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tesi "I sentieri del clavicembalo" - Novecembalo

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Conservatorio Statale di Musica A. Boito di Parma<br />

Elaborato per il Biennio Sperimentale di Clavicembalo<br />

Classe di clavicembalo<br />

11 Ottobre 2006<br />

Relatore: a cura di<br />

prof.ssa Maria Pia Jacoboni Neri Diadorim Saviola<br />

1


Indice<br />

La rinascita <strong>del</strong> clavicembalo in Italia:<br />

il legame con gli interpreti……..……………………….pag. 3<br />

Tripartizione organologica:<br />

relazioni con l’organo ed il pianoforte…………………. = 5<br />

Il nuovo repertorio:<br />

evoluzione e conservatorismo nella scrittura…………… = 9<br />

Quattro brani a confronto<br />

Louis Andriessen…………………………………………= 11<br />

Ouverture to Orpheus…………………………....………=<br />

Jiri Gemrot……………………………………………….=<br />

Solo pro Cembalo………………………..……………….=<br />

Biagio Putignano…………………………………………=<br />

Asterischi di Nuvole……………………..………………..=<br />

Edwin McLean……………………………….…………...=<br />

Sonata for Harpsichord………………………..…………=<br />

Fonti e Bibliografia……………………………..………..=<br />

2


La rinascita in Italia, il legame con gli interpreti<br />

La rinascita <strong>del</strong>la produzione musicale per clavicembalo in Italia segue le sorti<br />

<strong>del</strong>la restante evoluzione storica. Un primo rinnovamento si ha ad opera <strong>del</strong>la<br />

generazione <strong>del</strong> 1880, fra questi G.F. Malipero(1882- 1973), A.Casella (1883 –<br />

1947), I. Pizzetti (1880- 1968) e O. Respighi (1879 –1936) che devono fare fronte<br />

ad una certa impopolarità, dovuta al fatto di non scrivere più opere come fecero V.<br />

Bellini (1801 – 1835), P. Mascagni (1863 – 1945), G. Verdi (1813 – 1901) e G.<br />

Puccini (1858 – 1924). In particolare due tendenze hanno reso possibile il<br />

recupero di uno strumento che per oltre un secolo era rimasto relegato entro le<br />

mura di casa.<br />

La prima è che il rinnovamento in questi anni è dovuto alla commistione di un<br />

certo arcaismo, di un recupero cioè <strong>del</strong>l’antica civiltà italiana: C. Monteverdi<br />

(1567 – 1643), A. Vivaldi (1678 – 1741); G. Frescobaldi (1583 – 1643) e D.<br />

Scarlatti ( 1685 - 1757), condita dall’importazione dei moderni valori europei. In<br />

questa “necessità storica” G.F. Malipiero, immerso nell’espressionismo<br />

mitteleuropeo, è attento alla musica vocale <strong>del</strong> XVII secolo, A. Casella, attratto<br />

<strong>del</strong> neoclassicismo parigino,pone rivolge lo sguardo alla musica strumentale <strong>del</strong><br />

XVIII secolo.<br />

La seconda tendenza è quella di contrapporre alla ricerca di un suono “ricco e<br />

grasso” <strong>del</strong> Wohlklang, la concezione di trasparente economia <strong>del</strong> suono. Due<br />

aspetti questi <strong>del</strong>lo sguardo al passato e <strong>del</strong>la ricerca di un’essenzialità <strong>del</strong> suono,<br />

che ben sposano le peculiarità intrinseche <strong>del</strong> clavicembalo.<br />

La generazione successiva alla quale<br />

appartengono G. Petrassi (1904 – Goffredo<br />

2003) e L. Dallapiccola (1904 – Petrassi<br />

1975) riparte da dove era arrivata la visto da<br />

precedente avendo ormai fatto Francesco<br />

proprio il passaggio evolutivo Pennisi<br />

già affrontato. Petrassi sviluppa un<br />

linguaggio strumentale prezioso,<br />

elaboratissimo e sottilmente<br />

differenziato. Boris Porena (1927) è<br />

suo allievo. R. Malipiero (1914), C.<br />

Togni (1922 – 1993), R. Vlad<br />

(1919) sono espressione <strong>del</strong>la<br />

dodecafonia, mentre prendono le<br />

mosse dall’estremismo<br />

postweberniano L. Berio (1925 –<br />

2003), B. Maderna (1920 – 1973),<br />

3


N. Castiglioni (1932 – 1996), A. Clementi (1925), S. Bussotti (1931), G. Manzoni<br />

(1932), F. Donatoni (1927 – 2000) e D. Guaccero (1927 – 1984).<br />

Si tratta di una vera a propria evoluzione nell’accezione che Bartok dà <strong>del</strong> termine<br />

nella prima <strong>del</strong>le lezioni di Harward. Il recupero <strong>del</strong> clavicembalo non è avvenuto<br />

per caso, ma in concomitanza con il recupero <strong>del</strong> materiale pregresso e per gradi<br />

sperimentando le nuove possibilità strumentali.<br />

Al pari <strong>del</strong>le favorevoli condizioni di evoluzione <strong>del</strong> linguaggio musicale, l’altro<br />

fattore determinante e che nella storia <strong>del</strong> clavicembalo assume forse maggiore<br />

rilevanza, è il ruolo di magnate svolto dai clavicembalisti. In primis, ad eseguire il<br />

Retablo de Maese Pedro di Manuel De Falla, è Wanda Landowska (1879 – 1959)<br />

nel 1923 alla presenza <strong>del</strong>l’autore e di Francis Poulenc. La sua esecuzione suscita<br />

nei due compositori il desiderio di scrivere per il clavicembalo quei capolavori che<br />

rimangono i capisaldi <strong>del</strong>la letteratura moderna per questo strumento: il Concert<br />

champêtre (1927/28) di Poulenc ed il Concerto per Clavicembalo (1923/26) di<br />

Falla.<br />

La notorietà <strong>del</strong>la Landowska cresce e con la sua scomparsa nasce il mito <strong>del</strong><br />

moderno clavicembalista. In America è Silvia Marlowe, che stringe forti legami<br />

con Vittorio Rieti, a farsi promotrice <strong>del</strong>la nuova musica. In Austria Antoinette<br />

Vischer per la quale scrive Luciano Berio. In Italia Mariolina De Robertis che<br />

proprio nel 1960 esegue la Serenata di Petrassi e per la quale scrivono tutti i più<br />

noti compositori già citati; da Franco Donatoni a Mauro Bortolotti, da Clementi a<br />

Egisto Macchi, da Marcello Panni ad Alessandro Sbordoni.<br />

Ancora Paola Bernardi, Barbara Harbach, Thiora Johansen e Igor Kipnis. Non è<br />

errato asserire che in Italia in particolare, senza la personalità di Mariolina De<br />

Robertis, il repertorio per clavicembalo non sarebbe stato così straordinariamente<br />

vario e copioso.<br />

Oggi una selezionata schiera di clavicembalisti prosegue in questa opera di<br />

commissione di nuova musica, di divulgazione <strong>del</strong> repertorio più recente e di<br />

“riscoperta”, perché il più <strong>del</strong>le volte di questo si tratta, <strong>del</strong> primo che fu scritto<br />

agli albori di questa storia. Tra di loro Elisabeth Choinacka, Robert Conant,<br />

Annelie De Man, Elaine Funaro, Ralph Kirkpatrick, Ruggero Laganà, Margherita<br />

Porfido, Vivienne Spitieri, Jukka Tiensuu e Viviè Vincent.<br />

Francisc Poulenc ascolta<br />

Wanda Landowska,<br />

St. Leu, estate 1928<br />

4


Tripartizione organologica, legami con l’organo ed il pianoforte<br />

L’evoluzione organologica <strong>del</strong> clavicembalo è assai articolata nei secoli.<br />

La sua nascita deriva dalla meccanizzazione<br />

<strong>del</strong> salterio, strumento antico<br />

di origine orientale a corde penna<br />

pizzicate o percosse, al quale<br />

viene aggiunta una tastiera salterello<br />

che aziona leve munite di un<br />

uncino (penna) che pizzica tasto<br />

la corda. Uno strumento come<br />

l’organo che suona con le corde,<br />

che evolve in un pianoforte con i salterelli.<br />

Dagli strumenti più semplici, muniti di una sola tastiera ed un solo registro, nel<br />

corso di circa tre secoli, fino al XVIII secolo, l’evoluzione porta i cembalari ad<br />

ampliare le possibilità <strong>del</strong>lo strumento.<br />

Clavicembalo italiano<br />

ad un manuale<br />

Vengono costruiti cembali a due tastiere (manuali) ed anche a tre in qualche caso.<br />

Viene ampliata l’estensione dei manuali stessi, i quali muniti in principio di ottava<br />

corta e quattro ottave come nei cembali italiani, giungono soprattutto nei cembali<br />

francesi, all’estensione di cinque. Ne parla per esempio F.W. Marpurg (1718-<br />

1795) nel suo “Principes du Clavecin”, 1756: “Quand un clavier excède l’étendue<br />

de ces quatre Octaves, on se sert de terme Contre-ton ou de ravallement pour<br />

designer les sons ajoutés en haut, au.dessus de la quatrième Octave, que l’on<br />

commence à compter une cinquième Octave”. La registrazione, cioè l’utilizzo di<br />

diverse file di salterelli (le astine che supportano la penna), diversamente abbinate<br />

ai manuali che le azionano, porta le combinazioni possibili a moltiplicarsi ed a<br />

rendere quanto mai vario il risultato timbrico degli strumenti più complessi.<br />

