file pdf allegato - Laboratorio Postraccolta
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INTRODUZIONE<br />
E’ormai consolidato il crescente interesse che gli amanti del vino rivolgono<br />
ai vini da dessert, altrimenti detti da fine pasto o da meditazione. Tale fenomeno<br />
in costante sviluppo fa si che in Italia accanto alle tradizionali zone di<br />
produzione e ai vini “dolci” classici, si vadano delineando nuove aree, nuovi<br />
prodotti e nuovi protagonisti.<br />
Spunto per l’approfondimento di questo argomento ha offerto sicuramente<br />
la pubblicazione della guida “Bere dolce” all’inizio del 2004, dove vengono<br />
presentati, corredati da scheda di valutazione organolettica, giudizio di merito,<br />
dati sull’azienda produttrice ecc., ben 371 tipi di vini “dolci” scelti tra gli oltre<br />
650 presi in esame.<br />
Sebbene per i lettori più critici abbia destato scalpore l’elencazione dei<br />
prezzi apparentemente esagerati, agli operatori del settore non è certamente<br />
sfuggito l’aspetto legato all’interesse sempre maggiore (statistiche alla mano)<br />
che i consumatori rivolgono verso questi tipi particolari di vini (“Bere dolce”,<br />
2004, Francesco D’Agostino).<br />
Le regioni Piemonte (con i vari Asti, Moscato d’Asti, Brachetto ecc.) e<br />
Veneto (soprattutto con i vari Recioto) sono le protagoniste assolute<br />
rispettivamente con 77 e 71 vini selezionati, seguite a distanza da Toscana<br />
(grazie soprattutto ai Vin Santo) e Friuli (per merito dei vari Picolit, Verduzzo e<br />
Ramandolo).<br />
1
Emerge chiaramente anche da altre fonti, prime tra tutte le riviste di settore,<br />
che il mercato vitivinicolo si stia specializzando anche in questo tipo di prodotti<br />
che risultano attualmente ben remunerativi seppur caratterizzati da costi di<br />
produzione in media più elevati.<br />
Questi vini impropriamente chiamati “dolci” costituiscono una categoria di<br />
derivati di uve particolari, complessivamente detti Vini Speciali e comprendente<br />
principalmente tre macrofamiglie di prodotti cosi’ definite:<br />
VINI AROMATIZZATI: (minimo 10°) partono da un vino/mosto fermo al<br />
quale si aggiungono alcool, zucchero o mosto, infine erbe o spezie aromatizzanti<br />
in giusta proporzione.<br />
Ad es. per ottenere il Barolo Chinato si usa corteccia di china; il Vermouth<br />
è il termine tedesco per l’assenzio e dà il nome al vino aromatizzato sicuramente<br />
più conosciuto (Martini).<br />
Il vino cosi’ ottenuto è filtrato e chiarificato e dopo una maturazione di 6-<br />
12 mesi si imbottiglia.<br />
VINI SPUMANTI: sono vini speciali caratterizzati dallo sviluppo di<br />
anidride carbonica nella massa liquida. La CO2 può provenire da<br />
rifermentazione naturale in bottiglia o in autoclave, oppure essere introdotta<br />
artificialmente. Nel primo caso si parla di spumanti naturali, nel secondo di<br />
spumanti artificiali.<br />
VINI LIQUOROSI: vengono prodotti da un vino base al quale si aggiunge<br />
una combinazione di alcol, mosto concentrato, acquavite, mistella, per<br />
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aumentare il titolo alcolometrico. La gradazione alcolica di partenza è di almeno<br />
12° mentre quella finale va da 16° a 22°. La concentrazione zuccherina è<br />
superiore ai 50 g/l (40 g/l per i vini secchi). La mistella è una combinazione<br />
infermentescibile di mosto, acquavite e zucchero con titolo alcolometrico dai<br />
16° ai 22°.<br />
I prodotti più famosi sono: Porto e Marsala (vino + alcol/mosto); Madera<br />
e Sherry (mosto + alcol).<br />
Spesso annoverati tra i vini speciali, ma legalmente non appartenenti a<br />
questo gruppo sono i VINI PASSITI, derivanti da uve sane lasciate<br />
sovramaturare in modo naturale o artificiale.<br />
Questi vini hanno una lunga tradizione. I popoli antichi (Ebrei, Fenici,<br />
Greci, Romani…) per conservare i loro vini e commercializzarli lontano dal<br />
luogo di produzione erano costretti ad appassire le uve al sole (per concentrare<br />
gli zuccheri) ed ottenere quindi vini molto alcolici e serbevoli.<br />
Che il vino dolce costituisca una piccola nicchia nel mercato mondiale è<br />
certo ma altrettanto non si può dire del suo valore storico.<br />
In effetti nell’antichità, e per antichità intendiamo in questo caso dalla<br />
civiltà Egiziana fino al XVII secolo d.C, i vini più apprezzati erano nella<br />
stragrande maggioranza dolci. È nota infatti, l’abitudine dei greci antichi, e in<br />
seguito anche dei romani, di sciogliere miele o resina nelle anfore di vino<br />
(pratica in uso fino al XV secolo se, come un certo Pietro Casola racconta nel<br />
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suo diario di viaggio in Terra Santa, di vini Ciprioti aggiunti di resina per<br />
renderli più forti e durevoli).<br />
Il commercio dei vini passiti rimase fiorente nei secoli : si pensi all’epoca<br />
della Repubblica di Venezia, città nella quale si è dedicata una strada alla<br />
Malvasia.<br />
Nel medioevo, ed in particolare in un periodo che abbraccia tutto l’arco<br />
delle crociate, fra i vini più apprezzati spiccavano quelli ciprioti, dolci e di<br />
notevole gradazione alcolica, ritenuti prodotti di gran lusso.<br />
Uve come Romania, Moscato, Malvasia di Candia, coltivate in grande<br />
quantità nelle isole greche Veneziane (Corfù, Zante, Cefalonia) producevano<br />
vini dolci molto stimati, anche se di qualità inferiore a quelli di Cipro, che<br />
venivano esportati dai commercianti lagunari principalmente nelle Fiandre e in<br />
Gran Bretagna.<br />
Un forte cambiamento in questi vini avvenne con la scoperta della<br />
distillazione ( attorno al 1200), con la quale si produceva alcol per rinforzare i<br />
vini deboli. I vini ottenuti con l’aggiunta di alcol erano appunto i vini liquorosi<br />
che possono derivare da uve passite o normali. Si hanno cosi’ i passiti liquorosi<br />
nel primo caso o semplicemente i liquorosi nel secondo caso (Marsala ,<br />
Vernaccia di Oristano, Porto, Madera, Sherry….).<br />
I passiti a loro volta possono essere naturali o invecchiati in piccole botti<br />
(carati), nel primo caso si chiamano semplicemente passiti, nel secondo caso si<br />
definiscono Vin Santi.<br />
4
Il Moscadello, ottenuto dalle viti di Moscato importate in Italia, Spagna e<br />
Francia meridionale, acquistò fama internazionale e fu protagonista nei banchetti<br />
delle corti di mezza Europa, per tutto il Rinascimento.<br />
La causa di ciò è ascrivibile a svariati motivi: gusto, abbinabilità e, non<br />
ultimo, tecnologia di vinificazione.<br />
Se da un lato non possiamo fare altro che registrare la preferenza accordata<br />
dagli antichi ai vini dolci, dall’altra possiamo senz’altro affermare che le<br />
pietanze speziate che usualmente imbandivano i banchetti, presumibilmente si<br />
accompagnavano a meraviglia con questi vini dolci e sontuosi.<br />
Va detto anche che le tecniche di vinificazione, ed in particolare di<br />
conservazione, non erano certo raffinate, almeno fino al XV secolo e,<br />
probabilmente, l’aggiunta si sostanze dolci serviva a camuffare difetti che<br />
avrebbero altrimenti reso il vino meno piacevole.<br />
Ma ritenere la prevalenza dei vini dolci sulle tavole medievali e<br />
rinascimentali, come un semplice effetto della scarsa abilità nella vinificazione,<br />
sarebbe quanto meno superficiale.<br />
Se da un lato i vini più rinomati provenivano da zone così calde da rendere<br />
ineluttabile la produzione di vini dolci (a Cipro l’uva era matura a fine luglio e<br />
le gradazioni zuccherine tali da impedire una completa trasformazione in alcol),<br />
dall’altra i produttori cercavano volontariamente questo profilo sensoriale, prova<br />
ne sia il fatto che, sebbene le uve maturassero sotto il caldo sole del<br />
Mediterraneo con largo anticipo rispetto alle zone nordiche, erano d’uso<br />
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corrente la vendemmia tardiva e l’essiccazione su pietra o su graticcio. Insomma<br />
le uve venivano fatte appassire con il preciso scopo di ottenere quel tipo di vino.<br />
Grossi problemi di arresti fermentativi evidentemente non ce n’erano,<br />
probabilmente perché i lieviti indigeni erano geneticamente in grado di resistere<br />
a gradazioni alcoliche che i lieviti selezionati di oggi non possono nemmeno<br />
sognare di sostenere. Il vino dunque finiva per avere molto alcool<br />
(probabilmente 17÷18 °) e gran quantità di zuccheri residui.<br />
Queste caratteristiche (in particolare l’alcol) rendevano il vino molto<br />
stabile, conservabile e dunque trasportabile (commerciabile) senza troppi<br />
patemi.<br />
I grandi “dolci” italiani<br />
L’Italia è da sempre un grande produttore di vini dolci (passiti, ottenuti da<br />
raccolte tardive o entrambi) sia in termini di quantità che dal punto di vista della<br />
varietà dell’offerta, davvero straordinaria. Fare un resoconto dettagliato di<br />
questa produzione è impresa difficile. Accenneremo dunque solo ai più rinomati.<br />
La culla dei vini dolci è naturalmente l’area meridionale dove fin dai tempi<br />
dei romani, e prima ancora dei greci, si sviluppò una notevolissima attività di<br />
produzione vinicola; oggi tuttavia questo tipo di vini nel rispetto delle tipicità<br />
zonali e della tradizione locale è presente in molte aree vitivinicole.<br />
Il più famoso dei vini dolci è certamente il Vin Santo toscano; le uve<br />
(Trebbiano e Malvasia in preponderanza; alcune varietà rosse, per esempio il<br />
Prugnolo, vengono utilizzate per il Vin Santo “Occhio di Pernice”) sono lasciate<br />
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appassire su graticci per alcuni mesi (fino a 6), poi vengono stivate in piccoli<br />
caratelli dove la fermentazione avviene molto lentamente: nei mesi invernali è<br />
praticamente ferma e si riattiva con i primi caldi. La fermentazione del Vin<br />
Santo può durare fino a 3 anni e l’affinamento arriva anche a 10 anni.<br />
Grande fama in Piemonte per il Moscato d’Asti dal gradevolissimo sentore<br />
di buccia di agrumi candita, e per il Brachetto d’Acqui (a base di Brachetto,<br />
Aleatico e Moscato Nero).<br />
Erbaluce.<br />
Meno famoso ma sicuramente interessante è il Caluso Passito da uve<br />
In Lombardia il vino passito più diffuso è lo Sfursat della Valtellina a base<br />
di un clone di Nebbiolo noto localmente come Chiavennasca. Il vino è secco ma<br />
le uve vengono fatte appassire prima della fermentazione, così come avviene per<br />
l’Amarone della Valpolicella (vino secco a base di Corvina, Rondinella e<br />
Molinara) e per il Recioto della Valpolicella, il cui nome ha origine dalla parola<br />
dialettale rece (orecchie) e indica il fatto che venivano utilizzate soltanto le<br />
“orecchie” dei grappoli, ossia le parti “alate” superiori che rimangono più<br />
esposte alla luce del sole.<br />
Il Veneto ha una lunga e interessante tradizione per i vini passiti: si pensi,<br />
oltre al già citato Recioto della Valpolicella, al Recioto di Soave, al Recioto di<br />
Gambellara, al Vin Santo di Gambellara, al Breganze Torcolato (Garganega e<br />
Vespaiola) il cui nome ricorda che i grappoli vengono appesi ad essiccare<br />
attorcigliandoli fra di loro. Molto piacevole anche il Moscato Fior d’Arancio dei<br />
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Colli Euganei, zona particolarmente vocata alla viticoltura per la sua orginine<br />
vulcanica, per la ricchezza in sali minerali e per le eccellenti esposizioni dei suoi<br />
vigneti. Francesco Petrarca, noto astemio, si convertì al nettare dionisiaco<br />
proprio quando stabilì la sua residenza in quelle zone: miracolato dai Colli<br />
Euganei !<br />
Anche la Valle d’Aosta ha due interessanti vini dolci: il Moscato Passito di<br />
Chambave dal delicato profumo di fiori e buccia d’arancio candita, e il<br />
Malvoisie del Nus (il nome non tragga in inganno: in realtà è ottenuto da un<br />
clone di Pinot Grigio).<br />
In Friuli spiccano il Picolit e il Verduzzo, le cui uve, raccolte tardivamente,<br />
non vengono sottoposte al processo di appassimento. Una particolare attenzione<br />
merita il Picolit, i cui grappoli piccoli e spargoli producono mediamente una<br />
trentina di acini contro i 150÷200 delle altre varietà; il sapore è dolce ma<br />
asciutto, e il profumo ricorda il miele. La sua storia è molto antica: pare certo<br />
che fosse coltivato già in epoca romana, e che nel medioevo fosse uno dei vini<br />
più richiesti dai commercianti di Venezia. E’ tornato in auge nel secondo<br />
dopoguerra grazie agli sforzi della Contessa Giuseppina Perusini Antonini di<br />
Rocca Bernarda, produttrice di vino.<br />
La Liguria è famosa per lo straordinario Sciacchetrà delle Cinque Terre, un<br />
vino passito dai toni ambrati e dalle note olfattive che richiamano il miele<br />
d’acacia, i fichi secchi e la resina di pino. Prodotto in quantità limitatissime<br />
(meno di 5.000 bottiglie da 0.5 lt) il nome deriva da due termini dialettali, sciac<br />
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(schiacciare) e trac (tirare via), a significare l’operazione di premitura e<br />
immediata separazione del mosto dalle bucce.<br />
Passando attraverso la Toscana (con il già citato Vin Santo e il Moscadello<br />
di Montalcino), l’Umbria con il Sagrantino di Montefalco Passito, e il Lazio con<br />
l’Aleatico di Gradoli sul lago di Bolsena e il Cannellino nei Colli Romani, è<br />
bene attraversare il mare per fermarsi in Sardegna, dove vengono prodotti alcuni<br />
dei più peculiari vini dolci italiani: come l’Anghelu Ruju vino rosso fortificato a<br />
base di Cannonau ( Grenache ), con le sue note vanigliate, di cannella, di mallo<br />
di noce e frutta secca, oppure il Malvasia di Bosa molto aromatico e con<br />
evidenti richiami alla nocciola e alla mandorla tostata, il Vernaccia di Oristano<br />
con le peculiari note di fiori di mandorlo, il Monica di Cagliari e il Nasco di<br />
Cagliari con il caratteristico profumo di muschio.<br />
La Sicilia e le sue isole, così come la Sardegna, sono notevoli produttrici di<br />
vini dolci e passiti. Oltre al più che noto Marsala, vale la pena ricordare il<br />
Moscato di Pantelleria (noto anche come Zibibbo o Moscatellone) dal colore<br />
mogano intenso nelle versioni più invecchiate (dal naso vanigliato con note di<br />
dattero maturo e liquirizia), la Malvasia delle Lipari, il cui aroma ricorda i fiori<br />
di glicine, e il Moscato di Noto.<br />
Grande scelta, dunque, per chi ama la dolcezza avvolgente e i profumi<br />
mediterranei che questi vini sanno porgere.<br />
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FRANCIA<br />
I “vini dolci” dell’ Europa vicina<br />
Sauternes: in questa zona, pochi km a Sud di Bordeaux, si producono alcuni fra i<br />
più straordinari vini dolci del mondo. Ottenuti da uve Semillon, Sauvignon e<br />
Muscadelle attaccate da botrytis cinerea, una muffa che colpisce gli acini<br />
quando l’umidità relativa dell’aria è sufficientemente alta e concentra gli<br />
zuccheri, questi vini presentano bouquet intenso, di frutta esotica, di te e<br />
camomilla, floreale. Il sapore è ampio, dolce, vellutato e profondo. Longevità<br />
praticamente infinita.<br />
Banyuls: vino rosso dolce a base di Grenache Noir, con quantità minori di<br />
Carignan, Cinsault e Syrah, prodotto in una zona facente capo al comune di<br />
Banyuls vicino al confine con la Spagna sul mediterraneo.<br />
Dal profumo aromatico, floreale, in bocca è morbido corposo, con tannicità<br />
evidente e un lieve sentore di caffè in chiusura. Uno dei pochi vini che si accosta<br />
perfettamente con la cioccolata.<br />
AUSTRIA<br />
Vicino a Baden, poco a Sud di Vienna, si producono vini dolci bianchi di<br />
straordinaria complessità e armonia; a base di Riesling, Welschriesling,<br />
Traminer, Pinot Bianco e Scheurebe vengono prodotti in diverse versioni di cui<br />
le più note sono: Auslese (raccolta selezionata), Spätlese (vendemmia tardiva),<br />
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Beerenausele (raccolta selezionata degli acini), Trockenbeerenauslese (raccolta<br />
selezionata degli acini colpiti da botrytis cinerea).<br />
Dal colore giallo oro intenso, offrono profumi di camomilla, buccia di agrumi,<br />
miele; il sapore è dolce, avvolgente e molto profondo. Particolare interesse<br />
suscita l’ Eiswein (letteralmente vino ghiacciato) che si ottiene da uve lasciate<br />
sulla pianta fino ai primi rigori dell’inverno, quando il ghiaccio che si forma<br />
sulla buccia a spese dell’acqua contenuta nella polpa, concentra ulteriormente<br />
gli zuccheri.<br />
GERMANIA<br />
Nelle valli della Mosella, della Saar, del Nahe, del Reno, nell’Assia renana e nel<br />
Palatinato si producono vini dolci di grandissima tradizione. Per citarne alcuni:<br />
Mosel-Saar-Ruwer Riesling Spätlese, Nahe Riesling Auslese, Rheinhessen<br />
Riesling Trockenbeerenauslese, Rheinpfalz Riesling Trockenbeerenauslese.<br />
Sono vini di notevole acidità, fruttati, vellutati, aromatici e di grande carattere<br />
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Oggi la variegata tipologia di vini derivanti da uve passite caratterizza<br />
l’intera penisola italiana, sebbene le tecniche di appassimento varino da zona a<br />
zona.<br />
Non esiste attualmente zona vitivinicola che non produca un vino ad alto<br />
residuo zuccherino.<br />
Per l’ottenimento di tali prodotti, come descritto in seguito, i sistemi di<br />
appassimento delle uve sono riconducibili tradizionalmente a due modelli<br />
fondamentali: l’appassimento al sole (effettuabile anche su pianta) e quello in<br />
fruttaio. Entrambe le soluzioni comportano tempi lunghi e consistenti perdite,<br />
per cui, da alcuni anni si prende in considerazione la possibilità di utilizzare<br />
