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La Venerabile Suor Maria Celeste Crostarosa e San Gerardo ...

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<strong>La</strong> <strong>Venerabile</strong> <strong>Suor</strong> <strong>Maria</strong> <strong>Celeste</strong> <strong>Crostarosa</strong> e<br />

<strong>San</strong> <strong>Gerardo</strong> Majella<br />

P. De Luca Cherubino, C. Ss. R.<br />

<strong>La</strong> Madre <strong>Maria</strong> <strong>Celeste</strong> <strong>Crostarosa</strong>, seguendo i piani che la<br />

Provvidenza segnava, aveva fondato a Foggia il Monastero del SS.<br />

Salvatore.<br />

<strong>Gerardo</strong>, entrando in Congregazione a Deliceto - 1749 -, sentiva spesso<br />

parlare di Colei che con S. Alfonso aveva dato vita a Scala “al<br />

medesimo nostro Istituto ove si osserva esattamente la regola e si<br />

vive con somma esemplarità” (P. Caione).<br />

Ma l’occasione di conoscerla personalmente gli fu offerta nella<br />

Quaresima del 1752, quando recandosi in F0oggia per commissioni, gli<br />

fu suggerito dal P. Fiocchi di andare a fare visita alla Madre <strong>Maria</strong><br />

<strong>Celeste</strong> <strong>Crostarosa</strong>.<br />

Madre <strong>Celeste</strong> era un’anima ardente dotata di carismi e subito entrò in<br />

sintonia spirituale con l’umile confratello che con il volto segnato da<br />

una passione struggente per Cristo, la guardava come Madre e Maestra<br />

capace di accendere in Lui la sete nel cuore mai sazio di inebriarsi in<br />

Dio.<br />

<strong>La</strong> settimana santa trascorsa a Foggia, gli offrí l’occasione di conoscere<br />

meglio la nobiltà di animo della <strong>Crostarosa</strong> e l’aura che pervadeva quel<br />

Monastero ove anime generose seguivano “la <strong>San</strong>ta Priora” nel<br />

sentiero di mistiche ascensioni, e si destò in Lui il proposito di<br />

incrementare il numero di anime consacrate.<br />

<strong>La</strong> prima occasione gli fu offerta da una visita presso la famiglia<br />

Cappucci in <strong>La</strong>cedonia.<br />

L’inverno del 1752 era alle porte e nelle serate autunnali <strong>Gerardo</strong> si<br />

intratteneva a parlare con le quattro figliuole del Padrone di casa:<br />

Costantino Cappucci. <strong>Gerardo</strong> parlava loro dei Monasteri di Atella,<br />

Melfi, Ripacandita, di Foggia. Parlava loro della “<strong>San</strong>ta Priora” del SS.<br />

Salvatore.


Due delle figliuole espressero subito la preferenza per il monastero di<br />

Foggia confidandosi con <strong>Gerardo</strong>, seguite subito da una loro amica.<br />

<strong>Gerardo</strong> tornerà a Foggia nel giugno del 1753, vigilia della SS. Trinità.<br />

Entrando nel monastero gli giunse l’onda canora dal coro delle <strong>Suor</strong>e<br />

che cantavano: “O altitudo divitiarum …” L’eco del canto lo pervase<br />

anima e corpo e lievitandolo nell’anima in un gorgo di luce gli faceva<br />

ripetere: “O altitudo! O altitudo …!” “Amiamo Dio sorelle! Amiamo<br />

Dio!”. <strong>La</strong> <strong>Crostarosa</strong> era presente e dovette confermarsi nell’idea che<br />

<strong>Gerardo</strong> era pervaso da santa follia.<br />

Per quelle ragazze desiderose di consacrarsi a Dio, ma prive di mezzi<br />

per “formare la dote”, <strong>Gerardo</strong> si rivolgeva alla Madre <strong>Celeste</strong><br />

<strong>Crostarosa</strong>. E quando qualche Monastero era troppo esigente, Lui<br />

candidamente diceva: “Andrò nel Conservatorio di Foggia dalla Madre<br />

<strong>Celeste</strong>. Là vivono della Divina Provvidenza … e stanno tutte senza<br />

veruna distinzione!”.<br />

Ma esigeva che le postulanti fossero tenacemente decise, perché “le<br />

voleva <strong>San</strong>te”. Ed anche perché, conosceva la materna esigenza della<br />

<strong>Crostarosa</strong>, tanto che un giorno, dovendo presentare una sua nipote al<br />

Conservatorio di Foggia, giunto con la giovane sul ponte dell’Ofanto, si<br />

fermò, e prendendola per un braccio le disse: “Vuoi farti santa? Se no<br />

ti butto nel fiume”.<br />

Tanta santa stravaganza non alienava da Lui le aspiranti; e venne il<br />

giorno in cui le sorelle Cappucci <strong>Maria</strong> Teresa e <strong>Maria</strong> Antonia furono<br />

accompagnate da <strong>Gerardo</strong> al Monastero di Foggia.<br />

Dopo le sorelle Cappucci, anche la loro amica Nerea Caggiano fu<br />

affidata da <strong>Gerardo</strong> alla Madre <strong>Crostarosa</strong>, non sospettando<br />

minimamente che il fervore della Nerea era fuoco di paglia. Difatti con<br />

grande disappunto, qualche mese dopo, Nerea lasciò. E nulla di male<br />

se tutto fosse finito lí.<br />

Ma la sua incostanza e la perseverante tenacia delle sorelle Cappucci,<br />

la portarono ad ordire una viscida calunnia contro <strong>Gerardo</strong>, secondo<br />

lei, responsabile della sua defezione.