Con l’avvento <strong>del</strong> fortepiano, quindi <strong>del</strong> pianoforte viene pressoché interrotta la<br />

produzione cembalara. La rinascita si ha a partire dal 1880, quando Luigi<br />

Tommasini (costruttore italiano che lavorava a Parigi) modifica un cembalo<br />

5


Taskin e prima <strong>del</strong>la fine <strong>del</strong> secolo gli stessi Erard e Pleyel iniziano la<br />

costruzione di cembali in piccola serie.<br />

In Germania Ammer, Merzdorf, Neupert, Sabathil e Sholz, in Inghilterra Goble e<br />

Hodson, negli USA Chickering costruiscono nuovi cembali.<br />

Nel 1909 Pleyel inizia su richiesta di Wanda Landowska la costruzione di un<br />

cembalo da concerto con un registro di 16 piedi piedi. Già ai tempi di Bach<br />

esistevano esemplari con questo registro, ma si tratta di strumenti rari.<br />

Clavicembalo<br />

Pleyel<br />

costruito per<br />

Landowska<br />

È il segnale che il rinnovamento ha preso piede e da qui procederà con sempre<br />

maggior vigore. Costruiscono cembali anche Wittmayer, De Blaise, Lincoln,<br />

Dolmetsch, Dowd, Hubbard e tanti altri.<br />

Fino agli anni settanta <strong>del</strong> secolo scorso il clavicembalo è quindi principalmente<br />

uno strumento industriale, prodotto cioè in serie e caratterizzato da profonde<br />

differenze con lo strumento originario. Da questo si discosta per dimensioni e<br />

peso, accresciute per un irrobustimento <strong>del</strong>l’intera struttura, atto a fronteggiare il<br />

confronto con il maggiore volume sonoro <strong>del</strong> pianoforte. Viene aggiunto un telaio<br />

metallico, ispessite le corde e mutati i materiali, ampliata ulteriormente<br />

l’estensione dei manuali (che tuttavia non raggiungerà quella <strong>del</strong> pianoforte),<br />

aggiunti nuovi registri e nuovi meccanismi per gestirli. In particolare una<br />

pedaliera consente di agire sulle leve durante l’esecuzione senza che vi sia<br />

interruzione alcuna da<br />

parte <strong>del</strong>l’esecutore.<br />

Il mo<strong>del</strong>lo Bach<br />

Costruito da<br />

Neupert<br />

6


Sono cambiamenti sostanziali, che influenzano la tecnica clavicembalistica e la<br />

produzione per questo strumento. In questo periodo al clavicembalo sono comuni<br />

aspetti e tecniche costruttive <strong>del</strong>l’organo e <strong>del</strong> pianoforte, ben lontano appare<br />

qualsiasi legame con il salterio.<br />

Del primo riprende la registrazione. I registri sono di 8 piedi, 4, e 16, così chiamati<br />

prendendo in prestito la terminologia <strong>del</strong>lo strumento a canne. Così l’estensione è<br />

simile nei due strumenti ed a i due manuali. Del pianoforte adotta invece il telaio e<br />

la tavola armonica in sostituzione <strong>del</strong>la cassa armonica, la pedaliera (da non<br />

confondere con quella melodica dei pochi esemplari di cembalo con pedaliera<br />

(J.S. Bach compone 6 Sonate per organo, o cembalo con pedaliera BWV 525)<br />

avente una struttura simile, così come l’aspetto esteriore e l’escursione dei tasti, i<br />

quali dovendo agire contemporaneamente anche su quattro file di salterelli<br />

necessitano di una corsa maggiore e conseguentemente di maggior rispondenza e<br />

velocità.<br />

Disposizione dei registri nei clavicembali di diverse scuole e mo<strong>del</strong>li<br />

II<br />

I<br />

manuali<br />

Italia Francia<br />

8<br />

8<br />

7<br />

antichi Moderni<br />

Inghilterra<br />

liuto<br />

(4)<br />

8<br />

(4)<br />

8<br />

Germania<br />

Paesi<br />

Bassi<br />

liuto<br />

(2)<br />

4<br />

8<br />

(4)<br />

8<br />

(16)<br />

Pleyel per<br />

Landowska<br />

clav. di Bach<br />

liuto<br />

4<br />

8<br />

8<br />

16<br />

Neupert<br />

mod. Bach<br />

De Blaise<br />

liuto<br />

4<br />

8<br />

liuto<br />

8<br />

16<br />

5 pedali 5/7 pedali<br />

Il gusto e la ricerca filologica degli ultimi decenni, che già prese il via con la<br />

Scuola di Boston nel secondo dopoguerra, ci ha recentemente riportato alla<br />

costruzione di clavicembali “copia”, nei quali vengono riprodotti gli strumenti<br />

originari quanto più rispettosamente possibile, sia nell’utilizzo dei materiali che<br />

<strong>del</strong>le tecniche costruttive.<br />

Il moderno cembalaro è tornato un artigiano con la sua “piccola” bottega, un<br />

sapiente ricercatore ed un rispettoso costruttore. Volendo descrivere l’evoluzione<br />

organologica in termini analitici, possiamo affermare che dalla fase A di nascita,<br />

si è passati alla fase B di sviluppo ed elaborazione, per tornare alla fine ad una<br />

fase A di recupero <strong>del</strong> materiale originario, una forma tripartita ABA.<br />

Al giorno d’oggi vengono prodotti in gran parte cembali copia per i quali si può


scegliere in base a quelle peculiarità timbriche proprie di ciascun mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong><br />

passato.<br />

Un Taskin sarà opportuno per<br />

eseguire repertorio francese, un<br />

Grimaldi per quello italiano. I<br />

moderni costruttori però, pur non<br />

ignorando la storia, giungono<br />

alle volte a compromessi facendo<br />

coesistere diversi aspetti:<br />

esistono anche false copie nelle<br />

quali non tutti i canoni costruttivi<br />

originali sono rispettati.<br />

L’estensione può essere<br />

ampliata, così la registrazione,<br />

per rendere lo strumento più<br />

versatile.<br />

Anche l’estetica di questo Moderno strumento copia Ruckers<br />

strumento segue a volte la tendenza<br />

<strong>del</strong> novecento a semplificare e a rendere essenziale la forma tradizionale (vedi<br />

cembalo di Annelie de Man), poiché toglie ogni orpello e resta così scheletrico,<br />

seppure bello, a differenza <strong>del</strong> cembalo storico o copia al quale rimangono fregi e<br />

copiose decorazioni. Tale modifica semplificatrice, ben si addice al clavicembalo<br />

di Annelie de M, poiché esso sembra votato all’essenzialità, dalla meccanica alla<br />

struttura; essenzialità che coinvolge un po’ tutti i campi <strong>del</strong>l’arte non solo<br />

musicale, ma anche, l’architettura, la letteratura e le arti minori.<br />

La varietà dei mo<strong>del</strong>li oggi in circolazione rende alquanto complessa anche la<br />

scelta <strong>del</strong>l’esecutore e <strong>del</strong> compositore. Quest’ultimo domanda quale siano le<br />

caratteristiche <strong>del</strong>lo strumento per il quale andrà a scrivere e l’esecutore deve<br />

procurare di trovare (nell’auditorium nel quale andrà a suonare) uno strumento che<br />

sia in possesso dei “requisiti<br />

minimi”. Diversi cembalisti<br />

ancora oggi si fanno<br />

costruire cembali su misura,<br />

pezzi unici ai quali rimane<br />

spesso legata obbligatoriamente<br />

la possibilità di eseguire un certo<br />

repertorio.<br />

Il legame tra organologia,<br />

produzione ed esecuzione<br />

costringe cembalari,<br />

compositori e cembalisti<br />

ad operare scelte mediando il clavicembalo di Annelie De Man, costruito<br />

questi aspetti. Se da parte <strong>del</strong> dal cembalaro olandese Theo de Haas, interamente<br />

compositore viene indicata una bianco, poggia su di un cilindro ed un cubo<br />

8


possibile registrazione e magari anche il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong> clavicembalo che deve<br />

essere utilizzato, non v’è altra possibilità che seguire le indicazioni o essere<br />

costretti a reinventarsi una registrazione che vada nella direzione di quella<br />

espressa dal compositore. Qualora non si disponga di un clavicembalo adeguato,<br />

quel repertorio non viene frequentato.<br />

È il caso questo, <strong>del</strong>la musica scritta negli anni 60 – 80 che in<br />

parte rischia di rimanere eseguita assai sporadicamente<br />

per la difficoltà di reperire gli strumenti per la quale è stata<br />

scritta. Correlato a questa problematica se ne pone uno<br />

ulteriore che riguarda gli esecutori. Molto sono spesso gli<br />

unici beneficiari dei suggerimenti di carattere verbale<br />

che frequentemente vanno a completare la legenda <strong>del</strong>la<br />

seconda di copertina in una partitura. Questi esecutori<br />

(Bernardi, De Robertis, Lanzillotta, Morini, Porta ed alcuni<br />

altri) custodiscono i segreti <strong>del</strong>la prassi esecutiva di quegli<br />

anni, un patrimonio che se non viene divulgato e Clavicembalo di<br />

trasmesso, rischia di essere perso, almeno parzialmente Annelie De Man<br />

e rendere così questo repertorio sempre di più difficile<br />

permeabilità.<br />

9


Il nuovo repertorio, evoluzione e conservatorismo nella scrittura<br />

Quali che siano le motivazioni che hanno indotto i compositori <strong>del</strong> XX secolo a<br />

tornare a scrivere per il clavicembalo, per ognuno di loro si può dire che c’è stata<br />

attenzione per uno strumento considerato da tempo soppiantato dal suo erede: il<br />

pianoforte. Il clavicembalo non possiede una voce possente, né modulabile,<br />

l’escursione sonora è data dal numero di note suonate, dalla simultaneità o meno dei<br />

suoni prodotti e dai registri utilizzati. Inoltre il suono, seppure netto e pungente, con<br />

un forte transitorio d’attacco, decade molto rapidamente. La meccanica è assai<br />

alleggerita rispetto a quella pianistica e così anche la tecnica esecutiva può contare su<br />

di una maggiore velocità. Un ascoltatore attento coglie in un abile clavicembalista il<br />

gusto per una continua ricerca di un fraseggio, possiamo dire di un micro fraseggio.<br />