sistemi artificiali di appassimento, basati sulla disidratazione forzata. Se da un<br />
lato sembra confermato l’ottenimento di un appassimento più veloce ed<br />
omogeneo, ma soprattutto indipendente dalle variabilità climatiche esterne,<br />
ancora poco si conosce in merito agli effetti modificativi indotti sui costituenti<br />
metabolici del prodotto ottenuto.<br />
L’appassimento infatti provoca sostanziali mutazioni nella composizione e<br />
nella struttura del prodotto.<br />
Tra gli aspetti di maggior interesse vi è certamente quello legato alla<br />
componente aromatica del prodotto che lo caratterizza poi come prodotto finito.<br />
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CAPITOLO 1<br />
DISIDRATAZIONE DELL’UVA<br />
1.1 “Sovramaturazione e appassimento”<br />
Nella maggioranza dei vini da dessert si ricorre alla sovramaturazione<br />
delle uve o al loro appassimento più o meno spinto, non solo per avere una materia<br />
prima più ricca di zuccheri, ma anche per avere un prodotto più ricco in profumi, in<br />
glicerina, ecc. da cui una maggiore corposità, con una vera e propria ridondanza nei<br />
componenti aromatici presenti nel vino finito.<br />
Il maggiore aumento in sostanze ossidabili che così ne deriva, non<br />
costituisce di regola un problema poiché è abbastanza comune la ricerca di<br />
effetti maderizzanti, derivanti appunto da un ambiente nettamente ossidante.<br />
La sovramaturazione si effettua lasciando i grappoli sulla pianta per un<br />
tempo, variabile oltre il limite di maturazione normale, quando ovviamente le<br />
condizioni climatiche lo consentono.<br />
L’appassimento invece si può fare mantenendo i grappoli sulla pianta, o più<br />
comunemente con i grappoli conservati e raccolti in ambienti particolari e<br />
disposti su appositi supporti, o ancora ricorrendo all’appassimento artificiale.<br />
In queste situazioni può ricorrere o meno, e in senso positivo o negativo, lo<br />
sviluppo della Botrytis.<br />
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La Botrytis cinerea,è un fungo microscopico che in presenza di determinate<br />
condizioni ambientali si sviluppa sulla bacca provocando una disidratazione senza<br />
degradare la polpa. Le condizioni ideali per lo sviluppo di questa “muffa nobile” sui<br />
grappoli, sono tipiche di certe zone d’Italia, in particolare delle regioni interne del<br />
centro della Penisola, come l’Umbria, dove la tradizione dell’Orvieto dolce prodotto<br />
da uve botritizzate è molto antica.<br />
Il problema principale legato alla produzione di questi vini riguarda la difficile<br />
ammissibilità, da parte del disciplinare di produzione, nell’utilizzo di una percentuale<br />
minima di uve botritizzate.<br />
Questo ostacolo rischia di compromettere una tradizione antichissima, e spesso<br />
il vino che si ottiene è il semplice risultato di uve surmature, che difettano della tipica<br />
impronta della muffa nobile.<br />
Oggi la produzione dei vini muffati si estende anche ad altre regioni italiane che<br />
si cimentano in produzioni simili, ottenendo, talvolta, risultati sorprendenti.<br />
L’uva durante l’appassimento passa da uno stato “vitale” ad uno “non vitale”.<br />
Questo passaggio è strettamente dipendente dai fattori fisici che facilitano il<br />
processo di disidratazione quali temperatura ed umidità relativa. È stato visto che<br />
trattamenti a temperatura superiori a 50°C, provocano un aumento simultaneo degli<br />
zuccheri e dell’acidità; fra i 45°C ed i 50°C un arricchimento in zuccheri senza<br />
variazione dei valori di acidità; fra i 40°C ed i 45°C un accrescimento in zuccheri con<br />
diminuzione dell’acidità; fra i 35°C ed i 40°C la disacidificazione è l’effetto<br />
prevalente sulla concentrazione in zuccheri (Zironi e Ferrarini, 1987).<br />
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In particolare si riscontra un’intensa demolizione dell’acido malico, dei<br />
carboidrati (principalmente il glucosio), delle sostanze azotate e una<br />
solubilizzazione delle sostanze polifenoliche. Questo contesto varia<br />
notevolmente se vi è sviluppo di agenti fungini ed in particolare di Botrytis<br />
cinerea, che comporta un’ulteriore diminuzione del contenuto glucidico, la<br />
scomparsa di acido tartarico e sostanze azotate ed un arricchimento in<br />
componenti minori come gli acidi galatturonico, gluconico e succinico,<br />
glicerina, polioli, enzimi ossiacidi e sostanze colloidali di varia natura (Corte et<br />
al., 2001).<br />
Una variazione consistente durante l’appassimento dell’uva è sicuramente<br />
quella aromatica in cui i terpeni giocano un ruolo preponderante soprattutto per<br />
le uve aromatiche. Dall’invaiatura, i terpeni seguono nelle uve una curva di<br />
variazione caratteristica, che comporta cinque fasi. Durante la prima l’insieme<br />
dei terpeni aumenta rapidamente, nella seconda si ha un netto rallentamento<br />
della crescita e talvolta addirittura un decremento; tale fase ha una durata di sette<br />
giorni ed è seguita da un nuovo e rapido incremento che raggiunge il suo<br />
massimo (massimo aromatico) a circa otto giorni dall’inizio della fase.<br />
Successivamente inizia una diminuzione dei terpeni più o meno rapida, a cui<br />
segue la fase di sovramaturazione durante la quale continuano a decrescere più<br />
lentamente (Boidron et al., 1981; Di Stefano et al.,1995).<br />
Nel caso delle uve a sapore semplice, i composti volatili presenti, sono<br />
rappresentati essenzialmente da aldeidi ed alcoli a sei atomi di carbonio, oltre ad<br />
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un numero imprecisato di componenti vari non correlabili alla cultivar. Sia nel<br />
caso delle uve aromatiche che in quelle a sapore semplice, la vitalità cellulare e<br />
l’intensità dello stress idrico e osmotico durante l’appassimento, possono<br />
modificare significativamente il profilo aromatico con formazione di composti<br />
di fermentazione degli zuccheri e di amminoacidi (alcoli) e loro derivati, per<br />
reazione con gli acidi a dare esteri e lattoni (Sanz et al., 1997).<br />
1.2 Utilizzo dell’ambiente naturale<br />
In alcuni casi la fase di arricchimento delle uve mature si limita alla<br />
conservazione dei grappoli ancora sulla pianta per un tempo dell’ordine di due<br />
settimane oltre il normale momento della maturazione (condizioni<br />
meteorologiche permettendo). È questo ad esempio il caso del Picolit, vino da<br />
dessert dalle caratteristiche del tutto particolari, che rifugge dalla<br />
maderizzazione. A tale scopo ben si prestano i suoi grappoli spargoli (o<br />
addirittura con acini radi), sui quali si può intervenire con la torsione a mano del<br />
peduncolo onde interrompere l’afflusso di liquido dalla pianta per impedire il<br />
parziale reintegro della frazione traspirata.<br />
Certo che, con questo sistema si incorre facilmente in sensibili perdite per<br />
azione degli uccelli (le altre uve sono già vendemmiate) e per le condizioni<br />
meteorologiche avverse. È per tali motivi che di solito si preferisce la raccolta<br />
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dell’uva matura ed il suo appassimento in condizioni di maggior controllo e<br />
praticità.<br />
Le uve raccolte possono essere poste su stuoie collocate a terra, laddove le<br />
condizioni di soleggiamento siano buone, con l’ausilio di copertura notturna dei<br />
grappoli contro le condense di rugiada che, fra l’altro, favorirebbero un<br />
marciume indesiderato.<br />
Le uve possono ancora essere disposte su graticci di cannuccia<br />
sovrapponibili, posti in locali ben asciutti e ventilati detti “fruttai”. In questi<br />
stessi locali le uve possono essere collocate o in piccoli plateaux sovrapposti,<br />
disposte in un unico strato, o in reti verticali su cui si fa impigliare un’ala di<br />
ciascun grappolo, o ancora in catene verticali di ganci di ferro ad S (quest’ultime<br />
consentono adeguati scuotimenti dei grappoli allo scopo di eliminare gli acini<br />
deteriorati affinché non restino a contatto con quelli sani).<br />
Altre volte si ricorre semplicemente a strati di paglia disposti all’aperto o al<br />
coperto a seconda delle possibilità offerte dal clima locale. Da ciò il noto nome<br />
di “vins de paille” con cui in Francia sono chiamati alcuni vini da dessert.<br />
Comunque, all’aperto o al coperto, è di fondamentale importanza il<br />
mantenimento di una bassa umidità relativa dell’ambiente, per contrastare lo<br />
sviluppo di marciumi.<br />
A tale proposito notevole importanza viene attribuita anche alla varietà di<br />
uva così conservata, in relazione alla robustezza della buccia e dello strato<br />
protettore di pruina.<br />
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Si ottengono così dei cali ponderali mediamente fra il 20 e il 35%.<br />
La fase di appassimento va considerata peraltro come sede di fenomeni<br />
distruttivi. Anche se percentualmente vi è un arricchimento in zuccheri per<br />
disidratazione, in realtà il peso netto degli zuccheri della massa cala, e talvolta<br />
anche cospicuamente.<br />
Tale evento trova ragione nel fatto che, specialmente per temperature<br />
dell’ordine dei 35°C (caso del soleggiamento) si verifica un’attiva respirazione<br />
cellulare, con conseguente consumo di zuccheri; ma non soltanto quest’ultimi<br />
sono coinvolti nel fenomeno respiratorio. Notevole è pure il decremento degli<br />
acidi, anzi il loro calo per combustione è proporzionalmente maggiore di quello<br />
degli zuccheri (Amati et al., 1983).<br />
A tal proposito, nell’appassimento senza intervento di Botrytis, è l’acido<br />
malico quello maggiormente soggetto a combustione respiratoria, specialmente<br />
a temperature dell’ordine di 35°C. A questa temperatura la respirazione è 6-7<br />
volte più intensa che a 15°C, mentre a temperature superiori, ad esempio a 60°C,<br />
le cellule muoiono e la respirazione cessa. A quest’ultima temperatura cioè si<br />
verifica solamente la disidratazione, senza diminuzione respiratoria degli acidi, i<br />
quali anzi risultano così aumentati per concentrazione da disidratazione.<br />
L’acido tartarico diminuisce invece di poco, poiché subisce una<br />
combustione nettamente minore rispetto al malico. Il citrico invece non viene<br />
interessato dal fenomeno respiratorio per cui ne risulta un certo aumento, sempre<br />
per disidratazione.<br />
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Altri componenti che aumentano sono i componenti fosforati e azotati<br />
nonché i polisaccaridi. Le modificazioni della parete cellulare causano poi una<br />
buona migrazione del colore al succo, rilevabile al momento della pigiatura o<br />
pressatura delle uve così conservate.<br />
Certamente nei primi giorni, quando l’umidità è ancora elevata, e gli acini<br />
molto ricchi in liquido, il rischio dell’attacco fungino è molto alto. Dopo qualche<br />
tempo invece la disidratazione già avanzata ostacola sensibilmente l’alterazione<br />
sanitaria (De Rosa, 1987).<br />
1.3 Utilizzo di un ambiente artificiale<br />
Poiché l’appassimento in fruttaio è un sistema sensibilmente aleatorio per il<br />
pericolo di sopravvenienze patogene, e di lunga durata (anche fino a qualche<br />
mese ) per cui richiede un elevato immobilizzo economico e strutturale (locali<br />
cioè di notevole ampiezza e impegnati per tempi molto lunghi, oltre ad essere<br />
spesso costruiti solo per tale intendimento), destano interesse i sistemi di<br />
appassimento artificiale mediante l’uso di celle condizionate dal punto di vista<br />
igrotermico.<br />
Mediante l’utilizzo di aria riscaldata, con un umidità relativa notevolmente<br />
contenuta ( ad esempio: 30°C con un umidità relativa del 60%), si riduce il<br />
19
tempo di appassimento ad 1/6 o ad 1/8 del tempo necessario per l’appassimento<br />
naturale in fruttaio, con un calo in peso del 35-45%.<br />
Sempre a titolo di esempio: mentre dopo 80 giorni di fruttaio si può avere<br />
un calo intorno al 25%, dopo 10 giorni di cella condizionata si raggiunge il<br />
suddetto 35-45%.<br />
Altri vantaggi riguardano l’evidente risparmio di mano d’opera, la<br />
riduzione delle perdite per marciume volgare, l’aumento della concentrazione in<br />
zuccheri di un 35-55% favorita dall’assenza della loro demolizione ad opera<br />
della Botrytis, il cui sviluppo è nettamente ostacolato dalla bassa umidità<br />
relativa adottata, notevole diminuzione dell’acido malico, più spinta che nel<br />
fruttaio tradizionale, scarsa diminuzione dell’acido tartarico, da cui in<br />
conclusione un moderato aumento dell’acidità per disidratazione, con un<br />
aumento di glicerina, nel vino risultante, dello stesso ordine che<br />
nell’appassimento in fruttaio (De Rosa, 1987).<br />
1.4 I due ambienti a confronto<br />
I pareri dei tecnici sul complesso delle risultanze ottenibili<br />
dall’appassimento in ambiente naturale ed in ambiente artificiale non sono del<br />
tutto concordi.<br />
Mentre, in ambiente artificiale, si evidenzia il guadagno in zuccheri<br />
(derivante come si è detto dall’impedimento al metabolismo della Botrytis), da<br />
20
cui il raggiungimento di valori in concentrazione zuccherina tali da rendere<br />
inutile un altrimenti non raro ricorso all’arricchimento con concentrati, e<br />
l’andamento fermentativo più regolare (sempre per l’inibizione della Botrytis,<br />
che come è noto può produrre delle sostanze che ostacolano la fermentazione),<br />
non tutti concordano sui risultati qualitativi del vino così ottenibile.<br />
Secondo alcuni cioè il tradizionale fruttaio consente di ottenere profumi più<br />
intensi e più gradevoli di quanto non sia ottenibile con l’appassimento artificiale<br />
tramite aria riscaldata e pre-deumidificata.<br />
Comunque i vantaggi tecnologici dell’appassimento artificiale sono molto<br />
seducenti ed il costo energetico è sicuramente accettabile, il che lascia<br />
agevolmente intravedere un suo sempre maggior sviluppo (De Rosa, 1987).<br />
Al di là di queste informazioni empiriche basate molto spesso su<br />
supposizioni più che su conoscenze scientifiche obiettive, scarsa o nulla è la<br />
conoscenza su ciò che avviene, a livello di metabolismo aromatico e polifenolico,<br />
nella fase di appassimento sia tradizionale che tecnologico.<br />
Soprattutto, però, niente si conosce sull’influenza della temperatura e del<br />
tempo sulla fase di passaggio dell’acino dallo stadio vitale a quello non vitale<br />
con implicazioni del metabolismo fermentativo.<br />
E’ questo un aspetto molto importante perché la comparsa di metabolismi<br />
fermentativi di differente tipo (zuccheri, aminoacidi) è fortemente dipendente<br />
dalla velocità dello stress idrico a cui è sottoposto l’acino.<br />
21
1.5 Aspetti fisico-tecnici della disidratazione<br />
Tachis (1988) riferisce che l’acqua contenuta nei vegetali e quindi anche<br />
nell’uva, si trova sotto quattro forme:<br />
- acqua vacuolare o di riserva<br />
- - acqua intracellulare, condizionante la vita della cellula<br />
- - acqua intracellulare condizionante la vita latente della cellula<br />
- - acqua legata fisicamente o chimicamente ai costituenti cellulari<br />
- Nell’appassimento corretto delle uve viene asportata l’acqua dei primi<br />
due livelli.<br />
Il principio fisico che stà alla base dell’appassimento, comunemente<br />
chiamato “disidratazione” è in realtà un complesso meccanismo di diffusione di<br />
massa attraverso la parete dell’acino d’uva e, in quanto tale, soggetto a leggi<br />
fisiche di non facile definizione.<br />
Di particolare interesse risulta infatti approfondire tale aspetto prettamente<br />
tecnico-ingegneristico, onde ricavare i parametri e le condizioni che regolano il<br />
processo di appassimento.<br />
La relazione che descrive il fenomeno della diffusione da un punto di vista<br />
macroscopico venne determinata sperimentalmente da Fick nel 1855 osservando<br />
come, a parità di temperatura, di sostanza diffondente e di solvente, la massa di<br />
sale che diffonde attraverso una determinata interfaccia fosse direttamente<br />
proporzionale al gradiente di concentrazione attraverso la superficie e alla durata<br />
22
del fenomeno osservato; infine come esso risultasse sempre diretto dalle regioni<br />
a concentrazione maggiore verso quelle a concentrazione minore.<br />
Considerando:<br />
● due punti in una soluzione separati da una distanza molto piccola ∆x<br />
● la differenza di concentrazione ∆c misurata in tali punti<br />
● la quantità di soluto ∆m che attraversa un’area data A in un tempo molto<br />
piccolo ∆t<br />
● come ipotesi semplificativa assumiamo che la diffusione avvenga<br />
unicamente nella direzione c=c(x), cioè che ∆c/∆y=∆c/∆z<br />
● la concentrazione vari molto lentamente ma apprezzabilmente nel tempo<br />
Allora:<br />
∆m = - D A (∆c/∆x)∆t 1° Legge di Fick<br />
Dove D è una costante di proporzionalità.<br />
Rispetto a ∆m può risultare più interessante considerare il flusso di materia<br />
attraverso la superficie J definito come portata di massa (quantità di massa nel<br />
tempo) per unità di superficie:<br />
23
J = (1/A) (∆m/∆t)<br />
Sostituendo si ottiene:<br />
J = - D (∆c/∆x)<br />
Dove il segno – sta ad indicare che il verso del flusso è contrario al<br />
gradiente di concentrazione ∆c/∆x.<br />
Cosi scritta la legge di Fick non si limita semplicemente a formalizzare il<br />
fenomeno, ma separa le grandezze che in esso variano da quelle che rimangono<br />
costanti in ragione delle condizioni sperimentali che sono state imposte.<br />
E’ facile intuire che la temperatura, il tipo di soluto e quello di solvente<br />
sono parametri fisici molto importanti per il processo.<br />
In realtà la legge di Fick scritta in questa forma, tiene anche conto della<br />
temperatura, del tipo di soluto e di solvente: infatti al variare di queste grandezze<br />
