<br />

“<strong>di</strong> famiglie numerose e <strong>di</strong> povera gente che vive del modesto<br />

lavoro dei giornalieri <strong>di</strong> campagna, senza altri beni che le proprie<br />

braccia” il Consiglio comunale, al fine <strong>di</strong> evitare uno<br />

sgombero forzato degli occupanti, magari ricorrendo alla<br />

forza pubblica, deliberò <strong>di</strong> accordare un contributo economico<br />

per un periodo <strong>di</strong> sei mesi, poi prorogato, ad ogni<br />

famiglia che avesse sloggiato il Palazzo e trovato un appartamento<br />

in affitto.<br />

Poterono così iniziare i lavori che terminarono nel novembre<br />

1954, quando la giunta municipale per dare una<br />

decente e più adatta sede agli uffici alle cresciute esigenze<br />

della popolazione, deliberò <strong>di</strong> trasferire gli uffici comunali<br />

nella ristrutturata sede <strong>di</strong> Palazzo Borghese. Il definitivo<br />

trasloco avvenne però soltanto nel novembre 1955,<br />

dopo i lavori <strong>di</strong> rifacimento degli impianti elettrici e igienici.<br />

Al primo piano vi furono sistemati gli uffici comunali,<br />

mentre il secondo piano fu destinato ad aule scolastiche.<br />

Nell’ottobre del 1959 furono eseguiti gli ultimi lavori<br />

<strong>di</strong> adattamento degli uffici comunali: in questa circostanza<br />

fu chiuso il loggiato del lato Nord del Palazzo.


Palazzo Borghese oggi<br />

Il Palazzo Comunale <strong>di</strong> Mentana attualmente costituisce<br />

una “polarizzazione urbana” molto importante all’interno<br />

del centro storico, sia per la sua posizione dominante<br />

sia per essere il centro della vita amministrativa e sociale<br />

della citta<strong>di</strong>na. È il luogo dove quoti<strong>di</strong>anamente i citta<strong>di</strong>ni<br />

<strong>di</strong>alogano con l’Amministrazione comunale chiedendo<br />

ed ottenendo risposte, visionando gli atti, informandosi<br />

sullo stato dei proce<strong>di</strong>menti, imparando a conoscere<br />

i servizi offerti dalla propria amministrazione e più<br />

in generale informandosi sulle <strong>di</strong>verse opportunità che la<br />

città offre.<br />

L’attuale Amministrazione comunale, nell’ambito del<br />

programma <strong>di</strong> sistemazione e messa a norma dell’antico<br />

complesso e<strong>di</strong>lizio, ha perciò ritenuto opportuno provvedere<br />

con urgenza alla normalizzazione dei locali posti al<br />

1° piano prospicienti Piazza Borghese a<strong>di</strong>biti a sala del<br />

Consiglio Comunale, dove si trovano alcuni uffici nonché<br />

la sede del sindaco. Il progetto comprende inoltre l’acquisizione<br />

d’alcuni locali che si affacciano sulla Piazza Borghese<br />

da destinare a sede d’attività culturali, forse una sala<br />

<strong>di</strong> rappresentanza convenientemente arredata.<br />

Gli interventi previsti si rendono urgenti soprattutto<br />

per le infiltrazioni <strong>di</strong> acqua che interessano le pareti del<br />

palazzo. È prevista, inoltre, la sostituzione ed il rifacimento<br />

del pavimento della sala consiliare che in questo momento<br />

è in fase <strong>di</strong> sopralluogo da parte della soprintendenza.<br />

Va inoltre sottolineato come negli ultimi anni a Mentana<br />

sia stata avviata, grazie soprattutto all’iniziativa e alle<br />

sollecitazioni delle Amministrazioni locali, un’azione sistematica<br />

e molto importante <strong>di</strong> recupero e ristrutturazione<br />

del Centro Storico citta<strong>di</strong>no, con il rifacimento completo<br />

<strong>di</strong> Via Crescenzio e Piazza San Nicola, la ristrutturazione<br />

<strong>di</strong> Palazzo Crescenzio e del recupero dell’e<strong>di</strong>ficio<br />

ex Granaio e non ultimo la ristrutturazione <strong>di</strong> Piazza Borghese<br />

e del selciato delle vie a<strong>di</strong>acenti.<br />

In questo senso il restauro <strong>di</strong> Palazzo Borghese, s’inserisce<br />

in un ambito più vasto nel tentativo <strong>di</strong> recuperare il<br />

patrimonio storico <strong>di</strong> Mentana che non costituisce soltanto<br />

un valore in se, ma anche lo stimolo per l’uomo alla ricostruzione<br />

<strong>di</strong> un rapporto più qualitativo con l’ambiente<br />

in cui vive.<br />

1) L’ipotesi <strong>di</strong> una presenza <strong>di</strong> Giandomenico<br />