La disposizione dei registri sui diversi manuali permette di sorprendere con un<br />

caleidoscopio di timbri che solo l’organo è in grado di superare.<br />

Proprio il fattore timbrico insieme alle restanti suddette peculiarità, hanno reso<br />

esclusivo questo strumento, offrendo ai moderni compositori nuovi mezzi con cui<br />

sperimentare nuove sonorità. La natura totalmente diversa <strong>del</strong> clavicembalo non<br />

consente un ragionevole raffronto con il pianoforte, come <strong>del</strong> resto il confronto<br />

sarebbe fuori luogo tra quest’ultimo e l’organo. Ognuno di questi strumenti è dotato<br />

di una propria individualità nonostante le origini siano pressoché comuni e tutti<br />

abbiano ad essere suonati digitando su di una tastiera.<br />

Claude Benigne Balbastre (1727-1799): sappiamo che replicò a Taskin, construttore<br />

di cembali, quando ascoltò un pianoforte inglese: "....jamais ce nouveau-venu<br />

detrônera le majestueux clavecin". 1 Voltaire, che conserva la sua ammirazione per il<br />

nobile clavicembalo scrive (8 dicembre 1774) chiamando il pianoforte un "instrument<br />

de chaudronnier au comparaison du clavecin". F. Couperin (1668-1733) ne "L'Art de<br />

toucher le clavecin" dice: ".... Cet instrument a ses proprièté, comme le Violon a les<br />

siennes. Si le clavecin n'enfle point ses sons; si les bâtemens redoublés sur une même<br />

note ne lui conviennent pas extrèmement; jl a d'autres avantages, qui sont, La<br />

precision, La nèteté, Le brillant; Et L’étendue".<br />

Tra i compositori c’è chi ha scelto il clavicembalo per rievocare un’epoca passata, chi<br />

per omaggiare compositori e stili <strong>del</strong> passato, ma altri, forse coloro a cui va dato il<br />

maggior tributo, lo hanno scelto per utilizzarne il suono cristallino, l’incisività<br />

ritmica, le possibilità tecniche, per accostare le sue caratteristiche a quelle <strong>del</strong> suono<br />

di altri strumenti e creare così nuovi colori ancora sconosciuti.<br />

La produzione italiana riveste nel panorama internazionale un posto di primo piano.<br />

Se paragonata ai paesi come Stati Uniti, Olanda, Germania, Francia e paesi <strong>del</strong>l’est<br />

europeo in cui sono più numerose le composizioni scritte, l’Italia è seconda solo agli<br />

1 Ernest Closson, "Pascal Taskin" S.I.M.G. XII (1910-11), pag. 259<br />

10


Stati Uniti, ma la disparità dovuta all’estensione <strong>del</strong> territorio nazionale, versa a<br />

favore <strong>del</strong> paese <strong>del</strong> Mediterraneo che annovera circa 800 diverse composizioni che<br />

prevedono l’utilizzo <strong>del</strong> clavicembalo. Per effettuare un raffronto è possibile stimare<br />

la produzione mondiale in circa 7000 / 8000 composizioni, tutte originali per<br />

clavicembalo. Circa un quarto <strong>del</strong>le composizioni sono per clavicembalo solista, la<br />

restante parte è equamente divisibile tra la musica da camera e la produzione<br />

orchestrale.<br />

Il clavicembalo viene usato come ingrediente unico nelle opere solistiche o come<br />

colore che impreziosisce timbricamente le opere con gli organici più complessi. Nella<br />

musica da camera, lo strumento al quale viene accostato il maggior numero di volte è<br />

il flauto, mentre nella produzione orchestrale buona parte <strong>del</strong>le composizioni sono<br />

veri e propri concerti per cembalo e orchestra con un aspetto solistico paragonabile a<br />

quello <strong>del</strong> pianoforte. Numerosi tra i compositori più noti <strong>del</strong> secolo scorso hanno<br />

scritto per clavicembalo, in Italia<br />

sono oltre 300. Il primo<br />

è stato F. Busoni (1866 –<br />

1924) a scrivere un’opera,<br />

“Die Brautwahl”, 1906,<br />

nella quale inserisce il<br />

clavicembalo proprio in<br />

scena, quasi a voler<br />

ricordare ad un pubblico<br />

ormai dimentico, che con<br />

quello strumento venivano<br />

accompagnati i recitativi nelle<br />

opere. Sempre sua è la<br />

controversa “Sonatina ad usum<br />

produzione italiana contemporanea musica da<br />

camera<br />

con<br />

cembalo<br />

solista<br />

25%<br />

cembalo e<br />

orchestra<br />

38%<br />

infantis” pro clavicembalo composita, 1915, nella quale, con un linguaggio<br />

tradizionale, sembra voler lasciare aperta la possibilità di una sua esecuzione anche al<br />

cembalo, la composizione può essere ricondotta ad una successione di tempi di<br />

danza. In verità la scrittura è prettamente pianistica per l’utilizzo per esempio di salti<br />

o di arpeggi scritti in stile poco cembalistico, e di un suonare legato che risulta assai<br />

improbabile sull’antico strumento quanto sul moderno, anche se più volte è stata<br />

eseguita da cembalisti.<br />

Un passo avanti lo compie B. Bettinelli (1913 – 2004) il quale dedica al clavicembalo<br />

diverse sue composizioni. Nella “Fantasia per clavicembalo”, 1975, è<br />

minuziosamente indicata la registrazione alla quale attenersi, ed anche il mo<strong>del</strong>lo <strong>del</strong><br />

cembalo al quale la registrazione si riferisce: mo<strong>del</strong>lo Bach di Neupert. La Fantasia<br />

colpisce per la forte componente drammatica ivi espressa, mediante una scrittura<br />

ancora abbastanza tradizionale, ma intrisa di quella forte personalità sempre<br />

riconoscibile nel maestro milanese.<br />

E. Morricone (1928), non scevro dal guardare al passato per recuperare formule e<br />

stilemi, scrive “Neumi”, 1988, e “Mordenti”, 1988, due rivisitazioni <strong>del</strong> passato in<br />

11<br />

cembalo<br />

37%


E. Morricone<br />

Neumi<br />

altrettanti brani di ardua difficoltà, l’uno che riprende anche la scrittura senza tempo<br />

dei “Préludes non mesurés” l’altro che procede con una continuo fiorire di<br />

abbellimenti a formare un lento scivolare di un crogiuolo di note.<br />

D. Guaccero (1927 – 1984) lascia spazio all’”Improvvisazione”, 1962, nella quale il<br />

cembalista sembra sperimentare, improvvisando sempre su di un cembalo moderno<br />

(la registrazione <strong>del</strong> brano è assai complessa) quali possano essere le sue nuove<br />

potenzialità.<br />

D. Guaccero Improvvisazione<br />

Nessuno spazio all’improvvisazione è lasciato da L. Berio (1925 – 2003) con<br />

“Rounds for Harpsichord”, 1964, nel quale la partitura va rigirata e quando terminata,<br />

rieseguita riprendendo dall’ultima nota alla prima.<br />

Il mondo di F. Pennisi (1934 – 2000) è fatto di una<br />

scrittura decorativa, in cui rapide successioni in<br />

acciaccatura e figurazioni dense di suoni, si<br />

alternano a momenti di estrema semplicità e<br />

rarefazione <strong>del</strong> materiale, quasi un soffermarsi<br />

su ogni singolo suono per assaporarne la sua<br />

effimera esistenza. F. Donatoni (1927- 2000)<br />

ha lasciato materiale così cospicuo da far credere<br />

che il compositore nutrisse qualche sorta di legame<br />

particolarmente forte con uno strumento<br />

per il quale ha scritto ben 28 composizioni, da<br />

“Movimento”, 1959, a “Esa in cauda V”, 2000. il primo ed anche ultimo<br />

Più vicino a noi il repertorio ha subito l’influsso di frammento <strong>del</strong> Rounds di L. Berio<br />

vari generi e tendenze; nella produzione<br />

di F. Caldini (1959) <strong>del</strong>la disco music, in quella<br />

di G. Gaslini (1929) <strong>del</strong> Jazz, con P. e L. Minafra (1951 e 1982) <strong>del</strong>la musica<br />

folkloristica e popolare, con A. Nicoli (1950) <strong>del</strong>l’elettroacustica e F. Perocco (1972)<br />

<strong>del</strong> minimalismo. Si reiterano di frequente prodigiosi salti nel passato, a rievocare<br />

prassi esecutive e forme. Ogni volta il clavicembalo, con estrema duttilità e dotato<br />