varia la costante di proporzionalità D, cioè D dipende dalla temperatura, dal tipo<br />
di soluto e di solvente. D è quindi un tipico esempio di parametro<br />
fenomenologico ed è chiamato coefficiente di diffusione.<br />
La prima legge di Fick non è sufficiente a risolvere completamente tutti i<br />
problemi di diffusione. Infatti basta notare che il flusso diffusionale può<br />
modificare il gradiente di concentrazione, che spesso è funzione del tempo.<br />
24
Una seconda relazione interessante dalla quale si ricava appunto la<br />
dipendenza della concentrazione dal tempo, si ottiene ricordando che deve<br />
sempre essere rispettato il principio della conservazione della massa. Questo si<br />
può esprimere con una relazione che imponga che la variazione di<br />
concentrazione all’interno di un volume infinitesimale, aperto agli scambi di<br />
materia, sia identica alla differenza tra i flussi entrante ed uscente nel medesimo<br />
volume, a patto che non vi sia produzione della specie considerata all’interno di<br />
tale volume ad opera di qualche reazione chimica. Supponendo nuovamente per<br />
semplicità che il fenomeno di diffusione avvenga unicamente nella direzione x,<br />
si può osservare come la variazione della massa esterna ∆m(est) ad un dato<br />
volume ∆V debba essere equivalente alla variazione della massa interna ∆m(int)<br />
allo stesso volume e cioè:<br />
∆m(est)= ∆m(int).<br />
In particolare, considerando la massa entrante nel volume m(entr) e quella<br />
uscente m(usc) è possibile scrivere:<br />
∆m(int)/∆V = ∆m(entr)/∆V - ∆m(usc)/∆V<br />
∆m(int)/∆V è la concentrazione della sostanza considerata (Cι) all’interno<br />
del volume e ∆V = A*∆x.<br />
Quindi possiamo scrivere la precedente come:<br />
25
allora:<br />
∆Cι = ∆m(entr)/( A*∆x) - ∆m(usc)/( A*∆x)<br />
Considerando l’intervallo di tempo ∆t in cui avviene il fenomeno:<br />
∆Cι/ ∆t = {(∆m(entr)- ∆m(usc))/A*∆t} * 1/ ∆x<br />
Siccome (∆m(entr)- ∆m(usc))/A*∆t è il flusso della sostanza attraverso il<br />
volume, è possibile scrivere l’equazione di continuità partendo dalla precedente:<br />
∆C/∆t = (D/∆x) * ∆(∆C/∆x)<br />
(1/∆x) * ∆(∆C/∆x) può essere espresso in modo più compatto come (∆²C/∆x²),<br />
∆C/∆t = D (∆²C/∆x²) 2° Legge di Fick<br />
Poiché la teoria classica macroscopica della diffusione introduce il<br />
coefficiente di diffusione come una grandezza sperimentale vincolata a valore<br />
costante, essa non dà alcuna indicazione per il suo calcolo, che deve quindi<br />
essere determinato sperimentalmente per ogni coppia di soluto e solvente.<br />
La diffusione dell’ acqua attraverso la struttura della parete dell’acino è un<br />
meccanismo passivo di tipo fisico determinato dalla forza di gradiente generata<br />
26
dal differente contenuto d’acqua dell’acino e dell’atmosfera circostante. Si<br />
definisce gradiente di una grandezza la direzione lungo la quale è massima la<br />
variazione di detta grandezza per unità di percorso. Pertanto il flusso molecolare<br />
in ogni punto è proporzionale alla variazione di concentrazione per unità di<br />
percorso nella direzione in cui tale variazione è massima ed ha verso opposto a<br />
quello in cui diminuiscono le concentrazioni.<br />
Quello che accade ad un prodotto ortofrutticolo durante il processo di<br />
disidratazione naturale o indotta, è un caso molto particolare di applicazione dei<br />
modelli sopra descritti opportunamente rivisitati ai quali si aggiungono una serie<br />
di altre relazioni di derivazione empirica che permettono di osservare da un<br />
punto di vista fisico-tecnico ciò che avviene a livello microscopico.<br />
Molti studi sono stati condotti in tal senso allo scopo di ricavare dei modelli<br />
standard sulla cinetica di questo fenomeno, di notevole interesse a livello<br />
tecnologico, visto il difficile controllo effettuabile sui parametri che lo<br />
determinano in ambiente naturale.<br />
Come già ampiamente descritto l’appassimento provoca un cambiamento<br />
delle proprietà chimiche, fisiche e biologiche e modifica le caratteristiche del<br />
prodotto alimentare.<br />
E’ allora evidente che la superficie del prodotto a contatto con la corrente<br />
d’aria gioca un ruolo fondamentale nella quantificazione dei trasferimenti.<br />
27
Diversi studi hanno utilizzato il modello della diffusione allo scopo di<br />
mostrare l’influenza dei due parametri, umidità dell’aria e contenuto d’acqua del<br />
prodotto, sulla tecnica e sull’intensità dell’appassimento.<br />
Nel nostro caso uno dei punti cruciali è la determinazione del<br />
comportamento di ogni singolo strato d’uva, per i quali le riduzioni di volume<br />
dovute all’appassimento vengono considerate costanti e ben controllate.<br />
L’obiettivo principale di questo tipo di studi consiste nella stima di un<br />
efficace coefficiente di diffusione per il prodotto in esame, determinato in<br />
funzione delle variabili del sistema.<br />
Un secondo obiettivo è quello della determinazione sperimentale della<br />
variazione del contenuto d’acqua nei singoli strati d’uva, essiccati in condizioni<br />
convettive, come funzione dei parametri di appassimento.<br />
1.5.1 Valutazione del coefficiente di diffusione<br />
L’effettiva diffusione di massa nell’uva è stimata utilizzando il modello<br />
semplificato delle leggi sulla diffusione di Fick. La semplificazione consiste nel<br />
trascurare gli effetti dei gradienti di temperatura e della pressione totale.<br />
Cosi’ considerando che la diffusione è radiale, l’equazione della diffusione<br />
di massa dell’acqua attraverso l’uva, in coordinate sferiche è:<br />
∆X/∆t = (1/r) * (∆/∆r) * r²D *(∆X/∆r)<br />
Dove :<br />
28
X= contenuto di umidità<br />
R= coordinate radiali nell’acino<br />
D= diffusività dell’acqua<br />
Le condizioni iniziali e quelle limite alla superficie (r = R) e al centro<br />
dell’acino(r = 0) sono:<br />
X=(t=0;0≤r≤R)= Xi<br />
X=(t≥0;R)=Xeq<br />
Si assume che la distribuzione iniziale di umidità all’interno dell’acino<br />
sferico è uniforme, che l’umidità superficiale è uguale al contenuto di umidità<br />
all’equilibrio e che la diffusione radiale è simmetrica. L’equazione<br />
soprariportata può essere risolta analiticamente considerando costanti i valori del<br />
raggio R e del coefficiente di diffusione D dall’inizio alla fine del processo.<br />
Questa soluzione è data dalla relazione segue:<br />
XR = (Xt-Xeq) / (Xi-Xeq)=6/Π²*Σ1/n² exp (-n²* Π²/R² Dt)<br />
Dove:<br />
Xt= contenuto medio di umidità<br />
Xeq= umidità all’equilibrio<br />
Xi= umidità interna<br />
n = numero di Nepero<br />
Questa equazione è stata utilizzata da diversi autori per descrivere la<br />
diffusione che controlla il processo di disidratazione. In realtà però il raggio R e<br />
il coefficiente di diffusione D non sono costanti durante il processo.<br />
29
Supponiamo di analizzare il processo in una sequenza continua di intervalli<br />
millesimali di tempo nei quali si possono considerare costanti R e D. Durante il<br />
processo e tra intervalli successivi di tempo è possibile stimare un valore<br />
istantaneo di D basandosi sulla determinazione del raggio equivalente dell’acino<br />
R in quell’istante corrispondente al contenuto medio di acqua Xt.<br />
Il valore di R è determinato dal restringimento/raggrinzimento dell’acino.<br />
Effettuando un’analisi di questo tipo in modo continuativo durante il<br />
processo è possibile ricavare l’effettivo coefficiente di diffusione D in funzione<br />
del contenuto d’acqua del prodotto.<br />
1.5.2 Identificazione numerica del coefficiente di diffusione di massa<br />
Questo approccio consiste dunque nel risolvere numericamente le<br />
equazioni della conservazione di massa sia della fase liquida che della fase<br />
solida onde prendere in considerazione il comportamento del materiale e dedurre<br />
il coefficiente di diffusione di massa comparandolo con i risultati sperimentali.<br />
Il solido secco è trasportato nella direzione opposta rispetto al trasferimento<br />
di umidità. Il suo movimento è espresso dalla velocità di contrazione Us.<br />
La concentrazione del residuo secco nel prodotto umido non è costante<br />
durante il processo di disidratazione. Questo è connesso alla densità del residuo<br />
30
secco e al coefficiente di raggrinzimento del prodotto dalla seguente<br />
espressione:<br />
Csp = m(s)/Vtot = ρ(s)/1+βX<br />
Dove:<br />
m(s) = massa solida<br />
ρ(s) = densità<br />
β = coeff. determinato sperimentalmente<br />
La densità totale del flusso di massa è la somma di due flussi separati.<br />
Il primo è guidato dal gradiente di concentrazione dell’umidità, il secondo<br />
è dovuto al restringimento del prodotto.<br />
massa è:<br />
Jm = - ρ(s) * Dm*gradX + CspUsX<br />
Il sistema di equazioni descrivente la continuità e la coservazione della<br />
∆Csp/∆t = - div (Csp*Us)<br />
∆(Csp*X)/ ∆t = div(ρ(s)*Dm*gradX)-div(Csp*X*Us)<br />
31
Le condizioni iniziali e quelle limite sono:<br />
t=0, X=Xo per z=zo<br />
z=0; ∆X/∆z = 0 per Us=0<br />
z= l(t); hm*(Xsup-Xeq) = Dm *( ∆X/∆z)<br />
Dove:<br />
z = spessore<br />
hm = coefficiente di trasferimento di massa<br />
Le equazioni ottenute dopo l’integrazione sono discrezionate secondo un<br />
diagramma assoluto. La determinazione del coefficiente di diffusione è eseguita<br />
minimizzando l’intervallo tra la curva sperimentale e quella simulata.<br />
1.5.3 Equazione cinetica della disidratazione<br />
L’equazione base della disidratazione che deriva dalla semplificazione<br />
della soluzione dell’equazione della diffusione per una superficie piana o sferica è :<br />
XR = (X-Xeq/)(Xi-Xeq) = ά exp (-Kt)<br />
32
La costante di disidratazione K è stata esaminata da diversi autori. Alcuni<br />
studi sulla variazione del contenuto d’acqua dei cereali suggeriscono che K sia<br />
una funzione della temperatura assoluta del chicco,e che può essere descritta da<br />
una relazione tipo di Arrhenius. Henderson e Pabis (1961) correlano la costante<br />
K alla temperatura dell’aria di essiccamento.<br />
Un’altra equazione che spesso si utilizza per la disidratazione di un singolo<br />
strato di chicchi è stata proposta da Page (1949). Questa equazione modifica la<br />
normale equazione di disidratazione con l’aggiunta di un esponente N al tempo t<br />
XR = (X-Xeq/)(Xi-Xeq) = exp (-Ktⁿ)<br />
Tuttavia l’introduzione del parametro N porta ad un modello puramente<br />
empirico. Il parametro N ha un effetto moderante sul tempo e dà migliori<br />
risultati per la previsione della perdità di umidità da materiale composito<br />
(Sawhney,Panghavane,Saravadia, 1999).<br />
1.5.4 Applicazione del metodo<br />
La conoscenza della curva di desorbimento identifica il tipo di acqua<br />
presente nel prodotto e cosi’ fornisce informazioni preliminari sulle condizioni<br />
che guidano il flusso di massa. Questo stato di equilibrio, risultante dalle<br />
interazioni multiple su microscala, è descritto da una relazione tra il contenuto<br />
33
d’acqua all’equilibrio Xeq del prodotto per essere appassito e l’umidità relativa<br />
dell’aria atmosferica che lo circonda, a temperatura dell’aria costante.<br />
Mettendo il prodotto in atmosfera a temperatura ed umidità note e<br />
controllate, si osserva il comportamento del prodotto e se ne valutano alcuni<br />
fattori.<br />
La rappresentazione matematica delle isoterme può essere effettuata<br />
utilizzando numerose relazioni.<br />
Tra queste l’equazione di Henderson che ha il vantaggio di descrivere tutte<br />
le isoterme in funzione della temperatura.<br />
Essa è scritta sotto questa forma:<br />
1-Aw = exp (-B*Xeq^c)<br />
B e C sono due coefficienti specifici per la varietà d’uva considerata.<br />
Exp= dati scaturiti dalla prova sperimentale<br />
34
CAPITOLO 2<br />
SVILUPPO DELL’UVA<br />
2.1 Aspetti generali<br />
Dopo la fioritura, con la fecondazione ed i relativi stimoli ormonali,<br />
l’ovario del fiore inizia la divisione cellulare ed il proprio accrescimento, cioè ha<br />
inizio la fase di allegagione.<br />
Dal punto di vista descrittivo è bene suddividere l’evoluzione dell’uva sulla<br />
vite, in tre periodi:<br />
1) Periodo erbaceo: va dall’allegagione, momento in cui il piccolo acino si<br />
è formato, all’invaiatura, momento in cui cambia colore. Durante questo periodo<br />
l’uva è verde, colorata dalla clorofilla, di consistenza dura; non contiene che il<br />
2% di zuccheri ed il 30% in acidità.<br />
2) Invaiatura o fase traslucida: corrisponde all’epoca fisiologica della<br />
colorazione dell’uva; contemporaneamente l’acino si ingrossa e diventa elastico;<br />
l’uva bianca passa dal verde al giallo, l’uva nera passa dal verde al rosso chiaro<br />
e poi al rosso scuro. In condizioni ideali le uve di un vigneto cambiano di colore<br />
in una quindicina di giorni. Gli zuccheri delle uve aumentano improvvisamente.<br />
35
Si osserva un certo sincronismo tra l’arresto della crescita dei tralci, lo<br />
scurirsi e la lignificazione del raspo e l’invaiatura, ma la correlazione non è<br />
assoluta; la maturazione dell’uva e quella del legno sono indipendenti. La<br />
lignificazione del raspo e la sua colorazione si verificano solo più tardi.<br />
3) Maturazione: va dall’invaiatura alla maturazione completa. A seconda<br />
della varietà la fase di maturazione può durare dai 20 ai 50 giorni; nell’arco di<br />
questo periodo, l’uva tende ad ingrossarsi, accumula zuccheri e perde acidità.<br />
Si distingue la maturazione “fisiologica”, momento in cui l’acino d’uva ha<br />
raggiunto il suo maggior diametro e il tenore massimo di zuccheri, e la<br />
maturazione cosiddetta “tecnologica” che definisce il momento in cui essa deve<br />
essere raccolta, secondo la sua destinazione. Le date di questi due stadi di<br />
maturazione non sempre coincidono.<br />
2.2 Morfologia dell’acino<br />
Botanicamente il frutto della vite è una bacca che deriva dall’evoluzione<br />
dell’ovario fecondato (Coombe, 1976;).<br />
È costituito da un epicarpo (buccia), da un mesocarpo e da un endocarpo:<br />
36
-Epicarpo: è caratterizzato da un tessuto membranoso con un’epidermide<br />
cutinizzata (cuticola) priva di stomi dove si può formare, maggiormente in<br />
alcune varietà piuttosto che in altre, uno strato ceroso detto pruina dello spessore<br />
di 1.6-1.8 µm che ha una notevole importanza nel trattenimento dei lieviti e<br />
nella resistenza allo stress. Nella buccia sono presenti acido tartarico, composti<br />
fenolici (antociani, e flavoni) tannini, aromi,(linalolo, geraniolo, nerolo, ecc.),<br />
enzimi, ed altri…<br />
La genesi della cuticola avviene tre settimane dopo la fioritura. Le cellule<br />
della buccia hanno una distinta attività metabolica svolgendo alcuni fisiologici e<br />
biochimici cambiamenti durante lo sviluppo e la maturazione, dimostrando che<br />
questo tessuto ha una funzione endocrina deputata alla regolazione dello<br />
sviluppo di altri tessuti pericarpici.<br />
-Mesocarpo e endocarpo: insieme compongono il sarcocarpo. Le cellule<br />
del mesocarpo sono caratterizzate da grandi vacuoli i quali contengono la<br />
maggior parte del succo che negli acini maturi raggiunge circa il 75-80% del<br />
peso della bacca (Lavee e Nir, 1986;) contro il 10% dei vinaccioli. Nella polpa<br />
vi sono: zuccheri ( glucosio e fruttosio) acido tartarico e acido malico, pectine,<br />
sostanze colloidali, composti azotati, sostanze minerali ecc.<br />
37
2.3 Ingrossamento dell’acino d’uva<br />
Le dimensioni dell’acino variano secondo l’annata e soprattutto in funzione<br />
della piovosità.<br />
La sua crescita segue una doppia curva sigmoidea (caratteristica di tutti i<br />
frutti con chicchi) (Coombe, 1976). La forma esatta della curva di crescita può<br />
variare considerevolmente, e sono state identificate delle divisioni in due, tre o<br />
quattro fasi (Coombe, 1973, 1976, 1980; Allewldt et al.,1975; Allewldt e Koch,<br />
1977; Coombe e Bishop, 1980; Allewldt et al., 1984).<br />
Prendendo in esame parametri, quali, il diametro, la lunghezza ed il<br />
volume o peso degli acini, otteniamo un grafico dove si possono distinguere tre<br />
fasi:<br />
1) un periodo di crescita rapida detto fase I che varia tra i 45 e i 60 giorni, è<br />
caratterizzata da un periodo di circa due o tre settimane di divisione cellulare<br />
molto rapida seguita da un marcato ingrandimento delle cellule che<br />
costituiscono l’acino (Pratt, 1971; Coombe, 1976; Lavee e Nir, 1986). Queste<br />
divisioni cellulari interessano maggiormente le cellule del pericarpo interno per i<br />
primi 5-10 giorni dopo l’antesi (Coombe ,1973; Pratt,1971), per proseguire poi<br />
nel pericarpo esterno, e alla fine nell’ipodermide e nell’epidermide, a 32-40<br />
giorni dopo la fioritura (Considine e Knox ,1981; Pratt ,1971; Staudt et<br />
al.,1986).<br />
38
Al termine di questa fase i semi raggiungono quasi la loro piena<br />
dimensione, mentre il peso secco del seme mostra uno schema bifasico durante<br />
tutta la crescita del frutto, il quale raggiunge le dimensioni finali intorno ai 70-<br />
75 giorni dopo l’antesi (Staudt et al., 1986). Durante questa fase la clorofilla è il<br />
pigmento predominante e gli acini mostrano un metabolismo molto attivo, con<br />
elevati livelli di respirazione e un rapido accumulo di acidi, il cui contenuto è<br />
paragonabile a quello degli zuccheri, 20 g/kg (Peynaud e Ribéreau-Gayon, 1971;<br />
Winkler et al., 1974).<br />
2) un periodo di crescita lenta detto fase II che inizia tra i 35 e gli 80 giorni<br />
dopo l’antesi (Winkler et al., 1974). La durata di questo periodo di crescita<br />
lenta, detta anche fase di latenza, dipende dalla coltivazione e dalla varietà<br />
(precoce o tardiva, con semi o senza), dal periodo della fioritura ( precoce o<br />
tardiva, con grappoli primari o secondari), dalla competizione tra i grappoli e<br />
