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Il trattamento farmacologico nel sovrappeso e nell'obesità - Obesita.it

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5<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong><br />

<strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong><br />

e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

RICERCA<br />

CLINICA<br />

Michele O. Carruba<br />

Barbara D’Amico<br />

Lorena Falci<br />

Steven B. Heymsfield<br />

Enzo Nisoli<br />

Angelo Pietrobelli


Indice<br />

La regolazione del peso corporeo<br />

Lorena Falci, Barbara D’Amico<br />

Attual<strong>it</strong>à della prescrizione farmacologica<br />

<strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à e <strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong><br />

Intervista a Michele O. Carruba<br />

La ricerca attuale: una panoramica<br />

Enzo Nisoli<br />

La ricerca attuale: l’esempio della leptina<br />

Angelo Pietrobelli, Steven B. Heymsfield<br />

3<br />

13<br />

17<br />

20


La regolazione del peso corporeo<br />

Lorena Falci - Barbara D’Amico<br />

Scuola di specializzazione in Scienza dell’Alimentazione - Univers<strong>it</strong>à “La Sapienza” - Roma<br />

<strong>Il</strong> peso corporeo viene regolato fisiologicamente dall’organismo attraverso<br />

il controllo delle riserve energetiche. Tale controllo si esplica non<br />

solo a livello di apporto di cibo, come generalmente si è portati a credere,<br />

ma anche a livello di dispendio energetico. Infatti qualsiasi cambiamento<br />

di peso corporeo in un animale adulto è esclusivamente dovuto<br />

a variazioni della massa adiposa che si verificano in segu<strong>it</strong>o a cambiamenti<br />

del bilancio energetico (bilancio energetico = energia introdotta<br />

- energia spesa per il metabolismo e le attiv<strong>it</strong>à fisiche).<br />

REGOLAZIONE Molte persone riescono a mantenere <strong>nel</strong> corso degli anni un peso cor-<br />

DELL’APPORTO DI CIBO poreo relativamente costante grazie all’azione concertata di numerosi<br />

E DELL’ APPETITO fattori interagenti. Nonostante ciò è stato stimato che in media una donna<br />

è destinata ad aumentare di circa 11 kg tra i 25 e 65 anni e che tale<br />

incremento ponderale è dovuto ad un errore di 750 mg dell’apporto di<br />

cibo giornaliero. Considerando che in 40 anni l’apporto di cibo è superiore<br />

alle 18 ton<strong>nel</strong>late, l’errore che si verifica giornalmente, a livello di<br />

regolazione dell’apporto di cibo, corrisponde a meno dello 0,06% (1).<br />

Le variazioni economiche e culturali stanno modificando le ab<strong>it</strong>udini<br />

alimentari di molte popolazioni e spingendo un numero crescente di<br />

persone, soprattutto quelli che hanno già fattori di rischio genetico, verso<br />

l’obes<strong>it</strong>à.<br />

<strong>Il</strong> cambiamento delle ab<strong>it</strong>udini alimentari è dovuto essenzialmente alla<br />

variazione dei meccanismi che controllano l’appet<strong>it</strong>o (2). Quest’ultimo<br />

viene controllato a tre livelli:<br />

■ 1° livello - comportamentale e psicologico;<br />

■ 2° livello - fisiologico e biochimico;<br />

■ 3° livello - cerebrale (2).<br />

Collettivamente questi livelli cost<strong>it</strong>uiscono un meccanismo a cascata che<br />

agisce di volta in volta sui centri nervosi che regolano l’appet<strong>it</strong>o (centro<br />

della fame e centro della sazietà) (fig. 1).


4<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

FIGURA 1<br />

Meccanismi di controllo dell’appet<strong>it</strong>o<br />

1° LIVELLO<br />

COMPORTAMENTALE E PSICOLOGICO<br />

Ecc<strong>it</strong>anti<br />

psicosensoriali<br />

Fattori legati<br />

all’ambiente<br />

Afferenze vagali<br />

3° LIVELLO<br />

SISTEMA CENTRALE<br />

Neuromediatori<br />

2° LIVELLO<br />

FISIOLOGICO E BIOCHIMICO<br />

Distensione Nutrienti Ormoni<br />

pareti<br />

gastriche<br />

Circolo sanguigno<br />

Al primo livello appartengono gli ecc<strong>it</strong>anti psicosensoriali come il colore,<br />

l’odore, la consistenza e il gusto di un alimento, ma anche fattori<br />

legati all’ambiente come la religione, la pol<strong>it</strong>ica, gli status symbol delle<br />

società occidentali, l’abbondanza di alimenti ad alto contenuto energetico.<br />

<strong>Il</strong> modo con cui gli alimenti vengono assaporati, diger<strong>it</strong>i e metabolizzati<br />

dall’organismo evoca una serie di risposte umorali e nervose che <strong>nel</strong><br />

loro insieme cost<strong>it</strong>uiscono il secondo e il terzo livello.<br />

È proprio in quest’amb<strong>it</strong>o che sono state elaborate numerose teorie al fine<br />

di spiegare i meccanismi intimi che agiscono sul sistema centrale, e<br />

più precisamente sul centro della fame e sul centro della sazietà <strong>nel</strong> controllo<br />

dell’appet<strong>it</strong>o. <strong>Il</strong> centro della fame e il centro della sazietà risiedono<br />

<strong>nel</strong>l’ipotalamo e le zone maggiormente interessate sono i nuclei ventromediali<br />

(VHM), l’area dorsomediale (DM) e l’ipotalamo laterale (LH).<br />

Prima ancora che il cibo sia assaporato <strong>nel</strong>la bocca il solo odore genera<br />

delle risposte fisiologiche. Queste si originano <strong>nel</strong> tratto gastrointestinale<br />

dove sono presenti meccanorecettori e chemiorecettori che attraverso<br />

il nervo vago trasmettono informazioni al sistema centrale. Questo<br />

tipo di informazioni cost<strong>it</strong>uisce la prima classe di segnali che agisce<br />

sul sistema centrale e fa parte del controllo post-ingestivo (3) (4).<br />

Nella fase post-assorb<strong>it</strong>iva i nutrienti derivati dai processi digestivi vengono<br />

trasportati dal circolo sanguigno agli organi e ai tessuti periferici<br />

compreso quello nervoso. Queste molecole cost<strong>it</strong>uiscono una seconda<br />

classe di segnali metabolici e tra questi troviamo il glucosio, gli acidi<br />

grassi liberi FFA (free fatty acid) e alcuni aminoacidi come il triptofano<br />

e gli aminoacidi neutri a catena lunga (5).


La regolazione del peso corporeo<br />

Non è stato ancora chiar<strong>it</strong>o il meccanismo con cui il livello di glucosio<br />

plasmatico interviene sulla regolazione dell’ingestione di cibo, da alcuni<br />

studi condotti da Niijima <strong>nel</strong>la metà degli anni settanta è emerso che<br />

alcune cellule epatiche, sensibili alle concentrazioni di glucosio ematico,<br />

siano in grado di mandare degli impulsi al sistema nervoso centrale<br />

via nervo vago. Sembra anche che questo tipo di meccanismo sia valido<br />

per i prodotti derivati dall’ossidazione degli acidi grassi che avviene<br />

sempre <strong>nel</strong>le cellule epatiche (1).<br />

<strong>Il</strong> triptofano, diretto precursore della serotonina cerebrale è riconosciuto<br />

come principale fattore ipotalamico anoressizzante.<br />

Gli aminoacidi neutri a catena lunga competono con il sistema di trasporto<br />

del triptofano/amimoacidi-neutri plasmatici <strong>nel</strong>la modulazione<br />

della produzione di serotonina (6).<br />

<strong>Il</strong> triptofano viene trasportato dal sangue legato all’albumina plasmatica.<br />

La concentrazione di albumina plasmatica risulta a sua volta modulata<br />

dai livelli di insulina circolante capace di liberarla dal legame con gli<br />

FFA e di renderla disponibile al legame con il triptofano. Ne deriva un<br />

ruolo diretto dell’Insulina sulla capac<strong>it</strong>à di mobil<strong>it</strong>azione tessutale di triptofano<br />

e quindi sulle concentrazioni ipotalamiche di serotonina (6).<br />

Un secondo aminoacido essenziale, la tirosina, riveste altresì un ruolo fondamentale<br />

<strong>nel</strong>la regolazione dell’equilibrio poichè è il diretto precursore<br />

della noradrenalina e dell’adrenalina oltre che della dopamina cerebrale<br />

(6).<br />

La cessazione dell’ingestione di cibo è influenzata dalla distensione delle<br />

pareti gastriche. Alla distensione segue il rilascio di fattori peptidici<br />

intestinali capaci di influenzare il sistema centrale per mezzo, anche in<br />

questo caso, delle afferenze vagali (6).<br />

<strong>Il</strong> tratto gastrointestinale è inoltre capace di produrre alcuni ormoni che<br />

agiscono o sul nervo vago, o direttamente sul sistema nervoso centrale<br />

e tra questi troviamo la colecistochinina e i peptidi gastrici. L’ileo partecipa<br />

alla regolazione dell’ingestione di cibo grazie alle sazietine, una famiglia<br />

di proteine ad azione saziante, prodotte durante il trans<strong>it</strong>o dei nutrienti<br />

e capaci di influenzare il sistema centrale. Anche il pancreas rilascia<br />

due ormoni che hanno influenza sull’appet<strong>it</strong>o e questi sono l’insulina<br />

e il glucagone (6).<br />

La somministrazione cronica d’insulina determina un aumento della veloc<strong>it</strong>à<br />

di accumulo di glucosio come riserva energetica, conducendo a<br />

iperalimentazione e obes<strong>it</strong>à. <strong>Il</strong> glucagone agisce in modo opposto inibendo<br />

l’ingestione di cibo via nervo vago.<br />

È stato recentemente proposto che l’insulina potrebbe interagire direttamente<br />

con le cellule del sistema nervoso centrale e, in questo caso,<br />

avere un ruolo diverso da quello che ha a livello periferico.<br />

Infatti sembra che sia l’insulina che il glucagone eserc<strong>it</strong>ino a livello cen­<br />