Tutto il mondo sembrava dover crollare su <strong>Gerardo</strong>.<br />

L’incredulo inquisitore S. Alfonso non trovava attenuanti su di una<br />

colpa denunziata da persone ineccepibili.<br />

“Si muoia sotto il torchio della Volontà di Dio” ripeteva <strong>Gerardo</strong><br />

ancorato nella pace del giudizio di Dio che fa risplendere l’innocenza<br />

dei suoi giusti.<br />

Ma quale fu il comportamento della Madre <strong>Crostarosa</strong>? Ella non è<br />

estranea alla vicenda. Aveva accolto la Nerea Caggiano dalle mani di<br />

<strong>Gerardo</strong>, l’aveva seguita nella prima esperienza di vita monastica,<br />

aveva sperimentato la fragilità della sua volontà e l’astio pieno di<br />

risentimento e di rivalsa quando si era licenziata. Perciò non deve<br />

sorprendere che l’unica persona, prima ancora della riconosciuta<br />

innocenza, sia stata proprio Lei, che conoscendo l’angelica trasparenza<br />

di quel suo figlio spirituale, gli scrive: “Voi, voi, fratel <strong>Gerardo</strong>, proprio<br />

per la vostra spregiudicata carità, vi cacciate in situazioni in cui il<br />

maligno vi gioca brutti tiri! Ma verrà il giorno in cui la vostra innocenza<br />

trionferà! E “fra zulfo” (= il demonio) sarà svergognato”.<br />

È consolante il pensiero che “passata la tempesta” la corrispondenza<br />

epistolare tra <strong>Gerardo</strong> e la <strong>Crostarosa</strong> sia ripresa normalmente. Nulla<br />

ha offuscato la chiarezza solare di due anime che costantemente si<br />

ritrovavano nella comunione in Dio. Prova ne è la lettera che <strong>Gerardo</strong><br />

invia da Napoli a Madre <strong>Maria</strong> <strong>Celeste</strong> l’otto di marzo 1755. Le augura<br />

“la divina grazia e consolazione nello Spirito <strong>San</strong>to e la protezione di<br />

Mamma <strong>Maria</strong> <strong>San</strong>tissima”. Ma noi vogliamo soffermarci su di una<br />

semplice riflessione. L’intestazione riportata all’inizio della lettera è:<br />

“alla Cara nostra generabilissima madre”. Evidentemente, mentre<br />

<strong>Gerardo</strong>, (se) fa riferimento a se stesso, usa il singolare. Ma<br />

riconoscendo una maternità morale che alla <strong>Crostarosa</strong> era<br />

riconosciuta da tutti i confratelli di <strong>Gerardo</strong>, usa il plurale: “nostra”.<br />

Purtroppo nota il P. Tannoia: “mancano le lettere tra suor <strong>Maria</strong><br />

<strong>Celeste</strong> e <strong>Gerardo</strong>”. Ci si renderebbe conto allora che tra coloro che


non dubitarono della grandezza spirituale di questa donna eccezionale<br />

il primo fu <strong>Gerardo</strong>.<br />

Lo stesso S. Alfonso, dopo la prima esperienza di Scala, dietro le<br />

esitazioni del Falcoia, sembrò prenderne le distanze, ma poi ristabilí i<br />

contatti, e non poche furono le occasioni in cui, passando per Foggia,<br />

reincontrò “la Sorella Maggiore”. E le vie di Dio e le vie degli uomini<br />

non sono mai parallele, “perché tutto concorre al bene di coloro che<br />

amano Dio”.<br />

Era metà settembre del 1755. <strong>Gerardo</strong> inchiodato “su l’amara Croce”<br />

avvertiva i colpi inesorabili del male che l’avrebbe condotto<br />

all’incontro con il suo Signore. <strong>La</strong> mattina del 14, sacro all’Esaltazione<br />

della Croce, come svegliandosi da una profonda ed intima visione,<br />

esclamò: “Ecco proprio ora la nostra Venerata Madre <strong>Celeste</strong> è volata<br />

in cielo nel Monastero del Redentore a Foggia!”.<br />

<strong>La</strong> conferma giunse due giorni dopo.<br />

Ma per <strong>Gerardo</strong> fu il preludio del transito beato, che appena dopo un<br />

mese, lo rapí nel gaudio del suo Redentore. <strong>La</strong> simbiosi di Carità da<br />

temporanea e terrena divenne celeste ed eterna.

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