l’ambiente dove la pianta vive (Pratt, 1971; Coombe, 1973, 1976; Alleweldt,<br />
1977; Lavee e Nir, 1986). Per esempio, nelle varietà con semi, gli acini con<br />
maturazione o fioritura tardiva mostrano una fase di latenza distinta e<br />
prolungata, mentre nelle cultivar precoci e partenocarpiche (assenza di semi)<br />
questa fase è appena distinguibile (Coombe, 1980).<br />
Durante questa fase gli embrioni si sviluppano rapidamente e in genere<br />
raggiungono la loro massima dimensione verso la fine di questo periodo; gli<br />
acini perdono la clorofilla e si indeboliscono; l’acidità raggiunge il livello più<br />
alto.<br />
39
3) un periodo di un secondo e finale aumento delle dimensioni detto fase III<br />
segnato dalla fine del periodo di latenza, chiamato anche “véraison” o<br />
invaiatura, caratterizzato da un rapido cambiamento nell’aspetto e nella<br />
costituzione degli acini. I principali processi biochimici che si evidenziano sono:<br />
un’accelerazione della crescita, un indebolimento dell’acino e un incremento<br />
della deformabilità, un aumento del contenuto di glucosio, fruttosio,<br />
amminoacidi totali e liberi (soprattutto arginina e prolina), proteine totali e azoto<br />
totale (Peynaud e Ribéreau-Gayon, 1971; Coombe, 1973; Lavee e Nir, 1986).<br />
Inoltre si ha una diminuzione degli acidi organici (soprattutto acido malico) e<br />
dell’ammoniaca, una perdita di clorofilla dalla buccia e un accumulo di<br />
antocianine (nelle uve rosse), un calo della respirazione, ed infine un incremento<br />
dell’attività di alcuni enzimi, quali per esempio la saccarosio-fosfato-sintetasi,<br />
la saccarosio-sintetasi e l’esochinasi. Tale periodo dura circa 5-8 settimane<br />
(Winkler et al., 1974). Recentemente, Davies e Robinson (1996), attraverso la<br />
tecnica di “differential screening” in uve di Shiraz, hanno evidenziato un<br />
numero elevato di trascritti nell’uva in maturazione, legati alla sintesi di proteine<br />
di parete cellulare, di proteine da stress e proteine taumatine-simili. Ciò starebbe<br />
ad indicare che nell’ultima fase di maturazione gli acini procedono in un’attività<br />
di protezione contro gli stress di vario tipo, idrico o patogenico.<br />
40
2.4 Aumento del contenuto di solidi solubili<br />
Glucosio e fruttosio rappresentano il 99% dei carboidrati presenti nel succo<br />
d’uva, e hanno un incidenza sul peso fresco dell’acino maturo per il 12-27%,<br />
costituendo una larga parte del totale dei solidi solubili (Winkler et al., 1974;<br />
Hofacher et al., 1976).<br />
Negli acini verdi, durante le prime fasi della loro crescita, il glucosio<br />
rappresenta circa l’85% del contenuto zuccherino, durante l’invaiatura il<br />
contenuto di glucosio è superiore al contenuto di fruttosio, per poi arrivare al<br />
momento in cui gli acini sono maturi in cui il rapporto glucosio/fruttosio si<br />
avvicina all’unità, mentre nelle uve surmature, generalmente il fruttosio supera il<br />
glucosio (Peyneaud e Ribéreau-Gayon, 1971; Winkler et al., 1974; Possner e<br />
Kliewer, 1985; Coombe, 1987).<br />
Il rapporto glucosio/fruttosio varia in funzione della cultivar e<br />
dell’andamento stagionale. Varietà contenenti più fruttosio alla maturazione<br />
possono essere raccolte e consumate prima rispetto alle varietà contenenti più<br />
glucosio, poiché il fruttosio ha un sapore più dolce. (Lavee e Nir, 1986).<br />
Oltre ai due zuccheri citati, nell’uva ne sono presenti altri in piccole<br />
quantità; tra questi, riscontrabili in diverse varietà, ricordiamo il saccarosio<br />
(meno dello 0.1% negli acini maturi), raffinosio, stachiosio, melibioso, maltosio<br />
e galattosio; tra i pentosi abbiamo soprattutto arabinosio e xilosio, presenti in<br />
piccole quantità nelle uve mature (Winkler et al., 1974).<br />
41
Il glucosio e il fruttosio sono più o meno uniformemente distribuiti<br />
nell’acino, tuttavia, prima dell’inizio della maturazione, la buccia e le parti più<br />
interne sono caratterizzate da concentrazioni di questi esosi molto più elevate<br />
rispetto a quelle dei tessuti epicarpici (Possner e Kliewer, 1985).<br />
Gli zuccheri cominciano ad accumularsi rapidamente all’inizio della<br />
maturazione, anche se questo forte incremento, che avviene durante la fase III,<br />
potrebbe non essere dovuto all’incremento dell’attività fotosintetica (Peynaud e<br />
Ribéreau-Gayon, 1971).<br />
La maggior parte degli zuccheri presente negli acini, comunque, è<br />
sintetizzata nelle foglie (sedi della fotosintesi clorofilliana) e si sposta attraverso<br />
il floema, come saccarosio, fino al frutto (Lavee e Nir, 1986); qui il saccarosio è<br />
idrolizzato a glucosio e fruttosio grazie all’azione dell’ invertasi (Hardy, 1968;<br />
Saito e Kasai, 1978).<br />
Questo processo implica una serie di reazioni biochimiche quali:<br />
fosforilazione di glucosio e fruttosio, sintesi del saccarosio fosfato, idrolisi di<br />
saccarosio fosfato in saccarosio nelle foglie, trasporto e idrolisi di saccarosio<br />
nell’acino (Hawker, 1969)<br />
42
zuccheri (g/L)<br />
250<br />
200<br />
150<br />
100<br />
50<br />
0<br />
Evoluzione degli zuccheri<br />
invaiatura maturazione<br />
Fig.1 Andamento degli zuccheri durante le ultime 8 settimane di maturazione<br />
2.5 Metabolismo e diminuzione degli acidi<br />
L’acidità dell’uva è composta principalmente da tre acidi organici: l’acido<br />
tartarico, l’acido malico, rappresentanti il 90% dell’acidità totale, e l’acido citrico, in<br />
concentrazioni variabili ma più basse, dell’ordine del 5-10%.<br />
A questi si aggiungono tracce di altri acidi organici, quali, l’acido succinico,<br />
l’acido fumarico, l’acido acetico, l’acido glicolico, l’acido lattico, l’acido aconitico,<br />
l’acido chinico, l’acido scichimico, e l’acido mandelico.<br />
E’ noto come l’acidità dell’uva diminuisca durante la maturazione. Questa<br />
diminuzione progressiva dell’acidità si spiega studiando il comportamento dell’acido<br />
tartarico e dell’acido malico.<br />
La respirazione è una delle principali cause di questa diminuzione, ma ci sono<br />
anche altre cause di diminuzione degli acidi, come per esempio il fatto che l’acido<br />
malico si trasforma in zuccheri verso la fine della maturazione. Quindi, il tenore<br />
43
dell’acidità dell’uva che matura, considerato in un dato momento, dipende da<br />
fenomeni di migrazione, che portano agli acini questi acidi, e da fenomeni di<br />
respirazione che li ossidano con svolgimento di anidride carbonica.<br />
Acidità totale (meq/L)<br />
450<br />
400<br />
350<br />
300<br />
250<br />
200<br />
150<br />
100<br />
50<br />
0<br />
INVAIATURA MATURAZIONE<br />
Fig.3 Andamento dell’acidità totale durante le ultime 8 settimane di maturazione<br />
L’uva sembra essere l’unico frutto coltivato a fini commerciali ad accumulare<br />
acido tartarico in quantità apprezzabili (Saito e Kasai, 1968; Ruffner, 1982a). Si<br />
accumula negli acini prima dell’invaiatura e tende a diminuire col tempo, (Ruffner,<br />
1982a; Iland e Coombe,1988).<br />
Si ritiene che l’origine dell’acido tartarico sia esclusivamente legata al gruppo<br />
dei carboidrati, e vari composti sono stati identificati come suoi precursori. Il<br />
glucosio, in base ad esperimenti di marcatura, è stato il primo ad essere suggerito<br />
(Peynaud e Ribéreau-Gayon, 1971) con gradi di trasformazione dello zucchero in<br />
44
acido che si aggirano intorno al 50-60% della quantità di glucosio (Ruffner e Rast,<br />
1974; Ruffner, 1982a).<br />
Altri composti identificati come precursori dell’acido tartarico sono l’acido<br />
glicolico e l’acido ascorbico.<br />
Il saccarosio, invece, è il principale precursore dell’acido malico negli acini,<br />
attraverso processi metabolici quali, la glicolisi e la β-carbossilazione (Ruffner et al.,<br />
1976; Ruffner e Hawker, 1977). La maturazione degli acini è accompagnata da una<br />
marcata alterazione del metabolismo del malato (Kriedemann, 1968; Possner et al.,<br />
1983), e il calo dell’acidità durante la maturazione stessa implica principalmente il<br />
consumo di malato (Ruffner e Hawker, 1977; Saito e Kasai, 1978) molto<br />
probabilmente dovuto all’azione dell’enzima malico NADP-dipendente (Hawker,<br />
1969; Lakso e Kliewer, 1975, 1978). Il quoziente respiratorio ha, infatti, valori vicini<br />
all’unità nell’acino verde e aumenta fino ad un valore intorno a due nel frutto dopo<br />
l’invaiatura (Kriedmann, 1969; Koch e Alleweldt, 1978), dimostrando la teoria<br />
secondo cui la respirazione contribuisce significatamene al degrado del malato.<br />
Perciò, il calo del contenuto di acido malico durante la maturazione è il risultato<br />
di una ridotta sintesi di malato, come conseguenza dell’inibizione della glicolisi che<br />
porta ad un accumulo di zuccheri (Ruffner et al., 1983a).<br />
L’acido tartarico e l’acido malico non hanno evoluzioni parallele in quanto sono<br />
sintetizzati nella vite attraverso vie diverse. Essi non vengono degradati con la stessa<br />
intensità: l’acido malico scompare più rapidamente dell’acido tartarico, e mentre il<br />
contenuto di acido tartarico nell’acino d’uva varia entro limiti ben ristretti, il tenore in<br />
45
acido malico continua a diminuire, all’inizio con grande rapidità, in seguito più<br />
lentamente con l’avvicinarsi della maturazione.<br />
meq/L di mosto<br />
300<br />
250<br />
200<br />
150<br />
100<br />
50<br />
0<br />
acido tartarico acido malico<br />
9/8 26/9<br />
Fig.4 Evoluzione degli acidi malico e tartarico durante la maturazione<br />
2.6 Sintesi di composti fenolici<br />
Durante la maturazione dell’uva in particolare nelle varietà a bacca rossa è<br />
possibile osservare un cambiamento della colorazione dovuto alla perdita di clorofilla<br />
e ad un accumulo di fenoli la cui importanza è oggi ampiamente verificata sia perché<br />
ricoprono un ruolo fondamentale in quanto, sono responsabili del colore, del gusto e<br />
46
dell’aroma del frutto fresco e quindi dei vini, sia perché sono state qualificate, in base<br />
a recenti studi, come molecole in grado di poter prevenire e contrastare malattie<br />
cardiovascolari nell’uomo.<br />
Le sostanze polifenoliche sono localizzate principalmente nelle parti solide del<br />
grappolo cioè nelle buccie, nei vinaccioli, nei raspi e vengono classificati in due<br />
gruppi (Singleton e Esau, 1969; Peynaud e Ribéreau-Gayon, 1971):<br />
-FLAVONOIDI<br />
Antociani, tannini (leucoantociani e catechine), flavoni.<br />
-ACIDI FENOLICI<br />
Acidi benzoici, acidi cinnamici<br />
2.6.1 Antociani<br />
Gli antociani non esistono in natura sotto la forma antocianidina bensì sotto la<br />
forma antocianina (glucoside), in quanto le antocianidine (aglicone) sono sempre<br />
esterificate da una o più molecole di zucchero, il che conferisce loro stabilità e tale<br />
complesso prende il nome di antocianina o antociano nel linguaggio comune.<br />
Le antocianine sono i principali pigmenti coloranti dell’uva e possono essere<br />
distinti in pigmenti “primitivi”, come la cianina e la delfinina, e pigmenti “stabili”,<br />
come la peonina e la malvina (Roggero et al., 1986). Sono costituiti da due anelli<br />
47
enzenici uniti mediante un anello eterociclico e presentanti a seconda dell’antociano,<br />
varianti ai vertici degli anelli benzenici o dell’anello eterociclico. I gruppi sostituenti<br />
sono -OH in posizione 3, 5, 7. Si trovano in forma glicosilata, ovvero i gruppi fenolici<br />
sono legati a saccaridi (mono, di, tri….) con legame glucosidico (saccaride reagisce<br />
con l’alcol formando un glucoside), normalmente in posizione 3 ma può essere anche<br />
in posizione 5. I saccaridi che più spesso formano questi legami sono glucosio,<br />
ramnosio e galattosio. Nella Vitis vinifera la glicosilazione avviene con<br />
monoglicosidi in posizione 3 mentre nelle viti americane con diglucosidi. E’ quindi<br />
possibile scoprire eventuali frodi e tagli attraverso la tecnica cromatografica, che<br />
separa le varie componenti. Gli agliconi presentano ai vari vertici, dei gruppi<br />
ossidrilici (OH) e talvolta anche gruppi metossilici (-OCH3) ed in base alla loro<br />
posizione deriva l’esistenza nelle uve rosse, di sei agliconi: cianidina, delfinidina e<br />
pelargonidina se presentanti solo gruppi ossidrilici; malvidina, petunidina e peonina<br />
se presentanti anche gruppi metossilici. L’aglicone del glucoside si chiama<br />
antocianidina. I glucosidi possono essere acilati, cioè si formano esteri tra il gruppo<br />
alcolico dello zucchero e un acido, che di solito è il paracumarico o il cinnamico. Ci<br />
può essere idrolisi del legame glucosidico, con conseguente produzione<br />
dell’antocianidina e dello zucchero.<br />
Lo ione flavilio è la parte reattiva grazie alla carica positiva sull’ossigeno<br />
(elettrondeficenza), e si stabilizza solo dopo l’acquisto di elettroni.<br />
Al variare del pH la struttura e il colore subiscono modificazioni, il colore tende<br />
al blu a pH alcalini mentre a pH neutri prevale la forma incolore, a pH acidi è stabile<br />
48
la colorazione rossa. Anche l’ossidazione di SO2 porta a prodotti incolori ma<br />
reversibili, infatti al momento della svinatura la presenza di ossigeno favorisce il<br />
ritorno del colore. Le antocianidine in soluzione possono essere libere o legate ai<br />
tannini, quest’ultimo caso avviene durante l’invecchiamento, creando il tipico colore<br />
rosso mattone.<br />
(1:forma generale) (2: cianidina) (3: delfinidina)<br />
L’accumulo delle antocianine nelle bucce procede parallelamente,<br />
all’incremento del contenuto zuccherino ed è localizzata soprattutto nei primi 3-6<br />
strati subepidermici (Kataoka et al., 1983; Hrazdina et al., 1984), in particolare i<br />
contenuti di cianina e di delfina crescono fortemente durante le prime settimane di<br />
maturazione, diminuendo lentamente fino alla vendemmia, indice della loro<br />
trasformazione in pigmenti stabili. La sintesi e l’accumulo di antocianine negli acini è<br />
influenzata da diversi fattori esogeni, tra questi la luce, la temperatura, il volume del<br />
raccolto e l’area della foglia (Buttrose et al., 1971; Kliewer e Weaver, 1971;<br />
Ribéreau-Gayon, 1971,1972; Kliewer e Schultz, 1973; Flora, 1978; Roubelakis-<br />
49
Angelakis e Kliewer, 1986); ed inoltre hanno un importanza affatto trascurabile i<br />
regolatori della crescita della pianta e, in particolar modo l’etilene, oggetto del nostro<br />
studio, e l’acido abscissico (ABA) che incrementano la biosintesi degli antociani<br />
(Jensen et al., 1975; Lee et al., 1979b; Tomana et al., 1979; Kataoka et al.,1982).<br />
Gli zuccheri endogeni erano considerati le cause agenti della sintesi di<br />
antocianine e altri composti fenolici (Pirie e Mullins, 1976, 1977), ma altre ricerche<br />
hanno dimostrato che i trattamenti che aumentano il tasso sintetico delle antocianine,<br />
come la luce e l’etilene, non hanno effetti sui livelli di zucchero negli acini (Wicks e<br />
Kliewer, 1983). Tuttavia non è stato stabilito se questi trattamenti influiscono sulla<br />
redistribuzione dei carboidrati solubili tra gli strati cellulari epidemici e<br />
subepidermici e tra gli organuli subcellulari e i composti senza influire sul totale dei<br />
carboidrati solubili della buccia.<br />
2.6.2 I flavoni<br />
Sono fenoli caratterizzati come gli antociani da un gruppo ossidrile al vertice 3.<br />
Nei vini bianchi sono presenti in quantità molto modeste e tali da non interferire sul<br />
colore mentre nei vini rossi la loro presenza è in proporzioni nettamente superiori.<br />
Nelle varietà di uva rossa, i flavoni sono meno presenti rispetto alle antocianine ma,<br />
la copigmentazione di antocianine con flavonoli influenza l’intensità del colore<br />
50
nell’uva. La loro colorazione caratteristica è gialla, (dal latino flavus = giallo)<br />
mascherata nei vini rossi dal rosso-violaceo coprente degli antociani.<br />
quercitina<br />
I più importanti flavoni riscontrati nelle uve sono: il 3-glucoside di<br />
kaempferolo, la quercitina, la miricetina e la quercitina 3-glucoronide (Ribéreau-<br />
Gayon, 1964; Cheynier e Rigaud, 1986).<br />
2.6.3 Tannini<br />
Tra le sostanze polifenoliche ricordiamo i tannini, composti fenolici (alcoli<br />
aromatici) con strutture molto complesse e pesi molecolari compresi fra 500 e 3000.<br />
i quali formano complessi insolubili con le proteine e altri composti. Per la maggior<br />
parte i tannini sono contenuti nel raspo e si definiscono idrolizzabili , diversi da quelli<br />
condensati presenti nella buccia che quindi si ritrovano principalmente nei vini rossi.<br />
Nei tannini idrolizzabili, il polimero può essere idrolizzato con produzione di<br />
monomeri i quali vengono aggiunti nelle operazione di chiarifica oppure sono<br />
presenti nel legno delle botti da invecchiamento.<br />
51
I tannini condensati invece sono polimeri che hanno da 2 a 8 unità monomeriche<br />
che per essere stabili, il loro peso molecolare deve oscillare tra 600 e 2500 g/mol.<br />
I tannini presenti nell'uva sono dei tannini condensati, costituiti da da 2 a 8 unità<br />
monomeriche di flavolani, la formula generale e’ simile a quella degli antociani, con<br />
le differenze che l’anello centrale ha legami semplici e non c’è lo ione flavilio.<br />
Durante la maturazione, la concentrazione dei fenoli totali negli acini aumenta<br />
generalmente per un breve periodo all’inizio del processo di crescita, per poi<br />
presentare una leggera fase di declino (Dumazert et al., 1973; Kataoka et al., 1983;<br />
Singleton, 1966). Tuttavia i fenoli totali per acino aumentano fino a maturazione<br />
piuttosto tarda, mostrando che i processi responsabili della loro sintesi sono ancora<br />
attivi, anche se con produzioni minori (Singleton, 1966).<br />
2.7 Panorama ormonale nella maturazione dell’uva<br />