5


6<br />

FIGURA 2<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

Rappresentazione schematica delle zone<br />

che regolano l’appet<strong>it</strong>o e il bilancio<br />

energetico <strong>nel</strong> cervello dei ratti.<br />

Nell’ipotalamo ventromediale è s<strong>it</strong>uato<br />

il “centro della sazietà” che viene attivato<br />

da inib<strong>it</strong>ori del “centro della fame” s<strong>it</strong>uato<br />

<strong>nel</strong>l’ipotalamo laterale. Si r<strong>it</strong>iene che il nucleo<br />

paraventricolare sia coinvolto <strong>nel</strong>ll’omeostasi<br />

del glucosio, mentre il nucleo dorsomediale<br />

presieda il controllo delle dimensioni corporee<br />

piuttosto che del contenuto in grasso<br />

dell’animale. L’area postrema e il nucleo<br />

caudo-mediale sono altri due s<strong>it</strong>i di controllo<br />

del bilancio energetico.<br />

Nucleo<br />

dorsomediale<br />

Ipotalamo<br />

ventromediale<br />

Nucleo<br />

caudo-mediale<br />

e area postrema<br />

TALAMO<br />

CORTECCIA<br />

Nucleo<br />

paraventricolare<br />

Nucleo<br />

dorsomediale<br />

Ipotalamo<br />

ventromediale<br />

Terzo ventricolo<br />

trale un’azione detta ying-yang. Quest’azione prevede che le sostanze che<br />

mobil<strong>it</strong>ano le riserve di energia in periferia, se somministrate centralmente<br />

diminuiscono l’ingestione di cibo (6).<br />

La tab. 1 riporta i principali peptidi intestinali implicati <strong>nel</strong>la regolazione<br />

dell’equilibrio fame-sazietà.<br />

Un numero cospicuo di neurotrasmett<strong>it</strong>ori è implicato <strong>nel</strong> controllo dell’appet<strong>it</strong>o<br />

a livello di sistema nervoso centrale (3° livello) e quest’ultimo<br />

viene inoltre stimolato dalle afferenze vagali e dagli ormoni prodotti<br />

<strong>nel</strong>le fasi post-ingestiva e post- assorb<strong>it</strong>iva (fig.1).<br />

I neuromediatori che agiscono sul “sistema centrale di sazietà” possono<br />

avere funzione stimolatrice o inib<strong>it</strong>oria riguardo l’ingestione di cibo.<br />

I neuromediatori ad azione inib<strong>it</strong>rice comprendono numerose sostanze<br />

tra cui le monoammine, gli aminoacidi e le prostaglandine.<br />

La serotonina e la noradrenalina agiscono a livello centrale modulando<br />

la scelta in qual<strong>it</strong>à del cibo con azione a ying-yang.<br />

La serotonina infatti mostra di bloccare l’assunzione dei carboidrati lasciando<br />

inalterata l’assunzione delle proteine; la noradrenalina viceversa<br />

stimola l’assunzione dei carboidrati lim<strong>it</strong>ando quella delle proteine<br />

(12) (13).


REGOLAZIONE<br />

DEL DISPENDIO<br />

ENERGETICO<br />

La regolazione del peso corporeo<br />

<strong>Il</strong> peso corporeo si mantiene costante quando l’energia apportata con la<br />

dieta è bilanciata da quella spesa per il mantenimento del metabolismo<br />

e per le attiv<strong>it</strong>à fisiche.<br />

Mentre la regolazione degli apporti energetici è un punto cr<strong>it</strong>ico del<br />

controllo del peso corporeo, il dispendio energetico, rifer<strong>it</strong>o sopratutto<br />

al metabolismo basale, rappresenta una costante obbligatoria e pressochè<br />

costante.<br />

Sono state formulate alcune ipotesi secondo le quali gli animali sono in<br />

grado di modificare gli apporti di cibo in funzione del dispendio energetico,<br />

al fine di mantenere costante il bilancio energetico. Negli uomini<br />

questa capac<strong>it</strong>à non è stata evidenziata con chiarezza, anche se alcune<br />

prove sperimentali mostrano che le persone magre siano più efficienti<br />

di quelle obese <strong>nel</strong> controllare l’apporto di cibo in funzione del dispendio<br />

energetico (1).<br />

È stato messo in evidenza anche il fenomeno opposto e cioè che l’organismo<br />

è in grado di variare il dispendio energetico in funzione del<br />

regime dietetico. Infatti quando il regime dietetico diminuisce per un<br />

periodo di tempo si osserva parallelamente una diminuzione del metabolismo<br />

basale e della termogenesi indotta dagli alimenti (14) (15). Con<br />

il passare del tempo l’organismo oppone al regime ipocalorico un dispendio<br />

energetico più basso per lim<strong>it</strong>are al massimo radicali cambiamenti<br />

di peso corporeo.<br />

TABELLA 1<br />

Elenco delle sostanze peptidiche che presentano effetto sulla regolazione dell’ingestione di cibo (Morley 93)<br />

Ormone Effetti sull’ingestione di cibo Dipendenza dal nervo vago<br />

CCK decremento si<br />

Bombesina decremento parziale<br />

Fattori peptìdici di rilascio della gastrina decremento ?<br />

Somatostalina decremento o nessun effetto si<br />

L<strong>it</strong>orina decremento ?<br />

Motilina incremento ?<br />

Ormone di rilascio della tireotropina decremento si<br />

Insulina decremento no<br />

Glucagone decremento si<br />

Satietina decremento ?<br />

7


8<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

REGOLAZIONE<br />

DEL PESO CORPOREO<br />

Viceversa è stato anche dimostrato che nei periodi di iperalimentazione<br />

il metabolismo di base aumenta e con esso l’energia necessaria per compiere<br />

le attiv<strong>it</strong>à fisiche. In questo modo parte del surplus delle calorie introdotte<br />

con la dieta viene bruciato e sottratto alla trasformazione sotto<br />

forma di grasso ev<strong>it</strong>ando così radicali cambiamenti di peso corporeo (16).<br />

Uno degli aspetti più interessanti inerenti la regolazione del peso corporeo<br />

riguarda l’a<strong>nel</strong>lo di congiunzione tra bilancio energetico e apporto<br />

di cibo. I segnali implicati <strong>nel</strong> controllo del bilancio energetico dovrebbero<br />

interagire, in modo non ancora ben precisato, con i segnali che<br />

modulano la frequenza e la quant<strong>it</strong>à dei pasti. Attraverso questa interazione<br />

l’organismo riuscirebbe a mantenere costante il peso corporeo,<br />

fatti salvi gli incrementi ponderali fisiologici che si verificano <strong>nel</strong> corso<br />

degli anni e che sono già stati descr<strong>it</strong>ti precedentemente. Finora sono<br />

state formulate due ipotesi: quella fisiologica che considera il peso<br />

corporeo come il mantenimento di un “punto di equilibrio” dell’organismo<br />

(17).<br />

L’ipotesi del peso prefissato è la più vecchia: essa afferma che il cervello<br />

regola continuamente il metabolismo e gestisce in maniera subconscia<br />

il comportamento in modo da mantenere un peso bersaglio. Quest’ultimo<br />

viene “defin<strong>it</strong>o” in un periodo particolare <strong>nel</strong> corso dell’infanzia grazie<br />

anche alle influenze ambientali. Sebbene il peso prefissato possa variare<br />

con l’età, lo fa secondo un programma genetico prefissato; la dieta<br />

o l’esercizio fisico possono allontanare il peso da quello prefissato,<br />

almeno temporaneamente, ma il valore in sè non cambia. <strong>Il</strong> peso prefissato<br />

sembrerebbe essere regolato dalla leptina, ormone prodotto dalle<br />

cellule adipose e assunto dai recettori dell’ipotalamo (1).<br />

Quando si aumenta di peso l’organismo produce più leptina; ciò determina<br />

una riduzione dell’appet<strong>it</strong>o, un aumento del consumo energetico<br />

e innesca meccanismi che consentono di riportare il peso ai valori prefissati.<br />

Viceversa quando si dimagrisce troppo, i livelli di leptina scendono,<br />

l’individuo mangia di più e consuma meno energia e di nuovo il peso<br />

torna al punto di partenza.<br />

Oltre alla leptina sono state identificate altre due molecole che sembrerebbero<br />

intervenire <strong>nel</strong> controllo a lungo termine del peso corporeo:<br />

la sazietina e l’adipsina.<br />

La sazietina è una glicoproteina dal peso molecolare di circa 60 kdalton<br />

che sembra avere un ruolo <strong>nel</strong>l’aumento del dispendio energetico.<br />

L’adipsina è una proteina prodotta dal tessuto adiposo che inizialmente<br />

è stata identificata come una molecola in grado di regolare la quant<strong>it</strong>à<br />

di tessuto adiposo <strong>nel</strong>l’organismo. Successivamente è stata identifi­