<strong>del</strong>la più commovente languidezza o <strong>del</strong>la più coinvolgente ritmicità riesce ad<br />

adattarsi nell’evoluzione <strong>del</strong>la scrittura, sempre conservando l’accezione di strumento<br />

antico che gli conferisce nobiltà ed oggi gli permette ancor più di stupire con la sua<br />

affascinante presenza.<br />

12


Quattro brani a confronto<br />

Louis Andriessen (Utrecht 1939) è uno dei più eminenti<br />

ed influenti compositori d’Europa, è riconosciuto come il<br />

compositore vivente più grande dei Paesi Bassi. Nella sua<br />

musica sono evidenti le influenze di Stravinsky e Berio (di<br />

cui è stato allievo ed assiduo frequentatore). Nelle sue<br />

composizioni si fondono diversi mondi musicali, l’antico, il<br />

moderno, l’esotico, il Jazz ed il Rock. La Versatilità di<br />

Andriessen sta nel considerare ogni genere musicale come<br />

possibile contenitore di spunti e intuizioni, senza pregiudizi<br />

di sorta. Ha esplorato, rispetto alla musica, gli argomenti<br />

politici, il tempo, la velocità, la materia e la mortalità in<br />

cinque impianti per il grande insieme: De Staat (1976), De<br />

Tijd (1981), De Snelheid (1983), De Materie (1985-88) e<br />

Trilogy di ultimo giorno (1996-97), inoltre ha un rapporto dinamico con altri forme di<br />

arte compreso il cinema, le arti visive e la letteratura.<br />

Utilizza il clavicembalo anche nella musica per il balletto Dubbelspoor (1986).<br />

Ouverture to Orpheus<br />

composto nel 1982<br />

scritto per Annelie de Man<br />

commissionato dal Johan Wagenaarstichting<br />

durata 12 minuti circa<br />

prima esecuzione Amsterdam, 1982, De Jisbreker, Annelie de Man<br />

edizione Donemus - Amsterdam<br />

discografia Elaine Funaro, Into The Millennium, Gasparo GSCD-331<br />

Annelie de Man, New sights and sounds for harpsichord, HGM CD 02<br />

Vivienne Spiteri, new music for harpsichord from Canada and the<br />

Netherlands, SNE 542 CD<br />

Il brano è da eseguirsi con un qualsiasi clavicembalo a due manuali. L’unica<br />

indicazione, posta all’inizio <strong>del</strong>la composizione, è di utilizzare la tastiera inferiore per<br />

la mano destra e quella superiore per la sinistra, senza variante alcuna, o aggiunta di<br />

diversi registri. In questi modo la voce superiore timbricamente diversa ed un poco<br />

più tenue funge da risposta, in eco a quella inferiore. Per quasi tutta la durata <strong>del</strong><br />

brano le due voci procedono in canone, all’unisono, sfalsato ritmicamente in modo<br />

variabile. La risposta melodica è strutturata in modo di evidenziare sempre gli<br />

13


intervalli di seconda. Come se i polpastrelli <strong>del</strong> suonatore d’arpa, o di chitarra o di<br />

liuto, pizzicassero più o meno pigramente due corde intonate all’unisono. A momenti<br />

di stasi, in cui l’eco risponde a maggiore distanza (minima) se ne alternano altri in cui<br />

la risposta è ravvicinata (biscroma). Nel primo caso il suono rinasce ogni volta<br />

quando è in procinto di estinguersi, generando un piano sonoro determinato da uno<br />

spazio temporale. Nel secondo caso, come in una sorta di prolungato arpeggiare, la<br />

massa sonora è la maggiore possibile. Qui si viene a creare un cluster (come accade<br />

nel Continuum di Ligeti) all’interno <strong>del</strong> quale alle mutazioni melodiche di una voce<br />

corrispondono sempre le risposte <strong>del</strong>l’altra. Il canone confluisce nell’unisono e<br />

nell’omoritmia solo quattro volte, di cui una nel finale, ma sempre per pochissime<br />

cellule ritmiche, brevi momenti di stasi dai quali subito una voce fugge.<br />

Il brano è di carattere drammatico, principia con un accordare di chitarra, culmina in<br />

un assolo chitarristico quasi pop<br />

e termina con la rarefazione <strong>del</strong>l’imitazione, assecondando il naturale decadimento<br />

sonoro <strong>del</strong> clavicembalo.<br />

Un brano estremamente moderno in cui sono ravvisabili le contaminazioni di diversi<br />

generi musicali proprie <strong>del</strong> linguaggio di Andiessen: dalla musica pop, al<br />

minimalismo americano che il compositore definisce “musica ripetitiva”.<br />

14


Jiri Gemrot<br />

Nato nel 1957 a Praga in una famiglia di musicisti. Ha iniziato a suonare il pianoforte<br />

all’età di sette anni con Ema Dolezalova e composizione a tredici anni con Zdenek<br />

Bartos. Da allora ha continuato a studiare con questi insegnanti fino a quando è<br />

entrato al conservatorio di Praga 1972-1976.<br />

Ha frequentato la classe di composizione di Giri Pauer all’Accademia <strong>del</strong>le Belle Arti<br />

di Praga dove ha finito gli studi nel 1981. Ha preso parte anche ai corsi<br />

<strong>del</strong>l’Accademia Chigiana di Siena con Franco Donatoni. Diverse volte ha tratto<br />

ispirazione dalle performances dei musicisti ai quali ha dedicato i suoi brani. Per<br />

citare alcuni esempi: Il Concerto per violoncello scritto per Marie Haixova, la sua<br />

Sonata n° 2 per pianoforte scritta per Milano Langer, il brano per organo “Fresco”<br />

scritto per Melanine Pustejovska, il brano per chitarra “Fantasie e Toccata” scritto per<br />

Miloslav Klaus . Suoi anche una Suite su tema di bambini commissionatogli dal<br />

Fondo Monetario Ceco per un anniversario di Nonet ed un’altra composizione per il<br />

concorso rnazionale di clavicembalo dedicata a Giedre Luksaite-Mrazkova.<br />

Gemrot prende a mo<strong>del</strong>lo i compositori classici;<br />

Prokofiev per le sue melodie comprensive e laconiche,<br />

Martinu per essere risuscito ad evitare le procedure<br />

atonali ed a trovare il suo ambito originale ed ammira<br />

inoltre Dvorak, Janacek e Britten . Gemrot è convinto<br />

che ci sia la necessità di colmare la lacuna tra il<br />

compositore ed il pubblico perciò è spinto a tentare di<br />

ottenere un linguaggio comunicativo in cui l’enfasi è il<br />

suo elemento di raccordo. Evidentemente il suo<br />

linguaggio utilizza la musica d’avanguardia evolutasi nel<br />

XX secolo ma vuole fondere e unire stili <strong>del</strong> passato e<br />

<strong>del</strong> presente. Nelle sue composizioni ricorre spesso alla<br />

forma sonata come principio di sviluppo e di contrasto.<br />

E’ stato attivo come direttore radiofonico cecoslovacco<br />

La clavicembalista dal 1982 e dal 1986 è redattore <strong>del</strong>la Casa discografica<br />

Giedre Luksaite-Mrazkova Pantom e collabora con la televisone cecoslovacca. Fa<br />

alla quale è dedicato “Solo” parte <strong>del</strong>l’Unione dei Compositori Cechi e dal 1990 è<br />

direttore capo <strong>del</strong>la Radio Ceca di Praga.<br />

Tre sono i brani scritti da Gemrot per il clavicembalo: Solo (1988 / 1995), Suite<br />

d’Estate per violino e clavicembalo e Giochi, scritti per la Primavera Praghese.<br />

Solo pro Cembalo<br />

composto nel 1988 la Toccata / 1995 il Preludio<br />

scritto per il concorso dei giovani cembalisti a Hradec Kralove nella Repubblica<br />

Ceca (Toccata) e per la cembalista Giedre Luksaite-Mrazkova (Preludio)<br />

durata 9 minuti circa<br />

partitura manoscritta di proprietà <strong>del</strong>l’autore<br />

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discografia Giedre Luksaite-Mrazkova, CzechHarpsichord Music of the 20 Century,<br />

CCH 173 CD<br />

Il preludio è di carattere rapsodico improvvisativo, quasi di stile organistico. Si apre<br />

con grande enfasi con tradi che sorreggono il tema che sembra enunciare melodie e<br />

ritmi slavi.<br />

Prosegue un incedere di terzine comuni ad entrambe le mani, alle quali poi è<br />

sottoposto il tema iniziale. Nella seconda parte il tema e riproposta con carattere più<br />

tranquillo e alla riproposizione <strong>del</strong>le terzine, segue un momento concitato in cui gli<br />

accordi di settima sono spezzati tra le due mani e riproposti con la cellula ritmica che<br />

apriva il brano. Le terzine di crome <strong>del</strong> Preludio, evolvono sul finire di questo tempo<br />

in terzine di semicrome le quali senza soluzione di continuità introducono al tempo<br />

successivo: la Toccata. Questa è caratterizzata da un ostinato di terzine al quale è<br />

contrapposto un tema in accordi di nona, alternato tra mano destra e sinistra.<br />