L’evoluzione degli ormoni nella bacca è correlata ai diversi fenomeni dello<br />
sviluppo prima dell’invaiatura e successivamente durante la maturazione.<br />
2.7.1 Auxina<br />
Il contributo dei fitormoni nello sviluppo e nella crescita degli acini è stato<br />
ampiamente dimostrato. Durante la fase iniziale dello sviluppo degli acini, quando ha<br />
52
inizio l’attività di divisione cellulare, la concentrazione di acido indolacetico<br />
aumenta, registrando un massimo alla fine della fase II per poi diminuire<br />
successivamente (Colombe,1960; Nitsch et al., 1960) .<br />
L’effetto di applicazioni esogene di auxina di sintesi per il controllo dello<br />
sviluppo e dell’accrescimento dell’acino è influenzato da diversi fattori tra cui: le<br />
caratteristiche della varietà, il tempo e la concentrazione di somministrazione ed<br />
infine dal tipo di auxina utilizzata. Un’applcazione di 4-CPA nella fase erbacea<br />
aumenta lo sviluppo e l’accrescimento degli acini e ritarda la maturazione (Weaver<br />
1953). Immergendo un grappolo in piena fioritura in una soluzione a bassa<br />
concentrazione di 2,4-D si ha la riduzione del numero dei semi e un aumento<br />
dell’accumulo di zucchero (Weaver et al.,1961).<br />
2.7.2 Citochinine<br />
Le citochinine giocano un ruolo importante nella regolazione della fase iniziale<br />
della fioritura (Shrinivasan e Mullins, 1979) e nello sviluppo delle bacche (Weaver et<br />
al.,1968; Pool, 1975).<br />
Il loro modo di azione sembra essere collegato con la trascrizione di RNA e con<br />
la sintesi delle proteine. A supportare questa teoria interviene l’isolamento dagli acini<br />
di una proteina composta, legata alla citochinina, formata da un complesso di due<br />
glicoproteine e con un alta attività ormonale. (Harada, 1980).<br />
53
Durante la fase II il contenuto in citochinine aumenta significativamente e<br />
diminuisce con l’attività di crescita (fase III). L’applicazione con composti di sintesi<br />
a bassa concentrazione, nelle uve da vino ha provocato un incremento nella<br />
traslocazione dei fotosintetati all’infiorescenza aumentando così l’accumulo nei frutti<br />
(Roubelakis e Kliewer, 1976).<br />
2.7.3 Gibberelline<br />
L’attività delle giberelline (GA) è stata dimostrata nelle uve facendo una<br />
distinzione tra gli acini con semi e quelli senza semi (Colombe, 1960; Scienza e<br />
al.,1978). Il contenuto di questo ormone è correlato soprattutto con il numero di<br />
vinaccioli; infatti, è stato dimostrato che acini in cui si è indotto un aumento di<br />
giberelline hanno quintuplicato il loro contenuto di semi rispetto ai frutti non trattati.<br />
Negli acini si verifica una maggior concentrazione nella fase di accumulo dei<br />
fotosintetati nei frutti, concentrazione che tende ad aumentare per circa tre settimane<br />
e a diminuire poi, fino a livelli molto bassi, per poi ricrescere di nuovo registrando un<br />
secondo picco due settimane dopo. Successivamente il loro contenuto si riduce<br />
mantenendosi costante per tutta la maturazione (Scienza et al.,1978).<br />
Applicazioni di GA sono una pratica ampiamente diffusa, nella viticoltura<br />
moderna, per il controllo della grandezza e della forma degli acini in particolare i<br />
trattamenti successivi alla fioritura aumentano le dimensioni, mentre trattamenti in<br />
piena fioritura causano una riduzione del grappolo.<br />
54
Prove effettuate, defogliando viti per la produzione di vino, hanno dimostrato<br />
che il contenuto in gibberelline si riduceva del 50% rispetto a piante non defogliate,<br />
quantità questa che tornava a livelli pressochè normali se venivano poi somministrati<br />
ormoni di sintesi (sihnamed e kliever, 1980).<br />
2.7.4 Acido abscissico<br />
Il livello di acido abscissico è più alto durante l’antesi (Scienza e al., 1978); è<br />
basso nelle bacche nella prima fase e aumenta durante la seconda attività di sviluppo<br />
(Colombe, 1973; Coombe e Hale, 1973), diminuendo successivamente. Il livello più<br />
alto di ABA è stato trovato nell’esocarpo degli acini (Coombe, 1973); questo facilita<br />
l’accumulo di carboidrati nelle cellule (Alleweldt et al., 1975).<br />
Applicazioni di ABA esogeno durante la fase I dell’accrescimento degli acini<br />
determinano un aumento dell’acido abscissico endogeno e aumentano il contenuto di<br />
zuccheri influenzando la gluconogenesi e quindi tutti l’azione degli enzimi ad essa<br />
collegati come la glucosio 6-fosfatasi, fruttosio 1-6 bifosfatasi e la malato<br />
deidrogenasi; questo effetto è annullato dalla cicloexImide, la quale induce la sintesi<br />
ex novo di questi enzimi (Palejwala et al., 1985).<br />
55
2.8 Etilene e maturazione dell’uva<br />
L’etilene sembra non avere un ruolo molto importante durante le fasi della<br />
maturazione infatti per questo motivo l’uva rientra tra i frutti non climaterici che non<br />
reagiscono allo stimolo di tale ormone.<br />
La più alta concentrazione di etilene endogeno si verifica durante l’antesi<br />
successivamente diminuisce rapidamente mantenendosi a livelli bassi e costanti fino<br />
alla maturazione (Coombe e Hale, 1973; Weaver e Singh, 1978)<br />
Tuttavia la produzione dell’etilene durante e dopo l’invaiatura cresce lievemente<br />
presentando un picco nella concentrazione dell’etilene interno (fino a 0.4 mL/L)<br />
(Alleweldt e Koch, 1977) o nella sua produzione (fino a 0.5 mL/kg per giorno) e,<br />
nonostante ciò, questo non è correlato con un aumento del climaterio respiratorio.<br />
D’altro canto, il forte incremento nei valori del quoziente respiratorio dopo<br />
l’invaiatura, unito alla simultanea diminuzione degli acidi, all’accumulo massiccio di<br />
zuccheri e al cambiamento di colore, suggerisce un’alterazione delle caratteristiche<br />
fisiologiche e biochimiche dell’acino, in cui l’etilene, anche se in piccole quantità,<br />
solo o combinato con altri ormoni, può avere un ruolo importante.<br />
Durante la crescita e la maturazione, i livelli di acido abscissico (ABA) e etilene<br />
prodotti nel frutto, come risposta ai composti a base di etilene o rilascianti etilene,<br />
mostrano che i livelli endogeni di ABA nella polpa possono mediare la reazione<br />
all’etilene esogeno o endogeno (Coombe e Hale, 1973). L’ABA deve accumularsi<br />
fino ad un certo valore soglia al fine di agire in modo sinergico con l’etilene nella<br />
56
stimolazione della maturazione. Di conseguenza, la maturazione dell’acino è<br />
ritardata, se l’ABA è sotto il livello soglia, e innalzamenti di etilene applicato in<br />
modo esogeno o indotto, mantengono l’ABA a livelli bassi. Tale implicazione<br />
dell’ABA nella maturazione dell’acino potrebbe coinvolgere cambiamenti nella<br />
permeabilità della parete cellulare durante l’invaiatura, permettendo ai carboidrati e<br />
all’acqua di entrare più velocemente nelle cellule dell’acino (Alleweldt et al., 1975).<br />
In alternativa, l’ABA sembra aiutare la maturazione accelerando la<br />
gluconeogenesi (Palejwala et al., 1985).<br />
L’effetto dell’etilene esogeno, o dei composti rilascianti etilene sotto il nome<br />
generico di “etephon”, è stato ampiamente discusso negli ultimi 10-15 anni<br />
(Szyjewicz et al., 1984; Lavee e Nir, 1986). In generale l’applicazione spray di<br />
“etephon” accelera lo sviluppo del colore nelle varietà rosse, fa aumentare il<br />
contenuto in solidi solubili, riduce l’acidità, induce l’abscissione degli acini<br />
(facilitando così la raccolta meccanizzata), e diminuisce la consistenza e la solidità di<br />
alcune varietà di uva (Szyjewicz et al., 1984).<br />
Il trattamento con l’etilene nei frutti non climaterici provoca una iperproduzione<br />
respiratoria ma senza cambiamenti significativi a livello metabolico, ad eccezione di<br />
un effetto sulla colorazione dell’epicarpo.<br />
La potenzialità dell’etilene nell’espressione della trascrizione dei geni,<br />
accelerando la sintesi di antocianidina, è stata studiata da molti autori, primo fra tutti<br />
Loulakakis (1997), dimostrando che l’etilene induceva la trascrizione di un gene<br />
denominato pvvom1 in colture di cellule di uva in sospensione, inoltre un elemento<br />
57
di risposta è stato individuato anche nel Vvht1 (vitis vinifera esoso transporter1) gene<br />
promotore dell’uva (Fillion et al. 1999). Recentissimi studi nell’ambito della genetica<br />
molecolare hanno infine evidenziato che nelle uve trattate con etilene durante<br />
l’invaiatura si verifica un accumulo del 30% rispetto al controllo, di una maggiore<br />
trascrizione dei geni responsabili della via biosintetica degli antociani che codificano<br />
per calcione sinteasi (CHS), calcione isomerasi (CHI), flavone 3-idrosilasi (F3H), 3-<br />
O-glicoliasi transferasi (UFGT) leucoantocianidina diossigenasi (LDOX),<br />
diidroflavonol 4-riduttasi (DFR), tutti enzimi responsabili della biosintesi di<br />
atocianidine (Kobayashi et al. 2001).<br />
Atre tesi sono state formulate per quanto riguarda gli effetti dell’etilene sulla<br />
risposta ad attacchi di patogeni e sembrerebbe che essa abbia un ruolo chiave<br />
nell’espressione di alcuni geni deputati alla biosintesi di molecole di risposta allo<br />
stress causato ad esempio dalle basse temperature e dalle infezioni virali, (Reid e<br />
Ross, 1997; Choi e al., 1996).<br />
58
CAPITOLO 3<br />
L’AROMA E L’UVA<br />
3.1 Origine degli aromi<br />
Fin dal 1965 sono state condotte numerose ricerche sull’aroma delle uve e<br />
dei vini grazie all’apporto analitico della cromatografia in fase gassosa, che si è<br />
andata continuamente perfezionando e resta la migliore tecnica di studio dei<br />
componenti volatili.<br />
Attualmente nell’aroma globale di un vino si distingue:<br />
• l’aroma primario del vitigno che è dato dalle sostanze presenti nell’uva, in<br />
aggiunta a quelle che derivano dall’applicazione di particolari tecnologie nella<br />
fase fermentativa: sono essenzialmente le sostanze terpeniche e gli alcoli a sei<br />
atomi di carbonio<br />
• l’aroma secondario che appare con le trasformazioni microbiologiche del<br />
mosto ed è essenzialmente costituito da esteri ed alcoli superiori<br />
• l’aroma terziario o bouquet che appare nella fase di invecchiamento del<br />
vino in seguito a trasformazioni chimiche e biochimiche naturali. In questo caso<br />
si tratta essenzialmente di modificazioni quantitative delle sostanze aromatiche<br />
precedenti. Si ha pure formazione di nuovi composti, spesso poco noti come ad<br />
es. il dietil e dimetil solfuro<br />
• infine, in certi casi, nelle uve si possono riscontrare rilevanti<br />
trasformazioni dell’aroma, dovute all’azione di funghi microscopici, in<br />
particolare Botrytis cinerea<br />
59
L’indagine conoscitiva di queste sostanze è resa molto difficile dal loro<br />
grande numero, dalle loro basse concentrazioni e dalla gamma molto varia di<br />
concentrazioni che vanno da qualche µg a qualche g per litro.<br />
La valutazione olfattiva di un vino è l’esame più importante.<br />
L’olfatto umano infatti è ben 25.000 volte più sensibile del gusto; inoltre<br />
l’uomo è capace di distinguere più di 400.000 odori, mentre il gusto si basa su<br />
quattro sensazioni principali.<br />
La percezione degli odori avviene sulla sommità delle cavità nasali durante<br />
la fase di inspirazione (per effetto di correnti a vortice dentro il naso) o quando il<br />
vino si trova in bocca e scaldandosi lascia risalire nella cavità nasale (per<br />
convezione) i composti aromatici.<br />
Di fatto alcune sensazioni che proviamo quando beviamo un vino sono<br />
sensazioni olfattive, dette retronasali.<br />
Gli aromi e i profumi sono dovuti a composti presenti in concentrazioni<br />
estremamente basse e che a temperatura ambiente passano allo stato di vapore e<br />
vengono percepiti. Lo stesso composto se presente a basse concentrazioni<br />
suscita sensazioni gradevoli mentre se presente a concentrazione più elevata può<br />
dare sensazioni sgradevoli.<br />
Le sostanze odorose sono di varia natura e la loro classificazione viene<br />
fatta per associazione con odori naturali già noti.<br />
Per il vino sono stati classificati otto tipi di odori:<br />
60
ianchi)<br />
giovani)<br />
giovani)<br />
FIORI<br />
Rosa, Violetta, Artemisia (nei vini rossi); Acacia, Sambuco (nei vini<br />
FRUTTI<br />
Lampone, Marasca, Mela, Pesca, Fragola, Ribes (soprattutto nei vini<br />
FRUTTI SECCHI<br />
Fichi secchi, Mandorla, Noce, Confettura di frutta (soprattutto nei vini<br />
ERBE - LEGNO<br />
Felce, Sottobosco, Pino, Resina, Tabacco, Legno<br />
TORREFAZIONE<br />
Pane tostato, Caffè, Cacao, Affumicato<br />
ERBE AROMATICHE<br />
Mirtillo, Vaniglia, Anice, Alloro, Timo, Garofano, Spezie, Cipolla, Pepe<br />
61
ANIMALI<br />
Burro, Cuoio, Muschio<br />
ALTRI<br />
Catrame<br />
3.2 Formazione degli aromi<br />
L’aroma caratteristico delle diverse varietà di uva, e dei vini da esse<br />
prodotti, è una miscela naturale di qualche centinaio di composti chimici diversi<br />
(Gunata et al., 1985a,b; Strauss et al., 1986) che sono sintetizzati durante la<br />
maturazione.<br />
La loro localizzazione è principalmente nella buccia (Winkler et al., 1974),<br />
nonostante i composti precursori di queste sostanze siano sintetizzati nelle foglie<br />
(Gunata et al., 1986), la sintesi e l’evoluzione dell’aroma hanno luogo negli<br />
acini (Winkler et al., 1974).<br />
La componente aromatica è un fattore distintivo di ogni varietà; di regola le<br />
uve delle varietà labrusca e rotundifolia hanno un profumo noto e spiccato,<br />
dovuto al composto metil antranilato (Winkler et al., 1974), mentre quelle delle<br />
varietà vinifera (con l’eccezione del gruppo Moscato) hanno un aroma più<br />
62
delicato e attenuato. Il Moscato, la Malvasia e l’Aleatico hanno un odore<br />
altrettanto caratterizzante; questo è dovuto principalmente alla composizione e<br />
alla presenza di monoterpeni, con particolare riferimento al linalolo, il cui<br />
profumo tipico risale al legno di rosa, ripartito quasi equamente nel succo e nelle<br />
parti solide dell’acino, ed il geraniolo, localizzato completamente nella buccia,<br />
la cui fragranza di rosa è appena percepibile. A questi si aggiungono in misura<br />
minore alcuni alcooli, esteri, aldeidi, idrocarburi e derivati polifunzionali che<br />
sono responsabili dell’aroma dell’uva (Gunata et al., 1985b; Ribéreau-Gayon et<br />
al., 1975; Strauss et al., 1986; Williams et al., 1982a).<br />
Dall’invaiatura la componente aromatica e in particolare modo i terpeni<br />
seguono una curva di variazione caratteristica che può essere divisa in cinque<br />
fasi:<br />
nella prima, il contenuto dei terpeni tende ad aumentare, durante la seconda<br />
si assiste ad un netto rallentamento della produzione seguita dopo otto giorni da<br />
un ultimo incremento di sostanze odorose, momento in cui si raggiunge il<br />
massimo aromatico. Nella fase finale comincia una diminuzione dei terpeni più<br />
o meno rapida che varia in funzione della varietà ma, soprattutto del composto<br />
aromatico.<br />
A tale variazione si assiste anche dopo la raccolta in particolar modo il<br />
linalolo, ed il geraniolo restano stabili per le prime due ore mentre il nerolo per<br />
quattro ore. Sembrerebbe per cui che il momento più opportuno al fine di poter<br />
63
ottenere vini con una maggiore quantità di sostanze odorose, sia trasformare<br />
l’uva immediatamente dopo la raccolta o al massimo dopo poche ore.<br />
3.3 Composti aromatici delle uve<br />
Tra i composti aromatici delle uve ricordiamo in particolare modo per il<br />
loro copiscuo contributo:<br />
-Le metossipirazine: Forniscono un forte odore vegetale (erbaceo) di<br />
peperone ed asparago anche in concentrazioni inferiori al nanogrammo per litro.<br />
Sono aromi tipici del cabernet sauvignon, del cabernet franc, del merlot e del<br />
sauvignon. Concentrazioni di molto inferiori si possono riscontrare anche nelle<br />
uve di pinot nero, di chardonnay, di riesling r., di traminer e di semillon.<br />
-I terpeni: I terpeni sono una categoria di sostanze responsabili degli odori<br />
gradevoli dei fiori e costituenti degli oli essenziali ossia delle sostanze naturali<br />
che costituiscono la base dei profumi<br />
Sono oltre 4.000 ma quelli odorosi sono a 10 atomi di carbonio<br />
(monoterpeni) e a 15 atomi di carbonio (sesquiterpeni). Dal punto di vista<br />
formale si possono considerare dei derivati dalla polimerizzazione (testa-coda)<br />
dell'isoprene e quindi costituiti da una sequenza di frammenti.<br />
64
isoprene<br />
I monoterpeni si riscontrano sotto forma di idrocarburi semplici, di aldeidi<br />
(linalale, geraniale), di alcoli, (linalolo, geraniolo), di acidi (ac. Linalico, ac.<br />
Geranico) e di esteri (acetato dilinalile). Nelle uve vi sono una quarantina di<br />
terpeni tra cui i più odorosi sono il linalolo , il nerolo e il geraniolo caratterizzati<br />
dal profumo di rosa, l’alfa-terpineolo che richiama l’aroma della canfora, il<br />
citronellolo riconducibile all’odore di limone e l’hotrienolo che conferisce<br />
l’odore di tiglio.<br />
-Derivati nor-isopreponolici: Derivati dalla degradazione ossidativa dei<br />
carotenoidi (terpeni a 40 atomi di carbonio). Quelli più odorosi sono i C 13-nor-<br />
isopropenoidi, fra questi il b-damascenone fornisce odore di frutti esotici nel<br />
Riesling r., nello chardonnay, nel moscato, nel sauvignon e nel cabernet mentre<br />
l’odore di viola può essere dato dal b-ionone.<br />
Questi composti si trovano sia in forma libera (sostanze volatili libere,<br />
direttamente accessibili alla mucosa olfattiva e quindi odorifere) che legati<br />
sottoforma di glucoside (sostanze non volatili in quanto legati agli zuccheri, e quindi<br />
olfattivamente meno avvertibili) (Cordonnier e Bayonore, 1974; Williams et al.,<br />