REGOLAZIONE<br />

DEL PESO CORPOREO<br />

ATTRAVERSO<br />

L’AUSILIO<br />

FARMACOLOGICO<br />

La regolazione del peso corporeo<br />

cata una forte analogia strutturale con il sistema di complemento D, per<br />

cui attualmente si pensa che l’adipsina sia maggiormente coinvolta <strong>nel</strong><br />

sistema immun<strong>it</strong>ario.<br />

Nell’ipotesi del “punto di equilibrio” il peso corporeo si mantiene costante<br />

quando i vari meccanismi di controllo metabolici, regolati dal corredo<br />

genetico individuale, si collocano in una buona condizione di equilibrio<br />

con l’ambiente. <strong>Il</strong> cambiamento delle ab<strong>it</strong>udini alimentari dovuto<br />

a fattori esterni all’organismo può comportare variazioni dei meccanismi<br />

che controllano l’appet<strong>it</strong>o.<br />

Le diete dei paesi occidentali stanno diventando sempre più ricche di lipidi<br />

a discap<strong>it</strong>o degli altri nutrienti. Come è noto i lipidi forniscono più<br />

energia a par<strong>it</strong>à di quant<strong>it</strong>à, pertanto i soggetti che consumano cibi ricchi<br />

di grassi tendono a ingerire più energia del necessario, un fenomeno<br />

noto come “sovralimentazione passiva”.<br />

Le cause di questo fenomeno sembra debbano essere ricercate nei sistemi<br />

che controllano l’appet<strong>it</strong>o e lo stimolo della sazietà. <strong>Il</strong> centro della sazietà<br />

reagisce rapidamente alle proteine e ai carboidrati, ma lentamente ai lipidi,<br />

in questo modo lo stimolo della sazietà subentra in r<strong>it</strong>ardo rispetto<br />

alle reali esigenze fisiologiche dell’organismo ed il risultato è un eccessivo<br />

apporto calorico. Inoltre i sistemi metabolici sembrano favorire<br />

il consumo di carboidrati. Se si beve una bib<strong>it</strong>a dolcificata o si mangia<br />

un piatto di pasta, l’organismo accelera rapidamente il consumo di carboidrati,<br />

ma dopo un pasto ricco di lipidi la veloc<strong>it</strong>à di ossidazione di quest’ultimi<br />

quasi non cambia (1). La maggior parte dei lipidi introdotti <strong>nel</strong>l’organismo<br />

viene destinata all’immagazzinamento e bruciata in segu<strong>it</strong>o<br />

solo se la riserva di carboidrati scende al di sotto di un valore soglia che<br />

varia da individuo a individuo.<br />

La teoria del punto di equilibrio afferma che cambiamenti sufficientemente<br />

drastici del regime di v<strong>it</strong>a possono spingere l’organismo a riassestarsi<br />

su un nuovo peso. Ma senza aiuto, cambiamenti di peso radicali<br />

sono evidentemente difficili da mantenere: lo dimostra il fatto che milioni<br />

di persone si sono messe a dieta e hanno fall<strong>it</strong>o.<br />

I farmacologi si sono chiesti se sia possibile interagire con farmaci sull’equilibrio<br />

fame-sazietà. Un’attenzione particolare va infatti rivolta alle<br />

terapie per l’obes<strong>it</strong>à in cui vengono utilizzati farmaci ad azione anoressizzante.<br />

Questi farmaci presentano diversa modal<strong>it</strong>à di azione.<br />

Una prima categoria agisce sul sistema nervoso come anoressizzante,<br />

una seconda categoria agisce sulla mobil<strong>it</strong>azione o sulla biosintesi dei<br />

grassi e del glicogeno, oppure sull’assorbimento intestinale dei substrati.<br />

9


10<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

I principali farmaci anoressizzanti utilizzati in commercio sono di tipo dopaminergico<br />

e serotoninergico. La struttura fenilentilaminica è comune<br />

ad anfetamina, fentermina, dietilpropione e fenfluramina, ma anche alla<br />

adrenalina, alla noradrenalina e alla dopamina. L’anfetamina, la fentermina,<br />

il dietilpropione ed il mazindolo (a struttura imidazolo-isoindolica)<br />

hanno un’attiv<strong>it</strong>à dopaminergica, mentre la fluoxetina e la fenfluramina<br />

agiscono sulle vie serotoninergiche.<br />

L’uso di farmaci anoressizzanti tuttavia non risulta esente da effetti collaterali<br />

indesiderati come insonnia, palp<strong>it</strong>azioni, secchezza delle fauci,<br />

nervosismo ed irr<strong>it</strong>abil<strong>it</strong>à, aumento della pressione arteriosa, fenomeni<br />

di assuefazione che possono comportare l’aumento progressivo delle<br />

dosi e alla fine della terapia uno stato depressivo.<br />

Oggi la terapia farmacologica dell’obes<strong>it</strong>à si avvale di un nuovo tipo di<br />

farmaco, la dexfenfluramina che può essere considerata come il capostip<strong>it</strong>e<br />

di una seconda generazione di farmaci anoressizzanti.<br />

La dexfenfluramina è l’isotopo destrogiro della fenfluramina. <strong>Il</strong> farmaco<br />

agisce in modo potente sul sistema serotoninergico deputato al controllo<br />

dell’equilibrio fame-sazietà e sul costo energetico della contrazione<br />

muscolare.<br />

L’utilizzazione periferica del glucosio da parte dei muscoli scheletrici e<br />

la lipolisi risultano infatti aumentate dalla dexfenfluramina.<br />

Nei prossimi mesi è prevista la commercializzazione di un prodotto appartenente<br />

ad una nuova classe di farmaci per l’obes<strong>it</strong>à: la sibutramina.<br />

<strong>Il</strong> suo meccanismo d’azione, ampiamente documentatto con studi sull’animale,<br />

vede <strong>nel</strong>l’inibizione della ricaptazione della serotonina e della<br />

noradrenalina la spiegazione del suo effetto di aumento della sazietà<br />

e di termogenesi con conseguente diminuzione di assunzione di cibo e<br />

di peso corporeo. Diversi studi clinici sono stati condotti con l’obiettivo<br />

di verificarne l’efficacia <strong>nel</strong> paziente obeso ed i risultati dimostrano che<br />

circa 2/3 dei pazienti hanno perso il 5% del peso iniziale, inoltre il calo<br />

ponderale si protrae fino al sesto mese di <strong>trattamento</strong> e si mantiene<br />

per oltre un anno. In alcuni studi è stata valutata la composizione corporea<br />

dei pazienti trattati ed i risultati dimostrano che il 69% del tessuto<br />

perduto era rappresentato da tessuto adiposo localizzato preferibilmente<br />

a livello viscerale.<br />

I farmaci che aumentano la sazietà possono essere considerati come<br />

aiuto relativo <strong>nel</strong> calo ponderale soprattutto se usati come unico strumento,<br />

diventano importanti quando si agisce su forme di obes<strong>it</strong>à croniche,<br />

non solo per ottenere un dimagrimento ma anche per prevenire<br />

le ricadute. In ogni caso il farmaco va collocato <strong>nel</strong>l’amb<strong>it</strong>o di una<br />

strategia terapeutica integrata che tenga conto di azioni interdisciplinari<br />

e che agiscono prevalentemente <strong>nel</strong> modificare in maniera permanente<br />

il comportamento alimentare eliminando i comportamenti ali­


La regolazione del peso corporeo<br />

mentari scorretti. Questo tipo di approccio richiede un parallelo intervento<br />

di educazione alimentare tale da determinare a lungo termine ed<br />

in modo defin<strong>it</strong>ivo forme comportamentali corrette, capaci di apportare<br />

all’organismo i necessari nutrienti piuttosto che indurre l’individuo,<br />

al consumo spesso non controllato di integratori alimentari o di farmaci.<br />

Se l’educazione alimentare non ha successo la perd<strong>it</strong>a di peso è trans<strong>it</strong>oria<br />

con un r<strong>it</strong>orno alle condizioni originarie non appena la terapia<br />

farmacologica viene sospesa.<br />

Tale s<strong>it</strong>uazione, che determina fluttuazioni del peso corporeo a lungo termine<br />

viene oggi defin<strong>it</strong>a come sindrome dello yo-yo che <strong>nel</strong> ciclico variare<br />

del peso corporeo produce una riduzione sempre crescente della<br />

massa magra.<br />

Parallelamente alla riduzione della massa magra si verifica una riduzione<br />

del metabolismo basale che è la causa principale degli incrementi<br />

ponderali conseguenti al ripristino di ab<strong>it</strong>udini alimenatri errate.<br />

Va infine ricordato che mangiare è un bisogno primario dell’uomo e che<br />

come tale va salvata ed enfatizzata aanche la componente edonistica legata<br />

alla scelta del cibo che non può e non deve essere sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dalle<br />

pillole!<br />

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12. Blundell J.E.: Serotonin in Health and Disease, Spectrum, New York (1980)<br />

13. Leibow<strong>it</strong>z S.F.: Handbook of Hipothalamus, Raven Press New York (1980)<br />

11


12<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

14. Keys A., Brozek J., Henschel A., Valeand W. Koop G.F.: The Biology of<br />

Human Starvation. Minneapolis Univ. Minn. Press (1950)<br />

15. Boyle P.C., Storlien L.H., Harper A.E., Keesey R.E.: Oxygen consumption and locomotor<br />

activ<strong>it</strong>y during restricted feeding and realimentation. Ame. J. Phisiol. 389<br />

237-42 (1979)<br />

16. Rothwell N.J., Stock M.J., Henschel A., Valeand W. Koop G.F.: A role for brown<br />

adipose tissue in diet-induced thermogenesis. Plugers. Arch. 241 R392-97 (1979)<br />

17. Blundell J.E., Rogers P.J. and Hill A.J.: Evaluating the salialing powers of foods:<br />

Implication for acceptance and consumption. Chemical Compos<strong>it</strong>ion and Sensory<br />

properties of Food and Their Influences on Nutr<strong>it</strong>ion (J.Solms, Ed.) Academic Press,<br />

London 205-219 (1987)


Attual<strong>it</strong>à della prescrizione farmacologica<br />

<strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à e <strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong><br />