Quando l’incedere <strong>del</strong>la terzine evolve il tema scompare per lasciare posto a gruppi<br />

irregolari sempre più coincitati e serrati e trascendentali dai quali riemerge come una<br />

pedissequa riesposizione di sonata. Due momenti di intima liricità segnano questo<br />

secondo tempo. Il materiale è esiguo ed estremamente semplice: a due voci<br />

contrappuntate (che riprendono il tema <strong>del</strong> Preludio) fa da supporto un basso di valori<br />

larghi; un violoncello che accompagna i pizzicati di due violini.<br />

Il presto finale, con accelerando e prestissimo portano al tempo I e alla chiusa con<br />

una triade maggiore. Un brano di grandi contrasti e di grande effetto in cui<br />

l’esecuzione su di un cembalo moderno può rendere più incisivi gli effetti di chiaro<br />

scuro che lo contraddistinguono.<br />

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Biagio Putignano (Lecce 1950) concepisce il suo<br />

lavoro come artigianato, un artigianato alto e<br />

prezioso, e lui è proprio un artigiano che elabora i<br />

materiali ricevuti dalla tradizione, quella lontana<br />

e quella recente /…/<br />

Nel laboratorio (elettronico) di Putignano c'è sempre<br />

posto per il cuore, le macchine creano sfumature di<br />

colori: mente e cuore viaggiano insieme. Fare e riflessione sul fare, fare con la<br />

tecnica guidata dalla mente, una mente che appartiene interamente all'uomo, nella sua<br />

intensa totalità. Al pari <strong>del</strong> pharmakon greco, che può essere veleno mortale o<br />

medicina, la tecnica può distruggere l'inventiva e mettere in secondo piano<br />

l'affettività, oppure può essere potenziamento sia <strong>del</strong>l'immaginazione che <strong>del</strong>le<br />

pulsioni, tutto sta nel come viene utilizzata, e questo come deve sciogliersi in un uso<br />

calibrato che la relaziona alla cultura e all'uomo, con i suoi sogni e bisogni.<br />

Il contrappunto è lo strumento preferito dall'artigiano Putignano. La prassi<br />

contrappuntistica non lascia spazio ai compositori che non hanno un bagaglio tecnico<br />

evoluto e sicuro, quindi l'abilità di Putignano non è in discussione, ma tale abilità non<br />

è mai fine a se stessa, in un'astratta esposizione di elementi autoreferenziali, ma si<br />

sostanzia grazie a esigenze interiori che affondano nel vissuto. L'immaginazione e la<br />

fantasia nel modo di trattare le linee contrappuntistiche è già un modo per renderle<br />

meno ancorate al dato strettamente tecnico e più libere di seguire impulsi e pulsioni.<br />

Pulsioni immaginifiche che devono fare i conti con la texture polifonica, questi conti<br />

devono poi tornare, sta qui la difficoltà e la sfida di riuscire a equilibrare tecnica e<br />

impulso. "L'ispirazione" - dice Putignano - "non esiste. Esiste invece un rapporto<br />

diretto tra la frequentazione <strong>del</strong> proprio io artistico, le letture, le esperienze artistiche,<br />

l'urgenza di poesia (come diceva Pavese), le capacità professionali, e una buona dose<br />

di arditezza (chiamala fantasia) che determinano la nascita di un lavoro."<br />

L'ispirazione è infatti l'essere affetto dalla cultura viva, con lucidità e fantasia. Il tema<br />

<strong>del</strong> rapporto fra l'arte e la vita va spurgato dagli accenti romantici, patetici e morbosi,<br />

ma è tema fondamentale, perché l'arte che non è sostanziata da esperienze che<br />

affondano nel vissuto personale e sociale è arte frigida, astratta e generica. D'altra<br />

parte l'arte ha una vita propria, autoreferenziale nel suo dis-porsi formale, non è<br />

possibile ridurla a sentimentalismi e gongorismi (come hanno fatto i cosiddetti neoromantici).<br />

Nel difficile equilibrio fra l'io <strong>del</strong>l'artista, la società e le esigenze<br />

autonome <strong>del</strong>la scrittura sta il nodo <strong>del</strong>la questione. Putignano è cosciente <strong>del</strong>le<br />

difficoltà che mantenere tale equilibrio pone, tanto più che si tratta di un equilibrio<br />

mutevole, che di volta in volta deve adattarsi alle nuove esigenze che vengono fuori.<br />

L'arditezza <strong>del</strong>l'io s'incontra con i referenti sociali (l'impegno verso la collettività è<br />

dimostrato anche dall'attenzione che Putignano mette nella sua produzione didattica)<br />

e il risultato di questa cultura va a relazionarsi con l'opera d'arte, con rigore, con un<br />

atteggiamento scientistico, come direbbe Putignano. Scrupolosità e precisione nel<br />

lavoro sono gli atteggiamenti irrinunciabili, pena la sciatteria, ma nessuna apologia<br />

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<strong>del</strong> numero o intellettualismo, nessun adeguamento a metodi astratti, piuttosto la<br />

scienza di Putignano è scienza <strong>del</strong>l'uomo e per l'uomo.<br />

La razionalità di Putignano articola i molteplici frammenti <strong>del</strong> sapere moderno,<br />

cercando di equilibrarne le contraddizioni e scegliendo dei percorsi formali che siano<br />

in grado di costruire un nuovo orizzonte di senso, il quale permette di leggere tali<br />

contraddizioni e conflitti. E' quello di Putignano un costruttivismo ampio che aspira a<br />

gettare luce su nuove possibilità e su alternative rimaste finora in ombra, facendo leva<br />

sul concetto essenziale di tempo che, progressivamente, diventa il centro e l'unicum<br />

<strong>del</strong>la sua produzione.<br />

Da un punto di vista compositivo, questa scienza consiste nel ricorso a sezioni o<br />

reiterazioni o rifrazioni interne o infrastrutture armoniche che costituiscono <strong>del</strong>le<br />

costanti da cui partono fenomeni differenti, pause comprese, queste caratteristiche<br />

rappresentano alcuni degli aspetti che vengono messi in gioco per dosare gli elementi<br />

e per approdare a una forma organica. Importante è l'utilizzazione dei livelli<br />

interpretativi, giochi che permettono agli elementi di poter essere letti in modi<br />

diversi, di scorrere verso destra o sinistra, di essere in primo piano o sullo sfondo, di<br />

essere segni o segnali, novità o memorie. Tutto questo porta a una drammatizzazione<br />

sottaciuta.<br />

Lo spazio è un parametro importante <strong>del</strong>la musica di Putignano. Spazio fisico <strong>del</strong><br />

luogo in cui viene rappresentata la composizione, ma soprattutto spazio (illusorio)<br />

interno al brano, dove gli elementi vanno da un punto all'altro o dove girano intorno<br />

in una sorta di spirale o dove non vanno da nessuna parte ma scavano in profondità,<br />

verso se stessi, in una ricerca <strong>del</strong>l'essenza <strong>del</strong>l'uomo che loro ha donato vita, in un<br />

complesso gioco degli elementi sonori. E' un'ermeneutica sferica, che legge ogni<br />

aspetto musicale come fosse un individuo.<br />

Il concetto <strong>del</strong>lo spazio si collega a quello <strong>del</strong> tempo, una concezione temporale<br />

affascinata da quella espressa da Heidegger nel suo saggio su Il concetto di tempo.<br />

"La domanda, che cos'è il tempo? È diventata, chi è il tempo" - scrive Heidegger -<br />

"più precisamente, siamo noi stessi il tempo? O ancora più precisamente, sono io il<br />

tempo? Così mi faccio il più vicino possibile al tempo, e se intendo bene la domanda<br />

allora con essa tutto si è fatto serio. Dunque questo domandare è il modo più<br />

adeguato di accedere al tempo e di trattarlo in quanto ogni volta mio. Allora l'esserci<br />

sarebbe problematicità". Già il titolo <strong>del</strong> pezzo di Putignano, Il respiro <strong>del</strong> cielo,<br />

rende l'idea di una temporalità spazializzata che dall'infinità <strong>del</strong> cielo entra in noi e,<br />

quindi, ci rende tempo. L'operare e l'opera, nei loro estremi possibili, altro non sono<br />

che il tempo stesso, non sono nel tempo, ma esseri temporali. E il fenomeno<br />

fondamentale <strong>del</strong> tempo è il futuro, la musica è un percorso sonoro che tende al<br />

futuro, "l'essere futuro come possibilità <strong>del</strong>l'esserci" (Heidegger). Dal punto di vista<br />

costruttivo, il brano è realizzato da mini arborescenze sonore che sembrano evaporare<br />

da alcune stratificazioni, sono arborescenze che vengono calibrate con molta<br />

parsimonia per rendere ora dei colori particolari, ora dei sapori tonali, ora fuggevoli<br />

sensazioni, il tutto si presenta e subito si risolve in una vorticosa spirale di<br />

18


permutazioni e interpolazioni. Alcune reiterazioni vengono usate per creare <strong>del</strong>le<br />

perturbazioni locali nel continuum <strong>del</strong> flusso temporale, così da spezzare l'andamento<br />

rettilineo e far assumere al tempo un esplicito andamento irreversibile. Molte<br />

dicotomie, come periodicità/aperiodicità, simmetria\asimmetria, tonale/atonale,<br />

vengono risolte in maniera leggera e positiva, fornendo alla composizione<br />

un'invidiabile trasparenza. L'attrattore principale degli elementi, per tutto il brano, è il<br />

tempo.<br />

Il controllo fondamentale <strong>del</strong>l'attenzione compositiva è, dunque, sul tempo: tempo di<br />

apparizione e di scomparsa di figure, di elementi aperiodici, di grumi bruitistici;<br />

tempo di durata dei fenomeni sonori, <strong>del</strong>le loro riverberazioni o <strong>del</strong>le ripetizioni di<br />

sezioni; tempo necessario sia a livello acustico che uditivo per ottenere la sin<strong>tesi</strong> in<br />

uno spettro unico, complesso, dinamico di multifonici e transitori d'attacco, armonici<br />

e rumori, ribattutti e suoni tenuti, tremoli e glissati. Il compositore diviene il "padrone<br />