1982a,b). I livelli di monoterpeni liberi e legati aumentano durante la crescita e la<br />
65
maturazione dell’acino: le forme legate sono abbondanti nella fase di “acino verde” e<br />
mostrano livelli più alti rispetto alle forme libere durante tutta la maturazione (Gunata<br />
et al., 1985a,b; Wilson et al., 1984). La frazione legata a glucosidi continua a crescere<br />
addirittura anche in surmaturazione, mentre l’accumulo delle forme libere tende ad<br />
arrestarsi (Gunata et al., 1985a,b).<br />
Il rilascio delle forme glicosidiche contribuisce senza dubbio<br />
all’arricchimento dell’aroma. Tale rilascio può avvenire attraverso un idrolisi<br />
acida o un idrolisi enzimatica (Williams et al., 1982b; Aryan et al., 1987; Gunata<br />
et al., 1988,1989,1990). Proprio per quanto riguarda l’idrolisi enzimatica dei<br />
glucosidi monoterpenici, si è accertato che tale processo di liberazione terpenica<br />
richiede l’intervento di tre glicosidasi, presenti negli acini dell’uva e che<br />
aumentano in quantità durante la maturazione, e procede sequenzialmente<br />
attraverso due fasi successive:<br />
la prima consiste nella rottura del legame che unisce le molecole di<br />
arabinosio o di ramnosio a quella del glucosio;<br />
la seconda consiste, invece, nella rottura del legame tra glucosio e terpene,<br />
con liberazione di quest’ultimo che va ad arricchire l’aroma del prodotto.<br />
3.4 Classificazione varietale delle uve<br />
Un discreto numero di analisi sperimentali è stato effettuato per rilevare la<br />
concentrazione dei monoterpeni nelle dfferenti varietà di uva.<br />
66
Nonostante i dati quantitativi riferiti a riguardo siano svariati, l’aver<br />
adottato metodi di analisi diversi e su cultivars diverse, non rende facilmente<br />
effettuabile una comparazione diretta sulle cifre analitiche ricavate<br />
sperimentalmente.<br />
Ciononostante una classificazione generale dei dati uniformati suggerisce<br />
una divisione in :<br />
- moscati profondamente aromatici, nei quali la concentrazione di<br />
monoterpeni liberi può essere maggiore o uguale a 6 mg/l;<br />
- varietà non moscate ma aromatiche, con una concentazione totale di<br />
monoterpeni variabile da 1 a 4 mg/l;<br />
- - varietà più neutrali, il cui aroma non dipende significativamente dai<br />
monoterpeni;<br />
I dati per molte di queste assegnazioni derivano da un numero limitato di<br />
campioni (spesso uno solo), e in molti casi, i frutti sono originari di una singola<br />
regione vitivinicola.<br />
La classificazione comunque indica quelle cultivars per le quali l’analisi<br />
dei monoterpeni è adatta a dare dati che possano essere utilizzati nella<br />
determinazione dei caratteri varietali dell’uva ( liste 1 e 2 ).<br />
Nelle cultivars della terza lista i monoterpeni sono presenti in<br />
concentrazioni talmente basse che questi composti possono giocare soltanto un<br />
ruolo minimo nel determinare l’ aroma varietale. Questo è tra tutti il gruppo più<br />
67
numeroso di cultivars, dal quale si produce la stragrande maggioranza del vino<br />
prodotto nel mondo.<br />
3.5 Evoluzione dei composti terpenici durante l’appassimento<br />
Come conseguenza e in dipendenza delle modalità con cui viene condotto il<br />
processo di appassimento, si hanno anche trasformazioni chimiche a carico degli<br />
zuccheri e degli altri composti minori, quali ad es. i polifenoli e i terpeni con<br />
rilevanti implicazioni di carattere organolettico.<br />
Un inquadramento teorico dei fenomeni che coinvolgono i metaboliti<br />
secondari durante il processo di disidratazione dell’uva è ancora impossibile in<br />
quanto i dati disponibili riguardano soprattutto l’evoluzione di quelli primari.<br />
Un contributo alla conoscenza dell’evoluzione dei composti terpenici<br />
durante il suddetto processo è ricavabile da alcuni studi sperimentali condotti in<br />
condizioni diverse su cultivars diverse e che costituiscono quindi un limitato<br />
punto di partenza per una chiara definizione del problema.<br />
Da uno studio sperimentale condotto in collaborazione dall’Istituto<br />
Sperimentale per l’Enologia e dall’Istituto Regionale Vite e Vino Sicilia, su uva<br />
della varietà Zibibbo, emerge ad es. che l’evoluzione dei composti terpenici<br />
dipende dal sistema di appassimento utilizzato e che indipendentemente da<br />
questo, si ha un decremento del contenuto in zuccheri e dei composti terpenici<br />
68
liberi e glicosidati, tanto più sensibile quanto più spinto è l’appassimento<br />
dell’acino.<br />
Dall’osservazione dei tre diversi metodi considerati, appassimento al sole,<br />
sovramaturazione su pianta e appassimento rapido ( 50°-60° per 3 gg),<br />
scaturisce che:<br />
- il linalolo libero è l’alcol terpenico più svantaggiato in quanto a suo<br />
carico si registrano perdite fin dall’inizio del processo di<br />
appassimento;<br />
- il contenuto di tutti i composti terpenici liberi e glicosilati subisce<br />
rilevanti diminuzioni durante tutto il processo di appassimento al<br />
sole;<br />
- non sembra che i composti terpenici subiscano trasformazioni<br />
strutturali durante il processo se si escludono i casi in cui avviene<br />
diffusione dalla buccia al succo;<br />
- in quest’ultimo caso si ha parziale idrolisi dei glucosidi e<br />
trasformazioni probabilmente acido catalizzate dei composti che si<br />
trovano nel succo, in dipendenza della temperatura e dell’acidità;<br />
- le maggiori perdite di composti terpenici avvengono durante<br />
l’appassimento al sole o all’aumentare della temperatura,<br />
nell’appassimento rapido;<br />
69
- le condizioni migliori di appassimento, fra quelle considerate, si<br />
realizzano sulla pianta, se si assume come parametro di confronto<br />
l’evoluzione dei composti terpenici;<br />
- durante l’appassimento al sole o durante la sovramaturazione su<br />
pianta, oltre alla diminuzione del contenuto terpenico, si ha anche<br />
una diminuzione del contenuto zuccherino;<br />
Un analogo studio effettuato su uve della varietà Malvasia delle isole Lipari<br />
(Ist. Reg. della Vite e del Vino, Palermo; Ist. Sperim. per l’Enologia, Asti;<br />
V.Corte, D.Oliva, R.Di Stefano ed altri; 2000) evidenzia come il tenore in<br />
composti terpenici sotto forma glicosilata di vini passiti da uve della suddetta<br />
cultivar risulti estremamente alto, in particolare nel campione da uve appassite<br />
in impianto artificiale di disidratazione. Si deduce inoltre che tale processo<br />
rispetta la composizione varietale delle uve, confermando quanto era stato<br />
osservato per altre cultivars. Come atteso i vini da tali uve appassite al sole,<br />
presentano un aroma caratterizzato da note di ossidazione e varietali insieme,<br />
secondo lo stile dei prodotti ottenuti nel rispetto delle tradizioni delle zone di<br />
origine.<br />
Diversamente, i vini da uve appassite in impianto di disidratazione si<br />
rivelano più freschi, più varietali nell’aroma, che solo marginalmente possiede<br />
note di ossidazione, e più pieni al gusto. Gli estratti di questi ultimi sono<br />
sensibilmente più alti di quelli dei primi.<br />
70
Un altro studio eseguito su uve della varietà moscato ((Ist.Sperim.per la<br />
Viticoltura; Ist. Sperim. per l’Enologia; R.Di Stefano, D.Borsa ed altri; 2000),<br />
rivela invece a proposito dell’evoluzione dei terpeni nel periodo post raccolta,<br />
come l’intensa variazione del profilo terpenico subisca essenzialmente due fasi<br />
di variazioni: durante le prime 24 ore e in seguito durante i venti giorni<br />
successivi.<br />
Il linalolo e il geraniolo restano stabili per due ore, poi diminuiscono nel<br />
corso delle 24 ore. Il nerolo cresce nel corso delle 4 ore, quindi diminuisce.<br />
In seguito tutti i terpeni aumentano dal 1°al 7°giorno, per poi decrescere<br />
dopo il 14° giorno.<br />
Il linalolo, il nerolo e il geraniolo possono variare da una a due volte.<br />
Questo studio suggerisce infatti che per le varietà in esame, per ottenere il<br />
massimo dell’aroma, occorrerebbe vinificare le uve nelle due ore successive alla<br />
raccolta oppure attendere 7 giorni con le uve conservate in cassette.<br />
Si comprende facilmente a questo punto quale sia l’importanza di<br />
approfondire l’aspetto delle variazioni metaboliche che intervengono durante<br />
l’appassimento, e ancor più di individuare quali parametri del processo e in<br />
quale senso questi determinino tali modificazioni.<br />
71
SECONDA PARTE<br />
PARTE SPECIALE<br />
SCOPO DELLA TESI<br />
Alla luce delle osservazioni proposte in questa prima parte introduttiva<br />
emerge chiaramente che il processo di appassimento, alla pari del processo di<br />
produzione in campo dell’uva, deve garantire una materia prima, da vinificare,<br />
di massima qualità, onde ottenere un prodotto finito di altrettanto pregio e<br />
soprattutto caratterizzato da note varietali tipiche.<br />
Considerando l’importanza di poter eseguire un appassimento artificiale<br />
che svincoli dalla variabilità climatica, spesso avversa nel sistema naturale, che<br />
dia un prodotto omogeneo e microbiologicamente sano, che riduca i tempi di<br />
appassimento e nel contempo permetta di ottenere un’elevata qualità, abbiamo<br />
inteso valutare analiticamente quanto accade nella fase di appassimento<br />
sperimentale in due cultivar di uva sulle quali scarsi o pochi studi sono stati<br />
effettuati, nonostante il ruolo primario nelle rispettive zone vitivinicole di<br />
produzione.<br />
72
CAPITOLO 1<br />
MATERIALI E METODI<br />
1.1 Reperimento e preparazione delle uve<br />
Le analisi sperimentali sono state condotte presso i laboratori del<br />
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari (DISTA), <strong>Laboratorio</strong><br />
Post-raccolta (LAPO), ed hanno interessato nell’annata 2003 uve a bacca rossa<br />
(Vitis vinifera L.) varietà Aleatico e Cesanese. Le prime sono state raccolte<br />
presso l’Azienda “Aldobrandesca” (Antinori) agli inizi di settembre, con un<br />
tenore zuccherino pari a circa 20,59 °Brix ed una acidità di 2,5 g l -1 , mentre le<br />
seconde sono state vendemmiate all’inizio di ottobre con un tenore zuccherino<br />
di 22,53 °Brix e un’acidità di 4,50 g l -1 . I grappoli, accuratamente selezionati,<br />
sono stati raccolti e posizionati con estrema attenzione, onde evitare eventuali<br />
danni da impatto, in cassette di plastica forate, con una capienza di circa 6.5 kg,<br />
quindi, immediatamente trasferiti in <strong>Laboratorio</strong>, dove è stata condotta un’unica<br />
prova in tunnel di appassimento artificiale per l’Aleatico e due prove (in<br />
contemporanea) per il Cesanese, a due diverse condizioni di appassimento<br />
(media ed alta intensità).<br />
Uno stesso numero di cassette è stato mantenuto all’esterno della cella ad<br />
una temperatura di 20-23°C e un’umidità relativa oscillante tra il 60 e il 65%<br />
73
senza ventilazione diretta ma con ventilazione naturale presente nell’ambiente,<br />
tentando di simulare il metodo utilizzato in fruttaio.<br />
Per ciascuna cassetta è stato misurato il calo ponderale mediante pesata di<br />
tre campioni rappresentativi dell’uva e del processo al quale questa è stata<br />
sottoposta. Si è osservata inoltre la variazione in peso non solo dei grappoli<br />
interi, ma anche di altrettanti campioni di soli acini nelle stesse condizioni, allo<br />
scopo di valutare l’incidenza dell’appassimento sulle due strutture, quella<br />
legnosa del raspo e quella fruttifera dell’acino. Il calo peso è stato valutato, in<br />
termini percentuali, rapportando le pesate stesse al valore iniziale di riferimento<br />
e mediando i valori ottenuti su ogni singolo contenitore per ciascuna varietà.<br />
Inoltre sono stati effettuati, nel corso della prova a distanza di alcuni giorni,<br />
dei campionamenti di uve dalle cassette, in maniera randomizzata. Da tali uve è<br />
stato ottenuto un mosto, per pressione manuale, che è stato utilizzato fresco per<br />
la determinazione del contenuto in solidi solubili e per le acidità titolabili,<br />
congelato in azoto liquido e conservato a –80°C per le successive<br />
determinazioni gascromatografiche del profilo aromatico e per le altre prove di<br />
laboratorio effettuate.<br />
74
1.2 Il tunnel di appassimento<br />
Il tunnel per l’appassimento artificiale in aria forzata è stato costruito dalla ditta<br />
Isolcell SpA, Laives, Bolzano, Italy. L’impianto in questione è un modello di<br />
dimensioni ridotte rispetto alla struttura costruita a scopo commerciale, adattato ad<br />
una cella frigorifera attraverso la quale, durante la sperimentazione, è stato assicurato<br />
il mantenimento delle condizioni termoigrometriche definite.<br />
Il tunnel è realizzato in lamiera metallica, suddiviso in due scomparti separati,<br />
dalle dimensioni ciascuno di 0,6 x 0,35 x 1,5 m (l x h x l), aventi un volume di 0,315<br />
m 3 per complessivi 0,630 m 3 .<br />
Ogni scomparto è dotato di un ventilatore, funzionante in aspirazione, per la<br />
movimentazione dell’aria interna al tunnel. Nella parte antistante i ventilatori, 0,140<br />
m 3 del volume totale non vengono occupati dalle cassette con l’uva, ma costituiscono<br />
uno spazio di plenum dell’aria.<br />
Durante le prove di appassimento le condizioni termoigrometriche degli<br />
ambienti sono state monitorate continuamente attraverso l’utilizzo di una sonda<br />
modello HYGROclip della Rotronic, interfacciata con il software HYGROwin che ha<br />
consentito la registrazione dei dati. La velocità dell’aria è stata monitorata mediante<br />
un anemometro a filo caldo Terman (LSI SpA, Milano, Italia).<br />
La rilevazione di temperatura, U.R. e velocità dell’aria è stata effettuata in<br />
riferimento a punti considerati “critici” per gli ambienti di appassimento (tunnel e<br />
cella).<br />
75
Il tunnel ha operato a temperature prossime a 20°C con valori di U.R. tra il 41 ed<br />
il 46%, condizione realizzata con l’ausilio di un condensatore che ha permesso di<br />
abbattere l’elevato valore di vapor acqueo rilasciato dall’uva.<br />
Nella prima prova, quella sulla varietà Aleatico, si è adottata oltre alle suddette<br />
condizioni una velocità dell’aria costante, osservata in valori medi pari a 2,4 m/s in<br />
entrata, 1.0 m/s al plenum e 1,2 m/s in uscita.<br />
Nella prova sulla varietà Cesanese invece, si è operato utilizzando i due<br />
scomparti del tunnel a diverso regime; più precisamente, nello scomparto inferiore<br />
sono state adottate le condizioni di velocità dell’aria suddette, mentre nello scomparto<br />
superiore si è operato a regime medio, quindi con velocità dell’aria in entrata al<br />
plenum ed in uscita all’incirca ad un valore dimezzato rispetto a quelle rilevate nello<br />
scomparto superiore.<br />
Le condizioni adottate per la nostra sperimentazione (temperatura tra 20°e 25° C<br />
e umidità relativa dell’aria compresa tra 40 e 50 %). sono derivate dall’ottimizzazione<br />
del processo elaborata attraverso prove precedentemente condotte sullo stesso tunnel<br />
1.3 Determinazione della produzione di etilene<br />
L’analisi della produzione di etilene è stata condotta iniettando 1 ml di gas<br />
in un gas-cromatografo Carlo Erba Fractovap 4200 (Carlo Erba Spa, Milano,<br />
Italia) con colonna in acciaio della lunghezza di 2 metri, impaccata con allumina<br />
76
attivata (80-100 mesh) in isoterma a 100°C, con azoto come gas carrier e FID<br />
come rilevatore, la temperatura dell’iniettore e del rivelatore è stata impostata a<br />
200°C.<br />
Il prelievo è stato effettuato tramite siringa da 1 ml a tenuta stagna, dopo<br />
aver lasciato il campione chiuso in barattoli di vetro del volume di 1.7 o 3.1 L,<br />
muniti di tubicino in gomma perforabile con l’ago della siringa per i prelievi. I<br />
risultati ottenuti sono stati standardizzati come di norma rispetto ai tempi<br />
effettivi di chiusura (e quindi di rilascio) e rispetto ai relativi pesi dei campioni.<br />
1.4 Determinazione della respirazione<br />
Per la determinazione della CO2, è stato utilizzato un analizzatore OxyCarb<br />
della Isolcell spa (BZ).<br />
Anche in questo caso la rilevazione è avvenuta inserendo i due aghi<br />
rilevatori dell’analizzatore nel tubicino gommato posto sui coperchi di barattoli<br />
a tenuta stagna nei quali il campione è stato lasciato “respirare” per determinati<br />
intervalli di tempo. Anche in questo caso si è conseguentemente proceduto a<br />
standardizzare i valori trovati rispetto ai tempi di chiusura e ai rispettivi pesi. Il<br />
prelievo dei campioni da analizzare come in tutte le analisi eseguite è stato<br />
effettuato in maniera randomizzata.<br />
77
1.5 Determinazione dei solidi solubili<br />
La determinazione del contenuto in solidi solubili, espressa in °Brix, è stata<br />
eseguita mediante un rifrattometro modello RL-2 (Abbè, Officine Galileo,<br />
Firenze, Italia), utilizzando poche gocce di succo, ottenuto mediante spremitura<br />
di un campione cospicuo (circa 100 acini) e rappresentativo della massa totale<br />
d’uva.<br />
1.6 Determinazione dell’acidità totale<br />
L’acidità totale misurata mediante titolazione, è stata espressa in g/L di<br />
acido tartarico. L’analisi è stata esguita su 10 g di mosto (ottenuto come nel caso<br />
precedente) addizionato a 150 mL di acqua distillata, preventivamente<br />
decarbonicata mediante ebollizione, e ad alcune gocce di fenoftaleina come<br />
indicatore di viraggio, utilizzando idrossido di sodio 0,1 N (NaOH 0,1 N come<br />
sostanza titolante.<br />
78
1.7 Determinazione dei polifenoli dalle bucce<br />
1.7.1 Preparazione degli estratti<br />
Le bucce di 10 acini rappresentativi dell’intero campione, prelevati<br />
casualmente, vengono separate dalla polpa e dai semi quindi poste in 25 ml di<br />
tampone tartarico a pH = 3,2, ottenuto aggiungendo nell’ordine:<br />
• 5 g di acido tartarico<br />