Intervista a Michele O. Carruba<br />

Dipartimento di farmacologia, chemioterapia e tossicologia medica Univers<strong>it</strong>à di Milano<br />

Delle decisioni statun<strong>it</strong>ensi in mer<strong>it</strong>o alla dexfenfluramina rischiano di fare<br />

le spese soprattutto i pazienti europei, e in particolare <strong>it</strong>aliani. La storia,<br />

almeno a grandi linee, è nota. L’estate scorsa, uno studio della Mayo<br />

Clinic di Rochester [N Engl J Med 1997 Aug 28; 337(9): 581-8] segnalava<br />

un certo numero di casi di valvulopatia in pazienti obesi, prevalentemente<br />

donne, trattati con questo farmaco. Ma, è il caso di sottolinearlo,<br />

non soltanto con questo farmaco: in questione era una terapia anoressizzante<br />

che negli Stati Un<strong>it</strong>i ha goduto di grande fortuna, universalmente<br />

nota come “fen-phen”, ovvero fenfluramina-fentermina, <strong>nel</strong>la<br />

quale a un serotoninergico (dex- o fenfluramina), viene associato un<br />

dopaminergico analogo dell’anfetamina (la fentermina). Inizialmente i casi<br />

segnalati dalla Mayo Clinic erano 24, ma col tempo, vagliando le segnalazioni<br />

giunte alla Food and Drug Administration (l’ente regolatore<br />

statun<strong>it</strong>ense), la lista si è andata allungando portando il totale a poco<br />

più di un’ottantina. L’FDA chiese allora ai produttori di dexfenfluramina<br />

(e di fenfluramina) di r<strong>it</strong>irare i propri prodotti. Sulla scia di questa<br />

decisione anche in Europa, e in Italia, la prescrizione delle due sostanze<br />

è stata sospesa. Però, mentre negli Stati Un<strong>it</strong>i è segu<strong>it</strong>a di lì a poco l’approvazione<br />

di un anoressizzante di nuova concezione, la sibutramina, in<br />

Italia si è venuto a creare una sorta di “vuoto terapeutico”, e non è esagerato<br />

dire che l’obes<strong>it</strong>à <strong>nel</strong> nostro paese è praticamente una malattia orfana.<br />

Una s<strong>it</strong>uazione, questa, non priva di riflessi potenzialmente pericolosi.<br />

La prima decisione dell’FDA è stata corretta? L’Italia ha fatto bene ad<br />

adeguarsi? Quali sono le possibil<strong>it</strong>à di superare l’attuale impasse grazie<br />

al nuovo anoressizzante? “Probabilmente le difficoltà sorte Oltreoceano<br />

con la dexfenfluramina non si sarebbero presentate se l’FDA avesse<br />

adottato per tempo gli stessi provvedimenti che vennero presi qui in<br />

Italia <strong>nel</strong> 1987” spiega Michele O. Carruba, farmacologo dell’Univers<strong>it</strong>à<br />

di Milano e presidente dell’Ansisa (Associazione Nazionale Specialisti<br />

in Scienza dell’Alimentazione) che ha recentemente firmato un ed<strong>it</strong>oriale<br />

dell’International Journal of Obnes<strong>it</strong>y dedicato a questo argomento.<br />

“In Italia e in Europa queste associazioni di farmaci erano fin dall’i­


14<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

IMPROPRIO SOSTITUIRE<br />

L’ANORESSIZZANTE<br />

CON UN ANTIDEPRESSIVO<br />

nizio controindicate, e sono poi state proib<strong>it</strong>e, perché già sulla carta c’era<br />

un pericolo serio, e non pareva necessario giungere a un dimostrazione<br />

clinica per appurare l’esistenza di un pericolo”. Insomma, una<br />

volta tanto gli organismi regolatori del Vecchio Continente, erano stati più<br />

previdenti dell’FDA alla quale, molto spesso, si guarda come a un modello.<br />

Senza contare che ancora è da dimostrare che responsabile della<br />

valvulopatia sia stata la fenfluramina e il suo derivato e non la fentermina<br />

(questa sì band<strong>it</strong>a da tempo in Italia) o ancora la sola associazione<br />

delle due che, usate singolarmente, potrebbero non avere nessun<br />

effetto del genere, come indicherebbe la somministrazione senza<br />

incidenti della fenfluramina <strong>nel</strong> continente europeo: in venti anni oltre<br />

sessanta milioni di pazienti.<br />

Se questo è l’antefatto, le conseguenze non sono trascurabili. “In primo<br />

luogo, oggi l’obes<strong>it</strong>à è una malattia orfana di farmaci in Italia. Infatti rimangono<br />

a disposizione soltanto due vecchi farmaci, che per quanto<br />

gloriosi erano stati emarginati dal mercato stesso, visto che la dexfenfluramuina<br />

rappresentava l’80-85 per cento delle prescrizioni di anoressizzanti.<br />

La s<strong>it</strong>uazione attuale mi preoccupa quasi più di quella antecedente<br />

al 1987, perché oggi si sente parlare delle terapie e delle associazioni<br />

di farmaci più strane. Mentre prima si aveva un farmaco che, a<br />

nostro avviso, se usato correttamente non aveva dato luogo a problemi,<br />

oggi in sua assenza si sta cominciano un po’ ovunque a fare uso di<br />

tutto quel che cap<strong>it</strong>a. A cominciare dai prodotti a base di erbe, come l’iperico,<br />

che non ha alle spalle nessuno studio su eventuali impieghi <strong>nel</strong><br />

<strong>trattamento</strong> dell’obes<strong>it</strong>à, ma semmai della depressione. Poi va aumentando<br />

il ricorso ai farmaci antidepressivi, come la fluoxetina, che non si è mai<br />

vista riconoscere in nessun paese al mondo l’indicazione <strong>nel</strong> <strong>trattamento</strong><br />

dell’obes<strong>it</strong>à, malgrado siano stati condotti migliaia di studi per dimostrane<br />

l’eventuale valid<strong>it</strong>à terapeutica. Gli effetti di questa sostanze, anche<br />

quando sono visibili, si rivelano trans<strong>it</strong>ori, perché continuando la<br />

somministrazione il peso viene recuperato senza difficoltà”. Al professor<br />

Carruba giungono con una certa frequenza segnalazioni di comportamenti<br />

impropri, anche dagli Stati Un<strong>it</strong>i dove, per esempio, all’associazione<br />

fen-phen alcuni stanno sost<strong>it</strong>uendo l’associazione phen-pro, <strong>nel</strong>la<br />

quale la seconda sigla sta per Prozac, ovvero ancora la fluoxetina.<br />

Qualcuno potrebbe obiettare che questo tipo di terapia combinata non<br />

era contemplata <strong>nel</strong> decreto del 1987, dove si vietavano esplic<strong>it</strong>amente<br />

le associazioni tra due anoressizzanti ma anche tra un anoressizzante e<br />

ormoni tiroidei, diuretici, ipoglicemizzanti orali senza c<strong>it</strong>are, però, gli<br />

antidepressivi. “E’ vero” concede Michele Carruba “ ma l’assenza di un


UNA DUPLICE AZIONE:<br />

AUMENTO<br />

DELLA TERMOGENESI<br />

E MODIFICAZIONE<br />

DEL COMPORTAMENTO<br />

ALIMENTARE<br />

Attual<strong>it</strong>à della prescrizione farmacologica<br />

<strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à e <strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong><br />

rimando esplic<strong>it</strong>o è dovuta al fatto che era già noto come associando<br />

farmaci che stimolano la liberazione di serotonina e farmaci che ne inibiscono<br />

il reuptake (come gli antidepressivi) si possa giungere a conseguenze<br />

gravissimi e mortali , come l’ipertermia maligna, la sindrome<br />

serotoninergica”. Una scelta doppiamente irrazionale, perché anche<br />

quando non si manifestano conseguenze estreme <strong>nel</strong>la maggior parte dei<br />

casi, associando questi due tipi di sostanze, l’effetto anoressizzante viene<br />

antagonizzato anziché esaltato: ci sono studi pubblicati dallo stesso<br />

professor Carruba, negli anni sessanta, che dimostrano questa circostanza.<br />

In sintesi, quando alla dexfenfluramina si riferiva la quasi total<strong>it</strong>à<br />

delle prescrizioni, anche tenendo presenti i possibili effetti collaterali<br />

(e si intende qui l’ipertensione polmonare piuttosto che la valvulopatia<br />

la cui origine non è ancora certa), c’era una ragionevole sicurezza.<br />

Oggi queste prescrizioni sono per così dire in libera usc<strong>it</strong>a, e questo<br />

rende più facile il cammino delle prescrizioni irrazionali.<br />

L’FDA ha cercato di tamponare la s<strong>it</strong>uazione approvando la sibutramina<br />

che, ironia della sorte, è nata ed è stata sviluppata in Europa. Sibutramina<br />

ha un meccanismo non riconducibile semplicisticamente a quello<br />

degli altri serotoninergici. Alla luce di quanto si sa oggi è in grado di<br />

potenziare sia il sistema serotoninergico sia quello noradrenergico, e<br />

questa è una particolar<strong>it</strong>à interessante perché sostanze che hanno uno<br />

solo di questi effetti non hanno effetti di sorta sull’appet<strong>it</strong>o e la riduzione<br />

del peso. Di conseguenza, l’effetto terapeutico non è dovuto soltanto<br />

a diminuzione dell’intro<strong>it</strong>o alimentare, ma anche all’aumento del<br />

consumo di ossigeno da parte del grasso bruno, che è appunto determinato<br />

dall’azione noradrenergica centrale mediata dalla funzione ipotalamica.<br />

“Questo meccanismo combinato è molto importante perché il<br />

principale problema di qualsiasi anoressizzante in senso stretto, e se si<br />

vuole anche della dieta, risiede <strong>nel</strong> fatto che come si riduce l’intro<strong>it</strong>o alimentare<br />

si ha la reazione del sistema omeostatico che riduce il livello metabolico<br />

così da opporsi alla perd<strong>it</strong>a di peso” commenta Carruba. “È<br />

questo meccanismo di ribilanciamento che fa sì che a un certo punto si<br />

raggiunga un plateau e nonostante si continui con la dieta o con la terapia<br />

non si osservi più un calo ponderale. L’aumento della termogenesi<br />

<strong>nel</strong> tessuto adiposo bruno tende invece a compensare questo effetto”.<br />