<strong>del</strong> tempo", come ha scritto Putignano, "governa tutti gli elementi per disporli nella<br />

dimensione specifica <strong>del</strong>la musica." Coesistono invece perturbazioni di campo e<br />

temporali, variazioni cicliche, letture circolari di piccoli gruppi o singoli eventi,<br />

sempre proiettati però in una continuità temporale inesorabile. Così come il tempo in<br />

natura non torna mai indietro, anche la musica essendo un'immagine <strong>del</strong> tempo non<br />

ha ripetizioni. Nella nostra vita quotidiana, è frequente ritornare negli stessi luoghi:<br />

ciò determina una illusione momentanea di fermare il tempo. Ma non è così: pur<br />

ritornando - anche dopo pochi attimi - in un luogo dove ci si è già stati, e rifacendo<br />

gli stessi gesti, noi non creeremmo mai la ripetizione reale <strong>del</strong> tempo. Allo stesso<br />

modo, <strong>del</strong>le figure musicali non vengono mai ripetute identiche a se stesse, ma<br />

variate continuamente.<br />

Il tempo, quando appare sotto forma di musica, diventa gioco <strong>del</strong> vissuto, come dice<br />

Eggebrecht, il gioco <strong>del</strong>la musica è sempre gioco nel e col tempo, pervaso di<br />

contenuti percettivi e di esperienza vissuta. Nel gioco il tempo cambia, viene mutato,<br />

stirato, allungato, ristretto. In tal modo la musica si affranca dalla sua etichetta di<br />

esprimere i sentimenti per assurgere a misura <strong>del</strong> tempo, una "misura" ch'è forza<br />

cognitiva. Nella Recherche, Proust lega il tempo all'attività <strong>del</strong>la memoria che<br />

ricostruisce un percorso continuativo, mentre Bau<strong>del</strong>aire seziona il tempo, isolando<br />

ora un aspetto ora un altro, facendolo scorrere veloce o lento, rarefacendo gli<br />

elementi o ispessendoli, giocando con la scarsità degli avvenimenti/informazioni o<br />

sulla pienezza, da qui parte Putignano.<br />

S'è usato il termine "gioco", non solo per una sorta di usanza che vede nel gioco un<br />

sinonimo <strong>del</strong> con-porre , ma per sottolineare come la prassi <strong>del</strong>lo scrivere sia, nella<br />

sostanza, un mettere insieme le cose giocandoci sopra, come appunto in un gioco<br />

complesso, un divertimento che risulta essenziale alla buona riuscita <strong>del</strong> brano stesso,<br />

in quanto la dimensione ludica <strong>del</strong> fare è caratteristica <strong>del</strong> lavoro di Putignano, una<br />

caratteristica un po' barocca se vogliamo, che ricorda l'arte <strong>del</strong>la sua Lecce. Dietro al<br />

gioco la morte /.../<br />

La creazione di un suono complesso si realizza, nella recente produzione di<br />

Putignano, utilizzando soprattutto una miscela di transitori d'attacco di strumenti vari,<br />

19


seguiti da decadimenti di suoni artificiali, anch'essi miscelati, che si possono muovere<br />

in un ambito frequenziale molto limitato, e questo per permettere la riconoscibilità<br />

<strong>del</strong> nuovo suono. Non ci sono mai combinazioni uguali, ma vengono variate da<br />

permutazioni continue. I ritorni hanno una valenza formale e rispondono a criteri di<br />

periodicità armonica e di aperiodicità inarmonica, si tratta comunque di ritorni<br />

parziali che assomigliano alla logica dei nastri scorrevoli a differente velocità.<br />

Putignano non articola i suoni in uno spazio acustico, ma organizza masse nel tempo,<br />

utilizzando, in modo certosino, diagrammi di flusso che consentono di misurare tutti i<br />

parametri, specialmente quelli legati alla percezione. Interessanti sono gli schemi<br />

preparatori che Putignano mette a punto per i suoi lavori, si tratta di grafismi che<br />

illustrano l'ossatura e gli aspetti essenziali <strong>del</strong>la scrittura (simile in questo al lavoro di<br />

Cresta).<br />

Il rapporto spazio/tempo viene a configurarsi come un continuo divenire di fenomeni<br />

che percepiamo nella loro variazione di densità, interessante è un possibile rapporto<br />

di alcuni procedimenti di Putignano con ciò che venne espresso dal "Gruppo T", a<br />

Milano nel 1960: "ogni aspetto <strong>del</strong>la realtà, colore, forma, luce, spazi geometrici e<br />

tempo astronomico, è l'aspetto diverso <strong>del</strong> darsi <strong>del</strong>lo spazio-tempo o meglio: modi<br />

diversi di percepire il relazionarsi fra spazio e tempo."<br />

E' come se Putignano sospendesse il tempo, andando alla ricerca di una musica prima<br />

<strong>del</strong> tempo, una musica che nulla a che fare col tempo normale, quantitativo e<br />

rettilineo, ma che crea, ogni volta, un progetto di temporalità qualitativa, vissuta.<br />

L'ascolto esce dal presente e va verso la memoria, poi rientra e crea strati sonori che,<br />

nel loro disporsi denso o rarefatto, agiscono sul tempo psicologico, facendo sentire lo<br />

scorrere <strong>del</strong> tempo come veloce o lento, a seconda <strong>del</strong>l'informazione musicale<br />

trasmessa e <strong>del</strong>le modalità con cui tale informazione viene esposta. Un'informazione<br />

ch'è in rapporto con la memoria <strong>del</strong>l'ascolto e che, quindi, si realizza fra storia e<br />

novità. Ordinare tutto questo e mettere in relazione i vari elementi crea la forma <strong>del</strong>la<br />

composizione. Quindi la struttura è una "supercategoria che consente una rete logica<br />

di relazionabilità tra vari sistemi" - come scrive Moscariello - con tale messa in<br />

relazione si apre un "varco, un trait d'union tra il rigore <strong>del</strong>la logica matematica e la<br />

variabilità dei processi psicofisici che determinano la percezione musicale" /…/<br />

Un certo tipo di Strutturalismo, elastico e antidogmatico, è stato l'incudine su<br />

Putignano si è formato durante il periodo di apprendistato. Certo, questa influenza è<br />

rimasta, soprattutto come attitudine al calcolo e al metodo (e, a volte, si desiderebbe<br />

maggiore elasticità). Dallo Strutturalismo ha ereditato gli strumenti <strong>del</strong> fare<br />

compositivo, comuni a molti suoi coetanei, ma tale influenza è stata bilanciata<br />

dall'innamoramento per Cage che, come ogni cotta, ha qualcosa di irrazionale e di<br />

assolutamente liberatorio: l'idea di potersi liberare da formule, griglie, schemi senza<br />

subire contraccolpi, ma con velocità, facilità, disinvoltura e, diciamolo pure, una<br />

buona dose di goliardia, ha prevalso in una prima fase <strong>del</strong>la sua musica;<br />

successivamente c'è stato un ripensamento, una selezione, un esame critico (ma non<br />

negativo) di molte posizioni di Cage. Oggi Putignano si sente debitore nei sui<br />

confronti per la libertà di certe soluzioni formali aperte, per l'allargamento <strong>del</strong> suono<br />

20


alla quotidianità. Il movimento aleatorio, nato in Europa sulla scia <strong>del</strong>l'entusiasmo<br />

innescato da Cage, ha rappresentato per lui un momento di grande arricchimento,<br />

tanto da poter affermare che la sua propensione ad immaginare visivamente il<br />

materiale sonoro possa aver avuto origine proprio dalla passione per le partiture<br />

d'azione.<br />

La lezione <strong>del</strong> Minimalismo, per quanto suadente, lo ha sempre lasciato molto<br />

titubante, a causa di quel confine mai netto e sempre ambiguo tra musica<br />

commerciale di (facile) consumo e musica colta. Eppure, alcuni procedimenti legati<br />

allo sfasamento dei patterns ritmici - seppur in maniera rudimentale e funzionale alla<br />

sua musica - si possono ritrovare in partiture come Passaggi di pietra, o anche in<br />

pagine precedenti come Il giardino <strong>del</strong>le esperidi e ancora prima nel Quartetto n° 2;<br />

sono procedimenti però più improntati al "ripetivismo" di matrice caotica, pro<strong>tesi</strong><br />

verso forme di entropia, che di vere e proprie pratiche minimaliste.<br />

Il movimento spettrale invece è quello che maggiormente ha informato le sue pagine<br />

dal 1995 ad oggi. La sua non è una adesione tardiva al programma <strong>del</strong>l'Itineraire, ma<br />

un approdo critico e indipendente, che ha seguito percorsi molteplici e tortuosi, forse<br />

anche imprevedibili /.../<br />

Soprattutto nell'ultima produzione acquista importanza la numerologia, non astratta<br />

ma esperita nella sua estensione e nella sua forza qualitativa. Certi temi, come quelli<br />

trattati in Cattedrali di silenzio, esprimono il mysteria numerorum attraverso<br />

proporzioni musicali quali il canone, la talea, lo spettro <strong>del</strong>l'accordo (di Mibemolle),<br />

la reitificazione di certi intervalli (specie le quarte), la distribuzione dei suoni ecc.<br />