• 22.2 ml di NaOH 1N<br />
• 500 ml di acqua distillata<br />
• 2 g di metabisolfito di sodio<br />
• 125 ml di etanolo 95%<br />
• portando a volume di 1 lt con acqua distillata.<br />
L’estrazione è stata eseguita su ogni acino tagliato in due parti e separato<br />
dai semi. La polpa così ottenuta viene raccolta in un becker in cui si trova una<br />
punta di spatola di sodio metabisolfito, mentre la buccia è posta in una beuta<br />
contenente 25 ml del tampone suddetto. Dopo 4 ore a temperatura ambiente le<br />
bucce nel tampone vengono omogeneizzate; si centrifuga dopo aver recuperato<br />
quantitativamente l’omogeneizzato, si pone l’estratto liquido in un matraccio<br />
tarato da 50ml, si riprende il residuo con il tampone, si ricentrifuga, si unisce la<br />
fase liquida alla precedente e si porta a volume con il tampone stesso.<br />
79
Su tale estratto è possibile la determinazione degli indici di<br />
proantocianidine, di vanillina, di polifenoli totali e di antociani (solo per le uve a<br />
frutto colorato). Inoltre si possono valutare i profili HPLC degli antociani, degli<br />
acidi idrossicinnamici legati all’acido tartarico e dei flavonoli.<br />
1.8 Polifenoli totali dagli estratti<br />
Il contenuto in polifenoli totali è determinato sfruttando le proprietà<br />
riducenti e U.V. assorbenti dei fenoli. L’ossidante più comunemente utilizzato è<br />
il reattivo di Folin-Ciocalteu, composto da una miscela di acidi fosfomolibdico e<br />
tungstico, che in ambiente basico si riduce ossidando i gruppi ossidrilici dei<br />
composti polifenolici presenti nel campione. I prodotti di riduzione di colore blu<br />
presentano un massimo di assorbimento la cui intensità è proporzionale ai<br />
polifenoli totali presenti nel campione.<br />
In un matraccio da 20 ml si pongono:<br />
• 0.1 ml di estratto<br />
• 5 ml di acqua distillata<br />
• 1 ml di reattivo di Folin-Ciocalteu<br />
• dopo 3-5 minuti si aggiungono 4 ml di NaCO3 al 10%<br />
80
minuti.<br />
• si porta a volume con acqua distillata e si legge l’assorbanza dopo 90<br />
L’assorbanza è stata misurata spettrofotometricamente ( mod. UV/VIS<br />
Lambda 25, Perkin Elmer Instruments) ad una lunghezza d’onda di 700 nm.<br />
Il valore dei polifenoli totali espressi in (+)catechine (mg l -1 ) si ricava<br />
moltiplicando il numero fisso 186.5 per l’assorbanza e dividendo per il rispettivo<br />
volume di estratto utilizzato.<br />
Polifenoli tot. (+) catechine (mg l -1 ) = 186.5*E700/V<br />
1.9 Antociani totali dagli estratti<br />
Per la determinazione degli antociani è stato utilizzato lo stesso estratto<br />
impiegato per la valutazione dei polifenoli totali.<br />
Si diluisce opportunamente l’estratto da 10 a 100 volte con etanolo<br />
cloridrico (Etanolo:Acqua:Acido Cloridrico 70:30:1) e si registra l’assorbimento<br />
da 230 a 700 nm su 1 cm di c.o. L’assorbanza è stata misurata allo<br />
spettrofotometro ( mod. UV/VIS Lambda 25, Perkin Elmer Instruments).<br />
I valori in antociani si ricavano attraverso la relazione:<br />
antociani tot. (mg l -1 ) = E max vis* 26.6 *d<br />
81
dove d sono le diluizioni effettuate sull’estratto.<br />
1.10 Analisi HPLC degli antociani<br />
E’ stato seguito il metodo proposto da Mazza et al. (1999), impiegando un<br />
apparecchio HPLC Agilent Technologies serie 1100 composto di pompa<br />
quaternaria completa di degassatore, fornetto di termostatazione colonne,<br />
rivelatore UV-vis a fotodiodi con colonna Inertsil ODS 3,5 mm, 150 x 4,6 mm<br />
ID (GL Sciences Inc.), e loop da 20 µL. La valutazione qualitativa e<br />
quantitativa delle antocianine-3-monoglucosidi è stata eseguita utilizzando<br />
standards Extransynthèse, Genay-France (cianidina-, malvidina- e peonidina-3-<br />
glucoside) e Polyphenols laboratoires, Sandnes, Norway (delfinidina- e<br />
petunidina-3-glucoside), la concentrazione dei composti acilati e dimeri è stata<br />
calcolata utilizzando il fattore di risposta della malvidina-3-glucoside.<br />
1.11 Componente aromatica<br />
Per determinare la composizione dell’aroma dei nostri campioni è stata<br />
utilizzata la tecnica della microestrazione in fase solida (HS-SPME).<br />
82
Si tratta di una tecnica che non necessita dell’impiego di solventi e permette<br />
di estrarre e concentrare gli analiti dello spazio di testa dei campioni in un<br />
singolo step (38).<br />
L’analisi dello spazio di testa, estratto mediante fibra SPME, rivestita con<br />
polidimetilsilossano (PDMS), da 100 µm, è stato analizzato, previo<br />
desorbimento termico nel comparto di iniezione (PTV a 230°C), con un gas-<br />
cromatografo Thermo Finnigan Trace GCUltra equipaggiato con colonna<br />
capillare DB-WAX (J & W Scientific Inc., Folson CA, USA), delle dimensioni<br />
di 60 m di lunghezza, 0,25 mm di diametro interno e 0,25 µm di spessore del<br />
film, utilizzando elio come gas carrier al flusso costante di 0,8 mL/min, azoto<br />
come gas make up e Fid come rivelatore (mantenuto a 250° C).<br />
La fibra SPME è stata inserita manualmente attraverso il setto in una vial<br />
contenente 5 mL di vino, chiusa con un tappo di silicone forato e contenente un<br />
piccolo agitatore magnetico, addizionato di un ugual quantitativo di cloruro di<br />
calcio saturo.<br />
La fibra è stata esposta allo spazio di testa del campione alla temperatura<br />
di 20°C per 30 minuti sotto costante agitazione (140 rpm).<br />
Trascorsi 30 minuti esatti la fibra è stata rimossa dalla vial e inserita<br />
nell’iniettore del gas-cromatografo, mantenuto ad una temperatura di 230°C per<br />
7 minuti, in modalità splitless, per desorbire i componenti dell’aroma, analizzati<br />
gas-cromatograficamente.<br />
83
L’analisi è stata esguita a flusso costante pari a 0,8 mL/min, mentre la<br />
temperatura del forno è stata mantenuta a 40°C per 7 minuti e poi aumentata fino<br />
a 230°C, con un incremento di 3°C/min.<br />
I picchi sono stati identificati comparando i tempi di ritenzione con quelli di<br />
una serie di standard da noi presi in considerazione.<br />
84
CAPITOLO 2<br />
RISULTATI DELLE ANALISI SULLE UVE ALEATICO<br />
2.1 Calo peso<br />
Le condizioni di appassimento in tunnel adottate, hanno permesso di<br />
ridurre, in 15 giorni, il peso delle uve (acini + raspo) del 45%, valore ben più<br />
elevato di quello osservato per il controllo che subisce un calo del solo 12%<br />
nello stesso intervallo di tempo. La differenza prende consistenza già dal<br />
secondo giorno per poi risultare sempre più marcata. Già al quarto giorno, i<br />
grappoli del tunnel hanno subito un calo ponderale del 15% mentre quelli del<br />
controllo un calo del 3%.<br />
E’ abbastanza interessante notare anche dal grafico (Fig. 1A) quale sia<br />
l’influenza sul calo peso delle due componenti, il raspo e gli acini.<br />
Il calo ponderale nei primi 2 giorni, come osservato in precedenza (A.<br />
Bellincontro et al., 2002), è estremamente rapido a causa della perdita d’acqua<br />
da parte del raspo.<br />
Come possiamo notare la perdita di peso dei grappoli è percentualmente<br />
sempre più elevata rispetto agli acini: al quarto giorno la differenza è del 4%, al<br />
decimo è del 6% e al quindicesimo del 9%. Questi dati sono importanti in<br />
85
quanto permettono di dare utili indicazioni commerciali per il calo peso effettivo<br />
degli acini al momento in cui si misura il calo peso del grappolo intero.<br />
Al quarto giorno, di un calo complessivo nei grappoli del tunnel del 13%, il<br />
69% di questo è imputabile alla perdita d’acqua da parte degli acini e il 31% al<br />
raspo. Al quinto giorno di un calo complessivo del 15%, il 73,3% di questo è<br />
riferibile agli acini e il restante 26,7% al raspo. Da qui in poi la situazione si<br />
stabilizza e, considerando una deviazione standard del 2% imputabile alla<br />
variabilità nelle dimensioni e nel numero degli acini per grappolo, dei cali<br />
complessivi del 21% al settimo giorno, del 34% all’undicesimo giorno e del<br />
45% al quindicesimo giorno dalla raccolta, circa l’80% di ognuno è imputabile<br />
agli acini e il restante 20% al raspo.<br />
I campioni del controllo non manifestano alcuna differenza di calo tra acini<br />
e grappoli, ad indicare che la differenza di U.R. tra fuori e dentro il tunnel ( a<br />
parità di temperatura) gioca un ruolo fondamentale nella perdita d’acqua da<br />
parte del raspo per asportazione del “boundary layer” (strato di umidità che si<br />
deposita all’interfaccia aria – superficie esterna della buccia) e quindi aumenta<br />
la permeabilità cellulare ed intracellulare.<br />
L’evento non si verifica esternamente in quanto il ”boundary layer” rimane<br />
e quindi la differenza di perdita d’acqua tra acini e raspo non è evidenziabile.<br />
86
variaz. %<br />
50%<br />
40%<br />
30%<br />
20%<br />
10%<br />
0%<br />
CALO PONDERALE<br />
1 2 4 5 7 8 9 10 11 12 14 15<br />
gg DALLA RACCOLTA<br />
Acini tunnel<br />
Grappoli tunnel<br />
Acini cK<br />
Grappoli cK<br />
Fig.1A Calo ponderale del peso dell’uva Aleatico, espresso in variazione % rispetto al peso iniziale.<br />
87
°Brix<br />
2.2 Solidi solubili<br />
La forte disidratazione nel tunnel ha provocato l’atteso aumento della<br />
concentrazione in solidi solubili nei quindici giorni di trattamento, raggiungendo<br />
il valore di 30.8° Brix, da un valore iniziale di 20,59° Brix. Il controllo invece,<br />
dallo stesso valore di partenza raggiunge, nei quindici giorni, i 24,6° Brix.<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
SOLIDI SOLUBILI<br />
tunnel ck<br />
t iniz<br />
4 gg<br />
7 gg<br />
11 gg<br />
t fin (15 gg)<br />
Fig.2.A Aumento nella concentrazione degli zuccheri dell’uva Aleatico nel tunnel e nel fruttaio<br />
simulato<br />
88
2.3 Respirazione<br />
La respirazione stimata in termini di produzione di anidride carbonica è<br />
stata misurata allo scopo di valutare l’evoluzione macroscopica del metabolismo<br />
delle uve. Ad una elevata produzione di CO2 è infatti associabile un consumo<br />
degli zuccheri, aspetto che sarebbe veramente dannoso visto che l’appassimento<br />
ha come scopo primario proprio quello di ottenere uve a maggior tenore<br />
zuccherino.<br />
I dati ottenuti mostrano chiaramente che per i campioni in tunnel di<br />
appassimento la produzione di anidride carbonica è piuttosto bassa e costante<br />
per tutta la durata del processo; da un valore iniziale di 27,41 ml/Kg*ora si nota<br />
soltanto un lieve incremento nell’ultimo giorno (42,67 ml/Kg*ora).<br />
La stessa cosa non avviene nel controllo fuori tunnel, nel quale si<br />
osservano valori mediamente più alti con un aumento considerevole e costante<br />
dal quinto (14,13 ml/Kg*ora) all’ottavo giorno (di 25,01 ml/Kg*ora) e<br />
soprattutto dal decimo al quindicesimo giorno (53,24 ml/Kg*ora.)<br />
Tale effetto si è accompagnato ad una visibile degradazione qualitativa<br />
delle uve, chiaramente affette da marciumi e caratterizzate da note di<br />
acetescenza nell’ultima settimana di osservazione.<br />
E’ importante osservare inoltre che nessun incremento nella produzione di<br />
CO2 si è registrato in contemporanea col leggero picco osservato per l’etilene, il<br />
89
ml/Kg*ora di CO2<br />
che conferma l’assenza totale di un comportamento climaterico della varietà in<br />
esame.<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
RESPIRAZIONE<br />
1 2 4 5 7 8 9 10 11 12 14 15<br />
gg DALLA RACCOLTA<br />
GRAPPOLI TUN.<br />
GRAPPOLI CK<br />
Fig.3A Respirazione dell’uva Aleatico, espressa in ml/Kg*ora di CO2 prodotta; grappoli.<br />
La produzione di CO2 negli acini presenta un valore iniziale considerevole,<br />
probabilmente in conseguenza del taglio effettuato per separare gli acini dal<br />
raspo. Si nota quindi un andamento simile a quello osservato nei grappoli. Il<br />
controllo evidenzia un incremento respiratorio nella fase finale probabilmente a<br />
causa di fenomeni metabolici collegati allo stato marcescente in cui si è trovata<br />
una parte di queste uve.<br />
90
ml/Kg*ora di CO2<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
RESPIRAZIONE<br />
1 2 4 5 7 8 9 10 11 12 14 15<br />
ACINI TUNNEL<br />
ACINI CK<br />
Fig.4A Respirazione dell’uva Aleatico, espressa in ml/Kg*ora di CO2 prodotta; particolare acini.<br />
2.4 Produzione di etilene<br />
Il picco osservato al secondo giorno negli acini e in minor misura nei<br />
grappoli in tunnel è probabilmente da attribuire ad una risposta delle cellule al<br />
taglio del pedicello e all’iniziale stress idrico. Nel momento in cui l’acino è<br />
messo in condizioni di bassa U.R. e ventilazione gli stomi si aprono e quindi si<br />
ha un doppio effetto: stress da ferita e stress idrico. La presenza del raspo,<br />
ancora turgido, tampona lo stress idrico e non presenta lo stress da ferita. In un<br />
lavoro precedente (F.Mencarelli et al.,1997) era stato osservato in uve da tavola<br />
91
microlitri/Kg*ora<br />
che, condizioni di bassa U.R., provocavano un richiamo di acqua dal raspo verso<br />
l’acino.<br />
Subito dopo il valore di produzione dell’ormone torna a valori piuttosto<br />
bassi e dal quarto giorno in poi la differenza osservata tra i campioni in tunnel<br />
ed i rispettivi controlli è molto limitata.<br />
16<br />
14<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
PRODUZIONE DI ETILENE<br />
1 2 4 5 7<br />
gg DALLA RACCOLTA<br />
ACINI TUNNEL<br />
GRAPPOLI TUNNEL<br />
ACINI CK<br />
GRAPPOLI CK<br />
Fig.5A Produzione di etilene nel’uva Aleatico, determinata al gascromatografo e espressa in<br />
µL/Kg*ora<br />
92
2.5 Acidità totale<br />
Per quanto concerne i valori di acidità dei campioni si riscontra un aumento<br />
generale durante entrambe i processi di disidratazione, in tunnel e fuori. Da un<br />
valore iniziale di 2,5 g/L di acido tartarico nel campione in tunnel si giunge al<br />
quindicesimo giorno con un valore di 4,2 g/L di acido tartarico.<br />
E’ probabile che l’incremento dell’acidità sia da imputare principalmente<br />
ad un effetto apparente dovuto alla forte disidratazione subita dall’uva, con<br />
conseguente concentrazione degli acidi. Questo effetto è probabilmente<br />
riscontrabile anche nel controllo, dove però è legittimo considerare anche<br />
un’influenza del metabolismo fermentativo verificatosi nelle uve non più sane.<br />
Resta comunque interessante per il nostro scopo verificare che il valore<br />
finale dell’acidità titolata nell’uva appassita sia sufficientemente alto da<br />
garantire la normale evoluzione della sua vinificazione e conseguente<br />
maturazione come vino. Le stesse uve nell’annata 2003 sono state vinificate dal<br />
produttore con un’acidità pari a 4,7 g/L di acido tartarico.<br />
93
mg/l di acido tartarico<br />
4,5<br />
4<br />
3,5<br />
3<br />
2,5<br />
2<br />
1,5<br />
1<br />
0,5<br />
0<br />
ACIDITA' TOTALE<br />
tunnel ck<br />
Fig.6A Acidità totale delle uve aleatico, espressa in g/L di acido tartarico.<br />
2.6 Polifenoli totali dalle bucce<br />
t iniz<br />
4 gg<br />
7 gg<br />
11 gg<br />
t fin (15 gg)<br />
Il contenuto in polifenoli totali estratti dalle bucce mostra un costante calo<br />
durante i quindici giorni della durata del trattamento in tunnel, maggiore di<br />
quello osservato per il controllo.<br />
Dal valore iniziale di 512,129 mg/L di catechine al momento iniziale si<br />
passa ai 411,232 mg/L dell’ottavo giorno e si arriva ai 293,737 mg/L del<br />
quindicesimo giorno. Questo decremento è probabilmente imputabile alla<br />
solubilizzazione dei polifenoli presenti nella buccia in conseguenza dei<br />
fenomeni fisici che intervengono durante la disidratazione e in particolare quello<br />
della diffusione dell’acqua attraverso la buccia e quello del raggrinzimento della<br />
94
mg/l catechine<br />
stessa con alterazione della propria struttura. Oltre a questo passaggio verso la<br />
polpa gioca un ruolo fondamentale l’ossidazione, fenomeno al quale questi<br />
composti vanno facilmente incontro.<br />
600<br />
500<br />
400<br />
300<br />
200<br />
100<br />
0<br />
POLIFENOLI TOTALI<br />
t inz t int t fin<br />
Fig.7A Contenuto in polifenoli totali delle bucce, espresso in mg/L di catechine. Dati relativi al<br />
primo, al settimo e all’ultimo giorno.<br />
tunnel<br />
CK<br />
95
mg/l<br />
2.7 Antociani totali dalle bucce<br />
2.7.1 Analisi quantitativa<br />
La variazione di concentrazione negli antociani totali estratti dalle bucce<br />
segue un andamento simile a quello dei polifenoli totali, mostrando un<br />
decremento durante il processo di disidratazione più marcato nel campione di<br />
uve in tunnel. Questo è probabilmente collegato alla diversa intensità di<br />
appassimento mostrata dai due trattamenti; il tunnel a causa dell’intensa<br />
disidratazione provoca una maggior migrazione di antociani dalla buccia alla<br />
polpa ed una maggiore ossidazione degli stessi.<br />
180<br />
160<br />
140<br />
120<br />
100<br />
80<br />
60<br />
40<br />
20<br />
0<br />
ANTOCIANI TOTALI<br />
t0 8 gg t fin (15 gg)<br />
TUNNEL<br />
cK<br />
Fig.8A Antociani totali estratti dalle bucce espressi in mg/L di catechine; uva Aleatico grappoli<br />
tunnel e grappoli controllo.<br />
96
mg/l<br />
2.7.2 Analisi qualitativa<br />
L’analisi qualitativa degli antociani mostra nelle uve Aleatico un<br />
comportamento analogo tra le due tipologie, tunnel e fruttaio, evidenziando un<br />
calo nella concentrazione della delfidina-3-monoglucoside, della petunidina-3-<br />
monoglucoside e della peonidina-3-monoglucoside, i cui valori finali in<br />
entrambi i processi subiscono un calo medio del 50%.<br />
7,00<br />
6,00<br />
5,00<br />
4,00<br />
3,00<br />
2,00<br />
1,00<br />
0,00<br />
delfinidina-3monoglucoside<br />
ANTOCIANI HPLC<br />
petunidina-3monoglucoside<br />
peonidina-3monoglucoside<br />
t0<br />
tunnel fin<br />
cK fin<br />