Questo particolare profilo d’azione fa sì che il <strong>trattamento</strong> con sibutramina<br />

ottenga una perd<strong>it</strong>a di peso più progressiva e continua, e nei trial<br />

finora condotti si è potuta osservare un calo ponderale per tutta la durata<br />

della somministrazione. Certamente le prime esperienze si sono<br />

svolte su un periodo relativamente breve (un anno), ma altri trial ora in<br />

15


16<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

via di svolgimento per periodi più lunghi potranno confermare questa<br />

prima indicazione. D’altra parte, l’aumento del consumo energetico era<br />

ed è uno dei punti sui quali si è basato l’impiego delle anfetamine <strong>nel</strong>la<br />

terapia dell’obes<strong>it</strong>à, nonché i messaggi promozionali di molti preparati<br />

(in prevalenza parafarmacologici) che si sono via via affacciati sul mercato,<br />

soprattutto, ancora una volta, negli Stati Un<strong>it</strong>i. “È vero che un drive<br />

dopaminergico che parte dal sistema nervoso centrale in qualche<br />

modo attiva il dispendio energetico, ma bisogna valutare l’ent<strong>it</strong>à di questo<br />

fenomeno. Va notato che con l’anfetamina non solo si aumentava il<br />

dispendio energetico promuovendo il consumo di ossigeno da parte<br />

del tessuto adiposo bruno, quindi per effetto termogenetico, ma anche<br />

perché il soggetto trattato così tende a muoversi di più. In pratica con<br />

l’anfetamina il maggior dispendio energetico era ottenuto soprattutto<br />

con questo ipermotil<strong>it</strong>à piuttosto che attraverso la termogenesi, e a fronte<br />

dei pesanti effetti collaterali che ormai tutti conoscono”.<br />

Per quel che riguarda la modificazione del comportamento alimentare,<br />

non essendo un farmaco secretore ma un inib<strong>it</strong>ore del reuptake della serotonina,<br />

sibutramina garantisce un effetto analogo a quello della dexfenfluramina,<br />

favorendo l’insorgere del senso di sazietà, ma con un sensibile<br />

vantaggio sul piano della tollerabil<strong>it</strong>à, perché non si hanno repentini<br />

e consistenti aumenti della quant<strong>it</strong>à circolante del neurotrasmett<strong>it</strong>ore,<br />

quali invece si osservano con l’impiego della dexfenfluramina<br />

associata a fentermina. Questo passaggio è particolarmente importante<br />

perché è vero che non è ancora assodato che la valvulopatia<br />

riscontrata nei casi trattati con fen-phen sia dovuto all’aumento dei livelli<br />

di serotomina, “ma è un fatto che questa patologia si verificava più<br />

di frequente nei pazienti affetti da carcinoide, il tumore intestinale in<br />

cui si ha proliferazione del tessuto enterocromaffine e, quindi, già in<br />

partenza una maggiore produzione del neurotrasmett<strong>it</strong>ore”.<br />

L’approvazione della sibutramina negli USA, in conclusione, è stata un<br />

fatto pos<strong>it</strong>ivo per la terapia dell’obes<strong>it</strong>à, e secondo il presidente dell’ANSISA<br />

è necessario che registrazione e commercializzazione del nuovo<br />

farmaco <strong>nel</strong> nostro paese seguano in tempi stretti, proprio per coprire<br />

un vuoto che rischia di essere colmato da terapie “fatte in casa” i<br />

cui effetti, indesiderati e no, sono totalmente imprevedibili (basti pensare<br />

che quando si utilizzano prodotti di origine vegetale non è quasi mai<br />

possibile risalire all’esatta composizione, tantomeno alla quant<strong>it</strong>à di principio<br />

attivo). “È un auspicio che faccio pensando in termini si salute<br />

pubblica” conclude Carruba.


La ricerca attuale: una panoramica<br />

Enzo Nisoli<br />

Centro di Studio e Ricerca sull’Obes<strong>it</strong>à (CSRO), Dipartimento di Farmacologia, Univers<strong>it</strong>à degli Studi di Milano, L.I.T.A. Vialba,<br />

Ospedale L. Sacco, Milano<br />

Che l’ipotalamo giochi un ruolo rilevante <strong>nel</strong>la regolazione dell’omeostasi<br />

energetica fu originariamente stabil<strong>it</strong>o in segu<strong>it</strong>o ai risultati derivanti<br />

da lesioni cerebrali. Infatti, la distruzione dell’ipotalamo ventromediale<br />

causava iperfagia e obes<strong>it</strong>à, mentre lesioni dell’ipotalamo laterale<br />

portavano a ipofagia e a diminuzione del peso corporeo. Queste<br />

prime evidenze hanno consent<strong>it</strong>o di ipotizzare un complesso sistema<br />

regolatorio a livello di quest’area cerebrale importante <strong>nel</strong> controllo dell’assunzione<br />

e della spesa di energia. Da allora molti studi hanno stabil<strong>it</strong>o<br />

il coinvolgimento di neurotrasmett<strong>it</strong>ori, come la noradrenalina, la<br />

dopamina o la serotonina, come di neuropeptidi, che comprendono il<br />

neuropeptide Y (NPY), l’ormone rilasciante le corticotropine (CRH) o<br />

la galanina e la bombesina, facendo r<strong>it</strong>enere che la comprensione della<br />

regolazione di queste molecole potesse permettere di chiarire <strong>nel</strong> suo<br />

insieme il comportamento alimentare.<br />

In realtà la s<strong>it</strong>uazione è molto più complessa, e la continua progressione<br />

delle scoperte che negli ultimi due anni hanno rivoluzionato gli studi<br />

molecolari in questo campo lo sta a dimostrare. Attraverso una combinazione<br />

di approcci genetici e biochimici, sono stati individuati nuovi<br />

mediatori e nuove vie, sia in periferia sia <strong>nel</strong> cervello, che potrebbero<br />

dimostrarsi estremamente importanti come target di farmaci innovativi<br />

per le patologie del comportamento alimentare.<br />

Innanz<strong>it</strong>utto va ricordato che i geni ob e db codificano un ormone che<br />

deriva dagli adipoc<strong>it</strong>i (leptina) e il suo recettore. La loro espressione e<br />

funzional<strong>it</strong>à sono essenziali per il controllo del peso corporeo e quindi<br />

<strong>nel</strong>l’insorgenza di obes<strong>it</strong>à, ma anche del diabete mell<strong>it</strong>o insulino-dipendente<br />

e dell’infertil<strong>it</strong>à. I livelli plasmatici di leptina, infatti, aumenterebbero<br />

con l’insorgenza di obes<strong>it</strong>à oppure potrebbero segnalare al cervello<br />

uno stato di grave depauperamento delle riserve energetiche, stimolando<br />

in questo caso la messa in atto di una serie di effetti atti a preservare<br />

l’integr<strong>it</strong>à dell’individuo e della specie. Nell’individuo obeso gli<br />

alti livelli plasmatici di leptina hanno sugger<strong>it</strong>o una leptino-resistenza<br />

che si potrebbe estrinsecare a vari livelli, tra cui i sistemi di trasporto<br />

presenti alla barriera emato-encefalica o, ancora, a livello di mediatori<br />

ipotalamici.


18<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

Infatti, è stato recentemente dimostrato che la leptina è normalmente in<br />

grado di inibire la sintesi e il rilascio di NPY <strong>nel</strong>l’ipotalamo ventromediale.<br />

Tale azione giustificherebbe l’effetto saziante dell’ormone dal momento<br />

che l’NPY è un importante fattore che stimola l’assunzione di<br />

cibo. Inoltre, dal momento che l’NPY è in grado di inibire l’attiv<strong>it</strong>à simpatica<br />

coinvolta <strong>nel</strong>la spesa energetica della periferia, l’azione inibente<br />

della leptina sull’NPY stesso determina, oltre alla riduzione dell’assunzione<br />

di cibo, anche la stimolazione del dispendio energetico, in<br />

particolare attraverso l’attivazione della funzione termogenetica del tessuto<br />

adiposo bruno.<br />

Più recentemente, però, la leptina è stata ipotizzata modulare la sintesi<br />

e il rilascio di altri neuropeptidi ipotalamici implicati <strong>nel</strong> controllo dell’assunzione<br />

di cibo. Tra questi l’ormone stimolante i melanoc<strong>it</strong>i o a-<br />

MSH, il peptide correlato alla proteina agouti o AGRP, l’ormone concentrante<br />

la melanina o MCH, l’ipocretina e le oressine, una classe di<br />

neuropeptidi scoperta negli ultimi mesi.<br />

La somministrazione intracerebrale di a-MSH agli animali di laboratorio<br />

si è dimostrata in grado di inibire in maniera estremamente significativa<br />

l’assunzione di cibo. Infatti, la sua stimolazione dei recettori per la<br />

melanocortina di tipo 4 o MC-4, selettivamente espressi in alcuni nuclei<br />

dell’ipotalamo ventromediale, rappresenta un meccanismo di controllo<br />

del peso corporeo, come dimostrano i topi knockout per questi stessi recettori<br />