Quindi attraverso il numero si attua una mimesis fra corpo sottile universale e suono,<br />

da questa ratio scaturisce il brano, seguendo qualitas e quantitas <strong>del</strong> numero, come<br />

l'architettura di una cattedrale, appunto /.../<br />

Putignano lega l'idea di armonia a quello di eufonia; in una musica dove tutto è<br />

contrappunto, tutto movimento, l'eufonia è un momento statico di un agglomerato<br />

frequenziale - che ha rallentato il suo movimento da…a…- in cui si ritrovano<br />

assonanze, risonanze, consonanze e dissonanze. La melodia è da intendersi sempre<br />

come ricostruzione in fase di ascolto di segmenti sparsi o occultati nell'intreccio<br />

contrappuntistico; oppure apparizione che emerge per stream segregation, e infine,<br />

profilo melodico quando è citazione, ed è spesso soggetta a procedimenti di<br />

anamorfosi. Un'attenzione nuova verso la melodia e le sue trasformazioni si<br />

manifesta nell'appena concluso ciclo dei Commentari, <strong>del</strong> quale il primo esempio è il<br />

Commentario a variante (2002) per violoncello e pianoforte, una sorta di epifania<br />

scritta in memoria di De Lillo. Seguono i Cinque Commentari per pianoforte (2003):<br />

il primo s'intitola Commentario a margine e parte dal pezzo n. 6 <strong>del</strong>l'Op. 19 di<br />

Schoenberg, non si tratta di una sorta di variazione su tema, neanche di una<br />

metamorfosi che parte da una citazione, né, tantomeno, di un'improvvisazione,<br />

semmai si avvicina a un complesso tropo moderno; il secondo è Commentario a<br />

forma di glossa su un foglio d'album Frammento d'autunno di Gentilucci; il terzo è<br />

Commentario anamorfotico sul terzo Klavierstuck di Stockhausen; il quarto è<br />

Commentario interlineare su una breve Invenzione a due voci di Fe<strong>del</strong>e; il quinto è<br />

Commentario concentrico su 4'33'' di Cage: già i titoli dicono come si svolgono i<br />

21


commenti ai brani in questione, in pratica si tratta di una riproposizione <strong>del</strong>la prassi<br />

<strong>del</strong>la tropatura che permette a Putignano non solo di far sfoggio <strong>del</strong>la sua bravura<br />

tecnico e inventiva, ma anche di allargare le ricerche su concetti e prassi che lo<br />

interessano. Il tempo scorre silenzioso, dentro e fuori di noi, la sfida di Putignano è di<br />

dare un costrutto al temps/espace interiore per pensare ed esperire una nuova<br />

formadei suoni.<br />

Da Renzo Cresti, L'Arte innocente, Rugginenti, Milano 2004<br />

Asterischi di Nuvole<br />

composto nel 1997 - 2006<br />

dedicato a Maria Pia Jacoboni Neri presidente <strong>del</strong>l’Associazione Clavicembalistica<br />

Bolognese<br />

commissionato da cembalisti italiani<br />

durata 6 minuti circa<br />

prima esecuzione: Castellana Grotte 2006, Sala Fato, Clavicembalista Diadorim<br />

Saviola<br />

inedito<br />

Il brano è stato progettato nel 1997, su invito di alcuni musicisti cembalisti per una<br />

esecuzione. Tuttavia, a causa <strong>del</strong> continuo spostamento <strong>del</strong>la stessa data di messa in<br />

opera, il brano si è protratto per quasi dieci anni. La realizzazione definitiva è<br />

avvenuta nel gennaio 2006, partendo dal materiale campionato nel ‘97 (tratto come si<br />

vedrà da alcune sonate di D. Scarlatti). Parziali modifiche sono state apportate al<br />

parametro formale. Il titolo è tratto da una comunicazione personale <strong>del</strong>la scrittrice<br />

salentina Patrizia Sambati.<br />

La tecnica compositiva può essere descritta in due momenti: uno di estrapolazione<br />

<strong>del</strong> materiale, l’altro di stesura formale.<br />

Il primo momento di ricognizione è stato condotto su un materiale armonico<br />

interamente tratto da alcune sonate per cembalo di D. Scarlatti. L’attenzione è caduta<br />

esclusivamente sui clusters che presentano un tasso di dissonanza più o meno<br />

accentuato. I clusters estrapolati, secondo la tecnica descrivibile come “Trema”<br />

(mutuata dalla geometria frattale di Man<strong>del</strong>lbrott1) sono stati rimontati seguendo una<br />

griglia si successione indeterministica. Solo il cluster n° 21 ha rivestito specifiche<br />

funzioni strutturali: per la sua particolare conformazione (una sovrapposizione di<br />

seconda minore do# - re e seconda maggiore, re – mi): questo insieme sonoro è<br />

sempre abbinato all’articolazione <strong>del</strong> tremolo, e ha il compito di solcare lo spazio<br />

acustico <strong>del</strong>lo strumento per spostare il range frequenziale in cui operano i parametri<br />

compositivi. Non tutto il materiale censito è utilizzato per la costruzione di<br />

Asterischi, ma solo quello che presenta maggiori affinità costruttive o –per contrasto–<br />

maggior scarto tensivo. Tutte le notine posizionate ai margini <strong>del</strong>l’accordo hanno la<br />

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funzione di rendere asimmetrica la verticalità dei clusters. Questo procedimento è<br />

finalizzato a ricreare andamenti caotici più o meno complessi che sono alla base <strong>del</strong><br />

pensiero compositivo non solo di questo brano, ma di quasi tutte le<br />

recenti composizioni. Secondo appunto le teorie di caos, la regolarità è vista come un<br />

caso specialissimo <strong>del</strong>l’irregolarità globale che governa i vari fenomeni naturali, la<br />

simmetria un caso eccezionale <strong>del</strong>l’asimmetria generalizzata <strong>del</strong>l’universo, ecc.<br />

1 I TREMA rappresentano ... <strong>del</strong>le porzioni di spazio ... ma anche figure più<br />

irregolari, che vengono ritagliate ed asportate da un oggetto in base a una procedura<br />

che può essere tanto di carattere deterministico quanto di tipo aleatorio. Il neologismo<br />

«trema» riprende letteralmente il vocabolo greco trhema «buco». B. Man<strong>del</strong>brot GLI<br />

OGGETTI FRATTALI Einaudi Paperbacks 173 , Torino 1987 pag. 157 Questa<br />

tecnica è stata impiegata in maniera sistematica per la realizzazione di un’altra<br />

composizione per cembalo solo intitolata appunto TREMA (2005) su Concerto<br />

Italiano di J. S. Bach.<br />

Il principio <strong>del</strong> TREMA è comunque spesso impiegato in molte mie composizioni<br />

come simulazione <strong>del</strong>la pratica <strong>del</strong> “campionamento”, tipico <strong>del</strong>la musica<br />

elettroacustica.<br />

Provenienza <strong>del</strong> materiale<br />

La forma di Asterischi di Nuvole potrebbe essere descritta come “circolare”, mutuata<br />

dalla tradizione <strong>del</strong> “rondò”. In realtà non è così. Si è partiti dalla forma a rondò, per<br />

poi sottoporre a forzatura la sua peculiarità, trasformando il punto di partenza <strong>del</strong><br />

“circolo”; una volta spostato quindi di un “gradino superiore” il punto di ripresa<br />

23


(accordi tenuti contro accordi staccati <strong>del</strong>l’inizio), si è ottenuta una curva circolare a<br />

forma di spirale. La spirale è un cerchio spiritualizzato. Nella forma di spirale il<br />

cerchio, sviluppato, disteso, ha cessato di essere vizioso; è stato reso libero.<br />

(Vladimir Nabokov, Speak Memory) Il termine spirale è molto antico e se ne trova<br />

traccia nel sistema astronomico di Platone (427-347 a.C.). È anche interessante che in<br />

un’opera di Teone di Smirne, Astronomia, si parli di una spirale astronomica,<br />

curiosamente descritta come la curva lungo la quale si muove un cavallo obbligato a<br />

restare tra due barriere. “Spira”, dal greco spera, è una linea flessuosa che gira<br />

attorno a un punto, o polo, senza mai tornare su se stessa. La spira è anche ciascuno<br />

degli anelli che compongono una spirale e abbiamo ben presenti le immagini di<br />

serpenti avvolti su se stessi, appunto sulle loro spire.<br />

La spirale è dunque qualcosa, in particolare una linea, che si avvolge su se stessa a<br />

spire. La forma a spirale si incontra frequentemente in natura, nel regno vegetale (per<br />

esempio nei rampicanti)e animale (come nelle chiocciole o nelle conchiglie) e<br />

rappresenta l’evoluzione di una forza, o di uno stato. È presente in tutte le culture,<br />

carica di significati simbolici. Una <strong>del</strong>le figure più note è la doppia spirale <strong>del</strong>lo yinyang<br />

cinese, che separa le due metà nera e bianca di una figura, densa di<br />

innumerevoli significati esoterici. Essa può essere considerata come la traccia<br />

descrittiva, in proiezione orizzontale, di un altro famoso simbolo primitivo: l’elica<br />

evolutiva, che rappresenta lo sviluppo e la continuità degli stati <strong>del</strong>l’esistenza.<br />

Altri simbolismi legati alla spirale sono il doppio avvolgimento dei due serpenti<br />

attorno al caduceo, il bastone da araldo sempre presente nelle raffigurazioni di<br />

Mercurio messaggero degli dei. O ancora, lo scalone a spirale, semplice o doppio, che<br />

ci affascina con la sua imponenza in tante dimore patrizie, mentre la modesta scala a<br />

chiocciola, che incontriamo nelle nostre casette di montagna, è semplicemente una<br />

soluzione un po’ scomoda, ma pratica, per risparmiare spazio.<br />

Per le curve spirali la rappresentazione analitica più semplice e conveniente si ottiene<br />

adoperando coordinate polari, per cui è abbastanza diffusa tra i matematici la<br />

consuetudine di chiamare spirali curve espresse col sistema polare di coordinate.<br />