Fig.9A Antociani HPLC, concentrazioni relative in mg/L di delfidina-3-monoglucoside, petunidina-<br />
3-monoglucoside e peonidina-3-monoglucoside, per uva Aleatico , valori iniziali e finali del tunnel<br />
e del controllo.<br />
Analoga situazione di calo si verifica nella concentrazione della malvidina-<br />
3-monoglucoside, che a fine processo ha un valore in mg/L dimezzato rispetto a<br />
97
mg/l<br />
quello iniziale in entrambe i trattamenti, e per gli antociani acilati-3-<br />
monoglucosidi nei quali tuttavia la riduzione, seppur minimamente, appare più<br />
evidente nel tunnel rispetto al controllo.<br />
45,00<br />
40,00<br />
35,00<br />
30,00<br />
25,00<br />
20,00<br />
15,00<br />
10,00<br />
5,00<br />
0,00<br />
malvidina-3monoglucoside<br />
ANTOCIANI HPLC<br />
antociani acilati-3monoglucosidi<br />
+ dimeri<br />
t0<br />
tunnel fin<br />
cK fin<br />
Fig.10°A Antociani HPLC, concentrazioni relative in mg/L della malvidina-3-monoglucoside e<br />
degli antociani acilati-3-monoglucosidi, per uva Aleatico , valori iniziali e finali del tunnel e del<br />
controllo.<br />
L’atteggiamento osservato in questa analisi qualitativa sugli antociani nella<br />
varietà Aleatico mostra in definitiva che non vi sono differenze di<br />
comportamento o risposta al trattamento in tunnel e a quello a ventilazione<br />
naturale. Da rilevare inoltre l’assenza nell’analisi degli estratti della cianidina-3-<br />
monoglucoside, presente invece nella varietà Cesanese.<br />
98
2.8 Componente aromatica<br />
L’analisi dello spazio di testa dei campioni ha rivelato la presenza di<br />
numerosi composti di cui circa 40 sono stati riconosciuti, tra aldeidi, alcoli,<br />
esteri e terpeni.<br />
Lo studio gas-cromatografico ha altresì permesso di riconoscere un<br />
andamento abbastanza simile durante il processo per le uve del tunnel e quelle<br />
del controllo.<br />
E’ importante notare che il tunnel non altera significativamente la<br />
concentrazione dei composti aromatici, primi tra tutti quelli terpenici, che a<br />
differenza degli altri, come noto, non subiscono grosse variazioni quanti-<br />
qualitative durante il processo di vinificazione.<br />
35000000<br />
30000000<br />
25000000<br />
20000000<br />
15000000<br />
10000000<br />
5000000<br />
0<br />
COMPONENTE AROMATICA TUNNEL<br />
ALDEIDI ALCOLI ESTERI TERPENI<br />
3 gg<br />
9 gg<br />
t fin.(15 gg)<br />
Fig.11 A. Variazione della concentrazione dei composti aromatici nel trattamento in tunnel delle<br />
uve Aleatico.<br />
99
CAPITOLO 3<br />
RISULTATI DELLE ANALISI SULLE UVE CESANESE<br />
3.1 Calo peso<br />
L’osservazione del calo peso relativo alle due prove in tunnel e al controllo<br />
mostra, come atteso, un effetto maggiore disidratante tunnel a massima intensità<br />
rispetto a quello a media intensità e, comunque, nettamente superiore di questi<br />
due rispetto al controllo.<br />
Nei primi quattro giorni di trattamento tuttavia la differenza tra i due tunnel<br />
è quasi inconsistente e anche il controllo mostra perdite di peso poco inferiori.<br />
Al quinto giorno cominciano ad evidenziarsi le differenze attese. Il tunnel<br />
ad intensità massima provoca un calo ponderale del 12%, quello a media<br />
intensità dell’8,8% e il fruttaio del 5,4%.<br />
Da qui in poi le differenze sono piuttosto marcate, col tunnel a pieno<br />
regime che induce cali giornalieri del 2-4% superiori a quello a media intensità.<br />
Nell’ultimo giorno i valori del calo ponderale sono rispettivamente 30,8% e<br />
27,67%. Il controllo provoca un calo complessivo del 12,18%.<br />
100
35%<br />
30%<br />
25%<br />
20%<br />
15%<br />
10%<br />
5%<br />
0%<br />
CALO PONDERALE<br />
1 3 4 5 6 7 10 11 12<br />
gg DALLA RACCOLTA<br />
tunnel max<br />
tunnel 50%<br />
cK<br />
Fig.1B Calo peso nei tre trattamenti con tunnel a massima intensità, a media intensità e controllo<br />
dell’uva Cesanese.<br />
101
° Brix<br />
3.2 Solidi solubili<br />
Il tunnel di appassimento a pieno regime ha portato in dodici giorni la<br />
concentrazione zuccherina da un valore iniziale di 22,53° Brix ad un valore di<br />
27,53° Brix; il tunnel a mezzo regime ha portato le uve dallo stesso valore<br />
iniziale ad una concentrazione finale di 26.4° Brix; infine il controllo nei dodici<br />
giorni ha raggiunto i 25.1° Brix.<br />
E’ dal quinto giorno, in perfetta concomitanza con l’incremento nel calo<br />
ponderale che si osservano gli effetti concentrativi dei tre diversi trattamenti.<br />
28<br />
26<br />
24<br />
22<br />
20<br />
18<br />
SOLIDI SOLUBILI<br />
1 5 10 12<br />
gg DALLA RACCOLTA<br />
tunnel max<br />
tunnel 50%<br />
2B Aumento della concentrazione in solidi solubili misurati in °Brix, per le tre prove dell’uva<br />
Cesanese<br />
ck<br />
Fig.<br />
102
3.3 Respirazione<br />
Si osserva la presenza di un discreto picco respiratorio nel campione in<br />
tunnel a media intensità al settimo giorno di trattamento.<br />
Queste uve mostrano un alterno andamento respiratorio caratterizzato da un<br />
incremento lieve già al terzo giorno, seguito da un calo respiratorio al quarto<br />
giorno (6,71 mL/Kg*ora di CO2 prodotta) quindi da una fase di incremento nei<br />
due-tre giorni successivi quando si raggiunge il valore massimo di 63,8<br />
mL/Kg*ora di CO2 prodotta. Dal decimo giorno in poi i valori medi tornano a<br />
livelli molto bassi, attestandosi sui 7,13 mL/Kg*ora di CO2 prodotta.<br />
Nelle uve del tunnel a massima intensità questo picco non si verifica e<br />
l’andamento altalenante pur seguendo simili fasi di ascesa e diminuzione non<br />
raggiunge mai valori tali da far pensare a picchi di rilevante intensità<br />
respiratoria. Per queste uve il valore massimo si raggiunge al quinto giorno<br />
(21,23 mL/Kg*ora di CO2 prodotta).<br />
Il controllo evidenzia un andamento quasi lineare e con valori<br />
costantemente bassi.<br />
103
mL/Kg*ora di CO2 prodotta<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
RESPIRAZIONE<br />
1 3 4 5 6 7 10 11 12<br />
gg DALLA RACCOLTA<br />
tunnel max<br />
tunnel 50%<br />
Fig.3B Andamento delle respirazione nelle uve Cesanese, particolare grappoli interi; espresso in<br />
mL/Kg*ora di CO2 prodotta.<br />
Dal confronto con la produzione di etilene emerge che come nel caso<br />
dell’Aleatico non vi è alcuna correlazione tra incremento di produzione di<br />
etilene e di respirazione, sia nei campioni in tunnel che in quelli del controllo,<br />
che possa far pensare ad un “atteggiamento” climaterico della varietà.<br />
3.4 Produzione di etilene<br />
La produzione di etilene osservata per le uve Cesanese, mostra chiaramente<br />
l’assenza di un qualsiasi incremento di rilievo nei due trattamenti del tunnel, uno<br />
dei quali ad intensità doppia dell’altro. I valori registrati al gascromatografo<br />
cK<br />
104
microlitri/Kg*ora<br />
sono costantemente bassi e inferiori a 2 µL/Kg*ora, quasi irrilevanti soprattutto<br />
se si osservano gli ultimi giorni del trattamento.<br />
La stessa cosa non si può dire per il controllo, il quale mostra un picco di<br />
produzione di etilene al quarto giorno, nel quale i grappoli interi mostrano un<br />
produzione di 24,32 µL/Kg*ora. Dal quinto giorno, la produzione dell’ormone<br />
da parte delle uve del controllo torna a valori bassi e costanti, molto simili a<br />
quelli osservati per i campioni in tunnel.<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
PRODUZIONE DI ETILENE<br />
1 3 4 5 6 7 10 11<br />
gg DALLA RACCOLTA<br />
tunnel max<br />
tunnel 50%<br />
cK<br />
Fig.4B Produzione di etilene nelle uve Cesanese, in tunnel ad intensità massima, in tunnel ad<br />
intensità pari al 50% del precedente e nel controllo.<br />
105
g/L di acido tartarico<br />
3.5 Acidità totale<br />
Nella prima fase di appassimento si assiste ad un calo sensibile dell’acidità,<br />
dovuto probabilmente all’attività respiratoria a seguito dello stress idrico, quasi<br />
sicuramente a carico dell’acido malico (Amati et al.,1983). Successivamente nel<br />
campione ad elevata ventilazione, la perdita di acqua determina una<br />
concentrazione degli acidi, evento che si verifica in misura parziale nel controllo<br />
(minor perdita di peso) mentre nel campione con media ventilazione l’aumento<br />
respiratorio notato al settimo giorno potrebbe aver causato una ulteriore<br />
diminuzione di acidità.<br />
5<br />
4,5<br />
4<br />
3,5<br />
3<br />
2,5<br />
2<br />
1,5<br />
1<br />
0,5<br />
0<br />
ACIDITA' TOTALE<br />
tunnel max tunnel 50% ck<br />
t iniz<br />
5 gg<br />
10 gg<br />
t fin (12 gg)<br />
Fig.5B Variazione dell’acidità totale espressa come g/L di acido tartarico per uve Cesanese nei tre<br />
trattamenti.<br />
106
mg/l catechine<br />
3.7 Polifenoli totali dalle bucce<br />
I composti fenolici hanno mostrato nelle due prove in tunnel una<br />
concentrazione piuttosto costante durante l’intero processo; non sono state<br />
individuate differenze interessanti di risposta alla diversa intensità di<br />
appassimento. Le uve del tunnel ad intensità media hanno un valore finale di<br />
447.78 mg/L di catechine e quelle del tunnel a pieno regime di 413.09 mg/L.<br />
Il controllo ha mostrato invece una concentrazione finale di 463,26 mg/L<br />
di catechine e il suo decremento nella fase finale potrebbe essere stato<br />
influenzato anche da processi degenerativi in atto negli acini marcescenti.<br />
600<br />
500<br />
400<br />
300<br />
200<br />
100<br />
0<br />
POLIFENOLI TOTALI<br />
TUNNEL Max TUNNEL 50% CK<br />
Fig.6B Variazione della concentrazione in polifenoli totali espressa in mg/L di catechine, per le tre<br />
prove di uve Cesanese<br />
t iniz<br />
4 gg<br />
8 gg<br />
t fin<br />
107
mg/L<br />
3.7 Antociani totali dalle bucce<br />
3.7.1 Analisi quantitativa<br />
La concentrazione di antociani totali nelle bucce segue grossomodo<br />
l’andamento costante osservato per i polifenoli totali, manifestando un leggero<br />
aumento nella fase intermedia del processo e un altrettanto leggero decremento<br />
finale. Quest’ultimo è correlabile a fenomeni ossidativi o di trasmigrazione dei<br />
suddetti composti dalla buccia alla polpa, fenomeno legato alla disidratazione.<br />
Nel controllo la diminuzione di concentrazione finale, va vista, considerando<br />
ancora una volta, la condizione delle uve non più sane.<br />
250<br />
200<br />
150<br />
100<br />
50<br />
0<br />
ANTOCIANI TOTALI<br />
Tunnel max Tunnel 50% cK<br />
t0<br />
4 gg<br />
8 gg<br />
t fin (12 gg)<br />
Fig.7B Variazione della concentrazione in antociani totali espressa in mg/l per le tre prove di uve<br />
Cesanese.<br />
108
mg/L<br />
3.7.2 Analisi qualitativa<br />
La delfidina-3-monoglucoside fa registrare un aumento nella sua<br />
concentrazione durante i dodici giorni del processo; considerando le relative<br />
deviazioni standard, le differenze tra i valori finali dei tre trattamenti risultano<br />
trascurabili.<br />
Comportamento analogo si evidenzia per la cianidina-3-monoglucoside, il<br />
cui valore si mantiene costantemente vicino ai 4mg/L.<br />
14<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
delfinidina-3monoglucoside<br />
ANTOCIANI HPLC<br />
cianidina-3-monoglucoside<br />
to<br />
tunnel max fin<br />
tunnel 50% fin<br />
cK fin<br />
g.8B Concentrazioni iniziali e finali degli antociani delfidina-3-monoglucoside e cianidina-3monoglucoside<br />
nelle tre prove sulle uve Cesanese, determinate con HPLC ed espresse in mg/L<br />
La petunidina-3-monoglucoside mostra un aumento medio di 1,6/2,0 g/L<br />
nei due trattamenti in tunnel e di 3,4 g/L nel controllo.<br />
Fi<br />
109
mg/L<br />
La peonidina-3-monoglucoside diminuisce durante l’intero processo di<br />
circa 2 g/L nei trattamenti in tunnel mentre resta quasi invariata nel controllo.<br />
Le differenze individuate nei due diversi trattamenti in tunnel e nel<br />
controllo sono comunque trascurabili e lasciano intendere che nulla o poca è<br />
l’influenza dell’intensità di appassimento sulla concentrazione finale dei singoli<br />
antociani.<br />
16<br />
14<br />
12<br />
10<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
petunidina-3monoglucoside<br />
ANTOCIANI HPLC<br />
peonidina-3monoglucoside<br />
t0<br />
tunnel max<br />
tunnel 50%<br />
cK fin<br />
Fig.9B Concentrazioni iniziali e finali degli antociani petunidina-3-monoglucoside e peonidina-3monoglucoside,<br />
nelle tre prove sulle uve Cesanese, determinate con HPLC ed espresse in mg/L<br />
Malvidina-3-monoglucoside e antociani acilati-3-monoglucosidi seguono<br />
un andamento quasi costante come i precedenti composti, soprattutto se si<br />
110
mg/L<br />
considera che le variazioni osservate dal grafico corrispondono a variazioni<br />
quantitative minime e pertanto trascurabili.<br />
45<br />
40<br />
35<br />
30<br />
25<br />
20<br />
15<br />
10<br />
5<br />
0<br />
malvidina-3monoglucoside<br />
ANTOCIANI HPLC<br />
antociani acilati-3monoglucosidi<br />
+ dimeri<br />
t0<br />
tunnel max fin<br />
tunnel 50% fin<br />
cK fin<br />
Fig.10B Concentrazioni iniziali e finali della Malvidina-3-monoglucoside e degli antociani acilati-<br />
3-monoglucosidi, nelle tre prove sulle uve Cesanese, determinate con HPLC ed espresse in mg/L<br />
111
3.9 Componente aromatica<br />
Anche per le uve Cesanese l’analisi gas-cromatografica ha riconosciuto<br />
circa 40 composti; nessuna classe di composti volatili tuttavia ha mostrato<br />
particolari variazioni.<br />
Come era logico attendere, la maggior parte di questi subisce un lieve<br />
incremento che riflette l’effetto concentrativo del trattamento di disidratazione.<br />
Particolarmente interessante è risultato il dato riferito agli alcoli che<br />
durante il processo di appassimento in tunnel non hanno subito incrementi<br />
significativi rispetto al controllo.<br />
Da notare inoltre che la diversa intensità di disidratazione non ha fatto<br />
registrare differenze degne di nota.<br />
50000000<br />
45000000<br />
40000000<br />
35000000<br />
30000000<br />
25000000<br />
20000000<br />
15000000<br />
10000000<br />
5000000<br />
0<br />
COMPONENTE AROMATICA TUNNEL MAX<br />
ALDEIDI ALCOLI ESTERI TERPENI<br />
Fig.11 B. Variazione della concentrazione nella componente aromatica nel tunnel a massima<br />
intensità per le uve Cesanese.<br />
3 gg<br />
8 gg<br />
Fin.(12 gg)<br />
112
60000000<br />
50000000<br />
40000000<br />
30000000<br />
20000000<br />
10000000<br />
0<br />
COMPONENTE AROMATICA TUNNEL 50%<br />
ALDEIDI ALCOLI ESTERI TERPENI<br />
3 gg<br />
8 gg<br />
Fin.(12 gg)<br />
Fig.12 B. Variazione della concentrazione nella componente aromatica nel tunnel a media intensità<br />
per le uve Cesanese.<br />
Nelle uve del controllo invece si è registrato un notevole incremento<br />
nella concentrazione degli alcoli, legato probabilmente ad un inizio di<br />
metabolismo fermentativo, contemporaneo alla presenza di evidenti marciumi<br />
che hanno caratterizzato una parte di queste uve negli ultimi giorni della prova.<br />
60000000<br />
50000000<br />
40000000<br />
30000000<br />
20000000<br />
10000000<br />
0<br />
COMPONENTE AROMATICA CONTROLLO<br />
ALDEIDI ALCOLI ESTERI TERPENI<br />
3 gg<br />
8 gg<br />
t fin.(12 gg)<br />
Fig.12 B. Variazione della concentrazione nella componente aromatica nel controllo del Cesanese.<br />
113
CONSIDERAZIONI FINALI<br />
Lo prove sperimentali effettuate sull’appassimento artificiale delle due<br />
varietà di uve hanno generato una serie di considerazioni interessanti.<br />
L’appassimento forzato in tunnel per la surmaturazione delle uve<br />
rappresenta una valida applicazione per la produzione di vini passiti, da dessert<br />
o da meditazione in genere. L’adozione di questo sistema con costi inferiori alle<br />
altre tecniche consente di ottenere in tempi brevi elevate concentrazioni<br />
zuccherine, riducendo nel contempo le perdite per ammuffimento.<br />
I valori finali osservati per l’acidità, per il contenuto in polifenoli totali e<br />
antociani totali, mostrano chiaramente che il processo nelle condizioni di<br />
temperatura e umidità indicate produce uve di qualità paragonabile a quelle<br />
ottenute da appassimento naturale, permettendo nel contempo di svincolarsi da<br />
tempi lunghi e condizioni climatiche variabili.<br />
Nelle prove condotte a diversi livelli di intensità di disidratazione non si<br />
notano inoltre modificazioni metaboliche tali da indurre a considerare la velocità<br />
dell’aria quale elemento di grande influenza (ovviamente entro certi limiti).<br />
La nostra attenzione si è rivolta particolarmente alla componente<br />
aromatica, e soprattutto a quei composti dal carattere più stabile, coinvolti nelle<br />
successive trasformazioni metaboliche e che collaborano alla definizione<br />
dell’aroma primario varietale.<br />
114
L’aroma dei mosti delle uve disidratate risulta riccamente costituito. Sono<br />
stati riconosciuti circa quaranta composti tra aldeidi, alcoli , esteri e terpeni. In<br />
questa prima elaborazione dei risultati della nostra ricerca, allo scopo di<br />
semplificare l’interpretazione ed estrapolare l’informazione utile ai nostri<br />
obiettivi, i composti sono stati raggruppati nelle principali categorie e<br />
confrontati per classi.<br />
Ovviamente questo sistema ha fornito indicazioni di massima<br />
sull’evoluzione della componente volatile durante il processo di disidratazione,<br />
utile comunque per verificare modificazioni macroscopiche intervenute<br />
precocemente sul prodotto in condizioni critiche. E’ esempio di ciò l’aumento<br />
considerevole della componente alcolica nei campioni mantenuti a temperatura e<br />
umidità ambientali che, seppur variamente composta da elementi non tutti<br />
riconducibili alle stesse vie metaboliche, segnala nella maggioranza dei casi<br />
l’innesco di reazioni di trasformazione precoce di tipo fermentativo.<br />
115
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