MC-4 che accumulano grasso, aumentando di peso, e presentano<br />

una marcata insulino-resistenza. La leptina è in grado di stimolare la<br />

sintesi e il rilascio di tale neuropeptide. Al contrario essa inibisce la sintesi<br />

del peptide correlato alla proteina agouti, che si è dimostrato capace<br />

di antagonizzare in maniera selettiva i recettori MC-4 e di far aumentare<br />

in tal modo il consumo di cibo.<br />

È importante ricordare a questo punto che, oltre alle sostanze appena<br />

c<strong>it</strong>ate e che vengono espresse come detto <strong>nel</strong>l’ipotalamo ventromediale,<br />

fino a poco tempo fa nessun neurotrasmett<strong>it</strong>ore era stato specificamente<br />

trovato <strong>nel</strong>l’ipotalamo laterale, che viene considerato anche sede<br />

dei centri della fame. Recentemente, si è riusc<strong>it</strong>i a caratterizzare cinque<br />

nuovi peptidi e, per alcuni di questi, i rispettivi recettori espressi in<br />

questa regione cerebrale. In particolare, l’oressina A e B, che derivano<br />

da un neuropeptide precursore o pre-pro-oressina, vengono espresse<br />

entro un’area lim<strong>it</strong>ata dell’ipotalamo laterale. La loro somministrazione<br />

intracerebrale determina un’incremento molto significativo del consumo<br />

di cibo. Cost<strong>it</strong>uirebbero quindi due nuovi peptidi oressizzanti, potenzialmente<br />

coinvolti <strong>nel</strong>la fisiologia dell’assunzione di cibo e <strong>nel</strong>la fisiopatologia<br />

dell’obes<strong>it</strong>à.<br />

Presumibilmente <strong>nel</strong> prossimo futuro verranno caratterizzate nuove sostanze<br />

che entrano in questa complessa rete che, integrando impulsi


FIGURA 1<br />

Attraverso azioni dirette sui corpi cellulari<br />

dei neuroni del nucleo arcuato, la leptina<br />

stimola la sintesi e il rilascio della preopio-melanocortina<br />

(POMC) e, quindi,<br />

dell’ormone stimolante i melanoc<strong>it</strong>i o a-<br />

MSH, mentre inibisce la sintesi e il rilascio<br />

del peptide correlato alla proteina agouti<br />

(AGRP). I neuroni a-MSH proiettano a<br />

neuroni che esprimono il recettore MC-4,<br />

il cui trasmett<strong>it</strong>ore chimico non è ancora<br />

stato identificato: i neuroni AGRP<br />

antagonizzano il segnale α-MSH su tali<br />

cellule. Questo segnale influenza<br />

direttamente e indirettamente i neuroni<br />

dell’ipotalamo laterale e, quindi, le<br />

sensazioni di fame e sazietà. Neuroni che<br />

sintetizzano il neuropeptide Y (NPY)<br />

proiettano al nucleo paraventricolare<br />

(PVN), che contiene neuroni che<br />

esprimono l’ormone rilasciante la<br />

corticotropina (CRH) o la tireotropina e<br />

altri neuropeptidi.<br />

La ricerca attuale: una panoramica<br />

della periferia e dai centri cerebrali superiori, è in grado di elaborare risposte<br />

adeguate al controllo dell’omesoatsi energetica degli organismi superiori.<br />

Bisogna ricordare, comunque, che la decisione di mangiare o<br />

meno (o più precisamente che cosa mangiare e quando interrompersi)<br />

è, almeno <strong>nel</strong>l’uomo, estremamente complessa risiedendo al confine tra<br />

volontà e fisiologia. Noi mangiamo per molte ragioni, che comprendono<br />

quelle edonistiche, quelle che emergono da confl<strong>it</strong>ti psicologici e<br />

quelle correlate alla sopravvivenza di base. Quindi, la caratterizzazione<br />

delle vie neurochimiche potenzialmente coinvolte in questi processi è<br />

una supersemplificazione. Ma tale approccio potrà presto fornire nuove<br />

informazioni utili, non solo per la conoscenza di questi complessi<br />

meccanismi cerebrali, ma anche per la messa a punto di nuove strategie<br />

terapeutiche più sicure ed efficaci delle presenti <strong>nel</strong> campo dell’obes<strong>it</strong>à<br />

e delle altre malattie del comportamento alimentare.<br />

corteccia cerebrale<br />

sistema nervoso<br />

autonomo<br />

regolazione<br />

ipofisaria<br />

LEPTINA<br />

tessuto adiposo<br />

PVN<br />

- CRH<br />

- TRH<br />

–<br />

+<br />

–<br />

NPY<br />

POMC MC-4<br />

AGRP<br />

nucleo arcuato<br />

19<br />

ipotalamo laterale<br />

- MCH<br />

- ORESSINA A/B<br />

neuroni X<br />

neuroni<br />

α MSH + che esprimono<br />

–<br />

MC-4


La ricerca attuale: l’esempio della leptina<br />

Angelo Pietrobelli 1.2 - Steven B. Heymsfield 1<br />

1 Obes<strong>it</strong>y Research Center St. Luke’s/Roosevelt Hosp<strong>it</strong>al Columbia Univers<strong>it</strong>y - New York (USA)<br />

2 Clinica Pediatrica III, Ist<strong>it</strong>uto Scientifico Ospedale San Raffaele, Univers<strong>it</strong>à degli Studi di Milano<br />

Questo studio è in parte finanziato<br />

dal National Inst<strong>it</strong>ute of Health.<br />

<strong>Il</strong> Dr. Angelo Pietrobelli è finanziato<br />

con fondi M.U.R.S.T.<br />

FIGURA 1<br />

“Semplify Leptin Cycle”<br />

La proteina ob o "leptina" (dal greco = leptòs, che significa magro) fu identificata<br />

e defin<strong>it</strong>a da Friedman e Colleghi (1) <strong>nel</strong> 1994. La leptina è un peptide<br />

di 16-kilodalton secreta dalle cellule adipose (gli adipoc<strong>it</strong>i) (1,2). La<br />

leptina (Fig. 1) circola <strong>nel</strong> sangue, probabilmente all’interno di una famiglia<br />

di proteine leganti ed agisce sul sistema nervoso centrale che regola<br />

l’assunzione del cibo ed il bilancio energetico (3). Queste osservazioni<br />

suggeriscono che la proteina ob svolge un ruolo importante <strong>nel</strong><br />

controllo delle riserve di grasso corporeo nei rod<strong>it</strong>ori e negli uomini (3­<br />

8), grazie ad un meccanismo di regolazione sul comportamento alimentare,<br />

sul metabolismo, sull’attiv<strong>it</strong>à del sistema nervoso autonomo e<br />

sul bilancio energetico. Questa scoperta fa sorgere la speranza per un terzo<br />

di Americani obesi che la “soluzione” per curare la loro obes<strong>it</strong>à possa<br />

essere trovata <strong>nel</strong> prossimo futuro. Per quanto riguarda la leptina,<br />

malgrado l’entusiasmo iniziale, rimangono ancora molte domande senza<br />

risposta: quali cellule e tessuti rispondono alla leptina? Quali sono i<br />

meccanismi molecolari dell’azione leptina? Qual’è il ruolo della leptina<br />

LEPTINA<br />

IPOTALAMO<br />

Ob-R<br />

NPY<br />

ADIPOCITI<br />

STOMACO


La ricerca attuale:<br />

l’esempio della leptina<br />

<strong>nel</strong>la patofisiologia delle malattie umane? L’articolo riassume la letteratura<br />

attuale riguardante la leptina, il suo recettore (prodotto del gene<br />

Ob-R) ed il ruolo <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à animale ed umana. Prima di tutto verrà<br />

forn<strong>it</strong>a una prospettiva storica circa il ruolo ipotalamico <strong>nel</strong>la nutrizione.<br />

Verrà poi svolto un esame dei vari modelli sperimentali dell’obes<strong>it</strong>à<br />

e della loro relazione con la leptina. Infine metteremo a fuoco gli studi<br />

clinici, segu<strong>it</strong>i da una discussione circa le implicazioni, per la diagnosi<br />

e la gestione dell’obes<strong>it</strong>à umana e delle patologie associate.<br />

LEPTINA: IERI Nel 1958 G.R. Hervey (9) fu il primo a dimostrare l’esistenza di un ormone<br />

che regola il peso corporeo grazie ad una interazione con l’ipotalamo.<br />

Precedentemente Kennedy (10) aveva sugger<strong>it</strong>o che il luogo di<br />

produzione di questo ormone era il tessuto adiposo, creando così la<br />

teoria lipostatica del controllo del peso corporeo. L’esperimento di Hervey<br />

(9), condotto su animali non lesionati, resi obesi con la distruzione<br />

dell’ipotalamo ventromediale (VMH), portò alla morte per digiuno un<br />

paio di topi parabiotici*. Egli propose che un fattore di sazietà circolante<br />

era prodotto in eccesso dai parabiosi lesionati, appena il grasso<br />

corporeo veniva accumulato. La parabiosi pone una barriera allo scambio<br />

di ormoni circolanti di breve durata, come ad esempio gli ormoni gastrointestinali,<br />

la colecistochinina, la bombesina, l’insulina, il glucagone,<br />

il peptide glucagone simile.<br />

La patogenesi dell’obes<strong>it</strong>à <strong>nel</strong> topo geneticamente obeso (ob/ob), nei<br />

topi diabetici (db/db) e nei topi grassi (fa/fa) è strettamente correlata al<br />

ruolo ipotalamico <strong>nel</strong>la induzione della sazietà e <strong>nel</strong> controllo del comportamento<br />

nutrizionale, <strong>nel</strong> livello di attiv<strong>it</strong>à e <strong>nel</strong>la termogenesi (11).<br />