Esistono vari tipi di spirali: spirale di Archimede, spirale di Fermat, spirale di<br />

Poinsot,spirale parabolica, iperbolica, logaritmica, atomica e poligonale.<br />

24


Quella a cui si fa riferimento al pezzo è la spirale di Galileo. Galileo viene spesso<br />

ricordato per<br />

l’esperimento <strong>del</strong>la<br />

caduta di due corpi<br />

differenti per<br />

dimensione e peso<br />

dalla Torre Pendente<br />

di Pisa, che condusse<br />

alla determinazione<br />

<strong>del</strong>le leggi <strong>del</strong>la<br />

dinamica e ai concetti<br />

di massa e peso.<br />

Padre Mersenne<br />

(1588-1648),,<br />

instancabile<br />

promotore di sfide matematiche tra i suoi contemporanei, aveva chiesto a Fermat di<br />

studiare una curva proposta appunto da Galileo, e cioè descritta da un punto pesante<br />

in caduta libera verso il centro <strong>del</strong>la Terra secondo la legge di Galileo, cioè con<br />

accelerazione costante. Questa traiettoria non è rettilinea, in quanto la Terra ha un<br />

movimento di rotazione, e se la curva viene proiettata sul piano <strong>del</strong>l’equatore, la<br />

curva che si ottiene è chiamata spirale di Galileo: ovvero, la curva è simmetrica<br />

rispetto all’asse polare, poiché non muta il segno di ω.<br />

La composizione è ripartita in modo tale che al centro possano comparire alcuni<br />

agglomerati<br />

sonori originali, isolati da pause, che ne corroborano la funzione di semplice<br />

materiale di partenza.<br />

Il passaggio successivo che fa riemergere le configurazioni accordali iniziali, avviene<br />

per assolvenza. Ne deriva quindi che la prima parte e l’ultima rappresentino una sorta<br />

di gioco di mimesi frequenziale, ma non timbrica, metrica, ma non articolativi. Lo<br />

spostamento di registro che avviene nella “ripresa”, seppur compensato dal cambio di<br />

altezza con i registri da 8’ a 4’, è caratterizzato appunto dallo scarto timbrico ed<br />

articolativo. La<br />

ripresa dunque, poichè è variata sia dal cambio di articolazione (staccato contro<br />

tenuto) che dalla trasformazione timbrica, non assume più significato tradizionale di<br />

“ripresa”, ma punto di ripartenza <strong>del</strong>la curva per avvilupparsi nuovamente sul proprio<br />

asse.<br />

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Edwin McLean (1956) è un free-lance compositore che vive a<br />

Chapel Hill, nel North Carolina. É laureato alla Yale School of<br />

Music, dove ha studiato con Krzysztof Penderecki e Jacob<br />

Druckman. Ha anche ottenuto una laurea in teaoria musicale ed in<br />

pianoforte all’Università <strong>del</strong> Colorado. Ha ottenuto diverse borse di<br />

studio e premi: il MacDowell Colony, il John Work Award, il Woods<br />

Chandler Prize (Yale), Meet the Composer, Florida Arts Council, e<br />

altri, è stato anche vincitore <strong>del</strong> Aliénor Composition Competition<br />

per la sua Sonata for Harpsichord. Fin dal 1979 è impegnato nell’editoria musicale.<br />

Edwind McLean ha scritto tre sonate per cembalo, una per due cembali ed una per tre<br />

cembali.<br />

Sonata for Harpsichord<br />

composta nel 1991<br />

scritta per Robert Heath<br />

commissionato da Robert Heath vicepresidente <strong>del</strong> Miami Bach Society e organista e<br />

direttore <strong>del</strong> Plymouth Congregational Church di Miami<br />

durata minuti circa<br />

prima esecuzione Miami Florida, 1991 Plymouth Church, clavicembalista Robert<br />

Heath<br />

edizione: The FJH Music Company, INC. Florida<br />

discografia: Elaine Funaro, Into The Millennium, Gasparo GSCD-331<br />

La sonata è stata scritta in due settimane dopo una conversazione tra la<br />

clavicembalista Elaine Funaro ed il compositore: la clavicembalista chiede un brano<br />

con il quale chiudere un concerto.<br />

La sonata è una vincente combinazione tra antico e moderno, nei tre movimenti<br />

contrastano il suono tradizionale <strong>del</strong> clavicembalo e tonalità e ritmi sincopati comuni<br />

alla musica pop ed al jazz. Nel primo e terzo movimento sono presenti due momenti<br />

chitarristici, mentre nel secondo è lo stile barocco ad alternare l’antico ed il moderno.<br />

McLean mette bene in luce le caratteristiche <strong>del</strong>lo strumento e veste di nuovogli<br />

originali stilemi compositivi <strong>del</strong>la scrittura per clavicembalo.<br />

Tutta la sonata ha origine dalla cellula melodica,<br />

che permea l’intera composizione, continuamente<br />

riproposta ogni volta in diversa guisa.<br />

Il primo movimento è in forma di rondò (il rondò viene ripetuto sette volte, più<br />

un’ottava come ritornello finale) ed ha l’insolita designazione “Brisé”, un omaggio<br />

allo stile di F. Couperin Le Grand. Brisé è termine francese che significa rotto,<br />

spezzato. Nel XVII secolo è caratterizzato dall’esecuzione non simultanea <strong>del</strong> basso e<br />

<strong>del</strong>la melodia,<br />

26


27<br />

un esempio di stile spezzato <strong>del</strong><br />

XVII secolo, da un “Ground” in e<br />

di H. Purcell<br />

nella terminologia moderna sta invece ad indicare un arpeggiamento di accordi.<br />

l’incipit <strong>del</strong>la sonata di McLean con<br />

ravvisabile la cellula melodica<br />

generatrice <strong>del</strong>l’intera composizione<br />

e lo stile Brisè nella sua accezione<br />

moderna<br />

Il secondo movimento contrasta con il primo. È di carattere più melodico per la<br />

presenza di una melodia cantabile e lenta, sorretta da un “basso passeggiato” (altro<br />

atteggiamento tipico <strong>del</strong> Barocco), una “Promenade” in un rilassato 4/4, quasi un 2/2.<br />

l’incipit <strong>del</strong> secondo tempo:<br />

ancora è ravvisabile la cellula<br />

melodica generatrice <strong>del</strong>l’intera<br />

composizione ed il basso<br />

passeggiato<br />

Il terzo movimento, “Toccata” è veloce ed in stile jazzistico: ad un ostinato ritmico<br />

estremamente lineare è contrappuntata una melodia sincopata.<br />

l’incipit <strong>del</strong> terzo tempo, sempre<br />

con la cellula melodica generatrice<br />

<strong>del</strong>l’intera composizione e<br />

l’ostinato ritmico<br />

La registrazione è indicata nella sonata solo nel secondo movimento e con l’unica<br />

prescrizione dei manuali superiore ed inferiore da alternare ripetutamente. Se ne<br />

presuppone un’esecuzione pensata su di un cembalo copia, il compositore lascia<br />

infatti aperta la possibilità di un’esecuzione anche al pianoforte o alla tastiera digitale.


Fonti e bibliografia<br />

Si ringraziano i compositori: Jiri Gemrot e Biagio Putignano per avere fornito le<br />

partiture <strong>del</strong>le proprie composizioni e le indicazioni riguardanti le stesse.<br />

I clavicembalisti Annelie De Man, Elaine Funaro e Giedrė Lukšaitė Mrázková per<br />

avere reso possibili i contatti con i compositori.<br />

Sono stati Consultati i seguenti testi:<br />

Massimo Mila, Breve Storia <strong>del</strong>la Musica, Einaudi, Torino 1963.<br />

Frances Bedford e Robert Conant, Twentieth Century Harpsichord Music:<br />

a Classified Catalog, Joseph Boonin, inc., Hackensack, New Jersey 1974.<br />

Béla Bartok, Harvard Lectures, Ricordi, Milano 1981<br />

Massimo Mila, Cent’anni di Musica Moderna, EDT, Torino 1981.<br />

Bellasich, Ladini, Leschiutta, Lindley, Il Clavicembalo, EDT, Torino<br />

Dizionario Enciclopedico <strong>del</strong>la Musica e dei Musicisti, UTET, Torino 1985 ©<br />

Larry Palmer, Harpsichord in America, a Twentieth-Century Revival,<br />

Indiana University Press, USA 1989<br />

Andrea Lanza, Il Secondo Novecento, EDT, Torino 1991.<br />

Martin Elste, Modern Harpsichord Music, a Discography, Greenwood Press,<br />

London 1995<br />

Enzo Restagno, Andriessen, EDT, Torino 1996.<br />

Renzo Cresti, Enciclopedia italiana dei compositori contemporanei,<br />

Ed. Pagano, Napoli 1999.<br />

Renzo Cresti, Linguaggi <strong>del</strong>la musica contemporanea, n. 3<br />

Guido Milano Editore, Milano 1999.<br />

The New Grove, Dictionary of Music and Musicians, Macmillan Publishers Limited,<br />

London, New York, Hong Kong 1980, 2001 ©<br />

Diadorim Saviola – Maria Pia Jacoboni, Il Clavicembalo nella Musica<br />

Contemporanea Italiana, Associazione Clavicembalistica Bolognese, Bologna 2005<br />

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