Fontana a Mentana, benché autorevolmente<br />

formulata, non sembra essere suffragata da<br />

una convincente documentazione. Quando Michele<br />

Peretti acquistò il feudo <strong>di</strong> Mentana, nel<br />

1559, Giandomenico Fontana si trovava in esilio<br />

a Napoli ormai da cinque anni e, quello che<br />

più rileva, per essere stato accusato <strong>di</strong> essersi arricchito<br />

troppo in fretta, in maniera poco corretta,<br />

sotto il pontificato <strong>di</strong> Sisto V, il che non lascia intravedere<br />

certo buoni rapporti con la famiglia Peretti.<br />

(Cfr. PITTONI L., LAUTENBERG G.,<br />

Roma Felix: la città <strong>di</strong> Sisto V e Domenico<br />

Fontana, Roma 2003).<br />

2) CHIUMENTI L. - BILANCIA F., La<br />

Campagna romana, antica, me<strong>di</strong>evale, e moderna.<br />

E<strong>di</strong>zione redatta sulla base degli appunti<br />

lasciati da Giuseppe Tomassetti, vol. IV,<br />

Firenze 1979; VICARIO S.G., La <strong>Nomentana</strong>,<br />

strada <strong>di</strong> Roma per la Bassa Sabina, Monterotondo,<br />

1994.<br />

3) Per le notizie relative a Michele Peretti<br />

v. GIORDANO S., Sisto V, papa, in Enciclope<strong>di</strong>a<br />

dei papi, Roma, Istituto dell’Enciclope<strong>di</strong>a<br />

italiana, 2000, III, pp. 202-222. DOLE-<br />

MEAU J., Vita economica e sociale <strong>di</strong> Roma nel<br />

Cinquecento, Firenze 1979.<br />

4) PASSIGLI S., La pianta dell’architetto<br />

Francesco Peperelli (1618): Una fonte per la topografia<br />

della regione romana, Roma 1989 (Miscellanea<br />

della Società romana <strong>di</strong> storia patria,<br />

XXXI).<br />

5) L’allevamento <strong>di</strong> bestiame, in quest’epoca,<br />

era per il conduttore più red<strong>di</strong>tizio delle gra-<br />

Ci si augura, dunque, che al più presto, con la conclusione<br />

dei lavori restituisca al Palazzo Borghese il ruolo <strong>di</strong><br />

luogo d’incontro e aggregazione nella vita della città <strong>di</strong><br />

Mentana.<br />

– Fonti ine<strong>di</strong>te<br />

Archivio Borghese (presso l’Archivio Segreto Vaticano).<br />

Archivio Storico Capitolino.<br />

Archivio Storico del Comune <strong>di</strong> Mentana.<br />

Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Roma.<br />

– Fonti e<strong>di</strong>te<br />

AURIGEMMA M.G., Palazzi del Lazio dal XII al XIX secolo, Roma<br />

1992.<br />

AA.VV., I comuni fra la bassa Valle dell’Aniene ed il Tevere, in Quaderni<br />

dell’Istituto <strong>di</strong> ricerca urbanologica e tecnica della pianificazione,<br />

2, 1960, pp. 101-106.<br />

AA.VV., Maestranze e cantieri e<strong>di</strong>li a Roma e nel Lazio. Lavoro, tecniche,<br />

materiali nei secoli XIII - XV Roma 2002.<br />

BORGHEZIO G., I Borghese, Roma 1954.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

CHIUMENTI L. - BILANCIA F., La Campagna romana, antica, me<strong>di</strong>evale,<br />

e moderna. Vol. IV. E<strong>di</strong>zione redatta sulla base degli appunti<br />

lasciati da Giuseppe Tomassetti, Firenze 1979.<br />

DOLEMEAU J., Vita economica e sociale <strong>di</strong> Roma nel Cinquecento, Firenze<br />

1979.<br />

GIORDANO S., Sisto V, papa, in Enciclope<strong>di</strong>a dei papi, Roma, Istituto<br />

dell’Enciclope<strong>di</strong>a italiana, 2000, III, pp. 202-222.<br />

GREGOROVIUS F., Diari Romani, Roma 1982.<br />

GREGOROVIUS F., Istantanee Romane, Roma 1980.<br />

PASSIGLI S., La pianta dell’architetto Francesco Peperelli (1618): Una<br />

fonte per la topografia della regione romana, Roma 1989 (Miscellanea<br />

della Società romana <strong>di</strong> storia patria, XXXI).<br />

PESCOSOLIDO G., Terra e nobiltà: I Borghese, Roma 1979.<br />

PINELLI A. (a cura <strong>di</strong>), Roma del Rinascimento, Roma 2001.<br />

PITTONI L. - LAUTENBERG G., Roma Felix: la città <strong>di</strong> Sisto V e Domenico<br />

Fontana, Roma 2003.<br />

VICARIO S.G., La <strong>Nomentana</strong>, strada <strong>di</strong> Roma per la Bassa Sabina,<br />

Monterotondo, 1994.<br />

naglie, perché non dà sola carne, ma anche il<br />

grasso, il cuoio e prodotti lattieri. Ai baroni della<br />

Campagna Romana parve dunque più vantaggioso<br />

vendere in città carne e formaggi, piuttosto<br />

che grano e sabotarono gli sforzi delle autorità<br />

per costringerli a limitare i loro terreni destinati<br />

a pascolo, che, oltretutto, richiedeva poca mano<br />

d’opera. (DOLEMEAU J., Vita economica e sociale<br />

<strong>di</strong> Roma nel Cinquecento, Firenze 1979).<br />

6) VICARIO S.G., op. cit., pp. 66 e 67.<br />

7) Per una sintetica informazione sulle vicende<br />

della nobile Casa si veda G. BORGHE-<br />

ZIO, I Borghese, Roma 1954.<br />

8) GREGOROVIUS F., La guerra dei volontari<br />

per la conquista <strong>di</strong> Roma (1867) in<br />

“Istantanee Romane”, Roma 1980.<br />

123<br />

ANNALI 2003

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