Gli esperimenti di parabiosi esegu<strong>it</strong>i su animali con obes<strong>it</strong>à genetica<br />

svolgono una parte importante <strong>nel</strong>la storia della leptina. Hausberger<br />

(12) affermava che i topi non obesi bloccavano l’aumento di peso rispetto<br />

ai topi ob/ob con parabiosi ed interpretava questa risultanza come<br />

indice di un obes<strong>it</strong>à causata dalla mancanza di un fattore che può<br />

essere trasmesso dal buon es<strong>it</strong>o della parabiosi.<br />

Si prevedeva un meccanismo genetico di obes<strong>it</strong>à, <strong>nel</strong> topo db/db e <strong>nel</strong><br />

topo fa/fa, differente dal topo ob/ob. Coleman & Hummel (13) affermavano<br />

che i topi magri in parabiosi con db/db morivano di digiuno.<br />

Harris (14) ebbe gli stessi riscontri con i topi fa/fa. Le conclusioni di tali<br />

lavori suggerivano che gli animali db/db e fa/fa diventavano obesi<br />

per l’insensibil<strong>it</strong>à del sistema nervoso centrale verso un fattore di sazietà<br />

* L’esperimento di parabiosi consiste <strong>nel</strong>la distruzione dell’ipotalamo ventromediale<br />

21


22<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

circolante. Le ipotesi erano corrette. Recentemente è stato scoperto che<br />

entrambi i topi db/db (15,16) e fa/fa (17) subiscono mutazioni <strong>nel</strong> recettore<br />

della leptina (18).<br />

LEPTINA: OGGI Zhang ed altri (1994) (1) scoprirono il gene responsabile dell’obes<strong>it</strong>à<br />

<strong>nel</strong> topo ob/ob, omozigote per una forma mutante del gene obeso (ob).<br />

<strong>Il</strong> topo con gene ob codifica un RNA messaggero (m-R NA) del tessuto<br />

adiposo di 4.5-kilobase con una sequenza bloccata di 167 aminoacidi<br />

aperti per la lettura e una sequenza di 21 aminoacidi per il segnale secretore.<br />

La proteina OB è una proteina secreta; quando la sequenza di segnale<br />

viene staccata, la proteina OB completamente sviluppata viene immessa<br />

in circolo.<br />

La proteina OB sembra circolare come un monomero di 16,000 kilodalton.<br />

<strong>Il</strong> gene ob è presente solo <strong>nel</strong> tessuto adiposo e la proteina OB<br />

viene sintetizzata e secreta dal medesimo tessuto in proporzione alla dimensione<br />

e al numero degli adipoc<strong>it</strong>i (3). Diversi studi mostrano che la<br />

leptina induce perd<strong>it</strong>a di peso nei topi (5-7). Dosi quotidiane di leptina<br />

ricombinante provoca diminuizione di peso <strong>nel</strong> topo ob/ob (5-7). Campfield<br />

et Al. e Pelleymounter et Al. dimostrarono, in diversi studi su animali,<br />

che la somministrazione di leptina aumenta la termogenesi ed i livelli<br />

di attiv<strong>it</strong>à fisica. La normalizzazione dell’iperglicemia e della iperinsulinemia<br />

avverrebbe ancor prima di qualsiasi significativa perd<strong>it</strong>a di<br />

peso (4, 5).<br />

Campfield et Al. hanno dimostrato che la leptina può modificare il bilancio<br />

energetico ed il comportamento se iniettata direttamente <strong>nel</strong> ventricolo<br />

laterale del cervello del topo ob/ob (4). Stephens et Al. mostrarono<br />

sul topo l’alta affin<strong>it</strong>à della leptina sulle membrane ipotalamiche.<br />

(19).<br />

La somministrazione della leptina diminuisce l’espressione mRNA del<br />

neuropeptide Y ipotalamico (NPY) e direttamente sopprime il NPY (19).<br />

<strong>Il</strong> NPY ipotalamico stimola l’assunzione di cibo, diminuisce la termogenesi<br />

ed aumenta l’nsulinemia ed il livello di corticosteroidi (20). In<br />

parte la leptina agisce attraverso l’inibizione della biosintesi e del rilascio<br />

del NPY (21). Comunque Erikson et Al. affermavano che la mancanza<br />

di espressione del gene NPY non influenza il comportamento alimentare<br />

o l’attiv<strong>it</strong>à della leptina (22).<br />

Non è tutto chiaro ed ulteriori studi sono necessari per spiegare come<br />

i meccanismi che controllano la sazietà siano regolati dalla leptina. La somministrazione<br />

della leptina confermava la leptino-resistenza negli animali<br />

(4), come <strong>nel</strong> topo db/db, fosse totalmente insensibile alla leptina<br />

stessa (5, 8).


FIGURA 2<br />

New York Obes<strong>it</strong>y Center (Time 1)<br />

LEPTINA<br />

20<br />

00<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

La ricerca attuale:<br />

l’esempio della leptina<br />

0 20 40 60 80 100<br />

Dopo la scoperta della mutazione del gene <strong>nel</strong> topo ob/ob, diversi gruppi<br />

hanno cercato di identificare mutazioni simili <strong>nel</strong>le persone obese;<br />

nulla fino ad ora è stato rilevato (11, 21).<br />

Un’importante scoperta fu lo sviluppo della metodica anal<strong>it</strong>ica di dosaggio<br />

radioimmunologico o ELISA per la determinazione sull’uomo dei<br />

livelli di leptina in circolo (23, 24).<br />

In un nostro precedente lavoro, abbiamo stimato la massa grassa totale<br />

(FM, in Kg) derivata dai livelli di leptina ematica. Abbiamo verificato<br />

l’ipotesi, con un test iniziale sugli uomini, se la concentrazione di leptina<br />

fosse direttamente associata alla FM, usando modelli di regressione<br />

multipla.<br />

Abbiamo validato quindi questi modelli mediante un secondo studio di<br />

cross-validazione (Figg. 2, 3 e 4). La figura 2 mostra la relazione tra la leptina<br />

ematica e grasso totale corporeo (Kg) misurato con l’analisi impedenziometrica<br />

(BIA) in 69 volontari che rispondevano a predefin<strong>it</strong>i cr<strong>it</strong>eri<br />

di buona salute (25). Perciò abbiamo dedotto che le concentrazioni<br />

della leptina ematica riflettono la quant<strong>it</strong>à di tessuto adiposo corporeo<br />

e questa scoperta concorda con quasi tutti gli altri studi effettuati<br />

sulla specie umana, adulti e bambini (23, 24, 26) ed animali (7, 15, 27).<br />

Tuttavia, è anche chiaramente riscontrabile negli individui, con un livello<br />

par<strong>it</strong>etico di adipos<strong>it</strong>à, un’ampia variazione nei livelli di leptina<br />

ematica (21).<br />

Studi recenti sull’uomo hanno dimostrato che i livelli di leptina in circolo<br />

mostrano una variazione diurna con picco massimo tra la mezzanotte e<br />

le prime ore del mattino ed un nadir/punto più basso tra mezzogiorno<br />

e metà pomeriggio (28).<br />

23


24<br />

FIGURA 3<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

Boston Obes<strong>it</strong>y Research Center (Time 1)<br />

LEPTINA<br />

50<br />

30<br />

10<br />

90<br />

70<br />

50<br />

30<br />

10<br />

0<br />

0 50 100 150<br />

<strong>Il</strong> pattern è simile sia in soggetti normopeso che negli obesi diabetici<br />

con diabete mell<strong>it</strong>o non insulino dipendente (NIDDM), ma in entrambi<br />

questi gruppi i livelli di leptina erano più alti rispetto al gruppo dei<br />

soggetti normopeso (11, 28).<br />

Reports recenti hanno dimostrato che prolungati incrementi di insulina<br />

stimolano la produzione di leptina <strong>nel</strong>l’uomo (29).<br />

Noi abbiamo analizzato la relazione tra l’insulinemia e la leptinemia in<br />

93 donne non diabetiche. Di questi soggetti sono state determinate l’insulinemia,<br />

la leptina e la glicemia (2 hr prima e dopo test di tolleranza<br />

con somministrazione orale di 75 g. di glucosio, OGTT) e la composizione<br />

corporea mediante BIA.<br />

Abbiamo verificato che nè la iperinsulinemia basale nè la ridotta tolleranza<br />

al glucosio erano associate ad alti livelli di leptina basale (30).<br />

Abbiamo anche analizzato la relazione tra l’insulinemia e la leptina in 44<br />

soggetti obesi, in 20 normopeso e 21 soggetti con Sindrome di Prader-<br />

Willi. Tutti gli 85 soggetti erano giovani di entrambi i sessi, che sono<br />

stati suddivisi per età, sesso e stato puberale secondo Tanner.<br />

Parametrandosi al dato della massa grassa, ottenuta con la metodica<br />

Dual Energy X Ray Absorptiometry, DXA, si delineava una più stretta<br />

correlazione tra leptina e insulina nei soggetti Prader-Willi rispetto agli<br />

obesi e agli individui di peso normale. Queste scoperte suggeriscono<br />

che, in questi pazienti, alcuni fattori associati all’insulina basale nei soggetti<br />

Prader-Willi, oltre che al grasso corporeo, sono coinvolti <strong>nel</strong>l’incremento<br />

dei livelli basali di leptina.


FIGURA 4<br />

Cross-Validation: Time 1<br />

GRASSO PREVISTO (Kg)<br />

20<br />

00<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

La ricerca attuale:<br />

l’esempio della leptina<br />

0 50 100 150<br />

LEPTINA: DOMANI In questa sezione analizziamo le principali ed attuali questioni relative<br />

alla leptina. Innanz<strong>it</strong>utto, si deve capire il meccanismo regolatorio della<br />

produzione di leptina.<br />

È fondamentale per comprendere il metabolismo della leptina, approfondire<br />

la conoscenza della sequenza, della regolazione e dell’attiv<strong>it</strong>à<br />

del gene che promuove l’obes<strong>it</strong>à.<br />

La scoperta della struttura chimica di tale gene <strong>nel</strong> topo (33) e <strong>nel</strong>l’uomo<br />

(34) è forse imminente. Si sa che gli ormoni (come l’insulina, i glicocorticoidi<br />

e le catecolamine (35) regolano la secrezione di leptina. Gli<br />

adipoc<strong>it</strong>i dei soggetti obesi, mantenuti in coltura per più di 5 giorni continuano<br />

a produrre più leptina rispetto a quelli dei soggetti magri (36).<br />

È importante capire come gli adipoc<strong>it</strong>i forniscano la corretta informazione<br />

al promotore della leptina. È anche possibile che i prodotti del<br />

metabolismo intracellulare degli adipoc<strong>it</strong>i (come gli acidi grassi liberi, il<br />

diacilglicerolo, l’acido lisofosfatidico) potrebbero agire come agenti che<br />

modulano la regolazione della trascrizione del gene dell’obes<strong>it</strong>à (21).<br />

La seconda importante domanda a cui rispondere è relativa al meccanismo<br />

dell’azione della leptina.<br />

<strong>Il</strong> primo passo per capire l’azione della leptina avvenne quando Tartaglia<br />

ed altri (18) scoprirono il recettore della leptina. Una scoperta inattesa<br />

è l’ampia distribuzione di differenti e isoformi recettori della leptina.<br />

Essi non sono solo presenti <strong>nel</strong>l’ipotalamo, ma hanno un’ampia distribuzione<br />

<strong>nel</strong> cervello, <strong>nel</strong> plesso coroideo, fegato, cuore, rene, milza,<br />

etc. (16-18). Per accertare il ruolo della leptina in tutti questi tessuti,<br />

occorrerà una ricerca approfond<strong>it</strong>a e mirata.<br />

La terza questione, la più importante, riguarda la prospettiva clinica.<br />

Qual’è il meccanismo di resistenza alla leptina <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à? I soggetti<br />

25


26<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

FIGURA 5<br />

Le due fasi dello studio sulla leptina<br />

FASE I<br />

FASE II<br />

CASA<br />

FARMACEUTICA<br />

DIGIUNO<br />

Carico di glucosio 2 h<br />

Leptina umana<br />

ricombinante<br />

1500 adulti sani<br />

in 10 centri<br />

250 adulti sani<br />

in 4 centri<br />

obesi non hanno un difetto di produzione di leptina (21). Tuttavia ci<br />

possono essere insufficienze intravascolari che lim<strong>it</strong>ano la concentrazione<br />

della leptina libera che raggiunge il cervello.<br />

Altri difetti possono emergere <strong>nel</strong> sistema di trasporto. Anche se il carrier<br />

leptina dimostra di essere normale, il problema potrebbe anche essere<br />

<strong>nel</strong> recettore della leptina. È possibile che il recettore e il sistema<br />

di trasporto della leptina siano normali e che il difetto risieda <strong>nel</strong> meccanismo<br />

di segnale. Infine può essere che il difetto risieda <strong>nel</strong> sistema<br />

leptina-trasduttore.<br />

IMPLICAZIONI CLINICHE La questione cruciale di rilevanza pratica è attinente alla terapia per l’obes<strong>it</strong>à<br />

negli uomini. Nel Maggio 1996 sono iniziati negli USA i primi studi<br />

<strong>nel</strong>l’uomo sui livelli di sicurezza e di tollerabil<strong>it</strong>à della proteina ob<br />

(forma ricombinante della leptina). Studi su modelli animali dimostravano<br />

che la somministrazione di leptina provocava perd<strong>it</strong>a di peso e normalizzazione<br />

dei parametri metabolici (5). Uno studio mostrava una riduzione<br />

del 40% del peso corporeo nei topi ob/ob, dopo 33 giorni di somministrazione<br />

sottocute quotidiana di leptina, confrontato con nessuna<br />

variazione del peso in un gruppo di controllo che riceveva iniezioni sottocute<br />

di placebo (soluzione salina) (8). Uno studio preclinico sull’uomo,<br />

condotto in differenti centri, è destinato prima di tutto a stabilire i<br />

livelli di sicurezza e di tollerabil<strong>it</strong>à della leptina. Lo studio iniziale, (Fig.<br />

5) è stato condotto sotto il controllo della Investigational New Drug Ap­


La ricerca attuale:<br />

l’esempio della leptina<br />

plication (IND) e sottoposto alla approvazione della U.S. Food and<br />

Drug Administration (FDA). Saranno svolti e condotti studi futuri basati<br />

sulle acquisizioni dei precedenti trial per valutare l’efficacia della leptina,<br />

includendo eventualmente determinati target di malattie quali diabete,<br />

iperlipidemia e/o patologie cardiovascolari<br />

BIBLIOGRAFIA 1. Zhang Y, Proenca R, Maffei M, Barone M, Leopold L Friedman J. Pos<strong>it</strong>ional<br />

cloning of the mouse obese gene and <strong>it</strong>s human homologue. Nature 1994;<br />

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the adipose tissue. Diabetes 1995; 44: 855-58.<br />

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diabetic mice. Am J Physiol 1969; 217:1298-1304.<br />

27


28<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

14. Harris RBS. Role of set point theory in regulation of body weight. FASEB J 1990;<br />

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Phenotypes of mouse diabetes and rat fatty due to mutation in the OB (leptin)<br />

receptor. Science 1996; 271:994-96.<br />

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KJ, Smutko JS, Mays GG, Woolf EA, Monroe CA, Tepper RI. Identification and<br />

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Jr, Schoner B, Sm<strong>it</strong>h D, Tinsley FC, Zhang XY, Heiman M. The role of<br />

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seizures of mice lacking neuropeptide Y. Nature 1996; 381:415-18.<br />

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JF. Serum leptin in children w<strong>it</strong>h obes<strong>it</strong>y: relationship to gender and<br />

development. Pediatrics 1996; 98:201-203.


La ricerca attuale:<br />

l’esempio della leptina<br />

27. Frederich RC, Hamann A, Anderson S, Lollman B, Lowell BB, Flier JS.<br />

Leptin levels reflect body lipid content in mice: evidence for diet-induced<br />

resistance to leptin action. Nature Med 1995; 1:1311-14.<br />

28. Sinha MK, Ohannesian JP, Heiman ML, Kriauciunas A, Stephens TW,<br />

Magosin S, Marco C, Caro JF. Nocturnal rise of leptin in lean, obese, and noninsulin<br />

dependent diabetes mell<strong>it</strong>us subjects. J Clin Invest 1996; 97:1344-47.<br />

29. Cohen B, Novick D, Rubinstein M. Modulation of insulin activ<strong>it</strong>ies by leptin.<br />

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30. Pietrobelli A, Vasselli JR, Heymsfield SB, Blackburn GL, Ishikawa M, Miller<br />

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absorptiometry body compos<strong>it</strong>ion model: review of physical concepts. Am J<br />

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levels the same for individuals w<strong>it</strong>h and w<strong>it</strong>hout Prader-Willi syndrome (PWS)?<br />

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on leptin production: studies in v<strong>it</strong>ro and in human subjects. Diabetes 1996;<br />

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29


30<br />

Note<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à


<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à<br />

31


32<br />

Note<br />

<strong>Il</strong> <strong>trattamento</strong> <strong>farmacologico</strong><br />

<strong>nel</strong> <strong>sovrappeso</strong> e <strong>nel</strong>l’obes<strong>it</strong>à


Gestire il paziente<br />

in <strong>sovrappeso</strong>:<br />

una proposta concreta<br />

e completa<br />

per la diagnosi,<br />

la terapia e il controllo.<br />

30 anni fa Dietosystem lanciava il suo primo sistema computerizzato di dietoterapia. Nasceva<br />

così un approccio nuovo al <strong>trattamento</strong> del <strong>sovrappeso</strong> e delle patologie correlate.<br />

Da allora questo strumento è stato costantemente perfezionato e aggiornato, e tutt’oggi è leader<br />

<strong>nel</strong> settore. Da allora Dietosystem ha sviluppato il suo approccio originale, affiancando alla dietoterapia<br />

una metodologia sempre più vasta e rappresentativa di un insieme unico di tecnologie<br />

e presidi mirati all’area del <strong>sovrappeso</strong> della obes<strong>it</strong>à e delle patologie associate. Logico ® è l’espressione<br />

concreta del nuovo sistema esperto ove la metodologia gestionale del paziente in <strong>sovrappeso</strong><br />

e obeso segue la traccia di un protocollo scientifico ideale. Grazie a Logico ® , Dietosystem<br />

traduce il protocollo ideale in una serie di step diagnostici e terapeutici nei più diversi set<br />

clinici: dal reparto ospedaliero al poliambulatorio e allo studio medico del singolo professionista.<br />

In campo diagnostico, la metodologia Dietosystem offre tecniche non invasive, con un eccellente<br />

rapporto tra costi e benefici, <strong>nel</strong>le aree della composizione corporea, del food intake e<br />

comportamento alimentare, del metabolismo, del microcircolo e della patologia venosa.<br />

In campo terapeutico Dietosystem offre apparecchiature e presidi ad alta tecnologia in grado<br />

di trattare le adipos<strong>it</strong>à localizzate, gli stati edemigeni e la patologia del microcircolo venoso.<br />

Dove non arriva lo strumento le nuove linee di supplementi offrono opzioni terapeutiche sistemiche<br />

o topiche per una rapida soluzione del quadro clinico.<br />

Con le stesse caratteristiche di affidabil<strong>it</strong>à ed efficacia, Dietosystem ha messo a punto strumenti<br />

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